Le sottili pareti delle nostre abitudini

di Phoenix Mars Lander
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** All the small things ***
Capitolo 2: *** The first blue I've found ***
Capitolo 3: *** The moon under water ***
Capitolo 4: *** We're a disaster ***
Capitolo 5: *** Toothbrushes ***



Capitolo 1
*** All the small things ***


Primo capitolo
All the small things
(that I can't stand about you)






 

Quando Nonna Julia era morta, spegnendosi nel sonno dall'altra parte della parete, Harry non si era fermato a pensare che qualcuno, prima o poi, sarebbe arrivato a prendere il suo posto, a sostituire le sue azioni di ogni giorno e rimpiazzarle con il proprio ritmo quotidiano.
Non l'aveva nemmeno preso in considerazione, a dire il vero.
Non erano davvero parenti, Julia e Harry, ma quella donna dalla pelle quasi trasparente era stata ciò che di più simile a una nonna lui avesse mai avuto, nonostante si fosse trasferito in quel monolocale a inizio estate e i due avessero avuto soltanto pochi mesi per conoscersi e legare.
Lei l'aveva sempre trattato come un nipote a cui riservare tutto il proprio affetto e le proprie cure e per questo ad Harry non era mai importato niente del fatto che il muro che separava l'appartamento di Nonna Julia dal suo fosse decisamente più sottile del normale.
Dopo il decesso della donna, c'era stato un silenzio innaturale che si era prolungato per un po' di tempo, per quasi due settimane e mezzo, e che aveva inghiottito ogni momento libero del ragazzo.
Si era spento tutto quanto: le voci squillanti dei personaggi delle soap opera delle due del pomeriggio, i pettegolezzi delle amiche di Julia del tè delle cinque volutamente pronunciati a volume più alto, il chiacchiericcio di sottofondo che era solito andare avanti per ore quando Julia riceveva la visita di un figlio.
Harry tornava nel suo Bilocale A Prova Di Studente Universitario – come lo chiamava l'amministratore del condominio – ogni pomeriggio e c'era solo silenzio.
Finché non arrivò Louis Tomlinson.
Harry lo riconobbe dalla voce, durante uno dei suoi martedì sera dedicati alla lettura, e per poco non si strozzò con la sua stessa saliva.
Morire soffocati col viso piantato in un libro di Palahniuk sarebbe stata una cosa abbastanza ironica.
Si alzò in piedi in un millesimo di secondo, correndo ad avvicinare l'orecchio destro al muro.
«-adere la Playstation ti ammazzo, Malik.»
«Parla quello che mi ha sfasciato la macchina.»
«Ancora con quella storia?»
«Te la rinfaccerò finché avrò fiato in corpo.»
«Allora sarà meglio che ti compri una scorta infinita di sigarett- hei!»
Un tonfo rimbombò nell'appartamento di Harry, seguito da un lamento e una risata.
Il ragazzo appoggiò la fronte alla parete, sospirando.
Dimmi che non è vero, gemette interiormente, dimmi che quel Tomlinson non si sta davvero trasferendo a quindici centimetri di distanza dal mio letto.
Come a volerlo prendere definitivamente per il culo, la voce di Louis tornò a farsi sentire.
«Ti conviene cominciare a rispettarmi, amico, altrimenti ti esilierò per sempre dal mio appartamento.»
Harry non captò la risposta dell'altro, troppo occupato a sbattere la testa contro il muro per l'esasperazione.
«Woah, hai sentito?»
Harry raggelò sul posto, trattenendo persino il fiato.
«Heilà, nuovo vicino! Un po' sottili queste pareti, eh?»
Il ragazzo non rispose, le labbra sigillate e i neuroni che lavoravano freneticamente con lo scopo di trovare un modo per insonorizzare la casa o suicidarsi senza soffrire troppo o anche solo sbattere Louis Tomlinson fuori da quel condominio.
Possibile che gli fosse capitato proprio lui, con tutte le persone che c'erano al mondo?
Già aveva dovuto sopportare la sua faccia al liceo, quando l'unica cosa che Harry voleva era superare indenne e in tutta tranquillità e invisibilità quegli anni di scuola e Tomlinson non faceva altro che andarsene in giro con le sue ragazze e dare rumorosissime e popolarissime feste.
Era stato durante una di queste che, qualche mese prima del suo diploma, era venuto fuori che il ragazzo era gay e nessuno si era fatto il minimo problema, neanche i fusti palestrati della squadra di football che spingevano Harry contro gli armadietti a causa della sua presunta omosessualità; anzi, da quel momento Louis aveva cominciato ad essere idolatrato più di prima e a sostituire le ragazze coi ragazzi del venerdì sera.
Harry non lo sopportava, non sopportava il modo in cui trattava le persone e il modo in cui sembrava essere un modello per tutti solo perché i suoi erano dannatamente pieni di soldi e gli lasciavano stanze e piscina liberi per i suoi dannatissimi party.
Per questo Harry aveva esultato internamente quando Tomlinson e la sua combriccola si erano diplomati ed erano partiti alla volta dell'Università di Biologia, lasciandosi dietro una scia di persone col cuore spezzato e persone in cerca di altri cretini da adorare senza un vero motivo.
E non è che Harry ci fosse rimasto proprio benissimo, due anni dopo, quando era arrivato tutto sorridente per il primo giorno del suo corso di Letteratura inglese e si era ritrovato Malik e Payne, due dei migliori amici di Louis, che camminavano con nonchalance nel campus della sua facoltà, che alla fine si era rivelata essere imprevedibilmente vicina, se non attaccata, a quella di biologia.
Ci era passato sopra e aveva semplicemente ignorato la cosa per più di un mese, perché lui era una persona matura e totalmente in grado di non considerare coloro che non meritavano considerazione, ma ora come diamine si sarebbe dovuto comportare?
Prese un respiro profondo, la fronte ancora poggiata al muro, e decise che avrebbe semplicemente continuato a ignorarlo.
Tanto ormai ci era abituato, no?
Sì, sarebbe stato facilissimo.



Ignorare Louis Tomlinson si stava rivelando più difficile del previsto.
Soprattutto perché il ragazzo giocava ai videogiochi per ore con tanto di effetti sonori al massimo del volume e faceva un casino assurdo tutti i giorni perché era sempre in ritardo e aveva una sveglia insopportabile che riusciva a far innervosire Harry di prima mattina e a crollare da sola dal comodino ogni dannatissima volta ma che non era in grado di svegliare Louis in tempo per permettergli di prepararsi in tutta calma, che era quello che Harry adorava fare e che al momento si stava rivelando una pratica alquanto impossibile a causa di un pazzo iperattivo che di notte era più incline a entrare in coma che a dormire e che viveva dall'altra parte della parete.
Ah, e che cantava sotto la doccia.
A squarciagola.
Era passata una sola settimana e Harry già meditava di fargli trovare davanti alla porta una torta avvelenata.
Comprata al supermercato.
Non avrebbe scomodato neanche una delle sue abilità culinarie per quel ragazzo.
Erano le nove di mercoledì sera quando Tomlinson pensò bene di spingere al limite la pazienza di Harry, interrompendo la telefonata che il ragazzo stava avendo con sua sorella con una canzone sparata al massimo del volume da quelle che dovevano per forza essere casse enormi e costose e adatte più a una discoteca che a una diamine di casa posta nel bel mezzo di un centro abitato.
Harry chiuse gli occhi, cercando in tutti i modi di controllare l'irritazione, e urlò nella cornetta «Gems? Ti richiamo domani, scusa!»
Non riuscì neanche a sentire la risposta della ragazza, tant'era alta la musica.
Sbuffò innervosito, guardando il muro in cagnesco, come se avesse potuto farlo esplodere col solo potere dello sguardo e farlo crollare direttamente sulla testa di Tomlinson.
Harry provò a far finta di niente, sul serio, ci provò, ma certe cose superano semplicemente il limite massimo di sopportazione umana.
È così e basta.
Harry era sicuro ci fosse anche qualche spiegazione scientifica dietro la capacità di Tomlinson di sbriciolare la sua pazienza.
Magari si trattava di una malattia, una malattia gravissima e incurabile e, insomma, Louis aveva il diritto di esserne consapevole.
Per questo Harry si ritrovò a bussare ossessivamente alla porta del suo appartamento, con una sfilza originalissima d'insulti nascosta nel palato e al tempo stesso una gran voglia di tornarsene a letto.
Gli ci vollero due minuti buoni per riuscire a farsi sentire, ma alla fine qualcuno gli andò ad aprire e Harry si ritrovò davanti due occhi azzurrissimi e piuttosto lucidi – non fu difficile indovinarne il motivo, dato che il ragazzo stringeva una bottiglia di birra pressoché vuota in mano.
Harry raggelò per un secondo.
Tomlinson non era cambiato quasi per nulla: aveva ancora quella maledetta faccia da schiaffi e quei capelli un po' lunghi davanti e arruffati e quegli zigomi troppo pronunciati.
Harry si disse che non sarebbe mai potuto uscire con qualcuno con quegli zigomi e poi si chiese perché diamine stesse pensando ai suoi appuntamenti futuri mentre aveva quello spocchioso davanti.
«Hei, bellezza» biascicò Louis con un sorrisino. «Sei amico di Liam?»
«No» rispose Harry incrociando le braccia al petto con fare aggressivo. «Sono quello che chiamerà la polizia se non ti dai una mossa ad abbassare la musica.»
Louis inclinò la testa, palesemente confuso dalla minaccia, e poi strabuzzò gli occhi spalancando la bocca.
«Amico, sono le nove di sera!»
Harry inarcò un sopracciglio.
«C'è un orario prestabilito per farmi venire il mal di testa?»
L'altro si fece scappare un verso d'indignazione.
«La musica non fa venire mal di testa» ribatté. «Ma la frustrazione sì» aggiunse, le labbra che si aprivano in un ghigno, avvicinandosi a Harry con intenzioni che sembravano tutto tranne che innocenti.
Il riccio portò in fretta le mani avanti, come per difendersi, e fece un passo indietro.
«Non ci provare nemmeno» disse, secco. «Alle undici non voglio più sentire il minimo rumore.»
E con questo se ne andò, attraversando in fretta il pianerottolo e chiudendosi delicatamente la porta di casa alle spalle, come se non fosse successo niente.
Il casino andò avanti fino alle undici e un quarto, ma poi scemò pian piano e Harry, mezzo addormentato nel suo letto, riconsiderò quasi l'idea di rivalutare il suo nuovo vicino.
Quasi.
Perché poi successe quello.
Erano le quattro del mattino, più o meno, e Harry si stava godendo il suo beneamato e meritatissimo sonno, quando un colpo al muro s'insinuò nei suoi timpani andando a disturbare Morfeo.
Mugugnò, rigirandosi fra le coperte, con tutta l'intenzione di sprofondare di nuovo nella sua adorata fase REM.
«Dio, sì, Louis.»
Harry spalancò gli occhi, irrigidendosi di botto.
No, non era possibile, non stava accadendo davvero.
Due gemiti sfuggiti da due gole diverse risuonarono dall'altra parte della parete, come a volerlo prendere per il culo definitivamente.
Harry si portò le mani a coprirsi le orecchie, il viso in fiamme, ma non servì a un granché perché continuò a sentire tutto chiaramente.
«Oh mio dio, prendetevi una stanza!» urlò nel buio della sua camera da letto.
Ci furono due colpi secchi al muro, poi la voce affannata di Louis gridò di rimando «Questa è la mia stanza!»
Harry grugnì, esasperato.
«In un motel
Un grido soffocato e un gemito più forte dei precedenti gli fecero capire che probabilmente non l'avevano neanche ascoltato, occupati com'erano nei loro... sport notturni di turno.
Ci fu un altro colpo e Harry seppellì con forza la testa sotto al cuscino.



