Destiny - 1 - Il libro di Rufio

di elefiore
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sarò dalla tua parte. ***
Capitolo 2: *** Combatterò ***
Capitolo 3: *** E ti difenderò ***
Capitolo 4: *** Nella gioia ***
Capitolo 5: *** E nel dolore ***
Capitolo 6: *** Fino alla fine. ***
Capitolo 7: *** Negazione e contrattazione ***
Capitolo 8: *** Rabbia e confusione ***
Capitolo 9: *** Depressione, cambiamento ***
Capitolo 10: *** Calma ***
Capitolo 11: *** Tuono ***
Capitolo 12: *** Tempesta ***
Capitolo 13: *** Ninfe ***



Capitolo 1
*** Sarò dalla tua parte. ***


Destiny - 1 - Il Libro di Rufio

Capitolo Primo - Sarò dalla tua parte

 
“Uccidilo, piccolo”
“Non voglio, non è corretto.”
“In un duello, uno dei due sfidanti deve morire. Hai vinto, ora uccidilo.”
“No, non è giusto. Non posso ucciderlo solo perché -”
“Ha perso lo scontro ed il suo onore. Ora deve perdere la vita.”
Il ragazzino guardò prima il suo avversario, poi l’uomo che aveva appena parlato, poi nuovamente il suo avversario, sdraiato sotto di lui con il suo pugnale alla gola.
Si alzò in piedi, rinfoderando l’arma.
“Non lo ucciderò: non sono un assassino, sono un soldato”
“Fallo.” fece l’uomo, avvicinandosi a lui per poi mettere nuovamente tra le sue mani il pugnale “Non sarai mai un uomo se non uccidi qualcuno, resterai per sempre un moccioso!”
“Preferisco essere un moccioso piuttosto che un assassino!”
A quelle parole, l’uomo lo guardò malissimo, gli afferrò la mano armata e lo costrinse in ginocchio, colpendolo alla gamba destra con un calcio.
“No, lasciami!” gridò il ragazzino “Lasciami andare, non voglio!” ma non riuscì a liberarsi dalla sua presa.
Vide il pugnale affondare nel collo del giovane, uccidendolo, sentì fin troppo chiaramente uno schizzo di sangue sul viso e quella stessa sostanza bagnargli la mano ed espandersi in una macchia rossa sulla pietra del terreno, lungo le piccole crepe e scanalature.
”Così, piccoletto, così si uccide. Un soldato che si fa sconfiggere in quel modo non è degno di essere chiamato uomo.. e chi non è degno di tale nome non è degno di vivere.”
Il piccolo Rufio tremava, fissando la gola del cadavere sotto di lui e balbettando qualcosa di incomprensibile probabilmente anche per lui stesso.
Appena l’uomo lasciò la sua mano, il ragazzino si strinse tra le proprie braccia, con uno sguardo confuso e terrorizzato… ma con un piccolo, debole scintillio di gioia.
Non riuscì a contrastarlo.
Si voltò di scatto e ferì al braccio il proprio maestro, per poi indietreggiare e rimanere in una posa ferina, pronto a scattare nuovamente.
Osservò la sua preda, la studiò ed infine si lanciò di nuovo all’attacco.
Il suo maestro lo respinse senza troppe difficoltà, facendolo sbattere contro una parete.
“Così anche tu hai questo dono”
Il ragazzino ringhiò vedendolo fare un passo in avanti.
“Anche uno di sangue impuro come te ha il dono della Furia, devo ammettere che tu sia piuttosto.. 
inusuale, piccolo Rufio.”
Sentendo pronunciare il suo nome, ringhiò ancora più intensamente.
“Cosa vuoi fare, mh? Vuoi colpirmi? Provaci, voglio vedere che sai fare!”
Ormai perso in quella nuova sensazione piacevole e spaventosa allo stesso tempo, Rufio si scagliò con tutte le sue forze contro l’uomo, cercò in ogni modo di ferirlo, ma ottenne solo un forte colpo alla testa, che lo fece crollare a terra. Poi non seppe più nulla.

Aprì gli occhi.
Delle goccioline di sudore gli imperlavano la fronte.
Un fruscio.
Balzò in piedi e mise mano all’elsa del pugnale.
”Rufio? Sono io.”
Nel sentire quella voce familiare, si calmò e si voltò, sospirando.
“Hai avuto un incubo, non è così?”
Il ragazzo rimase per qualche istante ad osservare il suo compagno d’armi e migliore amico.
Era cresciuto molto rispetto a quando si erano conosciuti.
Allora era solo un bambino dai grandi occhi azzurri, terrorizzato e con estrema necessità di qualcuno di cui fidarsi. Ora i corti capelli neri incorniciavano il suo viso dai lineamenti delicati, anche se affilati dalle battaglie, era diventato più alto di lui nonostante avesse un paio di anni in meno e con un po’ di allenamento aveva sviluppato un’ottima muscolatura.
Era cresciuto con lui..
..e rischiava di perderlo in ogni istante.
Sospirò nuovamente ed annuì.
“Sempre lo stesso sogno. Sempre le stesse sensazioni.” Si lasciò cadere sul giaciglio dal quale si era alzato poco prima “Mi tormenterà per sempre.”
“Cerca di non pensarci, so quanto sia difficile ma non ci pensare”
“Caleb, tu-”
“Lo so,” lo interruppe “non posso sapere cosa si prova in quello stato né ciò di cui non mi vuoi parlare riguardo al tuo passato, ma so come sia ricordare ogni notte.”
Lo guardò con aria fraterna, poi gli poggiò una mano sulla spalla.
“In ogni caso, stavo venendo a chiamarti. Il ritrovo è tra un’ora.”
Rufio prese un respiro profondo.
“Non voglio andare, Caleb. Ogni volta che uccido qualcuno, una parte di me muore insieme a lui.”
”Sai come funziona:o sottostiamo agli ordini o finiamo nelle segrete a pane, acqua e frustate, se ci va bene.. Beh, almeno non siamo in prima fila.”
”Parla per te. Quelli come me sono mandati avanti da soli in missioni suicide!”
”Quelli come te sono i più importanti. Voi rompete le fila nemiche e allontanate i loro soldati gli uni dagli altri”
”Sì, e sopravviviamo, se siamo fortunati.”
”Tu sei sempre sopravvissuto”
Nonappena Caleb ebbe finito di pronunciare la parola “sopravvissuto”, si accorse di aver commesso un errore.
Lo sguardo di Rufio era bastato per fargli capire ciò che stava pensando: “Avrei preferito morire.”
Il ragazzo abbassò lo sguardo, incapace di sostenere quello dell’amico, e chiese scusa.
Ora fu il suo turno di sospirare.
”Vorrei poter fare qualcosa di più per te”
Rufio si alzò e lo costrinse a guardarlo.
”Puoi fare solo una cosa per me. Stammi vicino. Ho.. bisogno..” e pronunciò quella parola con fatica “..di qualcuno che dia un senso alla mia vita. Non posso e non voglio vivere per uccidere..”
”Non ti abbandonerò. Mai. Qualunque cosa accada.”
”Non l’hai mai fatto, amico mio. Sei l’unico, l’unico di cui mi fido.”
Si strinsero amichevolmente la mano.
”Sarò dalla tua parte. Fino alla fine dei miei giorni”

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Capitolo 2
*** Combatterò ***


Capitolo secondo: Combatterò


”Uomini!” gridò il comandante “Siete pronti?”
Un grido di assenso si levò dai soldati
”Soldati Furia, davanti a me!” ordinò, e Rufio avanzò, con gli altri del suo gruppo.
”Tu, voi due, tu, tu, tu e voi tre!” fece, indicando alcuni di loro “Andate a Sud ed attendete il segnale.” Aspettò che si fossero allontanati, poi ne indicò altrettanti “Voi andate a Nord.. No, voi due unitevi a loro, al centro non andate, non ce la fareste mai.”
Li allontanò con un gesto della mano.
”Bene, ora…” squadrò i ragazzi rimasti da capo a piedi “Dannazione, dove sono tutti gli altri?”
”Sono morti, signore.” rispose il ragazzo a sinistra di Rufio
”Perché voi stupidi idioti morite così facilmente?!”
”Sapete, signore, quando un uomo è circondato da nemici non ha molte possibilità di salvarsi, per quanto abile sia. Dev’essere molto fortunato.”
Il soldato ricevette un sonoro ceffone, ma non si sbilanciò.
”Tu starai di sicuro al centro.”
”Non avevo dubbi.” mormorò tra sé
”Osi di nuovo?”
Si zittì.
”Bene, ora voi due andate con Ephir in seconda; tu vai con Zyla-“
”Con una donna?!”
”Vuoi assaggiare la mia mano?”
”No signore”
”Allora datti una mossa.” Disse, prima di vedere il ragazzo scattare verso la ragazza. “Quanto a voi tre.. Tu come ti chiami, soldatino irrispettoso?”
”Kam, signore”
”Bene, tu andrai… Un momento.”
Si mise davanti a Rufio, guardandolo con aria minacciosa.
”Che diavolo ci fa un impuro tra i Soldati Furia, eh? Sai almeno cosa significa?”
”Sì, signore. Sono un Soldato Furia, seppur impuro, signore.”
”Non mi prendere in giro, piccoletto. Torna tra i Soldati Semplici.”
”Ho il badge, signore.” disse lui, mostrandolo, “Soldato Furia di classe B, Rufio.”
”Rufio e basta? Il tuo nome di casata?”
”Non ho un nome di casata, signore.”
”Ah! Questo significa che oltre ad essere un impuro sei un bastardo?”
”Preferisco l’espressione «figlio illegittimo», signore.”
”Non mi interessa cosa preferisci, bastardo
Rufio strinse i pugni per cercare di non rispondere.
”Oh, guardate! Il piccolo bastardo si è innervosito!”
”Potreste non chiamarmi in quel modo, signore?”
”Perché non dovrei? Cosa faresti se non volessi smettere?”
Strinse i pugni più forte
”Spero nulla, signore.”
Speri?” scoppiò in una sonora risata ”Cosa credi mi possa fare un misero soldatino come te, eh? Cosa?”
Ora Rufio strinse i pugni fino a farsi male.
”Vi chiedo gentilmente di smettere di provocarmi, signore. Non vorrei reagire in modo… violento.”
”Non riusciresti a ferirmi, non vedo dove sia il problema!” e rise nuovamente
Rufio esitò per un istante.
”Mi state forse lanciando una sfida, signore?” chiese poi
”No, non ne vale la pena, piccolo bastardo. Ti sei appena aggiudicato la centrale avanzata.”
Rufio sogghignò.
”Così potrò mostrarvi che nonostante io sia un impuro ed un piccolo bastardo, io posso uccidere venti uomini in un colpo solo.”
”Non ti sopravvalutare, bastardo. Saresti un Classe A se lo sapessi fare e a me non risulta che qualcuno ti abbia mai visto farlo.”
”Ma certo, signore, è ovvio.” disse allora il ragazzo, guardando l’uomo dritto negli occhi, “Nessuno è mai sopravvissuto a me. Né i nemici..” e un lampo di piacere perverso gli attraversò lo sguardo prima che concludesse “..né gli amici.”
Dopo qualche istante di silenzio tombale, Rufio sembrò riscuotersi.
Mormorò un lieve “che cosa-?”, ma non riuscì a finire la frase nemmeno nei suoi pensieri: il comandante lo aveva afferrato per un braccio e tirato verso di sé.
”Facciamo una scommessa, piccolo bastardo.” disse, a denti stretti, “Se tornerai indietro vivo e senza ferite gravi, mi inginocchierò davanti a te e chiederò il tuo perdono.” strinse la presa sul suo polso “Ma se non tornerai…” si avvicinò appena “.. userò la tua testa come decorazione per la mia stanza. O forse come poggiapiedi.” e lo fece tornare dov’era poco prima, spingendolo.
”Io..” portò per un attimo la mano alla testa, con espressione turbata, ma poi chiuse gli occhi e un sorriso inquietante gli si disegnò in viso.. “Se tornerò con ferite gravi, sarò io ad implorare perdono.” disse e in un istante, prima che egli potesse reagire, ferì la mano del comandante e successivamente la propria “La terra custodisce la nostra promessa.”
L’uomo esitò, colto alla sprovvista.
”Piccolo bastardo, vedrai!”
Rufio sorrise in modo truce, poi si voltò e si incamminò verso il luogo in cui sarebbe stato lo scontro.
“Dove credi di andare? Non ti ho dato alcun permesso!”
“Permesso?” fece allora lui, voltandosi, e tornando davanti al comandante disse “Chiedo umilmente perdono per averVi mancato di rispetto, Vostra Eccellenza”, poi si inchinò.
“Piccolo irrispettoso, prova a tornare con un solo graffio e ti faccio vedere come si amputa una testa!”
“Vi basterà guardarmi e capirete che so farlo benissimo da solo. Ora, con permesso, vado a compiere il mio lavoro, Vostra Eccellenza Signor Capitano.”
“Razza di-!”
Ma Rufio era già abbastanza distante da rendere inutile un inseguimento.
A un passo dalla battaglia, si fermò. L’odore del sangue era forte. Troppo forte.
Provò un senso di gioia nel pensare che in pochi istanti avrebbe ricominciato ad uccidere..
Portò le mani alla testa, cercando di riprendere il controllo, ma non ci riuscì.
Sguainò la spada, arrendendosi ormai del tutto all’altro sé, e si incamminò lentamente verso il primo uomo nemico che vide, ma questo fu ucciso da un altro soldato, che lo trapassò con la spada, quindi Rufio andò oltre.
Continuò a camminare tranquillamente, senza curarsi di nulla e nessuno, se non le poche volte in cui veniva attaccato in modo diretto.
Lentamente, si lasciò circondare da nemici.
”Forza, è da solo, possiamo batterlo anche se è uno di quelle bestie!” gridò, nella loro lingua
Rufio lo fulminò con lo sguardo.
”Scusami, potresti ripetere?” chiese, nella loro stessa lingua
Sorpreso, il soldato aggrottò le sopracciglia.
”Come conosci la nostra lingua?”
Rufio sorrise appena, come divertito, e rispose “Come puoi credere che io non la conosca?”
”Impossibile.. La lingua elfica non è pronunciabile per bestie come voi!”
Il ragazzo scoppiò a ridere.
”Bestie come me, dici? Oh, tu non hai idea di ciò che sono. Una bestia…“ e rise nuovamente “… se fossi stato una bestia, ti avrei già ucciso.”
”Che aspetti a provare, hai forse paura? Siamo troppi per te?”
”Paura? Esiste qualcosa con questo nome?” rinfoderò la spada “Mi chiedo se potrei mai avere paura. Vedi, elfo, noi siamo macchine da guerra, assassini spietati e crudeli che godono nel sentire le grida strazianti dei propri nemici..” sfoderò i due pugnali che portava ai fianchi “… mentre li uccidono lentamente, giocando con loro come piccole bambol-”
”Taci, mostro!” gridò allora il nemico, correndogli incontro per attaccare
Rufio sorrise.
Sorrise quando vide l’elfo avvicinarsi, sorrise quando schivò il suo colpo, sorrise quando poi lasciò che il pugnale penetrasse nella morbida e rossa carne del fianco suo nemico, che cadde in ginocchio provocandogli brividi di un piacere indescrivibile.
Infervorato dalla vista del sangue e dal suo tepore sulle dita, si lasciò guidare dal desiderio di sterminare tutti quei soldatini come carta colorata, uno per uno, fino a quando l’ultimo non si inginocchiò ai suoi piedi, implorando pietà.
”Ti prego, ti prego non uccidermi! Farò tutto ciò che vuoi, te lo giuro, ti servirò, se lo vorrai!”
Lo guardò, indignato.
”Preferisci supplicare, piuttosto che morire per la tua patria?” gli tirò un calcio per sbatterlo a terra “Codardo.”
”Te lo giuro, farò ciò che vuoi!”
”Bene.” si inginocchiò sopra di lui e gli poggiò una mano sulla fronte “Va’ dal tuo capitano e digli cos’è successo. Digli che Rufio non aspetta altro che nuovi giocattoli da smembrare”
Si alzò, sollevò di peso il soldato e lo rimise in piedi.
”Cosa stai aspettando? Muoviti!”
”Sissignore!” fece l’elfo, e iniziò a correre verso il suo lato del fronte, spaventato.
Rufio espirò.
”Bene. Ora vediamo di concludere il lavoro con stile.”
Allargò le braccia e chiuse gli occhi.
Raccolse le energie sulle mani, assorbendone anche da alcuni guerrieri nemici
”Buona fortuna, piccole bamboline.” disse, poi unì i palmi delle mani davanti a sé.
Prese un respiro profondo: sapeva che ciò che stava per fare era molto potente e, come naturale conseguenza, richiedeva molta energia.
Allontanò lentamente le mani, creando una piccola sfera che raggiunse presto le dimensioni di una testa.
La afferrò e la lanciò in verso il cielo, tracciò nell’aria dei segni con le dita e osservò la sfera divenire una lunga spirale argentata.
“Buona fortuna, piccole bamboline” pronunciò, poi sentì una voce richiamare il suo nome, delle mani posarsi sulle sue spalle, il viso di Caleb dall’espressione preoccupata davanti al suo.
“Va tutto bene.” disse per tranquillizzarlo, tornando per un attimo in sé “È soltanto-”
S’interruppe, alzò lo sguardo e sogghignò, nuovamente sottomesso all’altro sé.
“Voglio vedere la faccia del comandante quando saprà cosa ho fatto. Striscerà come il verme che é.”
Schioccò le dita, vide la spirale esplodere in mille pezzi che andarono a cercare i loro obiettivi: le fila nemiche.
Privo di energie, si accasciò addosso a Caleb.
Poi tutto divenne buio.

