Wizards Game

di _Joanna_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Between Hats and Goblets ***
Capitolo 3: *** Past and Present ***
Capitolo 4: *** The First Task ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


cross over 1

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PROLOGO

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Stazione di King’s Cross, 1 settembre, ore 10.45 . Aveva atteso questo momento per tutta l’estate, ma l’euforia che l’aveva accompagnato fino a quel momento l’aveva abbandonato nell’attimo stesso in cui si era trovato davanti alla barriera tra i binari 9 e 10. Aveva visto i suoi fratelli varcarla senza problemi ogni anno, prima Robb, poi Jon, Sansa e infine Arya, appena due anni prima. Ora toccava a lui, e il pensiero di fallire, di sbattere contro quella solida parete di mattoni, lo pietrificava. Vide Theon, il migliore amico di Robb, lanciarsi con passo sicuro contro la barriera accompagnato dal suo perenne sorriso beffardo, quindi suo fratello lo seguì a ruota. Non poteva farcela, lo sentiva, non era pronto. Jon gli si affiancò mentre Sansa varcava a sua volta il passaggio senza smettere di discutere con Arya per chissà quale cosa.
«Anch’io ero nervoso la prima volta» gli bisbigliò Jon all’orecchio «Ma è come passare sotto un’arcata, chiudi gli occhi e corrici dentro»

     Jon, il suo fratellastro, il reietto della famiglia, come aveva sentito definirlo da molti, doveva saperla lunga sulle paure del non essere all’altezza, ma le aveva sconfitte. “Coraggio Bran” si disse “È come un’arcata, ma questa volta è più facile, non la devi scalare”. Già, più facile, ma non per lui che amava arrampicarsi dovunque. Conosceva ogni pietra della villa in cui abitava, ogni ramo del grande acero che si specchiava nel laghetto nel centro esatto del parco che circondava la casa, ogni ago degli abeti che gettavano una fitta ombra verde anche in inverno.

     «Su Bran, tocca a te»
Bran alzò lo sguardo e vide sua madre accanto a lui, là dove fino a un attimo prima c’era Jon. Lo cercò con lo sguardo, ma non lo vide; doveva aver attraversato la barriera.
«Sei pronto?» chiese suo padre, lord Eddard Stark. Era stranamente pensieroso, come se qualcosa lo preoccupasse e si augurò vivamente che non fosse per causa sua. Annuì con la testa, quindi afferrò saldamente il carrello tra le mani. Fece un passo in avanti, poi un altro, e si ritrovò a correre, diretto contro una barriera apparentemente invalicabile. Chiuse gli occhi come gli aveva consigliato Jon e trattenne il respiro. Non successe niente. Era passato? O si era fermato come uno stupido a un centimetro dal muro? Decise di aprire un occhio e ciò che vide glieli fece sbarrare entrambi. Una grossa locomotiva rossa sbuffava vapore, inondando la banchina di una fitta nebbia biancastra. Guardò il pilone davanti a sé, dove un grosso cartello recava una scritta, la più bella che avesse mai letto: Binario 9 e tre quarti. Ce l’aveva fatta. Intanto anche suo padre aveva varcato il passaggio, e gli aveva posato una mano sulla spalla per guidarlo lungo la banchina. Era gremita di persone, molti ragazzi si abbracciavano, salutandosi, pronti a raccontarsi a vicenda le avventure dell’estate, altri avevano un’espressione stupita, come la sua probabilmente, e si guardavano freneticamente attorno mentre i genitori li aiutavano a caricare i pesanti bauli sul treno. Finalmente vide i suoi fratelli. Erano insieme ad altri ragazzi che non aveva mai visto. Sansa era appoggiata al suo carrello e lanciava gridolini esaltati insieme a una ragazza che doveva essere la sua migliore amica Jeyne Poole; Robb e Theon stavano ridendo insieme a due ragazzi con i capelli rossi, assolutamente identici; Arya e Jon non c’erano.

     «10.55 ragazzi, è meglio che saliate» disse suo padre, e aggiunse «Robb, dai una mano a tuo fratello»
«No, ce la faccio da solo» disse Bran. Non aveva bisogno della balia, presto sarebbe arrivato a Hogwarts, sarebbe stato smistato e … Il pensiero dello smistamento non l’aveva nemmeno sfiorato, non fino a quel momento. E se non fosse finito nella Casa giusta? Tutta la sua famiglia era Grifondoro, e se lui fosse stato smistato da un’altra parte? In Serpeverde magari? Il terrore lo invase come un fiume in piena, schiacciandolo come un enorme masso staccatosi da una montagna.
«Allora fai da solo o no?»
La voce di suo fratello lo riportò alla realtà, al presente in cui era ancora un ragazzino senza nessuno stemma sulla divisa e che se stava impalato sul binario inondato dal fumo. Afferrò il suo baule, era pesantissimo, e cercò di spingerlo sul treno.
Stava per rinunciare e chiamare indietro suo fratello perché lo aiutasse, quando una voce gentile alle sue spalle disse «Ehi, ti serve una mano?»
Era un ragazzo circa della stessa età di Jon, con gli occhiali e una grande massa di capelli neri arruffati. Afferrò il baule e lo passò a qualcuno sul treno, un ragazzo con folti capelli scuri … era Jon! Una ragazza dietro di lui stava parlando, sventolando concitata un giornale, ma lui non sembrava prestarle ascolto.
«Primo anno vero?» chiese intanto il ragazzo con gli occhiali, mentre entrambi salivano sul treno che già cominciava a muoversi sotto i loro piedi. Bran annuì, e mentre lo guardava allontanarsi lungo il corridoio, non poteva credere a ciò che aveva appena vissuto. Lo aveva riconosciuto subito, occhiali rotondi e una piccola cicatrice sulla fronte, quello era Harry Potter, praticamente una celebrità, ed era persino gentile! E suo fratello Jon lo conosceva, anzi era sua amico, come mai non gliene aveva mai parlato?

