The Prince and the Princess

di Kimberly Horan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Beginning ***
Capitolo 2: *** Love is in the air ***
Capitolo 3: *** Tempo di barbecue ***
Capitolo 4: *** La fortuna aiuta gli audaci! ***
Capitolo 5: *** Parigi ha la chiave del cuor ***
Capitolo 6: *** Baci sotto la pioggia ***
Capitolo 7: *** Ricevimenti e ramanzine ***
Capitolo 8: *** Confronto diretto ***
Capitolo 9: *** La stella di Sandringham ***
Capitolo 10: *** Fidanzamento ufficiale! ***
Capitolo 11: *** Il circolo degli ex fidanzati ***
Capitolo 12: *** Una casa in campagna ***
Capitolo 13: *** Questione di scelte e di doveri ***
Capitolo 14: *** La sposa dei rubini ***
Capitolo 15: *** A Royal Wedding ***
Capitolo 16: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** The Beginning ***


 
Sofia radunò le sue cose e si preparò per scendere dalla macchina. Era nervosa, e si chiese se anche Elisabetta al suo fianco lo fosse.
“Non sarà troppo presto?” Le chiese l’amica con voce squillante. Di pochi anni più grande di lei, era sempre stato un tipetto piuttosto attivo. Aveva capelli color mogano, ricci e lunghi fino alle spalle, che le incorniciavano un volto dai lineamenti duri e squadrati.
“Siamo le responsabili della mostra, è meglio essere in anticipo e fare le cose con calma, piuttosto che ritrovarci a dover fare le corse”.
Elisabetta sorrise come se fosse tutto normale. “Ma sono appena le sette del mattino, probabilmente la struttura sarà ancora chiusa”.
“Sono sicura che sia come la sede dell’università in Via Zamboni”
“Cioè piena zeppa di cafoni?”
Sofia rise divertita. “No, intendevo dire che magari si può entrare anche se le porte delle strutture aprono alle otto!” Scuotendo la testa aprì la portiera e scese dall’auto. Con eleganza si sistemò l’abito blu scuro che aveva scelto per l’occasione.
Oxford era lì davanti a lei. In tutto il suo splendore il rinomato college era pronto ad accoglierla a braccia aperte, nel suo massimo momento di gloria. Aveva lavorato alla mostra sulla Prima Guerra Mondiale per quasi tre anni e dopo il successo ottenuto a Roma, avevano chiesto di riprodurre la stessa esposizione ad Oxford. In verità Sofia non amava viaggiare, e l’idea di stare lontana da casa da sola per la prima volta non le era mai piaciuta molto, ma il progetto era suo e non avrebbe mai lasciato che qualcun altro prendesse il suo posto.
“Comunque, tanto per essere precisi, l’unica vera responsabile della mostra sei tu”, le disse Elisabetta mentre camminavano una di fianco all’altra. “Io non mi sono mia soffermata molto sulla Prima Guerra Mondiale, ma non ho potuto resistere all’opportunità di visitare Londra completamente spesata dall’università!”
“Sta tranquilla, non ti giudicherò”, le rispose Sofia sorridendo. Più passava il tempo e più era convinta che aveva fatto bene a chiedere ad Elisabetta di andare con lei. Il suo campo di specializzazione era la storia americana, e di storia inglese si era sempre occupata ben poco, ma a lato pratico era un’ottima contemporaneista. Inoltre, non avendo stretto molte amicizie durante gli anni all’università, Sofia non avrebbe saputo a chi altro chiedere di accompagnarla.
Le due attraversarono il giardino e quando entrarono nel palazzo principale videro che non erano le prime ad essere arrivate. Una gran quantità di persone si muovevano freneticamente di qua e di là e quando videro arrivare Sofia le si fiondarono letteralmente addosso.
La mostra era un evento importante e tutto doveva essere perfetto. Ma Sofia non si fece intimorire, lei stessa voleva che ogni dettaglio fosse curato nei minimi particolari, così in poco tempo si dimenticò completamente di ogni timore e prese in mano la situazione. Rispose alle domande dell’ultimo minuto e diede le disposizioni finali, continuando a pensare che aveva fatto bene ad arrivare in anticipo. Il rumore dei tacchi risuonava per i corridoi mentre passava da una sala all’altra per un’ultima ispezione, prima che la folla, ormai radunata all’entrata, facesse il suo ingresso.
Fotografi, uomini di stato, imprenditori, nobili inglesi e giornalisti si riversarono per le sette sale di Oxford che erano state allestite con una precisione quasi maniacale. Sofia si tenne in disparte la maggior parte del tempo, limitandosi a controllare con attenzione che le guide svolgessero il loro lavoro nel miglior modo possibile e tenendosi costantemente pronta ad intervenire nel caso commettessero qualche errore. Anche lei aveva vissuto un’esperienza simile alle superiori e un velo di nostalgia le fece pensare che esporre e spiegare la sua mostra sarebbe stata un’esperienza che l’avrebbe riempita d’orgoglio.
“Ah ecco dove eri finita!” Elisabetta la raggiunse di corsa. “Devi venire, Bernardi ti sta cercando, è al piano di sotto”.
Sofia si fece seria e sospirò spazientita. Superò velocemente l’amica e se ne andò nascondendo i suoi pensieri. Il professor Bernardi era stato il suo professore di storia contemporanea durante il primo anno di università e il suo relatore per la tesi triennale. Uno storico competente nel suo lavoro, certo, ma assolutamente inaffidabile. Lui l’aveva coinvolta in quel progetto e le aveva fatto passare le pene del purgatorio, ma la cosa che la faceva imbestialire di più era il fatto che l’aveva lasciata sola ad organizzare tutto, e che nonostante questo lui si sarebbe preso buona parte del merito.
Visibilmente infuriata si fece largo tra la folla, tuttavia dovette decisamente ridimensionare la sua rabbia quando, in fondo al corridoio, vide che il professore non era da solo. Dare sfogo a ciò che pensava avrebbe attirato inutilmente l’attenzione dei giornalisti e rovinato la reputazione della mostra, dell’università e gettato una macchia nera sul suo curriculum, perciò non era proprio il caso.
Il professore si girò e la vide. Le fece un cenno di saluto con la mano e disse qualcosa all’uomo che gli stava accanto. La sua vista era visibilmente peggiorata negli ultimi anni e da lontano Sofia riuscì a distinguere chiaramente solamente una folta chioma color carota.
“Sofia, pensavo che ti avrei trovata all’ingresso, ma quando sono arrivato tu non c’eri!” Il professore le andò in contro. Era un uomo sulla cinquantina, con i capelli ormai bianchi e il volto rotondo. “Mi dispiace di essere arrivato in ritardo, ma in aeroporto c’è sempre un gran traffico di persone”.
Sofia si chiese per quale motivo si trovasse all’aeroporto, ma decise di non chiedergli nulla. Non era sicura di voler sapere la risposta. “Non importa professore, sono riuscita a gestire la situazione anche senza di lei. Ero al piano di sopra per controllare che le guide non avessero dei problemi”.
“Certamente, hai fatto bene. Ma ora vieni, devo presentarti una persona”. Era visibilmente emozionato, e Sofia ne capì il motivo solo quando si ritrovò davanti l’uomo con i capelli rossi, che nel frattempo si era avvicinato.
Bernardi guardò prima Sofia, poi spostò lo sguardo verso l’uomo con i capelli rossi, alzando il mento con fare orgoglioso. “Principe Harry, lasciate che vi presenti la Dottoressa Sofia De Angelis: mente e corpo di questa esposizione”.
“Dottoressa De Angelis è un vero onore per me trovarmi qui”, le porse la mano e Sofia ebbe un attimo di smarrimento nel ritrovarsi il principe lì, alla sua mostra. Poi però rifletté che effettivamente non c’era niente di particolare in tutta quella situazione. Avrebbe dovuto aspettarsi la presenza di un membro della famiglia reale.
“Vi ringrazio per essere venuto, Vostra Altezza”, disse lei formalmente mentre ricambiava la stretta di mano.
 
 
Il principe sbatté le palpebre, visibilmente sorpreso nel vedere una ragazza tanto giovane così seria. E stranamente non seppe più come comportarsi. Solitamente tutti erano emozionati nel conoscere un principe, ma lei sembrò non scomporsi più di tanto.
Harry pensò che se non ci fosse stato il professore, la conversazione tra i due sarebbe giunta sicuramente ad un punto morto. In una frazione di secondo una delle guide le si avvicinò e le sussurrò qualcosa all’orecchio. Lei corrugò la fronte e poi annuì. 
“Professore, siamo pronti per iniziare la conferenza”.
“Di già?” Chiese Bernardi sorpreso.
Sofia annuì e mentre l’uomo rivolse ad Harry profonde scuse per il fatto che doveva lasciarlo così presto, lei si limitò ad accennare un sorriso cortese.
Harry rimase frastornato per un po’ e non sapeva se doveva sentirsi offeso dal comportamento della giovane, che praticamente l’aveva ignorato, oppure non dare peso a tutta la questione. Sfortunatamente, per via del suo pessimo carattere, la seconda possibilità era completamente da escludere. Ormai di cattivo umore si diresse anche lui nella sala conferenze, dove lo fecero sedere in prima fila, proprio difronte al palco leggermente rialzato.
Il primo a parlare, ovviamente, fu il professor Bernardi, poi fu il turno di Sofia. Con grazie ed eleganza innate, si avvicinò ai microfoni. L’espressione seria era ancora dipinta sul volto dai lineamenti delicati, incorniciato da folti capelli di un nero così intenso come Harry non aveva mai visto prima. Erano tagliati corti e le lasciavano scoperto il collo delicato e sensuale. A vederla sembrava molto più giovane di quello che era realmente, ma nel modo in cui si muoveva si capiva perfettamente che ormai era una donna. Anche il suo corpo, seppur minuto, lo lasciava intuire. L’abito blu scuro le stava divinamente, fasciandole la vita sottile e le delicate forme del seno, fermandosi all’altezza del ginocchio facendo vedere le gambe dritte e snelle.
“Dottoressa De Angelis”, la voce di un giornalista riportò Harry alla realtà. “Lei è una delle principali organizzatrici di questa mostra, ma è anche la più giovane. Ci dica, cosa l’ha spinta ad impegnarsi in questo progetto?”
Harry rimase in attesa, come tutti i presenti, curioso di sentire le sue parole.
Sofia fece un profondo respiro e poi diede la sua risposta: “Durante il mio ultimo anno di superiori, il mio professore di religione ci fece vedere un film sulla Tregua di Natale e riconduco a quel momento la nascita del mio interesse per la Prima Guerra Mondiale. Qualche tempo più tardi, ad una fiera dell’antiquariato, mi capitò di comprare la foto di un soldato. A vederlo sembrava un uomo fiero, consapevole del suo ruolo e incredibilmente sicuro di sé. Ma quando girai la foto lessi che quel soldato aveva appena vent’anni, al momento della sua morte e mi venne la pelle d’oca pensando che io avevo la sua stessa età e che di fatto non ero nulla più di una ragazzina”. Fece una piccola pausa, durante la quale persino lo scatto dei fotografi cessò. “La storia non è fatta solo di date e di nomi importanti, come ce la insegnano sui banchi di scuola. La storia è fatta di cuori, di anime e di lacrime. Emozioni e sensazioni che ci legano a coloro che hanno vissuto prima di noi anche a distanza di secoli. La storia appartiene a tutti, che siano giovani o meno”.
L’applauso che seguì risuonò per tutta la sala. Harry stesso si ritrovò ad applaudire ciò che Sofia aveva appena detto, incantato dalle sue parole.
Alla fine, come da programma, anche Harry dovette fare il suo discorso, ma questa volta si sentì impacciato e faticò a trovare le parole giuste per rispondere alle domande dei giornalisti. Alla fine della conferenza stampa Harry doveva già andare via. Gli avrebbe fatto piacere restare ancora un po’ e avere il tempo di visitare tutta l’esposizione con calma, dopotutto l’argomento gli interessava molto, ma i suoi impegni non lo consentivano. A dire il vero quella mattina era già in ritardo per un altro appuntamento, però si disse che prima di andare via avrebbe dovuto quantomeno incontrare di nuovo Sofia. Si guardò intorno cercandola tra la gente, e quando finalmente la vide girata di schiena, liquidò in fretta i suoi conoscenti e la raggiunse.
Harry le sfiorò la spalla destra con una mano e lei si girò di scatto. Un’espressione sorpresa e nello steso tempo confusa le si dipinse in volto.
“Vostra altezza?”.
“Dottoressa De Angelis, volevo semplicemente complimentarmi con voi per il vostro discorso. Le vostre parole mi hanno toccato nel profondo e sono certo che saranno di grande ispirazione per tutti noi”. Parlò tutto d’un fiato, nervoso più che mai e visibilmente rosso in faccia.
Sofia aprì le labbra per dire qualcosa, poi ci ripensò e si limitò ad annuire e a sorridergli calorosamente. “Vi ringrazio, davvero. Apprezzo molto che me lo siate venuto a dire”.
Harry sorrise a sua volta, imbarazzato e contento allo stesso tempo per aver visto il suo splendido sorriso. “Ora scusatemi, ma devo andare. Resterei di più se potessi”.
Lei annuì continuando a sorridere. “Ma certo, immagino che siate molto impegnato. Grazie ancora per essere venuto”. Gli strinse di nuovo la mano e poi se ne andò.
Salito in macchina, il principe sospirò e si passò una mano sul volto, per poi guardare nostalgicamente l’intero complesso mentre si allontanava.
 

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Capitolo 2
*** Love is in the air ***


“Sai, non capisco il motivo per cui tu ti sia comportata in quel modo”, la rimproverò il professor Bernardi.
“Che intendete dire?” Sofia lo guardò confusa.
“Con il principe Harry. Voglio dire che non capita tutti i giorni di incontrare un membro della famiglia reale e tu sei stata così fredda e distaccata. Non è da te, Sofia, non è proprio da te”.
La giornata era stata lunga e pesante e Sofia impiegò qualche secondo a fare mente locale su ciò che era successo. “Non mi ero accorta di essere stata scortese”.
“Ma non lo sei stata, semplicemente eri assente”.
Sofia inarcò un sopracciglio e pensò che in quel momento aveva avuto altro a cui pensare. La mostra era più importante di un principe e visto che lui non aveva fatto altro che adagiarsi sugli allori, era proprio la persona meno adatta per farle una ramanzina.
“Dopotutto è stato molto gentile e poi ha i capelli rossi, tu non hai la passione per gli uomini con i capelli rossi?”
“Sì, ma questo non centra molto.” Non aveva fatto nulla di sbagliato, era stata professionale ed era rimasta concentrata sul suo lavoro. Forse Bernardi si aspettava che lei sarebbe svenuta davanti al primo bel ragazzo che le si presentava davanti, ma questo non era decisamente da lei. Queste erano cose che facevano tutte le altre ragazze e lei non era come loro. Non era mai stata come le altre e mai lo sarebbe stata.
“Tu sei sempre così solare, fa uno strano effetto vederti con quell’espressione seria”.
Sofia pensò che qualcuno doveva pur essere serio, visto che lui non lo era per niente. Bernardi stava cercando di farla sentire in colpa e lei che era piuttosto sensibile non poté fare a meno di sentirsi veramente così, alla fine. “Mi dispiace, non era mi intenzione essere scortese”.
“Oh, non dovresti scusarti con me, ma con il principe”.
“Allora lo farò la prossima volta che lo vedrò”. In verità sapeva che non lo avrebbe mai più rivisto se non in televisione o sui giornali di gossip e in fondo la cosa non la turbava più di tanto.
L’esposizione ebbe un grande successo, anche nei giorni seguenti e Sofia si sentiva soddisfatta ed orgogliosa del suo lavoro. Ne era valsa la pena di impegnarsi tanto. Dopo quasi una settimana si sentiva esausta e si dimenticò completamente l’episodio del principe.
Come previsto Bernardi sparì nel nulla, lasciandola da sola con Elisabetta, che comunque si trovava lì più per darle un sostegno morale che materiale.
“Sai, secondo me hai bisogno di riposare”, le disse mentre pranzavano.
“Sto bene”, rispose Sofia.
“Sarà, ma qualche ora di sonno in più non ti farebbe male”.
Questo era certo, pensò Sofia, ma avrebbe avuto tutto il tempo per dormire una volta tornata a casa.
Una delle guide spuntò improvvisamente, fuori dal nulla. “Dottoressa de Angelis, richiedono la vostra presenza per una visita guidata”, disse la ragazza con il fiatone per la gran corsa. Sembrava stranamente agitata, quasi sconvolta.
Elisabetta alzò gli occhi al cielo. “Quante volte dobbiamo ripeterlo che le visite guidate non sono compito nostro? Se la gente ha fretta di visitare la mostra, che tornino in un altro giorno o prenotino prima”.
La ragazza non le prestò attenzione, piuttosto guardò con aria implorante Sofia, la quale si sentì stranamente a disagio.
“Scusate, ma insistono”.
“Ma chi insiste?” Elisabetta si stava alterando, ma Sofia la interruppe prima che potesse aggiungere altro. “Non importa”, disse alla ragazza. “Parlerò io con queste persone, dopotutto hanno chiesto di me, no?”
La guida annuì. “La stanno aspettando nell’atrio”.
Sofia si alzò in piedi e se ne andò. Arrivata nell’atrio vide un gruppetto di tre persone che attendevano all’ingresso. Come al solito erano solo figure sfocate, ma quei capelli rossi erano inconfondibili. Mentre camminava si disse che non era possibile che Harry, al quale non aveva più pensato dal giorno dell’inaugurazione, fosse di nuovo lì, ma più si avvicinava e più riusciva a distinguere il volto del principe.
Harry si voltò verso di lei e Sofia si fermò di colpo quando lo vide corrergli in contro. Ora capiva il perché la guida era così agitata quando era venuta a chiamarla.
“Vostra Altezza, cosa ci fate qui?” Chiese meravigliata.
“Non occorrono queste formalità, e ti sarei grato se mi chiamassi solo Harry. Sono tornato perché volevo visitare l’esposizione e mostrarla anche a mio fratello e a mia cognata”.
Inarcando un sopracciglio, Sofia guardò oltre la spalla di Harry e vide il Duca e la Duchessa di Cambridge venire verso di loro.
“William, Kate, questa è Sofia De Angelis”.
Sofia strinse la mano ad entrambi e se il primo incontro con Harry non l’aveva poi meravigliata più di tanto, questa volta invece doveva ammettere che la cosa era al limite dell’assurdo.
“E’ un vero piacere conoscerla”, le disse William con il suo sorriso smagliante.
“Harry ci ha parlato molto di lei e della mostra, così abbiamo pensato che sarebbe stato un vero peccato non visitarla”, le spiegò Kate.
Sofia si impose di riprendersi dalla sorpresa. “Sì, capisco. Il fatto è che non sono io ad occuparmi delle visite guidate, immagino che ve l’abbiano riferito”.
“Sì, certo, ma speravamo di poter avere voi come guida, essendo la persona che ha organizzato tutto”, continuò William.
La giovane sospirò, ricordandosi che doveva essere gentile e che Bernardi non avrebbe approvato se avesse detto di no, inoltre l’idea di fare da guida ed esporre il suo lavoro la emozionava. “D’accordo, non ci dovrebbero essere problemi”.
Tutti e tre i membri della famiglia reale furono felici di sentire la sua risposta, ma Harry fu di certo quello più soddisfatto. Aveva tormentato Will e Kate per dei giorni interi e aveva disdetto una decina di appuntamenti per tornare in quel posto. Lo aveva fatto sì per la mostra, ma principalmente lo aveva fatto per rivedere lei.
William e Kate seguirono ed ascoltarono Sofia con attenzione e anche se Harry tentò di fare lo stesso, l’unica cosa su cui si concentrò veramente fu lei. Era bella, esattamente come se la ricordava ed era dolce e solare. Elegante in un modo che lo affascinava oltre ogni cosa.
“Allora, ci hai fatti venire qui veramente per la mostra, o era solamente una scusa per vederla?”
La voce di Will attirò la sua attenzione, mentre più avanti Kate e Sofia parlavano e ridevano. Sembravano andare d’accordo e avere parecchie affinità.
“Entrambi. Ma non potevo tornare qui da solo, sarebbe sembrato strano”, ammise lui.
“Beh, visto che hai questa infatuazione, magari dovresti invitarla a cena”.
Harry divenne rosso in volto per la vergogna e fece cenno al fratello di abbassare la voce. “No!” Disse nel panico. “Non voglio affrettare troppo i tempi”.
Will lo guardò strano e si trattenne dal ridere. “Senza offesa, ma non avrai altre occasioni di rivederla, perciò ti conviene fare la tua mossa ora. Se tornassi qui una terza volta, quello sì che sarebbe davvero strano”.
Non aveva tutti i torti e Harry lo sapeva bene. Non era una situazione facile, non lo era per niente. Solitamente non si sarebbe fatto problemi a fare il primo passo, ma temeva che Sofia no fosse abbastanza interessata a lui. Di sicuro era troppo impegnata per pensare a lui, perciò gli avrebbe sicuramente detto di no.
“Non sono sicuro che sia la cosa giusta da fare”. Era stanco dei gossip e delle storie d’amore finite male. Quel capitolo della sua vita voleva chiuderlo e lasciarselo alle spalle per sempre, ora più che mai. E’ vero, provava interesse per Sofia, ma il suo modo di fare lo avevano fatto sentire inadatto sin dal loro primo incontro. Non aveva speranze con una donna così e non voleva più scandali.
“Come vuoi tu.” William non era per niente convinto di tutta quella faccenda, ma non aggiunse altro e raggiunse Kate.
Più tardi, vedendo che Harry se ne stava in disparte, Sofia gli si avvicinò. “Vostra Altezza, avete bisogno di qualche spiegazione?” Gli chiese notando che il principe stava osservando uno dei pannelli appesi alla parete.
“No, grazie”, gli sorrise lui. “Ma ti ripeto che sono solo Harry. Non è necessario usare le formalità.”
“E’ vero, me lo avevi già detto, ma non ci posso fare nulla: le formalità sono nel mio carattere”. Dare del ‘’lei’’ alle persone che conosceva da poco la faceva stare meglio, anche se in inglese questa sua particolare caratteristica non si notava. “Ad ogni modo volevo scusarmi”.
Harry la guardò senza capire. “Il professor Bernardi mi ha fatto notare che forse il mio comportamento all’inaugurazione non è stato molto cordiale, ma ero molto nervosa e non intendevo essere scortese, credimi”, gli spiegò Sofia prima che lui potesse parlare.
“Non hai nulla di cui scusarti”, si affrettò a dire Harry. “Sei stata molto professionale e non ti sei lasciata distrarre in un momento così importante. E’ una cosa che ammiro”. Pronunciando quelle parole divenne rosso e lei se ne accorse.
Del principe Harry, tra scandali e quant’altro, non aveva mai avuto una grande opinione, però doveva ammettere che a vederlo in quel momento non sembrava poi una cattiva persona. Certamente il suo carattere ribelle non si poteva ignorare, ma ora che era un uomo, magari aveva deciso di abbandonare il mondo degli scandali e aveva messo la testa apposto. Distinto, alto ed elegante, con la barba sul mento e le guance, che gli conferiva una certa maturità nell’aspetto e lo rendeva molto affascinante. A quel pensiero Sofia si sentì strana. Non aveva sempre odiato gli uomini con la barba?
“E proprio per questo, mi piacerebbe invitarti a cena”.
Ecco, quella frase la fece tornare sui suoi passi. Gli anni erano passati, ma la figura dell’Harry donnaiolo, a quanto sembrava non l’avrebbe mai abbandonato.
“Grazie, ma non credo sia il caso”. Sofia rifiutò l’invito in modo brusco, più di quanto avesse voluto in realtà.
Harry si pentì di averglielo chiesto, aveva fatto un passo falso, imperdonabile. In quel momento aveva solo pensato che doveva mettersi in gioco, lasciando da parte la mente e seguendo il cuore. Aveva sbagliato, ma lui non imparava mai nulla dai suoi errori.
 
