Humility lives Underground

di Smoking
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Mole and Princess Hunter ***
Capitolo 3: *** Good Behavior ***
Capitolo 4: *** A Breath Of Hardship ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



Prologo


C’era una volta un’immensa foresta cresciuta alle pendici di una catena montuosa.
Addentrandosi nella boscaglia, era possibile scorgere tra le siepi aggrovigliate una stradina impervia, scolpita nella roccia della montagna stessa. Nessun occhio distratto avrebbe potuto individuare quel sentiero tra il verde delle foglie e tra il grigio tempestoso della pietra, ma chiunque avesse prestato più attenzione avrebbe capito di trovarsi davanti all’ingresso per giungere ad un tesoro celato dalla natura stessa.

Per compiere il viaggio, sarebbero serviti curiosità ed una grandissima forza di volontà perché gli ostacoli interposti sulla strada erano in grado di mettere a dura prova il più coraggioso degli uomini; dopotutto, chiunque si fosse imbarcato in quell’impresa avrebbe dovuto superare pareti rocciose quasi prive di appigli, torrenti e fiumi ospitanti bizzarri pesci carnivori e crepacci talmente profondi da chiedersi se non portassero direttamente al centro della Terra. E se una persona avesse avuto la forza fisica per superarli, nella notte si nascondevano ombre di esseri striscianti, pronti a divorare il malcapitato avventuriero se esso si fosse dimenticato di accendere il fuoco.

Dopo tre giorni di cammino, il sentiero si sarebbe finalmente arrestato per aprirsi in un’ampia radura circondata da querce maestose e secolari e, proprio nella parte più a Ovest di quella radura, vi era un muro di edera cresciuta direttamente sulla montagna, che stendeva i suoi rami sempre più in alto come a voler eguagliare la grandezza del monte.
Raggiunta la radura, il malcapitato avventuriero si sarebbe osservato attorno in lungo ed in largo, alla ricerca del tesoro che tanto aveva desiderato di trovare, fino al momento in cui, rattristato, si fosse reso conto che non vi era nulla di speciale in quella radura e sarebbe tornato indietro con il solo ricordo di quella passeggiata come tesoro, da portarsi appresso per tutta la vita.

Ma la realtà era che, proprio dietro la parete di edera, vi era un cancello di bronzo, forgiato fino a dargli la forma di due grandi ali di angelo, intrecciate con fiori d’oro e d’argento, e, proprio dietro di esso, due figure solitarie vi facevano la guardia, assicurandosi che nessun’uomo varcasse quel cancello da entrambe le parti.
Ogni tanto i due Guardiani si arrischiavano ad allungare una mano oltre il cancello, quando l’avventuriero era particolarmente vicino all’edera, per sottrargli piccoli oggetti. Quando riuscivano nell’impresa, essi lasciavano la loro postazione e percorrevano la lunga galleria la cui vista era nascosta dalla parete di edera.

Alla fine del tunnel, lungo un chilometro e mezzo, i due Guardiani uscivano alla luce del sole, urlando gioiosi:
<< Un messaggero degli Dei ci ha fatto visita! Gli Dei ci hanno mandato un regalo per la nostra devozione! >>.
Ed ecco che l’intera comunità, che viveva oltre il tunnel, si avvicinava a loro, lasciando i rispettivi lavori per ammirare il dono degli Dei, che poteva essere un accendino, un pacchetto di fazzoletti o quant’altro.

Essi credevano che chiunque fosse in grado di giungere alla radura possedesse un po’ di potere divino necessario per superare gli ostacoli e, se esso si fosse avvicinato all’edera, l’unica conclusione possibile era che fosse a conoscenza del passaggio segreto, per cui volesse che i Guardiani ricevessero un dono. Per quanto a noi possa sembrare assurda come spiegazione, per quelli della comunità, che si facevano chiamare gli Umili, la spiegazione era del tutto plausibile.

Essi portavano avanti una vita semplice: il tunnel si apriva in un’ampissima valle, circondata interamente dai monti, ed al cui centro vi era un lago talmente grande che spesso gli Umili si riferivano ad esso come se fosse un mare; possedevano anche una loro miniera da cui estrarre metallo e nella parte più a nord della valle vi era una pianura di modeste dimensioni, in cui venivano coltivati i prodotti agricoli ed in cui pascolavano allegre le capre e le pecore, fonte di latte e di lana. Nella valle, era proibito cibarsi di carne animale perché l’assassinio di un altro essere vivente era considerato un peccato.

Gli Umili lavoravano senza sosta tutti i giorni, ad eccezione del primo giorno della settimana che era dedicato alla preghiera, e, quando il sole calava, essi si rifugiavano nelle loro dimore, che altro non erano se non grotte di differenti grandezze, costruite nella roccia della montagna da un gruppo di Umili che si facevano chiamare i Carpentieri, ed al cui interno vi erano i letti e tutto ciò che serviva per farle assomigliare ad una casa vera e propria.
Tutti i pasti si svolgevano in comune sotto un unico, grande tendone e le razioni di cibo erano uguali per tutti, ad eccezione delle donne incinte, degli anziani e dei bambini fino ai dieci anni.

La vita si svolgeva tranquilla perché tutti andavano d’accordo con gli altri ed i momenti più eccitanti erano quando i Guardiani si mostravano con il dono degli Dei, che veniva subito portato e custodito dalla Famiglia Reale che, si narrava, discendesse dagli Dei stessi.
La Famiglia Reale era venerata ed essi erano talmente umili che ogni componente andava a lavorare esattamente come ogni altro membro della comunità.
Essi vivevano, tuttavia, in una grotta più ampia delle altre e si diceva che al suo interno vi fossero passaggi segreti che racchiudevano tesori di inestimabile bellezza.

La Famiglia Reale era esattamente quello che si vedeva dall’esterno e nessuno mai aveva da dubitarne: la più anziana componente della famiglia si chiamava Dora, da molti denominata la Regina, ed era talmente buona che spesso portava spuntini e bibite fresche agli instancabili lavoratori; aveva sempre un sorriso per tutti, anche per quel monello che era suo nipote Hans, un giovane di bell’aspetto che sin dalla più tenera età aveva dimostrato una grande abilità come falegname, abilità che, purtroppo gli era costato qualche rimprovero e qualche scheggia di legno infilata nei polpastrelli. Dora apprezzava la diversità di suo nipote, così vivace ed intraprendente, almeno fino al momento in cui non avesse promosso idee più innovative, che temeva come il mondo al di fuori della sua valle.

Altro motivo di non poche preoccupazioni per la Regina era la sua nipotina più piccola, Jennifer, la cui bellezza sembrava essergli stata donata unicamente dagli Dei; si apprestava bene a svolgere tutti i lavoretti domestici e di cucito e la sua generosità era paragonabile solamente a quella della nonna. Tuttavia, la sua natura mite l’aveva sempre portata a farsi coinvolgere nelle marachelle del fratello più grande, come quella volta che l’aveva convinta a salire su un ciliegio per rimettere al suo posto un pettirosso che era caduto dal nido.

A porre freno a quelle avventure, c’era sempre Mia, l’inseparabile amica di Jennifer che, benché fosse vivace anch’ella, faceva l’impossibile per preservare la salute sua e dell’amica.
Se Jennifer era portata per ogni lavoretto da brava signorina rispettabile, Mia era l’opposto: sgraziata e disordinata, non poteva tirarsi indietro dall’infilarsi in qualche cavità rocciosa alla ricerca di qualche pietra dalla forma particolare e, dopo ogni temporale, il suo passatempo preferito era quello di sguazzare in qualche pozzanghera melmosa nella pianura.

Ovunque andasse Mia c’era anche Jennifer ed ogni sera, a cena, entrambe raccontavano eccitate quello che avevano fatto durante la giornata, trasformando in un’avventura anche il semplice fatto di aver dato da mangiare agli agnellini.
Fino a che non ebbero l’età di dieci anni furono inseparabili, ma poi, come ogni storia di grande amicizia, la vita ed il dolore si misero in mezzo.

Il dolore di Jennifer fu la perdita dei suoi genitori a causa di una malattia che aveva colpito una ventina di persone in tutta la valle; nonostante gli sforzi dei Guaritori, nessuno degli infettati riuscì a sopravvivere.
Per sette giorni e sette notti, la valle si riempì di preghiere e cerimonie per i defunti, i cui corpi vennero sepolti alle pendici della montagna più alta della valle, e grandi falò vennero innalzati in favore degli Dei in ogni riva del lago.

