Oltre ogni barriera

di valeria78
(/viewuser.php?uid=782012)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


A questo link troverete il video di presentazione della ff. Purtroppo non so come collegare il link direttamente da qui, perciò se volete vederlo dovrete fare copia e incollarlo su You Tube

https://youtu.be/28-6BpQKI40 Oppure cercare "Regina-Emma Oltre ogni barriera" su you tube

I capitoli verranno pubblicati ogni mercoledì, tengo a precisare che la ff è già conclusa quindi non resterete a bocca asciutta, la pubblico un po' per volta per mantenere la suspense. Buona lettura!!! Mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate!

 

CAPITOLO 1

Emma spinse la maniglia antipanico della porta ed entrò nell’aula 4B. La stanza era piuttosto ampia, i banchi disposti come in un auditorium e lei si trovava nella parte più alta. Non c’erano molti studenti, una trentina in tutto. Due grandi finestre erano poste al lato sinistro dell’aula e si scorgevano gli alti pini che si muovevano lenti al soffio del vento. Emma sbirciò in fondo, la professoressa era seduta alla scrivania, stava tirando fuori un libro dalla cartella. Si guardò attorno alla ricerca di un posto libero, mentre sentiva gli occhi degli altri alunni che la scrutavano.

“Scusa è questo il corso di letteratura 1 tenuto dalla professoressa Mills?” chiese a bassa voce e sorrise a un alunno.

Il ragazzo annuì.

La giovane non amava essere al centro dell’attenzione, quindi scelse velocemente un posto.

“È libero?” chiese titubante. Una ragazza bionda, curatissima, con le unghie colorate di verde e con la puzza sotto il naso squadrò la sua interlocutrice dalla testa ai piedi e dopo averle regalato una smorfia si alzò per permettere alla giovane di prendere posto. Emma entrò nello spazio strettissimo tra il banco e la sedia, ma nel farlo sentì i libri che teneva in mano scivolarle dalle dita e finire a terra producendo un enorme baccano, ulteriormente accentuato dal fatto che in quel momento nessuno stava parlando. Emma diventò paonazza in viso, mentre tutti i presenti si voltarono verso di lei.

“Cos’è questo baccano?” sbottò la professoressa e alzò lo sguardo proprio in direzione di Emma che cercò di sedersi per confondersi tra gli studenti ed evitare di essere scoperta.

“Lei, mi scusi…” disse la mora indicando proprio Emma.

La bionda si portò il dito indice al petto come per dire: dice a me.

“Lei è?” chiese Regina guardando la studentessa con un’espressione piuttosto dura.

“Emma… - disse - Emma Swan” e sorrise timidamente.

“Ma da dove arriva questa?” sussurrò un ragazzo qualche fila più indietro. Un altro rise divertito.

Regina guardò i fogli con le firme degli alunni che indicavano la presenza. “Ah! – disse infine sollevando lo sguardo e tornando a osservare Emma – signorina Swan, finalmente ci degna della sua presenza. Sa che ha già fatto tre assenze, vero?”.

La bionda si sentì sprofondare, le sue mani cominciarono a sudare, abbozzò un sorriso tirato e si schiarì la voce. “Sì, professoressa, lo so, non farò altre assenze”.

“Bene” si limitò a dire Regina per poi distogliere lo sguardo dall’alunna e guardare il libro che le stava davanti. “Cominciamo la lezione, abbiamo già perso abbastanza tempo”.

Da quel momento in poi solo la voce roca e calda di Regina risuonò nell’aula, mentre Emma si sentiva a terra, umiliata e delusa.

La professoressa era molto brava a tenere viva l’attenzione dei suoi studenti, mostrò diverse diapositive, interagì con gli alunni e le due ore di lezione trascorsero velocemente. Quando suonò la campanella, gli studenti uscirono a piccoli gruppetti passando davanti alla cattedra dell’insegnante e salutandola.

“Arrivederci, professoressa”.

“Arrivederci, a domani” rispose.

“Buongiorno prof”.

“Professoressa, non prof, il vostro modo di esprimervi è importante” corresse la donna e alzò la mano in segno di saluto.

Alla fine fu il turno di Emma che salutò la mora in modo piuttosto titubante, poi però ci ripensò e tornò sui suoi passi fermandosi davanti alla cattedra.

Regina guardò la giovane con aria interrogativa. I suoi occhi marroni scrutarono la biondina quasi a cercare di carpire le sue emozioni, i suoi pensieri prima che potesse parlare.

“Volevo chiederle scusa per prima” disse Emma con un filo di voce, tenendo i suoi libri stretti al petto.

Regina indossava un tailleur che le fasciava il corpo alla perfezione e la camicetta leggermente aperta sul seno lasciava intravedere uno spicchio di pelle. Emma per un istante guardò nella scollatura.

“Non si preoccupi – disse la mora facendo un cenno con la mano – non avevamo ancora iniziato” e tornò a scrutare la giovane che non seppe se fosse il caso di rispondere o no, preferì limitarsi a sorridere, a risalutare la prof e a uscire dall’aula.

Quel primo giorno era andato, domani sarebbe stato più semplice.

 

******************

Emma si fermò davanti alla porta dell’aula 4B. Era sudata e aveva il fiatone. Consultò l’orologio, era in ritardo di dieci minuti. La prof avrebbe fatto caso a quel ritardo? Non poteva non entrare, aveva promesso che non avrebbe più saltato le lezioni. Il suo cuore batteva all’impazzata, aveva corso a perdifiato per mezz’ora. Si asciugò la fronte e aprì la porta dell’aula.

La professoressa Mills stava mostrando alcune diapositive e l’aula era immersa nella semi oscurità. Emma ringraziò perché forse così Regina non si sarebbe accorta che stava entrando in quel momento, ritrovò la solita ragazza bionda con la puzza sotto il naso e di nuovo la ragazza la guardò come se fosse stata un alieno quando le chiese se il posto accanto a lei fosse vuoto.

Si sedette e si rilassò un attimo. Ce l’aveva fatta.

Regina continuava a spiegare tenendo una bacchetta in una mano per indicare le varie parti del testo proiettato sul telo e nell’altra reggeva il suo libro.

“La prof è tanto stronza quanto gnocca - sussurrò un ragazzo alcune file più indietro al suo amico – allo scorso appello mi ha buttato fuori perché non ricordavo il nome di uno dei personaggi di un poeta del cacchio”.

“Sarà pure stronza, ma io un giro su di lei me lo farei” disse l’altro sghignazzando.

Emma si girò e li fulminò con lo sguardo. I due la osservarono e si zittirono.

“Ha un sedere da paura” proseguì il giovane, poco dopo.

“Quando indossa la gonna di pelle nera è uno schianto” riprese l’altro. La ragazza bionda accanto a Emma sorrise divertita.

Emma non poteva sopportare quei discorsi. Regina era una persona preparata, un’insegnante validissima e meritava il loro rispetto, si alzò facendo restare i ragazzi che avevano parlato fino a quel momento di stucco, prese la borsa e chiese alla sua vicina di banco di farla passare. Decise che avrebbe cambiato posto.

Discese le scale cercando un banco che fosse più vicino alla scrivania della Mills e in quel momento la luce tornò. Emma si trovò in piedi nel bel mezzo della lezione e ovviamente gli occhi di Regina furono su di lei. La donna spostò gli occhiali sulla punta del naso e abbassò la testa per guardare meglio Emma.

La bionda si maledisse per aver deciso di cambiare posto a metà lezione.

“Signorina Swan – cominciò Regina con una punta di rimprovero nella voce – Continuiamo ad arrivare in ritardo?”. Emma alzò la mano in segno di scuse e si sedette nella seconda fila, accanto a una ragazza con i capelli corti e scuri.

Regina continuò a leggere il libro ed Emma si perse ad ascoltarla, la sua voce calda e sensuale la trasportava lontano, era come se non ci fosse nessun’altro lì tranne loro due. Guardava le sue mani affusolate che giravano le pagine e che ogni tanto portavano un ciuffo scuro dietro l’orecchio.

“… e mi strappò il cuore frantumandolo in mille pezzi, ma mi accorsi che quello era solo un piccolo lato di ciò che chiamano amore”  lesse la prof e poi sollevò lo sguardo verso la classe.

“Cosa vuol dire l’autore con queste parole?” chiese.

Nessuno rispose.

La mora scrutò i presenti.

“Avanti ragazzi, è semplice”.

Un silenzio di tomba cadde tra i presenti.

Regina guardò la ragazza seduta accanto a Emma: “Mary Margaret?” chiese.

Emma aveva appena scoperto come si chiamava la sua vicina di banco e da come la prof le si era rivolta dovevano avere un certo grado di intimità.

Mary Margaret non rispose.

Emma restò un po’ in silenzio mentre la sua testa frullava, poi timidamente alzò la mano.

“Swan? – disse la professoressa con uno sguardo stranamente meravigliato – vuole dire qualcosa?”.

“Beh… credo… - Emma si schiarì la voce e si fece coraggio – credo che l’autore intenda dire che quando si ama bisogna mettere in conto il fatto che si può soffrire, ma che questo non è l’unico aspetto dell’amore, perché amare vuol dire anche condividere, aprirsi all’altro, donarsi all’altro e credo che implicitamente intenda anche dire che non dobbiamo pensare che amare voglia dire solo soffrire, è come se ci incoraggiasse a non avere paura”. La bionda si zittì.

Regina la guardò impressionata: “Ottimo signorina Swan. È proprio questo che volevo sentir dire”, poi le regalò un dolce sorriso.

Emma si sentì al settimo cielo, aveva fatto centro!

La lezione continuò per un’altra mezz’ora poi Regina lasciò liberi gli studenti, prese la sua borsa e uscì. Emma lanciò uno sguardo alla professoressa e la seguì con gli occhi mentre usciva dall’aula, raccolse le sue cose e si voltò verso Mary Margaret che stava per andare via.

“Io sono Emma” disse porgendo la mano alla moretta.

Margaret sorrise stringendola con la sua: “Sì, credo che qui sappiano tutti il tuo nome” e sorrise facendo riferimento a quanto successo in quei due giorni.

La bionda rise e divenne rossa.

“Mi chiamo Mary Margaret, sono rimasta molto colpita dal tuo intervento di oggi e anche Regina, cioè volevo dire la professoressa Mills” si corresse Margaret arrossendo lievemente.

“Grazie” disse Emma.

“Dal modo in cui ti guardava la prof ha apprezzato moltissimo le tue parole. Regin… la prof non sorride facilmente”.

Emma annuì.

“Bene – disse Margaret e sospirò come a volersi togliere un peso dallo stomaco – ci vediamo la prossima settimana”. La mora si allontanò lasciando Emma sola in quell’aula vuota e silenziosa.

 

***************

Emma uscì poco dopo dall’aula e guardò il corridoio pieno di studenti. Si diresse verso la classe dove aveva la prossima lezione, ma qualcosa attirò la sua attenzione, sbirciò dentro la sala professori e vide Regina che stava parlando animatamente con il preside. La professoressa Mills era rossa in volto e gesticolava vistosamente, poi afferrò la sua borsa e si diresse verso la porta per uscire. Emma indietreggiò, non voleva che Regina la vedesse sbirciare, ma si scontrò con un ragazzo e la sua borsa cadde a terra aprendosi e lasciando uscire alcuni libri. Emma storse la bocca guardando l’alunno che si era allontanato senza neppure aver chiesto scusa.

Si accucciò per raccogliere i libri e la sua mano sfiorò quella di una donna che le porgeva una matita.

“Sta bene?” chiese una voce.

Senza alzare lo sguardo Emma riconobbe quelle gambe così toniche che si erano abbassate e quella voce sensuale, alzò lo sguardo e incontrò il volto di Regina. La donna le sorrise lievemente e si alzò porgendo a Emma la matita e un libro.

Anche Emma si alzò e si morse il labbro, si sentiva tesa e sottopressione, quella donna aveva uno strano potere su di lei, il potere di renderla terribilmente nervosa. Tese la mano per ricevere il volume.

La professoressa lesse la copertina del libro e i suoi occhi brillarono di una luce nuova: “Raccolta completa delle poesie di Kenneth Rexroth” disse ad alta voce e alzò un sopracciglio. “Qual è la sua poesia preferita?” chiese. Gli occhi marroni di Regina scrutarono ancora una volta la bionda.

“Le dieci poesie d’amore di Marichiko” rispose Emma prendendo il libro.

“Ottima risposta” disse la mora e si allontanò lasciando Emma in uno stato di profonda confusione.   

 

*****************

Era arrivato il venerdì sera. Come succedeva sempre, il venerdì e il sabato sera, Emma si recava al ristorante dove lavorava come cameriera. Salutò Ruby, la sua amica di lavoro e coinquilina, intenta ad apparecchiare alcuni tavoli e si precipitò subito nel camerino per cambiarsi. La bionda sola nel camerino si infilò i pantaloni neri di pelle e la camicetta bianca, indossò la cravatta e il gilet. Quello era l’abbigliamento che doveva portare.

“Granny’s” così si chiamava il ristorante era molto famoso a Boston. Capitava spesso che vi si recassero personaggi importanti e per avere un tavolo era necessario prenotare molto tempo prima. Emma uscì dalla stanza riservata al personale e aiutò Ruby nell’apparecchiare i tavoli che restavano. L’atmosfera da “Granny’s” era molto intima: c’erano luci soffuse che scendevano dal soffitto e una musica leggera. L’arredamento era stato scelto con notevole gusto: il parquet, il bancone e i tavoli in mogano, le colonne ai quattro lati della sala e una piccola fontana al centro.

I primi clienti fecero il loro ingresso ed Emma li accolse con un sorriso.

 

****************

Era passato molto tempo da quando aveva letto quel libro di poesie, eppure le era tornata la curiosità dopo che aveva visto il volume uscire dalla borsa della sua alunna, quella Emma Swan, che a tratti la divertiva, a tratti la irritava ma che era sicura nascondesse delle grosse potenzialità intellettuali, lo dimostrava il fatto che leggesse le opere di Kenneth Rexroth. Sfogliò il volume del poeta americano e si soffermò sulle “dieci poesie d’amore di Marichiko”. Lesse qualche verso e ne rimase molto colpita, non ricordava che fosse così carica di sentimento:

Sto seduta al mio tavolo.

Che cosa posso scriverti?

Malata d’amore,

anelo a vederti in carne e ossa.

Posso scrivere solo:

“Io ti amo, ti amo, ti amo.”

L’amore mi spacca il cuore

e mi strazia le viscere.

Spasimi di desiderio mi soffocano

e non vogliono smettere.

 

“Non c’è che dire – disse ad alta voce Regina – Emma Swan sa davvero come stupire le persone”.

Il suono del campanello la riportò alla realtà. Guardò l’orologio e poggiò il libro sul divano dove si era seduta. Andò alla porta e la aprì: “Ciao” disse sorridendo.

“Sei pronta?” le chiese una voce femminile.

Regina annuì, prese la borsa, il cappotto e uscì di casa insieme alla donna.

“Davvero sei riuscita a prenotare da “Granny’s?” chiese la mora.

L’altra annuì: “Sì sorellina cara, sono stata brava?”.

Gli occhi verdi di Zelena brillarono e un largo sorriso le si dipinse sulle labbra.

“Non riesco a credere che sono riuscita a farti uscire di casa” la canzonò la sorella.

Regina alzò gli occhi al cielo: “Sai benissimo che sono sempre molto impegnata con il lavoro”.

“Sì, certo. Regina, il lavoro è importante, ma non è tutto” replicò la sorella mentre le due montavano in macchina.

La conversazione continuò ancora per l’intera durata del tragitto. Poi la Ford di Zelena si fermò poco distante dal ristorante.

“Magari conosceremo qualche personaggio famoso, da quanto non esci con un uomo?” le chiese la sorella e rise.

Regina la fulminò con lo sguardo, la sorella rispose mettendo le mani avanti in segno di resa. Zelena entrò per prima, Emma subito le andò incontro aprendole la porta.

“Buonasera signor…” la bionda si bloccò non appena vide Regina che seguiva la donna.

La professoressa guardò la ragazza e rimase piacevolmente sorpresa nel vederla.

La giovane ebbe un tuffo al cuore.

“Emma” la chiamò Regina. La bionda non poteva crederci, aveva detto il suo nome.

Zelena si voltò verso la sorella e sorrise: “Vi conoscete?”.

Intanto Regina squadrava la giovane dall’alto al basso, mentre la bionda gentilmente porgeva loro il braccio per prendere i cappotti.

“Sì – disse Regina – è una delle mie alunne”.

Emma si voltò e fece strada accompagnando le due donne al tavolo prenotato a loro nome.

In quel breve tragitto la bionda provò mille sensazioni tra loro contrastanti: paura, soggezione, terrore e qualcos’altro che non riusciva a decifrare. Appese i cappotti vicino al tavolo delle due donne e offrì loro il menù, mentre Regina si sedeva accavallando le gambe.

Era bellissima quella sera, non indossava il solito tailleur da professoressa, sebbene fosse già molto provocante così, aveva un vestito nero che le calzava come un guanto, lasciando poco spazio all’immaginazione e un paio di scarpe con tacco che avrebbero fatto girare la testa a chiunque.

“Sono sorpresa di vederla qui - disse Regina parlando alla bionda – non sapevo che lavorasse in questo ristorante così lussuoso”.

Zelena alzò lo sguardo dal suo menù e fissò la mora.

Emma intanto stava versando il vino della casa nei bicchieri delle due donne.

“L’apparenza a volte inganna” disse.

“Beh non c’è che dire, signorina Swan, lei mi sta stupendo ogni volta”.

La ragazza sorrise e chiese alle due donne cosa volessero mangiare. Consigliò alcune specialità della casa e, una volta annotato tutto, si fiondò in cucina, ansimando vistosamente e sbuffando.

“Tutto bene Em?” chiese Ruby passandole accanto con alcuni piatti sporchi ritirati da un tavolo.

Emma scosse la testa a dire no ma rispose con un sì. L’amica aggrottò la fronte, posò i piatti in cucina e tornò a servire i tavoli.

La serata trascorse come sempre, Emma correva da un tavolo all’altro, e quando passava vicino a Regina sentiva spesso lo sguardo della donna su di lei.

“Ha detto che la sto stupendo ogni volta” pensò tra sé la giovane. Ma perché dava così tanta importanza a quello che pensava quella donna di lei? Perché si sentiva così strana quando le stava vicino? Certo Regina aveva un grande carisma, ma questo non giustificava i sudori freddi, lo stomaco che si attorcigliava e la sensazione di essere sempre osservata.

Dall’altro lato Zelena e Regina chiacchierarono animatamente, risero e mangiarono di gusto.

Emma osservava da lontano la sua prof, non avrebbe mai pensato che quella donna potesse ridere così, aveva un sorriso meraviglioso eppure lo teneva per pochi intimi, come aveva detto Mary Margaret.

Alla fine Emma portò il conto al tavolo delle due donne.

Regina lo guardò e fulminò la bionda: “Davvero vuole che la sua professoressa paghi il conto?” chiese.

La bionda sentì una doccia fredda abbattersi su di lei. Guardò Zelena con un’espressione mista tra l’allarmato e il terrorizzato, non sapendo cosa dire balbettò qualcosa di confuso.

La professoressa vedendola in difficoltà scoppiò in una sonora risata. La bionda non capì.

Zelena sfiorò il braccio della giovane cercando di rassicurarla: “Mia sorella sta scherzando, ovviamente”.

“Ovviamente” rispese Emma non riuscendo più a capirci niente.

“Si rilassi Emma - disse Regina e le fece l’occhiolino – era tutto molto buono, faccia i complimenti al cuoco da parte nostra”.

La giovane si sentì mancare: la prof le aveva fatto l’occhiolino e aveva appena scherzato con lei, cercò di sorridere, quindi salutò la professoressa e la sorella che uscirono dal ristorante, così finalmente poté ricominciare a respirare.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Ecco qui il secondo capitolo della mia FF... Buona lettura!!! Vi ricordo che i capitoli usciranno ogni mercoledì

CAPITOLO 2

Regina se ne stava immersa nella lettura di un libro, i suoi occhi leggevano avidamente i passi di quell’autore e tutto intorno sembrava non esistere. Aveva scelto un tavolo in disparte, lontano dai giovani che si recavano quotidianamente in biblioteca per far finta di studiare. Stava trascrivendo alcune frasi su un blocco notes, quando un lampo squarciò il cielo. Alzò lo sguardo e fissò i vetri della finestra poco distante da lei, gocce di pioggia cominciarono a bagnarli.

“Un temporale in piena regola” sussurrò sospirando un po’ irritata e si guardò le scarpe non proprio adatte per una tempesta del genere. Poi qualcuno attirò la sua attenzione: una giovane donna bionda, dai lunghi capelli ondulati, stava armeggiando presso uno scaffale di libri cercando di prenderne uno che si trovava piuttosto in alto. La osservò divertita, mentre si allungava sulle punte dei piedi e sfiorava la costola del libro senza prenderlo. La ragazza si guardò intorno, sicura di non essere vista e poggiò un piede sul primo scaffale, si issò e afferrò il volume, sorrise furbescamente, ma quando si voltò incontrò lo sguardo accigliato di Regina e l’espressione di rimprovero dipinta sul suo volto. Emma colpita, riportò il piede sul pavimento e salutò la donna.

“Buonasera professoressa”.

La mora ricambiò con un sorriso appena abbozzato.

“È così che si tiene in forma miss Swan, scalando gli scaffali delle biblioteche?”.

Emma rise, ma Regina rimase impassibile.

“È la prima volta che lo faccio” si giustificò la bionda.

“Ricordi che c’è sempre una prima volta per tutto, ma questo non vuol dire che bisogna necessariamente farlo”.

Emma aggrottò la fronte: “Non sono sicura di aver capito, mi scusi”.

La mora scosse la testa: “Non importa. Che ci fa qui?” chiese infine.

“Sono venuta per questo” e mostrò la copertina del volume. Regina posizionò i suoi occhiali sul naso e lesse: “Come scrivere un romanzo di successo”.

Emma annuì.

“Lei scrive romanzi?” chiese la donna.

“Beh, per adesso racconti brevi - disse Emma – ma non è facile, insomma a volte mi capita di pensare a una bella storia, la immagino, mentalmente la racconto, ma quando provo a scriverla sul computer non riesco mai a fare un lavoro che mi soddisfi”.

“Ho capito” disse Regina e si tolse gli occhiali, facendo gesto a Emma di avvicinarsi. La bionda rimase immobile, cosa doveva fare? Avvicinarsi? Dio mio, mai! Aveva paura, paura di invadere lo spazio della donna, paura di sentirla troppo vicina, paura di svenire. Nonostante questo deglutì e si avvicinò. Un profumo buonissimo le invase le narici, chiuse gli occhi mentre Regina avvicinò le sue labbra carnose rosso fuoco all’orecchio della giovane.

“Vuole un consiglio? Butti via quel libro”.

La voce calda e leggermente roca di Regina le entrò dentro l’anima, un tuono riportò Emma alla realtà, si allontanò e, con la bocca spalancata, guardò la mora.

“Seriamente?” chiese la bionda.

“Certo che no – disse Regina – voglio dire non letteralmente. Questi libri che dicono di insegnare come si scrive un romanzo sono fasulli, bisogna leggere, leggere e ancora leggere, è l’unico modo”.

“Grazie professoressa” disse Emma e si allontanò per sedersi a un tavolo poco distate dalla donna. La giovane alzava lo sguardo ogni tanto per cercare di carpire i movimenti della prof. Era talmente bella immersa nella sua lettura, quegli occhiali con la montatura nera la rendevano ancora più interessante, la classica prof intellettuale che sotto sotto sapeva far eccitare anche un cieco. Ma cosa stava pensando? Si domandò allarmata! Lei non aveva mai fatto discorsi del genere. Perché Regina le faceva quell’effetto? Cosa voleva dire? Provava forse qualcosa per quella donna?

Si fecero le sette e mezza, la biblioteca stava per chiudere. Emma, che si era concentrata sul suo libro da una buona mezz’ora, alzò lo sguardo e notò che Regina non era più al suo posto. Era andata via e non l’aveva neppure salutata. Si sentì molto delusa, prese la sua borsa, se la mise a tracolla e uscì all’esterno dell’edificio. Stava piovendo.

“Merda!” disse imprecando. Guardò il suo Maggiolino che si trovava dall’altra parte della strada. Si strinse nel suo giaccone e corse verso la macchina, aprì lo sportello ed entrò all’interno. I suoi capelli erano bagnati, i suoi jeans erano bagnati. Imprecò. Inserì la chiave nell’accensione ma la macchina non si accese, riprovò ma niente.

“Andiamo, andiamo” la incitò la giovane. Sbatté le mani sul volante e chiuse gli occhi. Qualcuno bussò al suo finestrino. Emma si girò e scorse il volto di Regina. La donna, che teneva un ombrello in mano, fece cenno alla bionda di abbassare il vetro.

“La vedo un po’ in difficoltà Emma, che succede?” si sporse in avanti per guardare la ragazza.

La giovane sospirò: “È colpa di questo ammasso di ferro, non vuole partire”.

“Ha bisogno di un passaggio?” chiese.

Emma impallidì. Loro due in macchina da sole? Lei nella macchina con la sua prof?

“Non è necessario, grazie, prenderò l’autobus” disse gentilmente la giovane.

“Oh andiamo, non dica sciocchezze, la mia macchina è proprio lì perché aspettare l’autobus e bagnarsi ancora di più?”.

La bionda sospirò, effettivamente aveva ragione. Uscì dalla vettura e Regina avvicinò l’ombrello permettendo alla ragazza di ripararsi, quindi indicò la Mercedes nera parcheggiata all’angolo della strada. Emma entrò nella vettura e riconobbe subito il profumo che indossava la donna. Regina si mise al posto del guidatore.

“Dove devo portarla?” chiese e guardò Emma negli occhi.

La bionda abbassò lo sguardo verso le labbra della donna e titubante indicò l’indirizzo dell’abitazione.

“Vive da sola Emma?” chiese Regina mentre inseriva la freccia e si immetteva nella strada silenziosa.

“No, vivo in un piccolo appartamento con un’amica, la ragazza che lavora con me da “Granny’s” disse.

La mora annuì e si concentrò sulla guida. Emma ogni tanto, con la coda dell’occhio, cercava di carpire qualche movimento della guidatrice. Era sceso il silenzio tra le due, solo il rumore delle gocce di pioggia sul tergicristallo e il suono del cuore di Emma che batteva forte, facevano da colonna sonora a quel momento.

“Mi dica Emma, oltre a lavorare, seguire le lezioni al college e scrivere racconti fa anche altro?” e si girò per una frazione di secondo verso la bionda che abbozzò un sorriso imbarazzata.

“Poesie, scrivo anche qualche poesia”.

“Quindi il suo sogno è diventare una scrittrice” concluse Regina.

“Una giornalista, vorrei diventare una giornalista”. La mora accostò la macchina al marciapiede e spense il motore.

Emma guardò la donna con un’espressione interrogativa. “Ho detto qualcosa che non va?”.

Regina la osservò divertita: “No, si è espressa in un corretto linguaggio, senza errori grammaticali o di tempo, quindi no”.

La bionda non capiva, allora Regina indicò oltre il finestrino: “Siamo arrivate, quella non è casa sua?”.

Emma sorrise e quel sorriso le illuminò il volto come non era mai successo, gli occhi verdi della ragazza risplendettero come il sole e la mora per una frazione di secondo ebbe un sussulto.

“Credevo che mi volesse scaricare in mezzo alla strada perché le avevo confessato di voler diventare giornalista”.

Regina ricambiò il sorriso: “Sì, lo avevo capito”. Il silenzio cadde di nuovo tra loro. Emma non voleva scendere da quella macchina, voleva rimanere lì al fianco di quella donna e guardarla per ore e ore.

“Penso che sia il caso che vada” disse infine, sempre più imbarazzata, salutò la donna e scese di macchina. Regina non ripartì subito, la guardò salire le scale e trafficare, sotto la pioggia, davanti alla porta di casa per poi allargare le braccia, guardare la prof con aria sconsolata e tornare verso la macchina.

“Che succede Emma?” chiese Regina dopo aver abbassato il vetro del finestrino.

“Credo di essermi dimenticata le chiavi dentro casa” e fece una smorfia. La pioggia cadeva incessante e lei era ancora più bagnata.

