Assi di cuori

di Yoko_kun
(/viewuser.php?uid=67402)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una chiamata per te ***
Capitolo 2: *** Caro amico, ti scrivo... ***
Capitolo 3: *** Ti odio. Mi odio. ***
Capitolo 4: *** Il mio respiro è solo per te. ***
Capitolo 5: *** Miserabile ***
Capitolo 6: *** Profumo ***
Capitolo 7: *** La mia medicina ***
Capitolo 8: *** Sabbia e sangue ***
Capitolo 9: *** Sayonara ***
Capitolo 10: *** Sigarette, cuscini e te ***
Capitolo 11: *** Una traccia, una tua traccia ***
Capitolo 12: *** Ubriaco ***
Capitolo 13: *** Human ***



Capitolo 1
*** Una chiamata per te ***


Questa fanfic, consiste in una serie di storie brevi (1 capitolo) dedicate alle vari coppie del fumetto. È probabile che alcune saranno shounen ai o shoijo ai (alcune forse anche yaoi e yuri), e in alcuni casi i personaggi saranno fuori dal contesto normale (quindi saranno capitoli AU).
Ci saranno poi alcuni personaggi si troveranno in diversi capitoli, o a formare diverse coppie o per un altro capitolo dedicato alla stessa coppia (questo perché ho scritto e scrivo di qualunque coppia mi ispirasse a prescindere se nel capitolo prima la stessa persona l'avevo messa a fare coppia con un'altra persona! - -' ). detto ciò vi lascio al primo capitolo.
Buona lettura!!!!

***

Una chiamata per te

Compone il numero, ripetendo i numeri a bassa voce.
Rukia -3...4...7....ok....-
Il telefono segnala che l'altro apparecchio sta suonando, bene. È tesa, ed è già la tredicesima volta che compone quel numero. Fino ad adesso lo ha scritto e poi subito cancellato, indecisa se chiamarlo o meno.
In fondo se ne era andata senza possibilità di fare nulla, senza poterlo aiutare. Certo non poteva fare altro che eseguire gli ordini, eppure si sente male per ciò che è successo.
Per questo voleva chiamarlo. E per questo non aveva il coraggio di schiacciare il tasto verde.
-Pronto?!-
Rukia -!!!!-
La sua voce! Non si aspettava che rispondesse subito lui. E adesso che fare?
Parlare! Deve parlare.
Rukia -......ah......Ic...-
Mette giù di colpo, e chiude gli occhi.
“Maledizione, così non va affatto bene”
Si lascia cadere, finendo appoggiata al muro. Poi come se le gambe le cedessero scende fino a sedersi per terra.
Poggia i gomiti sulle ginocchia e si mette le mani tra i capelli. “No! No! Non può continuare così!...devo parlargli...-
Fa scende lentamente la testa fino a nasconderla tra le braccia, poi chiudendo gli occhi sospira.
“È inutile...”
Nasconde di più la testa e cerca di calmarsi. È agita come una bambina che si deve dichiarare a suo compagno di classe. Eppure lei non è una bambina e non si deve dichiarare.
Le sue intenzioni sono altre.
“Devo dirgli che mi dispiace essere tornata alla Soul Society così...devo dirgli che voglio aiutarlo a salvare Inoue...io...devo parlargli...”
Sospira di nuovo, questa volta più rumorosamente.
Deve farcela a parlargli. Nella mente ha ripetuto centinai e centinaia di volte le cose che voleva dirgli, eppure le mancava il fiato per dirle.
Apre gli occhi e rialza la testa dalle braccia, cercando di farsi forza.
“Forza Rukia! non sei mica una bambina!”
Poi si ferma un attimo ad osservare il cellulare, scuote la testa e ricompone il numero.
-pronto? Chi è?-
Questa volta a rispondere è una delle sorelle di Ichigo. Rukia sospira quasi sollevata, forse così prenderà un po' più di coraggio.
Rukia -salve, sono una compagna di classe di Ichigo, posso parlare con lui per cortesia?-
Karin -ok, un attimo...-
Rukia poggia la mano sul petto.
“Forza! Devo farmi forza!!! neppure dovessi dirgli chissà cosa” Mentre pensa sente Karin che in lontananza urla, sta chiamando il fratello.
Karin -Ichi-niiiiiiiiii!!!! C'è una chiamata per teeee!!!-
Ichigo -chi è?-
Karin -una tua compagna di classe!!!-
Ichigo -ma chi? Tastuki?-
Karin -no, lei di norma si presenta...questa no...forse è quella tua amica che si è fermata qui da noi, per un po' di giorni!-
Ichigo -Rukia!!-
A sentire il suo nome pronunciato dalla sua voce, la ragazza sobbalza.
“Insomma Rukia calmati!!!”
E mentre lei si ammonisce mentalmente, Ichigo è arrivato al ricevitore.
Ichigo -Rukia! Rukia sei tu?-
La ragazza improvvisamente a sentirlo chiamarla preoccupata si sente stringere il cuore.
Chiude gli occhi cercando di farsi forza, e di parlare ma le parole non escono.
Ichigo -Rukia! Ci sei? Da dove stai chiamando? Rukia?-
“Maledizione che mi sta succedendo?”.
Il cuore le batte sempre più forte e si sente la gola secca. Poi chiude gli occhi e raccoglie tutte le sue forze. Deve farcela.
Ruchia -...Ichig...o...-
Ichigo -allora sei sul serio tu, Rukia? Da dove chiami?-
Rukia -...s...scusami...-
Preme in fretta il pulsante rosso e chiude la chiamata, senza dare possibiltà al ragazzo di parlarle ancora.
“...sono una scema..”
Fa risprofondare il volto tra le braccia, cercando di nascondere il rossore che le ha dipinto il volto.
“..sono veramente scema...”
Si ammonisce ancora, cercando inutilmente di calmarsi.
Rimane seduta per terra, con la testa nascosta per diversi minuti, poi quando sente di essersi un po' ripresa si alza.
“...lo raggiungerò...so che andrà da Inoue e io andrò con lui. Non posso e non voglio abbandonarlo”
Poggia il cellulare sul tavolino, doveva averlo già restituito ma non importa, raccoglie la sua zampakuto e la mette alla cintola. Poi si dirige verso la porta e dopo aver fatto un paio di profondi respiri esce.
“Chiederò a Renji di venire con me, so che anche lui vuole aiutare Ichigo e salvare Inoue...”
In effetti, il rosso, le aveva già detto di avere questa intenzione, e sopratutto ora doveva aver finito di prepararsi anche lui.
Di fatti, poco dopo, lo trova fuori dalla sua brigata che la stava aspettando.
Renji -andiamo...-
Rukia -...sì...-
Poco dopo i due partono, in gran segreto, per raggiungere l'amico. Mentre osserva il passaggio che si chiude, lasciando alle sue spalle la Soul Society, Rukia si ferma un attimo a riflettere.
“...la prossima volta, quando tutto sarà finito, troverò il coraggio per dirti anche un'altra cosa. E questa volta non al telefono, ma di persona”
Così dicendo si gira ed inizia a correre lungo il garganta.








Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Caro amico, ti scrivo... ***


***

Caro amico, ti scrivo....