Aveva pensato che raccontare tutto al proprio migliore amico sarebbe stata una mossa saggia, un modo attraverso cui poter ricevere comprensione e solidarietà e anche un po' di compassione, magari incorniciata da un abbraccio e un paio di biscotti al cioccolato.
Inarcò un sopracciglio e si strinse le braccia al petto, mentre Niall soffocava per le risate al suo fianco.
«Sei un amico fallimentare, sappilo» borbottò Harry con lo sguardo incollato alla lavagna in fondo all'aula universitaria.
«Io non-» cominciò il biondo, venendo però bruscamente interrotto dall'ennesima ondata d'ilarità che lo fece piegare sulla sedia, la mano destra sulla pancia e l'altra ad asciugarsi le lacrime.
«Attento a non morire» lo prese in giro il riccio con voce dura mentre il professore entrava.
Niall cercò di ricomporsi con qualche colpo di tosse e raddrizzando le spalle.
«Dimmi solo una cosa, Haz» sussurrò, le labbra ancora piegate in un sorriso. «Sei invidioso o geloso?»
Harry strabuzzò gli occhi, voltandosi a guardarlo con uno sguardo che spaziava fra lo sconvolto e l'omicida.
«Sono stanco morto!» sbottò infastidito.
«Styles, magari se ha voglia di dormire dovrebbe restarsene a casa, invece di disturbare la mia lezione.»
Harry arrossì fino alla punta delle orecchie, girandosi di nuovo verso il professore.
«Mi scusi» mugugnò sprofondando nella sedia e pensando che forse l'unica malattia che aveva Tomlinson era un karma alquanto incazzato che però non si riversava su di lui ma sul suo vicinato.
Ne ebbe la conferma quella sera stessa, quando tornò a casa dopo una giornata a dir poco pessima trascorsa tra le allusioni di Niall, lezioni che erano state una più irritante dell'altra e un tour in biblioteca che avrebbe dovuto essere completamente dedicato allo studio e che invece era diventato una corsa al Non Farsi Vedere Da Payne E Malik Che Proprio Oggi Hanno Deciso Di Imparare A Leggere E Girare Tra Gli Scaffali Come Due Bibliofili In Calore.
Inutile dire che il tutto si era concluso con un moonwalk abbastanza improvvisato da parte di Harry, che era andato a colpire accidentalmente un minuscolo scaffale rovesciando a terra decine di volumi e piantando un casino bestiale nel bel mezzo della sala silenziosissima.
Davanti agli occhi di decine e decine di studenti.
E di Malik e Payne.
E della bibliotecaria.
Non era stato un bel momento.
Harry sbuffò, lanciando la borsa sul divano e andando in camera da letto.
Si sfilò la giacca di pelle, legandosi i capelli.
Era in procinto di lasciare la stanza e recarsi in cucina per cucinare qualcosa in fretta e furia, quando una sfumatura rosa nel cielo catturò la sua attenzione.
Harry sorrise – il primo vero sorriso del giorno – e corse ad aprire il primo cassetto del comò, tirandone fuori la sua adorata Canon.
Si fiondò sul balcone, l'aria fresca di metà ottobre che gli s'insinuava sotto la camicia bordeaux, ma che non lo faceva desistere dallo scattare quante più foto possibile a quel tramonto straordinario.
Aveva ancora il sorriso stampato in faccia quando sentì qualcuno schiarirsi la gola alla sua sinistra.
Si voltò verso l'autore di quel suono e incontrò la figura di Louis Tomlinson placidamente addossata alla ringhiera grigia, con solo una maglietta a maniche corte, i pantaloni della tuta e una sigaretta accesa fra le labbra.
«Stai fumando sui miei gerani» lo informò Harry con tono piatto, occhieggiando la cenere pericolosamente vicina ai suoi vasi.
«Hah, Styles, sei una perfetta donna di casa» lo sbeffeggiò l'altro con un sorrisino.
Harry abbassò le braccia, premendosi la macchina fotografica contro la pancia.
«Come fai a sapere il mio cognome?»
Louis fece un tiro dalla sigaretta, voltandosi completamente verso Harry e appoggiando i gomiti alla ringhiera sormontata da fiori colorati che separava i due balconi.
«Ho hackerato il tuo sistema informatico, sono entrato nel tuo pc, ho sorvolato sulle immagini porno e sulle cartelle dedicate a Robert Downey Jr e ho trovato tutti i tuoi dati. Sei un uomo estremamente ricattabile, Styles.»
Harry si limitò a inarcare un sopracciglio, per nulla turbato, e Louis alzò gli occhi al cielo sbuffando.
«Ho guardato sulla buca delle lettere» confessò infine. «Il dubbio era fra Harry Styles e Reginald Parsons, e speravo davvero che non ti chiamassi Reginald Parsons. Non è per niente sexy, ti pare? Harry, invece...»
Pronunciò il suo nome con voce suadente, un ghigno malizioso che gli attraversava la bocca da parte a parte.
A quel punto, Harry si sporse verso il ragazzo.
«Tomlinson» cominciò con voce roca, avvicinandosi sempre più al viso dell'altro.
«Leva quella roba cancerogena dai miei gerani.»
Poi girò i tacchi e tornò dentro, lasciando Louis solo, al freddo e completamente sconvolto.



Dopo cena, Niall si presentò a casa sua con un sorriso che urlava dai, perdonami da ogni poro e il cofanetto della serie tv Sherlock in una mano.
Harry accettò le scuse silenziose del suo migliore amico e passò ben tre ore in pace con se stesso, stravaccato sul divano col biondo che commentava ogni scena al suo fianco e Benedict Cumberbatch che migliorava il mondo anche solo stando fermo nello schermo.
La pace interiore durò finché non gli arrivò una notifica da Twitter.
Louis_Tomlinson ha twittato:
lol non capita anche a voi di volervi trasferire il più lontano possibile dal vostro vicino di casa paranoico?

Harry strinse il cellulare così forte che per un attimo temette di vederselo frantumare in mano.
«Come osa?» ringhiò, guadagnandosi uno sguardo allibito da Niall e affrettandosi ad aprire la tastiera.
Pochi secondi dopo, dall'altra parte della parete, Louis Tomlinson si fece scappare un verso di pura indignazione.
A parte quel leggero movimento di labbra, rimaneva immobile a fissare il telefono con sguardo da serial killer appena evaso, i caratteri neri che risaltavano nello schermo.
Harry_Styles ha twittato:
LOL, non capita anche a voi di dover rifiutare continuamente le avances di un maniaco disperato?

Liam si sporse sulla sua spalla, cercando di capire, e aggrottò le sopracciglia.
«Sei sul suo profilo Twitter? Seriamente?»
Louis non diede segno di volersi calmare, le dita serrate sull'iPhone.
«Certo» rispose. «Tieniti stretti gli amici e ancora più stretti i nemici.»
Zayn alzò gli occhi al cielo, alzandosi dal divano e buttandosi a gambe incrociate sul tappeto, dove stavano gli altri due.
«A parte il fatto che non è tuo nemico» cominciò. «Non lo stai tenendo stretto, lo stai praticamente stalkerando su un social network.»
Louis scrollò le spalle, neanche minimamente scalfito da quell'affermazione.
«Stessa cosa» mugugnò.
«Qual è il tuo problema con quel ragazzo?» chiese Liam con dolcezza.
«Si lamenta perché organizzo feste e perché faccio sesso e perché fumo sui suoi fiori. E, Dio, se li pota mai quei capelli?» borbottò andando di nuovo ad aprire il proprio profilo Twitter.
Dall'altra parte della parete, Harry fissava il cellulare a bocca spalancata.
Louis_Tomlinson ha twittato:
che tristezza le persone che si credono tanto interessanti da attirare l'attenzione degli altri

Harry sbuffò, infastidito, e si voltò verso il muro.
«Sei ridicolo!» urlò.
L'unica risposta che ricevette furono i suoni sempre più alti del videogioco a cui Louis, Zayn e Liam si stavano sfidando.
Niall alzò gli occhi al cielo.
«Siete due bambini» proclamò, proprio mentre Harry gridava «Abbassa quello schifo!»
Ovviamente, il rumore dei rantoli degli zombie provenienti dalle casse della televisione non fece altro che aumentare.
Con un ringhio, Harry afferrò il telecomando, alzando il volume.
Louis fece lo stesso e Harry alzò di nuovo, finendo subito placcato dal biondo, che gli rubò entrambi gli apparecchi elettronici che teneva in mano e mise il telefilm in muto.
Harry pensò che Payne e Malik probabilmente avevano fatto lo stesso, visto che l'unica cosa che proveniva dall'altro appartamento ora era un assoluto silenzio.
Niall aspettò che l'amico sbollisse il nervoso e riportò il volume a un valore accettabile, ma non gli restituì il cellulare.
Harry incrociò le braccia al petto e s'impose di finire di guardare in tutta serenità l'episodio, ma non ci riuscì affatto.
Mezz'ora dopo si esibì in un verso infastidito, perché se neanche la visione di Benedict Cumberbatch che suonava il violino riusciva a farlo sentire in pace con il mondo, beh, allora il suo problema doveva essere veramente grosso.



Il giorno seguente, Harry scappò all'università prima che Louis potesse anche solo alzare le tapparelle.
Trascorse una giornata incredibilmente tranquilla e, quando tornò a casa, si mise a cucinare un'Apple pie, intonando addirittura qualche canzone tra una procedura e l'altra.
Infornò la torta con un sorriso, fermandosi un attimo ad apprezzarne il profumo, e si sentì soddisfatto di se stesso.
All'improvviso, sentì un tonfo.
Sembrava che Louis avesse sbattuto violentemente una porta.
E naturalmente doveva arrivare lui a rovinare l'idillio pensò Harry con una smorfia.
Ma c'era qualcosa di strano, stavolta.
«Se sono venuto qui era perché non volevo che mi seguiste! Potreste andarvene fuori dai coglioni una volta per tutte?!»
Harry raggelò, le presine ancora in mano e lo sguardo incollato al forno.
Non aveva mai sentito Louis così arrabbiato.
«Vuoi che ce ne andiamo fuori dai coglioni?» tuonò una voce maschile che gli fece venire i brividi. «Benissimo, ma ci prendiamo questo con noi!»
Harry sentì distintamente un singulto strozzato, dei rumori come se qualcuno stesse combattendo e poi un colpo agghiacciante contro il pavimento, come qualcosa di estremamente grande che andava in pezzi.
«Oh, beh, almeno la smetterai di sprecare la tua vita occupandoti di quella merda.»
Il tono dello sconosciuto era così pregno di disprezzo e soddisfazione che a Harry venne voglia di andare di là e sferrargli un pungo, chiunque fosse.
«Non parlare così della mia musica!»
L'urlo di Louis fu accompagnato da passi veloci sulle scale e da un silenzio innaturale.
Harry rimase immobile per un attimo che parve infinito, le labbra che tremavano a causa di ciò che quell'ultimo grido gli aveva provocato.
Era stato orrendo.
Qualcosa nel suo corpo si sbloccò e il ragazzo corse fuori dall'appartamento, fermandosi sulla soglia della casa dell'altro, la porta spalancata che gli sbatteva in faccia il soggiorno dal pavimento ricoperto di pezzi metallici, casse e strumenti irrecuperabili.
Nel bel mezzo del caos c'era Louis, seduto per terra con la schiena appoggiata al muro e il respiro affannoso.
Si rese conto della presenza di Harry con la coda dell'occhio e deglutì piano.
«Non è un bel momento, Styles.»
Harry aprì la bocca per dire qualcosa di intelligente, qualcosa di rassicurante o divertente, qualunque cosa che potesse migliorare un po' quella situazione, ma l'unica frase che riuscì ad articolare fu: «Ti va una fetta di Apple pie?»
Louis lo guardò confuso per un istante e poi scoppiò a ridere, abbandonando la testa contro la parete.
«Diamine» rispose infine con un sorriso. «Muoio dalla voglia di chiedertene un pezzo ogni volta che sento quel profumo.»











