Part of you

di eleCorti
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Remember ***
Capitolo 2: *** Birthday ***
Capitolo 3: *** Prediction ***



Capitolo 1
*** Remember ***


Remember




 
Ecco: dopo più di dieci anni era tornata nella sua città natale Storybrooke, una piccola cittadina nel Maine. Il motivo di questa sua improvvisa decisione era sua madre Mary Margareth. L’ormai anziana ex insegnante si era gravemente ammalata e i medici le davano pochi mesi di vita. Quando l’aveva saputo da suo padre David, non ci poteva credere... eppure sua madre – fino a qualche mese fa – stava bene.
Nonostante i ricordi che la legavano a quella città, la giovane Emma Swan – quella mattina di ottobre – aveva caricato il suo maggiolino giallo e insieme a suo figlio Henry era partita da New York verso il Maine.
Per tutto il tragitto – lungo un paio d’ore – Emma non poté fare a meno di pensare a lui: Killian Jones... chissà che fine aveva fatto? Si domandò. Erano passati quattordici anni dall’ultima volta che si erano visti. Già: quattordici lunghi anni, l’età di Henry per la precisione. Impulsivamente strinse il volante: i ricordi dolorosi erano riaffiorati nella sua mente insieme al motivo per il quale aveva lasciato Storybrooke, dare una vita migliore al suo piccolo e soprattutto non tarpare le ali a Killian che – all’epoca – era entrato in marina.
All’improvviso le tornò in mente una citazione di Emily Dickson che sua madre – quando le aveva comunicato che aveva intenzione di lasciare Storybrooke per sempre – le aveva ripetuto con quel suo tono commovente: il passato non è un pacchetto che si può mettere da parte. Ed era vero, lei in quei quattordici anni non aveva mai smesso di pensare a Killian e alla sua città. Le mancava tutto. Un rimpianto? Forse.
Era già sera inoltrata quando madre e figlio giunsero nella piccola cittadina di nome Storybrooke e nel solo vedere la scritta benvenuti a Storybrooke la mente della giovane Swan fu pervasa dai ricordi. Una piccola lacrima solcò il suo viso roseo: Emma si stava commovendo, come quando – qualche anno fa – aveva trovato la sua collana a forma di cigno e si era persa nei suoi ricordi.
Era il ballo di fine anno e il suo accompagnatore era Killian – suo ragazzo ormai da anni – che quella sera le aveva regalato quella preziosa collana. Emma ancora ricordava che l’aveva voltata, le aveva spostato la sua lunga chioma d’oro e le aveva allacciato la collana dicendole: “Ti sta d’incanto, love” con quel suo tono caldo in grado di sciogliere un iceberg. “Grazie Killian” aveva detto lei, mentre si rigirava ed avvolgeva il suo collo con le braccia. Quella era stata la serata più bella di tutta la sua vita.
