I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.

di FlyChick
(/viewuser.php?uid=91972)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L.A. In My Head ***
Capitolo 2: *** What The Hell! ***
Capitolo 3: *** Ready, Set, Go! ***
Capitolo 4: *** Not A Groupie ***
Capitolo 5: *** Just Kiddin'...? ***
Capitolo 6: *** The Wow Factor ***
Capitolo 7: *** Forget It, Babe! ***
Capitolo 8: *** Nerd Glasses ***
Capitolo 9: *** Am I Foolish?! ***
Capitolo 10: *** This Is War ***
Capitolo 11: *** Kiss And Tell ***
Capitolo 12: *** The Telling-Off ***
Capitolo 13: *** I Don't Give A... ***
Capitolo 14: *** Go Redheads! ***
Capitolo 15: *** I Hate Boys! ***
Capitolo 16: *** Drumsticks ***
Capitolo 17: *** Side Effects... ***
Capitolo 18: *** Odd Man Out? ***
Capitolo 19: *** Drives Me Nuts ***
Capitolo 20: *** Like Cigarettes ***
Capitolo 21: *** Kiss My A**! ***
Capitolo 22: *** N.Y. Dreaming ***
Capitolo 23: *** Oh My God! ***
Capitolo 24: *** Sorry 'Bout It ***
Capitolo 25: *** Secret Tattoo ***
Capitolo 26: *** I Got Trouble ***
Capitolo 27: *** Nowhere Story ***
Capitolo 28: *** Perfect Lies ***
Capitolo 29: *** Happy B-Day! ***
Capitolo 30: *** Epic...Fail? ***
Capitolo 31: *** The Final Straw ***
Capitolo 32: *** Letal Drugs ***
Capitolo 33: *** Stupid Jerk! ***
Capitolo 34: *** What A Mess! ***
Capitolo 35: *** A Bad Hair Day ***
Capitolo 36: *** Fu**ing Pearls ***
Capitolo 37: *** No More Drama ***
Capitolo 38: *** It Started Like... ***
Capitolo 39: *** Secrets Sold ***
Capitolo 40: *** Ain't It Funny? ***
Capitolo 41: *** Sheer Chance? ***
Capitolo 42: *** Back & Forth ***
Capitolo 43: *** Santa Claus ***
Capitolo 44: *** Castle Walls ***
Capitolo 45: *** Ring The Alarm! ***
Capitolo 46: *** Memory Drops ***
Capitolo 47: *** Rolling Stones ***
Capitolo 48: *** Naked Truth ***
Capitolo 49: *** Shadow Theatre ***
Capitolo 50: *** Purple Rain ***
Capitolo 51: *** Love Wannabe ***
Capitolo 52: *** 'Heart'quake ***
Capitolo 53: *** One Last Wish ***
Capitolo 54: *** Love, Maybe? ***
Capitolo 55: *** Love After War ***
Capitolo 56: *** Mad At Me ***
Capitolo 57: *** So Into You ***
Capitolo 58: *** Turn The Page ***
Capitolo 59: *** Guilty Pleasure ***
Capitolo 60: *** P.S. I Love You ***
Capitolo 61: *** Sweetest Thing ***
Capitolo 62: *** Your Perfume ***
Capitolo 63: *** Back To Me ***
Capitolo 64: *** Up In Flames ***
Capitolo 65: *** Lovers' Thing ***



Capitolo 1
*** L.A. In My Head ***


1.L.A. In My Head
Ciao a tutti/e :) Questa storia era una ONE-SHOT, una 'slice of life' con protagonista Shannon.
Ma...
Ho deciso di continuarla :)
Ho alzato il rating, ora è arancione.
Spero che vi piaccia, fatemi sapere!
Buona lettura!
Baci, Flychick


-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

L.A. In My Head


Los Angeles,
una splendida giornata di primavera...

Non appena la porta si aprì facendo tintinnare lo scacciapensieri il suo profumo riempì la stanza. Evelyn l'avrebbe riconosciuto tra mille. Si voltò incredula.
"No!" sorrise, "Shannon!"
"Ciao Eve." la salutò lui con il suo fascino di sempre mentre si toglieva gli occhiali da sole.
"Che ci fai a Los Angeles, Shan? Credevo fossi dall'altra parte del mondo!" e lo abbracciò.
"Beh, allora sorpresa."
"Cosa posso fare per te? Cerchi qualcosa di particolare?"
"No. I miei gusti li sai meglio di me, fammi vedere qualcosa."
"Ok." sorrise la ragazza facendo l'inventario di tutto ciò che c'era nel negozio con la mente, "Seguimi."
Gli mostrò tutto ciò che secondo lei avrebbe potuto piacergli e poi lo accompagnò dai camerini, scambiando due chiacchiere mentre si cambiava.
"E così sei qui per una pausa."
"Si," disse lui dietro la tenda, "ripartiamo tra una settimana."
"Diretti a?"
"Ehm, andiamo in Sud America."
"Fantastico."
Shannon si guardò allo specchio. No, quei jeans non gli piacevano. Li allungò ad Evelyn sporgendo la testa ed il braccio tatuato dalla tenda.
"Questi no."
Evelyn si stupì.
"Perchè no?"
"Io ti ho mai chiesto il perchè di uno dei tuoi no?"
Colpo basso.
Tirava ancora fuori quella storia. Evelyn sorrise scuotendo la testa.
"Shannon sono cinque anni che cerchi di rimorchiarmi."
"E sono cinque anni che prendo due di picche."
"Non ti stanchi proprio mai eh?" e col suo fare sinuoso lei si voltò per andare a rimettere a posto quel paio di jeans. Voleva evitare l'argomento, ma lui l'adorava quando si faceva desiderare.
Quando lei ritornò Shannon era ancora lì, questa volta con una t-shirt in mano.
"Questa si."
Evelyn rise tra sé e sé.
"Quella? Scommetto quel che vuoi che quelle maniche non dureranno a lungo con il vizio che hai di tagliare le magliette."
"Allora scommetti." fece malizioso lui.
"No." sorrise la ragazza "Non mi fido di te." e prendendo la tenda con una mano gliela chiuse in faccia.
Quando Shannon aveva ormai scelto Evelyn lo portò alla cassa. Notò che lui non toglieva lo sguardo da lei. Sospirò divertita.
"Non mi guardare così Shan. Sai già qual'è la risposta."
Da un lato lui non la capiva, caspita era Shannon Leto! Con tutte le ragazze che avrebbero voluto essere al suo posto lei gli diceva sempre no! Dall'altro l'ammirava, non si faceva affatto incantare dal fatto che lui fosse Shannon Leto, e continuava a negargli continuamente ogni proposta, con la solita fermezza.
Shannon pagò e lei gli allungò la grande busta dentro la quale c'erano due paia di jeans e tre t-shirts.
"Tieni. Non vedo l'ora di vederteli indossare nelle foto sulle riviste di gossip." lo schernì lei facendogli un occhiolino.
Shannon ridacchiò sicuro di sé.
"Prima o poi ci sarai anche tu in una di quelle foto. Prima o poi cederai mia cara."
"Io non credo proprio."
"Nemmeno se ti chiedessi di uscire stasera?"
"No."
"Avanti poi andrò di nuovo in tour, non ci vedremo per molto tempo!"
"No."
"Staremo a vedere..."
"Non farti strane idee, sai?"
"Cosa? Io che ti penso così spesso quando siamo in giro per il mondo a suonare..."
Che cascamorto. Non era cambiato di una virgola.
"Shan, non voglio sapere in che circostanze pensi a me." lo interruppe lei quasi preoccupata da ciò che avrebbe potuto dire, "Grazie." e fece di nuovo quel sorriso che voleva comunicare un no categorico.
Un altro che andava ad aggiungersi alla lunga lista.
"Ok." fece Shannon.
Uno per lei, zero per lui.
"Beh, per ora ti saluto. Per ora, ripeto."
"Ciao Shan!" disse lei mentre lui si avviava all'uscita, "Divertiti senza di me." lo prese in giro.
Lui sorrise tra sé e sé mettendosi gli occhiali da sole continuando a camminare.
Lei scherzava, ma prima o poi lui un modo per vincere quella ragazza che faceva tanto la difficile l'avrebbe trovato. Oh si che l'avrebbe trovato. Aveva qualche mese per pensarci e l'avrebbe trovato. Ad ogni costo.
Ancora una volta aveva una buona scusa per ritornare a Los Angeles. Di nuovo.


A prestissimo! Baci, Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** What The Hell! ***


2.What The Hell!
Eccoci qua :) che abbia inizio ilcontinuo della ex-one shot 'L.A. In My Head'.
Un pò più 'commedia' rispetto alle mie altre storie.
Spero vi piaccia ;)
Baci, Flychick


-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

What The Hell!


Los Angeles,
un tardo pomeriggio autunnale...

Evelyn corse ad aprire la porta.
Lo vide, davanti a sé con occhiali da sole e mani in tasca. Un grande sorriso comparve sul suo viso.
"Shannon! Ma che..?!"
"Ciao Evelyn." e la abbracciò.
"Non ci credo! Che cosa ci fai qui?? Già finito il giro del mondo?"
"No, ma un pò di tempo di stop ogni tanto è gradito." sorrise lui.
"Dai, avanti vieni! Entra."
"Wow, dopo cinque anni che ti conosco
finalmente vedo casa tua." fece lui, varcandone la soglia e guardandosi attorno togliendosi gli occhiali.
"Beh, se questo piccolo buco dimenticato da Dio può essere definito 'casa', allora benvenuto."
Era un piccolo appartamento al sesto piano di un palazzo di un quartiere centrale di Los Angeles, e lo condivideva con Natalia, una sua collega di lavoro che col tempo era anche diventata la sua migliore amica. Si, era molto piccolo, ma era anche molto ben arredato, pulito, luminoso.
Era sola in casa, Natalia era ancora in negozio.
"Avanti, siediti!"
Gli sorrise. Lui non si era dimenticato di quanto fosse bella.
"E soprattutto raccontami di te Shannon! Che hai fatto in questi mesi??" si sedette di fronte a lui.
"Da dove comincio?"
"Inizia da... no, no! Aspetta!" e scattò in piedi dirigendosi in cucina, "Prima ti porto qualcosa da bere. Birra, giusto?"
"Giusto."
Ma fu lui a raggiungere lei.
Era stata nei suoi pensieri per tutta la durata del tour. Ma soltanto in essi. Ora la voleva nel suo campo visivo.
Voleva guardarla, guardarla ancora.
Gli dava le spalle, intenta a cercare un cavatappi per aprire le bottiglie. Eh si, la birra piaceva anche a lei.
"Oh, Natalia ma dove hai messo quel maledetto coso?? Ah, eccoti qua."
Ne stappò una con non poca fatica. Caspita, in quanto a forza nei bicipiti era proprio una mezza calzetta!
"Dio, Shannon! Non mi aspettavo di trovarti qui a Los Angeles."
"Sembra che ogni volta che ci vediamo per te sia una sorpresa."
"Si!
Insomma, è un bel pezzo che non ci vediamo. E... quel pazzo di tuo fratello? E Tomo? Li ha tagliati quei capelli?? Come sta Vicki? Ed Emma??"
"Accidenti, vuoi che ti passi in rassegna anche ogni Echelon?"
Non riusciva a stappare la seconda bottiglia.
"No, vorrei solo evitare di stare facendo la figuraccia che sto facendo."
Shannon si mise proprio dietro di lei, e prendendo le sue piccole mani nelle sue, con un movimento semplice ma deciso riuscì a far sollevare il tappo della bottiglia.
Evelyn maledisse l'idea di offrirgli da bere, perché ora a causa di quegli stramaledetti tappi era chiusa tra le sue braccia.
A rompere quell'imbarazzante situazione fu il rumore di un mazzo di chiavi che veniva maldestramente lasciato cadere sul tavolino all'entrata. Pochi metri dietro di loro.
Entrambi si voltarono di scatto.
-No, no.- pregò Evelyn, -Ti prego, no!-
Natalia entrò in cucina osservando i due a bocca aperta, non capendo che cosa stesse succedendo e che cosa stessero facendo in quell'imbarazzante posa.
Shannon si chiese chi fosse quella ragazza. E, purtroppo per Evelyn, non si mosse.
"Ehm," cercò di rimendiare lei voltandosi e spingendo via Shannon, "Natalia ti presento Sha..."
"Oh, per mille...!!" cominciò l'altra, avendo già capito chi lui fosse.
"Nat! Calmati!"
"Oh, cavoli. Tu al negozio è una cosa, ma tu a casa mia è un'altra!" sorrise eccitata Natalia.
Addocchiò le due bottiglie di birra.
"Oh, buona idea Evelyn!" e ne prese una, cominciando a berla tutta d'un fiato.
"No, Nat! Nat! Quelle erano per me e..." ma non fece in tempo a finire la frase che Shannon era già scoppiato a ridere.
Evelyn si portò una mano sul viso scuotendo la testa.
"Simpatica questa tua amica."
"Natalia, sono messicana. Encantada." e gli strinse la mano.
"Hahaha! Piacere mio. Beh, forse ora è meglio che io vada."
Già, con Natalia di mezzo non avrebbe potuto parlare con Evelyn come avrebbe voluto.
"Vieni, ti accompagno." disse la ragazza, lasciando l'amica in cucina.
"Allora, ci vediamo presto." disse Shannon sulla porta.
"Presto, sarebbe a dire quando?" chiese lei, incrociando le braccia curiosa.
"Presto Evelyn." e facendole un occhiolino indossò gli occhiali, "Non preoccuparti, lo sai che sono di parola. No?"
"Forse anche troppo, Shan." commentò lei.
Shannon le sorrise e si diresse verso l'ascensore. Evelyn chiuse la porta.
Natalia fece subito capolino dietro di lei.
"Oh Evelyn, mi devi dire tutto!"
"Ma cosa vuoi che ti dica Natalia?? Ti dico solo grazie, per avermi tirato fuori dai guai. Con una gran bella figuraccia, ma l'hai fatto." e la oltrepassò, andandosi a sedere sul divano del salottino.
"Come sarebbe a dire figuraccia? Ho... ho forse interrotto qualcosa?"
"Si, per fortuna."
"Io non ti capisco Evelyn. Sembravi contenta di vederlo!"
"E lo ero, lo sono ancora!"
"E allora?"
"Nat, non è successo niente! Non c'è niente da raccontare!"
"Oh, smettila Evelyn! Tu sei sempre quella del 'non è successo niente' quando poi si vengono sempre a sapere storie da romanzo su di te!" e si lasciò cadere di fianco all'altra.
"Ma per favore!" le diede un pugno Evelyn in risposta, "Io e Shannon. Ha! Più che un romanzo il solo pensiero sembra addirittura una barzelletta!".

Al prossimo capitolo :) Baci, Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Ready, Set, Go! ***


3.Ready, Set, Go!
Care lettrici e cari lettori, buongiorno :) le frasi che scrivo nel testo a sinistra in corsivo, in inglese, corrispondono ai pensieri dei personaggi.
Sono solitamente brevi citazioni di canzoni, o comunque frasi ispirate ad esse.
Buona lettura!
Baci, Flychick


-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Ready, Set, Go!


Los Angeles,
il mattino del giorno seguente...

"Ragazzi, ragazzi! Zitti! Arriva!"
Non appena Evelyn entrò nel negozio a Rodeo Drive il silenzio calò.
"Toglietevi quelle facce innocenti, vi conosco ragazzi." sorrise.
"Evelyn devi raccontarci tutto!" esordì Sarah.
Ecco, lo sapeva; doveva immaginare che il motivo di quella messa in scena fosse... Shannon.
"Oh, anche tu ti ci metti ora. Non c'è proprio niente da raccontare! Dov'è Natalia?"
Era stata lei a diffondere la voce. Era uscita prima senza aspettarla apposta per quello, Evelyn ne era sicura. Chi altri se non lei?
"E' nel magazzino." rispose Valerie, riordinando una pila di t-shirt.
"Ciao Evelyn."
La ragazza si voltò.
"Oh, ciao Adam." sorrise.
Inutile negarlo, quel ragazzo la faceva sciogliere come il burro sul pane tostato ogni volta che soltanto le rivolgeva uno sguardo.
"Ieri hai dimenticato questo." le disse.
Evelyn guardò ciò che c'era nella sua mano.
"Oh, il mio foulard! Grazie, Adam. Scusami, ho sempre la testa fra le nuvole, menomale che l'hai trovato."
Era un pezzo vintage di Hermès, aveva fatto follie per averlo. Non si sarebbe mai perdonata se l'avesse perso.
Lui alzò le spalle.
"Di niente. L'avevi lasciato nel nostro reparto."
Una casualità?
"Hey, hey, Romeo! Andiamo. Il reparto uomo ha bisogno di una sistemata." li interruppe Brandon, richiamando il suo collega al lavoro.
In quel momento entrò Miranda, la direttrice del negozio.
"Sarah!"
"Si, Miranda?"
"Tu alla cassa oggi."
"Agli ordini!"
"Valerie, sono le otto e quarantasette aprite tra tredici minuti esatti."
"D'accordo Miranda."
"Alexa, tra qualche ora porteranno le nuove forniture. Occupatene tu con Natalia."
"Si, va bene."
"Adam e Brandon sono già al lavoro?"
"Si, Miranda" rispose Brandon.
"Molto bene, Evelyn?"
"Si?"
"Occupati degli abiti per quel servizio fotografico di 'Rolling Stone' di quella modella famosa, come si chiama??"
"Ehm, Agyness Deyn, Miranda." fece Evelyn.
"Si, lei. Occupatene subito, qui c'è tutto ciò che ti serve. Vogliono tutto quanto per domattina." e le diede un fascicolo pieno di codici, sigle, taglie ed altro, "Io vado nel mio ufficio, ho moltissime cose da fare, non voglio essere disturbata per nessun motivo."
Miranda era un tipo piuttosto dispotico, ma i suoi dipendenti la conoscevano troppo bene per dire che fosse un'insensibile. Infatti si scambiarono tutti un silenzioso sorrisetto mentre la donna si dirigeva nel suo ufficio. Sarah approfittò dell'occasione per tentare di risollevarle il morale.
"Miranda?"
"Che c'è Sarah??" si voltò lei seccata.
"Sono qui!" disse la ragazza, eccitata.
Miranda la osservò allibita.
"Lo so che sei lì, pensi forse che sia stupida?!"
"No, no! Loro, loro sono qui!"
"Ma insomma chi??"
Evelyn pregò perché non dicesse quei nomi.
"Loro! Shannon, e forse anche Jared e Tomo!"
"Sono qui? Loro sono qui??" chiese mentre un grande sorriso compariva sul suo volto.
Erano i suoi clienti preferiti. Aveva sempre fornito loro gli abiti per i servizi fotografici, per i concerti ed altre occasioni; ma soprattutto nutriva un amore platonico per Jared.
Sarah indicò Evelyn e tutti si voltarono verso di lei; perché tutti quanti sapevano.
"Tu ne sai qualcosa, Evelyn?" chiese Miranda.
Un altro sospiro.
"Si, Miranda... loro sono qui. Questo è tutto quello che so."
Diede un forte accento al 'tutto', fulminando Sarah con lo sguardo.
"Oh, quanto adoro le belle notizie." sorrise la donna staccheggiando fino al suo ufficio e chiudendosi dentro.
Era sicura che non avrebbero lasciato di nuovo la città senza prima venirla a salutare.
Evelyn fece mente locale, prese una penna e cominciò il suo lavoro. Ma accidenti, perchè tutta questa storia le sapeva da.. pronti, ai posti, disastro in arrivo??


I feel something, something like, like a hurricane...

Tentò di non pensarci.
-Dunque... jeans Levi's, taglia 36.-

Ok :) per questa storia vi lascio sin dall'inizio quelli che secondo me sono i volti dei personaggi:
Sarah - Serena (Gossip Girl)/Blake Lively http://i53.tinypic.com/t8vsyw.jpg
Valerie - Amy Winehouse http://i56.tinypic.com/ie18g7.jpg
Natalia - Natalie Mejia http://i52.tinypic.com/24c8tn4.jpg
Alexa - Alexa Chung http://i56.tinypic.com/wciaf9.jpg
Brandon - Bruno Mars http://i55.tinypic.com/2uy6tjp.jpg
Adam - Adam Levine (♥)  http://i52.tinypic.com/2zi4lrr.jpg si, lo so, sono fissata con lui -.-"
Miranda - Tess (Burlesque)/Cher http://i53.tinypic.com/245f1c9.jpg se avete visto il film 'Burlesque' pensate intensamente a Tess per il personaggio di Miranda.
Evelyn - Georgia (Burlesque)/Julianne Hough http://i56.tinypic.com/wthsnb.jpg non guardate il suo costume, soltanto il viso, l'espressione.
Al prossimo capitolo! Baci, Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Not A Groupie ***


4.Not A Groupie
Ciao :) Importante! L'anno in cui si ambienta la storia potrebbe essere quello attuale.
Ovviamente tour, date, registrazioni, eccetera... sono tutti inventati.
Buona lettura!
Baci, Flychick


-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Not A Groupie


Los Angeles,
poche ore dopo...

Miranda sotto questo punto di vista era davvero incredibile. Doveva avere una sorta di sesto senso.
Non appena sentì qualcuno entrare nel negozio dal suo ufficio, e quel 'qualcuno' guardacaso era proprio lui, uscì di corsa.
"Aah!" strillò a braccia aperte, camminando verso di lui, "Shannon, tesoro! Quanto tempo è passato! Vieni qui, fatti abbracciare!"
Gli diede due baci sulle guance.
"Allora, il vostro viaggio?"
"Tutto a meraviglia. Ma...Miranda!" e la osservò bene facendole fare una giravolta, "Sei sempre la solita ragazzina."
"Oh, adulatore!"
Evelyn in quel momento uscì dal magazzino con la penna in bocca, due abiti di Dsquared sotto braccio e quell'interminabile elenco nell'unica mano libera. Miranda faceva un chiasso incredibile. Alzò lo sguardo.
Sgranò gli occhi. La penna cadde a terra.
"Oh, no..."
Accidenti, Miranda più Shannon era uguale a un mare di guai. Cercò di stare indietro, nascosta.
"Vieni Shannon, so già che cosa ti piacerà per questo inverno. Sapevo che sareste venuti. Abbiamo..." l'invitò la donna.
"Oh, non lo metto in dubbio. Ma...veramente io cercavo Evelyn."
Miranda esordì con un grande sorriso.
Sapeva tutto; tutto di lui.
"Oh, capisco! Dovevo immaginarlo! Evelyn?" chiamò.
"Ehm.. si...? Miranda?" rispose la ragazza facendo capolino da dietro la grande colonna bianca che nascondeva la porta del magazzino.
"Lascia quello che stai facendo, ci penso io. C'è qualcuno qui che chiede di te."
-Oh, fai senza fare tanto la misteriosa lo so benissimo chi è, cavoli!-
Li raggiunse. Miranda li lasciò soli.
" 'Molto presto', eh?" ruppe il silenzio Evelyn.
"Già." disse lui, con un sorrisetto.
"Da questa parte, vieni."
Lui la seguì, sotto lo sguardo compiaciuto delle altre commesse.
"Spero che tu abbia chiesto di me perchè in un qualche modo sapevi che avevo appena finito di setacciare l'intero magazzino, in modo da saperti consigliare meglio."
Partiva subito all'attacco? Gli piaceva l'idea.
"E' un si quello che vuoi sentire?" chiese sarcastico.
"Mmm... forse." rispose lei cominciando a riempire il largo bancone bianco di abiti maschili di vario tipo.
"Beh, non ti darò questa soddisfazione."
Evelyn ridacchiò.
"Avanti, vatti a provare questi."
Brandon, intento a riordinare una pila di maglioni, notò che Adam sembrava piuttosto agitato e maldestro mentre sistemava i vari cartellini.
"Tutto bene?" gli chiese sottovoce.
"Eh? Ehm... si, si, sono... sono solo un pò stanco."
Evelyn ridacchiò, mentre Shannon dentro un camerino le continuava a passare ciò che si era già provato. Adam si fermò.
"Ah. Ok, ho capito amico. Ti lascio in pace." fece Brandon, riprendendo a fare il suo dovere.
"Tieni, so che sei un assiduo fan dei pantaloni a cavallo basso." disse Evelyn.
"Questo io però non te l'ho mai detto..." rispose lui da dentro il camerino.
"Ricordi cosa ti ho detto mesi fa? L'ultima volta che sei venuto qui?"
"Mi ricordo tutto."
"Ecco, allora dovresti sapere come faccio ad essere così tanto sicura di ciò che ti piace indossare."
Riviste ed internet? Mah. Non ci avrebbe creduto.
"Non cercare di nascondere il fatto che in realtà mi trovi estremamente interessante."
"Haha," rise lei mentre ripiegava un paio di jeans, "io non ci conterei."
Shannon aprì improvvisamente la tenda del camerino. Era senza maglietta, ed aveva un'espressione decisa, molto seria.
"Tutto bene, Shan?" gli chiese lei preoccupata.
"Evelyn, esci con me stasera."
Non cambiò espressione.
Lei cercò di trattenere una risata, andando a rimettere a posto ciò che a lui non piaceva, scuotendo la testa. Ma quando ritornò lui era ancora lì, in attesa di una risposta.
"No Shannon."
"Perché?"
"Perché? Perché non sono una sciocca ragazzina urlante che cade ai tuoi piedi a comando."
Definizione tragicomica di groupie.
"Ma io non ti considero come tale.", si difese lui infilandosi la maglietta.
"Oh, ti prego Shannon lascia perdere." e portò le sue cose alla cassa.
"Io dico sul serio." la raggiunse, ma lei sembrava non ascoltarlo,
"Accidenti, non mi permetterei mai di..."
"Shan, Shan. Frena." lo zittì, "Ora ti lascio a Sarah, io ho da fare. Ciao." e scappò via nel magazzino.
Shannon si appoggiò al bancone della cassa guardandola sparire.
Sarah sospirò.
"Eh, mi dispiace."
"Haha, ormai ci sono abituato."
La bionda si sorprese di quella risposta.
"Non è una cosa poi così positiva." commentò.
"No, infatti."
Aveva in mente qualcosa.


'Cause everything I want I get; and baby, baby yeah you're next.

:) ...Baci, al prossimo capitolo! Flychick

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Just Kiddin'...? ***


5.Just Kiddin'...?
Per coloro che seguono anche l'altra mia storia su Shannon:
lo so, potranno sembrarvi molto simili lo Shannon di questa e di quell'altra storia, ma che ci volete fare ^.^
Io Shannon lo vedo principalmente così ;)
Varia soltanto a seconda di chi gli si pone davanti... ;)
Buona lettura!
Baci, Flychick


-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Just Kiddin'...?


Los Angeles,
poco più di una settimana dopo...

Evelyn entrò, si tolse il foulard e lasciò la borsa e la giacca dietro la cassa.
"Ciao ragazze." salutò.
Ma le altre la guardarono tutte con aria stupita, non rispondendo al suo saluto. Soprattutto Sarah, che era proprio di fianco a lei a bocca aperta.
"Ma cosa fai qui??" le chiese infine.
Evelyn si voltò. Le sembrava una domanda talmente sciocca. O forse...
"Come 'cosa faccio qui' Sarah?"
Miranda uscì dal magazzino.
"Evelyn ti lascio la giornata libera." disse seria.
La ragazza non ne capì la ragione.
"Cosa?"
"Ho detto: hai la giornata libera."
"Ma io non te l'ho chiesta."
Miranda si fermò.
"Ma io te la sto lasciando."
La ragazza cercò di dire qualcosa, ma nessuna frase sensata sembrava voler uscire dalla sua bocca. Beh, certo, la situazione stessa in cui si trovava non aveva senso.
"E' tutto a posto." la tranquillizzò la donna, "Vai a casa." e si chiuse nel suo ufficio.
"Si, perchè a casa tua c'è una cosa che ti aspetta." disse Sarah facendole un'occhiolino.
"Una cosa che mi...? Ma, non capisco..."
Guardò Valerie ed Alexa cercando almeno in loro una risposta. La prima sorrideva, con le braccia tatuate incrociate; e la seconda sembrava trattenere dei salti di gioia.
"Ragazze?"
Silenzio. Ma un silenzio che parlava da sé.
"Questo è troppo." disse Evelyn.
Voleva delle risposte.
Si diresse a passo spedito nell'ufficio di Miranda ed entrò senza bussare.
"Io non capisco Miranda, che cosa ho..." cominciò nervosa.
"Ma non devi capire," la interruppe la donna prendendola per le spalle e riaccompagnandola all'uscita, "o meglio, ci sarà anche il momento di capire; ma non è ora."
Evelyn rimase in silenzio cercando di decifrare quella frase. Studiò l'espressione di Miranda. Ma a lei non piaceva essere fissata in quel modo.
"Oh, insomma Evelyn! Se ti dico che qualcuno ti ha voluto fare una sorpresa forse riesci a capire, visto che vuoi tanto capire?!"
Una sorpresa? Ma da chi? A casa sua!? Cosa poteva essere?
"A dire la verità Miranda, no." concluse, "Non è un modo carino per licenziarmi, vero?"
"Io?? Ho mai licenziato qualcuno in modo carino, Evelyn?"
"No, ed è proprio questo che mi preoccupa."
"Ma non devi essere preoccupata, è tutto a posto!"
No, affatto. C'era qualcosa sotto.
"Io continuo a non capire." disse confusa.
"E allora cosa aspetti? Vai!" le indicò la porta.
Evelyn sospirò, uscì dal suo ufficio, legò il foulard e prese la giacca e la borsa. Di nuovo, le sue amiche la guardavano sorridendo.
"Voi non me la raccontate giusta."
"Vai, vai cara." ridacchiò Sarah.
Evelyn se ne andò, arrabbiata, cercando di pensare che cosa fosse tutto quel casino. Miranda che le dava una giornata libera, così di punto in bianco, ma quando mai prima era successo?? Respirò profondamente guardandosi attorno.
Era confusa.
E se l'avesse appena licenziata sul serio?? Accidenti, non poteva essere! Sarebbe stato un disastro. E poi Sarah e le altre non avrebbero mai avuto quelle facce così felici se veramente la ragione di tutto quel trambusto fosse stata quella. Natalia soprattutto.
Doveva per forza essere qualcosa di positivo. O almeno sperava che lo fosse.
-Qualcuno che vuole farmi una sorpresa.- pensò, -Ma chi??-
Pensò a Sarah stessa, oppure a Natalia. Aveva la mattinata libera quel giorno. Ma no, non aveva senso. Perchè farla tornare indietro? Avrebbero benissimo potuto fargliela in negozio o in un altro momento, e senza coinvolgere Miranda soprattutto.
Adam! No, non poteva essere. Lui non sapeva dove abitassero lei e Natalia, o per lo meno, non le sembrava che lo sapesse. Cercò di ricordare se nelle volte che erano usciti insieme l'avesse mai riaccompagnata a casa. No. Mai. E comunque Miranda non le avrebbe di certo dato la giornata libera per questo.

Can someone tell me what the heck is all this mess!?

-Oddio la mia testa...- pensò.
Sospirò prendendo le chiavi e si infilò nell'ascensore.

Cosa/chi c'è a casa di Evelyn? Al prossimo capitolo ;) Baci, Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** The Wow Factor ***


6.The Wow Factor
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

The Wow Factor


Los Angeles,
poco dopo...

Girò la chiave nella serratura e diede una spinta alla porta perché si aprisse, restando ferma sulla soglia aspettandosi il peggio.
Niente.
Silenzio.
Tutto era al suo posto.
Tirò un respiro di sollievo. Ma che razza di giochetti erano questi?!
-Giuro che le ammazzo.- pensò, -Che scherzo idiota.-
Gettò il mazzo di chiavi sul tavolino dell'entrata.
-Mi devono una stramaledetta spiegazione.-
"Ciao Evelyn."
La ragazza trasalì, voltandosi e lasciandosi sfuggire un grido.
"Oh santi numi!"
Si appoggiò al muro.
"Ma, tu cosa, cosa fai tu qui??" chiese balbettando, con il cuore che batteva a mille per lo spavento.
Ora capiva tutto. I sorrisi delle sue colleghe, il silenzio di Miranda... tutto.
-Oh! Lo sapevo! Lo sapevo da subito che c'era qualcosa sotto!- pensò, -Ma caspita, perché proprio...Shannon!?-
Chi altri avrebbe mai potuto avere il potere di chiedere a Miranda di lasciarle una giornata libera riuscendo nel proprio intento, se non lui?
"Ma come sei...??"
"Tranquilla. Mi ha fatto entrare Natalia."
"E lei dov'è adesso??"
"E' nella sua stanza." ed abbassò il tono di voce, "A origliare felice probabilmente..."
"Felice?!" lo squadrò da capo a piedi, "Ma di cosa stai parlando??"
Shannon sorrise avvicinandosi a lei.
"Andiamo a Parigi Eve. Io e te."
Lei si fece seria guardandolo dritto negli occhi. Ok, ora non capiva proprio più niente. Sbatté lo ciglia ripetutamente, era un miraggio?
"Cosa?" chiese.
Lui annuì.
"Cosa?! No, sul serio, cosa??"
"Hai capito bene Evelyn." le sorrise lui credendola stupita.
La ragazza rimase qualche secondo in silenzio studiando il suo sguardo, convinta che la stesse prendendo in giro. Sperando che fosse così.
"Ma tu sei pazzo!!" concluse oltrepassandolo, "Sei completamente pazzo! Io non vengo da nessuna parte! Ma come ti viene in mente?!"
"Ho parlato con Miranda e le ho chiesto di darti una settimana di stop."
"Che cos'hai fatto?? Dio, Shannon tu mi vuoi rovinare..."
"Andiamo Eve, per staccare un pò la spina, per rompere la routine."
"Ma rompi la tua di routine e lasciami lavorare invece di fare di tutto per farmi licenziare!"
"Oh, dai Evelyn! Sei sempre la solita esagerata! Lasciati andare ogni tanto! Vedrai sarà uno spasso."
"Oh, santo cielo." piagnucolò al solo pensiero di essere sola con lui dall'altra parte del mondo.
Ma mai ci sarebbe andata.
"Che c'è?? Non ci sei mai stata a Parigi, me l'ha detto Natalia." avanzò lui, sicuro di sé.
-Oh, cavolo Natalia! Non solo l'hai lasciato entrare, ora ti metti anche a fare la sua complice!- pensò.
"Tu stai sognando Shannon, te lo dico in tutta sincerità."
"Oh, no io non credo."

My heart's impatient; after all the time and love we've wasted...

"Aspetta, aspetta, torna indietro un secondo." l'interruppe Evelyn voltandosi verso di lui, "Quindi Natalia, Miranda lo sanno già! Ed anche Alexa, Valerie e Sarah!? E' per questo che facevano tanto le misteriose, sono tutte tue complici quelle disgraziate?! Cioè, sanno già del tuo infallibile piano?"
"Ehm..."
"Lo sapevo! Oh Dio, che imbarazzo! Chissà cosa penseranno ora..."
Evelyn si portò le mani alla fronte e si lasciò cadere sul divano, vedendo la propria reputazione ulteriormente rovinata.
"Oh, Dio che casino!"
Ma Shannon non era della stessa opinione.
"Allora? La fai la valigia o no?" le chiese col suo sorrisetto.
Evelyn gli tirò un cuscino.
"Oh, sta zitto! Ti odio Shannon Leto!"
Lui rise, la sua risata contagiosa. Ma lei continuava a tenere il broncio, arrabbiata.
"Io... io... giuro che... oh!!" tentò di replicare Evelyn, troppo scossa dalla situazione.
Shannon si sedette accanto a lei.
"Stammi lontano, ti detesto, ti odio!" cominciò a strillare lei, continuando a scagliargli i cuscini addosso.
Lui si riparava col braccio, continuando a ridere.
"Oh, quanto non ti sopporto!"

Stavano giocando come bambini, e più Shannon sembrava divertito più Evelyn si innervosiva.
Chissà che cosa stava pensando Natalia; che seguiva quell'esilarante scena dall'altra parte dell'appartamento, da dietro la porta della sua stanza...

"The wow factor" significa 'quel qualcosa di eccezionale' e diciamocelo, Shannon ce l'ha ;) Al prossimo capitolo, baci! Flychick

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Forget It, Babe! ***


7.Forget It, Babe!

-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Forget It, Babe!


Parigi,
due giorni dopo...

Si maledisse più e più volte. Si maledisse perché dopo tutto quel tempo gliel'aveva data finalmente vinta. Caspita, non sarebbe mai riuscita a dire di no a qualcosa come...Parigi. Si maledisse soprattutto per questo.
Rimaneva in silenzio 
mentre Shannon la continuava a spingere delicatamente, con un'espressione pentita e le braccia incrociate. Una sorta di bambina offesa.
Il cameriere aprì la porta della stanza e li fece entrare.
Lei sospirò avvilita, nonostante tutto si pentiva sempre più di essersi fatta trascinare fin lì.
-Oh, santi numi. Quanto sono stupida!-
Shannon continuava a tenere quel suo sorrisetto appena accennato, quello sguardo furbetto che preoccupava ed innervosiva Evelyn.
-Quanto mi odio, quanto mi odio.-
Si guardarono attorno. La ragazza rimase a bocca aperta. Shannon diede la mancia al cameriere, il quale li lascò soli.
"E questa tu la chiami stanza?? E' più grande del mio appartamento!!"
Lui alzò le spalle.
"Non ti piace?"
"Stai scherzando? E'..." e si guardò di nuovo attorno, "E' fantastica. Ma non devi farlo Shannon. Insomma, siamo in pieno centro, in un posto come questo e..." si interruppe.
"E cosa?" rise lui.
"E ti costerà tutto quanto una fortuna!"
Lui alzò di nuovo le spalle.
"Per te questo ed altro. Cazzo, mi ci sono voluti più di cinque anni per portarti qui! Non mi importa quale sarà il prezzo. L'importante è che alla fine ci siamo."
Evelyn prese la sua pesante valigia e sollevandola a fatica cercò di avanzare verso la porta dopo il salottino immaginando che lì ci sarebbero state le stanze da letto.
"Aspetta, faccio io!" le disse Shannon.
"No!" rifiutò lei, "Me la cavo da sola!"
"Si, con qualche vertebra fuori posto te la cavi di certo. Sarà più di venti chili." ironizzò lui.
"Tu mi sottovaluti Shannon Leto."
"No." rispose lui, voltato verso l'altra parte della stanza mentre prendeva la sua valigia, "
No, affatto."
Evelyn aprì la porta e...ciò che vide non era proprio quello che si aspettava.
"Shannon??" chiamò nascondendo una certa ansia.
"Si?" la raggiunse lui.
"Cosa significa questo??"
Un letto matrimoniale, nient'altro.
"A cosa ti riferisci?" tirò la corda lui.
"Io dove dormo?"
"Lì!" disse lui, come se fosse qualcosa di una semplicità estrema.
"E tu?!"
"Lì!" ed indicò lo stesso punto.
Silenzio.
"Ma io con te non ci dormo!!" protestò Evelyn uscendo dalla stanza e lasciando cadere la propria valigia vicino al divano, "Ma che razza di scherzo è mai questo?!"
"Nessuno scherzo Eve!"
"Ma scordatelo!"
"Che sarà mai! Non ti faccio niente." sorrise Shannon.
"Ha! Promesse da marinaio!
Io l'ho sempre detto, tu sei completamente matto."
"Guarda che non mordo mica! Beh, dipende..."
Lei scosse la testa, scrollando via il pensiero indecente che le venne in mente dopo il suo commento.
"Oh mio Dio, ti prego chiudi quella bocca..."
"Perché? Che ho detto?"
Lei lo guardò sconcertata.
"E togliti quel sorrisetto, lo so a cosa stai pensando!"
Shannon scoppiò a ridere.
"Oh, Los Angeles non mi è mai piaciuta quanto adesso!"
"Quanto sei noiosa." la punzecchiò lui avvicinandosi.
"No!" gli comandò lei, "Stammi lontano! Non... non voglio vederti per la prossima mezz'ora almeno! Devo pensare."
"Pensare? Haha! Pensare a cosa?"
La adorava perché semplicemente era... era fuori di testa. E perché al mondo non c'era un viso tanto dolce quanto il suo.
La ragazza si sedette a gambe incrociate sul divano, mentre lui se ne andò nella stanza da letto a darsi una sistemata.
"Ho trovato. Tu dormi là dentro. Io resterò qui sul divano."
"Cosa?!"
"Si! Questa volta non te la darò vinta Shannon! E' già tanto che tu sia riuscito a trascinarmi fin qui!"
"Trascinarti?" chiese lui dall'altra stanza, "Ci sei venuta con le tue gambe fin qui dolcezza."
Trascinare? Si, era vero; nessuno l'aveva 'trascinata', dopotutto.
"No, no! No!" gli parlò sopra Evelyn, dato che la verità non l'avrebbe mai ammessa.

How did we get here? How did I, get here?

Ma infondo la verità non era la stessa che credeva lui.
Lei non era lì per lui. O meglio, non esattamente.

"Io sono qui per vedere Parigi, Shannon. Tu," e lo raggiunse nella stanza accanto, "tu, si tu! Non farti strane idee perché per me in questi giorni tu non esisti!"
-Si, certo.- pensò Shannon sfilandosi la maglietta divertito.
"Sai? Sai forse avevi ragione. Una settimana di stop. Si, questa sarà proprio una settimana di stop."
Lei uscì, continuando a delirare per tutta la stanza.
"Più di cinque anni." disse Shannon tra sé e sé guardandosi allo specchio, "Più di cinque maledetti lunghi anni. Ne abbiamo di cose da recuperare in sette giorni, non credi Eve?"

Al prossimo capitolo! Baci, Flychick

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Nerd Glasses ***


8.Nerd Glasses

-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Nerd Glasses


Parigi,
il mattino dopo...

Aveva la schiena a pezzi. Si stiracchiò sentendo ogni vertebra scricchiolare.
"Oh, santi numi." si lamentò per il dolore.
"Allora..." arrivò lui dall'altra stanza.
Sempre senza maglietta, nonostante il clima fresco dell'autunno. In un qualche modo la irritava.
"...Il divano era comodo?" le chiese ironico.
"Si. Si. Moltissimo." rispose prontamente lei.
"C'è sempre posto nella stanza accanto se..."
"Shannon?" l'interruppe.
"Si?"
"No!"
No, categorico no. Evelyn si chiuse in bagno per darsi una sistemata. L'imbarazzava il fatto che lui la vedesse in quella situazione. Spettinata, struccata, ancora mezza addormentata.
"Oh, caspita, ma come ci sono finita io qui?"
Sperò che l'acqua gelida la svegliasse; che si ritrovasse a casa sua, dove doveva essere, con Natalia che preparava il caffé come tutte le mattine.
Niente da fare.
Quando uscì, vestita e truccata, Shannon indossava già giacca di pelle, berretto e sciarpa.
"Avanti, copriti bene. Fa freddo fuori."
Evelyn sospirò, guardando il lato positivo della questione. Lo cercò tra i mille buoni motivi che aveva per scappare.
Ok. Parigi. Non c'era mai stata e voleva vederla. Eccone uno.
Indossò la sua giacca, il foulard, un berretto di soffice lana ed un paio di occhiali a lenti grandi.
"Sono pronta."
Shannon la guardò. Sorrise.
"Da quando porti gli occhiali?"
"Da quando tu mi fai venire il mal di testa."
"Scusa, volevo soltanto dirti che stai bene."
Lei ruotò le iridi azzurre.
Uscirono dall'hotel.
Shannon indossò gli occhiali da sole. Non voleva essere riconosciuto e soprattutto non voleva che nessuno interrompesse l'unica possibilità che le era stata data per passare del tempo con lei. Ogni cosa che avrebbe fatto sì che qualcuno lo riconoscesse era stata nascosta.
Tatuaggi.
Sguardo magnetico.
Tutto quanto.
"Beh," disse quando ormai erano sugli Champes Elysées a pochi passi dal loro hotel, "nessuno sa chi siamo, Parigi è uno dei posti più sexy al mondo..."
"Ho paura del seguito." commentò Evelyn guardando da un'altra parte.
Guastafeste.
"...e ti farò pentire di avermi fatto aspettare così tanto." scherzò Shannon; o forse no, non stava scherzando affatto.
"Me lo immaginavo. Non cantare vittoria." rispose lei.
"Con te non si può mai cantare vittoria."
"Vedo che impari in fretta." gli sorrise incamminandosi.
Dio, finalmente un sorriso. La raggiunse.
Camminarono fino all'Arc de Triomphe, per poi tornare indietro e dirigersi verso lo Champ de Mars.
Era tutto immensamente bello, ma Evelyn s
i sentiva strana. Era tutto assurdo. Ancora non riusciva a credere di essere proprio lì, nella città dei suoi sogni, insieme a...Shannon. Da un lato avrebbe voluto scappare, correve via, lontano da quell'imbarazzo. Dall'altro perdersi nel fascino di quella città e godersela fino all'ultimo.
-E' meraviglioso qui... anche se io non ci dovrei essere.- continuava a ripetersi.
In effetti era stato più forte di lei.

All I feel is strange, strange in your perfect world...

Si, era tutto quanto una dannata assurdità, una sorta di pagliacciata. Ma era anche tutto così perfetto. Questa volta Shannon aveva giocato la carta della persuasione. E aveva giocato sporco, o meglio lui e Natalia avevano giocato sporco; perché lei sapeva bene quanto Evelyn sognasse di andare a Parigi, e l'era andato a dire proprio a lui.
Si guardava attorno meravigliata, sorrideva, ruotava la testa a destra e sinistra lasciando che il vento le facesse volare i capelli rosso ciliegia che fuoriuscivano dal suo berretto. Era impossibile non lasciarsi sedurre da quel clima adorabile.
In pochissimi istanti infatti dimenticò tutti quanti i suoi problemi, respirando a pieni polmoni quell'aria di magia.
Shannon rimase zitto, osservandola finalmente felice. Felice perché lui l'aveva resa tale. Era incredibile non è vero? Continuava a sorprendersi di esserci riuscito.
Un giovane che indossava una maglia a righe ed un basco in testa distribuiva bellissime rose all'angolo del parco.
Shannon ebbe un'idea.
Non era di certo il tipo romantico, ma Evelyn adorava le rose. Lui lo sapeva bene. Si assicurò che fosse distratta a guardare la Tour Eiffel che si ergeva alta ed imponente poco lontano da loro e si avvicinò al ragazzo scegliendo quella che secondo lui poteva essere la rosa più bella.
Ne annusò il profumo e gliela porse.
"Tanto bella quanto te." disse.
Lei guardò il fiore prima con sguardo meravigliato, ma poi sorridendo sarcastica.
"Oh, ti prego evita certe patetiche smancerie." ed anche lei annusò i petali, "E comunque credevo dicessi spinose. O forse lo speravo. Oh! E vedo che hai scelto proprio il colore giusto Shannon." sorrise divertita.
Erano di un giallo flebile, un colore dolce e grazioso ma...
"Che significa?" chiese lui.
"Il giallo in ogni sua sfumatura è il colore della gelosia."
-Scemo.- si disse.
"Lo prendo come una dichiarazione di profonda amicizia." e gli fece l'occhiolino da dietro le lenti annusando di nuovo il profumo del fiore.
Sbagliata interpretazione.

Ed ora? Al prossimo capitolo ;D Baci, Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Am I Foolish?! ***


9.Am I Foolish?!

-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Am I Foolish?!


Parigi,
quella stessa sera...

Non appena rientrarono Evelyn si buttò sul divano.
"Accidenti a te Shannon, ho male tutte le ossa. Mio dio, quanto abbiamo camminato! E quanto mi hai fatto mangiare..."
"Ti sei divertita?"
Evelyn rifletté, sedendosi a gambe incrociate. Mise da parte tutte le sue proeccupazioni, tutto il casino che aveva in testa. Era stata una delle giornate più belle della sua vita. In effetti aveva appena realizzato un sogno.
"Si." abbassò lo sguardo, "Si, molto."
Lui rispose con un sorrisetto.
"
Grazie."
Silenzio tra i due.
"Ok," disse infine Evelyn alzandosi in piedi, "ora mi do una sistemata e vado a dormire, sono distrutta."
"Sei sicura che non vuoi dormire in un letto vero e proprio?"
"No!" e si chiuse in bagno.
"Hey, guarda che le mie intenzioni sono più che onorevoli!" disse lui da fuori.
"Si," ridacchiò Evelyn davanti allo specchio, "come si sono sempre dimostrate."
"Hey, Eve ci sei?"
"Si, Shannon. Ma con te non ci dormo!" ed aprì la porta, "Quindi, ti auguro una buonanotte."
Ok, quando Evelyn faceva quel sorriso significava stop, fine dei giochi, ed era meglio non forzare la corda.
"Notte." ricambiò Shannon ormai rassegnato.
Si assicurò che lui fosse già nella stanza accanto ed uscì dal bagno infilandosi sotto le coperte. Poggiò la testa sul bracciolo del divano e ripensando alla giornata appena passata con il sorriso sulle labbra prese il suo Blackberry.
Una quindicina tra messaggi e chiamate.
Sarah e Natalia.
Realizzò la gravità della situazione in cui si trovava soltanto quando lesse i loro sms.
"Come procede? Un besito, Natalia."
"Hey, come sta la coppia più complicata d'America nella città degli innamorati? S."
"Allora? Perché non rispondi? Che state facendo, eh?? S."
"Eve, ci sei?? S."
"Wow, il fatto che tu non risponda significa che sei presa da qualcun'altro ;) Il che mi fa molto piacere! Besos, Nat."
"Ok, non vi disturbiamo più señorita! Goditi Parigi ;) Mi devi raccontare tutto quando ritorni! Adiós! Nat."
E tanti altri, molto meno casti e puri.
"Ma che cos'hanno al posto del cervello queste due??"
Stava per rispondere con altrettanto umorismo, smontando le loro strane idee, quando un bruttissimo pensiero si fece spazio nella sua mente.
Il suo sorriso si trasformò in un'espressione preoccupata.
"Oh, mio dio. E se lo fosse venuto a sapere..."
Si sedette di scatto, portandosi una mano alla bocca.
"Oh, mio dio, no!
"
Scosse la testa.
"Adam!!"
Balzò in piedi, cominciando a camminare avanti e indietro nel buio rivalutando la situazione. Pensò alle conseguenze. Non era stata affatto una bella idea lasciarsi incantare in quel modo. Affatto. Maledetta Parigi, maledetti sogni, maledetta sé stessa che alla fine aveva ceduto all'insistenza di quell'uomo per una sciocchezza. Una sciocchezza che forse era il suo più grande desiderio...
"Oh, accidenti! Quanto sono stupida."
Rilesse i messaggi sullo schermo. Che cosa avrebbe pensato Adam di lei se avesse saputo tutto quanto? Il cuore ricominciò a batterle a mille. Era incredibilmente agitata, quella era la conferma di quanto in realtà dovesse trovarsi in un altro posto in quel momento.
"Stupida Evelyn! Stupida! Oh ti prego, dimmi che non è vero, dimmi che non l'è venuto a sapere..."
Voleva stare sognando.
"Accidenti, e se L'avesse saputo sin dall'inizio!? Oh, no..."
Non voleva pensarci.

Can we pretend that airplanes are like shooting stars? I could really use a wish right now.

"Oh, santi numi." si disse coprendosi il viso con le mani, "Non avrei mai dovuto lasciare Los Angeles. Mai!!"
Avrebbe voluto sparire. Teletrasportarsi dall'altra parte del mondo. Dare un taglio a quel groviglio fatto di sciocche parole, inseguimenti, inutili illusioni. Perché durava da troppo.
"Io non ci dovrei essere qui accidenti, non sarei mai dovuta venire! Evelyn, perché non rifletti accidentaccio!"
Si mise le mani nei capelli, sperando che dalla sua testa uscisse un lampo di genio. Ma niente.
"Oh! Che faccio adesso? Santo cielo, che faccio?!"
Per quanto avesse sognato Parigi per ben 26 anni, ora la detestava con tutta sé stessa. Mai più ci avrebbe rimesso piede. Inoltre si rese conto che era ormai troppo tardi per risolvere tutto con un sms a Sarah o a Natalia.

Si guardò attorno con il cuore le batteva all'impazzata, in cerca di una soluzione, mentre i suoi occhi cercavano di abituarsi all'oscurità e di vedere qualcosa.
E quel qualcosa probabilmente voleva essere la valigia.

Al prossimo capitolo! Baci, Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** This Is War ***


10.This Is War
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

This Is War


Parigi,
l'alba del mattino dopo...

Shannon aprì gli occhi. Qualcosa l'aveva svegliato. Infatti c'era un chiasso incredibile e veniva dall'altra stanza.
-Ma che...?!- pensò.
Si alzò, non capendo che cosa stesse succedendo.
-Evelyn!-
Aprì la porta.
Lei stava correndo a destra e a sinistra buttando nella sua valigia, aperta sul tappeto, tutto ciò che le capitasse per le mani. Shannon si guardò attorno ancora rintontito dalla luce e dal sonno. C'era un gran casino. Si stiracchiò.
"Ma che stai facendo? Sono le cinque del mattino..."
Lei lo vide. Cercò una risposta. Ma cos'avrebbe mai potuto rispondere?
Balbettò qualcosa.
"Io, io non ci dovrei essere qui." e riempì di nuovo la valigia.
"Che stai dicendo?" si avvicinò lui.
"Shannon ti prego," prese le distanze lei, "non ora."
"Ma che ti è preso?" le chiese.
Evelyn sospirò.
"Shannon, per favore. Niente domande."
Bella faccia tosta, pretendeva che non le facesse domande quando nella sua testa non c'era altro che un enorme punto interrogativo.
"Ma... Qualcosa non va?"
"Shannon, mi hai sentita?"
"Ma si può sapere che hai?! Io non capisco."
Lei gli diede le spalle, non volendo affrontare il discorso.
"Evelyn, sto parlando con te."
"Si, si lo so. Ma non abbiamo niente da dirci Shannon. Niente."
"Che stai dicendo, cosa...?"
"Non lo so Shannon." l'interruppe prima che potesse insinuare qualsiasi cosa, "Io so solo che è stato un grandissimo sbaglio."
Lui inspirò profondamente cercando di restare calmo, mentre Evelyn continuava a riempire freneticamente la valigia. Ne era sicuro che prima o poi qualcosa sarebbe accaduto, era tutto troppo incredibile per essere vero. Quella ragazza era un osso duro.
"Ma insomma, mi sembrava che ti piacesse qui." aprì le braccia.
Lei non rispose.
"Evelyn?" la richiamò.
"Si! Si che mi piace, accidenti! Ma..."
"Ma cosa?!"
Odiava i suoi silenzi; ed il fatto che continuasse a non guardarlo negli occhi, come se gli stesse nascondendo qualcosa.
"Perché fai così?!" le chiese di nuovo.
"Te l'ho già detto. Io qui non ci dovrei essere." e chiuse la valigia.
"Non era la risposta che mi aspettavo."
Evelyn sospirò di nuovo, seccata.
"Che cos'hai intenzione di fare?"
"Quel che è giusto."
No, non poteva andarsene. Non gliel'avrebbe permesso.
"Accidenti Eve!" esordì, "Perché niente di quello che faccio va mai bene??"
Lei rimase zitta.
"Dimmelo tu! Dimmelo maledizione! Dimmi tu che accidenti devo fare perché tu sia un tantino felice con me! Dimmi, che cosa devo fare per riuscire a farti contenta anche solo un pochino?!" chiese, cercando di 'trattenere' il nervosismo.

Tell me what to do, you know I can't see through the haze around me.

Lei non alzò lo sguardo.
"Eve rispondimi, cazzo."
"Niente!" l'accontentò lei, "Niente, Shannon!"
Prese la valigia, cominciando a spostarla con entrambe le mani verso la porta che dava sul corridoio. Shannon sperò che stesse scherzando.
Infatti Evelyn si fermò. Si voltò finalmente verso di lui.
"Anzi, forse una cosa ci sarebbe."
Shannon era tutto orecchi. Cosa non avrebbe fatto per lei?
Ora lo guardava dritto negli occhi.
"Aprimi la porta."
Ecco. Una delusione dopo l'altra.
Era da una buona mezz'ora che se n'era andata e stava ancora pensando a che cosa avesse mai fatto di sbagliato. Qualcosa che aveva detto forse? L'aveva offesa in qualche modo? Non se lo spiegava. Guardava l'alba dalla finestra, fumando una sigaretta dopo l'altra.
Amare le persone significava anche lasciarle andare? Mandò al diavolo chi aveva inventato quella dannata frase e giurò a sé stesso che se l'avesse mai incontrato gli avrebbe dato la lezione che si meritava.

Non odiatemi >.< Al prossimo capitolo! Baci, Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Kiss And Tell ***


11.Kiss & Tell
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Kiss And Tell

Los Angeles,
il pomeriggio del giorno dopo...

Sarah e Valerie spettegolavano dietro la cassa ridacchiando.
Alexa e Natalia riordinavano i nuovi arrivi, partecipando comunque alla conversazione.
L'argomento? Sarebbe scontato ripeterlo.
Ma la sonora risata di Sarah si interruppe quando una vistosa chioma rossa varcò la soglia del negozio.
Tutti si voltarono verso di lei.
Silenzio.
La guardarono camminare attraverso il salone, sistemare le sue cose sull'appendiabiti e raggiungere la cassa.
"E-Evelyn?" chiese Alexa stupita.
"Si, ciao Alexa." rispose lei, come se niente fosse, "Allora. Miranda ha lasciato del lavoro per me?"
Sarah sbatté le ciglia più volte. Stava scherzando?
"Oh, a noi non ha detto nulla. E' nel suo ufficio, se ci vuoi parlare." disse.
Una scusa per mandarla via. Evelyn si avviò e non appena Sarah la ritenne abbastanza lontana da non sentirla rivolse uno sguardo sconcertato alle altre.
"Io non capisco! Non possono essere già tornati!" disse.
"Già, è molto strano..."
"Ma cosa fa qui!?"
"Ci dev'essere sotto qualcosa." esordì Alexa.
"Un litigio? Non sarebbe una novità." fece Valerie.
"Già, ma un litigio tale da farla tornare da Parigi??"
Ci fu un respiro strozzato generale. In ognuna di quelle quattro testoline c'era un ipotesi diversa.
Evelyn uscì dall'ufficio di Miranda e cominciò a piegare per bene una pila di t-shirt. Restava zitta, con quell'espressione apparentemente rilassata, con gli occhi bassi sul bancone.
"No, non mi piace quella faccia." sussurrò Alexa a Valerie.
"Qualcosa dev'essere successo per forza. E' troppo nervosa." rispose l'altra.
"Oh!" fece Natalia scandalizzata, "Credete che le abbia messo le mani addosso??"
"Oh, chiudi quella bocca Nat!" la zittì Sarah.
Continuavano a pensare che tra lei e Shannon fossero successe cose da romanzo, chissà quali appassionate e intrigate vicende; quando invece la verità era tutt'altra. E non era nemmeno divertente al punto da poter essere raccontata.
Ma che cosa c'era da raccontare in fondo?
Evelyn infatti non parlava con nessuno. Nemmeno pensava di farlo. Lavorava e basta, come in un giorno qualunque.
Non doveva spiegazioni a nessuna di loro.
Ma qualcuno usciva proprio in quel momento dal reparto uomo...
Si fermò dietro la ragazza con le mani in tasca, pensando a cosa dire.
"Hey, Evelyn." cominciò.
Lei si voltò.
"Adam."
"Non ti ho vista in questi giorni," cominciò col suo sguardo affascinante, "va tutto bene?"
Un sereno sorriso sulle labbra di Evelyn, appiccicose di lucidalabbra, dello stesso colore dei suoi lunghi capelli.
Lui non sapeva nulla. Tirò un respiro di sollievo.
"Ehm, io... Si, tutto benissimo. Non preoccuparti." e sorridendo si voltò di nuovo.
Lui si mise di fianco a lei, poggiando un gomito sul bancone. Ripresero a parlare. Lei rispondeva con eloquenti sorrisi.