“Salga in macchina” le disse la donna.

“Ma…”.

“Salga le ho detto!” ripeté con tono intimidatorio.

La giovane aprì lo sportello e si sedette sul comodo sedile.

“Non c’è nessuno in casa?” chiese Regina.

Emma scosse la testa. “Ruby non è ancora tornata, ma non si preoccupi per me, l’aspetterò qui, tornerà da un momento all’altro”.

“E se così non fosse?” disse la mora. Dopo aver esitato un attimo sul da farsi, disse: “Venga a casa mia”.

Emma si girò verso Regina come se l’avesse appena sentita pronunciare la parolaccia più volgare di questo mondo.

“C…c…cosa? No, no, non si deve disturbare!”, sembrava spazientita, quasi offesa da quell’invito.

“Non la lascerò fuori di casa. Con questa pioggia, bagnata com’è rischia di prendere una polmonite – quindi guardò la bionda dritto negli occhi – Venga da me, più tardi telefonerà a Ruby e se sarà a casa la accompagnerò io”, la voce della donna era tranquilla e controllata.

La ragazza sospirò e annuì.

“E sia!” si limitò a dire Regina che accese il motore e schiacciò l’acceleratore.

 

*************

Regina accese le luci di casa e fece accomodare Emma nel soggiorno, chiedendole di consegnarle il giaccone.

Emma ringraziò e si guardò attorno: la casa di Regina era davvero bellissima, davanti a lei si apriva un corridoio che proseguiva nel soggiorno, le pareti erano dipinte con un bianco panna e c’erano vari quadri appesi, avanzò e scoprì sulla destra la cucina.

“Prego – disse la mora – faccia come se fosse a casa sua”.

“È difficile – rispose Emma – casa mia è grande quanto la sua cucina”.

Regina abbozzò un lieve sorriso.

“È pur sempre un tetto” rispose la donna che si era allontanata un attimo.

“Sì, vero, un tetto con grandi chiazze di muffa, ma pur sempre un tetto” alzò la voce la giovane.

Regina ricomparve con alcuni asciugamani. “Mi segua, Swan, immagino voglia farsi una doccia”.

Emma seguì Regina al piano superiore, attraversarono il salotto e dovettero salire due rampe di scala e la bionda che era dietro, non poté fare a meno di osservare il fondoschiena rotondo e sodo della sua professoressa. La donna la fece entrare nella sua camera da letto. Per Emma fu come entrare in un luogo proibito: c’era un grande letto matrimoniale e un armadio in ebano posto in un angolo della parete; dal lato opposto, una finestra e accanto una porta che conduceva al bagno. Appesa al muro una cornice con una foto in bianco e nero che ritraeva Regina insieme a un bambino che sorridevano. La mora poggiò gli asciugamani sul letto e aprì l’anta dell’armadio. Emma si sfregò le braccia, cominciava a sentire freddo. Regina tirò fuori un paio di pantaloni appartenenti a una tuta e una felpa con cappuccio.

“Questo dovrebbe andarle bene – disse squadrando la giovane dall’alto al basso e constatando che aveva un fisico impeccabile – lei è un po’ più alta di me, ma non si dovrebbe notare”. Poggiò tutto sul letto e indicò la porta del bagno.

“Prego, faccia con comodo, io intanto vado a preparare qualcosa da mangiare. Le vanno degli spaghetti?”.

Emma annuì: “Sì, grazie”.

Regina uscì dalla stanza e socchiuse la porta. Restò qualche secondo davanti all’uscio, poi discese le scale verso la cucina.

 

*************

Il getto di acqua calda risollevò Emma. Quella doccia le ci voleva proprio per lasciarsi alle spalle tutti i brividi che le avevano attraversato la schiena a causa della pioggia. Utilizzò lo stesso shampoo che usava Regina, respirò il suo aroma e per un istante la immaginò lì, con lei, entrambe nude che si sfioravano e sentì lo stomaco torcersi. Non riusciva a credere a quanto le stava succedendo, non riusciva a pensare che fosse lì, a casa di quella donna così maledettamente sexy, per fortuna che quel sabato sera non doveva lavorare da “Granny’s”, non avrebbe potuto perdere un’occasione del genere. Si stava innamorando di quella donna, era inutile negarlo ancora, lo aveva fatto semplicemente perché sperava che non ammettendolo, quel sentimento sarebbe svanito, ma non era così. Più la vedeva, più stava a contatto con lei e più il desiderio di possederla aumentava. Chiuse l’acqua della doccia e uscì, si asciugò, mentre incuriosita si guardava attorno. Era un bagno come tanti altri, eppure in quel bagno Regina Mills si era spogliata, truccata, lavata milioni e milioni di volte. Prese il phon e si asciugò i capelli lasciandoli leggermente umidi in modo che sembrassero ancora più mossi e morbidi, prese i pantaloni che le aveva dato la donna e se li portò al viso per scoprire quale fosse l’odore che aveva la mora quando si trovava a casa. Respirò quell’aroma inebriante che sapeva di rose e di lavanda e poi si vestì. Scese da basso ed entrò in cucina.

Regina stava mettendo la pasta fumante nei piatti. Prese un ramaiolo e lo immerse nel sugo di pomodoro, poi lo versò abbondantemente sopra la pasta.

Alzò lo sguardo verso Emma e rimase a osservarla per qualche istante senza parlare, piacevolmente sorpresa dal look della ragazza, da quei capelli color grano che le ricadevano sulle spalle e da quegli occhi verdi che sembravano nascondere un grande segreto.

“Emma, si sieda - disse indicando il suo posto – spero che le piacciano le tagliatelle al sugo, purtroppo ho finito gli spaghetti”.

La bionda guardò il piatto con sguardo famelico, si sedette e Regina le porse il formaggio.

“Lo metta, sentirà che buono. Mia madre ha vissuto molti anni in Italia e mi ha trasmesso un po’ delle sue ricette”.

“Buon appetito” disse Emma e si mise a mangiare. Per qualche minuto nessuna delle due parlò più.

Regina versò del vino rosso nel bicchiere della studentessa.

“Lei beve signorina Swan?”.

“Non spesso” si limitò a rispondere. Alzò il bicchiere e guardò Regina, per la prima volta sostenne veramente il suo sguardo, la osservò attentamente, i suoi occhi in quelli marroni della donna che alzò il bicchiere e ricambiò lo sguardo.

“Alla mia professoressa che mi ha salvato da una polmonite certa”.

Regina rise. Per la prima volta da quando Emma l’aveva conosciuta, quella corazza che la proteggeva sembrò farsi meno impenetrabile.

“A Emma – disse Regina – che mi stupisce ogni volta e che è davvero una persona interessante”, si portò il calice alle labbra e bevve. Emma rimase sbalordita, senza parlare, aveva capito bene? Aveva detto che la trovava interessante. La bionda arrossì e tornò a gustarsi le tagliatelle. Finita la cena Emma aiutò Regina a lavare i piatti, poi la prof la lasciò da sola per qualche minuto, il tempo di togliersi gli abiti da lavoro e indossare qualcosa di più comodo, ricomparve con un paio di pantaloni larghi e un maglione molto grande che le pendeva da un lato lasciando scoperta una spalla e rivelando l’assenza del laccio del reggiseno.

“O ha un reggiseno a fascia, oppure sotto non ha niente” osservò Emma tra sé e si sentì invadere da un forte calore. 

Passarono nel salotto, sedute sul divano le due donne parlarono molto, mentre il fuoco nel camino scoppiettava e illuminava i loro volti. Regina era molto più rilassata, scherzò e rise ed Emma si trovò di fronte una persona completamente diversa dalla professoressa Mills, una donna che era molto simile a quella che aveva già conosciuto al ristorante insieme a Zelena.

“Quindi quando mi farà leggere qualcosa di suo?” chiese Regina.

Emma la guardò meravigliata: “Veramente?”.

La mora alzò la mano: “Certo”.

“Anche subito se vuole”.

La prof annuì. Emma si alzò e prese la sua borsa, vi rovistò all’interno e tirò fuori un quaderno, sfogliò freneticamente le pagine sotto lo sguardo indagatore di Regina, le porse il blocco notes. La donna inforcò gli occhiali e lesse ad alta voce: “La luce”

Sembravano rincorrersi le voci,

dentro tutto era quiete,

il brontolio del fuoco, l’unico rumore.

L’anziana signora

disegnava cerchi smeraldini nell’aria,

fili d’oro si snodavano

inondando le pareti.

Poi fu buio

e l’anziana signora sparve,

pronta a tornare all’alba.

 

Il silenzio cadde nella stanza. Emma sentiva il suo cuore battere forte nel petto. Regina si tolse gli occhiali e la guardò.

“Molto bella, miss Swan”.

Emma che per tutta la durata della lettura aveva avuto il volto tirato, si rilassò.

“Dice davvero?”.

“Certo, è molto delicata, ha un bel suono, complimenti” e le sorrise, poi guardò l’orologio: “Vedo che ne ha scritte diverse - si alzò – ma credo sia arrivato il momento di andare a dormire”, consegnò il quaderno alla sua proprietaria.

Ruby aveva risposto al messaggio di Emma, ma sarebbe rientrata tardi a casa, si trovava al ristorante e aveva molto da fare. La giovane aveva optato per andare da “Granny’s” e prendere le chiavi così non avrebbe disturbato oltre Regina ma lei aveva negato, dicendo che, anzi, le faceva piacere avere compagnia.

Quando si presentò il momento di andare a dormire la bionda fu presa dall’imbarazzo, Regina le aveva lasciato il suo letto matrimoniale, nonostante Emma avesse insistito per dormire sul divano. Non ebbe altra scelta di fronte al no categorico della mora, si infilò sotto le lenzuola e cominciò a fantasticare su quel letto dove dormiva la prof. Poi si addormentò.

 

**************

Regina passò davanti alla sua camera per recarsi all’altro bagno e si fermò davanti alla porta socchiusa. Sentì gemere, spinse la maniglia e fece capolino rimanendo affascinata: la luce della luna che filtrava dalla finestra illuminava il corpo addormentato di Emma. I capelli biondi ricadevano sparsi sul cuscino. La ragazza aveva allontanato le lenzuola e le sue gambe erano ben in vista così pure i suoi slip. Regina sentì un lieve rossore comparire sulle guance, sapeva che non avrebbe dovuto starsene lì a guardare la ragazza eppure il suo corpo l’affascinava.

“Regina” sussurrò la giovane. La mora temette che si fosse svegliata e che l’avesse vista sulla porta, ma stava solo sognando. Accostò la porta e si allontanò. Controllò che tutto fosse in ordine in casa e poi si distese sul divano e si addormentò.

 

*******************

Qualcuno la destò dal suo sonno. Emma aprì gli occhi e la luce del giorno la costrinse a socchiuderli. Si trovò davanti un bambino di circa nove anni.

“Sì è svegliata! Sì è svegliata” urlò e corse via.

La bionda si passò una mano tra i capelli e si guardò attorno spaesata. Da basso sentì la voce calda di una donna, una voce familiare, ebbe un tuffo al cuore: si trovava in un letto matrimoniale disfatto, il letto di Regina Mills, avevano dormito insieme? Avevano fatto l’amore? Sentì la gola chiudersi e poi tirò un sospiro di sollievo, adesso ricordava, aveva dormito da sola in quel grande letto. Si alzò meccanicamente, andò in bagno per lavarsi il viso e fare pipì e poi scese soffermandosi sulla porta della cucina e appoggiandosi allo stipite a osservare Regina indaffarata a preparare la colazione. Seduto al tavolo c’era il solito bambino, aveva un grosso cucchiaio in una mano e lo batteva delicatamente sul tavolo.

“Co-la-zio-ne! Co-la-zio-ne!” urlava. La mora sorrise, allungò le braccia e mostrò al piccolo i pugni chiusi .

“Quale scegli?” chiese.

Il bambino sfiorò il pugno destro, la mora girò la mano, aprì il palmo e mostrò una pallina colorata.

“Mamma! Una pallina, grazie!” disse il piccolo e i suoi occhi brillarono di felicità.

Regina sorrise e scrollò dolcemente i capelli al figlio, poi sollevò lo sguardo e vide Emma sulla porta, la colpì la sua bellezza, in particolare le sue gambe lunghe e dalla carnagione rosea che uscivano da sotto una maglietta larga che le faceva da mini vestito. Risalì con lo sguardo e si soffermò sul volto e sui capelli un po’ spettinati della ragazza che ricadevano sui seni.

Emma si accorse di quell’attenzione prolungata e arrossì.

“Buongiorno Emma” disse Regina regalando un sorriso alla bionda. “Spero che Henry non l’abbia buttata giù dal letto”.

“Buongiorno Regina” rispose la studentessa avvicinandosi al tavolo di cucina e rivolgendo un sorriso al piccolo che ora la guardava con il grosso cucchiaio colmo di cereali al cioccolato e latte.

“E quindi questo è tuo figlio” disse rendendosi conto di aver dato del tu alla sua professoressa.

La mora non sembrò sorpresa o comunque fu brava a nasconderlo, non rispose e versò il caffè in una tazza che aveva preparato per Emma.

“Forse sarebbe il caso che lei si mettesse dei pantaloni” disse Regina lanciando uno sguardo alle gambe della bionda. Emma arrossi.

“Credevo di aver buttato via quella maglia, ma evidentemente…”.

“Sì, beh, ieri sera stavo cercando qualcosa di più comodo per dormire e…” balbettò.

“E ha pensato bene di frugare nel mio armadio” disse Regina alzando il sopracciglio.

“Mi dispiace” disse la ragazza.

“Si sieda – ordinò la mora – non è così grave”.

Quella donna era così maledettamente irritante a volte, si divertita a punzecchiarla solo per il gusto di vedere come avrebbe reagito, era perfida, eppure le piaceva da impazzire anche quel lato del suo carattere.

Mentre facevano colazione, Henry mostrò la pallina a Emma.

“Hai visto che bella?” sorrise, aveva gli occhi di sua madre e pure il sorriso era di Regina. Emma si sentì invasa da un tale amore per quel piccolo esserino, sebbene lo conoscesse appena.

“Ti piacciono le palline che rimbalzano?” chiese la bionda aprendo il palmo della mano e lasciando che il piccolo vi mettesse la palla.

“Oh, lui le adora letteralmente – rispose la madre – ne avrà un centinaio di sopra – poi guardò Henry – su racconta a Emma delle tue palline”.

La giovane osservò Regina e suo figlio e sentì una stratta al cuore, era convinta che avrebbe amato anche lui, oh no, in realtà già lo amava.

 

**************

Emma si fermò sulla porta di casa. Henry le corse incontro e l’abbracciò.

“Vai già via?” chiese. Regina guardò quel siparietto divertita e meravigliata.

La bionda annuì. Allora il piccolo le consegnò la sua pallina.

“Non posso accettare, questa è tua, è un regalo di tua madre” disse la ragazza inginocchiandosi per guardare il bambino negli occhi.

“Puoi tenerla per un po’ – disse Henry – così hai una scusa per tornare” e scappò via.

Regina alzò il sopracciglio e sorrise.

“Tuo figlio è proprio una forza!”.

I loro sguardi si incontrarono, gli occhi verdi di Emma persi in quelli marroni della professoressa.

“Suo figlio, volevo dire suo figlio” si corresse.

Regina scosse la testa: “Non si preoccupi”.

“Bene – disse Emma abbassando lo sguardo, era un po’ imbarazzata – grazie per tutto, persino per aver lavato e asciugato i miei vestiti”.

“Figurati Swan”. Emma alzò lo sguardo, le aveva dato del tu. “Ci vediamo a lezione, domani… puntuale” e scandì bene l’ultima parola.

La bionda sorrise e annuì, uscì nel caldo sole di quella domenica. Si sentiva bene, terribilmente bene. Sospirò guardandosi attorno, respirò l’aria di quella giornata tiepida di metà aprile e si avviò lungo la strada con le mani infilate nelle tasche del suo giubbotto.

Qualcuno però osservava la scena dall’interno di una macchina. Non appena Emma scomparve dietro l’angolo, la vettura si allontanò. 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Ecco a voi il Terzo Capitolo!! Buona lettura a mercoledì prossimo :)

 

CAPITOLO TRE

Quel lunedì mattina Emma arrivò alla Boston University puntuale, anzi con circa mezz’ora di anticipo. Si sentiva bene, dopo aver lasciato Regina la domenica mattina, era stata invasa da un buonumore che non provava da molti anni. Era tornata a casa e aveva trovato Ruby ad attenderla con un sorriso malizioso sulle labbra, l’aveva riempita di domande su cosa avesse fatto quel sabato sera e con chi avesse passato la notte, particolare su cui aveva taciuto quando si erano sentite la sera prima, ma il sorriso della sua coinquilina si era sciolto quando la bionda le aveva detto che aveva dormito da Regina.

“Dalla tua prof? – chiese Ruby – da quell’antipatica?”.

Emma la fulminò con lo sguardo. “Non è antipatica, tutt’altro e ha un figlio meraviglioso”.

Ruby rise.

“Cosa?” chiese la bionda.

“Sei passata dalle serate in discoteca ai pigiama party con la professoressa di letteratura, ti stai rammollendo” e dette una pacca sul sedere alla ragazza.

Emma sorrise e pensò che nessuna delle serate passate in disco poteva mai eguagliare quella che aveva passato con Regina.

Pensava a queste cose quando sentì qualcuno che la chiamava, si voltò e vide Mary Margaret. La bionda le regalò un ampio sorriso e la salutò, la moretta ricambiò il saluto, ma il suo volto era tirato e preoccupato.

Varcarono il cancello e si avviarono all’interno del giardino, c’era molto baccano, ragazzi che ridevano, altri che urlavano, ma quando Emma e Mary passarono, molti si girarono e alcuni si zittirono.

La bionda si accorse di quel cambiamento repentino, ma entrò nell’edificio con naturalezza.

Dentro c’era un gran via vai, alcuni studenti si erano accalcati davanti alla porta del preside Gold. Emma guardò la scena incuriosita, si era fermata in disparte insieme a Mary Margaret. La bidella, cercò di allontanare i ragazzi e li intimò di entrare nelle aule, senza ottenere grandi risultati.

“Cosa sta succedendo?” chiese Emma alla sua amica e notò che dentro la stanza del preside c’era Regina.

“Emma, è successa una cosa” sussurrò Mary.

La bionda si voltò a guardare Margaret non capendo perché stesse parlando a bassa voce, quindi la ragazza fece cenno di seguirla in un luogo appartato.

“Girano delle voci” disse Mary abbassando lo sguardo.

Emma aggrottò la fronte: “Che genere di voci, non capisco”.

“Su di te e… - la ragazza si trattenne – la professoressa Mills”.

Emma sentì le gambe cedere e si fece paonazza.

“Tra me e Regina?” disse e Mary Margaret restò sorpresa per aver sentito con quanta confidenza e sicurezza Emma avesse chiamato la loro prof.

“Dicono che ti hanno vista uscire da casa sua domenica mattina”.

La bionda cominciò a pensare freneticamente a quella mattina, aveva notato qualcosa di strano fuori? Qualcuno che la stesse seguendo? Ma perché si faceva tutti quei problemi, non era successo niente tra di loro. Stava per aprire bocca quando dalla stanza del preside giunse la voce potente di Regina seguita da un colpo secco.

La due ragazze si voltarono verso la porta di Gold. Emma sbarrò gli occhi.

 

****************

“Non devo render conto della mia vita privata né a lei né a nessun’altro!” urlò Regina che si era alzata dalla sedia e guardava il preside Gold dritto negli occhi. “Soprattutto se non c’è niente di cui debba render conto!”.

Gold era seduto sulla sua poltrona dietro la scrivania, con le mani incrociate e guardava Regina leggendo il fuoco nei suoi occhi.

“Ho semplicemente aiutato una mia alunna in un momento di difficoltà, non è un reato!” disse con voce alterata.

“Regina – parlò con calma Gold – sappiamo tutti e due che tu non hai fatto niente di male, ma sappiamo anche del tuo passato e dato che ricopri un incarico piuttosto importante in un’università prestigiosa e stai a contatto con molti ragazzi, dovresti cercare di controllarti”.

“Ancora con questa storia!” urlò la mora e sbatté il pugno sul tavolo.

Gold restò impassibile.

“Era un insegnante, non un alunno” precisò Regina.

Il preside non parlò, guardò la mora negli occhi.

“Ci conosciamo da molto tempo tu e io – disse l’uomo – e so anche che sei una persona ligia al dovere e che saprai trovare il modo di ricacciare indietro queste false illazioni ancora prima che comincino”. Gold si alzò dalla sedia. Gli occhi di Regina mandavano scintille infuocate, le sue mascelle si contraevano istericamente.

L’uomo mise la mano sulla maniglia della porta: “Prenditi qualche giorno” disse.

Regina sentì la rabbia salire dentro di sé, strinse i pugni. “Dovrei darla vinta a chi ha messo in giro queste fesserie?” urlò. “Non ti disturbare…” aprì la porta e uscì, si girò e urlò in modo che tutti la sentissero: “Me ne vado io!”.

La mora si incamminò sotto gli occhi degli alunni che avevano formato un cordone a destra e a sinistra e guardavano silenziosi il passaggio della donna. Solo i tacchi di Regina risuonarono in quel momento. Emma trattenne il respiro quando la mora le passò accanto e le rivolse lo sguardo gelandola. Regina pensava forse che fosse stata lei a spifferare tutto? Con la stessa indifferenza la prof guardò Mary Margaret e proseguì testa alta uscendo dalla porta principale.

Una volta che la porta si fu chiusa si alzò un brusio tra i ragazzi.

“In classe!” urlò Gold battendo le mani. La folla di alunni si ricompose e ognuno entrò nella propria aula così fecero anche Emma e Mary Margaret, ma la bionda si sentiva un macigno sullo stomaco, era tutta colpa sua.

 

*****************

“Una relazione con un insegnante… donna?!” ripeté Emma mentre stupita osservava Mary Margaret.

Erano sedute su una panchina, nel giardino dell’università. La bionda guardò il suo tramezzino e sospirò.

“Sì, è andata avanti per un anno circa – continuò Mary – poi qualcuno ha spifferato la cosa al marito, hanno divorziato, le è stato tolto il figlio e l’insegnante è stata trasferita”.

La bionda non riusciva a credere alle sue orecchie.

“Povera Regina” sussurrò e ripensò a quanto l’aveva vista felice insieme a Henry.

Il vento leggero scompigliò i capelli di Emma che per un po’ non parlò immersa nei suoi pensieri, mentre guardava distrattamente un gruppo di ragazzi che giocavano lanciandosi un frisbee. Regina era stata con una donna. Regina aveva amato una donna. Pensò la giovane. Allora forse avrebbe potuto amare anche lei, forse c’era speranza. Scosse la testa per allontanare quei pensieri, non poteva esserci niente tra loro due, erano troppo diverse, troppo lontane.

“Chi può aver fatto la spia su di me?” chiese cercando così di reprimere quei pensieri.

“Oh, chiunque – disse Mary attirando l’attenzione di Emma – In molti sono gelosi della professoressa e farebbero di tutto per farla andar via, ma il Rettore dell’università è Cora Mills…”.

La bionda spalancò gli occhi.

“Sì, la madre di Regina – proseguì Mary – non la licenzierebbe mai. In ogni caso Regina ha vinto il concorso in maniera regolare ed è entrata di ruolo dopo aver svolto molte supplenze e ha una grandissima esperienza come insegnante”.

“Ne parli come se la conoscessi molto bene” disse la bionda.

Mary Margaret arrossì e incontrò lo sguardo indagatore della sua compagna.

“È mia zia” sussurrò.

Emma spalancò gli occhi: “Tu sei la figlia di Zelena?” chiese alzandosi di scatto dalla panchina.

Mary annuì.

La bionda abbozzò un sorriso: “Wow” e scosse la testa.

 

****************

Le lezioni di letteratura tenute dalla professoressa Mills furono svolte da una supplente. Una signora anziana che rendeva le due ore un vero incubo, e infatti il numero degli alunni che vi partecipava si ridusse di molto.

Trascorse una settimana senza che Regina fosse tornata a lezione. Emma stava male, si sentiva in colpa, doveva parlarle, doveva sapere se la prof fosse arrabbiata con lei credendola responsabile di quelle voci messe in giro.

“Vai a trovarla, scusa” disse Ruby vedendola sconvolta.

Emma alzò la testa dal foglio su cui stava facendo l’inventario e i suoi occhi si illuminarono.

La mora afferrò alcune bottiglie di vino e le dispose dietro il bancone.

“Se Maometto non va alla montagna…” e fece l’occhiolino alla bionda.

“Non mi riceverà” disse Emma scuotendo la testa e cercando di concentrarsi sull’inventario.

“Non puoi saperlo se non provi, e poi non credo che Regina sia così stupida da pensare che possa essere stata tu a raccontare del suo invito a casa sua”.

“Come fai a saperlo, non la conosci neppure”.

Ruby alzò le spalle, prese un bicchiere bagnato e cominciò ad asciugarlo con uno straccio.

“In ogni caso, dovresti andare se non altro per l’ammirazione che nutre per te”.

Emma sentì un colpo al cuore. Era vero, Regina l’aveva ripetuto più volte che era rimasta sorpresa da lei, non voleva che pensasse male, non voleva che la stima che nutriva per lei potesse venire meno.

Afferrò il giacchetto di pelle rossa.

“Dove vai?” chiese Ruby, pur sapendo già la risposta.

“Torno tra un’ora!” disse Emma.

L’amica sorrise divertita e tornò ai suoi bicchieri.

 

**************

Bussò alla porta della casa di Regina ma non ottenne risposta. Riprovò mentre il suo cuore batteva all’impazzata. Forse stava sbagliando, e se qualcuno la stesse osservando e avesse raccontato che lei era andata a trovarla? A quello non aveva pensato. Ebbe paura, paura di fare qualcosa che avrebbe rovinato la vita della persona che amava. Dette le spalle alla porta decisa ad andarsene quando sentì la serratura scattare.

“Sì?” chiese una voce roca e sensuale.

Emma cercò di sorridere e si voltò trovandosi davanti Regina che la guardò con un’espressione meravigliata da dietro gli occhiali con la montatura nera.

“Emma” disse.

“Buongiorno professoressa, la disturbo?”.

Regina scosse il capo e si spostò invitandola così a entrare, si tolse gli occhiali e li poggiò sul mobile posto all’ingresso accanto al telefono.

“Qual buon vento signorina Swan?” chiese facendole strada fino al soggiorno e indicandole il divano.

“Posso offrirle qualcosa?”.

“No, grazie” disse Emma con un sorriso tirato. Quell’appartamento era tremendamente silenzioso senza Henry, la bionda ebbe pena per Regina che doveva trascorrere molto tempo in solitudine.

La mora si sedette in poltrona, accanto al divano, dove si era seduta Emma e accavallò le gambe con un movimento talmente sensuale che la ragazza si sentì morire.

“Sono qui – disse Emma mentre si torturava le dita, cosa che non sfuggì a Regina – per chiederle scusa”.

Sul volto della prof si disegnò un’espressione interrogativa.

“Perché? Cosa mi ha fatto signorina Swan?”.

“Beh, è colpa mia se è successo quello che è successo”.

“Se non è stata lei a mettere in giro quelle voci, non ha alcuna colpa” disse la mora poggiando il gomito sul bracciolo.

Emma osservò quel movimento, così aggraziato.

“No, non sono stata io glielo giuro!” disse alzando la voce e sbarrando gli occhi. “Però se io non avessi dimenticato le chiavi lei non mi avrebbe dato ospitalità e tutto questo non sarebbe mai successo”.

“Ottimo uso dei tempi verbali” la canzonò Regina.

Emma si meravigliò e la sua faccia doveva essere stata davvero buffa perché la mora non poté non ridere divertita.

“Emma – cominciò la prof – non è colpa sua. Ci sarà un motivo se Dante Alighieri ha messo gli invidiosi nella parte più bassa del Purgatorio” e cercò nello sguardo della sua alunna un qualche cenno di risposta. “Perché sono tra le persone peggiori. Non conosce la letteratura italiana?”. Emma scosse la testa.

“Dovrebbe…”, Regina si alzò e andò verso il mobile che custodiva gli alcolici, si versò del brandy e poi tornò a sedere.

