The last Games

di Signorina Granger
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** La Mietitura (Parte I) ***
Capitolo 3: *** La Mietitura (Parte II) ***
Capitolo 4: *** Come dirsi Arrivederci ***
Capitolo 5: *** Cerimonia di Apertura (Parte I) ***
Capitolo 6: *** Cerimonia di Apertura (Parte II) ***
Capitolo 7: *** L'Addestramento ***
Capitolo 8: *** Alleanze ***
Capitolo 9: *** Prova di Valutazione ***
Capitolo 10: *** Le Interviste ***
Capitolo 11: *** Il Bagno di Sangue ***
Capitolo 12: *** Prima notte ***
Capitolo 13: *** Quarto giorno ***
Capitolo 14: *** Sesto giorno ***
Capitolo 15: *** Ottavo giorno ***
Capitolo 16: *** È finita ***
Capitolo 17: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


The last Games

 

                    

Prologo

 

Ancora una volta, come negli ultimi anni, milioni di telecamere erano accese e puntate su Capitol City, collegate a tutti i Distretti.

 

Erano passati molti anni da quando era stata a rischio per i Giochi… ma quel giorno, per la prima volta in vita sua, si ritrovò a rivivere quella sgradevole, orribile sensazione di panico, come se fosse di nuovo un’adolescente.

Leggeva il terrore direttamente negli occhi di quelle ragazzine, che la guardavano cariche di paura come a volerla pregare di non estrarre il loro nome.

Non le piaceva cosa stava succedendo, tantomeno quello che stava per fare… ma la decisione ormai era stata presa già da un paio di mesi e non poteva opporsi in alcun modo: ci aveva già provato, senza ottenere risultati.

 

Ecco perché era lì quella mattina, sul palco davanti alle telecamere e ai cittadini di Capitol City.

Ecco perché stava per estrarre gli ultimi tributi degli Hunger Games.

 

La Presidentessa Paylor guardò il fiume di persone che la osservava di rimando dalla piazza, scorgendo centinaia di adolescenti dai 12 ai 18 anni che pregavano silenziosamente.

Gli dispiaceva per loro, in effetti: d’altronde non avevano alcuna colpa… non li avevano di certo inventati loro, i giochi.

Quella infatti doveva essere più una punizione per i loro genitori, le persone che si erano goduti anni di reality show, ridendo e scommettendo sui vincitori.

 

La donna sospirò, sentendo di non avere alcuna scelta. Alle sue spalle, seduti su delle sedie, c’erano le persone che avevano dato il loro permesso per quell’ultima edizione dei giochi, la 76esima… Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Annie Cresta, Peeta Mellark, Joanna Mason, Beetee Latier e Enobaria.

 

Benché avessero votato loro per quello scempio sotto insistenza dell’ormai defunta Coin, ora spettava a lei il spiacevole compito di estrarre i Tributi… L’unica consolazione era che non avrebbe più dovuto rifarlo, bensì solo quell’unica volta.

 

Sapendo di non avere scampo e che tutta Panem stava aspettando che iniziasse, la donna si schiarì la voce e parlò, sapendo che le sue parole sarebbero state ascoltate da ogni abitante dei Distretti e della Capitale, che la stavano osservando dal vivo dalla piazza o dai terrazzi delle loro case.

 

“Felici Hunger Games, cittadini di Panem.”

 

Solo un anno prima non avrebbe mai creduto che un giorno avrebbe detto quelle parole, quelle stesse che aveva udito milioni di volte… anche molti anni prima, quando era solo una ragazzina indifesa che pregava di non venire estratta.

 

A quanto sembrava però, aveva fatto male i conti. 

....................................................................................................

Angolo Autrice:

Salve! Dopo qualche mese di "pausa", ho deciso di cimentarmi nuovamente in un'Interattiva nel fandom di Hunger Games... 

Non ho mai letto una storia ambientata nella fantomatica ultima edizione dei Giochi con i ragazzi di Panem come protagonisti, così ho deciso di provare a scriverla, con il vostro aiuto ovviamente. 

Le regole sono sempre le stesse: gli OC devono avere dai 12 ai 18 anni... e alla fine ne resterà solo uno.

Regole per partecipare:

- Se siete interessati, recensite richiedendo il numero e il sesso dell'OC (massimo 2 a testa) 

- Mandate la scheda solo dopo la mia conferma tramite messaggio privato

- Le iscrizioni sono aperte fino al 24/09 alle 19, avete tempo fino a quell'ora per mandare la scheda

- Se partecipate dovete farvi sentire e recensire, altrimenti il vostro personaggio perirà di morte cruenta... e trattandosi degli Hunger Games direi che potete prendermi in parola. 


Gli OC saranno tutti di Capitol, quindi se ne create più di uno possono essere fratelli, amici o anche odiarsi a morte da sempre... vedete voi
I Tributi in totale saranno 20, quindi ovviamente accetterò al massimo 20 personaggi, ma scriverò la storia anche avendone 15.

Detto ciò, vi metto qui sotto la scheda da compilare:

Nome:

Età:

Aspetto:

Prestavolto:

Descrizione Psicologica:

Storia e Famiglia.

Fobie/debolezze:

Passioni/Talenti:

Con che tipo di persone potrebbe allearsi? (i nomi me li direte più avanti) 

Caratteristiche particolari:*

Amicizie/Inamicizie:

Nota: le prime 5 schede che mi arriveranno saranno salve dal Bagno di Sangue 

Tenete a mente che questi ragazzi non si sono MAI allenati per i Giochi, quindi non venitemi a dire che il vostro OC combatte meglio di Jackie Chan, per favore.  Accetto una buona mira o particolare velocità, forza o agilità, ma niente campioni di tiro con l'arco e simili.

Non mi sembra di avere altro da dirvi, quindi concludo qui... Spero che parteciperete in tanti, a presto!

Signorina Granger

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Capitolo 2
*** La Mietitura (Parte I) ***


~~Capitolo 1: La Mietitura (Parte I)

 

“Come sempre, iniziamo dalle ragazze…”

Dio, quanto si sentiva stupida a dire quella frase… Come una delle tante Capitoline che aveva visto alle Mietiture nel corso degli anni, che ripetevano sempre le stesse quattro frasi stentate.
Chi l’avrebbe mai detto, che un giorno anche lei si sarebbe trovata in quella situazione?

Peccato che lei non avesse avuto scelta, a differenza di quelle strane donne agghindate in modi assurdi che non aveva mai compreso fino in fondo.

La Presidentessa Paylor si avvicinò alla grande boccia di vetro posta su uno sgabello alla sua sinistra come le era stato detto quella mattina da Plutarch per estrarre i dieci nomi delle sfortunate che la sorte aveva scelto per i Giochi.
Riusciva quasi a sentire la paura di quelle adolescenti, tutte disposte in file nella parte sinistra della piazza. I ragazzi invece sembravano leggermente più rilassati, forse consapevoli che per il momento potevano ancora stare tranquilli.

Solo mentre infilava la mano nella boccia la donna si rese conto di una cosa: chissà, magari quelle stesse Capitoline che avevano avuto il suo compito per anni ora la stavano guardando con il battito accelerato e sudando freddo, temendo che la loro preziosa figlia potesse essere estratta.

Finalmente capivano come ci si sentiva… Stranamente però, m quel pensiero non la rincuorò come avrebbe sperato.

Sapendo di avere ben 10 nomi da estrarre la Presidentessa decise di non tirarla troppo per le lunghe, sapendo che indugiando avrebbe solo allungato la tortura di quelle povere ragazze: le sue dita sottili e cariche di cicatrici si chiusero intorno ad uno dei primi foglietti che trovò, tirandolo fuori lentamente prima di spiegarlo.

Lesse mentalmente il nome prima di pronunciarlo ad alta voce, quasi per capire se quel cognome le diceva qualcosa… ricordava di averlo già sentito, forse era il nome di un qualche politico di Capitol… senza indugiare oltre però si affrettò a leggerlo a voce alta al microfono, in modo che tutta Panem potesse sentirlo:

“Silver Carly Grace.”

Gli occhi scuri della donna volarono istintivamente sul fiume di ragazze, chiedendosi chi fosse la prima estratta. Ebbe un tuffo al cuore al vedere una ragazzina dai capelli biondi spostarsi dalla fila e avvicinarsi con tutta calma al palco, rimanendo impassibile.

Grandioso. Hai estratto una ragazzina di al massimo 14 anni! Complimenti

Era sempre stata contraria al fatto che anche ragazzine di 12 o 13 anni potessero partecipare… Aveva sempre pensato che solo i più grandi avrebbero dovuto prendere parte ai giochi. In effetti aveva provato a imporsi su quel punto, ma Plutarch non aveva proprio voluto sentir ragioni, sostenendo che quegli ultimi Hunger Games avrebbero dovuto essere come tutti gli altri. Se non altro aveva ottenuto di dover estrarre 20 nomi e non 24…

La ragazzina dai capelli biondi, perfettamente curata dalla testa ai piedi come solo i Capitolini potevano essere, si avvicinò al palco e salì in fretta i gradini, avvicinandosi alla Presidentessa.

“Quanti anni hai?”

“13.”     

Si trattenne dal sospirare e si limitò ad annuire con un cenno del capo, voltandosi di nuovo verso la boccia di vetro.  Accanto a lei la giovane Silver intanto aveva spostato gli occhi su sua madre, in piedi ai margini del palco. Anche la donna stava ricambiando il suo sguardo, restando però impassibile di fronte all’estrazione della figlia. Non che si fosse aspettata altra reazione dalla donna, che era forse la persona più superficiale che avesse mai conosciuto… Se anche era triste, non l’avrebbe mai dato a vedere anche solo per non rovinarsi il trucco tanto elaborato e costoso. Silver spostò i grandi occhi verdi sulla fila dei ragazzi, cercando suo fratello maggiore con lo sguardo. Incontrando gli occhi scuri di Wilhelm provò quasi un modo di sollievo, scorgendo distintamente le sua labbra muoversi per formulare una frase: “Andrà tutto bene, Carly.”

Già… glie l’aveva detto anche quella mattina, prima di andare in piazza.
Peccato che in quell’occasione suo fratello si fosse sbagliato.

                                                                       *

Non riusciva a stare fermo, mentre la Paylor metteva di nuovo la mando dentro la boccia di vetro per estrarre il secondo nome.
Amanda quasi tremava, torturandosi le mani e tenendo gli occhi fissi sulla Presidentessa.

Quando un mese prima era stata divulgata la notizia degli ultimi Giochi e i suoi genitori erano andati a dirglielo, Amanda aveva pianto. Quasi per tutta la notte, calmandosi solo grazie al conforto della sua migliore amica Astrid, che l’aveva chiamata intuendo come dovesse sentirsi.

Era sempre stata contraria ai Giochi, non li aveva praticamente mai guardati… Solo le sfilate, giusto per poter vedere i meravigliosi abiti che i suoi genitori creavano per i Tributi.

Cercò di respirare profondamente mentre la Paylor spiegava il foglietto prima di leggere il nome ad alta voce:

“Astrid Walsh.”

Amanda sgranò gli occhi, chiedendosi se per caso non avesse sentito male prima di voltarsi di scatto verso la fila accanto, posando lo sguardo su una ragazza dai capelli lisci e castani. Astrid si voltò contemporaneamente verso di lei, rivolgendole un debole sorriso prima di avvicinarsi al palco con falcate poco decise, come se sentisse di non avere più le gambe.

Non era possibile… non potevano aver davvero estratto Astrid.  Gli occhi di Amanda divennero all’improvviso umidi, tenendo lo sguardo sulla sua amica che stava salendo i grandini… Astrid evitò di guardarla, forse perché sapeva che vedendola sull’orlo del pianto ci avrebbe messo poco ad imitarla.

Amanda si morse un labbro, intimandosi di non piangere mentre la Paylor metteva nuovamente la mano nella boccia, estraendo in fretta un terzo foglietto:

“Amanda Lace.”

Quasi sorrise, sentendosi chiamare dalla Presidentessa… quasi sorrise nel vedere la smorfia che increspò le labbra della sua migliore amica, provando lo stesso che aveva appena provato lei.

Buffo… insieme fino alla fine, dopotutto.

Amanda si avvicinò al palco con passo leggermente tremante, perdendo all’improvviso tutta la sua solita allegria e vivacità… Chissà, forse non sarebbe più tornata.

Dopo aver salito i gradini si avvicinò ad Astrid, rivolgendole un debole sorriso e scorgendo gli occhi azzurrissimi dell’amica diventare lucidi.

“Quanti anni hai?”

“17.”

Amanda si sforzò di parlare con un tono di voce normale, ma che risultò comunque leggermente incrinato.   La Paylor indugiò per un istante, spostando gli occhi scuri da una ragazza all’altra prima di tronare a conce trarsi sulla boccia e sulla Mietitura più lunga della storia dei Giochi.

Forse aveva capito che le due si conoscevano, e anche molto bene… E forse si stava maledicendo mentalmente per la milionesima volta da quando si era alzata.

                                                                                          *

“Faye Dashwood.”

Africa non batté viglio, limitandosi a voltarsi verso la ragazza che era appena stata chiamata. C’erano diverse persone che conosceva di vista grazie alla scuola ma non sapeva di preciso come si chiamassero… Faye Dashwood non era tra queste: avevano la stessa età e avevano studiato insieme per anni, poste da sempre nella stessa classe… E non si erano mai sopportate.

Quasi le dispiaceva per la gentile, dolce Faye… Non erano mai state amiche, ma Africa nonostante avesse molti difetti non augurava la morte proprio a nessuno, tantomeno ad una persona che conosceva da quando era bambina, nel bene o nel male.

Non avrebbe mai pensato che un giorno i Giochi sarebbero arrivati anche a Capitol… era crescita sotto una campana di vetro, sentendosi costantemente al sicuro e senza porsi troppi problemi.
Ed ora era lei quella a rischio, dopo aver passato l’infanzia a guardare i giochi alla TV insieme ai genitori e alle sue sorelle.

Strano, ma solo guardando Faye salire sul palco Africa ebbe la piena consapevolezza di cosa stava succedendo: forse perché era stata estratta una persona che conosceva, portandole appieno il significato dei Giochi. Era a rischio anche lei, anche se il numero delle ragazze estratte era quasi a metà… ne mancavamo ancora sei dopotutto.

Gli occhi castani della quindicenne si posarono di nuovo sulla Paylor, mentre Faye si fermava accanto alla ragazza estratta prima di lei, di certo di un paio d’anni più grande.
La Presidentessa stava per estrarre il quinto nome, afferrando con un gesto sicuro e sbrigativo uno dei foglietti infondo al mucchio considerevole: dopo aver spiegato il biglietto la donna indugiò per un istante come aveva fatto con gli altro nomi, forse soffermandosi sul cognome per capire se lo conosceva o meno:

“Tonya Aldred.”

Africa quasi sbuffò, questa volta facendo a meno di voltarsi verso la ragazza che era stata chiamata: era forse uno scherzo del destino? Anche Tonya aveva la sua stessa età… Non erano mai state veramente amiche, ma si conoscevano e in un modo o nell’altro avevano passato diverso tempo insieme nel corso degli anni: come Africa sapeva benissimo Tonya aveva quasi il timore di restare sola, e si attaccava a chiunque pur che ciò non accadesse… anche a lei, nonostante a volte non l’avesse trattata propriamente benissimo.

Guardò la coetanea avvicinarsi al palco, i capelli castani ondulati e una gonna a ruota addosso… Era la stessa Tonya Aldred di sempre ma non aveva alcun sorriso dipinto sul volto gentile e innocente, bensì una maschera di quasi inespressività.

Africa spostò gli occhi dalla ragazza, voltandosi verso le colonne dei ragazzi e posando gli occhi su uno in particolare, che conosceva praticamente solo di vista ma di cui aveva ampiamente sentito parlare negli ultimi tempi: anche Martin stava guardando Tonya e Africa quasi sfoggiò una smorfia, chiedendosi se il ragazzo fosse particolarmente dispiaciuto… probabilmente più perché ora non avrebbe avuto una ragazza da sfruttare che per sincero affetto.

Non aveva mai considerato Tonya sua amica, ma quasi le dispiaceva di come Martin la trattasse… non l’aveva mai detto apertamente, ma non lo trovava affatto giusto. Aveva anche provato, come tante altre, a parlarne con la diretta interessata senza però ottenere grandi risultati.

Quando anche Tonya fu sul palco accanto a Faye, che rivolse alla coetanea un’occhiata malinconica come se le dispiacesse che anche lei fosse stata estratta, la Paylor si accinse ad estrarre l’ennesimo nome dalla boccia, facendo di nuovo trattenere il respiro a tutte le ragazze, molti genitori e anche a diversi ragazzi in pena per sorelle, amiche, cugine o fidanzate.


Africa deglutì, sudando freddo mentre la donna posava gli occhi sul nome della sesta “fortunata” dell’ultima edizione dei Giochi.

Quella era l’unica ed ultima edizione ambientata a Capitol... se sfuggiva a quella, non avrebbe più dovuto preoccuparsi di nulla in tutta la sua vita, esattamene come nei precedenti quindici anni.

Eppure, sembrò che il fato ce l’avesse con lei quel giorno, e Africa ne ebbe la consapevolezza quando sentì le parole della Paylor:

“Africa Garrett.”

Una sensazione strana la investì, un moto di paura e consapevolezza insieme che non aveva mai provato.
Era fatta, era stata davvero estratta.

Africa indugiò per un istante mentre tutte le sue coetanee che la circondavano si voltavano verso di lei senza emettere un fiato, ma la ragazza non ci fece molto caso e deglutendo si avvicinò al palco con passo tremante, sentendo le gambe fatte quasi di zucchero filato, come se non avrebbero potuto reggerla in piedi ancora a lungo.

Come diceva sempre sua sorella, non c’è mai il due senza il tre… e lei era la terza fortunata della sua età ad essere stata estratta per i Giochi.

                                                                                   *

Rubinia Flaemus non aveva paura, mentre guardava la Paylor estrarre l’ennesimo nome: molte sue compagne stavano iniziando ad essere più rilassate visto che più di metà dei nomi erano già stati chiamati… ma lei no, lei restava comunque sull’attenti, senza perdersi alcun dettaglio della situazione.

Aveva guardato i Giochi fin da piccola, ormai non faceva nemmeno più caso alle morti Quando aveva saputo dell’ultima edizione aveva avuto paura, che era però scemata con il passare dei giorni fino a sfociare in una consapevolezza diversa, il voler dimostrare qualcosa a tutta Panem: i cittadini dei Distretti li odiavano da sempre, per quello che avevano e perché avevano riso e scommesso sulle morti dei loro ragazzi… Rubinia voleva dimostrare che anche loro valevano qualcosa, aveva preso la situazione quasi come una sfida personale.

S’immaginò sua madre, di certo molto più preoccupata di lei, guardare la Paylor spiegare il biglietto per poter leggere il nome. Di certo anche suo padre stava seguendo la Mietitura dal carcere… chissà se era in ansia per sua figlia, che aveva sempre viziato e coccolato parecchio fin da bambina.

“Brittany Dask.”

Molte teste si voltarono verso la suddetta ragazza, Rubinia inclusa: non conosceva benissimo Brittany, ma aveva un anno in meno di lei e l’aveva vista un milione di volte a scuola o a delle feste…
Erano diverse e non erano mai state amiche, avendo due visioni della situazione completamente diverse: mentre Rubinia adorava guardare i Giochi, quasi la divertivano, Brittany non aveva mai nascosto di essere profondamente contraria… Le dispiaceva per gli abitanti dei Distretti, sostenendo che non fosse giusto il modo in cui veniva trattati e puniti.

Rubinia guardò la ragazza muoversi e avvicinarsi al palco, i lunghi ricci castani che le ondeggiavano sulle spalle mentre camminava con passo un po’ incerto ma dalle lunghe falcate, quasi come se volesse arrivare in fretta a destinazione per chiudere quella storia.

Rubinia la seguì con lo sguardo, guardandola salire sul palco e avvicinarsi alla Paylor, fermandosi accanto alle tre ragazzine che erano state precedentemente chiamate.
Non era ancora stata estratta nessuna sua coetanea… sarebbe uscita anche qualche fortunata di 18 anni che non era riuscita a scampare, anche se di poco, a quello strazio?

La Paylor sembrò quasi non battere ciglio e si affrettò ad estrarre un altro biglietto, leggendo il nome ed esitando per un istante: Rubinia la vide distintamente indugiare sul nome prima di chiamarlo ad alta voce, quasi come se l’avesse riconosciuto:

“Rubinia Flaemus.”

Le labbra di Rubinia si piegarono quasi in un sorriso, sentendosi chiamare: certo che la Paylor aveva indugiato nel leggere il suo cognome… probabilmente l’aveva riconosciuto, ricordando di quando avevano arrestato suo padre poco più di un mese prima.

La ragazza si mosse con disinvoltura, avvicinandosi al palco con i lunghi e lisci capelli rossi che si muovevano sinuosamente sulle sue spalle, ignorando gli sguardi che stava ricevendo e tenendo gli occhi chiari fissi davanti a se.

Salendo sul palco si fermò accanto a Brittany, che le rivolse un’occhiata cupa mentre la Paylor osservava per un istante la ragazza appena chiamata.
Rubinia ricambiò lo sguardo, rimanendo impassibile prima che la Presidentessa si voltasse di nuovo verso la boccia.  Probabilmente non ne poteva più di estrarre nomi su nomi… Quella era la Mietitura più lunga di sempre.

La diciottenne spostò lo sguardo, tenendo gli occhi dritti davanti a se: era stata estratta ed era del parere che disperarsi non servisse… di certo piangere non avrebbe aiutato proprio nessuno.

Era stata chiamata, tanto valeva iniziare con la consapevolezza di quello che sarebbe successo… Quella era una specie di sfida, e aveva tutta l’intenzione di accoglierla a braccia aperte.

                                                                       *

Rivolse a quella maledetta boccia un’occhiata torva, prima di estrarre l’ennesimo nome: non era nemmeno a metà e già non ne poteva più… Avrebbe tanto voluto dare a quell’affare un calcio e guardarlo rotolare giù dal palco, infrangendosi ai piedi di quelle ragazze.

Infilò un braccio all’interno della boccia con un gesto secco e ormai automatico, dicendosi di sbrigarsi per chiudere almeno una parte di quella storia: il compito più brutale spettava proprio a lei, quella che si era opposta per prima a quel macabro teatro.

Non poteva essere Plutarch ad estrarre i nomi? O la Ghiandaia Imitatrice, visto che aveva votato affermativamente?

Afferrando un biglietto in cima al mucchio la donna lo spiegò in fretta, leggendo mentalmente il nome prima di ripeterlo a voce alta:

“Erica Reyes.”

Gli occhi scuri della donna saettarono ancora una volta sulle colonne di ragazze, cercando una che si spostasse per capire chi aveva appena condannato a morte.

Vide una ragazzina bionda e dai grandi occhi azzurri avvicinarsi spostarsi dalla fila e avvicinarsi al palco, i capelli che si muovevano ad ogni passo fatto su un paio di assurdi tacchi rossi.

La Paylor si ritrovò ad inarcare un sopracciglio con scetticismo, chiedendosi ancora una volta cosa passasse per la testa dei Capitolini per far indossare a delle adolescenti scarpe del genere… e quella non era di certo una diciottenne, doveva avere al massimo quindici anni.

Quasi si chiese se sarebbe inciampata sui gradini, ma a quanto pare Erica era piuttosto allenata su quelle scarpe e la raggiunse senza problemi, rivolgendole anche un debole sorriso non troppo allegro.

Incapace di resistere la Paylor parlò, ponendole la stessa domanda che aveva già fatto un paio di volte:

“Quanti anni hai?”

“14.”    Erica rivolse alla donna un’ultima occhiata curiosa prima di avvicinarsi alle sue compagne, che restarono in silenzio e pressoché impassibili di fronte alla nuova arrivata.

La Paylor indugiò per un attimo ma poi si ridestò, realizzando che doveva estrarre l’ultimo nome, almeno per quanto riguardava le ragazze.

Si avvicinò alla boccia quasi con sollievo, scrutando i numerosi biglietti e chiedendosi quale avrebbe scelto. Infilò la mano nel mucchio e ne prese uno posto quasi sul fondo, estraendolo e spiegandolo prima di parlare ad alta voce:

“L’ultimo Tributo femmina di questa edizione è… April Fisher.”

Alzando lo sguardo vide un mucchio di teste voltarsi verso una ragazza dai capelli di un acceso viola, vestita completamente con abiti scuri.
Eccola, l’ultima “fortunata” estratta per gli Hunger Games… Guardandola rimanere impassibile mentre si avvicinava al palco passando davanti a tutti i suoi compagni di scuola la Paylor si sentì tremendamente in colpa, conscia che anche se l’idea non era stata sua era lei che stava condannando quelle ragazze… e la Mietitura era soltanto a metà, aveva ancora ben dieci nomi da estrarre.

Vide i volti pallidi di divere ragazze quasi illuminarsi mentre April saliva sul palco, visibilmente ancora scosse la sollevate… la loro gioia, il sollievo di non essere state scelte arrivò anche alla Presidentessa, che però scorse anche diversi occhi lucidi e smorfie cariche di malinconia e tristezza mentre guardavano sorelle e amiche in piedi su quel palco, messe in mostra davanti a tutti quasi come un branco di animali prima di essere destinati al macello.
La Paylor si voltò, spostando gli occhi scuri sulla boccia che conteneva i nomi di tutti i ragazzi di Capitol City… la sua tortura era solo a metà, mentre quella di quei ragazzi era appena iniziata.

“Ed ora… passiamo agli uomini.”








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Angolo Autrice:

Buonasera! Eccomi finalmente con la scelta, anche se ho diviso in due parti il capitolo perchè altrimenti sarebbe diventato troppp lungo... Cercherò di aggiornare in fretta con la Mietitura dei ragazzi!
Grazie a tutti per la partecipazione e per le schede, spero che chi non è stato scelto non se la prenda troppo...
Ricordo a tutti che deciderò io chi, quando e come uccidere... ma se iniziate a sparire il vostro OC morirà seduta stante.

Scusate se il capitolo non è granchè ma ho sempre qualche difficoltà con la Mietitura avendo un mucchio di OC nuovi da gestire tutti insieme. Più avanti avrete modo di conoscere meglio i personaggi!

Vi metto qui sotto la lista completa degli OC scelti:

Rubinia Flaemus, 18 anni
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Brittany Dask, 17 anni

Astrid Walsh, 17 anni
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Amanda Lace, 17 anni
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April Fisher, 16 anni
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Tonya Aldred, 15 anni
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Faye Dashwood, 15 anni
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Africa Garrett, 15 anni

Erica Reyes, 14 anni

Silver Carly Grace, 13 anni 
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Sean Thorn, 18 anni
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Kalem Schweinson, 18 anni
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Aaron Bradshaw, 17 anni
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Black Hole, 17 anni
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Caius Gold, 17 anni
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Wilhelm Grace, 17 anni
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Cyrus Dennim, 17 anni
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Julian Bradshaw, 16 anni
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Louis Peterson, 15 anni
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David Whittemore, 12 anni
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Scusate se non ci sono tutti i PV, ma alcuni link non mi si aprivano e altri erano personaggi di cartoni/anime

Spero di aggiornare in fretta, a presto!


Signorina Granger

 

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Capitolo 3
*** La Mietitura (Parte II) ***


Capitolo 1: La Mietitura (Parte II)




Ed ora, passiamo agli uomini.”


Respirò profondamente mentre la Paylor si avvicinava alla boccia che conteneva i nomi dei ragazzi, alla destra del palco. Mentre gran parte delle ragazze poteva finalmente riprendere a respirare normalmente, ora spettava a loro passare forse il peggior quarto d'ora della loro vita, tra il battito accelerato, il respiro irregolare e sudando freddo.

Wilhelm posò gli occhi su sua sorella, rendendosi conto che era la più piccola tra le 10 ragazze che erano state estratte. Conosceva di vista alcune di loro, come le sue coetanee Amanda Lace e Astrid Walsh... ma erano tutte più grandi della sua piccola Carly.

Il ragazzo lanciò una fugace occhiata in direzione di sua madre, chiedendosi se fosse preoccupata per lui o cosa stesse provando, ora che sua figlia era ufficialmente tra la lista dei Tributi dell'ultima edizione dei Giochi... ma la donna sembrava impassibile, come se stesse guardando un film o uno spettacolo di marionette e non i suoi figli che venivano mandati al patibolo insieme ad un gruppo di altri adolescenti innocenti.

La mano della Paylor vagò per pochi secondi nella grande boccia, tirandosi frettolosamente fuori il primo nome: sembrava che volesse far finire in fretta la Mietitura... probabilmente nemmeno lei si stava divertendo, aveva sentito che la donna avesse provato ad imporsi per far saltare la 76esima edizione degli Hunger Games.

Mentre la Paylor stava per leggere il primo nome, Wilhelm non si sorprese nel ritrovarsi quasi a sperare di venire estratto: almeno così avrebbe potuto difendere sua sorella... e non la prospettiva di morire per farlo non lo terrorizzava più di tanto, visto che per lei era già stato sbattuto fuori di casa e si era ritrovato a vivere in strada.

“Il primo Tributo maschio di quest’anno è... Sean Thorn.”


Wilhelm si accigliò leggermente, accorgendosi di conoscere quel nome... e quando lo associò ad un volto si ricordò di quello che era stato suo compagno di scuola fino a quattro anni prima, quando aveva dovuto smettere di studiare.
Da quel che ricordava Sean non era un tipo molto loquace, benché avesse un viso che trasmetteva fiducia e quasi simpatia... E forse per questo andavano d'accordo un tempo, visto che ad entrambi non piaceva molto parlare degli affari propri.

Wilhelm seguì con lo sguardo Sean farsi largo tra gli altri ragazzi per raggiungere il palco, rimanendo pressoché impassibile come suo solito: sembrava quasi non l'essere stato estratto non l'avesse turbato più di tanto, o almeno così stava dimostrando esternamente.

Quando il ragazzo salì sul palco la Paylor non disse nulla, limitandosi a infilare di nuovo la mano nella boccia di vetro e afferrando il primo bigliettino che le capitò a tiro, non avendo nessuna voglia di tirare quella storia per le lunghe anche se, volendo, avrebbe potuto prolungarla per ore.

Wilhelm, come tutti gli altri eccetto Sean che teneva lo sguardo fisso davanti a se senza curarsi di nessuno, guardò la Presidentessa spiegare il foglietto ed esitare per un istante prima di leggere il nome ad alta voce:


“David Whittemore.”

Qualcosa ronzò nel cervello di Wilhelm sentendo quel nome, forse più fastidiosamente che per Sean: conosceva quel nome, anche molto bene...
Provo quasi una sensazione fastidiosa allo stomaco mentre guardava un ragazzino di 12 anni avvicinarsi al palco senza però dare segni di disperazione come avrebbero fatto molti suoi coetanei, o anche ragazzi più grandi... no, David sembrava davvero rilassato mentre si avvicinava al palco con i capelli scuri spettinati come suo solito, quasi come se l'avessero estratto per il suo turno ad un gioco.

Sospirò, chiedendosi perché avessero permesso a dei ragazzini di prendere parte ai Giochi: David aveva 12 anni, sua sorella 13... a parer suo, avrebbero dovuto gareggiare solo quelli della sua età e i diciottenni, non certo ragazzini così giovani.

Non che David non sapesse cavarsela... Il giovane Whittemore era in gamba, nessuno lo sapeva meglio di Wilhelm Grace: avevano quasi fatto amicizia negli ultimi anni quando lui si era ritrovato senza casa... David per vivere rubava da quando aveva imparato a parlare e in breve tempo aveva insegnato qualche trucco anche al suo nuovo “amico”, anche se non si erano mai definiti apertamente come tali.

Ma un conto era rubare nelle case dei ricchi Capitolini... E un altro era sopravvivere all’Arena.


La Paylor rivolse a David, il più giovane tra gli estratti, un’occhiata quasi carica di scuse... ma il ragazzino le rivolse un debole sorriso, quasi a volerle dire che sapeva che non era colpa sua... quasi come volendole dire che sì, la perdonava.


                                                                                        *


Quel ragazzino non poteva avere più di 13 anni, anche se c'era qualcosa che lo faceva sembrare più grande... sembrava che avesse passato la vita ad arrangiarsi, senza contare mai su nessuno.
Si disse però di non pensarci e di continuare a concentrarsi sulla Mietitura, visto che aveva ancora diversi nomi da estrarre.

Prese il terzo biglietto quasi dal fondo della boccia, ordinandosi mentalmente di non estrarre un ragazzino di 12 anni... se proprio doveva mandare qualcuno al patibolo, avrebbe preferito farlo con ragazzi più grandi e maturi che avrebbero saputo cavarsela meglio di dei poco più che bambini.

La donna spiegò il biglietto, accigliandosi per un istante mentre leggeva il nome: Grace... conosceva quel cognome, aveva sentito spesso di un Governatore che aveva misteriosamente perso la vita qualche anno prima. Ma le sembrava davvero familiare, anche se ci mise un istante a capire perché: aveva estratto una ragazza con quello stesso cognome... la ragazzina che era stata chiamata per prima.

Aveva forse estratto il fratello?

“Wilhelm Grace.”


Quasi pregò che si trattasse di una triste coincidenza, mentre guardava un ragazzo di 17 o 18 anni avvicinarsi al palco, le labbra contratte in una smorfia difficile da interpretare.

Poi però senti qualcosa, un inconfondibile suono che la fece voltare e che le confermò quello che temeva: voltandosi vide la giovane Silver Grace con gli occhi chiari lucidi mentre si premeva una mano sulla bocca quasi a voler ammortizzare i singhiozzi.

La ragazza in piedi accanto a lei, Astrid, le rivolse un’occhiata carica di comprensione e malinconia mentre le metteva una mano su una spalla quasi a voler cercare di consolarla.

Wilhelm salì sul palco puntando gli occhi sulla sorellina, guardandola come se morisse dalla voglia di abbracciarla. La Paylor fece un cenno al ragazzo quando lui sposto gli occhi su di lei, annuendo con un cenno del capo. Wilhelm le sorrise con sincera gratitudine prima di raggiungere la sorella in due falcate e stringerla in un abbraccio, mentre nella piazza non poche persone si erano commosse.

La Presidentessa osservò i due fratelli per un attimo ma poi si voltò, rivolgendosi di nuovo alla dannata boccia e decidendo di lasciarli fare: qualche Pacificatore, gli unici rimasti in tutta Panem erano ancora a Capitol, fece per andare dai due e separarli come avrebbero fatto in qualsiasi altra edizione dei giochi... ma un’occhiata quasi minacciosa della donna li inchiodò seduta stante, ordinandogli di non provare nemmeno a muoversi e alzare un dito su quei ragazzi: non era riuscita ad evitare i Giochi, ma non avrebbe tollerato altra violenza al di fuori dell’Arena.

La Paylor mise di nuovo una mano dentro la boccia, cercando di ignorare i singhiozzi trattenuti a stento della ragazzina alle sue spalle, che era stretta tra le braccia del fratello che le stava accarezzando i capelli biondi, mormorandole qualcosa all’orecchio.


