Siamo già a casa

di nattini1
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Questi personaggi non mi appartengono; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.



Capitolo 1

 

[Menomonie, Wisconsin]

 

«Ai miei tempi…» è una frase sopportabile soltanto se è l’inizio di una fiaba. Leo e Lucy, due gemelli di nove anni, avevano ormai esaurito da mesi la loro già di per sé scarsa pazienza, perciò, ogni volta che la loro nonna Molly iniziava uno dei suoi racconti lungo il viale dei ricordi, trovavano una scusa e si rifugiavano in casa e cercavano sul computer qualcosa di interessante.

Di solito Lucy sceglieva qualche video curioso o divertente, ma regolarmente il fratello le chiedeva: «Ma qui c'è del sangue?». «No, Leo». «Ma ci sono dei mostri?». «No». «Allora cambia a fammi vedere i video dei Ghostfacers!». Il bambino aveva una vera e propria mania per quell'improbabile reality, che a un certo punto era stato misteriosamente sospeso, in cui due sedicenti investigatori del paranormale rivelavano tutti i segreti del provetto cacciatore di fantasmi, che deve essere sempre pronto a cogliere i segnali e gli indizi che indicano la presenza di spiriti o esseri soprannaturali da eliminare.

Dopo la morte dei genitori in uno sfortunato incidente d'auto avvenuta un paio d'anni prima, la nonna si era presa cura dei nipotini e si era trasferita nella loro casa per risparmiare loro ogni, seppur piccolo, possibile trauma.

Non era stato facile, ma Leo e Lucy col trascorrere dei mesi avevano trovato una loro dimensione dalla quale non era assente la felicità, anche grazie al loro amico immaginario Lelle, un dolce e allegro draghetto, non più grande di un cane di media taglia, con bellissime ali di farfalla che li affiancava nei loro giochi e spesso li divertiva con i suoi scherzi. Naturalmente, solo loro potevano vederlo e l'idea di avere un segreto così speciale e di essere solo loro tre a custodirlo aveva rafforzato nei bambini l'immagine di sé, offrendo loro maggior sicurezza nell'affrontare il mondo esterno.

Tutto cambiò il giorno in cui l'impiegato di un'agenzia piantò un cartello con la scritta «Vendesi» davanti alla loro casa; la nonna aveva deciso di vendere la villetta a piani sfasati e piena di scale e tornare con i bambini nella propria casa tutta a piano terra, più comoda per chi stava andando avanti negli anni e in una zona della città più adatta a crescere dei bambini perché vicina a parchi e a buone scuole. Avrebbero dovuto dire addio alla vecchia poltrona di papà su cui si raggomitolavano a leggere la sera; alla finestra da cui guardavano la mamma che lavorava in giardino; alla loro cameretta, teatro dello loro battaglie a cuscinate; al tavolo della cucina, attorno al quale si sedevano ogni sera tutti insieme. A nulla valsero le proteste, i pianti, il pestare i piedi dei bambini che non volevano separarsi dalla loro casa, l'unico posto che poteva ancora ricordare loro i momenti felici passati con la mamma e papà, che li faceva sentire una famiglia: la nonna fu irremovibile.

«Non voglio andare via!» urla Leo buttandosi sul letto. Lucy lo raggiunge, sedendosi sul bordo del materasso, incapace di parlare. Lelle smette di svolazzare a mezz'aria e si posa accanto alla bambina asciugandole una lacrima e cercando di consolarla: «Vedrai che tutto si sistemerà, la nonna vi vuole bene e, anche se andrete in un'altro posto, dovete ricordare che comunque starete sempre insieme. Vuole solo prendersi cura di voi nel modo migliore possibile. Pensa a come sarà bello andare al parco giochi tutti i giorni e in una nuova scuola dove fanno anche lo yoga!».

«Ma certo! – esplode Leo, come se non lo avesse sentito, battendosi la mano sulla fronte e sorridendo improvvisamente – Ho trovato! Dobbiamo solo fare in modo che la nonna non trovi nessuno che voglia portarci via la nostra casa!».

«Come?» chiede la sorella appena speranzosa.

«Lelle, devi aiutarci. Lucy, qual è il mio programma preferito?».

 

 

[DUE MESI DOPO, Lebanon, Kansas, nel bunker]

 

«Come mai in pantaloncini?» domanda divertito Sam scendendo nel garage dove il fratello sta lavando Baby. Come sempre Dean indossa i propri immancabili jeans, ma questi li ha tagliati alla sommità delle cosce, lasciando scoperte così tutte le gambe. Sta tuffando la spugna in un secchio pieno d'acqua e, quando la fa riemergere, la strizza facendo uscire un sacco di schiuma, schizzandosela inevitabilmente addosso. Osservando la scena, Sam non può fare a meno di ricordare quando era al liceo, uno qualsiasi delle decine di licei che ha frequentato, e le cheerleaders lavavano in costume le macchine per beneficienza. E non può fare a meno di pensare che, di sicuro, chiunque avrebbe pagato volentieri per vedere Dean mentre lava una macchina. Sam si stupisce e si vergogna anche un po' di se stesso: ma cosa gli viene in mente, come può pensare certe cose di suo fratello?

Si riscuote solo quando Dean, che è proteso sul cofano dell'Impala per raggiungere ogni angolo del parabrezza, gli risponde: «Viviamo in un bunker libero! Hai trovato qualcosa?».

«Non sull'Oscurità».

«E di Metatron che mi dici?».

«Non ci sono piste».

Tanto per tenersi occupato e smettere di fissare suo fratello, Sam prende un'altra spugna, si mette ad aiutarlo nella sua opera di pulizia e, dopo un momento, gli dice: «Forse ho un caso…»

«Va bene, spiegami tutto».

«A Menomonie, Wisconsin è morto un uomo. Per la polizia è stato un incidente, un'apparente caduta dalle scale, ma in casa sembra ci siano i fantasmi da un paio di mesi… I proprietari l'anno messa in vendita, ma nessuno la vuole comprare a causa degli strani fenomeni che, a detta dei possibili acquirenti che l'hanno visitata, si sono verificati».

