How did the Trials of Apollo (also known as: what made me stay awake 'til six in the morning to finish my homework) begin

di Voldemortslostnose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** I. Leviamo gli ormeggi per il (secondo) posto più pericoloso al mondo ***
Capitolo 3: *** II. Una dea mi chiede se ho calderilla e mi lascia in cambio una piuma ***
Capitolo 4: *** III. Come no? Uccidere mostri è proprio una crociera. ***
Capitolo 5: *** IV. Non voglio prigionieri, mi basta solo un ostaggio ***
Capitolo 6: *** V. In cui ho dei seri problemi di gestione della rabbia ***
Capitolo 7: *** Epilogo: All is well, that ends... ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO

Ultimamente, le mie notti sembrano avere il solo scopo di non farmi dormire. Solo la notte scorsa, ho sognato di morire impiccata ad un albero in quello che doveva essere il giardino delle Esperidi, e morire impiccata è sempre stato il mio incubo peggiore. Adesso, invece, un grido di dolore mi ha strappato al mio rigirarmi nel letto insonne, attività che sarei stata molto più felice di interrompere riuscendo finalmente ad addormentarmi. C'è qualcuno in casa, dalla voce probabilmente circa della mia età, ed ha appena sbattuto il naso contro la porta che separa la sala dalle camere da letto. Recupero la mia torcia da sotto il cuscino, esco dal letto cercando di non fare rumore ed afferro il dizionario di latino, che è la cosa più pesante-sia letteralmente che metaforicamente-che possa prendere senza rivelare la mia presenza al malintenzionato.
Scivolo in corridoio, e mi fermo dietro la porta, aspettando. Poi sento sussurrare qualcosa in inglese, che somiglia molto a "Fermo! Ci farai scoprire." e mi blocco sul posto, piuttosto confusa. Non so quante persone ci siano dietro quella porta, né cosa vogliano dalla mia famiglia, e nemmeno so se siano effettivamente persone.
Quest'ultima considerazione potrebbe sembrare strana, ma da quando l'estate scorsa ho scoperto di essere adottata e, soprattutto, di essere una semidea, nulla potrebbe ancora stupirmi.
Nel momento in cui punto la torcia accesa contro il viso di un allarmato Nico di Angelo, capisco che effettivamente ci sono cose che potrebbero ancora stupirmi.
"Ma sei impazzita? Spegni!" Sussurra in italiano, mentre dietro di lui spunta Leo Valdez, che si tiene ancora il naso tra due dita. Non so se scoppiare a ridere, mettermi ad urlare, o andare a prendere del ghiaccio. Alla fine mi stringo nelle spalle e li faccio entrare in camera richiudendo la porta dietro di me.
Ora, il fatto che siano venuti a casa mia nel bel mezzo della notte dopo che, in via puramente ipotetica, nessuno al Campo Mezzosangue-dove ho trascorso due mesi quest'estate senza alcun modo di recuperare i libri dei compiti delle vacanze, grazie tante a Chirone e alla sua paranoia-dovrebbe conoscere il mio indirizzo ed avere bisogno di me in inverno, quando ancora non ho finito i compiti e ho una sfilza di verifiche programmate per il ritorno a scuola, è abbastanza per farmi capire che i prossimi giorni saranno dannosi per la mia salute fisica, mentale e scolastica.
"Ciao anche a voi." Dico sarcastica, tendendo poi un pacchetto di ghiaccio istantaneo all'infortunato figlio di Efesto, che probabilmente non si meritava una frattura al setto nasale appena prima - perché quasi sicuramente è di questo che si tratta: non credo siano qui per invitarmi alla festa di Natale - di cominciare un'impresa.
Mi spiegano che al Campo c'è stata un'epidemia, e non riescono ad annullarne gli effetti. Ma non era la casa di Apollo ad occuparsene? Ho già abbastanza da fare con la simpatica maledizione che mi affligge dalla nascita, e vorrei evitare di far andare fuori di testa la coppia di genitori adottivi che hanno avuto la sventura di occuparsi di me andandomene via in questo modo.
Quando però mi dicono che l'epidemia ha reso tutti i figli di Apollo completamente ciechi, capisco che è un'emergenza, e capisco anche cosa ci faccia qui Nico.

Afferro lo zaino che ho preparato per le emergenze-nella categoria si trovano indiscriminatamente partenze improvvise, allagamenti o compiti di matematica-e scrivo una nota per la mia famiglia adottiva, spiegandogli tutto: non si sono ancora ripresi dallo shock di aver adottato una semidea, e partire senza lasciargli almeno un biglietto li farebbe andare nel panico, facendogli subito temere il peggio. Il fatto che stia per imbarcarmi in una missione suicida in compagnia di due ragazzi che i miei genitori non conoscono e senza adulti a controllarci non li esulerà da temere comunque il peggio, ma tant'è.
All'improvviso, il panico mi assale: non posso uscire di casa senza svegliare i miei genitori, e non possiamo certo calarci dalla finestra, quindi dovremo viaggiare attraverso le ombre, cosa che mi fa sentire ancora peggio di sognare la mia morte per strangolamento.
Nico deve aver notato l'espressione sul mio volto, che a quanto pare neanche la penombra data dal fatto che l'unica luce nella stanza sia una torcia da campo è riuscita a nascondere, perché ghigna in un modo che non mi piace affatto, prima di farci scomparire nel buio.
Arriviamo al Campo Mezzosangue dopo un tempo che mi sembra inferiore solamente al numero di studenti di Hogwarts, e Chirone ci viene incontro preoccupato. Solo in quel momento mi accorgo di non avere le scarpe ai piedi. Non che i semidei in procinto di partire per una missione possano preoccuparsi più di tanto dell'abbigliamento, ma non ci tengo a perdere completamente le piante dei piedi.
"Venite" dice cupo, e senza aggiungere altro ci precede entrando nella Casa Grande.
Quello che nessuno si aspetta, però, è vedere la versione umana di Ermes che osserva, apparentemente interessato, la testa di leopardo appesa al muro, seduto in poltrona. Ci saluta, vagamente divertito. "Ma cosa succede al cibo?" chiede deliziato a Chirone. Lui si stringe nelle spalle ed il dio si volta verso di noi. "Mi creda..."-dico con una smorfia-"...preferisco non pensarci."
Chirone ci fa accomodare e inizia a spiegare con voce pacata, ma si vede che è teso.
"Quell'idiota di Apollo, mi perdoni questa uscita, ha combinato un disastro. Ha rapito una ninfa, proibita secondo Zeus, che si è infuriato, e gli ha imposto un ultimatum: se entro una settimana la ninfa non sarà al sicuro, i suoi figli resteranno ciechi per sempre. Inutile dire che da quando, due giorni fa, tutto è successo, non abbiamo più avuto notizie di Apollo. E pazienza se adesso per ripicca farà seccare tutte le fragole del campo. Ma quello che più ci preme, e in particolare preme voi tre, è che così facendo Zeus ha dato inizio ad una profezia contenuta nei Libri Sibillini, che conosciamo grazie a Ella."
Gira dalla nostra parte un foglio appoggiato alla scrivania, e Nico legge ad alta voce:

Cinque giorni per i compagni innocenti
Tre figli degli dei dovranno combattere
Finché del re dei Grandi le richieste incalzanti
Non avranno più ragione di esistere

La figlia di Thanatos dovrà indagare
Molteplici volte nei recessi dell'animo
Fino a caderne prigioniera e restare

Detesto le profezie. Davvero.

Pensavo che il peggio fosse passato, ma a quanto pare alla scritta manca un pezzo. Posso già immaginare di dover restare nei recessi dell'animo fino al momento di andare nel Tartaro. "Può anche darsi che il pezzo mancante dica che poi verranno a riprenderti" tenta di consolarmi Leo, ma le profezie non sono mai così benevole. "Oppure che dopo tutto quel patimento venga trasformata in popcorn, ma deve essere ordinaria amministrazione, no?"
"Con rispetto parlando, se gli dei continuano a credere che il modo migliore di mostrare pietà per i mortali sia trasformarli in ortaggi, temo che abbiano davvero bisogno di un corso d'aggiornamento..." ribatte il figlio di Efesto. "Non me ne parlare" borbotta Nico, stringendosi le braccia attorno al corpo. Giurerei di averlo visto rabbrividire, se non fosse che normalmente è lui a far rabbrividire il resto dell'umanità. Leo ride, e io ho come la sensazione di essermi persa qualcosa.
Chirone ci annuncia che partiremo appena ne sapremo di più su tutta quella storia, e ci congeda. Mentre attraversiamo il campo, nessuno sembra aver voglia di parlare. Di Angelo sembra perso nel suo mondo-immagino che stia pensando a Will Solace-e Leo sta trafficando con dei bulloni che ha estratto dalla cintura portaoggetti. Io però non riesco a stare zitta per più di dieci secondi-in effetti, dalla figlia della Morte ci si aspetterebbe un comportamento diverso, ma al posto di essere dislessica sono nata logorroica-e, non avendo mai saputo come si facesse a scegliere i semidei che dovevano partecipare ad una impresa, non posso fare a meno di immaginare Leo che appicca il fuoco alle essenze che ha in mano Nico durante una qualche strana cerimonia voodoo. Quindi chiedo informazioni, e Nico replica annoiato "Niente di eclatante, chiedono se ci siano volontari oppure si limitano a chiamare le persone descritte nella profezia." Sono sicura che al momento di offrirsi ci sia stata una scena piuttosto strana, anche perché capisco Nico, ma Leo allora?
"Nessuno si è offerto volontario, quindi Chirone ha chiesto a me" dice Leo, assorto nella costruzione di quello che sembra essere un carro armato in miniatura, funzionante e dotato di mirino. Non fa il minimo accenno all'offerta fatta da Nico, ma sono quasi sicura che, se chiedessi qualcosa al figlio di Ade, ghignerebbe e risponderebbe qualcosa sui toni di non vedevano l'ora di liberarsi di me, perché deluderli? Non conosco i ragazzi del campo da molto, e anche se generalmente riesco a capire abbastanza bene le persone-non so se siano "mistici poteri da mezzosangue", e non voglio fare indagini-, Nico Di Angelo resta un mistero: potrebbe dire qualunque cosa e non saprei dire se fosse serio o meno. Quel che è certo, però, è che quel ragazzo ha un bisogno urgente di una iniezione di felicità in endovena.
Nico entra nel tempio di Apollo senza dire nulla, e Leo si dirige verso il tempio di Efesto, facendomi un cenno di saluto che dovrebbe essere un incoraggiamento ma sembra più una condanna a morte. Al momento, non c'è nessun tempio per i figli di Thanatos-anche perché mio padre mi ha assicurato che sono la sola: a quanto pare, sono destinata ad una vita da figlia unica-e così sono stata "accolta" nella casa di Ermes. Niente da dire sulla sistemazione-a quanto pare, da quando anche gli dei minori si sono impegnati a riconoscere i propri figli, c'è molta meno folla nella Casa sette-ma non mi fido per niente a lasciare lì lo zaino.
Con un sospiro, entro nel tempio e mi cambio il pigiama con qualcosa di più consono. Mi guardo allo specchio e faccio una smorfia al mio riflesso. Dall'estate scorsa sono diventata poco più alta, i capelli scuri e dritti come spaghetti si sono allungati, diventando un groviglio di doppie punte che farebbe impallidire la chioma rettile di Medusa, e lo sguardo è diventato più cupo.
Sento i fratelli Stoll ridacchiare e mi giro di scatto. Alzo gli occhi al cielo giusto in tempo per evitare che il loro regalo di benvenuto-una frittella appiccicata al soffitto da un generoso strato di sciroppo d'acero, che dall'odore deve essere stata cucinata due settimane fa-mi cada in testa.
"Molto divertente" dico, sollevandola dal copriletto con il pugnale, e tagliandola a metà. Prima che se ne accorgano, ho estratto la spada e con un gesto veloce del polso le due metà di frittella sono volate in faccia una a Travis ed una a Connor. Mentre le staccano disgustati, scappo all'anfiteatro, dove inizio ad allenarmi con un manichino.