     «Pensi di stare qui tutto il giorno?» Bran si voltò di scatto e vide un ragazzo biondo, dall’aria antipatica che lo stava fissando scocciato, e dietro di lui … Sansa!
«Allora ti muovi!?» strillò il ragazzo, visto che Bran seguitava a rimanere immobile.
«Ehm sì» mormorò Bran e si appiattì contro la porta di uno scompartimento per lasciarlo passare, e quando anche Sansa gli sfilò accanto si scambiarono un’occhiata fiammante.
“Fantastico” pensò “Se tutti quanti a Hogwarts sono come questo qui, addio”
 
     «Perciò capisci, nostra madre era furibonda dopo quello che è successo alla coppa di Quidditch, insomma il Marchio Nero, papà dice che non si assisteva a qualcosa di simile da anni, quando ancora la Fratellanza del Bosco del Re terrorizzava l’intero Paese. Però si dice anche che molti della Fratellanza siano rimasti in libertà, probabilmente … »

Bran aveva ormai smesso da ore di ascoltare quel ragazzino. Si limitava a fare qualche cenno con il capo, ridendo quando anche lui rideva, desiderando come mai aveva desiderato qualcosa in vita sua che quel viaggio interminabile giungesse al termine. 

     Aveva percorso il treno in lungo e in largo in cerca di uno scompartimento libero, ma alla fine aveva dovuto arrendersi e si era infilato in quello, dove due ragazzini, un maschio e una femmina, più o meno della sua età, se ne stavano tranquilli seduti ai due lati del finestrino.
Aveva preso posto e per una buona mezzora erano rimasti tutti e tre in silenzio, a godersi il dolce cullare del treno che sfilava veloce tra i campi bruciati dal sole.
Ma quella quiete non era durata a lungo. Improvvisamente, infatti, il ragazzino aveva cominciato a parlare di Hogwarts e dello smistamento, augurandosi di essere mandato in Serpeverde, precisando quanto si sarebbe sentito onorato di appartenere alla Casa che aveva ospitato per secoli i membri della sua famiglia. Bran di rimando aveva espresso il desiderio di essere smistato in Grifondoro, storica Casa rivale di Serpeverde, sperando che questo avrebbe messo fine a una conversazione che, lo sapeva, non sarebbe stata affatto piacevole. Ma Tommen, era questo il suo nome, dopo essere parso per un momento deluso, aveva ripreso entusiasmo e aveva cominciato a tempestarlo di domande, citando tutte le assurdità che doveva aver pronunciato sua madre, senza per altro dare alcun segno di averne compreso il significato.
“Non c’è da stupirsi” pensò Bran. Gli era bastato ascoltare per qualche minuto gli sproloqui e le vanterie di Tommen per riconoscerlo. Aveva un viso paffuto, e i pesanti riccioli biondi contribuivano ad accentuarne la forma. Sua sorella, la ragazzina seduta di fronte a lui, aveva gli stessi boccoli dorati e i medesimi occhi color smeraldo, anche se, questo Bran aveva dovuto ammetterlo, le donavano molto di più che al fratello. Anzi a dirla tutta era decisamente graziosa. Ad ogni modo quelli erano i caratteri distintivi di una delle famiglie più antiche e potenti del Paese: i Lannister. Tommen e sua sorella erano in effetti dei Baratheon, ma i punti in comune con il padre si esaurivano al solo cognome. Non c’era quindi da sorprendersi nel sentire quel ragazzino ripetere a pappagallo gli insulti e i pregiudizi che ogni Lannister vomitava addosso a chiunque.

      «Però a Joff piace una di Grifondoro, la mamma non è d’accordo, ma papà dice che è una buona idea, e allora lei gli ha detto di sposarselo lui lord Stark» stava intanto proseguendo Tommen. Bran, che si era distratto molto tempo prima, non capì come si era arrivati a parlare della sua famiglia in maniera diretta, e di una delle sue sorella per la precisione.
«Insomma, io non ci trovo niente di speciale in quella lì, come dice mia madre, metà delle nostre cugine sono belle quanto lei, e l’altra metà lo è il doppio, e poi è così stupida … »
Quindi era di Sansa che stavano parlando? E quello che era con lei, quel ragazzo odioso era il fratello di Tommen? Ma cosa passava per la testa di Sansa? E come l’aveva definita lui? Stupida? Guardò fuori dal finestrino, ma il paesaggio sembrava svanito, inghiottito dalle tenebre della notte. Intanto Tommen stava proseguendo con la sua interminabile lista di insulti e difetti su chiunque avrebbero incontrato a Hogwarts, in primis gli Stark, e poi tanti altri, i cui nomi non gli suggerivano nulla.
«Insomma che poi finire in Grifondoro non sarebbe tanto male, se non fosse che quella Casa è invasa dai Sanguemarcio e … »
Bran sentiva di stare per esplodere. Stava infatti per urlare a quello stupido ragazzino grassottello di chiudere la bocca quando una chioma bruna fece capolino nello scompartimento.
«Siete del primo anno?» chiese con voce gentile. Bran annuì, e lo stesso fece Tommen, senza però tentare di nascondere una smorfia disgustata.
«Sarà meglio che indossiate le vostre divise, tra meno di venti minuti saremo a Hogwarts» annunciò, quindi richiuse la porta dello scompartimento e scomparve nel corridoi debolmente illuminato.
Meno di venti minuti. Bran fu invaso dalla stessa sensazione di euforia che aveva provato il giorno in cui aveva ricevuto la lettera di ammissione a Hogwarts. Il momento era arrivato. Avrebbe varcato l’immenso portone di ingresso del castello, e poi la monumentale scalinata di marmo che i suoi fratelli gli avevano descritto tante e tante volte e …
«Sanguemarcio» Tommen aveva letteralmente sputato fuori la parola, interrompendo le fantasie di Bran. «È incredibile che li ammettano ancora a Hogwarts»
Forse fu solo un caso, o forse con la coda dell’occhio la sorella di Tommen, Myrcella, doveva aver visto il suo movimento. Bran conosceva pochi incantesimi, erano stati Robb e Jon a insegnarglieli, e li avrebbe usati lì, sul treno; non gli importava se una fattura scagliata alle porte di Hogwarts avrebbe potuto comportare la sospensione o addirittura l’espulsione dalla scuola, non tollerava più quel bambinetto viziato. Ma Myrcella si alzò, frapponendosi tra lui e il fratello, quindi prese dalla rete portabagagli la gabbia con il suo gufo e uscì dallo scompartimento. Ormai il momento era passato.