And I'll do anything to just feel better...
 
Sarah spalancò gli occhi disgustata da tutta quella zuccherosità.
"Quella è proprio scema." disse, "Adam? Quando può avere quell'altro bellimbusto!"
Alexa annuì.
"Beh, secondo me non è poi così scema." ribatté Natalia.
"Guardate! Le ronza attorno come un'ape e lei cade ai suoi piedi." scosse la testa Sarah, "E quel povero imbecille sono cinque anni che cerca anche solo di portarla fuori a cena."
"Già, ma non mi dire che tu non ti sei mai fatta un viaggio guardando il culo ad Adam." osò Valerie.
Sarah imbarazzata studiò bene il ragazzo.
"Beh, forse..." ammise, "Ma non è questo il punto!"
"Al cuor non si comanda, Sarah." commentò Valerie.
"Adam è pur sempre Adam." concluse Natalia per poi dirigersi in magazzino.
Anche Alexa e Valerie ritornarono al lavoro.
"Ma... Ragazze!" piagnucolò la bionda.
Sarah osservò ancora Evelyn e Adam. Sul serio, tra quei due c'era qualcosa? O c'era stato? O stava per esserci?
E perché lei non lo sapeva??

 ...Al prossimo! Baci, Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** The Telling-Off ***


12.The Telling-Off
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

The Telling-Off

Los Angeles,
quella sera...

Evelyn chiuse la porta di casa.
Sentì i passi di qualcuno venirle incontro.
"Nat senti..." cominciò, voltando la testa.
Ma la persona a farle compagnia non era Natalia.
"Oh!" si spaventò.
La guardava con il suo solito sguardo ammonitore.
"Oh, santi numi Shannon! Questa è la seconda volta che ti ritrovo qui dentro! Dove accidenti è Natalia?? E' uscita dal negozio un'ora fa per andare a fare la spesa!" chiese arrabbiata.
"Non c'è, le ho chiesto di lasciarci soli."
Evelyn respirò profondamente. Quanto le dava sui nervi. Ma Natalia o Shannon? Forse entrambi.
"Che cosa fai qui? Questa è pur sempre casa mia e tu ti stai prendendo troppe libertà."
Il suo discorso sembrava non toccarlo minimamente.
"Ma chi sei? Esci da casa mia, stai esagerando!"
"Io sto esagerando?" accorciò le distanze lui, "Hai una gran bella faccia tosta Evelyn. Una gran bella faccia tosta."
"Prego??" chiese lei indignata.
In effetti non ricordava che lui si fosse mai rivolto a lei con tale fermezza.
"Hai rovinato tutto."
"No Shan, io non ho rovinato proprio niente. Io non so cosa tu abbia in quella testa." e lo oltrepassò andando in cucina. "E non so nemmeno che cosa possa averci io, dato che sei riuscito anche a convincermi a portarmi con te."
"Gran bella consolazione." commentò lui raggiungendola.
Evelyn l'osservò.
"Che cosa vuoi ora? Sei riuscito nel tuo intento o sbaglio?"
Rigirava il coltello nella piaga, lo prendeva in giro o che altro?
"Ma quale intento..." la contraddì.
Non era riuscito in un bel niente.
"Shannon."
Perché non gli piaceva quando pronunciava il suo nome in quel modo?
"Io te lo metto in chiaro. Ad essere sincera non so quale sia la vera ragione per cui fai tutto questo da cinque anni, ma nella mia testa ci sono due ipotesi. La prima è abbastanza stupida. La seconda non è da te."
Shannon incrociò le braccia, dato che quella sembrava soltanto l'introduzione. Lei parlava sempre per lunghi giri di parole.
"Ad ogni modo io non ti amo, o qualunque altra cosa tu cerchi in me, non l'avrai."
E quella doveva essere la conclusione. Lo dava per scontato dato che era sempre la stessa. Ma in realtà lei non aveva messo in chiaro proprio niente.
"Perché?" azzardò sfidandola.
"Perché?! E poi la faccia tosta sono io."
"Perché?" insistette lui.
"Perché io sono sicura," e si posizionò proprio di fronte a lui puntandogli sul petto, "che sotto questa enorme corazza di tatuaggi, muscoli e quant'altro c'è... c'è..."
Shannon si sarebbe aspettato di tutto. Cosa? Un idiota, un coglione, un dongiovanni, lo stereotipo di un uomo.
"C'è una bellissima persona."
Aveva sentito bene?
"Nonostante tutto è stato impossibile per me evitare di rendermene conto in questi anni. Ma questa persona non è stata fatta per me."
Perché era frustrante sentirselo dire?
"Con tutte le ragazze che darebbero qualunque cosa pur soltanto di conoscerti. Perché proprio io?? Andiamo
..." e se ne andò in salotto.
Lo prendeva per uno stupido?
"La prendo come la conferma del fatto che in realtà di me sai solo ciò che tu credi di sapere."
"Oh, illuminami ti prego." lo canzonò. "Tutte queste parole al vento."
Si avvicinò alla finestra guardando fuori.
"Con tutta quella gente che ti ama Shannon..."
"Voglio essere importante per te e non per la gente. E' questo che non ti entra in testa."
Ma c'era troppa arroganza in quella frase. Evelyn scoppiò a ridere, voltandosi verso di lui.
"Smettila di dire sciocchezze, lo so come sei Shannon. E poi non fare finta che non ti importi di chi segue te, tuo fratello e Tomo da anni. Non hai certo bisogno di me."
"Non voglio dire questo. E' un'importanza diversa, per quanto entrambe siano molto rilevanti per me." la contraddì di nuovo.
"Shannon te lo ripeto. Non avrai quello che cerchi. Non da me. Mi dispiace. Non ho altro da dire."
"Ok, Eve."
Ecco, cominciava a darle ragione, con quel tono che la diceva lunga; troppo lunga. Ma lei sapeva bene che quell' 'ok' non significava veramente 'ok, basta', ma voleva essere un 'ok, ora passiamo al piano di riserva'. Ma quanti accidenti di piani di riserva si era inventato in quegli anni? E quanti ce ne sarebbero stati ancora??
"No Shannon. Niente è 'ok'. Quante volte sei uscito dal negozio dicendo questa frase? 'Ok, Eve'." lo imitò, "Quando finirà sul serio tutto questo?"
"Sei tu che la stai tirando per le lunghe." ed indossando gli occhiali da sole si avviò verso la porta.
"Io non sto tirando per le lunghe proprio niente Shannon accidenti! Qualunque cosa tu pretenda da me non esisterà mai! Non avrai più di quello che hai già da me!"
"Ok, Eve." ripeté lui aprendo la porta.
"Shannon non scherzo."
"Nemmeno io. Ci vediamo."
Ecco, per l'appunto.
Shannon uscì. Evelyn si strinse le mani nei capelli e in preda all'ira si lasciò cadere sul divano. Rimase diversi minuti a pensare, ad occhi chiusi, cercando di trovare qualcosa di più rilevante dei nervi che le dava Shannon.
Il blackberry squillò. Un sms.
"Ciao Eve, usciamo stasera? Ti va?"
Adam.
-Oh, grazie al cielo.- pensò, -Ne avevo bisogno.-
Ripensò alla giornata a Parigi con Shannon.
-Menomale che la voce non è uscita dal reparto donna...- si disse riferendosi alle sue 'laconiche' colleghe.
Non scrisse nemmeno un biglietto a Natalia. Semplicemente si cambiò ed uscì.

La frase 'voglio essere importante per te, non per la gente' è presa dal testo di 'In Un Giorno Qualunque' di Marco Mengoni. 'The telling-off' significa 'la ramanzina'. Al prossimo capitolo! Baci, Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** I Don't Give A... ***


13.I Don't Give A...
.
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

I Don't Give A...

Los Angeles,
il mattino dopo...

Evelyn si diresse in cucina ancora imbambolata e con i capelli arruffati. Le finestre del salotto erano aperte e la luce le dava fastidio agli occhi. Ma nonostante quell'incoscienza, il profumo del caffé era un richiamo troppo forte ogni mattina. Natalia le sorrise vedendola entrare.
"Oh, ma buongiorno 'Bella Addormetata'."
Evelyn si sedette rispondendo con un cenno.
"Cenerentola ha fatto tardi la notte scorsa?" sorrise la messicana.
L'altra si chiese se avesse mai potuto avere un attimo di tranquillità.
"Ma piantala!" rispose.
"Colpa del principe azzurro..."
"Nat, piantala!"
"Oh, ma che succede stamattina? Ti sei alzata col piede sbagliato?"
Evelyn bevve un sorso di caffé.
"Non vuoi proprio dirmi niente?"
"Ma perché non c'è proprio niente da raccontare!"
Bugiarda. Ma una bugiarda comprensibile.
"Non ti credo."
"Ho semplicemente bisogno di tempo Nat. Tutte le mie precedenti storie sono state dei fallimenti colossali, questa volta voglio prendermi il mio tempo."
Ma Natalia la conosceva troppo bene. Anche stando zitta sorseggiando un caffé per lei Evelyn era un libro aperto. E, soprattutto, aveva sentito bene la chiave girare nella serratura alle quattro del mattino. Dov'era stata fino a quell'ora?
Facilmente intuibile.
Ma una domanda lecita le venne in mente.
"Quindi con Adam fai sul serio?"
Evelyn guardò da un'altra parte seccata.
"Non lo so Nat."
La osservò in silenzio, cercando di captare il suo stato d'animo.
Altra domanda lecita.
"Dimmi," cominciò Natalia, "c'è un motivo particolare per cui continui a rifiutare Shannon?"
Evelyn cercò di non dare a vedere nessuna reazione.
"In fondo nei suoi occhi, quando tu guarda, io ci vedo quello che tu stai cercando."
"No, fidati di me. Ciò che ci vedi tu non è quello che sto 'cercando' io."
"Si. E'... è ossessionato da te."
"Oh, ti prego non esageriamo. E poi questo cosa c'entra?"
"Non lo so, forse i tuoi sono soltanto pregiudizi."
Evelyn la guardò sgranando gli occhi.
"Eve è troppo fissato con te, accidenti!"
"Pregiudizi? Nat, ma che stai dicendo?! Tra me e Shannon non ci sarà mai niente perché a priori so che non fa per me! Punto e basta."
"Eve a me sta benissimo il fatto che tu esca con Adam, che torni all'alba dopo essere stata con lui e che tu pensi ad essere felice."
Evelyn guardò il fondo della tazzina.
"Credo di essere l'unica a vederla in questo modo. Ma..." Natalia si fermò per un momento, sapendo che forse stava azzardando troppo, "quando ti ho sentita tornare stamattina ho pensato a una cosa. Non lo fai solo per ripicca a Shannon per i motivi che mi hai appena detto, vero?"
Evelyn non alzò lo sguardo.
"Eve se..."
"Non me ne frega niente Nat!" l'interruppe, "Niente!"
L'altra si soprese del suo improvviso nervosismo.
"Qualunque cosa tu possa dire, o Sarah, o Valerie o chiunque altro; e qualunque cosa lui faccia, per me non è altro che un amico!"

Either he is or he ain't my man, I said he's just a friend.

"Eve calmati, io non..."
"Ma come faccio a calmarmi Nat? Dietro ognuno dei suoi giochetti ci trovo sempre voi! Io sto solo cercando di continuare come se niente fosse. Posso averla una vita?? Oppure devono essere le mie amiche a decidere per me?"
Natalia si sentì a disagio dopo averla sentita dire 'amiche' con un'intonazione tutt'altro che piacevole.
"Soltanto perché è 'Shannon Leto'! E poi sono io quella coi pregiudizi e quant'altro."
"Eve non era mia intenzione farti arrabbiare."
L'altra si calmò; ma nonostante tutto Natalia era un osso duro. Ed Evelyn lo sapeva perfettamente.
"Eve tu e Adam siete una bella coppia su questo non c'è dubbio, sono la prima ad appoggiarti, ma..."
"Nat?"
"Si?"
"Basta così." e detto questo si alzò e si chiuse nella sua stanza, lasciando Natalia a bocca aperta.
Altroché libro aperto. Quella ragazza si stava convertendo in un grandissimo enigma.
Natalia sospirò.
"Ok, non ne vuoi parlare." disse tra sé e sé.
Le due infatti non si parlarono per tutta la giornata. Nemmeno al lavoro.

Al prossimo capitolo! Baci, Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Go Redheads! ***


14.Go Redheads!
.
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Go Redheads!

Los Angeles,
pochi giorni dopo...

Miranda camminava freneticamente per il negozio richiamando i presenti all'ordine.
"Sotto ragazze! Adam, Sarah e Natalia non ci sono. C'è molto da lavorare! Voglio i conti di questo mese nel mio ufficio tra mezz'ora."
Alexa e Valerie servivano i clienti facendosi in quattro per riuscire ad accontentare tutti; Evelyn, alla cassa insieme a Brandon, decise di darsi da fare per dare a Miranda ciò che voleva.
"Coraggio." sospirò all'amico.
Scrivevano, controllavano le entrate e le uscite e tutto il resto.
"Brandon dettami questo per favore." e gli porse un foglio con scritti diversi codici e cifre.
Ma il forte rombo di una moto proprio davanti al negozio aveva distratto il ragazzo.
"Wow." disse.
Evelyn alzò lo sguardo e guardò la sua faccia. Sembrava quasi che avesse visto l'ottava delle meraviglie. Ok, forse era venuto il momento di preoccuparsi. Secondo la teoria che lei stessa aveva elaborato negli ultimi tempi riguardo agli uomini, quest'ultimi potevano esordire con esclamazioni simili per tre ragioni fondamentali. La prima, davanti a una lussuosa auto sportiva. La seconda, osservando la camminata di una ragazza in bikini. La terza, quando una moto con una buona quantità di cavalli nel motore e di vernice sulla carrozzeria si intrometteva nel loro campo visivo.
"Ti prego dimmi che non è una Ducati." lo implorò non volendosi voltare verso l'entrata.
Brandon la guardò perplesso.
"Non è una Ducati." disse automaticamente.
Assolutamente poco convincente.
"Almeno dimmi che non è bianca e blu." ci riprovò Evelyn.
Brandon buttò l'occhio di nuovo verso la strada.
"Non è bianca e blu." disse con lo stesso tono di prima, "Sei contenta?"
"No, affatto."
Qualcuno entrò nel negozio. La sua camminata Evelyn l'avrebbe riconosciuta tra mille; ed il suo profumo l'aveva già sentito troppe volte per poter avere un'altra speranza che non fosse...
"Hey Evelyn."
...Shannon.
Alzò lo sguardo.
"Shannon. Ehm..." e si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, "Senti, non adesso. Non ho tempo. Ho molto da fare, Natalia, Sarah e..." tralasciò il terzo elemento, "si, insomma non ci sono e..."
Ma a lui questo di certo non importava.
"Non ci vorrà molto."
La ragazza sospirò.
-Lo sapevo. 'Ok, Eve' un corno. Come sempre.- pensò.
Non voleva tirarla per le lunghe, e soprattutto non voleva che Miranda uscisse dal suo ufficio proprio con lui lì dentro.
-Evelyn accidenti, dov'è la tua capacità di dire di no?- si disse continuando a guardarlo negli occhi.
Cos'aveva in mente questa volta?
"E va bene." cedette, "Scusami Brandon, arrivo subito."
Al ragazzo il che non sembrò creare nessun problema. Era un tipo piuttosto riservato, non si interessava dei lunghi discorsi delle colleghe e di tutte le loro sciocchezze; ma sapeva della taciturna rivalità tra Shannon ed Adam, e sapeva anche che se il suo amico fosse mai venuto a sapere di quell'incontro, non sarebbe stato per causa sua. Era inoltre sicuro del fatto che Shannon non avesse la più pallida idea di chi fosse Adam, e sperò che non lo venisse mai a sapere.
Evelyn camminò attorno al bancone. Shannon la mangiò con gli occhi non appena riuscì a vederla in tutto il suo metro e sessantacinque. Gli afferrò un braccio e lo trascinò in un angolo in fondo al negozio.
"Shannon perderò il lavoro a causa tua, accidenti!" sussurrò; o almeno ci provò.
"Allora passiamo subito al sodo, così ti lascio lavorare."
Il 'sodo'. Evelyn inspirò, incapace di immaginare in che cosa mai sarebbe potuto consistere questa volta.
"Tra meno di una settimana partiamo di nuovo in tour."
Ah, era una notizia. E racchiudeva in sé felicità, perché Evelyn sapeva bene quanto Shannon amasse girare il mondo per suonare, ma anche tristezza, perché tralasciando raccapriccianti scenate, erano pur sempre due amici.
"Di già? Dove andate?"
"In Europa."
Evelyn annuì incrociando le braccia. Sperò che la conversazione si chiudesse lì, magari con un adeguato ed amichevole saluto.
"Per questo vorrei che tu venissi con me in un posto."
Aveva sperato troppo presto.
"Che posto, Shannon?"
"Sai quel mio amico di cui ti avevo parlato?"
"Chi? Quel famoso Antoine?"
"Esatto, Becks."
"Haha, mi stai chiedendo di venire ad una delle tue serate di baldoria??"
"Si."
Lo studiò dalla testa ai piedi scuotendo la testa divertita.
"Devo risponderti?" chiese senza perdere il sorriso.
"Non sarebbe male."
Ma Evelyn tacque.
"Non vuoi darmi nemmeno una possibilità." l'accusò lui.
Lei fece finta di pensare.
"Uhm, no. No, affatto."
Shannon osservò l'azzurro dei suoi occhi, pesantemente truccati di nero, mordendosi il labbro per trattenere l'istinto che in quel momento gli stava passando per la testa. Accidenti, lo faceva proprio apposta! Tanto bella quanto difficile.
"Tempo scaduto, il dovere mi chiama Shannon. Ti saluto." disse Evelyn cercando di liberarsi di lui.
"No!" la fermò afferrandola per le braccia, "No, no."
"Shannon lasciami." sorrise lei.
"Solo una serata Evelyn. Non ti chiedo altro."
Sicuro? Sicuro che si sarebbe accontentato di così poco? Una sera soltanto?
"Per il momento." si corresse.
"Shannon lasciami." ripeté lei; ma questa volta non c'era nessun sorriso sulle sue labbra.
"Esci con me Eve." le sussurrò all'orecchio, "Non ci vedremo per più di un mese. Per favore."
Il profumo dei suoi capelli gli faceva perdere la testa. Avvicinò le labbra alla sua pelle, ma lei si spostò non volendo essere toccata.
"Shannon smettila, che stai facendo!? Smettila. E' un no Shannon; e un no rimane. Te lo chiedo per favore. Basta così."
Lui lasciò la presa, anche se niente ormai gli dava sui nervi quanto l'accettare un suo no. Ma di cosa aveva paura? Cosa le impediva di lasciarsi andare? Le sue intenzioni le sapeva da sempre.
Le sapeva?
"Scusami." disse Evelyn ritornando da Brandon.
Shannon non capì se si stesse scusando perché obbligata a interrompere la conversazione o per avergli dato l'ennesimo dannato due di picche. Qualunque fosse stata la ragione lui uscì a mani vuote, come aveva sempre fatto. Vinceva sempre lei. Infilò il casco, e Brandon guardò la Ducati sparire nel traffico con occhi sognanti.
Alexa e Valerie avevano assistito alla scena da lontano.
"Capelli rosso fuoco uno, tatuaggi e bicipiti zero." azzardò Valerie.
"Si, ma questa partita sta durando troppo." fece Alexa.
"Credimi Alexa, per quanto ne so durerà ancora per molto."

Baci! Al prossimo! Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** I Hate Boys! ***


15.I Hate Boys!
h
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-


I Hate Boys!

Los Angeles,
la sera stessa...

La tensione tra Evelyn e Natalia, come sempre, era andata dissolvendosi col passare dei giorni. Evelyn continuava a ripetersi che l'avere pazienza non era un pregio, ma anche che dopotutto a nulla sarebbe servito non rivolgersi la parola per mesi dato che erano coinquiline e, teoricamente, qualcosa come migliori amiche.
Era successo altre volte in quei pochi anni che avevano vissuto insieme; Natalia era bravissima a far saltare i nervi ad Evelyn, ma Evelyn stessa con le sue reazioni talvolta esagerate e troppo impulsive faceva comunque la propria parte. Nonostante questo ogni volta le cose si erano sistemate senza andare incontro a situazioni troppo spiacevoli.
Evelyn era tornata a casa da poco, era stata a cena da sua sorella Emily che viveva col fidanzato da ormai molti anni a Santa Monica.
Natalia non c'era.
Guardò se le avesse mandato un sms oppure se
le avesse lasciato un biglietto; ma l'unico che trovò fu proprio il suo.
Nat sono da Emily a cena! Ciao, Eve.
Ma niente, come sempre non sapeva dove fosse.
Si fece una doccia bollente, aveva bisogno di relax, e proprio mentre si stava asciugando i capelli sentì la porta chiudersi nonostante il rumore del phon. Lo spense. Natalia stava canticchiando.
Evelyn uscì dal bagno.
"Nat?"
"Si??"
"Tutto... tutto bene?"
La ragazza saltellò fino a lei.
"Evelyn, tesoro vatti a cambiare!" esordì Natalia sorridendo.
L'altra non capì perché fosse così tanto felice.
"E perché mai?" chiese perplessa.
"Perché proprio qui sotto c'è una Ducati che ti aspetta!"
L'entusiasmo di Natalia era direttamente proporzionale al disappunto di Evelyn.
"Cosa??" chiese, "Una, una..."
Natalia annuì.
"Shannon!" disse l'altra portandosi le mani alla testa, cominciando a farsi prendere dal nervosismo, "Io... io ora scendo e lo rispedisco da dov'è venuto!"
"No!" la fermò Natalia afferrandole un polso, "Vai a cambiarti prima! Non si sa mai che cambi idea. Di solito non si va ad un appuntamento in tuta..." e le fece un occhiolino.
Evelyn cercò di trattenersi. Già solo lo squallore della parola 'appuntamento' le dava il voltastomaco.
"No, non vorrei che l'attesa lo illudesse." sorrise sarcastica.
Uscì dall'appartamento cercando di prepararsi una bella ramanzina per Shannon. Dopo tutte quelle che gli aveva fatto ormai  sia la fantasia che la capacità di improvvisazione cominciavano a venir meno. Lui era proprio fuori dal cancello, di fianco alla sua amata moto.
C'erano due caschi sulla sella. Sentendo i suoi passi si voltò verso di lei.
"Shannon!" lo chiamò prima che potesse aprir bocca continuando a camminare a passo deciso verso di lui, "Saluta pure il tuo amico Antoine da parte mia e digli che mi dispiace, ma non lo verrò a vedere!"
L'angolo delle labbra di Shannon si sollevò in un sorrisetto compiaciuto.
"Vedere? Haha, non è lui che devi vedere."
"Ma cosa stai... oh ti prego togliti quel sorriso!"
Ma Shannon rise.
"Avanti Eve, che altro hai da fare?"
La ragazza sospirò.
"Oh! Una testa dura come la tua Shannon non so se potrò mai trovarla ancora. Quante volte te lo devo ripete, accidenti."
Stava già per dire quell'odioso monosillabo.
"Vieni dai! Per divertirci un pò!" sollevò le spalle lui, aprendo le braccia come se quella fosse la sua vera unica intenzione.
Evelyn rimase seria.
"E per farti perdonare dopo la fuga da Parigi." scherzò Shannon mentre saliva sulla moto.
"Oh, no! Non di nuovo!" protestò lei, dato che aveva tentato ed era riuscita a dimenticarsi di quell'occasione.
Fino a quel momento.
Rifletté.
"Promettimi che per i prossimi dodici mesi non metterai piede ne in negozio ne a casa mia."
Shannon sembrò soddisfatto della risposta.
"Lo prendo come un 'Shannon aiutami ad allacciare il casco, non vedo l'ora di fare un giro sulla tua moto'."
Ma Evelyn nemmeno questa volta sembrò aver voglia di scherzare. Credeva davvero che sarebbe stato così facile? Incrociò le braccia squadrandolo con stizza.
"Non ho detto che sarei venuta." e voltandosi si avviò verso l'entrata del palazzo.
Il sorriso sparì anche dalle labbra di Shannon.
"Eve..." la richiamò incredulo.
Ma lei non si fermò.
"Hey, Eve!"
Ma lei era già dentro. La porta si era chiusa.
Nella sua testa c'era un tripudio di parolacce. Avrebbe voluto prendere a pugni la prima cosa che gli capitasse per le mani, ma l'unica abbastanza vicina per farlo era la moto stessa. Mai avrebbe osato.
Ripose il casco che avrebbe dovuto indossare Evelyn sotto la sella ed infilò il suo. Trattenne la collere trasformandola in velocità, sfrecciando via per le strade di Los Angeles.
Evelyn dal canto suo rimase nel pianerottolo dell'entrata, fin quando il rumore della Ducati non si dissolse in lontananza.
"Oh, ti prego ascoltami Shannon." sussurrò.
Ma sapeva che sarebbe stata una vana preghiera.

I'll pray the skies above for snow to fall on the Sahara.

Salì le scale, già immaginando l'interrogatorio a cui Natalia l'avrebbe sottoposta. Una volta arrivata al sesto piano forse sarebbe riuscita addirittura a trovare una scusa per sfuggirle.

Shannon a fare festa, Evelyn a casa. Al prossimo capitolo! Baci, Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Drumsticks ***


16.Drumsticks
h
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-


Drumsticks

Los Angeles,
poco dopo...

Adam ed il suo gruppo di amici si fermarono davanti al 'Playhouse', una delle discoteche più famose della città. Fumare una sigaretta prima di entrare mentre si osservavano le gambe delle ragazze in minigonna era un rituale d'obbligo ormai. Ma lui in realtà sembrava l'unico disinteressato.
"Non ci hai ancora detto chi è."
Adam soffiò via il fumo.
"E' una delle commesse del negozio. Evelyn Jones."
"La rossa??" fece uno.
"Si."
e gettò il mozzicone della sigaretta.
"Wow."
"Accidenti Adam. Sei circondato da gallinelle una più bella dell'altra là dentro, ma questa... Questa ti fa fare i mortali nei pantaloni."
"L'hai detto!" commentò un'altro.
"E com'è?"
Adam capì che il suo amico non si stava riferendo all'aspetto fisico o al carattere di Evelyn.
"Oh, è una di quelle fissate col sesso sicuro e altre balle di questo genere. Forse questa è la parte più noiosa di lei; ma sarà perché abbiamo appena rotto il ghiaccio. Troverò un rimedio." e fece un sorrisetto malizioso, seguito da quello dei suoi amici.
"E noi che ci facciamo qui?" chiese uno di loro alzando gli occhi sull'insegna del locale "Non dovevamo andare a quella festa a Malibu?"
"Ve lo spiego subito." rispose Adam facendo cenno agli altri di entrare.
Camminarono lungo il corridoio che portava nella sala principale.
"E' la ragazza di quel tipo lassù."
Adam stava indicando un grande cartellone appeso al muro del locale. C'erano due uomini che indossavano occhiali da sole. Uno con uno strambo ciuffetto biondo e la pelle abbronzata; e l'altro con l'espressione seria e le mani nelle tasche. Era proprio verso di lui che Adam puntava il dito. I tre sgranarono gli occhi.
"La sua ragazza??" chiese uno.
"No," chiarì Adam, "non proprio. Lui prova a rimorchiarla da tempo. A quanto pare da molto prima che io cominciassi a lavorare con lei."
"Molto quanto?"
Adam alzò le spalle.
"Qualcosa come... cinque anni."
"Cinque anni??"
"Già." rispose soddisfatto.
Scoppiarono tutti in una fragorosa risata, dando dei piccoli pugni sulle spalle del ragazzo complimentandosi per il suo trionfo. C'erano stima ed approvazione sui loro volti.
"Grande Adam, fagli vedere chi sei."
"Accidenti gliel'hai proprio soffiata!"
"Cade ai miei piedi la ragazzina." aggiunse Adam, accennando di nuovo al manifesto con lo sguardo, "Dai, andiamo a spassarcela un pò."
In quel momento i riflettori puntarono verso l'alto, dove era stato allestito un palco.
Una batteria ed una consolle.
"Oh, si parla del diavolo e spuntano le corna." esordì Adam.
"E che corna!" commentò un'altro, mentre Adam veniva di nuovo sommerso di amichevoli pugnetti.
Ragazze urlanti, luci che lampeggiavano.
Shannon proprio in quel momento prendeva in mano le bacchette, al fianco dell'inseparabile amico Antoine.
Tutto il suo risentimento si convertì in energia, in un continuo percuotere su tamburi e piatti; in sudore.
"Hey Shan, non avevi una bambola da presentarmi stasera??" chiese ad un certo punto Antoine, togliendosi le grandi cuffie.
"Si, ma non è voluta venire."
Il volume era troppo alto, ma Antoine lesse il suo labiale.
"Haha," lo canzonò, "Tipa difficile?"
"Unica nel suo genere." rispose Shannon chiedendosi se la sua stessa risposta fosse ironica o meno.
Riprese a sbacchettare.
Continuarono così per alcune ore
; ma vedere tutta quella gente muoversi al suono della sua batteria non era un premio di consolazione sufficiente.
Si guardò attorno.
Scorse una chioma rossa muoversi tra la folla. Lunghi e lucenti fili rosso carminio.
Come i suoi...
Ma non era Evelyn. E poi, muoveva i capelli con troppa vanità.
Era di spalle, teneva un bicchiere nella mano sinistra mentre parlava con un gruppetto di ragazze.
Non era Evelyn. Lei non era mancina.
Indossava un abito arancione.
Non era Evelyn. A lei non piaceva quel colore.
Si voltò. Carina.
Non era Evelyn; perché lei era bellissima.
Ma forse con questa non ci sarebbe stato nemmeno bisogno di chiedere...


I'm not looking for love, 'cause she's gone...

Al prossimo capitolo! Baci! Flychick

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Side Effects... ***


17.Side Effects...
Chiedo scusa per il ritardo nell'aggiornamento!
Buona lettura!
Baci, Flychick.

-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Side Effects...

Los Angeles,
il mattino dopo...

No, infatti.
Non c'era stato affatto bisogno di parole. Era bastata un'occhiata.
Era caduta tra le sue braccia come qualunque altra.
Che cosa voleva da lei? Nulla di più di ciò che gli aveva già dato.
Ed ora era lì, seduto al bordo del suo letto con la testa tra le mani.
Lei dormiva.
Che cosa aveva rimediato dopo questa notte?
Lei non era Evelyn. Nessun'altra era Evelyn.
La sentiva ancora dentro di sé, la stessa lacuna della sera precedente.
Credeva forse di riuscire a trovare anche soltanto una parte di lei in un'altra? In una che di lei non aveva nulla se non lo stesso colore di capelli, cioè la cosa più inutile, più irrilevante che mai si potesse notare in lei, nonostante fosse forse la prima a saltare agli occhi?

She's touching me, I'm wishing that they were your hands...

Inspirò profondamente alzandosi e prendendo le sue cose. Non voleva che quella ragazza lo sentisse, non voleva averci a che fare con lei.
Voleva solo sparire.
Tanto, se non poteva avere Evelyn, una valeva l'altra. Cioè niente. Non gliene fregava niente di nessuna.
Erano tutte uguali. Tutte troppo interessate a 'cosa' lui fosse e non al 'chi'. Beh, non poteva far altro che biasimare sé stesso, perché aveva sfruttato questo fattore molte volte.
Ma Evelyn, lei era un'ammirevole ed adorabile testa dura.
Ripensò al suo sorriso, al suo sguardo mentre lo respingeva con la solita fermezza.
Diede un'ultima occhiata a quella ragazza. Immaginò come doveva essere Evelyn nella stessa situazione.
Immaginava il suo corpo coperto da un lenzuolo, mentre il suo petto saliva e scendeva ed i suoi capelli le cadevano sulle spalle. L'azzurro dei suoi occhi celato dalle palpebre chiuse mentre dormiva.
Possibile che quella ragazza fosse diventata la sua ossessione?
Ragazza.
Era una ragazza quando l'aveva conosciuta. Una ragazza di 22 anni che ora era maturata, tramutandosi in una bellissima donna.
Quanto tempo era passato da allora, e quanto era cambiata in quegli anni. Eppure era sempre lei: la commessa con l'intramontabile sorriso sulle labbra, sempre nervosa, quasi nevrotica, in mezzo ad uno sciame di zucche vuote. Erano pur sempre le sue 'amiche' diceva lei. Accidenti quante volte gliel'aveva detto, ma gli sembrava impossibile che non si fosse mai resa conto di quanto alcune di loro fossero incredibilmente insopportabili.
Era anche incredibile il fatto che il solo pensiero di lei riusciva sempre a strappargli un sorrisetto.
Ma quella di fronte a lui non era lei; era... era... Chi era? Non sapeva nemmeno il suo nome. E non voleva saperlo.
Ora che ci pensava, in quelle poche ore che avevano condiviso c'era mai stato uno straccio di dialogo tra di loro?
No.
E forse era meglio così. Anzi, lo era per certo.
Se ne andò, lasciandole soltanto un ricordo e la propria inafferrabile indifferenza.
Non ci sarebbe voluto molto per dimenticare il suo volto. Dopotutto quello era il destino che toccava a tutte quante.
L'eccezione sarebbe stata una ed una sola.
Cuori spezzati? Povere illuse.
Lacrime? Non gli interessavano.
Vendette? Mai nessuna era riuscita ad avere l'occasione per poterne mettere in atto.
Seconde occasioni? Non ne aveva mai date. O forse ne aveva date poche. Non ricordava.
Infilò il casco e accese i motori.
Sapeva dove andare.
Doveva vederla.

...Al prossimo capitolo! Baci! Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Odd Man Out? ***


18.Odd Man Out?

-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Odd Man Out?

Los Angeles,

poco dopo...

Evelyn canticchiava, mentre in bilico sulle punte dei piedi vestiva i manichini nella vetrina.
"Childhood living is easy to do. The things you wanted I bought them for you. Graceless lady, you know who I am..."
Sentì due mani sui fianchi.
"Oh!" si voltò.
Un sorriso sulle sue labbra.
"Adam! Accidenti, non mentre sono in vetrina." gli sussurrò togliendosi le sue mani di dosso.
Lui ridacchiò.
"Ti serve una mano?"
"No, no ho finito. Ora passo all'altra."
Natalia, seduta alla cassa, seguiva la scena in silenzio.
"E questa sera?" chiese Adam.

Click on rewind, playback our love on a widescreen.

Evelyn si voltò verso di lui.
"Questa sera cosa?"
Lui alzò le spalle.
"Hai da fare?"
"Haha, che cosa vuoi che abbia da fare??"
"Io un'idea ce l'avrei."
"Perché me l'aspettavo?"
"Sarà intuito femminile, è così che lo chiamate?"
"Oh, ti prego. Non ascoltare le sciocchezze di Sarah..." rise Evelyn, intenta ad abbottonate la camicia al manichino.
"Sciocchezze, eh?" incrociò le braccia Adam.
"Già."
"Allora credo che il mio programma dovrà subire qualche cambiamento..."
"E' probabile." sorrise la ragazza.
Adam rifletté.
"Dimmi, c'è un posto in particolare dove vorresti andare?"
"Mmm... Si."
"E sarebbe?"
"A Chinatown a fare una scorpacciata di riso alla cantonese."
Adam sorrise, osservandola mentre gli passava davanti. Evelyn sentiva il cuore battere più velocemente ogni volta che sapeva di avere i suoi occhi addosso.
"Andata per il riso alla cantonese." concluse il ragazzo.
Forse accontentandola avrebbe comunque portato a termine il proprio 'programma'.
Natalia continuava ad ascoltare. Non poté fare a meno di notare quanto nel modo in cui lui le parlava, in cui la guardava, ci fossero fierezza ed orgoglio. Ok, rimanevano pur sempre una bella coppia, ma caspita, da quando lui ed Evelyn avevano cominciato a frequentarsi non si stava dimostrando altro che uno sbruffone.
Scosse la testa, sperando di sbagliarsi.
Evelyn si guardò attorno.
"Che stai cercando?" le chiese Adam.
"Quel paio di scarpe che Miranda mi aveva detto di mettere in vetrina."
"Oh, credo di averle portate in magazzino. Aspetta, vado a prenderle." disse poco prima di allontanarsi.
Evelyn raggiunse Natalia, ma non fece in tempo ad aprir bocca che la porta del negozio si aprì. Non appena lo vide entrare cercò di sgattaiolare via; forse a nascondersi in magazzino con Adam?
"Dove credi di andare?"
-Accidenti.-
Evelyn si fermò, ruotando sui talloni.
"Dodici mesi non sono passati Shannon."
Non era divertente.
"A dire la verità nemmeno dodici ore."
Lui non aprì bocca.
"Divertito ieri sera?" chiese stringendosi nelle spalle, tenendo le mani dietro la schiena.
Shannon rimase immobile. Era tanto stronza quanto bella.
"Ok, ok." lo prese in giro, "Scusa tanto. Cosa posso fare per te Shannon?"
Proprio in quel momento Adam usciva dal magazzino. Ma quando li vide l'uno di fronte all'altra rimase indietro, nascosto dietro la colonna di marmo. Lei sembrava piuttosto disinvolta, lui determinato. Come sempre.
"Sei addirittura spiritosa?" chiese Shannon incrociando le braccia voluminose.
"Oh, ora che mi viene in mente Miranda mi ha detto di lasciare una cosa da parte per te!" esordì Evelyn.
"E l'ha detto proprio a te. Che coincidenza!"
"Prendilo come il mio saluto per il tuo imminente viaggio." sorrise lei.
Quel sorriso che gli mandava in tilt il cervello. Dio, cos'avrebbe dato pur di avere quella ragazza.
"Sai, io avrei mille altre idee migliori sul come salutarci..." contrattaccò.
"Credimi rimarranno tali. Allora, la vuoi vedere o no?"
"Che cos'è?"
Evelyn sembrò trattenere una risatina.
"Una cosa. Lo sai com'è Miranda. Vieni dai." e l'invitò a seguirla.
Passarono davanti alla porta del magazzino. Davanti ad Adam. Evelyn fece finta di nulla. Shannon era troppo impegnato a guardare lei per accorgersi della presenza di qualcun'altro attorno a sé. Adam lo guardò con odio; ma non fece nulla.
Non era necessario? Oppure non ne aveva il coraggio? Ma di cosa si preoccupava, Evelyn era sua no?
Natalia per un secondo aveva temuto il peggio.
Entrambi nello stesso posto, con lei di mezzo.
-Se soltanto lui sapesse...-
Se soltanto sapesse che proprio sotto il suo naso in quel momento c'era il più alto degli ostacoli per arrivare ad Evelyn. Se soltanto sapesse che Adam a vincere lei c'era persino riuscito.
Sospirò, chiedendosi come facesse Evelyn a dissimulare così abilmente.
Adam restava indietro, cercando di non farsi notare, continuando a lavorare.
-Ma a che gioco state giocando voi tre?- si chiese Natalia.

'Odd man out' significa 'intruso/terzo incomodo' :) Al prossimo capitolo! Baci, Flychick

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Drives Me Nuts ***


19.Drives Me Nuts
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Drives Me Nuts

Los Angeles,

intanto nella sala accanto...

Shannon rifletté.
"Ehm, sei sicura che sia per me e non per Jared?" chiese, per nulla convinto.
"Si, si, sicurissima! Figurati se Miranda confonde qualcosa per il suo tanto adorato Jared con qualcosa per il suo tanto amato Shannon."
"Haha..." tentò di ridere lui, per niente divertito dal suo umorismo.
"Avanti tieni, sono curiosa di vedere come ti sta." e detto ciò lo chiuse in uno dei camerini.
Shannon si guardò allo specchio. Una 'manskirt'. Quelle che piacevano tanto a suo fratello.
"Come va?" chiese Evelyn impaziente.
Si, impaziente di farsi due risate.
Non riusciva a capacitarsi di come una cosa simile fosse venuta in mente a Miranda. E poi, lei stessa non credeva Shannon capace di imitare le bizzarre mode di Jared.
Quando la tenda si aprì Evelyn si dovette ricredere. Non era poi così tanto ridicolo come avrebbe creduto, anzi, Shannon sembrava soltanto ancora più basso. Lo squadrò più volte.
"Oh, Shan ti prego togliti quella roba." disse ridacchiando.
Lui alzò lo sguardo su di lei con malizia.

You know what I want, I want the best, and the best things I like are free...

Evelyn si ricompose.
"Oh santi numi, quando imparerò a stare zitta." e lanciandogli una maglietta gli chiuse la tenda del camerino in faccia.
Quando lui uscì lei era già sparita. La raggiunse.
"Ah, ho pensato una cosa." cominciò.
"Questi preamboli mi spaventano." avanzò Evelyn continuando a sistemare gli appendiabiti.
"Se io e te..."
"Oh, ci risiamo." l'interruppe di nuovo, scuotendo la testa divertita.
"Dicevo. Se io e te stasera uscissimo, tu domani non lavori, e poi avrai un mese di tranquillità. Un mese."
"Però! Vedo che ci hai riflettutto sul serio sulla cosa! E dimmi, una volta passato questo mese quando ritornerai qui che cosa succederà, eh? Ritornerai a farmi la stessa domanda?" sorrise lei.
"E' che... Hey aspetta," rifletté Shannon, "questo significa che stai considerando la mia proposta?"
La ragazza incrociò le braccia, nuovamente sorpresa dal fatto che non si fosse ancora stancato della sua abituale risposta.
Shannon stese le labbra in un sorrisetto. Il proverbio non era forse 'chi tace acconsente'?
"No." concluse Evelyn, prendendogli dalle mani l'indumento e dirigendosi verso la cassa.
La seguì. La speranza stessa stava diventando un lusso con quella ragazza.
Continuava a guardarla, mentre come se niente fosse faceva il suo lavoro. Accidenti, perché cominciava ad eccitarlo anche lo stesso modo in cui lo ignorava, o comunque il modo in cui faceva finta di farlo?
"Ok," cominciò, "c'è qualcosa che possiamo fare Eve prima di salutarci? Qualunque cosa. Scegli tu."
Lei si finse lusingata dal suo invito.
"L'unica cosa che vorrei da te è la carta di credito, Shannon."
"Ah, andiamo Eve! Smettila di tentare di farmi pensare che sei una scema senza cervello. Lo so bene come sei. Evelyn Jones."
Lei lo guardò perplessa. No, forse non era stata abbastanza chiara.
"E' per pagare questo, Shan."
Lui si fece serio.
"Ah... Ah, si." e gliela porse.
Lei sorrise tra sé e sé mentre passava la tessera nel macchinario.
Doveva ammetterlo, di Shannon ce n'era uno solo. Una zucca vuota come la sua non l'avrebbe di certo trovata di nuovo. Ma in fondo rimaneva una zucca vuota simpatica.
"Fatto." disse rendendogli la carta.
"Hey Eve, che ne pensi se..."
Lei sospirò.
"Shannon! Leggi le mie labbra..."
"Dopo averle lette posso..."
"No!!" gli parlò sopra lei.
Beh, che altra risposta si aspettava?
"Goditi l'Europa e mandami una cartolina." e sorridendogli se ne andò.
Shannon la seguì con lo sguardo finché non sparì nel reparto donna. Si morse il labbro inferiore.
Forse aveva imparato a godere di quelle poche occasioni che gli dava anche soltanto per parlarle o per guardarla. O forse lo credeva soltanto, perché a corto di idee.
Si, decisamente.
Ma un mese era lungo. Aveva trenta giorni per pensare; e voleva pensare a trenta nuovi modi per tentare di sedurre quella ragazza. Cercò di avere pazienza, immaginando già che cos'avrebbe potuto compiere il miracolo.
Trenta giorni.
Trenta modi.
Salutò Natalia con un sorriso e se ne andò.
Ma gli occhi di Natalia non erano stati i soli a vedere tutto quanto...

Ammetto che, come Evelyn, nemmeno io ho mai creduto Shannon capace di imitare le strane mode di Jared, ma dopo aver visto gli EMA ho avuto la conferma che, si, ne è stato capace :D
Ecco l'immagine 'galeotta': http://i43.tinypic.com/1zekvw8.jpg :)
'To drive nuts' significa 'mandar fuori di testa/far impazzire'. Baci, al prossimo capitolo! Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Like Cigarettes ***


20.Like Cigarettes
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Like Cigarettes

Praga,

nel mese successivo...

Si chiese quante altre accidenti di volte era successo. Ritrovarsi a buttare fuori dalla propria stanza una bionda qualunque dopo averci fatto follie.
Il motivo?
Aveva avuto ciò che voleva, ora affari suoi.
"No, aspetta! Aspetta, se vuoi possiamo..." cercò di fargli cambiare idea... ehm, il suo nome era?
"No, non mi interessa." rispose spingendola verso la porta.
Il punto era: che cosa cercava lui?
"Senti se vuoi rivedermi ti lascio il mio numero e..." continuò lei illudendosi di aver lasciato un segno, in un qualche modo, nella sua frenetica vita.
Uno sfogo. Nient'altro.
"Ma vattene!" la chiuse fuori Shannon, che di certo non ne voleva sapere.
Lei insistette bussando diverse volte ma poi, avendo finalmente realizzato di essere stata usata e scaricata, se ne andò probabilmente tra le lacrime.
Shannon uscì sulla terrazza. Prese il pacchetto di sigarette e lo aprì.
Vuoto.
-Cazzo.-
Ne cercò un altro, e poi cominciò a fumare.
Un'immagine era fissa, stampata nella sua testa. Quegli occhi.
Quel viso.
-Dio, Evelyn. Certe volte ti odio...-
E soffiò via il fumo.
Storie da una notte?
Amanti? Tutte stronzate. Tutte grandissime stronzate quelle che aveva combinato in quei giorni; perché niente di niente sembrava mai dargli abbastanza.
Era lei che voleva.
A dirla tutta non sapeva definire precisamente che cosa volesse da lei, sapeva di volere lei e basta. Al 'cosa' ci avrebbe pensato una volta che l'avrebbe avuta. Si chiese quanto avrebbe mai dovuto aspettare perché quest'occasione gli si presentasse davanti agli occhi...
Ma occhio non vede, cuore non duole.
Ah, davvero? Davvero?? Ecco, questi luoghi comuni avevano un'innata capacità di farlo innervosire. Ogni volta che gliene passava uno per la testa gli veniva una strana voglia di spaccare tutto; di distruggere tutto ciò che lo circondava.
Ed era un'altra notte in bianco.
Ne aveva passate tante quanta era la voglia di averla lì, in quel momento.
E poi anche se si fosse messo a dormire che cos'avrebbe rimediato? Avrebbe sognato, mentre l'oscurità avrebbe accompagnato i suoi desideri mai avverati; infatti era il più dolce dei peccati sognare il suo corpo.
La sua pelle.
I suoi tatuaggi.
I suoi capelli...
Ma solo all'alba del giorno dopo avrebbe capito quanto in realtà poteva far male non averla, non vederla, non poterla toccare; non poterla nemmeno sfiorare. Come ogni volta.
-Una fissazione. Nient'altro.-
E dici poco.
Un'idea ostinata, una mania, un chiodo fisso, un desiderio ossessivo.
Che cosa non era lei per lui?
Ed era da quando erano partiti che continuava così. Non poteva avere lei? Lui che non poteva avere qualcosa? Lui? No, assolutamente no.
No, non esiste. Shannon Leto ottiene sempre tutto ciò che vuole.
Eppure lei...
La cercava, cercava quello che poteva dargli. Ma lo cercava in qualcun'altro. Doveva pur esserci qualcuna che riuscisse a sostituirla...

I'm taking back my love, I've given you too much.


Ma era una ricerca tanto vana quanto noiosa. Erano tutte fastidiosamente e miseramente uguali. E per lui accontentarsi era fuori questione. Più ci provava e più sentiva che qualcosa gli mancava.
Ed ora non aveva nemmeno il coraggio di guardare il suo nome sullo schermo dell'I-Phone.
Evelyn
Si fece una doccia fredda. Era ciò di cui aveva bisogno.
Un gelido calore.
Ma mentre l'acqua gli scrollava di dosso ogni pensiero uno continuava a rimanere indelebile. E per questo si sentiva inevitabilmente sporco.
Vergogna? Rimorso? Non lo sapeva, ma gli sembrava di avere i suoi occhi su di sé. Sempre. Si, in un qualche modo si pentiva sempre; come se tutto quanto fosse un grande torto che le stava facendo, quando tra loro non c'era niente.
Niente.
Ormai non riusciva più a contare quante ragazze fossero passate per la sua stanza d'hotel in quelle settimane. Troppe.
Ed erano come le sigarette. Una volta fumate che cosa restava? Cenere. Fumo. Niente.
Rimanevano aria sporca, malsana; ed un sentimento di vuoto, perché le sigarette non erano mai abbastanza.
Ne prese comunque un'altra.

 Ma, un momento, se era così allora perché accidenti stava fumando da ore?
"Dovresti smettere di fumare."
Quante volte gliel'aveva detto. E lui non ci aveva nemmeno provato.
Ma quella sarebbe stata l'ultima, perché aveva una valigia da riempire. Il mattino dopo sarebbero partiti per Vienna; e a breve sarebbero ritornati in America.
Ma non a Los Angeles. Non da lei.
Ma oltre alla valigia aveva un'altra cosa che si sentiva in dovere di fare.

Al prossimo capitolo! Baci, Flychick. 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Kiss My A**! ***


21.Kiss My A**!
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Kiss My A**!

Los Angeles,

in quegli stessi giorni...

Evelyn entrò per prima.
Era un bel locale, le luci soffuse e la musica di sottofondo gli davano un'aria tranquilla senza togliergli la vivacità delle tante persone che ridevano, bevevano e chiacchieravano in compagnia.
"Vieni Eve, voglio presentarti i ragazzi." disse Adam.
Si diressero verso il fondo della sala, dove tre uomini ed una ragazza sembravano aspettarli.
"Hey Adam!"
"Hey!"
Si salutarono dandosi pugni sulle nocche e pacche sulle spalle. Evelyn rimase indietro. L'ultima volta che aveva assistito ad una scena simile era stato al liceo, dopo una partita di basket. Ricordi di una ex-capitano delle cheerleaders che filava dietro al miglior giocatore della squadra. Uno stronzo come tutti gli altri.

When it comes to men it's known, that I end up choosing wrong.

Finalmente Adam decise di presentarla agli altri.
"Ragazzi, lei è Evelyn."
"Ciao Evelyn!"
Adam le mise un braccio attorno alla vita.
"Evelyn, loro sono Jake, Nicole, Sam e Michael."
Lei sorrise, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
"Molto piacere."
"Siediti dolcezza, Adam ci ha parlato spesso di te." l'invitò la ragazza.
Non sapeva giudicare se il che la preoccupasse, la infastidisse o la rendesse felice.
"Ah... Davvero?" e si voltò verso di lui.
Ma ciò che Adam aveva detto di lei a Nicole erano soltanto il nome e forse l'età. Infatti gli altri tre tacquero, sapendo praticamente ogni dettaglio.
Ordinarono da bere. Nicole tartassò Evelyn di domande sul suo lavoro, su dove avesse studiato, finché non intravide nello specchio dietro la sedia dov'era seduta che tra i capelli color ciliegia che le cadevano sulla schiena c'era una serie di armoniose linee nere.
"Hai un tatuaggio sulla schiena?" le chiese.
"Si."
Evelyn posò il bicchiere.
"A dire la verità ne ho più di uno."
"Sei un'appassionata di tatuaggi?"
"No," sorrise Evelyn, "non proprio. E' mia sorella. E' stata lei a farmeli. Lo fa per lavoro."
"Davvero? Me lo faresti vedere? Sembra molto bello..."
Evelyn raccolse i capelli con le mani e si voltò; anche se non le era mai piaciuto mettersi in mostra in quel modo, non con cinque paia di occhi ad osservarla.
"E' bellissimo." commentò Nicole, abbassandole ulteriormente il tessuto del vestito che indossava, facendone uscire una luna celtica crescente piuttosto grande sotto la nuca.
"Ha un significato particolare?"
Colpo basso.
Evelyn sentì un tuffo al cuore. Piuttosto curiosa la ragazza. Anzi, decisamente troppo.
"Ehm... Mi piaceva il disegno." si limitò a dire, voltandosi velocemente nascondendo di nuovo il tatuaggio sotto i capelli e ricominciando a mordicchiare la cannuccia del suo drink.
Non ne voleva parlare, non le piaceva. Aveva rivelato a poche persone il significato dei suoi tatuaggi.
Adam intervenne salvando la situazione e cominciando a parlare con gli altri tre. Evelyn non proferì parola per tutta la serata, cercando di non dare a vedere quanto la disturbasse avere il braccio di Adam attorno a sé o la sua mano che le carezzava a volte la schiena, altre il fianco, altre la spalla.
Osservò il suo viso. Era strano; era smisuratamente sicuro di sé, si atteggiava come se ne sapesse sempre una in più del diavolo e non appena uno dei suoi amici esordiva con un'ovvia allusione Evelyn sentiva la sua mano stringere sul suo fianco. No, non gli piaceva la sua compagnia.
Adam dal canto suo era estremamente a suo agio. Era stato più facile di quanto credesse. Niente e soprattutto nessuno a rompergli le uova nel paniere da qualche settimana, Evelyn sottobraccio ed il prospetto di averla ormai conquistata: beh, ormai poteva festeggiare il proprio trionfo, no?
Uscirono dal locale dopo qualche ora.
"Divertita?"
"Eh? Ah, si. Si, grazie." cercò di sorridergli.
"Sali in macchina. Ti riporto al castello, principessa."
"Cosa?" rise lei.
"Haha, prima o poi dovevi farmi vedere dove abiti dolcezza."
"Ok." rispose Evelyn, "Abito a Westwood."
"Westwood." ripeté Adam, mentre entrambi salivano in macchina.
"Due isolati prima dell'incrocio con il viale che porta a Bel Air."
I motori si accesero e l'auto si fermò quando furono davanti al cancello del palazzo al numero 303 di Wilshire Boulevard.
"Grazie." disse Evelyn.
Adam sorrise.
"Non mi fai salire immagino."
La ragazza esitò.
"No, no ho un gran mal di testa..." finse.
"Me l'avrai già detto un centinaio di volte, eppure un rimedio l'abbiamo sempre trovato." e la baciò.
Ma lei preferì prendere le distanze.
"Ehm, no. No, Natalia... Natalia sta dormendo."
"Certo, Natalia."
Evelyn gli diede un altro bacio ed aprì la porta dell'auto.
"Buonanotte."
"Ciao Evelyn, notte." ed ingranò la marcia.
La ragazza entrò nel palazzo e si rifugiò in ascensore. Si guardò nello specchio.
"Beh, dopotutto è andata bene." si disse.
Si, decisamente. Tutto nella norma, nonostante la serata alquanto noiosa. Ma comunque tutto stava andando per il meglio, no?
Si, assolutamente. Finalmente poteva dire di aver trovato qualcuno che, a modo suo, la rendesse un tantino felice e che soprattutto le facesse dimenticare anche solo per pochi istanti di vivere nella città più caotica d'America e di avere un casino totale al posto della vita. Ma finalmente poteva definirsi tranquilla. Sorrise tra sé e sé.
Ma le prese un colpo quando le porte dell'ascensore si aprirono e vide cosa c'era davanti alla porta del suo appartamento...


Cosa sarà? Mah :) Il tatuaggio di Evelyn è circa così: http://i44.tinypic.com/25kk088.jpg (l'immagine non l'ho disegnata io, l'ho trovata su google)
Baci, al prossimo capitolo! Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** N.Y. Dreaming ***


22.N.Y. Dreaming
Scusate il ritardo!
Buona lettura, Flychick

-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

N.Y. Dreaming

Los Angeles,

il mattino dopo...

