Non è giusto.

di pandafiore
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non è giusto. ***
Capitolo 2: *** La mietitura ***
Capitolo 3: *** Tributi. ***
Capitolo 4: *** Dodici. ***
Capitolo 5: *** Ti voglio bene. ***
Capitolo 6: *** Assassino. ***
Capitolo 7: *** Avvertimento. ***



Capitolo 1
*** Non è giusto. ***


1.

 

Non è giusto.





La mamma grida.
La mamma grida e il papà piange. Piange tanto, ma cerca di non farlo vedere alla mamma, perché sa che peggiorerebbe la situazione; tenta, invece, di sostenerla, di dirle che va tutto bene.
Ma la mamma è in un mondo tutto suo, fatto di Arene, di incubi, di morti.
Perché è qui che dobbiamo andare, io e Daisy, tra poco più di una settimana.
-Non è giusto!- Grida, la mamma, e papà piange e dice in modo sommesso che è d'accordo. Si strappa i capelli, la mamma, su quel divano così logorato dagli anni, dalle lacrime versateci sopra. Ho sempre amato i capelli della mamma, sembrano inchiostro che cola, liscio e morbido. Daisy ce li ha come lei, ma gli occhi ce li ha come papà. Sono blu, di un blu impossibile, ed odio vederli piangere, ora, mentre si aggrappa con ogni forza al mio braccio.
Lei è più forte di me, Daisy. Eppure è lei a piangere, ora, quando la morte è prossima. Io non verso neanche una lacrima, perché è giusto così. Perché questo è il destino e noi dobbiamo accettarlo.
Guardo il fuoco, sfavillante e allegro, che scoppietta felice nel caminetto, e mi hanno sempre detto che mia madre era il fuoco, che lei, quelle fiamme, ce le aveva dentro. Da piccolo avevo paura e scappavo quando mi dicevano queste cose, ma poi ho capito. Mamma è la ribellione, mamma è il fuoco della speranza. Io vedo ogni giorno nei suoi occhi - grigio liquido, come i miei - gli incubi che lei tenta di celare dietro le sue iridi ferree. Ma non è più forte come una volta, non potrebbe più prendere per mano una popolazione e portarla sotto la sua ala fino alla liberazione, perchè ora sono riusciti a spezzarla, rubandole l'ultima cosa che le rimaneva: i suoi figli.
E non farà, non potrà fare nulla per impedire che noi andremo là dentro, perché è già un miracolo che non la abbiano uccisa, con il nuovo governo. Hanno detto che è inutile farla fuori, ma ogni singolo giorno riceve minacce di morte, se solo osasse far scattare una scintilla.
Ma lei non lo fa. Non ancora. Perché ora deve combattere, da fuori, perché lei non sarà dentro l'Arena. Perché lei ci guarderà morire su uno schermo televisivo.
-Staccati.- Sibilo a mia sorella, quella che dovrebbe essere forte; quella che dice di esserlo, ma che non lo è. Mi guarda con i suoi occhioni blu, che sembrano due laghi placidi, tranquilli, che stanno per rigettare tutta l'acqua su due guance arrossate, tristi. E mi si spezza il cuore.
-Non possono farlo. Non è giusto!- Continuano i lamenti, in litanie strazianti, per la notizia che è stata data cinque minuti fa dal nuovo presidente in carica, Cruel.

Siamo seduti sul divano, come ogni sera, da quando hanno instuarato il coprifuoco. Daisy sta per terra, a pancia in giù, dondolando le sue esili gambe veloci, osservando con i pugni sulle guance, per reggersi la testa che non vede l'ora di andare a dormire, il primo discorso del nuovo presidente.
Mamma e papà commentano, o meglio, papà parla, mamma è in un mondo tutto suo.
-Abbiamo deciso in comune accordo che, per la salute e la prosperità di un nuovo Mondo, da quest'anno ricominceranno gli Hunger Games!- Ha la voce calda e avvolgente, mentre la sua faccia esprime un distacco unico, così in contrasto, così odioso. La barba bianca gli riveste gran parte del volto, e da questa sporgono due labbra rosse e sanguigne. Gli zigomi alti, forse ritoccati chirurgicamente - come tutto, a Capitol City -, e le sopracciglia folte e bianche a loro volta. Il suo volto è già un contrasto di colori, tra vermiglio e bianco, in più vi si aggiungono le iridi, glaciali, scattanti, rossiccie.
Ciò che più mi incuriosisce di quel volto sono le due piccole cicatrici che gli segnano il dorso del naso.

Mamma, all'annuncio dei nuovi Giochi, scatta in piedi, pronta a scappare nei suoi boschi, ma papà le tiene un polso, negando piano con la testa. Non so cosa significhi, ma spesso loro parlano senza parole, fanno discorsi di silenzi, e si capiscono, non so come. Come oggi, che mamma torna a sedersi, tremante, sul divano, con le ginocchia al petto, come una bambina.
Un ragazzo con una scatola di cuoio marrone dall'aspetto antico, porge un plico di lettere ingiallite al presidente, che raccoglie quella della 76^ Edizione. -Ci eravamo bloccati alla 75^ Edizione, quella della memoria. Per colpa di due ragazzini innamorati... e non siamo più andati avanti.- Guarda fisso le telecamere con i suoi occhi rossicci, con tono disgustato per questi "ragazzini innamorati", e sento mamma sussultare, mentre papà tenta di calmarla, sebbene sia palesemente agitato anche lui. -Ed ora, miei cari concittadini, è arrivato il momento di ripercorrere quella retta via, tracciata dai nostri avi. Per questo,- Apre la lettera che tiene tra le mani guantate. -è giunto il momento di annunciare la 76^ edizione degli Hunger Games!- Il pubblico capitolino lo acclama, e stride in applausi ed omaggi, mentre a casa nostra c'è una tensione da morirci. -Nella 76^ edizione, affinché Panem possa ricominciare a vivere nel modo più corretto ed auspicabile, e affinché nessuno - con una ribellione che porterà solamente morte - intralci più, i tributi saranno selezionati tra i figli dei Vincitori, in vita o non.-


Ed ecco perché, ora, la mamma si strappa i capelli e sembra pazza, il papà credo stia per morire di dispiacere, Daisy non mi si stacca di dosso ed io... beh, io mi ripeto nella mente quel gioco che mamma e papà mi hanno insegnato a fare quando sentivo arrivare una crisi, un attacco di panico.

Mi chiamo Ryan Mellark. Ho diciotto anni. Sono figlio dei simboli della rivolta. Loro hanno fatto due Arene. Papà è stato depistato, l'ho scoperto l'anno scorso, dopo un suo episodio. Ma ora sta bene. Ho una sorella, Daisy, ha sedici anni. È più piccola di me. Assomiglia alla mamma, ma ha i begli occhi del papà. Tra poco io e lei entreremo nell'Arena perché l'unico altro vincitore del 12 è Haymitch. E Haymitch non ha figli. Un tributo femmina, Daisy Mellark. Un tributo maschio, io.
E possa la fortuna essere sempre a nostro favore.





______

Buonasera!
Ho deciso si intraprendere questa nuova storia perché sono folle, perché a quanto pare non mi bastano tutte le Long che già gestisco. Ma va bene così, tanto ormai ci sono abituata alla mia pazzia. Pazzia che, oltretutto, decide anche di creare degli Hunger Games con i figli dei Vincitori delle edizioni passate. Con i figli di Peeta e Katniss, mamma mia voglio trafiggermi il cuore con un pugnale, scusate ma soffro troppo.
Va bene, torniamo a noi... questa storia è ambientata dopo l'Epilogo, quando Ryan Mellark ha 18 anni, e sua sorella 16 (ho rispettato il film, non il libro, per questo Ryan è più grande.)
E, giustamente, nell'Arena ci sarà anche il figlio di Finnick ed Annie, ormai grande - e figo -, e molti altri, figli di persone che ho accoppiato a mio piacimento, ma che sono certa vi sorprenderanno. *Momento di grande potere.*

Tanto per darvi una piccola idea dei pochi personaggi presentati fino ad ora:
-Presidente Cruel: Cruel significa Crudele. E qui mi fermo.
-Ryan Mellark: Ryan significa - in non ricordo che lingua - piccolo re. *^*
-Daisy Mellark: Daisy significa Margherita, e ho chiamato così la piccola Mellark in praticamente tutte le mie storie.

Beh, le qualità tecniche e combattive le scoprirete man mano che la storia proseguirà!
Fatemi sapere cosa ve ne pare di questa iniziativa, attendo con ansia anche critiche, perché voglio davvero migliorare.
Grazie.

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Capitolo 2
*** La mietitura ***


2.

 

La mietitura.





Il vento tira forte, muovendo i capelli a tutti noi, ma in particolare a me e a mia sorella, che siamo su di un palco alquanto scricchiolante, dopo anni di inutilizzo, e ogni passo del vertiginoso tacco nero di zia Effie produce un rumore fastidioso.
I volti della popolazione del dodici riprendono ad essere smunti e scavati, dentro abiti quasi vuoti che segnano il periodo troppo breve di pace e relativo benessere. Ci sono tutti, dal primo all'ultimo, anche il più recente immigrato proveniente dal Distretto tredici, per osservare i figli dei grandi volti della rivolta, essere estratti come unici tributi.
Credo che Capitol City abbia deciso di mantenere la zia come capitolina che sorteggia i fortunati solamente per spezzarla ancora di più, perché sanno che tanto non può fare niente contro il volere del presidente Cruel, quindi pensano che farla sentire inutile sia comunque uno dei molteplici modi che hanno per distruggerla. Psicologicamente, intendo. Il che è peggio.

Il silenzio su questa piazza è assordante, e vedo Daisy che quasi sviene, quando Effie - interamente vestita di nero - si avvicina alla boccia trasparente, estraendo con un rumore sordo e tagliente l'unico bigliettino.
Si avviccina al microfono e, guardando attentamente quelli che ormai sono i suoi concittadini, apre il sigillo rosso, e vedo le sue dita tremare violentemente, e lo stesso le gambe. Legge il fatidico nome, sapendo che dovrebbe avere finta gioia, o almeno un tono eccentrico, ma la voce le si spezza per un pianto represso; -Daisy Mellark.- Un tono lugubre, funereo, tremante per il groppo di lacrime annodato in gola.
Ed è lo stesso che, pochi istanti dopo, legge anche il mio di nome, attirandomi con passo abbastanza sicuro e meno tremolo di Daisy, verso la zia.
Zia... o almeno a noi piace definirla così. Assieme ad Haymitch è stata sempre con noi durante la nostra infanzia e la nostra adolescenza, fino ad oggi ovviamente. Oggi dovranno abbandonarci per sempre. Ma mi piace ricordarli come dei secondi genitori.
Io e mia sorella ci stringiamo la mano, e sento la sua umidiccia, d'un sudore freddo, così strana da farmela sembrare anche più esile del solito.
Cerco di trasmetterle il mio sostegno con lo sguardo, ma lei abbassa le lunghe ciglia nere fino a rasentare le guance, e noto una lacrima penderle sullo zigomo. Mi dispiace... penso, mentre veniamo scortati sul retro da alcuni pacificatori.
Nessuno ha compiuto il gesto delle tre dita della mano sinistra levate al cielo; mi chiedo se possano averlo dimenticato, o se in realtà non gliene importi più di tanto di noi. O addirittura temano di essere picchiati, se non giustiziati. E se è quest'ultimo il motivo vero, non possiamo assolutamente più sperare in una ribellione, la stessa che tanti anni fa è stata condotta da mia madre.