Author's corner ~
Sappiate che tutto ciò è ispirato a un'esperienza personale.
Più o meno.
Diciamo che anche io e il mio vicino di casa abbiamo fra noi solo muri di cartapesta, ma lui ha tipo cinquantacinque anni e le uniche nostre interazioni consistono nei momenti in cui metto i Muse a palla e lui comincia a fischiettare allegramente mentre io faccio headbanging.
Purtroppo non ho né Harry Styles né Louis Tomlinson con cui condividere i gerani di mia madre. #sadness
Btw, sostanzialmente mi sono messa a scrivere questa cosa perché l'altra long che sto pubblicando mi fa soffrire e ho pensato che buttare giù le mie idee stupide sarebbe stato divertente e mi avrebbe tirato su il morale :'D
Devo dire che sta funzionando quindi yay, aspettatevi ancora un po' di capitoli *scappa dai pomodori che le stanno tirando*
E niente,  
All the small things è una canzone bella bella bella dei Blink-182 e la parte fra le parentesi ovviamente è un'aggiunta mia perché non ho resistito e in fondo ci stava quindi sì. (?)
Spero che quest'ammasso di nonsense vi sia piaciuto e che mi facciate sapere cosa ne pensate :3
Alla prossima! <3





 

 

 

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Capitolo 2
*** The first blue I've found ***



Secondo capitolo
The first blue I've found




 

 
Harry Styles era entrato nella sua vita con una minaccia abbastanza triste, una frecciatina su Twitter parecchio irritante e una fetta di Apple Pie inaspettatamente soffice.
Louis era quasi pronto a ignorare i primi due avvenimenti disastrosi in favore di quella pasta frolla, decise mentre addentava di nuovo la torta.
«Se avessi saputo che bastava così poco per farti tenere la bocca chiusa ti avrei offerto un dolce molto prima.»
Quasi, appunto.
Louis alzò gli occhi al cielo, guardando con un pizzico di divertimento il sorriso un po' titubante dell'altro, che gli sedeva di fronte coi gomiti appoggiati al tavolo.
«I dolci fono fempre la sfelta giufta» biascicò ingoiando l'ultimo pezzo di fetta, le parole distorte dai dolcissimi frammenti di mela che gli rotolavano sulla lingua.
Quella frase ebbe un'effetto strano nella stanza: la tensione che aleggiava nell'aria fra i due s'infranse in un istante, portandosi con sé anche quella punta d'imbarazzo scaturita dal fatto che per la prima volta si stavano parlando sforzandosi di non insultarsi in qualche modo.
«È... tutto a posto?»
Louis rabbrividì a quella domanda, perché per un attimo gli parve che Harry fosse davvero interessato a conoscerne la risposta, ma poi si diede dello stupido e annuì soltanto.
Harry si morse il labbro inferiore e prese un respiro profondo, come per darsi coraggio.
«Vuoi restare qui stasera?»
Louis ringraziò la propria golosità infinita per avergli fatto divorare la torta prima di ascoltare quella richiesta, perché altrimenti sarebbe morto soffocato lì in cucina.
Harry strabuzzò gli occhi, rendendosi conto di ciò che aveva appena detto.
«Intendo, immagino non ti vada di restare solo dopo quello che è successo... qualunque cosa sia successa. E stasera danno il terzo episodio della saga di Star Wars, no? Quindi si potrebbe vedere. Insieme. Sì.»
Louis si lasciò scappare un piccolo sorriso.
«Probabilmente non sai neanche cos'è» aggiunse Harry abbassando lo sguardo.
«Styles» cominciò Louis, divertito. «Non ti sembra un miracolo?»
Harry tornò a guardarlo, le sopracciglia aggrottate e negli occhi un'ombra di confusione.
«Cosa?»
«Il fatto che tu sia stato gentile con me due volte nel giro di venti minuti e l'universo non sia ancora esploso» rispose tranquillamente.
Harry inarcò un sopracciglio, incrociando le braccia al petto.
«Hai ragione» acconsentì. «Forse è meglio se ricomincio a trattarti male, non voglio che qualche stupida calamità naturale rovini i miei piani per la laurea.»
Il sorriso sul viso di Louis si allargò.
«Secchione» lo apostrofò. «Comunque stasera non posso, devo uscire con-»
«Louis? Ci apri oppure no?» tuonò la voce di Liam dal pianerottolo.
L'interpellato si alzò, indicando la porta con un dito.
«...loro» aggiunse.
Harry annuì, alzandosi in piedi a sua volta.
«Allora a presto.»
Harry sbuffò divertito. «A domattina» lo corresse. «Quando tirerai su le tapparelle in ritardo come sempre.»
Louis si fece scappare una risata, aprendo la porta e fermandosi per un attimo, un secondo in cui si voltò verso l'altro e disse soltanto «So cos'è Star Wars, sai?»
Poi scivolò via, andando incontro a Zayn e Liam, entrambi sconvolti per averlo visto uscire da quell'appartamento.
«Louis?»
«Zayn, Liam» li salutò.
«Non mi ha drogato né ha abusato di me mentre ero incosciente, non vi preoccupate.» li rassicurò infilando le chiavi nella toppa. «Anche se secondo me in mezzo a quelle piantine che coltiva sul balcone ce n'è qualcuna sospetta e se devo essere sincero il BDSM mi ha sempre affascinato parec-»
Si bloccò a metà frase, la maniglia fredda stretta fra le dita e il caos che suo padre aveva combinato sbattutogli in faccia per l'ennesima volta.
«Cos'è successo?» sussurrò Zayn a pochi centimetri dal suo orecchio.
Louis si fece scappare una smorfia.
«Mamma e papà sono venuti a trovare il loro piccolo prodigio» rispose, sarcastico.
All'improvviso sentì due paia di braccia stringerlo e chiuse gli occhi, lasciando che i suoi migliori amici lo trascinassero lontano da quell'appartamento verso qualcosa che lo facesse dimenticare, verso un ragazzo che non sarebbe diventato importante o, ancora meglio, verso una bottiglia colma di liquido alcolico trasparente.



Harry raggiunse il letto e vi si lasciò cadere sopra con un sospiro incredulo.
Aveva sul serio invitato Tomlinson a passare la serata a casa sua.
A guardare Star Wars con lui.
Erano passate tre ore e mezza e Harry ancora non aveva processato del tutto quella richiesta che era uscita dalla sua stessa bocca, porca miseria.
Si rigirò sulle coperte e s'impose di non pensarci.
Sarebbe stato facile.
Sì.
Aveva mille altre cose interessanti con cui occupare la propria mente.
Dopotutto perché mai avrebbe dovuto far perdere tempo ai suoi adorati neuroni con stupidi pensieri riguardanti quel ragazzo vanitoso ed egocentrico e-
«Uhuh! Questo non è il cielo!»
...ubriaco?
Harry si tirò su di scatto, fissando la porta di legno con la testa inclinata.
Qualcuno diede un colpo da fuori, facendo seguire il tutto da una risatina molto poco sobria.
E quella voce era decisamente di Louis.
Harry corse ad aprire, senza neanche realizzare di essere senza maglia.
«Oh!» esclamò il ragazzo quando lo vide, le iridi lucide e l'equilibrio alquanto precario.
Poi il suo sguardo scese più in basso, contemplando il petto di Harry muscolo per muscolo e fermandosi sul cavallo dei pantaloni del pigiama.
«Oh» ripeté con un ghigno.
«I miei occhi sono quassù» sbottò Harry.
«Lo so» rispose Louis, senza spostare lo sguardo di un millimetro.
«Possibile che non ci sia un attimo di pace in questo condominio?»
I due ragazzi si voltarono simultaneamente verso l'uomo che li osservava scocciato dall'altra parte del pianerottolo, un'espressione più che stizzita in volto e un tono che non faceva sperare nella sua candidatura a Migliore Amico di Louis Dell'Anno.
Harry aprì la bocca per dire qualcosa, ma l'altro lo precedette, alzando le braccia al cielo e urlando emozionato «Reginald! Da quanto tempo!»
Harry combatté fra l'impulso di stenderlo con un pugno e quello di scoppiare a ridere come un pazzo.
Alla fine optò per agguantarlo per un gomito e tirarlo dentro, rivolgendo un'occhiata di scuse al vicino, che sembrava in procinto di tirare fuori la sua attrezzatura da supereroe della Marvel e liberare il mondo dalla Piaga Tomlinson.
Chiudendosi la porta di casa alle spalle, Harry si scusò mentalmente col mondo per aver ritardato ancora un po' il momento della sua salvezza.
«Hei» mormorò suadente Louis, avvicinandoglisi pericolosamente.
Harry effettivamente non aveva pensato alla sicurezza personale.
«Heilà» rispose allontanandosi di qualche passo.
«È ottobre e tu te ne vai in giro con solo i pantaloni addosso?» biascicò, incespicando sull'ultima parola.
«Non sono in giro» precisò Harry. «Sono a casa mia, quindi faccio quel che mi pare.»
«Ahw!» esclamò l'altro, piombandogli addosso in un secondo e portando il proprio viso a un paio di centimetri di distanza da quello del ragazzo. «Sei ribelle. Mi piace.»
Harry non ebbe il tempo di ribattere né di fare alcunché, perché Louis si stava già allontanando dal suo corpo sfoggiando un'espressione ch'era un misto fra la delusione e il disgusto.
«Tu non sei il cielo» decretò infine, lasciando Harry completamente spiazzato.
«Eh?!»
«Tu sei terraferma» aggiunse, come se la cosa fosse ovvia. «Sei verde» lo accusò alzando un braccio e indicando i suoi occhi. «E io stavo cercando il cielo.»
«Ah» disse Harry, rinunciando a tentare di capire i vaneggiamenti di uno che probabilmente in quel momento nel corpo aveva più alcool che sangue. «E perché cercavi il cielo?»
«Perché sono un cavalluccio marino» annunciò Louis alzando la testa, apparentemente molto orgoglioso di ciò.
Harry represse una risata e allungò una mano, afferrando il ragazzo per un fianco e guidandolo in camera sua.
«I cavallucci marini stanno nel mare, sai?»
Louis sbuffò, barcollando verso il letto.
«Certo che lo so» affermò. «Solo che il mare è troppo lontano da qui. Perciò prima del secondo giro di shots ho deciso che il cielo era... casa. Casa mia.»
Si fermò per un attimo, le sopracciglia aggrottate, come se stesse rimuginando su quell'ultima frase.
«Perché il cielo somiglia al mare?» azzardò Harry, spingendolo delicatamente sulle coperte.
Louis scrollò le spalle, lasciandosi cadere.
«Mi sono buttato nel primo blu che ho trovato» rispose soltanto.
Harry gli sfilò le scarpe, chiedendosi come diamine fosse finito in camera all'una di notte con Louis Tomlinson ubriaco nel suo letto.
Era convinto che l'altro si fosse già addormentato, quando uscì dalla stanza per dirigersi verso il divano, ma mentre stava oltrepassando la soglia sentì la voce di Louis giungere strascicata alle sue orecchie.
«Però poi è diventato nero.»
Harry s'irrigidì sul posto per un secondo, Louis che crollava finalmente sul cuscino e il suo stomaco che si contorceva sotto il peso di un pessimo presentimento.



Harry rigirò l'omelette nella padella e udì Louis stiracchiarsi in camera sua, emettendo suoni che parevano per metà di puro piacere – sentirsi di nuovo tutte le vertebre dopo una nottata del genere doveva essere parecchio piacevole – e per metà di puro terrore – sentirsi di nuovo un cervello dopo una nottata del genere non doveva essere piacevole.
Il ragazzo spense il fuoco e attese.
«Oh mio dio»
Harry non riuscì a trattenere un sorriso, mentre faceva scivolare l'omelette nel piatto e lo poggiava sul tavolo.
Gettò un'occhiata all'ombra che si stava avvicinando al pavimento della cucina e in men che non si dica si ritrovò davanti un Louis Tomlinson in condizioni terribili, con tanto di occhi spalancati e capelli arruffati e occhiaie che sembravano due pozzi neri.
Louis, a scoppio ritardato, lanciò un urlo molto poco virile.
Harry inarcò un sopracciglio, infilzando un pezzo di frittata e portandoselo alla bocca.
«Non che tu sia la bellezza in persona, di prima mattina» assicurò pigramente.
Louis parve sempre più oltraggiato.
«Io... tu!» esclamò gesticolando in direzione della sua camera da letto.
«Fai spesso sesso con gente a caso quando non sei nel pieno delle tue facoltà mentali?» domandò Harry masticando.
L'altro si coprì il viso con una mano, gemendo.
«Tendo ad essere un po' molesto quando sono ubriaco» confessò, la voce attutita dalle dita premute contro le guance.
«Tu sei sempre molesto» lo corresse Harry.
Poi, prima che il ragazzo potesse ribattere, lo rassicurò. «Non siamo andati a letto insieme.»
Louis sospirò di sollievo, la mano che si spostava dal volto e gli ricadeva lungo il fianco.
«Bene» decretò. «Mi sento di merda.»
«Ci credo.» Harry accavallò le gambe sotto al tavolo, continuando a fissarlo. «Anzi, sono piuttosto stupito dal fatto che tu non abbia vomitato.»
Louis fece una smorfia. «Sono quasi sicuro di averlo fatto. Però ero ancora al locale con Liam e Zayn... hei, com'è che sono finito qui?»
Harry sorrise, tagliandosi un altro pezzo di omelette.
«Hai presente i nomi che avevi controllato sulla buca delle lettere?» chiese. «Finalmente hai conosciuto Reginald Parsons.»
Louis rimase immobile per un istante e poi scoppiò a ridere, così, semplicemente, una reazione che gli fece scaldare il cuore.
«Oddio seriamente?»
Harry annuì.
«Non mi ricordo niente» si lamentò Louis.
«Penso sia meglio così.»
La risposta di Harry ebbe l'unico effetto di far aumentare le sue risate.
Quando si fu calmato, Louis prese un respiro profondo, occhieggiando la porta d'ingresso.
«Forse è meglio se vado a farmi una doccia e... che ore sono?»
«Mezzogiorno meno un quarto.»
Louis spalancò la bocca, sorpreso.
«Non sei andato alle lezioni per badare a me?»
Harry alzò gli occhi al cielo.
«Non ci sono andato per difendere i miei gerani da te nel caso in cui ti fossi svegliato prima del mio ritorno.»
«Ah» disse Louis con un sorrisino. «Certo.»
Harry scrollò le spalle, ricominciando a mangiare, e fu allora che Louis lo chiese.
«Quando ho finito di rendermi presentabile ci guardiamo qualcosa insieme?»
Harry non ebbe la stessa fortuna che l'altro aveva avuto il giorno precedente e il cibo gli andò di traverso, facendolo tossire per la mancanza di ossigeno.
Si riprese e alzò lo sguardo, il viso paonazzo e gli occhi lucidi, e riuscì ad articolare un misero Cosa?
«Sto dicendo sì alla tua proposta di ieri sera» precisò.
«Ehm» cominciò Harry, la gola ancora bruciante. «In realtà c'è una cosa che danno in televisione fra un'ora e che vorrei vedere e che non penso proprio ti piacerebbe, quindi teniamo la proposta per un'altra volta?»
«Ah sì?» chiese Louis incrociando le braccia. «E che film sarebbe?»
Harry avvampò, grattandosi la nuca con fare indifferente.
«Harry Potter» rispose.
Louis inarcò un sopracciglio, alzando il capo in una posizione che lo faceva sembrare incredibilmente elegante e arrogante e insopportabile.
«Comincia a portare quel culo che dev'essere sicuramente Grifondoro sul divano, ché tra un'ora torno.»
E con questo uscì dall'appartamento, lasciando Harry con un'espressione di puro stupore stampata in viso.