Scosse la testa: non era il momento di rivangare il passato, ora doveva andare dai suoi genitori; non vedeva l’ora di abbracciarli, ma soprattutto non vedeva l’ora di vedere sua madre. Era stata tremendamente in pensiero.
I Charming abitavano esattamente nello stesso appartamentino al primo piano; almeno questo non era cambiato, pensò Emma.
Bussò alla porta più emozionata che mai. E se non l’avessero accolta bene? E se avessero cambiato casa? Scosse la testa, dicendosi che stava delirando.
“Emma...” fu suo padre ad aprire la porta. L’ex sceriffo era cambiato un po’ quegli anni: era ingrassato – mostrando una pancetta da birra – aveva dei folti baffi e i capelli erano diventati bianchi.
“Papà...” nel vedere suo padre – che non vedeva da quattordici lunghi anni – si sentì in pace con se stessa. Poi quando lo abbracciò, si sentì di nuovo una bambina che si sente al sicuro solo tra le braccia di suo padre.
“Henry quanto sei cresciuto!” David si staccò da sua figlia per andare ad abbracciare suo nipote. Henry non aveva mai conosciuto i suoi nonni, ma aveva visto alcuni album fotografici ed era sempre stato curioso di sapere qualcosa su di loro.
“Nonno...” sorrise, abbracciandolo. Lui si affezionava facilmente alle persone.
“La mamma?” la giovane Swan, però, passò subito al sodo. Voleva vedere sua madre.
“Sopra. Sta dormendo” si diresse verso le scale. Emma lo seguì insieme al figlio.
Eccola: Mary Margareth sdraiata sul vecchio letto di Emma, addormentata. Non sembrava più lei. Le guancie prima paffutelle ora erano scavate, come se non si nutrisse da secoli, la pelle prima rosea ora era di un bianco cadaverico e i capelli prima neri e lucenti, ora erano bianchi e spenti. A quella pungente visione una lacrima solcò il viso della giovane Swan. Quella non era sua madre. No, non ce la faceva. Doveva assolutamente uscire da quella stanza prima di scoppiare in un pianto disperato.
Afferrò il braccio di suo padre: aveva sentito un mancamento, poiché stava per svenire. David, capendo ciò che stava accadendo alla figlia, la prese sottobraccio e la condusse di sotto.
“Avete mangiato?” non appena furono seduti in cucina, David pose quella domanda alla figlia.
“No, volevamo andare da Granny’s” rispose Emma, dopo aver bevuto un bicchiere di acqua fresca. Ne aveva proprio bisogno.
“Vuoi che vada io?” si propose. Temeva che la figlia potesse avere un altro mancamento. Sapeva che non fosse per niente facile.
“No ci andiamo io ed Henry” era convinta e il padre lo capì. Si alzò dalla sedia, seguita dal figlio, con il quale si diresse verso l’ingresso.
“Sta attenta”non poté fare a meno di raccomandarsi. Si preoccupava per la figlia, era normale.
“Tranquillo” lei sorrise amorevolmente. Lo capiva, dopotutto. Anche lei si preoccupava per Henry.





