Una Commedia in cui c'è poco di Divino

di martina_1534
(/viewuser.php?uid=670927)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Canto I ***
Capitolo 2: *** Canto II-III ***
Capitolo 3: *** Canto IV ***
Capitolo 4: *** Canto V ***
Capitolo 5: *** Canto VI ***



Capitolo 1
*** Canto I ***


Una foresta alquanto buia padroneggia la mia vista. Non riesco a capire se si tratta di un sogno o della realtà, sta di fatto che non so orientarmi.
La paura percuote violentemente la mia anima ma mi faccio coraggio e cerco di proseguire. Una luce vedo, che illumina un colle dall’aria divina e, ansioso di uscire da quello che sembra un incubo, lo risalgo.
Un suono familiare quello che odo: il ruggito d’un leone. Tutto d’un tratto la mia vista riesce a mettere a fuoco ciò che vi è dinanzi a me. Una lonza, un leone e una lupa mi sbarrano il cammino e tanta è la paura che, all’indietro cado.
Provo a risollevarmi ma non ho la forza necessaria, la caduta è stata troppo violenta. Tento di riordinare i miei pensieri, offuscati dalla paura scaturita dalle tre belve, ma non ho il tempo di mettere a fuoco che appare dinanzi a me una figura che d’impatto mi sembra familiare.
‘Virgilio’ immediatamente penso.
-“Dante, alzati, devo parlarti”.
La forza si ripresenta nel mio corpo e riesco ad alzarmi ma barcollo ancora un po’ e non riesco a stare del tutto in piedi.
-“Ditemi maestro.”
-“Non puoi affrontare il male da solo. Dovrai percorrere un lungo viaggio per superarli, vieni con me.”
Lo seguo e mentre camminiamo provo a porgli qualche domanda, mi sembra tutto troppo strano.
-“Perché siete qui?”
-“Beatrice, mio caro Dante. Ha insistito affinché potessi aiutarti a redimerti dai tuoi peccati e condurti da lei alla vita eterna e alla presenza dell’Onnipotente.”
-“Non credo di capire molto…” sono perplesso, non riesco del tutto a convincermi che ciò sia reale.
-“Durante il viaggio capirai, per ora seguimi, ti aspetta l’Inferno, il male per eccellenza.”
E su quella collina di Gerusalemme, il mio terrore accresce nonostante io cerchi la mia forza nella mia immensa fede che alla vista dell’oscuro sembra svanire quasi nel nulla.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Canto II-III ***


Durante il nostro cammino, centinaia di dubbi assalgono la mia mente. Virgilio mi guarda e, in tutta la sua maestosa e lucente compostezza, esprime il suo pensiero. - “Non scrissi io di Enea, il quale attraversò l’infido inferno ma contribuì poi alla nascita di Roma? E non rimembri, in fede tua, dell’Apostolo Paolo sceso anche egli in esso per unire tutti in Dio?” - “Io non son né un fondatore né un Santo. Chi, dunque, concede ad un homo il quale sono, ad intraprendere un viaggio simile?”
Il coraggio che ho avuto sino ad ora, scompare in gran quantità se non del tutto. Il viaggio è arduo e la paura molta di più.
Virgilio m’accusa di viltà, definendomi una bestia che ha paura della propria ombra. Ciò mi rattrista e il cuor fa un passo indietro, lasciando la strada libera alla mia fede. - “Ero nel Limbo” – mi disse – “passeggiavo e discutevo con i grandi filosofi dell’età dell’oro. Il discorso era sempre il medesimo: Dio. Socrate lasciava inizialmente parlare gli altri e, al fine, gli argomenti eran sempre gli stessi: Platone sosteneva, da quel che mi parve di capire, l’esistenza di idee o forme eterne delle quali la realtà non è che una copia. Aristotele invece sosteneva l’opposto.
Al fin della discussione risposi che l’unica filosofia presente all’inferno fosse quella di Lucifero. D’improvviso, difronte a me, apparve una luce.
“Virgilio, sono Beatrice, da Dio mandata. Sono qui per affidarti un compito: il sommo poeta guiderai attraverso i regni ultraterreni per condurlo alla salvezza. Oh Virgilio, permetti a Dante di salvare la sua anima”
Rimango stupito: la mia Beatrice vuole la salvezza della mia anima.
Al termine del nostro cammino, vedo una porta su cui si legge a grandi lettere: LASCIATE OGNI SPERANZA O VOI CHE ENTRATE.
Il cuore mi batte forte e, dopo aver solcato la soglia della porta, si odono le disperate grida dei dannati che provocano in cuor mio tristezza e malessere.
-“Qui, al margine di questo diabolico luogo, risiedono gli ignavi”- così si rivolge a me il poeta- “radunati in schiere. Coloro che in vita non presero decisione alcuna, dopo la morte inseguono una bianca bandiera.”
Al sol veder di quelle schiere, smetto per un secondo di respirare.
-“Dante, non perder tempo commiserandoli, gli altri gironi sono ben peggiori. Non Ragioniam di lor ma guarda e passa.”
Quasi odo una nota di disperazione nella voce della mia guida.
Vedo altre genti sulla riva e chiedo spiegazioni, tutto mi sembra così assurdo all’Inferno.
-“Sono le anime dei dannati in attesa di Caronte, il traghettatore di anime. Eccolo che arriva Dante, osserva.”
-“Oh tu uomo, partiti da coloro che sono morti!”
A queste parole rivoltemi da Caronte, Virgilio con coraggio gli risponde nel modo più calmo e pacato che abbiamo conosciuto in vita.
-“Vuol sì così colà dove si puote e ciò che si vuole e più non dimandare”
La scena che si pone dinanzi ai nostri occhi è impressionante. Il demonio minaccia e raduna gli spiriti con occhi fiammeggianti e li batte con il remo. Quasi le lacrime scendono a forza dagli occhi miei dal terrore.
-“Convergon qui da ogni dove, coloro che muoiono nell’ira di Dio. Il rifiuto del demonio Caronte significa che non sei destinato a tal luogo, il tuo viaggio proseguirà.”
L’emozione in me è grande ma è scomposta subito dal tremore dell’Inferno sotto di me. Il grande spavento viene poi incentivato da un vento forte e un rumoroso lampo. La luce emanata da quest’ultimo è vermiglia, quasi ricorda il colore del fuoco e per lo spavento e caddi come l’uom cui sonno piglia.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Canto IV ***