E menomale che dovremmo imparare dagli errori degli altri...

Una smorfia comparve sul volto della Paylor mentre tirava fuori l'ennesimo nome, riuscendo quasi a sentire con orrore la gelida risata di Snow, la stessa che tutta Panem aveva udito appena prima che morisse: sapeva che forse era una dei pochi a pensarlo, ma sentiva quasi Snow ridere, prendendo in giro la donna che aveva combattuto con tutta se stessa contro il regime di Capitol City... e ora eccola lì, ad estrarre i nomi dei Tributi.


“Black Hole.”


Gli occhi scuri della donna saettarono sul fiume di ragazzi che la fronteggiavano, cercando il “fortunato” che aveva appena estratto. Vide un ragazzo dai capelli neri farsi strada tra i coetanei dopo aver esitato per un attimo, come se in un primo momento avesse pensato di aver sentito male.

Non voleva nemmeno pensare a come dovesse essere venire estratti per i Giochi... per sua fortuna, lei non aveva mai dovuto passarci.

Guardò il ragazzo avvicinarsi con passo leggermente titubante, anche se si accorse che Black stava facendo di tutto per sembrare calmo e più sicuro di quanto in relata non fosse... a molto non piace sembrare deboli, dopotutto. E per molte persone la paura era sinonimo di debolezza, anche se lei non si era mai trovata d'accordo: a suo parare, la paura era indice di intelligenza.

Black salì sul palco senza guardare nessuno, lanciando solo un’occhiata in tralice in direzione della Paylor prima di fermarsi accanto a David, mentre Wilhelm era ancora vicino alla sorellina.

Ripensando alla coppia di fratelli che aveva fatto versare già qualche lacrima la Presidentessa si chiede se per caso la madre dei due non stesse progettando di ucciderla... lancio una fugace occhiata in direzione delle famiglie e si chiede quale tra quelle donne fosse quella a cui aveva appena tolto i figli, ma riabbassò in retta lo sguardo per concentrarsi di nuovo sui biglietti tra i quali avrebbe dovuto sceglierne ben altri sei.

Quanto sarebbe durata ancora, quell’orribile mattinata?


La mano della donna finì quasi con un gesto automatico dentro la boccia, soffermandosi sui biglietti in cima al mucchio: afferrò uno dei primi che le capitò a tiro, chiedendosi se per caso non avrebbe potuto tirarne fuori una manciata e leggerli tutti di seguito, così da accelerare notevolmente i tempi... a Snow erano sempre piaciute le cose teatrali, ma se fosse stato per lei la Mietitura avrebbe avuto fine già da un pezzo.

 

Spiegò il biglietto prima di leggere ad alta voce l’ennesimo nome, mentre davanti a lei tutti gli adolescenti presenti trattenevano momentaneamente il fiato.

 

                                                                                *

 

“Julian Bradshaw.”

 

Sentì lo stomaco fare quasi un salto mortale quando udì il suo nome, anche se in un primo momento rimase in una specie di stato di trance, come se stesse elaborando di essere stato davvero estratto per i giochi.

Il ragazzo deglutì a fatica prima di muovere un passo incerto, spostando gli occhi chiari dal palco e voltandosi in cerca di suo fratello, quasi nella speranza che incontrando il suo sguardo avrebbe avuto il coraggio e la forza di affrontare gli Hunger Games.

 

Aaron si era voltato a sua volta verso di lui ma i loro occhi tanto simili s’incontrarono solo per un istante prima che il minore s’incamminasse verso il palco senza emettere una sillaba.

 

Non aveva visto alcun segno di lacrime negli occhi del fratello… compassione, solo un mucchio di compassione.

Non volendo nemmeno provare a cercare sua madre con lo sguardo Julian si avvicinò al palco sentendo le gambe orribilmente molli, come se non sarebbero riuscite a reggerlo ancora a lungo.

 

La Paylor lo osservava con attenzione ma il sedicenne cercò di un farci caso, salendo i gradini e raggiungendo i suoi compagni di sventura, che lo osservavano di rimando.

 

Con suo sommo sollievo, visto che difficilmente sarebbe stato in grado di formulare frasi di senso compiuto in quel momento, la Presidentessa non disse nulla e non gli restò che avvicinarsi ai ragazzi, posti in fila uno accanto all’altro nella parte del palco alla destra della Paylor.

 

Tutti e quattro gli rivolsero un’occhiata in tralice ma nessuno osò aprire bocca, anche se di certo stavano tutti pensando le stesse cose… Cioè che presto avrebbero tutti dovuto ammazzarsi a vicenda, se ci tenevano a sopravvivere.

 

Julian, dal palco, posò di nuovo gli occhi su suo fratello maggiore che lo stava osservando di rimando. Non riuscì a capire a cosa stesse pensando Aaron, ma dal canto suo trovava la situazione carica di un’ironia davvero crudele: era stato estratto proprio lui, che era sempre stato abbastanza contrario ai Giochi e che aveva sempre sperato che i Distretti trovassero una pace con Capitol…

Era sempre stato un ragazzo tranquillo e piuttosto pacifico… e ora era nella lista degli ultimi Tributi degli Hunger Games, perciò entro meno di una settimana avrebbe dovuto uccidere delle persone, o lasciarsi ammazzare se non l’avesse fatto.

 

Mentre la Paylor tirava fuori un altro bigliettino Julian spostò gli occhi sulle famiglie dei ragazzi, tutte raggruppate ai lati del palco. Scorse subito sua madre, rivolgendo alla donna che piangeva silenziosamente un debole sorriso; gli dispiaceva non poter andare ad abbracciarla, ma sfortunatamente non poteva scendere dal palco.

 

“Louis Peterson.”

 

                                                                               *

 

Sentendosi chiamare Louis si trattenne dal sbuffare ed imprecare contro la sua sfortuna, decidendo saggiamente di non cominciare ad attirare l’antipatia di tutta Capitol già dalla Mietitura: anche se non gli piaceva per nulla, la sua vita in parte dipendeva dai suoi concittadini che tanto odiava che avrebbero potuto aiutarlo una volta nell’Arena.

 

Il ragazzino s’incamminò verso il palco senza guardare nessuno in particolare, tenendo però la testa alta quasi a mo’ di sfida verso le persone che avevano organizzato quella pagliacciata, una specie di vendetta per tutto quello che i Capitolini, o meglio i loro governatori, avevano fatto passare ai Distretti per anni e anni.

 

Salendo sul palco Louis sentiva lo sguardo di tutta Capitol, anzi, di tutta Panem, su di sé… Probabilmente anche suo fratello maggiore Daniel lo stava osservando, e anche i loro rispettabili e benestanti genitori.

 

Si chiese che cosa stessero provando, specialmente i genitori con cui aveva sempre avuto un rapporto abbastanza conflittuale, visto che a differenza del fratello non si era rivelato un figlio modello e amante delle regole o della disciplina.

 

Anche la Paylor lo stava osservando quasi con curiosità mentre saliva i gradini per salire sul palco, trovandosi davanti alla donna con più potere in tutta Panem… guardando la donna Louis si chiese perché, se era la Presidentessa, non fosse riuscita ad evitare quella stupida, inutile storia. Era sempre stato piuttosto scettico rispetto al Governo di Panem ma forse le cose non erano poi così cambiate: in fin dei conti erano sempre allo stesso punto, all’ennesima Mietitura.

 

“Quanti anni hai?”

 

“15.”

 

Il ragazzo le rivolse un’occhiata carica quasi di sfida, che però non venne ricambiata nemmeno lontanamente: la Paylor invece lo guardò quasi come a volersi scusare, come se volesse dirgli che gli dispiaceva sul serio.

Forse non andava matta dell’idea di aver estratto un ragazzino di 15 anni, così come non lo era stata quando aveva chiamato David Whittemore che era ancora più giovane di lui.

 

Senza aggiungere altro Louis si mise in fila accanto a Julian, che ad occhio sembrava avere un anno o due in più rispetto a lui. I due si scambiarono un’occhiata in tralice ma nessuno aprì bocca mentre la Paylor infilava di nuovo la mano nella boccia, pescando un bigliettino sul fondo e sperando di finire in fretta quella lenta tortura che, per i suoi gusti, stava andando avanti ormai da troppo.

 

                                                                                 *

 

Guardò la Presidentessa spiegare il biglietto quasi frettolosamente prima di leggere il nome ad alta voce:

 

“Cyrus Dennim.”

 

Per l’ennesima volta Caius sentì il frammento di un macigno sollevarglisi dallo stomaco, facendogli provare una lieve sensazione di sollievo: ancora una volta non era stato chiamato… forse, con un po’ di fortuna, sarebbe riuscito a scamparla.

 

Il ragazzo si voltò verso il suo coetaneo che era appena stato chiamato, osservando Cyrus muoversi tra la folla per raggiungere il palco. Era quasi strano non vederlo sorridere o carico della sua solita allegria, in effetti… Non che fossero mai stati amici, ma un po’ gli dispiaceva comunque… Caius era pienamente consapevole di non essere la persona più sensibile del mondo, ma conosceva abbastanza quel ragazzo da dover per forza dispiacersi almeno un po’ per lui.

 

Anche se meglio tu che io…

 

Caius seguì il moro con lo sguardo, guardandolo salire sul palco a capo chino e senza far trasparire grandi emozioni dalla sua espressione quasi apatica, come se non stesse provando nulla... O forse si stava sforzando per dare quella impressione.

 

Era stati compagni di scuola per anni, ma non erano mai stati amici… troppo diversi per poter andare d’accordo, probabilmente.

 

La Paylor rivolse al ragazzo una fugace occhiata mentre Cyrus si metteva silenziosamente in fila accanto ai compagni, puntando lo sguardo sulla base del palco senza guardare nessuno, nemmeno i suoi genitori.

Senza voler perdere altro tempo la Paylor abbassò nuovamente lo sguardo sulla boccia di vetro, non emettendo un fiato prima di infilarci la mano dentro, tuffando la mano nel mucchio di bigliettini per poi estrarne uno dopo pochi istanti.

 

Mentre lo spiegava Caius si ritrovò a deglutire nervosamente, pregando silenziosamente affinché non ci fosse scritto sopra il suo nome.

Non era la persona migliore del mondo, ma non meritava nemmeno di finire nell’Arena… anche se, a pensarci bene, gran parte dei presenti non lo meritava affatto.

 

“Kalem Schweinson.”

 

Eccolo, un altro grosso frammento del macigno che si portava appresso da almeno due giorni si sollevò, liberandolo di un ulteriore peso.  Caius tirò quasi un sospiro di sollievo, alzando lo sguardo sul palco e contando i ragazzi che erano già stati estratti: contando Schweinson, erano in 8… Quindi ne mancavano soltanto altri due da estrarre.

 

Lo sguardo del ragazzo si spostò dal palco, andando a posarsi sul ragazzo alto e dai capelli chiarissimi che si stava facendo largo tra la folla quasi con nonchalance, come se non gli facesse né caldo né freddo l’essere stato estratto alla Mietitura.

 

In effetti Kalem non si stava propriamente facendo largo… era più corretto dire che molti ragazzi si stavano spostando dalla sua traiettoria per farlo passare senza che lui lo chiedesse minimamente.

E come compatirli… Anche se non lo conosceva direttamente, Caius aveva sentito parlare moltissimo di quello strano ragazzo, che aveva solo un anno in più di lui.

 

Giravano un mucchio di voci su quel ragazzo che si comportava come se non gli importasse realmente di nessuno ma che si circondava solo di persone ricche e di buona famiglia probabilmente per secondi fini… Caius aveva sentito le storie più disparate, anche riguardo un qualche omicidio… Ma non aveva mai tenuto ad andare dal diretto interessato a chiedergli conferme, visto che Kalem Schweinson aveva il dono di far sentire a disagio e fuori posto praticamente chiunque con un semplice sorriso gelido.

 

Kalem salì sul palco, rivolgendo un mezzo sorrisetto beffardo alla Paylor senza aprire bocca, sistemandosi silenziosamente accanto a Cyrus.  Quest’ultimo lanciò al compagno un’occhiata incerta, come se non fosse proprio contento di essere vicino a lui… Anzi, sembrava che Cyrus non fosse affatto felice che Kalem fosse nei Giochi in generale, visto tutto quello che aveva sentito a sua volta su di lui.

 

L’attenzione di Caius però si spostò da quello strano ragazzo, portandola nuovamente sulla Paylor che si stava accingendo a nominare il penultimo Tributo.

Caius sospirò, ritrovandosi ancora una volta a pregare da quando si era svegliato… Ma in quell’occasione la dea bendata sembrò abbandonarlo.

 

                                                                               *

 

“Caius Gold.”

 

Un altro nome era stato estratto, un altro Tributo chiamato ad andare nell’Arena e prendere parte ai Giochi della Fame… E Aaron Bradshaw si ritrovò ancora una volta a tirare mentalmente un sospiro di sollievo.

 

Ormai mancava un solo nome da estrarre… Non aveva mai sperato così ardentemente in qualcosa come quel giorno, mentre pregava di non sentirsi chiamare dalla Paylor.

 

Gli occhi azzurri di Aaron non indugiarono a lungo sul coetaneo che era appena stato nominato, andando invece a posarsi ancora una volta su suo fratello. Julian però non lo stava guardando, i suoi occhi grigio-azzurri erano posai dritti su Caius, che stava avanzando verso il palco con le labbra contratte in una smorfia e tenendo lo sguardo dritto davanti a sé, come se non volesse mostrare alcuna debolezza.

 

Gli dispiaceva immensamente per suo fratello… E se da una parte voleva finire nei Giochi per aiutarlo e proteggerlo come aveva sempre fatto, dall’altra l’idea di lasciare completamente sola la madre già vedova quasi lo terrorizzava: non avrebbe sopportato di immaginarsi la donna completamente sola e in lacrime davanti ad uno schermo, mentre guardava i figli morire attraverso uno schermo e senza poter fare nulla.

 

Quando Caius fu sul palco accanto a Kalem Schweinson la Paylor respirò profondamente, infilando la mano nella boccia per l’ultima volta, finalmente.

Tutti nella piazza trattennero il fiato mentre la donna spiegava il foglietto, parlando ad alta voce prima di leggere il nome a voce alta:

 

“Signore e signori, l’ultimo Tributo dell’ultima edizione degli Hunger Games…”

 

Pronunciò la parola “ultima” con un’enfasi degna di nota, marcandola esplicitamente come se volesse far capire a determinate persone che non ce ne sarebbero state altre, che quella era davvero l’ultimissima edizione dei Giochi della Fame.

 

Aaron era consapevole di avere il battito cardiaco notevolmente accelerato rispetto alla norma, così come probabilmente moltissimi suoi compagni… Sentì quasi le famiglie pregare silenziosamente di non sentire il nome di un figlio o un fratello mentre la Paylor posava gli occhi dritti sul gruppo di ragazzi, pronunciando il nome senza guardare il biglietto per la prima volta:

 

“… è Aaron Bradshaw.”

 

Molte teste si voltarono nella sua direzione e nello giuro di pochi attimi Aaron percepì un mucchio di cose: vide distintamente suo fratello impallidire mentre un debole sorriso sarcastico gli increspava il volto, sapendo che i giochi erano fatti e che avrebbe potuto aiutare suo fratello, anche se significava lasciare sola sua madre.

 

Già, sua madre.

 

Mentre si avvicinava al palco sentì un urlo strozzato che di certo apparteneva a Selene Wilkes, ma non osò voltarsi e continuò dritto per la sua strada, mentre sentiva tutti gli altri ragazzi sospirare di sollievo e tornare a sorridere per la prima volta da quando si erano svegliati, mentre i genitori dei ragazzi illesi versavano quasi lacrime di gioia.

 

Si chiese quasi che cosa avesse fatto di male sua madre per meritare un destino simile, avendo entrambi i figli negli Hunger Games… Julian lo stava osservando pallido e preoccupato e Aaron ricambiò il suo sguardo, ordinandosi di non guardare la madre perché sapeva che sarebbe stato molto difficile restare impassibile e quasi disinvolto davanti alle lacrime che le rigavano copiosamente il bel volto.

 

Aaron sentì la compassione di un mucchio di concittadini investirlo quasi come un’onda mentre la Paylor si voltava verso di lui, spostando gli occhi scurissimi da lui a Julian per un’istante.

La donna però non commentò l’aver mandato al patibolo una seconda coppia di fratelli, schiarendosi appena la voce prima di rivolgersi nuovamente al pubblico di Capitol e a tutto il resto di Panem:

 

“Felici Hunger Games, Panem.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

……………………………………………………………………………………….

Angolo Autrice:

 

Buonasera!  Sono finalmente riuscita a finire anche la seconda parte… grazie mille per le recensioni, spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo :)

Nel prossimo capitolo ci saranno i saluti con le famiglie degli OC e tra un paio di sarà ovviamente la Sfilata… Se avete qualche idea per gli abiti scrivetemi pure!

 

Per chiarire gli ultimi punti, vi comunico che alla fine sceglierò io il vincitore, ma voi potrete, se vorrete, aiutare il vostro (o anche altri) OC scrivendomi determinati oggetti da fargli avere nell’Arena… diciamo che farete da sponsor per i personaggi. Non accetterò però tutto quello che mi chiederete, selezionerò cosa mandare e a chi in base alle preferenze complessive, per questo potete chiedere di “aiutare” non solo il vostro ma anche altri personaggi.

 

Spero di essere stata chiara… Detto ciò vi saluto, dovremmo “rivederci” entro fine settimana con il seguito!

 

Signorina Granger

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Capitolo 4
*** Come dirsi Arrivederci ***


 Capitolo 2: Come dirsi Arrivederci 




  “Mamma dai... ti prego, non piangere!”    Aaron sospirò mentre sua madre stringeva contemporaneamente i due figli in un abbraccio, singhiozzando sommessamente sulla spalla del primogenito.

Piangeva il cuore ad entrambi, vederla così... li faceva solo stare peggio il pensiero di doverla lasciare.

“Aaron ha ragione mamma, non fare così... ti prometto che ci proveremo, uno di noi tornerà a casa per occuparsi di te.”    Julian rivolse alla donna un debole sorriso mentre lei lo guardava con aria malinconica, accarezzandogli i capelli castani:

“È proprio questo il punto tesoro... vorrei che tornaste entrambi!” 


Tutti e tre sapevano che sarebbe stato difficile se uno di loro avesse vinto i Giochi... come avrebbero fatto Selene e Aaron o Julian a continuare a vivere normalmente senza uno dei due fratelli Bradshaw, con la consapevolezza che uno fosse morto per permettere all'altro di tornare a casa? La famiglia si sarebbe rotta più di quanto già non fosse successo con la morte del padre, avvenuta a causa di un incendio in cui il Pacificatore aveva fatto di tutto per salvare una famiglia. 


“Anche noi mamma, ma purtroppo non è possibile... c'è stata una sola Edizione con due Vincitori nella storia, e non ha portato a nulla di positivo. Mi dispiace.” 

Julian sospirò, abbracciando la donna che si aggrappò convulsamente alle spalle del figlio più piccolo prima di fare cenno ad Aaron di unirsi all’abbraccio. Forse normalmente il maggiore tra i due non si sarebbe messo a dispensare abbracci a destra e a sinistra, anche se era solo in una stanza con la madre ed il fratello... ma quella non era decisamente una circostanza normale e non era il momento di fare l’introverso. 

Aaron si avvicinò di nuovo alla madre, che appoggiò il capo sul suo petto sospirando.

“Non litigate, ok? Dovete aiutarvi a vicenda, non voglio vedere i miei figli che lottano l'uno contro l'altro.” 


“Tranquilla mamma, baderò io a Julian.” 

“Non ho bisogno della baby-sitter!”   Julian sbuffò e sfoggiò un’espressione indignata, che venne ricompensata con un’occhiata torva da parte del fratello, che finse di non averlo sentito mentre, conscia che il loro tempo stava per finire, Selene Bradshaw si staccava dai due, sorridendo mentre aveva gli occhi ancora lucidi:


"I miei bei bambini... per lo meno vi ho potuto vedere crescere... Vi voglio bene, ricordatelo sempre.” 

“Anche noi, sei stata una mamma fantastica!”   Julian sorrise dolcemente, sentendo di dover dire alla donna quello che pensava ma che non aveva mai espresso apertamente... aveva sempre pensato che non ci fosse bisogno di ricordarle quanto fosse sempre stata fantastica, ma in quel momento sentiva di doverglielo, visto che probabilmente era l'ultima volta in cui l'aveva davanti agli occhi. 


“Si, mamma... ti vogliamo bene. E faremo di tutto affinché tu non rimanga sola, te lo prometto.” 

Il tono fermo e lo sguardo serio di Aaron fecero intuire sia a Julian che alla donna che stava dicendo sul serio, che avrebbe davvero fatto di tutto pur di tornare a casa... o far sì che il fratello minore lo facesse. 


                                                                       *


Suo padre la teneva stretta in un abbraccio, accarezzandole i capelli tinti di un acceso rosa mentre diceva qualcosa, rivolgendosi a sua madre, le sue sorelle... o forse anche a lei, ma Africa non ci stava badando più di tanto.

Teneva gli occhi chiusi, la testa appoggiata sul petto del padre mentre cercava di godersi appieno quel momento e di fissarlo nella sua memoria, affinché non potesse dimenticare la sua famiglia.
Non aveva mai minimamente valutato seriamente come fosse partecipare agli Hunger Games... non si era mai posta il problema, limitandosi a guardarli in TV con famiglia e amiche mentre si concentrava a godersi appieno la vita piena di lusso che le era stata concessa. 

Ora però era tutto cambiato... e forse non avrebbe più vissuto insieme alla sua famiglia nella loro grande e bellissima casa, circondata da cose belle. 

Quando riaprì gli occhi Africa vide sua sorella minore guardarla con gli occhi lucidi, mentre la maggiore tra le tre sorelle Garrett la teneva per mano quasi come se volesse consolarla. 


“Mi dispiace, Fify... Ti vogliamo bene, non dimenticarlo. È comunque andranno le cose, saremo fieri di te.”  Il padre le diede un bacio sulla nuca mentre la ragazzina annuiva distrattamente, ordinandosi mentalmente di non versare lacrime prima di avvicinarsi alle sorelle, abbracciandole contemporaneamente:

“Promettetemi una cosa, ragazze... non dimenticatemi.” 

“Tranquilla Fify, sei perfettamente scolpita nei nostri cuori.” 


Sentendo le parole della sorella maggiore Africa sorrise appena, chiedendosi se fosse sincera o se stesse solo cercando di non ferirla... un singhiozzo sommesso le fece capire che la sua sorella era sull’orlo delle lacrime mentre la teneva stretta, le braccia che le circondavano la vita come se volesse impedirle di andarsene e lasciarla. 

“Ciao piccoletto... ti voglio bene, pensami ogni tanto... e tifa per me, mi raccomando.”   Africa abbasso lo sguardo, sorridendo alla sorella prima di strizzarle l'occhio e spettinarle i capelli, sperando che non vedendola in lacrime anche la piccola di casa non ne avrebbe versate.

La bambina annuì, mormorandole di rimando che le voleva bene prima che la porta di aprisse, facendo comparire una delle guardie personali della Paylor sulla soglia della stanza. 

Doveva andare, lo sapeva e lo sapeva anche la sua famiglia... Africa sorrise, rivolgendo a genitori e sorelle il suo ultimo saluto prima di girare sui tacchi e seguire la guardia fuori dalla stanza. 
Le sembrò di sentire un singhiozzo mentre percorreva il corridoio... sua madre stava frode piangendo? Se la immaginava benissimo, in lacrime e stretta tra le braccia di suo padre... ma non voleva assolutamente pensarci e scacciò in fretta quell’immagine dalla mente, decidendo di concentrarsi su altro anche se le risultò incredibilmente difficile. 


                                                                          *


Si sentiva un mostro.
Amanda Lace si sentiva un mostro, ma non poteva farci nulla: le veniva da sorridere. Sua madre piangeva davanti a lei, incurante del trucco che si sarebbe rovinato forse per la prima volta...

Sua madre piangeva, la stessa donna che guardava sempre gli Hunger Games e che esultava quando un Tributo che non le piaceva moriva... 

I suoi genitori adoravano gli Hunger Games, passione che la figlia non aveva mai condiviso... una volta l'avevano costretta a guardarli ed era dovuta correre in bagno a vomitare dopo aver assistito alla cruenta morte di un ragazzo, sgozzato dai Favoriti. 

Beh, ora guarderete la vostra figlioletta... non siete contenti? 


I genitori di Amanda erano entrambi Stilisti, e forse li avrebbe visti durante la Sfilata o alle Interviste... ma di certo gli Strateghi avrebbero fatto in modo che nè la madre nè il padre seguissero proprio lei, per evitare che potessero restare in contatto anche nella fase preparatoria dei Giochi. 


Amanda abbracciò entrambi con la consapevolezza che non li avrebbe mai più rivisti... perché infondo lo sapeva, proprio come lo sapevano loro: non sarebbe tornata casa, sentiva che sarebbe morta nell’Arena.

Che quella fosse la punizione per i suoi genitori, che avevano riso e gioito per anni davanti ai massacri? Forse, non ne era sicura... ma se era così di certo se l’erano meritato.

Solo, si chiedeva perché il destino l'avesse messa in mezzo.    


                                                                             *


“Ehy, piccola... vieni qui.” 

Malgrado tutto riuscì a sorridere, anche se si chiede dove avesse trovato la forza per farlo... 

Chelsea, la sua sorellina, obbedì e le si avvicinò, stringendo le mani dalle unghie dipinte di vivaci colori tra quelle della sorella maggiore, che le sorrise dolcemente mentre si era inginocchiata sul pavimento davanti a lei, in modo da essere alla sua stessa altezza.

“Non devi guardare i Giochi, me lo prometti? Solo la parte iniziale... prima dell’Arena. E anche se forse non tornerò a casa, sappi che ti voglio bene, ok?” 

“Anche io ti voglio bene April.”   Sorrise, accarezzando i capelli della bambina, ancora del loro colore naturale a differenza di quelli della sorella maggiore, tinti di viola.


“Promettimi una cosa, piccola... non fare in modo che la mamma o chiunque altro ti faccia venire strane idee, ok? Mi hai detto che vuoi fare la Stilista, promettimi che ci proverai e che avrai successo.” 

“Te lo prometto. Mi mancherai!”   Chelsea annuì prima di abbracciarla, facendola sospirare mentre, alle loro spalle, i genitori erano impegnati in una discussione.

O meglio, sua madre parlava quasi senza prendere fiato mentre suo padre era visibilmente nervoso: gli dispiaceva per lui, era sempre stato ansioso e si preoccupava sempre che le sue figlie si cacciassero nei guai... ed ora stava per guardare la sua primogenita andare al patibolo.


“Anche tu... ti penserò Chelsy, fallo anche tu ogni tanto.” 


Con un lieve, amaro sorriso April si alzò, sapendo che sua sorella avrebbe passato la vita a cercare di ricordarla, a chiedersi come sarebbe stato diventare grande sotto la sua supervisione... come sarebbe stato diventare adulte insieme. 

Peccato, non l'avrebbero mai saputo... lei non sarebbe mai diventata una giornalista, ma forse sua sorella al contrario sarebbe riuscita ad esaudire il suo desiderio... lo sperava, April lo sperava davvero. 

La ragazza si rivolse ai genitori e sua madre, stranamente, si zittì mentre la osservava.

Non avevano mai avuto un ottimo rapporto, diverse com’erano.. sua madre era sempre impegnata è molto arrogante, cosa che non era mai andata del tutto giù ad April.

La ragazza apri la bocca per salutarli ma la donna fece un gesto con la mano, zittendola all’istante: Melody Fisher, la raffinata ed elegante donna di successo che era, le aveva fatto segno di avvicinarsi senza dire nulla.

Quasi sconcertata April obbedì, non riuscendo a credere a quello che la madre stava facendo finché non fu effettivamente tra le sue braccia. 

"Ti voglio bene, April.” 


La ragazza sbattè le palpebre un paio di volte prima di sorridere appena, ricambiando le parole della madre con un pensiero fisso nella mente: ci erano voluti gli Hunger Games tra i ragazzi di Capitol per far sciogliere sua madre, anche solo per cinque minuti. 


“Anche io mamma.” 


                                                                           *


“Non fare quella faccia... cercherò di tornare, te l'assicuro. Con un po’ di fortuna, tra un mese al massimo mi rivedrai.” 

Black sorrise, ma suo fratello continuò a guardarlo con gli occhi carichi di una tristezza quasi dolorosa, come se fosse sicuro che quello fosse un addio, e non un arrivederci.


“Lo spero tanto Black... farò il tifo per te, ovviamente. So che hai le possibilità per vincere, quindi impegnati... per favore.” 

White sospirò e il fratello sorrise, annuendo prima di avvicinarglisi e abbracciarlo, per una volta: si volevano bene, ma erano così diversi che di rado si manifestavano affetto l'un l'altro... il bianco e il nero, i due fratelli Hole rispecchiavano appieno i loro nomi, a volte odiandosi ma esercitando comunque un’innegabile attrazione l'uno verso l’altro, esattamente come i colori da cui prendevano i nomi. 

“Lo farò senz’altro... gliela farò vedere alla Ghiandaia Imitatrice, di che pasta sono fatti i Capitolini... specialmente gli Hole.” 

Black sorrise quasi come se non fosse poi così preoccupato o afflitto di dover entrare nell'arena... o forse in realtà lo era, ma non voleva mostrarsi debole nemmeno con suo fratello, che lo conosceva meglio di chiunque. 


“So che lo farai... ma quando sarai lì e tutti assumerà una prospettiva diversa ricordati che ti voglio bene, comunque vadano le cose.” 

Lo sguardo laconico di White, così come il suo tono serio e quasi afflitto, fecero riflettere il fratello anche in seguito, quando lascio la stanza insieme ad una guardia che l'avrebbe condotto al Centro Immagine. 

Suo fratello gli aveva forse fatto intendere che, qualunque cosa sarebbe successa nell’Arena e anche se fosse cambiato tramutandosi in un mostro, lui sarebbe stato sempre e comunque dalla sua parte? 

Non ne era del tutto sicuro, ma Black sperò di non aver frainteso... 
                                                              

                                                                           *


Probabilmente quelli furono i cinque minuti più lunghi della sua vita, ma Brittany non lo disse mai ad alta voce. 

Teneva la gambe distese davanti a se mentre aspettava, seduta su una fredda sedia di metallo attaccata alla parete. Con le mani, incapaci di stare ferme, continuava a torturarsi l’orlo della camicia o le maniche, continuando a rigirarle e srotolarle.

Accanto a lei c'era un ragazzino più piccolo di lei, che se ne stava in silenzio mentre teneva gli occhi scuri fissi sul muro davanti a loro e le braccia conserte, in un chiaro atteggiamento di chiusura. 

Non che Brittany avesse molta voglia di chiacchierare a sua volta... ma si chiedeva se anche lui non avesse i genitori, proprio come lei. 
In realtà c'era qualcosa di familiare in lui... Brittany si chiese dove potesse averlo già visto e arrivo alla conclusione che forse l'aveva incontrato proprio all’orfanotrofio dove aveva passato buona parte della sua vita.


“Nemmeno tu hai qualcuno da salutare?” 

“Già.”   David si strinse nelle spalle, come se la cosa non gli pesasse affatto. Brittany si voltò verso di lui, osservandolo con attenzione e cercando di ricordare se per caso l'aveva visto di recente... ma niente, sembrava che quel ragazzino fosse sparito dalla sua memoria negli ultimi anni.

Forse era stato adottato e aveva perso i genitori durante le rivolte? 


“Per caso ci conosciamo? Hai un'ora familiare.” 

“Nemmeno tu hai nessuno da salutare, quindi può darsi che tu mi abbia visto all’orfanotrofio. Ci sono stato per un bel po’, fino a quattro anni fa.” 

“Quindi ti hanno adottato?” 

“No... me ne sono andato e basta.” 

David si strinse nelle spalle, facendole capire che non c'era nient’altro da dire sulla questione. Brittany annuì, afferrando il messaggio e lasciando cadere l'argomento: come lei, nemmeno lui era stato adottato... ma un bel giorno sembrava che avesse deciso di andarsene, anche se era solo un bambino. 


Mentre aspettavano che i loro “compagni” salutassero le loro famiglie, nessuno dei due disse altro, facendo calare di nuovo un silenzio quasi tombale nel lungo corridoio mentre entrambi si chiedevano come dovesse essere dire addio ai propri genitori o ai propri fratelli... se non altro, loro non dovevano subire quel supplizio, anche se ad entrambi non sarebbe dispiaciuto avere qualcuno da cui sperare di tornare a casa, qualcuno per cui lottare fino alla fine. 


                                                                               *

“Mi mancherai.” 

“Anche tu.” 

Faye sospirò, allontanandosi leggermente dalla sorellina per guardarla in faccia, accarezzandole dolcemente i capelli prima di alzare lo sguardo sul fratello di 8 anni che guardava le due tenendosi a leggera distanza.

“Elih... comportati bene con lei in mia assenza, ok? Io non ci sarò più a controllarvi, fai il bravo.” 

Con sua somma sorpresa il bambino annuì, evitando per una volta di replicare in malo modo come era solito fare. Si volevano bene certo, ma non andavano molto d'accordo... il bambino si divertiva moltissimo a fare dispetti e scherzi alla sorellastra maggiore, che teneva che ora se la sarebbe presa con Hope, la piccola di casa di soli 4 anni. 


“Tranquilla Faye... Elih farà il bravo, te lo garantisco.”   Mentre si rialzava Faye rivolse al suo patrigno un debole sorriso, che ricambiò prima di abbracciarla. 

“Vorrei che la mamma fosse qui.” 

“Io no... si disperdere sapendoti nell’Arena... forse è meglio così.” 

Jacob le accarezzò i capelli, sospirando prima di darle un bacio sulla fronte, come quando era piccola prima che si addormentasse. 


La ragazzina annuì con un cenno del capo prima di abbracciarlo, mormorando un “ti voglio bene” appena udibile mentre Hope assisteva alla scena, per sua fortuna non pienamente consapevole di quello che stava succedendo... o che stava per succedere.

Staccandosi dal patrigno Faye si rivolse ad Elih, sorridendogli prima di avvicinarsi al bambino che la guardava di rimando:

“Ciao piccola peste... mi mancheranno i tuoi scherzi diabolici. Cerca solo di non far dannare tuo padre e Hope, ok?” 

“Tu dove vai Faye?” 

“Non in un bel posto Elih... e forse non tornerò mai a casa, quindi promettimi che farai il bravo.” 

Il bambino annuì, guardandola e cercando di capire le sue parole: nessuno si era mai fermato a spiegargli chiaramente la storia degli Hunger Games, per sua fortuna... e Faye non aveva nessuna intenzione di spiegargli cosa le sarebbe successo, non certo in quel momento. 

“Te lo prometto. Quindi tornerai più?” 

“Ho paura di no... però sappi che ti voglio bene, combina-guai che non sei altro.” 


Faye sorrise prima di abbracciare il fratellino, mentre alle loro spalle Hope si era avvicinata al padre e lo stava chiamando, tirandogli anche l’orlo della giacca per attirare la sua attenzione.

