Memoria

di FlameWolf
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione-innocenza ***
Capitolo 2: *** L'elezione, prima parte ***
Capitolo 3: *** L'elezione, seconda parte ***
Capitolo 4: *** L'elezione, terza parte ***
Capitolo 5: *** Ventitrè ultime volte ***
Capitolo 6: *** Contatto ***
Capitolo 7: *** Sotto la luce spendente ***
Capitolo 8: *** Dammi una mano ***
Capitolo 9: *** Occhi su di me ***
Capitolo 10: *** Presentimenti ***
Capitolo 11: *** Battesimo ***
Capitolo 12: *** Un piccolo assaggio di male ***
Capitolo 13: *** Sete ***
Capitolo 14: *** Miccia ***
Capitolo 15: *** Capro espiatorio ***
Capitolo 16: *** Demolizione ***
Capitolo 17: *** Sconfitti e vinti ***
Capitolo 18: *** Lottare ***
Capitolo 19: *** Decisione ***
Capitolo 20: *** Vivi e morti ***
Capitolo 21: *** Ad un passo dalla fine ***
Capitolo 22: *** Epilogo- Mostro ***



Capitolo 1
*** Prefazione-innocenza ***


Ofellia Liddle, studentessa, Capitol City

 

Sento una morsa allo stomaco, ma è normale. Poco importa se ho studiato un sacco, l'ansia da prestazione si fa sempre sentire. Sarei una malata di mente se fossi tranquilla in questo momento. Sento Parisa ripassare a bassa voce accanto a me. Tutto inutile: quello che potevamo fare l'abbiamo fatto, sforzi dell'ultimo minuto aumenteranno solo la nostra stanchezza. Tanto vale cercare di rilassarsi, per quanto possibile.
Mi asciugo i palmi sudati delle mani in un fazzoletto, non voglio sporcare il vestito. Ho impiegato l'intero pomeriggio di ieri per sceglierlo: è di classe, ma giovanile e con una gran scollatura che mostra il mio seno generoso. Papà ha speso un sacco di soldi per farmelo rifare, sarei poco furba a non usare questo investimento. Lo so che è un trucco bieco, ma non mi importa. Sono disposta a tutto.
“Ofellia Liddle” Alzo la testa e noto che mi ha chiamata l'assistente, anziché il prof. Swann come speravo. Swann è un po' rincoglionito a causa dell'età, ti promuove facilmente, ma gli assistenti sono tutt'altro discorso... Quello che mi ha chiamato in particolare ha la fama di essere molto stronzo. Odio sostenere gli esami con gli assistenti, e come se avessero dimenticato che fino a pochi anni fa erano nella nostra stessa condizione. A volte penso che vogliono semplicemente dimenticarsi dei soprusi che hanno subito prendendosela su di noi che non abbiamo fatto niente.

Mi siedo di fronte all'assistente ed aspetto la prima domanda. È un uomo giovane, con una bellezza trascurata, non valorizzata. Ha degli splendidi occhi azzurri che non sono risaltati da nessun trucco. Non sembra avere tatuaggi, né segni di chirurgia plastica. I suoi abiti sono dozzinali, deve essersi davvero messo la prima cosa che ha trovato nell'armadio. Ha lo sguardo truce e sembra essere di cattivo umore. Fantastico. Mi aggiusto un attimo gli occhiali (indossati appositamente per sembrare più intelligente) mentre ascolto la prima domanda. Nascondo a fatica un sorriso soddisfatto: la so. D'ora in poi questo esame è in discesa.
Rispondo a tutte le domande con calma, usando un linguaggio più tecnico possibile. Lo fisso tutto il tempo negli occhi per fargli capire che non ho paura di lui, sono perfettamente sicura di me. Sono la dea della studio e nessuno può battermi in questo campo. L'assistente però non mi dà alcuna soddisfazione, durante i miei monologhi annuisce pigramente, senza accennare alcuna emozione se non la noia. Non mi guarda neppure le tette, zero. Sono un muro fastidioso per lui.

“Ventinove” afferma dopo la mia ultima risposta. Tirchio, avrei meritato il massimo. Mi osserva con un'occhiata di rimprovero, deve aver captato il mio malumore “A che specializzazione miravi il prossimo anno?”
“Storia” rispondo senza neanche pensarci. Secondo papà sarebbe uno spreco perché secondo lui finirei al massimo a fare la guida turistica oppure l'insegnate. Però a me piace l'idea di diventare una storica. Da bambina il nonno mi raccontava un sacco di storie sugli anni bui e io le ascoltavo estasiata ora dopo ora. Ho letto un sacco di libri in tema. È la mia più grande passione da sempre.
Il volto dell'assistente tradisce un'espressione divertita. Si sta prendendo beffe di me e del mio sogno?

“Cosa c'è da ridere?” gli chiedo stizzita.
“Non sapevo che le piacessero le bugie, signorina Liddle” Alzo il sopracciglio interrogativa, ma l'assistente si limita a guardarsi intorno, senza degnarmi di una risposta. “Come mai questa scelta?”
Non vedo cosa possa importargliene, ma il mio orgoglio da sognatrice è stato chiamato in causa e dunque spiego la curiosità che mi ha sempre contraddistinta e il bisogno disperato di avere la certezza che ci fosse qualcosa prima di me, perché la sensazione di vuoto che proverei altrimenti mi soffocherebbe.
“Sa che ricorrenza sta per cadere, signorina Liddle?” mi chiede.
Rispondo in automatico, troppo facile questa domanda “Venticinquesimo anniversario della fine degli anni bui e dell'inizio degli Hunger Games”
“Corretto” risponde e poi si avvicina talmente tanto a me da sfiorare il mio volto. Arrossisco di colpo, non me l'aspettavo. È talmente vicino da sentire l'odore del suo shampoo. Mi sento a disagio, ma rimango imbambolata come un'allocca “Visto che mi ha fatto ridere le rivelo un piccolo segreto: stasera ci sarà un annuncio del presidente in televisione”
“Come...?” l'assistente mi blocca prima che possa formulare la mia domanda
“Le basti sapere che è in relazione a questo evento storico. Lei sa per caso come Capitol divenne la regina sovrana di questa nazione?”
“Lo sanno anche i bambini. Furono i distretti stessi a sceglierci reputando la nostra gente più preparata e saggia per affrontare una responsabilità del genere. Era il nostro destino”
“Cazzate” commenta lui “Se era una questione di onore, perché siamo ancora al vertice anche dopo la ribellione? Evidentemente non eravamo per loro così tanto bravi” Apro bocca, ma non so come rispondere. Non ciò mai pensato, nessuno mi ha mai invitata farlo. “A proposito, mi chiamo Felix Grimes. Guarda il programma stasera, mi raccomando. Dunque.... Hera Jones?”

 

Mags Flanagan, vincitrice dei 14° giochi, distretto 4

Se c'è una cosa che so di me è che sono una sopravvissuta. Ho affrontato il fuoco, il ghiaccio, il metallo e l'orrore e ho vinto. Ho avuto paura perfino del più innocente dei fiori, ma il mio cuore batte ancora. Ho visto il punto più basso che l'umanità abbia mai toccato, e sono qui a testimoniarlo giorno dopo giorno. Resto in vita perché è l'unica cosa che so fare. Non sono la sola: l'intera Panem è nei miei stessi panni. Non mi sento speciale a causa del mio destino, so benissimo che anche chi mi circonda soffre. Tutti noi ci sforziamo nell'andare avanti. Resistiamo in attesa di neanche noi sappiamo cosa. Un miracolo, forse. Ma Dio non esiste, gli atti spettano solo a noi. È troppo presto, maledettamente presto. Avverto la rabbia, ma soprattutto la paura. Non c'è nient'altro che accomuna i distretti. Le comunicazioni sono morte, ed anno dopo anno ci sentiamo sempre più soli. Perfino io che sono una vincitrice non so praticamente nulla degli altri distretti. Riusciamo a vedere i nostri fratelli solo una volta all'anno. Capitol lo chiama momento di coesione e di unione, ma perfino un bambino capisce che gli Hunger Games ci dividono e basta. I tributi si ammazzano fra di loro, causando dolore a famiglie lontane e mai viste. Penso sia umano rivolgere la propria rabbia su chi puoi sfogare la tua frustrazione, anche se sai chi è il vero responsabile. Siamo così deboli... io sono così debole! Non posso far nulla per la mia gente, non ne ho il potere o l'abilità.
Mi inchino e do un bacio al mio nipotino, che stava iniziando ad agitarsi. “Va tutto bene Tane, la mamma arriverà a breve”. È così carino con quella faccia tonda e quegli occhi blu come il mare. Assomiglia tanto a mia sorella. Ci eravamo ripromesse che non avremmo avuto figli, che ci saremo circondate di gatti e che avremmo vissuto per sempre insieme. Eppure Tane è arrivato lo stesso, ma non posso rimproverarla per questo. Tane è l'essere più dolce che sia mai esistito, tutti l'adorano. È sempre allegro, piange raramente, dorme di già per tutta la notte e cresce come un vitello. È la vita stessa, nata contro ogni previsione e progetto. È un bambino perfetto in un mondo in rovina. Non posso neppure immaginare che un giorno potrebbe essere preso. Un giorno potrebbero strapparmelo via e non sono sicura che il mio cuore reggerebbe.

Nereide entra poco dopo, è visibilmente preoccupata. Con una mano cerca freneticamente il telecomando nel divano, mentre con l'altra si mangia le unghie già cortissime.
“Ned?” le chiamo cercando di catturare la sua attenzione. Mia sorella non mi degna di uno sguardo e sento Tane diventare sempre più nervoso. Finalmente la tv è accesa ed intravedo il brutto muso di Snow affiancato da quell'oca cerebrolesa della nuova fidanzata. Sono stata costretta una volta a parlarci, in seguito alla vittoria del mio pupillo Cyne. Ride nei momenti sbagliati, è superficiale e poco informata su tutto. L'unica cosa buona che ha è la sua bellezza. E la sua ricchezza. So perché Snow l'ha scelta. Tuttavia nella sua stupidità è innocua. L'ex del presidente, Julia, mi dava il pensiero invece.
Snow si avvicina sempre di più al centro del palco, raggiungendo così Enea, il nuovo conduttore degli Hunger Games e Camille, la prima stratega da un paio di anni.
“Popolo di Panem” saluta con un sorriso viscido “Ho l'onore di annunciarvi una piccola modifica per la prossima edizione dei giochi. Spero nel profondo del mio cuore che sarete entusiasti quanto me” Nereide prende in braccio Tane abbracciandolo forte a sé. Da canto mio mi stringo le ginocchia con forza, ho un brutto presentimento. “Come sapete la prossima edizione è la venticinquesima, un anniversario veramente importante. Un quarto di secolo fa mettemmo fine a un incubo. A una minaccia tremenda che avrebbe potuto ucciderci tutti. Pensate ai vostri cari, alle vostre cause, alle vostre belle auto, e ora immaginate un cumulo di cenere al loro posto. Siamo stati ad un passo da renderlo reale. Non possiamo commettere gli stessi errori, è nostro compito impedire ai nostri figli di vivere un avvenimento del genere. Tutti noi dobbiamo fare dei sacrifici...”
“.. tutti chi, gran figlio di puttana?” sbotta mia sorella di fronte a quell'affronto. La zittisco all'istante, voglio sapere dove vuole andare a parare
“... e per questo che dobbiamo sfruttare quest'occasione per rinfrescare la nostra memoria, per non rendere vane tutte quelle morti” Un umile senza voce si avvicina con in mano una scatola dorata, si affianca al presidente si inchina verso di lui, ponendogli il cimelio. Snow lo apre con calma estraendo un fogliettino di carta al suo interno. Il presidente lo legge con attenzione, per poi rivolgersi verso il pubblico “ Nel venticinquesimo anniversario, per ricordare ai ribelli che i loro figli morirono a causa della loro scelta di scatenare una ribellione, ogni distretto dovrà votare ed eleggere i propri rappresentanti nei prossimi giochi”.
Seguono altre chiacchiere, altri giri di parole inutili, ma il mio cervello è altrove. Come possono farci questo? Nessuna estrazione? Ci stanno davvero per spingerci ad ammazzarci fra di noi? Ci siamo sempre aiutati in questi anni difficili, ma dopo quest'edizione che cosa rimarrà se non il sospetto, il tradimento e la voglia di vendetta? Ci vogliono davvero rendere dei mostri?
Mi volto verso Tane, che ormai sta piangendo a squarciagola. Ripenso alla prima volta che l'ho visto, al suono della sua risata, a quella gioia sempre presente nei suoi occhi. Immagino i miei vicini, la gente del villaggio venire qui per strapparmelo via, per ucciderlo.

Sospetto, rabbia, ira.
Dopo questa edizione non avremo veramente nient'altro.

 

Esabell June, figlia del sindaco, distretto 10

 

La gente oggi non ha proprio voglia di dormire. Sono le due, domani è un giorno lavorativo, perché fanno tutto questo bacano? Mi rigiro nel letto cercando di coprirmi la testa con un cuscino, ma è tutto inutile. Di sotto sento gente urlare, battere i pugni contro i tavoli, bestemmiare. Che branco di maleducati, è notte, voglio dormire, è così difficile da capire?
Mi strattono via le coperte e scendo di sotto senza neanche mettermi le ciabatte che mi ha regalato la nonna per lo scorso compleanno. Adesso mi sentiranno.

Procedo a passi pesanti finché non vengo intercettata dalla mamma, che mi afferra ancor prima che possa dire “ah”
“Cosa ci fai qui?” mi chiede guardandomi dritta dritta negli occhi. È sempre ordinata, perfettamente truccata e vestita. La donna più bella del distretto. Dice sempre che è la moglie del sindaco e che non può farlo sfigurare, deve essere alla sua altezza. Eppure di fronte a me mi trovo una quarantenne sciupata, con i capelli spettinati e il trucco sfatto.
“Non riesco a dormire” mi lamento con meno voga di quanto volessi presentare all'inizio. Vederla in quello stato mi ha po' scosso. Avverto nel salone accanto la voce del vecchio Kenny, sembra fuori di sé
“Fottetevi voi e Capitol! Non potete accettare una cosa simile! Non possono imporci questa scelta!” sento subito dopo una sedia cadere a terra
“Hai idee migliori? Dovremo per caso prendere in mano torce e forconi?” replica Nan con lo stesso identico tono di voce
“Per i miei l'avete fatto” s'intrometterò un giovane. Lo riconosco: è Abe, il vincitore dei 21° giochi. È raro vederlo in giro.
“Credi che stiamo scherzando? Ci sono delle vite in mezzo!”
“Come tutti gli altri anni!” replica. È la prima volta che lo sento arrabbiato “Solo che questa volta siete voi a firmare la condanna a morte, ma a parte quello non cambia un cazzo! Ventitré morti ci saranno in ogni caso, saranno in ogni caso dei bambini. Cos'è? Improvvisamente tutto questo vi fa schifo?”
“Mamma... cosa?” chiedo confusa, improvvisamente spaventata per ciò che sta succedendo. È grave? Mi stringo a lei in cerca di protezione. Voglio le sue coccole sopra ogni cosa.
“Esabell va di sopra, va tutto bene” mi mente accarezzandomi i capelli “Nessuno ti farà del male” aggiunge, questa volta sincera. La mamma mi abbraccia forte e sento prepotentemente il suo odore, un misto fra erba e mughetto. Il mio tatto e il mio olfatto sono in paradiso, ma sento ancora gride di guerra. Sempre più prepotenti, sempre più furiose
“Abe, non volevamo offenderti” s'intromette Ascelina “Solo tu sai quanto hai sofferto, ma proprio per questo dovresti capirci meglio di chiunque altro”

Pausa, nessuno parla
“Non possiamo ribellarci, non ne abbiamo né la forza, né i mezzi” costata mio padre con la sua voce profonda “Non c'è molto da discutere” Kenny grugnisce per poi abbandonare la stanza
“Kenny!” lo richiama Ascelina, ma non si sente alcuna replica da parte dell'interessato
“Lascialo andare, lo capirà” afferma mio padre. Sembra veramente stanco “Non abbiamo molto tempo per scegliere come agire”
“Con che criterio scegliamo?” chiede Pete
“Ora vai a nanna, sono discorsi da adulti questi” mi riprende la mamma, distogliendomi dalla discussione e spingendomi gentilmente verso le scale “Mi dispiace per la tremenda nottataccia che ti siamo facendo fare, ma ora cerca di dormire”. Eseguo gli ordini, ma è tutto inutile: continuo a rigirarmi nel letto senza sosta, non riesco a non pensare alla riunione. Dopo mezz'ora sono di nuovo affacciata verso il piano di sotto. Devo sapere.
Ci metto poco a riprendere il filo: non sono andati molto avanti “Conclusione: possono votare solo i maggiorenni” annuncia Keith a disagio.
“Che scoperta” replica sarcastico Abe
“Se hai delle idee esponile pure” afferma mio padre. Io che lo conosco bene, riesco a captare la nota di fastidio ed irritazione, ma non sono sicura che anche gli altri la sentono. È molto bravo a nascondere le sue emozioni. Dice che ogni politico deve esserne capace.

Pausa. Silenzio. Qualcuno forfecchia qualcosa a mezza voce, ma non riesco a sentire
“Disabili, malati, reietti, orfani senza nessuno” suggerisce Abe a mezza voce, come se si vergognasse.

“Tu stesso eri un reietto, ti ricordi?” gli fa notare la mamma con tenerezza. Sento il disagio di Abe fin quassù
“Annette, saranno quasi sicuramente loro i prossimi tributi” replica amaro
“Preferiresti i bambini di famiglie ricche e ben amati? Preferiresti mandare loro ai giochi? Facile eh? Tua figlia non ha ancora raggiunto l'età giusta” sbotta Chris.
“Non voglio che la gente utilizzi questi giochi per buttare via quello che loro considerano immondizia! Tesoro! Diglielo anche tu!”
Mio padre non risponde e finalmente riesco a connettere tutti i pezzi del puzzle. Come sono tarda... come ho fatto a non arrivarci prima? Vogliono davvero? No, non è possibile... eppure... Non Beth, vi prego! Mi aiuta sempre a fare i compiti! Neppure Jeremiah! Mi regala sempre un po' di bacche e neppure Karma! Il povero Louis ha già sofferto abbastanza e Darren non sopravviverebbe mai là dentro con quella gamba che si ritrova. Rivedo i volti di tutti i miei amici più grandi, i miei cugini, i miei conoscenti. Nessuno di loro deve andare.
“Se la prenderanno con te sindaco. Qualunque cosa succeda”
“Lo so. Darò le mie dimissioni appena i giochi si saranno conclusi”.
No, no, no! Cosa succede? Andava tutto bene stamattina e adesso le nostre vite stanno andando a rotoli! Papà adora essere il sindaco e io amo vivere in questa grande casa. Non voglio che papà rinunci a questo posto, non voglio che scelgano chi deve morire quest'anno, non voglio che nessuno muoia! Non voglio, non voglio!
Nascondo la testa fra le ginocchia e incomincio a piangere senza freno. Ho paura mamma, voglio solo che tutto questo finisca, ti prego salvami!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nuova interattiva! “Memoria” è una sorta di seguito di “Come little children”, ma la si può leggere tranquillamente lo stesso, dato che si tratterà poco dei personaggi della precedente fanfiction. Abe e Julie sono per l'appunto personaggi di “Come little children”

 

Ora tocca a voi! Ricordate che non si accettano volontari, a meno che il vostro tributo non riesca a convincere gli altri a votarlo (cosa non facile dato che deve essere ultra convincente e fortemente determinato). Mi servono:

 

Nome

Cognome

Soprannome (facoltativo)

Età

Distretto

Aspetto fisico

Carattere

Storia

Perché l'hanno votato (se ha convinto il distretto dire come. Attenzione deve avere motivazioni molto stabili)

Relazioni con la famiglia

Relazioni con gli amici

Eventuali nemici (facoltativo)

Interesse romantico (facoltativo)

Orientamento sessuale

Punti di forza

Punti di debolezza

Cosa ama/cosa odia

Con che genere di persone è pronto ad allearsi (se è un tipo da alleanze)

Altro (facoltativo)

 

So che vi chiedo tanto, ma è necessario per presentarvi una buona storia. Inoltre non voglio tributi che hanno partecipato in “Come little children” mi farebbe strano avere a che fare con degli zombie.

Alla prossima!

 

 

Tributi

Distretto 1 occupato

Distretto 2 occupato

Distretto 3 occupato

Distretto 4 occupato

Distretto 5 occupato

Distretto 6 occupato

Distretto 7 occupato

Distretto 8 libera la ragazza

Distretto 9 occupato

Distretto 10 occupato

Distretto 11 occupato

Distretto 12 occupato

 

 
presi 24 su 24 (momentaneamente tutto occupato)

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Capitolo 2
*** L'elezione, prima parte ***


Adrian Vaertek, studente, distretto 1

Mi guardo allo specchio per l'ultima volta prima di uscire, credo di essere apposto. I capelli sono ben ingellati, non ho nessun brufolo, e i denti sono perfettamente puliti.
Prendo un respiro profondo, sono veramente eccitato. È il mio giorno finalmente. Quasi mi viene da piangere. Tutti quegli allenamenti e quei sacrifici mi hanno condotto finalmente alla meta.
Dal riflesso dello specchio vedo spuntare mia madre, con braccia consorte e l'amarezza nel volto. Vorrei solo che mi capisse. Capisco la sua paura, ma... è da nove anni che non aspetto altro. Sono pronto, è tutta una vita che mi preparo.
“Ti ho comprato questo, come portafortuna” Ha in mano un ciondolo a forma di coltello su cui è incastonato una piccola pietra azzurra, dello stesso colore dei miei occhi. “L'ho fatta io stessa” La indosso all'istante, è perfetta. Mi guardo allo specchio compiaciuto, ma la intravedo dietro di me, con il volto ancora scuro; è sul punto di piangere
“Ti prego, non farlo” le sussurro. Non vorrei causarle alcun dolore, è pur sempre mia madre, ma non voglio rinunciare alla mia grande occasione per lei.
“Non ti tirerai indietro, vero?” Scuoto la testa. Sul suo volto appare una smorfia e poi prova a giocare la sua ultima carta “Credo che piaci davvero a Lapis. Ci ho parlato, e mi è sembrato davvero che provasse qualcosa per te. Ti prego, resta”
“Madre” l'apostrofo, cercando di smorzare quell'atmosfera troppo tesa “Neppure l'amore per la figa mi farà cambiare idea” La mamma scuote la testa esasperata, mentre a me scappa una piccola risata
“Sarai fiera di me lo stesso?”
“Come sempre” risponde per poi abbracciarmi. Sembra così piccola ed indifesa. A volte ho la sensazione che si spezzerebbe con un nulla. Papà si prenderà cura di lei, non ho nulla da temere.
Esco di casa dopo aver mangiato al volo un paio di biscotti al cioccolato. Avrei voluto salutare anche papà, in fondo non sarei qui senza di lui, ma non importa, ci vedremo per i saluti finali. Sono felice di partecipare a un'edizione storica come la venticinquesima, ma avrei preferito regole diverse perché con queste al nostro distretto non cambia nulla a parte la recita del volontariato. Manderemo come sempre i più forti di noi, fine. Non c'è nulla di disperato o agghiacciante in queste disposizioni, per noi sono la routine.

Sono ancora in viaggio quando mi sento improvvisamente afferrare per le spalle e trascinare giù. Cado a terra in un lampo, la sorpresa mi ha impedito di reagire in tempo.
“Dovrai fare meglio di così in arena, Adrian” mi punzecchia Judith, la mia assalitrice e collega. Fra le ragazze è quella più brava, e dunque verrà con me in arena quest'anno. Sarebbe potuto capitarmi peggio, lei mi piace. È una che lavora sodo e che non si lamenta quasi mai.
Non rispondo alla sua provocazione, fingendomi arrabbiato per il suo scherzo. “Adrian?” continuo il mio percorso ignorandola. Judith mi sorpassa e si posiziona davanti a me “Te la sei presa veramente?” mi chiede preoccupata. Questa volta passo al contrattacco, l'afferro per il braccio e la spingo con violenza per terra, esattamente come mi hanno insegnato in accademia. Judith cade come un sacco di patate, ha la bocca aperta per lo sdegno. Inizio a ridacchiare divertito “Sai che troverò un modo per vendicarmi, vero?”
“Guarda che siamo pari” le faccio notare dandole la mano per aiutarla a rialzarsi. Sento una risata leggera provenire da dietro le spalle. Mi volto: proviene da una ragazza sulla sedia a rotelle, castana e dagli occhi azzurri, incredibilmente somigliante a Judith. Avevo sentito che aveva una sorella malata in effetti. Conosco Judith da anni, ma è la prima volta che vedo la sua gemella.
“Sono contenta che andiate d'accordo, è importante ” Annuisco. I sospetti e i tradimenti mandano spesso a puttane l'intera alleanza dei favoriti. Io e Judith non faremo lo stesso errore, siamo dei professionisti, una squadra consolidata.
“Tranquilla Therese, non hai nulla da temere. Siamo entrambi bravi, uno di noi vincerà sicuro. Speriamo che sia io” Afferma facendomi la linguaccia. Lo dice scherzando, eppure avverto la tristezza nei suoi occhi. Sento i suoi dubbi e la sua paura. La cosa mi tranquillizza parecchio, almeno adesso ho la conferma che non sia una pazza. È un tributo come gli altri ad eccezione del fatto che come favorita ha qualcosa di nobile per cui lottare. Per questo solitamente i distretti ricchi vincono. Per noi i giochi sono una missione, uno scopo di vita.
Raggiungiamo la piazza con un po' di ritardo, a causa di Therese. La maggior parte dei giovani al suo interno sono annoiati, altri invece sono rilassati. È strano non captare la solita tensione di questo evento. Questa edizione si sta già rivelando una sorpresa.
“Ce la fai ad alzarti?” chiede Judith alla sorella.
Therese scuote la testa “Mi fanno troppo male, mi dispiace Jude. Sarà un po' umiliante trascinarmi là in mezzo con questo affare ingombrante”
“Ah, chissene. A dopo Adrian!” mi saluta lei prima di recarsi nel lato delle ragazze. La imito in breve, ma prendendomela con più calma. Preferisco osservare le fiere bandiere di Panem sventolare nel cielo azzurro, ascoltare l'inno in sottofondo ed ammirare i pacificatori nelle loro splendenti armature. È bellissimo tutto ciò. Papà aveva ragione su tutto. Sono sicuro che è fiero di me, anche la mamma lo è sotto sotto. Guardo con affetto il ciondolo che mi ha regalato. Sarò bravo, ve lo prometto. Mi farò valere, sarò forte, non mi abbatterò mai, porterò gloria al distretto e soprattutto difenderò gli ideali dietro gli Hunger Games: pace, unione e sacrificio. Andrà tutto bene.

 

“I tributi del distretto 1 quest'anno sono Adrian Vaertek e Judith Wilson"

 

Jasmine Thompson, direttore del settore ricerca e sviluppo, distretto 3

Bevo un altro sorso di caffè, distogliendomi per un attimo dalla mia rivista scientifica. Indosso ancora il pigiama, ma in fondo non ho bisogno di tanto tempo per cambiarmi. L'abito è già pronto ed stato scelto dopo lunghi calcoli. Chi ha detto che l'abito non fa il monaco è un povero idiota che ha sottovalutato il potere della prima impressione e delle euristiche. Le probabilità di una mia elezioni sono alte, a meno che non abbiano deciso di mandare a morire qualche pezzente, cosa improbabile: la brava gente del posto non vuole sentirsi un'assassina. Ergo, manderanno o me, o qualcuno considerato un pericolo pubblico. Le scelte poi non sono mica così vaste.
“Jasmine...” cerca di richiamarmi mia madre. È ancora una bella donna nonostante l'età. Le assomiglio molto e da lei ho ereditato i miei capelli scuri e le lentiggini. “Va tutto bene?”
“Ovviamente” rispondo. Sembra un po' delusa, credo che volesse sentire altro da me. “Papà, i profili aziendali sono già pronti e sono sulla tua scrivania. Se non avete altro da chiedermi, vado a cambiarmi”. Entrambi mi lanciano delle strane occhiataccie, sguardi che nel corso degli anni sono diventati sempre più frequenti. Non so cosa pretendano ancora da me, ho fatto tutto ciò che mi era possibile, eppure non mi sembra mai abbastanza. Non vedo l'ora di andarmene da questa casa, tutto ciò è veramente troppo soffocante.
L'abito è in camera mia, posizionato sopra la sedia, accanto ai miei numerosi trofei. È un modello giovanile, fresco, senza scollatura eccessiva ed ovviamente blu. Spero di apparire agli occhi di Capitol come una ragazza semplice, genuina e soprattutto come un tributo da sponsorizzare. Se verrò veramente scelta (e sono quasi sicura di sì) devo assolutamente trovarmi qualche sponsors o potrei essere nei guai. Provo ad acconciarmi in capelli in uno chignon, ma le mie doppie punte impediscono un risultato ottimale. Opto dunque per lasciarli sciolti.
Saluto rapidamente i miei, indosso il mio miglior sorriso ed esco.

Lungo la strada incontro due conoscenti, con cui discuto di argomenti futili. Cerco di stare al gioco, mostrandomi amabile e piacevole. Chiedo informazioni sulla loro salute, sul loro stato emotivo, perfino se hanno dormito questa notte. Non mi piace stare con loro in realtà, ma sono della classe alta, possono sempre rivelarsi utili. È anche vero che se vincessi sarei talmente ricca da potermi permettere finalmente una vita in solitudine. Sandra e Sophie mi sorridono tutto il tempo, sostengono che se venissi scelta potrei davvero vincere (sai che novità) e che farebbero il tifo per me per tutto il tempo. Le loro parole mi lusingano e mi riempono di orgoglio, ma mi chiedo se sarebbero dello stesso avviso se conoscessero la vera me.... non so neppure io perché perdo tempo con questi quesiti inutili, meglio concentrarsi sull'avvenire.
Poco dopo mi salutano per riunirsi al resto della loro combriccola. Finalmente un attimo di pace!
Vorrei che questo momento durasse un po' più a lungo, ma ecco che spuntano gli altri ragazzi, gli adulti, il sindaco, Asyan (la nostra unica vincitrice, agitata e spaventata come sempre) e infine la nuova accompagnatrice. Ho letto che si chiama Trousse ed è stata scelta perchè particolarmente solare, carina e blablabla. Come se ci volesse un genio per fare quel mestiere. Indossa un abito a palloncino rosso, con un enorme fiocco all'altezza del seno. Saltella come una scema da una parte all'altra e ha un fastidioso sorriso che le arriva fino alle orecchie.
“Che onore essere qui! È una vita che sogno....” Che noia. Sbadiglio educatamente, per poi occupare il resto del tempo alla ricerca di doppie punte. Gran parte del programma è costituito da schifezze, preferirei andare un po' a studiare, ma resterò lo stesso buona al mio posto. Le regole sono regole.

“Il tributo femminile di quest'anno” annuncia la sindachessa, mentre mi sistemo la gonna e cerco la via più veloce per uscire dai ranghi “È Jasmine Thompson. Applaudiamole per mostrarle tutto il nostro sostegno”. Esattamente come avevo calcolato. Ho avuto ragione, come sempre. Mi muovo con calma, cercando di mostrarmi agli occhi del mondo come impassibile, sicura di me e forte. Gli altri tributi devono desiderarmi come un'alleata ideale, mentre gli sponsors devono ammirarmi e desiderarmi. Gli Hunger Games sono come una partita a scacchi: tutto deve essere calcolato fin nei minimi dettagli. Qualsiasi debolezza o cedimento d'ora in avanti possono essermi fatali. Davanti a me si apre un periodo molto difficile.
“Benvenuta!” squittisce Trousse “Sembri molto sicura tesoro, non hai paura?” Sono di fronte a un nuovo ostacolo a quanto pare. Rispondere sinceramente non avrebbe senso e poi... qual è la verità? Ho sempre visto gli Hunger Games come un mezzo di selezione naturale che permette di sbarazzarsi degli esseri inferiori non adatti alla vita, non ho intenzione di ritirare le mie idee. Se morissi dimostrerei di non essere il futuro della specie, ma lo trovo improbabile. Mi rifiuto di credere di essere inferiore a questi scimmioni.

“Mi fido delle mie capacità” rispondo con un sorriso educato che sembra aver fatto colpo sulla capitolina.
La parola passa di nuovo alla prima cittadina “Il tributo maschile di quest'anno” vediamo se anche questa mia idea si concretizza “È Chester Colin Herstone”. Bingo.
Un biondino si avvicina al palco, scuro in volto. Mi chiedo se pensava sul serio di scamparne. Era ovvio che fosse lui l'altro eletto. È inutile prendere due bravi perché uno dei due lo perdi di sicuro. La scelta migliore era prendere un genio e un... come posso definirlo? Immondizia? Peso della società? Reietto? Un pericolo? Ah si, la parola giusta è assassino.
Chester arriva sul palco, ignora le domande dell'accompagnatrice, si pone davanti al microfono e alza il dito medio verso il pubblico e le telecamere. Rimaniamo tutti sbigottiti, tranne un ragazzo nelle prime file che si sta letteralmente piegando in due dalle risate. Trousse è talmente sconvolta da essere sul punto di piangere. “Ovviamente questo era riservato a quei simpaticoni del mio distretto” aggiunge poi prima di sedersi vicino a Asyan. Anche lei sembra divertita dal gesto e, per la prima volta, la vedo sorridere. L'accompagnatrice è ancora lì imbambolata come uno stoccafisso. Meraviglioso, mi toccherà finire il suo lavoro. Chissà se un giorno anche il nostro distretto avrà un'accompagnatrice decente.
“Per oggi è tutto gente! Siate sicuri che sarà il distretto 3 ad avere la vittoria. Beh, sapete chi tifare” annuncio con un pizzico di malizia che scatena tutto l'entusiasmo del pubblico. Mi sento male ad aver recitato questa parte, ma credo che aumenterà la mia popolarità, non è stato un sacrificio così inutile.

Sta tutto andando secondo i piani.

 

Bruce McRon, studente, distretto 5

“Buongiorno, raggio di sole!”
Apro gli occhi a fatica, non ricordavo neppure di essermi addormentato. Mi sento a pezzi, la pancia mi fa male e mi gira la testa. Una parte di me vorrebbe semplicemente girarsi dall'altra parte, ma non posso farmi cullare dall'ozio.
Papà mi porge un vassoio con dentro un panino con la marmellata e una tazza di latte. Ha il volto sereno, se non addirittura felice. Evidentemente abbiamo idee diverse sulla giornata di oggi, ma sono contento di non avergli espresso i miei dubbi. Forse sto solo esagerando per via dell'ansia, forse non dovrei preoccuparmi così tanto.
“Bruce, sei un bravo ragazzo, non avranno votato te” mi dice captando i miei pensieri “Oggi è l'unica mietitura in cui puoi stare rilassato”.
“Grazie” Do un morso al panino, gustandomi il sapore dell'albicocca. Fra tutte le varianti questa è sicuramente la mia preferita, papà conosce perfettamente i miei gusti.
Mi vesto lentamente con i nuovi abiti comprati per l'occasione: una camicia azzurro cielo, dei pantaloni beige e per finire una giacca blu. Non mi piace l'idea di vestirmi bene per Capitol, ma papà ci tiene a far vedere al mondo che mi sta crescendo bene, anche se è da solo. Mi dirigo verso la porta (in quanto adolescente devo presentarmi in piazza prima degli altri) quando mio padre richiama la mia attenzione e mi lancia un occhiolino. Sorrido imbarazzato, ringraziandolo mentalmente, e mi dirigo con calma verso la mia destinazione.

Lungo la strada incontro molti conoscenti, qualche compagno di classe con cui scambio dei rapidi saluti. Molti sono rilassati quanto mio padre, altri invece si trascinano con enorme fatica. Noto che in quest'ultima categoria appartengono gli orfani, i bulli, i disabili. A rigor di logica sono loro quelli più a rischio. Sento di volerli consolare, ma non so cosa dire e temo di apparire come un bugiardo se lo facessi. In fondo sono solo un ragazzo con la media buona proveniente da una famiglia benestante, uno considerato “non a rischio”.
La piazza è ancora mezza vuota ed è circondata da numerose sedie disposte dai senza voce di Capitol City. Credo che vogliano dare l'idea di una mega riunione di distretto dove si discute per prendere questa difficile posizione. Sul palco ci sono già il sindaco, l'accompagnatrice con indosso un abito fatto completamente di girasoli (a vederli da qui sembrano perfino veri! Come farà con le api?) e Sunny, l'unica vincitrice del nostro distretto.

Dopo un'oretta ognuno è al suo posto. Parte l'introduzione, il video di Capitol, parla il sindaco, parla la capitolina. Sunny rimane in fondo al palco, con quell'espressione di perenne noia che l'ha sempre contraddistinta. Nella platea intravedo mio padre seduto in seconda fila, vestito in giacca e cravatta. Ha ancora la stessa espressione di stamattina. Beato lui, vorrei anch'io essere così calmo. Eppure più trascorre il tempo e più mi sento agitato. So che le probabilità non sono così alte per me, che non dovrei lamentarmi, eppure... prendo un respiro profondo e cerco di distrarmi continuando a guardarmi intorno. La mi attenzione viene catturata da una signora in prima fila, vestita di nero e con il capo piegato verso il basso. Mi sembra familiare, ma da qui non riesco a riconoscerla. Un attimo dopo si strofina il palmo sulle guance, come se si stesse asciugando le lacrime. Alza il volto e riesco finalmente a capire chi è: è la signora Forbes, madre di Hellen, mia compagna di classe. La cosa mi rende perplesso: Hellen non è a rischio, proviene da una famiglia a modo, ha voti alti ed è gentile con tutti. Perché allora...?
La consapevolezza mi investe con la stessa voga di un camion e il sangue mi si gela nelle vene. Se il criterio di scelta non fosse quello che io e mio padre pensavamo? Se scegliessero quelli bravi, che hanno maggiori probabilità di tornare a casa? Oh cazzo, questo cambia tutto. Ho la fama di risolutore di problemi, alcuni mi considerano addirittura un genio. Inizio a respirare affannosamente, a grattarmi con insistenza il braccio destro, la testa mi gira e sento la necessità di sedermi. Devo calmarmi, forse è solo suggestione. Posso ancora sbagliarmi. Non avrebbe senso in fondo, perché condannare le potenzialità del distretto?
“Per questa edizione, e solamente questa volta” annuncia la capitolina “Sarà il sindaco a presentare i tributi di questa edizione, in quanto rappresentante di tutti voi”. Il signor Todd, uomo baffuto sulla cinquantina, si avvicina con passo grave al microfono.

“Per questa edizione il distretto 5 ha deciso all'unanimità di escludere i dodicenni. Prego chiunque abbia questa età di lasciare la piazza senza far rumore” I più giovani eseguono in perfetto silenzio, forse per paura che qualcuno cambi idea “La scelta è stata difficile e sofferta, imploro il perdono di voi tutti” aggiunge sull'orlo delle lacrime “Hellen Forbes, sei il tributo femminile di quest'anno”. Il mio cuore perde un battito. Il criterio scelto è la bravura. Oh, merda. Mi piego guardando verso il basso, cercando di placare la nausea. Cerco ricordi felici per calmarmi: papà che mi fa visitare la diga, quel dieci per quella verifica che inizialmente mi era parsa impossibile, il compleanno dell'anno scorso... L'effetto però è l'opposto e finisco per piangere. Mi asciugo in fretta le lacrime, sperando che nessuno si sia accorto di niente.
Hellen è già sul palco, è pallida e il suo volto ovale e perfetto esprime rassegnazione. Sembra stanca, ma è calma. La invidio, vorrei essere anch'io così coraggioso. Per lei però deve essere stato più facile: sapeva già di finire lì, qualcuno ai vertici deve averglielo cinguettato, dunque ha avuto più tempo per digerire il tutto. Magari lei stessa si è proposta.
Mi volto verso papà, ha perso il suo sorriso. Continuo a fissarlo, in cerca di sopporto, soprattutto quando il sindaco sta per riaprire bocca.
“Bruce McRoy, sei il tributo maschile di quest'anno” Papà scatta in piedi, stringendosi le mani fra i capelli, nel suo volto l'orrore. Io non sento niente se non un sottofondo di amarezza. È come se mi guardassi dall'esterno, mi sento pesante e debole.
“Ti sta bene, schiavista di merda!” Urla un signore, un operaio della diga. Un suo collega, seduto vicino a lui, lo zittisce all'istante. Le parole dell'uomo mi riportano alla realtà e danno alla mia candidatura tutt'altra sfumatura. Sul serio? Davvero lo odiano così tanto?
Il volto di mio padre diventa nero d'odio e di ira feroce e con un' aggressività che ho visto solo nei documentari, balza addosso all'uomo ed inizia a riempirlo di pugni. Un altro operaio accorre in difesa del collega e mio padre si trova in minoranza. Mi copro la bocca con le mani per lo stupore, mentre intravedo dei pacificatori accorrere per sedare la rissa che si è appena scatenata.
“Bruce, sul palco” mi ordina un ragazzo accanto a me. Lo ignoro e corro verso mio padre per aiutarlo, per spingerlo fuori di lì, ma vengo intercettato da un'altra guardia
“Calmati! Bruce! Calmati!” mi urla lui, ma continuo a svincolarmi cercando di raggiungere papà. Perché a noi? Papà è brava persona, non è colpa sua! Segue solo le direttive! Non fategli del male, vi prego! Il pacificatore si toglie il casco, è Caio. “Non puoi aiutarlo in questo modo, ci pensiamo a noi a lui. Non peggiorare la situazione e sali” Annuisco debolmente e salgo gli scalini tremando, non mi importa più di come sto apparendo agli occhi del mondo. Hellen mi guarda con pietà con i suoi grandi occhi castani, lucidi per la commozione.
“Mi dispiace, Bruce”
“Dispiace anche a me”

 

Liam “Felino” Evans, studente, Distretto 9

Scendo le scale con passo leggero, per non farmi sentire dai miei genitori. Non voglio le loro rassicurazioni o raccomandazioni, non voglio vedere le loro facce spaventate. Per anni mi sono immaginato questo giorno, e ho paura che le mie fantasie vengano concretizzate. Forse posso ingannare la mamma e il papà, ma non Tom e Bob, che mi vengono incontro scodinzolando, allegri come sempre.
“Fermi, fermi!” ordino bisbigliando, ma loro mi ignorano e continuano a farmi le feste. Entrambi i miei genitori mi vengono incontro, e noto subito la loro delusione. Devono essersi accorti che stavo uscendo senza dire niente. Ho già il giubbino addosso e la tracolla. Non ho molte scuse valide.

“È tutta colpa tua!” Strilla mio padre rivolgendosi alla mamma “L'hai assillato con le tue ansie!”
Mia?” replica la mamma “Ha paura e non voleva mostrartelo!”
“Non dire fesserie! Sono il primo a tremare di fronte alle mietiture!”
“E che non ci sei mai a casa! Ecco perché!” Che c'entra? Perché torniamo sempre lì?
“Se non ci sono è perché sono sempre a lavoro, a differenza tua!”
“Eravamo d'accordo sul fatto che rimanessi a casa con Liam!”
“Non urlate, vi prego” sussurro abbassando lo sguardo e pregando che le mie ciocche bionde coprano il mio volto il più possibile.
Non so come, entrambi mi sentono e si scusano in tremila modi diversi. Si rimproverano di essere dei pessimi genitori, di non mettere abbastanza in primo piano le mie esigenze e i miei sentimenti e blablabla. Questa loro terza unione funziona male come le altre. Non capisco perché continuino a riprovarci, semplicemente non sono fatti l'uno per l'altra. Voglio bene ad entrambi, ma preferirei che divorziassero. Almeno eviterei questi litigi giornalieri. Forse da separati sarebbero più felici. Credo che abbiano paura della mia reazione, devo essere solo un peso per loro.
“Vado, o farò tardi. Mi dispiace” Entrambi mi salutano per poi lasciarmi finalmente andare.

Cammino a testa bassa, per non farmi notare. Non mi piace quando la gente mi fissa. Oggi rischio di essere davvero visto da tutti e ciò mi fa sentire molto a disagio. Tecnicamente non sono a rischio, ma non si sa mai. Magari mi hanno scelto perché troppo cupo e silenzioso. Agli occhi degli estranei devo apparire come uno spettro. Già, che schifo.
“Liam!” trilla una voce familiare. Mi volto: è Harry accompagnato da Damien e Jack “Ti va di andare tutti insieme? L'unione fa la forza” Annuisco, accennando un timido sorriso di ringraziamento. Mi piace stare con gli altri, mi distrae dai miei pensieri. Anche se oggi sono tutti tristi, un sorriso di tanto in tanto riesce a scappare lo stesso. Loro poi sono particolarmente socievoli, cercano sempre di coinvolgermi nei loro discorsi, faccio fatica a rimanere nelle retrovie. Sono veramente felice di averli incontrati.
La piazza è già gremita e circondata da sedili di fieno per ospitare gli adulti. “Darà l'aria da riunione” mi ha spiegato mio padre. Non mi piace l'allestimento però, mi fa sentire in trappola. Davanti a me i capitolini, dietro di me gli adulti che ci accoltellano alle spalle. Come farò a guardarli nello stesso modo dopo oggi? Uccideranno due di noi senza alcuna ragiona. Come giustificheranno la loro scelta, sempre se avranno il coraggio di farlo? Ci stanno consegnando a Capitol ben sapendo quale sarà il nostro destino. Anche se tornassimo, che vita ci aspetterebbe? Tutti conoscono Lucil e la sua dipendenza dalla droga. Dubito che qualche vincitore sia felice della sua vita attuale, ad eccezione dei favoriti. Ma loro non sono normali, non contano. Se il mio nome uscisse dalle loro labbra, sarei finito, in un modo o nell'altro sarei già morto. Cosa ne rimarrebbe di me? Dubito di uscirne vivo in caso. Ho ancora tanto davanti a me. Sono solo all'inizio, si può dire che non abbia ancora iniziato a vivere.
“Liam stai bene? Stai tremendo” afferma Harry preoccupato
“Io...” balbetto a fatica, cercando di recuperare la calma
“Finirà anche oggi, abbi fede” lo ringrazio e mi metto al mio posto. Ho freddo e mi sento solo, vorrei tanto un abbraccio. Noto sul palco che non c'è il sindaco, ma solo il vice che afferma che il primo cittadino non è potuto venire a causa di un raffreddore. Mi sembra strano. È un uomo energetico, mi sembra una scusa un po' sciocca. Non devo essere il solo a pensarlo: alcuni uomini della platea bisbigliano a bassa voce.

Inizia la celebrazione, preceduta come sempre dalle danze tradizionali del distretto nove. La mamma sostiene che una volta tutti amavano ballarla durante le feste, ma ora è una sorta tabù per tutti quanti. Tutti la ricollegano a quest'evento ed abbiamo finito per odiarla. Come sarebbe potuto essere altrimenti?
La capitolina dichiara che sarà il vicesindaco ad annunciare i tributi di quest'anno (solamente per questo, come ci tiene a precisare).

Il vicesindaco saluta cordialmente il pubblico in maniera impacciata, sembra vagamente a disagio.
“Il sindaco è malato e dunque tocca a me farà gli onori di casa. Sono lieto di essere qui per quanto mi riguarda” Sono disgustato. Capisco il voler fare il lecchino e il sottomesso, ma a tutto c'è un limite. Non lo sopporto, come può piegarsi a tutto questo? Come possono farlo tutti? Siete dei vigliacchi, tutti quanti!
“Il tributo femminile è... Dalissa Manique” Poco dopo intravedo una ragazza pallidissima con dei capelli più biondi dei miei. Prima scherzavo sul fatto di apparire come uno spettro agli occhi della mia gente, ma questa fa sul serio. Trasmette una pacatezza e una calma fuori dal comune, come se la nomina non la riguardasse. È inquietante e confesso che mi fa un po' di paura. Non credo sia del tutto normale. Merda, sono troppo cattivo, non sono la persona adatta a giudicare gli altri.
“Ma.. che bella ragazza” commenta la capitolina un po' a disagio.
“Grazie, credo” forfecchia lei. “Sarà l'occasione giusta per assaggiare del tè di qualità. Almeno questo” Sento nel fondo ridacchiare qualcuno. Non li do tutti i torti, anche se è da maleducati. “Non mi aspettavo di essere scelta, in tutta onestà” aggiunge. Per un attimo la vedo titubante, esitante, affranta quasi umana, ma è solo un istante: ha immediatamente recuperato la sua calma.
“Una fan del tè, che bello” replica l'accompagnatrice cercando di sviare il discorso, facendo cenno al vice di proseguire.
Ci siamo. Trattengo il respiro e stringo forti i pugni aspettando il fatidico momento. Non sento nient'altro che il battito impaurito del mio cuore
“L'altro tributo è Liam Evans”.
Mi guardo intorno, sperando che sbuchi un mio omonimo da un momento all'altro. Nessuno si muove, nessuno parla, gli sguardi sono puntati su di me. Oh merda. Mi metto le mani nei capelli e mi mordo forte il labbro per non urlare. Tutto diventa distante, compresi i mormorii della folla, l'urlo disperato di mia madre, la mano che spinge in avanti. Non è vero, non può essere, non è vero, non me, non me, non me, non me, non me, non me, non me, non me, non me....
Guardo la folla da sopra il palco (quando sono arrivato qui?), c'è agitazione, troppa.
“Non può essere!” urla un uomo da lontano “Nessuno conosce quel ragazzo!”
“Eravamo d'accordo di escludere i dodicenni!” Aggiunge un altro. Cosa? Mi guardo confuso intorno ed intravedo il caos più totale. Non capisco.
“Chi diavolo ha votato quel bambino?”
“Il voto è stato manomesso, non c'è alcuna spiegazione!”
“Fuori il vero tributo!”
“Noi abbiamo votato il figlio del vice!”
“Anch'io”
“Anch'io”
“Anche noi!”
“Colpo di scena!” esclama la capitolina parecchio eccitata per lo sviluppo degli avvenimenti. Il vice nel frattempo è diventato rosso, e si morde il labbro, mentre con la mano si sistema il nodo della cravatta. Possibile che...
“Gran figlio di puttana!” ringhio con rabbia
“Qualcuno qui non si è messo d'accordo a quanto pare! Che pessima organizzazione ha questo distretto! Appena gli strateghi avranno preso una decisione in merito vi faremo sapere! Rimanete sintonizzati!” afferma la capitolina canticchiando prima di far cenno di fine trasmissione. Quasi non credo le mie orecchie. C'è speranza di essermi salvato allora. Sento i muscoli delle guance far male da quanto sto sorridendo. È un miracolo, non ci credo.
“Frena il tuo entusiasmo” mi bisbiglia la capitolina “Ho solo detto così per placare la folla. Tu ciccio rimani, che tu lo voglio o no. Non importa dei biechi trucchetti di quello stronzo. Una volta che sei stato chiamato, sei nostra proprietà, e lo sarai per sempre”

E con queste parole, pronunciate da una capitolina dalla pelle di porcellana, il mio cuore si è spezzato in due.

 

 

 

 

Sorpresa! Capitolo in anticipo!

Voilà: ecco i primi 4 distretti, con un focus particolare su Bruce, Adrian, Liam e Jasmine. Mi piacciono tutti per motivi molto diversi fra loro. Voi che ne pensate?

Abbiamo visto anche dei criteri di scelta diversi: il distretto uno ha agito come sempre, il tre (in parte il nove se il vice non avesse fatto il suo giochetto) ha optato per il proprio gioiellino più brillante e un reietto, mentre nel cinque ha dominato molto la pancia.

Questa volta hanno fatto un piccolo cameo Lucil e Asyan, due mentori di Come Little Children!

A proposito! Jasmine accenna al fatto che il distretto 3 non ha fortuna con le accompagnatrici... effettivamente anche nell'altra ff la capitolina di turno non ha fatto una bella figura...

 

p.s. L'autore di Bruce può palesarsi? Mi sono dimenticata a chi appartiene....

p.s. Mi mancano sette schede, se avete bisogno di una proroga fatemi sapere o al termine dei cinque giorni il vostro posto ritorna vuoto

 

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Capitolo 3
*** L'elezione, seconda parte ***


Krinsda Dramir, studentessa, distretto 4

Un altro paio di bracciate e sono arrivata. Ispiro ed espiro cercando di rimanere concentrata e di non bere. Mi muovo agilmente, senza problemi, d'altronde so nuotare divinamente. Raggiungo la riva, e mi precipito verso il cronometro posizionato sopra i miei vestiti. Cinque minuti e venti secondi per raggiungere quello scoglio e tornare indietro. Non male, sapevo di potercela fare. Spero che nell'arena ci sia dell'acqua, così ho praticamente la certezza assoluta di vincere. Dubito però che diano a noi del quattro un vantaggio così importante. Pazienza, vincerò lo stesso attraverso i mezzi tradizionali.
Mi rimetto la canotta e i pantaloni della tuta. Devo necessariamente andare a fare una doccia e cambiarmi. I capitolini sono persone superficiali, non mi perdonerebbero se commettessi il peccato capitale di presentarmi sfatta alla mietitura. Spero che ci abbia pensato la mamma. No... sono sicura che l'abbia fatto, non vorrebbe mai mettermi in difficoltà per i giochi. È il mio turno finalmente, lo stesso signor Cohen l'ha confermato: il distretto ha votato me, in quanto si fida delle mie capacità. So che posso vincere, non li deluderò.

Intravedo in lontananza una figura maschile alta e muscolosa. È John.
“Sempre in esercizio?” mi chiede una volta che mi ha raggiunta
“Non si diventa campioni da un giorno all'altro” replico un po' altezzosa
John sorride divertito “Vola basso, squaletto”
Il soprannome mi strappa una risata “Squaletto? Che razza di soprannome è?”
John si gratta la testa un po' imbarazzato “Non lo so, mi è venuto spontaneo” inizio a ridacchiare deliziata. Non so cosa farei senza di lui ed Erik. “Ammettilo, un po' ti s'addice” Gli do una leggera spinta per dispetto. Non sono d'accordo con la sua affermazione, non assomiglio ad uno squalo. Sono decisamente più carina.
“Volevo augurarti buona fortuna per dopo, comunque”. È strano vedere John serio fuori da una delle nostre operazioni. L'ho sempre visto sorridente alla luce del sole. L'augurio mi mette in allarme però, perché farmelo adesso?
“Perchè? Dopo non venite?” John evita di guardarmi in faccia dandomi inconsapevolmente già la risposta. Cazzo. È una giornata importante, li voglio accanto a me!
“Saranno tutti là! Pensa alle case vuote!” tenta di giustificarsi, ma non l'ascolto. Non ci credo che antepongono i furti a me! Ammetto che è l'occasione perfetta ma... dannazione! “Guarda che veniamo per i saluti!” aggiunge, probabilmente perché sta temendo la mia reazione.
“Non potete saltarlo! Sapete in che guai vi cacciate se l'altro tributo è uno di voi due?”
“Nah, hanno già scelto l'altro tributo” Questa mi è nuova. Cohen mi aveva detto che si sapeva di certo solo il mio nome.
“Chi?” Chiedo. Cerco di immaginarmi chi possa essere, ma non ne vengo a capo. Nell'accademia non ci sono ragazzi che possono essere considerati già pronti, e se non sono neppure Erik o John allora non ne ho proprio idea
“Ti do un indizio: è un regale” Il principino? Che novità è questa? Quello è un intrattenitore, non di certo un guerriero. Va bene, è un po' arrogante e testa di cavolo, ma non mi sembra un motivo sufficiente per volerlo mandare al macello. Sono stupita dalla gente del mio distretto. Meglio per me, ho la certezza di riuscire a farlo fuori facilmente.
“Perché lui?”
“Non lo so” Immagino che non rimarrà un mistero per molto a lungo, non vale la pena scervellarsi.
Lascio andare John senza insistere a farlo venire alla mietitura. Non voglio che si faccia strane idee del tipo che ho paura e che ho bisogno del supporto suo e di Erik. Sono forte, posso farcela, anzi ce la farò.

Ritorno a casa e trovo sfortunatamente i miei già svegli. Sono seduti al tavolo della cucina e stanno facendo colazione. Mia madre sembra preoccupata, mentre mio padre...
“Dove sei stata?” mi chiede con tono accusatorio. Oh santo cielo, dovrà rompere anche a lungo con quella storia?

“Al mare” rispondo nervosa. Non ho voglia di litigare di primo mattino.
“Come no. Dov'eri a quest'ora del mattino?” Sto per rispondergli molto male, quando mia madre interviene in mio soccorso
“Al mare, Jim! Guardale i capelli! Sono ancora bagnati!” Mio padre osserva i miei capelli e poi sospira rassegnato
“Non so più cosa fare con te, Krinsda. Prima i furti, poi le bugie, e poi questo. Vorrei davvero di nuovo fidarmi di te. Sognavo di vederti crescere e diventare una brava ed onesta donna, ora non so neppure se arriverai all'età adulta” Lo dice con le lacrime agli occhi, in un tono spezzato che non ho mai sentito. Vorrei replicare, ma non me lo permette. Si alza e si rifugia in camera sua come l'orso che è. In fondo però non saprei cosa avrei potuto dirgli, mi ha un po' sconvolta vederlo in quello stato. Non pensavo avesse preso così male la mia elezione a tributo, né che fosse così legato a me.
“È difficile per noi tutti. Perdonalo” afferma mia madre comprensiva. Mi sento male, in colpa. Quando ho saputo della mia elezione sono stata felice, non ho pensato alla reazione dei miei cari. Non volevo far loro del male, davvero. Quando tornerò capiranno che si sono preoccupati per nulla.
Salgo di sopra per prepararmi al grande evento. Mi lavo con cura il corpo e i miei capelli biondi, per poi vestirmi con l'abito confezionati da mia madre. È un vestito blu elettrico che fa risaltare la mia abbronzatura. Noto con piacere che è senza maniche. Fantastico, così il mio tatuaggio sarà ben visibile.

Mi dirigo in piazza, sono raggiante come non mai. Finalmente riuscirò a far capire a tutti quanto valgo, che sono sprecata come pescatrice e che merito il meglio.

Ascolto annoiata i vari discorsi, aspettando con ansia il mio momento. Manca poco, manca davvero poco.
“Il tributo femminile di quest'anno... Krinsda Dramir” Sorrido con la gioia nel cuore. Mi sento realizzata, tutta la mia vita tendeva a questo. Da quando avevo nove anni che speravo di venire qui. Salgo su praticamente volando e la mia euforia si amplifica quando intravedo Erik e John fra il pubblico, che fischiano entusiasti acclamandomi come la futura vincitrice. Sono venuti alla fine. Sono talmente felice che potrei piangere. Tiffany, la nostra accompagnatrice, mi abbraccia commossa, per poi passare la parola nuovamente al sindaco, un uomo di mezz'età.
“Mentre il tributo maschile... Libero Howard” Dunque è veramente il principino l'altro tributo. Libero sale su con un sorriso un po' forzato. Cerca di mostrarsi sicuro di sé, ma si vede che in fondo è agitato come non mai. Noto che il sindaco lo guarda in maniera storta, senza pietà. Ora che ci penso questi due sono imparentati, ciò rende la sua elezione ancor più affascinate. Cosa c'è dietro?
Tiffany accoglie Libero con occhi sognati. Cazzo, mi ero dimenticata dell'effetto che fa questo tipo su certe donne. I capitolini adorano le persone di bell'aspetto, ciò gli darà un vantaggio consistente. Fanculo, la cosa non mi piace affatto.
“Vuoi dire qualcosa al pubblico?” Chiede Tiffany
“Sono pronto a spaccare. Io non ho paura”

 

Caitria “Cat” Dalekein, studentessa, distretto 6

È il canto degli uccelli a trascinarmi nuovamente nella dura realtà. Ho il corpo indolenzito e le dita delle mani e dei piedi mi fanno male. Dovrei cercare di sistemare meglio il mio nido, ma non so come. Non posso prendere altra stoffa dall'altra casa, e quello stronzo di Zach non mi darebbe mai e poi mai i soldi per comprarmi un cuscino o peggio ancora un materasso. Deve pensare che sia stupida a passare le mie notti qui quando ho una vera stanza con un vero letto. Non mi importa niente della sua opinione, vorrei solo che morisse, solo allora potrei essere veramente libera. Mi siedo sulla sporgenza del vagone merci ed osservo il cielo tinto di rosa e di rosso. È il cielo tipico che precede una grande battaglia. Intravedo i nativi americani pregare gli spiriti per la vittoria, mentre i loro guerrieri più forti preparano l'arco e le asce. Sarebbe tanto bello saperne di più su di loro, ma ormai i veri libri sono estinti...
Sistemo una ciocca castana dietro le orecchie e scendo a malincuore dal treno abbandonato. Devo recarmi a casa, con un po' di fortuna troverò ancora qualcosa da mangiare e devo necessariamente lavare i piatti che avrà sporcato Zach, o altrimenti stasera mi toccheranno di nuovo le sue ramanzine. Abbiamo un patto in fondo no? Io pulisco e lui mi dà da mangiare, per almeno altri due anni. Poi sarò maggiorenne e sarò libera di vagare chissà dove.

Lungo la strada non incontro quasi nessuno, è veramente troppo presto. Meglio così, non mi piace avere a che fare con gli altri. Arrivo davanti alla casa di Zach, ma mi rendo conto di non avere le chiavi con me. Fanculo, devo averle perse sul treno. Le recupererò stasera.
Mi arrampico sull'acero del giardino, cercando di raggiungere la mia camera, mentre un vicino mi guarda male. Lo ignoro, non ho voglia di discutere. Grazie al cielo lascio sempre la finestra un po' aperta per occasioni come queste; non ho proprio voglia di tornare indietro. Zach non ha ancora scoperto questo mio sistema, ma sarei nei guai se lo scoprisse. Non che abbia da lamentarsi però, nessun ladro al mondo entrerebbe dentro la casa del capo dei pacificatori. Devo assolutamente cercare un metodo alternativo prima o poi.

La casa sembra vuota come al solito, Zach deve essere a lavoro o a puttane come al solito. Meglio così, meno lo vedo e meglio sto.
Mangio un pezzo di pane avanzato dall'altro giorno, immergendolo in succo di frutta al gusto pera. Lavo i piatti e spazzo per terra, per poi andare a farmi un bagno di sopra. Passo quasi più di un'ora a levarmi via lo sporco e i nodi dai capelli che sono di nuovo in uno stato pietoso. Sono secchi, sfibrati, troppo folti. Temo mi tocchi di nuovo tagliarmeli. Lo farò domani con il solito rasoio, se lo facessi ora rischierei di arrivare troppo tardi alla mietitura. Non che muoia dalla voglia di andarci, ma non voglio un gruppo di pacificatori entrare qua dentro e trascinarmi là con la forza, davanti allo sguardo disgustato del mio progenitore. Sarei davanti agli occhi di tutti, tirata e sbeffeggiata come una bestia. No grazie, evito se posso.

Mi sto vestendo con un paio di jeans e una camicia a scacchi, quando qualcuno suona al campanello. Apro la porta, è Yvon. Ho sempre pensato che se Babbo Natale esistesse davvero, avrebbe tanti piccoli Yvon al suo fianco. In fondo è bassissimo, ha i capelli riccissimi e spesso e volentieri è vestito di verde. Me lo vedo a costruire giocattoli per tutto il giorno. Chissà se gli elfi hanno i diritti sindacali. Magari si sono ribellati e anche loro hanno gli Hunger Games. Spero di no, poverini.
Yvon è ancora davanti alla porta, mi sorride dolcemente “Stai ancora fantasticando, o posso parlare?”
“Parlare” rispondo meccanica
“Stavi ancora fantasticando sugli elfi di Babbo Natale?” Faccio spallucce ed esco fuori di casa.
Durante il tragitto parliamo un po' di tutto, ma Yvon sembra piuttosto distratto. Meno male che sono io quella che vive con la testa fra le nuvole.
“C'è qualcosa che non va?” Gli chiedo
“No, no, tranquilla!” risponde fin troppo in fretta. Qualcosa deve turbarlo, ma evidentemente non se la sente di parlarne. Rispetterò il suo silenzio. “È che...” ha già cambiato idea? “... ho paura”
“Non credo che qualcuno abbia votato per te” lo rassicuro
“Per te, scema!” Ah.
Yvon sta per aggiungere altro, ma lo blocco all'istante “Non posso farci nulla”
“Ma...”
“Non posso farci nulla!” ripeto in maniera brusca. Non mi va di parlarne, non servirebbe a nulla. Anche se esprimessi qualcosa, ciò non cambierebbe la realtà dei fatti. Mi sento esposta ed indifesa, non mi piace. Arriviamo finalmente alla meta. La separazione da Yvon è dolorosa, ma inevitabile. Ci scambiamo dei rapidi saluti dato che siamo in ritardo, ma non so cosa darei per averlo ancora accanto a me.

Ascolto per l'ennesima volta le bugie di Capitol mentre guardo con rancore e disgusto Paris che indossa un abito talmente costoso da sfamare per un giorno intero buona parte del distretto. Non c'è un solo particolare che non mi fa salire una gran rabbia. Il video poi... che odio. Se penso che a Capitol credono veramente a queste cose...
Vorrei non essere mai scesa dal mio vagone. La vita da eremita vagabonda sarebbe di certo meglio di tutto questo. Una vita da fuggitiva, lontana da questo squallore. Sotto di me l'erba, e sopra di me il cielo stellato. Nient'altro che questo. Sola, ma libera. Potrei farcela. Dovrei solo imparare a cacciare e a nascondermi.

“Il tributo femminile è Caitria Dalekein” Tutto distrutto. Mi hanno portato via perfino le mie fantasie. Vedo il cielo sciogliersi, l'erba bruciare, la tranquillità svanire nel nulla. Ora sono solo una schiava alla mercè di Capitol. La mia gente mi ha consegnata per colpe non mie. Per loro sono perfettamente sacrificabile.
Sento la rabbia montarmi dentro e ancor prima che me ne accorga finisco per urlare “Che possiate tutti voi venire schiacciati da un treno in corsa, maledetti ipocriti assassini!”. Chiudo la bocca all'istante rendendomi conto di averla sparata troppo grossa. Raggiungo il palco in fretta, temendo che qualche ragazza possa mettermi le mani addosso.
Paris mi ignora completamente, dando cenno al sindaco di continuare a parlare.
“Il tributo maschile è invece Ivar Ludwig”. Bastardi, hanno mandato qui un altro con la cattiva fama. Dunque lui sarà uno dei miei avversari, devo stare attenta. Ivar si avvicina al palco con aria truce, solamente dopo essersi accorto che i pacificatori si stavano già avvicinando per prelevarlo con la forza. I suoi lineamenti lo fanno sembrare una persona poco raccomandabile.
Paris si avvicina saltellando ponendogli una domanda sul suo stato d'animo. Sembra scosso, forse sperava di essere risparmiato nonostante tutto. Durante l'intervista Ivar alza le mani in un gesto teatrale, sollevando (non si capisce se intenzionalmente o meno) la gonna della capitolina. In una frazione di secondo riusciamo a vedere tutti quanti il colore delle sue mutande. Paris diventa completamente rossa, e scappa via in lacrime dal palco. Nella piazza cala un pesante silenzio che viene spezzato da Ivar stesso
“Credo che abbiamo appena assistito a un caso di pubblicità occulta. È legale? Credo comunque che i produttori di quella marca mi debbano un po' di soldi...”

 

Richard “Richy” Whitestorm, studente, distretto 8

Noir mi salta sullo stomaco, regalandomi un risveglio tutt'altro che dolce. Lux si deve essere dimenticata di dargli da mangiare, anche se oggi era il suo turno.
“Dannazione Noir, dormivo così bene...va bene, ti darò da mangiare io micione, ma dovrai aspettare”. Forse la mamma ha ragione nell'accusarci di averlo viziato troppo, ma è così carino! Come posso dirgli di procurarsi il cibo da solo quando mi guarda con quei suoi begli occhioni? E poi così morbido e gattoso! Impossibile resistergli.
Mi dispiace solo che Noir dovrà aspettare il mio rituale mattutino o altrimenti sarò uno zombie per il resto della giornata. Mi auguro che Hazel si svegli prima, e che provveda a lui al posto mio.
Tendo le orecchie e mi accorgo che il piano di sotto è già animato. Solo adesso mi ricordo che è il giorno della mietitura. Cavolo, è troppo tardi per tornare a dormire? Anche Noir si fa rapire dai suoni, e si dirige allegro verso la cucina, sperando di intercettare qualcuno di amichevole. Spero che almeno per lui oggi sia una buona giornata.
Inizio il mio rituale: bagno un asciugamano e mi do una rinfrescata al viso, mi vesto con i vestiti preparati la sera prima (ma sono costretto a spogliarmi e rivestirmi perché mi sono reso conto di aver messo i pantaloni alla rovescia), prendo la sacca, anch'essa preparata la sera prima, e vado finalmente a fare colazione.
La mamma sta finendo di prepararci il caffellatte, mentre Hazel sta versando un po' di riso nella ciotola di Noir. Come al solito il micione non è in grado di aspettare, e si getta sul cibo ancor prima che tutti i chicchi siano caduti.
“Un giorno mi mangerai la mano” si lamenta Hazel. Ha delle occhiaie tremende, sembra parecchio abbattuta. Non dovrebbe, è molto popolare, dubito che qualcuno l'abbia presa in considerazione. Non credo che nessuno in questa famiglia rischi in tutta onestà. Non hanno motivi per odiarci o per volere il nostro male.
“Io do per scontato che perderò la mano in quel modo!” esclamo sperando di tirarle su il morale, ma non ho molto successo, anzi, mi lancia un certo sguardo... “Scusa, ehm... io”
“Lascia stare Richy, non è giornata”. Mi avvicino al tavolo, ma per poco non inciampo su Noir che ha già finito la sua colazione. Evito di crollare per terra solo perché riesco ad aggrapparmi al tavolo appena in tempo. Hazel si concede finalmente un sorriso divertito, mentre la mamma sospira rassegnata. Come tradizione ci ha preparato una crostata al cioccolato.
“Lasciatene un po' per vostro padre e per Lux!” si raccomanda prima di sedersi con noi. Dopo il caffellatte il mio rituale è finalmente concluso, e ci dirigiamo verso l'uscita. Abbraccio Lux, papà (che si sono nel frattempo svegliati), Noir (il vero principe della casa) e infine la mamma
“Se doveste essere scelti, e prego che non sia così, nascondete al mondo i vostri sentimenti come prima cosa. Rispondete alle domande in maniera sicura e per amore del cielo non piangete!” si raccomanda lei come ogni anno. Non mi piace molto come consiglio, odio nascondere i miei sentimenti, ma in fondo è una ex-vincitrice, credo che le sue parole siano legge. “E... non dimenticate perché volete tornare” Aggiunge infine sorridendo amara. Mi sale una grande angoscia e vorrei stringermela a me, dicendo che personalmente vorrei tornare per lei, per tutti loro, ma Hazel mi prende per la manica e mi trascina via. Probabilmente voleva evitare che la casa si tramutasse in un fiume di lacrime. Prima però prendo il berretto, quel che ci vuole per nascondere i miei capelli.

Per quasi tutto il tragitto rimaniamo solo noi due, finché entrambi non veniamo raggiunti dalle nostre rispettive compagnie. Ci separiamo, ma sento una morsa dentro di me. Spero che si riprenderà, stamattina era proprio giù.
Con me c'è la metà del mio gruppo in pratica. Mancano Remus, Freddie, Francy e...

Ally sbuca dal nulla saltandomi addosso. Purtroppo finisco per perdere l'equilibrio e di cadere per terra trascinandomela appresso.
“Uffa! Dovevi tenermi!” protesta lei visibilmente scocciata.
“Scusa, non me l'aspettavo” confesso. Il suo broncio scompare subito e mi bacia la guancia
“Ti perdono”
“Devo vedere se ti perdonarti io!” replico facendole il solletico
“Vorrei inserirmi con una battuta, ma credo che getterei del gelo” afferma Charlie alludendo alla mia precedente relazione con Ally.
“Credo che tu l'abbia appena fatto” osserva Gin. È strano come io ed Ally abbiamo preso meglio la nostra rottura rispetto a tutti loro. Soprattutto considerando che ci siamo lasciati più di un anno fa. Hanno decisamente dei tempi di reazione piuttosto lenti.
“Ma, no è acqua passata!” replica Ally, porgendomi il suo pugno da battere. Bro fist, sorella!
“Dove sono gli altri?”
“Francy è a consolare il fratello in panico pre-mietitura, mentre Remus e Freddie....”
“Sono lì” costato indicandoli. Riconoscerei quel bel sedere di Remus dovunque. Oscar Wilde diceva che “Un fondoschiena veramente ben fatto è l’unico legame tra Arte e Natura”. Merda, se aveva ragione! Ally mi sciocca le dita a mo' di rimprovero, intuendo in quali pensieri mi fossi perso.
Vorrei continuare il resto della giornata in questo modo: chiacchere spensierate che cacciano via gli incubi mentre il sole caldo primaverile ci bacia la pelle. Nient'altro. È tutto così crudele invece, ogni attimo di tranquillità viene strappato via dalla realtà dei fatti. Non mi considero a rischio, nessuno dei miei amici lo è, ma sono in ansia in ogni caso. Oggi è una giornata di ventiquattro tragedie. Vorrei solo che il sole tramontasse il fretta.
È una certa Jennifer ad andare incontro per prima all'orrore. Il suo sguardo perso e la sua eccessiva magrezza la fanno sembrare più ad un fantasma che a una mia coetanea. Appare inizialmente distrutta, ma ad ogni passo sembra più rilassata e sul suo volto appare un sorriso appena accennato. Ho già visto quell'espressione. È la stessa che ha Remus quando legge. Sta scappando dalla realtà attraverso la mente. Mi fa una tenerezza incredibile, vorrei salire sul palco ed abbracciarla, dirle che mi dispiace e che farò il tifo per lei. Purtroppo mi viene data l'opportunità di farlo.
“Richard Whitestorm, sei il tributo maschile di questa edizione”. Un pugno nello stomaco avrebbe fatto meno male. Sento il mondo crollarmi addosso mentre nella mia testa risuona una sola domanda: perché? Perché a me? Ho paura, vorrei solo scappare e piangere nascosto da tutto e tutti. Il cuore inizia a battermi più velocemente, mentre sento l'aria entrarmi con fatica. Merda, non ora. Tiro fuori dalla tasca il respiratore per placare l'attacco d'asma. Questo sì che spaventerà i miei avversari!
Le parole di mia madre riaffiorano dai miei ricordi e cerco di farmi coraggio. Non voglio deluderla mostrandomi debole. Non so quanto possa sembrare convincente, ma ci provo lo stesso, e raggiungo il palco cercando di mostrarmi sicuro di me. Mamma, in quanto mentore, è appena ad un metro da me. Sembra impassibile a prima vista, ma ha piantato le sue unghie talmente tanto forte nel braccio da farsi uscire sangue. Mamma....
“Non è caldo per portare il berretto?” mi chiede l'accompagnatrice levandomelo contro la mia volontà. I miei capelli bianchi sono in mondovisione, sotto gli occhi di tutti. Mi sento uno schifo.
“Che bei capelli!” squittisce lei deliziata. Arrossisco di botto, un po' per l'imbarazzo, un po' per la vergogna. Vorrei sprofondare. Sento mia madre trattenersi per un precipitare in mio aiuto, in quanto sa che peggiorerebbe solo la mia situazione. Ringrazio la capitolina per il complimento, per poi stringere la mano al sindaco
“Se sei qui è solo perché ci fidiamo di te” sussurra lui in maniera quasi impercettibile.

 

Autumn “La Rossa” Lewis, studentessa, distretto 10

Alzo il braccio parando in fretta il nuovo colpo. Indietreggio di un passo, mettendomi sulla difensiva, cercando nel frattempo uno spiraglio per poter passare al contrattacco. Il mio avversario è più ostico del solito, faccio fatica a tenergli testa. I suoi affondi sono sempre più aggressivi, lasciandomi poche possibilità di riprendere fiato. Evito un attacco scattando a destra. Sono troppo vicina agli alberi, a breve sarò messa all'angolo. Papà si sta avvicinando portando la spada con entrambe le mani. Intravedo una possibilità, anche se mi rendo contro che è una slealtà. È fisicamente troppo forte, e oggi è troppo motivato nel mettermi in difficoltà. Non posso fare altrimenti, non posso perdere, non posso tirarmi indietro. Do un calcio al terriccio secco e polveroso, colpendo mio padre direttamente negli occhi, accecandolo per un un singolo secondo, tempo più che sufficiente per appoggiare lo spadino alla sua gola. Sorrido soddisfatta, sporca di povere e di sudore: ho vinto.
Papà va cadere l'arma a terra e mi dedica un breve applauso “Brava Autumn, ben fatto”

“Mi dispiace molto per quella slealtà” dichiaro un po' a disagio. Non mi piace fare le cose fatte male, ma ormai mi ero incaponita sul voler vincere a tutti i costi. In fondo papà aveva detto “Vediamo se questi anni di allenamento sono serviti a qualcosa”.
“Hai fatto benissimo invece” replica papà mentre beve un sorso d'acqua “Nell'arena non ci saranno gentiluomini che avranno pietà solo perché sei una bella ragazza. Devi essere pronta a tutto. Sarei rimasto deluso invece se avessi continuato ad usare la stessa strategia anche dopo aver capito che ti ero superiore. L'avrei trovato molto arrogante da parte tua” Non l'avevo vista da questo punto di vista, ma credo abbia ragione.
“Voglio batterti un giorno” dichiaro osservandolo dritto nei suoi occhi verdi “Continuerò ad allenarmi finché non ci riuscirò”
Papà sorride in maniera strana e mi bacia la fronte “Non morire allora”. Devo appellarmi a tutte le mie forze per non piangere. Ho paura, non voglio morire. Non voglio arrendermi però, io devo e voglio essere forte. Io tornerò, devo farlo. Tiro su con il naso, evitando di farmi vedere in volto da papà, non voglio che capisca quanto sono triste.
“Va' a fare il bagno, bambina. Sei un disastro” Annuisco con forza, e mi dirigo verso casa.
Ad ogni strofinata cancello via il malumore e la fatica, recuperando così la calma. Mi godo il bagno, sapendo bene che questo sarà uno dei miei ultimi attimi tranquilli per un bel po' di tempo. Dedico particolare cura ai miei capelli, rossi, lunghi e bellissimi. Sarebbe bello poterli decorare con dei fiori dopo, ma sono già in ritardo, non mi sembra il caso. Indosso un paio di jeans e la mia felpa preferita, evitando di vestirmi elegante per l'occasione. In fondo sto per diventare agli occhi di Panem una guerriera, non ha senso vestirmi da bambolina. Per ultimo indosso una collanina con un ciondolo che rappresenta una foglia di acero che cade, direttamente forgiata dalle abili mani di mio padre. Sarà il mio portafortuna.
“ McKayla e Elijiah sono già di fuori che ti aspettano” mi comunica mio padre. L'abbraccio, e ci promettiamo di vederci dopo durante i saluti. Sappiamo entrambi che non ci sono altre possibilità, oggi è il mio turno. Per anni e anni abbiamo temuto che manomettessero il voto per mandarmi in arena e quest'anno è l'occasione giusta. Odio il fatto di dover pagare le colpe di mio nonno.

“Ciao Autumn” mi salutano i miei amici parecchio tristi. Sono ben consapevoli di cosa mi aspetta oggi. Sanno che in quanto Lewis sono odiata da mezzo distretto. Odio vederli così però, mi sento in colpa
“Che facce da funerali!” li canzono un po' caricando la loro espressione. Entrambi accennano una risata.

“Sei la solita” commenta sconsolata McKayla
“Come stanno i vostri cucciolotti?” chiedo mostrandomi allegra e senza preoccupazioni. Faccio di tutto pur di non far cadere il discorso sugli Hunger Games, o per non far nascere momenti di silenzio imbarazzante. Voglio stare serena con i miei amici, non desidero altro. Voglio solo dimenticare per un momento che cosa mi aspetta. Voglio godermi il profumo dei fiori, il vento leggero, la tranquillità della compagna. Questa è la vera vita, me ne devo ricordare in arena.

La piazza è più frenetica del solito e sono soprattutto i maschi a essere agitati. Le femmine invece sono rilassate ed iniziano a spettegolare appena mi vedono. Che tristezza, ho fatto chiacchiere piacevoli con molte di loro in passato.
“Lascia stare quelle vipere” mi consiglia Elijiah
“Magari non stanno parlando male di te. Magari ti stanno indicando come la futura vincitrice!” mi suggerisce invece McKayla. Sorrido di gratitudine, ma ne dubito. Non mi importa però, sono solo delle vigliacche incapaci di esprimermi in faccia il loro disprezzo. Devono solo provarci a farlo: gliene direi talmente tante da farle rimpiangere di essere nate.
Il tempo scorre e la cerimonia purtroppo ha inizio. Saluto con dispiacere Elijiah, e mi posiziono accanto McKayla in fila. Le persone più in vista del distretto 10 sono già sul palco: il sindaco Liddle, i mentori Abe e Phil e il vicesindaco. Poco dopo appare anche Mellory, la nostra accompagnatrice, e a nessuno sfugge lo sguardo di feroce odio che si scambiano lei ed Abe. La loro inimicizia dalle nostre parte è ormai leggenda. Il loro solito siparietto è ormai consuetudine ed è l'unica cosa positiva delle mietiture. In qualche modo spunta sempre una frecciatina verso l'altro e sono spassosissime! Adoro quando è Mellory a subire, non la sopporto proprio.
Il tempo dei sorrisi finisce più velocemente di quanto pensassi. McKayla mi stringe la mano talmente forte da farmi male. Ho un nodo nella gola, vorrei urlare tutta la mia rabbia, ma è inutile. Nessuno può salvarmi, sono condannata. Il sindaco si avvicina al microfono, ci guarda tutti, l'uno alla volta, e poi annuncia con dolore “Il distretto ha scelto Autumn Lewis come tributo dei venticinquesimi giochi”. Sospiro, non so cosa mi aspettassi. Mi sto per muovere verso il palco, quando mi accorgo che McKayla sta ancora stringendo la mia mano.
“Devo andare” le sussurro con dolcezza, benedicendo la sua amicizia. Non riuscirò mai ad esprimerle tutta la mia gratitudine. La mia amica mi lascia lentamente, temendo di guardami in faccia. Prendo un profondo respiro e mi avvio.
“Il tributo maschile è invece Nickolas Logan”. Sento gli sguardi concentrarsi verso un giovane alto vestito in maniera sportiva. Sembra sconvolto, a differenza mia non deve essersi aspettato questa nomina. Si dirige lentamente sul palco, mentre la sua testa sembra essere sommersa da mille pensieri.
Adesso mi ricordo di lui. Ha la mia età, ma frequenta una sessione diversa. Devo averlo incrociato qualche volta a scuola.
Mellory si avvicina a lui con aria sprezzante di superiorità “Dunque, come ti senti ad essere stato scelto?”
“Da dio” risponde lui con il sorriso più falso che abbia mai visto “Ho sempre sognato di essere qui” Mellory gli lancia un'occhiataccia, ma intravedo l'addetto alle luci sorridere sinceramente per questa uscita. Davvero non ha colto il sarcasmo? Sono meravigliata.
Io e Nickolas ci stringiamo la mano in segno di sportività. Dalle orecchie del mio collega esce ancora del fumo e credo che nel profondo del suo cuore voglia spaccare qualcosa.

Come ti capisco, come ti capisco.

 


 

Voilà la seconda parte di “elezione”. Vediamo questa volta i distretti 4, 6, 8 e 10! Nel prossimo capitolo gli ultimi distretti e poi si va oltre.

Mi mancano ancora delle schede, se entro domenica primo pomeriggio non mi arrivano, proseguo lo stesso anche senza.

Questa volta fanno un cameo Abe, Mellory, Phil e Tiffany.

Alla prossima!

 

 

 

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Capitolo 4
*** L'elezione, terza parte ***


Angelie Asimar, studentessa, Distretto 2

Voilà. In meno di un paio di minuti la mia avversaria è a terra. Kendra prova a rialzarsi; evidentemente non ha ancora capito di non avere speranze. Appoggio il piede sulla sua schiena, le prendo il braccio e glielo tiro indietro con forza, storcendoglielo. Questa inizia ad urlare per il dolore, spaventata dalla possibilità che glielo possa rompere.
“Mi di-dispiace” grida con fatica

“Ripetilo” le ordino lasciando un po' la presa, permettendole di esprimersi al meglio
“Sei tu la migliore, non ti sei scopata nessuno per vincere”
“Meglio”. La lascio di scatto, facendola sbattere contro il pavimento. Mi aveva proprio fatto incazzare. Come osa sminuire le mie capacità? Se ho vinto è perché sono forte. Mi sono fatta il culo per arrivare fino a qui, e le mie cicatrici lo dimostrano.
Almeno ha avuto le palle per dirmelo in faccia, a differenza di tutte le altre comari. Rimane comunque il fatto che si è messa contro la tipa sbagliata. Le tiro un calcio sul fianco per sfogarmi.
“Lasciala stare Angie, è solo un'invidiosa” mi riprende Thomas, vicino alla porta della palestra. Lascio stare la lurida per terra, mentre mi avvicino al mio amico. La mia popolarità ha subito un calo da quando ho vinto la gara per diventare tributo, ma grazie al cielo non tutti mi hanno tradita.
“Arrivo” rispondo cercando di recuperare il buon amore. Non è giusto scaricare la mia frustrazione su i miei amici, non se lo meritano.
Thomas mi guarda divertito “Ricordami di non farti mai incazzare, sai diventare terribile” sorrido; oh sì, posso diventarlo benissimo. Mi dirigo verso le docce, ho deciso di prepararmi qui per la mietitura. Non ha senso passare per casa, i miei li ho già salutati questa mattina, e li rivedrò anche dopo ai saluti. Per l'occasione ho scelto un abito bianco a pois neri, evitando di indossare dei tacchi troppo esagerati. Sono già abbastanza alta di per mio, in fondo.

Thomas mi aspetta fuori dalla palestra, insieme a qualche altro compagno di accademia. Alcuni sono felici della mia elezione, affermando che me lo sono meritata, altri invece confessano di provare un po' di invidia. Solo uno, un bambino, mi chiede se ho paura.
“Ovvio che no”. I giochi sono la cosa più emozionante di sempre. Ho sempre visto alla tv le edizioni precedenti e ho ammirato il coraggio, l'abilità e l'intelligenza dei vincitori, anche se ho sempre ovviamente tifato per il mio distretto. Volevo essere una di loro e a breve lo sarò. Quando tornerò sarò vista da tutti come un'eroina, un modello da seguire. Il distretto 2 non vince da ben sette anni, troppo tempo, ha bisogno di un vincitore. I tributi precedenti sono stati una delusione pazzesca, soprattutto quelli maschili che negli ultimi tre anni non hanno visto neppure la prima alba. Qualche pazzo sostiene che c'è perfino una maledizione. Si pensa che il tributo maschile della ventunesima edizione, Achille Pelide, abbia maledetto il distretto prima di morire, ed è per questo che nessuno vince più.

Osservo uno dei poster di Achille Edipo, candidato tributo. Sostiene di poter spezzare il malocchio, in quanto condivide il nome del tributo morto quattro anni fa. Quel ragazzo ha avuto la brillante idea di cavalcare l'onda dell'ignoranza a proprio vantaggio. O almeno spero. Rimarrei delusa se credesse veramente a quella storia. Non mi sembra il tipo però, mi ha sempre dato l'impressione di essere una persona seria. Non mi dispiacerebbe averlo come alleato in caso, sembra sapere il fatto suo.
In questo momento è qui nella piazza, in un angolo, in meditazione e in silenzio. Mi avvicino e lo saluto cortesemente. Penso sia importante stabilire un buon rapporto con i propri potenziali colleghi.
“Scusa, non mi va di parlare” replica per poi abbandonarmi. Che razza di tipo. Dietro i miei amici mi stanno ridendo alle spalle
“Lascialo stare Angelie! Quello è un pezzo di granito” mi rimprovera Glenda. Ha ragione, spero che cambierà atteggiamento in caso fosse eletto, o sarà un problema.
Mi ricongiungo ai miei amici fino all'inizio delle danze. L'accompagnatrice di quest'anno è una certa Lauren, una ragazzina con dei capelli dai colori improponibili.
“Salve distretto 2! Come butta?” ci urla addosso come se ci stesse scaldando per un concerto. Non sono sicura che mi piaccia il suo stile di conduzione, mi sembra quasi che dissacri gli Hunger Games. Chiacchiera a lungo di cose già sentite, facendoci venire a tutti un gran sonno. Per fortuna dopo un'oretta la sindachessa si appropria del microfono e decide di tagliare corto, arrivando al momento tanto atteso.
“Credo che la signorina Lauren abbia parlato abbastanza anche per me, dunque direi di annunciare i tributi. Quello femminile è Angelie Asimar”. Tutto il distretto mi dedica un lungo e caloroso applauso che mi accompagna fin sopra al palco. Il mondo sembra così piccolo da quassù, mi sento potente come una dea. Tutti gli sguardi sono puntati su di me e so di avere il loro tifo. Ho faticato per arrivare fin qui, ma ne è valsa la pena. Ora ho la certezza assoluta che questo è il mio posto.
“Per quanto riguarda invece il tributo maschile... Achille Edipo”. La sua strategia ha funzionato alla fine, i miei complimenti. Achille sale sul palco con un'espressione impenetrabile. Salendo fa un curioso tintinnio a causa delle numerose perline che decorano i suoi lunghi capelli neri.
“Mamma mia, ma siete tutti alti quest'anno!” Osserva Lauren notando questa nostra caratteristica in comune “Vuoi dire qualcosa al pubblico?”
Achille si rivolge verso la piazza e afferma “Vi ringrazio per l'opportunità che mi avete dato. Vi dimostrerò che non vi siete sbagliati. Raggiungerò il mio obiettivo costi quel che costi”. Detto questo si siede sullo sfondo, vicino a me e ai mentori. Dedica a tutti e tre un rapido saluto, per poi ascoltare concentrato il discorso di chiusura. Il mio istinto mi sta lanciando forti segnali d'allarme, non mi piace.