La cena procede senza intoppi, segno che domani alla partenza dovrò fare i conti con la vendetta di Travis e Connor. Noto che Nico è seduto accanto a Will Solace, e di quando in quando taglia il cibo del figlio di Apollo o gli versa da bere, facendo in modo di evitargli tagli, scottature o liquidi in posti impropri. La sua carnagione olivastra sembra incandescente alla luce del fuoco, ma nessuno oserebbe prendere in giro il figlio di Ade (è una delle prime cose che mi ha detto Leo quando questa estate mi ha fatto fare il giro del campo, per poi darmi una dimostrazione pratica piuttosto cruenta) e Will sembra gradire il trattamento.
Dopo aver finito di mangiare, Leo mi comunica che Chirone ci vuole tutti e tre alla Casa Grande.
Quando entriamo, il centauro ci spiega che non vuole che ci opponiamo a Zeus in nessun caso, perché potrebbe scatenare una nuova guerra e l'Olimpo sa quanto ci serva la pace in questo momento.
A quanto pare, tre figli degli dei dovranno combattere contro la cocciutaggine di un dio con la passione per inventare pessimi haiku.




Angolo autrice
Ok, allora. È la prima volta che scrivo sui personaggi di Percy Jackson, quindi se doveste trovarli OoC non esitate a dirmelo.
*prega tutti gli dei che l'OC non sia una Mary Sue*
Doveroso Disclaimer: I personaggi citati in questa storia sono proprietà dello Tio Rick "Troll" Riordan e degli aventi diritto, e questa storia non è scritta a scopo di lucro. L'OC femminile appartiene all'autrice. Mi scuso per i problemi con l'HTML, che saranno presto risolti.

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Capitolo 2
*** I. Leviamo gli ormeggi per il (secondo) posto più pericoloso al mondo ***


I.
 
Leviamo gli ormeggi per il (secondo) posto più pericoloso al mondo

Mai che la vita da semidei sia facile. Di certo quando ho scoperto di essere una di loro non mi aspettavo cene di gala ed allegre gite in Ferrari, ma dannarci per ore solo per capire quale potrebbe essere un adeguato punto di partenza per la missione è snervante, soprattutto ora che la sorella di Nico, Hazel Levesque, ha dichiarato off-limits la Cabina XIII ed ogni altro posto pullula di semidei rumorosi, così dobbiamo lavorare ai tavoli della mensa e sono costretta a guardarmi in giro ogni due secondi per evitare qualunque tentativo di vendetta da parte degli Stoll.
"Non può essersi nascosto di nuovo a Delo" borbotta Leo per quella che deve essere la trecentesima volta in dieci minuti. Di Angelo alza gli occhi al cielo. Se si aspetta un aiuto dagli Eterni, temo rimarrà deluso. "A meno che tu non costruisca un aggeggio che possa rintracciare divinità in pericolo, temo che dovremmo affidarci completamente al caso." dico. "Credimi, se fosse stato riconosciuto prima ed in grado di costruirlo, forse mia sorella non sarebbe morta inutilmente." replica Nico, la voce che si incrina a metà frase. "Calipso!" esclama Leo all'improvviso, dandosi una manata in fronte. "Che c'è? Ti sei ricordato di essere fidanzato?" chiedo sorridendo. Lui arrossisce, balbettando qualcosa di inintelligibile e rischia di far prendere fuoco al tavolo.
"Ehi, grand'uomo, calma i bollenti spiriti!" La voce divertita della ninfa, nonché la sua vista, immagino, lo fa, se possibile, arrossire ancora di più. "Forse Leo suggeriva di chiederle se sa qualcosa della ninfa scomparsa" ipotizza Di Angelo, che sembra aver recuperato il controllo. Leo gli lancia uno sguardo grato, prima di tossire un paio di volte, tentare di ricomporsi e mormorare, infine, un "Ecco, esatto".
Calipso si siede con noi, lancia uno sguardo critico al foglio A3 dove fanno bella mostra di sé le nostre (poche) idee, che più che un piano d'azione ricordano dei versicoli ungarettiani, e racconta di una Limnìade che le sue sorelle hanno visto scomparire in compagnia di quello che sembrava un ragazzo umano pochi giorni fa. Ora, il fatto che la fanciulla protegga un lago che si trova nelle Antiche Terre è strano. Che ci venga chiesto di rifare il viaggio compiuto dall'Argo II in appena cinque giorni-pardon, quattro, dato che oggi lo do direttamente per perso-fino, ripeto, alle Antiche Terre, dove, mi viene ripetuto fin dal primo giorno passato al Campo, per i semidei è estremamente pericoloso andare, è ancora più strano-evidentemente, Apollo deve aver pensato che nascondersi negli States fosse troppo mainstream. Ma che la ninfa protegga uno dei laghi più inquinati che ancora si possono trovare in quel del Bel Paese mi sembra inconcepibile.

Mi assumo l'incarico di comunicare l'informazione a Chirone, ma appena mi alzo sento Nico letteralmente ringhiare dietro di me. Mi giro, presagendo guai, e vedo Leo scrutare preoccupato Drew Tanaka e il suo sguardo malizioso. La figlia di Afrodite, decisamente tra le persone che preferisco di meno, è abbarbicata al torace di Will come una cozza allo scoglio, cosa che Di Angelo non sembra gradire per nulla. Calipso posa una mano sul braccio di Nico, come per impedirgli di fare azioni sconsiderate, ma lui si scansa e gira sui tacchi, prima di inerpicarsi su per la collina diretto alla Casa Grande. Con mia sorpresa, però, Will si accorge di quello che è successo, si libera con uno strattone dalla presa di Drew e, incespicando, tenta di raggiungere Nico. Peccato non ci veda, perché la scena sarebbe stata piuttosto commuovente-per non parlare dell'esilarante espressione scandalizzata di Drew-se solo Will non fosse caduto per terra. Nico si gira di scatto, e va verso Will, per poi aiutarlo a rialzarsi. Drew fa un sorrisetto, e Nico lascia andare il braccio di Will come se scottasse.
Sinceramente a quest'ora avrei già strangolato Tanaka. Peccato che abbia ancora un briciolo di pietà, e mi limiti ad aprire un cratere sotto di lei, che le insudicia le scarpe di marca-non so quale, e temo che ricoperte di fango non lo saprà più neanche lei- facendola saltare in aria come una molla, lanciarmi un'occhiata omicida che non mi fa paura nemmeno per un secondo, ed allontanarsi infuriata. E così, questo porta a quota tre le persone dalle quali so di dovermi aspettare qualche brutto scherzo. A volte penso che se non ci avesse già pensato mia madre a maledirmi, facendomi fare appena nata un bel tuffo nello Stige, una qualche divinità non meglio identificata mi deve aver lanciato un'anatema che mi impedisce di non farmi nemici ovunque. Ebbene, vi posso garantire che la maledizione di Achille non è affatto una bella cosa. "Ma come?"-sorgerà, spontanea, la domanda-"Insomma, a meno che i tuoi nemici non scoprano da dove ti hanno tenuto per immergerti, sei praticamente invincibile!", direte voi, ma il punto è che da dove mi abbia tenuto non lo so nemmeno io. Inoltre, essere l'unica figlia di Thanatos ha portato diffidenza nei miei confronti da parte di chi, invece, avendo più fratelli e sorelle, può essere certo di venire riconosciuto come semidio, quasi come se i loro genitori divini fossero più "autentici" del mio-e, a quanto ne so, sono l'unica ad essere trattata così. Ma venire, in un certo senso, giudicata per questo motivo mi sembra sempre meglio di attirare le malelingue per il colore della mia pelle. L'unica altra semidea con la pelle scura che conosco è Hazel Levesque, ma sono sicura che Di Angelo fa troppa paura a tutti i semidei del campo-beh, in effetti a quasi tutti: Jason Grace ha avuto l'ardire di scompigliargli i capelli l'altro giorno, ed essere finito in infermeria con il polso slogato non è sembrato dar adito ad alcuna modifica del suo atteggiamento nei confronti di Nico-perché possano tentare di mancarle di rispetto in alcun modo. Ma, in fondo, non c'è da stupirsi che io sia l'unica figlia di Thanatos: ce lo vedete, voi, un uomo tentare un approccio con la donna che gli piace dicendole di essere letteralmente un dio, e alla legittima domanda: "Il dio di che cosa?" risponderle "Il dio della morte"? Beh, non credo che biasimerei la malcapitata se decidesse di scappare.

Mi incammino per la seconda volta verso la collina, ma di nuovo qualcosa mi interrompe. Di Angelo si è allontanato insieme a Will, ma il biondo l'ha afferrato, a tentoni, per le spalle e gli sta dicendo qualcosa, facendo un evidente sforzo per non urlare. Le uniche parole che riesco a sentire sono "viaggiare nell'ombra", "pericoloso" e "no", quest'ultima ripetuta più e più volte.
Mi giro verso Leo, che scuote la testa esasperato, prima di afferrare il foglio dove ha detto di aver trascritto la storia raccontataci dalla ninfa-anche se sospetto abbia steso il progetto di qualcosa di indefinito e sicuramente esplosivo-, scoccare un bacio sulla guancia a Calipso ed arrancare su per la collina nella mia direzione. Arrivati alla Casa Grande, informiamo Chirone e gli chiediamo il permesso di lasciare il Campo viaggiando nell'ombra-Di Angelo era già sicuro che avremmo utilizzato quel tipo di viaggio, e il tentativo di Will di proibirglielo non avrà sicuramente sortito effetto alcuno se non quello di confermare la sua determinazione ad usare quel potere. Chirone sospira, e guarda fuori dalla finestra, mentre la sua espressione si fa sempre più allarmata. Do un'occhiata fuori e vedo Di Angelo camminare velocemente verso la Casa Grande, con uno sguardo infuriato che mi fa immediatamente rimpiangere di non essere rimasta nei paraggi poco fa. Prima che possa muovere un solo passo, Nico spalanca la porta ed annuncia che partiremo oggi pomeriggio, in un tono che più di una affermazione fa sembrare la sua frase una condanna a morte. E non mi stupirei più di tanto se lo fosse.