 
“Non ridere”. Disse Harry a William guardandolo malissimo.
“Non sto ridendo”, gli rispose lui.
Harry alzò gli occhi al cielo. Sapeva che il fratello lo stava giudicando, non occorreva che glielo dicesse a parole, poteva sentire le sue risa di scherno anche se teneva la bocca chiusa.
“Riguardo a cosa?” Si intromise Kate curiosa.
“Nulla”. Harry incrociò le braccia sul petto e appoggiò la fronte contro il finestrino dell’auto. Non aveva nessuna voglia di spiegare di nuovo tutto anche a Kate.
“Se non glielo vuoi dire tu, glielo dirò io”, fece William. “Harry prova un certo interesse per la Dottoressa De Angelis. Non c’è nulla di speciale, visto che lui si innamora sempre di tutte le donne.”
Kate sorrise guardando Harry, che fece di tutto per non incrociare il suo sguardo. “Lo sospettavo!” Disse la duchessa schioccando le dita. “Ho avuto questa sensazione fin da subito. Sarebbe una scelta perfetta, è molto carina”.
“Il fatto che sia carina, come la definisci tu, non centra nulla. E comunque chi ha detto che sono innamorato di lei come con tutte le altre? L’ho incontrata solo due volte e in entrambe le occasioni mi ha rifiutato”. Beh a dire il vero, il loro primo incontro non era stato un vero e proprio rifiuto, anche se ora non ne era più sicuro.
“Non prendertela, prova a metterti nei suoi panni!” Gli disse Kate.
“Esatto: non a tutte le ragazze piacciono i principi”, aggiunse William.
Harry sbuffò. Non voleva più parlarne e soprattutto non voleva che ne parlassero loro. Se questa cosa fosse andata avanti ancora per molto non l’avrebbe potuto sopportare.
“Ad ogni modo io credo di avere un’idea”. Kate cercò qualcosa all’interno della minuscola borsetta e ne estrasse un bigliettino di carta. “Potrei invitarla al barbecue di questo weekend, se tu sei d’accordo”, porse il biglietto da visita ad Harry, che se lo rigirò tra le mani.
“Dimmi che questo non è…”
“Il suo numero di telefono? Sì, è proprio lui”.
Il principe guardò la cognata e poi il fratello. “Non accetterà mai”, disse scuotendo la testa. “E poi scusa, ma come diamine hai fatto ad avere il suo numero di telefono?”
“Lo immagino, è stata restia quando gliel’ho chiesto, ma è solamente timida, perciò tentiamo lo stesso! E poi sarei io ad invitarla, non tu.”
“Kate ha ragione, vale la pena di provare”.
Il duca e la duchessa di Cambridge guardarono Harry, che alla fine fece una smorfia d’assenso, non troppo convinto. Chissà perché aveva una brutta sensazione.
 

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Capitolo 3
*** Tempo di barbecue ***


Il telefono squillò insistentemente e Sofia sbuffò infastidita. Quella mattina aveva ricevuto almeno dieci chiamate da un numero sconosciuto, a cui però non aveva potuto rispondere per varie ragioni. Era appena arrivata in camera e con uno sforzo enorme tirò fuori il cellulare dalla borsa.
“Sì, pronto?”
“Sofia, ciao sono Kate”.
La ragazza spalancò gli occhi. Si chiese se poteva trattarsi di quella Kate per rispondersi immediatamente che non conosceva nessun’altra Kate, inoltre la voce era la sua.
“Ciao”, la voce le morì in gola per la sorpresa. Per un attimo si dimenticò di essere stata lei a darle il suo numero.
“Come stai?” le chiese Kate cordialmente.
“Sto bene, grazie. Tu e William come state?” Da quando usava quel tono così confidenziale con gente che conosceva appena?
“Stiamo bene! Ascolta, domenica a pranzo abbiamo deciso di organizzare un barbecue tra amici e mi stavo chiedendo se avessi voglia di venire”.
Vuoto totale, ecco cosa accadde nella testa di Sofia. “D’accordo”.
“Perfetto! Faccio mandare una macchina a prenderti verso le 9:00 di mattina. A domenica!”.
“Sì. Grazie”. Riagganciò il telefono, sentendosi strana.
Elisabetta entrò nella stanza senza bussare. “Che succede?” Le chiese vedendo l’espressione che aveva in volto.
“Se ti dicessi che sono stata appena invitata ad un barbecue dalla duchessa di Cambridge e che io ho anche accettato, tu cosa mi risponderesti?”
“Che hai fatto bene!” Esclamò come se fosse la cosa più ovvia del mondo. “Considerando che hai rifiutato l’invito di Harry, questa volta non potevi dirgli di no, saresti stata una pazza furiosa. E poi detto tra noi ti farà bene uscire un po’”.
Lo sapeva, glielo ripetevano tutti in continuazione ma lei non aveva tempo. D’accordo, probabilmente era anche leggermente asociale, però tra esami e ricerche era davvero difficile trovare il tempo per andarsi a divertire. E comunque tutta quella storia era completamente diversa dal semplice concetto di ‘’uscire’’. Cercare di trovare nelle parole di Elisabetta una qualsiasi scusa che le desse conferma del fatto che aveva fatto una stupidaggine, sarebbe stato inutile perciò lasciò perdere. Sfortunatamente nei giorni successivi, Sofia ebbe non poche volte la tentazione di prendere il telefono, chiamare Kate e dirle che non sarebbe potuta venire. Se lo avesse fatto sarebbe stata una considerata una pazza per chiunque, e avrebbe fatto una figuraccia con la coppia reale, perciò si rassegnò.
La sera prima non riuscì a chiudere occhio, e quando riuscì finalmente ad addormentarsi la sveglia suonò fastidiosissima e con un tono più alto del normale. Come accadeva sempre in occasioni del genere, Sofia impiegò un’eternità per decidere cosa mettersi. Era estate e in quel periodo dell’anno indossava solamente abitini con la gonna che arrivava al ginocchio. Odiava dover sopportare i jeans con la bella stagione, anche se si trovava in Inghilterra e non c’era il caldo afoso dell’Italia. Il problema stava principalmente nel fatto che se il barbecue era davvero un incontro ‘’tra amici’’, come lo aveva definito Kate, con i suoi abiti sarebbe risultata troppo elegante e quindi ridicola.
Abbastanza scoraggiata, si abbandonò sul letto e rimase a fissare il soffitto per un po’. “Basta, ho deciso!” Si alzò in piedi e tirò fuori dalla valigia un paio di jeans scuri e una polo bianca. Finì di prepararsi ed indossò un paio di ballerine con un lieve accenno di tacco a zeppa. Nella sua eterna indecisione, aveva dimenticato di tenere sotto controllo l’orologio, e quando la reception la chiamò per annunciarle che la macchina la stava aspettando di fuori, entrò nel panico più totale.
Si guardò velocemente allo specchio un’ultima volta, prese la borsa e i pasticcini che si era fatta consegnare quella mattina presto, poi scese al piano di sotto in tutta fretta. L’autista vestito in modo elegante, la salutò rispettosamente e le aprì la portiera per poi richiuderla una volta che Sofia si fu accomodata sul sedile posteriore.
Il tragitto fu relativamente breve e una volta superato il traffico del centro, non ci misero molto ad arrivare a destinazione. La residenza del Duca e della Duchessa di Cambridge, che avevano deciso di non vivere a Kensington Palace per una questione di privacy, e di comodità visto il nuovo incarico lavorativo di William, sembrava comunque una reggia, agli occhi di una persona normale. Superato il cancello di ferro scuro, un immenso giardino si estendeva tutto intorno alla casa, con grandi alberi e un’alta siepe intorno alla recinzione che serviva a tenere lontano i curiosi.
La macchina si fermò nello spiazzo che c’era alla fine del viale, e Sofia vide Kate uscire di casa e andarle in contro. La duchessa le sorrise radiosa, mentre la raggiungeva tenendo in braccio la figlia minore Charlotte, una bambina dai grandi occhi celesti e l’aria curiosa.
Kate era vestita in modo semplice, anche lei con una maglietta e un jeans che non avevano nulla di speciale, e in quel momento Sofia pensò che aveva fatto bene ad abbandonare gli abiti eleganti per una giornata.
“Ciao! Sono contenta che tu sia venuta!” Inaspettatamente Kate si sporse in avanti e la baciò sulle guance, come si usa fare con le persone di famiglia o con gli amici. Impacciata Sofia ricambiò il gesto perché, anche se la cosa la meravigliava, in fondo era sempre stata una persona calorosa.
“Grazie per avermi invitata”, le disse sorridendo timidamente. “Ho portato questi”, le porse la confezione con dentro i pasticcini. “Non sapevo che gusti prendere ma il personale dell’hotel mi ha detto che la pasticceria è una delle migliori di Londra”.
“Ti ringrazio, che pensiero gentile! Vieni accomodati”.
Kate le fece strada e la condusse sul retro della casa, dove gli altri invitati conversavano tranquillamente sul prato inglese e Sofia rimase colpita dall’aria tranquilla e confidenziale che c’era.
Come già era accaduto, la duchessa di Cambridge si dimostrò una persona affabile e molto alla mano, e questo contribuì notevolmente a non far sentire Sofia un pesce fuor d’acqua. Tra tutte le persone che Kate le presentò, di sicuro la più interessante fu il piccolo George. Con le guance paffutelle e l’aria birichina, il piccolo corse vero di loro, fermandosi a pochi centimetri da Sofia e guardandola con occhi curiosi.
“George, questa è Sofia, perché non ti presenti a dovere?”
La giovane non poté evitare di sorridere quando il bambino alzò le braccia verso di lei, ad indicare che voleva essere preso in braccio.
“Posso?” Chiese Sofia a Kate, la quale la incoraggiò con lo sguardo. Prestando molta attenzione, la ragazza prese in braccio il principino. Non si aspettava che un bambino di appena quattro anni potesse già pesare così tanto, ma essendo la piccola di casa non aveva poi tutta questa grande esperienza con i bambini.
“Sembra timido, ma sa quello che vuole!” Commentò Kate ed entrambe si misero a ridere.
Poco più in là, a tratti nascosto dalle persone e dalla vegetazione, si trovava William intento a girare la carne sulla griglia con concentrazione, che a quanto pare scomparve non appena Kate e Sofia lo raggiunsero.
“Buongiorno”, disse educatamente Sofia.
William la salutò come aveva fatto Kate, visibilmente felice che lei fosse lì. “Sei riuscito ad ottenere quello che volevi, dico bene George?” Chiese poi rivolto al figlio.
Sofia rise. Con lo sguardo cercò istintivamente Harry e dovette ammettere di essere un po’ delusa nel vedere che lui non c’era. Non sapeva bene il perché gli fosse venuto in mente. Semplicemente aveva dato per scontato che ci sarebbe stato anche lui.
“Harry non è venuto. Aveva altri impegni?”
“In realtà è qui, sta registrando un’intervista laggiù. Dopo sarà libero di certo, non sarebbe mai mancato a questo barbecue”, disse Will con una certa enfasi, specialmente nell’ultima frase.
“Oh, bene”, si limitò a dire Sofia. In verità era felice della notizia, ma non voleva darlo a vedere.
“Perché non lo raggiungete, io devo rientrare: credo che Charlotte debba essere cambiata”.
William le fece strada e si fermarono in un angolo del giardino, dove poco più in là il principe dai capelli rossi stava rispondendo alle domande di un giornalista con grande entusiasmo. Era solare, brillante ed incredibilmente affascinante. Sofia sorrise involontariamente mentre lo osservava, notando che gesticolava molto con le mani e che parlava più velocemente del solito, forse per l’emozione. Faceva una gran tenerezza e lei non poté negare di essere felice di vederlo.
 
 
Quando Harry la vide entro nel panico. La sua mente divenne completamente bianca e gli mancò il respiro quando lei sorrise. Quel gesto era forse rivolto a lui? Oppure era per il fatto che sembrava buffo e goffo in quel momento? Aveva poca importanza, perché lo adorava. E adorava come teneva in braccio George. Sofia e i bambini erano splendidi e collegando quei due elementi arrossì violentemente al pensiero che un giorno sarebbe stata una splendida madre.
Fortunatamente l’intervista finì presto ma per Harry sembrò durare un’eternità. Durante tutto il tempo cercò di guadagnare tempo, riordinare le idee e di non incrociare lo sguardo di lei. Se lo avesse fatto sarebbe rimasto a fissarla con un’espressione da ebete e l’intera Gran Bretagna avrebbe saputo quando fosse idiota il loro principe.
Salutato il giornalista, era finalmente arrivato il momento della verità. Doveva essere carismatico e non apparire semplicemente come il grosso babbeo con i capelli rossi che si sentiva in quel momento. Tutta quella insicurezza per una donna lo stressava.
“Hai finito?” Gli chiese William.
“Sì, scusate questa cosa non la potevo assolutamente rimandare”.
Sofia fece un profondo respiro. Avrebbe voluto dire qualcosa di brillante ma alla fine rimase zitta. Quanto era brutto essere delle asociali.
George smaniò per scendere e Sofia lo mise giù immediatamente. Poi lui e William se ne andarono con la scusa di dover dare una mano a Kate.
“Dunque, posso salutarti con un bacio anche io?” Le chiese con occhi dolci e un sorriso da seduttore alle prime armi.
Sofia dovette trattenersi per non ridere. “Ma certo”, il tono amichevole di lei incoraggiò Harry a farsi avanti. Le posò una mano sulla spalla e la baciò sulle guance. Il volto delicato entrò a contatto con la barba di lui, mentre il suo profumo le inebriava i sensi. Un brivido le corse lungo la schiena e a quel punto se avesse continuato a negare l’attrazione che provava nei confronti di quell’uomo, sarebbe stata un’ipocrita.
William e Kate pensarono bene di lasciarli da soli il maggior tempo possibile. Solo di tanto in tanto si facevano vedere perché curiosi di sapere come stavano andando le cose. Sia Harry che Sofia se ne accorsero, ma non dissero nulla. Era divertente e in fondo, stare soli era quello che volevano.
Dopo pranzo il numero dei presenti si ridusse notevolmente, e Sofia si trovò a chiacchierare tranquillamente con Harry seduta sul prato. La sua vita era diventata piuttosto frenetica negli ultimi anni e non si ricordava nemmeno quando era stata l’ultima volta in cui aveva potuto fare una cosa simile.
Fece un profondo respiro e chiuse gli occhi, godendosi la sensazione dell’aria fresca sulla pelle.
“Stanno trasportando dei cavalli?” Chiese poi quando, riaprendo gli occhi, notò le classiche vetture che venivano impiegate per quel genere di trasporto.
“Sì, li avranno riportati dalla campagna. Ti andrebbe di visitare le scuderie?”
Sofia lo guardò emozionata. “Volentieri! Io adoro i cavalli!”
Harry l’aiutò ad alzarsi dal prato e insieme passeggiarono fino alle scuderie. “In realtà non ho idea di come si cavalchi, ma è una cosa che ho sempre desiderato imparare”, gli spiegò Sofia. “Da piccola avrei voluto fare equitazione ma i miei genitori erano terrorizzati all’idea che mi sarei potuta fare male cadendo, così c’ho rinunciato”.
“Le cadute da cavallo sono terribili! Giocando a Polo io sono caduto tantissime volte e non è un’esperienza piacevole”.
“Lo immagino”
Nelle scuderie c’erano tre cavalli, tutti splendidi esemplari a cui erano riservate le massime cure. Erano tutti di colore baio ciliegia e Sofia ne rimase incantata.
“Sono bellissimi”.
“Sì, beh a dire il vero tra me e William sono io ad avere gli esemplari migliori”, commentò Harry con aria spavalda. “Ma sono comunque dei bei cavalli”. Prendendo al volo l’occasione guidò la mano di Sofia sul collo del cavallo in modo che potesse accarezzarlo. Qualcosa gli diceva che desiderava farlo, ma che non si sarebbe mai sbilanciata.
“Vedo che sei piuttosto modesto”, lo punzecchiò lei.
“E’ la verità, Will non lo ammetterà mai ma è così. Sono un grande esperto di cavalli e posso vantarmi di avere i migliori”.
Sofia avrebbe voluto rispondergli che intendersi di cavalli era qualcosa di piuttosto scontato, per un membro della famiglia reale inglese, ma non appena aprì bocca il suo cellulare suonò, impedendole di parlare.
“Scusami un attimo, ma devo rispondere”, disse con aria assente leggendo il numero sul display.
“Pronto?” Harry stava per allontanarsi, in modo da lasciarle un po’ di privacy, ma lei gli sfiorò il braccio e scuotendo la testa gli fece capire che non era necessario.
 
SPAZIO DELL'AUTRICE
eccoci qua con un nuovo capitolo!! Forse questo sarà un po' più lungo degli altri, ma spero che non lo troverete troppo pesante da leggere XD Mi raccomando scrivetemi cosa ne pensate nelle recensioni!!!!! Mi farebbe molto piacere sapere le vostre opinioni!!! **

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Capitolo 4
*** La fortuna aiuta gli audaci! ***


“Tesoro, sei ancora a Londra?” Le chiese la voce famigliare di Enea dall’altro capo del telefono.
“Sì, dovrei tornare il prossimo fine settimana”.
“No, rimanda la partenza. Verrò a Londra per una conferenza e voglio che ci sia anche tu”.
“Che fine ha fatto la tua assistente?” Gli chiese lei corrugando la fronte.
“E’ in vacanza. Non ho bisogno che ci sia lei se posso avere te a farmi da spalla, dico bene?”
In realtà no. Assisterlo nelle sue conferenze era sempre stato un suicidio e lei era già tanto sotto pressione. Ma non se la sentiva di smontarlo in quel modo, non sarebbe stato carino. “Sì, ho capito”.
“Bene! Allora chiamo l’hotel e sistemo la prenotazione della stanza. Ci vediamo in settimana tesoro”. Senza aspettare la sua risposta, Enea riagganciò.
Sofia sospirò. Quell’uomo era un caso perso.
“Tutto bene?” le chiese Harry.
“Sì, era mio fratello. A quanto sembra vuole che ritardi la mia partenza e che lo aspetti qui a Londra”.
“Ha deciso di fare un viaggio di piacere?”
“In realtà no: è di ritorno da una spedizione archeologica in Egitto e gli hanno chiesto di partecipare ad una conferenza qui in città, così vuole che vada con lui”.
“Ha fatto una buona scelta, tu di certo sei la persona più adatta”. Harry lo pensava veramente. Lui non ne sapeva niente di queste cose, ma aveva visto il lavoro magistrale che Sofia aveva svolto nella mostra.
“Non sono un’archeologa”, rispose lei sospirando. Enea avrebbe voluto che anche lei scegliesse quella specializzazione e in fondo l’archeologia era un campo che la affascinava parecchio. Sfortunatamente a lato pratico, l’idea di non essere una copia completa del fratello aveva vinto su tutto il resto. E d’altra parte competere con lui era davvero difficile.
“Comunque è una buona notizia perché mercoledì prossimo ci sarà una partita di polo, un evento di beneficenza, e magari potremmo andarci insieme. Inoltre mi piacerebbe rinnovare l’invito a cena”, propose lui tutto d’un fiato e diventando rosso come al solito.
Sofia sospirò. “Non ti arrendi tanto facilmente, vero?”
Harry scosse la testa, sorridendo e lei non riuscì a rimanere seria. La parte razionale del suo cervello le diceva di stargli alla larga. Paura, timore, insicurezza…tutte queste cose non giocavano a suo vantaggio e anzi, non facevano altro che riempirle la testa di stupidi dubbi. Tuttavia la giornata che aveva trascorso in compagni di Harry era stata piacevole e la voglia di ripetere quell’esperienza si faceva largo con forza. Una cena non era nulla di drammatico. Avrebbe potuto gestire la cosa, ne era certa.
“D’accordo”, cedette infine. “Tanto sono abbastanza sicura che se ti avessi detto ancora di no, giovedì me lo avresti chiesto di nuovo”.
“Senza ombra di dubbio!”
Entrambi si misero a ridere. “Andrebbe bene domani sera?” Harry assunse un’aria dolce, seria ma calorosa e felice.
Lei rispose quasi in un sussurro: “Sì, andrebbe bene”.
SPAZIO DELL'AUTRICE
chiedo scusa per questo pezzo mancante al terzo capitolo ^^'' non so bene come sia successo ma quest'ultima parte non era stata inserita, così dovrò fare un capitolo a parte! Abbiate pazienza XD

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Capitolo 5
*** Parigi ha la chiave del cuor ***


Erano le cinque del pomeriggio. Alle cinque del pomeriggio, di solito gli inglesi prendono il thé….Non si incontrano per andare a cena!
Se Sofia avesse avuto la battuta pronta, quando Harry le aveva detto l’orario, glielo avrebbe fatto notare, invece di acconsentire come un’idiota. Il problema stava nel fatto che aveva realizzato la cosa dopo. Molto dopo, verso le due del pomeriggio, di quello stesso giorno, mentre si stava preparando. Almeno poteva lasciare da parte l’abbigliamento sportivo e rimettersi i suoi begli abiti eleganti. Per l’occasione scelse un vestito color lavanda lungo appena sotto il ginocchio e con le spalline larghe di pizzo. Aveva sempre amato quell’abito, ma non aveva mai avuto occasione di indossarlo. Le avvolgeva perfettamente il busto, per poi ricadere morbido sui fianchi, delicato e perfettamente in risalto con il colore dei suoi capelli, della borsetta e delle scarpe nere con un tacco non troppo alto. L’esperienza le aveva insegnato che il tacco alto non sempre era sinonimo di femminilità. Quella sera decise di indossare anche gli orecchini e il punto luce di Swarosky che Enea le aveva regalato per il suo diciottesimo compleanno. Al tempo non aveva saputo apprezzare fino in fondo il gesto ma ora le tornava decisamente utile.
Harry arrivò puntuale, anche troppo forse, e quando Sofia si recò all’uscita lui era già lì che l’aspettava. Piacevolmente sorpresa, notò che era vestito in modo altrettanto elegante, con l’abito da sera nero e il papillon in tinta. Un perfetto gentleman inglese.
Il sorriso che le riservò quando la vide, gli illuminò il volto. Da quando qualcuno era così felice di vederla?
“Sei bellissima”, le disse piano baciandole una guancia e posandole delicatamente una mano sulla schiena.
Lei gli sorrise soddisfatta. “Solo per curiosità: per quale motivo andiamo a cenare così presto?” Il fatto che quella domanda rovinasse l’atmosfera romantica di sguardi che si era creata, ne era perfettamente consapevole ma doveva chiederglielo.
Harry fece un profondo respiro, divertito. “C’è un motivo, ma non mi fare altre domande su questo argomento. Tu fidati di me”.
Fidarsi? Parola sbagliata da usare con un tipo come lei, che in pratica non si fidava nemmeno della sua ombra. Però valeva la pena di tentare.  “Come vuoi, non farò altre domande sull’argomento”.
Soddisfatto, il principe fece entrare la sua dama nella vettura e guidò fino ad arrivare in un luogo che non aveva assolutamente l’aspetto di un ristorante.
L’unica cosa che vedeva era un grande piazzale in cemento, che a quell’ora sembrava deserto e quando vide quello che aveva tutta l’aria di essere un aereo privato non poté più trattenersi. “So di non dover fare domande, ma non sono certa di poter mantenere questa promessa”.
“Sta tranquilla”. Con incredibile fascino e sicurezza, Harry la condusse a bordo. Era la prima volta che si trovava in un aereo privato però affermare che fosse sorpresa sarebbe stato esagerato. In verità Sofia si chiese se fosse la cosa giusta da fare. Una fuga romantica con un aereo privato non era proprio nel suo stile e per lei la cosa appariva più strana che romantica in sé.
 