Tuttavia, benché si possa pensare il contrario, quella fu una settimana gioiosa: anche chi aveva perso qualcuno di caro era allegro perché sapeva che la sua anima si era appena ricongiunta agli Dei.
La piccola Jennifer era più confusa che mai perché le complesse questioni religiose non erano alla portata di una bimba così innocente. Come potevano essere benevoli degli Dei che le avevano portato via la sua mamma ed il suo papà?

Spesso, Jennifer vide sua nonna Dora versare lacrime di gioia per quell’evento perciò, per paura di sbagliare e di farla soffrire, la bambina non accennò mai ai suoi dubbi e si unì ai festeggiamenti.
Di tutt’altra opinione pareva essere Hans: a quel tempo aveva quattordici anni ed i Carpentieri lo avevano già preso come apprendista per imparare il lavoro.
Non si sa bene quale fosse il suo punto di vista, ma in quella settimana lavorò ancor più duramente del solito, da solo ed a stento lo si vedeva durante i pasti.
Più il tempo trascorreva e più Hans diventava iroso, anche nei confronti della Regina, che spesso si appellò agli Dei per far ritrovare il senno a suo nipote.

Mia osservava tutto dall’esterno: non le era più possibile avvicinarsi troppo a Jennifer perché la nonna la teneva sempre con sé, preoccupata che Hans potesse metterle nella mente strane idee, e per giornate intere le due bambine non si videro perché a Jennifer era stato proibito di giocare fino a quando non avesse imparato tutta la storia degli Dei e della valle.
Il comportamento della Regina nei confronti di Jennifer fece infuriare Hans ancora di più e così, una notte in cui la valle era percorsa da una violenta tempesta, le urla del giovane si mescolarono alla pioggia che batteva furiosa sulla superficie del lago.

Insultò la nonna in modi che mai si erano sentiti nella valle e le sue grida tanto erano spaventose che la povera Jennifer si mise a piangere in un angolo.
<< A te importa solo di mantenere una buona posizione nella valle! >> urlò Hans con tanta foga che quasi si strozzò << E tutti questi oggetti che ti tieni per te! Questi non sono doni degli Dei, questa è solamente merce rubata! >>.
Mai un simile oltraggio era stato fatto alla Regina che, scandalizzata, iniziò a urlare anch’essa, pregandolo di andarsene e di non avvicinarsi mai più a quella dimora.

Hans uscì sotto la pioggia e, raggiunto il molo, salì su una barchetta che si era costruita da per sé; si avviò al centro del lago, con la tempesta che infuriava attorno a lui, fino a quando, dalla riva, nessuno riuscì più a scorgerlo.
La mattina dopo, quando il cielo fu di nuovo sereno e l’acqua calma, di Hans e della sua barchetta non vi era più traccia.

Per giorni lo si cercò invano e, alla fine, l’unica spiegazione plausibile era che gli Dei lo avessero punito per aver disonorato la propria famiglia, affogandolo nelle profondità acquatiche.
La Regina, seppur avesse perso la pazienza con il nipote, già la mattina dopo sarebbe stata pronta a riaccoglierlo ed a perdonarlo da ogni male, se solo gli Dei glielo avessero restituito.
Quando alla fine capì che per il nipote non c’erano più speranze, decise che avrebbe fatto di tutto per la piccola Jennifer.

Indusse un’assemblea generale e, davanti a tutti gli Umili, disse che gli Dei le avevano parlato: la valle non era più un posto sicuro per sua nipote, l’ultima discendente degli Dei, e disse loro che, fino a quando i tempi non sarebbero stati più favorevoli, entrambe si sarebbero fatte rinchiudere in una dimora costruita appositamente tra gli alberi della montagna più alta, che svettava imponente su tutta la valle.

Non vi furono abbracci e saluti tra Mia e Jennifer perché chiunque avesse osato avvicinarsi all’ultima discendente degli Dei sarebbe stato punito severamente.
Per otto lunghi anni, la Regina e Jennifer rimasero sulla montagna, mentre il resto degli Umili riprendeva la vita modesta e sincera che avevano sempre avuto prima di quei tragici avvenimenti.

Ogni singolo giorno di quegli otto anni, Mia sentì la mancanza di Jennifer e l’unica traccia rimasta nella valle della Famiglia Reale furono le urla di Hans che sembrava risuonassero ancora durante un temporale ed il rumore della sua seghetta sul legno mentre si accingeva a costruire qualcosa di nuovo.





***

Salve a tutti!! ^^
Dopo un'infinità di tempo ho postato quest'altra storiella, spero vi piaccia!
E' molto diversa dal genere di storie che scrivo di solito, ma ho fatto del mio meglio! Siate clementi! xD
Comunque per l'ambientazione della valle mi sono ispirata al Lago di Braies e alle grotte del Passetto di Ancona, di cui vi lascio un'immagine qui sotto ;)

Grotte

Spero di avervi incuriositi un po' con questa storia e qualsiasi recensione è sempre ben accetta ^^
Al prossimo aggiornamento! :D
Smoking

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Capitolo 2
*** Mole and Princess Hunter ***


Ciao a tutti! Ecco il primissimo capitolo di questa favoletta, spero che vi piaccia più del prologo che, poverino, ha ricevuto poche recensioni xD
Comunque, per gli appassionati dei prestavolto, annuncio che Shailene Woodley sarà Mia e Jennifer non può essere altri che Jennifer Lawrence!
So che queste povere ragazze sono state usate e riusate nelle storie, ma nella mia mente potevano essere solo loro due le protagoniste **
In fondo vi lascio le immagini degli altri personaggi che conoscerete leggendo ;)
Se vi va lasciate un commentino che fa sempre piacere ^^
Buona lettura!
Smoking

***






Lo scorrere del tempo nella valle era visibile se si osservava la crescita dei bambini: i maschi si erano alzati ed irrobustiti, mostrandosi fieri del fatto che sul loro petto fosse spuntata una rada peluria; le ragazze, invece, erano diventate più belle che mai: sempre curate nei minimi dettagli, portavano fiori tra i lunghi capelli ed abiti dalle elaborate rifiniture.

L’unica fanciulla che appariva differente rispetto alle altre donnicciole della valle era Mia: lei odiava quegli abiti così ingombranti e ad essi preferiva indossare un bel paio di pantaloni, che le permettevano di muoversi più liberamente ovunque andasse; i capelli li portava sempre tagliati corti come quelli di un uomo, anche se quella capigliatura le dava l’impressione di attirare gli sguardi degli altri Umili, incuriositi da quella ragazza così diversa dalle altre. Molto spesso, Mia sentiva anche delle note di derisione nella loro voce, come quella volta che la madre si era rifiutata di tagliarle i capelli ancora più corti di come li portasse di solito: Mia aveva dovuto fare da sola con la conclusione che ogni ciocca di capelli aveva una lunghezza diversa, facendola somigliare ad una gallina spennata. Per giorni la ragazza aveva poi supplicato la madre per aggiustare quel pasticcio, ma quando acconsentì tutta la valle aveva già visto Mia e la sua capigliatura.

A parte quell’episodio che le aveva provocato un certo imbarazzo, a Mia non importava di essere derisa dagli altri quando passeggiava: lei era esattamente come voleva essere e nulla le avrebbe fatto cambiare idea.
Altro fatto che metteva Mia sotto una luce diversa dagli altri era l’occupazione che si era scelta: mentre le altre ragazze erano diventate lavandaie, domestiche e tessitrici, Mia era entrata a far parte dei Guardiani che, oltre a preoccuparsi del tunnel che conduceva al di fuori della valle, si occupavano della sicurezza degli Umili in genere; se un albero era caduto durante una tempesta, essi accorrevano per spostarlo e, se qualche animale selvatico si avvicinava troppo alla valle, i Guardiani lo scacciavano verso le montagne (ma senza mai usare la violenza su di loro).

Mia era riuscita ad entrare in quel gruppo con non poche fatiche: i Guardiani erano stati riluttanti a far entrare una donna tra di loro, ma, quando si accorsero delle buone abilità fisiche di Mia, la accettarono con entusiasmo. Lei era agile e scattante, non aveva timori a sporcarsi e a fare lavori pesanti come le altre donne; benché fosse muscolosa, la sua corporatura era minuta e ciò le permetteva di infilarsi negli anfratti più stretti ed in luoghi che mai avrebbero potuto raggiungere i suoi colleghi più robusti.