Caro Ulquiorra,
ti scrivo ancora, lo so che non dovrei ma non posso farci nulla.
È passato un po' da quando l'ho fatto per l'ultima volta, sai sono successe tante cose ultimamente e ho sempre avuto poco tempo.
No, non è vero, non proprio quantomeno. È solo che stavo aspettando una tua lettera di risposta. Ma come sempre tu non mi hai risposto.
Vabbè, non importa, non ti devi preoccupare io continuerò a scriverti lo stesso...ma forse per te questa non è una bella cosa.
So che servirà poco dirlo, ma mi dispiace se per te sono un disturbo...è solo che...che come sempre sono sola. Mi sento sola. A volte ti sogno durante la notte, a volte mi sembra di sentire la tua voce, ma quando mi volto per vedere se sei veramente tu, non ti trovo. Succede anche che a volte mi sembra di scorgerti, magari tra la folla, ma quando ti seguo scopro sempre che in realtà e solo qualcuno che ti assomiglia o addirittura qualcuno che non ti assomiglia per nulla, ma che per me in quel momento era te!
Lo so, è abbastanza, anzi completamente sciocco e sbagliato da parte mia fare così. Ed è sbagliato anche che io ti scriva. Però è qualcosa di cui non posso fare a meno.
Tu forse butti le mie lettere ancora prima di aprirle e leggerle. Forse il semplice leggere il mio nome ti invita a buttare via la lettera senza degnarla di uno sguardo.
Eppure la cosa non mi rende triste. Anche se tu non le leggi non importa. Perché anche solo vedendo le buste col mio nome tu sai che ti penso. Ti penso sempre e mi manchi. Mi ero ripromessa di cancellarti dal mio cuore ma pare che io non ci riesca, così cerco di attaccarmi a questo sentimento e al tuo ricordo.
So che se tu fossi qui mi ammoniresti per questo mio modo di fare.
Lo faresti con voce ferma ed autoritaria, eppure estremamente delicata e dolce. Sarei solo io a sentirlo, ma saprei sentire ancora una volta la nota di preoccupazione nella tua voce. Così resa felice da ciò, sorriderei e ti ringrazierei promettendoti che non lo farò più.
È il pensiero di sentirti e saperti sempre vicino a me che mi da forza e mi aiuta ad affrontare la vita giorno per giorno. Ma tu in realtà non sei qui con me, non se qui al mio fianco, e non mi stai stringendo la mano come vorrei.
Te lo ricordi vero? Ogni volta che ero triste od ogni volta che qualcuno mi feriva e mi faceva star male, io scappavo al parco, e passavo la giornata a dondolarmi su quella vecchia altalena. Sempre la solita. Te la ricordi vero? Quella con i pali colorati di rosso, col colore in parte scrostato e rovinato dalle intemperie e della vecchiaia, quella che fin da piccolina adoravo.
Poi al tramonto, quando la folla per le strade, e anche la gente al parco, diminuiva tu apparivi davanti a me. Come se fossi sbucato dal nulla o ti ci avesse portato lì il vento, comparivi mi guardavi col tuo solito sguardo serio, allora io sorridevo e ti dicevo che andava tutto bene e che stavo bene, ma poi non riuscivo a trattenere le lacrime e piangendo ti dicevo tutto.
Ti dicevo come mi sentivo, perché mi sentivo così. Parlavo e parlavo, finché non avevo esaurito tutto, anche la lacrime. Poi cercavo di sorriderti ancora e di ringraziarti, ma tu mi fermavi sempre e con voce ferma mi dicevi: “non serve che mi ringrazi...”. Poi mi porgevi la tua mano e io ero veramente felice. Potevo anche perdere tutto, ma se avessi continuato ad avere la possibilità di stringere la tua mano non sarei stata triste, ecco come mi sentivo.
Io, poi, in silenzio afferravo la tua mano, così delicata e premurosa, tu mi aiutavi a rialzarmi e mi sussurravi piano: “torniamo a casa”. Così camminavamo mano nella mano e tu mi riaccompagnavi premuroso a casa.
Sai, sto piangendo anche ora che sto scrivendo questa lettera ma questa volta tu non arriverai al tramonto, non mi ascolterai parlare e non mi ammonirai dicendo che non serviva che ti ringraziassi. E non mi tenderai la tua mano. Mi manca. Mi manca tutto, mi manchi tu, mi manca il tuo profumo, il suono della tua voce e anche la sensazione che provavo quando eravamo mano nella mano.
Mi mancano quei giorni e anche l'intesa che esisteva tra noi.
Tu eri una persona molto silenziosa e chiusa, ma io riuscivo a capire quando eri felice o quando eri triste, anche se tu eri sempre serio e impassibile.
Mi ricordo che quando eri triste andavi a passare tutto il giorno seduto sulla sponda del fiume, allora io ti raggiungevo mi sedevo vicino a te in silenzio.
Dopo un po' iniziavo come sempre a chiacchierare, parlando anche di cose sciocche e futili. Poi ritornavo a stare in silenzio.
Poi prima di sera ti alzavi e iniziavi a camminare, e se io dopo un po' non ti seguivo ti fermavi ad aspettarmi. Quando ti raggiungevo riprendevi a camminare e a quel punto io ti prendevo la mano e tornavamo al condominio camminando mano nella mano.
Era bello. Mi piaceva il tuo silenzio pieno di significato. E mi piaceva anche molto riuscire a capirti senza bisogno di parole.
Ma alla fine di tutto quello non ci è rimasto nulla, se non queste mie lettere.
Vorrei poter sentire la tua voce, e vorrei poter vedere i tuoi bellissimi occhi verdi. Ma so che non succederà.
Ora ti devo lasciare, è ora di cena, ma sono certa che presto potrò scriverti ancora.
Un bacio.
Sempre tua Inoue Orihime








Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Ti odio. Mi odio. ***


Attenzione! C'è un piccolo spoiler riguardo il numero ed l'aspetto (la maschera hollow) di Halibel!!!
detto ciò vi lascio alla lettura!!! Buona lettura!

***

Ti odio. Mi odio.

Si guarda allo specchi in silenzio, come sempre. Osserva concentrata il proprio volto.
La inorridisce. Ogni volta che lo vede riflesso nello specchio prova un profondo senso di ribrezzo. Odia il suo volto e odia la maschera che lo ricopre.
-hey! Sempre persa di fonte al tuo riflesso, eh piccola Halibel?-
Sembrano parole innocue, ma in realtà sono parole cariche di disprezzo e sono molto affilate.
Non si volta neppure, riconosce subito quella voce.
Halibel -che vuoi Nnoitra?-
L'uomo abbassa il capo divertito dal nervosismo che sente nelle parole della donna. Sa che a disturbarla mentre cerca un po' di solitudine la irrita a morte. Ed è proprio per quello che compare quasi ed esclusivamente in quei momenti.
Nnoitra -eh, no...non dovresti essere così acida con i tuoi amici...-
Halibel -noi non siamo amici...-
Nnoitra alza lo sguardo, cercando di osservare il volto di lei riflesso nello specchio, cosa che la donna sembra notare con disappunto.
Nnoitra -...che donna crudele...-
Halibel lo guarda negli occhi attraverso lo specchi e nel frattempo inizia a richiudersi la maglia. Odia che mostrare il suo volto, sopratutto ad un bastardo come Nnoitra.
L'uomo però non sembra intimorito né dal numero tatuato nel seno della donna né dal suo sguardo feroce, e sempre più divertito si stacca dal bordo dell'entrata della stanza della donna, e le si avvicina, chiudendo la porta dietro a sé.
L'arrancar donna l'osserva impassibile mentre gli viene vicino.
I due rimangono in silenzio finché l'uomo non le arriva praticamente attaccato dietro, e quel punto sporge in avanti la sua testa fino ad porla sopra la spalla di lei.
Nnoitra -lo sai che narciso morì annegato nel tentativo di baciare la sua bellissima immagine riflessa nell'acqua?-
Lui sa che lei odia il suo volto, non gli è stato difficile capirlo, ed è proprio per questo che la sta provocando su quell'argomento. Argomento che lei tanto detesta ed evita.
La donna sente l'impulso di rifilargli una sberla, ma si controlla. Non avrebbe senso ascoltarlo, eppure sente la rabbia montargli in corpo. Lui l'ha colpita su un argomento che cerca di evitare con tutta sé stessa e lo ha fatto per divertirsi.
Halibel -e con ciò?-
Nnoitra -che donna fredda...però il tuo tono sembra meno calmo del solito...ho per caso detto qualcosa che non dovevo?-
Halibel si gira finendo di richiudere la maglia, e passa affianco a Nnoitra intenzionata ad ignorarlo, ma l'uomo la blocca per un braccio.
Nnoitra -che fretta c'è?-
E così dicendo Nnoitra la spinge verso il letto senza darle tempo di parlare e facendola cadere distesa. In pochi attimi si posiziona a cavalcioni sopra di lei bloccandole entrambe le braccia.
Nnoitra -lo sai, è un peccato tenere sempre chiusa quella maglia...-
Halibel -bastardo...-
Ma l'uomo già non l'ascolta più, ed inizia a rislacciarle la maglia.
Halibel sente sempre più fortemente le perversa voglia di Nnoitra, e sente crescere il fastidio che le provoca sentirlo così vicino.
Eppure non parla e non fa nulla. Se volesse potrebbe fermarlo e dargli una lezione per ridimensionarlo. Il numero sul suo seno, il tre tatuato che ora l'uomo le sta leccando, indica che con il solo rilascio del suo reiatsu potrebbe tenerlo a bada.
Ciononostante non fa assolutamente nulla, lo lascia fare anche quando le toglie di dosso tutti i vestiti e la tocca dappertutto.
Lo lascia avvicinare sempre di più, anche se la sua vicinanza la irrita e la infastidisce.
Lo lascia libero di giocare col suo corpo, lo lascia libero di violarlo e di profanarlo.
A ogni suo tocco si sente ustionare la pelle, a ogni punto in cui la lingua di lui la tocca giocando, si sente avvelenata. All'avvicinarsi del suo corpo ed a ogni colpo di questo si sente dilaniare.
Ma allora perché lo lascia libero di fare?
Il dolore. Ecco ciò che desidera.
Desidera che le mani, indelicate e bramose di Nnoitra, le diano la sensazione di esistere, desidera che la sua lingua le faccia dimentica quella realtà.
Vuole che il corpo di lui la faccia sentire desiderata e sopratutto le faccia dimenticare tutto, sé stessa compresa.
Quella non è la prima volta che succede, e probabilmente non sarà l'ultima.
Tra loro non esiste nulla oltre che quei momenti di improvviso desiderio. Desiderio di dominare e di soffrire.
Fuori da quella stanza continuano ad essersi indifferenti un all'altro. Il loro è uno strano gioco in cui sembra che nessuno vinca o perda, eppure in cui tutti ottengono ciò che vogliono.
Ma in questo loro gioco non hanno importanza i pensieri e neppure trovano spazio. Così Halibel lo lascia fare, lascia che lui si diverta con lei.
Lo lascia libero di violarla e mentre lui la profana si stringe più forte a lui.







Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Il mio respiro è solo per te. ***


***
Il mio respiro è solo per te

Lo vede uscire dalla stanza. Non è la prima volta, anzi non è altro che l'ennesima volta che succede.
Lo guarda passare al suo fianco. Lo riconosce subito il suo sguardo, è inequivocabile ciò che esprime. Soddisfazione.
Stringe i pugni con forza, fino quasi a piantarsi le unghie nel palmo.
“Maledizione!!!”
China il capo perché lui non possa vedere l'odio dipinto nei suoi occhi. E perché non si veda che per la rabbia e il nervoso le sta venendo da piangere.
Lui la ignora completamente. Come sempre, in fondo ciò che voleva lo aveva già ottenuto, ed ottenuto da Halibel-sama.
“Schifoso porco...lurido bastardo, se potessi, te la farei pagare per tutte le volte...ma...”
Stringe con ancora più forza i pugni. Odia doverlo ammettere soprattutto in quei momenti.
“Ma sono troppo debole...io...”
Il pensiero le sfiora la mente e subito si impossessa di lei. Lei è debole, ma Halibel-sama no. Anzi è più forte di Nnoitra. Eppure tutte le volte succede lo stesso. Lei lo lascia fare, lascia che lui profani il suo corpo.
“Perché?!?! maledizione, perché?!?!?”
Vorrebbe urlare con tutta la forza e con tutto il fiato che ha in corpo. Ma sa che sarebbe inutile, oltre che contro producente.
CLANG.
Alza lo sguardo, riconosce il suone, è la porta della stanza di lei, il suo capo, che si apre. Sa che come sempre Halibel-sama non farà altro che camminarle affianco dicendole semplicemente “andiamo Apache”. Tutto come da copione.
Ma lei non può farci nulla. L'unica cosa che le è dato di fare è osservare impotente il tutto che si compie per l'ennesima volta. E passare ore a distruggersi per ciò.
Perché la donna che più di ogni altra stima, si lascia fare tutto ciò? Perché lascia che Nnoitra la tocchi? Perché lascia che lui giochi con il suo corpo? Perché subisce in silenzio, impassibile, come se non stesse succedendo a lei?
Perché la donna che più di qualunque altra cosa al mondo ama, lascia che un essere viscido e disgustoso come Nnoitra la sporchi? Perché lo lascia libero di insozzare la sua perfezione? Perché non lo ferma quando lui ne frantuma l'anima e il cuore?
“ti prego, dimmi perché...”
La implora mentalmente e intanto la segue rispettosa del suo silenzio. Rispettosa di lei.
Sa di essere solo uno dei tanti arrancar di basso livello di quel posto.
E sa che per Halibel lei non è altro che una della sua fracciòn, come Sun Sun e Mila Rose.
Ma lei non è come quelle due, lei ha un sentimento diverso che la muove verso quella donna. Ma è qualcosa destinato a rimanere abbandonato a sé stesso e nascosto. Nascosto agli occhi di tutti.
Come vorrebbe poter liberarsi di quel fardello, come vorrebbe poterle dire ciò che prova per lei.
Ma sa che non sarebbe mai e poi mai ricambiata e sopratutto teme che l'ammissione di questo suo sentimento porterebbe ad allontanare Halibe-sama da lei. E questo lei non riuscirebbe a sopportarlo.
Per questo sopporta lo sguardo soddisfatto che ha Nnoitra quando esce dalla stanza di Halibel.
Per questo sopporta e rispetta il silenzio della sua superiore.
Per questo la segue in silenzio, lasciando che il suo dolore e il suo rodimento rimangano interni e non visibili alla donna che ama.
Per questo sopporta di essere considerata solo una delle sue tirapiedi da tutti, anche da Halibel stessa.
Per questo lei l'ama in silenzio.
Talvolta si perde a guardarla, osserva le linee perfette e splendide del suo corpo, che quel vestito lascia in buona parte scoperto.
Si ferma a immagine il profumo della sua pelle, la sensazione che le darebbe toccare la sua pelle abbronzata.
E si ferma a pensare quale sarebbe il suo sapore. Il sapore della sua pelle e dei suoi baci.
Ma poi si deve riprendere, si deve destare da quei sogni carichi di desiderio, perché altrimenti il suo sguardo, i suoi occhi e il suo comportamento direbbero e svelerebbero troppe cose. E questo non va bene.
Quel suo sentimento e quel suo desiderio sono una cosa solo sua, una legame tra lei e Halibel-sama, di cui è a conoscenza solo lei.
Qualcosa di profondamente privato e unico.
Arrivano nella stanza in cui le stavano aspettando Sun Sun e Mila Rose, è tempo che riprenda il suo solito atteggiamento, nascondendo come sempre il sentimento che le dilania l'animo e le fa perdere la mente in sogni e pensieri che mai diverranno realtà.
“...vi amo con tutta me stessa Halibel-sama...il mio animo esiste solo in finzione del vostro. Il mio respiro vi appartiene, come vi appartiene completamente questo sentimento che mi pervade e mi rende di vostra e unica proprietà...”
Le sue parole, questo suo ultimo disperato appello, riecheggia nella sua mente, perdendosi.


***
Ringrazio chichetta99 per aver commentato!!! ^ ^







Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Miserabile ***


***
Miserabile

La osserva in silenzio, e con occhi carichi di dolore.
Sa che lei si trova lì distesa, attaccata ed una macchina anche per colpa sua. Forse solo per colpa sua.
Certo è vero, non era sua la spada che l'ha trafitta, e neppure sua era la mano che imbrandiva l'arma. Ma lui aveva aiutato quell'uomo a mandare avanti il suo piano, il suo sporco gioco.
Quindi Hinamori era lì davanti a lui, sospesa tra la vita e la morte anche per colpa sua.
Stringei pugni con forza ed abbassa lo sguardo.
Preferirebbe esserci lui al suo posto.
Ma avere i rimorsi non servirà a migliorare le cose.
Si avvicina un po'. Non sa se entrare o meno, si sente un verme, e si chiede se Hinamori avrebbe piacere a vederlo.
“Forse no...”
Si sente l'animo completamente messo in subbuglio e non sa bene perché.
Aveva iniziato a sentirsi così nell'esatto istante in cui aveva sentito che Hinamori era stata ferita a morte, e da allora non si era più dato pace. Neppure per un attimo.
All'inizio aveva pensato che si sentisse così per tutto ciò che era successo, e per il fatto che si sentisse in colpa.
Ma ora che era di fronte a Momo e da dietro il vetro la stava guardando riusciva a sentire quella strana sensazione più forte. Si sentiva stringere con inaudita violenza il cuore.
È difficile resistere a quel dolore, e sopratutto non ammettere quale ne è la vera ragione. Eppure è semplice da dire, una sola parola.
Amore.
È difficile credere che una parola così breve sia così difficile da dire, e ancora più difficile è pensare che il sentimento con quel nome sia fonte di tanto dolore.
China il capo, e cerca di calmarsi. Sente le lacrime nascergli, ma cerca di fermarle e di asciugare quelle che si erano formate.
Suo padre gli ripeteva sempre. “non è da uomini piangere!”.
Già, suo padre. In una attimo la sua mente corre all'immagine della tomba dei suoi genitori.
Desiderava con tutto sé stesso essere fonte di orgoglio per loro, ma dopo ciò che aveva fatto faticava a immagine di esserlo.
Sentiva il suo animo sprofondare e strisciare sempre più giù. In una abisso di tenebre.
Poi una voce alle sue spalle lo richiama.
-dovrebbe entrare a farle visita, sono certa che le farebbe piacere...-
A quelle parole il biondo alza stupito la testa, non l'aveva sentita arrivare.
Kira -...capitano...Unohana...-
Unohana -non credi di dover entrare a salutarla?-
Kira -...non credo mi possa sentire...-
Unohana -...io ritengo che anche se non è sveglia e cosciente sentirà di certo una presenza amica vicina, e sopratutto credo che la voce di qualcuno a cui vuole bene possa guidarla fuori dal suo sonno...-
Kira -...non credo che se potesse scegliere mi vorrebbe vicino...-
Unohana ...e perché non dovrebbe? Vieni a farle visita tutti i giorni...-
Kira -...le è successo tutto ciò anche per colpa mia...-
Unohana lo guarda un attimo, poi abbassando lo sguardo comprensiva riprende a camminare.
Unohana -non farti carico di colpe non tue e non lasciare che la paura ti trascini verso il basso....-
Kira ascolta con attenzione le parole della donna, stupito dalla abilità di questa di capire sempre gli stati d'animo di chi la circonda.
E mentre lei se ne va lasciandolo di nuovo solo, lui si volta di nuovo verso la ragazza.
Passano diversi minuti prima che lui riesca a decidersi a prendere coraggio ed entrare, ma alla fine si muove, ed entra.
La osserva con timore, quasi avesse paura di mandarla in frantumi anche solo guardandola. Intanto il suo cuore è sempre più stretto in quella dolorosa morsa.
Avvicina piano, esitando, e poi si siede sulla sedia vicino al letto. Per alcuni attimi, che gli sembrano interminabili, cala il più assoluto silenzio, poi si decide. Le parla.
Kira -...ciao Hinamiìori-chan...-
In pochi attimi sente un fiume di pensieri e parole inondargli la mente ed uscire dalle sue labbra. Non sa bene perché ma le parla, le parla di tutto.
Di come si era sentito quando aveva saputo del tradimento dei loro capitani, di cosa aveva provato a sapere che era stata ferita. Le parla anche di come si sente adesso e di come vorrebbe non aver sbagliato così tante cose.
I suoi pensieri sembrano uscire da soli, come l'acqua di un fiume che per troppo tempo era stata frenata da una diga, e ora si riversa ovunque.
Non sa bene perché, ma vuole assolutamente che Hinamori sappia cosa prova nel profondo del suo animo.
Le ore passano, e alla fine il silenzio ricala nella stanza. Questa volta però non è un silenzio doloroso, ma è quasi liberatorio.
Si alza piano dalla sedia, quasi temesse che un rumore troppo forte la potesse svegliare e le lancia un ultimo sguardo.
Poi un'improvviso pensiero lo prende. In silenzio si ferma e si avvicina un po' al letto.
La guarda ancora per degli attimi e poi si china lievemente verso lei.
Normalmente non è tipo di persona da fare cose del genere, ma ora non sa fermarsi.
I loro volti si avvicinano sempre più, finché chiudendo un po' gli occhi, Kira appoggia lievemente le sue labbra su quelle di Momo.
È questione di un attimo, poi tutto rosso in viso si alza di scatto e con passo affrettato, esce dalla sala.
Lungo il corridoio cammina a capo chino, incapace di capire cosa lo ha spinto ad agire così, mentre quasi inconsciamente poggia la mano sulle sue labbra.
Il suo cuore batte impazzito mentre sente ancora impresso in lui il lieve profumo della ragazza.


