Non ci sono stelle cadenti nello spazio

di metaldolphin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Endless Odyssey ***
Capitolo 2: *** Partenza ***
Capitolo 3: *** Via dall'Arcadia ***
Capitolo 4: *** Astronavi, birre e Capitani ***
Capitolo 5: *** Prigioniera ***
Capitolo 6: *** Conflitto di famiglia ***
Capitolo 7: *** Imprevisti ***
Capitolo 8: *** Rivelazioni e riflessioni ***
Capitolo 9: *** L'inseguimento ***
Capitolo 10: *** Il Principe e il Pirata ***
Capitolo 11: *** Scelta difficile ***
Capitolo 12: *** Virtuale e reale ***
Capitolo 13: *** Calma ed attesa ***
Capitolo 14: *** Fedele disobbedienza ***
Capitolo 15: *** Risveglio... e risveglio ***
Capitolo 16: *** Bugie ***
Capitolo 17: *** Rotta per Bellatrix ***
Capitolo 18: *** Lo scontro ***
Capitolo 19: *** La partenza. ***
Capitolo 20: *** Stelle cadenti ***



Capitolo 1
*** Prologo - Endless Odyssey ***


Prologo - Endless Odyssey



Ancora una volta gli uomini si erano spinti troppo lontano.
Avevano toccato qualcosa che non avrebbe mai dovuto essere trovato e il male assoluto, nella sua concezione più pura, aveva permeato l'universo, libero finalmente dal suo eterno castigo.
E il bene e il male cominciarono una nuova battaglia, mettendo in moto ingranaggi che avrebbero portato ad avvenimenti terribili. I cancelli degli inferi erano stati aperti e nessuno poteva sapere se sarebbe stato possibile tornare indietro.

Quando la Terra scomparve agli occhi di una Galassia sconvolta, solo un individuo si mosse. E non perché glielo aveva chiesto la Dea di un'antica civiltà che, in tempi troppo lontani per essere ricordati, aveva conosciuto quella maledizione. Agì secondo il suo senso di giustizia, andando contro tutto e tutti con l'Arcadia, l'astronave che aveva costruito il suo Amico e che era il suo Amico, i loro pensieri un unico pensiero.

L'essenza del demone chiamato Noo riuscì a salire a bordo delle piccole navi stellari che osavano vagare nelle profondità dello spazio, gettandovi lo scompiglio riempiendo di paura i cuori di coloro che le occupavano.
E poi la paura salì a bordo di quella nave ed ebbe lei stessa paura, perché l'animo degli uomini che la abitavano non potevano essere corrotti da essa e fuggì via.

Ma quando la donna fu ferita per colpa del ragazzo che cercava vendetta, un altro tipo di timore serpeggiò nel cuore del Capitano, spingendolo a pregare.
Sorprendendola nella sua debolezza, il demone si impossessò del suo corpo e lei stessa divenne paura, fredda e spietata come una dea della guerra; lui la fissò dagli schermi indifferenti e decise di andarle incontro, affidando al ragazzo il compito di riportarla indietro, così che potesse redimersi.
Una volta tornata in sé, lei portò il ricordo di una Terra bambina ancora in vita, in attesa di essere salvata, e insieme al Capitano coltivò la speranza di riportarla indietro.

E quando l'universo tremò in ogni sua parte e il pericolo si fece più grande, con l'inganno li fece sbarcare, per combattere da solo nel punto in cui lo spazio e il tempo si incontrano, lì dove è il confine tra la vita e la morte. Lì incontrò l'Amico mai scordato e insieme avevano lavorato, riuscendo a riportare la Terra nella dimensione spaziotemporale che le spettava, sconfiggendo il Noo.

Alla luce di una lontana promessa che ormai poteva trovare il suo compimento, il ragazzo affrontò il Capitano, divenendo un uomo solo quando comprese che la vendetta non sempre è la giusta via per continuare a camminare a testa alta tra gli uomini.
Sbarcò dalla nave e lo videro avviarsi verso la città.
Soltanto una fu la volta in cui si girò a guardarli.
Fu l'ultima.

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Capitolo 2
*** Partenza ***


I componenti dell'equipaggio dell'Arcadia che non partecipavano ai preparativi per la partenza, guardarono Tadashi sparire nella polvere di quella zona semidesertica, diretto alla volta della città vicina; tra essi erano lo stesso Harlock e Kei Yuki, oltre a Meeme e a svariati uomini.
Una volta rientrati a bordo, l'Arcadia si lanciò di nuovo verso la libertà degli spazi interstellari, suo elemento naturale.

Ognuno era corso alla sua postazione e anche Harlock si avviò al timone. L'atmosfera era quella di sempre, carica di attesa per l'ignoto che li attendeva, per l'inizio di qualcosa di nuovo, la consapevolezza che dopo quanto accaduto meritavano un po' di tranquillità.
Guardando il Capitano senza farsi notare troppo, Kei lo vide fare il suo ingresso in plancia come mille altre volte. Ma in questa si soffermò a fissarlo qualche secondo in più e le parve di scorgere nell'occhio di lui un riflesso troppo lucido, un passo meno sicuro dal solito e la cosa la fece sentire a disagio. Però, all'ordine di partenza dato col consueto tono saldo che la rassicurò, si concentrò sui suoi compiti e fece del suo meglio per archiviare quella strana sensazione che l'aveva colta.

La vibrazione del doppio propulsore si intensificò e la grande astronave aumentò la sua velocità alla volta dello spazio esterno.
Le mani guantate sulle caviglie, prolungamento delle razze del timone dalla nostalgica foggia antica, Harlock guardava fisso davanti a sé, senza esprimere nessuna emozione in particolare. Superarono indisturbati l'atmosfera, poi il brusco movimento dato da un'improvvisa virata li scosse, gettando sul pavimento coloro che non avevano avuto la prontezza di afferrarsi a qualcosa.
Tentando di capire cosa potesse essere stato, riprendendosi dal momentaneo stordimento, Kei sollevò lo sguardo al timone e balzò in piedi verso il Capitano, che cercava di reggersi ad esso, piegato in malo modo sul pavimento.
-Capitano!- esclamò, chinandosi su di lui per aiutarlo; contemporaneamente un pronto Yattaran aveva preso in mano la conduzione dell’astronave, raddrizzandola dolcemente dalla pericolosa rotta che la stava facendo ripiombare con un angolazione errata verso l'atmosfera del pianeta appena abbandonato. Se non ci fosse riuscito per tempo, l'attrito con l’aria avrebbe potuto danneggiare seriamente l'Arcadia, mettendo in pericolo le loro vite.
Harlock, la mente ancora confusa per il mancamento, aveva portato la mano al costato e l'aveva ritratta col guanto lucido e scuro di sangue fresco, spaventando a morte la ragazza e coloro che erano accorsi cercando di capire.
Con un gemito cercò di rimettersi in piedi, ma dovette accettare l'aiuto di lei per riuscirci, la tuta nera ormai zuppa di sangue su tutto il fianco, giù sino all'attaccatura della coscia. Si rese conto che stavolta forse aveva fatto male a trascurarsi. La ferita non gli era parsa così grave ed aveva creduto di poter andare a farsi dare un'occhiata dal dottor Zero non appena avesse stabilizzato la rotta. Invece la perdita ematica era stata più copiosa del previsto e lo aveva indebolito molto più di quanto potesse aspettarsi.
-Andiamo dal dottore- disse Kei asciutta.
Lui non protestò, ma non poté fare a meno di notare che l'essere stata al comando di una propria nave le aveva conferito un'autorevolezza che non le aveva conosciuto prima, e quando piegò un angolo della bocca in un accenno compiaciuto, la giovane ufficiale non se ne accorse. Lungo il tragitto non fu detto altro, ma il Capitano percepì chiaramente il nervosismo di lei: sembrava ribollirle dentro una rabbia che faticava a trattenere. Non era difficile immaginarne il motivo... Aveva fatto credere a tutti che il suo confronto con Tadashi fosse finito molto diversamente, invece quel ragazzo aveva sparato davvero per uccidere, almeno inizialmente. In una frazione di secondo aveva deviato il colpo, risparmiandogli punti vitali, perché mentre lo faceva, si era reso conto che la vendetta sarebbe stata deleteria al suo spirito, oltre che inutile.

Giunti alla loro meta, quando cercò di lasciare il sostegno che lei gli offriva, si accorse del suo disappunto e la guardò scuotere il capo.
-Vorrei sentire cosa ha da dire il dottore.- affermò decisa più che mai, ancora diffidente da quando lui l'aveva fatta sbarcare con l'inganno.
Senza dire nulla, Harlock la lasciò entrare e si stupì di se stesso: ormai da anni era abituato a dare ordini che venivano puntualmente rispettati, non a riceverne... Se non fosse stato così male avrebbe reagito malamente, lo sapeva, ma attribuì questo strano comportamento al dolore che aumentava e alla debolezza che sembrava farsi più opprimente di minuto in minuto.
Inoltre, inutile negarlo a se stesso, le sue premure, il suo sostegno e, non ultimo, il suo calore, gli davano una sensazione di inaspettato benessere, come qualcosa di dimenticato che suscitava una profonda nostalgia negli oscuri recessi dell'anima.
Lo distolse dai suoi pensieri il dottor Zero, che agì prontamente, lo sguardo severo chiaramente dipinto in viso. Non chiese spiegazioni, mentre lo aiutava a denudare la parte lesa sotto lo sguardo attento di una Kei silenziosa e preoccupata per il suo stato di salute. Era agitata da quella copiosa perdita di sangue e dal fatto che avevano lasciato andare impunito quel ragazzino che era quasi riuscito ad ucciderlo. Piantò le unghie nei palmi delle mani, sentendole nonostante i guanti, stringendo i denti per la rabbia.
Ma cosa aveva voluto dimostrare Harlock? E a chi? Morse involontariamente l'interno della guancia  e sentì il dolore e il sapore del sangue invaderle la bocca, ferroso e dolciastro, metallo caldo e liquido che le diede subito la nausea, mentre reprimeva qualsiasi espressione, cercando di rimanere impassibile.
La situazione non era troppo grave, di certo trascurare quella lesione non era stata una bella idea; anche se non troppo profonda aveva interessato vasi sanguigni di una certa importanza ed era dolorosa. Zero, come al solito, non rimproverò il Capitano, ma in modo molto professionale ripulì, cicatrizzò e medicò la ferita, quindi sentenziò: -C'è da recuperare la grossa perdita di sangue. Almeno due giorni di riposo, non aggiungo altro.
Harlock, che fino a quel momento non aveva emesso suono, neanche nei passaggi più dolorosi, si limitò ad un telegrafico: -D'accordo. Grazie dottore.

I due presenti lo guardarono scendere dal lettino, rimettersi in piedi e scivolare sul torace la maglia ancora umida. Il bianco teschio che ne ornava il petto cominciava ad arrossarsi per il sangue che si era allargato tra le fibre che la componevano ed aveva assunto un'aria ancora più lugubre.
Non fu detto altro e, sulla soglia dell'infermeria, una silenziosa Kei che aveva esaurito tutto il coraggio nell'accompagnarlo sin lì, lo vide sparire da solo alla volta dell'alloggio poppiero, rigido e col mantello nel pugno.

Fu Yattaran, in qualità di primo ufficiale, a condurre l'Arcadia verso il Sistema Solare, per mimetizzarsi a galleggiare tra gli asteroidi che formavano una spessa fascia orbitante tra Marte e Giove.

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Capitolo 3
*** Via dall'Arcadia ***


Con la bocca ancora dolorante e invasa dal cattivo sapore per il morso involontariamente autoinflitto, Kei si recò in cucina per bere.
Appena fece il suo ingresso nell'ampio locale, si trovò un affilato coltellaccio a sventolare con disinvoltura sotto al naso.
-Kei! Ma che combinate su in plancia?- Masu-san mostrò un evidente livido sull'avambraccio destro.
-Siamo stati attaccati? Quella virata improvvisa mi ha mandato contro lo sportello del forno!
La più giovane scosse il capo: -Nessun attacco, signora Masu. È stato il Capitano.
La cuoca ammutolì e la osservò curiosa da dietro gli occhialetti tondi. Tornò alle verdure che stava sminuzzando su un tagliere e le chiese: -Cosa ha combinato stavolta?
-Tadashi l'ha ferito, prima di sbarcare. A causa del mantello, dell'uniforme nera e della sua indifferenza non ce ne siamo accorti, almeno fino a quando si è accasciato al timone, facendo virare involontariamente l'Arcadia.
La donna rimase con il coltellaccio a mezz'aria giusto un paio di secondi, in silenzio a figurarsi la scena, poi riprese il suo lavoro, rapida e precisa nei movimenti, borbottando contrariata all'indirizzo di Harlock.
Nel frattempo Kei aveva recuperato un bicchiere e si era versata dell'acqua, poi continuò ad osservare il lavoro meccanico ed efficace della cuoca, che riduceva in regolari cubetti delle patate. La tecnologia avrebbe avuto i mezzi per semplificarle la vita, ma il vecchio stampo di cui era fatta Masu prevaleva anche in quel campo.
-Quel ragazzo corre troppi rischi. Se non si deciderà a mettere la testa a posto farà una brutta fine.- sentenziò all'improvviso.
Guardando il fondo del bicchiere ormai vuoto, la ragazza non rispose; si limitò a metterlo da parte e ad avviarsi verso la porta.
La vecchia cuoca aveva ragione, ma ciò che valeva per Harlock, valeva per tutti loro: erano pirati spaziali, il pericolo la loro quotidianità... Quanti sarebbero invecchiati serenamente? Quanti sarebbero morti in battaglia? Di certo la seconda opzione aveva più probabilità di avverarsi, non si faceva illusioni. Alla rispettabile età dell’irascibile Masu in pochi sarebbero arrivati.
Si fermò sulla soglia per voltarsi a guardare la donnina al lavoro, le sorrise e andò via. Per un attimo l'istinto le aveva suggerito di rispondere alla cuoca, ma con la ragione l'aveva represso: era meglio tenere per sé certi pensieri. Specie se riguardavano il Capitano. Specie se l'interlocutore era l'arzilla e bisbetica Masu.


Furono due giorni tranquilli. Naturalmente tenendo conto di un equipaggio particolare come quello che abitava l'Arcadia.
Come di regola per i momenti di pace, gli uomini si erano dati alla solita anarchia. Percorrendo il corridoio, Kei aveva dovuto scavalcare pirati che giocavano a carte sul pavimento, scansare Yattaran che correva dietro al modello radiocomandato di un velivolo dall'aria antica diretto in plancia, futon non riposti, varie bottiglie e il gatto di Zero che trotterellava verso la cucina. Si era alla fine del secondo giorno di riposo forzato e il Capitano non si era visto in giro. Giunta finalmente davanti alla porta del suo alloggio posto sul castello di poppa della nave, poggiata la mano sull'antiquata maniglia che chiudeva l'anacronistica porta lignea, esitò e rimase ferma ad ascoltare.
Una melodia malinconica nasceva dalle corde dell'arpa di Meeme, grazie all'agilità delle sue lunghe dita. Poteva immaginarla facilmente, l'aveva vista suonare spesso, ma questa volta la mise a disagio qualcosa. Affiorò in lei una rabbia immotivata che le fece serrare le labbra, socchiudere gli occhi e voltare le spalle all'uscio chiuso. A grandi passi se ne allontanò, come se volesse fuggire da una minaccia che si era palesata all'improvviso.

Contemporaneamente, dall'altro lato della porta, l'aliena smise improvvisamente di suonare e il Capitano, seduto sull'ampio scranno vicino alla griglia che decorava la grande finestra poppiera, si voltò a fissarla con espressione nervosamente interrogativa.
Senza che avesse il bisogno di chiederle nulla, Meeme si giustificò per quella interruzione: -C'era qualcuno fuori. Stava per entrare, ma non l'ha fatto.- disse serafica.
L'uomo tornò a rivolgere la sua attenzione verso l'esterno cupo e taciturno come era lui. Certamente non doveva essere nulla di urgente, altrimenti colui che era venuto si lì non si sarebbe tirato indietro. Decise di lasciar perdere, mentre una strana inquietudine si faceva strada nel suo essere.
Da quando si era accasciato al timone, sentiva che qualcosa non andava per il verso giusto. Non sapeva cosa, dopotutto le sue cicatrici dimostravano che non era la prima volta che veniva colpito... Non era qualcosa che poteva imputare al fatto di aver dimostrato una debolezza davanti ai suoi uomini, non era il tipo da rendere conto ad alcuno. Chiuse gli occhi, nervoso, poi li riaprì. Quando non lo sapeva, ma avrebbe capito.
Forse Meeme riusciva a leggere il disagio nel suo cuore perché smise di suonare, si alzò in piedi e andò via, credendo che fosse meglio lasciarlo solo, dal momento che non era riuscita ad alleviare quella sofferenza. Harlock guardò la porta di legno chiudersi attraverso il riflesso sul vetro che aveva davanti e scagliò con violenza il calice di vino rosso che aveva tra le mani verso la paratia più vicina, rabbioso.
Era come se in assenza di pericolo non avesse uno scopo preciso, come se gli fosse venuta a mancare la spinta che lo portava avanti. Forse era la vicenda del Noo che gli aveva lasciato dentro un malessere difficile da codificare e quantificare. Chiuse di nuovo l'occhio.
Forse avrebbe davvero dovuto rimanere con Tochiro, l'ultima volta, quando si erano rivisti.


Passarono due giorni in più di quanto preventivato da Zero, ma il Capitano non si era visto e nemmeno erano giunti ordini in plancia. Se per alcuni era l'occasione buona per bere e giocare d'azzardo, per altri quel riposo forzato cominciava a venire a noia. L'aria immobile dell'Arcadia, come quella di ogni singola astronave, era innaturale ai sensi umani evoluti per stare in una atmosfera più viva.
Gli spaziali, seppur abituati dalla lunga esperienza, ne risentivano a livello inconscio.
Nessun cambiamento di pressione, nessuna brezza a solleticare i capelli... Assieme alla mancanza delle variazioni luminose date dal gioco tra un astro e una vera atmosfera, il tutto irritava l'animo dei più sensibili, soprattutto quando rimanevano per troppo tempo con le mani in mano. Una di questi era Kei.
Da quando si era allontanata quasi correndo dalla cabina del Capitano, l'immagine dell'elegante e misteriosa Meeme vicina a lui, impressa nella mente dagli occhi della fantasia, era intrattabile e insofferente. Un'idea le balenò d'improvviso ed alzò il capo dalla strumentazione che da quattro giorni non rilevava nulla di importante o interessante, i deflettori sempre attivi per evitare che la polvere e il pietrisco che abbondavano nella fascia degli asteroidi, danneggiassero la nave.
-Vado a fare un giro.- annunciò al primo ufficiale che non poté fare altro che prenderne atto. Osservò la bionda fasciata nell'aderente tuta rosa e nera allontanarsi verso l'hangar e scosse il capo: contrariarla non era una cosa da prendere in considerazione, e poi sapeva bene che quella ragazza pendeva dalle labbra del Capitano... Ancora una volta non riuscì a fare a meno di rammaricarsi per quello spreco, dato che Harlock sembrava ignorarla.
Pochi minuti dopo vide lo Space Wolf di Kei sfrecciare oltre la prua allungata dell'Arcadia, schivare agilmente vari asteroidi che le si pararono davanti con un paio di manovre cosi azzardate da rasentare il suicidio, e pochi istanti dopo sparire nel nulla.
Yattaran, abbassò lo sguardo al nuovo modellino che aveva preso a costruire e presto non pensò più a lei. 

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Capitolo 4
*** Astronavi, birre e Capitani ***


All'estremità dell'astronave, dal suo alloggio nel castello di poppa, Harlock, che ben conosceva ogni minima variazione, vibrazione, suono e andamento dell'Arcadia, percepì l'inconfondibile sequenza che portava al lancio di uno Space Wolf dall'hangar ed alzò la testa dall'antico libro che stava leggendo seduto alla sua scrivania. Preso da un sospetto poco piacevole, socchiuse l'occhio, posò energicamente il tomo facendo vibrare il calice di vino sul ripiano e si mise in piedi; afferrò il mantello che aveva gettato sullo schienale, lo allacciò e a grandi falcate si diresse verso il ponte di comando.
Solo Yattaran alle prese con un modellino ed un altro uomo che sonnecchiava al posto di monitoraggio occupavano la grande sala deserta ed entrambi balzarono in piedi per la sorpresa di vederlo lì dopo quattro giorni. Prima ancora che potessero dire qualcosa, chiese severo: -Chi è uscito?
-Kei Yuki, Capitano.- rispose il primo ufficiale.
-Dove è andata?
Con nonchalance Yattaran stavolta si limitò a fissarlo, a fare spallucce e tornare al suo passatempo.
-Tracciala.- ordinò all'altro pirata e prontamente quello si affrettò ad obbedire. Dopo un paio di minuti scosse il capo.
-Troppo tardi, è già balzata via.
Il Capitano rimase in silenzio, poi si avviò al suo scranno e lì rimase seduto a fissare lo spazio denso di detriti. Nessuno lasciava la nave senza il suo permesso e nonostante Kei guidasse la squadra degli Space Wolf, non era esonerata dal chiederlo. Strinse le dita sul legno dei braccioli ed assottigliò lo sguardo.
Anche Kei era cambiata. Forse tutti loro lo erano.
Quando sarebbe tornata avrebbe dovuto chiarire molte cose con lei, nel bene e nel male. Questa riflessione peggiorò ancor più il suo già pessimo umore e desiderò di poter sprofondare ancor più nel suo lugubre trono.


A bordo dello Space Wolf, Kei aveva scansato abile la zona pericolosa densa di polvere e ciottoli che orbitavano lenti e, una volta giunta nello spazio libero, preparò le coordinate per allontanarsi dal Sistema Solare e dirigersi verso un punto ben preciso dello spazio nel quadrante apparente di Orione. Bellatrix1, abbreviato in Bx1, era un pianeta che conosceva piuttosto bene: quando la Fluorite aveva qualche problema, di solito era Andy a rimetterla in sesto, nel suo hangar/officina di quel pianeta desertico e poco ospitale come mille altri. C'era una sola grande città nella fascia temperata dell'emisfero nord del pianeta, mentre il resto degli abitanti si era stabilito in piccoli agglomerati urbani disseminati un po' ovunque, ad eccezione dei poli e dalla troppo rovente fascia equatoriale.
L'officina si trovava agli antipodi della capitale e ne avvistò il piccolo spazioporto ben presto, appena sorvolata l'area che conosceva a menadito. Atterrata poco distante dalla sua meta, rullò sulla pista sino alla zona di sbarco. L'hangar era enorme e aveva il solito aspetto decadente, bruciato dall'enorme astro che dava luce a quel sistema planetario... Kei pensò ancora una volta che l'edificio doveva dare quell'impressione già dalla sua costruzione. Una figura, minuscola rispetto all'apertura che poteva lasciar transitare senza troppi problemi un'astronave grande come la Fluorite, era uscita a vedere chi fosse arrivato.
Andy pulì le mani nello straccio lercio che aveva appeso alla cintura e sorrise nel riconoscere la figura snella che si avvicinava. Rifletteva lo stereotipo dell'astromeccanico: tuta di vecchio stampo tutta d'un pezzo, un po' cascante sulle forme abbondanti e rattoppata sulle ginocchia e in mille altri punti; guanti spessi penzolavano da una tasca un po' scucita e il solito casco ultratecnologico per il collegamento neurale, adatto per "entrare in sintonia con le anime delle navi" come usava dire, ben piantato sul capo. Sollevò gli occhialoni sul frontale del casco e allargò il sorriso.
-Ma guarda chi si rivede! La mia pirata spaziale preferita!- esclamò bonariamente non appena la nuova arrivata fu a portata di voce.
-Quante altre ne conosci? Mi risulta che non siamo in molte...- osservò ironica Kei togliendo il casco da pilota e scuotendo i lunghi capelli biondi.
-Ciao, Andy! Sempre uguale qui, eh?
-Dove hai lasciato la Fluorite? Il Governo terrestre si è preso anche quel gioiellino, quando ti hanno catturata? Ti ho visto al notiziario, sai? Alla fine lo hai ritrovato, l'inafferrabile Harlock... O dovrei dire che lui ha trovato te?- Il nuovo scoppio ilare scaldò l'anima della ragazza e fu felice di essere tornata in quel luogo che le era caro. Lontano dall'atmosfera pesante che sentiva di respirare sull'Arcadia, sentiva che sarebbe stata meglio. Andy era aperta e solare e lo stare con lei sapeva che l'avrebbe ricaricata. Però la risposta che dovette darle smorzò un po' l'allegria: -La Fluorite è stata distrutta quando mi hanno catturata.
L'altra donna fece una smorfia di disappunto: -Maledetti! Era una buona nave!
Kei annuì e accolse l'invito di Andy; insieme varcarono una porta che si apriva sulla destra rispetto all'ingresso per le astronavi e si trovarono nel l'arioso ed essenziale appartamento della donna. Sedette su un comodo divano ed accettò la birra che il meccanico le porgeva senza nemmeno averle chiesto prima cosa gradisse: a casa di Andy si beveva quasi esclusivamente birra, bionda e gelida.
Mentre beveva in silenzio, godendo della frescura che le donava la bevanda, Kei sapeva bene che l'amica aspettava soltanto di conoscere la causa che l'aveva portata sin lì, così cercò le parole giuste, perché nemmeno lei sapeva bene quale fosse il motivo che l'aveva spinta così lontano da quella che aveva sempre definito casa anche ai tempi della Fluorite.
Vedendola esitare, Andy decise di rompere il ghiaccio: -Allora, Kei, come è stato tornare a bordo dell'Arcadia? Pare che il tuo Capitano sia giunto a salvarti il culo appena in tempo...
Naturalmente si riferiva al salvataggio sul satellite penitenziario Panoptycon, dove lei e gli altri membri dell'equipaggio stavano per essere giustiziati in diretta galattica. La ragazza fissò l'impietoso cielo azzurro del deserto attraverso l'ampia finestra ed espresse una verità che rispecchiava oggettivamente quanto accaduto.
-Non ero sola, tutti i membri dell'equipaggio erano in prigione... Perché ti riferisci solo a me?
Andy scosse le spalle.
-Ti ha accolto male? Con indifferenza?- le chiese.
Kei tornò con la memoria a quel giorno, a quando fatto il suo ingresso in plancia, la giacca da pirata a coprire l'anonima tuta da galeotta. Lui si era voltato a fissarla, le aveva rivolto il saluto con le dita al ciglio e regalandole uno dei suoi rari e radiosi sorrisi. Come le succedeva tutte le volte che evocava quell'immagine, una strana sensazione le chiuse la gola, come di un bisogno inappagato, un desiderio opprimente e lacerante mai sanato. Riprese a parlare quasi a fatica.
-In realtà per un attimo ho sperato ... Oh, Andy, è sempre lo stesso! E' inutile che mi faccia illusioni.
-Allora perché sei qui?- le disse con un largo e malizioso sorriso stampato in volto l'amica.
Kei la fissò sorpresa. Cosa voleva dire? Glielo chiese, anche se un po' intimorita dall'eventuale risposta. Quella donna non aveva peli sulla lingua ed era semplice e diretta, dicendo senza troppi problemi tutto quello che le passava per la testa. E in fondo la apprezzava anche per questo.
-Vedi, Kei, non mi inganni. Tu continui ad essere innamorata di lui e ti rode non capire cosa gli passi per la testa. Inoltre, da quando sei divenuta un capitano, sarà difficile per te obbedire ad ogni suo ordine. Mi sbaglio?
La pirata si rese conto che in poche parole e anche se praticamente all'oscuro degli ultimi avvenimenti, l'amica aveva centrato il problema. Rimase in silenzio e chinò il capo.
-Ah, ragazza mia... Hai cercato per tanto tempo l'Arcadia e il suo Capitano, che ne hai idealizzato i ricordi, senza pensare che anche per gli altri e per lui il tempo è passato. Ma la realtà è ben diversa.
-Hai ragione, Andy. Su tutto. Cosa dovrei fare, adesso?
La fragorosa e gioviale risata riempì di nuovo l'ambiente.
-Kei, nessuno può prendere il tuo posto e decidere cosa è meglio per te... Rifletti: e più dura dovergli stare lontano o essergli accanto con tutte le conseguenze che ne possono derivare? Solo tu puoi rispondere a questa domanda.
Andy era migliore di un confessore e di uno psicologo messi insieme, pensò la biondina.
-Sai, Andy, in entrambi i casi qualcosa non va. È come se non riuscissi a stargli lontano e non respirassi quando gli sono vicina. Se almeno capissi cosa gli passa per la testa, quale sia davvero il suo rapporto con Meeme... E poi mi è stata raccontata una cosa, ma non so se posso crederci davvero.
Esitò: Masu non era sempre una testimone attendibile, quando si trattava del Capitano.
-Dimmi.- la incitò l'amica presa dalla curiosità.
-La cuoca, Masu-san, quando sono stata ferita, mi ha detto che erano tutti molto preoccupati, ma lui... Lui è arrivato a pregare. Dice di averlo visto di nascosto, ma non è che quella donna sia il massimo dell'attendibilità. Potrebbe anche esserselo inventato per rincuorarmi in un momento di sconforto, qualche tempo fa. Ma quella è un'altra storia.
Andy l'aveva ascoltata con attenzione. Si versò dell'altra birra e la mandò giù tutta d'un fiato.
-Però se fosse vero significherebbe molto. Hai mai pensato di poter parlare con lui?
Kei sgranò gli occhi chiari.
-Io... No, con la vita che facciamo prendere certi argomenti è proprio difficile. Poi con un tipo come lui! È pur sempre il Capitano...
L'altra sorrise sorniona, poi le chiese: -Kei, pensi che il tuo Capitano sia asessuato?
In risposta a quella domanda, la ragazza arrossì fin sulla punta delle orecchie e scosse il capo, imbarazzata. Di certo non lo credeva e parte del problema era proprio quella considerazione: essendo convinta del fatto che Harlock avesse una relazione con l'aliena, aveva timore di non essere considerata da lui. Ma era difficile da ammettere, per il male che quel pensiero le procurava.
Andy rise ancora: -Sei messa male, tesoro, se non riesci a parlarne neppure con me!