 
****




 
Granny’s... era come se lo ricordava: gli sgabelli al bancone, quei quattro tavoli... l’unica cosa diversa era che il locale era gestito da Ruby e non più da sua nonna, deceduta qualche anno fa. Neanche in quell’occasione era tornata a Storybrooke.
“Emma, da quanto tempo!” Ruby – da dietro il bancone – si avvicinò a lei per servirla. Era cambiata anche lei: non portava più magliettine scollate e corte insieme a minigonne e tacchi vertiginosi, ora indossava una camicia bianca, un pantalone nero e il vecchio grembiule di sua nonna.
“Ruby, che bello vederti!” sorrise sinceramente. Ruby – oltre ad essere la migliore amica di sua madre – era come una sorella per lei, poiché uscivano sempre insieme.
“E lui chi è?” domandò, non appena puntò gli occhi su Henry.
“Lui è Henry, mio figlio” lo presentò. Ruby storse il naso, poi il suo pensiero andò al suo ex ragazzo Killian, che fosse suo figlio? Decise, però, di starsi zitta. Magari a Emma urtava parlare di Killian.
“Piacere, io sono Ruby, una vecchia amica di tua mamma!” gli strinse la mano, sorridendogli calorosamente. Si soffermò, poi, a osservarlo:  i capelli, il naso, gli occhi, il sorriso... sì, non c’era dubbio, Killian doveva per forza essere suo padre!
“Allora cosa vi porto?” prese il suo taccuino – posto accanto alla cassa, alla sua sinistra – e la penna, pronta a segnare l’ordine.
“Per me il solito” ovvero una porzione di lasagne e le polpettine della nonna.
“E per te?” Ruby si rivolse al giovane Henry che fissava il menù appeso alla parete di fronte a lui.
“Per me un doppio cheeseburger con bacon!” disse, dopo aver letto attentamente ogni tipo di panino. Quello, però, era il suo preferito. Ruby, dopo aver annotato tutto, sparì in cucina, mentre Henry ed Emma si sedettero sugli sgabelli ad aspettare.
“Emma...” quella voce... quella voce l’aveva già sentita. No... non poteva essere... no, non lui! Lui doveva essere in alto mare e non lì a Storybrooke.
Si voltò lentamente, con il cuore in gola e gli occhi sgranati. Sperò che fosse un sogno. No, non l'era: Killian Jones era lì di fronte a lei con uno sguardo a metà tra l’incredulo e il commosso che la fissava.
Un’altra frase che sua madre una volta le aveva detto (sempre prima di partire) le tornò in mente: mamma diceva sempre, devi gettare il passato dietro di te prima di andare avanti. Fino a poco tempo fa avrebbe risposto che ormai era andata avanti e si era gettata tutto alle spalle, ma la verità era che non era assolutamente vero, poiché lei lo amava ancora.
“Killian...” sussurrò, guardandolo con uno sguardo commosso. Le lacrime solcavano il suo viso, Emma Swan era commossa.
“Emma... sei tornata...” si avvicinò a lei, posandole una mano sulla guancia e asciugando con il pollice le lacrime che continuavano a cadere.
“Sì...” rispose con un flebile sussurro. Si chiese il perché Killian non fosse arrabbiato.
“Sai, ti ho cercata in lungo e in largo...” confessò. La verità era che non aveva mai smesso di amarla.
“Ero a New York...” sorrise, alla sola idea di un Killian che, disperato, la cercava.
“Lo so. I tuoi me l’hanno detto” aveva parlato anche con David, nel tentativo di ritrovare la sua Emma.
“E lui chi è?” notando Henry, non poté fare a meno di porre quella domanda.
“Lui... “ si bloccò guardando sia Henry sia Killian. Era nei guai. Temeva una possibile reazione di Henry. E se avesse deciso di non parlarle più? Dopotutto gli aveva mentito per ben quattordici anni.
“è mio padre, vero?” quella domanda di Henry la fece trasalire. Come aveva fatto a capirlo? Forse scordava che suo figlio aveva delle doti particolari.
“Sì...” abbassò la testa, fissandosi gli stivaletti neri. Si sentiva una sciocca. Con quale coraggio aveva mentito a suo figlio?
“Io... come hai potuto tenermelo nascosto?” alzò la voce. Era adirato, no anzi di più. Come aveva potuto tenergli nascosto una cosa del genere?
“Io... mi dispiace. Avevo paura che mi avresti lasciato...” ora più che mai si sentiva una sciocca. Era ovvio che Killian non l’avrebbe mai lasciata.
“Mai!” quell’affermazione, quello sguardo di ghiaccio la fecero trasalire.
“Io... sono stata una stupida...” gli occhi rossi per le lacrime, il trucco colato. Era disperata.
“Ma io non ho mai smesso di pensare a te...” trasalì ancora sentendo quelle parole. Quando Killian le cinse la vita con un braccio, una scarica elettrica la pervase. E quando posò le sue labbra sulle sue, si sciolse come neve al sole. Ora sì che si sentiva in pace con se stessa e con il mondo intero.
“Questo significa che mi hai perdonato?” gli sorrise a fior di labbra.
“Forse...” sorrise anche lui. Nel suo linguaggio significava sì ti ho perdonato, Swan.
Rise. Rise come non rideva da quattordici lunghi anni, mentre il giovane Killian imprigionava le sue labbra in un altro bacio. Henry, il quale aveva osservato la scena, sorrideva come non mai. Tutto ciò che desiderava era avere un padre ed ora finalmente ne aveva uno. Ora, finalmente, anche lui aveva una famiglia.
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice: salve! Eccomi tornata dopo tanto tempo con una challenge che vedrà come protagonisti i captainswan, ma ci saranno altri personaggi.
Spero vi piaccia! A presto.