***
Ringrazio di tutto cuore rhys89 per aver commentato (si questa fanfic che "Annoyed"!) e anche chichetta che continua a commentare!







Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Profumo ***


***
Profumo

Sakè. È impossibile sbagliare.
Ne riconosce l'odore subito. Lo saprebbe identificare lontano miglia. E con esso saprebbe identificare subito anche un altro odore, anzi un altro profumo. Il suo.
Sbuffa contrariata, come sempre quei due profumi sono assieme, e il che vuol dire che come sempre lui ha messo da parte le montagne di pratiche per darsi al sakè.
Per alcuni attimi cerca di auto convincersi che non si deve muovere e che si deve preoccupare solo della montagna di lavoro arretrato. Ma poi è più forte di lei.
Si alza di scatto in silenzio e poi rapidamente si dirige verso il suo ufficio, apre la porta di scatto senza neppure preannunciarsi.
Appena apre la porta l'odore di sakè le invade con forza le narici.
-CAPITANO!-
L'uomo non si scompone, sembra che l'urlo della ragazza non lo abbia colto di sorpresa, ma poi alza lo sguardo, e stupito e si ferma a osservarla.
-Nanao-chan! Cosa c'è da urlare?-
Come sempre si finge uno sprovveduto caduto dalle nuvole. Questo fa venir i nervi ancora più a fior di pelle alla povera ragazza.
Nanao -capitano! Lo sa che non deve bere a quest'ora!!!! insomma si dedichi di più alle pratiche arretrate!!!-
Sembra una maestra che rimprovera un bambino poco diligente e capriccioso.
Shunsui -oh, dai Nanao-chan! Stavo solo facendo una piccola pausa per ristorarmi!-
Sembra un bambino che non ha voglia di fare i compiti e cerca la complicità della mamma.
Ed è sempre così tra loro due.
Lui fa lo svogliato e lei lo riprende.
Lui cerca di convincerla a rilassarsi anche lei, e lei lo rimprovera.
Non c'è nulla da fare, quei due sono irrecuperabili. A volte sembrano quasi divertirsi a recitare continuamente quei ruoli.
Nanao lo guarda storto da dietro gli occhiali, e poi aggiustandosi meglio questi ultimi esce dalla stanza, sicura che tanto anche stando lì a lamentarsi un'intera giornata lui non le avrebbe realmente dato ascolto.
Mentre lei esce irritata, lui da sotto il capello di paglia la osserva divertito.
Quanto è tenera la sua Nanao-chan, ai suoi occhi, quando se ne va, offesa da quel suo comportamento svogliato.
Alcune volte si comporta così solo per poterle vedere addosso quella buffa e dolce espressione di rimprovero.
Abbassando di nuovo il capo ritorna a sorseggiare il sakè, mentre la sua tenente estremamente ligia al suo dovere continua a lavorare.
Così passano diverse ore, finché la sera si decide finalmente a scendere ricoprendo tutto col suo velo scuro.
Nanao sbuffa esausta, ha lavorato a un ritmo molto sostenuto, ma almeno è riuscita a sistemare tutte le pratiche. E ora può finalmente concedersi un po' di meritato riposo.
Si toglie gli occhiali e si distende sul divano, coprendosi gli occhi col braccio.
Le arriva subito alle narici. È incredibile la sua capacità di sentire e riconoscere quei due profumi. Si alza a sedere seccata, non è possibile, ha ripreso a bere!
Ma questa volta l'avrebbe sentita.
Si alza rimettendosi gli occhiali, e si dirige a passo spedito verso l'ufficio del suo capitano.
Spalanca con foga la porta e senza parlare lo guarda seria. Lui ha sentito e riconosciuto subito i suoi passi.
I due rimangono immersi in quel silenzio per alcuni attimi, poi la donna si decide a parlare.
Nanao -Capitano! Non dovrebbe bere così tanto! Non va bene ubriacarsi di sakè-
A dire il vero all'inizio avrebbe voluto rimproverarlo di averle lasciato come sempre tutto il lavoro da fare da sola, ma alla fine non ne aveva avuto la forza. Anche perché era più forte la preoccupazione per la salute del suo capitano che la sua irritazione per aver dovuto lavorare per entrambi.
Kyorako la guarda e si alza piano. Vorrebbe risponderle con una delle sue solite battutine, ma decide che è meglio di no.
Nanao lo guarda avvicinarsi sicura che voglia risponderle con una delle sue solite affermazioni, ma lui la coglie completamente di sorpresa cingendole i fianchi col braccio.
La donna diventa tutta rossa in viso in pochissi attimi, mentre lui la guarda intenerito da quella reazione.
Nanao -ca...capitano!...insomma!...-
Mentre parla abbassa lo sguardo vergognosa, ma delicatamente lui glielo rialza con la mano, e prima che lei possa parlare ancora poggia lievemente le proprie labbra sulle sue.
Nanao sente il cuore accelerare paurosamente a quel contatto, vorrebbe ritrarsi ma sembra che il corpo non le risponda più. Così rimane tra le sue braccia e lentamente dischiude un po' le labbra permettendo all'uomo di darle un vero bacio.
I due rimango attaccati per alcuni attimi, che però sembrano durare un eternità per entrambi.
Appena le loro labbra si separano Nanao si sente bruciare dall'imbarazzo e si allontana un po' dal corpo di Shunsui, ma lui con una dolcezza incredibile la fa riavvicinare e si china per darle un altro bacio,e appena prima di toccare ancora le sue labbra, le parla sussurrando.
Shunsui -permettimi allora di ubriacarmi di te...-
La ragazza sente il proprio cuore fare un'altra pericolosa accelerata, ma questa volta non cerca di opporsi al contatto, e sciogliendosi nell'abbraccio di lui si lascia baciare di nuovo.
E mentre i due si trovano lì, a Nanao sfugge veloce un pensiero, che subito si perde tra le emozioni di quel momento.
“Il capitano ha veramente un buon profumo”.








Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** La mia medicina ***


***
La mia medicina.

Dorme beato e tranquillo. Sembra quasi che oggi la sua solita malattia non lo tocchi.
Lei gli accarezza amorevolmente i capelli, guardandolo con uno sguardo carico di dolcezza.
Come sempre lui cade addormentato con estrema facilità, ma a lei piace stare lì a guardarlo dormire sulle sue ginocchia.
Sa che è debole di salute, e si prende sempre cura di lui con la massima attenzione. In fondo lei è solo per lui.
Continua ad accarezzargli i lunghi capelli, resi bianchi dal suo male perseguitore.
Che tipo strano. Anche se è sempre stato molto malato si è sempre preoccupato più per gli altri che per sé stesso. Ma era anche diligente e non si trascurava mai.
Era decisamente una persona particolare.
Estremamente ligio al dovere e saggio ma anche infinitamente buono e bambinone.
Dischiude piano gli occhi, con un lieve lamento.
Unohana -buongiorno...-
Lui la guarda un po' prima di sorriderle di risposta.
Ukitake -ho dormito molto?...-
Unohana non risponde subito, ed accenna un sorriso quando lui le accarezza lievemente i lunghi capelli, stranamente sciolti dalla solita treccia.
Unohana -solo un po', come il solito...-
Lui chiude ancora un po' gli occhi e sbuffa.
Ukitake -perdonami...-
La donna continua ad accarezzargli i capelli, fingendo di non dare ascolto alle sue scuse, ma poi ferma la mano ed avvina il suo volto a quello di lui facendogli aprire lievemente gli occhi.
Unohana -...non c'è nulla per cui ti devi scusare...-
L'uomo con il braccio invita la donna a chinarsi un po' più su di lui ed alzando piano la testa le ruba un bacio.
Dopo un po' i due si separano, e Ukitake si ferma ancora a guardarla, rapito dalla sua bellezza.
A volte si ferma a osservarla per diverso tempo, finendo sempre col pensare che è più simile a una divinità, dal volto pacato e pieno di amore, che una normale donna umana.
E forse è proprio per questo che più di qualunque altra cosa ama lei e quel suo sorriso capace di trasmettere pace.
E di lei ama anche la delicatezza delle sue mani. Le sue sono le mani di un angelo.
Ogni volta che sono assieme è come se fossero circondati da una pallida aura che li estranea dal mondo e li rende liberi da ogni dolore.
Sono uno l'angelo dell'altro. Sono la salvezza e la fonte di pace necessarie all'animo dell'altro.
La loro semplice vicinanza gli permette di sentirsi come se fossero in un paradiso loro personale.
Nessuno alla Soul Society sa di loro, e probabilmente nessuno sospetterebbe mai di una loro possibile relazione.
E questo gli permette di essere tranquilli e sereni.
A dire il vero non si sono mai propriamente nascosti, ma non hanno neppure mai fatto nulla che potesse dire di loro.
Era il loro modo di mantenere il loro legame più possibile puro e libero. Senza inutili voci di corridoi o sciocchi sospetti.
Insomma, viverlo seconda la loro natura. Pura, dolce e pacata.
Il loro amore è infinitamente semplice e infinitamente forte.
È qualcosa di unicamente loro, e racchiude molti più significati di quanti saprebbero anche loro spiegare. E così immersi nel loro silenzio, rimango lì seduti, avvolti dalla loro pace.
Non hanno bisogno di molte parole, sanno comprendersi perfettamente anche senza, ciò che veramente desiderano è stare il più possibile assieme.
Desiderano poter godere di quella dolce quiete e di quel tenero amore il tempo maggiore possibile. Solo questo.
Tra loro tutto era iniziato in maniera quasi spontanea e ovvia. Come se quel sentimento fosse sempre stato in loro e non potesse succedere altro che esso sbocciasse.
E così era stato. Infatti neppure loro avevano bene idea di come e quando realmente fosse iniziato tutto.
Semplicemente era iniziato, o forse ancora più semplicemente era sempre stato così.
E così, altrettanto semplicemente e spontaneamente tra loro tutto continuava.
Ukitake, col capo ancora appoggiato alle ginocchia di Unohana, volta lievemente il volto verso le tiepida luce primaverile e sorridendo pacificamente, le sussurra un attimo prima di assopirsi di nuovo.
Ukitake -...tu sei la mia unica medicina.......-








Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Sabbia e sangue ***


Attenzione! C'è un piccolo spoiler per quanto riguarda il passato di Neliel e di Nnoitra!!!
Detto ciò vi lascio alla storia!!! Buona lettura!
***
Sabbia e sangue.

La osserva con attenzione.
In pochissi attimi fa scorrere i suoi occhi lungo il suo profilo.
Il suo splendido profilo.
E intanto la mente corre, corre lontano. A diversi anni prima.
“Passano gli anni, ma tu resti sempre la stessa eh, Neliel?”
Formula quel pensiero mentre osserva il suo sangue scendere a macchiare la sabbia.
“Non è cambiato nulla da allora”
Si ferma a guardarla ancora come se fosse ipnotizzato, e intanto nella sua mente riaffiora nitido il ricordo di quel giorno.
Le loro lame che si incrociano, la sensazione di forza opprimente e di gran lunga maggiore.
Quella sensazione di profondo odio. Quella sensazione di profondo desiderio.
Desiderio, sì di vincerla, ma sopratutto desiderio di lei. Semplicemente e puramente lei.
Aveva ragione quando lo ammoniva dicendo che era solo una bestia, dedita solo a soddisfare i suoi desideri e bisogni.
E lui aveva desiderio e sopratutto bisogno di lei.
Aveva bisogno di vederla, di insultarla di provocarla e di lottare per poi perdere contro lei.
Lo aveva sempre sentito quel desiderio, fin dal primo momento che l'aveva vista.
Voleva distruggerla e voleva che lei lo distruggesse.
All'inizio aveva ignorato quella sensazione, anche quando aveva iniziato a dargli un po' più di attenzione credeva che il suo desiderio fosse solo di scoparsela.
Ma non era così. Era qualcosa di più profondamente perverso.
Lui sentiva la necessità più pura di lei, nel senso più esteso della parola e di null'altro.
Col passare del tempo si era reso conto che non poteva e non voleva venir meno al quel desiderio e alla voglia di soddisfarlo. E così faceva di tutto per incontrarla lungo i corridoi e alla fine finivano sempre a litigare, quando non la trovava in giro andava a trovarla nella sua stanza e come sempre cercava di provocarla. La sfidava tutte le volte possibile.
Si incazzava come una belva, per non riuscire a sconfiggerla, e si compiaceva profondamente di averla potuta avere per sé.
Lui odiava lei. Solo lei.
Lei odiava lui. Solo lui.
Era qualcosa di unicamente loro e di infinitamente e perversamente sbagliato.
Ma chi se ne fregava. Erano arrancar di certe cose se ne potevano anche sbattere.
Probabilmente lei non aveva mai provato fino in fondo quella sua stessa sensazione, e probabilmente era disgustata dal suo modo di fare, ma poco importava, a lui interessava solo saziare quel suo appetito, placare quella sua sete.
Alza la spada, il rumore di lame che stridono lo riporta alla realtà.
Cerca di colpirla con diversi fendenti ma lei agilmente evita ogni suo attacco.
“Che corpo maledettamente perfetto hai dannata puttana. Sei una macchina da combattimento di infinito potere e di infinita bellezza”.
Sente ancora la sua lama gelida tagliare la sua durissima pelle.
“È così che mi piaci lo sai? Violenta, assassina...senza pietà! Finalmente hai smesso di perderti inutilmente il quel tuo buonismo del cazzo! Siamo entrambi animali da combattimento! E allora combattiamo!!!!”
Si getta all'attacco, con foga e ferocia. E intanto dentro di lui lo sente pulsare.
Pulsa con inaudita violenza in lui. Pulsa con tanta forza da essere impossibile da contenere.
È di nuovo quel desiderio. È stato troppo tempo senza possibilità di soddisfarlo.
Lei era diventata una mocciosa buona solo a piangere, e si era dimenticata di lui.
Come aveva potuto fare una cosa del genere, dimenticarsi di lui? Ma ormai aveva poca importanza. Era tornata al suo antico splendore. E finalmente potevano ancora combattere.
Erano stati per troppo tempo distanti, ma quel loro perverso legame non si era affievolito neppure un po'.
E mentre il sangue di lui scende a impregnare ancora la candida sabbia la memoria riscappa indietro.
Il giorno in cui le aveva spaccato la maschera e l'aveva ferita, riducendola a una bambina.
Che sensazione inebriante e splendida lo pervadeva nel momento in cui l'aveva colpita. Il solo ricordo, anche oggi, gli dava una forte scarica di adrenalina.
Se ne stava andando sicuro che, al ritorno di lei, lui sarebbe stato tanto potente da poterla battere. E forse allora sarebbe anche riuscito a potarsela a letto.
Ma gli premeva di più poter di nuovo combattere con lei.
Poter vedere di nuovo il sangue impresso come un marchio sulla pelle bianca del deserto.
Per sentire di nuovo il desiderio e la rabbia invadergli il corpo mischiandosi in una miscela perfetta.
Ma a vederla rimpicciolire pochi attimi dopo era stato un brutto colpo per lui. Aveva perso la sua unica possibilità di soddisfare quella sua voglia.
Poco male. Il tempo e il destino erano stati clementi con lui.
E ora poteva di nuovo affrontarla.
Poteva di nuovo saziarsene.
E mentre i due combattono ancora animati dal loro antico rancore dal loro antico perverso sentimento, il deserto si macchia ancora del loro sangue, rendendo rossa la sua candida sabbia.