 
L’idea che Harry aveva in mente gli era sembrata fin da subito la cosa migliore, tuttavia Sofia non si dimostrò particolarmente impressionata. E a lui andava bene così. Chiunque lo sarebbe stato, era capitato altre volte che diverse ragazze andassero letteralmente fuori di testa anche per cose di minor conto, ma dopotutto lei non era come le altre. Sofia era impressionata e affascinata dalle piccole cose, i piccoli gesti, più che dalle grandi pacchianate a cui era abituato lui. L’aspetto più bello di tutta quella faccenda era che glielo si leggeva in volto. Ogni cambiamento d’umore, ogni pensiero e ogni sensazione le si dipingeva sul volto in maniera incredibile. Lo si capiva subito se era arrabbiata, infastidita o felice. Harry la adorava. La ammirava. Ne era attratto in un modo totalmente incomprensibile.
Se il fatto di andare a cena usando un aereo privato non aveva fatto particolarmente scalpore, stessa cosa accadde quando arrivarono a destinazione. Parigi era una città romantica e ad Harry era sembrata la scelta più ovvia. Certamente Sofia era felice, questo lo si capiva dal modo in cui sorrideva, ma probabilmente la causa non era da imputare alla città. Il ristorante in cui la portò a mangiare era un posto poco conosciuto ma che comunque rimaneva uno dei luoghi migliori di Parigi. La cena andò a meraviglia: Harry parlò dei progetti che stava seguendo, degli Invictus game e di tutte le attività che riguardavano i reduci di guerra e che gli stavano particolarmente a cuore. Durante la conversazione capì che Sofia era curiosa, competitiva e che aveva uno spiccato senso dell’umorismo.
Una volta usciti dal ristorante, fecero una passeggiata lungo la Senna. La magica atmosfera di Parigi, le luci che illuminavano la notte scura e il leggero venticello serale, crearono la giusta atmosfera e Harry non avrebbe potuto desiderare di meglio.
Nonostante fossero solamente le dieci, la strada era completamente deserta. Lui e Sofia camminavano l’uno di fianco all’altra con disinvoltura, chiacchierando piacevolmente. Ad un certo punto si fermarono ad osservare il fiume e ci fu un istante di silenzio, mentre si godevano il panorama.
“Allora, è stata poi così tremenda questa cena?” Le chiese ad un tratto.
Lei lo guardò con la coda dell’occhio. Sapeva che stava aspettando la sua risposta con ansia e fece finta di pensarci su. “No, è stata molto piacevole”, disse infine. “Anche se l’aereo privato e la gita a Parigi sono un cliché”, ammise ridendo.
Harry si finse sorpreso. Sì, Parigi era una cosa scontata ma lui non era abituato agli appuntamenti romantici, e mai prima di allora avrebbe mai pensato di poter organizzare un appuntamento che non fosse in un normale pub dove si finiva sempre per uscirne ubriachi.
“E allora dimmi: cosa avrei dovuto fare per stupirti?”
Lei fece un profondo respiro, poi riprese a camminare dandogli le spalle. Lui la seguì incuriosito, mantenendosi dietro di lei.
“Beh, se tu avessi preso l’aereo privato e mi avessi portato a San Pietroburgo, quello sì, che sarebbe stato qualcosa di incredibilmente affascinante e originale”
Il principe sorrise abbassando lo sguardo. “Lo terrò a mente per la prossima volta”.
“Intendi dire per la prossima volta che uscirai con la ragazza di turno?” Harry avvertì un certo fastidio nella sua voce.
“Intendo dire per il nostro prossimo appuntamento”.
Nell’udire quelle parole, Sofia si fermò e lentamente si voltò verso di lui. Aveva l’aria soddisfatta ma non lo avrebbe mai ammesso, e per evitare di far trapelare toppe emozioni tornò a guardare il panorama. Harry non voleva altre ragazze, voleva lei. Con improvvisa sicurezza le si avvicinò, le accarezzò la schiena e rimase a guardarla. Prima o poi si sarebbe dovuta girare e a quel punto lui avrebbe capito a cosa stava pensando. Non c’era fretta: avrebbe aspettato fino a quando lei fosse stata pronta.
Per rimediare all’imbarazzante silenzio che era calato tra i due, Sofia posò una mano sulla spalla di lui e tolse un pezzo di foglia che si era posata sulla sua giacca, venendosi a trovare tra le braccia di Harry. Di risposta lui avvicinò il volto al suo in modo che le loro fronti si toccassero. Ora si trovavano pericolosamente vicini e Sofia non poté più evitare il suo sguardo. Avrebbe dovuto essere spaventata ma non era così. Cosa provasse in quel momento non era in grado di capirlo: si sentiva attratta da Harry e contrariamente ad ogni altra aspettativa, non trovava nulla di sbagliato in quello che stava accadendo.
Harry la strinse di più a sé e poi, non potendosi più trattenere, la baciò. Dapprima in modo delicato, poi con passione. Sofia non oppose resistenza e si abbandonò completamente alla sensazione che provava mentre lui la teneva stretta.
Per un momento si sentì più viva che mai. Non voleva respingerlo e in ogni caso non l’avrebbe fatto.
Quella sera l’aereo privato del principe fece ritorno a Londra, ma senza i suoi passeggeri.
Harry e Sofia restarono a Parigi, la città degli innamorati così scontata che li aveva spinti l’uno nelle braccia dell’altra. Dove tutto ebbe inizio.
 
La mattina seguente Sofia si svegliò a fatica, sentendo che qualcuno la stringeva delicatamente.
“Buongiorno”. Sorrise riconoscendo quella voce profonda.
Harry le baciò il collo e lei si voltò verso di lui. Con una mano gli sfiorò dolcemente la guancia e poi lo baciò. “Buongiorno”. Il volto di lui si illuminò mentre i suoi occhi sembravano brillare più che mai.
“Hai dormito bene?”
“Sono certa che in realtà non vuoi sapere la risposta a questa domanda”, gli disse lei con fare annoiato.
Harry scoppiò a ridere. “Non mi darai mai la soddisfazione, dico bene?”
“Bravo”, gli sussurrò Sofia dandogli un buffetto sulla guancia.
“Piuttosto, ho io una domanda da farti”, la sua espressione divertita fece preoccupare Sofia a livelli esponenziali. “Eri ancora vergine, giusto?”
Lei aprì gli occhi di scatto, poi sbuffò e si girò di schiena cercando di nascondere il volto, probabilmente per la vergogna.
“No, no, no!” Harry le si buttò sopra cercando di farla voltare. “Siamo una coppia, perciò basta essere timidi!”
“Non è questione di timidezza, è questione di imbarazzo. E comunque ti sembrano cose da chiedere?”
Lui la guardò con aria innocente e lei alzò gli occhi al cielo. “Faccio portare la colazione in camera?”
Sofia arricciò il naso. “Non credo di essere abbastanza pigra per una cosa del genere”. Il servizio in camera era la cosa più noiosa del mondo.
“D’accordo allora”, Harry si mise a sedere sul letto e tirandola a sé la costrinse a fare altrettanto. “E’ meglio prepararsi”, la baciò e poi si alzarono.
Mentre si guardava nello specchio, Sofia pensò che probabilmente la situazione le era sfuggita di mano. Aveva accettato di cenare con lui pensando di poter gestire la cosa…e a quanto sembrava i suoi piani erano falliti miseramente. La cosa non la preoccupò veramente fino a qualche giorno più tardi.
Mentre faceva colazione nell’Hotel di Londra, su un tavolo vuoto che si trovava vicino al suo, notò un giornale. Con una mano lo prese e riconobbe immediatamente l’abito lilla che indossava la ragazza nella foto di copertina. Il suo abito. E quella foto inconfondibile che la ritraeva abbracciata ad Harry mentre lui la baciava.
Completamente in preda al panico lesse l’articolo sul giornale. Le mani le tremavano e una volta finito di leggere si alzò dal tavolo, portando la copia della rivista con sé, e se ne andò quasi correndo. Prese un taxi fino all’università e durante il tragitto tentò di calmarsi. Doveva restare lucida o non avrebbe risolto nulla.
L’articolo non diceva poi molto sul suo conto ma i giornalisti non avrebbero impiegato molto a scoprire l’identità di quella che già definivano ‘’la nuova fiamma del principe Harry’’. A quel punto cosa sarebbe successo? La risposta era ovvia: non avrebbe più avuto pace.
Arrivata a destinazione, trovò inaspettatamente Harry che l’aspettava all’entrata. Dalla sua espressione si capiva che era nervoso ma di sicuro era molto più calmo di quanto lo fosse lei.
“Stai bene? Temevo che i giornalisti ti avessero assalita”, le disse lui avvicinandosi.
Non sapeva cosa dirgli. “Non dovresti essere qui Harry”. Con lo sguardo basso cercò di superarlo ma lui glielo impedì.
“Sta tranquilla, manderò una scorta, giusto in caso”.
“Non voglio una scorta”, gli rispose lei in tono brusco. “Io non voglio nulla di tutto questo! Ascoltami: il mio posto non è sulle copertine delle riviste scandalistiche o di gossip. Il mio posto è su una nota bibliografica, in fondo ad un libro che rimarrà importante anche a distanza di anni. Questa è la tua vita, non la mia!”.
Era arrabbiata. Terribilmente arrabbiata. Con lui e con sé stessa, per essere stata stupida ed avventata senza pensare alle conseguenze. Si era lasciata coinvolgere in una cosa che non l’avrebbe mai portata a nulla. Era stata solamente una stupida.
“Ora faresti meglio ad andare: non dovresti stare qui”, continuò gelida.
Harry non disse nulla. I suoi occhi divennero lucidi ed abbassò lo sguardo.
Sofia lo lasciò lì, senza aggiungere altro. Semplicemente si voltò e continuò a camminare.
Era stata crudele. Lo sapeva e si odiava per questo, ma non aveva avuto altra scelta.
 

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Capitolo 6
*** Baci sotto la pioggia ***


“Ti prego, dimmi che domani verrai!” La implorò Kate sulla porta della sua stanza.
“Non è il caso, credimi.” Non avrebbe retto di nuovo il confronto con Harry.
Sofia la fece entrare prima che tutto il corridoio potesse sentire quello che aveva da dire.
“Lo so che sei arrabbiata ma devi venire! Sono certa che non sia stata colpa sua se i giornalisti…”
“Ti ha chiesto lui di venire qui?”
“Sì, però sarei venuta lo stesso”, ammise Kate. “Il punto però è che Harry avrà anche tutti i difetti del mondo, ma ti ama”.
“Non ha mai accennato alla parola amore”. Sussurrò con dispiacere. Cosa provasse Harry per lei non ne aveva idea. Era semplicemente una delle tante o qualcosa di più? Scoprirlo sarebbe stato bello. No, non doveva continuare a pensare a lui, si sarebbe semplicemente innervosita.
Tenendo conto che ormai era entrata in quell’ottica, come riuscì Kate a convincerla che doveva esserci alla partita di polo, questo rimase un mistero per entrambe. L’ipotesi più plausibile era che in verità, nonostante tutto, Sofia si lasciò ancora una volta travolgere dalle emozioni. Voleva vedere Harry e si rifiutava di ammetterlo.
Quel pomeriggio il tempo era pessimo. Un classico inglese con pioggerellina costante e cielo grigio di cui solo lei sembrava curarsi. Questa volta Sofia giunse direttamente in compagnia di Kate, la quale aveva insistito affinché andasse con lei per assicurarsi che non cambiasse idea all’ultimo minuto.
William e Harry si trovavano già lì e quando lui la vide arrivare sentì il cuore smettere di battergli nel petto. Non si era più dato pace nel tentativo di capire come si doveva comportare. Sofia era stata piuttosto chiara e un uomo adulto e maturo sa quando è ora di farsi da parte. Il problema era che questa volta non ci sarebbe riuscito. L’unica cosa che desiderava era parlarle; tentare l’impossibile pur di non rovinare le cose.
Alla prima occasione disponibile Harry si avvicinò a Sofia e, assicurandosi che nessuno potesse vederlo, la trascinò letteralmente in una delle tende bianche che erano state allestite per i giocatori.
“Che diamine fai?” Sofia si liberò dalla sua stretta e gli lanciò un’occhiataccia.
“Dobbiamo parlare”, le disse serio.
Lei incrociò le braccia sul petto. “Credevo che avessimo già chiarito l’altro giorno. Non ho nulla da dirti”.
“Non importa, sono io che devo parlarti”. Harry fece una piccola pausa, poi proseguì: “Ascoltami, capisco come ti senti e credimi non pensare che tutto questo mi faccia piacere”. Il suo tono di voce si addolcì leggermente perché non voleva sembrare arrabbiato. “ E’ vero magari un tempo lo trovavo divertente finire sui giornali, però ora non è più così. Il punto è che non è una cosa che posso evitare… magari insieme potremmo trovare una soluzione”. Il suo tono lasciava intuire quanto tutta quella storia lo tormentasse.
“Non posso.” Sofia restò impassibile e Harry si sentì terribilmente vulnerabile.
“E’ perché non provi nulla per me?” La voce gli tremò. Se quella era la verità, non voleva saperlo.
Sentendo quella domanda così inaspettata, Sofia lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi. Finalmente si liberò della maschera di indifferenza che aveva indossato fino ad allora. “Certo che provo qualcosa per te! Non…non è questo il problema”. Distolse lo sguardo incapace di guardarlo negli occhi. “Io c’ho messo tanto per trovare me stessa, mi sono impegnata fino allo stremo per arrivare fino a qui e non posso lasciare tutto solo perché ho una relazione con il principe d’Inghilterra. E’ importante per me non mollare proprio ora, non posso”.
Harry rise amaramente. “Ah, giusto: la carriera prima di ogni altra cosa”, commentò sarcastico.
Sofia si sentì quasi male. Era tremendo sentirlo parlare così. Tentò di dirgli qualcosa, ma da fuori la tenda uno dei suoi compagni di squadra lo chiamò dicendogli che stava per iniziare il terzo chukker della partita.
I due si guardarono negli occhi per un’ultima volta, entrambi con la speranza che l’altro parlasse, invece ci fu solo silenzio.
Facendo un profondo respiro Harry si avvicinò verso l’uscita della tenda. “Non ti sto chiedendo di rinunciare a ciò che sei. L’unica cosa che mi importa è se mi ami o no, perché nel caso non lo avessi capito io ti amo”. Senza aggiungere altro o aspettare una qualche reazione da parte di lei, scomparì sotto la pioggia.
Completamente destabilizzata e con il cuore in frantumi, Sofia sentì gli occhi bruciarle e dopo poco scoppiò a piangere.
Non sarebbe dovuta andare a quella stupida partita di polo. Non avrebbe dovuto parlare con lui. Con un enorme peso sul cuore si diresse verso il parcheggio senza guardare in faccia nessuno. Avrebbe preso un taxi e sarebbe tornata in hotel dove avrebbe fatto i bagagli e si sarebbe preparata a partire. Una volta a casa sarebbe riuscita a dimenticare e a lasciarsi alle spalle tutto.
“Sofia, dove stai andando?” Quella voce squillante la fece voltare di scatto.
Sofia guardò Kate e scosse la testa. “E’ stato un errore”.
“Cosa è stato un errore?”
“Venire qui oggi! Essermi fatta coinvolgere in…in tutto questo!” Esclamò con convinzione, ormai sopraffatta dal panico.
“No, non lo è stato!” protestò la duchessa mettendole una mano sulla spalla per cercare di calmarla. Vedendo le lacrime della ragazza l’abbracciò calorosamente ‘’Stà calma, va tutto bene. Vieni, sediamoci e parliamo con calma’’. Le due si sistemarono su una delle panchine lì vicino.
“Cos’è successo?”
“Non saprei nemmeno come riassumerti il discorso”
Kate sospirò dispiaciuta. “So come ti senti. Io e William ci siamo passati prima di voi e a volte mi chiedo come sarebbe stato se non ci fossimo mai sposati”, le disse con un velo di tristezza. “Però, ogni giorno, quando mi sveglio e vedo lui, e i nostri bambini, mi rendo conto che tutto il resto non conta”. Kate le sorrise dolcemente e con l’indice della mano sinistra le asciugò una lacrima. “Tutto il resto non conta…”
Sofia comprese subito ciò che intendeva dire. L’amore era una cosa complicata, fatta di sacrifici e di reciproca comprensione. Perché si era lasciata andare con Harry? Perché la feriva tanto l’idea di averlo perso? Perché il sentirlo dire che l’amava l’aveva resa incredibilmente felice e poi immediatamente triste? La risposta la conosceva bene e quella fu la prima volta in cui ne ebbe la consapevolezza: lei lo amava. Era accaduto tutto così in fretta che si era rifiutata di crederci, ma a quel punto negarlo sarebbe stato da ipocrita.
Se fino a pochi attimi prima aveva desiderato di fuggire lontano, svegliarsi nel suo letto a casa ed avere la sicurezza che fosse stato tutto un sogno, ora non c’era altro posto in cui sarebbe voluta essere se non lì. Scappare sarebbe stato l’errore più grande della sua vita. No, lei doveva restare; doveva tornare indietro e dire ad Harry quello che provava.
Cercando di rimediare ai danni che il pianto aveva fatto al suo trucco, ormai completamente scomparso, Sofia si alzò in piedi e insieme a Kate tornarono indietro.
 
 
 
La partita di polo era finalmente terminata. Harry aveva giocato per obbligo, contro voglia e senza passione. Se non fosse stato che era un evento di beneficenza, si sarebbe ritirato immediatamente. Non ascoltò nemmeno una parola del discorso di premiazione e quando dovette ritirare il trofeo sfoderò il più falso e svogliato dei suoi sorrisi.
All’improvviso vide Sofia tra la folla. Aveva gli occhi arrossati, come se avesse pianto. Sicuramente era stata colpa sua e si disse che era proprio un idiota. Un grosso idiota che aveva sbagliato tutto.
Finalmente libero dal flash dei fotografi, Harry lasciò il trofeo a William ignorando quello che gli stava dicendo in quel momento. Le andò incontro quasi correndo e una volta raggiunta le prese il volto tra le mani e la baciò con passione.
“Mi dispiace”, le sussurrò poi facendo in modo che le loro fronti si toccassero.
Lei scosse la testa. “No, sono io che devo scusarmi: il mio non è stato un comportamento maturo”.
“Siamo stati tutti e due degli immaturi”.
Risero entrambi. “Ho avuto paura”, ammise Sofia. “Mi sono lasciata sopraffare dal panico e ho combinato un disastro”. Alzò lo sguardo e si perse negli occhi di Harry. “Non pensare che non ricambi i tuoi sentimenti’’.
Il principe sorrise ed abbassò lo sguardo leggermente imbarazzato, sentendosi come un adolescente che riceve la prima dichiarazione d’amore. “Lo so. Sarei dovuto correrti dietro e lasciar perdere la partita di polo”.
“Fortuna che Kate lo ha fatto al posto tuo, altrimenti saresti dovuto venire a cercarmi in un posto più lontano del parcheggio”
Harry le sorrise felice come non mai. La tirò nuovamente a sé in cerca delle sue labbra mentre la stringeva forte. La pioggerellina si fece più fitta e l’aria più umida, nonostante questo Harry se ne accorse a mala pena. In quel momento non si sarebbe mosso da lì, nemmeno se fosse venuto giù il diluvio universale. 
“Cosa succede adesso?” Gli chiese Sofia notando che la gente intorno a loro li fissava.
Harry le diede un altro bacio appena accennato. “Un bel po’ di casino!”

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Capitolo 7
*** Ricevimenti e ramanzine ***


La fortuna più grande era che la mostra era finita prima che la notizia fosse diffusa, cosa che accadde parecchio in fretta. Elisabetta chiamò Sofia per farle un interrogatorio senza fine a cui lei ed Harry, il quale ascoltò la telefonata di nascosto, risposero come se si trattasse di un gioco. Se fosse stata lì di persona sarebbe stato infinitamente peggio.
I giornalisti non potevano essere più felici di così: il principe Harry, scapolo d’oro della corona inglese, aveva una relazione che non si era dato pena di smentire e che anzi, probabilmente avrebbe confermato al più presto. Non appena avesse ottenuto il consenso della sua famiglia.
In verità non aveva davvero bisogno che qualcuno approvasse la cosa, però ci teneva a fare tutto in modo pacifico. Così lui e Sofia avrebbero potuto vivere in tutta tranquillità la loro relazione. Ah! Gli faceva strano pensarla così, specialmente perché ogni volta si stupiva di quanto quella parola fosse bella.
Harry si sentiva con la testa fra le nuvole mentre aspettava di esser ricevuto da sua nonna. Immaginare come sarebbe potuto andare quell’incontro sarebbe stato come giocare d’azzardo, così si limitò ad attendere. Poco dopo venne chiamato all’interno dello studio, dove lo stavano aspettando i suoi nonni.
Elizabeth distolse lo sguardo dal giornale e fece cenno al nipote di sedersi. La situazione era tesa e Harry si sentì strano, dal momento che lui sembrava essere il più calmo.
“Credo che tu ci debba delle spiegazioni”. La regina gli porse la rivista, una delle tante con la notizia del mese.
“Che spiegazioni vuoi che ci siano!” Esclamò Philip. “Sarà come tutte le altre volte! Credevamo che avessi smesso con gli scandali ma non credo che tu ne sia capace a questo punto!”
“Non c’è nessuno scandalo, ve lo assicuro”, spiegò con calma e convinzione Harry.
“E allora come lo spieghi quello? La tua faccia è di nuovo su tutti i giornali!”
“Lo so nonno ma stavolta è diverso”, fece un profondo respiro prima di proseguire. “Ho intenzione di fare le cose seriamente questa volta. Voglio annunciare il mio fidanzamento e sposarmi al più presto “.
Una frase simile lasciò perplessi i presenti e nella stanza tornò il pesante silenzio che c’era quando Harry era entrato.
“Quale è il nome della ragazza?” Elizabeth non aveva veramente letto tutti quegli articoli, voleva sentire la versione di Harry prima di valutare se credere o meno ai giornali.
“Sofia De Angelis. E’ una storica e ha curato la mostra sulla Prima Guerra Mondiale che si è svolta ad Oxford”
“Quella mostra ha riscosso più che un discreto successo, a quanto ho sentito”, intervenne Philip tranquillizzandosi un po’.
“E’ stata molto bella ed è lì che l’ho incontrata. E’ una donna straordinaria, intelligente ed eccezionale”.
Lo sguardo impenetrabile di Elizabeth indagò il volto del nipote. Harry era sincero, sì su questo non c’erano dubbi, ma si poteva dire lo stesso della ragazza? Certamente il fatto che Harry avrebbe fatto come William, prima o poi, era inevitabile ma non bisognava mai fidarsi troppo. Kate era stata una scelta accettabile, però non l’aveva mai convinta più di tanto. Inoltre, negli occhi di Harry lesse qualcosa che non aveva mai visto in quelli di William: una totale ammirazione per la persona amata.
L’ammirazione verso una donna è pericolosa e gli uomini perdono la ragione. Harry era stato un ragazzo problematico e si era lasciato condizionare più di una volta. Le sue relazioni amorose erano sempre state un disastro e la disperata ricerca di attenzioni l’aveva portato a fare gesti sconsiderati. Elizabeth provava per lui un grande affetto e sapeva che aveva anche delle splendide qualità e capacità, tuttavia, in una situazione delicata come quella, occorreva prestare ancora più attenzione che per quando era accaduto a William.
“Se davvero hai intenzioni serie, come hai detto, voglio conoscerla”, disse in tono serio Elizabeth. “Le farò recapitare un invito per il ricevimento di questa domenica”.
Harry pensò che l’avrebbe invitata di persona. Sorrise compiaciuto ed annuì. “Perfetto, allora siamo d’accordo”. Si alzò in piedi e prima di andarsene baciò la nonna sulla guancia. Con il nonno non ci provò nemmeno, quando il Duca di Edimburgo era di cattivo umore era meglio ignorarlo.
Appena fuori, Harry prese il telefono e chiamò Sofia.
“Ho una buona notizia da darti!”
Dall’altro capo, Sofia si scansò istintivamente per evitare che il tono euforico di Harry le rompesse un timpano. “Sembri piuttosto elettrizzato! Di che si tratta?”
“Voglio dirtelo di persona, dove sei? Ti passo a prendere!”
“Sono al British e ora non è un buon momento, visto che devo vedermi con Enea”
“E’ arrivato a Londra?”
Nello stesso momento in cui Harry le fece quella domanda, Sofia vide suo fratello che l’aspettava davanti all’entrata del museo. Dapprima sorrise, felice di rivederlo, poi, man mano che si avvicinava, notò lo sguardo duro con cui la stava guardando e il sorriso scomparve.
“Decisamente non è un buon momento, credimi. Ti chiamo dopo”. Senza aggiungere altro riagganciò.
 