Alla fine dell’addestramento, nessuno ebbe da ridire qualcosa sulla scelta del suo lavoro, anzi! Quella carica le aveva anche fatto guadagnare un po’ più di rispetto da parte della comunità.
L’unico che ancora nutriva dei dubbi su Mia era il Generale Einar: entrato in carica appena un anno prima che Mia compisse diciotto anni e subito dopo la prematura morte del precedente Generale, Einar si occupava di coordinare le attività di tutti i Guardiani, anche se nell’ultimo periodo sembrava avesse preso particolarmente a cuore il fatto di rimbeccare Mia ogni volta che ne aveva l’occasione, dicendole che essa mostrasse quello che definiva “uno scarso impegno nel lavoro”. Infatti, nell’ultimo anno, mentre il resto dei Guardiani svolgeva imprese quasi eroiche, a Mia toccavano sempre i lavori più umili.

Un esempio lampante si verificò nei giorni in cui cadde l’ottavo anniversario della scomparsa di Hans: già da tempo gli agricoltori si erano lamentati della presenza di una talpa nel loro campo di patate e, dopo falliti tentativi di cattura, si erano rivolti ai Guardiani.
Mia fu molto sorpresa quando il Generale Einar le affidò l’incarico: sarebbe stata al comando dell’intera operazione ed avrebbe anche avuto al suo fianco dei compagni a cui impartire qualche ordine. La ragazza era al settimo cielo perché pensava che, finalmente, il Generale stesse iniziando a riporre un po’ di fiducia in lei.

Così, all’alba del giorno seguente, Mia si presentò raggiante davanti alla grotta che veniva utilizzata come centro di ritrovo dei Guardiani.
Poco le mancò dallo svenire, quando Einar le disse che sarebbe stata accompagnata solamente da Markus, un ragazzetto di tredici anni rachitico e dalla salute cagionevole; alla fine, Mia lo considerava una persona piacevole, un bravo ragazzo, ma su come fosse riuscito a farsi accettare tra i Guardiani rimaneva un mistero.

Einar disse a Mia che, una volta catturata la talpa, avrebbe dovuto portarla sui monti, dove avrebbe continuato a vivere senza danneggiare il raccolto. Detto questo, congedò i due ragazzi, che si avviarono verso la pianura costeggiando le rive del lago.
Mentre Mia aveva perso parte dell’entusiasmo per quella missione, nulla sembrava disturbare l’emozione di Markus, che tra gli Umili era conosciuto come Manzo: quel soprannome gli era stato dato per il fatto che, alla sua nascita, pesasse talmente tanto da somigliare ad un cucciolo di bue; tutti erano convinti che crescendo sarebbe diventato il ragazzo più forte di tutta la valle ma, alla fine, rimasero tutti spiazzati quando si rivelò malaticcio e divenne rinsecchito come una spiga di grano al sole.

Sicuramente, Markus aveva risentito di tutto ciò, quando ebbe l’età per capire che razza di delusione fosse stato, e, in parte, era anche per quello che era riuscito ad entrare nelle grazie di Mia, che dopo la partenza di Jennifer non aveva più dato molta confidenza agli altri Umili.
Discutendo del modo in cui avrebbero catturato la talpa, i due raggiunsero la pianura ed un agricoltore con dei baffoni da tricheco si avvicinò a loro, con un gran sorriso.

<< Siete i due Guardiani che hanno mandato per la talpa? >> chiese, asciugandosi una goccia di sudore dalla fronte.
I due giovani annuirono e lui gli fece segno di seguirlo; i due ragazzi gli trotterellarono dietro.
<< Avete già pensato ad un modo per catturarla? >> domandò l’uomo mentre superava un campo di zucche e li conduceva in quello di patate, per mostrargli i danni.

<< Metteremo dei lombrichi con una mistura soporifera nel tunnel principale >> iniziò Mia, con tono professionale << e quando si addormenterà la prenderemo. >>.
L’agricoltore si grattò il mento, dubbioso << Non sono sicuro che funzionerà. È furba quella talpa, ve lo dico io, e non è neanche una di quelle normale. Io dico … quale razza di talpa mangia patate? >>.
<< Le talpe si nutrono solo di insetti. >> fece notare Markus.

<< Eh, appunto! È quello che dico io! Ma questa talpa qui esce di notte e va a rosicchiarsi il nostro raccolto. Guardate! >> disse l’agricoltore, puntando l’indice contro una pianta che era stata dissotterrata: tra le foglie cadute vi erano parecchie patate morsicate.
<< Forse in questo periodo scarseggiano gli insetti? >> tentò Mia, mostrando una certa titubanza.
Neanche l’agricoltore sembrò convinto, ma non disse nulla e se ne andò, lasciando soli i due ragazzi che già si erano messi all’opera.

Ci misero non poco a trovare l’ingresso del tunnel centrale, che era stato scavato proprio sotto le fronde di una pianta di patate parecchio voluminosa; al suo interno vi posizionarono dei lombrichi morti a cui Markus aggiunse una modesta quantità di mistura soporifera preparata con delle piante da sua madre, una delle Guaritrici.
<< Ed ora aspettiamo >> disse Mia, sdraiandosi a pancia in sotto sulla terra e mettendosi una grande foglia sopra la testa a mo’ di copricapo << e ci confondiamo con l’orto. >>.





Il sole si fece alto nel cielo, segnando il mezzodì, e nulla sembrava muoversi sotto la terra. Mia era demoralizzata perché era crollata la sua convinzione di riuscire nell’impresa e, al suo fianco, Markus sembrava star poco bene, forse per il fatto di esser stato sotto il sole cocente per tutto quel tempo.
Forse l’agricoltore aveva ragione a dire che la talpa si mostrava di notte e che, forse, quella non era una comunissima talpa.
Mia stava quasi per gettare la spugna, quando un trambusto improvviso fece tremare la terra; i due ragazzi si scambiarono uno sguardo complice perché entrambi sapevano che l’ora era finalmente giunta.

Ma poi sentirono le urla e capirono che non era la talpa a provocare quei rumori, ma gli agricoltori che correvano e gettavano i loro arnesi a terra, impazziti.
<< La Regina! >> urlò qualcuno << La Regina e la Principessa Jennifer stanno tornando! >>.
A Mia quasi si fermò il cuore quando udì quelle parole: dopo tutto quel tempo avrebbe finalmente rivisto la sua amica, l’unica che era riuscita ad apprezzarla per come era. Chissà se si sarebbero riconosciute …

Il tocco di Markus la riportò sulla terraferma.
<< Che c’è? >> chiese Mia un po’ brusca, osservando l’orizzonte per vedere se riusciva a scorgere Jennifer anche da lontano.
<< Laggiù >> sussurrò Markus all’erta << Guarda laggiù. >>.
Mia osservò il punto indicatole dal ragazzo: una zolla di terra si stava sollevando vicino ad una pianta, segno che la talpa stava scavando lì sotto.

Mia fu tentata di abbandonare la missione per correre da Jennifer, ma poi pensò al Generale Einar, che disprezzò profondamente: egli era il primo a sapere tutte le novità importanti nella valle e, sicuramente, era già al corrente del ritorno della Famiglia Reale quando le aveva affidato quel compito. Pensava forse che la presenza di Mia e di Markus avrebbe messo in cattiva luce tutti i Guardiani?

Mordendosi la lingua per la scelta che fece, decise che mai avrebbe dato al Generale anche la soddisfazione di non aver portato a compimento quella missione, così fece un segno a Markus ed i due ragazzi si avvicinarono lentamente alla zolla di terra, decisi a catturare l’animale anche se non nel modo che avevano progettato all’inizio.
Stavano quasi per raggiungere la talpa, quando si udì un verso acuto e soffocato e, prima che uno dei due ragazzi potesse fare o pensare qualcosa, la terra sotto i loro piedi franò; presi alla sprovvista si divincolarono: Markus colpì Mia al labbro con un pugno mentre cercava un appiglio e Mia, per non franare più in giù, colpì con un piede qualcosa di duro, che gemette sotto di lei e fuggì.

I due ragazzi sprofondarono fino alla vita, insieme ad una buona parte del campo di patate. Tossendo a causa della nuvola di terra che si era alzata nell’aria, Mia e Markus uscirono dal buco che si era formato nel terreno ed osservarono la loro opera allibiti, domandandosi quale sarebbe stata la loro sorte quando avessero detto al Generale quello che era accaduto.
Mia si chiese da quanto tempo la talpa stesse creando tunnel sotto quel campo, ma poi pensò che fosse più probabile che la talpa avesse iniziato a scavare quando si era accorta della loro presenza, oppure il campo sarebbe crollato molto prima sotto l’azione delle zappe degli agricoltori. Ma che razza di talpa era in grado di costruire dei tunnel così grandi in così poco tempo?