“Questa situazione, cara Emma, va avanti da molto tempo, da prima che lei entrasse nella mia aula in ritardo”. La bionda sospirò poiché Regina ancora una volta aveva rimarcato il fatto che fosse arrivata tardi.

“E non ne ha abbastanza?” chiese la giovane.

“Sì, ma non posso fare altrimenti, non intendo andarmene da quella scuola per delle stupide voci” disse risoluta.

Emma si guardò le mani, la mora notò che era nervosa.

“Vuole chiedermi qualcosa?”.

La bionda sobbalzò. “Beh, veramente, posso?”.

Regina fece un cenno con la mano: “Puoi…”.

“Ha davvero avuto una relazione con una donna?”. La bionda si pentì subito di quella domanda, perché lesse negli occhi della professoressa un misto tra meraviglia e fastidio.

Regina si portò il bicchiere alle labbra e sorseggiò il liquido giallastro. Poi fissò il bicchiere per alcuni secondi.

“Sì” disse seccamente, ma poi si rilassò e proseguì. “Mio marito ci ha scoperte, avevamo una relazione da circa un anno e mi ha portato via Henry. Ora vive con lui e con la sua compagna e io posso vederlo solo in alcuni giorni”.

“Mi… mi dispiace” sussurrò la bionda.

“Comunque, miss Swan, non ho mai pensato neppure per un attimo che fosse stata lei a raccontare in giro che l’avevo portata a casa mia”.

Emma non seppe se Regina avesse fatto apposta a utilizzare quella frase, ma subito pensò che detta così sembrava davvero una frase provocatoria.

“Non sono una persona che si cura di ciò che pensa la gente, tuttavia vivo la mia vita nel rispetto degli altri e invitarla a casa mia non ha mancato di rispetto a nessuno” concluse finendo di bere e posando il bicchiere sul tavolo in vetro posto vicino alla poltrona.

Regina fino al momento della discussione con Gold non si era soffermata a pensare che invitare Emma a casa sua potesse essere interpretato come qualcosa di diverso da un semplice gesto di cortesia, ma una volta sentite le voci che erano state messe in giro, aveva cominciato a pensare alla bionda in modo diverso, non la vedeva più come una semplice studentessa. Aveva già notato la sua bellezza, ma mai aveva pensato che potesse provocarle qualche sussulto, almeno fino a quando non aveva aperto la porta, poco prima, e l’aveva vista con indosso quel giacchetto rosso di pelle e quel sorriso meraviglioso. Qualcosa era scattato in lei.

“È più tranquilla adesso?” chiese Regina ponendo una mano su quelle di Emma che ancora si contorcevano. La bionda abbassò lo sguardo e si fermò, ebbe paura di alzarlo, ebbe paura di vedere cosa stesse facendo la prof, ma alla fine guardò la donna e si accorse che i suoi occhi la scrutavano, le penetravano l’anima e lei si sentì nuda.

Emma annuì e istintivamente si avvicinò alla mora e prima che quest’ultima potesse fare qualunque cosa le dette un bacio. Regina non si ritrasse, lasciò che le morbide labbra della studentessa si poggiassero sulle sue, poi la bionda si staccò, gli occhi spalancati per quel gesto commesso, si portò una mano alla bocca e si alzò di scatto.

“Mi scusi, io…” senza dire altro, corse verso la porta di casa, afferrò il giacchetto e uscì correndo via.

Regina restò a sedere, meravigliata da quel bacio inatteso ma che le provocò uno sconvolgimento che non provava da tempo. Si alzò dalla poltrona e andò a chiudere la porta, passò davanti allo specchio e si guardò le labbra, sentiva ancora quelle di Emma sulle sue.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Eccomi qui con il continuo della mia FF. Visto che questo quarto capitolo è un pochino corto ho deciso di postare anche il quinto... sperando di farvi cosa gradita :P...

Buona Lettura!!!  A mercoledì prossimo.

 

CAPITOLO QUATTRO

“Non pensavo fossi lesbica” disse Ruby mentre usciva dalla doccia con addosso l’accappatoio. “Ci proverai anche con me?” e sorrise.

Emma le lanciò un’occhiataccia e tornò a guardare il libro di storia. Erano tre volte che rileggeva la stessa frase ma niente, non voleva entrarle in testa.

“Non sono lesbica – disse portandosi la matita alla bocca – almeno credo – e fece una pausa - Quello che so è che sono attratta da Regina Mills, ne sono innamorata” e sospirò.

Ruby che era rientrata in bagno, uscì di nuovo con indosso un paio di jeans e il reggiseno, si tirò su la zip dei pantaloni e chiuse il bottone. Emma la osservò.

“Eh sì, sei proprio lesbica”.

La bionda le lanciò la gomma che aveva sul tavolo, Ruby la scansò per un millimetro.

“Ma pensa te – urlò l’amica mentre si truccava davanti allo specchio – Emma innamorata persa della sua prof di letteratura, sembra una storia Harmony”.

Ruby guardò la sua coinquilina che aveva assunto un’espressione sconsolata, le andò incontro prendendole le mani: “Dai, vieni con me, usciamo, andiamo a bere qualcosa, se stai qui impazzirai”. La mora congiunse le mani: “Ti prego!”.

“Okay” disse alla fine Emma sospirando.

“Sìììì!” urlò saltando la mora.

La bionda sorrise e andò a vestirsi. Le due uscirono mentre la luna era già alta in cielo.

 

****************

Emma non poteva crederci, Ruby l’aveva fregata, si era fermata con la macchina sul marciapiede opposto a quello dove si trovava uno dei bar più rinomati di Boston.

“Fai sul serio?” disse la bionda voltandosi verso la sua amica che le regalò un ampio sorriso.

“Oh, andiamo Ruby, stai scherzando?” continuò la giovane, mentre la sua coinquilina apriva lo sportello e scendeva dalla vettura. Emma, a malincuore fece altrettanto. “Non vorrai veramente entrare qui, ci sono solo ricconi e persone con la puzza sotto il naso” si lamentò.

Un buttafuori all’entrata controllava il flusso delle persone.

“Per una volta fai come ti dico, non ti mangiano mica”.

“Ma guardami, non sono neppure vestita in modo adeguato, avresti almeno potuto dirmelo”, le lanciò un’occhiataccia.

“Oh, stai benissimo – Ruby le fece l’occhiolino – e poi sei una donna, entreresti anche con un sacco di juta addosso” e fece la linguaccia.

Emma sospirò e seguì l’amica all’interno del locale, le due si fecero strada tra la folla che si muoveva al ritmo della musica. Al passaggio delle due donne molti ragazzi e uomini si girarono, erano tutti impomatati nei loro abiti in giacca e camicia e nelle loro magliette attillate.

“Va a prendere da bere – urlò Ruby – saluto alcuni amici e ti raggiungo al bancone”. Emma provò a replicare, ma la donna era già scomparsa tra la folla. Maledisse mentalmente l’istante in cui aveva accettato quell’invito e si recò al bancone, ordinò da bere e si guardò attorno, sbirciò sulla sua destra e il suo cuore sobbalzò: due sedie più avanti vide Regina che, pensierosa, stava bevendo un Martini. Emma si paralizzò. Quello sguardo talmente insistente catturò la prof, lei sentendosi osservata si voltò incontrando gli occhi della studentessa che fece un mezzo cenno di saluto con la mano al quale l’insegnante rispose.

La giovane prese da bere e si avvicinò alla prof.

“Buonasera Regina, posso?”

“Certo… ora torniamo a salutare? – chiese – pensavo si fosse scordata le buone maniere dopo l’altra volta a casa mia”.

La bionda accusò il colpo, era scappata senza neppure salutare la donna, fuggita per quel bacio rubato. Regina sorseggiò il Martini, poi afferrò l’oliva e la portò alle labbra. Emma guardò la scena a bocca aperta.

“Si dà all’alcool signorina Swan?” chiese infine, per stemprare la situazione, indicando le due bottiglie di birra poste sul bancone davanti a lei.

Emma si schiarì la voce: “Em no, solo una è mia l’altra è di Ruby” e lanciò un’occhiata oltre la spalla della donna alla ricerca dell’amica, la vide e i suoi occhi si spalancarono: Ruby stava saltellando allegramente e alzava i pollici verso la bionda. Emma la fucilò con lo sguardo: “Ma temo che non berrà mai questa birra perché la ucciderò prima” disse a mezza bocca.

Regina si voltò verso Ruby che appena la vide smise di saltellare cercando di sembrare il più naturale possibile.

La sua amica le aveva giocato un bello scherzo, l’aveva portata lì perché sapeva che Regina frequentava quel locale, ne era più che sicura, anche se non capiva come poteva saperlo.

La prof non si curò dello strano comportamento di Ruby e chiese al barista un altro drink.

Era piuttosto silenziosa la sua insegnante quella sera. Forse pensava al suo lavoro, o forse pensava al bacio che Emma le aveva dato, era il caso di parlarne? Non lì.

La bionda si portò la bottiglia alla bocca e sorseggiò la sua birra.

“Non l’ho mai vista in questo locale, è la prima volta che viene suppongo” disse la prof.

Emma annuì.

“L’ho dedotto dai suoi abiti” la punzecchiò l’insegnante.

La bionda si guardò un attimo e poi guardò Regina che era molto elegante, indossava una gonna nera in pelle, la solita che le fasciava il fondoschiena in maniera divina e una camicetta blu elettrico.

“Sì, beh è la prima volta, è stata un’idea di Ruby”, sussurrò Emma che si stava rendendo conto della freddezza e della distanza tra le due.

Regina le lanciò un’occhiata. Quella sera Emma era tremendamente bella, sebbene fosse vestita in un modo casual: aveva dei jeans molto attillati e una canottiera bianca fatta a rete che lasciava intravedere il ventre piatto, il reggiseno e soprattutto mostrava le spalle e le braccia muscolose. Fece scorrere gli occhi su quei muscoli ed ebbe un sussulto.

“Dunque deve dirmi qualcosa?” chiese acida la prof.

Emma la osservò, aggrottando la fronte, aprì la bocca per parlare, ma il modo di fare di quella donna la ferì profondamente. Come poteva essere così maledettamente scostate, fredda e distaccata dopo i loro incontri passati? Diceva che aveva una buona opinione di lei, ma ogni volta sembrava il contrario. Sentì una fitta al petto. Abbassò lo sguardo e scosse la testa.

“No, niente – disse – la lascio stare, è evidente che la mia presenza la infastidisce”. Emma si alzò dalla sua postazione e si gettò tra la folla, scomparendo. Regina rimase turbata. Aveva esagerato, in fondo la bionda non aveva fatto niente di male, al contrario, quel bacio le era piaciuto molto, e poi non disdegnava la compagnia di quella giovane donna. Perché il suo maledetto carattere doveva sempre rovinare tutto? Si alzò dalla sedia e cercò Emma tra la folla. Non la vide subito, ma poi riuscì ad avvistarla, stava parlando con Ruby, poco dopo prese la via dell’uscita, afferrò il giacchetto in pelle nera e se ne andò.

Regina si morse il labbro e la seguì. Uscì nell’aria fresca della sera, c’era ancora una fila piuttosto lunga all’entrata. Si guardò attorno, mentre si infilava il cappotto e alla fine vide la bionda dall’altra parte della strada, stava per entrare nella macchina dell’amica.

“Emma!” urlò Regina.

La studentessa si fermò, senza girarsi, respirò profondamente.

“Emma” la chiamò ancora la donna, che ora le stava davanti. La giovane si girò e Regina rimase colpita dagli occhi arrossati che mettevano in risalto il verde.

“Mi scusi” disse abbozzando un sorriso. “Mi dispiace, sono stata scortese”.

Emma la guardò senza parlare.

“Perché si diverte così tanto a torturare le persone che tengono a lei?”. Quelle parole colpirono la prof dritto al cuore.

“Cosa le ho fatto di male per meritare questo suo comportamento così altero? È vero, l’ho baciata e mi dispiace, mi sono sentita una stupida e sono fuggita senza salutarla perché è la mia professoressa e mi sentivo in imbarazzo”.

Regina non parlò, osservò ogni minimo centimetro del volto di quella giovane donna che era così tremendamente sincera, buona e rispettosa verso gli altri. Le afferrò la mano con un gesto repentino, la strattonò e la condusse in un vicolo. Emma non oppose resistenza non capiva dove volesse andare a parare. Regina la spinse contro il muro con forza, la guardò negli occhi, i loro volti erano così vicini, le loro labbra ancora di più, finché quelle della mora sfiorarono quelle della studentessa. Le loro bocche si unirono. Regina baciò Emma con passione mentre le sue mani si infilavano sotto la giacca di pelle alla ricerca del contatto con la maglia a rete. Non appena il ventre di Emma sentì le dita di Regina si contrasse. Fu un bacio lungo e appassionato. Le loro lingue danzarono, i loro respiri si fusero insieme. Tutto intorno a loro perse consistenza, ogni rumore, tutto era ovattato. Regina si staccò da Emma e la contemplò. Il volto della bionda era paonazzo.

“Tu mi piaci Emma – sussurrò la mora guardandola negli occhi – ma tra noi non potrà mai funzionare”. Le dette un bacio sulla guancia e si allontanò.

La bionda rimase immobile, lo sguardo fisso nel vuoto, le braccia lungo i fianchi, il respiro affannato e il cuore che andava a mille. Solo dopo dieci minuti riuscì a raggiungere la macchina e a tornare nel suo appartamento.

 

****************

La mattina seguente verso mezzogiorno Emma si trovava nel giardino dell’Università sotto un grande albero. La giornata era particolarmente bella, il sole riscaldava Boston con i suoi raggi. Lei, un po’ in disparte, ascoltava la musica con gli auricolari e, seduta sulla spalliera di una panchina con il quaderno sulle gambe, giocherellava con la penna in attesa dell’ispirazione. In cima al foglio aveva scritto e cancellato più volte il nome di Regina.

Perché non poteva funzionare tra loro due? Si ripeteva la bionda. Perché lei era la sua professoressa? Perché c’era una certa differenza di età? Emma aveva 26 anni e Regina, poteva averne sì e no una trentina. O forse c’era un’altra persona? Forse la mora aveva già una relazione. La bionda scosse la testa come a voler allontanare quel pensiero, no, non credeva proprio che avesse già qualcuno. La sua attenzione fu catturata da una donna mora appena uscita da una porta laterale, ebbe un tuffo al cuore: era Regina! Era tornata a scuola dunque. Emma sorrise e sentì il cuore batterle forte nel petto. La osservò da lontano, soffermandosi su ogni centimetro del suo corpo. Vide che si era fermata a parlare con Mary Margaret. Stavano ridendo. Come era bella, pensò Emma. Poi il volto della bionda si incupì. Un uomo giovane, sui 34 anni, si avvicinò alla mora e le sfiorò la spalla con la mano. I tre chiacchierarono per alcuni minuti. Chi era quell’uomo? Si chiese la studentessa? Era forse per lui che la loro storia non avrebbe mai potuto funzionare? Emma sentì lo stomaco chiudersi e la vista annebbiarsi. Cercò di mantenere il controllo. Vide Regina allontanarsi con quell’uomo, fianco a fianco e il mondo le crollò addosso.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


E come promesso ecco anche il quinto!!!

 

CAPITOLO CINQUE

Arrivò il venerdì sera e poi il sabato ed Emma cercò di gettarsi il più possibile nel lavoro per non pensare a Regina e a quell’uomo misterioso. Lavorò tutta la sera regalando sorrisi ai clienti e ottenne una buona mancia tanto che “la nonna” come la chiamavano Ruby ed Emma, la signora anziana proprietaria del ristorante, si congratulò con lei.

“Dovresti essere gelosa un po’ più spesso se poi sul lavoro rendi così bene” la punzecchiò Ruby mentre si stavano cambiando di abito nel camerino. L’orologio segnava le 01.00 di domenica mattina.

Emma non rispose, era curva e si stava allacciando le Converse.

Ruby le si avvicinò e le mise una mano sulla spalla, la ragazza alzò lo sguardo mostrando il volto tirato e con una gran voglia di piangere.

“Ne vuoi parlare?” chiese la mora.

Emma aveva raccontato a Ruby quello che era successo fuori dal locale: il bacio di Regina e quella frase che non l’aveva più abbandonata e continuava a risuonarle nella mente.

“Non puoi fasciarti la testa prima di essertela rotta” disse l’amica sedendosi davanti alla giovane donna. “Parla con Mary Margaret se non te la senti di chiederlo direttamente alla prof. Lei saprà chi è quell’uomo”.

“Non so – disse Emma scuotendo la testa – non voglio metterla in difficoltà”.

“Allora parla con Regina” concluse Ruby. Prese lo zaino della bionda e glielo porse. “Andiamo rubacuori, facciamoci una bella dormita”.

Le due tornarono a casa. Emma mangiò appena qualche boccone delle lasagne che avevano acquistato il giorno prima in rosticceria, sebbene fossero il suo piatto preferito, e se ne andò a letto, ma non riuscì a prendere sonno.

Passò la domenica mattina in palestra, il pomeriggio a fare qualche pulizia in casa cercando di non pensare a Regina e quando arrivò la sera decise che il lunedì non sarebbe andata a lezione, non se la sentiva di incontrare la donna. Si sdraiò sul letto e mandò un messaggio a Mary Margaret.

Mary, ciao, domani non verrò a lezione non mi sento bene.

Attese la risposta dalla ragazza che arrivò dopo circa un quarto d’ora.

Va bene Emma, mi dispiace che tu non stia bene, niente di serio spero.

No, niente di serio, grazie J.

La bionda guardò lo schermo del cellulare, poi lo lasciò cadere sul comodino e prese la pallina che le aveva regalato Henry fissandola e sospirando.

 

****************

“Tutto bene Mary?” chiese Regina avvicinandosi alla nipote e vedendo che armeggiava con il cellulare.

La ragazza sollevò il volto e sorrise: “Sì Regina tutto bene era solo un messaggio…”. La prof annuì e fece per allontanarsi.

“… di Emma” concluse Mary e la donna si immobilizzò, il sorriso che aveva sulle labbra scomparve e si fece largo un’espressione mista tra il curioso e l’allarmato.

Quella sera Regina aveva organizzato un party a casa sua, aveva invitato Zelena, il marito della sorella e Mary Margaret, sua madre Cora, Graham, l’uomo misterioso, ed Henry che si divertiva a mostrare le sue palline ai presenti.

“Come mai ti ha scritto Emma?” chiese la zia.

“Oh, domani non verrà a lezione, non si sente bene” disse e distolse lo sguardo sorridendo nel vedere come Henry corresse dietro alle palline.

Regina si allontanò portando un vassoio colmo di piatti sporchi in cucina, lo pose sul tavolo e si appoggiò al lavello, preoccupata. Emma stava male. Cosa poteva avere? Pensò. Forse quel bacio l’aveva sconvolta o forse era quello che le aveva detto, che le piaceva ma che tra loro non avrebbe mai funzionato. Si portò il ciuffo dietro l’orecchio e rimase a fissare il vuoto. Aveva già saltato tre lezioni e quella di domani sarebbe stata la quarta, se continuava così non avrebbe potuto accedere all’esame finale.

Graham fece capolino da dietro la porta: “Un penny per i tuoi pensieri” disse e sorrise alla donna.

Regina ricambiò il sorriso non troppo convinta.

“Che hai? Qualche preoccupazione?” chiese l’uomo.

Regina sospirò: “Spero di non aver commesso un errore” disse.

Graham le si avvicinò e le cinse la vita con le mani, per tutta risposta la mora alzò il sopracciglio: “Regina che fa un errore? Beh non sarebbe una novità” e rise.

La donna si scostò costringendo l’uomo a lasciare i suoi fianchi.

“Sembri molto preoccupata” e corrugò la fronte.

“Passerà” disse tagliando corto la mora.

Henry arrivò correndo e prendendo Graham per mano: “Andiamo, dobbiamo sfidare la nonna alla Play!” urlò.

L’uomo si girò verso Regina e poi corse dietro al piccolo nel salotto. La mora rimase da sola pensando a Emma.

 

********************

Emma aveva passato tutta la mattina a pensare a Regina a come avrebbe reagito non vedendola a lezione. Forse non le importava granché, in fondo aveva tanti alunni a cui fare lezione.

Erano le quattro di lunedì pomeriggio, la bionda se ne stava distesa sul letto leggendo un libro con le gambe accavallate. Ruby era andata a fare la spesa al supermercato e conoscendola sarebbe rientrata tra tre ore o giù di lì, doveva flirtare con tutti i giovani aitanti e single che incontrava tra gli scaffali di detersivi e pacchi di caffè.

Qualcuno suonò alla porta. La bionda corrugò la fronte, chi poteva essere?

Scese dal letto scalza e si avvicinò allo spioncino, guardò e vide Regina davanti alla porta. Cosa doveva fare? Rimase in silenzio.

La donna suonò di nuovo.

“Andiamo signorina Swan so che è in casa, ho visto il Maggiolino parcheggiato qui sotto” disse la mora attraverso la porta.

Qualcuno dall’interno dell’appartamento trafficò con la serratura e poi Emma comparve timidamente aprendo la porta.

“Non potevo essere uscita senza macchina?” chiese, poi spalancò la porta permettendo a Regina di entrare.

“Scusi il disordine” sussurrò.

“Ho visto di peggio” sentenziò la donna, guardandosi attorno.

Emma osservò Regina, bellissima come sempre, incontrò le sue labbra, i suoi occhi e rimase spiazzata come al solito. Afferrò alcuni abiti che erano sparsi sul divano e raccolse alcune cartacce urtando un quaderno che cadde a terra aperto, senza che vi facesse caso.

“Posso offrirle un caffè?” chiese la ragazza.

Regina si sedette sul divano e sbirciò il quaderno: “Sì grazie” disse e sorrise perché sul quaderno il suo nome era scritto a penna varie volte e poi cancellato, e più sotto era annotata una poesia.

Emma si accorse che Regina stava guardando qualcosa, si sporse e afferrò il quaderno chiudendolo e gettandolo sul tavolo della cucina. Arrossì.

“Come sta?” chiese la mora accavallando le gambe.

“Bene, perché?”.

“Ah sono contenta, quindi deduco che domani sarà a lezione”.

Emma si girò per andare a spegnere la caffettiera e sussurrò un timido: “Può darsi”.

Versò il caffè in due tazze, chiese a Regina se voleva lo zucchero, lei rispose di no e le porse la tazza, quindi si sedette, un po’ controvoglia, sul lato opposto del divano mantenendo una certa distanza dalla donna.

“Cosa vorrebbe dire può darsi?” chiese Regina spazientita. “Se fa troppe assenze non potrà sostenere l’esame con me”.

La bionda guardò il liquido dentro la tazza. “Forse non voglio sostenere l’esame con lei” e alzò lo sguardo sfidando la mora.

“Come sarebbe?” disse acida la prof, stringendo la tazza.

Emma giocò con il cucchiaio, abbassando lo sguardo.

“È per via di quel misterioso uomo che tra noi non potrà mai esserci niente?” sbottò alla fine la giovane donna.

Regina aggrottò la fronte, non capiva di chi stesse parlando.

“Quale uomo?”.

Emma sentì la gelosia farsi strada e raggiungerle le gote, la testa.

“Quello che venerdì mattina le ha messo una mano sulla spalla e con cui si è allontanata”.

Regina spalancò gli occhi: “Mi ha spiata?”.

La bionda urlò di no: “Era fuori, in giardino, io ero lontano e l’ho vista”.

La mora pose la tazza sul tavolo e respirò: “Signorina Swan, non starà per fare una scenata di gelosia, vero?”.

Emma scosse il capo, ma era più forte di lei, doveva sapere, doveva liberarsi di quel tarlo che le rodeva la mente, che le rodeva il cuore e lo fece, sbottò, alzò la voce e sputò fuori tutta la frustrazione che aveva accumulato in quei giorni.

“E anche se fosse? – disse facendosi rossa in volto – lei mi ha baciata, Regina, mi ha detto che io le piacevo e poi mi ha fulminata, mi ha tolto l’unica speranza che avevo dicendomi che non avrebbe mai potuto funzionare tra noi, non mi ha detto altro – Emma si alzò dal divano e girò per il salotto – Mi ha illuso, mi ha fatto credere che tra noi ci potesse essere qualcosa”.

“Oh, io non l’ho mai fatto - disse Regina sbalordita per la furia della giovane – quell’uomo è…”.

“Sì, eccome – urlò la bionda, impedendo all’insegnante di concludere la frase – quegli sguardi, quegli ammiccamenti, il suo modo di fare, lei è attratta da me e lo ha confessato apertamente. Mi ha spezzato il cuore e ora esigo che mi dica se ha una relazione con quell’uomo!” si zittì ed ebbe paura.

Regina la guardò con aria di sfida, un ghigno cattivo disegnato sulle sue labbra. Il cuore di Emma batteva forte, si sentiva persa eppure si sentiva più leggera.

La mora si alzò: “Questa conversazione non sta avvenendo” disse e si diresse verso la porta, mise la mano sulla maniglia e la aprì, ma Emma si oppose richiudendola con la mano. La prof si girò verso Emma meravigliata per quel gesto e furiosa al tempo stesso.

“Io ti amo” disse la bionda ponendo enfasi sul “ti amo”.

Regina rimase allibita.

“Ti amo dal primo momento che sono entrata in quell’aula e tu mi hai fulminato con lo sguardo, ti amo da quando mi hai sorpreso a salire sullo scaffale della biblioteca per prendere uno stupido libro. Ti amo da quando mi hai offerto ospitalità. Amo il tuo sguardo impenetrabile, il tuo essere così scostante, così maledettamente pungente, a volte così tanto da fare male. Amo le tue mani, la tua voce roca e sensuale, la tua cicatrice sul labbro, il tuo rossetto rosso che vorrei assaporare ogni istante. Amo le tue gambe e i tuoi tacchi alti, i tuoi occhi che sembrano spogliare le persone e scavare dentro la loro anima. Amo quella tua fottutissima gonna di pelle nera che risalta il tuo fondoschiena che è la cosa più divina che abbia mai visto e amo il lembo di pelle che lasci appena visibile quando indossi quelle camice così provocanti che vorrei strappartele di dosso e far saltare tutti i bottoni!”. Si zittì ancora una volta. Regina la guardò sbalordita, non disse niente, aprì la porta ed Emma stavolta la lasciò fare. Uscì e si allontanò discendendo le scale. La bionda rimase immobile, lo sguardo perso nel vuoto. Si chiuse la porta alle spalle, scivolò a terra, si prese le ginocchia tra le mani e pianse, pianse fin quasi a sentirsi male.

 

******************

Regina entrò nella sua Mercedes e chiuse gli occhi. Stava tremando. Si calmò e respirò lentamente. Non poteva credere a quello che era successo nell’appartamento di Emma Swan, le cose che la giovane donna le aveva detto l’avevano colpita e affondata. Non aveva mai sentito nessuno parlarle così apertamente confidandole i suoi sentimenti con tale trasporto. Chi era Emma Swan? Chi era davvero quella ragazza che le stava strappando una certezza dietro l’altra, quelle certezze dietro cui si era nascosta per troppi anni. Emma stava lentamente penetrando dentro la sua armatura, dentro quella corazza che si era costruita con tanta fatica e la stava abbattendo.

Cosa doveva fare? Si chiese. Provava qualcosa per lei, lo sapeva perfettamente, ma sapeva anche che se avesse dato libero sfogo ai suoi sentimenti sarebbe stata Emma a rimetterci perché era una studentessa e lei la sua insegnante, i suoi compagni di scuola l’avrebbero ferita in tutti i modi possibili e lei non voleva questo, voleva proteggerla perché….

“Perché ti amo anche io, Emma Swan” sussurrò Regina. Si asciugò una lacrima che le rigò il viso e partì con la macchina.

 

******************

Regina entrò nell’aula 4B e salutò gli alunni in maniera distratta. Disse ai ragazzi di prendere il libro di poesie che avrebbero continuato da dove avevano interrotto il giorno prima. Quando alzò il volto dalla sua cartella notò che Emma si trovava alla sua postazione, secondo banco accanto a Mary Margaret. Quella presenza la prese alla sprovvista, stava per fare un cordiale sorriso alla ragazza ma poi pensò che non sarebbe stato il caso, fece quindi finta di niente e iniziò la lezione. Per le due ore che seguirono, Emma non tolse gli occhi di dosso a Regina neppure per un secondo. La mora se ne accorse e stranamente si sentì in soggezione, quello sguardo sembrava urlare, sembrava volerle dire che era stata una stronza, che aveva ferito una persona che l’amava. Spiegò alcuni autori, fece leggere qualche passo.

