Are you going to die with me?

di sister_of_Percy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Mietitura (parte uno) ***
Capitolo 3: *** Avviso ***
Capitolo 4: *** Mietitura (parte due) ***
Capitolo 5: *** Mietitura (parte tre) ***
Capitolo 6: *** Saluti (parte uno) ***
Capitolo 7: *** Saluti (parte due) ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


Mats Kerman, distretto 3

 

Mats entrò nella sua grande e vuota casa del distretto 3.

Era tarda sera e, nonostante avesse appena 25 anni, riusciva a malapena a stare in piedi per la stanchezza.

Da quando aveva partecipato agli Hunger Games dieci anni prima e si era gravemente ferito alla gamba sinistra poteva camminare solo con l’aiuto di un bastone.

Mats prese una grande boccata d’aria: come ogni anno in quel periodo avrebbe dovuto condurre due ragazzi del suo distretto a morte certa. Non riusciva più a convivere con il senso di colpa: era ormai il suo decimo anno da mentore.

Durante il suo sesto anno come tale aveva dovuto cercare di preparare il suo fratello minore, Liam. L’aveva visto morire alla sua terza notte nell’arena, ucciso da degli odiosi favoriti.

Mats da ormai dieci anni cercava di insegnare ai ragazzi del suo distretto a sopravvivere, costruire ordigni e difendersi, ma da quando era mentore nessuno era sopravvissuto.

Vedeva fin dall’età di 16 anni ragazzi come lui morire perché non era riuscito a salvarli.

Mats scosse la testa, cercando di scacciare quei pensieri.

Il giorno seguente ci sarebbe stata la mietitura, doveva essere riposato.

 

 

 

Ehi! Questa è la mia prima interattiva nel fandom di Hunger Games.

Le regole sono semplici:

1. Massimo due OC a testa.

2. Siate presenti o qualcosa di brutto potrebbe accadere ai vostri pargoli. Non volevo arrivare alle minacce, ma mi è già capitato di dover gestire personaggi senza che i loro autori si facessero mai vivi.

3. Se la scheda del vostro OC non dovesse arrivare entro 36 ore dalla recensione sarà di nuovo libero. Per complicazioni fatemi sapere.

Non farò una selezione, i primi 24 OC che mi arriveranno saranno i partecipanti. Non deciderò io il vincitore, ma lo farete voi tramite delle votazioni.

Nella recensione dovrete prenotare il vostro o i vostri tributi.

Qui sotto vi riporterò la scheda da compilare (i campi segnati con l’asterisco saranno facoltativi).

 

Nome:

Secondo nome*:

Soprannome*:

Cognome:

Età:

Distretto:

Prestavolto:

Descrizione caratteriale:

Storia:

Famiglia e rapporto con essa:

Amicizie*:

Orientamento sessuale:

Volontario?:

Alleanze? Se sì con che tipo di persone?:

Punti forti:

Punti deboli:

Armi:

Altro*:

Distretto Tributo femminile Tributo maschile

 

1              Occupato                 Occupato

 

2               Occupato                  Occupato

 

3               Occupato                Occupato

 

4               Occupato                Occupato

 

5               Occupato                  Occupato

 

6                Occupato                Occupato

 

7                Occupato                 Occupato

 

8                Occupato                       Occupato

 

9                Occupato                    Occupato

 

10              Occupato                    Occupato

 

11             Occupato                     Occupato

 

12              Occupato                   Occupato

 

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Capitolo 2
*** Mietitura (parte uno) ***


Mietitura

(Parte uno)

DAYLA RAWTON, DISTRETTO 1

 

Dayla era ansiosa. Insieme agli altri ragazzi del suo distretto si stava dirigendo con passo sicuro verso il centro della piazza.

Il giorno precedente era stato il suo diciassettesimo compleanno e non poteva ricevere regalo migliore di partecipare agli Hunger Games.

Si preparava a quel momento fin da quando aveva nove anni e aveva fatto per la prima il suo ingresso nell'Accademia.

Dayla si posizionò esattamente dalla parte del corridoio tra la colonna delle femmine e quella dei maschi, in modo tale da poter uscire dal gruppo con più agio.

Dayla aspettava quell'occasione da sempre: era stata cresciuta dai nonni e dai genitori come una principessa, ma ormai era giunto il momento di dimostrare che quegli anni in Accademia avevano dato i loro frutti, trasformandola in una formidabile guerriera.

Venne distolta dai suoi pensieri dalla voce squillante di una capitolina: "Benvenuti! Quest'oggi procederemo con la mietitura per i Diciassettesimi Hunger Games!"

Dayla guardò con astio la donna: indossava una parrucca blu e aveva la faccia completamente coperta di trucco che quasi metteva il dubbio che quella non fosse una maschera. Se quella era la situazione standard che si viveva a Capitol, Dayla non ne voleva sapere niente.

"Come ogni anno, partiamo con le signore." Continuò la capitolina infilando una mano nella boccia piena di foglietti.

Mischiò tutti i bigliettini per aumentare la suspense.

Aprì il foglietto con estrema calma e proclamò: "Rachel Evans."

Dayla la conosceva: aveva fatto con  lei l'Accademia. Nonostante i suoi quindici anni era molto promettente, anche se sarebbe potuta migliorare ancora.

Dayla prese un respiro profondo e con voce ferma disse: "Mi offro volontaria."

Detto questo si diresse verso il palco, ignorando lo sguardo di puro odio di Rachel.

Salì e si posizionò un paio di passi dietro la capitolina.

"Adesso procediamo con gli uomini." Disse la donna avvicinandosi all'altra boccia. Dopo lo stesso rituale annunciò: "Stephen Rewan."

Come era da aspettarsi un altro ragazzo si fece avanti per offrirsi.

Dayla lo conosceva: si trattava di Max Groth, più popolare con il nome di "Pugno di ferro".

Sapeva la sua storia: i suoi genitori erano morti durante i giorni bui e lui era stato cresciuto dai nonni, ormai gravemente malati.

Dayla ipotizzò che si fosse offerto per ottenere i soldi per le cure dei nonni.

Sarebbe stato un avversario temibile.

La capitolina si avvicinò al microfono e disse con un gran sorriso in faccia: "Signori, ecco a voi i tributi del distretto 1." La donna fece un gesto teatrale come un presentatore di uno di quei vecchi show che davano in televisione circa un secolo prima.

Dayla cercò tra la folla lo sguardo dei suoi genitori e dei nonni. Nonostante ci fosse una punta di preoccupazione nello sguardo del padre, vide che erano tutti fieri di lei.

Avrebbe vinto per la famiglia e per il suo distretto.

 

ELISABETH BLACKSTORM, DISTRETTO 2

 

Elisabeth si strofinò le mani, aspettando di scoprire a quale oca del suo distretto avrebbe rubato la gloria. La parte più divertente di essere nei distretti dei Favoriti era che offrirsi volontari non significava solo avere tutto l'onore e la gloria, ma anche rubarla agli altri.

Elisabeth aspettò in trepidante attesa che l'accompagnatrice rivelasse il nome della fortunata che presto avrebbe perso tutta la sua buona sorte.

"Judith Higgins." Elisabeth non potè far a meno ridacchiare: quello era l'ultima possibilità per l' "amica" di partecipare gli Hunger Games, perciò lei le avrebbe rubato quell'opportunità per sempre.

Elisabeth aspettò che Judith uscisse dalla fila, osservando l'espressione di puro orgoglio che aveva dipinto in faccia.

La ragazza alzò la mano e proclamò: "Mi offro volontaria." Judith si voltò di scatto, riconoscendo la sua voce: evidentemente non si aspettava una cosa del genere proprio da lei.

Elisabeth si diresse verso il palco con un sorriso provocatorio completamente dedicato all'altra ragazza. Il tributo raggiunse la capitolina che le chiese di annunciare a tutti il suo nome.