A pranzo non si sente volare una mosca. Cosa alquanto strana per una ottantina di semidei iperattivi, ma poco fa Chirone ha annunciato a tutti che l'esito della nostra missione potrebbe determinare lo scatenarsi di una guerra, quindi dovranno tenersi pronti a linciarci combattere. Giusto per non metterci pressione, eh. Leo ha avvolto un braccio attorno alle spalle di Calipso, che è seduta al tavolo di Efesto e si tortura le mani, nervosa. Posso capirla: è abituata a veder partire senza di lei i semidei di cui si innamora, che poi vanno tutti incontro ad un destino crudele, e Leo, l'unico che si sia mai ricordato veramente di lei, sta per partire di nuovo per una missione pericolosa, che potrebbe anche finire in tragedia, dato che Zeus potrebbe pensare che stiamo supportando Apollo ed incenerirci con la Folgore senza neanche un misero avvertimento. Cosa avevo detto a proposito delle cene di gala?
Io non ero presente al tempo dell'arrivo di Leo e Calipso in groppa a Festus, il drago meccanico-che vorrei vedere almeno una volta: chissà se i semidei hanno qualcosa di simile ad un Pensatoio? O se, sicuramente meno improbabile come possibilità, qualcuno ha scattato una foto?-, ma so che da allora Calipso ha trovato una vera casa. Gli amici di Leo, i temibili sette della profezia-anche se, personalmente, scenderei in campo contro ciascuno di loro mille volte pur di non dover affrontare in un combattimento la ragazza romana che viene al campo ogni tanto, che credo si chiami Reyna-hanno praticamente adottato la figlia di Atlante, ed avere una famiglia dopo aver trascorso centinaia di anni in solitudine quasi completa deve essere stato molto bello per lei.
Verso le tre siamo nell'Arena, pronti a partire. Calipso si avvicina a Leo, lo guarda negli occhi e gli sussurra di tornare tutto intero e non dare fuoco a niente, per poi indietreggiare verso gli spalti. "Ehi, raggio di sole, non mi dai nemmeno un bacio come incoraggiamento?" chiede Leo divertito quando Calipso si allontana. Lei gli lancia un'occhiataccia, ma dopo un secondo si stanno baciando, mentre io faccio vagare lo sguardo altrove e vengo incuriosita dai goffi tentativi di Will di scendere nell'arena. Di Angelo, accanto a me, arrossisce furiosamente prima di farsi strada verso gli spalti e sussurrare qualcosa a Will, che si ferma e gli prende le mani, causandogli un rossore ancora più esteso (forse farei bene a prendere un estintore, non vorrei che prendesse fuoco) e gli sussurra qualcosa in risposta. Di Angelo, inspiegabilmente, ride. Il calore deve avergli dato alla testa, evidentemente.
Mi schiarisco la gola, sentendomi molto Umbridge alle prese con i suoi Decreti Didattici, e Di Angelo e Leo ritornano accanto a me. Chirone si porta tre dita al petto e poi le alza verso di noi, seguito dagli altri semidei presenti. Come vorrei che il saluto del Distretto Dodici non fosse così simile a questo.
Poi, improvvisamente, sento Di Angelo afferrarmi il polso e tutto si fa buio. È la seconda volta che viaggio nell'ombra, la prima è stata solo ieri da Seattle al Campo e non vorrei fare la melodrammatica ma due viaggi in due giorni per me sono anche troppi. C'è solo da sperare che non provochino cose simili al jet-lag, altrimenti addio missione. Ora, forse il fatto che parli italiano-e che capisca che in questo momento Di Angelo sta mormorando "stupido" come se fosse una litania, cortese appellativo che immagino si riferisca a Will-forse potrebbe mandare leggermente in confusione, ma ho scoperto solo l'estate scorsa di essere stata adottata perché dopo la morte di mia madre quando io avevo un anno, è stata sua sorella, che al tempo viveva in Italia, a prendersi cura di me insieme a suo marito, ed è stata sempre lei a prendersi un mezzo infarto quando abbiamo scoperto l'identità di mio padre. Sono loro che ho chiamato genitori, e per quanto mi abbiano raccontato che mia madre fosse legata a me, non posso fare a meno di sentirmi abbandonata dalla persona che avrebbe dovuto, in teoria, crescermi. Ma, in effetti, dopo aver conosciuto i miei compagni di viaggio, credo di essere abbastanza fortunata.
La luce mi acceca, puntini colorati iniziano ad ondeggiarmi dietro le palpebre e mi accascio al suolo, senza alcuna voglia di muovermi. E in quanto figlia di Thanatos, sono stata informata di essere in grado io stessa di esercitare questo potere. How ironic.
Mi costringo lentamente ad alzarmi in piedi-non che sia molto diverso dagli sforzi che compio la mattina per uscire dal piumone-ed apro gli occhi. La prima cosa che vedo sono delle palme, quindi, a meno che non ci troviamo in Piazza di Spagna, penso che ci vorrà decisamente più di quanto preventivato per raggiungere la nostra meta.


Angolo autrice: Ringrazio LettriceSilenziosa27 ed OperaIncompiuta che hanno messo la storia tra le seguite. Avviso i miei (pochi) lettori che gli aggiornamenti, a causa di alcuni impegni (tra i quali la parola "scuola", traditrice infigarda, campeggia a lettere cubitali), potrebbero non essere completamente regolari e slittare di un giorno o due.
Mi scuso per l'inconveniente e spero che deciderete di seguire comunque la storia, ma non posso dire nulla in caso decideste di non farlo, perché è un vostro sacrosanto diritto.

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Capitolo 3
*** II. Una dea mi chiede se ho calderilla e mi lascia in cambio una piuma ***


II. Una dea mi chiede se ho calderilla e mi lascia in cambio una piuma

Mi convinco ancora di più che ci metteremo più del previsto quando all'improvviso un gruppo di quelle che sicuramente i mortali vedono come un gruppo di ragazze normalissime appena tornate da una sessione intensiva di shopping ci avvista ed inizia ad avvicinarsi. Non c'è alcuna speranza che sia stato vedere Di Angelo, ancora svenuto ed accasciato a terra, a colpirle, ma temo che se non lo spostiamo di qui alla svelta saranno loro a colpire sia noi che lui, ed anche piuttosto violentemente. "Guarda chi si vede" dice quella che sembra essere il capo delle empuse in tono beffardo, occhieggiando sia Leo che Nico. Mi porto una mano dietro la schiena ed afferro l'elsa di una delle spade che porto in due foderi incrociati fissati alle spalle, cercando di trascinare Di Angelo lontano da qui. Una delle empuse scatta verso di me, e mi vedo costretta a sfoderare la mia arma - in pieno sole, davanti ad una mezza folla: se non morirò entro i prossimi cinque minuti Chirone mi ridurrà in polpette - ed a conficcarla nel suo petto, macchiandole di sangue la camicetta bianca. L'empusa svanisce, ed altre tre mi sono addosso in un attimo. Mi scanso di lato, ferendone una al fianco. Vengo disarmata da una delle due, estraggo l'altra spada e giro velocemente il polso. La mia spada si trasforma in un pugnale, con cui finisco l'empusa che ho ferito. Vedo una delle altre due muoversi e tento di spostarmi all'ultimo secondo, ma vedo bianco e cado a terra, mentre i rumori accanto a me si fanno indistinguibili.
L'ultima cosa che riesco a fare, probabilmente frutto di un riflesso automatico, è girare di nuovo il polso, portando il pugnale a cambiare in un grande scudo, e raggomitolarmi sotto di esso.
Mi sembrano passate ore quando ricomincio ad ottenere il controllo delle mie funzioni vitali, ma mi rendo conto in un secondo che la battaglia non è ancora finita. Alla mia destra, Di Angelo sta tenendo a bada due empuse, mentre accanto a me Leo, con una mano che cerca freneticamente nella cintura portaoggetti, è circondato da altre due. Lo sento chiedere "Pizza?" con un pessimo accento italiano, e dopo essermi data una manata in fronte afferro la spada andando in aiuto al figlio di Efesto.
Tolgo di mezzo una delle empuse, mentre Leo toglie la mano dalla cintura portaoggetti, estraendone qualcosa che somiglia sospettosamente ad una granata e la scaglia contro l'altra empusa. In un secondo, mi ritrovo di nuovo a terra, con Leo accanto, e sento alle mie spalle il boato di un'esplosione. Quando capisco che è tutto finito, mi rialzo e dò un'occhiata. Le empuse sono scomparse, e l'esplosione si è lasciata dietro una voragine in mezzo alla piazza e un poliziotto piuttosto arrabbiato che urla qualcosa in una lingua che non conosco. Mi giro verso Leo, che è impallidito-evidentemente lui ha capito tutto ciò che il poliziotto ha appena urlato-e mi fa cenno di iniziare a correre.
Mi fermo un secondo, ma Di Angelo mi afferra per un braccio e mi trascina via. Svoltiamo in una vietta laterale, e poi in un'altra e un'altra ancora, fermandoci solo quando siamo sicuri di avere seminato il poliziotto.
Beh, se non altro ho capito che ci troviamo in Sudamerica.

Ci sediamo su una delle poche panchine all'ombra, dato che a discapito del fatto che sia inverno il sole sembra volerci arrostire tutti quanti - eh, questo clima. Non ci sono più le mezze stagioni, qui una volta era tutta campagna e ai tempi di Di Angelo i giovani erano più educati. All'improvviso, una bimba sugli undici anni compare nella piazza. Nessuno sembra accorgersi della sua presenza, e lei cammina indisturbata sul lastricato di sampietrini. Dò di gomito a Leo, indicandogliela. Mi chiede stranito cosa mi aspetti che faccia e, tenendo lo sguardo fisso su di lei, gli rispondo di chiederle se si sia persa. Non vorrei che le capitasse qualcosa.
"A me non sembra persa" borbotta Di Angelo, scrutandola diffidente. Oh, già, sicuramente potrebbe anche essere una borseggiatrice o che so io. Chi pensa che sia più in pericolo, una folla o una bambina senza nessuno?
Distolgo lo sguardo dalla bimba per lanciargli un'occhiataccia, e quando riporto gli occhi sulla folla lei è davanti a me. Faccio uno scatto all'indietro, sorpresa.
Lei tende una mano verso di me, chiedendo speranzosa "Calderilla?" Sinceramente ignoro cosa voglia dire, ma il gesto mi sembra abbastanza eloquente.
Frugo nelle tasche dei jeans, e tento di chiederle se non preferisca mangiare qualcosa, cosa che chiarisce soltanto come sembri non comprendere l'inglese.
Ad ogni buon conto, tiro fuori una banconota stropicciata e la poso sulla sua mano. La bambina scoppia a ridere.
"Hai superato la prova" dice, sorridendo, in un inglese perfetto.
E, all'improvviso, la riconosco. Ma cosa ci fa qui la dea del focolare?

Si siede accanto a Leo sulla panchina e colgo un'ombra triste nel suo sguardo.
"Sapete, semidei" - inizia, con la voce velata dalla tristezza - "Zeus ed Era litigano continuamente per la maledizione che lui ha lanciato ai figli di Apollo.
Era sostiene che se Zeus non fosse stato incapace di proibire a suo figlio di fare i suoi comodi, ora nessuno si sarebbe trovato in questa brutta situazione, e ha giurato di separarsi da suo marito per sempre se lui non rinuncerà a liberare la ninfa proibita che Apollo ha rapito e non ridarà la vista ai semidei colpiti.
Ma Zeus ha fatto capire a tutti che crede di essere nel giusto, dato che secondo lui le sue leggi devono essere rispettate, anche se chi le ha infrante è uno dei suoi figli. Sarebbe un disastro se Era decidesse di attuare la sua minaccia, perché secoli di equilibrio andrebbero perduti per sempre. Perciò, semidei, fate le scelte giuste."
Beh, incoraggiante, non c'è che dire. Dovremo anche porre fine ad una crisi coniugale, tra le altre cose.
"E questo è per te, mia giovane ragazza." aggiunge poi Estia, tendendomi quella che sembra essere la piuma di un uccello - probabilmente un pavone a giudicare dai colori brillanti -, un attimo prima di alzarsi e scomparire tra la folla.
Rimango a fissare la piuma, senza riuscire a ricordare che cosa dovrebbe rappresentare. È Di Angelo a chiarirmi le idee. "Complimenti." - dice infatti, annoiato - "Sei appena diventata la paladina di Era." Bene, questo sì che è terrificante. E pensare che io con i bambini e con i matrimoni non ho mai voluto avere nulla a che fare.

"Oh, fantastico. È sempre stata la mia unica ragione di vita." - gli rispondo, stizzita - "Ora però muoviamoci." Siamo ancora sperduti in un paesino sudamericano non meglio definito, e ci mancano solo tre giorni e mezzo per convincere Apollo a liberare la Limnìade.
"Pronta ad un altro viaggio nell'ombra?" chiede Di Angelo sogghignando. Faccio roteare gli occhi ed afferro il suo braccio. Non mi abituerò mai a questo modo di viaggiare. Quasi quasi avrei preferito rischiare di venire fulminata da Zeus sia per avere i poteri degli Inferi sia per essere dalla parte di Era - non che l'abbia scelto, ma ormai sono stata incastrata - e prendere un aereo per arrivare in Italia.
"Farò rapporto a Solace" lo minaccio scherzosamente, per poi scoppiare a ridere nell'esatto momento in cui mi rendo conto che sta sorridendo e non mi ha ucciso. Non ancora, almeno. Quello succederà quando arriveremo alla fine del prossimo salto.
Leo si attacca all'avambraccio di Di Angelo e scompariamo nel buio.