L'uomo però sembrò non farci caso, tenendo lo sguardo su Elih e Faye stretti in un abbraccio, spettacolo a cui aveva assistito di rado negli ultimi anni. 

Jacob sorrise, gli occhi improvvisamente lucidi mentre abbassava lo sguardo sulla bambina di quattro anni, chinandosi per prenderla in braccio:

“Scusa piccola, stavo guardando i tuoi fratelli. Credo proprio che Faye ci mancherà tanto...” 


                                                                               *


“Dai mamma, non fare così...” 

“Per l’amor del cielo Poppy, lascialo stare! Non è certo un bambino...” 


Mitchell Gold sbuffò, standosene seduto su una sedia dallo schienale rigido e rivolgendo alla moglie, di più di vent'anni più giovane, uno sguardo quasi seccato.
La donna si voltò leggerete verso il marito, fulminandolo con lo sguardo prima di replicare a mezza voce:

“È mio figlio e lo saluto come più mi aggrada...” 


Caius sospirò, chiedendosi come sarebbe stato il clima a casa loro una volta che se ne sarebbe andato... sua madre non amava per niente suo padre e non aveva mai fatto niente per nasconderlo... Gli dispiaceva lasciarla da sola con lui, conoscendo il suo carattere difficile... anche perché era perfettamente consapevole di quanto la donna tenesse a lui e che avrebbe sofferto molto se non sarebbe più tornato a casa.

Poppy tornò infatti a rivolgersi a lui, sorridendogli dolcemente e accarezzandogli il volto:


“Non pensavo che sarebbe mai arrivato questo giorno... ti voglio bene tesoro.” 

“Lo so... anche io.” 


Normalmente le moine di sua madre lo infastidivano leggermente, ma quel giorno si lasciò abbracciare dalla donna, che trattenne a stento un singhiozzo mentre lo stringeva tra le braccia. Vide chiaramente suo padre rivolgere alla scenetta un’occhiata quasi esasperata, cosa che non lo stupì affatto: l'uomo non era mai stato un grande fan delle manifestazioni d’affetto... e non aveva mai appoggiato l’atteggiamento di sua moglie nei confronti del loro unico figli, che era sempre stato viziato moltissimo dalla madre.


“Hai finito Poppy, posso salutarlo anche io?” 

“Non so quanto reggerò senza di te, tesoro...”.  Il borbottio sommesso della madre fece, malgrado tutto, sorridere Caius, che le rispose a mezza voce:

“Lo so... ma stagli vicino anche per me, ne ha bisogno.”  Caius le strizzò l’occhio prima di allontanarsi leggermente da lei per andare a salutare anche suo padre. 
Vide sua madre sorridergli con la coda dell’occhio e seppe che non avrebbe lasciato il marito... non se glie l'aveva chiesto lui, prendendolo un po’ come il suo ultimo desiderio che non poteva non cercare di esaudire a tutti i costi.

O almeno, così sperò Caius.
   

                                                                                    *


“Non riesco a crederci... ti ha praticamente ignorato!” 

“Non mi sorprende... infondo erano quattro anni che non le parlavo Carly, pensavi davvero che mi avrebbe abbracciato in lacrime, sostenendo di volermi bene e che si è pentita di avermi sbattuto fuori di casa?” 


Il tono ironico del fratello fece sospirare Carly, che scosse il capo mentre percorreva il corridoio insieme a Wilhelm, dopo aver salutato la madre.
Erano stati ovviamente sistemati nella stessa stanza, ma con gran indignazione della ragazzina la madre aveva praticamente ignorato il primogenito, rivolgendogli solo un freddo saluto e concentrandosi invece sulla figlia.

Non che si fosse sprecata in troppe manifestazioni d'affetto anche per lei... ma almeno l'aveva salutata e per una volta ci aveva provato, a fare la madre. 


“si beh, poteva almeno degnarsi di rivolgerti la parola...” 

“Lascia stare Carly, la conosci... lo sai com’è fatta.”  Wilhelm si strinse nelle spalle, parlando con una punta di amarezza impressa nella voce. 

Dubitava fortemente che la donna gli sarebbe mancata... ma era deciso a fare di tutto affinché sua sorella tornasse a casa. Non certo per non far restare sola la madre, ovviamente... ma Carly aveva solo 13 anni e non poteva permettere che la sua vita venisse interrotta così, per una stupida ripicca. 

I fratelli Grace uscirono dal Palazzo di Giustizia, trovando alcuni dei loro compagni già riuniti sui gradini dell’edificio, aspettando che tutti uscissero prima di raggiungere il Centro Immagine insieme al resto del gruppo. 


La sera dopo ci sarebbe stata la Sfilata... ma per la prima volta nella storia dei Giochi, i preparatori non avrebbero dovuto faticare molto con i loro Tributi: erano tutti piuttosto curati, o almeno la maggior parte di loro. 
Difficile dire se la cosa avrebbe reso felici o meno gli staff, che secondo Carly spesso provavano quasi divertimento nel torturare, a modo loro, i poveri Tributi dei Distretti.


Wilhelm si avvicinò ad un ragazzino che dimostrava più anni di quanti non ne avesse, ma Carly sapeva che aveva invece un anno in meno di lei.
Non ricordava il suo nome dalla Mietitura, ma le era sembrato che suo fratello lo conoscesse... e infatti il ragazzo gli sorrise, dandogli una leggera pacca sulla spalla.

“David... lei è mia sorella Carly.” 

David sposto gli occhi sulla bionda, rivolgendole un sorriso stranamente allegro per la situazione in cui erano, lasciandola leggermente interdetta. Non era affatto come gli altri Capitolini, con i capelli arruffati e gli abiti un po’ sgualciti... forse suo fratello l'aveva conosciuto proprio in strada? 

“Ciao Carly... non mi avevi detto che tua sorella fosse tanto bella, Wil!” 

“Ti pareva... stai alla larga da lei, chiaro? Carly, se ti da fastidio chiamami, quando si tratta di ragazze carine bisogna dargli una regolata.” 


Wilhelm sbuffò, dando al ragazzino una leggera sberla sul retro del collo, facendolo ridacchiare mentre Carly seguiva la scena con tanto d’occhi, guardando i due quasi interdetta: ma come facevano a ridere in quel momento? Sembrava che suo fratello fosse sinceramente affezionato a quel ragazzino... di certo si era persa molte cose riguardo al fratello negli ultimi quattro anni, ne era perfettamente consapevole. 

   
                                                                          *


“Non fare quella faccia Daniel, non mi metterò a dispensare abbracci.” 

“Non ti chiedo certo questo, Lou... ma credo che potreste salutarvi come si addice a questa situazione, almeno oggi.” 

Daniel sospirò, guardando il fratello minore con aria quasi esasperata mentre i genitori dei due discutevano, in un angolo della stanza.
Louis si strinse nelle spalle, non curandosi troppo delle parole del fratello maggiore: capiva il suo punto di vista, ma aveva litigato con i genitori per anni... sarebbe stato ipocrita mettersi a giocare alla famiglia unita e felice, anche se lui stava per andarsene per sempre. 


Daniel capì che non sarebbe riuscito a convincerlo in ogni caso e annuì quasi con rassegnazione:

“D'accordo, come vuoi... ma ti vogliono bene Lou, anche se ti rifiuti di riconoscerlo... e anche io. Mi mancherai, piccoletto.” 

Daniel sorrise quasi amaramente, avvicinandosi al ragazzino e abbracciandolo. Per una volta Louis non si ritrasse, ricambiando la stretta e cercando un modo per ricambiare le sue parole... non era mai stato un tipo molto affettuoso, anche se si trattava della sua famiglia.


“Anche io ti voglio bene Dan... cerca di non fare il figlio perfetto per sempre, però.”

“D'accordo, ci proverò... ma ora vai a salutare mamma e papà, te lo ordino.” 


“Io non mi faccio dare ordini da nessuno, specialmente dal mio perfettino fratello maggiore!” 

“Allora prendilo come l'ultimo favore che mi farai, Lou... per favore, vai dalla mamma e abbracciala, stanotte la sentirò piangere tutta la notte e voglio vedervi andare d'accordo almeno per una volta.” 

Louis indugiò ma poi si arrese, annuendo con fare arrendevole prima di avvicinarsi ai genitori, che si zittirono di colpo al vederselo andare incontro.
Senza dire nulla il ragazzino si avvicinò alla madre, che quasi ammutolì quando il figlio più piccolo l'abbracciò: quando era successo l'ultima volta? Forse troppo tempo prima.

La donna ricambio la stretta quasi commuovendosi mentre Daniel sorrideva, assistendo alla scena con sincero sollievo: forse ci aveva messo troppo, ma ce l'aveva fatta... peccato che quell’abbraccio fosse arrivato propio con gli Hunger Games. 


                                                                          *


“Mi dispiace che tuo padre non possa essere qui.” 

“A me no... forse è meglio così, sarebbe stato insopportabile doverlo salutare così.” 

Rubinia sospirò, cercando di non pensare al padre che era ancora in prigione... probabilmente in quel momento si stava disperando, implorando affinché gli venisse permesso di vedere la figlia... ma la ragazza forse preferiva così, non vedendolo. 

Sciolse l’abbraccio della madre, rivolgendole un debole sorriso nel vano tentativo di tirarla su di morale:

“Non fare quella faccia... farò di tutto per tornare a casa, ti renderò fiera di me, te lo prometto.” 

"Non devi vincere per rendermi fiera, Rubinia... devi tornare perché non voglio perdere mia figlia, come un mucchio di altre povere donne.” 

La donna sospirò, guardando sua figlia come se non la capisse: non capiva perché era quasi entusiasta di andare nell’Arena, perché fosse così determinata a dimostrare qualcosa a tutta Panem... le voleva solo che la sua unica figlia tornasse da lei, non sopportava l'idea di restare sola con il marito in prigione.


“Quello che stanno facendo non è giusto, avrebbero dovuto far partecipare solo i figli dei politici più influenti... ma è andata così e rimuginare non serve. Credo sia meglio iniziare con la consapevolezza di quello che accadrà, mi hai insegnato tu a non piangermi addosso e non ho intenzione di iniziare a farlo proprio ora.” 

La donna annuì, sorridendo alle sue parole e accarezzando i capelli rossi della figlia, guardandola con sincero affetto:

“Ti adoro Ruby... sei molto più forte di me, fortunatamente. Ti voglio bene, e anche tuo padre.” 

“Lo so... credimi, lo so.” 


Sorrise, cercando di non pensare a suo padre mentre la madre l’abbracciava. Il tempo che avevano per salutarsi ormai stava per finire, ma la ragazza non aveva rimpianti: erano passati a salutarla anche alcuni suoi compagni di scuola, cosa che l'aveva quasi commossa...  era sempre stata una persona benvoluta un po’ da tutti, ma non si era aspettata di vederli. 

Quando se n'erano andati, tra le lacrime, Rubinia era rimasta sola con sua madre... e con suo sommo sollievo la donna non aveva pianto: sarebbe stato molto più difficile trattenersi, vedendo la madre in lacrime. 


Le due si staccarono e Rubinia le sorrise debolmente, mentre una guardia le faceva cenno di seguirlo fuori dalla stanza.

“Devo andare... fai il tifo per me, mi raccomando.”

“Sono sempre stata la tua più grande spalla Ruby... sono tua madre, è così che deve essere. Spero davvero che, un giorno, capirai quello che si prova.” 


                                                                    *


Quando la porta si fu chiusa alle sue spalle Tonya sospirò, incamminandosi dietro alla guardia. Martin, il suo ragazzo, non era andato a salutarla... la cosa non l'aveva stupita più di tanto e non ci era rimasta poi male, visto che sarebbe stato molto più strano il contrario.

Salutare sua zia, quello sì che era stato difficile.

Suo padre non aveva mai voluto conoscerla e, quando aveva perso anche sua madre, ed stata cresciuta ed adottata dalla prozia, che le aveva trasmesso più affetto di chiunque altro avesse mai incontrato. 

Sua zia Christa ormai era abbastanza anziana e le piangeva il cuore diversa lasciare... l'aveva accudita per otto anni e ora che era invecchiata avrebbe voluto ricambiarle il favore... purtroppo però, forse non ne avrebbe avuto la possibilità. 

Mentre camminava lungo il corridoio Tonya vide un ragazzo uscire da una stanza, un ragazzo che aveva di certo già visto.
Non era certa di ricordare correttamente come si chiamasse, visto che negli ultimi tempi l'aveva visto molto di rado... ma Kalem Schweinson era molto difficile da dimenticare: i suoi capelli e la carnagione chiarissimi erano una specie di firma.

Kalem la vide e le sorrise, facendole gelare il sangue nelle vene: era sempre stat molto insicura, tanto ad attaccarsi a chiunque fosse disposto ad accettarla... ma non era certa che sarebbe riuscita a farlo con un ragazzo del genere, tanto bello quanto intimidatorio.

Aveva sentito un mucchio di storie su di lui a scuola... voci che erano solo aumentate quando Kalem aveva abbandonato gli studi, comparendo solo durante qualche festa in pompa magna. 

Tonya non ricambio il sorriso, affrettandosi a spostare lo sguardo e affrettando anche il passo, desiderando improvvisamente di stare il più possibile alla larga da lui: non aveva mai creduto alle storie sul suo conto, ma non moriva comunque dalla voglia di farci una chiacchierata... il sorriso di quel ragazzo era semplicemente raggelante, tutto fuorché rassicurante. 

Probabilmente avrebbe avuto modo di conoscerlo meglio nei giorni seguenti, prima di entrare nell’Arena e nel cuore dei Giochi...

Non era sicura se la cosa le facesse piacere o meno. 


                                                                                 *


Uscendo dalla stanza Sean sospirò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli color grano prima di incamminarsi nel corridoio, cercando di non pensare alle lacrime della sua sorellina di 8 anni.
Gli dispiaceva immensamente per lei, in effetti... Fabian, di soli sei anni, era morto pochi mesi prima grazie alle mine lanciate dalla Coin, e ora la bambina di sarebbe trovata anche senza il fratello più grande, oltre che senza padre visto che era morto durante la rivolta. 

Sapeva che avrebbe fatto di tutto pur di tornare a casa, non sopportando che la sorellina stesse da sola... i suoi vicini di casa si erano offerti di badare a lei, promettendo che si sarebbero presi cura di Emma. Sean non aveva alcun dubbio su quella promessa, ma voleva comunque tornare per riabbracciarla.

Mentre percorreva il lungo, quasi infinito corridoio una delle numerose porte si aprì è una ragazza che doveva avere circa la sua stessa età fece la sua comparsa, rivolgendogli un debole, quasi timido sorriso prima di imitarlo e avviarsi verso l'uscita del Palazzo di Giustizia. 

La riconobbe come una delle prime ragazze ad essere state estratte, ma non era sicuro al 100% sul suo nome: gli sembrava si chiamasse Astrid, ma non ci avrebbe scommesso.

In genere era sempre molto attento anche ai minimi dettagli, ma durante la Mietitura il suo cervello era andato in una specie di cortocircuito... aveva avuto la testa per aria per tutta l'estrazione delle ragazze, cercando sua sorella con lo sguardo mentre pensava a cosa le sarebbe successo se fosse stato estratto. 

Fortunatamente Emma non aveva l'età per essere tra i possibili Tributi... fortunatamente avevano deciso di attenersi alle classiche regole dei Giochi, estraendo solo ragazzi dai 12 ai 18 anni. 


E almeno quella era l'ultima edizione dei Giochi, quindi avrebbe potuto passare a miglior vita senza doversi preoccupare per la vita di sua sorella. 

Nessuno dei due parlò per quasi tutto il tragitto e Sean si chiese se anche lei stesse pensando alla sua famiglia, magari ai fratellini che anche Astrid aveva dovuto lasciare.

Tuttavia era sempre stato riservato, troppo per mettersi a fare domande ad una perfetta estranea, specialmente in un momento delicato come quello... stranamente, fu lei a rompere il silenzio, voltandosi verso di lui prima di tendergli la mano:

“Ciao... io sono Astrid.” 

“Sean.” 

Il ragazzo abbassò lo sguardo sulla piccola e pallida mano della ragazza mentre la stringeva tra la sua, in netto contrasto poiché molto più grande e abbronzata.

Lei gli sorrise debolmente, senza aggiungere altro mentre un pensiero si faceva velocemente strada nella testa di Sean: ovviamente voleva tornare a Capitol e ci avrebbe provato... ma già sentiva che sarebbe stata dura mettersi ad uccidere un gruppo di suoi coetanei, specialmente se si sarebbero presentati sorridendo così innocentemente.

                             
                                                                            *


Erica aveva una famiglia abbastanza numerosa, ma non andava particolarmente d'accordo con alcuni di loro... eppure quel giorno stava abbracciando e salutando tutti, incondizionatamente.
Non aveva mai avuto un bel rapporto con sua madre, giudicandola da sempre troppo apprensiva nei suoi confronti... ma quando la donna si era commossa non aveva potuto fare a mano di abbracciarla.

Aveva sempre avuto un rapporto burrascoso anche con il fratello maggiore Danny, essendo di caratteri completamente opposti... eppure aveva abbracciato anche lui che le aveva persino detto di volerle bene.

Sembrava che i Giochi portassero le famiglie ad essere più unite del solito, a quanto pareva. 

Persino suo padre, che benché adorasse la figlia era sempre stato poco affettuoso, l'aveva stretta in un abbraccio quasi soffocante...

Erica aveva iniziato a chiedersi se non fossero tutti impazziti, ma poi si era concentrata sulla sua adorata sorellina Sidney, dimenticandosi delle stranezze di genitori e fratello maggiore. 

“Mi mancherai piccola... ricordati che ti voglio bene.”  Sidney spesso si lamentava che la sorella fosse, a volte, troppo protettiva nei suoi confronti... ma non si ritrasse neanche di un millimetro da quell’abbraccio, trattenendo a stento i singhiozzi. 
Erica si era ripromessa di non piangere, di non commuoversi nemmeno davanti alla sua stessa famiglia... ed era andata davvero molto bene fino ad un certo punto, quando aveva incontrato gli occhi chiari di Adrian, suo fratello gemello.

Quando il ragazzo l'aveva abbracciata Erica non aveva retto e aveva pianto sul serio, alla fine... perché non riusciva nemmeno ad esprimere a parole quanto le sarebbe mancato il gemello, di certo la persona che amava di più e che meglio la capiva. 

Tutti si erano stupiti leggermente nel vederla esporsi tanto, ma la ragazzina non ci aveva badato neanche un po’... non le importava di cosa pensava la sua famiglia o anche l'intera Capitol mentre stringeva suo fratello, chiedendogli di non dimenticarla e ripromettendosi di fare assolutamente di tutto pur di tornare a casa da lui. 


                                                                              *


Cyrus stava seduto su uno dei gradini, insieme a gran parte dei suoi compagni... ad occhio, non potevano che essere rimasti in un paio dentro il Palazzo. 

Aveva salutato la sua famiglia poco prima e già sentiva che gli mancavano... non era certo granché, come inizio.

Nessuno sembrava aver molta voglia di parlare mentre aspettavano e sul gruppo era calato un silenzio generale... gli unici a parlottare tra loro a mezza voce erano i fratelli Bradshaw, anche se cogliere cosa si stessero dicendo era impossibile. 

Cyrus conosceva di vista molti tra gli altri Tributi, visto che un bel numero aveva la sua stessa età... c'era ovviamente Caius Gold e la vivace Brittany Dask, che però quel giorno non sembrava avere molta voglia di sorridere... la bionda Amanda Lace se ne stava in un angolo e in silenzio, probabilmente aspettando che la sua amica comparisse. 


In effetti, Cyrus non era sicuro che avere un caro amico tra gli altri Tributi fosse un bene... da una parte c'era un considerevole supporto morale, ma dall'altra di certo la sofferenza nell'Arena sarebbe aumentata a dismisura. 


Cyrus abbassò lo sguardo, guardandosi i piedi senza sentire la voglia o il bisogno di parlare... era sempre stato piuttosto socievole, ma quello non era decisamente il momento giusto per mettersi a fare conversazione e sembrava che tutti fossero della sua stessa idea. 

Meno di un minuto dopo sentendo un lieve mormorio generale il ragazzo alzò lo sguardo, provando una sensazione di sollievo nel vedere Astrid Walsh e un ragazzo di cui non ricordava il nome uscire dal Palazzo, avvicinandosi al gruppo.

Non che morisse dalla voglia di recarsi al Centro Immagine per dare ufficialmente inizio alla fase iniziale degli Hunger Games... ma quell’attesa era stata decisamente estenuante, passata ad immaginare di tutto e più riguardo a cosa sarebbe successo una volta nell’Arena. 

E mentre Cyrus si alzava per seguire i compagni e le guardie della Paylor sulla navetta che li avrebbe portati al Centro Immagine, ebbe la spiacevole sensazione che tutto quello che aveva immaginato non sarebbe stato neanche lontanamente brutto come la realtà che lo aspettava. 













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Angolo Autrice:


Buonasera! Per prima cosa mi scuso per gli errori che di certo abbonderanno, ma sono davvero presa con le bombe e non ho avuto tempo di rileggerlo volendo pubblicarlo questa sera... 
Scusate se non mi dilungo oltre ma ho un altro capitolo da finire, quindi vi saluto e vi auguro un buon inizio settimana... grazie mille per le recensioni che avete lasciato allo scorso capitolo, spero di aggiornare presto! 


Signorina Granger 







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Capitolo 5
*** Cerimonia di Apertura (Parte I) ***


Capitolo 3: Cerimonia di Apertura (Parte I)

 

Il Centro Immagine era famoso in tutta Capitol City e non c’era un solo Capitolino che non sapesse dove fosse, o che non l’avesse mai visto dall’esterno.    Non erano però molti gli abitanti della grandissima città ad esserci mai entrarti: Stilisti, interi staff di Preparatori, Mentori e Tributi affollavano l’edificio per un solo periodo all’anno… e quei giorni erano arrivati per la 76esima volta.

 

“Ovviamente quest’anno le cose andranno diversamente… Non ci sono Distretti in gioco e ovviamente, nessun Mentore a vostra disposizione… Gli unici vintori in vita sono coloro che vi hanno condannato a tutto questo, perciò suppongo che non sia una sorpresa che nessuno di loro abbia voluto offrirsi di aiutarvi. Tutti voi però avete assistito ai Giochi per tutta la vita, quindi siamo del parere che sappiate già come andranno le cose: questa sera ci sarà la Cerimonia di Apertura, quando sfilerete davanti a tutti gli occhi di Panem… e da domani inizieranno i quattro giorni di Addestramento, al termine dei quali ci sarà la Prova di Valutazione come ogni anno.  Siete tutti cresciuti qui quindi dubito che i preparatori avranno molto lavoro da fare su di voi al Centro Immagine, ma prima di incontrare gli Stilisti dovete comunque farci un giro.”

 

Nessuno osò fiatare mentre la navetta si fermava sul ciglio della strada, accostando accanto al marciapiede proprio davanti alla grande struttura moderna dalle grandi finestre in vetro e le pareti grigie e lucide.

 

Raymond Houston, uno dei tiratori scelti della Paylor che la donna aveva mandato a “scortare” i Tributi fino al Centro Immagine fece vagare gli occhi nerissimi sui 20 adolescenti come ad assicurarsi che nessuno avrebbe detto nulla prima di aprire lo sportello della vettura con un gesto secco.

 

“Coraggio ragazzi, andiamo… ci stanno aspettando un bel po’ di persone, lì dentro.”

 

Raymond invitò con un cenno i ragazzi a scendere e tutti, chi più velocemente e chi meno, obbedirono, scendendo silenziosamente dalla navetta blu notte e fermandosi sul marciapiede.

 

Guardandosi intorno David ebbe quasi la tentazione di darsela a gambe… ma di certo c’erano un mucchio di occhi puntati su di loro, dalle finestre dei grattacieli che li circondavano o anche da dietro ogni angolo della strada.

Lanciando un’occhiata a Wilhelm, che teneva un braccio intorno alle spalle di sua sorella mentre si guardava intorno con attenzione, seppe che anche il ragazzo stava pensando la medesima cosa… ma anche lui aveva abbastanza buonsenso da sapere che non sarebbero riusciti a percorrere nemmeno metà della via, anche se da quando c’era la Paylor al comando la violenza che aveva caratterizzato Panem per anni era considerevolmente diminuita.

 

Seguendo Raymond tutti e 20 i Tributi si affrettarono ad avvicinarsi all’enorme cancello di ferro scuro che segnava l’ingresso al Centro Immagine, che si aprì non appena furono a pochi passi di stanza.

 

“Secondo te ci stanno guardando?”

 

“Mi stupirebbe il contrario, onestamente…”         Aaron inarcò un sopracciglio, guardandosi intorno con attenzione mentre camminava a fianco del fratello.  Non vedeva telecamere, a parte le due collegate ai lati della porta d’ingresso in vetro infrangibile del Centro Immagine… ma di sicuro li stavano osservando anche dai grattacieli che li circondavano.

 

Dietro di loro Amanda camminava accanto ad Astrid, guardandosi intorno con lo stomaco contorto in una morsa dolorosa: era già stata in quel posto ben più di una volta… i suoi genitori avevano lavorato a tutte le Edizioni degli ultimi 15 anni e lei fin da bambina aveva accompagnato sua madre, attirando sorrisi, attenzioni e coccole dai suoi colleghi e da interi Staff di Preparatori, osservando con ammirazione i disegni e il laboratorio della madre.

 

Triste pensare che stava tornando lì per l’ultima volta… sapeva che sua madre avrebbe lavorato anche quell’anno ai Giochi come suo padre, ma di certo Plutarch avrebbe fatto in modo che nessuno di loro fosse il suo Stilista.

 

“So a cosa stai pensando… Mi dispiace, spero che potrai almeno vederli di tanto in tanto.”  Il sussurro di Astrid la fece deglutire, annuendo con un debole cenno del capo: in realtà non sapeva nemmeno se voleva davvero incontrare di nuovo i suoi genitori… sotto una certa luce era quasi felice che nessuno dei due avrebbe creato il suo abito per la Sfilata o per l’Intervista.

 

“Sai come ci divideranno? Questa volta non ci sono Distretti…”

 

“Non hanno avuto tempo e modo di ristrutturare gli alloggi con la guerra civile… ci sistemeranno a coppie come hanno sempre fatto e due di noi avranno lo stesso Stilista, ma non so come ci divideranno.”

 

Le parole di Amanda fecero sorridere debolmente l’amica, che le strinse delicatamente la mano rivolgendole un debole sorriso, come a volerle dire che sperava di avere il suo stesso alloggio per quei pochi giorni che precedevano il loro ingresso nell’Arena.

 

Ovviamente, lo sperava anche Amanda… forse stando insieme quei giorni sarebbero stati più sopportabili.

 

                                                                            *

 

“Sei praticamente l’unico che abbiamo dovuto sistemare per bene… Mi spieghi dove hai vissuto fino ad oggi?”

 

“Qua e là.”     David si strinse nelle spalle prima di gemere sommessamente mentre Lucinda, una delle estetiste sopravvissute indenni alla guerra civile che affollavano il Centro Immagine, gli sistemava le sopracciglia armata di una pinzetta rosa pastello che in pochi minuti era diventata al peggior nemica del ragazzino.

 

“Un vero peccato, sei un bel ragazzino…”

 

“Non sono un ragazzino, sono più maturo di molti tra quegli idioti, senza cervello e viziati che stanno fuori da questa stanza.”

 

“Nervosetto, eh? D’accordo scusa, non ti chiamerò più ragazzino…”

 

David tenne gli occhi chiusi ma sentì la giovane donna ridacchiare, facendolo rilassare leggermente: Lucinda se non altro trasmetteva tranquillità, con un sorriso gentile e vivaci occhi scuri non esageratamente truccati.

 

“Finito, pupi tornare a respirare. Ora sei molto più carino David.”   David riaprì gli occhi, vedendo la donna sorridergli mentre si alzava a sedere sul lettino dove gli aveva detto di stendersi dieci minuti prima.

 

“Sembri più giovane degli altri… sei qui da molto?”

 

“No, questo è il mio primo e ultimo anno ai Giochi… un po’ mi spiace, quello è il sogno di ogni truccatore… Ma mi dispiace per voi, non vi meritate quello che vi hanno fatto.”

 

Lucinda gli rivolse un’occhiata sinceramente dispiaciuta mentre rimetteva in un cassetto le “pinzette infernali”, facendo sbuffare debolmente il ragazzino:

 

“Non credo che nemmeno i Tributi degli anni passati se lo meritassero, in realtà.”

 

                                                                             *

 

Silver, avvolta in un morbido accappatoio bianco, avanzò quasi timidamente nella stanza dalle pareti lucide e bianche che quasi si confondevano con il pavimento immacolato.  Raggiunse il divano color cremisi e ci si sedette su un angolo, sentendo poco dopo la porta scorrevole aprirsi. Non si voltò ma si chiese chi fosse appena entrato, curiosa di sapere con chi avrebbe condiviso Stilista ma soprattutto appartamento per i giorni seguenti… Raymond aveva detto che erano stati divisi in base a coppie dello stesso sesso, quindi si trattava di sicuro di una ragazza. Un po’ le dispiaceva, le sarebbe piaciuto stare di più con suo fratello… Wilhelm doveva aver pensato lo stesso perché le aveva lanciato un’occhiata malinconica, ma nessuno aveva osato protestare.

 

Una figura a piedi nudi e avvolta in un accappatoio uguale al suo si avvicinò, sedendosi accanto a lei prima di tenderle la mano:

 

“Ciao… Sei Silver, vero?”

 

“Carly.”    La ragazzina annuì, stringendo la mano che la compagna le tendeva: si somigliavano abbastanza in effetti, entrambe bionde con occhi azzurri e la carnagione chiara… Erica annuì, appuntandosi mentalmente di chiamarla con il secondo nome che la ragazzina aveva sempre preferito fin da piccola.

 

“Me lo ricorderò. Io sono Erica, comunque… Posso chiederti quanti anni hai?”

 

“13. Tu?”

 

“14. Forse ci hanno diviso in base all’età…”

 

La bionda si strinse nelle spalle, giocherellando distrattamente con la cintura dell’accappatoio mentre aspettavano l’arrivo del loro Stilista, in attesa di prepararsi per la Sfilata dopo aver fatto una doccia.

 

“Non è da escludere.”

 

La porta scorrevole si aprì di nuovo ma questa volta Carly si voltò con curiosità, imitata dalla sua compagna di sventura: nella stanza quadrata era appena entrata una donna sorridente, vestita di un azzurro Tiffany polvere e con vaporosi capelli color grano:

 

“Salve ragazze! Io mi chiamo Zelda… Silver ed Erica, giusto?”

 

“Carly…”   La ragazzina si chiese quante altre volte avrebbe dovuto correggere le persone che l’avrebbero circondata nei suoi ultimi giorni di vita ma la Stilista non sembrò offendersi dalla sua puntualizzazione, sorridendole mentre prendeva posto nella poltrona davanti al divano, accavallando le gambe mentre appoggiava sul tavolino in vetro una cartellina blu.

 

“Scusami, Carly. Ci hanno fatto iniziare a disegnare abiti già da un paio di settimane, dicendoci solo se avremmo dovuto occuparsi di ragazzi o ragazze… e sembra che a me abbiano affidato le “piccoline” dello show. Ma non preoccupatevi ragazze, nelle mie mani brillerete lo stesso. Ditemi che ne pensate.”

 

Zelda sorrise, strizzando l’occhio alle due mentre apriva la cartellina con un gesto secco, mostrando un paio di disegni.  Su uno c’era scarabocchiato “Silver” con una calligrafia elegante e piena di ghirigori, così la biondina lo prese, osservandolo quasi con ammirazione:

 

“E’ bellissimo…”

 

“Grazie, sono felice che ti piaccia… Tu che ne pensi Erica? Ho ancora tempo di fare qualche modifica, basta che me lo diciate.”

 

Erica però sorrise appena, alzando lo sguardo dal disegno al volto della donna:

 

“No, va benissimo… è il mio colore preferito, il rosso.”

 

“Allora forse dovevo fare l’indovina, non la Stilista. Visto che non avete obiezioni possiamo iniziare a farvi belle… seguitemi, non abbiamo molto tempo.”

 

Zelda si alzò, recuperando i disegni destinati alla Sfilata – sia Carly che Eruca ne avevano intravisti altri, di certo per le Interviste - prima di guidare le due fuori dalla stanza, lungo un corridoio illuminato e decisamente affollato: truccatori e Stilisti continuavano a fare avanti e indietro mentre preparavano i Tributi che gli erano stati assegnati solo un paio d’ore prima.

 

                                                                            *

 

“Beh, questi silenzi non mi piacciono… che cosa ne pensate?”

 

Nonostante tutto Africa sfoggiò un sorriso sincero, rimirando la sua immagine riflessa nello specchio: per evitare che i suoi capelli rosa facessero a botte con tutto il resto Sylvian le aveva fatto indossare un abito bianco piuttosto semplice, senza spalline e a Stile Impero, con il corpetto delimitato da due file di diamanti.

Le avevano legato elegantemente i capelli e la ragazza, che da sempre amava moltissimo la moda, non poteva che osservare con soddisfazione il risultato della preparazione:

 

“E’ molto bello… Mi piace molto.”    Africa si voltò verso il suo Stilista, rivolgendogli uno dei suoi rari sorrisi colmi di gratitudine: era sempre stata abituata ad avere tutto ciò che voleva, e di certo se avesse visto quel vestito in una qualche vetrina se ne sarebbe innamorata subito.

 

“Mi fa piacere. April?

 

“Non sono tipo da abiti come questi… però sono contenta che non sia troppo appariscente, non fanno per me cose di quel genere.”

 

April si strinse nelle spalle, sfiorandosi i capelli acconciati in una treccia a spina di pesce che le ricadeva su una spalla mentre stava in piedi davanti ad uno specchio, esattamente come Africa.

Di certo sarebbero state impossibili da non notare quando avrebbero sfilato sui carri, con entrambi i capelli tinti di colori accesi… Inoltre April indossava un lungo abito nero dalla gonna abbastanza attillata, in netta contrapposizione con il vestito di Africa così candido che sembrava quasi brillare.

 

“Ti ho visto alla Mietitura… ti vesti sempre di scuro?”

 

“Si, sempre.”

 

“Allora ho fatto una buona scelta… Ma ora venite con me ragazze, devo portarvi di sotto per raggiungere gli altri.”

 

Sylvian allungò una mano verso April, aiutandola a scendere dalla pedana senza ruzzolare sul pavimento a causa dei tracchi. Africa invece saltò giù con gran disinvoltura, come se fosse perfettamente abituata ad indossare quel genere di vestiti.

 

Forse non sarebbe mai diventata una Stilista… ma per lo meno aveva l’occasione di concludere in bellezza, indossando abiti semplicemente favolosi.

 

                                                                                 *

 

“Faye… Puoi tirarmi su la zip, per favore?”

 

“Certo, non preoccuparti.”   Faye sorrise, cercando di tranquillizzare Tonya che invece sembrava un fascio di nervi mentre stavano per scendere al piano interrato della struttura per sfilare davanti a tutta Panem fino al Centro di Addestramento.