"Elisabeth Blackstorm." Disse la ragazza con orgoglio. Elisabeth notò un sorriso speranzoso sul volto della donna: doveva aver riconosciuto il suo cognome.

I suoi genitori erano stati i vincitori delle prime due edizioni, mentre il fratello maggiore aveva vinto quella dell'anno precedente.

"Benissimo. Direi di estrarre il nostro uomo fortunato." Proclamò la capitolina ancora più sorridente.

La donna annunciò il nome del tributo maschile: "Agrippa Wolner."

Tra tutti gli abitanti del distretto si diffuse un mormorio. Tutti conoscevano quel ragazzo che la stava raggiungendo con espressione impenetrabile. Elisabeth aspettò che qualcuno si offrisse, ma nessuno si fece avanti per motivi noti a tutti.

Agrippa salì sul palco senza dire una singola parola.

"Bene, abbiamo i nostri tributi!" Disse la capitolina con fare nervoso.

 

MATS KERMAN, DISTRETTO 3

 

Mats si era posizionato come ogni anno ben nascosto tra la folla. Quella notte non aveva dormito, perciò stare dritto sulle gambe gli risultava ancora più faticoso. Fece forza sul suo bastone e tese l'orecchio, aspettando di scoprire quale sarebbe stata la prossima anima che avrebbe oppresso la sua coscienza.

La capitolina che avrebbe annunciato i nomi dei tributi era la stessa da 13 anni. Era stata lei stessa ad accompagnare Mats e Liam agli Hunger Games ed era sempre lei ad aver rivelato al maggiore dei Kerman di essere stato il suo tributo preferito.

L'eccentrica Drew Harriss annunciò al microfono il nome della ragazza: "Mellie James."

Mats abbassò lo sguardo: era una brava ragazza di appena 14 anni. I suoi genitori erano morti e ormai gli restava solo il fratello maggiore. Non era forte o con grandi capacità  nel sopravvivere: la vittima perfetta per i Favoriti.

"No! Lasciatemi!" Mats sentì un grido provenire dalle fila maschili: si trattava di Thomas James, fratello maggiore della sfortunata estratta.

Un'altra voce parlò: "Mi offro volontaria come tributo!"

Ancora più sorpreso Mats cercò con lo sguardo la ragazza che aveva appena parlato: la conosceva di vista, sapeva solo che era la fidanzata di Thomas.

Vide la sconosciuta salire sul palco e rivelare la sua identità. La ragazza era Bonnie Gilbert.

Una donna non molto distante da lui gridò e venne trattenuta da quello che probabilmente era il marito. L'ennesima famiglia che sarebbe stata distrutta dagli Hunger Games.

La capitolina continuò, cercando di concludere la mietitura prima che la situazione degenerasse ulteriormente: "Il tributo maschile sarà Steffen Parker!"

No, non poteva essere lui. Steffen era il figlio del suo migliore amico. Sua zia era stata il tributo femminile durante l'edizione in cui Mats aveva vinto. Era morta tra le sue braccia.

Un ragazzino si fece avanti, proclamandosi volontario. Mats non conosceva il suo vero nome, ma sapeva che era noto come "Joker" per la sua impressionante abilità nel poker.

Raggiunse il palco e Mats scoprì che si chiamava Lars Hutcherson.

Il mentore prese un gran respiro: sarebbe stata senza ombra di dubbio un'edizione interessante.

 

KYLE GOLMIR, DISTRETTO 4

 

Kyle non voleva essere lì. Al contrario dei suoi compagni di distretto non aveva mai amato gli Hunger Games, anzi li riteneva un metodo bigotto per evidenziare che loro erano è sarebbero sempre stati solo carne da macello.

Non riusciva proprio a capire come potesse piacere una cosa del genere.

Nonostante questo aveva frequentato l'Accademia, perchè poteva comunque venire estratto.

L'accompagnatrice fece il solito preambolo per convincerli che partecipare agli Hunger Games fosse un grande onore; evidentemente non si rendeva conto che non ce n'era bisogno nel suo distretto.

Kyle sbuffò e prese a guardarsi intorno, cercando di indovinare chi sarebbero stati gli estratti. Ovviamente non c'era possibilità di saperlo, ma era solo un modo per passare il tempo.

Finalmente la capitolina si decise ad arrivare al punto: "Il tributo femminile di quest'anno è Summer Sunders!"

Kyle non la conosceva molto bene. Sapeva solo che aveva fatto l'Accademia con lui e che era una delle migliori nuotatrici di tutto il distretto.

"Ora procediamo con il nostro uomo!" Disse la donna sempre con fare entusiasta.

Kyle non era preoccupato, anche se fosse stato sorteggiato qualcuno si sarebbe offerto al suo posto.

Era immerso nei suoi pensieri quando senti la capitolina annunciare con voce stridula: "Kevin Golmir!"

Lo sguardo di Kyle volò verso il fratellino che si trovava in mezzo agli altri dodicenni.

Era bianco in volto e aveva gli occhi sbarrati.

Kyle capì che, nonostante cercasse di darsi un contegno, non riusciva a fare a meno di tremare. Kyle vide il fratello ingoiare e avviarsi verso il corridoio tra la fila maschile e quella femminile.

Il Golmir maggiore si guardò intorno, aspettandosi che qualcuno si offrisse.

Perchè non c'erano volontari? Tutti quei discorsi riguardo la gloria e poi non avevano il coraggio di offrirsi al posto di un ragazzino?

Kyle vide Kevin raggiungere lo spazio che lo avrebbe portato alla morta e prese la sua decisione.

"Mi offro volontario!" Sbraitò facendosi spazio a gomitate, come se, nel caso in cui avesse fatto tardi, non lo avrebbero accettato.

Kyle incrociò lo sguardo di Kevin: vide la paura e la preoccupazione per il fratello nei suoi occhi. Cercò di rassicurarlo con un sorriso, poi procedette verso il palco. Si mise al fianco di Summer e cercò ancora il fratellino in mezzo alla folla.

"Kevin, tornerò per te." Mormorò.

 

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Capitolo 3
*** Avviso ***


Salve! Volevo solo dirvi che uno dei partecipanti ha dovuto tirarsi indietro, percio ci sono due OC liberi. Qualcuno è interessato al tributo maschile del 7 e a quello del 12?

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Capitolo 4
*** Mietitura (parte due) ***


Mietitura

(Parte due)

MEI HU, DISTRETTO 5

 

Mei si sistemò nervosamente i capelli dietro un orecchio.

La capitolina, Julienne Dehui, sembrava divertirsi nel vedere i giovani ragazzi e le loro famiglie sudare freddo per l'ansia.

La donna sorrideva nel vedere lo sguardo spaventato di quei poveri ragazzini.

Mei non capiva come una persona potesse essere così crudele: gli abitanti di Capitol non si limitavano a utilizzare le loro vite come intrattenimento, ma provavano piacere nello scrutare i loro volti pieni di paura.

Studiò attentamente Julienne: quell'anno era vestita completamente di giallo, compresa l'enorme parrucca che ricordava un ammasso di paglia.

Mei storse il naso: odiava quel colore.

Con l'avvicinarsi del momento decisivo Mei sentiva anche l'ansia aumentare.

La ragazza cercò di rassicurarsi, pensando che c'erano molte più probabilità che uscissero i più grandi, anche per via del maggior numero di tessere richieste.

Quante probabilità c'erano che l'estratta fosse proprio lei?

La capitolina lesse il nome sul biglietto: "L'estratta per questi Diciassettesimi Hunger Games è... Mei Hu!"

Mei sentì la terra mancarle sotto i piedi.

Non poteva essere vero, probabilmente stava sognando. Sì, doveva essere così.

La vista le si annebbiò mentre le gambe tremarono.

"Non ti illudere. Non apparire debole." Si disse cercando di concentrarsi su cose superficiali: il vento freddo e pungente sulla faccia, il fastidio che le dava l'apparecchio nella sua bocca.