Evelyn entrò a passo spedito, buttando la borsa dietro il bancone della cassa e togliendosi la lunga sciarpa nervosamente.
Alexa e Valerie si scambiarono un'eloquente sguardo.
-E questa volta cosa c'è che non va?-
"Dov'è Adam?" chiese Evelyn, lasciando trapelare tutto il suo nervosismo.
"Non è ancora arrivato." fece una delle due.
"Bene."
Bene??
"Ma... è tutto ok, Eve?" chiese l'altra.
 "No! No affatto!!"
Natalia sapeva già tutto.
"Io lo incenerisco! Prima o poi giuro che lo incenerisco."
"Ma, aspetta... chi?" fece Alexa.
Ormai la domanda era lecita; ma Evelyn proseguì, incapace di contenere per un altro istante l'agitazione.
"Cento e una accidenti! Vi rendete conto? Cento e un rose davanti alla porta di casa."
Le due sorrisero spalancando gli occhi. Natalia ridacchiò.
"Ragazze non è stato chi credete voi." interruppe, prendendosi il suo piccolo momento di gloria.
"Non credo che tu abbia capito a chi stiamo pensando allora." chiarì Valerie facendole un occhiolino.
"Io non so più cosa fare con lui. Perché? Perché mi deve assillare in questo modo? Ha la testa più dura di quanto mi potessi mai aspettare."
"Guarda il lato positivo, finalmente potremo riempire quegli odiosi vasi che abbiamo sul balcone con qualcosa! Sono sempre stati vuoti Evelyn!"
"Zitta Nat."
"Wow." esordì Alexa.
"Wow cosa??" chiese stranita Evelyn.
"Quel 'wow' voleva dire 'e tu ti sei anche preoccupata di contare quante erano?'." intervenne Valerie.
La rossa ruotò le iridi azzurre.
"E' pazzo. Completamente pazzo."
"Si, esatto; di te." concluse Valerie.
Sarah proprio in quel momento uscì dall'ufficio di Miranda.
"Evelyn, Miranda ha bisogno di parlare con te. Subito."
"Oh, Cristo! Avrò mai un attimo di pace??" disse tra sé e sé l'altra.
Sarah notò i volti sorridenti delle tre colleghe mentre Evelyn si allontanava. Lanciava brevi occhiate ad ognuna per captare chissà quale informazione dai loro occhi.
"Ehm, mi sono persa qualcosa?" chiese.
Evelyn si chiuse la porta alle spalle. Miranda si voltò verso di lei.
"Oh, Evelyn. Tesoro, fai la valigia. Vai a New York." e lanciò sulla scrivania una manciata di biglietti. Aerei e non.
"Cosa?"
"Si, muoviti. C'è la settimana della moda. Quest'anno ci andrai tu per me al posto di Sarah."
"Ma..."
"Oh, ti prego. Ho già ascoltato le mille scuse di Sarah e persino di Brandon. Mi hanno piantata in asso all'ultimo minuto!"
"No, no, io... io ci vado molto volentieri ma..."
Miranda abbassò le lenti degli occhiali, studiando l'espressione della ragazza.
"C'è forse qualcosa che ti trattiene cara?"
"No, no, io credo di no... in fondo è solo una settimana."
"Molto bene," tagliò corto la donna, "ora ho molte cose da fare Evelyn. Tu parti domattina."
"Domattina??"
"Si!"
"Oh, ok..."
e si diresse verso la porta, dopo aver raccolto tutto quel materiale cartaceo che Miranda le aveva lasciato.
Ma non appena Evelyn strinse la maniglia nella mano una strana idea le cominciò a ronzare in testa.
"Miranda?"
"Si?"
"Non è che..."
"No, no. Questa volta non c'è niente sotto." le parlò sopra, seccata.
Quando Evelyn uscì trovò le sue quattro colleghe già indaffarate con i clienti. Sarah si voltò verso di lei.
"Allora?" chiese.
"Allora Miranda mi manda dall'altra parte degli Stati Uniti. Me ne vado da qui, ragazze! Si, forse ho bisogno di staccare una settimana. Io, New York. Nient'altro." ed inspirò profondamente, "Già mi sento meglio. Caspita mi servirà. Mi servirà per pensare. Pensare a come evitare una crisi di nervi."
Natalia non poté non notare il sorrisetto soddisfatto di Sarah, che ascoltava l'amica giocherellando con una ciocca di capelli.
"Beh, ora sarà meglio che vada." e tentando di accennare un sorriso Evelyn si rivestì, "Quando arriva Adam ditegli che lo chiamo questa sera."
"Si certo, non preoccuparti!" le sorrise la bionda.
"Grazie. Ciao ragazze."
"Ciao! Buon viaggio!"
Quando Evelyn si era ormai incamminata Sarah ridacchiò.
"Che c'è?" le chiese Natalia.
"C'è che lei non sa nemmeno quello che l'aspetta laggiù ragazze."
"Che vuoi che sia?? Deve solo stare seduta a guardare una sfilata dopo l'altra." si intromise Valerie.
"Riformulo la frase: lei non sa nemmeno chi l'aspetta laggiù ragazze."
Natalia si arrabbiò. Lo sapeva. Ormai conosceva Sarah quanto le sue tasche.
"Sarah accidenti!! Sei incorreggibile!"
"Oh, vuoi piantarla Nat?? Quei due sono fatti l'uno per l'altra, e quando quella testa calda di Evelyn se ne renderà conto mi ringrazierà!"
"E' stato un'errore Sarah. Ti dico solo questo. Dopo quello che è successo ieri sera è stato solo un errore. Eve era già confusa abbastanza. E arrabbiata soprattutto."
"Senti Nat, se dovesse succedere qualcosa la colpa sarà mia e soltanto mia, sei felice ora?" la prese in giro.
Natalia scosse la testa.
"No. Hai appena fatto la stronzata più grande che avresti mai potuto fare Sarah." e se ne andò in magazzino piantando tutte e tre in asso.
"Oh, quanto la fa lunga." commentò la bionda, "E se questa volta Evelyn torna indietro o fa altre scemenze giuro che..."
"Ma Sarah, come facevi a sapere che Shannon è..." cominciò Alexa.
"Che è a New York? Semplice: Miranda non perde di vista Jared neanche per un istante. L'ho sentita parlare al telefono con lui ieri mattina. Figurati se dà mai un attimo di pace a quel poverino. E poi... parlava al plurale. 'Siete', 'fate', 'registrate'. Quindi questo significa che dove c'è Jared c'è anche Tomo, ma soprattutto c'è Shannon."

  Baci, al prossimo capitolo! Flychick :)

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Oh My God! ***


23.Oh My God!
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Oh My God!

New York,

due giorni dopo...

C'era un fastidioso brusio in quell'atrio oltre ad una folla massiccia. Ed il mal di testa continuava a tartassarla. Altroché settimana di relax, riflessione e tranquillità.
-Ok Evelyn, è stato impossibile scampare alla crisi di nervi. Ora vedi di entrare nella sala giusta ed evitare una figuraccia da manuale.-.
Si guardò intorno. Modelle di due metri d'altezza per trenta centimetri di bacino, flash e tanta gente vestita elegantemente. Entrò nel grande salone. Era buio, ma le luci alla base della passerella diffondevano un bagliore tanto flebile quanto sufficiente da permetterle di vedere dove mettere i piedi; e non inciampare su quegli odiosi tacchi vertiginosi. Fortuna che la sedia riservata a 'Miranda Richter' era sempre in prima fila; ma peccato che la legittima proprietaria non la riempisse mai di persona.
Evelyn non era mai stata ad una sfilata prima, ma da adolescente aveva sognato spesso di far parte di quel mondo. Certo, una modella di un metro e sessantacinque non si era mai vista. Infatti era stata respinta da ogni agenzia alla quale si era rivolta, forse anche a causa dei tatuaggi piuttosto grandi, ed aveva abbandonato quel sogno da moltissimo tempo anche per mille altre ragioni, dedicandosi ad altro. Forse lei stessa lo definiva 'aver messo la testa a posto'.
Quando la sfilata terminò Evelyn uscì a prendere una boccata d'aria. Controllò il programma. Altre due sfilate e poi finalmente avrebbe potuto ritornare in hotel, togliersi le scarpe e contemplare il silenzio della sua stanza. Lì era tutto assolutamente fantastico, ma altrettanto stressante.
Rientrò seguendo le indicazione per la sala dove si sarebbe tenuta la sfilata successiva e, svoltando in un corridoio decorato da un lungo tappeto blu e grandi specchi sulle pareti, proprio davanti a sé vide una calca di fotografi che puntavano tutti quanti su qualcuno di estremamente familiare.
Occhiali da sole sotto i quali c'era un'espressione piuttosto indifferente; passo sicuro e... blackberry alla mano. Un classico; ormai i due erano una cosa sola.
"Ma..." fece Evelyn sorridendo, "Non credo ai miei occhi!" e si avvicinò.
Lui la vide.
"Oddio, Jared! Ma cosa ci fai qui??"
"Evelyn!" e si tolse gli occhiali, dato che ormai i flash dei fotografi avevano smesso di accecarlo e si erano distratti a causa del passaggio della top model di turno dall'altra parte del corridoio.
"Caspita, che coincidenza! Sei qui anche tu per le sfilate!"
"Si. Ma a dire il vero siamo qui a New York per registrare. Ora che il tour è terminato vogliamo prenderci una pausa, si, ma lo sai come siamo. Non ci fermiamo mai."
Evelyn si fece improvvisamente seria.
"Siamo"
Eh si, aveva sentito bene. Prima persona plurale.
-'Siamo'? Oh, santi numi, 'siamo'??-
No, a quanto pareva Jared non era a New York perché il suo essere diva gli diceva di mettersi in bella mostra con un nuovo taglio di capelli e un nuovo paio di occhiali da sole; o perché la sua indole lo spronava a rimorchiare qualche modella più alta di lui, bionda e ed estremamente scarna. Quello era il suo canone.
"Oh ma che coincidenza..." ripeté Evelyn fingendo un sorriso.
Si ricordò delle parole di Miranda. Ogni anno, da quando lavorava per lei, era Sarah ad occuparsi delle sfilate e di altri vari eventi; e non aveva mai permesso a nessuno di prendere il suo posto.
-Lo sapevo. Lo sapevo accidenti. Lo sapevo che c'era Shannon di mezzo.-

The same old rock, and repeat, and go back. How blind a girl can be!

"Tu cosa ci fai qui invece?" le chiese lui.
"Io? Oh, io... Miranda quest'anno ha mandato me per le sfilate."
"Dovevo immaginarlo. Leggo sempre 'Miranda Richter' sull'etichetta del posto riservato a lei; ma alla fine manda sempre qualcun'altro."
Evelyn alzò le spalle.
"Che ci vuoi fare, paura di volare. Credo che nessuna come lei ami a tal punto la terraferma di Los Angeles."
"Già."
"O semplicemente ci paga per fare ciò che dice." sorrise Evelyn.
"Per quanto sembri fredda e dispotica ti assicuro che è una donna meravigliosa."
A chi lo andava a raccontare? Lei ci lavorava tutti i giorni con Miranda.
"Oh, vedo che sapete molte cose l'uno dell'altra." insinuò Evelyn con malizia.
"Eh," sospirò Jared mettendo le mani nelle tasche dei pantaloni, "ci conosciamo da molto tempo."
La ragazza ridacchiò.
"Beh, dirò a Shannon che sei qui allora! Gli farà piacere saperlo."
Lei sgranò gli occhi. L'ultima volta che sul suo viso c'era stata un'espressione del genere era stato qualche sera prima, davanti ad un orto botanico improvvisato davanti alla porta del suo appartamento.
-Oh no ti prego, non farlo.-
"Haha, ok. Ehm... ti saluto Jared. McQueen mi aspetta nella sala a fianco." cercò di scappare Evelyn, come se il fratello del suo interlocutore potesse sbucare da un momento all'altro e coglierla di sorpresa.
Com'era solito fare, del resto.
"Ci vediamo Evelyn, è stato bello rivederti dopo così tanto tempo!"
"Anche per me!" e si voltò incamminandosi verso la sua meta.
Ecco, ora le crisi di nervi stavano per diventare ben due.
-Questa me la paghi Sarah. Lo sapevo. Lo sapevo! Ci mancava anche questa.-
Prima di entrare prese un bel respiro.
-Ok, cerca Eve, cerca. Miranda Richter...- si disse dandosi da fare per trovare la sua poltroncina.

Setimana della moda/fine del tour... i tempi 'reali' non coincidono, ma qui su EFP tutto, o quasi, è concesso; no? ^.^ Baci, al prossimo capitolo! Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Sorry 'Bout It ***


24.Sorry 'Bout It
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Sorry 'Bout It

New York,

la sera del giorno seguente...

-New York è la quarta città più grande al mondo per estensione ed è la più popolosa di tutta l'Unione. E' situata su una superficie di 1.214 km2 e si divide nei cinque quartieri principali di Manhattan, Bronx, Queens, Brooklyn e Staten Island.-
Evelyn era sicura che leggere quel depliant che elogiava la Grande Mela per la sua vastità e per la moltitudine dei suoi abitanti l'avrebbe tranquillizzata.
Il taxi accostò e si fermò davanti al suo hotel.
Si, non sarebbe mai riuscito a trovarla.
Scese.
O forse era già lassù nella sua stanza che l'aspettava; le capacità non gli mancavano. No. No, impossibile. Decisamente impossibile.
Attraversò il largo marciapiede e quando ormai le mancavano pochi passi alla porta girevole qualcuno uscì da un'auto a pochi passi da lei. Perché temeva di sapere già chi fosse? Tirò dritto senza farci caso.
"Evelyn."
Una caviglia sembrò cedere. Ma si, colpa dei tacchi.
-E' la mia immaginazione.-
"Hey, bimba!"
Bimba. Bimba? Bimba?!
No, non lo era. Chi altri poteva chiamarla in quel modo se non lui?? Si voltò ed eccolo lì, col suo sorrisetto sghembo sulle labbra, lo sguardo penetrante, quell'incomprensibile gioia nel vederla che aveva sempre e chissà quali aspettative. Ma comunque, tutto nella norma.
"Jared mi ha detto che eri a New York. Che sorpresa, Eve."
"Ma tu come...?! Cosa...?!"
Ecco, il nervosismo la faceva persino balbettare.
"Cosa fai qui??"
Che domanda scema.
"Come sapevi che sarei stata...?!"
Ma qualcosa di ben più rilevante le venne in mente.
"Accidenti a te Shannon! Le rose?! Era proprio necessario?!"
Ecco, sempre arrabbiata, mai felice. A lei le rose piacevano tanto, il colore era lo stesso dei suoi capelli e lui voleva farle un regalo stupefacente, forse dovuto ai suoi stessi sensi di colpa dopo le continue scappatelle di nessun conto durante il tour. Ed invece?

Should I give up or should I just keep chasing pavements, even if it leads nowhere?

Non le faceva piacere proprio nulla di ciò che faceva per lei?
"Ma..."
"No, Shannon. Nessun 'ma'. Stai esagerando, non credi?"
"Uhm..." finse di pensare, mordendosi il labbro.
"Per una volta potresti rimanere serio, per favore?"
"Sei tu che non mi prendi mai sul serio, Eve."
"Potrei dire la stessa cosa di te."
"No. Credo di no."
"Smettila di contraddirmi sempre. Stai solo peggiorando le cose."
"Ha! Peggio di così come potrebbe mai andare?" chiese sarcastico, aprendo le braccia.
Lei le incrociò, preferendo tenere per sé ciò che avrebbe voluto rispondergli.
"Beh, guardiamo il lato positivo."
Cominciò ad avanzare verso di lei.
"Da qui si può solo migliorare."
"Non ho voglia di scherzare Shannon."
"Nemmeno io."
Le distanze ormai azzerate. Evelyn chiuse gli occhi inspirando profondamente.
"Shannon ti dico solo che sto perdendo la pazienza, e quando l'avrò persa non ci saranno rose, non ci saranno viaggi dall'altra parte del mondo, non ci sarà nessuna delle tue stramaledette bravate, non ci sarà assolutamente niente che ti potrà mai..."
Accidenti, quanto la faceva lunga. Sempre sulla difensiva, sempre infuriata, addirittura ora diventava minacciosa. Ma possibile che non avesse nessun punto debole? Sempre in riga, sempre schermata da ognuno dei suoi stimoli. Eppure gli sembrava di dargliene abbastanza.
Ciò che Shannon in realtà non si era mai chiesto era se erano quelli giusti.
"Ok, ok, va bene." l'interruppe, "Va bene. Ho capito."
Capiva sempre, eppure sembrava non capire mai.
Silenzio fra i due. Evelyn dall'alto della sua imperturbabilità cominciò a vedere un minimo di frustrazione nei suoi occhi. La solita delusione, quell'abituale reazione ad ogni suo rifiuto, era riuscito a nascondergliela spesso. Ma quell'espressione seria, pensierosa, non gliel'aveva mai vista sul viso.
"Bastava dire semplicemente 'grazie' e magari un 'ciao' per salutarci prima di tutto." le rinfacciò, deluso.
Evelyn si fece improvvisamente seria.
"Ma questo forse è troppo per te."
Lei rimase a bocca aperta. Non appena l'aveva visto gli si era scagliata contro. L'intenzione iniziale era stata addirittura quella di ignorarlo. 'Ciao', 'grazie'. Parole che in quell'istante sembrava aver dimenticato. Realizzò quanto fosse stata maleducata in effetti. Ed ora era lì, passata dalla ragione al torto, vergognandosi di sé stessa davanti alla nuda verità, in quel silenzio imbarazzante.
"Beh, buonanotte Eve." e indietreggiando prese la chiave della macchina dalla tasca.
Lei continuava ad osservarlo mentre si allontanava, lasciandola al proprio destino, sicuro che nulla sarebbe cambiato. Le quattro frecce lampeggiarono mentre si avvicinava all'auto.
Evelyn alzò gli occhi al cielo sospirando.
Sentì un forte nodo stringerle al cuore. Cercò di ignorarlo, ma sembrava piuttosto insistente. Shannon aveva sempre subito, in silenzio, accettando i suoi coloriti rifiuti; ma doveva aspettarsi che prima o poi sarebbe andata incontro a qualcosa del genere; una sorta di biasimo.
Tutte le sue attenzioni le davano un certo fastidio, era vero, e mai l'aveva ringraziato per nulla. Mai. Forse l'unico 'grazie' che gli aveva rivolto era stato cinque anni prima, al loro secondo incontro, quando si era offerto di tenerle aperta la porta del magazzino in negozio, dato che aveva entrambe le mani occupate. Caspita, aveva forse dimenticato come si trattano gli amici? Si, amici. Con una decina di postille, ma amici in fondo.
Ragione ed istinto combattevano nella sua testa mentre continuava ad osservarlo. Sempre più lontano.
-Perché accidenti?- sbatté i piedi.
Non aveva già abbastanza sensi di colpa? Ora questi la inseguivano persino dall'altra parte degli Stati Uniti e per giunta, anche Shannon si intrometteva, venendo a crearne degli altri??
Con tutte le volte che l'aveva allontanato, perché mai questa sarebbe dovuta essere diversa?? Era qualcosa che continuava a chiedersi, sapendo a priori la risposta.
"Bastava dire semplicemente 'grazie' e magari un 'ciao' per salutarci prima di tutto."
Ecco, la risposta. Ed ora che lui gli faceva rimangiare la sua stessa lingua lunga e biforcuta e che di conseguenza sembrava lasciarla in pace di sua spontanea, anche se sicuramente momentanea, volontà non riusciva a lasciarselo alle spalle. O meglio, non era così carogna da poterlo fare.

The only anesthetic that makes me feel anything, kills inside.

-Sei troppo buona Evelyn, e questo è un difetto.- si disse sapendo ormai quale sarebbe stata la sua prossima mossa, -No, non lo è. Semplicemente non lo sai affatto usare come pregio. Invece di pensare sciocchezze, vedi di fare qualcosa.-
"Shannon."
Lui si fermò.
"Aspetta." disse Evelyn, muovendo qualche passo verso di lui, "Io..."
Ora le mancavano persino le parole? No, forse sapeva quali sarebbero potute essere le più efficaci: le più semplici. Farfugliò qualcosa, prima di far uscire quelle giuste.
"Mi dispiace."
E non lo disse per dargli il contentito.
Shannon la contemplò. Era una di quelle rare volte in cui gli diceva qualcosa che non fosse intriso di veleno. Lei, che credeva di averci preso ormai l'abitudine ai suoi occhi ostinatamente su di sé, abbassò lo sguardo insicura.
"Mi dispiace. Hai ragione, sono stata una gran maleducata."
Lui non rispose. Che cosa mai avrebbe potuto dire? Mai si era scusata con lui. Per niente. Era sempre lui quello che sbagliava.
"Ed isterica." aggiunse con un cenno della testa, probabilmente con un minimo di ironia.
Lui nemmeno questa volta disse nulla; aspettò che fosse di nuovo lei a parlare.
Evelyn esitò; aveva soltanto poche parole in testa. Parole che formavano una frase, quella che avrebbe potuto salvare o mandare in rovina la situazione, a seconda dei punti di vista. Ma lei stessa non ebbe l'accortezza di pensarci. La disse.
"Ti va di salire?"
Alzò lo sguardo verso di lui cercando di dimenticarsi dell'improvviso ed inspiegabile imbarazzo che l'aveva colta mentre glielo chiedeva, attendendo la sua reazione.
Punto e a capo. Si sorprese del fatto di non essere stata prontamente bombardata dai suoi sensi di colpa dopo averli sfidati scagliando una tale pietra.
Shannon ci rimase di stucco. In un remoto angolo della sua mente estremamente complicata aveva inconsciamente sperato che questo piccolo miracolo accadesse. Era un invito colmo di dolcezza, di sincerità. Ed anche il sorriso che lui le rivolse in risposta era assolutamente privo della sua usuale malizia. Mmm... o forse no?
Le quattro frecce lampeggiarono di nuovo. Rimise le chiavi in tasca e la seguì.

 Evelyn + Shannon + apparente situazione tranquilla =.... al prossimo capitolo :) Baci, Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Secret Tattoo ***


25.Secret Tattoo
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Secret Tattoo

New York,

pochi minuti dopo...

-Che. Cavolo. Stai. Facendo?!-
Chiamasi impulsività. La causa di quell'odioso meccanismo, quella vocina che comincia a torturarti e a farti pentire di ciò che hai appena fatto. Eppure avresti tutto il tempo di cambiare le cose; ma non lo fai. O meglio, perdi tempo nell'indecisione. O nella sicurezza che nulla cambierai. O forse è semplicemente difficile, dopo aver agito impulsivamente, farlo immediatamente un'altra volta. O semplicemente da idioti.
-Oh santi numi.-
La porta numero 404 davanti a loro.
"Scusa il disordine." disse Evelyn per rompere il silenzio, mentre cercava la tessera per aprire nella borsa.
"Haha, lo so che odii il disordine eppure sei la persona più disordinata che conosca." insinuò Shannon, appoggiando una spalla al muro.
"Il mio, Shannon, è un disordine organizzato."

Una luce verde brillò sulla placca metallica sopra la maniglia.
Entrò prima lei. Lui la seguì.
Evelyn lasciò la borsa e la giacca sulla poltrona vicino alla finestra, si tolse finalmente le scarpe e si legò i capelli. Shannon si stravaccò sul letto con tutta la sua innata ed esemplare eleganza. La guardò. Gli dava le spalle, intenta a riordinare chissà quali cose. Lo faceva apposta? Mm.. forse.
Dal colletto della sua maglietta usciva la parte superiore del suo tatuaggio.
"Sai c'è una cosa che mi chiedo da un pò." avanzò Shannon.
"Ah! Una soltanto?"
Se era una sul serio, doveva essere sempre la stessa.
"E' un caso che io e te," cominciò lui non badando alla sua allusione, "nella stesso punto abbiamo tatuato io la terra e tu la luna?"
Le boccette di profumo che Evelyn stava sistemando sulla cassettiera le scivolarono di mano. Fortunatamente lo spesso e morbido tappeto evitò un disastro.
"Si, assolutamente!" scandì voltandosi finalmente verso di lui, raccogliendo gli oggetti.
"Hey, non ti scaldare Eve."
Si burlava persino di lei ora?!
"Questo tatuaggio, Shannon, l'ho fatto a 19 anni. Ben tre anni prima di conoscere te! E' solo un caso. Un caso e nient'altro!" e si voltò di nuovo, ricominciando a riordinare compulsivamente le sue cose.
"Un caso eh..." rifletté lui, "Io lo definirei destino."
Evelyn ridacchiò scuotendo la testa.
"Sei unico nel tuo genere, Shannon Leto. Hai molta inventiva. Sei proprio un artista nato."
"E c'è un'altra cosa che vorrei sapere."
Lei sospirò, voltandosi ed incrociando le braccia.
"Sentiamo."
"Quella frase in giapponese che hai sul fianco..."
"E' cinese." precisò Evelyn.
"Non ti ho mai chiesto cosa significa."
Lei guardò il pavimento.
"E' un antico proverbio cinese."
"E sarebbe?"
Era mai possibile evitare situazioni imbarazzanti in presenza di quell'uomo?
"L'occhio dell'amante scorge una dea nella sua diletta."
Silenzio. Evelyn si sentì in imbarazzo. Shannon sembrò ripensare a ciò che aveva appena sentito.
"Una dea..."
"Gia."
"No, non sono d'accordo."
"Oh, lo so bene." fece Evelyn, credendo che ciò stesse a significare che per lui ognuna aveva lo stesso valore pari allo zero assoluto.
"Una dea si prega, una dea si venera."
E lui con lei aveva fatto entrambe le cose. Troppe, troppe volte.
"Ma questo non basta." e la mangiò letteralmente con gli occhi.
Ah, giusto. Non era stata così arguta da considerare l'opzione 'contrattacco'. Aveva momentaneamente scordato che qualunque cosa dicesse, lui la utilizzava contro di lei, a proprio favore. Guardò da un'altra parte.
"Sono parole al vento Shannon, dato che tu non sei il mio amante." concluse sottolinenando la negazione.
"Sei tu che non vuoi che io lo diventi."
"Esatto."
Fregato. Cercò le parole per replicare, ma da una risposta simile, secca e concisa, niente gli veniva in mente. Non sentendo la sua voce Evelyn lo osservò stupita.
"Oh! Non posso crederci. Sono riuscita a zittirti!" ironizzò, "Per una volta ci sono riuscita."
"Non cantare vittoria."
"Hey, un attimo. Non ero io quella con cui non si poteva mai cantare vittoria?" ribatté lei riponendo la sua giacca nell'armadio.
Antipatica.
Shannon sospirò guardando un punto a caso. E proprio in quel punto riconobbe qualcosa.
La valigia di Evelyn. Aperta.
"Hey." disse allungando un braccio ed afferrando qualcosa.
Lei gli lanciò un'occhiata breve e distratta.
Cosa vide? Niente di che. Soltanto Shannon con in mano il suo reggiseno preferito. Che sarà mai.
Le prese un colpo.
"Co-cosa fai con quello in mano??" e correndo verso di lui glielo strappò, stringendolo al petto come il più prezioso dei tesori.
"Guarda caso te l'ho regalato io."
"No, non è vero."
"Lo ricordo come se fosse ieri."
"Ti dico di no." ripeté Evelyn.
"Oh, si."
Ma ora anche lei voleva tirare la corda. Innanzi tutto aveva due o tre cose da mettere in chiaro. Cercò di introdurre la prima per importanza.
"No. E' stato Adam." osò spavalda, credendolo un buon inizio.
"Non cercare di confondermi Evelyn." rise lui non facendo nemmeno caso al nome.
Era sicuro che l'avesse inventato sul momento per cercare di farlo innervosire, ingelosire o qualcosa di simile. Beh, non c'era riuscita. Non le credeva, punto. Aveva canzonato troppo quel nome per poter essere verità.

It only makes me want you more, more, more...

"Quello l'ho comprato io da Victoria's Secret a Toronto per il tuo 25esimo compleanno."
Caspita, non gli sfuggiva nulla; nemmeno un dettaglio. Ma la cosa che più sorprese Evelyn fu la sua completa noncuranza all'udire quel nome. Non gli era sorto neanche un sospetto? Nessuna domanda? Troppo sicuro di sé? Assolutamente certo di avere la strada spianata verso il suo cuore, il suo letto o qualunque altra cosa volesse da lei?
Irritante. Decisamente irritante.
"Non ti conviene rigirare la frittata con me Eve. Perché io so tutto di te."
Sbruffone. Illuso.
"Ah si? E sentiamo che cosa 'sai' di me?" lo imitò.
"So che sei nata a Fresno, quasi 27 anni fa. Sei ambidestra. Non hai mai toccato una sigaretta in vita tua. Ti piace collezionare biancheria intima sexy, magliette dei Rolling Stones e gioielli ed altra roba vecchia. Odii l'arancione, ti fa venire il mal di testa. Hai sei tatuaggi, fatti tutti da tua sorella. Ti piace il cibo cinese e non ti piace quello giapponese. Hai paura dei ragni e dei coltelli. Le tue canzoni preferite sono 'Wild Horses', 'Purple Rain' e 'Jack & Diane'. Adori Dita Von Teese, Colazione da Tiffany, me e, beh, i Rolling Stones. Sai il francese, facevi la cheerleared al liceo e sei laureata in psicologia. So tutto di te Evelyn Jones." si pavoneggiò Shannon.
La ragazza si schiarì la gola.
"A parte il fatto che c'è un intruso piuttosto evidente nell'elenco delle cose che mi piacciono, e che i 'gioielli ed altra roba vecchia' si chiamano vintage, a dire la verità i tatuaggi sono sette."
"Sette?"
Shannon li ripassò uno ad uno con la mente.
"E dov'è il settimo?!"
"E' proprio questo il punto." e facendogli un occhiolino chiuse l'argomento; o almeno ne ebbe l'illusione...

Altro tatuaggio di Evelyn, ispirato a questo in sanscrito di Rihanna. http://i42.tinypic.com/nlxvzt.jpg. Chi l'avrà vinta? ;)
Al prossimo capitolo! Augurissimi di buone feste!! :D Baci, Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** I Got Trouble ***


26.I Got Trouble
Spero abbiate passato un buon Natale :) Vi faccio tanti auguri di buon anno!
Buona lettura!
Baci, Flychick.

-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

I Got Trouble

New York,

poco dopo...

Evelyn rise. Ripercorrere certi momenti imbarazzanti con Shannon era piuttosto divertente.
"E ti ricordi la faccia di Jared?!"
"Hahaha, si. Si, mi ricordo."
"Era allucinato."
"Già. Quanto tempo è passato."
L'uno di fianco all'altra. Lei seduta, con le gambe incrociate. Lui disteso, sempre a suo agio in qualsiasi situazione.
Shannon contemplò il suo viso.
"Ti ricordi quando ci siamo incontrati, cinque anni fa?"
"Come dimenticare." sospirò lei, "Come dimenticare l'inizio di tutti i miei problemi. Sai a volte mi chiedo come sarebbe stata la mia vita senza di te." disse ironica.
La guardò sorridere. Di nuovo.
"Da quanto non ti vedevo sorridere Eve."
"Sei un bugiardo."
"Da quanto non ti vedevo sorridere così." precisò.
"Così come?"
Non c'erano parole. Solo un caos di pensieri più e meno virtuosi nella sua testa. Ma dietro a tutti quanti c'era qualcosa di inspiegabile, di misterioso forse. Qualcosa che soltanto lei era in grado di innescare. Ed ogni volta era sempre più difficile resistere.
Si ricordò la vera ragione per cui era lì dentro, in quella stanza con lei.
"Mi dispiace se non te l'aspettavi." cominciò.
Lei capì al volo di cosa stesse parlando.
"No. No è che..." e scosse la testa, cercando una giustificazione, "Ehm..."
Lui sorrise. Chi aveva zittito chi, ora?
Evelyn esitò abbassando lo sguardo. Non sapeva proprio cosa dire. O meglio: lo sapeva, e sapeva perfettamente che lo stava per dire; ma continuava a cercare invano un'alternativa.
"Grazie."
Troppo tardi. Gli lanciò una fulminea occhiata, non riuscendo e non volendo affrontare il suo sguardo.
Shannon continuava ad osservarla, mentre faceva di tutto pur di non guardarlo negli occhi. Ma nonostante questo era soddisfatto dalle sue parole. Anzi, dalla sua unica parola.
"E' stato un piacere."
Lei alzò finalmente lo sguardo. Voleva capire se anche lui fosse sincero.
Lo era sempre. Ma Evelyn era convinta che fosse solo una delle sue strategie di 'abbordaggio'. Qualcosa che su tante altre avrebbe avuto una sorta di effetto calamita. Ma menomale che lei aveva i piedi per terra, e che tutte le cariche che cercavano di polarizzarla verso di lui sembravano dissolversi al suolo, senza alcun effetto evidente su di lei.
Ma ormai era tutto passato, no?
Evelyn stese le labbra in un sorriso e scoppiò di nuovo a ridere, dato l'imbarazzante silenzio.
"Sai, Natalia ha riempito l'appartamento con tutte quante le rose. Ne ha messe sul balcone, nei vasi nel soggiorno, all'entrata, ad ogni finestra, persino in cucina! Sono bellissime, e nell'aria c'è sempre un profumo stupendo. Alla luce del sole hanno un colore meraviglioso."
E sorrise di nuovo.
Quanto adorava ascoltarla. Quanto adorava ascoltarla quando era sincera.
Si fece seria.
"Da quanto tempo non parlavamo, io e te, Shannon."
Cos'era? La serata della nostalgia? Dei rimorsi? Dei vecchi ricordi?
Lui annuì.
"Già."
Silenzio. Ancora.
"E a questo proposito ho un'altra domanda da farti."
Lei l'osservò incuriosita.
"Sii sincera."
"Lo sono sempre." ribatté.
Quei due avevano troppe cose ancora nascoste in comune, non è vero?
"Che cosa non ti piace di me?"
Evelyn sgranò gli occhi.
"Oh, possibile che non si riesca a fare un discorso serio con te, Shannon?!" e si alzò, dandogli le spalle e muovendosi a destra e a sinistra per tutta la stanza, spostando oggetti, aprendo e chiudendo la valigia inutilmente, ripiegando vestiti già piegati, non riuscendo a darsi pace.
Lo faceva sempre, ormai la conosceva fin troppo bene. Lo faceva quando si toccavano... 'tasti dolenti'?
"Sul serio Eve. Se tu facessi la stessa domanda a me sapresti già la risposta."
"Ti prego..." fece lei.
"Andiamo, Eve! Non parliamo da molto. L'hai detto tu."
Lei sospirò in risposta.
"Allora?"
Evelyn scosse la testa, continuando a dargli le spalle.
"Niente?"
"Mmm, no, credo di no..." disse lei a bassa voce, "Ma questo non vuol dire assolutamente nulla!" lo avvertì puntandogli col dito.
Shannon non capiva. Com'era mai possibile allora?
"E che cosa ti piace di me invece?" chiese di nuovo, forse perché quando Eve era in imbarazzo in un qualche modo gli piaceva ancora di più.
"Shannon piantala."
"Stai arrossendo."
"No."
"Si."
"No!"
"Si, Eve."
"Come fai a saperlo?"
"Perché ti vedo nello specchio proprio davanti a te."
Accidenti. Non osò alzare lo sguardo sul suo traditore.
"Ho solo un pò caldo."
"Stai bleffando."
"No."
"Oh si."
"Ti ho detto di no."
Shannon si alzò.
"Voltati."
"E va bene! Si, è imbarazzante questo tuo quiz!" disse, rivelando due guance in tinta con la sua capigliatura e sperando di mettere un punto alla questione.
Ma con Shannon era un'ardua impresa. O una falsa speranza. Infatti non appena Evelyn si voltò se lo trovò proprio di fronte.
"Hh!"
Allarme rosso. Trattenne il fiato cercando di appiattirsi contro il mobile dietro di sé, evitando un contatto. Ma il che era abbastanza difficile con le sue mani sui fianchi.

My body, your body. Baby do the math...

"Ho un'altra domanda per te." le sussurrò.
Lei non esitò a scansarlo, fuggendo dalla sua trappola e dirigendosi verso la porta della stanza.
"La so già. La mia risposta definitiva è no e confermo. Ho vinto qualche premio?" disse con il suo solito umorismo spinoso.
"Risposta sbagliata. Il concorrente ritorna a casa a mani vuote." controbatté lui, camminando verso di lei.
"Stai forse parlando di te?" incrociò le braccia Evelyn.
"Mmm... no. Affatto."
Si avvicinava sempre più determinato. Evelyn cercò di pensare alla prossima mossa.
"Shannon che...?"
-Un altro passo ed è la fine.- pensò, drastica come sempre, -Improvvisa!-
"Oh, è tardissimo!" recitò, afferrando la maniglia della porta e spalancandola, "Devo fare la valigia."
"Ma non parti fra tre giorni?"
Lei guardò da un'altra parte.
"Ehm... come fai a saperlo?"
"Io so tutto di te, bimba."
No, semplicemente era giovedì. E lei era lì per la 'settimana' della moda. Almeno Shannon sapeva contare.
"Comunque ora è tardi, devo fare la valigia." ripeté spingendolo, "Sono molto lenta in queste cose."
"Avrei da obiettare. Io stesso potrei dire che sei anche fin troppo svelta." azzardò quando ormai era già nel corridoio.
Evelyn gli sorrise sbrigativa.
"Shannon ti saluto. Buonanotte." e chiuse la porta.
Lui scosse la testa, quasi divertito dall'assurdità di quella situazione. Accidenti ormai vantava un'invidiabile collezione di due di picche. Tutti quanti solo ed esclusivamente suoi. Non era poi il grande stratega che credeva di essere, in fin dei conti. Non quando si trattava di lei.
Evelyn, non appena la maniglia scattò, tirò un respiro di sollievo lasciandosi scivolare a terra. Si passò le mani sul viso.
"Mai più Evelyn." si disse, "Non deve succedere mai più."
Il cellulare squillò.
-No.- sperò rialzandosi.
A quanto pareva era in corso una silenziosa battaglia. Una gara a chi riusciva ad intromettersi nella situazione più inopportuna.
Adam. Che tentava inconsciamente di rubare il primato a Shannon.
"Pronto?" disse, cercando di nascondere il nervosismo.
"Eve."
"Ciao." sorrise sedendosi sul letto.
"Come te la passi?"
"Ehm... sono un pò stanca, ma benissimo. Torno presto."
"Lo spero."
Evelyn non voleva parlare.
"Ehm... ora... ora vado a dormire. Scusami tanto ma non ho letteralmente avuto un attimo di pace oggi." e si lasciò cadere fra i cuscini.
"Ok. Ti richiamo domani."
"Va bene."
"Ciao piccola. Ti amo."
Lei rimase a bocca aperta.
"Ehm..."
Adam ghignò.
"Ehm, anche... anche io."
"Ciao piccola."
"Ciao. Ciao Adam."

Is this the love that I've been searching for?

Il giorno dopo, prima di uscire, Evelyn dovette passare diverse pennellate di cipria sotto gli occhi per coprire due lunghe occhiaie. Attaccata da, non uno, ma ben due fronti diversi non era riuscita a chiudere occhio.
Baci, al prossimo capitolo! :) Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Nowhere Story ***


27.Nowhere Story
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Nowhere Story

Los Angeles,

la settimana successiva...

Ritornare alla normalità non era stato poi così traumatico.
Aveva fatto il possibile per arrivare in negozio per ultima, in modo che ci si mettesse tutti quanti subito al lavoro evitando una cascata di domande, ormai inutili battibecchi ed altre situazioni imbarazzanti. Miranda aveva già sistemato Adam e Brandon almeno fino alla pausa pranzo; mentre Alexa, Valerie e Sarah assistevano un gruppetto di ragazze. Lui non l'aveva nemmeno incrociato. Le altre, nemmeno guardate in faccia.
Evelyn passò un'ora buona nell'ufficio del capo, consegnandole tutto ciò che aveva ammucchiato alle sfilate a New York e facendole il resoconto della parte 'professionale' del tempo passato nella Grande Mela.
Non appena Evelyn uscì da quella porta si trovò faccia a faccia con Natalia. All inizio cercò di ignorarla, riordinando i vestiti che le clienti avevano provato e scartato. Ma la sua coinquilina era un osso duro.
"Che c'è Nat?" chiese Evelyn infine, stanca di avere i suoi occhi puntati addosso.
"Tu vuoi parlare."
"Cosa te lo fa pensare?" ribatté continuando a piegare magliette.
"Mmm... Oddio, non saprei." recitò Natalia, "Forse il fatto che ti sto attaccata al culo da sei anni?"
Ottima ragione.
"E soprattutto non sono dietro a questa storia."
Evelyn sospirò. Natalia aveva una mira impeccabile, dritta al cuore della questione. Sempre. E lei era un bersaglio troppo facile.
"Nat credevo di essermi lasciata alle spalle certe cose."
"Certe cose?"
"Si."
"E sarebbero?"
Evelyn si pentì di aver toccato l'argomento. O di averlo introdotto così bruscamente.
"Lascia perdere." e si allontanò sperando di chiudere.
"No, no, no, frena chica. Tu ora parli."
"Nat sul serio non..."
"Preferisci forse essere divorata dai tuoi usuali sensi di colpa? Quelli che ti fanno svegliare alle tre del mattino per venire a rompere le palle a me che sto dormendo?" sorrise
Natalia, "Non credi sia meglio per entrambe se ne parliamo ora?"
Ma i suoi 'usuali sensi di colpa' li avrebbe avuti ad ogni modo, per aver tenuto tutto dentro o per averne parlato con qualcuno, quindi che differenza faceva?
"Cosa intendi per 'certe cose'?" riprese Natalia.
Evelyn scosse la testa, continuando a sistemare gli scaffali.
"Io..." cominciò cercando le parole, "Io non... Oh, accidenti. Io non lo so, Nat. Credevo di avere le idee chiare."
E di nuovo cominciò a correre avanti e indietro per il negozio, raddrizzando gli appendiabiti, impilando i maglioni.
"Aspetta, aspetta," la seguì l'amica, "che cosa vuoi dire?"
Lo sapeva benissimo, le stava dando troppi indizi, ma voleva comunque sentire la verità uscire dalle sue stesse labbra.
"Eve vuoi fermarti un attimo?!"
"Credevo che sarei stata felice e basta, senza... senza nessun problema. Senza... senza complicazioni."
"Complicazioni." ripeté Natalia incrociando le braccia.
"Esatto, complicazioni."
'Complicazioni' che forse avevano un nome maschile?
"E invece?" continuò l'altra.
"E invece niente. Cioè... E' tutto così complicato. Io tengo molto ad Adam credimi. Mi fa stare bene. Finalmente. Ma..."
Indiscutibilmente: nome proprio maschile. Sette lettere.
"Ma??" la spronò Natalia.
"Ma... niente."
"Sempre 'niente' Eve. Eppure scommetto che è tutto il contrario."
"Non lo so neppure io Nat, lascia stare. Non so proprio perché ho tirato fuori questo discorso."
"Sei sicura?"
Domanda alquanto retorica.
"Si, sicura."
"Mmm..."
Silenzio. Evelyn sentendosi osservata alzò lo sguardo sull'amica. Natalia infatti la stava fissando, a braccia incrociate e con uno sguardo chiaramente disapprovante sul volto. Aveva capito il suo gioco. E soprattutto aveva capito la questione. Un irrisolto e probabilmente in parte inconscio dilemma sentimentale?
"Oh Nat! Non guardarmi così. Lo so che sai che sto bleffando, accidenti." e si allontanò.
L'altra la seguì.
"E allora parla Eve!"
La rossa si guardò attorno. Nessuno ad ascoltarle.
"Nat credevo di aver superato la fase 'piccoli problemi di cuore'. Anzi, credevo che non sarei mai andata incontro ad una fase del genere dopo i 15 anni."
"E si può sapere che cos'ha scatenato questa 'fase'?"
La domanda era semplice, eppure la risposta non lo era affatto. O forse lo era, ma era difficile decidere se sputare il rospo o meno. Evelyn lasciò ciò che stava facendo e si avvicinò a Natalia.
"E' successo a New York." sussurrò.
"Lo sospettavo."
"Abbiamo discusso, mi ha rinfacciato alcune cose..."
"Ne avrebbe diverse da rinfacciarti Eve."
L'altra non badò al commento.
"E poi siamo saliti nella mia stanza e... e abbiamo parlato. Parlato come non facevamo da tempo. Ma il modo in cui mi guardava, come mi parlava... Sfacciato come sempre, ma... Insomma... Lui..."
Natalia stava attendendo con impazienza il parolone.
"Io non so spiegare..."
Come al solito. Natalia non riuscì a trattenere una risatina immaginando la situazione.
"Oh, smettila ti prego! Almeno tu." ed Evelyn ritornò al lavoro.
"Hahaha, scusami. Credevo che non ti avrei mai sentito balbettare a causa sua." e secondo Natalia quello era un buon segno.
"Balbettare?! No-non sto balbettando! Che dici?! E comunque, per tua informazione, non è questo il punto."
"Si, si, lo so già qual'è. E so già come dev'essere andata a finire. Voi parlate, lui dice qualcosa di troppo e tu lo butti fuori."
"Sbagliato. Non ha detto niente di niente questa volta. E' passato al piano 'b'. E' passato dal parlare all'avvicinarsi troppo."
"Wow..." 
"Io, come hai detto tu, l'ho 'buttato fuori' ma..."
"Ma?!"
"Ma..."
"Andiamo Evelyn, o comincerò a credere che hai ancora 15 anni sul serio! Parla!"
"Ma non riesco a togliermi dalla testa quel momento. Ecco." disse tutto d'un fiato.
Strinse gli addominali inspirando profondamente, come aveva fatto quella sera a New York. L'aveva fatto troppe volte in quegli ultimi giorni, come se lui fosse sempre lì, a seguirla, a prenderla; e lei dovesse sfuggirgli. Come se avesse ancora il segno indelebile delle sue mani sui fianchi.
Natalia sorrise, essendo finalmente riuscita a trovare la chiave di tutto.
"Forse perché fino ad allora si era accontentato di prendere il suo solito 'no' e continuare ad escogitare che altro fare per prenderne un altro."
L'altra valutò se fosse davvero quella la ragione per cui Evelyn ricordasse l'accaduto.
"Ma ora credo che le regole siano cambiate. Temo che ora possa fare di più che presentarsi qui col suo discorsetto improvvisato per tentare di rimorchiarmi. Insomma, sembra ancora più determinato di quanto non fosse già prima. Forse dovevo immaginare che prima o poi sarebbe successo qualcosa del genere."
Natalia cercò di pensare perché mai ciò la preoccupasse. In fondo, lei poteva benissimo proseguire crogiolandosi nella sua fermezza e nella sua testardaggine, no? Voleva forse deviare il discorso?
"Eve tu cosa vuoi? O meglio, chi vuoi?"
"Che domande!" esordì Evelyn, "Io ho Adam!"
"Ma avere e volere non sono la stessa cosa."
"Ok, come vuoi. Io voglio Adam."
Lo disse guardandola dritta negli occhi. Era un segno che incuteva fiducia in chi riceveva il messaggio, indicava che il mittente non aveva niente da nascondere. Eppure se questo era il suo intento non era sicura di esserci riuscita. Andare contro le leggi della psicologia era difficile, e lei le sapeva tutte quante a memoria. E come se non bastasse era difficile mentire a Natalia. Era troppo arguta in questi casi.
"E poi, non avrebbe senso avere qualcosa che non si vuole no? Quindi le due cose coincidono in questo caso." ma questo non riuscì a dirlo guardandola in faccia.
"Dovresti dirglielo." la sfidò Natalia dandole corda.
"Ci ho provato! Ho provato a fargli capire che c'è qualcun'altro nella mia vita, ma lui non mi ha dato ascolto; semplicemente ha sorvolato l'argomento. Non credo che il problema l'abbia nemmeno sfiorato a dire la verità quando ho fatto il suo nome. E forse è meglio così. Ho evitato un vero e proprio uragano."

Is this hurricane going to chase us all underground?

"No, affatto Eve." la contraddì prontamente Natalia, "Non è meglio così. Lui dà per scontato che tu sia sulla piazza finché non gli aprirai gli occhi. E continuerà nel suo intento. L'hai detto tu stessa: è sempre più determinato."
"Oh, aprirgli gli occhi o meno, poco importa. Lui ha dato per scontato che fossi 'sulla piazza' per tutti questi anni."
"Oh, non che tu abbia avuto grandi storie da telenovela argentina Eve."
"Lo so, ma non si è nemmeno mai posto il problema. Lui è viziato Nat. Vede qualcosa? Dev'essere sua, non gli interessa il resto. Mi ha sempre data per scontata in un qualche modo, lì pronta all'uso."
"Sono parole forti Eve. Non può essere così opportunista."
"Ah no?!" la canzonò Evelyn.
"Non con te."
Evelyn scosse la testa.
"E perché mai una cosa del genere ti viene in mente soltanto adesso che sono passati cinque anni?"
Occhio per occhio.
"Perché..."
"Non è che ti stai rendendo conto che in realtà Shannon potrebbe rientrare nei tuoi interessi?"
Evelyn scoppiò in una risata.
"Ma Nat che... Che cosa ti salta in mente?!" e se ne andò all'altro lato del negozio.
Natalia la seguì con lo sguardo. Discorso chiuso.
"Ok, vuoi evitare l'argomento." disse fra sé e sé, "Come ogni volta che parliamo di lui anche questa volta sei scappata prima di dare la conclusione."
Sospirò continuando ad osservarla.
"E va bene Evelyn. Qualcosa mi dice che tu mi stai nascondendo diverse cose..."

"Nowhere Story" significa storia senza capo ne coda, senza senso. Al prossimo capitolo! :) Baci, Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Perfect Lies ***


28.Perfect Lies
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Perfect Lies

Los Angeles,

quel pomeriggio...

"Adam non ha fatto che parlare di te in questi giorni." esordì Valerie, di fianco ad Evelyn.
"Oh mio dio..." ribatté l'altra.
"Si, esatto. Una noia mortale."
Alexa le diede una gomitata.
"Che c'è?? Che ho detto?? Dico, ti piacerebbe se il mio ragazzo ti parlasse di me sei giorni su sette per tutta la giornata?"
Alexa sospirò muta, fulminando Valerie con gli occhi.
"Cosa?" le interruppe Evelyn ridacchiando, "Adam non è il mio ragazzo."
"Ah no, eh?" la schernì Valerie incrociando le braccia.
"Ci frequentiamo. Niente di che per ora."
"Questo dipende da come vi frequentate."
Fortunatamente una donna entrò.
"Tranquille ragazze ci penso io." disse Valerie interrompendo la discussione.
"Non ascoltarla." fece Alexa, una volta rimaste sole lei ed Evelyn.
L'altra sorrise.
"Comunque secondo me qualcuno sta nascondendo qualcosa per il tuo compleanno."
Evelyn trasalì.
-Oh santi numi, Shannon! Cosa ti inventerai questa volta?!-
"Ma... chi?" chiese per precauzione.
"Ma come 'chi'?!" la squadrò stupita Alexa, "Adam!"
Evelyn tirò un respiro di sollievo.
"Ah!"
Giusto, e Shannon cosa c'entrava in quel momento? Da dove l'aveva tirato fuori? Perché mai le saltava in mente proprio adesso? Ma soprattutto, perché ci pensava?
"Ah, tu dici?" continuò Evelyn guardando verso Adam e Brandon dall'altra parte del negozio, "Caspita è vero, siamo già a metà Dicembre. Tra due giorni compio ventisette anni e mi sembra di averne compiuti ventisei l'altro ieri. O il tempo passa troppo in fretta oppure sono io che ho la testa proprio su un altro pianeta."
Alexa trattenne una risatina.
"Non ci provare." la precedette Evelyn, "Ormai so a memoria tutto il vostro repertorio di battutine assolutamente prevedibili."
"Come vuoi." concluse l'altra sorridendo e lasciandola sola.
Se c'era una cosa che lei odiava erano le sorprese. O meglio, il fatto di sapere di doverne attendere una. Era una sorta di tortura.
Con tutte le bravate che Shannon le aveva fatto, una dopo l'altra, aveva imparato ad odiare qualunque cosa inaspettata o evento imprevedibile, a maggior ragione se sapeva che ci sarebbe stato ma non riusciva a capire cosa e quando sarebbe stato.
In quegli anni il suo era stato un continuo stare sull'attenti, ma non appena si distraeva un attimo, ecco che arrivavano strani aggeggi da ogni parte del mondo, fiori, dischi in vinile dei Rolling Stones degli anni '70, dolcetti europei, completi intimi a palate, libri autografati sulle ultime scoperte nella psicologia, profumi, boccette contenenti la sabbia di spiagge esotiche, fotografie di città orientali, gioielli luccicanti dentro piccole scatoline, ancora fiori e via dicendo. Anche quella minima stramaledetta cosa in particolare che lei desiderava da tanto, lui l'aveva sempre. Sembrava quasi che le leggesse nella mente. Ecco perché odiava tanto le sorprese, ormai non c'era neanche più il gusto dell'attesa o la soddisfazione nel realizzare di possedere una cosa magari a lungo desiderata.
Che guastafeste.
Si diede della stupida a ripensare a tutte le sciocchezze di un dongiovanni capriccioso.
"Adam questi vanno in vetrina. E anche questi. Pensaci tu."
Il ragazzo si voltò verso Alexa.
"Perché?"
"Perché l'ha detto Miranda." rispose lei, nonostante la domanda ovvia.
Evelyn guardò verso di lui. Adam alzò lo sguardo.
Accidenti, chissà cosa le nascondeva.
Gli sorrise. Lui le fece un occhiolino per poi sparire di nuovo nel reparto uomo.
Aveva due giorni per cercare di scoprire che cos'aveva in mente, semmai ci fosse veramente stato qualcosa, perché ciò che dicevano le sue colleghe era da prendere sempre e comunque con le giuste pinze. Nonostante questo passò l'intero pomeriggio a pensare alle mille possibilità; e non appena aveva due minuti di stop si fermava ad osservarlo, a studiare i suoi movimenti, il suo viso. Tutto e niente le venne in mente, perché da uno come lui non sapeva ancora cosa aspettarsi.
Ma si, dopotutto, lei odiava le sorprese....
Scosse la testa sorridendo.
"Che cosa sarà mai che mi nascondi Adam?"
Aveva fascino quel ragazzo, questo non poteva negarlo, ma quella visione era annebbiata da qualcos'altro nella sua mente. Qualunque cosa pensasse le ritornava in mente l'altra faccia della medaglia e soprattutto la sua ostinazione nel volerla stupire.
Cercò di scacciare quel pensiero dalla propria testa; convinta che da quel momento in poi non avrebbe più dovuto preoccuparsene. Prese un bel respiro, rimettendosi al lavoro. Ma nulla sfuggiva all'occhio di Natalia, che pur non avendo sentito ciò che si erano dette Evelyn ed Alexa non aveva potuto fare a meno di notare la faccia pensierosa della sua coinquilina.
"Eve, cosa c'è?" ruppe il ghiaccio quella stessa sera a cena.
"Niente Nat, piantala."
"Senti Eve io detesto quando Sarah fa di tutto pur di farti finire nella tana del lupo."
"Bella metafora."
"Ma vedo che non sei felice; o almeno, sei nervosa."
"Lo sono Nat, lo sono."
"Ecco."
"Felice, intendevo."
"No."
"Si, Nat." sottolineò Evelyn, "Tranquilla. Vedrai, è soltanto un inizio. E voglio prendere il mio tempo, te l'ho già detto."
"E hai già cambiato idea da questa mattina?"
"Nat io non ho mai pensato di lasciar perdere! Se è questo che intendi."
"No, io speravo che riflettessi. Insomma, Eve non è questione di prendere del tempo per cercare di costruire qualcosa con Adam, è prendere del tempo per cercare di capire se lui è ciò che vuoi sul serio. Siamo amiche Eve, io voglio solo che tu sia felice. Che tu lo sia sul serio."
"Ma perché la mia felicità non può essere Adam?!"
"Non ne sei sicura Eve!"
"Ho già risposto a questa questione stamattina Natalia." disse Evelyn, alzandosi.
L'altra rimase in silenzio, non volendo litigare.
"Metto in ordine io qui." esordì Evelyn.
Era un modo gentile per dirle di andarsene.
"Ok." ed anche Natalia si alzò, diretta in salotto.
"Eve?"
"Si?"
"Spero che tu sappia a cosa vai incontro. In tutti i sensi."
"Dovrei spaventarmi?"
"No. Ma metti le cose in chiaro. Sai cosa intendo." e la lasciò sola.
"Da quando anche tu mi parli per enigmi, Nat?"
"Hai capito benissimo." concluse l'altra, chiudendosi nella sua stanza.

 Hey ^.^ Da qui in poi la storia si ambienterà nelle feste natalizie appena passate. Che il vento cambi, data l'atmosfera? :)
Baci, al prossimo capitolo! Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Happy B-Day! ***


29.Happy B-Day!
Chiedo perdono per il ritardo nell'aggiornamento!
Buona lettura :)
Flychick.


-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Happy B-Day!

Los Angeles,

due giorni dopo...

-E' lunedì. E' il 19 Dicembre 2011. Ho 27 anni.-
Quante volte si era ripetuta questa frase in quel quarto d'ora? Un metodo assolutamente inutile per mascherare l'ansia, dato che era una di quelle giornate in cui sarebbe potuto succedere di tutto, assolutamente di tutto.
I suoi occhi cercavano di seguire qualunque cosa fosse degna di attenzione fuori dal finestrino. Le decorazioni natalizie, quei chili di neve finta sulle vetrine dei negozi. Uno degli aspetti positivi di Los Angeles era che a Natale la temperatura era fresca, non estremamente gelida come in Europa. Si ricordò di quando lei e sua sorella passarono il Natale a Vienna. Neve, freddo, ghiaccio: tutte cose che al solo pensiero le davano i brividi.
Scese alla fermata di West Pico Boulevard. Come tutti i lunedì; quando non c'era Natalia perché era il suo giorno libero e quindi la macchina spettava a lei.
Attraversò la strada, inoltrandosi a Rodeo Drive. Come ogni lunedì da diversi anni.
Camminò guardando di nuovo le vetrine decorate. Come avrebbe fatto ogni lunedì da quel giorno sino all'epifania.
Era tutto normale, no?
Più si avvicinava a quell'insegna e più l'adrenalina saliva.
No, assolutamente no.
Diede una spinta alla porta in vetro.
"Auguri!!"
"Buon compleanno!!"
"Auguri Eve!!"
Aveva già sei braccia attorno al collo.
"Grazie, grazie ragazze!"
Alexa saltellava per la felicità, Valerie sorrideva andando contro la sua abituale inespressività e Sarah stava già elencando tutti i progetti che lei stessa aveva pianificato per il compleanno di Evelyn. Anche Brandon si fece avanti.
"Hey! Come ci si sente ad avere un anno in più?" e le diede due baci sulle guance.
"Non sento ancora il peso dell'età, per fortuna." rispose Evelyn facendogli un occhiolino.
Adam osservava la scena dal fondo della sala a fianco, attendendo il momento più opportuno. Sapeva bene che quando c'era di mezzo Sarah con i suoi lunghi monologhi i tempi si sarebbero inevitabilmente allungati.
"...e indovina?? Ti ho organizzato la festa più eccezionale, più spassosa, nel posto più grandioso di tutta la California, con tutti quanti i nostri amici. Vedrai sarà una cosa indimenticabile! Per mercoledì sera. Non puoi dire di no, ovvio."
Evelyn scoppiò in una risata.
"Accidenti, grazie Sarah! Ci sarò eccome! Sul serio, grazie!"
"Fantastico!" ed attorcigliandosi i capelli tra le dita, Sarah ritornò dietro il bancone della cassa.
 Evelyn tirò un lungo respiro. La giornata sembrava cominciare bene.
"Hey..." sentì alle sue spalle.
Si voltò.
"Hey." sorrise.
"Buon compleanno Eve."
"Grazie." rispose abbassando lo sguardo.
Adam le sfiorò le braccia e le diede un bacio.
"Ho una sorpresa per te."
"Davvero?" finse Evelyn.
"Si, quando..."
"Adam?" fece una voce, dal fondo del negozio.
I due si voltarono. Miranda li stava guardando seccata, sotto i suoi sottili occhiali da vista.
"Si, 'capo'?" disse il ragazzo.
"Non ti pago per rimorchiare le mie dipendenti, quindi fila di là a mettere le decorazioni in vetrina."
Evelyn trattenne una risata.
"Haha, agli ordini Miranda!" e si rivolse alla ragazza sussurrando, "A dopo dolcezza."
"Ok."
E facendole un occhiolino se ne andò.
Era elettrizzata. Accidenti, dov'era Natalia quando serviva?? In questi casi aveva assolutamente bisogno del suo supporto!
Cominciò a distribuire gli abiti sugli appendini canticchiando. Le sue labbra erano stese in un sorriso; e quel sorriso restò sul suo viso per tutta la mattinata. Raggiunse Sarah dietro il bancone dandosi da fare per aiutarla ad impacchettare i regali di Natale e tagliando nastri e fiocchetti. Era sorprendente quanto fosse di buon umore.
Una giovane donna dagli strambi capelli viola entrò nel negozio facendosi spazio fra la gente.
"Hey! Come andiamo??"
Le ragazze si voltarono.
"Emily!" fece Evelyn.
"Hey, sorellina!"
"Cosa ci fai qui??"
"Come sarebbe a dire? Mia sorella compie 27 anni ed io me ne dovrei stare tutto il giorno a Santa Monica tra quattro mura a riempire gente di disegni?? Col cavolo." ed afferrando la sorella, l'abbracciò.
La finezza e la delicatezza non erano di certo tra i pregi di Emily.
"E poi qualcuno ha invitato me ed Edward ad una grande festa dopodomani..."
"Come sta Edward?"
Emily alzò le spalle.
"Solite cose. E' quasi sempre fuori città per lavoro, e stiamo ancora cercando un appartamento un pò più grande. Tu invece? Sempre quel 'qualcuno' mi ha detto che ti sei trovata un bel ragazzo..."
-Grazie, Sarah.- pensò Evelyn.
"Come se tu non ne potessi avere già uno."
"No, non ti ci mettere anche tu."
Perché quando non ce l'aveva in testa qualcuno doveva sempre fare in modo che ci ritornasse? A maggior ragione in quel giorno; giorno in cui, inutile ripeterlo, sarebbe potuta accadere qualunque cosa.
"E quel ragazzo, al quale tra parentesi ho imbrattato personalmente una buona metà della pelle, sta per venire qui proprio in questo momento." continuò Emily guardando oltre la sorella.
"Cosa? Tu... tu lo conosci??"
"Esatto sorellina."
Evelyn sentì due mani sui fianchi e un bacio sulla spalla destra.
Perchè gli uomini dovevano essere tutti quanti
così intollerabilmente esibizionisti?
"Adam, ti presento Emily anche se ho appena scoperto che vi conoscete già." disse con negligenza.
"Hey, bellimbusto giù le mani." intimò Emily ancora prima che lui potesse parlare, "
Vacci piano con mia sorella."
Adam le sorrise, togliendo le mani. Ma Evelyn non era sicura di quanta ironia ci fosse in quell'avvertimento.
"Emily?" chiese il ragazzo squadrandola, "E così questa Emily è tua sorella!?" chiese ad Evelyn.
Lei annuì.
"Che coincidenza."
Si somigliavano, ma nonostante ciò rimanevano indubbiamente diverse. Emily aveva un viso dolce, ma l'aria di un maschiaccio ed certo caratterino. Evelyn invece era più femminile, più quieta, e secondo il suo parere tra le due era la più bella.
"Già, che coincidenza..." ripeté Emily incrociando le braccia, "Beh, io ora vado. Ero passata per salutarti mentre Edward faceva qualche commissione qui in città."
"Vai già?"
"Si, si. Oggi pomeriggio ho da fare. Beh, ci vediamo alla tua festa di compleanno." le sorrise, sapendo già in che delirio si sarebbe trasformata quella serata.
Salutò tutti quanti ed uscì, lasciando Evelyn perplessa. Adam ed Emily si conoscevano. Non sapeva spiegare quale fosse la parte 'sconcertante' della cosa, semplicemente non ci aveva mai minimamente pensato. Era... era strano. E perché il che non le andava molto a genio?
"Ok, al lavoro." sospirò la ragazza allontanandosi e ritornando da Sarah.
"Come se tu non ne potessi avere già uno."
Ora persino sua sorella si immischiava in quella questione? Che cos'aveva Adam che non andava? Che cosa mai poteva avere Shannon più di lui? Ma perché doveva pensarci proprio in quel momento, proprio in quel giorno? Perché l'argomento doveva sempre e comunque venire a galla? Per quanto sarebbe dovuta continuare questa storia? Scosse la testa, cercando di concentrarsi sul nastro argentato che stava per tagliare. Era mezzogiorno e Shannon non aveva dato ancora nessun segnale, quando come suo solito era sempre il primo a riempirla di messaggi, auguri, regali, a seconda della situazione e di in quale emisfero del mondo si trovasse. Si, era un segno che stava ad indicare chiaramente che si era finalmente arreso. E poi sicuramente era ancora a New York, quindi non c'era nessun pericolo. Forse.
"Ahi!" strillò Evelyn.
Sarah avendo preso un bello spavento si voltò indispettita.
"Che c'è?!"
"Mi sono tagliata."
"Accidenti Eve, si può sapere a cosa stai pensando??"
La rossa ruotò le iridi chiare.
"Lascia perdere..."