Appena chiuse le porte alle nostre spalle, ci ritroviamo immersi tra le morbide braccia dei nostri genitori, e percepisco immediatamente il profumo di pane del papà, e quello di pioggia della mamma.
Stringo tutti assieme a me come se fossero la mia ultima ed unica risorsa, e sento i singhiozzi della mamma farsi troppo forti, da costringerla ad allontanarsi, dandoci le spalle con un movimento perfetto.
-Papà...- Daisy si rituffa tra le sue braccia, e noto che anche a lei piace assaporarne il dolce profumo, ora misto alle lacrime che gli solcano le guance, cariche di dolore.
Il papà la stacca da sé delicatamente, per ricongiungere i suoi occhi azzurri come un cielo terso, nei miei, metallo fuso, arrabbiati, ribelli.
-Ryan...- Mormora, prima di prendermi la nuca con le dita e avvicinarmi a se in un abbraccio lesto. Quando ci separiamo, sembra volermi leggere dentro.
Abbozzo un sorriso, e gli sussurro parole che so che gli piaceranno. -Non dimenticherò chi è il vero nemico.- Tenta anche lui di sorridere, anche se è forse la prima volta nella mia vita che glielo vedo fare forzatamente; di solito le sue labbra sono avezze al riso, e mai, mai le ho viste come oggi. Arrabbiate, sì. Ma oggi esprimono un disprezzo che nemmeno quando aveva avuto un episodio, glielo avevo letto in volto.
Veniamo rapidamente portati dentro il treno, già pronto a partire, e vedo mamma scrollarsi da dosso i pacificatori, odiosi. Sorrido al suo carattere, così indipendente, ma al contempo così tanto fragile e provato, da non volerlo mostrare a nessuno; forse nemmeno a papà.

Mi siedo su una poltroncina nera, accanto a mia sorella e tento di intercettare il suo sguardo, ma lei guarda fuori dal finestrino assorta, con i suoi occhioni lucidi; così le prendo la mano con la mia, stringendola forte, intrecciando le nostre dita.
Zio Haymitch entra sbronzo come non mai nella cabina, e agita per aria in modo confuso una bottiglia marrone. -Mmm... originale! Non credete? Molto originale per i nuovi Hunger Games! Perché non potevano uccidervi in modo normale! Certo che no! Facciamo gli Hunger Games, giusto? Giusto.- Parla con se stesso, dandosi ragione, in modo molto barcollante, gettandosi poi sulla poltrona di fronte a me e Daisy. -Bella merda.- Conclude, appoggiando i piedi scalzi e sporchi sul tavolino che ci separa.
-Giù i piedi, Haymitch! Bambini miei, venite qui!- Strilla Effie, tirando le gambe dello zio giù dal vetro, e aprendo poi le braccia per accoglierci. Daisy ci si getta subito, mentre io le sorrido stentato e cammino a vedere dove sono i miei genitori.

Dopo qualche minuto raggiungo una cabina azzurra, e trovo papà e mamma seduti sul divano, in silenzio. Lei sta nell'angolino più piccolo e profondo del divano, con le ginocchia al petto e le mani che tremano; il papà le accarezza lentamente la schiena, in movimenti placidi e cullanti, che sono certo la calmino. Calmavano anche me, da piccolo.
Mi passo una mano tra i capelli ondulati, e mi siedo sulla poltrona blu di fronte al divano, osservando quel quadretto.
-Non potete reagire così.- Mormoro, nonostante soffra anch'io dentro. Ma non possiamo permetterci di abbatterci, veramente.
Ovviamente ricevo un'occhiata truce dalla mamma, che mi guarda con gli occhi arrossati e gonfi, carichi di lacrime che a tutti i costi mantiene dentro le palpebre.
-Sarete i nostri mentori?-
-Sì.- Risponde il papà. -Ma non capisco perché accettino che la mamma...- sia mentore. Lo so. Ma la verità è che così vedrà bene i propri figli morire nel suo incubo peggiore. E lei, seppur mentore, non potrà fare nulla per salvarci. Sarà ancora più straziante, e questo al presidente piacerà molto.
-Va bene. Io e Daisy siamo bravi con l'arco.- Gli rispondo, per sviare rapidamente da pensieri scomodi.
-Lo so. Tu hai la forza, e Daisy la velocità.- Sospira il papà, togliendo la mano dalla schiena della mamma, per poggiarsela sul mento e sostenersi la testa, divenuta improvvisamente pesante. -Credo ci serva l'aiuto di Haymitch.-
-Non credo sia in grado di darcelo.- Ribatto sbuffando, con ancora il suo olezzo di alcool nelle mie narici.
-Deve. Dobbiamo salvare almeno uno di voi, Ryan.- Fa incontrare i suoi occhi celesti con i miei, e so che i fulmini che si scatenano in me sono palesi.
Si alza lentamente, e poggia una mano sulla mia spalla, attirando la mia attenzione.
-Ryan proteggi tua sorella finché puoi.- Penso un attimo prima di rispondere a queste parole, perché Daisy sarebbe davvero forte, se lo volesse. È snella, è agile, veloce, sa arrampicarsi bene sugli alberi; potrebbe davvero vincere lei.
-Potrebbe essere lei a proteggere me. Non credi?- Rispondo, con un mezzo sorriso, ma non ottengo risposta, solo uno sguardo serio.
-Vabbè papà, fatto sta che non potete piangervi addosso. Ormai è successo, non possiamo cambiare tutto. Noi siamo le pedine di un sistema, nulla dipende dalla nostra volontà. Siamo tornati come a venti anni fa, mettetevelo bene in testa.- Il papà ha un sussulto a queste mie parole, e la mamma alza gli occhi, d'un argento liquido. -Mamma, dov'è finita la Ghiandaia Imitatrice? Dai, reagisci!- Esclamo infastidito, alzandomi. Odio vedere l'apatia, perché è la cosa più inutile del mondo.
E forse piangere servirebbe anche a me, per alleggerire questo peso che ho dentro, sul cuore e sui polmoni, ma non ho lacrime per farlo. E non voglio farlo. Io voglio reagire. Io voglio davvero vincere gli Hunger Games, o farli vincere a Daisy. E poi le nostre torture finiranno, perché non avranno più nulla da toglierci.
-La Ghiandaia Imitatrice non è mai esistita.- Sussurra la mamma con la voce roca, prima di alzarsi totalmente amorfa, e abbandonare me e papà. Queste parole sono pesanti da sostenere.

-Fa' qualcosa, cazzo!- Grido a mio padre, spingendogli un palmo sul petto.
-Cosa, Ryan? Cosa? Dimmi cosa...- Mi guarda totalmente perso, con gli occhi lucidi. E giuro che sento la rabbia ribollirmi dentro.
-Reagisci! Papà, io e Daisy moriremo entrambi, se voi vi rassegnate così! Salvate almeno uno di noi.- Le ultime parole le mormoro con voce minima, spezzata dal groppo che mi chiude la gola, ma giungono più che nitide al suo udito, perché i suoi occhi saettano sui miei. -Reagisci. Almeno tu, papà.- Supplico, un'ultima volta, con voce rotta. Le sue braccia attorno al mio corpo non sono mai state più volute di adesso, e sentirle stringermi con così tanta foga è di puro conforto.
Annuisce, mi sussurra che va bene, che va tutto bene e, con un passo stranamente felpato, mi lascia da solo, forse per andare in cerca della mamma.

Mi siedo sul divano e stringo i ricci biondi tra le dita, rimanendo così per ore, fino a quando non sento dei tacchetti rimbalzare sulla moquette celeste della sala. Alzo gli occhi, gonfi di lacrime non versate e che mai verserò, e incontro le iridi fresche e delicate di zia Effie, con la sua parrucca d'oro.
-Tesoro, è ora di andare a dormire, vieni.- Con un sorriso flebile e tremante, mi porge la piccola mano, che raccolgo volentieri nella mia, grande e calda. Mi faccio condurre come un bambino fino in camera mia, dove le dò cordialmente la buonanotte e provo le docce capitoline, stranissime.
Quando, ancora con l'accappatoio addosso, mi getto sul letto e mi addormento, le immagini di oggi iniziano a ripassarmi davanti agli occhi, e realizzo che fra poco più di una settimana entrerò davvero in un'Arena che sarà terribilmente selvaggia, perché noi siamo i figli dei ribelli.
E questo, anche se non lo abbiamo voluto noi, ci causerà non poche torture.

E mi risveglio con il pensiero che è Daisy quella realmente forte, quella che meriterebbe di vivere, quella che di solito reagisce. Io ho sempre guardato il mondo dall'angolino, con due occhi vivaci e curiosi, ma timidi. Lei era quella esuberante, che saltava continuamente da un posto all'altro, che si divertiva e rideva ad alta voce, gettando la testa indietro; io ero quello solitario, al quale piaceva rimanere a guardare gli altri, andare in silenzio ad aiutare il papà in panificio, glassare le torte, ammirare da lontano le cose, e, al tempo stesso, proiettarmi in avanti per un futuro che, di sicuro, non aveva nulla a che fare con questo.
Dipingevo tutto: Daisy che giocava, i suoi grandi occhi azzurri, i suoi capelli d'inchiostro, mamma che le faceva la treccia, papà che tentava di insegnarle a fare il pane o a dipingere, ma lei è sempre stata negata per queste cose. A lei piaceva andare nei boschi, come alla mamma... Ma forse gli Hunger Games sono troppo anche per lei, così forte, così bella.

Lascio che le lacrime mi bagnino il viso e mi rendo conto che, a volte, serve davvero piangere, in silenzio.
Ma non mi concederò di farlo tanto spesso.
Perché le persone più forti, in realtà, sono quelle che, nonostante tutto, vanno avanti, nascondendo le loro cicatrici dietro ad un semplice sorriso.




Buongiorno!
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, sono molto contenta delle precedenti recensioni, e ringrazio infinitamente tutti coloro che mi degnano del loro tempo. :)
Spero vi stiate creando un po' un'idea del carattere di Ryan che, per molti versi, assomiglia a Peeta, però ha quel nonsochè di ribelle, che ci fa pensare a Katniss... ;)
Un abbraccio stretto,
pandafiore

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Capitolo 3
*** Tributi. ***


3.

 

Tributi.