“Che cos’è l’amore se non una tomba. Che cos’è l’amore se non un eterno dolore per l’anima. Anche se i miei sguardi non ti raggiungono, se non ti fanno palpitare, io non smetterò mai di sperare che tu un giorno possa amarmi”.

Regina si tolse gli occhiali e guardò gli studenti. “Qualcuno se la sente di commentare?”. Solito silenzio. “Nessuno ha qualcosa da dire al riguardo?”. La prof scrutò i volti dei presenti.

“Bene, allora continu…”.

“Sono solo puttanate”. A quelle parole si sollevò un brusio, Mary Margaret spalancò la bocca guardando Emma.

“Come ha detto signorina Swan?” chiese Regina guardandola, sebbene avesse capito perfettamente.

“Dico che sono solo boiate!”.

“Moderi i termini, Swan!” la richiamò con voce dura la donna.

Emma si sentì ancora più ferita dal modo in cui Regina l’aveva appena rimproverata. “Perché continuare ad amare una persona che fa di tutto per farti soffrire? – cominciò la bionda con un’espressione di disprezzo – a cosa serve? Bisogna essere dei masochisti. Non ti ama punto e basta!”.

Regina poggiò gli occhiali sulla cattedra e incrociò le mani all’altezza del petto in un modo talmente lento che Emma fu invasa ancora di più da una rabbia tremenda.

“È un eterno dolore solo se lo vuoi – era evidente che la giovane donna stesse parlando direttamente alla mora – l’amore è una tomba solo se trovi una cazzo di persona sbagliata che ti rovina la vita!” sbottò.

“Fuori da quest’aula!” urlò Regina alzando il braccio e indicando la porta.

“Emma” sussurrò Mary Margaret non riuscendo a credere a quanto stava accadendo. Una lacrima cadde sul quaderno aperto della bionda e allargò l’inchiostro sbiadendo proprio la parola amore.

La giovane si asciugò le guance furtivamente, raccolse le sue cose e uscì dall’aula a testa bassa tra gli sguardi attoniti degli altri compagni di classe.

Regina cercò di riacquistare il controllo.

“Riprendiamo la lezione” disse, inforcò gli occhiali ma il suo unico desiderio era di abbandonare quell’aula.

 

************

Emma corse lungo il viale alberato del campus, con la testa bassa e urtò per errore un ragazzo.

“Ehi sta attenta!” disse.

“Scusami” rispose Emma e il ragazzo notò che stava piangendo.

Il giovane era insieme a un gruppo di altri ragazzi, si voltò per guardare dove fosse andata la biondina e disse ai suoi amici che li avrebbe raggiunti tra un attimo.

Vide Emma seduta su una panchina con la testa tra le mani.

“Posso?” chiese il ragazzo. La giovane alzò lo sguardo timidamente e si asciugò gli occhi, poi vide che lui le porgeva un fazzoletto di carta. Lo prese e si soffiò il naso.

Il giovane si sedette davanti alla ragazza, tra loro un tavolo di legno, e le porse la mano.

“Mi chiamo Killian Jones e tu sei?”.

Emma guardò la mano del giovane. “Emma Swan” si limitò a dire e tirò su con il naso.

I due si strinsero la mano.

“Come mai piangi?” chiese il ragazzo.

“Niente di particolare”.

Killian rise: “Non è che uno piange così. Oggi cosa faccio, ma niente di particolare, piango” disse con voce canzonatoria strappando un sorriso alla giovane.

“Dai, non piangere ti rovinerai il trucco”.

Emma rise e lasciò che quel giovane sconosciuto provasse a tirarla su di morale.

 

***************

Regina gettò il suo cappotto sul divano, si tolse le scarpe e le buttò in un angolo. Era furiosa, furiosa per il modo in cui si era comportata Emma. Si versò da bere e si sedette sul sofà. Guardò l’orologio, Robin sarebbe arrivato con Henry tra mezz’ora e lei doveva cercare di calmarsi.

Come aveva potuto rivolgersi in quel modo a lei? E soprattutto davanti ai suoi studenti. Non era da Emma, doveva essere proprio esasperata. Quello che le aveva detto a lezione, era un rimprovero nei suoi confronti. Aveva letto tanta rabbia in quegli occhi verdi. Si sentiva in colpa, ma era anche arrabbiata per quel comportamento. Decise che avrebbe fatto una doccia per rilassarsi. Salì al piano di sopra, entrò in camera e trovò la maglia che la bionda aveva indossato la notte che aveva dormito a casa sua, non l’aveva ancora lavata. Si sedette sul letto e la strinse tra le mani, la guardò e poi la avvicinò al viso, ne respirò il profumo, l’odore di Emma. Sospirò, la piegò e la depose dentro l’armadio. Si recò in bagno, aprì il rubinetto della doccia e fece uscire l’acqua calda.

 

****************

Killian si sistemò i capelli guardando nello specchietto della sua moto e poi mandò un messaggio alla bionda.

Sono sotto casa tua.

Cercò di assumere una postura eretta e di sembrare rilassato.

“Quindi ora te la fai con un ragazzo?” chiese Ruby mentre Emma leggeva il messaggio. “Emma a che gioco stai giocando?” disse l’amica prendendola per un braccio e attirando la sua attenzione.

“Non sono io che ho deciso di giocare sporco” disse la ragazza mentre rispondeva al messaggio di Killian.

“Ti caccerai in un guaio grosso come una casa” la rimproverò la mora. “Non è da te” disse.

“Ah sì? E cos’è da me?” chiese la giovane donna mentre incrociava le braccia al petto.

“Tu pensi prima di agire, rifletti sulle conseguenze che una determinata azione può causare, finirai per rimetterci tu” disse infine Ruby e si fece scura in volto.

La bionda scosse la testa, afferrò il giacchetto e uscì di casa sbattendo la porta, senza rispondere alla sua amica.

Vide Killian sul marciapiede opposto a casa sua, alzò la mano e lo salutò, lui rispose con un ampio sorriso, una volta vicini si baciarono sulla guancia. Poi il ragazzo offrì il casco alla bionda che se lo infilò e salì sulla parte posteriore del sedile della moto, strinse le braccia intorno alla vita del suo amico e la moto partì rombando.

Raggiunsero il centro di Boston, correndo veloci tra il traffico.

Regina si trovava nella sua Mercedes immersa nel traffico. Henry nel sedile posteriore guardava estasiato gli alti grattacieli e immaginava racconti fantastici. La mora tamburellò sul volante mentre qualcuno in una vettura più indietro suonava il clacson.

“Dove ti piacerebbe andare Henry?” chiese la madre girandosi verso il piccolo.

“Da Starbucks per favore!” e unì le mani in segno di preghiera.

Regina rise, poi sentì un rumore fortissimo e una motocicletta sfrecciò accanto alla sua auto perdendosi nel traffico.

“Che gente!” disse.

Poco dopo la fila si mosse e la mora riuscì a parcheggiare la sua vettura non molto distante dal luogo desiderato dal bambino. Scese di macchina, aprì lo sportello dalla parte del figlio e prese Henry per mano. Attraversarono la strada e raggiunsero l’ingresso del locale. Due ragazzi scesero dalla moto. Regina fu attirata dalla bionda che stava per togliersi il casco, quel giacchetto rosso e quella postura le erano familiari, ogni suo dubbio scomparve quando la giovane si tolse il casco lasciando liberi i capelli mossi che ricaddero sulle sue spalle. Emma si voltò e incontrò lo sguardo di Regina, gli occhi marroni della donna passarono da Emma al ragazzo che le stava accanto.

“Emma!” urlò Henry andandole incontro e lasciando la mano della madre.

La bionda rimase meravigliata nell’incontrare Regina e il figlio. Regalò un sorriso al bambino e si inginocchiò per abbracciarlo. “Hey ragazzino” disse. Poi si alzò mentre il bambino le stringeva la mano.

“Salve” disse la bionda abbozzando un sorriso verso la donna.

“Miss Swan”, Regina la guardò negli occhi, poi si rivolse al ragazzo e gli regalò un mezzo sorriso.

La prof strinse i denti cercando di non mostrarsi scocciata per quell’incontro così inaspettato.

“Lui è Killian Jones – lo presentò Emma – frequenta la Boston University”.

Regina strinse la mano del ragazzo.

“È il tuo fidanzato?” chiese Henry.

Emma né negò, né annuì, si limitò a sorridere imbarazzata.

“Henry non si fanno queste domande” lo rimproverò con dolcezza la madre.

“Bene noi entriamo – disse Regina – è stato un piacere vederla Emma. Jones…”, afferrò la mano del figlio e i due sparirono all’interno del locale.

Emma si sentì in colpa. Non aveva fatto niente di male, ma aveva visto uno sguardo strano negli occhi della mora.

“Tutto bene?” chiese Killian.

La bionda annuì e i due entrarono da Starbucks. Regina, seduta al tavolo con il figlio, sbirciava i movimenti dei due ragazzi che si trovavano qualche metro più in là rispetto a lei e a Henry. La bionda sorrideva alle parole del ragazzo. Sembrava stare bene. La prof si sentì ferita, ma in fondo se lo meritava, era stata lei a rifiutarla, ora però si rendeva conto di aver fatto la più grossa stupidaggine di questo mondo.

“Mamma cos’hai?” chiese il piccolo vedendola pensierosa.

Regina incontrò gli occhi innocenti del bambino.

“Ti è mai capitato di fare una cosa e di renderti conto che è stato un grosso errore farla? E vorresti rimediare ma non sai come fare?” disse.

Henry ci pensò un po’: “È così che ti senti, mamma?”.

Regina annuì.

“Beh, la mia maestra dice sempre che davanti a una buona cena si possono risolvere tutti i problemi” il piccolo alzò le spalle. “Forse potrebbe risolvere anche il tuo mamma”.

Regina rimase sorpresa, guardò il figlio portarsi la cannuccia alla bocca e sorrise. Forse Henry le aveva dato un buon suggerimento.

 

**********************

“E tu ti sei fatta trattare in quel modo da una tua alunna?” chiese Zelena meravigliata mentre un sorriso si dipingeva sulle sue labbra.

Regina versò il vino nel bicchiere della sorella, poi senza rispondere cominciò a mangiare le lasagne che aveva appena sfornato.

“Tu non sei il tipo da passare sopra a queste cose, perché non l’hai fatta sospendere?” chiese per poi bere il vino.

Regina alzò lo sguardo dal piatto e incontrò gli occhi indagatori della sorella. Bastò quello sguardo perché Zelena capisse tutto.

“Non dirmi che provi qualcosa per quella ragazza” e rise.

La mora la fulminò con lo sguardo.

“Ti sei innamorata della tua alunna. Di Emma Swan!”, non poté trattenere un’altra risata.

“Zelena, per favore…” sussurrò.

“Che cosa è successo tra voi?” chiese portandosi avanti con il busto.

“Ci siamo baciate… due volte”.

“Oh mio Dio” urlò eccitata la sorella e questo strappò un leggero sorriso alla mora.

“Ma le ho detto che tra noi non poteva funzionare” continuò. “E lei mi ha fatto quella scenata e poi l’ho incontrata da Starbucks con Henry ed era insieme a un ragazzo”.

“Sei gelosa?” chiese Zelena.

“Non dire sciocchezze” e riprese a mangiare.

“Oh sì che lo sei. Mio Dio Regina non ti vedevo così dai tempi in cui conoscesti Robin, sei persa, cotta a puntino” sorrise meravigliata ed eccitata per quella notizia. “Devi assolutamente trovare il modo di chiarire” le suggerì.

Regina scosse la testa: “Non so se è giusto coinvolgerla in una storia più grande di lei”.

La mano di Zelena sfiorò quella della sorella: “Lei ti ama, no? Te lo ha detto apertamente, vuole stare con te e credo che sarebbe disposta persino a scalare l’Everest pur di averti” disse.

“Come fai a esserne così sicura?” chiese la prof.

“Perché tu sei uno schianto Regina Mills o ti si odia o ti si ama e mi pare di capire che Emma non ti odi”.

La mora alzò la spalla: “Beh, Henry mi ha dato un suggerimento”.

“Tuo figlio?” disse sempre più eccitata la sorella.

“Di portarla a cena”.

“Eccellente! – disse Zelena battendo il palmo delle mani – una cenetta romantica a casa tua, un buon vino, le candele accese, un po’ di atmosfera e poi finirete la serata a letto, ne sono certa”.

“Zelena!” la rimproverò Regina.

“Perché non lo desideri?” chiese la sorella facendo l’occhiolino.

La mora non rispose, ma il suo volto si colorò di rosso.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Ecco un nuovo capitolo. Buona lettura :D.

 

CAPITOLO SEI

Arrivarono le vacanze di Pasqua e l’Università rimase chiusa per una settimana. Ciò voleva dire che Emma non avrebbe visto Regina per sette interminabili giorni. La bionda fu assalita da una profonda tristezza, amava la prof eppure invece di cercare di conquistare il suo cuore illudeva Killian che, per carità era carino, ma neppure lontanamente era paragonabile a Regina in fascino, intelligenza e sensualità.

La bionda se ne stava seduta sul divano a guardare la televisione, mentre Ruby era distesa su una sdraio posta sul terrazzo, quando squillò il telefono di casa. Emma afferrò la cornetta senza pensarci troppo in maniera meccanica.

“Sì?” chiese. Non appena sentì la voce dall’altro capo del telefono si drizzò sulla schiena. “Regina?”.

“Buongiorno Emma, la disturbo?”.

La bionda non poteva credere alle sue orecchie.

“C…come ha fatto a…”.

“A trovarla? Esistono gli elenchi telefonici, lo sa vero?”.

Emma deglutì. Per un secondo nessuna delle due parlò.

“Che fa oggi pomeriggio?” chiese la mora.

La bionda sentì il cuore sobbalzarle nel petto.

“Niente di particolare” rispose.

“Bene allora la passo a prendere alle 16 e non accetterò né un ma, né un no come risposta” disse con tono deciso.

“Mi sta invitando a uscire con lei?” scherzò.

“Voglio mettere le cose in chiaro – disse – alle 16” e riattaccò.

Emma rimase a osservare la cornetta del telefono.

“Chi era?” chiese Ruby rientrando in casa.

“Regina” sussurrò.

L’amica guardò Emma meravigliata mentre il cuore della bionda batteva a più non posso e un sorriso si faceva strada sulle sue labbra.

 

***********

Quando Regina sopraggiunse con la sua Mercedes, Emma era già fuori di casa che l’aspettava. La bionda guardò l’auto arrivare come in una scena al rallentatore e vide la mora che la osservava da dietro un paio di occhiali da sole. Si avviò alla macchina, aprì lo sportello ed entrò.

“Emmaaaaa!” urlò Henry. La bionda si sedette accanto a Regina e subito salutò il bambino.

“Ciao Regina” disse poi alla mora.

“Ciao Emma - rispose – Pronta?”.

La bionda annuì. “Posso sapere dove siamo dirette?”.

Regina spostò gli occhiali sul naso per guardare la giovane donna negli occhi.

“Aspetti e vedrà!”.

Emma annuì e cercò di rilassarsi, le sue mani sudavano. La macchina partì e gli occhi della bionda caddero un paio di volte sulle cosce della mora che indossava una gonna di colore grigio.

“Simpatico il tuo nuovo amico” disse Regina.

La bionda si girò di scatto.

“Vi conoscete da molto?”.

Emma scosse il capo.

“Non vedo l’ora di farti conoscere i miei amici!” disse entusiasta Henry.

Allora Emma si ricordò di avere con sé la pallina e la mostrò al piccolo: “Hai visto? La porto sempre con me” e sorrise. Regina rimase piacevolmente sorpresa da quella notizia.

Il sole splendeva alto nel cielo, la temperatura era piacevole e le strade di Boston erano un po’ più praticabili, molti erano partiti per le vacanze di Pasqua.

La macchina si fermò nei pressi di un edificio, in un quartiere che di certo aveva poco a che fare con quello altolocato in cui viveva Regina Mills.

“Siamo arrivati” disse la mora per poi aprire lo sportello e uscire.

Emma scese dalla macchina e si guardò attorno incuriosita. Henry strinse la mano di sua madre e i due si affiancarono alla bionda, allora il piccolo allungò la mano per stringere anche quella della donna più giovane. Regina assistette alla scena divertita. Emma si accorse di quel sorriso e pensò che in quel momento la prof fosse felice.

“Per di qua” indicò la mora.

Henry canticchiava allegramente saltellando. Salirono alcuni gradini e Regina aprì una porta, subito urla e risate di bambini inondarono le due donne, in una grande stanza era stato allestito un vero banchetto con panini, patatine, dolci, bibite. Henry lasciò la mano delle due donne mentre i suoi occhi brillavano di felicità e raggiunse i suoi compagni di gioco.

“Venga” disse Regina. Emma annuì e seguì la donna verso alcune persone che parlottavano a piccoli gruppi. La mora si avvicinò e salutò i suoi amici presentando anche Emma. Furono tutti molto cordiali e regalarono sorrisi alla nuova arrivata.

“Amore!” disse una voce maschile alle spalle di Regina. Le due donne si voltarono e Graham accolse l’insegnante con un abbraccio e poi la baciò sulla guancia. Emma si irrigidì.

“Sei meravigliosa come sempre” disse squadrando la prof dalla testa ai piedi.

“E tu sei il solito adulatore” lo canzonò la donna.

La bionda era furiosa. Ma come? L’aveva portata a conoscere il suo spasimante? Ma cosa si era messa in testa Regina?

“Emma vorrei presentarle Graham, gestisce questo posto”.

L’uomo porse la mano alla ragazza.

“Incantato” e alzò il sopracciglio in modo malizioso.

“Graham è un insegnante di letteratura, proprio come me, lavora qui in questa scuola per ragazzi meno fortunati, e una volta a settimana do pure io il mio contributo”.

Emma era troppo sconvolta e arrabbiata per poter complimentarsi con Regina, perciò si limitò a sorridere stringendo la mano dell’uomo.

“Scusatemi” disse Graham allontanandosi.

“Che le salta in mente?” chiese a denti stretti la bionda, una volta rimaste sole. “Perché mi ha portato qui a conoscere il suo uomo?”.

Regina alzò gli occhi al cielo e sbuffò, poi indicò Graham che si era avvicinato a un altro uomo, gli aveva cinto la vita da dietro e poi stampato un bacio sulle labbra una volta che lo sconosciuto si era girato dalla sua parte.

Emma spalancò gli occhi, sentì come se le avessero gettato un secchio di acqua gelata addosso.

“Graham non è il mio uomo, è gay ed è sposato da 10 anni”, disse quella frase con la stessa soddisfazione di chi aveva appena vinto alla lotteria.

La bionda guardò la prof ancora incredula.

“Io… non potevo sapere”.

“Se solo mi avesse fatto parlare quando sono venuta da lei invece di aggredirmi in quel modo, le avrei spiegato. Tra me e Graham non c’è niente Emma”.

Emma si sentì terribilmente stupida.

“Certo non posso dire la stessa cosa di quel Killian, o sbaglio”.

“Ho sbagliato tutto” sussurrò la bionda.

Regina si rese conto dello stato di smarrimento e di dispiacere della ragazza, la prese per una mano: “Venga, non è mica morto qualcuno” e la condusse al banchetto dove prese due bicchieri di vino dandone uno a Emma. Sbatté delicatamente la base del suo bicchiere con quello della bionda: “Cin!” e la guardò dritto negli occhi. In quell’istante Henry si precipitò dalle due e costrinse Emma a seguirla perché voleva che conoscesse i suoi amici. I bambini la circondarono saltellandole allegramente intorno.

Regina restò in disparte guadando la scena divertita.

“È un bel bocconcino” disse Graham avvicinandosi a lei. “E tu hai il solo desiderio di assaggiarlo”.

La mora sorrise.

“Sono contento”.

La prof lo guardò: “Per cosa?”.

“Finalmente ti vedo felice, non lasciartela scappare”.

“Non lo farò” disse Regina con tono deciso.

Trascorsero tre ore tra i bambini giocando e ridendo, poi arrivò Robin.

Emma alzò lo sguardo verso l’ex marito di Regina che andò incontro alla prof.

I due si scambiarono un veloce bacio sulle guance.

“Henry, vieni!” lo chiamò la mora. Il piccolo salutò Emma e le lanciò un bacio, poi corse dal padre che lo prese in braccio: “Oh, il mio ometto”.

Regina e Robin parlarono qualche minuto. Poi la donna baciò il figlio sulla guancia e guardò i due andare via. Appena ebbero varcato la soglia della porta, la mora cercò con lo sguardo Emma. Vi si incamminò tenendo le mani nelle tasche del cappotto.

“Ha impegni per stasera Emma?” le chiese.

La bionda scosse il capo.

“Bene, perché è invitata a casa mia per cena, andiamo!”.

Emma rimase immobile allibita, incapace di immaginare quante sorprese quella donna le avrebbe riservando.

“Andiamo!” ordinò la mora, senza neppure girarsi. Emma come rinvenuta da un incantesimo, la seguì sotto gli occhi divertiti di Graham.

 

******************

Regina aveva pensato a tutto. Quando Emma entrò in casa della mora vide il tavolo del salotto apparecchiato con grande cura, due candele sul tavolo, due alti calici, piatti decorati e forchette tirate a lucido. Rimase sbalordita: “Regina” sussurrò.

La donna le si pose alle spalle e le accarezzò le spalle, togliendole il giacchetto e provocando brividi lungo la schiena della bionda.

“Se tu mi avessi avvertito, avrei indossato un abito migliore”.

Regina le si pose davanti e con voce sensuale disse: “Stai benissimo così” e le offrì un bicchiere di vino, per poi andare in cucina e accendere i fornelli.

“Siedi Emma” le disse.

La giovane donna andò a sedersi e respirò a pieni polmoni, le sembrava di vivere in un sogno.

“Che buon profumo” disse e si sporse per vedere cosa stesse facendo la mora.

Poco dopo Regina raggiunse la giovane con un vassoio con dell’antipasto, alzò il ciglio e mostrò le prelibatezze che aveva cucinato, accese le candele con un fiammifero e si sedette di fronte a Emma.

“A cosa devo tutta questa premura professoressa Mills?” la stuzzicò.

“Un modo per chiederti scusa” disse sorridendo. “E il tu è voluto… Sono stata un po’…” alzò gli occhi per cercare il termine esatto. “Scorbutica”.

Emma aggrottò la fronte, ma non parlò limitandosi a ridere divertita.

“Oh, oh, Regina Mills che chiede scusa…”

“Attenta – disse la mora puntandole l’indice contro – non scherzare con me Em-ma”.

Le fece l’occhiolino e le due cominciarono a mangiare. Scherzarono, fecero battute e si punzecchiarono con una naturalezza e un’armonia che nessuna delle due avrebbe mai potuto immaginare.

“Quindi ora che succede?” chiese la bionda quando Regina servì il dolce. “Voglio dire… tra noi”.

Gli occhi di Emma si persero in quelli della mora.

“Tu sei disposta a mettere in gioco le tue certezze? – chiese la prof – a sentirti sotto tiro, a essere giudicata dai tuoi compagni, dai professori e magari dai tuoi amici? Perché è questo ciò che ti aspetta se ti metti insieme a me”.

Emma sorrise a sentire pronunciare quelle parole che avevano un ché di adolescenziale.

“Sarai la ragazza della professoressa di letteratura, figlia del Rettore dell’Università di Boston, sarai sotto gli occhi e sotto il giudizio di tutti”.

“È per questo che all’inizio mi hai detto che non poteva funzionare?” chiese Emma.

Regina annuì.

La bionda allungò la mano e sfiorò le dita curatissime della professoressa, quest’ultima sentì un brivido a quel tocco leggero.

“… e mi strappò il cuore frantumandolo in mille pezzi, ma mi accorsi che quello era solo un piccolo lato di ciò che chiamano amore” sussurrò Emma.

La mora ebbe un sussulto.

“Non dice così quella poesia? Quello che provo per te Regina è molto più forte di ogni chiacchiericcio, colpo basso, ritorsione o altro che dovrò provare. Voglio stare con te”.

La mora si alzò dal suo posto, fece il giro del tavolo e porse le mani a Emma. La bionda la guardò negli occhi e allungò le sue. Regina le strinse forte e invitò la giovane ad alzarsi, una volta in piedi le accarezzò il volto senza staccarle gli occhi di dosso, la guardò da capo a piedi, le scostò una ciocca di capelli e poi avvicinò le sue labbra a quelle della ragazza, al contatto Emma sussultò, sentì lo stomaco liberare milioni di farfalle e il calore salirle fino alla testa.

Regina spinse il suo corpo contro quello della bionda, pose una mano dietro la testa di Emma e le loro labbra si unirono, le loro lingue danzarono, i loro corpi fremettero di desiderio. Emma si staccò come a voler riprendere fiato incredula per quello che le stava accadendo. Regina le sorrise e la prese per mano, conducendola su per le scale fino a raggiungere la sua camera da letto. Il cuore di Emma batteva all’impazzata.

La mora fece sedere la bionda sul letto, poi fece scorrere la gonna verso l’alto, aprì le gambe e si mise cavalcioni su quelle di Emma, che era ancora seduta.

“Io… - disse titubante la bionda temendo di poter rovinare quel momento – non sono mai stata con una donna”.

La prof guardò Emma intensamente: “Neppure io…”.

Emma aggrottò la fronte: “Come, io credevo che…”.

Regina le pose la mano sulle labbra per farla tacere: “Quello che provo per te non l’ho mai provato con nessuno, quindi tu sei la prima di tutto”.

La bionda affondò il suo volto nel decolleté di Regina, poi con mani tremanti le tolse la giacca, non fu un’operazione facile, e la mora rise. Le dita di Emma iniziarono a sbottonare la camicia di Regina, un bottone per volta finché poté ammirare il reggiseno di pizzo color viola della sua professoressa. Ben presto la camicetta andò a fare compagnia alla giacca in terra.

Emma tremava come una foglia. La prof le prese le mani e le baciò delicatamente poi la spinse sul letto facendola distendere, i suoi seni nascosti dal pizzo accarezzarono la maglietta della bionda. Le loro labbra tornarono a sfiorarsi ancora una volta.

Regina spostò i capelli di Emma e le accarezzò il collo con la lingua, provocando mille brividi di piacere alla giovane donna che inarcò la schiena.

Le mani di Regina si infilarono sotto la maglietta della bionda accarezzandole il ventre per poi afferrare l’indumento e toglierglielo di dosso, lasciando la giovane donna con indosso solo la biancheria intima.

“Non fare l’alunna cattiva – le sussurrò la mora all’orecchio – o dovrò prendere provvedimenti”.

Emma sorrise divertita. Regina si tolse le scarpe e la gonna, e si sedette di nuovo cavalcioni sopra la bionda. Emma strinse le cosce della donna ammirando ogni centimetro di quel corpo sensuale che le stava davanti.

Con mani leggere la mora sganciò il bottone dei jeans della bionda e poi abbassò la zip accompagnando il tutto con una maliziosa alzata di ciglio. Fece scorrere i pantaloni fino a toglierli e li gettò a terra, quindi si distese e i loro corpi tornarono a unirsi, passarono momenti interminabili durante i quali le due donne si baciarono, accarezzarono ogni millimetro di pelle, si stuzzicarono finché il loro desiderio non toccò il culmine.

“Sai cosa voglio professoressa Mills” le sussurrò Emma facendo ribollire il sangue nelle vene della mora. La donna sorrise e fece scorrere la mano delicatamente fino a raggiungere gli slip di Emma e a sfiorare la sua parte più intima.

Solo la luce della luna che filtrava dalla finestra illuminò i loro corpi nudi e tesi, sudati e desiderosi di soddisfare ciò che tanto avevano bramato.

 

*****************************************

Emma aprì gli occhi: un braccio di Regina le cingeva la vita. La bionda poteva sentire il seno della mora contro la sua schiena, sospirò e si volse per guardarla in viso. La prof sorrise e la baciò dolcemente sulle labbra.

“Buongiorno” disse regalando un ampio sorriso alla bionda.