 

Le due erano già state truccate e pettinate dalle mani esperte dei loro preparatori e a breve avrebbero dovuto sfilare davanti a tutta Panem, visione che non contribuiva affatto a rendere Tonya più tranquilla.

 

In effetti nemmeno Faye moriva dalla voglia di essere sotto gli occhi di milioni di persone, ma il bellissimo vestito che indossava e che le piaceva moltissimo l’aiutava a non pensarci e a distrarsi in qualche modo: era senza spalline e composto da un tubino color avorio lungo fin sopra le ginocchia ma da sotto il corpetto plissettato si apriva una specie di strascico di una tonalità appena più scura della gonna sottostante.

I capelli erano come sempre mossi e tenuti sciolti, mentre quelli scuri di Tonya erano stati acconciati e raccolti.

 

Faye tirò su la cerniera del vestito rosa antico con la gonna in chiffon della compagna, che le rivolse un sorriso carico di gratitudine mentre si voltava di nuovo verso di lei:

 

“Grazie. Sono felice che ci abbiano messe insieme, a volte Africa mi mette a disagio.”

 

“Diciamo pure che non è la persona più loquace che esista… Ma non dovresti lasciare che le persone ti trattino male Tonya, sono certa di non essere la prima a dirtelo.”

 

La ragazza rivolse alla coetanea uno sguardo quasi esasperato, quasi a chiederle perché lasciasse che il mondo intero la sfruttasse a suo piacimento. Sapeva che era stata abbandonata da entrambi i genitori e che la cosa doveva di certo averla segnata, ma non era nemmeno giusto sprecare la proprio vita per compiacere gli altri e attaccarsi a chiunque solo per paura di restare soli.

 

Tonya però non disse nulla, abbassando lo sguardo come se non volesse affrontare l’argomento: era consapevole di cosa pensassero tutti, non era certo stupida… ma si era sempre detta di non farci troppo caso, non riuscendo a cambiare il suo atteggiamento.

 

“No, non lo sei… Ma grazie per essere sempre gentile con me Faye, se ci fossero più persone come te Capitol sarebbe un posto migliore… e forse non ci sarebbero stati 75 anni di massacri.”

 

Tonya abbozzò un sorriso e Faye non riuscì a non ricambiare, guardandola quasi con tenerezza:

 

“Grazie… E’ un bel complimento. Su, ora però andiamo… altrimenti Africa Garrett si auto-proclamerà la più bella della serata mentre noi stiamo qui a chiacchierare.”

 

Prendendo la coetanea, nonché compagna di scuola, sottobraccio la quindicenne si avvicinò alla porta, camminando con la massima velocità che i tacchi concedevano ad entrambe.

 

“Ok, ma andiamo con calma… non voglio cadere e smaltarmi la faccia sul pavimento, preferisco arrivare viva e intera almeno all’Arena!”

 

                                                                                         *

 

Brittany si sfiorò con le dita i lunghi ricci scuri che le ricadeva morbidi e lucenti sulle spalle, lasciate nude dal vestito dalla gonna grigio scuro in chiffon e il corpetto ricoperto da del pizzo blu.

 

“Puoi stare tranquilla, se ti stai chiedendo quello… ti sta molto bene quel vestito.”  

 

La ragazza si voltò, rivolgendo a Rubinia un sorriso incerto come a volerla ringraziare, anche se non era poi tanto sicura delle parole della compagna:

 

“Ti ringrazio… Anche tu sei molto bella.”

 

La rossa si strinse nelle spalle, accarezzandosi con la punta delle dita i lunghi capelli lisci lasciati sciolti sulle spalle, messi in risalto dalla lunga tunica nera che indossava decorata con delle fiamme che sembravano quasi far prendere letteralmente fuoco anche i suoi capelli.

 

“Grazie… Mi ricorda molto “la ragazza in fiamme”.”

 

“Beh, forse non è un brutto segno… Katniss ha vinto la sua edizione dopotutto.”

 

“E’ vero, ma ha anche scatenato una guerra civile che ci ha portato a questa situazione… e ha anche votato a favore di questi Giochi, quindi in effetti è grazie a lei se siamo qui.”

 

Le parole di Rubinia, non sprezzanti ma apatice, come se verso la Ghiandaia Imitatrice provasse solo un freddo distacco, fecero riflettere Brittany per tutto il tragitto verso gli ascensori, dove incontrarono anche Astrid e Amanda perfettamente agghindate.

 

Un tempo aveva provato sincera ammirazione verso Katniss Everdeen… ma Rubinia aveva ragione dopotutto: lei aveva votato per far sì che quell’ultima edizione venisse organizzata suol serio e di certo il suo era stato un voto decisivo, vista l’influenza che aveva.

 

Tuttavia il flusso di pensieri della ragazza venne interrotto dalle due ragazze che incontrarono davanti agli ascensore, due volti noti agli occhi di Brittany: non conosceva benissimo Amanda e Astrid, ma avevano ka stessa età e anche se non erano mai state nella stessa classe si erano incrociate nei corridoi o alle riunioni innumerevoli volte.

 

“Ciao… Io sono Astrid, lei è Amanda. Ciao Brittany, bel vestito.”    Ast6rid rivolse alla ragazza un sorriso che venne ricambiato debolmente, ma la mora non proferì parole mentre entrava nella cabina metallica insieme a Rubinia e alle altre due: era sempre stata leggermente introversa e non parlava molto… solo quando faceva amicizia riusciva ad aprirsi sul serio e le ci voleva sempre un po’.

 

Rubinia invece non sembrava avere quel genere di problemi e sorrise di rimando ad Astrid ed Amanda, presentandosi a sua volta senza alcuna esitazione e facendo di rimando dei complimenti ad entrambe, che erano effettivamente molto belle quella sera.

 

“Grazie, anche i vostri sono bellissimi… li ha disegnati mia madre, in effetti.”

 

Il tono di Amanda non nascose una nota di amarezza che Astrid colse, rivolgendo all’amica un’occhiata eloquente mentre l’ascensore si muoveva velocemente verso il basso.

Brittany si guardò e si appuntò mentalmente di ringraziare la madre di Amanda per il vestito che aveva confezionato… sapeva che era una Stilista, ma non aveva pensato all’eventualità che potesse essere assegnata proprio a lei.

 

“Beh, allora è molto brava.”

 

Probabilmente in un’altra situazione Rubinia avrebbe sorriso, dicendo qualcosa sul fatto che di sicuro Amanda avesse sempre avuto abiti bellissimi da indossare… ma erano chiuse in una cabina di metallo per sfilare alla famigerata Cerimonia di Apertura degli Hunger Games, e nessuno sembrava avere molta voglia di chiacchierare su come avessero vissuto solo fino al, giorno prima, quando non erano i Tributi dell’ultima edizione dei Giochi ma delle normalissime ragazze di Capitol.

 

Quando, poco dopo, le porte metalliche dell’ascensore si aprirono le quattro si ritrovarono nel piano interrato del Centro Immagine, che somigliava ad una grande galleria di garage chiusi dalla porta a doppio battente che li separava dalla folla.

 

Intorno a loro c’erano Stilisti che andavano avanti e indietro per dare qualche consiglio o un’ultima sistematina ai capelli ai Tributi e alcuni giornalisti che si portavano dietro frotte di cameramen che avevano il compito di non farsi sfuggire neanche un singolo dettaglio della serata.

 

“Immagino che ci faranno disporre sui carri in base agli alloggi, no?”

 

Amanda inarcò un sopracciglio e Astrid si strinse nelle spalle, sostenendo che per esserne sicure dovevano chiedere agli altri o a qualcuno degli Stilisti.

 

“In tal caso, sarà meglio cercare il nostro carro… buona fortuna.”   Amanda rivolse un debole sorriso in direzione di Rubinia e Brittany, che ricambiarono prima che le due si allontanassero camminando sui tacchi alti con una sicurezza che fece provare a Brittany una punta d’invidia:

 

“Beate voi, ci siete di sicuro più abituate di me…”

 

Il borbottio quasi cupo della ragazza attirò la curiosità di Rubinia, che la guardò inarcando un sopracciglio con aria sorpresa:

 

“Mai preso parte ai famosi party di Capitol in pompa magna?”

 

“No… negli orfanotrofi non facciamo queste cose, neanche nella città del lusso più ostentato.”

 

Brittany si strinse nelle spalle, cogliendo la sorpresa che le sue parole avevano scaturito nella compagna che non replicò, probabilmente maledicendo invece la sua incapacità di tenere la bocca chiusa.

 

Nessuna delle due si fermò a chiacchierare o fare domande l’una all’altra, impegnate a cercare il loro carro mentre zigzavano tra gli altri Tributi e i loro Stilisti, tutti tirati a lucido come se stessero andando ad una delle tante feste di Capitol: i ragazzi pettinati e con addosso completi di vari colori lucidi o opachi a seconda del tessuto, le ragazze fasciate in bellissimi ed eleganti abiti da sera.

 

“In genere nella Sfilata rispecchiava i vari Distretti… immagino che quest’anno noi rappresentiamo il lusso di Capitol.”   Brittany annuì alle parole di Rubinia mentre si avvicinavano, finalmente, al loro carro, indicato alle due dallo Stilista di Africa e April, Sylvian. 

 

Brittany alzò una mano per accarezzare il pelo grigio del Dapple May Grey che avrebbe trainato il loro carro, sperando vivamente che l’animale fosse più tranquillo di quanto non lo fosse lei, perché in caso contrario probabilmente lei e Rubinia si sarebbero ritrovate alle prese con un cavallo molto irrequieto che le avrebbe fatte cadere dal carro.

 

I 10 mezzi di trasporto erano stati perfettamente allineati uno dietro l’altro, pronti a trasportare come ogni anno due dei “fortunati” prescelti per i Giochi. Tra i primi Brittany riconobbe ilo ragazzino con cui aveva scambiato qualche parola solo poche ore prima e quasi si dispiacque per David: a lei non sarebbe piaciuto affatto essere la prima a dover uscire e finire sotto gli occhi di tutti…

 

Mentre saliva sul carro Rubinia afferrò la ringhiera scura, pregando mentalmente di non scivolare e che il cavallo non sarebbe andato troppo veloce… La rossa si chiese se quell’anno i Capitolini avrebbero urlato e acclamato i Tributi come avevano sempre fatto: di certo tutta la città non aveva preso bene la scelta di fare un’ultima edizione con i ragazzi della capitale, anche se probabilmente c’era qualcuno che trovava la cosa divertente e che avrebbe comunque guardato con gioia anche quell’edizione.

 

“Ci siamo, immagino…”

 

“Si Rubinia, temo proprio che stiamo per entrare nel vivo dei Giochi… Possa la fortuna essere a nostro favore.”

 

 

  

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Angolo Autrice:

Buonasera! Mi spiace di aver dovuto dividere il capitolo in due parti ma altrimenti sarebbe venuto davvero troppo lungo e avrei fatto un gran pasticcio gestendo tutti e 20 gli OC insieme, quindi nel prossimo mi concentrerò di più sui ragazzi. 

Inserirò le immagini dei vestiti delle ragazze alla fine del prossimo capitolo, grazie a chi mi ha inviato le informazioni e a chi ha recensito lo scorso capitolo :)

A presto, spero!

Signorina Granger

 

 

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Capitolo 6
*** Cerimonia di Apertura (Parte II) ***


Capitolo 3: Cerimonia di Apertura (Parte II)

 

“Ciao… Sono Cyrus.”

 

Julian alzò lo sguardo, trovandosi davanti un ragazzo dai capelli scuri che gli stava porgendo la mano, sorridendogli affabilmente. Senza esitare la strinse, sforzandosi di ricambiare il sorriso mentre Cyrus sedeva accanto a lui, sul divanetto di pelle.

 

“Julian.”        Non si era aspettato alcuna presentazione cordiale in effetti, sicuro che tutti sarebbero stati troppo occupati ad auto-commiserarsi e chiedersi come sarebbero sopravvissuti all’Arena… il suo compagno di alloggio temporaneo invece non sembrava esageratamente preoccupato, come se stessero andando in campeggio invece che al patibolo.

 

“Secondo te ci metteranno molto? Non vedo l’ora che questa serata finisca… conoscendomi sarei capacissimo di rotolare giù dal carro e fare una bella figuraccia già dalla prima sera.”

 

Cyrus incrociò le braccia al petto, sbuffando debolmente e lanciando alla porta di vetro scorrevole un’occhiata carica d’impazienza: non gli importava poi molto del vestito che gli avrebbero fatto indossare… sperava solo che quella serata passasse in fretta.

 

“Immagino che Tiberius stia arrivando, o almeno lo spero… come spero di non dover indossare niente di esageratamente ridicolo.”

 

“Hai ragione, dopo la mucca che prendeva fuoco dell’anno scorso, non si sa mai.”

 

Le parole di Cyrus fecero sorridere Julian in un modo spontaneo che gli era nuovo da quando si era svegliato: ricordava benissimo la Sfilata della terza Edizione della Memoria… esattamente come alcuni abiti decisamente ridicoli che l’avevano fatto ridere parecchio, insieme ad Aaron mentre la guardavano comodamente seduti sul divano nel salotto di casa loro.

Nel ricordare quei momenti passati con madre e fratello il sorriso svanì in fretta dal bel volto del ragazzo, cedendo il posto ad un’espressione malinconica che non sfuggì a Cyrus, che gli rivolse un sorriso amaro mentre annuiva con un debole cenno del capo:

 

“Lo so… è dura. Mancheranno anche a me.”

 

Julian aprì la bocca per dire qualcosa ma non ne ebbe il tempo: la porta di vetro si aprì senza fare rumore, permettendo al loro Stilista di entrare con aria allegra:

 

“Scusate il ritardo ragazzi, ho avuto un piccolo diverbio con un collega… ma ora sono tutto vostro, quindi potete provarvi i vestiti così in caso potrò fare le dovute modifiche.”

 

Alle spalle dell’uomo alto e dalla pelle olivastra, nessuno dei due ragazzi seppe dire se era naturale o meno, erano entrate due ragazze di pochi anni più grandi di loro, trascinandosi dietro qualche custodia lucida e scura con la lampo per gli abiti.

 

Mentre si alzavano dal divano Cyrus e Julian si scambiarono un’occhiata quasi dubbiosa: quello era il momento in cui avrebbero scoperto se avrebbero fatto una figuraccia davanti a tutta Panem o meno.

 

                                                                                   *

 

“Ciao… Sean, vero?”

 

Sean si fermò, voltandosi istintivamente verso la fonte della voce. Si trovò davanti ad un ragazzo che aveva l’aria decisamente familiare, che gli rivolse un debole sorriso.

 

Ricordava di averlo già visto prima della Mietitura, forse a scuola… ma ricordava anche che fosse praticamente sparito nel nulla per un nel po’.

 

“Si… Wilhelm?”  Sean inarcò un sopracciglio, parlando con tono leggermente scettico come se sperasse di azzeccare. Il biondo annuì mentre camminava verso di lui lungo il corridoio, sistemandosi il bavero della lucida giacca color crema.

 

“So a cosa stai pensando… non ci vediamo da un po’, negli ultimi anni non sono venuto a scuola.”

 

“Non ti sei perso granché, fidati. Con chi ti hanno sistemato?”

 

“Aaron Bradshaw… tu?”

 

“Kalem. Purtroppo ci hanno sistemati in base all’età, e lui oltre a me è l’unico ad avere 18 anni… che felice coincidenza.”    Sean sbuffò sommessamente, facendo comparire un sorrisetto divertito sul volto di Wilhelm, guardandolo come se lo compatisse:

 

“Non ci ho mai parlato, ma ne ho sentite parecchie su di lui… c’è da chiedersi se sia tutto vero o meno.”

 

“Non lo so, e forse non voglio saperlo… preferisco farmi gli affari miei, anche quando si tratta di pettegolezzi del genere.”

 

Sean si strinse nelle spalle prima di riprendere a percorrere il corridoio insieme a Wilhelm, entrambi diretti agli ascensori per raggiungere gli altri e prepararsi ad iniziare la Sfilata. Wilhelm in effetti sperava di riuscire a salutare David e Carly prima che venissero portati nei loro alloggi al Centro di Addestramento, altrimenti non li avrebbe potuti vedere fino al giorno dopo.

 

Sean se l’era quasi filata dalla sua stanza dopo essersi cambiato, non avendo molta voglia di chiacchierare con l’enigmatico ed eccentrico Kalem Schweinson e indossando in fretta e un po’ di malavoglia il completo blu che gli avevano rifilato: non aveva mai amato molto vestirsi elegantemente… anzi, non gli piaceva in generale stare sotto i riflettori. Non prendeva spesso parte alle feste che pupullavano Capitol City, preferendo passeggiare, salire sul tetto a godersi il panorama o rilassarsi… Sorrise amaramente, pensando a quanto sua madre avesse sempre insistito per vederlo vestito elegante: alla fine era successo davvero, anche se non nella condizione da lei sperata.

 

                                                                                    *

 

“Ehy, piccoletto… eccoti qui.”

 

David ruotò su se stesso, fulminando con lo sguardo Wilhelm Grace. Il ragazzo lo guardava invece con aria divertita, sorridendogli e tenendo le mani sprofondate nelle tasche dei pantaloni chiari:

 

“Piantala una buona volta di chiamarmi così Grace, non ho più otto anni!”

 

“Vero, ma ne hai 12. Sei comunque ancora un piccoletto.”

 

David sbuffò, borbottando qualcosa di incomprensibile mentre si passava una mano tra i capelli scuri, rifiutandosi categoricamente di tenerli belli e ordinati: non lo erano mai stati, e mai lo sarebbero stati per quanto lo riguardava.

 

“Sei strano vestito così, Grace… sembri quasi un’altra persona.”   David inarcò un sopracciglio, studiando l’amico con aria scettica e quasi critica: non l’aveva mai visto vestito bene, in effetti… e solo ora che erano entrambi perfettamente ripuliti si rendeva conto di come avessero passato i precedenti quattro anni.

Il biondo si strinse nelle spalle, parlando quasi con una nota di amarezza nella voce:

 

“Se mi avessi conosciuto prima che mia madre mi sbattesse fuori di casa… beh, mi avresti visto così molto spesso. Tu sembri una sottospecie di bambolotto.”

Un lieve sorriso divertito increspò le labbra di Wilhelm, guadagnandosi un’occhiata truce da parte del giovane David, che gli passò accanto per raggiungere il suo carro con un muso lungo stampato in faccia, borbottando al contempo qualcosa che suonò molto come “guardati allo specchio, Grace”.

 

Ridacchiando Wilhelm girò sui tacchi, imitando il ragazzino che ormai aveva adottato come fratello minore e avvicinandosi al suo carro, al quale Aaron era appoggiato con aria annoiata dopo aver salutato suo fratello minore.

 

“Che gran perdita di tempo… Siamo tutti di Capitol, no? Che cosa mai dovremmo mostrare alla Cerimonia di Apertura?”

 

“Non ne ho idea… forse che nonostante tutto, Capitol mantiene ancora il primato di città più sfarzosa del continente.”

 

Wilhelm fece spallucce come se la situazione non gli facesse né caldo né freddo: non gli importava molto della Sfilata in sé, a preoccuparlo era l’Addestramento… e naturalmente, l’Arena che li attendeva.

Aaron per tutta risposta sbuffò, guardandosi intorno con cipiglio leggermente torvo mentre scrutava i loro compagni-avversari, cercando di riuscire ad inquadrare specialmente i ragazzi: le ragazze erano quasi tutte più piccole di lui e non le reputava un possibile ostacolo… Sembravano tutte piuttosto tranquille e quasi intimorite dalla situazione, eccezion fatta per una ragazza dai lunghi capelli rossi che sembrava avere la sua età o forse anche un anno di più, che si muoveva con gran naturalezza e l’aria rilassata di chi non è affatto in ansia.   

 

Aveva visto milioni di edizioni dei Giochi, sapeva che spesso le persone meno temibili risultavano più letali di altre… ma quella non era un’Edizione come tutte le altre: nessuno di loro era mai stato addestrato in alcun modo, e anche se a differenza degli abitanti di molti Distretti erano sani e perfettamente nutriti, nessuno di loro si sarebbe mai aspettato di finire nell’Arena… ergo, nessuno era allenato, quindi l’arma di cui potevano fare maggiore uso nei Giochi era semplicemente il proprio cervello.

 

Peccato che, tra tutte, la psiche sia l’arma più complessa e difficile da sfruttare.

 

                                                                                 *

 

Avvicinandosi al suo carro, che scoprì con disappunto essere il primo della fila, David raggiunse Louis, il suo futuro compagno di alloggio al Centro di Addestramento.

Il biondo gli rivolse un’occhiata molto poco allegra, come se avrebbe preferito trovarsi in qualunque altro luogo al mondo… In effetti non sembrava molto a suo agio, con i capelli leggermente più ordinasti rispetto al solito e un vestito color carta da zucchero addosso.

 

“Anche tu ti senti una specie di pinguino? Non vedo l’ora di togliermi questo stupido vestito…”

 

David sbuffò, tirandosi il colletto della camicia bianca mentre il compagno annuiva con aria torva, imitandolo e salendo sul carro.

 

“Anche io… questa Sfilata è una stupidaggine, completamente inutile in questa Edizione.”

 

“Probabile… Ma i Vincitori avranno insistito per far fare le cose come si deve.”   Louis sbuffò, maledicendo mentalmente chiunque avesse deciso di metterli per primi della fila… e anche chi aveva inventato quella stupida tradizione della Cerimonia di Apertura, che aveva trovato noiosa persino quando guardava i Giochi in tv.

David probabilmente avrebbe replicato ma si zittì all’improvviso, distratto dalle porte che si stavano aprendo.

Immediatamente le luci e un boato li inondarono e entrambi si resero conto che i Capitolini non sembravano più particolarmente tristi per quell’inaspettata Edizione dei Giochi: il pubblico teneva gli occhi fissi su di loro e a parte le famiglie dei Tributi i Capitolini sembravano essere tornati un po’ quelli di sempre… emozionati all’idea di assistere agli Hunger Games.

 

“Cattivo sangue non mente mai.”    Il borbottio sommesso di Louis non arrivò alle orecchie di David mentre il loro carro iniziava a muoversi, trascinandoli nella mischia.

 

                                                                                          *

 

Salendo sul carro, Caius capì per la prima volta come si fossero sentiti per quasi un secolo i Tributi degli Hunger Games: mentre le porte infondo alla galleria si aprivano e le luci improvvise quasi li accecavano, il ragazzo si sentì più che mai come un oggetto messo in esposizione… o ancor peggio, un animale che veniva venduto al miglior offerente, messo in mostra davanti ai possibili acquirenti.

 

I due cavalli dal mano palomino che spingevano il carro si mossero e si aggrappò alla ringhiera scura per evitare di cadere, guardandosi intorno con un leggero senso di disagio: il fatto che fossero tutti meticolosamente agghindati non aiutava a farlo sentire tranquillo… no, gli abiti eleganti contribuivano solo a farlo sentire un animale messo in mostra e tirato a lucido prima della sua dipartita.

 

Forse non era il modo migliore per iniziare i Giochi, ma non poteva fare a meno di pensarci.

 

Accanto a lui, anche Black si stava guardando intorno senza nessuna particolare espressione dipinta in volto… un po’ perché non voleva far capire al pubblico e a tutta Panem cosa stesse provando e un po’ perché infondo nemmeno lui sapeva davvero cosa pensava: era strano essere l’, in piedi sul carro traballante e davanti a tutta Panem.

 

Poteva quasi percepire la mera soddisfazione che stavano provando tutti gli abitanti dei Distretti in quel momento, guardando forse per la prima volta i Giochi con sincero piacere e divertimento: ciò per anni era stata la loro tortura, ora era diventata la loro rivincita.

Meritata? Con gran probabilità si, anche se a parere del ragazzo se la stavano prendendo con le persone sbagliate… infondo erano tutti adolescenti, non avevano colpa diretta per quello che avevano passato. Forse avrebbero dovuto indire un’Edizione per i politici sopravvissuti alla rivolta, non per i figli dei cittadini di Capitol…

 

Tuttavia ormai era decisamente tardi per pensarci: il danno era stato fatto, e piangere sul latte versato non serviva a nulla, come diceva sempre suo fratello.

 

Pensando a White Black piegò le labbra in una smorfia, chiedendosi se stesse guardando la Sfilata… l’avevano sempre fatto insieme fin da bambini, era quasi triste pensare che non l’avrebbero mai potuto rifare… quella era l’ultima Cerimonia di Apertura, ma sperava almeno di riuscire a fare altre cose insieme al fratello in futuro.

 

                                                                                       *

 

Kalem teneva lo sguardo fisso davanti a sé, lanciando di tanto in tanto qualche occhiata in direzione del pubblico, sorridendo con aria quasi beffarda.

Sapeva di attirare moltissima attenzione, un po’ per i suoi capelli chiarissimi risalati ancora di più dal vestito chiaro che indossava, e un po’ perché molti lo conoscevano anche solo di vista a Capitol City…

Il ragazzo alzò una mano, sorridendo amabilmente e salutando con l’aria più innocente che riuscì a trovare, conscio dell’occhiata incerta che gli lanciò Sean, in piedi sul carro accanto a lui: sapeva che il ragazzo lo trovava “strano”, ma non gli importava poi molto… in fin dei conti c’erano un mucchio di altri pesci in quell’acquario.

 

Sfortunatamente Sean Thorn era abbastanza sveglio da non lasciarsi fregare da lui, Kalem lo sapeva benissimo… ma non se ne dispiaceva: in fin dei conti forse era troppo sveglio, non l’avrebbe voluto comunque come alleato nell’Arena.

No, a lui serviva qualcuno da poter manipolare facilmente e da sfruttare a proprio piacimento una volta nell’azione dei Giochi… nessuno dei ragazzi gli sembrava un completo sprovveduto a primo impatto, ma sapeva già che l’Addestramento gli sarebbe stato infinitamente utile per osservare e conoscere meglio i suoi compagni… e chissà, magari sarebbe stata anche l’occasione per gettare qualche amo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

…………………………………………………………………………………..

Angolo Autrice:

 

Chiedo umilmente scusa per il ritardo, ma la settimana scorsa è stata piuttosto piena e per una serie di motivi non sono riuscita ad aggiornare ieri… mi spiace, per il prossimo dovrete aspettare molto meno, arriverà di sicuro nel weekend.

Anche se non molto lungo, spero che il capitolo vi sia piaciuto e che siate riusciti ad inquadrare un po’ meglio i ragazzi… nel prossimo inizierà ovviamente l’Addestramento, perciò vi chiedo:

 

Che cosa farebbe il vostro OC durante l’Addestramento? Osserverebbe gli altri, si allenerebbe in qualcosa di specifico?

In più, se volete potete anche cominciare a dirmi con chi vi piacerebbe che si alleasse il vostro OC… Ma vi avverto che non accetterò tutte le vostre richieste, posso benissimo fare di testa mia.

 

Vedete voi se dirmelo ora o aspettare di leggere dell’Addestramento, insomma.

 

Scusate, ma non sono riuscita a mettere le immagini dei vestiti... Per farlo dovrei usare il PC ma al momento non mi è possibile, quindi le inserirò alla fine del prossimo capitolo.

Ci sentiamo presto, spero, con il seguito… e grazie come sempre per le recensioni, siete piuttosto puntuali, quindi grazie davvero perché non succede spesso!

 

Ps. Se a qualcuno dovesse piacere il Fandom di Harry Potter, ho da poco iniziato una nuova storia… se volete, passate a dare un’occhiata!  

 http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3556241

A presto! Signorina Granger

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Capitolo 7
*** L'Addestramento ***


Capitolo 4: L’Addestramento



“Questa sottospecie di tuta è a dir poco scomodissima… non trovi?”

Amanda sbuffò, tirandosi la manica della tuta aderente che aveva indossato, di controvoglia, prima di lasciare il suo alloggio insieme ad Astrid per raggiungere gli altri in palestra per iniziare l’Addestramento.

“Forse è un po’ stretta, ma sempre meglio dei tacchi a spillo di ieri sera.” Astrid, appoggiata alla parete fredda della cabina rettangolare, sbuffò debolmente, appoggiando il capo contro il metallo con aria sconsolata: non aveva praticamente chiuso occhio la notte prima… e non si sentiva affatto pronta ad iniziare l’Addestramento, tantomeno alla prospettiva di entrare nell’Arena entro meno di una settimana. 


                                                                              *


“Mi chiedo perché tanti si ostinino a fare i pavoni durante l’Addestramento… secondo me è meglio provare a fare un po’ di tutto, invece di concentrarsi solo ed esclusivamente sulle armi e compagnia... Quella roba non fa per me.”

Faye inarcò un sopracciglio, rivolgendo un’occhiata leggermente scettica in direzione di Caius, Kalem, Black e Aaron che si stavano esercitando al poligono di tiro insieme a Rubinia, che sembrava quasi emozionata all’idea di impugnare una vera arma da fuoco.

“Immagino che non vogliano farsi trovare impreparati una volta nell’Arena. Ognuno ha il suo punto di vista, dopotutto.”

Tonya si voltò a sua volta verso il gruppetto di ragazzi, conscia che non sarebbe mai riuscita a sparare con maestria o anche solo a sollevare una spada o una lancia… nessuno di loro era mai stato allenato per i Giochi e per uccidere, ma di certo alcuni partivano comunque più avvantaggiati di altri.

Mentre riportava di nuovo lo sguardo sulle erbe velenose che stava studiando insieme a Faye, Tonya non poté fare a meno di pensare che non le sarebbe affatto dispiaciuto riuscire ad allearsi con qualcuno di più forte o sicuro di se stesso di quanto non lo fosse lei… ma sapeva anche che difficilmente una di quelle persone l’avrebbe accettata, in fondo che cos’aveva di eccezionale da attirare la loro attenzione?

“Ci sono molte più piante e bacche velenose di quanto non avrei mai pensato… ci vorrà un miracolo perché me le ricorda tutte.” Faye sbuffò, lanciando ai disegni e ai piccoli campioni di piante davanti a loro con aria torva, come se fosse certa che non sarebbe mai riuscita a riconoscerle tutte.

“Beh, non vorrei mai morire per intossicazione, quindi propongo di metterci d’impegno per impararle.”

Tonya sospirò, abbassando di nuovo lo sguardo sulle piante quasi con aria sconsolata: qualcosa le diceva che non sarebbe morta a causa delle piante velenose...come sempre era insicura e  non molto ottimista riguardo all’Arena in effetti, ma almeno sperava di avere una morte meno insignificante e banale. 

                                                                                     *


Africa imprecò a mezza voce, lanciando un’occhiata quasi torva in direzione di Astrid, che stava scivolando giù dalla parete da arrampicata come se fosse la cosa più semplice del mondo e l’avesse già fatto milioni di volte.

“Serve una mano?”

Astrid si fermò accanto a lei, rivolgendole un sorriso gentile che però non venne ricambiato dalla ragazzina, che si limitò a stringersi nelle spalle con indifferenza: aveva deciso di provare a fare un po’ di tutto, visto che non si era mai allenata in nulla… e aveva scoperto che l’arrampicarsi non faceva proprio per lei.

“Non prendertela, se ti può consolare io non riesco neanche a tenere una lancia in mano… Metti il piede sinistro su quel sasso rosso e procedi sempre con calma… Se soffri di vertigini, non voltarti mai.”

Africa fu quasi tentata di dirle che nessuno le aveva chiesto aiuto, ma la ragazza era già scivolata in basso, avvicinandosi rapidamente al tappeto di gomma blu fino ad arrivare ad un paio di metri da terra, saltando giù e atterrando sul tappeto con noncuranza. 
Astrid alzò lo sguardo, incontrando quello della ragazzina prima di rivolgerle un altro sorriso, quasi incitandola a scendere e non preoccuparsi.

Africa si voltò di nuovo verso la parere artificiale, chiedendosi come potessero esserci persone tanto carine in contesti come quello… o forse quella della ragazza era tutta una maschera, chi poteva dirlo. 

Di una cosa però Africa era certa, quando mise con sollievo di nuovo i piedi per terra: con l’arrampicata aveva chiuso… forse era ora di concentrarsi su esche, nodi, piante e tecniche di sopravvivenza.


                                                                              *


“Credo che questa sia la prima volta in cui molti Tributi si dedicano agli stand non inerenti alle armi… A parte qualche eccezione, naturalmente.”

Erica inarcò un sopracciglio mentre si esercitava con dei nodi accanto a Carly, che annuì prima di alzare lo sguardo per puntarlo su suo fratello, che si stava allenando a lanciare lance e giavellotti insieme a Sean e stava insegnando a David come fare.

“Probabile… mio fratello però non è tipo da dedicarsi a creare esche e compagnia… ma se non altro ci aiuteremo a vicenda una volta nell’Arena.” La ragazzina si strinse nelle spalle, distogliendo lo sguardo dal fratello per guardarsi maggiormente intorno: lei e Wilhelm naturalmente sarebbero stati insieme nell’Arena… e la sera prima, per il poco che erano riusciti a dirsi, avevano concordato sul cercare qualche altro possibile alleato nei giorni successivi, durante l’Addestramento.

Ovviamente Carly sapeva che il fratello avrebbe voluto stare vicino anche a David, e anche se non le stava particolarmente simpatico non se l’era proprio sentita di obbiettare: probabilmente era la persona che era stata più vicina a suo fratello negli ultimi quattro anni, da quando se n’era andato di casa dopo la morte del padre. 

Le due ragazzine non dissero niente per qualche istante, entrambe prese nell’intrecciare nodi e pensando ai Giochi ormai imminenti: nessuna delle due aveva intenzione di concentrarsi troppo sulle armi, Erica sapeva già che non sarebbe mai stata brava a sparare o a tirare con l’arco… Carly stava pensando di provare ad allenarsi con i coltelli, ma niente di più. 

“Per te chi saranno i più temibili, nell’Arena?” Le parole di Carly ridestarono la compagna, che alzò lo sguardo dal suo lavoro per studiare i loro compagni/avversari, chiedendosi chi avrebbe potuto creare maggiori problemi… nessuna delle ragazze sembrava particolarmente temibile a primo impatto, probabilmente avrebbero dovuto preoccuparsi maggiormente dei ragazzi.

“Non saprei… Ma quanto a forza e velocità, i ragazzi hanno di certo una marcia in più che non è da sottovalutare.”

“Forse… ma sono del parere che spesso il cervello batta i muscoli, se sfruttato a dovere.”


                                                                          *


“Ok, ovviamente tu lanci meglio di me… Ma in mia difesa sei più grande, è normale che tu sia più forte!”

Wilhelm ridacchiò mentre prendeva un altro giavellotto per lanciarlo sulla pedana, mentre accanto a lui David ci aveva ormai rinunciato: durante il primo giorno di addestramento aveva potuto appurare di cavarsela molto meglio con i coltelli da lancio e tutto ciò che aveva a che fare con la mira rispetto a lance o giavellotti.

“Per questa volta, ti do ragione… e anche se sei solo un ragazzino, sappiamo entrambi che te la sai cavare benissimo.”