Oggi abbiamo la prima giornata di allenamento e, con essa, conosceremo gli altri tributi.
Prima di partire mi osservo per qualche istante, di sfuggita, allo specchio del palazzo del centro di adestramento.
I capelli sono biondi e sparsi in modo confusionale su un viso così uguale a quello di mio padre da farmi paura. Le labbra spezzate in un leggerissimo sorriso, il naso diritto proprio come lui, ma, inevitabilmente, gli occhi non sono i suoi. Gli occhi sono grigi, sono veramente di piombo, fuso e liquido, languidi e brillanti, sotto lunghe ciglia bionde.
Mi stacco da quell'immagine di me che preferivo non vedere, perché vi noto ogni singola volta i volti dei genitori che non rivedrò mai più. E fa male.
Così raccolgo la saccoccia e, assieme a mia sorella, imbocco l'ascensore che conduce al centro di addestramento.
L'unica mia speranza è che, essendo stati in tempi di pace, gli altri tributi non si siano allenati molto, o che comunque non abbiano qualità particolari.
Ma quando entro, realizzo che mi sbagliavo di grosso.

Il primo che mi si presenta davanti è un armadio, grande il triplo di me, che, con quella tutina mignon, mi fa sorridere.
-Perché ridi?- La pelle rossiccia e unta d'olio, tesa sopra mille muscoli, evidenzia ogni singola vena palpitante del collo e accompagna una voce tuonante.
Daisy mi trascina da parte, mentre lo sguardo infuriato di quello che credo sia un favorito, mi perseguita e mi brucia addosso. Ci rifugiamo nel reparto di mimetica, e subito mia sorella inizia a farmi la ramanzina. -Cerca di non fare cagate, quelli non scherzano con le armi.-
-Lo so.- La metto da parte e vado a raccogliere un arco, pronto a dimostrare che anch'io valgo qualcosa, ma la mano di Daisy sul mio braccio mi fa abbassare l'arma, appena caricata.
-Che vuoi?- Domando esasperato, sbuffando.
-Non dimostrare a tutti le tue abilità.- Sussurra, con gli occhi blu dilatati dalla paura.
-Prendi un arco, allenati, fai qualcosa. Quelli ci guardano come si guarda un dessert.- Le indico con lo sguardo dei tizi in fondo alla stanza, e lei annuisce, mordendosi un labbro indecisa.
Finalmente se ne va, col suo passo felpato, e io tendo nuovamente la corda per scoccare la freccia e... qualcuno mi sfiora il costato con un tocco che mi fa rabbrividire.
-Cosa vuo...- Mi blocco, notando che quella al mio fianco non è Daisy questa volta.
-Ciao tesoro.- Un sorriso languido e d'intesa si apre sul suo volto, mentre le sopracciglia si innarcano, sotto la frangetta scura. Deglutisco, nel passare in rassegna il fisico mozzafiato che si sottopone alla tutina.
-Io sono Ambra Hawthorne. Molto piacere.- Mi porge in modo sensuale la mano, accompagnata dal suo tono di voce carezzevole ed eccitante.
-Ryan Mellark.- Stringo la sua mano tentando l'indifferenza, realizzando solo ora che Hawthorne è il cognome di quello che, un tempo, era il migliore amico di mamma. Ma... con che vincitrice si è sposato, se sua figlia è qua?
-Oh, il figlio degli sfortunati amanti... quale onore!- Io li ho visti entrambi gli Hunger Games dei miei genitori, e questa è inevitabilmente la figlia di... -Johanna Mason. Se te lo stavi chiedendo.- Irrompe, leggendomi nel pensiero. Quindi è la figlia di Gale e Johanna... però!
Annuisco e, stringendo le labbra in una linea dura, palpo un attimo il metallo nero dell'arco, prima di protendere la corda e scoccare, finalmente, la mia freccia, che va a conficcarsi proprio sul cuore del manichino.
-Mh... te la cavi.- Ride per un po' da sola, prima di tornare sui suoi passi in una camminata sinuosa e sensuale, progendomi le spalle con un movimento perfetto.
Daisy mi raggiunge poco dopo, mentre io, un po' decocentrato da quella ragazza che continua a rimanere nel mio campo visivo in modo non troppo pudico, sbaglio bersaglio diverse volte.
-Chi era quella?- Sibila, poggiando le sue piccole mani sul mio torace.
-Ambra, la figlia di Gale e Johanna Mason.- Annuisce e, dopo poche raccomandazioni, torna al centro nodi, dove un ragazzo alto e abbronzato le insegna qualcosa. Mi avvicino anch'io, immaginando già di chi si tratti.
-E vedi, questo è un nodo scorsoio. Devi far passare qui... ecco brava. Oh, ciao.- Mi sorride, non appena mi scorge, alzando quegli occhi di mare su di me.
-I due fratellini Mellark, che piacere! Zolletta?- Domanda, porgendoci uno zuccherino che rifiutiamo entrambi. È incredibilmente simile a suo padre, quasi in tutto; dai capelli ramati con le loro striature bionde, alla carnagione; dagli occhi verde acqua, alle... zollette, delle quali ho letto nel libro della memoria che hanno scritto mamma e papà. -Io sono Finch Odair.- È simile a Finnick, come nome, e so che lo sta pensando anche lui, perché gli occhi di mare gli si rannuvolano e si abbassano, opachi.
-Gli assomigli molto.- Questa volta è Daisy a parlare, guardandolo con decisione.
-Grazie.- Tiene basso lo sguardo, ma lo vedo arrossire leggermente sugli zigomi.
Credo sia un valido avversario, considerando il padre o anche, semplicemente, la sua fisicità.

Lascio Daisy e Finch da soli, e vado nella postazione pesi, attualmente vuota.
Il lavoro in panificio, ad aiutare papà, mi ha permesso di imparare a sollevare sacchi di farina molto pesanti, per questo non avrò problemi a prendere quella sfera e a lanciarla lontana, ma forse sono un po' troppo osservato ora, per mettere in atto ogni mia qualità, oltre al tiro con l'arco. Cambio rapidamente idea, e, anche se lo so già fare, vado a vedere la lezione per accendere un fuoco, sperando che mi serva a qualcosa nell'Arena.
Qui ci sono due tributi, un maschio ed una femmina, che credo appartengano allo stesso distretto. Sono pallidi e avranno una trentina d'anni.
-Ciao.- Sorrido, sedendomi a terra e prendendo due pietre focaie tra le mani.
Mi fanno un cenno con la testa, per poi tornare sul loro bastoncino che non produce nemmeno una scintilla. -Aspettate...- Posiziono più in alto le mani della donna, e le spiego che deve muoverle in modo diverso, e infatti, dopo pochi secondi, ecco la prima fiammella.
-Grazie.- Il primo sorriso, dalla donna con i capelli tendenti al grigio. -Io sono Ryan... Mellark.- È strano come qui devi dire il tuo cognome, per spiegare di quale vincitore se figlio.
-Ohh...- Il volto di entrambi si apre di sorpresa e, al tempo stesso, terrore.
-Voi?-
-Siamo del 13.- Sussurra l'uomo, anch'esso con i capelli argentei.
-Ma il 13 non ha Vincitori, come vi hanno estratto?- Domando stupito.
-Lei è la figlia della Coin, e io semplicemente un abitante del distretto. Per noi le regole sono state un po'... diverse.- Annuisco, rabbuiandomi. La Coin è la donna che mia madre ha ucciso. Fantastico.
Il distretto 13 è il più pericoloso, non potevano escluderlo dai giochi, ora che sapevano della sua esistenza, questo è certo. Ma come posso parlare con questa donna, senza pensare a ciò che mia madre a fatto alla sua? Certo, aveva ragione mia mamma, su questo per me non c'è alcun dubbio, ma è forse per questo motivo che questa donna mi guarda con quegli occhi di ghiaccio, vitrei?
Decido di allontanarmi, con un peso sul cuore, perché comunque una parte di me si sente in colpa per mia madre, e fortunatamente una campanella segna che il nostro allenamento è terminato, e possiamo tornare negli alloggi.
Lancio un'occhiata a mia sorella, e noto che sta ridendo con Finch Odair, e non comprendo come possano ridere, se tra una settimana moriranno, forse addirittura per mano dell'altro. Sospiro, e spalanco la porta, abbandonando tutto e tutti, compresa Ambra Hawthorne, che l'ho notata mentre tentava di inseguirmi, con la sua frangetta nera.
Noi dovremo ucciderle quelle persone, come possiamo farci confidenza?

Quando entro nel mio alloggio, rimango sconcertato dalla donna che mi si pone di fronte, che giurerei essere chiunque, fuorché mia madre.
Un nuovo fuoco divampa nei suoi occhi argentei - forse proprio quello della ragazza di un tempo -, e sembra così determinata e forte da poter abbatteri intere pareti solamente con lo sguardo.
Sento i passi di Daisy alle mie spalle, mentre rimango incantato su quelle iridi ardenti; solo qualche piccola rughetta mi fa capire che quella che ho di fronte non è esattamente la stessa Ghiandaia Imitatrice di una volta.
-Allora, adesso mi ascoltate.- Esordisce, cacciandoci a sedere sul divano in salotto. -Capitol City sarà contro di voi più che con chiunque altro, chiaro? Voi dovete vincere. Io non vi abbandonerò in quell'Arena.-
-Il vincitore è uno.- Sibila Daisy, guardandomi con la coda dell'occhio.
-Non me ne frega niente. Voi verrete fuori da quell'arena. In un modo o in un altro.- Non credevo che avrei mai più rivisto mamma così determinata, dopo l'annuncio. Molto probabilmente papà le ha parlato chiaro, e qualcosa in lei è scattato, sorprendendoci tutti.
Il papà, che è appena arrivato in soggiorno, si è seduto fra me e mia sorella.
-Lavoreremo bene sulla presentazione, sulla sfilata e tutto. Per il momento guardiamo i vostri avversari, okey?- Annuiamo, e lei accende un televisore che esce dalla parete.

-Distretto Uno, Due e Quattro: i Favoriti. Sono forti, e non scherzano. Dal distretto Uno e dal Due arrivano figli di vincitori un po' datati; non sono importanti i nomi, tanto non vi alleerete con loro, perché vi ucciderebbero. Dal distretto Quattro invece è interessante, perché Finch Odair è il figlio di Finnick, quindi sta dalla nostra parte. Il tributo femmina è una certa Rose... si è offerta volontaria, quindi deve essere forte, e non so se fidarmi...- La guarda per qualche istante sullo schermo, poi passa al distretto 3; -Distretto Tre, avete presente BeeTee?- Annuiamo. -È stato costretto a tornare nel 3, dal 13, perché suo figlio Traesor doveva andare a mietitura; potrebbe esservi utile per quanto riguarda l'aspetto tecnologico. La ragazza invece si chiama Cassandra... è un po' pazza, ma è sveglia.- Ricordo di averla vista nel centro di Addestramento, ora che ci penso.
I Tributi che seguono mi entrano da un orecchio ed escono dall'altro, non sono mai stato molto abile nel memorizzare nomi o volti. Solamente Ambra mi colpisce, con quel suo sorriso folle.

