Wizards Game di _Joanna_ (/viewuser.php?uid=539983)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Between Hats and Goblets ***
Capitolo 3: *** Past and Present ***
Capitolo 4: *** The First Task ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
cross over 1
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PROLOGO
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Stazione di King’s Cross, 1 settembre, ore 10.45 . Aveva
atteso questo momento per tutta l’estate, ma l’euforia che l’aveva accompagnato
fino a quel momento l’aveva abbandonato nell’attimo stesso in cui si era
trovato davanti alla barriera tra i binari 9 e 10. Aveva visto i suoi fratelli
varcarla senza problemi ogni anno, prima Robb, poi Jon, Sansa e infine Arya,
appena due anni prima. Ora toccava a lui, e il pensiero di fallire, di sbattere
contro quella solida parete di mattoni, lo pietrificava. Vide Theon, il
migliore amico di Robb, lanciarsi con passo sicuro contro la barriera
accompagnato dal suo perenne sorriso beffardo, quindi suo fratello lo seguì a
ruota. Non poteva farcela, lo sentiva, non era pronto. Jon gli si affiancò
mentre Sansa varcava a sua volta il passaggio senza smettere di discutere con
Arya per chissà quale cosa.
«Anch’io ero nervoso la prima volta» gli bisbigliò Jon
all’orecchio «Ma è come passare sotto un’arcata, chiudi gli occhi e corrici
dentro»
Jon, il suo fratellastro, il reietto della famiglia, come
aveva sentito definirlo da molti, doveva saperla lunga sulle paure del non
essere all’altezza, ma le aveva sconfitte. “Coraggio Bran” si disse “È come
un’arcata, ma questa volta è più facile, non la devi scalare”. Già, più facile,
ma non per lui che amava arrampicarsi dovunque. Conosceva ogni pietra della
villa in cui abitava, ogni ramo del grande acero che si specchiava nel laghetto
nel centro esatto del parco che circondava la casa, ogni ago degli abeti che
gettavano una fitta ombra verde anche in inverno.
«Su Bran, tocca a te»
Bran alzò lo sguardo e vide sua madre accanto a lui, là
dove fino a un attimo prima c’era Jon. Lo cercò con lo sguardo, ma non lo vide;
doveva aver attraversato la barriera.
«Sei pronto?» chiese suo padre, lord Eddard Stark. Era
stranamente pensieroso, come se qualcosa lo preoccupasse e si augurò vivamente
che non fosse per causa sua. Annuì con la testa, quindi afferrò saldamente il
carrello tra le mani. Fece un passo in avanti, poi un altro, e si ritrovò a correre,
diretto contro una barriera apparentemente invalicabile. Chiuse gli occhi come
gli aveva consigliato Jon e trattenne il respiro. Non successe niente. Era
passato? O si era fermato come uno stupido a un centimetro dal muro? Decise di
aprire un occhio e ciò che vide glieli fece sbarrare entrambi. Una grossa
locomotiva rossa sbuffava vapore, inondando la banchina di una fitta nebbia
biancastra. Guardò il pilone davanti a sé, dove un grosso cartello recava una
scritta, la più bella che avesse mai letto: Binario 9 e tre quarti. Ce l’aveva
fatta. Intanto anche suo padre aveva varcato il passaggio, e gli aveva posato
una mano sulla spalla per guidarlo lungo la banchina. Era gremita di persone,
molti ragazzi si abbracciavano, salutandosi, pronti a raccontarsi a vicenda le
avventure dell’estate, altri avevano un’espressione stupita, come la sua
probabilmente, e si guardavano freneticamente attorno mentre i genitori li
aiutavano a caricare i pesanti bauli sul treno. Finalmente vide i suoi
fratelli. Erano insieme ad altri ragazzi che non aveva mai visto. Sansa era
appoggiata al suo carrello e lanciava gridolini esaltati insieme a una ragazza
che doveva essere la sua migliore amica Jeyne Poole; Robb e Theon stavano
ridendo insieme a due ragazzi con i capelli rossi, assolutamente
identici; Arya e Jon non c’erano.
«10.55 ragazzi, è meglio che saliate» disse suo padre, e
aggiunse «Robb, dai una mano a tuo fratello»
«No, ce la faccio da solo» disse Bran. Non aveva bisogno
della balia, presto sarebbe arrivato a Hogwarts, sarebbe stato smistato e … Il
pensiero dello smistamento non l’aveva nemmeno sfiorato, non fino a quel
momento. E se non fosse finito nella Casa giusta? Tutta la sua famiglia era
Grifondoro, e se lui fosse stato smistato da un’altra parte? In Serpeverde magari?
Il terrore lo invase come un fiume in piena, schiacciandolo come un enorme
masso staccatosi da una montagna.
«Allora fai da solo o no?»
La voce di suo fratello lo riportò alla realtà, al
presente in cui era ancora un ragazzino senza nessuno stemma sulla divisa e che
se stava impalato sul binario inondato dal fumo. Afferrò il suo baule, era
pesantissimo, e cercò di spingerlo sul treno.
Stava per rinunciare e chiamare indietro suo fratello
perché lo aiutasse, quando una voce gentile alle sue spalle disse «Ehi, ti
serve una mano?»
Era un ragazzo circa della stessa età di Jon, con gli
occhiali e una grande massa di capelli neri arruffati. Afferrò il baule e lo
passò a qualcuno sul treno, un ragazzo con folti capelli scuri … era Jon! Una
ragazza dietro di lui stava parlando, sventolando concitata un giornale, ma lui
non sembrava prestarle ascolto.
«Primo anno vero?» chiese intanto il ragazzo con gli
occhiali, mentre entrambi salivano sul treno che già cominciava a muoversi
sotto i loro piedi. Bran annuì, e mentre lo guardava allontanarsi lungo il
corridoio, non poteva credere a ciò che aveva appena vissuto. Lo aveva
riconosciuto subito, occhiali rotondi e una piccola cicatrice sulla fronte,
quello era Harry Potter, praticamente una celebrità, ed era persino gentile! E
suo fratello Jon lo conosceva, anzi era sua amico, come mai non gliene aveva
mai parlato?