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Capitolo 3
*** E ti difenderò ***


Capitolo terzo: E ti difenderò

Dei rumori ovattati.
Erano grida? No, sembravano più acclamazioni.
Iniziò a prendere coscienza del proprio corpo, si accorse di essere sdraiato su qualcosa di morbido, e cercò di aprire gli occhi.
Faceva fatica, molta fatica.
Finalmente, riuscì nel suo intento.
”Si è svegliato!” sentì gridare, e fu colpito da una fitta alla testa
Qualcun altro lo zittì.
”Non strillare, stupido, gli farai venire l’emicrania!”
Cercò di alzarsi, ma ancora riusciva a malapena a muoversi.
”Sta’ giù, Rufio. Dubito che tu sia in grado di alzarti, hai consumato tutte le tue energie.”
Mise a fuoco il volto di Caleb e pronunciò il suo nome.
”Sei stato grandioso, Rufio, grandioso! Li hai fatti scappare con la coda tra le gambe!” disse, avvicinandosi, il Soldato Furia che quella mattina era di fianco a lui.
”Davvero? Che cos’è successo?”
”Vedi, all’improvviso è apparsa una sfera azzurra in aria che è diventata una spirale argentata che è scoppiata in mille pezzi che poi-“ ma fu interrotto da Caleb, che lo colpì sulla nuca: “Razza di stupido, ti ho detto di non strillare.”
In un istante, ricordò ciò che era accaduto prima che svenisse.
“Ah, ora ricordo.. Devo essere sembrato un esibizionista.” commentò
”Sì, e la cosa è piaciuta! Ecco, non al capitano, però.. ora deve mantenere la promessa!” sorrise, divertito “Voglio proprio vedere che cosa farà”
”Promessa? Ma..” ma le parole gli morirono in gola: ricordò tutto ciò che aveva fatto, dalla discussione con il capitano alla promessa, dall’odore del sangue a tutti quegli elfi che aveva ucciso..
Tutti quei soldati..
Fu scosso da un brivido nel ricordare quanto gli fosse piaciuto smembrarli.
”Rufio, che cos’hai?” chiese Kam “Ti stai comportando in modo strano”
”Io.. No, nulla, ho solo.. ho solo rivisto quei volti per un istante.”
In quel momento, un uomo entrò e solo ora, guardando in quella direzione, Rufio si accorse che nel tendone in cui era si trovavano, oltre a lui, Caleb e Kam, almeno cinque soldati.
”Soldato Furia Rufio” disse l’uomo “Il generale Kahel chiede di parlarvi”
”Il generale?” chiese Caleb “Perché dovrebbe volergli parlare?”
”Non sono autorizzato a fornire ulteriori informazioni”
Con un grande sforzo, Rufio si mise a sedere.
”Temo di non essere in grado di alzarmi, chiedo perdono.”
”Riferirò” disse, e uscì.
Caleb fece stendere nuovamente Rufio, che invece cercava ancora di alzarsi.
”Pensa a riposare, domani andrai a vedere che cosa voleva”
”Per domani potrebbe aver cambiato idea”
”Non preoccuparti di questo. Se fosse, vorrebbe dire che non era importante, non credi?”
Rufio sospirò.
”Se più tardi mi sentirò meglio, andrò” disse, e quasi immediatamente si riaddormentò.
 
Mani.
Mani sporche di sangue.
Lo afferrarono per le caviglie facendolo inciampare e cadere in ginocchio.
Cercavano di tirarlo giù, lo costringevano a terra.
Gli sporcavano i vestiti, ormai coperti di rosso.
Sentì una risata divertita e notò qualcuno avvicinarsi.
Vide sé stesso, un lampo di gioia, di follia negli occhi e le mani grondanti di sangue, che passava le dita sulle labbra.
”No,” disse Rufio, “No, io non sono così!”
”Ah, no?” chiese l’altro “Io so quanto ti piace uccidere, so quanto ti eccita sentire quelle grida spaventate, so quanto piacere provi guardandoli negli occhi, so-”
“Smettila!” gridò “Smetti di dire queste sciocchezze!”
A quelle parole, l’altro mutò aspetto e prese quello di Caleb.
Le mani che fino a poco prima bloccavano Rufio, ora lo fecero alzare in piedi e lo avvicinarono al ragazzo dall’aspetto di Caleb.
Lui gli carezzò una guancia per poi tirarlo a sé per i capelli e sussurrargli in un orecchio: “Uccideresti anche un amico, un fratello, per provare ancora quella gioia”
“No, non lo farò! Non ucciderei mai-”
Ma l’altro si accasciò a terra con un gemito di dolore.
Rufio fece un passo indietro, sorpreso, e lo vide estrarre un pugnale dal ventre.
Lo vide tossire e lo sentì pronunciare il suo nome con un filo di voce.
Indietreggiò ancora.
“Perché, Rufio? Perché lo hai fatto?”
“I-io.. io non..”
“Perché mi hai tradito?”
Lentamente tutto iniziò a sfumare
“No, Caleb! Caleb!”

 
“NO!” gridò, scattando a sedere
Subito il suo compagno di battaglie fu al suo fianco.
“Un altro incubo?”
Incredulo, Rufio lo guardò.
“Ma tu… Tu eri…”
“Sono sempre stato qui, Rufio. Sempre.” Disse lui, guardandolo negli occhi “Ti ho promesso che sarei rimasto con te fino alla fine dei nostri giorni, o sbaglio?”
“Caleb..”
“Era solo un incubo, rilassati.”
Prese un respiro profondo, la testa che sembrava sul punto di scoppiare.
“Che ore sono? Quanto.. quanto ho dormito?”
“È quasi l’alba e hai dormito mezza giornata. Se contiamo anche prima che ti svegliassi, un paio di giorni.”
Cercò di alzarsi e, dopo qualche tentativo, riuscì finalmente a mettersi in piedi.
“Dove stai andando?”
“Al fiume. Ho bisogno di una rinfrescata.” fece un paio di passi, poi si fermò e voltò appena il viso. “Ti va di accompagnarmi?”
Caleb sorrise
Si incamminarono insieme, chiacchierando del più e del meno.
All’improvviso, però, furono interrotti da un grido.
Ma non era un grido di aiuto.
Era più…
Rufio e Caleb si guardarono negli occhi e in meno di un attimo si misero schiena contro schiena, sguainando rispettivamente pugnali e spada.
Con movimenti sincronizzati, cercarono di respingere gli elfi che li avevano circondati e stavano attaccando da ogni lato armati di spade, daghe ed archi.
“Perché un’imboscata?” chiese Rufio, colpendo uno di loro alle tempie con l’elsa “Credi sia per quello che ha fatto lui?”
“Credo di sì, ma non capisco come abbiano fatto a passare i confi-“ ma s’interruppe con un gemito di dolore, una freccia piantata nella spalla.
“Non possiamo andare avanti così, so che stai facendo di tutto per non farmi vedere sangue, cosa credi?” fece allora Rufio, senza guardarlo per timore di perdere il controllo “Ti aprirò un varco, tu vattene. È me che vogliono e se mi lascio andare posso farcela.”
“Non ti lascio qui, non è detto che non abbiano qualche asso nella manica da usare contro di te!”
“Caleb, non morirò oggi.”
“Che ne sai? Non ci sta andando molto bene, per ora!”
“Questo perché non colpiamo per uccidere.”
Scattò in avanti e colpì alla gola i due assalitori che aveva davanti.
Brividi gli corsero lungo tutta la schiena.
“Caleb, ti prego. Vai. Tornerò quando avrò finito, te lo prometto.”
Seppur esitante, il ragazzo decise di lasciarlo fare.
“Se non torni entro tre ore, vengo a cercarti, e ti do tutto questo tempo solo perché siamo relativamente distanti dall’accampamento e perché non sei in piena forma!”
Rufio sospirò, parando un fendente e rispondendo con un calcio allo stomaco.
“E va bene, ma vedi di andartene in fretta. Potrei perdere il controllo da un momento all’altro.”
Così Caleb si allontanò grazie al varco che l’amico aveva creato per lui, colmo di sensi di colpa, per tornare all’accampamento ad avvertire dell’attacco.
Quando sparì dalla sua vista, Rufio decise di fare sul serio.
Chiuse gli occhi e si fece guidare dai riflessi e dai sensi. Parò dei colpi, ne schivò altri e deviò alcune frecce.. ma quando li riaprì, tutti capirono che qualcosa in lui era cambiato.
Il suo modo di muoversi, la sua agilità, il suo sguardo.
Non era più un soldato.
Era un predatore.
E tutti coloro che lo circondavano erano le sue prede.
“Mi volete morto, per caso?” chiese in tono ironico nella loro lingua “Non capisco il motivo” e usò la spada dell’elfo che lo stava attaccando alle spalle per trapassare quello davanti a sé.
“Tu parli la nostra lingua?” fece uno alla sua sinistra, fermando gli altri
“E molte di più.”
“Com’è possibile? Quelli della tua razza non dovrebbero poter-“
“Della mia razza? Ti sembro forse un purosangue?”
“Lo sembri. I tuoi capelli sono neri con riflessi che solo i Vahirden possono avere”
“E sarei uno di loro solo perché i miei capelli hanno riflessi vagamente blu?” scoppiò a ridere “Questa è bella. Mi chiedo se abbiate mai visto un tipico Vahirden. Certo, i capelli sono neri o blu, l’altezza è tra il metro e settanta e il metro e ottantacinque, il fisico snello e ben definito, ma avete mai visto uno di loro con gli occhi del mio stesso colore? Dovreste saperlo, hanno gli occhi neri o rossi, e nel caso non l’aveste notato i miei sono di un azzurro piuttosto chiaro..”
“..tipico degli elfi.” Concluse l’altro per lui, con un’espressione piuttosto confusa
“Ah, buongiorno, mio caro! Sì, sono in parte elfo. Per la precisione sono per un quarto elfo, per un quarto umano e per metà Vahirden. Strano, vero? Elfi e Vahirden si odiano!”
“Sicuramente un elfo non avrebbe mai acconsentito a giacere con un Vahirden!”
“Tu dici? Beh, io non posso saperlo. In ogni caso, hai due possibilità: la prima è cercare di scappare, la seconda è cercare di non morire. Vedi, se io mi lasciassi davvero andare, non impiegherei più di un istante a sventrarti.”
“Che aspetti, allora?”
“Non voglio ucciderti, per ora.”
“Allora lotta per salvarti!” gridò lui, e si liberò dalla presa per poi attaccare il ragazzo con una serie di fendenti ed affondi, prontamente schivati.
“Troviamo un compromesso!” rispose Rufio, parando l’ennesimo fendente mentre sfoderava la propria spada “Smettiamo di combattere ed andiamo ognuno per la propria strada!”
“Che ne dici di questo, invece?”
“Di che stai par-?” ma s’interruppe: fu sbalzato indietro da un calcio allo stomaco e cadde in ginocchio, tossendo.
“Questo è un colpo basso” disse
“In guerra tutto è lecito, o sbaglio?”
“In questo caso..” ferì la guancia del soldato con un pugnale da lancio e si rialzò.
Si scambiarono fendenti per quelle che sembrarono ore, poi finalmente un buco nella guardia del soldato permise al ragazzo di mandare a segno un colpo alla spalla sinistra del nemico, che indietreggiò.
Ben presto un colpo alla testa da qualcuno alle sue spalle lo stordì, facendolo barcollare e cadere a terra.


Gionbuorno! Ho inserito questo angolino per ringraziare tutti i lettori e le lettrici di questa storia, in particolar modo stillunbloomed e xHGx per le recensioni e ancora xHGx per aver inserito la storia tra le ricordate, mi fate onore, davvero! Spero di non aver deluso le vostre aspettative!
Grazie!
elefiore

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Capitolo 4
*** Nella gioia ***


Capitolo quarto: nella gioia

 
Quando aprì gli occhi, non ricordava nulla.
O meglio, ricordava solo il volto del soldato, con quell’espressione altezzosa.
E la sua spalla insanguinata.
Si mise a sedere, con un gran mal di testa, e lentamente prese coscienza del luogo intorno a sé.
Era sotto un albero molto grande e pieno di foglie, in quello che sembrava un boschetto.
Si alzò, appoggiandosi al tronco.
Vide qualcosa in lontananza, senza capire cosa fosse perché aveva la vista un po’ appannata.
Fece un passo, ma la sua gamba cedette e si ritrovò in ginocchio, così tornò tranquillamente a sedersi dov’era prima, la schiena appoggiata all’albero.
Sospirò.
Cos’era successo?
Guardò una formica salire su uno stelo d’erba mentre la figura in lontananza si avvicinava lentamente, cercando invano di non farsi notare.
Alzò lo sguardo solo quando fu a pochi passi, e si stupì nel trovarci una ragazza, che lo stava fissando con aria incuriosita.
La prima cosa che notò furono i suoi lunghissimi capelli verdi.
Aveva lineamenti molto delicati ed indossava una tunica leggera.
I suoi occhi lilla esaminarono Rufio dalla testa ai piedi.
“Ciao” la salutò lui, sorridendo appena
Lei indietreggiò di qualche passo, spaventata.
“Non voglio farti del male, non avere paura”
Lentamente tornò ad avvicinarsi, allungò una mano verso di lui e gli toccò la fronte, poi la ritrasse.
“Come ti senti?” gli chiese in una lingua diversa, chinandosi un poco per essere alla sua stessa altezza
“Un po’ confuso, ma immagino sia normale.” rispose lui, stupito di comprendere quelle parole “Potresti dirmi dove siamo?”
Lei piegò appena la testa di lato e rispose “Nel bosco del fiume Thami”
Rufio scattò in piedi, allarmato, ma di nuovo le gambe non lo ressero e lui crollò in ginocchio.
La ragazza si era nascosta dietro ad un cespuglio apparso dal nulla.
“Thami, hai detto?”
“Sì” fece lei poco dopo
Rufio sospirò e tornò a sedere come prima.
“Come ho fatto ad arrivare qui?”
“Ti ho visto nell’acqua privo di sensi e ti ho trascinato qui” disse lei, uscendo dal cespuglio,  “è tutto ciò che so, mi dispiace”
In un flash Rufio ricordò ogni cosa: l’imboscata, il soldato che lo colpiva alla testa, tutto che girava, degli elfi che lo trascinavano fino al fiume, l’impatto con l’acqua ed il suo risveglio sotto quell’albero.
Scosse la testa per tornare al presente.
“Ora capisco” disse e sospirò. “Puoi aiutarmi ad alzarmi?”
La ragazza toccò la sua mano con due dita e vi disegnò qualcosa sotto lo sguardo interrogativo di lui.
“È un sigillo. O meglio, ho rimosso il sigillo di debolezza che ti avevo imposto.”
Sorpreso, il ragazzo la guardò attentamente.
Aveva sentito parlare di creature come lei, ma mai avrebbe pensato di vederne una.
“Non hai aspetto simile alle razze che conosco.. sei una ninfa, non è vero?
Lei sorrise dolcemente ed annuì.
“Voglio farti un dono” disse, e versò una lacrima, che scese lungo la sua guancia e si cristallizzò nella sua mano. “Questa è la cura ad ogni cosa, usala quando ne avrai bisogno, ma..” e fece una piccola pausa mentre porgeva la lacrima a Rufio “..se la userai per aiutare qualcuno, sappi che se quella persona non vorrà essere salvata… non si salverà.”
Chiuse la mano del ragazzo e vi poggiò sopra la propria.
“Chiedi ciò che desideri tenendola in mano, mi chiamerà.”
“Come posso sdebitarmi? Mi hai salvato la vita e perfino donato questa..
“C’è una cosa che puoi fare per me. Conoscerai una giovane donna di nome Sheela. Se puoi, prenditi cura di lei.”
Il ragazzo si alzò in piedi e mise la lacrima nella scarsella.
“Hai la mia parola.”
La ninfa si voltò e s’incamminò verso i boschi
“Torna al tuo campo in fretta, ti stanno cercando.”
“Come lo sai?”
“Non tutto è come sembra. Va’, o ti crederanno morto.”
Rufio annuì e ringrazio nuovamente, poi iniziò a risalire il fiume lungo la riva.
Vide dopo quasi un’ora di cammino Caleb in lontananza, seduto su una roccia tra le acque del fiume.
Quando l’amico lo vide, gli corse incontro più velocemente possibile.
“Rufio! Che fine avevi fatto?!” quasi gli gridò contro “Credevo ti avessero ucciso, ma ho visto alcuni corpi e ho pensato che forse te l’eri cavata…  poi ho visto che era qui vicino e.. stavo per venirti a cercare, razza di-!”
Ma Rufio lo interruppe alzando una mano
“Sono tornato, come promesso. Ora…”
In un attimo, lo fece abbassare tenendo la sua testa tra il fianco e il braccio, scompigliandogli i capelli
“Questo è per avermi gridato contro!” disse, ridendo e lasciandolo andare “Stammi bene a sentire, piccoletto, tu sarai la prima persona a cui nasconderò gli stivali!”
Caleb lo guardò con fare scherzoso
“Sono più alto di te, fino a prova contraria!”
“Ah sì? Ora ti faccio vedere chi è più alto!” e gli arruffò di nuovo i capelli “Sono più vecchio di te, porta rispetto!” e rise
“Va bene, va bene!!” esclamo allora l’altro, ridendo a sua volta.
Finalmente, Rufio lo liberò e si sedette a terra.. ma scattò subito in piedi.
“Ah, dannazione, mi ero dimenticato del generale!”
I due si guardarono.
“Questa volta offri tu!”, gridò Caleb, correndo via
E Rufio lo seguì.