-Va bene, ora proponete degli alleati.- Comanda mia madre, prendendo carta e penna.
-Ma non li abbiamo ancora conosciuti tutti, non possiamo già dirti!- Ribatto, raddrizzando la schiena.
-Io direi Finch.- Interviene Daisy, prima che mamma mi risponda.
-Guarda che se ti ci affezioni, poi dovrai uccidere una persona che ami.- Sussurro, guardandola di sottecchi. Lei spalanca gli occhioni blu, lucidi, e mi guarda come se le avessi dato la notizia peggiore del mondo, mentre io le ho detto solamente la verità. -Ryan...- Mi richiama papà con tono di rimprovero.
-Che c'è? Cosa ho detto di male?- Ribatto, stupito.
-Smettetela.- Interrompe la mamma. -Smettetela, e concentratevi. Allora, abbiamo detto Finch, poi?-
-Non quella del 13, non posso guardarla negli occhi.- Mormoro, abbassando lo sguardo. Mamma annuisce, in silenzio, e propone la figlia della Mason.
-È un po' strana.- Sussurra Daisy, con i suoi grandi occhi blu.
-A me non dispiace, credo sia forte, vedendo i genitori. Mamma lo sapevi che è la figlia di Gale?- La interpello, lanciandole un'occhiata. Sibila un sì a malapena udibile, incupendosi per qualche istante, ma poi papà le accarezza la schiena e lei sembra tornare normale. -Ambra Hawthorne è molto forte, sicuramente. Saprà tirare con l'arco, ma non come voi, perché glielo avrà insegnato Gale... mentre Johanna era brava con ogni arma, ma in particolare con le asce, quindi state attenti.- Ci spiega, la mamma, puntando le sue iridi grigie su di noi. -E ha un fratello, sempre come tributo. Studiatelo domani.-
-Va bene, ci penseremo. Possiamo andare ora?- Domanda Daisy, ottenendo il consenso da parte di papà.
Esco dalla stanza anch'io, notando come ultima immagine mamma che si accascia tra le braccia di papà, in cerca di un minimo di conforto.
Sono soddisfatto che perlomeno tenti di dimostrarsi forte, ai noatri occhi; sono certo che salverà almeno uno di noi due. O, almeno, lo spero davvero tanto.




___
Buonasera!
Perdonate il ritardo, ma sono molto molto impegnata, purtroppo.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, vediamo gli altri tributi un po' più da vicino!;)
Vi è piaciuta la sorpresa della coppia Gale/Johanna???:D Entrambi i tributi del 7 sono loro figli :(( Che tristezza, ragazzi! E Finch?? Come vi pare?
Ora è meglio che io vada a dormire, altrimenti mi addormento in piedi... D:
Attendo con ansia i vari commenti, ditemi pure cosa pensate!
Sempre vostra,
pandafiore

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Capitolo 4
*** Dodici. ***


4.

 

Dodici.





Oggi è la giornata definitiva, quella in cui gli strateghi ci giudicheranno come carne da macello; carne buona o carne di scarto.
Gira voce che Plutarch, lo stratega che ha salvato i miei genitori, lo stratega buono - così viene definito nel Dodici -, si sia suicidato dopo la caduta della Paylor, ma il suo corpo non è stato rinvenuto da nessuna parte. Può darsi che lo abbiano ucciso e scaraventato in qualche bosco, dissanguato. Ma nessuno sa effettivamente niente.

Il fratello di Ambra mi osserva con diffidenza, seduto di fronte a me; si chiama Rage ed è identico a suo padre, Gale. Ha diciotto anni come me, ma è difficile farci una conversazione, in quanto è più solitario e cupo persino di mia madre.
Ambra mi ha detto che hanno anche un altro fratello, molto simile a Johanna, proprio come lei, che era stato estratto, ma Rage si è offerto al suo posto. Questo era infatti suo fratello gemello, e mentre me ne parlava vedevo i suoi occhi brillare di nostalgia e dolore, nel doverlo abbandonare al 7. Johanna Mason non aveva nessuno da perdere, nei suoi Giochi, e questo l'ha resa incredibilmente forte, questa ragazza invece perderà almeno un fratello.
-Ryan, è il mio turno.- Mi sorride pacata mia sorella, con i suoi occhioni blu che si sforzano di rimanere sereni, ma celano una tristezza antica e al contempo nuova.
-Buona fortuna.- Le do un bacio sulla guancia e le lascio la mano che mi rendo conto stavo stritolando; l'ultima cosa che vedo è il suo esile corpo che mi dà le spalle aggraziato, poi la cella si chiude, e rimango solo in questa stanza che sa di chiuso e di plastica.
Dopo quindici minuti chiamano il mio nome; mi passo una mano tra i capelli ondulati, e mi avvio.
Alzo lo sguardo e noto gli strateghi tutti fermamente attenti su di me, con un cocktail colorato tra le mani, ma rigidi e seri. Mamma mi ha raccontato cosa aveva fatto - e tutt'ora la stimo per quella freccia ben scagliata -, e controllo immediatamente se c'è un campo di forza. Inizialmente non vedo nulla, ma poi, proprio vicino al volto del capo degli strateghi, scorgo una leggerissima vibrazione; il lupo perde il pelo, ma non il vizio. Continueranno a creare campi di forza imprecisi, da bravi fessi quali sono. Non capiscono che costituiscono un'arma contro loro stessi?

Ignoro momentaneamente tutto ciò, e mi soffermo per qualche secondo sul volto del presidente Cruel, che so che ha insistito molto per essere presente oggi.
Le due piccole cicatrici che gli marcano il profilo del naso mi incuriosiscono non poco, così come il fatto che porti sempre i guanti, ma tralascio i miei pensieri e mi dirigo verso la postazione degli archi. Sto per prendere il più pesante, quando mi viene un'idea; non li stupirò mai lanciando una freccia, giusto? Anche se questa colpirà esattamente il cuore del manichino, mi daranno al massimo un sei; per questo prendo un manichino abbastanza robusto e faccio uno di quei nodi scorsoi che mi ha insegnato Finch.
Glielo infilo dalla testa e stringo sul collo; prendo velocemente le tempere e dipingo le ciocche biondiccio cenere che cadevano sulla fronte di Plutarch quando lo si vedeva ancora, per poi disegnare quel sorriso spezzato che lo caratterizzava.
Infine, con il nero ed il rosso assieme, scrivo sulla plastica del torace: Morto?

So che li provocherà, non potrebbe far altro, e so anche che così vado a cercare guai, ma non mi importa; le voci su di lui tra noi tributi sono forti e ripetitive, ma non c'è alcuna risposta ai nostri quesiti.
Appendo al soffitto il pezzo morto, come fosse impiccato e me ne vado senza badare al fatto che Cruel si sia alzato in piedi con il volto inorridito, per quanto quel silicone che ha sugli zigomi glielo permetta.

So che mia madre ha fatto qualcosa di simile per Seneca Crane, ma non me lo ha mai raccontato lei, quanto invece i vecchi del Distretto, ostinati ad elogiarla ogni singolo giorno.
Prendo uno straccio e mi strofino via il colore dalle dita, un gesto che ho fatto tante volte, a casa, di fronte ad una tela che rappresentava farfalle blu e argento come i begli occhi di Daisy.

Arrivo a casa che Effie, Haymitch, i miei genitori e Daisy sono già a tavola, che mi aspettano per cenare.
-Non ho molta fame, mangiate pure.- Li congedo con un sorriso educato, andando in camera.
Mi butto sul letto e faccio a malapena in tempo a prendere il cuscino e strapazzarlo tra le mani, che qualcuno bussa alla porta; non ho voglia di rispondere, tanto, qualunque cosa dica, questa persona irromperà nella stanza, con o senza consenso.
E così accade, infatti. Solo che credevo che l'ultima persona che mi potesse raggiungere in questa camera ombrosa fosse mia madre.
Il suo passo felpato mi affascina da sempre e vorrei essere leggero come lei, almeno quando caccio, ma è quasi impossibile.
Si siede in silenzio sul bordo del letto che le lascio come spazio e mi dà le spalle, mentre mi tiro su a sedere anch'io.
-Che c'è?- Le domando, dopo una manciata di minuti di puro silenzio.
Scrolla la testa e si volta verso di me su questo materasso morbidissimo.
Occhi grigi negli occhi grigi, metallo che fonde dell'altro metallo, laghi d'acciaio liquido che si tuffano l'uno nell'altro vicendevolmente; porta una sua mano ghiacciata a lato del mio volto, e intravedo una lacrima abbandonare i suoi occhi e scorrere sullo zigomo sinistro con fatica e rammarico. Un'unica lacrima è quella che mia madre si concede, troppo forte per lasciarsi andare. Chiudo gli occhi e abbandono il volto su quella mano così fredda, così morbida; un gesto così materno e così raro che mi prende il cuore e me lo grattugia.
-Ti voglio bene.- Le dico, dopo almeno dieci anni che non lo facevo, e prendo il suo esile corpo, stringendolo a me con quanto più forza possiedo.
Sento una sua lacrima bagnarmi la spalla, ma presto lei si ritrae silenziosa e mi guarda con quei suoi occhioni profondi, annuendo muta.
E, come è venuta, altrettanto soave se ne va, lasciandomi solo in questa stanza, che profuma di lei, e affondo con delizia il naso nelle lenzuola che si sono subito impregnate del suo profumo di spigo.
Mi addormento con il pensiero dei suoi occhi grigi lampanti, che lotteranno per noi, e mi risveglio con esso, quando Effie viene ad annunciarmi che stanno per dare i voti a noi tributi.
Sarà una giornata molto molto importante, a suo dire.

Mi vesto ed esco dalla stanza dopo poco, entrando in sala e sedendomi di fronte alle brioches al cioccolato e al caffelatte. Ammetto che le brioches le facevo meglio io in panificio...
La voce di Caesar Flickerman - ma non era morto? - riempe la stanza e Daisy mi stringe una mano in modo estremo, bloccandomi la circolazione. La guardo per qualche istante e la ritrovo terrorizzata, che fissa lo schermo, in cui Caesar dagli eccentrici capelli viola - con l'aggiunta qua e là di qualche piuma variopinta - inizia ad introdurre i tributi.