Wilhelm rivolse all’amico un sorrisetto, ricordando tutto quello che avevano combinato negli anni precedenti… e agli stratagemmi più che ingegnosi che David era in grado di architettare per riuscire a mettere qualcosa sotto i denti. 

“Speriamo che questa capacità mi torni utile nell’Arena…Piuttosto, tu con chi vorresti allearti? A parte tua sorella ovviamente.”

Wilhelm fece un cenno all’amico, suggerendogli di seguirlo alla postazione delle lance e passando davanti al tappeto della lotta libera, dove i fratelli Bradshaw se le stavano dando di santa ragione quasi tra le risate. 

“Non saprei… Forse Sean, è forte e piuttosto sveglio. Tu hai qualche suggerimento? Domani ne parlerò con mia sorella, per sapere se lei ha qualche idea.”

“Caius Gold è un po’ un pallone gonfiato, non mi ispira molta fiducia… e quanto a Kalem, credo che piuttosto di allearmi con lui venderei l’anima al diavolo. Louis non è male, ma non mi sembra un tipo molto incline a stipulare qualche alleanza… credo preferisca starsene per conto suo.”

David si strinse nelle spalle, alzando lo sguardo per guardarsi intorno nell’ampia e affollata palestra: non gli risultava facile riuscire a fidarsi di qualcuno se non di Wilhelm… per quanto nessuno di loro avesse scelto di essere lì, tutti avevano lo stesso scopo e per attuarlo avrebbero dovuto uccidersi l’un altro, alleati e non alleati.

“Beh, abbiamo altri tre giorni per pensarci… propongo di continuare ad allenarci domani, ma dopodomani penseremo ad osservare e a considerare tutti.”

David annuì mentre Wilhelm impugnava una lancia, osservandola con aria leggermente scettica come se dubitasse che ne avrebbe usata una nell’Arena… ma doveva comunque provare, voleva riuscire a cavarsela con tutto quello di cui disponeva quella palestra. 

“Ok, ora bando alle ciance Whittemore, vediamo di imparare a lanciare una di queste senza auto-decapitarci…”


                                                                              *


“Sei veloce.” Sean sedette sul pavimento blu, liscio e freddo della palestra, guardando Astrid imitarlo con il fiato corto a sua volta.
La ragazza gli rivolse un sorriso, annuendo con un cenno del capo prima di deglutire e parlare:

“Si, me la cavo… ma anche tu.”

Sean si strinse nelle spalle mentre si passava una mano tra i capelli biondo-castani, riprendendo a respirare normalmente dopo la corsa fatta insieme ad Astrid, conclusasi con un pareggio tra i due.

“Non credo di essere portato per le armi, ma almeno nel corpo a corpo e nella corsa me la cavo.”

“Di certo non sono forte, ma sono sempre stata abbastanza veloce… essere piccoli e minuti ha i suoi vantaggi.”

Astrid prese la bottiglietta d’acqua appoggiata sul pavimento accanto a lei, bevendone un sorso mentre gli occhi di Sean vagavano sugli altri ragazzi, disseminati tra i poligoni di tiro, la parete per l’arrampicata e gli stand sulle piante, i nodi, le esche o sulla sopravvivenza come April, Brittany e Rubinia che stavano provando ad accendere un fuoco. 

“Credo che facciano bene a dedicarsi anche alle cose che in genere tutti sottovalutavano… ti va di imparare a costruire delle esche? Con le armi ho perso le speranze, non riesco neanche a sollevare una spada.”

Le parole di Astrid riportarono il ragazzo alla realtà, che si voltò verso di lei guardandola con cipiglio leggermente sorpreso, esitando per un istante prima di annuire con un cenno del capo: erano poche le persone gli chiedevano di fare qualcosa insieme, se non si conoscevano a fondo… era sempre stato molto riservato, dando fiducia e avvicinandosi a ben poche persone. 

Eppure Astrid gli sorrise quasi come se si conoscessero da una vita, alzandosi e invitandolo gentilmente a seguirla al banco delle esche e dei nodi. Sean non se lo fece ripetere due volte e la seguì, improvvisamente curioso di conoscere meglio quella ragazza che si stava dimostrando incredibilmente gentile praticamente con tutti. 


                                                                           *


“Perché nei film e nei Giochi sembrava così facile? Di questo passo nell’Arena morirò di fame perché non riuscirò a cuocere un bel niente, o assiderata perché non ce la farò a scaldarmi.”

Rubinia sbuffò, sfregando con determinazione le mani sul pezzo di legno nel tentativo di accendere un fuoco: ormai lei, Brittany e April erano ferme allo stesso punto da quasi dieci minuti, ma senza aver ancora ottenuto alcun esito positivo.

“Immagino che nei Distretti fossero abituati a farlo… per noi è una cosa nuova, mi stupirebbe se ci fossimo riuscite in fretta.” Brittany si strinse nelle spalle con aria rilassata, come se la cosa non le desse fastidio. Rubinia invece sbuffò nervosamente, guardando il ramo come se lo odiasse profondamente e maledicendosi mentalmente per non riuscire a fare quello che gli uomini facevano da millenni. 

“Posso provare io, se vuoi… credo che innervosendosi non si vada proprio da nessuna parte.” Rubinia annuì alle parole di Brittany, spostandosi per cederle il posto senza contestare: ormai le facevano male le mani e i palmi si erano completamente arrossati e furia di sfregarli contro il legno ruvido. 

“Non ne sono del tutto certa, ma mi pare di averlo visto fare durante i Giochi… e le mani andavano verso il basso. Forse così funzionerà.” 

April inarcò un sopracciglio, seguendo i movimento delle mani di Brittany con aria scettica, chiedendosi se una volta nell’Arena avrebbe dovuto accendere un fuoco… In effetti si era chiesta diverse volte, la notte precedente, su dove avrebbero dovuto scontrarsi… neve, foresta, giungla, prateria? Poteva trattarsi di qualunque cosa. 

“Beh, tentar non nuoce… vediamo di imparare qualcosa dai Tributi delle edizioni precedenti.”

Brittany fece spallucce con nonchalance prima di seguire il consiglio di April, spostando le mani verso il basso mentre le sfregava velocemente sul ramo. Dopo qualche istante in cui nessuna delle tre parlò Rubinia quasi sussultò mentre invece Brittany sfoggiò un sorriso allegro: finalmente avevano fatto scaturire qualche scintilla. 

“Beh, meglio tardi che mai… Se non altro ora sappiamo che riusciremo a scaldarci un minimo, nell’Arena.” Rubinia sorrise con aria sollevata mentre Brittany guardava con gran soddisfazione il fuoco, anche se flebile, che era finalmente riuscita ad accendere. La ragazza rivolse ad April un’occhiata allegra, sorridendole con gratitudine:

“Beh, grazie per il consiglio… se n on fosse stato per te ora saremmo ancora al punto di partenza. Senza offesa, Rubinia…”

“Tranquilla, nessuna offesa. Cambiando argomento, secondo voi chi saranno quelli da cui doversi guardare le spalle?”

Rubinia lanciò un’occhiata ai loro compagni/avversari, chiedendosi chi sarebbe morto per primo… di certo non era un bel pensiero, ma non poteva fare a meno di domandarselo.
Non sembrava che nessuno fosse particolarmente temibile o con una marcia in più rispetto agli altri… ma magari qualcuno non voleva mostrare le sue vere capacità finché non sarebbero entrati nell’Arena, come spesso era successo nelle edizioni precedenti.

“Non saprei, credo che potremmo dirlo con certezza solo tra un paio di giorni, forse ora è ancora presto…. Sono curiosa, invece, sulle Alleanze che si creeranno.”

April inarcò un sopracciglio, rivolgendo un’occhiata in direzione di Wilhelm e David, intenti a parlottare insieme a Carly, la sorella del ragazzo. Era più che certa che i tre sarebbero restati insieme nell’Arena, ma non aveva molte altre idee sulle Alleanze: era ancora presto, ma aveva tutta l’intenzione di osservare meglio i compagni nei giorni successivi di Addestramento.


“Anche io… Astrid e Amanda si alleeranno, si questo non ci piove. E credo che Astrid stia facendo amicizia anche con Sean Thorn.” 

Brittany lanciò un’occhiata curiosa in direzione della coetanea, che stava effettivamente chiacchierando insieme al ragazzo mentre preparava un’esca, facilitata dalle dita particolarmente sottili. 

“Strano, non è un tipo loquace... o magari se la sta facendo amica apposta, non è stupido.”   Rubinia inarcò un sopracciglio, rivolgendo all’improbabile duo un'occhiata leggermente scettica: non conosceva benissimo Sean, anche se avevano la stessa età... però sapeva che non era mai stato molto estroverso e disposto a fare nuove conoscenze.


“Davvero pensi che sia tanto meschino? Non sembra cattivo.” 

“Non lo conosco, non posso dirlo con certezza... ma credo che quando si tratta dei Giochi, nessuno sia quello che era fuori da qui.” 


                                                                                   *


Era in piedi allo stand sulle piante velenose, dov’era stato per gran parte del pomeriggio: le piante erano sempre state una sua grandissima passione e aveva intenzione di coltivarla in vista dell'Arena... era certo che gli sarebbe tornato utile, il tempo passato lì. 

Tuttavia Cyrus non aveva neanche intenzione di lasciarsi sfuggire l'addestramento dei suoi compagni e lo stava seguendo con più attenzione di quanto non desse a vedere, guardandosi intorno con discrezione e osservando i movimenti dei suoi futuri avversari: non conosceva gran parte di loro e per quanto possibile voleva capire con chi avrebbe dovuto fronteggiarli una volta nell'Arena. 

Il ragazzo non si stupì neanche un po’ nel vedere Caius Gold, forse l'unico che poteva ritenere di conoscere abbastanza tra tutti, dilettarsi a lanciare pesi o provare a sparare... era abbastanza certo che niente gli avrebbe impedito di mettersi in mostra, specialmente se di fronte ai suoi avversari. 


Cyrus sbuffò appena, roteando gli occhi come se non lo capisse: lui preferiva tenere un profilo basso e non dare nell'occhio, anche se sembrava che molti non la pensassero al suo stesso modo... anzi, Caius stava chiacchierando quasi allegramente con un ragazzo dai capelli color pece che, anche se non ne era del tutto certo, aveva la loro stessa età e si chiamava Black. 

In fin dei conti però, gli stavano dando modo di capire in cosa fossero bravi o meno... il che non era certo un fattore negativo, visto che Cyrus non aveva nessuna intenzione di allearsi con Caius. Probabilmente l'unico con cui, almeno fino a quel momento, si sarebbe alleato era Julian... il ragazzo si voltò verso il “coinquilino”, che stava parlando con il fratello maggiore accanto alla parete per l’arrampicata. Non aveva praticamente mai parlato con Aaron, ma gli sembrava incredibilmente diverso dal fratello minore... non gli sarebbe dispiaciuto conoscere meglio entrambi nei giorni seguenti, anche perché non aveva la benché minima intenzione di entrare nell’Arena senza alleati.

Aveva visto abbastanza edizioni dei Giochi da avere una chiara idea di come andassero, specialmente nella fase iniziale... e avere anche pochi alleati poteva essere una salvezza, alle volte. 

              
                                                                              *


Si buttò sul letto, osservando il soffitto della stanza con gli occhi chiarissimi spalancati e perfettamente vigili nonostante sentisse una gran stanchezza fisica: non aveva alcuna intenzione di andare a dormire, sembrava che il suo cervello non volesse mettersi a risposare... anzi, si sentiva più sveglio e attivo che mai da quando si era svegliato. 

Durante la prima giornata di Addestramento si era guardando intorno parecchio studiando tutti i suoi avversari... non si era avvicinato a nessuno, limitandosi ad osservare con leggera descrizione: probabilmente avrebbe cercato di attaccare bottone dal giorno successivo.
Non sapeva ancora con chi avrebbe voluto creare un’Alleanza: da una parte si diceva che era meglio cercare qualcuno di forte che avrebbe potuto aiutarlo, dall'altra era spinto verso persone più deboli e facili da manovrare, di quelle che avrebbe potuto eliminare senza alcuna difficoltà una volta nell’Arena.

Kalem si rigirò nel letto, chiedendosi come sarebbe stato trovarsi nell’Arena con quelle stesse persone con cui aveva trascorso l'intera giornata... sapeva già che avrebbe dovuto uccidere qualcuno, se voleva tornare vivo a Capitol City.
E visto che non aveva alcuna intenzione di morire nell’Arena per una specie di capriccio, di certo avrebbe dovuto darsi da fare.

Era pienamente consapevole che molti tra i suoi compagni fossero terrorizzati all'idea di dover uccidere pur di sopravvivere... ma a lui non stava facendo nessun grande effetto, e anche se era consapevole di non essere stabile per una volta sapeva darsi una risposta chiara e precisa: non gli recava grande disturbo perché l'aveva già fatto in passato. 


                                                                         *



“Tu che cosa hai fatto nel corso della giornata?” 

“Un po’ di tutto, in realtà... preferisco non concentrarmi su un’unica attività, ma provare un po’ tutto per vedere in cosa me la cavo e cosa no. Tu invece?” 

April si strinse nelle spalle mentre le porte dell’ascensore si aprivano, permettendo a lei e ad Africa di entrare nel loro alloggio:

“Beh, io ho imparato ad accendere un fuoco... e non mi sono dedicata molto alle armi, oggi mi sono concentrata sullo stand sulle piante velenose è quello sulla sopravvivenza.” 

“A rigor di logica, anche io ho imparato una cosa oggi... non sono affatto portata per l’arrampicata. Non mi resta che sperare che l’Arena non preveda anche una montagna da scalare.” 

Africa piegò le labbra in una smorfia e April istintivamente rise appena, immaginandosi la compagna con i lucenti capelli rosa legati in una cosa, appesa ad uno strapiombo e intenta ad imprecare contro chi aveva progettato l’Arena. 

 “Credo che l'ideale sarebbe un bosco, come due anni fa... spero solo che non sia una specie di deserto, sarebbe davvero molto dura in quel caso.” 

“Rassegniamoci, non lo sapremo fino al ‘giorno del giudizio’...” Africa si strinse nelle spalle e, senza aggiungere un'altra parola anche solo per salutare, girò sui tacchi per raggiungere la sua camera, non vedendo l'ora di infilarsi sotto la doccia e togliersi la tuta che aveva odiato dal primo momento in cui l'aveva vista: quasi quasi avrebbe preferito arrampicarsi con un paio di tacchi ai piedi, piuttosto che indossare quella tuta. 


April sospirò e la imitò, dirigendosi in camera sua con aria cupa: sfortunatamente, sapeva che Africa aveva ragione... poteva farsi tutte le paranoie e avere tutti gli incubi del mondo, non avrebbe saputo nulla a proposito dell’Arena finché non ci sarebbe entrata con pochissime probabilità di uscirne. 

Decisamente, non era una prospettiva confortante.
















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Angolo Autrice:

Salve! Avrei voluto pubblicare il capitolo martedì ma ahimè, poi sono iniziati i Medici e non sono riuscita a finirlo... scusate, ma se Richard Madden chiama io rispondo, e ieri sono stata via praticamente fino a sera tardi... ma alla fine ce l'ho fatta a finire questo capitolo, finalmente!

Grazie mille a chi mi ha mandato le informazioni, e ovviamente anche per le numerose recensioni... ripeto, siete davvero puntuali quindi grazie davvero! 

Eccovi, infine, le immagini degli abiti delle ragazze durante la Cerimonia di Apertura (quelli maschili non li ho messi perché tanto alla fin fine sempre li siamo, al limite li metterò per l’Intervista):


Carly 
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Erica 
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Faye
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Tonya 
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Africa 
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April 
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Brittany 
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Astrid 
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Amanda 
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Non mi sembra di avere altro da dirvi quindi vi saluto, a presto con il seguito! 

Signorina Granger 

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Capitolo 8
*** Alleanze ***


Capitolo 5: Alleanze 

 

“Già in piedi?”     

“Non riuscivo a dormire.”     

Erica sedette accanto all’enorme finestra che offriva uno spettacolo di una buona porzione della città ancora addormentata... di rado le era capitato di vedere Capitol senza le luci ad illuminarla, era quasi strano vederla così, sembrava una città come tutte le altre. 
Carly, nella sua stessa posizione ma dal lato opposto del vetro, teneva le gambe piegate contro il petto e le braccia allacciate sulle ginocchia, osservando il panorama con aria pensierosa.

“Nemmeno io.”    Il sussurro di Erica arrivò a stento alle orecchie della compagna, che non si voltò verso di lei e rimase immobile, riflettendo su quanti era già successo... e su quanto l’aspettava. 
I giorni di addestramento erano passati forse troppo velocemente... il giorno dopo ci sarebbe stata la Prova di Valutazione, ed entrambe faticavano a nascondere il nervosismo.

“Non pensi che stia andando tutto troppo in fretta?” 

“Credo che sia sempre così, quando non si vuole arrivare ad un determinato momento.” 


Erica sospirò, guardando la città con aria malinconica: era abbastanza certa che non l'avrebbe più vista... tanto valeva godersi il panorama, finché poteva farlo. 


*


“Davvero mi vorresti come alleata nell’Arena?”   Il tono sbigottito di Tonya la fece sorridere appena, guardandola con una luce quasi intenerita negli occhi: non avrebbe mai capito perché quella ragazza fosse tanto insicura e critica verso se stessa.

“Perché dovrei volere il contrario? Mi fido più di te di gran parte delle altre persone qui dentro...”  Faye si strinse nelle spalle mentre si versava nel caffellatte nella tazza, con gli occhi di Tonya ancora puntati addosso con aria perplessa, come se pensasse che la stesse prendendo in giro: non dubitava delle parole della compagna, ma non capiva comunque perché volesse affidarsi a lei. 


“Naturalmente nessuno ti obbliga, se non vuoi fare gruppo con me.” 

“No, ma certo che no... mi fa piacere che tu me l'abbia chiesto.”   Tonya sorrise debolmente, guardando la compagna quasi con gratitudine: ci aveva sperato in effetti, ma non aveva mai osato dire nulla sull’argomento... Faye sembrava però averle quasi letto nel pensiero, con suo gran sollievo. 

“E dimmi... tu vorresti allearti con qualcun altro?”    Faye inarcò un sopracciglio, voltandosi verso la compagna che si strinse nelle spalle di rimando:

“Non saprei... L’unica che conosco è Africa, a parte te.” 

“Non so se lei ci vorrebbe... non siamo mai state grandi amiche, ma di certo sa il fatto suo, su questo non ci piove. Ad ogni modo dobbiamo decidere in fretta Tonya, oggi è l'ultimo giorno di Addestramento.” 

Faye sospirò, guardando il suo piatto con aria malinconica: non si sentiva assolutamente pronta per la Prova di Valutazione... ne tantomeno per ciò che l'avrebbe seguita. 


                                                                            *


Imprecò a mezza voce nel completo silenzio della palestra, guardando quasi con odio il sacco di pelle marrone che penzolava dal soffitto, davanti a lei. 
Astrid si massaggiò le nocche, abbassando lo sguardo sulla mano destra e trovandola piuttosto arrossata... evidentemente, lo scontro fisico proprio non faceva per lei, se colpendo quel dannato affare si era persino fatta male. 

“Potresti provare a scaricare sui piedi, se fai fatica con le mani. E poi quello è piuttosto pesante, è normale che ti faccia male.” 


Quando era entrata nella palestra l'aveva trovata perfettamente deserta, cosa di cui non si era affatto stupita visto che era scesa ben prima rispetto al solito... era convinta di essere sola e per questo quasi sobbalzò, voltandosi di scatto per poi rilassarsi subito nel trovarsi davanti Sean, che la guardava quasi con aria divertita.


“Ah, sei tu... ciao. Che vuoi farci, non fa proprio per me questa roba.” 

“Non sei la prima e nemmeno l'ultima che ha un “diverbio” con quegli affari... perché invece non provi confrontandoti con una persona in carne ed ossa?” 

“È una proposta per avere la scusa di umiliarmi? Perché in quel caso passo, grazie.” 

Astrid inarcò un sopracciglio, incrociando le braccia al petto con aria scettica mentre Sean invece abbozzava un sorriso, scuotendo appena il capo:

“Non ti voglio umiliare... ma ti servirà nell’Arena, no? Sei molto veloce e molto agile Astrid, ma saperti difendere di certo non ti farà male. Vieni, vediamo se riesci a mettermi al tappeto.” 

“Mi prendi in giro? Sei il doppio di me, come dovrei fare? Non ho superpoteri, nel caso non te ne fossi accorto!”   
Astrid sbuffò ma Sean la ignorò, prendendola delicatamente per un braccio e trascinandosela dietro fino allo spesso tappetone blu per la lotta libera, invitandola  a provarci.


Astrid esitò, ma alla fine acconsentì comunque: in fin dei conti, tanto male non poteva andare... alla peggio lui si sarebbe fatto quattro risate per la sua incapacità nel corpo a corpo. 

“Piuttosto... come mai sei già qui? È ancora abbastanza presto.” 

“Immagino per il tuo stesso motivo, non avevo sonno e non mi andava di starmene sul letto a non fare niente... almeno questo mi distrae, diciamo. Amanda non è dello stesso avviso, lei sta ancora dormendo della grossa.” 

Astrid sfoggiò un lieve, involontario sorriso nel parlare dell’amica, immaginandola chiaramente ancora sotto le coperte e invidiandola non poco... lei non riusciva a dormire decentemente da quando era arrivata al Centro di Addestramento. 
Sean però le sorrise di rimando, guardandola con una vena comprensiva, come se la capisse... e probabilmente Astrid avrebbe detto qualcos’altro ma il ragazzo inaspettatamente si lanciò verso di lei, afferrandola e mandandola dritta a terra con un solo movimento fluido delle braccia.

“Ma che diamine... come hai fatto?”   La ragazza sgranò gli occhi azzurri, stupita per la rapidità in cui il mondo era finito a gambe all'aria  osservando il compagno ridacchiare mentre le tendeva la mano per aiutarla a rialzarsi, guardandola con aria divertita negli occhi verdi:

“Se non altro hai imparato a non perderti in chiacchiere quando hai un avversario davanti Astrid... su alzati, ti faccio vedere come si fa.”  


                                                                          *


Wilhelm tamburellava le dita sul tavolo, aspettando che gli altri lo raggiungessero come avevano concordato il giorno prima. 
Il ragazzo si stava guardando intorno quasi con apprensione, non curandosi molto del vassoio col pranzo appoggiato davanti a lui: quella era l'ultima pausa pranzo che avevano tutti insieme prima dell’Arena... e non aveva alcuna intenzione di sprecarla, volendo invece sfruttarla al massimo per ultimare i dettagli dell’Alleanza.

Quando vide David entrare in mensa gli rivolse un cenno, invitandolo a raggiungerlo mentre anche Carly si avvicinava al suo tavolo con il suo vassoio in mano e Erica accanto.

“Ciao Wil... Salve ragazze!”   David rivolse alle due quasi coetanee un gran sorriso, che però non venne ricambiato del tutto da nessuna delle due: Wilhelm aveva la netta sensazione che a sua sorella David non andasse molto a genio, e anche se gli dispiaceva non aveva voglia di darci peso: voleva proteggerli entrambi nell’Arena, quindi se li sarebbe tenuti stretti. 

“Ciao fratellone.”   Carly guardò il fratello con sincero affetto negli occhi chiari, sedendosi di fronte a lui con Erica da una parte e David dall'altra. Le due bionde di scambiarono un’occhiata eloquente quando il ragazzino sedette accanto a Carly, intendendosi alla perfezione: se se ne fosse uscito con un altro dei suoi complimenti al limite del garbato, gli avrebbero rovesciato l'acqua in testa. 

“Ciao piccola... aspettiamo gli altri e poi possiamo cominciare.”   Wilhelm stiro le labbra in un debole sorriso, facendo di tutto per cercare di rilassarsi, anche se gli risultava davvero difficile farlo... sentiva una specie di adrenalina crescergli dentro man mano che il fatidico giorno si avvicinava... non sapeva se erano tutti nella stessa posizione o meno, ma sperava di non essere l'unico a non riuscire a stare tranquillo nemmeno per un attimo. 

“Continuo ad essere del parere che siamo un numero un po’ troppo grande.”  

“Dici? Secondo me più siamo e meglio è... insomma, se non altro non cominceremo con tre quarti dei Tributi contro di noi dal principio.”   David si strinse nelle spalle alle parole di Erica, mentre Wil annuiva come se fosse d'accordo con lui:

“Vero. E poi sapete già com’è andata: ho chiesto a Sean di allearsi con noi e ha detto di sì, ma ha espressamente sottolineato di volere anche Astrid. E se c'è Astrid, Amanda fa parte del pacchetto.” 


“Beh, il capo sei tu. Non voglio discutere, non certo ora... per me va bene, almeno sembrano persone affidabili.”  Carly si strinse nelle spalle quasi come se volesse tirarsene fuori: si fidava ciecamente del fratello maggiore, e se per lui andava bene così, anche lei sarebbe stata d'accordo. 

Il ragazzo le rivolse un sorriso carico di gratitudine mentre al tavolo si avvicinavano, chiacchierando, anche Astrid e Amanda. Sean le seguiva a leggera distanza, tenendo il vassoio in mano con aria pensierosa, come se avesse la testa da un’altra parte.

“Ciao... scusate se vi abbiamo fatto aspettare un po’.” 

Astrid rivolse un sorriso carico di scuse al gruppetto, appoggiando il vassoio davanti al posto accanto a David. Wilhelm le rivolse un cenno come a dirle di non preoccuparsi, mentre il ragazzino alzò lo sguardo su di lei per sfoggiare un gran sorriso, come proprio non riusciva a fare a meno di fare quando c'era una bella ragazza nei dintorni. 

“Salve a tutti.” 

Quando anche Sean e il suo laconico tono di voce si aggregarono al tavolo Wilhelm si mise dritto sulla sedia, smettendo finalmente di tamburellare nervosamente con le dita sul tavolo: potevano iniziare a discutere, finalmente. 


“Ok, visto che ci siamo tutti... direi di metterci d'accordo su come agire nell’Arena, o almeno nella prima fase.” 


                                                                 *


“Secondo me quelli stanno complottando qualcosa...”  Black inarcò un sopracciglio, osservando attentamente un tavolo poco distante rispetto a quello dove si era seduto lui: ben sette Tributi seduti allo stesso tavolo... era un gruppo troppo numeroso per non destare sospetti, o almeno per i suoi gusti. 

Caius però non sembrò curartene molto, continuando a mangiare quasi con noncuranza: 

“E tu lasciali complottare... poi vedremo nell’Arena, chi avrà tramato meglio.” 


Balcone sfoggiò un sorriso di fronte alla sicurezza e al tono noncurante del compagno, trovandosi improvvisamente sollevato di essere finito in stanza con lui: se non altro l'avevano sistemato con una persona simile a lui e con cui era subito andato piuttosto d'accordo... e alla fine avevano anche deciso di allearsi per l’Arena. 

Cyrus invece, seduto a capo tavola, guardò i due coetanei come se si stesse chiedendo che diamine ci facesse lì: non avrebbe mai pensato di finire alleato con Caius Gold solo due giorni prima, ma poi Julian gli aveva chiesto di fare squadra... e lui aveva subito accettato, non curandosi nemmeno di chiedere se qualcuno facesse già parte del gruppo: evidentemente, Aaron aveva coinvolto sia Black e Caius.

Non che quest’ultimo fosse molto più contento di lui: avevano passato il giorno precedente e lanciarsi occhiate seccate da una parte all'altra della palestra, rivolgendosi a malapena la parola anche durante i pasti in comune. 


“Quindi secondo voi hanno formato un’Alleanza anche loro?”  

Cyrus inarcò un sopracciglio, puntando gli occhi sul tavolo abbastanza affollato: lo trovava un gruppo abbastanza strano, in effetti... Ma mai quanto quello di cui si era ritrovato a far parte lui. Anzi, si chiedeva anche se non avrebbe dovuto guardarsi le spalle per prima cosa dai suoi stessi alleati, visto che nel gruppo era finito persino Kalem Schweinson, anche se non riusciva a spiegarsi ancora come. 

“Mi sembra ovvio... infondo è l'ultimo giorno, immagino che tutti quelli che stiano mangiando insieme abbiano fatto squadra, a questo punto.”  Il tono piatto e rilassato di Caius lo stupì per l’ennesima volta, a differenza dell’occhiata quasi seccata che gli rivolse, come se si stesse chiedendo perché fossero seduti allo stesso tavolo...

E Cyrus si rese conto che la convivenza non sarebbe stata affatto semplice, una volta nell’Arena. 


"Parlate delle alleanze?”  Kalem spuntò praticamente dal nulla accanto a Cyrus, sedendosi accanto a lui con aria rilassata: il moro lo guardò, chiedendosi da dove diamine fosse spuntato... possibile che gli comparisse sempre alle spalle? 


“Si... secondo noi tutti quelli seduti vicini si sono alleati. Tu che ne pensi?”   Black inarcò un sopracciglio, osservando il ragazzo seduto di fronte a lui. 

Kalem si strinse appena nelle spalle, rivolgendo una fugace occhiata ai compagni disseminati per i tavoli prima di concentrarsi di nuovo su Black:

“Immagino che sia così, ma non mi farei troppo problemi... credo che i più forti siano seduti a questo tavolo. Fatta eccezione per Wilhelm Grace e Sean Thorn, loro potrebbero darci qualche problema. Conosco Thorn, e non va sottovalutato anche se tende a restarsene lontano dai riflettori.” 

Kalem fece guizzare gli occhi cerulei sul suddetto ragazzo, studiandolo mangiare e parlare tranquillamente insieme ad una ragazza di cui non ricordava il nome, seduta di fronte a lui. 

Avevano la stessa età e avanti frequentato la scuola insieme, o almeno finché Kalem non era stato ritirato per volere dei genitori... era l'unico tra tutti a conoscere la sua storia, ma non sembrava che avesse spifferato tutto ai quattro venti. Non sapeva perché l'aveva fatto ma comunque lo apprezzava: magari ne avrebbe anche tenuto conto, una volta nell’Arena. 


“Beh, ne terremo conto... ma che fine hanno fatto Julian e Aaron, si stanno facendo la manicure per caso?” 

Caius sbuffò, guardandosi intorno con aria leggermente impaziente: non aveva nessuna voglia di sprecare tempo prezioso per parlare... eppure i due fratelli sembravano ancora presi dall’allenamento in palestra, visto che non si erano ancora fatti vedere nella mensa.

“Ne dubito, ma faremo a meno di loro... intanto possiamo cominciare a concordarci tra noi, con i Bradshaw parleremo dopo.” Black si strinse nelle spalle, liquidando il discorso con un gesto della mano prima di sfoggiare un lieve sorrisetto, quasi impaziente di cominciare:


“E ora... iniziamo a parlare di cose serie, se non vi dispiace.” 


                                                                           *


“Hole, Gold, Schweinson e i Bradshaw nella stessa squadra? Non invidio per niente Cyrus, per la miseria!”   Brittany strabuzzò gli occhi, osservando il tavolo occupato dal gruppetto di ragazzi. 

"Più che non invidiare Cyrus dovremmo preoccuparci per noi stesse, ho idea. Ho la sensazione che quella simpatica comitiva ci fornirà non pochi grattacapi.” 

Rubinia sbuffò appena, studiando il gruppo quasi come se volesse leggergli nel pensiero con la forza dello sguardo. 


“Io ne ho la certezza, altro che sensazione! Praticamente tutti i ragazzi sono nella stessa squadra, pessimo segno.”     Anche April sbuffò, abbassando lo sguardo sul suo pranzo quasi con aria sconsolata. 

“Poco male, non buttiamoci giù... se partiamo già negative, non finirà affatto bene e non deve andare così. Vorrà dire che ci faremo furbe e giocheremo qualche bel tiro ai maschietti, loro avranno anche i muscoli ma noi siamo indubbiamente più subdole, volendolo.” 

Rubinia si strinse nelle spalle quasi con nonchalance, come se l'avesse presa piuttosto bene... anzi, quasi sorrideva sotto i baffi mentre si versava dell'acqua nel bicchiere, immaginando già a quanto si sarebbe potuta divertire una volta nell’Arena... prevedeva un’edizione piuttosto interessante, agli occhi dei milioni di spettatori di Panem. 


April e Brittany se ne accorsero e si scambiarono un’occhiata accigliata, chiedendosi come facesse a starsene così tranquilla... nessuna delle due in effetti immaginava di come la compagna dalla chioma fiammante avesse preso i Giochi: una bella, difficile, intensa Prova da superare... e Rubinia Flaemus aveva la piena l'intenzione di mettercela tutta, a qualunque costo. 

Se poi ci sarebbe stata qualche complicazione tanto meglio: si sarebbe messa ancor più d’impegno. 


                                                                          *


Africa osservò le due ragazze sedute l’una di fronte all'altra, mangiando e parlando tra loro a bassa voce. 
Quasi sospirò mentre teneva il vassoio con il pranzo in mano, dicendomi che era arrivato il momento di decidere una volta per tutte: forse non le faceva molto piacere, ma non aveva poi molto scelta. 

Si mosse finalmente in direzione delle due coetanee, sentendosi quasi una stupida... e quella sensazione non le piaceva, proprio per niente. 

Quando le raggiunse entrambe di zittirono di colpo, sollevando lo sguardo su di lei quasi con aria incredula, come se fossero certe che avesse bevuto qualcosa di molto forte e che avesse preso una bella botta in testa durante l’allenamento... e invece era perfettamente lucida, anche se stentava a sua volta a credere a quello che stava per fare.

“Ciao, ragazze... posso sedermi?” 

Il sopracciglio di Faye s’inarcò notevolmente mentre la ragazzina osservava la coetanea con aria critica, come se stesse valutando se mandarla via o meno... Tonya però sembrava di avviso diverso, rivolgendole un debole sorriso e annusando, accennando alla sedia accanto a lei:

“Certo Africa... siediti pure.” 

“Grazie.”   La ragazza obbedì, sedendo accanto a Tonya e sistemandosi i lucidi capelli rosa sulla schiena mentre sosteneva lo sguardo scettico di Faye, sapendo a cosa stesse pensando la compagna. 

So a cosa stai pensando Faye... e credimi, sono incredula esattamente quanto te.












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Angolo Autrice:

Buonasera! Mi sono messa d’impegno e ho pubblicato prima del solito, contenti? Spero che il capitolo vi sia piaciuto, non è molto lungo ma è un po’ di transizione... spero che le alleanze del vostro OC vi vadano bene, in caso contrario... vi andranno bene lo stesso :P 

Seriamente, spero non mi odierete ma mi devo pur divertire, no? u.u

Domanda per voi in vista del prossimo capitolo, per favore rispondete al più presto: Cosa farà il vostro OC durante la Prova di Valutazione? 


Ci sentiamo, alla peggio, nel weekend con il prossimo capitolo, ma spero prima! 

Signorina Granger 

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Capitolo 9
*** Prova di Valutazione ***


Capitolo 6: Prova di Valutazione

 

“Nervoso?”

 

“No. So che andrà bene.”