«Pensi di stare qui tutto il giorno?» Bran si voltò di
scatto e vide un ragazzo biondo, dall’aria antipatica che lo stava fissando
scocciato, e dietro di lui … Sansa!
«Allora ti muovi!?» strillò il ragazzo, visto che Bran
seguitava a rimanere immobile.
«Ehm sì» mormorò Bran e si appiattì contro la porta di
uno scompartimento per lasciarlo passare, e quando anche Sansa gli sfilò
accanto si scambiarono un’occhiata fiammante.
“Fantastico” pensò “Se tutti quanti a Hogwarts sono come
questo qui, addio”
«Perciò
capisci, nostra madre era furibonda dopo quello che è successo alla coppa di
Quidditch, insomma il Marchio Nero, papà dice che non si assisteva a qualcosa
di simile da anni, quando ancora la Fratellanza del Bosco del Re terrorizzava
l’intero Paese. Però si dice anche che molti della Fratellanza siano rimasti in
libertà, probabilmente … »
Bran aveva ormai smesso da ore di ascoltare quel
ragazzino. Si limitava a fare qualche cenno con il capo, ridendo quando anche
lui rideva, desiderando come mai aveva desiderato qualcosa in vita sua che quel
viaggio interminabile giungesse al termine.
Aveva percorso
il treno in lungo e in largo in cerca di uno scompartimento libero, ma alla
fine aveva dovuto arrendersi e si era infilato in quello, dove due ragazzini,
un maschio e una femmina, più o meno della sua età, se ne stavano tranquilli
seduti ai due lati del finestrino.
Aveva preso posto e per una buona mezzora erano rimasti
tutti e tre in silenzio, a godersi il dolce cullare del treno che sfilava
veloce tra i campi bruciati dal sole.
Ma quella quiete non era durata a lungo. Improvvisamente,
infatti, il ragazzino aveva cominciato a parlare di Hogwarts e dello
smistamento, augurandosi di essere mandato in Serpeverde, precisando quanto si
sarebbe sentito onorato di appartenere alla Casa che aveva ospitato per secoli
i membri della sua famiglia. Bran di rimando aveva espresso il desiderio di
essere smistato in Grifondoro, storica Casa rivale di Serpeverde, sperando che
questo avrebbe messo fine a una conversazione che, lo sapeva, non sarebbe stata
affatto piacevole. Ma Tommen, era questo il suo nome, dopo essere parso per un
momento deluso, aveva ripreso entusiasmo e aveva cominciato a tempestarlo di
domande, citando tutte le assurdità che doveva aver pronunciato sua madre,
senza per altro dare alcun segno di averne compreso il significato.
“Non c’è da stupirsi” pensò Bran. Gli era bastato
ascoltare per qualche minuto gli sproloqui e le vanterie di Tommen per
riconoscerlo. Aveva un viso paffuto, e i pesanti riccioli biondi contribuivano
ad accentuarne la forma. Sua sorella, la ragazzina seduta di fronte a lui,
aveva gli stessi boccoli dorati e i medesimi occhi color smeraldo, anche se,
questo Bran aveva dovuto ammetterlo, le donavano molto di più che al fratello.
Anzi a dirla tutta era decisamente graziosa. Ad ogni modo quelli erano i
caratteri distintivi di una delle famiglie più antiche e potenti del Paese: i
Lannister. Tommen e sua sorella erano in effetti dei Baratheon, ma i punti in
comune con il padre si esaurivano al solo cognome. Non c’era quindi da
sorprendersi nel sentire quel ragazzino ripetere a pappagallo gli insulti e i
pregiudizi che ogni Lannister vomitava addosso a chiunque.
«Però a Joff
piace una di Grifondoro, la mamma non è d’accordo, ma papà dice che è una buona
idea, e allora lei gli ha detto di sposarselo lui lord Stark» stava intanto
proseguendo Tommen. Bran, che si era distratto molto tempo prima, non capì come
si era arrivati a parlare della sua famiglia in maniera diretta, e di una delle
sue sorella per la precisione.
«Insomma, io non ci trovo niente di speciale in quella
lì, come dice mia madre, metà delle nostre cugine sono belle quanto lei, e
l’altra metà lo è il doppio, e poi è così stupida … »
Quindi era di Sansa che stavano parlando? E quello che
era con lei, quel ragazzo odioso era il fratello di Tommen? Ma cosa passava per
la testa di Sansa? E come l’aveva definita lui? Stupida? Guardò fuori dal
finestrino, ma il paesaggio sembrava svanito, inghiottito dalle tenebre della
notte. Intanto Tommen stava proseguendo con la sua interminabile lista di
insulti e difetti su chiunque avrebbero incontrato a Hogwarts, in primis gli
Stark, e poi tanti altri, i cui nomi non gli suggerivano nulla.
«Insomma che poi finire in Grifondoro non sarebbe tanto
male, se non fosse che quella Casa è invasa dai Sanguemarcio e … »
Bran sentiva di stare per esplodere. Stava infatti per urlare
a quello stupido ragazzino grassottello di chiudere la bocca quando una chioma bruna
fece capolino nello scompartimento.
«Siete del primo anno?» chiese con voce gentile. Bran
annuì, e lo stesso fece Tommen, senza però tentare di nascondere una smorfia
disgustata.
«Sarà meglio che indossiate le vostre divise, tra meno di
venti minuti saremo a Hogwarts» annunciò, quindi richiuse la porta dello
scompartimento e scomparve nel corridoi debolmente illuminato.