Prima appare una foto del tributo, poi esce, in sovrimpressione, il punteggio che ha ottenuto. I Tributi Favoriti naturalmente ottengono voti che vanno dall'otto all'undici; ma anche Ambra e suo fratello Rage, che sono del Sette, ottengono un ottimo dieci.
In realtà la maggior parte dei ragazzi riceve una media molto alta.
-Daisy Mellark...- Alziamo tutti la testa. -...otto!- Mia sorella mi guarda raggiante con gli occhi che letteralmente brillano e la abbraccio subito, per staccarmi soltanto quando mi sento chiamare e vedo una mia foto sullo schermo.
-Ed infine Ryan Mellark...- Il cuore pulsa, sento le vene vibrare a contatto con la mano di Daisy a destra, e con quella di Effie a sinistra. Mi mordo la lingua saggiandone il sapore di sangue, e attendo il peggio. -Wow! Ryan Mellark, distretto 12: Punteggio massimo! 12 punti!-
Papà ed Haymitch si alzano in piedi e mi guardano ridendo, mentre mamma soffoca un sorriso a sguardo basso e Daisy mi abbraccia forte. Effie, invece, mi osserva sconvolta, con la bocca aperta.
Tutti mi danno pacche sulla schiena, applaudono, si congratulano, ma credo sia impossibile aver davvero preso un dodici. Più dei favoriti? E quali tecniche ho dimostrato io, con la mia sfacciataggine?
-Dev'essere un errore.- Dico a papà.
-Non credo... che cosa hai fatto?- Mi chiede, portandomi in disparte assieme alla mamma, lasciando gli zii e Daisy a ciarlare tra loro.
-Io... io ho impiccato un manichino che rappresentava Plutarch e ci ho scritto sopra Morto?. Quando sono uscito, Cruel si è alzato in piedi e aveva una faccia strana.-
I miei sorridono e si scambiano un sguardo complice, prima che papà dica:-Hai avuto un cattivo esempio.- Indicando mia madre, che mi scruta imperterrita con i suoi occhi cupi, ma brillanti.
-Sei stato bravissimo!- Daisy mi salta sulle spalle contenta, ma io mi domando se solo io penso che questo voto rappresenti una minaccia per me...

***

Questa sera c'è la sfilata. Dopo quel punteggio avremo gli occhi di tutti puntati addosso, ma non possediamo nemmeno uno stilista.
Eppure papà e mamma ci sorprendono, ancora una volta, arrivando in camera con due divise nere.
-Voi indossatele.- Ci dicono. -Fatevi fare i ritocchi e il trucco da Effie, ci vediamo questa sera sul carro.- Annuiamo rapiti dal sorriso furbo di mamma, e ci rifugiamo nelle nostre stanze a vestirci.

Effie arriva dopo mezz'ora a prepararmi; mi sistema i capelli biondi con cura e maestria, come se avesse sempre maneggiato pettini in vita sua, e poi mi trucca, dando ulteriore risalto alle mie somiglianze con mio padre; se non fosse per questi occhi grigi, mi chiamerebbero Peeta Mellark.
Un piccolo ritocco alla divisa, in quanto io sia un po' più alto di papà, e sono pronto.
-Sei splendido.- È l'ultimo commento di mia zia, prima che mi lasci un buffetto sulla guancia e se ne vada sui suoi tacchetti fini e rumorosi.
Alle otto in punto, quando ormai il cielo fuori è nero come la pece, arrivo al mio carro, dopo aver girovagato fra i vari tributi, che mi guardano come un leone guarda una succulenta gazzella.
Ignoro gli occhi che mi fissano e mi ricongiungo con mia sorella, sulla quale Effie ha fatto un lavoro da maestra; i capelli corvini intrecciati in vari modi sulle spalle, e alcuni lasciati sciolti e liberi al vento.
Salgo sul carro nero trainato da cavalli altrettanto scuri, e noto che con queste divise incutiamo abbastanza timore.
-Allora...- Esordisce la mamma, venendoci vicina per non dover gridare. -Questi sono i costumi infiammabili che Cinna aveva cucito per noi. Vi daremo fuoco.- Gli occhi che brillano commossi al ricordo di quello stilista che lei tanto amava.
-Tranquilli, è fuoco finto, ma sembra vero.- Aggiunge papà, leggendo la paura negli occhi di Daisy.
-Siete sicuri?- Domanda quest'ultima. -È molto rischioso, potrebbe sembrare un affronto a Capitol.- La voce che le trema.
-È proprio questo che vogliamo.- Risponde mamma, decisa, con un sorrisetto sulle labbra e gli occhi di metallo che lampano fiamme ardenti, come quelle che tra poco ci circonderanno. È lei, è questa la ragazza di fuoco.

Le porte dorate si aprono, la folla acclama, guardo Daisy, le prendo la mano, e sento questo strano calore alle nostre spalle; mi volto e mi rispecchio in fiamme più belle che mai.
Stringo forte la mano di mia sorella, mentre tengo nell'altra il pulsantino che mi permetterà di fermare il fuoco quando saremo arrivati, e spero che vada tutto bene, mentre il mio cuore impazza.





____________________

Buongiorno!
Tanto per iniziare: il nome del figlio di Gale è Rage; in inglese significa rabbia, collera, ira, furore.... un come po' il caratterino del padre insomma.^^
Sto cercando, come potete notare in ogni capitolo, di dare significato ai nomi, così magari sono un po' più facili da ricordare:)

Bene, non aggiungo altro, sono curiosa di sapere cosa avete recepito voi!;) Corro a scrivere allora!
Baci

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Capitolo 5
*** Ti voglio bene. ***


5.

 

Ti voglio bene.





Il nostro carro nero avvolto nelle fiamme si ferma giusto di fronte all'alta postazione del presidente Cruel, che, non appena il pubblico si placa - e noi, dopo una sua occhiataccia, spegniamo il fuoco -, inizia a fare il suo discorso:-Popolo di Panem, benvenuti!- La voce calda, ma irritante. -Benvenuti anche voi, tributi, ai 76esimi Hunger Games!- Le tonalità più profonde tuonano, mentre la folla impazza.
Continua con qualche capitolina parola di commiato, ma sono troppo sconvolto per ascoltare oltre; sconvolto, sì, perché non mi sembra possibile che questa gente si diverta con noi, con il nostro sangue.
Eppure c'è da crederci, anche perché molto presto vedranno anche il mio di sangue... scaccio velocemente questo pensiero con una scrollata di testa, perché io non voglio morire. Non voglio proprio. Forse questa volta Capitol non ha capito che la nostra non è una mente sommessa e condizionabile, perché noi siamo nati in un periodo di pace, non siamo da sempre loro schiavi. Per mamma e papà era diverso; gli Hunger Games erano praticamente una routine annuale, credo. Ma quest'anno non andrà così. Quest'anno non ho intenzione di abbassare facilmente la testa al loro volere.

Stringo forte la mano di Daisy e la alzo verso il cielo; uniti, sì, uniti. Perché uniti siamo più forti.
Gli altri tributi, ognuno sul proprio carro, fanno esattamente il mio stesso gesto, e sollevano le mani intrecciate, facendo zittire momentaneamente il presidente, che ci scruta con aria omicida. Poi riprende il discorso, come se nulla fosse, e volge lo sguardo al pubblico, ignorandoci; il problema è che il pubblico non ci ignora affatto, anzi è estasiato da questo nostro legame. La solita stupidità capitolina, insomma.

***

Sono passati due giorni dalla sfilata, ed oggi ci sarà l'intervista con Caesar Flickerman.
Quest'anno è stato deciso che ci intervisteranno a coppie, mi hanno riferito, perché molti di noi sono fratelli e sorelle - non tutti - ed è sembrato più appariscente fare così. Contenti loro...
Sbuffo, mentre Effie continua a fare ritocchi sul mio vestito, saltellando un po' da me e un po' da Daisy. Lancio un'occhiata a mia sorella che, al contrario di quanto mi aspettassi, mi sorride dolcemente e non brontola quanto me. Sorrido anch'io, allora, perdendomi in quel blu oltremare delle sue iridi.

Finalmente Effie passa al trucco, quindi posso sedermi, e, dopo un'infinità di tempo passato da Daisy, arriva anche da me. Non so quanto ci sia da truccare un ragazzo, ma mi abbandono alle sue abili mani e alla sua voce capitolina, fidandomi ciecamente.

Dopo tre ore, siamo dietro le quinte dello spettacolo capitolino, con la voce di Caesar che ci rompe i timpani da quanto è potente.
Ascolto solo ciò che mi interessa ascoltare; inizialmente qualche sprazzo per quanto riguarda i Favoriti.
Dal distretto Due ci sono figli di vincitori un po' datati, che non ricordo nella storia degli Hunger Games; eppure la loro prestanza fisica è fenomenale e, al contempo, temibile. Quando sento che lui si chiama Snaker penso sia il nome più adatto: ha una faccia da serpe peggio di quella che aveva Snow.

Dal distretto Tre, quello di BeeTee, ci sono un certo Traesor, figlio di quel genio dell'informatica costretto a tornare nel suo distretto natale proprio per la Mietitura, ed una ragazza bruttina, con la faccia un po' da patata. Ne dimentico immediatamente il nome.

Rimango invece molto colpito dalla ragazza che, assieme a Finch, si presenta per il distretto 4; Cassandra Storming, una ragazza giovane che si potrebbe scambiare per la sorella minore di Finch, in quanto gli assomigli molto, dagli occhi di mare, ai capelli di quel particolare biondo ramato. È molto bella, ma sembra un po' sulle nuvole, mentre guarda tutto con aria sognante e annuisce ad ogni affermazione di Finch. È proprio quest'ultimo a sorprendermi, con una frase che mi trafigge il cuore: -E pensare che, in fondo, il sacrificio di mio padre non è servito a niente.- Sussurra con un sorriso amaro sulle labbra, abbassando lo sguardo. Il pubblico capitolino che lacrima in fazzolettini di seta ricamati mi fa infuriare; lo hanno ucciso loro, il padre di Finch, non dovrebbero versare nemmeno una lacrima!
-C'è qualcosa che vorresti dire a tuo padre, che sicuramente è qui con noi, anche se non lo vedi?- Domanda Caesar, e Finch annuisce, rivolgendosi alle telecamere:-Papà. Io voglio vincerli per te, questi Hunger Games. Per te. Ma sappi che, se dovessi perdere, nulla ti farebbe più onore, papà. Perché qui a Capitol non riusciranno a cambiarmi; perché se avrò degli amici in quell'Arena, io darò la vita per loro, proprio come tu hai fatto per i tuoi. E chiaro?- Le ultime parole sono dette con lacrime stantie e ferme che gli fanno brillare ancora di più gli occhi verde acqua.
È molto leale, come persona, Finch. Non sta mentendo, è ovvio che non lo sta facendo. È sicuramente importante per lui vincere, ma lo è ancor di più rendere onore al padre, dando la vita per una buona causa proprio come ha fatto lui.
Mi asciugo con un dito la parte esterna dell'occhio che minacciava di far cadere lacrime, e attendo con impazienza che arrivi il mio turno.

Nel frattempo Ambra, la figlia di Johanna, quando è il turno del suo distretto, inizia a gridare insulti e suo fratello Rage che tenta di calmare e trattenere quella furia mi fa scappare un sorriso.

I tributi dell'Undici avranno tra i trenta e i quarant'anni, entrambi dalla pelle scura, e molto seri. Non farebbero molta paura però, se i loro corpi non fossero praticamente armadi.