La risposta arrivò ovvia da Markus.
<< Per me >> iniziò, disperato e più pallido che mai << quella non era una talpa.>>.
Ma se non era una talpa, allora che diavolo di animale era?

Confusa e tramortita per il pugno che si era beccata nel labbro, Mia si tirò in piedi, scrollandosi di dosso zolle di terriccio secche, ed osservò Markus che non sembrava avesse intenzione di tirarsi su così in fretta.
Mia osservò che aveva i pantaloni strappati all’altezza del ginocchio, sotto cui si intravedeva il rosso del sangue.
<< Sei ferito. >> disse Mia, tirandolo in piedi a forza << Meglio se ti porto dalle Guaritrici, potrebbe infettarsi. >>.

<< Non fa così male … >> borbottò con gli occhi sgranati, prima di mettersi le mani tra i capelli << Se mi cacciano dai Guardiani cosa andrò a fare? Io non so fare niente >>.
<< Non ti cacceranno, tranquillo. >> disse Mia, che pensò fosse più probabile che l’intera responsabilità di quel disastro sarebbe caduta sulle sue spalle << Ora andiamocene. Non possiamo sistemare nulla ora che tutti sono andati a vedere la Principessa … >>.

I due ragazzi rifecero la strada al contrario, dirigendosi verso la grotta della Famiglia Reale; Mia, che non vedeva l’ora di incontrare di nuovo Jennifer, ogni tanto provò ad accelerare il passo, prima di rendersi conto che Markus non poteva muoversi molto velocemente per la ferita al ginocchio.
Quando furono in prossimità della grotta, videro che tutta la comunità si era riunita attorno ad essa per porgere il saluto alla Famiglia Reale.

Mia fece appena in tempo ad osservare il suo riflesso devastato sulla superficie del lago quando urla ed esclamazioni di gioia si levarono nella valle; la ragazza corse verso la folla, lasciandosi indietro Markus, e si infiltrò tra la massa di persone accalcate.
Tutti spingevano e si alzavano sulle punte per riuscire a vedere la Regina e la Principessa, ma per fortuna Mia, che era abituata ad anfratti ben peggiori, riuscì a sgattaiolare in prima fila, proprio nel momento in cui due Guardiani, tra cui il Generale Einar, aprivano il corteo per far passare la Regina e Jennifer.

Quando Einar vide Mia tra la folla, il suo sguardo le si posò addosso ed ella vide un bagliore rossastro nei suoi occhi, per l’ira; il Generale la superò senza dire nulla, ma Mia era sicura che una volta finito il corteo si sarebbe trovata in un bel guaio.
Mia vide i due Guardiani posizionarsi all’entrata della grotta, per fare da sentinelle, mentre un applauso generale percosse la folla; la ragazza voltò lo sguardo, osservando con attenzione le nuove venute.

La prima a mostrarsi fu la Regina: era vestita con un lungo abito turchese decorato con un ricamo floreale in pizzo che scendeva come una cascata fino alle caviglie e, indossando quell’indumento, sembrava che per lei gli anni non fossero trascorsi; di certo non aveva perso il suo portamento elegante negli otto anni trascorsi sulla montagna: si muoveva sinuosa come una lince, ma il collo era rigido e Dora sembrava volesse estenderlo sempre più in alto per mostrare a tutti la sua troneggiante figura. Benché quella posizione dovesse provocarle non pochi fastidi, la Regina aveva un’espressione rilassata e gioiosa, gli occhi lucidi per essersi finalmente ricongiunta alla sua amata comunità.

Ma mentre la Regina mostrava su di sé la bellezza di un tempo passato, Jennifer era il ritratto della freschezza della gioventù e, benché fosse cresciuta, sui suoi lineamenti era ancora possibile scorgere l’innocenza dell’infanzia, che la rendeva ancor più incantevole. Sembrava che fosse stata vestita dalla primavera stessa, tanto il suo abito era verde, e tra i capelli le spuntavano dozzine di margherite colorate appena sbocciate, a incorniciarle il volto su cui era dipinto un timido sorriso.

Mia, per la prima volta nella sua vita, desiderò di aver avuto addosso uno di quegli abiti che sua madre tanto l’aveva pregata di indossare, invece di quella logora casacca da lavoro sporca di terriccio; la consapevolezza di come potesse apparire disastrata, con i capelli in disordine ed il labbro gonfio che pulsava dolorosamente, non migliorò il suo umore.
Tutti quei pensieri negativi, tuttavia, svanirono mentre vide Jennifer avvicinarsi: a lei di certo non sarebbe importato vederla in quello stato, lei che da sempre vedeva la diversità come qualcosa da cui imparare e non come qualcosa da temere.

Mia non aveva idea di come avrebbe reagito vedendola, ma sapeva che sarebbe bastato un solo sguardo per cancellare quegli otto anni di lontananza.
Ma nessuno sguardo arrivò: Jennifer passò davanti a lei come se fosse stata invisibile, gli occhi che scrutavano da una parte all’altra della folla ma senza osservare nessuno in particolare.
Possibile che non l’avesse riconosciuta?

Promettendosi che quando la folla si fosse dispersa avrebbe trovato il modo per parlarle, Mia osservò Jennifer e la Regina mentre salivano dei gradini che conducevano alla loro grotta e, quando Dora si trovò davanti ad essa, si voltò verso gli Umili, su cui troneggiava imperiosa.
<< Otto anni sono passati da quando io e mia nipote ci siamo ritirate sulla montagna. >> iniziò la Regina, in tono solenne << e per otto anni ho aspettato che gli Dei mi parlassero di nuovo, che mi dicessero quando i tempi sarebbero stati più favorevoli per tornare tra la mia gente, per la cui serenità offrirei la mia stessa vita. >>.

Applausi e lodi alla Regina si levarono dalla folla, dopo aver udito quelle parole, ed ella, compiaciuta, continuò il suo discorso:
<< In questi anni, la Famiglia Reale non ha dimenticato nessuno di voi, ma, al contrario, ha continuato a lavorare tramite i Guardiani per riportare in questo luogo la pace e l’armonia che vi era un tempo. >>.
Mia digrignò i denti: le sue teorie riguardo al Generale Einar erano esatte, allora!

<< Ora, dopo tutto questo tempo, gli Dei hanno finalmente stabilito che i cuori di tutti gli Umili sono ritornati alla loro purezza originaria e che mia nipote >> disse Dora, indicando Jennifer, lo sguardo puntato vacuo verso l’orizzonte ed appena l’ombra di un sorriso nel viso << sia finalmente pronta a prendere marito e portare avanti la nostra dinastia.>>.
L’intera folla trattenne il fiato all’unanimità: quando avevano saputo che la Regina e la Principessa stavano tornando, non potevano immaginare che fosse per far maritare la giovane Jennifer. Nessuno proferì parola, ma tutti si stavano chiedendo chi sarebbe stato il fortunato che avrebbe avuto l’onore di entrare a far parte della Famiglia Reale.

Mia rimase allibita: sarà stato il fatto che ancora vedeva Jennifer come la bambina che era stata e non come una donna in età da marito, oppure il fatto che, in ogni caso, sposarsi e mettere su famiglia non era una realtà che le fosse mai appartenuta, ma Mia trovò intollerabile quella decisione che, ne era sicura, non era venuta dagli Dei, ma dalla Regina stessa.
Ogni sguardo di ogni singolo Umile era puntato su Jennifer e, Mia non riuscì a non notarlo, quello del Generale Einar: lo stesso sguardo che poco prima aveva destinato a Mia, ora era rivolto verso la Principessa, ma all’interno delle sue iridi vi era una luce differente che Mia non aveva mai visto in nessun Umile e di cui non ne capiva il significato. Sapeva solo che, se non aveva mai provato simpatia per quell’uomo, ora ne provava ancora di meno.

<< Ci sarà una competizione. >> annunciò la Regina << Domani mattina verranno annunciate le prove che dovranno affrontare i contendenti. Al vincitore verrà data la mano di mia nipote. >>.
Concluso il discorso, la folla iniziò ad acclamare la Famiglia Reale e tutti iniziarono a darsi da fare per allestire una grande festa in onore degli Dei che si sarebbe svolta la sera.

Vi fu talmente tanto trambusto che Mia non riuscì a raggiungere la grotta della Famiglia Reale prima che questa si chiudesse alle spalle della Regina e di Jennifer, che erano andate a riposarsi dopo la lunga camminata dalla montagna alla valle.
Mia non provò nemmeno a chiedere “un’udienza” ai due Guardiani: se il Generale Einar non voleva che fosse presente al ritorno della Famiglia Reale, dubitava che le avrebbe concesso di vedere Jennifer. E se anche fosse riuscita a convincerlo non poteva di certo superare quell’ostacolo invalicabile che era la nonna.
Decise che la sera avrebbe trovato il modo di parlare con Jennifer durante la festa e si avviò verso la grotta che era casa sua per darsi una sistemata. Più tardi avrebbe anche parlato con il Generale su ciò che era successo al campo di patate: già temeva la sua reazione.