“Sono deluso, molto deluso!” Esclamò Enea nei corridoi del British. “Come ti è saltato in mente di fare una cosa simile! E senza nemmeno dirmelo! Sono venuto a saperlo dai giornali!”
“Ho pensato che dirtelo per telefono non sarebbe stato carino, dal momento che saresti venuto qui per la conferenza”
“Sì, esatto! Sono qui per la conferenza e tu eri qui per la mostra, non per andare a Parigi con l’uomo più donnaiolo dell’Inghilterra!”
“Adesso non esagerare Enea, tutti noi abbiamo avuto le nostre avventure amorose da adolescenti, semplicemente a nessuno importava”.
“Sofia, tu sei una brava storica e hai una brillante carriera davanti a te. Davvero vuoi gettare tutto al vento per stare con uno che non ha mai fatto nulla nella sua vita?”
Capire Enea, su questo aspetto, era piuttosto semplice. Suo fratello aveva un’unica convinzione: i membri delle famiglie reali sono tutti dei raccomandati. Il fatto che siano nell’esercito o che studino all’università è solamente una farsa e in realtà non sono altro che degli incapaci che non sanno fare nulla. Una visione piuttosto estrema, ma tutto nella mente di quell’uomo era estremo. Alla base c’era semplicemente un’altissima considerazione di se stesso e di ciò che era.
Discutere con lui fu a dir poco stressante e per protesta, alla fine si rinchiuse nei meandri del British Museum ad esaminare la Stele di Rosetta, vero amore della sua vita. Non che ne avesse veramente bisogno per motivi di studio, dal momento che quella fase l’aveva già superata, ma se avesse detto che aveva bisogno di distrarsi perché aveva litigato con sua sorella, non avrebbero dato il permesso nemmeno a lui.
Harry si offrì di venire a prendere Sofia al British, ma lei rifiutò. Se Enea fosse uscito per puro caso e lo avesse visto lì sarebbe scoppiata una guerra.
I due si incontrarono in centro, in un ristorantino appartato e abbastanza lontano dal museo. Quando Sofia vide Harry, si gettò tra le sue braccia intenta a lasciarsi quel pomeriggio così pesante alle spalle.
“Com’è andata?” Domanda sbagliata che rovinò il momento.
Sofia alzò lo sguardo verso di lui. La situazione era delicata e sapeva che Harry ci sarebbe rimasto male. Quello che doveva dirgli non era semplice e non voleva ferire i suoi sentimenti, il problema era trovare le parole giuste.
“E’ meglio parlarne più tardi”, gli disse con poca convinzione. “Non fare domande! Piuttosto dimmi la bella notizia”
Il volto di Harry s’illuminò. “Oggi ho parlato con i miei nonni, di noi due e, dopo avergli spiegato che non si tratta del classico flirt amoroso, mia nonna vuole conoscerti. Questa domenica vuole che andiamo insieme ad un ricevimento”.
“Oh!” esclamò sorpresa Sofia. “Non credevo che questo sarebbe accaduto così presto”
“Perché no? Non avrebbe senso aspettare”
“Sei sicuro di non voler….fare le cose con più calma”.  
“Credi che stia correndo troppo? Ti dà fastidio?”
“No! Certo che no!” Si affrettò a rispondere Sofia. “Semplicemente non voglio che tu te ne possa pentire…”
Harry alzò gli occhi al cielo. “Sciocchezze!” Fosse stato per lui l’avrebbe sposata anche in quel preciso istante, però decise di tenersi i suoi pensieri per sé. Di matrimonio non ne avevano ancora parlato e in ogni caso c’erano alcuni dettagli da sistemare prima.
“Ora tocca a te”
“Cosa?” Sofia fece finta di non capire.
“Devi dirmi com’è andata oggi al British”
Sofia trattenne il respiro. “Ecco, a proposito di questo ho una cattiva notizia: mio fratello non approva la nostra relazione”
Quella frase colpì Harry come uno schiaffo in piena faccia. “Perché?” Chiese sconvolto.
“Ecco, lui non crede che tu sia la persona giusta per me, inoltre pensa che nove anni di differenza siano decisamente troppi”.
“Ma è ridicolo, siamo adulti a chi vuoi che interessino nove anni di differenza?”
“Lo so, e hai ragione ma Enea la pensa così e credimi, cercare di fargli cambiare idea sarebbe tempo sprecato”.
Harry sospirò visibilmente innervosito. “Sta tranquillo, non è una tragedia e poi a lui non piace nessuno”, Sofia gli prese il volto tra le mani e lo costrinse a guardarla. “Non hai nulla di cui preoccuparti: le cose tra noi due non cambieranno solo perché lui non è d’accordo”.
“Sono certo che la cosa ti dispiaccia più di quanto tu voglia ammettere e non voglio che tu soffra”.
Sofia sorrise dolcemente, felice del fatto che Harry si preoccupasse così tanto per lei. Alzandosi in punta di piedi lo baciò e lui ricambiò stringendola forte a sé. “Mi dispiace è vero, però non voglio rinunciare a te. Enea dovrà farsene una ragione e sono certa che in fondo al cuore non mi vorrà meno bene di quanto me ne ha sempre voluto”.
Quella era una magra consolazione. Harry voleva far andare bene le cose a qualsiasi costo. Voleva essere accettato dalle famiglia di Sofia. Si disse che per il momento era meglio risolvere una questione alla volta e per prima cosa lui e Sofia, si concentrarono sul ricevimento.
“Non devi essere nervosa, andrà tutto bene”. Le disse Harry quel fatidico giorno, prima di scendere dalla macchina.
“Lo stai dicendo a me o a te stesso?”
“Ad entrambi, credo”. Si sistemò la giacca e la cravatta.
“Non credevo che saresti stato così nervoso”, ammise Sofia prendendolo sotto braccio.
“Chi dice che lo sono?”
“Le macchie rosse che hai in faccia e sì, si notano anche se hai la barba. I medici le chiamano: macchie di simpatia”
“Grazie per la spiegazione ma la cosa non mi è molto utile. Tu sembri stranamente calma”.
“Riparliamone tra qualche minuto”.
Sofia si sentiva sempre nervosa all’ultimo momento. E quando lei ed Harry fecero il loro ingresso nel giardino, si strinse forte al braccio di lui augurandosi che quella mattinata passasse presto. Il cuore le batteva pesante nel petto. Non veloce, non lento, solamente in modo pesante. Sì, perché ad ogni battito tremava. La paura di risultare inadatta, o ridicola al fianco di Harry, non si era mai fatta così viva come in quel momento. Cosa sarebbe accaduto se la regina non l’avesse ritenuta la donna giusta per Harry? Quella era una bella domanda, che in una situazione simile sorgeva spontanea. Tuttavia, Sofia si impose di non pensarci, altrimenti si sarebbe fatta prendere dal panico. Doveva mantenere la calma e questo, almeno esteriormente, poteva farlo. Certamente il contesto non era d’aiuto, considerato che gli occhi di tutta l’alta società londinese erano fissi su lei ed Harry. Che fossero uomini o donne, aveva poca importanza perché tutti erano intenti a parlottare e a commentare ogni singola cosa riguardasse la nuova coppia.
Il ricevimento si svolse all’aperto, in un bel giardino dove erano stati sistemati tavolini bianchi, posti sotto a gazebi in tinta per riparare gli ospiti dal sole, che stranamente sembrava splendere più del solito. Cibi e bevande vennero serviti a buffet, e tra una presentazione e l’altra, Harry insistette affinché Sofia mettesse qualcosa nello stomaco.
Fu verso le undici che sua Maestà Elizabeth fece il suo regale ingresso. Camminando tra i presenti, prestò loro ancor meno attenzione del solito, procedendo con fare annoiato e limitandosi ad accennare segni di saluti con il capo. L’unica cosa che le interessava quel giorno era conoscere la giovane fiamma del nipote, da quell’incontro sarebbe dipeso tutto.
Quando la regina incontrò finalmente Sofia, ne rimase particolarmente colpita. La prima cosa che pensò sulla giovane, fu che qualcosa nel suo modo di fare e nel suo volto, le ricordava sua sorella.
Era strano quel pensiero e la nostalgia che lo seguì. Eppure, guardandola, per un momento fu come rivedere Margaret da giovane. I movimenti aggraziati; la figura snella, sofisticata; gli occhi grandi e dolci ed infine il sorriso splendente ma elegante…sì, le somigliava proprio, ed Elizabeth pensò che quella ragazza, nel suo abitino color pesca, somigliasse ad una principessa molto più di quanto avrebbe potuto somigliarvi Kate in tutta una vita di gioielli e diamanti splendenti.
“Nonna, lascia che ti presenti Sofia”, Harry la introdusse con orgoglio, sorridendo e guardandola con occhi pieni d’amore.
“Vostra maestà”, Sofia fece la riverenza.
“Mi fa piacere che tu abbia accettato il mio invito, Harry ci ha parlato molto di te”, disse Elizabeth con il tono freddo e distaccato che l’aveva sempre contraddistinta.
“Posso assicurarvi che in verità non c’è molto da dire”. Il tono educato non era eccessivamente riverenziale e in quel modo, laddove qualunque altra ragazza si sarebbe letteralmente inginocchiata pur di farsi notare dalla regina, Sofia mise ben in chiaro che lei non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Non si sentiva minimamente inferiore. Provava per lei rispetto, ma perché era la nonna di Harry e non perché era la regina.
Alla regina non sfuggì nulla del suo pensiero o delle sue intenzioni. Lo poteva vedere dal modo in cui stava ben dritta con la schiena, dallo sguardo fiero nonostante l’espressione dolce del viso.
La regina le sorrise. “C’è sempre molto da dire su una persona. Spero che avremo il piacere di vederti più spesso da ora in poi”.
“Con grande piacere, maestà”.
Elizabeth ed Harry si lanciarono uno sguardo d’intesa e lui seppe che sua nonna stava dando il consenso affinché la loro storia andasse avanti.
“Sei stata meravigliosa”, sussurrò a Sofia una volta soli.
“Non ho fatto nulla”
“Kate ha dovuto avere un’insegnante per imparare a fare una riverenza come si deve. Tu da dove hai imparato?”
“Dai libri di storia”, rispose lei con soddisfazione. “Ho sempre avuto una naturale curiosità per la storia sociale: piccoli gesti quotidiani e abitudini descritte nei minimi dettagli delle varie società”.
“In pratica sei una gran curiosa”.
“Essere curiosi è una qualità fondamentale per una storica”, Sofia gli fece l’occhiolino e Harry si mise a ridere divertito.
“Direi che è ora di andare”.
Sofia lo guardò confusa. “Che vuoi dire?”
Harry inarcò un sopracciglio, sorridendo.

 
SPAZIO DELL'AUTRICE
Spero vivamente che questo capitolo sia venuto bene come speravo!! Recensite e fatemi sapere cosa ne pensate!! >.< spero di essere riuscita a far capire i sentimenti di Sofia bene come con quelli di Harry!
 

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Capitolo 8
*** Confronto diretto ***


“No!” Esclamò Sofia. “E’ una pessima idea Harry, la peggiore che tu potessi mai avere!”
Harry alzò gli occhi al cielo e sbuffò, mentre cercava di trascinare Sofia su per le scale del British. “Non fare la bambina! Dobbiamo affrontare la cosa”
“Assolutamente no! Questa è un’improvvisata e mio fratello odia le improvvisate!”
“D’accordo, allora lasciamo stare”. Harry allentò la stretta. “Tu aspettami qui, ci parlo io con tuo fratello”. Fece per andarsene ma Sofia lo fermò aggrappandosi al suo braccio.
“Sei impazzito? Non puoi andare da Enea da solo! A lui non importa se sei un principe, sarebbe in grado di farti una scenata lunga quanto Il Signore degli Anelli, il ritorno del re nella versione estesa! E quel film dura tre ore soltanto nella versione cinematografica!!”
Okay, Sofia stava iniziando a dire cose senza senso. “Non mi interessa! Io devo parlare con tuo fratello e anzi, forse riflettendoci è davvero meglio che tu te ne stia qui buona e tranquilla”.
“ Non ho nessuna intenzione di lasciarti andare da solo, la cosa riguarda anche me”.
Harry la baciò con dolcezza. “Ascoltami e rimani qui, per favore”. Sì, la questione riguardava entrambi, su questo non c’erano dubbi, però lui voleva parlare con Enea da solo. Il problema erano loro due, perciò era tra loro due che la questione andava risolta.
Chiese informazioni all’entrata, quindi prese le scale ed arrivò fino allo studio provvisorio che avevano assegnato al fratello di Sofia.
Harry fece un profondo respiro, poi si fece coraggio ed infine bussò alla porta chiusa. Qualcuno dall’interno gli disse di entrare.
La prima cosa che vide furono due grandi occhi grigio chiaro, somiglianti a schegge di ghiaccio. Erano freddi ed enigmatici, diversi da quelli scuri e profondi di Sofia, eppure in certo qual modo simili.
Con i capelli scuri, dai leggeri riflessi ramati se esposti direttamente alla luce del sole; la pelle rosea e la barba ben curata, che gli conferiva un’aria matura ed autoritaria, Enea sembrava non assomigliare molto a Sofia. Tuttavia c’era qualcosa di inconfondibile nei suoi lineamenti, qualcosa che ricordava tantissimo Sofia e questo, senza capire bene il perché, fece sentire Harry improvvisamente inadatto.
“Chissà perché la tua visita non mi stupisce”.
“Mi sembrava giusto venire a parlare con te”, rispose Harry ritrovando la sua determinazione.
“Sono certo di non voler sentire quello che hai da dire”. Enea si alzò in piedi e iniziò a sistemare gli incartamenti che erano sparsi sulla scrivania, dando le spalle ad Harry.
“So di non essere l’uomo che vorresti vedere al fianco di Sofia”, Continuò Harry deciso. “ Lei è il tuo orgoglio e ti capisco, chi non sarebbe orgoglioso di una donna così straordinaria? Però io provo davvero dei sentimenti per lei e non voglio lasciarla andare. Certo, stare con me le cambierà la vita, ma questo non posso evitarlo: non dipende da me”.
“Il problema è che mia sorella è giovane e facilmente influenzabile”.
“Non è una bambina”, gli rispose Harry a denti stretti.
“E’ comunque giovane. Molto più giovane di te. E’ sensibile, si affeziona sempre troppo facilmente alle persone ed è normale che sia rimasta affascinata da te. Vedremo cosa accadrà tra una decina d’anni. Inoltre non l’abbiamo mandata all’università per poi finire a fare la bambolina ai ricevimenti della famiglia reale inglese”.
Harry si sentì ferito da quelle parole. Capiva che Enea tenesse alla sorella ma non sembrava minimamente prendere in considerazione i sentimenti che lei poteva provare: a lui interessava solamente che Sofia continuasse a fare il suo lavoro…e nient’altro.
“Io non voglio che lei rinuncia a fare ciò che ama. So quanto impegno mette nella sua professione, credimi. E’ proprio per questo che mi sono innamorato di lei, e sappi che non ho intenzione di rinunciare a lei”.
“Se sei così deciso per quale motivo sei qui?”
“Perché so quanto sia importante per lei avere la tua approvazione. E perché sarebbe importante anche per me”.
 
 
Con l’aria imbronciata, infastidita e piuttosto preoccupata, Sofia dovette rassegnarsi ed aspettare fuori. Quaranta minuti. Quaranta minuti di attesa, trascorsi a camminare su e giù per le scale esterne. In pratica era pronta per le Olimpiadi.
Quella giornata stava diventando fin troppo pesante. Prima il ricevimento, che l’aveva stressata più di quanto volesse ammettere, e ora questo. Era decisamente troppo per i suoi nervi.
Ormai con le gambe e i piedi doloranti a causa delle scarpe, che anche se avevano un tacco basso erano comunque scomode da portare per così tanto tempo, si sedette su uno dei gradini e nascose il volto fra le mani. Di sicuro il giorno seguente le sarebbe venuto un mal di stomaco tremendo, così fece dei profondi respiri per cercare di calmarsi.
L’attesa era snervante…troppo snervante e Sofia non era in grado di sopportarlo. Si alzò in piedi di scatto, intenta ad entrare e raggiungere Harry. Perché doveva parlare da solo con Enea? Non era giusto lasciarlo nelle grinfie di suo fratello! No!
Proprio in quel momento Harry comparve in lontananza, mentre usciva dal British. Con fare distratto si allentò il nodo della cravatta e scese verso di lei. Sofia trattenne il fiato e rimase immobile.
“Allora?” Chiese cercando di sembrare calma. Quello era forse il suo peggior difetto: voler apparire calma sempre e comunque. Sarebbe stato tanto terribile perdere la calma e ammettere che stava per avere un mancamento?
Harry ci pensò su. “Credo che tuo fratello non cambierà idea…”
Sofia strinse i pugni, incrociò le mani sul petto e poi si girò dando le spalle ad Harry. Cercò di trattenere le lacrime di delusione per il comportamento del fratello. La regina d’Inghilterra era stata sicuramente più gentile e comprensiva di lui.
Improvvisamente sentì il calore delle braccia di Harry che le circondavano la vita. “Però ha detto che la scelta non spetta a lui e che, nel caso dovessimo restare insieme, andrà bene lo stesso”.
Sofia si girò di scatto, guardando Harry incredula. “L’hai convinto?” Sbiascicò con voce tremante.
“Onestamente credo che mi disprezzerà ancora per i prossimi vent’anni, ma a parte questo, direi che non sarà un problema se continuiamo a stare insieme”.
Sofia si coprì istintivamente la bocca con una mano, poi scoppiò a ridere per il nervoso, mentre piangeva di sollievo.
“Non ci posso credere!” Disse continuando a ridere e a piangere.
Harry la lasciò sfogare e dopo che tutta la tensione sembrò dissolversi, Sofia gli gettò le braccia intorno al collo e lo baciò.
“Ma cosa gli hai detto?”
Harry fece spallucce. “La verità: che sua sorella avrebbe sofferto se lui non avesse rispettato la sua scelta, anche se non lo avrebbe mai ammesso”. Quello suonava un po’ come un rimprovero velato. Come se Harry volesse dirle che aveva capito quanto al cosa fosse stata importante per lei anche se faceva di tutto per mascherarlo.
Il principe l’aveva spogliata improvvisamente di tutte le sue difese, riuscendo a capirla meglio di quanto avesse mai fatto chiunque altro nella sua vita.
“Come hai fatto a capirlo?”
Harry fece spallucce. “In verità, capire quello che provi, è meno complicato di quello che pensi. E poi, anche io ho un fratello maggiore”.
Sofia gli sorrise dolcemente, pensando a quanto fosse straordinario l’uomo che aveva davanti. Con una mano gli toccò una guancia e poi lo baciò di nuovo.
“Ti amo, Henry Charles Albert David”, sussurrò. Quella era la prima volta che glielo diceva. Era strano pensarla così, nonostante fosse la verità. Pronunciare quelle parole per la prima volta era difficile, eppure allo stesso tempo di una facilità impressionante.
Harry sbatté le palpebre un paio di volte, poi le sue labbra si aprirono in un ampio sorriso. Emozionato e felice, un po’ per l’impresa che aveva portato a termine e un po’ per la gioia di aver sentito Sofia dirgli espressamente che lo amava, le circondo i fianchi e sollevandola da terra fece una giravolta, neanche si trovassero sul set di un film romantico.
“Ah, quasi dimenticavo: tuo fratello ha anche detto che si aspetta di andare a cena tutti e tre insieme, uno di questi giorni”.
Tenendosi per mano Sofia ed Harry si allontanarono dal British. Sofia guardò indietro per un istante e, alzando lo sguardo, si soffermò ad osservare la finestra dello studio di Enea. Si chiese se in quel momento stesse osservando al scena da dietro i vetri. Ovviamente non riuscì ad averne la certezza, ma qualcosa le diceva che era così e che di certo stava sorridendo divertito per la scena a cui aveva partecipato, e assistito, in quel pomeriggio.
 