***

“Generale Kahel” disse, entrando nella tenda ed inchinandosi come si usava con i superiori, “vi chiedo perdono per non essermi presentato all’istante.”
“Non eri nelle condizioni adatte a venire qui.. ma lo eri per andare al fiume, finire in un’imboscata e tornare ore dopo?”
“I-io..”
“Non voglio sentire scuse. Consegnami il tuo badge.”
Rufio fece per rispondere, ma non osò. Dopotutto, aveva ragione lui: prima di tutto gli ordini.
“Ascoltami bene, Rufio, perché lo dirò una volta sola. Tu non ti sei presentato istantaneamente alla mia chiamata, hai fatto l’esibizionista in campo, hai prediletto un bagno agli ordini ed hai mandato il tuo compagno d’armi a dire che eravate finiti in un’imboscata, senza contare che ho dovuto smuovere una ventina di soldati per venirti a cercare, ed ora ti sei presentato al mio cospetto, pur sapendo tutto questo.”
A testa bassa, il ragazzo rimosse il badge dalla pelle dell’armatura leggera che indossava e lo consegnò al generale, che gli voltò le spalle ed andò al baule vicino al suo letto per metterlo lì.
“Non provare MAI più a farmi questi scherzi, è chiaro?”
“S-sissignore, chiedo perdono, signore.”
“Non so dove tu abbia imparato ad usare la magia, ma so che non è cosa per quelli come te. O come credevo che tu fossi. Ora apri bene le orecchie ed alza la testa, soldato.”
“Soldato? Vuol dire che non-”
“Esatto, soldato. Non sei stato espulso, ma.. beh, guarda da te.”
Il generale porse a Rufio il suo nuovo badge.
Appena gli diede uno sguardo, il ragazzo sgranò gli occhi.
“Classe A? Davvero?! I-io.. grazie, signore!” ed alzò lo sguardo verso il generale, che lo ricambiò con approvazione.
“Ora fuori dai piedi, lasciami riposare.” fece allora l’uomo, facendogli il gesto di allontanarsi con una mano “.. e vedi di non farmi pentire di questo.”
“Non vi deluderò, signore!” esclamò, e uscì.
Caleb si piazzò immediatamente davanti a lui.
“Che ha detto? Aspetta, dov’è il tuo badge?”
“Beh, quello.. me lo ha ritirato.”
“Cosa??”
“Sì, ma…” e gli mostrò quello nuovo “Mi ha dato questo!”
Caleb rimase immobile, con la bocca aperta.
“Sei… Sei un classe A!” disse, e gli saltò addosso per abbracciarlo “Congratulazioni!”
“Per una volta l’altro me ha fatto qualcosa di buono, già!”
“Sai che ti dico? Dobbiamo festeggiare! Invitiamo un po’ di gente alla nostra tenda, anzi, al centro dell’accampamento! Di sicuro Ephir porterà qualche ragazza…”
“Ho sentito la parola «ragazza»?” chiese Rufio, con un sorrisetto
Caleb arrossì appena
“Beh.. ecco.. sai com’è fatto Ephir......”
Rufio sorrise, intenerito.
“Non è troppo vistoso al centro del campo?”
“Beh, pensi che ci staremo molto? Voglio dire, ci saranno delle ragazze!
“Non sono io ad avere problemi con le ragazze, se non sbaglio..”
“Ehi!” fece l’altro, mettendo un finto broncio “È un colpo basso!”
“Su, su!” fece dandogli una lieve gomitata “Vai a organizzare tutto, timidone!”
Lui sorrise appena, imbarazzato, e portò una mano dietro alla testa come faceva sempre.
Appuntamento a mezzanotte.

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Capitolo 5
*** E nel dolore ***


Capitolo quinto: E nel dolore


Quando Rufio si svegliò, il suo “letto”, che in realtà era poco più che un cumulo di paglia, era vuoto: la ragazza della notte precedente doveva essersene andata mentre dormiva.
Si alzò e si vestì, poi uscì.
A giudicare dalla posizione del sole, l’alba era passata da un pezzo.. perché non lo avevano svegliato?
Si diresse verso il centro del campo per vedere se qualcuno fosse rimasto ad aspettarlo.
Improvvisamente sentì qualcuno afferrarlo da dietro, si voltò di scatto ed indietreggiò.
“Cosa-” ma fu interrotto da un colpo alla nuca che lo sbatté a terra.
In un istante, qualcuno lo fece voltare e lo immobilizzò.
Di nuovo lui.
“Perché mi tormenti?!” chiese Rufio, cercando di liberarsi
“Oh, io non ti tormento. Stai facendo tutto da solo, Rufio, io sono te.”
“Tu non sei me! Sei un mostro, un essere ripugnante che ama uccidere!”
“Mostro? Ripugnante? Mi ferisci nel profondo.”
Estrasse il pugnale e ferì il ragazzo al collo, seppur lievemente.
“Ti controllerò, Rufio. Un giorno sarai mio.. e quel giorno ricorderai ogni movimento, ogni sensazione, ogni singola goccia di sangue!” ringhiò, poi lo sollevò di peso da terra, prendendolo per il colletto della casacca “Il tuo corpo sarà mio e tu non potrai far altro che restare a guardare!”
In qualche modo, Rufio riuscì a liberarsi dalla sua presa, allontanarsi ed estrarre la spada, ma l’altro lui scoppiò a ridere.
“Una lama?”
Allungò una mano, il palmo rivolto verso il ragazzo, e da essa fuoriuscirono delle lame di vento, che ferirono ed indebolirono Rufio fino a farlo crollare nuovamente a terra.
“Tu non.. Come puoi saper usare la magia?”
“Io so fare tutto ciò che tu sai e non sai fare ed i miei sensi sono infinitamente più sviluppati dei tuoi.” spiegò “Così come la logica.”
“Non ti lodare troppo, non mi spav-” ma l’altro sé lo aveva colpito allo stomaco con un calcio, facendolo rimanere senza fiato.
Sentì una voce familiare chiamarlo per nome.
“Che cosa dolce, cercano di svegliarti… dici che riuscirò a prendere il controllo prima che ci riescano?” fece, calpestandolo con un piede.
“Non prenderai-” tossì un paio di volte “il controllo!” e tossì ancora

E improvvisamente si ritrovò sul suo giaciglio, Caleb da una parte e la ragazza della notte precedente dall’altra, entrambi dallo sguardo preoccupato.
“Rufio, ti sei svegliato!” esclamò l’amico, con espressione poco più sollevata, ma lui non lo sentì nemmeno: lo spostò in qualche modo e crollò carponi, tossendo.
Quando guardò la sua mano, la vide rossa di sangue.
Si alzò in piedi con l’aiuto di Caleb
“Va tutto bene?”
Esitò, con sguardo confuso
“Rufio?”
Appena sentì il suo nome, lui cadde in ginocchio.
“Portala via.. andate.. via!” riuscì a malapena a dire, tremando
“Non capisco, non c’è..” ma invece il sangue c’era: il suo, sulla mano.
“Caleb, ti prego!”
L’amico afferrò la ragazza per un polso e corse fuori.
Quando i loro passi furono finalmente inudibili, cedette.
***
“Ben svegliato, Vahirden.” Sentì dire da qualcuno
Rufio si alzò in piedi e si prese qualche istante per guardarsi intorno.
Era in una cella. Un’umida, buia e fredda cella. Ottimo.
Cos’aveva combinato questa volta?
Di fronte a lui, una ragazza dai capelli biondi gli tese la mano.
“Benvenuto nella prigione di Elwandü.”
Il ragazzo la guardò
“Hai detto Elwandü?” chiese, gli occhi sgranati, “Quella Elwandü?”
“Conosci altre città con questo nome?” fece allora lei, guardandolo male
“Oh, magnifico. Davvero, fantastico. Sono dall’atra parte di Terbal! Come diavolo sono finito qui?!”
“Se non lo sai tu..”
Si guardarono per qualche istante, lui confuso e lei visibilmente scocciata, poi il ragazzo tornò a sedersi.
“Ok, troviamo il modo di andarcene di qui.”
“Andarcene?! Tu sei pazzo! Nessuno è mai uscito vivo di qui.”
“Saremo i primi, allora. Se troviamo un modo.”
“Bah! Fa’ come ti pare.”
“Cercherò di ricordare perché e come sono finito qui, poi pianificherò un modo per scappare.”
“Fa’ pure. Non abbiamo molto altro da fare in ogni caso.”
Rufio sospirò.
“Bello, eh? Non si sente il caldo che c’è fuori e vitto e alloggio sono gratuiti. Cosa vuoi di più?” ironizzò la ragazza, sentendolo
“Spero solo di ricordare tutto” disse, e chiuse gli occhi, le mani sulle ginocchia.
Lo sentiva.
Sentiva chiaramente il suo cuore battere, sentiva il suo odore, sentiva che era in quella stessa stanza, lo sapeva per certo.
Eppure perché non lo vedeva?
Era osservato, studiato, da qualcuno che non c’era.
O meglio, che non poteva vedere.
Chiuse gli occhi.
Fece un passo in avanti e si bloccò: le vibrazioni tornavano indietro da una sola direzione.
Beccato.
Scagliò una lama di energia verso la sua sinistra, ma essa s’infranse su una barriera invisibile.
“Fatti vedere.” Disse, aprendo gli occhi “Sai che ti ho individuato.”
In risposta, si mostrò ed applaudì.
“Complimenti, non è da tutti.”
“Che diavolo ci fai qui? Che cosa vuoi? Perché mi spii?”
“Non ti spiavo, ti studiavo.”
“E perché?”
“Per poterti sconfiggere.”
Si lanciarono l’uno contro l’altro ad armi sguainate, combatterono una lotta all’ultimo respiro, fino a quando l’elfo non riuscì ad atterrare Rufio e bloccarlo.
“Perché ce l’hai con me? Per via dell’incantesimo di qualche tempo fa? O perché sono sfuggito all’imboscata? O forse perché vuoi provare ad uccidermi pur sapendo che non puoi riuscirci?”
“Ti assicuro che posso farlo in ogni momento.”
“Prego!” fece allora il Vahirden, inarcando le sopracciglia per poi sorridere, sicuro “Provaci.”
L’elfo alzò appena un braccio per potergli tagliare la gola.
Fu un errore fatale.
Nel momento in cui sentì la presa allentarsi, Rufio scattò: afferrò il polso dell’elfo e lo disarmò con facilità mentre scivolava di lato per poi portargli il ginocchio al centro della schiena, tenendogli entrambe le braccia con una mano e portandogli il pugnale alla gola con l’altra.
“Stavamo dicendo… Cosa vuoi da me?”
“Mi hanno mandato ad ucciderti.”
“Perché, sono troppo pericoloso?” e rise lievemente “Chi ti manda?”
“Ho ricevuto ordini dal capitano, gli è stato detto di sbarazzarsi di te con ogni mezzo”
Rufio avvicinò ancora un poco la lama alla gola dell’elfo “Ne sei sicuro?”
“S-sì, sono sicuro!”
“Bene.. Ti darò una cosa in cambio di queste informazioni. Un premio.” Poi sogghignò “Una morte veloce” e mentre l’elfo tentava invano di liberarsi, lo uccise con un semplice e secco colpo.

“Dannazione! Nulla di importante!” disse a denti stretti
“Sai, hai tutto il tempo. Non c’è fretta.”
“Solo uno stupido elfo. L’unica cosa che mi è tornata in mente è quello stupido biondino dalle daghe affilate.”
“Biondino dalle daghe affilate? Per caso aveva al collo una collana argentata con un ciondolo di forma simile ad un albero della vita?”
Rufio alzò lo sguardo verso di lei.
“Lo conosci?”
“È quello che mi ha portata qui.”
“Devo scoprire cos’è successo dopo che l’ho ucciso.”
“Aspetta, cosa?! Lo hai ucciso?!”
“Qual è il problema?”
“Che era uno dei soldati più abili della milizia elfica”
“Ah.”
Rimasero un silenzio a fissarsi, l’uno confuso, l’altra sorpresa.
Lei si sedette accanto a lui.
“Ora sono curiosa di sapere come sei finito qui e come ci tirerai fuori.”
“Allora lasciami meditare. Ti dirò tutto appena lo ricorderò. Non so perché ma mi fido di te.”
“Forse perché siamo compagni di cella.”
Ma certo, volevano prenderlo alla sprovvista. Che idioti.
Corse fuori dal campo, cercando di allontanarli per non permettere loro di ferire i suoi “colleghi”, e si fermò solo una volta arrivato alla Piccola Foresta.
Allungò la propria mente verso ogni creatura e disse ad ognuna di loro di non farsi coinvolgere e di stare il più lontano possibile, poi aspettò che gli elfi lo raggiungessero “senza farsi notare”.
Non li avrebbe notati, se fosse stato un normale Vahirden.
Ma lui non era un normale Vahirden.
Abbatté i primi due con i pugnali da lancio, raccolse l’arco e la faretra di uno dei due e colpì come poteva i pochi che erano ancora abbastanza lontani, poi buttò tutto a terra ed estrasse i pugnali.
Ne uccise uno, due, tre, poi lasciò che uno lo ferisse. Ne uccise ancora un paio, ma lasciò che lentamente lo mettessero con le spalle al muro.
Non lo volevano morto.
Lo immobilizzarono, gli legarono le braccia con corde incantate e lo portarono al cospetto del loro re, nella città di Elwandü.
Aveva la sensazione che era lì che doveva andare.
Avrebbe trovato il modo di scappare.
“Rinchiudetelo. Marcirà nella cella che gli spetta. Tenetelo d’occhio ed incantate le sbarre.”
“Sissignore”
E lo portarono giù, verso le prigioni.
E lo sbatterono dentro quando ormai era al limite della coscienza, mentre lasciava spazio al suo noioso altro sé.

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Capitolo 6
*** Fino alla fine. ***


Capitolo sesto: fino alla fine.

Tornato al presente, Rufio alzò lo sguardo e lo piantò sugli occhi color lapislazzuli della ragazza.
“Tirami uno schiaffo.”
Senza esitare, lei eseguì.
“Grazie. Bene, ora posso dirti che sono finito qui volontariamente: l’altro me era convinto che io avrei dovuto essere qui e che lui avrebbe trovato il modo di uscire.”
“L’altro te?” chiese lei “Non credevo che i mezzosangue avessero quella strana abilità. Di che razza sei, per l’altra metà?”
“Elfo, credo.”
“Credi?”
“Ho conosciuto solo mia madre, quanto a mio padre ero troppo piccolo per ricordarlo..” rispose, distogliendo lo sguardo “ma ho gli occhi azzurri tipici degli elfi.”
La ragazza si alzò in piedi, guardò verso le sbarre e tornò a guardare lui.
“Come usciamo di qui?”
Rufio si alzò in piedi a sua volta, si diverse verso le sbarre e provò a toccarne una, ma fu scaraventato indietro fino a sbattere la schiena contro la parete alle sue spalle.
Crollò in ginocchio, tossendo, ed ignorò il brivido che gli stava percorrendo tutto il corpo.
“Abbiamo due opzioni” constatò “La prima è trovare il modo di distruggere le sbarre.. ma a meno che tu sia una maga, cosa che non credo dato che non sei ammanettata, questa non è un’opzione.”
“E la seconda?”
Il ragazzo sospirò.
“Devi aiutarmi, non ho il controllo dell’altro me, non posso farlo uscire a comando e non mi ascolterà mai.”
“Cosa?! Hai l’abilità e non la sai usare?”
“Semplicemente non posso controllarlo. Non è come con gli altri, l’altro me è.. come fosse un’altra persona che vive nel mio corpo ed esce quando più gli va.”
“Non è normale.”
“Non ho mai detto di essere normale. Una persona normale si farebbe rinchiudere qui volontariamente?”
Lei alzò le spalle.
“Allora, Vahirden.. o mezz’elfo.. o come ti vuoi far chiamare, che si fa?”
“Si fa uscire lui.”
“E come?”
“Potresti provare con-“ ma s’interruppe all’improvviso, preso da una fitta al petto.
La ragazza si inginocchiò accanto a lui
“Tutto bene? Provare con cosa?”
Lui si portò una mano al petto, tremante, iniziando a respirare in modo irregolare.
“Ehi?”
Alzò lo sguardo sulla ragazza sogghignando.
“Questo è il nostro biglietto di uscita. Chiama le guardie, dì loro che mi comporto in modo strano o qualcosa di simile. Ti avverto, potrei aggredirti.”
“Cosa stai dicendo?!”
“Chiama aiuto. Appena apriranno vedrai. Non ti da fastidio il sangue, vero?” e rise appena
“Cosa-?”
Gemette di dolore e strinse i pugni, lasciandosi scivolare a terra
“No, no-non li ucciderai, non..”
Si raggomitolò su sé stesso
“Godrò nel farlo.”
Si trascinò in un angolo, cercando di allontanarsi dalla ragazza, che iniziò a gridare chiedendo aiuto. Chiamò, ma nessuno rispose.
Rufio scattò in piedi e si lanciò verso di lei, che lo schivò per un soffio.
“Qualcuno mi aiuti, vuole uccidermi! È impazzito!”
Ma lui le si scagliò nuovamente contro
“Nessuno ti salverà! Ti vedrò esalare l’ultimo respiro!” e scoppiò a ridere
La sentì gridare di nuovo e finalmente sentì dei passi avvicinarsi.
Questa volta riuscì ad afferrarla e a farla cadere a terra per poi mettersi cavalcioni su di lei e poggiare una mano sul suo collo.
“Peccato solo non avere lame, avrei potuto assaggiare il tuo sangue..”
Ormai i passi erano arrivati davanti alla loro cella.
“Che diavolo stai facendo?! Fermati!” ordinò una delle guardie aprendo un varco per entrare.
Corse verso di lui ma, appena fu abbastanza vicino, Rufio scattò in piedi e gli tirò un calcio allo stomaco che lo fece piegare su sé stesso, poi uno alla testa. Lo disarmò e gli tagliò la gola. Le altre due guardie, che ancora non erano entrate, ingaggiarono un combattimento con lui, ma fecero a breve la stessa fine della precedente.
“Razza di idioti. Gli elfi sono tutti così stupidi?” chiese infine, alzandosi ed aiutando la ragazza ad alzarsi a sua volta.
“Per un attimo ho creduto che volessi uccidermi davvero.”
“Avrei potuto, se avessi voluto.”
Lei guardò i tre corpi a terra.
“Non stento a crederlo.”
Lui raccolse le armi di una seconda guardia e le diede alla ragazza.
“Sai come usarle?”
“Più o meno. Non sono molto brava con le spade.”
“Faccio io. Tu seguimi e basta.”
Ripercorsero all’indietro la strada fino all’ingresso della prigione, uccidendo gli elfi che li contrastavano, ma poi capirono che c’era un solo modo per scappare.
“Soffri di vertigini?”
“No, perché?”
“Riesci ad arrampicarti fino a là sopra?” chiese, indicando il tetto dell’edificio
Lei prese un attimo per controllare
“Sì, dovrei farcela”
“Vai ed aspettami lì.”
“Mi lasci indietro?”
“Ti sto salvando la vita. Sbrigati. Se trovi un arco e sei brava nell’usarlo, gradirei una mano.”
Corse dalla parte opposta, verso una coppia di elfi in pattuglia, e rallentò quando fu vicino abbastanza da sentire la loro conversazione.
“Che dici, dovrei chiedere una promozione? Sono in servizio da un sacco di tempo.” Stava dicendo il primo soldato
“Oh, io preferirei una vacanza.” Rispose il secondo
“Anche io!” fece allora Rufio.
I due si voltarono e lo videro.
“Tu che ci fai qui?!” poi si mise a gridare “Vahirden! Un prigioniero Vahirden cerca di scappare!”
Lui sorrise.
“Chiami aiuto perché sai di non avere speranze?”
“La tua faccia era in tutta la città fino a ieri!”
“Che cosa dolce, ero un ricercato!” fece, sguainando la spada “Peccato tu non abbia avuto quella promozione. E tu quella vacanza.” E scartò di lato, tranciando di netto la testa al secondo soldato “Davvero” ed approfittò di un buco nella guardia del primo per trafiggerlo al ventre.
Pulì il sangue sui pantaloni e si voltò per vedere a che punto fosse la ragazza.
Era già su. Perfetto.
Si arrampicò a sua volta.
“Perché hai ucciso anche quei due?”
“Se ti avessero vista saresti morta, lì dietro c’è un deposito di balestre.”
“Che ne sai?”
“Quando ti ho detto di salire c’era uno di loro che ne portava lì un paio. Comunque non ha importanza. Stammi bene a sentire: non mi sono ancora del tutto ripreso dall’ultima uscita quindi ho abbastanza energia per uno solo di noi.”
“Eh?”
Le porse il proprio badge e la scarsella.
“Ti manderò alla mia tenda nel campo. Resta nascosta fino al mio arrivo, troverò un punto sicuro e tornerò entro un giorno. L’unica persona con cui puoi parlare è Caleb, il mio compagno d’armi. Capelli corti neri, occhi azzurri, più alto di me. Molto probabilmente mi starà cercando. Se lo vedi, spiegagli la situazione e digli che sto tornando. Che Rufio sta tornando.”
“Parli di te stesso in terza… “esitò, capendo solo in quel momento “persona? Sei l’altra personalità?”
“Oh, io sono lui.” Rispose “Solo con un carattere diverso. E Più sveglio.”
Le poggiò le mani sulle spalle.
“Potrebbe venirti la nausea quando arrivi. Evita di vomitare sul mio badge.”
“Eh?!”
“Ricorda, solo con Caleb.”
“Aspetta, asp-!“
Ma era già sparita.
***
Dove..?
Cosa..?
Alberi?
E questo odore..