     Per il resto del tragitto lui e il suo fastidioso compagno rimasero in silenzio. Bran indossò la divisa con lo stemma di Hogwarts e si accomodò sul sedile affianco al finestrino, ascoltando il treno rallentare e infine fermarsi, mentre tutto intorno le luci di un villaggio risplendevano nella notte. Il momento tanto atteso era finalmente arrivato. Si alzò e scese dal treno, raggiungendo un gruppetto di ragazzi del primo anno che andavano ammassandosi di fronte all’uomo più gigantesco che avesse mai visto. Vide Tommen ridacchiare insieme ad altri, anche se non ne capì il motivo: trovava infatti che quel colosso fosse tutto fuorché buffo.
«Primo anno, seguitemi» tuonò l’omone, e Bran si chiese se non fosse proprio lui a stabilire chi smistare e dove. “Un Grifondoro è coraggioso, non devi far vedere che hai paura” si disse, quindi seguì gli altri fino alla riva di un lago dove tante piccole barche erano lì ad attenderli. Quindi era così che si raggiungeva il castello? Era certo di aver sentito i suoi fratelli parlare di carrozze. Prese velocemente posto su una delle barche, che magicamente guadagnò il largo e in pochi minuti si ritrovarono tutti in un cunicolo sotto l’immensa mole del castello.
Mentre scendeva dalla piccola imbarcazione Bran si sentiva di nuovo terrorizzato, come lo era stato quel mattino a King’s Cross davanti alla barriera tra i binari 9 e 10. Ancora pochi minuti e poi la prova che avrebbe deciso della sua vita, lo smistamento che avrebbe stabilito se lui era davvero uno Stark.

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Angolo Autrice

 

Dopo luuuuuunghissimi mesi di attesa torno con un’altra fanfic su Game of Thrones, questa volta unita all’altra mia opera preferita, Harry Potter. Premetto che questo è il mio primo cross over e sinceramente non sono molto convinta del risultato, anche perché non ho ancora idea di come gestirlo. Ma languiva nel mio PC da mesi e mi sembrava brutto lasciarlo lì solo soletto. Per questo l’ho pubblicato e non escludo che la storia possa subire cambiamenti sostanziali dall’originale e dall’impostazione che gli ho più o meno dato in questo prologo. Ovviamente aspetto i vostri commenti e i vostri consigli, su come vorreste che fossero i successivi capitoli, sui ruoli dei personaggi all’interno della storia, insomma come vi piacerebbe che Jon, Arya, Joffrey e tutti gli altri personaggi dell’universo martiniano interagissero con i maghetti più famosi del secolo.

 

A presto,

 .

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_Jo

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Capitolo 2
*** Between Hats and Goblets ***


