Feeling - Dartin Week 2016

di EvelynJaneWolfman
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Friendship ***
Capitolo 2: *** Embarassment ***
Capitolo 3: *** Engage ***



Capitolo 1
*** Friendship ***


               **Friendship**

— Non posso credere che M.O.M abbia mandato all'aria la nostra ben meritata vacanza per uno stupido ed innocuo libro!— Si lamentò Martin, cosa alquanto insolita da parte sua, sempre pronto a scovare sovrannaturale anche dove non c'era.

— Mi meraviglio di sentire queste parole, di solito anche le cose più stupide nascondono chissà quali misteri per te.— Gli fece notare Diana. Anche a lei non andava giù che la loro vacanza fosse stata interrotta proprio sul più bello.

Lei e l'amico si erano concessi una lussosa vacanza alle Hawaii, pagata ovviamente con i soldi guadagnati dalle loro missioni e che stavano mettendo da parte per l'università. Al ricordo della settimana trascorsa troppo in fretta, Diana non poteva di certo dirsi pentita di averli spesi, quei soldi.
Sette giorni in compagnia del suo migliore amico, a condividere la stessa stanza d'albergo perché tutte occupate, a dormire nello stesso letto –con sommo stupore del ragazzo, che più volte le aveva chiesto se non preferisse farlo dormire sul divano–.
All'inizio, si era maledetta per quella decisione dettata dall'impulso, avere il corpo caldo di Martin accanto al suo era stata una tortura e un piacere allo stesso tempo.
Da quando si era scoperta innamorata di lui, non riusciva a tenere a freno l'impulso di toccarlo, guardarlo o fantasticare su di lui. E in quei giorni aveva avuto molto su cui fantasticare, visto che il biondo se ne andava in giro coperto solo dal costume da bagno.

Arrossì al solo ricordare i pensieri che le avevano attraversato la mente, ricordandosi che tra loro c'era solo amicizia e nulla sarebbe mai cambiato. Ignorò la stilettata al cuore a quel pensiero e rivolse lo sguardo fuori dal finestrino del fuoristrada, ammirando il verde brillante della campagna irlandese, sperando di allontanare dal cuore il senso di oppressione e desolazione che l'aveva colta all'improvviso.

Non avrebbe mai dovuto innamorarsi di lui, anche se sapeva di non avere colpe perché era successo e basta, ma non poteva lasciare che quei sentimenti emergessero. Sapeva che il ragazzo immusonito che le stava accanto non provava lo stesso per lei e mai lo avrebbe messo in una situazione difficile come quella di ritrovarsi un'amica d'infanzia innamorata. Conoscendo Martin, avrebbe fatto di tutto per non farla soffrire e alla fine la loro amicizia sarebbe andata perduta.

Amicizia. Come le dava fastidio quella parola ormai, perché sapeva di non riuscire più ad accontentarsi di quello.

Ah, ma dovrai farlo, cara mia!, le ricordò la voce autoritaria della sua coscienza, tornata anche lei dalle vacanze.
Ed aveva ragione, doveva farsela bastare, era pur sempre meglio di niente e prima o poi la sua infatuazione –perché rifiutava di pensare di essere già perdutamente innamorata di lui– sarebbe scomparsa. Almeno pregava fosse così.

— È vero, di solito vedo stranezze ovunque, ma hai visto anche tu la foto di quel libro e non potrebbe essere più innocuo.— Le rispose finalmente lui, senza staccare lo sguardo dalla strada e continuando a tenere sul volto quell'espressione imbronciata che la fece intenerire.

— Guarda il lato positivo, Martin— iniziò, posando la mano sul suo braccio contratto dall'irritazione. — Se è innocuo, vuol dire che finiremo in fretta questa missione e torneremo alla nostra vacanza.—

Con somma gioia, lo vide rilassarsi e perdere quell'espressione così contraria ed il suo cuore perse mille battiti quando lui si voltò verso di lei e le regalò un dolce sorriso, uno spettacolo così raro sulle sue labbra.

— Hai ragione, Dì. Prima portiamo a termire questa missione e prima ci ritroveremo di nuovo a prendere il sole su quella bellissima spiaggia bianca.— Allontanò una mano dal volante per posarla su quella di lei, ancora ancorata al suo braccio, accarezzandola per un secondo così veloce che credette di aver immaginato tutto.

Staccò la mano dal suo braccio come scottata, e se la portò in grembo, imponendosi di non illudersi troppo. Quei suoi gesti dolci e così insoliti, erano dettati solamente dalla gratitudine nei suoi confronti per aver cercato di tirarlo su. Con ottimi risultati, tra l'altro.