«Ci siamo mossi per meno. Andiamo! Non so tu, ma io a forza di stare qui sto diventando pazzo. Ho lavato ogni macchina due volte!».

Sam annuisce e si impegna seriamente a scacciare dalla testa le immagini che ha suscitato nella sua testa l'ultima frase.






 

NdA

Ho adorato ogni puntata dell'undicesima stagione perché il filo conduttore era la «famiglia», un tema a me molto caro, e perché ci sono state molte puntate stile prime due stagioni, che mi piacciono un sacco, ad inframmezzare la storyline principale. È la mia seconda fanfiction, spero che l'inizio vi sia piaciuto; saranno 6-7 capitoli abbastanza brevi con momenti divertenti e momenti romantici. Non ci sarà l'angst e non ho idea di quanto “approfondirò” la winchest, per ora il rating è giallo (l'unica persona con cui al momento mi sto raffrontando è mio marito, che apprezza la trama della storia, ma – perdonatelo, è un uomo – non ha un'indole troppo romantica). Aggiornerò due volte a settimana.

Se potete, fatemi sapere cosa ne pensate!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


[Menomonie, Wisconsin]

 

Mentre suona al campanello della villetta ben tenuta circondata da un piccolo giardino pieno di fiori, Sam non può fare a meno di sperare che il leggero odore di birra che emana la camicia non venga notato; un uomo che odora come l'ubriaco del paese non fa una bella impressione. Si fa un appunto mentale: uccidere Dean se prova ancora a stirare le sue camicie con la birra.

Una donna sulla sessantina apre la porta. Tutta la sua persona lascia trasparire un'attenta cura: i capelli sono perfettamente acconciati e non si vede nemmeno un filo bianco, sul suo viso ci sono tracce di un trucco leggero, ma sofisticato e indossa una morbida maglia e una gonna che non sarebbe fuori posto a un evento mondano. Un po' di farina le sporca una guancia. Da giovane doveva essere stata davvero una bellezza e ora è un'elegante nonna che si prende cura dei nipoti senza rinunciare alla cura di se stessa.

Osserva con vaga curiosità i due giovani uomini che stanno davanti a lei, uno accanto all'altro, con le spalle che si sfiorano, sorride e chiede rivolgendosi a Dean: «Salve. Come posso aiutarvi?».

«Salve signora Adams, mi chiamo Steve Clement e questo è il mio amico George Fillion; l'agenzia immobiliare ci ha informati che la sua casa è in vendita; ci trasferiremo qui a breve e pensiamo che possa fare al caso nostro». Per una volta hanno deciso di non farsi passare per agenti del FBI perché il caso a cui stanno lavorando è stato archiviato come un incidente, non saprebbero trovare una motivazione sensata per indagare ulteriormente.

Il sorriso della signora, se possibile, si allarga anche di più: «Oh! Entrate! Sono certa che la troverete molto confortevole! E chiamatemi Molly».

Nell'ingresso ci sono molte foto di due bambini, un maschio e una femmina, da quando erano neonati fino a un'età apparente di circa otto anni. «I miei nipoti!» dice, senza provare minimamente a celare il suo orgoglio.

Dean alza lo sguardo e scorge i volti che ha visto nelle foto che spuntano da dietro la ringhiera della scala. Non sembrano affatto felici di vedere lui e Sam e battono in fretta in ritirata su per le scale. «Scusateli. – sospira la signora – Non sono molto contenti che io abbia deciso di vendere la casa. Da quando sono morti i loro genitori…». Scuote la testa un po' triste, poi prende Dean a braccetto e comincia a decantare tutte le comodità della casa. Intanto Sam controlla discretamente con il rilevatore EMF se sono presenti campi elettromagnetici; non sembra esserci nulla.

La signora Adams non ha ancora terminato di dire quanto sia magnifica al tramonto la vista sul giardino – «Tesoro, credimi: è stupendo quasi quanto te!» – mettendo Dean un tantino a disagio, che sentono un pesante tonfo alle proprie spalle, si girano e trovano Sam disteso per terra.

«Hei! – dice Dean, ridacchiando, porgendo la mano al fratello per aiutarlo ad alzarsi – Attento a dove metti quei tuoi enormi piedi!». Sam afferra al volo la mano che gli viene tesa e, alzandosi, si sporge rapido portando le labbra accanto all'orecchio del fratello e gli sussurra: «Ti giuro che sono inciampato su qualcosa di invisibile!».

La signora Adams si precipita a vedere se il ragazzo sta bene e, avutane la conferma, cattura di nuovo Dean e lo trascina al piano di sopra (i due cacciatori salgono le scale con molta attenzione) per mostrargli le camere da letto: «Venga con me, le voglio far vedere una cosa. Forza, si sieda sul letto, stia tranquillo non mordo, non mi è mai piaciuto. Ecco, in questa foto ci sono io a vent'anni, tanto tempo fa, prima che diventassi bella come adesso!».

Dean cerca con gli occhi Sam, implorando silenziosamente aiuto. Sam sta ridendo sotto i baffi, intimamente divertito dal fatto che suo fratello sia messo in difficoltà dalle non troppo velate avance di una donna di una certa età, che gli si è seduta accanto e non ha esitato a mettergli una mano sul ginocchio.

Alla fine, mosso a compassione, mascherando un risolino con un colpo di tosse per schiarirsi la voce, Sam domanda: «Signora Adams… – «Mi chiami Molly, la prego!» – Molly, vorremmo sapere se la casa ha qualche problema di natura tecnica da sistemare… non so, ha per caso notato strani rumori, cali di tensione, luci che vanno e vengono, improvvisi cambiamenti di temperatura…».

«Beh, – lei risponde – in effetti ci sono stati alcuni episodi… a volte le luci saltano, ma è di certo colpa di problemi sulla linea esterna. Ho fatto controllare gli impianti e ho una certificazione che attesta che tutto è a norma e funzionante».

Dean, riuscito a sfuggire alle grinfie della sua nuova fan, approfitta del momento in cui Sam la tiene impegnata per entrare in bagno. Inizialmente gli sembra che sia tutto a posto, poi, improvvisamente, lo specchio si appanna e un dito invisibile scrive: «Booo!!!» sullo specchio e dal lavandino parte uno schizzo d'acqua gelida che lo investe in piena faccia. Si gira sputacchiando, con la giacca completamente zuppa. Stavolta è il turno di Sam di ridacchiare. La signora Adams corre subito a prendere un asciugamano, con cui si prodiga subito ad asciugare Dean spiegando che non sa come sia potuto succedere.