Mise lentamente a fuoco ciò che lo circondava.
Si era svegliato di nuovo sotto ad un albero.
Doveva avercelo portato lui.
Si alzò appoggiandosi al tronco dell’albero alle sue spalle.
Guardò in alto, tra le foglie.
“Aelor?” disse, afferrando al volo un frutto che gli stava per cadere in testa.
Lo studiò per qualche istante.
Il guscio giallognolo era liscio, se non per le sottili striature a raggio.
Lo aprì.
Al suo interno, tre sfere allungate rosso fuoco.
Ne mise in bocca una.
“Dolce, come sempre. Quanto tempo dall’ultimo che ho mangiato. Sono così rari vicino a Rak’Tal..”
Scattò in piedi
“Ah! Dannazione! Rak’Tal! Come ci arrivo ora?!”
Si guardò intorno in cerca di un segno che potesse dirgli dove fosse, ma tutto ciò che vide erano alberi e frutti di Aelor.
Un momento.
C’era un solo posto in cui potevano crescere così tanti alberi di Aelor.
“Possibile? Possibile essere vicino al Thami?”
Chiuse gli occhi e rimase in ascolto.
C’era. Debole, quasi impercettibile, ma poteva sentire il fruscio.
Doveva solo seguirlo.
***
“Dannazione, dove diamine si è cacciato?!”
Sedette sul giaciglio del compagno d’armi, preoccupato.
Un tonfo alla sua sinistra lo fece sobbalzare e voltare di scatto.
“Cosa-! Chi sei?!”
Una ragazza bionda dagli occhi color lapislazzuli si era accasciata a terra tenendo una mano sullo stomaco ed una davanti alla bocca.
“Chi diamine sei?! Che ci fai qui?” fece, puntandole contro la spada appena sguainata.
Quando si fu ripresa, lo guardò.
“Dimmi che tu sei Caleb.”
Lui aggrottò le sopracciglia.
“Come sai il mio nome?”
“Quel ragazzo mi ha mandata qui con questi” spiegò, porgendogli il badge e la scarsella “e mi ha detto di dirti che sta arrivando. Mi pare si chiamasse Rufio.”
“Rufio, hai detto?! Sai dove sia?”
“Eravamo alle prigioni di Elwandü quando mi ha.. uhm.. teletrasportata?”
“Elwandü?? Che ci faceva lì? E perché ti ha mandata qui?!”
Lei si sedette più comodamente.
“Ora ti racconto.”
Partì da quando lo avevano trascinato nella cella, spiegando come erano usciti e ciò che gli aveva detto di dire.
“In realtà non so perché mi abbia fatta uscire. Forse perché eravamo nella stessa cella?”
“Forse. O forse gli andava di farlo. Non importa, per ora. Resta in questa tenda, ti porterò qualcosa da mangiare.”
“Non ho bisogno del tuo aiuto.”
“Se Rufio ti ha mandata qui, ti aiuto anche se non lo vuoi.”
“Ma-“
“Torno subito” disse, e uscì.
Tornò dopo una decina di minuti, che la ragazza impiegò a curiosare, con un grosso piatto pieno di frutta.
“Mi dispiace, è il poco che è rimasto. O meglio, il poco che è rimasto e di cui nessuno sentirà la mancanza. Non ho potuto portare di più.”
Lei guardò il piatto con occhi famelici.
“Ti assicuro che andrà benissimo.”
Caleb le porse il cibo, su cui lei si buttò senza pensarci due volte.
“Allora, come ti chiami?”
“Sheela.” Rispose lei, con la bocca piena.
“Sheela? Non è un nome molto comune..”
“Non sono di queste parti. Mi hanno cresciuta dei Vahirden, comunque.”
“E di dove sei?”
“Dalle parti di Kor’Haam, vicino al deserto.”
“Non deve essere il massimo per te, allora, essere qui. Fa molto più freddo.”
Mandò giù a fatica un boccone di carne troppo grosso.
“La temperatura non mi da problemi”
Passarono pochi minuti e, all’improvviso, Caleb ebbe un lungo brivido lungo la schiena, tanto forte da farlo tremare.
“Che hai?”
Lui corrugò la fronte.
“Diciamo.. una brutta sensazione? Una sorta di sesto senso?”
Proprio in quel momento, si sentì un forte boato, seguito dal tremito del terreno.
“Che diavolo-?!”
Il ragazzo si voltò ed estrasse la spada nel vedere un elfo spostare l’apertura della tenda.
Uscì vincitore da quel breve scontro e si precipitò fuori.
Fuoco, fumo, grida, odore di carne bruciata.
Luce.
Un altro boato, spaventosamente vicino, ed un altro improvviso movimento del terreno.
Poco lontano, un cratere.
Sentì gridare il suo nome da una voce familiare.
Poi più nulla.

 

Ciao a tutti!
Mi scuso per il ritardo e per l'uscita totalmente irregolare dei capitoli! Mi si era fuso il computer ed ora sto scrivendo con uno provvisorio in attesa di prenderne uno nuovo ed avevo perso i dati!
Chiedo umilmente venia!
Detto questo, ringrazio voi lettori per dedicare del tempo a questa storia (finalmente un capitolo un po' più lungo) e.. spero vi piaccia!
Se qualcosa non dovesse andare bene, scrivetemelo e cercherò di apportare le modifiche necessarie a rendere il tutto migliore!
Grazie!
Eleonora

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Capitolo 7
*** Negazione e contrattazione ***


Capitolo settimo: Negazione e contrattazione.

No.
No. No! NO!

“CALEB!”
Corse verso di lui il più velocemente possibile, incurante di qualunque altra cosa, e si inginocchiò al suo fianco per scuoterlo.
“Caleb?! Caleb, non mi fare questi scherzi! Caleb!!”
Lui corrugò la fronte e, a fatica, aprì gli occhi.
“Ru-“ tossì un paio di volte contraendo i muscoli per il dolore “Rufio..”
“Sono qui, Caleb, sono qui! Non ti lascio!”
“Sei.. tornato.”
“Sì, sono tornato. Sono tornato da te, come sempre.”
“Portami a-“ si fermò per un istante, stringendo i denti, poi riprese “..alla tenda”
Rufio lo prese in braccio con delicatezza, cercando di non fargli ancor più male, e lo fece stendere sul proprio giaciglio.
“Ora sta’ qui, riposa, respira e non parlare.”
“Che diavolo è successo?!” fece Sheela, dall’altra parte della tenda “Che sta succedendo?!”
Rufio si voltò verso di lei.
“Ah, sei tu. Beh, siamo usciti da lì e ci siamo ritrovati sotto attacco qui.”
“E perché?”
“Perché c’è un motivo se nessuno scappa da Elwandü: chi lo fa muore.”
Spostò lo sguardo verso le ferite dell’amico.
“Nella cassa in quell’angolo ci sono delle bende e oggetti per medicare, portameli.”
“Rufio.. lascia stare.” Mormorò però Caleb, prendendogli debolmente un polso “Sono oltre al punto di non recupero.”
“Che stai dicendo? Certo che sei prima del punto di non recupero, ti curerò in qualche modo!”
“Non puoi farlo..”
“Allora farò uscire l’altro me! Lui saprà curarti con la magia e-“
“Rufio.”
Ammutolì nel sentire la voce dell’amico assumere quel tono.
“Voglio che tu.. voglio che tu sia l’ultima cosa che vedrò prima di andare. Non voglio guardare negli occhi una persona diversa da te, ora.”
“No, Caleb, io non ti lascio morire, ok? Non ti lascio morire!”
“Non c’è modo di salvarmi.”
Un’immagine gli attraversò la mente in un flash.
“Invece sì.” Si girò verso la ragazza “Hai tu la mia scarsella, immagino?”
Lei gliela porse, e lui ne tirò fuori una piccola perla trasparente.
“Sai cos’è questa?”
Caleb sgranò gli occhi.
“È.. quello che credo? È una lacrima di.. ninfa? Come-“
“Dopo l’imboscata, mi ha salvato la vita e donato questa. Ha detto di tenerla per un momento simile ed ho intenzione di usarla.”
“Scherzi? Potrebbe salvarti la vita!”
“Voglio che la salvi a te!” fece lui, stringendo il pugno con la mano libera “Deve salvare te!”
“Sai, era da un po’ che pensavo a come avrei voluto morire...”
“Tu non morirai, hai capito?!”
“.. ed ogni volta c’eri tu. Eri sempre tu l’ultima persona che volevo vedere, l’ultima immagine impressa nella mia anima.”
“Smettila, Caleb!”
“Sono felice della vita che ho vissuto. Sono felice di aver vissuto con te in questi ultimi anni.”
“Se non la smetti, giuro che-“
“Rufio, non voglio. Sono stanco di questa guerra inutile. L’unico motivo per cui ero ancora qui è che c’eri tu. Ma ora ho un’opportunità di scappare da tutti quei volti, da tutta quell’inutile violenza. Posso andarmene, finalmente. E posso andarmene con davanti il tuo viso.”
“Caleb..” ormai lo stava supplicando, il cuore pesante, le lacrime lungo le guance
“Devo andare..”
“Caleb, se te ne andrai non avrò più nessuno.”
“Resterò al tuo fianco, ti accompagnerò dall’altra parte del velo. Ti starò comunque vicino.”
“Per sempre?”
“Per sempre.”
Caleb indicò la cassa dove mettevano i vestiti.
“C’è uno scompartimento nascosto, sul fondo. Ti basterà premere nell’angolo in alto a destra e si aprirà. Dentro c’è una cosa.. un ciondolo a cui sono davvero affezionato. Prendilo.”
“Ma Caleb-“
“Promettimi solo una cosa.”
“Qualunque cosa!”
“Promettimi che.. che non ti toglierai la vita. Che lotterai per sopravvivere.”
“Non posso prometterti questo, non posso!”
“Ti prego, Rufio. È l’ultima cosa che desidero.”
Lui sospirò e si poso una mano sul petto.
“Va bene. Te lo giuro.”
Caleb sorrise.
“Grazie” disse, in meno di un sussurro.
Poi chiuse gli occhi per l’ultima volta.
Rufio rimase a fissarlo per qualche istante, poi si voltò dall’altra parte, stringendo i pugni fino a farsi male.
Si asciugò il viso e si armò. Come ultima cosa, prese il ciondolo di Caleb.
“Un’ametista, mh? La pietra della calma e dell’intuizione, non è così?”
Sospirò.
“Sapevi che ne avrei avuto bisogno.”
Indossò la collana.
“Vado a decapitare qualche elfo. Immagino che tu preferisca stare qui?” fece, spostando lo sguardo verso la ragazza
Lei annuì.
“Ti aspetto. Vedi di tornare.”
Prese un respiro profondo per calmarsi.
“Se vuoi ti porto qualche testa.” disse, poi uscì.
Vide un elfo poco lontano.
Gli tranciò di netto un braccio e lo trafisse al petto.
Camminò tranquillamente fino al centro del campo.
“Stupidi elfi, è me che volete o sbaglio? Affrontatemi apertamente, codardi!” gridò “Sono qui!”
Sguainò la spada ed aspettò che lo raggiungessero.
“Sappiate solo una cosa, prima che vi buttiate su di me.” disse quando fu completamente circondato “Non avrò pietà. Avete ucciso l’unica persona che non avreste dovuto nemmeno toccare. Non la scamperete. Nessuno di voi.”
“Nessuno di noi?” fece l’elfo davanti a lui “Sei solo, chi ti credi di essere?”
“Sono solo un corpo senz’anima, ma aspetta di vedere il mostro che ho dentro. Lo temerai.”
Molti di loro scoppiarono a ridere.
“Non vedo l’ora.” fece “All’attacco!”
Rufio chiuse gli occhi.
“Questa volta puoi fare come vuoi, non ti ostacolerò.”
“Non me lo farò ripetere due volte.”
Con un grido, spazzò via le vite dei primi che gli si erano avventati contro.
Si scagliò contro l’elfo che gli aveva parlato ma altri gli si misero davanti per difenderlo.
Richiamò a sé il fuoco dei dintorni e vi creò un cerchio attorno a sé, che poi fece espandere fino a disperdersi, travolgendo molti dei suoi nemici.
Richiamò poi l’aria perché facesse inginocchiare i superstiti e la terra perché li immobilizzasse.
Infine richiamò l’acqua perché si trasformasse in lame che li uccidessero.
Rise di gusto nel vedere che gli unici tre superstiti, salvi perché erano maghi abbastanza abili da aver fatto in tempo a proteggersi, guardavano la scena con terrore.
“Lo aveva detto. Aveva detto che mi avreste temuto.”
“Noi non ti temiamo!” gridò uno di loro, nonostante fosse visibilmente scosso
“Ah, no?”
Si avvicinò a lui lentamente, assaporando ogni suo tremito, fino ad essere ad un passo di distanza.
Allungò una mano verso il suo viso e si morse appena un labbro.
Gli portò una ciocca di capelli dietro alle orecchie appuntite.
“Sai chi ha causato tutto questo?” chiese in tono dolce, con espressione addolorata, indicando con il braccio libero la scena alle sue spalle
L’elfo indietreggiò, allontanando la sua mano.
“Non mi toccare, mostro!”
“Dici a me di non toccarti perché sono un mostro?”
“Li hai uccisi tutti!”
“No, mio caro. Tu li hai uccisi tutti. Se tu non li avessi portati qui, nessuno sarebbe morto.”
“I-io..” crollò in ginocchio
Rufio spostò lo sguardo sul secondo elfo.
“Dimmi, tu ti fideresti di una persona così? Hai visto quante morte inutili ha causato?”
“Lui è il mio superiore ed ho eseguito i suoi ordini come lui ha eseguito quelli impartiti a lui!”
“Ah, davvero? Credevo che voi elfi odiaste le perdite inutili, dato che trovate molto difficile metter su famiglia ed il vostro periodo di crescita è piuttosto lungo..”
“Gli è stato detto di.. Ha solo…”
“Ha modificato i piani, non avrebbe dovuto far morire tutti i vostri compagni.. Un assassino simile è davvero degno di vivere?”
Si portò le mani alla testa
“Sta’ zitto, sta’ zitto!”
Spostò infine lo sguardo sull’ultimo, che aveva sguainato la spada e si dirigeva verso il primo.
“Ci ha traditi tutti! Ci ha mandati qui a morire!”
“Non dovevano morire, non volevo che morissero! Non dovevo lasciarli morire!” disse, stringendosi tra le proprie braccia “Uccidimi! Non merito la vita quanto la meritavano loro!”
E fu trafitto dalla sua lama.
Rufio sorrise.
Si avvicinò all’elfo e sussurrò al suo orecchio: “Ti rendi conto di cosa hai appena fatto? Hai ucciso il tuo superiore. Non ti rende onore..”
Questo lasciò cadere la spada ed estrasse un piccolo pugnale, con il quale si tagliò la gola.
L’unico superstite guardò il Vahirden con odio.
“Ci hai messi l’uno contro l’altro! Non era colpa loro, è colpa tua! È colpa tua!” gridò, lanciandoglisi contro con due daghe in mano, ma prima che potesse avvicinarsi abbastanza, la spada di Rufio gli aveva già tagliato la testa.
Sospirò.
“Proprio ora che iniziavo a divertirmi ho finito le bambole.”