Per tutto il resto del viaggio, evitò di parlare o di alzare il capo dai propri piedi, sicura di non riuscire a fermare le sue mani che formicolavano traditrici dalla voglia di toccare la figura che le stava accanto. E quando arrivarono alla vecchia biblioteca che custodiva il libro, tirò un sospiro di sollievo; almeno per quel momento il suo calvario era terminato.
Solo il tempo di recuperare l'oggetto e rimettersi in viaggio però, poi tutto sarebbe ricominciato e sicuramente si sarebbe messa a sniffare l'odore di Martin come un'idiota, ci scommetteva. Anche perché l'aveva fatto per tutta la settimana passata in vacanza.

— Siamo arrivati.— Sospirò sollevato l'amico, scendendo in fretta dall'abitacolo come se avesse un cerbero alle calcagna.

In un primo momento, pensò che forse era meglio aspettare il suo ritorno in macchina, tanto doveva solo prendere il libro e non ci avrebbe messo molto, ma qualcosa la spinse a seguirlo. Aprì di fretta la portiera e gli gridò di aspettarla, affrettandosi a raggiungerlo.

Lui l'attese, con sua somma sorpresa, e la fissò in modo strano. — Potevi aspettarmi anche in macchina, Dì, non ci avrei messo molto.

— Lo so, ma non riuscivo a restarmene nel fuoristrada da sola, e poi lo sai che amo le biblioteche.— Lo superò, sperando che quel suo gesto non gli sembrasse troppo insolito.

— Sai cosa penso io?— Lui la raggiunse in fretta, con un sorrisino di sfida sul volto e lei capì che avrebbe sparato una della sua solite stupidaggini. — Io penso che se questa fosse stata una missione davvero pericolosa, come le altre, tu saresti stata più che felice di rimanere in auto.— La prese in giro lui, ridacchiando.

Purtroppo, quel commento non la divertì nemmeno un po' anzi, la ferì in un modo atroce. Eppure, non era la prima volta che le dava della paurosa ed infondo lo era, ma mai se ne sarebbe stata in macchina sapendolo in pericolo. Avrebbe preferito farsi inghiottire da un mostro marino piuttosto.

— Quindi è questo che pensi di me? Che sia una codarda pronta a lasciare un suo amico da solo mentre rischia la vita?— Non riuscì ad evitare che la sua voce tradisse tutto il dolore che provava e lo vide sgranare gli occhi sorpreso mentre un lampo di rimorso li attraversava.

— Dì, io non…— Alzò una mano per interromperlo e lo superò velocemente, desiderando rifugiarsi in un luogo tranquillo e solitario, dove avrebbe potuto sfogare tutto ciò che provava prima di riaffrontarlo, ma per ora non poteva.

— Prendiamo quel libro e andiamocene, voglio ritornare alla mia vacanza.— Asserì fredda, o almeno sperava di essere riuscita a sembrare fredda.

Entrarono nell'edificio, trovandolo ancora più mal messo di come appariva fuori e, cosa più insolita, completamente deserto.

— C'è nessuno?— Urlò Martin, ma non ricevette altra risposta se non quella del suo eco che rieccheggiò tra le pareti ammuffite e cadenti.

— A quanto pare no.— Commentò inquieta, addentrandosi tra gli scaffali in cerca del libro.

— Stai attenta, Diana, non mi piace l'aria che tira qui.— L'avvertì il biondo, guardandosi intorno con circospezione.

— Stai tranquillo, scapperò non appena sentirò un rumore sospetto, tanto è quello che so fare meglio.— Commentò con cinica ironia, facendolo rabbuiare.

— Diana…— Commentò lui con la voce carica di rimorso, intaccando la sua barriera di rabbia e tristezza.

Maledizione! Non poteva essere così debole da ammorbidirsi solo al sentir pronunciare il suo nome in quel modo!

Ignorandolo, continuò la sua ricerca del libro, senza successo. Si diede della stupida, doveva pur ricordarsi che il libro poteva rivelarsi tutt'altro che innocuo, come invece aveva sospettato Martin dall'inizio, e di conseguenza non l'avrebbero riposto in bella mostra con gli altri libri.

Sbuffando contrariata, riemerse dagli scaffali impolveriti, desiderando poter uscire fuori e respirare aria fresca e non quel pesante ed opprimente puzza di muffa. Cercò Martin nel punto in cui i suoi occhi l'avevano visto l'ultima volta, ma di lui non c'era più traccia, continuò a cercarlo con lo sguardo senza mai incontrare la figura dell'amico.

— Martin? Martin, dove sei?— Lo chiamò a gran voce, impaurita e preoccupata. Dove si era cacciato quello stupido sconsiderato? E cosa doveva o poteva fare lei? Non disponeva di un U-watch e non poteva chiedere aiuto senza quello, perché Mom ne aveva dato uno solo a Martin?!