Meno di venti minuti. Bran fu invaso dalla stessa
sensazione di euforia che aveva provato il giorno in cui aveva ricevuto la
lettera di ammissione a Hogwarts. Il momento era arrivato. Avrebbe varcato
l’immenso portone di ingresso del castello, e poi la monumentale scalinata di
marmo che i suoi fratelli gli avevano descritto tante e tante volte e …
«Sanguemarcio» Tommen aveva letteralmente sputato fuori
la parola, interrompendo le fantasie di Bran. «È incredibile che li ammettano
ancora a Hogwarts»
Forse fu solo un caso, o forse con la coda dell’occhio la
sorella di Tommen, Myrcella, doveva aver visto il suo movimento. Bran conosceva
pochi incantesimi, erano stati Robb e Jon a insegnarglieli, e li avrebbe usati
lì, sul treno; non gli importava se una fattura scagliata alle porte di
Hogwarts avrebbe potuto comportare la sospensione o addirittura l’espulsione
dalla scuola, non tollerava più quel bambinetto viziato. Ma Myrcella si alzò,
frapponendosi tra lui e il fratello, quindi prese dalla rete portabagagli la
gabbia con il suo gufo e uscì dallo scompartimento. Ormai il momento era
passato.
Per il resto del tragitto lui e il suo fastidioso
compagno rimasero in silenzio. Bran indossò la divisa con lo stemma di Hogwarts
e si accomodò sul sedile affianco al finestrino, ascoltando il treno rallentare
e infine fermarsi, mentre tutto intorno le luci di un villaggio risplendevano
nella notte. Il momento tanto atteso era finalmente arrivato. Si alzò e scese
dal treno, raggiungendo un gruppetto di ragazzi del primo anno che andavano
ammassandosi di fronte all’uomo più gigantesco che avesse mai visto. Vide
Tommen ridacchiare insieme ad altri, anche se non ne capì il motivo: trovava
infatti che quel colosso fosse tutto fuorché buffo.
«Primo anno, seguitemi» tuonò l’omone, e Bran si chiese
se non fosse proprio lui a stabilire chi smistare e dove. “Un Grifondoro è
coraggioso, non devi far vedere che hai paura” si disse, quindi seguì gli altri
fino alla riva di un lago dove tante piccole barche erano lì ad attenderli.
Quindi era così che si raggiungeva il castello? Era certo di aver sentito i
suoi fratelli parlare di carrozze. Prese velocemente posto su una delle barche,
che magicamente guadagnò il largo e in pochi minuti si ritrovarono tutti in un
cunicolo sotto l’immensa mole del castello.
Mentre scendeva dalla piccola imbarcazione Bran si
sentiva di nuovo terrorizzato, come lo era stato quel mattino a King’s Cross
davanti alla barriera tra i binari 9 e 10. Ancora pochi minuti e poi la prova
che avrebbe deciso della sua vita, lo smistamento che avrebbe stabilito se lui era
davvero uno Stark.
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Angolo Autrice
Dopo
luuuuuunghissimi mesi di attesa torno con un’altra fanfic su Game of Thrones, questa
volta unita all’altra mia opera preferita, Harry Potter.
Premetto che questo è il mio primo cross over e sinceramente non sono molto
convinta del risultato, anche perché non ho ancora idea di come gestirlo. Ma
languiva nel mio PC da mesi e mi sembrava brutto lasciarlo lì solo soletto. Per
questo l’ho pubblicato e non escludo che la storia possa subire cambiamenti
sostanziali dall’originale e dall’impostazione che gli ho più o meno dato in
questo prologo. Ovviamente aspetto i vostri commenti e i vostri consigli, su
come vorreste che fossero i successivi capitoli, sui ruoli dei personaggi all’interno
della storia, insomma come vi piacerebbe che Jon, Arya, Joffrey e tutti gli
altri personaggi dell’universo martiniano interagissero con i maghetti più
famosi del secolo.
A presto,
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_Jo
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Capitolo 2 *** Between Hats and Goblets ***
2 corss
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Between Hats and Goblets
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I pesanti battenti della Sala Grande di Hogwarts si
aprirono rivelando lo spettacolo più straordinario che Bran avesse mai visto. Dopo
l’esperienza nell’angusta Camera di Accoglienza, la Sala appariva un locale
enorme, o forse lo era davvero, al centro del quale si trovavano quattro lunghi
tavoli che ospitavano centinaia di ragazzi, che, in quel momento, osservavano
curiosi la timida processione dei nuovi primini. In fondo alla Sala, da un
lungo tavolo, posto in orizzontale, li attendevano i professori e il preside,
e, sopra tutto questo, incombente e meravigliosa, una volta celeste. Già perché
il soffitto non c’era, o meglio c’era ma doveva essere altissimo, o forse era
l’effetto della magia. Sicuramente la cosa era spiegata in Storia di Hogwarts,
ma delle decine di volumi che raccontavano le meraviglie della millenaria
scuola, Bran aveva scelto quelli riguardanti il Quidditch, e, naturalmente,
quelli che riguardavano le gesta dei grandi esponenti della Casa di Godric
Grifondoro. Non sapeva in che cosa sarebbe consistita la prova di smistamento,
e quindi aveva voluto essere preparato.
Intanto il gruppo aveva raggiunto la pedana rialzata dove
si trovava il tavolo degli insegnanti. Bran si sentiva terrorizzato e si
maledisse per l’aspetto pietoso che doveva avere in quel momento. Seguì gli
altri e si dispose ordinatamente in fila e, senza quasi accorgersene, si
ritrovò di fronte all’intera scuola. Decine e decine di paia di occhi li
stavano squadrando famelici, chiedendosi quale casa si sarebbe aggiudicata il
maggior numero di nuove “reclute”. Bran cercò con lo sguardo i suoi fratelli e
li trovò: Robb, seduto di fronte a Theon e ai gemelli dai capelli rossi, gli
sorrideva; Sansa insieme alla sua amica, sembrava osservare senza particolare
interesse; Arya era accanto a Jon ed entrambi gli rivolgevano gesti di
incoraggiamento. La professoressa McGonagall, che li aveva accolti, aveva
intanto estratto una lunga pergamena e sembrava in attesa. Forse aspettava che
qualcuno si facesse avanti? Stava giusto per fare un passo, per dimostrare di
essere un audace Grifondoro, quando improvvisamente una voce risuonò per tutta
la Sala. Quella cominciò a canticchiare con voce possente eppure ridicolmente
minuta. Era il Cappello, il Cappello Parlante, che, per l'appunto, era uno sgualcito e
rattoppato cappello che, con la tesa sfilacciata che si apriva e si chiudeva a
mo’ di bocca, recitava una filastrocca su Hogwarts. Quand’ebbe finito,
partirono gli applausi e la professoressa McGonagall chiamò il primo nome sulla
lista: «Alan, Lucy»
Una ragazzina, un po’ rotondetta, con lunghi capelli
biondicci, si fece avanti. Si sedette sullo sgabello che era stato sistemato al
centro della pedana e da cui il Cappello aveva recitato la sua canzoncina. La
McGonagall glielo pose sulla testa e quello prese a contorcersi su sé stesso e
dopo pochi istanti esclamò: «TASSOFRASSO!»