 

Esther Suzanne Grestan, studentessa/taglialegna, distretto 7

Finisco l'ennesima fragola, senza distogliere lo sguardo da quel pino nemmeno per un secondo. Questa non sono io, non riesco più a riconoscermi. La paura mi sta attanagliando, sento l'aria che non mi entra nei polmoni. È un incubo, nel corso degli anni non fa altro che peggiorare. Mi chiedo se sto per arrivare all'apice finalmente.
“Esther, non voglio vederti così abbattuta” mormora Caroline appoggiandomi la mano sulla spalla. Da quando quel bastardo di Snow ha fatto quell'annuncio, non mi ha lasciata sola neppure per un istante. Ha perfino dormito con me.

Lei sa, io so, tutti sappiamo che sono io la prescelta. Se pensano che mi penta per questo per il mio gesto si sbagliano di grosso. Lo rifarei altre dieci, cento, mille volte! Rispaccherei il cranio a quello stronzo per l'eternità. Se l'è meritato, anche se loro non mi credono. Se solo avessi delle prove a mio sostegno... Invece è la mia parola contro la sua fama e il suo lignaggio. Fanculo, fanculo, fanculo!
“Scusa Caroline, è che... cazzo!” sbraito sbattendo la gamba destra sul terreno. Caroline mi guarda preoccupata, sento che vorrebbe starmi più vicino, ma che non ha idea di come fare. È una brava ragazza, sono fortunata ad averla come amica. Mi sento in dovere di rassicurarla “Mi riprenderò, lo farò, come sempre. E solo che... è ingiusto” Non replica, appoggia la testa sulla mia spalla e chiude gli occhi. Non so cosa farei senza di lei, probabilmente sarei impazzita. Ringrazio lei e gli altri per avermi creduto. Vorrei solo che non fossero una minoranza.
“Credo in te. Tornerai” mormora cingendomi il braccio.
“È vero, ho delle possibilità” confesso. Non mi ritengo spacciata, so di cosa sono capace. Ciò non cancella però la paura e l'ingiustizia che sto per subire. Ho talmente tanta rabbia addosso che spaccherei qualcosa.
“Perchè non sei un uomo?” mi chiede Caroline all'improvviso, stringendomi ancora più forte “Sarebbe molto più facile” borbotta. Le do una pacca sulla schiena, concordando con lei, anche se per altre ragioni. Forse se avessi un pene non avrei vissuto queste ultime tragedie. Non è giusto, non è giusto.
Aiuto Caroline a rialzarsi e ritorniamo insieme a casa per prepararci. La mia casetta è piccola, molto spartana, ma in fondo ci vivo da sola, non ho bisogno di grandi spazi o lussi. Non smetterò mai di ringraziare la signora Smith per la sua falsa adozione dopo la morte dei miei. Se non fosse stato per lei a quest'ora sarei dentro ad uno di quegli orribili istituti. Ogni tre mesi le porto un regalino: un mazzo di fiori, una torta, un soprammobile fatto a mano, qualsiasi cosa. Ieri le ho detto addio con un centrotavola. Per fortuna l'ha accettato. Temevo che non avesse creduto alla mia versione dei fatti, invece l'ha fatto. È proprio una brava donna. Non ha rivoluto neppure i soldi dei prestiti che mi ha fatto nel corso degli anni.
Indosso un abitino verde, lo stesso di ogni mietitura, mi sistemo i capelli e ho fatto.
“Sei pronta?” mi chiede Caroline
“Sì” rispondo tranquilla, aprendo il portone
“Non intendevo in quel senso” Sospiro. Da quando ho ammazzato quello stronzo ho sempre cercato di non farmi vedere in giro. In strada mi danno dell'assassina, della puttana, della figa di legno. Sono quest'ultimi due insulti però che mi fanno male. Non l'ho cercata io quella situazione. È stato lui a chiedermi di andare in un posto appartato per farmi vedere una cosa, e io cretina a fidarmi! Si era sempre comportato bene con me, non pensavo che... se non ci fosse stato quel sasso...
Al solo ricordo mi viene un forte mal di testa e mi risale la voglia di piangere. Caroline mi corre incontro, abbracciandomi forte
“Ti voglio bene Esther” mi sussurra dolcemente
“Anch'io. Sono forte, ce la farò” la rassicuro mentre contraccambio il gesto.

Il tragitto è meno peggio di quanto pensassi. Si limitano a guardarmi, ad indicarmi, a spettegolare senza pietà, ma ricevo pochi insulti. Mi regalano grazie al cielo anche qualche forma di supporto, proveniente da qualche giovane, ma sono pochi. Il mio cammino della vergogna dura veramente troppo, resisto a testa alta agli insulti veramente a fatica.
L'accompagnatrice è Paula, come sempre. È particolarmente entusiasta di partecipare all'edizione speciale e parla più del solito durante l'introduzione. Caroline è una fila davanti a me, e la vedo sbadigliare tutto il tempo. Sembra l'unica a non darmi eccessiva attenzione, sento gli sguardi di tutti gli altri addosso, soprattutto quello del sindaco. Chissà come sta gioendo sapendo che a breve sarò lassù. Sorride spietato quando Paula gli passa il microfono per annunciare il tributo femminile. La rabbia di stamattina riappare di nuovo. Digrigno i denti e stringo forti i pugni, mentre il sindaco mi chiama per nome, rivelando ufficialmente di fronte a tutta Panem che sono un'assassina. Mostro, se potessi ti riucciderei il figlio davanti agli occhi.
Mi dirigo verso il palco senza alcuna grazia, spingendo via le ragazze che mi impedivano il passaggio. Ricambio con forza lo sguardo d'odio del sindaco, fino a quando lui mi sputa in faccia. Una parte di me vorrebbe saltargli al collo, ma mi trattengo, non sarebbe la cosa più intelligente da fare. Mi asciugo il volto mostrandomi impassibile, mi posiziono in maniera marziale accanto a Paula, e le accenno un saluto con il capo. Che Panem capisca che sono superiore a tutti questi stronzi. Paula mi fa un accenno di sorriso, devo esserle piaciuta nonostante tutto.
“Il tributo maschile è Elyia Bolton” Trattengo a stento un'imprecazione. Perché fra tutti proprio quello stronzo? Si dirige spavaldo verso il palco, senza fermarsi a parlare con Paula, che sembra rimanerci parecchio male. Povera donna, a me fa un po' di pietà, sarà stupida, ma in fondo è buona. Elyia ha indossato una canotta per l'occasione, in modo da mettere in risalto i suoi muscoli. Allora non è così stupido come pensavo.
“Ciao assassina” mi apostrofa lui con disprezzo mentre Paula fa il discorso di chiusura
“Ciao Elyia, vedo che sei qui anche tu” gli faccio notare. Qualcuno deve fargli capire che non ha il diritto di fare il gradasso dato che non è neanche lui in una buona posizione.
“Sono qui perché l'ho voluto io, a differenza tua” risponde con maggiore rabbia, come se avessi colpito un nervo scoperto. Elyia non aggiunge altro, tornando nel suo silenzio abituale. Sta sempre zitto, apre bocca solo per combinare guai. Sappi che non ho intenzione di farmi affondare da te o da nessun altro. Voglio vincere.

 

David Conrad, studente, distretto 11

Osservo fuori dalla finestra ed intravedo la troupe sistemare le ultime cose prima della speciale mietitura. Fra loro spicca Mona, la nostra accompagnatrice, che urla ordini a destra e manca. Nonostante sia l'alba, la puttana è già truccata di tutto punto ed indossa talmente tanti gioielli che sono sicuro che luccicherà sotto la luce del sole quest'oggi. Mi chiedo come si possa essere così di cattivo gusto. Siamo nell'undici, uno dei distretti più poveri, la gente muore letteralmente di fame e questa ti sbatte in faccia la sua ricchezza senza alcun ritegno. Mi chiedo cosa ci sia dentro il cervello di queste persone, sporchi assassini che credono di essere i migliori al mondo. Quanto vorrei che implodessero in questo preciso istante tutti quanti.
Distolgo lo sguardo (è inutile incazzarsi fin dal primo mattino) e mi dirigo verso il parco dietro all'istituto. Non dovrebbe esserci praticamente nessuno a quest'ora. Ieri siamo andati tutti quanti a letto solamente quando il nostro cervello non ce l'ha fatta più e ci ha ordinato di chiudere gli occhi. È stato un delirio quest'ultima settimana: la gente scoppiava a piangere in continuazione, litigava per un nonnulla, non usciva più dalle proprie stanze oppure ha cercato disperatamente la vita in azioni sconsiderate, come Shelly che mi si è attaccata addosso come una sanguisuga ogni momento in cui eravamo soli, fregandosene se potevamo essere scoperti o meno. D'altronde siamo orfani, i soggetti in assoluto più a rischio di tutti. La nostra morte non provocherebbe dolore a nessuno, siamo solo dei pesi che possono essere tranquillamente buttati. Non valiamo un cazzo per nessuno.

Merda, non va bene, non riesco assolutamente a calmarmi. Ho talmente tanta voglia di urlare che...
“David?” Rachel anche tu sei sveglia? Mi volto. È dimagrita un sacco nell'ultimo periodo, non ho ricordi dell'ultima volta che mi sono fermato a parlarci per più di due minuti. Confesso che un po' mi mancano quei momenti in cui eravamo noi stessi. È passato così tanto tempo... una vita forse. Mi si avvicina titubante, come se temesse che scappassi “Stai bene?”
“Normale” rispondo come sempre. So che ho delle grosse difficoltà ad esternare i miei sentimenti, ma non ci riesco, davvero. Mi sono talmente messo sulla difensiva che non riesco più ad aprirmi agli altri.
“Non sembra” replica lei. Colpito ed affondato.
Cambio la mia risposta, ma mi esce più bruscamente di quanto volessi “In attesa, come tutti”. Non aggiungo altro, anche perché mi sembra di aver detto tutto.
Rachel rimane un po' in silenzio per poi uscire all'improvviso con un: “Ti ricordi quando eravamo bambini?”
“Non tantissimo” Sono sincero: la mia vita prima di venire qui mi sembra distante, irraggiungibile. Ho sempre cercato di pensarci il meno possibile; i ricordi sono dolorosi.
Rachel sorride da un lato solo “Io sì, non ho dimenticato il tuo sorriso, vorrei tanto rivederlo” Incrocio le braccia a disagio. Che senso ha parlarne? É pur sempre il passato. E poi cosa c'entra con la mietitura? Non capisco. Vorrei però lo stesso poter dialogare, ma non so cosa dire, temo che ogni mia parola sarebbe priva di significato. Rimango in silenzio dunque, come sempre. La delusione nel volto di Rachel fa malissimo. Ho finito di nuovo per ferirla. Sono davvero un povero coglione. “Buona fortuna per oggi” si congeda lei
“Rachel!” grido ancor prima di rendermi conto di cosa sto facendo. Sento di doverla fermare o rischio sul serio di perderla, così come tutti gli altri. Mi fido di lei, non mi ha mai tradito od abbandonato, non lo farebbe... no? “Nulla” concludo infine lasciandola andare, e forse perdendola per sempre. Sono uno stupido, un fottuto idiota. Cosa c'è che non va in me? Perché non le ho detto come mi sento, che ho bisogno di lei? Sono un fallito.
Mi liscio i pantaloni ed aspetto, in fondo non ho altro da fare. Davanti a me vedo passare nel corso delle ore numerosi orfani, più o meno depressi, più o meno nervosi. Indossano tutti una camicia bianca, unico capo elegante che ci ha donato l'orfanotrofio. Ci viene data al compimento del dodicesimo compleanno, come promemoria che i successivi sei anni saranno un concentrato di angoscia e terrore. L'ora è giunta, anch'io devo prepararmi.

Esco in gruppo insieme agli altri come da tradizione. Secondo gli educatori così facendo ci diamo forza l'un con l'altro, perché siamo fisicamente vicini e compatti. Io invece mi sento più solo, smarrito fra tanti altri simili con cui non condivido nulla a parte la disgrazia. In mezzo a questa gente non riesco ad intravedere neppure Rachel. Spero stia bene e che non le capiti nulla di brutto.
La cerimonia non sembra poi così diversa dal solito. È come sempre un festival della menzogna, dell'ipocrisia e della crudeltà feroce e spietata. Il tempo passa troppo velocemente e lentamente insieme. Vorrei soltanto essere altrove. Senza rendermene conto ho iniziato a schioccare le dita.

“Il tributo femminile...” Non Rachel, non Rachel, non Rachel! “ Alexys Sinclair” Tiro un respiro di sollievo. Già giusto, immagino che fra tutte era quella che aveva maggiori probabilità di finire qui. Chissà perché non l'ho realizzato. Non conosco una ragazza più inquietante ed instabile di lei. La gente la chiama malignamente “il demone del frutteto”. Ha molto odio dentro di sé, ma non posso non giustificarla. Credo che durante i giochi avrà modo di sfogarsi su molti poveri malcapitati. Indossa la camicia bianca di tutti gli altri orfani, e borbotta frasi incomprensibili per tutto il percorso.
“Wow, sei... strana” commenta Mona studiando l'aspetto di Alexys da cima in fondo, senza pietà.
“E tu sei vecchia. Ho più probabilità io di essere qui il prossimo anno rispetto a te” Sul palco cala un pesante il silenzio, solo sulla piazza qualche coraggioso si fa scappare una risata. Mona è esterrefatta, per non dire sconvolta. Incredibile come la superficialità di Capitol pesi anche su i suoi stessi abitanti. Dove la giovinezza e la bellezza significano tutto, se invecchi sparisci nel nulla. Penso sia una sorta di giustizia universale in fondo. È il sindaco a salvare la situazione riprendendo il discorso. Chiudo gli occhi e mi strofino i pantaloni in attesa.
“Il tributo maschile è invece David Conrad” Sgrano gli occhi dalla sorpresa, ma è solo un attimo. In fondo al cuore sapevo che sarebbe toccato a me. Non mi fido della mia gente, probabilmente fra gli orfani sono fra quelli con la fama peggiore a causa del mio carattere chiuso e freddo. Facile giudicarmi vero? Tanto questa notte sarete nelle vostre case, a dormire sogni tranquilli. Neanche lo sentirete l'odore di sangue nelle vostre mani.
“David?” mi chiama la capitolina. Devo muovermi, o mi verranno i pacificatori addosso. Cerco Rachel fra la folla, ma non la vedo, siamo semplicemente in troppi. Sono sicuro che stia piangendo.

Perdonami ti prego, dovunque tu sia.

 

Cassian Nayor, inoccupato, distretto 12

Apro gli occhi, il mondo è del solito colore indefinito, esattamente come ieri. Non sono peggiorato, posso considerarla una buona notizia, l'unica della giornata con enormi probabilità. Anzi, ne sono certo. Sospiro pesantemente, mentre avverto una miriade di rumori provenire dal resto della casa: mia madre che sta cercando i vestiti dal comò, mio padre che apre gli sportelli in cerca di qualcosa da mangiare, la vicina che cerca di buttare il figlio giù dal letto a forza di urla.
Mi muovo in maniera sicura dentro casa, so perfettamente la posizione di ogni mobile. La maggior parte di loro è collocata sulla sinistra e sono quasi tutti di piccole dimensioni perché non ce ne possiamo permettere di troppo grossi e sfarzosi. Inoltre da quando la mamma ha iniziato a peggiorare, papà ha cercato di rendere il percorso il più “amichevole” possibile, cercando con i pochi mezzi a disposizione di sostituire le parti di pavimento rovinate.
La cucina si trova subito dopo la camera dei miei. Papà sta ancora trafficando, è perfino più nervoso del solito. Si muove in maniera grossolana, spostando in continuazione barattoli di vetro
“Vuoi una mano?” gli chiedo. Esita un attimo prima di rispondermi
“No, no, tanto non c'è praticamente nulla. A parte il pane di ieri. Mi dispiace, ma deve ancora arrivarmi la paga”. Lo sento chiaramente sbattere la testa contro la credenza esasperato.
“Potrebbe andare peggio” provo a consolarlo, ma mi rendo subito conto di aver detto una stupidata
“E come?” domanda papà. Giro in automatico la testa dall'altra parte per non farmi vedere. Grazie al cielo è la mamma a salvare la situazione, come al solito. Arriva in cucina con il suo passo leggero, ma pur sempre lento. Passando mi accarezza i capelli, sa che mi siedo sempre allo stesso posto.
“Non fate così voi due. Questa potrebbe essere la nostra ultima colazione insieme” Potrebbe? Grazie per la fiducia mamma, ma ne dubito. Non sono esattamente un tributo ideale, né tanto meno un cavallo su cui scommettere. Questa volta evito di dire i miei pensieri ad alta voce, non voglio peggiorare l'atmosfera. Cerchiamo di parlare d'altro pur di distrarci, prendiamo in giro soprattutto Joe, l'accompagnatrice.
“Viene a prenderti Hunter” mi comunica mio padre al termine della conversazione. Assottiglio le labbra infastidito. Non ho bisogno di Hunter, so dov'è la piazza, non mi perderò. Ce la faccio benissimo da solo, non ho bisogno d'aiuto.
“Non fare quella faccia ragazzo, voglio solo che tu abbia un supporto emotivo e ho chiesto a lui. Non vorrai mica che ti accompagni il tuo vecchio? Sarebbe imbarazzante” Oppure potrei andare da solo e basta, molti lo fanno.
“Cosa faresti al mio posto?” gli domando sulla difensiva. Ci ha sempre protetti, ma non può capirci fino in fondo. I suoi occhi d'altronde sono perfetti, non indossa neppure gli occhiali. Lo sento sospirare pesantemente, incapace di replicare senza ferirmi. La mamma allunga il braccio e al secondo tentativo riesce ad appoggiarmi la mano sulla spalla
“Non c'è niente di male nel farsi aiutare” afferma per non so quale milionesima volta. Finisco per arrendermi, ma solo perché voglio che abbia un bel ricordo di questo penultimo momento insieme, per nessun altra ragione. Li saluto con affetto ed esco di fuori ad aspettare il mio amico.

Nell'attesa mi guardo intorno, cercando di identificare le ombre che mi circondano. Sorrido quando sento qualcuno passare nei dintorni, in segno di saluto. Fra i vari rumori capto i passi rapidi di Hunter “Ciao” lo saluto per primo
“Sei pronto?” mi chiede un po' titubante. Accenno di sì con la testa, per poi seguirlo, stando ad almeno una spanna di distanza. Hunter non sembra prendersela per il distacco, ma anzi continua a chiacchierare tutto il tempo, aggiornandomi sul distretto, sui pettegolezzi e descrivendo i volti delle persone di cui parla. Una volta lo facevo anch'io per la mamma, poi è successo quel che è successo.

“Hunter” squittisce una tipa con la voce acutissima. La sento avvicinarsi con passi molto rapidi. Ha addosso un pesante profumo alla violetta. D'un tratto si ferma, per poi esclamare “Oh, senza occhi!” Apro la bocca per lo sdegno, tranquilla cara, sono solo qui davanti! Che razza di coraggio. Se prima mi stava antipatica, ora la odio proprio. I due si scambiano qualche inconvenienza, ignorandomi completamente, poi grazie al cielo lei se ne va da dove è arrivata.
“Chi è quella stronza?” chiedo quando sono sicuro che sia abbastanza lontano
“Mary Mellark. È una gnocca da paura. Dovresti vedere che tette che ha”
“Ma è una stronza!” ribatto come se il concetto non fosse stato abbastanza chiaro
“Non prenderla sul personale, fa così con tutti” Ah, bene “Comunque me la farei lo stesso” Scuoto la testa esasperato. Capisco i tempi di magra, ma a tutto c'è un limite.
Hunter rimane al mio fianco anche durante la cerimonia. Joe ha la voce perfino più acuta di quella di Mary e, anche se non la vedo, so benissimo che ha sorriso che le arriva fino alle orecchie. Lo si capisce dal tono della voce. Mi sono sempre chiesto cosa ci trovino di divertente quelle.
Più il tempo scorre, più un'angoscia arcaica prende possesso di me. So di essere stato scelto, so di non avere speranze. Ho avuto una settimana di tempo per digerirlo. Eppure in questo momento stanno tornando a galla quei sentimenti che ho provato nell'ascoltare la notizia sulla venticinquesima edizione. Ho la certezza che tocchi a me: la mia condizione mi rende non occupabile, un peso morto per la società. Ero la scelta più logica e razionale. Non provo rancore verso la mia gente. Nei loro panni probabilmente avrei agito nella stessa maniera. Provo solo un senso di desolazione. E paura.
“Il tributo femminile è Marissa Mellark” Karma, sei tu? Sono stupito, pensavo che la mia compagna sarebbe stata una disabile, non di certo una versione povera della capitolina stereotipata. Un momento, lei sarà dunque la mia compagna di disavventura? Non so se ridere o piangere.
“Sono abilita! Come hanno potuto!?” si sfoga lei sul palco. È sorpresa, profondamente ferita, non credo non si aspettasse di essere così tanto odiata. Provo sentimenti conflittuali nei suoi confronti. Da un lato ho pietà di lei, so cosa prova, ma dall'altra l'idea che la mia vita possa difendere da lei...
“Il tributo maschile è invece Cassian Nayor” prendo un respiro profondo e mi avvio, cercando di mascherare il più possibile l'esitazione dei miei movimenti. Cerco di aiutarmi attraverso quel poco che intravedo: le forme e i colori vivaci indossati da alcuni. Mi guardo intorno cercando di mostrare uno sguardo vigile ed attento. Procedo con tranquillità perfino nei gradini che portano al palco. Durante il mio passaggio c'è un silenzio che favorisce la mia concentrazione. Finalmente, non ne potevo più di quel caos. Infine cerco l'ombra con la forma dei capelli più strana e mi avvicino. Deve essere per forza Joe, i capitolini si acconciano sempre in maniera strana.
“Vieni quei bel scheletrino” mi incoraggia lei. Eseguo all'istante e mi posiziono accanto a lei
“Cosa ci racconti?” mi chiede lei squittendo
“C'è molto vento quassù” replico, scatenando il lei una risata deliziata. Durante le poche domande successive cerco di non mostrarle il vitreo dei miei occhi, per questo sbatto spesso le palpebre o distolgo lo sguardo ad intervalli irregolari. Spero che gli sponsors pensino che sia solo timido, un po' strano, ma nulla di più. In qualche modo la mia recita funziona, anche se inizio a sentirne il peso. Voglio solo andare nel municipio e nascondermi dal resto del mondo per un po'. È chiedere troppo?

 

 

 

 

 

Cameo: Paula, Achille Pelide.

Nel prossimo capitolo passeremo ai saluti e i pov aumenteranno a 6 in modo da dare spazio a tutti. Forse diventeranno più corti, ma pazienza. Ne consegue che gli aggiornamenti subiranno un rallentamento.

Vi do anche alcune statistiche

 

Tributo più giovane: Liam (distretto 9, 12 anni)

Tributi più anziani: Adrian, Angelie, Achille (Distretto 1 e 2, 18 anni)

Età media: 15,9

Tributi votati perché ritenuti i migliori: 9

Tributi votati perché reietti: 7

Tributi votati per vendetta ai loro parenti: 5

Tributi “volontari”: 3

Tributi eletti per altre ragioni: 1 (Leggasi Liam XD)

 

 

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Capitolo 5
*** Ventitrè ultime volte ***


Judith “Jude” Wilson, tributo, distretto 1

Il cuore mi batte ancora forte. Non pensavo che mi sarei sentita così viva sul quel palco, ero euforica e spaventata nello stesso tempo; è stato bellissimo. Therese sarà riuscita a vedere tutta la cerimonia, o il dolore alle gambe l'avrà distratta? Mi mancherà tanto, spero che se la caverà anche senza di me. No... ma cosa dico, sono sicura che ce la farà, è molto più in gamba di quanto tutti quanti pensino. Se non avesse quella stupida malattia sono sicura che potrebbe realizzare ogni suo sogno. Mi asciugo la lacrima che stava per fare capolino sul mio volto, mentre sento qualcuno avvicinarsi. Tiro fuori il sorriso più ampio e caloroso che possiedo e mi preparo ad accogliere mia sorella. L'espressione però mi muore a metà strada: dietro a Therese infatti c'è anche mia madre. Sono una stupida, non potevo certo pensare che non venisse. Sarò costretta a parlarci, e ciò mi provoca un forte mal di pancia. È da anni che non abbiamo un vero e proprio dialogo nonostante abitiamo insieme. Non fa niente però, gli Hunger Games sono una costellazione di ostacoli ed evidentemente lei sarà il primo avversario. Non mi vedrà in ginocchio.
Le lancio uno sguardo di sfida che lei contraccambia in pieno. Therese è sulla sedia a rotelle, fra il fuoco incrociato, ed esaminata sbuffando prima l'una e poi l'altra.

“Perfino adesso? Non potete fare la pace almeno oggi?” si lamenta con rabbia, stringendo con forza le ruote
“Sa cosa deve fare per farsi perdonare” le spiego semplicemente. Non so come possa Therese accettare tutto questo passivamente, come se non le importasse nulla. So che in realtà vuole conoscere la verità quanto me.
“Sei proprio una stupida” commenta mia madre senza distogliermi lo sguardo. Odio il fatto di assomigliarle così tanto, se avessi preso da papà almeno adesso saprei che volto ha. Invece nulla, stessi occhi azzurri e stessa corporatura. Almeno i capelli ho potuto cambiarli: corti e blu, come il suo colore più odiato.
“E tu sei una testarda!” replico avvertendo fin troppo chiaramente l'esasperazione di mia sorella
“Vi prego...” cerca di intromettersi
“Faccio quello che devo per proteggere entrambe” ribadisce mia madre fornendomi la stessa giustificazione di sempre, ed ignorando Therese.
“Da cosa? Lo capisci che potrei anche non tornare!?” Perché fa così? Non è un'informazione così superficiale come lei sostiene. Sono le mie radici, una parte di me. Devo sapere chi è mio padre. Anche se fosse un mostro, o morto o qualsiasi altra cosa, ho bisogno di saperlo. Fa parte della mia identità e penso che non potrò mai diventare completa senza di lui. E se fosse ancora vivo poi? È mio diritto incontrarlo e lei non può impedirmelo. Dice che ci vuole proteggere, ma in realtà vuole difendere solo se stessa. È un'egoista incapace di vedere aldilà dei propri bisogni. Se non ci vedesse come una sua proprietà ce l'avrebbe detto, e tutta questa storia sarebbe chiusa! Invece no, non vuole arrendersi. Non capisce che così sta seriamente rischiando di perdermi. Perfino adesso, che potrebbe essere l'ultima volta in cui mi vede, rifiuta di dirmi la verità. Come posso fare pace con questa donna, Therese? Come?
Mia madre continua a fissarmi, senza accennare ad un ripensamento, o a un senso di colpa. Vuole farmi morire con il dubbio evidentemente, non le importa niente “Puoi andare, non abbiamo niente da dirci” affermo fredda voltandomi verso la finestra. Con la coda dell'occhio intravedo Therese allungare la mano per fermarla.
“No! No! Non deve andare così! Potete andare oltre per una volta?” ci supplica con la voce incrinata dal pianto. Mi avvicino a lei come un fulmine, per verificare che stia bene. È raro vederla in lacrime, a meno che il dolore agli arti non diventi improvvisamente più fitto e spietato. Ferirla era l'ultima cosa che volevo fare. Mi sento davvero in colpa. Anche la mamma si è avvicinata ed è visibilmente preoccupata. È molto legata a lei e le vuole davvero bene. Anche a me in fondo, solo che non riesce a comprendermi.
“Noi tre siamo una famiglia” ci spiega mia sorella, con il tono tipico che si usa con i bambini “Non possiamo salutarci in questo modo. Non voglio che questo sia il nostro ultimo momento insieme”
“E non lo sarà” replico sincera. Non mi illudo: so che non sarà facile, ma voglio tornare. Ho ancora tanto da vivere.
“Parlate fra di voi e non aggreditevi” ci ordina seria.
Rimaniamo in silenzio per un po', incerte sul da farsi, finché mia madre non decide di parlare “Jude”. Sembra davvero stanca adesso, riesco ad intravedere bene le sue rughe e la sua fragilità. Improvvisamente mi sembra di nuovo una mamma anziché una guerriera. “Ho le mie ragioni per tacere. Quell'uomo non sarebbe mai stato un buon padre e avrebbe potuto farvi del male anche se indirettamente. Vi voglio proteggere perché siete la cosa più importante che ho. Fidati di me, ti prego” abbasso lo sguardo confusa. Sembra sinceramente dispiaciuta, una parte di me vorrebbe abbracciarla ed andare avanti, ma non credo di riuscirci. Mi chiede di fidarmi, ma lei è la prima a non farlo. Siamo grandi ormai, che male potrebbe mai farci? Guardo lei, poi Therese. Entrambe mi stanno supplicando con lo sguardo e faccio fatica a dire di no. Non voglio che mia sorella mi ricordi come una ragazza priva di cuore. Le abbraccio entrambe, ma dentro di me non sento alcun calore.

 

Nicholas Carroll, studente, distretto 3

Se penso che potrei essere qui al suo posto mi vengono i brividi; in fondo sono colpevole quanto lui. Chester avrebbe potuto sputtanarmi in qualsiasi momento, ma non l'ha mai fatto. Si è preso tutta la responsabilità salvandomi da questo destino. La gente lo evita additandolo come assassino, mostro, patricida, ma so per certo che non esiste amico migliore di lui.
Entro dentro il municipio passando oltre ai pacificatori di guardia. Se sapessero che siamo noi quelli che entrano di soppiatto dentro le fabbriche! Ci cercano ormai da oltre un anno, ma siamo sempre stati qui sotto i loro occhi.

“Ehi tu!” mi ferma uno di loro. Mi giro tranquillamente, non hanno prove contro di me. Io e Chester siamo stati molto meticolosi nel cancellarle. “Sei qui per il tributo?” Annuisco. Il pacificatore tira fuori una lettera dalla tasca e me la passa. È ben sigillata, e sembra che nessuno l'abbia aperta. È di Chester? Che senso ha darmi una lettera se possiamo incontrarci? A meno che...
“Ehi! I saluti sono un nostro diritto, scimmione! Fammelo incontrare!” protesto guardandolo dritto negli occhi. Non sembra arrabbiarsi però, sospira quasi rassegnato
“Ha scelto lui di non incontrare nessuno, per questo ha lasciato una lettera. Neppure la sua compagna ha voluto spendere molto tempo per i saluti, dunque stanno partendo proprio adesso” Cosa? Spalanco la bocca per la sorpresa, ma pensandoci bene sembra essere proprio lo stile di Chester. Non approvo comunque questa scelta, avrei preferito incontrarlo di persona. La stazione è troppo lontana, non la raggiungerei mai in tempo, non mi rimane che la rassegnazione.
Esco fuori dal municipio e cerco un angolo tranquillo. Una volta trovato, mi siede e la apro.

 

Mi sento un vecchio a scrivere una lettera a mano, ma non avevo altri mezzi a disposizione. Non ne scrivo una dalle elementari, spero che non sarai pignolo a causa della sua struttura barcollante.
Sono certo che tu sia rimasto deluso dal non avermi incontrato, ma avevo paura che un incontro diretto
avrebbe causato dei gran pianti ed altra roba da fighetta. Cose che non sopporto come ben sai. Almeno con una lettera eviteremo queste scene da soap opera. Avrei potuto andarmene e basta ma non sarebbe stato onesto nei tuoi confronti, non dopo tutto quello che hai fatto. Dunque accontentati.


Fatta questa premessa, sappi che sto scrivendo questa lettera prima della mietitura, perché do per scontata la mia elezione. Quei gran simpaticoni del distretto hanno deciso sicuramente di anticipare la mia pena, non essendo in grado di aspettare altri tre anni per il mio incarceramento. Che poi non ne capisco il senso; ho ucciso mio padre e tuo zio due anni fa, avrebbero dovuto condannarmi subito, ma non l'hanno fatto perché sono un minore. Troppo piccolo ed innocente per il carcere, ma non per gli Hunger Games a quanto pare, che sono perfino peggio. Mi dicono che il sistema penale sia “molto coerente”.
Forse è colpa mia che cerco ancora un senso logico in una razza primitiva degna dell'estinzione come questa. Mi dispiace quasi per te che sarei costretto a stare a contatto con tutti loro ancora a lungo. Insomma, pensa che sperano ancora che io mi penta delle mie azioni! Illusi, non lo farò mai. Non capiscono, non vogliono neppure sforzarsi di farlo, eppure si sono eretti tutti quanti a giudici.
Li odio tutti, ma voglio lo stesso tornare qui. Sono patetico vero? Sono sempre un essere umano anch'io dopotutto. Ho paura di non farcela, Nick. Ho già ucciso, è vero, ma loro se lo meritavano. Sarei in grado di fare lo stesso con dei coetanei di cui non so nulla? Mi sento uno schifo solo all'idea. Quante vite potrei rovinare? Ha senso davvero lottare per vivere se una volta tornato mi metteranno dentro comunque? Spero di trovare le risposte prima dei giochi, o potrei essere seriamente nei guai.
Non aveva senso esporti questi pensieri a voce perché, scusa il francesismo, non me sarebbe fregato un cazzo. Devo trovare la strada da solo, capisci? È la mia vita, e dovrò convivere con le mie scelte per sempre. Non posso rischiare di farmi influenzare.

Finito questo sfogo, mi tocca passare ai ringraziamenti, perché è obbligatorio. Sai che per me non è facile esternare i miei sentimenti, quindi spero che apprezzerai questa parte. Grazie dunque per non avermi abbandonato durante e dopo il processo, anche se per te sarebbe stato facilissimo farlo. Era rischioso per te continuare ad essere mio amico, dato che avrebbe potuto generare qualche sospetto su una possibile complicità, ma tu te ne sei fregato e sei rimasto al mio fianco. Sei stato l'unico ad averlo fatto, quindi grazie davvero. Grazie anche per aver sopportato il mio caratteraccio, per aver fatto tutte quelle cavolate insieme a me, per avermi aiutato a studiare tutti quei circuiti elettronici. Grazie infine perché sono certo che nell'arena sarai l'unica cosa che riuscirà a tirarmi un po' su.

Credo di aver detto tutto, se no ho saltato qualcosa mi dispiace.

Chester.

 

Piego la lettera in due mentre in lontananza avverto il treno in movimento. Ormai se ne è andato. Sorrido amaro, addio fratello.

 

Hellen “Helly” Forbes, tributo, distretto 5

“Attenda dentro fino all'arrivo di famigliari ed amici. Si metta comoda”. Il pacificatore sbatte la porta dietro di me con ferocia, facendomi per un attimo sobbalzare per lo spavento. Ho provato troppe emozioni oggi, i miei nervi sono a pezzi. Credo di essere stata comunque brava nel nascondere tutto quel turbinio, difficilmente i miei avversari mi temeranno guardando il video di oggi. Anzi, dopo ciò che è successo a Bruce non mi calcoleranno neppure. Povero ragazzo, mi dispiace davvero per lui. Scuoto la testa, non posso pensare a lui in questi termini, adesso è mio nemico. Se abbasso la guardia rischio di morire e non voglio fare la fine Mike.
“Ciao” mi saluta Adam quando entra. Ha un tono di voce talmente fievole da essere a malapena udibile, lo sguardo rivolto verso il basso ed evita di guardarmi con forza. Il mio cervello mi sta mettendo in guardia, ma lo ignoro completamente. Dopo questa mattinata ho solo bisogno di un abbraccio da parte del mio amore. “Ferma” mi blocca a pochi centimetri di distanza. Lo osservo attentamente e colgo nuovi campanelli d'allarme: si sta mordendo le labbra e nei suoi occhi non c'è quella solita vitalità che mi ha fatto innamorare di lui. Perché non mi sta abbracciando? Perché è così freddo? È vero che ieri sera abbiamo litigato, ma credevo fosse tutto passato, che avesse capito la mia mancanza di alternative.

“Adam?” lo chiamo, ma mi fa cenno di stare in silenzio
“Ascoltami piccola, non posso reggere questa situazione. È troppo difficile per me”. Mi copro la bocca con entrambe le mani incredula, mentre mi siedo sulla prima sedia disponibile per sorreggermi. Lo sta facendo davvero? È finita? “È meglio se la concludiamo qui”. Appoggio la mano sulla fronte, incredula per ciò che le mie orecchie hanno appena sentito. Faccio fatica a crederci, non me l'aspettavo. Siamo sempre stati bene in questi mesi, credevo che fossimo abbastanza uniti da superare qualsiasi cosa. Quanto mi sono sbagliata. Credevo mi amasse abbastanza da aspettarmi. Forse non si fida delle mie capacità o forse è troppo codardo per affrontare il tutto. Mi sento male, come può farmi questo?
Adam sembra essere parecchio deciso, non gli farei cambiare idea in alcun modo. Ancora una volta non posso che accettare passivamente la volontà altrui. Ultimamente mi sembra di essere solo una spettatrice della mia vita. Ha scelto di tirarsi fuori da tutto questo, di fuggire per non soffrire, mettendo le sue esigenze ben al di sopra delle mie. Avevo bisogno di lui e mi ha abbandonata.
Sì, è meglio concluderla qui, evidentemente non era la persona che pensavo che fosse. Sono forte, posso farcela anche senza di lui.
Faccio cenno di sì con la testa, cercando comunque di evitare che mi guardi negli occhi. Non voglio che sappia quanto mi ha fatta soffrire questa decisione. Adam non aggiunge altro, continua a tenere le mani nelle tasche, come se nascondesse qualcosa. “Cos'altro?” gli chiedo sospettosa
“Ieri sera dopo che abbiamo litigato ho incontrato Sam lungo la strada...” No, questo è troppo. Fermati qui ti prego “... è stata gentile con me, avevo bisogno di un po' di calore e... pensavo fosse giusto dirtelo” conclude. Mi alzo di scatto come una furia, lanciandogli uno sguardo di fuoco. Adam si fa piccolo piccolo davanti a me
“Volevi per caso la mia benedizione per la tua nuova relazione?” domando velenosa, mentre i miei occhi si riempiono di lacrime
“No! Io... mi sentivo male a nascondertelo e... e... non volevo agire nell'ombra!” balbetta imbarazzato
“Ah, si certo, giusto! Mi hai solo lasciata per poter vivere alla luce del sole il tuo nuovo amore con la tua Sam. Bugiardo, non ti importa davvero cosa ne sarà di me” replico con odio. Come ha potuto farmi questo? Io ieri sera ero disperata, e piangevo, mentre lui si scopava la prima puttana che gli è capitata in mezzo alla strada! “Non ti è mai fregato nulla di me vero? Ti sei solo divertito! Mi hai solo preso in giro! Ammettilo!” urlo talmente forte da sentire male alla gola.
“No! Helly, ti prego, non hai capito! Io...”
Non l'ascolto più. Ogni sentimento che provavo per lui si è trasformato in repulsione. “Sei solo un bambino, sparisci dalla mia vita” sussurro a fatica cercando di non farmi divorare dal dolore
“Piccola... ti prego. Voglio che rimaniamo amici”
“Vattene!” La mia rabbia continua ad aumentare, e presa dalla foga lo spingo via, facendolo barcollare di qualche passo. “Non ti voglio più vedere”. Adam si gira e se ne va via con la coda fra le zampe. Appena esce mi accascio di nuovo sulla sedia, priva di energie. Sto tremando e voglio solo piangere, ma non me lo posso permettere. Sono sicura che a breve entrerà la mia famiglia e non voglio che mi trovi in questo stato. Potrebbe essere il nostro ultimo momento insieme. Mi tiro due schiaffoni per riprendermi. Ce la posso fare, ce la posso fare.

È la mamma ad entrare per prima, seguita a ruota da papà e dalle mie sorelle. Hanno gli occhi lucidi, i volti paonazzi, ma cercano (con scarso successo) di sorridere per infondermi coraggio. Di fronte a questa scena i miei buoni propositi si sciolgono come neve al sole e mi butto fra le braccia dei miei, stringendoli talmente forte da avere male ai muscoli. Mery e Jessika si uniscono subito a noi e rimaniamo lì, tutti insieme, a piangere, per non so quanto tempo.
“Tornerò, io...”
“Non prometterlo!” mi interrompe Jessika “Anche Mike l'aveva fatto, e non è più tornato”. È vero. Quanto dolore ho provato vedendolo morire su quello schermo, ucciso in quella maniera così truculenta. Ci siamo stretti fra di noi, reggendoci l'uno con l'altro, e siamo andati avanti con fatica. Eppure siamo di nuovo qui. Che sorte beffarda e crudele.
“Mi dispiace tanto!” affermo iniziando a singhiozzare ancora più forte.
“Non è colpa tua” afferma mio padre
“Ti abbiamo sentita urlare prima mentre eri con Adam, va tutto bene?” mi chiede la mamma. Sapevo che quel bastardo avrebbe finito per rovinato questo momento.
“Mi ha lasciato, tutto qui” le spiego meccanica, cercando di non pensare a quello che è appena successo
“Oh, tesoro!”. Sto per dirle che sto bene, che mi riprenderò in fretta, che non piangerò per quello stronzo, ma il suo abbraccio mi zittisce. Non mi importa di nient'altro, voglio solo farmi proteggere e riscaldare dalle sue braccia per l'ultima volta.

 

Ivar “Senzaossa” Ludwig, tributo, distretto 6

Osservo i particolari della libreria con attenzione: ha decorazioni fatte a mano, pennellate curate ed armoniose e anche i suoi libri sembrano essere di valore. Ho fatto male a sottovalutare le potenzialità di questa stanza. Se sapevo che conteneva tesori del genere sarei già passato a ripulirla. Immagino sia tutto inutile ormai: o torno qui da cadavere o come l'uomo più ricco del distretto. Rubare è ormai inutile.
Mi gratto la testa a disagio mentre ancora mi sforzo ad accettare quello che è successo. Sapevo di essere odiato, ma non così tanto. Forse sono stato un ingenuo nello sperare di essere risparmiato. Stupida venticinquesima edizione! Se non fosse stato per te, ora probabilmente sarei a casa. Invece guarda che macello mi tocca affrontare! Dannazione, ho voglia di urlare! Anzi, quasi quasi lo faccio. Uno, due... “Ahhhhhhh!

La porta si apre proprio nel frattempo. Ci sono la mamma, Edgar (entrambi perplessi per la mia uscita) e basta,
non c'è nessun altro. Questo è sicuramente il colpo peggiore della giornata. Mi sento debole, e mi vedo costretto a sedermi per non crollare. Che fossi una delusione per mio padre non è di certo una novità, ma non pensavo che fosse capace di tanto. Certo, mi ha cacciato fuori di casa un paio di volte, ma mi ha sempre riaccolto e perdonato. Devo aver passato il segno questa volta però, sono ufficialmente la persona più odiata del distretto, una vera vergogna per lui. Mi ha rinnegato come figlio, non c'è altra spiegazione. Mi ha abbandonato.

L'abbraccio di Edgar mi trascina via dai miei pensieri. Ricambio il suo affetto, guardando la mamma in cerca di rassicurazioni. Sono sicuro che sappia cosa mi turbi.
“Gli ho detto che se ne sarebbe pentito per tutta la vita. Forse verrà dopo” mi consola. Sorrido per ringraziarla, ma mi esce involontariamente una smorfia. Dubito che verrà, è testardo come me.
“Spaccherai il culo a tutti?” mi chiede Edgar
“Edgar! Che linguaggio è mai questo?” si lamenta la mamma
“Sicuro! Sono o non sono il più furbo, il più forte e soprattutto il più bello?” replico gonfiandomi come un piccione. Edgar sorride in una maniera così luminosa ed innocente da farmi intenerire. Mi tocca mantenere la parola, o perderei il suo rispetto e il mio fascino da uomo vissuto. La mamma guarda l'intera scena con le lacrime agli occhi. Noto che si sta sforzando per non scoppiare a piangere, non vuole intristire me ed Edgar. Mi dispiace tanto averla fatta soffrire, è la mamma migliore al mondo. Voglio dire, mi ama ancora anche se sono così scapestrato!
Mi godo ogni singolo secondo con loro, ma il tempo scorre veramente troppo in fretta. Il pacificatore li caccia quasi a forza, nonostante le mie lamentele. Un ora non basta per dire addio a tutti.

La seconda ad entrare è Yidu. Non faccio in tempo a salutarla che mi ritrovo la sua lingua dentro la bocca. Passiamo i dieci minuti a disposizione praticamente solo così. Parlare farebbe troppo male e nessuno dei due è pronto a dirsi addio. I nostri baci parlano abbastanza, ed ognuno di loro grida forte quanto ci amiamo. Ben presto però sulle labbra sento il sapore salato delle sue lacrime. Neppure in questo stato accenna a fermarsi, e continua a baciarmi con maggiore voga. La mia Yidu, il mio tesoro più prezioso. Cosa ne sarà di di noi? Cosa ne sarà di te? Riuscirai a trovare qualcuno con cui sfogarti, degli amici? Sei sempre così sola, la gente è così invidiosa di te. Almeno so che saprai difenderti dagli attacchi di Kwenthrith o dai corteggiamenti insistenti e fastidiosi di quello stronzo di Eystein. Il mio amore è un tipo tosto, per questo la amo così tanto.
“Basta così” esclama il pacificatore strappandomi Yidu di dosso. Provo a ribellarmi, ma il suo collega mi afferra in tempo dandomi una manganellata sullo stomaco. Mi piego di due dal dolore mentre Yidu viene portata via dalla stanza. Faccio in tempo ad urlare per l'ultima volta che la amo e basta. Bastardi, maledetti bastardi. Come possono concederci così poco tempo? Come possono costringerci a questo? Come vorrei che fossero al mio posto! Chissà se allora farebbero ancora gli stronzi.

Per fortuna ci pensano Ealhswith e Asmund a risollevarmi il morale. Vederli mi rende felice, anche se finiscono entrambi per darmi una lista infinita di consigli che puzzano tanto di rimproveri: non fare cazzate come al solito, non farti odiare dagli altri tributi, non fare lo stronzo con i capitolini, non litigare con i pacificatori (troppo tardi) ecc... Cerco comunque di ascoltarli, perché so che dicono queste cose per il mio bene. Dubito che riuscirò a seguire tutte le loro indicazioni, ma credo sia importante per loro darmele; dunque li lascio parlare tranquillamente senza disturbarli. Mi rendo conto a un certo punto che mi mancheranno le loro apprensioni. Il sapere che non avrò più queste loro attenzioni rende ancor più reale la situazione, gettandomi addosso una leggera depressione.

“Ultima visita” annuncia il pacificatore. La notizia mi riempie di nuovo di speranza. Tutte le persone a me più care mi hanno già fatto visita, tranne una. Osservo la porta euforico, pensando a cosa potrei dirgli appena lo vedrò. È meglio far finta che non sia in ritardo. Potrebbe essere l'ultima occasione per riappacificarci e non voglio sprecarla.

Un misto di delusione ed incredulità si impossessa di me quando vedo entrare Angrboda. Davo per scontato che non venisse, ha chiuso con tutti noi ormai da anni. Mia sorella non è cambiata molto da allora, forse solo il suo sguardo. Sembra incerta, intimorita, come se avesse paura di parlare.
“Ma che cazzo?” esclamo incredulo. Non la volevo, lei stessa ci ha detto di far finta che fosse morta. Quell'addio insensato ci aveva ferito tutti nel profondo.
“Non starò qui molto, Chris non ne sarebbe felice” Già, quello stronzo del marito “Volevo darti questo, come portafortuna” Mi porge una piccola spilla di ferro, rappresentante un uccello che vola. Che ci tenga ancora a me? “È un'aquila, rappresenta la libertà. Pensavo che ti sarebbe piaciuta” Esamino l'oggetto, è veramente carino. Sto per ringraziarla, quando mi accorgo che è già corsa verso l'uscita.
“Angrboda!” provo a chiamarla, ma nulla. Mi chiedo per la prima volta se sia felice della sua nuova vita, forse ha bisogno di aiuto. In ogni caso non posso fare niente per lei adesso. Metto la spilla in tasca e seguo i pacificatori verso il treno. Di mio padre neppure l'ombra. Che stupido a sperarci. Desidero così tanto vederlo che a un certo punto ho perfino l'illusione di sentirmi chiamare da lui, ma non c'è nessuno qua intorno a parte le guardie. Devo smetterla di pensarci, ha fatto la sua scelta e sarà peggio per lui. Con questa abbiamo definitivamente chiuso.
Ora basta pensare a queste smancerie, è ora di pianificare come uscirne vivo.

 

Jennifer Astrid Delay, tributo, distretto 8

Deve essere un errore, non trovo altra spiegazione. Non posso essere qui, non può essermi successo davvero. È assurdo. No, no, non può essere davvero successo. Magari adesso un pacificatore entrerà e mi dirà che è stato un errore, che non c'entro nulla con questa storia. No, troppo irrealistico, perfino per me. È più probabile che entri un bel ragazzo, un coraggioso principe, e che mi porti via da qui. Sarà sicuramente bellissimo e gentile, vivremo vicino al lago, nascosti da tutti, insieme, per tutta la vita. Almeno lui ricambierebbe i miei sentimenti. Già sarebbe davvero bello.
Mi siedo a gambe divaricate sul divanetto di velluto rosso, in attesa. Che cosa dirò a tutti? Non sono neppure riuscita a rielaborare l'accaduto, come posso dire addio? Come potrò puoi guardare in faccia mio padre? Deve essere colpa sua, ne sono sicura. Il distretto ha cercato per anni un modo per vendicarsi e ora l'ha trovato attraverso me, che non c'entro assolutamente nulla con i suoi affari disonesti. Non è giusto, io non ho mai fatto male a nessuno! Io e quell'uomo non siamo la stessa persona, siamo ben diversi! E poi che senso ha avuto colpire me? Sono certa che non gliene fregherà nulla.

La porta si apre ed entra la mia famiglia al completo. Lucy e Charlotte mi raggiungo all'istante sul divanetto, abbracciandomi con forza. Stanno entrambe tremando e mi sembrano ancora più piccole del solite. Fa male vederle così, soprattutto considerando che è per colpa mia. Dovrebbero essere spensierate, libere e soprattutto felici. Vorrei che vivessero in un mondo diverso, in pace.
“Devo finire di raccontarvi la favola di ieri sera!” esordisco sperando che questo possa tirarle un po' su. Entrambe mi guardano con occhi lucidi, un po' confuse. “Dove eravamo rimaste?”
“Jenny...” cerca di intromettersi la mamma, ma la ignoro, non può strapparmi questo momento.
“Al leone con i denti a sciabola che incontra la gru-mucca” mi suggerisce Lucy titubante
“Ah sì, giusto! Dunque, il leone la guardo e disse...”
“Charlotte, Lucy! Date un ultimo bacio a vostra sorella ed uscite” ordina mio padre. Le bambine eseguono spaventate, mentre guardo con odio quell'essere che mi ha cresciuta. Era il mio ultimo momento con loro, perché rovinarmelo così? Rimaniamo solo noi tre e giuro che preferirei essere già sul treno. Mi dispiace per la mamma, certo, ma se non si schierasse sempre dall'altra parte sarebbe meglio.
“L'ultimo momento insieme e tu le racconti una favola? Fai davvero Jennifer?” critica sprezzante, guardandomi dal basso verso l'alto
“Sì” rispondo in fretta senza aggiungere altro. Non voglio parlare con lui, non ho niente da condividere.
“Si farà ammazzare già al bagno di sangue” commenta a voce alta come se non fossi lì ad ascoltarlo. Non si fida di me e neppure la mamma a quanto pare, dato che è scoppiata in lacrime. So di non essere fisicamente forte o furba, ma un po' di fiducia sarebbe gradita. Non posso credere che mi danno già per spacciata. Mi mordo forte la guancia per non piangere.
“Beh, avete altro da dirmi?” chiedo sprezzante, incrociando le braccia
“Oh, Jenny!” mia madre si siede accanto a me ed afferra la mia mano stringendola con forza “Rimani concentrata ti prego! Ti scongiuro!” Mi guarda dritta negli occhi, riesco a sentire tutto il suo tormento. Mi ama, lo so per certo. È pessimista, non crede nella mia vittoria solo per quello. A differenza di quell'altro non sarebbe affatto felice di una mia dipartita. L'abbraccio, perdonandola per la sua uscita. Chissà come saremo io e lei senza di lui. Forse saremo state povere, ma felici. Forse adesso saremmo al lago per una gita famigliare anziché qui. Lei starebbe prendendo il sole, mentre io insegnerei alle bambine a nuotare. Immagino già quella fifona di Charlotte provarci!
“Come se ne fosse in grado. Guardala! Perfino adesso sta pensando ad altro” commenta arido mio padre. Questo è troppo.
“Sai, credevo fossi venuto qui per chiedermi scusa” ribatto seccata
“Di cosa?” Sul serio? Non ci arriva? “Ah” realizza poco dopo “Jennifer, sono uomini invidiosi del nostro status, ti avrebbero mandata in ogni caso. Non osare dare la colpa a me” Rido per non piangere. Mi accusa di essere sempre distratta, troppo sognatrice e spensierata, ma lui non è neppure in grado di prendersi le sue responsabilità. Non ha senso discutere con lui, quando mai l'ha avuto? “Un ultima cosa Jennifer” aggiunge lui “Se proprio vuoi avere una possibilità, non fidarti di nessuno là dentro, soprattutto della tua mentore. Ricordati che il tuo compagno è suo figlio” Sgrano gli occhi, non ci avevo pensato. La signora Whitestorm non mi sarà di alcun sopporto durante i giochi, sarà troppo concentrata nel tentativo di salvare il figlio. Sarò sola! Completamente sola! Come ho fatto a non pensarci? Questo praticamente annullerà ogni mia possibilità di farcela!
“Non ci avevi neanche pensato, vero?” osserva mio padre prima di andarsene. Mia madre mi dà un ultimo e rapido abbraccio e lo segue a ruota. Mi lasciano così, da sola con quella consapevolezza che pesa come un macigno. Come farò adesso?

“Jenny?” mi chiama timidamente una voce. Ellie mi viene incontro timorosa, temendo probabilmente che stia per scoppiare a piangere da un momento all'altro. Non devo avere una bella cera.
“Sto bene” mento mentre cerco di recuperare un po' di calma.

“Non sembra. Vuoi parlarne?” Vorrei davvero farlo, ma sarebbe indelicato da parte mia. Ellie è orfana, sarei crudele a lamentarmi dei miei genitori proprio con lei. Anche perché non è il tipo da fermarmi in caso andassi un po' troppo oltre. È un po' come quei protagonisti stoici dei libri che subiscono senza dire una parola. “Ellie la guerriera”, ce la vedo un sacco. Conoscendola avrebbe come nemici giurati la polvere i brutti voti.
Ellie tossisce di proposito riportandomi alla realtà.
“Scusa”
“Fa niente, sono abituata ormai. Allora, vuoi sfogarti?” mi chiede riportandomi al nocciolo della questione. Non potrò forse parlare di quanto è stronzo mio padre, ma posso pur sempre parlare di un altro argomento che mi turba.
"Secondo te posso farcela?” Ellie si sistema un attimo gli occhiali, e si siede accanto a me, seria.
“È difficile dirlo, ci sono molte variabili da tenere in conto. Secondo me ce la potresti fare se sfruttassi al meglio le tue doti”
“Cioè?” Le chiedo. Per tutta risposta Ellie mi indica la testa
“Quella non serve solo per fantasticare, lo sai?” Lo dice sorridendo, non ha quel tono aggressivo di mio padre o quello disperato della mamma. Lei apprezza questo mio lato, non vorrebbe affatto cancellarlo. Mi accetta per quello che sono e... solo adesso mi rendo conto di quanto sono stata fortunata. L'abbraccio forte, trattenendo a stento le lacrime.
Il pacificatore viene poco dopo, affermando che il tempo di Ellie è già finito. Ho un ultimo ospite, e sono certa di sapere chi è. Leonard entra poco dopo, sembra anche lui distrutto. Forse è per la situazione particolare, ma sembra più bello del solito. Cerco di memorizzare ogni centimetro del suo corpo, ogni particella del suo odore. In fondo potrebbe essere l'ultima volta. È il mio migliore amico, il filo che mi tiene collegata alla terra. Siamo stati anche qualcosa di più in passato, ma è finita in fretta, eravamo troppo amici. A volte vorrei tornare indietro, ma è troppo tardi, nel suo cuore c'è un'altra. Leonard è diventato il simbolo di ciò che non potrò mai avere, ma di cui ho disperatamente bisogno come in questo momento lo sono la tranquillità, la pace, la libertà.

Perfino questa volta, che sono così vicina dal perdere tutto, non riesco ad aprirgli il mio cuore. Che senso avrebbe a parte liberarmi di un peso? Lui mi rifiuterebbe e penserebbe con disagio a questo momento fino alla morte. Preferisco piuttosto farmi cullare dalle sue braccia e dalle sue parole, sognando nel frattempo una vita migliore.

 

Alexys “Il demone del frutteto” Sinclair, tributo, distretto 11

Non lo sopporto, perché hanno messo uno specchio in questa stanza? Chi vorrebbe vedersi in questo momento? Chi vorrebbe ricordare il volto della propria disperazione? Io non di sicuro. Pelle pallida, capelli quasi bianchi, occhi neri come pozzi profondi, una sottile cicatrice vicinissima all'occhio sinistro; l'aspetto di un fantasma. Tiro un pugno verso lo specchio, infrangendolo. Osservo la mia mano ossuta, decorata da schegge di vetro e da sangue. Il dolore è prepotente, ma non soffocante. Ho subito di peggio.
“Perché fai così?” mi chiede Amos amorevole come al solito “Ti fai male e non lo voglio”. Si avvicina a me ed avverto il calore sulla pelle mentre mi accarezza la mano. I suoi occhi grigi sembrano così concentrati sulla mia ferita, non volevo rattristarlo. Mi tolgo le schegge più grandi da sola, per quelle piccole mi farò controllare sul treno.

“Non sei arrabbiato per questo, vero? Non lo sopporterei” Sorride, in maniera talmente dolce da scaldarmi il cuore. “Lo sapevo, tu sei migliore di tutti quei vermi. Hai visto cosa mi hanno fatto?” gli chiedo, osservando con orrore la stanza. La usano solo per queste occasioni. Qui la chiamiamo “Il vestibolo per l'inferno”.
“Non te lo meritavi Alexys” mi conferma senza perdermi di vista neppure per un istante.
“Lo desideravano così tanto, non si sono fatti sfuggire questa occasione. Sento il loro odio, ogni dannato minuto. Mi ridono dietro, mi chiamano il demone del frutteto, augurano la mia morte. Sono crudeli, non meritano di vivere” Amos abbassa lo sguardo dispiaciuto, è così compassionevole! Non gli piace quando faccio queste uscite, sostiene che mi facciano del male, che dovrei sforzarmi a pensare in positivo. So che lo dice perché vuole vedermi felice, ma in realtà pensa anche di peggio, ne sono sicura. In fondo mi vuole bene, non sopporta quando gli altri mi feriscono. Soltanto che è troppo buono, non farebbe mai del male a nessuno. Io sì invece. Non so quante volte nel frutteto ho avuto la tentazione di cacciare il coltello in gola a qualcuno. Amos ha sempre cercato di farmi ragionare e grazie a lui non ho fatto quasi nulla per ora. Solo sabotaggi, nulla di più. Un piccolo assaggio di un vendetta che si meriterebbero.
“Posso almeno fare qualcosa per tirarti su?” Non ho bisogno di pensarci, Amos per me può fare solo una cosa
“Rimani con me, sempre” gli ordino.
“Certo” mi risponde con dolcezza per poi aggiungere: “Ne uscirai come vincitrice, ne sono certo. Sappiamo entrambi quanto sei abile e scaltra. Non servono grossi muscoli quando hai quel bel cervello che ti ritrovi”. Sorrido di gioia, non potrei esistere senza di lui. Amos è la vita, l'energia, la pace interiore. Rappresenta tutto ciò che c'è di buono al mondo. Stare con lui è come passeggiare all'alba o guardare le stelle vicino ad un falò.
Il pacificatore entra nella stanza rovinando tutto. Sembra a disagio, come se avesse paura a rimanere solo con me. È come tutti gli altri. Non ho mai fatto nulla contro di lui, eppure si rifiuta di guardarmi dritto negli occhi. Codardo, bastardo infame, ipocrita, venduto.
“Il tempo è scaduto, mi dispiace che non sia venuto nessuno a trovarti”. Al sentire questa frase mi monta su una rabbia viscerale ed istintiva, ma evito di esplodere solo grazie ad Amos che fa cenno di no con la testa. Questa volta ha ragione lui, solo che la consapevolezza è arrivata relativamente da poco e ho ancora qualche problema ad accettarla del tutto. Solo io vedo e sento Amos, nessun altro. Il pacificatore non aveva intenzione di prendere in giro me o il mio amico, è solo che non è diverso. Ricordo come mi ero sentita male quando riuscirono a farmelo capire: credevo di impazzire da un momento all'altro, urlavo, mordevo, fuggivo. Volevo solamente svanire nel nulla e probabilmente anche gli altri lo desideravamo. Mi guardavano terrorizzati durante questa mia crisi, non sapevano come agire, o cosa dirmi. Solo Amos mi è rimasto accanto, solo lui mi ha tranquillizzato e difesa. Anche se gli urlavo di sparire, lo insultavo e lo minacciavo, lui è rimasto e non mi ha abbandonata.
È semplicemente perfetto: dolce, premuroso, elegante, intelligente e soprattutto mio. Nessun altro potrò averlo o semplicemente parlarci a parte me. Forse alla fine non è così male.
Esco fuori dalla stanza passando accanto al pacificatore che continua a fissarmi in maniera indecifrabile. Lo odio sempre di più, ogni minuto che passa. Non ha mai visto un'albina?
“Potresti anche rispondere” replica imbarazzato. Cosa vuole da me? Vuole davvero parlare? Va bene. Lo osservo: è un ragazzo molto giovane, forse appena uscito dall'accademia o qualcuno sia il posto in cui li addestrino, la sua divisa è particolarmente lucida e pulita.
“Ti piace fingerti gentile per cancellare dalla tua mente la merda che sei costretto a compiere, vero? Fammi indovinare: sei diventato un pacificatore perché sei un idealista, volevi contribuire a costruire un mondo migliore” Il ragazzo mi guarda sbalordito, devo averci preso “Non ce la farai mai. Sei solo un'altra delusione. Continua pure a giudicare in base all'aspetto e a strappare via bambini dalle loro case, andrai sicuramente lontano visto come gira il mondo”. Non gli do il tempo per replicare, non mi interessano le sue difese. L'ha voluta lui, non io. Io stavo bene come stavo.

David (o almeno credo che sia così che si chiami) è già davanti al treno. Mi cattura qualcosa nel suo sguardo, non sembra impaurito o pieno d'odio, solo cauto, come se stesse cercando di studiarmi. Credo di poterlo capire, potrei essere potenzialmente la sua assassina. Lui sì che ha dei seri motivi per tenermi sotto controllo.
Le porte del vagone si chiudono separandomi dalla mia fredda casa per quello che si spera sia la prima volta.

 

 

 

 

 

 

 

 

E ci siamo anche con i saluti. Questo capitolo è stato un po' difficile, alcune parti le ho dovute rivedere più volte,spero vi sia piaciuto lo stesso. Ho fatto 6 pov come promesso, anche se ho finito per barare e fare 5 pov e mezzo basti sui vostri pg XD Spero mi perdoniate.

Alla prossima!

 

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Capitolo 6
*** Contatto ***


Libero “The Rebel” Howard, tributo del distretto 4, treno

“Allora, adesso che si fa?” mi domanda Krinsda. Sbuffo annoiato, non ne ho proprio idea. Ci siamo tenuti compagnia tutto il pomeriggio, ma ora la noia si sta facendo sentire. L'idea di stare così tanto insieme non è stata nostra, ma dei nostri mentori che sperano che così facendo riuscissimo a legare. Abbiamo infatti deciso di adottare la solita strategia dei favoriti, sperando che questa volta funzioni. Krisda è altezzosa e molto sicura di sé, ma è ancora nei limiti del tollerabile. Non mi sembra per fortuna una scassa-palle come mio nonno che adora così tanto sbraitare ordini a destra e manca. Posso sopportarla, posso farcela.
Provo a pensare a qualche opzione per passare il tempo. Siamo su un treno, ci sarà pur qualcosa di eccitante da fare!

“Secondo te com'è viaggiare qua sopra?” le chiedo all'improvviso
“Sopra dove? Ah” replica realizzando cosa intendevo. Chissà come deve essere bello viaggiare nel tetto con il vento fra i capelli e i piedi a penzoloni sul vuoto. Dovrei riuscire ad arrampicarmi lassù abbastanza facilmente, devo solo cercare un finestrino che si apra un pochino di più di questi. Inizio a provare tutti quelli della zona sotto lo sguardo stupefatto di Krinsda.
“Fai sul serio allora” costata
“Certo che sì. Vieni anche tu?” lei nega con la testa con forza, guardandomi come se mi mancasse qualche rotella “Paura?” la provoco.
A Krinsda sfugge una smorfia “C'è una sottile differenza fra coraggio e idiozia. Ma fai pure, significa che avrò un avversario in meno in arena”. Dice scherzando, anche se non sono completamente sicuro. Non do comunque importanza a quest'ultimo commento in quanto sono troppo distratto dal fatto di aver trovato finalmente il finestrino giusto. Stavo per arrendermi all'idea che ce ne fosse uno adatto, che bello. Sul vetro ci sono scritte delle frasi, ma non voglio perdere tempo nel tentativo di decifrarle, dunque mi limito a mettere la testa fuori. Il vento è fortissimo, non mi aspettavo che questo coso andasse così veloce. Guardo con la coda dell'occhio Krinsda, sembra parecchio divertita, vuole il suo spettacolo. Merda, sono veramente nei guai. Che faccio adesso? Mi sono dato delle arie, non posso tirarmi indietro. Non voglio che pensi che sia un vigliacco. Non ho scelta, devo andare avanti.
Sto per mettere la prima gamba fuori, quando mi sento strattonare violentemente all'indietro. Cado con il sedere per terra mentre Mags mi sta fulminando con lo sguardo.
“Dove cavolo pensavi di andare?” mi sibilla. Sembra fuori di sé, è la prima volta che la vedo così.
“Fatti miei!” replico stizzito.
Mags ruota gli occhi, voltandosi verso Krinsda
“Perché non l'hai fermato?” le chiede
“Se voleva ammazzarsi erano fatti suoi” afferma Krinsda con tranquillità
“Esatto! La vita è mia e la gestisco io. Non darti troppe arie perché sei una vincitrice!” mi difendo alzando il tono della voce. Mi pento subito di essermi espresso in questo modo, ma ormai è tardi.
Mags stringe con forza i pugni. Per un momento ho l'impressione che voglia colpirmi, ma non lo fa, non fisicamente perlomeno.
“Hai pensato alle conseguenze del tuo gesto? Se fossi morto ne avrebbero probabilmente mandato un altro al tuo posto e mi sembra che quello maggiormente a rischio fosse un tuo amico” allude.
Al pensiero di Albert mi si stringe il cuore. Se sono qui è per salvarlo. Sapevo che l'avrebbero votato tutti, i suoi genitori sono odiati dall'intero distretto. Non potevo lasciarlo andare, mai e poi mai. Che razza di amico sarei stato se l'avessi lasciato andare senza far nulla? A differenza sua io avevo qualche possibilità e dunque ho fatto di tutto per essere scelto al suo posto. Ho invitato perfino gli adulti in piazza, e ho tirato fuori le mie doti da oratore per convincerli. Ho detto che volevo andare, che non aveva senso mandare una povera vittima quando c'era un volontario. Grazie al cielo mi hanno sostenuto, anche se penso che Albert non mi perdonerà così facilmente. Durante i saluti era fra il furioso e il disperato. Neppure i miei nonni erano felici della mia scelta, ma raramente lo sono, soprattutto il nonno.
“Mi hai capito?” mi domanda Mags. Ho come l'impressione di essermi perso buona parte del suo discorso. Meglio così. Ho capito di aver fatto una stupidata, non ho bisogno di grandi discorsi.
Mags ci annuncia che la cena sarà pronta fra mezz'ora, un po' in anticipo rispetto il programma.
“Ti è andata bene” commenta a questo punto Krinsda. Non replico perché so che ha ragione. Odio ammetterlo, ma Mags mi ha salvato da una brutta situazione. Mi dispiace di essermi rivolto a lei in quel modo, ma non doveva trattarmi come un bambino.“Grazie per avermi allietato il pomeriggio comunque” afferma.
“Figurati”
“Vado a rinfrescarmi, a dopo” si congeda.

Non faccio in tempo a stiracchiarmi che vengo raggiunto da Tiffany, vestita in maniera più comoda rispetto a prima.
“Ciao!” mi saluta un po' incerta. Noto che ha in mano un vassoio pieno di stuzzichini. Fra essi noto con disgusto qualcuno a base di pomodoro. Come si fa a mangiare quella roba!
“Ti piacciono?” mi chiede notando che stavo guardando da quella parte “Gli ho fatti io, ci crederesti? Sono convinta che la mia cucina porti fortuna, insomma l'anno scorso ha vinto il tuo distretto, e indovina di chi è il merito?” domanda retorica gonfiandosi d'orgoglio “Ti darei anche un goccetto d'alcool, ma sei pur sempre un minorenne!” Sorrido, in realtà non sono nuovo agli alcolici. Io, Albert e Flavian abbiamo passato qualche sera a sbronzarci a merda, ma non lo dirò di certo a lei. “Ne vuoi uno?” mi domanda. Prendo un crostino con il salmone affumicato e me lo gusto per bene. Sa tanto di casa.
“Ho saputo di quello che è successo prima” confessa a disagio “Davvero volevi ucciderti?” Uffa, dovrà perseguitarmi a lungo questa storia?
“No!” mi difendo “Stavo... stavo facendo solo una stupidata”
Tiffany non sembra molto convinta, sembra a disagio “Sai, ho scoperto di tuo padre, il modo in cui è morto e...”
“È stata solo una bravata. Davvero” la interrompo. Non ho bisogno di parlare dei miei genitori, non li ho neppure mai conosciuti. Il passato è passato, non c'è bisogno di rivangarlo.
“Sai” riprende Tiffany “Non sono una stronza come tutti pensano. Se hai bisogno di parlare sono qui” mi sussurra prima di lasciarmi solo.
Questa storia dei giochi è appena iniziata, ma sto già iniziando a sentirmi stanco. Cavolo, temo che mi stia venendo mal di testa.

 

Elyia Bolton, tributo del distretto 7, treno

Mi rigiro nel letto, non ho proprio voglia di alzarmi. A che pro poi? Di fuori ci sono solo gli altri con i loro chiacchiericci, la loro confusione e i loro giudizi. Sto meglio da solo, non ho bisogno di nessuno, neppure di Nathan.
“Ci sei?” mi chiama una voce squillante fuori dalla porta. Mi copro la testa con il cuscino, sperando che Paula se ne vada al più presto. “Che tu sia nudo o vestito entro lo stesso!” aggiunge canticchiando mentre apre la porta. Ma non l'avevo chiusa a chiave? Alzo la testa, Paula è vestita completamente di viola e ha in mano quello che sembra un passepartout. Ecco come ha fatto. Si avvicina senza chiudere la porta. Al suo ingresso la stanza si riempie di un artificiale profumo di fragola.
“Cosa ci fai nascosto qui al buio?” mi chiede con un tono quasi materno. Mi vengono i brividi, come può relazionarsi in questo modo? Se ne rende conto che ci sta accompagnando verso un massacro? Come può mostrarsi così leggera?
“Vi evitavo” rispondo sinceramente sperando così di levarmela di torno. Paula indossa un broncio infantile ed alquanto teatrale.
“Siamo una squadra, Elyia!” afferma con decisione.
“Noi? Mai”. Non ho intenzione di collaborare con nessuno di loro; né con l'oca capitolina, né con l'assassina e figuriamoci se ho voglia di farlo con mio fratello! Paula non demorde e continua a fissarmi con i suoi stupidi occhi azzurri.
“Esther è una brava ragazza, dalle una possibilità” mi supplica. Non merita la sua simpatia, non capisco come la gente possa stare dalla sua parte. Paula deve sapere.
“È un'assassina” le rivelo. Paula non si scompone più di tanto, si vede che lo sa già.
“Me l'ha detto. Poverina, cerca di mostrarsi forte, ma si vede che nel profondo è ancora scossa”. Non mi piace questa cosa, se Paula la prende troppo in simpatia rischio di rimanere solo dentro l'arena. Nathan non mi aiuterà mai, e Silene sicuramente aiuterà Esther per quella stupida questione della solidarietà femminile. Devo fare assolutamente qualcosa per devastare l'immagine di quella ragazza.
“Non è una santa come pensi, lei...”
“..lei cosa?” mi interrompe Esther, ai piedi della porta. Quando è arrivata qui? Non l'ho neppure sentita. Mi guarda con uno sguardo di odio e di sfida, come se potesse farmi paura. Non mi ha mai sopportato, esattamente come tutti gli altri. Sottovaluta le mie capacità e mi ritiene un bambino viziato. Si pentirà amaramente per tutto questo.
“Avresti potuto fermati, ma non l'hai fatto. L'hai colpito finché non fossi certa che non fosse morto” l'accuso. Ho colpito nel segno: Esther si morde il labbro, guardando con insiste il pavimento. Fa male la verità, vero? Ti credi la migliore, ma sei peggio della spazzatura.
“È stata legittima difesa, mi ha attaccato, e mi sono difesa” risponde a fatica, come se stesse combattendo contro i ricordi.
“Non mi interessa”. La mia replica la lascia alquanto sorpresa.
“Aspetta! Tu credi alla mia versione?” mi chiede un po' incredula. Che stupida, deve aver pensato che la mia avversione dipenda da una valutazione errata degli eventi.
“Sì, ma come ti ho detto non mi interessa. Poteva essere il peggior stronzo al mondo, ma rimane il fatto che tu l'abbia ucciso e questo fa di te un'assassina”. Deve essere per Esther la goccia che fa traboccare il vaso. Se fino adesso si era trattenuta, ora la vedo esplodere: narici dilatate, volto paonazzo e labbra pressate. Si sta facendo il tutto molto divertente, non si rende neppure conto che mi sta consegnando la vittoria.
“Cosa avrei dovuto fare secondo te? Avrei dovuto subire? Sì, l'ho colpito finché potevo, con tutte le mie forze, perché avevo paura che si rialzasse e mi mettesse di nuovo le mani addosso! Ma cosa nei sai tu che sei sempre vissuto nella bambagia?” Può urlare e piangere quanto vuole, ma non mi commuovo. Troppo facile agire d'impulso, e poi non prendersi le responsabilità, vero? Sto per replicare, ma Paula ferma il diverbio cingendo Esther con il braccio e portandola lontana da qui. Prima di andarsene però mi guarda triste, quasi delusa. Certo, Esther ha pianto e dunque ha automaticamente ragione, mi sembra giusto. Una perfetta dimostrazione del perché non voglio avere a che fare con le persone.

Mi alzo e chiudo la porta con ferocia, tornando nuovamente nel letto. Incomincio di nuovo a rigirarmi sperando di prendere sonno. Ci sono quasi riuscito quando qualche scocciatore bussa alla mia porta.
“Vattene via Paula” bofonchio di malumore.

“Sei un idiota” si limita a replica la voce dall'altra parte. Nathan.
“Lasciami in pace” gli ordino mettendomi il cuscino sopra la testa. Non voglio avere a che fare con lui, non lo sopporto. Sarà venuto qui a farmi una ramanzina, ad atteggiarsi a figlio perfetto come sempre. Che vada al diavolo.
“Gli alleati sono importanti dentro i giochi, e questo tuo atteggiamento non ti permetterà di averne. Esther ha del potenziale, ma tu l'hai rifiutata senza alcuna ragione” mi spiega con calma, senza neanche tentare di aprire la porta. Alzo il lenzuolo sopra la testa sperando di non sentire il resto del discorso “Le hai dato dell'assassina, ma ben presto lo diventerà anche tu, sempre per legittima difesa. Sei stato molto ipocrita nei suoi confronti, spero che ti perdoni”. C'è una bella differenza fra dentro e fuori l'arena, ma non avrebbe senso spiegarglielo. Io ho le mie idee, e lui ha le sue, basta. Non c'è bisogno di un continuo confronto. “Elyia... sei pur sempre mio fratello, voglio solo aiutarti ad uscirne vivo” aggiunge con tono serio. Mi volto dall'altra parte senza degnarlo di una risposta. Non ho bisogno di questo, ce la faccio da solo. Sono meglio di quanto tutti quanti pensino. Glielo dimostrò, fosse l'ultima cosa che faccio. Mio fratello rimane ancora un po' davanti alla porta, finché non si arrende lasciandomi finalmente da solo.

 

Richard “Ricky” Whitestorm, tributo del distretto 8, treno

Mi nascondo dietro il divanetto giusto in tempo. Trattengo il respiro, mentre prego che Jennifer esca da questo vagone il prima possibile. Ti prego, non notarmi, non notarmi, non notarmi. Fortunatamente passa oltre senza neppure guardarsi intorno. Mi dispiace comportarmi così, è solo che...
“Richard!” Poco ci manca che salti per lo spavento. Mi giro di scatto, è solo Phoebe. Di solito non mi spavento così facilmente, ma da quando il sindaco ha pronunciato il mio nome... beh è tutto altro discorso. “Ti ho spaventato? Scusa non volevo”

“Fa niente” rispondo sorridendole. So che non l'ha fatto apposta. Phoebe è solo un po' svampita, non fa del male agli altri con l'intenzione di farlo, solamente non pensa prima di parlare o di agire. Come sul palco quando mi ha tolto il cappello davanti a tutti.
“Perché ti stavi nascondendo?” Ah. Mi guardo intorno freneticamente in cerca di una scusa. So che è stupido, ma ho paura che non capirebbe la ragione del mio comportamento neppure se gliela spiegassi. Temo che mi scambierebbe per un vigliacco, quando in realtà non è così che stanno le cose.
“Ecco...” balbetto in difficoltà
“Aspetta! No, non spiegarmelo! Sono sicura che fa parte di una strategia geniale, vero?” tiro un sospiro di sollievo. Grazie al cielo Phoebe ha travisato il tutto “Scommetto che hai il cervello di tua madre” prosegue lei “Ho adorato i suoi giochi. Li ho seguiti tutti di un fiato. Di un po', non li dimostro 35 anni, vero?” scuoto la testa pregando dentro di me che questa imbarazzante discussione termini al più presto. Odio quando la gente gioca ad “indovina la mia età” perché finisco sempre per prenderci ed offenderla parecchio. “Che resti un segreto fra di noi!” aggiunge facendomi l'occhiolino. Sorrido, ho deciso che Phoebe mi piace. È divertente a modo suo e sono sicuro che farà del suo meglio per aiutarci.
“Sì, signora” la rassicuro mentre le porgo il saluto militare. La capitolina ride deliziata.
“Di cosa stavamo parlando? Ah, sì giusto! Tua madre è fra le mie vincitrici preferiti. Mai visti degli Hunger Games così romantici! Sapevi che voleva vincere a tutti costi per tornare dal suo uomo?”
“Sì, la mamma me l'ha raccontato un milione di volte”. Mentre formulo la risposta però, mi rendo conto di cosa abbia davvero significato per lei tutto questo. Ho sempre immaginato che fosse stata dura per lei, ma solo ora capisco il quanto. Deve amarlo davvero tanto per essere riuscita a sopportare tutto questo e nonostante ciò decidere di mettere su famiglia. Prima della mietitura ci ha detto di non dimenticare il motivo per il quale volevamo tornare a casa. Ora riesco davvero a capirla. È come se gli Hunger Games ci avessero reso ancor più più vicini di prima. Devo parlarle.
“Phoebe, sai dov'è la mamma?” Lei ci pensa un po' su
“Due vagono più il là mi sembra”
“Grazie mille” sto per muovermi verso la direzione indicata, quando lei mi ferma
“Pensavo di ordinarti un bagno caldo per stasera, che ne pensi?” Nella mia testa si forma l'orribile immagine di quell'ammasso d'acqua pronto a soffocarmi e a divorarmi. Sto sudando a freddo, ma Phoebe non sembra neppure accorgersene.
“No, grazie, preferisco la doccia” rispondo fin troppo velocemente, cercando di camuffare il terrore dietro ad un sorriso molto simile ad una smorfia. Phoebe non si accorge di niente (o forse fa finta di non farlo) e mi lascia andare salutandomi con la mano. Lascio il vagone cercano di abbandonare quell'oscura immagine, ma faccio veramente fatica. Odio l'acqua, davvero tanto.

Trovo mia madre seduta su un divanetto, è talmente tanto assorta in qualche pensiero da non accorgersi neppure del mio arrivo. Senza fare rumore mi sdraio sul divanetto, appoggiando la testa sopra le sue gambe. Non mi chiede niente, semplicemente inizia ad accarezzarmi i capelli con dolcezza.
“Richard” è raro che mi chiami così e non “Ricky” “So che è dura, ma non puoi abbatterti” afferma con tono serio, come se fosse un rimprovero.

“Non è questo” Non ho intenzione di farlo, voglio lottare con tutte le mie forze, è solo che....
“Ho capito. È normale avere paura” Sapevo che mi avrebbe compreso
“Spero di essere forte quanto te là dentro”
“Lo sarai, mi fido di te” mi risponde continuando ad accarezzarmi. Sento di potermi aprire del tutto con lei.
“Devo confessarti un'altra cosa” riprendo, sperando di non deluderla “Non ho intenzione di allearmi con nessuno” Mi madre mi sposta obbligandomi a sedermi. Mi guarda a lungo incerta, ma alla fine accenna un debole sì con la testa. In fondo è mia madre, mi conosce meglio di chiunque altro. Sa che non sarei mai in grado di far del male ad un amico, così come non sarei in grado di superare velocemente una sua dipartita. Non posso rischiare di affezionarmi ad uno di loro, non ne sopravviverei.

Jennifer entra proprio in quel momento e sembra rimanerci male nel vedere me e la mamma in un momento così delicato e privato. Quell'espressione amara dura bene poco però, subito dopo appare quel sorriso appena accennato della mietitura. Quella ragazza mi preoccupa alquanto. Come dice Silente “Non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere”. Vivere troppo aldilà finirà per ammazzarla. Guardo mia madre sperando che abbia capito quanto può rivelarsi grave questa sua tendenza.
“Ci parlerò io, non ti preoccupare” mi accenna sottovoce. No, non dovrei farlo affatto. Sono proprio un idiota impenitente.

 

Dalissa "Daisy" Manique, tributo del distretto 9, treno

Fuori dal finestrino non si altro vedono che campi dorati, ma so per certo che non durerà a lungo. I miei ricordi sono abbastanza vaghi, ma mi sembra che i confini del distretto 9 sono caratterizzati da campi lunghissimi, senza case od alberi nei dintorni. Mi mancherà il distretto, mi ero abituata a tutti quegli odori e quei colori. Mi fa strano andare in un posto così simile al distretto 1, non so neppure io come dovrei sentirmi. Non ho problemi ad andare a Capitol, ho più paura della tappa successiva.

Mi dirigo di soppiatto verso la cucina, sperando di non essere intercettata da un cameriere. Sono tutti molto gentili è vero, ma non sono abituata a essere servita e riferita. A casa ho sempre dovuto lavorare sodo, i miei genitori adottivi mi concedevano una pausa a fatica, e sapere che adesso mi basta scioccare le dita per avere tutto (o quasi) quello che voglio mi disorienta.

Sbircio da dietro la porta socchiusa. Non c'è nessuno. In fondo sono quasi le cinque del pomeriggio, è naturale. Trovo abbastanza facilmente le bustine per il tè e ancor più facilmente la teiera, mi manca solo il bollitore elettrico. Lo cerco a lungo, ma non lo trovo. Avverto la presenza dei fornelli a gas, ma mi sforzo a non pensarci. Calma Daisy, non accadrà nulla.
“Serve qualcosa?” mi giro, è uno degli inservienti. Mi sorride tranquillamente, sembra essere un vecchietto amabile. Non sembra arrabbiato o scocciato dalla mia presenza in cucina. Meno male, temevo che se mi avessero beccata mi sarei subita una bella sgridata.
“Sì, avrei bisogno del bollitore elettrico”. L'uomo si guarda un po' intorno, per poi spiegarmi con calma che non ce l'hanno. Che delusione, ci tenevo tanto a bere un po' di tè. Quando lo bevo mi sento calma, in pace con il mondo. Il tè è per me come una coccola che mi fa sentire al sicuro, e ora come non mai ne ho proprio bisogno.
“Vuoi che te lo prepari io?” mi chiede notando che sono in difficoltà. Annuisco in imbarazzo mentre gli passo la bustina con il tè verde. Pazienza, è andata così. Avrei preferito un finale diverso, ma non posso farci molto. Il signore fa bollire l'acqua e sta per versarla dentro la tazza quando mi tocca fermarlo.
“Aspetti!” grido. Mi guarda un po' confuso, cercando di capire dove abbia sbagliato. Mi fa un po' di tenerezza, deve fare un bel sforzo per sopportarmi “Per i tè verdi, l'acqua deve essere fatta raffreddare qualche minuto dopo l'ebollizione”
“Non lo sapevo” commenta lui “Sei informata, complimenti”. Arrostisco visibilmente, mentre sul mio volto appare un sorriso da cretina. Ah, le lusinghe! Il mio tallone d'Achille!
“Posso continuare da sola, grazie mille!” Il signore mi sorride e se ne va, lasciandomi da sola con la mia beneamata tazza. Non ho bevuto neanche un sorso, quando vengo catturata da gride, rumore di vetri rotti ed imprecazioni a tutto spiano. Allarmata mi dirigo nel vagone accanto dove trovo Liam completamente paonazzo e con il fiato corto. Di fianco a lui c'è la nostra accompagnatrice, Cassandra, incredibilmente di cattivo umore.
“Quella dannata pazza di una drogata!” esclama guardando dritto verso la porta “Odio l'incompetenza!” aggiunge rivolgendosi verso di noi. Si sta sfogando, o ci sta accusando? Decido di non pensarci e mi volto verso Liam. È ancora parecchio pallido e ha lo stesso sguardo perso che aveva durante la mietitura. Mi fa una gran tenerezza, sembra un cucciolo impaurito. Non meritava di stare qui, non è neppure stato scelto! Dubito seriamente che possa uscirne vivo e mi dispiace davvero tanto.
“Che cosa succede?” chiedo curiosa, con la tazza ancora in mano
“Volevo parlare con Lucil e.... e...”
“... e quella stronza l'ha cacciato via in malo modo dicendo di non disturbarla mai più. Che razza di strega” Senti chi parla mi verrebbe da dire, ma lascio stare, non voglio scatenare discussioni. Liam sembra pensarla come me, ma anche lui rimane in silenzio.
Sospiro. Lucil non è una donna amichevole, ma ciò è dovuto solo al fatto che non ha avuto una vita facile. Sarà difficile ottenere qualche forma d'aiuto da parte sua, non è affidabile. Guardo Liam, ha gli occhi lucidi, deve pensare alle mie stesse cose. Come faremo ad avere gli sponsors senza di lei?
“Vado a parlarci” tuona Cassandra inviperita, camminandosi a passi svelti verso il vagone della mentore.
“È meglio non bere una tazza troppo bollente” faccio notare. Non credo sia il momento opportuno per insistere. Lucil non è dell'umore adatto, è meglio lasciarla perdere per ora. Cassandra si ferma, si volta di scatto lanciandomi uno sguardo di fuoco che mi trafigge in pieno.
“Sentite, è il mio primo anno da accompagnatrice. Non voglio fallire facendovi morire entrambi!”. Lo dice come se in ballo ci fosse la sua vita anziché la nostra. Strega. Cassandra va oltre ed entra nel vagone occupato da Lucil sbattendo la porta. Io e Liam rimaniamo in perfetto silenzio, mentre sentiamo le due donne discutere animatamente. Temo proprio che andrà per le lunghe.

“Vuoi una tazza di tè? Dovrebbe bastare” Liam mi guarda un po' sospettoso, ma decido di non badarci più di tanto. Torno in cucina e prendo la prima tazza pulita che trovo e gliela porgo. Liam ci pensa un po' su, ma finisce per accettare quel caldo abbraccio con un timido grazie. È proprio un bravo bambino.
“Credi che Lucil ci aiuterà?”

“Spero di sì. Vedrai che Cassandra farà il possibile” La mia risposta sembra un po' calmarlo, ma sembra ancora a disagio. Inizio ad aver paura di essere io la causa. In fondo sono una sua avversaria. Non credo di essere in grado di far del male a qualcuno, figuriamoci ad una persona che mi ispira così tanta tenerezza come lui. L'unico modo che ho per sopravvivere è quello di nascondermi affidandomi alle mie conoscenze sulle piante. Non avrò bisogno di uccidere, mi basta solo essere paziente.
“Dalissa...” mi richiama Liam impacciato. Faccio un cenno con la testa per incoraggiarlo. “Sembri una brava persona, mi dispiace averti giudicata male”. Non so bene come replicare, non se ringraziarlo od offendermi perché pensava che fossi una tipa spietata. Meglio bere un altro sorso ed andare avanti “So nascondermi bene e sono veloce” aggiunge in fretta subito dopo. Spalanco gli occhi per la sorpresa: vuole propormi un'alleanza?
“Ecco...” balbetto incerta, non avevo pensato a questa eventualità. Come posso dire di no? Non durerebbe da solo, e anch'io ho bisogno di qualcuno“Va bene” concludo.
“Siamo alleati dunque?” faccio cenno di sì con la testa. Liam sorride in una maniera talmente luminosa da commuovermi. Credo di aver preso la decisione giusta.