Durante il tragitto ripensò a quello che aveva detto la Regina riguardo al fatto che i cuori di tutti gli Umili erano ritornati alla purezza originaria.
Mia non sapeva se quello fosse vero, ma di una cosa era certa: se si chiamava purezza quello che aveva visto nello sguardo del Generale Einar, allora non riusciva a capire quanto una persona dovesse essere sporca per non esserlo.
Forse alla fine gli Dei si erano sbagliati pensando che la valle fosse ritornata quella di un tempo.
Sempre che gli Dei esistessero, era ovvio.





***

Come promesso, ecco i presta volto degli altri personaggi :D

Dora

Markus

Einar

Spero vi piacciano! Al prossimo capitolo! :D
Smoking


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Capitolo 3
*** Good Behavior ***




<< Sei una sciagura! >> inveì il Generale Einar contro Mia che, seppur sopraffatta dalla rabbia e dall’umiliazione, era costretta a rimanere in silenzio. La situazione sembrava già critica e urlare contro al Generale avrebbe solamente peggiorato le cose.
<< Ti ho affidato un unico, semplicissimo compito e tu che fai? Non solo non sei stata in grado di portarlo a termine, ma hai addirittura distrutto un intero raccolto!>> imprecò, agitando le braccia, esasperato << Proprio non capisco che cosa ho fatto di male per meritare una simile disgrazia tra i miei ranghi … >>.

Einar continuò a insultarla per quelle che a Mia sembravano ore, ingoiando tutta la sua frustrazione che andò a localizzarsi in un groppo in gola, crescendo di volta in volta che il Generale le affibbiava un nuovo e maligno epiteto.
Alla fine, benché la ragazza provò a dirle che quel disastro era opera di un animale che abitava nel sottosuolo, le cose peggiorarono comunque perché Einar pretese che Mia sistemasse quel disastro da sola, visto che Markus era ferito: avrebbe dovuto trasportare fino alla pianura tutta la terra necessaria per richiudere la voragine, livellare il terreno, zapparlo e ripiantarvi tutte le piante. Probabilmente avrebbe dovuto faticare tutto il pomeriggio solo per richiudere il cratere.

Così verso le tre del pomeriggio, quando raggiunse il campo devastato, scoprì che il lavoro era ancor più faticoso di quello che si era aspettata, soprattutto perché l’unico aiuto che ebbe fu da parte di un agricoltore che le spiegò le basi del lavoro.
L’unico lato positivo fu che Mia riuscì a scrollarsi di dosso la tensione con il duro lavoro fisico e, mano a mano che trasportava la terra e la gettava all’interno della voragine, iniziò a ripulire la sua mente dai pensieri che comprendevano dolorose punizioni per il Generale, sostituendoli con quelli più piacevoli: quando avrebbe parlato con Jennifer, l’allestimento della festa, a quanto le sarebbe piaciuto stare in mezzo alla sua gente per aiutare nei preparativi.

Raramente Mia si era soffermata su pensieri di quel tipo: le frivolezze della vita mondana non le erano mai interessate, ma, per qualche strana e oscura motivazione, l’idea di partecipare alla festa quella sera la elettrizzava come quando le avevano concesso di diventare una Guardiana.
Era bastato rivedere Jennifer per farla sentire più vicina agli altri: a quali altri cambiamenti sarebbe andata incontro se la avesse anche solo salutata?
Con più energia, Mia continuò a riempire la voragine di terra ed a compattarla per bene: ad ogni spalata, sentiva i muscoli farsi più possenti e, invece di osservare il monte di terra che ancora aspettava di essere gettata nel buco, si concentrò su quella che già aveva buttato dentro, seppur pochina.

Quell’eccesso di ottimismo durò per tutto il pomeriggio, proteggendola anche dalla calura della valle, e, quando il sole tramontò dietro le cime montuose, non c’era più traccia della voragine che tanto aveva preoccupato lei e Markus.
Mia riportò la pala e la carriola in una baracca alla periferia della pianura che gli agricoltori avevano adibito a magazzino e, quando realizzò che fino al giorno successivo non avrebbe dovuto pensare al lavoro, iniziò a correre verso la sua casa.
Questa si trovava quasi alla fine della lunga fila di grotte scavate nel monte, praticamente nella zona più distante dal tunnel e dalla festa, che si sarebbe svolta nella spiaggia di granella situata nella parte più a ovest della valle.

Quando mancarono pochi metri prima di raggiungere la sua dimora, Mia si getto ancora vestita nel lago, per scacciare sudore e polvere dai vestiti e dal suo animo: quella sera Mia si era lasciata convincere dalla madre ad indossare un abito confezionato apposta per lei, abbandonando per una sera i suoi inseparabili pantaloni.
Quanto agli abiti che indossava in quel momento sarebbero dovuti essere lavati in ogni caso, quindi tanto valeva farlo subito assieme al suo corpo: una brava lavandaia sarebbe svenuta a quella vista, ma per Mia, spinta da un’inspiegabile euforia, quella era l’idea più brillante che la sua mente avesse mai concepito.

Sguazzò per un po’ nell’acqua, sciacquandosi per bene anche i capelli che, in ogni caso, non si sarebbero asciugati per la sera, e quando uscì dall’acqua completamente fradicia si sentì molto più in forze, come se si fosse tolta di dosso i residui di quella giornata molesta. Anche la curiosità che provava nei confronti dell’animale che aveva fatto crollare il campo era svanita, come se si fosse diluita nell’acqua cristallina.
Gocciolante, Mia entrò dentro la sua casa, si liberò degli abiti bagnati e li appese ad una cordicella stesa per farli asciugare.

Contemplò il vestito confezionato da sua madre che giaceva sul suo letto ed un impeto di ribrezzo la attraversò. Tirando fuori tutto il coraggio che aveva, lo indossò: cucito con una stoffa pesante, l’abito era di un azzurro sbiadito e anonimo, simile al colore del lago quando l’acqua era agitata, e le si apriva largo sui fianchi a nascondere le poche curve di Mia come farebbe una madre protettiva; le spalline a balze ed il grande fiocco bianco posizionato sopra il fondoschiena le ricordavano i vestiti delle bambole di pezza con cui giocava Jennifer da bambina.
Mia indossò un paio di scarpe di tela ai cui lati vi erano due nastri di stoffa bianca da intrecciare lungo la caviglia e, infine, la ragazza si pettinò i capelli ancora umidi con le dita, per dargli un aspetto più ordinato.

Quando uscì dalla grotta, evitò accuratamente di specchiarsi nel lago, onde evitare di far crollare tutto il suo coraggio, e si avviò verso la festa, accompagnata dal suono distante della musica.
La via per giungere alla festa era illuminata da fiaccole e da candele di vario diametro, le cui fiammelle oscillavano leggere come danzanti spiriti di fuoco.
Mano a mano che si avvicinava, Mia sentì la musica farsi più forte e sentì canti mistici interpretati dalle voci melodiose di giovani donne.

Poco prima di giungere al tunnel, Mia notò una figura solitaria seduta sulla riva del lago, impegnata a lanciare sassi verso l’acqua scura con quanta più forza possedesse nel corpo: ci volle un po’ perché la ragazza capisse che si trattava di Markus. Con una certa tristezza, Mia notò che i sassi non raggiungevano mai una buona distanza, ma cadevano con tonfi sordi a pochi metri dalla riva.
Spinta da tenerezza, Mia gli si avvicinò e le posò una mano sulla spalla; lui si voltò, bianco in volto per essere stato scoperto, ma si ricompose subito quando riconobbe Mia, un sorriso materno stampato in faccia.

<< Come va il ginocchio? >> chiese la ragazza, grata a Markus per non aver fatto commenti sul suo abito.
<< Va. >> borbottò lui, che continuò a tirare pietre.
Mia si mise seduta di fianco a lui con non poca fatica: quell’abito era decisamente troppo ingombrante per lei.
Per un po’ rimasero in silenzio, rotto solamente dagli schiamazzi della festa: Markus era particolarmente agitato, con l’espressione di chi conserva un segreto ed ha paura di farselo leggere in faccia. Alla fine parlò:
<< Mia, io posso fidarmi di te? >> si voltò verso di lei e la osservò così intensamente che Mia ebbe paura di delle parole che quel ragazzino di tredici anni avrebbe potuto dirle.