 

Black si strinse nelle spalle, tenendo lo sguardo puntato sul pavimento grigio della “sala d’aspetto” e le mani giunte con le dita intrecciate tra loro, appoggiate sulle ginocchia.

 

In realtà lo sentiva, un po’ di nervosismo… ma di certo non l’avrebbe mai ammesso. Caius, seduto accanto a lui, sembrò intuirlo ma non disse nulla, tacendo e chiedendosi mentalmente che cosa stesse facendo Kalem dentro la palestra, oltre la porta chiusa davanti a loro: glie l’aveva chiesto quella mattina, quando era sceso insieme a Sean… Ma il ragazzo non si era esposto, sostenendo che preferiva non farne cenno finché non fosse tutto finito.

 

Non aveva insistito oltre, ma si chiedeva sinceramente che cosa stesse facendo e come l’avrebbero preso i Giudici: infondo conosceva tutte le dicerie che giravano su quel ragazzo, anche se non ne aveva mai avuta conferma da nessuno.

 

Caius sentì Black sbuffare sommessamente e intuì che stesse chiedendo mentalmente a Kalem di fare in fretta: stavano andando in ordine di età, quindi Kalem era stato chiamato dentro per primo… e Black non vedeva l’ora che anche quella fase avesse fine, anche se il peggio doveva ovviamente ancora venire.

 

Dal canto suo Caius incrociò le braccia al petto, stendendo le gambe e lanciando un’occhiata a Julian ed Aaron, seduti vicini su una panca a poca distanza da lui e Black: stavano parlottando a bassa voce, di certo riguardo alla Prova imminente… chissà che cosa avrebbero combinato, in quella Palestra davanti agli Strateghi.

 

Un po’ come tutti, sia Caius che Black si chiedevano che strategie avrebbero adottato i loro compagni/avversari: nelle edizioni precedenti i Tributi o si fingevano più innocui di quanto in realtà non fossero, come nel caso di Joanna Mason, oppure sfoggiavano le loro capacità fin da subito, beccandosi un voto alto e attirando così l’attenzione degli sponsor, come aveva fatto Katniss Everdeen e molti altri prima di lei.

 

Considerando che, come sempre, partivano prima dai ragazzi dopo Kalem sarebbe stato il turno di Sean… Caius spostò lo sguardo dai fratelli Bradshaw sul ragazzo in questione, che era seduto accanto a Wilhelm Grace. Sembrava piuttosto rilassato, in effetti… quasi quanto lui, segno che aveva una chiara idea di cosa fare una volta davanti agli Strateghi.

 

Quando Kalem uscì dalla palestra Sean si alzò senza battere ciglio, rivolgendo un lieve sorriso in direzione di Astrid e Amanda mentre Wilhelm gli faceva un augurio a bassa voce.

 

Black alzò finalmente lo sguardo dal pavimento sentendo la porta aprirsi, puntando subito gli occhi su Kalem quasi con aria interrogativa, come a volergli chiedere spiegazioni… Ma il ragazzo non disse nulla, limitandosi a rivolgere un sorriso enigmatico a lui e a Caius prima di tirare dritto, uscendo dalla stanza quasi non nonchalance senza preoccuparsi di nessuno, tornando di sopra come se avesse appena preso una tazza di the insieme agli Strateghi.

 

“Chissà che accidenti ha combinato…”

 

“Mi piacerebbe saperlo. Ma dubito che si sia finto innocuo apposta, non è tipo da non volere l’attenzione degli sponsor.”

 

“Suppongo che ne avremo la certezza solo questa sera, quando mostreranno i voti…”   Black si strinse nelle spalle, osservando Sean prendere il posto di Kalem ed entrare nella palestra e ripensando alle parole di Kalem su di lui, sostenendo che non era da sottovalutare… era curioso di sapere cosa avrebbe fatto e che valutazione avrebbe ricevuto, ma sfortunatamente non aveva alcun modo di imbucarsi nella palestra e dare una sbirciata alla sua Prova.

 

Poco male… avrebbe avuto tutto il tempo di vederlo all’opera una volta nell’Arena, infondo.

 

                                                                                   *

 

“Buona fortuna.”    Brittany le rivolse un sorriso incoraggiante e Rubinia ricambiò mentre si alzava, avvicinandosi alla porta della palestra da dove era appena uscito Sean. Il ragazzo le passò accanto senza battere ciglio o lasciando che qualche emozione particolare trasparisse dal suo volto… per un attimo la ragazza si chiese com’era andato, ma non si fermò certo a domandarglielo e tirò dritto, entrando nell’enorme stanza respirando profondamente.

 

Quasi non aveva dormito, la notte precedente… aveva pensato e ripensato a cosa fare, consultandosi più volte con Brittany anche a cena.

Era consapevole che avrebbe potuto fare altro, ma alla fine si era decisa… e se da una parte si sentiva quasi elettrizzata di fronte a quell’idea, dall’altra era leggermente nervosa: e se l’avessero presa male?

 

“Rubinia Flaemus… prego.”  

 

Rubinia alzò lo sguardo, puntando gli occhi dritti sulla fonte della voce… Plutarch Haevensbee stava ricambiando il suo sguardo, ma non disse altro e rimase in silenzio ad osservarla, così come tutti i suoi “colleghi”.

 

Osservandolo provò quasi disgusto per quelle persone, che avevano passato anni ed anni a dare il tormento, a torturare dei ragazzi dentro una gabbia… quasi come delle cavie da laboratorio.

Ma poi si riscosse, ricordandosi che non doveva poi prendersela con loro… certo, entro pochi giorni avrebbero torturato lei, ma infondo non era stata una LORO scelta.

 

La colpa era di qualcun altro, Rubinia lo sapeva. Esattamente come tutti i presenti in quella stanza.

 

Senza indugiare oltre Rubinia punto lo sguardo dritto davanti a se per poi partire quasi a passo di marcia, consapevole di avere i minuti contati e non volendo sembrare insicura… perché non lo era, neanche un po’.

 

La ragazza si avvicinò ai bianchi, quasi inquietanti manichini snodabili che venivano usati durante l’Addestramento dai Tributi in vari modi, dai coltelli da lancio, al tiro con l’arco, alla spada.

 

Rubinia lo prese e se lo trascinò dietro senza tante cerimonie, cambiando direzione e puntando dritto allo stand sulla mimetizzazione, che non aveva praticamente mai considerato nei giorni precedenti.  Senza indugiare appoggiò il busto del manichino sul tavolo, infilando contemporaneamente una mano in una ciotola contenente una strana poltiglia rossa, ricavata da chissà quali bacche. Sentendo lo sguardo degli Strateghi su di sé Rubinia appoggiò un dito sul petto candido nel manichino, iniziando frettolosamente a scrivere sulla superficie liscissima e lucida.

 

Era certa che gli Strateghi si stessero chiedendo che cosa stesse scrivendo, visto che il copro della ragazza copriva loro la visuale del manichino… e quasi sorridendo Rubinia scostò il manichino dal ripiano del tavolo, trascinandoselo dietro tenendolo per un braccio mentre si avvicinava ad una terza area della palestra… quella dedita alle armi da fuoco.

Piantò il manichino nel bel mezzo del poligono, accertandosi che stesse in equilibrio prima di girare sui tacchi e avvicinarsi alla parete dove erano state appese tutte le armi da fuoco, dalle semplici pistole ai fucili.

 

Senza indugiare Rubinia prese quella con cui si era allenata nei giorni credenti, trovandola già carica mentre si avvicinava di nuovo al poligono, fermandosi ad una decina di metri dal manichino.

Tenendo l’impugnatura con entrambe le mani alzò le braccia, puntando l’arma dritta contro il petto del manichino, dove la scritta Katniss Everdeen scintillava quasi in mezzo alla penombra della palestra.

 

Lo sparo echeggiò nella stanza e Rubinia fu certa che l’avessero sentito anche i suoi compagni, oltre la porta chiusa… sorrise, abbassando la pistola mentre guardava il foro del proiettile in pieno petto del manichino, quasi all’altezza del cuore.

Girando sui tacchi Rubinia si rivolse alla tribuna dove avevano preso posto gli Strateghi, sfoggiando un lieve sorriso e facendo una mezza riverenza con l’arma ancora in mano prima di lasciarla con noncuranza su un tavolino, uscendo dalla stanza senza congedo.

 

Nel seguirla con lo sguardo però Plutarch non trattenne un sorrisetto, esattamente come aveva fatto un anno prima… di certo Rubinia non aveva idea che la persona contro la quale andava il suo messaggio aveva praticamente fatto la stessa cosa, alla sua Prova.

 

Quando si dice che la sorte è ironica…

 

                                                                                       *

 

“Allora? Com’è andata? Si sono scandalizzati parecchio?”   Brittany inarcò un sopracciglio, parlando con tono impaziente mentre Rubinia le si avvicinava, senza trattenere un lieve sorriso soddisfatto:

 

“Non lo so, me ne sono andata prima che potessero dire qualcosa… Ma credo che si ricorderanno di me, nel bene o nel male.”

 

“Questo è sicuro, non ne dubito! Tra poco toccherà anche a me… speriamo vada tutto bene, sono un po’ nervosa.”

 

“Rilassati Britt, non può andare tanto male… Io torno di sopra, quando hai fatto raggiungimi, così mi racconterai com’è andata.”

 

Rubinia le rivolse un sorriso, dandole una leggera pacca sulla spalle prima di superare la ragazza, rivolgendo anche un cenno di saluto in direzione di April prima di uscire dalla stanza quasi saltellando, sentendosi improvvisamente molto fiera di se stessa mentre Aaron veniva chiamato a sua volta nella Palestra.

 

Nel frattempo, esattamente come Brittany, anche un’altra ragazza non sembrava per nulla tranquilla di fronte alla Prova imminente… Astrid teneva le gambe accavallate, facendo dondolare nervosamente un piede mentre continuava a torturarsi le dita pallide, gli occhi azzurri fissi sul pavimento.

 

Quando una mano più olivastra e decisamente più calda si posò sulle sue mani Astrid smise improvvisamente di far dondolare una gamba, alzando lo sguardo di scatto e trovandosi così davanti a Sean.

 

“Ah, sei tu… ciao. Come mai ancora qui?”   Astrid si sforzò di sorridere mentre lui si strinse nelle spalle con noncuranza, dividendole le mani per impedirle di continuare a tormentarsele:

 

“Preferisco stare qui, invece che di sopra con Kalem… Lo sai, quel ragazzi mi mette a disagio.”

 

“Non sei l’unico. Allora, com’è andata la tua Prova? Ti sei messo a lanciare pesi da una parte all’altra della Palestra?”

Astrid sorrise appena, immaginandosi la scena e facendo sorridere di rimando anche lui, che annuì:

 

“In un certo senso. Abbastanza bene, o almeno lo spero… sai già che cosa farai?”

 

“Si… credo. Non vedo l’ora che sia finita.”   Astrid sospirò con aria cupa, nervosa all’idea di trovarsi da sola con degli estranei che dovevano giudicarla… era come dover sostenere un esame a scuola, solo mille volte peggio.

 

Sean sfoggiò un sorrisetto, quasi divertito dalle parole della compagna mentre le scaldava una mano tra le sue: in realtà il peggio doveva ancora arrivare… ma non gli sembrò il caso di farlo notare e decise di stare zitto, ritrovando una sensibilità che ogni tanto tornava a farsi viva dentro di lui, famoso per il suo freddo sarcasmo.

 

In effetti, con Astrid gli risultava molto difficile essere tagliente… quella ragazza era davvero troppo gentile per poterlo fare.

 

“Tranquilla, almeno non se l’ultima… sarebbe stata una brutta agonia. Credo che trovarsi circa nel mezzo sia decisamente la cosa migliore, non preoccuparti.”

 

Astrid annuì, ringraziandolo con lo sguardo mentre le rivolgeva un lieve sorriso, facendo scivolare le mani dalle sue mentre Aaron usciva dalla palestra con un’espressione quasi soddisfatta dipinta in volto, sorridendo al fratello prima di uscire dalla stanza senza curarsi minimamente di nessun altro.

 

“Posso chiederti una cosa?”     Astrid inarcò un sopracciglio, guardando il ragazzo con attenzione mentre Caius si alzava, chiamato per essere esaminato.

 

“Certo.”

 

“Come mai sei gentile con me?”  

 

“Non dovrei esserlo?”   Sean inarcò un sopracciglio mentre si metteva a cavalcioni della fredda panca di metallo grigio, osservandola come se non capisse il perché di quella domanda insolita.

Astrid si strinse debolmente nelle spalle, abbassando lo sguardo mentre gli occhi verdi di Sean la scrutavano:

 

“Non lo so… Non ci conoscevamo prima, se non di vista… ma non sei mai stato un tipo molto socievole, vero?”

 

“In effetti no, non attacco bottone con chiunque… ma tu sei stata carina con me fin da subito, anche se non mi conoscevi e anche se siamo… qui. Perché non dovrei essere gentile con te, visto che tu lo sei stata con me? Sei una persona che ispira fiducia, Astrid.”

 

Parlò come se fosse una cosa quasi ovvia e Astrid per un attimo tacque, osservandolo come a voler capire se fosse sincero o meno… dopo un attimo di esitazione però annuì, sforzandosi di sorridere:

 

“Ok… scusami. E’ solo che… beh, come hai detto tu, siamo qui.”

 

“Tranquilla, non importa… lo capisco, è normale essere un po’ diffidenti in una situazione come questa.”

 

Sean si strinse nelle spalle e Astrid fu sollevata nel vedere che non sembrava essersi offeso… ma aveva avuto quella domanda in testa per un po’, e aveva voluto chiederglielo per sentirsi più sicura.

 

Nonostante il contesto, poteva dire di fidarsi di Sean… ma qualcosa le diceva comunque che era meglio starci un po’ alla larga, non tanto perché lo riteneva doppiogiochista o calcolatore, ma perché non era decisamente il caso di affezionarsi troppo a qualcuno che avrebbe perso in ogni caso, in un modo o nell’altro.

La prospettiva di dover, magari, vedere morire Amanda era già abbastanza deprimente.

 

                                                                                   *

 

“Ok, tocca a me…” Wilhelm sospirò mentre si alzava, visibilmente nervoso nonostante non avesse fatto altro che ripetersi di stare tranquillo da quando si era svegliato.

 

“Buona fortuna… andrai benissimo.”   Carly gli sfiorò la mano, sorridendogli calorosamente nell’intuire il disagio del fratello. Wilhelm abbassò lo sguardo su di lei e si sforzò di ricambiare, mentre David, seduto a destra del ragazzo, gli sorrideva quasi allegramente dandogli una pacca sulla spalla, come a volerlo incoraggiare:

 

“Suvvia Will, ne abbiamo passate di peggiori rispetto ad una Prova!”   

 

Nonostante il nervosismo Wilhelm non potè che dargli ragione, sorridendo al ragazzino con gratitudine prima di avvicinarsi alla porta della palestra. Carly invece si rivolse a David, guardandolo con un sopracciglio inarcato come a volergli chiedere a cosa si stesse riferendo:

 

“Di certo vivere in strada richiede sfide peggiori di questa, Carly… credimi, non è una passeggiata.”

 

“Lo so, lo immagino.”    La bionda annuì, abbassando lo sguardo sentendosi quasi in colpa: sapeva che era stata sua madre a mandare via di casa Wilhelm, che non era stata colpa sua infondo e che quando era successo era una bambina di soli 9 anni… ma forse avrebbe dovuto cercare di farla ragionare di più.  E poi, continuava a pensare che il motivo per cui sua madre aveva sbattuto fuori di casa il figlio era comunque legato a lei…

 

“Sai, non ha mai voluto dirmelo, neanche una volta. Perché è finito in strada? All’inizio ho pensato che non avesse una famiglia come me, ma poi un giorno nominò una sorella… perché se n’è andato di casa?”

 

David inarcò un sopracciglio, guardando la ragazzina con gli occhi scuri pieni di curiosità: se l’era chiesto molte volte, ma con il tempo aveva smesso di porre quella domanda al diretto interessato, capendo che preferiva di gran lunga non parlarne.

 

Carly esitò prima di rispondere, mordendosi il labbro per una frazione di secondo, mentre si stringeva leggermente nelle spalle, sapendo di non poter dire la verità:

 

“Mia madre è… difficile. Non sono mai andati molto d’accordo e quando mio padre è morto le cose sono peggiorate… lei è arrabbiata, lui si è stancato di quella situazione e un bel giorno se n’è andato, anche se aveva solo la mia età.”

 

Carly chinò il capo, sperando di averlo convinto e che David non facesse altre domande a riguardo… odiava parlare dell’argomento e cercava sempre di glissare le domande di quel tipo.

 

Il ragazzino la osservò per un attimo, forse non del tutto convinto… ma non disse nulla, sapendo che era di certo un argomento delicato e molto privato. Era deciso a capire cosa fosse successo a Wilhelm Grace, la persona più vicina ad una famiglia che avesse mai avuto, ma forse non era ancora arrivato il momento.

 

                                                                                       *

 

Uscendo dalla Palestra Cyrus passò accanto a Black, che viceversa stava entrando visto che era finalmente arrivato il suo turno.

La sala d’attesa stava ormai iniziando a svuotarsi e Cyrus, dopo aver rivolto un cenno e un silenzioso in bocca al lupo a Julian, si avviò per uscire dalla stanza, tornando in camera sua volendo stare un po’ da solo.

 

La Prova di Valutazione non era andata molto bene, ne era pienamente consapevole… d’altra parte però non se ne faceva un dramma, visto che non aveva dato volontariamente il massimo.

Entrando in ascensore Cyrus si appoggiò con la schiena alla parete fredda della cabina, sentendo un brivido percogliergli la schiena al contatto con il metallo.

 

Il moro appoggiò anche il capo alla parete e chiuse gli occhi, tenendo le braccia conserte mentre continuava a salire in fretta, diretto al suo piano.

 

Chissà che cosa avevano fatto Kalem, Aaron e Caius… e chissà che cosa stava facendo Black proprio in quel momento. I primi tre non si erano fermati a scambiare qualche parola con nessuno, lasciando la stanza non appena terminata la loro Prova… era molto curioso in effetti, si chiedeva che cosa avrebbero preso e non vedeva l’ora che arrivasse quella sera, per poter guardare i voti.

 

Dal canto suo, aveva deciso di adottare la tecnica sfruttata da decine di altri Tributi prima di lui… quasi sorrise nel ricordarsi della leggendaria Joanna Mason, che al tempo era stata una dei suoi Vincitori preferiti… l’aveva sempre trovata forte e fantastica, in effetti era quasi triste pensare che lei aveva votato positivamente per la pagliacciata in cui era finito invischiato.

Durante la Prova si era “destreggiato” con i coltelli da lancio, anche se non aveva propriamente brillato… poco male, non gli importava molto: se non altro, i suoi stessi compagni non l’avrebbero visto come una forte minaccia e non se la sarebbero presa con lui.

 

No, aveva deciso di lasciare quel privilegio a Caius, Aaron o Black… non vedeva proprio l’ora di vedere i loro voti e chiedergli, il giorno successivo, che cosa avevano fatto nelle loro Prove.

 

                                                                                   *

 

Black sorrise, guardando con cipiglio soddisfatto il coltello da lancio perfettamente piantato al centro della testa del manichino.

Aveva sempre avuto una buonissima mira, e aveva imparato in fretta a lanciare i coltelli… non aveva mai gongolato durante i giorni di Addestramento, impegnandosi parecchio: finalmente, ecco i risultati che emergevano.

 

Il ragazzo si voltò, alzando lo sguardo sulla tribuna occupata dagli Strateghi, guardandoli quasi in attesa che lo congedassero: sorrise nel vederli parlottare debolmente tra di loro, accennando alla processione di manichini infilzati dai coltelli del ragazzi in punti sempre diversi e più difficili, fino ad arrivare alla testa dell’ultimo.

 

“Posso andare?”

 

La voce di Black quasi echeggiò nella palestra praticamente deserta, mentre Plutarch si voltava di nuovo verso di lui, annuendo con fare sbrigativo dopo aver esitato per un attimo:

 

“Si, vai pure.”

 

Black rivolse agli Strateghi un ultimo sorrisetto divertito prima di girare suoi tacchi, avviandosi quasi baldanzosamente verso ka porta della Palestra: aveva avuto un po’ di ansia, in effetti… ma alla fine era andata per il meglio e si sentiva molto più leggero di quando era entrato, solo meno di dieci minuti prima.

 

Aprì la porta della palestra quasi con un sorriso stampato in faccia, non fermandosi a parlare o a guardare nessuno prima di raggiungere l’uscita della stanza e gli ascensori, non vedendo l’ora di tornare in camera sua e confrontarsi con Caius sulle rispettive Prove.

 

Era l’ultimo tra i ragazzi, della sua età, ora il turno era delle ragazze… Scorse una ragazza bionda, Amanda, alzarsi dalla panca e avvicinarsi alla porta della Palestra con aria per niente rilassata, mentre la sala d’attesa si era praticamente dimezzata.

 

Il ragazzo raggiunse gli ascensori in fretta, non vedendo assolutamente l’ora di scoprire cosa aveva preso, ma soprattutto cosa avevano preso i suoi compagni, nonché futuri avversari… Gli era sempre piaciuto vincere ed essere migliore degli altri in qualcosa, quindi sperava davvero di aver preso un voto abbastanza alto.

 

                                                                                 *

 

“Tra non molto toccherà a noi… prima ero tranquilla, ma man mano che il mio turno si avvicina, sono sempre più nervosa.”

 

Tonya sbuffò, facendo dondolare nervosamente le gambe mentre osservava Amanda uscire dalla Palestra, cedendo il “testimone” ad una Brittany visibilmente agitata.

 

Amanda rivolse un sorriso in direzione di Astrid prima di uscire dalla stanza, visibilmente sollevata di aver portato a termine anche quella fase.

 

Faye, che teneva le braccia conserte, fece vagare lo sguardo sulle persone che erano ancora sedute intorno a lei, notando che erano rimaste soprattutto ragazze, contatto anche Brittany che era appena entrata in Palestra: ad aspettare c’erano ancora lei, Tonya, Africa, Astrid, April, Erica e Carly… gli unici ragazzi rimasti erano Julian, Louis e David.

 

“E’ normale, ma sono certa che quando sarai dentro, l’ansia passerà… è sempre così.”   Faye si strinse nelle spalle, quasi come a voler sdrammatizzare e allentare la tensione nella compagna: in realtà nemmeno lei era poi così tranquilla, ma non teneva a darlo a vedere… e poi, di certo mostrarsi nervosa avrebbe solo peggiorato il nervosismo di Tonya.

 

“Beh, spero davvero che tu abbia ragione. Non vedo l’ora che anche questa sia finita, dico davvero.”

 

“Beh, domani sera ci saranno le Interviste… da una parte credo che quelle saranno peggiori.”

 

Faye inarcò un sopracciglio, chiedendosi a come sarebbe stato trovarsi sul palco, sotto i riflettori e gli occhi di tutta Capitol con addosso un abito sfavillante… mentre tutti i Distretti l’osservavano quasi con disprezzo.

 

Tecnicamente, in quel caso nessuna li avrebbe giudicati… ma in realtà l’impressione che avrebbero dato il giorno dopo sarebbe stata decisamente più decisiva della Prova di Valutazione che stavano affrontando in quel momento.

 

Tonya annuì alle sue parole, già poco entusiasta all’idea di dover parlare davanti a tutti quegli occhi:

 

“Lo penso anche io… ci sarà ancora Caesar, secondo te?”

 

“Non lo so, ma penso di sì… personalmente lo spero, mi è sempre stato simpatico.”

 

Faye si strinse nelle spalle, ricordando quasi con divertimento le innumerevoli Interviste che aveva visto in tv, quando sua madre andava invece a vederle dal vivo ma la lasciava a casa perché troppo piccola.

 

Si era sempre chiesta come fosse indossare uno di quei vestiti splendidi e parlare con Caesar davanti a tutti… in fin dei conti, stava per scoprirlo.

 

E qualcosa le diceva che i Capitolini non fossero poi molto cambiati, infondo… era assolutamente certa che Capitol fosse piena di scommettitori che puntavano sul colore scelto da Caesar per tingersi quell’anno, come accadeva sempre.

 

                                                                                      *

 

Uscendo dalla Palestra, Brittany tirò quasi un sospiro di sollievo… non era certa che fosse andata egregiamente, ma almeno era finita.  Quando Astrid le passò accanto le rivolse un debole sorriso, quasi ad volerle augurare silenziosamente un buona fortuna prima di avvicinarsi all’uscita.

 

“Com’è andata?”   Una voce familiare la bloccò, facendola voltare istintivamente verso la sua fonte: Brittany si ritrovò davanti April, che era seduta e la guardava con gli occhi pieni di curiosità:

 

“Non saprei… bene, spero. Ho sfruttato quello che abbiamo provato ed imparato durante l’Addestramento, tecniche di sopravvivenza ecc… spero davvero che sia bastato.”

 

“Immagino che lo scoprirai stasera… beata te che hai finito, tra poco toccherà a me…”   April sbuffò, lanciando alla porta ormai chiusa della Palestra un’occhiata cupa: aveva quasi la mezza tentazione di alzarsi e darsela a gambe, in effetti… dopo Astrid sarebbe toccato a Julian e poi sarebbe arrivato anche il suo turno.

 

“Se sono sopravvissuta io, lo farai anche tu… piuttosto non vedo l’ora di sapere che voto hanno dato a Rubinia, considerando la sua scelta audace. Anzi, vado da lei, così le chiedo se hanno reagito e come… buona fortuna, ci vediamo domani sera!”    Brittany rivolse ad April un sorriso incoraggiante, dandole una leggera pacca su una spalla prima di avviarsi verso l’uscita, desiderosa di tornare finalmente in camera sua e poter parlare un po’ con Rubinia.

 

April invece sospirò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli viola e sperando che la compagna avesse ragione… la cosa peggiore era che non aveva idea di come avrebbe reagito all’Arena, se per la Prova di Valutazione era nervosa.

 

                                                                                      *

 

Africa spense la tv, tornando a stendersi completamente sul grande e morbido letto. Fissò lo sguardo sul soffitto bianco della stanza, riflettendo sulla lunga successione di voti a cui aveva appena assistito…

 

La mano della ragazza andò ad afferrare un foglio appoggiato accanto a lei sul copriletto, sollevandolo per leggere quanto aveva precedentemente scritto: si era annotata tutti i voti e rileggendoli aveva potuto constatare che fossero abbastanza nella media…. Pochi avevano preso voti veramente molto alti, e viceversa a nessuno era andata in modo disastroso, anche se Cyrus Dennim se n’era uscito con un semplice 6.

 

Gli unici ad aver preso voti effettivamente alti erano stati Black Hole, con un 11, Rubinia Flaemus con un 10, Aaron Bradshaw che aveva preso il medesimo voto e Sean Thorn con un 9… Caius Gold aveva preso 8, così come Kalem Schweinson, Astrid Walsh e lei stessa.

Quindi erano quelli, da cui si doveva guardare… a meno che non ci fosse qualcuno che si fosse penalizzato di proposito, certo.

 

Africa sospirò, collegando con disappunto che molti tra quelli che avevano preso buoni voti erano alleati insieme… Aaron Bradshaw, Caius Gold, Black Hole e Kalem Schweinson.

 

Ad averla stupita di più era, in effetti, Rubinia: si chiedeva che cosa mai avesse fatto di tanto straordinario per prendere un voto simile… non era stata male nell’Addestramento, ma non a quel livello.

Chissà che cosa aveva fatto, esattamente come gli altri… Probabilmente Astrid si era arrampicata a destra e a sinistra, visto quanto era agile, ma davvero non aveva idea di cosa aveva potuto mostrare Rubinia.

 

Mettitela via Fify, probabilmente non lo saprai mai.

 

 

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Angolo Autrice:

Salve a tutti! Ed eccoci anche alla Prova di Valutazione... grazie mille a chi mi ha mandato le informazioni e, come sempre, per le recensioni.

Questo capitolo è uscito un po' più lungo rispetto al solito, spero che non vi dispiaccia.

Nel prossimo ci sarà ovviamente la Sfilata, ergo: se volete potete mandarmi la descrizione o il link di un vestito particolare, altrimenti mi arrangerò io... Mi servirebbe però che mi diceste di che cosa potrebbe parlare il vostro OC, durante l'Intervista.

Vi auguro una buona Domenica, ci sentiamo al massimo nel prossimo finesettimana con il seguito!

Signorina Granger

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Capitolo 10
*** Le Interviste ***


Capitolo 6: Le Interviste   


Astrid era in piedi davanti allo specchio da neanche sapeva quanto tempo: dieci minuti, mezz'ora? Di certo però non era ancora ora di scendere, visto che nessuno era andato a chiamarla. 

Nella stanza accanto, Amanda si stava preparando a sua volta... lei invece era già pronta, o almeno esteticamente: psicologicamente, non si sentiva pronta neanche un po’. 

Sospirò debolmente, sfiorando con le dita la gonna del vestito mentre continuava a guardare il suo riflesso con cipiglio quasi cupo: era quasi triste pensare che solo un mese prima sarebbe andata a qualche festa, se agghindata in quel modo... ora invece sarebbe apparsa a Capitol forse per l'ultima volta, e non era una prospettiva molto gradevole. 

Un lieve sorriso le increspò le labbra, pensando a quello che avrebbe detto sua sorella vedendola così: probabilmente le avrebbe sorriso, tirandole la gonna del vestito e dicendole che sembrava una principessa... aveva sentito Rebecca dire di non vedere l'ora di diventare una “ragazza grande per mettere i bei vestiti” milioni di volte.  Gli occhi azzurri di Astrid si appannarono di lacrime, consapevole che purtroppo sua sorella non aveva avuto l'occasione di crescere. 

La ragazza deglutì, cacciando in fretta le lacrime per evitare di rovinarsi il trucco: il suo staff aveva fatto un bellissimo lavoro e non se la sentiva proprio di rovinarlo. 
Lanciandosi un’ultima occhiata, ai capelli intrecciati sulla nuca e tenuti su con una tiara d’argento fatta di fili intrecciati e al lungo vestito grigio senza spalline, Astrid quasi sbuffò, voltandosi per uscire finalmente da quella stanza: non le sarebbe dispiaciuto buttarsi dentro quello specchio e sparire per sempre, ma sfortunatamente non poteva scappare da quella situazione. 


                                                                                       *


“Ma perché hanno inventato questa cosa? È così stupida...” 

“Non mi dispiaceva guardare le Interviste in TV... ma non muoio dalla voglia di prenderne parte, se devo essere sincera.” 

Tonya sbuffò debolmente, tormentandosi nervosamente le mani mentre Faye imprecava a bassa voce contro i suoi capelli, cercando di tenere a bada una ciocca di capelli che non ne voleva sapere di stare al suo posto.

“Se non altro Caesar fa bene il suo lavoro... è molto bravo.” 

Faye sorrise, facendo un mezzo giro su se stessa per guardare Tonya, che era già pronta e stava aspettando che anche lei finisse di sistemarsi prima di scendere. 

“Già... magra consolazione. Probabilmente farò una delle mie figuracce.”   Tonya inarcò un sopracciglio, ipotizzando quale gaffe avrebbe potuto fare quella sera mentre invece Faye sorrideva, avvicinandosi alla compagna con la gonna lunga del vestito color Tiffany che le svolazzava intorno alla gambe:

“Pensa positivo... se parti così, di certo farai davvero una figuraccia. Andiamo, siamo Capitoline... questo dovrebbe essere il nostro pane quotidiano, è così che ci vedono gli altri.” 

“Questo non vuol dire che sia vero... i Distretti pensano che siamo fatti con lo stampino, ma si sbagliano: io non sono per nulla a mio agio, in queste situazioni.” 

Tonya piegò le labbra in una smorfia mene usciva dalla stanza in compagnia di Faye, che annuì con aria quasi cupa: non era mai andato giù neanche a lei, che li ritenessero tutti dei perfetti idioti senza cervello con solo le feste in testa. Probabilmente c'erano moltissime persone così nella città, ma non voleva necessariamente dire che fossero tutti uguali. 

“Lo so, non hanno una considerazione molto alta dei Capitolini... ma chissà, forse questi giochi sono un modo per far cambiare idea ai Distretti, non credi? E in un certo senso è giusto che abbiano la loro rivincita dopo 75 anni di stragi... solo non dovevano mettere in mezzo noi.” 

Una volta in ascensore le due incontrarono anche Rubinia e Brittany: la prima piuttosto pensierosa, come se stesse già programmando cosa dire... Brittany sembrava invece piuttosto rilassata, tanto che rivolse un sorriso alle due compagne quando entrarono nella piccola cabina di metallo. 

“Ciao... menomale, pensavamo di essere le ultime.”  Le labbra di Brittany si distesero in un sorriso quasi sollevato nel vedere le due, lisciandosi con una mano la gonna nera del vestito corto che indossava. Rubinia invece era vestita allo stesso modo della Cerimonia di Apertura, i capelli rossi sciolti sulle spalle e la tunica nera drappeggiata da fiamme che sembravano quasi vive in contrasto con i suoi capelli. 


“Oh no, grazie ai miei capelli anche noi ci abbiamo messo un po’.”  Faye sorrise, sembrando quasi un raggio di sole con il suo vestito azzurro in mezzo a Brittany e Rubinia, entrambe in nero. 

“Spero solo che non comincino per ordine di età come l'altra volta... non vorrei essere la prima, in genere durante le Interviste partono con le ragazze.” 

Le labbra di Rubinia si piegarono in una smorfia, per nulla entusiasta all'idea di dover “aprire le danze”: Caesar le era sempre piaciuto, fin da bambina.. ma non moriva comunque dalla voglia di essere la prima a finire sotto i riflettori.

“Già... magari però cominceranno con i più piccoli, non possiamo saperlo.”    Brittany si strinse nelle spalle con noncuranza, non ponendosi il problema visto che lei sarebbe stata comunque verso la metà in ogni caso. 

Rubinia sospirò come se sperasse che la compagna avesse ragione, pensando al contempo a sua madre, esattamente come Faye pensava ai suoi fratelli minori.. chissà come avrebbe reagito, a casa, la piccola e adorabile Hope nel vedere la sorella maggiore in TV per l'ultima volta prima del massacro. Sperava fortemente che il patrigno avrebbe avuto il buonsenso di non farle vedere i Giochi, anche se probabilmente Elih avrebbe insistito: quel ragazzino era più testardo di un mulo e nessuno lo sapeva più di lei, anche se lo adorava comunque.  

“Di sicuro i Distretti gongoleranno, questa sera... si stanno finalmente prendendo la loro tanto agognata rivincita. Probabilmente guarderanno i Giochi per la prima volta con vero interesse, quest’anno.”

“Decisamente... muoiono dalla voglia di vedere i nostri genitori disperati, probabilmente.” 

Rubinia piegò le labbra in una smorfia, evitando di pensare a sua madre in lacrime nel vederla morire in diretta televisiva: non sopportava proprio l'idea di lasciarla sola, non con suo padre chiuso in carcere. 



“Io spero solo che non ci siano i genitori di nessuno di noi tra il pubblico... sarebbe ancora più brutto.”