Sam non è l'unico a ridacchiare: da una porta socchiusa i bambini si godono la scena. Anche la nonna li nota e li apostrofa con un certo piglio: «Leo, Lucy. Venite qui. Per caso voi centrate qualcosa con quella perdita in bagno?». I bambini assumono la loro migliore espressione candida: «E come potremmo? Eravamo in camera! Forse è stato Lelle!».

«Lelle?» domanda Sam.

«Il loro amico immaginario» spiega la nonna condiscendente, per nulla convinta dell'innocenza dei nipoti.

I due cacciatori si scambiano una rapida occhiata d'intesa. Nessuno dei due ha percepito un vero pericolo, ma c'è di sicuro qualcosa di strano e quei bambini non sembrano affatto sorpresi né spaventati.

«Beh, – interviene Dean – direi che abbiamo visto abbastanza, dovremmo andare…».

«Oh, ma posso offrirvi almeno una fetta di torta? L'ho appena fatta».

Ha detto la parola magica. Dean non può assolutamente resistere e si ritrova felice seduto al tavolo della cucina davanti una fetta di crostata ancora tiepida con suo fratello e i bambini, mentre la signora Adams rovista in un armadietto in basso in cerca del succo di frutta per i nipoti.

Sam lo guarda con tenerezza. Mentre mangia la torta con un appetito entusiasta, incurante della marmellata che gli cola sul mento, suo fratello ha quello sguardo rapito ed estasiato che riserva solo a Baby, alle torte e, nei rari momenti in cui riesce ad aprire il suo cuore, a lui. Istintivamente prende un tovagliolo di carta e gli ripulisce la faccia prendendolo in giro: «Dovresti cercare di non mangiare come un maiale!».

Dean non ha nemmeno finito di sorprendersi piacevolmente per la gentilezza del fratello, che la fetta di torta di Sam si solleva dal piatto per spiaccicarsi sul suo viso.

 

NdA

Mi sono divertita a scrivere questo capitolo, assolutamente ispirato ai disastri che capitano in casa mia senza bisogno di nessun essere soprannaturale. Nel prossimo capitolo arriva un bel po' di romanticismo!

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Dopo aver biascicato delle scuse affrettate per il loro comportamento a tavola (Dean si era pulito in fretta il viso prima che la signora Adams emergesse dall'armadietto, ma non aveva potuto eliminare le centinaia di briciole in cui si era frammentata la torta su tutta l'area del tavolo), i due fratelli prendono congedo dalla padrona di casa che non perde la sua affabilità salutandoli: «Vi è piaciuta la casa? Fatemi sapere se vi interessa!». E poi aggiunge sottovoce a Dean: «Mi spiace che non abbia funzionato tra noi; se c'è una cosa che ho imparato in quesi anni è capire quando qualcuno è innamorato di qualcun altro. Non provare a nasconderlo, siete davvero carini insieme!». Il cacciatore deglutisce e riesce a tirare fuori un mezzo sorriso stiracchiato.

Arrivati al motel dove alloggeranno mentre si dedicheranno al caso, Dean non ce la fa più e sbotta: «Ma perché ci scambiano sempre per una coppia gay?!».

«Qualcuno ha la coda di paglia? – ironizza Sam aprendo il suo laptop – Lascia perdere e cominciamo a fare un po' di ricerche».

Dagli archivi che hanno hackerato, scoprono che la casa è relativamente recente e che, da quando è stata costruita, non ci sono stati decessi all'interno, salvo quello del possibile acquirente caduto dalle scale; inoltre, riescono a risalire a un articolo (in seguito al quale la signora Adams aveva preteso le scuse formali del giornale e una smentita) in cui si descriveva la fama di casa stregata della villetta e venivano riportate varie testimonianze.

Sam scorre con gli occhi lo schermo: «I vecchi proprietari sono morti in un incidente poco prima che cominciassero le manifestazioni; ma non penso si tratti dei loro fantasmi perché qui si parla di piccoli scherzi simili a quelli capitati a noi. Sembrano i dispetti di un bambino, non di una persona adulta: ma non penso nemmeno che i responsabili siano i nipoti della signora perché, da quello che si dice qui, non erano nemmeno in casa al momento dell'incidente del tizio caduto dalle scale e sono stati accuratamente tenuti all'oscuro di quello che è successo. Nessun altro è mai stato messo in pericolo, nessun altro si è fatto male. Tu che ne pensi?».

Dean passeggia avanti e indietro per la stanza con un pesante tomo in una mano e una birra nell'altra: «I bambini non erano né stupiti, né spaventati da quello che ci è successo. Piuttosto mi sembravano divertiti. Sanno qualcosa. Stavo ripensando alla storia dell'amico immaginario… Su questo libro ho trovato qualcosa a proposito degli Zana, creature che appaiano come prodotto dell'immaginazione del bambino e lo lasciano quando ha acquistato sicurezza e la loro guida non è più necessaria. Sono visibili solo ai loro protetti, a meno che non vogliano diversamente. Ucciderli non è un problema, se li vedi, ma per vederli serve un incantesimo di una strega. Dio, odio le streghe! Ma pare che gli Zana siano creature amichevoli e buone, non fanno mai del male a nessuno».

«Se si tratta di uno di questi Zana, allora forse l'incidente potrebbe essere stato davvero un incidente – ipotizza Sam –, ma dobbiamo approfondire la faccenda per evitare che ci siano altre morti».

«È tardi, sarà meglio metterci a dormire. Domani troveremo il modo di fare quattro chiacchiere coi mocciosi. La doccia la faccio prima io» dice Dean appoggiando la bottiglia vuota e il pesante libro e dirigendosi verso il bagno.

Nemmeno un'ora dopo i fratelli sono nei loro letti, Sam girato sul fianco sinistro, un braccio sotto il cuscino, Dean sdraiato a pancia in su con una mano adagiata sullo stomaco, gli occhi chiusi, ma con il respiro ancora rapido e irregolare.