2 corss

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Between Hats and Goblets

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I pesanti battenti della Sala Grande di Hogwarts si aprirono rivelando lo spettacolo più straordinario che Bran avesse mai visto. Dopo l’esperienza nell’angusta Camera di Accoglienza, la Sala appariva un locale enorme, o forse lo era davvero, al centro del quale si trovavano quattro lunghi tavoli che ospitavano centinaia di ragazzi, che, in quel momento, osservavano curiosi la timida processione dei nuovi primini. In fondo alla Sala, da un lungo tavolo, posto in orizzontale, li attendevano i professori e il preside, e, sopra tutto questo, incombente e meravigliosa, una volta celeste. Già perché il soffitto non c’era, o meglio c’era ma doveva essere altissimo, o forse era l’effetto della magia. Sicuramente la cosa era spiegata in Storia di Hogwarts, ma delle decine di volumi che raccontavano le meraviglie della millenaria scuola, Bran aveva scelto quelli riguardanti il Quidditch, e, naturalmente, quelli che riguardavano le gesta dei grandi esponenti della Casa di Godric Grifondoro. Non sapeva in che cosa sarebbe consistita la prova di smistamento, e quindi aveva voluto essere preparato.
Intanto il gruppo aveva raggiunto la pedana rialzata dove si trovava il tavolo degli insegnanti. Bran si sentiva terrorizzato e si maledisse per l’aspetto pietoso che doveva avere in quel momento. Seguì gli altri e si dispose ordinatamente in fila e, senza quasi accorgersene, si ritrovò di fronte all’intera scuola. Decine e decine di paia di occhi li stavano squadrando famelici, chiedendosi quale casa si sarebbe aggiudicata il maggior numero di nuove “reclute”. Bran cercò con lo sguardo i suoi fratelli e li trovò: Robb, seduto di fronte a Theon e ai gemelli dai capelli rossi, gli sorrideva; Sansa insieme alla sua amica, sembrava osservare senza particolare interesse; Arya era accanto a Jon ed entrambi gli rivolgevano gesti di incoraggiamento. La professoressa McGonagall, che li aveva accolti, aveva intanto estratto una lunga pergamena e sembrava in attesa. Forse aspettava che qualcuno si facesse avanti? Stava giusto per fare un passo, per dimostrare di essere un audace Grifondoro, quando improvvisamente una voce risuonò per tutta la Sala. Quella cominciò a canticchiare con voce possente eppure ridicolmente minuta. Era il Cappello, il Cappello Parlante, che, per l'appunto, era uno sgualcito e rattoppato cappello che, con la tesa sfilacciata che si apriva e si chiudeva a mo’ di bocca, recitava una filastrocca su Hogwarts. Quand’ebbe finito, partirono gli applausi e la professoressa McGonagall chiamò il primo nome sulla lista: «Alan, Lucy»
Una ragazzina, un po’ rotondetta, con lunghi capelli biondicci, si fece avanti. Si sedette sullo sgabello che era stato sistemato al centro della pedana e da cui il Cappello aveva recitato la sua canzoncina. La McGonagall glielo pose sulla testa e quello prese a contorcersi su sé stesso e dopo pochi istanti esclamò: «TASSOFRASSO!»
Un scroscio di applausi si levò dal tavolo della Casata, e la ragazzina andò a prendervi posto.
Dunque era questa la prova? Un cappello? E in base a cosa decideva? Forse faceva delle domande silenziose?
Intanto lo smistamento procedeva e, dopo un ragazzino smistato in Grifondoro, sentì chiamare: «Baratheon, Tommen»
Il bambinetto odioso andò a sedersi. Sembrava terrorizzato, come se tutto il suo coraggio e la sua boria fossero venuti meno. Il Cappello ci mise svariati minuti per giungere a una decisione, finché con entusiasmo annunciò: «TASSOFRASSO!»
Tommen scivolò giù dallo sgabello, a testa basta, l’espressione a metà tra la sconfitta e il sollievo. Bran notò che, all’altro capo della Sala, il fratello maggiore stava ridendo, indicandolo e scuotendo la testa.
Vennero chiamati altri ragazzi, finché finalmente fu il suo turno.
«Stark, Brandon» lesse la professoressa. Cautamente Bran prese posto sullo sgabello. Gli venne calcato il Cappello in testa, fin sopra gli occhi, escludendo la Sala alla sua vista e con essa, anche i suoi rumori.
«Ah! Un altro Stark!» era la voce del Cappello, direttamente da dentro la sua testa. «Mmm vedo molto coraggio … E irrequietezza … Mmm c’è talento anche … E ingegno»
E mentre il Cappello ragionava, Bran sentì i suoi pensieri urlare una cosa sola. “Ti prego, ti prego, voglio essere un Grifondoro, ti prego”
E il Cappello rispondeva «Ne sei sicuro? C’è ambizione … E creatività … Difficile»
Ma per Bran non era difficile, lui voleva essere un Grifondoro, lo aveva sempre desiderato. Ma il Cappello non era d’accordo e infatti alla fine annunciò:  «CORVONERO!».
Bran si sentiva frastornato. Corvonero? Non l’aveva neppure preso in considerazione, visto che la sua più grande paura era quella di finire in Serpeverde. E ora invece si stava dirigendo verso una terza Casa, estranea, ma non  troppo. In fondo, tutta la famiglia di sua madre, ad eccezione di lei e sua zia, veniva da Corvonero.
Lo smistamento intanto stava finendo. L’ultimo ragazzo si sedeva sullo sgabello e prontamente il cappello annunciava: «GRIFONDORO!»
Bran non ci fece neppure caso. Si sedette nello spazio libero sulla panca tra due ragazzi, uno dei quali era, come lui, appena stato smistato. Non ricordava però il suo nome.
Era un ragazzo magrissimo, un po’ allampanato, che emanava una certa suggestione, come se fosse circondato da un’aura di mistero e conoscenza.
«Ciao, io sono Jojen» si presentò.
Bran strinse la mano a quel ragazzo, e, per un attimo, i suoi occhi verdi muschio si impiantarono nei suoi, scavandolo, sondandolo, e quando finalmente distolse lo sguardo, Bran si sentì spossato, svuotato, come se questi gli avesse appena letto l’anima.

     I giorni successivi furono un tripudio di emozioni. Ogni cosa colmava Bran di meraviglia, dal dormitorio nella Torre di Corvonero alle lezioni di incantesimi, pozioni, difesa contro le arti oscure … e volo. Bran non vedeva l’ora di librarsi nel cielo sopra Hogwarts, giocare a Quidditch, esplorare il castello come mai avrebbe potuto fare semplicemente scalandolo.
Il preside inoltre, aveva annunciato che quell’anno si sarebbe tenuto il Torneo Tremaghi, storica competizione studentesca, a cui avrebbero preso parte tre campioni maggiorenni, uno per ciascuna delle scuole di magia partecipanti: Hogwarts, sede del torneo, Black and White High School e Beauxbatons.
Robb non aveva i requisiti per candidarsi, ma Theon sì. Le folle di ragazze che lo seguivano costantemente nella speranza di uno sguardo o di un sorriso, facevano già il tifo per lui, certe che sarebbe stato scelto come campione.
Bran non poteva fare a meno di condividere quell’eccitazione generale, sognando il giorno in cui anche lui avrebbe potuto partecipare.