— Diana, l'ho trovato.

La ragazza sobbalzò alla familiare voce dell'amico e si voltò, vedendolo emergere da una porta che non aveva visto in precedenza, in mano stringeva il vecchio libro consumato che cercavano e sembrava sano come quando l'aveva lasciato.

Il sollievo provato all'inizio, venne travolto dall'ira causata dalla preoccupazione.
— Dove diamine eri?!— Tuonò raggiungendolo. — Hai idea di come mi sia preoccupata non vedendoti più in giro?— Strinse i pugni per evitare di far schiantare uno schiaffo su quel bel viso che ora la fissava preoccupato.

— Calmati, Diana, avevo notato quella porta laggiù e sono entrato a controllare. Dava ad un vecchio studio impolverito ed il libro si trovava sulla scrivania.— Le raccontò lui, palesemente sorpreso della sua reazione.

Sospirando sonoramente, Diana cercò di calmarsi e di pensare lucidamente.
— Dunque—, iniziò. — Questo posto è deserto e fatiscente, il libro non si trovava con gli altri negli scaffali ma in uno studio nascosto quasi strategicamente, ho capito bene?—

Martin annuì, improvvisamente pensieroso.
— Effettivamente, la cosa è abbastanza sospetta.— Il ragazzo lanciò uno sguardo curioso al libro e lo aprì, iniziando a sfogliarlo.
— Diana? Credo che questo dovresti proprio guardarlo.— Commentò il ragazzo.

Incuriosita, si avvicinò a lui e lanciò uno sguardo alle pagine del libro. — È completamente bianco!— Esclamò sorpresa.

— Tranne la prima pagina.— Il biondo sfogliò il libro fino alla prima pagina su cui sopra vi era impresso uno strano simbolo.

— È il simbolo dei quattro cuori.— Gli disse, riconoscendolo subito.
— Vedi che ci sonoquattro cuori nel disegno? È un simbolo che protegge l’amore dal male. È composto da due linee separate che intrecciano l’amore nelle stagioni della vita.—

— Bene, questo libro non è innocuo come pensavo all'inizio.— Commentò sarcastico il ragazzo.
— Questo vuol dire che la nostra missione non è ancora finita e che dobbiamo ancora aspettarci il peggio. Certo che Mom poteva anche dirci di più su questo manoscritto anzi, non scritto.—

— Martin, non mi sembra il momento di fare battute da quattro soldi, dobbiamo restare in allerta o darcela a gambe subito, visto che abbiamo il libro.— Lo rimproverò, sperando con tutta se stessa che decidesse di andarsene e non di aspettare l'apparizione di un qualcosa.

— Giusto. Credo che sia più saggio andarcene subito, per quanto mi incuriosisca sapere quale creatura potrebbe uscire fuori all'improvviso, preferisco di più tornare alla vacanza.— Disse lui, facendola sospirare di sollievo, completamente d'accordo con lui. Anche lei voleva ritornare alla sua vacanza e dimenticarsi di edifici fatiscenti e dell'odore di muffa.

Si avviarono verso l'uscita, quando una strana creatura metà umana e metà uccello comparve dinanzi alla porta, freddando immediatamente la loro fuga.

—Ecco, era proprio il genere di cose che volevo evitare!— Gracchiò Diana, completamente pervasa dalla paura.

— Effettivamente, per quanto strana e rara, nemmeno io sono più contento di trovarmi questa creatura davanti.— Concordò Martin, senza staccare gli occhi dalla figura minacciosa di fronte a loro.

Cos'era quel mostro? E come potevano sconfiggerlo? Diana tentò di ricordare tutte le creature mitologiche studiate ed incontrate, ma non riusciva a ricordare nulla di un'essere metà uomo e metà uccello. Dannazione! Ed ora cosa avrebbero fatto?! Troppe domande e nessuna risposta.

All'improvviso, come se si fosse stancato di attendere, la creatura fece comparire un arco e in pochi secondi si preparò a scoccare una freccia... in direzione di Martin! Che non stava guardando perché troppo impegnato a cercare un'arma adatta sul suo U-watch.

Il mostro aveva ormai teso per bene l'arco e non sarebbe mai riuscita ad avvisare l'amico urlandogli del pericolo, perché sicuramente la creatura avrebbe lanciato la freccia sentendola. Presa da un coraggio che non credeva possibile, corse verso il biondo, sperando di arrivare in tempo, e appena fu a pochi passi da lui gli si lanciò contro.

Prima di cadere al suolo insieme a lui, sentì un dolore lancinante al fianco e poi il grido dell'amico.