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Capitolo 2
*** Birthday ***


Birthday






 
Il suo compleanno era finalmente giunto, per la prima volta in vita sua la giovane Emma Swan era assai felice di festeggiarlo. Il motivo di cotanta felicità era il fatto che finalmente aveva accanto a sé le persone più importanti della sua vita: i suoi genitori, David e Mary Margareth, suo figlio Henry ed infine lui, Killian Jones, l’amore della sua vita, che aveva rincontrato dopo anni.
Si osservò allo specchio più raggiante che mai; indossava un abito rosa carne non troppo scollato che le arrivava poco sopra il ginocchio e portava i capelli raccolti in una coda alta. In quel momento la giovane Emma era la persona più felice del mondo.
Ormai mancava poco,  gli invitati sarebbero arrivati a momenti. Aveva invitato tutti i suoi amici, Regina, Ruby, Belle, quasi tutta la città. Lei, in quanto sceriffo, era stimata e amata da tutti  e  proprio per questo motivo, avevano deciso di festeggiare il trentesimo compleanno di Emma da Grannys.
“Emma, sei pronta?” sua madre fece capolino dalla porta, per vedere in che stato fosse sua figlia. La giovane mamma indossava un vestito nero a pois e delle graziose ballerine nere con il fiocco.
“Sì mamma, arrivo subito!” si guardò un’ultima volta allo specchio, per poi raggiungere sua madre al piano di sotto.
Quando arrivarono da Grannys, il locale era già pieno. Rise, perché di solito la festeggiata arriva sempre prima rispetto agli altri invitati, invece lei era stata l’ultima!
“Buon compleanno, Emma!” gridarono tutti in coro, per poi avvicinarsi uno a uno a baciarla.
Emma si sentì davvero felice come non mai. La sua vita non era stata certo rose e fiori. Aveva scoperto di essere stata adottata quando era ancora una bambina ed era sempre stata trasferita da una famiglia all’altra, fino a quando alla tenera età di venti anni era andata a vivere da sola. Poi un giorno trovò i suoi genitori. Certo all’inizio non era stato facile perdonarli, poi, però, con il tempo la giovane Swan ci riuscì. Con loro si sentiva al sicuro e felice come non mai.
Vedendo tutti i suoi amici lì per lei, non poté fare a meno di pensare a una frase che sua madre le aveva sempre detto: se riuscirai sempre a mantenerti sempre nel presente, sarai un uomo felice. E lei lo era; da quando aveva smesso di vivere nel passato, si sentiva una nuova persona. La vita sarà una festa, un grande banchetto, perché è sempre e soltanto il momento che stiamo vivendo. La sua vita era, difatti, cambiata, non c’era giorno in cui lo vivesse con intensità come se fosse l’ultimo, accanto alle persone cui voleva più bene.
“Tanti auguri, love...” Killian, che dietro di lei le metteva qualcosa al collo, la ridestò dai suoi pensieri. E quel regalo? Non se lo aspettava proprio!
Era una collana a forma di cuore di diamanti... il respiro le si mozzò. Quel piccolo e insignificante attimo la fece fermare: per lei nulla esisteva tranne il qui e l’ora.
“Killian!” si voltò verso di lui con le lacrime agli occhi. Era commossa e assai.
“Grazie...” gli posò un piccolo bacio come segno di ringraziamento.
Ora che finalmente la festeggiata era arrivata, la serata poteva iniziare, Granny, per l’occasione, aveva preparato le sue famose lasagne, che andarono a ruba. La parte, però, più bella della festa fu la torta: una torta quadrata a forma di un libro di favole. Quello stesso libro che l’aveva condotta dai suoi genitori.
Emma spense le candeline, non desiderando nulla. Ci aveva pensato alla sua vita attuale, ed era arrivata alla conclusione che lei non desiderava altro. Aveva una famiglia amorevole, degli amici leali, un figlio perfetto e aveva un uomo che l’amava per come era.
“Forza facciamo una foto!” Mary Margareth aveva estratto dalla sua borsa una macchina fotografica e l’aveva appoggiata sopra il piedistallo, che David aveva appoggiato sul pavimento.
Dopodiché raggiunse gli altri, che si erano già attorniati attorno alla festeggiata, pronti per la foto.
La giovane Swan si conservò quella fotografia, in memoria di una delle giornate più belle di tutta la sua vita.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice: salve! Perdonate il ritardo ma ho avuto un guasto alla linea internet che solo ieri si è risolto. Perdonate la brevità del capitolo, ma spero di essere riuscita a inglobare tutto il pacchetto. Non ne sono convinta ma mi butto lo stesso!
Il prossimo sarà l’ultimo capitolo.

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Capitolo 3
*** Prediction ***