Un scroscio di applausi si levò dal tavolo della Casata,
e la ragazzina andò a prendervi posto.
Dunque era questa la prova? Un cappello? E in base a cosa
decideva? Forse faceva delle domande silenziose?
Intanto lo smistamento procedeva e, dopo un ragazzino
smistato in Grifondoro, sentì chiamare: «Baratheon, Tommen»
Il bambinetto odioso andò a sedersi. Sembrava
terrorizzato, come se tutto il suo coraggio e la sua boria fossero venuti meno.
Il Cappello ci mise svariati minuti per giungere a una decisione, finché con
entusiasmo annunciò: «TASSOFRASSO!»
Tommen scivolò giù dallo sgabello, a testa basta, l’espressione
a metà tra la sconfitta e il sollievo. Bran notò che, all’altro capo della
Sala, il fratello maggiore stava ridendo, indicandolo e scuotendo la testa.
Vennero chiamati altri ragazzi, finché finalmente fu il
suo turno.
«Stark, Brandon» lesse la professoressa. Cautamente Bran
prese posto sullo sgabello. Gli venne calcato il Cappello in testa, fin sopra
gli occhi, escludendo la Sala alla sua vista e con essa, anche i suoi rumori.
«Ah! Un altro Stark!» era la voce del Cappello,
direttamente da dentro la sua testa. «Mmm vedo molto coraggio … E irrequietezza
… Mmm c’è talento anche … E ingegno»
E mentre il Cappello ragionava, Bran sentì i suoi
pensieri urlare una cosa sola. “Ti prego, ti prego, voglio essere un
Grifondoro, ti prego”
E il Cappello rispondeva «Ne sei sicuro? C’è ambizione … E
creatività … Difficile»
Ma per Bran non era difficile, lui voleva essere un
Grifondoro, lo aveva sempre desiderato. Ma il Cappello non era d’accordo e infatti
alla fine annunciò: «CORVONERO!».
Bran si sentiva frastornato. Corvonero? Non l’aveva
neppure preso in considerazione, visto che la sua più grande paura era quella
di finire in Serpeverde. E ora invece si stava dirigendo verso una terza Casa,
estranea, ma non troppo. In fondo, tutta
la famiglia di sua madre, ad eccezione di lei e sua zia, veniva da Corvonero.
Lo smistamento intanto stava finendo. L’ultimo ragazzo si
sedeva sullo sgabello e prontamente il cappello annunciava: «GRIFONDORO!»
Bran non ci fece neppure caso. Si sedette nello spazio
libero sulla panca tra due ragazzi, uno dei quali era, come lui, appena stato
smistato. Non ricordava però il suo nome.
Era un ragazzo magrissimo, un po’ allampanato, che emanava
una certa suggestione, come se fosse circondato da un’aura di mistero e
conoscenza.
«Ciao, io sono Jojen» si presentò.
Bran strinse la mano a quel ragazzo, e, per un attimo, i
suoi occhi verdi muschio si impiantarono nei suoi, scavandolo, sondandolo, e quando
finalmente distolse lo sguardo, Bran si sentì spossato, svuotato, come se
questi gli avesse appena letto l’anima.
I giorni
successivi furono un tripudio di emozioni. Ogni cosa colmava Bran di
meraviglia, dal dormitorio nella Torre di Corvonero alle lezioni di
incantesimi, pozioni, difesa contro le arti oscure … e volo. Bran non vedeva l’ora
di librarsi nel cielo sopra Hogwarts, giocare a Quidditch, esplorare il
castello come mai avrebbe potuto fare semplicemente scalandolo.
Il preside inoltre, aveva annunciato che quell’anno si
sarebbe tenuto il Torneo Tremaghi, storica competizione studentesca, a cui avrebbero
preso parte tre campioni maggiorenni, uno per ciascuna delle scuole di magia
partecipanti: Hogwarts, sede del torneo, Black and White High School e Beauxbatons.
Robb non aveva i requisiti per candidarsi, ma Theon sì. Le
folle di ragazze che lo seguivano costantemente nella speranza di uno sguardo o
di un sorriso, facevano già il tifo per lui, certe che sarebbe stato scelto
come campione.
Bran non poteva fare a meno di condividere quell’eccitazione
generale, sognando il giorno in cui anche lui avrebbe potuto partecipare.
E così le
prime settimane a Hogwarts passarono. Gli ospiti stranieri arrivarono e vennero
accolti calorosamente dagli studenti. E infine, la notte di Halloween, avvenne
la selezione dei campioni.
Il preside si avvicinò al Calice di Fuoco, una sorta di
coppa-braciere che sarebbe stata usata per il sorteggio.
Le fiamme azzurrine avvamparono in vortici arancioni e dalle
fiamme guizzanti zampillò fuori un cartoncino. Silente lo afferrò al volo e lesse
il nome del campione della Black and White High School. Lo stesso accadde per
il paladino di Beauxbatons.