Ciao a tutti!
Dato che per un po' non ho inserito capitoli, questa volta ne metto due in una settimana!
Ringrazio infinitamente chi è arrivato a leggere fino a qui, chi si è fermato prima e chi continuerà ancora!
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, ma sono felice anche così!
Grazie!
Eleonora

 

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Capitolo 8
*** Rabbia e confusione ***


Capitolo ottavo: Rabbia e confusione.

Tornato in sé, Rufio andò in cerca di superstiti.
Trovò il ragazzo di nome Kam, Ephir, Zyla, il generale Kahel con due soldati al seguito ed un gruppetto che era riuscito a difendersi autonomamente.
“Possibile che siano tutti morti?” chiese il generale in tono grave, “Devono esserci altri sopravvissuti, dobbiamo cercarli.”
“Dalle mie parti sono tutti morti, quelle enormi palle di fuoco hanno distrutto tutto” dichiarò Kam “e a quanto ho capito anche le sezioni sud e ovest sono state completamente rase al suolo.”
“Sì, è così.” confermò Zyla “Io ed Ephir veniamo da lì.”
“E dalla tua parte Rufio? Dove sono tutti?”
“Non ho trovato anima viva, a parte una ragazza esterna nella mia tenda.”
“Ragazza esterna?”
“Generale, appena saremo al sicuro vi racconterò cos’è successo, ora dobbiamo trovare un posto dove andare e cercare di riprenderci.”
Lui sembrò pensarci su per qualche attimo.
“Sì, hai ragione.” poi sembrò ricordare qualcosa. “E Caleb dov’è?”
Nel sentir pronunciare quel nome, Rufio si irrigidì ed il suo sguardo si incupì.
“Lui è…” strinse i pugni “Lui…”
Il generale sembrò capire all’istante.
“Mi dispiace. So cosa significhi perdere un fratello.”
“Non.. non l’ho perso. È solo.. fisicamente.”
Lui gli poggiò una mano sulla spalla.
“Andiamo a prendere la ragazza e cerchiamo rifugio nella foresta fino a che non ci saremo ripresi, poi andremo a cercare un altro campo a cui aggiungerci facendo rapporto ad Enim’Rac.” ordinò, voltandosi, “E controllate che non ci siano altri maghi in giro.”
“Sissignore!”
“Rimanete entro un raggio di dieci metri gli uni dagli altri. Tornate al più presto qui. Se avete problemi, riunitevi agli altri e chiamate aiuto. Avete capito?”
“Sissignore!”
E tutti si divisero.
Rufio tornò alla propria tenda per recuperare la ragazza ed ebbe un tremito quando vide il corpo dell’amico sul giaciglio.
“Dobbiamo andare.” Disse, guardando lei, “Ci posizioneremo nella foresta fino ad aver recuperato le forze, poi andremo da Enim’Rac.”
La ragazza si mise davanti a lui e gli tese una mano.
“Grazie di avermi fatta uscire. Io sono Sheela.”
“Come posso sdebitarmi? Mi hai salvato la vita e perfino donato questa..
“C’è una cosa che puoi fare per me. Conoscerai una giovane donna di nome Sheela. Se puoi, prenditi cura di lei.”
“Hai la mia parola.”

“Sheela, hai detto?”
“Sì, perché?”
Rufio esitò, poi le strinse la mano.
“Nulla, non ero sicuro di aver capito. Andiamo.”
Si riunirono agli altri e, mentre aspettavano il ritorno dei pochi ancora in cerca di sopravvissuti, Sheela si presentò al generale Kahel.
“Che cosa sai fare?”
“Uhm.. Me la cavo con i coltelli da lancio. E con i veleni.”
“Combattimento a distanza ravvicinata?”
“So fare poco e male, ma amo gli archi.. anche se non sono brava ad usarli. Sono più per i grimaldelli che per le armi.”
“Sei una ladra?”
“Non esattamente. A Kor’Haam mi mandavano in missione come spia.. solo che questa volta mi sono fatta catturare.”
“Potresti esserci utile, allora.”
“Sicuramente. Non posso tornare lì dopo essermi fatta catturare.”
“Mh, immagino che ti ucciderebbero.”
“Nessuno ucciderà nessuno!” intervenne Rufio con voce irritata
“Non ho mai detto che l’avrei fatta uccid-“
“Ho detto che non accadrà! Non verrà uccisa, nessuno verrà ucciso!” quasi gridò
Si portò le mani alla testa e si accasciò a terra, tremando.
“Caleb.. perché mi hai abbandonato qui? Perché mi hai fatto promettere di non seguirti? Dannazione! Se solo fossi arrivato prima, se solo non mi fossi fatto catturare, se solo avessi lasciato che lui ti salvasse! Sono un idiota, uno stupido! Dovevo salvarti, Caleb, dovevo salvarti..”
Il generale tese una mano verso il ragazzo
“Rufio-“
“Non mi toccare!” gridò lui, poi riprese a voce più bassa “Non toccarmi, non posso essere toccato, tutte le persone che mi stanno vicino muoiono, se mi tocchi morirai anche tu..”
“Io prima ti ho stretto la mano” ribatté Sheela, ma Rufio si coprì le orecchie con le mani
“Solo ora ho capito.. mia madre.. mia madre è morta per colpa mia..” rivisse per un istante quei suoi ultimi minuti “È morta per colpa mia, solo perché mi sono ribellato.. Solo perché non volevo uccidere quella spia..”
Estrasse il pugnale e se lo puntò contro.
“Hai giurato che non l’avresti fatto!” cercò di intervenire la ragazza, ma prima che avesse finito di parlare Rufio si era già fermato.
Esitò.
“Non lo seguirò. Io.. mantengo la parola data.”
“Stavi per farlo.”
“Non a causa sua. Non esclusivamente, per lo meno.” disse lui, rinfoderando l’arma.
Si alzò, sforzandosi per regolarizzare il respiro.
“Stammi a sentire, ragazzo.” fece il generale con voce calma, poggiandogli entrambe le mani sulle spalle “Guardami” ordinò, e continuò a parlare solo quando lui eseguì “So perfettamente come ti senti, so cosa ti passa per la testa e so quanto odi te stesso per non averlo salvato, ma non puoi lasciare che questo ti impedisca di vivere, chiaro? Pensa a cosa ti avrebbe detto lui. Non lo conoscevo bene quanto te, ma sono sicuro che una cosa, nel vederti così, l’avrebbe fatta.”
“Cosa?”
Come risposta ricevette un sonoro schiaffo, che lo stupì.
“Sai che odio queste cose, ma ne avevi bisogno. Ragazzo, credo che tu sappia quanto dura può essere la guerra. Questo non è altro che una guerra personale, tra i tuoi sentimenti e quello che è successo. Devi accettare il fatto che sia morto. Non è più qui e di certo non tornerà se ti piangi addosso. Devi lasciarlo andare.”
“No. Non posso evitare di provare rabbia nei miei confronti e nei suoi. È colpa sua per essere uscito ed è colpa mia per non essere riuscito a proteggerlo. Ed è colpa di quei dannatissimi elfi, è colpa di questa stupidissima guerra, è colpa di Enim’Rac e del re elfico per aver iniziato questo massacro, è colpa dei soldati per aver partecipato, è colpa di Yvrel stessa!”
“Rufio, ti rendi conto di star dando la colpa alla nostra dea?”
“Se fosse davvero potente quanto si crede che sia, avrebbe impedito la guerra. Avrebbe impedito che tutti questi uomini e tutte queste donne morissero per un motivo tanto stupido.”
“La dea ha i suoi motivi.”
“Non condivido i mezzi.”
“Ma-“
“Basta.” lo interruppe Rufio.
Rimase in silenzio per qualche secondo, lo sguardo ancora basso, poi lo alzò verso il generale.
“Da questo momento in poi, sarò con voi solo per aiutarvi a riprendervi. Una volta deciso quando andrete in città, mi dividerò da voi e cesserò di essere un soldato.”
“Rufio, sei uno dei nostri migliori soldati!”
“Non mi importa. Non posso continuare ad uccidere per un motivo che non condivido. Fin dall’inizio non ho voluto unirmi all’esercito ed ora ho un motivo per andarmene. Non tornerò. Vivrò nella foresta, in neutralità rispetto alle fazioni. Se mi vorrete indietro.. beh, dovrete costringermi.”
Pochi istanti dopo, uno degli ultimi soldati ancora mancanti all’appello arrivò correndo.
“Generale! Generale, abbiamo trovato una ragazzina! È ferita, signore, che facciamo?”
“È grave?”
“Non ne siamo sicuri, ma è priva di sensi. È un’elfa..”
“E con ciò? È solo una ragazzina. Potete muoverla per portarla qui?”
“Sì, signore.”
“Allora fatelo.”
“Subito, signore!” e tornò da dov’era venuto per farsi rivedere dopo qualche minuto con altri due soldati, la ragazzina in braccio.
Nel vederla, Rufio sentì qualcosa che non aveva mai provato. Una sensazione strana, come.. una connessione. Era come se provasse ciò che lei stava provando. E faceva male.
“Mettetela giù” disse in tono quasi inudibile, poi ripeté a voce più alta: “Mettetela giù.”
Il soldato che la teneva in braccio lo guardò, poi spostò lo sguardo sul generale, che annuì con il capo, e la distese a terra.
Rufio si inginocchiò accanto a lei e si chinò per guardarla in viso.
I suoi lunghi capelli castani erano sporchi di sangue, la pelle chiara molto calda ed il suo battito spaventosamente debole.
Chiese al soldato che l’aveva portata dell’acqua, si stracciò un lembo della casacca e lo bagnò per poi poggiarlo sulla fronte della ragazzina.
“Resisti. Non ti lascerò morire.” disse, e tirò fuori la lacrima di ninfa dalla scarsella.
Ignorò del tutto i mormorii che si diffusero quando la riconobbero.
“Ti prego, salvala.” sussurrò tenendola nel palmo della mano
Quando la sua voce gli disse di poggiarla sulle labbra della ragazzina, eseguì e guardò la perla trasparente sciogliersi.
Poco dopo, il dolore che provava svanì e la temperatura della ragazzina scese.
Finalmente, dopo qualche altro istante di attesa, aprì gli occhi.
Rufio sorrise, sollevato.
“Come ti senti?” le chiese, guardandola negli occhi, ma lei non rispose.
Si mise a sedere e si guardò intorno.
Quando vide le fiamme, si alzò e fece per corrervi attraverso, ma Rufio la fermò tenendola per le braccia.
“Cosa credi di fare? Morirai se torni laggiù!”
“Eham!” gridò lei, verso il campo “Nael!” cercò di divincolarsi, senza successo, poi chiamò di nuovo: “Eham! Nael!”
Crollò in ginocchio, piangendo.
Si voltò verso di lui e gli disse qualcosa che non capì ma vedendo la sua espressione confusa lo colpì al petto con un debole pugno.
“Loro..” tentò di dire, nella stessa lingua dei soldati, “io.. scappiamo..” e indicò il campo “Fuoco.. fermati..  madre..”
Rufio cercò di capire
“Tu e tua madre stavate scappando?” chiese, scandendo il più possibile le parole
“Sì.. “ disse e fece per aggiungere qualcos’altro, ma si portò le mani alla testa e con una smorfia di dolore crollò in ginocchio.
“Ti senti bene?”
Lei non rispose, ma tese la mano verso di lui.
E quando lo raggiunse con un dito, lui sentì che la sua testa stava per scoppiare.
Completamente immobilizzato, cercò senza successo di parlare ma fu travolto da una serie di immagini, sensazioni, brandelli di conoscenza che non gli appartenevano.
Mi dispiace che sia doloroso sentì riecheggiare nella testa ma è l’unico modo che ho per non svenire e per fare in modo che tu mi capisca.
“Per non svenire?” chiese mentalmente lui alla voce nella sua testa “Che cosa intendi?”
Queste fitte sono dovute ad un incantesimo, una maledizione. Abbiamo ereditato il dono della magia da antenati, ma ci sono stati dei malintesi e un elfo è stato ingaggiato per ucciderci. Lui non voleva perché era amico di mio padre, così ci ha maledetti in modo che dimenticassimo tutto di questo mondo. Vuole portarci nell’altro, tra gli umani. spiegò
“Umani? Ne ho sentito parlare solo nelle leggende!”
Gli elfi con alcune speciali capacità ricevono la conoscenza di quel mondo dai principi, che a volte ci vanno per studiare i loro comportamenti e il loro sviluppo. Forse anche alcuni di voi ne conoscono l’esistenza..
Finalmente si allontanò, facendo svanire il dolore.
“Ti senti meglio?” chiese Rufio, sinceramente preoccupato
“Sì” disse lei nella sua lingua, “Grazie di avermi salvata.”
“Non potevo non farlo: sei solo una ragazzina”
“Ma pur sempre di razza elfica”
“Non cambia.”
“Rufio” lo chiamò Kam “che succede?”
Lui si voltò
“Dobbiamo aiutarla, trovare un modo per disfare l’incantesimo”
Kam piegò la testa di lato, confuso.
“Che nella nostra lingua significa..?”
“Aspetta.. cosa?”

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Capitolo 9
*** Depressione, cambiamento ***


Capitolo nono: Depressione, cambiamento.

La ragazzina si avvicinò a Rufio e gli sfiorò la fronte con due dita, tracciandovi dei simboli
“Scusa, nella fretta ho dimenticato una cosa.. ecco fatto. Ora dovresti riuscire a distinguerle.”
Lui si voltò verso Kam
“Ho detto che dobbiamo aiutarla.” disse, questa volta nella sua lingua madre “Dobbiamo trovare  come togliere quella maledizione”
“Maledizione?”
Guardò la ragazza, che stava facendo lo stesso, poi tornò a guardare il soldato
“A breve dimenticherà ogni cosa di questo mondo, non crederà nemmeno più alla sua esistenza, probabilmente. Dobbiamo fare qualcosa!”
A quelle parole, il generale Kahel lo guardò in modo quasi paterno.
“Non puoi salvare tutti, Rufio. Non sappiamo nemmeno che tipo di maledizione sia, non possiamo cancellarla. Inoltre impiegheremo qualche giorno a riprenderci e da quanto ho capito potrebbe dimenticare tutto da un momento all’altro. Iniziamo a trovare un posto sicuro, poi vedremo cosa si può fare.”
Lui sospirò.
“Va bene.”
“Manca qualcuno?” chiede il generale, guardandosi intorno, ma non ottenne risposte affermative, quindi si voltò, dando le spalle al campo: “Andiamo.”
***
“Rufio..”
Si voltò di scatto.
Nulla.
Una risatina  gli gelò il sangue.
“Oh, Laira.. Dimmi, perché ti allontani da me?"
Rufio si avvicinò alla voce.
“Dove si trova il tuo dolce bambino? Dov’è quel piccolo mezzosangue?”
Lo vide chinato sulla donna, che indietreggiava per quanto le fosse possibile, con un non celato sguardo compiaciuto e divertito.
“Non avrai mai mio figlio!” esclamò lei tentando invano di alzarsi in piedi, una gamba ferita
“Oh, certo che lo avrò. Lo porterò dov’è giusto che sia, sai che non abbiamo problemi con i mezzosangue, non abbiamo nulla contro di loro.”
“A meno che siano in parte elfi, non è così?”
“A proposito di elfi.. Vuoi sapere che fine ha fatto il tuo grande amore?” inarcò appena le sopracciglia, fingendo evidentemente di essere triste “Temo sia cibo per i vermi, ormai.. o forse per i pochi animali che osano mangiare carne di esseri come lui.” e concluse con un ghigno
Poggiò una mano sulla gamba sana della donna, percorrendola dal basso verso l’alto.
“Posso risparmiarti, Laira, posso donarti una nuova vita ed una nuova identità.. ma in cambio..”
Spostò la mano sul suo basso ventre per abbassarle i pantaloni, ma per mostrare la propria idea a riguardo, lei tentò di tirargli un calcio tra le gambe, fermato dalla mano libera.
“Non mi avrai così facilmente!”
Lui la guardò dritto negli occhi.
“Speravo che lo avresti detto.”
Estrasse il pugnale dal fodero e la privò in pochi istanti di tutto ciò che aveva addosso.
“No! Lasciala stare!”
Rufio vide sé stesso, più piccolo, lanciarsi contro l’uomo con in mano un bastone trovato poco lontano, incurante del fatto che fosse molto più grosso di lui.
Fu infatti atterrato in un attimo e sbatté la testa.
La vista che si annebbiava, però, non gli impedì di vedere ciò che quel Vahirden fece di sua madre.