Sam si accorge che non sta ancora dormendo e non resiste dal prendere in giro il fratello: «Darai una possibilità a Molly? Fa delle torte davvero ottime…!».

Il cuscino lanciato da Dean lo coglie dritto in faccia, ma non riesce a spegnere la sua risata.

Dopo un po', con un tono diverso aggiunge Sam: «Non hai mai voglia di qualcosa di più?».

Dean si alza a sedere e lo guarda stranito: «Scusami, hai presente chi siamo? Facciamo pena nella vita quotidiana».

Sam si solleva leggermente a incontrare il suo sguardo: «Non dico il matrimonio, ma qualcosa con qualcuno che capisca questa vita».

Dean schiude appena le labbra e non può fare a meno di pensare all'ultimo periodo trascorso con suo fratello; nonostante l'Oscurità e l'immane catastrofe che porta con sé e che potrebbe abbattersi sul mondo da un momento all'altro, in questo momento lui si sente bene, potrebbe quasi dire di essere felice. Non può fare a meno di pensare a quando sono in macchina a bisticciare sulla colonna sonora del loro viaggio; a quando Sam cerca di prendere il volante se lo vede distratto – «Via le mani dal volante!» «Ma se tu non guardi nemmeno la strada!» –; a quando entra nella cucina del bunker – la loro casa – la mattina in vestaglia e trova il fratello che prepara il caffè; a quando si siedono al tavolo nella biblioteca degli Uomini di lettere con un bicchiere in mano e alzano più volte gli occhi dalle loro letture cercando quelli dell'altro; al sorriso di Sam e a quel suo modo istintivo di spostarsi i lunghi capelli dietro alle orecchie. Spesso si sente combattuto tra l'istinto di tagliarglieli e quello di affondarci le dita, giocando con le sue ciocche. Lui ha già qualcosa con qualcuno che capisce questa vita. Vorrebbe dirglielo, vorrebbe stringerlo, ma non sarebbe giusto eliminare quella distanza che forse tra loro non è mai davvero esistita, perché cambierebbe tutto, manderebbe a puttane il loro rapporto. Così chiude dietro alle palpebre quel fiume di sentimenti e desideri e sussurra solo: «Sei stanco, rimettiti a dormire».

Sam si stende di nuovo: «Buonanotte jerk».

Stavolta Dean non ha esitazioni, sa bene cosa rispondere: «Buonanotte bitch».

La voce di Sam rompe il silenzio che potrebbe essere durato un istante o un'eternità: «Non farei tutto questo senza di te. Mi hai coperto le spalle in ogni occasione, anche quando ti ho deluso. Non vivrei senza di te».

Il cuore di Dean sussulta. Dannazione, riuscirà a scacciare certi pensieri e farsi qualche ora di sonno?

Passano i minuti e il respiro di Sam diventa sempre più leggero, mentre Dean continua a rigirarsi nel letto che è quanto di più scomodo possa offrire un motel di bassa categoria come quello che hanno scelto; comincia ad avere caldo, le lenzuola stinte sembrano di piombo, il sudore gli fa appiccicare la maglia alla pelle, sente che sta soffocando anche solo per il peso del suo stesso corpo contro il materasso. Non riesce più restare nel suo letto, si alza e si avvicina alla finestra per prendere aria. Scosta la tenda, apre leggermente il vetro e nella penombra si volta a guardare suo fratello addormentato. Si avvicina in silenzio al letto dell'altro. Per quanto ancora potrà vedere il suo viso, prima che l'Oscurità si porti via ogni cosa? Sam sembra così sereno nel sonno, ora che non ci sono più incubi o visioni atroci a tormentarlo; il lenzuolo lo copre fino a metà torace, la maglietta aderisce al suo corpo seguendo le curve dei suoi muscoli, i suoi capelli ricadono in pittoresco disordine sul cuscino e ha le labbra – perfette, sono assolutamente perfette – appena dischiuse a disegnare un mezzo sorriso. Si era mai reso conto di quanto fosse bello suo fratello? Una ciocca di capelli ricade sulla guancia. Dean allunga la mano per scostarla con gentilezza, poi ci ripensa, si china e la soffia via con un sospiro leggero. Le sue labbra sono a un niente da…

Sam socchiude gli occhi e chiede con ancora la voce roca, impastata dal sonno: «Che c'è?».

Dean batte rapido in ritirata: «Nulla, ero solo venuto a riprendere il cuscino che ti avevo lanciato».

Dannazione, non riuscirà proprio ad addormentarsi.

 

 

NdA

Non potevo resistere, sono troppo dolci insieme! Piaciuta la scena romantica?

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Si sono svegliati presto (Sam perlomeno, Dean proprio non è riuscito a prendere sonno: troppi pensieri dal quasi casto al quasi reato, dal «Era solo un gesto d'affetto» al «Ma che cazzo stavo facendo?») e si sono appostati vicino alla casa degli Adams con due bicchieri di caffè in mano. La loro pazienza viene premiata e, dopo un po', vedono i bambini che escono di casa con gli zaini in spalla e la nonna che li accompagna a prendere l'autobus. Seguono l'autobus fino alla scuola; non sembra un edificio molto in ben in arnese, è solo una delle tante scuole pubbliche sparse in tutti gli Stati che i due cacciatori conoscono fin troppo bene per esperienza personale.

«Hai qualche idea che non contempli il sequestro di minori?» chiede Dean.

Sam pensa un momento e poi si porta una mano sulle labbra con apparente fare pensoso, ma in realtà vuole nascondere un sorriso: «A dire il vero sì… Mi hai dato tu lo spunto con una frase che hai detto ieri…».

Dieci minuti dopo entrano nella scuola (Dean è visivamente a disagio e continua a recriminare sottovoce: «Ma non era meglio farci passare per psicologi dei servizi sociali che dovevano controllare lo stato di salute dei bambini, anche se è passato del tempo dalla morte dei genitori?» «Rapirli comincia a sembrarmi un'idea migliore!») e bussano alla porta di un ufficio che riporta la targhetta: «V. Norris, preside». Un uomo di mezza età, quasi completamente calvo, un po' grassoccio apre e domanda educatamente: «Desiderate?».