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Capitolo 5
*** Prigioniera ***


Sull'Arcadia giungevano notizie poco rassicuranti dalle varie colonie terrestri sparse per la Galassia. Con gli sconvolgimenti portati dal Noo, su vari pianeti si erano creati vuoti di potere che le popolazioni cercavano di colmare nei modi più disparati. Se su alcuni si era proceduto con democratiche elezioni, su altri si erano scatenate delle vere e proprie guerre civili che sconvolgevano gli aspetti più o meno umani delle varie fazioni.
Harlock ascoltava quei rapporti senza dire nulla. Non poteva e sentiva di non dover intervenire dove gli uomini lottavano tra loro; però rimase a guardare per tenersi informato sugli accadimenti trasmessi dalle agenzie. Contemporaneamente si arrovellava nel pensiero di dove potesse essere finita Kei, uscita ormai da quasi un giorno dall'Arcadia e di cui non avevano notizia.
Ad un tratto qualcosa attirò l'attenzione di un apparentemente distratto Yattaran.
-Capitano, guarda! Non è uno dei nostri Space Wolf, quello?
Era minuscolo nell'ampia inquadratura aerea, in basso a destra dello schermo, ma Harlock si rese subito conto che il primo ufficiale aveva ragione. Le insegne e i colori di quel mezzo erano inconfondibili, ma che ci faceva Kei su Bx1? E cosa stava accadendo su quel mondo lontano?
Videro le forze dell'esercito locale circondare l'hangar di quel piccolo appezzamento di deserto spianato per far atterrare velivoli e astronavi, da un mezzo corazzato partì una granata che andò ad incenerire il mezzo di Kei. Seguirono altre esplosioni, poi uomini armati condussero fuori dall'edificio due donne, una delle quali era il secondo ufficiale dell'Arcadia.
Il Capitano balzò in piedi e impulsivamente, senza attendere l'epilogo della vicenda o le motivazioni che le stavano dietro, ordinò: -Yattaran! Rotta verso Bellatrix, ora!
Gli allarmi risuonarono in tutta l'astronave e i preparativi furono portati a termine in pochi minuti. Manovrarono con i deflettori attivi tra gli asteroidi per uscire dalla loro influenza e, una volta nello spazio libero, effettuarono il balzo verso la gigante azzurra, a circa duecentoquaranta anni luce di distanza dal Sistema solare.


La richiesta di resa e le successive esplosioni avevano colto di sorpresa Andy e Kei, che in nessun modo avevano potuto reagire. Dietro esortazione dell'amica, la pirata aveva abbassato l'arma, seppur a malincuore, ma dopotutto davanti a quegli uomini era in netta minoranza, non avrebbe potuto fare molto. Quello che non capiva era il perché anche Andy uscisse con le mani in alto in segno di resa... la pirata spaziale ricercata era lei... o no?.
Uscirono all'esterno sotto la minaccia delle armi; mentre la più giovane era confusa, lo sguardo duro dell'astromeccanico tradiva una rabbia che certamente derivava dalla consapevolezza.
Kei la fissò con stupore quando uno degli uomini, apparentemente il più alto in grado, dopo un inchino accennato, le si rivolse con una strana e dura riverenza: -Principessa Andrejna, suo padre il Reggente la richiama ai suoi doveri. Ci segua, prego.
Furono separate prima che la più giovane potesse chiedere spiegazioni, quindi furono condotte su diversi mezzi senza che le domande che le affollavano la mente avessero il tempo di ricevere risposta.
Viaggiò ammanettata su di un mezzo militare i cui occupanti non la degnarono di uno sguardo per tutto il tragitto. Quando sorvolarono la città principale del pianeta, la capitale Bellatrium, Kei poté vedere che la zona era in subbuglio. Si abbassarono su un'ampia terrazza appositamente predisposta su un'ala dell'imponente edificio reale e, una volta fermato il veicolo, fu spinta a scenderne con poco garbo per poi venire condotta nel piano seminterrato, dove erano state ricavate celle di detenzione temporanea.
Non era la prima volta che veniva imprigionata, certamente non le era mai accaduto con una modalità così singolare.
Nella solitudine della cella, la rabbia tornò a prevalere, prepotente sui suoi pensieri. Maledisse l'impulso che l'aveva spinta ad allontanarsi fuori dall'Arcadia, quella gelosia di Meeme che razionalmente sapeva immotivata, ma che era stata alla base di quella scelta.
E anche quella storia con Andy... Che un astromeccanico facesse parte della famiglia reale era alquanto inverosimile, però quell'enorme dispiego di forze non era stato contestato dall'amica, che anzi l'aveva convinta ad arrendersi ed aveva permesso che fosse trattata a quel modo.
Passò qualche ora. Si fece sera e Bellatrix tramontò dietro gli alberi che crescevano nel rigoglioso giardino che circondava il palazzo reale, ma Kei non poté ammirarne le splendide sfumature blu-viola: l'unica finestrella che comunicava con l'esterno, dotata di grata di protezione elettrica, era troppo in alto affinché potesse affacciarsi.
La cella era piccola, ed erano presenti una cuccetta, un tavolino ed una sedia; una porticina garantiva la privacy ai servizi igienici, mentre una più solida, provvista di spioncino senza sbarre, la separava dal corridoio esterno.
All'ora di cena sentì voci confuse avvicinarsi e subito dopo la porta venne aperta, dando l'accesso ad un uomo giovane, forse di uno o due anni più grande di lei, alto, dai neri capelli lisci e lucidi e il viso regolare. Se non fosse stata così arrabbiata, Kei avrebbe potuto definirlo senz'altro bello, lo sguardo magnetico dato da un vivace paio di occhi verdi del tutto simili a quelli di Andy.
Il nuovo arrivato poggiò un vassoio colmo di cibo sul ripiano del tavolo, poi si voltò a guardarla e sorrise.
Seduta sulla cuccetta con un ginocchio al petto, la donna non ricambiò l'espressione, ma rispose con un serio cenno del capo. Senza scoraggiarsi, fece un passo verso di lei con la mano tesa in un gesto amichevole. Nonostante indossasse una sobria uniforme grigioazzurra, lei seppe che non poteva essere un semplice secondino: quel comportamento non rientrava di certo negli schemi di addestramento militare.
Quando si sporse a ricambiare l'energica stretta, fu tutto più chiaro: l'uomo si presentò e il suo nome la destabilizzò.
-Miss Kei Yuki, sono il fratello minore di Andrejna, Aalim.
Dopo quanto accaduto la cosa non era molto plausibile... Perché mai un membro della famiglia reale avrebbe dovuto occuparsi di un prigioniero? Diffidente, non rispose e non si alzò in piedi e lui riprese a parlare: -Ci dispiace doverla trattare così, ma in questo momento così delicato per la nostra famiglia e per la conseguente precaria situazione politica dell'intero pianeta, non possiamo fare altrimenti: il danno di immagine che deriverebbe dall'ospitare un personaggio del suo calibro sarebbe devastante.
A quelle parole Kei scoppiò in una risata amara, guardandolo con l'espressione di chi sa benissimo che l'altro stia mentendo.
-Vi dispiace? E perché mai? Su ogni pianeta rispettabile quelli come me non possono che aspettarsi un trattamento simile... O mi sbaglio?- puntualizzò, guardandolo dritto negli occhi.
Aalim annuì, poi ammise: - È vero, ma lei è anche un'amica di mia sorella e per noi la cosa non è di secondaria importanza. Sapeva del ruolo che è destinata a ricoprire Andrejna su questo pianeta?
La donna lo fissò. Quel tizio sembrava parlare sul serio e stavolta non gli rispose con l'ironia usata prima: -No. Andy...scusi, Andrejna è stata soltanto il mio meccanico di fiducia, oltre che una cara amica. Però adesso...- esitò. Non sapeva cosa pensare, dato che alla luce degli ultimi avvenimenti probabilmente non poteva più considerarla tale, dopotutto non era mai stata davvero sincera con lei. Mai aveva accennato ad una famiglia, tanto meno all'importanza della stessa... perché? Cosa l'aveva fatta allontanare da una vita di agi e privilegi? Nell'officina frequentava pirati ed appartenenti ai bassifondi, avventurieri spaziali e cacciatori di taglie, tutta gente poco raccomandabile, insomma.
Lui parlò di nuovo: -Se sta pensando di riconsiderare l'amicizia di mia sorella, non ne ha motivo, Kei. Sono certo che i suoi sentimenti siano sempre stati sinceri, lei è fatta così. E questo suo spirito libero non le ha mai dato vita facile nel nostro ambiente... Per questo, una volta giunta la maggiore età si è stabilita per conto suo e mio padre l'ha lasciata fare, fino ad ora, ma entrambi sapevano bene che prima o poi questo momento sarebbe arrivato.
Kei abbassò il capo: -And... Andrejna sta bene?- chiese, domandandosi perché non fosse andata a farle visita di persona. Vide Aalim sorridere: -Fisicamente sì, certamente non la definirei felice. Da quando è arrivata è in udienza con nostro padre, le cui poco regali urla non giungono fin qui soltanto perché siamo in una zona isolata per questioni di sicurezza. Non che il tono usato da mia sorella sia da meno...
Ebbe un attimo di esitazione, poi le chiese, quasi con infantile curiosità: -È vero che lei fa parte dell'equipaggio dell'Arcadia?
La bionda sapeva che prima o poi quella domanda sarebbe giunta, ma mentire o ignorarla non avrebbe cambiato nulla: era un dato che compariva su qualsiasi database che comprendesse i ricercati di tutte le colonie umane sparse per la galassia.
-È vero, sono dell'Arcadia.
In quel momento la porta si aprì e sulla soglia si fermò un ufficiale di mezza età.
-Principe, la sua presenza è richiesta dalla reggenza.- espose con tono incolore.
Il soggetto interessato annuì, poi i suoi occhi tornarono su Kei ed accennò un rispettoso inchino.
-Mi perdoni, miss. Spero che la sistemazione non sia eccessivamente disagevole.
Non attese risposta, voltò le spalle ed uscì, richiudendo la porta dietro sé. Kei rimase a fissarla, poi si alzò dalla branda, si accostò al tavolo e decise di mettere qualcosa sotto i denti: peggio di quello che cucinava Masu-san non poteva essere.
Naturalmente era molto meglio e lei fu certa che quello non fosse il rancio che di solito veniva servito nella zona di detenzione... Almeno essere amica dell'erede al trono aveva i suoi vantaggi.
Dopo aver mangiato, continuò la sua attività di ispezione per tentare una via di fuga; se Andy non aveva come aiutarla e quelli dell'Arcadia non avevano idea di dove lei fosse, era chiaro che doveva uscirne da sola. Non venendo a capo di nulla, decise di riposare, magari con la sera sarebbe riuscita ad ingannare chi di guardia al turno successivo. O se fosse riuscita a parlare con Andy, forse non ci sarebbe nemmeno stato bisogno di mettersi in pericolo. Nella peggiore delle ipotesi avrebbe cercato di prenderla in ostaggio...
La nota dolente era la mancanza di una qualsiasi arma, ma chi si occupava della prigione era un tipo lungimirante: neanche col pasto le avevano facilitato il compito, nemmeno le posate lo accompagnavano, essendo composto da portate che non necessitavano del loro uso. E il vassoio di cartone preformato, come oggetto contundente, poteva servire a ben poco.

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Capitolo 6
*** Conflitto di famiglia ***


Da tutt'altra parte dello stesso edificio, Andy stava combattendo una battaglia che si poteva considerare persa: da sola contro l'opinione del resto della famiglia, cercava di far ragionare il padre furioso. Aveva rifiutato di cambiarsi d'abito e indossava ancora la lorda tuta da astromeccanico, che emanava odore di olio minerale e polvere del deserto, stridendo non poco con l'ambiente raffinato che era la sala privata della reggenza. Sulla schiena, la lunga treccia scura ondeggiò nuovamente al movimento brusco dettato dall'ira. Il casco neurale giaceva abbandonato in un angolo, mentre gli occhialoni protettivi le pendevano dal collo.
Ancor più furioso della figlia ribelle, il Reggente la sovrastava di una testa e la fulminava con lo sguardo. Discutevano già da ore e una soluzione che potesse pacificarli era lontana anni luce.
-Perché ti ostini a non capire?- chiese alla figlia per l'ennesima volta.
Andy si strinse la radice del naso con indice e pollice, cercando di calmarsi e trovare le parole adatte a non far precipitare definitivamente la situazione.
-Io capisco benissimo! Sei tu che non accetti il mio punto di vista. Non posso e non voglio prendere la reggenza! Passala a Aalim ne sarà contento, la desidera da tanto. Farai felici tutti ed io continuerò a vivere in pace senza essere coinvolta in queste sporche faccende!
Nonostante tutto, il Reggente non si stupiva più di tanto per l'ostinazione della figlia, perché avevano lo stesso carattere testardo e cocciuto. Si voltò verso la grande immagine tridimensionale che occupava buona parte della grande parete e fissò la donna che vi era ritratta. La defunta moglie sorrideva con sguardo sereno, una bellezza particolare che faceva ben intendere da chi avesse preso la sua Aalim.
-Tua madre non sarebbe contenta, Andrejna. Lei...
-Lei non sarebbe stata contenta, davvero! Su questo hai ragione, caro padre! Non sarebbe certo felice di essere rimpiazzata a questo modo!
Stavolta l'uomo non si trattenne e si avvicinò alla figlia in un modo tale che sembrava volesse investirla con la sua mole. Le si fermò ad una spanna e la fissò ancora più duramente.
-Sono passati venticinque anni dalla nascita di Aalim, venticinque lunghi anni da che mi è stata portata via e tu non hai alcun diritto di affibbiarle pensieri tuoi. Adesso va' a cambiarti e a renderti presentabile per la cena come conviene al tuo rango: dobbiamo presenziare ad un incontro con gli esponenti dell'opposizione. Ti serve la stessa scorta che ho disturbato per venire a prenderti?
Stringendo i denti per la rabbia e l'umiliazione, dato che era l'unica opzione valida per togliersi di mezzo almeno momentaneamente il padre, Andy si diresse verso il casco, si chinò a prenderlo ed uscì dalla sala senza degnarlo di uno sguardo.


Nel cuore della notte, il sonno leggero di Kei fu interrotto da un rumore sommesso. Silenziosa come un gatto scivolò fuori dalla coperta che la avvolgeva, pronta all'azione. Si abbassò sulle ginocchia, e vide uno spiraglio aprirsi tra la porta e la parete; vi fece capolino una figura indistinta nell'oscurità appena alleviata dalle luci di servizio notturne.
-Kei, sei sveglia?- mormorò la voce di Andy.
Stupita, la pirata si alzò nuovamente in piedi per farsi vedere, un'ombra tra le ombre.
-Sì.- affermò gelida. Solo allora l'altra fece il suo ingresso per richiudere la porta alle sue spalle. Kei stentò a riconoscerla, era la prima volta che la vedeva coi lunghi capelli sciolti sulle spalle, con indosso un severo, ma pur sempre femminile tailleur scuro, forse blu o nero, un candido giro di perle al collo ad accompagnare quelle che portava alle orecchie. La nuova arrivata le sorrise.
-Ciao. Scusami per tutto questo...
La pirata si rabbuiò.
-Spiegami cosa sta accadendo.- le rispose con più durezza di quanto avrebbe voluto dimostrare, ma quella situazione la indisponeva seriamente.
-Ci proverò, anche se non è certo semplice. Vedi, secondo le leggi in vigore, un Reggente non può risposarsi, per non creare linee cadette a quella reale. Mia madre è morta alla nascita di mio fratello e mio padre non ha più amato nessun'altra dopo di lei. Ma lo sconvolgimento che ha portato alla follia la galassia, con la scomparsa della Terra e tutto ciò che ne è derivato, l'opposizione al governo della mia famiglia si è fatta più forte. L'unica via d'uscita sarebbe un doppio matrimonio che leghi le due famiglie: uno che coinvolga me ed un secondo che lo rafforzi, una sorta di assicurazione che coinvolga mio padre. Però ne consegue che lui prima lasci la reggenza passandola a me, la sua prima figlia.
-E a te non stanno bene né il tuo matrimonio politico, tanto meno il suo. Conoscendoti, neanche l'idea della reggenza ti entusiasma... Non è così?
Andy ritrovò un sorriso più sicuro: -Mi conosci bene.- riconobbe all'amica.
La quale, invece, era perplessa: -Ed io? Che ruolo avrei in tutto questo?
-Nessuno in particolare... Ti sei semplicemente trovata qui nel momento sbagliato. Oltretutto, il fatto che tu appartenga alla ciurma di pirati più ricercata della Galassia non depone a tuo favore. Se ti liberassi, la fazione in opposizione userebbe la questione per screditare la mia famiglia. Se tu fuggissi sarebbe ancora più deleterio, darebbe l’impressione che non siamo neanche in grado di tenere al fresco un prigioniero... Oh Kei, mi dispiace tanto!
Kei rimase in silenzio, elaborando velocemente la situazione. Andy riprese: -Dimmi un po', l'Arcadia è molto lontana? Quanto ci metterà il tuo Capitano per venire a prenderti?
Poteva essere l'unica soluzione, nessuno avrebbe mai biasimato la famiglia di Andy, se avesse perso contro il più pericoloso avversario che si potesse trovare nella Galassia… ma un pensiero ben più cupo affliggeva la povera ragazza.
-Non verranno, non sanno dove sono. E adesso che dello Space Wolf non è rimasto nulla, non possono nemmeno tracciare il radiofaro che avrei potuto attivare per aiutarli a trovarmi.
La donna di Bx1 rimase in silenzio; aveva contato sul l'Arcadia per sfuggire a quella situazione: se fosse riuscita ad imbarcarsi con quei pirati simulando un rapimento, avrebbe potuto sfuggire a quell'assurda situazione dinastica.
Kei le chiese: -Dimmi, cosa accadrebbe se andasse al governo di Bx1 l'opposizione? Sarebbe così grave?
L'interpellata sbarrò gli occhi. Nonostante non amasse la vita con la sua famiglia a palazzo, non aveva mai contemplato quella possibilità. Rimase a riflettere qualche istante, poi rispose con decisione: -Sarebbe una catastrofe. Per quanto io non sia legata alla mia famiglia, so che i suoi membri continuerebbero a regnare secondo le leggi riconosciute dalla Federazione. Il programma avversario invece punta allo sfruttamento delle scarse risorse planetarie per cercare di elevare ad ogni costo la posizione di Bx1 all'interno dell'Assemblea generale del Consiglio Federativo. Lo faranno a pezzi per rivenderlo alle compagnie multiplanetarie... Non dimenticare che è un pianeta povero, dal fragilissimo equilibrio ambientale: lo sfruttamento indiscriminato porterà il breve tempo il pianeta alla rovina. I matrimoni porterebbero due di loro a fare parte della nostra famiglia, ma l'ultima parola sarebbe comunque mia, sarebbe più facile ostacolarli.
Kei sorrise.
-Dici di non volerne fare parte, ma è evidente che tieni alla tua famiglia e a ciò che rappresenta...
-Anche tu dici di tenere alla tua, però pare che ne sia fuggita.... Questo te li fa amare meno?
Colpita da quell'affermazione, in un primo momento la ragazza non rispose, poi si arrese.
-No, li amo sempre. E mi mancano.- ammise.
Andy la guardò con rammarico, ma non poteva farla fuggire rischiando di rovinare il sottile equilibrio che si era venuto a creare tra le parti, quindi la salutò mesta e andò via.

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Capitolo 7
*** Imprevisti ***


Quello che entrambe ignoravano era il fatto che l'Arcadia fosse in rapido avvicinamento verso il Sistema di Bellatrix.
L'alba salutò il palazzo reale di Bellatrium con l'inconfondibile sagoma dell'astronave pirata che si stagliava contro l'accecante disco della gigantesca stella blu che stava sorgendo. A bordo fremevano i preparativi per lo sbarco: Harlock aveva dato ordine di intercettare quante più comunicazioni e registrazioni possibile già dall'orbita esterna del pianeta per far sì che l'individuazione del luogo in cui era tenuta prigioniera Kei Yuki saltasse fuori nel più breve tempo possibile.
-Si trova nelle celle del seminterrato del palazzo reale.- affermò con spavalda sicurezza Yattaran, mostrando una complessa mappa 3D. Il Capitano annuì in un cenno che era anche un ringraziamento, quindi ultimarono i preparativi per l'attacco.
L'immensa ombra proiettata dall'Arcadia e la vibrazione cupa dei suoi motori spaventarono le sentinelle di guardia e l'allarme risuonò in tutto il complesso. Ma i pirati non si lasciarono intimidire dai primi colpi che vennero esplosi contro di loro: si calarono dai ponti che sfioravano i tetti, prendendo posizione con la destrezza data dall'esperienza. Era come se stessero andando all'arrembaggio di un'altra astronave, però facilitati dalla forza di gravità e dall'effetto sorpresa.
Non avevano però tenuto conto delle forze d'opposizione che da giorni stazionavano presso lo stesso palazzo, i quali, credendo che i pirati volessero saccheggiare il tesoro reale, decisero di sfruttarne l'attacco per mettere in atto un vero e proprio colpo di stato: prendere il potere in quel modo inaspettato era sempre meglio che scendere a compromessi.
La ciurma dell'Arcadia rimase in un primo momento disorientata nell'assistere a quell'inaspettato aiuto, ma al Capitano che li guidava la cosa non piacque, credendo che l'interferenza potesse mettere in pericolo la prigioniera Kei.
Mentre i pirati calavano dall'alto, i nuovi intervenuti cercarono di penetrare dal pianterreno, mettendo in seria difficoltà gli occupanti che dovettero dividersi su due fronti.


Ancora rinchiusa nella cella, Kei riconobbe il pulsare dei propulsori dell'Arcadia e udì l'eco dei primi spari. Corse verso la porta col cuore colmo di speranza, quando questa si aprì d'improvviso, mostrando la figura scarmigliata di Aalim che, armato fino ai denti, la fissò rabbioso e, afferratola per un braccio la strattonò malamente. Lei cercò di respingerlo, ma i suoi piedi privi di stivali incespicarono e lui ne approfittò per tramortirla con un preciso colpo dato sulla nuca col taglio della mano. Aveva pensato che se i pirati erano giunti sin lì per riprendersela, doveva essere un membro importante dell’equipaggio e sarebbe potuta servire come merce di scambio, se le cose fossero precipitate con l'opposizione.
Con la poverina priva di sensi gettata su una spalla si mosse furtivo, mentre i primi spari cominciavano a farsi sentire all'interno del palazzo. Camminò veloce verso una meta precisa e scomparve nel buio di un'anonima stanzetta secondaria senza aperture verso l'esterno.