Quindi fu il turno di Hogwarts. Il preside agguantò per
la terza volta l’esito del Calice di Fuoco. La tensione era alle stelle, mentre
gli occhi di tutti schizzavano da Silente ai quattro ardimentosi aspiranti
campioni.
«THEON GREYJOY» annunciò il preside.
Il tavolo di Grifondoro esplose in un boato, mentre l’intera
Hogwarts, persino i Serpeverde, applaudiva il proprio campione.
Ma, proprio mentre tutti erano impegnati a festeggiare
Theon, il Calice di Fuoco aveva preso a sussultare, lingue di fuoco rosso si
contorcevano, luminose quanto l’alba. E, all’improvviso, un foglietto di carta
bruciacchiata planò dolcemente sul palmo della mano di Silente. Quando lesse
quello che c'era scritto, sulla Sala Grande cadde un silenzio di tomba.
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Angolo Autrice
Allora
mi scuso per l'enorme ritardo dell'aggiornamento ma la scrittura di
questo capitolo mi ha creato non pochi problemi XD Alla fine ho optato
per unire il POV di Bran in un unico capitolo che costituisce una sorta
di secondo prologo, e lasciare per il prossimo l'inizio effettivo della
storia. In conclusione questo capitolo è stato più utile
a me per inquadrare bene dove sono smistati i personaggi e per
introdurne altri... Comunque vi posso promettere che nel prossimi
capitolo troverete molta più azione e saranno forniti molti
più dettagli.
Ringrazio
tutti coloro che hanno recensito il capitolo precedente e hanno
inserito la storia tra le seguite, mi fate molto piacere e spero di
risentirvi presto
Alla prossima,
_Jo
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Capitolo 3 *** Past and Present ***
cross over 3
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Past and Present
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«Non mi interessa, Ned» abbaiò il Ministro della Magia
«Ormai la questione è chiusa»
«Ma Harry … » tentò di protestare lord Stark, ma venne di
nuovo interrotto dal ministro.
«Gareggerà, fine della discussione» disse e il suo tono
non ammetteva repliche; quindi uscì dalla stanza, accompagnato dal professor
Silente.
Quando si furono richiusi la porta alle spalle, Eddard si
ritrovò da solo con alcuni membri del corpo insegnanti.
«Non devi preoccuparti, lo terrò d’occhio io» ribadì Alastor “Malocchio” Moody.
«Con l’occhio buono spero» ironizzò il professor
Lannister.
Ned non nutriva alcuna simpatia per lui. Tyrion Lannister
era certamente un mago dotato e, nonostante le molte obiezioni che lui stesso
aveva sollevato, si era rivelato un eccellente insegnante. Tuttavia alcuni
sospetti continuavano a gravare sulla famiglia Lannister. Ned, infatti, non
aveva dimenticato il ruolo che i Lannister avevano avuto nell’ultima guerra
magica.
Fino
all’avvento di lord Voldemort, alcune famiglie erano rimaste per secoli al
vertice della scala sociale, prima fra tutte la dinastia dei Targaryen. Per
oltre duecento anni la carica di Ministro della Magia era passata di padre in
figlio, ufficialmente con l’approvazione della comunità magica inglese, nella
realtà diventando di fatto un titolo ereditario.
C’erano stati ministri capaci, alcuni accorti, altri
avventati, riformatori, conservatori, c’erano stati perfino due ministri in
carica contemporaneamente, ciascuno che indicava l’altro come “illegittimo”, o “antiministro”, fino al 1981, quando la guerra contro Voldemort e i
suoi seguaci aveva ormai raggiunto il culmine.
Il ministro Aerys Targaryen non aveva fatto nulla per
impedire gli omicidi e i massacri di maghi e babbani.
Quanto al suo braccio destro, lord Tywin Lannister,
esponente di una della famiglie più influenti del Paese, seconda soltanto ai
Targaryen, aveva inaspettatamente rassegnato le dimissioni dal ruolo di Capo
del Dipartimento di Applicazione delle Leggi sulla Magia. Al suo posto erano
stati nominati una mezza dozzina di maghi, uno dalla fama più oscura di quello
che l’aveva preceduto, fin quando Roose Bolton era assunto alla carica. Con
pugno di ferro aveva guidato i suoi uomini alla cattura di molti, importanti
sostenitori di Voldemort, consentendo agli Auror di servirsi delle Maledizioni
senza Perdono, assicurando loro la totale immunità.
E proprio quando la morsa del Ministero si stava serrando
intorno a Voldemort e ai suoi pochi seguaci superstiti, Jaime Lannister, figlio di lord Tywin, aveva
fatto irruzione nell’ufficio del Ministro e gli aveva scagliato contro la
Maledizione che Uccide.
Un atto dovuto e necessario, avevano sentenziato alcuni.
Aerys Targaryen era il ministro è vero, ma era anche un folle, da molti
considerato un seguace di Voldemort o quanto meno un suo strumento controllato
dalla Maledizione Imperius. Ma qualunque fosse la verità, quella era morta con
lui.
Dopo la caduta di Voldemort, i membri più illustri della
comunità magica si erano riuniti per scegliere il nuovo Ministro della Magia.
Alcuni avevano proposto Tywin Lannister, altri ancora
Roose Bolton. La scelta probabilmente sarebbe caduta su quest’ultimo se non
fosse stato per il tragico scandalo che l’aveva coinvolto.
Allora era stato proposto Robert Baratheon, all’epoca
poco più che un ragazzo, che con coraggio aveva guidato la Resistenza. Lui e
Robert erano amici fin dall’infanzia: avevano studiato a Hogwarts ed erano
diventati Auror insieme e insieme
avevano combattuto contro Voldemort. E quando il suo nome era stato avanzato,
Ned l’aveva supportato senza riserve.
I tempi incerti cui si sarebbe andati incontro e la
necessità di ricostruire un mondo squassato dal dolore e dalla guerra avrebbero
avuto bisogno di un capo forte, deciso. E chi se non il faro che aveva
illuminato di speranza tante persone avrebbe potuto assolvere questo compito?