 

Nickolas “Nick” Logan, tributo distretto 10, treno

Apro il finestrino e mi godo il vento fra i capelli. Credo che questo sia uno degli ultimi piaceri che mi hanno concesso. Sarebbe bello aprirlo ancora di più, ma non credo sia possibile. Probabilmente temono che potremmo fuggire alla prima occasione. Come se potessimo farlo. Andiamo, nessuno ha voglia di fuggire per tutta la vita! E dove andremmo poi? Dannazione perché cavolo sono qui? Credevano davvero di farmi un favore mandandomi qui? Sul serio? Secondo papà mi ci hanno cacciato perché credono che possa farcela, ma avrei preferito risparmiarmi “questo onore”.
Richiudo il finestrino, è inutile, i giochi si sono portati via anche questo piacere. Mi guardo allo specchio e cerco di sistemarmi il ciuffo con scarso successo. Dovrei tagliarmelo, poco importa se alle ragazze piace, tanto mi fa più arrabbiare che altro.
A proposito di ragazze, mi chiedo che tipo sia Autumn, la mia nuova compagna di merende. So solo che i miei non la sopportano. Sostengono che in quanto Lewis sia naturalmente portata per il tradimento e il massacro, ma non so quanto sia vero. L'ho incrociata qualche volta a scuola, non mi sembrava così terribile: era sempre circondata da amici, quasi sempre gli stessi, e sorrideva parecchio. L'unica cosa che mi preoccupa un po' è il fatto che nella sua compagnia sono tutti benestanti, il che mi fa supporre che sia un po' snob. Non riesco ad inquadrarla, non riesco a capire se possa essere o meno una valida alleata. Non posso commettere l'errore superficiale di accordarmi con il primo che mi capita, o rischio di fare la fine di Luke, il tributo del nostro distretto dell'anno scorso. Si era alleato con questa ragazzina del sei, pareva così piccola e gentile e poi... zac! Cacciavite dentro la gola. Che poi che razza di arma è il cacciavite? Meglio lasciar perdere.
Forse dovrei chiedere un consiglio ad Abe e Phil, i nostri mentori, di sicuro sapranno come consigliarmi. Esco dalla stanza iniziando ad ipotizzare dove possano essere. Pensandoci non so nulla di loro, faccio veramente fatica a dirlo. Al diavolo, girerò a vuoto finché non li incontro.

In un raro momento di fortuna li trovo insieme davanti alla tv. Stanno guardando la replica delle mietiture, studiando con attenzione i vari avversari. Sembrano tutti abbastanza tosti, ben pochi non mi fanno paura. Forse solo il ragazzino del nove, i due del cinque e le ragazze dell'otto e del dodici. L'ultima poi mi sa tantissimo di bambina viziata.
“Nickolas! Ci cercavi?” mi domanda Phil gentile come sempre. Abe mi lancia a malapena uno sguardo, è troppo concentrato a studiare la tipa del distretto 11.

“Vi ho disturbati? Se volete passo più tardi” affermo un po' a disagio. Per tutta risposta Abe clicca il tasto pausa del telecomando.
“Spara” mi incoraggia. Prendo un lungo respiro
“Non so se Autumn possa essere una buona alleata”
“Sì!” squittisce senza pensarci Phil
“No!” replica Abe più tragico. Phil gli lancia un'occhiataccia “Cioè, volevo dire, non possiamo di certo saperlo noi” si corregge un po' imbarazzato “Da un alleato puoi volere solo una cosa: la lealtà. Non te ne fai nulla di un alleato forte e furbo, ma che potrebbe ammazzarti da un momento all'altro. Le alleanze vere si basano sulla fiducia, Nick. Quindi parlarci e scoprilo da solo se ne vale la pena”. Annuisco, mi sembra sensato. Li ringrazio per il consiglio e mi avvio alla ricerca di Autumn. Che strategia utilizzare però? Non mi sembra molto intelligente dirle direttamente in faccia “Ehi! Sto valutando se sei una stronza o meno” o rischio di prendermi un bel ceffone come minimo. Un'idea si illumina nella mia testa: e se provassi a corteggiarla? Potrei sconvolgerla così tanto da non farle pensare che la mia sia una strategia. Aspetta, meglio lasciare stare, non vorrei che si innamorasse davvero di me. Allora sì che sarebbe un bel casino! Forse è meglio puntare alla semplice amicizia. Cavolo! Però così rischio che le mie intenzioni siano troppo lampanti! Che faccio? Che faccio?
“Permesso” mi chiama una voce. Pensi al diavolo.... devo dire che Autumn è piuttosto carina. Ha i capelli di un rosso accesso stupendo e il viso (di una carnagione parecchio chiara) è decorato da numerosi lentiggini. È deliziosa, davvero. Non merita tutto quell'odio.
Autumn mi passa oltre, dirigendosi verso il vagone ristorante. È il momento giusto.
“Aspetta!” la blocco. Autumn si gira curiosa, aspettandosi un qualche discorso. Bene e ora?
“Mi dispiace che ti abbiano votata”. Buon inizio, almeno credo. Autumn mi sorride in segno di ringraziamento.
“Anche a me dispiace per te” rimaniamo in silenzio, un po' imbarazzati. Temo non ci sia molta chimica fra di noi “Non ti avevo mai sentito nominare prima, questo vuole dire che tu sei un bravo ragazzo proveniente da una brava famiglia, giusto?” mi chiede. Accenno un timido sì con la testa “Allora perché sei qui?” mi domanda curiosa.
“Sostengono che sia il migliore” rispondo senza pensarci troppo, e forse compio il primo errore; Autumn infatti solleva il sopracciglio un po' sospettosa. Devo aver usato un tono un po' insolente senza volerlo.
“Buono a sapersi, ti terrò d'occhio” sorride alludente, ma temo che ci sia dell'altro sotto.
“Non ne sono poi così sicuro in realtà” aggiungo cercando di salvare la situazione all'ultimo. Qualcosa mi dice che non sopporta i vanitosi.
“Vedrai che se ti hanno scelto per questo non sei così male. Abbi fiducia in te stesso” afferma appoggiando la mano sulla mia spalla. Sembra davvero una tipa apposto. Credo di potermi fidare.
“Autumn... vorrei essere tuo alleato” la butto così, senza troppi preamboli. Autumn non sembra però entusiasta quanto sperassi, brutto segno.
“Grazie per l'offerta, ma ci devo pensare. Lo capisci vero?”. Accenno un silenzio sì con la testa, nascondendo dentro di me la delusione.

 

Marissa “Mary” Mellark, tributo del distretto 12, treno

Adoro i cosmetici che mi ha regalato Joe, sono di una qualità allucinante. Mi sono dovuta arrangiare per talmente tanti anni con quelli artigianali da non sembrarmi vero. Immagino che papà abbia fatto del suo meglio, ma qualche straordinario non avrebbero fatto di certo male alle casse della casa. Poco importa ormai, quando tornerò (alla faccia di tutti quegli stronzi che mi hanno votata), saremo talmente ricchi da permetterci qualsiasi cosa vogliamo. Mi farò costruire sicuramente una piscina dietro casa, ed assumerò diversi maggiordomi per farmi trattare come la principessa che sono. Costruirò anche delle montagne russe, i gemelli le adoreranno. Almeno sono sicura che loro tiferanno per me. E anche Alan ovviamente, e i miei genitori. Ecco, solo loro beneficeranno della mia generosità. Tutti quegli altri invidiosi possono anche andare a farsi fottere. Certo, è l'invidia la ragione per la quale sono qui. In fondo sono bellissima, popolare, con una famiglia meravigliosa, e ho un fidanzato che farebbe bagnare chiunque. Avevo una vita perfetta; non solo me la riprenderò, ma la renderò ancor più fantastica.
Mi lego i capelli in un concio laterale e guardo l'ora. Sono in orario per la colazione, ma decido di aspettare ancor un po' prima di farmi vedere. Voglio che parlino di me, che si chiedano dove sono. Solo allora sarà il mio momento di farmi viva.

“Mary?” perfetto. Nascondo a fatica un sorriso compiaciuto mentre Joe entra nella mia stanza.
“Abbiamo l'ultima colazione insieme prima di arrivare a Capitol. Vieni? Dai, per favore” mi supplica. È davvero patetica quando fa così. Come sprecare la propria condizione di superiorità, proprio. Ha la fortuna di essere nata a Capitol, non dovrebbe pregare, ma ordinare. Non è abbastanza forte per avere quella posizione. Sarei dovuta nascere io a Capitol anziché in quella fogna del distretto 12.
“Mi si sta asciugando lo smalto, potete aspettarmi ancora un pochino?” domando con voce smielata.
Joe sorride dolcemente “Ma certo cara!”
“Grazie mille, non saprei cosa fare senza di te” cinguetto allo scopo di lavorarmela un po'. Lo sanno tutti che il vero scopo delle accompagnatrici è quello di spettegolare positivamente su di te con tutta la gente in di Capitol. Ho bisogno di sponsors, e farò di tutto per averli, anche se questo significa sopportare l'alito di Joe. Mamma mia se ha bisogno di una mentina!
“Oh cara, non meritavi un destino del genere. Nessuno di voi due” replica commossa. Cos'è questa storia? Prova pietà per Cassian? Che senso ha preoccuparsi per lui dato che non ha alcuna possibilità di farcela? Quello è già morto, Joe. Il cavallo su cui scommettere sono io. Mi sforzo per non alzare gli occhi al cielo, non è il caso che si faccia una cattiva impressione su di me.
“Oh, grazie tanto, sei così buona!” replico cercando di mostrarmi sul pianto di piangere. Voglio che pensi che sia pura, innocente e soprattutto innocua. Ho bisogno che il mondo intero lo pensi in questo momento. Poi quando sarà l'occasione giusta...
Joe si asciuga l'angolo dell'occhio con un fazzoletto firmato. È il momento, devo solo scegliere le parole più adatte.
“Ho tanta paura Joe! Non sono mai stata neppure coinvolta in una rissa! Come posso sopportare una lotta?” affermo omettendo quel piccolo scontro con quella spastica di Melanie. Le avevo strappato una grossa ciocca quella volta. Me lo ricordo ancora, i suoi capelli erano unitissimi. Che schifo.
“Non ne dubito tesoro, sei una vera signora tu” acconsento con la testa, mentre nei miei occhi si formano dei lacrimoni da manuale.
“Chi mi difenderà Joe? Sono solo una povera ragazza indifesa!” piagnucolo ancora più forte.
Joe sembra pensarci un po' su, per poi spuntare con l'idea più stupida di sempre “Ci penserà Cassian a te, tesoro! Mi sembra un ragazzo così coraggioso e bravo!”. Oh, santo cielo! Ma allora non lo sa! Ammetto che Cassian è bravino a nascondere il suo handicap, persone poco sveglie come Joe possono cascarci benissimo nella sua recita. Chissà poi perché fa così? Gli piace così tanto prenderci in giro? O forse è solo così debole da non accettare la sua cecità? Comunque sia mi tocca rincarare la dose, e dunque scoppio a piangere “Cosa c'è tesoro?” mi chiede allarmata
“Non potremmo mai farcela insieme, Joe! Moriremo di sicuro!” mi lamento
“Non dire così, sono sicura che siate entrambi più forti di quanto pensiate” cerca di consolarmi.
“No, non capisci! Lui... non so come dirlo, non so se posso dirlo...” pausa ad effetto “...lui è cieco, Joe!” La capitolina porge la mano davanti alla bocca allibita.
“Davvero? Oh cavolo... perché non me l'ha detto?” si interroga
“Non lo so, forse temeva che tu lo abbandonassi” ipotizzo. Le suggerisco un'opzione abbordabile e non maliziosa, in modo tale da non essere accusata di essere crudele.
“Oh, cavolo...” ripete lei ancora sorpresa
“Capisci adesso? Lui non può difendere me, e io non posso difendere lui!” ribadisco
“Hai ragione, è praticamente spacciato!” esclama. Vittoria. Si rivolge verso di me con un tono tenero “Ma tu no tesoro, non permetterò che ti facciano del male. Chi potrà difenderti però?” Dentro di me sorrido, finalmente il discorso ha preso la piega che volevo
“Io ho un'idea. Ecco... in che rapporto sei con le accompagnatrici dei distretti favoriti?”

 

 

 

Cammeo: Tiffany, Paula, Silene, Abe, Phil e Lucil.

Con questo capitolo tutti (tranne 1) hanno avuto il loro pov. Nel prossimo saremo finalmente a Capito city.

Su richiesta l'elenco dei tributi

 

 

Femmine

maschi

Distretto uno

Judith Wilson

Adrian Vaertek

Distretto due

Angelie Asimar

Achille Edipo

Distretto tre

Jasmine Thompson

Chester Colin Herstone

Distretto quattro

Krinsda Dramir

Libero Howard

Distretto cinque

Hellen Forbes

Bruce McRon

Distretto sei

Caitria Dalekein

Ivar Ludwig

Distretto sette

Esther Suzanne Grestan

Elyia Bolton

Distretto otto

Jennifer Astrid Delay

Richard Whitestorm

Distretto nove

Dalissa "Daisy"Manique

Liam Evans

Distretto dieci

Autumn Lewis

Nickolas Logan

Distretto undici

Alexys Sinclair

David Conrad

Distretto dodici

Marissa Mellark

Cassian Nayor

 

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Capitolo 7
*** Sotto la luce spendente ***


Adrian Vaertek, tributo del distretto 1, Capitol City

“Guarda che roba!” esclama Judith ad alta voce. Mi sposto ad ore tre con passo rapido e preciso, affiancandola. Guardo fuori dal finestrino: fuori c'è una folla trionfante, visibilmente eccitata ed euforica. Intravedo ampi cenni di saluto, signore che si strappano i capelli, e ragazzine urlanti alla nostra vista. La nostra! Faccio fatica a crederci, è perfino meglio dei miei sogni. Papà mi ha raccontato come i tributi vengano riconosciuti come eroi da Capitol City, ma mai mi sarei aspettato così tanto entusiasmo. Nel solo vederli mi carico a mille, ho voglia di ballare e cantare. Ispirato dalla scena stringo forte Judith e saltello.
“Siamo qui, ce l'abbiamo fatta!” Judith sorride imbarazzata e mollo subito la presa. Non abbiamo quel livello di intimità, e credo di essere andato troppo oltre per i suoi gusti. Mi volto nuovamente ad ore tre in gran fretta, e torno a concentrarmi sulla stazione cercando di memorizzare ogni singolo dettaglio. È inutile, la scena è talmente speciale da spingermi quasi sull'orlo delle lacrime. Non deluderò né la mia gente né il mio pubblico, vincerò. Per Panem, per il distretto 1, per me stesso. Lotterò per tenere unita questa nazione, per evitare lo scoppio di una nuova guerra, per la gloria della mia gente e per realizzare me stesso.

“Siamo qui” ripeto per convincere me stesso che tutto ciò è reale “Sono qui, sono qui!” ribadisco con maggior vigore.
“Calma campione!” esclama Rubin mettendomi la mano sulla spalla “Risparmia le energie per l'arena” Annuisco più volte in tutta fretta. Sono troppo gasato.
“Novellini” commenta sprezzante Quark. Non sopporto quel tipo, è tutto il viaggio che non fa altro che sminuirci. Ci ha dato per tutto il tempo degli illusi e dei bambini viziati. Dovrebbe incoraggiarci e consigliarci, invece spreca tutto il suo tempo nel tentativo di distruggerci il morale. Sarebbe stato decisamente meglio se al suo posto fossero venuti Cassandra o James, ma entrambi si sono rifiutati. Da quando sono morti quei due ragazzi non sono più gli stessi, soprattutto James che è entrato in un profondo stato di depressione. È un peccato, perché quando ero all'accademia ho avuto modo di conoscerli ed apprezzarli. Mi sarei decisamente trovato meglio con loro due.

Il treno si ferma completamente. Intravedo da fuori il finestrino i membri della sicurezza spingere via i fan eccitati.
“Godetevi il vostro bagno di folla” afferma Quark con disprezzo. Non ne posso più. Ho cercato di ignorarlo, di essere civile, ma...
“Si può sapere qual è il tuo problema?” mi anticipa Judith, anche lei parecchio irritata
Quark non replica, si limita semplicemente a bere un altro goccio di Whisky mostrando ancora una volta quel suo fastidioso sorriso.
“Tiri la pietra e nascondi la mano? Parla vigliacco!” lo provoco
“Non è il momento!” ci fa notare Rubin , con la mano praticamente sopra la maniglia del portellone. Quark ci osserva intensamente con odio feroce
“Cosa c'è che non va? Siete degli ignoranti, non sapete nemmeno a cosa state andate incontro. Vi sentite felici? Dovreste piangere in questo momento!” Stringo la mano a pugno, sento dentro di me la necessità di colpirlo, e credo che anche Judith stia lottando contro i suoi impulsi in questo momento. Come si permette a dirci una cosa del genere? Non mi importa di quale sia la dannata esperienza che l'ha fatto diventare così. Queste sono le nostre vite, e abbiamo il diritto di pensare e di sentirci come vogliamo. So perfettamente che mi aspetta la più grande sfida della mia vita, non sto scambiando gli Hunger Games per una scampagnata al parco. Mi comporterò come un vero soldato là dentro, lo prometto, ma adesso voglio godermi le gioie che Capitol può offrirmi, divertirmi come qualsiasi altro ragazzo della mia età. Non considero i giochi una maledizione o una sfortuna abissale, io ho voluto essere qui, è da anni che lo desidero. Perché dovrei essere triste? Sto per diventare un eroe, dannazione! Sarò un modello da seguire per centinaia di bambini! Non ho paura di morire là dentro, perché sto già compiendo la mia missione.
“Non sai nulla di noi” controbatto sostenendo con fierezza il suo sguardo.
“Sei un uomo molto triste, Quark. Se non puoi esserci d'aiuto puoi anche andartene” aggiunge Judith
“Per favore, possiamo rimandare questa discussione?” Ci chiede Rubin innervosito. Effettivamente il pubblico si starà chiedendo il perché non siamo ancora scesi. Meglio non dargli il tempo di pensare a qualche ipotesi. Dobbiamo sembrare uniti, o rischiamo di perdere il consenso.
Ci mettiamo tutti davanti alla porta, cercando di sorridere con tutto il nostro impegno. Se non fosse per Quark ci verrebbe spontaneo, ma ha rovinato tutto purtroppo. Ora sento solo un gran nervoso. In compenso la folla non ha perso l'entusiasmo a causa dell'attesa, anzi, sembra più carico che mai. Da qui riesco ad intravede perfino dei cartelloni a noi dedicati. In alcuni leggo “W il distretto 1” o “Che la fortuna possa essere dalla vostra parte”. Altri cartelloni invece sono espressamente in favore o mio o di Judith. Vedere tutto questo sostengo lentamente mi calma, e recupero nuovamente il buon umore.
Procediamo a passo lento, circondati da agenti della sicurezza. La nostra prossima metà sarà il centro estetico. Non permetterò a Quark di rovinarmi di nuovo la giornata, dunque che stia in guardia.

 

David Conrad, tributo del distretto 11, Capitol City

Faccio penzolare i piedi avanti ed indietro, avanti ed indietro. Nel sottofondo c'è solo il ticchettio dell'orologio, non sento più papà urlare e non so se sia un bene o un male. Ho temuto per tanto tempo l'arrivo di questo momento e sono sicuro che sia arrivato, me lo sento. Non sono ancora pronto però, ho bisogno di altro tempo. Papà ti prego, resisti ancora! Non lasciarmi solo, ho solo te! Sei tutta la mia famiglia.
La porta si apre con un rumoroso cigolio. Il signor Cortez esce dalla stanza scuro in volto, il suo sguardo incerto e il suo respiro pesante mi danno la conferma di quel che temevo. Scuoto la testa mentre mi stringo con le braccia, scoppiando a piangere ancor prima che possa proferire parola.

David” mi chiama mentre si piega per arrivare alla mia altezza. Ha il tipico odore dei guaritori, sentirlo mi fa venire i brividi. Lo so che è sciocco, ma... “Tuo padre è stato molto coraggioso, ha lottato con tutte le sue forze per rimanere con te” e sarebbe ancora qui se solo avessimo usato dei medicinali seri. So benissimo che a Capitol non si muore di questa malattia! Non è giusto! “David, ti prego, devi mostrarti coraggioso quanto lui adesso” mi rimprovera bonariamente. Smetto di singhiozzare e lo ascolto piangendo in silenzio “Tuo padre è lì, è la tua ultima occasione per parlarci. Non sprecare questa occasione. Mi dispiace tanto” conclude alzandosi in piedi e lasciandomi il campo libero. Mi alzo incerto e tremante, e mi dirigo verso la camera. Ho paura. Cosa posso dire? Non voglio che mi lasci, voglio che rimanga! Papà! Ti prego! Ti prego!
Entro nella stanza illuminata solamente da una flebile candela. Sento papà respirare con fatica mentre nell'aria c'è quell'inconfondibile odore.
David...” mormora lui allungandolo il braccio scheletrico verso di me. Inizio a tremare ancora più forte
David!”

 

“David!”
Qualcuno mi sta scuotendo la spalla con insistenza. Apro gli occhi lentamente e mi ritrovo Mona seduta davanti a me, parecchio infastidita.

“Come puoi dormire in un momento del genere!” si lamenta “Guarda fuori dal finestrino! Guarda Capitol! Quando ti ricapiterà un'esperienza del genere?” Mi giro dall'altra parte ignorandola. Non voglio guardare lo schifo intorno a me, ho già dovuto vedere abbastanza quando sono sceso dal treno. La gente era vestita da pagliaccio, con gioielli da tutte le parti, gridava i nostri nomi senza sapere nulla del nostro vissuto. Nell'aria c'era una miscela di odori nauseanti, artificiali e falsi come le persone che li portavano. Urlavano complimenti, sostegni ed incoraggiamenti, dimenticandosi che siamo probabilmente già morti, e che le loro mani sono sporche del nostro sangue. Come possono essere così vuoti e superficiali? Come possono non vedere l'orrore? Mi sento uno stramaledetto burattino nelle loro mani, pronto ad essere spezzato per il loro divertimento!
Mi sento usato, ma anche dannatamente solo. Non che negli ultimi sette anni ho avuto molta compagnia, ma ero circondato da volti familiari, alcuni di loro perfino amichevoli. Rachel ad esempio era uno di loro. Non importava quanto la cacciassi via, lei ha sempre cercato di starmi vicina, di capirmi. Era l'unica che riuscisse ad accettarmi nonostante tutto. Sapere che era a pochi metri da me mi faceva sentire bene, al sicuro, e non sono mai riuscito a dirglielo, neppure durante i saluti. E chi ho adesso accanto a me? Mona e la sua insensibilità? Alexys che probabilmente starà già pensando a come tagliarmi la gola? Derek? Quel mentore che sembra una mia inquietante proiezione nel futuro?
Forse solo quando è morto papà mi sono sentito così, forse è per questo che ho fatto quell'incubo. È incredibile che abbia perso tutta la mia famiglia nei miei primi dieci anni di vita. Se ne sono andati tutti, uno alla volta. Prima la mamma, che non ho mai conosciuto, poi Gemma, scomparsa all'improvviso da un giorno all'altro, ed infine papà. Tocca a me adesso. Sono sopravvissuto anche troppo forse.
“Siete dei begli ingrati, tutti e tre!” borbotta Mona che non si degna di rimanere zitta neppure per tre fottuti secondi. “Alexys, David, smettetela di fare quelle facce e fate entrare un po' di vita dentro di voi! Derek, smettila di guardarti i piedi per amore del cielo! Siete a Capitol! Insomma! Voi dovete...”
“Stai zitta!” le urla Alexys fuori di sé “Stai zitta!” ripete alzandosi in piedi dentro la limousine “Stai zitta!” insiste avvicinandosi minacciosa a Mona che dal canto suo inizia a tremare come una disperata. Alexys cerca di assaltarla alla gola, ma viene fermata in tempo da Derek, rianimatosi improvvisamente. Alexys lotta per sfuggire dalle braccia dell'uomo, ma senza successo. Derek è decisamente più grosso e muscoloso di lei. Mona squittisce nel frattempo come un topolino, mentre io mi limito a guardare altrove, cercando di ignorare il caos che mi circonda. Confesso però che un po' mi dispiace che Derek l'abbia fermata.
Dieci minuti dopo di fronte a noi si presenta finalmente quella che sarà la nostra casa per i prossimi giorni. Meno male, non ne potevo più di questo viaggio. Mona ha detto che ci fermeremo qui per un paio d'ore prima di andare al centro estetico dato che siamo arrivati molto in anticipo rispetto al programma.
All'arrivo veniamo accolti da alcuni giornalisti (che in qualche modo sono riusciti a superare le difese) e da qualche senza-voce vestiti con la loro tradizionale divisa. Schiavi anche loro di questo sistema, esattamente come lo siamo io ed Alexys.
Passo davanti a tutti loro finché la mia attenzione non viene catturata da una senza-voce in particolare. Ha i capelli dorati e gli occhi lucidi. Nel vedermi il suo volto si illumina di un sorriso caloroso e commosso, che ha un qualcosa di familiare. La guardo confuso mentre lei allunga le mani verso di me, ma Mona si mette in mezzo bloccandola
“Portatela via! Non ci servono senza-voce che non sanno stare al loro posto” tuona rivolgendosi verso uno degli addetti alla sicurezza. La ragazza viene trascinata via nonostante le sue evidenti proteste. Vorrei urlare di lasciarla andare, perché non sta facendo assolutamente nulla di male, ma qualcosa dentro di me mi blocca. Mi sento strano, sento una morsa al cuore. Non mi sono mai sentito così.

Non faccio in tempo a reagire, la ragazza è ormai scomparsa.

 

Caitria “Cat” Dalekein, tributo del distretto 6, Capitol City

Mi guardo intorno spaesata. Il soffitto è altissimo e le pareti sono decorate con affreschi rappresentanti donne seminude che ballano sulle nuvole. L'atmosfera è tranquilla, l'aria è calda ed odora di sapone. Mi sono sempre immaginata il centro estetico degli Hunger Games come un covo di pazzi isterici che strillano anche solo per un rossetto del tono sbagliato. Riesco ad immaginarmelo perfino adesso: “Avevo detto ciliegia profondo! Non ciliegia Hollywood!” A proposito, chissà dov'è localizzata la vecchia Hollywood. Se non mi sbaglio dovrebbe essere affondata con la prima ondata di terremoti.
“Caitria?”

Capitol City si è sempre sentita vicina a quel posto e ha raccontato molte storie commuoventi in tema. Mi chiedo quante di loro siano vere. Sono certa che quella di Patrick Nemus detto “Panem” sia falsa. È un personaggio troppo puro, altruista e perfetto per essere vero. Non può essere il vero fondatore di questa nazione.
“Cat!”
È sicuramente un frutto della propaganda capitolina allo scopo di innalzarsi al di sopra dei distretti. Chi è il vero fondatore di questa nazione? Sicuramente un uomo disonesto, approfittatore e subdolo, che non esitava a schiacciare quelli che considerava dei pesi. Se solo esistesse una macchina del tempo potremmo aggiustare il tutto. Magari in una realtà alternativa non sarei qui, e la mamma... che sciocca. In un mondo giusto non sarei neppure nata.
“Cat!” urla di nuovo la voce
“Che vuoi?” replico scontrosa. Non mi piace quando mi strappano via così violentemente dai miei pensieri. L'uomo in questione è un capitolino con un colorito verde pallido e con numerosi tatuaggi tribali verde scuro su tutto il corpo. È buffo, sembra essere uscito da una foresta. È un modo strano per agghindarsi, certo, ma è fantasioso. L'uomo sembra un po' a disagio, deve esserci rimasto male per la mia uscita. “Scusa” affermo controvoglia “Ero persa nei miei pensieri”
Il signore verde sghignazza quasi divertito “Figurati tesoro, sono un'artista, so cosa significa” accenna con un grosso sorriso “Mi chiamo Ferbus a proposito” aggiunge. Tendo la mano per cortesia, ma lui neppure si accorge del mio gesto. Ritiro la mano in fretta, sperando che nessuno abbia visto la scena ed abbia pensato quanto fossi goffa. Ferbus mi afferra delle ciocche e le esamina da vicino. Riesco ad intravedere con la coda dell'occhio la sua scontentezza. Posso capirlo, perfino io che non so nulla della cura del corpo so che i miei capelli sono un disastro.
“Meno male che ti hanno assegnato a me. Sono un vero mago, lo sai?” dichiara con orgoglio. Ferbus continua a studiarmi, e non posso che sentirmi profondamente a disagio. Sono una persona, non uno dei quei cani in uno stupido concorso di bellezza. Ti prego, smettila! “Sei tesa come una corda di violino, rilassati” mi consiglia.
“È che non mi piace essere guardata così” confesso sperando così di farlo smettere.
Diversamente da quanto sperassi invece, Ferbus scoppia di nuovo a ridere “Sei a Capitol! Tutti ti guarderanno così, abituati”. Sospiro, la cosa non mi fa sentire affatto meglio. “Entra in quello stanzino e spogliati” mi ordina indicando la prima stanza a destra. Mi stringo forte ed arrossisco. Ho la stupida impressione che Ferbus possa vedermi sotto i vestiti, completamente nuda. Mi sento vulnerabile, vorrei davvero scappare.
“È necessario?” chiedo
“Sappiamo tutti com'è fatta una donna nuda!” esclama scocciato dalla mia reazione “Non hai nulla di cui vergognarti” Ah, se lo dice lui! Mi volto verso la porta, tentata di scappare via e tornare in camera, ma a questo punto entra una giovane ragazza. Non ha le stramberie tipiche della capitale, anzi è molto acqua e sapone. L'unica eccezione è forse la sua capigliatura che ricorda tanto le orecchie di un topolino.
“Buongiorno, tutto ok? Sembrare un po' agitati” nota con voce melodiosa
Ferbus sospira lanciandomi uno sguardo di rimprovero “Si vergogna, non si fida della nostra professionalità!” La ragazza mi guarda, come se aspettasse una mia versione dei fatti.
“È vero, io... non sono abituata” ammetto a fatica ricordandomi i consigli di Stan, il nostro mentore: siete umili, ben educati e mostratevi grati. Non sono sicura che riuscirò a soddisfare tutti i punti, ma tanto vale provarci, non ho davvero niente da perdere.
“Mi chiamo Niche, sono la tua stilista. Dal vivo sei ancora più carina” commenta, e dal tono di voce mi sembra perfino sincera. Improvvisamente sento un gran caldo, temo di essere diventata completamente rossa “Vieni con me” aggiunge afferrandomi il braccio. La sua mano è tiepida, candida, priva di calli o di qualsiasi altra imperfezione. Al solo tocco mi vengono dei piccoli brividi piacevoli. La seguo senza protestare, quasi incantata. Sembra una fatina, le mancano solo le ali ed è perfetta. Entriamo in una stanza ampia, con un parquet di legno ben curato e con al centro una sorta di torre con un lenzuolo bianco sopra. Niche si siede per terra, invitandomi a fare altrettanto.
“Perfetto ora siamo sole” sorride radiosa “Adesso dimmi come ti senti” mi incoraggia.
Ci rifletto su prima di parlare. Non so se fidarmi di lei, non la conosco neppure. Tuttavia non ci guadagnerebbe nulla nel sapere come sto realmente, probabilmente il mio linguaggio del corpo ha già rivelato abbastanza.
“Non bene. Mi sento un animale da allevamento” Niche annuisce attenta.
“Deve essere veramente brutto per te, per tutti voi. Non riesco neppure ad immaginarmelo” Non me l'aspettavo questa comprensione, sono sincera “Capitol poi deve essere orrenda per voi. Deve sembrarvi il regno dello spreco. Sai una cosa? Lo è davvero” Distolgo lo sguardo, cercando di scacciare quelle sensazioni che ho provato venendo qua. Il lusso sfrenato, il cibo assaggiato e poi buttato perché non considerato buono... per me è stato troppo. Mia madre è morta di fame, sacrificando quel poco che guadagnava prostituendosi per darlo a me. Era la migliore al mondo ed è morta perché mi aveva troppo. Capitol intera è un insulto alla sua memoria.
Deve essermi sfuggita una lacrima, perché Niche mi passa un fazzoletto. La ringrazio per il gesto gentile. “Sai” riprende lei poco dopo “È pensando a questo quando ho creato il tuo vestito. Guarda, te lo faccio vedere”. Niche si alza e toglie il lenzuolo dalla torre. Sotto c'è un manichino che indossa un corpetto costruito da fogli di metallo in rilievo, con un ampia gonna argentata che si apre all'altezza del ginocchio. “È fatto con materiali riciclati, spero ti piaccia” Mi avvicino con cautela a quella meraviglia, toccando delicatamente il materiale che lo compone. Mi volto verso Niche mostrandole uno dei miei rari sorrisi “È perfetto”

 

Achille “Il paladino” Edipo, tributo del distretto 2, Capitol City

Per quanto mi sforzi non riesco a capire le ragioni di questa pagliacciata. Che senso ha la sfilata? Secondo me si dovrebbe fare una settimana di duro allenamento e poi ci dovrebbero inviare direttamente in arena, basta. I riflettori, le domande banali, i costumi e la folla distraggono solamente dal vero obiettivo dei giochi: quello di un duello d'onore fra ragazzi in cerca di gloria da perpetuare alla propria stirpe. Gli Hunger Games sono un rito di passaggio che permettono di elevare il ragazzo in uomo. Partecipare a questa edizione poi è particolarmente prestigioso, non solo perché è la venticinquesima, ma anche perché è piena di giovani in cerca del loro riscatto dopo essere stati venduti dalla loro stessa gente. Spero che saranno tutti motivati, in modo da rendere il tutto ancor più difficile. Voglio combattere contro eroi e soldati, non di certo con delle ragazzine alle prime armi. Se fosse per me consentirei l'ingresso in arena solo ai più forti, meglio ancora solo ai maschi più coraggiosi. È da vigliacchi mandare le donne qua dentro.
Angelie entra dentro la camera spalancando la porta con un calcio. Sta indossando il costume della parata, ma le manca ancora il trucco. Indossa un mantello color rosso mattone con sotto un abito bianco, corto e con un grosso drappeggio sul davanti. Ai piedi ha dei sandali con tacco dorati.

“Dobbiamo parlare” sentenzia rapida lanciandomi degli sguardi di fuoco.
“Non mi sembra l'ora” le faccio notare. La mia stilista dovrebbe essere qui a breve. Sono già in ritardo per questa patetica sfilata, non voglio perdere altro tempo.
“Non è mai l'ora per te, vero? Continui a rifilarmi una scusa dopo l'altra!” mi accusa. Sospiro, immagino che non possa evitare per sempre questa discussione. Non ne capisco il senso comunque. Non ho mai fatto promesse a nessuno, sono loro che si sono creati delle aspettative su di me.
“Cosa vuoi da me?” le chiedo incoraggiandola a parlare
“Cos'è questa storia che non vuoi far parte di questa alleanza?” Digrigno i denti infastidito, Leontius deve averglielo detto nonostante gli avessi chiesto espressamente di non dire niente a nessuno. Non mi sarei dovuto fidare.
“Non voglio allearvi con voi, mi dispiace se davate per scontata la mia presenza” In realtà tenevo in conto l'alleanza con i favoriti come ultima spiaggia. Non ho bisogno di alleati che hanno avuto il mio stesso addestramento e che sanno fare le mie stesse identiche cose; per sopravvivere necessito di qualcuno che possa compensare le mie mancanze. Un tributo del sette, o dell'undici o anche del dodici andrebbe bene. Meglio se una ragazza, così potrò proteggerla dalle insidie e dai pericoli, evitando che muoia subito.
Angelie non la prende affatto bene, anzi. Si avvicina con passo svelto, afferrandomi per il bavero della t-shirt “Sei un maledetto schifoso traditore”
“Non ho tradito un bel niente, non ho mai giurato nulla” le faccio notare. Per tutta risposta Angelie mi tira un pugno sul naso. Indietreggio per il dolore, mentre stringo la parte soffice del naso per bloccare l'emorragia. Non credo che me l'abbia rotto, o il dolore sarebbe molto più forte. Angelie si mette in posizione di difesa, aspettandosi un contrattacco, ma si sbaglia di grosso. Non mi abbasserò così tanto, non colpirò mai una donna.
“Che state facendo?” urla una voce stridula. Mi giro. È appena entrata una donna di mezz'età molto minuta con addosso degli occhiali talmente grossi da coprirle buona parte del volto. È completamente paonazza “Ferirvi è contro il regolamento! Avete idea in che guaio potreste cacciarvi se qualcun altro lo scoprisse? Non lo denuncerò, ma cambierò sicuramente idea se lo vedrò di nuovo una cosa del genere” La ringrazio mentalmente, non voglio di certo creare un handicap sui miei avversari. Non sarebbe assolutamente leale.
Angelie rilassa i muscoli, voltandosi nuovamente verso di me “Vedi di starmi alla larga i prossimi giorni. Ci rivedremo in arena, sarà una gioia immensa farti fuori” minaccia prima di andarsene.
“Che diavolo le hai fatto per mandarla così fuori di testa?” mi domanda la stilista una volta che siamo rimasti soli
“Chi ha detto che è colpa mia?”
“Sei un uomo, hai automaticamente torto a prescindere” risponde maliziosa appoggiando la valigia a terra “Vado a prenderti del ghiaccio, qua dentro c'è il tuo abito. Se vuoi vederlo fai pure, ma guai a te se lo sporchi di sangue!”. Quando esce apro la valigia incuriosito dallo scoprire quale sia l'abito che sarò costretto ad indossare, sperando che non sia nulla di pomposo o fuori luogo. Trovo un mantello simile a quello di Angelie, un canotta bianca drappeggiata e un ampio di pantaloni comodi. Per finire un paio di sandali dorati. Non mi piace il look, proprio per niente.
“Tieni il tuo ghiaccio” dice la stilista passandomi una piccola sacca blu “Mentre ti passa il dolore ti tolgo le perlin...”
“No!” Urlo vigoroso. Non voglio che mi tocchino i capelli, li adoro, fanno parte del mio essere. Ogni perlina simboleggia un avversario sconfitto o una prova superata.
“Sei proprio un bambino!” si lamenta lei. Questo è troppo. Non mi sono mai lamentato fino adesso, ma a tutto c'è un limite.
“Non voglio un nuovo look, voglio le mie perline e soprattutto un altro abito”
La stilista sgrana gli occhi “Io ho solo questo!” ribatte seccata “O vai così, o nudo o con il mio abito!”
Mi fermo a riflettere. Come posso uscire fuori da questo impiccio? All'improvviso mi ricordo del museo degli Hunger Games appena dietro all'angolo.
“Il costume da oplita di Achille Peride. Voglio quello” È perfetto. In fondo sono qui per riabilitare il suo nome, per dimostrare che il nome Achille non è sinonimo di morte o maledizione. Il mio omonimo non era la persona che tutti credevano, non era un sanguinario, non era un pericolo. Era una persona, una brava persona. Lo so, l'ho conosciuto anche se non ho avuto l'onore di essere suo amico.
“Cosa? Non so neanche se posso prenderlo e...”
“Per favore” la interrompo supplicando “Sono disposto a fare penitenza andando a piedi durante la sfilata se me lo procuri” La stilista sospira esasperata, deve aver capito che sono fermo sulla mia decisione.
“Va bene, ci provo, ma non prometto niente!” esclama prima di correre verso il museo. Devo avere quell'abito, ho una missione da compiere in fondo.

 

Chester Colin Herstone, tributo del distretto 3, Capitol City

Osservo fuori dalla finestra dopo essermi tolto lo scomodo gilet. Sul giardino del retro intravedo una ragazza con i capelli rossi piroettare allegra, con addosso un abito ampio simile a quello di una principessa medievale. Ad occhio e croce direi che appartiene al distretto 8. Non credo che una tipa del genere possa vivere molto a lungo dentro l'arena, ma almeno sembra contenta per ora, buon per lei.
Il mio completo invece non mi convince del tutto, ma ad essere onesti mi aspettavo di peggio: pantaloni neri, camicia senza maniche, gilet fatto con fili elettrici incrociati ed una cravatta azzurra che si accende di azzurro premendo un semplice bottone. Potrei perfino apprezzarlo se non fosse il mio vestito da vetrina per convincere quei cani a scommettere su di me. Ho una gran voglia di buttare via tutto e passare la serata qua da solo. Preferirei di gran lunga cercare di chiudere gli occhi e di dormire decentemente per un paio d'ore almeno, anche se probabilmente passerei il resto della serata a studiare un piano per l'arena. È inutile, per quanti i dubbi affollino la mia testa, continuo a rimanere aggrappato alla vita, come sempre. Razionalmente non credo che sopravvivere abbia ormai un qualche senso logico per me, eppure ho paura perfino adesso. La mia natura umana prevale comunque, è inutile. Di fronte al pericolo tremo e tremerò sempre come quando ero bambino, supplicando santi e falsi dei per vivere ancora un giorno. Mi chiedo se anche mio padre l'abbia fatto quando ha capito di essere spacciato. Mi auguro con tutto il cuore di sì.

Osservo da vicino la cravatta, individuando i meccanismi che permettono il suo funzionamento. Il meccanismo è molto elementare, dalle nostre parti un bambino potrebbe replicarlo facilmente.

Qualcuno bussa alla mia porta, deve essere l'ora dello spettacolo.
“È aperto” suggerisco senza distoglie gli occhi dal marchingegno. Sarebbe stato veramente figo se poteva sparare raggi laser. Insomma, se devo dare spettacolo tanto vale farlo per bene, no?
Asyan entra con passo esitante, guardandosi freneticamente intorno come se cercasse dei pericoli. Se sopravvivessi mi ridurrei anch'io così? Avrei paura della mia stessa ombra? Ho paura di scoprirlo. Appoggio la testa sul palmo della mano. Sono così confuso, ho bisogno di più tempo per pensare.
“Sei pronto?” mi domanda la mentore. Mi rinfilo il gilet in fretta e faccio cenno di sì. Asyan mi scorta fino all'ascensore dove c'è Jasmine ad aspettarmi. Il suo vestito è creato per essere perfettamente coordinato al mio. Indossa infatti un abito interamente creato da fili elettrici incrociati che si illumina di azzurro premendo un bottone sul fianco. È truccata pesantemente con dell'ombretto azzurro, e i suoi lunghi capelli neri sono raccolti in un'elaborata conciatura sostenuta da dei cerchi di rame. Porta anche degli orecchini intonati, è la prima volta che noto che ha buchi alle orecchie. Noto divertito che ha un codice binario stampato sulle unghie. Ammetto che quello è un tocco di classe. Jasmine mi sorride enigmatica, in maniera quasi indecifrabile. Ad essere onesto non mi è mai piaciuta. C'è qualcosa in lei che mi ha sempre messo in allarme: ha un lavoro ad alta responsabilità già alla sua età, ha lasciato la scuola perché riteneva di non poter più imparare nulla là dentro, è un genio precoce, è educata quando si rivolge gli altri, ed infine le sue uscite sono sempre curate, come se studiasse ogni sua minima frase. Deve essere una recita, non trovo altra spiegazione. L'essere umano è un agglomerato di difetti, e se uno non li ha, è solo perché li sta nascondendo. Mi chiedo dunque quanta merda nasconda in realtà in questa donna.

Sentiamo le ultime noiose raccomandazioni della capitolina, ed entriamo da soli dall'ascensore. È dalla mietitura che sono sempre costantemente seguito da una balia, decido dunque di godermi il mio unico minuto di libertà.
“Che scocciatura la parata, non ne ho proprio voglia” esordisce Jasmine all'improvviso lasciando alquanto perplesso. Non mi aspettavo un'uscita del genere da parte sua. Mi è sempre sembrata così ligia al dovere e... improvvisamente capisco. Il suo modo di relazionarsi agli altri... lei dice solamente ciò che gli altri vogliono sentirsi dire. Lo sta facendo perfino con me!
“Non attacca” replico visibilmente arrabbiato. Non riuscirà a manipolarmi.
Jasmine fa una leggera risata alquanto fuori luogo “Non so di cosa tu stia parlando”
Premo il pulsante per fermare l'ascensore. Jasmine mi guarda con ansia, per la prima volta le vedo addosso un'emozione genuina “So cosa sei” le spiego con calma “Con me non attacca”.
Jasmine esita prima di rispondere, sta sicuramente studiando la prossima mossa. Per un momento sembra voler sostenere la recita accennando un piccolo sorriso, ma poi ci ripensa mostrandosi scocciata
“Sei più furbo di quanto pensassi” costata “Mi devi aver osservata a lungo”
“Non farti strane idee. Non sei il mio tipo” replico freddo
“Cosa intendi fare con me? Vuoi dire a tutti quanto sono brutta e cattiva?”
“No” replico in fretta. Non ho alcun motivo per farlo, il mio unico desiderio è che non mi utilizzi come un suo burattino. Jasmine mi guarda interrogativa, come se volesse sapere il motivo della mia decisione. Prendo un grosso respiro e premo il bottone per far riandare l'ascensore. “Sei una bomba ad orologeria, non ho problemi se esplodi altrove, anzi... solo non coinvolgermi” Non saremo alleati, ma ciò non significa che non possiamo rivelarci utili l'uno all'altro.
Intravedo Jasmine sorride soddisfatta “Grazie” afferma mentre esce dall'ascensore.
A quanto pare siamo gli ultimi ad arrivare, sembrano essere tutti qui.
“Finalmente!” grida una ragazza armata di cuffie e registro “Andate sull'unica carrozza vuota che a breve si parte” Jasmine si scusa a nome di entrambi per il ritardo, e raggiungiamo a passo svelto i due cavalli maculati. Noto che Jasmine guarda con attenzione i tributi davanti a noi, ovvero quelli dei primi distretti.
“Vedrai che grosso boom farò, Chester” mi sussurra maligna.

 

Bruce Mcron, tributo del distretto 5, Capitol City

Mi stringo forte alla balaustra, pregando di non scivolare a causa delle mani sudate. I tributi del primo distretto sono appena partiti, non mancherà molto a noi. Sono agitato, non voglio mostrarmi al mondo, perché dovrei farlo? Non è sufficiente il fatto che moriremo in diretta sotto gli occhi di tutti, fra le loro risate e le lacrime dei nostri cari?
“Bruce” mi rassicura Hellen stringendomi la mano. La osserva commosso per il suo buon cuore, ma dura poco. Hellen ritrae la mano subito velocemente, come se ne fosse pentita. La capisco, non è il luogo adatto per farsi degli amici, ma non può di certo rinnegare la sua natura da un giorno all'altro. La conosco abbastanza per sapere che è una ragazza buona e gentile, che non farebbe mai del male a nessuno. Che ha il nostro distretto al posto del cervello? Perché noi due?
“Mi sento ridicolo” le rivelo mentre fisso il pelo bianco del cavallo “Non voglio farmi vedere conciato in questo modo”. Non mi piace il costume che mi hanno affidato. È pieno di borchie e me lo sento stretto. Senza contare che questo cappotto nero e lunghissimo, unito al calore dei riflettori e all'agitazione, mi sta facendo sudore come un maiale. Ho infradiciato tutta la camicia argentata, spero che non lo noteranno.
“So come ti senti” replica sorridendo. Effettivamente anche Hellen è messa maluccio: ha degli stivali pieni di spuntoni che possono essere tranquillamente considerati come armi improprie, un body argentato che lascia completamente scoperte le cosce, e una giacca borchiata abbinata al mio cappotto. I capelli sono raccolti in una coda altissima.
“Non credo che i nostri stilisti abbiano mai visitato il distretto 5” noto. Non capisco come si possano associare questi vestiti al lavoro che produciamo con tanta fatica. Almeno sono sicuro che papà si farà due risate vedendoci. Può anche darsi che sia io a che non arrivarci non capendo nulla di moda.
Hellen acconsente indicando poi la ragazza del dodici “Guarda il lato positivo, non siamo messi male come lei” Do un occhiata veloce a Marissa (si chiama così, vero?). Il solo spettacolo mi lascia scandalizzato, e non sono neppure del distretto 12! Indossa una sorta di divisa da minatore profondamente modificata: al posto dei pantaloni ha una minigonna cortissima, indossa inoltre anche dei tacchi esagerati laccati di rosso e canotta bianca profondamente scollata. Riesco ad associarla ai minatori sono grazie al caschetto giallo e al giubbotto pesante. Senza quegli elementi darei per scontato che il distretto 12 sia quello delle battone. Sono sicuro che la scelta sia stata fatta solo per evidenziare le forme della ragazza. Non mi sembra una buona strategia, così facendo lo stilista ha finito per sminuirla.
“Sono confuso” confesso sbalordito ad Hellen scatenando in lei una piccola risata. Sembra che stia per aggiungere altro, ma i nostri cavalli partono verso la piazza. Mi stringo con maggiore forza alla balaustra, mentre sento la folla acclamarci come se fossimo degli eroi. Mi sento un imbroglione, non ho fatto nulla per meritarmi questo entusiasmo. Non sono un eroe, solo una vittima sacrificale. Tutti qui lo siamo, dai più deboli ai favoriti. Aspetta, perché il tributo del due sta andando a piedi? Chiudo gli occhi, non voglio pensarci, preferisco nascondermi inchinandomi la testa verso il basso. Non vogliano che capiscano quanto mi sento a disagio. Voglio solo finirla, non sono fatto per queste cose.
“Finirà anche questa” mi sussurra Hellen nel tentativo di consolarmi. La sorrido ringraziandola. Già, finirà prima o poi, finirà tutto. Fra quattro giorni potrei essere già morto. Cavolo... non è possibile. Alzo la testa tremante, guardando il mondo in festa intorno a me. Sono vicino alla morte, eppure intorno a me c'è un'esplosione di vitalità che non avevo mai visto prima. Quante cose non avrà mai? Il primo amore, il matrimonio, i figli, la carriera. Di fronte a tutto questo loro ridono e si divertono. I volti dei capitolini mi sembrano deformati, sono dei mostri che stanno per assaltarmi alla gola per uccidermi e togliermi via tutto. Mi vogliono morto e io... io li odio! Come possono farci questo? Li odio! Come possono divertirsi di fronte a questa vergogna? Come possono trattarci come animali? Li odio! Li odio! Li odio!
Stringo con maggiore forza, sento i muscoli irrigidirsi per la tensione, mentre nel mio cuore si espande una sensazione sconosciuta che mi avvelena completamente.
“Bruce” mi sussurra Hellen mettendo la mano sulla mia spalla “Che ti prende?” Scuoto la testa, il suo tocco gentile mi strappa via da quei pensieri, riportandomi alla calma. Che cosa mi è preso? Io non sono così, non agisco mai quel modo. Devo essere troppo stressato, è troppo per me, e la mia mente sta cedendo. Sono meglio di così, non posso farmi trascinare a fondo. Devo rimanere lucido, solo così posso avere qualche possibilità di tornare a casa. Non posso lasciare papà da solo, ha solo me.

La sfilata finisce e possiamo scendere finalmente da quel mezzo instabile. Mi sento debole, faccio fatica a reggermi in piedi. Sunny ci viene incontro come una furia, mi afferra per l'orecchio e mi trascina via
“Mi fai male!” protesto

“Ti meriti di peggio! Là sopra hai fatto una pessima figura!” mi rimprovera. Cazzo, devono averlo notato tutti allora. E gli sponsors? Merda, no! Sono rovinato!
“Non dire così!” mi difende Carol, la nostra accompagnatrice “A me è sembrato sprezzante e coraggioso. Un leone che non si piega di fronte alle avversità!” afferma con un tono teatrale. Un leone? Chi io? Stiamo parlando della stessa persona?
Hellen mi dà una pacca sulla spalla “Non sapevo che fossi così tosto!” Ci deve essere stato un fraintendimento. Non sono un guerriero, là sopra mi sono solamente fatto prendere dai sentimenti, tutto qui.
Sunny ha le braccia incrociate e ci guarda entrambi con estrema attenzione “Sapete una cosa? Lo spettacolino messo in scena da Bruce mi ha fatto capire una cosa. Dite un po', avete mai pensato di allearvi voi due? Sembrate nati apposta per questo”

 

 

 

 

 

 

Cammeo: Derek, Asyan, Cassandra, James (mentori) ed Achille Pelide (ex tributo)

Capitolo in anticipo ^^ La prossima volta avremo gli allenamenti. Penso che prima dell'arena ci saranno ancora 3 capitoli circa. So che non vedere l'ora di vedere i vostri beniamini massacrati, ma vorrei procedere con calma XD Alla prossima (probabilmente venerdì)!

p.s. Non preoccupatevi se rispondo tardi alle recensioni.

 

 

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Capitolo 8
*** Dammi una mano ***


Allenamento: giorno 1

 

Jasmine Thompson, tributo del distretto 3, Capitol City

Si definisce un gruppo sociale un insieme di persone che interagiscono fra di loro influenzandosi. Ognuno ha un suo ruolo, un suo status e delle aspettative. Il gruppo è caratterizzato dalla dinamicità, e dunque i suoi equilibri si modificano nel tempo. Ciò vale soprattutto per i gruppi appena sorti, come quello dei favoriti.
Non mi aspettavo che la sociologia si sarebbe rivelata utile. Ho sempre pensato che le scienze sociali fossero le pecore nere della scienza, invece guarda un po', anche loro hanno una loro utilità.

Basandomi su questi aspetti e sulle precedenti edizioni, posso presumere che i favoriti siano più deboli di quanto si pensi. Basti pensare che tutti loro si aspettano di morire per mano dell'altro, difficilmente sostengono che sarà un altro gruppo a farli soccombere. Si tratta dunque solo di diffondere uno stato di paranoia, di mettere in contrasto i loro diversi ideali. La parte veramente difficile sarà raccogliere i dati in tempo. Ho fatto ricerche di mercato in tempi record in passato, so che è difficile, ma non impossibile.
Ho avuto modo di parlare con qualche accompagnatrice prima della sfilata, e sono riuscita a scoprire dove si riuniranno i favoriti questa mattina: primo piano, appartamento dei tributi del distretto 1. Mi sarà sufficiente aspettarli davanti alla porta d'ingresso così al loro arrivo...
“Ehi tu, che ci fai qui?” chiede una ragazza alta con l'abbronzatura tipica del distretto 4.
“Vi aspettavo” rispondo con semplicità, accennando un sorriso. Noto con interesse che insieme a lei c'è solo la ragazza del due. Dunque le voci che dicevano che Achille non voglia far parte nei favoriti sono vere. Dov'è però il ragazzo del quattro?
“Un'altra che vuole unirsi a noi” commenta scocciata la ragazza del due. Quindi qualcuno mi ha già preceduta? Questo potrebbe complicarmi le cose, forse partiranno più prevenuti di quanto ipotizzassi.
“Immagino che tutti vogliano giocare in modalità facile” mi difendo. Il mio commento sembra piacere ad entrambe.
“Senza offesa tesoro, ma non è motivo valido per farti entrare” commenta Angelie
“Non sono qui per supplicare, ma per contrattare” faccio notare con aria sicura. Devo mostrare di essere come loro, lontana dal trasmettere disperazione.
“Ok, ti ascolto” replica Krinsda, probabilmente quella con la mentalità più aperta fra le due
“Non mi pare il caso” le fa notare con tono gentile l'altra
“Concordo, entriamo?” domando retorica dato che ho già bussato alla porta. Hanno l'aria di essere sicure di sé, non disprezzeranno dello spirito di iniziativa.

Mi apre un ragazzo muscoloso che ha probabilmente esagerato con l'autoabbronzante. Mi fissa con sospetto, per poi guardare con astio le altre due “Cos'è questa storia? Dov'è Libero?”
“Dice di avere mal di testa, ha detto che tarderà un po'” Informazione interessante. Ne soffrirà spesso?
“Ciao” ci saluta Judith, l'unica a non sembrare infastidita dalla mia presenza
“Vuole un provino” afferma Krinsda con disinvoltura
Adrian ci pensa un po' su “L'ultimo che abbiamo concesso è stato a dir poco imbarazzante. Quella mi ha perfino messo le mani dentro le mutande per convincermi! Non che me ne lamenti, però...”
Judith arrossisce, mentre Angelie scoppia a ridere “Non la sapevo mica questa storia!”
“Maiale” commenta disgustata Krisda
“Ehi! Io non ho obbligato nessuno!” si difende lui
“Ma la sega l'hai accettata lo stesso” nota Krinsda
“No! È ovvio che l'abbia bloccata, scema! ” risponde imbarazzato.
“Possiamo passare ad altro, per favore?” chiede Judith, che non sembra essere molto abituata a discorsi del genere.
Sembra che i favoriti abbiano legato abbastanza fra di loro, ma è facile ora. Durerà anche in arena quest'atmosfera? Non credo. La paura rovinerà tutto.
“Dunque, dici un po' cosa sai fare....”
“Jasmine” mi presento
“Sappiate che sono contraria a prescindere” afferma Angelie senza mezzi termini
“Neppure a me piace tanto l'idea” aggiunge Adrian. Posso accettarlo, immaginavo che alcuni di loro fossero così chiusi nella classica strategia da non aprirsi alle nuove possibilità. Devo puntare su Judith e Krinsda dunque. Prendo fuori dalla tasca dei pantaloni il mio biglietto da visita
“Sono la direttrice del settore ricerca e sviluppo presso l'azienda di mio padre. Ho un I.Q. parecchio alto tant'è che sono l'attuale campionessa interregionale di scacchi. Il mio distretto mi ritiene la migliore, per questo sono qui” Espongo il tutto cercando di nascondere l'orgoglio. Potrò sembrare fredda, indifferente, ma sempre meglio di dare l'impressione di essere sentimentale e dunque illogica.
“Ammetto che ha più potenziale di quella tipa del dodici” commenta Angelie
“Chissà cosa ne pensa il nostro Adrian” aggiunge Krinsda maliziosa
“Oh! Dacci un taglio!”
Mi faccio sfuggire un piccolo sorriso, allo scopo di stabilire un contatto di natura emotiva “Spero di esservi d'aiuto, soprattutto dato le voci che girano...” alludo sperando che abbocchino
“Quali voci?” domanda Judith allarmata.
“Si dice che Achille vi abbia lasciati, e con un membro in squadra in meno non siate poi così temibili” Come immaginavo, tutti e quattro iniziano a parlare sopra l'altro lamentandosi dei pettegolezzi. Li ho feriti nell'orgoglio, ma era necessario “Lo so, è assurdo. Per me siete ancora voi quelli con maggiori probabilità di vittoria, per questo sono qui”
La porta d'ingresso si apre ed entra un ragazzo abbronzato ed attraente. Deve essere Libero
“Belli, la porta era chiusa male” fa notare “Ciao, comunque” Ricambiamo il saluto praticamente all'uniscono. “Ho sentito il discorso e per me va bene, anzi benissimo” Gli dedico un sorriso per ringraziarlo dell'appoggio. Mi chiedo come mai mi abbia accettata senza battere ciglio. Nasconde qualcosa?
“Sto con il principino” esclama Krinsda “Insomma....” aggiunge ignorando le lamentele di Libero circa il modo cui l'ha chiamato “...i favoriti sono composti dai tributi più forti, e questa mi sembra parecchio tosta” E siamo a due
“Contro” afferma Angelie “Forse non sta mentendo, ma è comunque priva di un allenamento”
“Cos'è? Hai paura di lei?” la provoca Krinsda. Contrariamente a quanto mi aspettassi, Angelie non le risponde male, ma si limita a farle la linguaccia.
“Contro” aggiunge Adrian “Abbiamo faticato per arrivare qui, non voglio rischiare di perdere tutto” Tutti ci voltiamo verso Judith, l'unica che non ha ancora votato.
“A favore” annuncia nonostante le proteste di Adrian ed Angelie “Non butterò via del potenziale solo perché non è tradizione accettare qualcun altro dentro il gruppo”
“Grazie, non ve ne pentirete” mento. Eccome se lo faranno.

 

Cassian Nayor, tributo del distretto 12, Capitol City

Cerca un'alleanza”.

Da quel maledetto giorno le parole di mia madre continuano a ronzarmi in testa senza sosta. Da quando ho iniziato a peggiorare, ha sempre cercato di farmi capire che non c'è nulla di male nel chiedere aiuto, e mi toccherà impararlo nel peggiore dei modi. Da solo ho la certezza assoluta di non farcela, ma con qualcuno accanto potrei vivere un giorno in più. Sto facendo di tutto per trovare un alleato, mi sto dimostrando gentile con tutti, perfino con Marissa. Mi ha rifiutato subito, prima ancora che potessi formula la mia domanda. Che sciocco che sono stato, era ovvio che mi respingesse. Forse in fondo è meglio così, non potrei mai fidarmi di lei. Che dico, non mi fido di nessuno di loro. Solo uno ne esce vivo, tutti mi tradiranno prima o poi. Ho paura, sento ogni minuto scivolarmi via per sempre. Mi sto avvicinando alla fine, e non posso far nulla per contrastarla, posso solo lottare per allungare la mia vita di qualche ora. È come se sentissi il ticchettio continuo di un orologio. È troppo per me, sono stanco, veramente stanco.
Mi giro dall'altra parte del letto, ma mi accorgo che il cuscino è un po' bagnato. Anche le guance lo sono, devo aver pianto. Neppure questa volta me ne sono accorto. È inutile rimanere qui, tanto vale alzarsi e mangiare. Oggi inizieranno gli allenamenti, devo prepararmi bene perché la mia vita dipende da questi tre giorni. Ho bisogno di un alleato che sia disposto a diventare i miei occhi. Ci sarà pur qualcuno là dentro con abbastanza cuore da avere pietà di me. Per amor dell'onestà mi toccherà confessargli il mio problema, anche se spero con tutto me stesso che se ne accorga da solo. Ho detto solo una volta ad alta voce di essere quasi cieco, ed è stato con i miei genitori. Mi hanno praticamente strappato la confessione, dato che per loro erano diventate lampanti le mie difficoltà. Perfino la mamma se ne era accorta, i miei racconti sulla vita del distretto erano diventati troppo fantasiosi, troppo imprecisi per essere veri.

Mi vesto con i vestiti ufficiali che ci hanno rilasciato, ed esco dalla stanza facendo attenzione, simulando per l'ennesima volta una vista perfetta. Non voglio che Joe sappia della malattia, da lei dipendono i miei sponsors. Quella donna potrebbe rappresentare la differenza fra la vita e la morte.

Faccio maggiore fatica a muovermi rispetto al distretto 12. Non conosco l'ambiente e le stanze sono troppo ricche di mobili ed altri aggeggi per i miei gusti. Cerco di scansare tutte le ombre che intravedo, seguendo il rumore del cucchiaino che mescola qualche liquido dentro una tazza di ceramica. La sala da pranzo è necessariamente da quella parte. Nell'aria c'è odore di lavanda e vaniglia, il profumo di Joe. Deve essere lei quella seduta a tavola, anche se mi chiedo come mai abbia smesso così bruscamente di girare lo zucchero.
“Buongiorno” la saluto fissando con intensità la sua ombra. Noto che questa volta non ha indossato colori accessi, peccato.

“Buongiorno” risponde rapida e con tono più acuto del solito. Avverto un certo disagio o è una mia impressione?
“Va tutto bene?” le domando sospettoso. Perché non mi ha ancora bombardato di pettegolezzi e curiosità su Capitol? In questi giorni non ha fatto altro e ho apprezzato parecchio questa sua tendenza chiacchierona. Mi è piaciuto ascoltare le sue storie.
“Sicuro” replica alzandosi bruscamente dalla sedia “È tutto sul tavolo. Mangia bene, la colazione è un pasto importante!” aggiunge prima di congedarsi. La cosa mi puzza alquanto, vorrei inseguirla per sapere se c'è un qualche problema, se ha bisogno di una mano, ma ha già sbattuto la porta di quella che è presumibilmente la sua camera. Non vorrei che ci fossero dei problemi con gli sponsors, o che abbia litigato di nuovo con il nostro mentore. Pensandoci bene sembrava a disagio per colpa mia. Se si fosse accorta del mio problema? No, impossibile, non è abbastanza attenta a meno che... scuoto la testa, spero che Marissa non sia capace di un colpo così basso. Cosa ci guadagnerebbe nel mettermi in difficoltà? Così come son messo non rappresento alcuna minaccia. Screditarmi sarebbe solamente tempo perso.
Allungo la mano su quella che sembra essere una fetta di torta. L'assaggio, ma ingoio il boccone a fatica. Sa di arancia e di qualche liquore, sapori troppo forti per i miei gusti. Mi dispiace sprecare il cibo, soprattutto considerando che a casa abbiamo ben poco da mangiare. La finisco a fatica, mangiando in seguito una fetta di un'altra torta per cancellare il sapore della prima. Sono più fortunato: è a base di crema e morbido Pan di Spagna. Bevo un sorso di quella meraviglia chiamata cioccolata calda, e mi dirigo da solo verso l'ascensore. Cerco il tasto più in basso e lo pigio, sperando di non capitare per sbaglio negli appartamenti dei favoriti.
Credo di essere arrivato nel posto giusto perché qui i rumori rimbombano molto, e la luce è molto fiocca. Detesto i posti come questo, ci vedo perfino peggio del solito. Cerco di muovermi ostentato una certa sicurezza che in realtà non c'è, sperando nel frattempo di non sbattere contro qualche tributo che non sono riuscito a focalizzare.
Raggiungo la stanza principale che sembra essere parecchio animata. Sento continui passi, oggetti spostati, voci che si sovrappongono fra di loro. È tutto molto confuso, e mi sento realmente spaesato. Che faccio adesso? Sarà davvero difficile nascondere il mio problema, mi toccherà evitare buona parte delle postazioni, ed annuire alle spiegazioni anche quando non avrò capito. La poco fiducia che avevo mi crolla addosso, sento un enorme dolore allo stomaco e ho le gambe deboli. Ho una gran voglia di tornare indietro, ma qualcuno mi dà una pacca di incoraggiamento. Non riesco a capire chi l'abbia fatto, so solo che è stata una ragazza.
Mi rendo conto a questo punto che non riesco quasi a distinguere nessuno. So che cosa farò oggi. Passo quasi tutta la giornata a cercare di collegare ogni tributo a un particolare suono od odore. Adrian del distretto 1 ad esempio è quello che puzza di più quando suda, Libero del distretto 4 ha un passo talmente leggero che sembra che voli, Richard del distretto 8 tende ad inciampare spesso, mentre Dalissa del distretto 9 odora di tè e ha una voce molto omogenea e limpida.

Durante il mio studio mi accorgo che spesso dopo il mio passaggio la gente vocifera, perfino i tutor. Inizialmente ignoro la cosa, ma con il passare del tempo inizia ad irritarmi.
“C'è qualche problema per caso?” sbotto contro due istruttori che ho beccato a parlarmi alle spalle.
I due esitano prima di rispondere “È che non troviamo molto giusta la tua elezione... dato... il tuo handicap” spiega l'uomo.
Abbasso lo sguardo e stringo i pugni dietro la schiena. Non è possibile. Loro sanno? Lo... sanno... tutti? Sento il cuore pulsarmi con maggiore voga, mentre il mio respiro si accorcia in preda al panico. Sono spacciato! Cos...come farò adesso? Come è potuto accadere tutto questo?
La rabbia prende il sopravvento, mentre nella mia testa rimbomba un solo nome: Marissa. Provo a cercarla, ma mi informano che è già tornata di sopra.
Esco come una furia dalla stanza dirigendomi verso l'ascensore. Io e quella strega dobbiamo parlare.

 

Marissa “Mary” Mellark, tributo del distretto 12, Capitol City

Sono ancora un po' intontita, ma posso sopportarlo. In fondo svegliarsi presto fa bene alla pelle e ti fa rimanere in salute. Mi guardo allo specchio, niente occhiaie, meno male. Mi metto un po' di mascara in modo da evidenziare in miei occhi scuri, devo sembrare assolutamente più cerbiatta del solito. In fondo ho un ospite speciale, devo sfruttare l'occasione. La richiesta di asilo di Achille Edipo è una vera manna dal cielo. Stavo per disperarmi a causa del rifiuto dei favoriti di diventare alleati, quando mi spunta questo omaccione davanti alla porta. Ha lasciato il suo piano perché aveva paura di eventuali ripercussioni a causa della sua scelta di non entrare fra i favoriti. Non avrò la possibilità di far parte di una squadra di super soldati, ma posso pur sempre avere l'appoggio di un vero cavaliere. Devo solo giocare bene le mie carte.
Indosso il completo nero ed oro che ci hanno lasciato i membri dello staff. È veramente orrido: i pantaloni non sono abbastanza aderenti, mentre la maglia è una misura in più del necessario. Decido dunque di personalizzare il tutto annodando la maglia sopra l'ombelico. Decisamente meglio. Speriamo che anche il mio ospite sia d'accordo. Mi chiedo se saranno le belle parole ad abbindolarlo, oppure se sarò costretta a... una piccola spinta in natura. Non sarebbe la prima volta, e neppure l'ultima. Ma no, che dico! Achille mi è sembrato così santerellino con questa sua fissazione dell'onore, che sono sicura che prenderà a cuore la mia causa anche senza utilizzare sotterfugi. Comunque sia essere un pochino alludente non farà male, per quanto sia serio è pur sempre un uomo con i suoi istinti.

Esco dalla stanza, ma in salotto non c'è nessuno. La coperta che gli abbiamo dato ieri è perfettamente piegata e messa in un angolo del divano. Non dirmi che è già andato ad allenarsi. Sospiro, questa storia del trovarsi un alleato si sta rivelando più difficile del previsto.
Nella sala da pranzo ci sono molte vivande, ma sono quasi tutte grasse ed unte. Non ho mai fame la mattina, ma mi sforzo lo stesso a mangiare una pesca per avere qualcosa nello stomaco. In fondo oggi ho molti sforzi fisici da compiere, e sarebbe una bella tragedia se svenissi per un calo di zuccheri.

Scendo all'ultimo piano dove ci sono per ora solamente gli istruttori e i fanatici dell'allenamento dei distretti ricchi. Intravedo Adrian, che ha decisamente esagerato con l'abbronzante, Judith, che non ho ancora capito dove voglia andare con quei capelli blu così ridicoli, e anche quella stangona di Angelie. Meno male che c'è Libero a risollevarmi il morale, lui sì che è un figo! Con quel ciuffo e con quella pelle color caramello mi fa sesso in una maniera incredibile. Non quanto Alan, ma poco ci manca.
“Buongiorno Marissa” mi saluta Achille affiancandomi “Scusa se sono andato senza salutarti, ma era presto e dormivi ancora”
“Tutto apposto, non hai nulla di cui scusarti” replico con un sorriso. Nell'aria c'è un atmosfera un po' tesa, devo essere arrivata giusto in tempo. I favoriti non devono aver preso bene il ritiro del loro potenziale alleato. “Allora, ci alleniamo insieme?” propongo. Achille annuisce senza esitazioni. In fondo me lo devo, il suo trasferimento lo devo a me. In mia assenza avrebbe passato la notte nei corridoi della hall.
Contrariamente a quanto pensassi, passiamo quasi tutto il tempo alle postazioni che insegnano le tecniche di sopravvivenza, come ad esempio accendere un fuoco o riconoscere le orme degli animali. Gli istruttori sono perfino più pallosi degli insegnanti del distretto 12. Faccio un'enorme fatica a mostrarmi concentrata e volenterosa. Purtroppo ho bisogno che Achille si faccia l'impressione migliore di me, e mi tocca lavorare. Nel frattempo mi sforzo anche a fare la simpatica, ma lui non ride quasi mai e sorride molto raramente. È un osso veramente duro.
Ci alleniamo anche un po' sull'arrampicata, ma lo sforzo mi fa sudare e sento di avere addosso quegli orribili aloni sotto le ascelle. Ok, questo è troppo, mi serve una scusa per andarmene.
“Ho un gran mal di testa” mi lamento stringendomi con forza la fronte. Cerco di mostrarmi parecchio addolorata ed affranta. Il qualche modo il trucco funziona.
“Forse è meglio se passi in infermiera” mi suggerisce
“No, non c'è bisogno. Mi è sufficiente riposarmi un po' di sopra. Mi vuoi accompagnare?” propongo. Ho lavorato bene oggi, credo sia il momento giusto per proporgli un'alleanza.

Entriamo dentro l'appartamento e mi siedo con grazia sul divano, accavallando le gambe.
“Grazie mille”
“Di niente” risponde “Se hai bisogno di qualcosa dillo pure” Perfetto, non aspetto altro.
“Veramente avrei bisogno d'altro. Non ho ancora un alleato e oggi mi sono trovata così bene con te che...”
“Marissa!”
La porta si spalanca ed entra Cassian, completa fuori di sé. Ha il volto paonazzo e rigato dalle lacrime. Non faccio in tempo a chiedere cosa vuole che mi attacca “Loro sanno!” mi urla addosso
“Di cosa stai parlando?” chiedo confusa. Achille osserva l'intera scena allarmato, non ci voleva.
“Non fare la finta tonta!” tuona mentre mi cerca con i suoi occhi vitrei “Sanno di me, ed tutta colpa tua!”
“Io non ho detto niente a nessuno!” mi difendo “L'ho confessato solo a Joe!”
“E lei l'ha detto a tutti! Come hai potuto!? Ho perso tutto per colpa tua, puttana!” Ora capisco, quella bocca larga non è riuscita a tenersi stretta quella confidenza. Non era questo quello che volevo. Desideravo solamente che Joe non concentrasse le sue attenzioni su di lui, tutto qui. Non volevo di certo scavare ancora più a fondo la sua fossa. Mi dispiace, soprattutto perché questa situazione rischia di mandare a quel paese l'alleanza con Achille.
“Preinditela con lei allora!” ribatto con ferocia “Non volevo di certo che la cosa degenerasse così tanto!” Cassian si sposta cercando probabilmente la sua stanza, ma finisce per inciampare su un vaso fuori posto. Achille si dirige come una scheggia per aiutarlo, ricevendo un “fottiti” come ringraziamento.
“Cos'è questa storia?” mi chiede infastidito una volta che siamo rimasti soli.
Gli spiego tutto: dal problema di salute di Cassian, alla sensazioni che ho provato quando ho scoperto che Joe voleva aiutare entrambi, alla mia confessione “La cosa mi è sfuggita un po' di mano”
“Un po'? Forse è meglio allearsi con Cassian a questo punto, lui sì che ne ha veramente bisogno” Achille si muove verso la camera del cieco, dunque mi alzo allarmata. Non posso perderlo.
“Aspetta! So che posso sembrare una stronza egoista a volte, ma ho bisogno di te. È vero, Cassian senza alleati non ha speranze, ma neppure io. Ho sempre vissuto in una sfera di cristallo, stra protetta dai miei genitori, non potrei mai farcela da sola. Mi hanno sempre trattata come una principessa e sai una cosa? Penso davvero di esserlo e di meritarmi il meglio. Voglio vivere nonostante tutti quanti mi odino, ho dei fratelli adorabili e un fidanzato meraviglioso, e devo assolutamente tornare a casa da loro. Non posso farcela senza di te, ti prego rimani!” lo supplico con gli occhi lucidi, ma questa volta non c'è alcuna recita sotto. Achille è la mia ultima speranza. “Non ti tradirò mai, lo giuro, so essere molto fedele quando voglio” aggiungo con voce spezzata.
Achille rimane in silenzio, soppesando il peso delle mie parole “Va bene” D'un colpo mi sento leggera come l'aria. Ha avuto pietà di me! “Sappi però che ho codice d'onore che non voglio assolutamente spezzare. Avrò dei limiti dentro l'arena. Fai pace con Cassian inoltre. Chiedigli scusa per quello che hai fatto”.
Lo ringrazio con tutte le mie forze, c'è speranza, c'è ancora speranza.

 

Allenamento: giorno 2

 

Nickolas “Nick” Logan, tributo del distretto 10, Capitol City

Appoggio la corda per terra. Pessima idea sprecare il mio tempo con questa, non sono per nulla portato. Al massimo ho imparato a fare il nodo a cappio, ma nulla di più. Se sapevo che un giorni i nodi mi sarebbero stati utili, avrei chiesto a Nate di insegnarmeli con più calma. Ho sempre pensato che sarei finito a lavorare al mattatoio come mio padre, credevo di non avere motivi per imparare una cosa così sciocca. Me ne pento alquanto, ma con il senno di poi tutto è facile. Sono sicuro che Autumn se la cavi bene anche in questo campo, come in tutti gli altri del resto. Se ci fossimo allenati insieme come le avevo proposto, tutto questo non sarebbe di certo successo. Non capisco cosa le passi nella testa, è da due giorni che aspetto ancora una risposta. Inizio ad avere l'impressione che si stia divertendo a farmi soffrire nell'attesa. In fondo non è lei quella che ha bisogno disperatamente di alleati. L'ho osservata qui in palestra: si è tenuta alla larga dalle armi, ma in compenso ha brillato nella corsa e nel riconoscimento delle piante. Si è mostrata carina con tutti, dagli istruttori, allo staff di preparazione. Si sta muovendo per ottenere il maggior numero di sponsors possibili, e mi sta tenendo fuori. Perfino Phil ed Abe sembrano averla presa in simpatia. Mi stanno abbandonando tutti, me lo sento. Non me lo merito, non ho fatto nulla di male. Non è giusto che muoia qui.
Mancano ancora dieci minuti alla fine delle lezioni, ma non ha senso rimanere qui. In quel poco tempo non combinerei nulla ed inoltre sono troppo nervoso per continuare. Prima di lasciare la stanza intravedo Autumn mentre cerca di accendere un fuocherello. È lì da tre quarti d'ora, deve essersi impuntata peggio di un caprone. Ha addosso ancora qualche brillantino della sfilata. Non ho idea di che materiale era fatta quella dannata crema, ma con nessuna doccia siamo riusciti a cavarcela del tutto. Se ripenso a quel dannato abito mi vengono i brividi: eravamo entrambi pieni di penne, piume e cuoio. Eravamo degli splendidi polli pronti per essere messi allo spiedo da Capitol.

Nell'appartamento non c'è nessuno, devono essere tutti fuori a cercare gli sponsors per Autumn.
Mi accascio sul divano e noto sul tavolino il fogliettino che ci ha lasciato Phil stamattina, in cui ci augurava buona fortuna per oggi. Bene, ora mi sento una merda. Cavolo, sto esagerando, nessuno di loro mi vuole morto o mi vuole abbandonare, ma è così difficile, cazzo! So che sono brave persone, ma l'attesa mi sta uccidendo, devo sapere o impazzirò. Dopo gli allenamenti Autumn sta sempre un po' sul tetto a guardare il tramonto, sono sicura che anche adesso sia lì. Devo chiederglielo.

Prendo l'ascensore mentre penso a quali parole esatte utilizzare. Non posso rischiare di mostrare la mia insicurezza, o verrò sicuramente respinto.
È appoggiata al balcone come immaginavo, i suoi capelli rossi sono sciolti ed accarezzati dal vento. Mi ritrovo di nuovo a pensare a quanto sia carina. Certo carina, ma anche letale. Sono sicuro che fuori di qui sia fantastica, ma qua dentro può mirare al massimo ad essere un'alleata temporanea. Non devo cascare nel tranello, per tornare a casa devo pur sempre calpestare il suo cadavere.
Autumn si gira, deve aver sentito le porte aprirsi. Non sembra essere nervosa a causa della mia presenza, anzi è allegra come al solito, al massimo un pochino stanca, ma nulla di più. Mi saluta con un ampio gesto, per poi voltarsi nuovamente verso il panorama.
Mi faccio coraggio e mi avvicino a lei.
“È da un po' che non abbiamo l'occasione di parlare io e te da soli”
Autumn annuisce “Hai ragione, ma questi giorni sono stati davvero pesanti” Concordo, ma non so come proseguire il discorso. Come arrivo al dunque senza risultare una piattola? Ancora una volta è lei a spezzare il silenzio “Però ne vale la pena, penso che questi giorni siano decisamente utili” Non mi trovo per nulla d'accordo, sono troppo pochi per riuscire ad imparare qualcosa di concreto
“In una maniera incredibile, hanno esagerato con la loro professionalità ed organizzazione” Autumn mi lancia un'occhiataccia, devo aver esagerato.
Sto per scusarmi quando lei riprende: “Avrebbero potuto gettarci direttamente in arena”
“Ah, sì, giusto, grazie mille, Capitol” Dannazione, sto tornando a sentirmi come una mezz'oretta fa. Le cose non dovrebbero andare in questo modo, che mi prende?
“Non sto dicendo che sono grata a Capitol! Dico solo che le cose potrebbero andar peggio, e che non occorre lamentarsi sempre di tutto” ribatte nervosa. Sta forse dicendo che sono un piagnone?
“Dovrei essere felice, per caso? Perché non lo sono!”
“Che diavolo ti prende?” sbotta con una leggera sfumatura di preoccupazione. Nascondo la testa fra i palmi, trattenendomi dall'urlare. La mia vita sta andando a rotoli, i miei nervi sono a pezzi e ho tanta paura.
“Scusa... è che sono stressato” balbetto sapendo bene che non è una giustificazione sufficiente per il mio comportamento. Autumn però è comprensiva, appoggia la mano sulla mia spalla nel tentativo di consolarmi
“Lo siamo tutti, ma non possiamo arrenderci. Dobbiamo combattere” Annuisco. Esiste un modo per placare la mia ansia
“Autumn, sarai mia alleata là dentro?” Si stacca da me, visibilmente a disagio. Non è possibile. “Quando avevi intenzione di dirmelo?” chiedo con rabbia
“Io non ho ancora deciso! Farmi pressioni non mi aiuta affatto. Non è una decisione facile” si difende. Ho capito, non posso contare su di lei.
“Sai una cosa? Lascia stare” Mi volto verso l'ascensore con l'intenzione di lasciarla lì da sola.
“Ehi Nick, il mondo non gira intorno a te. Cresci, ne hai bisogno”
Sto per rispondere, ma le porte si chiudono ancor prima che possa aprir bocca.

 

Ivar “Senzaossa” Ludwig, tributo del distretto 6, Capitol City

Odio questa doccia. Non riesco assolutamente a capire come funzioni. Ci vorrebbe un dannato diploma per usarla. Prima calda, poi fredda, poi gelata come la neve, e poi bollente come il fottuto inferno. Senza contare poi i tasti dei profumi! Ieri sera sono uscito da quell'affare che odoravo di bergamotto, rosa e vaniglia. Neppure mia madre e Yidu messe insieme hanno un odore così femminile. Nota personale: quando vincerò i giochi, se troverò questa cosa dentro la mia nuova casa, chiamerò personalmente Snow per farmela togliere.
Cerco di premere il minor numero di tasti possibili, accontentandomi di una doccia tiepida profumata al limone. Esco fuori di cattivo umore, ho male a tutti i muscoli. Gli allenamenti sono massacranti e gli istruttori sono delle teste di cazzo assurde. Quello del tiro con l'arco mi ha dato dell'incompetente sfigato, perché sai dopo anni di allenamento dovevo essere un vero esperto a questo punto. Per chi mi ha scambiato? Per un favorito? Gli ho urlato addosso talmente tanti insulti che mi hanno cacciato via con un'ora di anticipo. So che non è stato intelligente da parte mia, ma non potevo reggere ancora. Non riesco neppure a capire perché ci danno così poco tempo per prepararci. Mi sto sforzando ad imparare quanto posso, ma le nozioni sono veramente troppe. Forse è meglio concentrarmi solamente sulle nozioni di sopravvivenza. Domani passerò tutta la mattinata alle postazioni delle piante e delle tecniche base. Il cibo, ma soprattutto l'acqua, saranno le mie priorità là dentro, non devo dimenticarmene. Anche Stan ha insistito parecchio su questo punto, e ha ragione: il ragazzo del sei dell'anno scorso è morto per disidratazione.

Guardo l'ora, 20:32, la cena è passata da un pezzo. A casa i pasti erano un momento di forte tensione, fra le apprensioni di mia madre e le critiche di mio padr... Asvald; solo Edgar si salvava. Qui invece ci sono solo enormi silenzi. Caitra si limita a prendere qualche scorta e poi si rifugia in camera sua, Stan dà qualche rapido consiglio e poi accende la televisioni cercando il canale con il maggior numero di ragazze seminude, mentre Paris ce l'ha ancora con me per la storia della mietitura, come se avessi alzato la sua stupida gonna apposta. È stato un incidente, non ha motivo per avercela così tanto con me. Non pensavo che la mia famiglia mi sarebbe mancata così tanto. Sento nostalgia perfino per quella stupida mia sorella. Mi auguro che rinsavisca e che torni a casa. Penso che quel pezzente del marito sia solo in grado di farla soffrire.
Mi vesto con le prime cose che mi capitano a tiro (tanto sono bello con qualsiasi vestito) e mi dirigo verso la sala da pranzo, sperando che i senza-voci non abbiano già portato via tutto. Trovo una frittata (che Paris si ostina a chiamare “omelette”) e un pomodoro ripieno di riso; mi è più che sufficiente.
L'appartamento sembra deserto, non c'è neppure Stan questa volta. Sono sicuro che Caitra è dietro quella porta, ma non credo voglia parlare. Posso capirla benissimo, in fondo siamo nemici.

Prendo l'ascensore e mi dirigo verso il giardino del retro. Ho la forte tentazione di passare qui il resto della nottata, in fondo il cielo è sereno e la temperatura non è particolarmente bassa, ho dormito in condizioni peggiori. Almeno qui il silenzio non è inquietante o minaccioso.
“Sera” borbotta un tipo sdraiato per terra. Cerco di fare mente locale, ma non riesco a capire a quale distretto appartenga. È biondo e con gli occhi azzurri, ma tanti sono così qui.

“Ciao” rispondo mentre cerco di capire cosa abbia catturato la sua attenzione. Sta guardando in alto, verso il tetto, con insistenza. Quasi quasi glielo chiedo: “Cosa guardi?”
Il ragazzo indica il tetto “C'è una barriera lassù. Costruirne una è piuttosto complesso” Ho capito, il tipo è sicuramente del distretto 3. Ho sentito Paris spettegolare su di lui con Stan.
“Non ti conviene guardarla da lassù allora?”
Il biondo fa spallucce “C'erano due tipi che litigavano, volevo starne alla larga”
“Saggia decisione” costato. Mi siedo vicino a lui. Mi ispira fiducia, non so bene il perché, ma mi sta simpatico.
“L'hanno costruita perché volevano evitare tributi suicidi” mi spiega dopo un po'.
“Che cazzata” commento “Se vuoi fare una fine così violenta, tanto vale andare in arena. Io opterei per la testa dentro il forno”
“Scarsa soglia del dolore?” mi chiede
“No, è che non voglio rovinare il mio bel viso” Il biondo ridacchia divertito.
“A proposito, mi chiamo Ivar”
“Chester” risponde con un semplice cenno del capo. Meno male, odio stringere le mani quando ci si presenta.
“Per curiosità, saresti anche in grado di modificare le docce?” gli chiedo dimenticandomi per un momento che non ha alcun motivo per aiutarmi.
“Sì, non dovrebbe essere troppo difficile. Se vuoi posso manomettere anche quella della tua capitolina” allude. Chester mi piace sempre di più.
“Dove sei stato per tutto questo tempo, amico?” gli chiedo euforico. Chester ridacchia di nuovo.
“Suona da alleanza” mi fa notare. Annuisco, non mi dispiacerebbe averlo dalla mia parte. È simpatico, e quella abilità con la tecnologia potrebbe in qualche modo rilevarsi utile. “Tu cosa sai fare?” aggiunge. La domanda inizialmente mi offende, ma immagino sia naturale volersi informare prima di ufficializzare la cosa.
“Dalle mie parti ero un ladro, per questo sono qui”
“Non dovevi essere molto bravo dato che ti sei fatto beccare” osserva senza distogliere gli occhi dal tetto. Il commento mi colpisce in pieno nell'orgoglio, e per un momento rimango immobile a causa della ferita. Chester è veramente un osso duro e mi sembra di capire che non sia esattamente una persona facile.
“Senti chi parla. Ho sentito dire che sei qui perché sei un omicida” mi mordo la lingua. Dannazione a me! Non dovevo parlare di questa cosa! Magari adesso si offende e...
“Touchè” si limita a replicare con calma. Sorrido, lo voglio assolutamente con me.
“Alleati?”
“Alleati” conferma lui.

 

Allenamento: giorno 3

 

Hellen “Helly” Forbes, tributo del distretto 5, Capitol City

Chiudo gli occhi, cercando dentro di me la concentrazione necessaria per affrontare ciò che mi aspetta. Non devo assolutamente farmi prendere dal panico o dall'ansia. Secondo Sunny, il voto preso durante questa prova non incide poi così tanto, a meno che tu non faccia proprio schifo o ti dimostri un vero genio. È meglio puntare su un voto medio, in modo da essere presa comunque in considerazione, ma non così tanto da essere considerata un pericolo dagli altri. È stato difficile trovare che cosa mostrare là dentro, soprattutto considerando che io e Bruce abbiamo abilità simili. Non potevamo presentare entrambi la soluzioni di un rompicapo, o saremmo stati penalizzati. Alla fine abbiamo deciso che sarò io a risolvere un enigma, dato che Bruce ha altre risorse a propria disposizione. È stato molto carino da parte sua sacrificarsi. Mostrerà le arti di mimetizzazione imparate in questi giorni e sono sicura che farò un ottimo lavoro, forse addirittura innovativo. È molto timido, difficilmente si vanta di qualcosa, ma so che è incredibilmente intelligente, molto più di me. È una vera fortuna averlo come alleato. Anch'io voglio mostrarmi all'altezza, non deluderò le aspettative di nessuno.
La ragazza del quattro esce spavalda dalla porta, ha l'aria molto soddisfatta. Non avevo dubbi in fondo, i favoriti se la cavano molto bene là dentro, peccato che saremo io e Bruce a pagarne le conseguenze. Dopo aver visto salti mortali, affondi e movimenti eleganti studiati per anni e anni, gli strateghi devono valutare noi. Il confronto con i distretti ricchi sarà inevitabile, e finiranno sicuramente per annoiarsi durante la nostra perfomance.