«Ma adesso stai bene?»
Harry sprofondò un po' di più nel divano.
«Sì, davvero, non fare la mamma apprensiva.»
«Non faccio la mamma apprensiva» ribatté l'altro e Harry sorrise perché sapeva che Niall probabilmente aveva appena messo su il broncio.
«Posso fare un salto da te?» chiese infine il biondo.
Harry strinse l'angolo di un cuscino fra le dita, schiarendosi la voce.
«InrealtàtrapocovieneLouisTomlinsonperguardareHarryPotterinsiemeame.»
«Eh?»
Il riccio fece un respiro profondo.
«In realtà tra poco viene Louis Tomlinson per guardare Harry Potter insieme a me» ripeté con le guance in fiamme.
«...quel Tomlinson?»
«Ne conosci altri? Perché, sai, potrebbero esserci utili per il giorno in cui faremo sparire questo Tomlinson e ci serviranno degli omonimi o potenziali parenti per far sparire i suoi documenti senza che l'FBI possa risali-»
«Harry» lo interruppe Niall. «Stai davvero per guardare Harry Potter insieme a Tomlinson? E sei nel pieno delle tue facoltà mentali?»
«Ehm. Sì.»
Ci furono alcuni secondi di assoluto silenzio, poi Niall scoppiò a ridere e Harry in qualche modo seppe cosa l'altro stava per dire e seppe anche cos'avrebbe fatto lui dopo quell'affermazione.
«Già v'immagino mentre vi ba-»
Harry attaccò prima che potesse finire la frase.



Il pomeriggio insieme a quel Tomlinson stava procedendo incredibilmente bene.
Louis aveva portato popcorn e patatine e insomma, non è che la vita possa andare veramente male mentre stai guardando Harry Potter.
«Oh, ma dai!» esclamò Louis affondando una mano nel sacchetto in bilico fra i loro corpi, sfiorando casualmente le dita di Harry e afferrando una manciata di popcorn. «Ti ha bullizzato per anni e tu torni indietro a salvarlo rischiando anche di morire? Seriamente, Potter?»
«Spero tu stia scherzando» commentò Harry mentre, nello schermo, Potter salvava Malfoy dalle fiamme.
«Cosa?» ribatté l'altro. «Meritava di morire!»
«Come puoi dire una cosa del genere?!»
«È un Mangiamorte!» sbraitò Louis, come se fosse stato punto sul personale. «Voleva uccidere Silente!»
«Non aveva scelta! E poi al Malfoy Manor li ha aiutati, ricordi? Non è colpa sua se il padre si è scelto una fazione di merda.»
Louis rimase in silenzio per un po', poi guardò Harry con la coda dell'occhio e aggrottò le sopracciglia.
I suoi occhi rimbalzarono un paio di volte da Harry allo schermo e infine il ragazzo s'irrigidì di colpo.
«Oddio» sussurrò. «Tu li vedi bene insieme! Malfoy e Potter!»
Harry avvampò.
«Eh... n-sì. È solo che... sono belli insieme? Hanno delle dinamiche interessanti.»
Louis strabuzzò gli occhi, indicando il televisore con un movimento del braccio che il cervello di Harry definì melodrammatico.
«È una relazione abusiva
«Non è abusiva!» protestò l'altro. «Loro... si picchiano a vicenda, no? Quindi in teoria è una cosa equa, sì.»
Louis lo guardò senza dire nulla per un minuto intero, poi si alzò con decisione e si diresse verso il balcone.
«Cosa stai facendo?» chiese il riccio, seguendo i suoi movimenti con lo sguardo.
«Cerco i cadaveri» proclamò Louis piegandosi in avanti e rovistando tra i vasi.
«Come, scusa?»
Il ragazzo si raddrizzò e assunse una posa che pareva gridare Ho scoperto il tuo segreto! da ogni muscolo e Harry si disse che quel tipo era tutto melodrammatico.
«Sei bravo come serial killer, te lo concedo» annunciò Louis. «Con quella cosa dei gerani e della musica alta che ti dà fastidio alle nove e mezza di sera e del sesso che ti turba. Certo, hai da lavorare ancora un po' sulla gentilezza – Harry soffocò una risata – ma non sei affatto male a fingere di essere il dolce, gentile e pudico ragazzo della porta accanto. Beh, con me non lo sei, ovviamente, ma questo è comprensibile.»
«Ah sì?» domandò Harry, incuriosito e divertito allo stesso tempo. «E come mai?»
«Perché io sono la tua vittima, ovviamente.»
Il riccio alzò le sopracciglia.
«Ovviamente.»
Louis annuì, rientrando in casa.
«Ma non preoccuparti, amico serial killer, non voglio denunciarti» affermò. «Voglio solo sapere dove tieni i cadaveri.»
Harry si schiarì la gola e decise di mettere in atto per la prima volta in vita propria le abilità recitative che la sua prof di teatro del liceo tanto decantava.
«In realtà non li tengo da nessuna parte» disse, la voce profonda e una maschera di terrificante serietà a coprirgli la faccia. «Li cucino.»
Louis si bloccò accanto al divano, gli occhi spalancati e l'incarnato sempre più pallido.
Harry non ce la fece più e scoppiò a ridere, ringraziando mentalmente tutte quelle lezioni di recitazione che erano assolutamente valse la pena.
Louis s'imbronciò e si rituffò sul divano, rubando il sacchetto di popcorn, borbottando qualcosa come stupidi Grifondoro e rifiutandosi di parlare con Harry... beh, finché non ebbe un'altra scena da commentare.
Fu bello.
Harry si stupì a pensarlo, ma era la verità.
Louis se ne andò poco dopo i titoli di coda, con Zayn e Liam che lo chiamavano da fuori per «-riordinare tutto quello schifo che c'è nel tuo appartamento!»
Louis scrollò le spalle mentre usciva dalla cucina, dicendo a Harry che a loro piaceva mettergli a posto tutto quanto, vita compresa.
Non sembrava gli dispiacesse, mentre sorrideva e lo salutava chiudendo la porta.
Harry si ritrovò a sorridere a sua volta, nella stanza ormai vuota.
All'improvviso, il suo cellulare vibrò e lui corse a controllare lo schermo.
Louis_Tomlinson ha twittato:
il mio vicino paranoico si sta rivelando più interessante del previsto
Il sorriso di Harry si allargò e, per qualche strano motivo, si disse che lo sfondo azzurro del social network non era quello che stava cercando.
Strinse il telefono in mano e rivide gli occhi di Louis proiettati nel proprio cervello e pensò che forse ora era un po' fottuto, perché anche lui si era buttato nel primo blu che aveva trovato.

 










Author's corner ~
MY DRARRY FEELS.
Sì, ehm, scusate. È che sono stati la mia primissima otp, capitemi cwc
In questo capitolo ci sarebbero dovute essere altre mille cose, maaa sta diventando tutto più lungo del previsto D:
Spero vi sia piaciuto e niente, ci vediamo sabato con l'aggiornamento di Twenty eight past ten.
Un bacione a tutti quelli che continuano a leggermi <3

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Capitolo 3
*** The moon under water ***