***
Vorrei ringraziare di cuore Kuchiki_girl per aver commentato! E ringrazio anche chi continua a commentare!!!







Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Sayonara ***


***
Sayonara

Il vento si alza lieve.
La sua mano stringe con forza il polso di lui. Il tempo sembrerebbe immobile, ma i loro capelli mossi dal vento, svelano il passare degli attimi e lo scorrere del tempo.
“Perchè?”
Ma non si concede di porgli quel quesito. Così rimane ferma immobile a fissarlo.
Non parla, non allenta la presa sul polso e neppure quella dell'elsa della spada.
Lui sembra aver percepito il suo pensiero. La sua domanda. Si volta piano verso di lei. Come sempre non apre gli occhi, ma quel suo solito sorriso è scomparso dal suo volto.
Dischiude lievemente le labbra, come se volesse parlare, ma dalla sua bocca non esce nessun suono.
Lei lo guarda. Sente lievemente le lacrime pizzicargli sotto le palpebre, ma si impone di non piangere. Di non dargli soddisfazione.
Ma sembra che lui intuisca anche questo suo pensiero e muove lievemente le labbra, sembra volerle dire “perdonami”, ma alla fine gli manca il coraggio, o forse la sfacciataggine di proferire quella parola, che in quel momento, come mai prima, sarebbe sembrata una pura e semplice presa in giro.
In un attimo la loro memoria, forse invitata dall'immobilità di quel momento, torna a ripercorrere antiche strade.
Il loro primo incontro. Quanti ricordi, riempiono il cuore e lo feriscono.
Se non ci fosse stato lui, lei sarebbe morta. Lui l'ha salvata e aiutata.
Ma allora perché dopo averla salvata ne dilania così il cuore?
Che vantaggio o sorta di perverso piacere ne ottiene? Nessuno. Semplicemente nessuno.
Lui solitamente non è tipo da preoccuparsi per i sentimenti degli altri.
Eppure lei non è gli altri. Non per lui.
È per questo che per tanto tempo le aveva mentito, e le aveva celato quel suo aspetto, l'altra faccia della sua medaglia.
Ma alla fine non era servito a nulla stare così nascosto, perché come sempre la verità era uscita alla luce del sole e come sempre lo aveva fatto ferendo qualcuno.
Che dea crudele è la sincerità, quasi quanto lui. Lui e il suo perverso sorriso, lui e i suoi dannati occhi sempre chiusi. Lui. Semplicemente e crudelmente lui.
Perché lei era stata pazza da legarsi a lui? Tanto pazza da fidarsi di lui?
Perché era stata tanto dannatamente pazza da innamorarsene? Una domanda a cui nessuno saprà e potrà mai dare risposta.
E intanto il tempo lento ed inesorabile scorre. Scorre imperterrito, indifferente alla gioa, alla tristezza, al dolore e all'amore. Scorre neutrale, ignorando tutto e ignorato da tutti.
E così anche loro hanno vissuto in breve sogno illudendosi che durasse da lì a per sempre. O forse solo lei aveva vissuto quel sogno come vero, come eterno.
In fondo adesso sente che di lui non ha mai saputo nulla.
Allora anche i loro baci erano tutta una bugia?
“Ti prego, dimmi che non è così...ti scongiuro...dì che sto sbagliando”
Lui abbassa il capo, sembra leggerle perfettamente negli occhi cosa sta pensando, ma non sembra capace di risponderle.
È sempre stato così.
Anche in passato, quando da piccola lei si svegliava la mattina e non vedeva i suoi sandali.
Ogni volta accennava a chiedergli dove andava ma lui le diceva di non preoccuparsi e così alla fine aveva smesso di chiederglielo.
“E ora? Se te lo chiedessi ora, mi diresti dove stai andando? Mi diresti ancora che non dovrei preoccuparmi? Troveresti il coraggio di proferire quelle parole?”
Ma lui ha smesso di guardarla e si è girato di nuovo. Si potrebbe pensare che l'ha fatto per vergogna, ma non è così.
Non per lei. Lei lo conosce e sa che non prova vergogna. Mai.
Sembra che il tempo abbia fatto evolvere le situazioni, lasciando indelebile una traccia delle radici.
E sembra che si diverta a far soffrire sempre lei.
Lo fissa immobile, e lui sente profondo il suo sguardo su di sé.
E sente il suo dolore.
Ma non si scompone. Non è conforme alla sua natura.
Ma allora neppure amare dovrebbe essere conferme alla sua natura. Allora, forse, e come crede Rangiku, lui non l'ha mai amata.
O forse no. E a quel punto sarebbe spontaneo chiedersi a cosa è conforme la sua natura. Ma sopratutto qual'è la sua natura?
Neppure Matsumoto che gli è sempre vicina, ha mai capito com'era fino in fondo. Ogni volta che era sicura di averlo compreso a fondo lui le riusciva sempre a dimostrare che non era così.
E questa era un'altra di quella volte. Solo che sta volta faceva più male.
Il tempo, che fino a quel momento sembrava scorrere a rilento, ora come un fiume che rompe la diga, riprende a scorrere con una velocità quasi violenta.
La negaciòn lo avvolge e lo porta in salvo. E lontano da lei.
Gin -peccato...mi sarebbe piaciuto rimanere prigioniero ancora un po'...sayonara-
E così se ne va, sparendo dalla sua vista.
“Il vizio di non dirmi dove vai, non l'hai ancora perso...”








Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Sigarette, cuscini e te ***


***
Sigarette, cuscini e te.

La osserva dormire in silenzio.
Strano, di norma è lei che passa il tempo a guardarlo dormire, d'altronde lui non sembra fare quasi null'altro.
Sembra quasi una persona quieta, quelle poche volte che riesce ad addormentarsi.
“Dannazione...”.
Poggia la testa sulla mano, con cui si copre gli occhi.
“...vuoi per caso uccidermi così?”
No, non lo farebbe mai. Non lei.
Lei non sta cercando di sedurlo, non lo ha mai fatto, e mai lo farà. Eppure lo ha sempre amato e seguito.
Lei per lui era una semplice sorellina, ma lui per lei era molto di più.
Non sapeva perché, ma quella piccola donna, che da sveglia era capace di scatenare l'apocalisse e che ora da addormentata sembrava un piccolo angelo, lo ama. In una maniera così unicamente pura e forte da essere inconcepibile il pensiero che un giorno lei possa smettere di provare quel sentimento per lui.
Lo ama così profondamente da seguirlo sempre nei suoi numerosissimi spostamenti per lavoro, ed è disposta a cambiare sempre scuola.
“...maledetta pazza, tu che mi segui......e maledetto pazzo io che te lo lascio fare....”
Toglie la mano dal volto e sospirando si alza.
Si avvicina al tavolo su cui come sempre si trova il suo PC, gli lancia una veloce occhiata, ma poi fa scorrere altrove lo sguardo. Pensa già tutti i giorni, quasi ventiquattro ore su ventiquattro, al lavoro, come ogni bravo giornalista, ma quella sera una piccola pausa non gli avrebbe per nulla fatto male.
Fruga nella tasca della sua tasca ed estrae il pacchetto di sigarette, ne tira fuori una e poi lo rimette al suo posto svogliatamente.
Cerca un accendino nelle tasche dei pantaloni mentre porta alla bocca la cicca. Appena trovato fa subito per accenderla ma poi si ricorda che a lei non piace che lui fumi, almeno non in sua presenza, così si dirige verso il terrazzino e dopo aver socchiuso la porta dietro di lui, accende finalmente la tanto sospirata sigaretta.
Mentre butta fuori il fumo, si ferma a guardare il cielo stellato, godendosi la pace di quella fresca notte di primavera inoltrata.
Passa così alcuni minuti tranquillo, assaporando il fumo e la serata, svuotando completamente la testa da tutto, sia dai pensieri che dalle preoccupazioni. Ma come sempre quella pace è momentanea. La durata di una sigaretta.
Abbassa di nuovo gli occhi, e da dietro il vetro della porta la guarda.
Si conoscono da sempre. Lui l'aveva presa con sè quando lei era ancora piccola. A dire il vero, alla fine era stata lei ad adottarlo, decidendo con la sua solita cocciutaggine di seguirlo.
Ed ora eccoli lì. Ancora assieme.
“...pazzesco...sapresti conquistare l'intero mondo se solo lo volessi, con la tua testardaggine....”.
Sente crescergli la voglia di fumare un'altra sigaretta, ma decide che per stasera è meglio di no.
Ritorna dentro e si mette a sedere accendendo il PC, ha del lavoro arretrato, meglio non fare troppa pausa.
In silenzio si mette a lavorare, sperando che scrivere lo riesca a distrarre.
Per lei è tutto così semplice. Lo ama, non lo nasconde e vive tranquilla accontentandosi di essere per lui una semplice amica, anzi la sua sorellina.
Ma per lui non era così facile, almeno non gli sembrava così facile. Non vuole ferirla, le vuole troppo bene, ma non vuole neppure illuderla, ci tiene troppo a lei per farle questo.
Spesso non sapeva bene come comportarsi, ma lei lo esortava sempre a comportarsi come il solito. Sapeva come stavano le cose, e se ne era fatta una ragione. Ma non avrebbe mai permesso a nessuna donna di portarglielo via.
È forte, quella piccola principessina guerriera.
Probabilmente più forte di lui.
Sbuffa rumorosamente e torna a lavorare, così le ore della notte passo tranquille e avvolte nel silenzio.
La mattina si presenta quasi inaspettatamente, e lo sveglia colpendolo con un raggio di luce.
Ci mette un po' a svegliarsi completamente e a realizzare che è già mattina. Si stropiccia un po' sbadigliando e si volta a vedere se lei sta ancora dormendo sul divano.
Ma per sua sorpresa lei non c'è.
“Forse è già partita per andare a scuola...”
Ma una voce che viene dalla porta della cucina lo fa ricredere.
Lillinette -buon giorno pigrone!-
Lui si volta a guardarla e lei gli risponde con uno dei suoi vivaci sorrisi, in mano ha due tazze, una col thè l'altra col caffè. La ragazza gli porge la seconda tazza, come sempre gli ha preparato la colazione.
Stark -buongiorno...-
Liullinette -io adesso devo partire, altrimenti faccio tardi a scuola! Torno alla solita ora! Vedi di non dormire per tutto il tempo!!! ciao!!!-
Così dicendo la ragazza esce, e piena di energie, mentre l'uomo scuote la testa divertito. Come sempre è iperattiva fin dal primo mattino.
Così in tranquillità la mattina inizia a scorrere, mentre lei corre felice verso scuola e lui cerca di finire il lavoro arretrato.
Lei ama lui più di quanto lui saprà mai.
Lui ama lei più di quanto mostrerà mai.
E così loro continuano a vivere assieme, prima di incontrarsi erano soli al mondo, ora sono uno il mondo dell'altro.