“Bruce McRon” chiama il dipendente. Bruce si alza dopo aver ispirato a lungo. Si vede lontano un miglio che è agitato
“Buona fortuna” gli sussurro. Mi sorride e mi ringrazia, per poi avviarsi verso la stanza.
Il tempo sembra non passare mai. Rimango per tutto il tempo seduta in attesa, limitandomi a cambiare posizione di tanto in tanto. Nessuno parla, sono tutti concentrati in un religioso silenzio nel tentativo di fare un ultimo disperato ripasso. Quest'atmosfera mi ricorda un po' la scuola, soprattutto il periodo dell'esame finale. Sembra così lontano quel mondo adesso. Fino a un mese fa la mia preoccupazione maggiore era mantenere una media alta, mentre ora ho perfino paura di non vivere altri due giorni. Mi manca quella spensieratezza, come vorrei che tutto questo non fosse mai successo. Anche Mike si sarà sentito così? Chissà quanto si sarà sentito solo.

“Hellen Forbes” mi chiama lo stesso ragazzo di prima. Mi alzo in piedi titubante, guardandomi indietro prima di entrare. Non posso di certo evitare questa prova, tanto vale impegnarsi e superarla al meglio.
La stanza è molto ampia, e qua dentro sembra che tutto rimbombi, perfino i miei passi. Gli strateghi stanno chiacchierando fra un morso e l'altro di quelli che sono sicuramente i miglior stuzzichini che si possano trovare nell'intera capitale. Quando si accorgono della mia presenza smettono gradualmente di parlare e tirano fuori carta e penna. Fantastico, questo sì che diminuisce l'ansia.

A due terzi della stanza c'è un tavolo di metallo con sopra un rompicapo fatto di legno. L'istruttore lì accanto tiene in mano un cronometro. Dovrò cercare di risolvere l'enigma nel più breve tempo possibile.
Faccio cenno all'istruttore che pigia all'istante il bottone. Il tempo è partito. Mi isolo nel mio mondo, ignorando completamente la presenza degli esaminatori. Faccio finta di essere da sola, in camera mia, sto solo cercando di divertirmi in un pomeriggio noioso. Nessuno mi guarda, nessuno mi giudica. Esamino ogni pezzo con cura, sperimento gli incastri finché non trovo la chiave per sciogliere il mistero. Da quel momento in poi la strada è in discesa, e riesco a completarlo in breve tempo. Appoggio l'oggetto sul tavolo e mi volto rapidamente verso l'istruttore.
“Otto minuti e quattro secondi” annuncia solenne. Tiro un sospiro di sollievo, sono stata bravina direi. Spero solo che non si siano annoiati troppo.
“Grazie per la performance, può andare” annuncia il primo stratega. Faccio un breve cenno di saluto con la testa e lascio la stanza. Ho ancora il cuore in gola, ma corro lo stesso verso l'ascensore per raggiungere il prima possibile gli appartamenti.

“Helly! Com'è andata?” mi saluta Carol calorosamente.
“Bene, credo” Bruce e Sunny ci raggiungono subito. Il mio alleato ha l'aria particolarmente stanca, sembra che non dorma da notti, cosa alquanto probabile direi. Ha i capelli bagnati, si deve essere fatto la doccia da poco. “A te invece com'è andata?”
“Non lo so. Ho fatto del meglio comunque” Mi sento il colpa. Se avessi avuto altre abilità a parte la mia intelligenza, Bruce avrebbe effettuato sicuramente una prova migliore.
Sunny non sembra badare molto a me, anzi, sembra essere parecchio concentrata su Bruce “Ragazzo, hai ancora del fango dietro le orecchie”
“Dannazione! Ancora?” si lamenta grattandosi con insistenza le orecchie.
“Hellen fatti una doccia anche tu, hai abbastanza tempo per permettetelo. Avete diritto al riposo fino al sorgere del sole, ma sappiate che domani vi massacrerò talmente tanto che rimpiangerete questi tre giorni di intenso allenamento. Domani ci sono le interviste, ci giocheremo il tutto, mi avete capito?” Io e Bruce annuiamo all'unisono. Siamo pronti, non abbiamo paura.

 

 

 

 

 

 

 

 

Con questo capitolo metà dei tributi hanno avuto il loro secondo pov, direi che ormai li conoscete abbastanza bene ^^

Eccovi le votazioni che hanno ricevuto i ragazzi. I voti sono solamente indicativi e si basano esclusivamente sui punti di forza (ad eccezione di Cassian per ovvie ragioni) e dunque non rappresentano un calcolo bilanciato dei pro e dei contro, come avviene similmente ai libri. Bisogna considerare anche che alcuni hanno nascosto le loro abilità per ragioni strategiche, mentre altri hanno talenti difficili da mostrare in una prova. Vi lascio lo stesso i voti per farvi un'idea sui tributi.

A proposito chi è secondo voi la ragazza che ha dato una pacca a Cassian?

Alla prossima!

 

 

Femmine

maschi

Distretto uno

Judith Wilson 10 su 12

Adrian Vaertek 11 su 12

Distretto due

Angelie Asimar 11 su 12

Achille Edipo 11 su 12

Distretto tre

Jasmine Thompson 8 su 12

Chester Colin Herstone 7 su 12

Distretto quattro

Krinsda Dramir 11 su 12

Libero Howard 6 su 12

Distretto cinque

Hellen Forbes 6 su 12

Bruce McRon 7 su 12

Distretto sei

Caitria Dalekein 6 su 12

Ivar Ludwig 6 su 12

Distretto sette

Esther Suzanne Grestan 9 su 12

Elyia bolton 7 su 12

Distretto otto

Jennifer Astrid Delay 5 su 12

Richard Whitestorm 6 su 12

Distretto nove

Dalissa "Daisy"Manique 7 su 12

Liam Evans 6 su 12

Distretto dieci

Autumn Lewis 10 su 12

Nickolas Logan 6 su 12

Distretto undici

Alexys Sinclair 7 su 12

David Conrad 5 su 12

Distretto dodici

Marissa Mellark 3 su 12

Cassian Nayor 1 su 12

 

 

Riepilogo delle alleanze (temporaneo):

I DUE DEL NOVE: Liam e Dalissa

I NASCOSTI: Hellen e Bruce

I FAVORITI: Angie, Judith, Adrian, Libero, Krinsda e Jasmine

LA FIABA: Achille e Marissa

I RIBELLI: Chester e Ivar

 

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Capitolo 9
*** Occhi su di me ***


Alexys “Demone” Sinclair, tributo del distretto 11, Capitol City
 

“Sarebbe bello”
“Cosa?” mi chiede Amos, candido come sempre

“Se esistessimo solo io te”
Amos si avvicina con cautela, sedendosi accanto a me nel letto “Lo sai che è impossibile” mi spiega. So che ha ragione, ma non posso che addolorarmene. Sono chiusa da giorni dentro questo dannato appartamento, e sto per esplodere. Sono circondata da idioti, e non posso andare da nessuna parte. Mi sono concessi i giardini al massimo, ma non sono lontanamente paragonabili al distretto 11.
“Amos, ti ricordi quanto era bello passeggiare all'alba, fra le strade deserte? Nessuno ci guardava con odio o disprezzo. Eravamo soli, ma felici. Il sole stava sorgendo quando ti ho visto per la prima volta; ti ricordi?” gli domando
“Certo che sì. Non potrei mai dimenticarmene, mi hai cambiato la vita, Biancaneve” sorrido, mi piace quando mi chiama così.
“Eri così bello con i raggi rossicci che ti illuminavo il volto. Già, siamo opposti in tutto per tutto. Guardami!” ordino con disperazione. Sono un mostro, non voglio che le telecamere si spostino di nuovo su di me, sono disposta a romperle se riaccadesse.
“Non dire così, sei meravigliosa” cerca di consolarmi con voce soave. Mi scappa una smorfia, è sempre il solito.
“Non mentirmi, ci vedo benissimo!” replico un po' stizzita
“Non è vero! Tu sei...”
“Basta!” lo interrompo “Non illudermi!” affermo con voce troppo alta.
Secondo Amos sono perfetta ed è solo questione di tempo prima che gli altri lo capiscano. È troppo buono ed ingenuo, continua a sperare in una vita migliore. Si sbaglia di grosso, neppure una vittoria ai giochi potrà mai cancellare il dolore che abbiamo dentro. Quello che loro hanno provocato che i loro sguardi, i loro giudizi e le loro risate. Qui a Capitol le cose non sono cambiate, forse sono perfino peggiorate. Li sentivo i commenti alle mie spalle nel seminterrato, ma ho avuto perlomeno la soddisfazione di ammutolirli quando ho preso in mano i coltelli. Erano proprio dei bei modelli, così scintillanti, senza neppure un graffio! Non erano però belli come... come si chiamavano? Ah sì, chakram.
“Alexys? Sei qua dentro?” Chiede quell'odiosa donna da dietro la porta. Non la sopporto, la vorrei morta!
“Non dovresti ignorarla” suggerisce Amos “Oggi c'è l'intervista, vorrà solo prepararti al meglio”
“Quella stronza vuole solo fare bella figura!” replico con rabbia. Non ci casco, nessuno qui vuole il nostro bene. Agiscono tutti per avere maggiore notorietà o per diminuire i sensi di colpa, nessun'altra ragione. Io come persona non sono neppure classificata nella loro lista di preoccupazioni.
“Con chi parli?” domanda confusa
Mi sento montare addosso una rabbia assurda, e per la frustrazione tiro il cuscino contro la porta
“Sparisci!” le urlo
“Alexys, so che Mona è una persona orribile, ma abbiamo bisogno di lei” precisa Amos guardando l'intera scena con tranquillità. Non sono d'accordo: non riuscirò mai a guadagnare sponsors attraverso l'intervista, dunque non vedo l'utilità nel prepararsi a dovere. Amos però mi guarda con quei suoi occhi da cerbiatto, è così dolce... va bene, ma solo per lui.

Apro la porta, Mona sembra essere parecchio infastidita. Indossa un completo di un orribile rosa pallido e dietro di lei c'è Oscar, il giovane stilista che mi hanno affidato. È alla sua prima esperienza, ed è per questo incredibilmente insicuro. È probabilmente che sia qui perché raccomandato, ma non credo che ne sia felice. Ha l'aria perennemente insoddisfatta e la costante paura di dire una parola di troppo. Di fronte a Mona non fa altro che tremare. È un debole che ha avuto la fortuna di nascere in un posto giusto. Se fosse nato al distretto 11 o al dodici sarebbe sicuramente già morto. Eppure lo tollero lo stesso: è silenzio, riservato e ha paura di tutti, non solo di me.
“Questo idiota” lo apostrofa Mona con rancore “È qui perché ha perso il foglio in cui aveva segnato le tue misure ed è costretto a riprendertele. È talmente vigliacco da non aver segnalato questo “piccolo” problema nei giorni scorsi!”
“Sono desolato, signora...” balbetta lui a disagio.
“Risparmiati le scuse! Già hai vestito questa disgraziata in una maniera così anonima e banale durante la sfilata che...” La bocca di Mona continua ad aprirsi, ma non sento il benché minimo suono. La odio, non riesco a sopportare la sua arroganza, le sue critiche e la sua prepotenza! È solo una viziata puttana che non sa nulla del vero dolore. Si merita una lezione, ma Oscar è troppo debole per agire.
“Sai cosa fare, Alexys. Forse hai ragione, Mona non sarebbe d'aiuto in ogni caso” mi autorizza Amos. Afferro Mona per le spalle e la sbatto con violenza contro la porta. Mi guarda con lo stesso sguardo terrorizzato che aveva quella volta nella limousine. Che goduria.
“Lascialo in pace” le ringhio addosso, esprimendomi nella maniera più chiara possibile. Le persone come Mona sono la ragione del fallimento dell'umanità. Meriterebbe solo la morte, ma per ora mi accontento solo della sua paura.
“La lasci, signorina, la prego!” mi supplica Oscar. Esaudisco il suo desiderio, tanto ho raggiunto il mio obiettivo. Mona ne approfitta subito per scappare verso la porta d'ingresso.
“Sei un mostro!” mi urla con tutte le sue forze “Ho amici potenti! Lo sapranno tutti a breve!” Prendo il primo soprammobile sotto mano e glielo scaravento addosso, ma non faccio in tempo a colpirla: se ne è già andata.
Non faccio in tempo ad abbassare la mano, che Oscar mi cinge con le sue braccia. Rimango paralizzata, incapace di reagire. So solo che il gesto mi provoca fastidio, le sue mani addosso al mio corpo sono raccapriccianti. Dura poco per fortuna, Oscar si stacca quasi subito.
“Non farlo mai più” affermo con fermezza
“Scusa è che... sei stata fantastica. Un po' violenta ma...grazie, grazie davvero” dichiara con un sorriso larghissimo. Lo sta dedicando... a me? “Non preoccuparti di lei” afferma accennando a Mona “Non è così influente come lei pensa” mi rassicura
“Visto che anche gli altri possono trovarti speciale? Anche tu puoi trovarti un alleato” sussurra Amos. Sto per dirgli che non voglio di nuovo parlare di questo argomento, ma mi rendo conto che se lo facessi anche Oscar mi considererebbe una pazza. “Ti indicherò io chi è la persona giusta, se vuoi. Ho bisogno solo che parli con gli altri, va bene?” Sono indecisa, non mi fido degli altri tributi, ma se la cosa può far felice Amos... Faccio cenno di sì con la testa,
“Ti farò un abito bellissimo, vedrai!” afferma Oscar con entusiasmo “Lo farò bianco e...”
“Bordeaux” suggerisco a mezza voce. Mi piace quel colore, è il mio preferito. Se devo davvero prestarmi a questa tortura, voglio indossare qualcosa che mi faccia sentire a mio agio.
“E bordeaux sia” concorda Oscar.

 

Jennifer “Jenny” Astrid Delay, tributo del distretto 8, Capitol City

“È aperto” dichiaro permettendo a Phoebe di entrare nella stanza. L'accompagnatrice guarda con orrore l'ambiente intorno a sé.
“Come hai fatto a ridurre questa stanza in questo modo?” mi chiede sbalordita. Non ha tutti i torti, ho seminato il caos per tutta la stanza: vestiti accumulati sopra la sedia, coperte per terra, letto sfatto, tazze sporche sopra la scrivania, cartacce buttate in un angolo. Non ci posso far niente, mi piace il disordine, aiuta a far sembrare un posticino piccolo come questo un mondo a parte. È facile immaginare il mucchio dei panni come una montagna in cui arrampicarsi, le coperte per terra come un prato colorato o le cartacce come fiocchi di neve. Da bambina ero convinta che i folletti fossero attratti da posti come questi, e li creavo apposta per scovarli. Crescendo mi sono resa conto che il disordine riesce solamente ad incentivare la mia creatività.
“Teniamo questa cosa fra noi, va bene?” mi propone Phoebe cercando di recuperare la solita spensieratezza. Sorrido per ringraziarla, non avrei sopportato una ramanzina come quelle di mio padre. Odia il mio disordine, che dico, odia tutto di me. Non capisce i miei bisogni e le mie necessità, per lui gira tutto intorno al guadagno, il resto è futile o dannoso. Non ha tempo per i sogni o per la morale. Basti pensare a come sfrutta la miseria altrui a proprio vantaggio. L'unica cosa buona di essere stata eletta e che starò via da lui per un po'. Se tornassi inviterei le mie sorelline a stare con me in quella grande casa nel villaggio dei vincitori. Inviterei anche la mamma, ma dubito fortemente che lascerebbe papà per stare con noi.
“Da cosa iniziamo?” domando. Ci siamo divisi a coppie: Richard e la signora Whitestorm penseranno ai contenuti dell'intervista, mentre Phoebe cercherà di insegnarmi quale postura tenere, come presentarmi, come sorridere, e quale profilo presentare. In seguito io e Richard ci scambieremo di posto. Sono felice di iniziare con Phoebe, è buffa ed allegra, sembra una scimmietta. Mi sarebbe piaciuto averne una a casa, ma nel nostro distretto manca perfino il cibo, nessuno possiede un animale domestico! La mamma me ne ha fatta una con degli avanzi di stoffa in compenso. L'avevo chiamata Bubbles a causa della fantasia che componeva la sua pancia. Povera Bubbles, finita bruciata per colpa di mio padre in quanto accusata di essere colpevole di distrarmi dagli studi.
“Hai capito come si cammina sui tacchi?” mi domanda all'improvviso. Cavolo, non ho sentito una singola parola, ero distratta come al solito. Non posso di certo dirle che non la stava cagando, si offenderebbe di sicuro.
“Credo di sì” rispondo con cortesia. Phoebe mi invita a provare, e i risultati sono scadenti, sembro un dinosauro sopra ai trampoli.
“No, non così!” mi rimprovera la capitolina “Passi più brevi e ricorda: tacco, punta, tacco, punta” Riprovo nuovamente, ma è una tortura, non è naturale camminare su questi cosi. Non esistono scarpe da tennis eleganti? Non posso indossare quelle?
Phoebe mi guarda sconsolata, per poi aprire l'anta dell'enorme armadio presente nella stanza. Su di essa è presente uno specchio alto poco più di me.
“Guardati, tesoro. Vedi come sei bella con quelli addosso? Non ti senti più donna?” mi chiede. Mi osservo meglio, sembro più alta con i tacchi, più femminile. Solo Leonard è riuscito a farmi sentire in questo modo. Mi mancano quei tempi, quanto vorrei essere ancora la sua fidanzata.

“Permesso” La signora Whitestorm entra nella stanza di buon umore. Fisicamente non assomiglia molto al figlio: è castana, ha il viso appuntito, ed è priva di lentiggini. In compenso condivide con Richard gli stessi occhi azzurri, intensi ed ammalianti, con un luccichio attento e vivace.
“Hai già finito con Richard?” domanda Phoebe

“Sì, lo conosco molto bene, so quali sono i suoi punti di forza, non è stato difficile trovare una strategia” Già, è una bella fortuna essere imparentati con un mentore. Sa come aiutarti al meglio e tutte le sue attenzioni sono puntate su di te. Mi sento così esclusa...
“Posso rimanere cinque minuti con Jennifer? Vorrei parlarle” dichiara . Phoebe acconsente senza neanche pensarci, lasciandoci da sole. Sento un forte imbarazzo, non sono sicura di voler rimanere con lei. È giustamente concentrata su Richard, ed è dunque mia nemica.
“Jennifer, vorrei parlarti di questa tua tendenza a nasconderti dietro le tue fantasie” La guardo con occhi sgranati. Come? Anche lei? Non ho ricevuto abbastanza rimproveri? È la mia natura, non posso cambiarla!
“Sono fatta così” rispondo evitando di guardarla negli occhi.
“Jennifer” riprende “Se lo farai anche nell'arena rischierai di metterti nei guai” mi avvisa. Usa un tono gentile, ma mi dà fastidio lo stesso. Avverto il tutto come un'enorme ipocrisia
“Non è quello che speri?” l'accuso “Ti servono ventitré morti per riavere tuo figlio”
La mentore incassa il colpo, rimanendo in silenzio. Mi dispiace averla ferita in qualche modo, ma non è questa la verità? Forse ha ragione mio padre, tutti seguono egoisticamente i propri bisogni calpestandosi l'un con l'altro. No... che cosa sto dicendo? L'ho davvero pensato? In cosa mi sto trasformando?
“Non ti mentirò, voglio che vinca mio figlio” confessa “Ma ciò non significa che ti abbandonerò a te stessa. Se dovessi scegliere fra te e lui, sceglierò sempre Richard, ma finché non mi trovo di fronte a questo bivio...” Annuisco cacciando indietro le lacrime. È stata onesta con me e ne sono felice. Ha tutti i motivi al mondo per stare dalla parte di Richard, è più che comprensibile, eppure non mi vuole abbandonare del tutto. Forse non sarà la mentore migliore data la situazione, ma voglio fidarmi di lei. Ho sempre confidato in valori come la fratellanza, la compassione e l'altruismo. Voglio rimanere fedele ai miei ideali, non voglio diventare arida come mio padre, non mi trasformerò in lui per nulla al mondo. Sono migliore di lui.
“Ho capito, grazie signora Whitestorm, so che sta facendo il possibile per me”
“Vorrei solamente poter far di più, Jennifer. Sei praticamente coetanea di mio figlio, sei così giovane. Mi dispiace, mi dispiace tantissimo” Contro ogni mia aspettativa mi abbraccia, lasciandomi di stucco. Mi godo quel gesto, invidiando Richard nel profondo. Come avrei voluto una madre che lottasse così tanto per me.

 

Autumn “La Rossa” Lewis, tributo del distretto 10, Capitol City

Sono in ritardo.

Secondo il programma che avevo stipulato con papà a quest'ora dovrei avere almeno un alleato, invece sono ancora sola. Forse sono stata una stupida a lasciarmi sfuggire Nick, ma non me la sentivo di legarmi a qualcuno di cui non sapevo nulla. No, è stata la decisione giusta, non era l'alleato adatto a me. Sto cercando qualcuno a cui affiderei senza esitare la mia vita, è una decisione troppo difficile da prendere in una sola manciata di giorni. Vorrei qualcuno di buon cuore, semplice, umile, ma che abbia comunque qualche abilità che potrebbero rivelarsi utili. La ragazza del sette, Esther, ha ottenuto un voto alto, forse... che dico non ci ho neppure mai parlato! Non posso però continuare così, devo buttarmi. Glielo chiederò stasera dopo l'intervista, non posso tirarmi indietro. Voglio vincere, voglio tornare a casa dai miei amici e da mio padre. Ci siamo allenati una vita in vista di questa eventualità, non voglio sprecare tutti i suoi insegnamenti, non voglio che si sia sacrificato per nulla. Uscirò viva, farò in modo che il mio nome e quello di mio padre riescano finalmente a prendere le distanze da quel traditore di mio nonno.

Mi guardo allo specchio, Susan mi sta ancora pettinando i capelli, i miei bellissimi capelli, il mio orgoglio. Ricordano le foglie autunnali e sono lunghi quasi fino alla vita. Troppo lunghi. In arena potrebbero afferrarmeli facilmente, o potrebbero tradirmi rivelando la mia posizione. Non posso tenerli in questo stato. Urge un sacrificio.

“Tagliali” le ordino con lo sguardo basso, ancora incerta. Starò prendendo la decisione giusta?
“Tranquilla” replica con il sorriso ancora in volto“Avevo intenzione di accorgerli di due centimetri per togliere alcune doppie punte”
Scuoto la testa, non mi ha capito “Li voglio corti, molto corti” specifico quasi sillabando le ultime parole.
Susan spalanca la bocca incredula. Rimane in silenzio per un po' come ad accettarsi che non si sia sognata la richiesta “Autumn!” balbetta ancora sognate “Sono i tuoi capelli!”
“Lo so” rispondo con un sorriso. Questa sua reazione mi fa capire che ho preso la decisione giusta. Non voglio passare per una principessa a causa del mio aspetto, io sono una guerriera.
“Ma io... ma io...” balbetta ancora incerta. Sto per replicare, in modo tale da incoraggiarla a prendere quella decisione, ma spunta Abe da dietro la tenda color porpora
“C'è qualche problema?” chiede
“Vuole tagliarsi i capelli. Corti!” afferma Susan come se la mia fosse una vera e propria follia
“E allora?” chiede Abe senza battere ciglio. L'adoro, sul serio.
“Non posso commettere un crimine del genere!” si difende guardando con orrore le forbici sul banco
“Strano, a pensare che non esitate a mandare tutti quei ragazzi al macello ogni anno” nota gettando nell'imbarazzo Susan. Abe prende in mano le forbici e taglia la prima ciocca.
“Perché lo stai facendo?” gli chiedo.
“Sono il tuo mentore, decidere di tagliarsi i capelli è stata una mossa saggia” replica mentre continua la sua opera.
“No, sai cosa intendo” raramente le persone del mio distretto sono gentili con me. La rabbia è ancora tanta, e viene naturale scaricarla sui discendenti di quel generale che ha consegnato il distretto a Capitol, soffocandone ogni rivolta. Per anni abbiamo temuto che manomettessero le mietiture per spedirmi qui, e finalmente ce l'hanno fatta, senza ricorrere ad alcuna azione illegale.
“Sei tuo nonno?” mi domanda
“No”
“E allora questa conversazione è finita” risponde facendomi l'occhiolino. Sono felice che sia il mio mentore, con lui quaggiù mi sentirò al sicuro in arena.
“Anche il tuo lavoro” commenta scocciata Susan mentre gli strappa le forbici dalle mani “Se proprio devi avere un taglio corto, che si fatto almeno da un professionista!”. La parrucchiera riprende il suo operato, ma si vede che non è per nulla felice di farlo. Chiudo gli occhi concentrandomi sul suono delle forbici. Non importa come sarò alla fine, gli Hunger Games non sono una sfilata di moda, non ho bisogno di essere bella. I capelli ricresceranno quando tornerò a casa.
“Fatto. È meno peggio di quanto pensassi” commenta Susan. Apro gli occhi e mi guardo allo specchio, non sembro più io. I capelli sono davvero corti, della stessa lunghezza di quelli di Abe, direi. Il mio viso sembra più grande e le lentiggini risaltano tantissimo. Non sono brutta però, sono solo molto diversa.
“Lo stilista non sarà molto contento” commenta lei
“Chi? Tito? Figuriamoci!” ribatte con leggerezza Abe
“Il fatto che non mostri apertamente il suo pensiero, non significa che non ce l'abbia”. Ho l'impressione che le cose stiamo per degenerare, e non ho voglia di assistere all'ennesimo litigio. Vorrei solo passare un paio di ore in maniera tranquilla. Mi mancano i miei pascoli, non so cosa darei per essere lì insieme a McKayla e Elijiah.

Decido di allontanarmi un po', in modo da sgranchirmi le gambe. L'agitazione regna sovrana dovunque, tutti sembrano essere pronti a scoppiare da un momento all'altro.
“Non lo voglio! Provate a mettervi nei miei panni per una volta!” grida un ragazzo parecchio arrabbiato. So che non sono fatti miei, ma la curiosità ha la meglio come al solito. Scosto con cautela la tenda ed intravedo il ragazzo del distretto 12, quello affetto da cecità, litigare con l'intero staff di preparazione. Noto che una dei capitolini ha in mano un bastone da orientamento e degli occhiali da sole. Credo di aver capito cosa voglio mettere in piazza, e capisco benissimo la reazione di Cassian. Neppure io sarei felice a una prospettiva del genere. Da questo punto di vista siamo sicuramente uguali; troppo orgogliosi. Vogliamo vincere con le nostre forze, senza ricorrere a stupidi trucchetti. Mi dispiace così tanto per lui. Vorrei davvero aiutarlo, ma sento già mio padre rimproverarmi in caso mi alleassi con lui. Sono una persona orribile, come posso abbandonare una persona che necessita di aiuto?

Mi allontano, e riprendo a pensare con tutte le mie forze a casa. Mio padre che lavora il ferro, le risate dei miei amici, l'odore dell'erba, le mucche vicino a casa. Devo tornare, non posso farmi distrarre, non posso arrendermi.

 

Libero “The Rebel” Howard, tributo del distretto 4, Capitol City

 

“Il genere più importante di libertà è l'essere ciò che si è davvero”.

Continuo a ripetermi questa frase mentre mi guardo allo specchio. Devo recitare un'altra volta, fingermi contento di essere qui. In arena potrò buttare la maschera e concentrarmi esclusivamente su come tornare a casa. Al mio ritorno potrò vivere come ho sempre desiderato, lontano dai miei nonni in una casa tutta mia vicino alla spiaggia.

Allento il nodo della cravatta, era troppo stretto, quasi non riuscivo a respirare. Mi sembra la stessa prigione con ho indossato durante la sfilata: stesse tonalità di azzurro e grigio, e probabilmente stessa cravatta. A differenza di quella volta però non ho il panciotto, né il bastone, né lo smalto. Lo preferivo però, almeno sembravo uno stravagante signore, mentre adesso sembro un dannato politico. Vorrei che Zoey fosse qui con me, saprebbe sicuramente come tirarmi su. Mi manca molto, non so cosa darei per baciarla ancora una volta. Quando torno le organizzerò la serata della sua vita: luci soffuse, vestiti eleganti, cena ricercata, musica dolce in sottofondo e si danza fino all'alba. Le dirò che l'ho sempre amata, fin da quando mi obbligarono a frequentare lo studio di sua madre, una delle guaritrici del distretto.

“Principino, ci sei? Sveglia!” mi richiama Krinsda parecchio nervosa
“Che c'è?” le chiedo, non c'era bisogno di utilizzare quel tono e quel soprannome, non lo sopporto.
“È da ore che ti stavo chiamando!” sbotta per poi passarmi un foglio con sopra delle scritte. “È da parte di Cyde, per un rapido ripasso prima dell'intervista” Do una rapida occhiata, i segni sono confusi come sempre. Non ho voglia di sprecare tempo a decifrarne il contenuto. Accartoccio il foglio e lo getto in un angolo
“Arrangiati” esplode, per poi avvicinarsi alle tende che separano il palco dal dietro le quinte. Deve essere ancora arrabbiata per il voto che ho ricevuto all'allenamento individuale. Ha detto che era troppo basso, che odia i tributi che non sanno fare un cazzo, e che mi terrà d'occhio. Dannata mestruata con manie di controllo, chi si crede di essere? Non ho bisogno di questo.
Mi chiedo se sia stato un bene unirsi ai favoriti. Sono tutti troppo sicuri di sé, troppo cazzoni. Credo che là dentro si salvino solo Judith e Jasmine. Eppure sono l'opzione migliore per ora.
Mi metto in fila con gli altri tributi, le interviste stanno già per iniziare. Sento Enea scaldare il pubblico attraverso commenti piccanti e provocatori su non sono quale celebrità. Prendo un lungo respiro ed indosso il mio sorriso più accattivante, si va in scena.

Un lungo applauso ci accoglie sul palco, decorato per l'occasione con un enorme venticinque in legno sullo sfondo. Anche Enea sembra essersi fatto contagiare dall'entusiasmo della edizione speciale: ha un completo completamente dorato, sul quale sono scritti i nomi di alcuni dei vincitori più famosi delle edizioni passate. Riesco ad intravedere i nomi di Mags, Lars, Cassandra, Abe, un certo Quark ed altri ancora.

Judith è la prima ad essere intervistata. Fa sicuramente una buona impressione. Si dimostra amichevole e simpatica, scherzando con Enea sulle somiglianze fra Capitol City e il distretto 1. Dichiara di sentire molta la nostalgia della sua gente, ma soprattutto della gemella, malata di algodistrofia. Adesso capisco perché è con i piedi piantati per terra. È abituata al dolore e alla sofferenza, conosce l'importanza del vivere nonostante il tutto. Eppure afferma che è contenta di essere qui, perché con la sua vittoria porterà più cibo al suo distretto. È una brava ragazza, non dovrebbe essere qui, nessuno di noi. Eppure gente come Adrian o Angelie ne sono addirittura entusiasti. Considerano il futuro massacro una gloria, un modo per rendere fieri i loro genitori. Non riesco a sentire queste cose. Non credo che esista un solo genitore al mondo veramente felice di vedere il figlio qui.


Anche Achille insiste su questo tema, ma dichiara anche il suo desiderio di riscattare l'omonimo della ventunesima edizione. Fa anche qualche affermazione poco popolare circa la necessità di dividere i giochi in base al sesso e alla fascia d'età. Di fronte alla dichiarazione, sento Krinsda scoppiare a ridere, mentre Angelie lo sfida in quel preciso istante ad uno scontro fisico. Il pubblico incoraggia il duello con fischi ed applausi, ma Achille non batte ciglio e non la considera nemmeno.
“Sono fiero delle mie idee, non casco così facilmente alle provocazioni”. Può darsi tutte le arie che vuole, ma non è così onorevole come pensa di essere. In fondo ci ha rifiutati ancor prima di conoscerci. Sa quali sono le mie vere abilità? Non credo, eppure dà per scontato che siano le sue stesse.

Jasmine riesce a tirarmi un po' sul il morale. Non so bene il perché, ma mi dà l'impressione che da ubriaca sia uno spasso. Credo che nel profondo voglia liberarsi da quella maschera da perfettina e mostrarsi al mondo per quella che è. Sono curioso di conoscere la vera lei, peccato che rifiuti chiunque con un quel suo sorrisino di circostanza.

Con Chester tutte le buone maniere mostrate fino ad ora vanno a farsi benedire. Risponde a monosillabi nelle migliori delle ipotesi, altrimenti rivela un acuto sarcasmo. Di fronte a domande relative all'omicidio che ha compiuto si chiude in un silenzio impenetrabile. Lo capisco, deve aver subito abbastanza interrogatori in passato. Mi domando come sia la vita di un poliziotto, fra un'indagine e...

“Libero Howard!” mi chiama Enea. Ma come? Hanno già intervistato Krinsda? Dannazione, devo essermi distratto di nuovo. Mi avvicino al presentatore con la schiena dritta e passo sicuro. Il pubblico vuole vedere gente fiera, senza paura, combattenti scaltri pronti a tutto. È facile recitare questa parte. Enea mi porge la mano, ma la rifiuto, proponendo invece un saluto più giovanile.
“Ritieniti fortunato, questa è la presa segreta del mio gruppo” dichiaro. In realtà io e i ragazzi non abbiamo alcuna stretta segreta, ma ho pensato che sarebbe potuto piacere al pubblico. Enea ride in modo teatrale facendomi accomodare.

“Cosa hai provato quando hai scoperto di essere stato scelto?” mi chiede cercando di mostrarsi serio.
Mi guardo intorno, come se fosse il caso di dirlo “Sapevo già di venire qui” confido a bassa voce, come se fosse un segreto solo nostro
Enea rimane sbalordito “Eri anche tu il migliore del tuo distretto? Sai con il voto che hai preso...”
“Non proprio” lo interrompo “Sono il migliore, ma non è per questo che sono qui. Ho convinto tutti personalmente a mandarmi. Hanno tutti accettato di buon grado, si vede che non vedevamo l'ora di liberarsi di me” scherzo mostrando un ampio sorriso. In realtà non ho neppure frequentato l'accademia, ma non lo dirò di certo agli sponsors.
“Un bel ragazzo come te?” chiede Enea “Impossibile” Dal pubblico femminile si eleva un'ovazione.
“Spiacente signore, ma sono già occupato” Dal pubblico si eleva un “oh” di delusione.
“Speriamo che la storia non si ripeta, allora” allude Enea per un momento. Trattengo un sospiro, dovevo immaginare che avrebbe parato su questo punto. Meglio stare al gioco, in modo tale da non rovinare l'immagine che mi sono costruito.
“Speriamo di no. Sarebbe triste se Zoey scoprisse di essere incinta, e se io morissi là dentro come è successo a mio padre. Sarebbe ancora più tragico se lei morisse di parto qualche tempo dopo come mia madre” Rimango in silenzio un po', in modo che il pubblico abbia il tempo di soppesare la rivelazione.
“Come ti senti? Mi sembri pallido” afferma Enea appoggiandomi la mano sul ginocchio. Come dovrei sentirmi? Non li ho mai conosciuti, so a malapena come erano fatti i loro volti. Immagino che se fossero vivi avrei avuto una vita diversa, forse non sarei qui, forse... perché sto pensando a queste cose inutili?
“La vita va avanti, scorre sempre” mi limito a dire facendo spallucce
“Questo era Libero Howard, dedichiamogli un applauso” Enea mi saluta con la presa che gli ho insegnato prima, mentre il pubblico continua ad applaudire.
Ritorno al mio posto, cercando di allontanare mentalmente gli spettri del passato.

 

Esther Suzanne Grestan, tributo del distretto 7, Capitol City

È il turno della ragazza del cinque, a breve toccherà a me. Non ho mai avuto problemi a parlare in pubblico, ma do per scontato che mi chiederanno dell'aggressione che ho subito, e ciò mi provoca una forte agitazione. Ultimamente non ho fatto altro che pensare a ciò che è successo quella dannata volta, e alle accuse di Elyia. Riprovo costantemente le stesse sensazioni di paura e di rabbia. Mi sto incantando nel passando, e non va affatto bene. Cazzo Esther, reagisci! Hai subito di peggio in passato, non te lo ricordi perché eri troppo piccola, ma non è la prima volta che ti gettano il mondo addosso. Questa è semplicemente l'ennesima lotta contro tutti, devo rimanere concentrata e sicura di me. Caroline mi starà guardando da casa, non posso deluderla di certo. Seguirò i consigli di Silene e cercherò di evitare di perdere la testa. Devo mostrami estroversa, sicura di me, come avevamo concordato. Il mio passato non mi definisce, non gli permetterò di rovinare tutto.
Ascolto in maniera distratta le interviste degli altri tributi, in fondo conoscere qualcosa delle loro vite rischia solo di umanizzarli davanti a miei occhi. Non devo commettere l'errore di vedere in loro delle persone, devo sforzarmi nel vederli come dei bersagli semi-moventi. Loro forse non lo sanno ancora, ma sono già tutti morti. Mi sale una tristezza assurda nel pensare che fra qualche giorno quasi tutte le persone che sono qua sopra non ci saranno più. È una cosa allucinante, faccio davvero fatica a realizzarla. Quanti di loro ne saranno veramente consapevoli, quanti ancora rifuggono dalle loro paure attraverso un falso senso di sicurezza? C'è qualcuno fra di loro che si è già lasciato alla disperazione, o vogliono tutti combattere fino all'ultimo respiro? No! Stupida, smettila! Non posso pensare a loro in questi termini. Sono dei fantocci che parlano e corrono, niente di più.

Mi asciugo le mani sudate nella gonna verde. Almeno questa volta l'abito è di stoffa e non di carta, non dovrebbe rovinarsi per una cosa del genere. Dopo la sfilata la stilista mi aveva tirato addosso un cazziatone per come avevo rovinato la sua opera. Peggio per lei, doveva aspettarsi che una creazione così fragile non sarebbe durata a lungo. Voglio dire c'è un motivo per il quale non ci vestiamo con la carta, giusto?

La ragazza del sei, Caitra mi sembra, si avvicina ad Enea con passo incerto. Si dimostra molto schiva, non si differenzia molto dal ragazzo che l'ha preceduta
“Ragazza mia, come sei taciturna! Sembra che tu abbia visto un fantasma!” Afferma il presentatore. Il commento non chiude ancora di più Caitra come mi aspettassi, ma anzi, sembra quasi divertirla. Credo sia la prima volta che la vedo sorridere
“Adesso che mi ci fai pensare...” allude
“Ci stai forse dicendo che ne hai visto uno?” chiede Enea abbastanza stupito. Caitra inizia a raccontare una storia di fantasmi del suo distretto. In pratica c'è questo ragazzo ucciso da quelli che credeva suoi amici durante un viaggio in treno, ma ritorna in questo mondo per vendicare ogni atto di slealtà compiuto dagli uomini. La storia è molto appassionante e ricca di dettagli, finisce per catturare anche la mia attenzione.
“Enea, il tempo è scaduto da un pezzo” lo informa la regia con un microfono. Il pubblico inizia a lamentarsi attraverso diversi mormorii
“Vedi di sopravvivere Cat, vogliamo sapere come finisce” La ragazza fa un timido sì con la testa, tornando ad essere la taciturna ragazza di sempre. Deve avere un grosso amore per le storie per superare questo suo limite. Un po' la invidio, non ho delle passioni così potenti. Mi chiedo se abbia mai pensato di diventare una scrittrice, potrebbe avere... quanto sono stupida.
Stare qua sopra è un'agonia, non posso credere che ci stanno costringendo a queste chiacchiere amorevoli quando in realtà domani a quest'ora potremmo essere già morti.

Ivar si avvicina a grandi falciate verso Enea, quando qualcosa mi colpisce il braccio. Mi volto di scatto e noto un fogliettino stropicciato per terra. Mi guardo intorno ed intravedo la ragazza del dieci farmi un impercettibile cenno con la testa. Raccolgo il bigliettino con un rapido gesto e lo apro “Ho bisogno di parlarti, vieni nel mio appartamento dopo l'intervista”. Cavolo, questo mi mette in una posizione scomoda. Non credo che voglia farmi del male, è contro il regolamento, finirebbe in guai troppo grossi se lo facesse. L'unica è volermi offrire un'alleanza. Sono in dubbio, non so cosa fare. Potrò fidarmi di lei? Non so nulla a parte il fatto che deve avere qualche talento nascosto per aver preso un dieci alle votazioni individuali. Che faccio?

“Un applauso ora ad Esther Grestan” mi annuncia Enea. Nascondo il biglietto dentro la scollatura mentre faccio finta di grattarmi e mi avvio.

Saluto Enea con una vigorosa stretta di mano.
“Però sei forte! È per questo che hai preso un voto così alto durante gli allenamento individuali?” mi chiede
“Chissà” alludo con un enorme sorriso “Dì la verità, stai morendo dalla voglia di scoprire che cosa ho combinato là dentro!” aggiungo cercando di conquistare il pubblico con la carta della simpatia.
Enea stringe i denti “Manaccia! Mi ha scoperto!” Ci sediamo entrambi sulle poltrone di velluto rosso “Sono molte le cose che in realtà vorrei scoprire di te. Scusa per la domanda, ma perché il sindaco ti ha accusato di omicidio? Sembri così affidabile e brava!”
Dritti al sodo dunque, eh? Mi tocca parlare, non ho molta scelta “Perchè ho ucciso. È stato per legittima difesa però. Quel ragazzo...” i ricordi ritornano a galla prepotentemente. Pensavo fossimo amici. Mi fidavo di lui, era sempre stato gentile, mentre in realtà voleva solo...
“Stai bene?” mi chiede Enea. Mi accorgo solo ora che sono sul punto di piangere. Ho ancora così tanta rabbia addosso...
“Voleva stuprarmi” rivelo cercando di nascondere il dolore dietro ad una smorfia
Il pubblico rimane sbigottito, così come Enea “Non capisco, perché ti sono andati tutti contro?”
“Era il figlio del sindaco, era insospettabile. Sembrava un ragazzo a modo, gentile con tutti, mentre in realtà era un mostro. Io...” mi sento così esposta in questo momento, non volevo piangere di fronte all'intera nazione. Cosa penseranno di me? Starò facendo la figura della piagnona.
“Ti do buone notizie, Esther, a te e a tutti gli altri tributi che hanno commesso reati” Mi asciugo le lacrime in fretta, mettendomi poi sull'attenti. Cosa vuole dire? “Il presidente Snow in un atto di generosità ha deciso che il vincitore di questa edizione avrà la grazia rispetto ai crimini commessi” Spalanco la bocca per lo stupore, e non so sono la sola.
“Che?” squittisce Ivar dietro di me. Chester invece fissa Enea fra l'incredulo e lo scettico.
“Sul serio?” domando cauta
“Ma certo, bambina!” esclama Enea accompagnato dalle ovazioni del pubblico. Ora capisco, non possono permettersi che un vincitore rischi la galera, non dopo che è riuscito ad entrare nei cuori dei capitolini. Deve essere una manovra per tenere buona la popolazione ed allontanarla dal pensiero di eventuali rivolte. Ci vogliono usare nuovamente come loro strumenti, solo che questa volta cade a nostro vantaggio. Quindi se uscissi da qui sarei libera per sempre? Davvero? Sembra troppo bello per essere vero.
Abbraccio Enea (so che è quello che il pubblico vuole) e torno al mio posto tirando un sospiro di sollievo. E anche questa è andata. Ora ho un nuovo quesito da affrontare: che cosa fare con Autumn?

 

Dalissa"Daisy"Manique, tributo del distretto 9, Capitol City

 

Le interviste si stanno rivelando meno pesanti di quanto pensassi. Credevo che oggi sarebbe stata una giornata all'insegna della frenesia e del caos, e in parte lo è stato, ma si sta rivelando utile. Sto raccogliendo molte informazioni, e spero davvero che si riveleranno utili per me e Liam. Mi è sempre piaciuto osservare e studiare gli altri, capire cosa li spinga a dire o fare certe azioni. Credo che da queste poche frasi e da uegli impercettibili movimenti, posso già delineare a grandi linee la natura di ciascun tributo. So chi mi ispira fiducia e chi può rivelarsi un pericolo. Voglio evitare qualsiasi scontro diretto per quanto possibile, anche se so che sarà veramente difficile uscire da qui con le mani pulite. Lyn mi ha insegnato come si uccide prima di partire, e mi ha detto che non c'è una grossa differenza fra un coniglietto ed un essere umano, ma l'idea mi crea disgusto lo stesso. Mi dà solo fastidio l'idea di uccidere un piccolo scoiattolino, come posso freddare una persona? Il ragazzo che sta parlando adesso ad esempio. Sembra così dolce, quante persone avrà a casa ad attenderlo? Quante piangeranno la sua morte? O anche Liam, è così giovane ed indifeso... Vorrei che ci fosse una strada che ci consentisse a tutti di uscirne vivi, ma è impossibile, non è vero?

“Ora tocca a Dalissa Manique, distretto 9, un applauso!” Mi dirigo verso Enea, salutando in maniera educata il pubblico e il presentatore.
“Dalissa, Dalissa...” ripete il mio nome Enea con aria pensierosa “.. ho saputo che ti sei infiltrata” Il sangue mi si gela nelle vene. Come hanno fatto a scoprirmi? Pensavo di essere stata attenta!

“Era tardi, non volevo svegliare nessuno, ma mi andava così tanto del tè che...” mi scuso rapidamente
“Di cosa stai parlando?” chiede confuso Enea. Dalla platea sento qualcuno ridacchiare divertito
“Non si parlava del fatto che sono entrata di nascosto in cucina?” Le risatine si trasformano in una risata fragorosa. Ottima figura Daisy, complimenti.
“Certo che no!” afferma Enea.
“Ah” mi limito a replicare guardando con insistenza i miei piedi. Pazienza, ormai la figuraccia l'ho fatta.
“Intendevo dire che tu in realtà sei nata nel distretto 1” Ok, intendeva questo, allora
“Sì, è vero” rispondo con naturalezza. Enea non sembra soddisfatto dalla risposta e mi fa cenno con la testa di continuare a parlare “I miei sono morti e mi hanno adottata al nove” aggiungo un po' a disagio. Non capisco esattamente cosa voglia da me. Non sono mica la prima orfana qua a Panem! La mia storia, a dire il vero, è abbastanza comune, ad eccezione di particolari tragici che non voglio assolutamente esporre in pubblica piazza.
Il conduttore mi studia per un po', decidendo di intervenire in mio soccorso “Com'è stato lasciare il distretto 1 per il nove?” mi domanda
“Difficile all'inizio, sono molto diversi. Però non mi dispiace il nove, è pieno di piante ed animali. La gente è carina, quasi tutta” aggiungo subito dopo pensando ai miei genitori adottivi “Mi piace lavorare al campo perché....”
“Hai qualcuno di speciale al distretto che ti aspetta?” mi interrompe in gran fretta. Giusto, dimenticavo che Capitol non apprezza la divulgazione di informazioni sulla vita all'interno dei distretti. Enea deve aver capito che stavamo rischiando di cadere in tematiche spinose, e ha cambiato subito argomento.
“Lyn” rispondo senza esitazioni. Il ricordo della mia amica mi fa sorridere “È una persona meravigliosa. È orfana di padre, ma nonostante questo è molto allegra e spensierata”
“È una tua amica o...” chiede alludente Enea.
Scoppio a ridere, la sola idea di fidanzarmi con Lyn è esilarante. Non perché non sia una fidanzata appetibile, ma è troppo... femmina per me? “No, sono etero. È solo un'amica”
“Capito. Ti auguro di tornare da lei, allora. Un applauso a Dalissa” Sorrido educatamente, tornando in gran fretta al mio posto. Meno male, è andata. È andata bene, non benissimo, ma è andata bene. Posso ritenermi fortunata. Do un'occhiata a Liam, sembra spaventato. È un tipo timido, non è adatto per cose del genere. Enea lo chiama, e lui si gira verso di me in cerca di rassicurazioni. Alzo il pollice in segno di incoraggiamento.

Mi dispiace ammetterlo, ma non riesco a seguire benissimo la sua intervista, né di quelli che lo seguono nell'immediato. Riesco solo a pensare che questa è l'ultima fase prima dei giochi veri. Domani mattina sarò in mezzo ad un massacro e non posso far nulla per evitarlo. Posso solo accettarlo. Mi sento agitata, ed è raro per me. Sento l'urgenza di mollare lo studio, di barricarmi dentro la camera e di non uscirne mai più. Vorrei poter bloccare il tempo, o meglio ancora tornare indietro di una settimana. Non posso farlo però, posso solo affrontare quello che mi aspetta e voglio farlo con la testa alta. Non sono sicura di uscirne viva, ma ciò non significa che voglia arrendermi. Lotterò fino all'ultimo respiro, e spero davvero di riuscire a tenere fede a questo intento perché la paura è davvero tanta.
Mi volto verso Liam, nel frattempo tornato al suo posto. Ha il capo chino, e credo stia cercando di nascondere le lacrime. Sta sicuramente pensando alle mie stesse cose.

“Liam” lo chiamo bisbigliando, approfittando della confusione che sta facendo la ragazza dell'undici “Vuoi dormire con me stasera?” Il volto di Liam diventa di tutti di colori, letteralmente
“Io.. io...io” balbetta. Temo che mi svenga qua davanti da un momento all'altro.
“Non pensare male! È solo per tenerci compagnia, non sarà una bella nottata questa” Liam accenna un timido sì con la testa, evitando di guardarmi negli occhi.
Voglio solo passare l'ultima notte di tranquillità in santa pace, e non credo proprio di riuscirci da sola.

 

 

 

 

 

 

Si sono concluse anche le interviste.

La parola passa a voi: inviatemi un messaggio privato in cui mi elencate i vostri 3 personaggi preferiti e i 3 che odiati di più. Quelli che otterranno più voti saranno salvi, mentre quelli più odiati avranno grosse probabilità di schiattare nel bagno di sangue.

Nel frattempo in regalo una maglietta con scritto “Orgoglio ginger” in onore di Autumn.

Alla prossima (con soli cinque pov?)

 

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Capitolo 10
*** Presentimenti ***


But the tigers come at night
With their voices soft as thunder
As they tear your hopes apart
And they turn your dreams to shame

(Les Miserables)

 

Adrian Vaertek, tributo del distretto 1, Capitol City

Mi accascio sul divano privo di energie, non ne potevo più di stare sopra a quel palco. Ho dovuto pur sempre seguire ventidue interviste dopo la mia, è stato stancante. Grazie al cielo ero almeno vestito con abiti comodi, di fantasia militare. Penso invece alla povera Judith che aveva quei tacchi così alti da farmi venire le vertigini solo a guardarli. Si è fermata a parlare con Jasmine, spero che non sia successo nulla. Magari è solo spaventata per domani e voleva sfogarsi un po' con Judith dato che sono coetanee. Effettivamente mi dà l'impressione di essere... non so come definirla... è come se nascondesse dentro di sé tutte le sensazioni negative e le insicurezze, incapace di rivelarle perfino con se stessa. Dicono che l'arena tiri fuori il vero io delle persone, mi chiedo se conoscerò un'altra Jasmine là dentro.

“Ottimo lavoro” dichiara Rubin con aria soddisfatta “Ti sei dimostrato un vero favorito là sopra. Inoltre sei anche riuscito a strapparmi qualche sorriso!”

Alzo il pollice in segno di vittoria, anch'io sono contento. Ho impiegato una vita ad acquisire la mentalità tipica del tributo vincente, e ne sto raccogliendo i frutti, finalmente. Devo solo sperare che anche l'arena mi sia favorevole. Spero che non abbia troppi alberi dato che non mi piace arrampicarmi. Purtroppo in quell'ambito ho l'agilità di un dugongo.
Quark ci concede l'onore di palesarsi finalmente, solamente con tre ore di ritardo. Meraviglioso. Puzza in una maniera assurda d'alcool e cammina barcollando. Sarebbe troppo facile urlargli addosso il mio disprezzo, ma un uomo del genere, che ci abbandono nel momento del bisogno, non merita niente. Mi limito dunque a guardarlo storto
“Ti aspettavi il bacio d'addio?” mi chiede credendosi spiritoso “Quello arriva domani, bel pasticcino!” Sto per alzarmi per affrontarlo, ma Rubin scuote la testa nervosamente supplicandomi implicitamente di non farlo. Decido di accontentarlo e non rimaniamo soli in fretta.
“Che odio!” borbotto incrociando le braccia
“So che può sembrare uno stronzo, ma ha avuto una vita difficile” cerca di giustificarlo
“Posso anche capirlo” replico “Ma né io, né Judith siamo la causa di quello che è gli è successo. Non possiamo usare il passato per giustificare ogni stronzata, altrimenti questo sarebbe un mondo di soli innocenti” cerco di fargli capire. Ognuno decide se reagire o meno alle tragedie, di fare o di non fare male agli altri. Quark ha scelto senza alcun rimorso di abbandonarci e non voglio perdonarlo.
“Alle sue mietiture si estrassero prima gli uomini” racconta Rubin, senza che io gli abbia chiesto nulla “Quark desiderava l'onore e la gloria come molti altri ragazzi, come te ad esempio” mi guarda con leggero rimprovero. Mi sta accusando di qualcosa? “Si offrì volontario, ma quell'attimo di felicità durò poco dato che fu subito dopo estratta la sorellina”
“Ah” replico. Non deve essere stata una situazione facile. È strano che non ne sappia nulla, i vincitori sono oggetto di molti pettegolezzi dalle mie parti.
“Si allearono ed andare avanti fino alla finale, finché non rimasero solo loro due. Si aprì il dilemma di chi dovesse morire e chi vivere, e mentre Quark si scervellava per cercare una soluzione, sua sorella si conficco il coltello nella gola suicidandosi”
“Cazzo” Merda, non pensavo che fosse stata così tragica. Capisco anche perché nessuno parla di lui: una vittoria del genere viene considerata una vergogna, in quanto gli è stata ceduta dalla sorella. Molti lo considerano sicuramente un vigliacco per non esserci arrivato prima di lei.
“Lui vi odia, è vero” aggiunge “Ma perché proietta su di voi l'odio che prova verso se stesso. Siete entrambi volontari, con sogni di gloria ed ampie speranze per la vittoria, esattamente come lo era lui. Ed esattamente come lui rischiate di pentirvi ampiamente della vostra scelta”
“Non è così per tutti i vincitori” gli faccio notare. Gente come Cassandra o James hanno saputo trarre vantaggio da questa esperienza. Sono fieri di avervi partecipato, nel bene o nel male.
“Sempre se vinci, sempre che tu non debba fare scelte difficili come la sua. Ho visto come hai legato parecchio Judith, saresti disposto ad ucciderla?”
“Non sto dicendo che non capisco il suo dolore, solo che non è giusto il modo in cui ci tratta” balbetto eludendo la sua domanda. In realtà non voglio neppure pensarci ad un'ipotesi del genere, continuo ad immaginarmela mentre scherza, o mentre si prende cura della gemella. Non riesco a vedermela tremante e coperta di sangue; è impossibile per me.
“Sarà” replica Rubin alzandosi dal divano“Spero che tu abbia almeno una motivazione molto forte almeno” aggiunge dirigendosi verso la sua camera.
Una motivazione dice?

 

Scappo dalla sala rifugiandomi sotto il letto. Lamù non può essere morto in quel modo così orrendo. Prima la sua testa era lì e poi e poi... È sempre stato gentile con me, non posso crederci che non ci sia più! E la sua mamma? Starà piangendo come una dannata in questo preciso istante, lei che l'ho sempre vista sorridente. Non è giusto, Lamù non ci voleva neppure andare agli Hunger Games! Non può essere realmente successo, non può essere vero! E se accadesse a me un giorno? Come potrò affrontare tutto quello? Non voglio! Ho paura!
Sapevo che ti eri rifugiato qui” afferma papà raggiungendomi strisciando. Mi giro dall'altra parte, non voglio che mi veda piagnucolare come una femminuccia! Non voglio che pensi che sia un debole. Sono il suo unico figlio maschio, deve essere orgoglioso di me! La mamma lo dice in continuazione quanto volesse un maschio.

È stata una scena molto brutta, hai ragione a reagire così” cerca di consolarmi. Mi asciugo le lacrime e mi volto verso di lui, è sdraiato a pancia all'aria in mezzo alla polvere esattamente come me “Ma non essere troppo triste per lui, ha fatto un grande servizio a questa nazione” Alzo le sopracciglia, non capisco “Sei ancora un bambino Adrian, ma un giorno capirai che moriremo tutti un giorno, tanto vale impegnarsi per dare alla nostra dipartita un qualche senso. È morto da eroe, impedendo lo scoppio di una nuova guerra. So che sembra assurda, ma sacrificare dei ragazzi per impedire milioni di morti non è un prezzo così impossibile da pagare”
Provo a pensarci un po' su. Le sue parole hanno senso, ma c'è ancora qualcosa che non mi convince “E se fossi mietuto un giorno?” gli chiedo, in fondo fra un paio di anni potrò partecipare anch'io all'estrazione.
Ne sarei contento” risponde con un sorriso “Che tu vinca o che tu perda, so che mi renderai il padre più orgoglioso di sempre” mi stringo forte a lui, riempiendo i miei polmoni con il suo odore rassicurante. Sono così felice.

 

Achille “Paladino” Edipo, tributo del distretto 2, Capitol City

L'atmosfera al dodicesimo piano è ancora tesa. Marissa ha cercato di scusarsi con Cassian, ma l'ha fatto con la solita grazia, finendo per offenderlo ancora di più. Ho cercato di mediare, anche perché sembrava che il ragazzo fosse disponibile a darle una possibilità all'inizio, ma è stato inutile. Marissa si è giustificata dicendo di averci almeno provato, e che in fondo non siamo qui per fare amicizia. Sarà anche vero, ma mi sento una merda. Un vero eroe non abbandonerebbe di certo un disabile, ma il conflitto che esiste fra lui e Marissa mi impone una scelta. La mia alleata mi ha chiesto esplicitamente un aiuto e per quanto sia superficiale, egocentrica e vanitosa, è pur sempre una dama finita in un guaio mille volte più grande di lei. Me ne prenderò cura, dimostrerò di essere un vero cavaliere, esattamente come mi hanno insegnato i miei genitori. La difenderò contro qualunque pericolo a spada tratta, ma mi rendo conto che ho dei limiti ben precisi. Né io, né lei ce ne intendiamo molto di piante, e rischiamo seriamente di morire avvelenati o peggio ancora di fame. Il mio piano originale includeva una ragazza dell'undici che potesse sopperire a queste mancanze, e questa è l'ultima notte in cui poter agire. Alexys non mi sembra un tipo tranquillo, anche stasera l'ha dimostrato, ma non ho molta scelta. Molti tributi la trovano pericolosa, altri invece la deridono per il suo aspetto, un po' come è successo ad Achille Pelide. Magari è destino allearmi a lei, scommetto che nel profondo del suo cuore anche Alexys abbia desiderio di riscatto, esattamente come Marissa, anche se lei non l'ha ancora capito. Forse siamo tutti e tre uniti da un filo invisibile, forse avremo successo se rimaniamo uniti. Probabilmente c'è una spiegazione logica dietro al suo atteggiamento, se ci sforziamo possiamo andare tutti d'accordo.
“Vado all'undicesimo piano per stipulare un'alleanza con Alexys Sinclair” esordisco lasciando Marissa a bocca aperta

“Quella? Scherzi? È matta come un cavallo! L'ho vista parlare da sola prima”osserva, per poi bagnare nuovamente il battutolo di cotone con l'acetone. Afferma che odia lo smalto rovinato e che preferisce esserne sprovvista, piuttosto che mostrarsi sciatta durante l'arena.
“Durante l'intervista ha detto che lavora in un frutteto, ci può essere utile” replico sostenendo la mia idea.
“Sempre che non ci uccida nel sonno. Andiamo! È una follia! Voglio dire, ci sarà una ragione per la quale è sola, no? La gente non si trova abbandonata a se stessa per nulla!” osserva quasi canticchiando l'ultima parte.
“Anche tu sei piuttosto odiata dalle tue parti, eppure siamo una squadra” le faccio notare. Marissa stringe le labbra offesa. So di aver colpito un nervo scoperto, ma era necessario. Mi ringrazierà in seguito per essermi intestardito su questo argomento.
“Fa' come ti pare, non credo di essere nella posizione di oppormi, ma sappi che non puoi essere l'eroe di tutti qua dentro. Se mi accadesse qualcosa per colpa di quella, non ti perdonerò mai” sentenzia chiudendosi in un profondo silenzio. Lo sto facendo per il suo bene, prima o poi lo capirà. È ora che cresca e che la smetta di credersi una principessa, perché non lo è. Deve imparare a collaborare con chiunque, deve prepararsi a farlo perché non ha alternative.

Prendo l'ascensore e scendo di un piano. Busso alla porta dove mi apre un uomo alto quanto me. “Scusi per il ritardo, ma vorrei parlare con la signorina Alexys” L'uomo continua a fissarmi senza proferire una parola. “Vorrei proporle un'alleanza” aggiungo sperando così di convincerlo. In tutta risposta invece mi chiude la porta in faccia. Provo a ribussare educatamente, ma nessuno mi apre. Immagino che questo sia un “no”. Sto per andarmene, quando Alexys spunta finalmente fuori.
“Allora esiste davvero qualcuno di interessato” commenta scettica squadrandomi. Ha le braccia incrociate e le spalle leggermente inclinate in avanti. Non occorrono studi in psicologia per capire che è sulla difensiva. Posso capirla, in fondo neppure ci conosciamo.

“Sono Achille Edipo, sono del distretto 2 e...”
“So chi sei” mi interrompe bruscamente “Sei quello a cui piace fare l'eroe” Sapevo che non sarebbe stato facile, ma non mi arrendo
“Se non avessimo degli ideali, non ci distingueremmo dagli animali” rispondo, generando in lei una smorfia
“Ti piace sentirti superiore alla plebaglia?” mi chiede sprezzante
“Mi hai completamente frainteso” replico senza battere ciglio. Non mi importa se gli altri non mi capiscono, io credo fermamente in ciò che mi è stato insegnato, non ho paura di apparire come un ipocrita agli occhi degli altri tributi, le regole non le ho di certo stabile io, anzi se fosse per me sarebbero ben diverse “Vorrei che fossimo alleati” le spiego senza girarci troppo intorno “Credo che abbiamo abilità che si compensano fra di loro” aggiungo assumendo una posizione marziale. Desidero con tutto il cuore che mi prenda sul serio. Il segreto del successo negli Hunger Games sono le squadre ben bilanciate, e lei è quello che mi serve.
Alexys guarda un punto indefinito alla sua destra, stando nel frattempo in religioso silenzio. Non so bene il perché, ma sento che è necessario rispettare questa cosa, dunque aspetto senza fare il bencè minimo rumore.
“Hai altri alleati con te?” chiede sospettosa
“No” rispondo in automatico, ancor prima di pensarci.
Perché le ho mentito? Una parte di me sostiene che il caso di rivelarle la verità, ma poi ci ripenso: perché dovrei? Se mi ha fatto questa domanda è perché evidentemente non vuole nessun altro con noi per il momento. Però se facessi finta di essermi alleato con Marissa durante il bagno di sangue, potrebbe vedersi costretta ad accettarla dato che ha più alternative. Magari vedendola in azione potrebbe cambiare idea su di lei e dunque accettarla. Forse sto facendo un gioco pericoloso, dovrei fermarmi ora finché posso.
“Allora a domani” ci congeda senza darmi una possibilità per replicare. Spero di non aver combinato una cazzata.

 

Judith “Jude” Wilson, tributo del distretto 1, Capitol City

Jasmine mi sta letteralmente stracciando a scacchi. Non ha di certo pietà verso una novellina come me. È un'insegnate severa, che non manca di sottolineare ogni mossa sbagliata che compio. Nello stesso tempo la situazione è molto motivante in quanto mi spinge a fare davvero del mio meglio. Decidere di farmi insegnare il gioco è stata una buona idea, dato che mi sta distraendo dal pensiero di domani e mi sta stancando mentalmente. Magari stanotte riuscirò a dormire.
“Scacco matto” dichiara Jasmine con aria soddisfatta. Osservo bene i pezzi, nessuno di loro sta attaccando il mio re. Jasmine deve aver notato la mia confusione, tant'è che aggiunge: “Avverrà in tre mosse, non puoi far nulla per evitarlo. Vuoi vederlo?” mi chiede.

Scuoto la testa “Sei tu l'esperta, mi fido di te” La mia interlocutrice sorride fiera.
“Altra partita?” Non faccio in tempo a risponderle che sta già sistemando nuovamente i pezzi. Guardo l'ora: si sta facendo tardi, ma non me la sento di dirle di no.
“Va bene, l'ultima”
Jasmine annuisce in silenzio, per poi guardarmi in quella maniera enigmatica che le è molto comune “Sono contenta che siamo alleate” accenna mentre muove il primo pedone. A quanto pare i bianchi iniziano sempre per primi.
“Anche per me è lo stesso” replico educata. È un tipo un po' strano, ma c'è qualcosa in lei che mi piace. Senza contare che credo sarà molto utile averla dalla nostra parte. Muovo il pedone imitandola.
“Mi sei subito piaciuta, ti ho avvertito come simile a me” mi confessa mentre sposta il cavallo. Simili? La osservo con attenzione, non noto chissà quali punti in comune fra di noi, l'unico è che siamo entrambi tributi “Ti ho osservata” aggiunge senza distogliere gli occhi dalla scacchiera “Ligia al dovere, seria quando l'occasione lo richiede e mai completamente a tuo agio insieme agli altri”
“Cosa?” Come può sapere quest'ultimo particolare? È una cosa mia, intima, non la sa nessuno, neppure Therese. Muovo l'alfiere distrattamente.
“Te l'ho detto, siamo simili” ripete Jasmine come se fosse una cosa ovvia “Hai passato tutta la vita ad allenarti e hai speso poco tempo nel coltivare amicizie, anche se hai tutte le carte in regola per essere popolare” Sposto lo sguardo. È complicato. Desideravo solamente stare lontano da casa, da mia madre più che altro. Mi sono allenata ore dopo ore nel tentativo di sfogare la frustrazione e la rabbia. Ogni pugno, ogni secondo di corsa, ogni piegamento, contribuivano ad allontanare le grida, i silenzi, le bugie, quel dolore incurabile di Therese. Mi sentivo bene solamente quando mi allenavo. Sfogarmi con altre persone non faceva lo stesso effetto. Non è che odio stare con loro, è solo che sento che non mi capirebbe del tutto, per quanto possano essere carini e disponibili. Ho preferito affrontare il tutto da sola, senza aprirmi del tutto con nessuno, neppure con la mia amata sorella.
“Io..” affermo incapace di continuare la frase.
“Non ti sto rimproverando, anch'io mi sono rifugiata negli studi. A proposito è stato un azzardo mettere la regina in quella posizione” aggiunge prendendo la mia regina con la torre.
“Anche tu...?
“Una specie” accenna senza approfondire la questione “Noi siamo forti, possiamo farcela anche senza gli altri”
“Dove vuoi arrivare?” le chiedo sospettosa. Questo discorso sta prendendo degli sviluppi poco carini.
“Che abbiamo maggiori probabilità di arrivare in fondo rispetto agli altri. Per questo sono contenta di essere tua alleata: mi fai sentire meno... sola” Avverto un freddo brivido lungo la schiena. Il tutto suona come un complimento, ma c'è qualcosa di agghiacciante. Forse è perché sta parlando di un dopo Adrian, o Krinsda, o chiunque altro dei nostri. So che moriranno, ma una parte di me non riesce ancora a realizzarlo. Come può invece lei parlarne con così tanta tranquillità?
“Non credo che siamo poi così tanto simili” replico indispettita.
“Non fraintendermi, non ho niente contro gli altri, ma il fatto che ci lasceranno è un dato di fatto. Non legarti troppo a loro o finirai per soffrirne” afferma con un tono dolce, quasi materno.
“Se non lo facessi rinnegherei la mia natura” le faccio notare. Non è da me comportarmi in maniera fredda con altri, non posso cambiare da un giorno all'altro. So che nel profondo del mio cuore non ha tutti i torti, ma forse è semplicemente troppo tardi.
“Non fare in modo che i tuoi sentimenti offuschino la tua ragione” prosegue “Non farti trascinare a fondo. Pensa solo a perché vuoi tornare. Non avere pietà”. Nella mia testa c'è solo il volto di mia sorella, in preda ad uno dei suoi attacchi. Se vincessi avrei abbastanza soldi per finanziare una ricerca per trovarle una cura. Sarebbe così bello vederla per sempre libera da quella sedia a rotelle e da quel dolore incontrollabile. Avrebbe finalmente la vita che si è sempre meritata. So che Jasmine ha ragione, ma è così difficile.
“Scacco matto” dichiara Jasmine facendo cadere a terra il mio re. Non me ero neanche accorta, ero talmente persa nei miei pensieri da non far minimamente caso alla partita. Jasmine solleva lo sguardo verso l'orologio “È parecchio tardi, direi che è l'ora di dormire, o almeno provarci. Buona notte, mia cara, riposati”
“Buona notte” rispondo. Domani sarà veramente dura, sicuramente molto di più di quanto io possa immaginare.

 

David Conrad, tributo del distretto 11, Capitol City

Di notte il distretto 11 è buio come la pece, ci sono solamente fievoli fiocchi di luce dentro le case e nel frutteto a causa dei turni serali, tutto qui. Invece Capitol è talmente illuminata che sembra giorno. Quanto spreco... è davvero necessario? In fondo la notte è fatta per dormire, o meglio dovrebbe esistere per quello, ma non ci riesco proprio stasera. Sono circondato da un'infinità di rumori che mi impediscono di chiudere occhio: via e vai di persone, automobili che sfrecciano qua accanto, chiacchiericci, il battito pesante del mio cuore... A pensare che nella mia ingenuità pensavo che non esistessero notti peggiori di quelle che precedono le mietiture. Continuo a pensare che dovrei dormire o domani i miei riflessi saranno più lenti. Non riesco assolutamente ad abbandonare quest'idea, rendendo ancora più astratta la possibilità di riposare.
Chi l'avrebbe mai detto che sarei finito in questo modo? Sacrificato dalla mia gente a causa del mio carattere? Se non fossi così come sono, forse sarei ancora all'undici, accanto a Rachel. Ho pensato così tanto a lei, ma anche a quel rapporto così strano che ho con Shelly... se tornerò avrò molte cose da aggiustare, sempre se troverò il coraggio di parlare. Ma chi prendo in giro? È quasi impossibile che torni! Non ho alleati, non ho un piano, non so usare un'arma! Sarebbe stato tutto più semplice se avessi stretto un legame con qualcuno, ma io sono io, e non è stato possibile. Neppure di fronte alla prospettiva della morte riesco a cambiare, sono spacciato, lo sostiene anche Darwin. Sono sbagliato, non è un caso che mi abbiano spedito qui. Una volta non ero così, ero sempre timido, è vero, ma ero anche solare, capace di instaurare amicizie e regalare sorrisi. Poi è andato tutto a rotoli, e mi sono ritrovato improvvisamente solo. Forse ho solo paura di soffrire di nuovo, non lo so. È talmente tanto tempo che sono intrappolato in questa situazione che...

D'un tratto vedo fuori dalla finestra una sagoma femminile. Sta battendo insistentemente contro il vetro, cercando di farmi capire che vuole entrare. Come è arrivata fin quassù? È impossibile superare la sicurezza.
Accedo la luce, mi alzo dal letto e le vado incontro. Ora riesco a riconoscerla come la misteriosa senza-voce incontrata il giorno in cui sono arrivato qui. Il suo volto però è pieno di lividi, qualcuno deve averle messo le mani addosso. Tuttavia ha quello stesso sorriso caldo e gli occhi lucidi. Intorno alla vita ha legato una corda, ed è probabilmente che sia arrivata qui attraverso quella. Probabilmente lavora in un piano diverso, non deve essere stato troppo difficile per lei.

Le apro la finestra, consentendole di entrare. Con l'illuminazione della stanza riesco a vedere il suo volto con maggiore chiarezza e rabbrividisco alla vista delle tumefazioni: ha l'occhio sinistro viola, parecchi graffi sulle guance e il labbro è gonfio e rosso. Intravedo dei lividi perfino sul collo. Che cosa le sarà successo? Possibile che abbia ricevuto questo trattamento a causa del suo tentativo di venirmi incontro quella volta? La punizione è sicuramente esagerata, ma cosa posso aspettarmi da dei bastardi che mandano in diretta televisiva il massacro di ventitré ragazzi ogni anno? Lei è una senza-voce, una proprietà di Capitol quanto me o qualunque altro tributo.
“Stai bene?” le chiedo titubante.
Lei non accenna alcuna risposta, semplicemente si butta fra le mie braccia stringendomi con tutte le sue forze. Mi sento a disagio di fronte a questa confidenza, non sono più abituato a gesti d'affetto così genuini. Mi chiedo chi sia e cosa voglia da me, soprattutto considerando che sta molto probabilmente rischiando la vita per essere venuta.
La allontano da me con delicatezza, cercando un qualche indizio nei suoi occhi color ghiaccio. Qualcosa deve essersi incrinato, perché ci leggo solamente disperazione.
“Gheba” cerca di dire indicando se stessa “Gheba” ripete con maggiore forza. Vedo che si sta sforzando per essere il più chiara possibile, ma l'assenza della lingua lo rende impossibile. Si vede che sta soffrendo, ma non ho la più pallida idea di come aiutarla.
La senza voce non si arrende, e mi avverrà per il bavero “Avi, oo Gheba” ripete sull'orlo delle lacrime.
“Non ti capisco, mi dispiace” le sussurro facendola definitivamente piangere. Mi sento uno schifo, non volevo farla soffrire. Non capisco cosa vuole ed inizio a sospettare che abbia un qualche disturbo mentale “È meglio che tu vada prima che ti scoprano” le consiglio. La bionda scuote la testa energeticamente, aggrappandosi a me tremando. Perché è così importante per lei?
D'un tratto ho un'idea. Mi allontano verso il comodino dove c'è un blocknotes e una matita, spero che sia capace di scrivere. Le consegno gli oggetti e alla sola vista recupera quel sorriso meraviglioso. La senza voce scrive in fretta qualcosa e me lo fa vedere.
Leggo il nome almeno tre volte prima di realizzare. D'un tratto mi sento le gambe molli, e mi vedo costretto a sedermi sul letto. C'è scritto “Gemma”.
È veramente lei? È veramente mia sorella? Adesso capisco perché quel sorriso mi era così famigliare. Sapevo che non era morta!
“Sei tu? Sei veramente tu?” le chiedo con voce incrinata. Lei mi abbraccia forte e per la prima volta da non so quanto tempo, riesco finalmente a lasciarmi andare con qualcuno. Rimaniamo in silenzio, abbracciati l'uno all'altro dopo ben quattordici anni. Non posso credere di averla ritrovata! Proprio qui, a un passo dalla fine. “Mi aveva detto che eri morta” bisbiglio, come a giustificare il tempo che ho impiegato per riconoscerla. Avevo solo tre anni quando è scomparsa...
Gemma scrive sul foglio di come abbia tentato la fuga dal distretto e di come sia stata catturata poco dopo. Sta per scrivere qualcos'altro, ma avvertiamo dei rumori fuori dalla porta, entrambi ci rizziamo dalla paura.
“Devi andare, prima che ti becchino” le ordino aprendo la finestra. Gemma annuisce ed esegue, non prima di avermi dato il foglietto su cui stava scrivendo.
Nessuno entra nella stanza, ma ormai Gemma se n'è andata. Osservo il pezzo di carta, leggendo quelle che potrebbero essere le ultime parole a me indirizzate: “Non morire, torna da me ogni anno

 

Elyia Bolton, tributo del distretto 7, Capitol City

Correrò verso la cornucopia e prenderò la prima arma disponibile. Non deve essere troppo difficile usarne una, ho abbastanza forza per usarne una qualsiasi. Dovrò solo tirare fendenti, non credo sia poi così necessario chissà quale addestramento. Non è così difficile spezzare una vita umana.
Mi giro dall'altra parte del letto. Come sarà l'arena? Ci saranno molti posti in cui nascondersi? Sarà una landa desolata? Troverò abbastanza cibo per sopravvivere? Quanto dureranno i giochi? Solitamente fra i quattro e i dieci giorni, non è tantissimo, posso stringere i denti.

Mi metto con la pancia rivolta verso l'alto. Farà molto freddo la notte? Non voglio essere sfigurato come quel mentore del distretto 10. Se fosse invece troppo caldo? Perderò troppi liquidi e... dannazione!

Mi siedo sul letto e guardo l'ora: sono le due del mattino. Fra poco più di quattro ore ci tireranno giù dalle brache. Non va bene, devo riposarmi almeno un pochino. Decido di alzarmi, forse un po' di tv mi aiuterà a distrarmi. Mi dirigo verso il salotto, ma sento qualcuno bisbigliare. Mi nascondo dietro ad un angolo e tendo l'orecchio, sono curioso di sapere che cosa succede.
“Non credo sia una buona idea” afferma Paula. Con chi sta parlando? Non riesco a capirlo da qui
“Forse hai ragione” confessa sconsolata Esther “Solo che un alleato potrebbe essere utile” interessante, ha deciso di piangere alle ginocchia di qualcun altro? Se fosse così forte come crede di essere, non avrebbe bisogno di nessuno. Un vero combattente si affida solo alle sue forze
“Lo capisco” dice Paula comprensiva “L'ultima volta che ti sei fidata di qualcuno ti è capito qualcosa di molto brutto. Non voglio che riaccada capisci? Non credo che questa Autumn voglia aggredirti nello stesso modo, ma...” Esther non risponde, o perlomeno non la sento “Torna a dormire, domani sarà una giornata molto lunga” Le vedo dirigersi verso le loro stanze. Un'alleanza è appena sfumata, buon per me.
“Sei curioso” osserva una voce alle mie spalle. Mi volto, è Nathan. Perché dovevo incontrare proprio lui? L'ho evitato per tutto il tempo, non voglio parlarci. Lo ignoro e mi volto per tornare in camera mia, quando mi afferra per la spalla, obbligandomi a fermarmi “Giochi al lupo solitario, eppure non conosco nessuno più ficcanaso di te, è incredibile”
“Sono umano e sono curioso” replico freddo cercando di liberarmi dalla morsa
“Non esattamente, perché non tiene le nozioni acquisite per te. So che ti piace spiattellare i segreti in giro, per questo sei solo” mi accusa crudele.
“Magari sono solo perché mi piace esserlo” mi difendo lanciandogli uno sguardo velenoso. Non sopporto essere giudicato, che ne sa lui di me? Non ci parliamo quasi mai, eppure si sta comportando come se mi conoscesse alla perfezione. Si sbaglia di grosso invece, è il solito arrogante che crede di essere il più intelligente di tutti. Non fa altro che darsi delle arie perché dodici anni fa ha vinto ai giochi.
“Non credo proprio” replica Nathan “Altrimenti non si spiegherebbe questa tua tendenza a farti i cazzi altrui. Cerchi disperatamente un contatto a qualunque costo” Digrigno i denti dalla rabbia, chi si crede di essere? Con quale diritto mi parla in questo modo?
“Facile parlare per te, vero mister popolarità, amato da tutti?” gli ringhio adesso con ferocia. Nathan non si scompone, rimane impassibile come sempre, nella sua perenne posizione da signor perfettino. Lo odio, lo odio, lo odio!
“Non prendertela con me. Tu hai deciso di vivere nella mia ombra, tu hai deciso di rifiutare chiunque ti si avvicinasse” replica. D'un tratto mi sembra più alto, più imponente. Ancora una volta mi sento schiacciato alla sua presenza, come quando ero bambino. I miei avevano occhi solo per lui, nonostante anch'io avessi bisogno di loro. “Nathan ha rischiato di morire”, “Per poco non ho perso il mio bambino”, “Ha fatto di tutto per tornare da noi, non posso essere una madre più fortunata”, “Ho ancora gli incubi sulla sua mietitura”, “Tutto quello che abbiamo lo dobbiamo a lui”. Quante volte ho sentito dire queste frasi? Quante volte parlavano di me invece? Per loro esiste soltanto Nathan...
“Non voglio vivere nella tua ombra, per questo sono qui” gli rivelo. Nathan impallidisce, mettendosi entrambe le mani fra i capelli
“E tu per una cosa del genere hai deciso di mettere a repentaglio la tua vita? Hai idea di quanto stai facendo preoccupare la mamma e il papà?” mi urla addosso, fuori di sé. Non l'ho mai visto in questo stato.
“A loro non importa nulla di me!” replico con altrettanta voga.
Nathan mi tira addosso un ceffone, lasciandomi completamente ammutolito. Non mi aveva mai messo le mani addosso prima d'ora, e ne sono abbastanza sconvolto. Anche lui è rimasto sorpreso dal proprio gesto, continua a tenere gli occhi spalancati. Sa perdere la pazienza dunque, non è poi il santerellino che tutti credono. La guancia mi fa molto male, la sento quasi bruciare. Magari ho addosso l'impronta delle cinque dita come nei cartoni animati.
“Scusa” borbotta imbarazzato
“Lascia stare questa conversazione è chiusa” replico voltandomi dall'altra parte
“Non lo è” mi blocca nuovamente Nathan “Non stanno così le cose. Non ti amiamo, anche se sei una testa di cazzo assurda. Mi dispiace che tu non l'abbia capito prima d'ora, ma hai l'opportunità di farlo adesso. Domani lotta per questo, lotta per noi, non per l'egoistico intento di mostrarti superiore a me” mi supplica.
Per un momento ho la tentazione di voltarmi, ma tutto il risentimento che ho provato in questi anni non si cancella in un soffio. Una piccola parte di me vorrebbe perdonarlo, ma non riesco a non pensare al senso di abbandono, alla solitudine, ai litigi, al disprezzo e al silenzio che hanno caratterizzato la mia intera vita. Decido dunque di entrare e di chiudere la porta.

 

 

 

 

 

Con questo capitolo si chiude la prima parte della fanfiction, d'ora in avanti arena e tragedie. Grazie a tutti per il messaggio privato, vi anticipo a questo punto che i tributi automaticamente salvi dal bagno di sangue sono:

-Cassian

-Alexys

-Autunm

Ne amate tantissimi devo dire! Un sacco di tributi hanno ricevuto dei voti positivi.

Nel prossimo capitolo dovrei ucciderne cinque. Lo so che sono pochi, ma non sono emotivamente pronta alla strage!

Vi ricordo anche le alleanze:

 

I DUE DEL NOVE: Liam e Dalissa

I NASCOSTI: Hellen e Bruce

I FAVORITI: Angie, Judith, Adrian, Libero, Krinsda e Jasmine

LA FIABA?: Achille, Marissa ed Alexys

I RIBELLI: Chester e Ivar

 

Alla prossima!

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Capitolo 11
*** Battesimo ***


Giorno 1, mattina


 

Liam “Felino” Evans, tributo del distretto 9, Capitol City

È buio, non vedo assolutamente nulla. Sento solo l'odore del ferro, talmente prepotente che mi sembra di averlo in bocca. D'un tratto una luce accecante appare sopra di me. Sposto rapidamente la testa verso il basso, in modo da ripararmi la vista, ma mi accorgo che il pavimento è costituito da stretti tubi paralleli arrugginiti. Guardo lentamente a destra, poi a sinistra, poi nuovamente verso l'alto. Sono in trappola, in quella che sembra essere una gabbia vera e propria.
Mi avvicino ad una delle estremità, afferro le sbarre, e provo ad agitarle. Niente, sono ben fissate, non c'è via di scampo. Uno squittio attira la mia attenzione. Mi guardo indietro ed intravedo un topolino biondo, quasi bianco, dallo sguardo calmo e rassicurante. Faccio un passo in avanti per avvicinarmi, quando mi accorgo che sono circondato da ratti, tutti di grandezze e colori diversi. Sono tanti, e sono tutti minacciosi. Non faccio in tempo a gridare aiuto che sono tutti addosso a me, mordendomi le caviglie, i fianchi, la faccia, gli occhi.

“Liam!” grida il topolino biondo

 

“Liam!”
Scatto verso l'indietro, cercando di togliermi di dosso gli ultimi ratti. Apro gli occhi, sono nuovamente nella grande stanza di Dalissa, illuminata dalle luci rosee dell'alba. Era solo un incubo, sono ancora vivo. Per ora.

Dalissa mi guarda preoccupata, mentre si massaggia la guancia un po' più rossa del solito “Era solo un incubo” mi spiega con calma
“Perché ti tieni la guancia?” le chiedo innocentemente
“Eri molto agitato nel sonno e hai finito per colpirmi”
Arrossisco per l'imbarazzo, mentre le chiedo centomila volte scusa per il mio gesto. Era l'ultima delle mie intenzioni, davvero, soprattutto considerando che è l'unica che si è dimostrata gentile nei miei confronti qua dentro.
Dalissa non sembra essersi arrabbiata, anzi, se la sta ridendo “Tranquillo, non l'hai mica fatto apposta. Cosa stavi sognando di così brutto?” mi chiede
“Gli Hunger Games” rispondo senza esitare, perché quella gabbia non poteva rappresentare nient altro. In fondo non siamo ventiquattro prigionieri condannati a morte per il grave crimine di voler essere liberi? Siamo animali ammaestrati per il piacere dei capitolini, ci stanno per privare di ogni umanità. Non sono forse già morto il giorno della mietitura? Di cosa ho paura?
“Immaginavo. Sai, stanotte pensavo che..” un urlo agghiacciante la interrompe. Dalissa ed io ci guardiamo negli occhi, prima di scattare in piedi a vedere che cosa è successo.

Troviamo Cassandra seduta a terra davanti alla camera di Lucil, con la porta ancora aperta. La nostra accompagnatrice sta tremando letteralmente, ha la bocca aperta per l'orrore, mentre delle calde lacrime le rigano le guance, rovinandole il trucco.
Ho un orrendo presentimento, sento il sangue gelarmi nelle vene. Guardo Dalissa, anche lei sembra preoccupata. Si avvicina a Cassandra, inginocchiandosi per poter essere all'altezza dei suoi occhi.
“Che cosa è successo?” le domanda, ma la capitolina è in uno stato di shock, continua a tremare incapace di articolare le parole. È in grado solo di fare un unico gesto: alza il braccio ed indica insicura la camera della nostra mentore. Provo un certo senso di rabbia: in quanto fan degli Hunger Games non dovrebbe essere eccitata dalla spettacolo che c'è in quella stanza?
“Vado a controllare, resta qui” mi consiglia Dalissa. Scuoto la testa. Sarò anche il più giovane qua dentro, ma non sono un bambino, non più per lo meno. So cosa sono le droghe, so che cos'è un overdose, e quali sono le sue conseguenze. So del problema di dipendenza di Lucil, immagino che cosa sia successo. Sono consapevole che dentro quella stanza non ci sarà un bello spettacolo, ma sento l'esigenza di doverlo vedere. Fra un paio d'ore sarò immerso nel peggiore dei miei incubi, e voglio essere preparato. È come se il cadavere di Lucil fosse una sorta di antipasto. So che è un pensiero cattivo, ma non posso permettermi la stessa reazione di Cassandra di forte a uno scenario simile, o finirò per raggiungere il morto in breve tempo. Devo abituarmi, devo accettare di essere qui, o finirò per essere sopraffatto. Per ora ho vissuto il tutto in maniera passiva, alternando l'apatia al panico più puro, ma è ora di finirla. So che non potrò mai più essere completamente libero, ma la morte non è di certo una prospettiva migliore. Devo provarci almeno, lo devo ai miei cari ma anche a me stesso.
“Sicuro?” domanda Dalissa.
Accenno un debole sì con la testa. Papà mi ha sempre detto che bisogna affrontare le proprie paure. Non ne ho mai avuto il coraggio, ma se non lo faccio ora potrei non avere più altre occasioni. Afferro la manica del pigiama di Dalissa ed entro.
Mi colpisce in primo luogo l'odore acre della stanza. È questo l'odore della morte? Lucil è sdraiata a pancia all'aria sul letto, con la siringa ancora conficcata nel braccio. Ha un'espressione innaturale, ferma nel tempo per sempre. La pelle è pallida, e sono sicuro che sia anche fredda. Era sola quando è successo, ed è questo il pensiero che mi genera maggiore tristezza. Si dovrebbe morire in un letto circondati dalla propria famiglia, quando ormai si è vecchi.
“Forse avremmo potuto fare qualcosa per lei” azzarda Dalissa senza distogliere lo sguardo
“Non credo, non voleva l'aiuto di nessuno. Voleva solo... questo” rispondo con le lacrime agli occhi. Lucil non è mai veramente uscita dalla sua arena, non voglio fare la sua stessa fine, non voglio essere per sempre prigioniero dei miei incubi.
“Va' a lavarti, chiamo la sicurezza per avvisarli di quello che è successo” mi consiglia Dalissa “Non ti preoccupare comunque, ci assegneranno sicuramente un mentore d'ufficio” Giusto, non ci avevo neppure pensato. Ero troppo preso dai miei pensieri. Dalissa ha ragione, non ci manderebbero in arena con un handicap così grosso, non sarebbe giusto, neppure per i loro standard. Non c'è bisogno di rompersi la testa per questo.
Mi dirigo verso la mia camera quando Dalissa mi ferma nuovamente: “Ti darò io l'ultimo consiglio a questo punto. Corri, se sono troppo lontana non venirmi incontro. Ci ritroveremo, te lo prometto. Scappa, e non guardarti più indietro”

 

Jennifer Astrid Delay, tributo del distretto 8, catacombe dell'arena

Mi chiedo se tutte le altre stanze siano uguali alla mia. Sono tutte dominate da questo grigio smorto? Puzzano tutte quante di sangue? Cioè, non so che odore ha di preciso il sangue, ma credo che sia questo.
Ogni anno costruiscono una nuova arena, dunque non dovrebbero esserci i fantasmi dei miei predecessori, ma questo posto mi fa venire i brividi lo stesso. Spero che i fantasmi non esistano, o temo proprio che passerò l'eternità legata a questo posto, e non lo voglio proprio. Da bambina la mamma mi ha spiegato che i morti vanno in un posto dove il sole non tramonta mai, pieno di fiori e di cuccioli, dove non si ha mai fame, né freddo. Mi piaceva immaginare questo aldilà, era confortante. Perfino adesso provo piacere ad immaginarmelo, anche se sono convinta che non esista nulla del genere. È bello però pensare che un posto del genere ci sia davvero, è rilassante. Se a breve sarò morta, allora voglio riposare lì.