Terzo capitolo
The moon under water









«Okay, questa cosa sta diventando decisamente troppo inquietante.»
Zayn si limitò ad inarcare un sopracciglio, brandendo un mestolo in una mano e un cucchiaio di legno nell'altra.
«Potreste almeno mettere via quelle armi?»
Liam roteò gli occhi, alzandosi dal divano per riporre le stoviglie che lui e Zayn avevano trovato sparpagliate per caso insieme al resto del casino.
«Sono stoviglie, per tua informazione» precisò. «E servono per cucinare. Ricordami com'è che sopravvivi da solo?»
Louis incrociò le braccia al petto e mise il broncio. 
«Sopravvivo benissimo, grazie tante. Soprattutto quando due psicopatici non mi fanno l'interrogatorio minacciandomi con armi improprie
Liam e Zayn sbuffarono all'unisono.
«Permetti che abbiamo un paio di dubbi se vediamo Mr Odio Harry Styles E Fumerò Sui Suoi Gerani twittare qualcosa di quasi carino sul suddetto ragazzo?»
Louis rimase a fissarli con le sopracciglia aggrottate per un minuto buono, prima di chiedere, con voce grave, «che ne sapete che non mi stavo riferendo a Reginald Parsons?»
Nella stanza calò il silenzio.
Louis poteva quasi sentire i pensieri degli altri due - che oscillavano tra Dov'è il manicomio più vicino? e Styles l'ha lobotomizzato? - e si trattenne dallo scoppiare a ridere.
«Reginald Parsons» ripeté Liam dopo un lasso di tempo esagerato, come se avesse finalmente trovato risposta a tutte le sue domande.
Louis sorrise sotto i baffi.
Magari era la volta buona che si sarebbe deciso a portarsi Zayn a letto. E tutto grazie a Reginald Parsons.
Si ripromise di lasciargli dei fiori sul pianerottolo.
«Penseremo più tardi al tuo nuovo amico immaginario» decretò infine Liam, lasciando Louis a bocca aperta, punto sul vivo e oltraggiato.
Non si scherza su Reginald Parsons.
Gli avrebbe lasciato cento rose rosse sul pianerottolo.
«Ora, perché non ci dici cosa c'è tra te e Styles?»
«Possiamo fare da testimoni?» s'intromise Zayn con nonchalance.
«Vostro figlio si chiamerà Conchobar, vero?"
Liam si guadagnò un'occhiata basita da entrambi i ragazzi.
«Figlio?» chiese Louis mentre Zayn esclamava «Conchobar!? Come puoi chiamare un bambino Conchobar?»
«È un nome bellissimo» rincarò Liam, ignorando Louis. «E penso che si pronunci Connor.»
«È un nome pessimo» commentò Zayn con una smorfia.
«Magari Harry ha un cugino di nome Conchobar a cui tiene particolar-»
«Woah woah frenate» li interruppe Louis infilandosi fra i due, i palmi piantati sui loro toraci.
«Abbiamo capito che quando verrà il tempo dell'adozione per voi due dovrete divorziare temporaneamente - Zayn e Liam sbuffarono in sincrono - ma io e Styles non stiamo insieme, chiaro? Siamo solo amici.»
Entrambi inarcarono un sopracciglio, per nulla convinti.
«Amici?»
«Neanche quello, probabilmente» precisò Louis. «Siamo nemici con una tregua, più o meno. Almeno finché Styles non mi ucciderà per poi nascondere il mio cadavere fra i suoi fiorellini e mangiarmi prima dell'Apple pie.»
«...okay.»
Louis era sicuro che Zayn stesse controllando proprio in quel momento l'itinerario per l'istituto mentale più vicino su Google Maps.
Chissà se ci sarebbe stata la sua foto, nella versione street view del duemilatrenta.
Una bellissima immagine di Louis Tomlinson che viene strattonato mentre blatera cose sui gerani del suo vicino di casa e un certo Reginald Parsons.
Si riscosse da quella preview indesiderata della sua vita e tornò a concentrarsi sulle espressioni inquietate di Zayn e Liam.
«Adesso potete mettere via gli inviti al nostro matrimonio. O usarli per il vostro.»
Gli altri rimasero a guardarlo sbigottiti per un attimo e poi si arresero in due sospiri rassegnati assolutamente identici.
O, almeno, si arresero per circa due secondi e mezzo.
Poi Liam lanciò il contrattacco, così dal nulla, a tradimento, e Louis si ripromise che l'avrebbe strozzato nel sonno, un giorno o l'altro.
E avrebbe scavalcato il suo cadavere con tutti i suoi appunti di chimica organica in mano.
«Visto che siete solo nemici con una tregua non ti dispiacerà di certo invitarlo a vedere l'esibizione di Adam insieme a noi, giusto?»
Louis strinse i pugni. 
«No, certo che no» sibilò a denti stretti. «Anzi, sai una cosa? Stavo giusto pensando di chiederglielo, prima che voi mi trascinaste fuori dal suo appartamento.»
«Ah, davvero? Volevo dire, naturalmente non è un problema per te chiedergli di uscire con noi, dato che lui non ti piace in quel senso.» 
Sul serio, se non ci avesse pensato Liam a togliere quel sorrisino strafottente dalle labbra di Zayn l'avrebbe fatto Louis. In un modo molto meno piacevole.
«Naturalmente» ripeté Louis. «Vado subito.»
«Bene.»
«Bene.»
Qualche secondo dopo, Louis si ritrovò a braccia conserte e occhi spalancati sullo zerbino di Casa Styles, casa che non invidiava affatto perché, ora che ci pensava, chissà quante volte era costretta a sopportare la vista di quel Harry in particolare che ora si stava parando di fronte a lui con tutta la nonchalance del pianeta: un Harry completamente bagnato, avvolto unicamente da un asciugamano azzurro e ricoperto di tatuaggi resi lucidi dall'acqua che gli abbracciavano tutto il cor-
«Heilà» esordì Louis con voce decisamente troppo alta.
Harry aggrottò le sopracciglia.
«Pensavo fossi andato a riordinare l'appartamento coi tuoi amici?»
Louis si sforzò di tenere gli occhi ben piantati in quelli dell'altro. 
Non un centimetro più in basso.
«Sì! Eh, lo stiamo facendo. Riordinare l'appartamento, intendo. Ovviamente. Non che stessi pensando ad altro. Insomma, Zayn e Liam sono entrambi abbastanza affascinanti, ma non credo che mi risveglierei con tutti gli attributi al loro posto se mai dovessi provar- in ogni caso, mentre riordinavamo l'appartamento abbiamo pensato di chiederti se ti andrebbe di uscire con noi stasera.»
Harry rimase immobile a fissarlo per un attimo, i capelli bagnati che gli sfioravano la mandibola e un piccolo sorriso che stava palesemente lottando contro la sua forza di volontà per spaccargli indecentemente le labbra.
Louis sperò con tutte le proprie forze che Harry avesse la meglio perché, seriamente, ci mancava solo quello per completare il quadro che avrebbe intitolato Sudori freddi su tela - erezione in corso d'opera.
«Uscire con voi?»
Louis annuì. «C'è un nostro amico che si esibisce con la sua band a Camden Town. Nessuna sbronza inclusa nel pacchetto, giuro, solo buona musica.»
A quelle parole il sorriso di Harry si liberò, indisturbato, e Louis imprecò mentalmente contro mezzo calendario.
«Ci sto» rispose, il sorriso che continuava a importunargli le guance. «Posso portare anch'io un amico?»
«Uh, certo. Noi partiamo già adesso, ti mando l'indirizzo su Twitter.
»
Stava per battere in ritirata quando il suo personalissimo Cassetto Del Pessimo Sarcasmo decise di aprirsi all'improvviso e collegarsi alla sua bocca tanto per divertimento.
«Ah, un'ultima cosa. Stiamo facendo quest'indagine scolastica per vedere come reagiscono le persone di fronte a individui di sesso maschile quasi completamente nudi, quindi se sei d'accordo potresti presentarti esattamente così come sei ade-»
La porta gli si chiuse in faccia con un tonfo.
Louis alzò gli occhi al cielo e si voltò per tornarsene vittorioso – almeno in parte – al proprio appartamento, ma si bloccò un attimo alla vista della terza porta del pianerottolo che sbatteva con forza al suo fianco.
Ingoiò una risata.
Mille rose rosse.




Il The moon under water era un pub infilato in una traversa di Camden High Street e quella sera era così pieno di gente che a malapena si riusciva a raggiungere il bancone d'ebano per una birra.
Nonostante le numerose teste che si muovevano a tempo di musica o si piegavano all'indietro sotto il peso di una risata – e tra cui ne spiccavano una quindicina di un rosso abbagliante inconfondibilmente Made in Ireland – Louis vide immediatamente Harry fare la propria entrata.
E, seriamente, chi non l'avrebbe notato?
Louis si sentì all'improvviso troppo banale nel suo semplicissimo maglione grigio, mentre osservava il modo in cui la giacca nera dai ghirigori ocra fasciava il busto dell'altro, e il suo primo istinto fu quello di nascondersi sotto il tavolo, o scappare dalla porta del retro. E no, l'ultima allusione non era voluta.
Non ebbe il tempo di fare nessuna delle due cose, perché Harry si piazzò davanti a lui, Liam e Zayn in tutto il suo splendo- cattivo gusto in fatto di giacche.
«Ciao.»
«Ciao. Siete riusciti a trovare il pub, alla fine. Non ci speravo molto.»
E il premio per la miglior capacità di instaurare discorsi dell'anno va a... Louis Tomlinson!
«Nah, è stato facile» s'intromise una voce familiare. «È venuto fuori che è lo stesso pub in cui un mese fa abbiamo festeggiato i vent'anni di un nostro compagno di corso, solo che non ricordavamo il nome del posto.»
Louis staccò gli occhi dalla figura di Harry per posarli sul ragazzo biondo al suo fianco che stava sorridendo come se avesse appena vinto un milione di sterline alla lotteria e sapesse esattamente come sperperarle tutte nel giro di dodici ore.
«Io non ricordo neanche il nome del tipo, se è per questo» puntualizzò Harry.
Il biondo alzò gli occhi al cielo con fare melodrammatico. 
«Questo perché eri troppo occupato a mettere il broncio perché ti avevo – com'era? – trascinato via dalla serata pizza e maratona di In the flesh per socializzare con persone vive e vegete e fastidiose. Sono Niall comunque!» si presentò porgendo la mano a tutti e tre.
Louis, Zayn e Liam ricambiarono la stretta, presentandosi a loro volta, mentre Harry bofonchiava robe sulla presunta illegalità che caratterizza il far uscire di casa il proprio migliore amico quando questi non ne ha la minima voglia.
«Vi presenterei,» lo interruppe Louis, «ma sono praticamente certo che abbiate già avuto modo di vedervi crollare addosso agli scaffali in biblioteca.»
Harry inarcò un sopracciglio, lasciandosi cadere sulla sedia di legno - con un movimento che avrebbe dovuto farlo sembrare un fottuto elefante incinto e che invece accentuò ancora di più il suo essere aggraziato - e guardando Louis di sbieco. «Ah. Ah. Ah. Dev'essere bellissimo frequentarti tutti i giorni.»
«Dopo stasera non smetterai di cercarmi, accettalo.»
«Non ho dubbi. Già mi sto chiedendo com'è che sono finito qui.»
«Perché so il tuo piccolo segreto e potrei ricattarti, Harold.»
Accompagnò la provocazione con un occhiolino e Harry s'irrigidì sul posto. 
Louis non ebbe il tempo di domandarsi il motivo per cui avesse reagito in quel modo, perché all'improvviso qualcuno si schiarì la voce accanto a loro.
Si voltarono tutti e cinque, all'unisono, per guardare il ragazzo che se ne stava in piedi vicino al tavolo e fissava Harry con un'intensità che a Louis non piacque affatto.
«Uhm,» mormorò Harry, «ci conoscia-»
«Xander!» L'esclamazione di Niall lo fece sobbalzare. 
Il biondo si alzò per abbracciare il nuovo arrivato e Louis non riuscì a trattenersi dall'inarcare un sopracciglio.
«Harry, hai presente Xander, no? Era a quella festa che dicevo prima.»
L'interpellato si morse il labbro superiore, scuotendo leggermente il capo. «No, mi dispiace.»
Louis per poco non gli ghignò spudoratamente in faccia.
«Non preoccuparti – rispose Xander, l'intruso – quella festa è stata una noia mortale, mi sono buttato sull'alcool prima ancora che finissero le presentazioni.»
La band di Adam cominciò a suonare nell'esatto momento in cui Harry scoppiò a ridere.
Louis s'innervosì subito, per nessun apparente motivo, e la sua irritazione crebbe quando Zayn invitò Xander a sedersi insieme a loro.
Fantastico, pensò concentrandosi sul brano e chiudendo fuori tutto il resto.




Louis ci provava, a rimanere nella sua personalissima bolla fatta solo di musica rock rispedita direttamente dagli anni ottanta in quel locale di Camden, ma la voce di Xander aveva quest'abilità inutilissima di fargliela scoppiare ogni dannatissima volta che apriva bocca. E l'apriva spesso. Troppo spesso.
«Mi prendi in giro!» esclamò estasiato, piegandosi un po' in avanti per avvicinarsi a Harry. «Anch'io amo cucinare dolci!»
«E ti pareva» sussurrò Louis accavallando le gambe.
«Davvero?» Gli occhi di Harry s'illuminarono, neanche fossero stati gli unici due ragazzi sull'intero pianeta con quella passione.
Buongiorno! – avrebbe voluto intromettersi Louis – Sai quanti altri potenziali vincitori di Bake Off ci sono nel Regno Unito?
«L'ultima torta che ho fatto è stata un'Apple pie» disse Harry con un sorriso.
Louis quasi si fece contagiare; aveva già i lati della bocca leggermente piegati verso l'alto quando la risposta di Xander glieli ritirò giù prepotentemente.
«Dimmi che scherzi!» esclamò. «Anche l'ultima che ho cucinato io è stata un'Apple pie!»
Louis sospirò in modo solo minimamente drammatico.
«Mi ci sarei giocato il culo» commentò.
«Amico,» lo chiamò Niall sorridendo, «non vorrei dirtelo ma stai effettivamente esternando a voce quello che pensa il tuo cervello.»
Louis si limitò ad inarcare un sopracciglio e a guardare in cagnesco prima Harry e Xander, che sembravano del tutto fuori dal mondo, e poi gli altri tre, che sorseggiavano le loro birre commentando ogni canzone e facendo in modo di nascondere molto male i loro sporadici ghigni rivolti nella sua direzione.
«Sai, Xander» esordì Louis, guadagnandosi tre occhiate impanicate assolutamente identiche. «Io amo cucinare.»
Liam e Zayn scoppiarono a ridere simultaneamente, mentre Niall sembrava valutare se attendere una qualche spiegazione o unirsi direttamente alle risate. Alla fine scelse la seconda opzione.
«Ah, sì?» chiese Harry con una scintilla di divertimento che gli illuminava le iridi verdi.
Louis annuì, raddrizzando le spalle.
«Ti prego – soffiò Liam cercando di riprendere fiato – una volta hai fuso una caffettiera.»
«È stato un incidente!» sbottò in propria difesa.
«A Doncaster ti hanno bandito dai fornelli a vita, Tommo.»
«Per una minuscola padella che ha preso fuoco quando avevo quanto? Sei anni?»
«Diciotto» lo corresse Zayn. «Ed era una pentola che conteneva minimo dodici porzioni ed era la vigilia di Natale e hai quasi dato fuoco all'intera casa.»
«Non è vero!» esclamò oltraggiato, portandosi una mano sul petto. «È mia sorella che esagera, quella fiammella non ha mai superato il piano cottura.»
«Ma se sono venuti persino i vigili del fuo-»
«Non è questo il punto» lo interruppe Louis. «Il punto è che adesso, dopo aver superato quell'ostacolo culinario che è rappresentato per tutti noi dalla cara vecchia pubertà, sono un cuoco richiestissimo.»
«Da chi, esattamente?» chiese Harry ridendo.
Louis si voltò a fulminarlo, gli occhi stretti a due fessure di ghiaccio.
«Hai bisogno di prove, Styles?»
Harry appoggiò i gomiti sul tavolo, ignorando del tutto Xander e scavalcandolo per sporgersi verso Louis.
«Sei disposto a fornirmele, Tomlinson?»
«Quando vuoi» rincarò Louis avvicinandoglisi.
«Domani?» 
Harry inclinò di poco la testa, accompagnando quella domanda con un respiro profondo che sembrò quasi voler rubare l'aria direttamente dalla sua bocca.
«Domani» confermò Louis, buttando fuori quella parola come per dare all'altro il permesso di prendersi tutto l'ossigeno che gli pareva.
Uno squillo deciso li fece sobbalzare entrambi.
Harry si tirò indietro e Louis si sfilò dalla tasca il telefono, il messaggio di Lottie che riluceva sullo schermo.
Ti devo parlare.