Correndo giù dall'ampia scala con le armi in pugno e il mantello che ondeggiava sulle spalle, Harlock fu fermato da una voce femminile che risuonò alle sue spalle, appena superato il pianerottolo di un piano intermedio: -Capitan Harlock! La prego! Si fermi, lo faccia per Kei!
A quel nome si fermò per voltarsi a guardare colei che l'aveva pronunciato. Al suo occhio si presentò una donna, all'apparenza sua coetanea, dalle forme abbondanti e dai vivaci occhi verdi sul viso pieno. Non ebbe bisogno di interrogarla perché lei spontaneamente dichiarò: -Vi prego, la lasceremo andare, ma fermatevi! Le forze di opposizione stanno facendosi strada sfruttando il vostro intervento, sarà un disastro!
Il tono implorante non ammorbidì il Capitano che, tornato sui suoi passi, le si presentò dinanzi per fissarla gelido dalla sua considerevole altezza.
-E cosa credete che mi possa importare delle vostre lotte per il potere?- chiese acido, facendo sgranare gli occhi alla povera Andy, ancora in pigiama per il brusco risveglio che l'aveva gettata giù dal letto pochi minuti prima. Rimase muta, intimorita non solo dalle parole e dal tono di voce, ma soprattutto dalla fama di quell'uomo sfregiato vestito di nero.
Lui la incalzò, socchiudendo l'unico occhio: -Dov'è Kei?- le sibilò in viso.
Lei non poté che rispondere con un timido: -Mi segua.- avviandosi per le scale, diretta al seminterrato dove si trovavano le celle. Cosmo Dragoon alla mano, Harlock le tenne dietro mentre il suono dei colpi che gli uomini di guardia si scambiavano con le forze d'opposizione si facevano più vicini. Avanzarono ugualmente e giunti al corridoio su cui si aprivano le porte delle prigioni, Andy si fermò impietrita. Le porte erano tutte spalancate e dell'amica non c'era traccia. Che ne era stato di Kei? E come avrebbe spiegato al ricercato numero uno dell'intera galassia  che non aveva idea della fine che poteva aver fatto la sua compagna?


La guardia reale riuscì a respingere l'assalto venuto dal basso, ma era impreparato a quello condotto dai membri dell'Arcadia calato dal cielo e a metà mattino i pirati avevano preso possesso dell'intero edificio, chiudendone fuori sia l'esercito regolare che le forze d'opposizione. Harlock aveva fatto rinchiudere i principali membri della famiglia reale nella sala del trono e spediti gli altri dignitari e la servitù nella sala attigua. Il silenzio con cui il Capitano fissava i suoi prigionieri era inquietante; erano in attesa che Yattaran, accompagnato da un riluttante Primo Ministro tenuto sotto tiro, finisse la ricerca di due precisi individui: all'appello mancavano Kei e il principe Aalim. Di entrambi, vivi o morti, non c'era traccia nel palazzo, riferì il primo ufficiale serio, di ritorno dal giro di perlustrazione.
Andy stava in silenzio, ma gettava frequenti occhiate al Capitano dell'Arcadia. Indecisa se parlare o meno di un sospetto che la opprimeva, con quel comportamento ambiguo attirò l'attenzione dell'uomo, che le si avvicinò e le disse: -Voi nascondete qualcosa.
Quella voce profonda che la sua amica amava tanto, diede alla donna un brivido di paura. Anche se intimorita, decise di parlare: -Credo che mio fratello Aalim...
-Andrejna, non dire nulla!- la interruppe il padre furioso; di certo anche lui aveva pensato al passaggio segreto, intuì la figlia, mentre il pirata, senza neanche la necessità di guardarlo in viso, gli puntava addosso la Gravity Saber, sibilò: -Zitto!
Invece fissò Andy: -Cosa stava per dire? Continui!
-Aalim era interessato a Kei, ne aveva parlato tanto ieri sera... Credo l'abbia costretta a seguirlo in qualche modo, quando è iniziato l'attacco. Forse aveva paura...- cercò di giustificarlo, ma le motivazioni ad Harlock non interessavano, così tagliò corto: -Dove l'ha portata?
La donna sospirò: -C'è un passaggio che conduce all'hangar privato.
A quella rivelazione il reggente crollò sulla sedia col volto scuro, mentre il Capitano si metteva in contatto col capo ingegnere sulla nave: -Maji! Fai scendere Meeme e comincia a rivedere le scansioni dei mezzi che hanno stazionato da e per il pianeta, da quando ci siamo approssimati all'orbita fino ad ora.
-Roger, Capitano!- rispose pronto l'altro.
Dieci minuti dopo l'aliena faceva il suo ingresso nell'ampia sala, eterea e misteriosa come sempre. Una volta al cospetto di Harlock gli chiese con voce dolce: -Eccomi, Harlock. In cosa posso esserti d'aiuto?
Lui indicò Andy con un cenno e le disse: -Accompagnala a vestirsi. Lei verrà con noi.
A quell'affermazione il reggente scattò in piedi: -No! Lasciate mia figlia! Verrò io al suo posto!
Ma il pirata fu irremovibile: -Ho già deciso.- comunicò senza possibilità di replica. Radunò i suoi uomini e, non appena le due donne tornarono, diede l'ordine di risalire sull'astronave.
Con la futura reggente designata come ostaggio, nessuno osò minacciarli e l'Arcadia si allontanò dal pianeta indisturbata, sotto gli occhi della flotta militare impotente.

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Capitolo 8
*** Rivelazioni e riflessioni ***


Una volta stabilizzata sull'orbita esterna di Bx1, la grande nave pirata parve un grosso predatore in attesa.
Mentre il computer continuava la scansione richiesta, Harlock ricevette Andy nello studio attiguo al suo alloggio per interrogarla.
Anche se un po' intimorita dalla tetra atmosfera che vi regnava, la donna non esitò al cospetto dell'uomo che le sedeva di fronte, un'ampia scrivania lignea tra loro.
-Allora, Andrejna, suo fratello dove ha portato Kei?- chiese con tono serio il Capitano dell'Arcadia. La donna lo fissò, cercando di tirare fuori il tono più spavaldo che poté: -Preferirei essere chiamata Andy, se non ti dispiace, Capitano. Passiamo sopra questi toni formali, non li posso soffrire.
Harlock strinse l'occhio, nervoso per quella ulteriore perdita di tempo, poi annuì.
-D'accordo.
-Di mio fratello non so molto, Capitano. Fino a quando mio padre non ha usato l'esercito per riportarmi a casa, ho vissuto per quasi quindici anni per i fatti miei, lontano dalla reggia. Non credo comunque che abbia molti contatti al di fuori di Bx1, di certo non ne ha lontano da questo settore, ma non posso avere alcuna certezza in merito. In base al mezzo che ha preso non sarà difficile verificare la mia ipotesi. Mi spiace soltanto che Kei fosse venuta a trovarmi quando è accaduto tutto questo, nemmeno io ho potuto fare nulla per lasciarla andare.
Harlock non si pronunciò su quell’ultima affermazione, ma doveva verificare il traffico da e per Bx1. Chiamato Maji a rapporto, volle sapere se la scan fosse stata completata. Quello lo fissò, poi guardò Andy, indeciso se rivelare i suoi progressi davanti a lei, poi decise di proseguire comunque: se il Capitano gli aveva fatto quella domanda ne attendeva la risposta: -Ci siamo quasi, Capitano. Appena avrò i risultati te li farò avere.
Andato via Maji, i due continuarono il loro confronto. C'era una domanda che Harlock voleva porle già dall'inizio e lo fece in quel momento: -Come hai conosciuto Kei Yuki?
Tornando indietro nel tempo coi ricordi, Andy sorrise: -Era da poco al comando della Fluorite ed era in seria difficoltà dopo uno scontro con un incrociatore della Federazione. Erano riusciti a scamparla, ma la nave urgeva riparazioni non da poco. La indirizzò da me uno degli uomini dell'equipaggio che mi conosceva... Io non ho mai guardato le insegne delle navi, quelle che hanno avuto bisogno di me le ho sempre aiutate senza porre troppe domande. Da quella volta la Fluorite è stata da me più volte. Era una buona nave, non meritava la fine che ha fatto.
Harlock la guardò stupito: -Mi vuoi far credere che l'erede al trono di Bx1 in realtà è davvero un astromeccanico?
Andy sorrise cordiale:- Ti ho detto di essere stata lontana dalla mia famiglia. Non ho mai avuto interesse a regnare e mio padre ha usato la forza per farmi tornare a palazzo, quando non ne ha potuto più  fare a meno. E non è certo colpa mia se Kei ha lasciato l'Arcadia nel momento sbagliato, in cerca di qualcuno con cui parlare.- Aggiunse infine con tono malizioso, marcando l'ultima frase. Era stata certamente avventata nell'esporre quel giudizio, ma non era riuscita a resistere alla tentazione di pungolare quell'uomo così algido, anche se sapeva bene di dover utilizzare tutta la cautela possibile per non rischiare troppo: sapeva bene che a giocare col fuoco ci si può scottare.
Infatti Harlock balzò in piedi, visibilmente irritato.
-Cosa intendi dire?
L'insinuazione sul possibile disagio provato da Kei lo sconvolgeva, anche se ammetterlo era difficile. La donna capì di aver colpito nel segno e sorrise amabilmente. Anche se a quella reazione il timore l’aveva nuovamente presa, cercò di far finta di nulla.
-Niente. Semplicemente che una ragazza a volte ha bisogno di parlare con una sua simile. E no, la tua amica aliena in questo particolare caso non fa testo, credimi.
Nel silenzio che seguì a quell'affermazione, Harlock non disse nulla. Però si chiedeva cosa c'entrasse Meeme; non riusciva a cogliere il collegamento, ma era evidente che quella donna fosse a conoscenza di molte cose. Quanto le aveva raccontato Kei? Per la prima volta non sapeva se fosse meglio indagare sulla questione o se lasciare perdere implicazioni che potevano rivelarsi solo discorsi da donne.
Fu esonerato dal prendere una decisione, almeno per quel momento, dal ritorno di Maji che portava gli aggiornamenti richiesti. Vedendolo esitare ancora, certamente a causa della presenza dell’estranea, lo incoraggiò a parlare: -Dimmi, capo ingegnere .
-Al nostro arrivo poche navi hanno lasciato il pianeta. Di queste, tre hanno compiuto un balzo interstellare, ma solo una necessitava di un equipaggio molto ridotto. In definitiva posso azzardare l'ipotesi che sia la nave che ci interessi.
Harlock annuì e si voltò vero Andy: -Se tu affiancassi Maji, riuscireste insieme a capire se quella individuata è una delle vostre navi?
La donna lo fissò con stupore. Credeva di essere una prigioniera, invece quei pirati le stavano chiedendo di collaborare. Non esitò nel rispondere: -Se è stata registrata l'impronta elettromagnetica posso farlo con un'approssimazione del novantotto per cento.
-L'abbiamo.- assicurò Maji, sicuro del fatto suo.
Il Capitano era soddisfatto.
-Te la affido. Tratta la bene, è un'ospite di riguardo.- poi si rivolse a lei: -Pranzerai con me.
Andy gli fece un cenno col capo, poi insieme al Capo ingegnere si congedò da lui. Rimuginava su un unico pensiero: invece di sbatterla in una cella, quella gente le permetteva di girare liberamente per l'astronave... Non era quello che si era aspettata.
Harlock udì Maji farle qualche raccomandazione: -Mi stia vicina, non è difficile perdersi, qui.- mentre lei rispondeva con un cordiale: -Chiamami Andy e scordati quel tono da damerino!


Come preannunciato da Harlock, lui e la nuova arrivata, pranzarono insieme nella solitudine dell'alloggio poppiero. A lui non dispiaceva quella donna dall'aria gioviale e comprendeva perché Kei le fosse tanto legata. Si era dimostrata diversa, una volta condotta fuori dalla residenza reale: da quando era salita a bordo si era trovata davvero a suo agio ed era evidente che si intendeva di astronavi. Aveva lodato così tanto l'Arcadia che Tochiro sarebbe sprofondato dall'imbarazzo.
A fine pasto Harlock era giunto alla conclusione che davvero Kei le aveva raccontato un po' di tutti i presenti a bordo, sembrava conoscerli uno ad uno, ma su di lui non si era sbilanciata più di tanto. Potevano esserci due possibilità: o la sua ufficiale non aveva aperto bocca sul suo Capitano, o quella donna volutamente non aveva detto nulla per delicatezza, rispetto o timore. Quale che fosse il motivo, le cose che avrebbe voluto capire erano tante, ma una domanda su tutte premeva per uscire.
Fissò Andy bere la sua birra, preferita al pregiato vino rosso che in un primo momento le era stato offerto, e decise di esternare il pensiero che lo tediava.
-Andy... Cosa è preso a Kei? Perché ha sentito il bisogno di allontanarsi dall'Arcadia e venire da te?
La donna allargò le labbra in un ampio sorriso.
-Finalmente la domanda che aspettavo! Stavo cominciando a dubitare della tua fama, Capitano.
La guardò accigliato. Stava forse prendendosi gioco di lui?
-Cosa vuoi dire?- la interrogò, duro.
Lei si mise in piedi, sistemò il camicione dal taglio maschile che portava sui pantaloni e andò ad affacciarsi all'ampia vetrata di poppa, il suo pianeta natale sotto di loro.
-Capitano... Siete stati lontani per molto tempo, tu e Kei, vero?
Non gli piaceva che stesse rispondendo alla sua domanda con un altro interrogativo, ma voleva sapere e decise di reggerle il gioco. Il silenzio è assenso e non poteva negare che le loro strade si fossero divise e lui era scomparso per tanto di quel tempo che era stato creduto morto da molti. Lasciò che quella donna continuasse il suo ragionamento.
-In quel periodo, con le sue sole forze, quella ragazza ha costituito un suo equipaggio ed è stata al comando di una sua nave. Ha trovato un suo ruolo e io l'ho conosciuta in quel momento della sua vita. Lo spazio è un posto inospitale, ma lei ce l'aveva fatta ed aveva il rispetto dei suoi uomini. Però, quando veniva a trovarmi, era di voi che parlava. Certo, cominciava raccontando le sue imprese, ma alla fine l'Arcadia e il suo equipaggio, in qualche modo entravano a far parte del discorso. È come se io conoscessi tutti voi. E te.- rivelò infine, voltandosi a guardarlo.
Harlock sostenne quello sguardo che adesso era carico d'apprensione. Sembrava che le venisse difficile proseguire.
-Mi stai dicendo che in quanto ex capitano, adesso Kei fa fatica ad accettare i miei ordini?- le disse serio. Si rendeva conto solo in quel momento di avere il timore che il suo secondo ufficiale potesse o volesse fare a meno di loro. Di lui.
Andy non seppe cosa dirgli. La stessa Kei le aveva rivelato come stavano le cose e non era il semplice impulso dettato dalla voglia di indipendenza. Cercò le parole giuste per dargli modo di comprendere senza ledere troppo il vincolo della confidenza ricevuta dalla ragazza.
-Capitano, non è questo. Kei è stato un buon comandante e l'esperienza le è stata utile per crescere. Ma io ti ho specificato che comunque parlava di voi. Vi cercava, le mancavate... Il suo problema non è dato dalla difficoltà di accettare ordini superiori, quella ragazza è di nuovo alla ricerca di un posto preciso da occupare, ha bisogno di un ruolo ben definito.
Più di così non poteva dirgli, non aveva il diritto di rivelare quello che l'amica le aveva confessato. Non poteva finire la frase come avrebbe voluto, aggiungendo tre semplici parole... "Al tuo fianco".
Dunque Harlock non doveva avere timore di perderla, ma non capiva che ruolo dovesse affidarle per renderla felice. Lo disse ad Andy, che nel frattempo era tornata al tavolo per versarsi altra birra, e rimase male vedendola ridere rumorosamente.
-Scusami, Capitano, ma questa è una domanda a cui io non posso dare una risposta.
Poi si fece seria e lo colpì con un interrogativo inaspettato, che non sembrava avere nulla a che vedere con quanto detto sino a quel momento: -Non rispondere se non vuoi, ma rifletti bene: perché sei corso a cercarla a quel modo, sul mio pianeta? E non dirmi perché è parte del tuo equipaggio, perché Kei sa cavarsela benissimo in queste situazioni. Non crederai mica che non ci si sia trovata negli anni in cui non è stata sotto la tua ala protettiva?
L'uomo rimase immobile e quasi non la udì, quando lo ringraziò per tornare al lavoro con Maji. Fissando lo spazio avanti a sé, seppe che quella domanda a cui aveva dato voce Andy, lo assillava più del dovuto. Perché una volta scoperto dove fosse Kei aveva dato l'ordine immediato di partenza, di fatto precipitandosi verso Bx1? "Perché era in pericolo" si rispose, ma non ne fu comunque soddisfatto. Quel pianeta di frontiera non era certo Panoptycon, Kei sarebbe riuscita a cavarsela da sola come decine di altre volte... se lui non avesse assaltato il palazzo, spaventando quell'idiota di principe che aveva pensato bene di trascinarla con sé chissà dove. Sperò ancora una volta che non fosse ferita.
Si lasciò cadere sulla sedia e chinò il capo. Era stato lui a metterla in pericolo, credendo di salvarla, agendo d'impulso.
La cosa lo stupì.

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Capitolo 9
*** L'inseguimento ***


Un dolore sordo alla base del cranio affliggeva la povera Kei, da quando aveva ripreso i sensi a bordo della piccola nave, gli arti intorpiditi dalle manette che la costringevano all'immobilità. Ringraziò che le luci fossero spente, almeno un po' di pietà per i suoi poveri occhi... La penombra era data dalle fioche spie di controllo della consolle di comando semplice ed essenziale. Si arrese all'ennesimo tentativo di liberarsi, la pelle dei polsi e della caviglie che bruciava per lo sfregamento e rimpianse l'assenza del geniale amico Yattaran, maestro nell'escogitare le diavolerie più impensabili ed utili alle evasioni.
Lo sguardo fisso, ai comandi sedeva un nervoso Aalim. La ragazza non sapeva dove si trovassero, ma ricordava bene la sorpresa di essere stata svegliata nella cella del palazzo di Bellatrium dai propulsori dell'Arcadia. Anche se non aveva idea di come avesse fatto, la sua famiglia ancora una volta l'aveva ritrovata e quel pensiero le fece affiorare un mesto sorriso sulle labbra.
Di certo Aalim aveva frainteso... Se gli avesse parlato magari l'avrebbe convinto a tornare indietro. Con la bocca asciutta per la sete, pensò che doveva articolare le parole in modo più chiaro possibile, non voleva che eventuali fraintendimenti facessero precipitare la già precaria situazione.
-Aalim... - lo chiamò piano, ma lui non si voltò, intento a monitorare la strumentazione di volo.
Però le rispose e Kei si accorse subito che qualcosa non andava: -Ti sei svegliata? Dimmi la verità, piccola pirata, è stato con la complicità della mia amata sorella che avete preso il potere? O era un accordo preso con le forze d'opposizione? Magari entrambe le cose...- era adirato e la cosa a la intimorì, bloccata com'era non poteva neanche difendersi da eventuali scatti d'ira.
Ma di cosa stava parlando? Lei lo guardò stupita... Era impossibile che ad Harlock interessasse qualcosa della situazione politica di Bx1!
-Aalim, hai frainteso! Harlock è venuto per me, per riportarmi sull'Arcadia!
Stavolta il ragazzo si voltò per guardarla, dalla poltroncina di pilotaggio, e le chiese sprezzante: -Sei la sua donna?
Lei rimase muta, poi ammise: -No.- e la cosa le faceva male.
Lui alzò un sopracciglio: -E allora perché avrebbe dovuto precipitarsi a quel modo? E come hai fatto ad avvisarlo? Non avevi nulla che ti consentisse di farlo. È stata quella traditrice di mia sorella?
Kei cercò di sollevarsi e scosse animatamente il capo: -Sono un ufficiale di Harlock e lui andrebbe ovunque per ogni membro del suo equipaggio!- era così, lo sapeva e rendersene conto le raffreddava l'animo dall'entusiasmo che l'aveva presa appena sentiti i motori dell'Arcadia. Si riscosse subito, non era quello il momento di pensare a certe cose e poi c'era da convincere il fratello di Andy.
-Tua sorella non ha tradito la vostra famiglia... Altrimenti mi avrebbe lasciata andare...
Lui la interruppe: -Magari il suo è tutto un piano per vendicarsi di nostro padre e per distruggere la famiglia di cui non le è mai importato nulla...
Lo guardò sapendo di non avere alcuna speranza di convincerlo: era convinto che le sue deduzioni fossero esatte e sarebbe stato difficile farlo ragionare. Gli rispose soltanto: -Su tua sorella ti sbagli più che su tutto il resto, non vi tradirebbe mai. Tu stesso mi dicesti di non dubitare di lei, nonostante mi avesse sempre nascosto la sua identità.
Aalim non rispose, si limitò a dedicarsi al pilotaggio della navetta e lei si sforzò di trovare una soluzione a quella situazione che non prometteva nulla di buono. Sapeva infatti che un uomo disperato è capace di qualsiasi cosa, nel momento in cui si rende conto di non aver più nulla da perdere.


Intanto, sull'Arcadia, Harlock sedeva pensieroso alla sua postazione in plancia. Gli sforzi congiunti di Andy, Yattaran e Maji avevano portato ad una preziosa, ma debolissima traccia che veniva a mala pena rilevata in un lontano e minuscolo sistema distante diverse centinaia di anni luce.
-Come riuscite a seguirlo nonostante la distanza?- chiese.
Fu Andy a rispondere con una certa dose di orgoglio nella voce: -Tempo addietro fornii le nostre navi di un particolare tipo di radiofaro di mia invenzione.- rivelò. -Anche se mio fratello ne fosse a conoscenza e sapesse dove mettere le mani, non potrebbe far nulla per disattivarlo: le componenti sono le stesse che tengono in funzione buona parte dei sistemi di supporto vitale della nave, non possono venire spenti senza che il tutto smetta di funzionare.
-È geniale!- si lasciò sfuggire Maji, che si zittì subito dopo, rosso d'imbarazzo al sorriso che gli rivolse la donna.
Harlock annuì. Grazie a quel dispositivo avrebbero ritrovato presto Kei e per la prima volta Andy vide apparire sul suo viso un accenno di sorriso e pensò che la sua bionda amica era una ragazza fortunata: quell'uomo aveva un fascino a cui era difficile resistere, ma lei sapeva anche che era complicato ottenerne la fiducia, l'amicizia... e l'amore.
Non si fece illusioni, quindi, sperò soltanto che suo fratello non commettesse ulteriori sciocchezze e che Kei potesse tornare al più presto dal suo Capitano. In quel momento, mentre i due tecnici di bordo andavano via, le venne in mente un particolare e volle togliersi un dubbio che la assillava e gli chiese a bruciapelo: -Capitano, hai mai pregato per la salvezza di qualcuno?
Lui la fissò con l'occhio leggermente socchiuso, di colpo sospettoso. I ricordi lo riportarono alla ferita di Kei, al suo mancato risveglio, alla disperazione provata in quel momento. Era stato allora che, cercando conforto dal suo Amico, si era reso conto di non poter controllare tutto, che gli rimaneva soltanto una cosa a cui aggrapparsi: il ricorso ad un'entità superiore che potesse dove lui non era in grado di riuscire. Aveva imparato a pregare.
Ma Andy tutto questo non poteva saperlo e credette che quella domanda fosse solo una coincidenza. Così, impercettibilmente, fece un cenno di assenso col capo.
Vide un grande sorriso allargarsi sul volto dell'astromeccanico e un brivido gli attraversò la schiena, il presentimento che quella donna fosse a conoscenza di qualcosa che lui riusciva a malapena a lambire senza arrivarci del tutto.
Dal canto suo, Andy era soddisfatta per il risultato ottenuto ed era felice per Kei. Se quell'uomo tutto d'un pezzo era arrivato ad ammettere qualcosa che per la sua bionda amica era solo la storia della bisbetica cuoca, il suo sospetto era più che fondato.
Fu distratta dal leggiadro movimento di Meeme che faceva il suo ingresso in plancia. L'aveva conosciuta di persona già a palazzo, ma a bordo le occasioni per un nuovo confronto erano mancate e la guardò ancora una volta con curiosità. Sebbene la sua aliena bellezza fosse innegabile, pur sapendo che aveva dedicato la sua vita all'Arcadia e ad Harlock, non riusciva a vedere in lei una rivale per la sua amica.
Come se appartenesse ad un'altra dimensione spaziotemporale, l'aliena trasmetteva sicurezza, calma e serenità, come un grande albero che è rifugio per i piccoli esseri che abitano un'erbosa collina. Andy capiva perché il Capitano la tenesse vicina, oltre che per assecondare la sua devozione: era una presenza benefica, che pacificava lo spirito.
Poteva apparire inquietante, con quei tratti così umani eppure così diversi, ma ad occhi amici quella esotica bellezza non era né più né meno che una creatura rimasta sola nell'universo.
 
Diverse ore dopo, la traccia della navetta inseguita si fece più tangibile e Andy, tornata al lavoro con Yattaran e Maji, comunicò loro che avrebbe avvisato Harlock di persona e le suggerirono dove poterlo trovare.
Avevano fatto bene ad indirizzarla lì; la sala del computer centrale era illuminata solo dalle spie multicolori che ne attestavano il funzionamento e il Capitano mormorava qualcosa in solitudine. Ne conosceva il motivo e non volle disturbarlo, quindi si limitò ad attenderlo sulla soglia in rispettoso silenzio, rimpiangendo l'assenza del suo casco neuronale: doveva essere un'esperienza strepitosa potersi connettere a quell'astronave unica nel suo genere.
Percependo la sua presenza, l'uomo si congedò dal suo Amico e la raggiunse. Aveva le idee un po' confuse e un lieve tremore si era accentuato agli arti. Era stanco e lo stress accumulato nell'ultimo periodo non lo aveva di certo aiutato. Accolse un po' freddamente la notizia riportata da Andy, quindi la congedò, un malessere ed uno strano nervosismo che si impadronivano sempre più di lui, quando invece avrebbe dovuto essere felice di quel risultato ottenuto. La donna lo vide allontanarsi verso l'alloggio di poppa, perplessa. Quello era un uomo complesso e, nonostante i racconti di Kei, lo conosceva davvero poco, era difficile interpretarlo. Tornò sui suoi passi e raggiunse i pirati che la attendevano.