SPAZIO DELL'AUTRICE
Inutile dire che questo capitolo mi ha fatto letteralmente penare!!! Fortunatamente il risultato finale mi sembra abbastanza soddisfacente, quindi spero che vi piaccia!! Recensite e fatemi sapere cosa ne pensate!!!
S

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Capitolo 9
*** La stella di Sandringham ***


George guardò curioso alzandosi in punta di piedi. Sofia lo guardò di sfuggita, facendo in modo che lui non se ne accorgesse, per poi tornare a quello che stava facendo.
Era dicembre; lei ed Harry si trovavano, insieme a William, Kate e i bambini, nella residenza di Sandringham, in occasione delle festività natalizie.
Facendo una pausa, Sofia si stiracchiò la schiena. Nel salottino privato c’era un silenzio assoluto. Il ticchettio dell’orologio a pendolo, posto in fondo alla stanza, era l’unico suono che si poteva udire. George l’aveva osservata per tutto il tempo con attenzione, spostando continuamente lo sguardo dal foglio di carta posto sul tavolo, al suo volto. Lei, dal canto suo, aveva cercato di non scomporsi più di tanto e di mantenere un viso impassibile e concentrato, anche se in realtà avrebbe voluto scoppiare a ridere come una pazza, vedendo l’espressione di George. Solitamente tenerlo fermo su una sedia sarebbe stato impossibile, specie per tutto quel tempo, invece quella mattina se ne era stato lì immobile, in piedi su una sedia, con gli occhi che brillavano tra un misto di curiosità e meraviglia e con la bocca aperta, neanche fosse un merluzzetto.
La cosa era buffa e Sofia si disse che avrebbe dovuto fargli una foto da far vedere agli altri.
Allungando una mano cercò un pastello nero nell’astuccio dei colori, poi tornò a lavorare con tranquillità. Quando ebbe terminato sollevò il foglio e lo esaminò con attenzione. George si sporse in avanti per sbirciare.
Sospirando, Sofia gli porse il foglio. “Ecco fatto. Che ne dici, possiamo ritenerci soddisfatti?”
George si morse un labbro come fanno di solito i bambini quando sono contenti e prese energicamente il foglio dalle mani di Sofia. Sgranando gli occhi osservando compiaciuto il dinosauro che aveva realizzato per lui.
“Posso tenerlo?” Chiese stringendosi il disegno al petto.
“Ma certo”, rispose Sofia alzando il mento. “La maggior parte del lavoro l’hai fatto tu, considerando con quanta precisione me lo hai descritto questa mattina a colazione”. Sì, era partito tutto da lì: George era uscito dalla sua stanza di corsa, e aveva raccontato di aver sognato un dinosauro. I dettagli e l’enfasi del piccolo avevano fatto il resto e alla fine, chissà come, Sofia si era ritrovata a disegnare.
La porta della saletta si aprì, rivelando la figura di Elizabeth. “Oh! Siete qui. Credevo che foste andati tutti a vedere la partita”, disse accorgendosi improvvisamente della loro presenza.
Sofia si alzò in piedi ed accennò una riverenza. “Io e George avevamo una cosa da fare”, le spiegò allungando una mano e accarezzando la testolina del piccolo con fare affettuoso.
Elizabeth si avvicinò a passi lenti. “Posso?”. George le porse timidamente il foglio, annuendo. Dopo aver indossato gli occhiali da vicino, la regina esaminò con cura ogni minimo particolare del disegno. Il volto impassibile non lasciò trasparire niente di quello che pensava. “E’ molto bello. Non sapevo che il disegno rientrasse nella lista delle tue doti. Dove hai imparato? Hai studiato arte a scuola?”
“No, semplicemente mi divertivo a disegnare quando ero più giovane. Poi, dopo i quindici anni, ho semplicemente perso interesse nella cosa”.
“Capisco, sono cose che accadono: fanno parte del crescere”. Elizabeth diede un ultima occhiata al disegno e poi lo restituì a George. “E dimmi: come stanno procedendo i tuoi studi? Harry mi ha detto che hai appena iniziato l’ultimo anno di università, è corretto?”
“Sì, in effetti. Essendo l’ultimo anno sarà piuttosto impegnativo, tuttavia mi sento piuttosto emozionata all’idea di portare a termine i miei studi”.
“Posso immaginarlo, deve essere una grande soddisfazione. Ora credo che dovreste raggiungere gli altri, prima che termini la partita. Ci rivedremo questo pomeriggio”.
“Sì, maestà”. Sofia diede la mano a George ed uscirono dalla stanza.
Come ogni anno nella mattina della Vigilia di Natale, Harry e William organizzavano una partita di calcio insieme ai domestici. Quell’anno era stato invitato anche Enea, il quale aveva declinato educatamente. Non che Harry si aspettasse davvero che avrebbe accettato, tuttavia aveva tentato comunque.
Nonostante il passo spedito, Sofia e George arrivarono quando la partita era già finita.
“Papà ho un dinosauro!” Urlò George, usando il classico modo di parlare che avrebbe usato qualunque altro bambino della sua età.
“Ancora con il dinosauro?” Chiese William asciugandosi la fronte sudata. “E’ bellissimo! Chi te l’ha disegnato?” Gli chiese poi vedendo il disegno che gli mostrò il figlio con fare orgoglioso. George indicò Sofia e lei sorrise.
“Com’è andata la partita?”
“Abbiamo perso”, disse William facendo spallucce. “Non è esattamente una novità, comunque ci rifaremo il prossimo anno. Detta tra noi avete fatto bene a non venire perché oggi abbiamo giocato davvero male, probabilmente è per questo che a Kate è venuto un mal di testa assurdo: pensa che alla fine è dovuta andare persino a riposare”.
“William, credo che si sia sentita poco bene per l’umidità e non per la partita. Più tardi passerò a vedere come sta. Dov’è Harry?”
William si guardò alle spalle. “Lascialo perdere: è stato di cattivo umore per tutto il tempo”.
Sofia non se ne preoccupò più di tanto. Harry era nato a settembre, e nessuno meglio di lei, che era nata all’inizio dello stesso mese, sapeva con quanta facilità le persone del segno della vergine diventavano di cattivo umore.
Lasciando padre e figlio da soli, raggiunse Harry. La divisa sporca di fango, il volto rosso e i capelli scompigliati, dimostravano chiaramente che era esausto, ma la cosa che si notava anche a miglia di distanza era l’espressione pensierosa che aveva.
Sofia gli sfiorò delicatamente un fianco e gli diede un bacio sulla nuca mentre era piegato per allacciarsi una scarpa. “Un bacio per il capitano della squadra vincente”, gli sussurrò ad un orecchio.
Harry sorrise a mala pena. C’era qualcosa che non andava e Sofia ebbe la sensazione che dipendesse da qualcosa di più importante che un momento di malumore.
“William mi aveva detto che eri di cattivo umore”.
“Non sono di cattivo umore”, obbiettò sporgendosi in avanti per baciarla.
Sofia si ritrasse leggermente e lo guardò seria. “E’ che in queste partite ci sono sempre degli scambi di commenti piuttosto accesi e mi sono stancato il doppio, tutto qui”. Si tolse la felpa e la accartocciò in malo modo per poi ficcarla all’interno della borsa con il cambio.
Scuotendo la testa Sofia tirò nuovamente fuori la felpa e la piegò come si deve. “Hai visto mia nonna questa mattina, per caso?” Le chiese titubante.
“Sì, neanche mezz’ora fa, perché?”
“No, niente. Era solo una curiosità”. Si passò una mano sul volto e si stropicciò gli occhi con indice e pollice. Era davvero stanco. Sbuffando, si mise la borsa in spalla e cinse i fianchi di Sofia. “Ho assolutamente bisogno di una doccia”.
Sofia sorrise guardando la terra che aveva sulle scarpe e sulle gambe. “Direi proprio di sì”.
Harry sembrò rilassarsi per un attimo e lei gli diede un bacio. Cingendole le spalle, si incamminarono verso la casa.
“Toglimi una curiosità: perché io sono qui?” 
“Che vuoi dire?” Harry corrugò la fronte confuso.
“Di solito i festeggiamenti a Sandringham sono riservati ai membri della famiglia reale…” Ma di fatto lei non ne faceva parte. Certo, ormai usciva con Harry da alcuni mesi, eppure la sua presenza lì non era poi così scontata. Kate le aveva raccontato che fu invitata per la prima volta a festeggiare il Natale a Sandringham solo dopo che era stato annunciato il suo fidanzamento con William, perciò c’erano momenti in cui stare lì la faceva sentire un pesce fuor d’acqua.
“Non volevo passare il nostro primo Natale lontani. Volevo a tutti i costi che tu fossi qui”. Harry abbassò lo sguardo mentre camminavano. Del fatto che ci fosse qualcosa che lo preoccupava, ormai Sofia ne aveva la conferma. Avrebbe voluto chiedergli delle spiegazioni, ma alla fine decise che lo avrebbe fatto in un secondo momento.
Il pomeriggio trascorse tranquillo, tra momenti di gioco e di felicità portati dalla festività Natalizia. Il mal di testa di Kate fortunatamente scomparve dopo una bella dormita, così la duchessa fu di nuovo libera di godersi i festeggiamenti. George, Charlotte e gli altri bambini aiutarono ad appendere le ultime decorazioni sull’albero di Natale, mentre i grandi scartarono i regali in allegria. L’umore di Harry sembrò migliorare durante le ore pomeridiane, tanto che Sofia si dimenticò momentaneamente di indagare maggiormente sui suoi pensieri. Tra risa e momenti di tranquillità, praticamente rinchiusi in quella che veniva chiamata la ‘’white drawing room’’, all’inglese, la famiglia reale sembrava somigliare a tutte le altre famiglie normali. Uno spettacolo che faceva riflettere sul fatto che dopotutto, tralasciando i titoli e lo sfarzo, erano veramente nulla più di quello: una famiglia normale.
Ovviamente l’apice dell’eccitazione generale si ebbe la sera, in occasione del cenone e di quello che sarebbe avvenuto dopo. Per l’occasione l’intera tenuta era stata riccamente addobbata e sistemata, come da tradizione.
Sofia era seduta nella sua stanza, intenta a prepararsi per il grande evento della sera. Con tutta la calma del mondo si era fatta una lunga doccia, asciugata i capelli e truccata utilizzando un leggerissimo strato di ombretto bianco con i brillantini, che era a mala pena percettibile ma che comunque aiutava a dare luce ai suoi occhi. Le labbra leggermente arrossate quel tanto che bastava per risaltare sul volto chiaro. Nel complesso non si truccò in maniera particolarmente differente rispetto alla normalità, eppure con l’abito indosso faceva un effetto totalmente diverso dal solito. Il vestito era stato il problema più grande. Per scegliere quello giusto aveva chiesto aiuto ai suoi genitori, che avevano sempre avuto un gusto impeccabile, e ad Enea, il quale si prese carico del lavoro maggiore. Insieme avevano trascorso ore ed ore al telefono o in webcam per prendere una decisione. La lontananza non era stata d’aiuto ma alla fine, fratello e sorella erano riusciti a risolvere la questione. Chiedere a Kate sarebbe stato infinitamente più semplice, però Sofia voleva fare una buona impressione anche su di lei e non apparire come la ragazzina sperduta che non sa mai cosa mettersi. Voleva farle una sorpresa.
La scelta definitiva era ricaduta su un abito lungo con lo scollo a cuore, stretto in vita che poi ricadeva morbido lungo i fianchi e nella parte finale. Era di un rosso borgogna, in netto contrasto con la pelle e con il colore nero dei capelli. Il tutto abbinato ad una parure di cristallo. Quella sera, quando Sofia fece il suo ingresso nella sala, così bella ed elegante, sembrò splendere come una stella. E ci fu un attimo in cui tutti sembravano guardare solo lei.
 
Se l’idea iniziale era stata quella di stupire Harry ed essere all’altezza di un evento simile, c’era riuscita pienamente.
“Sei stupenda”, le disse Harry
Sofia sorrise emozionata. Gli occhi sembravano brillarle ancor più dei gioielli che indossava. “Grazie, ma il merito è di Enea. Senza il suo aiuto non ce l’avrei mai fatta”.
Era meravigliosa, con o senza l’aiuto del fratello, lei era sempre stata meravigliosa. Per un secondo si chiese se non stesse sognando. Sofia era quanto di più bello avesse mai potuto desiderare nella sua vita. Non voleva altro: solo lei. Lei, per sempre. L’aveva sempre saputo, ma quella sera ne ebbe la conferma.
Dopo cena, quando riuscirono a restare da soli, Harry la prese per mano e la condusse di fuori. La notte era gelida, e nonostante questo, nessuno dei due sentiva freddo. Passeggiarono per un po’, in silenzio, semplicemente tenendosi stretti l’uno all’altra.
Dopo un po’, preoccupato come mai lo era stato nella sua vita e con il cuore che gli batteva impetuoso nel petto, Harry si fermò. Lui e Sofia si guardarono intensamente, poi si sporse in avanti e la baciò.
“Ti amo”, le disse. “Ti ho sempre amata, fin dalla prima volta che ci siamo conosciuti”. Fece una piccola pausa e un profondo respiro prima di continuare. “Ho immaginato questo momento tante volte e ho cercato di trovare le parole giuste, ma….il fatto è che non ci riesco. Perché ogni volta che ti vedo mi manca il respiro, perciò…” Tirò fuori dalla tasca una scatolina nera e si inginocchiò. “Sofia de Angelis, vuoi sposarmi?” Le chiese Harry. Aprì la scatola per rivelare un anello in oro rosso finemente intarsiato lungo tutta la fascia e con al centro un grande rubino di medie dimensioni. Sui due lati si trovavano sei diamanti in ordine decrescente, tre ad ogni lato.
Nonostante la bellezza dell’anello che Harry aveva scelto per lei, Sofia si accorse a mala pena del gioiello prezioso che lui le offrì. L’unica cosa che riusciva a vedere in quel momento era Harry, lui e nient’altro. La sua proposta era del tutto inaspettata, lei non c’aveva nemmeno pensato che avesse potuto chiederle di sposarlo così presto. La testa prese a girarle e il cuore sembrava essersi fermato dal momento in cui l’aveva visto inginocchiarsi.
“Sì.” Rispose senza nemmeno accorgersene. Quale altra avrebbe potuto essere la risposta? Avrebbe potuto mai rifiutare? No, perché lo amava e voleva sposarlo.
Emozionato, Harry si alzò in piedi e le infilò l’anello al dito. Tremavano entrambi e quando se ne resero conto scoppiarono a ridere, poi lui la baciò con immenso amore, tenendola stretta tra le sue braccia.
“Sii sincero Harry, era per questo che oggi eri strano?”
“Sì”, ammise ancora tra le nuvole lui. “Ho trascorso due settimane a tormentarmi di continuo. Ero nervoso e non avevo al più pallida idea di come chiedertelo, inoltre per la scelta dell’anello ho dovuto chiedere aiuto a mia nonna perché tutti quelli che mi avevano consigliato William e Kate non mi convincevano”, le spiegò tutto d’un fiato. “Ti piace?”
Sofia rise divertita. Vederlo così era la cosa più tenera del mondo. “Ma certo che mi piace, è meraviglioso! Semplicemente mi dispiace di averti fatto penare tanto! Come siete arrivati a scegliere il rubino?”
“E’ stata la nonna a suggerirlo, ha detto che, tra tutte le pietre, il rubino sarebbe stata quella perfetta per te. Mi ha aiutato molto nella scelta, per questo ti ho chiesto se l’avevi vista: temevo che avrebbe potuto dirti qualcosa”. In verità Elizabeth non avrebbe mai fatto una cosa simile, ma in quei giorni Harry aveva iniziato a sospettare di tutti. William, Kate, suo padre e i suoi nonni, tutti sapevano che le avrebbe chiesto di sposarlo. Il problema era che Harry non ne era stato sicuro fino all’ultimo minuto. Voleva che diventasse sua moglie, ovviamente, però cosa sarebbe successo se lei non se la fosse sentita? Lui aveva trentadue anni, lei appena ventitré. Quante ventitreenni pensano seriamente al matrimonio? Specialmente nel caso di Sofia, che doveva ancora terminare i suoi studi all’università…per quanto ne sapeva avrebbe potuto rispondergli che per il momento non era ancora pronta ad impegnarsi fino a quel punto. E se questo fosse successo lui sarebbe stato comprensivo, avrebbe riposto l’anello nella scatolina e aspettato tutto il tempo necessario, ma ne sarebbe rimasto irrimediabilmente ferito.
“Io non sono brava in queste cose e non so cosa dire, però voglio solo che tu sappia che ti amo”, gli disse dolcemente Sofia. Harry lesse nei suoi occhi una sincerità disarmante. Una parte di lei avrebbe voluto urlare dalla gioia, piangere addirittura, ma per ovvi motivi non era possibile. Tutto quello che poteva fare era sorridere e brillare, poiché quella sera Sofia era la stella di Sandringham.

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Capitolo 10
*** Fidanzamento ufficiale! ***


Sofia era in piedi vicino alla macchina. Con fare nervoso si rigirò la borsetta tra le mani, si sistemò le pieghe del cappottino a tre quarti che indossava ed infine controllò che il cappellino sulla sua testa fosse al suo posto. Doveva ancora abituarsi all’idea di indossare cose del genere che, con ogni probabilità, da quel momento in poi avrebbe dovuto portare fino alla fine dei suoi giorni.
Un venticello gelido la fece rabbrividire. Le mani erano intorpidite a causa del freddo e nonostante questo, Sofia si ostinò a non indossare i guanti. La verità era che non riusciva a smettere di guardare l’anello che ave a al dito. Il suo anello di fidanzamento. Sorrise pensando che adorava la sensazione che provava nell’averlo al dito. Non tanto perché era prezioso, ma piuttosto perché era stato Harry a donarglielo per chiederle di sposarlo, e questo valeva più di qualsiasi altra gemma.
Dopo poco la regina la raggiunse. Camminò verso di lei lentamente ed Elizabeth sembrò quasi sorpresa di trovarla già lì.
‘‘Santo cielo, da quanto tempo stai aspettando?” Le chiese.
‘‘Non da molto tempo, maestà”, lo rassicurò lei. Quella mattina avrebbe potuto scendere con gli altri, ma se Sofia non arrivava in anticipo ad un appuntamento le prendeva l’ansia.
‘‘Sembra che sia io ad essere in ritardo allora”, commentò Elizabeth.
L’autista aprì le portiere e, prima Elizabeth e poi Sofia, salirono in macchina.
Sofia ebbe la strana sensazione che non avrebbe dovuto trovarsi lì. Anzi, ne era certa. Come tutti gli anni, la mattina di Natale la famiglia reale si recava nella vicina chiesa per assistere alla funzione religiosa. Mentre tutti gli altri vi si recavano a piedi, la regina veniva scortata in macchina, solitamente accompagnata da un membro della famiglia. Per questo motivo, quando quella mattina stessa le era stato detto che lei sarebbe andata in macchina e non a piedi, Sofia ne rimase piuttosto stupita. Per non parlare di Harry, che invece aveva sperato in una loro prima apparizione pubblica ufficiale. Per una questione di tempistiche, gli altri le avevano precedute, e lei era rimasta da sola ad aspettare.
‘‘Immagino che l’anello sia stato di tuo gradimento”, disse Elizabeth con fare indagatore.
Sofia abbassò istintivamente lo sguardo sulla mano. ‘‘E’ molto bello sì”.
‘‘E prezioso anche. Harry era preoccupato che potesse non piacerti”.
Sofia trattenne un sorriso. Se lo immaginava il suo Harry mentre entrava in paranoia per scegliere l’anello più adatto. ‘‘Avrei proprio voluto vederlo”, disse senza pensarci.
Elizabeth sorrise mentre guardava fuori dal finestrino. ‘‘Il tempo oggi è particolarmente bello, non trovi?”
Sofia si sporse in avanti ed alzò un sopracciglio. Quasi nessuno lo avrebbe proprio definito ‘’bel tempo’’, ma questo perché la maggior parte delle persone preferisce le belle giornate di sole splendente. Quelle con il cielo grigio e la leggera pioggerellina che cade sul terreno sprigionando un inebriante profumo di terra bagnata, sono generalmente apprezzate da pochi. E Sofia era una di quei pochi.
‘‘Indubbiamente”, le disse. ‘‘Ma solo se piacciono le giornate come questa”.
‘‘E a te piacciono le giornate piovose come questa?”
‘‘Le adoro”.
 
 
La macchina arrivò più tardi del solito. ‘‘Non dovrebbero essere già qui?” Chiese nervoso Harry.
‘‘Cosa c’è, non puoi vivere qualche ora senza la tua fidanzata?” Lo stuzzicò William. ‘‘Le cose cambieranno una volta sposati, allora di tempo ne passerete anche troppo insieme”.
Kate e Harry gli lanciarono un’occhiataccia e lui sorrise divertito. ‘‘Lascia che sia io a decidere se il tempo trascorso con mia moglie sarà troppo, oppure no. L’idea che ha avuto la nonna non ha molto senso: questa dovrebbe essere la nostra prima uscita come fidanzati!”
‘‘Beh l’annuncio sarà reso pubblico tra qualche giorno, quindi non è proprio esatto”, gli fece notare Kate.
‘‘Appunto! Vederla arrivare con la regina, e con un grosso rubino al dito, avrà un impatto mediatico di portata gigantesca. I giornalisti le si fionderanno letteralmente addosso”.
Prima di rendersene conto la macchina della regina aveva già parcheggiato davanti al vialetto.
‘‘Vedrai, è una chiesetta molto graziosa”. Harry sentì sua nonna che parlava con Sofia, mentre i flash dei fotografi le inondavano senza controllo. Sembravano letteralmente impazziti e sia William che Harry decisero di andare incontro alle due per rendere minore la pressione che avrebbero potuto esercitare su Sofia.
‘‘Ah Harry! Devi assolutamente accompagnare Sofia a fare una bella passeggiata nei dintorni, prima di ripartire per Londra. Credevo che l’avresti fatto senza che te lo dovessi dire io!”
Per un attimo Harry rimase meravigliato. Non erano esattamente le parole che si sarebbe aspettato di sentire da sua nonna il giorno di Natale. Inoltre sembrava essere incredibilmente di buonumore.
Dopo aver salutato a dovere la nonna, Harry fu finalmente libero di dedicarsi a Sofia. Provò l’irrefrenabile istinto di baciarla, però questo sì che avrebbe avuto un impatto mediatico micidiale e per quel giorno era meglio non esagerare troppo con la stampa. Inoltre, la cosa sarebbe stata veramente fuori luogo in quel momento. Non potendo fare altro le prese una mano e se la portò alle labbra per darle un bacio appena accennato. Sofia sorrise radiosa più che mai e lui non poté fare a meno che ricambiare. Le porse il braccio ed entrarono in chiesa.
L’arrivo trionfale in compagnia della regina fece scatenare la stampa inglese e del mondo. Domande su domande, supposizioni su supposizioni girarono a quantità industriale nel giro di nemmeno tre giorni, fino al giorno tanto atteso dell’annuncio ufficiale.
‘‘Devo andare alla toilette”, disse Sofia sistemandosi le pieghe dell’abito.
Harry rise divertito. ‘‘Questa è già la terza volta da quando siamo arrivati. Ti succede la stessa cosa anche quando vai a fare gli esami dell’università?”.
Lei lo guardò malissimo. ‘‘Gli esami dell’università sono nulla in confronto a questo”.
Lui si guardò intorno assicurandosi che nessuno li stesse guardando. ‘‘Un bacio ti farebbe tranquillizzare?” Le sussurrò malizioso.
Sofia fece spallucce. ‘‘Tentar non nuoce”. La cosa non fece in tempo a concretizzarsi, ovviamente. Era arrivato il momento di fare il loro ingresso nella sala conferenze, quindi avrebbero dovuto rimandare le effusioni amorose a più tardi.
Sofia si strinse al braccio di Harry. Le porte si aprirono e insieme entrarono nella sala.
La prima cosa che videro entrambi fu il bianco. In realtà quella fu l’unica cosa che videro. Decine, se non di più, di flash fotografici li inondarono accecandoli letteralmente. Il rumore degli scatti sembrava assordante e dopo un po’ ad entrambi venne da ridere per tutta quella situazione. ‘‘Hanno poche macchine fotografiche, vero?”
‘‘Sì, giusto una o due”, rispose Sofia visibilmente più rilassata nel vedere che Harry riusciva a scherzare.
I flash cessarono poco dopo, quando venne chiesto ai fotografi di interrompere le fotografie. E a quel punto fu il momento delle domande.
‘‘Prima di tutto congratulazioni. Sofia, dove è avvenuta la proposta di matrimonio?” Le chiese un giornalista.
‘‘A Sandringham, dopo il cenone della vigilia”. Lei ed Harry si guardarono. ‘‘E visto che Natale è la mia festa preferita, direi che Harry ha scelto proprio il momento più adatto per chiedermi di sposarlo. E’ stata una cosa molto romantica”.
‘‘E anche divertente, perché io ero terribilmente nervoso”. Tutti risero all’intervento di Harry.
‘‘Sofia, è stata una cosa inaspettata?”
‘‘A dire il vero sì, completamente. Anche perché tutti sapevano che Harry aveva intenzione di farlo, tranne me”.
Harry fece un’espressione colpevole e poi si mise a ridere.
‘‘La vostra relazione si è evoluta nel giro di pochi mesi, non vi spaventa l’idea di poter affrettare troppo le cose?”
I due si guardarono di nuovo prima di rispondere. ‘‘Onestamente no”, rispose Harry. ‘‘Ci amiamo e siamo entrambi certi che stiamo facendo la cosa giusta”.
‘‘Harry, considerando i numerosi flirt amorosi che ti sono stati assegnati negli anni passati, credi che non ci sarebbero stati così tanti scandali se avessi conosciuto Sofia qualche anno fa?”
Sofia corrugò leggermente la fronte. Che razza di domanda era quella? Guardò Harry e si meravigliò nel vederlo diventare improvvisamente serio.
‘‘Onestamente, se avessi conosciuto Sofia qualche anno fa credo che non mi avrebbe nemmeno guardato in faccia.”
Sofia lo ascoltò con molta attenzione. ‘‘Lei è una persona estremamente sensibile, intelligente e intraprendente e nutro il massimo rispetto per lei. L’aver perso mia madre è stato un duro colpo per me. Alla fine non sono diventato altro che un ragazzo ribelle e incurante delle regole che prendeva davvero poche cose sul serio. Perciò posso affermare con sicurezza che una donna come Sofia non avrebbe mai e poi mai potuto innamorarsi del tipo di persona che ero all’epoca. Per questo sono molto felice che lei abbia potuto conoscere l’uomo che sono ora”.
I due si guardarono di nuovo. ‘‘Se ci fossimo conosciuti prima, sicuramente oggi non avrei mai e poi mai potuto averla qui, al mio fianco”. Il suo tono di voce profondo si affievolì leggermente, visibilmente emozionato. Il modo in cui guardò Sofia la fece arrossire e lei abbassò leggermente lo sguardo imbarazzata.
Probabilmente lui aveva ragione: l’Harry di qualche anno prima, festaiolo, donnaiolo, con un passato di bravate alle spalle, non avrebbe suscitato il minimo interesse in lei. O forse sì. Se avesse scavato più a fondo, forse anche all'epoca avrebbe trovato l'Harry che aveva conosciuto. Perché se ora era l'uomo maturo, sensibile e gentile che amava, in un qualche modo doveva già esserlo anche in passato.
‘‘Quando si celebreranno le nozze?”
Lei ed Harry non avevano ancora avuto il tempo di pensare ad una data precisa. Erano appena rientrati dalle feste natalizie e la loro priorità era stata quella di annunciare il fidanzamento. Il resto era ancora tutto da organizzare.
‘‘Noi…non abbiamo ancora deciso”
I giornalisti ne rimasero delusi. Ovviamente. Perché sapere una data, quello sì che avrebbe fatto scalpore e avrebbe mandato tutti fuori di testa. Ma si ripresero praticamente subito e continuarono a fare le loro domande.
Quando finalmente fu tutto finito, Sofia poggiò la testa sulla spalla di Harry e chiuse forte gli occhi. ‘‘Non ci vedo più!”
‘‘Nemmeno io”, concordò Harry passandosi una mano sul volto. Sospirando cinse le spalle di Sofia con un braccio e la strinse delicatamente. Le baciò la testa e respirò a fondo il dolce profumo di viola.
‘‘Comunque hanno ragione: dobbiamo decidere una data”.