Alla fine, la sua parte più “Guardiana” prevalse << C-certo … >>.
<< Oggi, quando siamo stati al campo ed è successo quello che è successo >> iniziò, osservandosi attorno per paura di essere sentito da terze persone << Io … ecco … io ho avuto paura. >>.
Un po’ sollevata, Mia lo consolò << Capita a tutti di provare paura. >>.
Quelle parole sembrarono agitare Markus ancora di più.
<< No, Mia, non è questo … t-tu non capisci … io … >> balbettò, irrequieto << Quello che c’è sotto di noi, quello che vive nel sottosuolo … io non avevo mai sentito parlare di una cosa del genere … >>.
Si passò una mano sul viso sudato, scostando una ciocca di capelli neri, e prese una boccata d’aria << Mia, rispondimi seriamente. Tu credi davvero che quello che ci ha attaccato sia stato un animale? >>.
<< C-che altro poteva essere? >> disse la ragazza che iniziava a diventare irrequieta anch’essa.

La sua risposta parve accendere una scintilla negli occhi del ragazzo << Per tutti gli Dei, Mia! Ma ti rendi conto che quella cosa ci ha attaccati di proposito? Ti rendi conto che quella cosa ha cercato di … ha cercato di ucciderci? >>.
Mia rimase paralizzata: l’idea di uccidere una persona o un animale era già di per sé terrificante, ma il fatto che qualcuno avesse tentato alla sua di vita era così spaventoso che iniziò a osservarsi attorno, quasi come se si aspettasse un attacco da un momento all’altro. Imprecò contro se stessa e alla sua stupidità: non aveva minimamente pensato a quell’ipotesi perché non aveva più pensato veramente a ciò che si nascondeva nel sottosuolo.

Si era concentrata troppo sul fatto che la valle era da sempre stato un posto sicuro, privo di pericoli, un luogo in cui tutto andava a finire per il verso giusto.
“Non tutto, Mia.” le suggerì la sua coscienza “Guarda i genitori di Jennifer, guarda il Generale Einar … ”.
Mentre il suo cervello si rimetteva lentamente in moto, un’associazione di pensieri la portò ad una scoperta che rendeva tutto molto più surreale: non era una coincidenza il fatto che quell’attacco avesse avuto luogo proprio il giorno del ritorno della Famiglia Reale. Qualcuno stava tentando alla sicurezza di Dora e di Jennifer, forse anche a quella di tutti gli Umili.

Quelle teorie, che si affollarono nella sua mente spintonandosi a vicenda, Mia le trovò più ingombranti del suo vestito e sentì il bisogno fisico di raccontarle a Markus di cui, dopotutto, si fidava anche lei.
Quando Mia finì di spiegargli, Markus assunse una lieve tonalità di verde.
<< Mia >> sussurrò Markus ed il suo volto, fatto di puro terrore, le si avvicinò talmente tanto che lei riuscì a contargli ogni singolo ciglio << Hai mai pensato di andartene dalla valle? >>.
Quella domanda fu così inaspettata che la risposta di Mia sembrò uscirle fuori per pura inerzia << Sì. >>.

Nel momento in cui la disse, iniziò a sentirsi tremendamente in colpa, ma per Markus quell’unico monosillabo bastò per fargli riprendere un po’ di colore: forse, dopotutto, non era stata la paura dell’ignoto a terrorizzarlo, ma la possibilità di doverlo affrontare da solo.
Mia stava per dire a Markus che avrebbero capito presto di cosa si trattava e di non preoccuparsi (anche se nulla lasciava presagire qualcosa di buono), quando una risata improvvisa alle loro spalle li fece girare, entrambi terrorizzati per paura che qualcosa stesse per attaccarli.

<< Ma che graziosa coppietta al chiaro di luna. >> sghignazzò Einar dietro di loro, in mano un boccale che Mia presunse fosse pieno di vino, le cui botti venivano aperte solamente in occasioni di grandi feste. Einar barcollò leggermente mentre ne ingollava un poderoso sorso e le sue guance iniziarono a tingersi di rosso.
Mia provò pietà per quell’uomo che si reputava il più grande combattente della valle e chiunque avrebbe potuto notare il profondo sguardo di disgusto della ragazza.
Einar se ne accorse << Vedo che ancora non hai imparato a stare al tuo posto, ragazza. >> insieme alle parole sputò i residui di vino che aveva in bocca << E quello che indossi che cos’è? Un patetico tentativo di entrare nelle grazie della nostra comunità? Oppure solamente in quelle della tua cara amichetta Jennifer? >>.

Il groppo in gola di Mia parve appesantirsi: non aveva idea di come il Generale fosse venuto a conoscenza della sua amicizia con Jennifer e, soprattutto, non capiva perché mai avrebbe dovuto interessargli.
<< Il mondo appartiene agli uomini, Mia. >> disse il Generale Einar, compiaciuto dalla “profondità” delle sue parole << Tu puoi continuare a giocare ad essere uno di noi, ma alla fine resti quello che sei: una debole e fragile ragazzetta che pensa di poter cambiare gli avvenimenti. Illusa! Ci sarà sempre qualcuno più forte di te che verrà a dominarti. Gli Dei solo sanno se non sarà così anche per la principessa. >>.
E, scolandosi tutto il contenuto del boccale, se ne andò.

Mia rimase in silenzio, disgustata da quell’uomo, ma rendendosi improvvisamente conto che tutto ciò che aveva detto era vero; Markus, accanto a lei, sembrava stranamente afflitto.
Alla fine, Mia si disse che era ora di andare in cerca di Jennifer, così si alzò, ma prima di andarsene sentì il bisogno di dire qualcosa, qualsiasi cosa a Markus.
Si girò verso di lui e lo fissò in quei grandi occhi verdi, così spaventati dalla vita. << Tu sei un bravo ragazzo, Markus. >> disse Mia << Non lasciare che persone come lui influenzino il tuo pensiero. >>.
E senza aspettarsi una parola dal ragazzo, si voltò e si incamminò verso la spiaggia.





Da quel momento della serata in poi, a Mia sembrò che a vivere fosse un’altra persona, che qualcuno avesse preso possesso del suo corpo e dei suoi movimenti, comandandola come se fosse stata una marionetta.
Troppe cose erano già state dette quella sera, troppe emozioni affollavano la sua mente, così tante da averle fatto perdere il controllo della sua carne, e quell’opprimente senso di insicurezza sembrava essersi incollata alle gambe, che seppur stanche procedevano in avanti spinte da un’energia che mia non pensava possedesse.

Avrebbe voluto correre e mettersi al riparo dal mondo, ma qual è un rifugio sicuro quando la stessa terra in cui stava camminando sarebbe potuta crollare da un momento all’altro?
Si ritrovò nel centro della spiaggia, tra i due falò che troneggiavano sopra gli Umili, ignari del pericolo.
Osservò il suo popolo e non riconobbe neanche un volto, tanto l’alcol li aveva sfigurati; probabilmente non avrebbe riconosciuto neanche sua madre, dispersa in quell’orgia caotica di grida e di libido: nessuna inibizione era stata celata quella notte e nessuno avrebbe diffamato gli altri il giorno successivo perché ognuno era ugualmente colpevole.

“E’ questa la vita che vogliono per me?” chiese la sua mente fuori controllo “Basterebbe un bicchiere pieno per farmi dimenticare? Basterebbe questo finto senso di sicurezza per farmi accettare, per farmi amare? Dovrei prostrarmi a tutto ciò?”.
Il calore sprigionato dai due falò era insopportabile; si allungavano famelici in tutte le direzioni, mangiando l’aria destinata ai viventi.
“Possibile che qualcosa di così bello, sia anche così letale?” si chiese Mia, nessuna connessione logica a collegare i suoi pensieri.

Qualcosa le trafisse il cervello, qualcosa di molto scomodo, qualcosa di molto sbagliato.
Mia scosse la testa per scacciare quel pensiero, ma quel qualcosa tentava disperatamente di farsi ricordare, di farsi largo nella sua mente, spingendo da parte tutto il resto con rabbia.
Mia sapeva che tutto sarebbe cambiato se solo quel qualcosa fosse riaffiorato nella sua coscienza. Doveva impedirlo.
Si avvicinò più che poté ad uno dei due falò; protese la mano verso le fiamme: il dolore fisico avrebbe fatto sparire qualsiasi pensiero … qualsiasi pensiero …

Era così vicina che già pregustava la vista della sua carne bruciata e l’odore che essa avrebbe emanato, quando sentì qualcuno afferrarla per un braccio e trascinarla via, lontana dalla festa, lontana da quel fuoco che stava per lambirle la mano. Chi la stava trascinando doveva essere molto forte, oppure era lei che si era fatta stranamente leggera, lei che ancora teneva l’arto rigido, puntato verso le fiamme che si stavano lentamente distanziando.
<< Si può sapere che diavolo avevi intenzione di fare? >> urlò qualcuno.
Mia si voltò, come appena risvegliatasi da un sogno: aveva già avuto a che fare con la rabbia, ma mai l’aveva vista nei lineamenti da bambola di Jennifer.