E questa è Emily, sorella di Evelyn. E' Hailey Williams, cantante dei Paramore. Immaginatela però ricoperta di tatuaggi  e con qualche anno in più, dato che è sorella maggiore ;) http://i39.tinypic.com/b4unh5.jpg
Baci, al prossimo capitolo! Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Epic...Fail? ***


30.Epic...Fail?
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Epic...Fail?

Los Angeles,

nel tardo pomeriggio...

"Ok, allora: la faccio tornare a casa come se niente fosse, poi mi invento di dover andare a prendere qualcosa urgentemente al supermercato e te la lascio."
"Perfetto."
"Vi serve la macchina?"
"No, guido io."
"Lo sai che lei mi odierà per questo, vero?" scherzò Natalia.
Lui alzò le spalle.
"Un giorno ti ringrazierà."
"Un giorno... Ehm, ti posso fare una domanda un pò indiscreta Shannon?"
Di nuovo alzò le spalle.
"Tu che cosa cerchi in lei?"
Non rispose subito.
"Qualcosa che credo di non aver mai avuto. Non ancora."
"Lui è viziato Nat..."

No, Evelyn non poteva avere ragione.
"Mmm..."
Natalia cercò di leggere tra le righe.
"Senti, tu in un qualche modo la ami?"
Quella ragazza non aveva certo peli sulla lingua. Shannon alzò lo sguardo accertandosi di aver sentito bene, per poi abbassarlo di nuovo mettendo le mani in tasca. Non gli piaceva esporsi troppo riguardo certi argomenti, non oltre un certo limite. E poi, che fosse amore, infatuazione o che altro, a lei che cosa cambiava? Ok, sapeva benissimo com'erano le ragazze: sempre a raccontarsi tutto, a condividere tutto, a proteggersi a vicenda in tutto o quasi. Ed era sicuro che Natalia la pensasse come tutti gli altri; come Evelyn stessa forse. Lui le avrebbe solo spezzato il cuore. Onde evitare inutili fraintendimenti preferì darle una risposta vaga. Anche perché una risposta del tutto certa non l'aveva affatto.
"Non lo so. Questo lo devo ancora sperimentare."
"Capisco."
"Se lei me ne desse almeno la possibilità."
"Già."
"Prima o poi."
Silenzio.
"Ok, ok, vado." concluse Natalia prendendo le chiavi dell'auto ed uscendo.
Non appena si mise in macchina sospirò posando la fronte sul volante.
"Dios mío, Evelyn. Come riesci a essere così testa dura?? Ragazzo o no, io al posto tuo non ci penserei due volte." ed ingranò la retromarcia.
Non appena entrò in negozio vide che Alexa e Valerie stavano per uscire.
"Chiudi tu Sarah?"
"Si, Miranda ha lasciato le chiavi."
"Natalia!" la vide Alexa, "Cosa fai qui?"
La messicana si guardò attorno.
"Dov'è Evelyn?"
Sarah rise dal fondo della sala.
"Haha! Non lo sai?"
"Cosa devo sapere?"
"Adam se l'è portata via una mezz'oretta fa." disse Valerie, "Una sorpresina per il suo compleanno."
Natalia sentì la terra mancarle sotto i piedi.
"Dov'è Evelyn!? Devo portarla a casa."
"Stai tranquilla Nat, è tutto a posto. E' con Adam. Sono usciti insieme. Te la riporta a casa lui sana e salva questa sera." rispose Alexa.
"O domani mattina." concluse Valerie, "Buona serata ragazze."
"Oh, no!" disse tra sé e sé Natalia mettendosi le mani nei capelli, "¿Y ahora qué voy a hacer?
¿Qué voy a hacer??" (*)
"Hey, ma tu non eri quella che faceva il tifo per Adam?" si avvicinò Sarah, cercando come sempre lo scontro.
Sembrava quasi che avesse preso la vita sentimentale di Evelyn come una scommessa, una battaglia, un'ulteriore motivo di sfida fra lei e Natalia, la quale si voltò cercando di trattenere la rabbia che le dava il solo fatto di vederla in faccia quando cambiava le carte in tavola in quel modo. Lo faceva sempre. Solo per litigare.
"Ti strapperei tutti quei capelli Sarah." e a passo spedito uscì.
"Oh, ti strapperei tutti quei capelli Sarah!" la imitò l'altra.
"¡Ay, chingate güera! Vedi di darti una calmata! Non ti sopporto più!" le rispose Natalia sulla porta.
(**)
Sarah continuò ad attorcigliarsi i capelli fra le dita.
"Che ha detto?" chiese ad Alexa, per sottolineare la sua noncuranza.
Mentre guidava verso Westwood Natalia pensava già a come dare la notizia a Shannon. Ricordava bene le parole di Evelyn, lui sicuramente dava per scontato che lei non avesse compagnia quella sera. E invece...
"E adesso cosa gli racconto??"
Parcheggiò sotto il palazzo e salì in ascensore. Se avesse saputo di Evelyn ed Adam cos'avrebbe fatto?
"Accidenti, che casino." e infilò la chiave nella serratura.
Shannon si alzò non appena sentì quel rumore. Ma quando la porta si aprì, non vide la ragazza che sperava di vedere. E dall'espressione di Natalia capì che qualcosa doveva essere andato storto.
"Dov'è?" chiese.
Lei prese un bel respiro.
"Lo vuoi sapere?" cercò di allungare i tempi.
"Si, cazzo."
Cominciava ad innervosirsi. Ancora prima di ricevere il colpo.
Bruttissimo segnale.
"E' uscita con Adam." disse velocemente, andando in soggiorno.
Lui la seguì.
"Chi?? No, no, aspetta chi è que..."
Ma improvvisamente si ricordò di quando aveva sentito quel nome l'ultima volta. Perché era sicuro di averlo già sentito.
"No. E' stato Adam."
New York.
Natalia se ne stava andando nella sua stanza per evitare la discussione.
"Hey, hey, aspetta! Chi è questo Adam?"
Perfetto.
"Lascia perdere ti prego, chiedilo a lei, a questo punto io ne so meno di te. Io so solo che lui se l'è presa e se l'è portata fuori a cena. Non c'era già più in negozio quando sono arrivata."
Shannon rifletté sulla situazione, ancora incredulo. Evelyn era uscita con un altro? Ma soprattutto Evelyn glielo nascondeva da tempo. Da quanto tempo?
"Mi dispiace amico." disse Natalia.
Ansia, tristezza, rabbia, stupore, nervosismo? Non riusciva a capire che cosa stesse provando. Era rimasto basito. Evelyn era con un altro. In quel preciso istante lui era a mani vuote e lei si divertiva con questo 'Adam' alle sue spalle. Chissà quante altre volte l'aveva fatto.

And so I lost more than I had ever won. And honestly I ended up with none.

Non disse nulla, avviandosi verso la porta.
"E ora dove vai?" gli chiese Natalia forse dispiaciuta, forse preoccupata.
"Non lo so." le rispose.
Ed era la verità.

Ragazze/i lo spagnolo è una delle mie passioni :) Ogni tanto farò parlare Natalia nella sua bellissima lingua natale (con qualche tocco di slang messicano o.O) :) Queste sono le traduzioni:
(*) "E ora che faccio? Che faccio?"
(**) "Ma vaffanculo, bionda!"
Un bacione! Al prossimo! Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** The Final Straw ***


31.The Final Straw
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

The Final Straw


Los Angeles,

quella sera...

Le mani in tasca. Il viso serioso sotto il cappuccio. Camminava per il centro di Los Angeles senza sapere dove andare, soltanto per essere un uomo qualunque in mezzo alla gente, per chiudersi nel silenzio, immerso nel frastuono della vita notturna californiana, per disperdersi nell'unica cosa che aveva di lei.
Ricordi? Parole? No, assolutamente niente.
"Hey."
"Hey..."
"Tu sei?"
"Ehm, Evelyn. Jones. Evelyn Jones."
"Shannon."
"Lo so."
Si sarebbe mai aspettato un tale destino quando l'aveva guardata, l'aveva conosciuta e le aveva parlato per la prima volta?

Even though I try, I can't let go. Something in your eyes captured my soul.

Le luci, le coppie di fidanzati che camminavano abbracciati, la vitalità della città... lui non vedeva nulla. Solo lei. Lei nella sua testa, come sempre. I suoi occhi azzurri, la sua fissazione. Le sue labbra, la sua voglia più grande.
Alzò lo sguardo guardandosi attorno. Non appena vedeva una chioma rossa si voltava, credendo che fosse lei. Sperando che in quegli istanti non fosse con un altro.
"Io so solo che lui se l'è presa e se l'è portata fuori a cena."
Non aveva mai avuto nemmeno un sospetto. Non le aveva mai visto alcun anello al dito, non aveva mai notato alcuno strano comportamento in lei. Nulla che potesse condurre al fatto che Evelyn era interessata ad un altro o che addirittura fosse impegnata in una relazione con qualcun'altro; se non i suoi continui rifiuti. Ma se era così perché non gliel'aveva detto subito, chiaro e tondo? Perché aveva nascosto tutto?
Ma anche se lei gliene avesse parlato, conoscendosi si sarebbe fermato? Avrebbe rinunciato a lei? Avrebbe messo da parte quella che all'inizio voleva essere una sfida con sé stesso? Un'ulteriore sfida con sé stesso?
Buttò l'occhio verso la strada, e fra le luci dei fanali e le persone che camminavano sul marciapiede dall'altra parte del viale si stupì di ciò che vide.
Gli ci volle qualche secondo per rendersi conto che davanti ai suoi occhi, a diversi metri di distanza, oltre il traffico e la moltitudine di gente c'erano proprio loro due.
Un uomo di spalle, seduto su un muretto e lei, lei di fronte a lui. Quella era lei, ne era certo.
Era lei.
Il berretto di lana, i capelli che le svolazzavano per la brezza serale, gli occhiali... tutto come l'unica giornata che avessero mai passato insieme prima che lei lo piantasse su due piedi dall'altra parte del mondo, pentita di chissà quale errore. Ma forse ora cominciava a capire, e tutto trovava una spiegazione.
Si fermò ad osservarla.
Evelyn sembrava molto sulle sue, con le mani nelle tasche del cappotto. Lui le parlava, lei annuiva, abbassava lo sguardo, si dondolava. Ma poi la vide guardare un punto preciso; probabilmente le mani di lui. Subito dopo un sorriso comparve sulle sue labbra, un sorriso che Shannon raramente aveva avuto il privilegio di vedere in quegli anni.
Evelyn gli disse qualcosa. Lesse le sue labbra.
-Oh, grazie!- dicevano; ne era sicuro.
Un'abbraccio. E una piccola scatolina nella sua mano, mentre lo stringeva. Lei sorrise di nuovo. Che cosa le aveva detto? Che cosa, per renderla così tanto felice?
Evelyn si tolse il guanto sinistro.
Shannon scosse la testa, cercando di scacciare il suo presentimento.
Lei sembrava continuare a guardarsi la mano, sorridendo come una bambina.
Lo vide posare le mani sui suoi fianchi e avvicinarla a sé. Le disse qualcosa, di nuovo; e lei alzò lo sguardo verso le decorazioni natalizie sopra di loro.
Vischio.
Shannon scosse di nuovo la testa, stringendo i pugni.
Evelyn disse qualcosa ed avvicinò il viso al suo.
Una fitta. Un'altra. Ne sentiva una ogni volta che soltanto lui la toccava.
Ed ora la stava baciando. Lui, la stava baciando.Non lo vedeva in faccia e non sapeva dire chi fosse. Sapeva solo che si chiamava Adam, e che soprattutto stava invadendo il suo territorio. Stava prendendo ciò che lui bramava da tempo, ciò che era suo.
Cercò di non guardarli, di sperare invano che fosse la sua immaginazione; perché lui non sapeva ammettere una sconfitta.
Mai, mai avrebbe ammesso la sconfitta.
Ma cosa poteva fare? Cosa poteva mai fare lui in quel momento?
Attraversare la strada, gettarsi a capofitto su di lui, fargli vedere che stava giocando col fuoco e poi guadagnarsi l'odio di Evelyn? Si, forse avere il suo odio sarebbe stato meglio di tutta quell'indifferenza. Niente era peggio della sua indifferenza.

You don't even know I'm alive, you just walk on by. Here I am, still holding on...

Rifletté. Cosa doveva fare? C'era qualcosa che poteva mai fare??
No.
Solo rimanere indietro. Non poteva fare niente, non in quel momento.
Quanto fu difficile voltarsi, fare finta di niente, camminare di nuovo in mezzo alla gente e lasciarla lì...


Hey ^.^ 'the final straw' significa l'ultima goccia (ed è anche il titolo di un bellissimo disco degli Snow Patrol). Adesso?? Adesso ci vediamo al prossimo capitolo! :D Baci baci, Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** Letal Drugs ***


32.Letal Drugs  
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Letal Drugs


Los Angeles,

poche ore dopo...

Chiuse la porta assicurandosi che il buio nell'entrata significasse che Jared non c'era. Non aveva voglia di parlare, nemmeno con lui.
Mosse i primi passi verso il soggiorno senza accendere la luce. Non voleva vedere nulla.
Sigarette. Dov'erano le sigarette?? Al diavolo lo smettere di fumare.
Aprì la portafinestra ed uscì sulla terrazza accendendo la prima di tante. Troppe.
Cercava di distrarsi osservando l'orizzonte o le luci di Los Angeles nel buio, ma i suoi occhi purtroppo non vedevano.

Never thought a girl would try to play me like this. Never thought I'd be a fool betrayed by a kiss.

Lei.
Perché ne aveva bisogno? Perché ne aveva così tanto bisogno?!
Una donna.
-Ma quale 'una donna'.-
Era lei, solo lei, che voleva ad ogni costo.
Guardò l'ora. 00:36.
Il tempo sembrava non passare. Anzi, sembrava quasi rallentare apposta per fargli pensare a dove lei fosse, con chi fosse e a tutto il resto, mentre i minuti scorrevano lenti.
Rientrò in casa salendo nella sua stanza. Non riusciva a stare fermo. Si sedeva al bordo del letto, si alzava, camminava, ritornava a sedersi, guardava chissà che cosa fuori dalla finestra. Voleva afferrare la prima cosa che gli capitasse in mano e gettarla via, distruggere tutto quanto, gridare di rabbia.
Le 02:15.
Dov'erano ora? Dove?! Lei, lei dov'era ora??
Come poteva sottrarla a quel cretino che le era accanto, che la toccava, che la baciava, che riusciva a farla sorridere, ma che non la meritava di certo, chiunque lui fosse?
Si guardò allo specchio. Ovvia gelosia.
E lui? Lui stesso la meritava?
Evelyn aveva idea di cosa gli stesse facendo? Lo faceva di proposito?
Ma, un momento. Non era lui quello che si divertiva in questo modo? A spezzare cuori, a crogiolarsi nella spensieratezza? Si, ma non quando si trattava di lei. Il suo desiderio più grande. L'unica cosa che gli mancava, ma che comunque non era mai riuscito ad avere.
Eppure lei gli stava comunque restituendo il colpo. E nel peggiore dei modi.
Lo stava facendo? No, sciocchezze. Tutte sciocchezze...
Ne era sicuro?
Perché in quello specchio non riconosceva la propria autorevolezza, la propria indifferenza, la propria preponderanza. Sé stesso.
L'amore era una cosa pericolosa. Poteva essere grandioso e poteva essere terribile. Poteva dare una forma, un senso ad una vita oppure distruggerla inesorabilmente. Era qualcosa di talmente coinvolgente e sconvolgente che poteva persino cambiare le persone. (*)

Something's happening in my head, but you don't understand it girl.

Amore? Aveva capito bene?
Amore?!
Ma cos'era l'amore?!
Una droga pesante. Un veleno letale.

O semplicemente era probabile che quel muscolo involontario che batteva e pompava sangue ce l'avesse anche lui nel petto. Con tutte le conseguenze che ciò poteva portare.
L'amore...
L'amore era un gran sentimento. Talmente grande quanto fragile. Non appena si frantumava lasciava dietro di sé soltanto un grande vuoto. A maggior ragione nel suo caso; dopo lunghe, interminabili ed inutili battaglie.
Era proprio per questo che lui aveva sempre avuto un'altra compagna fedele ed imprescindibile nella sua vita: la musica.
La sua musa, la sua vocazione. Sempre gli era stata accanto. (*)
Ma in quel momento aveva un solo pensiero: lei, lei, lei.
E saperla con un'altro era un dolore anomalo. Capire infine di non far parte dei suoi desideri non era tanto doloroso quanto il fatto di pensare ai suoi, di vederli svanire per l'ennesima volta, di capire finalmente perché non si sarebbero potuti realizzare prima.
Ma perché sognare?
Perché aspettare?
Perché pensare?

Le bacchette. Dove accidenti erano le bacchette?! Doveva fare chiasso. Il silenzio lo faceva ricordare, lo faceva riflettere; e lui non voleva fare più ne l'una ne l'altra cosa.
Doveva fare un tale casino da sovrastare ogni preoccupazione, ogni immaginazione, tutta la rabbia che aveva in corpo.
Erano quasi le quattro del mattino e non gli importava affatto.
Scese al pianoterra dove custodiva con assidua premura la sua compagna di ventura, che era sempre lì, pronta a lasciarsi suonare, a lasciarlo sfogare, in un qualche modo ad ascoltarlo.
Ed infatti lui le parlò. Le parlò attraverso i colpi delle bacchette, trasmettendole tutto il suo nervosismo e tutta la sua delusione.

(*) Queste parti sono ispirate a due citazioni dello stesso Shannon (trovate in giro per internet, non le ho tradotte io!): 'L'amore è una cosa pericolosa. Può essere grandioso e può essere terribile. Può 'fare' la tua vita o distruggerla. Può cambiarti anche come persona.' - 'L'amore è un gran sentimento, ma quando ti frantuma ti senti vuoto. E' per questo che nella vita si dovrebbe sempre avere una musa come la musica'.
Al prossimo capitolo ;) Baci! Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 33
*** Stupid Jerk! ***


33.Stupid Jerk!
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Stupid Jerk!


Los Angeles,
due giorni dopo...

Salì in macchina diretto verso Studio City.
Svoltò su Rodeo Drive Street. L'aveva fatto di proposito?
Scattò il semaforo rosso. Che coincidenza.
Si guardò attorno.
Ma si, si voltò semplicemente per dare un'occhiata alle decorazioni natalizie aspettando il verde; dopotutto mancavano soltanto quattro giorni a Natale.
Che altra ragione aveva?
Sapeva perfettamente che dall'altra parte della strada c'era il negozio di Miranda. E di conseguenza c'era lei.
Cercò di resistere al grande istinto di fissare lo sguardo verso quella direzione; ma si sa, resistere alle tentazioni non era di certo il suo forte.
Ed eccola lì, proprio lì davanti ai suoi occhi; seminascosta dal riflesso del sole sulla vetrina, mentre sulle punte dei piedi lucidava quel sottile strato di vetro poco prima che il negozio aprisse, cercando di arrivare più in alto possibile.
Era bellissima. Soprattutto quando non sapeva affatto che lui la stesse guardando. Ed era la Evelyn che voleva tanto che fosse anche con lui, a suo agio.

Un uomo si avvicinò a lei, potrando con sé una scaletta. La posò di fianco ad Evelyn e lei lo ringraziò. Lui si mise a toccarla, a giocare con lei.
Shannon strinse le mani attorno al volante.
-Che sia lui?-
Lei sorrideva, sembrava quasi fare la civetta. Lui le diede un bacio su una guancia attorcigliando le braccia attorno alla sua vita. Ed uno sul collo. Ed uno sulla spalla.
-Dev'essere lui!-
Questo era troppo.
"Giù le mani, stronzo." ringhiò fra sé e sé Shannon poco prima che scattasse il verde.
Ingranò la marcia, e partendo a tutta velocità cercò il parcheggio più vicino; perché non avrebbe retto un secondo di più, non avrebbe sopportato oltre.
Ecco, cercava il momento più opportuno per agire? Al diavolo i buoni propositi e tutti gli sciocchi progetti che l'avevano tenuto sveglio per due notti di seguito, quello era il momento.
Chiuse la macchina e coperto dai suoi occhiali da sole camminò a passo spedito fino al negozio. Diede una spinta alla porta facendo tintinnare lo scacciapensieri.
Evelyn si voltò verso l'entrata, dal fondo del salone. Quando lo vide sospirò ritornando a fare ciò che stava facendo, sicura che sarebbe venuto da lei.
"Ciao Eve." le disse Shannon, una volta vicino abbastanza, rivelando un tono piuttosto minaccioso.
"Ciao Shan." gli rispose lei automaticamente non alzando lo sguardo.
Adam proprio in quel momento passava dietro di loro. Shannon si voltò avendo sentito i suoi passi.
Si osservarono entrambi con aria di ostilità, a pochi metri di distanza l'uno dall'altro.
Silenzio.
Evelyn continuava a piegare, a sistemare maniche e colletti; non curante del silenzio di Shannon.
Lui si voltò di nuovo verso di lei, volendo dimostrare al suo rivale che non aveva nulla da temere.
"A che ora stacchi?"
"Alle cinque Shannon. Come sempre."
"Ti passo a prendere."
"Ma certo." cominciò lei, "Ma certo che no."
"Non era una domanda."
"Ma la mia era una risposta."
Entrambi cominciavano ad alzare la voce, e le persone attorno a loro a voltarsi.
-No, questa volta no.- pensò Shannon.
"Impediscimelo." la sfidò.
Lei lo guardo dritto negli occhi, scioccata.
"Cosa??" chiese, "Ma cosa ti salta in...?!"
"Impediscimelo." ripeté lui accorciando le distanze, sempre più sfrontato.
Evelyn si guardò attorno, notando la faccia stupita di Sarah, l'espressione preoccupata di Natalia, e tutte le altre teste voltate verso di loro. Ed erano decisamente troppe.
Sperò solo che Adam non li stesse guardando...
Si sentiva osservata, si stava vergognando come mai prima. Abbassò lo sguardo, sospirando ed aprendo le braccia sconfitta.
Che altro poteva fare?
"Ok." disse, cercando di evitare di fare un'ulteriore figuraccia davanti a tutta quella gente, "Si, ok."
"Perfetto." rispose Shannon, già diretto verso l'uscita.
Ma lei lo fermò afferrandogli un braccio.
"Shannon Leto sei uno stronzo di prima categoria!" gli sussurrò arrabbiata all'orecchio.
Lui le fece il suo solito sorrisetto, liberandosi della sua presa ed andandosene.

Tell them it's me who made you sad, tell them the fairytale's gone bad.

Evelyn lo seguì con lo sguardo maledicendolo, finché la sua figura non sparì oltre la porta d'entrata. Rimase in silenzio, trattenendo la sfuriata che avrebbe tanto voluto fargli se attorno a loro non ci fosse stato nessuno. Astuto, sapeva perfettamente che sarebbe andata in questo modo.
Si voltò alla sua destra. Adam era rimasto immobile, osservando tutto quanto.
-Oh, no...- pensò Evelyn, sperando che dal suo sguardo lui capisse che ciò che aveva appena visto non era riuscita ad evitarlo, o a farlo andare diversamente.
Sarah, Alexa e Valerie cercarono di riportare la situazione alla normalità, coprendo quell'imbarazzante silenzio facendo domande ovvie alle clienti che stavano servendo, in modo da distrarle da Evelyn, che era nel disagio più totale.
Ecco un'altra qualità di Shannon: la straordinaria capacità di rovinarle la giornata.
-Lo odio.- sospirò, -
Lo. Odio.-
Al prossimo capitolo! Baci, Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 34
*** What A Mess! ***


34.What A Mess!
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

What A Mess!

Los Angeles,
quel pomeriggio...

Evelyn si assicurò che Adam fosse impegnato e guardò fuori attraverso la porta in vetro. Di Shannon non c'era traccia. Si guardò un'ultima volta indietro.
"Ok, vai a prendere la macchina. Ti aspetto qui." disse a Natalia.
Lei annuì uscendo ed Evelyn pregò perché si sbrigasse, continuando a sbirciare fuori.
Proprio in quel momento Adam stava per uscire dall'ufficio di Miranda.
-Oh, no! E adesso??-
Aveva i secondi contati. Senza pensarci fece la prima cosa che le passò in mente per non farsi vedere: sgattaiolò fuori. O meglio, fece la più stupida: si gettò direttamente nella rete del suo predatore, che doveva essere di certo lì da qualche parte.
Pessima idea.
Camminò di pochi passi verso il posto dove Natalia era solita parcheggiare la macchina, mischiandosi fra la gente; e dato che tutto sembrava inspiegabilmente nella norma, stava già tirando un lungo respiro di sollievo.
"Dove stai andando?"
Aveva sperato troppo presto.

"Non dimentichi qualcosa, Eve?"
Aumentò il passo, sperando di riuscire a sfuggirgli.
"Ti conosco Shannon, so come sei fatto. Ma non avrei mai creduto che potessi arrivare persino ad umiliarmi!"
Ottima scusa per tentare di svignarsela.
"Eh no, Eve." la raggiunse lui, afferrandole saldamente un polso.

Questa volta non l'avrebbe lasciata scappare.
"Lasciami Shannon! Sono seria." tagliò corto lei liberandosi della sua stretta.
"Anch'io."
Lo fissò, sperando di riuscire a prevedere le sue mosse; cercando di capire il perché di quella sua collera improvvisa. Non poteva essere la sua vendetta per averlo chiuso fuori dalla sua stanza a New York. Che Shannon avesse capito tutto? Che avesse finalmente scoperto tutto?
"Avanti," incrociò le braccia Evelyn, rivelando un sottile braccialetto al polso sinistro e nessun anello al dito, "cos'è che vuoi?"
Lui le mostrò le chiavi della macchina, aprendola facendo scattare le quattro frecce, lì a pochi passi da loro. Da ciò Evelyn capì che non se la sarebbe cavata con una domanda vaga, in mezzo alla strada; anzi, forse non era esattamente lei quella tra i due a cui spettava fare le domande.
"Sali Eve."
"No."
"Eve! Sali in macchina." mosse qualche passo verso di lei, cercando di nascondere l'ira che quelle due lettere gli stavano facendo salire.
"Perché? Cosa fai se dico di no?" cercò di metterlo in difficoltà, sicura che in mezzo alla folla di Los Angeles, non più fra quattro mura, avrebbe lasciato perdere.
Ma non fece in tempo a terminare la frase che lui l'aveva già afferrata per le spalle ed immobilizzata contro la portiera della sua macchina.
"Non hai idea delle cose che ti farei. Bimba." le sussurrò all'orecchio, respirando il suo profumo e stampandole un bacio sul collo.
Cosa doveva fare? Sciogliersi come burro?! Invito, avvertimento, minaccia o che altro, ad Evelyn non piacque.
"Lasciami!" lo spinse, cercando di sfregare via la traccia delle sue labbra sulla sua pelle.
Ma lui non si diede per vinto.
"Avanti." le indicò di nuovo di salire.
Lei sospirò contrariata, ma lo fece. Shannon prese il posto di guida e proprio mentre si immettevano nel traffico delle vie del centro della città degli angeli, con la coda dell'occhio Evelyn vide Adam che si precipitava fuori dal negozio. Lo continuò a guardare nello specchietto, mentre osservava l'auto anche si allontanava, facendosi sempre più piccolo...
Ma Adam sapeva benissimo che ormai non l'avrebbe raggiunta.
-Idiota.- si disse, per averla persa di vista solo quei pochi secondi necessari perché Shannon se la portasse via.
Un clacson suonò dall'altra parte della strada. Era Natalia.
"Evelyn?" gli chiese, abbassando il finestrino.
Lui sospirò cercando di rilassare i nervi, dovendo accettare la sconfitta a questa battaglia.
"E' andata." disse scontroso.
Battaglia. Perché la guerra non era ancora terminata...
Shannon guidava. Evelyn, inbronciata, taceva guardando fuori dal finestrino.
-Ma dove mi porti?? E' più di mezz'ora che siamo in macchina.- pensò.
Ma la macchina finalmente si fermò. Era ormai buio, nonostante i lampioni e le luci delle decorazioni natalizie illuminassero a giorno la strada. Shannon scese, ed Evelyn fece lo stesso. Entrarono nel locale di fronte a loro.
Ci fu un quarto d'ora di imbarazzante silenzio. Evelyn guardava basso, sapendo perfettamente che lui invece la stava osservando.

"Chi è quel tipo?"
"Chi?"
"Lo sai chi."
"Shannon quello che devi sapere lo sai già. Non deve interessarti la mia vita oltre un certo limite."
"Mi interessa eccome. Allora? E' questo il motivo per cui mi hai sempre respinto?" chiese sgarbato.
"No, lui lavora lì da poco, lo conosco da pochi mesi..."
"E prima cosa c'era invece? O meglio, chi c'era?"
"Ma come ti permetti, accidenti!"
"Parlami di te."
"No!"
"Voglio sapere cosa c'è tra te e lui."
"Ma non..."
"Ti ho vista insieme a lui, e poi non sono un idiota Evelyn." l'interruppe, volendo evitare le sue giustificazioni.
"Ah no? Eppure non sei capace di realizzare il significato di una parola tanto elementare come 'no'."
"No, infatti. Ma ci lavorerò su."
"Questo vuol dire che te ne farai una ragione, spero."
"Chi vive di speranze non va molto lontano, Eve."
"Faresti bene a dirlo a te stesso, non credi?"
"Sperare e lottare sono due cose diverse."
"Lottare!? Il tuo è perseverare!! E lo sai che perseverare è diabolico?"
"L'hai studiato all'università questo?" la schernì, dato che faceva tanto la saputella.
"Lo è e basta."
"Faresti bene a dirlo a te stessa, non credi?"
Due a zero. Evelyn si mise le mani fra i capelli, sospirando combattuta.
"Aah! E' tutto inutile con te." ed incrociò le braccia, guardando da un'altra parte.
"Non preoccuparti, ora che il tour è terminato non potrai più divertirti alle mie spalle. Per almeno i prossimi diciotto mesi non abbiamo nessun tour, nessun concerto, niente di niente in programma se non lavorare al nostro prossimo disco. Quindi, signorina, questo significa che..."
"Non significa niente Shannon." concluse lei, "Niente. Non ti azzarderai a fare niente e la smetterai di assillarmi. Mi hai capito bene?"
Evelyn focalizzò l'orologio appeso sulla parete alle spalle di Shannon.
"Oh, santi numi!"
"Che c'è?" chiese lui, sicuro che stesse cercando di deviare la discussione.
"Che ore sono??" si allarmò Evelyn, sperando che quell'orologio non indicasse l'ora giusta.
Shannon prese l'I-phone dalla tasca.
"Sono le sette e trentadue. E allora?"
"Oh, caspita!!" si alzò Evelyn, "Dovevo vedermi con Natalia per le sette!!"
"Perché?"
"La festa di Sarah per il mio compleanno."
"Dov'è?" e si alzò anche lui.
"Ma che ti importa!? Non vorrai pedinarmi! Accidenti, Natalia sarà arrabbiatissima..."
"Ti accompagno a casa."
"No, Shannon non c'è..."
"Invece si Eve, c'è bisogno eccome. Siamo esattamente dall'altra parte della città."
"Miracle Mile. Lo so benissimo dove siamo." si impose Evelyn, infastidita dalla sua irrefrenabile prepotenza.
"Vuoi andare a piedi?" la canzonò Shannon.
"So prendere una metropolitana." sorrise lei per ripicca.
"Sta zitta e sali in macchina." concluse Shannon, stanco della sua lingua biforcuta.

-Stronzo.- continuava a pensare lei, mentre lo seguiva verso l'uscita ancora incredula della serie di situazioni infelici in cui l'aveva trascinata ed in cui inevitabilmente l'avrebbe trascinata. Di certo le sue amiche non avevano considerato quella parte di lui quando si erano dichiarate praticamente stregate dal suo fascino.
Fascino. Dove accidenti era il fascino in quel bestione?! O forse era proprio per questo che se n'erano tanto invaghite?? Per tutta la sua aggressività, arroganza, presunzione e superbia?

So, I guess to all the girls out there you're beautiful.

-Ti odio, insignificante pallone gonfiato.- e senza replicare si mise in macchina.
-Tu e la tua dannata lingua lunga.- pensò Shannon mettendosi al volante.

"Sai Eve, forse comincio a capire perché ti piacciono tanto le magliette dei Rolling Stones." disse, accendendo i motori.
"Perché, sentiamo." incrociò le braccia Evelyn, come in difesa del disegno stampato sulla sua t-shirt, nascosta sotto maglione, giacca e sciarpa.
"Non te lo dico. Potresti fraintendermi. Come fai sempre."

Vi aspetto al prossimo! Baci!! Flychick :)

Ritorna all'indice


Capitolo 35
*** A Bad Hair Day ***


35.A Bad Hair Day
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

A Bad Hair Day


Los Angeles,
poco dopo...

"Dove andiamo?"
"A casa mia, dove vuoi che andiamo?"
"Ma..."
"Non farti strane idee, mi devo cambiare. Non posso uscire così. Che cosa credi?"
Shannon svoltò verso Westwood.
"Hai detto 'posso'?"
"Si, 'posso'. Tu non vieni."
"Perché?"
"Perché voglio che la mia festa di compleanno, almeno quella, sia tranquilla! Ecco perché! Non voglio svenimenti, inseguimenti e quant'altro, dato che sei peggio dell'aceto col bicarbonato."
"Sei sicura che sia per questo?"
"Si, lo è!" concluse Evelyn.
Shannon parcheggiò davanti all'appartamento e lei a passo spedito si diresse verso la porta d'entrata. Lui la seguì.
"Grazie, Shannon." disse.
"No, non me ne vado Eve."
C'era da immaginarselo.
"Ok, ok va bene." disse lei sconfitta, "Mi hai già fatto perdere abbastanza tempo. Fai quel che ti pare." e suonò il campanello.
Natalia aprì ed Evelyn si precipitò verso le scale.
"Sei piani di scale??" protestò Shannon.
"Si!" rispose lei saltellando già sui gradini, "Non c'è miglior rimedio contro la cellulite!"
"Ok, non vuoi chiuderti in un ascensore con me."
Evelyn corse fino al sesto piano. Natalia l'aspettava sulla porta, già vestita e truccata, con le braccia incrociate ed un'espressione tutt'altro che rilassata.
"Io e te non dovevamo trovarci per le...??"
L'ascensore si aprì proprio di fronte a lei in fondo al pianerottolo, facendo uscire Shannon.
"Oh..." fece Natalia, che forse cominciava a capire perché Eve aveva fatto così tardi, "Ok, io... Io vado a prendere la macchina, ti... ti aspetto giù. Ti lascio le chiavi."
"Ok, grazie."
Evelyn si precipitò dentro l'appartamento, lasciando la porta aperta per il suo 'ospite'. Gettò la borsa sul divano diretta a passo spedito verso la sua stanza. Shannon la seguì; come se correrle dietro come un cagnolino scodinzolante
dovunque lei andasse fosse la cosa più naturale da fare.
"Dove credi di andare??" gli chiese, sulla porta della sua stanza.
Shannon rimase indietro, lasciando che lei gli chiudesse la porta in faccia.
Evelyn cominciò a frugare nel suo armadio gettando i vestiti sul letto, non trovando ciò che stava cercando. Guardò l'ora.
"Caspita!"
Non aveva tempo. Jeans e blazer. Tacchi non se ne parlava. Si precipitò in bagno, legando i capelli lisci in una coda e cercando di truccarsi in un modo diverso dal solito. Una spruzzata di profumo e finalmente era pronta. Corse in salotto, assicurandosi di avere tutto nella borsa.
"Wow. L'ultima volta che ti ho vista così è stato quando ci siamo conosciuti." esordì Shannon.

Is what I see an angel in blue jeans always trying to hide its wings behind a coat?

"E non mi ci vedrai mai più, fidati." ribatté lei portandosi una mano al collo, "Ah, la collana!" e ritornò nella sua stanza.
Shannon questa volta riuscì a seguirla.
"Oh, no. Dove l'ho messa?? Non posso averla persa!" dissé fra sé e sé Evelyn setacciando la piccola camera, "Natalia! Che l'abbia presa Natalia?"
Shannon si guardò attorno. Era nella stanza di Evelyn.
C'erano un letto con le lenzuola nere, un grande specchio, i mobili bianchi ed un poster incorniciato di 'Colazione da Tiffany'. In fondo alla stanzetta vicino alla finestra c'era una scaffalatura, e sopra di essa non c'era un solo oggetto che lui non riconoscesse. Sorrise fra sé e sé mentre Evelyn oltre il muro dietro le sue spalle cercava disperata la sua collana. Beh, in un angolo remoto della sua stanza, e della sua vita, allora c'era un posto anche per lui.
"E chi la trova qui dentro!" disse Evelyn disperata nel bel mezzo della confusione nella stanza di Natalia.
Diede un'altra occhiata all'orologio.
"No, caspita, è tardissimo!! Mio dio che giornataccia, mio dio che giornataccia!" ed uscì.
"E a questa festa ci sarà anche lui?" osò Shannon raggiungendola nel salotto.
Evelyn alzò gli occhi al cielo.
"No!"
Si, invece.
"Sei sicura?"
"Festa tra donne, sai cosa significa?"
"Uhm... no."
Quanto adorava tirare la corda, farle saltare i nervi. Era più forte di lui.
"No? Significa che ora tu esci da quella porta e ti togli dai piedi." e si infilò gli orecchini.
Shannon li avrebbe riconosciuti fra mille.
"Oh, belli i tuoi orecchini, dove li hai presi?" ironizzò.
"Non sei simpatico." e sorpassandolo si avvolse la sciarpa al collo cercando di non rovinare l'acconciatura.
"Ok, sono pronta."
"Andiamo."
"No! Natalia è proprio qui sotto. Vado con lei. Non c'è bisogno che tu mi accompagni. Questa volta no." ed uscì, ovviamente inseguita da lui.
Una volta oltrepassato il cancello Evelyn si diresse a destra, mentre Shannon con le mani in tasca mosse pochi passi verso sinistra, camminando all'indietro, osservando lei.
"Eve." la chiamò.
Lei continuava a camminare indisturbata.
"Eve!"
Si voltò. Shannon con l'indice si abbassò la palpebra inferiore dell'occhio destro. L'avrebbe tenuta d'occhio.
Evelyn scosse la testa, voltandosi e continuando a camminare verso la macchina. Una volta salita, Natalia accese i motori e cominciò l'interrogatorio.
"Hey, perché vi trovo sempre insieme??"
"Oh, Nat ti prego chiudi il becco."
-E spera che non ci segua soprattutto.- pensò Evelyn.
"Oh, ¡Basta ya! E' il tuo compleanno. Almeno stasera potresti uscire un pò dagli schemi e rilassarti un pochino?? " (*)
L'altra si voltò verso di lei in una smorfia.
"Ah, ok. Scusa. Non avevo notato l'ombretto azzurro glitterato giustamente preso dal mio beauty case senza permesso, ma con permesso accordato proprio ora."
Evelyn ridacchiò.
"Ok, questo è già un passo avanti. Il prossimo quale sarà?" continuò Natalia.
L'altra rise di nuovo.
"Oh! Un passo avanti ancora, ti ho fatto ridere!"
"Nat?"
"¿Qué?"
"Guarda la strada, ti prego."
"Ok, ok."
Silenzio, fin quando non arrivarono a destinazione. Ed un sorriso, sulle labbra di Evelyn mentre guardava nel vuoto fuori dal finestrino, pensando a chissà che cosa.
-Speriamo che continui così per tutta la serata, sorridendo...- sospirò Natalia.

A bad hair day significa 'giornata no'. Aceto e bicarbonato... non so se vi hanno mai fatto fare l'esperimento dell'esplosione vulcanica... o.O Ecco, io ci ho fatto dei disastri alle scuole medie.
(*) 'Smettila.'
Al prossimo capitolo! Un bacione! Flychick. :)

Ritorna all'indice


Capitolo 36
*** Fu**ing Pearls ***


36.Fu**ing Pearls
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Fu**ing Pearls


Los Angeles,
il giorno successivo...

Il silenzio regnava sovrano e Sarah osservava Evelyn da un pò.
"Che c'è Eve? Ieri sera eri..."
"Giù di morale." si intromise Valerie.
"Felice!" le parlò sopra Sarah fulminandola con lo sguardo, "Ed ora invece sei..."
"Di nuovo giù di morale."
Sarah si limitò a sospirare seccata. Perché Evelyn era così seria? La festa non era forse andata bene?
Ok, non appena lei e Natalia erano arrivate Adam se l'era portata in un angolo, avevano discusso per una buona mezz'ora e non proprio pacificamente; poi avevano terminato risolvendo il tutto abbracciandosi, sbaciucchiandosi, come se niente fosse accaduto; come facevano sempre. E da lì, tutto era andato a meraviglia; almeno secondo Sarah.

Ma Evelyn finalmente parlò.
"Ragazze ho perso la mia collana."
Sarah ci rimase di stucco.
"Ed è solo questo il problema?" chiese Alexa.
"Caspita, era la mia preferita. Quella con le perle."
 "Oh, che disdetta." recitò Sarah incrociando le braccia, sicura che fosse soltanto una scusa.
Miranda uscì dal suo ufficio.
"Signorina c'è un pacchetto per te." disse facendo un occhiolino ad Evelyn.
"Per me? Ah si?"
"Si."
"Di che tipo?"
"Con un bel fiocco sopra." le sorrise la donna.
"Oh, Miranda grazie!"
"Non è da parte mia tesoro."
Evelyn si fece immediatamente seria.
"Ah. Ehm..."
Perché aveva uno strano presentimento?
"No, non mi dirai che..."
"Si, cara. Temo proprio di si." e posò il pacchetto incartato proprio di fronte a lei.
Evelyn slegò il fiocco azzurro e strappò la carta rossa. Ma che casualità, già dai colori dell'involucro stesso era perfettamente comprensibile chi fosse il mittente.
Il contenuto si rivelò essere un sacchetto di lucente velluto nero. Evelyn ci mise dentro entrambe le mani
non senza un certo timore, cercando il contenuto. Le altre quattro ragazze e la stessa Miranda allungarono i colli come giraffe, incuriosite da ciò che sarebbe potuto uscire da quel sacchetto.
"Ma che...?!" disse Evelyn, estraendone una bellissima...collana.
Ci fu un lungo respiro strozzato. Alexa aveva gli occhi lucidi, Miranda le mani sul cuore, Sarah e Valerie gli occhi sgranati. Natalia era rimasta a bocca aperta.
"Evelyn tesoro, tieniti stretta quell'uomo!" commentò Valerie.
"Si, ma almeno poteva metterla in qualcosa di un pò più 'romantico', no? Che so, una scatolina carina. E magari scrivere un bigliettino." aggiunse Sarah.
"E' proprio questo il punto Sarah. Sorvoliamo il 'bigliettino'. La scatola c'è, e se ti dicessi che..." e guardò di nuovo dentro il sacchetto, "...è di color turchese e con una deliziosa scritta argentata al centro?"
"Oddio, Tiffany?!"
Lei annuì, poco prima di essere assordata dalle grida di stupore delle altre.
"Oddio Eve, ma ti rendi conto??" chiese Sarah.
Evelyn rifletté sulle ultime ventiquattr'ore.
"Si. Si che me ne rendo conto!" osservò il filo di perle in ogni singolo dettaglio, "Me ne rendo conto eccome! Mi deve un'accidenti di spiegazione!!" e ripose il gioiello nella sua scatolina, legando il sacchetto con un nodo piuttosto stretto.
Le ragazze sembrarono non capire la sua reazione, anche se effettivamente non se ne stupirono.
"Tu sei proprio strana. Credo tu sia l'unica persona sulla faccia della terra che dopo aver ricevuto una cosa del genere vuole addirittura una spiegazione." esordì Alexa.
Ma era sempre la stessa storia dopotutto.
L'unica che cominciava ad immaginare cosa fosse successo e cosa sarebbe potuto succedere era Natalia. Infatti, alle cinque in punto, Evelyn si rivolse proprio a lei.
"Nat ti dispiace se prendo la macchina?"
"No, no vai pure. Io mi faccio accompagnare da Sarah." rispose la messicana, sapendo bene dove sarebbe andata la sua amica.
"Grazie."

I'm going to kick him when I see him! Can't wait 'till I see him!

"Niente, figurati." e la lasciò andare.
"Ah, Eve!"
"Si?"
"Sono sicura che è soltanto un malinteso, uno stupido caso..." cercò di sistemare la situazione, invano, Natalia.
"Se l'è cercata Nat. Se l'è cercata. Questo è lo 'stupido caso'." concluse Evelyn.

Hey ^.^ Evelyn vi sarà sembrata a volte strana, altre un pò contradditoria ultimamente, e lo sarà anche nei prossimi capitoli. Ma non temete, a tutto c'è una spiegazione. E questo 'tutto' è nelle mani di Shannon... Ai prossimi!! :) Baci! Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 37
*** No More Drama ***


37.No More Drama
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

No More Drama


Los Angeles,
quel tardo pomeriggio...

Shannon aprì la porta.
"Oh! Eve!"
Una bella sorpresa? Di certo era qualcosa di inaspettato.
Lei non disse niente, semplicemente lo spinse indietro, chiudendosi la porta alle spalle continuando a fissarlo con un diavolo per capello.
Perché questa Evelyn era eccitante?
"Accidenti che sguardo felino, Eve." scherzò.
-Felino? Assassino vorrai dire.- pensò lei, frugando nella borsa.
"Cos'è questa?" chiese schiva, mostrando il sacchetto.
"Come sarebbe a dire 'cos'è questa'?"
"Che cos'è Shannon? Che stai facendo? Che gioco stai giocando??"
Lui cominciò a girovagare per il soggiorno, sicuramente in cerca delle sigarette.
"Non avevi perso l'altra? Volevo farti contenta."
"Oh, gran bel tentativo." incrociò le braccia Evelyn, "Peccato che io non ti abbia mai detto che la collana che ho perso era di perle, che aveva un brillantino sulla chiusura e che, guarda caso, era identica a questa."
Shannon accese la sigaretta.
"Andiamo, basta fare i bambini. Dov'è l'altra?"

I'm so tired, tired of all this drama...

"Ma che..."
"Basta giocare Shannon. Quando la stavo cercando tu devi averla vista prima di me, l'hai presa e hai messo in piedi questo teatrino. Avanti dammela."
"Io non ce l'ho Eve."
"Oh, sei proprio una continua sorpresa per me! Ora sei anche un bugiardo?"
Lui non rispose.
"Andiamo, lo che non lo sei Shannon, quindi ridammela. E facciamola finita."
Lui non si mosse; in piedi, dandole le spalle, di fronte alla vetrata che dava sulla terrazza. Ma Evelyn attese.
Shannon fumò tutta la sigaretta, non avendo dimenticato di avere i suoi occhi ancora puntati addosso.
Infilò una mano nella tasca dei pantaloni.
Evelyn pregò perché tirasse fuori qualunque cosa ma non la collana. Sperò fino all'ultimo di essersi sbagliata. Ma invece eccola lì, stretta nella sua mano, con le due estremità che oscillavano fra le sue dita.
Sospirò, delusa.
"Avrei preferito averla persa sul serio." disse, "Ma a quanto pare la fiducia è una lama a doppio taglio..."
"Prendilo come un atto di disperazione." ironizzò Shannon, non volendo affatto essere ironico.
"Ma perché sei così?" e gli strappò il gioiello di mano, "Non mi interessano i diamanti e altre sciocchezze Shannon. Questa per me ha un grande valore affettivo."
"Te l'ha regalata lui?" scherzò Shannon, non volendo affatto scherzare.
"Ma cosa cambia!? E anche se fosse? Non è questo quello che voglio. Cosa stai cercando di dimostrare?? O meglio, cosa stai cercando di dimostrare ancora?"
E le sigarette erano già tre.
Evelyn l'osservò amareggiata, seduto al bordo del divano con i gomiti appoggiati sulle ginoccia. Guardava nel vuoto con lo sguardo pieno di rabbia.
"Non è così che si ama." ruppe il silenzio lei andando dritta al punto, "Tu non sai come si ama. Se pensavi che cadessi ai tuoi piedi per questa, beh, sappi che sei un povero illuso."

'Cause I don't need boxes wrapped in strings, designer love and empty things.

Lui si limitò a soffiare via l'ennesima nuvola di fumo.
"Te lo ripeto, tu non sai come si ama, Shannon."
"E allora insegnamelo tu." si alzò piantandosi proprio di fronte a lei, con tutta la sua usuale prepotenza, "Sembri un'esperta in materia."
Continuava a prenderla in giro?
"Ma per favore..." si allontanò Evelyn, divertita e sconcertata.
"Posso sapere cosa devo fare purché tu, Evelyn..."
"No, no." l'interruppe, "Smettila di farmi sempre le stesse domande. Io... Io non ti amo o qualunque altra cosa tu voglia da me, non... non esiste. Scendi dalle nuvole e vedi di guardare in faccia la realtà. Perché non puoi sempre ottenere tutto quello che vuoi."
Shannon rise. Ormai, che altro poteva fare?
"Cos'è? Un plagio ai Rolling Stones? You can't always get what you want..." si mise a canticchiare.
"Quanto sei fastidioso. E comunque non cambiare discorso."
Shannon prese una sigaretta, un'altra, sedendosi di nuovo sul divano. Evelyn continuava a guardarlo studiando i suoi movimenti ed il suo sguardo, provando una certa tristezza. Perché aveva fatto una sciocchezza simile? L'ennesima di una lunga lista molto varia...
"Perché fai tutto questo?" chiese
osservandolo mente portava la sigaretta alla bocca.
"Questo cosa?"
"Questo" ripeté Evelyn con un gesto della mano, "Fumare, bere... E tutto il resto."
"Il resto?"
"Si. Insomma... Portarti a letto ogni ragazza che incontri. O quasi."
"Perché, mi chiedi?"
Si, perché non ci aveva pensato? Doveva esserci per forza un perché? Lui era Shannon Leto, per lui tutto era lecito. Lui faceva semplicemente tutto ciò che voleva. Quando voleva. Come voleva.
Odioso.
"Perché è una tortura. Ecco perché." e accese la sigaretta.
Ma Evelyn sembrò non capire.
"Che cosa è una tortura?"
Si voltò verso di lei, osservandola stupito e meravigliato da quella domanda di ovvia risposta. Lei non aggiunse altro e Shannon guardò di nuovo verso la terrazza.
"Sapere che l'unica donna che voglio avere non vuole me." rispose mascherando la tensione dietro una tranquillità apparente, come se stesse rispondendo ad una domanda completamente diversa ed assolutamente insignificante, per poi concentrarsi di nuovo sulla sua sigaretta, attraverso la quale stava cercando di scaricare il nervosismo.
Evelyn stessa non riuscì a capire se ciò che sentiva dopo aver ricevuto quella risposta fosse stupore o rabbia. In fondo, quella ormai non era una confessione.
"Hai cominciato a farlo molto prima." ribatté, "Molto prima che io e te ci conoscessimo."
Lui scosse la testa. Allora lo sapeva! E nonostante questo perché non doveva capire? Perché lei non doveva mai capire?
"Non puoi dire che sia colpa mia!!"
"Lo è in parte, Eve."
"Ma con tutte le donne che puoi avere, accidenti, perché devi..."
"La smetti di usare sempre questa sciocca susa??" si scagliò contro di lei, "Tu non sai cosa voglio e non sai cosa posso avere! E ti assicuro che tra le due cose c'è differenza, Eve. Molta, molta differenza."
Lei rimase a bocca aperta. Erano le stesse parole che le aveva detto Natalia.
Abbassò lo sguardò.
"Va bene. Tu cosa 'vuoi' Shannon?" gli chiese.
"Voglio andarmene." rispose brusco, avvicinandosi a lei.
"Ok, io non ti sto trattenendo."
"Con te, voglio andarmene."
"Ancora questa storia?? Oh, piantala prima che perda la pazienza." indietreggiò Evelyn.
"Non me ne frega niente della tua pazienza Eve. Come a te non è mai fregato della mia. E poi la pazienza è qualcosa che sto imparando ad odiare."
"Stai solo peggiorando la situazione Shannon, una volta ancora."
Ma lui purtroppo aveva un vago concetto di autocontrollo in certe circostanze. Basta, aveva sentito abbastanza.

"Dimmelo Eve. Cosa devo fare con te??" l'afferrò per le spalle, spingendola verso la parete bianca, "Cosa devo fare?"
Evelyn sentì il cuore pulsare sempre più forte nel petto. Cercò di scappare, ma Shannon sbatté i pugni contro il muro, impedendole di muovere un singolo passo. Era in trappola.

Your promises, they look like lies. Your honesty, like a back that hides a knife.

"Dimmelo cazzo, cosa devo fare?"
Lei non disse nulla, con gli occhi fissi nei suoi.
"Non hai idea di quanto ti voglio." le disse all'orecchio.
Evelyn chiuse gli occhi spingendosi sempre più verso la parete alle sue spalle, rabbrividendo mentre sentiva il suo respiro sul collo.
"Perché mi devi rendere tutto così difficile, Shannon?!"
"E perché tu mi devi rendere la vita un inferno?!"
"Tu stesso ti ostini a...!"
"No, sei tu quella. Dimmi cosa devo fare, e lo faccio. Qualunque cosa." ed avvicinò le labbra alle sue.
Ma Evelyn si voltò prima che potesse sfiorarla. C'era solo una cosa che poteva fare per lei.
"Lasciami andare."
"Cosa?"
"Lasciami andare."
Shannon sbigottito sospirò dovendo far fronte all'ulteriore frustrante sconfitta, cominciando inoltre a pentirsi della scomoda situazione che aveva creato. L'aveva spaventata. Tutto il contrario di ciò che era veramente intenzionato a fare. Perché si rendeva conto di aver oltrepassato il limite soltanto quando quella linea sottile era ormai troppo lontana, alle sue spalle, per tornare indietro?
Rilassò i muscoli, ritraendo le braccia e lasciando che scappasse via. Si lasciò cadere sul divano con la testa fra le mani, mentre sentiva la porta d'entrata sbattere.
Che senso aveva? Nessuno.
Perché l'aveva fatto?

Shannon non si fa, non si fa! :( L'ultima parte è -vagamente- ispirata a quella del video di 'Hurricane' fra Shannon e la ragazza bionda. Peccato che al contrario io mi diverta da matti a far perdere Leto senior...:) Ma abbiate fiducia in lui ;);) Il meglio deve ancora venire :D Al prossimo! Un bacio grandissimo! Flychick

Ritorna all'indice


Capitolo 38
*** It Started Like... ***


38.It Started Like...
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

It Started Like...

Los Angeles,

poco dopo...