Morta. Sono morta. Già. Mortamortamorta. Più morta di così non si può.
"Leo?" chiedo, alzando a fatica la testa. "Presente" mugugna lui, steso a faccia in terra sul pavimento piastrellato di quello che sembra essere un ristorante etnico, neanche troppo curato dato che il pavimento è sudicio ed il grasso colato sulle piastrelle si è andato ad appiccicare ai ricci castani di Leo, che ora hanno pezzetti di formaggio incastrati tra una ciocca e l'altra. Calipso non sarà per niente contenta.
"Che ci fate qua?" ci apostrofa una voce femminile aspra e tagliente come vetro. Ci metto qualche secondo per realizzare che la donna ha effettivamente parlato in italiano e non è stata un'allucinazione uditiva - a quanto ne so, potrebbe anche essere un effetto collaterale del viaggio nelle ombre, in effetti. Ma, grazie agli dei, finalmente si parla una lingua che conosco. Mi alzo e una figura longilinea si staglia davanti a me. Ha un naso lungo ed aquilino, gli occhi neri come il carbone e i capelli avvolti in un turbante colorato. C'è un dettaglio che mi sfugge in tutto questo. Non ha caldo, con la testa così coperta? Decido di lasciar perdere: in fondo, il mondo dei semidei è strano per definizione.
Mi affretto, con forse anche troppo entusiasmo, a spiegarle che stavamo organizzando uno scherzo a dei nostri amici che avremmo dovuto spaventare appena fossero usciti dal locale, scherzo che però è andato male, dato che ci siamo ritrovati nel suo bar, ma le garantisco che non siamo comparsi dal nulla, era solamente un effetto speciale, e comunque ce ne andiamo subito, giusto il tempo di recuperare i miei amici che stanno ancora recitando, che, mi scusi, non conoscono l'italiano, ora usciamo dal suo bar, comunque molto bello l'arredamento davvero caratteristico e buona giornata arrivederci grazie.
Afferro Di Angelo, che sembra essere ad un passo dall'incontrare definitivamente Caronte sulle rive dell'Acheronte, e Leo, che fortunatamente non sembra essere così provato dai viaggi, per poi iniziare a trascinarli verso l'uscita. Stiamo per uscire quando la stessa voce dietro di noi si fa di nuovo sentire, questa volta con delle s sibilanti che non mi piacciono per niente.
"Non così in fretta, semidei" dice, con un'inflessione che mi fa scorrere un brivido lungo la spina dorsale.
"Steno" sussurro. Siamo finiti in Libia, se Erodoto aveva ragione sul luogo di nascita di Medusa e delle sue deliziose sorelle. Peccato che Erodoto non abbia avvertito i semidei anche a proposito dei poteri di Steno, perché non so cosa dovermi aspettare e Di Angelo non ha praticamente forze per affrontare la Gorgone - cosa che ci lascia senza piani di riserva, quindi temo che dovremo utilizzare subito il piano B. Anche perché saremmo comunque senza speranze, dato che, tra parentesi, Steno è immortale, sempre per dare ragione al graecus.
"Propongo una ritirata tattica" mormoro, sperando che Di Angelo colga il suggerimento e ci porti fuori da qui. "Vedrò quello che posso fare" dice lui, stremato. So che viaggiare nelle ombre, trasportando altre due persone, richiede un dispendio di energie non indifferente ma il fatto che proprio non ce la faccia quasi neanche a tenersi in piedi - dobbiamo essere io e Leo a sostenerlo, e non è che il figlio di Efesto sia esattamente dotato di una forza erculea - mi preoccupa non poco.
Stando a quel poco che ne so dai vari frammenti di racconti dell'impresa dei Sette che ho avuto modo di ascoltare durante le serate trascorse davanti al fuoco del Campo, quando Di Angelo ha trasportato l'Athena Parthenos dalla Grecia al Campo Mezzosangue all'inizio di questa estate, lo sforzo l'aveva fatto cadere in un sonno durato giorni, e ho davvero paura che gli succeda di nuovo una cosa del genere. E, forse, è più per lui che per la missione, perché nonostante Di Angelo possa essere irritante quanto vuole - ed, onestamente, lo è la maggior parte delle volte che interagisco con lui - sento di non potermi perdonare in alcun modo se gli succedesse qualcosa. Eh, già, sono diventata sentimentale.
Leo estrae qualcosa dalla cintura, e mentre un alone di fumo verde ci avvolge scompariamo di nuovo nelle ombre.
Il viaggio mi sembra infinito, il che è preoccupante già di per sé. Stavo iniziando ad abituarmi, ma questa volta qualcosa deve essere andato storto.
Arrivo ruzzolando a terra, e perdo i sensi. Fluttuo costantemente tra sogno e realtà, sprazzi di luce che si alternano a periodi di buio totale.
Mi rialzo dopo quelli che mi sembrano giorni su una spiaggia, sento sulla lingua il sapore salato dell'acqua marina e il vento caldo che mi scompiglia i capelli. Il mare è infinito davanti ai miei occhi, di un blu stupefacente e trasparente come vetro, e non ho la minima idea di dove siamo finiti.

O, meglio, non ho la minima idea di dove sia finita io. Se non fosse per qualche gabbiano, la spiaggia sarebbe totalmente deserta. Non so come fare per orientarmi - non sono mai stata brava in geografia, non mi ricordo neanche la topografia della città dove ho vissuto tutta la mia vita - e non ho mai imparato ad usare uno dei pochi poteri che essere la figlia di Thanatos mi dà - essere capace di preparare qualsiasi tipo di pozione - cosa che, oltre a lasciarmi senza un mezzo di trasporto, mi impedisce di stregare qualcuno per farmi portare via. Anche se devo dire che attraverserei il mare a nuoto pur di arrivare in Italia senza dover ricorrere al viaggio nelle ombre, che purtroppo - definizione che si applica solo a questo caso particolare - non è una opzione praticabile.
Probabilmente, questa è l'unica volta nella mia vita in cui sono arrivata a rimpiangere la scelta di non aver imparato a controllare i mei poteri.


Angolo autrice
Ringrazio aliceinazuma, _becky_pea_ e Mitsuko_Ayzawa che hanno messo la storia tra le seguite.
Ora. L'OC forse è un po' un affarino lagnoso e rompipalle (cit. Fastidious Notes) ma effettivamente secondo me non possono averla presa tutti così bene all'inizio. So cosa state pensando ma Percy è un caso a parte. Un paio di precisazioni: Erodoto sosteneva che Euriale, Medusa e Steno (non sono più carine in ordine alfabetico?) vivessero in Libia (Wikipedia docet), e (sempre come Wikipedia docet), ancora oggi in Libia si parla l'italiano.
Sì, Era sceglie i suoi eroi mandando ai malcapitati delle piume di pavone. Come sarà contento il povero animale.
"Calderilla" dovrebbe essere lo spagnolo per "spiccioli", perché non mi andava di rompere le scatole alle persone che parlano spagnolo che conosco.
Il commento su Nico che non aveva colpito le empuse non era assolutamente un insulto. Non potrei insultarlo neanche se Crono mi stese possedendo.

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Capitolo 4
*** III. Come no? Uccidere mostri è proprio una crociera. ***


III.
Come no? Uccidere mostri è proprio una crociera.

Cammino sulla costa per ore, in cerca di qualcosa - qualsiasi cosa - che mi faccia capire dove mi trovo. Alla fine mi accascio a terra e scruto l'orizzonte.
All'improvviso, una enorme nave da crociera compare nel mio campo visivo, e capisco come potrei andarmene.
Dietro di me c'è una cabina a righe bianche e blu, che sembra abbandonata da tempo ma servirà benissimo allo scopo - sperando non ospiti ragni od altre creature del genere.
Conosco i brutti ricordi dei semidei del Campo Mezzosangue legati alle navi da crociera, ma sono armata, so come difendermi, e - motivazione tristemente ancora più convincente - non ho altra scelta.
Estraggo l'abito da sera verde che portavo nello zaino - sì, non è propriamente una cosa che ci si porterebbe in missione, ma appena prima che iniziassero le vacanze di Natale a scuola avevano organizzato un ballo, si poteva entrare solo in abito da sera ed io dovevo assolutamente recuperare la mia sciarpa, che era rimasta in classe alla fine delle lezioni - e lo indosso.
Esco dalla cabina poco prima che la nave attracchi. Ora devo solo pensare ad una bugia convincente.

Due ore dopo, sono attaccata al parapetto della nave, intenta a vomitare l'anima. Insomma, possibile che ai figli degli Inferi il mare, anche se completamente calmo, faccia davvero questo effetto? Prima di scoprire di essere una semidea, ho viaggiato in nave molte volte - per un certo periodo ho persino pensato di studiare per ricoprire un incarico in una compagnia di viaggi - ma ora penso che dovrò rinunciare alle traversate.
Ma forse sono l'unica a pensarci, forse tutti gli altri, prima di me, hanno accettato il loro destino senza battere ciglio, in nome di un bene superiore. Forse io il "bene superiore" devo solamente ancora trovarlo.
Poco tempo dopo, mentre il sole inizia lentamente a calare, arriviamo a Napoli. Era, se mi vuoi davvero come tua paladina, fa' che possa trovare almeno un indizio di dove siano finiti Leo e Di Angelo. Ma non aspettarti voti in cambio, credo che opporsi a Zeus per te sia anche abbastanza come prima volta.
Passeggio un po' per le strade, curiosando tra le bancarelle natalizie, mentre i colori e i profumi di quella che è la terra alla quale appartengo mi avvolgono, riportandomi indietro nel tempo. Come succede sempre quando penso ai miei genitori, sento caldo attorno a me, e un senso di sicurezza che mai nulla mi ha dato veramente in vita mia. Tutto potrebbe accadere in quei momenti, ma purtroppo non è mai successo niente, e non so se sia meglio così o se stia diventando pazza.

Sto definitivamente diventando pazza. Non che non me lo aspettassi, l'ultimo anno è stato un susseguirsi di sorprese delle quali avrei fatto volentieri a meno, e scoprire che il proprio padre è una divinità non capita tutti i giorni, perciò non ci sarebbe da stupirsi se stia veramente perdendo il lume della ragione.
Ma, dai, non è davvero possibile che il ragazzo biondo che cammina davanti a me sia Apollo!
Lo osservo per un po', e dopo qualche minuto temo di aver preso un granchio. Si comporta in modo assolutamente normale, e non c'è alcuna ragazza con lui che possa anche solo lontanamente somigliare alla Limnìade che Calipso ci ha descritto al Campo.
Mi giro, mordendomi le labbra stizzita, e quando ritorno a guardare il ragazzo accanto a lui è comparsa una creatura che non riuscirebbe a passare per mortale neanche con un triplo aiuto da parte della Foschia.
La creatura si accosta al ragazzo ed inizia a parlare con lui, facendo grandi gesti con le mani, mentre le due lingue saettano fuori dalle sue labbra - in una parola, abbindolandolo.
Chirone ci ha impiegato un' ora ed un notevole sforzo a spiegare a tutti, una buona volta, le differenze tra centauri ed onocentauri, e posso vantarmi di aver fatto tesoro dell'insegnamento.

Estraggo silenziosamente la spada e sento ridacchiare alle mie spalle. Sinceramente, non voglio sapere cosa stanno guardando i mortali in questo momento. Sarebbe imbarazzante e la mia autostima ne risentirebbe non poco.
Ed è più difficile combattere mostri se si pensa di non essere nemmeno capaci di non avere un aspetto ridicolo, nemmeno se l'aspetto ridicolo è dato da cause esterne alla propria volontà. Parlo per esperienza: in settembre la mia migliore amica mi ha fatto notare che sembrava avessi uno di quei vestiti della Barbie (che, in realtà, era un giubbotto antiproiettile per pallottole d'oro romano che Leo mi aveva chiesto di indossare per un esperimento) e quando una manticora ci ha attaccate ho quasi rischiato di farmi tranciare di netto un orecchio, per non esporre troppa pelle.
Mi avvicino all'onocentauro e gli punto la spada contro la schiena, sperando che colga l'antifona e lasci in pace il ragazzo. Ho appena finito di leggere Le Cronache di Magnus Bane, ed il fatto che i mostri, per natura, non abbiano Accordi durante i quali far valere le proprie ragioni a disposizione non li autorizza ad attaccare i mortali. Men che meno quelli che potrebbero essere degli dei greci travestiti.