      E così le prime settimane a Hogwarts passarono. Gli ospiti stranieri arrivarono e vennero accolti calorosamente dagli studenti. E infine, la notte di Halloween, avvenne la selezione dei campioni.
Il preside si avvicinò al Calice di Fuoco, una sorta di coppa-braciere che sarebbe stata usata per il sorteggio.
Le fiamme azzurrine avvamparono in vortici arancioni e dalle fiamme guizzanti zampillò fuori un cartoncino. Silente lo afferrò al volo e lesse il nome del campione della Black and White High School. Lo stesso accadde per il paladino di Beauxbatons.
Quindi fu il turno di Hogwarts. Il preside agguantò per la terza volta l’esito del Calice di Fuoco. La tensione era alle stelle, mentre gli occhi di tutti schizzavano da Silente ai quattro ardimentosi aspiranti campioni.
«THEON GREYJOY» annunciò il preside.
Il tavolo di Grifondoro esplose in un boato, mentre l’intera Hogwarts, persino i Serpeverde, applaudiva il proprio campione.
Ma, proprio mentre tutti erano impegnati a festeggiare Theon, il Calice di Fuoco aveva preso a sussultare, lingue di fuoco rosso si contorcevano, luminose quanto l’alba. E, all’improvviso, un foglietto di carta bruciacchiata planò dolcemente sul palmo della mano di Silente. Quando lesse quello che c'era scritto, sulla Sala Grande cadde un silenzio di tomba.

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Angolo Autrice

Allora mi scuso per l'enorme ritardo dell'aggiornamento ma la scrittura di questo capitolo mi ha creato non pochi problemi XD Alla fine ho optato per unire il POV di Bran in un unico capitolo che costituisce una sorta di secondo prologo, e lasciare per il prossimo l'inizio effettivo della storia. In conclusione questo capitolo è stato più utile a me per inquadrare bene dove sono smistati i personaggi e per introdurne altri... Comunque vi posso promettere che nel prossimi capitolo troverete molta più azione e saranno forniti molti più dettagli.

Ringrazio tutti coloro che hanno recensito il capitolo precedente e hanno inserito la storia tra le seguite, mi fate molto piacere e spero di risentirvi presto

Alla prossima, 

_Jo

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Capitolo 3
*** Past and Present ***


cross over 3





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Past and Present

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«Non mi interessa, Ned» abbaiò il Ministro della Magia «Ormai la questione è chiusa»
«Ma Harry … » tentò di protestare lord Stark, ma venne di nuovo interrotto dal ministro.
«Gareggerà, fine della discussione» disse e il suo tono non ammetteva repliche; quindi uscì dalla stanza, accompagnato dal professor Silente.
Quando si furono richiusi la porta alle spalle, Eddard si ritrovò da solo con alcuni membri del corpo insegnanti.
«Non devi preoccuparti, lo terrò d’occhio io» ribadì  Alastor “Malocchio” Moody.
«Con l’occhio buono spero» ironizzò il professor Lannister.
Ned non nutriva alcuna simpatia per lui. Tyrion Lannister era certamente un mago dotato e, nonostante le molte obiezioni che lui stesso aveva sollevato, si era rivelato un eccellente insegnante. Tuttavia alcuni sospetti continuavano a gravare sulla famiglia Lannister. Ned, infatti, non aveva dimenticato il ruolo che i Lannister avevano avuto nell’ultima guerra magica.

     Fino all’avvento di lord Voldemort, alcune famiglie erano rimaste per secoli al vertice della scala sociale, prima fra tutte la dinastia dei Targaryen. Per oltre duecento anni la carica di Ministro della Magia era passata di padre in figlio, ufficialmente con l’approvazione della comunità magica inglese, nella realtà diventando di fatto un titolo ereditario.
C’erano stati ministri capaci, alcuni accorti, altri avventati, riformatori, conservatori, c’erano stati perfino due ministri in carica contemporaneamente, ciascuno che indicava l’altro come “illegittimo”, o “antiministro”, fino al 1981, quando la guerra contro Voldemort e i suoi seguaci aveva ormai raggiunto il culmine.
Il ministro Aerys Targaryen non aveva fatto nulla per impedire gli omicidi e i massacri di maghi e babbani.
Quanto al suo braccio destro, lord Tywin Lannister, esponente di una della famiglie più influenti del Paese, seconda soltanto ai Targaryen, aveva inaspettatamente rassegnato le dimissioni dal ruolo di Capo del Dipartimento di Applicazione delle Leggi sulla Magia. Al suo posto erano stati nominati una mezza dozzina di maghi, uno dalla fama più oscura di quello che l’aveva preceduto, fin quando Roose Bolton era assunto alla carica. Con pugno di ferro aveva guidato i suoi uomini alla cattura di molti, importanti sostenitori di Voldemort, consentendo agli Auror di servirsi delle Maledizioni senza Perdono, assicurando loro la totale immunità.
E proprio quando la morsa del Ministero si stava serrando intorno a Voldemort e ai suoi pochi seguaci superstiti, Jaime Lannister, figlio di lord Tywin, aveva fatto irruzione nell’ufficio del Ministro e gli aveva scagliato contro la Maledizione che Uccide.
Un atto dovuto e necessario, avevano sentenziato alcuni. Aerys Targaryen era il ministro è vero, ma era anche un folle, da molti considerato un seguace di Voldemort o quanto meno un suo strumento controllato dalla Maledizione Imperius. Ma qualunque fosse la verità, quella era morta con lui.
Dopo la caduta di Voldemort, i membri più illustri della comunità magica si erano riuniti per scegliere il nuovo Ministro della Magia.
Alcuni avevano proposto Tywin Lannister, altri ancora Roose Bolton. La scelta probabilmente sarebbe caduta su quest’ultimo se non fosse stato per il tragico scandalo che l’aveva coinvolto.
Allora era stato proposto Robert Baratheon, all’epoca poco più che un ragazzo, che con coraggio aveva guidato la Resistenza. Lui e Robert erano amici fin dall’infanzia: avevano studiato a Hogwarts ed erano diventati Auror insieme e  insieme avevano combattuto contro Voldemort. E quando il suo nome era stato avanzato, Ned l’aveva supportato senza riserve.
I tempi incerti cui si sarebbe andati incontro e la necessità di ricostruire un mondo squassato dal dolore e dalla guerra avrebbero avuto bisogno di un capo forte, deciso. E chi se non il faro che aveva illuminato di speranza tante persone avrebbe potuto assolvere questo compito?
E così era stato deciso. Robert Baratheon era stato nominato Ministro della Magia e come primo atto aveva provveduto ad assolvere da tutte le accuse il giovane Jaime Lannister, allora poco più che maggiorenne, e a consentirgli di riprendere gli studi per diventare un Auror.
Quanto a lord Tywin, non aveva voluto prendere parte alcuna alla formazione del nuovo governo.