Arriva il nostro turno. Stringo la mano fredda di Daisy e, incerto, mi incammino con lei sul palco. Gli applausi per noi sono molto abbondanti, a scrosciate proprio, ma Caesar pare decisamente freddo e distaccato. Lo prenderei sul serio, se non fosse per i suoi ridicoli capelli viola, con inserti di svariate piume variopinte.
Ci pone una sfilza di domande serie, che non farebbero commuovere nemmeno il più sensibile dei capitolini, facendoci così perdere praticamente ogni sponsor... gli avranno sicuramente dato direttive dall'alto per agire così.
Non so cosa fare, non so davvero cosa fare, così compio la prima cosa che mi salta in testa, sorprendendo molti: prendo il microfono dalla mano salda di Caesar e me lo porto alle labbra. Seppur imbarazzato, raduno tutta la capacità di parlare che papà mi ha donato, e intraprendo un discorso che stia in piedi:-Buonasera a tutti!- Esclamo sorridendo e il pubblico rompe quel monotono silenzio di prima con strepiti e grida d'entusiasmo. -Sappiamo tutti di chi siamo figli io e mia sorella...- Annuncio, guardando quest'ultima. Il pubblico torna zitto, ma crea un silenzio diverso, un silenzio curioso. -Della ragazza di fuoco!- Grido, percependo Caesar fremere al mio fianco, sicuramente per la mia presa di posizione che sta mandando in estasi i capitolini. -E allora, miei cari, volevamo mostrarvi che non siamo da meno dei nostri genitori, anzi! Daisy, perfavore, alzati e fai una piroetta.- Sorrido, e vedo mia sorella ubbidirmi, indecisa. Ho sentito Effie dirle che doveva farlo, ma se Caesar continuava con la sua intervista non ce ne sarebbe stata l'occasione. Il conduttore è ammutolito sulla sedia, scuro in volto. Non sono questi i suoi piani. Ed io sorrido.

Daisy inizia piano a voltare su se stessa, con i suoi piccoli tacchetti, ed ecco che, lentamente, il vestito prende fuoco, sorprendendoci piacevolmente tutti; sapevo che Effie non avrebbe fallito, e la vedo sorridere tra il pubblico, mentre mi manda un bacio con la mano guantata di raso bianco.

Quando mia sorella si ferma, il suo vestito non è tramutato in nessuna pericolosa e minacciosa Ghiandaia Imitatrice; è semplicemente rimasto intatto, nonostante le fiamme. Bello, rosso e vaporoso, dà risalto alla carnagione chiara della sua indossatrice, ora colorita per l'imbarazzo.

Restituisco soddisfatto il microfono a Caesar, che ci intima di andarcene, ma non posso ignorare le grida e l'euforia che abbiamo suscitato nel pubblico. Un piccolo cenno di mano prima di andarmene, e giuro di vedere qualche ragazzina svenire, tra le sedie.

Zio Haymitch si complimenta con me, ma non evita di volgere un sorrisetto sghembo ad Effie, che ci raggiunge trotterellando sui suoi tacchi vertiginosi color prugna. Ha fatto un ottimo lavoro, in quanto neo-stilista.

La nostra gioia si spegne quando dallo schermo vediamo salire sul palco gli ultimi tributi; quelli del distretto Tredici.
Sono deboli e rachitici, soprattutto la figlia della Coin, la quale però non manca di cattiveria quando Caesar la interpella. Una frase ci spiazza tutti, dai miei genitori, agli zii, a me e mia sorella.
-Cara, dovrai combattere contro i figli di colei che ha ucciso tua madre. Ne sarai all'altezza?- Domanda Caesar, e sento già i brividi sulla schiena.
-Non vedo l'ora si vendicare mia madre. Sono assetata di sangue.- Seppur queste parole siano pronunciate con una flemma ed un animo molto stanchi, non possono non farci accapponare la pelle. Guardo Daisy, più spaventata di me, e la abbraccio. Deve stare tranquilla, ci sarò io a proteggerla. E, quando glielo dico, la sento sciogliersi tra le mie braccia.

***

Ci siamo, è arrivato il momento. Mi blocco davanti alla cabina di vetro, voltandomi un'ultima volta verso mia madre; papà è andato da Daisy.
Stringo forte a me il suo esile corpo, e le sussurro all'orecchio che andrà tutto bene.
-Ho pensato che i vostri Alleati potrebbero essere Finch e l'altra del Quattro... credo siano utili.- Mormora, puntando le sue iridi grigie su di me. Annuisco. Lo penso anch'io.
-Ryan, questa tuta che vi hanno dato è... è impermeabile. Quindi c'è di sicuro molta acqua. Sai nuotare, te la caverai, okey?- Prendo tra le dita la tuta che mi hanno fatto indossare e in effetti, palpandola, sembra una muta da sub, di quelle che mantengono il calore corporeo.
-Trova un arco. Trova acqua potabile. E vincerai. Chiaro?- Annuisco di nuovo, mentre ho ancora dieci secondi per salire sulla piattaforma.
Prendo la sua mano minuta e familiare tra le dita, e, stringendola, me la porto all'altezza del cuore. -Ti voglio bene, mamma.- Sussurro, chiudendo gli occhi e mollando la presa sulla sua pelle. Entro nella cabina e riapro gli occhi, perso in quelle iridi grigie.
-Anch'io, Ryan...- Sono le sue ultime parole, molto contenute, prima che i vetri si chiudano. Però, una volta separati dalla parete trasparente, mia madre grida ancora qualcosa e, nonostante sia molto offuscato come suono, capisco cosa sta dicendo anche solo guardando il suo labbiale. Ripete una frase, sempre una frase, battendo sul vetro in modo convulso e disperato, con le lacrime agli occhi. -Vinci per me, Ryan. Tu puoi vincere, Ryan! Vinci. Vinci!- Poi il nulla.

Il silenzio assordante, dopo le urla strazianti di una madre, è quasi doloroso.
Ed è odioso fino a quando non vengo sospinto su fino alla luce, una luce così forte che mi fa stropicciare gli occhi dal fastidio.

Metto a fuoco la vista, identifico mia sorella non lontana da me, qualche pedana più in là, e le annuisco. Poi vedo gli altri tributi e, infine, ciò che mi circonda.

E, immediatamente, quello che vedo attorno alla mia pedana, mi sconvolge.



~
Buonasera! O buonamattina? O buonanotte? Non so, è l'una di notte, e io sto aggiornando! I miei livelli di follia sono strabilianti a volte, dico davvero.
Perdonate eventuali errori di battitura, domani mattina dò loro un'occhiata non appena mi sveglio, va bene? Ora ho troppo, troppo sonno.
Spero che il capitolo, dopo tanta attesa, vi sia piaciuto. C'è il discorso del presidente Cruel, ci sono le interviste e... inizia l'Arena! Leggete bene l'ultima frase e spero vi lasci un pelo col fiato sospeso; sarà un'Arena particolare!
Grazie infinite a tutti voi, un abbraccio,
una mezza addormentata pandafiore

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Capitolo 6
*** Assassino. ***


6.

 

Assassino.





Non c'è mai stata un'Arena del genere, dannazione! Mi sono guardato ogni singola edizione, ho appuntato le più importanti, e non ho trovato nulla che assomigliasse nemmeno di striscio a questa.

Mi guardo attorno sconvolto, mentre il count down inizia dall'alto della Cornucopia e la voce di Claudius Templesmith mi riempe i timpani.
Ignoro tutto e tutti e punto nuovamente gli occhi su questa Arena, perché non so dove dovrò andare, appena partirà il colpo di cannone.

Tutto ciò che mi circonda, infatti, è acqua. Non so se salata o dolce, ma è semplicemente acqua.
Non sembra esserci un briciolo di terra ferma in questo schifo di gioco, e non so come faremo per mangiare o per dormire. No, deve esserci la terra ferma. Ma dov'è?
L'immensità della distesa ha un colore molto simile a quello degli occhi di Daisy - quel blu particolare - così il pensiero di lei riaffiora nella mia mente e le lancio un'occhiata, che lei incrocia preoccupata. Una cosa è certa: l'alleanza migliore sarà assolutamente quella con Finch e Cassandra, i tributi del Quattro. Loro hanno il mare a casa, e, nonostante anche noi sappiamo nuotare, né io né Daisy conosciamo molto il mare. Abbiamo imparato a nuotare nel laghetto del bosco, e siamo stati solo una volta nel distretto Quattro, da piccoli. C'era un mare molto simile a questo, blu e increspato dalle onde leggere e schiumose.

Il cannone spara. L'Arena è iniziata.
Mi getto in acqua, che scopro essere dolce, e inizio a nuotare verso la Cornucopia; non vorrei ma sono costretto a prendere delle armi, altrimenti è troppo rischioso stare in acqua, qualunque tributo potrebbe tirarmi giù da sotto, senza nemmeno essere visto.
Arrivo a nuoto e salgo sullo scoglio roccioso e pungente che ospita la Cornucopia, nera e lucente sotto il sole abbagliante.
Le mani mi si feriscono leggermente mentre salgo sui massi, ed incontro due occhi blu che non vorrei vedere. Non qui.
-Daisy, che diavolo ci fa qui? Vattene via, non stare qui!- Grido, stando attento che nessuno ci punti con delle armi. Ed ecco che Snaker, quello del Due, ci si sta già avvicinando con un ascia in mano. Oh merda.
Butto in acqua Daisy, e io mi sposto in tempo per schivare il colpo. Merda, merda, merda.
Corro a perdifiato fino al cuore della Cornucopia, seminando quel bisonte, e sto per prendere l'arco, quando penso che in acqua non mi servirà per niente... lo prendo lo stesso, per Daisy, perché non saprebbe maneggiare nient'altro, e me lo lego alle spalle. Per me prendo invece un tridente e mi giro appena in tempo da vedere una donna scura che corre in mia direzione armata di una spada. Inizio a scappare e mi rituffo in acqua, nuotando nella profondità affinché non mi veda.
Quando non riesco più a tenere il fiato, ma sono certo di essere abbastanza distante, riemergo e, in effetti, la Cornucopia è già lontana.

Sento tirarmi il braccio e per poco non infilzo con il tridente Cassandra, quella del distretto Quattro, che però mi mostra una piccola Ghiandaia - come quella di mamma - spillata sulla tuta. Alleati. È questo che significa.
Le annuisco e mi fa segno di andare verso il largo, dove vedo già altre due persone nuotare, e spero solo che siano Finch e Daisy. Iniziamo a nuotare anche noi, fino a raggiungere questi due, e provo un sollievo enorme nel constatare che sono proprio loro.
-Daisy!- Grido, per farli fermare. I suoi occhioni blu si girano carichi di paura, ma quando incontrano il mio sguardo grigio si placano incredibilmente. -Tieni, ti ho portato un arco! Quale è il piano?- Domando, porgendole l'arma, che lei si carica sulla schiena grazie alla cintura di cuoio che credo sia stata messa apposta.
-Dobbiamo nuotare fino a quando non troviamo della terra ferma.- Mi risponde Finch, senza il minimo fiatone, mentre io ancora poco e svengo.
-E se non ce ne fosse? Di terra ferma intendo...- Mormoro, guardandolo con la coda dell'occhio e lui rimane perplesso. Evidentemente non aveva nemmeno preso in considerazione l'idea di un'Arena d'acqua.
-Beh... dovranno farci dormire da qualche parte, in qualche modo, no?-
-Sì, ma perché non vediamo niente, nessun isolotto all'orizzonte?- È Cassandra a parlare, mentre si morde il labbro preoccupata. I lineamenti delicati sono costernati da piccole lentiggini per il sole e contornati da una chioma di capelli ramati, tirati indietro dal peso dell'acqua. Gli occhi incredibilmente verdi e lampanti.
-Non lo so... ma deve esserci della terra! Per mangiare, per dormire, per tutto. Quindi ora nuotiamo fino a trovarla, siamo molto in vantaggio rispetto agli altri, non perdiamo tempo!- Ribatte Finch e riprendiamo a nuotare, seguendolo.
Nuotiamo davvero tanto, con pochissime pause e io e mia sorella siamo costretti a rallentare diversi istanti, perché a corto di fiato; noi non siamo allenati come loro.