Una lacrima solitaria mi scende lungo la guancia. Ho paura, non sono pronta. Per tutto questo tempo ho ripetuto agli altri e a me stessa di non sottovalutarmi, perché ho molto di più da offrire rispetto a quanto si possa pensare, ma ora mi sento schiacciata da quello che mi aspetta. Mi sento il cuore in gola, e faccio fatica a deglutire. La testa è pesante, e miei occhi sono inumiditi. Cosa ci sarà qua sopra? Quali sfide mi attendono? Sarò davvero in grado di affrontarle? Mi sono data delle arie, non posso di certo tirarmi indietro, che figura ci farei? Non voglio che mio padre guardi l'intera trasmissione pensando “L'avevo detto”. Voglio essere forte e coraggiosa. Voglio dimostrare a tutti che sono molto più di una ragazza con la testa fra le nuvole. Non ho ancora idea su come farò a cavarmela, ma troverò un modo, devo farlo. Non voglio ancora raggiungere quel giardino di cui mi parlava la mamma, io voglio vivere. Voglio realizzare i miei sogni, perfino quelli assurdi. Voglio offrire una vita migliore alle mie sorelle, sposarmi, avere tanti figli insieme ad un uomo che mi ami alla follia. Voglio migliorare le condizioni del mio distretto, voglio, voglio...
“La tua divisa. Jenny?” Harold si gira verso di me. Ha in mano un completo nero con inserti gialli, i miei unici abiti nei prossimi giorni. Mi guarda a lungo, piuttosto a disagio “Stai piangendo” mi fa notare allontanandosi di un passo.
Mi asciugo distrattamente con entrambe le mani. Ho il volto completamente bagnato, spero che i capitolini non faranno caso ai miei occhi arrossati. Ho deciso di mostrarmi coraggiosa, un po' come le amazzoni dei libri antichi. Chissà, magari troverò un cavallo da ammaestrare e... sorrido, è troppo assurdo.
“Stai bene?” mi chiede confuso il mio stilista
“Sì” rispondo cercando di nascondere la tristezza dietro ad un sorriso.
“Indossa questi” mi ordina un po' freddo. Indosso un paio di scarponi di un giallo spento, ben foderati e a detta di Harold impermeabili, un paio di calzini spessi e lunghi fino al polpaccio, dei pantaloni spessi e resistenti, una t-shirt nera e una felpa con cappuccio con un enorme otto giallo sulla schiena. Il completo mi sta bene, non è comodo come un pigiama, ma credo vada bene così. Decido anche di raccogliermi i capelli in due codette. Guardo l'ora: i miei sessanta minuti sono quasi finiti.

Una voce metallica mi ordina di posizionarmi dentro l'ascensore. Osservo la costruzione trasparente davanti a me e rabbrividisco. Il tempo è giunto dunque.
Mi posiziono al suo interno e guardo Harold in cerca di conforto, ma non mi arriva nulla. Non è fatto per queste cose. È come se fosse completamente privo di sentimenti, un automa costruito da Capitol. Eppure è stato lui ad ideare quell'abito meraviglioso, cosa nasconde la sua testa? Forse la sua empatia è sotto sequestro nel suo cervello, e comunica al resto del mondo grazie alla sua migliore amica, la creatività.
“La signora Whitestorm mi ha detto di dirti di rimane concentrata” afferma prima che la vetrata scenda chiudendo i miei contatti con il resto del mondo.
Il tubo inizia a salire, mentre il mio cuore batte talmente forte da esplodere. Mi aggrappo alle pareti terrorizzata, mentre vengo accolta da una forte luce. Chiudo gli occhi istintivamente e quando gli riapro sono già di sopra.

15...

Davanti a me c'è uno spiazzale di terra battuta, dietro un gigantesco campo di lavanda. Si vedono degli alberi, ma sono ben lontani.

...12...

No, non è lavanda, è erica! È altissima, mi arriverà quasi al petto.

...10...

L'erica è il simbolo della solitudine, non deve essere stata piantata qui per caso. Com'è nuvoloso e minaccioso il cielo...

...8...

No! Devo rimanere concentrata! Chi c'è accanto a me?

...6...

Una ragazza e un ragazzo. Lei è senza ombra di dubbio Alexys, il ragazzo... chi è?

...5...

Ivar, del distretto 6, ma certo. È quello che ha fatto lo spaccone durante l'intervista.

...4...

Merda il tempo sta scadendo, che cosa faccio?

...3...

C' è uno zaino, anzi ce ne sono più di uno.

...2...

Devo prenderlo, può fare la differenza fra la vita e la morta.

...1...

Devo rimanere concentrata.

...0.

Corriamo quasi tutti verso la cornucopia come dei forsennati, tranne poche persone. Mi sembra di scorgere il ragazzo del nove e la ragazza del sei correre verso il campo, ma non ne sono sicura. Avranno capito che il bagno di sangue è troppo pericoloso ed è dunque meglio andarsene. No! Non devo distrarmi! Rimani concentrata!
Mi impongono di non pensare a loro, ma solamente al mio zaino grigio.

Sforzo le mie gambe al massimo, i muscoli mi tirano da farmi male, ma non posso fermarmi. Il vento mi fischia fra le orecchie, e la mia gola brucia. Non mi fermo però. Con la coda dell'occhio intravedo Ivar che ha quasi raggiunto lo zaino, non ci voleva. Mi butto letteralmente sul mio obiettivo, sbattendo con violenza sul terreno. Sento un fastidioso dolore a livello del ginocchio destro, ma lo ignoro deliberatamente. Ivar ha preso lo zaino da una delle bretelle e lo tira con forza. So che non posso resistere, non ci vuole molto per capire che è più forte di me. Faccio dunque l'unica cosa che mi viene in mente. Apro la bocca e gli mordo la mano con tutte le mie forze, abbastanza per sentire in bocca il sapore metallico del suo sangue. Mi sposto verso l'esterno, ma Ivar mi afferra per il cappuccio, mi tira indietro, e mi getta un violento pugno sul naso. Il dolore è allucinante, per un momento vedo solo buio. Riesco a sentire in compenso lo zaino scivolarmi via dalle mani.
“Nulla di personale” mi grida prima di scappare via.
Inizio a vedere nuovamente il mondo intorno a me, e c'è solo il caos. Sento urla, vedo gente correre, scappare e lottare. Ho male alla testa, e sento qualcosa scendermi giù dal naso, probabilmente sangue. Provo a rialzarmi nonostante il dolore, mi sembra quasi di sentire le mie sorelle fare il tifo per me. Sono solo le loro voci che mi permettono di tornare a correre. Prima però afferro delle corde appoggiate sul terreno, mi saranno utili.
Mi muovo più lentamente di quanto volessi, ma sembra che nessuno mi stia dando troppe attenzioni. L'erica mi avvolge, continuo a scappare.

 

Autumn “La rossa” Lewis, tributo del distretto 10, arena

Se la vita fosse giusta non sarei qui; sarei invece davanti a una torta ai frutti di bosco, insieme a mio padre e ai miei amici. Avremmo fatto una festa semplice, come quelle che piacciono a me, ma ci saremmo divertiti alla grande. Su quella torta oggi ci sarebbero sedici candeline. Già, che bel compleanno mi ritrovo invece.
Lo scenario intorno a me ricorda un po' il distretto 10, ma è solo un eco distante, non ha il suo calore o il suo odore. Avverto la presenza della morte nell'aria che ci osserva come un avvoltoio. Non avrà me però, mi rifiuto! Voglio vincere, voglio tornare a casa.

Osservo la cornucopia incuriosita cercando di vedere se c'è qualcosa di utile. Intravedo lance, pugnali e anche della spade, ma sembrano tutte troppo pesanti. È inutile gettarsi là dentro, soprattutto considerando che ho quasi la certezza assoluta che la mia spadina non ci sia. Me la invieranno gli sponsors quella, non devo preoccuparmi dell'arma ora, ma sono del mio zaino.
Mi mordo il labbro con forza mentre individuo il mio obiettivo. Devo solo prenderlo e fuggire via, è semplice. Chiudo gli occhi e prendo un grosso respiro. Ce la posso fare, sono forte, ce la posso fare.

Sopra la cornucopia appare un grosso zero, il nostro segnale di partenza. Mi getto giù dalla postazione senza esitazione, corro come un fulmine mentre il vento accarezza il mio corpo e miei capelli corti. Mi allungo per prenderlo e lo afferro dalla bretella. È abbastanza pesante, mi auguro che ci sia qualcosa di veramente utile qua dentro.
Mi guardo intorno, nessuno sembra avermi notata, sono tutti ancora impegnati nella ricerca del materiale o in piccole risse, come il tributo del tre e Nick. La cosa dura poco però, Chester deve aver intuito che è pericoloso portarsi via uno zaino così grosso, e dunque ci rinuncia. Sto per urlare a Nick di fare altrettanto, ma poi ricordo la nostra ultima conversazione e decido di lasciar stare. Non mi ascolterebbe mai, non dopo quella volta.
Mi volto per andarmene, quando noto il tributo del dodici per terra, mentre cerca di rialzarsi disorientato. Nonostante questo sembra abbastanza calmo, immagino sia una cosa del tipo “occhio non vede, cuore non duole”. Nel vederlo in quello stato mi si spezza il cuore, se non lo aiuterà nessuno morirà di certo. Non posso lasciarlo qui, come potrei vivere con questo pensiero? Sento però anche i rimproveri di mio padre nella testa, e questo contrasto mi sta uccidendo. Non ricordo di aver mai provato sentimenti così contrastanti dentro la mia testa e sento di esplodere.
Non sono la sola però. Il ragazzo del distretto 8, quello con i capelli bianchi, si è fermato all'improvviso a pochi metri di distanza, per poi fare dietro front verso Cassian. Non deve aver retto i sensi di colpa. Sul suo volto c'è una certa frustrazione, deve essere stata una scelta molto sofferta per lui.
“Aggrappati a me!” gli ordina “Ti porto via da qui”
Cassian lo guardo con sospetto, per poi accettare il gentile aiuto, non che abbia molta scelta.
Li guardo andare via, quasi rapita dalla scena. Non mi aspettavo un gesto così umano qua dentro, i capitolini staranno sicuramente impazzendo, mi chiedo se Richard non abbia agito in quel modo appositamente. Se mi unissi a loro potrei placare i miei sensi di colpa ed ottenere gli sponsors che desidero.
Un urlo si manifesta alla mia destra: una ragazza mora, credo del cinque, è appena stata colpita da un coltello da lancio alla gamba. Non c'è tempo da perdere: se rimango ancora qui a fare la bella statuita riflessiva rischierò di farmi linciare.
Riprendo a correre, raggiungendo i due in breve tempo. Cassian mi sente e si volta indietro completamente terrorizzato. La sua reazione fa girare anche Richard che digrigna i denti.
“Cavolo, cavolo, cavolo!” ripete mentre accelera il passo.
“Voglio aiutarvi!” esclamo prendendo Cassian sotto braccio. I due mi guardano sorpresi, ma li ignoro completamente. Lo so benissimo che sto facendo qualcosa di avventato, ma ormai ho preso una decisione ed odio tirarmi indietro. Spero solamente di non aver fatto una cazzata. Mi mordo il labbro cercando di ignorare le voci dentro la testa. Non erano questi i piani, non mi piace improvvisare. Avrei preferito avere Eshter con me, ma ieri mi ha dato buca. Chissà, magari loro due non saranno così male, in fondo Richard ha avuto un voto medio, mentre Cassian è sicuramente sottovalutato per via del suo handicap. So che almeno ha un udito finissimo, mi ha sentito molto prima dell'altro.
“Grazie per l'aiuto, ma spero che abbiate un piano oltre a quello di trascinarmi via” ci interroga Cassian. Guardo Richard, è fortemente a disagio. Non credo abbia troppo pensato alle conseguenze di questo gesto, non sono neppure sicura che volesse un'alleanza. Di questo problema ce ne occuperemo dopo.
“Certo che sì: sopravvivere” replico con un sorriso.

 

Krinsda Dramir, tributo del distretto 4, arena

Ho sempre pensato di essere destinata a qualcosa di grandioso. Ho un sacco di doti e di talenti, ho sempre rifiutato di fare la fine dei miei genitori. Diventare una pescatrice? No, grazie. È un mestiere palloso, poco redditizio e che ti fa perfino puzzare. Non voglio essere una delle tante sempliciotte del mio distretto, io voglio una vita come si deve in segno dell'avventura, del lusso e del piacere. Ed è tutto lì, a pochi metri da me.
Finito il countdown mi sono gettata per prima sul terreno, senza alcuna paura. Voglio una spada, una bella e letale come quella tatuata sul mio braccio. Una con cui aprirmi la strada verso il successo.

Arrivo alla cornucopia praticamente per prima, seguita subito dopo da Judith. Inizio immediatamente a cercare le armi, che sono ben in fondo vicino a quelli che sembrano dei medikit. Afferro la prima spada, ma il modello non mi piace per nulla: troppo sottile, troppo lunga, non sono abituata a maneggiare modelli del genere. La seconda mi aggrada decisamente di più. È una scimitarra con una curvatura molto pronunciata. Sa fare molti danni e sembra essere fatta apposta per me. Ora che ho un'arma, è ora di spezzare vite, inutili ostacoli verso i miei sogni di gloria.
Mi sposto di un passo ed intravedo Judith iniziare una lotta a qualche metro di distanza con il ragazzo del distretto 7. Lui non lo sa, ma è di certo spacciato, non ha speranze contro di lei. Non so che addestramento abbia avuto lui con i pugnali, ma so per certo che Judith se la cava parecchio bene con le alabarde. Ma anche se fosse, voglio dire, alabarda contro pugnale? Non c'è storia.

Mi guardo intorno cercando di individuare il mio avversario finché finalmente non la intravedo. È una ragazza con i capelli corti e castani, con un enorme sette sulla schiena. Ha appena afferrato un'ascia. Prevedibile, molti tributi di quel distretto la prediligono, ma questo non vuole certo dire che sia poi così brava ad usarla.
La raggiungo in maniera furtiva, preparandomi ad attaccarla alle spalle. Alzo la spada per colpirla, ma Esther si volta giusto in tempo per evitare l'attacco, giusto per un soffio. Ragazza fortunata, se avesse esitato un altro attimo adesso sarebbe priva di testa. La osservo: nei suoi occhi azzurri intravedo la paura. Stupida, non sarebbe dovuta venire qui se è una tale vigliacca. Doveva fuggire verso il campo di erica come hanno fatto alcuni.
L'attacco nuovamente, ma riesce a pararlo attraverso la lama dell'ascia. Faccio pressione con tutte le mie forze, mettendola in difficoltà. La vedo piegare le ginocchia, mentre nel suo volto appare una smorfia dovuta allo sforzo. Povera schiocca, pensava davvero di venire qui impudentemente e di passarla liscia? Questo è il nostro territorio!
“Dovresti provare con un sasso” la provoco “Evidentemente sei in grado di uccidere solamente con quello”.
Qualcosa scatta dentro di lei. Vedo una sorta di fiamma dentro i suoi occhi, una ferocia che non avevo mai visto. Esther approfitta della mia sorpresa per spingermi via, recuperando la distanza, anche se per poco. Passa improvvisamente all'attacco in maniera violenta, costringendomi alla difesa. Schivo un colpo per pochissimo spostandomi verso sinistra.
Cosa diavolo sta succedendo? Non posso farmi mettere in difficoltà dalla prima sbarbatella che passa! Ho frequentato l'accademia per ben otto anni! Sono meglio di così! Io sono una vincente, non mi farò schiacciare da questa disgraziata!
Torno all'attacco lanciandole addosso qualche fendente, ma nessuno di questi va a segno. Esther evita l'ultimo spostandosi rapidamente a sinistra. Ancor prima di realizzare dove si trovi, sento un dolore assurdo all'altezza della schiena. Il respiro mi si blocca all'altezza del torace, apro la bocca per urlare, ma non esce alcun suono. Sento le gambe indebolirsi, e il pavimento diventa improvvisamente più vicino.
“Krinsda!” urla una voce famigliare che attualmente non riesco a ricollegare a nessuno.
Sento qualcosa uscire dal mio corpo, e dei passi che si allontanano. Sta scappando. Quella puttana sta scappando! Non può finire così, non abbiamo ancora finito noi due. Provo a muovermi, ma il mio corpo non risponde ai miei comandi.
“Non ci provare” mi ordina una voce maschile, con uno strano tono. Deve essere Libero, è stato lui ad urlare prima?
“Inseguila, devi ucciderla” sussurro con enorme fatica.
Libero mi solleva e mi gira dall'altra parte. Fa incredibilmente male, non riesco a trattenere un urlo di dolore. Lo osservo come posso, nonostante la mia vista sia annebbiata. Sembra stare bene, anche se.. sta piangendo? Perché?
“Io non ti lascio” replica con la voce incrinata.
“Non perdere tempo” cerco di ordinargli, ma mi esce fuori quasi un soffio strozzato. Quanto sono patetica, quanto lo è lui! Che cosa aspetta! Lo farei io se solo ne avessi la forza. La testa sta incominciando a girarmi e mi sento sempre più debole.
Si volta verso sinistra. Sposto lo sguardo anch'io: ci sono Judith e Jasmine. La prima sembra parecchio pallida, mentre la seconda è completamente spettinata e piena di graffi.
“Cerco dei medicinali” borbotta Judith mentre Adrian ci raggiunge completamente sudato.
“Lascia stare, ha perso troppo sangue, è spacciata” sentenzia Jasmine.
Cosa sta dicendo? Io non sto morendo, sono viva, mi vedete? Oggi è il mio giorno di gloria, è da una vita che aspetto questo momento!
“Oh no” borbotta Libero in lacrime.
“Cazzo” fa eco Adrian.
Smettetela! Non è vero, state mentendo! Dannati bugiardi! Non sto morendo, non sto morendo, non sto morendo!
Credi che questo pesce sia sufficiente?” mi chiede John. Cosa ci fa qui? Dov'è poi? Non lo vedo.
Ne abbiamo rubato abbastanza per far credere a tutti che abbiamo lavorato” risponde al mio posto Erik. Cosa sta succedendo? Non è normale, inizio ad avere paura.
Stringo la mano a Libero con le poche forza che mi rimangono. Sta succedendo davvero? Sto... morendo? Non può essere vero, non può finire così! Ho solo diciassette anni, non voglio andarmene, non sono pronta.
“Guardami” mi ordina Libero. Mi volto verso di lui, osservando con attenzione i suoi occhi castani. Sono così caldi. È bello il marrone, non me ne ero mai accorta. Che schiocca, io stessa ho gli occhi di quel colore. Però io ricordo solo il blu, come il mare, come i pantaloni preferiti di mio padre. Sarà ancora arrabbiato con me? Povero uomo, ha avuto una figlia così stupida.

 

Angelie Asimar, tributo del distretto 2, arena

La prima cosa che sento sono i fiori. È un odore che riempie completamente le narici. Deve sembrare romantico da là fuori, mia madre ne sarà sicuramente entusiasta. Peccato che a breve saranno macchiati di sangue. Quanto ne farò versare? Chissà cosa si prova nel spezzare una vita.
Dalla mia posizione intravedo solo Krinsda e Jasmine, spero davvero che se la caveranno, soprattutto Jasmine dato che non ha ricevuto alcuna sorta di addestramento. Non ero assolutamente favorevole al suo ingresso, ma ormai è una dei nostri, e ci dobbiamo prendere cura di lei. Troverà il modo per ripagarci, ci voglio credere.


Il countdown sta per scadere, mi preparo per lo sforzo fisico che devo compiere. Devo raggiungere la cornucopia in fretta e prendere un'arma, preferibilmente un'ascia. Al giungere dello zero, mi dirigo verso la meta, quando vengo spintonata da dietro. Perdo l'equilibrio per un attimo, ma riesco a non cadere. Cerco di individuare lo stronzo a cui dovrò aprire la pancia: ha un sette stampato nella felpa, deve essere Elyia. Intravedo con la cosa nell'occhio una piccola rissa con protagoniste Jasmine e quell'oca del distretto 12. Marissa, esattamente come mi aspettavo, attacca attraverso graffi, morsi ed altri gesti sleali, ma devo dire che Jasmine se la cava bene per essere una pivellina. Non credo abbia bisogno del mio aiuto.

Raggiungo la cornucopia, dove Judith e Krinsda sono già occupata in una lotta per il controllo del territorio. Adrian è invece smarcato, e ha in mano i suoi preziosi coltelli da lancio che sta tirando addosso agli altri tributi.
Sto cercando un'arma, quando mi accorgo che Achille non sta correndo verso la cornucopia come mi immaginavo, ma verso Jasmine e Marissa. Non vorrà mica...? Si è sempre vantato di non toccare le donne neppure con un fiore, ma qui ci sono in ballo delle vite, non credo che terrà a lungo fede ai suoi ideali.
Non c'è tempo da perdere. Prendo in mano la prima arma che mi capita a tiro (una spada bastarda) e mi dirigo in fretta e furia in soccorso alla mia alleata. Alla mia vista Achille afferra per il braccio Marissa e la trascina via, seguito poco dopo dalla ragazza dell'undici che ha in spalla uno zaino grigio. Che buffa combinazione di soggetti, mi fanno quasi pentire di non essere fra il pubblico in questo momento. Ora che lo noto Achille è disarmato, non ha neppure fatto in tempo a prendere delle armi. Il solito impulsivo, ha dato priorità a Marissa anziché all'arma. Si pentirà amaramente di questa scelta. Li inseguirei anche, ma sono pur sempre in tre anche se privi di armi. Ci sarà tempo anche per loro, non ho fretta.
Libero ci ha nel frattempo raggiunte “Scortala fino alla cornucopia” gli ordino “Io vado a caccia” aggiungo con un sorriso.
“Non dirmi cosa devo fare!” protesta Libero, ma ormai sono lontana. Mi rifiuto di uscire da qui senza aver sconfitto qualcuno, l'aver costretto Achille alla fuga non mi basta. Il bagno di sangue è sempre stata la parte più eccitante, voglio esserne la protagonista. Non capisco come si possa avere paura di questo momento, io mi sento stra-eccitata. Il cuore mi batte a mille, sento i muscoli del volto tirarmi da quanto sto sorridendo. Non mi sono mai sentita così viva. È come me lo sono sempre immaginata, se non ancora più bello.

Mi guardo intorno mentre corro in mezzo ai fiori, finché non intravedo qualcuno. Non riesco a riconoscerlo a causa dell'enorme zaino che porta appresso, ma è un giovane alto con i capelli neri. Un ragazzo che è stato rallentato dal peso della sua avarizia, un ragazzo morto.
Sento l'eccitazione crescere, mentre accelero il passo per raggiungerlo. Il tributo si volta a causa del rumore, abbandona lo zaino ed inizia a correre con tutte le sue forze. Vigliacco, non è nient altro che un coniglio di fronte al suo predatore. Ora riesco ad intravede un dieci sulla sua maglia, deve essere Nick, il ragazzo che mi farà perdere la verginità.

È agile, ma non quanto me. Non è addestrato per sopportare lunghi sforzi fisici, senza contare che rallenta ogni volta che intravede un'ape. Paura di essere punto? Dovrebbe avere paura di me invece!
Allungo la mano e l'afferro per il cappuccio, gettandolo violentemente verso l'indietro. Non fa in tempo a rialzarsi che la mia spada è già dentro al suo stomaco. Che goduria.
Il volto di Nick si riempie di dolore, la sua sofferenza traspare da ogni singola cellula e ciò grazie a me. Io gli sto strappando la vita proprio in questo momento, ho fatto la differenza fra la vita e la morte, esattamente come una dea crudele. Non mi sono mai sentita così potente in tutta la mia vita e la cosa mi piace tantissimo.
Nickolas smette finalmente di lottare, ed intravedo il preciso momento in cui la vita abbandona il suo corpo. È stato bellissimo, voglio rifarlo.
Mi guardo intorno, c'è un silenzio perfetto, sembra non esserci nessuno. Eppure sento che non è così, ma forse sono solo le mie speranze ad illudermi.
Inizio a cercare, qualcuno potrebbe benissimo essere nascosto fra i fiori. Sono abbastanza alti per permettere una cosa del genere. Guardo alla mia destra e alla mia sinistra, finché non intravedo una traccia di sangue. Qualcuno è passato da qui e ha fatto il favore di lasciarmi dei suggerimenti per trovarlo. Che amorevole persona deve essere. Scommetto che c'è lo zampino di Adrian: stava lanciando dei coltelli, deve aver colpito qualcuno, e quel qualcuno avrà l'onore di essere la mia prossima vittima, colui che mi regalerà di nuovo quell'enorme piacere che ho provato poco fa.
Seguo le traccie, tendendo nel frattempo l'orecchio. Voglio sentire il sussurro che farà quando capirà di essere spacciato.
Dopo un paio di minuti finalmente lo sento. Allungo il collo e finalmente lo vedo: è un ragazzo che ha circa la mia età, moro anche lui, ma con dei piacevoli occhi grigi. Ha conficcato un pugnale sul fianco e sta tremando, non so se per la paura o per il dolore.
“Tana per David” annuncio trionfante.
“Non guardarmi come un pezzo di carne” borbotta lui mentre una goccia di sudore scivola sulla sua tempia. Non mi sarei aspettata questa uscita da lui, mi è sempre sembrato un introverso senza spina dorsale. Si è fatto crescere le palle all'ultimo, buon per lui.

Affondo la spada direttamente nel suo cuore.

 

Alexys “Demone” Sinclair, tributo del distretto 11, arena

“Almeno siamo vivi” cerca di consolarmi Amos mentre svuoto lo zaino “ Troveremo un modo per risolvere tutti i nostri problemi” aggiunge.
Questa volta non lo ascolto, sono troppo furiosa. Perché lei è qui con noi? Come ha potuto Achille soccorrerla? Lei è l'emblema di tutto ciò che odio e vorrei distruggere.
Osservo Marissa, non c'è un solo particolare di lei che non mi faccia salire la bile. Puttana, sono certa che il mondo è sempre stato ai suoi piedi solamente perché ha un bel visino, così come sono sicura che ne ha approfittato alla grande per seminare zizzania e caos. È quel genere di persona che spala merda sugli altri solamente per sentirsi superiore. Dentro è vuota, non la voglio con noi. È pericolosa, potrebbe manipolare Achille e ritorcercelo contro.
Se io morissi Amos, tu che fine faresti? Non voglio che tu scompaia, ma non riesco neppure a tollerare l'idea che possa vivere un'esistenza lontano da me. Io e te siamo un'unica cosa, vero? Tu stesso me l'hai detto, non lasciarmi mai. Oh, mi manca di già parlare liberamente con te! Come potrò farlo qua dentro senza passare per pazza? Quella stronza non aspetta altro, me lo sento. Pensavo che avessimo trovato un amico finalmente, uno che vedesse qualcosa di utile in noi, ma lei rischia di rovinare tutto. Deve morire, non può rimanere con noi! Dobbiamo sbaraccarcene! Ma come posso farlo senza perdere l'alleanza con Achille? So che posso cavarmela anche da sola, l'ho fatto per una vita intera, ma ad Amos lui piace e dunque piace anche a me. Non voglio perderlo. In fondo gli farei anche un favore: si è accollato questa piattola perché è buono, ma scommetto che anche lui non vede l'ora di liberarsene. Sono sicura che Amos sia d'accordo con me.

“Hai trovato qualcosa?” mi chiede Achille con espressione alquanto amareggiata. Non gli è andata giù la nostra fuga, l'ha considerata un gesto da vigliacchi, ma in realtà non avevamo molta scelta: eravamo disarmati, in mezzo a tutto quel caos, con Marissa frastornata a causa delle botte subite.
“Carne essiccata, tre mele, una coperta d'alluminio, borraccia piena d'acqua, burro-cacao, fazzolettini di carta, una penna e garze in abbondanza” elenco in risposta. Poteva andarci decisamente peggio, almeno abbiamo dell'acqua, anche se non capisco l'utilità della penna e del burro-cacao. Scommetto che Marissa si è scopata qualche stratega per aver quest'ultimo nello zaino.

“Più il coltellino svizzero che Marissa ha sgraffignato durante il bagno di sangue Ammettilo che è stata brava” mi spinge Achille. Brava? Se non si fosse incaponita su quell'inutile coltellino, forse a quest'ora avremmo avuto una vera arma. Io sono stata brava, dato che ho preso un pugnale conficcato nel terreno e uno zaino con del materiale utile. Perché non fa dei complimenti a me? Giusto, io non sono bella. “So che non ti piace” riprende lui “Ma se ci sforziamo possiamo essere una famiglia”.
Trattengo a stento una risata amara “Pessimo esempio, la mia famiglia mi ha abbandonata all'orfanotrofio” gli spiego. Si giustificarono dicendo che erano troppo poveri per mantenermi, ma più probabilmente agirono così per liberarsi di una bambina brutta con un temperamento difficile.
“Piuttosto ci serve una fonte d'acqua, questa che abbiamo non ci durerà a lungo” osservo.
“Di cosa parlate? Non escludetemi!” si lamenta Marissa con tono infantile. Odio perfino la sua voce, mi sembra un gracchiare continuo.
“Pensavamo che sia meglio darci all'esplorazione” dichiara Achille.
Marissa sbuffa “Dobbiamo davvero? Abbiamo corso per quasi tutta la mattinata, sono stanca morta! Le caviglie mi fanno male, è pieno di insetti e non voglio sporcarmi più del necessario! Quando avrò nuovamente la possibilità di farmi una doccia?”
Alzo gli occhi al cielo esasperata, mentre Achille annuisce serio “Va bene, andrò solo io”
“Cosa?” ribatto infastidita. Per quanto tempo intende ancora viziarla? Perché fa così? Gli esseri umani... io non li capisco.
“Rimarrai qui a prenderti cura di lei” sto per replicare quando aggiunge: “Mi fido di te”.
Mi volto verso Marissa, che mi sta squadrando con aria disgustata. Forse è già arrivato il momento.
Achille si congeda lasciandoci sole. Ci guardiamo a lungo con odio, mentre Amos rimane seduto vicino a me, visibilmente preoccupato “Non mi piace” esordisce “Nessuno dovrebbe guardarti così”.
Mi limito a sorridere, sperando che riesca a capire quanto gli sono grata.
“Hai visto quei due del cinque?” mi chiede Marissa dopo quasi mezz'ora di assoluto silenzio “Lui l'ha trascinata via in braccio, è stato romantico, o patetico. Una delle due cose”
“Avrai molto da criticare. Le hai prese parecchie prima” le faccio notare con disprezzo. Con coraggio può aprire bocca quando è solamente un peso per tutti noi?
“Mi sono difesa però. Hellen non può dire altrettanto” insiste.
“Difesa. Hai cacciato dei gran graffi e morsi” ribatto
“Pensi che sia una gattina incapace, vero?” mi domanda alzandosi in piedi e venendomi incontro. “Non sono una svampita come credi!” aggiunge alzando il tono della voce.
Sento apparire una smorfia sprezzante nel mio volto, mentre mi alzo in piedi anch'io “Vuoi sapere cosa penso di te? Penso che tu indossi la superficialità come se fosse un'armatura perché hai troppa paura di guardarti dentro e scoprire il vuoto più assoluto” l'accuso.
Marissa sgrana gli occhi incassando il colpo. Ci ho preso, ancora una volta. “Sai una cosa?” riprende lei con le lacrime agli occhi “Io ho qualcuno che mi ama almeno, qualcuno di reale, in carne ed ossa. Tu, piccolo mostro, chi hai dalla tua parte?”
Sento l'odio montarmi talmente tanto da vederci più. Mi sento esplodere, non posso trattenermi. Riesco solo a pensare a quanto sia stronza, meritevole solo di morire. Tiro fuori il pugnale dalla tasca e la colpisco alla gola, ancora prima che lei possa muoversi per difendersi. Nei suoi occhi intravedo la sorpresa, è la sua ultima emozione. Crolla a terra in silenzio in una puzza di sangue.
Mi volto verso Amos, che sta studiando con attenzione il corpo. L'odio lascia posto alla disperazione. “Ti prego!” lo supplico con le lacrime agli occhi “Non giudicarmi male! Non ho saputo trattenermi! Non abbandonarmi!” Non potrei tollerare se anche lui mi giudicasse un mostro. È stata lei ad iniziare! Se l'è meritato!
“Non ti preoccupare” mi tranquillizza con un sorriso “Guardale la mano: aveva in mano il coltellino svizzero, voleva usarlo contro di te” Le guardo la mano, ga ragione. “Piuttosto dobbiamo trovare un modo per farti uscire pulita con Achille”
È vero, non capirebbe se gli dicessi la verità. Non voglio perderlo. “Dirò che siamo state attaccate da Chester. Quel tributo ha già ucciso, è verosimile che sia lui il responsabile. Non posso usare uno dei favoriti, o non potrei spiegare come ho fatto a sopravvivere” mi guardo intorno “Ma certo, dirò che abbiamo lottato, che l'ho fatto scappare, anche se non potuto far niente per Marissa”.
Prendo un bastoncino da per terra e lo mordo forte, mentre mi incido il braccio con il pugnale.
"Che fai?” mi chiede Amos allarmato.
“Renderà il tutto più realistico” affermo mentre osservo la rossa. Con quello squarcio non sei più così tanto bella.

 

 

 

Morti

24° Elyia, ucciso da Judith (2 pov)

23° Krinsda, uccisa da Esther (2 pov)

22° Nickolas, ucciso da Angelie (2 pov)

21° David, ucciso da Angelie (3 pov)

20° Marissa, uccisa da Alexys (2 pov)

Feriti

Ivar (leggermente ferito alla mano)

Jenny (ginocchio sbucciato, ferita al naso)

Libero, Judith (emotivamente abbattuti)

Alexys (ferita al braccio)

Hellen (ferita alla gamba)

Jasmine (qualche graffio)

 

 

Ci siamo. Che ve ne pare? Delusi? È stato molto difficile per me. Ho ucciso alla fine solamente due dei tre personaggi che mi avete indicato e sono Elyia e Marissa, ma credo che tutti si aspettassero le loro morti. C'è una mezza citazione di un cartone in questo capitolo, chi la coglie vince una moneta!

 

Ora parte il processo di sponsorizzazione. Premetto che ogni commentatore ha cinque monete base, a cui ne ho aggiunto altre in base alla popolarità dei loro personaggi. La popolarità l'ho calcolata in base ai commenti positivi che hanno ricevuto. Quelli più popolari regalano al loro proprietario 3 monete, quelli in mezzo 2, e infine quelli meno apprezzati solo una. Il personaggio più popolare in assoluto regala 4 monete. Ne consegue che:

JACKI: 10 monete (5+3+2)

GAME: 8 monete (5+2+1)

MACTAVISH: 8 monete (5+2+1)

SHESSUMARU: 6 monete (5+1)

TRESH: 10 monete (5+3+2)

SISTER: 10 monete (5+3+2)

ZOEY: 11 monete (5+1+2+3)

SKYISTORN: 9 monete (5+2+2)

LA DAMA: 7 monete (5+2)

YYYY: 6 monete (5+1)

ROBIN: 11 monete (5+3+3)

SASI: 10 monete (5+3+2)

VOISLESS: 8 monete (5+3)

JURIA: 9 monete (5+4)

Spero che questo sistema renda la sponsorizzazione più verosimile al libro. Non disperatevi se avete poco denaro comunque: ad ogni commento d'ora in poi guadagnerete una moneta.

 

Per quanto riguarda i costi:

Acqua (un litro): 2 monete

Carne essiccata: 3 monete

Cibo in scatola: 3 monete

 

Coltellino svizzero (schiaccianoci, pinza, supporto smontabile per innesto punte per cacciavite, forbice, chiavi inglesi, apri scatole, pinzetta): 5 monete

Lente di ingrandimento: 2 monete

Filo di nylon: 2 monete

Amo: 1 moneta

Coperta d'alluminio: 5 monete

Ago e filo: 2 monete

Corda: 2 monete

Repellente per gli insetti: 3 monete

Protezione solare: 1 moneta

Pillole per depurare l'acqua: 2 monete

Trappola per piccoli roditori: 4 monete

Tintura di iodio: 2 monete

 

Laccio emostatico: 1 moneta

Bende e garze: 2 monete

Antidolorifico (generale): 4 monete

Antidoto: 7 monete

Mercurocromo: 4 monete

Pomata per ustioni: 3 monete

Antipiretici (per abbassare la febbre): 4 monete

 

Pantaloni di cotone di ricambio: 2 monete

Maglietta di ricambio: 2 monete

Calzini di ricambio: 1 moneta

Guanti:1 moneta

Maglia pesante: 2 monete

Giacca: 3 monete

Impermeabile: 4 monete

 

Armi improprie (specificate) : 8 monete

Armi contundenti (Ovvero Mazze Ferrate, Bastoni Ferrati, Tirapugni): 10 monete

Armi da punta e taglio (pugnali, coltelli ecc… ): 11 monete

Arco e frecce: 12 monete

Armi bianche pesanti (Tridente, spade...): 12 monete

 

Tutto chiaro? Se avete dubbi fatemi sapere. Alla prossima!

 

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** Un piccolo assaggio di male ***


Giorno 1, pomeriggio

 

Achille “Il paladino” Edipo, tributo del distretto 2, arena

Era bella, giovane ed indifesa. Si era avvicinata a me in cerca di protezione e io l'ho tradita. Mi aveva scelto come suo cavaliere, eppure non sono stato in grado di salvarla. Come ho potuto essere così stupido? Sono stato superficiale e lei ne ha pagato le conseguenze. L'ho affidata ad Alexys perché speravo che stringessero un legame, credevo che fossero al sicuro, mentre invece per poco non ho perso entrambe. Alexys ha fatto del suo meglio, ma Chester era più forte e spietato. In fondo è venuto qui che era già un assassino, un mostro privo di pietà e di morale. Come si può sgozzare in maniera così brutale una fanciulla? Un vero uomo non avrebbe mai agito così! Ma cosa mi aspetto da un moccioso che ha ucciso il suo stesso padre? È un essere deplorevole, un abominio della natura che ha violato le leggi più antiche dell'universo. Basti pensare a come ha ridotto il braccio di Alexys; spero davvero che la ferita non farà infezione. Abbiamo usato buona parte delle garze che avevamo per mendicarlo, spero davvero che siano sufficienti.
Immergo tre dita nel sangue di Marissa. Giuro che la vendicherò, che prenderò il responsabile e gli farò fare una fine tre volte peggiore. Dovunque tu sia, Marissa, perdonami per non averti protetto. Mi dispiace tanto. Avrei voluto conoscerti di più.

“Sta iniziando a puzzare” nota Alexys con la sua solita espressione. È una ragazza con senso pratico, non capisce la mia necessità di raccogliermi in veglia. Ora sono pronto però.
Do un'ultima occhiata a Marissa, e mi allontano quel che basta per far scendere l'hovecraft a riprenderla. Almeno sta tornando a casa dalla sua famiglia, dai suoi amati fratelli. Sono sicuro che le daranno il funerale che merita.
“Grazie per avermi aspettato” dichiaro rivolgendomi ad Alexys “E per aver fatto il possibile per difenderla. Scusami se fino adesso sono stato inutile”
Alexys accenna un sì distratto con la testa. Non sono sicuro che mi abbia ascoltando, o forse il suo sì era solo una tacita conferma della mia inettitudine. “Qual è il piano adesso?” mi chiede.
Ripasso mentalmente il contenuto dello zaino e le scoperte che ho fatto durante il mio breve giro d'ispezione. Abbiamo sia cibo che acqua, ma entrambi termineranno nel giro di un paio di giorni, se non di meno. Non ho trovato né fiumi, né laghi e la cosa mi preoccupa. So che abbiamo poche scorte, ma mangerei volentieri un po' di carne secca, o berrei in alternativa almeno un sorso d'acqua. È stata una giornata faticosa infatti ed inizio a sentire fame. Il mio stomaco inizia a brontolare rumorosamente, catturando anche l'attenzione di Alexys.
“Non ci pensare neanche” mi minaccia.
“Tranquilla, lo so benissimo, è solo che non ho mai saltato un pasto” cerco di giustificarmi.
Alexys sembra essere profondamente infastidita dalla mia confessione “Deve essere bella la vita per voi ricchi”. La sua accusa mi colpisce, immagino che non sia facile crescere in un distretto povero, ma che colpa ne ho io? C'è così tanta rabbia in questa ragazza... da dove proviene? Ha detto di essere stata abbandonata dai suoi, ma non è la prima orfana che conosco. È diversa da chiunque altro abbia mai incontrato, ma non riesco a capire cosa ci sia di sbagliato in lei con esattezza. Qualsiasi cosa abbia vissuto però non giustifica il suo atteggiamento, non possiamo di certo continuare in questo modo.
“Alexys, patti chiari ed amicizia lunga. Io ti rispetto, ma pretendo di ricevere lo stesso trattamento. Voglio che la nostra alleanza funzioni, capito?”
La ragazza mi squadra e temo che mi stia per rispondere in malo modo, ma si blocca prima di farlo, si guarda indietro e poi fa cenno di sì con la testa “Cercherò di controllarmi” borbotta infine. Le dedico un grazie con uno dei miei rari sorrisi.

Decidiamo di procedere alla ricerca di una qualsiasi fonte d'acqua. Ci deve essere per forza, non ci farebbero morire di sete. In fondo non c'è nulla di spettacolare od eccitante nel vedere una ventina di adolescenti morire di stenti. Tutti desiderano gli scontri fisici, le prove di abilità e di coraggio. Se solo avessi una spada con me sarebbe tutto più facile. Sono abile nel corpo a corpo, ma niente supera la bellezza di un duello con le armi bianche.
Per tutto il cammino io ed Alexys rimaniamo in silenzio, e devo dire che la cosa non mi dispiace del tutto. Da quando mi hanno mietuto non sono mai stato nel completo silenzio, e devo dire che la cosa mi mancava più di quanto pensassi. La mia casa nel distretto 2 era molto spaziosa ed era facile trovare un angolino tutto per me, anche se da quando è nato mio fratello quei spazi sono diminuiti.

Il tempo passa ed inizio a sentire maggiormente la fame. Mi andrebbe un bel piatto di pasta in questo momento, con sugo di carne preferibilmente. La sola idea fa brontolare ancora di più il mio stomaco.
Dopo quasi un'ora e mezza di marcia mi accorgo della presenza di fragole su un cespuglio.
“Guarda!” esclamo indicandole ad Alexys. Finalmente una buona notizia.
“Non sono fragole” osserva lei frantumando il mio sogno di saziarmi.
“Sei sicura?” le chiedo.
“Sì. Sono Falsi baci” Non ne ho mai sentito parlare, devono essere una diavoleria capitolina.
“Te ne intendi” affermo cercando di farle un complimento.
“No, in realtà. Le conosco solo perché nel frutteto se ne incontrano abbastanza. Si distinguono dalle vere fragole perché hanno la punta blu. Guarda ti faccio vedere” si inchina verso la pianta per mostrarmeli, quando mi accorgo della presenza di un ago inseguitore ronzare intorno alla pianta alla ricerca di polline. Strattono Alexys all'indietro, ma nel farlo spavento l'insetto che mi punge alla mano. Il dolore è allucinante, non avevo idea che le loro punture facessero così tanto male.
“Andiamocene!” le ordino ed Alexys esegue subito senza fiatare. Non vorrei che ci fossero altre di quelle carogne nei dintorni, troppe punture possono portare perfino alla morte. Mi osservo la mano, è già gonfia. Quella era dunque la prima vera minaccia dell'arena, che altro ci sarà qua dentro?

 

Judith “Jude” Wilson, tributo del distretto 1, arena

Continuo a guardarmi le mani, apparentemente sono così simili a prima, eppure le sento macchiate in maniera indelebile. Sapevo che avrei dovuto uccidere, ma averlo fatto realmente mi fa sentire... male. Continuo a pensare ad Elyia, alla sua espressione, ma anche a mia sorella. Se tornassi a casa, mi guarderebbe nello stesso modo sapendo ciò che ho fatto? Sono sicura che farebbe finta di nulla, che mi abbraccerebbe come sempre, ma nel profondo del suo cuore cosa ci sarà adesso? Inizio a sentirmi più vicina ai mentori, anche se sono qui solamente da poche ore.
Penso anche a Krinsda, morta così miseramente appena arrivata. Non aveva un carattere facile, ma mi stava simpatica, non posso crederci che adesso non ci sia più. Non posso che provare una grande rabbia nei confronti di quella ragazza che le ha portato via tutto. Sono consapevole che l'ha fatto per legittima difesa, ma ciò non diminuisce affatto la mia pena. Probabilmente in realtà non mi importano affatto le sue ragioni, voglio solo la paghi, voglio vendetta. Per ottenerla però dovrei sporcarmi di nuovo, quindi che cosa sto facendo in realtà? Perché nonostante sia consapevole di questa contraddizione la mia rabbia non diminuisce? Sono così confusa, sto provando così tante emozioni contrastanti... Vorrei così tanto poterne parlare con Therese.

“Stai bene?” mi domanda Libero sedendosi accanto a me con in mano una bottiglietta d'acqua.
“Abbastanza, credo. Tu?” chiedo di rimando. Era piuttosto sconvolto alla morte di Krinsda. Anche se non erano propriamente amici, provenivano pur sempre dallo stesso distretto, deve essere stato brutto per lui.
Libero fa spallucce, cercando inutilmente di ostentare una certa indifferenza. Perché fa così? L'abbiamo visto tutti disperarsi per la morte di Krinsda! “Mi sembri l'unica normale qui” afferma all'improvviso sotto voce, facendo cenno con la testa ad Adrian, Jasmine ed Angelie “Sappi che qua dentro mi fido solo di te” aggiunge poi.
“Perchè?” gli chiedo incuriosita
“Tu non hai visto la faccia di Angelie quando è andata verso quei due tributi. Quella sta male” replica guardando storto la nostra alleata. “Faccio un giro, ho bisogno di aria fresca”. Detto questo si alza in piedi e se ne va, senza neppure ascoltare i miei ammonimenti. Spero almeno che non vada troppo lontano. L'arena non è il posto giusto per fare delle tranquille passeggiate.

“Dove va?” mi chiede Angelie, mentre Jasmine osserva da dietro, come sempre.
“Torna subito, piuttosto pensiamo ad un piano d'azione” propongo. Tutti e tre sembra essere d'accordo.
“Facciamo fuori quella puttana del sette” propone subito Angelie senza mezzi termini. Accenno un sì con la testa. Visto che siamo costretti ad ucciderli tutti uno per uno, è meglio incominciare da lei. Per Krinsda. Dovunque sia adesso lo vorrà di sicuro. Mi concentro solo su questa parte della cosa, ignorando tutte le sensazioni che ho provato uccidendo Elyia.
“Attenti a non fare cazzate però” si intromette Jasmine “Agire seguendo i sentimenti non porta a nulla di buono”
“Non questa volta. I nostri desideri coincidono con il nostro obiettivo. Dobbiamo ucciderli tutti, tanto vale farlo da chi ci sta sulle scatole” osserva Adrian.
“Fate come volete” borbotta Jasmine indispettita.
“Approvato allora” dichiaro solenne.
“Secondo me sarebbe il caso di fare un inventario degli oggetti che abbiamo nella cornucopia” propone Jasmine
“A che diavolo ci servirebbe? Abbiamo abbastanza roba per andare avanti per un sacco di tempo!” osserva Angelie. Il tributo del tre alza gli occhi al cielo infastidita. Non credo che Angelie le piaccia, a quasi nessuno di noi a dire il vero, forse solo a me ed Adrian.
“Potrebbe accadere qualunque cosa, potremmo perdere buona parte delle nostre scorte in qualsiasi momento; senza contare che alcuni cibi devono essere consumati prima di altri” spiega Jasmine con lo stesso tono che si userebbe con un bambino piuttosto piccolo.
“Spocchiosa bastarda” borbotta Angelie a bassa voce, ma la sentiamo tutti. Grazie al cielo Jasmine non reagisce, non avrei voluto fermare una rissa proprio adesso.
“Va bene. Ve ne occuperete tu e Libero, mentre io, Angelie ed Adrian andremo a cercare Esther domani mattina”
“Sia chiaro, voglio almeno un morto al giorno” dichiara Angelie, ma nel farlo mostra un sorriso malato, quello di cui sicuramente parlava Libero. Adesso capisco cosa intendesse dire, in effetti nel solo vederlo mi vengono i brividi. Si chiameranno anche “Hunger Games”, ma questo non è un vero gioco. Non riesco assolutamente a sopportare qualcuno che prende così alla leggera la vita umana! Capisco e condivido il desiderio di vendetta nei confronti di Esther, ma non si può ragionare con questi termini su tutti gli altri! Non si sente sporca? Lei ne ha uccisi due durante il bagno di sangue! Come può continuare a ragionare in questo modo?
“Non è un luna park, Angelie” la rimprovera Adrian “Sii seria, non siamo qui per divertirci”.
Angelie fa spallucce “Che male c'è nell'unire l'utile al dilettevole?” ci guarda uno per uno, ma nessuno sembra schierarsi dalla sua parte “Quanto siete noiosi” borbotta. Fra noi cala un silenzio pesante “Mi sa che seguo l'esempio di Libero e vado a farmi un giro di perlustrazione anch'io. Adrian vieni con me?” Il mio compagno sospira rassegnato e la segue senza replicare.
Rimaniamo solo io e Jasmine a badare alla struttura, mentre un vento leggero ed artificiale soffia da Nord “Ricordi cosa ti ho detto la sera prima di venire qui?” mi chiede lei all'improvviso. Me lo ricordo: mi chiese di non farmi trascinare dai sentimenti e di non avere pietà “Sappi che mi riferivo a chiunque” afferma sottolineando l'ultima parola, sottintendendo dunque anche i nostri alleati. Un lungo brivido scende giù per la schiena: dove sono capitata?

 

Bruce McRon, tributo del distretto 5, arena

Appoggio Hellen a fianco di una radice sporgente, sperando di essere abbastanza lontani dalla cornucopia. Sono esausto, non ho mai faticato così tanto in vita mia. Ormai non mi sento né le braccia, né le gambe, mi chiedo come farò ad alzarmi domani mattina. Hellen è anche ferita, devo assolutamente cambiare strategia. Stare fermi è pericoloso, lo so, ma abbiamo bisogno di riposo. L'unica è cercare di mimetizzarsi con la vegetazione, augurandoci che nessuno ci veda. Spero che le nozioni apprese durante l'addestramento si riveleranno utili.
Mi avvicino ad Hellen, è ancora priva di sensi. Che inizio traumatico ha avuto, ma almeno è ancora viva. Non posso credere che tutto questo sia veramente successo a noi.

Osservo i suoi pantaloni squarciati e sporchi di sangue. Ho davvero paura che la ferita faccia infezione, vorrei fare qualcosa per lei, ma non ho le conoscenze mediche. Se fosse una diga sarebbe tutto più semplice. Lavorare con i numeri è facile, ma le persone sono tutt'altra cosa, soprattutto lei. Non voglio perderla, è l'unica ragione per la quale non sono ancora impazzito; l'unica cosa buona che mi è successa da dopo la mietitura. Ha fatto così tanto per me, ora voglio essere io a prendermi cura di lei, anche se non so come.
Riapro lo zaino e lo svuoto completamente, quasi ad assicurarmi che dentro ci siano veramente quei pochi oggetti: del filo di nylon, delle pillole depurative, una scatoletta di tonno (che vorrei davvero aprire, ma non è il caso di sprecare l'unica risorsa alimentare già adesso), della corda, una bottiglietta d'acqua (usata per metà per pulire la ferita di Hellen) e del mercucromo che non so se possa aiutarla. Non ho mai utilizzato personalmente quella sostanza, alcuni miei compagni di scuola la utilizzavano se si graffiavano o se si sbucciavano un ginocchio, ma quella di Hellen non è una ferita di poco conto. Cazzo, cazzo. Sarà abbastanza potente? Non è con quella creerei più danni che altro? Meglio evitare nel dubbio.

Alzo la testa esasperato, quando mi accorgo dell'arrivo di un piccolo paracadute argentato. Sul mio volto appare un sorriso di pura gioia e gratitudine. Abbiamo degli sponsors? Qualcuno tiene a noi allora! Non ci credo che fra tutti quei tributi forzuti qualcuno scommette su di noi.
Mi volto verso Hellen per festeggiare, ma i suoi occhi sono ancora chiusi. Il mio sorriso muore. Non siamo fuori pericolo, non lo siamo affatto.

Apro il pacco e all'interno ci trovo bende e garze. Mi invitano a fasciarle la ferita, è chiaro. Osservo nuovamente la mia alleata, e mi sento avvampare all'improvviso. Devo toglierle di nuovo i pantaloni, mi sento sprofondare solo al pensiero. Mi vergogno tantissimo a farlo, mi sembra di fare qualcosa di sbagliato, soprattutto perché non ho il suo consenso. Ho sempre immaginato che avrei fatto una cosa del genere con una fidanzata, dopo mesi di relazione e... che diavolo sto pensando? Non è il momento di fare fantasie simili! Hellen non è la mia fidanzata e non ho diritto a pensare a lei in quei termini, soprattutto qua dentro, dove è certo che almeno uno di noi due morirà nel giro di pochi giorni. E poi Hellen non mi piace, è solo un'amica... giusto?
Prendo un respiro profondo, sto solo agendo per fasciarle la ferita, nulla di più. La sto spogliando solo per quello. Mi guardo intorno ed intravedo una telecamera. Ho l'istinto di coprirla con un panno, non voglio che la vedano in quello stato, ma poi penso che a casa potrebbero fraintendere il tutto ed abbandono l'idea. Devo essere completamente rosso, sento le risate bonarie di mio padre fin da qui.

“Scusa Hellen, scusa davvero” balbetto mentre la sollevo quel poco che è necessario per sfilarle i pantaloni. Glieli abbasso fino alle ginocchia, sforzandomi di non guardarle l'intimo, anche se è parecchio difficile dato che la ferita è nella coscia. Non sembra essere peggiorata dall'ultima volta, è un buon segno.
Esamino le bende, odorano di medicina. Ricordo che la camera della mamma aveva quell'odore nei suoi ultimi mesi di vita. Mi chiedo se il materiale inviato non sia speciale, qualche diavoleria capitolina che possa davvero aiutare Hellen. In fondo possono guarire ustioni con una semplice crema, magari queste semplici fasce possono salvarle la vita.
Inizio a mendicarle la ferita, stando attento a non farle male. Mi sembra alla fine di aver fatto un lavoro abbastanza buono. Certo, un vero medico o un guaritore storcerebbe il naso, ma non è così male.
Rimetto i pantaloni al loro posto, ringraziando il cielo che non si sia svegliata nel frattempo.
Dunque, ora la prossima priorità è la mimetizzazione per stanotte e domani. Nello zaino c'è della corda e del filo di nylon, potrebbero aiutarmi a tenere insieme del materiale. Il terreno è purtroppo secco, non avremo del fango ad aiutarci.

“Bruce...” mi volto verso la fonte del suono. Hellen è nuovamente sveglia, anche se sembra stracotta “...ciao” aggiunge sorridendo.
Mi sento euforico, com'è bello rivederla vigile! Sono così felice che abbandono ogni timidezza e l'abbraccio, stringendola forte a me. Hellen ricambia il gesto, appoggiando la testa sulla mia spalla.
“Credevo che sarei morta” confessa con voce incrinata.
“Va tutto bene, siamo al sicuro adesso” le mento. Dubito che qua dentro lo saremo mai. So che anche Hellen ne è consapevole, ma non mi corregge, probabilmente perché vuole crogiolarsi in quella bugia per qualche minuto. Non voglio lasciarla andare, non dopo quello che è successo. Sono stato così vicino a perderla, non voglio mai più vivere quella situazione.
“Quanto tempo è passato?” mi chiede poi staccandosi.
“Ore” replico sentendo di già la nostalgia del suo calore corporeo.
Hellen sospira “Deve essere quasi ora di cena. Scusa Bruce, per colpa mia non avrai neppure preso qualcosa al bagno di sangue”.
Scuoto la testa indicandole lo zaino “Abbiamo solo una scatoletta di tonno però”
“Ho capito. Non è un problema. A casa cucinavo sempre io, sai? So riconoscere qualche pianta, per lo meno quelle commestibili”
Hellen cerca di alzarsi, ma la blocco all'istante “Dove vai?” le chiedo cercando di sembrare minaccioso.
“Serve del cibo e dell'acqua” replica innocente
“Serve che tu ti riposi” obietto
“Ma..” cerca di protestare, ma la blocca all'istante
“È stato difficilissimo per me vederti in quello stato. Non ti ci voglio mai più rivedere”. Qualcosa del mio sguardo deve averglielo fatto capire, perché per una volta rinuncia ai suoi propositi. Io non posso perderla perché...perché... cazzo, che cosa sto combinando?

 

Dalissa "Daisy"Manique, tributo del distretto 9, arena

“Liam!” cerco di urlare con il tono più basso possibile, ma mi esce solamente un suono strozzato poco udibile. Vorrei urlare a pieni polmoni, ma mi rendo conto che così facendo rivelerei a tutti la mia posizione, e non è una mossa affatto intelligente. In una situazione diversa non mi preoccuperei per lui, sicura che prima o poi lo incontrerei, ma qui è davvero difficile rimanere rilassati. Liam potrebbe essere in pericolo anche adesso.
Prendo un grosso respiro e mi siedo per terra, in un punto dove non ci sono piante. Il terreno è umidiccio e l'aria è fresca, quasi fredda. Quest'area dell'arena è poco illuminata dal sole, ed è ricca di edera ed altre pianti simili. Non è il clima adatto per la camellia purtroppo. Un buon tè mi avrebbe aiutata a distendere i nervi in questo momento. L'ansia non mi aiuterà a ritrovare il mio compagno, tanto vale che abbandoni il mio corpo e la mia mente.

Dunque pensiamo: Liam non è un tributo temibile, non sarà un obiettivo primario dei favoriti; è minuto e con un certo talento del nascondersi e nel passare inosservato. L'arena non può essere così grande, e sono sicura che anche lui si stia muovendo nel tentativo di trovarmi. Non credo che morirà avvelenato nel frattempo perché gli ho insegnato a riconoscere alcune piante, e gli ho vietato di mangiare quelle che non conosce. Stasera avrò la conferma che sta bene, devo solo aspettare, devo solo avere pazienza.
Dovrei preoccuparmi di me piuttosto: il mio zaino era fra quelli più lontani dalla cornucopia, ed è dunque piuttosto misero. Contiene solamente carne essiccata, delle forbici, una lente d'ingrandimento, del repellente per insetti, e una sciarpa. Fine. Niente acqua, niente materiale per depurarla. Posso sperare di cavarmela con la rugiada mattutina per un po', ma rischio di mandare giù uova di qualche parassita in questo modo. Non posso rischiare di stare male qua dentro. L'ideale sarebbe ricevere un aiuto da parte degli sponsors o trovare della frutta particolarmente ricca d'acqua come...

Un rumore proveniente da dietro di me cattura la mia attenzione mettendomi sull'attenti.
“Chi va là?” chiedo mettendomi in posizione di difesa. Non ci voleva, non sono pronta per combattere. Non mi piace l'idea di ferire qualcuno, ed inoltre sono disarmata. Che faccio? Se solo avessi un arco con me...
Nessuno si fa vedere, ciò esclude che ci sia un favorito. Non credo neppure che sia un qualche animaletto indifeso, o lo avrei sentito scappare via.
“Fatti vedere” lo incito.
Finalmente il tributo esce dal suo nascondiglio: è una ragazza disarmata, spaventata quanto me, con i capelli rossi e il naso gonfio e livido. “Cavolo” mi lascio sfuggire vedendo la sua ferita. Lei non ci fa molto caso, anzi sembra guardare con aria incantata l'ambiente circostante. Non ha tutti i torti, questo piccolo angolo di arena ha il suo fascino, anche se è piuttosto freddo per i miei gusti. Mi piace il fatto che sia affascinata dalla natura, deve essere senza dubbio un animo buono. Istintivamente inizio a provare un certo affetto per lei, nonostante non conosca neppure il suo nome.
“Tutto ok?” le chiedo distogliendola dal mondo nel quale si era incantata. La rossa si scuote, come se l'avessi strappata via da un sogno.
“Sì” risponde a fatica, mostrando una smorfia di dolore, sicuramente dovuta al naso.
“Posso vederlo?” le chiedo gentilmente. Il tributo (che solamente adesso riesco ad associare al distretto 8) fa un passo indietro titubante. Mi guarda incerta, si vede che non sa se fidarsi completamente di me. “Conosco delle piante che potrebbero aiutarti con il gonfiore” aggiungo sperando di convincerla. Non me la sento di lasciarla in quello stato, non mi importa se siamo tecnicamente nemiche. Mi sento a disagio all'idea di farle del male. Per questo sono convinta che non riuscirò mai a tornare a casa.
“E se volessi uccidermi?” chiede sospettosa
“Probabilmente l'avrei già fatto, e lo stesso vale per te” replico pacata. La rossa abbassa le difese, finalmente convinta delle mie buone intenzioni.
“Non so neppure il tuo nome” confessa con un sorriso genuino ed imbarazzato.
“Daisy” le rispondo avvicinandomi a lei.
“Jenny” replica allungandomi la mano. Gliela stringo di rimando, mentre esamino la sua ferita. Il naso pende verso destra, ha una leggera gobba ed è molto livido, ma non mi sembra rotto. È possibile che abbia ricevuto un colpo che ha deviato la parte cartilaginea del setto nasale. “Sei una guaritrice?” mi chiede a bruciapelo.
“Non esattamente, ma conosco molto bene le piante. Mi è capitato di aiutare qualcuno con delle ferite, ma non è il mio mestiere” Non ufficialmente per lo meno. Non ho mai pensato di dedicarmi a questo studio, i miei genitori adottivi a malapena mi concedevano il tempo per dormire qualche ora a notte. Ma forse non è un'idea così cattiva. Potrei utilizzare il mio amore per le piante per fare del bene a qualcuno. In fondo il sangue non mi fa senso, l'unica cosa che mi terrorizza a questo mondo è il fuoco. Dubito però di uscirne viva, è inutile pensarci.
“Grazie davvero. Vorrei sdebitarmi in qualche modo”
Sto per risponderle che non c'è bisogno, quando Liam mi ritorna in mente “Hai visto per caso il ragazzino che era con me?” le chiedo.
“L'ho visto scappare dal bagno di sangue, poi più nulla”. Quindi è veramente vivo! Meno male “Se vuoi ti aiuto a trovarlo” mi propone.
Le dedico un sorriso di ringraziamento ed accetto la sua proposta. Liam aspettaci, ti troveremo, lo prometto.

 

Richard “Ricky” Whitestorm, tributo del distretto 8, arena

Cosa ho fatto? Ho tradito tutti i miei propositi. Mi ero imposto di non stringere alleanze, eppure mi trovo qui con ben due alleati. So che molti penseranno che ho fatto una scelta intelligente, ma in realtà ho fatto una stupidata. Finirò per affezionarmi a loro, e quando moriranno il mio cuore si spezzerà irrimediabilmente. Potrebbe costarmi carissimo, anche perché non sarei assolutamente in grado di far loro del male, in nessuna circostanza. Scegliendo di salvare Cassian ho automaticamente firmato la mia condanna a morte. Ma d'altronde cosa potevo fare? Non potevo lasciarlo lì, sarebbe sicuramente morto. Come avrei potuto guardare i suoi genitori in faccia durante un ipotetico tour della vittoria? Come avrei potuto guardare me stesso di nuovo allo specchio! Ho scelto alla fine di rimanere fedele alla mia natura a quanto pare. Ho sempre pensato che celare la propria indole comportasse dei guai per tutti, mentre invece adesso...
“Respiri in maniera pesante, c'è qualche problema?” mi chiede Cassian all'improvviso. Sgrano gli occhi dalla sorpresa, mi aspettavo che fosse Autumn ad accorgersi dei miei dubbi, non di certo lui. Forse l'ho sottovalutato.

“Ecco...” provo a spiegargli, ma le parole mi si bloccano in gola. Cosa gli racconto? È ovvio che finirei per ferirlo, e non voglio proprio farlo!
Cassian mi viene incontro comprensivo “La mia gente mi ha mandato qui perché sono considerato un peso per la società. L'ho accettato, e capirò anche te se deciderai di andartene”
Dalla mia bocca esce un suono incerto, non ho idea di cosa dire.
“Cosa? Aspetta!” protesta Autumn staccandosi dallo zaino e dal repellente per insetti che ci è appena arrivato tramite gli sponsors. “Ragioniamoci sopra, non prendiamo decisioni affrettate!” aggiunge in fretta.
Mi alzo da per terra, ma vengo spintonato verso l'indietro: non so come sia successo, ma il pantalone si è incastrato con il cespuglio che è dietro di me. Intravedo Autumn trattenere a stento una risata.
“Non lo so!” replico confuso mentre cerco di liberarmi. Sono ancora in tempo, il nostro legame non è ancora così profondo, ma mi sento un verme solo all'idea di fuggire. Ormai ho preso questa strada, sarei un vigliacco se tornassi indietro. Inoltre ho sempre odiato le persone che pensano solo a se stesse, se gli abbandonassi ora diventerei uno di loro, no? Temo ormai di non avere alcuna scelta.

“Silenzio!” ci ordina Cassian tendendo le orecchie. Sembra parecchio allarmato e nel vederlo in quello stato sia io che Autumn ci spaventiamo.
“Sta arrivando qualcuno?” chiede la rossa mettendosi lo zaino in spalla.

“Non qualcuno... non sta camminando”. Sento un brivido scendermi giù per la schiena, mentre il cuore inizia a battermi velocemente. Cosa significa? Un ibrido? Tendo le orecchie anch'io, ed inizio a sentire effettivamente un rumore ambiguo che si avvicina sempre di più. Qualunque cosa sia non possiamo farci trovare qui, siamo disarmati. Ci serve una soluzione e in fretta. Correre potrebbe essere una pessima idea dato che Cassian non è molto abile e veloce. Inoltre è vicino, potrebbe prenderci.
“Alberi” concludo. Rinuncio a disincastrarmi dal cespuglio con le buone e mi alzo in gran fretta, strappando una delle tasche. Poi mi avvicino a Cassian per aiutarlo ad alzarsi “Dobbiamo arrampicarci” annuncio. Autumn acconsente e mi aiuta a far arrampicare il nostro compagno.
Abbiamo raggiunto il primo ramo quando intravedo la cosa più disgustosa che abbia mai visto. È un verme enorme, lungo circa due metri se non di più. È grosso abbastanza da arrivarmi alle ginocchia, è privo di occhi e ha dei dentelli acuminati che spuntano fuori da quella che sembra essere la bocca. È completamente nero e viscido. Immagino mia sorella Hazel urlare come una disperata dietro allo schermo. Odia tutti i tipi d'insetto quanto io odio l'acqua.
Rimaniamo completamente immobili, pregando che non si accorga di noi o che non sia in grado di arrampicarsi. Mi stringo forte al legno, sforzandomi di pensare ad altro, come farebbe Jennifer o Remus, ma non funziona, non riesco a togliermi quel... coso dalla testa.
Proprio mentre pensiamo che l'abbiamo scampata, il verme alza la testa verso di noi. Trattengo a stento un urlo, riesco a trattenermi solo perché mi ricordo che è cieco. Non faccio in tempo a tranquillizzarmi che apre la bocca e ci sputa addosso qualcosa, ma siamo troppo in alto e non ci prende. La sostanza prende in pieno l'albero e si attiva una reazione chimica che porta alla corrosione del legno e alla formazione di un fumo puzzolente e quasi sicuramente tossico. Ci pariamo la bocca con la manica della felpa, sperando che sia sufficiente.
“Ditemi dove colpirlo” sussurra Cassian, mostrando un grosso sasso in mano. Quando l'ha preso quello? Non me ne ero neanche accorto.
“Lo faresti solo arrabbiare di più” replica Autumn “Lascia stare”.
Cassian annuisce e mette via il sasso. L'essere rimane sotto il nostro albero per due ore o più. Nel frattempo continua a tentare di gettarci addosso l'acido, il fumo aumenta e tutti e tre veniamo accolti dalla nausea. Di tanto in tanto ci lanciamo degli incoraggiamenti, alla lunga spariamo anche delle battute grame dovute alla situazione. In qualche modo riusciamo a strapparci a vicenda qualche risata. Mi accorgo troppo tardi che sta avvenendo quello che temevo.
Il sole sta iniziando a tramontare quando finalmente l'essere si arrende e scava una buca sotto terra.
Attendiamo un'altra mezz'oretta per sicurezza e poi scendiamo. Una volta con i piedi finalmente a terra come prima cosa vomito, anche se il mio stomaco è ormai vuoto. Mi sento ancora addosso quella puzza disgustosa.
“Dobbiamo andarcene di qui, prima che torni” suggerisce Autumn fra un conato e l'altro. Mi sembra un'idea più che giusta. Dobbiamo pensare a come passare la notte, anche perché la temperatura sta scendendo. Abbiamo un sacco a pelo, ma non può bastare per tutti e tre. Per oggi siamo salvi, ma per quanto ancora?

 

 

 

Feriti:

Hellen (ferita alla gamba, in guarigione)

Jenny (ferita al naso, in guarigione)

Alexys (ferita al braccio, in guarigione)

Achille (punto da un singolo ago inseguitore)

Cassian, Autumn, Richard (nausea)

 

 

Buone notizie! Nessuno è morto in questo capitolo, ma state tranquilli che recupererò in fretta. Penso che ne ucciderò almeno 1 a capitolo, dunque preparatevi.

Brutte notizie! Nessuno ha indovinato la citazione! Proveniva da “Daria” ed è questa:

 

Mia madre si lamenta sempre perché lavora troppo e così reprime il senso di colpa, perché in realtà lei vuole lavorare troppo. Mio padre si sente in colpa perché guadagna meno di mia madre, ma pensa che sia sbagliato pensarla così e perciò si nasconde comportandosi come un idiota. Quinn indossa la superficialità come se fosse un'armatura perché ha paura di guardarsi dentro e scoprire il vuoto più totale e io sono talmente sulla difensiva da far sempre in modo di non piacere alla gente per potermi poi lamentare di essere esclusa; posso andare ora?

 

Era nel pov di Alexys.

 

Vi ricordo anche le alleanze:

I TOPINI: Liam, Dalissa, Jennifer

I DUE DEL CINQUE: Hellen, Bruce

FAVORITI: Angie, Judith, Adrian, Libero, Jasmine

OPPOSTI: Achille e Alexys

I RIBELLI: Chester e Ivar

GLI IMPROVVISATI: Richard, Autumn, Cassian

 

Soli: Cat ed Esther

 

Alla prossima (forse Giovedì)!

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Capitolo 13
*** Sete ***


Giorno 2, pomeriggio

 

Angelie Asimar, tributo del distretto 2, arena

Mi guardo intorno in cerca di indizi, finché non noto una delle telecamere. Sorrido spavalda per catturare l'appoggio del pubblico, ma anche per salutare implicitamente i miei genitori. Un po' mi mancano, non siamo mai stati separati così tanto a lungo, ma sono sicura che mi stia guardando adesso, fieri come sempre. Spero che non siano preoccupati più del necessario dato che ho promesso che sarei tornata a casa. Lo sanno che mantengo sempre la parola data.
Siamo a caccia dalle prime luci dell'alba, ma non abbiamo ancora trovato alcuna traccia; sto incominciando a spazientirmi. Odio quando nei giochi le cose procedono a rilento, fanno sembrare il tutto incredibilmente noioso. Non voglio che i capitolini cambino canale, voglio rimanere impressa nella loro memorie come una delle migliori vincitrici, del calibro di Lars Seven, Cassandra Stone o della nostra Sylvie. Mi chiedo se anche i miei alleati abbiano lo stesso desiderio. Adrian sì, ne sono certa, dubito di più degli altri tre. Siamo tutti molto diversi, e ciò rende la nostra alleanza alquanto fragile. Mi chiedo quanto rimarremo ancora insieme. Chi sarà il primo a tradirci? Non Judith ed Adrian di sicuro, sono ragazzi troppo leali. Jasmine dipende da noi, non lo farebbe, è troppo pericoloso per lei. Punto su Libero piuttosto, non ha mai nascosto la sua insofferenza verso quest'alleanza. Cerca sempre di starsene da solo per i fatti suoi a fare solo il cielo sa cosa. No, non ho dubbi, sarà lui a rovinare il tutto.


Mi volto verso i miei due alleati, sembrano abbastanza stanchi. Forse una pausa ce la siamo meritata.
“Ci fermiamo un po'? Che ne dite?” propongo con il sorriso. Judith annuisce all'istante, sedendosi subito per terra, mentre Adrian è un po' più incerto, credo voglia proseguire ancora. Ha preso molto sul serio questa storia della caccia, per tutto il tempo è stato perfettamente in silenzio, osservando in maniera analitica l'ambiente circostante. Devo dire che sarà un avversario temibile in futuro: è forte e muscoloso, ma nonostante questo è capace di muoversi leggero come una piuma.
“Quanto sarà grande l'arena?” domanda Adrian mentre beve un sorso d'acqua.
“Sicuramente un po'. Nelle precedenti edizioni nessun tributo ne ha visitata una per intero. Gli unici che le conoscono a tutto tondo sono i capitolini” Osservo. Le arene dopo le edizioni vengono sempre trasformate in musei. Chissà se questo punto, quello in cui ci troviamo esattamente adesso, diventerà un posto di attrazione un giorno.
“Spero che la troveremo” borbotta sempre Adrian “Non sopporterei l'idea di aver girato invano tutto il giorno”
“Ma sì che la faremo!” esclama Judith decisamente più ottimista “Abbiamo ancora un sacco di tempo” aggiunge accennando alla prima richiesta di un morto al giorno. Le sorrido grata, sono contenta che stia cercando di venirmi incontro dopo quella spiacevole conversazione che abbiamo avuto ieri. Judith non è una piantagrane, sa che uccidere è inevitabile, ma troppo buona per questo posto. Per carità, penso che sia un'abile combattente, ma ieri ho visto la sua esitazione e la cosa mi ha in parte preoccupato e in parte tranquillizzata. Dopo tutto se ha il cuore tenero sarà più facile sconfiggerla quando arriverà l'ora. Dubito che sarà piacevole come uccidere Nick o David, ma come si dice “meglio a te che a me”.
“Mi piace il tuo essere positiva, ma abbiamo bisogno di una traccia, di una pista, di qualsiasi cosa, invece non abbiamo niente!” sbotta lui sempre più nervoso.
“Ehi, calmati” replico guardandolo storto.
Adrian sospira stressato, asciugandosi con la manica la fronte sudata “Scusate, ma odio fallire” Annuisco, lo capisco più che bene.
Judith nel frattempo si è alzata e sta iniziando ad arrampicarsi su un albero.
“Dove vai?” le chiedo.
“Forse da quassù si vede qualcosa!” mi spiega mentre sale sempre più in alto.
Io ed Adrian l'aspettiamo seduti per una decina di minuti abbandonanti, finché non la vediamo scendere nuovamente “Bingo” annuncia seria.
La seguiamo per una decina di metri, fino a una sorta di piazzale poco lontano da dove eravamo. Inizialmente non vedo nulla, ma poi mi accorgo di una strana struttura fatta a pezzi, costituita da rami e foglie intrecciati fra di loro. Qualunque cosa fosse è stata distrutta a mano.
“Forse era una sorta di coperta” azzarda Judith. Sono d'accordo. Stanotte non è stata particolarmente fredda, ma è ovvio che stando fermi tutta la notte qualche brivido venga lo stesso.
“Quindi questo è il rifugio di qualche tributo” ipotizza Adrian.
“Peccato che non ritornerà qui di sicuro, o non avrebbe distrutto questa cosa” concludo scontenta. Chiunque l'abbia fatta ha una certa manualità senza dubbio. Deve essere anche una persona in gamba, abituata ai boschi. Mi chiedo se il tributo in questione non sia la nostra Esther.
“Guarda!” esclama Judith indicando un punto preciso della coperta improvvisata. Osservo meglio, e noto un capello castano corto, ma non abbastanza per essere quello di un ragazzo.

“Quanti tributi hanno i capelli castani?” chiedo. Ricordo solo un sacco di biondi in questo momento.
“Esther” risponde Adrian soddisfatto.
“Non necessariamente” nota Judith “Anche la ragazza del sei ce li ha così”.
“Abbiamo un cinquanta e cinquanta che sia la nostra preda dunque. Chiunque sia non può essere troppo lontana. Mettiamoci in marcia” affermo trionfante. Non ci sfuggi, sei nostra.

 

Ivar “Il Senzaossa” Ludwig, tributo del distretto 6, arena

Accosto le mie mani una affianco all'altra. Menomale che secondo Chester non si vede alcuna differenza! La mano destra è sicuramente più grossa di quella sinistra, senza contare che si vede ancora benissimo l'impronta dentale di Jennifer. Devo dire che ha dei bei denti, anche se non quanto i miei, ovviamente. Cavolo quanto sono bello! Mi manca guardarmi allo specchio, non mi sarebbe dispiaciuto trovarne uno dentro ai nostri zaini. Non che mi lamenti dei nostri contenuti comunque: abbiamo una torcia elettrica, una coperta di lana, dei guanti pesanti, un paio di calzini di riserva (tutta roba che si è rivelata utile stanotte), una tintura di iodio (che abbiamo in parte già utilizzato su dell'acqua stagnante), degli occhiali da sole, del repellente per insetti, una crema abbronzante (!), una paletta per scavare, un punteruolo (un'arma ridicola, ma pur sempre un'arma!), del mais in scatola, dei semi di girasole (che abbiamo già mangiato in parte) ed infine dei cerotti. Ci è andata parecchio bene, peccato non avere una borraccia però. Prima ci siamo dovuti arrangiare usando la paletta come bicchiere, ma è stato uno schifo. Abbiamo impiegato ore per bere a sufficienza. Ora che ci penso anche del cibo non sarebbe male, ma sono dettagli. Con un po' di fortuna incontreremo una delle poche piante che conosciamo, oppure ci metteremo a cacciare un po', anche se l'ideale sarebbe trovare qualcosa da sgraffignare ad altri tributi. Un modo comunque lo troveremo. Una buona idea sarebbe quella di creare un diversivo che allontani i favoriti dalla cornucopia, per poi prendere tutto quello che ci serve ed andare via. Oltre al cibo vorrei prendere anche una crema per guarire la mia mano. Spero davvero che non si formi una cicatrice. La osservo di nuovo, cavoli com'era bella, una vera e propria mano di velluto.

“Sei ancora lì?!” esclama Chester esasperato “Giuro che non ho mai conosciuto nessuno più vanitoso di te!”
“Sei solo invidioso” mi difendo. Chester reagisce tramite uno sbuffo esagerato. Allo solo scopo di irritarlo maggiormente mi avvicino a lui e gli appoggio il gomito sulla spalla. Il mio alleato mi guarda leggermente infastidito “Dunque, cosa si prova ad essere un mio sottoposto?” gli chiedo con un sorriso da ebete.

Chester rimane in silenzio, in una concentrazione preoccupante. Sto per chiedergli cosa c'è che non va, quando mi tira uno schiaffo dritto dritto sulla guancia.
“Cazzo!” mi lamento mentre mi allontano da lui. Mi massaggio la zona, che male! “Perché cavolo l'hai fatto?” gli chiedo scocciato.
“Zanzara” risponde lui pacato.
“È la scusa più vecchia del mondo!” Per tutta risposta mi mostra la mano, sulla quale è spiaccicata una zanzara “Ok, va bene, hai vinto tu” affermo continuando a massaggiarmi. C'era bisogno di colpire così forte però? Secondo me l'ha fatto apposta. Il bastardo sta anche ridendo sotto i baffi in fondo.
Sto per farglielo notare quando riprende a parlare: “Sbaglio o le zanzare stanno aumentando?”.
Mi guardo intorno, effettivamente ne stiamo incontrando parecchie in questa zona. Ci hanno pizzicati entrambi un paio di volte. Ora che ci penso le zanzare trovano il loro habitat naturale nei posti con acqua stagnante, forse c'è uno stagno nei pareggi. Dubito che l'acqua sarà sana, ma abbiamo la tintura di iodio apposta, no? Osservo Chester, deve avere i miei stessi pensieri.
“Il repellente è nel mio zaino o nel tuo?” mi chiede.
“Mi sembra nel mio” replico prendendolo immediatamente. Non ci eravamo troppo preoccupati prima, le zanzare appartengono alle estati di tutti in fondo, ma qui siamo in un'arena, qualunque cosa potrebbe essere pericolosa. Spero solo che non sia troppo tardi. Prendo il repellente e ce lo applichiamo all'istante.
Decidiamo di andare oltre attraverso il fango, e ci accorgiamo con piacere che il repellente è potente, nessuno dei due ricevi pizzichi nella mezz'ora successiva. Tuttavia continuiamo a rimanere in allerta, aspettandoci un pericolo da un momento all'altro. Non voglio tornare indietro però, sono troppo curioso di vedere cosa c'è in fondo al sentiero.
Dopo un'altra decina di minuti riusciamo a capire finalmente da dove provengono tutte queste zanzare. Di fronte a noi c'è una vasta distesa d'acqua stagnante, ricca di canneti, ranuncoli, orchidee, e tante altre piante. Quelli che mi colpiscono però sono gli animali: oltre alle zanzare e ai milioni di moscerini, ci sono un sacco di uccelli e di rane. Riesco perfino ad intravedere un toporagno a caccia di qualche insetto. L'ambiente è calmo, sembra distante mille miglia dal caos del bagno di sangue. Per un momento riavverto la tranquillità del mio distretto, e per la prima volta mi rendo finalmente conto di quanto sono lontano da casa.
“È bellissimo” mormoro cercando di far entrare dentro di me i colori e la luce del paesaggio.
“Bello e pericoloso” commenta cinico Chester “Non farti ingannare”. Nel profondo so che ha ragione, ma difficilmente assocerei questo posto all'inferno. “Le paludi sono da sempre fonte di malattia, per questo vengono solitamente bonificate. Il fatto che poi sia qua dentro non è un buon segno” cerca di spiegarmi.
“Lo so, però...” cerco di giustificarmi, ma lui mi interrompe.
“Però niente. Verremo qui solo per prendere dell'acqua, sperando che ci invino una borraccia, e poi ce ne andiamo subito. Primo perché il repellente che abbiamo non durerà per sempre, secondo non sappiamo che bestie attira questo posto” Annuisco sconfitto. Peccato però, questo posto mi piaceva.
“Sarebbe utile rimediare anche del materiale per pescare, ci sarà sicuramente qualcosa di commestibile là dentro” commento. Qualcosa mi dice che potrebbero esserci delle sanguisughe in quella palude, pescare con le mani non sarebbe affatto una buona idea.
“Torneremo quando avremo qualcosa allora” sentenzia Chester.

Stiamo per andarcene, quando ci raggiunge un paracadute argentato, di dimensioni più grandi rispetto al solito. Ci inchiniamo e lo apriamo. Dentro c'è una scatola nera di plastica e un telecomando con un solo bottone rosso al centro. Sto per toccarlo quando Chester mi blocca.
“Che fai? Non lo vedi?” mi chiede allarmato.

“Che cosa?” domando ingenuo.
“È un esplosivo”
Sorrido di gusto: abbiamo appena trovato il nostro diversivo.

 

Caitria “Cat” Dalekein, tributo del distretto 6, arena

Mi sforzo a fare un altro passo in avanti, ma finisco per inciampare e cadere per terra a causa dell'irregolarità del terreno. Sento un po' di male alle mani, ma è un dolore che avverto lontano, quasi come se non fosse mio. Ogni cosa passa in secondo piano nella mia mente: dal canto degli uccelli, al ronzio fastidioso delle zanzare. Solo una cosa avverto in maniera prepotente: la sete. La mia bocca è secca come un deserto, la mia testa pesa come un macigno, e sono talmente stanca che non riesco a rialzarmi. Non bevo da più di ventiquattro ore, ma mi sembrano mille. Se fossi ben nutrita come i ragazzi dei distretti ricchi, forse a quest'ora non sarei già al tappetto, chissà. Anche se non lo fossero hanno comunque tutte le risorse della cornucopia a loro disposizione. Sarà sempre stato così? Ho sempre amato studiare storia, la vera storia, ma ho sempre guardato in maniera superficiale le pagine dedicate alle edizioni degli Hunger Games. Che senso aveva studiare approfonditamente un argomento così tanto scabroso? So che non dovevo scappare da quell'argomento, la storia serve per ricordare all'umanità quanto in basso può andare, ma non ce l'ho fatta. In fondo ogni anno me lo ricordano.

Mi giro pigramente dall'altra parte, non ho le forze neppure per piangere. Sarei dovuta scappare quella mattina. Vivere nei boschi, lontano da questo schifo. In fondo non ho nessuno nel distretto a parte Yvon. Zach sarebbe stato anche contento di una mia scomparsa. Sono sempre stata un peso per lui, mi ha preso con sé solamente per senso di colpa. Voleva dimostrare a se stesso di avere un cuore, ecco perché mi ha sfamata negli ultimi dodici anni, ma mai e poi mai avrei voluto avere a che fare con lui. Quel mostro ha ucciso i miei nonni, ha messo incinta mia madre, e l'ha lasciata morire di fame. Mi ha lasciata nel silenzio, circondata da un vuoto emotivo pressoché infinito. È riuscito a rovinare la vita a tutti, me compresa. Avrei preferito piuttosto morire di stenti insieme alla mamma, e guarda un po', mi stanno accontentando. Forse è meglio così: anche se uscissi da qui sarei per sempre una schiava di Capitol, una loro marionetta per il resto dei miei giorni, destinata ad accompagnare decine e decine di ragazzi alla morte per sempre.

Sì, ma sarebbe una volta all'anno” mi suggerisce una voce delicata dentro la mia testa. “Qualche settimana all'anno, e poi avrei tutto il tempo del mondo da dedicare ai tuoi passatempi preferiti. Solo qualche settimana” aggiunge insistente e soave. Tutto il tempo che voglio? I miei treni abbandonati, le serate passate ad inventare storie con Yvon, libri veri che potrei ottenere con tutti quei soldi. Una vita tranquilla, lontana da Zach, in cambio della mia libertà. Ma quella non l'ho già persa il giorno della mietitura? Forse non è un compromesso così malvagio, non ho alternative migliori. Sembra tutto così lontano, così irraggiungibile. Mi sento debole e tanto stanca, sarebbe decisamente più facile chiudere gli occhi ed addormentarsi per sempre. Esistono modi molto peggiori per morire in fondo. Meglio morire disidratata che divorata da qualche ibrido o sgozzata da qualche sadico bastardo, sotto gli occhi eccitati dei capitolini. Una morte di questo tipo sarebbe una bella delusione per tutti loro, una forma di ribellione, l'ultima libertà che mi è concessa. Inizia a piacermi questa strada.
Non farlo, ti prego” mi supplica nuovamente la stessa voce di prima “Pensa a tua madre” Mia madre? È morta, mi ha lasciata sola. Avevo bisogno di lei e mi ha lasciata sola!

È morta per salvarti” afferma con tono comprensivo, molto dolce, quasi materno. Ricordo a malapena il volto della mamma, ero così piccola quando se n'è andata. Era molto bella, questo me lo ricordo, sorrideva sempre, anche quando soffriva. Era dolce, buona e tanto forte. Doveva esserlo per non essere crollata di fronte a tutto quel dolore. Mi ha dato tutto quello che poteva, e anche di più. È morta perché io vivessi, che razza di stronza sarei se sputassi sul suo sacrificio? Lei non lo vorrebbe, non ho scelta.
Osservo la mano destra, riesco ad intravedere la cicatrice che mi sono fatta quella volta che ho cercato di resuscitare quel treno. Volevo fuggire lontano, mentre invece non ne sono quasi morta. Volevo vivere, farlo davvero, non solo nelle mie fantasie.

Raccolgo le poche forze che posseggo e mi alzo in piedi. Devo continuare a camminare, devo cercare una fonte d'acqua. Per la mamma, per me.
Continuo a muovermi sperando in un miracolo. Oggi è più caldo di ieri, e ciò non farà che aumentare la mia agonia. Non c'è un filo di vento nell'aria, e non sembra che pioverà a breve. Alcune antiche culture celebravano la danza della pioggia in questi casi, e sono talmente disperata da volerne sapere i passi.
D'un tratto incontro una piccola pozza, sto per festeggiare, quando mi accorgo di uno scoiattolino morto poco più in là. Sto per gettarmi a terra per l'esasperazione, come si può essere così crudeli? Sono sicura che gli strateghi sapessero della mia urgenza e hanno messa quella pozza apposta per tentarmi, e cavolo come si stanno riuscendo bene. Non posso berla però, morirei di sicuro. Devo resistere, non posso farmi distrarre, devo andare avanti.
Riprendo il mio cammino, ma ad ogni passo diventa sempre più difficile. Non so quanto resisterò. Mi guardo intorno finché non intravedo una cavità a ridosso di una parete rocciosa. Una caverna? Si formano attraverso l'acqua, forse....
Intensifico i miei sforzi, forse ci siamo. Spero di trovare davvero qualcosa, non reggerei un'altra delusione. Procedo dritta attraverso l'oscurità, non mi importa a questo punto di trovare animali feroci. Voglio l'acqua, nient'altro. I miei occhi iniziano ad abituarsi al buio, ed intravedo qualcosa di oscuro sul soffitto, ma non voglio pensarci. Spero siano solamente degli innocui pipistrelli. Finalmente odo qualcosa, qualcosa che gorgoglia, in maniera debole, ma lo fa. Mi aggrappo alla speranza e raggiungo la fonte del suono.
Acqua, un piccolo rivolo, ma pur sempre esistente. Non mi importa della depurazione, non posso aspettare, posso solo sperare che non sia tossica. Tanto quegli essere sul soffitto berranno questa, no? Se loro non sono ancora morti... inoltre non è neanche stagnante.
Ne bevo a grandi sorsi, quasi immergendo la testa in quei pochi centimetri, disinteressandomi se è fredda o meno. Penso solo che sa di vita.