Den si infila le mani in tasca e si volta verso il fratello. Sam riesce miracolosamente a non sollevare gli occhi al cielo e cerca di sembrare disinvolto: «Buongiorno, sono George Fillion. Io e mio marito Steve – accenna a Dean, che non sa più come mascherare il disagio, mettendogli una mano attorno alla vita e attirandolo gentilmente; una cosa è fingersi agenti del FBI, ma questo proprio…! – ci stiamo trasferendo a Menomonie; abbiamo visto una casa qui vicino e pensiamo di iscrivere nostra figlia Claire in questa scuola. Ma prima vorremmo sincerarci se può davvero andare bene per noi, ci teniamo molto che nostra figlia cresca in un ambiente che possa darle stimoli adeguati».

Den riesce ad annuire, con troppa foga, cercando di sembrare convincente.

Il preside, dopo un momento di smarrimento, si dimostra subito disponibile: «Oh, certamente. Vi illustrerò i nostri programmi scolastici e vi farò fare un giro per la scuola. Quanti anni ha vostra figlia? Non è con voi?».

«Ha nove anni. – risponde svelto Dean – L'abbiamo lasciata con sua zia Jody, preferiamo trovare una sistemazione prima di portarla qui, non vogliamo sballottarla in giro da un posto all'altro».

Il signor Norris approva la scelta e trascorre l'ora successiva a spiegare come le lezioni di musica e arte siano fondamentali nell'educazione delle giovani menti, trascinandoli da un'aula all'altra e assicurandoli di come nella loro scuola non si faccia alcuna differenza tra famiglie tradizionali o famiglie con due mamme o due papà. Sam sembra fin troppo divertito dalla situazione e Dean decide di vendicarsi mettendolo in imbarazzo: con nonchalance, prende la mano di Sam. Quest'ultimo sobbalza leggermente, ma non ritira la mano. Dopo un po', Dean si accorge che la stretta è calda e sorprendentemente piacevole, e allora indugia con il suo pollice sul dorso della mano del fratello, carezzandogli la pelle. Contrariamente a quello che si aspetterebbe, Sam non sembra infastidito, anzi: le sue labbra si schiudono in un sorriso che ha un che di malizioso.

Arrivati all'aula di arte – Sam e Dean stanno ormai perdendo le speranze e il maggiore è stanco di commentare «Meraviglioso!» ogni volta che vedono un nuovo laboratorio –, per una volta la fortuna sembra essere dalla loro parte: nell'aula, nell'ultima fila di banchi ci sono i due bambini che stanno cercando.

Sam ne approfitta subito: «Signor Norris, questi bambini sembrano abbiano l'età di nostra figlia, pensa che potremmo fare qualche domanda sulla scuola a qualcuno di loro per sapere come si trovano qui a scuola?».

Il preside acconsente. Subito Sam e Dean si avvicinano ai due bambini; non sono molto abituati ad avere a che fare con dei bambini e il maggiore (non lo ammetterà mai, nemmeno sotto tortura, ma vorrebbe che ci fosse Garth con Mr. Fizzles, il calzino con i bottoni azzurri al posto degli occhi e le labbra rosse) apre il discorso rivolgendosi al maschio commentando il disegno che sta facendo il bambino: «Un drago blu con le ali rosa? Il rosa è roba da femminucce!». Leo lo guarda male e risponde piccato: «È il mio amico Lelle e tu sei il tizio che è venuto a casa nostra ieri. Non dovresti comprarla sai, ci sono i fantasmi!». Per fortuna il preside stava parlando con l'insegnante e non seguiva la conversazione.

«Io non credo ci siano i fantasmi. Sai che anche io ho un amico con le ali? È un angelo, si chiama Castiel, può apparire e scomparire quando vuole e veglia su di me e mi protegge».

«Anche Lelle protegge me e mia sorella».

«Pensi che potrei parlare con lui? È qui con te ora?».

«No, lui ci aspetta sempre a casa e no, non ci puoi parlare!».

«Sai, volevo chiedere a Lelle perché mi aveva lavato la faccia se poi voleva sporcarmela con la fetta di torta; che poi è stato un vero spreco!».

Leo diventa tutto rosso e fissa lo sguardo sul foglio, riprendendo a disegnare borbottando qualcosa di incomprensibile.

Sam intanto sta cercando di iniziare un dialogo con la bambina: «Ciao».

«Ciao» risponde lei timidamente guardandolo di sottecchi.

«Ti piace stare qui?».

Lei annuisce.

Sam non sa davvero che pesci pigliare, come relazionarsi con i bambini, non ci ha mai avuto a che fare e non ha l'istinto di Dean per queste cose. Prova con un: «Ti ricordi di me, ci siamo incontrati ieri a casa tua».

Lei esita, poi gli chiede: «Vuoi portarcela via?».

«No, vorrei solo capire cosa succede nella tua casa».

«Se te lo dico mi prometti che non ce la porti via?».

«Promesso».

Con sommo dispiacere, non riesce a concludere la conversazione perché il preside ritorna da loro. Dopo avergli assicurato che avrebbero riflettuto sull'iscrivere la loro figlia nella sua scuola, ritornano al motel.

«C'ero quasi, la bambina mi stava dicendo tutto! – sospira Sam – Dunque, riassumendo: abbiamo capito che di sicuro il responsabile è questo draghetto blu, che probabilmente è uno Zana e che non lascia la casa».

«Quindi, prossimo passo?» chiede Dean.

«Troviamo una strega che ci venda un incantesimo per vedere gli Zana?».

No, Sam non può dirgli una cosa del genere! Dean vuole qualcosa a cui sparare, da uccidere, ma per favore, niente streghe! In effetti, sparare a una strega gli andrebbe bene, dover fare un accordo con una di loro – perché con donne del genere si tratta sempre di do ut des – è invece un'idea potenzialmente terribile.

Alla fine Dean accetta di mala voglia: «Dobbiamo cercare una strega solo per riuscire a risolvere un caso che non è nessun caso. Se è la scelta migliore che abbiamo… Ora usciamo, ho bisogno di un po' di tempo speso bene».