Improvvisamente, mentre stiamo nuotando, il cielo si fa buio, anche se in realtà le ore passate non sono a sufficenza per dire che è già sera; ci stanno scombussolando il tempo, e lo fanno apposta.
Ci fermiamo tutti a questo improvviso mutamento, e i due del Quattro si girano in nostra direzione.
-Che facciamo?- Domando, e vorrei aggiungere altro ma improvvisamente l'acqua inizia a tremare violentemente e leggo gli sguardi terrorizzati di tutti i miei compagni. Non so minimamente cosa fare, ma per sicurezza sfilo il tridente dalla cintola e lo impugno saldamente, mentre con l'altro braccio mi mantengo a galla.
Mi guardo attorno, perché sembra che debba crearsi un onda, eppure quest'acqua rimane piatta. C'è qualcosa che non va. Stringo le dita attorno al metallo leggero della mia arma.

Improvvisamente mi sento spingere lontano da una corrente d'acqua e, nonostante io tenti di remare contro con le braccia, non riesco a impedire che mi allontani dagli altri, che mi guardano ma non fanno nulla.
E poi ecco che, tra me e loro, si alza un grande muro d'acqua scrosciante, dal quale sorge una lunga e larga striscia di massi, simili agli scogli della Cornucopia, e sopra di essi c'è qualcosa; non vedo più mia sorella e gli altri. Quando la corrente e il tremore dell'acqua terminano, mi avvio verso la muretta che è salita dal nulla.

Salgo su di essa, trovando subito uno zainetto con dentro del cibo, e grido a Finch di venire qua, almeno lui. Arrivano tutti e tre - tanto meglio -, e sia Finch che Cassandra sono già saliti, e stanno aiutando Daisy, quando quest'ultima lancia un grido atroce e distolgo lo sguardo dallo zainetto, puntando mia sorella.
Una smorfia di dolore le accartoccia il volto, e capisco che qualcosa la sta tirando da dentro l'acqua. Impugno il tridente e mi tuffo in acqua, ignorando Cassandra che mi dice di non andare.
L'arma mi tira un po' a fondo appena mi immergo, ma sono armi speciali e leggere, preparate apposta per stare in acqua. Una volta sotto, apro gli occhi e vedo che l'acqua è offuscata dal rosso del sangue. Sangue di Daisy. Merda.

Vedo le sue gambe agitarsi, e qualcosa arrampicarsi su di esse, non posso colpire col tridente però, la mia visuale non è buona sott'acqua, e rischierei di colpire mia sorella.
Devo tornare su per prendere fiato, ma non ho molto tempo, quindi mi rituffo immediatamente.
Mi avvicino alla nube di sangue e strattono via con le mani il corpo che sta assalendo Daisy, la quale ne approfitta per salire in superficie, sicuramente aiutata da Finch e Cassandra. Prendo il tridente e lo punto contro questa figura che non identifico, provando a colpirlo, ma i movimenti sott'acqua sono molto rallentati e riesce a schivarli quasi tutti.
Però lui non ha armi, quindi, dopo qualche tentativo a vuoto, percepisco la punta del tridente centrare il bersaglio, infilarsi terribilmente nella sua carne, e sento un grido ovattato riempire di onde sonore l'acqua.
Riemergo senza fiato, ma tiro con me il cadavere. Il cadavere che ho ucciso io.

Finch mi dà una mano a salire sugli scogli e tira su lui il corpo inerme, mentre io tento di buttare fuori tutta l'acqua che ho nei polmoni, tossendo a spasmi.
-Bel bottino, Mellark!- Esclama Finch, estraendo dalle braccia del morto una bombola di ossigeno. Guardo il volto della mia vittima e devo trattenere i conati di vomito nel vedere che è il figlio di Beete.
-Calmati...- Le carezze di Daisy sulla mia schiena, che tentano di tranquillizzarmi, ma è davvero difficile. Ho appena ucciso una persona, di cui conoscevo il padre per giunta! Come potrei calmarmi?
-Ryan, stava cercando di uccidere tua sorella, tu hai fatto solo il tuo dovere.- Mi dice Finch, sicuramente notando il mio malessere.
-È il mio dovere uccidere delle vite umane?- Domando contrariato e stizzito.
-Nell'Arena sì.- E sto zitto, perché è vero. Perché devo ignorare le morti, almeno finché sono qua dentro e voglio uscirne.
Mi concentro piuttosto su Cassandra che sta medicando i polpacci di Daisy, pieni di graffi e di morsi. -Si era aggrappato, forse voleva salire.- Mi spiega mia sorella.
-O tirarti giù.- Aggiungo, e lei annuisce stringendo le labbra. -Sì, forse hai ragione.-
-È grave?- Chiedo a Cassandra, che è sempre così taciturna. Alza gli occhi dalle fasciature che ha trovato nello zainetto e mi guarda per qualche istante, in silenzio. Mi valuta, poi decide di parlare:-Non particolarmente.- Bene. Non potevo perdere Daisy, non immediatamente, già alle prime ore. Ma in realtà neanche dopo dieci giorni. Non posso perderla punto.

-Dove conduce questa passerella che è salita?- Domanda Cassandra, indicando gli scogli su cui poggiamo, mentre mangiamo della carne secca, poca.
-Non ne ho idea. È scesa la nebbia, vedi? Non si vede niente.- Risponde Finch, masticando. Mi guardo attorno, nel buio sempre più pesto, e in effetti siamo attorniati dall'umida foschia.
-Non siamo al sicuro.- Sussurro. Non vediamo il nemico che arriva in mezzo a questa nebbia.
-No, è vero. Ma neanche gli altri vedono qualcosa. Io proporrei di dormire ora che è buio, con uno che fa la guardia. Poi quando torna il sole procediamo, che ne dite?- Propone Finch, e siamo tutti d'accordo.
Inizia lui con il turno di guardia, e io mi stendo vicino a Daisy, che si addormenta, ma io non chiudo occhio.
Non posso. Non dopo aver ucciso una persona. Il suo viso scuro, morto, mi ricompare davanti agli occhi ogni singola volta che tento di chiuderli, nonostante Finch abbia rigettato il suo cadavere in acqua.
Attendo solo l'hovercraft che venga a prenderlo, ma sicuramente non arriva finché noi siamo così vicini. Quindi Capitol ci farà spostare di qui, a breve. E già temo i mezzi che utilizzerà, ma non possiamo avanzare con questa nebbia. Sarebbe troppo pericoloso.

Sento Daisy stringermi il braccio mentre ci si accoccola contro. Possibile che riesca a dormire? Certo, lei non ha ucciso una persona.
Sono un assassino.
Uno schifosissimo assassino.




~
Buongiorno!
Il cannone ha sparato, ragazzi, entriamo nell'Arena! Come vi pare questa Arena, ehhh?;) Chissà quali insidie nasconde... per il momento è abbastanza misteriosa, insomma: muretti che sorgono all'improvviso? Ahaha sono matta, i know u.u
Ryan ha già dovuto uccidere, che tristezza! Per giunta il figlio di Beete! Ma lo ha fatto per proteggere sua sorella, mannaggia... :(
Vabbè, fine sad moment, che ne pensate? Spero vi sia piaciuto come capitolo!
Ah, per chi se lo stesse chiedendo, l'inno e le immagini dei caduti ci saranno nel prossimo, tranquilli. :3 Ah, e le armi sono ovviamente più leggere del normale, altrimenti tirerebbero a fondo tutti, ma questo mi sembra di averlo scritto nel capitolo;)
Un bacio grande, a presto!

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Capitolo 7
*** Avvertimento. ***


7.

 

Avvertimento.





Ho appena chiuso occhio, quando parte il nuovo inno di Capitol City, svegliandoci tutti, e viene proiettata una forte luce in cielo, con lo stemma della capitale.
Iniziano, una dopo l'altra, a scorrere le immagini dei caduti, e ne conto in totale sette.
Dapprima riconosco i due ragazzi del distretto 3, tra cui quello che ho ucciso io, il figlio di BeTee. E mi vengono i conati. Poi scorre la ragazza del Cinque mi pare, i due del Sei, e qualcun altro; fondamentale è che sono ancora vivi i Favoriti e quelli del Tredici, dei quali io e Daisy abbiamo più paura; però anche Ambra Hawthorne - la figlia di Johanna - è viva, e lei non so se considerarla un nemico o no.

Si è appena spenta la luce nel cielo, quando gli scogli sotto di noi iniziano a tremare violentemente, e c'è a malapena il tempo di raccogliere lo zainetto impermeabile con il cibo e il resto, prima che i massi sotto di noi sprofondino in acqua, e anche noi veniamo inghiottiti da essa.

La bombola d'ossigeno finisce nelle profondità buie del mare, e non c'è speranza di riprenderla. Annaspo, cercando di non andare a fondo, fino a quando non recupero l'equilibrio, assieme agli altri, e chiedo loro cosa fare.
-Forse tornerà lo scoglio.- Afferma Finch, mentre nuota con la testa fuori dall'acqua; ci penso un po'... ripenso alle varie arene, e no, non credo che risalirà su questo punto lo scoglio. -Dobbiamo avanzare!- Grido, e mentre lo dico il cielo improvvisamente si fa luminoso, ed è giorno.
Iniziamo a nuotare, e lo facciamo per davvero tanto tempo, fino a quando non sentiamo un urlo terribile; mi volto e, a pochi metri da noi c'è un Tributo femmina che non riconosco, che lotta per non affogare contro un pesce enorme. È lungo tre o quattro metri, e mostra i denti affilati e sporchi di sangue, che mi fanno senso.
L'istinto più buono e umano di me - proprio quello di cui Capitol vorrebbe privarmi - vorrebbe quasi salvare quella ragazza, ma alla fine capisco che non val la pena che io muoia per salvare una sconosciuta; che poi, forse, nemmeno riuscirei a salvarla.
Riprendo così a nuotare più veloce che posso nella direzione opposta, mentre quel pesce si divora la ragazza.
Tengo d'occhio Daisy, che non rimanga indietro, e la spingo avanti gridandole di muoversi, mentre il pesce si accorge di noi. Eh, merda.

-Cazzo, Finch, fai qualcosa!- Grido, e Odair si ferma, mentre noi continuiamo a nuotare, e valuta la situazione con il suo tridente in mano. Forse decide che non è il caso di attaccare, perché lo vedo nuovamente al mio fianco, tra una boccata e l'altra.
Percepisco il fiato del pesce praticamente ai miei piedi, e ho il terrore nelle viscere, assieme al forte odore di sangue che emana il suo alito; poi, improvvisamente, si immerge tutto. Non lo sento più, ma forse è sotto il mio corpo. Ed è ancora peggio.