Il tono cupo di Faye fece sorridere Brittany quasi amaramente, anche se non disse nulla e preferì rimanere in silenzio mentre l’ascensore si fermava e le porte di metallo finalmente si aprivano: se non altro, lei non correva quel rischio, esattamente come Tonya.


                                                                                         *


Benché ci stesse provando, Sean proprio non riusciva a stare fermo: non era stato molto agitato per la Prova di Valutazione, il giorno prima... e nemmeno per al Sfilata. Quella sera invece era praticamente un fascio di nervi, per niente a suo agio nell’elegante e di certo costosissimo completo che indossava.

Il ragazzo si passò nervosamente una mano tra i capelli color grano che erano stati pettinati sotto il volere della sua Stilista... peccato che lui non avesse alcuna intenzione di vederli ordinati. 

Il ragazzo si guardò intorno, seduto su una delle sedie disposte a ferro di cavallo nell’anticamera del palcoscenico. Wilhelm era seduto accanto a David ed entrambi non sembravano molto a loro agio: probabilmente nessuno di loro aveva molta voglia di parlare della propria famiglia. Sapeva che David fosse orfano, mentre Wilhelm... sapeva che aveva visto gli ultimi anni fuori casa da dopo la morte del padre, ma non sapeva altro. In effetti, le circostanze della morte dell'uomo erano sempre rimaste abbastanza misteriose per tutta Capitol.

In particolare, David non sembrava molto a suo agio nello Smoking che indossa ma continuando infatti s torturarsi il papillon nero come se morisse dalla voglia di strapparselo e correre a nascondersi da qualche parte. 

Decisamente a proprio agio sembrava invece Kalem, ancora più impossibile da non notare con addosso un completo bianco che risaltava i suoi capelli, occhi e pelle chiarissimi. Il ragazzo era comodamente seduto con le gambe accavallate, sistemandosi le maniche della camicia nera e lucida sotto la giacca candida, abbinata al fazzoletto nero nel taschino.

Sean non indossava spesso abiti di quel tipo, e quasi sorrise nel pensare alla sorellina che l'avrebbe di certo guardato da casa... riusciva perfettamente ad immaginarsela, seduta sul divano dei vicini con il suo enorme orsetto Buddy stretto tra le braccia, strillando il suo nome non appena l'avrebbe visto salire sul palco. 

Il ragazzo sperava ardentemente di non essere il primo s dover parlare davanti a tutti mente si sistemava con lieve nervosismo le maniche della camicia bianca sotto alla giacca lucida color cobalto: odiava ammetterlo, ma con la camicia, il gilet e il papillon bianco sotto al completo blu si sentiva orribilmente una specie di Principe Azzurro. 

E la cosa non gli piaceva neanche un po’, anche se di certo Emma avrebbe apprezzato parecchio. 

Mentre valutava seriamente l’ipotesi di svenire apposta per non dover parlare, nella stanza sbucarono finalmente anche alcune tra le ragazze, che fino a quel momento non si erano ancora fatte vedere: Faye, Tonya, Brittany e Rubinia presero posto vicine senza fermarsi a salutare nessuno, probabilmente troppo impegnate a pensare alle Interviste imminenti per preoccuparsi di altro. Poco dopo spuntarono anche le più giovani Carly ed Erica, la prima con addosso un lungo vestito blu elettrico e la seconda vestita di rosso, i capelli biondi raccolti in una cosa alta. Carly sorrise quasi con aria raggiante nel vedere i fratello maggiore, avvicinandoglisi con una velocità sorprendente per le scarpe alte che indossava e sedendosi accanto a lui. David rivolse alle due un sorriso raggiante e fece per dire qualcosa, ma un’occhiata eloquente di Wilhelm lo costrinse a stare zitto, mente Carly sistemava il colletto della camicia bianca del fratello, abbinata ad un completo blu opaco. 

“Alla mamma verrà un infarto, vedendoti così.” 

“Che le venga pure, non mi interessa.”  Il tono acido del fratello non sorprese minimamente Carly, che gli strinse un braccio mentre appoggiava il capo sulla sua spalla, felice di poter stare insieme a lui dopo anni di separazione. 

Certo il contesto non era dei migliori, ma almeno se ne sarebbe andata con la persona che amava di più vicino. 

   
                                                                          *

“Dici che siamo in ritardo?” 

“Non credo... ma se anche fosse non mi interessa,, non saremo di certo noi i primi.” 

Caius si strinse nelle spalle, appoggiato al a parete fredda dell’ascensore mente si sistemava distrattamente la giacca color sabbia. Si passò anche una mano tra i capelli castano chiaro, in netto contrasto con Black con i suoi  capelli corvini e il completo nero e grigio che indossava.

“Ne dubito, probabilmente cominceranno da Rubinia, Kalem o Thorn come per la Prova... non mi dispiace, non vorrei dover essere io a rompere il ghiaccio.” 

“Io non sono nervoso, non può andare male... Flickerman aiuta sempre i Tributi... e io ho come la capacità di piacere alle persone.” 

“Caius Gold, tu si che brilli per modestia.” 

“Poco ma sicuro, è una delle mie qualità migliori... me lo dice sempre, mia madre.” 

Caius sfoggiò un sorrisetto mentre parlava, facendo scuotere il capo del compagno con fare quasi rassegnato mentre le porte si aprivano, permettendo ai due di uscire e di raggiungere i loro compagni. 

Senza spicciare parola i due andarono a sedersi accanto a Kalem, che a sua volta non disse nulla ma si limitò a sorridere, con l'aria di chi è perfettamente a proprio agio. 

Sia Black che Caius non erano molto nervosi... ma mentre il secondo non aveva alcun problema a parlare della sua famiglia o del suo passato davanti a tutti, Black non moriva dalla voglia di fare una chiacchierata davanti a tutta Panem. Conoscendosi, probabilmente si sarebbe sbilanciato un po’ solo se fosse spuntato l'argomento “famiglia”, parlando di suo fratello. 


                                                                                *


“Tu non sei nervosa?” 

“No.”  Africa si strinse nelle spalle quasi a voler suggellare le sue parole, mentre insieme ad April scendeva velocemente i piani del Centro di Addestramento per raggiungere il palcoscenico. 

Non le dispiaceva l'idea di essere sotto gli occhi di tutti, infondo erano solo pochi minuti... e aveva fatto molte prove nell'arco della giornata. Inoltre, era la prima volta in cui parlava pubblicamente prima dei Giochi: quella sera si sarebbe davvero fatta conoscere, visto che fino a quel momento gli sponsor l'avevano solo vista, oltre a sapere il voto che aveva preso alla Prova, il giorno precedente. 

April invece era di avviso diverso: per lo meno si sentiva a suo agio nel vestito nero in stile gotico che indossava... ma si sarebbe volentieri chiusa in camera sua, piuttosto che prendere parte a quella pagliacciata.

E il pensiero che il giorno dopo sarebbe stata nell’Arena, a quell'ora... di certo non l’aiutava. 

Quando le porte si aprirono, le due si avvicinarono senza dire nulla ai loro futuri avversari, prendendo posto su due sedie vuote vicine. April rivolse un sorriso in direzione di Brittany e Rubinia, mentre Africa incrocio le braccia al petto e sospirò debolmente, sperando che la sua Intervista andasse bene, 

I capelli rosa acceso della ragazzina la mettevano in discreto contrasto con il vestito dalla gonna bianca che indossava, corta e in tulle, decorata con dei ricami di pizzo nero che continuavano anche sul corpetto del vestito. 

Sembrava che molti non avessero molta voglia di parlare e gran parte dei Tributi se ne stava in religioso silenzio, lo sguardo vacuo come se stessero pensando ad altro. Molti non riuscivano a stare fermi, continuando a tamburellare le dita o i piedi sul pavimento, tormentandosi le mani e o i capelli nel caso delle ragazze. 


Ormai erano scesi quasi tutti, e di certo le Interviste sarebbero cominciate entro pochi minuti... Africa non vedeva l'ora di assistere a quelle dei suoi compagni, giusto per avere l'occasione di conoscerli meglio anche dal punto di vista del loro passato e della loro famiglia... le informazioni potevano sempre rivelarsi in qualche modo utili, nell’Arena. 

Un paio di voci femminili attirarono la sua attenzione e la ragazzina si voltò, ritrovandosi a guardare Astrid e Amanda avvicinarsi al gruppo. La prima aveva i capelli raccolti e indossava un bellissimo abito grigio, senza spalline e con molte decorazioni d’argento mentre Amanda aveva i capelli biondi sciolti sulle spalle e indossava un abito nero.


Le due ragazze smisero di parlare quando raggiunsero il gruppo e lo sguardo di Astrid cadde su Sean, riconoscendolo anche se il ragazzo era voltato dall'altra parte mentre ascoltava qualcosa che gli stava dicendo Wilhelm, leggermente sporto verso di lui.

Visto che accanto a lui c'era una sedia vuota Astrid gli si avvicinò quasi senza pensarci, scorgendo distintamente Wilhelm fare un cenno col capo nella sua direzione. Di fronte al gesto Sean si voltò verso di lei, esitando per un attimo mentre la osservava prima di sorriderle debolmente. 

Arrossendo leggermente la ragazza abbassò lo sguardo, pregando mentalmente di non inciampare sui tacchi e rotolare per terra: il suo curriculum di figuracce era già abbastanza lungo. 

“Ciao.” 

Mentre sedeva accanto a lui, facendo attenzione a non rovinare il vestito, Astrid ricambiò il sorriso del ragazzo, salutandolo a bassa voce. 

“Ciao, Astrid... ce ne avete messo di tempo. Cominciavano a pensare che ti fossi nascosta da qualche parte.” 

“Lo farei molto volentieri... sono sicura che farò una figuraccia.”   

“Possibile che tu sia sempre negativa? Un po’ più di sicurezza non ti guasterebbe... E poi sei molto bella, oltre che dolce, di sicuro ti adoreranno.” 


Sean le sorrise quasi come a volerla rassicurare e Astrid si ritrovò ad arrossire di nuovo, abbassando lo sguardo mentre mormorava un “grazie”. Si astenne dal dirgli che se avesse sorriso mostrando le fossette di certo lui avrebbe fatto strage di cuori, non lei... 

Un boato non indifferente proveniente dal palcoscenico fece drizzare le orecchie a tutti, che tacquero all’istante mentre Caesar faceva la sua comparsa sul palco, salutando il pubblico e Panem in generale. Sembrava che il presentatore non avesse perso il suo solito brio... indossava il suo solito completo scintillante, come se nulla fosse cambiato e quella fosse solo l’ennesima edizione che avrebbe dovuto presentare. 


Nessuno si stupì nel vedere i capelli cotonati dell’uomo tinti di un acceso lilla, anche se di certo non era granché come spettacolo.

“È assolutamente orribile. Non capirò mai la moda di Capitol di colorare i capelli in quel modo...” 

Sean piegò le labbra in una smorfia quasi orripilata mentre guardava l'immagine dell'uomo nello schermo, parlando a voce bassa affinché solo Astrid potesse sentirlo. 
La ragazza accenno invece un sorriso, non dicendo nulla ma trovandosi d'accordo con il ragazzo: lei non si era mai tinta i capelli in vita sua, al contrario di praticamente tutte le sue vecchie compagne di scuola... c'era da chiedersi se Capitol l’avrebbe apprezzata per il suo essere “diversa” o meno. 


                                                                               *



Cyrus inarcò un sopracciglio, gli occhi fissi sullo schermo mentre, a braccia conserte, seguiva l’Intervista di Black Hole. 

Durante la prima parte del “colloquio” il ragazzo era rimasto piuttosto sulle due, rispondendo praticamente con monosillabi alle domande di Caesar senza dilungarsi mai troppo... poi però il commentatore aveva intavolato il discorso “famiglia” e allora Cyrus avrebbe giurato di aver visto Black quasi illuminarsi, sorridendo mentre iniziava a parlare del fratello gemello White, a cui era molto legato anche se diversi. 

Dal canto suo, Cyrus non aveva parlato molto della sua famiglia... aveva preferito restare sul vago e parlare di Capitol e di cosa ne pensasse dei Giochi, anche se alla fine dell’Intervista aveva rivolto un saluto, forse l’ultimo, alla sua ragazza Brigit. 

Triste pensare che forse non l'avrebbe più rivista... e la prospettiva di come lei avrebbe vissuto i giorni successivi era anche peggiore. 

Nessuno di loro meritava quello che gli stavano facendo... ma ormai era tardi, sfortunatamente. 

Quando Black tornò a sedersi Caius prese il suo posto, dimostrandosi esattamente come sempre: calmo, rilassato, sicuro di se stesso ai limite del sopportabile. 

Ormai Cyrus lo conosceva abbastanza da prevedere come si sarebbe comportato durante l’Intervista... era deciso ad accaparrarsi degli sponsor, e grazie anche all’influenza di suo padre di certo non gli sarebbe risultato molto difficile. 



Durante i pochi minuti che passò sotto i riflettori, Caius parlò effettivamente parecchio di suo padre, dimostrandosi decisamente più aperto alla conversazione rispetto a Black. Cyrus non aveva mai capito come, ma quel ragazzo sembrava rilassato e sicuro di se stesso in ogni occasione... sotto quel punto di vista, era curioso di vederlo nell’Arena: chissà se avrebbe tenuto la maschera o se l'avrebbe fatta cadere. 


                                                                                        *


Tonya quasi sbuffò mentre teneva lo sguardo sullo schermo, seguendo l'intervista di Faye quasi con disappunto: perché lei non riusciva ad essere sciolta? 

Il suo turno era arrivato appena prima di Faye, ma a differenza sua non era riuscita a parlare quasi per niente della sua famiglia... non le andava di far sapere a tutto il mondo che nemmeno i suoi genitori l'avevano voluta. 

Aveva risposto a monosillabi praticamente per tutto il tempo, ponendosi in netto contrasto con la parlantina pacata e rilassata di Faye o con i sorrisi di Brittany: nemmeno quest'ultima aveva avuto una famiglia... ma se ne soffriva, forse lo dava meno a vedere. 



Rubinia si era già conquistata l'amore del pubblico parlando dapprima della sua vita prima della rivolta e poi di sua madre, di come avessero affrontato insieme il periodo post rivolta... e di come intendesse prendere sul serio quella sfida, per dimostrare a Panem di che pasta fossero realmente fatti i Capitolini. Una delle Interviste più seguite era stata senza dubbio quella di April, che non si era posta troppi peli sulla lingua esponendo senza problemi quello che pensava sulla politica che aveva regnato a Panem per anni, e quella di Carly, che aveva parlato di sua madre e del suo rapporto con il fratello... probabilmente molti si erano anche commossi come alla Mietitura, ma al contrario Wilhelm non si era dilungato molto a parlare di come avesse vissuto i precedenti quattro anni e soprattutto perché, glissando leggermente la domanda di Caesar a proposito. 

Tonya si riscosse dai suoi pensieri vedendo Faye alzarsi, salutare con un sorriso Caesar mentre il pubblico applaudiva prima di sparire dalla visuale dello schermo, scendendo i pochi gradini che separavano il palcoscenico dalla buia stanza dove si trovavano i Tributi, chi in attesa del proprio turno e chi invece stava semplicemente osservando i compagni parlare, aspettando che anche quella fase dei Giochi avesse fine. 

Quando Faye fece la sua comparsa con aria decisamente sollevata Africa si alzò, consapevole che a breve sarebbe stata chiamata da Caesar sul palco... 

“Come sono andata?” 

“Meglio di me, poco ma sicuro...” 

“Non pensarci, l’Intervista è soltanto una prima impressione... l'azione vera e propria verrà una volta nell’Arena, e allora avrai modo di far davvero capire chi sei.” 

Tonya annui, sforzandosi di sorridere alle parole di Faye: ovviamente sperava che avesse ragione... ma una parte di lei non poteva che porsi una semplice domanda: avrebbe avuto modo di farsi conoscere durante i Giochi, o non sarebbe durata abbastanza da poterlo fare?


                                                                               *


Africa si lasciò cadere sul letto, fissando lo sguardo sul soffitto.
Era certa che quella notte avrebbe dormito ben poco, nonostante si dicesse di doverlo fare: non poteva arrivare nell’Arena già stanca, no? In più quella sarebbe stata l'ultima notte in cui avrebbe potuto dormire senza il timore che qualcuno l’uccidesse nel sonno...

La ragazzina sospirò, rigirandosi sul morbido materasso e facendo sprofondare il volto nel cuscino: non era pronta, proprio per niente... ma infondo, chi mai lo era? 

Solo ora si rendeva conto di che razza di barbarie fossero quei Giochi... e non le restava che maledire chi li avesse inventati e i Vincitori, che li avevano portati a quella situazione. 

L’Intervista, se non altro, era andata bene... era stata se stessa al 100%, ma era piuttosto certa di aver dato una buona impressione ai suoi concittadini. Chissà se le sue sorelle l'avevano guardata, e chissà cosa avevano pensato... 

Sperava solo che non assistessero ai Giochi, specialmente il Bagno di Sangue. 

Un brivido percorse la schiena della ragazzina al pensiero della prima, forse più cruenta parte degli Hunger Games... in genere almeno 6 o 7 Tributi morivano nel Bagno di Sangue, chissà se anche in quell’occasione quella specie di regola non scritta sarebbe valsa. 


Ad ogni modo, di una cosa era sicura: forse non avrebbe vinto, non sarebbe tornata a casa e non sarebbe sopravvissuta a quell’infamia... ma non sarebbe morta subito, non al Bagno di Sangue. Se avrebbe perso, di certo non l'avrebbe fatto subito. 















..................................................................................................................
Angolo Autrice:

Salve a tutti! 
Grazie come sempre a chi mi ha inviato le informazioni... questa volta l'avete fatto numericamente in più rispetto al solito, quindi grazie. 

Nel prossimo capitolo ci sarà, ovviamente, il Bagno di Sangue... chi se ne andrà per primo? 
Lo scoprirete presto, pubblicherò di sicuro il seguito in settimana... per allora spero che questo capitolo vi sia piaciuto.

Infine, ecco le immagini dei vestiti:

Carly 
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Erica 
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Faye
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Africa 
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Tonya 
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April 
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Brittany 
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Astrid 
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Amanda 
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David 
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Louis 
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Julian 
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Aaron 
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Black 
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Caius 
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Cyrus 
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Wilhelm 
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Sean 
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Kalem 
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Ci sentiamo presto con la prima parte nell’Arena!

Signorina Granger 

 

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Capitolo 11
*** Il Bagno di Sangue ***


Capitolo 9: Il Bagno di Sangue 


Salendo sulla pedana, il tubo si richiuse intorno a lei, mettendola definitivamente in trappola. 

Non è reale 

Si voltò, consapevole di non avere più alcuna via di fuga.
Come ogni cosa, anche quel momento era arrivato... e sentiva di non aver mai provato tanta paura come in quegli istanti.

Non è reale 

Si costrinse a respirare profondamente, chiudendo gli occhi mentre sollevava leggermente una mano, appoggiandola sul vetro freddo e liscissimo. 

O forse lo è

Con un suono metallico e una specie di strattone il tubo iniziò a salire, fungendo quasi da ascensore.
L’ascensore che l'avrebbe portata alla sua gabbia. 

Faye riaprì gli occhi, passandosi una mano tra i capelli mentre si voltava, rivolgendo un ultimo e debole sorriso in direzione del suo Stilista. 
Non poté fare a meno di notare che aveva gli occhi lucidi a sua volta... e forse la cosa non l’aiutò.

Per evitare di guardare l'ultimo squarcio di vita reale che le si offriva davanti Faye girò sui tacchi, voltandosi e cercando di fare mente locale. Per quanto si sforzasse però, tutto sembrava confuso nella sua testa... e si sentiva più abbattuta che mai, quasi come se avesse già perso.

La ragazzina strinse i pugni, deglutendo mentre alzava lo sguardo: la luce stava illuminando la cabina... era quasi arrivata all’Arena, quindi. 

Non mollare Faye... hai promesso di provarci. 



Forse non avrebbe vinto, lo sapeva; 
Forse non sarebbe mai tornata a casa;
Forse sarebbe stato un vero Inferno; 
E forse quello era il giorno in cui tutto sarebbe finito... 

Ma almeno ci avrebbe provato. Lo doveva a tutte le persone che erano morte durante la rivolta. 

Forse, lo doveva anche a sua madre. 


                                                                            *

Il freddo che lo pervase quasi lo fece sorridere: non si era sbagliato... li avevano spediti in mezzo al gelo, esattamente come aveva previsto quando aveva dovuto indossare il maglione pesante sopra alla camicia, con sopra una giacca termina e dei pantaloni dello stesso tipo, con scarponi molto pesanti.

Dopo diverso tempo passato nella penombra socchiuse gli occhi, cercando di abituarsi alla luce il più velocemente possibile: erano ufficialmente arrivato alla resa dei conti... e non aveva molto tempo. D'ora in poi, ogni minuto era da considerare prezioso, un traguardo in più verso la vittoria. 

Sean si mise una mano sulla fronte, cercando di vedere chiaramente i suoi compagni: erano disposti a cerchio, come sempre... e la Cornucopia scintillante era lì, davanti a loro. Nel mezzo perfetto di quel circolo formato dalle loro pedane. 


Sean si guardò intorno, osservando accanto a chi era finito: la fortuna non l'aveva baciato e non aveva accanto nessuno dei suoi compagni... era affiancato invece da Julian Bradshaw e da Rubinia Flaemus. 

Il ragazzo le rivolse un’occhiata che la rossa ricambiò, quasi volendogli fare un silenzioso augurio... Sean le rivolse un cenno del capo, voltandosi subito dopo per cercare con lo sguardo Wilhelm o Astrid. Non riuscì ad individuare il ragazzo, che probabilmente era dall'altra parte della Cornucopia, ma vide Astrid a cinque persone di distanza da lui, trovandola in preda alla sua stessa azione.

Ben presto i loro sguardi si incrociarono e lui le sorrise debolmente, quasi a volerla rassicurare... o provarci, visto che nemmeno lui era tranquillo o sapeva cosa sarebbe successo. Nessuno poteva dirlo, sfortunatamente.

Vide Astrid sforzarsi di ricambiare prima di voltarsi, probabilmente in cerca di Amanda... e a quel punto Sean puntò gli occhi verdi sulla Cornucopia, facendoli poi saettare su tutte le cose disseminate sulla neve, fino a lui.

Ovviamente la neve fresca li avrebbe rallentati... una gentile concessione degli Strateghi. Come sempre, non c'erano oggetti molto utili nei pressi delle pedane, ma dopo anni sapevano tutti come funzionava: il meglio era sempre verso il centro. 

Socchiudendo gli occhi Sean inclinò leggermente una gamba, protendendosi in avanti: forse era un suicidio, ma almeno ci avrebbe provato... e quelle distanze erano perfette per lui, da sempre più bravo negli scatti che nella resistenza.

Poteva farcela, lo sapeva... e lo sperava, sopratutto. 


                                                                               *


Mentre il conto alla rovescia continuava, Rubinia cercava di sforzarsi a stare ferma, senza però ottenere il minimo risultato: sentiva l'adrenalina pervaderle il corpo, e non riusciva a stare ferma o tranquilla... a breve tutto sarebbe cominciato, e voleva essere pronta a correre come non aveva mai fatto in vita sua. 
Era rimasta d'accordo con Brittany e April di dividersi: lei avrebbe cercato di arraffare qualcosa di utile, mentre loro si sarebbero limitate a prendere qualcosa per poi mettersi in salvo, lasciando che fosse qualcun altro a finire nel bel mezzo della mischia. 

Rubinia si guardò intorno, decisa a non essere tra i primi a finire fuori dai giochi... forse non avrebbe vinto, ma non aveva alcuna intenzione di andarsene al Bagno di Sangue. 

Aveva già una vaga idea di chi le avrebbe dato filo da torcere... e anche di cosa avrebbe dovuto prendere, per poter sperare di vincere. 
Le armi da fuoco sembravano quasi urlare il suo nome, dalla Cornucopia. 


                                                                                 *


Prendi qualcosa 
Prendi qualcosa 


Black sbuffò, sperando quasi che il conto alla rovescia finisse in fretta: era decisamente il minuto più lungo della sua vita, e non ce la faceva più a stare fermo su quella pedana. 

Aveva come la sensazione di non essere l'unico, visto come si agitavano Rubinia, Aaron, Wilhelm o Caius... Sean e Kalem invece erano entrambi perfettamente immobili, osservando la Cornucopia in placida attesa, pronti a scattare. 

Ovviamente una pistola sarebbe stato il massimo... ma forse era sperare troppo, un’arma da fuoco. Tuttavia, sapeva che con quella sarebbe stato tutto molto più facile. 

I secondi passavano, e lui si faceva sempre più inquieto... in un modo o nell'altro, non vedeva l'ora che quella fastidiosa situazione cessasse. 


                                                                            *


Mancavano solo 10 secondi, ormai. 
E non sapeva proprio cosa pensare... 

Wilhelm le aveva detto chiaramente di non fermarsi per nessun motivo, di correre verso gli alberi il più in fretta possibile... aveva adocchiato un sacco a pelo termico poco distante da lei ed era decisa a prenderlo, ma poi sarebbe effettivamente corsa verso il bosco che si ergeva alle loro spalle, ad una ventina di metri dalle pedane. 

Carly, sospirò, pensando un’ultima volta a sua madre, alla morte di suo padre che aveva causato l’allontanamento di Wilhelm... l'aveva fatto solo per lei, solo per proteggerla. Lo faceva in continuazione, da tutta la vita... e Carly sapeva che avrebbe continuato a farlo il più possibile anche dentro l’Arena. 

 Carly lanciò un’ultima occhiata al fratello mentre il tempo per le esitazioni stava per cessare... qualcosa le diceva che Wilhelm avrebbe anche dato la sua vita per cercare di farla uscire da quella gabbia mortale, ma solo il tempo avrebbe confermato o meno la sua idea.


                                                                              *


Quando il conteggio arrivò a 0 fu il caos: Cyrus vide alcuni Tributi girare sui tacchi e correre verso gli alberi, ma diversi si lanciarono a capofitto verso la Cornucopia. 

Ignorando chiunque gli stesse intorno Cyrus li imitò a saettare verso lo zaino più vicino, che aveva già adocchiato durante il conto alla rovescia: lo afferrò e se lo mise in spalla senza fermarsi neanche per un istante, voltandosi prima di lanciarsi di nuovo nella direzione opposta. Intravide con la coda dell’occhio qualcuno impegnato nella sua stessa operazione, mentre alcuni avevano già raggiunto la Cornucopia. 

Julian gli sfrecciò accanto e gli fece cenno di seguirlo, diretto verso gli alberi. 
Cyrus non se lo fece ripetere due volte e lo seguì, correndogli accanto senza emettere un suono... inconsapevole di quello che stava per succedere. 


                                                                              *


Rubinia sorrise con cipiglio vittorioso, afferrando la pistola e gioendo mentalmente nel trovarla carica. Un rumore accanto a lei la fece voltare di scatto, sollevando al contempo l'arma e puntandola dritta verso la fonte del rumore: esitò nel ritrovarsi davanti a Sean, che tenendo una lancia in mano esitò a sua volta, osservandola per un istante senza dire nulla. 

Rimasero entrambi immobili, incerti sul da farsi... finché un grido non distrasse Rubinia, che si voltò nuovamente: Sean le sfrecciò accanto, superandola senza nemmeno sfiorarla per correre verso Astrid, in piedi sulla neve a qualche metro di distanza: la ragazza teneva uno zaino in mano ma sembrava essersi bloccata, gli occhi azzurri fossi sul cadavere ricoperto di sangue steso sulla neve candida. 

Il contrasto tra il rosso scuro del sangue e il bianco della neve era raccapricciante, ma Sean cercò di non farci caso, correndo verso di lei e urlandole al contempo di allontanarsi... solo passando accanto al corpo si rese conto del perché della reazione di Astrid: i capelli biondi gli accesero quasi una lampadina in testa, facendogli capire che era Amanda.

“Astrid, muoviti!” 

“Amanda...”

Astrid deglutì, osservando il corpo dell'amica con orrore e quasi sotto shock. Sean la prese per un braccio, strattonandola senza nemmeno fermarsi e trascinandosela dietro, correndo a perdifiato verso gli alberi con la lancia stretta in una mano. 

Il rumore sordo di un colpo d’arma da fuoco gli fece gelare il sangue nelle vene, ma realizzò con sollievo che non era stato colpito... e nemmeno Astrid, a giudicare da come gli correva accanto, anche se con gli occhi ancora lucidi. 

Un primo colpo di cannone agitò l’Arena, seguito ben presto da un secondo... in effetti gli era parso di aver visto qualcuno accasciato sulla neve con un coltello piantato nella schiena, ma non si fermò per capire chi fosse e raggiunse gli alberi insieme alla ragazza, tirando un sospirò di sollievo:

“Per un pelo... stavi per farti ammazzare, ho idea.” 

Sean si appoggiò al tronco di un albero, respirando con il fiato corto mentre Astrid era in piedi davanti a lui, pallida come un lenzuolo e leggermente scossa da un tremore. 

“Kalem...” 

Il sussurro della ragazza fece drizzare le orecchie del compagno, che esitò per un attimo prima di sospirare, capendo: aveva visto il ragazzo avvicinarsi alle armi da fuoco... non era difficile pensare che avesse davvero ucciso Amanda. 

Fece per dire qualcosa ma un colpo di cannone sferzò nuovamente l'aria, bloccandolo per un istante: entrambi pregarono mentalmente affinché non si trattasse di qualche altro loro compagno, mentre Sean si avvicinava leggermente alla ragazza, che teneva ancora lo zaino stretto quasi convulsamente in mano.

“Astrid... mi dispiace.” 

Non era mai stato bravo in situazioni di quel tipo... si era sempre reputato incapace di consolare le persone e non era granché con le parole, così si avvicinò alla ragazza quasi in automatico e l'abbracciò, sentendola tremare sotto le sue braccia mentre Astrid tratteneva le lacrime. 

La ragazza si morse con prepotenza un labbro, intimandomi mentalmente di non piangere mentre rivedeva Amanda accasciarsi sulla neve quasi come un fotogramma, con il sangue che dilagava velocemente intorno a lei a partire dal fegato, dove era stata colpita. 

Non voleva nemmeno pensare al dolore che doveva aver sentito... o a quello dei suoi genitori, che avevano sempre guardato con gran divertimento i Giochi. Chissà se stavano ridendo o gioendo, ora che la Tributa morta era la loro stessa figlia. 

Un rumore di passi sulla neve scricchiolante fece quasi sussultare entrambi, tanto che Sean sciolse l’abbraccio in fretta e si voltò, tenendo la lancia stretta in mano e sollevando un braccio: probabilmente sarebbe stato più che pronto ad usarla, ma nel trovarsi davanti un’ansante Carly dal viso arrossato esitò, tirando al contempo un sospiro di sollievo:

“Sei tu Carly, meno male... tuo fratello?” 

“Non... non lo so. Ma Amanda è morta, e anche Erica. Kalem ha sparato ad entrambe, credo.” 

Carly lasciò cadere il sacco a pelo sulla neve, appoggiandosi al tronco di un albero mentre cercava di togliersi quelle immagini dalla mente: era sollevata di esserne uscita, ma sperava che suo fratello si fosse salvato... non aveva idea di dove fosse, era successo tutto troppo in fretta. 


Per qualche istante nessuno dei tre disse nulla, ma poi il silenzio venne rotto di nuovo: due colpi di cannone sferzarono l'aria, uno dietro l'altro.


                                                                              *


Rubinia deglutì, ritrovandosi a tenere la pistola con una mano quasi tremante... gli occhi fissi sul punto dove, fino a poco prima, c'erano stati ben due Tributi. 
Ora erano entrambi accasciati sulla neve, morti. Ed uno per mano sua... 

Aveva visto come al rallentatore April allontanarsi di corsa verso il bosco... con Aaron Bradshaw che le era comparso alle spalle quasi dal nulla, piantandole un pugnale nella schiena troppo in fretta: non era riuscita a salvarla.  Aveva tuttavia agito di riflesso, puntando la pistola contro il ragazzo e sparando quasi senza pensarci, colpendolo praticamente  nello stesso punto e ferendolo mortalmente.

Ovviamente lo sapeva, che uccidere non sarebbe stato facile... in teoria lo sapevano tutti, ma quanti avrebbero potuto dirlo con certezza? 
La ragazza deglutì a fatica, correndo sulla neve quasi senza rendersene conto: passando accanto ad April ed Aaron si chinò, estraendo il coltello dal corpo della ragazza con un colpo secco prima di allontanarsi in fretta, la pistola ancora stretta nell'altra mano: era arrivata alla Cornucopia praticamente per prima, infilandosi in tasca delle cartucce di riserva e afferrando una delle prime pistole che aveva trovato. 
L'essere arrivata per prima l'aveva quasi salvata, visto che era così sfuggita al mirino di Kalem e di Black Hole, che avevano già ucciso più di qualcuno dalla sua stessa posizione. 


Quando ebbe raggiunto il delimitare del bosco Rubinia tiro un sospirò di sollievo, fermandosi sulla neve con il fiato corto, appoggiandosi ad una betulla per riprendere fiato. 

April era morta... ma non aveva idea di dove fosse Brittany, in compenso. 

La risposta alla sua domanda arrivò poco dopo, quando dei passi affrettati la raggiunsero e Brittany si fermò accanto a lei, pallida e preoccupata:

“Ti ho vista arrivare dalla Cornucopia... April è...” 

“Sì. Non sono riuscita ad uccidere Aaron Bradshaw prima che lui la colpisse.” 

Rubinia sollevò una mano, osservando il pugnale sottile e in parte coperto di sangue che teneva stretto tra le dita... lo porse alla compagna senza mutare minimamente espressione, restando pressoché impassibile:

“Tienilo tu... potrebbe servirti. Io ho già la pistola.” 


Anche se con leggera titubanza, Brittany la prese... e forse avrebbe voluto chiederle se era quello che aveva usato Aaron per uccidere April, ma preferì non farlo: forse era meglio non saperlo con certezza, dopotutto.


                                                                                  *

"Quanti sono morti?”    Caius inarcò un sopracciglio, avvicinandosi ad un Black impegnato a sistemarsi una discreta fila di coltelli da lancio alla fodera della cintura. 
Il moro alzò lo sguardo, facendo vagare gli occhi sull’area che circondava la Cornucopia, ricoperta di neve e disseminata di qualche cadavere, che a breve sarebbero stati prelevati. 

“Kalem ha colpito due ragazze, Aaron una... Ma la Flaemus l’ha ucciso.” 

“È morto anche Julian.”     Una voce neutra, piatta e quasi inespressiva li fece voltare entrambi, ritrovandosi davanti ad un Cyrus serissimo, con uno zaino in spalla. 

“Ah, eccoti qui Dennim... cominciavo a pensare che ti avessero fatto fuori.” 

Caius rivolse al compagno un’occhiata neutra, mentre invece Black lo ignorò, concentrandosi sulle parole del ragazzo e sgranando gli occhi quasi con orrore: 

 “Come sarebbe che è morto anche Julian?” 

“Non è molto difficile da capire, Black... che è morto, e basta. Stavamo raggiungendo il bosco, ma il ragazzino lo ha colpito... il più piccolo.” 