Prediction






 
In fiera: quel giorno la giovane Emma Swan e la sua famiglia avevano deciso di andare alla fiera della città per divertirsi un poco. Nella piccola fiera – oltre a delle bancarelle in cui si vendeva di tutto e di più – c’erano anche dei giochi, come delle piccole montagne russe, la casa dei fantasmi e il tunnel dell’amore.
Fu così che, in mezzo a così tanti giochi per svagare la propria mente, l’allegra combriccola si divise: Henry, assieme a Killian decise di provare le montagne russe, mentre Snow e David decisero di entrare nel tunnel dell’amore.
La giovane Swan, così, si ritrovò da sola a vagare per quella lunga via ricolma di bancarelle. A lei non piacevano quel tipo di cose, motivo per cui era stata restia nel venire quel giorno. Se ora era lì, lo doveva a suo figlio che aveva insistito tanto; vedrai mamma ti divertirai! Hai bisogno di un po’ di svago, le aveva detto la sera prima e lei si era fatta convincere.
“Venite! Venite fatevi predire il futuro!” una vecchietta alla sua destra attirò la sua attenzione. Predire il futuro... che cosa sciocca! Non poté fare a meno di pensare.
“Ehi tu signorina, non vuoi sapere il tuo futuro?” Emma si guardò sia a destra sia a sinistra, notando che non ci fosse nessuno accanto a lei. Possibile che stesse parlando con lei?
“Sì, cara sto parlando con te!” rispose l’anziana donna, dopo che Emma aveva indicato se stessa con l’indice destro.
Conscia che se non si fosse fatta predire il futuro, la vecchietta non si sarebbe stata zitta, si sedette di fronte a lei, con un’aria assai annoiata: quella storia le sembrava così assurda.
“Bene, bene... cosa vedo? Un uomo! Seduto a tavola! Dei bambini... sì tanti bambini... tre per la precisione!” agitando le mani su quella sfera di cristallo, l’anziana iniziò a leggere nel futuro di Emma. La giovane Swan alzò un sopraciglio. Stava scherzando, vero?
“Una donna! Sì... proprio tu! Si è appena seduta a tavola di fronte all’uomo da una sola mano! Ridono. Sì stanno proprio ridendo, mentre lei gli racconta la sua giornata!” disse ancora, mentre agitava le mani su quella sfera.
“Nient’altro?” quella doveva essere una truffa. Non ci voleva molto a prendere una sfera di cristallo e dire le prime baggianate che ti venivano in mente.
“No, cara. Prego 10 dollari...” congiunse le mani a mo’ di preghiera, chiedendo il suo denaro.
“Dieci dollari? Ma è un furto!” si lamentò la salvatrice, mentre tirava fuori dal suo portafoglio una banconota da dieci.
“Grazie e arrivederci!” ignorando ciò che aveva appena affermato la giovane, con una finta gentilezza la salutò.
La giovane Swan si alzò, imprecando contro se stessa per essersi fermata al bancone di quella vecchietta. Grazie alla sua predizione, si era messa a pensare: ma lei era certa che un giorno lei e Killian avrebbero formato una famiglia? No, non l’era. Nonostante ormai avesse abbattuto tutte le sue barriere, non era certa del suo futuro, perché – a causa dei vari nemici che mettevano a rischio la pace a Storybrooke – nulla garantiva che avrebbero potuto costruirsi una famiglia. Lei avrebbe voluto, ma ciò significava mettere a rischio le vite di bambini innocenti.
Il futuro è sempre davanti a noi, invisibile. Getta la sua ombra ai nostri piedi, inavvertita, questa frase che sua madre le diceva spesso, le tornò in mente: se così fosse, allora significava che – a poco a poco – lei e Killian un futuro se lo stavano costruendo e, magari, quella cialtrona aveva ragione. Un giorno, quindi, lei e Killian avrebbero formato una famiglia.