Harlock consumò un frugale pasto controvoglia, in solitudine. Meeme lo raggiunse poco dopo che ebbe finito e gli regalò una melanconica melodia che gli rasserenò un po' l'animo inquieto. Senza rendersene conto chiuse gli occhi e si appisolò, vinto dalla stanchezza e dal lieve stato di sofferenza che l'aveva preso. Meeme se ne accorse e ripose lo strumento in silenzio ed uscì dall'alloggio. Una volta in corridoio incontrò Andy che stava cercando Harlock per avvisarlo del fatto che la navetta di Aalim e Kei era entrata nel raggio d'azione della normale strumentazione dell'Arcadia. Ormai mancava davvero poco e dovettero svegliarlo dal breve riposo.

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Capitolo 10
*** Il Principe e il Pirata ***


Sulla piccola astronave l'aria era tesa.
Il nervosismo di Aalim si era fatto palpabile quando una grande astronave era stata intercettata dalla strumentazione. Non voleva credere che fosse l'Arcadia: era convinto di essere troppo in vantaggio su quei pirati che se l'erano fatto passare sotto al naso senza nemmeno accorgersene e che nemmeno avevano idea di dove fosse diretto. Era anche vero, però, che nelle immensità dello spazio siderale le probabilità di incontrare per caso un'altra astronave erano pari a zero.
Sbirciando i monitor, Kei si era accorta di quella presenza e, dal canto suo, sentiva che quella che li marcava stretto era l'Arcadia. Razionalmente sapeva che ad alimentare quell'idea era la speranza, ma l'istinto le diceva che Harlock l'aveva raggiunta ancora una volta.
Per avere conferma alle rispettive paure o alle speranze, potevano soltanto attendere: se quella presenza si fosse mantenuta ancora sulla loro stessa rotta, a quella velocità li avrebbe raggiunti in capo ad un'ora. I due si scrutarono in cagnesco: sapevano di sperare in opposte soluzioni della vicenda.
L'astronave non era grande e aveva una sola cabina, una piccola cucina automatica e due poltroncine passeggeri in plancia, oltre a quella del pilota. Aalim decise di chiudere Kei nella cabina, così che non lo distraesse in eventuali manovre d'evasione, quindi la sollevò di peso per trascinarla lontano dalla consolle. Lei si agitò, ma l'imponenza di lui, assieme al fatto di essere legata mani e piedi, non le consentì di ottenere molto. Fu gettata su uno dei due lettini in malo modo, tanto che il viso le sprofondò nel cuscino, mozzandole il respiro.
Vedendola in difficoltà, lui la voltò supina e rimase chino su di lei, il volto ad un palmo dal suo, tanto che poteva sentire il calore del suo respiro.
Era bella Kei, coi suoi grandi occhi chiari appena ombreggiati dalle lunghe ciglia... In quel momento Aalim dimenticò il pericolo, l'Arcadia che li tallonava e anche il suo pianeta natale. Sollevò la mano a scostarle i capelli scarmigliati dalla fronte e le sfiorò la guancia. Lei lo fissò con gli occhi sbarrati, cercando di capire fino a che punto fosse disperato, fino a che punto potesse spingersi. Forse, in un altro tempo e in un altro spazio lo avrebbe guardato con occhi diversi, era indiscutibile la sua prestanza, col contrasto dato dai capelli neri come lo spazio profondo con gli occhi di quel verde così magnetico. Ma a differenza di lui, Kei non aveva perso certo cognizione di quel momento e sapeva che Aalim non avrebbe ottenuto facilmente l'appagamento al desiderio che gli leggeva nello sguardo. Appena le avesse tolto il fermo alle caviglie, quello sarebbe stato il momento giusto per reagire... Ma lui non accennò minimamente a quell'azione da lei sperata, e le afferrò il viso, quando lei cercò di voltarsi per sottrarsi a quelle labbra pericolosamente vicine. La costrinse a guardarlo, poi si abbassò a premere le labbra contro quelle della ragazza con forza e le strinse le guance per obbligarla ad aprire la bocca. Insinuò la lingua in quello spiraglio in un bacio unilaterale e senza passione.
Il maldestro tentativo le ferì il labbro inferiore e Kei si lasciò sfuggire un gemito che esprimeva tutto il suo disagio, bloccata dal corpo di lui che premeva con tutto il peso contro il suo.
In quel momento un urto improvviso squassò la navetta, arrestandone bruscamente la corsa e facendo finire sul pavimento i due occupanti. Il clangore metallico del becco che concludeva il cordone ombelicale indicava che la paratia esterna era stata squarciata e lei ebbe il tempo di vedere una nera figura piombare nella cabina, afferrare Aalim e lanciarlo, letteralmente, contro la paratia opposta.

Credendo il rivale tramortito, Harlock fece per aiutare Kei, ma Aalim impugnò la pistola che teneva nella fondina e fece fuoco contro di lui, colpendolo alla tempia; la caduta lo fece finire contro lo spigolo del tavolo poco distante e rimase immobile sul pavimento.
Aalim si eresse con un beffardo sorriso in volto per aver messo fuori gioco il suo principale antagonista, ma non aveva ancora fatto i conti con Yattaran, sbucato dal cordone che collegava le due navi un attimo dopo la sparo: il nuovo arrivato prese la mira e lo centrò ad una spalla facendolo cadere rovinosamente e facendogli perdere l'arma; Aalim rimase alla mercé di altri due uomini che avevano seguito il primo ufficiale; lo immobilizzarono e lo trascinarono via.
Kei fu liberata da Yattaran e insieme si occuparono del Capitano.

Era ancora privo di sensi, quando Zero se lo vide portare in infermeria; aveva appena sedato Aalim per rimettergli a posto l'articolazione semidistrutta e si avvicinò al suo superiore per esaminarlo con attenzione.
-Non è grave.- sentenziò per tornare al fratello di Andy che era ben più urgente da soccorrere.
Nel frattempo, una Kei stravolta dall'accaduto, profonde occhiaie a segnarle il viso, i capelli disordinati ad incorniciarlo ed il labbro tumefatto, sedeva in silenzio accanto al lettino in cui giaceva Harlock ancora incosciente. Non capiva come avesse fatto a commettere errori così elementari, uno dietro l'altro: aveva sbattuto via il rivale e l'aveva creduto fuori combattimento, senza accertarsene davvero e senza disarmarlo... oltretutto la sua consueta forza sembrava essersi affievolita: in altri tempi con una manovra del genere avrebbe ucciso Aalim. Per concludere il tutto, si era distratto, facendosi sorprendere a quel modo, mentre cercava di aiutarla... se qualcuno le avesse raccontato un episodio del genere sul Capitano dell'Arcadia, si sarebbe rifiutata di crederci. Non era un comportamento assolutamente da Harlock.

Andy fissava l'intervento al fratello dalla vetrata che separava la sala medica dalla zona di attesa. In qualche modo si sentiva responsabile per tutto l'accaduto. Se non avesse acconsentito, anche se controvoglia, alla detenzione di Kei, suo fratello non avrebbe potuto compiere quell'insensata accozzaglia di azioni così avventata. La rabbia che le suscitava il vederlo lì, in quelle condizioni era difficile da gestire. Sapeva che l'aveva fatto per paura ed era evidente che l'educazione impartita sin dall'infanzia, che verteva sull'autocontrollo e la padronanza di sé, non aveva avuto molto effetto su di lui.
Ragionare e mantenere il sangue freddo era d'obbligo per uno del suo rango, invece si era fatto trascinare dall'impulsività, rapendo Kei prima e non arrendendosi poi, nonostante fosse chiaro che ormai non aveva alcuna chance di fuggire. Aveva addirittura sparato ad Harlock...
No, il suo non era coraggio, era scarsa sanità mentale. Doveva essere grato che non l'avessero ucciso, anche se la cosa non era ancora da escludere. Di certo non riusciva ad essere in collera con quelli dell'Arcadia: suo fratello avrebbe di certo pagato le conseguenze delle sue azioni.
Guardando il labbro leso dell'amica sperò che Aalim non fosse arrivato a compiere qualcosa di troppo grave nei confronti di lei. Se così fosse stato, né lei né i membri dell'Arcadia avrebbero mai perdonato quel l'offesa, di questo ne era certa.
Però era anche vero il fatto che la bionda pirata non aveva accennato a nulla di questo e sapeva bene che Kei avrebbe provveduto da sola a riscuotere i suoi debiti, se così fosse stato... E non ci sarebbe nemmeno voluto bisogno del dottore, dopo.



Un dolore intenso a martellargli il cervello, Harlock aprì l'occhio con cautela, perché la luce intensa e chiara dell'ambiente era una fonte non indifferente di fastidio. Disorientato, cercò di guardarsi attorno, perché non capiva dove fosse e sentiva che era importante saperlo.
Fu intimamente grato alla sagoma che si chinò su di lui: attutiva quella luce violenta e a fatica mise a fuoco il volto di una biondina dai grandi occhi azzurri, i lineamenti dolci, anche se sciupati e il labbro marchiato da un vistoso segno. Aveva l'espressione visibilmente preoccupata e la cosa lo fece intenerire, anche se ancora non comprendeva bene tutta la situazione, la mente annebbiata da una strana sensazione che lo metteva a disagio.
-Dove sono?- riuscì ad articolare.
-In infermeria, Harlock. Finalmente ti sei ripreso, hai perso i sensi per quasi venti minuti!- le sentì dire a bassa voce, una nota di sollievo chiaramente espressa nel tono dolce.
Però... C'era comunque qualcosa che non andava e quando capì cosa fosse, gelò. Kei se ne accorse e con ansia crescente gli chiese: -Cosa succede?
La fissò, indeciso se condividere quella sensazione, poi mormorò: -Le gambe... Non le sento più.
Lo squadrò poi percorse l'intera lunghezza del suo corpo fino ai piedi immobili ed esclamò: -Dottore, presto!

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Capitolo 11
*** Scelta difficile ***


Dal suo posto dietro al vetro, Andy vide l'agitazione che era seguita al risveglio del Capitano e capì subito che qualcosa non era andata per il verso giusto. Zero aveva risposto al richiamo di Kei e si era subito prodigato per Harlock, ma dal suo volto apparve chiaro il suo disappunto. L'espressione smarrita dell'amica non aiutava a sperare in meglio.
In effetti, più che smarrita, Kei era proprio terrorizzata. La speranza che si era accesa quando l'aveva visto risvegliarsi, si era spenta con quella tragica situazione.
Mentre Zero poneva domande mirate al Capitano, lei era rimasta in disparte, a fissarlo in silenzio, le braccia strette sotto al seno, come a proteggersi. Ma neanche il buon medico riusciva a venirne a capo.
-Prima di perdere i sensi hai avvertito qualche disturbo?- gli chiese.
-Nulla in particolare- rispose lui -solo un po' di stanchezza e di nervosismo dovuti alla situazione.- precisò senza guardare Kei che, a quelle parole, ebbe un tuffo al cuore.
-Nausea?  Tremore?
-La prima no, tremore... A tratti, diffuso. Forse un lieve senso di debolezza, nulla più.
-Mi sei sembrato particolarmente irritabile ultimamente...
-Ho già detto del nervosismo.- rispose tagliente Harlock, dando così conferma al dottore, mentre la ragazza si sentiva stringere lo stomaco al pensiero di poter essere la possibile causa di quei sintomi.
-Una lieve inappetenza...- gli sentì aggiungere poi, quasi distrattamente.
-Bene, avvierò una scansione completa.- sentenziò infine Zero, quindi fece allontanare Kei e impostò il macchinario complesso che iniziò ad esaminare l'organismo del Capitano.
Non ci volle molto per ottenere una diagnosi: in capo a quaranta minuti la scansione era stata completata, ma il risultato lasciò perplesso l'uomo, che scorse i dati una prima volta, poi una seconda e infine una terza. Zero era incredulo, non era stato rilevato nulla.
-Qui... Qui non c'è niente!- esclamò sconcertato.
Uno spazientito Harlock sibilò: -Che vuoi dire?
L'uomo più anziano scosse il capo: -Non si evidenzia nessun tipo di lesione: nulla a livello nervoso, muscolare, cerebrale o spinale. Non c'è motivo per cui tu non possa muoverti!
Agitandosi sul lettino, un Capitano fuori di sé alzò la voce, irato.
-Dottore! Una causa deve esserci!
La verità era che una strana e sgradevole sensazione si stava facendo strada in lui: la paura che stavolta qualcosa di ignoto e difficile da battere potesse avere la meglio. Evitò lo sguardo sconvolto di Kei e comandò: -Lasciatemi solo!
Girò il capo verso la paratia e non volle guardare più nessuno.
Kei guardò oltre la vetrata che dava sulla sala d'attesa ed incrociò gli occhi preoccupati di Andy. Data la situazione che si era venuta a creare, non era stupita di trovarla a bordo e, con la morte nel cuore, le bastò mimare con le labbra il suono di un nome preciso affinché l'amica comprendesse: vide che annuiva per poi correre via.
C’era qualcuno che avrebbe di certo saputo aiutare l'uomo a cui aveva dedicato la vita. Per quanto doloroso potesse essere per Kei, se ne andava del benessere del suo Capitano, sapeva che avrebbe trovato la forza di allontanarsi da lui. Gli rivolse un ultimo sguardo, poi uscì dall'infermeria, stanca e addolorata.
Avrebbe saputo farsi da parte, ma assistere, quello no, non ancora. Si trascinò lungo il corridoio e si avviò verso il suo alloggio. Doveva fare una doccia e riposare. Sperò soltanto di non sognare, non sarebbero state belle immagini quelle che le avrebbe regalato la sua mente.

Meeme giunse in infermeria al seguito di Andy e Harlock tentò di respingere anche lei. Ma l'aliena prese a cantare una nenia mai udita prima e lui sembrò pacificarsi. Lo condusse ad uno stato di calma che consentì a Zero di sedarlo e lui tornò con l'ultimo pensiero cosciente, al volto triste della bella Kei che era andata via senza dire nulla e non era più tornata.
Andy comprese che la sua amica non aveva voluto vedere l'aliena vicino al Capitano e si dispiacque per lei.


Quando il dottore convocò gli ufficiali per metterli al corrente della situazione del Capitano, Kei non c'era: dietro ordine dello stesso Zero l'avevano lasciata riposare dopo tutto quello che aveva subito. Il quadro clinico era immutato: Harlock aveva perso l'uso delle gambe ed era impossibile capire se e quando l'avrebbe riacquistato.
In quanto primo ufficiale, il comando passò a Yattaran, il quale, prima di tornare verso il sistema di Bellatrix, decise che avrebbero atteso qualche giorno per capire se potessero esserci progressi da parte del Capitano. Inoltre, ben presto si accorsero di  come l'Arcadia fosse caduta in una sorta di letargo, quasi fosse priva della vita che sembrava permearla solitamente e che la distingueva da tutte le altre astronavi. Anche il semplice calcolo della rotta non giungeva a risultati coerenti con le coordinate galattiche: erano bloccati.

Andy non ebbe il coraggio di disturbare l'amica, ma era preoccupata su tutti i fronti: per il fratello rinchiuso in una cella della nave, per Kei verso cui nutriva un profondo senso di colpa, per quel Capitano che aveva imparato a conoscere e ammirare e anche per quella nave così particolare che sembrava essere caduta in stato confusionale.
Quelle riflessioni le fecero venire un'idea forse assurda, ma valeva la pena tentare. Si recò dal capo ingegnere per vedere se aveva ciò che le serviva  per compiere il primo passo.
-Maji, solo tu puoi aiutarmi...
L'uomo si voltò a guardarla, interrompendo il monitoraggio di uno dei motori ausiliari ed annuì.
-Cosa ti serve?- le chiese gentile.
-Avete a bordo un casco neurale?
Maji la fissò, comprendendo il motivo di quella richiesta ed esitò. Fu sincero con lei: -Certo, l'abbiamo. Ma... Credo che dovrai chiedere l'autorizzazione al primo ufficiale se vuoi usarlo sull'Arcadia. Che io sappia nessuno l'ha mai fatto... non si è mai presentata la necessità.
La donna non si era aspettata nulla di diverso, dopotutto lei era un'estranea e l'idea di poter ficcanasare su una nave come quella non avrebbe incontrato il favore del suo equipaggio.
Una volta messo al corrente delle intenzioni di Andy, Yattaran divenne diffidente: anche se era il più alto in grado a bordo, il segreto che celava quella nave era tale che non si sentiva di poter prendere una decisione che sarebbe spettata solo al Capitano.
Vedendolo tentennare, la donna gli disse a bassa voce: -Potrebbe essere utile ad Harlock. E poi so bene cosa, o per meglio dire chi anima il Computer centrale.
La rivelazione sul segreto colpì Yattaran, che si infuriò all'indirizzo dell'unica che poteva averglielo rivelato: -Kei dovrebbe imparare a tenere la bocca chiusa!- disse a denti stretti, ma lei la difese: -Quando me ne parlò era praticamente convinta che non vi avrebbe più rivisti! È stato ben prima di Panoptycon e le mancavate così tanto che parlava continuamente di voi e del tempo trascorso a bordo dell'Arcadia.
Yattaran rimase in silenzio. Davvero quella ragazza aveva sofferto tanto lontano dalla nave? La rabbia gli sbollì anche al pensarla abbattuta per l'attuale condizione del Capitano.
-D'accordo, proviamo. Forse con l'aiuto del Computer centrale riusciremo a smuovere qualcosa.

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Capitolo 12
*** Virtuale e reale ***


Chiusa nel suo alloggio, Kei era all'oscuro di quanto stesse accadendo relativamente al computer dell'Arcadia. La stanchezza le era calata addosso d'improvviso e il tutto era acuito dalle condizioni di Harlock e dal fatto che Meeme passava ogni momento con lui. Era vero che spesso c'era Zero con loro, ma a lei faceva male ugualmente, anche perché era convinta del fatto che lui versasse in quelle condizioni per colpa sua. Oltretutto anche se non poteva più stargli vicino, dopo quanto accaduto, in quella situazione così precaria era impossibile pensare di poter lasciare la nave.
Qualcuno bussò al suo alloggio e andò ad aprire. All'aprirsi della porta, agli stupefatti occhi di Andy si presentò una Kei dalle profonde occhiaie, i capelli in disordine, il viso incavato e lo sguardo spento.
-Kei,- mormorò -cosa succede?
Anche se non si parlavano da quella notte su Bx1, a quella domanda la più giovane crollò emotivamente e si lasciò andare. Dopotutto Andy le era sempre stata amica e sapeva tutto di lei.
-Oh, Andy! E' tutta colpa mia se lui... se non me ne fossi andata…- cominciò a dire, ma l'altra la spinse dentro con forza e la seguì per poi richiudere la porta della cabina dietro di sé. Non era certo quello il momento di abbattersi e glielo avrebbe fatto capire con le buone o con le cattive.
-Basta!- le disse duramente. Doveva scuoterla o non avrebbe risolto nulla.
-Credi di essere al centro dell'universo? Se proprio vogliamo dirla tutta, la colpa è di quell'imbecille di mio fratello, che ti ha preso in ostaggio! O prima ancora, del mio poco regale padre, che ti ha sbattuta in cella. Oppure, alla radice, la colpa è mia, perché se non fossi andata via di casa e avessi rispettato il mio ruolo non mi avresti mai incontrata e non ti saresti ritrovata su Bx1 in un momento tanto instabile.
Kei la fissò, mentre Andy pronunciava le ultime parole, le più dolorose di tutte: -O più semplicemente, la colpa è di quell'idiota che ti ritrovi per Capitano, che non riesce ancora a capire ciò che prova per te, fino a farti stare male per un sentimento che non vuole ammettere di provare, fino a farti allontanare.
Rimase in silenzio, incapace di rispondere, la testa che le doleva nella faticosa elaborazione di un concetto che appariva così assurdo in quel momento. Cosa si erano detti Harlock e Andy, per far sì che l'amica fosse così sicura di ciò che aveva detto?
Oltretutto lei non era capace di aiutarlo in alcun modo. Non disse nulla mentre l'amica proseguiva: -Ho parlato con lui, ha ammesso di aver pregato! Naturalmente non sono scesa nel dettaglio, ma sono certa che quello che ti ha raccontato Masu-san sia vero.
La guardò stupita, ma continuò a scuotere il capo: -Io non posso...
-Invece sì, fidati. Il vostro è un sentimento più forte di quel che puoi immaginare. Adesso però devo andare.- concluse con un sorriso. Sapeva che sarebbe stato complicato: ciò che si accingeva a fare con quell'astronave unica non era mai stato provato da nessuno. E se Tochiro l'avesse respinta? Con le intelligenze artificiali delle altre navi non poteva accadere, ma con l'Arcadia le cose stavano diversamente. Ed essendo l'unica a bordo ad aver esperienza con quella tecnica, toccava a lei fare il tentativo.
-Dove devi andare?- le chiese Kei, temendo che Andy volesse lasciare la nave.
-Devo provare a parlare con l'Arcadia. Non riusciamo a smuoverla e oltretutto credo che lui riuscirà ad aiutare il suo Amico e Capitano. Quantomeno proverò a fargli calcolare una rotta.
Adesso Kei era davvero terrorizzata. Non sapeva cosa aspettasse l'amica, ma le si ripresentarono alla mente le immagini del tenebroso al di là in cui era stata intrappolata dal Noo. Era un luogo di paura, ma in cui aveva anche incontrato l'anima di una Terra bambina e ancora piena di vita e speranza.
-Andy, potrebbe essere terribile...- mormorò, ma l'amica non perse il sorriso.
-Ce la farò. E anche tu. Hai riposato abbastanza, adesso vai da lui senza timore. Sarà difficile, ma sei forte. Non lo sa ancora, ma ha bisogno di te.
Quindi si voltò e andò via.
Kei prese un profondo respiro e si recò nel piccolo bagno di servizio dell'alloggio. Se Andy poteva darsi da fare per una nave che non era la sua, lei avrebbe potuto rendersi utile per quella che considerava la sua famiglia. Nutriva ancora dei dubbi su ciò che le aveva detto, ma ormai era decisa a fare qualcosa. Rimpiangendo ancora una volta la comoda vasca della perduta Fluorite, regolò la temperatura della doccia e iniziò a spogliarsi.


Andy sedette al cospetto del grande Computer dell'Arcadia e si voltò verso Maji e Yattaran che la osservavano con una certa dose di apprensione. Il capo ingegnere le porse il casco neurale e Yattaran mormorò un: -Buona fortuna.- di rito.
Lei indossò il tecnologico copricapo e diede il via al software che avrebbe interagito con le sue onde cerebrali. Il solito lieve capogiro a cui ormai era abituata  e, nonostante i suoi occhi fossero chiusi, direttamente con la mente percepì l'aprirsi di un ambiente nuovo ed ampio, fatto di informazioni, ma diverso da quello che si era aspettata.
Si trovava ancora sul l'Arcadia, ma era un'Arcadia virtuale, che si sviluppava parallela a quella in cui aveva vissuto in quei giorni. Era un'astronave fatta di byte, impulsi elettrici su cui dominava una presenza chiaramente umana e maschile.
Una voce la accolse, velata da una malinconica simpatia: -Benvenuta, Andy.
Non proveniva da una direzione precisa, ma permeava quello spazio virtuale, come se fosse la stessa astronave a parlarle.
-Grazie.- rispose col solo pensiero, cercando di concentrare le idee affinché quello scambio così intimo non superasse certi limiti e divenisse troppo profondo. Doveva restare vigile e palesare soltanto ciò che voleva, senza svelare troppo di sé: sarebbe stato facile perdersi in quel vuoto virtuale, altrimenti. L'incorporeità di quella voce di certo non l'aiutava e si rese conto di essersi lasciata sfuggire quel pensiero quando percepì una risata leggera e un'ombra prese a materializzarsi, fino a prendere la forma di un uomo piuttosto basso, avvolto in un singolare e logoro poncho, dagli occhialetti tondi e un gran cappellaccio a larghe tese sul capo.
-Ciao, Andy- la salutò, allungando verso di lei una mano piccola e tozza -Io sono...
-Tochiro,- lo interruppe -l'Amico di Harlock, il creatore dell'Arcadia.
Ricambiò la stretta con l'arto virtuale che aveva creato in quella surreale esistenza.
Tochiro le sorrise mostrando larghi denti, poi si fece serio: -Cosa sta accadendo, Andy? Al Capitano, alla nave? Io... Io non lo sento più, non è mai accaduto sino ad ora. Harlock ultimamente non è stato molto legato alla vita... Ci siamo incontrati, sai? Voleva restare, ma sono riuscito a convincerlo a tornare indietro, perché io lo so che ha chi lo aspetta, me lo ha detto una bimba che li ha incontrati entrambi. Ma se invece Harlock dovesse perdersi, che ne sarà dell'equipaggio, dell'Arcadia, di Kei e di me?
Erano pensieri snocciolati con spaventata urgenza, la preoccupazione di un uomo per l'amico più caro. Andy cercò di riordinare le idee per esprimere soltanto quelle necessarie: -È vero, Harlock sta male, ma non sappiamo bene perché. Ha perso l'uso delle gambe, ma non sembra esserci una causa medica. Non accetta i suoi sentimenti verso Kei e non si rende conto di quanto male faccia ad entrambi. Sai, se non dovesse tornare in sé, credo che questo equipaggio non durerà a lungo.
L'uomo era perplesso. Rimase in silenzio, poi mosse una mano nel vuoto avanti a sé e richiamò i files che erano i risultati delle indagini mediche condotte da Zero. Lei poteva percepire chiaramente la potenza dell'elaborazione in corso; il suo essere, proiettato dentro il computer, le dava modo di poter sentire quel flusso enorme di dati che si erano messi in moto alla ricerca del più piccolo indizio che avrebbe potuto portare ad una soluzione.
Non interferì in quella delicata operazione, stordita dal carico di energia che occorreva per portarla a termine, nonostante l’attesa la stesse stancando più del previsto. Improvvisamente Tochiro interruppe il tutto e sorrise alla donna.
-Devi dire qualcosa a Zero.
Lo ascoltò attenta, poi qualcosa la spinse fuori da quella realtà virtuale e si trovò di nuovo sull'Arcadia reale, i faccioni preoccupati di Maji e Yattaran che riempivano il suo campo visivo.
-Finalmente!- esclamò il primo, -Sono passate oltre due ore e non sapevamo che pesci pigliare!
Non si era resa conto che fosse trascorso tutto quel tempo. Nonostante la consueta emicrania che seguiva il contatto neurale, Andy sorrise: -Maji, Yattaran... So cosa fare!