Mei si concentrò e l'ambiente intorno a lei divenne più nitido. Qualcuno l'aveva fatta uscire dalla folla. Deglutì non senza difficoltà e raggiunse il palco.

Incrociò lo sguardo preoccupato delle sorelline: avevano tutte gli occhi arrossati, anche se cercavano di apparire forti.

Mei cercò di sorridere loro, ma l'unica cosa che riuscì a fare fu una smorfia.

Come avrebbero fatto senza di lei? Suo padre non era in grado di mantenerle tutte.

Scosse la testa, cercando di scacciare quei pensieri.

Raggiunse la capitolina che, nel frattempo, aveva chiamato il tributo maschile: "Marcus Benjamin Moore."

Un ragazzo alto uscì dalla folla. Mei si aspettava di vederlo almeno un po' preoccupato, ma il suo volto non tradiva emozioni. Raggiunse in silenzio la capitolina e la sfortunata compagna di distretto mentre una ragazza piangeva disperata.

Mei non lo conosceva personalmente, ma le voci nel suo distretto giravano velocemente: sua sorella era diventata una senza voce quando aveva tentato di fuggire dal distretto, mentre suo padre era morto per una grave malattia.

Mei non potè fare a meno di provare compassione per quel ragazzo così solo.

"No. Negli Hunger Games non c'è spazio per la pietà." Si disse cercando di convincersi che, da quel momento in poi, quella sarebbe stata la sua unica verità.

 

TOBIAS MALONE, DISTRETTO 6

 

Toby non riusciva a stare fermo. Prese a giocherellare nervosamente con il colletto della sua maglietta.

Si studiò il tagli nell'interno del braccio: appena prima di riunirsi in piazza lui e il suo migliore amico, Daniel, erano andati a rubare nella casa del sindaco e, scappando, si era graffiato con una pianta.

Lui e Daniel non erano cleptomani, semplicemente le loro famiglie non riuscivano ad andare avanti.

Toby, al contrario di quasi tutti gli abitanti del suo distretto, si era rifiutato di mettersi in tiro per quei vermi e aveva preferito passare un po' di tempo con il suo migliore amico.

Guardò con odio la capitolina che avrebbe condannato due di loro.

A Capitol la gente vomitava per riuscire a mangiare più cose, mentre nei distretti morivano di fame.

E, come se non bastasse, avevano creato delle differenze tra i distretti, facendoli odiare a vicenda.

La donna, con il suo solito sorriso falso, augurò a tutti loro buona fortuna.

La capitolina infilò la mano nell'ampolla dove erano contenuti tutti i nomi dei possibili tributi femminili.

"Bethany Everdeen."

Toby non la conosceva molto bene. Sapeva solo che era una ragazza divertente e tremendamente impulsiva.

Bethany sbarrò gli occhi per la paura, ma nascose subito le sue vere emozioni dietro un sorriso sicuro.

Un ragazzo qualche fila dietro di lui prese a gridare e cercò di raggiungere la ragazza.

La bionda appena estratta lo guardò e con tono sicuro disse: "Tyler, no. Non puoi fare niente, perciò almeno evita di finire nei guai."

Tyler seguì con sguardo d'impotenza la sua ragazza, temendo che non sarebbe più tornata.

Bethany riprese il sorriso e raggiunse la capitolina.

Quest'ultima annunciò il nome del secondo sfortunato: "Tobias Malone."

Toby si irrigidì. Vide la capitolina aspettare che un ragazzo si facesse avanti.

Li mandavano a morire e nemmeno sapevano i loro nomi. Toby sentì la rabbia montare dentro di sè e si fece spazio a spallate.

Si posizionò al centro della piazza, dove poteva essere visto da tutti e gridò: "Beh, eccomi. Vi conviene stare lontani, perchè appena ne avrò la possibilità vi ucciderò con le mie mani! Vi siete portati via mio fratello e adesso volete anche a me. Il prossimo anno a chi toccherà? Mia sorella? Dite che questi giochi servono a mantenere l'ordine, ma il loro unico scopo è tenerci buoni, affinché possiamo riempire le vostre pance."

Toby sentì dei pacificatori sollevarlo e portarlo via.

Riempiendo di calci le guardie riprese il suo discorso: "Non importa quanti di noi moriranno, un giorno arriverà qualcuno che vi farà pagare per tutto ciò che avete fatto e allora saremo noi a guardarvi morire!"

Toby continuava a divincolarsi, nel tentativo di liberarsi, ma qualcuno lo colpì, facendolo piombare nel buio.

 

AMON RAENAR, DISTRETTO 7

 

Amon scambiò per l'ennesima volta uno sguardo con la sua ragazza, Shandra.

Si conoscevano da quando avevano tredici anni e da allora non si erano più separati.

Amon capiva che era nervosa, ma cercava di nasconderlo. Non avrebbe voluto Shandra cercasse di fingere con lui, ma non poteva biasimarla. Amon si trovava nella stessa situazione.

Venne distolto dai suoi pensieri dalla voce squillante della capitolina: "Come sempre, prima le signore."

Amon sentì l'ansia salire dentro di sè, mentre la donna compiva movimenti fluidi all'interno della boccia, alla ricerca del nome della prescelta.

Amon strinse convulsamente i pugni, cercando di concentrarsi sui suoi muscoli e non dalle immagini che lo tormentavano nella sua mente: continuava a vedere Shandra estratta, lei che lo abbracciava, lo baciava e che moriva sotto i colpi di qualche favorito.

Cercò di convincersi che non le sarebbe successo niente. Anche se fosse stata estratta le sue abilità con Ascia e coltelli avrebbero potuto salvarla.

"Cinger Elspet!" Annunciò la capitolina.

Amon vide una ragazza dai crespi ricci rossi e le lentiggini raggiungere il corridoio.

La ragazza fece un inchino con fare teatrale ed estrema lentezza.

Amon non potè far a meno di sorridere nel vedere qualcuno prendersi così deliberatamente gioco di Capitol.

Amon sospirò, sollevato che Shandra si fosse salvata anche quell'anno.

 Cercò lo sguardo della sua ragazza, ma non la vide affatto sollevata.

Era preoccupata per lui, intuì il ragazzo.

Lui sorrise e rischiò un occhiolino che la fece ridere.

Il cuore di Amon si riempì di felicità.

Riportò lo sguardo sulla capitolina che, intanto, si era diretta verso l'ampliamento maschile.

"Amon Raenar." Disse lei con una voce che sembrava quasi uno squittio.

Amon sentì la paura prendere possesso del suo corpo. Per un attimo si sentì come un condannato a morte che si avvicinava al patibolo dove sarebbe avvenuta l'esecuzione.

Il ragazzo riprese coscienza del fatto che tutti lo stavano guardando, compresa Shandra.

Forzò un sorriso sicuro, quasi divertito, e raggiunse Cinger.

Si posizionò vicino alla sua compagna di distretto con in mente un solo pensiero: sarebbe tornato per Shandra.

 

NORMAN PATTON CODD, DISTRETTO 8

 

Patton non si curava di niente. La capitolina aveva proiettato il solito video che ormai vedeva da diciotto anni. Non si era nemmeno sforzato di apparire vagamente interessato.

Patton lanciò uno sguardo verso il gruppo di adulti.

Come si aspettava, sua madre non si era presentata. Probabilmente era troppo impegnata a cercare un nuovo modo per suicidarsi. Nonostante questo, Patton non provava rancore. Non sentiva niente.

Si guardò di nuovo intorno. Vedeva i suoi compagni di distretto cercare di affrontare la paura a modo loro.

Anson, al suo fianco, non tradiva emozione.

Si limitava a guardarsi intorno, cercando di concentrarsi su cose superficiali per ignorare la paura.

Patton si voltò di nuovo verso il gruppo degli adulti, dove vide Sefton.

Il ventiduenne gli sorrise con fare rassicurante.