— Diana! Oh, Santo cielo!— Lui si mise seduto, trascinandosela contro e facendole sfuggire un gemito di dolore. Non capiva cosa fosse successo né perché avvertisse quel forte dolore al fianco. Abbassò lo sguardo verso il suo corpo e notò che la freccia lanciata dalla creatura le aveva centrato il fianco destro e stava perdendo molto sangue. Ecco spiegato il dolore. Be', almeno Martin era salvo e questo la sollevava, anche se non era ancora fuori pericolo con quel mostro ancora lì.

— Diana, tesoro, resisti.— Iniziò a pregarla lui, stringendola sempre più forte contro il proprio petto. Che buffo, solo grazie ad una freccia era riuscita a farsi stringere da lui. Alzò lo sguardo verso il viso del biondo e si stupì di vedere i suoi occhi lacrimare.

— Martin…— Portò una mano tremante sul suo viso e asciugò una di quelle goccie che gli percorrevano la guancia. — Va tutto bene, per una volta sono stata io a salvarti e questo mi rende veramente felice.— Gli sorrise dolcemente, sentendo la testa improvvisamente pesante mentre la vista iniziava ad offuscarsi; stava per perdere i sensi o morire. Santo cielo! Non poteva andarsene senza aver confessato i suoi sentimenti!

— Ma… Martin?— Lo chiamò di nuovo, sentendo che sta volta era più difficile articolare le parole. — Credo di essermi innamorata di te.— Riuscì a registrare solo il suo sguardo sorpreso e preoccupato prima che tutto diventasse buio.


È tutta colpa mia, avrei dovuto proteggerla!, continuava a ripetersi lui dal momento esatto in cui l'aveva vista svenire tra le sue braccia. Se solo non si fosse distratto, se solo fosse stato un'agente ed un amico migliore di quel che era, sicuramente Diana non sarebbe mai stata colpita da quella maledetta freccia.
Per fortuna era riuscito a chiamare i soccorsi prima che fosse troppo tardi e la squadra del Centro si era subito teletrasportata in quella maledetta biblioteca, prima che Diana perdesse altro sangue… prima che fosse troppo tardi, ammesso che non lo fosse già. Fissò la macchia di sangue che gli sporcava la sua camicia preferita, il ricordo dell'orrore che aveva vissuto probabilmente sarebbe sempre riapparso anche se avesse lavato via quella macchia.

Non riusciva più a restare nella sala d'attesa dell'infermeria del Centro, ma non voleva nemmeno rischiare di non essere lì in caso le cose si fossero complicate o stabilizzate, lui pregava fortemente per la seconda ipotesi.
Sì, la sua Diana era forte e non si sarebbe lasciata sconfiggere da una misera freccia. Era così coraggiosa, anche se aveva paura non ci pensava due volte ad affrontarla e lui l'aveva ferita quel giorno dicendole quelle cose, lo aveva fatto solo per scherzare ma la voce ed i suoi occhi smeraldo intrisi di dolore, lo avevano fatto sentire un verme. Si sentiva un verme.
Come se non bastasse, le ultime parole che lei aveva pronunciato prima di svenire rieccheggiavano ancora nel suo cervello: “credo di essermi innamorata di te”.
Appena le aveva udite, era a stento riuscito a frenare un “anche io sono innamorato di te!”, salito con improssiva violenza alle corde vocali, sorpendendolo. E mentre stringeva il corpo inerme della ragazza tra le braccia, aveva capito di esserne innamorato e non sapeva quando fosse successo, aveva desiderato ardentemente essere al suo posto, soffrire al posto suo perché solo lui meritava di soffrire e non lei.

Le porte dell'infermeria si aprirono e lui scattò in piedi, raggiungendo il dottore alieno che si toglieva la mascherina dal volto.

— Come sta?— Riuscì a chiedere, mentre sentiva la gola oppressa da un'insistente nodo di preoccupazione che non riusciva a mandare giù.

— Ha perso molto sangue, ma le abbiamo fatto una trasfusione ed ora i suoi parametri sono stabili. Si riprenderà.

Martin trattenne l'impulso di stringere il dottore in un abbraccio e finalmente riuscì ad inghiottire. — Posso vederla?—

Il medico lo fissò dubbioso, ma alla fine cedette ed annuì.

— Non faccia rumore e la lasci riposare.— Lo ammonì severo.

Annuì con vigore e si fiondò come un razzo nella camera di Diana, arrestandosi davanti alla porta. La vista di lei, pallida e debole, con diversi aghi nelle vene, lo fece sentire ancora più male di prima ma almeno era salva e fuori pericolo.
Entrò lentamente nella stanza, accomodandosi su una poltrona accanto al letto della ragazza. Rimase a fissarla per alcuni secondi, pregandola in silenzio di svegliarsi e sorridergli di nuovo, di confessargli un'altra volta i suoi sentimenti senza però quel “credo” all'inizio della frase.