Uno schiaffo gli fece aprire di scatto gli occhi per tonare al presente.
“Ora vuoi finire di contorcerti e parlare nel sonno?”
Mise a fuoco il volto di Sheela, gli occhi che mostravano un gran nervosismo.
“Mi.. dispiace..” fece lui, non ancora del tutto conscio del periodo nel quale si trovava “Non volevo infastidirti, davvero.”
“A me non davi fastidio, ma la piccoletta diceva che non riusciva a svegliarti ed ha chiesto a me di farlo. Bene o male a gesti si fa quasi capire.”
Rufio spostò lo sguardo verso la bambina, inginocchiata di fianco a lui.
“Sembrava stessi facendo un sogno davvero brutto, anche se non so riguardo a cosa.. non parlavi in questa lingua.. ma volevo aiutarti, sembrava davvero doloroso..”
“Grazie.”
“Ne vuoi parlare?”
Sospirò
“Non sono cose per te, sei troppo piccola.”
“Combatto anch’io, se è di questo che parli.”
“Non esattamente.. Non mi va di parlarne.”
“Come vuoi..” ed alzò le spalle “Se vuoi parlare con qualcuno senza che gli altri capiscano.. io sono qui.” sorrise dolcemente “Almeno per un po’.”
“Grazie”
Sheela attirò la sua attenzione
“Ehi, posso tornarmene a dormire, ora? Non mi piace stare sveglia quando posso dormire.”
“Sì, certo. Grazie di avermi svegliato. Buonanotte.”
“Mh. ‘Notte.”
Rufio si alzò e si allontanò quanto bastava per essere lontano dalla vista e dall’udito degli altri.
Sospirò e si raggomitolò su sé stesso come quando era bambino, la testa sulle ginocchia.
Rivide sua madre tra le grinfie di quel Vahirden, Caleb colpito dall’incantesimo degli elfi, il campo distrutto ed i volti di tutte le persone che aveva ucciso.
Li ricordava tutti, uno per uno.
E tutti erano morti per colpa sua.
Se lui non l’avesse rallentata, non l’avrebbero presa. Se lui fosse arrivato prima anche solo di qualche secondo, avrebbe potuto salvare Caleb. Avrebbe potuto salvare l’intero campo.
Se non avesse accettato di entrare nell’esercito, se avesse avuto abbastanza forza di volontà da impedire a quel Noreil di controllarlo e costringerlo ad entrare e se fosse stato abbastanza forte da impedire al suo stesso maestro di costringerlo ad uccidere il suo primo uomo..
Se solo non avesse mai ucciso..
Si strinse ancor di più nelle proprie braccia, iniziando a tremare.
Vide sé stesso morire al posto di ognuno di loro, ogni volta in modo più cruento e doloroso.
Nel momento in cui una mano si poggiò sulla sua spalla, si riscosse dai suoi pensieri.
E dal momento in cui si riscosse dai suoi pensieri, si sentì perso per sempre.
Si voltò e si ritrovò davanti la ragazzina.
Lei lo abbracciò senza dire una parola e rimase così, in silenzio, fino a quando lui non la strinse a sé a sua volta.
“Vorrei solo sparire per sempre,” sussurrò, “così nessuno potrà più morire a causa mia”
“Non è colpa tua”
“Invece lo è. Ho ucciso così tante persone in battaglia... e Caleb è morto solo perché non sono arrivato in tempo per salvarlo.. e.. e mia madre...”
“Tua madre?”
Lui si allontanò quanto bastava per poterla vedere in viso
“È morta quando ero piccolo, ed è morta soffrendo, solo perché le avevo rallentato la fuga perché avevo paura di chi ci inseguiva. Invece che aiutarla, l’ho fatta uccidere ed ho aiutato il suo assassino facendomi catturare.” strinse i pugni ed alzò lo sguardo verso le fronde degli alberi.
“Voglio sparire.” e si lasciò abbracciare di nuovo, a lungo, fino a quando non ebbe lasciato uscire tutta la sua tristezza e la sua frustrazione.
“Mi hai aiutato di nuovo, ragazzina. Grazie.”
“Mi hai salvato la vita.. e mi stai più simpatico rispetto agli altri.” Sorrise
Lui sorrise a sua volta, debolmente.
“Farò tutto ciò che posso per aiutarti. Te lo prometto.”
***
L’indomani si svegliarono all’alba e si divisero: tre di loro andarono a cercare cibo, mentre gli altri costruivano dei rifugi di fortuna.
Furono la ragazzina, Sheela e Rufio ad andare a cercare da mangiare per tutti.
“Ripetimi perché sei venuto con noi?”
“Non potevo lasciarvi andare da sole, siete due ragazze e a quanto ne so non siete brave a combattere. È pericoloso per voi stare qui intorno, soprattutto da sole.”
“Da sole, da sole.. non siamo da sole. Siamo in due.”
“Hai capito cosa intendo dire. Lei non parla nemmeno la nostra lingua, se avesse un problema e trovasse qualcuno non saprebbe come chiedere aiuto.”
“In genere gridare funziona”
Rufio sospirò.
“Capito, spiegarti qualcosa di diverso è una battaglia persa in partenza.”
“Precisamente.”
Si guardò un po’ intorno mentre camminava, e si fermò di scatto.
“Che c’è?”
“La ragazzina. Dov’è finita?”
“Credevo fosse dietro di noi.”
Rufio imprecò e tornò sui propri passi di corsa, sperando di trovarla, tirandosi dietro Sheela.
La vide infatti poco dopo che raccoglieva delle bacche da un cespuglio.
“Ti ho trovata, per fortuna! Mi hai fatto spaventare, temevo ti avesse rapita qualcuno.. devi dirmi quando ti fermi!”
Lei si girò verso di lui, lo sguardo basso
“Scusa.. ho visto queste bacche che dalle mie parti sono difficilissime da trovare e..” alzò lo sguardo, ma lo abbassò di nuovo “scusa..”
Rufio sospirò.
“Tranquilla, l’importante è che tu stia bene. Solo, avvisami se ti fermi o ti allontani, va bene?”
“Va bene”
Raccolsero una buona quantità di bacche, poi iniziarono a tornare.
Catturarono anche un paio di conigli sulla strada.
“Credi che basterà per tutti?”
“Io non credo che mangerò, ma in ogni caso non siete molti ed è pur sempre meglio che digiunare. Nel pomeriggio tornerò a cercare.”
E fu quello che fece, sempre accompagnato dalle due ragazze, tornando con abbastanza selvaggina per tutti.
Doveva ammettere che Sheela non era male a cacciare, né la ragazzina a trovare bacche commestibili. Forse dopotutto gli sarebbero state perfino utili, se fossero rimaste con lui.
Mangiarono tutti insieme e mentre Zyla e Kam andavano a fare un giro di ronda, gli altri andarono a dormire.
L’indomani, poco dopo l’alba, sarebbero partiti per andare a Rak’Tal.
***
“Ben svegliato, piccolo.”
Sollevò la testa quanto bastava per guardare in faccia chi aveva appena parlato.
“Chi...? Chi sei?” domandò debolmente
Faceva fatica a parlare.
Molta fatica.
“Sono il tuo nuovo capo, mettiamola così. Tu stai ai miei ordini, e non si discute. Punto.”
“E se.. mi rifiutassi?”
Uno schiaffo in pieno viso non tardò ad arrivare.
“Sappi che non m’importa che tu sia un bambino o poco più. Fino ad ordine contrario, tu sei meno di uno schiavo. Se non stai agli ordini, sono frustate. Chiaro?”
“Io non-“
Un secondo schiaffo, più forte.
“Chiaro?”
Seppur con difficoltà, alzò ancora un poco la testa in segno di sfida.
“No.”
Fu slegato dalla parete, voltato e legato nuovamente.
“Comincerò piano. Cinque dovrebbero essere sufficienti.”
“Cosa-“ ma s’interruppe gridando, sorpreso dal dolore della frustata.


Un sussurro

Un altro colpo ed un altro grido.
“Se vuoi che la smetta, dovrai stare agli ordini. Lo farai?”
Esitò.
“Io.. i-io..”
“Deciditi!” e lo frustò per la terza volta.
“Lo farò”


Forse qualcuno lo stava chiamando?

“Bene.” disse, riponendo la frusta e slegandolo “Da ora in poi, farai tutto ciò che io ti dirò di fare, chiaro? Qualunque cosa.”
“Chiaro...”


Con una leggera pacca sulla spalla, finalmente si svegliò.
“Ti.. prego.. svegliati..”
“Cosa-? Ehi, che succede?!”
La ragazzina abbracciò debolmente Rufio.
“È finita.”
“Finita? Cosa è finito?”
“La maledizione..” per un attimo s’irrigidì, stringendo la presa su di lui per sopportare meglio il dolore “Non ce l’abbiamo fatta..”
Lui la allontanò appena per guardarla in viso.
Soffriva.
“Dammi solo un istante, l’altro me-“
“Non puoi fare nulla. Non potevi comunque fare nulla.”
“No, non dire così, troverò un modo..”
“Verrà a prendermi qualcuno, devi.. consegnarmi a lui.”
“Non credo proprio che-!”
“Non mi ucciderà. Mi porterà-“ si portò le mani alla testa e gemette di dolore
Rufio rimase a guardare, totalmente impotente.
“Ci rivedremo. Non mi riconoscerai, forse, ed io non riconoscerò te, ma..” parlava visibilmente a fatica, sempre più presa dal dolore “.. ma mi prenderai con te.. e, col tempo, ricorderai..”
“Come puoi sapere queste cose?”
“La maledizione sostituisce.. i miei ricordi ma, per.. qualche istante, mostra il futuro..”
Poggiò la testa sul suo petto, tremando.
“Questo è il mio limite.. consegnami a lui, quando verrà.”
“Ma..” esitò e sospirò. “Va bene.”
Si strinse a lui più che poteva e sussurrò al suo orecchio un debole “Grazie di tutto”, poi si lasciò finalmente andare e, con un ultimo gemito di dolore, perse i sensi.
Da quel momento esatto, da quando sentì il corpo della ragazzina rilassarsi completamente, qualcosa in Rufio si spezzò.
Quando, pochi minuti dopo, un elfo venne effettivamente a prenderla, Rufio prese una decisione che cambiò la sua vita, che cambiò lui stesso nel profondo dell’anima.
Mai più.
Non avrebbe permesso a sé stesso di amare mai più.
In alcun modo.
Per sempre.

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Capitolo 10
*** Calma ***


Capitolo decimo: Calma

“Sveglia, dormiglioni! Vi voglio pronti a partire tra dieci minuti! Si va a Rak’Tal!”
Il generale si avvicinò a Rufio.
“Tu sei sicuro di non volere venire con noi?”
Ricevette solo un secco “Sì”
Rimase a fissarlo per qualche momento, confuso dal suo tono di voce e soprattutto dal suo sguardo, poi decise di metterlo al corrente dei suoi pensieri
“Ti senti bene? Ti trovo strano, i tuoi occhi sono.. diversi.”
“Mh. Sto bene.”
Ma quando il generale aprì la bocca per rispondere con qualcosa, Sheela lo interruppe arrivando.
“Quindi che si fa?”
“Puoi fare quello che vuoi. Io resterò qui intorno, loro andranno a Rak’Tal”
“Sei sicuro della tua scelta, Rufio?” chiese il generale “Potrebbero mandarti contro qualcuno per ucciderti o riportarti a casa.”
“La foresta è casa mia, ora. E non avrò pietà per chi vorrà scontrarsi con me. Ho smesso di avere pietà quando ho capito che siete tutti uguali. Uccidete perché vi è ordinato e non perché credete in ciò che fate. Che senso ha questa stupida guerra? Sono affari dei nobili, non nostri, che vadano loro ad uccidersi a vicenda. Io mi rifiuto. D’ora in poi ucciderò solo chi cercherà di uccidere me. Se non siete d’accordo, non mi interessa. Lasciatemi in pace ed io lascerò in pace voi.”
“Come preferisci, ragazzo. Addio, allora.”
Senza nemmeno rispondere, Rufio si voltò e s’incamminò verso il fiume.
“Chi vuole restare qui con me è libero di farlo, a patto che viva in pace con questo posto e chi ci vive. Chi non vuole stare qui con me vada a Rak’Tal a farsi assegnare ad un altro fronte per morire lì, non mi interessa.”
Sheela si affiancò quasi immediatamente a lui, seguito dopo poco da Kam, Zyla ed Ephir.
“Qualcun altro vuole seguirlo?” chiese Kahel, ma non ottenendo risposta, concluse con un “Andiamo, allora, sarà una bella camminata. Prendete un po’ di viveri, il resto lo troveremo da qualche parte.”
Si voltò verso i quattro soldati che sarebbero rimasti.
“Manterrò nascosto questo luogo. Addio.”
“Addio, generale.” Risposero in coro, ad eccezione di Rufio, che salutò con un semplice cenno della testa, ormai del tutto estraneo alla gerarchia militare
Così si separarono dagli altri e si accamparono vicino al fiume.
***
“Come sei finita ad Elwandü? Credevo che a Kor’Haam la cattura non fosse minimamente tra le opzioni, di fronte a dei nemici.”
“Infatti è così, ma non sono riuscita ad agire abbastanza in fretta.. pensare che quel Rufio lo abbia fatto fuori così facilmente..”
“Davvero? Un elitario elfico?”
“Così ha detto, per lo meno, e non stento a crederlo. Se non lui, la sua controparte.”
“Mh, sì, ho sentito dire che non ne ha controllo. Forse è così perché è un mezz’elfo.”
Zyla raccolse i lunghi capelli castani in una coda con un nastro e si girò verso Ephir, che aveva appena parlato
“Io ho sentito dire che fosse in parte umano”
“Quella razza esiste solo nelle leggende, non dire sciocchezze.”
Sheela guardò Rufio, seduto su un grosso ramo, con i piedi nel vuoto.
Era completamente diverso da quando erano in cella, da entrambi i caratteri che aveva conosciuto.
Scese ad un ramo più basso e poggiò una mano sul tronco, poi vi poggiò anche la testa.
La ragazza si limitò ad osservare i suoi movimenti, nonostante volesse avvicinarsi a lui.
Non poteva, erano distanti come il fondo del mare e la cima più alta di una montagna: aveva innalzato un muro invisibile, tanto spesso da poter quasi essere toccato.
Forse un giorno qualcuno sarebbe riuscito a raggiungerlo.. ma chi?
Si decise ad alzarsi e si incamminò verso di lui lentamente.
“Lasciami in pace.” le disse, senza nemmeno alzare lo sguardo
“Non voglio disturbarti..” rispose lei, sfregandosi con la mano destra il braccio sinistro, infreddolita “Mi chiedevo solo perché non voglia unirti a noi”
“Va’ vicino al fuoco, hai freddo.”
“Ovvero togliti dai piedi.”
La guardò, finalmente, anche se di sottecchi.
“Mi leggi nel pensiero”
“Hai mai pensato di rilassarti e lasciarti il passato alle spalle? Ormai è da una settimana che te ne stai da solo a piangerti addosso, mi sembra ora che tu capisca che noi siamo venuti con te e che tu ce l’hai proposto, quindi sarebbe giusto che facessi qualcosa.”
“Qualcosa come cosa?”
“Parlarci, per esempio. O decidere che diavolo vuoi fare qui.”
“Ti sto parlando.” ribatté “E tutto quello che voglio è starmene per i fatti miei”
“E noi che diavolo facciamo qui? Prima o poi finiremo gli argomenti di cui parlare.”
“Fate quello che volete.”
“Vogliamo che TU ci dia qualcosa da fare. Abbiamo il cibo, abbiamo l’acqua ed abbiamo anche un fuoco. Sai cosa ci manca? Uno scopo, un motivo per rimanere nella foresta che non sia semplicemente non essere in guerra. Vedi, se avessero voluto semplicemente stare in pace avrebbero potuto andare in un qualsiasi villaggio minore e vivere lì sotto falso nome.”
Scese dall’albero e si avvicinò a lei fino a poter sentire sul viso l’uno il respiro dell’altra, lo sguardo talmente carico di frustrazione e rabbia da renderle difficile sostenerlo.
Le mise le mani intorno alla vita e la spostò lentamente fino a farla appoggiare al tronco dell’albero sul quale era lui prima. Si avvicinò ancora fino ad essere ad un soffio dalle sue labbra, ma all’ultimo cambiò direzione e le sussurrò in un orecchio:
“C’è una sola cosa che vi chiedo di fare: lasciarmi stare. Sono emotivamente instabile e non voglio farvi del male, capisci?”
In risposta, lei gli poggiò le mani sul petto.
“Siamo qui per aiutarti.”
“Non ne ho bisogno. Passerà, col tempo.”
“Non passerà se non cerchi di uscirne in qualche modo, Rufio. Noi abbiamo bisogno di qualcuno che ci dica cosa fare e tu hai bisogno di qualcuno con cui parlare e soprattutto con cui sfogare la rabbia. Ho visto nel tuo sguardo tutta la tua frustrazione per non averlo salvato e tutta la tua rabbia verso te stesso. Anch’io ho visto morire un compagno, so come ci si sente. Sono uscita da quella gabbia e sono tornata a vivere.. e sai come? Grazie alla fiducia negli altri e, più avanti, in me stessa. Vieni con noi attorno al fuoco. Anche solo una volta, prova a lasciarti tutte quelle emozioni alle spalle. Non ti dico di dimenticare, so che è impossibile, ma prova a vivere. Unisciti a noi una volta e se non dovesse andarti bene potrai sempre tornare nella tua impenetrabile fortezza.”
Si allontanò appena, in modo da guardarlo negli occhi.
Finalmente, anche se debole, quel luccichio.
Speranza.
***
Con il tempo, Rufio aveva iniziato a scambiare qualche parola con gli altri. Ogni tanto interveniva nelle conversazioni oppure ne instaurava una partendo da una semplice domanda.
Non andava nel piccolo villaggio tra la foresta e Rak’Tal, al contrario di Zyla, Kam ed Ephir, ma quando loro tre andavano per vendere le prede di caccia che avanzavano e comprare materiale per costruire o riparare i rifugi, lui rimaneva con Sheela.
A volte cercavano erbe, a volte controllavano che nessuno tentasse di attaccarli, a volte riposavano o rimanevano in riva al fiume a parlare del più e del meno.
Quel pomeriggio capitava in uno di quei giorni.
Non sapendo cosa fare, decisero di passeggiare lungo il fiume in cerca di pietre da aggiungere a quelle sotto e intorno al fuoco per limitarlo meglio ed impedire che qualche scintilla bruciasse l’erba vicina.
“Posso farti una domanda?” chiese Sheela, raccogliendo un piccolo sasso piatto e levigato
Con un semplice “Mh-mh”, Rufio la incitò a continuare
“Insomma, non so se tu ne voglia parlare e sei libero di non farlo, ma.. Qualche tempo fa ricordo di aver conosciuto l’altro te, e..”
Il ragazzo si immobilizzò.
“Scusa,” si affrettò Sheela, “è un argomento di cui non vuoi parlare, giusto? Va bene, non c’è problema, posso cambiare argom-”
“Non hai finito la frase.” la interruppe lui, girandosi verso di lei per guardarla in viso
“Credevo non ne volessi parlare, ti sei irrigidito.”
“Non me l’aspettavo, tutto qui. Continua pure.”
La ragazza esitò, poi si chinò per raccogliere un sassolino grigio-azzurro.
“Mi chiedevo se tu avessi idea del motivo per cui non riesci a controllarlo.”
Lui incrociò le braccia, pensieroso.
“Forse perché sono un mezz’elfo. Sai, per via degli scontri tra le due parti.”
“E lui dovrebbe essere la tua parte elfica?”
“Al contrario.”
“Quindi questa sarebbe la tua parte elfica.”
“Forse.” rimase in silenzio per un po’, chiudendo gli occhi ed ascoltando il suono dello scorrere dell’acqua alle sue spalle, poi concluse: “La verità è che non ne ho idea. Sono nato così.”
Riaprì gli occhi per trovare Sheela ad un solo passo da lui.
“Cosa fai?”
“Ti osservo.”
Rufio corrugò la fronte assumendo un’espressione confusa
“Mi osservi? Perché?”
“Hai un non so che di misterioso e sto cercando di capire perché. Inoltre, con la luce in quest’angolazione ed il fiume alle spalle.. beh, non avevo mai fatto caso a quanto quest’atmosfera ti si addica. Dai l’impressione di sentirti a casa, a tuo agio. E sei.. beh, diciamo che visto così non sei affatto male, fisicamente parlando.”
Lui inarcò le sopracciglia.
“È un complimento?”
“Già.”
“Uhm.. grazie, credo.” disse, distendendo le labbra in un mezzo sorriso
Lei sorrise a sua volta
“È la prima volta che ti vedo sorridere, anche se non è esattamente un sorriso.. sorriso.”
“Forse perché è la prima volta che sono così rilassato. È strano.”
“Non è bello sorridere?”
Ci pensò su per qualche istante.
“Avevo quasi dimenticato come facesse sentire un sorriso.”