«Puoi darti alla pazza gioia, io farò qualche ricerca per vedere di trovare una strega» Sam cerca di dare alla frase un tono allegro, ma in fondo al cuore sente una fitta di dispiacere; sa che suo fratello vuole uscire per andare in cerca, non necessariamente in quest'ordine, di birra, di donne e di soldi facili vinti al biliardo. Si rende conto che la cosa gli dà fastidio probabilmente già da un po' e stasera è abbastanza sincero con se stesso da ammettere che quel fastidio porta il nome di gelosia. Se Dean vuole andare che faccia pure, ma stavolta Sam non resterà a guardare il fratello maggiore mentre sorride ammiccante alla più o meno procace cameriera di turno con quel suo sguardo così dannatamente accattivante, non dopo aver avuto il coraggio di dirgli quelle cose l'altra notte.

«È una cosa patetica! Devi imparare a divertirti» lo saluta Dean chiudendosi la porta alle spalle. In realtà, la sua è una fuga: dopo quello che è quasi successo la notte scorsa vuole tenersi a distanza da Sam.

Torna parecchie ore dopo, è quasi mattina, il cielo si sta appena schiarendo; ha bevuto parecchio, ma non tanto da perdere del tutto lucidità (ormai non si ubriaca così facilmente) e ha svariate banconote da 10 e 20 dollari in tasca. Entrando nella stanza nota subito che Sam non è lì; ha un momento di incertezza, ma poi vede che la porta del bagno è semiaperta e sente il rumore dell'acqua che scorre. Attraverso la fessura della porta coglie la silhouette di Sam dietro la tenda opaca della doccia; intuisce, più che vedere, il getto d'acqua che cade sulle sue ampie spalle per scivolare lungo la schiena e… oltre.

Dean deglutisce un po' troppo rumorosamente.

«Mai sentito parlare di privacy?» gli grida Sam che si era reso conto da un pezzo della sua presenza, esattamente da quando aveva lasciato Baby nel parcheggio di fronte alla camera.

«Se volevi della privacy potevi chiudere la porta» grida lui in risposta, lieto che il fratello non possa vedere che sta arrossendo.

Sam esce dalla doccia con un asciugamano avvolto attorno alla vita, le goccioline d'acqua che brillano sulla sua pelle segnata da diverse cicatrici e dal tatuaggio sul torace, e lo squadra soffermandosi con occhio critico sulla pelle del suo collo: «È un succhiotto quello?».

Ok, Dean non può farsi mettere in imbarazzo dal suo fratellino: «Aiutare tutte le donne single è parte del mio dovere civico e con loro non devi essere quello giusto, solo quello al posto giusto. E tu cosa hai fatto? Ti sei messo sotto le coperte alle nove di sera?».

«Ho passato parecchie ore a spargere la voce tra le nostre conoscenze che stiamo cercando James Frampton». Quella sì che era stata una buona idea! I Winchester non avevano affatto buoni rapporti con le streghe, ma ne avevano incontrata una (anzi, uno) a cui avrebbero potuto rivolgersi: James Frampton, un ex-detective che si interessato del mondo dell'occulto, facendo diventare la magia il centro della sua vita e utilizzandola per svolgere al meglio il suo lavoro.

«E bravo il mio Sammy!» approva Dean dandogli una pacca sulla spalla.

Ma Sam si scosta, irritato da quel contatto, e Dean non può far altro che entrare nella doccia lasciando che l'acqua calda lavi l'odore del cocktail di birra e sesso che ha addosso; vorrebbe che insieme a quello se ne andassero via anche i suoi pensieri.

 

 

 

NdA

Ho preferito lasciare il termine «strega» al femminile, anche se riferito a un uomo, mi sembra più calzante di «stregone» o «mago».

La storia si sta evolvendo e di pari passo si evolvono anche i sentimenti dei due fratelli; Sam sta cominciando davvero a provocare Dean. Se state pensando «Uffa, nemmeno stavolta! Datevi una mossa ragazzi!», sappiate che lo sto pensando anche io! Al prossimo (e ultimo) capitolo!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


[Fort Dodge, Iowa]

 

Negli ultimi tre anni, James Frampton si era dovuto dare alla macchia, quindi trovarlo fu un'impresa, ma la rete di informazioni e passaparola tra tutti i cacciatori si rivelò fondamentale e, in capo a un paio di giorni, riuscirono a contattarlo.

Si era trasferito in Iowa e lavorava come detective privato e si faceva chiamare James Myles.

Quando Sam e Dean entrano nel suo ufficio, va loro incontro un bellissimo esemplare di dobermann femmina con uno spesso collare rosso pieno di borchie. Si voltano a stringere la mano a James e l'istante successivo al posto del cane c'è un'attraente donna con la pelle nera e lunghi capelli ondulati: «Mi sei mancato, Sam. Tu no Dean, tu non ami i cani».

Dean finge di essere offeso e Sam la saluta allegramente: «Ciao Portia».

«Cosa vi porta qui, ragazzi?» domanda James.

Risponde Dean: «Abbiamo bisogno del tuo aiuto. Ci serve un incantesimo per vedere gli Zana, sei in grado di farne uno?».

La strega incrocia le braccia con perplessità: «A che vi serve? Gli Zana sono creature pacifiche, non sono uno dei mostri che di solito cacciate! Comunque sì, datemi un giorno per recuperare gli ingredienti dell'incantesimo».

«Abbiamo un caso e non siamo certi di che cosa si tratti, con questo incantesimo dovremmo capire se si tratta effettivamente di uno Zana. – spiega Sam – Piuttosto, quanto ci verrà a costare?».

«Senza di voi sarei morto, consideratelo il mio ringraziamento».

Ancora increduli per essersela cavata così a buon mercato (niente minacce, nessun patto assurdo e terribile, nulla da fare se non aspettare; per una volta avrebbero avuto una giornata di riposo!), i due fratelli recuperano la loro Impala.

Dean è davvero rilassato: negli ultimi giorni è riuscito a controllare i suoi pensieri e a Sam sembra sia passata l'irritazione (del tutto ingiustificata a suo parere) di un paio di sere prima e scherza come sempre, quindi lui ora sta pensando di passare il pomeriggio in compagnia di molte birre e ancora più porno, sul letto massaggiante del motel per almeno un'ora e chissà, in serata potrebbe anche andare in un bar… non si aspetta che Sam interrompa i suoi lieti pensieri: «Dean, ti ricordi di Sully?».