E così era stato deciso. Robert Baratheon era stato
nominato Ministro della Magia e come primo atto aveva provveduto ad assolvere
da tutte le accuse il giovane Jaime Lannister, allora poco più che maggiorenne,
e a consentirgli di riprendere gli studi per diventare un Auror.
Quanto a lord Tywin, non aveva voluto prendere parte
alcuna alla formazione del nuovo governo.
E quindi
adesso, nell’ufficio di Silente, davanti a Tyrion Lannister, lord Stark non
poteva fare a meno di sospettare. Il biglietto su cui c’era scritto “Harry
Potter” era uscito dalle fiamme del Calice di Fuoco e Harry giurava di non
essere stato lui ad inserirlo nella coppa ardente. Ned era propenso a
credergli, così come era più che disposto a sospettare che i Lannister avessero
qualcosa a che fare con gli eventi di quella sera.
La causa di
Voldemort aveva unito molte famiglie sotto lo stendardo della Purezza del Sangue e tutti sapevano che
i Lannister facevano del loro sangue puro un vanto. La morte di Aerys non
poteva essere stata un caso, anzi era molto probabile che fosse stato lo stesso
Tywin a stregarlo, prima di dimettersi nel tentativo di mascherare il proprio
coinvolgimento, adducendo come scusa un dissidio con il Ministro che in realtà, secondo Ned,
non c’era mai stato.
Ma per tramutare questi sospetti in certezze occorrevano
prove, prove che Ned non aveva. Non ancora.
«Alors è
vero!» l’esclamazione distolse Ned dai suoi pensieri.
«Mais no! È una cosa inaudita!» continuò la donna. Era Madame
Maxime. la preside dell’Accademia di Beauxbatons.
«Il Ministro della Magia e il Direttore dell’Ufficio per
la Cooperazione Magica Internazionale sono stati irremovibili» disse Ned. Come
lei non era affatto d’accordo con quella decisione, anche se per motivi
diversi.
«Inoltre il ragazzo dice di non essere stato lui a
inserire il nome nel Calice di Fuoco» aggiunse Lannister.
«Mais è evidonte che sta mentendo!» esclamò di nuovo
Madame Maxime e nel farlo continuava a spostare lo sguardo su ciascuno dei presenti,
come per trovare un sostegno che non c’era.
«Io non credo stia mentendo» affermò Lannister.
Ned non poté fare a meno di rivolgerli un’occhiata tra il
sorpreso e il diffidente. A che gioco stava giocando? Era chiaro che i
Lannister c’entrassero qualcosa con quanto accaduto quella sera. Tuttavia lo
scopo finale continuava a rimanergli ignoto.
In quel momento rientrò nella stanza Silente. Madame
Maxime si fiondò verso di lui, rinnovando le proprie proteste.
Anche su di lei Ned nutriva dei sospetti.
Non era un caso che come campione della scuola di
Beauxbatons fosse stata scelta niente meno che la figlia del defunto Aerys
Targaryen.
Dopo quanto accaduto durante la guerra e senza alcuna
prova certa che i Targaryen non fossero seguaci di Voldemort, il Wizengamot e
il neo eletto Ministro della Magia avevano convenuto che fosse più prudente esiliare
la moglie e i figli di Aerys. Questi si erano stabiliti in Francia e ora, tredici
anni dopo quei tragici eventi, a Viserys e Daenerys Targaryen era stato
concesso il permesso di rientrare in patria per presenziare al Torneo Tremaghi.
Tuttavia, pensava Ned, non poteva essere una coincidenza che
la scelta del Calice di Fuoco fosse ricaduta proprio su Daenerys e, in forma
del tutto irregolare, su Harry.
Una volta che Madame
Maxime ebbe messo fine alle sue rimostranze, anche tutti gli altri decisero che
era il momento di congedarsi. Tuttavia Ned rimase a parlare con Silente per
oltre un’ora, sicché quando lasciò il castello di Hogwarts era ormai notte
inoltrata.
L’aria era fredda e pungente. Il cielo però era limpido,
una trapunta stellata che si rifletteva sulle immote e scure acque del Lago
Nero. Il grande veliero della Black and White High School era ormeggiato lungo
la riva settentrionale. A parte le luci di due piccole lanterne a prua e a
poppa, a bordo non c’era altro che buio e silenzio.
Ned vi passò accanto e superò a grandi falcate il punto
dove sorgeva la capanna di Hagrid. Anche lì tutte le luci erano spente.
“Dobbiamo lasciare che il pittore cominci a
dipingere se volgiamo scoprire che cosa vuole ritrarre”
Con queste parole
il preside l’aveva convinto a non ostacolare la decisione di Robert.
E aveva ragione, lo
sapeva. Ma in cuor suo Ned non riusciva a non pensare al peggio. Harry e Jon
erano come fratelli ormai, proprio come lo erano Theon e Robb e come lo erano
stati, e quella sera Ned aveva seriamente dubitato che lo fossero ancora, lui e
Robert. Non poteva rischiare la vita di due suoi “figliocci” per uno stupido torneo.
“Mi ricordo di te e Robert a scuola”
aveva detto Silente “Ah beh, speravo che
nominarti Prefetto lo avrebbe fatto
calmare, ma non è stato così. E per fortuna. Tu ti preoccupi troppo delle
conseguenze, lui troppo poco. Tu rifletti prima di agire, lui si butta nella
mischia. Credo che con voi due Harry possa ritenersi ragionevolmente al sicuro.
E, se non sono immodesto, penso che anche io potrei offrire le mie non
trascurabili capacità”.
Su questo Ned aveva
dovuto concordare. In fondo poi, più ci pensava, più gli sembrava sciocco aver
iscritto Harry al torneo. Sollevare quel polverone di sospetti aveva avuto come
unico risultato quello di mettere il ragazzo e l’intero Ministero sul chi vive,
cosicché avvicinarlo di soppiatto sarebbe stato ancora più difficile.