Patton si chiese di cosa volesse rassicurarlo. Lui non aveva paura. Da tempo non provava più niente.

"Jennifer Parrish!" Proclamò la capitolina. Patton non si era nemmeno reso conto che fosse cominciata l'estrazione.

Patton si voltò verso la sfortunata. Era una comune ragazza del suo distretto. Non si era mai curato di conoscerla, come con la maggior parte della gente.

Jennifer sembrava inchiodata al suolo, aveva gli occhi sbarrati e i pugni serrati.

La ragazza deglutì a fatica e fece un passo.

"Mi offro volontaria!" La ragazza di fianco a Jennifer gridò quelle parole.

"Sid, no!" Jennifer cercò di fermare l'amica, ma questa la ignorò e raggiunse il palco.

"Come ti chiami, cara?" Chiese la capitolina.

"Come se davvero le importasse" pensò Patton sbuffando.

La ragazza rispose con sguardo sicuro che non lasciava trasparire un minimo di paura: "Sidney Nina Graham."

La capitolina le indicò lo spazio destinato al tributo femminile, poi si concentrò di nuovo sulle ampolle.

"Anson Rivera." Annunciò la donna.

Sentì Anson irrigidirsi al suo fianco.

No, non l'avrebbe permesso. Anson aveva ancora una vita da vivere, mentre la sua era finita da tempo ormai. Ciò che viveva poteva essere definita solo come un'opprimente esistenza priva di qualsiasi emozione.

Prima che l'amico potesse fare anche solo un passo si fece avanti e sussurrò: "Mi offro come tributo."

Anson gli afferrò il polso e disse con fare perentorio: "Patton, non lo fare."

Patton guardò l'amico e, senza dire niente, riprese la camminata.

"Qual è il tuo nome?"

"Patton Codd." Rispose freddo il ragazzo.

Da lì riusciva a vedere casa sua.

Con un sorriso pieno di rabbia dipinto in volto pensò: "Vediamo come sopravvivi senza di me, madre."

 

 

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Capitolo 5
*** Mietitura (parte tre) ***


Mietitura

(Parte tre)

SHEILA WHITE, DISTRETTO 9

 

Sheila si guardò intorno, osservando tutti quei volti che non significavano niente per lei.

Era circondata da suoi coetanei, ma non aveva un vero rapporto con nessuno di loro.

Non che le fosse mai interessato.

Sheila credeva che l'unica vera persona in grado di conoscerti nel profondo sei solo te stesso, perciò qual era lo scopo dei rapporti con gli altri?

Cercare di stringere legami con le persone, sapendo comunque che quando non sarà più conveniente per loro verrai irrimediabilmente lasciato. Se nemmeno i genitori si facevano problemi a lasciare i propri figli, perchè gli altri sarebbero dovuti essere diversi? Perché a qualcuno sarebbe dovuta davvero importare di lei?

Sheila prese un respiro profondo, cercando di convincersi che, qualunque cosa sarebbe accaduta di lì a poco, non avrebbe avuto conseguenze su di lei.

Quando la capitolina pronunciò il suo nome non provò paura.

Si limitò ad indossare la sua solita maschera di imperturbabilità e a raggiungere il suo posto, messo in bella vista di fronte a persone che non avrebbero pianto se fosse morta.

Nemmeno a lei importava di loro. Non le importava niente.

Mentre rifletteva sulle sue emozioni non potè fare a meno di pensare ad una frase letta in un vecchissimo libro di qualche suo antenato.

Quei libri erano l'unica cosa che le avevano lasciato i suoi genitori prima di svignarsela e scomparire nel nulla.

Il libro diceva: "Assisto terrorizzato al diminuire del mio odio per gli uomini, all'allentamento dell'ultimo legame che mi univa a loro."

Era così che Sheila si sentiva. C'era stato un tempo in cui aveva odiato le persone, ma adesso era semplicemente indifferente a tutto.

Per lei c'erano solo se stessa e la sua gatta.

Sheila osservò con attenzione la capitolina mentre agitava la mano nell'ampolla contenente i nomi di tutti i possibili tributi maschili.

"Leonard Andrew Carter!"

E così sarebbe stato lui il suo compagno di sventura. Sapeva solo che era un ragazzino del suo distretto, più piccolo di lei.

Nonostante l'isolamento della sua casa vicino al bosco aveva sentito le voci.

Sapeva che era stato preso di mira perché omosessuale, ma lui non si era mai sbilanciato. Si era sempre limitato a sorridere e cambiare strada, dimostrando che non gli importava di quello che pensavano gli altri. Che lui era felice.

Non si scompose, nemmeno quella volta.

Era solo un ragazzo di quattordici anni, eppure riusciva ad affrontare tutto con estrema calma.

Sorrise rassicurante a un ragazzo e una ragazza tra la folla.

Procedette, sempre sorridente.

Sheila sbuffò. "Falso." Non potè far a meno di pensare.

Probabilmente non sarebbe stato troppo temibile. Si era sempre mostrato come un pacifista.

Immersa in questi pensieri, non riuscì ad evitare di chiedersi: "Per cosa sto combattendo?"

Non aveva una risposta.

 

HAZEL MARGARET WHITESTORM, DISTRETTO 10

 

Hazel scambiò per l'ennesima volta uno sguardo con suo fratello minore, Richard.

Entrambi erano terribilmente in tensione, anche se cercavano di nasconderlo all'altro.

Hazel si sforzò di distogliere lo sguardo e concentrarsi su altro: sulla parrucca dell'eccentrica capitolina, sul freddo e pungente vento.

Tutto tranne che il suo fratellino sarebbe potuto venire estratto, mentre lei non poteva fare neinte.

Almeno Lux sarebbe stata salva. Era troppo piccola. Perlomeno Capitol aveva avuto la minima umanità di risparmiare quelle sofferenze ai bambini con meno di dodici anni.

Quel pensiero riuscì a rassicurarla un pochino.

Si voltò verso la folla di coloro che non avevano l'eta per partecipare agli Hunger Games.

Suo padre teneva un braccio in vita alla madre, mentre Lux cercava di nascondere la paura che provava per i fratelli.

Sua madre teneva in braccio il piccolo Andrew.

Le si strinse il cuore nel vedere quella scena.

Era arrivato il momento. La capitolina stava per estrarre il tributo femminile.

"Ti prego, ti prego, ti prego..." Pensò Hazel chiudendo gli occhi.

Mentre era ancora immersa nel buio sentì la voce della donna pronunciare le parole tanto temute: "Hazel Margaret Whitestorm."

Hazel trattenne a stento un'imprecazione.

Perchè proprio lei? Di tutte le ragazze del distretto, il destino aveva voluto condannare proprio lei.

"Devi essere forte." Si disse con tono duro.

Alzò la testa e si fece spazio con sguardo sicuro.

Sentì la piccola Lux gridare. Non aveva la forza di guardarsi. Non poteva vedere le lacrime nei suoi occhi.

Strinse i denti e fece un altro passo.

Udì alle sue spalle i Pacificatori urlare di fare spazio. Si voltò, presa dalla curiosità, ma la scena che vide la tramutò ben presto in rabbia.

Lux era riuscita a passare e stava correndo verso di lei, quando venne intercettata dalle guardie. Una di loro la sollevò, mentre la bambina scalciava e tirava deboli pugni sulle loro armature.

Hazel si affrettò a raggiungerli e ringhiò: "Lasciatela andare."

Evidentemente doveva essere stata convincente, perchè i Pacificatori poggiarono la bambina a terra.

Lux le strinse la vita con le piccole braccia e le riempì il vestito di lacrime.

Non avevano molto tempo. Le guardie non avrebbero esitato di nuovo e l'avrebbero strappata via da lei, magari l'avrebbero anche punita.

Hazel si inginocchiò, in modo tale da avere il volto al livello di quello della sorellina.

Pronunciò poche parole: "Lux, vai da mamma e papà."