Le prese delicatamente una mano tra le proprie, sentendola piccola e fredda, cosa che gli fece stringere il cuore.

— Diana, rimettiti in fretta, così posso costringerti a ripetere quelle parole che mi rimbombano nella testa da quando sei svenuta.— Ridacchiò nervoso, sentendosi stupido e quasi patetico.

— Q… quali parole?— Esalò a fatica la voce flebile della ragazza, facendogli alzare di scatto il capo.

— Diana!— Si alzò immediatamente all'inpiedi, continuando però a tenere stretta la mano della ragazza.

— Cos'è successo? Dove ci troviamo?— Chiese lei confusa, facendo vagare lo sguardo per la stanza.

— Tranquilla, sei al Centro, la freccia non ha intaccato nessun organo vitale ma hai perso molto sangue.— Riuscì a risponderle. Ora che si trovava davanti a lei, sveglia e confusa, avrebbe voluto stringerla e scappare allo stesso tempo.

— Ma… quel mostro, il libro…— Diana tentò di sedersi, ma il dolore al fianco la fece gemere e ricadere a peso morto sul letto.

— Rimani stesa!— La rimproverò lui. — Ti racconterò tutto, ma non sforzarti o riaprirai la ferita.— La vide annuire ed avvicinò la poltrona su cui era seduto in precedenza più vicino a letto, e si sedette lentamente.

— Dopo che sei svenuta, il libro che stavamo cercando si è illuminato e il mostro si è smaterializzato, non so il perché e sinceramente non mi interessa saperlo, l'unica cosa che importa è che tu sia salva.— Strinse di più la sua piccola mano e puntò lo sguardo fisso sulle lenzuola immacolate.

— Martin...— iniziò, ma lui la interruppe.

— Credi di amarmi o ne sei sicura?— Chiese d'improvviso, senza avere il coraggio di alzare lo sguardo sul suo viso.

Rimasero in silenzio per alcuni minuti, minuti che gli gelarono il sangue nelle vene ogni secondo di più, temendo la sua risposta.

— Non credo.— Esordì lei all'improvviso, facendolo pietrificare dalla paura. — Io sono sicura di amarti, è l'unica cosa di cui sono davvero certa.— Continuò poi, ridandogli aria nei polmoni.

Grazie al cielo, sospirò. Per un secondo il suo cuore si era arrestato.
Alzò lo sguardo verso il suo viso e la trovò a fissarlo preoccupata e quasi pentita di ciò che aveva detto. Stava pensando alla loro amicizia rovinata, ci avrebbe scommesso.

— Diana.— La chiamò piano, baciandole la mano che fino a quel momento aveva tenuto stretta. Lei chiuse gli occhi, impaurita. — Anch'io, anch'io sono innamorato di te.

La ragazza aprì di scatto gli occhi e lo fissò seria, molto seria. — Davvero? Non lo dici solo per non ferirmi o non rovinare la nostra amicizia?

— Non direi mai una cosa così seria per questi motivi, dovresti saperlo.— Le rimbeccò con un sorriso. — La verità è che vederti inerme tra le mie braccia, ferita e sempre più debole, mi ha fatto aprire gli occhi. Credo di averlo sempre saputo, ma di non averlo mai ammesso a me stesso. Forse per paura.— Le accarezzò una guancia e vide i suoi occhi smeraldo inumidirsi di lacrime.

— Perché stai piangendo?— Chiese confuso.

— Non lo so nemmeno io, ma sono felice e non m'importa di conoscerne la ragione, che scorrano pure.— Gli rispose lei, sorridendogli tra le lacrime che avevano iniziato a rigarle le lacrime.

Si alzò dalla poltrona e si chinò lentamente su di lei, sfiorandole le labbra con le proprie. Solo un contatto leggero, perché sapeva che era ancora troppo debole.

Si allontanò e la vide arrossire. — Ora riposa, va bene? Così torneremo alla nostra vacanza e farò in modo di comportarmi da fidanzato esemplare, non posso prometterti che smetterò di avanzare assurde ipotesi su qualunque cosa assurda ci capiterà.

— Non ti voglio diverso da come sei.— Gli sussurrò lei ed il suo cuore si gonfiò di tenerezza e voglia di stringerla a sé.

— Vado un secondo da M.O.M, tu risposati, va bene?— La vide annuire e chiudere gli occhi, solo allora uscì dalla stanza diretto nello studio del capo. Doveva chiederle qualche settimana di ferie in più, voleva viziare Diana il più a lungo possibile e dimenticare quella brutta esperienza.

L'amicizia tra lui e la ragazza non era rovinata, si era solo trasformato in qualcosa di più profondo e non l'avrebbe mai rimpianto.