“Buongiorno Regina. Pensi che ora potremmo definitivamente abbandonare il “lei”?” chiese.

La mora ci pensò un attimo: “Credo che si possa fare”.

Emma le sfiorò il naso con il dito e poi sospirò. “È stato bellissimo stanotte” i suoi occhi verdi brillavano di una luce intensa.

“Sì, non è stato poi così male” la punzecchiò Regina.

“È stato il miglior sesso che abbia mai fatto in vita mia. Sei brava a letto professoressa” e fece una linguaccia alla mora che rise divertita.

Regina prese la mano di Emma e intrecciò le sue dita con quelle della bionda.

“Sì, è stato bellissimo” le sussurrò e la baciò dolcemente sulle labbra.

Fuori era una splendida giornata di fine aprile, tra qualche giorno sarebbe stata Pasqua.

La mora si sporse dal letto cercando le proprie mutandine, le prese da terra e sotto le lenzuola se le infilò lanciando delle occhiate sensuali alla bionda, scostò le lenzuola per scendere dal letto ma Emma la afferrò delicatamente per i fianchi costringendola e tornare a distendersi al suo fianco. “Dove credi di andare” le sussurrò poi alzando un gomito e ponendosi di lato alla mora. La prof rise. Emma la baciò sulle labbra con dolcezza, poi con passione. Regina chiuse gli occhi e assaporò quel momento.

“Ho intenzione di chiedere una ripetizione, prof” disse Emma e spalancò gli occhi per poi mordersi il labbro.

La mora sentì un brivido correrle lungo la schiena.

“Davvero?” chiese divertita la più anziana.

La bionda annuì. “Ho bisogno di ripassare alcune cose che non ho ben capito stanotte”.

Regina rise di una risata chiassosa e i suoi occhi si infuocarono di passione.

“Sei brava con le parole Emma” disse Regina.

“Grazie, ma credo di essere più brava con la lingua”. Quindi afferrò il lenzuolo e scomparve sotto. Regina rise, passandosi la lingua sulle labbra. Emma scese baciandole il ventre, poi con i denti morse il lembo degli slip che la mora aveva rindossato e li tolse con le mani. Regina istintivamente aprì le gambe, desiderosa di ricevere le attenzioni della bionda nel punto di maggior piacere. La giovane donna non se lo fece ripetere due volte.

Un’ora dopo le due donne scesero a fare colazione. Si stuzzicarono per tutto il tempo. Emma osservava le gambe di Regina che indossava un paio di pantaloncini corti, mentre la donna stava lavando i piatti le cinse la vita da dietro e cominciò a baciarla sul collo.

“Come ho potuto resisterti tutto questo tempo” disse la mora chiudendo gli occhi e lasciando andare la tazza che teneva tra le mani.

Emma salì con le mani e le posizionò sui seni della donna, poi strinse leggermente, suscitando un gridolino in Regina.

“Sei così maledettamente diversa Regina Mills” disse Emma avvicinandosi all’orecchio della mora.

“Cioè?” chiese la prof girandosi.

“Improvvisamente sei una donna normale – disse la studentessa – non sei più scostante, inavvicinabile, ora riesco a penetrare nella tua corazza, a vederti sotto un’altra luce, ed è bellissimo. Vederti sorridere, vederti giocare e scherzare senza più quella maschera autoritaria che ti metti sul viso ogni volta che devi recitare la parte della professoressa”.

“Ah, ah… - disse Regina – cos’era quella cosa del penetrare?” chiese.

Emma rise, poi si staccò dalla mora e le dette una pacca sul sedere: “Il tuo sedere rimane la parte che preferisco. Non immagini quante volte l’ho guardato mentre tu facevi la prof sofisticata” e rise.

La mora la guardò con sguardo famelico: “Davvero? E lo guardavi mentre io impazzivo nell’immaginare le tue braccia muscolose intorno alla mia schiena?” disse.

Emma rimase sorpresa: “Seriamente?”.

“Oh, sì – sussurrò la donna avvicinandosi alla bionda e accarezzandole i bicipiti e le spalle – Dio quanto ho desiderato che queste braccia mi stringessero”.

“Beh, basta chiedere” disse, afferrò Regina per la vita e la sollevò da terra facendola girare in tondo. La mora rise.

Mentre le due donne giocavano e si stuzzicavano, fuori qualcuno osservava la scena con un binocolo.

 

*********************

Quella settimana di vacanze passò in un lampo. Regina ed Emma si videro altre volte. Il giorno di Pasqua la mora fu invitata a pranzo a casa di sua madre e ovviamente erano presenti tutti i membri della famiglia, compresa la sorella con Mary Margaret, Henry e persino Robin con la nuova compagna Marian, sebbene tra lei e Regina non corresse buon sangue. Il pranzo tutto sommato trascorse tranquillo. A nessuno sfuggì quanto Regina fosse bella e tutti notarono la luce nuova che i suoi occhi emanavano.  

Concluso il pranzo la prof uscì per incontrarsi con Emma e portò con sé anche Henry perché la bionda aveva comprato un piccolo regalo per il bambino.

Avevano scelto un parco. Emma aveva portato una coperta e l’aveva distesa sull’erba sotto un grosso albero vicino a un laghetto dove nuotavano alcune oche.

Henry era intento a scartare il regalo di Emma e le due donne osservavano l’eccitazione del piccolo. Il bimbo aprì la scatola e vide che al suo interno c’era una meravigliosa pallina, tutta colorata, i suoi occhi si illuminarono di gioia, abbracciò la giovane donna e corse a giocare.

“Stai qui Henry” urlò Regina. “Non ti allontanare”.

Emma osservava estasiata la mora: il vento leggero le scompigliava i capelli corvini e il suo profumo si alzava leggero giungendo fino alle sue narici.

“Domani torniamo a scuola, lo sai vero?” chiese Regina e si fece seria.

Emma annuì. “Vuoi che torni a darti del lei? E che facciamo finta che non ci sia niente tra noi?” disse.

“Lo faresti veramente?” chiese la mora.

“Se me lo chiedessi, sì, certo”, Emma distolse lo sguardo e osservò il bambino che giocava felice.

“Non ti chiederei mai una cosa simile. Mi chiedo se tu sia davvero pronta ad affrontare tutto”.

La bionda guardò Regina che si era fatta pensierosa: “Certo che lo sono – e prese la mano stringendola – io ti amo. E non mi importa di altro”.

“Dovrai affrontare anche Killian” disse la prof.

“Lo farò, non è un problema. In fondo tra noi non c’è stato niente”.

Henry raggiunse le due donne e notò che si tenevano per mano, alzò lo sguardo verso Emma e disse: “Ma tu sei la fidanzata di mamma?”.

Emma sbarrò gli occhi e guardò Regina. La donna non rispose. “Signorina Swan che fa non risponde?” disse divertita la mora.

Emma non sapeva cosa dire balbettò qualcosa senza senso.

“Mi sembra in difficoltà” proseguì Regina, mentre Emma si faceva rossa in volto ed Henry sghignazzava.

“Tanto lo so che sei la fidanzata di mamma – disse alla fine il piccolo – me lo ha detto lei qualche giorno fa. Sono contento perché a me tu stai simpatica e poi perché ora mamma è felice!”.

Regina sentì le lacrime affiorare agli occhi, baciò suo figlio e lo strinse a sé, mentre il rossore abbandonava le gote della sua compagna.

 

*****************

La Mercedes nera di Regina si fermò nel parcheggio riservato ai professori. La mora si tolse gli occhiali da sole e strinse la mano di Emma che le sedeva a fianco.

“Pronta?” chiese la prof guardando intensamente gli occhi della bionda che annuì, anche se il suo cuore batteva forte.

Regina si avvicinò alla giovane donna e le stampò un bacio sulle labbra al quale Emma rispose con un sorriso compiaciuto.

“Andiamo allora, miss Swan” e le fece l’occhiolino.

Emma scese dalla macchina, Regina prese la borsa che teneva nel sedile posteriore, chiuse la vettura con il telecomando elettronico e insieme si avviarono verso il cancello d’entrata.

Fianco a fianco, le due donne varcarono l’ingresso accedendo al giardino, c’era il solito chiacchiericcio e la solita allegria di sempre. Ragazzi che ridevano, parlavano, si scambiavano appunti, libri e opinioni.

La bionda sospirò, si sentiva bene, era al fianco della donna che la faceva impazzire, cosa poteva esserci di meglio.

“Hey guarda chi c’è” disse un ragazzo indicando con la testa le due donne che avanzavano.

Killian si girò verso di loro.

“Mi sa che è meglio se indossi una gonna” disse un altro guardando il giovane.

Killian non rispose, visibilmente amareggiato per quanto stava vedendo.

“Non stanno facendo niente, sono solo entrate insieme a scuola” rispose.

“Come no, illuso!” sussurrò ancora l’amico.

“Ma che vuoi? - disse Killian spintonandolo e guardandolo con rabbia – lasciami in pace!” e si allontanò.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Ciao!!! Nuovo capitolo :).

 

CAPITOLO SETTE

Nelle settimane successive tutto filò piuttosto tranquillo, si avvicinavano gli esami di fine corso ed Emma stava studiando in maniera disperata.

“Ricorda che verso di te non avrò alcun riguardo” le disse Regina con tono deciso, mentre passeggiavano nei pressi del porto. Era il tramonto e le luci dei grattacieli e dei lampioni si riflettevano nelle acque del mare creando un gioco di colori azzurro, giallo e arancio.

“Lo so Regina e non te lo chiederei mai”.

“Anzi, se possibile sarò più inflessibile con te, mi aspetto che tu faccia un esame impeccabile, Swan” e si girò per guardare la sua compagna.

Emma assunse un’aria offesa: “Come siamo dure, professoressa Mills” e si morse il labbro suscitando il sorriso della mora. Regina le dette una leggera spinta fino a farle toccare la balaustra con il fondoschiena, cingendole i fianchi con le mani e alzando gli occhi al cielo. “Mi farai impazzire” disse.

Emma rispose sorridendo a quel viso che si era illuminato di gioia: “È il mio compito, sì” e cinse a sua volta i fianchi della mora.

Le due si guardarono negli occhi, si avvicinarono e unirono le loro labbra in un bacio prima dolce, poi passionale.

 

**************

Emma uscì dalla stanza della professoressa Mills e corse incontro a Mary Margaret: “Ho preso il massimo” disse abbracciando la moretta che rispose con un sorriso e un urlo di gioia.

Le due ragazze si stinsero le mani attirando l’attenzione degli altri studenti che stavano aspettando il loro turno per dare l’esame di letteratura.

“Ci credo ha preso il massimo, le avrà fatto qualche servizietto” disse un ragazzo incrociando le braccia. Altri risero.

Emma si girò verso di lui.

“Sappiamo tutti che alla professoressa Mills piacciono le tette” continuò.

“Già, la prossima volta mi travesto da ragazza e apro le gambe davanti a lei, sono sicuro che pure io prenderò il massimo” disse un altro sollevando altre risate.

La bionda fulminò i giovani con lo sguardo.

“Emma” sussurrò Mary Margaret afferrandola per un braccio.

“Sì, hai ragione – disse la bionda mentre il fuoco divampava nei suoi occhi – non ne vale la pena”.

“Chissà quante sono passate tra le sue gambe, non crederai mica di essere la sola” continuò un altro. A quel punto Emma non ci vide più dalla rabbia. Si girò liberandosi dalla stretta di Mary e si gettò addosso al ragazzo che aveva parlato per ultimo facendolo cadere a terra.

“Non ti permetto di parlare così!”.

Mary Margaret si portò le mani al viso, spaventata. Tutto intorno accorsero altri alunni. A quel fracasso Regina uscì dalla sua stanza e così fece anche il preside Gold.

“Emma!” urlò la mora, vedendo la giovane distesa sopra al ragazzo e intenta a strattonarlo.

Sopraggiunsero altri due professori che presero la bionda per le spalle tirandola su e allontanandola dal ragazzo. La giovane aveva un graffio sulla guancia, il ragazzo un occhio rosso.

“Ringrazia il cielo che mi hanno fermato, non saresti tornato a casa!” urlò Emma sempre più in collera.

Il ragazzo sorrise, asciugandosi il labbro sanguinante.

La folla si disperse. Emma venne fatta sedere nello studio della professoressa sotto lo sguardo preoccupato di Mary Margaret e Regina.

“Sto bene, sto bene” disse Emma mentre la prof le porgeva del ghiaccio avvolto in un fazzoletto.

Regina le si sedette di fronte cercando di valutare i segni che la bionda aveva sul viso. Emma alzò lo sguardo verso la donna.

“Mi dispiace” disse.

Regina scosse la testa e guardò la nipote poggiata alla scrivania.

Era evidente che Mary Margaret fosse al corrente del legame che univa la zia a Emma, sicuramente Regina l’aveva informata.

“Solo non ci ho visto più, stavano dicendo delle cose orribili su di te” disse la bionda.

“Emma non ha fatto nulla di male” la spalleggiò l’amica.

“Lo so ragazze, lo so” disse Regina sospirando. “Mi aspettavo che prima o poi sarebbe successo. Non desideravano altro che far scoppiare questa bomba”.

La bionda avvicinò il ghiaccio alla guancia: “Non mi farò intimidire da quelle persone”.

Qualcuno bussò alla porta, Gold comparve sulla soglia e fece cenno alla prof di seguirlo. L’uomo lanciò un’occhiata di rimprovero a Emma. Non appena la porta si richiuse, la bionda sprofondò nella sedia.

“Cosa può succedere adesso?” chiese.

“Molto probabilmente ti sospenderanno” rispose Mary.

“Ma a Regina non succederà niente, vero?”.  

Margaret scosse il capo: “No, a lei no”.

Emma sospirò: “Meno male”.

 

****************

“La signorina Swan si è solo difesa!” urlò la prof guardando Gold.

“Regina, il regolamento parla chiaro, non sono ammesse risse all’interno dell’Università. Emma Swan verrà sospesa” disse il preside.

La mora sospirò.

“Lo sapevamo entrambi che sarebbe andata così, te la sei cercata professoressa Mills”.

La donna stinse i pugni.

“Chi è causa del suo mal pianga se stesso”.

“Oh risparmiami la sfilza di proverbi” disse Regina storcendo la bocca.

“Come vuoi – rispose calmo Gold – ma la sospensione è già in atto così come quella dell’altro studente. Ovviamente anche gli altri ragazzi verranno sospesi, dato che hanno offeso apertamente una professoressa”.

La mora si morse il labbro, il suo volto era molto preoccupato.

“Bene, se non c’è altro, è meglio che torni ai tuoi esami” disse Gold e invitò la donna a uscire.

Regina si chiuse la porta alle spalle, attraversò il corridoio a grandi falcate, si fece largo tra gli studenti che attendevano di sostenere l’esame e, con volto torvo, entrò nella sua stanza sbattendo la porta.

“Ora sono cacchi nostri” sussurrò un ragazzo.

 

***********************************

Regina aveva volontariamente evitato di rispondere a sua madre per tutta la mattina. Cora aveva provato a chiamarla al cellulare varie volte. Era il suo giorno libero, il primo dopo due settimane dalla rissa all’Università, e la mora stava passeggiando insieme a Henry per le vie del centro di Boston. Per l’ennesima volta il cellulare squillò, la prof esaminò il nome di sua madre che lampeggiava sul display del telefono, fece un sospiro e accettò la chiamata.

“Madre” disse fingendo di essere felice di sentirla.

“Regina è tutta la mattina che ti chiamo, perché non rispondi”.

“Sono con Henry, mamma, sono piena di borse ed eravamo finora in un posto dove non c’era campo”, guardò suo figlio che divertito sghignazzava per le bugie che raccontava la donna.

“Usi sempre le stesse scuse, Regina, dovresti inventarne di nuove, potresti farti aiutare da quella Emma Swan”.

La mora sospirò: “Quella Swan?”.

“Dobbiamo parlare, stasera sei invitata a casa mia, alle otto. Dai un bacio al bambino da parte mia!”.

“E se avessi da far…” la conversazione si interruppe.

Regina guardò il cellulare furiosa, era sempre così con sua madre: Cora dettava le regole e lei doveva solo ubbidire.

“Mamma, era la nonna?” chiese il bambino.

“Sì, ti manda un bacio” rispose pensierosa. Sapeva cosa le sarebbe aspettato quella sera, una ramanzina con i fiocchi. Cora era bravissima a intromettersi nella vita di sua figlia, criticando ogni sua scelta. Era invadente e molto pericolosa quando ci si metteva.

Regina stava pensando a queste cose quando passò davanti a una vetrina e vide un piccolo ciondolo con l’immagine di un cigno, quello bastò per farle dimenticare all’istante sua madre.

Sorrise compiaciuta ed entrò nel negozio insieme al bambino.

Quando uscì teneva una piccola busta di colore nero in mano.

“Evviva, mamma, abbiamo comprato un regalo a Emma!” disse saltellando Henry.

Un messaggio arrivò sul cellulare della donna che sobbalzò all’idea che potesse essere ancora sua madre, ma quando vide il nome di Emma, si rilassò.

Cosa fa la mia Regina?

La mora sorrise.

Sta aspettando che arrivi la sua principessa azzurra, ma sta tardando, forse dovrebbe cercare altrove ;)

La principessa azzurra è impegnata in una noiosissima lezione di storia, ma vorrebbe tanto prendere il suo cavallo bianco e venire a dare alla Regina il bacio del vero amore.

Regina rise divertita per quello scambio di messaggi. Prima che la donna potesse rispondere Emma le inviò un altro sms.

La principessa azzurra è stata appena ripresa dalla prof di storia perché stava scrivendo un sms alla sua donna :D

Regina scosse la testa.

Non fare altri danni, Swan… due settimane di sospensione sono state più che sufficienti…

Emma leggeva i messaggi tenendo il cellulare tra le gambe e sorrideva divertita. Stava per rispondere quando arrivò un nuovo messaggio

Ti ho comprato una cosa J 

La bionda alzò le sopracciglia meravigliata.

Davvero? Cosa?

Se te lo dico poi dovrò ucciderti J

Morirei volentieri per te!

Esagerata, e poi io ti VOGLIO tutta intera.

Ora sono curiosa.

Tieni a freno la tua curiosità e torna a studiare. Ci sentiamo più tardi. Un bacio

Un bacio J

 

“Mamma ma andiamo?” disse Henry tirandole il lembo del cappotto.

Regina si destò come da un sonno. “Hai ragione, piccolo, scusami”.

“Stavi messaggiando con Emma?”.

“Sì, come lo hai capito?”.

“Perché il tuo volto si illumina sempre quando parli con lei”.

Regina accarezzò il volto del bambino, lo prese per mano e insieme si diressero verso il ristorante in cui avrebbero pranzato.

 

**************

“Tra quanto devi essere da tua madre?” chiese Emma poggiando il gomito accanto a Regina e girandosi verso di lei mentre la mora osservava il soffitto, persa in chissà quali pensieri. La bionda le regalò un bacio sulla guancia riuscendo così a strappare l’attenzione della prof che la guardò, ponendosi un braccio sotto la testa.

“Due ore e mezzo” sospirò, sollevando il lenzuolo fin sotto il mento.

“Stai bene?”.

La donna guardò Emma negli occhi e annuì, quest’ultima poggiò la testa sulla spalla di Regina e le pose il braccio sul ventre.

“So già cosa mi dirà” disse la prof.

“Tua madre ha uno strano potere su di te. Credo sia l’unica a farti questo effetto”.

“Che effetto?” domandò Regina accarezzando i capelli della bionda.

“Paura, terrore eccessivo”.

“Già, è proprio così”, poi la mora si girò per guardare Emma.

“Parlami dei tuoi genitori”.

“Cosa vuoi sapere?”.

Regina scosse la testa: “Quello che vuoi, non mi hai mai detto niente di loro, insomma, mi hai raccontato che ti hanno abbandonata quando eri ancora in fasce e che sei passata da una casa famiglia all’altra, ma non mi hai mai detto se li hai cercati o se sai dove vivono, cosa fanno”.

“A 15 anni, la prima volta che sono scappata dalla casa famiglia che mi ospitava, sono andata a cercare mia madre. Scassinai l’armadietto del direttore e riuscii a trovare la mia cartella, con il nome della mamma e l’indirizzo”.

“Davvero?” chiese meravigliata Regina. “Oh che teppistella” scherzò.

Emma sorrise: “Ho fatto anche di peggio, non sono orgogliosa del mio passato, Regina, comunque quando arrivai alla casa, era abbandonata” e sospirò.

“Non hai più tentato?”.

“No” disse la giovane donna.

“Ecco perché ti dico Regina, che sebbene tua madre cerchi di imporre sempre la sua autorità, tu almeno l’hai al tuo fianco”.

La mora corrugò la fronte notando l’espressione triste della sua compagna.

“Vieni qui” le sussurrò abbracciandola tra le lenzuola del suo letto matrimoniale, mentre fuori cominciava a imbrunire.

“Io ho te adesso” disse la mora.

“Sì. E io ho te” sussurrò Emma. “La più sexy e attraente donna che ogni uomo possa mai desiderare”.

Regina alzò il sopracciglio.

“E visto che abbiamo ancora…” la bionda guardò l’orologio, “due ore… intendo sfruttarle proprio con questa bomba del sesso!”. Cominciò a fare il solletico alla donna che rispose ridendo senza ritegno. Emma baciò Regina sulle labbra e la donna ricambiò, poi i loro corpi si unirono ancora una volta.

 

***********

Regina arrivò da sua madre puntuale alle 20. Suonò il campanello della grande villa circondata da un immenso giardino e un maggiordomo le aprì la porta.

“Buonasera Regina”.

“Salve Archie”.

Il maggiordomo lasciò che la donna entrasse nella grande casa della madre. La mora gli affidò il cappotto e si incamminò in direzione della sala da pranzo. Tutto in quella casa era terribilmente enorme.

“Madre, non sei stufa di vivere da sola in questa casa che sembra un castello?” chiese la figlia facendo il suo ingresso nel soggiorno.

“Regina!”, Cora andò incontro alla figlia con le braccia aperte. Le due si scambiarono due baci sulle guance.

“Salve mamma, come stai?”.

“Bene grazie”, Cora squadrò la donna dall’alto in basso. “Devo ammettere che quella Emma Swan ti fa proprio bene, sei meravigliosa”.

Regina aprì la bocca per replicare, ma la madre si girò dando le spalle alla figlia e chiamò il cameriere: “Possiamo procedere con la cena, August”.

Le due donne si posizionarono a sedere l’una di fronte all’altra, venne servito l’antipasto. August versò del vino bianco nei bicchieri di madre e figlia, fece un inchino e si ritirò.

“Allora madre – disse Regina alzando il bicchiere – facciamo un brindisi?”.

Cora annuì: “Certo tesoro a cosa vuoi brindare?”.

La mora si schiarì la voce: “Brindo a quella Emma Swan!”.

Gli occhi della madre fulminarono la figlia.

“Regina” disse Cora riponendo il bicchiere sul tavolo, mentre la mora bevve. “Mi spieghi cosa ti salta in mente?”.

“Madre…”.

“Prenderti una cotta per una studentessa – abbozzò un sorriso tirato – non so se ridere o se piangere. Mio Dio, vuoi davvero buttare all’aria tutto il duro lavoro che hai fatto finora per una storia che durerà sì e no qualche mese?”.

Regina fu assalita dalla voglia di scaraventare il bicchiere a terra, ma si controllò e lo depose sul tavolo.

“Sappiamo benissimo che si tratta di una semplice infatuazione da parte di questa Swam, Swan o come si chiama, e cosa ti resterà quando ti verrà a dire che ne ha abbastanza di te? Ti stai giocando la carriera”.

August sopraggiunse con il vassoio contenente un fumante riso allo zafferano, lo servì sotto gli occhi attenti di Cora e poi se ne andò.

“Sappiamo bene che tra un anno Gold andrà in pensione e quel posto sarà tuo!”.

Regina ascoltava la madre senza batter ciglio.

“Vuoi che ti buttino fuori dalla scuola per una relazione con una studentessa?”.

“Mamma, capisco che ti stai preoccupando per me, ma non ce n’è motivo, sono abbastanza grande per…”.

“Sei un’incosciente!” urlò la donna.

Regina sobbalzò.

“Non sei abbastanza grande per niente Regina Mills. Devi ascoltare tua madre”.

La mora rise forzatamente: “Devo? Oh madre cara, io non ti devo proprio niente. Ti ringrazierò sempre per avermi allevata, cresciuta e per non avermi fatto mancare niente, ma nell’istante in cui io ho preso la porta, sono uscita di casa, ho ottenuto un lavoro e uno stipendio, tu hai perduto ogni diritto su di me”.

Si fece avanti con il busto e sfidò Cora che sospirò debolmente.

“Come vuoi” sussurrò la madre e riprese a mangiare.

La mora abbassò lo sguardo cercando di trattenere le lacrime che prepotentemente volevano scendere lungo le sue guance.

La cena proseguì nel più completo silenzio. Venne servito il secondo e il dolce, non appena finito di mangiare Regina posò il cucchiaio accanto al piatto.

“È tutto madre?”.

Cora si limitò ad alzare la mano: “Fa come vuoi Regina, ma non venire a piangere da me quando ti renderai conto del grave errore che hai commesso”.

Regina si alzò dal tavolo: “Arrivederci mamma, grazie per la cena” disse. Salutò August e Archie che le restituì il cappotto e poi uscì nel fresco di una sera di metà maggio, si asciugò le lacrime e si diresse verso la macchina. Chiuso lo sportello, pianse amaramente poggiando la testa sul volante. In quel momento desiderò di essere come Emma, un’orfana, senza una madre invadente e pronta a rovinarle la vita.

 

*************

Emma parcheggiò il suo Maggiolino giallo e scese dalla vettura. Quel giorno si preannunciava essere molto caldo, un preludio all’estate che stava arrivando. Si mise la borsa a tracolla e si diresse verso l’Università impaziente di incontrare Regina, le aveva raccontato per telefono del suo colloquio con la madre e l’aveva sentita parecchio giù, voleva constatare di persona come stesse.

“Emma!” la chiamò una voce maschile.

La bionda si voltò: “Killian, ciao” si fermò.

“Ciao, come stai?”.

“Mi dispiace, Killian, avrei dovuto parlarti, sono stata pessima”.

Il ragazzo scosse la testa: “Non ti preoccupare, beh, non nego che speravo potesse nascere qualcosa tra di noi, tu sei una ragazza molto bella, intelligente e maledettamente sexy…”.

Emma sorrise.

“…ma siamo usciti insieme solo una volta, quindi non posso pretendere niente” si sforzò di sorridere.

“Sei arrabbiato?” chiese la giovane donna.

Il ragazzo ci pensò un po’: “Ni - disse infine – ma che posso farci?”.

Emma distolse lo sguardo vedendo arrivare la Mercedes di Regina e il suo cuore sobbalzò nel petto.

Killian seguì lo sguardo della bionda. “In fondo non posso neppure rifarmela con la tua fiamma, non solo è una donna, ma è anche una professoressa ed è uno schianto”.

La bionda sorrise, completamente persa nell’osservare Regina uscire dalla macchina con un paio di occhiali scuri, addosso un tailleur nero composto da pantaloni e giacca.

“Se decideste di volere una compagnia maschile, io ci sono” e sorrise.

Emma rise: “Killian! - lo rimproverò amorevolmente – Grazie”.

Il ragazzo si avvicinò alla bionda e le dette un bacio sulla guancia.

“Ci vediamo in giro, Emma” e si allontanò.

La bionda attraversò la strada: “Regina!” chiamò alzando la mano.

La mora le sorrise: “Miss Swan”.

“Ciao” gli occhi di Emma brillavano.

“Ho visto male o Killian ti ha baciato?”.

La bionda guardò le labbra della sua compagna.

“Non ti sfugge niente, sei gelosa?” disse la giovane.

“Per nulla, tanto chi ti porta a letto sono io” e alzò il sopracciglio.

Emma divenne rossa in volto: “Professoressa Mills - la rimproverò fintamente - che linguaggio utilizza?”.

Regina rise divertita.

“Stai meglio?” si fece seria la bionda.

“Non è la prima volta che mia madre fa così” disse, mentre le due varcavano il cancello dell’Università.

“Emma! Regina!”. Le due donne si voltarono e videro Mary Margaret che le stava salutando. Le raggiunse.