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Capitolo 4
*** A Breath Of Hardship ***




Per otto anni Mia aveva sognato il momento in cui avrebbe rivisto Jennifer, immaginando grandi abbracci e, perché no, anche qualche lacrimuccia di gioia che non poteva essere repressa, ma mai si sarebbe aspettata un urlo di rabbia ed uno sguardo di sufficienza da parte dell’amica.
Jennifer l’aveva poi trascinata nella sua immensa grotta, profonda quasi come il lago che gli stava davanti, e si era subito adoperata per prepararle un infuso di erbe rilassante.

Mia si guardò attorno, incapace di proferir parola: la dimora di Jennifer era rimasta esattamente come la ricordava, ogni singolo oggetto paralizzato esattamente nello stesso punto da otto anni, come se il tempo si fosse cristallizzato per preservare il ricordo di un periodo meno sventurato.
Jennifer le posizionò davanti una tazza fumante al cui interno vorticava un liquido dorato e si mise seduta dal lato del tavolo opposto a dove era collocata Mia. La Guardiana avvicinò la tazza alla bocca ed assaporò il suo contenuto: il dolce del miele nascondeva il sapore amarognolo delle erbe ed appena il liquido raggiunse il suo stomaco Mia sentì di essere di nuovo padrona del suo corpo. I suoi sensi stavano finalmente ritornando vigili e l’attacco di panico che la aveva attanagliata stava sfumando, benché Mia stesse lentamente prendendo consapevolezza che quel senso di angoscia non l’avrebbe più lasciata.

<< Che cosa mi è successo? >> chiese Mia all’amica, che sorrise.
<< Hai appena partecipato ad uno dei più antichi riti di venerazione agli Dei. >> spiegò tranquilla << I fumi dei tronchi che bruciano nei falò hanno un effetto allucinogeno su chi li respira, così da sentirsi più vicini agli Dei. È per questo che alla ricorrenza di stasera non è stato permesso far partecipare i bambini e coloro che non sono abituati a questo genere di pratiche. >>.
<< Io non ne avevo idea … Nessuno mi ha avvertita … >> balbettò Mia, imbarazzata.

<< Tranquilla, non ti sto giudicando. >> Jennifer ammiccò nella sua direzione.
<< Grazie. >> rispose Mia, ricambiandola con un sorriso.
La situazione era così strana che tutte le parole che avrebbe voluto dire a Jennifer le morirono in gola; per fortuna Jennifer non sembrava dello stesso parere.
<< Mi hanno detto che sei diventata una Guardiana. >> le disse << Congratulazioni. >>.
<< Grazie. >> disse Mia sorseggiando la tisana << Non avrei potuto fare altro. >>.

Jennifer rise << No, infatti. Anche se vedo che i tuoi gusti in fatto di abiti sono notevolmente cambiati. >>.
<< Per tutti gli Dei, no! >> Mia si sentì quasi scandalizzata da quell’insinuazione << Erano anni che non indossavo un vestito. Questo l’ho messo solo per fare colpo su di … >> si bloccò.
<< Per fare colpo su di me? >> completò Jennifer.
Mia abbassò lo sguardo sulla sua tazza, imbarazzata.
<< Beh … è comprensibile. >> disse Jen << Dopo tutti gli anni passati è normale avere paura di trovarsi davanti una persona diversa da quella che si conosceva. Gli Dei solo sanno quanto sia cambiata anche tu. >>.

<< Sono sempre la stessa. >>.
<< Eppure io ricordo una bambina allegra, che giocava e socializzava con tutti. >> disse Jennifer, un po’ amareggiata << Che le è successo? >>.
<< Le cose sono diverse ora nella valle. Io mi sono solamente adattata alla situazione.>> Mia si pentì subito di aver detto quelle parole un secondo dopo averle pronunciate.
<< Diverse? In che senso? >> chiese Jennifer, gli occhi sgranati per l’impazienza di sapere.
Mia si morse un labbro: avrebbe dovuto rivelare a Jen le sue preoccupazioni sulla valle? Quanto poteva fidarsi della ragazza che aveva passato otto anni in isolamento sulle montagne?

Mia non poteva fare a meno di pensare a quello che la Regina avesse raccontato a Jennifer sugli Dei, sulla valle e sulla vita in genere: già si era lasciata convincere dalla nonna a sposare un uomo per convenienza e non per amore, che altre opinioni aveva inculcato nella mente di Jennifer?
Eppure quello sguardo incuriosito, il volto che non lasciava trapelare altro che apprensione nei confronti del suo popolo non potevano di certo mentire: se qualcosa o qualcuno avesse voluto mettere a repentaglio l’armonia della valle, Jennifer avrebbe fatto il possibile per evitarlo.
<< Io credo … >> iniziò Mia, sottovoce << Io credo che qualcosa stia pianificando un attacco alla valle. >>.

<< Un attacco? >> l’espressione di Jennifer sembrò farsi famelica, ansiosa di divorare altre informazioni.
<< È iniziato tutto qualche giorno fa: i contadini si sono lamentati per la presenza di una talpa nel loro campo di patate. Ora come ora non sono neanche più sicura che la cosa che ha causato tanto trambusto sia un animale … >>.
Mia continuò a raccontarle i fatte accaduti la mattina, spiegandole come lei e Manzo erano stati aggrediti, ma evitò di dirle che, secondo lei, l’attacco poteva essere diretto proprio contro la Famiglia Reale. Fino al momento in cui non avesse avuto delle prove più concrete, non voleva far preoccupare Jennifer più del necessario.
<< Perché qualcosa dovrebbe attaccare la valle? >> chiese Jennifer.

<< Per punizione. >> sentenziò Mia, illuminata. La risposta a quella domanda era talmente ovvia che la Guardiana si stupì di non averci pensato prima.
<< Ma sì! È tutto così ovvio! >> esclamò Mia, mentre il suo corpo stava iniziando ad accalorarsi per l’emozione << Avrei dovuto capirlo subito! >>.
Osservando l’espressione sempre più confusa di Jennifer, Mia si apprestò a fornirle i dettagli per comprendere la situazione << Da quando ve ne siete andate, le cose nella valle non hanno fatto altro che peggiorare, le persone si sono trasformate: non c’è più quel senso di unanimità di un tempo, la condivisione dei propri averi con le altre persone si è tramutato nel bisogno di affermare la propria posizione. Non so come è potuto succedere, ma siamo diventati più ambiziosi, da un certo punto di vista anche più incoscienti. Non sapevo che l’egoismo potesse esistere fino a quando non l’ho visto dipinto sul volto delle persone che mi circondano. Noi non siamo più … >> si bloccò per cercare nella sua mente una parola diversa, ma non la trovò << Noi non siamo più umili. >>.

Jennifer rimase in silenzio, lo sguardo perso in un punto indefinito alle spalle di Mia: la Guardiana poteva quasi vedere del fumo uscire dalla mente dell’ultima discendente degli Dei mentre elaborava le informazioni di cui era appena venuta a conoscenza.
<< Questa mi sembra un’ottima motivazione per programmare un attacco alla valle. >> decretò Jennifer.
Il cuore di Mia si aprì di gioia: non solo Jennifer non l’aveva schernita sulle sue supposizioni, ma addirittura gliele aveva appoggiate! Dopo otto anni di lontananza, scoprire che poteva ancora fare affidamento sulla fiducia di Jennifer la riempiva di immensa gratitudine.
<< Sicuramente questo piano è stato messo in atto dagli Dei. >> disse Jennifer.
Mia rimase paralizzata: dopo tutto ciò che le aveva raccontato, era impossibile che pensasse seriamente che quella situazione fosse tutta opera degli Dei. Scrutò Jennifer allibita.