-ANGOLINO DI EVELYN-
Eccomi finalmente con la prima shot di questa Dartin Week! ^ Come prima cosa voglio ringraziare Dubhe93 per averla iniziata il giorno che avevo stabilito all'inizio, cioè il 20 marzo. Ma voglio anche scusarmi per non essere riuscita a pubblicare prima.

Inoltre, ringrazio anche Notteinifita che mi ha sopportato così pazientemente, non vedo l'ora di leggere le sue shot! ^

Bene, ora passiamo alla schifezza che ho scritto. Lo so, Martin è molto OOC, scusatemi! ;^; non mi ammazzate!!!!! Mi è venuto fuori questo e devo ringraziare la mia Sis per avermi fatto accendere la lampadina.
Mi scuso un'ultima volta per gli errori, ma la seconda parte della storia non sono riuscita a correggerla.
Spero però che vi sia piaciuta, noi ci “leggiamo” alla prossima shot,

A presto!

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Capitolo 2
*** Embarassment ***


           **Embarassment**

Imbarazzo… si poteva morire di imbarazzo? Sì, e Diana lo stava sperimentando a proprie spese. Tutto per colpa di quell'idiota di Martin!
Ancora non riusciva a credere di trovarsi in quella situazione così bizzarra e completamente fuori dal suo ordinario, infatti lei non si sarebbe mai nascosta nello spogliatoio maschile di propria volontà. No, ovvio che no! Ma era proprio quello che stava facendo in quel momento, nascondersi dietro uno degli armadietti dello spogliatoio maschile con la paura di essere beccata ed etichettata da tutti come “pervertita”. Il perché del suo gesto sconsiderato era facile da indovinare e c'entrava il biondo, ovviamente.

Quella mattina si era svegliata di buon umore, come non succedeva da mesi, e con la voglia di impegnarsi al massimo nello studio e di portarsi avanti con i compiti di qualche giorno, in modo da potersi divertire con i propri amici durante la settimana. Ma quel buonumore non era durato al lungo, erano bastati dei colpi alla porta e la voce stranamente smielata ed irritante di Martin che la pregava di aprire. E lei lo aveva fatto, aveva fatto entrare in camera il demonio biondo.

<< Diana, devi aiutarmi!>> L'aveva subito pregata lui, inginocchiandosi in modo teatrale sul pavimento.

<< Aiutarti in cosa, precisamente?>> Era stata la sua risposta, sentendo già la puzza orrida dei guai nell'aria.

<< Oggi il professor Marshall ritirerà il riassunto dell'intero programma studiato durante l'anno, e quello scritto, come tu sicuramente saprai, deciderà il nostro voto finale. Purtroppo però io sono stato troppo impegnato e non sono riuscito a scrivere nulla, potresti darmi il tuo compito? Tanto puoi farne un altro in mezz'ora.>> Martin aveva messo su la faccia da povero disperato che da piccola l'aveva sempre fregata, ma non quel giorno e non per un compito di tale importanza.

<< Te lo puoi scordare.>> Era stata la sua secca risposta. Aveva raccattato tutti i libri che le sarebbero serviti per quella giornata e si era diretta verso la porta, per poter iniziare la sua mattinata di studio. Il biondino però, si era subito posto tra lei e la sua unica via d'uscita.

<< Andiamo Diana! Cosa ti costa farmi questo favore? Sai anche tu che se non passo questo compito sono spacciato. Fallo per me, siamo amici da tanto tempo ed io lo farei per te.>> Come al solito, aveva tirato in ballo la storia dell'essere amici e tutto ciò che esso comportava, cosa che l'aveva solo fatta irritare di più.

<< Ho detto di no, Martin! Questa volta dovrai cavartela da solo, impara a prenderti delle responsabilità. Ed ora lasciami uscire.>> E così dicendo, aveva provato a spingerlo via o a farlo spostare quel tanto che bastava per aprire la porta e svignarsela, ma il ragazzo era più robusto e forzuto di quanto sembrasse e non era riuscita a spostarlo di un centimetro.

<< Non ti lascerò andare fino a quando non mi avrai aiutato.>> L'aveva minacciata lui.

<< Quindi mai?!>> Aveva risposto sprezzante e sempre più arrabbiata.

I due si erano guardati con aria di sfida per un po', fino a quando lo sguardo di Martin non venne catturato dal pupazzetto di gomma rosa che portava su una delle matite che usava per scrivere. Un suo portafortuna per superare i compiti più decisivi del semestre o dell'anno.
Veloce come il vento, il ragazzo aveva sfilato la gommina portafortuna dalla matita e gliel'aveva agitata davanti al viso con un'espressione di vittoria sul volto.