"Or discendiam quaggiù nel cieco mondo" Vedo il volto della mia guida divenir bianco. -"Oh sommo poeta, cosa ti desta cotanta paura?" dimando quasi con un fil di voce. -"Qui siamo nel limbo dove anch'io fui condannato. E' il primo cerchio dell'Inferno, il limbo" Qui scorgo che l'anime non si lamentano e sguardi di neonati con i sorrisi sui volti. -"Qui risiedono le anime dei grandi uomini e donne che non conobbero il vero Dio e dei fanciulli non battezzati. Solo alcuni di loro raggiunsero il paradiso, i grandi patriarchi che prepararono il popolo all'avvento di Cristo." -"In vero, questa forma di giustizia divina mi rattrista, solo l'immensa fede mia spinge me stesso ad accettare ciò che l'intelletto ammetter non può." Penso che in fondo, l'unico tormento per questa anime è la privazione della gioa data dalla fede. Essi formano dinanzi a me quasi una fitta e densa foresta oltre la quale scorgo un emisfero di luce. Vedo al suo interno 4 grandi poeti, Omero, Orazio, Ovidio e Lucano, i quali salutano il mio maestro, accogliendo anche me. -"Sì ch'io son sesto tra cotanto senno" penso. La mia guida se ne compiace e il nostro gruppo prosegue conversando, finché non giungiamo ad un grande castello circondato da mura. Passiamo a piedi il fossato e le sette porte giungiamo ad un verde prato, salendo poi l'altura che si pone dinanzi a noi. -"Qui vi sono i magni spiriti, Dante."- mi mostrò il sommo poeta - "Tutti i più influenti spiriti dell'antico mondo. Osserva, Dante. Vi sono Cesare, Enea, Lavinia, Lucrezia..." Lo sguardo di Virgilio si sposta, poi, sui filosofi, raccolti in gruppi, tra cui spicca Aristotele. Appena lo noto anche io, l'emozione traspare. L'amor che io provo per la cultura antica non ha motivo d'esser nascosto. Dopo aver visto i filosofi, noto anche alcuni grandi esponenti del mondo islamico. -"Dante, riesci a vedere quell'uomo?" mi domandò Virgilio. -"No maestro, non riesco a vederlo" -"Colui che ti indico fu, a suo tempo, il Saladino, un grande e nobile sultano turco. Egli sta in disparte perché unico esempio di virtù tra quelli che furon come lui." Dopo avermi mostrato i grandi che risiedevano sul quel maestoso colle, il maestro mi conduce di nuovo nelle oscurità dell'inferno. 'Fuor de la queta, ne l'aura che trema. E vegno in parte ove non è che luca.'. Questo è il mio pensiero uscendo da questo posto.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Canto V ***


canto III

Stavvi Minòs, orribilmente, e ringhia:
essamina le colpe ne l'intrata;
giudica e manda secondo ch'avvinghia...