     E quindi adesso, nell’ufficio di Silente, davanti a Tyrion Lannister, lord Stark non poteva fare a meno di sospettare. Il biglietto su cui c’era scritto “Harry Potter” era uscito dalle fiamme del Calice di Fuoco e Harry giurava di non essere stato lui ad inserirlo nella coppa ardente. Ned era propenso a credergli, così come era più che disposto a sospettare che i Lannister avessero qualcosa a che fare con gli eventi di quella sera.

     La causa di Voldemort aveva unito molte famiglie sotto lo stendardo della Purezza del Sangue e tutti sapevano che i Lannister facevano del loro sangue puro un vanto. La morte di Aerys non poteva essere stata un caso, anzi era molto probabile che fosse stato lo stesso Tywin a stregarlo, prima di dimettersi nel tentativo di mascherare il proprio coinvolgimento, adducendo come scusa un dissidio con il Ministro che in realtà, secondo Ned, non c’era mai stato.
Ma per tramutare questi sospetti in certezze occorrevano prove, prove che Ned non aveva. Non ancora.

     «Alors è vero!» l’esclamazione distolse Ned dai suoi pensieri.
«Mais no! È una cosa inaudita!» continuò la donna. Era Madame Maxime. la preside dell’Accademia di Beauxbatons.
«Il Ministro della Magia e il Direttore dell’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale sono stati irremovibili» disse Ned. Come lei non era affatto d’accordo con quella decisione, anche se per motivi diversi.
«Inoltre il ragazzo dice di non essere stato lui a inserire il nome nel Calice di Fuoco» aggiunse Lannister.
«Mais è evidonte che sta mentendo!» esclamò di nuovo Madame Maxime e nel farlo continuava a spostare lo sguardo su ciascuno dei presenti, come per trovare un sostegno che non c’era.
«Io non credo stia mentendo» affermò Lannister.
Ned non poté fare a meno di rivolgerli un’occhiata tra il sorpreso e il diffidente. A che gioco stava giocando? Era chiaro che i Lannister c’entrassero qualcosa con quanto accaduto quella sera. Tuttavia lo scopo finale continuava a rimanergli ignoto.
In quel momento rientrò nella stanza Silente. Madame Maxime si fiondò verso di lui, rinnovando le proprie proteste.
Anche su di lei Ned nutriva dei sospetti.
Non era un caso che come campione della scuola di Beauxbatons fosse stata scelta niente meno che la figlia del defunto Aerys Targaryen.
Dopo quanto accaduto durante la guerra e senza alcuna prova certa che i Targaryen non fossero seguaci di Voldemort, il Wizengamot e il neo eletto Ministro della Magia avevano convenuto che fosse più prudente esiliare la moglie e i figli di Aerys. Questi si erano stabiliti in Francia e ora, tredici anni dopo quei tragici eventi, a Viserys e Daenerys Targaryen era stato concesso il permesso di rientrare in patria per presenziare al Torneo Tremaghi.
Tuttavia, pensava Ned, non poteva essere una coincidenza che la scelta del Calice di Fuoco fosse ricaduta proprio su Daenerys e, in forma del tutto irregolare, su Harry.

     Una volta che Madame Maxime ebbe messo fine alle sue rimostranze, anche tutti gli altri decisero che era il momento di congedarsi. Tuttavia Ned rimase a parlare con Silente per oltre un’ora, sicché quando lasciò il castello di Hogwarts era ormai notte inoltrata.
L’aria era fredda e pungente. Il cielo però era limpido, una trapunta stellata che si rifletteva sulle immote e scure acque del Lago Nero. Il grande veliero della Black and White High School era ormeggiato lungo la riva settentrionale. A parte le luci di due piccole lanterne a prua e a poppa, a bordo non c’era altro che buio e silenzio.
Ned vi passò accanto e superò a grandi falcate il punto dove sorgeva la capanna di Hagrid. Anche lì tutte le luci erano spente.

Dobbiamo lasciare che il pittore cominci a dipingere se volgiamo scoprire che cosa vuole ritrarre
Con queste parole il preside l’aveva convinto a non ostacolare la decisione di Robert.
E aveva ragione, lo sapeva. Ma in cuor suo Ned non riusciva a non pensare al peggio. Harry e Jon erano come fratelli ormai, proprio come lo erano Theon e Robb e come lo erano stati, e quella sera Ned aveva seriamente dubitato che lo fossero ancora, lui e Robert. Non poteva rischiare la vita di due suoi “figliocci” per uno stupido torneo.
Mi ricordo di te e Robert a scuola” aveva detto Silente “Ah beh, speravo che nominarti Prefetto lo avrebbe fatto calmare, ma non è stato così. E per fortuna. Tu ti preoccupi troppo delle conseguenze, lui troppo poco. Tu rifletti prima di agire, lui si butta nella mischia. Credo che con voi due Harry possa ritenersi ragionevolmente al sicuro. E, se non sono immodesto, penso che anche io potrei offrire le mie non trascurabili capacità”.
Su questo Ned aveva dovuto concordare. In fondo poi, più ci pensava, più gli sembrava sciocco aver iscritto Harry al torneo. Sollevare quel polverone di sospetti aveva avuto come unico risultato quello di mettere il ragazzo e l’intero Ministero sul chi vive, cosicché avvicinarlo di soppiatto sarebbe stato ancora più difficile.
Sì, Silente aveva ragione. Harry sarebbe stato al sicuro, o quanto meno non avrebbe corso più pericoli di quanti non ne corresse quotidianamente.
Con un po’ di fortuna poi, avrebbero scoperto l’identità dei cospiratori già dopo la prima prova, e a quel punto non sarebbe più stato necessario offrire il ragazzo come esca.
Sì, entro Natale Harry sarebbe tornato alla sua normalmente eccezionale vita da adolescente di sempre.