<< Ridammela!>> Aveva gridato sconvolta, tentando di riprendersi uno degli oggetti più cari ed importanti che avesse.

<< Tu aiutami con il compito ed io ti ridarò il tuo amato portafortuna.>>

<< Mai! Non mi farò ricattare di certo da te!>> Aveva rifiutato per l'ennesima volta, più per orgoglio che integrità morale.

<< Bene, come vuoi tu.>> Lento come un gelido fiocco di ghiaccio che cade al suolo, Martin aveva aperto la porta ed era sparito velocemente dalla sua vista, lasciandola spiazzata per qualche secondo sulla soglia della propria camera da letto.

Ci aveva messo un po' per realizzare la scena, ed appena il suo cervello si era ripreso dallo shock era subito corsa dietro quell'idiota, ma sembrava essere già scomparso nel nulla. Non si era nemmeno presentato alle prime due lezioni della giornata e Diana aveva quasi perso le speranze di riavere il suo amato portafortuna, poi si era ricordata della partita di basket che si sarebbe tenuta proprio l'ora seguente. Grazie all'infortunio di uno dei giocatori, toccava a Martin scendere in campo e sostituirlo, così le era venuta la malsana idea di nascondersi nello spogliatoio mentre tutti i componenti della squadra erano intenti a giocare, trovare l'armadietto del biondo e riprendersi ciò che le aveva rubato.
Nulla era andato come speravamo però, era riuscita ad infiltrarsi negli spogliatoi solo a metà partita e tutto era sembrato andare liscio, fino a quando Martin non si era infortunato e spedito dall'allenatore negli spogliatoi.
Si era nascosta appena aveva riconosciuto la chioma bionda che faceva capolino dalla porta, ed anche fin qui tutto bene… peccato che Martin avesse deciso di spogliarsi per farsi una doccia ed ora lei rimaneva lì, nascosta nell'ombra, a guardare il biondino che si sbarazzava dei calzoncini della divisa e metteva in mostra i suoi eccentrici boxer rossi con le solite fiamme gialle stampate sopra.

“Calmati, Diana”, si disse. “Se non produci il minimo rumore, non si accorgerà di te.” Si sporse in avanti per dare un'ultima controllata e si ritrovò davanti il sedere sodo ed immacolato dell'amico. Si coprì la bocca per reprimere il gridolino di sorpresa che l'avrebbe sicuramente fatta beccare e tornò a nascondersi.

<< Maledetto bastardo.>> Sentì imprecare Martin e, facendosi di nuovo coraggio, lanciò l'ennesima occhiata verso la figura che stava zoppicando verso le docce, stando ben attenta a non abbassare lo sguardo verso le grazie del ragazzo. Appena lui fu sparito dietro il muro piastrellato, si fiondò verso l'unico armadietto rimasto aperto e vi ci frugò lentamente, trovando fortunatamente ciò che cercava in poco tempo. Strinse il gommino rosa nel palmo e se la svignò alla svelta dallo spogliatoio, senza controllare se ci fosse qualcuno nei paraggi che avrebbe potuto vederla scappare da lì. Al momento non le importava, aveva ancora impresso nella mente l'immagine del sedere di Martin e non capiva come mai provasse tanto imbarazzo, da piccoli facevano sempre il bagno insieme! E sì, certo, il suo fisico era cambiato e diventato quello di un uomo, ma… ah! Non ci capiva più nulla, sapeva solo che aveva il cuore che batteva a mille per via di una strana emozione, ma in quel momento non volle pensarci; aveva recuperato il suo portafortuna e questo era ciò che contava!


-ANGOLINO DI EVELYN-


Eccomi, ce l'ho fatta!

Chiedo perdono per il ritardo, ma gli impegni non mi hanno permesso di concentrarmi come avrei voluto sulla Week (che sta diventato più “year”). Mi scuso anche per la shot che avete appena letto, non mi soddisfa per nulla – a parte il momento in cui Diana si ritrova davanti il sedere di Martin – ( :"3). Spero però di essere riuscita a strapparvi un sorriso nonostante la qualità pessima della ff, perdonatemi!

Io farò in modo di finire le altre nel minor tempo possibile, ringrazio chi sta aspettando gli aggiornamenti e chiunque abbia letto, ci leggiamo presto.

Evelyn!