Sì, Silente aveva
ragione. Harry sarebbe stato al sicuro, o quanto meno non avrebbe corso più
pericoli di quanti non ne corresse quotidianamente.
Con un po’ di
fortuna poi, avrebbero scoperto l’identità dei cospiratori già dopo la prima
prova, e a quel punto non sarebbe più stato necessario offrire il ragazzo come
esca.
Sì, entro Natale
Harry sarebbe tornato alla sua normalmente eccezionale vita da adolescente di
sempre.
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Angolo Autrice
Ed eccoooomi di nuovo qui.
Allora, innanzi tutto ci tengo a ringraziare tutti coloro che stanno
seguendo la storia e che hanno speso un minuto per lasciare una
recensione; davvero GRAZIE.
Poi, parliamo di questo capitolo. Mi scuso con quanti speravano in una
progressione significativa nella storia, avrei voluto, ma ho pensato
che fosse necessario spiegare un po' le vicende della Prima Guerra
Magica, che sostanzialmente sono simili all'originale, a cui
però ho adattato i nuovi personaggi. Dunque spero che il
risultato vi sia piaciuto, o quanto meno spero di non aver scritto
schifezze XD
Dunque è tutto, spero di riuscire a pubblicare il prossimo
capitolo al più presto, nel frattempo non siate timidi e
continuate a farmi sapere il vostro parere :)
A presto,
_Jo
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Capitolo 4 *** The First Task ***
cross 4
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Angolo Autrice
Salve a tutti!
Innanzi
tutto mi scuso per il mio mostruoso ritardo, ma tra esami e lavoro, non
ho proprio avuto un momento libero, nè per scrivere nè
per rispondere alle recensioni che avete lasciato. Quindi mi scuso
davvero e ringrazio tutti coloro che hanno lasciato un commento o che
stanno semplicemente seguendo la storia; GRAZIE davvero, appena
potrò, spero entro questa settimana, risponderò.
Piccola
anticipazione su questo capitolo: ho aggiunto un altro pezzo di storia
passata modellato su GoT, spero che il risultato vi piaccia, in ogni
caso fatemi sapere, sono aperta a tutte le critiche.
Altra
piccola precisazione, mi sono ricordata che qualcuno di voi mi aveva
chiesto di Jon, per sapere come intendevo gestire il fatto che fosse
illegittimo; non siamo in Got, quindi i cognomi come Snow, Waters,
Stone etc, non esistono. Jon quindi è uno Stark, ma la sua
condizione di illegittimo lo rende comunque una sorta di paria per
alcuni maghi (un po' come i nati babbani) e ovviamente Catelyn non lo
può vedere.
Bene non intendo tediarvi oltre con il mio cianciare, buona lettura (spero) e se volete fatemi sapere che cosa ne pensate.
A presto,
_Jo
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The First Task
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Le ultime settimane erano passate in un lampo. Un minuto
prima gli sembrava ancora di trovarsi nella Sala Grande, immersa nella penombra
azzurrina del Calice di Fuoco. Se chiudeva gli occhi poteva vedere chiaramente
la scena: il preside, algido e severo, stringeva nel pugno serrato un piccolo
pezzo di pergamena bruciacchiata; la sua voce, secca e tonante, riempiva le sue
orecchie, incapaci di trasmettere al suo cervello il significato delle parole
che avevano udito. E quando riapriva gli occhi la Sala Grande, Silente e gli
studenti svanivano e lasciavano il posto a una visione ben più terrificante: lembi
di seta color crema e decorati ad arabeschi lo assediavano da tutti i lati, imprigionando
i quattro campioni nel loro soffocante abbraccio.
«Bene, campioni» esordì qualcuno entrando nel padiglione «Venite
tutti qui in centro» ordinò. Era Roose Bolton, Direttore dell’Ufficio per la
Cooperazione Magica Internazionale. Reggeva in mano un piccolo sacchetto di
stoffa, dal quale si levavano di tanto in tanto piccole volute di fumo
nerastro.
Harry obbedì e si unì agli altri. Bolton spiegò
brevemente in che cosa sarebbe consistita la prima prova e invitò i campioni a
sorteggiare il loro avversario. Il primo fu Theon che estrasse dal sacchetto un
piccolo drago blu, il Grugnocorto svedese, miniatura perfetta del drago reale
che avrebbe affrontato. La smorfia di finta sorpresa che fece suggerì a Harry
che anche lui doveva essere venuto a conoscenza del contenuto della prova in
anticipo.
Quindi toccò a Daenerys Targaryen. La bella campionessa
di Beauxbatons scrutò con i suoi magnifici occhi violetti il draghetto verde
che si contorceva sul palmo della sua mano. La sua reazione fu diversa: non
solo non sembrava sorpresa, ma addirittura divertita, come se affrontare un
drago le venisse naturale come fare colazione la mattina.
Viktor Krum estrasse la replica del Petardo Cinese e si
limitò ad osservarlo con la sua tipica espressione ottusa.
Harry si rassegnò all’evidenza: l’Ungaro Spinato che
Hagrid gli aveva mostrato, il più selvatico e brutale dei quattro sarebbe
toccato a lui. La sua solita fortuna sfacciata.
Bolton augurò a tutti buona fortuna, quindi lasciò il
padiglione, seguito poi dai presidi delle tre scuole che si erano attardati a
dare gli ultimi consigli ai loro studenti.
Dopo quella fatidica sera, Silente aveva ritrovato la sua
consueta benevolenza. Aveva deciso di credere alla versione di Harry e aveva
fatto di tutto per lasciargli intendere che, qualsiasi cosa si fosse celata
dietro la sua sospetta iscrizione, lui, Harry, sarebbe stato al sicuro.
Persino Rhaegar aveva riposto la sua completa e assoluta
fiducia nelle capacità di Silente, nonostante la sua evidente preoccupazione.