L'onocentauro si dà un'occhiata alle spalle, sempre senza perdere di vista il ragazzo, e rispondo all'occhiataccia che mi lancia con un sorrisetto sarcastico.
Saluta il ragazzo, e si gira definitivamente. "Ma che vuoi fare, ragazzina?" - sibila - "Mi mandi in fumo gli affari in questo modo. Si può sapere che ti è preso?"
"Beh" - rispondo tranquillamente, roteando la spada dietro la schiena - "È che, vedi, il biondo là davanti fa parte anche dei miei affari." In un certo senso è così, quindi spero che non mi si arrossino le guance come ogni volta che tento - fallendo miseramente - di dire una bugia. Sarà che "la morte è l'unica verità possibile" o che so io. Inizio veramente a detestare tutta questa storia.
L'onocentauro si volta, come a controllare che il ragazzo sia ancora lì, poi si gira di nuovo verso di me, sorridendomi nel modo più falso al mondo. "Va bene." - dice, tentando di sembrare convincente - "Prima le signore, dunque." "Qualche gentiluomo in giro allora ancora c'è" dico e poi passo accanto a lui, fermandomi solo per pizzicargli una guancia ed avvertirlo che potrebbe venirgli una paresi se continuasse a sorridere così, per dirigermi infine verso il punto in cui ho visto per l'ultima volta il ragazzo, che però sembra essersi completamente volatilizzato.

Faccio scrocchiare le dita della mano destra e mi preparo a tornare alla nave senza aver concluso nulla, quando vengo letteralmente travolta da un uragano dai capelli castani.
"Credo tu mi abbia appena rotto metà delle ossa che possiedo, e anche tutte quelle che non ho mai saputo di possedere, ma sono contenta di rivederti" borbotto, ancora stesa a terra con Leo addosso.
"Ora, vorresti per favore alzarti? Sai, essere arrestati per atti osceni in luogo pubblico ritarderebbe di molto il completamento della nostra missio-"
"Vieni" mi interrompe Leo, rialzandosi e porgendomi la mano destra. Mi tiro su senza afferrarla - pensa che sia tanto debole da non riuscire neanche ad alzarmi da sola? - e lo seguo. "Ho incontrato una persona che sa dove potrebbe essere Apollo."
Oh, finalmente un po' di fortuna. Dovrei ringraziare Era? Grazie, ma no grazie. Avreste potuto anche portarci direttamente da lui, visto e considerato che mancano due giorni, vostra maternità. Ma suppongo che dovremo farci bastare la "persona" che ha trovato Leo. Certo che però, se non fosse stato tanto occupato a girare senza neanche chiedersi dove fossi finita...
Ma in fondo non è colpa sua se siamo in questa situazione. Se Di Angelo fosse stato capace di lottare contro Steno ora forse avremmo anche già trovato Apollo e io potrei tornare a casa e festeggiare il Natale con la mia famiglia e- Ma che diamine sto dicendo, si può sapere? Non è colpa di Nico, ma mia: l'ho forzato, chiedendogli di utilizzare i suoi poteri quando non ne era in grado, ed ora potrebbe essergli successo di tutto. Potrebbe anche essersi dissolto nelle ombre per sempre, per quel che ne so. E tutto perché io non ho saputo prevederlo.

Persa nei miei pensieri, non mi sono accorta che seguendo Leo siamo arrivati in una casa che sembra abbandonata. I mobili sono sporchi ed impolverati, il pavimento è in uno stato pietoso e le finestre sono frantumate. I muri sono scoloriti e pieni di muffa, ed i colori in genere sono spenti e scoordinati, come se due persone completamente in disaccordo avessero tentato di arredare l'appartamento fallendo miseramente e lasciando tutto a marcire.
"Bene, bene" dice una voce di donna dietro di noi. Credo che dopo l'esperienza in Libia mi fiderò molto di meno delle voci femminili che mi parlano alle spalle all'improvviso.
Mi giro, e Leo è accanto a lei. Non riesco a distinguerla bene, in realtà, perché è più una macchia indistinta che una persona in carne ed ossa.
Apro la bocca per chiedere spiegazioni e l'ultima cosa che vedo è Leo che sorride. Poi tutto si fa buio.

Mi risveglio con un dolore lancinante alla nuca. Mi guardo intorno, ma non riesco a distinguere praticamente nulla del luogo in cui sono. Mi alzo faticosamente, per poi sentire di dovermi risedere immediatamente. Ho le vertigini, e lucine verdi e gialle iniziano a danzarmi davanti agli occhi. Alzo la mano destra per sentire se ho gli occhiali - dopo anni passati a portarli, quasi non li sento neanche più sul volto - ma sento come se mi avessero strappato le ossa del polso dalla carne. Devo essermi rotta qualcosa. È in momenti come questo che ringrazio di essere ambidestra. Strappo una striscia di stoffa dalla manica destra, stando attenta a non fare pressione sul braccio, e mi fascio il polso infortunato. Non è come essere stata curata nella cabina di Apollo al Campo, ma me lo farò andare bene. Mi alzo, badando a non muovere il braccio destro, e cammino in direzione di quella che dovrebbe essere una delle pareti. Alzo la mano sinistra, e procedo lentamente fino a che non la sento sbattere contro qualcosa di duro, liscio e freddo. Pietra.
Mi fermo per un attimo, ed oltre al battito accelerato del mio cuore sento un rumore costante, come di acqua che sgocciola. Mi viene un'idea, e frugo nella tasca posteriore dei jeans. Per fortuna Leo, o chi per lui - dato che è evidente che in ogni caso è colpa sua se sono rinchiusa qui dentro, anche se non è stato lui a colpirmi - non si è curato di prendere la dracma che avevo lasciato nei pantaloni.
Sempre tenendo la mano sinistra attaccata al muro, mi dirigo verso la fonte del rumore.

Conto sessanta passi prima di perdere il filo, e ad ogni passo mi preoccupo sempre di più. E se non ci fosse via d'uscita? E se quella che ho sentito cadere non fosse acqua? E se avessero catturato anche Di Angelo? E se Leo fosse tornato per uccidermi a mia insaputa? E, anche ammesso che riuscissi ad andarmene da questa prigione, cosa succederebbe dopo? I figli di Apollo rimarrebbero ciechi per sempre? Potrebbe anche essere, visto e considerato che mancavano solo due giorni allo scadere del nostro tempo e ora non so per quando tempo sono rimasta inerte, mi trovo senza alcun tipo di supporto, non posso contare sul viaggio nell'ombra per spostarmi e non ho la minima idea di che cosa voglia quella che, finalmente, ho capito essere Nemesi: quando sono arrabbiata, me la prendo con me stessa e non riesco più neanche ad identificare quello che dico - ecco la ragione della sua strana forma quando l'ho vista... ieri? due giorni fa? tre giorni fa? di nuovo, quanto tempo potrà essere passato?

Mi fermo davanti alla fonte del rumore, che ora posso sentire tanto chiaramente quanto i miei pensieri, e mi stacco a malincuore dalla parete, sedendomi a terra.
Abbasso la mano sinistra, cercando disperatamente qualcosa per accendere un fuoco. Le mie dita urtano una sezione di roccia sporgente e piuttosto pericolante, ed inizio a tentare di staccarla. Tiro, spingo ed urto la pietra con tutte le mie forze, ma minuti (o forse ore?) dopo, non ho ottenuto altro che una mano scorticata e sanguinante e una roccia più stabile di quanto non sia mai stata. Con un basso ringhio, tiro un colpo alla pietra. La mia mano sanguina ancora di più e credo di essermi appena assicurata un'infezione mortale, ma sento la pietra finalmente rotolare a terra ed emettere poi un soddisfacente rumore schioccante che mi sperare in una spaccatura. Posiziono le pietre come mi hanno insegnato al corso di sopravvivenza - ed ecco come quell'orrenda esperienza fatta alle medie, con le mie compagne che continuavano a strillare come oche dietro al bellimbusto che ci faceva da istruttore ed i miei compagni di classe che mugugnavano appartati in gruppetti lamentandosi di come le ragazze per cui avevano una cotta non gli prestassero più attenzione, torna utile - ed inizio a sfregare energicamente.
Sento un rumore metallico alle mie spalle, e faccio appena in tempo a rinfilare la dracma nella tasca dei jeans che sento qualcosa afferrarmi e tirarmi su per la spalla destra. Un dolore assurdo si propaga per tutto il braccio, ma stringo i denti imponendomi di non urlare.
"Hai perso, semidea" mi dice una voce all'orecchio, una voce che mi fa montare dentro una rabbia quasi oscena, una voce che conosco fin troppo bene. La voce di mio padre.


Angolo autrice
Allora. First of all, ci tengo a precisare che la mia classe delle medie non era così, onde evitare incomprensioni. Second of all, tra due settimane non potrò aggiornare regolarmente. Il prossimo capitolo sarà l'ultimo che pubblicherò, poi mi fermerò per una settimana a causa di un impegno e poi andrò avanti. Mi scuso per l'inconveniente. Se vi va, fatemi sapere cosa pensate del capitolo e/o della storia in generale!

Update: mi sono accorta che si trattava di Nemesi, e non di Eris. Perdonatemi, ho corretto la svista.

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Capitolo 5
*** IV. Non voglio prigionieri, mi basta solo un ostaggio ***


IV.
Non voglio prigionieri, mi basta solo un ostaggio

Mi rialzo senza avere la minima idea di cosa sia appena successo, e la voce di Di Angelo mi chiarisce le idee. Sembra quasi ammirato, cosa che applicata a lui è più unica che rara.
"Complimenti" - mi dice - "Hai appena steso la dea della vendetta."
"Grazie" - replico, il sarcasmo che si fa amaramente strada nella mia voce - "Non mi sembra un'impresa da nulla, visto e considerato che a quanto pare è riuscita a tenere prigioniero in un posto completamente al buio l'unico semidio che viaggia nelle ombre."
Di Angelo fa una smorfia e guarda da un'altra parte, il suo sguardo perso nell'oscurità.
Forse non avrei dovuto usare così poco tatto. In fondo, ci sono state molte più cose per cui Nemesi può aver tentato di fare leva sulla vulnerabilità di Nico per costringerlo ad allearsi con lei - il desiderio di vendetta contro Zeus per aver ucciso sua madre Maria, contro le Caccatrici di Artemide per aver trascinato sua sorella Bianca con loro, forse anche contro Bianca stessa per averlo abbandonato, contro Percy Jackson per non essersi preso cura di lei... La lista è talmente lunga che non posso fare altro che sbuffare e porgergli quelle che dovrebbero essere delle scuse, anche se assomigliano di più ad un grugnito. Ma va bene così. Lo ammiro, in realtà, per essere riuscito a resistere ad Nemesi - non penso che sarei stata altrettanto clemente, nei suoi panni - ma questo lui non lo dovrà necessariamente venire a sapere.
Il nostro unico problema, a questo punto, è che tutto quanto è andato a quel paese, con noi due intrappolati qui almeno finché Nico non si sarà ristabilito, Leo chissà dove a fare da galoppino a Nemesi ed Apollo disperso in quel di Lombardia, da qualche parte vicino al lago di Como, insieme ad una ninfa che non dovrebbe essere assolutamente parte del suo corteo. Ma bene! Mi chiedo ancora se le profezie siano davvero così infallibili.
Guardo il corpo di Nemesi steso a terra e mi viene un'idea. Il difficile sarà metterla in pratica - sacrificherei la nostra unica speranza di ottenere un aiuto dal Campo in un tentativo disperato di portare a termine la missione - ma è l'unica attuabile al momento, e non penso che Di Angelo possa averne di migliori, non nelle sue condizioni.