 

Liam “Felino” Evans, tributo del distretto 9, arena

Continuo a sentire prurito ovunque, cosa diavolo mi sarà successo stanotte? Pensavo che fosse una buona idea sistemarmi su un albero, ma stamattina mi sono svegliato con tanti piccoli pizzichi rossastri sulle gambe e sulla pancia. Ricordano un po' i morsi delle cimici da letto, ma non credo che siano state loro. In ogni caso spero non sia nulla di grave, e che questo nuovo albero non sia pieno di quegli esseri, qualunque essi siano. Ho scelto una strategia azzardata, ma non me la sentivo di girare a vuoto per l'arena. Quando si vuole essere trovati, bisogna stare fermi in un punto, lo sanno tutti. Spero che Dalissa mi trovi in fretta, e che abbia qualcosa da mangiare e da bere con sé. La gola mi fa male da quanto è secca, non mi sono mai sentito così in tutta la mia vita. Continuo a pensare alla limonata che la mamma mi preparava tutte le estati, o quella bevanda a base di cioccolato che ho assaggiato a Capitol. Forse se mi muovevo potevo trovare qualcosa, ma se così non fosse stato? Avrei faticato ed aumentato ulteriormente la mia sete. Ho scelto di fidarmi, voglio credere in lei. Sono sicuro che mi stia cercando anche adesso.

Cerco di salire sul ramo più in alto, nella speranza di intravedere qualcosa. Esattamente come ieri non vedo nulla di utile però: solo alberi, pareti rocciose in lontananza, e la cornucopia illuminata dai raggi solari. Ci sarà qualcuno lì oppure i favoriti si trovano tutti a caccia? Spero che non mi notino, non potrei mai sopravvivere. Scendo nuovamente di qualche ramo, cercando il punto maggiormente coperto dal fogliame. Grazie al cielo sono piuttosto minuto per la mia età, riesco a nascondermi facilmente.
Rimango fermo per non so quanto tempo, ad osservare le coccinelle e le nuvole artificiali. Cosa staranno facendo a casa? Mamma e papà staranno litigando come al solito? Bob e Tom sentiranno la mia mancanza? Mi mancano le loro code scodinzolanti, tutte quelle feste che mi facevano la mattina appena sveglio, e gli occhioni da cucciolo che mi mostravano quando volevano qualcosa da mangiare. Mi asciugo in fretta le lacrime, mentre avverto un macigno all'altezza del cuore. Che sciocco, mi sono dimenticato che non devo pensare a casa. Devo concentrarmi su altro, devo far finta che non ci sia niente fuori da qui. Devo solo pensare a sopravvivere.

Mi metto in posizione fetale, grattandomi i pizzichi di tanto in tanto. Dalissa arriverà, devo aver fede. Non sarò solo molto a lungo. Arriverà prima che me ne accorga, devo essere forte.
Chiudo gli occhi a causa della stanchezza, stanotte non ho dormito molto fra il terrore e il prurito. Non dormirò, mi riposerò solamente un po', la sentirò arrivare, io la sentirò, io... ho tanta sete...

Avverto delle forti vibrazioni che mi destano dal mio sonno. Mi aggrappo istintivamente al ramo, guardando di sotto preoccupato. Il terreno si fa sempre più vicino, che diavolo sta succedendo? L'intero albero sta sprofondando nel terreno, e se non mi muovo anch'io verrò inghiottito. Sono sempre più vicino, devo muovermi! Al mio tre: uno, due e...
Salto di sotto giusto in tempo, sbattendo violentemente l'avambraccio e le ginocchia contro il terreno secco. Provo delle fitte pazzesche, e quando esamino le suddette parti mi accorgo che sto anche sanguinando. Sono più che altro dei graffi, ma sono pur sempre delle ferite. Mi avrà sentito qualcuno? Spero davvero di no, ma è comunque meglio cercarsi un nuovo nascondiglio. Se gli alberi sono pericolosi però che cosa mi rimane?


Mi guardo intorno in cerca di alternative, finché non sento un rantolio feroce. Mi volto indietro ed intravedo un cane lupo malandato, sporco di fango, pieno di ferite sanguinanti, e di bolle roseo e gonfie. Ha lo sguardo minaccioso, lontano mille miglia da quello giocoso dei miei cuccioli.
Resto immobile, completamente rigido, so che se scappassi mi inseguirebbe, è il suo istinto. Grazie al cielo i cani li conoscono abbastanza bene. Devo rimanere tranquillo, loro sentono la paura. Evito di guardarlo negli occhi, sperando che perda facilmente interesse nei miei confronti.
Mi guardo intorno a disagio, cercando una strada in cui fuggire in caso la mia strategia non funzionasse. Sono sempre stato fra i più veloci a scuola, ma dubito che riuscirei a seminarlo. Ma se non avessi altra scelta mi toccherà provarci. Mi accorgo che alla mia sinistra ci sono due figure femminili che non riesco subito a mettere a fuoco. Stringo gli occhi e mi accorgo che una è Dalissa, mentre l'altra non la conosco, devo per forza averla vista, ma adesso non mi viene in mente chi sia. Sembrano entrambe preoccupate, e ho paura che vogliano mettersi in mezzo. Alzo lentamente la mano e faccio loro cenno di stare ferme.
Al mio gesto il cane si allarma, ed inizia a ringhiare con maggiore forza. Inizio a tremare spaventato, adesso che faccio? Insisto o scappo? Sento il mio respiro accorciarsi.
“Indietro!” gli urla la ragazza con i capelli rossi mentre si avvicina lentamente a me.
“Indietro!” fa eco Dalissa.
Il cane tira indietro le orecchie, mostrandoci i denti a tutti e tre. Piega le gambe pronto per lo scatto, e penso di farmela addosso dalla paura, quando un sasso lo colpisce dritto dritto sul muso. L'animale inizia a guaire e si ritira, lasciandomi finalmente in pace.
“Scusami piccolo, non mi hai lasciato altra scelta” si giustifica Dalissa un po' triste.
“Però! Che bella mira che hai!” si congratula la rossa.
Crollo a terra esausto, incominciando a piangere a causa della tensione accumulata.
“Stai bene?” mi domanda Dalissa avvicinandosi a me. Le stringo le gambe, piangendo fra le sue ginocchia terrorizzato.
“Ho avuto tanta paura” confesso singhiozzando, mentre Dalissa si piega e mi stringe forte.
“Sei stato coraggiosissimo Liam, non tutti avrebbero avuto il tuo fegato” mi consola.
“Va tutto bene adesso” mi consola la ragazza con i capelli rossi e il naso livido “A proposito io, sono Jenny, del distretto 8. Sono la vostra nuova alleata” mi spiega notando sicuramente la mia confusione. Non faccio domande, se va bene a Dalissa, va bene anche a me.
“Ho sete” accenno mentre il mio cuore inizia a rallentare.
“Non ho acqua, mi dispiace, ma abbiamo trovato delle mele stamattina, possono aiutare” Accenno un sì con la testa, mentre Dalissa tira fuori una mela rossa dallo zaino.
Addento il frutto, e la bocca scatena una festa a contatto con il succo ricco e gustoso. So che dovrei tranquillizzarmi per aver trovato le mie alleate e qualcosa da mangiare, eppure non posso che pensare a quel cane e a tutte quelle ferite che aveva: chi o cosa gliele ha procurate?

 

Giorno due, notte fonda

 

Esther Suzanne Grestan, tributo del distretto 7, arena

Appoggio l'ascia al petto, stringendola forte con tutta me stessa in cerca di protezione e rassicurazione. Che strana la vita, non avevo mai cercato prima d'ora qualche forma di contenimento tramite un oggetto, neppure da bambina. Me la sono sempre cavata da sola, con le mie forze, senza chiedere l'aiuto di nessuno. Che scelta avevo in fondo? I miei sono stati uccisi quando ero ancora una neonata, sono cresciuta in una cassetta spartana quasi al confine del distretto, costretta a lavorare ancor prima di iniziare la scuola. Svolgevo lavoretti semplici e ripetitivi all'inizio, poi con il tempo sono diventati sempre più complicati e pesanti. Mi sono formata da sola nel vero senso della parola, gli adulti sono stati talmente poco presenti da sviluppare l'illusione di non aver bisogno di loro. Ho compensato con i miei coetanei, fidandomi ciecamente di loro finché non sono stata nuovamente tradita ed abbandonata.
Mi chiedo se sono semplicemente sfortunata all'inverosimile, oppure se me le sono andata a cercare tutte quelle situazioni. Come Autumn, ad esempio. Se mi fossi alleata con lei forse a quest'ora non mi troverei in guai così grossi. In fondo per aver preso un voto così alto deve essere una combattente formidabile, ma le cose sono andate diversamente. Ho avuto paura e l'ho rifiutata, e ora la rimpiango profondamente. Una parte di me continua a sperare, continua a credere che potrei incontrarla durante la mia fuga, ma la verità è che la cosa è altamente improbabile. Ci vorrebbe un miracolo, ma io non sono mai stata fortunata, e mai lo diventerò, perché ho la certezza che la mia vita terminerà prima dell'alba.

Da quante ore alterno la fuga al nascondersi? Troppe. Sono stanca, ho sete e fame. Faccio fatica a tenermi in piedi, le mie gambe stanno tremando anche adesso. A questo punto avrei dovuto gettarmi nella mischia, sarei morta ugualmente, ma almeno avrei avuto la possibilità di trascinare uno di quei tre con me. Invece ho deciso di cercare di seminarli, ma senza successo, sono instancabili e testardi. Un'altra decisione sbagliata, l'ennesima. Sorrido amara, spero che Caroline e la signora Smith stiano dormendo adesso, non voglio che guardino quello che accadrà da qui a breve.
Mi scosto leggermente dal mio albero, cercando di vedere con i visori notturni se quei tre mi hanno già trovato. Se non avessi trovato quei cosi dentro lo zaino, questa partita sarebbe già chiusa da un bel pezzo. Intravedo Angelie alla mia destra, Judith alla mia sinistra. Sono sempre più vicine, se uscissi da qui mi noterebbero subito. Anche loro hanno i visori, alla fine il mio non è poi un così gran vantaggio.

Cosa dovrei fare? Fuggire di nuovo? Lottare? Sono così stanca. Sono sempre più vicine, il mio tempo sta scadendo. Ho tanta paura, ci sarà qualcosa oltre? Morire farà così male? Caroline, non ho mai sentito la tua mancanza come adesso. Vorrei tanto non essere sola.

 

Cammino per il bosco, mi piace tantissimo farlo in questa stagione. Ritornano gli uccellini, e gli alberi si riempiono nuovamente di verde. Non devo essere l'unica a pensarlo. Quella bambina è così presa dallo spettacolo da non accorgersi neppure della mia presenza.
Mi siedo rumorosamente al suo fianco, sorprendendola. La tipa sgrana i suoi occhi neri, ma non sembra spaventata, solo un po' a disagio. Sorrido a trentadue denti, tentando di tranquillizzarla.

Vuoi essere mia amica?” le chiedo direttamente, senza neppure chiedere prima il suo nome.
La bambina rimane completamente parallelizzata, per poi scoppiare a ridere senza ritegno. Non faccio in tempo a capire se la sua reazione mi renda felice o triste, che mi abbraccia forte.
Sicuro. Sono Caroline” squittisce lei con uno dei sorrisi più belli che abbia mai visto.
Esther”

 

Scuoto la testa, non è il momento di lasciarsi andare. Anche se è finita, non voglio andarmene senza combattere. Esco fuori dal mio nascondiglio, prendendo di sorpresa Angelie. Riesce ad evitare la mia ascia per un pelo, ed intravedo nei suoi occhi un'ira feroce. Indietreggio all'istante, per prepararmi a parare un suo colpo di spada, quando sento un sibilo minaccioso dietro di me.
Mi getto alla mia destra, evitando un colpo di alabarda di Judith. Rotolo via in fretta e furia, mentre le due ragazza rimangono calme, sicure ormai della loro vittoria. Come potrebbero non esserlo d'altronde? Ho le braccia talmente indolenzite che non so neppure come sto riuscendo a tenere l'ascia in mano!

La alzo in posizione di difesa, guardando i loro occhi azzurri, i primi profondi come l'oceano, i secondi freddi come il ghiaccio. Continuo ad indietreggiare, finché non avverto un dolore allucinante. Mi piego dal dolore, finendo inginocchiata per terra. Mi volto rapidamente, ho un coltello da lancio conficcato addosso, deve essere di Adrian, per un momento mi sono dimenticata di lui. Angelie si avvicina arrogante, con un fastidioso sorriso sulle labbra. Crede che sia divertente? È la mia vita, cazzo!
Cerco di colpirla con l'ascia, ma la ferita e la stanchezza mi permettono a malapena di alzarla di qualche centimetro. Angelie sbuffa un “Patetica”, mentre blocca l'arma appoggiandoci il piedi sopra. Provo a smuoverla, ma per tutta risposta ricevo un calcio in faccia.
“Ehi, ehi! Stai esagerando!” urla la ragazza del primo distretto, mentre avverto il mondo girare intorno a me per via del dolore.
“Vai a fare in culo, Judith!” le risponde con rabbia l'altra.
Cerco di approfittare del loro bisticcio per provare a rialzarmi, ma le vertigini mi impediscono di farlo. Improvvisamente mi sento tirare, ad avverto una lama fredda sulla gola. Commetto l'errore di girarmi, ed intravedere lo sguardo glaciale del mio assassino.
“Questo è per Krinsda” mormora lui.
Chiudo gli occhi, avrei preferito morire guardando un altro volto.

 

 

 

 

 

Ciao... mi volete linciare per caso? No? E se vi dicessi che nel prossimo capitolo avremo due morti? No? ^^ Bravi ragazzi. Il distretto 7 è ufficialmente fuori dai giochi, scommesse sulle prossime morti?

Ci vediamo giovedì prossimo.

 

Morti:

19° Ester Suzanne Grenstan, uccisa da Adrian, 3 pov

Feriti:

Quasi tutti (più o meno fame e sete)

Liam (qualche graffio, prurito)

Ivar (leggera ferita alla mano)

Jennifer (ferita al naso, in guarigione)

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Capitolo 14
*** Miccia ***


Giorno 3, mattina

 

Chester Colin Herstone, tributo del distretto 3, arena

È quasi un'ora che aspetto, inizio ad aver paura. Ivar ha troppa fiducia nelle sue capacità, non vorrei che l'avessero scoperto ed ucciso. Non avrei dovuto dargli retta, dovevo andare con lui e basta.
Forse esagero, è un tipo in gamba, è sempre riuscito a cavarsela da solo finora. Forse quel zuccone è solamente in ritardo. Devo solo aspettare.

Osservo il telecomando. L'esplosivo è già posizionato, devo solo aspettare che torni Ivar e che mi dia l'ok. Purtroppo non ho potuto studiare il marchingegno come volevo a causa del fatto che mi manca perfino il cacciavite per aprire la scatola. Le sue caratteristiche dunque sono un'incognita, e la cosa mi crea parecchia ansia. Spero che non ci stiamo cacciando in un guaio troppo grosso. Mi è sufficiente che distragga i favoriti giusto il tempo per rubare qualcosa di utile, nulla di più.
“Ehi!” esclama Ivar spuntando fuori da un cespuglio fresco come una rosa, nonostante abbiamo entrambi passato la notte in bianco “Mi stavi aspettando?”.
Sospiro rassegnato, Ivar è Ivar, non c'è nulla da fare. Sono contento di averlo come alleato però, mi aiuta ad allentare la tensione.
“Dunque?” gli domando.
“I favoriti sono tutti via, c'è solo quella ragazza del tuo distretto e il tipo del quattro, ma quello non mi sembra molto portato a fare il cane da guardia, o è distratto o è a spasso”.
Annuisco, non potevamo avere una situazione più ideale. Facciamo esplodere il marchingegno, e poi dritti verso la cornucopia.
“Allora, accendiamo?” mi chiede.

 

Anche per quest'anno è andata, posso tirare un sospiro di sollievo fino alla prossima mietitura. Ne ho ancora cinque davanti a me, e poi è fatta. Un giorno compirò diciannove anni e sarò libero da questo squallore, non solo dagli Hunger Games, ma anche da mio padre. Giuro che me ne andrò alla prima occasione, anche a costo di vivere sotto un ponte, non mi importa. Sono abbastanza intelligente da cavarmela da solo.
Esco fuori dalla mia stanza di soppiatto, dopo essermi accertato che non ci siano rumori strani in giro. Quel disgraziato deve essere andato ad ubriacarsi insieme allo zio di Nicholas. Meglio così, almeno non lo vedrò per un po'. Cosa farò quando torna però? L'altra volta ho provato a chiudermi a chiave in camera, ma la cosa l'ha innervosito più del solito. Non posso continuare a vivere in questo modo, a volte penso che abbia ragione Nicholas. No... non posso commettere un'azione simile anche se sarebbe realizzabile, l'abbiamo vista insieme, quasi per scherzo. Devo resistere altri cinque o sei anni, non è impossibile.

Vado in cucina alla ricerca di qualcosa da mangiare per cena. Controllo il frigorifero e le credenze, ma non c'è nulla. Aveva promesso che quando gli sarebbe arrivata la paga avrebbe comprato qualcosa da mangiare, invece avrà speso tutto in alcool, come sempre. Non ci posso credere, come si può essere così irresponsabili? Non possiamo indebitarci di nuovo, siamo già nella merda fino al collo! Perché fa così? Non causa abbastanza dolore? È lui l'adulto! Dovrebbe prendersi cura di me! Amarmi! Dice che gli dispiace ubriacarsi e mettermi le mani addosso, però continua a farlo lo stesso. L'ho pregato in passato di farsi aiutare, ma è stato tutto inutile. A lui semplicemente piace vivere in questo modo.
Sbatto il pugno contro il mobile con rabbia. Sei anni, eh? Faccio prima a morire per incuria. Quel maledetto bastardo... non poteva morire lui anziché la mamma? Sarebbe stato meglio per tutti! Io... io lo odio! Vorrei che scomparisse per sempre!

La porta si apre di scatto facendomi sobbalzare. Mio padre e lo zio di Nick sono qui. Perché? Non sono neppure le nove di sera! È troppo presto.
Ehi, fighetta!” mi apostrofa lo zio piuttosto brillo. Non replico, mi limito a guardarlo storto mentre cerco di rifugiarmi in camera mia.

Ti hanno salutato razza di maleducato” mi blocca mio padre afferrandomi con forza la spalla.
Lasciami!” gli urlo mentre cerco di liberarmi.
Per tutta risposta lo zio di Nick mi tira uno schiaffone sul volto che mi ribalta quasi per terra. Avverto la guancia bruciare, mentre i miei occhi si riempiono di lacrime. Di nuovo.
Le nuove generazioni sono composte da mezze calzette. Ricordi come combattevamo negli anni bui?” domanda l'uomo.
Mio padre sbuffa annoiato “Non me lo dire. Questo ragazzo è una delusione, come sua madre. Sarebbe stato meglio se fosse morto anche lui”.
Pensavo che non potesse ferirmi più di così, ma evidentemente mi sbagliavo. Come può dire una cosa del genere al proprio figlio? “Vorrei che tu fossi morto” sussurro debolmente.
Che cazzo hai detto?” tuona mio padre. Merda mi ha sentito! Devo trovare un modo per scusarmi prima che... no... sarebbe inutile. È un ciclo infinito. Lui si ubriaca, mi insulta, mi picchia, poi gli passa la sbronza, si scusa, e poi si ubriaca di nuovo. Va avanti da troppo anni, io...io non ce la faccio più. Non cambierà mai, è fatto così. Non voglio vivere per sempre in questo modo, non voglio essere per sempre una vittima.
Voglio che tu muoia!” ripeto a gran voce, ricevendo in tutta risposta un pugno sul naso. Cado per terra sanguinante, ma è solo l'inizio. Entrambi iniziano a colpirmi con calci e pugni finché non perdo i sensi.
Quando riapro gli occhi sono addormentati sul divano, nell'aria c'è una puzza tremenda di vino economico. Ho male ovunque, mi sento la faccia gonfia, e ho in bocca il sapore del sangue. Solitamente a questo punto mi ritrovo a piangere, ma non questa volta. Non questa volta, cazzo! Io non voglio vivere così, e non voglio che lo faccia anche Nick. Persone del genere non possono cambiare, sono solo parassiti che distruggono ogni cosa che incontrano davanti a sé.non si può avere pietà per mostri del genere, non la meritano.
Mi alzo in piedi e mi dirigo verso le centraline dell'elettricità e del gas in cortile, costruite all'esterno per far abbassare il prezzo delle casa. Inizio a lavorare su entrambe manomettendole. Ci sarà una grossa esplosione a breve. Salutatemi l'inferno.
Accendiamo”.

 

Ivar “Il Senzaossa” Ludwig, tributo del distretto 6, arena

Un bagliore rossastro investe la foresta a kilometri di distanza. L'incendio si propaga per una buona fetta dell'arena, distruggendo qualunque cosa gli si pari davanti. Con un po' di fortuna ci libereremo anche di qualche tributo. Se sapevo che questo esplosivo era così potente, avremmo potuto usarlo per distruggere la cornucopia. Purtroppo non ci era possibile scoprirne la portata senza un cacciavite, ma pazienza, non tutto il male viene per nuocere. I favoriti continueranno ad avere le loro scorte, ma anche noi. Se avessimo bisogno di qualcosa ci sarà sufficiente creare un nuovo diversivo e tornare alla cornucopia per rubacchiare. Per questa volta è andata così, e direi che il piano sta procedendo bene. Ho controllato prima, tre favoriti su cinque non ci sono, probabilmente sono a caccia. L'incendio rendere più difficoltoso il loro ritorno alla base, dandoci così tutto il tempo necessario per fare i nostri sporchi comodi. Il vero problema è Jasmine. Libero infatti sembra essere andato a zonzo in giro, ma l'altra è rimasta, e sembra difficile da distrarre. Lei è un bel ostacolo.
Mi volto verso Chester, sta fissando incantato il fumo che si innalza nel cielo. Sembra essere perso in chissà quale pensiero. Scuoto la testa, non abbiamo tempo per queste stronzate.

Scendo giù dal mio albero personale di vedetta (che ho ribattezzato “Arturo”) e do un pizzicotto al mio compagno.
“Ahi!” protesta lui destandosi dal quel piccolo mondo in cui si era chiuso.
“Muoviamoci!” gli ordino trascinandolo per la manica.

Passiamo la mezz'ora successiva ad alternare corsa e passo veloce, finché non arriviamo nell'area della cornucopia. Ci fermiamo quasi all'unisono dietro agli ultimi alberi della foresta e rimaniamo in silenzio ad esaminare la situazione. Non sentiamo e non vediamo niente, la cosa potrebbe essere sia positiva che negativa. In ogni caso è meglio non sottovalutare la situazione. Prendo fuori dallo zaino il punteruolo, in caso le cose andassero a male. Spero di non doverlo utilizzare, durante le mie “missioni” al distretto 6 non ho mai dovuto rincorrere alla violenza.
“Se dovesse andarci male ci divideremo, così avremo più possibilità di sopravvivenza” afferma Chester scuro in volto.
“Non ne avremo bisogno, tranquillo. Andrà tutto bene” replico ostentando una sicurezza che in realtà non possiedo. Sono assolutamente convinto che il segreto del successo stia nell'atteggiamento, e non ho di certo intenzione di cambiare idea adesso. “In caso però prenditi un ramo” gli consiglio indicandone uno grosso con la testa. Dobbiamo essere pronti a tutto.
Chester esegue senza fiatare, concentrato come non mai. Tira fuori dallo zaino anche la torcia elettrica. “Sai, per distrarla” mi spiega di fronte al mio sguardo perplesso.
“Magnifico” esclamo prima di dare cenno di partenza.

Avanziamo di soppiatto, nascondendoci grazie all'erica. Con grande sorpresa scopro che anche Chester sa muoversi in maniera silenziosa. Questo è sicuramente un grosso aiuto.
Ci fermiamo quasi ai confini del campo, vicinissimo alle postazione di metallo dalle quali siamo spuntati fuori come funghi.
Riesco ad intravedere Jasmine che fissa il soffitto della cornucopia, ma non Libero. Deve essere ancora in giro, fantastico. In caso di difficoltà saremo due contro uno, è fattibile di brutto! Dobbiamo solo sperare che non ci sia un imprevisto. Mi volto verso il mio alleato, stringe con forza il bastone, è di nuovo immerso nei suoi pensieri. Ora che ci penso lui e Jasmine provengono dallo stesso distretto, spero non si faccia prendere dai sentimentalismi.
Gli do l'ennesimo pizzicotto, ricevendo in cambio un'occhiataccia e un “Quando torniamo le prendi” sillabato con il labiale.
Ci separiamo, e mentre raggiungo un punto cieco dalla prospettiva della ragazza, Chester inizia ad usare la torcia contro la cornucopia, creando un gioco di luci abbastanza potente da catturare l'attenzione di Jasmine. La mora si alza incuriosita, ed esce per cercare di capire che cosa stia accadendo. Aspetto che si allontani di qualche passo ed esco fuori dal mio nascondiglio. Stringo forte il punteruolo, è chiaro che l'unica strada che ho è quella di ucciderla. Se miro alla gola dovrei farcela. È sola, non ha nessuno ad aiutarla, è un gioco da ragazzi. Non devo pensare, devo solo agire. Alzo il braccio e la colpisco, è semplice. Tanto devono morire tutti, no? Non sono io che la uccido, è Capitol. Io non c'entro niente, io devo solo alzare il braccio.
“Metti giù quell'aggeggio” afferma Jasmine squadrandomi apatica. Mi ha visto? Oh merda, ed ora? “Speravate che cadessi in un trucchetto così semplice? C'è Chester con te?” mi chiede. Il mio compagno si alza in piedi, ha dell'erica fra i capelli biondi. “Sapevo che quel casino era opera tua. Hai fatto boom prima di me” afferma lei. Non ho proprio idea di cosa stia parlando, mi sento escluso e la cosa non mi piace per niente.
“Comunque...” cerco di intromettermi.
“Prendete quel che volete dalla cornucopia, siete qui per questo no?” ci domanda. Chester conferma con la testa “Mi fate un bel favore se vi allontanate da qui con un bel po' di roba”. Cosa? Non ci sto capendo niente. Perché ci sta aiutando? Non ha senso! Rischia di finire in grossi guai con i favoriti!
“Ti avevo chiesto di fare boom lontano da me” dichiara fermo Chester, facendo sicuramente riferimento a un precedente discorso.
“Tranquillo, non sei tu la vittima designata” risponde con un sorriso malefico.
Guardo Chester “Che facciamo? Ci fidiamo?”
“Tic, tac, tic, tac. Fate in fretta, Libero non ci metterà molto a tornare” Chester si dirige come un fulmine verso la cornucopia e lo seguo a ruota. Prendiamo un po' di cose, soprattutto del cibo e la benedetta borraccia. Nel giro di due minuti siamo già fuori da lì.
“Stai attenta” si raccomanda Chester prima di fuggire con me. Jasmine non risponde, si limita a sorridere sicura come sempre.

 

Dalissa “Daisy” Manique, tributo del distretto 9, arena

Bevo un sorso d'acqua della bottiglia inviataci dallo sponsor. Che bello sentire nuovamente la bocca fresca! Ci voleva veramente. Dobbiamo stare attenti però, l'acqua deve essere razionata finché non troveremo un fiume o qualcosa del genere. Inoltre abbiamo un altro problema: la fame. Abbiamo delle mele e qualche foglia, ma non bastano. Credo di essere dimagrita, così come Liam e Jenny. Sono preoccupata, soprattutto per Liam che essendo così piccolo tollera di meno questa privazione. L'importante però è non farsi prendere dallo sconforto, dobbiamo rimanere concentrati, prima o poi troveremo qualcosa che ci aiuterà ad andare avanti. È dura mantenersi calmi, ma faccio il possibile per il bene del gruppo. Parlare aumenta la sete, ma allontana anche i cattivi pensieri.
“Sapevate che foglie del tè possono cacciare le zanzare, profumare i pediluvi, fertilizzare le rose e pulire i pavimenti?” domando all'improvviso per alleggerire gli umori generali.

“Cos'è un pediluvio?” mi chiede Liam curioso.
“Un trattamento per i piedi” risponde Jennifer al posto mio.“Sapevi che tanto tempo fa una principessa incontrò l'amore della sua vita attraverso un pediluvio? Un giorno infatti...” inizia a raccontare con gli occhi che le brillano. Sono contenta di averla presa con noi, mi piace molto. Mi ricorda un po' Lyn a grandi linee. Sono entrambe allegre e nascondono negli occhi una sofferenza che non espongono al resto del mondo facilmente. Inoltre sembra andare d'accordo con Liam. Penso sia dovuto al fatto che Jennifer ha due sorelle più piccole, e credo che lui gliele ricordi. Ci sono così tante vite in gioco, per la prima volta penso che il tempo scorra troppo velocemente.

Improvvisamente veniamo travolti da una folata calda di vento che puzza di zolfo e di fumo, mentre le nostre orecchie vengono travolte da un rumore potente.
“Cosa è stato?” chiede Liam allarmato. Mi guardo intorno confusa, ed intravedo animali di varie specie correre, oltrepassandoci senza curarsi minimamente di noi. Per poco Jenny non viene investita da uno di loro.

Mi guardo intorno cercando di capire cosa stia succedendo, e lo vedo. Rosso, crudele, spietato e bramoso di distruzione. È l'incarnazione stessa della morte, un incubo che ha preso corpo su questa terra, desideroso solamente di uccidere. Vuole me, mia madre e la mia casa non gli sono bastati, lui non è mai sazio.
Lo vedo crescere (perché è quello che fa sempre, poco importa quanto credi di averlo sotto controllo) in grandezza e voracità. Come posso contrastarlo? Non sono nulla di fronte a lui. Non c'è speranza quando prende il potere! Siamo morti, siamo tutti quanti morti! Il mio cuore sta uscendo dal petto!
“Dobbiamo andarcene!” urla Jennifer, ma è lontana, la sento a malapena “Dalissa!” aggiunge, ma non riesco a muovermi. Sento il mio corpo irrigidirsi e crollare a terra. Sto tremando, e non riesco a smettere, non ho più alcun controllo sul mio corpo. Continuo a fissare l'incendio che si proponga, i miei occhi sono rapiti da quel rosso infernale, non riesco a distogliere lo sguardo nonostante il terrore. Avverto una morsa primordiale serrarmi lo stomaco, mi manca l'aria. Mi sento morire, tutto dentro la mia testa sta urlando, non riesco a capire più chi sono o dove sono. Vedo solo il rosso. Mi manca l'aria.

Dalissa!”

 

Arriva il tanfo, perché arriva sempre. La morte ha l'odore di carne bruciata. Lo sento come se fosse qui, o forse è già arrivato, non lo so. Non so più nulla, so solo che è qui per me. Mi sento strattonare, ma non capisco da dove.

Ti prego, se non ci muoviamo moriremo!”

 

Siamo già morti! Nessuno sopravvive al fuoco! Non lo capite? È finita, non abbiamo speranze! Smettetela, smettetela, scappare non serve! È finita! Vorrei urlaglielo, ma sono prigioniera nel mio stesso corpo.

 

Liam, l'abbiamo persa, dobbiamo andarcene!”
No! Non la lascio qui!”

 

Un urlo agghiacciante riempie le mie orecchie. Le copro per proteggerle, ma inutile. È la voce di mia madre, della mia vera madre, non di quella senza cuore che mi ha adottata; è la stessa che riempie i miei incubi. Sta morendo di nuovo, ancora e ancora, e non posso farci nulla! Mi manca l'aria, non riesco a muovermi! Ho paura, salvatemi!
“Mamma, mamma!” urlo disperata, ma non mi sente, è ancora là in mezzo alle macerie della casa a contorcersi dal dolore. Sento delle spinte violente, perfino una fitta, ma non capisco da dove arrivino o che cosa mi colpiscano. Il fuoco ha trovato altri modi per ferire.

 

Non reagisce, urla e basta!”
Ti prego, Liam, dobbiamo andarcene o moriremo!”
Non possiamo! Dobbiamo trascinarla!”
Siamo troppo deboli! Non potremo mai farcela! Ti prego Liam, faccio fatica a respirare”

 

Crollo a terra definitivamente, riesco a mettermi in posizione fetale, ma nulla più. Avverto sempre più caldo, tremo sempre più forte, le mie guance sono completamente bagnate. Sono ormai completamente circondata, è la fine.
Alzo un attimo la testa, riesco ad intravedere Jenny trascinare via Liam. Mi stanno abbandonando? No! Vi prego, non lasciatemi! Ho paura! Non voglio stare sola!

Inizio a tossire sempre più forte, e mi nascondo il volto fra le mani. È finita.

 

Cassian Nayor, tributo del distretto 12, arena


Corro, o meglio, provo a farlo.
Ogni passo è un salto nel vuoto, posso solo fidarmi dei miei alleati. Per terra è solo buio, mentre dietro ed attorno a noi c'è un fievole rosso. Perché è così opaco? I colori vivaci non sono mai stati un problema. Devo essere peggiorato, non c'è altra spiegazione. In fondo ho iniziato ad avere problemi in coincidenza con il sorgere della cecità della mamma, sapevo già che lo stress non mi aiuta. I miei occhi cederanno a breve, me lo sento. Eppure non sento quell'angoscia che avrei provato due settimane fa, sento solo una pesante rassegnazione. Credo di averlo accettato finalmente, non che abbia avuto scelta. L'arena, Marissa, e gli strateghi hanno sbattuto la mia cecità in faccia al mondo intero, continuare a nasconderlo (a me e agli altri) era ridicolo. Forse per questa cosa li devo ringraziare, ho smesso di lottare una guerra inutile. Il fatto è che avevo paura di essere visto solamente come un disabile e nulla più. Costretto per sempre in un piccolo e soffocante ruolo. Non volevo quella vita, mi veniva la nausea a pensare ad un ipotetico futuro: mantenuto da mio padre finché ne aveva le forze, poi abbandonato in mezzo alla strada finché non sarei morto di fame, esattamente come avviene per tutti i disabili poveri del mio distretto. Volevo essere più di questo, non un peso per tutti.
Ora è tutto diverso però, ho la possibilità di fare qualcosa di utile, di evolvermi ad eroe. Se continuiamo di questo passo moriremo tutti. Ho rimandato l'inevitabile anche troppo a dire il vero. Ho mantenuto la parola che ho dato alla mamma: mi sono trovato degli alleati e ho cercato di andare avanti il più a lungo possibile. Sono sicuro che mi capirà, e chi mi perdonerà. Mi mancheranno le nostre chiacchierate prima di andare a dormire, l'immaginarsi insieme i volti delle persone, e prendere in giro quei buffoni di Capitol. Riuscirà ad andare avanti lo so, lei è fortissima.

“Lasciatemi qui” ordino a Richard ed Autumn, mollando la presa dalle loro spalle. I due si fermano probabilmente sconvolti. Anche se non li vedo sento i loro sguardi addosso. In fondo ci sono molti altri modi per vedere.
“Co...cosa?” mi chiede Richard, la sua voce trema. Provo la voglia di sorridere, è incredibile che si sia affezionato a me in così poco tempo. Al distretto conosco molte persone, ma sono sicuro che nessuna avrebbe mostrato così tanto orrore a una prospettiva del genere, forse neppure Hunter. Sento il suo respiro appesantirsi “Autumn, non fare quella faccia! Digli qualcosa” le urla contro.

La ragazza rimane in silenzio per un tempo che sembra infinito “Siamo troppo lenti non possiamo farcela” confessa con tono grave.
Sento Richard muoversi con voga verso di lei “Non puoi appoggiare questa follia!” le urla addosso con tutta la sua rabbia.
“Abbiamo fatto quello che potevamo fare, mi dispiace. Se proseguiamo di questo ritmo verremo travolti tutti e tre” replica con voce incrinata.
“Grazie per avermi capito”. Non sono arrabbiato con lei, vuole vivere, è una cosa umana. Anch'io vorrei farlo, ma non ne ho la possibilità. Lo sapevamo tutti in fondo, sono morto il giorno stesso della mietitura.
“Mi dispiace un sacco” dichiara Autumn solenne.
“No, no, no!” si lamenta Richard in lacrime “Non possiamo lasciarlo qui!”
“Richard...” Autumn cerca di farlo ragionare fra un colpo di tosse e l'altro, ma la blocco. So che hanno poco tempo, ma questo è un compito mio, il mio ultimo. Faccio un passo in avanti, nel punto in cui proveniva la sua voce. Allungo la mano finché non riesco ad afferralo per il polso. È sottile e madido di sudore. La sua pelle è morbida e calda. Con l'altra mano gli afferro la felpa e poi cerco la guancia, più in alto. È bagnata, ha davvero pianto così tanto? Per me? Oh Richard, pensavi davvero di potermi salvare? Sei troppo buono, rischi di non durare a lungo.
Mi avvicino e gli stampo un bacio sulle labbra screpolate, come pura forma di ringraziamento. Lo sento leggermente irrigidirsi al gesto, ma non troppo. Credo sia rimasto solamente sorpreso dal mio gesto più che disgustato. Buono a sapersi.
“Ora hai un pezzo di me, sei costretto a sopravvivere. Ora va!'” gli consiglio girandomi dall'altra parte, dando loro le spalle. Li sento immobili, esitanti, e prego con tutto me stesso che si muovano. Siamo stati fermi anche troppo, se rimangono qui ancora un po' finiranno per morire. La prima a muoversi è Autumn, che scatta veloce come la gazzella che è. Richard rimane fermo per un paio di secondi in più, ma poi lo sento finalmente muoversi. Ora tocca a loro, se si faranno uccidere mi incazzerò sul serio.

Mi siedo per terra, faccio sempre più fatica a respirare, ma almeno il caldo è piacevole. Mi sento un po' un idiota a stare qui fermo di fronte al pericolo, ma che scelta ho? Sento tutto il coraggio che mi accompagna fino a poco fa sfuggirmi via. Mi stringo forte le gambe, e nascondo la testa fra le ginocchia. Spero che non sarà così terribile, e che sarà veloce. Chiudo gli occhi sospirando. Il nero è l'ultimo colore che vedo.

 

Libero “The Rebel” Howard, tributo del distretto 4, arena

Guardo l'orizzonte, l'incendio sembra essere domato. Fino ad un'ora fa dominava su una grossa fetta dell'arena, mentre ora non c'è più. C'è lo zampino degli strateghi dietro, non ho dubbi. Essere uno di loro significa essere un dio, possono distruggere e creare tutto nel giro di pochi secondi. Alla fine degli Hunger Games potrebbe non rimanere nulla qua dentro, neppure io. Se morissi qualcuno si ricorderà di me? Ho paura di no. Forse Zoey per un po' di tempo, forse Albert a causa del mio sacrificio. Ma poi nulla. Inizio ad avere paura, se neppure Krinsda ha avuto speranze a me cosa rimane? Io non sono addestrato come gli altri, so solo arrampicarmi e recitare. Già la recitazione... non mi sarebbe dispiaciuto diventare un attore un giorno. Se solo non mi fossi offerto volontario... Mi mordo forte il labbro, per punirmi di ciò che ho appena pensato. Dovevo venire qui, o ci sarebbe Albert al mio posto adesso. Ha avuto una vita molto più grama della mia, meritava di essere salvato. Non voglio rimpiangere la mia scelta, ho agito nel giusto, però... ho paura Zoey, ho paura di non rivederti mai più.

“Allora? Si vede qualcosa?” mi chiede Judith. Dovevano tornare questa mattina per una toccata e fuga dopo la caccia di ieri, ma hanno deciso di rimanere finché non fosse tutto finito. A questo punto ripartiranno oggi pomeriggio, con grossa delusione di Angelie.
“Si sta spegnendo” rispondo controvoglia. Non ho voglia di nessuno in questo momento, vorrei solamente essere lasciato in pace. Potrei usare la scusa dell'emicrania per farmi una passeggiata in santa pace, ma ho l' ho utilizzata troppo spesso ultimamente. Credo che alcuni di loro si stiano formando cattive impressione su di me. Mi sa che si sono accorti che non sono un combattente, è possibile che mi abbandonino da un momento all'altro. Fanculo! Che tutti vadano a farsi a fottere!

“C'è qualcosa che non va?” mi chiede Judith cauta, intuendo il mio malumore. Devo calmarmi, non devono capire che sto per sclerale o rischio di perderli davvero. La gente non vuole avere a che fare con gente insicura, vuole solo gente trionfante che possa salvarli dai loro demoni interiori.
“No, perché?” chiedo cercando di mostrarmi il più tranquillo possibile. Sta per replicare, ma non ho intenzione che approfondisca il mio stato d'animo, per nulla al mondo “Tu invece? Angelie ti ha guardato male per tutto il tempo prima”
Judith distoglie lo sguardo, come se tentasse di sopprimere emozioni contrastanti. Si guarda poi intorno, come ad assicurarsi che nessuno ci stia ascoltando. “Giuro che ci sto provando, ma non funzioniamo, davvero”

“Forse dovremmo separarci e basta” suggerisco, lasciandola a bocca aperta. L'ho proposto senza pensarci, ma in realtà non è una cattiva idea. È chiaro che qui le cose precipiteranno a breve. Rimaniamo in sedici in fondo, alleanze da cinque non possono durare a lungo. “Andiamocene, solo io e te” propongo a bruciapelo, guardandola direttamente nei suoi occhi azzurri.
Judith si guarda intorno incerta, appare incredibilmente esitante. Non è un buon segno, sapevo che dovevo rimanere con la bocca chiusa. Quanto sono stato stupido a credere che mollasse tutti per me. “Siamo una squadra. Io, te, Adrian, Jasmine, perfino Angelie. Non possiamo separarci”

Alzo gli occhi verso il cielo esasperato. Che cosa pensavo di ottenere? Lei non è mia amica, e mai lo sarà. È qui per sopravvivere, e può farcela attraverso una e una sola strada: uccidere. Non valgo nulla per lei, sono soltanto un poveraccio senza addestramento. Non sono abbastanza forte o coraggioso per poter essere usato, non valgo neppure una briciola di Adrian od Angelie. “Certo, io non ne valgo la pena come alleato, vero?” l'accuso venefico.
“Di cosa stai parlando!?” sbotta in tutta risposta.
“Sono il più debole qua dentro, lo sanno tutti!” le urlo con più foga di quanto desiderassi.
“Non ci provare” replica furiosa “Non usare scaricare la tua frustrazione su di me!”
“Se no?” la provoco dandole una leggera spinta.
Judith mi lancia uno sguardo di sfida e sta per caricarmi, quando Adrian si mette in mezzo “Cosa cazzo sta succedendo?” urla guardando male prima Judith e poi me.
Io e Judith rilassiamo i muscoli, abbandonando l'idea di uno scontro diretto. E così che fanno le cose dunque? Sono veramente così solo? Non posso fidarmi di nessuno, alla prima mi abbandoneranno tutti quanti, rimarrò solo come sempre. Forse dovrei semplicemente andarmene, ma da solo non durerei a lungo. Avverto un dolore famigliare alla testa, perfetto ci mancava solo lui.
“Libero è solo stanco” afferma Judith, guardandomi con commiserazione.
“Io.. io non so cosa sta succedendo a tutti quanti, ma non è questo il modo di comportarsi. Abbiamo tutti la stessa missione: vincere, e ce la faremo solo se staremo uniti” afferma Adrian serio, con delle grosse occhiaie sotto gli occhi. Anche lui è stanco, lo sento. Forse ha ragione Judith, sono solo frustato e spaventato.
“Avresti dovuto farli combattere” si intromette Angelie spavalda “Dalle mie parti si stringono i migliori legami in questo modo” aggiunge guardando con un mezzo sorriso Judith.
“Mi stai sfidando per caso?” replica lei sorridente, come se fosse un gioco. Magari stanno scherzando davvero, non le capisco. Judith è strana quando c'è lei.
Adrian sta per intervenire per l'ennesima volta, quando sentiamo un rumore di stoviglie e di armi cadere per terra, accompagnati da imprecazioni di Jasmine. Strano, non è da lei fare uscite del genere. La raggiungiamo all'istante, e la troviamo a trafficare fra le scorte della cornucopia.
“Che succede?” domanda Judith.
Jasmine scuote la testa affranta “Volevo cucinare qualcosa dato che ormai è ora di pranzo, ma non trovo della roba.
“Quale roba?” domanda Angelie nervosa
“Cibo, borracce, pugnali, medicinali” elenca lei sconsolata “Ci hanno derubato”
“Dovevate fare da guardia!” sbraita Angelie furiosa.
“Siamo stati sempre qui!” mi difendo. Beh, quasi, ho perso tempo a fare passeggiate in solitudine, ma non mi sono mai allontanato più di tanto. Avrei sentito se qualcuno si fosse avvicinato, giusto? A meno che...
“Sentite” ci indica Angelie con gli occhi serrati dall'ira “Spero vivamente che non sia stato uno di voi a far sparire il tutto, o giuro che vi ammazzo”.
“Idiozie, non siamo stati noi!” replico cercando di mostrarmi il più sicuro possibile. Guardo Jasmine, sarà veramente così?

 

 

 

 

Buongiorno! Mi dispiace per il capitolo, non mi soddisfa tantissimo, ed è anche più corto del solito. Un terzo dei tributi è morto, e anche il distretto 12 esce fuori di scena. Nel prossimo capitolo ci sarà un solo morto.

 

Classifica:

24° Elyia Bolton, distretto 7, ucciso da Judith, 2 pov

23° Krinsda Dramir, distretto 4, uccisa da Esther, 2 pov

22° Nickolas Logan, distretto 10, ucciso da Angelie, 2 pov

21° David Conrad, distretto 11, ucciso da Angelie, 3 pov

20° Marissa Mellark, distretto 12, uccisa da Alexys, 2 pov

19° Esther Suzanne Grestan, distretto 7, uccisa da Adrian, 3 pov

18° Dalissa Manique, distretto 9, uccisa dalla trappola di Chester, 4 pov

17° Cassian Nayor, distretto 12, morto per salvare i suoi compagni, 3 pov

 

 

Feriti:

Circa la metà (fame e sete)

Jenny, Liam, Autumn e Richard (affaticati, intossicati dal fumo, affranti)

 

 

 

 

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Capitolo 15
*** Capro espiatorio ***


Giorno 3, pomeriggio

 

Jennifer “Jenny” Astrid Delay, tributo del distretto 8, arena

 

Tossisco ancora, la gola è secca e questa volta non è per colpa della sete. La sento ancora ardere, come se mi trovassi ancora dentro quell'inferno. Eppure sono passate ore da allora, è già pomeriggio inoltrato. Non riesco a credere che sia già trascorso così tanto tempo. Stamattina mi aveva svegliato Dalissa, offrendomi metà della nostra ultima mela come colazione, ed ora non c'è più. Svanita, inghiottita dall'arena per sempre. Questo posto ricorda un mostro spietato delle fiabe, solo che qui non ci sarà alcun principe a salvarci. Nessun alto ragazzo vestito di azzurro che... cazzo! Mi mordo l'interno della guancia, stavo fantasticando di nuovo. Prima durante la nostra fuga stavamo per morire per colpa della mia distrazione. Ero così immersa nei miei pensieri che mi sono accorta all'ultimo che un grosso ramo ci stava per cadere addosso. Per quanto sia bello perdersi di tanto in tanto, non posso più permettermelo. Liam è sotto la mia responsabilità adesso, non posso fare errori così stupidi. Già, Liam...
Mi volto verso di lui, da quando siamo fuggiti non ha aperto bocca. La conosceva meglio di me, si era molto affezionato. Posso solo immaginare cosa gli stia passando per la testa, io non ho mai perso qualcuno di importante. Riesco ad avvertire il suo dolore però, mi basta guardarlo negli occhi. Sembra così... vuoto. Non sembra neppure lo stesso bambino di stamattina.

Mi mancano terribilmente le mie sorelle. Guardando Liam non posso che pensare a loro. Come staranno? Saranno in piazza a guardarmi? Come vorrei essere lì con loro per raccontarle qualche fiaba. Devo ancora finire la storia del leone con i denti a sciabola adesso che ci penso. Voglio rivederle, non voglio fare la fine di Dalissa. Non voglio morire.

Il mio stomaco inizia a brontolare. La fame si sta facendo sempre più prepotente con l'avanzare del tempo. Siamo andati avanti con i frutti e le piante selezionate da Dalissa finora, ma adesso che lei non c'è più come faremo? Io non so nulla di botanica, e neppure Liam. Se mi sforzo posso magari ritrovare quel melo, ma... Aspetta. Possiamo cavarcela osservando i numerosi animali presenti da queste parti. Se loro mangiano una pianta vorrà dire che non è velenosa, no? So che è una strategia azzardata, ma è sempre meglio di niente. Forse con questo metodo potremo trovare anche dell'acqua. Dobbiamo solo muoverci lentamente quando ne troviamo uno, non può essere così difficile.
Direi che dobbiamo andare finché abbiamo ancora delle energie da consumare. Mi avvicino a Liam, rimasto nel frattempo immobile.
“Mi dispiace tanto, ma dobbiamo andare. Ho un piano.” affermo con voce dolce, cercando di essere il più carina possibile.
“No” replica lui senza neppure guardami in faccia. Sospiro. Capisco che è difficile, anche a me manca, ma se ci fermiamo siamo perduti. Dobbiamo andare avanti, per noi, per le nostre famiglie, ma anche per lei.
“Liam” lo richiamo usando un tono fermo che sento non appartenermi “So che sei stanco e triste, ma...”
“Non hai capito” mi interrompe lui, guardandomi con un disprezzo che mi ricorda tantissimo quello di mio padre “Io non vengo da nessuna parte con te”. Indietreggio ferita, non capisco. “L'hai lasciata morire!” aggiunge poi per scoppiare in lacrime. Allungo una mano verso la sua spalla per consolarlo, ma mi respinge via in modo brusco. Come può attribuire a me la sua morte? Abbiamo fatto di tutto per portarla via di lì! L'abbiamo spinta e perfino morsa, ma lei era prigioniera delle sue paure, non c'era verso di farla uscire da quell'incubo. Urlava e tremava, non c'era alcun modo di entrare in contatto con lei. Si era chiusa e non lasciava entrare nessuno. È stato tremendo, non ho mai visto nessuno in quello stato. Non potevamo neppure trascinarla via dato che non avevamo forze a sufficienza.
Lo sa che abbiamo fatto tutto il possibile! Perché mi tratta così? “La verità, mia cara...” mi suggerisce la voce maligna di mio padre dentro la testa “... è che le persone hanno bisogno di un capro espiatore all'interno delle proprie vite. Qualcuno a cui attribuire la colpa del proprio dolore e delle proprie idiozie. Non importa se questa persona è veramente colpevole. Guarda i nostri compaesani. Se sono nella miseria è colpa loro, eppure attribuiscono a me la colpa delle loro disgrazie, anche se sapevano benissimo la natura del prestito che li proponevano. Loro hanno accettato, io non minacciavo nessuno”. Cavolo. Pensavo che la sua fosse solo una scusa per non ammettere le proprie colpe, ma inizio a pensare che non avesse tutti i torti. Se Liam non si fida più di me, forse è meglio lasciarlo andare.
Frena, che cosa sto pensando? Perché ultimamente mi ritrovo così spesso a ragionare come mio padre? È colpa dell'ambiente, senza ombra di dubbio. L'arena sembra l'incarnazione dei suoi insegnamenti cinici e disumani. Il mondo non è fatto così però. Lo so. Ho conosciuto persone meravigliose ed altruiste che aiutavano senza voler nulla in cambio. Ellie e Leonard sono così, e lo era anche Dalissa. Non permetterò che mio padre mi inquini. Voglio continuare ad essere fedele ai miei ideali e dunque non abbandonerò Liam per nulla la mondo!
“Abbiamo fatto il possibile, e tu lo sai” replico, ma a causa della frustrazione finisco per essere più fredda del necessario.
“Non è vero!” urla Liam scattando in piedi “Volevi disfarti di lei perché era un ostacolo per la vittoria! Sei un'assassina, sei soltanto...” Qualcosa scatta dentro di me, e ancora prima di realizzare cosa stavo facendo, gli tiro uno schiaffo. Me ne pento subito, non so neppure perché l'ho fatto. Forse è solo per la stanchezza e la rabbia, non lo so.
Guardo Liam, Ha gli occhi spalancati per la sorpresa “Mi dispiace” dichiaro profondamente dispiaciuta. Liam inizia a piangere più forte di prima e... mi abbraccia, lasciandomi completamente senza parole.
“È morta... è morta” continua a ripetere disperato. Aveva bisogno solo di sfogarsi. Lo stringo forte a me ed inizio a piangere anch'io. Del tempo possiamo anche concedercelo.

 

Autumn “La Rossa” Lewis, tributo del distretto 10, arena

 

Non ho idea di come abbiamo fatta a farcela, sul serio. Là, in quella nube di fumo e calore, ho creduto di non uscirne viva. È stato orrendo, non avevo mai vacillato così tanto in vita mia. Ho sempre avuto le idee chiare su cosa fare: allenarmi, diventare più forte, essere pronta a sconfiggere chiunque. Ho provato un vuoto enorme prima, continuavo a riflettere sulle alternative, ma non riuscivo a vedere altre strade. Quando Cassian ha proposto di sacrificarsi, ho provato sollievo e mi sento uno schifo per questo. Eppure non avevamo alternative, c'eravamo spinti fin troppo oltre le nostre capacità. Mi sento desolata e triste. Vorrei anch'io piangere, ma mi rifiuto di esternare il mio dolore ai suoi assassini.
Se sto così è solo colpa mia però, da quando ho conosciuto quei due ho perso di vista le mie priorità. Solo uno di noi ne esce vivo, e quella persona devo essere io. Ciò significa che Cassian doveva necessariamente morire, e anche Richard lo deve fare prima o poi. Per quanto mi dispiaccia, non esistono altre strade. Questa è solo una collaborazione fra colleghi, non un amicizia fra persone nella stessa barca. Alla fine siamo completamente soli.

Stringo forte il mio collega, sta ancora piangendo come una fontana. Il suo corpo è percorso da continui e profondi singhiozzi. Mi dispiace vederlo in questo stato, è sempre stato dolce e gentile nei nostri confronti, nonostante le sue titubanze iniziali a stare con noi. Mi chiedo di che natura fosse il legame con Cassian dato quel bacio in punto di morte. Una parte di me è estremamente curiosa nel scoprirlo, ma non è il momento di porre domande del genere.
“Richard, lui non ci vorrebbe vedere così” provo a consolarlo. Quella scelta l'ha fatta anche per noi in fondo. Se proprio non poteva tornare a casa, voleva che fosse uno di noi due a farlo.
Richard si stacca da me, rifiutandosi di guardami negli occhi. “Per questo avevo paura di allearmi con voi. Io...” si interrompe a causa di una nuova crisi di pianto.
L'abbraccio nuovamente, permettendogli di sfogarsi. Anche se un giorno torneremo nemici, oggi non è quel giorno “Lo so. È dura per tutti. Ma non ti pentire delle tue azioni, se non fosse stato per te sarebbe già morto il primo giorno. Gli hai regalato altri due giorni di vita e sono sicura che è stato felice di viverli perché ha conosciuto te”
Richard mi fissa intensamente con i suoi intensi occhi azzurri per poi stringersi ancora più forte. Ha smesso di piangere finalmente, ma sento un bambino indifeso fra le mie braccia in questo momento.

“Dobbiamo separarci” afferma all'improvviso staccandosi, lasciandomi completamente spiazzata.
“Ancora? Non ne abbiamo già parlato?” gli faccio notare. Non ha senso la sua proposta, tanto ormai siamo già legati.

Richard sorride amaro e guarda davanti a sé in un punto indecifrato “Odio deludere le persone. Cassian mi ha detto di sopravvivere, mia madre e la mia famiglia si aspettano altrettanto. Se rimango con te non riuscirò a concentrarmi su questo, penserò solo alla possibilità di perderti o a come aiutarti, mettendo me stesso in secondo piano. Non posso permettermelo, troppe persone contano su di me.” Richard sospira scuotendo la testa “So che sto facendo un discorso molto egoista, solo che...”
“No” lo interrompo “Lo capisco benissimo” affermo comprensiva. Sarei un ipocrita se gli dicessi di non averci pensato anch'io “Ma forse è il caso di separarci più avanti, quando saremo in pochi” gli suggerisco.
Il ragazzo annuisce poco convinto “So che hai ragione, ma il mio cuore...” dice afferrandosi la felpa all'altezza del petto “... forse ho solo bisogno di stare da solo a riflettere su quanto effettivamente desidero vivere, e cosa sono disposto a fare per vincere. Voglio fare le cose per bene” conclude.
Rimango senza parole, non so bene come replicare. Lo capisco bene, ha ragione. Forse è meglio così, un alleato distratto e poco motivato non è poi così utile. Potrei provare a fargli cambiare idea, ma non ne vedo il motivo. La vita è sua, troverò un modo di farcela anche da sola. “Quindi vuoi andare?” chiedo per conferma.
Richard annuisce “Se lo vuoi tu” dichiara ambiguo. Sollevo il sopracciglio dubbiosa, quando lui riprende a parlare “Se non siamo alleati, siamo nemici. Se vuoi uccidermi, fallo adesso”. Rimango a bocca aperta, non me l'aspettavo. “Non ora, eh?”
“Non ora “ confermo cupa.
Richard fa un cenno con la testa e poi si allontana, lasciandomi lo zaino. Dice che tanto l'ho raccolto io, e che ha deciso lui di andarsene, dunque non può reclamare diritti sul suo contenuto. Non ho insistito nel dargli qualcosa, quel poco che ho mi è necessario. Forse però vuole semplicemente evitare un litigio che potrebbe sfociare in una lotta.
Rimango seduta per terra mentre si allontana. Aspetto che sia sparito del tutto dalla mia vista prima di alzarmi a mia volta. Prima di allontanarmi però, la mia attenzione viene catturata da un paracadute argentato. Al suo interno trovo del cibo di scatola. Fantastico, ne avevo proprio bisogno. Sotto il barattolo trovo anche un foglio di carta spiegazzato. Lo apro e vedo un disegno familiare: una foglia d'acero disegnata in maniera realistica. I suoi tratti sono leggeri, espressivi ed odorano di casa. So chi me l'ha dedicato e cosa mi sta dicendo: “Resisti, ti sto aspettando. Torna”.

 

Hellen “Helly” Forbes, tributo del distretto 5, arena

 

Tiriamo fuori i topi dalle ceneri, sono ormai cotti. A casa eravamo in tanti, ma non abbiamo mai sofferto così tanto la fame da doverne catturare per sopravvivere. Meno male direi, dato il tempo che abbiamo impiegato per catturarli! Né io, né Bruce eravamo pratici di trappole, e ci siamo dovuti parecchio ingegnare per riuscire a costruirne una. Alla fine però ce l'abbiamo fatta e abbiamo finalmente la possibilità di mettere qualcosa dentro lo stomaco. L'incendio è stata una vera manna, le ceneri che ha lasciato ci stanno permettendo di cucinare. Non ho ricordo dell'ultima volta che ho messo sotto i denti qualcosa di caldo, e quei topi appaiono ai miei occhi sorprendentemente appetitosi. Ho fatto del mio meglio per pulirli, mi auguro che non rischieremo un'intossicazione alimentare o qualcosa del genere.
Addento la mia porzione, è grassa e saporita. Mi aspettavo che sapesse di pollo, mentre invece il sapore non ci si avvicina per nulla. Devo dire che non è affatto male.

Mi volto verso Bruce, sta ancora masticando il primo boccone. Nel suo volto c'è un'espressione di puro disgusto. Lo vedo dal suo naso arricciato che il boccone non gli è piaciuto per nulla.
“Dai, non è così male, mi aspettavo di peggio” cerco di incoraggiarlo.
Bruce inghiotte a fatica “Non ho vomitato perché ho molta fame” mi risponde sottolineando con voga quel “molta”. Suo padre è ricco, sicuramente è abituato a carni molto più pregiate di queste.
“Come sta la gamba?” mi chiede un po' per gentilezza, un po' per pensare ad altro. Mi tocco la coscia, nel punto vicino a dove quel pugnale mi aveva trafitta. Ho pensato davvero di essere spacciata. Ero crollata a terra, il dolore mi aveva annebbiato i sensi. Continuavo a pensare a Mike, e a tutto il resto della famiglia. Avevo paura di non riabbracciare più i miei cari. Se sono viva lo devo solo e solamente a Bruce e all'aiuto dello sponsor. Le bende non funzionano bene come la crema, ma hanno impedito alla ferita di infettarsi e lentamente la sta guarendo. Ancora un paio di giorni e sarò come nuova.
“Meglio, forse non potrò fare grossi sforzi, ma almeno posso di nuovo muovermi” replico mostrandomi ottimista. In fondo per ora ce la siamo cavati bene tramite il nostro ingegno e la mimetizzazione. Il portafortuna di famiglia ha fatto il suo dovere. Mi metto la mano fra i capelli, ma non avverto più la molletta con il girasole. No! No! Mi metto a tastare il terreno alla sua ricerca, ma non trovo nulla. Non posso averla persa, che diamine! Perché perdo tutto? Ma sarà mai possibile? Come posso essere così stupida!
“Hai bisogno di una mano?” mi chiede Bruce incuriosito.
“Ho perso il mio portafortuna” confesso sconsolata “Forse è nei dintorni, mi dai una mano?”Bruce annuisce ed inizia a tastare sotto la cenere. Mi ritrovo per l'ennesima volta a pensare a quanto sono fortunata ad averlo in squadra con me. Non ho mai conosciuto nessuno che fosse così gentile e disponibile. Pensandoci bene neppure Adam ai primi tempi lo era così tanto.

L'improvviso collegamento mi blocca. Perché ho fatto questo paragone? Bruce non ha doppi fini come ce li aveva quel dannato pezzo di merda, lui è gentile solamente perché è nella sua natura. Non prova niente per me, giusto? Scuoto la testa, che idiozia. Eppure non riesco a togliermi di dosso quella sensazione di disagio. Che sia vero? Ora che ci penso, il modo in cui mi guarda... No, non può andarmi dietro, è troppo... stupido e pericoloso! L'arena è un posto di morte, non di certo il posto ideale dove trovare l'amore. Non potrà mai esserci nulla fra di noi, non voglio che soffra. È un bravo ragazzo e io non posso essere la donna della sua vita. Non so se le cose fuori di qua sarebbero andate diversamente, ma è inutile pensarci. La vita tranquilla al distretto 5, senza traumi od incubi, non mi appartiene più, e mai tornerà da me.
“Ho sentito qualcosa, forse l'ho trovata! Aspetta... guarda...”. Il forte rumore di un “clic” arriva direttamente ai nostri cuori. Un'orribile sensazione riempie il mio corpo, dai capelli fino ai piedi. Facciamo in tempo a guardarci che avvertiamo il terreno inclinarsi di scatto. Mi aggrappo alla radice dell'albero accanto a me, mentre sento il vuoto sotto ai miei piedi. Mi volto indietro. Sotto di noi c'è un trappola fatta di lame arrugginite che si muovono in maniera incessante. Hanno già trafitto l'unico topo che non avevamo ancora toccato, le nostre scorte, tutto, non abbiamo più niente. Bruce è ancora vivo, ma parecchi metri più in basso di me, vicinissimo alle lame. Si è aggrappato ad un masso, il suo volto è paonazzo dallo sforzo che sta compiendo.

“Bruce!” urlo a perdifiato. Allungo la mano verso di lui per afferrarlo, ma è troppo lontano. Sento l'altra mano scivolare via dalla radice.
Il mio compagno è sempre più in maggiore difficoltà, sta per cadere. Lotta con tutte le forze, lo vedo, ma... “Bruce!” urlo nuovamente, ancora più forte. Non mi importa se qualcuno può sentirci. Mi allungo di nuovo, ma non posso far più di così, non qui almeno. Devo trovare una corda. “Resistiti, ti tiro fuori di lì!” Non aspetto la sua replica, allungo la gamba verso il bordo, ma avverto una forte fitta. La ferita deve essersi riaperta. Stringo i denti ed ignoro il dolore. Mi allungo nuovamente ed esco fuori.
“Hellen!” grida.
“Resisti! Ti tiro fuori di lì!” rispondo affacciandomi sul buco. Il suo volto però... è quello del terrore più puro.
“Mi dispiace” borbotta lui fra le lacrime. Lo vedo scivolare verso il basso, il suo corpo trafitto, il suo sangue schizzare ovunque, le sue urla inumane, o le mie.

 

Achille “Paladino” Edipo, tributo del distretto 2, arena

 

Continuo a sfogliare il libro che mi hanno mandato il sponsors, ma non riesco a capire. Perché me l'hanno inviato? È una versione intera dell'Iliade che non si limita a narrare solamente i fatti dell'opera originale, ma anche le parti avvenute prima e dopo. È un opera che conosco a memoria, che senso ha inviarmela? Forse per infondermi coraggio e determinazione? Oppure c'è un messaggio dietro che non riesco a captare? La pagina dove muore il mio omonimo è evidenziata, sicuramente la chiave sta lì. Forse vogliono semplicemente dirmi di stare attento, di nascondere bene i miei punti deboli.
“Ancora con quel libro?” mi chiede Alexys annoiata “Possiamo procedere con il nostro cammino?” aggiunge poi. Annuisco, ha ragione. Non abbiamo combinato praticamente nulla in questi giorni. Non abbiamo trovato né fonti d'acqua, né l'assassino di Marissa, ci siamo limitati a finire le poche scorte che avevamo. Almeno ci hanno inviato un po' d'acqua un paio di ore fa, ma non durerà in eterno. Dobbiamo diventare autonomi o moriremo disidratati.

“Che idiozia sprecare soldi per inviarti un libro. Non abbiamo di certo bisogno di acculturarci” sbotta in seguito prima di chiudersi nuovamente nel suo tipico silenzio. All'inizio mi piaceva come cosa, ma ora inizio a sentire la nostalgia del caos cittadino. Che strana la vita, eh? Mi mancano perfino le chiacchiere superficiali di Marissa, qualsiasi suono che mi tenga la mente occupata. Il silenzio è buio, fa paura, suggerisce pensieri maligni; mi sembra di scorgere il mondo interiore della mia alleata in questi momenti. Nessuno vuole stare troppo a lungo solo con se stesso. Mi sto sforzando di pensare al mio distretto, alla mia famiglia e ai miei ideali. Credo che solo loro mi stiano aiutando a non impazzire. Non sono neppure più così certo della vittoria, ma non voglio arrendermi, non prima di aver compiuto la mia missione. Ho fatto un giuramento sul sangue di un'amica, e ho tutte le intenzione di mantenere la mia parola. Non permetterò a quello sporco assassino senza gloria di tornare a casa, per nulla al mondo.

Un chiacchiericcio cattura la mia attenzione. Faccio cenno ad Alexys di non muoversi e tendo l'orecchio. Sono due voci maschili, non le riconosco. Chissà, magari uno dei due è quell'infame.
Faccio cenno alla mia alleata di arrampicarsi su un albero per mettersi al sicuro e lei esegue senza fiatare. Non voglio che sia coinvolta nello scontro, non sa combattere. Ma anche se fosse, che uomo sarei se la mandassi avanti al mio posto? Le cose non funzionano in questo modo. Il vero guerriero ha sempre il dovere di proteggere i più indifesi, anche se oscuri come lei.

Mi dirigo verso le voci e trovo due ragazzini più piccoli di me, uno con il sei stampato sulla felpa, l'altro ha un tre. Il mio bersaglio finalmente. Nel vedere quel finto volto d'angelo, mi ritorna alla mente quello pallido e senza vita di Marissa, il suono della sua risata e quello del suo pianto. Non era una santa, ma non meritava una fine così barbara. Lui l'ha uccisa come se nulla fosse, senza alcuna pietà. Lei l'avrà sicuramente supplicato, ma è stato sordo alle sue richieste. Chester è un mostro, dentro è vuoto, non ha nulla. Né l'orgoglio, né la compassione. Esseri del genere devono solo morire.
I due tributi mi guardano spaventati, sanno perché sono qui. “Chester!” urlo in preda alla rabbia “Preparati a pagare per la morte di Marissa!”.
Nel suo volto appare una finta espressione di stupore che passa subito il posto alla paura, quando si accorge che lo sto caricando. I due tentano di scappare, sottostimando sicuramente le mie abilità. Credono davvero di farcela? Non esiste.
Lo raggiungo entro un paio di secondi, e mi getto sopra di lui come una belva, facendolo crollare a terra. Sento che si agita come un pesce nel tentativo di liberarsi, ma lo tengo stretto, non gli offrirò di certo la possibilità di andarsene. È ora che questo stronzo capisca che le proprie azioni hanno sempre delle conseguenze, che dobbiamo pagare per i peccati che commettiamo.
Lo giro bruscamente dall'altra parte e lo colpisco in pieno volto una, due, tre volte, finché il suo volto non diventa un gonfio grumo di sangue con il naso deviato. Sto per colpirlo di nuovo, quando avverto qualcuno muoversi dietro di me. Mi giro di scatto e paro il colpo del suo alleato, armato di punteruolo. Ivar rabbrividisce nella consapevolezza del suo fallimento, e cerca di indietreggiare, ma ho il suo polso ancora in pugno. Lo disarmo, e in seguito lo colpisco così forte da farlo cadere per terra.
“Ammiro la lealtà” ammetto senza problemi “Ma stai cercando di difendere un assassino” gli faccio notare. Non ho veramente nulla contro di lui, peccato che si sia scelto l'alleato sbagliato.
“Tutti sono assassini qua dentro” replica lui con un ghigno fastidiosissimo mentre si gratta un grosso pizzico sulla guancia. Lo colpisco con un calcio dritto allo stomaco, facendolo piegare in due.
“Non... ho... ucciso... Marissa” bisbiglia a fatica una voce dietro di me. Ma come, non è ancora morto? Già, giusto, non ha tuonato alcun cannone.
“Sei un bugiardo, ho dei testimoni” sobillo furioso. Perché non confessare? A che serve mentire? Faccio un passo in avanti con l'intenzione di terminarlo, quando una mano mi afferra la caviglia.
“Non è stato lui!” afferma con decisione Ivar. Lo guardo negli occhi, sono piene di lacrime. Non può mentirmi, non con occhi così sinceri.
“Il tuo testimone... ha mentito” dichiara Chester sputando per terra un paio di denti “Non l'ho uccisa io” aggiunge prima di svenire. Mi guardo intorno confuso. Cosa sta succedendo? Possibile che abbiano ragione? Come può un ragazzo così leale e protettivo scegliersi un compagno meschino e senza cuore? C'è qualcosa che non torna. Se non sono stati loro, allora chi è stato? Perché Alexys mi avrebbe mentito? A meno che... La consapevolezza mi colpisce direttamente allo stomaco, generandomi un forte senso di nausea. Non è possibile! Ora capisco l'indizio degli sponsors! Volevano dirmi di guardarmi alle spalle! Che Alexys è l'assassina! No... non è possibile!
Torno indietro, grido il nome di Alexys, ma nessuno mi risponde. Dov'è? Dov'è!? Ho bisogno che smentisca la cosa!
“Alexys! Alexys!” ma nessuno risponde. È scappata. Allora avevano ragione. Ho sbagliato. Ho fallito. Cosa mi rimane ora? Dovevo proteggere Marissa mentre invece sono stato la causa principale della sua morte. Mi sono disonorato, che cosa mi resta?

Mi guardo la mano. Non c'è tempo per disperarsi, ho ancora un giuramento a cui tenere fede.

 

Jasmine Thompson, tributo del distretto 3, arena

 

Sta procedendo tutto secondo i piani, eppure sento una sensazione di soffocante ansia dentro di me. Devo essere veramente stanca per sentirmi così. Questa angoscia è primitiva quanto sbagliata: vale la pena sacrificare la regina se ti permette di vincere la partita. Sto rischiando grosso, ma sono certa che i miei piani daranno i suoi frutti. Questa alleanza si è rilevata fragile come mi aspettavo, basta una semplice spinta per farla crollare. Judith ed Angelie sono agli antipodi, e la loro rivalità farà esplodere l'intera struttura. Occorre solo una singola goccia per far traboccare il vaso, e chi meglio di un ragazzo proveniente dal distretto 4, quello del mare, può svolgere tale incarico?
Il furto che hanno compiuto Chester e Ivar ha gettato un'atmosfera di paranoia nella cornucopia. Libero è il maggiore sospettato. Il suo carattere problematico non l'aiuta di certo a scagionarsi. Nessuno può sospettare di me, come possono farlo? Io sono la ragazza indifesa senza addestramento, la secchiona della matematica, quella con mille scadenze lavorative e che non può deludere nessuno. Sono sicura che vengo considerata da tutti loro come un'estranea non provenendo da nessuno dei distretti ricchi. Sono fuori, come sempre. Non che me ne lamenti però. Non sono alla mia altezza, nessuno lo è.


Mi guardo intorno: Angelie sta verificando di persona che cosa ci hanno portato via, mentre Judith ed Adrian stanno accendendo il fuoco per stasera. Libero mi sta venendo incontro, ha quella espressione tipica di quando sta male: occhi stretti, vena della tempia leggermente gonfia. Soffre di emicrania anche se non ce lo vuole dire, ormai è chiaro.
“Posso parlarti?” mi chiede sedendosi vicino a me. Acconsento, ma dentro di me sento un cattivo presagio. Sono certa che non sarà una chiacchierata spensierata, ma anzi, probabilmente sarà sul furto avvenuto. Che sospetti qualcosa? “Senti... tu sei rimasta tutto il tempo a badare alle provviste?” Trattengo a stento un sospiro. Esattamente come mi immaginavo. Meglio attenersi a ciò che ho già raccontato a tutti gli altri.
“No, mi dispiace. Mi stavo annoiando e ho fatto una passeggiata, come te” sottolineo l'ultima parte, sperando che alimentando i suoi sensi di colpa non vada oltre.
Libero incrocia le braccia scettico, temo proprio che non demorderà facilmente “Non mi sono allontanato troppo, eppure non ho sentito arrivare nessuno”
“Sarà stato silenzioso. So che il ragazzo del sei era un un ladro nel suo distretto” alludo dicendo così una mezza verità. Inizio a sentirmi a disagio.
“Non deve essere così bravo per essere qui” fa notare Libero. Cavolo, è un osso duro! Che vada dritto al punto invece di tergiversare.
“Hai qualche teoria in merito?” lo incoraggio sperando di liberarmi di lui il prima possibile.
“Sì” fa una pausa, come se volesse soppesare le tue parole “Penso che sia stata tu”
Scoppio a ridere isterica“Che idiozia, dove vado senza questa alleanza?” gli faccio notare.
“Per anni ho mentito” accenna all'improvviso “I miei nonni sono persone severe, se volevo un po' di libertà avevo solo una strada per percorrere. Riconosco le bugie a miglie di distanza” aggiunge mostrandomi un sorrisetto da furbetto. Che testa di merda, si sta divertendo a mettermi in difficoltà? Devo trovare un'altra strategia.
“E anche fosse, farai la spia?” affermo provocatoria, cercando di mostrarmi fredda come il ghiaccio. Deve capire che fra me e lui c'è un abisso invalicabile.
Libero fa spallucce, rialzandosi da per terra “Come preferisci, ma sappi che sono disposto a venire via con te”. Povero idiota, come se potessi prendere davvero in considerazione una proposta del genere. Cosa ha da offrirmi? Niente. Ho bisogno di gente che mi aiuti a sopravvivere, e Libero non rientra assolutamente in questo profilo. Non capisce? Qua dentro è o uccidi o vieni ucciso, non ci sono spazi per terzi vie. Devi aggrapparti a tutti i tuoi pedoni se vuoi avere qualche speranza di vittoria. Se giochi male le tue carte, se scommetti sul cavallo sbagliato... beh....
Annuisco in maniera impercettibile, più per farlo stare zitto che per altro. Libero mi guarda torvo per poi lasciarmi nuovamente in pace. Si vede che non è soddisfatto, che continua a pensare a ciò che è successo. Temo che possa scoprire la verità se trovasse altri indizi e non posso permettermelo. È ora di agire, non ha senso rimandare.

Mi alzo in piedi e mi dirigo dentro la cornucopia dove Angelie sta ancora trafficando.
“Cazzo, cazzo, cazzo!” sbotta lei dando un calcio ad una delle scatole contenente le nostre provviste d'acqua. Do un colpo di tosse per richiamare la sua attenzione. La rossa si gira all'istante “Non è il momento giusto per rompere le palle, gira alla larga Thompson”.
Ignoro la sua minaccia e mi appoggio alla parete argentata “Penso di sapere chi è stato, e sono convinta che anche tu ci sia arrivata”.
Angelie si ferma di scatto e va un lungo respiro nel tentativo di recuperare quel minimo di calma che è necessaria per effettuare una conversazione civile. “Libero, vero? Quel piccolo bastardo mi ha sempre dato sui nervi, ma non abbiamo prove concrete. Per quanto ne sappia potresti essere stata tu” afferma guardandomi dritta negli occhi.
Inclino la testa leggermente a destra, come per darle ragione “È vero, ma non avrebbe senso se ci pensi. Ho offerto le mie abilità in cambio di protezione, fuori di qui non ce la potrei mai fare da sola: non so cacciare, né conosco le tecniche base di sopravvivenza. Ho solo il mio cervello a mia disposizione. Vi sono molto grata perché sono certa che da sola sarei morta il primo giorno, forse addirittura al bagno di sangue. So di non mostrare i miei sentimenti in maniera aperta, ma penso che tu mi capisca”. Come pensavo l'ultima frase sembra colpire la mia alleata. Magnifico, ora ho un punto di contatto “Sai come funziona, sei una donna come me. Vieni automaticamente classificata come più debole solo a causa di un cromosoma diverso. Devi lottare più dei maschi per affermarti, una sola lacrime ti retrocederebbe a donzella in preda ai proprio ormoni”. Mi avvicino a lei sinuosa come un serpente, ormai è mia “So che sei forte, credo che tu sia la leader naturale di questo gruppo, non Judith. Abbiamo bisogno della tua forza, della tua tenacia e del tuo intuito. Dentro di te sai già la verità”.
Angelie rimane in silenzio, incantata dalle mie parole, per poi scuotersi bruscamente “Non ho mai apprezzato i leccaculi, Jasmine”
Però, l'ho sottovalutata “Non era assolutamente mia intenzione, volevo esprimerti un parere”. La lascio, ma so di aver gettato dentro di lei il seme del dubbio.

 

 

 

 

 

 

Avrei potuto aggiornare prima, ma ho scoperto Undertale e il mio cervello si è fissato un po' per quel gioco. Scusate, ma chi lo conosce mi capirà benissimo.

Piccola confessione: Bruce non doveva morire in questo capitolo, ma... sapete scrivendo... Il capitolo ha messo in brutte situazioni parecchi tributi, e nel prossimo capitolo ne vedremo le conseguenze. Ci saranno due morti signori!

Inoltre ho in mente una nuova interattiva, ma aspetterò di essere alla fine di questa prima di scriverla.

Alla prossima (Forse Giovedì)!

 

Morti:

16° Bruce McRon, distretto 5, ucciso da una trappola dell'arena, 3 pov

 

Feriti:

Hellen (riaperta la ferita alla gamba)

Chester (naso rotto, ferito al volto, stordito)

Ivar (ferito al volto)

 

 

Vi ricordo anche le alleanze:

I TOPINI: Liam, Jennifer

I FAVORITI: Angie, Judith, Adrian, Libero, Jasmine

I RIBELLI: Chester e Ivar

 

Soli: Cat, Hellen, Alexys, Achille, Richard, Autumn

 

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Capitolo 16
*** Demolizione ***


Giorno 4, mattina

 

Angelie Asimar, tributo del distretto 2, arena

 

Continuo a non capire.

Mi rigiro nel mio scomodissimo sacco a pelo, senza trovare un attimo di pace. Qualcuno ci ha derubati, facendoci passare agli occhi dell'intera nazione come un branco di idioti. Non riesco a tollerare una cosa del genere, mi manda letteralmente in bestia. È un insulto al mio orgoglio, agli anni di studio e di pratica che ho speso per essere qui, al massimo della mia forma. Mi rifiuto di pensare che ho fatto tutti quei sacrifici per nulla. Fin da bambina sognavo di essere una guerriera ammirata da tutti, una vincitrice che aiutava gli altri a realizzare i propri sogni di gloria. Qualcuno sta rovinando la mia immagine facendomi passare per scema e la cosa è rivoltante.
Chi può essere stato? Qualcuno di esterno che si è approfittato di quei due idioti, oppure uno di noi, come suggeriva Jasmine? Quel discorso pietoso era per convincermi della sua innocenza, ma tutto sommato non ho motivi per sospettare di lei. Tradirci, soprattutto in questa fase dei giochi, è una mossa troppo azzardata da compiere, sopratutto per una come lei.
Libero...Libero... che sia veramente lui il responsabile? Ho sempre pensato che fosse l'anello debole del gruppo, ma da qui a tradirci... Sono confusa, non ho prove nonostante abbia setacciato la cornucopia palmo a palmo. Mi hanno insegnato che è si innocenti fino a prova contraria, ma l'arena non è come il resto del mondo. È una dimensione dove vice la legge del più forte, dove tutti i deboli sono destinati a soccombere. È un posto dove la pietà e la compassione non esistono, dove regnano invece la crudeltà, l'egoismo e l'individualismo. Vale la pena farsi tanti scrupoli morali in un posto del genere? Libero morirebbe in ogni caso, ed è comunque colpevole di non aver difeso le nostre scorte. È in ogni caso un traditore, e in quanto tale deve morire. Neppure Jasmine è una santa, ma almeno le sue accuse sono meno pesanti. Ormai è chiaro, è ora di buttare l'immondizia. In fondo stiamo scendendo di numero, questa alleanza è troppo numerosa e soffocante.

Mi guardo intorno, ma il sacco a pelo di Libero è vuoto. Mi volto verso Adrian, sveglio a causa del suo turno di guardia.
“Dov'è il principino?” gli chiedo.

“Alla cornucopia per cercare qualcosa per colazione”. Perfetto, avrò tutta la privacy che desideravo. Esco fuori dal sacco a pelo e prendo in mano l'ascia, la mia nuova arma, quella che ho sgraffignato ad Esther dopo che è stata uccisa. “Cosa vuoi fare con quella?” mi domanda Adrian allarmato.
“Niente di che” rispondo vaga mentre striscio delicatamente il dito sulla lama affilata dell'arma “È un'arena, i pericoli sono dietro l'angolo, non voglio farmi trovare impreparata”.
Adrian fa cenno di sì con la testa, ma nei suoi occhi vi leggo l'apprensione. “Non fare idiozie” mi consiglia inutilmente.
Non lo degno di alcuna risposta, mi limito ad avviarmi in silenzio alla cornucopia, reggendo l'ascia con entrambe le mani. Da quanto tempo non uccido nessuno? Un'eternità. L'ultimo è stato David, ed eravamo ancora nel bagno di sangue. Mi manca quella scarica di adrenalina che ho provato allora. Devo proprio dirlo... uccidere mi piace da impazzire. Mi fa sentire viva come nient altro al mondo. Neppure il sesso è così eccitante.

Entro all'interno della struttura dove trovo Libero riordinare le scorte alimentari. Accanto a sé ha cinque barattoli di fagioli in scatola, la nostra colazione. Per un momento mi blocco, il gesto premuroso mi fa tentennare. Scuoto la testa. Idiozie, non è mica mio amico. Sta solo cercando di ingraziarsi.
Libero si volta, e vedendomi armata, scatta in piedi in maniera turbolenta, rovesciando la scatola dei medicinali. Qualcuno qui ha la coda di paglia... forse Jasmine aveva davvero ragione.

“Come mai questo scatto? Scrupoli di coscienza?” gli domando retorica con il solo scopo di divertirmi un po'. Bastardo, vigliacco, ladro, traditore. Ora so che sei veramente tu il responsabile. Cosa credevi di fare? Davvero pensavi che fossimo così tanto idioti? Tradire noi? I favoriti? Ti deve mancare sicuramente qualche rotella.
Stringo con forza l'arma, mentre Libero afferra un pugnale dalla forma elegante. Me lo punta addosso mostrandomi un falso sorriso di sfida. Patetico, crede davvero di riuscire a camuffare la sua paura? La sua fronte è permeata di sudore.
“Stammi alla larga, o sarò costretto a farti del male” mi minaccia mentre il suo braccio trema in maniera quasi impercettibile. Mi viene da ridere, non so dove trovo la forza per non scoppiare a farlo.
“Meno male che sostenevi di essere innocente” gli faccio notare mentre avanzo lentamente di un passo. Libero indietreggia come avevo previsto, urlando al mondo tutta la sua insicurezza circa lo scontro che sta per avvenire.
“Io sono innocente! È stata Jasmine!” ribadisce con forza, quasi con rabbia. Dannato scaricabarile. Sii uomo e prenditi le tue responsabilità.
“Strana reazione per un innocente” replico sorridendo minacciosa.
“Reazione più che normale quando una pazza psicopatica sanguinaria ti si avvicina armata. Non mi sono mai fidato di te. Vorrei farti ragionare, ma temo che sarebbe inutile, tu hai già deciso, non è vero?”. Sospiro annoiata. Basta, questo dialogo è andato fin troppo oltre. Non ho più voglia né di ascoltare le sue patetiche scuse, né di farmi insultare. È ora di finirla.
Alzo l'ascia e mi avvicino a lui a passo svelto. Libero diventa completamente pallido, ed inizia a guardarsi intorno in cerca di qualcosa che possa aiutarlo.
“Aiuto!” grida poco prima di schivare il mio colpo. Non male, non credevo che fosse così agile. Non gli permetterò una seconda possibilità di fuga però.
“Aiuto! Judith!” Grida di nuovo, ma la sua distrazione gli è fatale. Lo colpisco al basso ventre, provocandogli un profondo taglio. Intravedo le sue budella rosse e viscide fuoriuscire dalla ferita. Libero se le tocca incredulo, poi mi guarda con orrore, per poi volgere un ultimo disperato sguardo alla sua sinistra.
Crolla per terra senza il benché minimo lamento, un buon modo per rimediare a quella figura di merda che ha fatto poco prima. Chi credeva forse di impietosire? Era solo un patetico bugiardo che si fingeva più forte di quello che era. Il pensiero di averlo smascherato agli occhi del mondo mi riempie di gioia più dell'uccisione stessa.
Mi volto a destra, nel punto in cui guardava il ragazzo prima di morire, e vi intravedo una Judith con la bocca spalancata, completamente priva di parole.

 

Judith “Jude” Wilson, tributo del distretto 1, arena

 

La mia mente è squarciata da una grande e sola domanda: avrei potuto prevenirlo?
Adrian mi aveva svegliata dicendomi che c'era qualcosa che non andava, ma Jasmine ci aveva tranquillizzati, affermando che Angelie non avrebbe mai fatto nulla di così sciocco, in quanto ci teneva davvero a questa alleanza. Poi le urla, la richiesta d'aiuto, la corsa... se solo fossi stata più veloce, se solo mi fossi fidata del mio istinto fin dall'inizio. Ho voluto credere in lei, sperando che la sua crudeltà non si rivolgesse mai verso di noi, se non verso la fine, e invece...

Guardo il corpo esanime di Libero, non sembra più neppure il suo. Me lo ricordo come un ragazzo attraente, cocciuto e sensibile, ma quello che vedo è solo un fantoccio pallido, sporco, raggelato per sempre in un'espressione di terrore. Se avessi accettato la sua richiesta ieri, oggi sarebbe ancora vivo. È colpa mia, non gli ho dato ascolto, ed ora è morto.
Guardo Angelie, sta sorridendo. Ha ucciso un ragazzo innocente, che aveva tutta la vita davanti a sé, e lo trova divertente. Maledetta bastarda. Come si può essere così insensibili?
Non le do il tempo per giustificarsi o per implorare perdono. Prendo la prima arma sottomano, una semplice spada, e la carico. Angelie para il colpo con l'ascia ancora sporca di sangue, nel suo volto c'è un'espressione di gioia.
“Sapevo che un giorno saremo giunte a questo!” esclama mentre mi carica contro un fendente. Paro il suo attacco, e faccio resistenza con tutta le mie forze. Non mi farò sconfiggere da lei, per nulla al mondo.
Indietreggiamo e tentiamo di colpirci nuovamente, ma le nostre armi collidono l'una sull'altra.