“Ciao” disse la bionda.

“Buongiorno” rispose Mary e porse un foglio alla giovane.

“Che cos’è?” disse Emma prendendo il foglio e corrugando la fronte. Regina alzò gli occhiali e sbirciò.

“Un bando di concorso per una collaborazione giornalistica al The Boston Globe” disse eccitata Mary.

La bionda alzò gli occhi dal foglio e osservò meravigliata prima Mary Margaret e poi Regina.

“Un bando?” sussurrò.

“Cosa dice? Non ne sapevo niente” disse la prof.

La bionda lesse: “I primi tre che avranno raggiunto il punteggio migliore entreranno a far parte del giornale come collaboratori. Il test è tra due settimane”.

“Emma, è la tua occasione devi assolutamente partecipare” disse entusiasta Regina.

“Sì, zia, ma sappiamo benissimo chi è il direttore del The Boston Globe”.

La bionda non capì e guardò Mary Margaret: “Chi è?”.

“È la compagna di Robin, il mio ex marito - rispose la prof – a ogni modo questo non significa niente, se Emma si impegna supererà quel test e poi i rapporti tra me e Marian non sono poi tanto male”.

“A parte quella volta che hai versato un bicchiere di vino rosso sul suo un abito bianco firmato Armani? O quella in cui le hai gettato le chiavi della macchina nel tombino davanti casa tua?”.

Regina fulminò la nipote con lo sguardo, mentre a Emma scappò una risata.

“Non conviene averti come nemica” disse la bionda.

“È acqua passata – rispose la prof - sono eventi accaduti molto tempo fa, quella delle chiavi però è stata un’idea geniale” e rise.

“Sei perfida, Regina” le disse Emma con un misto tra il rimprovero e il divertito.

“Okay, bando alle ciance, da domani full immersion di cultura generale, miss Swan, per superare il test” concluse l’insegnante. 

Emma si portò la mano all’altezza della fronte: “Agli ordini”.

Le tre risero.

 

************

Nelle due settimane che precedettero il test, Emma fu indaffarata tra il lavoro da “Granny’s”, gli esami universitari e le lezioni di Regina.

Conclusa la prima settimana già malediva l’idea di aver accettato di partecipare al bando.

“Nome della prima stilista che ha inventato la minigonna?” chiese Regina.

“Mary Quant” rispose meccanicamente Emma.

“Aida fu commissionata a Rossini in che occasione?” proseguì la mora camminando da una parte all’altra del soggiorno.

“Per celebrare l’apertura del Canale di Suez e non fu commissionata a Rossini ma a Verdi”.

Regina guardò Emma con un pizzico di meraviglia: “Eccellente”.

La bionda si gettò sul divano: “Basta Regina, sei senza cuore”, piagnucolò.

“Quando avrai superato il test mi ringrazierai” rispose la mora.

“Dammi un po’ di fiato”.

“L’inventore della stampa a caratteri mobili?” proseguì senza ascoltare la giovane donna.

Emma alzò gli occhi al cielo: “Gutenberg”.

“Sbarco sulla Luna?”.

“1969”.

Regina chiuse il libro: “Okay, può bastare, per stasera”.

“Davvero?” chiese Emma alzandosi dal divano.

“Usciamo? Ti va? Ti porto a cena fuori”.

La bionda abbracciò la prof: “Certo che mi va”.

Le due si presero per mano e uscirono di casa.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Nuovo capitolo... :D

 

CAPITOLO OTTO

Emma entrò nello studio del direttore. Il suo cuore batteva forte per l’emozione, il suo sogno stava per realizzarsi, oppure per infrangersi miseramente.

“Prego signorina Swan, si sieda”, disse il capo del The Boston Globe.

La bionda si sedette davanti alla scrivania che la divideva dalla sua interlocutrice, si guardò attorno, c’era una libreria alla sua sinistra colma di volumi, alle spalle della donna una finestra che dava sul centro di Boston, mentre sulla destra uno specchio e sotto un mobiletto all’interno del quale erano posizionati premi vinti dal giornale.

“Congratulazioni - disse la donna sorridendo e porgendo una serie di fogli spillati a Emma – ha ottenuto il massimo, lei è ufficialmente una collaboratrice del nostro giornale”.

La bionda sentì una gioia immensa invaderla, sorrise afferrando il foglio e guardando il test, poi alzò gli occhi verso la donna che la osservava con un sorriso gentile dipinto sulle labbra.

“Grazie, grazie mille direttore”, la bionda si alzò e tese la mano.

Marian imitò Emma.

“Oh, non deve ringraziarmi, è lei che ha superato il test. È l’unica che non ha fatto neppure un errore. Venga – disse infine il capo – le mostro la redazione”.

Emma non riusciva a credere a quanto le stava capitando, il suo sogno stava diventando realtà, avrebbe scritto per il quotidiano più importante della città. Avrebbe respirato l’odore della carta del giornale appena stampato, avrebbe raccontato storie, i suoi articoli firmati sarebbero entrati nelle case di milioni e milioni di persone.

Si sentiva come se stesse camminando sulle nuvole, a due metri da terra. Marian mostrò a Emma il grande open space composto da tavoli ampi ai quali erano seduti i giornalisti curvi sui propri PC. Pile e pile di giornali erano accatastate agli angoli della redazione.

“Signori – il direttore chiese l’attenzione di tutti – questa è Emma Swan, ha superato magnificamente il test e da oggi è una collaboratrice del nostro giornale”.

I presenti si alzarono e applaudirono la bionda che ricambiò con un timido sorrido.

“Congratulazioni”.

“Ben arrivata”.

Tutti si diressero verso la ragazza per stringerle la mano.

Marian fece cenno a una donna bionda la cui bellezza colpì subito la giovane.

“Emma ti presento Sarah Fisher, sarà il tuo tutor o supervisore, come preferisci”.

La donna alta e slanciata, dai modi gentili, strinse la mano alla studentessa: “È un piacere conoscerti Emma”.

La giovane ricambiò il saluto, divenendo rossa per tutte le attenzioni che stava ricevendo.

Nel frattempo a Emma si unirono anche gli altri due ragazzi che, come lei, avevano superato il test.

“Bene, ognuno di voi andrà a ricoprire un posto nella sezione scelta. Emma, per te la sezione cultura e spettacolo. Vi lascio ai vostri tutor, buon lavoro”.

Il direttore si congedò.

“Vieni Emma, seguimi” disse Sarah. Liberò una sedia da alcune riviste, fece spazio sulla scrivania e invitò la giovane a sedersi. “Ti mostro come funziona il nostro programma di impaginazione, poi inizieremo a fare qualche ricerca sulle notizie principali e ce le divideremo, dovrai seguire conferenze stampa e fare interviste, vedrai ti piacerà”.

Emma regalò un ampio sorriso a Sarah, non stava più nella pelle.

Le porte a vetro del The Boston Globe si aprirono e Emma uscì dalla redazione dopo quattro ore di nozioni e insegnamenti, aveva un po’ di mal di testa, ma era maledettamente felice.

Camminò in direzione del Maggiolino, prima di aprire lo sportello vide che Regina la stava chiamando al cellulare.

“Amore mio” disse Emma.

Regina sentì un colpo allo stomaco, la bionda non l’aveva mai chiamata così.

“Devo dedurre che la giornata è andata bene” disse la mora all’altro capo del telefono.

“Oh benissimo – rispose eccitata la bionda e si appoggiò alla macchina – è stata un’esperienza fantastica. Mi hanno mostrato il programma per inserire i pezzi, mi hanno assegnato già alcuni compiti, oddio ora non ricordo niente ma è tutto talmente eccitante”.

“Si sente che sei felice”.

“Emma!” qualcuno la chiamò.

La prof sentendo una voce femminile aggrottò la fronte.

“Vuoi un passaggio?” disse la voce.

“Grazie Sarah, ma ho la macchina”.

“Okay, ci vediamo domani”.

“Regina? Scusami. Era la mia tutor”.

“Hai persino un tutor? E dimmi è attraente quanto me?”.

“Nessuno è attraente quando te”.

“Adulatrice” sorrise Regina.

“E la tua giornata?” chiese Emma.

“Beh, come al solito, ora sono in bagno e ho solo un asciugamano addosso, peccato che non ci sei”.

Emma sentì il sangue ribollire: “Non è giusto, non puoi dirmi così, posso venire da te?”.

“Non stasera, ricordi? Ho una cena con mia sorella”.

“Già, è vero”. Ci fu un attimo di silenzio tra le due.

“Ti chiamo più tardi okay” disse la mora.

“Va bene, ti amo”.

Regina sorrise: “Anche io”.

La conversazione si interruppe. La mora tornò ad asciugarsi i capelli, mentre Emma si sedette al volante e si immise nel traffico con la sua auto.

 

**********

I giorni che seguirono per Emma furono pieni di nuove esperienze e di soddisfazioni, prese parte a varie conferenze stampa insieme a Sarah, fece lavoro di desk inserendo al PC gli articoli e le immagini all’interno delle varie pagine, assistette alla stampa del giornale e prese parte alle riunioni di redazione. La collaborazione con il The Boston Globe si stava rivelando un tassello molto importante per la sua formazione.

Regina entrò in casa, gettò la borsa e la posta sul tavolo della cucina, si tolse le scarpe, si recò in salotto e si sdraiò sul divano. Era stanca. Voleva solo farsi una doccia rilassante e infilarsi qualcosa di comodo. La riunione con i professori era stata estenuante. Sospirò e solo il pensiero di Emma le ridette felicità, tra qualche ora l’avrebbe vista e le avrebbe consegnato il ciondolo a forma di cigno che aveva acquistato insieme a Henry.

Si alzò dal divano e controllò la posta.

“Bollette, bollette – Regina scosse la testa – un’associazione benefica…” corrugò la fronte, c’era una busta gialla senza mittente, solo con il suo nome come destinatario. Rigirò la busta tra le mani, prese un coltello da uno dei cassetti della cucina e tagliò una parte della busta, tirò fuori il contenuto, erano delle fotografie, le guardò e il sangue le si gelò nelle vene. Le esaminò una per una, si appoggiò al lavandino per evitare di cadere, strinse forte il bordo di marmo con la mano, sentì lo stomaco chiudersi e l’aria le mancò: le foto scattate ritraevano Emma insieme a una donna, il primo scatto le vedeva vicine l’una all’altra, poi la sconosciuta si accostava alla bionda come a volerla baciare, nella foto dopo le due ridevano e nell’ultima camminavano fianco a fianco e la sconosciuta si appoggiava al braccio della giovane.

Regina gettò le foto sul tavolo. Prese una bottiglia di vino rosso dalla credenza, con mani tremanti versò il liquido rosso in un bicchiere, bevve tutto d’un fiato. Cercò di respirare.

Fa come vuoi Regina, ma non venire a piangere da me quando ti renderai conto del grave errore che hai commesso.

Le parole di sua madre le risuonarono nella mente, un profondo disagio colpì la donna dritto allo stomaco.

E cosa ti resterà quando ti verrà a dire che ne ha abbastanza di te?

La mora strinse forte i pugni e scosse la testa per allontanare quei pensieri. Si portò un ciuffo dietro l’orecchio, facendo ampi respiri. Quelle foto non volevano dire niente, Emma era solo in compagnia di una donna, sì in una compagnia piuttosto intima e poi chi era quella sconosciuta? Chi poteva averle tirato quello scherzo così meschino? Afferrò il cellulare, tentata di chiamare la bionda e di raccontarle tutto, ma in quel momento era talmente furiosa che era sicura avrebbero litigato, cercò di controllarsi, gettò le fotografie in un cassetto della cucina e andò in bagno a farsi una doccia nella speranza che le chiarisse le idee.

Alle 20 Emma suonò al portone di casa Mills, ma nessuno le rispose. Corrugò la fronte e tornò nuovamente a suonare. Qualche istante dopo Regina aprì la porta. Emma capì subito dallo sguardo della donna che c’era qualcosa che non andava.

“Ciao, Regina, tutto bene?” chiese entrando, mentre la mora la lasciava sulla porta e spariva in cucina, chiuse la porta e rimase perplessa.

“Regina, è tutto oka…”.

Emma entrò in cucina e vide la mora con gli occhi ludici di pianto appoggiata al lavandino e sul tavolo delle fotografie sparse.

“Che cosa è successo?” chiese allarmata.

La mora incrociò le braccia e con il mento indicò il tavolo: “Dimmelo tu”, la sua voce era fredda, il suo comportamento distaccato.

La bionda si avvicinò al tavolo e guardò le immagini, rimanendo sconvolta.

“Chi è quella donna, Emma” disse Regina e la sua voce si spezzò.

La bionda ricordava quella giornata e cosa fosse successo: “Non è come pensi” disse guardando la donna dritta negli occhi.

Regina rise amaramente: “È la classica frase che si dice quando c’è qualcosa da nascondere”.

“Ti giuro, tra me e Sarah non c’è niente”.

“Sarah? La tua tutor?” chiese la mora.

Emma annuì e si avvicinò lentamente alla donna, le asciugò una lacrima che la mora aveva disperatamente cercato di trattenere ma che alla fine le aveva solcato il volto teso, e le prese le mani, stringendole forte.

“È successo qualche giorno fa, una volta finita una conferenza stampa che si teneva in un parco, lei ci ha provato con me, ma io ho subito messo in chiaro le cose e cioè che sto con te e che sono innamorata di te. Te lo avrei detto stasera, non volevo parlartene per telefono”.

Regina guardò Emma negli occhi, la scrutò attentamente, poi annuì.

“Ti credo” disse infine.

Emma la baciò sulle labbra con dolcezza, poi tornò a osservare le foto.

“Chi può averle scattate?” chiese.

La mora scosse la testa sospirando. “Non lo so, prima le voci messe in giro su di noi, poi queste fotografie, qualcuno ha in mente un piano diabolico”.

Regina prese Emma per i fianchi e la attirò a sé, le spostò i capelli e le baciò il collo: “Se provi a tradirmi non risponderò di me” i suoi occhi scintillarono.

“Non succederà” disse la bionda.

“Ti va se ceniamo dopo?” le sussurrò nell’orecchio.

“Che hai in mente?”.

“Vieni di sopra che te lo mostro”, afferrò la mano di Emma e la trascinò su per le scale che conducevano alla camera da letto.

 

***************

“Per te” disse Regina e pose davanti alla studentessa un pacchetto di colore nero. La bionda si alzò a metà busto dal letto, sorpresa, prese il pacchetto tra le mani e guardò la donna con meraviglia.

Gli occhi di Emma brillarono: “Grazie” sussurrò, scartò il regalo sotto gli occhi attenti di Regina, estrasse una piccola scatolina e tornò a osservare la prof con sguardo pieno di eccitazione. Con gesti lenti, come se avesse timore di rompere qualcosa, aprì la scatolina e lanciò un “wooooooow” prolungato. Estrasse la catenina alla quale era appeso il ciondolo con l’immagine del cigno.

“È bellissimo - disse – puoi mettermelo?”.

La mora esaudì il desiderio della giovane donna che poi si girò verso Regina, visibilmente commossa.

“Mi hai regalato questo ciondolo, sebbene tu abbia scoperto quelle foto tremende”.

Regina accarezzò il volto di Emma e la baciò dolcemente sulle labbra.

“Ti sta benissimo” disse la prof.

“Abbracciami” sussurrò la bionda, la mora le cinse la vita e le due donne rimasero così, in silenzio.

 

**************

Regina uscì di casa e si diresse subito in edicola ad acquistare una copia del The Boston Globe. Si sedette in macchina con il cuore che le batteva forte, sfogliò freneticamente le pagine fino ad arrivare alla sezione spettacoli, un “wow” le uscì dalla bocca e un sorriso le si dipinse sulle labbra.

Un’intera pagina portava la firma di Emma Swan: l’articolo di apertura che parlava della presentazione di un grande evento al quale avrebbero partecipato alcune star della musica molto importanti e l’intervista all’organizzatore della serata. Lesse e rilesse i pezzi più e più volte trovandoli perfetti, erano scorrevoli, precisi, interessanti.

“Emma Swan mi hai sorpreso ancora una volta” sussurrò, ripiegò il giornale e partì con la sua macchina diretta verso l’Università.

Quella mattina la bionda aveva una conferenza stampa molto importante: si sarebbe tenuta la presentazione di uno spettacolo teatrale di grande rilevanza, ma prima di recarsi al luogo dell’incontro aveva deciso di passare dal campus per presentare Sarah a Regina.

“Sarah, ti presento Regina Mills” disse Emma. Le tre donne si incontrarono appena fuori dal cancello dell’Università.

La tutor squadrò la mora con aria molto interessata, poi le porse la mano.

“E così finalmente conosco la musa di Emma”. La prof stinse la mano alla giornalista.

“Musa?”.

“Ho letto le sue poesie, sono tutte dedicate a lei”.

La mora annuì: “Emma è bravissima, le sue poesie le scriveva già prima di conoscermi non ha bisogno di alcuna musa”.

Sarah sorrise.

“Beh, dopo il grande successo dall’articolo di stamani, dobbiamo assolutamente festeggiare – disse rivolta alle due donne - Professoressa Mills, si offende se questa sera le rubo la signorina Swan per una cena?”.

Regina guardò Emma: “Certo che no” disse regalando un sorriso un po’ tirato.

“Bene – disse la tutor, poi guardò l’orologio – credo sia meglio andare”.

“Arrivo tra un minuto” rispose Emma.

Sarah annuì: “È stato un piacere”.

“Anche per me” rispose la mora.

Rimaste sole la studentessa guardò Regina: “Ti scoccia molto se vado a cena da lei vero? Non ne sapevo nulla, è stata una decisione che ha preso Sarah in questo momento”.

L’insegnante pose le mani sulle spalle di Emma: “L’idea di saperti da sola con Sarah mi infastidisce non posso negarlo – disse - ma questa è la tua occasione di fare un lavoro che ti piace e non posso impedirti di avere rapporti con quella donna”.

“Ma mi posso rifiutare io” concluse la studentessa.

“E perché dovresti? Va, Emma”.

La giovane annuì e baciò la prof sulla guancia: “Ti chiamo più tardi”.

L’insegnante guardò la studentessa correre per raggiungere Sarah, entrare in macchina e allontanarsi.

“Se avessi due serpi le metterei nel letto di quella donna” sussurrò la prof e varcò il cancello dell’Università.

 

**************

Emma parcheggiò il suo Maggiolino nei pressi dell’edificio dove abitata Sarah. Fece un respiro profondo, si sentiva molto agitata, l’idea di cenare da sola con una donna che non fosse Regina un po’ la turbava, soprattutto sapendo che la sua tutor provava una certa attrazione per lei. Varcò il portone dello stabile e salì con l’ascensore fino all’appartamento di Sarah. Attraversò un lungo corridoio fatto di moquette rossa e si fermò davanti alla porta che recava, sopra al campanello, una targhetta con inciso il cognome “Fisher”. Suonò e poco dopo Sarah comparve sulla soglia indugiando con lo sguardo sull’abito color blu che indossava la studentessa.

“Emma, accomodati” disse la giornalista. Swan entrò in casa e subito fu invasa da un buonissimo odore di cibo.

“Stai benissimo” continuò Sarah prendendo il soprabito della giovane.

La giornalista indossava un completo giacca e pantaloni con una camicia di raso rossa, indicò il soggiorno con il tavolo apparecchiato. Emma seguì la donna che la precedette nella sala da pranzo. Sarah porse alla sua collaboratrice un bicchiere di vino bianco poi la guardò dritto negli occhi: “Un brindisi al tuo talento, Emma”.

Swan sollevò il bicchiere e bevve. La tutor allungò una mano e con delicatezza sfiorò una ciocca di capelli della ragazza.

“Sarah…” disse la studentessa cercando di fermare quel gesto inopportuno.

La giornalista ritrasse la mano: “Giusto… Regina”. Emma sorrise.

“Dimmi, cos’ha questa professoressa che ti affascina tanto?” chiese la tutor, facendo cenno alla studentessa di sedersi.

Emma eseguì, pose i gomiti sul tavolo e intrecciò le dita: “È come un’ipnosi, i suoi occhi, le sue labbra…”.

Sarah servì da mangiare, la studentessa ringraziò.

La cena ebbe inizio, le due donne parlarono di molte cose. Emma cercò di sviare il discorso su Regina, tempestando Sarah con domande relative al suo lavoro, tutto sommato la serata passò in maniera piacevole. 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Buona lettura

 

CAPITOLO NOVE

Emma aprì gli occhi, intorno il rumore del traffico. Corrugò la fronte cercando di capire dove si trovasse. Era seduta nella sua auto.

“Ma che ci faccio qui?” si chiese. Aveva addosso un abito elegante, quello blu che si era messa per la cena con Sarah. Guardò l’orologio in macchina, segnava le 8.

Il cellulare squillò, la bionda lo prese e notò che c’erano numerose chiamate senza risposta.

“Ruby?” disse Emma spaesata accostandosi il telefono all’orecchio.

“Oddio ma che fine hai fatto?”.

“Ti sembrerà stupido ma non lo so”.

“Che vuoi dire?”.

“Mi trovo in macchina ma non ricordo come ci sono arrivata”.

“Beh Emma, cerca di scoprirlo in fretta, Regina mi ha chiamato una miriade di volte ieri sera, era preoccupata, non riusciva a ritracciarti, ma che hai combinato?”.

“Non lo so, Ruby”.

Un profondo senso di smarrimento invase la giovane donna.

“Chiamo subito Regina e vengo a casa”.

Emma compose il numero della donna, il cellulare squillò a vuoto, riprovò, ma non ottenne risposta, allora accese la macchina e partì.

 

***********

Regina guardò il cellulare, sul display comparve il nome di Emma. Prese l’apparecchio, lo strinse forte tra le dita, poi lo depose sulla scrivania. Si mise le mani nei capelli e tornò a guardare la parete del suo studio.

Appese al muro c’erano una decina di fotografie in bianco e nero che ritraevano Emma a letto con un’altra donna di cui non veniva mai mostrato il volto. Non sapeva chi le avesse portate nel suo studio, non sapeva chi le avesse scattate. Le aveva trovate appese alla parete una volta entrata in ufficio. Afferrò le fotografie e le gettò a terra, le calpestò, mentre le lacrime le cadevano copiose dagli occhi. Un’immensa rabbia crebbe dentro di sé, un fuoco sempre più forte la invase.

“Come hai potuto farmi questo, Emma? Come?”.

Prese tutti i documenti che si trovavano sulla sua scrivania e li gettò a terra. Strinse i pugni e digrignò i denti. Si appoggiò alla scrivania e si portò la mano al volto.

Raccolse tutte le foto, le mise in borsa, afferrò il cellulare e uscì dal suo ufficio, sbattendo la porta.

 

************

“Mio Dio Emma, hai una faccia” disse Ruby porgendole una tazza di camomilla.

“Ho un mal di testa cane” disse massaggiandosi le tempie.

“Ma davvero non ricordi niente?”.

Emma scosse la testa. Era arrivata da circa dieci minuti a casa, si era cambiata indossando una tuta e ora se ne stava distesa sul divano, con due profonde occhiaie e si sentiva confusa.

Qualcuno bussò alla porta di casa. Le due donne si guardarono. Ruby andò ad aprire e rimase terrorizzata dall’aspetto di Regina, i suoi occhi erano rossi e diabolici, un ghigno terrificante era stampato sul suo volto.

“Buong…” cercò di dire Ruby, la donna la spinse di lato ed entrò. La bionda la guardò impressionata per il suo aspetto e si alzò per andarle incontro, ma la prof la respinse.

“Regina, cosa è successo?”.

La donna estrasse le foto dalla borsa e le gettò in malo modo addosso alla giovane: “Dimmelo tu”.

Emma la guardò senza capire, poi lanciò un’occhiata a Ruby che se ne stava in disparte con la bocca spalancata, infine si abbassò per raccogliere le immagini e rimase senza parole.

“Dove sei stata stanotte?” disse Regina con tono duro.

La bionda scosse il capo continuando a guardare quelle foto.

“Emma!” urlò l’insegnante. La studentessa sobbalzò e alzò lo sguardo verso la prof.

“Questa non sono io” disse la giovane mostrando le foto.

“Dove… sei… stata… stanotte? Rispondi!” urlò furiosa Regina.

La bionda con la bocca spalancata guardò Ruby.

“Io… non lo so” sussurrò.

Regina strinse i pugni e abbassò la testa: “Puoi lasciarci Ruby. Per… favore?”.

La coinquilina deglutì, annuì, afferrò il giacchetto e uscì di casa chiudendosi la porta alle spalle.

Emma cominciò a piangere. “Regina, io non lo so, mi ricordo solo che sono andata a cena da Sarah e poi mi sono svegliata nella mia macchina, questa mattina”.

Regina si sedette sul divano, lo sguardo perso nel vuoto, aveva voglia di vomitare, la testa le scoppiava.

Emma si inginocchiò davanti a lei e le prese la mano: “Non sono stata con nessun’altra”.

“Come fai a esserne sicura?” disse la mora alzando lo sguardo e fulminandola. “Hai appena detto che non ricordi niente”. Si alzò e cominciò a camminare avanti e indietro portandosi la mano alla testa.

Emma si sedette sul divano, aveva ancora le foto in mano.

“Regina non ti ho tradito”.

“Maledizione! Come… fai… a esserne sicura!” urlò e urtò volontariamente un vaso di fiori che cadde a terra.

Emma si portò le mani agli occhi.

“Dio mio Emma” disse poi con voce calma e guardando la donna negli occhi. “Io mi fidavo di te, ho messo in gioco la mia carriera per te, sono andata contro mia madre per te. E tu mi hai tradito, sei andata a letto con un’altra. Perché?”.

La bionda scosse la testa tirando su con il naso.

“È la donna del giornale? Sarah? Ti ha promesso un lavoro? Mmm?”.

Emma guardò Regina incredula: “Pensi davvero che possa andare a letto con qualcuno per uno stupido lavoro al giornale?”.

“Emma, maledizione, le vedi? – e strappò una foto dalla mano della giovane – questa sei tu – e indicò la sua immagine – e sei a letto con questa donna! Come puoi negare!” urlò ancora, poi dette libero sfogo alla sua rabbia e cominciò a piangere.

“Regina” sussurrò la bionda.

“Basta!” disse la mora. “Tra noi è finita Emma”. Regina spalancò gli occhi come se quelle parole non le avesse veramente dette lei. La bionda sentì il cuore scoppiarle nel petto, le sue gambe si fecero di pasta frolla, pensò di svenire, si alzò e andò davanti a Regina.

“No, no, aspetta, ci deve essere una spiegazione…”.

“Non c’è nessuna spiegazione” rispose fredda come un ghiacciolo la mora. “Addio, Swan”.

Emma le afferrò il braccio impedendole di andare via. La prof non si girò verso di lei, strattonò con forza il braccio liberandosi dalla presa, afferrò la maniglia della porta di casa e uscì.

Emma rimase da sola, persa. Si guardò attorno, osservò i cocci del vaso a terra, le foto a terra. Si inginocchiò vicino alla porta e cominciò a piangere disperatamente. Ruby aprì la porta di casa, era spaventata e incredula per quanto era accaduto. Aiutò Emma ad alzarsi da terra, la strinse forte a sé mentre singhiozzava senza freno. Le lisciò i capelli. “Andrà tutto bene, vedrai, andrà tutto bene”, ma in cuor suo non ne era così convinta.

 

***********

Regina alzò lo sguardo verso l’insegna del negozio che recava la dicitura “Glass”, poi spinse la porta d’ingresso e fu accolta dal suono di un campanellino. Sidney, il suo amico, la guardò da dietro il bancone salutandola con un sorriso.

“Regina, è un bel po’ che non ci vediamo, come stai?”.

“Buongiorno, ho vissuto momenti migliori”.

Era molto fredda e distaccata, Sidney se ne accorse e si limitò ad annuire.

“In cosa posso esserti utile?” chiese l’uomo.

“Sto per mostrati alcune foto il cui contenuto vorrei rimanesse tra di noi”.

Sidney annuì. Regina estrasse le fotografie che ritraevano Emma con una donna. L’uomo le guardò e poi alzò la testa verso la prof. La mora mise sul bancone anche i negativi.

“Voglio che tu mi dica se queste foto sono vere. Si può fare?”.