Mi avvicino nuovamente alla fonte del rumore che ho sentito prima, e cerco a tastoni nell'oscurità fino a ritrovare i due pezzi di pietra che non ho avuto ancora tempo di utilizzare ed inizio a sfregarli tra loro.
Finalmente, quando ormai è passato un tempo che mi sembra essere stato quasi più lungo di una lezione di latino, le rocce iniziano a scaldarsi ed in pochi secondi divampa una fiamma piuttosto tremula, che alimento soffiandoci delicatamente sopra dato che non riesco ad intravedere nulla che ricordi materiale combustibile qui attorno. Mi tolgo gli occhiali e, praticamente alla cieca, li interpongo tra il bagliore del fuoco e quello che non mi ero sbagliata a sperare fosse un piccolo ruscello.
Quando tornerò al campo dovrò premurarmi di offrire un sacrificio a Tiche, perché il ruscelletto termina in una cascata, verso la quale direziono il flebile raggio di luce creato dalla lente degli occhiali.
Di Angelo capisce al volo le mie intenzioni e, dopo aver preso la dracma dal palmo della mia mano, la lancia verso l'arcobaleno in miniatura che si è formato davanti alla cascatella.
Iride compare nella luce dell'arcobaleno, e Di Angelo inizia a pronunciare il nome del Campo Mezzosangue. Faccio un sospiro profondo - quello che sto per fare è estremamente stupido e rischioso, e probabilmente Di Angelo potrebbe fraintendere le mie intenzioni - e pronuncio, a voce alta e chiara, il nome di Leo Valdez.
L'immagine tremola per un lungo, lunghissimo istante durante il quale trattengo il fiato e spero con tutta me stessa che la chiamata possa essere ricevuta e poi, finalmente, il viso di Leo si sostituisce alla figura di Iride. Sono così sollevata del fatto che la mia idea abbia funzionato che potrei addirittura non mettermi ad urlargli contro. Spero solo che, con Eris fuori gioco per qualche momento, il potere che la dea ha su Leo si sia quantomeno affievolito.
Di Angelo mi guarda esterrefatto, e mentre Leo cerca di capire chi lo stia chiamando sussurro "fidati" e poi inizio a parlare con Leo.

Dieci minuti dopo, sento dei passi frettolosi risuonare lungo il corridoio che porta alla nostra cella.
"Tre" sussurro, accostandomi alla porta. "Due" continua Di Angelo, mentre le chiavi girano nella toppa. "Uno" mormoro. Leo entra e mentre Di Angelo gli tappa la bocca, io gli afferro le mani e le giro dietro la sua schiena. Poi mi strappo l'unica manica integra e lego insieme i suoi polsi, abbastanza stretti da impedirgli di muovere le mani per slegarsi ma non tanto da fargli veramente male. Dopotutto, sono umana anch'i - ok, no, scelta sbagliata di termini.
Con il passare del tempo, Leo sembra sempre meno propenso a combatterci, e la realizzazione di quello che ha fatto lo sta lentamente pervadendo. Non me la sento di dirgli che ha causato più problemi di quelli che probabilmente immagina - non vorrei rischiare di mandare a quel paese il periodo che ha trascorso insieme a Calypso, finalmente capendo di essere un ragazzo veramente valido ed un ottimo amico, neanche per la stupidata fatta da Apollo.
Perché, diciamocelo, gli dei avrebbero comunque un'eternità per aggiustare le cose, anche se la situazione sull'Olimpo rischia di trasformarsi in un serio pericolo per i mortali, mentre noi semidei non viviamo in eterno ed uno sbaglio può farci sentire in colpa per tutta la vita. La nostra breve vita. Breve come quella di Di Angelo, a cui porrò presto fine se non la smette di camminare avanti e indietro, facendomi sentire ancora più nervosa di quello che sono.
Finalmente, però, Leo sembra essersi ripreso dall'influenza di Nemesi e quindi posso slegarlo. Apre la bocca ed inizia a scusarsi, ma Di Angelo gli lancia un'occhiataccia e Leo si zittisce all'istante. Sospiro, gli do una pacca sulla spalla e riapro la porta. In meno di tre secondi siamo finalmente fuori, e, sentendo i mugolii di Nemesi che si sta svegliando, chiudo nuovamente a chiave la cella. Beh, per quello che può servire contro la dea che ora vorrà vendicarsi di noi. Un'altra scelta sbagliata di parole.
Leo ci conduce in uno stanzino dove possiamo riprendere le nostre armi - le mie due spade e la spada forgiata col ferro dello Stige che appartiene a Di Angelo - e poi, finalmente, possiamo uscire da quella maledetta palazzina.

Di Angelo si attiene, per fortuna, al piano e in pochi secondi siamo sulle rive di quello che riconosco come il Lago di Como. Mi avvicino all'acqua e diverse Limnìadi affiorano dalle acque più profonde, guardandomi curiose. Dovrebbero essere abituate ai mortali, quindi immagino mi riconoscano come semidea. Alzo una mano in segno di saluto e diverse cose accadono contemporaneamente.
Prima di tutto, un grido perfora l'aria. Mi giro di scatto ed estraggo una delle spade, ma per fortuna il grido non appartiene né a Leo né a Di Angelo.
Secondo, una figura alata scende dal cielo - ma non come una di quelle immagini sacre: si va letteralmente a schiantare contro Leo e lo trascina a terra con sé. Di Angelo, per qualche strana ragione a me ancora ignota - sono lontana da loro e i miei occhiali non montano esattamente lenti da binocolo - scoppia a ridere. Questo è un evento da segnare sul calendario.
Mi avvicino velocemente a Leo, che si è alzato e si sta scrollando la polvere di dosso, e accanto a lui c'è un uomo dai capelli castani che ha in mano un caduceo. O è Ermes, o siamo nei pressi del primo ospedale al mondo ad assumere dottori volanti.
"Beh" - dico - "Se ha finito di uccidere il mio amico, buon giorno anche a lei. In caso contrario, essere un dio non le servirà a placare il mio desiderio di vendetta." Quello che evidentemente è Ermes e non il prototipo di dottore del futuro si lascia scappare un sorrisetto ed alza il braccio sinistro per scompigliarmi i capelli. Gli lancio un'occhiataccia, che vorrei fosse almeno la metà effettiva di quelle di Di Angelo, e lui abbassa lentamente il braccio, riportandolo al suo fianco.
"Spero che non vorrà assegnarci anche lei una missione" - dice Leo - "Ne abbiamo già due da portare a termine e non siamo neanche a metà della prima. Peggio di un videogioco."
"No" risponde Ermes, suonando quasi orripilato. Di Angelo, accanto a me, solleva un sopracciglio. In effetti, di solito assegnare delle missioni che loro sono troppo pigri per portare a termine a noi semidei sembra essere il passatempo preferito degli Olimpi.
"Però pensavo che forse sapere che mi è stata rubata una cosa potesse essere importante per la vostra missione."
Sì, gli hanno rubato il buonsenso. Questo l'avevo capito.
Ermes ci racconta di come si sia accorto del fatto che l'elmo dell'invisibilità di Ade sia sparito dalla sua collezione di trofei, ed io vorrei tanto, tanto strangolarlo. All'improvviso, il piano di Nemesi si fa chiaro nella mia mente e mi chiedo quanto si prenda per un divinicidio.
"Ora, non vorrei sembrare troppo curioso" - lo interrompe Di Angelo, con il quale devo dire che mi sento estremamente in sintonia in questo momento - "Ma si può sapere come diavolo le è venuto in mente di non dire nulla prima?"
"Beh" - dice Ermes, immediatamente sulla difensiva - "Che ne sarebbe stato della mia reputazione di dio dei ladri se si fosse venuto a sapere che mi ero fatto fregare un oggetto così prezioso?"
Primo, l'idiota qui presente è il dio di talmente tante cose che una in meno non avrebbe fatto alcuna differenza. Secondo, non è che abbia fatto fare un passo da gigante alla sua reputazione scapicollandosi giù dal cielo in forma mortale - perlomeno non alla reputazione che lo voleva quantomeno astuto.
"Ci faccia capire" - dico, cercando di non sembrare troppo minacciosa. In fondo, potrebbe decidere di spedirmi a Malibu per posta prioritaria ed addio compimento della missione. - "Abbiamo passato quattro giorni a rischiare costantemente la vita perché una pazza psicopatica ha deciso di ostacolarci, e tutto per la sua reputazione? Capisco che se si è immortali l'onta rimanga, ma non avrebbe potuto lavarla con il sangue di chi ha tentato di ucciderci, anziché col nostro?"
Beh, come minimo Ermes sembra sinceramente colpito. Dieci punti a Tassorosso.
Non ho il tempo di esultare perché all'improvviso Ermes è di nuovo sparito, stavolta senza effetti collaterali che implichino qualcuno di noi steso a terra col dolce peso di un dio addosso. Grazie, Tiche.

Il problema è che Ermes non è sparito per lasciarci trascorrere un pomeriggio a mangiare gelati, ma si è dissolto nel nulla perché quello che sembra un esercito formato interamente da delle ninfe ci sta venendo incontro, e non sembra affatto che vogliano sedersi a bere del té con biscotti fangirlando sulle loro serie preferite.
A dire la verità, sembrano più propense ad ucciderci, e dopo a sedersi a bere il nostro sangue con biscotti fangirlando sui loro modi preferiti per far soffrire i semidei.
Porto le mani dietro la schiena, ed afferro l'elsa delle mie due spade. Di Angelo mette mano alla sua arma, e Leo si caccia le mani nella cintura. Se vuole sconfiggerle a colpi di chiave inglese, che faccia pure. Con la sua abilità, potrebbe anche farne fuori un discreto numero.
Le ninfe si avvicinano a passo di marcia, e se non fossi concentrata sul cercare di non farmi ammazzare entro i prossimi cinque minuti potrei anche dire che sono davvero belle, fiere e maestose nelle loro armature.
Anche se mi chiedo da quando le ninfe indossano delle armature, dato che, stando a quanto mi hanno raccontato, hanno combattuto contro Gea al fianco dei satiri ma nessuno ha mai visto una di loro indossare una cotta di maglia.
Inoltre, le armature sono incredibilmente - come posso dire? - aderenti, il che non mi sembra adatto ad una sfilata, figuriamoci ad una battaglia. Credo di avere le traveggole. Si può parlare di jet-lag con i viaggi nell'ombra?
Sento una risata soffocata alle mie spalle, e quella che sembra della poesia piuttosto schifosa - una forma mal composta di haiku, se non sbaglio - sulle evidenti curve delle ninfe sussurrata subito dopo.
Ladies and gentlemen, non ho affatto l'onore (ma devo farlo stesso) di presentarvi l'unico e solo - per fortuna - dio della poesia, del sole, di tutte le arti, della musica, della profezia, della poesia, della medicina, delle pestilenze e della scienza che illumina l'intelletto.
Per farla breve, abbiamo appena trovato Apollo, dopo quattro giorni di sofferenze.
E, come se non mi stesse già abbastanza antipatico per avermi strappato alle mie meritate vacanze natalizie, l'abbiamo trovato mentre da' vita ad una schifosissima fantasia erotica. Farà meglio a sperare che gli dei siano davvero immortali, perché il giorno in cui Zeus si stuferà e lo punirà trasformandolo in mortale, allora io sarò pronta ad accoglierlo. Con un'arma bella grossa e un gran sorriso.



Angolo autrice
Primo, sono una persona orribile. Ma sappiate che la scuola, che mi ha tenuto impegnata tutto questo tempo (sempre, perché una citazione da Harry Potter è sempre in tema), è ancora più orribile di me.
Secondo, ditemi che avete colto le due citazioni. La prima è piuttosto evidente, ops.
Terzo, il capitolo è stato scritto leggermente di fretta, quindi se doveste trovare degli errori non esitate a segnalarmeli. Mi piacerebbe che mi segnalaste anche se vi piace la storia, ma anyway.
Su "orripilato" non ho nulla da dire, tranne che Ermes è pigro e la sola di idea di dare del lavoro ai semidei lo scuote nel profondo, e che è una forma che sento in giro. Se dovesse essere sbagliata, vi prego di attenervi al terzo punto.