Author's corner ~
Buonasera! Ho un paio di cose da dire, ahem. Sì.
1. Sono praticamente certa che riceverò un premio per il mio leggendario ritardo. Scusate scusate scusate se vi ho fatto aspettare così tanto. (Se c'è qualcuno che ha aspettato? Uh. Beh, scusate lo stesso c.c)
2. Quando fondi una caffettiera è la fine. I tuoi parenti te lo rinfacciano ogni giorno della tua vita e, se per caso a una persona che t'interessa venisse la malsana idea di avvicinarsi ai tuoi amici, quella è la prima cosa che saprà di te. Eh. Carriera culinaria finita ancora prima di cominciare.
3. Non so dirvi quando pubblicherò il prossimo capitolo, ma ce l'ho già tutto in testa e spero di riuscirlo a metterlo su carta – beh, su pixel – al più presto. Grazie a tutti quelli che mi stanno ancora leggendo e niente, spero che questo piccolo capitolo vi sia piaciuto. <3

ps. Conchobar dovevo mettercelo. È stato un bisogno fisico. Ormai ho smesso di piangere per 'sta storia e ho cominciato a riderci sopra :'D

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Capitolo 4
*** We're a disaster ***


Quarto capitolo
We're a disaster






La cena, che era partita come una semplice scommessa ma si sarebbe rivelata una clamorosa vittoria con tanto di consacrazione di Louis a Masterchef d'Inghilterra, venne rimandata di un giorno. Poi di una settimana. Poi di due settimane.
Louis e Harry s'incrociavano solo sul pianerottolo, ormai, salutandosi e liquidandosi con dei frettolosi scusa, devo scappare a studiare – o peggio: scusa, devo scappare a studiare con Xander. Anche se era domenica sera. Sera tardi. Possibile che quel diamine di ragazzo non fosse in grado di leggersi un fottuto libro di letteratura inglese da solo?
Comunque Louis non ci pensò molto – anzi, non ci pensò affatto – perché aveva un esame di microbiologia che gli torreggiava sulla testa minacciando efficacemente la sua media scolastica e certamente non aveva tempo né voglia di mettersi ad immaginare cosa facessero quei due durante le pause dallo studio. Fu un caso che la matita gli si spezzò in mano quando gli balenò in mente l'immagine di Harry che recitava Shakespeare a quel coglione.
Le giornate di Louis si erano ridotte a libri, caffeina e rock 'n' roll. E sporadici episodi di stalking sul profilo Facebook di Xander Ritz. Beh, in realtà non lo stava stalkerando. Si stava solo assicurando che non fosse un pazzo maniaco con inclinazioni piromani che progettava di dar fuoco all'appartamento di Harry. Le fiamme avrebbero potuto propagarsi fin da Louis e ucciderlo. Ecco, stava soltanto tutelando se stesso. E Reginald Parsons.
Fu sempre per amore di se stesso e Reginald che Louis indugiò un po' troppo sul pianerottolo, il giorno del suo esame, a fissare la porta della casa di Harry da cui Xander era entrato la sera prima e dalla quale non era uscito. Forse. Probabilmente. Louis lo immaginava. Non poteva saperlo per certo perché ovviamente non era rimasto a ripassare sul divano per tutta la notte solo perché così avrebbe potuto accorgersi di quando Xander avesse smesso di ridere come una foca sotto LSD e se ne fosse andato.
Louis aggrottò le sopracciglia e riservò un'occhiataccia particolarmente risentita al pomello d'ottone, pensando a tutti i microrganismi che avrebbe voluto distruggere in quel momento. Cervello di Xander compreso.
Stava giusto concentrando tutta la propria forza mentale nel tentativo di far esplodere il ricordo di Xander prima che questi gli facesse esplodere la testa quando la porta si spalancò all'improvviso e Louis si ritrovò davanti un esemplare di Harry Styles coi capelli scompigliati e le palpebre appesantite dal sonno affiancato da un esemplare di Xander Ritz che sembrava appena uscito da una sessione di sesso selvaggio ed era ora intento ad abbottonarsi il cappotto scuro.
Un peso indefinito chiuse la bocca dello stomaco di Louis e lui si chiese se per caso il pesce del sushi che aveva ordinato la sera prima non fosse avariato.
«Hei!» esclamò Harry appena lo vide, le iridi verdi luminose che facevano a pugni con quella grigia e fredda mattina londinese.
«Come s-»
«Esame!» lo interruppe Louis, affondando le dita nella borsa a tracolla fino a farsi venire le nocche bianche. «Devo scappare.»
Senza proferire un'altra parola si fiondò giù per le scale, stringendosi la sciarpa blu al collo e reprimendo la voglia di vomitare.





Louis si accasciò contro il muro esterno dell'edificio scolastico, sentendo l'umidità di ogni singolo mattone perforargli la carne ed entrargli nella spina dorsale.
«'Fanculo» imprecò sottovoce.
Il telefono s'illuminò per un attimo e Louis diede un'occhiata allo schermo.
Da: Lottie
Se n'è andato.
Gettò la testa all'indietro, sbattendola contro la superficie dura con un tonfo, e si morse il labbro inferiore fino a sentire il sapore del sangue tra i denti.
Il cellulare gli vibrò in mano e Louis lo portò stizzito all'orecchio, accettando distrattamente la chiamata e sputando un Che cazzo c'è? molto poco amichevole alla cornetta.
«Ow, ehm. È un brutto momento, Tommo?»
La voce sorpresa e lievemente preoccupata di Liam lo fece sospirare. «No, Lì, scusami. Non ho passato l'esame.»
«Merda, amico, mi dispiace. Vuoi che annulliamo la festa? O magari ordiniamo qualche fusto in più di birra?»
Louis deglutì con non poca fatica – aveva un ammasso di lacrime bloccate in gola – e chiuse gli occhi. Cazzo, il party di Halloween. Se n'era completamente dimenticato.
«No, non me la sento di uscire stasera. E non voglio che tu e Zayn rinunciate alla festa – precisò prima che Liam potesse controbattere – possiamo sempre vederci domani. O quando vi sarete ripresi dalla sbronza e correrete da me a chiedermi cos'era quella cosa che avete sentito nei pantaloni quando vi siete svegliati l'uno sull'altro. Preferibilmente senza vomito di mezzo.» Abbozzò un sorriso a quell'ultima immagine mentale, ma Liam ignorò completamente la sua allusione.
«Sei sicuro? È solo una festa, preferisco stare co-»
«Liam,» lo interruppe, «m'incazzerò tantissimo se butterete all'aria settimane di preparativi per una serata all'insegna della depressione scolastica. Che probabilmente entro stasera mi sarà già passata.»
Liam restò in silenzio per qualche secondo e Louis si abbandonò completamente contro il muro.
«Okay. Ma se hai bisogno chiamaci subito.»
«Sissignore!» biascicò Louis sorridendo. «Buona sbronza e buona limonata, Payne.»
Liam aveva appena cominciato a ribattere quando Louis chiuse la chiamata. Poi si raddrizzò e cercò dentro di sé la forza per muovere le gambe e tornare a casa.





Louis dormì per tutto il pomeriggio e gran parte della sera e quando si svegliò si appuntò per la settima volta di ricordarsi di comprare la vodka. Era stato tentato di andare a prenderne un po' dalla festa di Liam e Zayn, ma ciò avrebbe comportato l'uscire di casa e il dover incontrare delle persone e in quel momento avrebbe preferito guardarsi mille puntate di Say yes to the dress su Real Time.
Era in procinto di addormentarsi di nuovo quando suonarono il campanello. Louis grugnì nel cuscino, deciso a lasciar andare via chiunque fosse, ma dall'altra parte della porta d'ingresso provenne una voce inconfondibile.
«Lou?»
Louis s'irrigidì fra le coperte per un attimo, prima di buttarsi giù dal letto con poca grazia e andare ad aprire.
«Come mi hai chiamato?» domandò, la voce arrochita dalle troppe ore di sonno.
Harry avvampò sulla soglia, esibendo un sorriso imbarazzato. «Ehm. Ti ho trovato un soprannome?»
«Aah, ne sono lusingato.» commentò ironico. «E cosa ci fai qui, Occultatore di Cadaveri?»
Harry non si scompose di un millimetro. «I ragazzi mi hanno detto dell'esame e che non saresti venuto alla festa.»
Louis alzò le sopracciglia, appoggiandosi allo stipite di legno. «I ragazzi? Siete in confidenza adesso?»
«Niall» rispose Harry grattandosi la testa. «A quanto pare negli ultimi giorni ha passato più tempo da loro a giocare a quei... cosi sugli zombie che a casa propria. Sembra che abbia addirittura saltato il corso di balli irlandesi per questo, quindi dev'essere una cosa seria.»
«Corso di balli irlande-» Louis s'interruppe, stringendosi la base del naso fra due dita. «No, non voglio saperne nulla. Entra.»
Si spostò di lato e Harry si fece strada nell'appartamento, salvo poi girarsi subito e decretare «Mi devi un pranzo. Beh, una cena.»
Louis rimase immobile, spiazzato, la maniglia ancora stretta in mano. «A-adesso?»
Harry scrollò le spalle, sganciando un sorriso a mille watt. «Perché no?»
«Perché sono le dieci di sera e ho il frigo vuoto, tanto per cominciare.»
«Beh,» controbatté il riccio senza che le sue labbra retrocedessero minimamente dalle guance, «io ho fame e qua vicino c'è un supermercato aperto ventiquattr'ore su ventiquattro.»
Louis sbuffò, ma si era già arreso quando Harry aveva sorriso.





«Chi diavolo me l'ha fatto fare» borbottò Louis per l'ennesima volta mentre un gruppo di ragazzini iperattivi lo sorpassava, sventolando teschi di plastica e facendo alzare di volume i rimproveri della cassiera.
«Io» gli ricordò Harry, raggiante alla vista di quelle bestiole pestifere che scorrazzavo per le strade pretendendo dolci e caramelle.
Louis alzò gli occhi al cielo e afferrò distrattamente un pacco sullo scaffale. Stava per farlo cadere nel carrello che Harry manovrava quando lesse il nome sulla confezione.
«Ehm, no, questi no» affermò rimettendo i Ritz al proprio posto. Poi si voltò e si avviò deciso in cerca della pasta.
«Louis?» lo chiamò Harry seguendolo. «Dimmi che non ti sei rifiutato di prenderli per quel motivo.»
«Eh? Quale motivo?» chiese innocentemente soppesando due pacchi di penne.
«Xander fa Ritz di cognome.» Il divertimento nella sua voce era palese.
«Ah, sul serio? Non lo sapevo.»
Harry inarcò un sopracciglio e incrociò le braccia, fissandolo mentre Louis sembrava del tutto attratto dai valori nutrizionali stampati sul retro del pacco.
«Mh. Com'è che li hai posati?»
Louis scrollò le spalle. «Troppi grassi.»
«E le Pringles non sono piene di grassi?»
«Un uomo dovrà pur concedersi uno sfizio di tanto in tanto» ribatté Louis prendendo entrambi i pacchi e riprendendo a vagare per le corsie. «L'importante è non eccedere. Ecco perché ho preso solo le Pringles, per un leggero tocco di colesterolo alla mia dieta.»
Harry si sporse in avanti occhieggiando agli alimenti nel carrello. «Leggero. Ne hai prese undici confezioni.»
«Beh?» sbottò Louis voltandosi a fronteggiare l'altro. «Quando ci sarà l'apocalisse zombie e io sarò l'unico ad avere delle scorte di cibo m'implorerai di dartene un po' e io ti ricorderò questa conversazione per poi lasciarti morire di stenti.»
«E se io facessi scorta di Ritz per l'apocalisse zombie?»
Louis s'imbronciò. «Non funziona così.»
«Ah, no? C'è una guida che ti dice cosa si può mangiare e cosa no durante la fine del mondo?»
«Esattamente. E se giocassi anche tu a quei cosi sugli zombie lo sapresti.»
Harry scosse la testa, divertito, e lo superò dirigendosi verso la cassa. Louis lo seguì, ma si fermò per un momento davanti allo scaffale dei superalcolici. Li studiò velocemente, cercando nelle etichette colorate una soluzione ai propri problemi. Poi Harry lo chiamò e Louis impose alle sue gambe di smettere di tremare, prese un respiro profondo e raggiunse l'altro a mani vuote.