Il maggiore fa mente locale per un secondo: «Il tuo amico immaginario di quando eri bambino, il tizio grasso, allegro e con la maglia a righe?».

«Ho sempre pensato non fosse reale, ma ora… E se fosse stato anche lui uno Zana?».

«Potrebbe essere così o magari era frutto della tua fantasia, eri un bambino molto strano».

No, Dean non cambierà i suoi programmi per la giornata perché Samantha è in vena di tirare fuori discorsi da femminucce. Però una domanda gli frulla in testa e non riesce a trattenersi dall'esprimerla ad alta voce: «Comunque perché avevi bisogno di lui?».

Sam abbassa gli occhi: «Mi sentivo solo».

Dean si sente colpito nel vivo, quelle tre parole gli hanno fatto davvero male. «Non eri solo, avevi me» afferma con forza.

Sam si rende subito conto di aver ferito il fratello, un fratello che ha fatto tanto per lui, che adora e a cui predona sempre tutto. Eccoli ancora lì, seduti in macchina a fissarsi, con un discorso in sospeso tra loro, ma stavolta Sam sente che le parole non gli basterebbero; è un gesto spontaneo, si avvicina, anzi quasi si getta, visto l'impeto con cui si muove, e abbraccia Dean appoggiando il capo sulla sua spalla: «Ora lo so che ci sei sempre».

Dean sta seriamente pensando che gli verrà un infarto, ma davvero non potrebbe immaginare un modo migliore per morire di quello, tra le braccia di suo fratello che gli sta dicendo quella che suona come una dichiarazione d'amore. Le altre volte in cui si sono abbracciati, persino quella volta quando Dean era tornato dall'Inferno, dopo quattro mesi terribili per Sam che credeva non l'avrebbe mai più visto, la stretta non era durata tanto a lungo, ma ora nessuno dei due vuole sottrarsi a quel contatto pieno di calore, che sa di famiglia, di complicità e anche di qualcosa di più che Dean ha paura di chiamare per nome.

Si sono cercati per tutta la vita, come due calamite che sono attratte l'una dall'altra da una forza invisibile e restano unite anche se tra loro c'è un foglio di carta; per tutta la vita hanno mantenuto quella linea di confine, ma ora si rende conto di quanto quel foglio sia sottile. Un piccolo movimento e il foglio scivolerà a terra permettendo alle calamite di toccarsi.

Dean non può permettere che succeda, anche se ogni fibra del suo corpo vorrebbe il contrario. Non ora che le cose tra loro stanno andando così bene. Dio, è suo fratello! Si stacca con dolcezza: «Sam, che ne dici se stasera ci guardiamo una bella maratona di telefilm? Sono terribilmente indietro con l'ultima stagione di Dr. Sexy».

«Stai scherzando vero? – Sam lo guarda esterrefatto storcendo al bocca – Facciamo Game of Thrones!».

E passano la serata così, Dean sdraiato sul letto del motel con una cassa di birre ai piedi del letto da cui attinge di continuo e Sam vicino a lui, seduto a cavalcioni su una sedia che aveva girato per stare più comodo e poter appoggiare le braccia allo schienale, commentando quanto fosse ingiusto che l'autore facesse morire di continuo i loro personaggi preferiti.

Il giorno dopo passano a prendere il loro incantesimo e tornano a Menomonie.

 

[Menomonie, Wisconsin]

 

Scassinare la serratura della casa della signora Adams in piena notte è davvero un gioco da ragazzi. L'ingresso non è così buio come se lo aspettavano, la luce dei lampioni della strada entra da un lucernario sopra la porta, quindi non hanno difficoltà a intravedere una sagoma che fluttua sulle scale a circa un metro da terra (l'incantesimo di James funziona; dunque avevano ragione, si tratta di uno Zana).

«Tu sei Lelle?» chiede Dean sottovoce.

Il draghetto fa una capriola in aria per la sorpresa. «Come puoi vedermi?», chiede tra il sospettoso e l'allarmato.

«Un incantesimo. Siamo cacciatori, Dean e Sam Winchester. Dobbiamo parlare. Ora. Che cosa sta succedendo in questa casa?».

Il draghetto conferma le loro ipotesi. I bambini non sono ancora pronti a staccarsi da quella casa e da ciò che rappresenta e lui li sta aiutando, da una parte spaventando i possibili acquirenti, dall'altra cercando di far capir loro che, per quanto possano essere affezionati alla loro dimora, «casa» è e sarà sempre il luogo dove c'è la loro famiglia. Ha fatto in modo che la nonna dei bambini non si renda conto di quello che succede, impresa piuttosto semplice dato che è una delle persone più scettiche dell'intero pianeta riguardo all'esistenza del sovrannaturale e piuttosto incline a pensare che gli incidenti sono scherzi architettati dai nipoti.

Nel frattempo, nessuno dei tre si è accorto dello scalpiccio leggero di piedini lungo le scale.

«Ma è morto un uomo…» comincia Sam.

«Oh, ma non è stata colpa mia! – protesta Lelle – Noi siamo dalla stessa parte, io sono uno dei buoni! Lo giuro, quell'uomo stava salendo al piano di sopra, non avevo nemmeno ancora fatto nulla, è stato un incidente, è scivolato!».

«È morto un uomo?» esclama con terrore Lucy, gli occhi sgranati già lucidi di lacrime.

Ha parlato con voce fin troppo alta, ma dal piano di sopra non si sente nessun rumore; tutti sperano che la signora Adams continui a dormire.

«Mi dispiace piccola, – Lelle si porta fino all'altezza del viso di Lucy – purtroppo è così. È successo mentre eravate a scuola. Non è stata colpa di nessuno, è stato un incidente. La vostra nonna non vi ha detto nulla per non turbarvi. E io ho fatto la stessa cosa».

«Un incidente… proprio come mamma e papà» dice Lucy che non riesce a trattenere le lacrime; poi si strofina gli occhi col dorso della mano e chiede a Sam: «Ma voi cosa ci fate qui in casa nostra?».