 

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Capitolo 6
*** V. In cui ho dei seri problemi di gestione della rabbia ***


V.
In cui ho dei seri problemi di gestione della rabbia

Estraggo le spade e mi avvicino al cespuglio dal quale ho sentito provenire la risata. Sposto le foglie col piatto di una delle spade e il mio sguardo si posa su quello che sembra un normalissimo adolescente mortale, biondo e con gli occhi più azzurri che io abbia mai visto.
Smette di ridere all'istante e solleva un sopracciglio. Finalmente ha capito di essere nei guai, o almeno lo spero per lui. Non vorrei che non si accorgesse di doversi spiegare, ed anche piuttosto in fretta, prima che decida di arrabbiarmi davvero.
Apollo si rialza di scatto e si spolvera i jeans. Di Angelo e Leo arrivano accanto a me, e rinfodero le spade. "Bene" - dice Di Angelo - "Allora?"
Apollo ci guarda come se non fossimo semidei, ma sassi che si è trovato tra i piedi all'improvviso, con l'aria di volerci raccogliere e lanciare il più lontano possibile. Se non altro, un ottimo modo per (non) affrontare i problemi.
"In caso non ti fosse chiaro" - dico, assumendo la mia migliore aria da "potresti saltare in aria in questo momento e lascerei i tuoi brandelli insanguinati a terra, anche perché, pensandoci, morirei dalla voglia di fissare io stessa l'esplosivo" - "i tuoi figli potrebbero rimanere ciechi per sempre se ti rifiutassi di restituire l'elmo di Ade al suo legittimo proprietario entro questa sera. E nessuno di noi te la farebbe passare liscia, su questo puoi contarci."
Apollo sembra riflettere. Riflette per circa cinque minuti, durante i quali la mia voglia di strangolarlo arriva a livelli più alti dell'arroganza degli Shadowhunters.
Poi apre la bocca e un brivido mi corre lungo la schiena.
"Se Ade mi cerca,
voi non sapete nulla.
Ora andate via."
dice Apollo.
Non avete idea di che cosa significhi aver dovuto ascoltare una frase così inutile e banale declamata come se fosse poesia.
"Senti" - dice Di Angelo, puntando la spada di ferro dello Stige contro la gola di Apollo con uno sguardo pericoloso che gli infiamma gli occhi - "Se non avessi capito, il- i tuoi figli rischiano di rimanere ciechi per sempre. La nostra vita può anche valere un tuo battito di ciglia, ma posso decapitarti in ancora meno. Quindi, o ti decidi a ridare l'elmo a mio padre o puoi anche salutare l'eternità già da ora."
Apollo spalanca gli occhi in quello che - mi accorgo ora - è riconoscimento.
Il dio si lascia cadere a terra e si prende la testa tra le mani. "Fantastico" - mormora - "E ora come lo spiego allo zio?"

Nei dieci minuti che seguono, scopriamo che a quanto pare Apollo ha deciso di fare la grandissima stupidata di fregare l'elmo di Ade ad Ermes per impedire al suddetto dio dell'Oltretomba di partecipare in veste di Buon Consigliere invisibile alla riunione sull'Olimpo in cui Zeus avrebbe deciso del destino del figlio. Ora, mi ricordo vagamente dalle poco approfondite lezioni sulla mitologia greca che ho avuto il piacere di seguire prima che scoprissi che tutto quanto era reale che Ade era considerato il Buon Consigliere, per cui - anche se in un modo del tutto particolare - il timore di Apollo avrebbe anche senso. Peccato che ancora non riesco a capire come mai Ade dovrebbe voler vedere Apollo in un guaio peggiore di quello in cui già si trova. Insomma, questo tizio è irritante, certo, ma non credo che a tutti verrebbe voglia di vederlo soffrire all'istante.
Beh, io non faccio testo.
La ninfa, che ci viene anche presentata come Mari, non ha subito alcun tipo di violenza da parte di Apollo. Anzi, ci racconta, lei e il dio delle molte cose che non sto ad elencare un'altra volta si conoscono da anni e sono sempre stati in buoni rapporti. Così, ci spiega Mari - che all'inizio, devo dire, mi ha leggermente intimidita, dato che è una delle ninfe più belle che io abbia mai visto, ed indossa veramente un'armatura - mentre Apollo sembra perso nei suoi mormorii, quando lui le ha chiesto di aiutarlo a nascondersi lei gli ha proposto di rimanere con lei in Italia. Probabilmente quando ha accettato Apollo sperava che nessuno di noi semidei fosse così stupido da rischiare la vita per cercarlo. Speranza, a quanto pare, rivelatasi vana.
Ho una sola domanda: e ora?
La risposta alla mia domanda è l'unica che avrei fatto volentieri a meno di sentire. Apollo smette di sussurrare parole apparentemente senza senso - probabilmente stava cercando di comporre altri haiku a velocità record, cosa che non gli consiglierei di rifare dato che già quelli composti a velocità normale non si possono sentire senza che le orecchie vadano in autocombustione spontanea ed inizino a sanguinare - e si alza di scatto, per poi risedersi, tremante, subito dopo, additando con quelle che sembrano essere le ultime forze rimastagli un punto indefinito davanti a sé. Mi volto e dietro le mie spalle scorgo la figura, ormai sgradevolmente familiare, di Nemesi.
"Bene, bene" - dice la dea, alzando le braccia - "Questa è l'ultima volta che mi state tra i piedi, semidei" - aggiunge velenosa, per poi sussurrare una sequela di parole in quello che penserei essere russo se non riconoscessi il greco. L'ultima cosa che vedo - di nuovo, il che non è per niente un buon segno - è Leo avvicinarmisi, e poi tutto si fa buio.
E dai, è l'ultimo pensiero (più o meno) coerente che riesco a formulare prima di svenire per la seconda volta, non può essersi trasformato in Bucky Barnes tutto in una volta.

Quando mi risveglio, Nemesi sembra aver capito che non è saggio lasciare un semidio che può viaggiare nell'ombra in un posto quasi completamente buio, perché la prima cosa che avverto è una luce intensa che mi trafigge gli occhi. Le mie pupille ringraziano caldamente per il possibile danno inflitto alla mia - già seriamente danneggiata - vista, mentre un miliardo di lucine colorate iniziano a ballarmi sotto le palpebre.
O magari è solo Apollo che ha deciso di rivelarsi in tutto il suo splendore (ok, questa era brutta) facendosi vedere nella sua vera forma, ed io sto per morire carbonizzata. Niente di particolarmente nuovo, insomma.
Quando realizzo di non essere ancora morta - ci speravate, eh? - e mi arrischio a sollevare nuovamente le palpebre, diverse cose non quadrano. Il mio campo visivo si allarga lentamente mano a mano che riesco a tirare su la schiena, ed i miei occhi vedono quella che sembra essere la sala del trono di dodici enormi re e regine piuttosto dissimili tra loro (si passa da quella che a prima vista pare una sedia da pescatore ad un trono che potrebbe aver ospitato Attila), per poi focalizzarsi su una donna che potrebbe essere la madre del creato.
Era mi sussurra parole che non riesco a comprendere, finché il mio cervello non riconosce l'inglese americano ed inizia a tradurre. Oh, sì, ho ancora bisogno di riportare tutto alla mia lingua madre. Shame on me, my descendance and my cow.
Mi rialzo in piedi, e vedo poco lontano da me Leo e Di Angelo che sembrano stare per picchiarsi, tenuti fermi da un Mister D che sembra, stranamente, preoccuparsi per dei semidei.
"Ehi" - dico, sembrando di non sembrare eccessivamente arrabbiata. Quello verrà dopo. - "Potreste cercare di calmare i bollenti spiriti per un attimo?"
"Hai appena-" inizia Leo, voltandosi verso di me, ma viene interrotto dalla voce di Zeus, che - scusate la banalità - sembra rimbombare come un tuono nella sala, che cala in un silenzio mortale.
E che silenzio. Zeus sta contestando ad Era tutto quello che ha fatto - mandare dei semidei in una missione di cui lui non sapeva niente, addirittura scegliere un'altro eroe senza dirglielo (ed a questo punto vorrei fargli notare che è lui quello che ha avuto un numero eccessivo di storie extraconiugali, e che io sono una ragazza e che quindi a quanto ne so non ha motivo di essere geloso), proteggere suo figlio quando sapeva benissimo dove fosse per evitargli una punizione e fargli riconsegnare l'elmo in tempo...
La sfuriata di Zeus viene interrotta dall'apparizione di suo fratello Ade, che gli incede attraverso la sala per poi mettergli una mano sulla spalla, gesto che sembra calmarlo e permette a me di scorgere Nemesi, chiusa apparentemente priva di sensi in una gabbia dorata in un angolo della sala (ma non avrebbero potuto imprigionarla prima?), e sussurragli alcune parole all'orecchio. Per essere il dio dei morti, siamo fortunati che ci sappia fare con i vivi.
A quel gesto, gli dei si accomodano ognuno su dei seggi molto più piccoli di quelli che ho visto prima, che sembrano essere una riproduzione in scala dei primi, ed Ade si appoggia alla spalliera del trono di Zeus.
Di Angelo, accanto a me, sembra tremare. Tra noi, in fondo, è quello che ha realmente più da perdere. Negli ultimi mesi, od almeno in quelli in cui sono stata al campo, ho notato che sta stringendo un rapporto con Will Solace, che sembra essere destinato a durare e perderlo proprio ora, per qualcosa di cui non ha colpa, deve essere quello di cui ha avuto paura sin dall'inizio di questa storia.
Era prende la parola, e difende le sue ragioni davanti a Zeus e agli altri dei. Zeus sembra essere sul punto di rimettersi ad urlare, ma un'occhiata da parte di Ade lo fa desistere dal suo proposito. Il re degli dei si gira con una faccia da bambino arrabbiato, e giurerei di aver visto Ade roteare gli occhi. Ridacchio, guadagnandomi un'occhiataccia da parte di Poseidone. Quando il dio si gira nuovamente verso i suoi consanguinei, mi prendo la libertà di alzare a mia volta gli occhi al cielo. Sposto di nuovo lo sguardo verso Ade, che vedo nascondere un sorriso nella mia direzione.
Potete dire qualunque cosa, ma il dio degli Inferi mi già sta simpatico.
Poi tocca ad Apollo spiegare le sue ragioni, e non appena inizia a parlare, Di Angelo diventa rosso come le fragole del Campo Mezzosangue.
Apollo sta praticamente dicendo, con un sacco di giri di parole ed occhiate verso di noi, che aveva paura del fatto che Ade potesse accusare suo figlio di aver "deviato" Nico - cosa che mi sembra strana, dato che penso proprio che Ade avrebbe potuto decidere di, ecco, richiamare Di Angelo a sé non appena si fosse accorto della sua più che amicizia con Solace, se avesse avuto qualche problema - e per questo non voleva lasciarlo partecipare alla riunione sull'Olimpo, temendo di ricevere una punizione ancora più terribile di quella che avrebbe ottenuto dal solo Zeus. Dalle occhiate disgustate che gli altri dei stanno rivolgendo ad Ade per il solo fatto di essere qui, penso proprio che anche lui ne avrebbe fatto volentieri a meno. Ma ogni testa è un piccolo mondo, e non posso sapere come mai abbia deciso di venire comunque - probabilmente per arginare la rabbia di suo fratello.
Poi, Zeus sposta lo sguardo verso di noi, e Leo accanto a me fa automaticamente un passo indietro. Decido di seguirlo a ruota e lasciare che sia Di Angelo a mandare a quel paese tutti quanti.
E poi succede una cosa che non mi sarei mai aspettata. Ade si avvicina a Di Angelo, e lo abbraccia, il che causa ancora più rossore di prima - tanto da farmi temere che il figlio del dio degli Inferi stia per esplodere - ed altre occhiate disgustate. Certo che si diventa arroganti, a stare per millenni sulla cima del mondo.