Mente Andy iniziava il suo dialogo con Tochiro, Kei si era fatta forza e si era presentata in cucina. Masu-san dormicchiava a braccia conserte e a capo chino su una sedia. Era tardo pomeriggio e la stanchezza l'aveva colta mentre faceva la maglia. Un gomitolo era scivolato sul pavimento e, per loro fortuna, non era stato visto dal gatto di Zero: chissà cosa sarebbe accaduto, altrimenti.
-Masu-san...- la chiamò piano la ragazza. La donna aprì gli occhi e la fissò un istante, prima di dare un nome a quel volto.
-Kei! Che succede? Il Capitano?- chiese allarmata e la ragazza si sforzò di sorriderle.
-Sto per andare a fargli visita. Ha pranzato oggi? Posso portargli qualcosa?
L'espressione ilare di Masu distese alcune rughe e ne accentuò altre. Balzò giù dalla sedia abbandonando il lavoro a maglia ed approntò un vassoio con biscotti, tazze, filtri, zuccheriera e una teiera colma d'acqua bollente.
-Ecco! Se smetterà di urlare probabilmente avrà fame. Non ha voluto toccare cibo. E dovresti mettere qualcosa sotto i denti anche tu, signorina!
Un po' scoraggiata da quell'affermazione, Kei annuì, si caricò del vassoio e si diresse al castello di poppa. Giunta davanti alle alte ed antiche porte lignee si fermò. Le urla di un Capitano arrabbiato giungevano fino al corridoio.
-Ho detto di no!- gli sentì esclamare -Puoi anche andare via, non ho chiesto la tua compagnia, lasciami da solo!
Aveva detto quella frase con una violenza tale  che la povera Kei fu sul punto di fare dietrofront e tornare da dove era venuta. Mai aveva avuto modo di sentirlo parlare così.
-Potete sbarcare tutti!- continuava ad urlare, mentre la ragazza prendeva un profondo respiro, accingendosi a bussare ed entrare. Aveva già mosso un passo, quando la porta si aprì, mostrando una Meeme dall'apparente aria calma. Scrutando il volto inespressivo, Kei riuscì a cogliere una grande tristezza nell'aliena. Si fissarono, poi Meeme uscì, lasciandole campo libero. Non fu detta una parola e la donna si preparò mentalmente ad affrontare quell'uomo impossibile.
Chiuse la porta e nella penombra attutita solo da qualche candela, scorse la sagoma di Harlock sdraiata supina sul letto.
Era furente, non lo lasciavano mai solo, da quando lo avevano sorpreso con la Cosmo Dragoon quasi tra le mani. Erano stati Meeme e Zero a fermarlo, giunti appena in tempo, dato che si era trascinato a forza di braccia fino alla fondina dove era custodita l'arma, appesa al cinturone sullo schienale della poltroncina.
Come si era ridotto! Strisciare sul pavimento gelido per ottenere qualcosa che era già suo... Il dottore e l'aliena gli si erano praticamente gettati addosso per disarmarlo della pistola appena raggiunta. Gli avevano assicurato che l'accaduto non avrebbe varcato i confini di quella camera, ma da quel momento l'avevano sorvegliato continuamente e le armi erano rimaste fuori dalla sua portata.
Kei poggiò il vassoio sul tavolo di legno e il tintinnio fece voltare l'uomo. Si fissarono senza dire nulla , ma lei ebbe un brivido di paura: l'espressione glaciale di lui era terribile ed accentuato dalla cicatrice che gli attraversava la parte di viso lasciata scoperta dai capelli che coprivano l'occhio cieco.
Rabbioso come mai, Harlock non si era aspettato certo che fosse lei. Era da quando lo aveva lasciato in infermeria che di Kei non aveva notizie e, nonostante avesse sbraitato quasi ininterrottamente con tutto e tutti per essere lasciato solo, gli aveva fatto male non vederla assieme a coloro che avevano cercato di aiutarlo. Per questo si limitò a sibilarle un minaccioso: -Vai via, Kei Yuki.
Il suo tono di voce era di quelli che non ammetteva repliche, così che le risultasse chiaro quanto la sua presenza fosse poco gradita. Ormai era convinto che lei non volesse avere a che fare con lui
Contro ogni previsione, la sempre obbediente Kei gli piantò gli occhi in viso, assottigliò lo sguardo e sostenne il suo.
-Andarmene? Te lo sogni.- ribatté con cattiveria, infischiandosene dei gradi e facendo avvampare di rabbia lui, dato che non si aspettava quella insubordinazione. Prima che potesse risponderle, Kei lo minacciò, nascondendo meglio che poteva la paura che in realtà provava. Perché in quel momento era terrorizzata da tutto: dalla rabbia di lui, quasi palpabile nell'aria, dalla situazione e anche da se stessa.
Gli puntò addosso il dito fasciato dal guanto bianco e lo minacciò: -Prima ti sollevi da quel maledetto letto, poi mangi qualcosa e ti fai aiutare per darti una sistemata... Da me o da altri, non importa. In caso contrario...
Ribollendo dall'ira, Harlock le rispose: -In caso contrario, cosa, Yuki Kei?- e il suo tono era affilato come uno stiletto.
Le vide estrarre la sua stessa Cosmo Dragoon dalla fondina tenuta troppo lontano da lui, ma alla portata di lei, che gliela puntò contro.
Sul volto del Capitano la rabbia fu sostituita da un ironico sorriso, ma il suo sguardo era mortalmente serio.
-Mi faresti solo un favore, a questo punto.- le mormorò, pienamente convinto di ciò che diceva, tanto che anche lei, pur non essendo a conoscenza del precedente tentativo di lui di farla finita, si rese conto di quella verità che la scosse nel profondo. Ma a cosa stava pensando il Capitano?
Kei comprese che, più che arrabbiato, quell'uomo era spaventato. Aveva sempre pensato di dover morire in battaglia, ma questa volta era impotente di fronte ad un nemico invisibile che prometteva un destino crudele. Non aveva mai contemplato l'invalidità nel suo futuro e lei ebbe la certezza che Harlock avrebbe preferito morire. Capì che la previdente Meeme e il buon dottore avevano tenuto al di fuori della sua portata quelle armi.
Così abbassò la pistola e la lasciò cadere sul pavimento. Poi tolse la propria dalla fondina e la fece scivolare accanto alla prima, non gli avrebbe dato nessuna occasione per mettere in atto quella follia.
Adesso sapeva cosa fare, ma dovette raccogliere tutto il coraggio che riuscì a trovare in sé, per riuscire a compiere quell'azione. Colmò la distanza tra loro e si avvicinò al grande ed antico letto che era posto vicino alla grande vetrata poppiera.
Sbalordito, Harlock se la vide calare sopra, poi un caldo e morbido abbraccio lo cinse con forza e percepì il profumo delicato di lei. In un primo momento si irrigidì, poi si rilassò quando parole antiche gli tornarono alla mente, prepotenti e vere: Dentro ad un abbraccio puoi fare di tutto. Sorridere e piangere. Rinascere e morire. Oppure fermati a tremarci dentro. Come se fosse l'ultimo.*
Ricambiò la stretta e Kei non ebbe la forza di dire nulla. Dopotutto non ce n'era alcun bisogno.








* Cit. da Il Conte Nudo

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Capitolo 13
*** Calma ed attesa ***


Dietro le porte di legno, una compiaciuta Meeme gustò il silenzio che dopo troppo tempo finalmente regnava nell'alloggio del Capitano. Se avesse avuto la bocca avrebbe sorriso.
Si allontanò da quella sezione e lungo il corridoio, in lontananza vide Andy, tallonata da Maji e Yattaran, entrare in infermeria. Perplessa, si avviò in quella direzione, intenzionata a scoprire cosa li animasse tanto. Quando giunse, la nuova arrivata stava cercando di far capire al dottore qualcosa che, non avendo le competenze, spiegava in malo modo.
-Dottore... Le sto dicendo che deve analizzare nuovamente il liquido cerebrospinale di Harlock!
L'ometto protestava: -È già stato fatto! Non vedo perché ripetere un esame così invasivo...
-Perché non sapevate cosa cercare! È un particolare agente patogeno... Troverai un file nel tuo database, te l'ha inviato il Computer centrale sulla scheda medica del Capitano.
Zero rimase a fissarla, poi guardò Yattaran e Maji annuire ed aprì la scheda indicata. La studiò con attenzione e un'illuminazione improvvisa fece strada alla consapevolezza: aveva una strada da percorrere per intervenire. Li cacciò fuori dall'infermeria e si mise al lavoro, quindi preparò tutto l'occorrente, poi fece per recarsi nella cabina di Harlock.
Meeme gli disse poche parole in tono rassicurante: -Credo proprio che lo troverai più tranquillo, dottore.- Quindi la vide muoversi elegantemente in direzione opposta alla sua. Chissà quale fosse la cosa che le dava quella sicurezza... Se così fosse stato, sarebbe stato paradisiaco: dopo quei giorni di rabbia, Harlock era diventato difficile da sopportare. Da quando aveva tentato quel gesto estremo, poi...
Si chiese chi fosse rimasto a sorbirsi l'irrequietezza del Capitano, dato che aveva ordinato che non restasse mai da solo. Lo avrebbe scoperto presto, ormai era giunto davanti le alte porte ed effettivamente regnava una calma irreale. Bussò con discrezione ed aprì l'uscio. Regnava ancora la penombra che donava la scarsa illuminazione delle antiquate candele, ma la sinistra aura della sua rabbia sembrava essersi sopita. Quando li vide sorrise tra sé e avanzò piano verso Kei che, seduta sul bordo del letto, porgeva il vassoio ad un Capitano seduto con la schiena sollevata dai cuscini.
Non che fosse allegro, ma il suo viso era visibilmente più disteso e degnò persino di un'occhiata il dottore. Kei gli sorrise con la ritrovata dolcezza, arrossendo lievemente per essersi fatta trovare in quella situazione così familiare con Harlock.
-Ci sono novità?- gli chiese la donna, mentre l'altro lo fissava senza aprire bocca.
Il medico annuì. -Grazie alla tua amica Andy. Però ho bisogno di un altro prelievo, Capitano.
Senza rispondere l'uomo tornò il vassoio a Kei che lo portò sul tavolo anche per consentire la necessaria libertà d'azione al medico.
Con inaspettata pazienza Harlock si sottopose a quel fastidio. Non che sperasse in una soluzione a breve termine, ma Zero sembrava alquanto fiducioso e volle concedergli la possibilità di mettere in pratica la sua intuizione, quale che fosse. Lo guardò andare via soddisfatto, ma non sapeva che quello stato d'animo non era conseguente soltanto a quella speranza di cura: il medico era contento anche per l'influenza benefica che quella ragazza era riuscita ad avere su di lui.
Kei riuscì a fargli mangiare qualcosa, ma le faceva male il vederlo così invalidato: lo aveva guardato sgomenta quando aveva afferrato le proprie ginocchia con entrambe le mani, uno per volta, e far ruotare così la coscia per far cadere la gamba inerte al di fuori del materasso, in un gesto che tradiva un nervosismo a stento domato, per sedersi sul bordo del letto.
Dal canto suo, l'uomo era ferito nell'orgoglio nel mostrarsi così vulnerabile a lei, ma Kei nonostante tutto non l'aveva abbandonato, come aveva temuto in un primo momento, quindi sentiva il dovere di mostrarsi forte anche in quel frangente, soverchiando con la forza di volontà la voglia di urlare.
-Devo tornare in plancia.- affermò con decisione, voltandosi verso di lei e guardandola negli occhi. Lei sorrise e fece un cenno di assenso col capo.
-D'accordo, Harlock. Saranno tutti felici di vederti.
-Grazie, Kei.- le disse sincero. Non sapeva cosa avesse fatto più degli altri quella ragazza: sapeva soltanto di non essere ancora del tutto calmo, ma con lei riusciva a trattenersi ed era grato per quella sua vicinanza. Anche gli altri avevano cercato di aiutarlo, lo sapeva, ma lei gli aveva dimostrato concretamente il suo affetto. Forse era anche il sollievo di vederla di nuovo a bordo, che stesse bene. Certo, gli premeva ancora sapere perché fosse andata via, specie dopo il confronto che aveva avuto con Andy, ma prima che potesse chiederle qualcosa, lei lo anticipò.
-Grazie a te, Harlock. Per essere venuto a prendermi.
Kei ormai conosceva tutti i retroscena, dall'assalto al palazzo reale di Bellatrium, all'inseguimento della navetta. Sapeva come avevano fatto a trovarla e di come lui avesse ordinato di precipitarsi in quel luogo remoto solo per lei. Continuò con aria contrita: -Mi dispiace. Non avrei dovuto allontanarmi a quel modo.
Harlock non la contrariò, ma le chiese: -Perché hai sentito il bisogno di andare via dall'Arcadia?
Lo sguardo tra loro era carico di tensione e di troppe cose non dette, da parte di entrambi. Poi lui alzò un braccio e le posò la mano sulla guancia; vedendola esitare non fu più sicuro di voler sapere davvero quale fosse la motivazione che l'aveva spinta a compiere quel gesto, così le disse soltanto: -Non farlo mai più.
Fece per ritrarre la mano, ma lei lo fermò poggiandovi sopra la sua.
-Mai più, Capitano.- lo rassicurò.
Lo lasciò andare sentendolo annuire, conscia del fatto che il discorso non si sarebbe concluso così: lo conosceva troppo bene per credere che non avrebbe cercato di capire.
Harlock la guardò alzarsi dal suo fianco e il calore della sua vicinanza gli venne a mancare. Avrebbe voluto sentirlo ancora, come quello del suo abbraccio, quando si era chinata per stringerlo a sé e il suo profumo gli aveva riempito le narici, inaspettato, quasi stordendolo. E adesso scopriva di volerlo ancora, non gli bastava più soltanto di saperla a bordo.
Però, adesso che si trovava in quelle condizioni... Sentì la rabbia salirgli dentro nuovamente, prepotente e contro se stesso. Strinse con violenza le lenzuola nel pugno. Perché si accorgeva solo adesso, quando era troppo tardi, di cosa fosse veramente importante? Anche se pensava di essere ricambiato, cosa avrebbe potuto dirle? Cosa avrebbe potuto darle? Lei non pareva accorgersi di quel conflitto interiore che lo stava divorando e stava prendendo contatti con qualcuno affinché potesse dargli un aiuto per darsi una rinfrescata e per rivestirsi. L'idea non gli sorrideva e guardò con astio il nuovo arrivato, ma strinse i denti ed accettò l'aiuto.
L'occhio poi gli cadde sulle pistole abbandonate sul pavimento e capì che l'idea che lo aveva solleticato non era scomparsa. Ma Kei aveva seguito il suo sguardo e, preoccupata per ciò che riusciva a leggergli in viso, corse a recuperarle. Mise la propria nella fondina e quella di lui fuori dalla sua portata.
Per il momento ad Harlock non importava, ma aveva già deciso che se Zero avesse fallito il suo tentativo, quell'arma sarebbe stata una buona soluzione. Anche quella era una creazione del suo Amico, quale modo migliore per raggiungerlo?
Si voltò a mezzo per sfiorare con l'occhio la figura sottile del suo secondo ufficiale e dentro di sé le chiese perdono per quello che non aveva ancora fatto, ma che era intenzionato a portare a termine se non avesse recuperato l'uso delle gambe.

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Capitolo 14
*** Fedele disobbedienza ***


Nel lasso di tempo che sarebbe occorso al Capitano per farsi aiutare a rendersi presentabile in vista del suo ritorno in plancia, Kei uscì dall'alloggio poppiero per andare a cercare Andy. Non trovandola, chiese in giro e qualcuno la indirizzò alle celle; dalla discussione animata che si poteva udire già dal corridoio attiguo, non era difficile capire quanto le sue idee differissero da quelle del fratello.
Non aveva voglia di vedere Aalim, ma il bisogno di parlare con l'amica la spinse ad andare avanti. Si rese conto di quanto le facesse rabbia l'accaduto da come le montò su l'ira sentendo le parole che Andy urlava contro il fratello: -Non capisci! Se non avessi combinato quel casino con Kei, non saresti nemmeno qui! A Bellatrium Harlock se la sarebbe ripresa e sarebbe andato via, non gli interessava che lei! Ma il principino doveva per forza metterci il naso... Mettiti in testa che ai pirati non può interessare meno la nostra causa e le nostre beghe di pianetino di frontiera.
Aalim rispose a voce bassa, tanto che Kei non riuscì a coglierne le parole. Avvicinandosi udì solo l'ultima parte della frase: -…E poi non volevo fare del male a Kei. Sei tu che ci hai traditi richiamando l'Arcadia.
Nonostante tutto quel tipo era rimasto fermo nella sua errata convinzione. Fece un cenno all'uomo di guardia ed aprì la porta esclamando sarcastica: -Certo che sei proprio un idiota, Aalim. Se tua sorella avesse voluto compiacere Harlock non mi avrebbe di certo tenuta in cella. È evidente che non abbia voluto screditare il nome della vostra famiglia, tantomeno mancare di rispetto al reggente vostro padre e, nonostante fossi sua amica, mi ha trattato come un qualsiasi prigioniero. Ma sei talmente ottuso che riescono a sfuggirti le più elementari verità. Se proprio ci tieni a saperlo, il Capitano ha semplicemente ricevuto le immagini del notiziario dei vostri mezzi d'informazione e ha visto distruggere il mio Space Wolf... Quindi se non aveste fatto tutto quel casino con l'esercito, nulla di questo sarebbe accaduto, io sarei tornata sull'Arcadia e lui non avrebbe cercato di recuperarmi a quel modo!
Aalim la fissò in silenzio, seduto sulla branda, la spalla colpita da Yattaran strettamente bendata che si intravedeva dalla camicia lasciata aperta. Lo segnavano profonde occhiaie e anche il verde dei suoi occhi sembrava più spento.
Kei continuò:- E poi ha ragione Andy. A noi non interessano le vostre lotte intestine. Cosa credevi? Che avremmo preso il potere e ci saremmo stabiliti su quella palla di roccia?
Si rese conto di avere parlato in maniera troppo dispregiativa di quella che i due fratelli consideravano casa, ma non si voltò quando sentì l'amica uscire rigidamente dalla cella; fissò freddamente Aalim e gli sibilò: -Ringrazia che non ho detto nulla ad Harlock di quanto mi hai fatto... Non credere che la passeresti liscia, altrimenti. Ed io ho troppo rispetto per tua sorella per abbassarmi a darti la punizione che meriteresti.- quindi gli voltò le spalle e lo lasciò solo.
 
L'astromeccanico che era anche il futuro reggente di Bx1 era rimasta in corridoio a fissare fuori dall'oblò. Il nero dello spazio assumeva un l'aspetto ancora più minaccioso dal solito, quando lo si guardava di cattivo umore. Ed entrambe le donne, era evidente, lo erano. Kei si accostò all'amica, ma quella non si voltò a guardarla.
L'Ufficiale in seconda dell'Arcadia sapeva di avere usato un tono forse eccessivo, così le disse: -Sai, poco fa ho parlato in quanto membro dell'equipaggio di questa astronave. A noi non interessano i fatti di Bx1, come non ci toccano quelli di mille altri pianeti. Però volevo farti sapere che a me, come tua amica, della tua vita importa. Avrei voluto che fossi più leale con me, ma dopotutto non sta a me giudicare le tue scelte, anche se mi ha fatto male scoprire tutto questo.
Andy si voltò a guardarla rendendosi conto che l'amica era sincera. In quella storia tutti avevano le loro ragioni e i loro torti ed era difficile scorgere il confine tra le due cose. Erano stati fatti molti errori e nessuno ne era esente. Forse anche Kei ne era cosciente, allora decise di giocare il tutto per tutto.
-Mi dispiace che sia andata così, Kei. Però siamo ancora in tempo per rimediare. Quindi adesso voglio essere davvero sincera con te. Esiste un motivo per cui dovreste interessarvi a Bx1. È la stessa ragione per cui mi sono dissociata dalla mia famiglia appena ho potuto ed è la stessa causa per cui l'opposizione sta facendo di tutto per conquistare il potere.
Incuriosita da quella premessa, Kei le disse: -Hai parlato di sfruttamento delle risorse, non è così?
-Quello, in confronto, è un problema marginale. Vedi, la mia famiglia è depositaria di un segreto che si tramanda da almeno quattro generazioni. La cosa è trapelata al di fuori del palazzo e ha dato nuova linfa alla coalizione che si è stabilita all'opposizione.
Kei la scrutò interrogativa e la incitò a proseguire e quella la accontentò.
-È un segreto pericoloso... Potrebbe essere definita l'arma finale!
L'amica la fissò incredula, ma di che stava parlando?
Andy rise con amarezza: -Lo so, sembrano le farneticazioni di una matta, però...
Furono interrotte da un trafelato Yattaran che arrivò ansimando. Tra sè Kei lo maledisse, poi il primo ufficiale parlò e lei precipitò nella confusione più totale.
-Kei, presto! Il Capitano! Lui è...
La ragazza nemmeno udì quanto l'uomo le stava dicendo. Fu Andy che chiese: -Cosa vuol dire è peggiorato?
Lui, ancora col fiatone per la corsa che aveva fatto lungo i corridoi dell'Arcadia, precisò: -Le braccia... Lui non riesce a muoverle...
E per Kei fu il panico. Corse via all'indirizzo dell'alloggio di Harlock e i due le tennero dietro a fatica. Giunta alla meta, senza neanche bussare, spalancò la porta e si precipitò all'interno, ignorando tutti i compagni che stazionavano con aria preoccupata in corridoio e rimase ferma a fissare il dottor Zero che si affaccendava vicino al letto su cui giaceva un immobile Harlock.
Meeme stava in silenzio in un angolo e il suo sguardo privo di pupille dava l'impressione di essere perso nel vuoto.
Percepì un mormorio venire dal Capitano e Zero gli rispose piano e non capì cosa si stessero dicendo. Poi Harlock disse spazientito, con voce minacciosa: -Sparite!
Il dottore cercò di protestare, ma lui fu perentorio: -Non voglio ripetermi. O forse non sono più il Capitano di questa nave?
Lo era ed obbedirono. Lo fecero il medico e l'aliena e tutti gli altri, perché Kei, anche questa volta, forte del precedente successo, rimase dov'era, dopo che le porte si erano richiuse. Ancora non aveva idea di cosa avrebbe fatto, ma non riusciva a lasciarlo davvero da solo, sentiva che sarebbe stato come abbandonarlo.
-Per te i miei ordini non hanno valore, Kei Yuki? È la seconda volta che li ignori...- le chiese glaciale.
Kei era ancora più spaventata della volta precedente, ma resse lo stesso la sfida e gli rispose seria: -Non quelli insensati, con rispetto parlando, Capitano.
Harlock continuava a fissare il buio in cui si perdeva il soffitto e rimase in silenzio... Comunque, in quelle condizioni non era in grado di fare molto per farsi obbedire. Per assurdo, gli venne da ridere. Kei, come capitano, era diventata davvero brava e non si era fatta abbindolare così facilmente come gli altri. Con essi era bastato fare la voce grossa, ma con lei non aveva funzionato. Forse la colpa era anche sua... Dopo che li aveva fatti sbarcare con l'inganno per andare a lottare con il Noo, era diventata diffidente. Allora tentò un'altra strada, nel desiderio che aveva di restare da solo.
-Per favore, vai via, Kei.- seriamente gelido, ma senza minaccia.
Lei ignorò ancora una volta la sua richiesta ed avanzò verso il letto, dove sedette sulla sponda e si sporse a guardarlo. I capelli chiari le scivolarono ai lati del viso, che Harlock scrutò cercando di leggerne le intenzioni, perché se ci fosse stata pietà non lo avrebbe sopportato... Era già abbastanza doloroso essere visto da lei in quelle condizioni così miserevoli.
Ma lo sguardo di Kei era fermo, quasi severo.
-Resto qui.- disse asciutta. Poi sorrise dolcemente e lo sfidò: -Appena ti sarai rimesso potrai punirmi come più ti aggrada, ma per il momento faccio a modo mio.
Così vinse anche quella battaglia e rimase nella penombra della camera. Non disse altro, ma gli rimase vicino, non sapeva cos'altro fare, ma sentiva che poteva andare bene anche così.  In quanto essere umano, pensava che anche lui necessitasse della vicinanza dei propri simili, nonostante tutto. Rimase in silenzio, ma entro il suo campo visivo… non lo avrebbe mai lasciato, era l'unica certezza che possedeva.

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Capitolo 15
*** Risveglio... e risveglio ***


Dall'altro lato della porta, Zero aveva detto poche parole agli astanti, ma non aveva ancora i risultati delle ultime analisi mirate e non poteva e non voleva pronunciarsi su quel repentino aggravamento. Gli uomini, tristi e silenziosi, si erano dispersi per la nave ed erano rimasti soltanto Zero, Meeme e Andy. L'uomo si congedò dalle due donne per cercare di terminare il suo lavoro, mentre l'aliena si sarebbe recata in plancia. Una volta da sola, Andy decise di andare dove si trovava a proprio agio e raggiunse il capo ingegnere alla sala motori.
Giunse il turno di riposo, ma erano davvero in pochi coloro che si recarono in sala mensa per il pasto serale. Chi era rimasto in giro era nervoso e rissoso, come se qualcosa a bordo si fosse ulteriormente guastato. Masu-san terminò di riporre le stoviglie e guardò Mii-kun, il gatto di Zero, sottrarre un intero pesce dal bancone, seguito da un Tori-san nervoso per la prolungata assenza di Harlock. Per la prima volta non li inseguì con i coltellacci in mano e per chi vide la scena fu come assistere all'inizio dell'Armaggeddon.


Immobile ma desto, Harlock percepì che Kei si rilassava in un sonno poco ristoratore, vista la posizione in cui si era assopita sulla sedia che aveva spostato vicino al letto. Per la prima volta avvertiva un pesante senso di sconfitta, aggravato dal fatto che non gli era stata data la possibilità di combattere. Spostò lo sguardo su lei e decise di destarla, affinché andasse a riposare più comodamente.
-Kei! Kei!- la chiamò e le vide aprire gli occhi assonnati -Vai a riposare.- le suggerì e lei, ancora intontita dalla sonnolenza annuì, calciò via gli stivali e gli si allungò accanto, sopra la coperta e le lenzuola candide.
Lui cercò di protestare, ma lei non lo udì.
Non era quello il modo, si ritrovò a pensare allora, rimpiangendo quel calore che ormai non avrebbe più sentito con quel corpo ormai insensibile, rabbioso perché il grande Harlock non era stato in grado di capire per tempo che stava perdendosi tante piccole grandi cose... La pistola di Kei era vicina, ma non poteva nemmeno allungare la mano a prenderla. Forse era tardi anche per i rimpianti, ammise con se stesso, scivolando in un sonno misericordioso che lo prese per stanchezza.
La singola lacrima che sfuggì all'occhio già chiuso, non fu vista da nessuno.
 