******************************************

Vorrei ringraziare ElderClaud per aver commantato! ^^








Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Una traccia, una tua traccia ***


***
Una traccia, una tua traccia.

È tiepido, come un abbraccio dato in una mattina primaverile.
Scende piano, come le lacrime sul suo volto, anch'esse calde.
Sangue.
La sua mano trema. Sfiora piano la lama fredda e la sente ricoperta dal tiepido liquido.
Il suo sangue.
Ancora lacrime. Solcano il volto lasciando tracce impercettibili, eppure più brucianti di un graffio.
La mano trema con maggiore violenza, quando arriva a toccare la sua.
La mano di lui è ferma, non trema, non trasmette emozioni.
Alza piano il volto, il sangue ha iniziato anche a rigare il suo candido viso, partendo dall'angolo delle sue labbra.
Vorrebbe parlare ma le manca la forza, cerca disperatamente di farlo, ma ciò che risulta è solo una serie di gemiti.
Poi la voce si sblocca come per incanto e timida esce.
-Aizen...taic...-
Si alza di scatto.
-TAICHOU!!!-
Si tira su a sedere quasi d'istinto urlando con forza.
Sempre per istinto ha allungato la mano come per afferrare qualcosa, ma non c'è nulla da afferrare. Non più.
E così mentre si rende conto che era solo un sogno si rende anche conto che tutto è successo. Sta volta stava sognando, ma quei fatti erano già accaduti. Per cui c'era poco da illudersi, le cose erano fin troppo chiare.
La verità molto spesso ha un sapore amaro. Forse fin troppo.
Ed è proprio quel sapore che pervade la ragazza, facendola sentire malissimo.
La mente è piena di pensieri, troppi pensieri e troppo confusi.
Si mette a piangere rannicchiandosi, e appoggiando la testa sulle ginocchia.
Piange con forza, con disperazione.
Non sa cosa fare e purtroppo nessuno è in grado di dirglielo.
E così rimane sola, nel buio della stanza. Lei e i suoi incubi, lei e le sue paure.
“perché...perché?...”
Disperata chiede risposte ma è inutile.
Non può che rimanere ferma lì, persa in un mondo forse troppo crudele per lei.
Non può che rimanere nel silenzio della sua stanza. Senza avere nessun perché, nessuna risposta.
E senza nessuno vicino che possa aiutarla. L'unico che vorrebbe al suo fianco è colui che l'ha ridotta così.
Il destino a volte sa essere veramente crudele.
E lei ora non ha neppure un briciolo di forza di volontà, e non può reagire. Non può ribellarsi. Può solo subire.
Così in silenzio continua a piangere, ponendosi quesiti a cui nessuno mai risponderà e sopratutto cercando dentro sé e attorno a sé una traccia. Una sua traccia.
Sa che tutto il suo passato era falso ma non riusce a farsene una ragione.
Lei quell'uomo lo amava sul serio, e come si può amare una bugia?
“No, non può essere così....”
Non per lei, non per il suo amore.
“Ci deve per forza essere un'altra spiegazione...”
Ma in realtà non c'è. Non c'è nessuna altra spiegazione, nessun'altra verità e sopratutto non ci sono traccie di lui. Non di quel lui, perché in realtà non è mai esistito.
Le uniche traccie che ha lasciato sono quelle del suo vero io. Purtroppo.

*****
Ringrazio tutti coloro che continuano a leggere, e a commentare questa fanfic! E mi vorrei anche scusare per questo capitolo così breve!
Vedrò di rimediare mettendo il prima possibile in prossimo capitolo!








Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Ubriaco ***


***
Ubriaco


Butta giù un altro bicchiere abbondantemente riempito di liquore.
Beve per dimenticare, per farsi male, per perdere la cognizione del tempo e di se stesso. Per perdere la cognizione di tutto.
Anche del suo amore. Una amore sbagliato, ingiusto, doloroso e sopratutto un amore solo suo.
L'altro non lo amerà mai. Mai.
È inutile anche solo illudersi, per questo beve. Ma è inutile cerca di annegare i dispiaceri nell'alcol, perché come diceva un vecchio comico, i dispiaceri sanno nuotare benissimo.
Ma poco importa anche se li sente sempre, almeno un po' il suo dolore è annebbiato dall'effetto del liquore.
“Va al diavolo fottuto stronzo...di me non te è mai fregato un cazzo vero?”
Vorrebbe urlare, ma è già tanto se riesce a pensare in maniera lineare, per cui si limita ad urlare mentalmente.
Lo sente bruciare in gola, e in tutto il suo corpo. E non l'alcol che gli provoca quella sensazione.
L'alcol è solo una scusa, una semplice scusa di comodo.
Quello che lo sta bruciando vivo e corrodendo fino al midollo è quell'odioso sentimento che lo pervade e lo possiede con una famelica crudeltà degna del diavolo.
Vorrebbe piangere. Ma è troppo orgoglioso per farlo, per cui si limita ad imprecare a denti stretti.
L'alcol gli fa brutti effetti, la sua già naturalmente grande irrequietezza viene spronata ed aumentata esponenzialmente da quel liquido che sembra il nettare degli dei ma che in realtà non è null'altro che il sangue di Giuda.
E come lui ti tradisce quando meno te lo aspetti.
Scuote il capo e fa muovere i suoi capelli rossi. Poi, come se d'un tratto avesse perso tutte le sue forze, lascia cadere la testa sul tavolo.
Ha il volto tutto arrossato e non solo per colpa del suo stato di ubriachezza.
Al momento vorrebbe che lui fosse lì vicino a lui. Non gliene fregherebbe un cazzo se passerebbe qualcosa come un ora a fargli la predica per il suo atteggiamento scriteriato.
Immagina che per zittirlo, lo avrebbe preso per il colletto della maglia da shinigami e lo avrebbe baciato.
Si perde a immaginare il sapore delle sue fottutissime labbra, di cui non potrà mai assaggiarne il gusto, e si perde a immaginare di baciarlo con tanto trasporto da sopraffarlo.
Dio come gli piacerebbe davvero poterlo fare.
Poi lo avrebbe portato via da quello squallido bar, e lo avrebbe condotto fino alla sua camera e lì...
“Se certo...frena l'immaginazione razza di coglione che non sei altro...è già tanto se gli puoi camminare vicino tenendo il capo alzato”
Formula quell'ammonimento a sé stesso, pieno di amarezza e di nausea, questa causata dalla quantità spropositata di alcol che ha in corpo.
“Ed è già tanto se puoi rivolgergli la parola...immaginati se riesci a scopartelo...”
Ancora amarezza e ancora nausea. Ma sta volta il senso di vomito gli è dato dal disgusto.
Disgusto per sé, per l'altro e i suoi atteggiamenti da nobile snob, per la propria pateticità e la sua stupidità.
“Chi cazzo me lo fa fare di ridurmi così per uno come quello?”
Domanda che trova subito risposta con l'apparizione dell'immagine di Kuchiki Byakuya.
Il suo volto, dannatamente bello, che lo rende simile ad una specie di divinità, il portamento, tipico di chi si crede costantemente superiore a tutti, io suoi occhi incredibilmente belli e taglienti come la fredda lama di un coltello, le sue labbra e i suoi capelli...
“Smettila cazzo!!! si può sapere cosa stai qui a farti seghe per nulla? Tanto quello non ti caga neanche di striscio”
Cerca di alzare la testa, ma il movimento troppo veloce lo stordisce e quindi fa ricedere giù miseramente il capo.
“Splendido...adesso non sai neanche più tenere su la testa....di un po' caro tenente Abari, come cazzo hai fatto a ridurti così. Eh?”
Non si risponde. Non stavolta. La verità, risaputa in maniera talmente ovvia da sembrare crudele, questa volta lo strazierebbe troppo, per cui finge di non sapere qual'è la risposta.
È stanco di soffrire come un misero cane, abbandonato da un padrone stronzo e narcisista.
Ed è stanco di continuare a scodinzolargli dietro.
Cerca di rialzare il capo, e sta volta lo fa con calma, riuscendo quindi nell'intento. Ma il suo unico scopo è di versare ancora liquore nel suo bicchiere vuoto.
Vuoto come il suo animo ora, o meglio come lui sente il suo animo ora.
“Peccato...l'alcol riempie il bicchiere, ma per quanto ne beva, non riempe me...”
Si sente più debole e sa con certezza che resisterà ancora poco. Ma chi se ne frega, sta sera il suo obbiettivo e farsi del male ed annientarsi fino ad sparire, e in quando ad annientarsi ci sta riuscendo in pieno.
E giù un altro bicchiere. Quel liquido, che è sia salvezza che condanna, scivola giù nella sua gola e lo fa sentire ancora un po' più leggero.
La vista sta iniziando ad offuscarsi, e lo fa sempre più velocemente così dopo poco cade svenuto sotto l'effetto inebriante e nauseante dell'alcol.
Prima di perdere completamente la coscienza si concede di formulare un ultimo disperato pensiero.
“Ti auguro tutto il male del mondo dannato Byakuya Kuchiki, perché ti amo troppo per fartene io e perché ti amo troppo per non potermi detestare per non essere ancora riuscito a farti mio e per il fatto che mai ci riuscirò...”