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Angolo Autrice

Ed eccoooomi di nuovo qui.
Allora, innanzi tutto ci tengo a ringraziare tutti coloro che stanno seguendo la storia e che hanno speso un minuto per lasciare una recensione; davvero GRAZIE.
Poi, parliamo di questo capitolo. Mi scuso con quanti speravano in una progressione significativa nella storia, avrei voluto, ma ho pensato che fosse necessario spiegare un po' le vicende della Prima Guerra Magica, che sostanzialmente sono simili all'originale, a cui però ho adattato i nuovi personaggi. Dunque spero che il risultato vi sia piaciuto, o quanto meno spero di non aver scritto schifezze XD
Dunque è tutto, spero di riuscire a pubblicare il prossimo capitolo al più presto, nel frattempo non siate timidi e continuate a farmi sapere il vostro parere :)

A presto,

_Jo

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Capitolo 4
*** The First Task ***


cross 4

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Angolo Autrice

Salve a tutti!

Innanzi tutto mi scuso per il mio mostruoso ritardo, ma tra esami e lavoro, non ho proprio avuto un momento libero, nè per scrivere nè per rispondere alle recensioni che avete lasciato. Quindi mi scuso davvero e ringrazio tutti coloro che hanno lasciato un commento o che stanno semplicemente seguendo la storia; GRAZIE davvero, appena potrò, spero entro questa settimana, risponderò.

Piccola anticipazione su questo capitolo: ho aggiunto un altro pezzo di storia passata modellato su GoT, spero che il risultato vi piaccia, in ogni caso fatemi sapere, sono aperta a tutte le critiche.

Altra piccola precisazione, mi sono ricordata che qualcuno di voi mi aveva chiesto di Jon, per sapere come intendevo gestire il fatto che fosse illegittimo; non siamo in Got, quindi i cognomi come Snow, Waters, Stone etc, non esistono. Jon quindi è uno Stark, ma la sua condizione di illegittimo lo rende comunque una sorta di paria per alcuni maghi (un po' come i nati babbani) e ovviamente Catelyn non lo può vedere. 

Bene non intendo tediarvi oltre con il mio cianciare, buona lettura (spero) e se volete fatemi sapere che cosa ne pensate. 

A presto,

_Jo

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The First Task

 

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Le ultime settimane erano passate in un lampo. Un minuto prima gli sembrava ancora di trovarsi nella Sala Grande, immersa nella penombra azzurrina del Calice di Fuoco. Se chiudeva gli occhi poteva vedere chiaramente la scena: il preside, algido e severo, stringeva nel pugno serrato un piccolo pezzo di pergamena bruciacchiata; la sua voce, secca e tonante, riempiva le sue orecchie, incapaci di trasmettere al suo cervello il significato delle parole che avevano udito. E quando riapriva gli occhi la Sala Grande, Silente e gli studenti svanivano e lasciavano il posto a una visione ben più terrificante: lembi di seta color crema e decorati ad arabeschi lo assediavano da tutti i lati, imprigionando i quattro campioni nel loro soffocante abbraccio.
«Bene, campioni» esordì qualcuno entrando nel padiglione «Venite tutti qui in centro» ordinò. Era Roose Bolton, Direttore dell’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale. Reggeva in mano un piccolo sacchetto di stoffa, dal quale si levavano di tanto in tanto piccole volute di fumo nerastro.
Harry obbedì e si unì agli altri. Bolton spiegò brevemente in che cosa sarebbe consistita la prima prova e invitò i campioni a sorteggiare il loro avversario. Il primo fu Theon che estrasse dal sacchetto un piccolo drago blu, il Grugnocorto svedese, miniatura perfetta del drago reale che avrebbe affrontato. La smorfia di finta sorpresa che fece suggerì a Harry che anche lui doveva essere venuto a conoscenza del contenuto della prova in anticipo.
Quindi toccò a Daenerys Targaryen. La bella campionessa di Beauxbatons scrutò con i suoi magnifici occhi violetti il draghetto verde che si contorceva sul palmo della sua mano. La sua reazione fu diversa: non solo non sembrava sorpresa, ma addirittura divertita, come se affrontare un drago le venisse naturale come fare colazione la mattina.
Viktor Krum estrasse la replica del Petardo Cinese e si limitò ad osservarlo con la sua tipica espressione ottusa.
Harry si rassegnò all’evidenza: l’Ungaro Spinato che Hagrid gli aveva mostrato, il più selvatico e brutale dei quattro sarebbe toccato a lui. La sua solita fortuna sfacciata.
Bolton augurò a tutti buona fortuna, quindi lasciò il padiglione, seguito poi dai presidi delle tre scuole che si erano attardati a dare gli ultimi consigli ai loro studenti.
Dopo quella fatidica sera, Silente aveva ritrovato la sua consueta benevolenza. Aveva deciso di credere alla versione di Harry e aveva fatto di tutto per lasciargli intendere che, qualsiasi cosa si fosse celata dietro la sua sospetta iscrizione, lui, Harry, sarebbe stato al sicuro.
Persino Rhaegar aveva riposto la sua completa e assoluta fiducia nelle capacità di Silente, nonostante la sua evidente preoccupazione.