Scendiam dal primo al secondo cerchio de l’Inferno dove il dolore che si avverte è maggiore e ‘l core si spaura nuovamente. I’ e la mia guida ci imbattiamo in un imponente demone: Minosse.
Il dolore che si avverte è maggiore e ‘l core si spaura nuovamente.
«Qui stavvi Minosse, giudice de l’anime dannate. Osserva, Dante. Minosse ascolta la loro confessione e poi li spedisce al cerchio destinato a loro.»
E mentre Virgilio spiega, odo le urla del demone, peggiori di quelle che furon di Caron dimonio.
«Gola!» urla e si cinge la coda tante volte quanti sono i cerchi che la dannata anima deve scendere.
Scorgo dinanzi a lui in molteplici che esplicano i lor peccati e subito van giù.
E l’dimonio, quando mi vede, tralasciando su alto compito, mi dice: «O tu mortale che qui giungi, questo non è posto per te, bada a colui che ti guida, l’usicta non è semplice come l’entrata.»
All’udir di queste parole, Virgilio avanzò e dall’alto della sua cultura, così rispose: «Non impedir lo suo fatale andare: vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare».
Or comincian le dolenti note, sono giunto in un luogo dove mi colpisce immensa sofferenza.
Il posto è molto buio e vi è una bufera infernale che, incessantemente, trascina le anime. Qui i dannati, piangono, si lamentano e bestemmiano Dio. Come in vita furono trascinati dalla passione, ora son trascinati da questa violenta tempesta che non dà loro conforto, diminuzione della pena né riposo.
Virgilio mi mostra i dannati coinvolti nella bufera.
«Ella fu Semiramide, regina di molti popoli e dedita eccessivamente alla lussuria.» dice, indicando una delle anime trascinate.
«E non è sola.» - continua - «Vi sono anche Didone che non tenne fede alla memoria del marito, Cleopatra, Elena, causa della lunga e sanguinosa guerra di Troia, Achille, Paride, Tristano.» dice il maestro, indicandomi altre mille anime dannate dall’amore.
«Poeta, se posso, vorrei parlar a quell’uniche anime che insieme sono tormentate.»
«Pregale in nome di quell’amore che le condannò a questo tormento eterno, Dante.
»
Prego e, come due colombe, le anime a me vengono e mi dicono che mi ascolteranno e mi racconteranno ciò che voglio sapere perché mostro pietà per la loro anima.
«La terra ove io nacqui» - esordisce una delle due anime - «sorge alla foce del Po, dove il fiume si getta in mare per trovare pace con i suoi affluenti. L’amore, che si attacca subito al cuore nobile, fece innamorare costui della persona che mi fu tolta, e il modo ancora mi offende. Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese per la bellezza di costui con tale forza che, come vedi, ancora non mi abbandona. L’amore ci condusse alla stessa morte: il basso inferno attende colui che ci uccise.»
Il maestro mi guarda con viso preoccupato. Dal mio viso traspare tristezza, cotanta che egli mi chiede: «Cosa pensi?»
«Quanto desiderio portò costoro a codesta pena?»
Mi rivolgo, poi, alle due anime: «Francesca, le tue pene mi rendono triste, tanto che mi viene da piangere ma dimmi: al tempo della vostra relazione, come Amore vi portò a conoscenza dei vostri desideri?»
«Non c’è dolore più grande che ricalcare tempi felici quando si è miseri ma il desiderio tuo è conoscere la storia, così sia. Per svago un giorno leggevamo di come Lancillotto si innamorò di Ginevra, soli eravamo né sospettavamo quel che sarebbe successo. Mille volte tale letture ci spinse a guardar nell’occhi e ad avere lo sguardo bianco. Quando leggemmo che la bocca di Ginevra fu baciata dal quel desideroso amante, Paolo mi baciò tutto tremante. Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse: quel giorno più non vi leggemmo avante».
Mentre uno spirito mi diceva questo l’altro piangeva a dirotto e, a causa del mio turbamento, io svenni. E caddi come corpo morto cadde.


Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Canto VI ***


“Io sono al terzo cerchio, de la piova\
etterna, maledetta, fredda e greve;\
regola e qualità mai non l’è nova”

La pioggia forte abbattea la mia figura e, insieme ad ella, la neve e la grandine rendevano ancor più tortuoso il mio cammino. Il fango, disgustoso persino alla mia guida, inondava i nostri calzari, rendendoci quasi impossibile proseguire.
D’improvviso un boato ci fece sussultare: un’enorme bestia a tre teste latrava e graffiava qualsiasi cosa avesse innanzi. Gli occhi di fuoco e la barba folta e unta lo rendevano ancor più temibile. Notai il suo ventre enorme che mi metteva ancor più in soggezione del resto. Con le sue fauci affilate, rendeva in miseri brandelli le anime dannate, volgendo anche a noi il suo sguardo minaccioso.
«Dante, non temere. Egli è Cerbero, fiera crudele e diversa, che gode delle urla di dolore dei dannati.»
Virgilio, dunque, una volta calmate le mie ansie, si piegò e afferrò un pugno di terra e lo lanciò nelle fauci della bestia. Placate la fame e l’odio del demonio, io e l’duca mio proseguimmo a fatica avante, calpestando distrattamente i corpi dei dannati. Questi erano tutti sdraiati, sofferenti la fame ed il freddo. Solo un’anima, appena ci vide, si mise a sedere e, con sorpresa, mi parlò.
« Dante! Poeta negli inferi, riconoscimi! Io sono morto dopo che tu nascesti!»
Non negai di avere difficoltà immani nel riconoscere quella figura, consumata dal dolore e dall’angoscia. Gli chiesi chi fosse, desideroso quantomai di conoscere il suo nome ed il motivo per cui fu condannato a quel luogo brutale.
« Voi mi chiamaste Ciacco! La gola mi condannò a questo triste destino.» e tacque. 
Il tono della sua voce turbò immensamente la mia quiete, tanto che alcune gocce bagnarono le mie ciglia. D'improvviso ricordai che i dannati potevano prevedere il futuro, sicchè m'accinsi a porgere domande a quella povera anima tormentata, riguardanti il destino della mia povera città.
« Ciacco, dimmi, se tu sai, a che verranno li cittadin della città partita. Qualcuno dei miei concittadini segue la retta via? Perché mai distruggono Firenze con siffatta discordia?»
Un silenzio che mi parve infinito riempì il cerchio finché il morto non parlò. 
« Verranno al sangue, mio buon amico. Si massacreranno ed una fazione governerà tre giorni per essere soppiantata poi dall'altra. Un uomo li guiderà, solo due sono giusti. Quanto ai motivi, già conosci i peccati degli uomini: avarizia, invidia e vanità.»
Con la morte nel cuore dopo aver appreso tale tragedia, mi accinsi a domandare di alcuni conoscenti per cui speravo una sorte decisamente migliore. 
« E dunque, o spirito? Dove sono Farinata Degli Uberti, Tegghiaio Aldobrandi, Iacopo Rusticucci? E Arrigo e Mosca dei Lamberti?»
Il volto di quell'anima si rabbuiò. 
« O pover'uomo. Mi duole dirti che essi son tra le più nere anime. Tu stesso, scendendo, li incontrerai.» e, triste per quanto detto, chinò il capo e cadde nuovamente nella fanghiglia, permettendo all'infinito circolo delle sue torture di ricominciare. 
Osservandolo miseramente e con, dentro di me, un vuoto incolmabile, ripresi il mio cammino. Con il volto verso il terreno ed i pensieri altrove, guardai il mio maestro ed egli a me: « Non si rialzerà finché non udirà la tromba angelica che precederà la venuta di colui che giudicherà i vivi e i morti.»
Chiesi spiegazioni, incerto sul destino delle anime e sulla loro pena.
« Duca, le loro pene, forse, s'accentueranno?»
« Mio caro Dante, essi, il giorno del Gran Giudizio, riprenderanno i loro corpi ed ascolteranno la sentenza finale. Pensa, per un attimo, ad Aristotele. Più un corpo è perfette, più sarà in grado d'avvertir piacere e dolore. Ricongiungendosi al corpo, essi raggiungeranno la pienezza del loro essere.»
Tristemente, dunque, appresi che il loro dolore e la loro pena si sarebbero acuiti. Discutemmo ancora di cose di cui non dico, giungendo infine al punto in cui si raggiunge il cerchio successivo. Quivi trovammo Pluto, il gran nemico.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3527047