La bambina sembrava sul punto di replicare, ma venne interrotta dal tono duro della sorella maggiore: "Adesso."

Lux sgranò gli occhi, sorpresa e ferita dai modi della sorella, ma fece ciò che gli aveva detto.

Hazel prese un respiro profondo: non voleva usare quel tono, ma il risultato era stato quello voluto.

Riprese il suo cammino.

"Cara, presumo che lei fosse la tua sorellina!" Squittì la capitolina.

Hazel la fulminò con lo sguardo senza rispondere.

La donna si affrettò a procedere con la mietitura.

"Il tributo maschile di quest'anno è... Richard James Whitestorm!"

Hazel sgranò gli occhi. Ma perchè? Perchè proprio Ricky.

Il suo fratellino sembrava sul punto di crollare a terra. A prima vista poteva quasi sembrare un diciottenne, ma era solo un quindicenne spaventato.

Lo vide deglutire a fatica e raggiungerla.

"Noto una cosa: avete lo stesso cognome. Siete per caso fratelli?" Chiese la capitolina battendo le mani, eccitata.

I fratelli non risposero, si limitarono a guardarsi a vicendo.

"Guarda che capelli! Dimmi, caro, sono naturali?"

Chiese la donna toccando i capelli completamente bianchi di Ricky.

"Sì." Rispose secco lui, allontanandosi.

Mentre la donna finiva il suo discorso, Hazel capì di essere felice di essere stata estratta: avrebbe protetto Ricky fino alla fine.

 

SANTOS "CARLOS" MELS, DISTRETTO 11

 

Santos prese un respiro profondo.

Guardò verso il suo migliore amico, Damerae.

Lui sembrava sicuro come sempre. Come se niente lo spaventasse.

Santos non era così. Lui aveva paura, ma non per se stesso: temeva più di ogni altra cosa per il ragazzo al suo fianco.

Quando Damerae si voltò verso di lui, Santos distolse lo sguardo.

Cercò di non guardarlo di nuovo, di non attirare la sua attenzione.

Addirittura ascoltò il discorso dell'accompagnatrice. Come ogni anno lodava Capitol e cercava di convincerli che i giochi mantenessero la pace. "Certo, era proprio a quello che servivano..." Pensò Santos sbuffando.

Era arrivato il momento, la ragazza sarebbe stata estratta. Santos non aveva molti rapporti con le ragazze del suo distretto, ma era comunque dispiaciuto all'idea che una persona che conosceva da sempre venisse condannata a morte.

"Nelly Greentree." Quel nome suonava nuovo a Santos. Si voltò verso la ragazzina, di al massimo tredici anni, che avrebbe dovuti partecipare a quel sadico reality.

Santos sperò che qualcuno di più forte si offrisse al posto suo, ma nessuno si fece avanti.

Ovviamente la gente preferiva mandare a morire una ragazzina piuttosto che mettere la propria incolumità in pericolo.

Quella verità lo disgustava profondamente.

Nelly prese a camminare verso il palco. Per Santos era evidente che fosse spaventata, ma capiva che voleva nasconderlo per farsi rispettare.

Non potè far a meno di ammirare la sua tenacia.

"E il tributo maschile di questa edizione sarà..." Disse la capitolina aprendo il biglietto.

"Non lui, non lui, non lui..." pensò Santos.

"Damerae Kayuskin!"

Non poteva essere vero. Damerae, al suo fianco, non si scompose e si avvicinò al corridoio tra i due gruppi di ragazzi.

Il panico assalì Santos: non poteva lasciare che accadesse, non poteva lasciare che la persona più importante per lui partecipasse a quello stupido gioco perverso.

Sapeva che Damerae era forte, ma se fosse tornato sarebbe stato irrimediabilmente diverso.

Non poteva permettere che accadesse.

"Mi offro volontario!" Gridò Santos alzando un braccio.

"Oh, bene, un volontario!" Squittì deliziata l'accompagnatrice.

Damerae gli prese il braccio e lo guardò negli occhi: "Non lo fare."

Vedendolo, Santos fu ancora più deciso: "Non lascerò che ti accada niente." Detto questo superò l'amico e raggiune Nelly e la capitolina.

Guardando Damerae, Santos si promise che sarebbe tornato per lui.

 

EDWARD BENSON, DISTRETTO 12

 

Edward avrebbe ucciso Ivan, ne era sicuro.

Il gemello sembrava non capire che il fatto che avessero i genitori in comune non li rendeva fratelli.

In fondo nemmeno si conoscevano, si erano incontrati solo pochi mesi prima.

Ivan non riusciva a capacitarsi del fatto che Ed nemmeno provasse a conoscerlo.

Sembrava persino che non gli importasse di lui.

Ed alzò gli occhi al cielo, cercando di far capire a Ivan in modo molto semplice e chiaro che non voleva parlare con lui.

"Eddie, per favore. Almeno prova a parlarmi." Supplicò Ivan ignorando il discorso dell'accompagnatrice.

Ed lo fulminò con lo sguardo: "Te lo dico per l'ultima volta: non chiamarmi Eddie. Se lo farai di nuovo sarò costretto a tagliarti la lingua."

Senza nemmeno che Ed se ne rendesse conto, la capitolina aveva già annunciato il nome del tributo femminile.

Di certo Ed non si potè dire dispiaciuto nel vedere Zrina Bolton farsi largo tra la folla.

Nonostante avesse solo dodici anni, quella ragazza era una vera stronza.

Non faceva che cercare di mostrarsi superiore agli altri e quella volta non si smentì.

Raggiunse il palco a testa alta. Si fermò per un paio di secondi di fronte alla capitolina, la guardò e poi scoppiò a ridere.

La donna appena derisa cercò di non fare troppo caso all'insolente ragazzina e decise di procedere con la mietitura.

"Edward Benson."

Ed si bloccó dal lanciare l'ennesmo insulto contro Ivan e spostò lo sguardo sulla donna che aveva pronunciato quelle parole.

Nonostante cercasse di non mostrarlo, Ed aveva paura. Osservò il volto preoccupato del gemello, poi strinse i pugni e si decise a farsi avanti.

Si fece spazio a forza di spinte, facendo di tutto per non far trasparire la sua paura.

Si mise al fianco di Zrina, la quale non faceva altro che osservarlo.

Gli rivolse l'ennesimo sguardo di superiorità, come se non si rendesse conto che erano nella stessa situazione.

Ed le avrebbe insegnato a portare rispetto.

 

Salve, bella gente! Prima di mostrarvi l'aspetto dei vostri tributi vorrei farvi una domanda. Preferite vedere anche i saluti e la sfilata, per conoscere meglio i tributi, o andare direttamente agli allenamenti e all'intervista?

Fatemi sapere!

Detto questo, ecco i tributi!

 

Distretto 1

 

Dayla Rawton

Dayla Rawton 

 

Max "Pugno di ferro" Groth

Max Groth 

 

Distretto 2

 

Elisabeth Blackstorm

 Elisabeth Blackstorm

 

Agrippa Wolner

 Agrippa Wolner

 

Distretto 3

 

Bonnie Rosy Gilbert

 Bonnie Gilbert

 

Lars Bork "Joker" Hutcherson

Lars Hutcherson

 

Distretto 4

 

Summer Sunders

 Summer Sunders

 

Kyle Golmir

Kyle Golmir  

 

Distretto 5

 

Mei Hu

Mei Hu 

 

Marcus Benjamin Moore

 Marcus Moore

 

Distretto 6

 

Bethany Bridgette Everdeen

Bethany Everdeen  

 

Tobias "Toby" Malone

 Toby Malone

 

Distretto 7

 

Cinger Elspet

 Cinger Elspet

 

Amon Raenar

 Amon Raenar

 

Distretto 8

 

Sidney Nina Graham

 Sidney Graham

 

Norman Patton Codd

 Patton Codd

 

Distretto 9

 

Sheila White

 Sheila White

 

Leonard Andrew Carter

 Andrew Carter

 

Distretto 10

 

Hazel Margaret Whitestorm

 Hazel Whitestorm

 

Richard James Whitestorm

 Richard Whitestorm

 

Distretto 11

 

Nelly Greentree

Nelly Greentree  

 

Santos "Carlos" Mels

 Santos Mels

 

Distretto 12

 

Zrina Bolton

 Zrina Bolton

 

Edward Benson

 Lo inserirò appena avrò il nome.