<< Ma sì, pensaci bene. >> continuò, come se stesse spiegando ad un bambino che prima di gettarsi nel lago deve imparare a nuotare << La percezione della paura farebbe sicuramente riunire la popolazione, le persone coopererebbero tra loro per combattere contro una possibile minaccia. Non credi? >> Jennifer la fissò speranzosa, ma Mia non credeva che quella cosa che la aveva attaccata poteva essere opera degli Dei, soprattutto perché non aveva neanche un indizio concreto riguardo la loro esistenza.
Quello che albergava nel sottosuolo, invece, esisteva e, Mia ne era consapevole, era qualcosa di malvagio, qualcosa di così oscuro da non poter esser degno di camminare all’aria aperta.
Mia non aveva idea di che cosa rispondere all’amica, soprattutto perché sapeva che si sarebbe dispiaciuta se non la avesse appoggiata sulle sue credenze.

<< Ehm … io penso che … >> iniziò, sperando che la sua mente partorisse un’idea per sfuggire da quel vicolo cieco.
La cosa che salvò Mia fu il tempismo perfetto della Regina, che entrò nella grotta: la festa si era evidentemente conclusa prima del previsto e Mia non poté far altro che tirare un sospiro di sollievo.
Per pochi secondi tutte e tre rimasero in silenzio: evidentemente la Regina non si aspettava che Jennifer stesse ospitando qualcuno e dall’espressione stupita che aveva si capiva che non approvava affatto che la nipote fosse rimasta sola con terze persone.
I lineamenti di Dora si addolcirono subito (per non destare sospetti) << Mia! Che grande letizia rivederti! Come sei cresciuta! >> corse subito ad abbracciarla; l’unica cosa che Mia percepì, però, non fu il calore affettuoso di chi non si vede da anni, ma una stretta gelida come grandine appena caduta.

<< Sono così contenta che abbiate avuto modo di parlare questa sera, ma temo che sia ora per Jennifer di andare a dormire. >> disse Dora, stringendosi addosso una pelliccia dai colori rossastri << La mezzanotte è passata da un pezzo e domani sarà un gran giorno per Jennifer, dato che verrà scelto il suo futuro marito. >> sogghignò deliziata.
Mia finì il suo infuso in un sorso e si rivolse a Jennifer, i cui lineamenti, in presenza della nonna, erano diventati inespressivi << Beh … allora buonanotte. Ci vediamo in giro. >> Mia non sapeva che altro dirle, dopo lo shock subito nello scoprire le opinioni di Jennifer. << Buonanotte, Regina. >>.
Mia uscì il più in fretta possibile dalla grotta ed amò il tocco della brezza fresca sul suo viso, mescolato all’odore acerbo del legno bruciato che ancora permaneva nell’aria. Le persone si erano rintanate nelle loro tane e le candele che illuminavano la strada si stavano lentamente spegnendo, mentre la fiamma consumava gli ultimi residui di cera.

La ragazza si avviò verso la sua dimora, ma percorse appena pochi metri prima di essere bloccata dalla Regina, che aveva accuratamente socchiuso la porta della sua grotta per evitare che Jennifer sentisse alcunché.
<< Mia, prima di andare a dormire gradirei scambiare un paio di parole con te. >> disse.
Mia rimase in silenzio, aspettando di sentire quello che Dora aveva da esprimere.
<< Naturalmente non posso che essere contenta riguardo al fatto che Jennifer si sia ricongiunta con la sua amica d’infanzia. >> continuò la donna << Tuttavia non posso fare a meno di preoccuparmi riguardo al tipo di rapporto che intendi avere con lei. >>.
Mia era più confusa che mai << Io non capisco cosa vuole dirmi. >>.

<< Parliamoci chiaro, Mia. Il Generale Einar mi ha riferito che hai causato non pochi dispiaceri al resto degli Umili. >>.
<< Ho solamente avuto un problema con una talpa quest’oggi, ma da quando sono una Guardiana ho sempre svolto il mio lavoro con accuratezza e senza distrazioni. >> ribatté Mia, offesa.
Il tono della Regina si fece immediatamente più acido: evidentemente era da tempo che qualcuno non la contestava << Non parlo solamente del problema che hai avuto oggi: il tuo aspetto trasandato, ad eccezione di oggi, è stato notato da tutti e noi, nella nostra vita, non abbiamo bisogno di avere accanto una persona con una tale mancanza di decoro. >>.

<< Noi? Intende lei e Jennifer? >> Mia non riuscì a non controbattere a quell’affronto << Possiamo andare dentro e chiedere direttamente a lei. Jennifer è a conoscenza del fatto che lei parla a suo nome? >>.
<< Attenta, ragazzina. Le tue parole sono più affilate di un artiglio, ma io ho molti più anni di te ed una corazza abbastanza dura da non poter essere scalfita da così poco. >> Dora si erse in tutta la sua altezza, penetrando Mia con uno sguardo duro come il diamante << Mia nipote ed io abbiamo stabilito un legame molto forte in questi otto anni, talmente forte da non poter essere spezzato da te e le tue insinuazioni. Non posso dirle chi deve frequentare e chi no, ma questo lo chiedo a te: Jennifer avrà bisogno di tutto l’aiuto possibile e dovrà riceverlo dalle persone giuste. Se tieni a lei quanto dici allora devi lasciarla libera di diventare quello che deve essere: l’ultima degna discendente degli Dei. >>.

<< Io ho sempre e solo voluto ogni bene per Jennifer, anche quando eravamo piccole ho sempre tentato di evitare che si facesse male. >> Mia non era disposta ad accettare tutto quello che la Regina le aveva detto, soprattutto dopo essersi appena ricongiunta con Jennifer << Questo non si può dire di lei: l’ha tenuta segregata per otto anni, l’unica cosa che ha fatto riportandola tra gli Umili è stato quello di rinchiuderla in una gabbia più grande. Voglio dire … lei la farà sposare con un uomo che non ama! Regina, lei potrà anche essere stimata ad apprezzata da tutti gli Umili che ha ammaestrato nella valle, ma dimentica che certe cose possono essere viste solo da chi ha il coraggio di osservare le cose da un’altra prospettiva. >>.
La Regina la osservò confusa.

<< Lei pensa che io non me ne sia accorta, vero? >> la sfidò Mia << Che non mi sia accorta della pelliccia che porta sulle spalle? Non voglio neanche immaginare quale sia stata la sorte del povero animale a cui l’hai sottratta. >>.
Con grande stupore di Mia, la Regina sorrise << Mio nipote Hans parlava in questo modo. >>.
E la cosa che Mia aveva disperatamente cercato di non ricordare durante il suo delirio, la colpì alla mente con la potenza di un uragano.





Quando Mia raggiunse casa sua, sua madre dormiva da un pezzo e la ragazza la invidiò profondamente, sapendo che da quel giorno in poi il sonno per lei sarebbe stato un privilegio a cui non sarebbe stata destinata.
Troppe cose erano state dette in un solo giorno, troppe cose erano state scoperte in quelle ore. Nulla di tutto ciò che conosceva era vero, ma erano solamente menzogne nascoste sotto un velo di pura apparenza.
E dopo il dialogo con la Regina, c’era quel pensiero fisso che proprio non riusciva a scrollarsi di dosso: perché in otto anni nessuno aveva più nominato Hans? Possibile che gli Umili lo avessero dimenticato solamente per il fatto di essere andato controcorrente?

E se quegli stessi Umili avessero deciso che Mia fosse troppo diversa per vivere tra loro, quale sarebbe stata la sua sorte?
Nessuno, da che ricordava, era mai stato cacciato dalla valle, tuttavia non si poteva escludere l’ipotesi che persone scomode come Hans non fossero state in qualche modo tolte di mezzo. Possibile che la scomparsa di Hans non fosse stata casuale?
Teorie talmente strane quanto improbabili affollarono la sua mente per ore: nei suoi pensieri, la Regina aveva architettato un piano per far sparire il nipote, mentre il Generale Einar le aizzava contro una bestia che viveva nel sottosuolo.

Anche il mistero della cosa che la aveva attaccata rimaneva inspiegata e senza alcuna logica, ma di una cosa era certa: la bestia esisteva, osservava cauta la valle mentre i suoi abitanti dormivano, architettando chissà quale piano maligno. E solo di una cosa Mia era ancora più certa, data la situazione: la bestia era venuta per lei e solamente per lei; ferire chiunque si sarebbe interposto sul proprio cammino sarebbe stato solo un effetto collaterale mentre raggiungeva il suo vero obiettivo: lei.
Era talmente ovvio, la bestia non sarebbe potuta venire per nessun’altro.
Mia si chiese se anche Hans non fosse stato in qualche modo attaccato dalla bestia, se prima di sparire avesse sentito anche lui sotto il letto, sotto le travi di legno, sotto il cemento, il profondo e soffocato respiro della bestia.
Perché lei, Mia, in quel momento, lo stava sentendo.




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