“Certo, Regina, ma avrò bisogno di un paio di giorni”.

La donna annuì: “Ti prego di darmi una risposta entro dopodomani”. La voce di Regina non ammetteva repliche, il suo era un ordine.

L’uomo annuì.

“Bene, buongiorno Sidney”.

Regina si girò e uscì dal negozio.

 

***************

Emma si destò nel cuore della notte madida di sudore, si guardò attorno ansimando e pensò per un attimo che ciò che era successo la mattina con Regina fosse stato solo un orribile sogno, ma non era così. Strinse il ciondolo che le aveva regalato la mora e che portava al collo e respirò profondamente. Si sentiva a terra, spossata. Il suo sguardo cadde su una piccola macchia che aveva all’interno del polso, la osservò passandovi sopra le dita, corrugò la fronte.

Spostò il lenzuolo e scese dal letto, avviandosi in cucina, si trascinò fino al frigorifero, lo aprì e prese una bottiglia di birra, l’aprì con il cavatappi e la bevve, mentre la sua mente era un turbinio di pensieri.

“Emma - disse Ruby comparendo sulla soglia della cucina - Tutto bene?”.

La bionda alzò le spalle. “Deve esserci un modo per farmi tornare la memoria e per dimostrare che quelle foto sono un falso” disse la giovane.

“Chiama Sarah domani mattina e chiedile come sono andate le cose” suggerì la mora, poi corrugò la fronte: “Che hai sul collo?”.

Emma si toccò con la mano: “Dove?”.

Ruby le sfiorò il punto esatto, la bionda si avvicinò allo specchio e guardò.

“Ah, che strano – mostrò il polso alla mora – è lo stesso segno che ho qui”.

“Sembrerebbe un’eruzione cutanea, forse hai mangiato qualcosa che ti ha fatto male”.

Emma arricciò le labbra: “Strano, non sono allergica a niente”.

Si portò la birra alla bocca e bevve.

“Bevi birra a quest’ora?” domandò Ruby.

“Qualche problema?”.

“Emma sono molto preoccupata per te”.

“Perché dovresti, in fondo non è successo niente, sono solo stata accusata dalla donna che amo di essere andata a letto con un’altra, e la cosa terribile è che ci sono delle foto che lo dimostrano, ma io non ricordo niente e comunque non avrei mai fatto una cosa del genere, mai a nessuno e meno che mai a Regina, che amo con tutta me stessa”. I suoi occhi si riempirono di lacrime. “Ora, prima che mi rimetta a piangere, me ne ritorno in camera mia”. Abbassò lo sguardo e sparì, lasciando Ruby da sola.

La mattina dopo la bionda si recò dal medico per mostrargli quegli strani sfoghi. Il dottore constatò la presenza di altre macchie rosse sul suo corpo e le prescrisse alcune analisi del sangue per capirne la causa, la bionda non perse tempo e andò subito in ospedale, poi si recò all’Università con il cuore che le batteva forte nel petto al pensiero di vedere Regina.

Come succedeva sempre ormai, Emma incontrò Mary Margaret all’entrata.

“Emma - sussurrò la mora e subito la abbracciò – ho saputo, mi dispiace moltissimo”, le prese le mani: “Sappi che io non credo che tu abbia tradito mia zia, ci deve essere sicuramente un’altra spiegazione”.

La vista della bionda si appannò ancora una volta, cercò disperatamente di cacciare indietro le lacrime, quelle parole la sollevarono, le tolsero per un attimo il pesante fardello che non la abbandonava ormai dal giorno prima.

“Grazie Mary”, le sorrise. Entrarono nel giardino del campus, dove vi era il solito brulichio di studenti e professori.

“La tua amata ora è libera” disse un ragazzo a Killian indicando poi le due giovani che camminavano lungo il vialetto fatto di mattoni rossi.

Il ragazzo corrugò la fronte.

“Non sei al corrente? La tua cara Emma ha tradito la prof Mills con un’altra, ci sono delle foto che le ritraggono insieme”.

Killian non poteva credere a quello che aveva sentito.

“Magari sei stato proprio tu a scattarle - disse un altro - magari qualcuno ti ha pagato. Sbaglio o hai superato a meraviglia il compito di matematica” e rise. Altri annuirono sorridendo.

“Siete un branco di idioti!” urlò il giovane e se ne andò.

Emma e Mary si sedettero su una panchina, mentre il vento di fine maggio scompigliava i capelli della bionda.

“Non so cosa pensare - sussurrò la giovane per poi guardare l’amica – sembra un incubo dal quale non riesco a svegliarmi” e si portò le mani alla testa.

Mary stava per parlarle quando Emma riconobbe Sarah che stava parlando con Gold.

“Torno subito” disse la bionda e raggiunse i due.

“Emma!”, la tutor le regalò un ampio sorriso.

“Ho bisogno di parlarti” sussurrò.

“Vi lascio” disse Gold, allontanandosi.

“Dimmi, sembri sconvolta”.

“Ho bisogno di sapere cosa è successo ieri sera, non ricordo niente, mi sono svegliata stamani nella mia auto – poi rifletté un attimo – Conosci Gold?”.

Sarah corrugò la fronte: “Non ricordi niente?”.

Emma ebbe un brutto presentimento e il suo cuore cominciò a battere forte.

“Non ricordi quello che c’è stato tra noi?”.

La bionda si sentì sprofondare, scosse il capo: “Che vuoi dire?”.

Sarah sorrise: “Beh, diciamo che un bicchiere tira l’altro e ci siamo ritrovate tra le coperte del mio letto”.

Emma si fece bianca in volto: “No – sussurrò – non è possibile”.

“Stai bene?” chiese Sarah.

La studentessa indietreggiò di qualche passo.

Regina aveva mille pensieri per la testa, mille domande senza risposta, si sentiva terribilmente avvilita, violentata e quando succedeva così tirava fuori il peggio di sé. Attraversò il cancello d’entrata dell’Università e vide Emma che stava parlando con Sarah. Si fermò di scatto e corrugò la fronte: cosa diavolo ci faceva quella donna lì? E soprattutto perché era insieme a Emma? Sentì la collera salirle fino alla testa. Che fosse lei la donna della foto? Avrebbe potuto gettare fumo dalle narici da quanto era imbestialita. Si diresse verso le due.

Emma indietreggiò ancora fino a scontrarsi con Regina che la fulminò con lo sguardo.

“Beh, è evidente che tu e Regina dovrete fare una bella chiacchierata…” disse la tutor.

La studentessa sentì il mondo crollarle addosso.

“Che ci fa lei qui?” disse l’insegnante con tono accusatorio, guardando Emma.

La tutor sorrise: “Buongiorno Regina”.

“Che… cosa… ci fa qui!” urlò.

Emma era bianca in volto.

“Ti prego Regina, calmati” disse con la solita pacatezza Gold che nel frattempo si era avvicinato.

“Emma, è questa la donna delle foto?” chiese la mora, ma la giovane non seppe rispondere.

“Emma – disse Sarah – credo sia giusto che tu dica le cose come stanno a Regina”.

Lo sguardo implorante della bionda passò da Sarah a Regina, mentre gli occhi della mora lanciavano scintille di odio.

“Quindi è lei – disse la prof guardando Emma e visto che lei non rispondeva si girò verso la tutor – Cosa vuole? Non è già abbastanza soddisfatta di essere andata a letto con la mia compagna. Si è divertita a farmi avere quelle foto?” urlò attirando su di sé l’attenzione di alunni e professori.

“Quali foto? – la giornalista rise – forse miss Swan si è semplicemente stancata di una persona indisponente e intrattabile come lei” ribatté.

“Regina, io non ricordo niente, ma sono sicura di non averti tradita” sussurrò Emma.

La prof alzò la mano e dette un sonoro ceffone a Sarah. Sul volto della tutor si dipinse un’espressione di meraviglia. Il silenzio cadde in tutto il campus, mentre Emma si portava la mano alla bocca.

Da lontano Mary Margaret assisteva alla scena completamente ammutolita.

“Non si permetta mai più di venire qui, lei non è la benvenuta” ringhiò Regina.

“Non sei tu che decidi” disse Gold.

La mora si girò verso il preside digrignando i denti.

“Il tuo comportamento è intollerabile professoressa Mills, non accetto che ci si comporti in questo modo in un’università”.

Regina non parlò, troppo arrabbiata per poter dire qualcosa che non fosse “andate al diavolo”, “bruciate vivi”, “vi annienterò tutti”.

“Credo che dovrò prendere dei seri provvedimenti. Sei licenziata con effetto immediato”.

Emma sbarrò gli occhi e fu come se un secchio di acqua gelata cadesse addosso a Regina.

“Non puoi farlo” disse la mora abbozzando un sorriso.

“L’ho appena fatto e questa volta neppure tua madre Cora potrà salvarti” disse Gold.

Regina incontrò lo sguardo di Emma, la sua rabbia crebbe ancora. Stinse i pugni e senza dire altro riprese la strada del vialetto e uscì dall’Università.

Emma sentì il suo cuore spezzarsi.

Mentre Regina abbandonava il campus il suo cellulare squillò.

“Regina, sono Sidney, il fotografo”.

“Buongiorno, ha già analizzato le foto?” chiese, mentre apriva lo sportello della macchina ed entrava nell’abitacolo.

“Sì, sono vere”.

Anche l’ultima speranza alla quale era rimasta aggrappata svanì. Riattaccò, si sentì invasa da un dolore immenso, presa in giro, ferita. Accese la macchina e partì a tutto gas, facendo stridere le ruote.

 

****************

Emma tornò a casa senza che la scena al campus le andasse via dagli occhi.

Si chiuse in camera sua, gettandosi sul letto e respirando a pieni polmoni l’aria. Non poteva stare così, doveva fare qualcosa, doveva capire cosa era successo quella sera. Il telefono squillò.

“Pronto?”.

“Emma Swan?” disse una voce maschile.

La donna corrugò la fronte: “Sì”.

“È il Massachusetts General Hospital…”.

Emma ebbe un sussulto, pensò a Regina, le era successo qualcosa? Magari aveva avuto un incidente, scossa com’era dalla litigata all’Università. “Abbiamo i risultati delle sue analisi e credo che sia il caso che passi da qui”.

 

*************

“GHB, volgarmente detta droga dello stupro”.

Emma guardò il medico allibita: “Cosa mi sta dicendo dottore?”.

“Qualcuno le ha somministrato questa sostanza che le ha fatto reazione provocandole quelle strane macchie rosse”.

La bionda scosse la testa: “Non è possibile”.

“Per caso ha avuto dei vuoti di memoria in questi giorni? Vuoti piuttosto lunghi?”.

“Ma certo – sussurrò - Ora è tutto chiaro”.

“È stata in discoteca o in qualche bar? L’ha avvicinata qualche ragazzo? Signorina Swan credo che dovrebbe fare una visita ginecologica”.

Emma annuì ma la sua testa era altrove. Uscì dall’ospedale e si appoggiò al muro respirando a pieni polmoni. Era stata drogata, l’avevano messa nel letto con la sua tutor, le avevano scattato le foto e poi l’avevano messa in macchina. Era tutto pianificato, volevano che Regina avesse una reazione esagerata per licenziarla. Era quasi sicura che anche Gold fosse coinvolto in tutto questo. Come poteva provare che era stata tutta una messa in scena? Non doveva solo limitarsi a smascherare Sarah, doveva anche trovare il modo per far capire a Regina che lei non l’aveva tradita. Sfiorò il ciondolo che la prof le aveva regalato e si diresse verso casa dove informò Ruby di ciò che aveva scoperto. La sua coinquilina rimase senza parole.

“Cosa intendi fare?” chiese l’amica.

Emma era distesa sul suo letto con un braccio che le copriva gli occhi, mentre Ruby sedeva accanto a lei.

“Forse dovresti rivolgerti alla polizia, in fondo hai le analisi del sangue che provano che sei stata drogata, loro potrebbero indagare”.

La bionda si alzò di scatto a mezzo busto e guardò Ruby come se avesse appena ricordato qualcosa di molto importante.

“David Nolan” sussurrò.

“Chi è?” chiese Ruby.

“È un detective, non lo sento da molto tempo, ma forse ho ancora il suo numero”, afferrò il cellulare e guardò nella rubrica, lo trovò. “Posso provare a parlare con lui, gli spiego la situazione, magari può aiutarmi”. Gli occhi di Emma brillarono.

Ruby annuì: “Vuoi che ti accompagni?”.

La bionda scosse la testa, afferrò il giacchetto e uscì di casa, mentre provava a chiamare David.

 

*********

Regina guardò suo figlio seduto sul divano, con gli occhi fissi davanti al display del videogioco, gli accarezzò i capelli e il bimbo sollevò lo sguardo.

“Mamma, stai male? Sei triste”.

La mora sorrise.

“Come mai Emma non viene più a trovarci?”.

Regina sospirò: “Emma e io abbiamo avuto una discussione e per un po’ non ci vedremo”.

La donna non aveva mai smesso di pensare alla bionda. Più volte aveva avuto la tentazione di chiamarla, ma poi aveva rinunciato, il suo maledetto orgoglio non ammetteva simili debolezze. Tra poco sarebbero cominciate le vacanze estive e l’Università avrebbe chiuso, Regina non avrebbe più avuto modo di vedere la giovane donna, ma forse era meglio così.

Sospirò, chiedendosi cosa stesse facendo.

Sarà nelle braccia di qualche donna. Aveva sentenziato Cora quando la mora si era recata a casa di sua madre per cercare conforto. Regina si era arrabbiata a morte. Neppure di fronte al dolore della figlia, neppure dopo che aveva saputo che quelle foto erano vere, che non erano state ritoccate, Cora aveva avuto un po’ di compassione. Quanto aveva desiderato che suo padre fosse lì per consolarla, tra loro due c’era sempre stato un legame speciale, lui l’avrebbe capita, l’avrebbe stretta tra le sue braccia.

Tornò a osservare il bambino che giocava e tornò a pensare a Emma. A volte credeva impossibile che la bionda l’avesse tradita, ma quale altra spiegazione poteva esserci? Regina cominciò a meditare cercando una risposta.

 

**********

“Se l’edificio possiede delle telecamere possiamo vedere se dalle registrazioni emerge qualcosa” aveva detto David.

Emma si era sentita sollevata quando il giovane detective le aveva risposto al cellulare, i due avevano ricordato il passato e poi la bionda gli aveva chiesto se poteva recarsi da lui per una questione.

Ora Emma si trovava nell’ufficio del detective al commissariato e lui le stava spiegando come potevano muoversi.

“Certo, Emma, ti hanno incastrato proprio bene” aveva poi detto.

“Quando possiamo andare a controllare?”.

“Anche subito, se vuoi” aveva risposto David.

La donna aveva accettato di seguire il detective fino all’edificio dove si trovava l’appartamento di Sarah. C’erano due telecamere che puntavano una sull’entrata del palazzo e l’altra sulla strada. Il portinaio era seduto nella sua guardiola, Emma doveva cercare di distrarlo per permettere a David di trovare le chiavi per accedere alla stanza che custodiva le registrazioni.

La bionda si tolse il giacchetto, indossava una camicetta di raso verde che si intonava magnificamente con i suoi occhi, entrò e si avvicinò alla guardiola.

“Buonasera” disse sfoderando un sorriso luminoso.

Il guardiano, piuttosto grassoccio e stempiato, stava leggendo un libro e alzò lo sguardo.

“Salve, signorina, come posso aiutarla?”.

“Ho un problema” disse titubante la giovane. L’uomo corrugò la fronte.

“E un po’ me ne vergogno” proseguì Emma e abbassò lo sguardo.

L’uomo poggiò il libro sul tavolo e incrociò le dita: “Mi dica”.

“Vede… - Emma si sporse in avanti e gli occhi del tizio furono catturati dal suo decolleté – vorrei fare una sorpresa a mia madre, ma ho una paura tremenda degli spazi chiusi, mi potrebbe accompagnare in ascensore?”.

L’uomo inghiottì e si allargò il nodo della cravatta: “In… in ascensore?” sussurrò guardando la scollatura della giovane.

Emma annuì, si allontanò dalla guardiola e si girò mostrando le spalle al guardiano che poté così ammirarne il fondoschiena.

“Va bene” disse l’uomo e si alzò uscendo dalla sua postazione.

“Oh lei è gentilissimo!” disse sorridendo Emma.

Non appena le porte dell’ascensore si furono chiuse, David entrò nell’edificio, penetrò nella guardiola e cercò le chiavi prima al muro, poi nei cassetti, ma non c’era traccia, forse l’uomo le aveva addosso, poi si girò verso il piccolo televisore posto sulla scrivania e notò una scatoletta decorata, la aprì e trovò le chiavi. Uscì dalla guardiola e osservò l’ingresso. In quell’istante l’ascensore si aprì. David sbarrò gli occhi ma vide comparire solo Emma.

“Dov’è la guardia?” chiese il detective sorpreso.

“Beh diciamo che gli ho dato una spruzzatina di narcotizzante, e che ora se la dorme su alcune poltrone dell’ultimo piano” sorrise.

L’uomo scosse la testa e indicò la porta di ferro dietro la quale si trovava l’archivio.

I due entrarono, cercarono negli scaffali il dvd con la data incriminata, David inserì il disco nel lettore, fece scorrere la registrazione intorno alle 19.45 e alle 20 la telecamera inquadrò Emma che entrava nell’edificio. La registrazione proseguì. Intorno a mezzanotte qualcuno si avvicinò alla porta d’entrata al palazzo.

“Puoi ingrandire?” chiese la bionda.

David premette un pulsante sulla tastiera, la bionda spalancò la bocca.

Il rombo di un tuono fece sobbalzare la giovane che poi guardò David negli occhi.

“Conosci quella persona?” chiese il detective.

Emma annuì. Mezz’ora dopo i due si salutarono, la giovane aveva con sé copia del dvd, prese la strada principale a bordo del suo Maggiolino con direzione casa di Regina. Il temporale imperversava, la pioggia cadeva fitta, fitta. Emma compose il numero di cellulare della mora, ma scattò la segreteria.

“Regina… Regina sono Emma, ti prego ascoltami, posso provarti che quello che è successo quella sera con Sarah è tutto un complotto, sto venendo da te…”. Un fulmine illuminò la strada, in quell’instate un cane attraversò la via, la bionda lo vide, sterzò bruscamente, la vettura scivolò sull’asfalto bagnato, finendo la sua corsa contro un cartello stradale, la parte anteriore della vettura prese fuoco.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


CAPITOLO DIECI

I tergicristalli della Mercedes di Regina andavano avanti e indietro freneticamente. I fanali dell’auto riuscivano a malapena a illuminare una piccola fetta di asfalto che man mano si presentava davanti agli occhi della donna. Quel temporale di fine maggio proprio non ci voleva. Regina guardò l’orologio, erano quasi le nove, aveva appuntamento a casa di Zelena quella sera. I suoi occhi erano fissi sulla strada quando la sua attenzione venne catturata da un Maggiolino giallo fermo sulla carreggiata. Frenò bruscamente e abbassò il vetro del finestrino.

“Ma quello…”, non finì la frase, afferrò il cellulare appoggiato in una fessura appena sotto la radio, aprì lo sportello della sua Mercedes, non curante della pioggia, e compose il 911.

“C’è stato un incidente tra SnowStreet e la decima, vi prego fate presto!”. Riattaccò e corse verso il Maggiolino, mentre la pioggia le bagnava il volto e i capelli, inzuppava il cappotto nero e penetrava nelle sue ossa. Passò da dietro la vettura e i suoi occhi lessero la targa, non che avesse bisogno di conferme, sapeva a chi apparteneva, il coccio sulla fiancata e il colore giallo erano due elementi inconfondibili. Aprì lo sportello, Emma aveva la testa poggiata sul volante. Regina ebbe un tuffo al cuore appena vide la donna. La spostò indietro in modo che la sua schiena poggiasse contro il sedile.

“Emma” sussurrò picchiettandola con la mano sul viso, aveva una macchia rossa sulla testa, segno del colpo ricevuto.

La bionda aprì gli occhi e vide Regina davanti a sé bagnata fradicia con i capelli che le ricadevano scomposti sul viso.

“Regina – bisbigliò – sono in paradiso?”.

La mora sorrise: “No, per fortuna sei ancora sulla terra - e le strinse la mano - Devo tirarti fuori da qui!” urlò la donna e afferrò la bionda per le braccia.

Emma urlò dal dolore: “La gamba, è incastrata!”.

“Scusami, scusami” disse la professoressa, fece il giro della vettura, aprì l’altro sportello, poggiò un ginocchio sul sedile e si allungò cercando di liberare la gamba di Emma che era rimasta incastrata tra alcune lamiere. Una ferita piuttosto profonda si era aperta lungo la coscia della giovane. Intanto il fuoco nella parte anteriore della vettura continuava a divampare.

“Regina, non puoi stare qui, va via, sta per esplodere tutto!” urlò Emma.

“Non ti lascio!”.

La prof raggiunse la Mercedes e guardò nel bagagliaio dove aveva un piccolo cric portatile, afferrò l’arnese, mentre un lampo squarciava il cielo, e tornò da Emma. Si sedette sul sedile accanto al guidatore e cercò di forzare le lamiere, pose il cric tra la gamba della bionda e le piastre di ferro cercando di allentare la pressione. Usò tutta la sua forza, strinse i denti, ma niente, nessun movimento, la mano le scivolò e si fece un graffio sul braccio.

“Regina – Emma guardò la donna negli occhi – è inutile” disse, la sua era un’espressione  rassegnata.

“Non discutere con me!” replicò quasi arrabbiata la mora che con il braccio insanguinato tornò nuovamente a fare leva sulle lamiere con l’arnese, con forza provò e riprovò finché cominciarono a cedere.

“Le mie gambe, stanno bruciando!” urlò la bionda cercando di ritirarle, ma mosse quella ferita e sobbalzò per il dolore.

La prof si affrettò, nonostante il braccio tagliato. “Stanno cedendo!” disse senza fermarsi. Alla fine, con un ultimo sforzo, le lame si allargarono, liberando Emma dalla stretta. Regina corse dalla parte del guidatore e afferrò la bionda per le braccia, la tirò fuori dall’abitacolo. Trascinò la studentessa dolorante lontano dalla vettura, sistemandola sull’asfalto, si inginocchiò al suo fianco e le cinse la vita con le mani permettendole di poggiare la testa sulla sua spalla. Un istante dopo la macchina esplose.

Regina sussultò.

“È finito - disse accarezzando i capelli di Emma e baciandola sulla fronte – è tutto finito”.

La pioggia lavò via la striscia di sangue che dalla macchina arrivava fino al ciglio della strada dove si trovavano le due.

“Grazie” sussurrò la bionda, poi perse i sensi.

Regina rimase a cullare Emma tra le sue braccia mentre il suo sguardo veniva rapito dalle alte fiamme che uscivano dal Maggiolino. Un istante dopo da lontano giunse la sirena dell’ambulanza.

Emma fu trasportata al Massachusetts General Hospital. La professoressa chiamò Ruby al telefono e l’amica raggiunse subito l’ospedale.

“Come sta?” disse Ruby comparendo in fondo al corridoio e correndo in direzione dell’insegnante che aspettava fuori dalla camera della giovane donna. Regina era seduta con la testa tra le mani e aveva una benda intorno al polso e al braccio destro.

“Sta bene, ha battuto la testa, ma niente di grave” disse la mora alzandosi.

Ruby sospirò: “Ci vuol ben altro per mettere ko Emma Swan - disse - E lei? Come sta?”.

Regina si guardò il braccio: “Se ti riferisci al braccio, sto bene…”.

La porta della camera in cui si trovava Emma si aprì e uscirono un dottore e un infermiere.

“Potete entrare, ma una alla volta” disse alle due donne il medico.

La mora guardò l’amica di Emma.

La porta della camera si aprì, la stanza era illuminata solo da un’abajoux posta su un comodino accanto al letto in cui giaceva Emma. La bionda alzò la testa in direzione di quella figura in piedi poco distante da lei, era in ombra quindi non riusciva a vederla bene.

“Regina” sussurrò.

La figura avanzò: “Emma”, la bionda riconobbe quella voce e un istante dopo la luce illuminò la figura snella e alta di Ruby.

L’amica afferrò la sedia e la pose vicino al letto.

“Come stai?” chiese la coinquilina sedendosi e prendendole la mano.

“Se n’è andata?” chiese la bionda con un filo di voce, mentre sul suo volto si dipingeva un’espressione affranta.

“Purtroppo sì” disse Ruby.

Emma volse lo sguardo verso la finestra, oltre Ruby, e osservò la pioggia che picchiettava sul vetro.

“Mi ha salvata e poi è andata via” disse e guardò la sua amica.

“Devi darle un po’ di tempo - e le asciugò le lacrime che le rigavano il volto - Adesso devi pensare a stare bene”.

Emma sospirò e sfiorò il ciondolo che le aveva regalato la mora e che aveva ancora al collo.

“Ho scoperto altre cose Ruby, qualcuno ha veramente orchestrato un complotto e si è servito di me per incastrare Regina”.

L’amica strinse la mano della bionda e corrugò la fronte.

 

***********************

Regina guidava nella notte. Guardò l’orologio erano le due passate. Aveva disdetto l’appuntamento con sua sorella e girava da ore con la sua Mercedes. Mille pensieri le invadevano la mente, riviveva a ripetizione il momento in cui aveva visto il Maggiolino di Emma fermo sul ciglio della strada e la sua ricerca spasmodica per salvarla. Quando l’aveva tirata fuori dalla vettura, il suo cuore si era colmato di amore, ma quando aspettava nel corridoio dell’ospedale di entrare nella stanza della giovane donna, qualcosa l’aveva bloccata, si era resa conto che non era ancora in grado di perdonarla. Anche se Emma le ripeteva che non c’era stato niente con Sarah e che era tutto un piano orchestrato da chissà chi, Regina aveva davanti agli occhi quelle foto e non riusciva a cancellarle. Era quasi convinta che in tutto quello c’entrasse anche Gold.

Sterzò bruscamente sulla destra facendo stridere le gomme sull’asfalto bagnato e si fermò davanti alla Boston University. Picchiettò con le dita sul volante e poi osservò l’edificio silenzioso. Spense il motore e si guardò le mani, le tremavano, aveva il cappotto sporco di sangue ed era completamente bagnata. Nella sua testa risuonò l’esplosione del Maggiolino e poi ripensò allo sguardo rassegnato di Emma, quando le aveva detto che era tutto inutile. Contemplò il parabrezza, la pioggia non cadeva più. Scese dalla vettura, prese una torcia che teneva nel portabagagli e costeggiò il muro che delimitava l’Università. Il cancello principale era chiuso e troppo alto da scavalcare, ma ve ne era un secondo, più nascosto e più accessibile, lo raggiunse, si guardò attorno e vedendo che non c’era nessuno, con uno slancio lo scavalcò atterrando nel giardino. Accese la torcia e procedette verso il sottoscala. Era risaputo che la porta della cantina era difettosa e Regina non dovette fare troppa fatica per aprirla ed entrare nell’edificio. I corridoi erano silenziosi, illuminò le aule, raggiunse la stanza del preside Gold, ruppe il vetro della porta e infilò la mano togliendo la sicura, entrò. Cominciò a rovistare nei cassetti della scrivania, estrasse alcuni documenti e li esaminò, ma non c’era niente di interessante, passò all’armadietto, aprì i cassetti e rovistò dentro, c’erano le cartelle degli alunni, documenti vari, ma niente di quello che poteva interessarle. Poi vide un armadietto con un lucchetto, si guardò attorno, uscì dalla stanza, si fermò davanti al riquadro che conteneva una piccola accetta da usare in caso di emergenza, con il gomito ruppe il vetro e la estrasse. Tornò nella stanza di Gold e con due colpi secchi ruppe il lucchetto, aprì l’armadietto e spalancò gli occhi, al suo interno c’erano una pistola, alcuni pacchetti di banconote e una cartella con vari fogli. Poggiò la cartella sulla scrivania e illuminò le carte, lesse e un ghigno di soddisfazione si dipinse sul suo volto: c’erano dei documenti che indicavano Gold come prossimo rettore dell’Università e Sarah Fisher come insegnante di ruolo per le materie letterarie e nel giornalismo.

“Bene, bene, a quanto pare ho letteralmente trovato un bello scheletro nell’armadio del preside” sussurrò Regina.