Il paesaggio dalla grande vetrata era apparentemente sempre uguale a se stesso, ma le ore passavano a bordo dell'Arcadia e il suo orologio interno destò il Capitano poco prima che terminasse il turno di riposo, come era sua abitudine.
C'era qualcosa che lo metteva a disagio, una sensazione a cui non era più abituato. Non era spiacevole, se ne rese conto qualche attimo dopo, mentre la assaporava e la faceva sua. Pigramente si voltò verso la fonte di quelle sensazioni così insolite: Kei gli dormiva strettamente allacciata, cingendogli la vita con un braccio, il volto disteso e i capelli sparsi sul cuscino che condividevano.
Senza pensarci troppo, allungò una mano per spostare un ciuffo di capelli che le coprivano parte del viso, nascondendolo alla sua vista. Non si rese subito conto della cosa, poi il ricordo della precedente giornata lo colpì d'improvviso e si sollevò sul gomito.
La voce paziente di Zero lo riprese subito: -Stai calmo, non sei ancora del tutto in forze. E poi non vorrai mica svegliarla!
Si voltò nella direzione da cui proveniva la voce semidivertita del Dottore, appena udibile nel silenzio dell’alloggio di un’Arcadia in procinto di risvegliarsi per le quotidiane attività.
Col suo consueto candido abbigliamento, l’uomo sedeva poco distante, la sua valigetta vicina aperta che mostrava un paio di fiale vuore e il dispositivo per l’infiltrazione sottocutanea.
Harlock lo fissò stupito: -Cosa è accaduto? Come mai posso...
Il dottore continuò a parlare sempre a bassa voce: -Grazie alle indicazioni mirate di Andy ho trovato la causa, quindi la cura. Di certo non mi aspettavo una ripresa così rapida, ma non avevo calcolato certi positivi fattori esterni, quando stanotte ti ho fatto l'iniezione.- sorrise con leggera malizia, poi puntualizzò: -Dovresti riprendere a breve anche l'uso degli arti inferiori.
Senza dargli modo di porre altre domande, Zero uscì, lasciandolo a riflettere. Crollò di nuovo sul cuscino e fissò le mani che aveva portato davanti al volto, ne aprì e richiuse più volte le dita, gustando quel movimento che aveva creduto ormai perduto. Le sentiva di nuovo sue, come sentiva una nuova forza scorrergli dentro. Forse disturbata da quel movimento, Kei si girò sul fianco e gli diede le spalle, ancora immersa in un sonno tranquillo, interrompendo il loro contatto. Guardò la pistola nella fondina al fianco di lei, adesso alla sua portata e fece per prenderla. La sfiorò, poi, memore dei pensieri e dei rimpianti che risalivano a qualche ora prima, decise di provare qualcosa di nuovo: si girò anche lui sul fianco e portata la mano su quella vita sottile, la tirò a sé, affondò il viso tra i suoi capelli e poggiò il petto sulla sua schiena. Forse sarebbe stata la prima ed unica volta che avrebbe potuto farlo, ma almeno non ne avrebbe serbato il rimpianto. Anche se il pericolo sembrava passato, la lezione era stata recepita.
Richiamata dal sonno profondo in un confuso dormiveglia dal movimento improvviso, Kei si beò di quel calore così piacevole da indurla a credere che fosse un'esperienza onirica. Però poi la sua coscienza elaborò nuove informazioni, le integrò con i ricordi della sera precedente e, allarmata, sbarrò gli occhi: quello non era il suo alloggio, non era il suo letto e, soprattutto, non ci aveva dormito sola. Mise a fuoco l'arredamento, nella luce scarsa delle poche candele rimaste accese, e giunse all'ovvia conclusione. Ma se era davvero Harlock a stringerla in maniera possessiva, di certezze poteva averne due: le sue condizioni erano migliorate al punto che aveva ripreso l'uso degli arti superiori ed era ammattito. Non  sapendo come comportarsi, nervosa si irrigidì, il cuore che le batteva veloce in petto.
In suo aiuto venne lo stesso Harlock che, percependo il variare del respiro e la rinnovata tensione muscolare, aveva capito che Kei si era svegliata. Allentò la stretta, ma prima di lasciarla andare del tutto, le mormorò: -Scusami. Mi sono reso conto che volevo averti vicino.
Kei si rilassò a quelle parole, le aveva attese per tanto tempo e sospirò profondamente. Voltandosi lo vide sollevarsi sui gomiti, lo sguardo più rilassato, quasi lo stesso Harlock che aveva sempre conosciuto e gli sorrise. Non riuscì a dire subito qualcosa, poi gli rispose: -Va bene.
Lo squadrò, ansiosa di sapere: -Cosa è successo? Stai meglio...
Lui annuì. Cominciava a percepire un fastidioso formicolio diffondersi lungo le gambe e fu felice di quel piccolo disagio, era la conferma alle parole del dottore.
-Il dottor Zero a quanto pare ha scoperto la causa. Non mi ha specificato cosa sia stato a provocare tutto questo, ma mi ha somministrato qualcosa qualche ora fa.
Kei arrossì imbarazzata: quell'uomo li aveva visti dormire insieme... Ma Harlock, intuendo i suoi pensieri, la rassicurò: -Il dottore è un uomo riservato. E poi non è successo nulla di strano.
Non era difficile capire a cosa si riferisse lui e la cosa la mise ancor più a disagio, ma il Capitano aveva ragione. Zero li aveva visti dormire fianco a fianco, null'altro. Gli fece un cenno di assenso col capo.
Sedette sul letto, quindi fece scivolare le lunghe gambe fuori dal materasso, tornando coi piedi per terra, anche metaforicamente. Si chinò a prendere uno stivale dal pavimento e si accinse ad indossarlo. Sentì la voce di lui alle sue spalle: -Dove vai, Kei? E' ancora presto...
Due braccia forti la raggiunsero. Una mano si portava dietro il lenzuolo in cui si trovò parzialmente avvolta e sentiva il suo fiato solleticarle l'orecchio. Sorpresa, si voltò a mezzo, perplessa.
-Ti ho detto che voglio averti vicino... resta con me.- rimarcò a bassa voce, il timbro caldo da tono lievemente rattristato. Kei perse un battito, prima che il suo cuore accelerasse nuovamente. Col filo di voce che riuscì a richiamare dalla gola chiusa, gli chiese: -Perché?
Aveva bisogno di sapere, di poter contare su una certezza e non sulle possibili illusioni che la sua mente avrebbe potuto costruire su quell’episodio.
Dal canto suo, Harlock si era aspettato quella domanda, quindi rispose con sicurezza: -Perché dopo quello che è accaduto, ho compreso che se ti perdessi o non potessi averti accanto, saresti il mio unico rimpianto. Perché mi sei stata vicina nonostante tutto, anche quando ti ho trattato male. Per gli ordini che non hai eseguito.
Quelle parole le mozzarono il respiro e una morsa le chiuse lo stomaco. Le vennero in mente le parole sagge di un uomo vissuto migliaia di anni prima: amami quando meno lo merito, perché è esattamente quello il momento in cui ne avrò più bisogno.* E tutto tornò al posto giusto, Kei non ebbe bisogno di sapere altro. Gettò sul pavimento lo stivale e si sporse verso di lui. Alzò una mano per posarla sulla guancia ruvida di barba non rasata e sorrise, gli occhi lucidi.
Harlock fu più deciso: le artigliò i capelli sulla nuca per poi avvicinarsi al suo viso ed incontrarla in un bacio che fu prima un assaggiarsi di labbra, poi un bisogno urgente e passionale da parte di entrambi.
Dopo rimasero a fissarsi senza fiato, sorpresi da quell'impulso improvviso che avevano avvertito e condiviso, lei ancora con la mano sul viso ispido e lui con le dita a stringerle i capelli. Erano consapevoli del fatto che da quel momento in poi le loro vite sarebbero cambiate e tornare indietro sarebbe stato impossibile. 






*Caio Valerio Catullo
Fan art su: http://metaldolphin.deviantart.com/art/Resta-588817232

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Capitolo 16
*** Bugie ***


Erano sull'Arcadia e lui era Harlock e lei non poteva nascondergli quel qualcosa di grave che aveva scoperto e subito accantonato perché lui era stato male. Adesso che stava riprendendosi, c'era da sistemare una questione che richiedeva una certa urgenza.
Rimessi gli stivali e ravviati i capelli, la ragazza attese che lui indossasse la maglia e disse: -Devo dirti una cosa, Harlock...
Era riuscito a rimettersi in piedi, quindi aveva deciso di tornare in plancia e a riprendere il posto che gli spettava. Incuriosito, ascoltò con attenzione quel poco che Kei appreso da Andy.
-Arma finale?- mormorò infine, sentendo un brivido lungo la schiena. Era un concetto così terribile che, al confronto, la recente lotta con il Noo assumeva contorni meno minacciosi.
Kei gli porse il mantello e assentì, seria.
-Non so altro, mi spiace.
Deciso comunque ad approfondire la cosa, Harlock annuì: -Non preoccuparti, ne sapremo presto di più.
Si avviarono insieme per il corridoio, e dovette appoggiarsi a lei, il passo ancora malfermo, diretti al ponte di comando dell'Arcadia. Lungo il percorso si fermarono qualche minuto al Computer centrale. Nella sala fece il suo ingresso soltanto Harlock, mentre lei attese appena fuori, conscia del bisogno che aveva il suo Capitano di ritagliarsi un momento, come sempre faceva in quell’ambiente illuminato dalle vivaci luci che erano il cuore dell’Arcadia.


Anche se i presenti in plancia avevano già ricevuto notizie positive sulla salute del Capitano dallo stesso dottor Zero, quando lo videro entrare sulle sue gambe, esplosero in un boato gioioso. Yattaran fu felice di rimettere le consegne e il comando tornò al suo legittimo possessore. Naturalmente Harlock non dimenticò di ringraziarlo per il lavoro svolto e si avviò al timone. Tutti si accorsero del fatto che non aveva ancora riacquistato il suo solito passo deciso, ma il solo fatto di averlo nuovamente tra loro bastava ad entusiasmarli. Kei lo aveva seguto in silenzio, lui l’aveva ringraziata per l’appoggio, ma aveva deciso di fare il suo ingresso senza aiuto e lei non aveva protestato
Anche l'Arcadia sembrava aver ripreso vita, la vibrazione che la permeava nuovamente vivace. Non tutti però si accorsero della particolare gioia che pareva emanare Kei... Tranne Andy, che la avvicinò con un gran sorriso sulle labbra, mormorando un semplice: -Avevo ragione, eh?
Kei la fissò e ricambiò il sorriso. Non riusciva a portarle rancore, era grazie a lei che Harlock si era ripreso e rimesso in piedi.
Ma non ci fu tempo per le confidenze perché una volta impostata la rotta per Bx1, il Capitano le convocò in privato, insieme ai fidati Yattaran e Maji in qualità di primo ufficiale e di tecnico specializzato. La questione era tremendamente seria e i cinque si fissarono seri.
Quando il Capitano si rivolse a Andy, il suo tono di voce era cupo: -Andy, Kei mi ha detto di qualcosa che avrei preferito non esistesse, di un segreto custodito dalla tua famiglia... Puoi spiegarci?
La donna fissò l'amica, ma il suo sguardo non era di rimprovero: aveva volutamente informato Kei affinché lo dicesse al Comandante e si aspettava che quella domanda arrivasse prima della conclusione di quella crociera.
-Preferisci che sia presente anche tuo fratello?- le chiese lui, ma la donna scosse il capo: Aalim avrebbe preso a male quello scambio con i pirati.
-Fino ad oggi la mia famiglia ha custodito questo segreto senza averne mai fatto uso, dopo la prima volta che fu sperimentato e ne sono depositari solo due membri alla volta. In realtà ne sono parte integrante, perché anche se non si sa nel dettaglio in cosa consista, essa è in mio padre e, dalla morte di mia madre, in me.
-In che senso?- disse Harlock serio.
-So che il nostro genotipo viene modificato per contenerlo. Se occorresse, in caso di estremo pericolo, se non ci fossero altre via d'uscita, saremmo capaci di richiamarlo ed utilizzarlo. Si chiama D.DNA e sta per Death DNA.
-Perché non l'avete usato contro di noi?- chiese ancora l'uomo.
Lo sguardo di lei era serio.
-Se mai venisse usato, richiederebbe un prezzo molto alto: la vita di chi avesse l'ardire di farlo.
I pirati la fissarono senza parlare, ognuno cercando di immaginare la terribile realtà che veniva esposta e lei proseguì: -Le minacce che possono essere affrontate in modo tradizionale, per così dire, non si risolvono con l'ultima risorsa che si possiede. Credo che nessuno abbia mai avuto le giuste motivazioni per farlo. Oltretutto alla modifica del DNA siamo condizionati psicologicamente affinché non ci salti in mente la malsana idea di toglierci la vita al primo momento di sconforto o alla minima rabbia... Ci sarebbe il rischio di andarsene in maniera davvero eclatante, non credete?- rise amaramente, infine.
Era qualcosa difficile da credere e comprendere, ma Harlock e i suoi avevano imparato, soprattutto dopo la vicenda del Noo, a non stupirsi più di nulla.
Yattaran e Maji le posero qualche domanda tecnica, ma lei non seppe rispondere a nessuna di esse.
-E non c'è modo di tornare indietro, dopo aver ricevuto questa modifica?- chiese Kei, preoccupata da quanto appreso.
Andy scosse il capo: -Furono condotte ricerche in merito, ma non si è mai trovato il modo...
-O non si è mai voluto trovare...- intervenne Harlock, dopo essere stato a lungo in silenzio.
-Pensateci bene: non saranno molti a conoscere questo segreto così terribile, ma sono certo che i suoi detentori abbiano fatto in modo che chi avrebbe dovuto saperlo, ne fosse stato messo al corrente... Parlo degli oppositori. Che fino ad oggi, infatti, non hanno mai forzato troppo la mano con la famiglia reggente. Mi sbaglio?- chiese infine alla donna.
La diretta erede della famiglia reale di Bx1 lo guardò ed annuì lentamente.
Il Capitano proseguì seguendo la linearità del suo pensiero: -Però adesso le cose sono cambiate... Cosa è accaduto affinché l'equilibrio si rompesse?
Andy impallidì, ma si era aspettata che quell'uomo, famoso anche per il suo acume, giungesse a quella conclusione. Adesso stava a lei decidere in che modo condurre il gioco, raccontando davvero tutto o meno.
Si voltò a fissare Kei, poi gli altri due ufficiali e quindi tornò a posare gli occhi sul Capitano dell'Arcadia.
-Vi ho parlato di quei matrimoni combinati per far confluire nella famiglia reggente alcuni membri dell'opposizione... Ci hanno posto di fronte ad una scelta: o quel maledetto accordo o...- Andy esitò.
-O avrebbero rivelato ai loro sostenitori il progetto D.DNA...che in realtà non esiste. E spianando così la strada alla guerra civile.- terminò Harlock per lei.
Gli altri tre presenti si voltarono a fissarla con genuino stupore, mentre lei chinava il capo. Quell'uomo aveva già indovinato quello che aveva intenzione di celare e la pietosa bugia che aveva preparato per dare una spiegazione plausibile non sarebbe servita. Harlock era il tipo d'uomo a cui era difficile nascondere qualcosa, dopotutto. Era evidente che Kei non aveva mai esagerato tutte le volte che le aveva parlato di lui... E pensare che aveva sempre creduto di ascoltare iperboli costruite su una visione falsata dall'amore che l'amica nutriva per Harlock.
In realtà non poteva sospettare che il Capitano poteva anche contare sul suo Amico, brevemente incontrato prima del suo ritorno in plancia... Nonostante lei avesse cercato di tenere nascosti i suoi pensieri durante il collegamento neurale con l'Arcadia, non aveva messo in conto il fatto che quella non fosse una normale intelligenza artificiale. La presenza tutta umana di Tochiro aveva consentito una profonda scansione dei pensieri della donna, portando a galla quel segreto senza che lei se ne rendesse conto.
Così ad Andy non restò che assentire, ormai la verità scoperta, il suo tentativo ormai fallito: -Le armi migliori sono quelle che si basano sulle paure della gente. Basta far trapelare quel poco che basta a terrorizzare gli elementi chiave di una società, affinché l'ordine venga stabilito e mantenuto.- dichiarò sconfitta, lo sguardo basso ed una piega amara sulle labbra.
Stavolta Kei era adirata e si rivolse direttamente all’altra donna: -E perché mai tentare di mentire anche a noi? Mi hai persino usata affinché coinvolgessi gli altri e il Capitano!
Andy rimase muta e fu Yattaran a rispondere a quella domanda: -Per lo stesso motivo per cui questa geniale falsità si è protratta così a lungo: ha tentato di tenerci a bada.
La più giovane non ebbe bisogno di udire altro... Voltò le spalle a tutti ed uscì dallo studio privato di Harlock.
-Povera Kei...- osservò il primo ufficiale, dispiaciuto per l'amica.
-Le hai mentito troppe volte.- Maji rimproverò Andy, poi guardò sorpreso il Capitano che, dopo un attimo di esitazione, l'aveva seguita. Scambiò un'occhiata d'intesa con l'altro pirata e tornarono alle proprie mansioni. Una volta in corridoio, Andy rimase da sola. Aveva sbagliato tutto.

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Capitolo 17
*** Rotta per Bellatrix ***


Il suo passo svelto portò il Capitano a raggiungere Kei pochi istanti dopo che lei si era fermata davanti al grande oblò; si apriva sul corridoio che si sviluppava lungo la paratia esterna e mostrava uno spazio che dava l'impressione di essere sempre uguale a se stesso, lungo le rotte che percorreva l'Arcadia. Sfondo nero e profondo, miriadi di stelle luminose ad ingentilirlo, l'alone violaceo di una nebulosa lontana a schiarirne una vasta zona.
Le si fermò dietro e le pose una mano sulla spalla, ma lei non si voltò. Era arrabbiata e al contempo triste: furente con se stessa per non aver capito prima le intenzioni di colei che da anni considerava un'amica, abbattuta per il trattamento ricevuto dalla stessa.
-Non potevi immaginarlo.- le disse con tono pacato. -Sono certo che l'abbia fatto solo per cercare di far recuperare alla sua famiglia il posto che crede le spetti. Anche se ne è stata lontana per anni, ha continuato ad aiutarli... è grazie ad una sua invenzione installata nelle navette reali che ti abbiamo ritrovata, e non credo l'abbia sviluppata prima di andarsene di casa. Il padre le vuole molto bene: ha lasciato che conducesse la vita che voleva fino a che non ha avuto bisogno di lei alla reggia. E il nostro arrivo ha destabilizzato ancor più la situazione già critica del pianeta. Magari pensava di spaventarci con quella storia, credendo che non saremmo mai venuti a conoscenza della verità.
Kei continuò a non guardarlo. Certo, si fidava di ciò che le stava dicendo, anche se plausibile era comunque difficile da accettare. Ma fu l'ultima frase che disse lui a confonderla ancor di più: -Credo che volesse far parte dell'equipaggio, ma al contempo ne avesse paura. Sarà stato questo a spingerla a dirci di quel segreto, dopotutto è la storia che raccontano da generazioni per lo stesso motivo. Ma chi ha paura di detenere il potere o teme di perderlo, non ne è degno.
-Però se mi avesse detto...- disse sommessamente Kei, lasciando in sospeso la frase.
-Avresti fatto di tutto per aiutarla, lo so. Ma Andy ha vissuto due vite: una densa di bugie nella reggia, l'altra libera, quella che hai conosciuto tu; stridono tra loro come le prue di due navi che collidono e farle coesistere nella stessa persona è difficile.
Le strinse più forte la spalla, poi la lasciò andare. Si avviò lungo il corridoio, lasciandola a riflettere. Un pirata non ha molti amici, al di fuori del suo equipaggio e Kei aveva creduto che Andy fosse una felice eccezione. Ma si era sbagliata e la cosa le faceva male.
Tori-san, dopo un lungo peregrinare per la nave, trovò Harlock e gli si posò sulla spalla. Emise un lungo verso rauco di approvazione e scomparve con lui in fondo al corridoio.
---
L'Arcadia procedette lungo la rotta verso Bx1.
Quella sera Kei cenò con il Capitano, nel privato del suo alloggio, ma non fu nulla di particolarmente romantico o sensuale. Anche se lei si era un po' rasserenata sul fronte Andy, entrambi sentivano la necessità di un confronto diretto, per le troppe cose che non erano state dette nel corso degli anni e nei mesi più recenti, durante il pericolo del Noo.
Naturalmente per entrambi non era semplice e glissarono sulle domande più importanti per tutta la durata del pasto, però alla fine lui la scrutò in volto ed esordì con disarmante chiarezza: - Non abbiamo più parlato della motivazione che ti ha spinto lontano dall'Arcadia.
Alzò il calice alla bocca per prendere un ultimo sorso di vino ed attese la sua risposta.
Kei accennò ad un sorriso senza allegria. Sapeva che quella curiosità era rimasta come un tarlo nella mente di quell'uomo, anche se una domanda così diretta la metteva in difficoltà. Ma gli doveva una risposta e non solo per la carica che lui ricopriva... Oltretutto finché era stato male lo aveva trattato come un pari grado e sapeva di non poter tirare quella corda troppo a lungo, nonostante la piega che aveva preso la loro relazione.
Inoltre aveva intuito che Andy aveva messo la sua visione della cosa in mezzo ed era necessario adesso chiarire senza altri interpreti o mediatori.
Decise di prendere la cosa abbastanza alla larga.
-Io... ho desiderato per tanto, per troppo tempo, di tornare a bordo, Harlock. Anche se ciò avrebbe significato che un nuovo pericolo minacciava l'umanità... Come in effetti poi si è avverato. Sono stata felice quando sono tornata a bordo, quel giorno, su Panoptycon e ho creduto che anche a te facesse piacere rivedermi.
Harlock la fissava, mentre quelle parole rievocavano nella sua mente quel preciso momento. Per lei aveva trovato la forza di sorridere quel giorno lontano, con spontanea e sincera gioia.
-Infatti è così.- affermò serio e lei proseguì.
-Poi c'è stata la vicenda col Noo, andata come sappiamo, il mio ferimento, la mia ripresa. E poi ci hai lasciati con l'inganno su quel pianeta. Io sapevo che la situazione non era quella che dicevi, quel guasto non mi convinceva, però mi hai costretta a scendere con gli altri, quando mai avrei voluto farlo. Se Meeme non mi avesse spinta a farlo...
-Il pericolo era troppo grande.- la interruppe un po' nervosamente -Non potevo rischiare che...
Kei fu infastidita da quella risposta così scontata e si ritrovò ad alzare la voce: -Può darsi, ma lei l'hai portata, eravate d'accordo...
Solo in quel momento il Capitano comprese il motivo del suo dolore. Sciolse quel dubbio che lo attanagliava da quando Andy aveva tirato in ballo l'aliena di Yura. Guardò la ragazza con la nuova comprensione data da quel tassello che forse aveva trovato il suo incastro.
Una parte di quella complicata situazione era il suo rapporto con Meeme. Eppure c'era qualcos'altro che non capiva appieno.
Poggiò il calice sul tavolo e si alzò in piedi, poi le si fece vicino e si abbassò sulle gambe per guardarla in viso. Addolcì lo sguardo ed accennò ad un sorriso: -Perché l'hai fatta chiamare comunque, quando sono stato male?
Kei ricambiò lo sguardo, sentendo avvampare il viso. Se ne era accorto da solo o glielo avevano riferito? Ormai non importava e si limitò ad abbassare lo sguardo, un groppo in gola ad impedirle di proferire parola.
Allora lui proseguì: -Credevi che potesse farmi stare meglio, vero? Per quello che credevi esserci tra noi, per ciò che è lei... Lo stesso motivo che ti ha spinta lontano.
Era vero, come al solito la sua perspicacia la stupiva. Anche se, forse, Andy aveva fatto la sua parte... Comunque Kei non riusciva ad ammetterlo, rimase senza guardarlo. Cosa avrebbe dovuto fare, ammettere quella sua debolezza?
Non ebbe bisogno di fare nulla: fu lui ad alzarle il viso ponendole due dita sotto al mento, per poterla fissare negli occhi. Le apparve fragile al punto che stentò a riconoscere in lei la tosta guerriera che in quei giorni era riuscita a tenergli testa in quei momenti difficili.
-Kei, ti ho già detto che ti voglio vicino. Però ho bisogno di saperlo da te. L'hai fatto per quel motivo?
Il suo tono continuava ad essere gentile, con quel timbro profondo che riusciva a scuoterla ancora, dopo tanti anni che la udiva.
-Sì.- disse in un soffio lei. E poi si ritrovò circondata dal suo fermo abbraccio
Harlock sapeva di cuoio logoro, colonia di Antares e di quel particolare odore polveroso e metallico che permea le tute degli spaziali e le astronavi; aveva percepito quegli odori già dai loro rari contatti e ancor più dal risveglio di quella mattina. In quel momento, però, ebbe modo di gustarlo con calma, consapevole del fatto che poteva farlo più suo, poteva avere la certezza che non lo avrebbe condiviso con nessun'altra: sentiva e sapeva che era così.
-Kei,- gli sentì mormorare -resta qui stasera.
Non si era scostato, mentre lo diceva. Non era l'ordine di un Capitano, ma la richiesta di un uomo che si era isolato per troppo tempo.
Istintivamente, in un primo momento, la ragazza pensò di tirarsi indietro, ma le sue labbra mormorarono qualcosa di diverso: -Va bene.
Lui percepì la sua tensione e si scostò per guardarla in viso, per rassicurarla: -Non ti metterò fretta, ma stammi vicino.
Più sollevata, lei annuì. Poteva essere certa del fatto che Harlock l'avrebbe rispettata come donna, come componente dell'equipaggio e come compagna; per quella sera decise di mettere da parte il resto dell'universo... Racchiuse ed isolò in un angolo della sua mente Bx1, Andy, Aalim, l'immagine di Meeme vicina al Capitano, il resto della ciurma.
Sapeva bene che aldilà di quelle alte ed antiche porte di legno la vita proseguiva, che fuori dalle spesse paratie che formavano lo scafo di quel guscio di robusto metallo chiamato Arcadia, le stelle continuavano a nascere, vivere e morire in spettacolari trasformazioni della materia. Gli astri continuavano il loro continuo e lento movimento rotatorio attorno al denso nucleo della galassia e il tutto tracciava il suo percorso nello spazio intergalattico dell'Ammasso Locale.
Queste immense distese difficilmente concepibili dalle menti umane, facevano sì che loro due fossero meno della polvere agli occhi dell'Universo senza limiti, ma per entrambi, in quel preciso momento, l'essenza stessa della vita era lì: nel calore che scambiavano in quello stretto abbraccio, nel respiro mozzato dall'emozione e dai baci, nel poter sentire l'altro vicino al punto da non capire a chi appartenesse il cuore che batteva tumultuoso in petto.
Erano così presi l'uno dall'altro da non udire le risa, le liti degli uomini nei corridoi e il gracchiare di Tori-san inseguito da Masu-san che sbraitava coi coltellacci in mano.
La vita era tornata sull'Arcadia e in loro.