Rhaegar, il
suo padrino. Era evaso da Azkaban, la prigione-fortezza dei maghi, un anno
prima. Allora tutti lo credevano uno spietato assassino, un folle seguace di
Voldemort, fuggito da Azkaban per dare la caccia a Harry e ucciderlo. Ma poi,
appena qualche mese prima, Harry era venuto a conoscenza della verità che era
rimasta taciuta per tredici anni.
Quando ancora Aerys Targaryen era Ministro, Rhaegar, suo
fratello minore, era a capo delle squadre di Auror che combattevano contro i
Mangiamorte. Mago dalle doti singolari, era stato un campione di Quidditch,
capitano della Nazionale inglese e idolo del padre di Harry, James, che da
semplice fan era diventato suo amico, finendo poi col nominarlo padrino di suo
figlio. Quando l’ombra di Voldemort si era allungata, nera e minacciosa, sul
mondo dei maghi, Rhaegar aveva lasciato il Quidditch e aveva impiegato tutte le
sue energie per tentare di arrestare il potere crescente del Signore Oscuro.
Ma non era bastato.
Un fatidico giorno Lyanna, la sorella di lord Eddard
Stark, nonché fidanzata e prossima alle nozze con Robert Baratheon, all’epoca
un semplice Auror, si era recata al Ministero per avere notizie dei suoi cari,
impegnati da mesi nella lotta contro Voldemort. Aveva così conosciuto Rhaegar e
quel semplice incontro si era trasformato nella follia che aveva pervaso le
loro vite per le settimane seguenti. Rhaegar, sposato e con due figli, si era
innamorato di lei e lei di lui. Una cosa pericolosa per loro in quei giorni
terribili e oscuri. Rhaegar alla fine lo aveva capito e aveva posto il suo alto
compito e la sua famiglia al di sopra di tutto e di tutti e Lyanna aveva
compreso ed era tornata alla sua vita.
Ma una notte lei era corsa disperata tra le sue braccia.
Una minaccia terribile era piombata su di lei e Rhaegar non aveva potuto fare
altro che trovarle un posto sicuro e nasconderla. Quel gesto di amore, quella
sua unica debolezza, però, gli erano costati tutto.
La notte in cui Voldemort venne condotto alla casa dove
Harry e suoi genitori avevano trovato rifugio, anche i suoi Mangiamorte si
recarono in altre case con i medesimi intenti omicidi.
Lyanna Stark venne trovata da suo fratello in un lago di
sangue. L’ultima lettera che Rhaegar le aveva scritto nella quale le assicurava
che nessuno, a parte lui, sapeva di lei e del suo segreto, era ancora stretta
nel suo pugno, bagnata di lacrime e sangue.
Da un’altra parte, molto lontano da lì, gli Auror si
erano trovati davanti al teatro di un altro efferato massacro. Rhaegar
stringeva tra le braccia il corpo senza vita di sua figlia, Rhaenys, mentre
accanto giacevano, ugualmente morti, la moglie e il figlio più piccolo.
Per Robert era stato facile saltare alle conclusioni. Rhaegar,
come suo padre, era un seguace di Voldemort, malvagio e crudele. Aveva rapito
Lyanna, quindi, dopo essersene stancato, aveva mandato i suoi Mangiamorte ad
eliminarla e, in preda alla follia e
alla brama di sangue, aveva provveduto personalmente a sterminare la sua stessa
famiglia, non prima di aver consegnato i Potter al suo Padrone.
Semplice evidenza.
Rhaegar era stato sbattuto ad Azkaban senza processo e
qualunque dubbio circa la reale sequenza dei fatti era stato velocemente
liquidato.
Ma ora Harry sapeva la verità e tanto bastava. Per il
momento.
Un boato
improvviso distolse Harry dai suoi pensieri insieme felici e dolorosi.
Veniva dalla fossa poco distante dove Theon doveva aver
appena terminato la sua prova. Lee Jordan stava infatti annunciando il suo
trionfo contro il drago, mentre un coro di ovazioni si levava per il “vero
campione di Hogwarts”. Anche Ron doveva essere tra quelli, pensò Harry
amaramente.
Dopo pochi istanti un colpo di cannone annunciò l’ingresso
nell’arena della campionessa di Beauxbatons. Harry si avvicinò alla soglia del
padiglione, dove Krum osservava accigliato la scena.
Nascosti dagli spalti, drago e strega si stavano dando
battaglia. O forse non proprio. In meno di un minuto un nuovo boato riempì l’aria.
Daenerys Targaryen aveva domato il drago ed era riuscita a conquistare il suo
uovo.
Un nuovo colpo di cannone segnalò l’inizio della prova di
Viktor Krum e Harry decise di rientrare nel padiglione. Questa volta l’attesa
fu interminabile, o forse fu solo una sua impressione. Quando il colpo di cannone
echeggiò per la quarta e ultima volta, Harry fece il suo ingresso nella fossa.
Il drago, enorme e terrificante, era appollaiato su di una roccia e Harry vide
l’uovo d’oro brillare silenzioso tra le sue zampe possenti. Sentì le gambe
cedere. Non ce l’avrebbe fatta, lo sapeva.
E invece ci era
riuscito. Nella Sala Comune di Grifondoro i festeggiamenti per Harry e Theon erano
nel pieno del loro svolgimento. Tutti sembravano aver dimenticato gli eventi
della sera dell’estrazione dei campioni. Sorrisi e complimenti piovevano da
tutte le parti e per entrambi. Ron si era scusato per il suo comportamento e
adesso, seduti davanti al fuoco, tra un sorso di Burro Birra e l’altro, tra
loro era tutto come prima.
E tutt’intorno a loro c’erano solo risate e grida di
gioia.
Theon, seduto all’altro capo della Sala, era circondato
dalle sue ammiratrici, mentre Fred e George distribuivano le loro speciali caramelle
agli ignari studenti del primo anno e i quadri che adornavano le pareti
partecipavano alla festa con tutto l’entusiasmo che la loro condizione
permetteva.
Quella notte nel dormitorio dei Grifondoro non avrebbe
dormito nessuno.
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