     Rhaegar, il suo padrino. Era evaso da Azkaban, la prigione-fortezza dei maghi, un anno prima. Allora tutti lo credevano uno spietato assassino, un folle seguace di Voldemort, fuggito da Azkaban per dare la caccia a Harry e ucciderlo. Ma poi, appena qualche mese prima, Harry era venuto a conoscenza della verità che era rimasta taciuta per tredici anni.
Quando ancora Aerys Targaryen era Ministro, Rhaegar, suo fratello minore, era a capo delle squadre di Auror che combattevano contro i Mangiamorte. Mago dalle doti singolari, era stato un campione di Quidditch, capitano della Nazionale inglese e idolo del padre di Harry, James, che da semplice fan era diventato suo amico, finendo poi col nominarlo padrino di suo figlio. Quando l’ombra di Voldemort si era allungata, nera e minacciosa, sul mondo dei maghi, Rhaegar aveva lasciato il Quidditch e aveva impiegato tutte le sue energie per tentare di arrestare il potere crescente del Signore Oscuro.
Ma non era bastato.
Un fatidico giorno Lyanna, la sorella di lord Eddard Stark, nonché fidanzata e prossima alle nozze con Robert Baratheon, all’epoca un semplice Auror, si era recata al Ministero per avere notizie dei suoi cari, impegnati da mesi nella lotta contro Voldemort. Aveva così conosciuto Rhaegar e quel semplice incontro si era trasformato nella follia che aveva pervaso le loro vite per le settimane seguenti. Rhaegar, sposato e con due figli, si era innamorato di lei e lei di lui. Una cosa pericolosa per loro in quei giorni terribili e oscuri. Rhaegar alla fine lo aveva capito e aveva posto il suo alto compito e la sua famiglia al di sopra di tutto e di tutti e Lyanna aveva compreso ed era tornata alla sua vita.
Ma una notte lei era corsa disperata tra le sue braccia. Una minaccia terribile era piombata su di lei e Rhaegar non aveva potuto fare altro che trovarle un posto sicuro e nasconderla. Quel gesto di amore, quella sua unica debolezza, però, gli erano costati tutto.
La notte in cui Voldemort venne condotto alla casa dove Harry e suoi genitori avevano trovato rifugio, anche i suoi Mangiamorte si recarono in altre case con i medesimi intenti omicidi.
Lyanna Stark venne trovata da suo fratello in un lago di sangue. L’ultima lettera che Rhaegar le aveva scritto nella quale le assicurava che nessuno, a parte lui, sapeva di lei e del suo segreto, era ancora stretta nel suo pugno, bagnata di lacrime e sangue.
Da un’altra parte, molto lontano da lì, gli Auror si erano trovati davanti al teatro di un altro efferato massacro. Rhaegar stringeva tra le braccia il corpo senza vita di sua figlia, Rhaenys, mentre accanto giacevano, ugualmente morti, la moglie e il figlio più piccolo.
Per Robert era stato facile saltare alle conclusioni. Rhaegar, come suo padre, era un seguace di Voldemort, malvagio e crudele. Aveva rapito Lyanna, quindi, dopo essersene stancato, aveva mandato i suoi Mangiamorte ad eliminarla e, in  preda alla follia e alla brama di sangue, aveva provveduto personalmente a sterminare la sua stessa famiglia, non prima di aver consegnato i Potter al suo Padrone.
Semplice evidenza.
Rhaegar era stato sbattuto ad Azkaban senza processo e qualunque dubbio circa la reale sequenza dei fatti era stato velocemente liquidato.
Ma ora Harry sapeva la verità e tanto bastava. Per il momento.

     Un boato improvviso distolse Harry dai suoi pensieri insieme felici e dolorosi.
Veniva dalla fossa poco distante dove Theon doveva aver appena terminato la sua prova. Lee Jordan stava infatti annunciando il suo trionfo contro il drago, mentre un coro di ovazioni si levava per il “vero campione di Hogwarts”. Anche Ron doveva essere tra quelli, pensò Harry amaramente.
Dopo pochi istanti un colpo di cannone annunciò l’ingresso nell’arena della campionessa di Beauxbatons. Harry si avvicinò alla soglia del padiglione, dove Krum osservava accigliato la scena.
Nascosti dagli spalti, drago e strega si stavano dando battaglia. O forse non proprio. In meno di un minuto un nuovo boato riempì l’aria. Daenerys Targaryen aveva domato il drago ed era riuscita a conquistare il suo uovo.
Un nuovo colpo di cannone segnalò l’inizio della prova di Viktor Krum e Harry decise di rientrare nel padiglione. Questa volta l’attesa fu interminabile, o forse fu solo una sua impressione. Quando il colpo di cannone echeggiò per la quarta e ultima volta, Harry fece il suo ingresso nella fossa. Il drago, enorme e terrificante, era appollaiato su di una roccia e Harry vide l’uovo d’oro brillare silenzioso tra le sue zampe possenti. Sentì le gambe cedere. Non ce l’avrebbe fatta, lo sapeva.

      E invece ci era riuscito. Nella Sala Comune di Grifondoro i festeggiamenti per Harry e Theon erano nel pieno del loro svolgimento. Tutti sembravano aver dimenticato gli eventi della sera dell’estrazione dei campioni. Sorrisi e complimenti piovevano da tutte le parti e per entrambi. Ron si era scusato per il suo comportamento e adesso, seduti davanti al fuoco, tra un sorso di Burro Birra e l’altro, tra loro era tutto come prima.

E tutt’intorno a loro c’erano solo risate e grida di gioia.
Theon, seduto all’altro capo della Sala, era circondato dalle sue ammiratrici, mentre Fred e George distribuivano le loro speciali caramelle agli ignari studenti del primo anno e i quadri che adornavano le pareti partecipavano alla festa con tutto l’entusiasmo che la loro condizione permetteva.
Quella notte nel dormitorio dei Grifondoro non avrebbe dormito nessuno.

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