 

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Capitolo 6
*** Saluti (parte uno) ***


Saluti

(Parte uno)

 

DISTRETTO 1

 

DAYLA RAWTON

 

Dayla si aggiustò un ciuffo ribelle, preoccupandosi di essere impeccabile per quando i genitori si fossero presentati.

Sorrise al pensiero dei loro sguardi fieri e orgogliosi.

Si ricordò che, da quel momento in poi, sarebbe dovuta essere concentrata sulla sua impresa.

Venne distolta dalle sue riflessioni dal rumore cigolante della porta che si apriva.

Alzò lo sguardo e rivolse un sorriso ai genitori.

La madre la abbracciò e disse: "Siamo così fieri di te!"

Dayla notò un luccichio negli occhi della donna.

Rivolse lo sguardo al padre. Anche lui era fiero, ma non era difficile individuare una punta di preoccupazione.

Il padre sembrò riscuotersi e strinse a sè la figlia.

Dayla li avrebbe resi fieri di sè.

 

MAX GROTH

 

A Max si strinse il cuore nel veder entrare i nonni. Nonostante fossero entrambi malandati e malconci erano andati a salutarlo prima della partenza.

"Max, ti avevo detto di non farlo." Disse l'uomo con tono duro, cercando di nascondere il timore nella sua voce.

Max sorrise: "Non sono mai stato ubbidiente."

"No, ma sei sempre stato un bravo ragazzo." Disse la nonna carezzandogli la guancia.

Max le strinse la mano e promise: "Tornerò e allora avrò tutti i soldi per le vostre medicine."

 

DISTRETTO 2

 

Elisabeth sbuffò, aspettando la visita delle sue "amiche".

Sapeva che sarebbero andate a trovarla, magari si sarebbero anche finte gentili. Forse no, considerato il modo in cui si era comportata con Judith.

La ragazza in questione fece irruzione nella piccola stanza come una furia.

"Come hai osato?" Chiese Judith guardandola come se volesse incenerirla.

Per tutta risposta, Elisabeth inarcò un sopracciglio e portò una mano al petto con fare teatrale: "Ma come? Io ti ho salvato la vita."

"Mi hai rubato la gloria!" Ribattè Judith.

Elisabeth sbuffò: "Avanti, sappiamo tutti che ero migliore di te all'Accademia."

Il tributo sorrise, pensando alla faccia dell'altra ragazza quando sarebbe tornata nel distretto.

 

AGRIPPA WOLNER

 

Agrippa guardò fuori dalla finestra, annoiato.

Sapeva benissimo che nessuno sarebbe andato a salutarlo, ma non gli importava molto.

Dalla stanza in cui si trovava riusciva a vedere l'Accademia.

Sorrise amaramente, pensando ai bei tempi in cui l'unica cosa importante era essere migliore di quei montati del suo distretto.

Ricordò quel giorno in cui John Travers, capo di una delle bande che si divertivano a creare guai per le strade, aveva cercato di reclutarlo.

Il divertimento nel vedere la faccia di John al suo rifiuto, nonostante il passare del tempo, non era cambiato.

Agrippa sentì il rumore della porta che si apriva.

Il ragazzo si voltò di scatto e osservò il volto della cugina: "Non pensavo saresti venuta."

"E perché? Ci tengo ad incontrare il vincitore dei prossimi Hunger Games."

Agrippa guardò con sguardo malizioso la ragazza, poi si chinò per sussurrarle qualcosa all'orecchio.

Silvia ridacchiò e ricambiò lo sguardo del ragazzo.

 

DISTRETTO 3

BONNIE ROSY GILBERT

 

Bonnie osservò la sua famiglia mentre entrava nella stanza che lei, ormai, considerava come una prigione.

"Bonnie, mio Dio, stai bene?" Esordì sua sorella maggiore, Caroline, abbracciandola.

"Caroline, va tutto bene." Bonnie scostò la sorella e la osservò: stava piangendo.

In fondo alla stanza si trovavano i genitorie la sorella minore. Li strinse a sè uno alla volta, poi guardò di nuovo Caroline. Stava ancora piangendo.

"Caroline, pensi che non possa farcela?" Chiese Bonnie incrociando le braccia.

La sorella non rispose, si limitò ad osservarla come se volesse imprimere il suo volto nella sua memoria.

 

LARS BORK HUTCHERSON

 

Lars guardò Steffen e suo fratello Einar entrare nella stanza.

Aspettò che anche un uomo facesse il suo ingresso, ma, invece, la porta si chiuse.

"Papà?" Chiese nonostante la risposta fosse ovvia.

Einar si limitò a scuotere la testa.

Non era sorpreso. Si era sempre ritenuto un realista e quella filosofia aveva fatto in modo che non si illudesse nemmeno quella volta.

Suo fratello gli si avvicinò e lo guardò con solidarietà: "Non pensare a papà, concentrati sui Giochi. Sai sopravvivere e sei agile, ce la puoi fare."

Lars annuì. Forse poteva riuscirci davvero.

 

DISTRETTO 4

 

SUMMER SUNDERS

 

Summer non pensava che Ashley sarebbe stata la prima che avrebbe visto.

Si aspettava che la sua istruttrice di nuoto si sarebbe presentata, ma non avrebbe immaginato di vederla subito.

La donna la abbracciò stretta, poi la allontanò e le parlò con sguardo serio: "Devi fare colpo sugli sponsor. Se riuscirai ad attirare la loro attenzione magari potranno inviarti un tridente, allora sarai in grado di combattere e difenderti. Nascondi in tutti i modi il tuo problema, non ti metterebbe in buona luce."

Summer abbassò lo sguardo, poi annuì sicura.

Ashley la strinse di nuovo: "Spero tu ce la faccia."

Lo sperava anche Summer.

 

KYLE GOLMIR

 

Kyle strinse forte il fratellino, che nascosa il volto nella sua maglietta.

Kyle si era prefissato di mostrarsi forte, ma vedendo Kevin in lacrime non era sicuro di farcela.

I suoi genitori lo guardavano spaventati, ma cercavano di non far vedere la loro preoccupazione a Kevin.

"Ehi, pulce." Disse Kyle tirando fuori il nomignolo odiato dal fratello minore.

Kevin non ebbe nemmeno la forza di tirargli uno schiaffo sul braccio.

"Lo sai, sono forte. Posso farcela. E per quando tornerò voglio che tu sia almeno in grado di starmi dietro a nuoto. Hai capito, pulce?" Continuò il Golmir maggiore scompigliando i capelli al minore.

Kyle non sarebbe crollato. Avrebbe combattuto per suo fratello.

 

DISTRETTO 5

 

MEI HU

 

Mei cercò di mettere su il suo sorriso migliore mentre le sorelle e il padre facevano il loro ingresso.

Le tre gemelle si tenevano per mano a vicenda, cercando di mostrarsi forte per la sorella. Probabilmente era stato il padre a dirlo loro.

L'uomo era senza ombra di dubbio distrutto, ma cercava di nasconderlo. Si sforzava di mantenere il sorriso, anche se questo continuava a mutare in una smorfia.

"Mei, quando tornerai mi insegnerai a correre come te?" Chiese Yu guardando speranzosa la sorella maggiore.

"Lo insegnerà prima a me!" Dissero Beau e Shu all'unisono.

Mei sorrise sentendo le lacrime pungerle gli occhi: "Lo insegnerò a tutte."