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Capitolo 11
*** Tuono ***


Capitolo undicesimo: Tuono

Ben presto Kam, Zyla ed Ephir erano tornati ed avevano portato corde robuste, un arco corto ed uno lungo, oltre ad alcune erbe rare, curative e velenose.. ma la prima cosa che Rufio notò non fu questa.
Il volto di Kam era molto arrossato, i capelli scuri portati a coprire senza successo i grandi occhi neri, che sembravano molto attratti dal terreno. Ephir si grattava la nuca con un sorrisetto imbarazzato, guardando Zyla, che ricambiava con uno sguardo estremamente irritato.
“Ehi, che è successo tra voi tre?”
“Nulla..” fece per iniziare Ephir, ma Zyla lo fermò con un semplice gesto della mano.
“Prova a dire UNA parola e giuro che domani non ti svegli.”
“Ma-“
“Dillo davanti a me e non arriverai nemmeno ad addormentarti.”
Lui esitò e lei, infuriata, si diresse a grandi passi verso il suo rifugio.
Rufio la seguì con lo sguardo, poi lo posò nuovamente su Ephir.
“È successo che per errore noi.. ecco, l’abbiamo vista mentre si lavava..” spiegò “Ma non abbiamo fatto apposta!” si affrettò ad aggiungere “Solo che non sapevamo dove fosse, non avevamo capito dove fosse andata e non vedendola tonare siamo andai a cercarla.. e l’abbiamo vista..”
Rufio sospirò ed alzò lo sguardo, un mezzo sorriso sulle labbra
“Ammettilo, hai fissato più del dovuto ed è per questo che si è innervosita.”
“Quello lo chiami essere innervositi? È a dir poco furiosa!”
Aspettò qualche istante prima di cedere, sotto lo sguardo rassegnato di Rufio.
“Beh, lo ammetto, forse ho fatto una cosa che non avrei dovuto fare..”
Forse?” chiese l’altro, inarcando le sopracciglia “Le hai nascosto i vestiti!” ed arrossì ancor di più
“Non puoi dire che non ne valesse la pena..” e si prese un sonoro coppino da Sheela
“Sei un maiale.” gli disse, guardandolo male, “mi chiedo come abbia resistito all’impulso di castrarti o di tagliarti la testa. O la terza gamba.”
“Ouch...” fece lui, massaggiandosi la nuca “Non era un’azione fatta con l’intento di darle fastidio! In realtà non è nemmeno molto una cosa da me, in genere sono più.. educato? Non so bene cosa mi fosse preso.. Troverò il modo di farmi perdonare.”
“A quanto ho sentito dire non è una persona permalosa, ma… buona fortuna!” disse Rufio tra una risata e l’altra “Ne avrai bisogno!”

***


Rufio fu svegliato da delle voci.
Sospirò.
“Non si riuscirà mai a dormire per bene, da queste parti!” disse tra sé e sé, poi si alzò, si stiracchiò ed uscì dal rifugio.
“Allora, che succede?” chiese, uscendo, “Che hai combinato oggi, Ephir?”
Ma la persona che si trovò di fronte non era chi si aspettava.
Si guardarono negli occhi.
“Tu chi diamine saresti?”
Lo vide fare per indietreggiare e fuggire, ma fu più svelto e lo bloccò a terra.
“Chi sei? E che ci fai qui?”
“Vengo da Rak’Tal, sono un civile!”
“Un civile? Venuto qui da Rak’Tal? Non prendermi in giro!”
Rufio gli torse un braccio, strappandogli un gemito di dolore
“Dico davvero! Sono un civile, sarei dovuto entrare nell’esercito per far guadagnare qualcosa in più alla mia famiglia, ma siamo stati buttati fuori di casa prima che ci riuscissi ed avevamo sentito parlare di questo posto..”
“Sentito parlare?”
“Sì, girano voci su un accampamento di ribelli nella foresta.. e a quanto sembra sono fondate..”
“Noi non siamo ribelli”
“Ma a quanto dicono eravate soldati e vi siete rifiutati di tornare!”
“Vogliamo solo vivere in pace.”
“Ed è per questo che sono venuto qui! La mia famiglia non è lontana, vi prego, lasciateci rimanere! Io posso apportare migliorie ad armi e armature, mia moglie è un’ottima cuoca e mia figlia ha una mira infallibile, potrebbe aiutare con la caccia!” la sua voce s’incrinò appena “Vi prego! Non abbiamo dove andare, né denaro per pagarci una stanza da qualche parte..”
Dopo qualche istante, Rufio decise di lasciarlo andare.
“Che ci facevi davanti alla mia stanza?”
“Beh, stanza.. è più un giaciglio sotto un rifugio di rami e foglie..”
“Fa lo stesso. Che ci facevi lì?”
“Stavo cercando qualcuno con cui parlare.. Speravo solo di non incontrare qualcuno di minaccioso.. come te..”
Rufio sospirò.
“Devo parlarne con gli altri. Tu resta qui e vedi di non muoverti, perché se provi a scappare ti vengo a dare la caccia, chiaro?”
“S-sissignore!”
A quella risposta, il ragazzo andò dagli altri, ma non prima di aver alzato lo sguardo su una ragazzina qualche metro lontana dall’uomo, nascosta dietro ad un grosso cespuglio, ed averle detto che valeva anche per lei.
Spiegò al gruppo la situazione e disse che per lui potevano anche rimanere, ma al minimo passo falso sarebbero tornati da dove venivano, e solo Zyla rimase diffidente, anche se acconsentì.
Tornò quindi dall’uomo e, quando gli riferì la decisione, la ragazzina uscì dal suo “nascondiglio” e corse ad abbracciare il padre, sorridendo, che ringraziò più volte ed andò a chiamare la moglie.
Lasciò con Rufio la ragazzina, che aiutò Zyla e Sheela a cacciare mentre Rufio, Kam ed Ephir costruivano dei giacigli per i nuovi arrivati.
“Non penso che riusciranno a finire per oggi” spiegò Sheela alla ragazzina, che aveva scoperto chiamarsi Ruth, “quindi credo che dovrai dormire con te ed i tuoi genitori nella stessa.. ehm, stanza? Capanna? Come potrebbero chiamarsi?”
“Rifugi” consigliò Zyla, e lei accettò
“Ecco, sì, rifugio. Nello stesso rifugio.”
“Non c’è problema!” fece Ruth, sorridendo, “Almeno potrò tormentarti con domande sulla tua relazione con quel ragazzo che ci ha accettati qui!”
Sheela inciampò in una radice.
“Relazione?”
“Ho visto come lo guardi, sono sicura che ti piaccia!”
Sheela si prese un po’ di tempo per valutare cosa rispondere.
In effetti era un bel ragazzo e la trattava bene.. l’aveva anche fatta uscire da Elwandü!
“Devo ammettere che mi sta simpatico, ma non so se mi piaccia in quel senso”
“Io dico di sì! Voglio dire, a chi potrebbe non piacere? Ha degli occhi stranissimi, eppure sono parte del suo fascino! Non puoi dirmi che non hai notato quanto siano chiari, somigliano alle nuvole.. poi sembra così forte.. e coraggioso..”
“Farebbe qualunque cosa per i suoi compa-“ s’interruppe, esitò e riprese, correggendosi “per i suoi amici.” dopo qualche istante fece un mezzo sorriso “Non ti sarai presa una cotta per lui?!”
Ruth arrossì e distolse lo sguardo, sorridendo timidamente
“È troppo vecchio per me!” disse, poi la guardò
“Beh, trovarlo carino non è illegale”
I loro sguardi si incrociarono e scoppiarono a ridere.
All’improvviso, Ruth si fermò.
“Oh, no! Dobbiamo tornare indietro! Subito!”
Zyla la guardò con espressione interrogativa.
“Perché?”
“Laggiù! C’è un merlo messaggero! E si sta allontanando, in direzione opposta al campo!”
Le due ragazze guardarono per qualche istante il volatile, realizzando lentamente cosa il suo viaggio potesse significare, ed iniziarono a correre, tirandosi dietro la ragazzina.
Arrivarono, per fortuna, in tempo.
“Rufio!” gridarono in coro
Corsero verso di lui e lo trovarono intento a chiacchierare con Kam mentre si sistemava la leggera armatura.
“Mh? Che succede?”
Ruth avanzò di un passo
“Abbiamo visto un merlo messaggero, si allontanava da qui! Temo che mio padre abbia segnalato la posizione!”
“COSA?”
“Mi dispiace, mi aveva detto che non l’avrebbe fatto!”
“Di che diamine stai parlando?!”
“Un uomo gli aveva chiesto di segnalare la posizione del tuo campo in cambio di denaro, ma lui aveva rifiutato davanti ai miei occhi! Aveva detto a lui e a me che non avrebbe mai permesso a qualcuno di corromperlo, credevo fossimo venuti davvero qui per vivere in pace!”
Proprio in quel momento lo videro rientrare con della legna.
“Papà!” gridò la ragazzina appena lo notò “Mi avevi detto che non avresti segnalato la posizione!”
Lui la guardò, poi passò lo sguardo sugli altri ed infine nuovamente sulla figlia con espressione sempre più confusa.
“Non capisco, che succede?”
“Perché hai mandato quel merlo?!”
“Merlo? Non ho visto nessun merlo da queste parti, Ruth.”
“Io l’ho visto, andava verso la città!”
Zyla e Sheela la corressero
“Anche noi l’abbiamo visto”
L’uomo rimase pensieroso per qualche istante, poi disse una sola parola in una domanda:
“Thalia?”
Ruth indietreggiò di un passo, voltandosi verso Rufio
“Non era qui?”
“Ora che ci penso no, era andata al fiume a cercare delle erbe”
“Eravamo noi a procurare il cibo per oggi, Rufio.” gli ricordò Zyla
“Magari aveva bisogno di qualcosa di particolare?”
“Da quanto tempo è fuori?”
Il ragazzo ci pensò.
“In effetti è da tanto che si è allontanata.”
Ruth crollò in ginocchio
“Non può averlo fatto”
“Invece l’ha fatto.” Concluse Rufio, lo sguardo perso nel vuoto “Alle armi. Nessuno escluso.”
Sheela lo guardò bene in viso
“Va tutto bene? Sembri pallido..”
“Vuole uscire, ma posso trattenerlo ancora per un po’. Tu, Zyla, Kam ed Ephir.. mi dovrete buttare un’occhiata ogni tanto. Se serve, mettetemi fuori gioco, impeditemi di fare del male a chi non è necessario farlo. So che è difficile, ma dovreste farcela in quattro, non credi?”
“Credo di sì.. dipende da quante persone ci mandano contro.”
“Faremo in modo di diminuire i loro numeri prima che arrivino.”
“E come?”
“Non lo so, ma lo faremo. Andrò avanti per rallentarli ed indietreggerò il più lentamente possibile.”
“Così però non potremo tenerti d’occhio.”
“Non serve che lo facciate con loro. Serve che lo facciate con voi stessi, quando arriverò qui. Non so se lui deciderà di risparmiarvi o tenterà di uccidervi. Nel secondo caso, avete carta bianca.”
Annuì
“Vado. State pronti.”
“Senza armi né armature?”
“Mi bastano i pugnali, il resto mi rallenterebbe.”
Fece per andare, ma lei lo fermò prendendolo per un polso, ritraendosi però quasi subito.
“Sta’ attento.”
La guardò e le spostò una ciocca di capelli dietro alle orecchie.
“Non preoccuparti.” disse, e corse via.

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Capitolo 12
*** Tempesta ***