Aveva guidato a tutta velocità fino a casa. Una volta in ascensore non aveva nemmeno avuto il coraggio di alzare lo sguardo sugli specchi, dato che non voleva vedere come a stento i suoi occhi trattenevano le lacrime.
Girò due volte la chiave nella serratura ed entrò, sperando che Natalia fosse proprio lì ad aspettarla; ma non appena aprì la porta si trovò davanti ben quattro persone.
Natalia. Sarah. Alexa. Valerie. Tutte quante proprio lì.
"Oh, Eve! Sei tornata." disse Natalia mentre versava il caffé nelle tazzine.
Lei scoppiò in lacrime, correndo ad abbracciare Sarah. Ma soltanto perché era la più vicina, voleva affogare quelle lacrime sulla prima spalla amichevole per nasconderle, perché Natalia era troppo lontana dall'altra parte della stanza.
"Oh, mio dio." esordì Sarah abbracciando Evelyn, "Ma che è successo?!"
"Io non so più che fare..." singhiozzò l'altra.
Natalia si avvicinò.
"Ma cosa vuole dimostrare?? Non so proprio più che fare con lui..."
"Ma cos'è successo??"
"E' impazzito. Nient'altro."
"Ma cosa ti ha fatto? Sei... Sei distrutta."
Evelyn alzò lo sguardo, asciugandosi le lacrime.
"Niente. Non è successo assolutamente niente."
-Niente di cui tu voglia parlare.- pensò Natalia.
Ma forse quel 'niente' era la verità
se lo si guardava da un certo punto di vista. Era stata proprio lei a impedire che qualcosa potesse accadere.
Evelyn si sedette accanto a Natalia cercando di tranquillizzarsi, sorseggiando il suo caffé.
"Come vi siete conosciuti?" ruppe il silenzio Alexa, che lavorava in negozio da due anni e perciò non poteva saperlo.
"Ehm, tasto dolente. Si, forse è meglio cambiare argomento." cercarono di rimediare Valerie e Natalia.
"No, no. Lo sapete tutte, lo può sapere anche lei.
L'ho conosciuto nell'estate del 2006. Miranda aveva dato una festa e oltre a loro c'era anche altra gente più o meno famosa. Per ogni servizio fotografico che facevano era sempre il negozio di Miranda a fornire gli abiti. E poi, Miranda è sempre stata innamorata di Jared lo sappiamo tutte."
"Hahaha, cara vecchia strega! Come darle torto?" esclamò Sarah, in tono decisamente affettivo.
"Mi sono allontanata per andare a prendere qualcosa da bere e... lui si è avvicinato."

"Hey."
Evelyn si voltò, tenendo il piccolo calice in mano.
"Hey..." rispose imbarazzata accennando un sorriso.
"Tu sei?" la guardò con evidente curiosità.
"Ehm, Evelyn. Jones. Evelyn Jones."
Lui annuì porgendole la mano destra.
"Shannon."

Lei la strinse.
"Lo so." gli sorrise di nuovo.

"Abbiamo passato tutta la serata insieme. Abbiamo parlato di diverse cose, fin quando le sue intenzioni non si sono dimostrate alquanto evidenti."
Evelyn sospirò.
"E quella è stata la prima delle migliaia di volte in cui gli ho detto che stava correndo troppo. Da quel momento lui mi ha sempre cercata ed a poco a poco abbiamo intrapreso una sorta di amicizia, che col tempo è diventata sempre più forte. E a me questo andava benissimo. Ma lui ha sempre avuto intenzioni diverse dalle mie. Ed ora eccomi qui."
"Ma se lui non fosse chi è, tu ci staresti?" osò Valerie, che come al solito non aveva peli sulla lingua.
Evelyn ora aveva ben quattro paia di occhi puntati su di sé.
"In che senso?"
"Se lui non fosse famoso."
"E' un'utopia Valerie, non sarà mai possibile. E' inutile che risponda." tagliò corto.
"Lo prendo come un si."
"Eve sono anni che ti aspetta, questo non ti dice niente?" le chiese Sarah.
"Si, che è un gran testardo."
"E?"
"E cosa? Dopo tutte quelle che si sarà portato a le..."
"E anche tu signorina!"
"Io? Che... che stai dicendo?"
"Allora... Il dj di quel locale a Beverly Hills tre anni fa. Il commesso del negozio di fianco a quello di Miranda due anni e mezzo fa. Il bagnino a Malibu pochi mesi dopo. Il cameriere a Long Beach l'anno scorso. Quel ragazzo di Bel Air..."
Evelyn si chiese se fosse proprio necessario stilare quella lista.
"E, dulcis in fundo, se dico reparto uomo in fondo a sinistra?"
Evidentemente imbarazzata la rossa abbassò lo sguardo sconfitta.
"Ok. Ok, Sarah. Hai vinto. Sei contenta?"
"Eve io ho avuto occasione di parlare con lui." cominciò Natalia.
Sarah incuriosita e probabilmente invidiosa si voltò verso di lei, facendo svolazzare la sua chioma bionda.
"Se tu stai cercando qualcosa, beh, quel qualcosa lui ce l'ha. Ha tanto da darti, Eve. Che tu lo creda o no."
"Tu che cosa cerchi in lei?"
"Qualcosa che credo di non aver mai avuto. Non ancora."
"Ma è ovvio Natalia." si intromise Sarah non volendo essere messa in secondo piano, "Altrimenti l'avrebbe lasciata perdere pensando un 'oh, peggio per lei e tanti saluti' ben cinque anni fa!"
"Cosa ne pensi Eve?" chiese infine Alexa.
Già, cosa ne pensava? Credevano che le loro parole le avrebbero fatto cambiare idea?
"Ragazze io lo trovo interessante, ma..."
"Interessante? Solo questo??" interruppe Sarah, zittita immediatamente dalle altre tre.
"Si, insomma, interessante. Ma non fa per me. E poi lo so com'è. Sarebbe tutta una sciocca favola credetemi, lo conosco."
"Se tu fossi solo una delle tante non si sarebbe ripresentato dopo il primo 'no', ti ripeto."
"Sarah, ad ogni modo per lui una vale l'altra."
"Non in questo caso, Eve."
"Oh, lui è soltanto una gran testa dura. Non sa accettare una sconfitta."
"Ma dico," cominciò Valerie, "è veramente questo ciò che ti ferma?! Non ti ha già ampiamente dimostrato che non è come credi tu?"
-Ma non è questo che la ferma.- pensò Natalia osservando ogni sguardo, ogni movimento della sua coinquilina.
Evelyn si alzò.
"Scusatemi ho un gran mal di testa. Vado a dormire." e si diresse verso la sua stanza lasciando le altre a bocca aperta; tutte tranne Natalia.
-Qualcosa ci dev'essere. E vorrei tanto sapere cos'è.-
Ed infatti non appena Sarah, Alexa e Valerie se ne andarono, bussò alla porta della stanza di Evelyn.
"Nat?"
Lei entrò. Evelyn era seduta sul letto, abbracciando il cuscino. Si sedette di fronte a lei.
"Tu hai paura di essere una delle tante? Oh, io non credo."
L'altra scosse la testa.
"Come immaginavo. E allora qual'è il punto?"
"Non so di cosa stai parlando."
"Lo sai eccome. Perché non ti fidi di lui? Non cerca una scappatella."
"Non è questo il punto Nat! E anche se lo fosse so come tenermi un uomo." fece spavalda.
"Oh certo, sei bravissima! Sai perfino tenerti un uomo che non vuoi."
"Ma perché dovete pensarla così?"
"Porque es asì." sottolineò Natalia. (*)
"No."
"Eve se tu fossi felice con Adam non sarei qui. Ma che cos'ha lui che Shannon non ha?"
"Sono diversi Nat, che domanda cretina."
"Perché porti avanti una storia che non ti rende felice?"
"Perché lui si accontenta Nat. E non è vero che non sono felice."
Natalia impiegò qualche istante per realizzare che, si, l'aveva detto. Una volta ancora. Perché doveva cercare di autoconvincersi che Shannon fosse il donnaiolo ed Adam quello giusto?
"Si accontenta?!"
"A lui basto io. Non fa domande. A lui va bene tutto così com'è."
"Si, com'è andato bene a tutti gli altri dell'elenco di Sarah. E cos'hai concluso con ognuno di loro? Niente. Solo pochi mesi di tira e molla. Del resto come stai facendo con Adam, no? Siete fidanzati? Chi lo sa. E tutto questo perché? Perché nessuna di queste storielle era quella giusta. E tu lo sapevi, non dire di no."
"E perché Shannon dovrebbe essere 'quella giusta'?"
"Perché lui si accontenta." la provocò Natalia, "Caspita Eve, ciò che vuole sei tu. Tu ed una dannata possibilità. Ti ha mai chiesto altro?"
Evelyn guardò da un'altra parte.
"Yo nunca te comprenderé. Ma che razza di ragionamento è 'si accontenta'?" (**)
"Nat, Shannon non fa per me."
"Ma di cos'hai paura Eve?"
"Di tante cose."
"Hai paura che venga a sapere qualcosa di te che potrebbe compromettervi?"
Evelyn sentì una fitta.
"Ma... ma che dici?! No! E poi perché dobbiamo parlare come se tra me e lui ci fosse una relazione?!"
"Eppure con tutti gli altri non ti sei mai esposta tanto. Quando cominciavano a fare troppe domande improvvisamente li lasciavi, ti stancavi. E Adam? Quando comincerà a voler sapere qualcosa di più su di te, cosa farai?"
"Quel momento non è ancora arrivato. E spero per lui che non arrivi mai." e si alzò dal letto, uscendo dalla stanza.
"Per lui hai detto. Non per noi."
Evelyn si voltò indietro.
"Si, per lui."

Hey ^.^ Lo so, lo so, Evelyn continua ad essere molto strana. Tranquille, la soluzione a questo arcano silenzio da parte di Eve è sempre più vicina. Al prossimo! Baci!! Flychick.
(*) Perché è così.
(**) Io non ti capirò mai.

Ritorna all'indice


Capitolo 39
*** Secrets Sold ***


39.Secrets Sold
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Secrets Sold

Los Angeles,

il giorno dopo...

"Dov'è Evelyn?!" si guardò attorno Miranda.
"Mi dispiace capo, ma per oggi dovremo fare senza Eve." rispose Adam.
Natalia non aprì bocca.
"Ha l'influenza." continuò il ragazzo.
-Una balla semplice ed efficace, Eve. Complimenti.- pensò sarcastica la messicana, che era l'unica fra quelle quattro mura a sapere la verità.
"Accidenti proprio alla vigilia della vigilia di Natale deve ammalarsi?? Quando c'è la corsa ai regali ed io ho assoluto bisogno di qualcuno che sappia mandare avanti questo negozio?? Alexa!"
"Si, Miranda?"
"Fammi un caffé", disse portandosi la mano alla fronte, "Senza zucchero."
"Subito!"
"Sarah?"
"Si?"
"Stai tu al posto di Evelyn. Della cassa mi occupo io."
"Ok, Miranda."
Non appena Valerie tolse la chiave dalla serratura aprendo la porta del negozio una grande folla occupò tutto quanto il locale. Sarah, Natalia ed Alexa correvano per tutta l'area del reparto donna, Brandon faceva lo stesso per il reparto uomo. Miranda, Valerie e Adam dietro il bancone della cassa avevano messo in atto una sorta di catena di montaggio per essere il più veloci possibile.
"Grazie, arrivederci. Buone feste!" disse Natalia, aprendo la porta per far uscire un gruppetto di ragazze.
Ma quando la lasciò non sentì il rumore dello scacciapensieri dietro di sé. La porta era rimasta aperta. Si voltò; qualcuno doveva essere entrato.
Adam alzò lo sguardo, inspirando cercando di far finta di nulla.
Shannon.
-¡Oh, madre mía!- si allarmò Natalia, voltandosi ora verso uno ed ora verso l'altro, -
¡Oh, madre mía, tengo que hacer algo! ¡Los dos se van a pegar!- (*)
Si fece spazio fra la gente piantandosi proprio davanti a Shannon, il quale si tolse gli occhiali da sole.
"Ehm... Ciao Shannon!" cercò di distrarlo da un altro eventuale scambio di sguardi in cagnesco col suo rivale.
"Hey." rispose lui.
"Tesoro credo che tu abbia sbagliato giorno. Lei non c'è."
"Hai due minuti?" le chiese mettendo le mani in tasca.
"
¡Claro que sì!" e si misero in un angolo tranquillo. (**)
"Ehm... Lei... Lei ti ha detto qualcosa?"
"No." incrociò le braccia Natalia notando il disagio di Shannon, "O meglio, quando gliel'ho chiesto mi ha dato sempre la solita risposta."
Lui nel totale imbarazzo era veramente qualcosa di singolare; ma per Natalia ciò era abbastanza semplice da decifrare. E quel 'niente' di Evelyn confermava la sua teoria. Non era successo niente di cui lei avrebbe voluto parlare.
"Sono stato un idiota."
"Ma si può sapere cos'è successo?!"
Scosse la testa, cercando di darle una risposta sensata. Peccato che nulla di ciò che era successo aveva avuto senso. Non aveva infatti portato a nulla di buono.
"Niente." disse, alzando le spalle; non sapendo definire il tutto in un altro modo.
"Sai, non hai idea di quanto tu e lei vi somigliate in certi casi." ironizzò Natalia dopo quella risposta.
"Niente." ripeté lui, "Ed è per questo che sono un idiota. Sono stato talmente idiota da seguire l'istinto e da non concludere... niente. Come sempre. Da cinque anni a questa parte."
"Secondo entrambi non è successo 'niente'. Eppure lei è distrutta, chiusa nella sua stanza, e tu sei qui ad autoflagellarti."
Ma nemmeno questa volta Shannon volle aggiungere dettagli.
"Cos'avresti fatto se lei fosse stata qui?"
"Non me lo chiedere, avrei fatto un'altra cazzata. Non so quale ma ormai ne sono sicuro."
Natalia ridacchiò.
"Ti confesso che è molto strana ultimamente. E' nervosa, sta quasi sempre sulle sue. Anche quando siamo a casa soltanto io e lei. Non dice mai niente. Credo che tu abbia scombussolato abbastanza la sua testolina bacata. E non soltanto da ieri sera."
Shannon la schernì.
"Probabilmente non l'ho 'scombussolata' nel modo giusto."
"No, secondo me sei sulla buona strada invece. Devi solo avere pazienza."
"Quanto odio questa parola."
"Hahaha! Lo credo."
"Io non la capisco. Le chiedo di uscire, almeno per essere faccia a faccia soltanto io e lei; e lei rifiuta. Cerco di dirle una parola carina e lei mi ride in faccia. Non appena abbiamo un attimo di stop vado da lei e me ne ritorno a Studio City sempre e comunque a mani vuote. Evelyn. Dannato mezzo maschiaccio."
Natalia rise.
"Maschiaccio?! Ma stai scherzando?! Parliamo della stessa Evelyn?! Hai mai visto cosa c'è nel secondo cassetto a destra del suo armadio?! Ti verrebbe da dire '¡Ay mami, qué rica !'." (***)
"Non ho idea di che cosa voglia dire, ma qualunque cosa sia vorrei tanto che mi avesse dato anche solo un'occasione per dirla." ironizzò Shannon.
"No, no, Emily è un maschiaccio. Evelyn invece fa soltanto finta di essere una brava ragazza nascondendosi dietro quel viso d'angelo dal cuore di pietra."
"Eppure qualcuno è riuscito a scolpirla per bene quella pietra..." e si voltò verso Adam, ribollendo d'ira e soprattutto d'invidia.
"No. Affatto. Lei stessa continua a dire di essere felice. Ma non lo è. Da quando si frequentano è sempre peggio."
"In che senso?"
Natalia sospirò. Quante cose avrebbe potuto dirgli.
"Si ostina a portare avanti una storia che è nata come una banalissima attrazione. E' una storia che non ha futuro, prima o poi dovrà rendersene contro. Continua a dire che questa volta è diverso, che è felice. Ma mente, ne sono sicura. Perché non sarebbe la prima volta..."
Questo retroscena di Evelyn lo sorprese.
"Ma perché lo fa?"
Natalia aprì le braccia.
"Speravo lo potessi dire tu a me." e salutandolo con un sorrisetto piuttosto triste si diresse di nuovo verso la massa di persone al centro del negozio.
Shannon mise in moto il cervello.
"Hey, hai detto 'cassetto'?"
"Ehm... si?" fece Natalia, chiedendosi il perché di quella domanda.
"Ma cosa c'è in quel cassetto?"
"Hahaha!" rise, "Non posso dire altro. E' un secreto."
-Un segreto, eh? Interessante.-
Natalia forse parlava troppo? E soprattutto sottovalutava Shannon? Perché gli aveva appena offerto su un piatto d'argento una nuova sfida con sé stesso. Forse, la chiave che l'avrebbe aiutato a risolvere quell'enigma.
"Beh, ci vediamo Natalia." ed uscì.

(*) Oh, mamma mia, devo fare qualcosa! Questi due si menano!
(**) Certo che si!
(***) Caspita, è bellissima!
Al prossimo!! Bacissimi! Flychick :)

Ritorna all'indice


Capitolo 40
*** Ain't It Funny? ***


40.Ain't It Funny?
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Ain't It Funny?

Los Angeles,

poco dopo...

Shannon chiuse la porta pensieroso.
"Accidenti che brutta faccia." si fece avanti Jared, uscendo dalla cucina sgranocchiando una carota e tenendo un piattino pieno di verdure fresche nell'altra mano.
"E' forse successo qualcosa con Evelyn?" insinuò.
"Senti Bugs Bunny, non ti ci mettere anche tu." ribatté l'altro, nonostante fosse ormai abituato all'ironia del fratello.
Jared fece spallucce.
"Come immaginavo." e si sedette sul divano, seguito da Shannon.
"Secondo me mi sta solo mettendo alla prova."

God knows what is hiding behind the tears, inside the lies...


"No, secondo me no." contestò Jared.
"Oh, grazie Jay!"
"Shannon? Facciamo un discorso tra fratello e fratello." e posò il piattino sul tavolino.
-Ci risiamo...-
"Negli ultimi cinque anni siamo cambiati. Tutti. E sono cambiate tante cose."
Shannon annuì, cercando di mostrare un minimo d'interesse; perché ormai di parole ne aveva sentite troppe. Da tutti.
"Tu stesso sei cambiato molto. E guarda caso è da quando conosci Evelyn che sei così. O meglio, che hai fatto il possibile per diventare così."
Shannon alzò un sopracciglio, piuttosto confuso; chiedendosi se fosse veramente serio.
"Così come?"
"Beh," lo squadrò Jared, "Ad esempio prima eri... Ehm... Eri..."
"Ero?!" fece impaziente l'altro.
"Eri più grasso. E con una massa muscolare pari ad un terzo di quella che hai ora."
Shannon sgranò gli occhi, abbassando automaticamente lo sguardo sul suo corpo.
"Grasso?!"
"Si, si, lo eri."
L'altro sospirò, non credendolo. Ormai le fissazioni di suo fratello le conosceva a memoria.
"E guarda quella ragazza cos'ha combinato, ti ha letteralmente stravolto."
"Ma per favore..."
"Continua a negare."
"Grasso, io?!"
"Decisamente."
"Hai una bella faccia tosta!!"
"Questioni di copione, le mie!" ribatté Jared, ritornando a concentrarsi sulle sue carote ed accennando al suo fisico ora esile.
Shannon, pensieroso ed imbronciato come un bambino, non poté fare a meno di toccarsi gli addominali cercando di non farsi notare dal fratello, sperando di sentirli ancora sodi e scolpiti.
Discussione apparentemente finita. Un silenzio imbarazzante nell'aria, a parte Jared che continuava a masticare.
"Sul serio?" avanzò Shannon.
"Cosa?"
"Sul serio ero...grasso?"
"Si."
"Sul serio?"
"Si, Shannon!"
Ammettiamolo, Jared adorava punzecchiare suo fratello.
"Ma non è del tuo girovita che stavamo parlando. Avanti, se ti dico 'Evelyn', cosa ti viene in mente?"
Si rese conto della domanda rischiosa soltanto dopo averla pronunciata.
"Non lo so Jay. Accidenti è..."
Scosse la testa pensando se esistesse un solo aggettivo per riassumerla, che comprendesse tutti i suoi pregi e difetti; tutte quelle caratteristiche che nel complesso formavano la persona che era.
"E' perfetta."
"Perfetta." ripeté Jared.
"Si, è... Non saprei, non credo di aver mai conosciuto qualcuno come lei."
L'altro analizzò parola per parola.
"Mmm. Sai, credo che l'unica cosa che tu abbia mai definito 'perfetta' oltre ad Evelyn proprio adesso sia stata la batteria. E soprattutto, non avrei mai creduto che un giorno ti avrei sentito balbettare per una donna."
"Lei non è 'una' donna, Jared." avanzò Shannon, "Cazzo, lei è... Lei è Eve! E non so cosa farei per averla."

"O meglio, non sai più cosa fare per averla."
Bingo. Come sempre il sarcasmo di Jared arrivava sempre dritto al punto.

I can't explain, her love got me in chains, maybe I love her more than I love myself.

"Non lo so, non la capisco. Perché mi rifiuta? Potrei darle qualsiasi cosa."
"E queste domande ti vengono in mente soltanto adesso??"
"Sono anni che mi ripeto che sarebbe felice con me."
"E' perché non sai quello che vuole. O forse perché ti sei scopato troppe ragazze di Los Angeles. Le voci girano, tutti conoscono tutti, e lo sai come sono le ragazze..."
Shannon lasciò perdere la provocazione.
"Lei no, a questo punto no."
"Me ne sono accorto."
"Va bene Jared, lo sappiamo entrambi quanto ti piace sentirti dire 'Jay, dimmi cosa devo fare'."
Jared si alzò dal divano.
"Anche se fosse non te lo dirò. Sarebbe disonesto."
"Ma che stai dicendo??" lo guardò dall'alto in basso Shannon, "Si può sapere cosa ci hai messo in quelle carote!?"
"Tu la vuoi?" si voltò Jared.
"Si."
"La vuoi sul serio?"
"Si, cazzo!"
"E allora vedi di muovere il culo! Perché quello che fai evidentemente non basta."
"Ah, al diavolo!" e guardò da un'altra parte, stravaccandosi contro lo schienale del divano.
"Sul serio Shannon, non getterai la spugna!? Non è da te."
"Mai. Ma sai, la fantasia comincia ad abbandonarmi. Dopo anni."
"Tu precisamente per cosa la vuoi?"
Ma perchè diamine gli facevano tutti questa domanda?! Perché doveva tutto avere uno scopo? Perché non poteva semplicemente essere così e basta?
"Per cosa?! 'Per', Jared?!"
"Le opzioni sono due. Per un'avventura, per una relazione. Questo intendevo."
"Non lo so, so che voglio lei. Senza fare programmi. Senza regole."
"Ecco, forse è proprio questo ciò che la spaventa. La regola del 'non ci sono regole'."
Shannon sospirò.
"Non può essere solo questo." scosse la testa, ricordando le parole di Natalia.
"Allora devi scoprire cosa la trattiene."
"In un qualche modo lo so già, accidenti..."
Quel ragazzo? Adam?
Ma se Natalia diceva la verità allora non era questa la ragione.
"Ma oltre a questo ho pochissimi altri indizi."
Un cassetto? Qualcosa in un cassetto? Un segreto? Qualcosa che lui ancora non sapeva di lei?
"Vuole renderti il gioco interessante." commentò Jared.
Shannon attese la battuta dietro quella finta consolazione.
"Oppure la vita impossibile. Io opto per la seconda."
Accontentato.
Suonò il campanello. Jared andò ad aprire.
Era Tomo. Anche lui come Jared cominciò a ridere e scherzare su Shannon, che fra un amichevole pugno sul bicipite ed una pacca sulla schiena cercava di tirare le labbra in un sorriso. Ormai la sua burrascosa avventura alla conquista di Evelyn era diventata argomento di discussione piuttosto frequente fra i tre, ma ragione di divertimento soltanto per due; i quali oltre a schernirlo, cercavano soprattutto di dargli una sorta di incoraggiamento non prendendo le cose troppo sul serio. Shannon non era il tipo da rinunciare, lo sapevano entrambi, e Jared era convinto che pochi si sarebbero addentrati in un'impresa come la sua dato il caratterino di Evelyn. Probabilmente nemmeno lui stesso l'avrebbe fatto. Anzi, quasi sicuramente avrebbe lasciato perdere.
In un qualche modo lo ammirava. Per lui Shannon era sempre stato un esempio; anzi, l'esempio. Quello da seguire, quello da ascoltare, quello per cui valeva la pena tentare. In ogni cosa. Nella musica soprattutto, ma a volte anche nella vita. Si sa, il fratello maggiore ha sempre qualcosa da insegnare a quello minore; ma in questo caso forse le cose andavano capovolte, ed ora era Shannon ad avere in un certo senso bisogno di lui. L'importante era che credesse che lui non avrebbe mosso un dito...

:) Al prossimo!! Baci, Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 41
*** Sheer Chance? ***


41.Sheer Chance?
.
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Sheer Chance?

Los Angeles,
quel tardo pomeriggio...

L'Apple Store. L'unico posto in cui Evelyn era sicura di trovare un regalo di Natale utile per Natalia.
"Cosa stiamo cercando?" chiese Emily alla sorella.
"Mmm...", guardò lungo il reparto Evelyn, "Credo che un I-Pod possa andare bene. Il suo è finito nella lavatrice quest'estate. Ma credo che il lutto per questa perdita sia ormai terminato, dati gli occhi dolci con cui guarda il mio ultimamente."
"Ok. E per Adam?"
"Ehm... Non ci ho ancora pensato." ed accelerò il passo.
"Tesoro Natale è dopodomani, ti conviene pensare in fretta."
"Intanto pensiamo a Natalia."
"Ah, ti dispiace se intanto che scegli io vado a dare uno sguardo laggiù in fondo? Ho visto un MacBook niente male. Sai com'è, io, al mio uomo ci penso." ironizzò Emily.
"Povero Edward. Sempre a piroettare in quella zucca vuota."
"Accipicchia Eve, pane e limone a colazione?" rise Emily.
"Coraggio, vai!" le diede una spinta, "Prima che il pensiero ti passi." sorrise fra sé e sé.
"Ti ho sentita!"
Evelyn cominciò a passeggiare lungo i vari reparti, cercando di scegliere quale tra i tantissimi modelli sarebbe potuto piacere di più alla sua migliore amica. Ma troppo impegnata a guardare gli espositori andò a sbattere contro qualcuno.
"Oh, mi scusi sign.."
Focalizzò bene il soggetto. Ed i suoi occhi in particolare.
"Santissimi numi..."
Perché le sorrideva?
"Togliti quella faccia Shannon. Sono ancora arrabbiata con te per quello che hai fatto."
"Lo immaginavo."
Lei non rispose, cercando di non guardarlo.
"Stamattina non ti ho trovata in negozio. Ma ti ho trovata ora qui..." si mise le mani in tasca, dicendo la prima cosa che gli era passata per la testa.
"Si chiama puro caso, Shannon. Puro. Caso."
"Io non credo nel caso. Non so quante altre volte devo avertelo detto."
Evelyn andò dritta al punto.
"Senti, mi dispiace se non sono come vorresti. Mi dispiace. Ma..."
Lui scosse la testa.
"'No' cosa?"
"Tu non devi essere come io ti voglio. Tu devi essere come sei sempre stata. E' per questo che sei assolutamente interessante. E che ti ammiro. E che darei qualunque cosa purché tu..."
Ma Shannon non poté terminare la frase.
"Eve ho già... Oh, caspita."
Emily.
Si voltarono entrambi verso di lei.
"Ehm..." accennò Evelyn cercando una scusa, "Ehm..."
"O-ok. Vado, vado a dare uno sguardo anche agli I-Pad, che si trovano esattamente dall'altra parte di questo negozio. Io... Io, ehm. Ok, vado." ed Emily sparì.
-Fantastico.- pensò Evelyn, -Sempre nei momenti più opportuni.-
"Allora, come passerai il Natale?" chiese a Shannon, per cercare di dimenticare l'imbarazzo appena provato.
"Con la mia famiglia. Ma credo che oltre a questo non ci sarà niente di speciale. Del resto, come da cinque anni a questa parte."
"Oh, smettila..."
"Sai, tu sei come la mia batteria, Eve."
"Oh, ti ringrazio! Sul serio, è una soddisfazione enorme essere paragonata a qualcosa che non fai altro che colpire e bacchettare."
"Era una metafora, accidenti."
"Ok, lo so! Scusami tanto!"
"Tu sei proprio come lei. Lei è fantastica. Forse la cosa che più amo a questo mondo. Ma a lei basta essere sfiorata."
Evelyn sospirò, cercando di non mostrare interesse.
"A lei basta che io la suoni. Che la prenda a bacchettate. Oppure che l'accarezzi. E lei a modo suo mi risponde sempre. Ma tu," e scosse la testa, "non so proprio più come prenderti."
"Si. Si me ne sono accorta. Purtroppo." gli rispose Evelyn con chiara tristezza, "Ed è meglio così. Credimi."
Shannon continuava a guardarla. Osservando ogni suo piccolo particolare.
"Che cosa cerchi tu?"
Evelyn non sembrò afferrare il senso della domanda.
"Che cosa cerchi che io non posso darti?"
La domanda diretta; senza alcuna traccia di superbia. Le parole che aveva sempre sperato di non sentire; dalle sue labbra a maggior ragione. Continuò a guardare da un'altra parte.
"Non sei tu. Sono io." disse con un filo di voce.
"Che cos'hai detto?"
"Niente. Non ho detto niente. Chiuso l'argomento, Shannon."
"Perché non ti fidi di me?"
"Io mi fidavo di te. Mi fidavo. Ma la fiducia è una lama a doppio taglio. Mi pare di avertelo già detto."
"Tu credi soltanto di sapere come sono."
-Lo stesso vale per te, Shannon. Quanto mi dispiace ammetterlo.-
"Serate, ragazze, avventure... Ha tutto sempre solo fatto parte del gioco."

'Cause you see me in the video, hear me on the radio, thinking you know everything about me.

"Ma sai come si dice, il gioco è bello quando è corto. O quando non ti trovi davanti ad un'altra nuova grande sfida; e credi che quella possa essere la sfida con la esse maiuscola. O almeno, questo è ciò che ti trasmette l'obiettivo in questione; che è proprio lì, quasi fatto su misura per te. Unico nel suo genere."
Evelyn abbassò lo sguardo.
"Tu cosa cerchi, Eve?" chiese di nuovo.
"Qualcosa che non ha diritto di cittadinanza in te, qui dentro." e puntò al suo cuore, "Ecco cosa. Ora, argomento chiuso sul serio."
"Non ce l'ha perché nessuna ha mai avuto un passaporto valido." ribatté Shannon.
"E cosa ti fa pensare che io ce l'abbia? Se è mai questo che intendi dire."
"Tu ce l'hai e basta. Tu hai tutto Eve. Hai carattere. Hai i piedi per terra. E sei meravigliosa."
Ma, perché sentiva caldo?
Perché le punte delle dita cominciavano a pizzicarle?
E cos'era quel peso sul cuore?
Perché qualcosa le continuava a martellare in testa?
"Sai Eve, ho sempre pensato che il rosso ti donasse."
"Ah si?"
"Si. Quei capelli sono una sorta di avvertimento."
"Stop, semaforo rosso?"
"No." la contraddisse, "Fiamme."

There is a fire inside of this heart and a riot about to explode into flames.

"Cosa credi di ottenere, Shannon?"
"Niente. Non ha mai funzionato, non funzionerà ora. Ma lo sai come sono. Non mi darò mai per vinto, bimba. Sappi soltanto questo."
"Sono bellissime parole, Shannon." gli confessò, "Credo che nessuno mi abbia mai dato una tale considerazione. E' inutile che te lo nasconda."
Shannon aspettava il 'ma'. Quella condizione che ancora non aveva afferrato appieno, quell'ostacolo, quel dettaglio che aveva a lungo cercato di scoprire.
"Ma lascia perdere. Non ne vale la pena."
Una risposta che non gli bastava più, ora che sapeva che sicuramente nascondeva qualcosa di ben più sostanzioso. E di certo non era quel damerino mingherlino e tatuato fino al midollo che le ronzava intorno.
"Eve c'è qualcosa che devi dirmi?" chiese di punto in bianco.
Lei sembrò piuttosto confusa, spiazzata da questa ulteriore domanda impulsiva.
"Ma, di che stai parlando?"
"Chiedevo soltanto."
Ok. Non ne voleva parlare? Lui sapeva già cosa fare. Cosa cercare. Dove cercare. Quella domanda voleva essere una sorta di ultimatum. Un ultimatum al silenzio che lei continuava a mantenere.
"Bene." disse Evelyn, "Ti faccio tanti auguri di buon Natale. A te, a tuo fratello, a tutta la tua famiglia. Ora devo andare. Ciao Shannon." e si allontanò.
Lui la lasciò andare senza dire una sola parola. Stava già pensando a cosa fare. Ma questa volta era diverso, doveva esserlo per forza. Questa volta aveva un indizio. Ed aveva avuto un enorme ed inaspettato aiuto. E forse avrebbe potuto usufruirne ancora...
Evelyn raggiunse sua sorella, afferrandole il braccio e trascinandola verso l'uscita del negozio.
"Ti prego non dire una parola. Neanche. Una. Parola."
"No, no, no, spiegami un pò?! Che sta succedendo qui?"
"Niente. Semplicemente vuole rendermi la vita impossibile. E ci sta riuscendo. Accidenti, se ci sta riuscendo..."
"Che intendi dire?"
"Lascia perdere. Possiamo andare ora?"
"Ma... l'I-Pod per Natalia?"
"C'è un altro Apple Store ad esattamente un miglio da qui. Muoviti."

Ciao ragazze e ragazzi miei :) Sheer chance significa... puro caso. :) 'La fiducia è una lama a doppio taglio' non è una frase scritta di mio pugno, è una citazione di 'Merlin'. Non seguo la serie, ho trovato la citazione su internet e mi è piaciuta. Quindi, i diritti vanno agli autori della serie! Io sono solo una mera 'sfruttatrice' ;)
Baci! Al prossimo! Flychick :)

Ritorna all'indice


Capitolo 42
*** Back & Forth ***


42.Back & Forth
.
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Back & Forth

Los Angeles,
la notte di Natale...

"Il che non mi piace affatto!" protestò Evelyn bendata.
"Vedrai che ti piacerà eccome!"
Natalia la stava spingendo verso l'albero di Natale.
"Ok, adesso ferma. Non muoverti! Ti stai muovendo?!"
"Non mi muovo, sta tranquilla!"
"Ferma, aspetta ancora un attimo... Ok! Ora puoi toglierti la benda."
Evelyn sollevò il tessuto.
"¡He aquí!" e Natalia saltellando di gioia le mise sotto il naso un pacchettino argentato. (*)
"Wow! Grazie Nat!" e l'abbracciò.
"Apri, apri, apri!"
Evelyn staccò il fiocco e strappò la carta. Sulla scatolina arancione, che aveva l'aria di essere piuttosto vecchia, c'era una 'H'.
"No! Ma..." fece sorpresa.
Natalia annuì sorridendo, confermando che il suo presentimento era giusto.
"Oh, santi numi!"
"Foulard di seta blu di Hermès del 1956, ragazza. Il tuo colore preferito."
"Nat, ma dove l'hai trovato?!?"
"Avere Miranda per amica spesso è utile." e le fece l'occhiolino.
"Grazie!! Accidenti, sono senza parole! Mi piace moltissimo!! Caspita che sorpresa! Ma anch'io ho un regalo per te, signorina. Però lo devi cercare."
"In che senso?"
"E' nella tua stanza. Hai due minuti. Altrimenti me lo tengo io."
"Non vale!" e Natalia letteralmente si fiondò nella sua camera, buttando all'aria ogni cosa.
Evelyn la raggiunse.
"Un minuto e mezzo."
"Smettila! Mi metti ansia! 
¿Donde está?" (**)
Natalia aprì ogni cassetto, guardò in ogni angolo.
"Un minuto."
Guardò sotto il letto, nell'armadio.
"Trenta secondi Nat!"
Sollevò il cuscino e finalmente lo trovò. Studiò le dimensioni ed il peso della scatola, scuotendola per sentirne il rumore.
"E' quello che penso?" chiese ad Evelyn, col sorriso sulle labbra.
L'altra sollevò le spalle, fingendo di non sapere.
"Può essere. Leggi il biglietto prima."
"Buon Natale alla migliore amica che io possa mai avere. Baci. Eve. P.S.- ti ricordo che anche se non è specificato sulle istruzioni ciò che c'è in questa scatola non si lava in lavatrice."
"Spero che sia ben chiaro ora!"
"Come l'acqua! Grazie!!"
"Di niente. Sono contenta che ti piaccia." e si sedette di fronte a lei.
"Ah, io domani sera sarò a Montebello dai miei. Spero non ti dispiaccia..."
"No, ma figurati! Io andrò in giro per Beverly Hills con Adam. Dev'essere bella illuminata."
Natalia improvvisamente ripensò a quando Evelyn era rientrata in lacrime pochi giorni prima, dopo chissà quale disputa con Shannon. Posò la scatola sulla coperta.
"Non ci credo che lo trovi solo 'interessante' come hai detto alle altre."
Evelyn realizzò che il soggetto in questione era improvvisamente cambiato. Insomma, al tasto dolente Natalia aveva preferito il coltello nella piaga; e per Evelyn il ragionamento era sempre lo stesso. Parlare o tacere?
Parlare. Perché non si fidava di nessuno come si fidava di Natalia.
Ma ad ogni modo tacere. Lasciare le cose a metà. Dosare accuratamente la quantità di parole e di verità. Perché così era meglio.
"Non lo so, è che in questi anni è stato in tour due volte. E quindi era tutto facile.", Evelyn sollevò le spalle, "Lui non c'era. Io non avevo bisogno di lui. Tutto regolare. Era facile stare al mio posto."
Natalia vide la sincerità nei suoi occhi. Finalmente un minimo squarcio di sincerità.
"Ma ora questo tour è concluso e non hanno nessun altro giro per il mondo in programma per il prossimo anno e mezzo. Così mi ha detto Shannon. E... sono preoccupata. Non ci sono scuse questa volta. I chilometri erano una garanzia. Ed il tempo che passava una speranza; che poi però ho capito di dover lasciare. Ma questa è un'altra storia."

There's just too much that time cannot erase..
.

Natalia ascoltava zitta.
"Non lo so Nat, non so dirti cosa succederà. Te l'ho già detto un centinaio di volte. Lui è imprevedibile."
Natalia annuì mordendosi le labbra.
"E Adam?"
Evelyn tirò un respiro profondo.
"Ecco, speravo che non me lo chiedessi in realtà. Non so risponderti nemmeno questa volta."
"Perché ti ostini a stare con lui?"
"Non mi ostino! Sono sicura che è meglio che io stia con lui che con Shannon."
"Ma perché?!"
Stop. Aveva raggiunto il limite. Non un'altra parola.
Mai esporsi fino a questo punto. Mai.
"E' per quello che c'è nel tuo cassetto?" osò Natalia.
Evelyn sentì il cuore esploderle nel petto.
"Lo è in parte."
"Accidenti Eve, da quando è un reato realizzare un sogno?!"
"Da quando mio padre mi ha buttata fuori di casa per questo, forse?"
"Non ti ha buttata fuori di casa. Tu avevi già la tua vita, l'università, un lavoro qui a Los Angeles."
"Beh, l'intenzione era quella."
"Non saresti più tornata a Fresno comunque. Me l'hai sempre detto."
"Si è vero."
"Quello che non capisco è il perché. C'è dell'altro?"
"Perché è così Nat."
"Shannon non avrebbe nulla in contrario se vedesse..."
"Perché continui a fare queste ipotesi?!"
"Scusa!"
"Shannon non fa per me Nat. Mettitelo bene in testa."
Natalia si chiese se dietro quelle parole ci fosse rassegnazione. Perché lei l'aveva percepita.
"Ma come fai a saperlo?! Centesima volta che te lo chiedo."
"Lo so e basta."
La messicana sospirò sconfitta, continuando a scrutare Evelyn in ogni suo piccolo movimento per cercare di capire ciò che lei non voleva comunicarle con le parole. Era difficile estrapolarle la verità, ma quel guscio dentro al quale si era sempre rinchiusa si sgretolava sempre più. Pezzettino per pezzettino. Purtroppo però ogni piccolo frammento dava origine ad un nuovo punto interrogativo, ad un nuovo mistero, a nuove ambiguità. E si ritornava al punto di partenza.
"Ok, dai... Ora non pensiamoci più. Anzi, pensa al fatto che fra due giorni torniamo a lavorare." fece Natalia.
"Oh, non farmi pensare alle pazze idee di Miranda."
"Ah, a proposito. Ho una notizia per te. L'altro ieri Miranda ha annunciato che aprirà un altro negozio."
"Sul serio?!"
"Si, gli affari vanno bene e ha trovato un monolocale in vendita a pochi passi dal negozio, dall'altra parte della strada."
"Fantastico."
Ma la parte interessante doveva ancora venire.
"E... trasferirà lì il reparto uomo."
Evelyn aprì bene le orecchie. A Natalia parve una reazione analoga a quella di Sarah quando veniva a conoscenza del pettegolezzo del momento. Lo shock iniziale, ma poi...
Era triste? Felice? Indifferente?
"Adam non era del tutto felice." aggiunse per provocarla, "Ha cominciato ad essere piuttosto nervoso dopo aver ricevuto la notizia."
Evelyn si limitò ad annuire.
-Come previsto.- pensò l'altra, -Niente piangistei, niente domande.-
Soltanto un approvante prevedibile silenzio.

Lo so. Lo so. Ci sono in ballo un saco di punti di domanda, ad esempio le idee balzane di Jared, Evelyn che non sa che Natalia ha parlato troppo con Shannon, e... il cassetto. :):) Giuro che questo è l'ultimo capitolo di 'transizione' -erano necessari questi capitoli!-.
Non preoccupatevi. L'uragano Leto sta per arrivare...
PS - Mentre Eve e Nat parlano ci sono infatti due (o tre, perché no!) cervelli che lavorano, ognuno a suo modo. ;)
(*) Voilà!
(**) Dov'è?
Bacioni! Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 43
*** Santa Claus ***


43.Santa Claus
.
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Santa Claus

Los Angeles,
due giorni dopo...

Che Natale nauseantemente insulso e smielato. Terribile. Assolutamente terribile. Quale migliore definizione? Le quarantotto ore infernali che aveva appena passato le scorrevano davanti agli occhi continuamente. Cercava in ogni modo di scacciare la passeggiata con Adam per Beverly Hills, appiccicata al suo braccio. I fuochi d'artificio con la sua mano attorno alla vita che, come al solito, scendeva sempre troppo. Ma soprattutto si sforzava di rimuovere la notte passata con lui. Giurò a sé stessa che sarebbe stata l'ultima.
Le ginocchia tremanti ogni volta che le passava davanti, i brividi quando la sfiorava, l'ultimo sorriso sincero che lei gli aveva rivolto erano soltanto ricordi lontani. Era tutto svanito. E questo perché Adam stava bussando ad una porta che lei non aveva alcuna intenzione di aprire. A nessuno.
Troppe domande, troppa curiosità. E lei stava decisamente per esplodere. L'idea di troncare con Adam cominciava a farsi sempre più spazio nella sua mente e nel suo cuore. Ormai, come tutti gli altri, era arrivato anche lui al suo traguardo. Fine. Non aveva più niente da condividere con lui.
"Chiudi tu Evelyn?"
-Si, forse dovrei.- pensò.
"Si, si Sarah. Non preoccuparti." rispose, mentre l'altra stava per uscire dal negozio.
Una volta sola riordinò le carte che Miranda lasciava sempre in giro per tutta la sala e, come quest'ultima le aveva detto, si mise a controllare che le richieste per le nuove forniture fossero compilate.
Ma nonostante l'orario, il silenzio e le luci ormai spente in vetrina, qualcuno entrò. Non disse una parola, non fece nulla per far notare la propria presenza; ma il suo passo era tanto lento quanto familiare.
"Chiudo fra due minuti signor Leto. La saracinesca è quasi abbassata." lo schernì Evelyn non alzando gli occhi dai fogli, sapendo perfettamente di averlo di fronte.
"Non sono qui per quello che credi tu, Eve."
"Lo so." e ripose tutto nel cassetto sotto il bancone chiudendolo a chiave, "Ed è proprio questa la parte interessante."
Alzò lo sguardo sorridendogli.
"Ciao Jared."
"Ciao. Eve."
"Cosa ti porta qui?"
"Esattamente questo."
E lasciò cadere una pesante cartellina sul bancone, chiusa a stento da un elastico. Evelyn l'osservò per qualche secondo, cercando di capire che cosa fosse; e quando si decise ad aprirla ciò che vide fu un ammasso di fogli disordinati, scarabocchiati e stropicciati.
"Che cos'è?" chiese.
"Roba di Shannon."
"E che dovrei farci?"
"Sfogliala. Guardatela con calma."
Evelyn lo guardò stranita. Perché avrebbe dovuto?
"Ok, ok." cominciò Jared, "Non avrei mai dovuto prenderlo e soprattutto non avrei mai dovuto darlo a te. Ma... credo che questo possa aiutarti a capirlo."
"Di che stai parlando?"
"Non è facile capire Shannon. E te lo dico io, che per me non ha segreti."
Evelyn abbassò lo sguardo. Sul primo foglio, uno spartito, c'erano degli accordi per chitarra. Su quello sotto, del quale si vedeva soltanto un angolo, c'erano scritte delle parole. La sua calligrafia era piuttosto riconoscibile.
Rifletté. Forse andare ad esplorare nei recessi dei pensieri di Shannon le metteva una certa curoisità.

There's a line in the sand. Are you afraid to cross it?

"E se dovesse venirlo a sapere?"
"Ci penserò io. Lui non sarà mai capace di arrabbiarsi con te. Con me si invece. Ma a parte qualche pugno sulle spalle che sono disposto a sopportare in silenzio e il fatto che mi spettinerà i capelli per dispetto per il resto dei mie giorni, credo sia assolutamente innocuo."
Evelyn sorrise.
"Anzi, forse gli sto facendo un favore. E sto facendo un regalo di Natale a te." e la indicò.
"Non parlarmi di Natale..."
"Oh. Che coincidenza. Ho sentito questa frase pronunciata con lo stesso entusiasmo esattamente, ehm, cinque minuti fa?"
"Chi te l'ha detta?"
"Lo sai perfettamente."
"Quindi confessi, ti ha mandato lui."
"No, lui è convinto che questa roba sia da qualche parte nello studio a casa nostra, dove è sempre stata."
Evelyn incrociò le braccia fissandolo dritto negli occhi, cercando di capire se le stesse dicendo la verità.
"Se Shannon mi avesse chiesto di portarti questa roba secondo te che cosa gli avrei risposto?" sospirò Jared, che odiava non essere preso sul serio quando aveva un'idea geniale.
"Mmm... Forse 'portagliela da solo, pelandrone'?"
"Esattamente." e si sollevò il colletto della giacca, "Beh, ti lascio. Buona serata."
"Ah, Jared?"
"Si?"
"Com'è andato il tuo secondo giorno da quarante..."
"Non!" l'interruppe, "Non. Dire. Quella. Parola."
"Ok, ok!" rise Evelyn avendo voluto toccare l'argomento di proposito, "Allora ancora buon compleanno semplicemente."
Jared le fece un occhiolino, andandosene silenziosamente tenendo le mani in tasca.
Evelyn di nuovo rivolse lo sguardo a ciò che le aveva lasciato; e più i secondi passavano più la sua curiosità si faceva vorace. Forse non avrebbe dovuto. In fondo, Jared le aveva dato ad intendere che Shannon teneva particolarmente a quel mucchio di spartiti, vecchi fogli, eccetera...
Scosse la testa, sperando di combattere il desiderio di vedere che cosa quella testa così dura potesse riuscire a produrre e ripetendosi che a lei non sarebbe affatto piaciuto il fatto che Shannon venisse a sapere certe cose sul suo conto. Ne Shannon, ne nessun'altro.
Ognuno ha i propri segreti. E anche Shannon probabilmente aveva i suoi.
Spense le luci, chiuse tutto quanto e scappò dritta a casa.

Ok. Jared è sistemato :) Ora viene tutto il resto. Una cosa per volta!! :D Baci! Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 44
*** Castle Walls ***


44.Castle Walls
.
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Castle Walls

Los Angeles,
quella sera...

Era rimasta molto tempo seduta al bordo del letto in silenzio, con il solo ticchettio della sveglia sul comodino a disturbare le sue riflessioni e la pioggia che già picchiava imperterrita sul davanzale.
Aveva un'opportunità. Prendere o lasciare?
Jared stesso gliel'aveva data. Perché nonostante ciò era sbagliato?
Shannon non sapeva nulla. Ah, ecco perché.
Cos'aveva paura di trovate lì dentro? Shannon era un musicista, ci saranno stati vecchi spartiti, accordi, forse qualche ricordo di viaggio.
Mezz'ora.
Cosa doveva fare? Soddisfare la propria curiosità? Prendere la macchina e restituire tutto al mittente?
Un'ora.
Si era decisa.
Ora o mai più.
Afferrò la cartellina, spostò l'elastico e l'aprì.
Alcuni accordi scarabocchiati sul primo figlio davanti ai suoi occhi. Lo mise da parte leggendo il secondo, stropicciato.

26th August 2011.

Reading.

Ciao Eve. Come te la passi?

Noi siamo in Europa. Siamo di nuovo in Europa.
Cazzo, le senti le grida? Le senti bimba?? Vorrei che tu potessi sentirle. Saresti qui se tu potessi sentirle.
Saremo in giro a suonare fino alla fine di Settembre. Ad Ottobre sarò di nuovo a Los Angeles.
Aspettami. Ciao bimba.
S.

-E questo?- pensò Evelyn, rileggendo quelle poche righe.
Ma non sarebbero state le ultime.

9th December 2011.
New York.

Ciao Eve.
Anche questo tour è concluso. Sono le tre del mattino e non riesco a dormire. Dio, non hai idea di quanta energia avrei ancora da spendere!! E' stata una fine fenomenale.
Quanto avrei voluto che tu fossi qui stasera. E' andato tutto alla grande, oltre le nostre aspettative. Avresti dovuto vedere Eve, avresti veramente dovuto essere lì, in prima fila.
Non dimenticherò mai questo tour. Accidenti quanta gente ho conosciuto, quanti posti ho visto. Eccezionali.
Anche se ti confesso bimba, che questo tour l'ho amato ed odiato.
L'ho amato, per avermi fatto girare una volta ancora questo mondo, per avermi fatto suonare davanti a migliaia di persone, per gli Echelon, per Jared e Tomo. E anche per quel pazzo di Antoine.
Ma l'ho anche odiato. Perché qualcosa mancava. Qualcosa, a me, mancava. Qualcosa che avrebbe reso questi mesi ancora più straordinari.
Cazzo Eve, non troverò mai le parole giuste. Lo sai come sono. Non le troverò mai. Anche perché le parole non servono. Sono le azioni, i fatti che contano. E sai come si dice, una volta concluso un capitolo basta voltare pagina e cominciarne uno nuovo...
A presto Eve. A molto presto.
S.


Evelyn scosse la testa divertita lasciandosi sfuggire un sorriso.
Le aveva scritto un sacco di volte. Tutte lettere mai spedite.
Continuò a sfogliare.
Fotografie, spartiti, scarabocchi...
Le sembrava di sentire una melodia, di vedere lui suonare la chitarra seduto di fianco a sé.
Trovò uno spartito piuttosto interessante, diverso dagli altri che erano completamente scarabocchiati. Alcune note erano state cancellate e riscritte, segno che Shannon doveva aver lavorato a quel pezzo più e più volte; ed il risultato era assolutamente ordinato e leggibile.
Evelyn non aveva mai preso sul serio lo studio di uno strumento musicale nella sua infanzia, aveva solamente strimpellato la chitarra di Emily quando erano adolescenti. Le note e gli accordi ad ogni modo li sapeva leggere e riconoscere.
Cercò di immaginare.
Da quei pallini e da quelle linee tracciate a matita usciva un suono dolce, armonico, ma in alcuni punti un pò triste e con qualche accordo in minore. Era una bella melodia.
Scostò i fogli che coprivano la parte superiore dello spartito per leggere se quel pezzo avesse un titolo, dato che non era una canzone del loro repertorio. O per lo meno, non ancora.

Evelyn's Song

Evelyn sgranò gli occhi.
"Ma..." fu tutto ciò che riuscì a dire.

Le aveva scritto una canzone. Shannon le aveva scritto una canzone. Canzone o che altro, su quel foglio c'era scritto il suo nome.
Proprio sotto quello spartito fece capolino una fotografia; una fotografia che la sorprese.
Lui e lei, la sera in cui si erano conosciuti. Era una foto scattata sicuramente a tradimento, dato che nessuno dei due guardava l'obiettivo. Chissà da dove e da chi era riuscito ad averla.


A photograph of you and I, and the rain outside...

Guardò fuori. Pioveva fortissimo. E la pioggia la faceva sentire terribilmente triste.
Il ricordo della sera che le aveva stravolto la vita l'accompagnava ogni notte, mentre cercava di addormentarsi. A volte la faceva sorridere, altre la faceva pensare, altre ancora le aveva fatto versare qualche lacrima.
"Hey."
"Hey..."
"Tu sei?"

Sospirò rimettendo tutto in ordine, cercando di riporre tutte le cose di Shannon nell'ordine in cui le aveva trovate. Si mise a riflettere.
Tutti abbiamo una parte che non mostriamo a chi ci sta attorno. Ai nostri amici, ai nostri cari.
Shannon aveva il palco e la sua vita privata.

Un affascinante batterista sciupafemmine. Un simpaticone sfacciato e testardo.
"Tu credi soltanto di sapere come sono."
Evelyn sorrise fra sé e sé.
-Io lo so perfettamente come sei.-
Shannon era meraviglioso. Aveva un lato apparentemente nascosto colmo di doti. Apparentemente, perché a lei l'aveva sempre mostrato. E guardando quelle fotografie, leggendo quelle righe ricordava ogni cosa, ogni momento passato a negare, ogni respiro di sollievo sapendo che lui sarebbe stato lontano a suonare da qualche parte per molto tempo. Perché per lei sarebbe stato più facile. Il suo sorriso, il suo carisma, le sue parole, il suo sarcasmo e tutte quelle doti che lei aveva sempre cercato di non vedere sarebbero state fuori dalla sua portata.
Occhio non vede cuore non duole.
-Maledetto chi ha inventato questa frase.-
E lei? Com'era lei dietro quelle impenetrabili mura che si era costruita attorno?
In risposta sentì un peso sul cuore, la stessa tristezza che provava ormai da anni.
Si alzò dal letto, diretta verso il suo armadio. Aprì il secondo cassetto in basso a destra.
L'ultima volta che l'aveva aperto era stata molto tempo prima. Da quando si era trasferita in quell'appartamento l'aveva riempito il più possibile con tshirt, calzini e biancheria intima ritenendolo un modo efficace per nascondere ciò che doveva nascondere.
Ma quel cassetto si aprì troppo facilmente. E dentro era piuttosto in disordine.
"Accidenti Natalia, tu e il tuo vizio di prendere la mia roba!" disse tra sé e sé.
Sollevò la pila di magliette stropicciate.
"Oh santi numi."
Non c'era nulla sotto.

If I should tumble, if I should fall, would anyone hear me screaming behind these castle walls?

Ahi, ahi, ahi. :/ Al prossimo capitolo e Buona Pasqua! (Sarò via fino al 9 Aprile! :(:(...)
Baci, Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 45
*** Ring The Alarm! ***


45.Ring The Alarm!
.
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Ring The Alarm!

Los Angeles,
poco dopo...

-No!! Ma dov'è?!- si mise a pensare col cuore in gola, -Dov'è Accidenti!?- e cominciò ad aprire tutti gli altri cassetti buttando all'aria il contenuto.
 Non l'aveva mai spostato. Era sempre stato chiuso lì dentro.
O forse l'aveva dimenticato? Forse l'aveva nascosto in un posto migliore e l'aveva completamente scordato?
Nel cassetto del comodino no, troppo facile.
Da qualche altra parte nell'armadio? No.
Sotto al letto non se ne parlava, sarebbe stato troppo esposto.
"Oh, accidenti, ma dov'è?!" si portò le mani alla fronte, in mezzo alla sua stanza ora disordinata, "Non è mai uscito da questa stanza, deve per forza essere qui!"
La porta d'entrata dell'appartamento si aprì.
"Natalia!" chiamò Evelyn.
"Si?"
Corse da lei.
"Nat, dov'è?"
"Dov'è cosa?"
"Dov'è?? Andiamo, lo sai cosa." le rispose nervosa.
"Ma di che stai parlando?!"
"Lo sai, dai dov'è? L'hai preso tu vero? Dove l'hai messo?"
Natalia finalmente capì di che cosa stessero parlando e subito volle mettere in chiaro che lei non l'aveva nemmeno toccato.
"Eh?! Ma io non l'ho...! Un momento."
"Che c'è?" chiese Evelyn irrequieta.
"Ehm... Eve tu hai trovato qualcosa oggi? Non so, nella tua stanza?"
"Ma di che stai parlando?! Semmai ho perso qualcosa che era nella mia stanza! Anzi, proprio 'quella' cosa!!"
"Oh, merda." disse Natalia, "Evelyn?"
"Che c'è?!"
"Credo che..."
Il tono di Natalia non prometteva bene.
"Che cosa, accidenti?! Parla!"
"Io credo, credo che l'abbia preso... lui."
"Lui chi?!"
"Ehm... Shannon."
Evelyn sentì la terra crollarle sotto i piedi, sentì la paura che la assediava da tempo aprire una breccia nella muraglia che si era costruita attorno ed invaderla. No, non volle crederci.
"Ma com'è possibile?? Soltanto io e te sapevamo che era lì!"
Ma il viso angosciato di Natalia le diede ad intendere che una delle due probabilmente si era sbilanciata troppo E quella non era stata di certo lei.
"Gliel'hai detto tu." avanzò.
"Eve io..."
"Gliel'hai detto tu??" le gridò contro.
"Lui mi aveva chiesto le chiavi di casa perché doveva lasciarti una cosa e..."
"Nat, gli hai lasciato ancora le chiavi di casa?? Sei pazza??"
"Io, io non gli ho detto che cosa nascondevi, io..."
"Ma gli hai detto che qualcosa c'era, vero??"
"Eve mi dispiace io..."
"Oh, accidenti Natalia!!" si mise le mani nei capelli Evelyn.
"Mi dispiace tanto Eve, sul serio. Io non credevo..."
"Lo sai com'è lui!! Avresti dovuto stare zitta!"
"Mi dispiace Eve, non ci ho pensato, non credevo che..."
Ma Evelyn non l'ascoltava.
"E ora che faccio?? Lui non avrebbe mai dovuto saperlo!! Nessuno avrebbe mai dovuto saperlo!!"
"Eve, io..."
"No!" l'interruppe. "Tu stanne fuori. Hai già fatto abbastanza."

You don't even know the meaning of the word 'I'm sorry'...