 

MARCUS BENJAMIN MOORE

 

Marcus osservò Rachel fare il suo ingresso nella stanza.

La ragazza non disse niente, si limitò ad abbracciarlo. Mark cercò di non apparire troppo freddo e ricambiò la stretta.

"Mark, perché?" Chiese la sua migliore amica senza staccarsi da lui.

"Immagino che si tratti di probabilità. Ho chiesto varie tessere, perciò era più probabile che uscissi rispetto a molti altri." Rispose il ragazzo cercando di nascondere la sua vera paura.

Rachel si allontanò e tirò su con il naso.

"Sei un idiota." Disse sorridendo all'amico.

Mark ricambiò il sorriso.

Quella situazione era terribilmente ironica: i sorrisi di Mark erano una rarità e lui ne aveva appena mostrato uno durante quello che sarebbe potuto essere il suo ultimo giorno nel distretto.

 

DISTRETTO 6

 

BETHANY BRIDGETTE EVERDEEN

 

Beth sorrise rassicurante alla preoccuppata famiglia che le si presentava davanti.

"Beh? Cosa sono quei musi lunghi?" Domandò incitando gli altri ad affrontare la cosa.

"Beth, stai scherzando, vero? Sei stata estratta per i Giochi più mortali che esistano e tu vuoi prenderci in giro?" Chiese Duncan, il suo gemello.

"Non vi sto prendendo in giro. Semplicemente penso che dobbiate affrontare la cosa con filosofia e avere fiducia in me." Rispose calma Bethany.

Duncan abbassò lo sguardo con aria colpevole, poi annuì.

Bethany sorrise ancora di più, poi abbracciò il resto della sua famiglia.

 

TOBIAS MALONE

 

"Sei completamente fuori di testa?" Fu l'esordio di suo padre.

L'uomo sbattè forte la porta, poi posò il suo sguardo di fuoco sul figlio.

"Io te l'ho sempre detto che la tua irriverenza ti sarebbe costata cara! Cosa doveva significare quella scenata?" Proseguì l'uomo.

"Peter, per favore..." Provò la moglie.

"No, Gabrielle. Il ragazzo è impulsivo e irresponsabile. Ho cercato di educarlo, ma ho fallito." Detto questo l'uomo abbandonò la stanza.

Toby posò lo sguardo sulla sorellina. Aveva gli occhi lucidi.

"No, no. Non piangere." Disse il ragazzo sollevandola e cullandola tra le sue braccia.

Quando si fu calmata la restituì alla madre e abbracciò alla donna.

Alla fine si trovò nella stanza da solo con il suo migliore amico.

Daniel scosse la testa: "Sei un pazzo ed è per questo che sono tuo amico."

Toby sorrise.

 

 

 

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Capitolo 7
*** Saluti (parte due) ***


Saluti

(Parte due)

 

DISTRETTO 7

 

CINGER ELSPET

 

Cinger stava aspettando che la sua famiglia adottiva facesse il suo ingresso nella piccola e cadente stanzetta in cui si trovava.

Nonostante il rispetto che provava per loro, non avrebbero mai potuto sostituire i suoi veri genitori e questo lo sapevano tutti.

Eccoli, stavano entrando.

Cinger si sforzò di mettere da parte la paura che le stava attanagliando il cuore.

Nami, sua madre adottiva, aveva gli occhi lucidi e si stringeva con forza a Godric.

Nonostante venisse continuamente respinta da Cinger, lei non si era mai rassegnata e aveva sempre cercato di starle vicina.

I figli della coppia, Marcus e Bonnie, cercavano di mostrarsi fiduciosi, ma sapevano bene che i pronostici non erano a favore della rossa.

"Oh, Cin..." mormorò la donna prendendo le mani della ragazza.

"Non ti preoccupare, farò una grande entrata in scena!" Disse decisa Cin scostando i capelli con un rapido colpo del capo.

Nami sorrise: non perdeva quel suo modo di fare nemmeno in una situazione del genere.

La donna sperò con tutto il cuore che non fosse costretta ad assistere anche alla sua uscita di scena.

 

AMON RAENAR

 

Amon strinse forte a sè Shandra.

La ragazza piangeva disperatamente mentra nascondeva il suo volto nel maglione del ragazzo.

Shandra si staccò e guardò l'altro negli occhi: "Promettimi che farai tutto per tornare! Promettilo!"

Amon non riuscì a ricambiare lo sguardo della ragazza, mentre annuiva con il capo cercando di nascondere tutti i suoi dubbi.

Shandra capì la sua paura, ma sembrava decisa a non infierire.

"Tieni." Gli disse porgendogli un piccolo oggettino di legno.

Amon lo studio attenzione: era un anello con incise sopra le loro iniziali.

"Non è molto, ma..."

"È stupendo." La interruppe il ragazzo per poi baciarla.

Quando Shandra uscì fu la volta di Steven.

Steve era il suo migliore amico da sempre e sapeva che gli sarebbe rimasto vicino in qualunque momento.

I due amici si abbracciorono, poi Amon disse: "Prenditi cura di Shandra."

Steve annuì e guardò l'amico, sperando che quello non fosse il loro ultimo incontro.

 

DISTRETTO 8

 

SIDNEY NINA GRAHAM

 

Sidney ebbe quasi paura quando Jennifer, la sua migliore amica, entrò come una furia.

"Tu, piccola sconsiderata! Perché hai sentito il bisogno di suicidarti?"

Sidney sorrise: era felice che Jennifer non fosse il tipo da pianti.

"Davvero riponi così poca fiducia in me?" Chiese Sidney con fare fintamente offeso.

"Se ti comporterai in modo così idiota anche nell'arena non sopravviverai al bagno di sangue." Rispose Jennifer con il suo solito tono scherzoso.

Sidney ridacchiò: non sarebbe mai cambiata.

"Sid, seriamente, non fare l'idiota. Non fidarti di nessuno e pensa solo a te stessa."

Il tributo annuì, cercando di rassicurare l'amica, poi la strinse a sè.

Avrebbe fatto di tutto per incontrarla di nuovo.

 

NORMAN PATTON CODD

 

Patton alzò gli occhi al cielo, ignorando le numerose imprecazioni di Sefton e Anson.

I due sembravano non essere in grado di capire la sua scelta di offrirsi volontario.

Non capivano che Patton aveva bisogno di uno scopo per cui vivere.

Sefton sembrò rendersi conto che non stava prestando loro attenzione, perché prese a guardarlo male.

Patton in tutta risposta alzò un sopracciglio.

"Ti rendi conto che potresti esserti appena suicidato?" Chiese Anson sospirando.

"Tanto ero già morto" si trattenne dal dire Patton.

Si limitò a guardare i suoi due migliori amici con sguardo di sfida.

Non avrebbe mai permesso che uno di loro morisse. Loro avevano ancora tutta la vita davanti, al contrario di Patton.

"Sei proprio un caso perso!" Sbuffò Sefton.

Patton non avrebbe potuto essere più d'accordo.

 

DISTRETTO 9

 

SHEILA WHITE

 

Sheila prese ad avvolgere distrattamente una ciocca di capelli intorno al dito.

Sapeva che nessuno sarebbe andato a salutarla, ma non capiva perché dovesse comunque stare in quella stanzetta buia ad aspettare.

Insomma, non aveva amici nè famiglia, chi sarebbe dovuto andare? La sua gatta?

Sembrava quasi che la sua amica pelosa fosse l'unica a cui importasse di lei.

Almeno avrebbe avuto il tempo necessario per elaborare una strategia.

Sapeva cacciare e aveva abilità di sopravvivenza, ma non era molto forte.

Sarebbe stato utile allearsi con qualcuno di forte fisicamente, ma avrebbe volentieri evitato i Favoriti.

Troppo snob e facili al tradimento, non si sarebbe potuta fidare di loro.

Sarebbe stato sicuramente complicato.