Ade torna al suo posto accanto a Zeus, e Di Angelo inizia a raccontare tutta la storia, tralasciando di menzionare l'increscioso errore di valutazione che abbiamo compiuto fidandoci entrambi di Leo nel momento in cui era controllato da Nemesi. Peccato che gli dei probabilmente avranno visto tutto, e mentirgli non ci metterebbe affatto in buona luce.
Tiro una gomitata al figlio di Ade, e lui fa una smorfia e si corregge velocemente. Poseidone solleva un angolo della bocca, quasi in un accenno di sorriso, e vorrei davvero poter reagire d'istinto e tirargli un pugno, ma rischierei di metterci in una luce ancora più cattiva e quindi sono costretta a trattenermi.
Ade e Zeus parlottano tra loro per qualche secondo, e poi Era scende dal suo trono, si avvicina a noi e ci fa segno di seguirla fuori dalla sala. Dopo essersi chiusa la porta alle spalle si avvicina a noi e mi posa le mani sulle spalle. Non sono molto propensa al contatto fisico, e ricevere una specie di discorso da genitrice preoccupata da una dea non è esattamente la mia idea di vacanza rilassante.
Non che com'è andata la settimana finora lo sia stato, ma tant'è.
Ma quando la dea ha l'ardire di ringraziarmi per essermi fatta carico di perseguire i suoi obiettivi - che, ricordiamocelo, non sapevo quali fossero fino a tre minuti fa e che non ho assolutamente scelto di perseguire - mi viene voglia di tornare nella sala accanto e sfogarmi una volta per tutte.
Non sono la prima semidea ad essere sottoposta a delle prove e non sarò l'ultima, ma qui si esagera. Scelgo di annuire, facendo del mio meglio per ottenere un'espressione che mostri la mia comprensione per Era - palesemente costruita, ma la dea sembra non accorgersene, o almeno fa finta di non essersene accorta - e mi scanso solo quando sentiamo un rumore che somiglia sospettosamente ad una esplosione provenire dall'interno della sala in cui sono chiusi gli dei.
Era spalanca nuovamente le porte e si precipita dentro, per scoprire che Zeus sta per ritrasformarsi nella sua versione divina mentre urla qualcosa che somiglia molto ad una sequela di improperi irripetibili in greco antico. Era si gira di scatto verso di noi, mormora qualcosa e l'ultima cosa che vedo è una luce bianca, e poi mi sento cadere verso terra ad una velocità che sono sicura mi farà spaccare qualche osso all'impatto col suolo - se non, com'è più probabile, tutti.



Angolo autrice
I pomodori sono nella cesta accanto a voi e vi autorizzo ad utilizzarli. Il ritardo è imperdonabile, lo so, ma la scuola mi sta uccidendo.
L'amount di corsivo in questo capitolo è seccante, ops. E abbiamo anche il ritorno dell'affarino lagnoso e rompiballe. Beh, alla prossima settimana (?) per l'epilogo. In cui credo ci sarà più Solangelo.
Lo so, lo so che avete pianto quando l'OC non è morto.

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Capitolo 7
*** Epilogo: All is well, that ends... ***


Epilogo
All is well, that ends...

Mi sono leggermente stufata di cadere.
Vedo la terra avvicinarsi ad una velocità impossibile, e chiudo gli occhi, aspettando di morire, o di cadere dal letto a seconda dei casi. Inizio un conto alla rovescia a partire da sessanta, e tra un numero e l'altro mi ripeto, sempre più disperatamente, che è solo un incubo, che mi risveglierò nel mio letto, che non sto per spiaccicarmi a terra e rompermi come un bicchiere di cristallo.
Aspetto l'impatto... che non arriva.
Mi costringo ad aprire gli occhi, e per un attimo il sentore di terra bagnata inonda le mie narici. Poi un paio di occhi castani mi scrutano dall'alto, e una mano fresca si posa sulla mia fronte.
"Ti abbiamo sentito urlare" - dice la voce di Reyna. Sbatto le palpebre un paio di volte, e mi tiro su a fatica.
"Così, è questo l'Elisio." dico, e mi arriva una sberla di origine sconosciuta dritta sulla guancia destra. Alzo gli occhi cercando di capire cosa sia successo - conosco veramente poco Reyna ma non mi è mai sembrata tipo da prendersela per un complimento, anche se maldestro - e il mio sguardo si ferma su Travis Stoll che cerca inutilmente di nascondere con le dita appiccicaticce un sorrisetto soddisfatto. Ancora mezza rintronata, mi tasto la guancia e capisco che è proprio vero che la vendetta si serve fredda - ho una frittella attaccata al viso da una quantità industriale di sciroppo d'acero.
Poi, scorgo con la coda dell'occhio Connor estrarre da dietro la schiena un'altra frittella, e mi alzo di scatto. Non ho intenzione di fare da bersaglio ai figli di Ermes, questo è poco ma sicuro.
Ma prima che possano fare un'altra mossa, la voce di Chirone interviene fermandoli e convocando tutti i semidei presenti nel campo all'arena per gli allenamenti.

Colgo l'occhiataccia che Travis rivolge nella direzione da cui proveniva l'annuncio, ed inizio ad affrettarmi a raggiungere l'arena. Reyna mi affianca, e colgo l'occasione per chiederle dove siano Leo e Nico. Vengo a sapere che hanno ottenuto la grazia - sicuramente da parte di Ermes, che dopo la scenata che gli ho fatto mi avrà preso in odio... Beh, tanto uno in più od uno in meno che differenza potrà mai fare? - di atterrare sul morbido, più precisamente nelle mangiatoie per i pegasi Leo e nel lago - ah, ah, ah - Nico.
Non so se considerarmi fortunata, al confronto.
Una volta arrivata all'interno dell'arena, mi accorgo subito dell'aria quasi funerea che avvolge i semidei. Sono seduti a gruppetti sugli spalti, e sembrano guardarsi intorno senza avere il coraggio di fissarsi negli occhi o di spostare lo sguardo sulle persone al centro dell'arena - i figli di Apollo, che sembrano in attesa di un Armageddon che non sono assolutamente pronti ad affrontare. Un'unica macchia nera spicca in mezzo agli abiti colorati dei figli di Apollo, che pur con qualche difficoltà sembrano essersi abituati alla possibilità di una vita senza vista (o, piuttosto, rassegnatisi ad essa): Nico è accanto a Will Solace, e parla con lui a bassa voce.
Date le occhiate che manda ogni tanto nella mia direzione, penso che gli stia raccontando della nostra passata avventura - o magari è solo un tic, ed in realtà gli sta spiegando come cucinare quantomeno decentemente la pasta alla carbonara (e qui potrei aprire un dibattito sui disastrosi tentativi delle arpie di replicare la cucina italiana) - e non posso fare a meno di sentirmi in colpa per come si è conclusa.
So che non è interamente colpa mia - Apollo ha le sue responsabilità, dopotutto - ma vedere com'è la situazione al campo mi fa venire voglia di scomparire.
Ci sono talmente tanti "se" che avrebbero potuto cambiare le cose, che non riuscirei neanche ad enumerarli tutti, ma comunque non sono riuscita a sfruttare nemmeno una di queste opportunità, ed ora la situazione al Campo è orrenda.
Mi siedo sugli spalti accanto a Reyna, e rialzo finalmente lo sguardo sugli occupanti dell'arena, anche se sono talmente persa nei miei pensieri che mi sembra di fissare un muro bianco.
Sento una mano sulla spalla, e il pretore mi sussurra che non è stata colpa mia. Evidentemente deve aver capito cosa pensavo - e cosa comunque penso ancora, non importa quante volte possano ripetermi che non ho colpe - ed ha cercato di essere gentile.
Apprezzo lo sforzo, vorrei dirle, ma all'improvviso una luce si apre sul Campo ed Era fa la sua comparsa - in forma umana, o saremmo tutti carbonizzati.
Sorride, e guardandomi negli occhi mi invita a raggiungerla. Oh, no, penso, stavolta no. Mi alzo, e mi sfilo la piuma di pavone dallo chignon in cui avevo raccolto i capelli, che mi cadono sulle spalle. Era abbassa lentamente gli occhi sui figli di Apollo, poi sposta lo sguardo di nuovo su di me.
"Sai" - dice, l'ombra di un sorriso che le illumina il volto per un attimo - "Sei la prima a rifiutarti di fare quello che una divinità ti chiede. Ci vuole coraggio anche per questo."
O stupidità, penso storcendo le labbra in una smorfia.

"Apollo sta fronteggiando le sue colpe. Ma i semidei non hanno diritto di essere tirati in mezzo a questa storia" - dice Era, guardando ancora una volta i figli di Apollo.
E me lo dici adesso? vorrei urlare, ma davvero, non ne varrebbe la pena. C'è un flash e i semidei al centro dell'arena si schermano quasi tutti contemporaneamente gli occhi con le mani, per poi sbattere le palpebre e rendersi conto che sì, sono tornati a vedere.
Solace sembra essere il primo a riscuotersi dal torpore generale che sembra essersi impossessato dei suoi fratelli, e stringe Nico in un abbraccio stritola-ossa. Non sarò un'aquila, ma penso che tutto il Campo abbia visto quanto selvaggiamente il figlio di Ade sia arrossito.
Prima che Di Angelo si vaporizzi per l'imbarazzo (o, peggio ancora, scompaia da qualche parte usando il viaggio nell'ombra), Chirone ha la grazia di ringraziare Era per il suo - tardivo, ma probabilmente non sarebbe saggio farglielo notare - aiuto e la dea si gira di nuovo verso di me.
All'improvviso mi sento stanchissima e tutto quello che vorrei è poter tornare a casa: Era probabilmente lo capisce, perché faccio appena in tempo a percepire il suo sorriso che mi sento svenire.

Sento una voce stridula perforarmi i condotti auditivi (no, per fortuna mio fratello non è ancora al livello di trapanarmi il cervello. Quello succede quando riceve regali.) e, solo un secondo dopo, un peso considerevole fa la sua graziosa comparsa sul mio stomaco.
Mi tiro il lenzuolo in testa in un tentativo di fargli capire che non è proprio ora, ma a quanto pare è la mossa sbagliata, perché inizia a saltellare sul letto, in un tentativo di prendermi per esasperazione. Alla fine soccombo (anche perché ci tengo alle mie ossa, e farmele schiacciare da un decenne esagitato non farebbe alcun bene alle poverette) e apro gli occhi. Trovo la sua faccia a due centimetri dal mio naso, e quando apre la bocca mi auguro che non stia per partire un altro urlo. Incredibilmente, in barba alle mie previsioni apocalittiche, mi augura buon Natale e scende dal letto.
Sbatto le palpebre, chiedendomi se non sono capitata in una versione parallela del mondo che conosco e tra un attimo David Tennant sbucherà fuori da una cabina della polizia inglese e giro la testa verso la scrivania.
Quello che vedo non ha alcun senso.
Provo a concentrarmi per un secondo sul resto della mia stanza (la libreria, l'armadio, il comodino), poi riporto lo sguardo sulla scrivania.
Accanto al computer, in mezzo ai testi scolastici ancora mezzi aperti, ai quaderni impilati e alle biro sparse in giro come dopo una tempesta c'è la mia copia de "Il Sangue dell'Olimpo", sormontata dalla piuma di un pavone.
Chiudo gli occhi, faccio un sospiro e torno a dormire.



Angolo Autrice
Lo so che volete uccidermi, che tutto questo fa schifo, che avevo promesso che avrei ricontrollato tutto... Ma volevo dare ai pochi che hanno avuto il coraggio di seguire tutta la storia un finale. No, non è proprio come ve lo aspettavate (l'OC non muore, tanto per fare un esempio) e sa di cliffhanger brutto e cattivo. Beh, ditemi cosa ne pensate, se vi va.
Le storie a capitoli non sono proprio il mio forte. Intanto, vi ringrazio per la pazienza.

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