«Mi dai una mano?» domandò Louis, la voce attutita dal lenzuolo arrotolato che teneva fra le braccia.
Harry annuì e sorrise – come se avesse notato qualcosa di estremamente adorabile nella tragica immagine di Louis che gli camminava incontro cercando di non inciampare. Poi afferrò un'estremità del telo azzurro, inspirando il profumo del sugo all'amatriciana che stava cuocendo sui fornelli e impregnava tutto l'appartamento arrivando fin lì, in camera da letto.
«Tutto questo mi sta facendo venire voglia di mangiare un chilo di pasta e poi dormire per dodici ore filate» affermò Harry piegando il lenzuolo in due.
«Qualcuno ha fatto le ore piccole stanotte?» lo punzecchiò Louis con un peso nello stomaco alquanto familiare.
«Decisamente. Io e Xander ci siamo addormentati sul divano alle due e un quarto dopo una sessione di studio allucinante.»
Louis s'irrigidì, il cuore che batteva all'impazzata. Davvero non era successo altro?
Mosse un paio di passi in avanti, guardando Harry fare altrettanto. Quando furono uno davanti all'altro unirono le due estremità del telo. Poi lo lasciarono andare entrambi nello stesso momento.
«Ow, scusa!» esclamò Harry ridendo e abbassandosi sulle ginocchia. «Pensavo l'avresti preso tu.»
«Io pensavo che l'avresti preso tu» rispose Louis fra le risate, seguendo Harry e afferrando il lenzuolo. Alzò la testa troppo velocemente e andò a sbattere contro quella di Harry, che era più vicino di quanto immaginasse. «Siamo un disastro» decretò Louis.
Harry annuì, ma non si mosse di un millimetro. Rimase semplicemente lì, accovacciato davanti al suo viso, una mano appoggiata al pavimento e l'altra che stringeva il telo. «Decisamente» sussurrò, facendo vagare lo sguardo sul volto dell'altro e poi scegliendo le labbra come punto di arrivo.
Louis prese un respiro profondo e inspirò l'odore di gerani e lavanda e – strabuzzò gli occhi, scattando in piedi e fiondandosi in cucina.
Quando Harry lo raggiunse e si sporse da sopra la sua spalla per guardare nella padella, Louis era già nel bel mezzo della propria orazione mentale colma di insulti e vittimismo rivolto a qualunque divinità fosse in ascolto.
«È bruciato?»
«Abbronzato» rispose Louis con fare da professionista. «È una tecnica culinaria rinomatissima. So che non sei un esperto in queste cose, ma posso assicurarti che si trova in diversi libri di Gordon Ramsay, Jamie Oliver e anche dell'illustrissi- sì è bruciato.»
Sentì Harry, dietro di lui, soffocare una risata. «Pizza?»
Louis gemette, gettando la testa all'indietro contro il petto dell'altro. «Ti prego.»
Un'ora dopo erano entrambi seduti a gambe incrociate sul tappeto con un joystick in mano e lo stomaco pieno.
«Non è possibile» ripeté Louis per la centesima volta mentre Harry lo uccideva di nuovo. «La fortuna del principiante sta esagerando.»
Harry si limitò a ridere e continuò a far fuori zombie come se fossero stati fiorellini in un campo di primule. «Louis?» lo chiamò poi, mordendosi il labbro inferiore nella concentrazione.
«Mh?»
«Dov'è che parla dei Ritz e delle Pringles?»
Louis si paralizzò e il suo alter-ego nel videogioco venne miserabilmente distrutto. «Ricordami quante vite hai, Styles.»
Harry sorrise compiaciuto, raddrizzandosi a testa alta. «Tre. Tu zero.»
Louis si voltò a guardarlo, mettendo da parte il joystick. «No. Quante vite reali hai.» E gli si avventò addosso.
Harry emise un verso stridulo mentre veniva placcato e la sua schiena sbatteva contro il pavimento, ma il sorriso non lo lasciò neanche per un attimo.
Louis si mise a cavalcioni del suo bacino e si abbassò sul viso dell'altro, tenendosi in equilibrio con le mani appoggiate ai lati della testa di Harry. «Chi è che vince adesso?»
Harry si sporse in avanti, il corpo costretto a terra e il volto libero da qualsiasi peso, e mormorò a un soffio dalle labbra di Louis: «Sempre io.» Poi spinse contro il suo sterno e capovolse velocemente le posizioni, gettando Louis al suolo in un groviglio di gambe e imprecazioni e respiri strozzati.
Rimasero fermi a guardarsi, ansimanti, per una manciata di secondi, finché Louis non gettò il capo all'indietro e disse, semplicemente, «Mio padre se n'è andato di casa.»
Harry s'irrigidì sopra di lui.
«Tradiva mamma da un bel po' di tempo, a quanto pare. Adesso si è stufato anche di noi.» Chiuse gli occhi, combattendo contro le lacrime che stavano velocemente sgomitando per raggiungere la superficie. «Domani parto per Doncaster.»
Sentì Harry tremare leggermente e poi abbassarsi fino a pesargli su tutti i muscoli e appoggiare la testa sulla sua spalla. Allacciò le braccia al suo corpo e strinse, strinse, tenendo insieme i pezzi.
Louis guardò l'altro ragazzo e, lentamente, infilò una mano tra quei capelli scompigliati, accarezzandoli come se stesse accarezzando il proprio cuore, i propri vasi sanguigni, i propri sentimenti. Andò avanti così finché le ciocche di Harry non furono ancora più scompigliate, dei microcasini che gli scivolavano tra le falangi.
Louis si permise di pensare che i disastri gli erano sempre piaciuti.











Author's corner ~
Sono passati secoli, lo so. E sono stati secoli alquanto pessimi, per me. Ho ripreso a scrivere questa storia solo ieri, d'istinto, e per la prima volta dopo mesi mi sono sentita bene davvero.
Spero ci sia qualcuno che abbia ancora voglia di leggerla, perché io ho tanta voglia di continuarla.
Vi mando tante scuse e tanto amore ♥

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Capitolo 5
*** Toothbrushes ***


Quinto capitolo
Toothbrushes








«Hai un aspetto orribile» decretò Louis con un sorriso divertito.
Zayn si limitò a riservargli una smorfia e un grugnito, continuando a massaggiarsi le tempie e cercando con quella che pareva una fatica erculea di proseguire in linea retta. Liam, al suo fianco, non sembrava messo tanto meglio.
«Non era necessario che veniste fin qui» aggiunse Louis, per poi lasciare per un attimo il bagaglio a terra e spostare entrambi i ragazzi verso il centro del binario nove, evitando che piombassero sulle rotaie. Quella era l'ultima catastrofe che gli serviva, sinceramente.
«Stiamo bene» assicurò Liam annuendo e dimenticandosi di smettere. Al suo ennesimo cenno del capo, una risata soffocata provenne da qualcuno che stava camminando dietro di loro.
«Tu taci» lo ammonì Louis girandosi per un istante. «Se non avessi detto a Niall della mia partenza questi due sarebbero ancora stravaccati sul divano a dormire e molestarsi a vicenda.»
«Io l'ho solo informato!» si difese Harry con un tono che tradiva un certo divertimento.
«Infatti è colpa di tutti e due» precisò Louis. «Con l'unica differenza che l'infame se n'è restato a casa a ronfare.»
A quella frase Zayn si bloccò, strabuzzò gli occhi e si girò verso Liam. «Era sul tappeto
Liam lo guardò per diversi secondi senza proferire parola, ancora annuendo a vuoto, poi sembrò illuminarsi e si portò teatralmente una mano alla bocca. «Lurido babbano
Louis sospirò, osservando il proprio treno avvicinarsi e chiedendosi per quale diamine di motivo i due ragazzi si fossero fatti persuadere ad essere trascinati fino in stazione alle otto e mezza di mattina con una sbronza in piena regola in corso. Poi si diede una risposta e il nodo che sentiva nella gola da un paio d'ore si allentò un po'.
«Capite?» domandò Liam, lo sguardo che rimbalzava tra Louis e Harry.
«Ehm, non proprio» ammise quest'ultimo.
«Era sul tappeto, l'irlandese – calcò la parola con forza, come se fosse un insulto ben peggiore del babbano di prima – e ci scommetto mia nonna che ora è sul divano! Zayn, dobbiamo muoverci. Quando arriva questo treno?»
Louis cercò di trattenere le risate. «È già qui, Liam, va tutto bene. Tornate a casa, okay? Buttate Niall per terra e fatevi una bella dormita. Non sareste neanche dovuti venire.»
Al ché Zayn drizzò la schiena e assunse un'espressione risoluta che in quel momento di particolare annebbiamento non sortì l'effetto voluto. «Era nostro compito» annunciò. Poi, con tutta la nonchalance del mondo, si sporse verso Louis e gli lasciò un bacio a stampo sulle labbra. Prima che Louis potesse reagire Liam gliene diede un altro, imitando Zayn e aggiungendo un «Buon viaggio, Tommo.»
Harry li guardava, rigido, e Louis si sentì qualcosa di strano nel petto.
«Allora ci vediamo fra qualche giorno» mormorò il riccio.
Louis annuì in modo meccanico, il pilota automatico che prendeva le redini del suo cervello. «Prenditi cura di loro.» Fece un cenno in direzione di Zayn e Liam, che stavano avendo una discussione parecchio accesa sul bacio che avevano appena dato a Louis e le sue proprietà transitive. «Lo hai baciato subito dopo di me, quindi significa che hai baciato anche me! E io non ero presente!» sbraitò Zayn attirando occhiate stranite da non pochi passanti.
Harry si fece scappare un sorriso. «Lo farò» rispose.
Louis caricò la valigia sul vagone e sporse il busto fuori. «Grazie, Haz.»
Harry inarcò un sopracciglio, cominciando ad indietreggiare mentre l'altoparlante avvertiva i passeggeri dell'imminente partenza.
«Haz?» chiese, sorridendo.
Louis scrollò le spalle. «Ti ho trovato un soprannome.»
«Ne sono lusingato» rilanciò Harry ripetendo le parole di Louis della sera prima.
Louis sorrise, un sorriso stanco e un po' terrorizzato, ma sincero.
Si tirò indietro, afferrando il bagaglio e cercando un posto accanto al finestrino. Fuori, i mattoni scuri di King's Cross cominciarono a muoversi sempre più velocemente, seguiti poi dagli edifici del centro, dalle casette periferiche coi giardini recintati e le porte colorate e, infine, dalla campagna inglese.
Dopo circa un'ora di viaggio Louis rinunciò a cercare di calmarsi e dormire e tirò fuori il cellulare. Cambiò canzone, optando per Good Riddance dei Green Day, e aprì Twitter. Scrollò per un po' la home finché non trovò qualcosa che gli stampò un sorriso ebete in faccia.
Harry_Styles ha twittato:
Adesso che il mio vicino di casa è fuori dai piedi posso finalmente dare una festa.
Col sorriso ancora completamente integro e qualche sguardo curioso addosso, Louis rispose alla frecciatina di Harry.
@Harry_Styles ti dai alle trasgressioni? cambi posto ai gerani ascoltando janis joplin?
Neanche un paio di minuti dopo, il telefono tremò nelle mani di Louis, segnalando una notifica.
Harry_Styles ti ha menzionato in un tweet:
@Louis_Tomlinson Pensavo più a fiumi di birra e spogliarellisti ;)
Louis si fece scappare una risata, guadagnandosi un'espressione turbata dall'anziana signora che gli sedeva di fronte e probabilmente anche una preghiera per la sua sanità mentale.
@Harry_Styles ho creato un mostro
La seconda notifica arrivò decisamente in fretta; Louis l'aprì e sentì gli zigomi andargli a fuoco. Si morse il labbro inferiore, nel debole tentativo di sopprimere il patetico sorriso emozionato che gli stava tirando insistentemente gli angoli delle labbra. Si diede dell'idiota e si chiese cosa diamine ci fosse di sbagliato in lui – e nella signora che adesso lo osservava come se stesse cercando di capire su quale punto del suo viso dovesse gettare l'acqua santa.
Nello schermo del cellulare di Louis era ancora aperto il tweet di Niall:
@Harry_Styles e @Louis_Tomlinson Sposatevi e basta !! :D






Louis arrivò alla stazione di Doncaster e il freddo di novembre gli s'insinuò sotto il cappotto nero, facendolo tremare fin nelle ossa.
Quando sua madre lo prese fra le braccia, cercando di rimettere insieme i pezzi, tremava ancora. Tremava anche lei. E le sue quattro sorelle minori.
Tornarono a casa in silenzio, quel terremoto familiare che toglieva loro il fiato. Mancava solo suo padre, ch'era il baricentro.