"Non hai idea di quanto mi dispiaccia."
"E tu non hai idea di quanto dispiaccia a me dare ragione a Sarah."
"Sarah?"
"Si. Io cercavo di non crederci, ma Sarah aveva ragione."
"Ma di cosa stai parlando??"
Evelyn la squadrò con disprezzo.
"Sei solo una gran puttana."
Natalia si pentì di aver aperto bocca, subendo quell'insulto non senza un certo stupore. Evelyn corse nella sua stanza, afferrò la cartellina che le aveva dato Jared e diretta verso la porta strappò le chiavi della macchina dalle mani di Natalia.
"E ora dove vai?" le chiese quest'ultima.
Evelyn non rispose, sbattendo la porta. L'ascensore era occupato; trattenne un'imprecazione e scese correndo per le scale. Faceva freddo fuori e continuava a piovere, ma lei era uscita senza nemmeno preoccuparsi di coprirsi. Le gocce le bagnavano i capelli.
Salì in macchina e partì.
La direzione era Studio City.

;););) Al prossimo!! Bacioni! Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 46
*** Memory Drops ***


46.Memory Drops
Piccola nota iniziale!
La colonna sonora che mi ha accompagnata nella scrittura del capitolo è questa.
Ve la consiglio anche nella lettura!

.
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Memory Drops

Los Angeles,
poco dopo...

Suonò il campanello. Jared lasciò la chitarra.
Stava per chiedere 'chi é?' al citofono, ma la risposta arrivò ancora prima della domanda.
"Sono Evelyn."
Premette il tasto che apriva il cancello e le aprì la porta. Evelyn corse sotto la pioggia lungo il sentiero che portava all'entrata.
"Ciao E..." cercò di dirle quando l'ebbe di fronte.
"Dov'è lui?" l'interruppe con un'espressione ed un tono piuttosto preoccupati.
"Ehm..." fece Jared non capendo appieno il perché della sua agitazione; ma notando che aveva fra le mani ciò che lui le aveva dato poche ore prima.
"Dov'è?" insistette Evelyn.
"Lui è nello studio, sta..."
Gli premette la cartellina di Shannon sul petto per restituirgliela e l'oltrepassò, camminando a passo sostenuto nel corridoio che dal salotto portava sul retro della casa, dove c'erano lo studio ed altre stanze tutte dedite alla musica. Jared la seguì con lo sguardo, a bocca aperta.
"...componendo credo." terminò la frase quando Evelyn era ormai già sparita, "Oh, cazzo."
Immaginò il peggio. O il meglio. Sempre a seconda dei punti di vista...
Evelyn non si preoccupò di bussare.
"Shannon!"
"Eve?" si voltò lui, che era seduto al pianoforte.
"Shannon, dov'è?!"
"Cosa?"
"Dov'è?! Sai cosa, non scherzare. Restituiscimelo."
L'imbarazzo prese il sopravvento su di lei al punto da non riuscire a reggere il suo sguardo per più di pochi istanti. Si dimenava in modo innaturale, si sistemava compulsivamente i capelli, sospirava.
"Ah, già. E' nella mia stanza." ribatté con chiara ironia Shannon, sorpreso dal fatto che la prima cosa che a lei premesse in quella situazione fosse il solo interesse per riprenderselo e nient'altro.
Evelyn sicura a prescindere di non dovergli nessuna spiegazione, dato che ormai doveva già aver visto tutto quanto, non badò al significato implicito della sua risposta, diretta verso l'uscita, le scale, la stanza di Shannon.
"Eve!" fece in tempo a fermarla sulla porta afferrandole un polso, "Perché non me ne hai mai parlato?"
"Perché non è qualcosa di cui vado fiera. Nessuna delle cose che hai visto." gli rispose dandogli le spalle per non affrontare il suo sguardo.
"Ehm... io vado." disse Jared dal fondo del corridoio, ritenendo giusto togliersi di mezzo.
Evelyn e Shannon continuarono a discutere; infatti nessuno dei due lo sentì. O nessuno dei due volle sentirlo.
"Ok, vado." disse infine fra sé e sé, "Dove non lo so, ma da qualche parte vado." ed uscì di casa con il Blackberry all'orecchio ed il numero di Tomo sul display.
"Ma perché Eve?! Niente di tutto ciò che c'era lì dentro mi ha fatto cambiare idea riguardo a te. Niente."
"Non avresti mai dovuto sapere niente, mai!!" continuava a non guardarlo in faccia; sentendosi osservata, esposta, spogliata.
"Avresti potuto parlarne con me. Ti avrei aiutata. Invece, perché tutti questi silenzi? Perché tutti questi segreti?"
Evelyn si appoggiò al muro, incapace di rimarcare sui fatti in maniera diretta, sentendo la forza mancare.
"Io non ho segreti. Ho solo cose che tu non capiresti. Ne tu, ne nessuno."
Shannon percepì tristezza e sofferenza da quelle parole che ormai non erano più circondate dal mistero.
"Sono sicuro che ti avrei aiutata. In qualunque cosa."
Lei scosse la testa trattenendo a stento il pianto, autoconvincendosi che non sarebbe stato così, assolutamente certa che non sarebbe mai e poi mai potuto essere così. Nessuno avrebbe potuto fare nulla per lei. Nessuno.
"Se era questo ciò di cui avevi bisogno." concluse Shannon.
Evelyn lasciò che le lacrime le rigassero le guance. Perché ora lui sapeva tutto. Tutto quanto.
Poteva esserci una peggiore vergogna? Poteva esserci un peggiore martirio?


Did we really cross that line to the point where we can't return?


Aveva fallito. Per un attimo sperò di essere nel bel mezzo di un incubo e che tutto, ma proprio tutto, non fosse reale.
Ma quelle lacrime erano troppo amare per essere soltanto un'illusione.
Cercò di correre via per riprendersi il suo segreto e sparire, ma Shannon di nuovo la fermò, stavolta chiudendola fra le sue braccia. Evelyn rimase immobile per pochi istanti, ma poi si lasciò stringere affondando la testa sul suo petto, singhiozzando.
"Oh dio, Shannon." disse dopo poco, "Ma perché deve andare tutto storto sempre?! Perché la mia vita dev'essere..."
"Ssht." la zittì lui carezzandole i capelli e cercando di darle un minimo di consolazione, "Basta, Eve."
"Nessuno doveva sapere niente. Nessuno."
Shannon giocò la sua carta vincente.
"Ti va di parlarne?"
Evelyn sgranò gli occhi.
Non ne aveva mai parlato apertamente con nessuno. Ne aveva parlato pochissimo soltanto con Natalia, che in realtà credeva di sapere ogni cosa. Evelyn l'aveva sempre considerata l'unica persona con cui un giorno avrebbe potuto parlarne con tranquillità, sentendo i propri segreti e la propria vergogna protetti. Ma forse ora questo ruolo a Natalia non spettava più, dato che una delle primissime persone alle quali aveva cercato in tutti modi di nascondere la verità, era a conoscenza di tutto; avendo visto tutto con i propri occhi.
Evelyn non poteva più scappare ormai.


My regret jar is about to blow its lid off...

Annuì. Guardando ora in faccia la realtà. Guardando ora in faccia Shannon, seppure ancora piena di incertezze.

'Memory drops' da 'Gocce di memoria' di Giorgia, canzone che adoro e che dedico ad Evelyn e Shannon. :)
Un bacione!! Al prossimo capitolo -che sarà uno dei due capitoli clou della storia- :).
Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 47
*** Rolling Stones ***


47.Rolling Stones
Scusate questo ritardo!!
Per farmi perdonare vi lascio un capitolo non lungo, di più! :D
Bacioni!


-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Rolling Stones

Los Angeles,
poco dopo...

Shannon voltò pagina. Evelyn strinse le braccia attorno alle gambe, appoggiando il mento alle ginocchia. Non era mai stata nella stanza di Shannon, ma nonostante la situazione più che incomoda lì dentro si sentiva... a casa?
"Sei..." cominciò lui scuotendo la testa, "Dio, non saprei come definirti. Bellissima, forse?"
Evelyn non disse nulla, limitandosi a guardare dalla parte opposta ancora imbarazzata.
"Non credevo che tu avessi realizzato questo sogno." e voltò di nuovo pagina.
Un album di fotografie.
Ma non un album qualunque, perché quelle fotografie erano state scattate da una mano esperta.
Lo sfondo era il tramonto sulla spiagga di Malibu col suo colore arancione riflesso sull'acqua; ed il soggetto era una ragazza di vent'anni dai capelli rosso fuoco e dai profondi occhi azzurri, che indossava un bikini bianco seduta sulla sabbia, camminando sul bagnasciuga, giocando fra le onde o inginocchiata sulla riva mentre il vento faceva volare la sua chioma.
C'erano anche fotografie in bianco e nero, altre controluce, altre ancora ad alta luminosità o volutamente sfuocate.
Shannon aveva già scelto la sua preferita. Quella dove Evelyn era distesa sulla sabbia, guardando l'obiettivo sopra di sé con un'espressione leggermente sorridente, maliziosa; ed un fiore fra i capelli. I tatuaggi sulla sua pelle allora baciata dal sole.
L'avrebbe osservata per ore.
Ma perché si sorprendeva nel guardarla? Lo sapeva che sotto quella t-shirt e quei jeans strappati c'era il corpo di una dea. L'aveva sempre immaginato. Soltanto questo.

She's incredible, the way her body speaks to me it's unbelievable.

E fra le pagine c'erano mille altre cose: disegni, foto della sua famiglia, delle sue amiche.
Evelyn ghignò.
 "Lì c'è tutto il peggio di me. Tutto lo squallore della mia vita." disse con disprezzo.
"Squallore?!" ridacchiò Shannon, sollevando una fotografia di loro due, scattata poco dopo essersi conosciuti, "Beh, se è così sono orgoglioso di farne parte allora."
"Non scherzare Shannon. Tutta quella roba è l'illusione di un sogno che non avrei mai realizzato. Che sapevo perfettamente che non avrei mai realizzato."
"Parli come se ci fosse dell'altro..."
Evelyn sollevò le spalle, non sapendo cosa rispondere.
"Ma chi ti ha fatto queste foto?"
"Un appassionato di fotografia che vive a Santa Monica; poco dopo essermi trasferita qui a Los Angeles. L'avevo notato più volte in giro per il centro mentre fotografava qualunque cosa attirasse la sua attenzione. A volte fotografava anche la gente a Rodeo Drive; ed un giorno l'ho conosciuto, così per caso."
"Beh, questo mi consola. Almeno Jared non è l'unico al mondo che fotografa persino quello che mangia."
"Era ricco sfondato. Si era letteralmente incapricciato di me, voleva a tutti i costi farmi quelle fotografie. All'inizio io dissi di no, ma poi lui avanzò la proposta di pagarmi pur di realizzare il suo progetto. E a quel punto non ho saputo dire di no. Mi aveva detto che mi avrebbe dato 10.000 dollari. Era quasi ossessionato da me."
-Quanto lo capisco.- pensò Shannon.
"Così facemmo le foto e mi diede i 10.000 dollari. Ma poi venne a sapere che cercavo casa, che ero a Los Angeles da poco, che avevo l'università da pagare e che per il momento stavo al campus universitario. Così me ne ha dati altri 15.000 di sua volontà."
Shannon annuì.
"Beh, non si può dire che non fosse una persona generosa."
"Ci sono soltanto due copie di questo album. Una è questa, l'altra ce l'ha lui."
Lui voltò di nuovo pagina, non molto felice del fatto che qualcun'altro potesse vedere le stesse immagini che stava guardando lui.
"A dire la verità ce ne sarebbe stata anche una terza ma... è andata persa."
Shannon non disse nulla, facendola sentire a disagio più di quanto lei lo fosse già.
"Ne avevo bisogno Shannon." cercò di giustificarsi, "Avevo bisogno di quei soldi per la casa! Lo stipendio non mi bastava! Non sarebbero bastati ad ogni modo, ma sono stati di grande aiuto quei 25.000 dollari. Poi per fortuna al lavoro ho conosciuto Natalia e abbiamo comprato la casa insieme facendo a metà. Miranda ci ha sempre pagati bene, ma in quegli anni non mi bastavano i soldi del suo stipendo. Io l'ho fatto soltanto per questo, so che può sembrare immorale ma..."
"No, no, aspetta. Immorale!? Stai scherzando vero? Sei... sei stupenda, perché non ne vai fiera? Che male c'è? E poi non era forse il tuo sogno fare la modella?"
"Ah, andiamo Shannon ero una ragazzina quando pensavo a queste sciocchezze! Poi crescendo, vivendo qui a Los Angeles la vita mi ha insegnato che per i sogni di spazio in realtà ne rimane poco
nella mia vita."
Shannon abbassò lo sguardo sull'album.
Dicevano che non è soltanto il soggetto a rendere bella una fotografia; ma in quel caso il soggetto era troppo attraente per notare anche l'estro del fotografo, gli effetti di luce o altro.
Evelyn data la concentrazione di Shannon sulle immagini cercò di giustificarsi di nuovo, in preda alla vergogna.
"Io avevo bisogno di soldi Shannon, non sapevo che altro fare! Quell'occasione mi si è presentata davanti e io l'ho colta al volo!"
"Eve, ti stai giustificando con me?! Accidenti, lo sai che amo la fotografia! E ad ogni modo non devi darmi nessuna spiegazione. E... cazzo, tu e la fotografia insieme. E' strepitoso. Questa, questa è arte."
Evelyn, per nulla rincuorata, tacque. Shannon osservò l'espressione afflitta che aveva assunto il suo sguardo.
"Eve? E' successo qualcosa?"
Lei chiuse gli occhi. Diamine, perché lui doveva sempre arrivare dritto al punto?
"La terza copia? Dov'è?"
Di nuovo.
"Eve? C'è dell'altro che devo sapere?"

How does it feel to be on your own, like a complete unknown, with no direction home?

Evelyn si voltò verso il bordo del letto, dandogli le spalle.
"E' una lunga storia." tagliò corto.
"Abbiamo tempo."
Lei sospirò rassegnata.
"Non è solo per l'album in sé che hai tenuto questo segreto, vero?"
"No. No, questo è quello che crede in parte Natalia. Ho dovuto dirglielo per tenerla a bada. Altrimenti avrebbe scoperto tutto da sola frugando fra le mie cose. O peggio."
"Allora perché?"
Evelyn pensò da quale punto cominciare. Lui rimase in silenzio, attendendo una risposta.
"Ti ho mai detto chi è mio padre, Shannon?"
"No."
"Mio padre è il direttore del Veterans Hospital, a Fresno. Lo è dal 2001 a questa parte. E da me e da Emily ha sempre preteso il massimo. Voleva vederci laureate in medicina un giorno. Entrambe. "
"Ma Emily non l'ha fatto."
"Mia sorella è sempre stata un tipo ribelle, una che non si sottomette facilemente a nessuno. Una sera, quando ancora andavamo al liceo, è tornata a casa col suo primo tatuaggio. E credimi, non era una farfallina sulla spalla, era un intero braccio ricoperto di disegni. Non ti dico la reazione di mio padre, che inoltre sapeva già da tempo che lei mai si sarebbe iscritta all'università. Sia perché non le interessava sia per andare contro la sua volontà una volta ancora. Così ha riposto la sua speranza in me."
"E tu invece l'hai fatto, ti sei lauretata."
"No, no, lui voleva che io studiassi medicina per diventare medico! Non psicologia per poi fare la commessa."
"E' un lavoro degno, che c'è di male? E poi hai comunque studiato. Se è questo che voleva."
"Si, si, lo so. A me va bene così, non era questo che intendevo. Intendevo dire che lui voleva che io 'continuassi la tradizione'. Voleva che diventassi medico come lui, come mio nonno. Il campo della medicina mi è sempre interessato e lui lo sapeva. Ma non era la stessa medicina di cui si occupava lui."
Evelyn si voltò verso Shannon, sedendosi a gambe incrociate.
"La psiche. La psiche Shannon, quel marchingegno misterioso che sta proprio qui, dentro la nostra testa. Quello io volevo studiare. Quello io volevo riuscire a decifrare. Ma mio padre è sempre stato molto all'antica, non ti nascondo che la sua considerazione per la psicologia fosse sempre stata pessima. Non sono mai riuscita a fargli capire che questa scienza è tanto degna quanto la medicina, perché non esce in nessun modo dai limiti della ragione. E' scienza, lo è. Ma lui l'ha sempre reputata una sorta di magia. Era un uomo molto testardo."
"E così te ne sei andata."
"Dopo un anno di università a Fresno sono arrivata qui, sola, senza conoscere nessuno. La prima cosa che ho fatto è stata riprendere gli studi qui, e poi ho cominciato a cercare un lavoro. Per fortuna ho conosciuto Miranda. Poi ci sono stati Natalia, il fotografo... Si, non era esattamente la vita che mio padre voleva per me, ma speravo che ad ogni modo lui ne andasse fiero, visto che mi guadagnavo da vivere onestamente. Perché era questo che a lui importava, che studiando ciò che lui voleva farmi studiare e trovandomi il lavoro che lui si aspettava per me io mi sistemassi. Così decisi di dargli una seconda possibilità. Ritornai a casa, per mostrargli che ero indipendente, sperando che lui lo accettasse. Gli portai una copia dell'album. Ma non appena gli spiegai che cos'era e glielo misi in mano lui
non lo aprì nemmeno, lo gettò via, nella spazzatura. Non ne voleva sapere. Era arrabbiatissimo. Non appena tornata a Los Angeles io e Natalia abbiamo concluso le pratiche per comprare l'appartamento e da quel giorno non ho mai più messo piede in casa mia. Da quel giorno non ho mai più messo piede nella mia città." una lacrima le scese lungo la guancia, "E forse è meglio così." concluse.
Shannon si stupì.
"Meglio così?!"
"Shannon non mi ascoltare, non importa."
"Tua madre? Cosa ne pensava?"
"Mia madre mi ha sempre sostenuta. Ed ha fatto lo stesso con Emily. Ha sempre cercato di capirla prima di giudicarla. Ha cercato di risolvere la situazione sia con lei che con me. Ma ormai eravamo decise."
"E questi, Eve?" chiese Shannon, mostrandole altri fogli sparsi fra le pagine.
"Non c'è bisogno di spiegazione," cominciò lei, "sono i conti per la casa, l'elenco dei miei risparmi... Lì dentro c'è tutta la mia vita. Tutta la mia storia. La mia vergognosa e squallida storia." e nascose il viso fra le mani, "Forse avrei dovuto veramente ascoltare mio..."
"No, no, che stai dicendo?" sorrise Shannon, "Ti vergogni di essere una persona che si è fatta il culo per costruirsi una vita? Andiamo Eve..."
"Smettila di tentare di consolarmi, non ne ho bisogno ormai." fece lei scontrosa.
"Scusa."
Più lui girava le pagine e più Evelyn avrebbe voluto sparire.
"Sei bellissima Eve." disse Shannon soffermandosi su un suo primo piano, "Te l'ho mai detto?"

You're easy to love with those qualities...

"Troppe volte in questi anni."
Ma anche Evelyn aveva qualcosa di cui complimentarsi con lui. E se Jared aveva ragione, non sarebbe stato un problema.
"Ah, a proposito è... E' bella la canzone."
Shannon alzò lo sguardo non capendo a cosa si riferisse.
"Che canzone?"
"Quella che hai composto. O che stai componendo."
Lui capì.
"La, la canzone? Ma tu come...?!"
Evelyn lasciò che le sue labbra si distendessero in un sorriso.
"Jared!" disse lui.
"Si. Si, ma ti prego non arrabbiarti. L'ha fatto in buona fede."
"Ah, Jared! Vecchio volpone! Mi hai fregato." ridacchiò Shannon.
Un altro sorriso sulle labbra di Evelyn.
"Ecco." cominciò lui, "Hai scoperto quella che doveva essere una sorpresa."
"Un'altra?"
"Già. Volevo portarti al nostro prossimo concerto. In qualche modo ti ci avrei letteralmente trascinata e lì l'avrei eseguita per la prima volta."
"Quella canzone era sul serio per me?"
"Si." rispose Shannon grattandosi la nuca.
Evelyn sentì un brivido lungo la schiena. Si morse le labbra, cercando qualcosa da dire per rompere il silenzio.
"E le lettere?"
"Le, le lettere?!" fece Shannon.
"Si. Non mi sono mai arrivate. Non le hai mai spedite. Perché?"
"Ehm.. No, non sono il tipo. Mi piace parlare faccia a faccia, per vedere la reazione, per avere subito una risposta; ma mi piace anche scrivere e tenere qualcosa per me. Mi aiuta a rilassarmi. E comunque non le ho mai spedite perché non volevo sperare invano che mi rispondessi."
Evelyn ridacchiò.
"Sono davvero così spregevole?"
Shannon rimase ad osservare quel sorriso.
"No, no. Sono io che sono testardo. E che ho così tante pretese." ironizzò, "Le hai lette?"
"Tutte quante."
"Ah."
"Shannon?"
"Si?"
"Grazie."
"Di cosa?"
"Di avermi ascoltato."
Shannon le carezzò un braccio, cercando di darle un pò di conforto.
"Mi dispiace." disse lei, "Mi dispiace. So che pensi che le parole spesso siano inutili ed obsolete. Ma... perdonami."
"Hahaha." rise lui, "Per cosa? Per essere la cosa più bella di questo mondo?"
"Oh, piantala." disse Evelyn, giocando con una ciocca di capelli, "Mi dispiace per tutto. Per tutti questi anni, per Parigi. Per tutto quello che ho combinato. Mi dispiace. E mi dispiace di non essere come tu vorresti."
"Ancora questa storia? Eve mi stai...?"
Perché insisteva? Perché doveva esserci per forza qualcosa che non andasse in lei?
"Aspetta. Aspetta, forse so di cosa parli."
Lei rimase in silenzio.
"Si, in effetti ti devo confessare che in tutta questa storia c'è una sola cosa che mi ha stupito." cominciò lui, "Anzi, forse mi ha scioccato."
Evelyn non si mosse, il cuore le batteva a più non posso.
Shannon voltava le pagine con sicurezza, come se cercasse un punto preciso.
-No, ti prego, no.-
"E sono queste."
Shannon aveva due buste in mano. Su ognuna il timbro e lo stemma del California Medical Centre, l'ospedale di Los Angeles.
Evelyn aveva sperato fino all'ultimo di averle messe da qualche altra parte e di averlo dimenticato; perché quelle erano il suo vero punto debole, il simbolo di quella che era stata la sua rovina.
La mezzanotte scoccò. Ma al contrario di Cenerentola, Evelyn dovette dare uno strappo alla regola.
-No...-

Al prossimo con... la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità!! :) Baci, Flychick. <3

Ritorna all'indice


Capitolo 48
*** Naked Truth ***


48.Naked Truth

-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Naked Truth

Los Angeles,
subito dopo...

"Ti sei inventata tutto. Ti sei inventata tutto per coprire queste."
"No."
"Tu a me non menti Eve."
"Non ti ho..."
"Natalia l'avrà bevuta, ma io no."
"E' tutto vero, Shannon. Purtroppo lo è."
"Ma ti rendi conto, Eve? Ti rendi conto?! Qui sopra c'è il timbro dell'ospedale. E sono datate 2004."
"Lo so."

They say two wrongs don't make a right, so if I'm wrong I ain't trying to fight.
 
"E sai anche dirmi perché accidenti sono ancora chiuse?!"
Evelyn non rispose. Shannon prese un lungo respiro per non lasciarsi prendere dalla rabbia.
"Lo sai cosa sono questi Eve?" le chiese mentre i loro sguardi rimanevano ognuno su una traiettoria diversa, "Lo sai?!"
Lei non aprì bocca.
"Eve questi sono test HIV, porca puttana. Non analisi del sangue qualunque. Ti rendi conto!? E sono ancora chiusi. Dal 2004! Avevi vent'anni accidenti..."
"A dire la verità ne avevo ancora 19." disse lei a bassavoce.
"Sai Eve, riguardo ai tuoi problemi familiari non mi devi alcuna spiegazione. Ma per questo, per il fatto che queste siano ancora intatte, chiuse, si invece. Me la devi eccome."
Evelyn si voltò. Un'espressione supplichevole sul suo volto.
"E' inutile che mi guardi così." fece lui.
"Non ti basta quello che hai già visto?"
"No."
"Nemmeno quello che hai in mano?"
"No."
"E va bene." sospirò lei, "Va bene. Da dove comincio?" disse fra sé e sé sistemandosi una ciocca di capelli, "Quando ho iniziato l'università a Fresno ho conosciuto un ragazzo. Frequentavamo molti corsi insieme, lo vedevo sempre all'uscita e... Insomma, puoi immaginare il resto."
Tagliò corto riguardo a questa storia, riassumendola brevemente. Diciamo che quello non era uno degli argomenti di cui preferiva parlare.
Shannon era piuttosto teso. Lo era ogni volta che sentiva che la sua Evelyn era stata di qualcun'altro.
"Lui non sapeva di essere sieropositivo. O se lo sapeva, non me l'ha mai detto. Un giorno sono andata da lui. Era una giornata come tutte le altre e volevo fargli una sorpresa; viveva con due amici in un posto fuori città. Quando ho salito le scale e sono arrivata di fronte alla porta ho visto che era aperta e credevo fosse successo qualcosa. Quando sono entrata..."
"Quando sei entrata?? Cosa c'era??"
"C'erano... C'erano siringhe. Siringhe dappertutto. E... c'era della polvere. Sul tavolo, sul pavimento. E delle pasticche."
Shannon imprecò fra se e se.
"Io non sapevo che si drogasse. Veramente, non lo sapevo. E' vero, sapevo che beveva e che non era esattamente il tipo di ragazzo che si porta a pranzo in famiglia la domenica; ma ho cercato di farlo smettere. Ho tentato in tutti i modi. Ma probabilmente questo ha fatto solo in modo che lui dall'alcol passasse alla droga, o che ne prendesse ancora di più se già ne faceva uso di nascosto da me; dovendo compensare quello che l'alcol non gli dava più. E' stata una visione orribile. Deve aver contratto il virus in questo modo, maledetta droga! Così sono venuta a Los Angeles. Prima soltanto per fare i test. Ma poi ho deciso di rimanerci. Poi ho tentato invano di ricostruire un rapporto con mio padre... ed infine Los Angeles è diventata la mia casa."
"Lui, questo ragazzo, dov'è ora?"
"E' dove dev'essere." rispose secca Eve.
"Dov'è??" insistette Shannon.
"Non lo so, so che è stato in prigione. Forse è ancora lì."
"Ma se c'è stato, qualcuno dovrà pur aver scoperto che era sieropositivo, di sicuro gli avranno fatto degli esami sapendo che si drogava. E tu eri la sua ragazza, avrebbero dovuto rintracciarti in un qualche modo per testare anche te."
Evelyn sospirò.
"Shannon sono stata io a farlo sbattere in prigione. Io ho chiamato la polizia immediatamente quel giorno, ma lui non ha mai saputo che sono stata io a farlo, e sperando che io fossi ancora da qualche parte a Fresno e non qui a piangermi addosso ha avuto l'accortezza di non fare mai il mio nome. Non mi ha mai messo in mezzo ai suoi problemi con la legge e con la propria coscienza. Infatti è stato proprio appena è andato in carcere che hanno scoperto che era malato. Ed è finita così. Entrambi stiamo pagando per qualcosa."
"Ma i tuoi genitori come hanno fatto a non saperlo?? Ed Emily??"
"Ho detto che c'eravamo lasciati da tempo e che non sapevo che fine avesse fatto. I giornali non ne hanno parlato per fortuna e nessuno mi ha mai fatto ulteriori domande riguardo a lui. Erano tutti contenti che me ne fossi liberata."
Shannon abbassò lo sguardo sulle poche parole stampate sulle buste.
Hiv test.
"Perché non hai letto i risultati Eve?" chiese Shannon con un certo rammarico.
"Perché so che sono positivi!! Lui ha avuto occasioni su occasioni per contagiarmi! Io non ho mai toccato niente della roba che prendeva lui, questo te lo giuro. Ma siamo stati insieme per mesi."
"Aspetta, hai detto che sei venuta qui a fare i test?!"
"Si. Ho guidato per quasi quattro ore per venire qui a Los Angeles a farli."
"Perché sei venuta qui?"
"Perché?! Perché mio padre l'avrebbe saputo se li avessi fatti a Fresno! Ho persino usato una carta d'identità falsa, perché non avendo ancora 21 anni sarebbe stato necessario mettere a conoscenza i miei genitori. Avrei usato quella di Emily, ma non volevo rischiare che qualcuno venisse a sapere qualcosa, in qualche modo."
"E come l'hai ottenuta la carta falsa?" chiese lui nervoso.
"Te l'ho detto Shannon. Il mio ragazzo, Damon, non era un 'bravo ragazzo'. E non frequentava buone compagnie."
"Se l'hai sempre saputo perché non l'hai lasciato?"
Evelyn lo guardò incredula. Lui? Lui che parlava di lasciar perdere qualcuno che si amava?
"Tu sai chi è Blaise Pascal?" gli chiese.
"Forse."
"Sappi soltanto che disse una grandissima verità. 'Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce'."
Ma Shannon per testardaggine, per tentare di convincersi che fosse tutta una presa in giro, continuava ad essere scettico.
"Ma... Eve, cazzo tu... tu non puoi. Non puoi essere malata! Non puoi! Senza esserti curata anche un'influenza, qualunque cosa, ti sarebbe stata letale!"
Ed in effetti Shannon non ci voleva nemmeno pensare.
"Non è una malattia come le altre!" ribatté lei, "Ci vuole molto tempo per inglobarla!"
"E tu in tutto questo 'tempo' non hai fatto nulla! Nulla!!"
Facevano forse a gara a chi gridava più forte?
"E' per quello che nel comodino della tua stanza ci sono tutti quei medicinali?!"
"Tu come fai a...?!" fece Evelyn, ricordando che lui nella sua stanza ci aveva messo le mani eccome.
Non sarebbero stati lì in quel momento se non l'avesse fatto.
"Eve, cazzo, se prendi tutta quella roba sperando di salvare qualcosa che non puoi salvare in nessun modo sappi che ti fai soltanto del male. L'aids distrugge tutti i..."
"Lo so accidenti!!" gli strillò Evelyn.
Shannon come sempre sapeva essere molto delicato con le parole.
Ecco, se Shannon aveva un pregio quello era l'innata schiettezza. Ma se aveva un difetto quello era l'irritante impulsività.
"Lo so!! So che razza di... di... di mostro c'è in me!!"
"E allora perché li prendi?"
Lei non rispose, dandogli le spalle.
"Eve cazzo rispondimi, è importante."
Evelyn si coprì il viso con le mani, scoppiando in lacrime.
"Non lo so." disse. "Io, io non lo so."
Per testardaggine? Per stupidità? Per entrambe?

"Io so solo che questa... questa 'cosa' mi ha cambiato la vita. Mi ha rovinato la vita."
"Ma non hai mai aperto i test, non ne hai la certezza!!"
"Si, si invece!" si voltò verso di lui, "Sono positiva Shannon! Lo sono! Smettila di sognare."
"Ma... con quel tipo allora?" osò Shannon, abbassando i toni.
Evelyn capì che si stava riferendo ad Adam.
"Con lui non ho voluto correre rischi. Mai." sospirò, "Con lui e con nessun'altro prima. Ma la differenza è che con lui credevo di poter ricominciare ad amare davvero. Ma sono arrivata ad un punto in cui mi sono resa conto che per me non c'è alcuna possibilità di ricominciare. Sono un mostro. Soltanto un mostro."
"Perché hai scelto lui?"
Evelyn si voltò.
"Sai Shannon, studiando psicologia ho imparato una cosa: si procede per tentativi."
Errori che possono essere semplicemente evitati, ecco che cosa intendeva per tentativi.
"E poi da me non avresti mai avuto quello che volevi. Indipendentemente da che cosa fosse."
-Cosa ne sai Eve? Cosa ne sai?!-
Evelyn ghignò.
"Mi chiedo perché tu sia ancora qui ora che sai tutto. Qualunque cosa tu voglia da me Shannon, io non posso dartela. Io non ho proprio niente da darti. Niente."
"Perché? Tu non sai cosa voglio."
"Nemmeno tu stesso lo sai probabilmente."
"Non credere che queste cambino le cose." e scosse le due buste, ancora nelle sue mani, "Anzi, forse un pò le cambiano. Questo è inevitabile. Ma non come pensi tu."
Evelyn si meravigliò, anzi, letteralmente rimase scioccata da quell'affermazione così azzardata.
"Tu non sai quello che dici Shannon. Tu, veramente, non hai la più pallida idea di quello che dici. E sai perché?"
"Perché?"
"Perché sei un incosciente. Quando ho ricominciato i corsi qui alla UCLA il mio professore di psicologia delle relazioni interpersonali vedendo che ero particolarmente portata per la sua materia mi ha portata nel suo studio per fare apprendistato. Teneva molto al nostro rapporto diretto con quello che sarebbe dovuto diventare il nostro lavoro. Così chi aveva la media più alta poteva avere quest'opportunità. Io ascoltavo, prendevo appunti stando dietro una tenda per non mettere sotto pressione ulteriormente il paziente.
Ci andavo ogni settimana e scrivevo ogni volta una relazione di quella precedente. Alla fine del corso ho superato l'esame con il massimo dei voti. Mi sarebbe tanto piaciuto diventare come lui."
Il viso di Evelyn si fece più cupo.
"Ma è stato proprio lì che ho guardato in faccia la realtà.
Spesso nel suo studio venivano persone affette dall'aids. Erano... persone normalissime. Ma erano isolate. Emarginate. Depresse. Alcuni di loro avevano persino tentato il suicidio per sottrarsi all'inesorabile avanzamento della loro malattia. Erano sempre soli. Io non volevo essere così. Ed è stato proprio lì che ho deciso di non parlarne con nessuno, di tenere questo segreto per me. Solo per me. E di prendere le giuste precauzioni, di non espormi troppo. Per questo da quegli anni a questa parte ho solo avuto storielle di poco conto. Io non ho mai voluto fare del male a nessuno, quindi sono sempre stata attenta; ma ad un certo punto le domande diventavano troppe. E io non potevo rispondere. Io non volevo che la mia vita diventasse un ulteriore fallimento. Io volevo studiare per aiutare quelle persone. So perfettamente cosa vuol dire essere un mostro; perché la gente ha paura dell'aids, lo sai? Ci sono così tante sciocche leggende sulla trasmissione del virus e sui sieropositivi. Troppe. Ed io volevo aiutarli a non ascoltare quelle sciocchezze, a guardare oltre. Io sapevo che non ce l'avrei mai fatta per me stessa. Ma ero sicura che ce l'avrei fatta per gli altri."
Ma Shannon era un osso duro. Niente di ciò che aveva appena sentito sarebbe stato valido come scusa.
"Eve non me ne frega un cazzo se sei malata! Non me ne frega un cazzo! Io ti voglio e basta."
Fu una pugnalata dritta nel petto.
"Shannon basta, stai parlando a vanvera! Come te lo devo dire che non hai la minima idea di quello che dici?!"
"Eve è per questo che porti avanti questa messa in scena da cinque stramaledetti lunghi anni?!"
"No, io..."
Perché voleva inventare scuse?
"Smettila di dire bugie." l'interruppe lui.
Evelyn scoppiò in lacrime.
"Io non lo so, io... io non voglio soffrire più accidenti! Credo di aver già sofferto abbastanza per questo, non credi?!"
Si asciugò le lacrime, guardandolo dritto negli occhi.

Sometimes it feels like you're never gon' change, but you never choose to walk away.

"Io non ho mai scelto. Mai. Tutto ciò che ho fatto è stato a prescindere da questo."
"E allora perché non hai scelto me?"
"Ma non lo vedi?! Non vedi?! Non ho niente da darti!! Soltanto guai. Come puoi essere così cieco, accidenti??"
Quante cose Shannon capì da quelle grida disperate...
"Eve non me ne frega un cazzo se sei sieropositiva!"

We can break the rules, they can call us fools, you know I wouldn't care; as fas as I have you there.

No, non era vero. Non era vero. Lo conosceva troppo bene. Non era vero.
"Maledizione, Eve siamo quasi nel 2012!!
Non dico che ci sia una soluzione, ma ci sono i mezzi, le giuste precauzioni! Invece che fregartene in questo modo e lasciare tutto al caso devi sapere se questi sono positivi o no prima che sia troppo tardi!"
"Smettila Shannon, stai delirando."
"Eve dovevi parlarmene. Dovevi parlarmene!! Sin dall'inizio! Hai fatto un grandissimo sbaglio. Accidenti Eve, mi stai ascoltando?!?"
"Si, si, lo so che ho sbagliato!! E allora?! Per questo mi devi martoriare ancora, ancora ed ancora?! E poi sono certa che se tu l'avessi saputo mi avresti piantata su due piedi. Allora ad ogni modo l'avresti fatto, malata o meno."
"Perché sei così testarda??"
"Beh, siamo in due. Shannon ascolta, qualunque cosa tu cercassi in me, io non avrei mai potuto darti niente. Niente. E non voglio più soffrire per questa macchia che mi porto dietro da anni."
"Non hai l'assoluta certezza di portarla!! Eve non fare la bambina!"
"E' palese Shannon! Palese che io la porti!"

Lui allungò la mano verso di lei, mettendole i due test sotto il naso.
"Aprili."
"No."
"Evelyn aprili."
"No!"
"Eve, non farmi incazzare."
"No!!" gridò lei, strappandogli le due buste di mano e rompendole a metà, "Smettila Shannon! Non c'è niente che puoi fare per me! Niente!" e lasciò cadere i pezzi di carta, "Dimentica tutto. Dimentica quello che hai in testa. Dimenticalo!! Perché  Evelyn non esiste. Non esiste! Quella che tu credi... in realtà non c'è. Io sono un mostro Shannon."
Lui avrebbe voluto replicare di nuovo, insistere per cercare di farla ragionare, ma lei era già scappata fuori dalla sua stanza. Fuori da casa sua.
Doveva riflettere. E forse doveva farlo anche lei.
Mandò al diavolo il mondo intero.

Altro capitolo chilometrico, ma ve lo dovevo. Scusate il megaritardo, ma ho impiegato un pochino di tempo a scriverlo! Vi ho fatto attendere 48 capitoli, per farvi sapere -quasi- tutto. :D Spero che ora perdonerete il mio 'sadismo' nel tenervi sulle spine per tutto questo tempo e spero che il capitolo vi sia piaciuto.
PS- non ho la più pallida idea di quale sia l'età minima in cui si possa fare un test HIV senza dover avvisare i genitori negli USA, ma visto che là la maggiore età effettiva arriva coi 21 supponiamo che siano i 21. ;)
Un bacio enorme e al prossimo, Flychick. <3

Ritorna all'indice


Capitolo 49
*** Shadow Theatre ***


49.Shadow Theatre
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Shadow Theatre

Los Angeles,
poche ore dopo, al mattino...

"Come vanno?" chiese Evelyn ad una ragazza che aveva appena provato un paio di jeans.
Valerie non poté evitare di notare sul suo viso i segni di chi ha fatto le ore piccole. Evelyn sembrava non solo stanca, ma anche tesa, stressata. E perché i suoi occhi sembravano freschi di pianto?
Brandon si voltò verso Adam. Era nervoso. Lo era sempre ultimamente; forse per l'imminente distacco del suo reparto da quello di Evelyn.
"Andiamo Romeo, non fare quella faccia." lo schernì.
"Ah, piantala Brandon." ribatté con stizza, "Piantala di chiamarmi così."
L'altro ridacchiò, guardando dall'altra parte del negozio.
"La tua Giulietta sembra giù di morale o sbaglio?"
Adam sospirò, guardando Evelyn lontana.
"Non lo so." disse, "Non lo so accidenti. E'... E' strana. E' da un pò che è così. Sembra mi nasconda qualcosa. Non è più quella di prima."
"Quella di prima." ripeté Brandon incrociando le braccia.
"Si, non è più la stessa quando stiamo insieme. Sai cosa intendo."

When ambitions are low. And emotions won't grow...

"E sai il perché?"
"No, vorrei tanto saperlo. E'... distaccata. A volte non vuole nemmeno che la tocchi."
"Hai provato a parlargliene?"
"Si, ma lei devia le risposte. Oppure non mi risponde proprio. Guarda, anche stamattina, non mi ha nemmeno rivolto una parola. E ho anche notato che lei e Natalia non si parlano."
"E perché mai?"
"Anche questo vorrei tanto saperlo Brandon..."
"Chiedilo a cervello d'oca."
Adam si voltò verso Sarah, ritenendola forse l'unico mezzo per avere delle spiegazioni.
"Coraggio, che aspetti?!" fece Brandon.
"E va bene, va bene. Vado."
Adam si avvicinò alla bionda.
"Ehm, Sarah?"
"Si?" si voltò lei scrollando la sua chioma.
Adam si guardò attorno grattandosi la nuca, assicurandosi che nessuno li stesse ascoltando.
"Senti, non è che tu sai... Non è che sai perché Evelyn è così strana?"
"Credevo potessi spiegarlo tu a me." rispose lei acida, aggiungendo Alexa e Valerie alla conversazione, "O tu a noi."
"Io credo che la signorina ci nasconda qualcosa. Le sue occhiaie mi fanno piuttosto pensare." insinuò Valerie tirando una leggera gomitata a Sarah.
"Comunque credo sia meglio non toccare l'argomento con lei." fece Alexa, "Qualunque cosa sia successa, la vedo piuttosto tesa."
A Sarah venne un'idea.
"Hey, aspettate. Forse Natalia sa qualcosa." disse, facendo in modo che lei la sentisse.
"Di che parli?" le chiese l'altra poco distante da loro, con aria di sfida.
"Lo sai perfettamente."
Natalia lasciò ciò che stava facendo e si avvicinò minacciosa.
"Vuoi sapere qualcosa Sarah? Vuoi sapere qualcosa? Beh, perché non lo vai a chiedere direttamente ad Evelyn allora? Sinceramente non fai parte della cerchia di persone con cui amo discutere dei miei affari."
"Oh quanti paroloni."
"Chiudi il becco."
"Non dirmi quello che devo fare." e la squadrò da capo a piedi, "Campagnola del Messico."
Natalia scandalizzata ridacchiò.
"Ha! 'Campagnola'? Beh, almeno noi 'campagnole' sappiamo riconoscere una vacca quando la vediamo." e facendole un eloquente sorriso le diede le spalle e chiuse l'argomento, allontanandosi accompagnata dai respiri strozzati di Alexa e Valerie e dallo sguardo sconcertato di Adam.
Sarah dissimulò giocherellando con i capelli.
 "Ehm..." ruppe l'imbarazzante silenzio Adam, "Quindi?"
"Quindi risolvi i tuoi problemi sentimentali da solo!" gli rispose Sarah arrabbiata andandosene.
Valerie la seguì ed Alexa rimase con Adam.
"Ehm..." cominciò lei, "Meglio che aspetti che si calmi."
-Ah, donne.- sospirò Adam non ascoltandola e ritornando da Sarah.
"Senti Sarah mi vuoi spie..."
"Che vuoi ancora?!"
"Prima di tutto che smetti di urlare."
Adam si mise le mani in tasca, dato che quello che stava per toccare era un argomento abbastanza scomodo per lui.
"Senti. Non è che in tutta questa storia, insomma... Evelyn forse è così strana perché... Non è che c'è di mezzo..."
"Chi, accidenti?!" fece lei.
Adam rispose con un cenno della testa.
"Shannon?!" strillò lei.
"Zitta, cazzo! Parla piano!!"
"Vuoi sapere cosa penso?" incrociò le braccia Sarah, "Vuoi davvero sapere cosa penso, Adam?! Io sono quasi certa, anzi sono assolutamente sicura, che Evelyn e quell'impicciona rompiscatole di Natalia non si parlano perché, si, dietro questa storia ci dev'essere proprio Shannon. Natalia l'ha scoperto, avrà sicuramente detto o fatto qualche sciocchezza come suo solito e per questo Evelyn non le parla."
Adam si stupì di quanto Sarah trasportasse i propri peggiori difetti negli altri, ma non si stupì della sua teoria riguardo a Evelyn.
Shannon. C'era di mezzo Shannon.
Adam si guardò attorno riflettendo. La sua relazione con Evelyn era forse appesa ad un filo?

Love, love will tear us apart. Again.

"No, non può essere." disse fra sé e sé.
"Di cosa ti lamenti?!" gli chiese Sarah stupita, "Mica è la tua ragazza."
"Che stai dicendo?! Cosa dovrebbe essere?!"
"Non lo so, so soltanto che lei non è la tua ragazza." ribatté lei sottolineando la negazione, "Quindi ti consiglio di stare attendo mio caro. Perché quella ragazza scotta." e facendogli un occhiolino andò a servire una cliente.

'Shadow theatre' significa 'ombre cinesi'. La frase 'almeno noi sappiamo riconoscere una vacca quando la vediamo' è presa dal film 'Burlesque', la dice Christina Aguilera a Kristen Bell. o.O
Canzone del capitolo: Love Will Tear Us Apart - Joy Division.
Al prossimo! Baci, Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 50
*** Purple Rain ***


50.Purple Rain
Ciao :) Scusatemi per le lunghissime attese fra un capitolo e l'altro, ma questo periodo è a dir poco assurdo. :(
Questi capitoli -il precedente, questo e il prossimo- sono di passaggio, lo so :)
Scusatemi, capisco che l'azione sia piuttosto rallentata in questi capitoli ma sono necessari!.
Fidatevi di me, ho tante sorprese per voi  ;) Baci, buona lettura.

Flychick

-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Purple Rain

Los Angeles,
il giorno dopo...

L'ultimo giorno dell'anno. L'ultimo fottutissimo giorno dell'anno. Meno di 24 ore di distanza all'anno nuovo.
Si, di solito si associa il pensiero dell'anno nuovo a quello di un nuovo inizio, addirittura ad una 'vita nuova'. Ma per Evelyn, che Miranda aveva costretto a lavorare come tutti i suoi colleghi persino quel giorno e quello successivo, quest'anno in arrivo non sembrava avere nulla di promettente.
"Allora, credo di aver pensato a tutto. Questa sera tutti a casa mia alle sette e poi..."
Sarah spiegava per la centesima volta il programma per i festeggiamenti che aveva preparato da mesi, punto per punto, ad una stanca ed annoiata Valerie.
"Si, ma non appena stacchiamo devo scappare da Victoria's Secret. Intimo rosso." concluse la bionda.
Valerie sbadigliò.
"Ci vieni con me, Eve?"
Nessuna risposta.
"Eve?!"
"Cosa?" chiese Evelyn con l'aria piuttosto confusa, dal fondo del negozio.
"Ti ho chiesto se vieni con me da Victoria's Secret." ripeté Sarah, seccata dal fatto di non essere stata ascoltata.
"Ehm..." farfugliò la rossa, "Ehm, no. No."
Sarah non seppe come reagire.

"Perché lo chiedi a lei?" scoppiò in una risata Valerie, "Ma sai quant'è che non entra in quel negozio?"
Evelyn sapeva già dove volesse andare a parare con la sua pungente ironia.
"Oh già, lei ha chi ci va per lei..." cominciò Sarah osservandola.
"E quel qualcuno non è fra queste quattro mura." concluse Valerie, facendo lo stesso.
"Smettetela." le zittì Evelyn, "Non ci vengo. Grazie."
"Eh va bene, va bene. Tranquilla, ci andrò da sola."
"Non parlavo solo di questo, ma anche della festa. Non ci sarò. Grazie dell'invito ma non ci sarò."
Sarah perse immediatamente il suo sorrisetto.
"Dai, Eve! Non volevo offenderti, sei..."
"No, no, non è per questo. Sul serio, grazie. Ma è no."
"Hey," riprese Valerie, "Non è che non vieni perché passerai Capodanno con qualcun'altro?"
Eve scosse la testa cercando di interpretare a tutti i costi quel 'qualcun'altro' come sua sorella o altri amici suoi.
"Qualcuno come Sh..." osò Sarah.
"No!!" strillò Evelyn, "No!! No, accidenti. E smettetela!!"
"O-ok..." cercò di calmarla la bionda.
Adam aveva ascoltato tutto quanto.
"Vi ho già detto di smetterla di insinuare certe sciocchezze!!" e se ne andò, lasciando le due a bocca aperta.
L'argomento non fu più toccato fino alle cinque, quando Evelyn uscì dal negozio diretta verso la fermata dell'autobus. Da quando lei e Natalia avevano litigato andava e tornava dal lavoro da sola, o raramente si faceva riaccompagnare a casa da Adam.
Camminava a passo spedito, volendosi lasciare alle spalle l'ennesima giornata no. Guardò il cellulare. Nessun messaggio. Nessuna sua notizia da quasi due giorni. Meglio così.
Meglio così?
Si, si meglio così.
"Evelyn!!" sentì dietro di sé, "Evelyn!"
Si voltò, sospirando. Prima o poi sapeva che avrebbe dovuto affrontare anche questa situazione, ed il solo fatto che lui la chiamasse col suo nome per intero era segno di una certa tensione. Adam la raggiunse.
"Cos'hai?" le chiese senza tante cerimonie.
"Che vuoi dire?"
"Smettila di rispondere con delle domande."
"Non so di che parli."
"Perché mi eviti?" accorciò le distanze lui.
"Io non ti evito, io..."

I never wanted to be your weekend lover, I only wanted to be some kind of friend.

"Evelyn dimmi un'altra stronzata e..."
"E cosa? Eh? Va bene. Va bene, io... Io devo stare da sola. Devo pensare."
"Pensare?!" ripeté Adam.
"Si. Si, ho bisogno di stare da sola stasera. Tu... Tu divertiti. Vai da Sarah questa sera e divertiti. Vai, non pensare a me."
"Non ci vado senza di te."
"Allora vai dove ti pare." concluse Evelyn volendo evitare scenate talmente smielate da dare la nausea.
"Resto con te." le afferrò un braccio, "Passiamo Capodanno io e te."
"Ti ho detto di no," ripeté lei, "Io devo... devo riflettere. Per favore Adam. Non preoccuparti per me, starò bene."
Lui la lasciò, stanco delle sue scuse.
"Ok." le disse, "Ok, va bene."
Evelyn vide nei suoi occhi la stessa aria di sfida e di rabbia che c'era quando incrociava lo sguardo di Shannon.
"Va bene, vai pure a 'pensare'. Ma mi devi delle spiegazioni. Evelyn." e mettendosi le mani nelle tasche se ne andò.
Evelyn tirò un lungo respiro, aggiungendo anche questo scambio con Adam alla lista dei casini da tentare di risolvere; prima o poi.
Arrivata a casa si chiuse in camera, scoppiando in lacrime. Aveva fatto lo stesso il giorno precedente.
Dov'era Shannon ora?
Era dove sarebbe sempre dovuto essere. Lontano da lei.
Lo sapeva, lo sapeva perfettamente che sarebbe andata così.
Perché piangeva? L'aveva previsto. Aveva previsto che sarebbe scappato.
Gliel'aveva detto lei stessa, no? 'Dimenticami'. Era la cosa migliore per entrambi.
-Vaffanculo.- si disse, maledicendosi solo per il fatto di pensare a certe frasi fatte.
Shannon non era più affar suo. Semplicemente questo.

I never meant to 'cause you any sorrow, I never meant to 'cause you any pain.

E andava bene così. Punto.
Il trucco colava, rigandole le guance di viola.
Cercava di pensare a cosa fare.
Shannon. Natalia. Adam.
Nessuno.
Lei, sola.
Sentì dei tacchi camminare, proprio fuori dalla sua stanza. Doveva essere Natalia che si preparava per andare da Sarah. Fece per alzarsi e andarle a parlare, ma quando afferrò la maniglia della porta sentì che sarebbe stato meglio lasciarla andare per il momento, e restare da sola, lei ed i suoi pensieri. Ok, lei e la sua ansia.
La porta si chiuse. Natalia infatti se n'era andata.
Evelyn uscì dalla sua camera, sedendosi sul divano a gambe incrociate. Rimase in silenzio tentando di asciugarsi il viso, sul quale continuamente scendevano lacrime colorate di tristezza.
Cercò di pensare a qualcosa di positivo.
Il lavoro che andava bene.
Sua sorella.
Il giorno in cui aveva conosciuto Shannon.
Accidenti. Era più forte di lei. Tentò di pensare ad altro.
Da lì in poi: il vuoto.

I only want to see you laughing in the purple rain.

Un lieve sorriso all'angolo delle sue labbra, mentre un'altra lacrima scura scendeva.

Colonna sonora: Purple Rain di Prince, che è una delle mie canzoni preferite. Un bacio. Al prossimo! Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 51
*** Love Wannabe ***


51.Love Wannabe
.
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Love Wannabe

Los Angeles,
il giorno dopo...

Adam aveva di nuovo tentato di parlare con Evelyn; erano ore che le ronzava attorno. Ma lei continuava a lavorare, dicendogli che avevano già parlato abbastanza e che non era quello il momento.
La vedeva prendere il Blackberry dalla tasca dei jeans ed osservare il display, lo faceva abbastanza di frequente, come se stesse aspettando una chiamata, o meglio un sms. Era tesa, maldestra, strana. Aveva la testa su un altro pianeta.
Evelyn dal canto suo stava soltanto cercando di scappare, di risparmiarsi l'ennesima scenata. Non voleva più averci a che fare con Adam; anche se, doveva ammetterlo, lui le aveva fatto dimenticare anche per quei pochissimi istanti di portarsi dietro una macchia indelebile. Era stata innamorata? Chissà. Era stata una semplice attrazione? Si, probabile. Lui non sapeva nulla di lei, e lei era sempre stata attenta. Aveva preferito prendere le giuste precauzioni e fare finta di niente, aspettando che il loro rapporto si stabilizzasse. A quel punto, una volta in grado di prevedere in lui una reazione ragionevole, gli avrebbe parlato. Ma ciò non era mai successo. Tra loro in un qualche modo c'era sempre stata una lastra di ghiaccio. Un muro di silenzi. Qualcun'altro...
"Evelyn."
Ancora.
"Senti Adam, non sono in vena. Ok? Non ho voglia di parlare, non ho voglia di niente. Ti prego lasciami stare."
Alle cinque Evelyn uscì dal negozio. Valerie uscì con lei.
"Io lo so che cos'hai." le disse.
Evelyn dissimulò.
"Non so di che parli."
"Io lo so." fece Valerie accendendo una sigaretta, "Tu hai paura di rischiare."
"Rischiare?! Ma che stai dicendo? Io semplicemente voglio i miei spazi."
Valerie roteò le iridi castane.
"Oh, smettila. Non mi riferisco ad Adam."
"E a chi, allora?"
"Dobbiamo continuare questa messa in scena, Evelyn?!"
La rossa sospirò.
"Perché dovrei rischiare?" chiese.
"Con Adam l'hai fatto."
"Ma no, no. Lui... Lui è diverso."
"Diverso? Hahaha! E che cos'ha di 'diverso'? Ha due occhi, due braccia, due gambe, due pal..."
"Ehm, ok! Ok! Va bene Valerie." l'interruppe prontamente Evelyn, "Ho afferrato il concetto."
"Quindi?"
"Quindi ti prego smettila di rendermi tutto così assolutamente complicato."
"Sei tu che ti stai complicando tutto quanto. Avanti. Prova. Che mai sarà? E poi te l'ho detto. Lui è troppo determinato, troppo serio, troppo tutto per volere soltanto un'avventura."
Quante volte aveva sentito questa frase. Quante volte ci aveva creduto. Quante volte aveva lasciato perdere.
"Senti Eve," cominciò Valerie soffiando una nuvola di fumo, "io non regalerei mai e poi mai un viaggio a Parigi, centoundici rose, l'intero negozio di Victoria's Secret, una collana di Tiffany e quant'altro ad un'avventura di una notte, non credi?"
Evelyn si morse il labbro inferiore, pensierosa.
-Ecco, questo è uno dei miei mille dubbi.-
"Io non so dirti perché Valerie, ma lui ce lo vedo molto bene. Potrebbe anche esserne capace secondo me."
"Oh, piantala. Sei più testarda di quanto credessi."
-Non sono testarda Valerie, sono una fallita. Punto.-
"E comunque, io dico sempre 'meglio un rimorso che un rimpianto'. Ma sta a te decidere."
Valerie finì la sigaretta.
"Bene. Ora ti lascio."
"Ciao Valerie."
-Meglio un rimorso che un rimpianto.- ripensò Evelyn incerta guardando la sua amica allontanarsi.
Si incamminò.
Un rimorso. Un rimpianto.
Ecco, qualcuno un giorno avrebbe dovuto spiegarle la differenza tra i due. Un giorno molto vicino. Perché questa piccola lezione le sarebbe servita...

Chiedo scusa per l'ennesimo ritardo e per l'ennesimo capitolo di passaggio. Ma tranquille, ho tante tante sorpresine per voi :):):)
Un bacione grande!! Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 52
*** 'Heart'quake ***


52.'Heart'quake
Vi devo mille scuse mie care lettrici. Sono sparita per troppo troppo tempo.
Ho avuto un periodo molto 'pieno', ma ora finalmente mi posso dedicare alle mie storie. :)
Spero che questo capitolo possa ripagare la vostra lunghissima attesa.
Non ci saranno più attese così chilometriche. Ve l'assicuro.
Un bacione, Flychick



-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

'Heart'quake


Los Angeles,
quella sera...