Adrian fa capolino nella cornucopia insieme a Jasmine la quale studia la situazione con estremo interesse.
“Ferme, cazzo!” ci urla addosso nell'assurdo tentativo di fermarci. Nessuna delle due però lo ascolta. Non possiamo più tornare indietro ormai, è impossibile. Ogni forma di fiducia è stata infranta, non potremmo mai e poi tornare ad essere una squadra. Non posso essere alleata di chi non è in grado di rispettare la vita. Forse era solo questione di tempo, forse era destino che finisse così. Poco importa ormai, che nessuno osi mettersi in mezzo alla nostra danza.
Le nostre abilità sono alla pari, non riusciamo a prevaricare sull'altra. Vincerà a questo punto chi avrà più resistenza. Che si faccia sotto, sono pronta a tutto.
All'ennesima parata, Angelie inizia a giocare sporco dandomi un calcio sulle cosce. Indietreggio all'ultimo, ma è lo stesso riuscita a colpirmi. Stringo i denti cercando di ignorare il dolore. Dove trovare il suo punto debole.. quale sarà?
“Preparati a morire” sibilla Angelie mentre recupera fiato. Sogghigno, come se una cosa del genere fosse possibile. Sto per passare nuovamente nuovamente all'attacco, quando l'attenzione di tutti viene catturata da un rumore sinistro. Sia io che la mia avversaria ci guardiamo intorno allarmate, senza abbassare per questo le armi. Nessuna delle due è così stupida.
“Cosa. Cazzo. È. Quello!” Sbraita Adrian indicando un essere che si sta avvicinando pericolosamente. È enorme, due o forse tre metri, nero, con tante disgustose e pelose zampe, e con otto terrificanti occhi rossi. Non ho mai visto un ragno così grosso in tutta la mia vita. Nel solo vederlo mi sale una terribile nausea. Lo vediamo piegare leggermente la testa all'indietro, prima di gettarci addosso una strana sostanza trasparente.
“Toglietevi!” urlo a tutti. La sostanza si dirige verso Angelie, che non riesce ad evitarla del tutto. Il liquido l'ha toccata alla spalla sinistra, investendo anche le scorte alimentari che erano dietro di lei. Al contatto con la felpa e con il metallo delle lattine, la sostanza fa reazione, ed inizia ad erodere tutto. Angelie urla per il dolore mentre la sostanza (che ha distrutto parte dei suoi vestiti) va a corrodere la sua pelle. Sulla sua spalla si formano grosse e maleodoranti bolle rosse.
Faccio uno sguardo d'intesa ad Adrian, che prende immediatamente uno dei suoi coltelli da lancio e mira agli occhi dell'ibrido. Con la coda dell'occhio intravedo Jasmine mettersi al sicuro, ma anche Angelie scappa via, rendendosi conto che il nostro duello non può continuare. Non importa, ci reincontremo prima o poi. Non mi sfugge.
Non è il caso di distrarsi però. Mi avvicino di scatto alla bestia mentre Adrian riesce a beccarlo dritto ad uno degli occhi. L'ibrido emette un verso gutturale di dolore, e ne approfitto per colpirlo due o tre volte al petto. L'essere apre la bocca pronto a caricare un nuovo colpo, ma Adrian lo coglie di sorpresa piantandoli un coltello dentro la bocca. Il ragno indietreggia, esponendo le sue parti più delicate. Ne approfitto immediatamente per piantargli la spada nel cuore.
L'ibrido crolla a terra, e per poco non mi investe con il suo peso. Mi siedo a terra cercando di recuperare fiato, è stata veramente dura. Mi volto verso Adrian con il pollice alzato, in segno di vittoria, ma nel suo volto c'è solo preoccupazione. Guardo la cornucopia e capisco: nell'attacco abbiamo perso quasi tutte le nostre scorte alimentari.

 

Chester Colin Herstone, tributo del distretto 3, arena

 

La prima cosa che avverto è il dolore. È intenso, arrogante, spietato. È al centro del mio volto principalmente, ma lo avverto anche altrove. Mi sento come se fossi stato messo sotto da un'automobile.
Provo ad alzarmi, ma vengo preso dalle vertigini e sono costretto a rimettermi giù. Faccio fatica a respirare dal naso, sono costretto a tenere aperta la bocca tutto il tempo. Mi tasto i denti con la lingua: me ne mancano due. Quello stronzo mi ha veramente fatto a pezzi.

Dove sono? Sono circondato da erba alta, vedo parecchi insetti volarmi intorno, ma nessuno si posa su di me, come se avessi una barriera invisibile a proteggermi. Il cielo è rosa, ed intravedo il sole digitale sorgere da est. È già mattino? Per quanto tempo ho perso i sensi?
Mi tasto il volto, ho addosso parecchie strisce di un tessuto ruvido. Non solo sono stato graziato, ma qualcuno si è anche preso cura di me mentre stavo male. Sono decisamente sorpreso, soprattutto per Achille, che mi ha lasciato andare. Anche se ha capito che ero innocente, avrebbe potuto benissimo uccidermi lo stesso, non ero nelle condizioni di difendermi. Perché mi ha lasciato vivere? Non sono solo un numero per lui? Che sciocco, si è perso un'occasione d'oro.
Aspetta.. non mi ha risparmiato, ci ha risparmiati. Io ho un alleato, è vero? Dov'è? Ivar? Mi guardo intorno, ma non lo vedo da nessuna parte. Che mi abbia abbandonato? Impossibile, non avrebbe avuto senso salvarmi ieri pomeriggio. So che con gli avversari sa dimostrarsi piuttosto spietato, basti pensare alla sua esultanza quando ha scoperto che la nostra bomba aveva ucciso due tributi, ma con me si è sempre mostrato estremamente leale. Non può avermi lasciato qui da solo, ferito e stordito.
Forse siamo arrivati vicino alla palude ed è andato a prendere un po' d'acqua, dato che finalmente abbiamo una borraccia. Devo solo aspettare.
Chiudo gli occhi e finisco nuovamente per addormentarmi. Sono consapevole che questo non è il posto ideale dove riposare, ma sono troppo cotto, non mi importa di nulla in questo momento.

Quando li riapro il sole ha finito la sua scalata, non ci sono traccie di rosa nel cielo.
“Ivar?” provo a chiamarlo, ma nessuno mi risponde. “Ivar?” ripeto con un tono di voce più alto. Nulla, solo silenzio. Inizio ad essere preoccupato. Non vorrei che gli fosse accaduto qualcosa. È vero che non ho sentito alcun cannone, ma è anche vero che ero troppo rincoglionito per accorgermene. Spero che non sia successo niente, è una delle poche persone che salverei da un'estinzione di massa.
Mi alzo in piedi a fatica, la testa mi gira come una trottola, le mie gambe sono deboli, ed avverto il volto gonfio come una mongolfiera. Devo essere un cazzo di spettacolo. Mi ritrovo a sorridere: grazie al cielo Achille ha conciato me in questo modo, o Ivar starebbe di certo ancora piagnucolando per la sua bellezza perduta.
Mi muovo cautamente, stando attento a non cadere, ed ascoltando i rumori intorno a me. Mi guardo intorno sperando di vedere Ivar da un momento all'altro. Dobbiamo davvero essere vicino alla palude, perché gli insetti sono numerosi quanto fastidiosi. Grazie al cielo il mio alleato ha avuto il buon senso di mettermi il repellente addosso prima di andarsene. Non c'era alcun zaino intorno a me quando mi sono svegliato, e ciò mi fa presupporre che gli abbia entrambi lui. Avrà pensato che che se mi avessero trovato prima del suo ritorno, almeno non gli avrebbero portato via tutto. Che stronzo, ma ammetto che anch'io lo avrei fatto.
Mi chiedo quanto dovrò camminare ancora, quest'arena avrà pur dei confini da qualche parte. Chissà da quale tipo di sistema sono protetti. Mi domando se qualcuno abbia mai provato a manometterli per fuggire, ma sono sicuro che se sia successo, quel qualcuno è sottoterra da un bel pezzo. Gli strateghi fulminerebbe all'istante chiunque tenterebbe un'operazione del genere, ne sono certo. Magari è il sistema stesso ad auto-difendersi in caso avvertisse un attacco. Se Nick fosse con me cercherebbe di sicuro di convincermi a studiarlo per trovare un vantaggio. Ivar non sarebbe d'accordo, non è così paziente da aspettare che io... Ivar!

Finalmente lo ritrovo. È sdraiato per terra, con il volto rivolto verso il basso. Mi dirigo immediatamente da lui, ignorando le difficoltà nel movimento.
Mi avvicino, noto che è cosciente, anche se sofferente. Stringe gli occhi e si lamenta continuamente, il suo corpo è percorso da brividi di freddo nonostante la giornata sia calda.

“Ivar? Mi senti?” gli domando. Lui fa un debole cenno di sì con la testa.
“Sto male” afferma a fatica. Gli tocco la fronte, è letteralmente bollente. Ha la febbre, e deve essere altissima. Quando è successo? Ieri stava bene! Merda, e adesso? Non sono un guaritore, non so cosa devo fare! Ammalarsi è una disgrazia, ma qua dentro è una condanna a morte.
“Come ti senti?” chiedo ansioso.
Ivar cerca di sollevare il braccio, ma ci rinuncia all'istante. “Ho un mal di testa tremendo, sento di dover vomitare, e mi fa male anche tutto il resto del corpo” accenna vago. Fantastico, questo sì che mi aiuta a capire come aiutarlo! Cosa può essere successo? Pensiamo, abbiamo mangiato solo scorte della cornucopia o dello zaino, dunque non può essere qualcosa preso a causa di cibo od acqua infetta. Può aver semplicemente preso qualcosa respirando, forse in tutta l'arena c'è un'epidemia e io non sono stato ancora conteggiato per miracolo. Aspetta? Non è che la sua malattia è contagiosa? Non posso di certo abbandonarlo anche se fosse, non dopo quello che ha fatto per me.
Continuo ad esaminarlo per scoprire qualcosa di più sulla sua malattia, quando mi accorgo del grosso pizzico sulla guancia. Chi sia stata una di quelle troie a ridurlo in questo stato? Sapevo che la palude avrebbe portato solo guai.
Lo aiuto ad alzarsi e lo porto in un posto più riparato, dove qualcuno difficilmente possa trovarci. L'unica cosa che posso fare è prendere l'acqua dalla palude, depurarla, e fargliela bere per contrastare la sua perdita di liquidi. Grazie al cielo alla cornucopia abbiamo preso anche degli antipiretici. Spero sia sufficiente.
“Resisti, amico. Non morire”.

 

Caitria “Cat” Dalekein, tributo del distretto 6, arena

 

Apro gli occhi, il sole è sorto da un pezzo. Mi ero ripromessa di svegliarmi sempre all'alba, ma la stanchezza fa brutti scherzi. Non sarebbe male avere una sveglia con me, magari un modello silenzioso che ti colpisce quando il sole la illumina. Certo, sarebbe un sistema un po' traumatico per svegliarsi, ma dovrebbe essere divertente cercare di costruirne una.
Mi mancano i miei vagoni abbandonati, là trovavo tutto ciò che mi serviva per assemblare qualsiasi cosa mi passasse per la mente. In questi giorni ho potuto solo costruire un metodo di depurazione naturale attraverso corteccia di betulla, erba e ciottoli. Ieri l'ho perfezionato aggiungendo del carbone creatosi con l'incendio. So che non è un sistema perfetto, ma mi permette di avere una maggiore sicurezza quando bevo l'acqua della grotta. È stato molto avventato gettarsi su quel ruscello quel giorno, ma pensavo di morire di sete da un momento all'altro. Sono stata male le ore seguenti, ho avuto un forte mal di pancia e problemi intestinali, ma nonostante tutto sono ancora qui.

Tamburello con le dita sul terreno. Agli occhi dei più sembrerà una strana abitudine da compiere ogni mattina appena sveglia, ma so che Yvon da casa sta recependo il mio messaggio: “Sono ancora viva”.

Mi alzo, la schiena è tutta un dolore. Sono abituata a dormire nei posti più impensabili, ma questa è la terza notte di fila. Mi sento debole, ho una fame tremenda, ma ho scelto di vivere, non posso cedere. È come se avessi trovato dentro di me una forza sconosciuta che credevo di non possedere. Voglio trovare uno scopo di vita prima di morire, anche se sono consapevole che potrebbe avvenire a breve. Non mi sono mai sentita così. Da quando è morta la mamma mi sono semplicemente fatta trasportare dagli eventi: a scuola non sono mai stata concentrata, ho evitato qualsiasi rapporto con Zach, e neppure con i miei coetanei ho mai cercato qualche contatto, ad eccezione di Yvon. Buffo che abbia trovato la voglia di vivere verso la fine. Va bene così, immagino, mi fa sentire più vicino alla mamma. Ricordo ancora il suo sorriso dolce nei suoi ultimi giorni di vita. Forse ho semplicemente accettato la mia morte, dopo averla sfiorata un paio di giorni fa. Se devo morire, tanto vale godersi appieno gli ultimi momenti. Questa vita mi ha riservato tanto dolore, ma c'è stato lo stesso qualcosa di buono: Yvon, la mamma, i miei treni, la cioccolata calda.
Mi asciugo una lacrime che stava per fare capolino sul mio volto e tamburello l'ultimo messaggio delle mattinata: “Mi manchi”.

Prendo il depuratore artigianale e mi dirigo dentro la grotta. Ho sempre cercato di starci dentro il meno possibile, temo i pipistrelli. Quelli del distretto 6 sono carini ed innocui, dei dolci topolini con le ali, ma loro potrebbero benissimo essere usciti da qualche libro dell'orrore. I capitolini sono in grado di compiere qualunque azione, magari li hanno davvero estratti da quei racconti. Forse sono testimoni di uccisioni, sacrifici, riti satanici, rapimenti ed altro ancora. Beh, immagino che se così non fosse, lo diventeranno in fretta. Gli Hunger Games non sono forse l'horror per eccellenza? Non hanno privato adulti e bambini di notti di sonno più del mostro di Frankenstein o di Dracula? Se proprio non uscirò mai più da questa storia, spero di trasformarmi in un fantasma. Sarebbe molto divertente, avrei tante persone su cui rifarmi.
Avverto un rumore dietro di me che mi fa raggelare. Mi stringo in me stessa, e mi guardo intorno. Non c'è niente, è solo la mia immaginazione. Al massimo può essere stato qualche pipistrello, ma nulla di che. Ne compio un altro, e lo risento di nuovo. Prendo un profondo respiro e mi volto.

Davanti a me c'è un essere peloso, un lupacchiotto con il muso e le zampe bianche e il resto marroncino. Può esistere qualcosa di così tenero qua dentro? No, non può essere. È una trappola, sicuro. Finirà per sbranarmi? Speravo di morire in una maniera meno violenta. Faccio un passo indietro, finendo però per incuriosire il cucciolo, che inizia a scodinzolare.
“Va'... vai a casa, lasciami in pace” gli consiglio a disagio. Sto davvero parlando ad alta voce con un animale, come se potesse rispondermi? Il cucciolo inclina la testa leggermente, ma la sua coda non accenna a fermarsi. “Dai, a casa!” gli ripeto poco convinta. L'esserino sembra avermi capito, e smette di colpo di scondizionare. Mi guarda con i suoi grandi occhioni tristi, e mi mordo il labbro per reprimere il senso di colpa. Deve proprio fare così? Non mi piace questa sensazione.
Il cucciolo deve aver intuito la mia scarsa motivazione, e si avvicina saltellando come una capretta. Chiudo le gambe ed incrocio le braccia davanti al petto temendo il peggio, ma invece si limita a farmi le feste. Lo fisso esitante. Posso toccarlo? Non è che la mamma lo rifiuta dopo?
Mi piego ed immergo la mano nel suo pelo morbido, mentre il piccolo inizia a leccarmi affettuoso il volto. Inizio a ridacchiare deliziata, mi sento un idiota ad aver avuto paura di lui.
“Ora vai a casa, però, la tua mamma ti starà cercando. Grazie per esserti aggiunto alle cose positive”.
Il piccolo finalmente segue il mio consiglio ed abbandona la caverna, lasciandomi di nuovo da sola, se non considero i pipistrelli e le chissà quante telecamera che mi stanno riprendendo in questo momento. È ora di riconcentrarsi sull'acqua e magari ingegnarsi per trovare qualcosa da mangiare, finalmente.

 

Alexys “Demone” Sinclair, tributo del distretto 11, arena

 

Non lo vedo, ma lo percepisco. So che è da qualche parte dietro di me, assetato del mio sangue.
Sapevo che sarebbe finita in questo modo, non avrei mai dovuto seguire le indicazioni di Amos. Che cosa avrei dovuto aspettarmi? Era ovvio che una volta scoperta la verità sarebbe partito in quarta con il desiderio di uccidermi. Era solo questione di tempo, Achille non avrebbe tollerato tanto a lungo la mia presenza. Un giorno avrebbe sviluppato necessariamente il desiderio di cancellarmi.

“Non puoi saperlo con certezza” mi suggerisce Amos, come se mi leggesse dentro la testa “Magari voleva solo un confronto, sapere il tuo punto di vista”.
Sbuffo “Non puoi essere così tanto ingenuo” bofonchio sperando che i microfoni non abbiano captato la mia voce.
“Non è ingenuità, è speranza. Se solo riuscissimo a fargli capire che razza di persona fosse Marissa, sono certo che ti darebbe ragione. Il problema di Achille è che l'ha idealizzata, cancellando dalla sua mente quanto fosse superficiale, stupida e manipolatrice. Se conoscesse la vera te, pregherebbe per diventare il tuo cavaliere”.
Scoppio a ridere. Nessuno vuole stare con me, a parte Amos. Chi vorrebbe passare il proprio tempo con un mostro schizofrenico? Mi hanno sempre evitata, derisa, umiliata, presa in giro, abbandonata. Tutti mi odiano, e io odio tutti.
Fermo la mia corsa, sono arrivata ad un vicolo cieco. Davanti a me si apre una grande distesa d'acqua stagnate, una palude piena di disgustosa vita. Mi guardo intorno in cerca di un nascondiglio: o in mezzo alle piante, o un cima a questo salice piangente.

“La tua fuga finisce qui, dannata assassina”. Mi volto, Achille è giunto con passo pesante e sicuro, ha le narici dilatate, e manca davvero poco che sbuffi come un toro. Sono decisamente più debole di lui, cercare di sopraffarlo è inutile, ma non ho neppure l'intenzione di consegnarmi facilmente. Che mi venga a prendere.
Scatto verso il salice e, come un leopardo, raggiungo uno dei rami più alti nel giro di poco tempo. Gli anni passati al frutteto sono serviti a qualcosa dopotutto. Achille cerca di inseguirmi, ma la sua corporatura robusta si rivela essere un impedimento.

“Dannazione!” sbraita dando un calcio al tronco “Scendi, scendi!” mi urla esasperato, ma io sono decisamente più concentrata sul nido di aghi inseguitori a meno di un metro di distanza. Devo stare calma o farò una brutta fine. “Perché?” mi chiede poi all'improvviso. L'osservo, è chiaramente frustato e stanco. Accanto a lui Amos lo sta guardando con compassione. Razza di stupido, da che parte sta?
“Andatevene all'inferno!” grido ad entrambi.
“Hai rovinato tutto! Potevamo essere una famiglia!”
Sto per rispondergli a tono, dirgli che non ha capito assolutamente nulla dalla vita, che i valori cavallereschi esistono solo nei libri, che in nessun caso ci saremmo difesi a vicenda per sempre, ma gli aghi inseguitori sembrano essere parecchio agitati. Pianto le unghie sul tronco cercando di scaricare la tensione,una mossa avventata ed è finita.
“Mi ero ripromesso che mai e poi mai avrei fatto male ad una donna. Fin da bambino volevo essere un guerriero valoroso, l'orgoglio della mia famiglia. Discendo da una stirpe antica quanto fedele alla capitale, i miei nonni e mio padre hanno combattuto per questo Paese, per la sicurezza, l'ordine, e la pace! Io volevo essere come loro!” urla mentre la sua fronte si riempie di sudore e gli occhi di lacrime. “Tu!” aggiunge recuperando la rabbia di prima “Tu hai rovinato tutto! Hai visto che cosa mi stai costringendo a fare!?” conclude dando un altro calcio all'albero. All'impatto gli aghi inseguitori si innervosiscono ulteriormente, iniziando a ronzare minacciosi intorno alla propria dimora. Quell'idiota deve proprio fare tutto questo baccano? Cosa crede di fare con questi assurdi discorsi? Mi vuole far morire di noia? Si sta almeno rendendo conto delle idiozie che sta sparando? Non hanno alcun senso! Cosa c'è di onorevole nell'uccidere persone più deboli di te? Nel venire qui a massacrare giovani portati contro la propria volontà? Pensavo che Achille fosse diverso, mentre è un disgustoso essere come tutti gli altri. Non mi sarei mai dovuta fidare.
“Ascoltalo” mi suggerisce Amos “Non è troppo tardi”. Per cosa? Per farmi deludere di nuovo? “Potete riappacificarti, potreste essere amici”.
Che idiozie. “Io ho già te” sussurro in maniera impercettibile. Basta puttanate, è tempo d'agire. Anche Achille se n'è reso conto, e sta tentando nuovamente di scalare l'albero. Mi vuole? Che venga a prendermi.
Mi metto seduta sul ramo, e cerco di allungare la gamba verso l'alveare. Mi è sufficiente un calcio ben dato per farlo cadere sopra ad Achille. Non è detto che muoia anch'io; se mi tuffo nella palude in tempo, potrei salvarmi. Che cosa ho da perdere in fondo? Preferisco morire nel tentativo di ucciderlo, piuttosto che essere la sua preda passiva.
Sono quasi giunta, quando gli aghi inseguitore si accorgono della mia presenza, ed iniziano a pungermi insistentemente la caviglia. Le punture sono dolorosissime, ma stringo i denti. Quando sono sicura di aver preso bene la mira, carico il colpo e calcio con tutte le mie forze.
Gli ibridi escono furiosi dall'alveare. Non rimango ad osservare le conseguenze del mio gesto, mi limito a gettarmi nell'acqua, ricevendo altre punture nel frattempo.
Il tonfo è spiacevole, l'acqua è più bassa di quanto mi aspettassi, finendo così per farmi male ad entrambe le gambe. Emergo per respirare, per poi riprofondare nuovamente per sfuggire agli ibridi ancora inquieti. In sottofondo ci sono solo le urla nel mio ex alleato.
Emergo e sprofondo altre due o tre volte prima di sentirmi al sicuro. Ad ogni riemersione i colori si modificano, diventano più accessi, quasi accecanti, i suoni più acuti e prepotenti. Esco dalla palude con adesso disgustosi esseri neri. Cerco di togliermeli, ma non riesco ad afferrarli.
“Amos!” grido, ma nessuno mi risponde. “Amos!” ripeto, ma intorno a me c'è solo il vuoto.

È il panico.

 

 

 

 

Eccoci qua, con altri due morti. Anche il distretto 4 è fuori dai giochi, esattamente come il 12 e il 7. Ormai siamo a metà gara.

Ci vediamo al prossimo capitolo (Mercoledì)!

 

Classifica:

24° Elyia Bolton, distretto 7, ucciso da Judith, 2 pov

23° Krinsda Dramir, distretto 4, uccisa da Esther, 2 pov

22° Nickolas Logan, distretto 10, ucciso da Angelie, 2 pov

21° David Conrad, distretto 11, ucciso da Angelie, 3 pov

20° Marissa Mellark, distretto 12, uccisa da Alexys, 2 pov

19° Esther Suzanne Grestan, distretto 7, uccisa da Adrian, 3 pov

18° Dalissa Manique, distretto 9, uccisa dalla trappola di Chester, 4 pov

17° Cassian Nayor, distretto 12, morto sacrificandosi per i compagni, 3 pov

16° Bruce McRon, distretto 5, ucciso da una trappola dell'arena, 3 pov

15° Libero Howard, distretto 4, ucciso da Angelie, 3 pov

14° Achille Edipo, distretto 2, ucciso dagli aghi inseguitori, 4 pov

 

Feriti:

Chester (stordito, dolorante)

Ivar (malato)

Angelie (ferita alla spalla)

Alexys (punta dagli aghi inseguitore, ferita ad entrambe le gambe)

Cat (fame)

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Capitolo 17
*** Sconfitti e vinti ***


Giorno 4, pomeriggio

 

Alexys “Demone” Sinclair, tributo del distretto 11, arena

 

Mi volto di scatto sia a destra che a sinistra, ma niente. Non c'è, non c'è! Dov'è andato? Mi aveva promesso che sarebbe rimasto insieme a me per sempre!
“Amos! Amos!” continuo a ripetere, ma non mi risponde. “Non è divertente! Fatti vedere, idiota!”.

Cerco di avanzare nonostante il dolore alle gambe, devo assolutamente trovarlo.
Senza Amos il mondo è già cambiato. Il cielo è diventato di un grigio scuro, simile al nero, i tronchi di un giallo soffocante, mentre l'erba è di un rosso carminio. Sono ancora dentro l'arena? Sento il terreno muoversi, faccio fatica a rimanere in piedi. Nonostante questo continuo a camminare, sperando di incontrare il mio unico amico da un momento all'altro. Mi avvicino al salice, l'ultimo posto dove l'ho visto, e mi appoggio al tronco. Con orrore vedo la mia mano sprofondare nella corteggia gialla; la tiro via indietro di scatto, urlando per lo spavento. Dove sono? Non può essere l'arena, prima non era mica così... spaventosa. Eppure prima ho distinto chiaramente il suono del cannone. Amos! No... hanno ucciso Amos!

Crollo a terra, piangendo disperatamente. Non può essere, non può avermi davvero lasciata sola! L'aveva promesso, quel dannato bastardo! Amos, ti odio, non posso credere che fra tutti proprio tu mi abbia fatto una cosa del genere. Io ti amavo! Perché, perché mi hai abbandonata? Sei come tutti gli altri! Va a fare in culo, Amos! Sei solo uno sporco, bugiardo, manipolatore, ipocrita!
Sento improvvisamente una tremenda fitta allo stomaco che mi fa piegare in due dal dolore. Mi accascio a terra ed inizio a vomitare uno strano liquido viola. Cosa mi sta accadendo? Non sento più alcun controllo sul mio corpo. Tutto gira e cambia. Sto forse perdendo quella poca sanità mentale che mi rimaneva? In fondo non era quello che si aspettavano tutti da me? Mi hanno gettato nell'abisso, mi prenderò le loro vite in cambio.

“Morite... dovete tutti quanti morire!” urlo contro il vento, ben sapendo che mi stanno ascoltando. Sono tutti qui, stanno guardando e ridendo. Li sento benissimo! Vedo la direttrice dell'orfanotrofio che mi indica al suo staff affermando che ha vinto la scommessa, che le devono tutti dei soldi. Tina (l'educatrice bugiarda, quella che sosteneva che Amos fosse solo frutto della mia mente) replica che non era una vera scommessa, in quanto tutti sapevano che sarei finita in questo modo. Stronzi, lo sapevo. Loro sono i peggiori, forse perfino dei miei genitori. Anche Amos mi ha sempre disprezzata, per questo ha scelto di suicidarsi piuttosto che stare con me. In fondo che cosa sono io? Un mostro con occhi e capelli improbabili, temuta e derisa da tutti.

Mi alzo in piedi a fatica, rischiando di cadere nuovamente. Non mi arrendo, il vostro odio mi rende forte. Più mi volete morta, e più combatterò. Vi darò una vera una ragione per temermi. Non solo uscirò da qui, ma vi ucciderò tutti, dal primo all'ultimo. Ora non ho più Amos che mi fermi. Entrerò nelle vostre stanze durante il vostro sonno, nei momenti in cui vi sentirete più tranquilli e al sicuro, e vi colpirò, vi massacrerò, implorerete pietà! Vi pentirete di essere nati.
“Come te?” mi chiede una voce femminile.
Mi volto, ed intravedo una ragazza davanti ad un buco nero che risucchia tutto l'ambiente circostante, lasciando al suo posto solamente il vuoto. Inizio a scappare per non farmi divorare, ma la ragazza appare improvvisamente davanti a me. Lo spavento mi fa crollare a terra. Chi è questa? La osservo meglio: è alta, con un seno generoso, le labbra gonfie, i capelli rossi e mossi. Mi ricorda incredibilmente Marissa, ma non può essere lei, Marissa è morta, l'ho uccisa io. No... non è lei. Questa ragazza ha uno sguardo molto più sveglio e malvagio.
“Vattene via!” le urlo con odio.
La ragazza scuote la testa divertita. “Ma come, la mamma non ti ha insegnato le buone maniere? Non ti ha detto che non ci si rivolge così agli estranei? Ah, sì, giusto, dimenticavo”. Maledetta stronza. Cerco di colpirla, ma le mie mani attraversano il suo corpo inconsistente. “Non puoi farmi niente, io vivo qui” afferma indicando la mia testa. “Sono parte di te, per quanto mi duoli ammetterlo. Odio avere a che fare con te”
“La cosa è reciproca” digrigno, stringendomi forte la testa, nella speranza di farla andare via.
“Che sciocca, speri davvero di cancellarmi? Non hai alcun potere, sei solo un essere inutile” dichiara con un sorriso da cogliona stampato sul volto.
“Sparisci!” le ripeto gettandole addosso del terriccio rosa, ma lei rimane lì, divertita dal mio dolore.
“Non sono come gli altri, come Amos, io non sparirò per via del tuo carattere di merda, bambina” mi spiega guardandomi dritta negli occhi “Hai insisto così tanto per vedermi, in fondo” aggiunge canticchiando.
“Bugiarda!”
“No, no, non fare così. Smetti di negare la realtà” replica con un falso tono materno “Tu hai desiderato tutto questo. Hai gettato all'aria ogni possibilità di essere felice, hai respinto ogni persona che voleva vedere oltre lo schifo che sei realmente”
“Non è vero, non è vero! Stai zitta, stai zitta!” replico cercando di tapparmi le orecchie per proteggermi dalle sue menzogne.
“Pensaci bene, tesoro. Sei sicura che nessuno si sarebbe mai avvicinato a te se tu gli avessi dato una possibilità?” mi chiede.
“No!” rispondo d'impulso. Nessuno mi ha mai voluta, non ho conosciuto nient'altro che disprezzo.
“E il tuo stilista? E Achille? Rifiutati, se non traditi ed uccisi”
“Non è vero! Oscar voleva usarmi solo per la sua carriera, Achille mi avrebbe freddato alla prima!” Perché le sto dicendo tutto questo? Non può capire! Provo a rialzami, ma le mie gambe sono come bloccate.
“Non vuoi ragionare? Peccato, perché non avremo molte altre occasioni per farlo. No, anzi...” si interrompe per guardarsi intorno “... era l'ultima”.
Non faccio in tempo a chiederle cosa intendesse dire, che mi sento delle mani addosso. Non cerco di riconoscere i volti dei miei aggressori, mi limito a mordere, graffiare ed imprecare, finché non sento mancarmi l'aria. L'ultimo suono che sento è la risata della mia ultima allucinazione.

 

Liam “Felino” Evans, tributo del distretto 9, arena

 

Apriamo il contenuto della scatola argentata, e vi troviamo all'interno sia dell'acqua che del cibo, della carne essiccata per la precisione.
“E andiamo!” esclama trionfante Jennifer. Era da quasi un giorno che non toccavamo niente, questi aiuti sono una vera e propria manna. La mia alleata si avventa sulla bottiglia, per poi passarmela dopo essersi dissetata. Al contatto con il liquido mi sento riempire nuovamente d'energia. Quanto vorrei che Dalissa fosse con noi a gustarsi questo momento.

Come se avesse intuito i miei pensieri, Jenny mi appoggia la mano sulla spalla. “Manca anche a me” sussurra comprensiva. Faccio ancora fatica a realizzarlo, mi sembra quasi impossibile. Come è potuto accadere? Era in gamba, buona, sempre in grado di tranquillizzarmi, eppure non c'è più. Me l'hanno portata via, e io non sono stato in grado di salvarla, neppure dopo tutto quello che ha fatto per me. Mi sento uno schifo, uno della peggior specie.
Temo proprio che la passività sia il mio destino. In fondo non sono neppure mai riuscito a far andare d'accordo i miei.

“Liam...” cerca di aggiungere Jenny, ma la sua attenzione viene catturato da qualcosa in alto. Mi aggiungo a lei, e vediamo cadere lentamente un paracadute argentato.
“Un altro?” chiedo scettico. È strano, solitamente non arrivano così tanti aiuti insieme. I capitolini devono averci preso in simpatia dopo la tragedia che abbiamo subito. Cibo ed acqua in cambio della morte di un'amica. Il solo pensiero mi fa chiudere lo stomaco.
“Si vede che è la nostra giornata fortunata!” afferma Jenny, decisamente più spensierata di me.
All'interno troviamo cinque pugnali da lancio. Armi! Non ci credo! Queste costano un sacco, davvero qualcuno si fida così tanto di noi? “Puttana troia!” esclama Jenny condividendo la mia sorpresa.
“Sai usarli?” le chiedo preoccupato. Non ho mai preso un'arma in mano. Durante gli allenamenti ho sempre evitato la postazione delle armi perché mi vergognavo, temevo che i favoriti mi avrebbero preso in giro, ed essere notato da loro era l'ultima cosa che volevo fare.
“No” confessa candida Jennifer “Comunque credo che questi siano tuoi”
“Cosa!?” esclamo incredulo. Io non so usarli, non ne ho proprio idea! E poi... non sono sicuro che saprei mai utilizzarli per far del male a qualcuno.
“Io non posso di certo. Ci vuole una certa concentrazione per utilizzare questi affari e... diciamo che non sono la persona più indicata” mi spiega lei.
Abbasso lo sguardo, non sono per nulla convinto. Non credo di essere in grado di assumermi il ruolo di braccio armato “Non ho mai utilizzato uno di questi affari” ribadisco, forse non sono stato abbastanza chiaro.
Jennifer mi guarda a lungo in maniera intensa, come se mi stesse studiando. “Aspetta qui, mangia un po' di carne nel frattempo”.
Jennifer si alza, prende dallo zaino quel poco di corda che ci è rimasto, stacca un pezzo di corteggia da un albero morto, raccoglie un vistoso fiore rosso da terra, e lega tutto insieme. Ci metto un po' a capire che sta costruendo un bersaglio. Vuole farmi allenare adesso? Appoggia infine la costruzione su un albero, e si rivolta nuovamente verso me “Bene, prendi la mira e spara”.
Cedo alla sua richiesta e prendo in mano i coltelli. Ancora mi sembra una follia, non credo proprio di essere portato per questo. Faccio un primo tentativo, ma come immaginavo è un fiasco completo.
“Riprova!” mi incoraggia Jennifer. Passiamo l'ora successiva in questo modo, anche se con il passare del tempo le incitazioni di Jenny diminuiscono. Non ha tutti i torti, si distrae piuttosto facilmente. Immagino che il ruolo del lanciatore dovesse toccare per forza a me. Non sono così male come pensavo devo dire.

L'allenamento viene interrotto dal rumore di un ramo che si spezza. Io e Jenny ci guardiamo, completamente raggelati. È un attimo: prendiamo tutti i nostri averi e ci nascondiamo dietro gli alberi, fra l'erba alta. Allungo la mano e cerco quella di Jenny. Me la stringe talmente forte da farmi male.
Chiudo gli occhi, ho troppa paura per vedere quello che accadrà, ma sento chiaramente due voci, una maschile ed una femminile. Favoriti, ne sono certo.
“Mi era sembrato di sentire qualcosa” afferma la voce maschile.
“Hai sentito bene, guarda cosa c'è su quest'albero” replica l'altra, che pare di cattivo umore. Merda, il bersaglio!
“Dunque sono nei dintorni, se non addirittura qui, ben nascosti”
Mi volto verso Jennifer, ha gli occhi spalancati, sta tremando e piangendo. “Idiota, sono un'idiota” mima con il labiale. Stringo forte la sua mano, cercando di pensare ad un piano. Cosa posso fare? Se fuggissimo ci vedrebbero e ci raggiungerebbe nel giro di poco, ne sono sicuro. Sono pur sempre favoriti ben allenati. Io sono veloce, forse potrei farcela, ma Jennifer? È vero che ho i coltelli da lancio, ma non mi sento ancora così sicuro da maneggiarli. Mi ricordo invece di un favorito che li sapeva utilizzare alla perfezione. Non posso di certo confrontarmi con un colosso del genere! Poi, anche se fossi fortunato, potrei ferirne uno, ma l'altro mi ucciderebbe di sicuro! Dunque? Che faccio? Ho paura, ho paura!
Uno dei due, con un passo molto leggero, si avvicina verso la nostra direzione. Ci ha visti o sentiti? Sento tutta la tensione di Jennifer in questo momento, e anch'io me la sto facendo sotto. È finita.
“Adrian, lascia stare, ho sentito una goccia” afferma la ragazza. Avverto chiaramente Jennifer tirare un sospiro di sollievo, ma io non me la sento ancora.
“Hai paura di bagnarti?” le chiede il ragazzo.
“No” replica l'altra seria, con un tono parecchio smorto “Ma non sappiamo cosa aspettarci dall'arena. Le novità non sono da sottovalutare, ed inoltre oggi abbiamo già ucciso, basta così” aggiunge mentre si allontana. Il ragazzo esita, ma alla fine la raggiunge.
Aspettiamo che si siano allontanati del tutto, prima di uscire dal nostro nascondiglio. Jennifer mi abbraccia forte,e ricambio in pieno il suo gesto. Un solo altro passo e ci avrebbe sicuramente visti. Siamo stati miracolati,
“Scusa se non utilizzato i coltelli, io...”

“Fa niente” replica Jennifer “Per questa volta è andata, ma dobbiamo diventare più forti”.
Sì... più forti.

 

Hellen “Helly” Forbes, tributo del distretto 5, arena

 

Faccio un fiocco con la garza, finendo così di medicare la ferita. Avrei voluto pulirla prima, ma sono senz'acqua, di nuovo.
Sento di essere arrivata al limite, non credo che così tanta sofferenza sia umanamente accettabile. Passi per la fame, la sete, il dolore alla gamba, ma la mia mente è letteralmente a pezzi. Ogni volta che chiudo gli occhi risento le urla agghiaccianti di Bruce, e rivedo il suo corpo martoriato.

Dormire è diventata una sfida impossibile: quando la mia mente non è torturata da queste immagini, mi sembra di sentire rumori di passi, ruggiti di belve, urla e pianti di altri tributi. Non sono al sicuro, mai lo sarò. Con la morte di Bruce è crollata ogni mia illusione, non sono nient altro che una bestia che aspetta il macello. Sto iniziando a chiedermi se non sarebbe stato meglio morire il primo giorno durante il bagno di sangue, almeno lui sarebbe ancora vivo.
Anche Mike si sarà sentito così? Si sarà pentito di essere nato? Se fosse così, sono contenta che non sia mai tornato a casa, perché tanto sarebbe stato uno zombie, non di certo il ragazzo allegro e giocoso che ho conosciuto ed amato. Mio fratello potrebbe essere morto ben prima di quel colpo a tradimento, e così anch'io.
Per cosa combatto allora? Per non far soffrire di nuovo la mia famiglia? Per ringraziare di persona il padre di Bruce per averlo messo al mondo? Non lo so, forse non lo voglio neppure sapere.
Mi alzo in piedi, ed inizio a procedere verso non so dove. Avverto le mie membra terribilmente pesanti, quasi mi trascino. Ho sonno, e sento dentro me così tanta rabbia! Vorrei solo un sonno senza sogni, senza dolore, senza sofferenza, senza pena.

Davanti a me atterra un paracadute argentato, il secondo nel giro di ventiquattro ore. Qualcuno scommette ancora su di me? Faccio fatica a crederci, neppure io ci riesco in questo momento. Apro la scatola in maniera meccanica, senza ipotizzare quale potrebbe essere il suo contenuto. All'interno vi ritrovo una mazza di metallo cavo, simile a quelle che vengono utilizzate nel gioco del baseball. Immediatamente nella mia testa risuonano risate infantili, appaiono i volti dei miei fratelli, ancora spensierati ed allegri. Rivedo Mike, fiero e combattivo, Jessika, con quelle due treccioline che portava sempre all'epoca, Mery, arrabbiata perché non la facevamo giocare con noi, ed infine intravedo anche una terza bambina, che sembra impossibile che sia io da piccola. Ha dei lineamenti gentile, ma pare testarda e parecchio sveglia. Ero davvero così? Mi sembra quasi impossibile.
Mi rigiro la mazza fra le mani. Cosa si aspettino che faccia con questa? Ero bravina a giocare, ma centrare una palla non è la stessa cosa che spaccare un cranio. Non ho tutta questa forza fisica. Bruce inorridirebbe nel vedermi armata, preferiva le vie pacifiche, sperava di vincere nascondendosi. La nuova Hellen, quella ferita e disillusa, è ancora d'accordo? Non so nemmeno se voglio tornare... Prendo un respiro profondo. Voglio davvero morire come Bruce, sotto gli occhi eccitati di quei disgustosi capitolini, mentre la mia famiglia si strappa i capelli per l'orrore di nuovo? Il solo pensiero mi genera una rabbia profonda, non voglio finire così. Nessuno deciderà per me.

I miei pensieri vengono interrotti da una goccia che mi cade sul naso, seguita subito dopo da un'altra. Sta per piovere? Di cosa mi stupisco? I capitolini adorano vederci bagnati, stimola la loro perversione. Ricordo ancora i commenti cretini su una ragazza del decimo distretto di un paio di edizione fa. Non hanno idea di come sia pericolosa per noi invece. Mia sorella Mery ha rischiato di morire di polmonite a causa di un temporale improvviso che l'aveva colta nei pressi del lago. Ricordo benissimo la sua sofferenza, il suo volto arrossato, la sua difficoltà a respirare. Neppure quella è una bella morte. Non che ne esisti una, ma... non quella.
Mi serve un rifugio, e subito. Ma dove? Mi guardo intorno, potrei trovarne uno a ridosso della parete rocciosa. Non sono lontana, potrei raggiungerla in tempo anche se ho la gamba malridotta.

Mi muovo con cautela, in modo tale da non riaprire la ferita. Non credo che gli sponsors mi rinvierebbero nuovi medicinali in casi. In mano stringo la mazza, usandola a volte come bastone per facilitare la deambulazione. Lo stomaco è vuoto, la bocca è secca, ma quest'ultima a breve non sarà più un problema.
Intravedo una fessura, forse un ingresso per una piccola grotta. Mi metto sul fianco e striscio per entrare.
L'interno è più grande di quanto immaginassi, circa quanto camera mia e di Jessika. È molto buio, ma sento chiaramente il respiro di qualcun altro. Stringo automaticamente la mazza in mano, preparandomi all'attacco.
“No!” grida una voce maschile “Non attaccare, non voglio farti del male!” I miei occhi iniziano ad abituarsi al buio, e riesco a riconoscere il ragazzo del distretto 8, i suoi capelli bianchi sono inconfondibili. Non sembra essere pericoloso, ma non voglio abbassare la guardia. Mike e Bruce sono morti per questo. Non voglio altri alleati, non ho più un cuore da farmi spezzare.
“Fuori” gli ordino fredda alzando la mazza. Non voglio uno scontro, spero vivamente che cadi nel mio bluff.
Il ragazzo guarda che ansia fuori dall'ingresso, ha appena iniziato a piovere a dirotto. Alla vista della pioggia, il suo volto diventa ancora più pallido. “Ti prego... piove” afferma come se non l'avessi capito. Sta tremando, sembra letteralmente terrorizzato dal maltempo, ma non riesco a fidarmi. Potrebbe benissimo essere un talentuoso bugiardo per quanto ne sappia. Anche se fosse sincero, cosa ci guadagnerei ad aiutarlo? Un alleato. Un altro amico che alla sua morte mi lascerebbe addosso un senso di angoscia soffocante. Non potrei reggerlo, non di nuovo.
“Fuori!” urlo colpendo la parete con la mazza.
Il ragazzo inizia a piangere disperato, e nel vedere così tanta fragilità qualcosa dentro di me si muove. La sensazione è familiare, ma è debole, parallelizzata da tutti gli altri sentimenti che stanno annientando il mio cuore. Non sono più io, mi sono persa.
“Ti scongiuro! Possiamo trovare un'alternativa!” mi prega lui.
Non posso più stare ad ascoltarlo, è troppo pericoloso. Non farò di nuovo lo stesso errore.
“Fuori!” grido mentre cerco di colpirlo con la mazza. L'attacco è lento, e Richard riesce a scansarlo senza troppi problemi. “Fuori!” ripeto caricando un nuovo colpo.
Richard scappa, strisciando via dalla fenditura. Lo sento correre, mentre piange angosciato.
Mi accascio per terra, mi sento morta dentro.

 

Richard “Ricky” Whitestorm, tributo del distretto 8, arena

 

Una fitta gelida mi colpisce in pieno petto. Il respiro mi si blocca a metà, mi sento soffocare.
Mi guardo intorno in cerca di un nuovo rifugio, mentre la pioggia continua a cadere su di me. Sento le gocce scivolarmi addosso, intrappolandomi nuovamente nel loro inferno. Non posso stare qui, o morirò.

Cerco rifugio sotto gli alberi, ma nessuno di loro sembra essere abbastanza grande da proteggermi. I miei vestiti iniziano ad inzupparsi, ed avverto l'orrida sensazione di pelle bagnata soprattutto nel volto e nel torace. Avverto l'acqua fermarsi proprio lì, formando un enorme macigno all'altezza del cuore. Il mio fiato si accorcia sempre di più, sento che scoppierò da un momento all'altro. Inserisco la mano nella tasca per cercare il respiratore miracolosamente concessomi.
È solo acqua, è solo acqua, è solo acqua. Pensaci bene, Richard: hai mai visto le tue sorelle o i tuoi amici reagire così per un semplice acquazzone? No, vedi? Non c'è nulla da temere è acqua, e basta. Ricordi cosa ti ha detto papà un miliardo di volte? L'acqua non è tua nemica, è fondamentale per la vita, senza acqua nessuno di noi esisterebbe. L'acqua è un regalo, per questo il distretto 12 te ne ha inviata un po' giusto ieri. L'acqua è vita, l'acqua è...
Dei rami sopra di me non riescono più a reggere il peso acculato della pioggia, finendo così per rovesciarmela addosso. Vengo travolto così da un gavettone gelato che si insinua fino alle ossa, parallelizzando il mio corpo in una sensazione terribilmente familiare.
Urlo per il terrore, riprendendo a correre verso un posto più sicuro. Mi guardo freneticamente intorno, ma non vedo nulla, nulla! Non può finire così, non voglio morire. Sto soffocando, mi manca l'aria! Aiuto! Non posso farcela! Mi sta entrando nei polmoni! Sto annegando!
Inciampo su una radice sporgente, finendo per sbattere contro il fango. Mi rannicchio in posizione fetale, stringendo forte le gambe al mio petto. Sto tremando, un po' per il freddo e un po' per la paura. La mia mente si sta spezzando in mille frammenti, sento di impazzire. Non riesco ad allontanare queste sensazioni, anche se so che sono prive di fondamento. Perché continuo a stare così allora? Sono debole, non potrò mai vincere. È finita, ho perso, non posso combattere contro la natura.

 

Apro gli occhi, il mondo attorno a me è ricoperto dalla nebbia. Dove sono? A casa forse, sento l'odore della mamma. Che cosa è successo? Non lo ricordo... so solo che ho freddo, tanto freddo, anche se sento addosso tante morbide coperte. Sento una mano sfiorarmi il braccio. Mi volto a sinistra e trovo mia sorella Hazel dormire beatamente nel mio letto. A destra c'è invece la mamma. È seduta su una scomoda sedia di legno e sta dormendo anche lei. Ha l'espressione tanto triste, credo che abbia pianto molto. È stata per colpa mia? Mi dispiace, scusami mamma.
Sto per svegliarla, per dirle che sto bene, quando sento dei rumori nella stanza accanto. “Vi è andata bene, vi è andata veramente molto bene!” commenta un uomo che mi sembra di conoscere.

Lo so” risponde mio padre “Non ho mai avuto così tanta paura. Neppure con Charlotte in arena”. Ancora l'arena. Sento che a volte la mamma e il papà ne parlano, ma non riesco a capire cosa sia. Neppure Hazel lo sa, anche se è più grande di me.
Meno male che Charlotte ha imparato il massaggio cardiaco durante l'addestramento a Capitol, o il tuo piccolo sarebbe sicuramente morto affogato” Di cosa stanno parlando? Non capisco, ho sonno.
Papà non risponde subito “Credi che i capelli gli rimarranno bianchi per sempre?” Capelli bianchi? A chi?
Il signore (che riconosco solo ora come un collega di papà) ride candidamente: “Si è preso un bello spavento, temo proprio di sì. Non è un grosso problema però, secondo me quel colore gli sta bene, e invecchierà in maniera decisamente più serena rispetto a tutti gli altri!”
Ho tante domande, ma il sonno è più forte. Guardo di nuovo la mamma. Faccio giusto in tempo ad accorgermi di una lacrime sulla sua guancia che sono già crollato.

 

Avrei dovuto tenermi quella grotta. Era sicura anche se fredda. Eppure quando quella ragazza mi ha minacciato non sono riuscito ad oppormi. Non avevo paura di lei, assolutamente, vedevo che c'era qualcosa che non andava. Il suo tono di voce, l'esitazione nel suo sguardo... non era una cattiva persona. Era solamente una ragazzina impaurita, avrei potuto sconfiggerla se solo avessi voluto. Quello che mi faceva paura era proprio questo: calpestare una vita umana solamente per sopravvivere, ignorando la sua sofferenza e il dolore che avrei causato ai suoi cari. Gli occhi di quella ragazza... avevo paura di diventare come lei. Mi faceva perfino più paura della pioggia. Come si può evitare una cosa del genere qua dentro? Vincere senza uccidere... è possibile? Voglio provarci. Voglio uscirne intero.

Guardo il cielo. Ha smesso di piovere.

 

Jasmine Thompson, tributo del distretto 3, arena

 

È fastidioso quando le cose non vanno come volevi. Perdere le nostre scorte alimentari è stata una bella seccatura, ma non perderò la testa sicuramente per questo. Abbiamo ancora le medicine, ho ancora la loro forza. Angelie è ancora sfortunatamente viva, ma è ferita, con un po' di fortuna la sua ferita si infetterà e morirà per setticemia. L'aver ucciso Libero senza prove avrà sicuramente fatto calare la sua popolarità, è possibile che gli sponsors la ignorino questa volta. Inoltre è la classica favorita convinta che per vincere serve solo la violenza fisica. Là fuori, da sola, non ha alcuna risorsa. No.. decisamente non è più un problema. Lo sono invece questi due, ma per loro ho in riservo il mio asso nella manica, devo solo aspettare. Sarà una cosa rapida ed indolore.

“Che piano hai in mente, genietto?” mi chiede Adrian. Nonostante l'appellativo, non c'è traccia di ironia nella sua voce. Forse voleva solo complimentarsi sinceramente. Solitamente la cosa mi riempirebbe d'orgoglio, ma l'essere vista per quello che sono qua dentro mi procura un po' d'ansia.
“Niente” replico apatica, alzando le spalle.
“Ti stavi mangiando le unghie” mi fa notare. Effettivamente ha ragione, ho l'indice destro bagnato.
“Allora?”
“Lo fai sempre quando rimugini”. Alzo il sopracciglio. Davvero? Non ci avevo mai fatto caso, ma questo spiegherebbe perché sono mangiate fino alla carne viva. “Vero, Judith?”. Ci voltiamo verso di lei, ma è completamente immersa in un mondo a parte. Da quando è morto Libero non è più in sé. Non sorride quasi mai, sembra stanca ed è arrabbiata con il mondo intero. La causa di tutto questo sono io. Sono io che ho permesso agli eventi di precipitare in maniera così tragica. Quelle chiacchiere leggere nel salotto dell'appartamento del distretto 1 sembrano appartenere ad un altro spazio, oltre che ad un altro tempo. Mi sento improvvisamente nostalgica, devo essermi calata troppo nella parte dell'alleata fedele ed amica di tutti. Queste conseguenze erano inevitabili. C'è solo una strada per la vittoria, ed è sporca di sangue.
Rimaniamo in silenzio, consapevoli che le cose d'ora in avanti peggioreranno e basta.
Siamo rimasti solo in tre, varrà la pena accendere il fuoco stanotte? Escludendo Angelie, là fuori c'è anche la ragazza del distretto 10 che è parecchio forte. Se si fosse alleata con qualcuno (come Chester od Ivar) potrebbe costituire una bella minaccia. Lei deve essere il prossimo bersaglio, senza ombra di dubbio, penserò dopo ai favoriti.
“Avete già pensato a cosa farete fuori di qui, con tutti quei soldi?” ci chiede improvvisamente Adrian, forse per alleggerire l'atmosfera. Mi sembra di rivedere il ragazzo che ho conosciuto durante la fase preparatoria dei giochi, quello simpatico ed estroverso. Qua dentro è sempre serio e concentrato, credevo avesse perso quella parte di se stesso.
Judith alza lo sguardo, uscendo finalmente dal suo mondo cupo “Tu sì?” gli chiede.
Adrian annuisce con un sorriso. “Aprire una biblioteca con impiegate super sexy”. Rizzo la testa incredula: cosa ho appena sentito? Adrian mi guarda ed inizia a ridere divertito. “Scherzavo” mi spiega facendomi la linguaccia. Lo squadro mentre mi abbraccio le ginocchia. “In realtà vorrei aprire...” si interrompe guardandosi intorno “... una palestra” conclude mostrando un enorme sorriso. Ho capito. Anche se tutti sanno della loro esistenza, in linea teorica le accademie non sono mai state fondante, in quanto (sempre in linea teorica) tutti i tributi non possono ricevere alcuna forma di addestramento.
“Non credo che il signor Chien ne sarebbe felice” gli fa notare Judith capendo l'antifona.
“Saremo leali avversari in affari” dichiara serio.
“Io invece...” riprende Judith “... vorrei finanziare la ricerca medica, per trovare delle cure a malattie rare e poco considerate”. Con questa uscita ha catturato sicuramente l'attenzione degli sponsors senza fare il benché minimo sforzo. Ha accennato qualcosa sulla gemella malata, crede davvero in questa causa, non sta fingendo.
I due si voltano verso di me, aspettando la mia risposta. Rimango immobile, che cosa mi invento adesso? Mi serve un progetto, uno ambizioso, o ricco di ideali. Sto per rispondere che utilizzerò il montepremi per pagare i debiti aziendali di mio padre, ma questo potrebbe metterlo in seria difficoltà con i soci e gli imprenditori di Capitol.
“Aprire un'azienda tutta mia” replico senza dare ulteriori dettagli. In fondo non è del tutto una bugia. Lavorare con mio padre mi è indifferente, non abbiamo un grande dialogo. È quello che voglio però? Cosa farò una volta tornata? Mi sono talmente concentrata sui giochi da non pensarci neppure. Cosa voglio per me? Mi mordo il labbro. Non voglio pensarci, ci sono troppe variabili in gioco, nessuno può predire con esattezza il futuro. Devo concentrarmi sul presente piuttosto.
Lo stomaco di Adrian inizia a brontolare pesantemente. “Scusate” afferma leggermente imbarazzato. Lo capisco, anch'io ho fame, non sono abituata a saltare i pasti. Il digiuno forzato è un nemico tosto, ma non possiamo farci abbattere, siamo ancora in dodici, in fondo. Ho bisogno che loro due siano in forze per difendermi contro tributi od ibridi.
“Domani vorrei andare io a caccia, se non è un problema” I due mi guardano sgranando gli occhi “So di essere un asso in combattimento, ma conosco tutta la flora di Panem, posso trovare qualcosa da mangiare”
“Grande, Jasmine!” afferma Judith con gioia, mentre Adrian mi fa cenno di dargli il cinque. A malincuore rispondo al gesto, non mi piace il contatto fisico. Anche questo problema è risolto. Sapevo che era una buona idea passare la settimana prima dei giochi a studiarmi quel libro. Conosco tutte le piante: quelle mediche, quelle commestibili e quelle... velenose. E se...?

 

 

 

 

 

E rimasero in dodici. Metà dei tributi sono morti, chi vincerà? Apriamo le scommesse?

Dal prossimo capitolo ci saranno solo 4 pov, proprio a causa della scarsità di tributi rimasti. Ne consegue che aggiornerò Martedì sul tardi.

Alla prossima!

 

Morti:

13° Alexys Sinclair, distretto 11, uccisa dai favoriti, 5 pov

 

Feriti:

Judith, Adrian (qualche graffio)

Hellen (ferita alla gamba, emotivamente fragile)

Quasi metà dei tributi (Richard, Chester, Autumn, Liam, Jennifer): bagnati, infreddoliti

 

Aggiornamento sulle alleanze:

I TOPINI: Liam, Jennifer

FAVORITI: Judith, Adrian, Jasmine

I RIBELLI: Chester e Ivar

 

 

Soli: Cat, Hellen, Richard, Autumn, Angelie

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Capitolo 18
*** Lottare ***


Giorno 5, mattina

 

Angelie Asimar, tributo del distretto 2, arena

 

Non sembra neanche più umana, la mia spalla sembra provenire da uno di quei vecchi film di fantascienza che piacciono tanto a papà. È infatti gonfia e ricca di bolle contenenti un qualche misterioso liquido trasparente. Sulla ferita sono appiccicate parti di tessuto che non ho alcuna intenzione di togliere. A loro ci penseranno i medici di Capitol quando uscirò da qui, non certo io.
La pioggia di ieri è stata d'aiuto in quanto mi ha permesso di sciacquare per bene la ferita. Sono ancora a rischio d'infezione, ma mi aggrappo alla speranza che gli sponsors mi inviino qualche medicinale a breve.

La ferita fa male, ma non quanto la consapevolezza di essere scappata dallo scontro. Doveva essere quello definitivo fra me e Judith, invece quel ragnone del cazzo si è messo in mezzo. Da parte mi sento onorata però: evidentemente gli strateghi sono intervenuti perché non volevano sciupare subito il grande duello che tutti si aspettavano. Non deluderò il mio pubblico, mi rimetterò in forze e farò vedere i sorci verdi a tutti.
Una fitta alla spalle mi fa sfuggire un gemito. Devo essermi mossa troppa. Devo stare attenta, devo cercare di evitare gli sforzi fisici quando è possibile. So che dall'esterno può sembrare una brutta situazione, ma non posso demoralizzarmi o mi abbandoneranno al mio destino. Devo continuare a farmi vedere combattiva, perché se io non mi arrendo, anche gli sponsors lo faranno. Ho fatto di tutto per farmi notare in quest'ultima giornata: non ho mai pianto, ho tagliato le parti corrotte dai vestiti grazie alla mia ascia, ho sfruttato bene la pioggia di ieri senza per questo farmi infradiciare completamente. Ho fatto del mio meglio, e sono stata ripagata.
Osservo il regalo posizionato proprio davanti a me: è un'armatura leggera ma resistente, fatta apposta per me. Con questa addosso diventerò invincibile, la spalla diventerà il mio unico handicap. Per quanto dolori provi in questo momento, è necessario che la indossi subito. La ferita è troppo esposta, non ho scelta.
Apro le chiusure dell'armatura con relativa facilità, ma questa era la parte semplice. Ora arriva la fase più complicata, ma non mi arrendo, mai non lo farò.

 

Stringo la spada di legno con entrambe le mani, e prendo un respiro profondo. Ho fatto il passo più lungo della gamba, come direbbe papà, ho esagerato. Non dovevo provocare l'istruttore, l'avversario che mi ha affidato per il saggio di fine semestre è troppo forte. È un ragazzo di undici, massimo dodici anni, ma è ben piazzato e con più esperienza di me. Avrei dovuto continuare ad allenarmi con i miei amici, sono divertenti, mi piace stare con loro in fondo. È solo che... non so, vincere contro di loro non mi causava alcuna soddisfazione. Sentivo di meritare una sfida più ardua, e il maestro mi ha accontenta, non dovrei lamentarmi. No, che dico, non devo proprio lamentarmi! Pensaci bene schiocchina: pensi che forse vincitori come Dylan, Bruto, Charlotte o Cassandra abbiano mai fatto ragionamenti del genere? Ovvio che no!
Siete pronti, bambini?” ci domanda l'allenatore. Sia io che Jiulio facciamo cenno di sì con la testa. “Via!”

Jiulio passa subito all'attacco in maniera feroce, costringendomi alla difesa. Riesco a parare quattro attacchi di seguito, ma al quinto mi colpisce al fianco. Il dolore mi fa perdere l'equilibrio, e mi vedo costretta a piegare le ginocchia per non cadere a terra come un sacco di patate. Mi stringo forte, mentre il mio avversario mi guarda sogghignando.
Forza Angelie!” urla mia madre fra gli spalti.
Forza, piccola! Spaccagli il sedere!” afferma mio padre aggiungendosi alla tifoseria.
Stringo forte i denti. I miei mi stanno guardando, non posso di certo deluderli. Ristringo l'arma e passo al contrattacco. I miei colpi non sono potenti, ma sono veloci, cogliendo così Jiulio di sorpresa. Nel giro di poco perde la concentrazione e ne approfitto per colpirlo alla coscia e poi alla testa. Dagli spalti si eleva un boato insoddisfatto, ma non mi importa affatto di loro. Colpisco il mio avversario un altro paio di volte, finché non vedo il sangue fuoriuscire da una ferita.

Sto per colpirlo nuovamente, ma il maestro mi afferra la spada di legno. “Datti una calmata, non è la vera arena, questa!” dichiara con rabbia.
Ma ho vinto, vero?” Il maestro mi guarda con uno sguardo strano, che non riesco proprio a decifrarlo. Nessuno mi aveva mai guardata così prima. Lo fisso a lungo, mentre dei guaritori si avvicinano al mio avversario.
Sei andata troppo oltre” mi spiega lui come se fossi una bambina piccola piccola.
Il suo tono mi fa andare fuori dai gangheri. Non può parlarmi in questo modo! “Però se fossimo stati dentro l'arena avrei vinto. Non importa quanto sei forte o bravo, se perdi sei un fallito e basta.”

 

Mi mordo forte il labbro per trattenere un urlo. Fa male, fa veramente molto male. Quando faccio movimenti troppo bruschi le bolle scoppiano, riversando il loro liquido caldo sulla ferita. Maledetto quell'ibrido del cazzo, se perdo per colpa sua, guarda...!
Mi fermo a recuperare fiato, ho la fronte madida di sudore e i capelli si stanno appiccicando al mio volto. Ho davvero bisogno di rifarmi la coda, no anzi, di lavarli direttamente. Mi sfugge un sorriso, sono talmente pieni di nodi e di sporcizia che farei prima a rasarli a zero. Avrei dovuto fare come la ragazza del distretto 10.

La testa mi gira a causa dello sforzo e della fame. Rido per non piangere: sono messa proprio di merda. Chissà quanto si staranno divertendo tutte quelle ragazze che erano invidiose della mia nomina. Che vadano a farsi a fottere, non darò loro alcuna soddisfazione. Ho solo bisogno di dormire, devo solo aspettare gli aiuti degli sponsors o in caso contrario cercherò qualcuno da derubare.
Non alcuna intenzione di morire.

 

Adrian Vaertek, tributo del distretto 1, arena

 

Continuo a muovermi con passi ben decisi, stando pur sempre attento a non fare troppo rumore. Non permetterò ad un tributo di fuggirmi, non ripeterò l'esperienza di ieri. Per questo mi sono premurato di insegnare a Jasmine a muoversi nella maniera giusta, come una vera cacciatrice. Non ho avuto grandissimo successo però, lei non è esattamente la persona più agile al mondo, ma siamo riusciti perlomeno ad attutire il rumore. Andare a caccia con lei non è come andare con Judith, ma stiamo raggiungendo comunque alcuni risultati. Lungo il percorso abbiamo incontrato una pianta strana (una Stellera, Stellina, una Stel... qualcosa del genere, insomma), e ne abbiamo mangiato un po'. Il sapore non era granché, ma ha almeno in parte riempito il nostro stomaco. Abbiamo inoltre riempito in parte i nostri zaini con questa pianta, sperando di incontrarne altre simili, o meglio ancora della frutta. Mi rendo conto solo adesso quanto la nutrizione in condizioni estreme sia un argomento ignorato all'interno dell'accademia. Senza ombra di dubbio la lotta è importante, ma non può essere l'unico studio degno
d'attenzione. Quando fonderò la mia accademia, darò importanza anche a questo argomento.

“Forse c'è n'è una là” dichiara Jasmine osservando un punto non ben precisato ad ore due. La mora raggiunge in breve la zona, mentre io mi siedo per terra per riposare un attimo.

“Commestibile?” chiedo.
“Falsi frutti di Rosa Canina” commenta incapace di nascondere la propria delusione.
“Non vanno bene?”
“Per farci dei medicinali o una marmellata, al massimo”. Roba poco utile insomma. Anche se avessimo tutti gli ingredienti necessari io non so cucinare, e non ci vedo neppure Jasmine dietro ai fornelli. Forse Judith... Trattengo a stento una risata. Non mi sarebbe dispiaciuto vedere Angelie litigare con stufe e pentole. Mi chiedo come stia, so solo che è ancora viva. Forse separarci è stata la cosa migliore, tanto prima o poi avremmo cercato di azzannarci alla gola. Già, prima o poi... ne avrò il coraggio?
Osservo Jasmine, la intravedo raccogliere qualcosa. “Non avevamo detto che era inutile?” le chiedo.
La ragazza si volta verso di me ed annuisce lentamente “Pensavo che con le foglie potremmo farci una tisana”
“Roba da femmine”, mi verrebbe da commentare, ma ho il buon senso di tenere la bocca chiusa. “Cambiamo zona, forse saremo più fortunati”.
Jasmine annuisce e si avvicina.

È un attimo: prima era lì e adesso non c'è più. La sento solo urlare.

“Jasmine!” grido lanciamo nel punto in cui era prima. La vedo scivolare giù in una discesa ripidissima, nonostante i suoi tentativi disperati di aggrapparsi da qualche parte.
Arriva alla base in un battibaleno, sembra essere ancora intera. “Jasmine!” la chiamo preoccupato. La mia alleata alza il braccio per farmi sapere che sta bene, anche se un po' frastornata. “La pioggia dell'altro giorno deve aver reso più instabile il terreno, mi dispiace” mi spiega mentre si regge la fronte.
“Sei ferita?” le chiedo. Jasmine nega con la testa. “Rimani lì, vengo a prenderti”.
Da dove passo però? Scendere dalla sua stessa strada è un po' azzardato. Se cadessi male potrei rischiare una storta, o anche peggio. Meglio cercare un'alternativa.
Mi muovo freneticamente cercando un punto dal quale raggirare l'ostacolo. Non mi piace che uno di noi rimanga senza difese. Jasmine non è in grado di combattere.

Trovo finalmente un percorso alternativo a qualche metro di distanza, dovrei raggiungerla al massimo in cinque minuti. Sono a metà percorso, quando i miei dubbi trovano realizzazione. Sento un urlo strozzato, seguito poi da un tonfo metallico.
Prendo immediatamente in mano i coltelli, e raggiungo il posto con la velocità di un fulmine. Non c'è stato alcun cannone, sono ancora in tempo.
Trovo Jasmine per terra, semi-incosciente, e accanto a lei una ragazzina anch'essa mora. Sulla felpa ha stampato il numero cinque. Ha le mani dentro lo zaino di Jasmine, e quando mi nota, la sua reazione mi spiazza completamente: afferra la mia alleata per i capelli e la solleva quel tanto che basta per coprirsi il corpo, mettendo in seguito la sua mazza da baseball davanti al collo dell'ostaggio. Sarò sincero, non me l'aspettavo. Avevo inquadrato i due ragazzi del cinque come dei paciocconi capitati qui per sbaglio, ma quella non è la stessa ragazza dell'intervista. Hellen, con quei capelli spettinati, quei vestiti sporchi, e quegli occhi iniettatati di sangue, mi sembra più un animale ferito e spaventato che un essere umano. È irriconoscibile.
“Stammi alla larga o la ucciderò!” urla con una voce acutissima, senza risultare minimamente minacciosa. Si vede che è nel panico più assoluto e che si sta arrampicando sugli specchi. È vero che è possibile uccidere in quel modo, ma dubito fortemente che lei sappia dove colpire e come farlo.
“Sei spacciata” bisbiglia a fatica Jasmine, mentre una goccia di sangue le scivola da una ferita alla tempia “In ogni caso sei morta”.
“Stai zitta! Stai zitta!” urla agitandosi. È il momento. Prendo uno dei pugnali e lo glielo tiro addosso, centrandola nell'occhio. Hellen crolla a terra, lasciando libera Jasmine. Un secondo dopo suona il cannone.
Jasmine cade a terra e mi avvicino a lei, esaminando per prima cosa la sua ferita. Non è grave, ma la botta deve averla intontita parecchio.
“Riesci ad alzarti?” le domando cauto. Ci prova, ma crolla di nuovo come una bambola di pezza. La prendo in braccio, devo riportarla alla cornucopia per mendicarla, in fondo per oggi abbiamo fatto abbastanza.
Osservo per l'ultima volta il cadavere della sfortunata ragazzina del cinque. Deve aver visto Jasmine sola, e avrà pensato di trovarsi di fronte ad una facile preda da stordire e derubare. Le è andata davvero male. Chissà perché non riesco a togliermi dalla testa il suo sguardo. Senza Judith, Jasmine, e scorte alimentari fin dall'inizio, sarei anch'io diventato così?

 

Autumn “La Rossa” Lewis, tributo del distretto 10, arena

 

Mi guardo intorno, sembra non esserci nessuno. Forse posso finalmente riposare un po'. Mi sdraio su una roccia, quella più calda, e mi godo il sole, così falso, eppure così piacevole.
Starnutisco, e mi vedo costretta a soffiarmi il naso sulla manica della felpa a causa dell'assenza di fazzoletti. Spero che i capitolini non storcano il naso di fronte a questa scena, ho ancora bisogno del loro supporto. In fondo i miei vestiti sono ancora infradiciati (ad eccezione dei calzini, ma sono perché ne avevo un paio di riserva), i miei piedi sono pieni di vesciche, e il mio stomaco è assolutamente vuoto. Sono dimagrita parecchio, sono piena di lividi e sono sicura che ho delle occhiaie molto profonde addosso. Devo essere diventata bruttissima. So che è stupido pensarlo proprio adesso, ma mi piaceva il mio aspetto. Mi piaceva ciò che vedevo allo specchio, ero soddisfatta della mia vita. Escludendo gli allenamenti e gli sguardi crudeli di una buona parte del distretto, la mia era una vita tranquilla, fatta di passeggiate infinite nella campagna, pomeriggi passati con gli amici a parlare di tutto, e alla sera quasi sempre un bel piatto caldo.

Non ricordo l'ultima volta che ho fatto un pasto decente. A volte sogno ad occhi aperti enormi piatti di zuppa calda, maialini arrosto e tordi allo spiedo. Ho mangiato solo piante e mele qui, non ho mai accesso alcun fuoco, neppure per scaldarmi. Tuttavia questa sofferenza permette a tutti quegli anni di sacrificio, dolore e sudore di acquisire un senso. Ricordo come ieri quei pasti che papà mi ha fatto saltare di proposito, quelle notti passate al gelo con la compagnia di una misera coperta e nient altro. A volte mi sono ritrovata a pensare che fosse troppo duro con me, in fondo ero solo una bambina, ma solo ora mi rendo conto di quanto abbia fatto per me. Sapeva che questo era il mio destino, e mi ha dato tutti gli strumenti possibili per farcela. Quegli allenamenti hanno fatto più male a lui che a me, non so davvero come ringraziarlo.
Nonostante sappia che lui è dall'altra parte, che non mi ha persa di vista neanche per mezzo secondo, a volte mi sento terribilmente sola. Vorrei chiedergli tante cose. Richard ad esempio: cosa dovrei fare se lo rincontrassi? So che accadrà, me lo sento. Mi ha fatto capire chiaramente che al nostro prossimo incontro ci saremo scontrati. Io voglio tornare a casa, ma quale prezzo sono disposta a pagare per farlo? Forse non devo pensarci, con un po' di fortuna morirà prima di allora. In fondo non è il candidato ideale. So che è brutto pensarlo, ma in queste condizioni è l'alternativa migliore, senza ombra di dubbio. Richard, ti prego, dovunque tu sia, fammi il favore di morire. Non costringermi a fare cose che non vorrei fare.

Un rumore sinistro cattura la mia attenzione, che cosa è stato? Una parte di me mi suggerisce di scappare, perché non può essere nulla di buono. Però mi sembrerebbe un gesto da vigliacchi, ed inoltre sono veramente curiosa di scoprire quale sarà il mio prossimo ostacolo. Metto lo zaino in spalla e raccolgono un grosso sasso da per terra, come strumento di legittima difesa. Cerco di muovermi il maniera furtiva, ma ci rinuncio in fretta. Non ho il passo leggero come Libero o il ragazzo del distretto 1.
Un altro passo e sbuca un ibrido dalla boscaglia, sempre che sia un ibrido. Apparentemente è solo un cinghiale apatico, molto simile a uno di quelli che sgozzavamo e cucinavamo per la fiera di inizio estate. So che dovrei aver paura, ma il solo pensiero dell'odore della sua carne cotta mi fa venire l'acquolina in bocca. Sarebbe fantastico averlo come pranzo, ma anche se lo uccidessi, come potrei cuocerlo senza farmi notare da nessuno?

Il cinghiale mi osserva senza mostrare alcuna emozione. Non sembra essere qui per farmi del male. Forse anche lui è stato portato qui contro la sua volontà, provo un po' di pietà nei suoi confronti.
“Scusa se ho pensato a mangiarti” bofonchio in imbarazzo mentre mi soffio nuovamente il naso. Dannato raffreddore!
La belva inizia ad annusare il terreno, per poi smettere all'improvviso, senza alcuna ragione. Lo vedo agitarsi e sbattere lo zoccolo per terra. Ora che ci penso è strano vederlo a quest'ora: i cinghiali girano nelle ore notturne e serali. Cosa ci fa qui a quest'ora del giorno? Non devo abbassare la guardia.
Alzo lo sguardo e noto un paracadute argentato cadere a qualche metro di distanza. L'animale inizia ad agitarsi sempre di più, come se la sua presenza lo infastidisse. Forse non vuole che mi avvicini al dono. Probabilmente se me ne andassi non mi inseguirebbe, ma voglio il regalo inviatomi dagli sponsors: potrebbe benissimo essere quello che volevo. Temo proprio che devo prepararmi ad uno scontro. Devo stare terribilmente attenta, i cinghiali sono molto pericolosi quando sono arrabbiati e quelle zanne non promettono di certo cose piacevoli. Come immaginavo non è un animale normale: è programmato per attaccarmi di fronte agli ordini degli strateghi.
Se là dentro ci fosse veramente una spada come mi auguro, potrei anche farcela. Si tratta solamente di essere più veloce di lui. Se ci fosse altro però, sarei fregata e destinata a morte certa. È un azzardo, ma pensandoci bene, perché mandarmi un cinghiale addosso per un semplice maglione o un barattolo di fagioli? Certo, c'è sempre la possibilità che gli strateghi mi stiano prendendo in giro, ma non posso vivere sempre sulla difensiva. Occorre rischiare di tanto in tanto.
Scatto verso il paracadute, e come immaginavo il cinghiale inizia a caricarmi. Mi volto di scatto e lo colpisco sul muso con il sasso, facendolo indietreggiare e grugnire dal dolore. La mossa mi ha concesso qualche secondo di vantaggio, quel che basta per aprire la scatola e trovare all'interno la mia dannata spada, quella forgiata direttamente da mio padre.
Sento il cinghiale a pochissimi metri da me, mi scanso gettandomi a destra, colpendolo poi sul collo, infilzandolo. L'animale si agita, ma finisce per morire affogato nel suo stesso sangue.
Il mio cuore riprende lentamente a battere normalmente, solo ora mi accorgo di alcuni segni sulle gambe. L'adrenalina era così alta da non farmi accorgere del dolore, curioso, non mi era mai capitato. Alla fine non sono uscita completamente incolume dallo scontro, ma non credo sia nulla di grave: ho delle bende con me, dovrebbero bastarmi.
Oro ho la mia spada, il mio lasciapassare per l'arena. Riuscirà a farcela? Ma soprattutto: come cucinerò questo cinghiale?

 

Caitria “Cat” Dalekein, tributo del distretto 6, arena

 

Il mio stomaco brontola furioso a causa dell'assenza di lavoro, e non è l'unico a lamentarsi purtroppo. Ogni giorno mi sento più debole, ho sempre più sonno. Ho letto che si può rimanere senza cibo anche un mese, ma poi la fine è inevitabile. Mi chiedo se sarei in grado di resistere per tutto quel tempo. Forse sì, ho già conosciuto la fame in fondo. Posso farcela, anche se la mia mente torna sempre su quell'argomento. A volte la fame si mischia alla mia fantasia e finisco per immaginare enormi città popolate da cibo antropomorfo dove le portate principali costituiscono l'aristocrazia, le verdure sono gli hippie e i limoni sono i mafiosi. Cavolo, quanto odio i limoni. Il re deve essere un cibo costoso, ma buono, come quelli che si trovano a Capitol. No... nulla di buono può provenire da quel posto. Un re del genere sarebbe sicuramente crudele e spietato, un tiranno in tutto e per tutto. Sbuffo, sono tutte balle. In questo momento me lo mangerei lo stesso.

Esco fuori dal cespuglio che uso per dormire e mi stiracchio per bene. Anche oggi ho dormito troppo, solo che da sveglia non so cosa fare. Ho paura di avventurarmi per l'arena, temo di incontrare gli altri. Tanto non conosco così bene le piante da saper distinguere alla perfezione quelle velenose da quelle innocue. Non ha senso girare a caso, mi farebbe bruciare solamente calorie, e non posso permettermi questo lusso.
Tamburello il buongiorno ad Yvon e prendo in mano il mio depuratore artificiale. L'unico cosa che posso fare è bere, aspettare e resistere.

Ieri ho passato molto tempo nella grotta, a causa della pioggia. Si è rivelato un buon tetto, mi ha permesso di non bagnarmi e dunque di non passare una nottata di merda. Inizialmente questo posto mi spaventava, ma sto iniziando a vederla come una casa, anche se preferisco solitamente gli ambienti stretti come quelli dei vagoni. Neppure il suo odore mi dispiace a dire il vero. Mi ricorda un pochino la nonna di Yvon. È strano che odori come una grotta, forse suo nipote ne sa il motivo. Non gli ho mai chiesto, non mi sembravano fatti miei, eppure adesso ne sono talmente curiosa da farmi quasi una questione di vita o di morte. Forse sono semplicemente sola da troppo tempo. La solitudine è stata la mia mamma adottiva, non avrei mai pensato che un giorno l'avrei trovata stretta. Sono patetica, dove penso di andare? Non sono in grado di relazionarmi agli altri, sono un disastro. Sono goffa, cupa, timida e perennemente distratta. Non so neppure come Yvon voglia stare al mio fianco.

Sono quasi giunta al mio ruscello, quando mi accorgo di una luce bluastra provenire da poco lontano. Non l'avevo mai vista prima.
Osservo quel punto a lungo, indecisa se andare o meno ad investigare. Investigare... che parolona, come se fossi Sherlock Holmes. Chissà come sarebbe essere intuitiva ed intelligente come lui. Forse sarei ammirata da tutti, anziché temuta a causa delle mie discendenze. In ogni caso voglio Yvon come Watson, non ho dubbi. Lui è nato per fare l'aiutante, anche il suo volto da elfo di Babbo Natale lo conferma.
Spinta dalla curiosità mi incammino verso la luce, domandami nel frattempo che cosa potrei incontrare a destinazione. Nella peggiore delle ipotesi un qualche ibrido fosforescente. No, impossibile! Avrebbe un aspetto così ridicoli che nessuno aldilà dello schermo ne avrebbe paura. Un ibrido del genere sarebbe inutile per gli scopi di Capitol.
Finalmente lo vedo: è un'enorme graffito, simile a quelli disegnati dagli uomini delle caverne. Perfino i tratti del disegno sono simili, con la sola differenza che i loro non brillavano al buio. Un falso storico, l'ennesimo costruito da Capitol. Ci sono abituati d'altronde: chi meglio di loro sa costruire le menzogne? Forse è questo il loro lato che odio più di tutti, perfino della loro crudeltà verso noi tributi. Farsi gioco della storia, dell'intelligenza dell'intera popolazione di Panem è insopportabile. Credono davvero che siamo così stupidi da cascare in una cosa del genere?
Osservo i dettagli dell'opera. Avrebbero potuto benissimo vederla come una strana forma di arte contemporanea anziché metterla qui. I volti degli uomini sono molto espressivi nonostante il tratto primitivo. Mi sembra quasi di avvertire la loro fatica fisica mentre si apprestano della caccia, così come avverto il dolore della lupa trafitta dalle loro lance. Mi accorgo anche della presenza di un cucciolo scolpito qualche centimetro più in basso. La sua forma, il suo sguardo... mi ricorda tanto il cucciolo che ho visto ieri. Era così dolce, mi piacerebbe tanto rivederlo.
Senza accorgermene, sfioro i contorni della sua figura e d'un tratto la luce blu del graffito si spegne, scomparendo all'improvviso. La grotta torna ad essere quasi completamente buia, ad eccezione di un singolo raggio di sole che proviene da una fenditura in alto. Faccio un passo indietro a causa della sorpresa, quando mi sento afferrare per la caviglia. Urlo per il terrore e tento di fuggire, ma qualunque cosa mi abbia afferrata mi stringe forte, impedendomi di muovermi come vorrei. Cado per terra e mi volto indietro per vedere cosa mi blocca, non vedo nessuno, ma lo spettacolo è ugualmente raccapricciante. Il mio piede e la mia caviglia sono immersi nel terreno. Agito la gamba per liberarla, ma come unico risultato anche il mio polpaccio viene inghiottito.
“Aiuto!” grido allarmata, ma nessuno risponde. Come potrebbero? Sono sola. E poi anche se fosse, eventuali alleati sarebbero già fuggiti. Mi agito ulteriormente, ma anche il ginocchio affonda, e sento anche l'altra gamba venire mangiata dal nulla. Ad ogni mio movimento la situazione peggiora, ma stare immobile è impossibile. Mi aggrappo al terreno con le unghie, mentre il mio bacino sprofonda negli abissi. Il mio respiro si accorcia, mentre il mio volto si riempie di lacrime. Inizio ad andare in iperventilazione quando ormai sono dentro la trappola dall'ombelico in giù. Faccio un ultimo tentativo per liberarmi, ma non sento le gambe, e le mie braccia non sono abbastanza forti. Sento le spalle venire avvolte da quell'umido e mortale abbraccio. Rivolgo la testa verso l'alto, guardando per l'ultima volta la luce del sole di quella fenditura. Ripenso alla mamma, ad Yvon, ai miei treni- la terra sta accarezzando le miei guance- alla cioccolata, al cucciolo di lupo. Ho detto addio a tutti. Traggo un ultimo respiro.

 

 

 

 

Siamo arrivati alla top ten. I tributi rimasti sono: Judith, Adrian, Angelie, Jasmine, Chester, Ivar, Richard, Jennifer, Liam ed Autumn. Mi dispiace per gli errori, ma oggi pomeriggio ero parecchio cotta.

Alla prossima!

 

Classifica:

24° Elyia Bolton, distretto 7, ucciso da Judith, 2 pov

23° Krinsda Dramir, distretto 4, uccisa da Esther, 2 pov

22° Nickolas Logan, distretto 10, ucciso da Angelie, 2 pov

21° David Conrad, distretto 11, ucciso da Angelie, 3 pov

20° Marissa Mellark, distretto 12, uccisa da Alexys, 2 pov

19° Esther Suzanne Grestan, distretto 7, uccisa da Adrian, 3 pov

18° Dalissa Manique, distretto 9, uccisa dalla trappola di Chester, 4 pov

17° Cassian Nayor, distretto 12, morto sacrificandosi per i compagni, 3 pov

16° Bruce McRon, distretto 5, ucciso da una trappola dell'arena, 3 pov

15° Libero Howard, distretto 4, ucciso da Angelie, 3 pov

14° Achille Edipo, distretto 2, ucciso dagli aghi inseguitori, 4 pov

13° Alexys Sinclair, distretto 11, uccisa dai favoriti, 5 pov

12° Hellen Forbes, distretto 5, uccisa da Adrian, 4 pov

11° Caitria Dalekein, distretto 6, uccisa da una trappola dell'arena, 5 pov

 

 

 

Feriti:

Angelie (ferita alla spalla, fame, indebolita)

Jasmine (graffiata, colpita alla testa)

Autumn (infreddolita, raffreddata, ferita leggermente alle gambe)

 

 

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Capitolo 19
*** Decisione ***


Giorno 5, crepuscolo

 

Ivar “Senzaossa” Ludwig, tributo del distretto 6, arena

 

Ho caldo, mi sento bruciare. Perché la mamma ha accesso il fuoco in piena estate? Forse ha sentito uno spiffero e avrà temuto un peggioramento improvviso del meteo, non so. Quella donna rimane comunque troppo apprensiva, deve piantarla o le verranno un sacco di rughe prima del tempo. Sarebbe un peccato, è una donna così bella, meriterebbe qualcuno migliore di papà. No. No... non si chiama papà, si chiama Asvald, e mi ha ripudiato.

Mi tasto il petto finché non trovo l'orlo della maglia. Al tatto mi sembra leggera come quelle di cotone, ma sono certo che è impossibile. Me la sollevo lentamente, ma una mano fredda mi blocca.
“Non credo sia una buona idea” commenta una voce maschile e familiare. Alzo lo sguardo ed intravedo Chester. Ha un'aria particolarmente stanca, e i suoi vestiti sono tutti bagnati.
“Cosa ci fai a casa mia?” gli domando mentre richiudo gli occhi a causa della stanchezza. Ho l'impressione che tutto richieda uno sforzo epico, perfino spostare leggermente il braccio come prima. Ho tanto sonno.
“Casa tua? Ivar, sai dove ti trovi per caso?” mi domanda allarmato il mio amico. Che domanda schiocca, non me la sarei mai aspettata da lui. A pensare che abbiamo fatto una fatica immensa per rivederci. I viaggi fra i distretti non sono solitamente permessi, ma per noi hanno fatto un'eccezione perché... perché... perché?
“Perché sei qui? Puoi dire alla mamma di spegnere il fuoco?” chiedo a fatica. Non ne so bene il motivo, ma mi sento la gola molto secca. Eppure mi sembra di aver bevuto da poco. Ricordo anche che ha piovuto, e non ho mai avuto così tanto caldo come in quel momento. Mi sentivo schiacciato da qualcosa.
Osservo Chester, sembra molto preoccupato. Non sembra neanche un ragazzo di quindici anni, ma di venti o forse anche di più. Ha le spalle chine, e fissa un punto imprecisato fra i suoi piedi. Siamo invecchiati tutti, suppongo. “Chester?”. Il mio compagno si gira, ha gli occhi lucidi, deve essergli entrato qualcosa nell'occhio “Voglio uscire” aggiungo con un tono di voce flebile.
Sul suo volto appare un sorriso amaro, ed annuisce intensamente “Lo voglio anch'io”.
Sorrido anch'io, ma di gioia, sapevo che mi avrebbe capito. Gli spazi chiusi gli stanno stretti, proprio come me. Ho sempre desiderato avere qualcuno con cui condividere un'avventura. È vero che ho Asmund, ma lui è un cagone, odia questo genere di cose.
“Devo farti conoscere qualcuno” affermo mentre osservo il cielo bluastro “Ho una vicina di casa che è single. È molto gentile ed è anche carina. Potrei convincerla ad uscire con te. Così faremo degli appuntamenti a quattro: io, te, Yidu e Ealhswith”. Chester si morde forte il labbro, devo averlo messo in imbarazzo. “Scusa, non avevo capito che eri dell'altra parrocchia”.
“No! Non... lascia stare” dichiara mentre allunga la mano verso il mio volto, ma improvvisamente si blocca e ritira il braccio.

Osservo nuovamente il cielo, la luce se ne sta andando. È uno spettacolo bello, anche se triste. Sta morendo un altro giorno, e anche se domani c'è ne sarà un altro, non sarà mai come questo. Non si può fare niente per impedirlo, siamo impotenti. Non è giusto, non voglio che scenda la notte.
Senza che me ne accorga inizio a piangere, prima silenziosamente, poi fra i singhiozzi.

“Ehi, ehi, che ti prende?” mi domanda Chester scuotendomi per la spalla.
Scuoto la testa, non mi va di parlarne, è una cosa stupida. Rimaniamo in silenzio, nessuno dei due sa cosa dire. A dire il vero faccio fatica a trovare un argomento di conversazione. Sento il mio corpo bruciare, ogni muscolo è straziato dalla stanchezza e dal dolore. La testa mi gira, non credo che riuscirò a tenere gli occhi aperti ancora a lungo. Ho tanto sonno, ma non voglio dormire. Ho paura di sprofondare nel nulla. Mi sento perso ed impotente.