Più tardi, quando l'intera nave si era acquietata nel riposo notturno, Harlock aprì gli occhi nella penombra del suo alloggio e rimase in ascolto. Il respiro leggero di Kei che dormiva seminuda al suo fianco, stavolta sotto le sue stesse lenzuola, era un piacevole diversivo alla solitudine cui era abituato e rimase ad ascoltarlo compiaciuto. Qualche ora prima aveva capito che sarebbe stato meglio fermarsi, appena aveva capito che lei aveva cominciato a farsi più esitante, meno partecipe: forzarla sarebbe stato sbagliato. Però... Fissando quei capelli chiari sparsi sul cuscino e le labbra socchiuse a mostrare i denti bianchi, l'impulso di farla sua tornò prepotente in lui. Si sollevò sui gomiti, poi decise di alzarsi. Facendo attenzione a non destarla, sgusciò via da quel caldo rifugio, indossò maglia e stivali sui pantaloni che aveva tenuto, quindi uscì via dalla camera.
Fino a quel momento si era occupato d'altro, adesso aveva bisogno di capire davvero quanto accaduto... Sperò che Zero fosse sveglio e che potesse parlargli. Giunse davanti alla porta dell'infermeria e vide che le luci erano accese. Entrò nella piccola sala d'attesa e l'ometto gli si fece incontro, l'aria assonnata, ma col camice bianco indosso, Mii-kun appresso e una bottiglia di sake nella mano.
-Capitano- lo salutò -Mi chiedevo quando saresti venuto. Di certo non ti aspettavo a quest'ora...
Lui annuì, poi gli disse: -Vorrei sapere qualcosa in più su quello che mi è successo. Ho bisogno di sapere se si ripresenterà.- era serio. Anche se non programmava la sua vita a lungo termine, il suo era il bisogno di un uomo che aveva la necessità di sapere se avrebbe potuto continuare a contare su se stesso.
Zero lo fece sedere alla scrivania e prese due bicchieri. Iniziò a parlare mentre versava da bere.
-Era qualcosa di sconosciuto, devo ammettere che sarebbe stato difficile venirne a capo, senza l'aiuto di quella donna. In realtà la colpa è stata un po' tua, Harlock.
A quelle parole lui smise di bere e lo fissò perplesso.
-Vedi, quella ferita che ti ha inferto Tadashi... La chiave è lì: non te ne sei occupato subito come avresti dovuto e per guardare il ragazzo andare via sei uscito con l'Arcadia al decollo. Tra il pulviscolo e la sabbia di quel deserto, sollevati dal movimento della nave: è stato lì che presumibilmente è riuscito a raggiungerti, poi si è fatto strada in te, attraverso la lesione. Ha trovato un ambiente a lui favorevole nel tuo midollo spinale, dove ha iniziato a proliferare, danneggiando le trasmissioni con l'encefalo progressivamente, rendendoti più nervoso del dovuto e facendoti perdere l'uso degli arti. Era un agente patogeno alquanto singolare, non presente nel mio database, ma non tornerà, ormai l'ho neutralizzato.
Harlock rimase muto, pensando all'ironia della cosa. Per una banalità di quel calibro era arrivato quasi a perdere se stesso, come mai gli era accaduto.
-Almeno a qualcosa è servito.- mormorò, poi si congedò: -Grazie dottore.
Zero lo guardò andare via mentre cercava di capire quale fosse il significato di quelle parole. A cosa sarebbe servita quella vicenda? Forse il Capitano si riferiva al fatto che non avrebbe più trascurato le sue ferite? Di certo non poteva sapere di Kei che dormiva tranquilla di nuovo sul letto di Harlock, così il dubbio gli sarebbe rimasto.

Rimuginando sull'accaduto, il Capitano non tornò subito al suo alloggio. In corridoio incontrò Meeme e si fermò a scambiare qualche parola con lei.
-Ti devo delle scuse, Meeme.- ammise, conscio di averla trattata piuttosto male nei giorni precedenti. Lei inclinò leggermente il capo e lo rassicurò.
-Non devi, Harlock, sai perché sono qui. E poi non stavi bene.- disse con la sua voce di dolce musica che risaltava nel silenzio della notte artificiale della nave.
Allora lui non disse più nulla e la guardò andare via, col suo solito passo leggero, sottolineato appena dall'eco metallico del corridoio, poi si incamminò verso la sua meta nella penombra. Aprì piano la porta e la richiuse senza fare rumore dietro di sé, quindi si avviò verso il letto. Si fermò a fissare Kei che continuava a dormire su un lato del materasso, raggomitolata su se stessa, l'aspetto indifeso che da sveglia raramente dimostrava... Nonostante il viso dolce, infatti, non tradiva una grinta che poteva diventare davvero temibile quando si arrabbiava.
Tolse la maglia, sedette sul letto e scalciò via gli stivali, poi si sdraiò nuovamente vicino a lei e chiuse gli occhi, distese il braccio e le prese la mano. La sentiva calda e viva e la sensazione di benessere che la cosa gli dava continuava a stupirlo.

Sull'Arcadia c'era un'altra anima inquieta che non riusciva a riposare. Andy era sdraiata nel letto dell'alloggio che le avevano assegnato e fissava lo spazio fuori dall'oblò. Il giorno dopo sarebbero atterrati a Bellatrium e non aveva idea di cosa ne sarebbe stato di lei. Aveva sbagliato cercando di ingannare Kei e i suoi compagni; aveva perso il loro appoggio e adesso l'incognita più grande era dato proprio dal suo futuro più prossimo. Oltretutto era sicura del fatto che il Capitano dell'Arcadia non avrebbe lasciato correre sui recenti trascorsi di Aalim, che seppur curato, era stato rispedito in cella. Qualsiasi cosa fosse accaduta, non sarebbe stata nulla di buono, ne era quasi certa. Mentre la stanchezza le faceva chiudere gli occhi, al termine del turno di riposo, le parve di udire nella sua mente una voce cordiale e lontana: -Non sottovalutare il mio Amico, sa essere giusto anche con chi non lo è stato con lui.
Quella frase la rasserenò e si addormentò più tranquilla.
 
Kei si svegliò alla fine del turno di riposo, ormai abituata ai ritmi dell'astronave. Ritrovarsi nel letto non suo la destabilizzò in un primo momento... Poi ricordò e si chiese dove fosse finito Harlock. Sedette sul letto e si guardò attorno. Dalla striscia di luce che proveniva dalla porta socchiusa della stanza da bagno si diffondeva un insistente sciacquio, qualcuno stava dandosi una bella rinfrescata. Una volta in piedi, si avvicinò all'uscio, quindi fece capolino nel locale ben illuminato e vi spiò dentro.
Nonostante fosse a piedi nudi e non avesse fatto alcun rumore, lui si voltò a guardarla e le sorrise, un asciugamani chiaro tra le mani pronto per assorbire l'acqua che gli imperlava il viso.
Una volta asciutto le si fece vicino e si chinò a posarle un bacio a fior di labbra. Fu allora che la voce di Yattaran risuonò nell'interfono: -Capitano, se potessi venire in plancia... Abbiamo un problema, non si riesce a trovare Kei da nessuna parte!
Lei si sentì sprofondare, ma lui, con abituale sicurezza, rispose: -E' con me. Stiamo per arrivare.
Senza aggiungere altro, mentre lei faceva a sua volta una rapida doccia, si rivestì ed attese che fosse pronta, poi si avviarono verso la plancia fianco a fianco. Lungo il tragitto lei rimase taciturna. Se da un lato era felice per la piega che aveva preso il suo rapporto con Harlock, dall'altro aveva il timore di scoprire quale potesse essere la reazione dell'equipaggio alla cosa. Intuendo il suo disagio, l'uomo le disse: -Non chiederanno nulla, vedrai. E poi le priorità oggi sono altre: atterreremo su Bx1 e avremo un bel daffare con la principessa Andrejna e Aalim.
-E' vero.- gli rispose, rincuorata da quel tentativo. Tori-san si fece loro incontro ed artigliò la spalla del Capitano gracchiando felice per aver trovato la sua abituale sistemazione. Quando entrarono insieme in plancia, i pochi presenti si voltarono a guardarli, limitandosi ad un cenno di saluto. Solo Yattaran la fissò un secondo più del solito, poi fece il suo rapporto ad Harlock.
Il quale fece chiamare Andy da Maji: mancavano poche ore al loro approssimarsi al sistema di Bellatrix e bisognava capire quale fosse la strategia migliore da attuare per riuscire ad operare al meglio in merito a quanto accaduto.

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Capitolo 18
*** Lo scontro ***


Kei non si voltò a guardare Andy, quando la donna fece il suo ingresso in plancia, accompagnata dal capoingegnere. Era ancora risentita per il comportamento che l’amica aveva tenuto nei suoi confronti... Le aveva mentito una volta di troppo e, quale che fosse la causa, la fiducia tra loro era ormai incrinata.  Però doveva riconoscerle il merito di averla incoraggiata con Harlock e sapeva che, in qualche modo, era stata lei a smuovere l'uomo in suo favore. Inoltre l'aveva aiutato a ritrovarla dopo il rapimento di Aalim e poi era stato per merito suo se il Capitano era guarito, grazie alla sua idea di interfacciarsi direttamente con l'Arcadia.
Combattuta tra il bisogno di esserle ancora amica, la gratitudine e il rancore, Kei era rigida alla sua postazione, così distratta da non ascoltare nemmeno ciò che le accadeva intorno.
-Kei! Mi stai ascoltando?- la voce di Harlock la scosse e la obbligò a voltarsi. Quando vide che tutti la fissavano, avvampò in viso per l'imbarazzo.
-Io... Dimmi, Capitano.- mormorò.
Insospettito da quel comportamento, lui le fece cenno di avvicinarsi e lei obbedì. Lasciò la sua postazione e lo raggiunse.
-Stavamo discutendo sul da farsi. Nonostante l'accaduto, ho un debito nei confronti di Andy e non posso certo ignorare la cosa. Mettiti in comunicazione con Bellatrium, dobbiamo cercare di comprendere le loro intenzioni.
La ragazza posò un attimo lo sguardo sul volto colmo di apprensione di Andy... Dopotutto era la sua famiglia quella di cui stavano parlando. L'altra ricambiò l'occhiata carica di tensione, perché sapevano entrambe che il secondo ufficiale non avrebbe voluto obbedire; ma un ordine è sempre tale, anche se lei e il Capitano non erano legati più soltanto dal rapporto gerarchico.
Con la memoria tornò brevemente alla sera avanti, al contatto che avevano condiviso, alla notte trascorsa insieme... Non poteva certo approfittare di quel che era stato appena poche ore prima per fare di testa sua. Così di mala voglia si apprestò ad armeggiare col pannello di comunicazione nella consolle avanti a sé. Fu interrotta da una voce dolce quanto inaspettata.
-Lascia, faccio io, Kei.- dichiarò Meeme, che le si era fatta vicino. Il Capitano non intervenne e lei lasciò all'aliena il compito di stabilire un contatto con il palazzo della Reggenza di Bellatrium. Si fece da parte e con gli altri si mise in ascolto, in attesa di una risposta da Bx1. Passò qualche minuto, poi Meeme si dichiarò sconfitta: -Nulla, Capitano. Nessuna risposta da Bellatrium.
Il viso di Harlock si rabbuiò nel vedere  Andy che aveva chinato il capo per celare la sua espressione e poi voltarsi per uscire fuori dalla plancia con passo veloce. Il silenzio calò sui presenti, la mancata risposta non portava a nulla di buono.
Non passarono che pochi minuti e la donna tornò, trascinandosi dietro un riluttante ed ammanettato fratello e un capoingegnere dall'espressione contrariata la fissò con una smorfia in viso.
Spinse Aalim avanti a sé, rudemente, e quello barcollò, la spalla ancora bloccata perché il colpo di Yattaran gli aveva fracassato l'articolazione e la ripresa non sarebbe stata veloce.
-Hai visto cos'hai combinato, razza d'idiota? Se non avessi combinato questo guaio, non avremmo lasciato Bx1 in questo caos... Non sappiamo nemmeno se il Reggente sia ancora in vita!- gli urlò contro.
Harlock si alzò in piedi, palesemente irato.
-Basta! Questa è la mia nave e non tollerò iniziative del genere! Andrejna, nessuno ti ha dato il permesso di prelevare il prigioniero dalla sua cella, tantomeno di condurlo in plancia... Maji, riportalo indietro!- ordinò.
Aalim si voltò a guardarlo: -Aspetti, Capitan Harlock, un attimo soltanto... Io...- accennò un passo verso Kei, ma tra loro si frappose fulminea la figura nera e minacciosa del Capitano. Ignorandone lo sguardo minaccioso, il principe si rivolse direttamente alla ragazza: -Mi avevi detto di non essere la sua donna!- esclamò con coraggio, ma fu Harlock a rispondergli, con tono da raggelare tutti i presenti sul ponte.
-Ti aveva detto bene. Non lo era.
Aveva messo in chiaro la novità senza tanti preamboli, come suo stile. Poi richiamò il capo ingegnere: -Maji!- e quello si affrettò a compiere l'ordine già impartito.
Uscendo passarono davanti alla sorella del prigioniero, che gli sibilò: -Idiota! Cosa credevi di poter fare con Kei?
Ma non ricevette risposta, perché lui fu condotto via.
Nel frattempo il Capitano si era voltato verso la compagna per accertarsi che stesse bene. Non si dissero nulla, gli altri non fiatarono e sul ponte l'unico rumore che rimase fu il ticchettio della strumentazione.
Poi Andy chiese brevemente scusa per l'iniziativa presa e per il comportamento del fratello, quindi si ritirò nella sua cabina.

La brillante Bellatrix splendeva di fronte all'Arcadia già da ore, facendosi sempre più grande, quando avvistarono l'unico pianeta abitato che le girava attorno. Gli altri componenti del sistema erano giganti gassosi ben lontani dalla enorme forza gravitazionale della gigantesca stella azzurra.
Nonostante l'enorme distanza, l'astronave dovette effettuare numerose correzioni di rotta, durante l'avvicinamento al pianeta, a causa dell'imponente pozzo gravitazionale della stella e del forte vento solare che la stessa era in grado di emanare.
Nel tempo che occorse loro per giungere presso l'orbita del pianeta, l'equipaggio rimase concentrato ed attento al punto che ognuno pranzò nel luogo in cui gli competeva stare. Masu-san si affaccendò dalla cucina per tutta la nave, irritata come ogni volta che quel genere di operazioni la costringeva a spargere pasti per l'Arcadia, tallonata da Mii-kun e Tori-san che speravano in un boccone poco gentilmente donato o furtivamente sottratto.
Giunta in plancia, la bisbetica cuoca notò lo strano silenzio che la pervadeva; per carità, di solito non è che il luogo abbondasse di vita, ma stavolta c'era qualcosa di diverso nell'aria artificiale del luogo. Stringendosi nelle minuscole spalle, andò via borbottando inquieta: era sempre l'ultima a sapere la cose, su quella nave!

Seduto sulla cuccetta della spartana cella, Aalim si fissava le mani.
Andy aveva ragione. Cosa aveva creduto di poter fare? Kei gli piaceva, ma sapeva che avrebbe attirato qualsiasi uomo, bella com'era. E anche se non ci fosse stato Harlock di mezzo, lei restava una pirata e lui il secondo nella linea di successione alla reggenza del suo pianeta. Però quella ragazza  dall'aria così tosta, indipendente e diversa da tutte le donne che fino a quel momento aveva conosciuto, l'aveva attratto sin dal momento in cui l'aveva vista a palazzo. Aveva persino esercitato la sua autorità col secondino, pur di essere lui a portarle la cena e conoscerla di persona. Come era sexy in quella tuta rosa dall'apparenza forse troppo ingenua, con quei guanti bianchi sulle dita sottili. I capelli biondi e gli occhi chiari dalle lunghe ciglia erano davvero irresistibili e gli era dispiaciuto doverla colpire, ma portava ancora impressa sulla pelle la sensazione del suo calore e del suo peso, quando era fuggito portandola via. Per non parlare della morbidezza delle sue labbra e del calore di quella bocca assaporata per un tempo fin troppo breve.
Di certo lei non aveva raccontato al suo Capitano di quando l'aveva gettata sul letto della piccola astronave, altrimenti non sarebbe sopravvissuto fino a quel momento. Perché Kei l'aveva coperto? Per un momento sperò di poter essere ricambiato, forse Harlock la costringeva, era pur sempre un pericoloso criminale il cui volto da ricercato tappezzava tutte le colonie sparse per la galassia.
Però poi ricordò lo sguardo spaventato di lei, legata ed immobile sotto di lui e della sicurezza che invece poteva leggerle sul bel viso quando era vicina al suo uomo. Che sciocco era stato!
L'unico motivo poteva solo risiedere nell'amicizia che legava Kei a sua sorella: non avrebbe certo voluto che Harlock uccidesse il fratellino della sua migliore amica!
Solo, nel silenzio della cella, Aalim si fissava le mani e sorrideva. Forse non tutto era perduto, lui otteneva sempre ciò che voleva, in un modo o nell'altro.

Da Bx1 non aveva risposto nessuno, ma il segnale era stato intercettato: ad attendere l'Arcadia c'era una piccola flotta di astronavi in assetto da guerra. Vedendole, Andy impallidì: suo padre non avrebbe mai messo a rischio così tanta gente, men che meno quella della figlia che credeva ostaggio dei pirati. La situazione sintetizzava lo stato del potere sul pianeta: era chiaro che la sua famiglia aveva perso la reggenza.
Harlock chiese di stabilire un contatto e sul grande schermo apparve il viso di una donna dall'aria marziale. Indossava l'uniforme in dotazione alle forze armate del pianeta e sfoggiava molte decorazioni sul petto. Il movimento quasi impercettibile dei suoi occhi chiari fece intendere al Capitano che aveva scorto Andy presente in plancia e la conferma gli giunse dalla curva ironica che presero le sue labbra: -Sono il colonnello De S'antis. La vostra fama di precede, Capitan Harlock. Adesso anche una ex principessa nella vostra ciurma? Sembra un ottimo acquisto come meccanico.- la schernì senza guardarla, rivolgendosi solo a lui.
Ad Harlock bastò un solo gesto della mano per fermare Andy che stava per andare alla carica.
Il pirata non rise alla battuta, ma rispose minaccioso: -Fateci passare, l'Arcadia avanzerà comunque. Non sarà certo la vostra flottiglia a fermarci. Se, come affermate, sapete chi sono, saprete anche che sarà così.
A quelle parole la donna si rabbuiò. Lui non attese la sua risposta e tolse la comunicazione, quindi diede i primi ordini agli uomini pronti all'azione. Fermo al timone, indirizzò le squadre ai compiti preposti e, mentre c'era chi correva ai cannoni e chi ai posti di manovra, Andy, confusa ed impotente, guardò Kei che sistemava le ultime cose alla sua postazione prima di lasciarla: sapeva bene che l'amica era capo navigatrice dell'Arcadia, ma anche l'ufficiale in comando alla squadra degli Space Wolf. In apprensione per i rischi che avrebbe corso, la guardò avvicinarsi al timone, dove il Capitano le si avvicinò per posarle una mano sulla guancia e mormorarle qualcosa. Lei aveva sorriso e annuito con un cenno del capo, poi era corsa via alla volta dell'hangar.
Forse sentendosi osservato, Harlock si voltò verso di lei e il suo viso assunse un'espressione che alla donna non piacque. Ma quell'uomo, lei lo sapeva bene, non aveva torto: se si trovavano in quella situazione la colpa era anche sua e della sua famiglia, col carico di bugie che si tiravano dietro da generazioni.
Le fece cenno di avvicinarsi e non poté che obbedire e quello che le disse la raggelò.
-Se non dovessi ripagare il mio debito, ti avrei messa su una navetta per spedirti su quel maledetto pianeta senza far correre rischi al mio equipaggio. Ma ti devo la vita e Kei nonostante tutto ti è amica... Prega a affinché non le accada nulla.- disse, sottolineando minacciosamente l'ultima frase.
Era chiaro che fosse preoccupato per la compagna, ma da buon comandante non faceva favoritismi: Kei quel ruolo ricopriva e non sarebbe mutato, anche se tra loro le cose erano cambiate. Andy poté solo fare un cenno di assenso e correre via.
Harlock la fissò severo uscire dalla plancia e cercò di concentrarsi per l'imminente battaglia. Era nervoso per la piega che avevano preso gli eventi e avrebbe voluto allontanarsi da lì senza mettere in pericolo Kei. Fissò lo spazio avanti a sé e percepì ancora una volta il portellone dell'hangar che veniva aperto e lo squadrone degli Space Wolf che si lanciava nella battaglia e presto le prime esplosioni brillarono nel campo tra le due fazioni.
L'Arcadia virò rabbiosamente seguendo i movimenti del suo Capitano alla ruota del timone, gli Space Wolf ad accompagnarla come un branco di pesci pilota al seguito di un grosso cetaceo. Gli ordini di Harlock furono secchi e duri, volti alla rapidità d'azione, e presto le forze di Bx1 si resero conto che, anche se in minoranza, quei piloti sapevano il fatto loro.
Veloci e precisi, i piccoli astrocaccia arrivavano dove la prora e i cannoni dell'Arcadia non potevano giungere e in capo ad una ventina di minuti gli avversari chiesero la resa.
A dichiarare la sconfitta non fu la donna apparsa nel primo collegamento tra le navi, ma un giovanissimo ufficiale dall'aria spaurita.
-Capitan Harlock, ci arrendiamo! Parlo a nome del colonnello De Santis!
Il pirata lo fissò e chiese dove fosse il colonnello.
-È stata gravemente ferita in battaglia... glielo assicuro, parlo a nome suo, mi ha dato lei i codici per comunicare con voi!
-Sospendete l'attacco!- ordinò Harlock, poi: -Kei!
-Agli ordini, Capitano!- la voce della ragazza risuonò in plancia, poi il suo viso incorniciato dal casco da pilota apparve in un riquadro laterale dello schermo.
-Scorteremo le navette fin sulla superficie del pianeta.
Dalla visiera sollevata del casco sfuggivano un paio di ciocche bionde sul volto soddisfatto di Kei e, ancora una volta, Harlock non poté fare a meno di notare quanto fosse bella quella guerriera dello spazio. Si tenne a freno per non sorriderle nel vederla incolume, che quasi non ascoltò la sua risposta, pronta ad eseguire gli ordini.
-Sarà fatto.- gli assicurò, poi, rivolta alla sua squadra: -Avete sentito il Capitano... Riprendere la formazione, ragazzi!
Ancora coi cannoni spianati a far desistere da qualsiasi ripensamento gli avversari, l'Arcadia virò verso la superficie di Bx1, penetrando la sua atmosfera con il giusto angolo d'ingresso. L'attrito che ne conseguì riscaldò la prora e poi l'intero scafo, poi la grande astronave scese maestosa, planando come se non avesse peso, verso l'astroporto militare che confinava con la Capitale.
Una volta completato l'atterraggio, Harlock diede precisi ordini e si avviò verso l'esterno per sbarcare. Dietro di lui, gli uomini scortavano Andy e Aalim, la prima con l'aria mesta, il secondo con un'espressione cupa in viso.
Poggiati gli stivali neri sulla pista impolverata dal deserto vicino, il Capitano guardò ad una ben precisa navetta appena atterrata: da essa balzò giù Kei con felina agilità. La osservò togliere il casco e scuotere i luminosi capelli chiari, sistemarli sbrigativamente con le dita aperte della mano e, con il casco sottobraccio, farglisi incontro, il passo svelto e sinuoso, un gran sorriso soddisfatto sulle labbra rosa.
Era felice di vederlo e per la vittoria riportata, non era difficile capirlo. Sembrava avere proprio l'aria serena “come un tempo” pensò lui.
Nonostante il braccio fuori uso, Aalim fu veloce: messo fuori combattimento l'uomo che lo teneva distrattamente sotto tiro, si affrettò a spianare l'arma appena sottratta verso la schiena di Harlock che lo precedeva.
A differenza del Capitano, che non poteva osservare la scena che si svolgeva alle sue spalle, Kei vide con orrore la sequenza di azioni, come se si svolgessero in un tempo innaturalmente dilatato.
Nel movimento corale dei presenti distinse l'uomo di scorta venire spintonato e disarmato, mentre le sue spalle che impattavano al suolo sollevavano una nuvola di polvere.
Vide il mantello di Harlock dispiegarsi, perché lui, leggendo l'espressione di orrore che le si era dipinta in volto, si era voltato di centottanta gradi, estraendo contemporaneamente la Cosmo Dragoon, per puntarla contro Aalim che nel frattempo faceva fuoco.
Vide Andy gettarsi sul fratello a braccia tese e la luce del laser superarla, forare il mantello del Capitano e raggiungerla, silenzioso e mortale.
Incredula, ebbe appena il tempo di realizzare un lampo di dolore provenire dal torace, e perdere forza alle gambe per cadere al suolo, prima di perdere i sensi, gli occhi colmi di lacrime che sgorgarono non appena li chiuse.
Il casco rotolò lontano da lei, libero dalla presa delle sue mani e si fermò nella polvere.
Non poté udire l'urlo di Harlock, e le grida dell'amica, come non riuscì a sentire l'unico gemito di Aalim, freddato con un unico colpo della Cosmo Dragoon che lo centrò in piena fronte. Il principe rimase al suolo, da solo, mentre gli altri correvano da Kei. Solo Maji si occupò di Andy, ferita di striscio ad un braccio dallo sparo del fratello, nel tentativo di fermarlo.
Harlock si gettò al suolo accanto a lei, nel tentativo di comprimere la ferita che appariva davvero grave. Come il pianeta in cui era stata ferita per colpa dell’avventatezza di Tadashi, anche questo era arido e polveroso e come quella volta ebbe paura per lei.
-Kei...- lo sentirono espirare disperato i suoi uomini, anche loro sconvolti dall'accaduto, mentre dall'Arcadia il dottor Zero e Meeme accorrevano: il primo a soccorrere la ferita, la seconda a sostenere l'uomo che le era inginocchiato accanto a comprimere la ferita.