Silenzio. Silenzio e nient'altro fra lei e Natalia. Sguardi rapidi e tanto imbarazzo; come ogni sera.
Natalia se ne andò nella sua stanza, dato che toccava ad Evelyn riordinare la cucina.
Una volta sola cominciò a sparecchiare la tavola.
Era stanca, i suoi occhi spenti ne erano la prova; era sovrappensiero, era maldestra, voleva soltanto rinchiudersi nella sua stanza al buio, con il solo rumore della Westwood notturna a disturbarla.
Suonò il campanello.
-Ma chi sarà mai?- si chiese, dato che quello che aveva appena sentito era il suono del campanello del loro appartamento e non della porta principale al piano terra.
Ma soprattutto, chi poteva essere a quell'ora? Forse Sarah? Ogni tanto aveva di queste idee. Forse un Adam arrabbiato? Probabile.
Girò la chiave ed abbassò la maniglia. Aprì lentamente la porta, non avendo la più pallida idea di chi altri le si sarebbe potuto presentare di fronte. Ma quando lo vide fu lui stesso a farsi spazio verso di lei e a richiudersi la porta alle spalle.
Evelyn sgranò gli occhi stupita ed incredula, indietreggiando.
"Tu cosa...?!"
Rimasero l'uno di fronte all'altra. Osservandosi. Lui, sicuro di sé, con il suo solito sorrisetto sul viso. Lei, confusa e senza parole.
"Cosa... Cosa fai..."
"Cosa faccio qui, Eve?"
"Cosa... Cosa c'è Shannon? Smettila di giocare. Cosa c'è?"
"C'è che è vero Eve."
"Vero?! Ma di che diavolo stai parlando??" gli chiese mentre lui estraeva dalla tasca i lembi dei test HIV che lei stessa aveva strappato.
Ecco che cos'era 'vero'. Non se ne stupì. Lei ne era già consapevole. Forse.
Shannon le mise i pezzi di carta proprio davanti, strappandoli ulteriormente e lasciandoli cadere a terra. Evelyn non seppe come reagire. Cosa stava facendo? Che cosa voleva dimostrarle?
"E' proprio vero Evelyn Jones. Io l'ho sempre detto. Sei veramente unica nel tuo genere." avanzò verso di lei.
"Ma cosa stai...?!" cercò di replicare, sempre più confusa.
"Sono entrambi negaviti. Non hai assolutamente niente. Sei sana."
I suoi passi verso di lei sempre più veloci.
"Cosa? Ma... Non è possibile, io..."
Evelyn sentiva il cuore scoppiare per il battito troppo rapido.
"No non può essere, io ho..." fece continuando a camminare all'indietro per sfuggirgli, "No, non può essere...".
Era certa che Shannon stesse scherzando. Doveva essere così per forza. Non era assolutamente possibile che lei fosse sana. Non poteva essere possibile.
"No, non è vero..."
I centimetri fra di loro continuavano a diminuire, nonostante Evelyn cercasse di mantenere le distanze tentando di scappare dalle sue grinfie. Ma alle sue spalle c'era il muro che separava l'entrata dalla cucina. E che ora era contro la sua schiena.
Non aveva scampo.
Un'occasione che lui non si lasciò scappare.
"Shannon cosa stai facen..."
Evelyn, premuta contro la parete, non riuscì a finire di parlare che lui l'aveva già intrappolata; facendo ciò che avrebbe dovuto fare molto, molto tempo prima.
Le mani sui suoi fianchi.
Le distanze annullate.
Un bacio nervoso, arrabbiato, quasi violento; ma nonostante questo infinitamente dolce. Premeva contro le sue labbra come per toglierle le parole di bocca; perché ormai le parole non contavano più, ce n'erano state sempre troppe ed erano state tutte quante inutili e sbagliate.
Evelyn finalmente rilassò i muscoli, portando timidamente le mani sulle spalle di Shannon. Gli occhi chiusi; mentre lui intrecciava la lingua con la sua e lei lo lasciava fare. Un momento che aveva atteso ma allo stesso tempo evitato sin dalla prima volta che aveva incrociato il suo sguardo felino.
Ripensò a tutte le volte che le sue amiche, sua sorella e chiunque altro l'avevano spronata a lasciarsi andare, a dare una possibilità a Shannon. Non era forse ciò che stava accadendo proprio in quel momento? Non era forse questo quello che intendevano? E se tutti quanti avessero avuto ragione sin dall'inizio?
Ma furono le mani di lui, che si stavano insinuando sotto i suoi vestiti, a riportarla alla realtà. Evelyn aprì improvvisamente gli occhi, allontanandolo da sé con una forte spinta. Si premette una mano sulle labbra. Shannon cercò di interpretare la sua reazione, anche perché nei suoi occhi non vedeva altro che paura.
"Via." gli disse.
"Cosa?"
"Vai via."
"Ma..."
"Vai via Shannon!" e lo spinse verso la porta.
"Ma Eve..." cercò di protestare lui, senza però opporre resistenza.
"Niente 'ma', vai. Vai via!" e lo chiuse fuori, appoggiando la schiena alla porta ed accasciandosi a terra.
Le mani ancora sulle labbra, per stupore o per qualunque altro motivo.
"E' proprio vero Evelyn Jones. Io l'ho sempre detto. Sei veramente unica nel tuo genere. Sono entrambi negaviti. Non hai assolutamente niente. Sei sana."
Scosse la testa, ancora sicura che fosse soltanto uno dei suoi trucchetti, uno dei suoi giochi per riuscire nel suo intento; ma proprio accanto a lei c'erano i lembi strappati dei suoi test HIV. Li ricompose, pezzo per pezzo; forse temendo o forse sperando ciò che stava per leggere.

NEG - A - TIVE
NE - GAT - IVE

Nero su bianco.
Shannon aveva detto la verità.
Un terremoto che aveva scombussolato tutte le sue convinzioni. Un uragano che aveva spazzato via ognuna delle sue certezze.
Una lacrima scese sulla sua guancia, seguita da altre; molte altre. E da rimpianti. E da ricordi. E da rimorsi. Ma oltre a tutto ciò un lieve sorriso cominciava a comparire sulle sue labbra. Un sorriso nuovo. Un sorriso vero.

'Cause tonight's the night the world begins again...

Spero di essermi fatta perdonare e di avervi riacceso la fiamma della curiosità :) Un bacione e al prossimo capitolo! Vi chiedo ancora scusa per l'attesa!
Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 53
*** One Last Wish ***


53.One Last Wish
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

One Last Wish

Los Angeles,
il mattino dopo...

Sarah, Valerie, Natalia ed Alexa parlavano da ore della festa di compleanno che Sarah si era auto-organizzata. Anzi, a dirla tutta forse soltanto Sarah ne stava parlando. Brandon evitava di ascoltarla, dato che non sopportava la sua vocina stridula. Adam era nervoso. Continuava a camminare avanti e indietro, buttando sempre un occhio su Evelyn, sul suo viso serio. Aveva dei sospetti, perché sicuramente c'era qualcosa che non andava. Era certo che dietro quel suo strano comportamento ci fosse un nome. Un nome che odiava.
Evelyn non aveva detto una parola da quando aveva messo piede nel negozio, e faceva il possibile pur di evitare qualunque dialogo. Non sentiva le voci delle sue amiche, ognuno dei suoi movimenti era automatico. Aveva troppi pensieri per la testa.
"E' proprio vero Evelyn Jones. Io l'ho sempre detto. Sei veramente unica nel tuo genere. Sono entrambi negaviti. Non hai assolutamente niente. Sei sana."
La gruccia che teneva in mano le cadde, facendo un enorme frastuono. Tutte le teste si voltarono verso di lei, ma Evelyn non ci fece caso. Immobile. Con gli occhi sbarrati.
Sana.
Era sana. Lo era sul serio. Lo era?
NEG - A - TIVE
NE - GAT - IVE

Cosa le diceva il cuore?
"Tu hai tutto Eve. Hai carattere. Hai i piedi per terra. E sei meravigliosa."
Cosa le diceva la ragione?
"Serate, ragazze, avventure... Ha tutto sempre solo fatto parte del gioco."
Un trambusto totale. L'impossibilità di scegliere quale delle due voci ascoltare. Sentiva ancora il sapore delle sue labbra e non riusciva a toglierselo dalla testa.
Shannon.
Si, era sciocco continuare a negare. Per lei non c'era stato nessun'altro in quegli anni. Nessuno oltre a lui. Aveva provato innumerevoli volte a ricominciare, a voltare pagina, si era lasciata andare con altri uomini pur di dimenticare che nel suo cuore, nella sua mente, nella sua anima c'era lui. A volte c'era quasi riuscita, ma ad un passo dal traguardo lui le si presentava di fronte, ritornava dai suoi viaggi, azzerando tutto quanto.
Ma ora le cose erano cambiate. Lei era un'altra. Lei era sana. Lo era sempre stata; ma aveva ad ogni modo la sensazione di essere guarita. Di essere diversa. Di essere libera.
"Evelyn? Evelyn??"
"Eh? Si?"
Sarah la stava guardando con aria piuttosto seccata.
"Ma si può sapere che hai??"
"Oh, i-io? No, niente. Niente."
Silenzio.
"Allora??" fece la bionda.
"Ehm..." balbettò Evelyn, certa che Sarah poco prima di richiamarla le avesse chiesto qualcosa che lei non aveva ascoltato.
"Verrai?!"
"Dove?"
"Come 'dove'??"
La festa. La sua festa.
"Oh, si, la festa si. Si, certo questa volta ci sarò."
Adam, stanco dei suoi balbettii, raggiunse Evelyn con aria minacciosa.
"Dobbiamo parlare. Io e te."
"No, no... Io..."
"Evelyn sono giorni che sei strana. Sono giorni che non ti fai nemmeno sentire. Sono giorni che..."
"Lo so, lo so." cercò di calmarlo lei passandosi una mano fra i capelli, "Scusami."
"No, no, basta scuse Evelyn. Dobbiamo mettere in chiaro alcune cose." ed afferrandole un braccio la portò in un angolo in fondo al negozio.
"Tu mi devi delle spiegazioni da troppo tempo signorina."
"Ma..."
"Chi è? E' lui?" l'interruppe minaccioso. "Oh, certo che è lui. Da quando? Da quando ci vai a letto invece che stare con me, eh?"
Evelyn non osò rispondere alla provocazione, anzi, la utilizzò a proprio favore per riflettere.
"Da quando??"
Ora o mai più.
"Rispondi." la scosse lui, irritato dal suo silenzio.
Era il momento.
"Scusami tanto Adam," gli disse, "ma ho una cosa più importante da fare."
"Una cosa più imp...?!" ripeté lui sconcertato.
"Si." e scappò verso l'uscita.
"Evelyn!" la chiamò, "Evelyn!!"
"Scusami." si fermò voltandosi indietro, verso di lui, "Credo che non ci sia bisogno di dirlo ormai. Ma... voglio che tu sappia che non è più come prima."
"Cosa... Ma... Che diavolo stai dicendo?? Cosa, cosa non è più come prima?!"
"Tutto Adam. Io. Noi, il nostro rapporto. Ogni cosa, tutto quanto..."
Adam attese la fine della frase col cuore in gola.
"...finisce qui."
Evelyn afferrò giacca e borsa e scappò fuori sotto gli occhi sconcertati di tutti.
"Ma dove va??" chiese immediatamente Sarah.
Natalia sorrise fra sé e sé, incerta di che cosa sarebbe potuto accadere, ma sicura che Evelyn avrebbe fatto ad ogni modo la cosa giusta questa volta. Sospirò, sperando che da quel momento le cose sarebbero migliorate. Anche fra loro due.

Al prossimo...:) Un bacio! Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 54
*** Love, Maybe? ***


54.Love, Maybe?
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Love, Maybe?

Los Angeles,
poco dopo ...

"Shannon ci sono cose più importanti nella tua vita di me. La musica, Gli Echelon."
"Si hai ragione, lo sono. Sono le cose più importanti della mia vita. Ma tu sei quella che non ho mai avuto; e per la quale ho intenzione di continuare a combattere."
 Erano parole taglienti. Le sue lo erano sempre state. Ma nonostante questo non erano mai riuscite a penetrare la sua dura corazza.
"Ma dimmi una cosa. Perché cerchi di distogliermi da te?! Perchè?! E' uno dei tanti punti che non capisco."
 Ecco era proprio quello il punto. Tutte discussioni che si sarebbero potute evitare.
"So che ogni giorno che passa è un punto a tuo favore. Ma a pensarci bene non so se sarò mai disposto ad ammettere la sconfitta."

Era passato del tempo in effetti, tanto tempo. Cinque anni erano tanti. Che cosa doveva fare lei allora? Recuperarli? Recuperare il tempo perso? No, no. Doveva sconfiggere il tempo. Doveva cancellarlo. Doveva soltanto guardare a tutto il tempo che aveva davanti.
"Ciao Eve."
"Ciao, Shannon."
Silenzio. Lui le fece spazio per lasciarla entrare; ma lei non si mosse.
"Vieni. Vieni dentro." la spronò.
Lei lo seguì fino in soggiorno, dove sul divano c'erano la sua chitarra e qualche spartito.
"Scusami se ti ho disturbato, ma devo..."
"Stai scherzando? Siediti."
Shannon afferrò la chitarra sedendosi di fianco a lei. Prese il plettro e cominciò a strimpellare qualche nota. Evelyn lo lasciò fare.
"L'hai scritta tu?" chiese dopo poco.
Shannon annuì.
"Si. Come 'L490'. Se tutto va bene Jared vorrebbe inciderla come pezzo finale del nuovo album. Ma abbiamo ancora molto da fare, è presto per dirlo con certezza."
"L490." ripeté Evelyn riflettendo, "Non ho mai capito il perché di questo titolo."
Shannon ridacchiò.
"Diciamo che 'L490' e questa canzone hanno la stessa musa ispiratrice."
Anche Evelyn ridacchiò.
"Non cambi mai, Shannon Leto."
"Si. E' la verità. Non mi credi?"
Evelyn alzò un sopracciglio, incrociando le braccia.
"490 è composto da 4, 9 e 0. Ti ho conosciuta il quattro Settembre, quindi 4 e 9. E lo zero significa... inizio. Partire da zero. Tutto è cominciato da lì. Quel giorno."
"Tutto?"
"Si."
"E la 'L'?"
"La 'L' sta per tante cose, ma è sempre legata al numero quattro."
"Numero 4? Credo di essermi persa."
"Ti ho conosciuta il quattro Settembre. Ho quattro tatuaggi. Ho il primo ricordo di quando suonavo qualcosa che potesse sembrare una batteria a quattro anni. Eravamo quattro nel gruppo quando è uscito '30 Seconds To Mars'. I glyphics sono quattro. La tua stanza, quando ci siamo incontrati quella volta a New York, era la numero 404."
Evelyn rimase piuttosto stupita da tutte quelle coincidenze. Ma erano sul serio coincidenze?
"
La 'L' è anche la quarta lettera del tuo nome."
Ah, no. Non potevano esserlo.
"E l'iniziale di tante altre."
"Mmm... Che cos'è? L'impiccato?" gli sorrise.
"No, ma ci puoi mettere tutte le parole che vuoi."
Shannon ripose la chitarra sul tavolino di fronte a loro.
"Tu quale ci metti?" lo provocò, forse, Evelyn.
Shannon colse l'occasione.

So I say why don't you and I hold each other, and fly to the moon and straigh on to heaven?

"Guarda caso una parola da quattro lettere." disse, e senza pensarci avvicinò il viso di lei al suo.
Evelyn socchiuse le labbra abbassando lo sguardo su quelle di lui, lasciando che le distanze si facessero sempre più corte. Le mani di Shannon passarono dal viso di lei alle sue braccia, fino alla sua schiena, dove
tracciò qualcosa con le dita. Evelyn rabbrividì.
Erano lettere.
Una L.
Una O.
Una V.
Una E.
Quattro lettere.
Evelyn rise, o almeno ci provò, incapace di lasciare le sue labbra.
"Hahaha. Quanto s
ei viziato." scherzò.
"Viziato io?"
"Si. Tutto ciò che vuoi lo ottieni, indipendentemente da cosa sia."
Shannon si fermò, guardandola nelle iridi chiare.
"Ma io l'unica cosa che mi manca non la pretendo, cerco di meritarmela. Ho fatto l'impossibile pur di meritarmela."
Evelyn si mise comoda sul divano.
"Smettiamo di parlare in terza persona. Tu credi di meritarmi?"
Lui non seppe esattamente come prendere quella domanda.
"Ok," fece Evelyn, "non te lo chiedo per superbia, o per fare la stronza come sempre. Niente affatto. Voglio solo sapere... sapere cosa pensi..."
-Voglio che tu mi dica che ne vale la pena Shannon. Voglio averne l'assoluta certezza. E sarai tu a darmela.-
"Io?" disse lui, "Io non penso niente. Io credo solo di avere tanto da darti. E sono convinto che anche tu ne abbia."
Evelyn annuì mordendosi le labbra pensierosa, soddisfatta e delusa dalla risposta.

How do I explain this nonsense to my heart? My heart's just banging like a drumbeat.

"Va bene." e guardò l'orologio appeso alla parete cercando una scusa, "Ora devo andare." e sistemandosi i capelli si alzò, diretta verso la porta a passi veloci.
Shannon l'osservò analizzando la situazione. Lei gli stava sfuggendo. La seguì. La rincorse schivando mobili e spigoli; e non appena la mano di Evelyn sfiorò il pomello della porta la prese per la vita e la voltò.
La schiena premuta sul legno bianco. Era senza via d'uscita. Occhi negli occhi.
"E adesso?" le chiese, accennandole un sorriso colmo di malizia, "Dov'è che devi andare, signorina?"
"Sha..." cercò di replicare lei, prima di essere adeguatamente zittita.
Shannon strinse la sua maglietta fra i pugni tirandola verso di sé. Finalmente.
"Dimmi cosa vuoi che faccia." le sussurrò, lasciando per pochi istanti le sue labbra morbide.
Non sarebbe stato egoista, non con lei. Non questa volta.
Lei non disse nulla.
Le baciò la guancia, il collo, la spalla.
"Non rispondi?" e la baciò di nuovo.
"Se rispondessi non avresti il gusto della scoperta."
Lo provocava? Ancora?
"Non tentarmi Eve." le sorrise, "Conosci i rischi."
"Oh, scommetto che mi conosci abbastanza da non avere bisogno che io risponda."
"Io l'ho sempre detto Evelyn Jones. L'ho sempre detto che se sono un matto da legare è solo colpa tua."
"Che intendi dire?"
"Che mi fai impazzire bimba."
Sollevò Evelyn di peso, sedendola sul tavolino nell'entrata, dietro al quale c'era uno specchio. Le loro labbra ancora unite, le braccia di lei attorno alla sua schiena. Evelyn rise, affondando la testa sui suoi pettorali.
"Che c'è?" le chiese.
Lei rise di nuovo.
"Che c'è?"
"Oh santi numi. So già che me ne pentirò amaramente. Oppure... Oppure no?"
"Non lo so. So che farò di tutto purché non accada."
No, infatti. Perché lei non era come le altre. O meglio, le altre non erano niente in confronto a lei.

You shouldn't worry about what they say, 'cause they got nothing on you, babe.

E poi, Shannon aveva ancora un obiettivo. Voleva e doveva scoprire dove fosse quel settimo misterioso tatuaggio. Non si sarebbe dato pace finché non l'avrebbe trovato. Dovunque esso fosse.
Evelyn reclinò la testa e Shannon prese a baciarle il collo. Il suo sguardo cadde sullo specchio, nel quale si rifletteva la schiena di lei; e senza averlo nemmeno cercato lo vide. Vide qualcosa fuoriuscire
dall'orlo dei suoi jeans a vita bassa. Dovette osservare con attenzione, dato che ciò che era riflesso in quello specchio lo lasciò forse abbastanza di stucco, ma piuttosto soddisfatto.
Si, non poteva essere altro. Avrebbe riconosciuto quei tratti d'inchiostro ovunque.
Ed erano sul suo corpo. Proprio sul suo.
Eccolo. L'aveva trovato.

Vi chiedo nuovamente scusa per l'attesa chilometrica. O.o Un bacione, al prossimo! ;););) Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 55
*** Love After War ***


55.Love After War
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Love After War

Los Angeles,
poco dopo...

"L'ho sempre saputo che eri piena di sorprese." e le baciò il collo, "Sempre."
Strinse la sua maglietta nelle mani, cercando di reprimere la voglia di strappargliela, di farle sentire come in un solo istante avrebbe riunito tutti i rimorsi, le notti insonni, le delusioni ed i rimpianti ai quali l'attesa l'aveva portato; in un solo gesto.
Aveva la rabbia di più di cinque anni di fallimenti alle spalle e lei davanti a sé. Avrebbe potuto lasciare che l'istinto lo guidasse, con ira, con violenza, con passione; avrebbe potuto fare qualunque cosa. Qualunque.
Ma non la fece.
Cercò di essere il più delicato possibile. Perché, si ripeté, lei non era come le altre. Con lei non esisteva l'egocentrismo, non c'era l'avidità, non c'era il solo proprio piacere. Lei era diversa.

Evelyn alzò lo sguardo. Non sapeva se tutto ciò fosse la cosa giusta; era troppo presto per esserne certa. Cercò una risposta nei suoi occhi. Non la trovò, non ancora. Non ne era sicura. Ma valeva la pena rischiare.
Lui il fuoco, lei il ghiaccio. Non avrebbe resistito oltre dato che quelle fiamme la stavano sciogliendo lentamente ed inevitabilmente, accendendo il suo desiderio.
Chiuse gli occhi, lasciando che le sue mani percorressero il suo sinuoso profilo sfilandole la maglietta.
In certi casi non c'era proprio bisogno di pesanti libri firmati Freud, Jung o Klein per capire. Il fuoco scioglie il ghiaccio. E' una questione di chimica. Non è necessario seguire nessun'altro filo logico. L'istinto vince sulla ragione. Ed è proprio qui che la psicologia trova il proprio limite. Può sembrare strano, ma essa non può andare oltre la ragione, non vuole andarci. Altrimenti sarebbe magia. Non scienza.
E quella era la realtà. Quelli erano loro. In quel momento.
Shannon passò una mano sul fianco di lei, sul suo tatuaggio cinese, come se fosse una verità scritta da lui stesso. Lei era la sua dea, la sua musa, la sua donna. E non avrebbe mai smesso di adorarla. Lo sapeva che c'era sempre stato una sorta di legame fra di loro, quasi una predestinazione. Come se la loro sorte fosse stata scritta sin dalla prima volta che i loro sguardi si erano incrociati.
Erano successe molte cose da allora. Cose che li avevano allontanati, che li avevano riavvicinati, che li avevano separati di nuovo, ma che ora stavano per rendergli il tempo perso. 
Evelyn lo spinse indietro, scendendo dal tavolino. Era il suo turno, e Shannon le diede tutto il tempo per giocare le sue carte.
Anche lei gli tolse la maglietta, ed una strana ma fervida emozione la pervase al contatto con la pelle tonica dei suoi addominali. Una bramosa curiosità; o forse un'ansia lecita, dati i loro precedenti e date le frenetiche idee che cominciavano ad accavallarsi nella sua mente riguardo a ciò che di lì a breve sarebbe accaduto?
Decise di lasciare a Shannon la mossa decisiva.
Infatti non fu difficile per lui condurla fino alla sua stanza al piano superiore, sollevarla afferrandola avidamente per le gambe, adagiarla sul suo letto e toglierle tutto ammirando la sua pelle rosea ed i suoi tatuaggi finalmente tutti quanti insieme. Da ogni suo gesto, da ogni suo singolo movimento trapelava quanto la desiderasse. Nonostante facesse tutto con estrema delicatezza, lui la voleva, la voleva ad ogni costo. Anima e corpo. E voleva che fossero in due a godere di quel momento tanto atteso.
La guardò dritta negli occhi, non volendo perdere nulla, nemmeno l'azzurro dei suoi occhi.

All that i am, all that i ever was it's here in your perfect eyes, they're all i can see.

Evelyn rilassò i muscoli, vinta.
Fine. Fine dei giochi. Fine della battaglia. Fine di tutto. Dopo anni d'assedio aveva ceduto. Shannon era riuscito nel suo intento; e lei aveva perso. Perso, continuava a ripeterselo. Aveva perso, punto.
Conoscendosi avrebbe lasciato che il tempo facesse il suo corso e poi si sarebbe arrabbiata, si sarebbe riempita di rimorsi, avrebbe continuato a flagellarsi zitta. Non era forse quello che faceva sempre?
"Si procede per tentativi Shannon, e non è mai un errore." gli aveva detto una volta, ma lei stessa ora non credeva più neanche alle sue stesse parole.
Tutto ciò era sbagliato. Sbagliatissimo. Si sorprendeva di essere arrivata fino a quel punto; quel punto che aveva sempre cercato di censurare, di evitare.
Aveva perso. Perso. Era sconfitta fra le sue braccia. Adesso.
Era così? Si. Si, non poteva negare l'evidenza.
Sconfitta.
Ma se era così, allora perché accidenti nel profondo del suo cuore si sentiva come se da quella lunga guerra di posizione lei fosse uscita vincitrice? O come se addirittura entrambe le parti non avessero mai avuto nulla da perdere? Poteva essere veramente possibile?!
No, no accidenti. Cosa sarebbe successo ora? Cosa?? Perché ogni battaglia alla propria fine aveva delle conseguenze. Sempre. A volte disastrose...
Non ci voleva pensare; forse perché in quel momento non ne valeva la pena, forse perché non sarebbe riuscita a farlo, forse perché ci avrebbe pensato dopo, forse perché non era ancora l'ora di pentirsene, forse perché anche lei voleva che tutto ciò accadesse. Forse l'aveva sempre voluto.

I'm going higher and higher, closer to my dreams. I can feel my dreams.

Shannon lasciò improvvisamente le sue labbra, osservando come ora fosse lei a cercare lui. Evelyn infatti protese più volte il viso verso di lui, mentre Shannon continuava a indietreggiare con un sorrisetto soddisfatto sul volto.
"Che c'è?" gli chiese lei sottovoce, confusa da quell'inspiegata interruzione.
"Haha," ridacchiò lui, "c'è che per una volta non sono io quello che aspetta. Volevo solo vedere cosa si prova dall'altra parte."
Non le diede il tempo per rispondere.
-Finalmente sei mia.- pensò fra sé e sé carezzandole la pelle morbida, -Mia.-
E se quella era la tanto attesa ultima riga del primo capitolo della loro storia ogni singolo istante ora trovava un valore; ogni momento, ogni lungo ed interminabile indugio. Perché ora lei era sua. Sua e basta.
Che gli importava del resto?
Ora che aveva lei, ora che aveva anche lei e solo lei, aveva tutto ciò di cui aveva bisogno.
Evelyn tremò, ansimando con la sua voce sottile.
"Freddo?" le sussurrò.
"Anche."
Shannon ghignò mordendole le labbra.
"Lo sai che sei stupenda, vero?"
Non era la prima volta che glielo diceva. Doveva essere la centesima o forse la millesima. Lei aveva sempre risposto con stizza, voltandogli le spalle, ridendogli in faccia smentendo la sincerità delle sue parole.
"Grazie." disse timidamente questa volta.
"E lo sai che resterei qui con te per ore?"
Evelyn rispose con una domanda.

My heart can't have, my heart can't decide; but it's telling me it's... right?

"Hai programmi per la giornata?"
"No. Tu?"
"No."
Non ci fu bisogno di aggiungere altro.

Chiedo nuovamente scusa per il ritardo. Ogni volta prometto di aggiornare presto ma non ne sono capace. :( Scusatemi tanto ho avuto un sacco di contrattempi! Spero ci siate ancora, nonostante tutto!
PS- "Altrimenti sarebbe magia. non scienza." riferito alla psicologia lo dice Freud nel film 'A Dangerous Method". ^.^

 Un bacione, Flychick. <3

Ritorna all'indice


Capitolo 56
*** Mad At Me ***


56.Mad At Me
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Mad At Me

Los Angeles,

quella sera...

 Evelyn rintontita allungò un braccio verso la sveglia, quell'aggeggio diabolico che suonava sempre troppo presto. Dovette muovere la mano svariate volte prima di trovarla nel buio.
Che strano, non le sembrava che avesse il solito gracchiante suono di tutte le mattine; ma ad ogni modo la fece star zitta. Aprì a fatica un occhio, cercando di vedere le linee fluorescenti dei numeri.
08:00 p.m.
Le otto della sera. E allora?
Le otto della sera? Le otto della sera?!
-Ma...- si sedette guardandosi attorno cercando di orientarsi nell'oscurità.
Quella non era la sua sveglia. Quelle non erano le sue lenzuola, quella non era la sua stanza, quella non era la sua casa. E lei di certo non dormiva mezza nuda a Gennaio.
Così tante stranezze; eppure, tutto sembrava.... straordinariamente normale.
"Tutto ok, Eve?"
Si voltò verso la sua destra, da dove proveniva quella voce. La sua voce.
Una mano calda le carezzò la coscia. La sua mano calda.
Evelyn accese una luce.
Shannon.
Di fianco a lei.
"Ciao bimba." e le scostò i capelli rossi spettinati dal viso.
Aveva forse dimenticato di essere scappata dal lavoro per andare da lui? Aveva forse dimenticato tutto ciò che si erano detti? Aveva forse dimenticato tutto ciò che era successo nelle ultime ore?
No, tutt'altro. Solamente in quella situazione, la sveglia che suonava, il risvegliarsi fianco a fianco, c'era una certa... naturalezza. Come se fosse qualcosa che si ripeteva ormai da tempo e che, ogni volta, fosse stupendo; quando in realtà non era assolutamente mai successo.
"Si può sapere perché punti la sveglia alle otto di sera?" gli chiese.
"Perché 'qualcuno' doveva essere svegliato probabilmente."
"Molto divertente." mormorò Evelyn stiracchiandosi, "Accidenti, devo andare a casa."
"Perché?"
"Ho un certo languorino, e poi devo farmi una doccia, devo lavare e stirare e poi andare a dormire per puntare una sveglia alle otto anche io. Io al contrario di te la punto al mattino però. Dato che domani alle nove esatte devo essere da Miranda."
"Puoi restare qui, ceniamo insieme. Sono bravissimo a prenotare il cinese d'asporto."
Evelyn ridacchiò.
"Non lo metto in dubbio. Ma non posso lasciare tutto il lavoro a Natalia."
"Avanti, sono sicuro che capirà."
Forse avrebbe capito; anzi, sicuramente l'aveva già fatto. Nonostante non si parlassero da giorni Evelyn era sicura che Natalia avrebbe intuito tutto quanto. La sua fuga, la sua assenza. Ed era sicura che aveva già pensato lei a tutte le faccende di casa.
"Shannon domani devo..."
"Domani ti ci porto io al lavoro."
"Assolutamente no. E poi ho la macchina proprio qui davanti. Anche quella deve venire a casa con me."
"Può stare nel garage di fianco alla mia."
"Shannon, non resto qui. Non posso." gli disse, cercando di farlo ragionare.
"Questa è una scusa che non vale più." e le diede un bacio sulla guancia, "Da questa mattina."
"Da questa mattina?"
"Si."
"Ehm, 'da questa mattina', cosa scusa?"
"Da questa mattina tu sei mia, bimba."
Sua? Si, diciamo che l'idea era quella. Ma... C'era qualcosa che stonava. Qualcosa che non andava in quella frase, o in ciò che voleva dirle attraverso quella frase. Evelyn alzò un sopracciglio, lasciandolo parlare.
"Lo sapevo che saresti venuta da me. Prima o poi sapevo che avresti fatto la scelta giusta."
-La 'scelta giusta'?!- pensò lei.
"Ancora mi chiedo perché hai perso tutto questo tempo con quel cascamorto." azzardò Shannon, che subito notò un cambiamento di espressione sul viso di lei che non gli piacque affatto.
Adam.
Perché dovevano parlarne in quel momento? E perché lui poteva parlarne così? Lui era pur sempre stato un capitolo della sua vita. Un capitolo chiuso; un capitolo che forse non aveva avuto molto senso, ma che comunque c'era stato. E del quale lei ora non si pentiva.
Chi era lui per giudicarla? Come si azzardava? Che autorità aveva di deridere le scelte che aveva fatto in passato?
"Ah, ma davvero?" e gli tirò un cuscino in pieno volto, scattando fuori dal letto.
"Hey, hey Eve aspetta un attimo..."
Ma lei era già lungo le scale.
"Eve!" la chiamò infilandosi i jeans per poi precipitarsi lungo le scale, "Vuoi ascoltarmi?! Dove sei?"
Era nel soggiorno, molto probabilmente alla ricerca dei suoi vestiti.
"Lasciami stare, non ho voglia di sentire niente. Non ho tempo da perdere con un altro 'cascamorto'."
"Avanti, stavo scherzando."
"No, non scherzavi affatto."
Shannon stava cercando di puntare sull'umorismo.
"Hey ma... Sei arrabbiata?" sorrise.
"Ti sembro arrabbiata, davvero? Oh, i miei complimenti. Tu si che sai proprio capirla una donna." lo schernì.
Ok, dal piano 'umorismo' si passava ufficialmente a quello 'lancio di freccette'.
"Non puoi essere arrabbiata con me perchè voglio che tu sia felice." colpì Shannon per primo.

You can't be mad at me. I'm just aiming to please.

"Io non ti sopporto, Shannon Leto."

"Tu non sopporti il fatto che con me stai bene." le rinfacciò parandosi davandi a lei in qualunque direzione volesse andare.
"Ti sbagli."
"Eppure non neghi."
"Vuoi che lo faccia?" lo sfidò.
"No. Sarebbe una bella bugia. L'ennesima, bella bugia."
"Oh, falla finita." e cercò di sfuggirgli di nuovo.
"Cazzo Eve, qual'è il tuo problema?" le chiese.
"Cazzo Eve, qual'è il tuo problema?" cantilenò lei, "La tua irritante arroganza!"
"Ah io sarei l'arrogante?"
"Si."
"Ah, si?"
"Si!"
"Ah, ok!"
"Si, Shannon. Si, lo sei!"
"Ed è per questo che sei arrabbiata?"
"E' per questo che me ne sto andando."
Shannon scoppiò a ridere.
"Con addosso un reggiseno e un paio di jeans?"

"Sarebbe un problema?"
Lo sarebbe stato eccome.
"Non ne saresti capace." deviò.
"Mi stai mettendo alla prova?"
"Mai."
"E allora?" ribatté Evelyn accennando all'uscita.
"E allora tu prova ad uscire da quella porta e..." non riuscì a trattenersi Shannon.
"Oh, le minacce. Certo."
"Non ti sto minacciando. Voglio che resti. E tu resti."
"Eh? 'Voglio'??" fece sbalordita lei.
"Si."
"Non credo che tu mi abbia capita a fondo Shannon. Tu non 'vuoi' proprio nulla. Non sono l'ennesima scema che puoi comandare a tuo piacimento."
Classica frase da vera idiota. Perché l'aveva detta?! Perché accidenti l'aveva detta?! Soltanto l'ennesima scema avrebbe potuto esordire con una simile cazzata sentita e risentita. Da lui a maggior ragione.
"Ma ti stai comportando come tale."
Oh, acuta osservazione.
"Cosa?? Io... Io non..." cercò di ribattere lei, mentre si infilava la maglietta per prendere tempo.
Stava scappando. O meglio stava cercando una scusa per deviare il discorso e avere, come nella maggior parte dei casi, la meglio.
"Oh, al diavolo." disse infine, non sapendo su cosa puntualizzare.
"Eve tu resti."
Ottima ispirazione.
"Vedi? Te l'ho detto. Sei solo un arrogante."
"E tu sei cocciuta. Anzi no, peggio, sei proprio ostinata!"
 Quello era soltanto l'incipit, se lo sentiva. Cercò di fingere di non ascoltarlo abbottonandosi il cardigan.
"Perchè non ti metti l'anima in pace e ammetti che hai buttato via tutti questi anni della tua vita per niente?!" cominciò a rimproverarle, "Perchè non ammetti che ora sei felice?! Perchè non ammetti che con me ora sei felice?!"

Certo che rigirare coltelli nelle ferite era proprio il suo forte.
"C-cosa ti fa pensare che lo sia? Cosa ti fa pensare di avere una tale capacità?!" mormorò dandogli ancora le spalle.
Avrebbe potuto replicare rinfacciandole ogni sorriso, ogni bacio, ogni parola che si erano scambiati poche ore prima. Ma preferì analizzare la questione direttamente all'origine.
"Ripeto. Non saresti venuta qui stamattina, ad esempio."

"Che alternative avevo?"
"Nessuna, fortunatamente."
"Sei odioso."
"Avanti. Continua pure la tua messa in scena. Sappi che ci rimetterai soltanto tu stessa. Tu ed il tuo dannato amor proprio."
"Ma da quale pulpito..."
"Io non ti ho mai nascosto il fatto che sei l'unica donna per cui abbia mai combattuto fino a questo punto."
L'unica. Cercò in tutti i modi di non far rimbombare quelle cinque lettere nella sua testa.
"Ah, e sappi che la mia battaglia non è ancora terminata."

"Vuoi che mi congratuli?" si voltò spavalda verso di lui.
"Voglio che lo accetti." le rispose avvicinandosi.
Lei esitò.
"Lo accetto." disse con indifferenza.

"Non a parole."
"Il resto l'hai già avuto. Se è questo che intendi."
Shannon si stupì della sua superficialità.
"Certe volte proprio non ti capisco."

"Guarda caso io invece mi capisco eccome. Sono capaci tutti di raccontare certe favole dopo quello che abbiamo fatto, Shannon. Uno come te soprattutto."
"Uhm, 'Uno come me'."
"Si."
"Temo che tu non mi abbia capito a fondo, Eve." la canzonò.
"Non cambiare le carte in tavola. Ormai conosco tutti i tuoi trucchetti." l'oltrepassò a braccia incrociate, come se non valesse la pena nemmeno stargli di fronte per parlargli.
Shannon la seguì con lo sguardo, venendo al sodo.
"Per te era solo sesso, dunque."
"Per me era questo ed altro!" si arrabbiò lei, "Sei tu!" lo indicò, "Sei tu che continui ad essere un punto interrogativo per me! Non sei altro che un pallone gonfiato. Un arrogante pallone gonfiato!! Ti interessa soltanto di te stesso! Non hai un briciolo di umiltà!! Non hai un briciolo di giudizio!!"
Shannon scosse la testa. Avrebbe potuto prevederlo. Avrebbe dovuto immaginare che avrebbe fatto ricadere la colpa su di lui.
"Avanti." l'incoraggiò, "Dai, voglio sapere che altro c'è." e si appoggiò allo schienale del divano incrociando le possenti braccia, "Sono un 'punto interrogativo'? Mettiamo in chiaro ciò che non ti è chiaro allora."
"Quante cose che vuoi Shannon..."
"Ne voglio soltanto una." e la contemplò dalla testa ai piedi.
"A quante l'hai detta questa frase? Sembra proprio studiata. Anche se il che non mi interessa poi così tanto..."
Bugiarda.
"A tante." ammise lui, senza alcun problema.
"Ecco."
"Ma il punto è che non tutte hanno il privilegio che hai tu." e mosse qualche passo verso di lei.
Evelyn cercò di contenere un'enorme scarica di nervosismo. Chiuse gli occhi per non vedere la sua figura sempre più vicina a sé. Il che avrebbe soltanto peggiorato le cose.
-Mio dio che arrogante. Che fottutissimo arrogante! Il 'privilegio' ha detto. Il 'privilegio'...-

"Nessuna, a dire il vero. Per nessuna è valsa la pena. Mai. Finché non ho trovato l'eccezione che conferma la regola."
"Oh, quale onore."
"Tu sei sempre stata il pezzo mancante, Eve."
Ma lei non seppe cogliere la sincerità di quella frase, sdrammatizzando di nuovo, prendendosi gioco di lui.
"Wow..." roteò le iridi cristalline, "Il 'pezzo' mancante."
Shannon ridacchiò sconcertato.
"Ma si può sapere perché sei così acida??" le chiese allargando le braccia.
"Io 'acida'?! Vuoi sapere cosa penso, Shannon Leto? Vuoi sapere cosa penso?!"
"Si."
"Tutte stronzate!!" gli strillò, "Ecco cosa penso. sono solo tutte stronzate!"
"E sai che ti dico io?!" replicò prontamente lui.
"Ma sentiamo!!"
"Ti dico che hai proprio ragione! Sono tutte stronzate!"
-Me l'immaginavo. Me l'immaginavo!-
Ecco, ora era delusa. Perché era delusa?

"Le tue Eve! Le tue sono tutte stronzate!!"
Evelyn rimase a bocca aperta.
"Tu hai solo paura! Sei spaventata dai mille errori che hai già commesso, nient'altro! Non sai affrontare le difficoltà! E me l'hai già dimostrato! Preferisci sempre schivare, cercare una strada secondaria, magari che non ti faccia soffrire. Ma invece hai sempre sbagliato, non è forse così?? Hai sempre solo sbagliato! E hai sempre oppresso tutto quanto nel silenzio! Hai sempre fatto di testa tua! Ti sei allontanata dalla tua famiglia per una sciocchezza; avevi un problema? non ne hai nemmeno parlato con tua sorella, con la tua migliore amica, con tua madre, con nessuno! E tutto questo fottutissimo stramaledetto casino per cosa? Per qualcosa che in realtà non c'era, e per altre strane ragioni che non erano nient'altro che sciocchezze! Qualcosa di completamente inesistente che ha deviato tutte le tue scelte! Ed ora che non dovresti pensarci più sei ancora insicura, perché nella tua testa adesso chissà quali altre questioni si sono andate a formare!
Chissà quali sono ora i rischi che credi di correre, Eve! Tu hai paura a lasciarti andare! Hai paura di metterti in gioco!"
Evelyn non riusciva più a trattenere il pianto ormai. Un colpo dopo l'altro, l'aveva pugnalata proprio lì dov'era vulnerabile. Senza pietà, martoriandola mettendola di fronte alla dura realtà.
Era spietato.
Spregevole.
Lo odiava.
Cercò di trattenersi invano; perché sarebbe scoppiata in lacrime breve.
"Tu sei ancora convinta che la fiducia sia una lama a doppio taglio. Ecco tutto." le disse infine, abbassando i toni.

Si voltò verso di lui con gli occhi sbarrati.
Si ricordava le sue parole.

"Ma..." cercò di dire, mentre due lacrime silenzione le scendevano sulle guance.
"Si, Eve. Non guardarmi così." le diede le spalle, non riuscendo a sopportare la vista del suo viso rigato da lacrime che lui, nel bene o nel male, aveva fatto scorrere, "Mi ricordo ognuna delle parole che mi hai detto. Da "Hey... ehm, Evelyn. Jones. Evelyn Jones." a "Sono tutte stronzate."."
Lei tacque, asciugandosi il viso velocemente.
"Questo non cambia le cose." continuò imperterrita, con grande contributo del suo orgoglio.

"Certo, lo immaginavo. Ti credevo una donna ormai. Invece sei ancora una ragazzina spaventata, Eve."
Questo era davvero troppo.
"Ma ti rendi conto!?" lo rincorse sconcertata, "Ti rendi conto?!? Il modo in cui mi parli, quello che insinui, quanto credi di essere l'unica cosa di cui io possa mai avere bisogno, l'unica cosa che potrebbe risolvere tutti i miei problemi, tu ed il tuo dannato egocentrismo!!" e sbatté un pugno sul tavolo, "Credi davvero di sapere cosa penso?? Ma chi ti credi di essere?! Per te è tutto facile Shannon e a te soprattutto tutto è concesso. Oh, certo! Mettimi pure in imbarazzo davanti alle mie amiche; davanti al mio ragazzo; mentre sto lavorando; fai in modo di rendermi l'esistenza un inferno con la tua insopportabile insistenza; prenditi la libertà di entrare in casa mia quando ti pare e piace, e di frugare fra le mie cose; seguimi ovunque vada; fai qualunque cosa alle mie spalle pur di mettermi nel sacco. Fai tutto ciò che vuoi! Ormai non mi importa! Non mi importa, hai sentito?? Ma sappi solo una cosa. Sappi che io.. io ti odio per tutto questo!!"
Lui annuì, fingendo di darle ragione.
"Ma sai qual'è la cosa che più odio di te, Shannon?" continuò dopo essersi di nuovo asciugata le lacrime.
"Sentiamo."
Evelyn sentì un brivido gelido lungo la schiena. Senza di lui non avrebbe avuto di nuovo la sua vita.
Senza di lui non avrebbe mai avuto il coraggio di affrontare una falsa realtà racchiusa in una busta.
Senza di lui non avrebbe mai più saputo cosa significava poter scegliere, avere qualcuno con cui parlare, avere qualcuno di cui fidarsi; semplicemente... amare di nuovo qualcuno?
"Il fatto che odio, odio a morte doverti dare ragione." concluse.
Shannon alzò lo sguardo incredulo.
L'aveva detto. Lei l'aveva detto. Aveva ammesso di essere dalla parte del torto. Di esserlo sempre stata. Inconsapevolmente, ma di esserlo stata.

"Vai al diavolo Shannon." e scoppiando in lacrime si gettò fra le sue braccia, cercando le sue labbra.
Forse quel 'privilegio' al quale lui si era riferito, quella cosa che aveva fatto sì che lui non si desse mai per vinto, ora trovava una spiegazione. Ora che erano riusciti a regalarsi l'un l'altra ogni tipo di emozione, positiva o negativa che fosse, era tutto assolutamente più chiaro.
Si chiamava integrità.
Si chiamava completezza.
Si chiamava ora perfezione.

A happy ending makes you cry, 'cause it ends when you don't want to. So it makes perfect sense to end it like a start.

"Ti amo bimba."
Parole al vento, avrebbe pensato lei. Parole che avevano perso un significato che non avevano mai avuto o che erano state pronunciate troppo presto.
Ma no, quella era la Evelyn di un tempo. La Evelyn che mai, mai e poi mai si sarebbe lasciata andare. Quella stessa Evelyn che ora invece era lì, avvinghiata a lui senza alcuna intenzione di andarsene.
"Rifarei tutto quanto per questo."

"Questo cosa?"
"Questo." e strinse ulteriormente le braccia intorno a lui, intrecciando di nuovo la lingua con la sua, "Non hai idea di quanto ho bisogno di te."
"Lo stesso che io ho di te."
"Ti amo anch'io." e lo baciò di nuovo.
"Ricordiati Eve." cominciò, "Siamo noi a dettare le regole del gioco."
"Il gioco?"
"Si."
"E quali sono le tue?" gli chiese.
"Le mie? Per me non ci sono regole."
Lo disse perché era la verità. Lo disse perché lui seguiva da sempre lo stereotipo delle regole fatte per essere infrante. Jared gli aveva detto di non osare a dirle una cosa del genere per nessun motivo, ma lui non voleva avere segreti per lei. Non voleva mentirle su nulla. Ma a pensarci bene... Avere una regola, dettarsene soltanto una, poteva anche essere divertente. Se in questa regola era prevista lei, lo doveva essere senz'altro.
"Anzi, ti confesso che ho una sola regola. Da questo momento in avanti."
Lei rimase ad ascoltarlo, in silenzio.
"Se questo dovesse sparire a causa mia," e tracciò una linea curva sulle sue labbra col dito, "non me lo perdonerei mai."
Il suo sorriso.
"Mai. Questa è la mia regola. Voglio che tu sia la donna più felice di tutta l'America. Sempre."
"E lo sarò." gli sorrise, "Lo sarò. A me basta che per te questo non sia un traguardo. E poi lo sarò sicuramente."
Shannon annuì.
"Oltre a questo niente regole." concluse lei.
"Ci sto."
"Anche perché so benissimo che non le rispetteresti." lo provocò.
"Ah è così?"
"Si." scoppiò a ridere lei.
Quel sorriso. Quella risata. Dio, non c'era niente di più eccitante.
"Lo sai che ti farò pagare ognuna delle tue frecciate, vero bimba?" le sussurrò con malizia all'orecchio aumentando sempre più la presa attorno alla sua vita sottile.
"Mi sta benissimo. Hai tredici ore per prenderti la tua vendetta."
"Solo tredici?"
Beh, almeno ciò significava che sarebbe rimasta con lui, ancora.
"Anche io ho un lavoro, Shannon."
"Allora presto, non abbiamo tempo da perdere!" e caricandola in spalla si diresse verso le scale, mentre lei lo lasciava fare continuando a ridere; a ridere sinceramente.

Un capitolo piuttosto lungo per farmi perdonare per la lunga assenza fra il cap 54 e il 55.
Baci, spero vi sia piaciuto :) Vi aspetto al prossimo! <3 Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 57
*** So Into You ***


57.So Into You
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

So Into You

Los Angeles,
il mattino dopo...

Bastava guardarla mentre vagava avanti e indietro per ogni angolo del negozio facendo cose inutili per capire che aveva la testa completamente dispersa fra le nuvole. Bastava guardarla quando abbassava lo sguardo facendo in modo che i capelli rossi le celassero quel sorriso felice.
Ormai tutte avevano capito tutto; non poteva essere solamente un sospetto. Adam stesso aveva inteso tutto quanto. Sconfitto. Come aveva immaginato.
"Ne sono certa, loro due stanno già insieme." esordì Sarah.
"No, secondo me no," replicò Alexa, "quello è il classico sorriso da ragazza innamorata con tante aspettative e tanta strada da fare ancora, che però comincia a vedere qualche spiraglio di luce."
"Oddio Alexa, credo che avrò il diabete." ribatté Valerie incrociando le braccia colme di tatuaggi.
"No, no, qui gatta ci cova sul serio ragazze. Guardatela. Non sta ferma un secondo. Sta... pensando? fantasticando?"
"E sta sorridendo." ripeté Alexa.
"Farei lo stesso anch'io se avessi un gran bel pezzo di maschio sotto le lenzuola come lei.".
"Piantala Valerie." la zittì Sarah.
"Che ho detto?! E' la verità. Prima Adam, poi Shannon. Quella ha sempre avuto certi m..."
"Zitta Valerie!!" fece Alexa, dato che la porta del negozio si era aperta.
Tutte tre si voltarono verso di lui e gli sorrisero. Quel sorriso da false ragazze discrete. Lui le salutò con un cenno, facendole sciogliere come burro, avendo già localizzato il suo obiettivo.
"Sono 62,95 $." fece Evelyn ad una cliente, "Grazie, arrivederci!"
Attese che lei uscisse da dietro il bancone e che ritornasse dall'altro lato del negozio a piegare magliette, poi si diresse verso di lei cercando di non farsi notare. Alexa, Valerie e Sarah lo seguirono con i loro sguardi curiosi.
La raggiunse. Era dietro di lei. Infilò un dito in un passante dei suoi jeans e la tirò verso di sé.
"Oh." fece lei colta di sorpresa, ritrovandosi con la schiena appiattita sui suoi pettorali.
"Non mi avevi detto di avere le glyphics uguali alle mie sotto le fossette." le sussurrò tentando di alzarle la maglietta per rivederle, seminascoste dall'orlo dei jeans, "Sexy."
"Smettila Shannon, c'è gente e sto lavorando." lo fermò lei voltandosi e guardandosi attorno, sperando che nessuno li stesse guardando o ascoltando.
Impossibile. C'erano almeno sei occhi puntati su di loro al momento.
Beh, e allora?
Evelyn si alzò sulle punte dei piedi avvicinando le labbra al suo orecchio.
"Come non ti ho detto molte altre cose, Shan." cambiò le carte in tavola.
"Non provocarmi Eve." le sorrise.
"Hahaha. No. No, ho superato quella fase. Ceniamo insieme stasera."
Shannon non nascose il proprio stupore.
"O-ok." fece, gustando il sapore della... vittoria?
"La mia non voleva essere una domanda." lo canzonò lei.
"Ma la mia era una risposta." ribatté lui.
"Hahaha. Cucino io. E' meglio ne sono sicura. A casa mia."
Un momento. Casa sua? Si, casa sua. Ma c'era un piccolo dettaglio, un piccolo... 'intralcio'.
"E... Natalia?" chiese.
"Oh, Natalia ha da fare questa sera, guarda che casualità." cantilenò Evelyn, "Credo che saremo soltanto io e te." e gli fece un occhiolino per poi ritornare al bancone, dietro la cassa.

I will get to you the love you seek and more, here what I'm waiting for.

Shannon scosse la testa, incapace di togliersi quel sorrisetto di soddisfazione dal viso. La seguì con lo sguardo, mordendosi il labbro inferiore.
-Questa è la mia Evelyn.-
Si salutarono con uno sguardo e un lieve sorriso, dopodiché Shannon se ne andò.
Alexa, Valerie e Sarah avevano seguito tutta quanta la scena con la coda dell'occhio.... e delle orecchie, incapaci però di sentire una sola parola.
"Quanto li adoro." esordì Sarah.
"Tu che dici Nat?" chiese Valerie.
Natalia sospirò. Lei ed Evelyn non si parlavano da un pezzo. Sentiva un peso dentro di sé che continuava a crescere. Aveva bisogno di qualcuno con cui parlare, aveva bisogno di qualcuno con cui sorridere: rivoleva indietro la sua migliore amica. Era felice, anzi felicissima. Felicissima perché Evelyn aveva forse trovato la sua strada con Shannon; ma la demoralizzava da morire il fatto di non poterglielo dimostrare.
"Si. Si, sono... sono perfetti." e si allontanò, non volendone parlare; non con loro tre.
Brandon aveva osservato bene Adam, l'espressione sul suo viso, tesa, nervosa, pensierosa, quasi... dispiaciuta?
"Adam senti, lei..." cercò di dire.
"Lascia stare Brandon." l'interruppe prontamente, "Lascia stare."
"Andiamo, ne troverai una migliore. Se..."
"Brandon!" l'interruppe di nuovo.
Erano parole al vento. Adam non aveva il cuore spezzato, aveva l'orgoglio ferito. Non aveva bisogno di nessuna delle sue consolazioni. Vedere Evelyn felice con un altro, 'quell'altro', il suo acerrimo rivale, lo mandava in fiamme di rabbia.
"Ok, ok, Romeo. D'accordo, me ne vado."
Proprio in quel momento Miranda uscì dal suo ufficio.
"Ragazzi, ragazze." tutti si voltarono per ascoltarla, "Il mio progetto per l'apertura di un altro negozio prenderà finalmente il via. E' già tutto pronto. Tra due settimane chiudiamo. E' tempo di dare una svolta a queste quattro mura e non solo." e sorrise soddisfatta.

Al prossimo! Baci! Perdonatemi queste lunghe attese :( FlyChick.

Ritorna all'indice


Capitolo 58
*** Turn The Page ***


58.Turn The Page
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Turn The Page

Los Angeles,
quel tardo pomeriggio...

Natalia sentì la porta di casa chiudersi, rivelando la figura di Evelyn all'entrata. L'una di fronte all'altra, si guardarono dritto negli occhi. Sconforto negli occhi di Evelyn. Ansia in quelli di Natalia.
Evelyn cercò di dire qualcosa, senza successo. Natalia sospirò sperando che qualunque cosa volesse dirle, fosse qualcosa che avrebbe potuto cambiare le cose, capovolgere la situazione e magari riportarla a com'era prima.
Evelyn pensò da dove poter cominciare. Si sarebbe scusata, o le avrebbe detto di Shannon, o magari entrambe le cose; non voleva più scappare nella sua stanza in silenzio come aveva sempre fatto in quegli ultimi tempi.
Natalia continuava a guardarla speranzosa.
Si, era giunta l'ora di fare il primo passo.
"Nat."
"Si?" esitò la messicana.
Evelyn mosse qualche passo verso di lei, di nuovo cercando le parole giuste.
"Nat mi dispiace. Mi dispiace tantissimo per quello che è successo."
L'altra guardò in basso, ricordando le forti parole di Evelyn nei suoi confronti.
"Non ti ritengo ciò che tu ho definito. Te lo garantisco. Ti chiedo scusa, è stato tutto a causa del nervosismo."
Natalia annuì.
"Ti chiedo scusa. Sono stata una sciocca. Ed un'arrogante. Perdonami, ti prego."
"Si." fece l'altra, "Si, ti perdono Eve." e l'abbracciò; prima con esitazione e poi con amicizia. La loro amicizia.
"Ti chiedo di nuovo scusa anche io, Eve. Per aver detto a Shannon di..."
"No, no, no." l'interruppe l'altra guardandola di nuovo negli occhi, le mani sulle sue spalle, "Se non fosse stato per te nulla sarebbe potuto succedere. Nulla. La mia vita sarebbe rimasta il fallimento che era, non sarei mai riuscita ad andare al di là delle apparenze, non sarei mai stata capace di rendermi conto del fatto che Shannon è ciò di cui ho realmente bisogno."
Aveva sentito bene?
"Perché lo è Nat, lo è, avevi ragione!"
Natalia rimase a bocca aperta, assolutamente incredula di ciò che aveva appena ascoltato.
"Non posso crederci. Come hai detto?"
"Quello che hai appena sentito Nat. Avevi ragione su di lui. Avevi ragione." e sorrise.
"Davvero?" la studiò Natalia.
"Davvero."
"Davvero davvero??" insistette.
"Davvero davvero."
Dopo qualche attimo di riflessione Natalia esplose in un grido trionfale abbracciando Evelyn e saltellando per la gioia.
"Oddio, non posso crederci! Non posso crederci!! Sono felicissima per voi, Eve. ¡Estoy tán feliz!" (*)
"Lo sono anch'io Nat. Credo di poter dire che finalmente sono veramente felice anch'io."
"Da quanto volevo sentire queste parole. Da quanto volevo sentirle."
"Già." sorrise Evelyn guardando verso il pavimento con il sorriso di una ragazzina innamorata sulle labbra, quel sorriso sincero, gioioso, meraviglioso. Il sorriso che si meritava da tempo.
Si, era proprio innamorata. Accidenti, doveva per forza esserlo! In ogni suo movimento, nel suo sguardo, Natalia riusciva a percepire che qualcosa era cambiato, qualcosa finalmente si era sprigionato in lei. Shannon aveva sicuramente fatto breccia nel suo cuore, nella sua mente e nella sua vita. Finalmente aveva giocato le carte giuste, finalmente stava riuscendo a tirare fuori la parte migliore di Evelyn.
"Beh raccontami. Che cos'ha detto quando ha visto le foto? Gli hai raccontato di tuo padre?"
Evelyn ritornò alla realtà, ricordandosi che di tutto il suo contorto passato Natalia sapeva soltanto che suo padre era sempre stato contrario alle sue scelte e che l'aveva cacciata di casa. Non sapeva di Damon, il suo ex-fidanzato, o meglio sapeva che era stato un semplice fidanzato con cui non le era andata bene. Tutto qui.
"Ehm..." cercò di prendere tempo la rossa, "Si, gli sono piaciute le fotografie. E... si. Si, gli ho raccontato di mio padre." tagliò corto.
"E come ha reagito?"
Evelyn sospirò appoggiando la schiena al muro ed incrociando le braccia.
"Ha preso le mie difese, convincendomi che tutte le scelte che ho fatto nella mia vita, l'università, il lavoro, eccetera, sono state scelte giuste. E mi ha rimproverato il fatto di non avergliene parlato prima. E di non aver chiesto il suo aiuto quando ne avevo bisogno."
"Pensa se l'avessi fatto."
"No, non sarebbe stato lo stesso. Ne sono certa." rispose Evelyn.
"Perché no?"
"Non lo so, so che non voglio più pentirmi di niente. Shannon dice che nel gioco della vita non ci sono regole prestabilite. Siamo noi a farle. Io voglio guardare soltanto avanti d'ora in poi, senza rimpianti e pentimenti. Questa è la mia regola."
"¡Así se habla, amiga mía! Devo ammettere che ti ha fatto un vero e proprio lavaggio di cervello! Gli sono veramente grata!" (**)
"Oh, grazie Nat!" rise Evelyn, "Ah, senti. Dovrei chiederti una cosa per questa sera." e si avviò nella sua camera da letto, portando con se l'amica.
"Aspetta lo so già. Dovete uscire e vuoi che ti presti le mie scarpe col tacco fucsia."
"No, io..."
"No, ho capito. No, il vestito di Dolce & Gabbana non te lo presto!"
"Nat?"
"Vuoi la macchina per stasera quando sai benissimo che serve a me. Ma insomma hai un uomo, potrebbe fare l'uomo e guidare lui, no??"
"Nat, stammi a sentire per favore! Avrei soltanto bisogno che stasera rientrassi un pò più tardi."
Natalia alzò un sopracciglio, guardando Evelyn stupita dalla richiesta.
"Cioè, avrei bisogno che tu rientrassi tipo... domattina." si corresse l'altra.
"Cosa? Cioè... fammi capire. Tu." e la indicò, "Shannon. E casa libera fino all'alba? E' questo che vuoi?"
Evelyn annuì.
Un respiro strozzato da parte di Natalia, che si portò le mani al viso con gli occhi sgranati.
"Oh mio dio! Oh mio dio!! Tu, lui... Oh mio dio Eve! Oh. Mio. Dio!"
La solita.
"Nat calmati. Insomma, gli ho solo chiesto di cenare insieme." dissimulò Evelyn in lieve imbarazzo.
"Ha!" rise Natalia, "Cenare insieme e vuoi la casa vuota fino a domattina? Non ci credo neanche se è vero! Ed ora mi tolgo di mezzo."
Prese le chiavi di casa e della macchina dalla borsa, diretta verso la porta.
"Grazie Nat." disse Evelyn, seguendola.
"Oh, figurati!" ed aprì la porta, "Bene, ora vado. Non ti auguro la buonanotte perché so che stanotte non dormirai affatto."
"Ehm..." arrossì Evelyn.
"Hahaha! Colpita e affondata. Mi raccomando Eve, sii te stessa stasera."
"Certo, perché me lo dici?"
"Perché ho la certezza che questo è un grande inizio per te e per lui. E' finalmente il grande inizio per voi."
"Tu dici?"
"Certo accidenti! Non ne sei convinta anche tu??"
"Io? Io... Io so che sono felice ora. So che Shannon è ciò di cui ho bisogno, e ti confesso che si, credo che lui possa essere un uomo fantastico con cui condividere le mie giornate. Sono convinta che ora vedrò le cose in modo diverso. Anche se a volte lui è..."
"E'?"
"E' molto... molto possessivo."
Natalia sbuffò ruotando gli occhi.
"Oh, Eve! Ma cosa c'è di meglio di un uomo innamorato e possessivo?"
"Dipende, lui è..."
"Lui," l'interruppe Natalia, "lui è così perché ti vuole tutta per sé e vuole che tu sia felice. Vuole fare il possibile per renderti felice."
Evelyn dovette ammettere a sé stessa che Natalia aveva proprio fatto centro.
"Godetevi la serata. Ciao Eve." la salutò.
"Ciao, ciao Nat! Grazie!" e chiuse la porta mentre l'altra scendeva le scale.
Evelyn, finalmente sola, tirò un lungo respiro di sollievo. Finora tutto secondo i piani.
Guardò l'ora. Le 18:40.
"Bene."
Si fece una doccia, mentre ciò che aveva preparato cuoceva nel forno. Cercò di vestirsi nel modo più normale possibile, e di non truccarsi in un modo troppo appariscente. Voleva essere la Evelyn di tutti i giorni, voleva essere così come Shannon l'aveva sempre incontrata in negozio, voleva provare il gusto di essere con lui una sera qualsiasi, in un giorno qualsiasi. Voleva avere giusto un assaggio di ciò che sperava sarebbe stata la sua vita d'ora in poi. Una vita normale. Per quanto una vita insieme a un elemento singolare come Shannon potesse essere definita 'normale'. Forse, una vita normale con un pizzico di follia. Si, era esattamente questo che intendeva. E ciò di cui aveva bisogno.
Le 20:00. Shannon sarebbe arrivato di lì a poco. Slacciò dal polso sinistro il braccialetto che le aveva regalato Adam. L'osservò, nel palmo della sua mano. Aveva ancora varie questioni in sospeso con Adam e voleva risolverle. Ma ci avrebbe pensato a suo tempo. Ripose il sottile filo d'argento nella sua scatolina, e la chiuse nel cassetto del suo comodino. Indossò un paio di orecchini che le aveva regalato Shannon un Natale di qualche anno prima e si assicurò che tutto fosse pronto. La tavola, il caminetto, la casa tutta quanta in ordine. Il cuore sembrava volerle uscire dal petto, batteva fortissimo, e più passava il tempo più l'ansia e la curiosità crescevano.
Le 20:30, un'auto sportiva nera entrò nel cancello del palazzo, dirigendosi di fronte al garage di Evelyn e Natalia. Era lui. Era stata lei a dirglielo.