Le mie narici si riempiono di un odore familiare che sa di cannella e di rosa. Amo questo profumo con tutto me stesso.
Mi volto nuovamente e vedo Yidu accanto a me. È bella come la ricordavo: bionda, con il viso a forma di cuore, gli occhi celesti, e quelle lentiggini che ho baciato una per una. “Grazie” le sussurro mentre afferro a fatica il suo mignolo. La sua mano è tanto fredda.
“Di cosa?” mi domanda lei con un sorriso. Il mio tesoro non lo fa spesso, ma quando sorride si illumina il mondo intero. Non ho mai capito cosa abbia mai trovato in me, avrebbe potuto avere di meglio.
“Di essere venuta. Ci tenevo tanto a rivederti” le spiego con calma. Lei mi guarda inizialmente confusa, ma poi nel suo volto appare un'espressione oscura di paura.
“Cosa c'è, amore?” chiedo apprensivo, stringendo quell'unico dito con tutte le forze che mi rimangono. Rimane ferma, quasi parallelizzata, per un interminabile lasso di tempo. Finalmente si scuote e mi fissa negli occhi, mentre delle lacrime le scendono dalle guance. Vorrei tanto asciugargliele, ma non ho la forza per alzarmi. “Nulla, sto bene” risponde stringendo forte la mia mano. Non ricordavo che avesse una stretta così salda, devo esserle mancato.
“Ti amo, lo sai?” le chiedo quasi retorico. Lei annuisce sorridendo amara.
“Ivar...”. Sembra voglia aggiungere altro, ma si blocca all'improvviso. Si morde il labbro con forza, mentre con la mano libera si asciuga le lacrime. È straziante vederla in questo stato. “... avrei voluto far di più per te, mi dispiace”.
Sgrano gli occhi. Come può pensare a una cosa del genere? “Cosa dici? Se sono grato di essere nato è grazie a te, e alla mamma, e a Edgar, Ealhswith, Asmund e Chester. L'ultimo è un tipo simpatico, devo fartelo conoscere” a questa mia uscita lei diventa ancora più triste. “Sono felice di averti conosciuto” aggiungo nella speranza di farla sorridere.
Annuisce con forza, coprendosi poi il volto per nascondere le lacrime. Vorrei dirle di non farlo, perché è sempre bella, anche quando piange. Purtroppo però non ne ho l'energia, mi sento troppo debole. Ho bisogno di dormire.

 

Chester Colin Herstone, tributo del distretto 3, arena

 

Ivar chiude gli occhi, sprofondando nuovamente nel buio. Mi chiedo se si risveglierà.
È peggiorato molto in fretta; la febbre continuava a salire nonostante gli antipiretici presi dalla cornucopia. Non gli hanno fatto quasi nulla, si vede che erano troppo blandi. Una parte di me, una che credevo morta e sepolta, ha sperato fino all'ultimo in un aiuto da parte degli sponsors, ma non è arrivato assolutamente nulla. Ci hanno abbandonati senza alcun ritegno. D'altronde cosa siamo io e lui? Reietti, rifiuti della società. Tutti sarebbero contenti se morissimo, e a breve saranno accontentati. Ivar non durerà ancora a lungo, è chiaro. Non ho mai visto nessuno delirare così tanto a causa della febbre. Non sapeva dov'era, non sapeva chi ero. Quanto può durare uno messo così male? È stato straziante vederlo così, credo di non aver mai pianto così tanto in vita mia. Gli abusi di mio padre mi scatenavano una grande tristezza, è vero, ma anche una gran rabbia e avevo pur sempre la speranza che un giorno tutto sarebbe finito. Ora invece che cosa mi rimane?

Prendo dallo zaino l'ultima scorta di cibo, una scatoletta di tonno. La divoro nel giro di un minuto senza alcuna riserva, tanto Ivar non è in grado di nutrirsi. Più volte ho insistito per fargli mangiare qualcosa, ma senza il minimo successo. Ho fatto di tutto per lui, l'ho perfino riparato con il mio corpo durante la pioggia dell'altro giorno, ma è chiaro che i miei poteri finiscono qui. Non posso fare assolutamente più nulla per lui. Morirà qui da un momento all'altro.
Mi chiedo se avrebbe potuto vincere se non si fosse ammalato. Forse sì, chissà. Avrei preferito, tanto chi mi aspetta al distretto? Vincere per me significherebbe solo fare un dispetto a tutti coloro che mi hanno abbandonato; vivere in libertà nonostante il loro odio. Ivar aveva persone che lo aspettavano e che lo amavano. Io.. io invece non mi merito alcuna vittoria.

Che idiota! Perché anziché studiare oggetti tecnologici a cui non frega niente a nessuno, non sono diventato un guaritore? Forse a quest'ora...
Mi do un pugno sulla coscia per farmi rinsavire. Questi pensieri non aiuteranno nessuno, non posso cambiare il passato, posso solo accettare il presente. Ho perso il conto del numero delle ore in cui mi sono scervellato per trovare un'alternativa. Nella cornucopia non c'era nulla, ne sono certo. L'unica era girare a caso sperando di trovare un tributo che avesse le medicine che cercavo, ma era un azzardo, anche perché avrei dovuto lasciare Ivar da solo.
Osservo il cielo, ormai è sera. Non intravedo nuvole, e neppure stelle. Sembra l'inizio di una nottata tranquilla, ma non si può mai dire. Con un po' di fortuna i capitolini si staranno intrattenendo con il nostro dolore e non ci invieranno nulla addosso.

Mi arrampico sull'albero lì vicino e mi guardo intorno una volta arrivato in coma. Non si vede nessuno, siamo al sicuro anche per questa nottata. Sto per scendere, quando parte l'inno di Panem. Alzo lo sguardo al cielo ed intravedo i volti dei morti del giorno. La prima è la ragazza del cinque, a cui segue quella del sei. È tutto. Dunque erano per loro quei colpi di cannone? Mi chiedo che rapporti avesse Ivar con Caitria, in fondo provenivano dallo stesso posto. Non credo fossero amici, ma ognuno di noi si sente comunque legato all'altro tributo del proprio distretto. Ammetto che proverei un po' di tristezza nel sapere della morte di Jasmine, anche se d'altro canto mi sentirei immensamente sollevato. Quella ragazza è troppo pericolosa, e sono sicuro che commetterà qualcosa di grosso. In fondo me l'ha promesso.
Scendo dall'albero ed osservo Ivar, ancora immerso nel sonno. Dovrei dirglielo, certe cose è meglio saperle subito. Inoltre è il caso di farlo bere, è da un paio di ore che non lo fa. Sta sudando un sacco, ha bisogno di molti liquidi.

Mi avvicino nuovamente a lui, non c'è traccia di dolore nel suo volto, sembra perfino stare bene. Mi sento un po' in colpa nel doverlo svegliare.
“Ivar?” lo chiamo debolmente, ma non si muove minimamente. Deve essere proprio cotto. Tiro fuori la borraccia dallo zaino ed inizio a scuoterlo con gentilezza. “Devi bere, poi ti lascio in pace”. Ivar rimane immobile, assolutamente insensibile ai miei richiami. Sospiro, non mi sente. Ci riproverò dopo.
Sento un rumore improvviso poco distante, e mi volto di scatto temendo il peggio. Fortunatamente è solo un uccello, un'aquila. No, aspetta, non credo. Mi sembra che le aquile non abbiano il becco fatto in quel modo. Dovrei chiedere ad Ivar, in fondo ha una spilla con quell'animale come portafortuna, sono certo che ne sappia più di me.
“Ivar!” lo richiamo scuotendolo con più forza, ma neppure questa volta si muove. La cosa inizia a crearmi un certo sospetto. Come è possibile che neppure questa volta si sia svegliato? Lo agito con maggiore forza, e ad ogni spinta cresce il mio terrore.
“Ivar!” grido con forza, arrivando a tirargli perfino uno schiaffo, ma niente. Mi metto le mani fra i capelli. È morto? Eppure non ha sparato alcun cannone!
Mi piego sul suo petto per ascoltarne il battito. C'è, ma è molto debole. L'ora deve essere giunta. Inizio ad ansimare per la paura, afferrando con forza la sua mano.
“Non mi lasciare, ti prego” affermo come se mi aspettassi un qualche tipo di risposta da parte sua.
Chiudo gli occhi con l'infantile desiderio di non vedere ciò che accadrà a breve.
Rimango lì, fermo ed imbambolato, finché il cannone non suona di nuovo.

 

Richard “Ricky” Whitestorm, tributo del distretto 8, arena

 

Un tuono di cannone distrugge il silenzio. Un altro tributo è morto, lasciando questo mondo per sempre. La mia mente corre verso Autumn, come sempre in queste occasioni, ma è inutile preoccuparsi. Sono sicuro che stia bene. È una in gamba, arriverà di sicuro fino al festino, se non fino in fondo. Sbuffo, sento già la mamma sgridarmi: “Non ragionare così, il vincitore devi essere tu e soltanto tu”. Mi lascio sfuggire un debole sorriso, vorrei tanto che fosse qui con me, mi manca tanto, mi mancano tutti.
Io... devo concentrarmi se voglio rivederli, devo pensare ad un piano. Ho visto che la ragazza del cinque è morta, la grotta dell'altro giorno è dunque nuovamente libera. Potrei nascondermi lì per un po', ma non per sempre. Gli strateghi non mi permetteranno mai di vincere in quella maniera. L'unica è sperare che gli ultimi rimasti si uccidano fra di loro, in modo tale da lasciare vivo me. Potrei facilitare il processo se costruissi qualche trappola.

Scuoto la testa, sarebbe da ipocriti. Ho deciso che avrei provato a vincere senza uccidere nessuno, perché non volevo morire dentro come Hellen. Anche se le mie mani non si sporcassero direttamente del loro sangue, ne sarei comunque il responsabile. Come direbbe quel politico di cui non ricordo il nome: “Non c’è differenza tra uccidere personalmente e prendere decisioni che invieranno altri ad uccidere. È esattamente la stessa cosa”. Non diventerò un assassino.

“Dannazione!” urla una voce femminile poco distante.
Mi avvicino con cautela più per curiosità che per altro. Mi nascondo dietro ad un albero ed intravedo nell'oscurità una ragazza molto alta con i capelli rossi allungare la mano verso la cima di un albero. Alzo lo sguardo e comprendo il motivo dei suoi sforzi: incastrato fra i rami, c'è un dono degli sponsors. La ragazza continua ad imprecare, è rossa in viso per la rabbia. Perché non si arrampica semplicemente? C'è qualcosa che non quadra. Dopo un po' noto che la ragazza del due non muove mai una delle braccia. Deve essere senza dubbio ferita.
Una parte di me vorrebbe aiutarla, perché so benissimo quanto siano importanti quegli aiuti, ma mi rendo conto che non sarebbe una mossa intelligente. Mi ricordo di lei: nella sfilata guardava il pubblico con un enorme sorriso che trasudava di sicurezza ed eccitazione. Durante gli allenamenti era quasi sempre attaccata all'ascia che muoveva con facilità, quasi come se fosse nata con quella in mano. Nelle pause si approcciava ai suoi alleati con una gentilezza un po' rude, guardando tutti gli altri con quell'arroganza e quella superiorità tipica dei distretti ricchi. Dove sono i suoi alleati? Possibile che sia sola? Quante persone saranno rimaste alla cornucopia ormai? Lei è sicuramente un avversario temibile, se sparisse sarebbe meglio per tutti. Ho detto che non voglio uccidere, ma non per questo sono disposto ad aiutare chiunque.
Traggo un lungo respiro e mi allontano, ma nel farlo calpesto un ramo secco, facendo così un gran rumore. Mi volto e vedo gli occhi azzurri di Angelie puntanti su di me. Cazzo! Perché cavolo sono sempre così goffo? Inizio a correre verso la salvezza, mentre lei grida un: “Aspetta, aspetta, maledizione!”.
Mi volto, mi sta facendo cenno di fermarmi, non ha l'ascia con sé. Che cosa vorrà? Vale davvero la pena fermarsi ad ascoltarla? Fermo la mia corsa, mantenendo comunque una buona distanza fra di noi. Incrocio le braccia e mostro il mio sguardo più sicuro, non deve capire che ne sono spaventato.
“Io...” afferma lei bloccandosi all'improvviso, come se stesse facendo un'enorme fatica a trovare le parole giuste “...io...” continua mordendosi forte il labbro “.. io ho bisogno d'aiuto!” afferma infine tutta d'un fiato.
Rimango impietrito per lo sgomento, non mi aspettavo questa richiesta da parte sua. Deve essere proprio disperata. Un po' mi fa pena: l'avevo inquadrata come una guerriera indistruttibile che non voleva l'aiuto di nessuno, mentre ora davanti a me c'è solo una ragazza qualunque, stanca, ferita, e volontaria per qualcosa di molto più grande di lei. Ora che ci penso tutti i tributi del distretto 2 sono un po' così. Che cosa insegnano da quelle parti? Perché lei voleva venire qui a tutti i vostri? Che razza di infanzia ha avuto?
“Non guardami così!” sbotta lei all'improvviso, stringendo forte i pugni “Ti darò parte del contenuto del bottino e...” si interrompe, digrignando con forza i denti “... e giuro che ti ucciderò per ultimo”.
Scuoto la testa, è incredibile. Perfino in un momento come questo è aggressiva. Almeno non ha perso il suo spirito combattivo, il che non è male. “Non mi sembra un buon metodo per ottenere ciò che vuoi, soprattutto perché non hai detto nessun “per favore” Le faccio notare.
Angelie sbuffa, mostrando un ghigno divertito “Allora aggiungo alla mia offerta un salvataggio in caso ti beccassi mentre sei nei guai. Il tuo angelo custode pronto a farti finire dritto in finale”.
Sposto lo sguardo scettico. Mi conviene accettare? Ripenso ai miei fratelli, ai miei genitori, ai miei amici, a Cassian. “Chi mi dice che manterrai il patto?”
“Non mi importa chi arriverà secondo, basta che vinca io” replica semplicemente. Logica impeccabile. Potrebbe rivelarsi utile in qualche modo, anche se c'è qualcosa che non mi convince del tutto, anche se non capisco bene cosa sia.
“D'accordo, hai vinto. Ma non siamo ufficialmente alleati, è solo un accordo” borbotto. Angelie annuisce e in seguito vado verso l'albero dove si è incastrato il suo dono.
Mi arrampico con fatica, rischiando più volte di cadere. Alla fine riesco ad afferrare la scatola e a consegnarla. Angelie la apre con avidità, trovando al suo interno un po' d'acqua e un barattolo con del cibo. La ragazza sbatte per terra la scatola, imprecando con rabbia.
“Non è così male” le faccio notare. Angelie mi guarda con odio per una frazione di secondo, ma riesce comunque a reprimere i suoi istinti omicidi.
“Speravo in... niente, lascia stare” afferma con voce incrinata, alludendo sicuramente a qualche medicinale. Sento nuovamente quell'odiosa sensazione, ma faccio di tutto per reprimerla. Non devo cadere in trappola, è pur sempre mia nemica.
“Beh, allora vado” sussurro, voltandomi.
“Aspetta!” mi volto nuovamente, fa cenno verso il contenuto della scatola “Secondo il patto dovevi prenderti parte del contenuto”. Sospiro, quella roba non mi serve. Ho ancora della carne essiccata e un po' d'acqua. Potrei rifiutare, ma penso che in questo modo la offenderei. Decido dunque di bere un po' del contenuto della bottiglia.
Sto per andarmene, quando noto che sta addirittura tremenda per la frustrazione. So che me ne pentirò, ma non me la sento di stare fermo a guardare. Non dopo che lei ha rispettato parte del patto.
“Vedi quella pianta?” affermo indicandole un cespuglio verde oliva poco distante “Ha un'azione antinfiammatoria. Basta che mastichi le foglie e che le applichi sulla ferita”
“Ma come...” mi interrompe lei sorpresa.
“Non farà miracoli, ma potrebbe aiutarti. Buona fortuna”. Mi allontano senza darle alcuna possibilità di risposta. Sento di aver fatto un grosso errore. Spero davvero di non pentirmene.

 

Jasmine Thompson, tributo del distretto 3, arena

 

Infilo in bocca l'antidolorifico e lo mando giù attraverso un sorso d'acqua. Questo mal di testa non mi sta lasciando tregua, inizio a compatire il defunto Libero. Non deve essere stato facile per lui convivere con l'emicrania. Mi siedo rimanendo pur sempre all'interno del mio sacco a pelo. Mi sento ancora stordita, anche se mi sento decisamente meglio rispetto a prima.

Ricapitoliamo: sono andata con Adrian a cercare delle erbe, ci siamo separati e sono stata attaccata da Hellen. Ora lei è morta. Fin qui ci sono, quello che non capisco è cosa ci faccia qui. Perché sono ancora viva? Era facilissimo terminarmi in quella condizione, in fondo non riuscivo neppure ad alzarmi in piedi. Eppure sono ancora qui. Perché Adrian mi ha risparmiata? Avrebbe potuto benissimo dire a Judith che era stata Hellen, che aveva fatto il possibile per me, ma che aveva fallito. Ha perso un'occasione d'oro. Si è forse dimenticato che da qui ne esce vivo solo uno? Non credo... Adrian non è come Judith. Lui è venuto qui pronto anche da un punto di vista psicologico, non ha mai mostrato riserve nell'uccidere quando era necessario. Quindi, davvero, non capisco.

“Ehi, come stai?” mi domanda Adrian. È seduto poco lontano da me, e mi fissa con i suoi occhi castani.

“Meglio, grazie” rispondo fredda, un po' a disagio. Il non capire ha sempre generato in me brutte sensazioni, a volte perfino fisiche. Cosa serve essere intelligenti se non si possono ottenere le risposte che si desiderano? Siamo dotati di occhi per osservare, di una mente per riflettere e comprendere. Il mondo appartiene a chi conosce.
“Mi hai fatto preoccupare laggiù” confessa abbozzando un sorriso. Vederlo così sereno mi fa salire ancora di più il nervoso. Cosa avrà da festeggiare? Ha un'avversaria, quella più temibile, ancora in vita.
“Perché mi hai salvato?” gli chiedo a bruciapelo, pentendomene subito. Che cosa mi sta prendendo ultimamente? È come se stessi abbassando le mie difese con questi due. Non posso seminare in loro dei dubbi, devo continuare a fingermi leale, simpatica e servizievole fino alla fine!
Adrian non risponde subito, si prende un attimo per pensarci su “Perché siamo alleati, immagino”. Lo sentivo che avrebbe risposto così. Continua a non avere senso però, non a questo punto dei giochi. Rimaniamo solo in nove.
“Non per molto per forza di cose” replico, gettando un'atmosfera cupa su di noi.
“È vero. Ma non potevo non farlo”
“Perché!?” insisto con maggiore veemenza.
“Perché siamo amici”.
La sua risposta mi colpisce dritta la cuore. Amici? Amici... Tze, che fesseria. Siamo qui per ucciderci. I sentimenti sono un impedimento per la vittoria, per il progresso e il successo. Farsi sopraffare da loro significa morire, soprattutto nell'arena. Non posso farmi schiacciare, devo soffocare la cosa sul nascere.
“Judith è riuscita ad accendere il fuoco” riprende Adrian “Vado a portarle un po' di padelle. Mangeremo la Stellina che abbiamo raccolto”.
“Stellaria Media” lo correggo in automatico. Adrian annuisce senza replicare, con l'aria tipica di chi sostiene che “un nome o l'altro, la sostanza è la stessa”. Solitamente una reazione del genere mi farebbe innervosire, ma non questa volta. La mia testa continua a rimuginare sul pericoloso che sto percorrendo. I legami indeboliscono le persone, li rendono illogici ed impulsivi. “Dì a Judith di scaldare un po' d'acqua, vorrei fare una tisana”. Adrian fa cenno di sì con la testa e si allontana, lasciandomi sola.
Approfitto della solitudine per inserire la mano dentro la tasca. Al suo interno trovo la Punta dell'assassina, la pianta velenosa che ho raccolto prima di scivolare nel precipizio, quella che ho spacciato ad Adrian come foglie di Rosa canina. Nella caduta ho perso buona parte del materiale che avevo raccolto. Quella che ho basta per uccidere solamente uno di loro. Uno di loro entro l'ora di pranzo sarà morto, mentre il sopravvissuto desidererà la mia morte. Non sono sicura che collegheranno direttamente la morte a me, ma anche se fosse sono troppo vicini alla fine per avere di nuovo pietà di me.
Ora rimane una domanda: chi ucciderò fra i due? Entrambi sono degli abili combattenti, in caso di scontro diretto non ce la farei con nessuno dei due. Tuttavia entrambi mi considerano loro amica e potrebbero esitare prima di colpirmi. Scuoto la testa, non posso crederci davvero. Adrian si è dimostrato un freddo assassino all'occorrenza, mentre Judith sa diventare una furia omicida quando le toccano determinati tasti, basti pensare con quale rabbia ha aggredito Angelie. Se capisse che Adrian è morto per colpa mia, renderebbe l'uccidermi il suo scopo di vita, ne sono certa. Una volta somministrata la sostanza non potrò più manipolarli, nessuno dei due. Uccidere l'uno o l'altro è uguale. Si tratterà in seguito solo di arrivare viva al festino, dove attiverò il mio piano segreto.
“Ti ho portato direttamente le tazze, se non è un problema!” la voce di Adrian mi fa sussultare per lo spavento. “Scusa, effettivamente qui in arena è meglio non spuntare all'improvviso!” si giustifica lui ridendo. Accenno un sorriso ad aspetto che se ne vada.
A questo punto inserisco in due tazze le foglie di Rosa canina, mentre nell'altra immergo le foglie della Punta dell'assassina. Una volta che la tisana è pronta, mi dirigo al falò con il vassoio in mano.

Nella mia testa risuonano voci ed immagini spiacevoli. Ricordo la conversazione che ho avuto con Judith la sera prima del bagno di sangue, le nostre partite a scacchi, ma ripenso anche alle premure di Adrian, al suo salvataggio, al fatto che mi abbia definita apertamente sua amica. Scuoto la testa più volte, ma proprio non riesco a far uscire i ricordi dalla mia mente. Quando sono diventata così debole? Non mi farò sconfiggere dai sensi di colpa.
Raggiungo i due davanti al fuoco, entrambi mi guardano attendendo le loro tazze. Adrian ha un sorriso appena accennato, mentre il volto di Judith appare rilassato, così come non lo vedevo da tanto tempo.
Prendo la tazza con il veleno e guardo brevemente entrambi, per poi passare la tazza a Judith.
“Grazie, Jasmine” afferma prendendo un lungo sorso dalla bevanda che la ucciderà.
Rispondo con un sorriso amaro, e porgo la tazza sana ad Adrian. Nella discussione che segue praticamente non partecipo. Un tarlo di sta mangiando quel poco che rimaneva del mio cuore, ma è sicuramente un bene.

 

 

 

 

 

 

 

Dovrei pubblicare il prossimo capitolo Sabato, e sarà un po' più sanguinolento del solito. Vi chiedo di farmi sapere di eventuali sponsorizzazioni il prima possibile. Il politico di cui parlava Richard è Golda Meir, la punta dell'assassina è invece di mia invenzione.

Alla prossima!

 

Morti

10° Ivar Ludwig, distretto 6, morto per malattia, 5 pov

 

Feriti:

Judith (avvelenata)

Angie (dolore alla spalla- in diminuzione)

 

Vi ricordo anche le alleanze:

I TOPINI: Liam, Jennifer

FAVORITI: Judith, Adrian, Jasmine

 

 

Soli: Richard, Autumn, Angelie, Chester

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Capitolo 20
*** Vivi e morti ***


Giorno 6, mattina

 

Judith “Jude” Wilson, tributo del distretto 1, arena

 

Nell'aria c'è quell'inconfondibile odore di medicinali che aleggia sempre all'interno della camera di Therese. Mi guardo intorno, e vedo solamente un lungo corridoio bianco latte senza né capo, né coda.
Deve essere un sogno, non ci sono altre spiegazioni. Sono sicura di trovarmi ancora dentro l'arena, perché non ho alcun ricordo sull'averla lasciata.

Mi muovo con fatica, reggendomi gli addominali con la mano. Il dolore è allucinante, sono sicura che vomiterò di nuovo da un momento all'altro. Chiudo gli occhi cercando di contrastare l'impulso, ma è inutile. Mi piego in avanti e vomito di nuovo, forse per la quinta o la sesta volta da ieri sera. Com'è possibile? Il mio stomaco dovrebbe essere completamente vuoto ormai! Perché sto così? Pensavo fosse dovuto a una cattiva ingestione, ma la cosa sta iniziando ad essere sospetta. Deve esserci dell'altro dietro.
“Assassina!” mi grida una voce maschile, che sono sicura di non aver mai sentito in vita mia.
“Chi va là?” domando cercando di alzarmi in piedi. Mi sento completamente infradiciata ed accaldata. I miei vestiti sono sporchi di sudore e di vomito.
“Mi hai abbandonata!” grida qualcuno altro, una ragazza, mia sorella. È qui?
“Therese!” grido mentre mi guardo intorno, ma non vedo nessuno “Therese!” ripeto a fatica, ma vengo colta da un violento attacco di tosse.
“Non soffrivo già abbastanza a causa della mia malattia?” mi chiede nuovamente con voce incrinata. “Non ho più nessuno adesso!” aggiunge poi con risentimento. Perché si sta rivolgendo a me in quel modo? Non è da lei. Therese è dolce, magnanima, non si arrabbia mai, neppure con la mamma. L'ho ferita davvero così tanto?
“Tornerò! Te lo prometto!” le grido mentre vengo colta da una nuova fitta. Il dolore è così intenso che mi sento pugnalata.
“Assassina!” dichiara una ragazza. La riconosco, è la voce del tributo donna del distretto 7. Mi guardo intorno, ma non vedo neppure lei. Intorno a me c'è solo quel bianco soffocante.
“Therese!” ripeto, cercando di ignorare le accuse esterne. “Tornerò!”
“Bugiarda!” replica lei in tutta risposta con un odio feroce “Mi lasci sola con la mamma”.
“Non ti lascerei mai da sola, lo sai! Sei mia sorella!”. Perché mi dice queste cose? Ho passato ogni momento libero con lei, non abbiamo passato un singolo giorno l'una lontana dall'altra. Siamo le uniche confidenti che abbiamo. Perché tutto quest'odio contro la mamma poi? Loro due vanno d'accordo. Therese non è arrabbiata con lei a differenza mia.
“Sei la figlia di una puttana” mormora una maligna voce di vecchia.
“No, è il frutto di un incesto” la corregge un'altra.
“No, di una violenza carnale” sostiene una terza.
“Magari di tutte e tre le cose” afferma una quarta maliziosa.
“State zitte! State zitte!” urlo coprendomi le orecchie con entrambe le mani. “Lasciatemi in pace!”
“Assassina!” Ripetono insistentemente le altre, e ben presto anche la voce di Therese si aggiunge al coro. Mi guardo intorno spaventata, ed intravedo Elyia, Esther, Alexys... e tanti altri tributi che sono già morti. Sono tutti sporchi di sangue, con il volto deformato, pieno di odio. Vogliono la mia carne e il mio sangue. Vogliono vendicarsi.
“Mi dispiace! Mi dispiace tantissimo” affermo tremendo, mentre mi piego in posizione fetale.
Dalla mia posizione intravedo Jasmine avvicinarsi con un coltello già sporco di sangue. La paura lascia il posto alla gioia nel vedere una faccia amica, e mi avvicino per abbracciarla. Proprio in quel momento, lei affonda il pugnale nel mio stomaco.

 

Mi risveglio urlando, sudata come non mai. Era un sogno, solamente un orrido sogno.
“Calmati, calmati, Judith!” afferma Adrian in preda all'agitazione. Mi guardo intorno, c'è solo lui.

“Dov'è Jasmine?” gli chiedo allarmata. Non riesco a togliermi dalla mente quell'immagine, né tanto meno la sensazione che ho provato. Sto ancora tremando, ho una paura folle, mi sento soffocare.
“È andata a cercare delle erbe per contrastare la tua nausea”. Un campanello d'allarme suona dentro di me. Che sia fuggita? No, non lo farebbe. Non mi lascerebbe qui a morire. Siamo amiche, no? Abbiamo affrontato tutto questo insieme, non può abbandonarmi all'ultimo. Eppure continuo a pensare allo sguardo che aveva mentre mi pugnalava, lo stesso che aveva quando aveva vinto quella partita a scacchi tanto tempo fa. Possibile che abbia mentito per tutto il tempo? Che ci abbia semplicemente usati come delle pedine? E se stessi male per colpa sua? Magari mi ha avvelenata, in fondo stavo bene prima di bere quella tisana.
No, no, no, no! Sto diventando paranoica, non può avermi fatto questo. Siamo amiche ed alleate. No, no! Eppure... quella sera... prima del bagno di sangue... lei mi aveva detto una cosa. Sì... ricordo ancora quelle parole:Non fare in modo che i tuoi sentimenti offuschino la tua ragione. Non farti trascinare a fondo. Pensa solo a perché vuoi tornare. Non avere pietà”.
Può essere allora? Fa male, perfino più dello stomaco.
“Adrian” prendo una pausa per paura di confessare ad alta voce i miei timori “Credi che Jasmine mi abbia avvelenata?” Una nuova fitta mi colpisce all'addome, e mi faccio fuggire un urlo di dolore primitivo, quasi animale. Subito dopo inizio a tossire talmente forte da farmi mancare il fiato. Le mie mani si tingono del rosso del mio sangue. È davvero la fine.
Adrian mi guarda spaventato, non so se per l'ipotesi che ho formulato, o per il mio stato fisico “Non può essere, l'abbiamo bevuta tutti”. Appoggia la fronte fra le mani, come se stesse rimuginando. “L'aveva accennato” costata infine.
“Cosa?” domando incredula. Allora è vero? Ci ha traditi?
“Aveva detto che non saremo rimasti molto a lungo insieme, che prima o poi avremmo tentato di ucciderci”. Il volto di Adrian si scurisce. Si alza di scatto, stringendo con forza i suoi pugnali da lancio. “Quella puttana!” urla feroce mentre scatta verso il bosco.
“Aspetta!” grido bloccandolo “Non lasciarmi. Non voglio morire da sola. Ho tanta paura” aggiungo scoppiando in lacrime. Adrian torna indietro e mi stringe la mano. I suoi occhi sono lucidi.
“Grazie” sussurro mentre vengo colta da un nuovo attacco di tosse “Non mi abbandonare”.

 

Giorno 6, pomeriggio

 

Jennifer “Jenny” Astrid Delay, tributo del distretto 8, arena

 

Il gracchiare improvviso di una cornacchia mi fa sussultare per lo spavento, ed istintivamente mi volto verso Liam per assicurarmi che sia ancora vivo. Lo trovo accanto a me, ed è pallido come un fantasma. Siamo rimasti in otto, ormai siamo giunti alla fine. Liam ne è incredibilmente spaventato, sostenendo che il momento della sua morte è sempre più vicino, in quanto dubita fortemente di uscire vivo da qui. Ho cercato di rassicurarlo, ma senza successo, d'altronde è impossibile con tutti quei favoriti ancora in vita. Per questo preferisco pensare ad altro. La mia fantasia è sempre stata la mia difesa principale, e neppure qui è riuscita ad abbandonarmi del tutto. È vero, a volte mi ha messa in pericolo, come quella volta nell'incendio, ma mi ha anche impedito di impazzire del tutto.
Avevo ragione io alla fine, sono i nostri sogni a dare forma alla vita. Mio padre continuerà a non essere d'accordo, ma non mi importa più, perché sono riuscita a dimostrare di sapermela cavare. Ho il volto livido, lo stomaco vuoto, sono dimagrita, ho leggere ustioni, sono piena di graffi, sono perfino dimagrita, ma sono ancora viva, alla faccia sua. Mi chiedo che cosa dirà durante l'intervista dato che non si aspettava minimamente che sarei riuscita ad arrivare fino a qui. La mamma invece avrà il coraggio di dirmi che mi vuole bene davanti al mondo intero? Chissà chi altro intervisteranno. Ellie? Leonard? Mi mancano tutti tantissimo.

La mia pancia inizia a brontolare, chiedendo del cibo che purtroppo non ho. La strategia di trovarne seguendo gli animali non è stata proprio vincente, in quanto non ho il passo abbastanza leggero. Liam ha dovuto dunque inseguirli tutti da solo, riuscendo però a trovare solamente un rovo con molte more. Erano buonissime, ma da sole non sono riuscite a soddisfarci. Ci stiamo indebolendo, abbiamo bisogno di cibo, decisamente.
Mi volto nuovamente verso il mio compagno, quando sento qualcosa colpirmi alla spalla. Non perdo tempo a capire che cosa mi abbia colpita, siamo in un'arena in fondo, mi limito invece a gettarmi addosso a Liam, salvandolo giusto in tempo da un oggetto metallico in volo.

“Cosa!?” esclama Liam confuso mentre si rialza.
“Corri!” mi limito ad urlargli ignorando completamente il dolore.
Un terzo pugnale vola verso di noi, ma ci manca giusto per un pelo. Iniziamo a correre a zig zag, ringraziando il cielo di trovarci in una zona dove le piante sono molte e particolarmente alte, una ideale per far perdere le nostre traccie. L'altro tributo ci insegue, ma i suoi movimenti sono rallentati da uno zaino dall'aria parecchio pesante. Deve aver portato con sé parecchia roba. Forse con un po' di fortuna riusciremo a seminarlo.
Liam rimane davanti a me per tutto il tempo, guardandosi indietro di tanto in tanto per verificare le nostre posizioni. È una fortuna che non mi abbia colpito alla gamba, o a quest'ora la mia fuga sarebbe già terminata. Mi osservo intorno in cerca di un nascondiglio, ed intravedo un enorme albero con una grossa cavità. Non va bene, è troppo ovvio. Quell'altro albero forse va bene invece. Mi giro indietro, Adrian è abbastanza lontano per poterlo ingannare.
Liam anticipa le mia mossa e corre proprio verso l'albero che avevo individuato. Senza alcun indugio lo inseguo e ci nascondiamo là dietro, fra l'erba alta, come quella volta. Forse anche questa volta riusciremo a cavarcela.

Approfittiamo di quei tre secondi di pausa per recuperare il fiato. Liam cerca la mia mano e la stringe forte. Improvvisamente riappare in tutta la sua potenza il dolore alla spalla, si vede che l'effetto dell'adrenalina è finito. Mi tasto la ferita, è più profonda di quanto immaginassi. Non c'è il pugnale però, deve essere caduto in mezzo alla corsa.
“Oh, no, Jenny!” esclama Liam dispiaciuto senza distogliere lo sguardo.

“Non è niente, starò bene” mormoro per rassicurarlo.
Sbircio fuori dal nascondiglio, e mi accorgo con orrore di tracce rosse che portano esattamente qui, in questo preciso punto. Sento il sangue gelarmi, ed inizio a sudare ancor più di prima.
“Jenny, perché fai quella faccia?” mi chiede il mio alleato allarmato. È così piccolo. Non lo dico solo perché è basso, o solo perché ha dodici anni. Lui è piccolo e basta. È indifeso ed innocente come un pulcino. È perfino biondo come loro. Non posso accettare che possa morire qua dentro, non sarebbe giusto. Non posso permettere che gli facciano del male, non me lo perdonerei mai. È colpito dell'adulto proteggere i più piccoli, devo agire. Nessuno ha mai avuto fiducia in me, nessuno ha mai pensato che avrei potuto combinare qualcosa nella vita, è ora di fargliela vedere.
Mi alzo in piedi, di fronte allo sguardo sbigottito di Liam “Riprendi a correre” gli suggerisco.
“E tu?” mi chiede sospettoso.
“Me la caverò” mento mostrandogli un ampio sorriso.
Sto per andarmene, quando mi blocca afferrandomi per il polso “Non voglio perderti come Dalissa” confessa con le lacrime agli occhi.
“Non hai scelta” replico trattenendo a stento le lacrime. Gli do un bacio sulla fronte e mi avvio nonostante le sue proteste. Spero possa capirmi e perdonarmi un giorno.

Inizio a correre senza guardarmi indietro. Voglio attaccare Adrian cogliendolo dal lato, in modo tale da sorprenderlo. Non mi illudo di sconfiggerlo, voglio solo tenerlo occupato il tempo necessario per permettere a Liam di fuggire.
Quando lo intercetto, mi getto a capofitto su di lui, e come speravo non fa in tempo a lanciarmi uno dei suoi coltelli. Mi aggrappo con tutte le mie forze, mordendolo e graffiandolo nel frattempo. Adrian tenta di afferrarmi, lanciando qualche imprecazione di tanto in tanto. La spalla continua a farmi male, ma stringo i denti. Non posso fermarmi.

D'un tratto mi sento afferrare per la felpa, e vengo sbattuta per terra. Adrian mi punta il coltello e sta per lanciarmelo, quando un sobillo lo costringe a scansarsi. Un coltello cade vicino ai miei piedi.
No... non è possibile.
Mi volto, ed intravedo Liam armato, completamente sbigottito a causa del fallimento del suo attacco. Cosa credeva di fare? Davvero sperava di avere qualche speranza? “Fuggi, idiota!” sbraito mentre Adrian sta per caricare un nuovo colpo. Liam incomincia a tremare, tutto il suo coraggio che aveva è sparito nel nulla. Non posso permetterlo, non mi sono esposta così tanto per nulla. Afferro il coltello di Liam e lo pianto nel piedi di Adrian, facendolo ululare dal dolore.
Mi volto verso Liam, sta scappando. Il tributo dell'uno prende un pugnale e sta per piantarmelo addosso, ma mi viene da sorridere. Ho vinto.

 

Autumn “La Rossa” Lewis, tributo del distretto 10, arena

 

Tocco il maglione appena arrivatomi. È liscio, con l'interno felpato e morbido. È di colore nero, come le felpe di tutti gli altri, in modo tale che si noti poco. Dopo il freddo di questi ultimi giorni, ci voleva proprio un regalo come questo.
Mi tolgo la felpa e la t-shirt, entrambe ancora umidicce, e indosso la felpa. La mia pelle, parecchio irritata, quasi urla un grazie di fronte al nuovo indumento.

Ripiego con cura i vecchi vestiti e li infilo nello zainetto. Vorrei poterli asciugare per bene, ma fermarsi in questo posto non è molto sicuro. Odio fare le cose male, ma in fondo siamo rimasti in pochissimi. Fra un paio di giorno forse potrei essere già fuori di qui. Sei. Solo sei persone ostacolano la mia vittoria. Chi sarà rimasto? L'ultima volta che è apparso l'inno eravamo ancora in dieci. Nel frattempo ne sono morti altri tre. Magari tutti e tre i favoriti rimasti. Scuoto la testa. Tze, come se fosse possibile! È più probabile che siano morti il ragazzino del nove e la tipa dell'otto, quella con la testa perennemente fra le nuvole. Un'altra possibile vittima potrebbe essere...

Sento qualcuno correre con voga, inseguito da qualcos'altro di parecchio grosso. Impugno la spada, pronta a qualsiasi evenienza. Mi tengo sull'attenti, sicura che entrambi spunteranno fuori da un momento all'altro.
Un cespuglio viene smosso, e subito impugno la spada con forza, quando mi accorgo che il tributo in questione è Richard. Spalanco la bocca per la sorpresa, allora è ancora vivo! Vengo travolta da una grande euforia, che lascia subito dopo il posto al terrore.
Dietro di lui infatti c'è un ibrido. Assomiglia ad un cavallo, ma la forma del muso è più schiacciata e il suo corpo è decisamente più massiccio. In testa ha un paio di corna acuminate. Nel vedermi, si blocca improvvisamente.
“Autumn!” urla Richard fra il sorpreso e l'allegro, notandomi solo adesso.
L'ibrido sbatte lo zoccolo a terra, ed inizia a correre caricandoci. Tratteniamo a stento un urlo ed iniziamo a correre.
“Cazzo, cazzo!” sbraita Richard nel panico.
Guardo la mia spada ed elaboro un piano, non possiamo di certo scappare in eterno da quel coso. Ho bisogno però della collaborazione di Richard “Separiamoci, ed attiralo verso di te” affermo.
“Cosa? Neanche morto!” replica lui contrariato.
“Fallo e basta!” gli ordino.
Richard digrigna i denti scontento, per poi eseguire le mie istruzioni “Ehi, stupido coso, vieni a prendermi!” lo provoca infantilmente. Stupido coso? Non aveva insulti peggiori nel suo repertorio?
L'ibrido inizia a inseguirlo come da programma, ed è a questo punto che passo al contrattacco. So che non è leale attaccare alle spalle, ma non me ne frega niente. È come quando ho sconfitto papà con l'aiuto della sabbia. Devo essere pronta a tutto. Infilzo l'essere sul fianco, bloccando la sua corsa, e facendolo ululare dal dolore. Non è ancora morto però: si gira lentamente, guardandomi con furia attraverso i suoi occhi rossi, ma un sasso lo colpisce sul muso proprio in quel momento. L'ibrido si volta verso Richard, e io ne approfitto per dargli il colpo di grazia. L'essere crolla a terra, permettendoci di tornare a respirare.

Nessuno dei due osa parlare. La gioia che abbiamo provato nel rivederci è svanita nel nulla. Su di noi pesa un numero, quello dei tributi rimasti. Siamo solamente in sette. Il cerchio si è ristretto, non possiamo continuare a far finta di nulla. Ce lo eravamo detti chiaro e tondo in fondo: la prossima volta che ci saremo rincontrati saremmo stati nemici, ed eccoci qui.
Lo sapevamo entrambi, fin dall'inizio, che un giorno questo momento sarebbe arrivato, con l'unica differenza che lui ne è sempre stato pienamente consapevole. Io ho cercato di dimenticarlo, volevo vedere lui e Cassian solamente come amici conosciuti in una brutta situazione, ma a ridosso dalla fine, le illusioni crollano. Se evitassimo lo scontro adesso, lo rimanderemmo solo di poco. Il festino sarà annunciato a breve.
Mi volto verso il mio ex alleato, e mi accorgo che sta sorridendo solo da un lato “Ho corso per un sacco per fuggire da quel robo” commenta “Sono senza fiato” aggiunge scuotendo la testa. Il suo sorriso si allarga, ma riesco ad intravedere delle lacrime che si stanno formando nei suoi occhi. “Non potrei mai farti del male, ma anche se ne fossi in grado, non riuscirei mai a sconfiggerti”.
Rimango ferma imbambolata, assolutamente indecisa sul da farsi. Ucciderlo è la cosa più logica da fare, è quello che si aspettano tutti, ma come potrei mai farlo? Dannazione, è Richard! Abbiamo condiviso pasti, lacrime, speranze e paure! Lui e Cassian sono gli unici amici che ho avuto qua dentro, e non posso tollerare l'idea di perdere anche lui! Però... accadrà prima o poi, che io lo voglia o no. Voglio assolutamente tornare a casa, e questo significa che Richard dovrà morire qua dentro. Non posso lasciare mio padre da solo, non dopo tutta la fatica che ha fatto per prepararmi. Ha solo me.
Stringo forte l'elsa della spada, ma sto talmente tremando che temo di crollare da un momento all'altro. Mi sento un mostro, come potrò mai fare una cosa del genere? Con quale forza!? Lui è mio amico! Io... non posso!
Un dolore allucinante mi colpisce al braccio destro, bloccandomi il respiro. La spada cade per terra con un tonfo metallico, mentre qualcosa di caldo e viscido colpisce buona parte del mio corpo, schizzando perfino sul viso. Mi sento improvvisamente debole e crollo a terra, ma non prima di capire cosa sia successo. Sul mio braccio è conficcata un'ascia, talmente tanto in profondità da aver staccato quasi completamente l'arto. Inizio ad ansimare per l'orrore, mentre tremando cerco di estrarre l'arma. Sono avvolta in una pozzanghera di sangue.
“Lasciala, lasciala!” urla Richard, cadendo subito dopo a terra con violenza.
“Dovresti ringraziarmi bell'albino, se non fosse per me saresti morto a breve” dichiara una ragazza. Alzo lo sguardo: è Angelie, del distretto due, si sta avvicinando. Non l'ho mai sopportata a causa della sua arroganza. Che senso ha sbandierare al mondo una cosa evidente? Se fosse davvero brava come crede di essere, non si comporterebbe così. Mi rifiuto di farmi sconfiggere da un essere del genere.
Afferro la spada con la mano sana e cerco di colpirla quando è abbastanza vicina. Tuttavia, sono talmente indebolita che il mio colpo è potente quanto una carezza, ma anche se fosse, qualcosa di duro contrasta l'attacco. Possibile che sotto i vestiti indossi un'armatura?
Angelie estrae l'arma, strappandomi un urlo che non sembra neppure umano.
“Sorpresa, puttanella” afferma crudele prima di abbassare l'arma sul mio collo.

 

Angelie Asimar, tributo del distretto 2, arena

 

La testa di Autumn rotola, allontanandosi di qualche metro dalla sua proprietaria. Un colpo di cannone riempie l'aria subito dopo.
E anche questa è fatta, ed è stato più facile del previsto. Merito di Richard comunque, la ragazza era così assorta nella loro discussione da non accorgersi minimamente della mia presenza. Devo dire che fare quel patto non è stata poi una cavolata.

“Perchè?” borbotta Richard in lacrime, ancora per terra da quando l'ho spinto.
“Perchè erano i patti, non ti ricordi?” rispondo con semplicità.
“Lei non voleva uccidermi! Non riusciva a farlo!” mi urla con una rabbia tale che lo sento sgolarsi.
“Io l'ho vista armata”.
“Non l'avrebbe mai fatto. Stava tremendo. Non voleva farmi del male. Eravamo amici”. Sospiro, stavano dunque così le cose. Mi sono messa in mezzo a quello che doveva essere un confronto emotivo (e forse anche fisico) epico. I capitolini mi staranno sicuramente odiando adesso, anche se non credo ci sia qualcosa da rimproverarmi in fondo. Sì l'ho uccisa, ed è stato anche piacevole, ma tanto moriranno tutti qua dentro, a cosa serve farsi degli scrupoli di coscienza? Tanto vale approfittarsi dell'assenza di regole morali. C'è una cosa che questo branco di novellini non ha ancora capito: qui si gioca al massacro, non puoi affezionarti agli altri. È un po' come adottare a distanza un agnellino che vive nel cortile del macellaio. C'è differenza fra farsi un alleato ed un amico. Richard mi sta sputando addosso il suo odio, ma l'unico che deve compatire è se stesso.

L'osservo, è pateticamente piegato in due, si stringe da solo cercando conforto. Sarebbe facilissimo terminarlo adesso, ma abbiamo stretto un patto, e non lo toccherò finché non saremo rimasti solo noi due. Giro tacchi ed inizio ad incamminarmi, quando Richard mi blocca. “Angelie, non ti perdonerò mai per quello che hai fatto”.
Cosa dovrebbe essere quella? Una minaccia? Che razza di ingrato. A pensare che ho fatto tutto questo per lui, oltre che per uccidere un tributo pericoloso. La sua uscita mi scalda più del dovuto. Ecco un'altra regola che questo novellino non ha ancora imparato: non si minaccia nessuno se non si è grado di mantenere i propri propositi. Mi domando come abbia fatto ad arrivare fino a qui senza sapere niente. Beh, è il suo giorno fortunato, perché qualcuno sta per dargli una lezione.

Mi avvicino al cadavere di Autumn e gli strappo la spada di mano. Un bel modello non c'è che dire, deve essere senza dubbio l'opera di un professionista. “Mi odi, Richard?”
Il ragazzo digrigna i denti e sposta lo sguardo altrove, incapace di trovare le palle per esprimere ad alta voce i suoi sentimenti. Gli getto la spada ai suoi piedi, lasciandolo stupefatto.
“Se mi odi, Richard, prova ad uccidermi. Sii uomo e vendicala”. L'albino fissa con intensità l'arma, ma solo per un brevissimo istante. Subito dopo gira la testa di scatto, rifiutando la mia proposta. “So che un mostro come te non può capirlo, ma la vita è sacra, perfino la tua” ribatte con superiorità.
Brutto stronzo! Allora non lo vuole proprio capire! Crede davvero di vincere mantenendo questo atteggiamento? Non ha dei genitori che si stanno preoccupando per lui? Sua madre è anche una dannata vincitrice, dovrebbe sapere benissimo come funziona questo mondo! Si ostina a non sottostarsi alle regole? Benissimo.
Mi avvicino a lui a grandi passi, afferrandolo per la maglietta con il braccio sano. Richard cerca di fare opposizione, costringendomi a tirargli un pugno sul naso e una ginocchiata allo sterno per farlo stare fermo. Lo trascino per pochi metri, fino al cadavere di Autumn. A questo punto lo afferro per i capelli, ignorando i suoi tentativi di liberarsi, e lo obbligo a guardare il collo reciso della sua ex-alleata. So non capisce neppure così, non so più cosa fare.
“Vedi questa ragazza? È morta per colpa dei suoi sentimenti. Se ti avesse ucciso subito si sarebbe probabilmente accorta della mia presenza e mi avrebbe affrontato. Sai una cosa? Avrebbe anche vinto visto il mio braccio e la sua abilità con la spada. Invece ho avuto tutto il tempo per prendere la mira, caricare, e tirarle la mia ascia addosso. Se non fosse stato per te avrebbe potuto anche vincere. Solo una vita è sacra, stupido idiota, la tua!”
Lo sbatto sul corpo, dandogli tutto il tempo necessario per sfogare il proprio dolore. L'osservo per tutto il tempo, domandomi chi fra noi due sia nato sbagliato. La gente considera sana e normale una reazione del genere, ma dubito che io avrei reagito così. Io sarei saltata alla gola dell'assassino e gli avrei strappato la giugulare a morsi. Sono solo diversa, o sono malata? Provo perfino gioia nell'uccidere! Al diavolo... tanto qua dentro è meglio essere con me che come lui.
Mi alzo in piedi, pronta a riprendere il mio cammino verso la cornucopia, quando un annuncio mi blocca: “Attenzione, domani all'alba si terrà il festino presso la cornucopia. È tutto, e che la fortuna possa sempre essere in vostro favore”.
Richard si è seduto e ha finalmente smesso di piangere, anche se continua ad osservare il corpo della disgraziata senza staccarle gli occhi di dosso. Mi ero ripromessa di farlo arrivare secondo, ma questo ragazzino mi sta rendendo le cose veramente difficili.
“Ci si vede domani, allora” affermo senza sperare una risposta da parte sua “Portati la spada e comportati da uomo. Se non vuoi combattere per te stesso, fallo per lei e per chiunque ti aspetti. Ci si vede, bell'albino”

 

 

 

 

Ciao! La vostra voglia di sangue è stata saziata? Non ancora? Tranquilli che al prossimo giro c'è il festino! Vi annuncio che le sponsorizzazioni sono ufficialmente CHIUSE! Ma state tranquilli, i vostri tributi possono avere ancora dei regali. Gli autori con i pg ancora vivi (Sasi, Tresh, Game, Mactavish, Sister e Zoey) sono pregati di inviarmi tramite mp cosa vorrebbero trovare al festino per il proprio tributo. Avete un po' di tempo, perché il prossimo capitolo potrebbe arrivare anche fra una decina di giorni. Nel frattempo vi invito a rispondermi a tre domande nei commenti:

1) Chi vincerà i Giochi?

2) Chi è il tuo preferito fra i rimasti?

3) Chi non avresti voluto vedere fra i primi 6?

Alla prossima!

 

 

 

 

Morti:

24° Elyia Bolton, distretto 7, ucciso da Judith, 2 pov

23° Krinsda Dramir, distretto 4, uccisa da Esther, 2 pov

22° Nickolas Logan, distretto 10, ucciso da Angelie, 2 pov

21° David Conrad, distretto 11, ucciso da Angelie, 3 pov

20° Marissa Mellark, distretto 12, uccisa da Alexys, 2 pov

19° Esther Suzanne Grestan, distretto 7, uccisa da Adrian, 3 pov

18° Dalissa Manique, distretto 9, uccisa dalla trappola di Chester, 4 pov

17° Cassian Nayor, distretto 12, morto sacrificandosi per i compagni, 3 pov

16° Bruce McRon, distretto 5, ucciso da una trappola dell'arena, 3 pov

15° Libero Howard, distretto 4, ucciso da Angelie, 3 pov

14° Achille Edipo, distretto 2, ucciso dagli aghi inseguitori, 4 pov

13° Alexys Sinclair, distretto 11, uccisa dai favoriti, 5 pov

12° Hellen Forbes, distretto 5, uccisa da Adrian, 4 pov

11° Caitria Dalekein, distretto 6, uccisa da una trappola dell'arena, 5 pov

10° Ivar Ludwig, distretto 6, morto per malattia, 5 pov

9° Judith Wilson, distretto 1, morta avvelenata per mano di Jasmine, 5 pov

8° Jennifer Astrid Delay, distretto 8, uccisa da Adrian, 5 pov

7° Autumn Lewis, distretto 10, uccisa da Angelie, 6 pov

 

 

Condizione dei sopravvissuti:

Liam (fame- emotivamente abbattuto)

Adrian (graffiato, ferito al piede)

Angelie (ferita alla spalla- in diminuzione)

Richard (mal menato, emotivamente abbattuto)

Jasmine (mal di testa)

Chester (emotivamente abbattuto)

 

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Capitolo 21
*** Ad un passo dalla fine ***


Giorno 7, poche ore prima dell'alba

 

Dominique Vaertek, gioielleria, distretto 1

 

Casa mia è irriconoscibile, non riesco assolutamente a sentirla come mia. Tutto mi sembra nuovo e minaccioso, perfino questo vaso qua davanti che appartiene alla mia famiglia da sempre. Sento dovunque conversazioni, risate, brindisi in onore di mio figlio, così vicino alla vittoria. Molti di loro li conosco da una vita, eppure è come se mi rendessi conto per prima volta di chi mi trovi davanti.Darren ha sempre riso così a sproposito? La signora Black ha sempre fatto uscite così inopportune? Mio marito invece? L'ha mai avuto un cuore? Come ho potuto essere così cieca? Mi sento schiacciare, mi manca l'aria.
“Dominique!” esclama Finn sedendosi rumorosamente accanto a me, e guardandomi con occhi sognanti. “Che invidia! Beata te che hai un figlio in arena!” aggiunge. Il disgusto mi parte dallo stomaco e si ferma proprio in mezzo alla gola. Non so dove trovo l'autocontrollo per non vomitargli addosso il mio odio. Come può congratularsi per una cosa del genere? Mio figlio è in mezzo ad un massacro, ferito, e con le mani sporche di sangue. Come si può essere felici per una cosa del genere? Come ho fatto a vivere con questa gente fino adesso? Sono sempre stata contraria ai giochi, ma ho sempre tollerato facilmente l'entusiasmo dei miei concittadini. Ora mi sembra impossibile. I loro sorrisi appaiono come ghigni, le loro congratulazioni sembrano maledizioni. Come possono essere così tranquilli? Come non possono sentire il fuoco e il ghiaccio nello stesso momento? Davvero sono l'unica sana qui?

“Che palle! Vogliamo Adrian! Smettete di riprendere questo vigliacco!” urla Kate, ottenendo grida e versi d'approvazione. Mi volto verso la nostra televisione: la scena è ancora incentrata su Richard, il tributo del distretto 8. Da queste parti è abbastanza odiato perché ha sempre evitato i conflitti. Si è beccato molti insulti, ma non riesco davvero a capire il perché. Per me è solo un bravo ragazzo con dei principi molto chiari. Lo trovo molto coraggioso in quanto ha deciso di rimanere fedele a se stesso nonostante le pressioni esterne. Non so cosa si aspettino da lui di preciso: non è un attore, il suo dolore e le sue paure sono reali. È solo un ragazzino. Quanti anni avrà? Quindici? Sedici? In ogni caso è più piccolo di mio figlio.
Richard sta cambiando albero, forse non sente più quella zona come sicura. Dal nuovo rifugio tira fuori dallo zaino le sue ultime provviste e le mangia. Accanto a sé ha la spada di Autumn, ma non si è minimamente alleato per tirare qualche fendente. Da quel che ho capito di lui, potrebbe benissimo averla portata allo scopo di restituirla al padre di lei.
“Il tributo dell'otto dovrebbe muoversi se vuole raggiungere la cornucopia in tempo” afferma Sextus, uno dei commentatori.
“Non credo che ci andrà” replica Antius, il suo collega “Richard ha sempre dimostrato un'indole molto pacifica”.
“Ovvio, perché è un codardo” commenta mio marito, scatenando qualche risata, ma non la mia. Sento i suoi occhi addosso, deve essersene accorto.
“Vediamo ora che combina invece Adrian, dato come uno dei più palpabili vincitori insieme a Jasmine ed Angelie”. La scena cambia, concentrandosi adesso su mio figlio.
Adrian è dentro un sacco a pelo e sta tremando a causa del freddo. È di nuovo sveglio, forse a breve si preparerà per andare verso la cornucopia, anche se spero vivamente di no. Non solo è pericoloso, ma lui è anche ferito. Con il piede conciato in quel modo riesce solamente a zoppicare. Le probabilità che riescano a freddarlo sono altissime.
“Cosa credi che ci sia per lui al festino?” domanda la vecchia Margareth.
“Un set di coltelli pesanti da lancio, sicuro sicuro. Roba seria, eh!” risponde un altro senza neanche pensarci.
Era divertente vedere Adrian colpire i bersagli senza mai sbagliare, lui era felice, e dunque lo ero anch'io. Quelli nell'arena però non sono bersagli, sono persone con la loro famiglia, i loro amici, i loro sogni e i loro progetti per il futuro. Adrian però li ha uccisi, l'uno dopo l'altro. Sono consapevole che là dentro ci si fa strada in quel modo, ma... vederlo con quell'espressione fredda tutte le volte... Non può essere lui. Il mio Adrian era un tipo a cui piaceva scherzare, andava d'accordo con tutti. Sta solo fingendo di non provare nulla, ne sono certa. Sta solo mettendo le sue emozioni da parte.
“È il caso che tuo figlio si alzi se vuole andare! Con il piedi ridotto in quel modo ci metterà una vita a raggiungere la meta” osserva la signora Black.
“Lo so, lo so. Forza ragazzo, alzati e muoviti! Devi anche vendicare Judith” borbotta mio marito. Già, l'altra ragazza del distretto. Adrian sembrava così sconvolto alla sua dipartita. Spero non stia soffrendo molto.
Mio figlio guarda il cielo, per poi rannicchiarsi nuovamente dentro il sacco a pelo.
“Che fa!? Dai, Adrian, devi andare”
“È ferito” esordisco all'improvviso, lasciando tutti a bocca aperta.
“E allora?” replica mio marito freddo.
Sgrano gli occhi. Davvero l'ha detto? “Potrebbe morire!” rispondo con enfasi, come se la cosa non fosse abbastanza ovvia.
“Lo farebbe in nome dei suoi ideali”
“I suoi, o i tuoi?” Lo accuso venefica, generando un profondo disagio fra tutti i nostri ospiti. “Hai idea di che razza di lavaggio del cervello gli hai fatto? Se non fosse per te, a quest'ora sarebbe qui accanto a noi”. Adrian era un bambino timido una volta, aveva paura dei giochi, ora è un assassino.
“Che c'è? Non hai fiducia in nostro figlio?” mi domanda. Ci lanciamo sguardi di puro rancore, mentre gli altri sparlano a bassa voce di noi. Perché? Perché mi sono sposata!
“Forse è il caso che ce ne andiamo” sentenzia Jun. Tutti annuisco e lentamente la casa si spopola, lasciandoci da soli.
“Come hai potuto farmi fare una figura del genere!?” si lamenta lui, ma non ho intenzione di ascoltarlo. Mi dirigo verso lo sgabuzzino e prendo la valigia, per poi andare in camera verso l'armadio “È così che la vuoi risolvere?” mi grida addosso.
“Non voglio risolvere un bel niente, fra noi è finita. Non posso più condividere niente con te. Vado da mia madre” dichiaro lasciandolo completamente a bocca aperta.
Mi dirigo verso la porta d'ingresso, guardando per un'ultima volta la televisione. Adrian è ancora dentro il suo sacco a pelo. “Rimani là dentro, tesoro, non ti preoccupare su cosa ne penseranno”.


 

Giorno 7, alba

 

Liam “Felino” Evans, tributo del distretto 9, arena

 

Sono stanco, non credo di potercela ancora fare. Ho perso il conto dei giorni trascorsi qua dentro, ma mi sembrano infiniti. Sono stato scelto, trascinato lontano da casa, posto sotto gli occhi famelici di tutti i capitolini, fuggito dal bagno di sangue; ho anche affrontato la morte non so quante volte, e ho visto morire due amiche, che erano come sorelle per me. Uno dopo l'altro sono tutti caduti, finché non siamo rimasti solo noi sei. Se penso che il peggio deve ancora venire mi si stringe lo stomaco.
Quanto ho corso? Quante volte mi sono sentito solamente un peso? A quante persone ho detto addio? Il mio cuore si è frantumato troppe volte, credo di essermi rotto. Quando è morta Dalissa ero a pezzi. Non facevo altro che piangere, ero arrabbiato con il mondo, e avevo finito per prendermela con Jenny, l'unica che mi era rimasta accanto. Ma ora che neanche lei c'è più, non provo nulla. Non riesco a piangere, non riesco a gridare, non riesco nemmeno a sospirare. Sono rimasto ore dentro il mio nascondiglio, ma non sentivo niente, ero completamente vuoto.

Sono solamente due le sensazioni che provo. La prima è per l'appunto la stanchezza, che l'avverto ovunque. Mi schiaccia le gambe, le braccia, la testa, il petto. Non ho ricordo dell'ultima volta che ho dormito sereno. A volte credo di non aver mai dormito.
La seconda è la fame. Avverto il mio stomaco come ripiegato su se stesso, completamente vuoto. Reclama, lo fa sempre, e le sue proteste vanno su per l'esofago, la gola, fino ad arrivare alla bocca. È una sensazione che non mi abbandona mai, non riesco assolutamente a cancellarla dalla mia testa. Continuo a pensare al cibo, al pane cucinato da mio padre, alle torte di mia madre, alle prelibatezze capitoline. A volte mi sembra perfino di sentirne l'odore.
Anche la sete è un altro problema, anche se è un po' meno prepotente dato che ho bevuto relativamente da poco. Questa sensazione di gola secca non mi mancava per nulla.
Questa notte ho immaginato di trovarmi di fronte a un maialino arrosto. Masticavo l'aria, facendo finta di sentire il gusto della carne, mentre immaginavo il suo succo sporcarmi il viso. Da quell'esperienza ho capito una cosa: io quel maialino lo voglio mangiare davvero. Forse è l'unica cosa di cui mi importa ormai.
Sono venuto qui solamente per soddisfarmi alla fine. So che è pericoloso, ma a questo punto dei giochi non posso più nascondermi sperando che siano gli altri a fare il lavoro sporco. Non ho più nessuno a proteggermi, ci sono solo io, e non ho più nulla da perdere.

Mi affaccio fuori dal mio nascondiglio, non vedo nessuno. Saranno venuti tutti? Il festino è un'occasione troppo ghiotta, e sono sicuro di non essere l'unico che ha bisogno disperatamente di qualcosa. Forse non ci sarà Adrian, dato che è stato ferito da Jenny. Con un po' di fortuna avrò un avversario in meno a cui pensare. Non mi consola molto il pensiero però, c'è sempre Angelie, la ragazza del due. Rimangono poi i due ragazzi del tre e dell'otto che non sono assolutamente riuscito ad inquadrare. Chi altro rimane? Ah si, la ragazza del tre. Mi sembra che abbia preso un voto abbastanza alto agli allenamenti individuali, forse non devo sottovalutarla.
In ogni caso è meglio evitare qualsiasi scontro diretto. Sono il più piccolo qua dentro, mi schiaccerebbero tutti con facilità, anche se sono armato. Devo avvicinarmi con cautela, nascondendomi fra l'erica, per poi correre per l'ultima tratta. Sono sempre stato fra i più veloci a scuola, potrei anche farcela. Mi è sempre piaciuto correre, mi faceva sentire libero. Che strano... di solito ho sempre paura nelle occasioni come questa. Eppure... deve essermi davvero rotto. Riesco solo a sentire lo stomaco brontolare.

Inizio a muovermi con la schiena china, nascondendomi fra l'erica. Il suo odore è prepotente, mi dà quasi alla testa. Per un momento mi chiedo se sia una pianta commestibile. Così rannicchiato sono perfettamente invisibile, e ringrazio il cielo di essere così minuto. L'ho sempre visto come un handicap, sempre preso in giro e scambiato per uno più piccolo, ma ora come ora mi sembra una gran fortuna essere così.
Davanti alla cornucopia si apre una fenditura, a da lì sale lentamente un espositore con sopra sei zaini. Riesco chiaramente a distinguere il mio.
Nell'area domina il silenzio, nessuno sembra farsi vivo. Ne approfitto per avanzare, cercando di spostare l'erica il meno possibile.
Sono a metà del mio percorso, quando intravedo il ragazzo del tre sfrecciare verso gli zaini.
Mi fermo in attesa del mio momento ed osservo i suoi movimenti. Chester (sempre che si chiami così) afferra il suo zaino, quando spunta dietro di lui Angelie, armata d'ascia. Il ragazzo del tre inizia a fuggire via, con la favorita alle calcagne, e so che è questo il mio momento.
Esco fuori dal mio nascondiglio ed inizio a correre. Il vento mi scompiglia i capelli, mentre le mie orecchie si riempiono di quel rumore tanto familiare ed amato. Ripenso alle ore di educazione fisica trascorse insieme agli altri bambini nel distretto 9, a quelle futili preoccupazioni di allora, al primo incontro con Dalissa, al nostro viaggio il treno, a Jenny, alle loro morti. Improvvisamente sento le mie guance bagnarsi. Sta per piovere?
Arrivo alla meta ad afferro lo zaino. Mi volto, Angelie è quasi riuscita a raggiungere Chester, devo muovermi.
Inizio a correre, anche se...

 

Jasmine Thompson, tributo del distretto 3, arena

 

Uno. Due. Tre.

Continuo a guardare da un lato all'altro della cornucopia attraverso il binocolo, ma c'è nessun altro. Dove sono gli altri due? Ho bisogno che siano qui. Il mio piano prevede la presenza di ogni dannato tributo entro quell'area. Non riesco neppure a capire chi manchi... sono troppo lontana per distinguere i volti. Perché non ci sono tutti? Pensavo che... dannazione! No... non può essere! No, devo calmarmi, sta ancora procedendo tutto secondo i piani, non c'è alcun motivo per farsi prendere dall'ansia. Calma Jasmine, deve respirare con calma. Devi concentrarti, devi assolutamente premere il bottone al momento giusto. Non posso farmi sfuggire questa occasione. Oggi tornerò a casa.

Un primo tributo ha preso il suo zaino, per poi fuggire inseguito da qualcun altro armato, forse Angelie non so. Il terzo sbuca fuori dal suo nascondiglio, ed approfitta del disordine per recuperare il suo bottino.
L'azione è molto più frenetica di quanto avessi immaginato, ho bisogno che gli altri due sbuchino fuori il più presto possibile. Dove siete? Andiamo! Non fate i vigliacchi, dovete morire! Vi prego, dovete farvi vedere immediatamente.
Il primo tributo è quasi fuori dall'area, e ben presto anche il suo inseguitore lo sarà. Degli altri due non c'è ancora traccia. Se non lo premo entro tre secondi avrò rovinato la mia unica occasione.

3... ne ucciderò solo tre.

...2... come farò con gli altri?

...1... non ho tempo per pensare.

...0.

Premo il bottone, scatenando così l'esplosivo inviatomi dagli sponsors una vita fa. L'intera area viene avvolta dal fumo e dal fuoco, distruggendo qualsiasi cosa con la quale entra in contatto.
Una ventata di zolfo raggiunge la mia postazione, costringendomi a voltarmi per sfuggire all'odore. Immediatamente seguono i colpi di cannone.

Uno. Due.

Dov'è il terzo? Che abbia schiacciato il bottone troppo tardi?
Dannazione! Quella bomba doveva ucciderli tutti! Doveva garantirmi la vittoria! Come ho potuto sbagliare così clamorosamente?

Frena. Sto perdendo la testa, lo stress mi sta giocando un brutto tiro. Dentro l'area erano in tre, è possibile che il terzo sia ferito, ma ancora lì. Per gli altri due troverò una strada. In fondo sono sempre riuscita a cavarmela. Voglio dire: sono fra i primi quattro, non è di certo per caso. Non è stato facile arrivare fino a qui, ma ce l'ho fatta, devo avere fiducia nelle mie capacità.
Prendo un enorme respiro e ritorno in me. Per prima cosa devo verificare dov'è finito il terzo, e in caso ucciderlo. Scendo giù dall'albero e tiro fuori il pugnale. I nemici potrebbero spuntare fuori da un momento all'altro, devo tenermi pronta.
Avanzo lentamente verso la cornucopia, cercando di tenere a mente i consigli che Adrian mi aveva dato quella volta. Devo evitare foglie e rametti, mentre devo cercare di appoggiarmi su radici o rocce. Le mie precauzioni sembrano inutili però, sembra non esserci assolutamente nessuno nei dintorni.

Al mio arrivo mi trovo di fronte ad uno spettacolo devastante. Tutto è distrutto, c'è solo cenere e fumo. Solo la cornucopia rimane in piedi, anche se danneggiata. Mi avvicino alla struttura, dove trovo miracolosamente quattro zaini. Forse gli strateghi hanno innalzato una protezione apposta sapendo cosa stavo per fare. Una buona notizia finalmente, almeno quei contenuti saranno miei. Do un'occhiata veloce ai simboli: distretto 8, distretto 2, distretto 3, distretto 1. Il respiro mi si blocca a metà. Ho fallito, ho completamente fallito. O Adrian o Angelie sono vivi, forse tutte e due. Cosa faccio ora? Entrambi sono troppo tosti. Angelie è spietata, mentre Adrian non vede sicuramente l'ora di farmi fuori. Devo escogitare un piano e anche in fretta!

Sento dietro di me dei mugolii che mi ricordano vagamente una risata. Mi irrigidisco tutta, e stringo il pugnale con tutte le mie forze “Chi sei? Fatti vedere!” ordino guardandomi intorno.
La voce non replica, ma si limita brevemente a tossire, per poi tornare a ridere. Ora però riesco a capire da dove provenga quel suono. Oltrepassando il cadavere del bambino del nove. Era talmente vicino al punto di detonazione che probabilmente è morto senza accorgersene. Avanzo di qualche metro finché non raggiungo un corpo con gravissime ustioni. Mi fissa con i suoi occhi azzurri, ancora pieni di determinazione. Fra le ferite riesco a scorgere un sorriso beffardo. È incredibile che sia ancora viva.
“Sei stata tu, allora. I miei complimenti” bisbiglia Angelie.
Faccio cenno di sì con il capo, notando poco distante il corpo di Chester. Mi aveva chiesto di non coinvolgerlo nel mio “boom”, ma non sono riuscita a mantenere la parola. Mi dispiace, ma non potevamo uscirne tutti vivi.
“Sei stata tu ad uccidere Judith? Ho visto la sua foto ieri sera”. Annuisco nuovamente. Angelie riprende a ridacchiare nonostante l'evidente fatica che le comporta.
“Che hai da ridere?” le chiedo nervosa.
“Adrian è ancora vivo, ti vorrà sicuramente morta. Sei fottuta!” mi spiega incominciando a ridere più forte, istericamente.
Stringo forte il pugnale. Maledetta stronza. L'ho sempre trovata antipatica, ma non l'ho mai odiata come adesso. Cosa avrà da ridere? Non capisce che c'è la mia vita in ballo? “Stai zitta!” sobillo, mentre avverto il braccio tremare a causa della tensione.
“Fottuta, fottuta” ripete allegra.
“Smettila” le urlo addosso.
“Ci vediamo all'inferno” replica mostrandomi un sorriso folle “Sei bella che morta, puttana” aggiunge sputandomi addosso.
È l'ultima goccia. Mi avvento su di lei e la colpisco al collo, più e più volte, finché il suono della sua risata non sparisce dalle mie orecchie e dal mio cervello, finché la frustrazione non ha abbandonato nuovamente il mio corpo. Quando ho finito sono completamente sporca del suo sangue.

Mi volto verso il cielo e cerco di recuperare la calma, mentre il grigio e il freddo iniziano a scendere.

 

 

 

 

Morti:

6° Liam Evans, distretto 9, ucciso dalla una trappola di Jasmine, 5 pov

5° Chester Colin Herstone, distretto 3, ucciso da una trappola di Jasmine, 5 pov

4° Angelie Asimar, distretto 2, uccisa da Jasmine, 6 pov

 

 

 

 

Ne manca solo uno e poi ci siamo. Delusi? Mi dispiace. Ho riflettuto molto, avevo in mente tremila percorsi diversi, ma alla fine ho optato per questo. Sottolineo che Jasmine ha ricevuto quel dono una vita fa come Assassin può confermare, non c'è nessun baro dietro.

Ci vediamo il 16 con il primo di Battle per chi lo segue. A tal proposito: mi mancano delle schede (3 per la precisione), se non le ottengo entro Sabato pomeriggio i posto tornano liberi. Se volete più tempo basta che me lo dite, ma se entro Sabato non mi fate cenno di vita... beh.

Alla prossima!

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Capitolo 22
*** Epilogo- Mostro ***


Giorno 7, mattina

 

Richard “Ricky” Whitestorm, tributo distretto 8, arena

 

Il terzo colpo di cannone arriva circa un quarto d'ora dopo rispetto gli altri due.

Ci siamo dunque, sono in finale. Se sono ancora vivo però lo devo solamente a Cassian ed Autumn. Mi mancano tantissimo, spero che adesso siano in un posto migliore. Vorrei parlare con le loro famiglie, chiedere scusa per non averli protetti, per averli messi nei pasticci. Sono stato un pessimo alleato.

Una ventata fredda mi coglie all'improvviso facendomi rabbrividire. Mi stringo forte, nel tentativo di scaldarmi. Cosa succederà ora? Sono qui abbastanza a lungo da sapere che a breve accadrà qualcosa di brutto. Cosa potrebbe essere? Una nuova esplosione? Un nuovo ibrido? Durante questa edizione li hanno utilizzati parecchio, potrebbero essere il tema dell'anno.
Stringo forte l'elsa della spada di Autumn. Non ho mai combattuto, ma c'è sempre una prima volta. Chissà, magari ce la potrei anche fare contro un ibrido, in fondo sono un principiante, e si sa cosa si dice della fortuna dei novellini.
Il terreno inizia improvvisamente a tremare, facendomi perdere per poco l'equilibrio. Un terremoto? Mi guardo intorno frenetico, cercando di individuare una zona sicura. Cavoli, se solo ricordassi bene i suggerimenti che ci avevano dato a scuola...
Un' ultima scossa potente mi fa cadere definitivamente a terra, facendomi sbattere il sedere sul terriccio umido. Questo deve essere soltanto l'inizio, ci deve essere qualcosa sotto, ma cosa?
Non faccio in tempo a formulare un'ipotesi che avverto un rumore strano, forte, sicuramente poco simpatico, che non riesco ad identificare con precisione. Riesco solamente ad associarlo alle urla terrorizzate di mia sorella che ha una fobia gigantesca verso... oh. Deglutisco a fatica rendendomi conto di cosa mi tocca affrontare. Non ho tempo da perdere.
Inizio a correre in direzione opposta al suona, sperando così di poter sfuggire dalle cavallette. Io non ho paura di loro, ma dall'intensità del suono direi che sono molte, anzi, parecchie. Più che paura mi generano disgusto, ecco. Non dovrebbero essere pericolose in teoria, non sono carnivore da quel che ne so.
Continuo a fuggire, ma le sento sempre più vicini, sempre più numerose. Sento il cuore in gola e la milza che inizia a farmi male. Inizio ad intravedere i primi esemplari, inizialmente pochissimo, ma poi sempre di più. Sono letteralmente circondato.
Un paio mi saltano addosso, e ne seguono un'altra decina. Inizio ad agitarmi per togliermeli di dosso, ma è una partita persa in partenza. Le sento fra le dita, dentro la maglia, fra i capelli, vicino alle orecchie e agli occhi, non vedo assolutamente niente, non sento niente. Avverto solo le loro schifose zampe sul mio corpo. Stranamente non mi entrano in bocca, permettendomi così di urlare per tutto il tempo. Cado a terra, e mi sento trascinare giù lungo una discesa per una decina di minuti. Infine sento le cavallette saltare via da me, e scaccio da solo le ultime rimaste, controllando bene che nessuna sia rimasta impigliata da qualche parte. Che schifo. Adesso capisco perché Hazel ne è così tanto spaventata.
Mi guardo intorno. Dove sono? Non credo di essere mai stato qui. Sono dentro una stanza semibuia che puzza terribilmente di ferro. Sento qualcosa cigolare, ma non capisco da dove provenga il suono.
Sento qualcuno tossire e mi volto alla mia sinistra. Intravedo una ragazza bruna, parecchio scossa ed impaurita. Qualcosa mi dice che sia giunta qui nella mia stessa disgustosa maniera.
“Stai bene?” le domando mentre mi avvicino cauto.
La ragazza mi ignora, appoggiando la mano sulla fronte. Sulla schiena ha un vistoso zaino.
“Tu! Schifoso essere!” le urla addosso una voce maschile. Istintivamente mi metto davanti a lei per proteggerla.
“Calmati! Possiamo ragio...”
“Allontanati!” mi ordina il ragazzo che ora riesco a riconoscere come il ragazzo del distretto 1. Angelie è dunque morta? Non me l'aspettavo. “Non sai di cosa è capace quella strega!”
La ragazza si alza in piedi di scatto, cercando rifugio dietro la mia schiena.
“Devi aiutarmi, ce l'ha con me fin dall'inizio! Ti prego, aiutami!” afferma agitata.
“Ti ho detto di toglierti. C'è prima lei nella mia lista. È una questione personale” dichiara furioso il ragazzo. Guardo prima l'uno e poi l'altro, non ho idea di cosa fare, so solo che questa situazione è fortemente sbagliata.
“Possiamo cercare di risolverla pacificamente?” borbotto.
“Mai” replica freddo Adrian.
“Sai che non è possibile” afferma l'altra, più calma. “Alleati con me, insieme possiamo ucciderlo”. La guardo sconvolto, soprattutto a causa della freddezza con la quale si è proposta. La ragazza nota la mia reazione e sul suo volto appare una nota di delusione. La vedo mettere la mano dietro la schiena e sfilare dalla felpa uno spray. Lo punta rapidamente verso Adrian, ma prima che possa premere il pulsante le spingo via il braccio, impedendole di colpire l'avversario. La mia intromissione la lascia però esposta, ed un istante dopo un coltello da lancio le si pianta in mezzo alla gola. La guardo cadere con orrore, mentre il cannone spara per la penultima volta.
Rimango fermo imbambolato come un idiota, mentre Adrian si avvicina alla ragazza e le dà un calcio sul fianco.
“Era necessario?” domando inorridito.
“Ha ucciso un'amica molto cara, meritava anche di peggio. Grazie per avermi aiutato comunque” replica freddo mentre strappa brutalmente lo zaino a Jasmine.
Mi sento uno schifo, è morta per colpa mia, anche lei. Non faccio altro che provocare guai ovunque vada. Perché deve sempre finire così? È colpa mia, sempre colpa mia. Non avrebbero mai dovuto mandarmi qui, sono solo un disastro, un enorme errore. Forse sarebbe stato meglio se non fossi mai nato.
“C'è qualcosa anche per te qui” mormora Adrian evitando di guardarmi negli occhi. In una mano ha dei nuovi pugnali da lancio, mentre nell'altra una lettera con sopra stampato il numero otto. Perché Jasmine l'ha presa? Pensava forse che fossero dei consigli strategici da parte di mia madre?
“Mi daresti il tempo per leggerla?” domando cauto, non sapendo più cosa aspettarmi.
Adrian fa spallucce “Credo sia il minimo che possa fare dopo quello che hai fatto. Non pensare male però, farò quel che devo fare lo stesso” replica triste. Sembra parecchio stanco ora che è riuscito a sfogarsi. Immagino che neanche lui abbia avuto un percorso molto facile qua dentro.
Apro la lettera e il contenuto mi fa quasi piangere di nuovo, dalla gioia questa volta. È ricca di dediche, di saluti, di piccoli messaggi da parte di tutte le persone che abbia mai amato nel distretto 8. La maggior parte del testo è occupata dalla mia famiglia che dichiara di essere fiera di come mi sono comportato qua dentro, affermando di stimarmi e di mancargli tantissimo. Mi chiedono di fare tutto quello che posso per tornare a casa. Mia madre ha aggiunto una nota a parte che recita: “In qualunque modo vada, ti amo più della mia stessa vita”. Bacio la lettera e la infilo in tasca, in modo da tenerla per sempre con me.
Mi alzo in piedi, stringendo forte la spada di Autumn. Me l'hanno chiesto, non ho scelta. Anche se quello che mi chiedono è orribile, glielo devo. Lo devo alla mamma, a papà, ai miei fratelli, ai miei amici, a Cassian, ad Autumn, forse perfino ad Angelie. Per la prima volta mi tocca cedere. Devo almeno provarci.
Adrian mi guarda con occhi lucidi “Scusa, non ricordo come ti chiami”
“Richard” rispondo.
“Richard... mi dispiace. Spero che tu capisca che non c'è nulla di personale”.
Annuisco, lo capisco benissimo.
Adrian mi lascia l'opportunità di attaccare per primo, ed accetto per educazione. Provo a colpirlo, ma mi evita facilmente. Non sono abituato alle spade, anche se questa di Autumn è particolarmente leggera. Adrian mi lascia altre due opportunità, ma è chiaro che mi sto rendendo ridicolo di fronte agli occhi di tutti e anche lui ne è consapevole.
“Scusa” mormora un ultima volta prima di colpirmi alla gola.

 

 

 

 

 

Sei mesi dopo

 

Adrian Vaertek, vincitore dei 25° Hunger Games, distretto 8

 

Il distretto 8 è a capo dell'industria tessile. Qui creano abiti, divise e stoffe. L'ho sempre immaginato come un posto colorato, mentre in realtà qui domina il grigio. Grigi sono i palazzi, i volti delle persone e il loro cuori. Qui odiano davvero Capitol e non sono i soli. Ho potuto vedere in giro tanta frustrazione e odio. La gente altrove vive in una misera che nel distretto 1 non è neanche immaginabile. Non pensavo che ci fosse così tanta fame e tristezza in giro.
Il distretto 1 è solo apparentemente l'opposto di questo posto. Anche a casa domina il grigio, anche se è camuffato da un miscuglio fastidioso di colore. Le feste e i brindisi non cancellano il divorzio dei miei, né tanto meno le mie notti insonni. Non riesco più a chiudere occhio, e non so il perché. Finisco per girarmi fra le lenzuola tutta la notte, pensando a qualsiasi argomento, dalle cose più futili a quelle più serie. L'assenza di sonno è diventata una certezza, e so benissimo che stanotte ripenserò ai volti delle famiglie dei due tributi del distretto 8. Che pena, ho ucciso entrambi i tributi qui, sento gli occhi rancorosi di chiunque addosso. Negli occhi di quelle famiglie però c'era anche altro: tristezza, desolazione, abbandono, gli stessi sentimenti che dominano anche mia madre.

Era tutto diverso nella mia mente: immaginavo sorrisi, congratulazioni, strette di mano, ragazze che cadevano ai miei piedi, gioia vera e profonda insomma. Mi sento un idiota adesso ad averlo pensato. Come potevo immaginare reazioni diverse da queste? È ovvio che... che mi odino. Forse perfino mia madre mi trova un mostro. Ammirato ed amato? Che cazzata. Ho vinto uccidendo un ragazzino buono come il pane.
Dovrei sentirmi felice ora che ho realizzato il mio sogno, mentre in realtà mi sento vuoto. Che faccio ora della mia vita? Volevo costruire un'accademia, ma ora l'idea non mi gasa più come prima, non sono più certo di volerla gestire. Non so cosa farmene di tutti i soldi che ho vinto, forse dovrei investire nella ricerca medica come voleva Judith. Sì... farò così. In fondo è un bel modo per onorarla. Sono sicuro che farei felice Therese che dalla morte della sorella non si è più vista in giro. Judith mi manca, sono certo che se fosse qui mi saprebbe consigliare. Era una ragazza allegra e sempre disponibile, non meritava quella fine. Neppure il sapere di averla vendicata mi ha calmato, non riesco a provare alcuna soddisfazione. Invece non faccio altro che chiedermi se avessi potuto evitarlo. Se solo mi fosse accorto prima della vera natura di quella strega...

La porta dietro di me si apre, facendo uscire qui nel cortile Rubin, il mio ex mentore. Non dice una parola, si limita a sedersi insieme a me al freddo e al buio. È collui che mi è stato più vicino dal mio ritorno. Quark si limita a ghignarmi ogni volta che mi vede. Una volta ha mormorato un: “Te l'avevo detto”. Non ho trovato le forze per replicare.
“È diverso” affermo all'improvviso spezzando il silenzio.

“Lo è sempre” replica con tono neutro “O meglio quasi. Il fatto che tu ti senta così significa che hai ancora un cuore”.
Mi osservo le mani, arrossate a causa del freddo. In arena ho trascorso solo una notte lontano dal fuoco, il vero gelo non lo conosco a differenza degli altri tributi che erano là. Ho visto la registrazione dei giochi, mio padre insisteva tanto, ho visto Richard congelare spaventato nella pioggia. Mi sono sentito male per lui, volevo vomitare, ma poi mi sono ricordato che l'avevo ucciso io e che non ne avevo alcun diritto.
“Dovresti tornare dentro” afferma Rubin.
Scuoto la testa, non ne ho proprio voglia. “Forse più tardi”.
“Hai paura di Charlotte?” mi domanda facendomi sprofondare nella vergogna. Mi ero dimenticato che la madre di Richard, essendo una mentore, era costretta a venire al ricevimento stasera. Non so per chi fra noi due questo incontro è più duro.
“Starà meglio se non mi vede” osservo.
“Non è arrabbiata con te” replica Rubin “Ma con Capitol. Sa che sei stato costretto a farlo”.
“Però non riesce a capire perché io sì e lui no” replico. Rubin inizia a ridacchiare. “Che c'è?”
“Pensavo che sei mesi fa non mi avresti mai risposto così. Sei cambiato”.
Annuisco, tristemente consapevole della realtà. Mi chiedo cosa sia rimasto del vecchio me.
“Credo sei normale. Forse ne ho viste veramente troppe”. E ne ho fatte troppe, ma non ho coraggio di dirlo ad alta voce.
Rubin annuisce. “Tornando al punto di prima però, Charlotte sa perché tu e non Richard”.
Mi volto verso di lui aggrottando le sopracciglia. Cosa vuole dirmi? “Perché era troppo buono?” domando.
“Anche” dichiara Rubin “Ma la verità è che ho visto troppe edizioni e so dirti una cosa. A parità di capacità e di determinazione avresti comunque vinto tu”
“Perché?” domando ingenuamente.
“Perché non glielo avrebbero mai permesso” Apro la bocca incredulo, per poi scuotere immediatamente la testa. Che idiozie. “Richard ha avuto molte occasioni per combattere, ma si è sempre rifiutato. Anzi, ha sempre aiutato gli altri quando poteva, lanciando un forte messaggio di fratellanza e solidarietà in tutta Panem. Hai idea del casino che sarebbe successo se avesse vinto?”
Rimango in silenzio, soppesando il peso della sua rivelazione. Sarebbe mai potuta accadere una cosa del genere? Ripenso alla mia edizione, a quelle precedenti, a come gli strateghi sia sempre intervenuti per giostraci come volevano, come quando hanno impedito a Judith ed Angelie di uccidersi fra di loro. Se si sono intromessi per una semplice questione di audience, cosa sarebbero disposti a fare per mantenere il loro dominio? Se Richard rappresentava una speranza, io che ruolo ho avuto invece?
Rubin mi appoggia la mano sulla spalla “Per fortuna non eravate alla pari e il problema non si è posto” dichiara per poi alzarsi e lasciarmi nuovamente da solo.
Mi sento improvvisamente sporco ed amareggiato, un vero e proprio mostro, uno stupido strumento della propaganda capitolina. Sono stato usato e per tutta la vita ho pregato per questo. Stringo forte i pugni, rendendomi solamente adesso conto di chi è Capitol City. La pagherete, un giorno la pagherete amaramente.

 

 

 

 

 

Ok, anche questa è andata. Ho fatto questa scelta perché ho pensato che nella storia dei giochi ci siano state altre “Katniss”, ma meno ardenti, persone più facilmente piegabili alla volontà di Capitol. Richard con la sua bontà e la sua testardaggine poteva far scattare qualcosa, ma sappiamo come sono andate in realtà le cose. Ringrazio tutti coloro che mi hanno seguita, commentata e sostenuta. Ci vediamo ^^

 

Classifica:

24° Elyia Bolton, distretto 7, ucciso da Judith, 2 pov

23° Krinsda Dramir, distretto 4, uccisa da Esther, 2 pov

22° Nickolas Logan, distretto 10, ucciso da Angelie, 2 pov

21° David Conrad, distretto 11, ucciso da Angelie, 3 pov

20° Marissa Mellark, distretto 12, uccisa da Alexys, 2 pov

19° Esther Suzanne Grestan, distretto 7, uccisa da Adrian, 3 pov

18° Dalissa Manique, distretto 9, uccisa dalla trappola di Chester, 4 pov

17° Cassian Nayor, distretto 12, morto sacrificandosi per i compagni, 3 pov

16° Bruce McRon, distretto 5, ucciso da una trappola dell'arena, 3 pov

15° Libero Howard, distretto 4, ucciso da Angelie, 3 pov

14° Achille Edipo, distretto 2, ucciso dagli aghi inseguitori, 4 pov

13° Alexys Sinclair, distretto 11, uccisa dai favoriti, 5 pov

12° Hellen Forbes, distretto 5, uccisa da Adrian, 4 pov

11° Caitria Dalekein, distretto 6, uccisa da una trappola dell'arena, 5 pov

10° Ivar Ludwig, distretto 6, morto per malattia, 5 pov

9° Judith Wilson, distretto 1, morta avvelenata per mano di Jasmine, 5 pov

8° Jennifer Astrid Delay, distretto 8, uccisa da Adrian, 5 pov

7° Autumn Lewis, distretto 10, uccisa da Angelie, 6 pov

6° Liam Evans, distretto 9, ucciso dalla una trappola di Jasmine, 5 pov

5° Chester Colin Herstone, distretto 3, ucciso da una trappola di Jasmine, 5 pov

4° Angelie Asimar, distretto 2, uccisa da Jasmine, 6 pov

3° Jasmine Thompson, distretto 3, uccisa da Adrian, 6 pov

2° Richard Whitestorm, distretto 8, ucciso da Adrian, 6 pov

1° Adrian Vaertek, distretto 1, 6 pov

 

 

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