 
SPAZIO DELL'AUTRICE
Fiori d'arancio per i nostri Harry e Sofia! Che dovrebbero seriamente pensare ad organizzare il loro matrimonio da ora in poi. E la cosa non sarà facile, i matrimoni non sono mai facili da organizzare! secondo voi che succederà??

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Capitolo 11
*** Il circolo degli ex fidanzati ***


Luglio. Il grande giorno era stato fissato per fine luglio. Subito dopo la laurea di Sofia. Organizzare un ‘’royal wedding’’, come veniva definito, era un’esperienza di portata gigantesca che aveva provocato una sorta di isteria di massa. Nel giro di poco tempo Harry e Sofia dovettero organizzare ogni minimo dettaglio di un evento di portata gigantesca. Già un normale matrimonio era una sfida impegnativa, figuriamoci il matrimonio di un principe!
La cerimonia si sarebbe svolta all’abbazia di Westminster, con entrata ad effetto su un bel tappeto rosso, per poi concludere con il bel saluto dal balcone di Buckingham Palace. Un matrimonio da sogno, insomma.   
Alla confusione generale si aggiunse anche la cerimonia di laurea, che sì, era comunque un evento di portata minore, ma rimaneva comunque un altro importante traguardo nella vita di Sofia. E siccome si sarebbe tenuta poche settimane prima del matrimonio, in sostanza il caos dilagava dappertutto.
Sofia era piuttosto fiera di come lei ed Harry erano riusciti a gestire le cose. Lui l’aveva aiutata a scegliere ogni minima cosa, tranne l’abito che ancora mancava all’appello, e questo, unito a mille impegni ufficiali, aveva fatto sì che i due sperimentassero un assaggio della vita matrimoniale che li aspettava. La cosa le piaceva. Certamente una vita del genere era frenetica e stancante, ma nel complesso non le dispiaceva poi molto. Inoltre, per sua fortuna, Harry era d’accordo sul fatto che continuasse anche nelle sue ricerche personali. Forse non avrebbe potuto lavorare in ambito museale come si era prefissata di fare una volta uscita dall’università, ma dopotutto questo era il prezzo da pagare per coronare il suo sogno d’amore.
La giornata era bella. Il sole era velato e questo era il massimo che ci si poteva aspettare dall’Inghilterra, però andava bene lo stesso. L’ideale per trascorrere una bella mattinata al parco, guardando una partita di polo tra amici.
Sofia avrebbe dovuto lavorare alla tesi, questo lo sapeva, ma Harry aveva insistito tanto affinché si prendesse almeno una giornata di vacanza. Almeno così avrebbero potuto starsene in santa pace seduti sull’erba a rilassarsi un po’. Tanta era la voglia di trascorrere qualche ore in tranquillità, che Harry decise di non partecipare alla partita. Quel giorno era tutto per loro, peccato che le cose non vanno mai come uno le programma.
“George sta attento a non cadere”, gli ripeté Kate tenendolo per mano.
Lei e Sofia erano sedute sull’erba, una accanto all’altra, insieme ai bambini. Mentre i loro cavalieri si erano assentati momentaneamente. In verità William era impegnato con la partita e andava a trovarle solo durante le pause. Per quanto riguarda Harry, invece, era andato a salutare alcuni amici vicino alle tende in cui tenevano i cavalli.
“Credimi, considerando tutte le cose che stai facendo hai una splendida cera”, le disse Kate.
Sofia giocherellò con la manina di Charlotte, che le sorrise. La teneva sulle gambe ed era sicuramente molto più facile da gestire rispetto a George. “Fortunatamente Harry mi ha dato una mano. Ad organizzare tutto da sola non ce l’avrei mai fatta. A proposito, dov’è finito?”
Entrambe si voltarono verso le tende bianche e dopo un po’ di ricerche, lo videro lì, esattamente nello stesso punto in cui l’avevano visto l’ultima volta. Cioè trenta minuti prima. Sembrava piuttosto impegnato a parlare con qualcuno.
Sofia prese Charlotte in braccio e si alzò in piedi per avere una visuale migliore. La vista da lontano era quella che era, e come al solito aveva dimenticato gli occhiali da vista in camera, ma nonostante questo riuscì a distinguere chiaramente la sagoma di una ragazza bionda, con i capelli lunghi.
“Secondo te con chi sta parlando Harry?”
Gli occhi di Kate si strinsero in una fessura per vedere meglio. “Con Chelsy, credo”, rispose. “Sì, è decisamente Chelsy. Riconoscerei il suo modo di muoversi dappertutto”.
Chelsy. Quel nome le fece salire un’improvvisa nausea.
“Intendi dire quella Chelsy?” Era una domanda retorica, però la fece lo stesso.
“La sua ex sì, non credo che Harry conosca altre Chelsy”.
Sofia sentì una fitta al cuore. La fidanzata storica di Harry era lì, che conversava tranquillamente con lui. Tranquillamente, allegramente e da trenta minuti.
“Harry l’ha invitata al matrimonio, da quel che so”.
Quella notizia le giunse nuova. “Come scusa?”
“Non lo sapevi?” Kate sembrava sorpresa, e questo era nulla in confronto a come si sentiva Sofia.
Lei scosse il capo, quasi sconvolta. “No, Ho esaminato la lista degli invitati due giorni fa e il suo nome non c’era, ne sono sicura”.
“Allora credo che Harry l’abbia fatto aggiungere, insieme a quello di Cressida”.
Ecco, quello non avrebbe dovuto dirglielo. Decisamente non avrebbe dovuto dirglielo. L’avrebbe scoperto comunque, ma in quel momento fu come innescare una bomba. Sofia sentì una gran rabbia montarle dentro. Non poteva credere alle sue orecchie. Fosse stato per lei sarebbe andata lì e avrebbe preso Harry da parte per dirgliene quattro, poi pensò che così avrebbe fatto solo la parte della pazza isterica e lasciò stare. Si limitò a stringere i pugni e ad aspettare che Harry terminasse la sua bella chiacchierata. Che comunque andò avanti per un’altra buona decina di minuti.
“Scusa, torno subito”, disse a Kate dandole in braccio Charlotte. Harry stava tornando e a quel punto era così furiosa che voleva semplicemente stare da sola. Tornò al parcheggio e si nascose letteralmente dietro l’albero che si trovava vicino alla macchina parcheggiata di William e Kate.
“Va tutto bene?”
Sofia chiuse gli occhi, irritata nel sentire la voce profonda di Harry.
“Hai invitato le tue ex fidanzate al nostro matrimonio. E non ti sei degnato nemmeno di dirmelo”. Era furiosa. Il periodo di stress intenso a cui si stava sottoponendo la rendeva ancora più sensibile a questo genere di cose e sentì che quella volta non sarebbe riuscita a mantenere la calma.
“Non potevo non invitarle, fanno parte della nostra cerchia di amici. Inoltre io e Chelsy ci conosciamo da anni”, le rispose come se fosse la cosa più normale del mondo.
Lei lo guardò con rabbia, inarcò un sopracciglio e strinse i pugni con ancora più forza. “Fanno parte della tua cerchia di amici, non della mia”, sibilò.  “E comunque avresti dovuto chiedermelo almeno, questo è il nostro matrimonio, non solamente il tuo”.
Sofia si voltò e fece per andarsene. Se fosse rimasta lì ancora un minuto sarebbe scoppiata a piangere per il nervoso.
“No, aspetta!” Harry la bloccò per la vita e la costrinse a girarsi. “Non credevo che fosse così importante, che differenza fa?”
Quelle parole furono la goccia che fece traboccare il vaso. “Che differenza fa?” Ripeté lei spingendolo via. “Fa differenza eccome! Sai quante settimane ho passato a dover leggere sui giornali il confronto che hanno fatto tra me e le tue ex? Con tanto di foto che vi ritraevano mentre vi baciavate! E ora scopro che le hai invitate al matrimonio senza chiedermi cosa ne pensavo”. Si sforzò di mantenere un tono di voce basso, ma dentro di sé avrebbe voluto urlare.
“D’accordo, avrei dovuto chiedertelo. Però sono certo che non sei arrabbiata solo per questo”. Il tono di sfida che usò Harry contribuì solamente a peggiorare la situazione.
“Io non sono arrabbiata. Sono furiosa! E questo perché nel caso non lo sapessi nessuna sposa vuole vedere le ex fidanzate del marito al proprio matrimonio! Ma per te non ha importanza, giustamente, e ti ci fai pure la bella chiacchierata, al posto di stare con me”
“Allora è questo il problema! Sei gelosa perché ho parlato con Chelsy!”
Sì, era gelosa. Era gelosa perché lui aveva dato attenzioni a lei, quando quella giornata era stata organizzata per poter stare insieme.
“Quanto sei geniale Sherlock! Ti daranno una laurea per questo! Il prossimo passo quale sarà: decidere che mi facciano da damigelle?”
Stavolta Sofia se ne andò sul serio e Harry ci rimase di sasso.
“Dove stai andando?” Le disse praticamente urlando.
“Da William! Non ho intenzione di rimanere qui con te neanche un minuto in più!”
Nel sentire quella frase Harry divenne rosso per la rabbia. “Bene!” Disse praticamente furioso.
Il motivo per cui Sofia corse da William era semplice: voleva che la portasse via da lì, il prima possibile. Gli chiese di accompagnarla in centro, dove Enea aveva affittato una casa da due settimane.
Nel sentire tutta la storia, Enea scoppiò a ridere. “No, ma davvero ha fatto una cosa del genere?” Le chiese poi tornando serio.
Sofia si limitò ad annuire. Aveva un sacco di cose da dire, però farlo davanti a suo fratello che l’avrebbe portata dall’altra parte del mondo pur di piazzare quanta più distanza possibile tra lei ed Harry, non era proprio il caso.
“Se vuoi si fa sempre in tempo ad annullare tutto, lo sai?” Lei lo guardò malissimo. Se avesse avuto un coltello a portata di mano glielo avrebbe lanciato addosso. “Era solo per dire!” Fece Enea alzando le mani.
Lei sospirò, tristemente. Si sentiva vuota, triste e ferita dal comportamento che aveva avuto Harry. Per lui era facile: nessuno lo aveva messo a confronto con un altro uomo. Non che si sentisse inferiore a Chelsy o a Cressida, semplicemente era gelosa. Quale ragazza non lo sarebbe stata. Vedere lui e Chelsy parlare era stata la cosa peggiore. La loro relazione era durata degli anni e se si fossero riavvicinati Sofia non lo avrebbe potuto sopportare. Nel profondo sentì di provare una grande paura che Harry potesse ancora avere dell’interesse verso di Chelsy. I ritorni di fiamma erano crudeli.
“Ascolta, l’autocommiserazione non ti si addice per niente, perciò ecco cosa faremo: stasera resterai qui e ce ne andremo a farci una bella bevuta in un pub”, le propose Enea poggiando entrambe le mani sulle ginocchia della sorella e guardandola fissa negli occhi. “Che ne dici bambina?” Seduta su quello sgabello sembrava proprio una bambina. Piccola e imbronciata. Era la sua sorellina dopotutto.
“Noi non siamo mai stati tipi da pub”, obbiettò lei. “E poi non voglio che Harry si preoccupi”, abbassò lo sguardo, chiedendosi se si sarebbe preoccupato seriamente.
Enea sbuffò. “Stai per sposarti e sei depressa quindi, anche se non è una cosa che faremmo normalmente, andremo in un pub stasera. Per quanto riguarda il tuo bel principe ci penso io: lui sarà anche il tuo futuro marito, ma io sono tuo fratello maggiore e se vieni con me in un pub non c’è motivo di preoccuparsi”.
Ah, su questo non c’erano dubbi, si disse Sofia. Enea era sempre stato iperprotettivo nei suoi confronti. Sarà perché l’aveva desiderata tanto una sorellina, che dal giorno in cui era nata l’aveva sempre difesa a spada tratta. Anche quando sbagliava, per lui aveva sempre ragione. O meglio, lui era il primo a rimproverarla su tutto, ma gli altri non ci dovevano nemmeno provare.
Sofia consegnò il cellulare al fratello, che in pratica glielo sequestrò.
 
 
Harry non si sarebbe mai aspettato una reazione del genere. Sofia era sempre calma, eppure la questione di Chelsy l’aveva mandata su tutte le furie.
Disteso sul divano sospirò, passandosi una mano sul volto. Era assurdo. Per cosa aveva litigato con lei? Per un motivo così stupido! Non ci teneva nemmeno particolarmente ad avere Chelsy e Cressida al suo matrimonio. L’unico motivo per cui le aveva invitate era perché alcuni mici gli avevano fatto notare che sarebbe sembrato strano invitare tutti tranne loro, e se il problema era davvero quello le avrebbe cancellate dalla lista degli invitati il più presto possibile.
Sentire Sofia che ammetteva di essere gelosa gli faceva piacere, ripensandoci bene. Però il modo in cui gliel’aveva detto l’aveva mandato su tutte le furie. E poi, come se non bastasse era corsa dal fratello, che aveva pensato bene di portarla in un pub, di notte.
Che razza di idea era quella? Sofia non era fatta per i pub, era troppo….delicata. Lei non si sarebbe minimamente distratta e lui sarebbe morto per la preoccupazione.
L’idea che potesse rientrare tardi dopo essere stata fuori tutta la notte lo mandò in paranoia. Si alzò di scatto e iniziò a camminare avanti e indietro per tutta la stanza.
Odiava litigare con lei e doveva risolvere quella situazione al più presto. Prese la giacca, poi uscì e si diresse verso l’auto. Fortunatamente era riuscito a farsi dire il nome del pub dove l’avrebbe portata, anche se c’aveva messo tutto il pomeriggio per convincere Enea a dirglielo. Sapeva dove era e doveva andare da lei.
 
 
Il fatto che Enea fosse sempre stato in grado di tenere l’alcool l’aveva sempre saputo. Tuttavia non poté fare a meno di stupirsi di come fosse ancora lucido dopo tutta la birra che aveva bevuto. Persino in quel momento sarebbe stato in grado di ripetere a memoria nomi e datazione di tutti gli imperatori romani, e la cosa era inquietante.
Sofia non era proprio tipo da pub. Se l’idea era stata quella di portarla lì per distrarsi, suo fratello aveva toppato in pieno. Certamente una serata insieme era sempre divertente, ma nulla poteva distrarla da quello che era accaduto quella mattina.
Si alzò in piedi e si diresse verso il bancone delle bevande per ordinare qualcosa che non fosse della birra. Fu lì che vide l’ultima persona che si sarebbe aspettata di vedere in quel posto.
Alto, con i capelli rossicci tendenti più al biondo e gli occhi di un azzurro scuro e intenso, Lucas era lì a neanche quattro metri da lei. La testa prese a girarle forte e il cuore sembrò come impazzito.
Incredula, Sofia si girò di scatto e tornò immediatamente indietro. No, non poteva essersi sbagliata. Quel volto, quei lineamenti praticamente perfetti da modello, li conosceva troppo bene. Li conosceva a memoria e per lei erano inconfondibili.
“Che cosa ci fa Lucas a Londra?!” Disse al fratello, una volta tornata al loro tavolino.
Enea ci rifletté su. “Perché c’è un convegno sul periodo Amarniano e lui è un egittologo: perciò dove altro dovrebbe essere?”
Sofia sgranò gli occhi. “Aspetta, e tu lo sapevi?”
“Tesoro, io e Lucas lavoriamo insieme perciò era ovvio che lo sapessi. Che problema c’è?”
“Il problema è che questa mattina ho fatto una sfuriata ad Harry per via delle sue ex, e ora mi ritrovo il mio ex fidanzato qui!”
Enea alzò gli occhi al cielo. “Non essere noiosa. E comunque ora è un po’ tardi per far finta di non averlo visto, perché sta venendo proprio verso di noi, e qualcosa mi dice che non sia con me che vuole parlare”. Il suo cellulare suonò proprio in quel momento ed Enea fu costretto a rispondere lasciandola da sola. Lui e Lucas si fecero un cenno di saluto reciproco con la testa.
“Sofia”. Erano anni che non sentiva il suo nome pronunciato in quel modo.
Lei fece un sorriso. Erano trascorsi anni dall’ultima volta che l’aveva visto e adesso gli faceva uno strano effetto. Di circa tre anni più grande, l’aveva conosciuto alle superiori e lei si era presa fina da subito una cotta per lui. Si erano messi insieme, poi erano andati alla stessa università e lì le cose erano cambiate. Di comune accordo si erano lasciati e anche se Sofia sapeva che lui ed Enea lavoravano ancora insieme, non aveva mai provato il desiderio di incontrarlo di nuovo. Il ricordo di Lucas le era sempre rimasto dentro, e nulla più di un ricordo doveva rimanere.
“Come stai? Ho saputo che ti sposi”.
“Sì, sarebbe stato un po’ improbabile non saperlo”.
“Sì, è vero. Non mi aspettavo di trovarti qui, tu hai sempre odiato i posti come questo”.
“Mi ha convinto Enea. Avevo…bisogno di uscire”.
“Non ti chiederò altro”. Lucas la conosceva bene e di sicuro aveva intuito quale fosse il problema. Superato l’imbarazzo inziale, i due si misero a sedere e parlarono del più e del meno, come ai vecchi tempi.
Si disse che l’atteggiamento di Harry la giustificava almeno in parte a parlare con Lucas, peccato che quando ad un certo punto si voltò e vide Harry non la pensò più così.
Improvvisamente si sentì gli occhi di lui trafiggerla e il suo cuore smise di battere. Harry non disse nulla, semplicemente si girò intento ad andarsene via.
“Harry aspetta!” Senza pensarci nemmeno una volta, Sofia lo rincorse facendosi largo tra la gente.
Usciti fuori dal pub Harry si fermò. In silenzio iniziò a camminare nervosamente mentre lei lo raggiungeva. “Mi dispiace di averti interrotta! Stavi facendo una bella chiacchieratina?”.
“Guarda che non è quello che stai pensando tu”.
“Oh, davvero?” Harry fece una pausa per cercare di calmarsi. “E allora potresti gentilmente spiegarmi. Capisco che eri arrabbiata, però questo non ti autorizza a startene seduta ad un tavolo in compagnia di uno sconosciuto”.
“Non era uno sconosciuto”.
Harry la guardò preoccupato. Aveva un sospetto. “E chi era, un amico? O qualcosa di più? Perché sembravate molto… intimi”. Dire quell’ultima parola fu come darsi un pugno da solo. Però aveva notato il modo in cui quel tizio la stava guardando fino ad un momento prima e la cosa non gli era piaciuta affatto.
“E’ il mio ex fidanzato. Ora lavora con Enea ed è per questo che si trova qui”.
Harry impiegò qualche secondo per realizzare appieno la cosa. Il suo ex fidanzato? Sentì un enorme peso sul cuore: una sensazione orribile. Stava per risponderle, quando improvvisamente il rumore di vetri infranti, proveniente dall’interno del locale, attirò la loro attenzione.
Una rissa. Ci mancava anche quello! Loro due non avrebbero dovuto assolutamente essere lì, per nessuna ragione al mondo! Harry prese Sofia, le mise un braccio intorno alle spalle e la portò via. Si fecero largo tra la folla e raggiunsero la macchina il più velocemente possibile. Harry disse all’autista di mettere in moto e di partire.
La stringeva forte. Era una cosa che gli veniva sempre naturale, esattamente come a lei veniva naturale ricambiare la stretta. Tra le sue braccia sembrava indifesa e quasi spaventata, anche se faceva di tutto pur di non darlo a vedere. Era turbata, esattamente come lo era lui. Fu in quel momento che Harry comprese quello che aveva provato Sofia quando lo aveva visto parlare con Chelsy.
Faceva male, un male cane. E ora lui lo sapeva perché lo aveva provato sulla sua pelle. Vedere la sua Sofia con il suo ex fidanzato, gli aveva fatto perdere il controllo. La sola idea di loro due insieme lo faceva impazzire di gelosia. Come diamine aveva fatto a non capire quello che provava Sofia? Come aveva potuto essere così insensibile?
“E’ strano come venga naturale, vero?” Sofia lo guardò negli occhi. “Fare un confronto con gli altri”.
Lo aveva appena colpito in pieno. Il confronto Harry lo aveva fatto, non aveva potuto evitarlo. Non ci aveva mai pensato che potesse succedere una cosa del genere, poi aveva visto quel ragazzo vicino a Sofia e non aveva potuto evitarlo. Si era sentito improvvisamente inferiore a lui, senza una vera ragione.
Harry non rispose. L’attirò ancora di più a sé e poi la baciò, perché aveva il disperato bisogno di un contatto con lei. “Tu non puoi essere messa a confronto con le altre”, le disse. “Tra me e Chelsy è finita da anni e con Cressida non siamo mai nemmeno stati veramente insieme. Tu sei un discorso totalmente a parte”.
Sofia sorrise. “Lo sono perché mi ami?” Le veniva da piangere, probabilmente, ma non sarebbe crollata per non dargli la soddisfazione. Una donna sensibile che aveva un orgoglio di ferro.
“Sì, e perché sono sicuro che tu ami me”.
 