Non era cambiato niente, nella camera di Louis. Era ancora tutto come l'aveva lasciato. I poster, i libri del liceo, i biglietti degli eventi a cui era stato, le pareti azzurro chiaro.
La prima sensazione che lo colpì in pieno fu la nostalgia, nostalgia delle feste, delle nottate passate a suonare, delle ferite agli avambracci quando si calava giù dalla finestra con Liam e Zayn che lo aspettavano sotto, sorridenti e pronti a mostrargli il nuovo piercing, il nuovo tatuaggio, il nuovo sogno fuori di testa da sparare a razzo fuori da quel cassetto.
Poi arrivò la rabbia, la crepa accanto alla scrivania che non era ancora stata riparata, che non sarebbe mai stata riparata, suo padre che lo derideva, che gli chiedeva quando a una delle sue feste si sarebbe deciso a scoparsi una ragazza, che gli incrinava le ossa, che lo guardava prendere le sue stesse abitudini – bottiglia quasi vuota in mano e rivoli di vodka che gli tracciavano sentieri sulle labbra – e sorrideva.
Nella stanza mancava la tastiera. Era in pezzi anche quella, anche se in una casa diversa. Mark Tomlinson riusciva a portarsi dietro le sue catastrofi dovunque andava.
Louis fece un respiro profondo, col cuore che gli batteva all'impazzata e la voglia di rompere qualcosa, qualunque cosa.
Andò in bagno di corsa e si gettò dell'acqua gelida in faccia, sperando che gli cambiasse le molecole, che si facesse strada tra le sue fitte di dolore e lo facesse respirare. Non successe, ovviamente.
Louis si asciugò il viso e lo sguardo gli cadde sulla mensola di vetro davanti allo specchio. Non aveva aperto la valigia, ma su quella mensola c'erano sei spazzolini. Quello di sua madre, verde come i quadrifogli che trovava sempre dappertutto, quelli delle sue sorelle, e quello del fantasma di suo padre. Era ancora lì, lui, in bagno e nella crepa in camera di Louis e in salotto e in cucina e nel soggiorno e nelle righe nere fra le piastrelle, era ovunque.
Louis si sedette sul bordo della vasca e si prese la testa fra le mani, stringendosi i capelli fra le dita fino a farsi male.
La vibrazione del cellulare lo prese alla sprovvista e per poco non lo fece cadere. Louis lo sbloccò e vide che aveva un nuovo messaggio da un numero sconosciuto.
Zayn e Liam stanno bene, li sto riempendo di tè specifico per il post-sbornia. Niall si è fatto perdonare per aver dormito tutta la mattina sul divano. Sta ancora pulendo. È tutto silenzioso senza di te, quasi quasi mi manchi.
- H.
Louis si permise di sorridere, leggermente, trattenendo il fiato, come se avesse paura che quel gesto potesse romperglisi sulle guance nel tragitto. S'infranse, appunto, finendo in un vicolo cieco di carne e non riuscendo a raggiungergli le pupille.
Si prese un attimo per godersi il pensiero di Harry che chiedeva il suo numero, di Harry che preparava il tè ai suoi amici, di Harry che scriveva che gli mancava Louis. Poi spense il telefono e uscì dal bagno, scese le scale e si fermò poco prima di entrare in sala.
Erano tutte lì, le donne di casa: le gemelle e Fizzy sul divano, Lottie e Johannah sulle due poltrone scure.
Louis si soffermò a guardare sua madre, il modo in cui appoggiava i polpastrelli ai braccioli, il modo in cui scostava i capelli castani, il modo in cui i suoi occhi verdi sembravano più cupi, come i campi dello Yorkshire sotto le nubi, dopo i temporali.
La guardò per un tempo che parve infinito, le lacrime che gli bruciavano le cornee, e pensò a suo padre, gli disse mentalmente povero cretino, avevi un quadrifoglio e te ne sei andato per un trifoglio qualunque.






I giorni seguenti furono un susseguirsi di progetti per un futuro che sembrava impossibile da raggiungere, scatti d'ira, conversazioni con l'avvocato, cioccolate calde e abbracci da spaccare le costole e rimetterle insieme. E pianti violenti, esplosioni di singhiozzi e implosioni di sentimenti.
Louis buttò lo spazzolino di suo padre nell'immondizia, tolse le sue foto dalle cornici e le gettò via, staccò i suoi magneti dal frigo e li spezzò con una rabbia che aveva pensato potesse appartenere solo alla propria adolescenza. Non era così, a quanto pareva.
Rispose a Harry, un misero Potreste mancarmi anche voi, e poi lasciò il telefono sulla scrivania, a prendersi la polvere, l'umidità che penetrava in casa mentre fuori pioveva e le macerie di una famiglia distrutta.
«Spero che tu sia migliorato in cucina» disse una sera Johannah appoggiando lo sfornato di carne sul tavolo e aprendosi in un sorriso precario, un tentativo di sorriso, come tutti quelli che si allenavano a lanciarsi durante il giorno per riabituare il volto, per imparare di nuovo.
«Ero già bravo» rispose Louis facendo alzare cinque paia di occhi al cielo. «E ho un vicino di casa particolarmente dotato. Probabilmente saprebbe cucinare un'Apple Pie anche nel sonno.»
Lottie inarcò le sopracciglia, un'espressione divertita stampata in faccia. «E com'è che si chiama, questo ragazzo particolarmente dotato
Louis avvampò, ingoiando il boccone rumorosamente e poi schiarendosi la gola. «Harry.»
«Harry» ripeté Lottie. «E in cos'altro sarebbe dotato questo Har-»
«Lottie!» l'ammonì Johannah, ma stava sorridendo anche lei. «Come stanno Liam e Zayn?» domandò, e Louis la ringraziò mentalmente perché se non avessero cambiato argomento probabilmente sarebbe morto per autocombustione lì sul tavolo.
«Bene, ma non hanno ancora realizzato di desiderare la prole dell'altro, sono piuttosto lenti.»
In casa Tomlinson proruppero risate genuine, risate da A+, risate che erano mancate talmente tanto da fare male.
Dopo cena, prima di andare a dormire, Johannah si soffermò in camera di suo figlio. «Torna domani sera a Londra, Lou.»
«Avevamo detto dopodomani» ribatté Louis.
«È tutto a posto,» lo rassicurò Johannah. «Dopodomani finiranno le vacanze e le ragazze torneranno a scuola. L'avvocato verrà a darmi le carte per il divorzio e non avremo nemmeno il tempo di salutarti come si deve.»
Louis rimase in silenzio, la fronte corrugata per la preoccupazione di doverle già lasciare andare, così presto, dopo troppo poco tempo.
«Andrà tutto bene, possiamo sempre vederci su Skype. E fra meno di due mesi c'è il tuo compleanno. E le vacanze di Natale.»
Louis annuì, alzandosi dal letto su cui era seduto e stringendo sua madre in un abbraccio. Sentì le lacrime di lei colargli addosso e impregnargli i capelli. «Mi siete mancate tanto.»
Johannah gli lasciò un bacio sulla testa, un gesto semplicissimo, un arricciamento di labbra ch'era mille volte più indelebile di quella crepa nel muro.
«Anche tu» mormorò.






Louis entrò in casa cercando di fare il minimo rumore.
Non era così tardi, ma conoscendo Harry e le sue folli sessioni di studio a quell'ora era quasi sicuramente già bello che addormentato.
Louis si chiuse la porta alle spalle, appoggiò delicatamente la valigia sul pavimento e allungò una mano verso l'interruttore.
Un suono inconfondibile lo bloccò sul posto, le dita a mezz'aria e il cuore che minacciava di spaccargli la gabbia toracica. Chiuse gli occhi e deglutì a vuoto, cercando di convincersi che fosse tutto frutto della propria immaginazione, un sogno, un incubo. Basta, si disse, non ne posso più di stare male.
Dall'altra parte della parete provenne un altro gemito, più forte. Poi, un colpo che Louis riconobbe come il leggero sbattere della testiera di legno contro il muro.
Si avvicinò al punto della parete da cui era scaturito il rumore secco e vi appoggiò le mani tremanti, pensando freneticamente non con Xander, ti prego, non con Xander.
Harry ansimò in modo pesante e all'improvviso Louis realizzò una cosa che per poco non gli spezzò le ginocchia: Harry era solo, in quella stanza.
Si voltò fino a schiacciare la schiena contro il muro, gli occhi sbarrati, e percepì tutto lo stress, la tensione e il nervosismo accumulati in quei giorni cominciare a trasformarsi in qualcos'altro. Le terminazioni nervose si scossero, come risvegliate da un'emozione nuova, viva, feroce.
Con una mano spalancata sulla parete, in bilico nell'elettricità che lo sconquassava, Louis si fece scivolare le dita sull'addome e poi precipitò giù, in picchiata, un salto nel vuoto e immediatamente dopo un piacere tale da inchiodarlo sul posto.
La sua bocca si aprì automaticamente, ma Louis si fece violenza per non emettere alcun suono, si strozzò mentalmente mentre avrebbe soltanto voluto urlare. Poi però si congratulò con se stesso, perché nel silenzio più assoluto riverberò un gemito gutturale di Harry che non avrebbe mai dimenticato.
Continuò ad accarezzarsi per alcuni istanti e gettò la testa indietro, appoggiandola al muro e fronteggiando ad occhi lucidi il soffitto scuro, nascosto nel buio.
Fu in quel momento che la testiera colpì di nuovo la parete e Louis se la sentì spingere contro le scapole, contro le ossa, si sentì Harry spingergli addosso, spingergli dentro.
Louis venne con un singulto e Harry, dall'altra parte, fece lo stesso, concedendosi però un mugolio prolungato che Louis avrebbe voluto imbottigliare e tenersi in tasca per sempre.
Rimase immobile per minuti interi, incapace di muoversi, cercando di tornare a respirare regolarmente.
E poi gli venne da piangere e non seppe perché, almeno finché una vocina nella sua testa – che somigliava parecchio a quella di suo padre – non gli suggerì che Harry era un quadrifoglio. E Louis un trifoglio qualunque.













Author's corner ~
Spero di non essere proprio in ritardissimo con quest'aggiornamento, sto facendo del mio meglio c.c Twentyeight invece è in stallo da ere geologiche ormai e vi chiedo scusa, ma giuro che sto cercando di continuare anche quella.
Vorrei dire solo un paio di cose su questo capitolo:
1. Lou che ascolta i Green Day è il mio punto debole. Il fatto che abbiamo le stesse band preferite mi uccide sempre. (E le stesse orribili Converse di American Idiot, siamo patetici.)
2. Fino a un po' di tempo fa ero convinta che le storie in cui un genitore violento prende e abbandona la famiglia fossero, non so, scontate. Purtroppo, a causa di motivi personali, mi sono resa conto che un dolore del genere non è mai scontato, o banale, o già visto e sentito. Perciò sì, ecco, ho voluto inserire anche questo nella fanfiction. Si sa che tendiamo a scrivere delle cose che ci fanno più male e io non faccio eccezione.
Spero che questo capitolo un po' malinconico (e un po' porno, ehm) vi sia piaciuto, vi mando tanti biscotti al cioccolato e tanto amore 
♥️


ps: dedico quell'ultima scena alle mie Minskes, perché ne avevo parlato loro a Venezia e dopo tutto questo tempo sono finalmente riuscita a scriverla. Colgo l'occasione per ringraziarle di tutto quanto; sono stupende e mi hanno regalato dei momenti indimenticabili.
ps2: la mancanza di Reginald Parsons in questo capitolo mi distrugge.

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