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Capitolo 19
*** La partenza. ***


Un pronto Yattaran prese ancora ha volta il comando delle operazioni e il suo sguardo duro, accompagnato dai cannoni che ruotarono prontamente ad un suo ordine, bastarono a tenere a bada e lontano da qualsiasi tentativo di rivolta, l'esercito nemico.
Scostando Meeme, un ombroso Capitano corse verso l'infermeria, al seguito della barella con il corpo della compagna.
Si trovò ancora una volta ad osservare da dietro i vetri gli sforzi del dottore per salvare la vita del suo Ufficiale.
Un pugno poggiato contro la lastra trasparente, lo sguardo duro fisso alla sala operatoria, Harlock sentiva la rabbia bruciargli dentro in un modo che a stento riusciva a controllare. Sentiva ardere la cicatrice che gli deturpava il viso, gli dolevano le mascelle serrate dall'ira e sentiva il freddo invadergli il corpo, serpeggiante come la paura che sentiva strisciargli dentro.
Masu-san entrò timorosa nella sala d'aspetto che gli altri avevano fuggito, spaventati dalla scura aura che pareva emanare l'uomo; l'anziana donna era visibilmente in apprensione per quella ragazza che sentiva vicina come una figlia.
Affiancò in silenzio l'uomo ed alzò il viso per scrutarne l'espressione.
Ciò che vide la fece rabbrividire: era terribile quel volto deformato dalla furia che nemmeno la fulminea vendetta era riuscita a sopire. Se Harlock fosse realmente esploso, sarebbe stata una vera catastrofe per l'intera nave.
Deglutì e raccolto a sé il coraggio dato dalla saggezza dei suoi anni, cominciò a parlargli piano. Dapprima credette che il suo tentativo risultasse vano, poi riuscì ad attirare l'attenzione di lui.
-Capitano, aiutami...- implorò con voce rotta -non ho più l'età per sopportare tanto...
Lui abbassò lo sguardo verso l'anziana donnina, un muto interrogativo sul volto. Allora lei proseguì: -Aiutami a pregare per lei...
Il viso un po' più disteso, l'uomo annuì e Masu sembrò tranquillizzarsi. Era una cosa che era in suo potere, c'era già riuscito una volta. Non sapeva se fosse stato un elemento determinante per la ripresa di lei, ma tentare non avrebbe di certo peggiorato la situazione. Attese soltanto che Zero terminasse l'intervento, poi come quella volta, Harlock uscì dalla saletta per recarsi al Computer centrale.
La vecchia cuoca lo guardò allontanarsi, poi se ne tornò in cucina, disfatta.

Stesa su un altro lettino dell'infermeria, Andy piangeva sommessamente. Era in lacrime per il fratello, per Kei e anche per se stessa. Le era vicino e continuava a stringerle la mano un silenzioso Maji, anche lui disorientato dall'accaduto. Si era scostato giusto il tempo che a Zero era occorso per medicarle la superficiale ferita, ma sentiva che faceva bene a starle vicino. Anche lui era in apprensione per l'amica e condividevano quel comune dolore in muta compagnia.

Su quell'emisfero calò la sera. Dove qualcuno aveva rimosso il cadavere di Aalim, era rimasta una scura chiazza di sangue. Lo spazioporto era semideserto sotto i potenti riflettori che lo illuminavano e i pochi uomini di guardia erano di cattivo umore.
La notte avanzò silenziosa e Kei non aveva ancora ripreso i sensi. Stanco, Harlock non l'aveva abbandonata, forse memore della precedente esperienza, anche se a ragion veduta non doveva temere possessioni da antichi demoni, come era stato col Noo.
Un serio Yattaran gli aveva fatto rapporto nella stessa infermeria; sul pianeta era scoppiato il caos dopo che il vecchio governo era stato destituito dalle forze di opposizione, quando erano partiti alla ricerca di Kei e Aalim: adesso che i pirati dell'Arcadia avevano delegittimato anche questi ultimi, la notizia aveva raggiunto più che rapidamente le città del pianeta e la popolazione chiedeva democratiche elezioni. Harlock era intenzionato a lasciarli fare. Anche se Andy avrebbe potuto accampare i suoi diritti di nascita, in quel momento a lui importava ancora meno ciò che sarebbe accaduto in quel senso. La sua casa era lo spazio, l'unica sua patria di origine la Terra e aveva fatto tanto anche per lei; non gli serviva un pianeta su cui imporre il proprio volere.
Allontanatosi il Primo ufficiale, il Capitano tornò alla sedia accanto al lettino su cui la compagna giaceva, respirando piano. Il dottore aveva fatto il possibile, non restava che attendere...
Tolti i guanti e gettato sullo schienale il mantello, respirò profondamente e chiuse gli occhi. La concatenazione di eventi che aveva portato a quel momento era davvero assurda. Avrebbe preferito di gran lunga ricevere su di sè quel colpo: dopotutto era destinato a lui. Se non si fosse voltato, scoprendo Kei… Ma era inutile stare a pensare ai se.  Ciò che era accaduto non poteva essere cambiato e bisognava andare avanti, comunque fosse andata a finire.
Con lei o... senza. Quel pensiero fu come un pugno allo stomaco, ma era un'ipotesi da non poter scartare, da non dover scartare, lo sapeva, era suo dovere di Comandante.
 
Per l'ennesima volta Zero andò a controllare lo stato della paziente.
Almeno era stabile, ma non avrebbe potuto considerarla fuori pericolo fino a che non fosse tornata cosciente. Quando il medico andò via, Mii-kun che lo tallonava quasi sempre, rimase vicino al letto. Fissò con i grandi occhi felini Harlock, poi si accinse a saltare sul candido lenzuolo che ricopriva il letto e la sua occupante. Con un balzo atterrò vicino ai piedi di Kei, poi risalì il materasso fino a fermarsi al braccio abbandonato di lei e l'uomo, notando il passo attento e morbido del gatto, quasi che non volesse farle del male, lo lasciò fare.
Mii-kun miagolò sommessamente, poi si accucciò e prese a fare rumorose fusa. Era una vibrazione bassa, calma e rilassante, tanto che anche lui parve quietarsi e fu grato a quella palla di pelo che, a modo suo, offriva il suo conforto.
Le ore si susseguirono silenziose, poi la voce dolce di Kei ruppe quella calma: -Si... Si stava... meglio... Da te...- e, nonostante fosse a malapena udibile, per l'uomo fu come respirare di nuovo aria pura dopo una lunga apnea.
Le sorrise passandole una carezza leggera tra i capelli e annuì.
Mii-kun si sollevò sulle zampe, si stiracchiò sbadigliando, si raggomitolò e prese a dormire, come se sapesse che il preicolo era ormai passato.

Fattosi giorno, il dottor Zero  constatò compiaciuto i progressi della donna. Anche se lei aveva espresso il desiderio di poter uscire dall'infermeria, le disse di stare tassativamente a riposo. Allora Harlock offrì il suo alloggio in alternativa, sistemazione certamente più ampia e comoda dell'asettica e linda stanzetta. Vedendo la sua espressione decisa che faceva rasentare alla proposta il confine con l'ordine marziale, il buon dottore acconsentì. Dopotutto con una persona cara vicina, la ripresa sarebbe stata più rapida... era una cosa che Zero aveva già riscontrato con la malattia del Capitano, anche se in quel momento non aveva ancora del tutto chiaro il rapporto che sospettava intercorrere tra i due: dal suo territorio che era l’infermeria non era uscito più di tanto e l’evidenza palesata in plancia non gli era giunta.
La convalescenza di Kei non sarebbe stata breve, almeno l'avrebbe passata in un ambiente che, seppur non familiare, non era prettamente ospedaliero.

Il giorno successivo, all'ora di cena, seduto sul bordo del letto, Harlock le comunicò  che l'Arcadia sarebbe tornata nello spazio quella sera stessa.
Kei si agitò tra le lenzuola. -E Andy?
Non si erano più viste, dato che Zero non voleva stressarla e aveva limitato i suoi contatti al Capitano, se stesso e Masu-san. Però, anche se l'amicizia tra loro si era incrinata dopo gli ultimi avvenimenti, la ragazza non poteva ignorare il legame che le aveva rese così unite per tanti anni.
-Stamattina Maji l'ha accompagnata a chiarire la sua posizione col Governo provvisorio. Ha rinunciato formalmente a qualsiasi pretesa dinastica e ha ottenuto di poter continuare la sua vita all'officina. E lì è tornata. Appena il Capo ingegnere sarà tornato, decolleremo. Andy ti porge i suoi saluti e le sue scuse per quanto accaduto. Era sincera.
Con gli occhi lucidi, Kei annuì e salutò col pensiero l'amica di un tempo che ormai sembrava davvero lontano. Andy le aveva mentito e la sua vita era stata stravolta dagli eventi in pochi giorni e non poteva biasimarla se aveva voluto abbandonare l'Arcadia. Harlock le aveva ucciso il fratello, e anche se la cosa era più che giustificata, lei sapeva che era l'ultimo della sua famiglia ancora in vita, dopo la rivolta.
Così, appena la navetta di Maji fece il suo ritorno, la grande astronave aumentò la potenza del suo doppio propulsore e decollò alla volta dello spazio esterno di Bx1.
Da sola nell'alloggio poppiero, Kei vide mutare rapidamente il paesaggio dalla grande finestra, il pianeta rimpicciolirsi repentinamente fino a lasciare il posto al nero spazio interstellare.

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Capitolo 20
*** Stelle cadenti ***


Dal suo posto all’antiquato timone, il Capitano guidò l'Arcadia verso le consuete rotte, guardando un po' malinconicamente la postazione del secondo ufficiale provvisoriamente occupata da un sostituto. Per associazione di idee, il suo pensiero andò ad un altrettanto triste capo ingegnere, evidentemente abbattuto dalla mancanza di Andy; li aveva visti molto vicini in quel periodo, nella stretta collaborazione prima, per il ferimento di lei poi. Se fra i due fosse nato qualcosa non lo sapeva, però era quasi tangibile la pesantezza dell'animo di Maji. Di certo alla fine si erano confrontati, ma la conclusione a cui dovevano essere giunti non contemplava che uno dei due mutasse la sua vita a favore di quella dell'altro.
Ad Harlock la cosa dispiaceva, ma i suoi uomini erano liberi di fare come meglio credevano e se Maji era rimasto a bordo, qualcosa voleva pur dire.
Pensò che lui e Kei erano fortunati in tal senso: condividevano la stessa vita già da tempo e nessuno dei due era stato costretto a cambiare anche un aspetto di quella quotidianità. Era sì un'esistenza fatta di grossi rischi, ma avevano scelto di essere pirati e non potevano certo essere esenti dal pericolo.
Si riscosse dai propri pensieri ed impostò la rotta verso il sistema solare, si accertò che gli uomini provvedessero al minimo indispensabile per il corretto funzionamento della nave e si accinse a raggiungere la compagna.
Mentre effettuava il passaggio di consegne a Yattaran, gli si fece vicino Meeme. L'aliena attese pazientemente che terminasse, poi si mise al suo fianco per coprire il tragitto verso la cucina. Era taciturna, ma lui la conosceva bene e le chiese cosa non andasse.
La voce melodiosa risuonava forse troppo delicata tra le paratie di metallo dell'Arcadia: -Harlock, io sono sempre legata a te e a questa nave...- non era una domanda, ma il tono con cui aveva espresso il suo pensiero le somigliava molto. Lui comprese cosa volesse dire, così la rassicurò: -Certo, Meeme. Finché vorrai sarai sempre parte di questa nave e mia amica. Anche se tra me e Kei le cose sono cambiate, la nostra amicizia rimarrà sempre tale.
Anche se il viso di lei era poco espressivo a causa dei lineamenti appena accennati, l'uomo seppe percepire il suo sollievo e giunti davanti alla porta del regno di Masu-san, lei lo salutò e proseguì oltre.
Varcata la soglia della mensa, il suo passo risuonò sul pavimento facendo voltare gli uomini che si stavano radunando per la cena e lo salutarono. Non era strano vederlo in quel luogo, anche se negli ultimi giorni, per ovvi motivi, non l'aveva frequentato molto spesso.
L'anziana cuoca gli si fece incontro asciugandosi le mani in un consunto strofinaccio e un ironico sorrisino sul volto rugoso.
-Capitano, non vorrai mica cenare qui e lasciare già da sola la povera Kei...
Lui scosse il capo, accennando ad un sorriso di risposta: -Sono passato a prendere un vassoio per due.
-Ci vorrà un po'. Ve lo faccio portare in cabina.- gli disse la donnina.
Vedendo Maji solo in un angolo, rispose: -Attenderò.- quindi si recò al tavolo del capo ingegnere. Era apparecchiato per quattro, ma era evidente che l'uomo non volesse compagnia e gli altri si tenevano alla larga da lui.
Scostata una seggiola, Harlock si accomodò e preso un bicchiere si versò una generosa dose di vino rosso dalla bottiglia piena a metà che il capo ingegnere aveva davanti.
Non disse nulla, attese che fosse l'altro a parlare. Non dovette attendere molto, perché l'altro cominciò a dire qualcosa, senza nemmeno distogliere lo sguardo vacuo dal suo bicchiere che conteneva poche gocce di vino.
-Ha detto che non poteva rimanere. Non dopo quello che era successo. Ma nemmeno io potevo lasciare l'Arcadia. Così se ne è andata.
Il Capitano non era il tipo da consolare qualcuno, così si limitò ad annuire e a far sentire la sua presenza all'amico. Rimase seduto a bere con lui fino a che Masu-san non gli fece cenno che il cibo richiesto era pronto.
Allora si alzò, posò una mano sulla spalla di Maji, la strinse un attimo e si avviò al bancone.
La cuoca aveva approntato un vassoio colmo di ogni ben di Dio e lui la ringraziò, poi lo prese e andò via.

Kei si voltò a guardare in direzione della porta che si apriva e continuò a fissarlo, mentre poggiava il vassoio sul tavolo, toglieva il mantello e i guanti per abbandonarli sulla sedia, sganciare il cinturone con le armi ed avvicinarsi al letto per agganciarlo alla testiera lignea, come sua abitudine. Le parve più taciturno del solito e gli chiese cosa avesse.
La guardò, indeciso se metterla a parte dei suoi più intimi pensieri, poi comprese che se voleva essere veramente parte della coppia che formava con lei, doveva farlo.
Le sedette vicino e disse: -Non ci sono stelle cadenti nello spazio.
Come inizio era alquanto criptico, ma Kei sapeva che quella verità era soltanto la premessa a qualcosa di più ampio. Infatti lui riprese quasi subito: -Però ci siamo noi e anche le nostre vite sono fugaci come la scia di una meteora che dura un battito di cuore. Grandi o piccole, durano tutte troppo poco perché possiamo permetterci di sprecarle… Riflettevo su questo.
Con dolorosa fatica, la ragazza si sollevò sulle lenzuola, un gran sorriso sulle labbra ancora pallide. Era un termine di paragone un po' azzardato, ma sotto certi aspetti calzava a pennello alla condizione umana. In quel momento capiva che la paura data dalla malattia lo aveva spinto a prendere la vita in modo diverso. Le aveva già fatto cenno a tal proposito e quella frase non faceva che sottolinearne il concetto. Non poteva sapere che l'incontro in sala mensa con Maji aveva dato il suo contributo.
E Harlock proprio a quell’uomo pensava: se lui si era reso conto che non poteva sprecare la sua vita a guardare Kei da lontano, avrebbe cercato di far capire quel concetto anche al triste capo ingegnere.
-È vero.- affermò lei, pensando però ad Andy e alla loro lunga amicizia finita a quel modo.
Poi allungò il braccio per avvicinarlo a sé e dargli un bacio. Anche lei non avrebbe esitato più e, non appena si fosse ripresa, avrebbe accettato di approfondire quella relazione appena nata.
 
 
Su Bx1 erano passati circa due mesi, secondo il computo terrestre, dalla partenza dell'Arcadia. Si avvicinava la stagione delle piogge e il cielo coperto da un denso strato nuvoloso color piombo dava una misericordiosa tregua al suolo continuamente arrostito dall'enorme sole che lo illuminava. Come sempre al lavoro, Andy trafficava sul sistema propulsivo di una navetta privata. Era intenta alla calibratura dei due piccoli ma potenti motori, quando fu distratta dalla crescente vibrazione di un veicolo in avvicinamento.
In un primo momento credette che fosse un nuovo cliente e ne fu felice, ma con l'approssimarsi del mezzo appena sbucato dalle nuvole, quel suono le parve inquietantemente familiare. Lasciò gli attrezzi, abbassò gli occhialoni protettivi al collo e, afferrata una pezza pulita, uscì dall'hangar strofinando energicamente le luride mani.
Lo Space Wolf atterrò poco distante, portando con sé rimpianti e dolorosi ricordi, ma la donna non si mosse, chiedendosi cosa volessero da lei i pirati dell'Arcadia, chi ci fosse di preciso a bordo della navetta.
Dalla calotta aperta del cockpit balzò giù una sempre agile Kei Yuki. Si era ripresa dalla grave ferita che le aveva inflitto Aalim nel tentativo di uccidere Harlock. Come quella volta tolse il casco da pilota e scosse i lunghi capelli biondi e il ricordo dello sparo fece rabbrividire ancora una volta Andy, che distolse lo sguardo e si voltò, dando le spalle al mezzo, gli occhi lucidi nel rivivere quel ricordo doloroso.
Quando Kei le fu vicina, si girò nuovamente a guardarla e vide che fermo accanto al velivolo, un uomo la guardava, una rossa rosa tra le mani.
Maji.
Non ebbe il tempo di elaborare la cosa che Kei attirò la sua attenzione.
-Ciao, Andy. Non è che ci offriresti una delle tue birre?
Era serena, sempre splendida nella sua tuta attillata, i vivaci e limpidi occhi chiari. Ma furono le altre parole che le rivolse a farla riflettere.
-Sai, non ci sono stelle cadenti nello spazio... è una cosa che mi è stata detta non troppo tempo fa...
Ascoltando le poche parole dell'amica, Andy comprese. La vita era breve e non poteva essere sprecata su passati rancori e ricordi dolorosi. Quando posò lo sguardo su Maji, lo vide compiere un passo verso lei e la prima goccia di pioggia la colpì. Poi un'altra e un'altra ancora, trasformandosi nella scrosciante pioggia tipica delle zone desertiche, mentre correvano l'uno verso l'altra.
Kei si assicurò che la calotta del cockpit si fosse chiusa e li vide abbracciarsi, ormai fradici sotto l'acqua che ancora una volta violava e fecondava la polvere del deserto. Anche loro avevano deciso di non perdere più tempo a pensarsi lontani e a soffrire, troppo distanti negli spazi sconfinati. Si era riparata sotto la tettoia dell'hangar e comunicò con l'Arcadia rimasta in attesa fuori dall'atmosfera di Bx1. E poi attese che i due si decidessero a cercare un riparo e a darle la birra che si era meritata.


Yattaran non faceva che prendere in giro l'amico capo ingegnere, me tutti sapevano che la sua era una bonaria invidia a spingerlo a comportarsi così. Capitano a parte, infatti, Maji era l'unico a bordo ad avere una compagna fissa. Avevano impiegato quasi due settimane per portare a bordo le preziose attrezzature da astromeccanico che potevano essere utili all'Arcadia e la stiva ne era piena per un terzo.
La neonata repubblica di Bx1 aveva chiuso un occhio sulla permanenza di quei pirati: liberarsi dell'unica superstite della vecchia famiglia reggente era un buon compromesso che avrebbe definitivamente zittito i nostalgici superstiti.
Così l'Arcadia ebbe un nuovo membro, peraltro attivo nella zona di competenza del compagno.
Quel mattino Harlock diede l'ordine di partenza e Andy aveva salutato il suo pianeta natale con occhi lucidi. Il deserto all'inizio della stagione delle piogge era entrato nel breve periodo in cui fioriva ed aveva sostituito il suo sterile tappeto di polvere con un mantello multicolore di piante in boccio. Era il momento che la donna aspettava ogni anno per godersi un breve periodo di vacanza e godersi quelle tre settimane in cui l'arido pianeta si trasformava in un irreale paradiso. Guardò quello spettacolo dall'astronave al decollo con un peso nel cuore, vedendolo allontanarsi sempre più, la consapevolezza che forse non l'avrebbe rivisto ancora.
Maji le rimase accanto per tutto il tempo, ma una volta giunti nello spazio aperto la prese per mano e la condusse verso la sua nuova vita.

Quella sera Harlock e Kei si avviarono, come di consueto, all'alloggio poppiero che non avevano smesso di condividere dopo la convalescenza di lei. Come sempre le aprì la porta e aspettò che entrasse, poi richiuse i battenti dietro sé. La grande finestra non incorniciava più il deserto che era fiorito dopo il loro arrivo, ma il consueto profondo nero dello spazio; Bellatrix era ancora enorme, rispetto alle altre stelle, e dava una luce particolare, con gli oggetti che proiettavano ombre nette, ma bordate di azzurro e viola, regalando all'intero ambiente un'atmosfera davvero particolare.
Non era certo la prima volta che la osservavano, di certo la calma con cui potevano farlo il quel momento era una parentesi rara: nessun inseguimento, nessuna battaglia o motivo per stare in tesa allerta.
Kei guardò la gigante blu assorta nei pensieri. Lui le si fece vicino e le cinse la vita per tirarla a sé ed appoggiarla al petto. Si abbassò quel tanto che bastava per sfiorare con la guancia la tempia di lei e le chiese: -Qualcosa non va?
In risposta lei scosse il capo, si girò nel suo abbraccio e si aggrappò ai lembi del mantello con entrambe le mani, improvvisamente bisognosa di averlo ancora più vicino, sollevandosi sulle punte dei piedi per baciarlo. La assecondò, piegandosi su di lei, baciandola più intensamente, stringendola forte, l'urgenza di averla che si faceva pressante.
La donna spinse le mani sulla fibbia a forma di teschio per slacciare l'ingombrante mantello e farlo scivolare dietro la sua imponente figura; furono rimossi i guanti e la maglia aperta sui pettorali solidi. La tuta rosa fu abbassata sulle spalle prima, fino ai fianchi poi, mentre le mani cercavano nuova pelle nuda da esplorare. Entrambi non erano privi dei segni che quella vita pericolosa sapeva lasciare; sapevano che ogni cicatrice contribuiva al racconto della loro storia e che mai avrebbero potuto cancellarli, dal corpo o dall'anima.
Posarono le labbra su quegli sfregi, risanandoli ancora una volta coi sospiri e le tacite e vicendevoli promesse che non ce ne sarebbero stati altri, pur sapendo che non sarebbero state mantenute.
E quando furono liberi da ogni impedimento, tra le lenzuola del grande letto, le strappò il primo dei tanti gemiti, venerandone la morbidezza dei seni e dei fianchi, tenendola ferma a sé, quasi per paura che potesse svanire.
Ancora una volta investita dall'emozionante piacere di stare tra le braccia di quell'uomo che aveva atteso per tanto tempo, lei si abbandonò al suo tocco, poi lui invertì la posizione per portarla sotto il suo peso e le si calò sopra con studiata lentezza per prolungare quel momento, poi prese a muoversi in modo ritmato e regolare, per cercare di donarle il più possibile tutto di sé.
Lei gli strinse le spalle nervose, poi scese i palmi sui glutei sodi, accompagnando le spinte fino al momento di massima tensione. Allora la forza defluì da essi, improvvisa, in quei pochi secondi in cui tutto parve annullarsi intorno ad essi, cancellando l'Arcadia, Bellatrix e il resto della galassia, in quella dimensione che si trovava al di là delle leggi spaziotemporali.
Ne riemersero ancora col fiato grosso e i battiti accelerati e si accoccolarono insieme nel silenzio che sempre seguiva a quel momento. Cullata dal chiarore delle stelle lontane, Kei incastrò il viso contro il collo di lui, che le cinse più forte le spalle.
Harlock sospirò e posò la grande mano tra i capelli biondi, per stringerla possessivo. Quella sensazione di pacata quiete, di totale abbandono, le aveva fuggite per così tanto tempo...
Era vero. Non c'erano stelle cadenti nello spazio, non potevano essercene: a creare quelle suggestive scie luminose era il gioco tra la forza gravitazionale e l'attrito con l'atmosfera dei pianeti, che concorrevano a far entrare e surriscaldare i piccoli corpi celesti fino a disintegrarli e a farli brillare per fugaci istanti.
Negli spazi siderali, mancando entrambe le componenti, le rocce e il pulviscolo rimanevano inerti, limitandosi a galleggiare nella monotona eternità sempre uguali a se stessi, senza attirare l'attenzione di alcuno.
Ma le vite di coloro che erano a bordo dell'Arcadia, se paragonate a quelle dei corpi celesti, anche se molto brevi, potevano essere luminose come e più di quelle scie che tanto affascinavano chi le osservava.









Autore a piè (di pagina) Con questo capitolo si conclude la mia personale continuazione di Endless Odyssey.
Ringrazio tutti coloro che hanno seguito, preferito e ricordato, ma soprattutto recensito: spiccano le fedelissime Angel Of Fire, Arvati77 e miciaSissi che lo hanno fatto capitolo dopo capitolo... grazie, il vostro sostegno mi è sempre di grande aiuto!
Di certo il fandom non si sbarazza della sottoscritta, dato che pronta ho un'altra storia un po' singolare, sempre protagonista il nostro Capitano preferito alle prese con forme di vita alquanto particolari! Per chi vorrà seguire i miei deliri, ci si legge presto con "Il popolo delle balene astrali"!
P.S.: Per gli appassionati specifico già da ora che non è un crossover con Dr. Who! ;) P.P.S: Buone vacanze! ;*

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