Dopo mesi sono di nuovo qua! Mi scuso :( Al prossimo. Baci, Flychick.
(*) sono così felice!
(**) così si parla, amica mia!

Ritorna all'indice


Capitolo 59
*** Guilty Pleasure ***


59.So Into You
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Guilty Pleasure

Los Angeles,
poco dopo...

Evelyn non ce la fece ad aspettare che lui salisse fino al sesto piano di quell'ordinario condominio di Westwood. Premette il pulsante che apriva l'ingresso principale al piano terra ed attese sulla porta del suo appartamento. Il cuore batteva forte, attimi che sembravano ore; tamburellava le gambe impaziente.
L'ascensore si aprì.
Eccolo lì, davanti a lei.
Trattenne il fiato per qualche attimo mentre nella sua testa un groviglio di idee continuava a scorrere, ad intrecciarsi. Ed in ognuna di queste c'era...
"Shannon." gli sorrise.
"Ciao Eve." le rispose lui in tutta tranquillità, a pochi passi da lei.
Le diede un bacio, quel bacio che dà un uomo alla sua donna quando torna a casa la sera. Lei lo fece entrare accompagnandolo verso la cucina, dove aveva apparecchiato la tavola, come fa tutte le sere una donna che ha aspettato il suo uomo tutta la giornata. Lui l'aiutò a servire il cibo in tavola apprezzando le sue doti culinarie, lei si lasciò versare una coppa dello champagne che lui le aveva portato.
Era tutto così... normale. Si, normale. Come un déjà vu.
Come qualcosa che accadesse da moltissimo tempo, ma che in realtà non era mai accaduto. Qualcosa di familiare. Di appunto normale. Eppure era tutto così particolare. Tutto così unico agli occhi di Evelyn. E le piaceva. Le piaceva l'idea di avere la possibilità di trascorrere una serata in questo modo, e sperava che ciò si ripetesse, nello stesso identico modo, da lì in avanti. Sempre. Per sempre. Si. Voleva esattamente questo. Sarebbe stato possibile? Sarebbe stato meraviglioso.
C'erano tranquillità e pace nello sguardo di Shannon. Quella pace che soltanto lei finalmente riusciva a darle. Era stupenda. Non poteva smettere di guardarla. Di ammirarla. Di ascoltarla. Il suo sorriso, i suoi occhi, l'atmosfera che si creava quando erano lui, lei e nessun'altro. Riusciva a trasmettergli quel senso di quiete, quella sensazione di... normalità? Si, quella sensazione di normalità, che lui non provava da un pezzo. Ed era bellissimo. Era bellissimo fare finalmente qualcosa di... normale. Poteva essere sè stesso e qualcun'altro nello stesso momento. Poteva stare lontano dal suo mondo, per entrare in quello di lei. Poteva staccare la spina. Poteva vedere in quel preciso istante e con i suoi stessi occhi la vita che avrebbe voluto vivere, quella parte che mancava nella sua, e che voleva a tutti i costi. E la voleva con lei. Soltanto lei. Sarebbe stato possibile? Sarebbe stato di certo difficile. Difficile, ma non impossibile.
"Le glyphics." cominciò Shannon posando il bicchiere, "Come ho fatto a non notarle prima?"
"E' perché le tengo nascoste."
"Quando le hai fatte?"
"Un anno fa."
Shannon annuì.
"Dopo quattro anni che ci siamo conosciuti." avanzò, "Un'altra coincidenza?"
Lei sorrise.
"Può darsi."
"Ma in questi tempi ci siamo visti diverse volte. Eppure, è strano che non le abbia mai..."
"Sarà che eri concentrato su altro." lo provocò Evelyn con un sospiro.
"Si." la guardò dritto negli occhi, "Si, lo credo anche io."
Evelyn si fece seria. L'uno di fronte all'altra, occhi negli occhi, silenzio.
"Ci sono tante ragioni per cui ti ho sempre allontanato Shannon. L'illusione di essere positiva all'HIV era la principale. Mi sentivo un mostro. C'era qualcosa in me di così brutto, che mi spaventava, e che purtroppo non potevo gestire più di tanto se non con il silenzio e con un'estrema attenzione. Con... Con Adam è stato così."
Silenzio.
"Ma ora non parliamone più." concluse.
"E sei sicura che non ci sia altro?" chiese Shannon.
Evelyn sospirò, sputando il rospo.
"No. In effetti c'è un'altra ragione. E quella sei tu Shannon, sei proprio tu."
"Cioè?"
"Cioè non sapevo se potermi fidare di te. O meglio, forse lo sapevo. Anzi, lo sapevo eccome. Ma cercavo di convincermi ad ogni costo che dovevo starti lontano."
"Perché?"
"Te l'ho detto, perché ti conoscevo. Sapevo qual'era il tuo carattere. Nonostante tu con me sia... diverso. Nonostante tu lo sia sempre stato. Insomma, a modo tuo."
Con diverso intendeva forse sincero? Se stesso dietro le quinte? Anche lui aveva fatto degli errori.
"Le glyphics." insistette lui, "Perché come le mie?"
"Perché rappresentano la parte migliore di te."
Evelyn avvertì un leggero sorriso sulle labbra di Shannon.
"Saresti sempre stato con me, ciò che c'è di più bello in te sarebbe sempre stato con me. Ed io con te."
Le labbra di Shannon si distesero ancora di più.
"E poi..." ammiccò Evelyn, "Mi piacevano."
"Non cambiare le carte in tavola, Eve." rise lui, alzandosi.
"Hey, sono una vostra fan." l'attese lei.
"No, no, no, smettila di inventare scuse." e una volta di fronte a lei la zittì adeguatamente.
Evelyn si alzò, conducendolo nel soggiorno senza mai togliere le labbra dalle sue.
Ormai era automatico; bastava uno sguardo, una risata, e si ritrovavano l'una nelle braccia dell'altro. A fare l'amore, a coccolarsi, ad esplorarsi.
Per ore intere, in ogni stanza, senza mai stancarsi.
La sveglia di Evelyn segnava ormai le 03.14.
"Hai presente quella canzone?" chiese Shannon, "Quella che dice 'Me and Mrs. Jones...'?"
"Oddio, si. Hahaha." rise Evelyn.
"We've got a thing, going on..."
Evelyn rise di nuovo.
"Oh ti prego smetti di cantare! Hahaha! Ma insomma, sei il batterista di una band per più di una ragione! Hahaha!"
"Hey, non sono stonato! Era un insulto?"
"Prendilo come ti pare." sussurrò Evelyn stringendosi a lui.
"Uhm, ho altro da fare al momento."
Un brivido. Un brivido lungo la schiena ogni volta che la toccava, che la baciava. Le toglieva il respiro.
"Sei mia bimba."
Scese sul collo, sul seno. Evelyn inarcò la schiena.
"Mia." e le percorse il profilo con le mani, fino alle cosce.
Evelyn chiuse gli occhi affondando la testa nel cuscino.
"Lo sai che sei mia vero?"
"Si." ansimò lei, "Si, lo so."
E come ogni volta la portò all'apice. Un'altra volta, poi un'altra ancora.

Chest to chest. Nose to nose. We were always just that close...

"Da oggi in poi voglio addormentarmi così tutte le sere." disse Evelyn.
"Sul mio braccio?"
Evelyn rise.
"Fra le tue braccia." e gli diede un ultimo bacio, prima di esaudire per la prima volta il desiderio che gli aveva appena espresso.

So here we are, at the start. I can feel the beating of our hearts.

Bacissimi! Al prossimo capitolo! FlyChick <3

Ritorna all'indice


Capitolo 60
*** P.S. I Love You ***


60.P.S. I Love You
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

P.S. I Love You

Los Angeles,
il mattino dopo...

Entrava luce nella stanza; abbastanza perché Evelyn si svegliasse. Aprì gli occhi. Shannon la stava guardando. Rimase in silenzio a guardarlo anche lei. C'era qualcosa in quegli occhi, in lui, in quella situazione, nel suo profumo, che le sapeva tanto... di casa. Le dava sicurezza in qualche modo. Le dava la sensazione di essere finalmente completa. Cercò di pensare a cosa le mancasse nella vita. Nulla. Nulla di essenziale. E se ne rendeva conto proprio ora.
Gli sorrise.
"Giorno." lo baciò, "Che ora è? Abbiamo fatto le ore piccole."
"Saranno le undici."
"Sei fortunato, Natalia ha avuto l'accortezza di prendere il mio posto oggi."
"Dille che le devo un caffé. Forse anche due."
Ma la porta d'entrata si chiuse. Passi.
"Caspita, è Natalia!" si allarmò Evelyn, catapultandosi fuori dal letto per rivestirsi.
"Come 'è Natalia'?! Hai appena detto che..."
"Avanti, vestiti!" gli disse cercando di non farsi sentire dalla coinquilina inattesa, "Chi altri può essere se non lei, dai muoviti!".
"Tranquilli! Me ne sto andando in camera mia a prendere il cellulare che ho involontariamente lasciato qui!" si sentì proprio fuori dalla porta della stanza di Evelyn.
"Santi numi, santi numi, santi numi!!" sussurrò nervosamente Evelyn non riuscendo a trovare il lato davanti della canotta.
"Ecco, l'ho preso. In cucina c'è la colazione! Fate piano, me ne vado. Me ne sto andando!" recitò Natalia.
Non fare rumore? Piano fallito, probabilmente avevano appena svegliato l'intero condominio in quella rincorsa alla ricerca ognuno dei propri vestiti. Alle ultime parole di Natalia, Shannon non poté evitare di ridere.
"Sto per chiudere la porta!" e Natalia se ne andò.
Un respiro di sollievo.
"Menomale. Sai che imbarazzo se fosse entrata?"
"Beh, hai un'amica che esce per andarti a prendere la colazione. Io apprezzerei."
"Il cellulare, la colazione e quant'altro sono scuse. Credimi, conosco i miei polli. Come hai potuto vedere è capace di andarsene dal negozio per venire qui a curiosare."
Evelyn si infilò i jeans.
"Ma non sarebbe Natalia altrimenti." sorrise infine.
"Si preoccupa per te, io apprezzerei anche questo." disse Shannon indossando la felpa.
"Avrebbe ragione di farlo?" scherzò Evelyn uscendo dalla stanza, seguita da lui.
"Può darsi." e le baciò la guancia.
Dopo colazione Evelyn si fece accompagnare in città.
Voleva fare un giro, come non faceva da un bel pò. Los Angeles era di certo caotica ed inquinata, ma sapeva anche essere accogliente e piacevole per una ragazza di 27 anni, innamorata, felice. Shannon fermò la macchina a pochi passi da Vine Street, e lì lasciò Evelyn dopo varie raccomandazioni.
"Ci vediamo stasera. Non farò tardi prometto." e dandogli un ultimo bacio scese dalla macchina chiudendone la porta.
Guardò Shannon allontanarsi e perdersi nel traffico. Aveva ricevuto una telefonata da parte di Jared che sembrava piuttosto urgente quindi non poté rimanere con lei. Evelyn non voleva certo essere un peso per la sua carriera, lo lasciò andare con la promessa di raccontarle tutto la sera stessa. Shannon non aveva perso l'occasione per chiarirle come sarebbe andata la serata, strappandole una risata.
Si voltò dall'altra parte. Un lungo marciapiede davanti a lei.
Euforia. Le strade, le persone, le vetrine, il continuo andirivieni delle automobili. Era tutto uguale, come lo era sempre stato, ma era meraviglioso.
Amava la sua città.
Amava il suo lavoro, la sua vita.
Amava chi le stava attorno. Come mai prima.
Camminò lungo tutta Vine Street svoltando a sinistra prendendo Hollywood Boulevard. Leggeva i nomi di attori, registi, cantanti sulle stelle impresse, come se quella fosse per lei la prima volta lungo il viale. La prima volta della sua nuova vita.
Si.
Si, si era promessa una nuova vita. Voleva cambiare, dentro e fuori. Più di quanto Shannon l'avesse già cambiata. Lui ci era riuscito, aveva tirato fuori il meglio da lei; se lo ripeteva sempre, ogni volta che si svegliava accanto a lui, ogni volta che apriva la porta e lo vedeva lì, davanti a sé, dove spesso e volentieri l'aveva rifiutato in passato.
Il passato? Basta pensare al passato, basta pensarci. Il passato ora non aveva più alcun valore. Alcuno. Ne per lei, ne per lui.
Ora Evelyn aveva soltanto due cose da fare: la prima era svuotare il portafoglio pieno che c'era nella sua borsa rilassando i nervi con un pò di sano shopping. La seconda era pensare a quale genere di alcolico portare quella sera a casa di Shannon. Giusto per divertirsi un pò.
Bourbon? Troppo sofisticato. Jack Daniels? No, sarebbe stata già fin troppo ubriaca dopo solo il secondo shot. Vodka alla menta? A Shannon piaceva, ma lei odiava la menta. Un classico champagne? Uhm, aveva già inebriato qualcuna delle loro migliori serate. Ci avrebbe pensato.
Proprio mentre stava per entrare da Topshop sentì il Blackberry squillare.
Un sms. Sorrise quando lesse il mittente sul display.
"Ho una novità"

Evelyn ridacchiò scuotendo la testa. Una novità? Shannon aveva una novità ogni giorno, lui era sempre pieno di 'novità' imprevedibili.
Il telefono cinquettò ancora.
Un altro sms.
"Ti amo."
Ma quella non era di certo la novità.
Evelyn sentì il cuore farle un triplo avvitamento. Accidenti, quelle due semplici parole...
-Wow.-
Rimise il telefono nella borsa e cominciò a cercare il vestito adatto per la serata, non vedendo già l'ora di indossarlo.

Al prossimo capitolo, baci! Flychick :)

Ritorna all'indice


Capitolo 61
*** Sweetest Thing ***


61.Sweetest Thing
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Sweetest Thing

Los Angeles,
la sera stessa...

"In... In Australia?" fece Evelyn, non del tutto convinta, per niente entusiasta.
"C'è un festival enorme, a Sydney, fra due settimane!"
Shannon continuava a gesticolare, elettrizzato da questa novità, parlandone come un'esperienza irripetibile.
"E' una cosa last-minute lo so, insomma, a volte sappiamo quando e dove suoneremo già un anno prima dalla data, ma questa volta l'abbiamo saputo soltanto ora. E non ci tireremo indietro."
Evelyn cercò di mascherare il suo stato d'animo.
"E che festival sarebbe?"
"Si chiama Stone Music Festival. E' grandioso, ci sono i più grandi esponenti del rock internazionale!" e le posò le mani sulle spalle, "Devi esserci Eve, devi esserci."
Evelyn, a braccia conserte, sospirò.
"Mi piacerebbe Shannon, ma tra una decina di giorni chiudiamo per rinnovare il negozio ed aprirne un altro. Gli affari sono andati molto bene in questi ultimi anni e Miranda vuole separare i due reparti aprendo un nuovo negozio all'altro lato della strada. Non posso chiedere le ferie proprio ora che c'è un grande bisogno di personale in negozio!"
"Sei sicura?"
"Si, Shannon. Purtroppo sono sicura."
"Parlerò con Miranda."
"No, no! No, per favore. Non voglio approfittarne."
"Ma Eve, è Miranda!" avanzò Shannon aprendo le braccia, "Chiuderà un occhio di sicuro! Basterà proporle in cambio una cena con Jared."
"Si, posso immaginare. Ma non voglio tirare troppo la corda. Non voglio sottrarmi ai miei doveri."
Evelyn si alzò sulle punte dei piedi e gli diede un bacio.
"Mi dispiace davvero tanto. Dovrò aspettarti qui, tesoro mio." gli sorrise, sperando di avere la sua comprensione, "Vedrai, quando tornerai io sarò già a casa dal lavoro per la ristrutturazione, e potrai portarmi dove vorrai."
Shannon, con le mani la prese per i fianchi e la baciò con impeto più volte. Non ne aveva mai abbastanza di lei. E non si sarebbe mai stancato di lei.
"Va bene. Faremo così." le disse, "Però Eve c'è un piccolo problema."
"E quale sarebbe?"
"Partirei domani sera."
Evelyn ci rimase di stucco.
"Cosa?? Domani?" un velo di tristezza nella sua voce, nel suo sguardo, "Ma... hai detto che il festival sarà fra due settimane!"
"Si bimba, ma saremo a X-Factor a Londra fra due giorni per un live, e Jared prevede una pausa di una settimana in India prima di arrivare in Australia. Questo tutto deciso da lui all'ultimo minuto dopo la notizia del festival. Lo sai com'è fatto."
Evelyn lo guardò stranita.
"In India?"
"Esatto."
"Come i Beatles?" ridacchiò.
Shannon si grattò la nuca, indeciso.
"Beh, probabile. Sai com'è Jared, non saprai mai esattamente cosa gli frulla per la testa. Immagino che sarà una cosa simile..."
"Quindi mi stai dicendo che oggi, stasera, è la mia unica ed ultima occasione per salutarti?"
Lei era in casa sua da soli cinque minuti ed aveva già una gran voglia di strapparle quel vestito che mai prima le aveva visto indosso.
"Si. Temo di si."
"Uhm." annuì Evelyn, "Interessante."
"La mia vita è una corsa, purtroppo dovrai farci l'abitudine bimba. Spero di riuscire a trovare un compromesso prima o poi... Sai già che quando vorrai venire con me non dovrai fare altro che dirlo, ma capisco che tu abbia una casa, un lavoro qui a Los Angeles. E non voglio sconvolgere la tua vita più di..."
"Più di quanto tu abbia già fatto." concluse Evelyn sorridendogli.
Shannon fece spallucce scuotendo la testa.
"Spero... Spero che tu possa capire."
"Cosa? Il fatto che sei un musicista e che hai i tuoi doveri verso la band, i concerti, che sarai per la maggior parte del tempo lontano da me, che non riusciremo mai ad avere una vita... tranquilla, semplice, ordinaria, perché è certo che non ce la faremo; e che sarà così sempre e per sempre?"
Shannon attese la risposta.
"Ma certo che capisco." fece Evelyn, stupita dal fatto che si chiedesse ancora se lei fosse disposta a seguire i suoi ritmi frenetici, "Io non voglio essere un peso per te, Shannon. Quante volte te lo devo dire? Tu devi partire domani, devi! E senza guardarti indietro. Io ti aspetterò, resterò qui pronta ad accoglierti quando ritornerai. Io non voglio cambiare nulla della tua vita; perché so quanto la musica, i fans e viaggiare per fare concerti ti renda felice. Io voglio che tu sia felice, e voglio che tu sia felice con me. Come tu hai detto che avresti fatto con me."
Shannon la guardò dritta negli occhi. Quello sguardo, forse troppo rude, forse troppo provocatorio. Che celava uno spirito forte, determinato.
"Non hai idea di quante volte penso a quel 4 Settembre Eve."
"Forse no, ma posso tentare di immaginarlo."
"Ho una cosa per te."
"Davvero?" chiese lei lusingata.
"Vieni." e lo seguì fino al piano di sopra, nella sua stanza.
Il letto era impeccabile, a testimonianza del fatto che il giorno precedente aveva dormito altrove. Evelyn si sedette, aspettando. Shannon aprì la vetrata che dava sulla terrazza, chinandosi per prendere qualcosa. Evelyn gli dava le spalle, sperò che non si voltasse prima del tempo, per farle una sorpresa.
Andò a sedersi di fianco a lei.
"Per te."
Evelyn guardò cosa c'era fra le sue mani.
"Oh!" disse meravigliata.
Perché Shannon riusciva ad essere così imprevedibilmente adorabile sempre al momento giusto?
Un cucciolo. Un adorabile minuscolo gattino bianco dagli occhi azzurri, vispi e vivaci.
Era senza parole. Shannon era riuscito un'altra volta nel suo intento. Alzò lo sguardo su di lui prendendo in braccio la creaturina.
Quel piccolo e dolce animaletto le faceva una grandissima tenerezza. Era commossa. Letteralmente commossa.
"E'..." cercò di dire, sorridendo mentre una lacrima di gioia le scendeva sulla guancia, "Io..."
Shannon rise. Non c'era niente di meglio che vederla così. Felicemente senza parole.
"E'... è mio?"
"Si, certo che è tuo. Ti piace?"
"E' una meraviglia!" disse, lasciando che il gattino si muovesse avanti e indietro sulle sue gambe, "Grazie. Io... Sono davvero... Caspita non so proprio cosa dire."
Quello era sicuramente il regalo più bello che le avesse mai fatto.
"Avrei voluto regalartelo e portarlo via con noi, ma se devi restare a Los Angeles è giusto che resti.
Ti terrà compagnia mentre sarò via."
"Shannon è adorabile. Ti amo." e gli diede un bacio, o meglio ci provò, dato che quel piccolo batuffolo bianco si mise proprio fra di loro cercando un pò di coccole.
"No, cominciamo male." scherzò Shannon coccolandolo.
Evelyn rise, carezzandogli il dorso, "Gli hai già dato un nome?"
"No, spetta a te darglielo."
"Mmm... Lo chiamerò Leo. Il mio piccolo leoncino."
"Ehm, Leo?" cominciò Shannon rivolgendosi direttamente al cucciolo, "Ti dispiace scendere dalle gambe della tua padrona? Sai, avrei bisogno di lei giusto un attimo..."
Evelyn non riuscì a replicare, zittita dai suoi baci avidi, già distesa sul lenzuolo bianco ormai stropicciato. Estasiata, ogni giorno più felice.
"Grazie." gli disse di nuovo.
Shannon fece scivolare il tessuto del suo vestito verso l'alto. Lei chiuse gli occhi, rilassandosi fra i cuscini.
"Ti amo." disse, mentre lui le afferrava l'elastico delle mutandine.
Leo essendo ancora troppo piccolo non riusciva a saltare dal letto sul pavimento, continuava infatti a gironzolare fra i cuscini, giocando con i capelli di Evelyn e facendo agguati alle pieghe dei vestiti sparsi quà e là nel letto.
Evelyn rimase a casa di Shannon fino al mattino dopo. Giusto per darsi un adeguato provvisorio addio fuori e dentro le lenzuola...

Un bacione grande! Al prossimo capitolo :) Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 62
*** Your Perfume ***


62.The Perfume
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Your Perfume

Mumbai,
pochi giorni dopo...

Jared come al solito non dava pace alle orecchie della povera Emma. Vicki e Tomo passeggiavano davanti a loro mano nella mano, guardandosi attorno. Shannon, dietro al fratello con Evelyn, cercava di non dargli retta. Erano nel bel mezzo di un mercato. I colori, i profumi, i suoni: era tutto quanto... magico. Era un mondo totalmente estraneo al loro, meravigliosamente diverso e tranquillo.
"Dobbiamo liberare la mente! E' questo l'obiettivo fondamentale della nostra permanenza qui. Emma, trova il tuo mantra, libera la mente. Concentrati." fece Jared gesticolando.
Lei sembrava ignorarlo scocciata.
"Avanti! Attiva i tuoi punti di forza, i tuoi Chakra! Trova la tua serenità, liberati da tutto, è il Nirvana, il Nirvana!"
Emma lo guardò stranita incrociando le braccia, continuando a masticare il suo chewing-gum. Jared si rassegnò.
"Ragazzi," disse a tutti gli altri, "vi prego datemi uno spunto per farle capire che non sono un idiota. Sono a corto di idee ormai."
"Piantala."
"Come sarebbe a dire?! Piantala a me?! Non sfidare il Karma! Il Karma ti..."
"Jared!" lo zittì la bionda.
Evelyn nel frattempo si fermò davanti ad una bancarella. C'erano sari d'ogni tipo. Alcuni estremamente elaborati, altri colorati d'arancione o di turchese. Indossò un velo attorno alla testa come quelli che aveva visto indosso a diverse donne nell'arco della giornata, voltandosi poi verso Shannon.
"Sei bella proprio in ogni parte del mondo."
Lei ridacchiò.
"Ma menomale che eri in quella giusta." e la baciò.
Tornarono ognuno nella propria stanza prima del tramonto, Jared l'aveva previsto nel suo programma. Aveva scelto un villaggio caratteristico come luogo dove passare le nottate. Era tranquillo, fresco e molto pittoresco. Le case, le loro forme, le finestre, le tende leggere, le balconate decorate. Sembrava di essere in una fiaba.
"Lo sapevi che il Taj Mahal è stato costruito nel 1632 da un imperatore talmente devastato dalla morte della preferita fra le sue mogli da dedicarle un intero mausoleo?" fece Evelyn seduta sulla dormeuse in fondo alla stanza.
"Il 'Ta' che cosa?" ribatté Shannon uscendo dal bagno senza maglietta, asciugandosi i capelli con un asciugamano.
Evelyn avrebbe voluto replicare, ma alla vista di quello che era ormai diventato il suo territorio non poté evitare di sentire un brivido lungo la schiena.
"Ehm..." fece.
Era il momento di agire. Si, aveva una sorpresa per lui.
"Il 'Ta' cosa, Eve?" ripeté lui non sentendo risposta, passandosi l'asciugamano sulla testa e sul volto.
Di nuovo silenzio.
Sentì le mani fredde di Evelyn sulla sua schiena. Sul costato. Sugli addominali. Il suo seno premeva sulla sua schiena e la sua testa poggiava sul suo tatuaggio. Shannon si tolse l'asciugamano dalla faccia voltandosi e realizzando che la lucida sottoveste di seta che Evelyn stava indossando fino a qualche attimo prima ora era stropicciata a terra, lontano da loro, sul tappeto sul quale si trovava la dormeuse; e che era veramente difficile togliere lo sguardo da quel poco pizzo nero che ora le abbracciava le curve e soprattutto da quel reggicalze.
"Wow."
Disse la prima cosa che gli venne in mente.
"Eve, cosa stai...?"
"Ssssht." gli fece lei prendendogli i polsi e indietreggiando dolcemente, a piccoli passi.
Non osava guardare altrove se non nei suoi occhi, e non gli disse una parola, non ce n'era bisogno. Un passo, un altro ancora. Gli occhi azzurri di Evelyn fissi nei suoi. Il sorrisetto di Shannon dava ad intendere che ormai sapesse perfettamente che lei stava facendo sul serio. Un altro passo. Il letto con le lenzuola color porpora era proprio lì, dietro di lei. Si fermò, stringendo i forti bicipiti di Shannon e spingendolo sul letto invertendo i ruoli. Lui non osò opporre resistenza, rabbrividendo per il contatto della sua schiena con le lenzuola fredde, nemmeno quando Evelyn inginocchiata sopra di lui comincio a scendere alla ricerca delle sue labbra, abbandonando completamente il suo corpo bollente sopra il suo.
Baci che bruciavano come il fuoco.
Shannon avrebbe voluto afferrare la sua vita stretta, rinvertire i ruoli e prendere il comando, passare subito al sodo e portarla alle stelle come faceva sempre; ma cercò di contenersi, volendo vedere fino a che punto si sarebbe spinta. Infatti Evelyn si alzò spettinata, lo guardò respirando a pieni polmoni riprendendo fiato. Sgattaiolo fuori dal letto, Shannon si sedette contemplando la sua imprevedibilità. Evelyn posò un piede sul letto piegando la gamba. L'orlo di pizzo delle calze attorno alla sua coscia a pochi centimetri da lui. Forse, il meglio doveva ancora venire. E stava per arrivare proprio in quel momento.
Lei lasciò a Shannon tutto il tempo di ammirarla. I suoi occhi venerarono il suo corpo partendo dalle gambe fino ad arrivare all'azzurro delle sue iridi. Evelyn aprì il gancetto del reggicalze. Il primo.
"Ti ricordi dei miei capelli? Le 'fiamme'?"
Irresistibile. Non avrebbe saputo descriverla in altre parole in quel momento.
"Si."
"E ti ricordi..."
Il secondo gancetto.
"...delle cose che io non immagino nemmeno, e che tu mi faresti?"
Evelyn fece scendere lentamente la calza fino alla caviglia, togliendosela.
"Si."
"E il fatto di dormire nello stesso letto, te lo ricordi?"
Evelyn posò l'altro piede di fianco a lui, aprendo il primo gancetto.
"Perfettamente."
Il secondo gancetto.
"Il fatto che io ti trovi estremamente interessante?"
Mettendogli una mano dietro la nuca avvicinò Shannon a sé. Occhi negli occhi, le labbra di lui a pochi centimetri dal suo ventre. Troppi pensieri per la sua testa, troppi. Ma Evelyn condusse le sue labbra fino al bordo dell'unica calza che le rimaneva.
"Certo." disse lui cercando di trattenere tutti gli istinti, che non avevano intenzione di dargli pace.
Sotto lo sguardo attento di lei, Shannon non esitò ad afferrare l'orlo di pizzo con i denti e a farlo scendere sempre più giù, carezzandole la pelle morbida fino a toglierle la calza.
Evelyn indietreggiò di qualche passo aprendo il gancio del reggicalze lasciandolo scivolare a terra e dandogli le spalle.
"E... il giusto passaporto?"
Si slacciò il reggiseno, lasciandolo cadere sul pavimento.
"Te lo ricordi?"
"Basta così." fece Shannon alzandosi dal letto e camminando a passo deciso verso di lei, "Hai vinto."
La stava per raggiungere, voleva sentirla fra le sue braccia, finalmente fra le sue braccia...
Shannon aprì improvvisamente gli occhi.
Si sedette velocemente.
Vagò per la stanza con lo sguardo con il cuore che batteva a mille, passando in rassegna ogni singolo angolo.
Era lui, solo al centro di un letto per due.
La stanza vuota, buia.
La grande vetrata che dava sul balcone aperta, un cielo senza luna. Un'aria gelida attraversava la sua pelle sudata. Il leggero lenzuolo color porpora lo ricopriva fino alla vita.
Lei non c'era.
Lei non c'era mai stata.
-Cazzo.- pensò lasciandosi cadere fra i cuscini a braccia aperte e osservando il soffitto.
Maledizione. Aveva bevuto troppo Arak, Saké o come accidenti si chiamasse. Non voleva più saperne di alcolici del genere.

Our time apart, like knives in my heart.

Era perfetto. Era semplicemente perfetto. Il pensiero di lei lì, dei suoi capelli, della sua pelle.
L'amore di lei, la pace che gli sapeva dare e il suo corpo lascivo erano ciò che più gli mancava ogni volta che era costretto a posare la testa su un cuscino che non era il suo, prima di addormentarsi in un letto vuoto. Fantasticò guardando nel vuoto col sorriso sulle labbra. Avrebbe dato qualunque cosa pur di averla lì accanto a sé, pur di avere la sua vivace chioma appoggiata sul petto, pur di sentire il profumo della sua pelle, pur di sentire il suo respiro lento.
Si alzò alla ricerca dei jeans. Dalla tasca destra prese sigarette e accendino e si diresse verso la grande balconata decorata. Accese la prima sigaretta. In lontananza si vedevano le piccole luci dei villaggi limitrofi ed il silenzio regnava, disturbato unicamente dal leggero sibilo della fredda brezza notturna. Shannon soffiò una nuvola di fumo nell'aria.
-Shannon quando smetterai di fumare?-
Lei era ovunque, in ogni cosa. Nei suoi pensieri, nei suoi sogni più proibiti, era nell'aria, nella notte, nel saké, nell'ultima sigaretta; ma non sul sedile di fianco a lui sull'aereo che l'avrebbe portato in Australia a pochi giorni di distanza.
"Ci vediamo presto bimba."

Ritorna all'indice


Capitolo 63
*** Back To Me ***


63.Back To Me
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Back To Me

Sydney,

Due giorni dopo...

Echelon che ballavano, sorridevano, cantavano, piangevano, si divertivano come se fosse l'ultima volta nella loro vita.
La temperatura era alta, il volume, l'adrenalina.
Le luci del palco, gli starlight, le stelle nel cielo.
Shannon inspirò profondamente, dando un ultimo colpo alla batteria. Quello che avrebbe concluso la prima parte del loro concerto all'interno del Festival australiano. Grida ed applausi.
Il cuore batteva forte, gocce di sudore continuavano a scendere sulla sua schiena. Pochi minuti e avrebbero ricominciato a suonare. Non appena fu coperto dalle quinte gettò le bacchette ed affondando il viso in un asciugamano cercò di recuperare il fiato.
"Che energia." disse Tomo.
Shannon annuì e gli diede un pugno sulla spalla ridacchiando. Jared era ormai già intento a scegliere il suo outfit per la seconda parte del concerto, per il gran finale. Si diresse verso il suo camerino con l'asciugamano sulla nuca. Aveva bisogno di una maglietta pulita. E di acqua. E di una sigaretta.
Aprì la porta con un gesto distratto, un gesto che ormai faceva ad ogni concerto, sapendo già che avrebbe visto la sua immagine riflessa nello specchio di fronte pochi istanti dopo.
Le gambe accavallate, seduta sul tavolo di fronte a lui. Fiamme voluminose attorno al suo viso, le labbra rosee e carnose socchiuse. Le braccia conserte come se stesse aspettando qualcosa. O qualcuno...
Silenzio.

'Cause when your eyes light up the skies at night,
I know you're gonna find your way back to me.


"Ehm..." esitò lui, "Pensavo che solo gli stramaledetti superalcolici indiani mi facessero questi effetti.", forse era giunto il momento di smettere di bere birra prima dei concerti. Probabilmente il mix con le luci stroboscopiche e le Gibson era altamente allucinogeno.
Un sorrisetto sulle labbra di lei: "Di quali effetti stai parlando, fammi capire."
"Aspetta... aspetta un secondo." e fece un passo verso di lei.
Il suo profumo. L'aveva sentito ogni singola notte in sogno da quella volta, non era reale. Un altro passo. Lei non si mosse.
"No anzi, continua a parlare.", un passo ancora.
Lei sospirò, alzando gli occhi al soffitto. Si alzò precedendolo, facendo quegli ultimi due passi che li stavano separando. Lo abbracciò forte, gli diede quel bacio che desiderava ricevere da tanto. Da quando era partito.
Era reale.
La strinse forte, percorrendo le linee del suo corpo. Gli occhi istintivamente si chiusero, lasciando spazio alle labbra. Le sue, lui le adorava. Avrebbe dovuto recuperare il fiato in quei pochi minuti di pausa, ma quello era un bacio pericoloso, testimone di quella passione che il fiato lo leva.
"Ciao amore mio."
La sua voce, i suoi occhi.
"Eve. Bimba sei pazza. Sei veramente pazza."
"Avevi ragione riguardo a Miranda." fece spiritosa lei, mettendo le mani sui fianchi.
Shannon ghignò sicuro di sé.
"Io ho sempre ragione." e le diede un altro bacio.
Si tolse la maglia.
"Come sei entrata?"
"Emma."
"Le devo un favore. Cosa mi racconti? Come te la sei passata in questi giorni?"
"Beh, diciamo che ho
in casa una peste felina che passa le giornate a distruggermi il divano ma... tutto piuttosto normale per il resto."
"Accidenti, l'ho fatta grossa."
"No, Natalia stravede per Leo. Lo perdonerebbe anche se cagasse sulla sua Balenciaga. E lui a quanto pare si diverte a farsi le unghie sul suo cuscino. Stanno bene insieme. Forse comincio ad essere gelosa. Tu invece? Com'è stata l'India?"
Si infilò la maglietta pulita, e si voltò verso di lei. Si avvicinò, prese il suo viso fra le mani e posò la fronte sulla sua.
"Il paradiso e l'inferno insieme."

Lei era ovunque, in ogni cosa. Nei suoi pensieri, nei suoi sogni più proibiti, era nell'aria, nella notte, nel saké, nell'ultima sigaretta; ma non sul sedile di fianco a lui sull'aereo che l'avrebbe portato in Australia a pochi giorni di distanza...

"Avevo tanta voglia di vederti."
"Anche io, non sai quanto Eve."
La sollevò per i fianchi e la sedette di nuovo sul tavolo.
Due anime che si riconoscevano.
Due menti che si attraevano.
Due corpi che si cercavano.
Passione, ecco tutto ciò che erano. La lontananza era una pena insopportabile per entrambi.
Passi nervosi e svelti nel corridoio.
"Shannon, Shannon accidenti! C'è un pubblico da sfamare là fuori, cosa cazzo stai...?!" Tomo si interruppe quando li vide, "Evelyn? Cavoli, io... Io non sapevo che tu..." ed indietreggiava sempre più.
 "Su vai." disse amorevolmente lei a Shannon.
Non voleva, doveva andare.
"Non muoverti." le disse con tono di minaccia e di preghiera.
"Promesso."
Shannon si diresse verso la porta.
"E non scappare." si raccomandò.
"Ma io non voglio scappare."
Lui era ora sulla porta.
"Dio da quanto volevo sentirlo. Ciao bimba. Fai la brava finché non torno."
"Anche tu!" e gli mandò un bacio, prima che la sua figura sparisse nel corridoio, dietro quella porta. Evelyn sospirò guardandola come se in realtà fosse ancora aperta, come se Shannon fosse ancora lì davanti a lei. Aveva avuto solo un piccolo assaggio di lui, aveva potuto vederlo ed abbracciarlo solo per pochi minuti. Non le bastava, lo voleva tutto. Tutto per sé. Si morse il labbro inferiore e scese dal tavolo, voltandosi verso lo specchio. Non aveva sorvolato l'oceano per un breve incontro dietro le quinte di un suo concerto. Si sistemò i capelli, sorridendo al suo riflesso.
-Questa notte, sei mio.-

Baci, al prossimo capitolo!!! :-* Flychick

Ritorna all'indice


Capitolo 64
*** Up In Flames ***


64.Up In Flames
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Up In Flames

Sydney,
qualche ora dopo...

"Non pensare a nulla, pensa che qui di fronte a te ci sono io."
Shannon sapeva che lei non avrebbe mai potuto seguirlo nella sua vita itinerante. Era stata molto chiara al riguardo, e lui non voleva privarla della sua vita e della sua indipendenza. Aveva capito la sua scelta come lei aveva accettato il fatto che lui non sarebbe mai stato in grado di avere una vita stabile a Los Angeles. La sua mente era nomade, la sua anima una continua viaggiatrice, ma il suo cuore quello no. Forse lo era stato in passato, sicuramente non era mai stato un santo, ma ora aveva trovato dimora. Dovunque lui andasse, qualunque timbro ci fosse sul suo passaporto, era in quegli occhi azzuri che restava il suo cuore. Andare in tour senza di lei era qualcosa di molto strano. Le luci del concerto, l'energia, la musica. E poi il buio, la solitudine, il dubbio. Come due facce della luna, quella luna tatuata sulla sua schiena. La sua pelle, i suoi capelli, ogni parte di lei era la sua ossessione quando ormai attorno a lui c'era silenzio.
"Ma ora perché pensarci?" fece Evelyn.
Dovevano vivere il presente, erano loro, loro due soli. Si appoggiò sui gomiti, coperta solamente dalle lenzuola bianche. I capelli spettinati, la luce del primo mattino ad illuminarle il viso.
Aveva ragione, Shannon non poteva fare altro che darle ragione. Ma non avrebbe accettato di separarsi di nuovo da lei, non subito. Voleva del tempo, aveva bisogno di stare con lei, di sparire per un pò dal palco e dai riflettori e di dedicarsi solo a lei.
"E quando saremo tornati da qui c'è un posto dove vorresti andare?"
Lei lo guardò stupita sorridendo.
"Che cosa vuoi dire?"
"C'è un angolo di questo mondo che ti piacerebbe vedere? Qualunque posto sia."
"Mmm..." pensò lei, "voltati."
Shannon non capì subito a che gioco volesse giocare, ma fece ciò che le aveva appena detto. Si voltò, la schiena rivolta verso il soffitto. Il globo tatuato sulla sua schiena, l'America.

Underneath your clothes there's an endless story, there's the man I chose, there's my territory.

"Qui." disse Evelyn indicando un punto sul suo tatuaggio.
"Aspetta, dovrebbe essere..." cercò di indovinare lui, "Messico?"
"No."
"Florida?"
"No, ti dò un indizio. Non è negli Stati Uniti."
"Brasile."
"No."
"Costa Rica."
"Hahaha! Ma che voto avevi in Geografia?"
"Andiamo, mi arrendo. Che cos'è?"
Lei posò tutta la mano sulla sua schiena carezzandola, osservando le linee della sua muscolatura abbronzata.
"È Cuba."
"C'ero andato vicino!" protestò Shannon.
"Volevamo andarci io, Natalia e Valerie. Siamo state in Messico da Nat insieme un'estate. Ci siamo divertite moltissimo. Mi sarebbe piaciuto ritornare da quelle parti... Ma non abbiamo mai realizzato il progetto."
"Ti piacerebbe davvero andarci?"
"Si, molto."
"E allora Cuba sia."
"Dio, Shannon. Quando la smetterai di viziarmi? Non va bene così..." scherzò lei dandogli un bacio.
"Chi l'ha detto? Ci facciamo una vacanza, ne abbiamo bisogno."
"Si, mi piacerebbe davvero tantissimo andarci con te. Ma io ho un lavoro a Los Angeles, lo sai. Ok, tra poco sarò provvisoriamente disoccupata dato che rinnoviamo il negozio, ma devo tenermi stretta il mio lavoro. Non posso fare
sempre quello che voglio purtroppo."
"Chiederò a Jared di portare Miranda a cena, funzionerà."
"No, non puoi sempre puntare su Miranda. Non è giusto nei confronti di Nat e delle altre."
"Non penso gli dispiacerà vederti felice."
"Si hai ragione, ma..."
"Bene!" la interruppe tutto contento, "Evelyn Jones ha ammesso finalmente che io ho sempre ragione. Direi che non appena metti piede a casa hai una valigia da preparare bimba. Partiamo quanto prima." e si alzò dal letto, nudo.
Lei sospirò.
"Shannon."
"Si?" si voltò lui.
Evelyn fece segno di no con la testa. Quei capelli rossi arruffati sembravano aver piantato un chiodo difficile da scardinare.
"Oh si!"
"No Shannon. Ti prego. Non ti sto dicendo di no e basta, ti sto chiedendo di aspettare. Aspettiamo le mie ferie, te lo chiedo per favore. Abbiamo già approfittato anche troppo della gentilezza, della bontà e della smania che ha Miranda per voi. Mi piacerebbe molto andare in ogni parte del mondo con te, ma dobbiamo aspettare le mie ferie. Ti prego."
Lui incrociò le braccia.
"Ti prego." disse di nuovo.
Lui sospirò, sorridendo e vedendo tutte le buone ragioni di lei nel suo sguardo supplice.
"Va bene. Come vuoi bimba." e chinandosi su di lei le diede un bacio.
"Ti amo."
"Io no, molto di più."
"Oh, ti prego. Certe frasi non si adattano al tuo essere." lo canzonò lei.
"Ah no?" e la scoprì gettando via le lenzuola, "Vediamo se riesco a trovare qualcosa che corrisponda 'al mio essere', allora."
Baci sulla coscia, sul fianco tatuato, sulla pancia.
"Hahaha, e pensi di trovarlo sulla mia pancia?"
"Mmm... dammi un altro indizio." e scese.
"Hahaha, vieni qui. Abbracciami."
Lui eseguì, coricandosi di fianco a lei e avvolgendola tra le sue braccia forti. Evelyn inspirò profondamente, godendosi il momento.
"Dimmi qualcosa."
"Che cosa?"
"Qualunque cosa."
"Perché?"
"Perché voglio sentire la tua voce."
"Hai appena detto che non sono bravo a parole, o qualcosa del genere." scherzò mordicchiandole la spalla.
"Ma non ti ho chiesto di improvvisare una poesia. Dimmi solo qualcosa. A Los Angeles spesso non ci sei con me."

Beggin' to hear your voice, tell me you love me too.
'Cause I'd rather just be alone, if I know that I can't have you.

Shannon si mise a pensare.
"Ah! Questa ti farà ridere! A sedici anni al ballo del liceo ho accompagnato una ragazza. Ma poi, insomma, è andata a finire che non l'ho riportata a casa."
Lei lo guardò confusa.
"Non dirmi che ti sei..."
"Ma no, non mi sono dimenticato. È che il giorno dopo mi sono svegliato con mia madre arrabbiata ed una nota sul comodino."
"Che cos'avevi fatto??"
"Quelli dell'ultimo anno avevano degli alcolici. In bagno. Sai com'è, a sedici anni non ci stai con la testa... E credi di riuscire a reggere l'alcol e di avere un fegato in titanio."
"Hahaha. Avrei voluto vederti negli anni del liceo."
"Anche io. Con..."
"La divisa da cheerleader, si, posso immaginare."
"Come fai a saperlo?"
"Sei un uomo."
"No, è che tu sei una strizzacervelli laureata."
"Hahaha, strizzacervelli?"
"A volte mi spaventi. Mi leggi nella mente forse? Chissà quante cose riesci a capire delle persone soltanto guardandole."
"Oddio, no. Non sono un agente segreto ne tanto meno una veggente. Sono solo una psicologa mancata."
"La psicologa mancata più sexy di tutta l'America."
"Ah è così?"
"Senza alcun dubbio."
"A questo proposito, quando il paziente si innamora dello psicologo si deve immediatamente interrompere la terapia, oltre ad ogni rapporto interpersonale. Perché il paziente, condizionato dai suoi sentimenti per lo psicologo, muta le sue constatazioni ed il suo stato d'animo. Quindi la terapia risulta fasulla. Lo sapevi?"
"Si, ma a me non sono mai piaciute le regole, 'lo sapevi'?"
Lei lo guardò dritto negli occhi.
"Lo so." e gli diede un bacio, "E sono convinta che è per questo che siamo qui. Ora."

Titolo e colonna sonora del capitolo: Up In Flames - Coldplay. Baci, al prossimo capitolo! Flychick.

Ritorna all'indice


Capitolo 65
*** Lovers' Thing ***


65.Lovers' Thing
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Lovers' Thing

Miami,
Qualche tempo dopo...

Evelyn, sua sorella Emily ed Emma attendevano nel backstage che Jared, Shannon e Tomo scendessero dal palco.
"Oh!" esclamò Jared vedendole, "c'è una riunione tra E in corso!"
Emma lo squadrò, incrociando le braccia: "Jared che cosa stai blaterando?"
"Si, una riunione tra E." gesticolò lui, sudato e ancora carico d'adrenalina, "Emily, Emma, Evelyn."
Emma non cambiò espressione, si limitò semplicemente a sbattere le ciglia. Evelyn ed Emily si scambiarono un'occhiata stranita, accompagnata da una sottile risata.
"Perché non apprezzi il mio umorismo?"
"Credo di poter dire che hai qualità migliori."
"Ad esempio?" sorrise spiritoso Jared.
Che cosa voleva dare ad intendere?
"Ad esempio muovere il culo e fare la valigia alla velocità della luce perché tra precisamente un'ora e tre minuti sei su un tourbus in mezzo a un'autostrada." ribatté Emma, "E lo stesso vale per voi due.", e facendo l'occhiolino alle ragazze si allontanò per cominciare i preparativi per la partenza verso la città successiva.
"Ma è sempre così?" chiese sottovoce Emily a Jared.
"Si, e la cosa che più non sopporto è quando mi deve dire cosa fare. Perché lo dice in quel modo, con quello sguardo... secondo me è una rara forma di sadismo. Evelyn tu che hai studiato psicologia non credi che ci possa essere una stretta relazione fra il fatto che lei..."
"Jared" lo fermò Shannon, che stava scendendo gli ultimi gradini per raggiungerli nel backstage, "smetti di riempire Eve con le tue cazzate."
"Oh, non credo che il tuo repertorio sia molto diverso dal mio, Shan!" si finse offeso Jared.
Evelyn rise, Shannon la raggiunse per darle un bacio.
"Che facciamo adesso ragazzi?" chiese, "Andiamo a bere qualcosa?"
"No" dissero Evelyn, Emma e Jared.
"Hey, perché no?" chiese Shannon stupito, aprendo le braccia.
"Perché tra precisamente cinquantanove minuti sei su un tourbus in mezzo a un'autostrada!" rispose Evelyn imitando la voce di Emma, "Muoversi!"
Tutti scoppiarono a ridere.
"Emma..." fece Shannon, mentre Jared annuiva.
Tomo li raggiunse: "Mi sono perso qualcosa?"
"No amico, Emma ci ha detto di muovere il culo. Facciamoci una doccia e andiamocene. Atlanta ci attende!"
"Voi fate pure con comodo," disse Evelyn, "io e mia sorella vi aspettiamo qui."
"Ok piccola." fece Shannon, "A più tardi." e la baciò di nuovo. Una, due, tre volte.
Non era mai abbastanza. Mai.
Ormai non riusciva più ad immaginare giorno senza di lui, senza ricevere un suo bacio, senza vedere il suo viso, senza avere il suo corpo. Sapere che era lontano la faceva sprofondare in una enorme tristezza, sfogliava le loro foto sul cellulare ogni quarto d'ora mentre cercava di fare l'inventario, riordinare jeans, dare retta a Miranda, lucidare la vetrina, ascoltare i pettegolezzi di Natalia...
Lo guardò allontanarsi con occhi sognanti, mentre pensava a tutto il loro trascorso.
"Oh mio Dio." commentò Emily quando ormai erano rimaste sole, "Sto per avere un attacco fulminante di diabete."
"Hahaha! E' scientificamente impossibile che tu abbia un attacco di diabete, Emily."
"Come era scientificamente impossibile che tu potessi anche solo lontanamente pensare di guardare Shannon in quel modo fino al mese scorso?"
"No.", sorrise Evelyn, "
E' da più tempo che lo guardo così. Lui ha risvegliato qualcosa in me."
"No, lui mi ha semplicemente ridato mia sorella. Quella che da anni desideravo rivedere da quando sei venuta anche tu a Los Angeles. Dopo che Damon, beh... ti ha lasciata e che l'hanno messo dentro."
Questa era la versione dei fatti che Emily conosceva. Voleva davvero vivere con quel peso? Voleva davvero nascondere ancora? Shannon le aveva dato un consiglio. Lei voleva seguirlo.
"Emily..." si voltò verso la sorella.
"Si?"
"Ti prego non odiarmi. Ma... Io ti ho mentito. Su tutto quanto. Ho mentito a te, a tutti."

Take a minute girl, come sit down. What's been happening?

"Cosa intendi, Eve?"
"Sono stata io a chiamare la polizia. Io ho trovato la droga a casa di Damon. Sono stata io a..."
Una lacrima stava per scendere, come il sipario che nascondeva la verità. O almeno una sua parte.
"E hai fatto la cosa giusta, Eve! Su questo non c'è alcun dubbio. So che lo amavi, ma hai fatto la cosa giusta. Non vedo perché dovrei odiarti."
"Perché lui era sieropositivo. E non me l'ha mai detto. Forse non lo sapeva nemmeno."
"Oddio Evelyn..."
"Ho nascosto a te e a tutti che a 19 anni spaventata, sola e piena di dubbi sono andata a fare i test HIV lontano da casa. Ho fatto una carta d'identità falsa per non farlo sapere a mamma e papà."
Emily era sempre più scioccata, preoccupata e triste.
"Ma non ho mai voluto leggere le risposte. Le ho tenute chiuse, in fondo a un cassetto, per anni. Aspettando che quel mostro che forse viveva in me cominciasse a divorarmi. Fino a quando Shannon non le ha trovate."
"E?" fece Emily ad occhi sbarrati, attendendo con ansia il finale, vedendo di nuovo in lui una piccola luce di speranza.
"E da lì il mio incubo è finito." rispose Evelyn, col viso rigato dalle lacrime, "O meglio, grazie al cielo non è mai iniziato. Io lo amo Emily. Io credo di non riuscire a pensare alla mia vita senza di lui. Non avrei mai potuto vivere una vita piena e vera come quella che sto vivendo adesso con lui e grazie a lui."
"Certo che lo ami." si tranquillizzò Emily, abbracciando forte la sorella, "E devo dire che a questo punto lo amo anche io!" ironizzò.
Evelyn sorrise fra le lacrime di gioia.
"Tranquilla sorellina, non ti biasimo. Semplicemente dimentichiamo tutto, ok? Non voglio più sentire questa brutta storia. E' finita, ora hai Shannon. E avrai sempre me. Ok?"
"Si, Emily. Va bene." e si strinsero forte, fortissimo, una volta ancora.

I'm your girl, you're my girl. Don't you know that I love you?

La fresca brezza mattutina, la luce dell'alba e la pace del silenzio. Evelyn riposava beata sul petto di Shannon, mentre lui giocava con i suoi capelli.
"Vorrei che ogni giorno, ogni momento fosse come questo." sussurrò Evelyn chiudendo gli occhi.
"Ti ricordi quello che mi hai chiesto a New York?" continuò alzando lo sguardo verso di lui.
"Dimmelo tu."
"Mi hai chiesto che cosa mi piacesse di te. Ora credo di avere una risposta."
Shannon non disse nulla. Lasciò a lei la parola.
"Mi piace quando mi stringi, mi piace addormentarmi con il tuo braccio attorno alla vita. Mi piace quando mi fai ridere e mi piaci quando sorridi. Mi piace tutto ciò che fai per me, soprattutto le piccole cose, quelle cose di cui forse nemmeno ti accorgi. Mi piace quando restiamo svegli fino all'alba a parlare. Mi piace da morire quando facciamo l'amore. Mi piace come riesci a rendere ogni giorno diverso, mi piace come mi fai sentire indispensabile e come riesci sempre a strapparmi un sorriso."
Shannon la lasciò continuare. Voleva che lei continuasse.
"Mi piace come mi guardi. Mi piacciono i tuoi occhi, le tue mani, i tuoi tatuaggi."

All that I am, all that I ever was, it's here in your perfect eyes. They're all I can see.

"E mi piacciono tutte le cose che mi hai portato dai tuoi viaggi in giro per il mondo. Mi sono sempre piaciute. Tutte quante. Le ho tenute tutte, con estrema gelosia. Mi piace quello che fai, mi piace quanto affetto dai agli Echelon, il tuo amore per la musica, mi piace tutto di te. Tutto. Dal tuo più grande pregio al tuo peggior difetto."
Lui rimase in silenzio.
"Hahaha." ruppe il silenzio Evelyn, "Che c'è? Sembri scioccato!" sorrise.
"No, no. Niente affato! Stavo cercando di contare tutte queste cose, ma... mi sono perso. Ho perso il conto sul 'mi piace quando facciamo l'amore'..."
Evelyn sentiva già le sue mani avide scorrere lungo i suoi fianchi.
"Chissà perché non avevo dubbi!"
Shannon era già sopra di lei.
"Te l'ho detto, sei una strizzacervelli!"
Evelyn non aveva scampo. Anche quella mattina avrebbero tardato al soundcheck. Shannon era semplicemente un uragano. Un uragano di emozioni, di vitalità, di passione. Era esattamente ciò di cui lei aveva bisogno e ciò di cui voleva avere bisogno. Per il resto dei suoi giorni.
"Ti amo Shannon, tantissimo."
"Anche io bimba."

Fine


Ringrazio chi ha aggiunto la storia alle seguite/ricordate/preferite e soprattutto chi ha recensito e condiviso i propri pensieri e le proprie opinioni. Mi ha fatto molto piacere leggervi tutte 
Grazie per avermi accompagnata in quest'avventura! Mi scuso per i molteplici e lunghissimissimi ritardi nell'aggiornamento, purtroppo non ho avuto modo di aggiornare regolarmente ad un certo punto della storia. Scusatemi davvero tanto! Adesso la parola passa a voi. Avete un capitolo preferito? Voglio sentire tutto tutto tutto ciò che avete da dire. :)

Baci, Flychick.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=756388