 

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Capitolo 12
*** Una casa in campagna ***


“L’ultima volta che mi hai detto di non farti domande alla fine mi hai portata a Parigi”, disse Sofia seduta sul sedile anteriore dell’auto. Dopo tutti quei mesi le faceva ancora uno strano effetto il modo di guidare degli inglesi.
Harry si mise a ridere. “Guarda e vedrai, ho in mente una bella sorpresa!”
Sofia arricciò il naso. “E’ questo quello che mi preoccupa”.
Lui le fece una linguaccia. “Stavolta ti stupirò”.
Lei alzò gli occhi al cielo. Harry si comportava sempre così: doveva stupirla ad ogni costo, come se dovesse ancora fare colpo su di lei. “Non ci riuscirai mai”.
Era una sfida tutta loro. Se anche Sofia qualche volta rimaneva colpita dai suoi comportamenti, no lo dava poi molto a vedere. Harry però capiva sempre quando era veramente riuscito ad impressionarla oppure no. Questa cosa aveva una logica che capivano solo loro, che erano testardi ed orgogliosi allo stesso modo.
L’auto svoltò a destra ed entrò in un vialetto che sembrava essere privato. Il rumore dei pneumatici sopra la ghiaia li accompagnò lungo tutto il percorso, finché Harry si fermò spengendo il motore.
“Siamo arrivati”.
Sofia si slacciò la cintura di sicurezza ed uscì dalla macchina. Era una casa costruita in pietra, con il tetto spiovente color rosso mattone. Era piuttosto grande e a vederla dal di fuori appariva proprio come una classica casa di campagna inglese, solo che molto grande.
“Mi hai portato a vedere una casa?” Gli chiese un po’ titubante. Ci aveva riflettuto su, ma non riusciva a capire il motivo per cui l’aveva portata lì.
 “Questa casa”, le disse Harry abbracciandola da dietro. “E’ la nostra futura casa”.
Sofia lo guardò con un sopracciglio alzato. “Credevo che la nostra futura casa sarebbe stata a Kensington”.
“Quella di Kensington è la residenza ufficiale. Ma questa, questa è solo nostra”.
“Hai comprato una casa! E quando ne hai avuto il tempo?” Negli ultimi tempi erano sempre stati insieme, salvo in rare occasioni in cui lei era impegnata con l’università. E comunque non si erano mai divisi per più di un giorno o due.
Harry ridacchiò soddisfatto. “L’ho trovato nonostante gli impegni”. La baciò delicatamente. “Ho pensato che ci serviva una casa del genere. L’idea mi è venuta dopo quella storia tra gli ex”.
Come fosse riuscito a collegare le due cose, effettivamente lo sapeva solo lui, però Sofia non disse nulla in merito.
“Volevo un posto che fosse tutto nostro. Un posto dove poter essere una famiglia normale senza troppi problemi”.
Già, ora Sofia lo capiva bene cosa significasse essere ‘’una famiglia normale’’. Negli ultimi mesi aveva assaggiato una minima parte di come avrebbe vissuto per il resto della sua vita, ed effettivamente c’erano momenti in cui la sua vecchia vita le mancava.
“E’ bellissima. Sembra una di quelle case che si vedono nei film”, gli disse lei mettendogli le braccia intorno al collo.
Lui la sollevò appena da terra e la baciò di nuovo. “E questo è niente! Vieni: andiamo a vedere l’interno”.
La casa era praticamente immensa. Al piano terra c’era un grande open space, con le travi a vista sul soffitto, che dava su una cucina abbastanza grande con un’isola al centro. La sala da pranzo era ampia e ben illuminata da porte finestre che davano sull’esterno. L’arredamento era un misto tra il classico e il moderno, e il tutto aveva un’aria accogliente e stranamente familiare.
“Quante camere da letto hai detto che ci sono?”
“Sei”, rispose Harry incrociando le braccia sul petto con soddisfazione. Vedere Sofia girare per quella che sarebbe stata la loro futura casa era incredibilmente bella. E buffa, dal momento che si guardava intorno curiosa ma allo stesso tempo titubante. Le serviva tempo per realizzare la cosa.
“Scusa, ma cosa ce ne facciamo di tutto questo spazio?” Gli chiese ingenuamente.
“Credimi, ci servirà”. Le sei stanze da letto erano il meno. L’intera proprietà si estendeva per un totale di cinque acri e mezzo tra: giardini; piscina; una casetta depandance con cinque camere da letto che avevano ristrutturato per ospitare i domestici; un campo da tennis; due garage e altre cose accessorie.
“Harry, non starai pensando davvero di fare cinque figli, dico bene?”
Una domanda così diretta era tremendamente invitante. “E chi lo sa”, rispose malizioso lui attirandola a sé. “Potremmo sempre prendere in considerazione la cosa. Ad ogni modo una delle attuali stanze ho pensato di utilizzarla per qualcos’altro”.
Sofia non fece domande e lasciò che Harry la guidasse al piano di sopra. In fondo al corridoio aprì la porta dell’ultima stanza e le mostrò una cosa che fece sussultare il cuore di Sofia tanto forte che le sembrò quasi di avere un infarto.
Era una biblioteca. La scrivania in legno massiccio era situata davanti alla grande finestra che dava sui giardini e da cui si vedeva il fiume in lontananza. Per il resto, le pareti erano completamente ricoperte da enormi scaffalature ricolme di libri. I suoi libri.
Sofia li riconobbe dai corposi volumi di storia che aveva usato durante i suoi studi, e in particolare dal manuale di Storia Greca che in pratica era come una scrittura sacra per lei.
Si avvicinò di corsa ad una delle librerie ed esaminò i dorsi dei suoi amati libri. “No, aspetta questi sono i miei libri! Tutti quanti! Come diamine hai fatto?”
“Tranquilla, so che sei fissata per la manutenzione dei tuoi libri per questo ho chiesto aiuto ai tuoi genitori. Sono degli antiquari perciò hanno organizzato il tutto con la massima cura”.
Sofia aveva un amore maniacale per i libri. Molti erano antichi, altri erano delle edizioni che non si trovavano più sul mercato, altri ancora avevano un valore affettivo inestimabile. In sostanza non c’era un volume che non fosse prezioso per lei. L’amore per la lettura l’aveva avuto fin da piccola e già da allora collezionava libri su libri. Per lei l’idea di fare shopping non era andare per negozi a comprare vestiti o borse firmate, ma quello di passare ore ed ore in libreria.
Harry non amava leggere, ma amava vedere lei farlo. A volte si incantava nel guardarla girare le pagine una ad una. Era semplicemente stupenda.
Sofia puntò il dito verso il fondo della stanza. “Quello è il mio scrittoio!” Un oggetto in mogano, originale dell’Ottocento in stile Chippendale, che i suoi genitori le avevano regalato per il diploma. “E quelle sono le mie foto!” Continuò sorpresa di vedere tutti suoi oggetti lì.
Si avvicinò allo scrittoio ed esaminò le cornici d’argento in cui erano state riposte con cura tutte le foto antiche che aveva collezionato. Molte erano foto di famiglia, dei suoi nonni, poi c’erano altre che risalivano alla fine dell’Ottocento o all’inizio del Novecento. Anche quella era una passione a cui Sofia aveva dedicato tempo e denaro. Fra tutte spiccava, messa in una posizione quasi d’onore, la famosa foto del soldato che aveva menzionato nel discorso tenuto in occasione della mostra sulla Prima Guerra Mondiale.
Con la punta delle dita le sfiorò delicatamente, sorridendo senza rendersene conto. “Grazie”, disse ad Harry con gli occhi che brillavano. Lui arrossì. Gli capitava sempre quando lei lo guardava in quel modo.
Avere tutte le sue cose lì, in quella che sarebbe stata la loro casa, era semplicemente meraviglioso.
“Così avrai anche uno studio dove lavorare”, le disse Harry. “Comunque le sorprese non sono ancora finite”.
Tornando al piano inferiore, Harry la condusse sul retro della casa.
“Harry, hai fatto mettere le scuderie?”
“Ma certo! Sono un grande appassionato di cavalli, ricordi?”
Harry si fermò e le fece chiudere gli occhi. “Non barare”, le disse allontanandosi di poco per poi tornare quasi subito. Le prese una mano e fece in modo che la posasse su qualcosa.
Sofia aprì gli occhi e si ritrovò davanti un bellissimo cavallo color baio ciliegia, dal pelo lucido e la folta criniera. L’animale era imponente, bellissimo e aveva un portamento regale.
“E’ tuo”, disse Harry sorridendo. “E’ il mio regalo di matrimonio”.
Lei lo guardò stupita. “Cosa?”
“E’ una cosa originale, non credi? Insomma, quante persone regalano alla propria futura sposa un cavallo! Ti piace?”
Sofia spostò rapidamente lo sguardo da Harry al cavallo. “Sì, è bellissimo. Ma non posso accettarlo”. Quell’esemplare gli sarà costato una fortuna.
“D’accordo se non lo vuoi non importa, però questo vuol dire che vieni con me e scegliamo un altro anello di fidanzamento che abbia un valore maggiore di quello che porti al dito”. Quando aveva scelto l’anello di fidanzamento sapeva che Sofia non avrebbe mai voluto un anello troppo costoso. Era stato anche questo a mandarlo in crisi, perché l’anello avrebbe dovuto essere prezioso ma cin modo contenuto.
“A te la scelta, amore mio”, le disse Harry mettendosi le mani in tasca.
Sofia fece rimase in silenzio, visibilmente imbarazzata. “Ma io non so nemmeno cavalcare”, obbiettò a voce bassa.
Harry le si avvicinò e le prese il volto tra le mani. “Ti insegnerò io, ovviamente”.
Sofia sbuffò. “Grazie, allora”, si arrese infine.
Harry sorrise trionfante, poi la baciò tenendola stretta. Tra non molto avrebbe vissuto in quella casa e Sofia sarebbe diventata sua moglie. In quel momento seppe che non sarebbe mai potuto essere più felice di così.
“Riesci ad immaginare la faccia che farà Enea quando saprà che ti ho regalato un cavallo?”
A Sofia venne da ridere, ma cercò di trattenersi. “Ti prego, diciamoglielo insieme alla mia proclamazione di laurea”. La cosa sarebbe stata molto più divertente e Sofia sperò che suo padre avrebbe immortalato il momento con una bella foto. Con una cosa del genere avrebbero potuto prenderlo in giro per anni. Lei e suo padre avevano sempre fatto i bulli con Enea.
“A proposito della proclamazione di laurea…”. Harry abbassò lo sguardo. “Non credo di poter venire”.

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Capitolo 13
*** Questione di scelte e di doveri ***


Harry fece il saluto militare. Aveva un’espressione seria dipinta in volto e gli occhi spenti.
La visita all’accademia militare venne preceduta dalla consegna di alcune medaglie e riconoscimenti. Harry si sforzò per tutto il tempo di concentrarsi perché sapeva che stava facendo una cosa importante. Anche Sofia si era raccomandata al riguardo prima di partire. E fino a quel momento c’era riuscito piuttosto bene.
Mentre parlava con i cadetti, Harry cercò di assumere un atteggiamento naturale e di comportarsi come al solito, nonostante sapesse che, nonostante tutto, avrebbe dovuto trovarsi altrove in quel momento. Avrebbe dovuto essere con Sofia, alla sua cerimonia di laurea.
Quello era uno dei giorni più importanti della sua vita, in cui si sarebbero concretizzati tutti i suoi sforzi e tutto l’impegno che aveva dimostrato nello studio. Era un grande traguardo e di sicuro si sarebbe sentita sola senza di lui.
Non era colpa di nessuno e lo sapevano entrambi. Se ne erano fatti una ragione, o comunque era più comodo pensarla così. La cosa era infinitamente triste proprio per quello.
Harry guardò l’orologio appeso alla parete. Fece un respiro profondo.
“Sembri piuttosto distratto oggi”, la voce di suo padre attirò la sua attenzione.
“No. Sto bene”
Charles ci rifletté su. “Sai, io non sono mai stato bravo a capire quello che pensano le persone. Ma tu sei un pessimo bugiardo.
Harry non rispose, si limitò a distogliere lo sguardo.
“Tu non dovresti essere qui. So che lo pensi”. Insistette Charles.
Il principe drizzò la schiena e alzò il mento. “Questo è il mio dovere.”
Charles mise la mani dietro la schiena e scrutò il figlio in volto. “Ci sono volte in cui vale la pena mettere da parte il dovere per qualcosa di ancora più grande. Devi andare da lei”.
Harry lo guardò sorpreso. “Non farei in tempo, comunque”.
“Sciocchezze”, disse Charles facendo una smorfia. “Sei un principe: un modo lo si trova”.
“No”, disse con fermezza Harry. “Devo restare qui”. Superando il padre tornò dal gruppo di giovani cadetti con cui stava parlando prima.
E’ vero: se avesse dato retta al suo cuore sarebbe corso da Sofia. Ma era un principe, aveva dei doveri. Lo sapeva lui, lo sapeva lei. Entrambi erano d’accordo sul fatto che il tempo per fuggire dal dovere era terminato da tempo.
Sorrise leggermente perché insieme stavano diventando davvero troppo seri. La visita annuale all’accademia era importante. Lui era un militare e ne capiva il valore simbolico e la cosa che desiderava di più al mondo era rendere Sofia orgogliosa di lui. Se fosse venuto meno al suo impegno, cosa avrebeb potuto pensare di lui? Che razza di uomo sarebbe stato?
“Capitano Wales”, gli disse uno dei cadetti più giovani. Normalmente avrebbe dovuto chiamarlo Vostra Altezza, ma quando Harry indossava quella divisa era solamente il capitano Wales.
“La vostra fidanzata non è venuta con voi oggi?”
“Sfortunatamente non è potuta venire. Ma avrebbe veramente voluto essere presente. Il prossimo anno verrà di sicuro”.
“Anche prima del prossimo anno”, disse una voce gentile proveniente dalle sue spalle.
Harry attese qualche istante prima di girarsi. Che fosse possibile?
Sofia gli sorrise radiosa come sempre. Bella e splendente, nel suo vestito color beige e le scarpe nere lucide.
“Chiedo scusa per il ritardo”, gli disse piano. “Ma i tempi per arrivare qui sono piuttosto lunghi”.
Harry sbatté le palpebre, incredulo. Poi fece quei due passi che li separarono e abbracciò Sofia così forte, che le tolse quasi il respiro. “Cosa ci fai qui?” Riuscì semplicemente a chiederle.
“Era il posto in cui volevo essere”.
“Sì, ma…” Si perse nell’intensità di quegli occhi scuri e profondi. “Ma questo era il tuo grande giorno”.
“Senza di te, non aveva senso. Nulla avrebbe senso se tu non fossi al mio fianco”. La notte precedente non era riuscita a dormire, tanto era forte la sensazione di vuoto che aveva provato nel saperlo così lontano da lei. Era stato in quel momento che aveva capito di non avere altra scelta. Al diavolo tutto, lei desiderava una sola cosa: stare con lui ad ogni costo. Voleva tornare da lui e non lasciarlo più. Non voleva nient’altro.
Il volto di Harry divenne rosso. Non poteva ancora credere che lei fosse tornata da lui. Si disse che doveva avere una tremenda espressione da ebete in quel momento.
“Non sei felice?” Gli chiese Sofia senza distogliere lo sguardo.
“Sono molto più di questo, credimi. Solo non riesco ancora a credere che tu sia qui”.
“Se può consolarti, io non riesco a credere di essermene andata di corsa senza avvertire nessuno “, rise nervosa. “Guarda: mi tremano persino le mani”. Per non parlare del suo cuore, che in pratica le stava scoppiando.
Sofia mostrò ad Harry la mano sinistra, che tremava davvero. Lui allora l’abbracciò delicatamente e poi la baciò. Lì, davanti a tutti, in un’accademia militare.    
 
SPAZIO DELL'AUTRICE
Capitolo rimosso, rielaborato e poi reinserito. La versione originale non mi piaceva per niente e ho pensato che per una volta fosse giusto far correre Sofia dietro ad Harry.

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Capitolo 14
*** La sposa dei rubini ***


I corridoi di Buckingham Palace mettevano sempre una certa soggezione. Quando c’era Harry con lei, Sofia non ci faceva caso, ma quando era sola non poteva fare a meno di subire l’effetto maestoso che si respirava in quei grandi ambienti.
Quadri, cornici dorate, specchi, tappezzerie damascate, tutto era così regale che non si poteva far a meno di sentirsi smarriti.
Il segretario personale della regina la scortò fino al salottino privato dove l’avrebbe ricevuta. Bussò alla porta e la lasciò entrare quando all’interno della stanza la regina disse “Avanti”.
Elizabeth era seduta allo scrittoio, sul quale si trovavano tante foto di famiglia. Sofia riconobbe quella di Harry e William con in dosso la divisa militare nera.
“Buongiorno, Maestà”. Fece la consueta riverenza e attese.
“Buongiorno anche a te”, le disse Elizabeth togliendosi gli occhiali da vista. Si alzò in piedi con una certa lentezza dovuta dall’età. “Mancano solo tre giorni alle nozze: come ti senti?” Le chiese sorridente.
“Nervosa, se posso essere sincera”, rispose Sofia ricambiando il sorriso.
La regina aveva avuto un ruolo piuttosto attivo nell’organizzazione del matrimonio. Aveva voluto essere aggiornata su ogni minima decisione: dalla scelta dei fiori da sistemare sui tavoli per il ricevimento, a quella più importante dell’abito da sposa.
“E’ normale. Vieni, siediti”, le fece cenno di seguirla sul divanetto posto al centro della stanza.
“Come saprai è tradizione che le spose reali scelgano, dalla mia collezione di gioielli, una tiara da indossare per le nozze”.
Sofia annuì. In un certo senso la questione la metteva a disagio.
“Normalmente dovresti entrare in una stanza, scegliere quella che ritieni più adatta e io dovrei darti il mio consenso o meno. Tuttavia nel tuo caso mi sono permessa di scegliere già la cosa che ritengo più adatta”. Elizabeth prese la grossa scatola di velluto nero che si trovava al suo fianco e la posò sul tavolino che la separava da Sofia.
“Ovviamente non è un obbligo, sia ben chiaro. Ma vorrei che tu la indossassi perché credo che sia perfetta per te”. Aprendo la scatola rivelò una tiara in diamanti in stile orientale, con undici archi in stile Moghul contenenti altrettanti fiori di loto al cui centro erano incastonati dei piccoli rubini.
“Oh!” Sofia non poté trattenere quell’esclamazione, tanto era bella la tiara.
“Questa corona è stata chiamata in molti modi, originariamente apparteneva alla regina Vittoria e nel corso del tempo ha subito notevoli modifiche. Poi è passata a mia madre, che l’ha amata moltissimo, fino ad arrivare a me. Ora credo che sia giusto che l’abbia tu.”
“Ne siete sicura, maestà?” Le venne spontaneo chiederglielo.
Elizabeth fece un sorrisetto. “All’inizio avevo pensato di donarti la corona che indossò mia sorella il giorno del suo matrimonio, perché in un certo qual modo le somigli”.
“Io somiglio a vostra sorella Margaret?” Sofia rimase a bocca aperta. La principessa Margaret era stata una bellissima donna e di certo lei non ne era all’altezza.
“Sì, c’è un qualcosa nella tua espressione che mi fa sempre pensare a lei. Entrambe con uno sguardo profondo, a volte velato da una sottile tristezza, in perenne contrasto con un sorriso luminoso, dolce e pieno di vita”. Elizabeth si perse per un momento nei ricordi. “Alla fine, però ho pensato che questa fosse più adatta a te. Non chiedermi il motivo ma mi viene sempre naturale associarti ai rubini”.
Sofia rimase senza parole. Era tenerezza quella che aveva visto nel volto della regina mentre parlava della sorella? Nostalgia. Sì, un misto di quelle cose. Nonostante Elizabeth fosse conosciuta per il suo atteggiamento freddo e distaccato, Sofia non se ne meravigliò. Tutti provano dei sentimenti, solo a volte è difficile esprimerli.
“Inoltre una fonte più che attendibile mi ha detto che hai intenzione di indossare un gioiello di rubini, è esatto?” La regina la guardò curiosa.
“Sì. Un ciondolo con una goccia di rubino sangue di piccione. E’ un gioiello antico, di famiglia ed essendo di piccole dimension, non è troppo vistoso da essere inadatto per un matrimonio”.
Essendo figlia di antiquari era sempre stata abituata a vedere certi oggetti girare per casa. Secondo gli accordi quel gioiello sarebbe dovuto appartenere ad Enea, ma Sofia lo aveva sempre adorato e il fratello decise di regalarglielo per il suoi diciottesimo compleanno.
“La indosserai, dunque?” Le chiese Elizabeth.
“Con grande onore, maestà”.
“Bene, è una buona notizia. E ora direi che sarebbe il caso di vedere come sta sul tuo abito da sposa. Dopotutto non è forse per questo che siamo qui, oggi?”
Sì. Era per quello. Il suo abito da sposa era finalmente pronto ed era giunto il momento della prova finale.
Con grande emozione, Sofia si diresse verso la sala in cui era custodito, insieme ad Elizabeth e tenendo in mano la scatola con la tiara.
Quando vide l’abito, il cuore le si fermò. Nei mesi precedenti i giornali avevano lanciato ipotesi su come avrebbe potuto essere, spesso chiedendosi come sarebbe stato se paragonato con quello che aveva indossato Kate. Anche Sofia se l’era chiesto.
Ma ora che vedeva il suo abito davanti a sé, si rese conto che se lo avessero ritenuto migliore o peggiore di quello di Kate aveva poca importanza, perché per lei sarebbe sempre stato ineguagliabile.
Come incantata camminò verso il manichino su cui era stato sistemato e lo accarezzò con la punta delle dita. Con infinita attenzione disegnò i contorni del corpetto in pizzo rifinito a onde, con la scollatura a cuore e da cui partivano due spalline di tulle. Era stato creato appositamente per fasciare e mettere in risalto le forme delicate del seno e della vita. Poi si spostò verso la gonna: ampia, in preziosa seta mikado con inserti in tulle e ricami color avorio nella parte frontale. L’imponente strascico e il velo erano lunghi, più di quelli che aveva usato la duchessa di Cambridge. Quella era stata una richiesta della regina.
Era perfetto. Semplicemente perfetto.
 