***
Eccomi qui! E come promesso ho messo il prima possibile il successivo capitolo, che ammotte essere uno di quelli che credo mi sia riuscito meglio!
Comunque meglio lasciare a voi lettori l'ardua sentenza e il giudizio!








Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Human ***


Salve a tutti! Vorrei anticipare due cosucce: la prima è che qui si parla, anche se marginalmente, dell'incontro che avviene sulla terra tra i capitani della soul society con Aizen&Co e i suoi tre primi arrancar, e questo non è ancora comparso nel manga in Italia(per cui ora sapete il contesto). La seconda cosa che volevo dire è che questo capitolo non tratterà propriamente di un amore, o meglio all'inizio pensavo di fare così questo capitolo, ma questo è il primo incontro tra i due, per cui è una specie di complicità che si crea e quello di cui propriamente parlerò.
Detto ciò vi lascio finalmente alla lettura del capitolo!

***
Human.

Sono immobili, uno di fronte all'altro, come se in realtà al posto di quell'aria in mezzo a loro ci fosse uno specchio, tramite cui ciascuno dei due osserva rispecchiato sé stesso nell'altro.
“Ti guardo. Sei davanti a me, a pochi metri eppure in realtà siamo distanti miglia e miglia”
Il sole, crudele come sa esserlo solo la verità, si specchia orgoglio sulle lame delle loro zampakuto sguainate.
“Così simili, così irraggiungibili...sembra una presa in giro”
Continuano a fissarsi in silenzio. In questo momento ad entrambi piacerebbe sul serio poter deporre l'arma e comportarsi come nulla fosse.
Sarebbe tutto di certo più semplice.
“Ma così non è vero? Lo sai anche tu, d'altronde io e te siamo fatti della stessa identica pasta...”
Se si fossero incontrati in un'occasione diversa, di certo sarebbero andati d'amore e d'accordo.
Ma quella divinità, che manca di buon senso o forse che ne ha fin troppo, chiamata fato li ha messi lì. Come fossero pedine degli scacchi, dentro un'enorme scacchiera, costretti a combattere una partita apocalittica solo per desiderio dei loro re.
“Mi piacerebbe sul serio tanto, poterci bere su, assieme a te...”
Sospira rumorosamente. Non ama particolarmente dover lottare, sopratutto in situazioni del genere. Ma non può scegliere, ora in bilico ci sono troppe cose e troppe vite. Non è il momento di essere pigri o buoni.
“Peccato. Però sembri provare lo stesso anche tu. Ci siamo appena conosciuti e siamo già complici rei confessi degli stessi peccati”
Abbassa un po' il copricapo di paglia e sbuffa di nuovo, sta volta però più piano.
E in tanto l'altro lo guarda, senza distarsi neppure un attimo e senza abbassare lo sguardo.
E lo sa benissimo anche Kyorako, perché sente i suoi occhi su di lui. E sente che lo sta scrutando e studiando con attenzione.
Sono come due svogliate volpi, che costrette dal caso si metto di impegno per lottare e cercano di eliminare l'avversario battendolo in astuzia.
Sì è innegabile, quei due sono veramente simili, quasi fin troppo. Potrebbero quasi essere la stessa persona.
Ma non è così. Perché uno è uno shinigami, l'altro un arrancar.
Ecco cosa crea quell'abisso invalicabile. Il punto di origine è lo stesso, ma il loro volgersi è inevitabilmente diverso, opposto.
Peccato. È un vero peccato.

***

Lo guarda sospirare ed abbassare il cappello di paglia.
“Te la stai prendendo comoda, eh?”
Continua a tenere gli occhi fissi su di lui, il suo sguardo per quanto possa sembrare svogliato, in realtà è ben attento a carpire ogni singolo dettaglio dell'avversario.
Lo ha capito subito, lo ha sentito a pelle. L'uomo che gli sta davanti è identico a lui, cambia solo la fazione da cui sono schierati, ma queste sono cose che capitano nella vita.
“Lo so...anch'io vorrei stare fermo e aspettare che gli altri si sbrighino da soli le loro faccende e le loro scaramucce...”
Questa volta è lui a sospirare, ma lui non cappelli di paglia dietro cui celarsi e nemmeno gli piacerebbe averli.
Lui è fatto così.
“...ma tu, tuo malgrado, hai voluto combattere....è il senso della responsabilità, vero?”
Per quanto entrambi siano presi dai loro pensieri non si distraggono neppure un attimo, e Stak sente che anche lo shinigami lo sta guardando e lo sta studiando.
Non c'è cappello di paglia capace di nascondere la sensazione che ti dà avere due occhi così attenti puntati addosso.
“È lui che ti impone di agire così, giusto?”
Gira lo sguardo, strano da parte sua, ma sa che l'altro non lo attaccherà. Anzi lo imita e si gira a sua volta. Così entrambi si trovano a guardare gli altri compagni, che in buona parte hanno già iniziato a combattere.
“Sai che è proprio questo che ci rende così distanti? Io sono un arrancar, e di questi doveri non ne sento nessuno, ma tu no...”
Lo guardo con la coda dell'occhio, rimanendo sempre voltato.
“...tu sei uno shinigami...di questi inutili doveri tu senti tutto il peso. È per questo motivo che ora le nostre lame si incrociano”
Si rivoltano, di nuovo uno di fronte all'altro.
Uno contro l'altro.

***

Il sole, ubriaco della sua bellezza, continua a specchiarsi nelle loro lame, che finalmente si sollevano e si scontrano, tra uno stridore di metallo che sembra quasi un pianto.
Eh, sì. Non c'è nulla da fare. Non sta a loro decidere, e anche potendo la loro scelta l'hanno già fatta.
Così inizia il loro combattimento.
È un peccato che si siano incontrati in una situazione del genere.
È un peccato che siano così simili.
È un peccato che siano così opposti.
È un peccato, per uno shinigami, essere un arrancar.
È un peccato, per un arrancar, essere uno shinigami.
È un peccato che alla fine debba concludersi così, questa loro amicizia mai nata, quel loro breve essere complici in silenzio.
Ma ciò che è un peccato maggiore è che alla fine siano entrambi umani. Solo umani.



-------------------------------------------------------
Salve a tutti! Vorrei approffitare di questo piccolo angolino innanzitutto per scusarmi del ritardo a pubblicare questo capitolo, e mi scuso profondamente anche per il fatto che probabilmente ci vorrà un pochino prima che esca il prossimo capilo! Mi scuso veramente di tutto cuore, il punto è che ho passato e anche adesso sto passando un brutto periodo (sopratutto scolasticamente parlando) e mi è venuto un po' un blocco dello scrittrice, so che come scusa è un po' cretinetta, ma sul serio ultimamente mi risulta difficle scrivere, almeno decentemente (lo dimostra questo capilo che mi sembra un po' bruttino). Comunque mi impegnerò per fare il prima possibile il prossimo capitolo. Grazie!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=352632