Il primo soldato che vide era troppo stupido, o troppo ubriaco, per tenere in mano una spada.
Infatti non dovette nemmeno ucciderlo, gli bastò colpirlo alla testa.
Il secondo ed il terzo erano già migliori ma appena videro il primo, che da sobrio doveva essere un ottimo soldato, indietreggiarono e se la diedero a gambe.
I successivi quattro lo attaccarono in gruppo, circondandolo.
Iniziò a scorrere sangue.
Più il tempo passava, più persone arrivavano.
Più persone arrivavano, più l’alter ego di Rufio scalpitava.
Più lui scalpitava, meno riusciva a controllarsi.
E alla fine cedette.
La sua lama trovò presto i corpi dei nemici, il suo animo gioì del loro dolore.
Rise.
Lentamente, cercando di non farlo notare, indietreggiò verso l’accampamento: non poteva usare la magia in quel posto, avrebbe distrutto tutto, servivano più persone.
Finalmente Kam arrivò da dietro di lui, lanciandosi contro alcuni soldati.
Si prese un solo istante per guardarlo, concentrato, completamente padrone di sé mentre trapassava uno di loro. Kam non era come lui, non aveva una personalità tanto diversa.
D’altronde non sarebbe mai diventato tanto diverso da ora.
Riprese a combattere, inebriato dall’odore metallico del sangue.
Lentamente, man mano che si avvicinavano, anche Ephir e Zyla si unirono a lui.
Per ultimi, Ruth, suo padre Ruzae e Sheela.
Erano tanti, anche se loro sapevano difendersi bene.
Un grido della ragazzina attirò la sua attenzione facendolo voltare, dopo aver immobilizzato il suo nemico, giusto il tempo necessario per accorgersi che era ferita ad un braccio.
All’istante, sua madre trapassò il soldato.
“Avevate detto che non l’avreste toccata!” disse, a denti stretti e con voce alta “Non toccate mia figlia, bastardi!” e si lanciò contro i soldati che lei stessa aveva diretto verso quel luogo.
Fu lei ad uccidere l’ultimo di loro, dopo un lungo combattimento.
Lui, però, decise di portarla con sé dall’altra parte.
***
Spostare quei corpi fu più una seccatura che altro, per lui.
Rufio sembrava non voler tornare in sé, e trascinava tranquillamente per polsi o caviglie gruppetti di soldati, dopo averli privati di qualunque cosa di valore o utile avessero addosso.
Ruth e Ruzae seppellirono comunque Thalia, vicino al fiume, e tutti parteciparono al “funerale”.
Tutti tranne Rufio, che continuava allegramente a gettare cadaveri in una grossa fossa, senza mai abbandonare il lume di follia che gli attraversava lo sguardo alla vista del sangue.
Quando tornarono, aveva appena finito.
Sheela si avvicinò a lui e gli poggiò una mano sulla spalla, guadagnandosi un’occhiata raggelante e un lieve ringhio.
“Rufio, devi tornare in te.”
Lui si allontanò di un passo.
“Sono in me.”
“L’altro te.”
“Il finto me.”
“Finto?”
“Temporaneo, più che finto. Dagli un po’ di tempo e diventerà come me. Abilità, mentalità e carattere. Eccezion fatta per il piacere di uccidere, quello non lo avrà mai.”
Lei lo guardò storto.
“Fallo tornare.”
“Non puoi colpirmi, qualunque cosa tu faccia a questo corpo si ripercuoterà anche su di lui, quindi cosa hai intenzione di fare per fargli riprendere il controllo?”
“Dipende. Tu cosa vuoi che faccia?”
A questa domanda, lui si avvicinò nuovamente a lei con un’espressione tra lo stupito e l’incuriosito.
“Cosa sei disposta a fare?” le chiese, poggiandole le mani ai fianchi per tirarla a sé.
Lei gli posò le mani sulle spalle e si lasciò circondare dalle sue braccia.
“Qualunque cosa.”
Lo vide sogghignare, guardando le sue labbra con brama.
Ma quando furono ad un soffio di distanza, si allontanò all’improvviso, voltandosi dall’altra parte.
“Scusa.” Disse, stringendo i pugni “Non so perché l’abbia fatto.”
Lei si avvicinò
“Te lo ricordi?”
“Solo ciò che ti ha quasi fatto.. e ciò che ti voleva fare.”
Rufio sospirò e tornò a guardarla quando lei gli chiese:
“Cosa mi voleva fare?”
“Possederti, per essere sintetico. Farti sua, indipendentemente dalla tua volontà.”
“Io avrei acconsentito.”
Sollevò le sopracciglia, sicuro di non aver capito
“Come, scusa?”
Ma lei ripeté le stesse esatte parole: “Io avrei acconsentito”.
“Ti saresti davvero data a lui?”
Lei esitò.
“Avrei di certo preferito darmi a te.” disse, a voce bassa, e prima che lui potesse reagire si allontanò a passo spedito.
Avrei preferito darmi a te.
Era una specie di confessione?
Rufio sospirò.
“Donne!” esclamò, alzando le spalle
Proprio in quel momento Zephir gli poggiò una mano sulla spalla.
“Ti capisco, Rufio, ti capisco! Quando le ragazze pendono dalle tue labbra come i rami da un salice, non sai più come comportarti.”
“Come i rami da un salice? Originale.”
“Assolutamente.”
Sorrisero entrambi, l’ombra di una risata negli occhi.
“Beh, ci puoi sempre provare, non trovi?”
Rufio sospirò, serio.
“Non posso. Non posso permettermi di amare, non in quel modo. Posso riuscire ad avere degli amici, come voi, ma non.. non riesco a pensare di poter amare qualcuno. Non posso.”
“Ancora per lui, Rufio?”
“Per tutta la vita mi odierò per non averlo salvato e mi impedirò di amare qualcuno quanto ho amato lui. Era come un fratello, per me, e non potrei sopportare di avere ancora qualcuno di tanto importante da perdere.”
Ephir alzò le mani in segno di resa
“La scelta è tua.. ma io con lei ci proverei! Voglio dire, hai visto che belle...” si schiarì la voce “.. guance? Ha davvero delle belle guance.”
“Sì, Ephir, volevi sicuramente dire guance!” si lasciò sfuggire una risatina “Ma a questo punto sono migliori le guance di Zyla, non trovi?”
Il ragazzo sospirò con aria sognante
“Davvero magnifiche.. ma ha un caratterino..”
“Credevo ti piacesse quel genere di ragazze!”
“Non quando cercano di decapitarmi!”
“Decapitarti nel senso di privarti di ciò che hai tra le gambe?”
“EHI!”
Ora Rufio rise di gusto
“Vado al fiume a lavarmi,” disse allora Ephir, “che meno sto qui e meno rischio la pelle”
“Fai attenzione, non si sa mai, potresti trovare una Zyla innervosita..”
Il ragazzo scosse la testa
“Smetterai mai di prendermi in giro su queste cose?”
“Come potrei?” ridacchiò “Me le offri su un piatto d’argento!”
***
Il cielo era magnifico.
Le fronde degli alberi vicino al fiume lasciavano abbastanza spazio da poter vedere il cielo, colmo di sfumature di arancione.
Era qualche ora che era lì, a far nulla, sdraiato su una roccia con i piedi nell’acqua. Ogni tanto si alzava e passeggiava lungo la riva per poi tornare lì, giocherellava con qualche piccolo pesce o ancora tirava sassolini nell’acqua.
Era rilassante,sì, ma non quanto bastava.
Che gli era preso? Perché si comportava in quel modo? Non aveva mai osato trattare male o fare dei dispetti ad una donna, era davvero un gentiluomo, eppure con Zyla c’era qualcosa che non andava, e odiava non sapere cosa.
Uno schizzo di acqua gelida gli arrivò sul viso.
Si alzò e si diresse verso i propri calzari, ma qualcosa gli bloccò la strada.
Qualcuno.
Davanti a lui si trovava ora una ragazza con lunghi e mossi capelli del colore del carbone e pelle diafana, coperta appena da corti abiti di foglie autunnali, che tendeva una mano verso di lui.
Ephir la guardò, incantato dalla sua bellezza, e le baciò la mano in ginocchio, tenendo lo sguardo fisso nel suo per non apparire scortese.
“Buonasera” salutò chinando appena la testa “Posso fare qualcosa per voi?”
 “Ho bisogno di parlare con Rufio.” Rispose lei in tono sommesso
“Rufio? È per qualcosa che ha fatto?”
“È per qualcosa che farà. Noi abbiamo bisogno di lui quanto lui ne avrà delle nostre abilità in un futuro non molto lontano.”
“Vi porterò da lui.” disse allora alzandosi, e dopo aver indossato i calzari scortò la ragazza ai loro rifugi, certo di poterle rivelare dove fossero.
Appena lei vide Rufio, si diresse verso di lui ed attirò la sua attenzione sfiorandogli una spalla.
Sorpreso, dopo qualche istante di esitazione, il ragazzo chinò la testa in segno di rispetto.
“Ho bisogno di te” disse lei con lo stesso tono pacato e leggero che aveva usato con Ephir “e tu ne hai di me, anche se ancora non lo sai.”
Lui la guardò, confuso, ma non disse nulla.
“Devi venire con me.”
Sembrò pensarci su per qualche istante, poi annuì.
“Va bene.”
“Sarai lontano per qualche tempo, prepara loro e soprattutto te stesso. Ti aspetterò al fiume quando sarai pronto, il tempo non è rilevante per me quanto lo è per te.”
Annuì e rimase a guardarla mentre si dirigeva verso il luogo stabilito.
“Sei sicuro, Rufio?”
“Sì, potrei sempre imparare qualcosa da loro, non trovi?”
Radunarono tutti e li avvisarono dell’accaduto.
“Questo è quanto. Ce la fate a farvi ritrovare tutti interi al mio ritorno?”
Ruth gli fece una linguaccia, facendolo sorridere.
“Bene, allora,” fece lui, “prendo giusto un paio di cose e vado.”
Andò nel suo rifugio e indossò l’ametista di Caleb, che effettivamente era l’unica cosa che gli mancava da prendere oltre al cibo che gli portò poco dopo Sheela.
“Sai che potrebbe essere una trappola, vero?”
“I suoi occhi non possono mentire, ha detto la verità.”
Lei fece per dire qualcosa, ma cambiò idea.
“Sta’ comunque attento.”
“Lo farò, tranquilla. Non sono così sprovveduto.”
Rimasero lì, così, con lo sguardo intrecciato per un istante infinito.
“Ce la fai a farti ritrovare tutto intero al tuo ritorno?” chiese lei, a bassa voce
“Non sono sicuro dell’intero, ma sono sicuro di tornare.. prima o poi.”
“Ti aspetterò. Promesso.”
Lui sospirò.
“Sheela-”
“No” lo zittì lei poggiandogli l’indice sulle labbra “Ne parleremo quando tornerai.”
“Ma-”
“Vai, ti starà aspettando.” fece, sospingendolo verso l’uscita
Rufio si arrese e tornò al centro del loro piccolo accampamento, dove gli altri lo aspettavano.
Lo salutarono tutti, ma Zyla lo volle fare a modo suo dicendogli: “Vedi solo di tornare sulle tue gambe, chiaro? Altrimenti ti spezzo quella sana. O un braccio, se fossi infermo in entrambe.”
“Sissignora!” fece lui, con un mezzo sorriso, poi si voltò verso Ephir e Kam.
“Voi due!” disse a gran voce “Vedete di tenere sott’occhio le ragazze, mh? Non vorrei doverle andare a salvare da qualcuno al mio ritorno.”
Ruzae gli si avvicinò.
“Tieni, prendi questo.” disse, porgendogli un anello di metallo leggero alto circa un centimetro e finemente decorato “Servirà più a te che a me. Se pronunci il suo incantesimo farà qualcosa per aiutarti, ma ti avverto che quasi ogni volta è qualcosa di diverso.”
“Ti ringrazio, ma non posso. L’ho visto addosso a tua moglie e non mi permetterei mai di toglierti qualcosa di tanto prezioso.”
“A lei non servirà ed io sono qui con loro. Tienilo. La formula è semplice e la lingua in cui si pronuncia non importa. Devi semplicemente dire «Nascondimi alla Falce».”
“Alla Falce?”
“La Falce di Nethrel, Vita e Morte. Non conosci la leggenda?”
Rufio negò col capo, quindi Ruzae iniziò a raccontare.
“Yvrel e Yelaneth erano in origine una sola dea, Nethrel. Lei era immortale e donava o toglieva la vita con la sua Falce, decidendo il destino del nostro mondo. S’innamorò di un umano, ma lui la rifiutò, quindi lei prese la sua Falce e divise il proprio cuore a metà per il dolore. Una delle due, la parte che odiava quell’uomo per averla rifiutata, diede vita ad Yvrel.. mentre l’altra, quella che lo amava, a Yelaneth. Il corpo di Nethrel morì e da esso nacquero creature che causarono la scomparsa degli umani, col tempo, unendosi a loro e diventando le razze che tuttora popolano questo mondo. Questa è la leggenda.”

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Capitolo 13
*** Ninfe ***


Dopo un interminabile viaggio di almeno tre ore, a giudicare dal sole, Rufio e la ninfa arrivarono ad un punto della foresta in cui si trovava una fitta nebbia.
La ninfa lo afferrò per una mano.
“Stammi vicino, o ti perderai.”
Lui annuì e si lasciò guidare attraverso quella densa coltre, cercando di rimanerle il più vicino possibile.
Cercò di distinguere qualcosa, senza successo, fino a quando non scomparve tutto all’improvviso per lasciare spazio ad una stradina sterrata fra gli alberi.
Rufio la seguì con lo sguardo e rimase quasi incantato da quello che vide alla sua fine: un alto arco di rami verdeggianti si allungava verso l’alto attirando lo sguardo per poi portarlo verso una piazzetta, al centro della quale si ergeva imponente un enorme albero.
Varcata la soglia, non poté fare a meno di avvicinarvisi.
“Lo chiamiamo Arìl. Nella nostra lingua ar significa albero ed ìl vita.” sentì dire dalla ninfa alle sue spalle
“Albero della Vita? Rende l’idea.”
Era immenso, alcuni dei suoi rami avrebbero potuto sorreggere una casa. Il suo tronco doveva essere largo almeno quattro metri ed era scuro, ma in un punto la corteccia era staccata e s’intravedeva un legno molto chiaro. Le foglie dell’albero erano molto carnose, di un luminoso verde prato.
Rufio sentiva quell’albero come un essere potente, quasi fosse dotato di una propria intelligenza, di una propria aura. Dal suo tronco proveniva una forte sensazione di pace, un rigenerante torpore.
“Immagino sia strano incontrarlo, per te.”
“Incontrarlo?”
“Sì. L’Arìl non è una semplice pianta, come avrai notato. È il nostro albero sacro, il nostro consigliere.” spiegò
“Potete comunicare con lui?”
“Qualcosa del genere. Comunica tramite sogni, visioni, sensazioni.”
Rufio, che aveva spostato lo sguardo sulla ninfa, lo posò nuovamente sull’albero ed inconsciamente, si portò indice e medio della mano destra all’altezza del cuore e del capo, che chinò appena.
“Come conosci quel gesto?”
Si voltò verso di lei, confuso.
“Quale gesto?”
La ninfa lo ripeté, assumendo la sua stessa espressione.
“Non lo so, mi è venuto spontaneo.”
Lei parve pensarci su.
“Capisco. Forse l’Arìl ha voluto comunicarti qualcosa.. è raro, ma è successo altre volte che comunicasse in questo modo. Non so cosa significhi. Ora andiamo, ci staranno aspettando.”
“Chi?”
“Alcune ninfe. Seguimi.” disse, incamminandosi lungo un sentiero costeggiato da strane costruzioni.
Rufio le guardò con ammirazione.
“Sembrano di legno vivo,” osservò, “è per via di un incantesimo?”
La ninfa si portò il dorso della mano alle labbra ridacchiando.
“Affatto. Quelle che vedi sono le nostre case.. e sono davvero di legno vivo.” spiegò “In questa zona crescono delle piante di natura magica, i Lenæ, che formano con i loro fusti gli scheletri di ciò che vedi. Noi ci limitiamo a coprirne l’interno di rami, per renderli più solidi, e di foglie di Aelor, che fungono da pareti dove quelle dei Lenæ non sono sufficienti.”
“Incredibile..”
Mentre lui seguiva la ninfa osservando ogni cosa di quello strano luogo, lei spiegò le funzioni delle varie costruzioni, alcune costituite da piante e rami ed altre da grossi sassi e pietre preziose, fino a quando non si fermarono davanti ad un edificio dal quale irradiava una strana sensazione, come un alone luminoso.
“Siamo arrivati. Questo è il luogo più importante e sacro tra tutti quelli che hai visto fino ad ora e che vedrai in futuro: il nostro tempio. È principalmente fatta di pietre albine, ma anche di opale, onice, ametista e pietra di luna, in quanto sono le più amate da Nethrel.”
“Quindi la vostra dea è quella che secondo la leggenda ha dato vita a Yelaneth ed Yvrel?”
“Non è una mera leggenda. Esistono esseri che da generazioni si tramandano la loro reale storia, una storia che nessuna razza conosce.”
“Mi piacerebbe-“
“No, non puoi ancora sentirla. Un giorno, forse.” lo interruppe, e senza aspettare lo fece entrare.
Due uomini, tra cui uno che sembrava molto anziano, ed una donna spostarono lo sguardo verso di loro nel sentire il portone chiudersi.
“Vi stavamo aspettando.” disse l’uomo più giovane, poi si avvicinò a Rufio e continuò “Lascia che mi presenti.”
Il Vahirden non poté fare a meno di notare i suoi magnetici occhi neri, sentendosene quasi intrappolato.
“Io sono Thaome, Sacerdote Nuovo della dea Nethrel ed interprete del sacro Arìl.” disse, chinando appena il capo per un semplice saluto, “Mentre lui” ed indicò con un gesto della mano l’uomo anziano “è il Sacerdote Anziano, mio consigliere e Maestro.”
Rufio portò il pugno destro alla spalla opposta, chinando il capo e riuscendo finalmente a spostare lo sguardo verso il terreno, e fece un passo indietro con la stessa gamba, come era d’uso fra i Vahirden per salutare mostrando grande rispetto.
“È un onore.” disse, prima di alzare nuovamente lo sguardo.
Thaome fece un cenno alla donna, che si avvicinò a sua volta.
“Lei è una mia ancella, ti scorterà al luogo che sarà la tua casa durante l’addestramento.”
Annuì e si prese un istante per osservare velocemente, alle spalle del Sacerdote Nuovo, la struttura del tempio.
A pochi metri di distanza, davanti ad una particolareggiata vetrata, si trovava un altare candido.
“Non preoccuparti, avrai modo di visitare questo luogo più avanti.” lo distolse dal suo intento l’uomo “Ora va’ alla tua futura dimora e per le strade del villaggio, lei ti farà da guida.” continuò, mentre lei si limitava ad annuire, e concluse dicendo “Ci rincontreremo presto.”
A quelle parole, Rufio si congedò e seguì l’ancella all’esterno, ma non gli sfuggì l’occhiata che l’essere le aveva riservato: era uno sguardo che non ammetteva errori.
La ragazza, a capo chino, si avviò verso il maestoso albero al centro del villaggio e sostò davanti ad esso per un solo istante, giusto quanto bastava per poggiare ai suoi piedi un piccolo contenitore di foglie intrecciate.
“Cos’è?” le chiese Rufio, curioso, ma lei si limitò a voltarsi di scatto verso di lui, come spaventata dalla sua voce, ed a riprendere il cammino dopo una brevissima esitazione.
Si fermarono nuovamente solo davanti ad una casa di Lenæ riccamente agghindata.
Gli fece cenno di entrare.
Lui ringraziò e oltrepassò la tenda di Aelor per ritrovarsi all’interno.
Quella casa era molto più grande di quanto si sarebbe aspettato guardandola da fuori.
Sull’atrio centrale si aprivano tre archi costituiti da lunghi intrecci di rami e foglie, ognuno dei quali dava su una stanza.
L’ancella fece strada verso la prima stanza, facendo entrare lui per primo.
“Questa stanza è dedicata al giorno.” disse, lasciando che Rufio sentisse la sua voce per la prima volta “Ci sono armature, armi e strumenti per l’allenamento da quella parte e lì in fondo, al tavolo, ingredienti ed oggetti utili per veleni, antidoti ed altre funzioni alchemiche.”
Lasciò che Rufio desse un’occhiata veloce, poi proseguì alla stanza successiva, spiegando semplicemente che era per la cura personale, ed infine lo accompagnò alla terza stanza, nella quale lui avrebbe dovuto dormire.
“Potete dormire e sistemare i vostri averi in questa stanza, sarò in ogni caso reperibile in ogni momento, per qualsiasi necessità.”
“E dove dormirai, per essere sempre reperibile?”
“In un giaciglio qui fuori, signore.”
“Fuori? Perché?”
“Si, appena fuori, sul retro. Non posso dormire nella stessa casa del mio padrone, seppur provvisorio.”
“Padrone? Scherzi, spero.”
“Affatto, signore. Sono qui per eseguire ogni vostro ordine e servirvi come e quando volete.”
“Qualsiasi ordine?”
“Si, signore, qualsiasi ordine.”
“Allora ti darò subito tre ordini. Li eseguirai indipendentemente da cosa ti dirò?”
L’ancella annuì.
“Perfetto. Il primo è di non darmi del voi, ma del tu.”
“Ma signore-!”
“Hai detto tu che li avresti eseguiti, o sbaglio?”
Esitò.
“Non sbagliate.. Voglio dire.. non.. sbagli..”
“.. Rufio.” concluse per lei.
“R-Rufio.” balbettò.
“Perfetto, il mio secondo ordine è di non dormire fuori.”
“Come? Non-!”
“È un ordine. Dormirai al coperto e al caldo, da qualche parte qui dentro.”
“S-sissignore.”
“Il terzo ordine è questo: farai quello che vuoi quando vuoi e dove vuoi, indipendentemente da cosa sia. Possibilmente, gradirei che, se tu volessi spostare o usare ciò che ho portato, preferirei che me lo chiedessi. Va bene?”
“Va.. va bene.”
“Come ti chiami?”
“Leyah, signore.”
“Signore?” la rimbeccò
“Volevo dire.. Rufio.”
“Bene, Leyah. Preparati ad essere viziata, per quanto possibile. Non sopporto proprio le sottomissioni.”
Sorrisero entrambi.
“Ora è meglio che mi prepari, sarà una lunga giornata.”

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