 
“Davvero non vuoi dirmi nulla dell’abito?” Le chiese Harry in macchina, di ritorno da un ballo di gala.
Sofia scosse la testa. “No”.
Lui fece un’espressione imbronciata. Ma lei non cedette. “Non ti dirò nulla. Sappi solo che vale tutti i soldi che i miei genitori hanno speso”. Erano stati tanti, veramente tanti.
“D’accordo. Ma sappi comunque che tenere tutti questi segreti è un’ingiustizia”.
Forse. Però Sofia voleva fargli una sorpresa, sperando che apprezzasse poi il risultato finale.
La notte era incredibilmente buia e oscura. Le luci dei lampioni filtravano ad intermittenza dal finestrino, illuminando a tratti il volto di Harry. Nella penombra Sofia ripensò a qualcosa che le era venuto in mente tempo prima. Una domanda che in fondo si era sempre posta ma che non aveva mai trovato il coraggio di condividere con lui.
“Harry, posso farti una domanda?”, chiese con voce incerta.
“Ma certo”, rispose lui con dolcezza. Intuendo che si trattasse di qualcosa che la metteva in agitazione la strinse forte e la guardò giocherellare con la borsetta.
“Secondo te, se tua madre fosse viva, cosa avrebbe pensato di me?” Parlò tutto d’un fiato, tenendo lo sguardo basso. Aveva sempre voluto saperlo ma non glielo aveva mai chiesto per paura che per Harry fosse troppo doloroso parlare della madre. La sua perdita era un’immensa ferita che mai si sarebbe rimarginata e Sofia sperò solo di non avergli fatto tornare alla mente ricordi dolorosi.
Harry fece un profondo respiro, come se si fosse appena ridestato da un lungo sonno. “Credo, anzi sono certo che ti avrebbe adorata”.
Sofia alzò il capo per vedere la sua espressione. Sorrideva dolcemente mentre la guardava. “Lei avrebbe ammirato la tua forza d’animo e amato la tua dolcezza e la tua premura”. Sì, sua madre avrebbe decisamente adorato Sofia, si disse Harry, e sarebbe stata felice di saperla accanto a lui.
“Grazie”, sussurrò lei sfiorandogli il mento con l’indice della mano. Non sapeva bene il motivo, ma si sentiva meglio.
Quando arrivarono a casa era ormai notte fonda. La giornata era stata incredibilmente impegnativa, densa di impegni come al solito. Quel pomeriggio avevano registrato l’ultima intervista prima del matrimonio e Sofia sorrise ripensando a quando Harry disse: “Ho intenzione di portare la fede nuziale sempre. Sono un uomo sposato, non ha senso che io non la porti al dito”. Allora lei era arrossita e tutti l’avrebbero notato in diretta mondiale. Anche in quel momento, sentendo le parole di lui nella sua testa, arrossì.
Nonostante l’ora tarda, si poteva ancora distinguere i dettagli del panorama estivo che si vedeva dalla finestra della loro camera da letto. Le fronde degli alberi mosse dal vento, la cittadina che si intravedeva in lontananza, i muri dei giardini. Era rilassante affacciarsi al davanzale e respirare l’arietta fresca di campagna.
“E’ tardi. Dovremmo andare a letto”.
Sofia richiuse i vetri e tirò le tende bianche, poi si voltò verso di Harry. La tenue luce delle lampade lo faceva apparire ancora più affascinante. Lui la guardò con desiderio e le andò incontro con passo lento, mentre si toglieva la giacca nera per appoggiarla sulla poltrona vicino alla finestra.
“Ti ho detto che questa sera eri splendida?”
Senza aspettare una risposta l’attirò tra le sue braccia e la baciò con una passione così travolgente che Sofia si sentì quasi mancare. Le accadeva sempre in quelle occasioni. La testa le iniziava a girare ed era come se smettesse di respirare, totalmente incapace di resistere alle attenzioni di Harry.
Mordendosi un labbro senza volerlo, gli tolse il papillon dalla camicia e gliela sbottonò. Lui le passò una mano sul collo scendendo giù, fino alla scollatura, sentendo il battito del suo cuore. La fece voltare di schiena e le tirò giù la zip dell’abito che si accasciò a terra, rivelando il corpo giovane e snello di Sofia.
Harry conosceva quel corpo a memoria, eppure ogni volta che lo vedeva ne rimaneva incantato. Con delicatezza le baciò il collo e la spalla destra. La barba di Harry graffiò leggermente la pelle morbida di Sofia, provocandole tanti piccoli brividi di piacere. Si girò in cerca delle sue labbra, che trovò immediatamente.
La sensazione del suo profumo, del corpo di lei premuto contro il suo, delle sue gambe mentre gli avvolgevano la vita…il solo pensiero di fare l’amore con lei facevano impazzire Harry più di ogni altra cosa al mondo.
Quella sera fecero l’amore in modo appassionato, e mentre Harry incrociava le dita con quelle di Sofia, nel momento in cui la fece sua, entrambi avvertirono qualcosa di diverso. Cosa fosse non lo sapevano, l’unica cosa di cui erano consapevoli era che si amavano e che si sarebbero amati sempre.
 
SPAZIO DELL'AUTRICE
Ci siamo quasi, il matrimonio è alle porte e i nostri protagonisti stanno vivendo questo momento con grande intensità! Spero che il finale del capitolo possa piacere, in ogni modo mi sembrava giusto descrivere anche un momento così intimo.  

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Capitolo 15
*** A Royal Wedding ***


La notte sembrava non passare mai. Sofia si rigirò nel letto e guardò l’orologio digitale dai numeri color verde che brillava nel buio. Era presto. Decisamente troppo presto.
Sbuffò guardando il soffitto. Fosse stato per lei avrebbe gridato al tempo di sbrigarsi a scorrere più veloce, però evitò di farlo perché se nella stanza accanto Enea l’avesse sentita sarebbe venuto lì e gli avrebbe detto: “Che diavolo ti urli!” Poi le avrebbe praticamente ordinato di dormire perché doveva riposare se non voleva presentarsi al matrimonio con delle occhiaie da paura. L’avrebbe terrorizzata dicendole che Harry sarebbe scappato vedendola con quei cerchi neri intorno agli occhi. Che persona terrificante che era suo fratello…
Alla fine si rotolò nel letto a due piazze un paio di volte. Non era abituata a dormire senza Harry al suo fianco e si disse che era anche per questo che non riusciva a prendere sonno.
Nel mentre che rifletteva, immaginava cose ed entrava in paranoia, la stanchezza prese davvero il sopravvento e alla fine si addormentò profondamente.
A svegliarla il giorno seguente fu la luce del sole. Aprì lentamente gli occhi, si stiracchiò e poi si tirò su di scatto ricordandosi improvvisamente che era il grande giorno. Guardò l’orologio e sgranò gli occhi. Come aveva fatto a dormire così tanto? Non aveva forse messo al sveglia per svegliarsi all’alba? Con un balzo saltò giù dal letto e si diresse verso la porta in fondo alla stanza.
“Sono in ritardo?” Chiese col fiatone.
Enea, che aveva dormito nella stanza accanto, finì di sistemarsi i gemelli al polso. “Considerando che dovevi svegliarti all’alba, valuta da sola”.
“Perché non mi hai svegliata?” Corse via e in quel momento entrò in camera Kate.
“Sono in ritardo!”
“No, non lo sei sta tranquilla”, le disse Enea. “Ti abbiamo semplicemente fatto dormire di più, ma sei ancora in perfetto orario”. Fosse stato per lei avrebbe iniziato a prepararsi dalla sera prima per paura di fare tardi al matrimonio.
“Va a farti la doccia, noi ti aspettiamo nell’altra stanza”.
Sofia annuì e scappò in bagno. Enea la guardò scuotendo la testa. “Tutto questo rumore per nulla”.
In fretta e furia, Sofia si fece la doccia e come succede sempre quando uno va di fretta, l’acqua scese o troppo fredda o troppo calda. Ancora con l’accappatoio in dosso corse nella sala dove sua madre, Kate, Enea e un significativo entourage la stavano aspettando.
Parrucchieri e truccatrici fecero il loro lavoro abilmente. La preparazione fu lunga e delicata, vissuta dalla sposa come un momento di crescente agitazione.
 
 
 
“Come sto?”, chiese Harry mentre finiva di sistemarsi le mostrine della divisa militare.
“Stai bene, anche se sono certo che Sofia sarà più bella di te”, gli rispose William.
“Questo è poco ma sicuro”.
William scoppiò a ridere. “Sei buffo, lo sai? Buffo e rosso”.
Harry sentì la voce di Sofia nella sua testa che esclamava: “Macchie di simpatia!” e gli venne da ridere. Lei adorava quando lui diventava rosso.
“Pronto?” Gli chiese poi il fratello porgendogli il cappello.
Lui annuì sorridendo. Ancora non poteva crederci che era arrivato il grande giorno. Stava per sposarsi con la donna che amava e gli sembrava tutto come se stesse sognando.
“Bene, fa un bel respiro allora perché è ora di andare”.
William gli diede una pacca sulle spalle e insieme si diressero verso l’uscita. Salirono sull’auto, che dopo poco partì.
Nel frattempo, all’Abbazia di Westminster si respirava una generale euforia, sia fuori che all’interno della chiesa. Molti degli invitati erano già arrivati, mentre una grande folla si era radunata all’esterno. Quando in fondo alla strada si intravide la macchina su cui viaggiava lo sposo si levarono gridolini di esultazione per poi iniziare a scattare una moltitudine di foto.
La macchina arrestò la sua corsa ed Harry uscì fuori, seguito da William. Sorridendo timidamente salutò la folla con una mano.
L’entrata in chiesa venne annunciata dal suono delle campane, e fu praticamente una corsa. William gli fece cenno di prendersela con più calma perché tanto, secondo la tradizione, l’arrivo della sposa sarebbe avvenuto mezz’ora dopo. Harry annuì, sbuffò e poi si tolse guanti e cappello per consegnarli.
Tra strette di mano e parole di congratulazioni, Harry e William si tennero impegnati. Nel frattempo i membri della famiglia reale arrivarono uno ad uno. Dapprima il padre di Harry, Charles, che arrivò con la moglie Camilla e con Kate, poi fu il momento della regina e del Duca di Edimburgo. Lei ed Harry si erano già incontrati quella mattina, quando aveva investito il nipote del titolo di Duca di Windsor.
Nel mentre, i minuti trascorsero abbastanza velocemente e finalmente arrivò il momento per la sposa di raggiungere l’abbazia.
Sofia salì in auto per prima, le organizzatrici l’aiutarono con il velo e lo strascico dell’abito, che risultavano fin troppo ingombranti per i suoi gusti. Una donna le diede il bouquet e le sistemò il velo davanti al volto, poi, quando suo padre si sedette sul sedile posteriore, fu il momento di andare.
Percorrendo le strade della città, scortati dagli addetti, Sofia si stupì di vedere tutta quella gente. Prima di partire le avevano detto di sorridere e di salutare mentre guardava fuori dal finestrino, cosa che fece ma con un certo imbarazzo. Sorridere le venne naturale, dopotutto stava per sposarsi, ma per quanto riguarda il saluto era un punto su cui ancora doveva lavorarci. Anche se sapendo bene come era fatta, probabilmente non ci avrebbe mai veramente fatto l’abitudine.
Prima di lei arrivarono Enea, insieme ai paggetti e alle bambine vestite con i candidi vestitini. L’idea delle damigelle Sofia non l’aveva mai capita. Non le piaceva e nel caso fosse servito aiuto, la cuginetta di Harry, Lady Louise, era stata istruita a dovere. Quel giorno la timida quattordicenne fu piuttosto felice di arrivare mano nella mano con Enea, dal momento che tutti dicevano che si fosse presa una cotta per lui.
Come per lo sposo, anche l’arrivo della sposa venne annunciato dal suono delle campane. Louise ed Enea le andarono incontro, mentre scendeva dall’auto, per aiutarla con lo strascico. Seguendo ancor auna volta delle rigide regole comportamentali, Sofia si voltò e salutò la folla un’ultima volta prima di entrare in chiesa.
Quando, sotto braccio a suo padre, arrivò sulla porta, ebbe un attimo di smarrimento vedendo tutte quelle persone che stavano aspettando solo lei. Gli invitati erano molti, davvero molti. Amici, parenti, professori e compagni d’università erano tanto numerosi quanto i parenti di Harry, per non parlare degli illustri personaggi quali atleti, cantanti e attori famosi. Tutti erano arrivati per presenziare al grande evento e questo le mise ancora più ansia.
Contrariamente a quanto si sarebbe aspettata, Sofia non ebbe paura di inciampare nelle pieghe dell’abito. Non ci pensò nemmeno a questa possibilità, non tanto per presunzione, ma più perché la sua mente era diventata completamente bianca. Si era svuotata improvvisamente lasciando solo posto a un leggero giramento e alla sensazione di quel leggero mal di stomaco che le era iniziato mentre era in macchina.
In fondo all’abside, difronte all’altare, Harry la stava aspettando con impazienza. Quando i loro sguardi s’incontrarono entrambi sorrisero radiosi. Man mano che si dirigeva verso di lui a passo lento, con suo padre alla sinistra e il corteo dietro di lei, notò che si era rasato la barba. In quel modo il rossore sul suo volto era ancora più visibile. La divisa nera che indossava gli stava divinamente e nessun altro sposo sarebbe mai potuto essere più bello di lui.
La camminata le sembrò infinita. Ad un certo punto arrivò anche a pensare di lanciare in aria il bouquet e di correre da lui. Era tutto troppo lento per i suoi gusti.
D’altra parte, questo diede il tempo ad Harry di riprendersi. Sì, perché dopo averla vista con l’abito da sposa doveva decisamente riprendersi.
“Mi viene da piangere, per quanto è bella”, sussurrò a William.
Il fratello trattenne un sorriso e poi gli rispose: “Fa pure se vuoi, ma sappi che se ti vede piangere potrebbe anche cambiare idea”.
“Ti odio”, disse di tutta risposta Harry.
Sofia era splendente. Una meraviglia. Una specie di dea scesa in terra. E presto sarebbe diventata sua moglie.
Trovarsi l’uno di fronte all’altra, sembrò come incontrarsi per la prima volta ed Harry pensò proprio al loro primo incontro. Avrebbe voluto dirle qualcosa ma non aveva parole e quando le sussurrò le parole “Ti amo”, non molto originali ma comunque sempre meglio della semplice espressione da ebete, si stupì nel sentire che lei gli disse esattamente al stessa cosa nello stesso momento. Entrambi sarebbero scoppiati a ridere, se non si fossero trovati lì davanti a tutti.
 Tra canti ed inni, la cerimonia ebbe inizio. L’officiante della cerimonia iniziò a parlare e Sofia sentì il battito del suo cuore diventare sempre più irregolare. Dopo la formula d’introduzione, che domandava se ci fosse qualche impedimento affinché la loro unione non potesse avvenire, fu il momento più emozionante: quello di pronunciare i voti nuziali.
“Vuoi tu, Henry Charles Albert David, prendere questa donna come tua legittima sposa per vivere insieme nel sacro vincolo del matrimonio? Amarla e onorarla in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, restando al suo fianco finché entrambi avrete vita?”
“Lo voglio”. La voce di Harry risuonò roca all’interno della chiesa.
“Vuoi tu, Sofia Dorotea Lucrezia, prendere questo uomo come tuo legittimo sposo per vivere insieme nel sacro vincolo del matrimonio? Amarlo e onorarlo in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, restando al suo fianco finché entrambi avrete vita?”
“Lo voglio”.
Il padre di Sofia allora prese la mano destra della figlia e la consegnò, in un gesto simbolico, al parroco, che a sua volta la posizionò nella mano destra di Harry.
Ripetendo le parole dopo il parroco, Harry disse: “Io, Henry Charles Albert David, prendo te, Sofia Dorotea Lucrezia, come mia legittima sposa. Per amarti e onorati nella buona e nella cattiva sorte, in salute e in malattia, in ricchezza e povertà, finché morte non ci separi. Questo è il mio solenne voto”.
“Io, Sofia Dorotea Lucrezia, prendo te, Henry Charles Albert David, come mio legittimo sposo per amarti e onorarti, nella buona e nella cattiva sorte, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, finché morte non ci separi. Questo è il mio solenne voto”.
Per entrambi, fu naturale pronunciare quella solenne promessa con serietà. Niente più paure, niente più incertezze. Il tremore alle mani era sparito, così anche le cattive sensazioni dovute all’agitazione. In quel momento il loro sacro giuramento di amore eterno prese il sopravvento su ogni altra emozione. I sorrisi, gli sguardi che si riservarono erano solo per loro due e fu come se fossero soli, in quell’istante. Lui si perse negli occhi scuri di lei e lei si perse nella profondità di quelli chiari di Harry. Ricordi affollarono le loro menti e insieme ripercorsero ogni singolo passo che li aveva portati lì, nel giorno del loro matrimonio.
William posò le fedi nuziali sul testo da cui il parroco aveva letto le promesse. Poi le porse agli sposi. Harry prese la fede e la infilò all’anulare di Sofia, che fece altrettanto con lui.
Con il capo chino, ricevettero la sacra benedizione sugli inginocchiatoi, poi si spostarono e si sedettero di lato. Il testimone dello sposo e il padre della sposa presero posto insieme agli altri invitati e la cerimonia andò avanti. Canti liturgici e letture di alcuni passi sacri, precedettero gli ultimi momenti di preghiera. Le trombe intonarono l’inno alla regina e le voci risuonarono nell’ambiente.
Come ultima cosa, gli sposi firmarono i documenti ufficiali, sancendo la loro unione una volta per tutte. Sofia ed Harry continuavano a guardarsi reciprocamente con la coda dell’occhio, entrambi emozionati.
Quando tornarono dai presenti, erano ormai sposati. Al solo pensiero non potevano smettere di sorridere e a quel punto, fu praticamente impossibile riacquistare un atteggiamento serio. Persino quando si presentarono davanti alla regina, inchinandosi, non poterono fare a meno di sorridere felici.
Percorsero l’abside insieme, accompagnati dalle note dell’orchestrina. Sofia vide sua madre trattenere a stento le lacrime e non poté fare a meno di riservarle in risposta un sorriso di una dolcezza sconfinata.
“Sembra che da ora in poi tu sia mia moglie”, le disse Harry finalmente sbloccato.
Sofia lo guardò ridendo. “Così dicono”, rispose lei.
L’uscita dalla chiesa fu spettacolare. Uno accanto all’altra salirono sulla carrozza, ancora increduli di essere finalmente marito e moglie. Sofia ed Harry si sedettero vicini e la prima cosa che fecero, dopo tutto quel tempo di attesa e di cerimoniale, fu baciarsi. Entrambi risero guardandosi negli occhi e facendo in modo che le loro fronti si toccassero.
Lei accarezzò il volto liscio di lui. “Ti sei rasato la barba”.
“Nonna ha detto che non mi avrebbe fatto sposare se no lo avessi fatto. Non ti piace?”
“Sì, è solo che sei strano”.
Scoppiarono a ridere, in preda ad una felicità unica che solo due sposi potrebbero comprendere.
Erano marito e moglie. Lei, la storica seria e a volte scorbutica, e lui, il principe combina guai. Che coppia, si disse Sofia. Che coppia davvero. Non poteva crederci: era davvero la moglie di Harry.
A darle la conferma finale e a convincerla che non si trattasse di un sogno, ci pensò la folla esultante che li accolse quando si affacciarono alla balconata di Buckingham Palace. Una cosa di grande impatto che a dire il vero si sarebbe potuta anche evitare. Sofia arrossì violentemente, sentendosi stranamente al centro dell’attenzione, e Harry non l’aiutò per niente quando le disse: “Questa è solo la prima di innumerevoli volte in cui dovremmo fare questa cosa”.
Il disagio più totale l’assalì. “Aiuto”, sussurrò. Si sentiva goffa e fuori posto, ma era sposata all’uomo che amava, perciò si disse che avrebbe potuto sopportarlo.
Il resto della giornata fu un susseguirsi di interminabili servizi fotografici, un ricevimento di nozze che durò più della media, un waltzer romantico e appassionato e infine i discorsi dei fratelli. E come ci fu il discorso imbarazzante di William per Harry, a Sofia toccò sopportare quello altrettanto imbarazzante di Enea. Fortunatamente lo champagne, a quel punto, aveva già fatto il su dovere annebbiando le menti degli invitati, che risero comunque senza ascoltare veramente nei dettagli.
Quella sera, quando gli sposi partirono per il loro viaggio di nozze, fu quasi una liberazione poter stare finalmente da soli.
“Ti amo, Sofia Dorotea Lucrezia”, le disse Harry stringendola tra le sue braccia.
“Anche io ti amo, Henry Charles Albert David”, si alzò in punta di piedi e lo baciò con tutto l’amore che provava per lui.
“E ora cosa succede?” le chiese lui.
“Un bel po’ di casino!”
 

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Capitolo 16
*** Epilogo ***


“Harry ti prego calmati: sei più agitato tu di me!” esclamò Sofia.
Lui sbuffò e si sedette vicino a lei. Tutte era iniziato dopo il loro ultimo viaggio in Africa. Sofia aveva iniziato a mangiare a dismisura senza ingrassare nemmeno di un grammo, inoltre era diventata dannatamente iperattiva. Non stava mai ferma e dormiva pochissimo.
Lei diceva di stare bene, ma Harry aveva insistito affinché, una volta tornati a casa dal loro ultimo viaggio di lavoro, andasse a farsi delle analisi.
“Perché ci mettono così tanto?” Chiese Harry impaziente.
“E tu perché sei così nervoso?”
Già. Apparentemente tutti gli avevano detto di non preoccuparsi. Sofia era giovane ed era normale che fosse così attiva. Però lui non ne era del tutto convinto. Era piena di vita sì, ma così era semplicemente…troppo. Trovò fatica spiegarlo persino al dottore e alla fine gli aveva detto semplicemente di farle delle analisi di controllo, tagliando la testa al toro. Era una sensazione la sua.
La porta bianca dello studio del medico si aprì ed Harry scattò in piedi neanche si trovasse ancora nell’esercito. Sofia scosse la testa e fece altrettanto.
 Tenendosi per mano entrarono nello studio. Lei venne fatta sedere sul lettino e il dottore la visitò. Le ascoltò il cuore, i polmoni e le controllò la pressione. Poi uscì lasciando il duca e la duchessa di Windsor da soli.
“Harry”, lei gli fece cenno di avvicinarsi e lo abbracciò. “Fa un bel respiro e sta calmo. D’accordo?”
Lui annuì. Il volto dolce di Sofia lo fece rilassare. Ecco, anche il fatto che fosse diventata improvvisamente calma nell’ultimo periodo non lo convinceva. Era troppo….attiva e troppo calma….era strana e lui lo sentiva.
Il medico rientrò poco dopo e la coppia rimase in attesa del responso, tenendosi per mano.
“Allora cos’ha?” Chiese Harry.
Il medico lo guardò sorpreso. “Vostra Altezza, la duchessa sta bene. Molto bene…”
Sofia si girò verso il marito. “Visto? Te lo avev…”
“E’ solo incinta”, concluse il medico.
Lei sgranò gli occhi. “Come prego?” Chiesero Sofia ed Harry contemporaneamente.
 
SPAZIO DELL'AUTRICE
E siamo arrivati alla fine di questa storia. I nostri protagonisti si sono sposati e ora una nuova storia inizia. Grazie per aver letto fino a questo punto! E come acacde nei titoli di coda di un film, vi lascio la colonan sonora che mi ha accompagnato in tutto questo tempo mentre scrivevo!
https://www.youtube.com/watch?v=mOO5qRjVFLw
 

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