 
****




 
Quella giornata era passata in fretta, ed era giunto, così, il momento di andare a dormire. Anche se non ne aveva fatto cenno al suo compagno, la giovane Swan aveva ripensato alle parole di quella vecchietta, finendo col credere a quel futuro.
Quando si addormentò, perciò, aveva in testa solo un pensiero: costruire una famiglia insieme a Killian, finì tra le braccia di Morfeo con quest’immagine di lei, Killian e i loro possibili figli.
Un suono: la giovane Emma lo percepì chiaramente, la sua sveglia stava suonando. Con un sonoro sbuffo, poiché voleva dormire ancora di più, spense il piccolo marchingegno digitale, poi facendosi forza, si rigirò dall’altro lato. Dopo vari ripensamenti, si decise ad alzarsi; doveva andare a lavoro e non poteva assolutamente fare tardi.
Entrò nel piccolo bagno incorporato alla camera e s’infilò sotto la doccia, dalla quale uscì dopo pochi minuti; s’infilò poi il solito jeans, la canottiera bianca e gli stivali neri, per poi scendere a fare colazione.
“Buongiorno Ki...” si bloccò proprio davanti all’ingresso della piccola cucina –  in cui vi erano un tavolo rotondo, ricolmo di varie leccornie, il frigo a muro, il piano cottura di fronte al tavolo, il lavandino accanto alla cucina, due credenze colore beige sopra e sotto e un piccolo televisore a muro accanto al frigorifero bianco – poiché aveva visto un’insolita scena: accanto a Killian, proprio seduti al tavolo, vi erano due bambini che non conosceva, un maschio e una femmina per la precisione.
“Mamma, va tutto bene?” un Henry ormai adolescente – poteva avere sedici o diciotto anni – la ridestò dai suoi pensieri. Che cosa diavolo era successo?
“Sì...” sbatté più volte le palpebre, sperando che si era immaginata tutto. No, era tutto vero, poiché i due bambini erano ancora lì, che trangugiavano i loro pancake.
“Killian, puoi venire di là un momento?” ci doveva essere una spiegazione plausibile a tutto quello e Hook gliel’avrebbe fornita. Killian, con un’aria assai stranita, si alzò da tavola, seguendo la giovane salvatrice.
“Chi sono quei due bambini? La figlia di Zelena e il figlio di Belle?” sì, dovevano essere proprio loro, non c’era altra spiegazione.
“Aahah, no ma che dici? Hai sbattuto la testa, love? Sono i nostri pargoli!” adorava quando sua moglie lo prendeva in giro in quel modo.
Per poco, la giovane Swan non svenne; i suoi figli? Si era forse persa qualcosa, vero? Che cosa le aveva fatto quella mentecatta di una vecchiaccia? Quando sarebbe tornata in sé, gliene avrebbe dette quattro!
“Andiamo love, sennò ti si raffredda tutto!” Killian le afferrò il braccio, riconducendola nella piccola sala, dove c’erano ancora quei bambini. La fece sedere proprio a capotavola, di fronte a lui, mentre accanto a sé aveva il suo cosiddetto figlio.
Si sentiva un pesce fuor d’acqua, poiché tutti sorridevano e parlavano in una maniera così sciolta da sembrare una vera famiglia; in fondo, però, si sentiva a casa, in quanto lei da sempre aveva desiderato vivere in un ambiente famigliare così caloroso.
“Emma. Emma. Emma!” una mano: Killian le stava scuotendo la mano. Voleva rispondere, ma non ci riuscì; Killian, Henry e i due bambini divennero sempre più sfumati e la voce di Killian si assottigliava sempre più, fino a scomparire.
“Emma!” ecco, la sentì di nuovo. Aprì gli occhi, trovando il suo uomo di fronte a lei in camera loro. Si alzò di scatto, mettendosi seduta sul letto, guardandosi a destra e a manca. Possibile che fosse stato solo un sogno?
“Dove sono?” alla fine ebbe il coraggio di chiederglielo.
“Chi?” proprio non capiva. Le sembrava strana e assai.
“I bambini...” disse con un tono assai titubante.
“Quali bambini?” domandò, mostrando un sorriso. Lo stava prendendo in giro, doveva capirlo fin da subito.
“Niente, lascia stare!” un sogno: ecco ciò che era stato. Lei, però, era felice di essere tornata nella realtà dal suo Killian, che abbracciò calorosamente.
Mentre stringeva il suo uomo, che non ci stava capendo più niente, ripensò a un’altra frase che sua madre le diceva sempre: un futuro che non racchiude nulla di desiderabile è impossibile, ciò che aveva visto, lei lo desiderava ardentemente, per cui quel futuro non sarebbe mai stato impossibile. Lei avrebbe rivisto quei bambini, lo sapeva.
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice: e siamo arrivati alla fine di questa piccola raccolta. Ringrazio: magicaemy per aver indetto questa bellissima challenge, di cui io mi sono divertita a scrivere. Poi Lady Lara e Lely_1324 per aver recensito la storia. Di nuovo ringrazio magicaemy per aver messo questa piccola raccolta tra le preferite. Chicca_21, erylovevolleyandmusic, kerry, mesrandjlaw e stella36 per aver messo la storia tra le seguite.
A presto.
 
 

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