«Noi siamo cacciatori. – risponde lui – Diamo la caccia ai mostri. Attività di famiglia. Pensavamo che qui avrebbe potuto esserci un fantasma, ma è solo Lelle. Ora però dovreste smettere di fargli spaventare le persone. Anche perché prima o poi vostra nonna capirà che c'è qualcosa che non va».

«Ma così prima o poi qualcuno comprerà la casa! Noi ci siamo affezionati alla nostra casa, è troppo bella, non vogliamo lasciarla» sbuffa Leo.

Lelle lo rassicura: «Vi aiuterà pensare che porterete con voi tutti i vostri ricordi e ne potrete costruire di nuovi».

Dean può ben capire cosa significhi aver perso qualcuno che ami, dover lasciare la propria casa e, prima di sgusciare silenziosamente fuori dalla porta con Sam, dice a mo' di saluto ai bambini: «Sapete una cosa mocciosi? Noi abbiamo viaggiato per tutti gli Stati fin da quando eravamo molto più piccoli di voi; non abbiamo avuto un posto da chiamare casa fino a tre anni fa, ma non ce la siamo cavata male. Starete alla grande».

Dean è soddisfatto di aver chiuso un caso (che alla fine non era nemmeno un vero caso) senza dover combattere e senza aver riportato ferite. I due mocciosi se la caveranno probabilmente molto meglio di loro e il draghetto riuscirà a convincerli che trasferirsi non è poi un male. Poi sparirà e loro lo ricorderanno come una fantasia della loro infanzia. Con un po' di fortuna non avranno più contati con il mondo del soprannaturale.

Chiude la portiera della sua Impala, una mano sul volante e una che sta per girare le chiavi per mettere in moto: «Andiamo a casa, Sam».

Sam si volta verso di lui, i suoi occhi verdi che brillano: «Sai che ti dico? Siamo già a casa. Quello che importa, che ha sempre avuto importanza è che siamo insieme».

Maledetto Sammy e la sua imbarazzante sincerità! Quelle parole scatenano qualcosa dentro Dean, sono come ossigeno puro che va ad alimentare una piccola fiammella, attizzandola. Adesso dentro di lui c'è un vero e proprio incendio che non può (e non vuole) spegnere.

«Sammy…», la prima parola che affiora alle sue labbra suona come una confessione che nasce dal cuore, dall’amore. Il suo è un sentimento vivo, ardente e anima il desiderio. Dean sente il fuoco che lo sta consumando da ormai troppi anni e vorrebbe trovare il coraggio di guardare dentro sé, dando voce e corpo al suo bisogno e superando la paura che l'ha tenuto bloccato fino a questo momento.

La posta in gioco è alta, suo fratello è il suo bene più prezioso, non vuole fargli male, non potrebbe sopportare di perderlo, di vedere la luce nei suoi occhi volgersi in terrore o peggio in disgusto. Si ripete nella mente: «Devo prendermi cura di te, è sempre il mio compito, anche ora che non sei più il bambino che tenevo stretto per salvarlo dall'incendio, anche ora che non sei più il ragazzo senza vita che stringevo tra le braccia per cui ho venduto l'anima», ma non riesce a convincersi che i sentimenti che prova siano sbagliati: stavolta il cuore lo spinge verso un abbraccio del tutto diverso. Se credesse che a Dio importasse qualcosa di loro, chiederebbe perdono per quello che prova.

Dean si sente lacerato dentro, percepisce quasi un dolore quasi fisico e, per scacciarlo, stringe convulsamente il volante fino a far sbiancare le nocche. Non ha davvero idea di quello che vorrebbe – o potrebbe – fare, sa solo che quello che ha non gli basta più. Ma non è giusto, la loro vita è già abbastanza incasinata, senza aggiungere anche quello.

Sam cerca di leggere dietro gli occhi del fratello, dietro quella sfumatura di verde così particolare; tormento, desiderio, paura, amore incondizionato… quello che vede è un turbine di sentimenti che sa che resteranno ancora una volta inespressi perché Dean non troverà la forza di chiedere. E allora è lui che si avvicina e lascia tanti baci leggeri sulle labbra di Dean, dei baci che vogliono dirgli: «Non c'è nulla che non farei per te. Nulla che non farei con te».

È un lieve contatto, ma ha il potere di una scossa elettrica. Dean smette di pensare e preme a sua volta, e con forza, le labbra contro quelle di Sam, artigliando la sua giacca e stringendola convulsamente, ancora incapace di credere che può farlo e che è ricambiato.

Sam porta le sue mani al viso di Dean, ruvido per un accenno di barba, e attira la sua bocca ancor più contro la propria. Schiude le labbra, schiude la chiostra di denti ed è una lotta tra le loro lingue che si cercano, si intrecciano, si gustano. Da dolce il bacio si fa sempre più bisognoso e passionale. Stanno condividendo tutto, stanno respirando la stessa aria. Le mani di Sam scivolano sulle spalle di Dean, lungo la sua schiena, e si fermano sui fianchi; se lo tira addosso e si stende, per quanto possibile data la sua altezza e visto lo spazio angusto sui sedili dell'Impala. Non c'è più la paura di perdere l'altro, non c'è più la vergogna perché è qualcosa di proibito, restano solo loro, insieme, finalmente davvero insieme.

Separano le labbra solo quando non hanno più fiato. Dean appoggia la fronte su quella del fratello portando le mani sul suo torace ansante, ma non è un modo per tenerlo a distanza, lo fa per sentire sotto le palme aperte il cuore di Sam che batte convulsamente, batte per lui; le sue parole suonano come una preghiera e una promessa: «Sammy, dimmi che…». E il resto della frase si perde nella bocca di Sam.

 

 

NdA

Siamo giunti alla conclusione e, per essere il mio primo tentativo di una fanfiction a capitoli, sono abbastanza soddisfatta! Grazie a chi ha seguito la mia storia, a chi ha recensito e a chi ha letto silenziosamente. Spero di avervi divertito!

Ho pensato di concluderla così, con una frase sospesa che ognuno può completare: «Dimmi che…». E voi cosa dite?

 

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