Fotocopiò tutti i documenti, chiuse l’armadietto ovviamente senza lucchetto. Uscì dalla stanza, richiuse la porta e si avviò verso l’uscita. In un batter d’occhio si lasciava alle spalle la struttura, diretta verso il dipartimento di polizia, lo raggiunse alle tre del mattino. Entrò e chiese di parlare con un detective.

“Signora, è molto tardi” disse il poliziotto di turno che si trovava dietro il bancone dell’accoglienza.

“Me ne infischio dell’ora, vuole chiamare un suo superiore?” disse Regina alzando la voce.

“Ma…”.

“Che cosa succede?”.

La mora si girò a guardare l’uomo che era appena uscito da una stanza con dei fogli in mano.

“La signor…”.

“Lei è un detective?” chiese Regina interrompendo il poliziotto di turno.

“In cosa posso esserle utile?” chiese l’uomo.

“Mi chiamo Regina Mills, ho bisogno di parlarle, subito” e sottolineò la parola subito.

“David Nolan – disse presentandosi e porse la mano alla prof – Prego si accomodi” e indicò la porta del suo ufficio.

Rimasti soli, la mora si sedette sulla sedia di fronte alla scrivania dietro alla quale aveva preso posto il poliziotto.

“Regina Mills, questo nome non mi è nuovo” disse l’uomo.

La donna sollevò il sopracciglio.

“Non l’ho mai vista prima, detective – e pose i fogli sulla scrivania – ho ragione di pensare che sia stato ordito un complotto contro di me e contro una mia alunna, Emma Swan, se dà un’occhiat…”.

“Un momento, ha detto Emma Swan?”.

Regina alzò lo sguardo perplessa e annuì.

“La conosco, è venuta da me ieri pomeriggio dicendomi che qualcuno aveva complottato contro di lei”.

“Davvero? – disse la donna – e cos’altro le ha detto?”.

“Ovviamente non posso rivelarle niente per questioni di privacy, ma abbiamo fatto alcune scoperte interessanti”.

David prese la cartella con i documenti e lesse.

“Sono convinta che il preside Gold dell’Università di Boston abbia volutamente orchestrato un piano insieme a Sarah Fisher giornalista del The Boston Globe per incastrarmi, coinvolgendo Emma Swan”.

L’uomo guardò Regina: “La droga dello stupro, certo…”.

La mora scosse la testa: “Che cosa?”.

David mostrò la fotocopia delle analisi del sangue di Emma e indicò un punto con il dito: “In via del tutto confidenziale… Vede questo valore?”.

Regina venne avanti con il busto e guardò il foglio, poi annuì.

“Ebbene, questo valore così alterato significa che qualcuno ha drogato la signorina Swan. La sostanza rimane nel sangue fino a due giorni dopo la somministrazione e si presenta non prima di cinque ore”.

“Mio Dio, come hanno potuto fare una cosa simile”, si sentiva in colpa, quasi certamente si erano serviti della sua compagna per colpire lei.

“Fortunatamente Emma ha avuto una reazione allergica alla sostanza e questo le ha permesso di scoprire perché avesse quei vuoti di memoria. Tuttavia queste prove non sono sufficienti per smascherare le persone che lei mi ha nominato – disse David – anche se Emma incolpasse Sarah, è la sua parola contro quella della Fisher che potrebbe benissimo affermare che potrebbe essere andata in un locale dopo la cena ed essere stata drogata lì. I documenti che ha trovato non provano che siano stati loro a drogarla o che ci sia un collegamento”.

“E allora cosa facciamo?” chiese Regina.

David ci pensò un attimo e poi sorrise.

 

***************

Emma guardava fuori dalla finestra, era una splendida giornata di sole. Giugno era arrivato. Rivolse lo sguardo verso lo schermo televisivo, poi qualcuno bussò alla porta.

“Avanti!” disse la bionda.

La porta si aprì e comparve Regina con un mazzo di fiori stretto in una mano. Gli occhi della studentessa si illuminarono. Erano passati cinque giorni dall’incidente ed Emma non aveva più avuto notizie della mora.

La prof avanzò verso il letto della giovane.

“Regina” disse la bionda.

“Ciao Emma” sorrise lievemente. Alzò il mazzo di fiori e lo poggiò su tavolo sotto la finestra, poi si sedette sulla sedia vicino al letto.

Le due donne si guardarono intensamente per un istante.

“Come stai?” chiese la prof.

“A parte un bernoccolo sulla fronte, va abbastanza bene”.

“La gamba?”.

“Mi hanno dato una ventina punti – Regina storse la bocca – all’inizio mi ha fatto molto male, ma non era poi così grave come sembrava… E tu? Il braccio?”.

“Sto bene” tagliò corto la mora.

Tra le due cadde il silenzio.

“Regina…”.

“Emma – la prof alzò la mano – volevo dirti che mi dispiace se sono scappata la sera dell’incidente. Scusami”.

La bionda scosse la testa: “No, non ti preoccupare” e alzò lo sguardo oltre Regina per osservare la tv. “Quindi… tu come stai? Voglio dire… Novità a scuola?”.

“Emma io non riesco a perdonarti” disse con decisione la donna.

Quelle parole ferirono profondamente la giovane.

“Ci provo, ma ogni volta – fece una pausa cercando di ricacciare le lacrime indietro – ogni volta vedo quelle fotografie”.

“Non potresti semplicemente passarci sopra?” chiese la bionda.

Regina corrugò la fronte: “Passarci sopra? Ti sembra facile?”.

“Voglio dire, se tu ti fidi di me dovresti credere alle mie parole”.

“Ma quelle foto…”.

“Ma allora tu non mi credi!”, la bionda alzò la voce.

Regina si zittì. Abbassò lo sguardo, Emma le sfiorò le mani e la mora sentì un brivido lungo la schiena.

“Tu non mi credi, non è vero?”.

La mora alzò lo sguardo e incontrò gli occhi arrossati della studentessa, si alzò dalla sedia, voltò le spalle a Emma e uscì dalla stanza, lasciandola in lacrime.

 

***************

Dopo una settimana Emma uscì dall’ospedale. Ruby venne a prenderla con la sua auto insieme a Mary Margaret. Ad aspettarle fuori c’era David Nolan, il detective. La bionda salutò l’uomo e gli presentò le due amiche.

“Emma dobbiamo parlare” le disse l’uomo e guardò le due sconosciute.

“Puoi parlare in loro presenza – lo rassicurò la giovane – sono persone di cui mi fido ciecamente”. Insieme si sedettero a un bar poco distante dall’ospedale.

“Regina è venuta da me” disse David.

Emma guardò l’uomo sorpresa, mentre sorseggiava un caffè.

“Sapevi che si è introdotta nell’ufficio di Gold e che ha trovato prove interessanti?”.

La bionda negò.

“E adesso cosa le succederà?” chiese preoccupata.

“Ti preoccupi sempre per lei” disse Ruby.

“Sempre”.

“Beh, tecnicamente nessuno sa che è stata lei” disse l’uomo.

“Ma perché non mi ha detto niente” la voce di Emma assunse un tono dispiaciuto.

“Forse non voleva farti preoccupare” rispose Mary Margaret.

“Mi ha fatto capire che non si fida di me, eppure ha trovato prove che avvallano la mia teoria”, sentì una fitta al petto.

“Regina è molto scossa…” cercò di giustificarla Mary.

“Con tutto il rispetto per tua zia – disse Emma con il volto tirato – pure io sono molto scossa”.

Margaret abbassò lo sguardo.

“La verità è che credo che non le importi di me – sussurrò - Anzi! – e alzò la voce – non le importa proprio niente di me. Se davvero mi amava avrebbe cercato insieme a me un modo per scoprire l’inganno, invece mi ha completamente estromesso! E ora, per favore andiamo!”.

“A ogni modo Emma, le indagini proseguono e sono convinto che alla fine li smaschereremo” concluse l’uomo.

I quattro si salutarono poco dopo. Ruby e Mary accompagnarono Emma a casa e David tornò in centrale.

 

*************

Il giorno successivo Emma tornò al The Boston Globe e ricevette le attenzioni di tutti i colleghi che avevano seguito con apprensione la storia del suo incidente direttamente sulle pagine del giornale. Naturalmente né lei né Sarah fecero alcun riferimento alla discussione che c’era stata all’Università con Regina, almeno finché le due non rimasero da sole la sera stessa. Allora la bionda si presentò a Sarah. La tutor alzò lo sguardo dallo schermo del PC e lo rivolse alla collaboratrice.

“Sei ancora qui?” le chiese. Erano le undici, in redazione era rimasta solo lei per svolgere il turno di notte.

“Perché? Hai paura di me?” chiese Emma sedendosi alla scrivania di Sarah e accavallando le gambe.

La tutor sorrise divertita e si alzò dalla sedia per porsi davanti alla studentessa.

“Dovrei?” chiese e scostò una ciocca di capelli dal volto della giovane donna.

“Dipende” sussurrò Emma scendendo dalla scrivania e avvicinandosi alla giornalista, senza staccare gli occhi dalle sue labbra.

La studentessa si avvicinò ancora di più e fece per baciarla, ma poi si allontanò dando le spalle alla Fisher che colse l’occasione per ammirare il fondoschiena della sua interlocutrice.

“Lo so che ti piaccio - disse Emma – l’altra notte abbiamo fatto scintille” si voltò e sorrise, quindi si avvicinò di nuovo a Sarah che la guardava ipnotizzata.

“Noi due possiamo stare insieme, se vuoi - e le passò il dito indice sulle labbra – anche se…”.

“Anche se?”.

“Non ho gradito che tu mi abbia ingannato”.

Sarah aggrottò la fronte e incrociò le braccia: “Che vuoi dire?”.

“Oh, lo sai bene… parlo della droga, mi hai usata per incastrare Regina”.

La tutor non rispose.

“Dimmi di Regina?” chiese cambiando discorso la giornalista.

Emma alzò le spalle: “È morta e sepolta. La nostra è una storia chiusa, non voglio deprimermi, ho voglia di una qualcosa di nuovo”.

“Non ti credo” disse Sarah.

La studentessa le accarezzò il volto e la guardò negli occhi intensamente. “Se non vuoi stare con me, cercherò qualcun’altra. Ma se mi scegli, posso darti una mano a togliere Regina dalle scatole, definitivamente”.

Gli occhi di Sarah si illuminarono: “Cioè?”.

“Oh, beh – Emma fece scorrere le dita lungo le braccia della tutor – non è un mistero che tu e Gold stiate complottando per cacciarla dall’Università. Ma vedi, si dà il caso che io sia l’arma vincente, se dicessi a tutti che la professoressa Mills si è approfittata di me…” non finì la frase, si limitò a fare l’occhiolino.

“Lo faresti davvero?” chiese Sarah.

“Certo, Regina mi ha trattato malissimo, voglio fargliela pagare” disse decisa Emma.

“Non ti facevo così vendicativa” sorrise la tutor.

“Oh, ci sono molte cose che non sai di me, ma con le persone giuste – la studentessa sfiorò il primo bottone della camicetta di Sarah – so mettermi a nudo” e fece l’occhiolino.

“Come hai fatto a capire che il preside e io stiamo cercando di toglierla di torno?” chiese la giornalista non cedendo alle avances di Emma.

Gli occhi verdi di Swan si illuminarono, si avvicinò alla giornalista e le loro labbra quasi si sfiorarono. “Ho le mie fonti” disse mordendosi il labbro inferiore.

Sarah abbassò lo sguardo e si spostò con il busto in avanti azzerando la distanza tra le due: “Chi dice che non mi stai mentendo?” chiese infine.

La studentessa alzò le spalle: “Ti devi fidare. Ma sono qui, giusto?”.

Sarah sorrise: “Sei una donna molto affascinante, Emma Swan, fai girare la testa a molte persone. Ammetto che mi è dispiaciuto mettere la droga nel tuo bicchiere…”.

Swan poggiò le mani sul volto della giornalista e lo avvicinò a sé. Sarah chiuse gli occhi per ricevere il bacio della bionda, ma in quell’istante sopraggiunse un rumore di passi. Le due donne si voltarono e comparve David insieme a un gruppo di poliziotti. Emma si allontanò.

“Sarah Fisher mi deve seguire in centrale” disse il detective.

L’espressione meravigliata della tutor lasciò il posto a un sorriso: “Bel lavoro Emma Swan – disse- c’ero quasi cascata”.

“Oh, no – disse Emma – ci sei cascata”.

I poliziotti presero la giornalista sotto braccio e la portarono via. La studentessa si tolse il microfono che nascondeva sotto la t-shirt, poi guardò David: “Grazie”. L’uomo sorrise e uscirono insieme dal giornale. 

 

-----------------

Vi comunico che il capitolo che avete appena finito di leggere è il penultimo di "Oltre ogni barriera", quindi purtroppo il prossimo sarà l'ultimo :(. I saluti li lascio alla prossima volta!

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


CAPITOLO UNDICI

Qualcuno bussò alla porta di casa Mills. Regina era uscita da poco dalla doccia e aveva ancora i capelli bagnati, afferrò un asciugamano al volo e discese da basso correndo fino al portone di casa.

“Emma” disse meravigliata, una volta aperta la porta.

“Ciao” la bionda sorrise timidamente mentre i suoi occhi squadrarono il corpo della mora dalla testa ai piedi, indossava una tuta e i capelli bagnati la rendevano ancora più affascinante.

“Ti disturbo… eri sotto la doccia”.

“No. Accomodati”.

La giovane entrò e provò una bellissima sensazione nel rivedere le pareti, i pavimenti, gli oggetti della casa di Regina e nel sentire l’odore che emanavano quelle stanze: l’odore della donna che amava. La prof fece strada fino in cucina, mentre con l’asciugamano si tamponava i capelli, si poggiò al lavello e guardò Emma. Quest’ultima fu investita da un profondo senso di disagio, poi vide sul tavolo il The Boston Globe aperto alla pagina in cui si trovava l’articolo dell’arresto di Sarah, si avvicinò per guardarlo meglio dopo aver poggiato vicino le chiavi della macchina prestatale da Ruby.

Lo sapeva, eppure non l’aveva chiamata. Pensò.

“Hai saputo, dunque” disse la bionda mentre il suo disagio aumentava.

Regina non rispose.

“Pensavo che mi avresti telefonato”.

La prof sospirò: “Emma, perché sei qui?”.

La studentessa sentì una fitta al cuore, ebbe la sensazione che Regina non gradisse la sua presenza.

“Forse ho fatto male a venire” sussurrò, si voltò per dirigersi verso la porta di casa, ma la mora le afferrò il polso e la trattenne. Emma si girò.

“Sediamoci” disse Regina e si diressero nel soggiorno per accomodarsi sul divano.

Ci fu un attimo di silenzio. Emma osservò le gocce che dai capelli bagnati cadevano lungo il collo della mora e desiderò avvicinarvi le labbra e baciarle una a una.

“Sei stata molto coraggiosa - disse la prof - a far arrestare Sarah”.

Emma annuì: “Grazie, ma Gold non si trova…”.

“Come stai?” chiese la prof.

“Non bene, per niente” strinse le mani attorno alle ginocchia e fece un respiro profondo.

La mora sentì il cuore stingersi nel petto.

“Mi manchi” disse infine la bionda.

Regina si alzò dal divano e andò a versarsi del succo di mele. “Ne vuoi?” chiese.

“No, Regina – la voce della studentessa si alzò di tono – non voglio del succo di mele, perché non riesci a dirmi cosa provi? Perché ti alzi e fuggi?”. La mora si girò e si trovò Emma a un passo dal suo naso, afferrò il bicchiere che Regina teneva in mano e lo pose sull’armadietto, poi cominciò ad accarezzarle i fianchi. “Dimmi che anche tu provi le stesse cose” sussurrò, avvicinando le labbra al collo della donna. Regina chiuse gli occhi e sospirò.

“Dimmi che possiamo tornare insieme”.

Le due donne si guardarono, intensamente. Le mani di Emma sprofondarono tra i capelli di Regina ancora umidi. I loro respiri si confusero, le loro labbra erano talmente vicine che quasi si sfioravano.

La prof afferrò Emma per le spalle e la spinse indietro, liberandosi così dalla stretta e lasciando la bionda assolutamente sorpresa da quella reazione. Si sistemò i capelli dietro l’orecchio e corse su per le scale, aprì la porta della camera da letto, la richiuse alle sue spalle e si sedette contro di essa. Emma le corse dietro, provò ad aprire la porta ma era chiusa.

“Perdonami Emma – sussurrò la prof – ho bisogno di tempo. Ti amo, ma non ce la faccio”.

La bionda si appoggiò con la mano alla porta e si mise l’altra in tasca.

“Cosa devo fare per convincerti?” disse mentre sentiva le lacrime scenderle lungo le guance.

La mora non rispose. La studentessa attese qualche minuto, poi sospirò e si allontanò, ma in quell’istante la porta della camera si aprì e uscì timidamente la prof.

“Non andare”.

Emma guardò Regina e si avvicinò a lei, intrecciò le dita delle sue mani con quelle della sua compagna e poi la spinse delicatamente contro il muro, accanto alla porta.

Le loro labbra si unirono in un bacio appassionato, le loro lingue danzarono. Emma prese delicatamente il volto di Regina tra le mani e cominciò a baciarla sulle guance, sulla fronte, sugli occhi.

“Ho avuto paura di perderti – sussurrò la mora – mio Dio, ho davvero avuto tanta paura di perderti. Il cuore mi si è fermato nel petto quando ho visto la tua macchina contro il cartello stradale”.

Emma smise di baciare l’insegnante e si concentrò sulle sue parole.

“Mi dispiace per come mi sono comportata con te” continuò Regina.

La bionda riprese a baciarla ma la prof arrestò la foga della giovane ponendole la mano davanti alla bocca.

“Non correre – disse – ti prego, non correre”.

Emma annuì: “D’accordo” sussurrò mentre le sue labbra sfioravano ancora quelle della mora.

La prof toccò il ciondolo con il cigno che la studentessa portava al collo: “Lo hai con te”.

“Sempre” sussurrò.

Regina accompagnò la giovane di sotto, tenendola per mano, le due si fermarono sulla porta di casa.

“Domani mattina porto Henry a fare una gita al lago, vuoi venire? Alle 10?”.

Emma sorrise, non poteva crederci, Regina la stava invitando, annuì e le regalò un ultimo bacio sulle labbra, quindi si allontanò, le loro mani si lasciarono, le loro dita si sfiorarono. La prof guardò la bionda camminare lungo il vialetto e scomparire, richiuse la porta e sfiorò le sue labbra, sorrise e si sentì felice. Sospirò e si recò in cucina, solo allora notò che la bionda aveva dimenticato le chiavi della macchina. Qualcuno bussò alla porta. Regina prese le chiavi e si avviò al portone, lo aprì: “Hai dimentic…” non finì la frase, sbarrò gli occhi e indietreggiò. Una figura nera si fece avanti puntandole una pistola contro. Entrò in casa e si chiuse la porta alle spalle. Regina alzò le mani.

“Che cosa stai facendo?”.

Il signor Gold le intimò di avanzare verso il centro della stanza.

“Sei impazzito?” disse con voce tremante.

Regina indietreggiò ancora.

“Siediti, cara” disse con voce calma l’uomo, indicando una sedia in cucina. Regina obbedì.

“C’eri quasi riuscita, non è vero Regina Mills?”. La mora corrugò la fronte.

“Un anno ancora e Gold sarebbe andato in pensione e tu avresti preso il suo posto. Oh, mi sembra di sentirla tua madre Cora mentre te lo dice”.

L’uomo estrasse una corda da dentro una borsa e legò i polsi della donna dietro la sedia. Regina storse la bocca per il dolore.

“Sei pazzo…” sussurrò a denti stretti la prof.

Emma stava sorridendo mentre percorreva a ritroso il vialetto della casa di Regina, una volta raggiunta l’auto si era accorta di aver lasciato le chiavi dalla donna. Passò davanti a una delle finestre e sbarrò gli occhi, subito si abbassò e scrutò all’interno. Una persona puntava una pistola contro la mora, riconobbe il preside. Emma si guardò intorno cercando una soluzione nel più breve tempo possibile. Afferrò il telefono e chiamò subito David Nolan perché raggiungesse la casa della donna. Lui le disse di non fare niente in attesa del loro arrivo, ma la bionda non poteva restare con le mani in mano. Costeggiò la casa fino a raggiungere la parte posteriore, c’era un grosso albero carico di mele rosse che si trovava piuttosto vicino a una delle finestre del piano superiore. La bionda si tolse il giacchetto e cominciò a salire aggrappandosi ai rami e forzando sulle gambe, ma la destra, non ancora completamente funzionante dopo l’incidente, cedette e il piede le scivolò, rimase penzoloni con le mani che arpionavano un ramo. Strinse i denti e con tutta la forza che aveva si tirò su fino ad abbracciare il ramo, respirò qualche istante, poi stando cavalcioni si avvicinò alla finestra.

Sperò vivamente che fosse aperta, la forzò un po’ e alla fine le due ante si aprirono permettendo alla donna di penetrare nella sua camera da letto di Regina. Aprì la porta e uscì, sentì le voci lontane di Gold e della mora. Si avvicinò alle scale e si sporse leggermente per cercare di capire come era la situazione. Non c’era nessuno nel salotto e neppure nel corridoio, le voci venivano dalla cucina. Emma si recò nella cameretta dove Henry dormiva quando stava a casa di Regina, cercò disperatamente nei cassetti, nell’armadio e trovò una mazza da baseball, la baciò e tornò alle scale. Discese lentamente un gradino per volta mentre tutto intorno era silenzio, si sentiva solo la voce pacata del preside.

Emma attraversò il salotto e si fermò a pochi passi dalla cucina che non aveva porta.

“E poi ci s’è messa Emma Swan a rovinare tutto – stava dicendo Gold – a cercare a tutti i costi di trovare una spiegazione a quanto le era successo”.

“Credevi che se ne sarebbe stata con le mani in mano? Ti facevo più furbo” disse Regina cercando di allentare la corda che le imprigionava i polsi.

“Beh non più furbo di te, so che sei entrata nel mio ufficio e che hai preso dei documenti importanti”.

“Pensi che uccidendomi continuerai a mantenere il tuo posto di preside? O magari quello di rettore?”.

L’uomo passeggiava avanti e indietro ascoltando le parole di Regina.

“Finirai in prigione” concluse la donna. Gold la guardò con odio e le dette uno schiaffo.

A quel suono Emma sobbalzò e sbarrò gli occhi, non poteva vedere la scena ma sentì una grande rabbia salire.

“Zitta!” disse l’uomo e pose del nastro adesivo sulla bocca della donna.

“Preparati a morire”. L’uomo puntò la pistola verso Regina. Si guardarono negli occhi. La mora sentì che non aveva più speranza, mentre il suo cuore batteva forte. Continuò a provare a liberarsi dalla corda ma niente.

Gold sorrise diabolicamente. La mora chiuse gli occhi e una lacrima le rigò il volto, in quell’istante pensò a Emma. Poi ci fu un rumore sordo e qualcosa cadde a terra. Regina aprì gli occhi e vide la bionda con la mazza da baseball stretta tra le mani e il corpo di Gold a terra, immobile.

La studentessa lasciò cadere la mazza a terra e si avvicinò alla prof, le strappò il nastro adesivo dalla bocca.

“Emma” sussurrò mentre le lacrime scendevano dal suo volto.

“Stai bene?” chiese la bionda togliendole la corda.

Regina si alzò dalla sedia e si massaggiò i polsi. “Sì” disse regalando un ampio sorriso alla bionda, poi portò le braccia al collo della ragazza e la strinse forte a sé.

Da lontano sopraggiunsero le sirene della polizia.

“Mi hai salvato la vita” disse Regina e la baciò sulle labbra. Emma ricambiò quel bacio sempre stringendola a sé.

“Dovevo pareggiare i conti” e sorrise.

“Emma – disse Regina e le lacrime tornarono a rigarle il volto – c’è una cosa che ho capito stasera, che nessun dolore è grande quanto quello di non averti al mio fianco. L’averti allontanata da me è stata la cosa peggiore che abbia mai fatto e non intendo provarlo di nuovo”.

Un istante dopo la porta di casa Mills si aprì con uno schianto, i poliziotti entrarono e con loro anche David che, alla vista di Gold disteso e delle due donne abbracciate, sospirò: “Sapevo che non avresti ascoltato le mie parole”. Emma e Regina si guardarono e risero.

 

***********

Due giorni dopo Regina volle fare una cena a casa sua e invitò Zelena con il marito e Mary Margaret, David, i due si frequentavano dopo l’incontro fuori dall’ospedale, Henry con Robin e Marian, sua madre Cora, Emma e Ruby. Quando furono tutti riuniti al tavolo, la prof alzò il calice verso l’alto e guardò Emma, bellissima in un abito rosso, con i capelli mossi che le ricadevano sulle spalle.

“Vorrei fare un brindisi” disse.

Gli altri sollevarono i bicchieri.

“A Emma” e il suo sguardo si diresse verso la madre.

“So che in famiglia c’è chi ancora fa fatica ad accettarla, madre…. – e fece una pausa – e c’è chi invece la adora – e guardò Henry, Mary Margaret e Zelena – beh se ora sono qui, lo devo solo a lei e non parlo solo del fatto che mi ha salvata da Gold, parlo del fatto che ha salvato il mio cuore e la mia anima…” si fermò guardando Emma.

“Dopo che ho conosciuto Emma mi sono accorta che prima mi mancava qualcosa, avevo l’affetto di mio figlio e dei miei cari, ma c’era comunque un buco nella mia vita che ancora non avevo riempito. Un buco che grazie a lei ora è colmo di gioia, con Emma posso vivere una vita piena. Ti amo”.

Zelena fu la prima ad applaudire e si asciugò una lacrima: “Brava Regina!” urlò.

Poi all’applauso della sorella si unirono tutti. Cora sopirò e alla fine si unì agli altri cercando di sorridere.

Emma si avvicinò alla professoressa e la baciò sulla guancia: “Ti amo anche io”.

“Se permettete – disse Marian ottenendo l’attenzione di tutti – vorrei dire due parole anche io. Prima di tutto vorrei congratularmi con Emma Swan perché grazie a lei e ai suoi articoli sui fatti che l’hanno coinvolta, il The Boston Globe ha incrementato in numero delle vendite”. Si alzò una “Oh” generale. “E quindi ho deciso di assumerla in pianta stabile”.

Emma spalancò gli occhi e guardò Regina che le sorrise: “Brava, amore”.

“Poi, volevo anche dire che da oggi non ci saranno più rancori o faide familiari tra i Mills e gli Hood. E che troveremo la soluzione migliore per Henry”. Marion alzò il bicchiere e bevve.

Ci fu un nuovo applauso.

Emma si strinse a Regina ed Henry corse loro incontro, le due si inginocchiarono e lo abbracciarono insieme.

“Così con i soldi che guadagnerai al giornale potrai comprarti una macchina decente” sorrise entusiasta Regina.

Emma si alzò invitando la prof a seguirla vicino alla finestra, da qui indicò oltre il vetro.

“Cosa?” disse Regina e guardò in direzione del dito della bionda, lentamente il suo sorriso sparì.

“Veramente ho comprato un altro Maggiolino, giallo, usato, carinissimo, ci facciamo un giro?”.

La mora sospirò e scosse la testa. “Cosa devo fare con te?”.

“Amami” rispose Emma e abbracciò la prof, che ricambiò stringendola forte, ridendo.

 

FINE

 --------------------------

Si conclude così la mia fanfiction. Volevo ringraziare coloro che hanno avuto la voglia e la pazienza di leggere questo mio racconto. E' stato bellissimo per me scrivere la storia di questi due personaggi. Ho amato Regina nelle vesti di professoressa e ho amato Emma in quelle di studentessa. 

Spero davvero che questo finale vi piaccia. Lo so la ff non è stata lunghissima e un po' mi dispiace, ma non intendevo allungare il brodo magari rendendola noiosa. 

Vi ringrazio ancora tanto per le recensioni che mi avete scritto, per i complimenti e le critiche sempre costruttive.

Non vi dico addio, ma arrivederci, prestissimo tornerò con qualcosa di nuovo ovviamente sempre swanqueen. E chissà, magari prima o poi farò il seguito di questa ff ;).

Vi abbraccio!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3532321