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Capitolo 3
*** Engage ***


Engage (Impegno)
 
Una bambina bassa e paffutella percorse a gran velocità il vialetto del parco cittadino, rischiando quasi di investire il povero Martin che, tutto fiero, mostrava il suo bellissimo gelato al cioccolato appena comprato.
«Ehi!» Protestò, infatti, il bambino, fissando contrariato la piccola fuggitiva che poi riconobbe come Diana. Immediatamente le corse dietro, dimenticandosi subito del suo gelato, che cadde a terra ma non se ne curò, al momento gli interessava soltanto sapere il motivo dello strano comportamento dell’amica. La bambina, infatti, non sarebbe mai scappata in quel modo, rischiando di andare a sbattere contro qualcuno come era successo prima con lui. Qualcosa l’aveva di sicuro turbata. Che qualche bambino avesse fatto il prepotente con lei? In quel caso… il colpevole non l’avrebbe passata liscia. Solo lui poteva prendere in giro Diana, solo lui e nessun altro! Lui era il suo migliore amico e queste cose poteva farle… più o meno.
Finalmente, proprio quando le sue gambe erano sul punto di cedere, la bambina arrestò la sua fuga e si rannicchiò contro un albero, nascondendo il viso contro le gambe.
«Diana, tutto bene?» Chiese sempre più preoccupato la piccola peste bionda.
La bambina sussultò, alzando di scatto il viso verso di lui, mostrandogli così gli occhi rossi e le guance paffute bagnate di lacrime. «M… Martin?» Singhiozzò stupita la piccola.
«Qualcuno ti ha fatto male?» Continuò ad indagare il ragazzino. «Dimmi chi, ed io gli darò una lezione!» Esclamò fiero Martin, gonfiando il petto.
Diana distolse lo sguardo dall’amichetto e si mordicchiò il labbro, poi scosse la tessa e tornò a rannicchiarsi su se stessa.
«Ehi! Non è così che si tratta chi si preoccupa per te!» Protestò il piccolo biondo, offeso per essere stato ignorato.
«Lasciami sola, Martin.» Pregò la vocina ovattata della piccola.
«No, non fino a quando non ti deciderai a sputare il rospo.» S’intestardì l’altro, avvicinandosi alla bambina per sedersi accanto a lei. La sentì sbuffare contrariata e questo lo fece ridacchiare.
«Se ti dico tutto poi mi lascerai in pace?» Diana raddrizzò la schiena e cercò sostegno contro il tronco dell’albero, stando ben attenta a fissare il cielo attraverso le foglie che il viso dell’amico. «Ecco…» Iniziò, fermandosi subito dopo. «Io… mi sono dichiarata a Xavier» Rivelò tutto d’un fiato la bambina, sentendo subito dopo le guance andare a fuoco per l’imbarazzo.
«Cosa?!» Gridò sorpreso lui, sentendo arrivare la solita irritazione al solo sentire il nome del piccolo francese trasferitosi nella loro scuola solo due mesi prima. Tutte le bambine andavano matte per il suo accento e i modi da damerino che usava, cose che lo facevano vomitare. I veri uomini non si comportavano così, giusto? «È stato lui a farti piangere?»
Diana annuì, tirando su col naso. «Ha detto che ero troppo grassa e brutta per lui, poi è corso dagli altri bambini ed hanno iniziato tutti a prendersi gioco di me.»
«Quello stupido! Come ha osato dirti una cosa del genere? Appena lo vedo lo rimanderò da quel posto francese da cui proviene.» Il piccolo Martin strinse i pugni, immaginandosi quanta vergogna avesse provato la sua amica, che non solo era stata respinta con cattiveria, ma aveva anche dovuto sopportare la presa in giro dei loro perfidi compagni di classe. Si alzò in piedi e fissò il viso arrossato dall’imbarazzo e dal pianto dell’amica, poi le tese una mano per invitarla ad alzarsi. «Non pensare a quello stupido francesino, per me tu sei bella Diana. Sei bella perché nonostante io continui a tormentarti tu rimani lo stesso mia amica, sei bella perché hai un cuore grande e generoso e per tante altre cose. Xavier è solo un babbeo, come dice mio padre, e poi… tu avrai sempre me. Io ti starò sempre accanto.»
Di nuovo le lacrime percorsero le guance della bambina, stavolta però erano di commozione, felicità e gratitudine. «È una promessa?» Chiese, accettando la mano tesa precedentemente dall’amico.
«Di più.» Rispose con un sorriso il bambino. «È un impegno.»
 
-ANGOLINO DI EVLYN-
Seraaaa!!!
Ecco finalmente la terza shot, non mi soddisfa per nulla e confesso che alla fine avrei voluto mettere una parte su Martin e Diana, ormai grandi, che si ricordavano di quella promessa scambatasi da piccoli; ma purtroppo non mi è venuto nulla in testa (-.-).
Quindi spero che questa piccola OS sia stata ugualmente di vostro gradimento, io sono super contenta perché ho di nuovo un pc!!! ** Dopo tre anni di pene, posso di nuovo scrivere comodamente.
 
Okay, la smetto di sproloquiare, grazie per aver letto!!
Ci “leggiamo” alla prossima,
Evelyn!!!

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