 

LEONARD ANDREW CARTER

 

Andrew sorrise mentre suo padre, Heman, e sua sorella, Melena, facevano il loro ingresso.

Non vide sua madre, ma non ne restò sorpreso. Quella donna aveva preferito vivere una vita con il sindaco al posto della sua vera famiglia.

"Andy, togliti quel sorriso da ebete." Disse la sua gemella con fare sarcastico.

Andrew decise di lasciar correre il nomignolo da lei usato.

"Sarebbe come chiederti di smettere di fare l'idiota." Rispose il ragazzo assecondando il gioco.

Herman scosse la testa, rassegnato alle continue discussioni dei figli.

Melena lo fulminò con lo sguardo, ma il padre la interruppe: "Ti prego, Andrew, fa' attenzione e non fidarti degli altri."

Ad Andrew si spezzò il cuore nel sentire il tono disperato del padre.

Si limitò a guardare la sua famiglia con aria di serenità.

Non si sarebbe fatto abbattere da Capitol, non avrebbe permesso a quei tiranni di strappargli via il sorriso.

 

DISTRETTO 10

 

HAZEL MARGARET WHITESTORM

 

Hazel osservo le sue migliori amiche mentre entravano nella stanza.

Mar, Lene e Milly avevano gli occhi lucidi, ma solo quest'ultima cercò di nasconderlo.

Si scrutarono per qualche secondo, poi Milly si fece avanti: "Haz, devi tornare. Anche se ci sarà anche tuo fratello, tu devi tornare."

Hazel sorrise di fronte alla preoccupazione delle amiche.

Nonostante sapessero benissimo quale sarebbe stato il suo scopo nell'Arena avevano provato a convincerla.

"Prendetevi cura di Lux, okay?" Disse il tributo trattenendo a stento le lacrime.

Vide le amiche scambiarsi sguardi nervosi, perciò insistette: "Promettetemelo!"

Le ragazze annuirono incerte e si avvicinarono all'amica, consapevoli che probabilmente sarebbe stata l'ultima volta in cui l'avrebbero vista.

 

RICHARD JAMES WHITESTORM

 

Richard non riusciva a smettere di torcersi le mani.

Non poteva essere vero, stata sicuramente sognando.

Si prese la testa tra le mani e strinse con forza le palpebre, cercando di cacciare indietro le lacrime.

Lui e sua sorella stavano irrimediabilmente andando a morire.

Richard non riusciva ad immaginare di trovarsi con lei in finale; no, sarebbe morto nel Bagno di Sangue piuttosto che guardare Hazel suicidarsi per permettergli di vivere.

Quella era l'unica certezza che Richard avesse: non avrebbe permesso che sua sorella si sacrificasse per lui.

Raddrizzò la schiena e osservò con sguardo deciso la sua famiglia, appena entrata.

Non poteva permettersi debolezze, perciò rimase distaccato.

I suoi genitori ne furono tremendamente delusi, per non parlare di Lux.

Loro non capivano la sua missione e mai avrebbero potuto farlo.

Avrebbe riportato Hazel a casa.

 

DISTRETTO 11

 

NELLY GREENTREE

 

Nelly era triste. Non rassegnata, non si sarebbe arresa facilmente, ma riusciva benissimo la paura che le stringeva la gola in una morsa.

Sarebbe finita nell'Arena, doveva accettarlo.

Doveva capire che se fosse voluta sopravvivere probabilmente lo avrebbe fatto con le mani sporche di sangue.

In quale mondo ragazzini come lei erano costretti a scegliere se uccidere o morire?

Quando i suoi genitori entrarono per salutarla prima della partenza lei nemmeno li guardò.

Non avrebbe sopportato di vedere le lacrime negli occhi della madre e la rassegnazione in quelli del padre. Sarebbe stato troppo.

Sentì la madre avvicinarsi e stringerla più forte che poteva, come se potesse impedirle di andarsene.

Nelly si decise a guardare i genitori e ad assecondare i loro saluti, sperando che non fossero gli ultimi.

 

SANTOS "CARLOS" MELS

 

Santos venne catturato dalla stretta di Damerae prima ancora che potesse rendersene conto.

Il migliore amico riusciva ad apparire forte persino in situazioni del genere e Santos ne aveva più che mai bisogno.

Si sentiva debole, quasi da non riuscire a reggersi in piedi.

Non aveva paura di morire.

L'unica cosa che temeva era di cedere al lato oscuro che si nascondeva da qualche parte nel suo cuore.

Aveva paura di diventare il mostro che lui respingeva con tutto se stesso.

Si sentì lo sguardo penetrante di Damerae puntato sulla faccia: "Perché l'hai fatto?"

Santos puntò gli occhi sul viso dell'amico.

Se solo lui sapesse...

Probabilmente sarebbe morto senza dire a Damerae la verità.

Lo scrutò ancora, valutando il modo migliore per rispondere senza rovinare tutto.

"Ah, al diavolo!" Pensò il tributo.

Attiro a sè Damerae e lo baciò con forza.

Quando si staccarono Santos era spaventato da cosa avrebbe letto negli occhi dell'altro.

Disgusto? O forse pietà?

Nel momento in cui trovò il coraggio di guardare l'amico vide solo sorpresa.

Prima che uno dei due potesse fare una mossa Damerae venne portato via da dei Pacificatori.

Tempo scaduto.

 

DISTRETTO 12

 

ZRINA BOLTON

 

Zrina osservò la stanza intorno a sè, annoiata dalle grida dei genitori.

La stavano accusando di essere un'incosciente, di non sapere a cosa stesse andando incontro.

Alzò gli occhi al cielo all'ennesimo rimprovero.

"Sentite, non mi importa se voi non credete in me. Io vincerò, vi mostrerò cosa siano la vera forza e il coraggio!"

I genitori sospirarono, rassegnati alla decisione della figlia.

Zrina sorrise: avrebbe provato a tutti di essere la migliore.

Strofinò insieme le mani, già pregustando il suo momento di gloria.

Vista così sarebbe potuta quasi apparire inquietante, se non sadica.

Ma a Zrina non importava, l'unica cosa che contava era la fama.

Osservò i genitori che se andavano, le schiene piegate come se condividessero un terribile peso.

Ancora non sapevano di aver messo al mondo una vincente!

 

EDWARD BENSON

 

Ed riuscì a stento ad evitare di imprecare quando vide Ivan farsi avanti.

Quel ragazzo non si rassegnava mai!

"Ivan, non sono stato abbastanza chiaro? Non mi importa niente di te e per te dovrebbe essere lo stesso!"

Il gemello sussultò alle parole del tributo, ma non si fece scoraggiare: "Ed, sono tuo fratello! Non mi interessa se non siamo cresciuti insieme, resti sempre il mio gemello, perciò non abbandonerò mai la mia missione!"

Edward sbuffò.

"La verità è che tu sei geloso. Sei invidioso perché sono stato adottato prima di te.

Ed, devi capire che non è colpa mia se mentre io facevo la bella vita, come dici sempre, tu stavi in orfanotrofio.

Non ho deciso di lasciarti là, ma adesso sto scegliendo di starti vicino e aiutarti in qualunque modo."

Edward sentì una specie di fitta al petto.

Ivan aveva colto nel segno, ma non poteva cedere.

Indossò di nuovo la sua solita maschera di ostilità e disse con tono freddo: "Devi andare, il tempo è scaduto."

Ivan scosse la testa ed uscì sbattendo la porta.

Il suo gemello aveva di nuovo lasciato Ed solo con se stesso.

 

 

Ehi! Volevo solo scusarmi con tutti voi per la lunghissima attesa e farvi una piccola domanda: vorrei che ognuno di voi mi indicasse via messaggio privato due OC (di cui almeno uno non proprio) con cui i propri personaggi sarebbero disposti ad allearsi (se hanno intenzione di farlo).

Prima mi fate sapere, prima potrò scrivere.

A presto!

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