Continuiamo a nuotare in modo disperato, ma questa distesa d'acqua non ha nessun appiglio, niente di niente! Mi blocco, perché non ce la faccio proprio più, e giusto ora sento qualcosa di duro e rugoso contro il mio piede.
Il pesce, penso, sono spacciato.

Ma no.
La cosa sotto il mio piede non è l'enorme creatura marina che ci inseguiva, né un'altra in realtà; il mio ginocchio ci cade sopra quando ormai è sopra l'acqua, e scopro con piacere che è uno scoglio, come quello di ieri. Solo che si sta alzando sempre di più, e molto velocemente, costringendomi a sdraiarmici sopra a pancia in giù, imitato da Finch, che è l'unico qua sopra assieme a me.
Daisy e Cassandra, sono lì sotto, sempre più distanti perché lo scoglio sale vertiginosamente.
-Ma saranno sei metri!- Grido, gattonando al bell'e meglio verso Finch. Questo è un bel casino.

-Hai tu lo zaino che abbiamo trovato sullo scoglio?- Gli domando, e lui si toglie dalle spalle lo zainetto impermeabile.
-Hai un coltello? Ah, e mi serve anche il tuo tridente.- Mi porge entrambi, sfilandoseli dalla cintola; faccio lo stesso con il mio tridente, e spero solo che il mio piano funzioni.
-Allora.- Esalo, svuotando sullo scoglio lo zainetto. Ne esce una confezione di carne secca, una lattina di zuppa, una di fagioli, una garza ed una corda. Oh, grazie al cielo.
Srotolo la corda, e scopro che è lunga poco più di un metro; è poco, ma dovrebbe bastarmi.
-Che hai intenzione di fare?- Mi chiede Finch, puntandomi con i suoi occhi colore del mare; posso peecepire il suo sguardo bruciarmi sulla guancia.
-Ho un piano. Spero funzioni.- Mormoro più tra me e me, che rivolto a lui.
Allora. Il mio tridente è di circa un metro e mezzo, e lo stesso quello di Finch; dunque assieme sono tre metri. Bene. Questa corda è un metro, e siamo a quattro.
-Finch, che ne dici, tra noi e l'acqua ci saranno sei metri?- Gli chiedo, e lui si sporge a controllare, cogliendo l'occasione per fare un segno alle ragazze di stare calme e vicine allo scoglio; lancio un'occhiata, e noto che Daisy sta tentando di arrampicarsi, ma è scivoloso e pungente, infatti si sta ferendo tutte le mani. Volevo usare anche la garza per il mio piano, ma mi sa che, tra questi tagli e quello che il figlio di BeTee le ha fatto agli stinchi, mi conviene tenerla per curarla.
-Sì, cinque metri sicuri.- Mi risponde Finch, domandandomi nuovamente cosa ho in mente, se può aiutarmi. Nego con la testa, ed impugno il suo coltello.
Dapprima rompo le bretelle dello zaino, e con entrambe ci faccio più o meno cinquanta centimetri. Siamo a quattro metri e mezzo, quindi. Okay.
Faccio a sfilacci lo zaino, legando assieme i vari pezzi con dei nodi ben saldi; alla fine ho altri cinquanta centimetri, quindi cinque metri dovrei ottenerli.
Al primo tridente fisso la corda di un metro, poi l'altro tridente, poi le bretelle ed infine i pezzi di stoffa annodati.
-Ho intenzione di lanciare questo giù.- Annuncio a Finch. -E loro dovranno arrampicarcisi, dici che ce la faranno?-
Ci pensa un attimo su, ma poi prende in mano la garza che avevo intenzione di utilizzare per Daisy; -Ti conviene fasciare le punte dei tridenti con questa, altrimenti con un passo falso si infilzano.- Un po' restio, acccetto il consiglio e mi faccio aiutare da lui. Il problema è che poi come curo mia sorella? Beh, intanto la tiro su dall'acqua e dal probabile pericolo che arrivino altri ibridi, come quello che ci siamo lasciati al di là della muraglia.

-Daisy!- Grido, e smette per un secondo di provare ad arrampicarsi. -Ascolta, ora ti lancio una fune, e voi dovete arrampicarvi, okay?- Alza un pollice in segno di assenso, e annuisce, così io le getto questa semi-corda.
Dista circa mezzo metro da lei, ma ce la fa tranquillamente ad appendersi. Solo che mi sorge un altro dubbio.
E se casco, mentre sto tentando di tirare su le ragazze?
Guardo allarmato Finch, che non mi sta seguendo con i ragionamenti, e mi viene l'illuminazione. Prendo il suo coltello e lo pianto bene tra due scogli, battendo con la latta di fagioli per fissarlo e infilando la confezione di carne secca tra gli speroni rocciosi, cosicché il coltello non scivoli.
-Ma tu sei un genio!- Ride Finch, e gli faccio un cenno del capo, riprendendo di nuovo tra le mani la corda.
Urlo a Daisy che può partire, e il ragazzo del Quattro mi dà una mano a tenere la fune, che oscilla pericolosamente.

Daisy sale in tutta tranquillità, e addirittura ci sorride, prendendo posto dietro di noi per aiutarci a tenere la corda, dato che Cassandra è un po' più pesante.
Improvvisamente, circa dopo due metri di salita, sentiamo che il tributo del Quattro non sta più salendo. Ma che cavolo...
Mi sporgo a vedere cosa stia facendo, e scorgo la sua faccia terrorizzata che si fissa le mani, gonfie di pustole bianche.
-FUNGHI!!- Grida, e perde l'equilibrio, ricadendo in acqua con un tonfo.
-Cosa ha detto?!- Si allarma Finch, che mi raggiunge per guardare di sotto.
-Ha detto che c'erano dei funghi, non so... penso velenosi, aveva le mani tutte irritate.- Gli spiego, terrorizzato.
-Ma... quando sono salita io non c'era niente, solo roccia!- Esclama ingenuamente mia sorella.
-È un piano di Capitol, Daisy.- Le spiega dolcemente Finch, guardandola.
Ed ecco che, finalmente, dopo istanti eterni, rivedo la chioma rossa di Cassandra tornare a galla.
-Ritenta!- Le grida Daisy, dalle mie spalle, e per poco non prendo un infarto quando vedo qualcuno correre in nostra direzione, dietro Finch. Siamo senza armi, sono tutte nella fune! Dannazione.
-Sta' ferma!- Grido a Cassandra, che non osa metter piede sulla fune. Mi guardano tutti in modo strano, perché forse non hanno ancora visto la minaccia.
Estraggo il coltello dagli scogli e dalla carne secca, e lo impugno saldamente, attendendo un po' distante dai miei compagni che quella figura, dapprima così piccola, e poi così vicina e formosa, acquisti nitidezza ad ogni passo.
Solo quando è a tre metri da me, realizzo che è Ambra Hawthorne, la figlia di Gale e Johanna.

-Ferma!!- Le urlo, spostandomi a destra per evitare l'ascia in testa.
-Ryan?!- Ribatte, bloccando il nuovo colpo a mezz'aria. -Ryan!!- Getta l'ascia sullo scoglio e corre ad abbracciarmi, evitando di pochi millimetri il coltello che tengo in mano. -Oh, ero così terrorizzata! State bene?- Si rivolge anche a Finch e Daisy, troppo sconvolti dalle reazioni di Ambra per rispondere qualsiasi cosa.
-Ambra, c'è Cassandra giù che non riesce a salire, perché sono spuntati dei funghi velenosi sullo scoglio. Non possiamo scendere perché nessuno riuscirebbe a reggere la corda così pesante, ma lei non riesce a salire.- Tiro fuori tutto d'un fiato, sentendo che mi trovo di fronte ad una abbastanza intelligente da capirmi ed aiutarmi.
-Oh, bel casino.- Ridacchia sotto i baffi, in modo quasi sadico. Okay, è strana. -Beh, potrei lanciarle l'ascia con la quale colpire i funghi, ma se la becco in testa?-Biascica lentamente, e mi scatta la lampadina.
-Possiamo lanciare il coltello! È meno pericoloso.- Senza sapere i pareri degli altri, mi accordo con Cassandra e glielo butto in acqua abbastanza distante da non colpirla.
Pianto l'ascia come ferma fune, e fisso anche questa con la carne secca; in più Ambra ci si siede sopra, quindi sta ben ferma.
Finalmente Cassandra riprende a salire, puntellando sul coltello che rompe diversi punti dello scoglio, facendo cadere pezzettoni di roccia.
Ed ecco che le sue lentiggini e i suoi occhi verdi come l'oceano ci si ripresentano di fronte, sgranati ma splendidi.
Non dice una parola, ma si getta sulle pietre e porge a Finch le sue mani; sono piene rase di pustole bianche, gonfie e orribili, alcune scoppiate, dalle quali esce un pus biancastro. Mi viene da vomitare.
Siamo tutti tesi, mentre tiro su la fune, e tolgo le garze dai tridenti per medicare un po' Daisy, e un po' Cassandra.
Quello che più mi preoccupa di mia sorella è lo squarcio che ha sullo stinco; non è profondissimo, ma non è tanto bello.
-Qui c'è bisogno di qualcosa di Capitol!- Dico ad alta voce, affinché mi sentano bene, i telespettatori.
-Ragazzi, non lo avete ancora capito?- Irrompe Ambra, con le movenze della madre. -Noi gli stiamo sui coglioni, a quelli lì! Da Cruel, al più misero capitolino, nessuno ci darà mai un cazzo di niente! Nemmeno un deodorante! E sapete perché?!- Si ferma un secondo, rivolgendosi bene verso il cielo, e così a tutta Panem. -Perché noi vi stiamo sul cazzo, vero?! Sì, ma c'è qualcosa di più: noi vi facciamo paura! Perché noi siamo dei ribelli, e non abbiamo intenzione di sottometterci alle vostre stronzate, è chiaro?!- Sbraita, e le ultime sillabe ridondano nell'eco.
-Ma Ambra! Così ci metti solo nei casini!- Sbotta mia sorella, alzandosi e prendendola per le braccia.
-Siamo già nei casini, stupida.- Le risponde, e non posso darle torto.
Noi siamo i figli della rivoluzione.
Noi moriremo a prescindere qui.
Anche se giochiamo nel migliore dei modi, con un'intelligenza ed un'arguzia superiori a tutti gli altri, Capitol ci manderà degli ibridi apposta per disintegrarci. E penso sinceramente che il pesce dai denti insanguinati fosse solo un avvertimento.






°°°
Buongiorno!
Sì, in effetti questo capitolo giunge abbastanza tardi, ma penso abbiate visto anche voi che ho diverse long in piedi, e questa era passata in secondo piano.
Spero non vi siate dimenticati di me e di questa trama nel frattempo! ;)
Vi è piaciuto questo capitolo?
Attendo con ansia i vostri pareri! ;D
Sempre vostra,
pandafiore

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