“Chi, David? Beh, è morto anche lui... l’ho colpito io quando si stava avvicinando a Caius.” 

Black sbuffò, calciando un mucchietto di neve con stizza: due compagno morti non era esattamente il suo programma ideale, per iniziare i Giochi nel modo migliore. 

Ma sarebbe potuta andare peggio... per lo meno stava bene, e infondo due compagni morti erano comunque due avversari in meno.

“Ok, quindi siamo a quanti, sei? Le due ragazze che ha ucciso Kalem, Aaron, Julian, David, April...” 

“Sette, è morto anche Louis Peterson... ma non so chi l'abbia ucciso, forse Aaron.” 

Kalem spuntò dal nulla accanto ai tre, ricaricando la pistola che aveva in mano mentre il suo viso non lasciava trapelare alcuna emozione, come se li stesse informando delle previsioni del tempo. 

“Beh, un ostacolo in meno alla vittoria... restiamo qui o andiamo a cercare gli altri?” 

Black inarcò un sopracciglio, rivolgendosi ai tre compagni in attesa di una risposta che no tardò ad arrivare: Caius lanciò un’occhiata alla Cornucopia alle loro spalle, ormai lasciata praticamente nelle loro mani... tanto valeva approfittarne. 

“Dopo, intanto sistemiamo le cose che sono rimaste qui, raggruppiamole... lasciamo che cuociano un po’ nel loro brodo, magari con un po’ di fortuna quelli rimasti si faranno fuori a vicenda senza che noi ci muoviamo.” 

Nessuno obbiettò alle parole del ragazzo, che sorrise quasi con aria soddisfatta mentre si accingeva, insieme ai compagni, a raggruppare le provviste e a sistemarle dentro la Cornucopia, al sicuro dalle mani dei loro avversari. 

La fase iniziale è più cruenta dei Giochi era finita... del resto però, la giornata era appena iniziata. Così come la loro permanenza nell’Arena. 


                                                                              *


“Quasi non mi sembra vero... un minuto fa ero agghindata per l’Intervista, e ora sono nell’Arena degli Hunger Games...” 

“Immagino che dovremmo farcene una ragione. Da qui non si cappa, purtroppo...”

Africa alzò lo sguardo, rivolgendo al cielo artificiale un’occhiata leggermente torva: che pensassero pure che fosse contrariata, non le importava minimamente... peggio di mandarla lì, non potevano fare. 

“Se non altro stiamo bene... e ci sono già state sette morti nel giro di quanto, mezz'ora?” 

Tonya piegò le labbra in una smorfia, quasi rabbrividendo... non tanto per il freddo, quanto più per il ricordo dei primi momenti vissuti nell’Arena, quando degli adolescenti si erano uccisi a vicenda. 

“Anche meno, Tonya... ma la giornata è ancora lunga, dopotutto. Credo sia meglio tenere gli occhi aperti...” 














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Angolo Autrice:

Buonasera! Ed eccoci finalmente nell’Arena, con il tanto temuto/agognato (parlo per te Hadley ovviamente) Bagno di Sangue. 
Come avevo già detto in precedenza, ho principalmente e quasi esclusivamente ucciso gli OC degli autori che erano spariti... avevo avvisato, quindi che nessuno venga a lamentarsi. 

Vi metto qui sotto una lista con i nomi dei Tributi morti:

-    Aaron
-    Amanda 
-    April
-    David 
-    Erica 
-    Julian 
-    Louis

Detto ciò... “auguri” a chi è ancora in gioco, ci sentiamo nel fine settimana con il seguito :) 

Signorina Granger 





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Capitolo 12
*** Prima notte ***


Capitolo 10: Prima notte 


 
“Non mi sento meglio. Neanche un po’… anzi. E’ stato peggio di quanto pensassi.”
 
Piegò le labbra in una smorfia mentre non staccava gli occhi dallo schermo, osservando i movimenti di un gruppo di Tributi. Aveva assistito al Bagno di Sangue, convinta che dopo la Rivolta avrebbe potuto sopportarlo senza molti problemi… ma si era sbagliata.
 
Si sentiva quasi un mostro ad aver permesso che accedesse. Avrebbe dovuto oppure una maggiore resistenza, ma non l’aveva fatto sfortunatamente.
 
“Inizialmente è difficile… ci farai l’abitudine.”
 
“Tu dici? Io non penso proprio.”   Il tono acido della donna non stupì minimamente Plutarch, che anzi rimase in silenzio mentre assisteva a sua volta all’inizio dei Giochi: nemmeno a lui piaceva molto quella situazione, ma se n’era fatto una ragione e aveva deciso di prenderla con filosofia, come se fosse l’ennesima Edizione in cui era uno Stratega e il suo compito era animare il gioco.
 
“E’ proprio questo che non capisco. Katniss Everdeen, Joanna Mason, Haymitch… loro hanno VISSUTO i Giochi. Hanno visto molte persone morire… Non capisco come abbiano potuto votare positivamente per questa pagliacciata, è insensato.”
 
“Le persone lo sono spesso. Hai provato a fermare i Giochi, ma era impossibile. I Vincitori hanno votato, ma tutti i Distretti lo volevano… e anche se sei la Presidentessa ora, non credo che tu voglia iniziare la tua “carriera” da Dittatrice che ignora il volere del Paese.”
 
La donna piegò le labbra in una smorfia, sapendo che infondo Plutarch aveva ragione… ma probabilmente non l’avrebbe mai ammesso. Sospirò, tornando a sedersi dietro la scrivania e spegnendo la televisione, non riuscendo a vedere altro dopo le sette morti a cui aveva assistito:
 
“Per oggi credo che basterà… ma io non mi arrendo facilmente Plutarch. E puoi starne certo che non dimenticherò questa storia tanto facilmente. Puoi andare adesso, torna dai tuoi burattinai… ma vedi di non torturarli troppo, sono stata chiara?”
 
“Cristallina.”

 
                                                                                    *

 
“Qualcuno sa con certezza chi sia morto?”
 
“No… o almeno, non del tutto. Erica, David… e credo anche i Bradshaw.”
 
Wilhelm contorse la mascella, tenendo gli occhi fissi su un punto imprecisato sul terreno ricoperto di neve, mentre Carly, seduta su un ceppo accanto a lui, gli appoggiava una mano sul braccio, stringendosi al fratello come a volerlo consolare.
 
David non le era mai piaciuto molto, certo… ma le dispiaceva comunque che fosse morto subito, in un modo di certo atroce e doloroso… e soprattutto le dispiaceva per suo fratello, sapendo che per lui quel ragazzino era stato quasi un fratellino.
 
Wilhelm rimase perfettamente immobile per un attimo prima di allungarsi, raccogliendo il sacco a pelo termico dalla neve e porgendolo alla sorella, facendole un cenno:
 
“Tieni. Farà freddissimo, tra poco.”
 
“Ok… ma tu dormi con me.”     Lo sguardo della sorellina non ammetteva repliche e al ragazzo non restò che voltarsi verso Sean in una muta richiesta che venne accolta positivamente: Sean annuì, capendo al volo prima di parlare a sua volta:
 
“Faccio io il primo turno di guardia, non preoccuparti. Abbiamo camminato moltissimo nel giro di poche ore, credo che farà bene a tutti riposarsi un po’.”
 
“Ok… svegliami quando sarai stanco.” 
 
Wilhelm sedette accanto alla sorellina, appoggiandosi al ceppo caduto di un albero e infilandosi dentro al sacco a pelo che la ragazzina aveva raccolto al Bagno di Sangue.
 
Non sapevano che ore fossero, ma ormai stava iniziando a fare buio e il tramonto era appena passato… si erano fermati solo mezz’ora prima dopo aver camminato a lungo, approfittando anche della luce del crepuscolo per accendere un piccolo fuoco che avevano spento poco prima, evitando che fungesse da cartello segnaletico durante la notte.
 
Sean strinse la lancia in mano, sfregandosi i guanti foderati che aveva trovato nello zaino preso da Astrid: avevano discusso a lungo perché non li voleva, ma alla fine gli altri tre si erano impuntati, sostenendo che dovesse tenerli lui visto che avevano bisogno che le sue mani fossero sensibili, in caso di bisogno… con le mani ghiacciate e indolenzite dal freddo non sarebbe mai riuscito ad usare bene la lancia.
 
Il ragazzo si voltò verso Astrid, che era rimasta in silenzio praticamente perennemente durante le ultime ore: la ragazza si era appollaiata sulla neve, tenendosi le gambe strette tra le braccia e il cappuccio della giacca nera termica calato sulla testa, quasi a voleri riparare ulteriormente dal freddo.
 
“Astrid… vieni qui. Ormai il fuoco è spento, ma c’è ancora calore.”    Sean allungò una mano verso di lei, invitandola ad avvicinarglisi e sorridendole al contempo: non era mai stato molto bravo con le parole, specialmente quando qualcuno stava male… e di certo in quel momento la ragazza non stava bene per niente.
Lei esitò, ma dopo un attimo si mosse verso di lui, sedendosi accanto a lui sulla neve ma restando comunque a qualche cm di distanza, evitando accuratamente di toccarlo.
 
Avrebbe voluto dirle qualcosa e consolarla, ma non gli venne in mente nulla… così allungò una mano per stringere quella della ragazza, trovandola ghiacciata:
 
“Hai le mani gelide.”
 
“Io le ho sempre fredde… e qui il clima di certo non aiuta.”   Astrid parlò con un filo di voce, continuando a tenere lo sguardo fisso sul focolare ormai spento mentre Sean sorrideva appena, sfilandosi i guanti per metterli a lei:
 
“Sean, devi metterli tu.”
 
“Solo per un po’ Astrid… su, fai la brava.”
 
Sean le sorrise, mostrando le fossette che le mandarono in pappa il cervello: la ragazza arrossì e annuì, abbassando in fretta lo sguardo mentre Silver seguiva la scena con una luce quasi divertita negli occhi azzurri… li avrebbe persino trovati carini, se non fossero stati nell’Arena dei Giochi.
 

                                                                                 *


Cyrus sospirò, guardando il cielo completamente oscurato. Era seduto sulla neve, appena fuori della Cornucopia... Kalem dormiva e anche Black, e probabilmente avrebbe dovuto farlo anche lui... ma proprio non ci riusciva, per quanto si sforzasse. L’adrenalina iniziale si era ormai esaurita, e dopo diverse ore vedeva tutto molto chiaramente: I Giochi, l’Arena, il sangue, le armi, i morti... era tutto reale.

Ormai ci era dentro, e non poteva più uscirne, se non vincendo... e forse non era la prospettiva migliore per iniziale, ma non era certo che sarebbe riuscito a farcela. 

Sarebbe crollato? Fisicamente o mentalmente? Non era da escludere... era successo a molti, l'aveva visto con i suoi stessi occhi. Non erano stati pochi i Tributi che si erano lasciati andare, smettendo di combattere contro gli avversari ma in primis contro se stessi, il più grande ostacolo da abbattere quando si era dentro l’Arena. 

Sentì dei passi alle sue spalle e si voltò di scatto, rilassandosi leggermente nel vedere Caius raggiungerlo. Il ragazzo inarcò un sopracciglio, guardandolo con aria scettica mentre sedeva accanto a lui, con gli occhiali per vedere al buio calato sugli occhi e una pistola in mano:

“Rilassati, sono io... ma non dovresti dormire? È il mio turno, non il tuo.” 

“Lo so... ma non ci riesco. Anzi, mi chiedo come facciano a farlo Kalem e Black.” 

Sbuffò quasi con amarezza, tracciando dei ghirigori sulla neve con le dita guantate mentre Caius restava in silenzio, pensando però la medesima cosa: a giudicare da come Kalem si era comportato durante il Bagno di Sangue, forse non doveva stupirli il suo dormire placidamente.

“Credi che fossero vere?” 

“A cosa ti riferisci Dennim?” 

“Alle storie... le voci che giravano su Kalem. Secondo te erano vere?” 

“Non lo so. Ho sempre preferito astenermi dal commentare, ma dopo quello che è successo oggi... non è da escludere, anche se è brutto da dire o da pensare.” 

“Sai Gold, ho la sensazione che presto dovremmo farci l’abitudine, ai brutti pensieri.”

Un sorriso piuttosto amaro spuntò sul volto di Cyrus, rigirandosi quasi nervosamente un coltello tra le dita mentre sia lui che Caius riflettevano su quanto sentito molte volte, le storie che erano circolate quando Kalem Schweinson si era ritirato dalla scuola. 

Era corsa voce che avesse ucciso una ragazzina a quel tempo sua compagna di classe, ma ovviamente nessuno si era mai preso le briga di andare a cercare conferme dal diretto interessato, che con quell’episodio e quelle storie si era costruito intorno una specie di aura che aveva attratto e respinto allo stesso tempo moltissime persone... molti preferivano stare alla larga da quel ragazzo decisamente particolare, ma la curiosità era comunque tanta agli occhi di molti.

Caius fece per dire qualcosa ma si bloccò, quasi sussultando nel sentire un rumore familiare: l'inno era appena partito, accompagnato dallo stemma di Panem che era appena comparso nel cielo artificiale ormai buio. 

Stavano per sapere con certezza quanti fossero stati i morti... e sopratutto chi. 


                                                                              *


“È brutto o sbagliato preferire che a morire fossero stati altri?” 

Il sussurro di Brittany fece quasi sorridere Rubinia con amarezza mentre teneva lo sgaurdo alto, fisso sul cielo sopra di loro... osservando i volti dei Tributi morti. 

Nessuna delle due fiatò al vedere il viso di April, mentre Rubinia concordava silenziosamente con la compagna:

“No, non credo sia sbagliato.. infondo siamo negli Hunger Games ora. Qui tutto è profondamente sbagliato, no? Se intendi che sarebbe stato meglio liberarsi di Kalem, Black o Sean... non posso darti torto. Gran parte di quelli che sono morti oggi non rappresentavano una minaccia considerevole, fatta eccezione per Aaron Bradshaw. Però mi dispiace comunque per tutti... insomma, David ed Erica erano solo due ragazzini.” 

Brittany annuì alle parole della compagna, pensando quasi con tristezza ai due Tributi, che erano praticamente i più giovani dei Giochi... solo 12 e 14 anni, e la loro vita aveva già avuto fine. Così profondamente ingiusto...

“Ci hanno criticato per anni, decenni... ma forse nemmeno loro sono così perfetti, no? Mi chiedo come abbiano fatto i Vincitori a metterci in questa situazione, proprio quando per primi ci sono passati.” 

“Se non altri molti di loro avevano ricevuto un Addestramento, o comunque erano abituati all'idea... per noi è successo tutto all’improvviso, quasi senza darci il tempo di realizzare cosa stava succedendo e boom, eccoci nell’Arena ad ammazzarci a vicenda.” 

Rubinia sbuffò, disegnando con il pugnale che teneva in mano delle figure immaginarie sulla neve... la punta del pugnale era imbrattata di sangue scuro, quello di April. 

“Un mese fa nessuno di noi si sarebbe mai definito capace di uccidere, immagino. Ironico no? Le persone cambiano radicalmente, se poste davanti a determinate situazioni.” 

Brittany sorrise amaramente mentre l'inno cessava di risuonare nell’Arena e tutto tornava di nuovo buio. Rubinia esitò per un attimo, riflettendo sulle parole della ragazza prima di annuire con aria cupa, sospirando:

“Già... le persone cambiano. E la cosa più triste è che nessuno di noi sia una cattiva persona... credo che quasi nessuno tra i vecchi Tributi lo sia stato davvero. È questo contesto a spingerci ad agire in determinati modi, alla fine.” 

“O uccidi o vieni ucciso, non ci lasciano molta scelta.” 

Le parole di Brittany fecero riflettere Rubinia, ritornando con la mente ad un preciso momenti di qualche ora prima... quando si era trovata faccia a faccia con Sean Thorn ma non aveva fatto nulla. Era rimasta quasi pietrificata davanti a lui, non riuscendo a fare niente: lui avrebbe anche potuto ucciderla, in effetti. Ma non l'aveva fatto, agendo al suo stesso modo... forse ad entrambi era mancato il coraggio, o lui aveva deciso di risparmiarla... fatto stava che anche Sean era ancora in gioco, quindi forse prima o poi si sarebbero dovuti scontrare nuovamente... e Rubinia dubitava che avrebbero potuto fare finta di niente, in una seconda occasione. 

“Non credo sia un bene restare entrambe sveglie, anche se stare da sola al freddo non mi piace per niente... faccio il primo turno, va bene?” 

“Ok. Svegliami se succede anche solo la minima cosa.” La rossa annuì, lasciandosi scivolare contro il tronco di una betulla e stringendo ancora saldamente il pugnale tra le mani, mentre Brittany si era sistemata a ridosso dell’albero accanto: Brittany annuì come a volerla rassicurare, ma in cuor suo sperava davvero di non aver bisogno di svegliarla.


                                                                              *


“Dovresti dormire.” 

“Possiamo darci il cambio, se vuoi... non credo che dormirei molto comunque.” 


Astrid parlò a bassa voce, temendo di svegliare Carly e Wilhelm che ormai si erano profondamente addormentati, stretti l'uno all'altra nel sacco a pelo. 

Sean però sbuffò, come se trovasse quell’idea ridicola: Astrid era molto agile e veloce, ma decisamente indifesa di fronte a delle armi o a dei ragazzi che erano il doppio di lei... preferiva non lasciarla sola a fare la guardia, mettendosi a dormire. 

“No, ce la faccio ancora per un po’. Se mi parlassi però, resterei sveglio più facilmente.” 

Astrid continuò a guardarlo, tenendo gli occhi azzurri puntati su di lui mentre era stesa sulla neve, usando lo zaino che aveva raccolto a mo’ di cuscino. Dentro c'erano due bottiglie vuote, della carne essiccata, un coltello e dei fiammiferi... non era esattamente il massimo della comodità, ma era comunque meglio di niente. 

“Ok, scusa. Mi rendo conto che forse non è un buon momento per te...” 

“Sai, forse è meglio così.” Il sussurro della ragazza lo interruppe, facendolo zittire di colpo mentre la guardava quasi con curiosità, invitandola a continuare:

“Insomma... è orribile come se ne sia andata, e non lo meritava affatto. Però almeno non dovrà... Vivere l’agonia dell’Arena, forse è meglio così.” 

“Mi fa piacere che tu lo pensi... sai, non sono molto bravo a consolare le persone e mi avresti messo un po’ in difficoltà se fossi stata disperata.” 

Sean sorrise quasi con sollievo mentre continuava a tenere la lancia in mano, parlando a voce bassa anche se era sicuro che non avrebbero ricevuto visite, almeno non per quella notte: non solo si erano quasi già dimezzati, ma era solo la prima sera... di certo nessuno voleva andare a caccia di Tributi così presto. 

Inaspettatamente Astrid però sorrise, guardandolo quasi con aria divertita:

“Quindi ti ritieni impacciato con le parole o nel consolare le persone?” 

“In effetti sì. Faccio fatica ad esprimere affetto o anche solo compassione... ci riesco per bene solo con mia sorella, con lei è tutto diverso.” 

“Io credo che tu sia più sensibile di quanto non pensi... per quanto mi riguarda, sei stato sempre molto gentile con me. Hai una sorellina?” 

“Sono stato gentile con te perché tu lo sei stata con me. Non sei una persona con cui viene spontaneo essere sgarbati, Astrid. Comunque si... Emma. È per lei che dovrei tornare a casa. Ha soltanto me.”   Sean sorrise appena, pensando con affetto e malinconia alla sorellina... se non altro lei stava bene ed era al sicuro, a differenza sua. Forse non l'avrebbe più riabbracciata, ma sapeva che almeno avrebbe avuto un futuro sicuro davanti. 

“Anche io avevo una sorellina.”  Astrid sorrise a sua volta, pensando con affetto alla bambina che sfortunatamente ormai non c'era più... almeno non doveva preoccuparsi di lasciarla completamente sola, a differenza di Sean. Il ragazzo intuì cosa volesse dire quell’”avevo” e come se ne fosse andata, e non approfondì l’argomento, restando in religioso silenzio mentre pensava a tutte le persone che avrebbero seguito i Giochi, pregando che i loro amici, fratelli o amici tornassero a casa... e poi pensò a tutti quelli che invece stavano già piangendo delle morti.   


                                                                             *


“Hanno dato il via a questa edizione per punire gli abitanti di Capitol... chissà se sono soddisfatti, ora che sei famiglie si staranno disperando.” 

Africa sbuffò, rabbrividendo leggermente per il freddo mentre Faye era seduta accanto a lei, tenendo le braccia conserte nel tentativo di trattenere il calore corporeo e la testa appoggiata al tronco dell’albero accanto al quale si erano sistemate. 

“Già... perdere un figlio dev’essere terribile.”   Faye annuì, parlando a bassa voce in mezzo al silenzio quasi inquietante che le circondava: non riusciva a tranquillizzarsi neanche un po’, per quanto ci provasse... si sentiva chiusa in una trappola e come se ci fosse qualcuno pronto ad assalirla appostato dietro il primo albero. 

“Non è solo il perderlo... è il sapere che è morto così, senza senso, per mano di un suo coetaneo che non ha avuto scelta. Senza contare che in molti casi lo si vede in diretta.” 

Africa si morse il labbro, cercando di non pensare a come avrebbero reagito le sue sorelle di fronte alla sua morte... di certo nemmeno la sua famiglia se la stava passando troppo bene, in quel momento. 
Dal canto suo invece Faye era più tranquilla, almeno sotto quel punto di vista: aveva fatto promettere al patrigno che non avrebbe fatto vedere i Giochi si due fratellini... Dopotutto Hope era davvero troppo piccola per assistere a spettacoli come quello, specialmente quando in gioco c'era la sua stessa sorella. 

Accanto alle due Tonya si era finalmente addormentata, dopo essersi rigirata e aver meditato per quasi un'ora... probabilmente tutti avevano avuto difficoltà ad addormentarsi, quella sera; in caso contrario, ci sarebbe stata qualche domanda da porsi a riguardo... 

“Domani dobbiamo assolutamente cercare dell’acqua... non dureremo tre giorni senza.” 

“Decisamente... facciamo in modo di trovarla, e in fretta...possibilmente senza farci ammazzare, ovviamente.” 

Il commento di Faye, anche se lugubre, fece comunque sorridere appena Africa... triste ma vero, la compagna aveva ragione.


           














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Angolo Autrice:

Buonasera! Scusate il ritardo, il capitolo era pronto già venerdì  ma in questo lasso di tempo non ho avuto il PC sotto mano, ho dovuto usare l’ipad e non avendo voglia di riscriverlo ho aspettato. 
Ad ogni modo dopo aver fatto fuori ben 7 OC ho deciso di dare a voi e agli OC un attimo di pace e di tregua... questo capitolo è ovviamente di transizione, ma chissà che già dal prossimo le cose non si animino un po’. Vedremo! 

Ci sentiamo presto con il seguito, come sempre grazie a tutti per le recensioni! 

Buonanotte,
Signorina Granger 



 










 
 
 

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Capitolo 13
*** Quarto giorno ***


 

Capitolo 11: Quarto giorno

 

 

Si morse il labbro inferiore, rischiando quasi di farlo sanguinare per l’ennesima volta: a causa del gelo e della scarsa idratazione aveva numerosi tagli sulle labbra, diventate screpolatissime nel giro di un paio di giorni.

 

Tuttavia non ci fece caso, muovendo un passo avanti nel più totale silenzio, la lancia stretta in mano mentre non distoglieva lo sguardo dal suo obbiettivo neanche per un istante. Le prime volte era stato forse un po’ difficile, ma dopo un po’ la fame e l’istinto di sopravvivenza avevano avuto la meglio: non gli piaceva uccidere, neanche quando si trattava di animali… ma era l’unico modo che aveva per continuare a vivere.

 

Appoggiò lo scarpone sulla neve con delicatezza e lentezza quasi esasperante, facendo attenzione a non causare gli scricchiolii che spesso e volentieri facevano scappare a gambe levate i suoi futuri pasti… e quella non doveva essere una di quelle volte.

 

Si fermò esattamente come il suo obbiettivo, stringendo la lancia in mano prima di lanciarla con forza e precisione, centrando in pieno la lepre bianca che aveva rincorso per un bel po’.

 

“Però, niente male… ormai fai invidia a Katniss Everdeen.”    Astrid si avvicinò a Sean sorridendo, guardandolo estrarre la punta della lancia dal corpo dell’animale con un gesto secco, scoccandole un’occhiata leggermente torva:

 

“Che ci fai qui? Non ti avevo detto di restare con Wilhelm?”

 

“Certo, ma non volevo lasciarti da solo.”

 

“Capirai, io contro una lepre… uno scontro tra Titani, non c’è che dire.”

 

Il ragazzo roteò gli occhi mentre si avvicinava alla ragazza, avviandosi nuovamente verso la radura dove si erano fermati per la notte precedente, insieme a Carly e a Wilhelm.

 

“Beh, sono davvero felice che tu l’abbia presa… non mangiamo nulla da ieri mattina.”   Astrid sospirò, già pregustandosi il momento in cui si sarebbero spartiti la carne dell’animale, anche se sfortunatamente per poterla cuocere avrebbe dovuto aspettare un po’.

 

Sean annuì, non potendo non essere d’accordo con lei mentre camminavano in mezzo agli alberi… sfortunatamente non c’era un modo per far perdere le loro tracce e le impronte rimanevano vivide e perfettamente riconoscibili sul suolo.

 

“A proposito di Wilhelm… come ti sembra che stia? Meglio?”

 

“Non lo conosco bene, quindi non saprei… però mi sembra ancora un po’ scosso per David. Come biasimarlo, lo vedeva un po’ come un fratellino… immagino volesse proteggerlo e ora si sentirà come se avesse fallito.”

 

Astrid si strinse nelle spalle, parlando in tono leggermente cupo mentre teneva lo sguardo basso, gli occhi puntati sul terreno ricoperto di neve. Sean non disse nulla per un attimo, limitandosi ad annuire prima di voltarsi verso la ragazza, rivolgendole un’occhiata eloquente:

 

“E TU invece, come stai?”   

 

“Come chiunque sia qui dentro, suppongo.”   Astrid si strinse nelle spalle, non ricambiando lo sguardo del compagno che si trattenne dal sospirare, certo che la ragazza prima o poi si sarebbe dovuta sfogare.

 

Forse però, non era ancora arrivato il momento.

 

                                                                                *

 

“Non ti sembra strano? Insomma, siamo qui da tre giorni e da dopo il Bagno di Sangue non è successo un bel niente… è piuttosto insolito.”

 

“Beh, sappiamo che al pubblico troppa calma non piace… di sicuro gli Strateghi si inventeranno qualcosa per animare la situazione, se non lo farà da sola.”

 

Rubinia rivolse un’occhiata quasi torva in direzione del cielo sereno e artificiale, quasi sperando che la stessero riprendendo in quel preciso istante.

 

Brittany però aveva ragione, e lo sapeva: non capitava spesso una simile calma, specialmente quando nell’Arena c’erano ancora molti Tributi vivi… in due giorni non avevano sentito un solo colpo di cannone, e per quanto ne sapevano loro nessuno tra i vari gruppi era andato a scontrarsi.

 

“Io spero solo di restare a debita distanza da Kalem, Black, Caius e Cyrus… è orribile da dire, ma sono quasi felice che Aaron e Julian siano morti. Sono pur sempre due minacce in meno.”

 

“Già… immagino che sperare che incontrino gli altri e se la vedano con ammazzandosi a vicenda sia chiedere troppo. Non lo so Brittany, credo che la calma non durerà ancora molto… infondo dopo la quiete arriva sempre una bella tempesta.”

 

Rubinia si strinse nelle spalle, guardandosi intorno mentre masticava quasi distrattamente delle radici, chiedendosi quanto sarebbe effettivamente durata quella specie di “pausa”… qualcosa le diceva che quella sera avrebbe visto qualche volto proiettato sul cielo.

 

                                                                                   *

 

“E con questa, abbiamo finito la carne essiccata… speriamo solo che Sean sia riuscito a prendere qualcosa.”  

 

Carly sbuffò appena mentre arrotolava in fretta il sacco a pelo per infilarlo nello zaino arancione che lei e Astrid avevano cercato di rendere meno “pugno in un occhio” due sere prime… fortunatamente l’esperimento era andato abbastanza a buon fine e il colore molto acceso dell’oggetto si era decisamente smorzato, usando neve, muschio e foglie.

 

Non ottenendo alcuna risposta la ragazzina si voltò verso il fratello, rivolgendogli un’occhiata leggermente accigliata: in effetti aveva parlato meno del solito nei giorni precedenti… e la cosa non le piaceva per nulla.

 

“Senti Wil… lo so che ti dispiace per David, lo capisco. Ma non è certo stata colpa tua… e vedila così: non ha dovuto soffrire oltre, morendo subito. Insomma, qui gela, si mangia pochissimo e si beve a malapena… senza contare la paura quasi costante. Non si è perso granché, non credi?”

 

Carly si sforzò di sorridere, quasi volendo “alleggerire” la tensione. Il fratello esitò per un attimo ma alla fine ricambiò, annuendo debolmente:

 

“Non hai tutti i torti Carly… purtroppo il prezzo per non soffrire qui dentro è proprio la completa dipartita, non si ha molta scelta.”

 

Wilhelm sorrise amaramente, sfregandosi le mani gelide nel vano tentativo di riscaldarle mentre Sean e Astrid comparivano da dietro un albero, attirando immediatamente gli sguardi dei due alleati, entrambi speranzosi di vederli con qualcosa da mangiare.

 

“Bentornati… e vedo che avete preso una lepre! Un po’ mi dispiace perché sono carine, ma il mio amore per gli animali non può sopravvivere nell’Arena, temo.”

 

                                                                                      *

 

“Ok, quindi è deciso… invertiamo i turni di ieri, voi due restate qui a fare la guardia mentre noi andiamo a cercare gli altri.”

 

Kalem inserì una carica di proiettili nella pistola che teneva in mano mentre Black parlava, in piedi accanto a lui con una mezza dozzina di coltelli da lancio allacciati alla cintura.

 

Cyrus annuì, quasi sollevato di non dover andare a “caccia di Tributi” come aveva dovuto fare il giorno prima insieme a Kalem, lasciando Caius e Black a fare la guardia alla Cornucopia.

 

“Tranquilli, nessuno si avvicinerà alla Cornucopia.”

 

Il tono pacato di Kalem suggerirono ai tre compagnia che stesse dicendo sul serio… nessuno osò controbattere o anche solo dubitare delle parole del ragazzo mentre Caius guardava il bosco quasi nervosamente, tormentandosi le mani coperte dai guanti di pelle.

 

“Non ne dubito… ci vediamo dopo, vedete di non farvi ammazzare.”   Black rivolse un cenno ai due compagni prima di partire quasi a passo di marcia verso gli alberi, seguito da Caius.

 

Cyrus li seguì con lo sguardo, osservandoli con attenzione mentre le parole di Black gli risuonavano nella testa… no, di certo non aveva intenzione di farsi ammazzare… ma stare da solo con Kalem lo rendeva decisamente nervoso: forse era più preoccupato per lui che per i suoi avversari, in effetti.

 

                                                                                  *

 

Il cannone li fece sobbalzare tutti e quattro, fermandosi di colpo e rimanendo improvvisamente immobili.

 

“Beh, direi che la calma non è durata… pensate siano state cause naturali?”

 

Il sussurro di Astrid ruppe il silenzio dopo una attimo, mentre Wilhelm scuoteva leggermente il capo:

 

“Non credo, dopo pochi giorni… credo che qualcuno sia stato ucciso, purtroppo.”

 

Le parole di Wilhelm furono seguite da un altro lasso di silenzio, come se tutti si stessero chiedendo chi fosse morto e come… tutti avevano le orecchie tese, chiedendosi se avrebbero sentito un altro colpo che però non arrivò, portandoli a risvegliarsi da quello stato di “trance”:

 

“Sarà meglio continuare a spostarsi… non credo sia il caso di restare fermi.”

 

Le parole pacate di Sean portarono i tre compagni a tornare alla realtà, riprendendo a camminare silenziosamente tra gli alberi mentre, a solo un paio di km di distanza, il corpo di una ragazza era abbandonato al suolo, sulla neve… ormai privo di vita e sanguinante.

 

                                                                                *

 

Deglutì, abbassando lentamente l’arma che teneva in mano. Eccola, la sua prima vittima… una ragazzina praticamente indifesa.

Caius deglutì a fatica, restando immobile per un attimo senza distogliere lo sguardo dal punto dove, poco prima, aveva visto una figura muoversi… e dopo aver esitato le aveva sparato, centrandola in pieno e colpendola sulla schiena.

 

Si era chiesto come fosse uccidere fin da quando era sopravvissuto al Bagno di Sangue… e si era anche chiesto chi sarebbe stata la sua prima vittima, e in quali circostanze. Avrebbe esitato o l’avrebbe fatto? Se l’era chiesto diverse volte, e ora aveva finalmente una risposta da darsi.

Aveva esitato, sì… e sapeva che quel momento sarebbe rimasto indelebile nella sua testa, ma l’aveva comunque fatto: era la regola che conoscevano tutti, dopotutto… dopo tutte le edizioni che aveva visto, non poteva ignorarla: o uccidi o vieni ucciso.

 

 

Sentì dei passi affrettarsi velocemente verso di lui e poco dopo Black l’aveva raggiunto, con gli occhi sgranati e il fiato corto come se avesse corso:

 

“Meno male, ho pensato che fossi tu… hai colpito qualcuno?”

 

“Si.”

 

“Chi?”     Di fronte alla domanda del compagno Caius esitò, contorcendo la mascella prima di rispondere in tono piatto:

 

“Tonya Aldred.”

 

                                                                                 *

 

Camminava a passo svelto, tenendo il pugnale stretto in mano. Lei e Rubinia avevano sentito da poco il cannone che aveva segnato la morte di qualcuno… e non dovevano essere molto lontane, visto che avevano sentito distintamente uno sparo.

 

Che loro sapessero, erano le uniche ad avere un’arma da fuoco oltre a Caius, Kalem, Black e Cyrus… quindi ad aver commesso l’omicidio dovevano essere stati per forza loro.

 

“Brittany, aspetta…”  Il sussurro di Rubinia la fece fermare di colpo, voltandosi verso la rossa che stava alzando la mano che stringeva la pistola, puntandola verso un punto oltre la rete di betulle che le circondava.

 

“C’è qualcuno?”

 

Brittany non ottenne risposta dalla compagna, ma un lieve rumore di passi e di voci rese le parole totalmente inutili… si, erano vicine a qualcuno. Rimase immobile con il battito cardiaco acceleratissimo, mentre osservava Rubinia contrarre la mascella per la concentrazione, mentre cercava di prendere la mira.

 

Respira Rubinia… è solo un bersaglio da colpire

Solo un bersaglio, nient’altro

 

Respirò profondamente, consapevole di avere solo una possibilità… sparando avrebbero reso nota la loro pozione a causa del frastuono, quindi avrebbero dovuto correre per allontanarsi dai loro avversari, se non volevano finire il loro percorso nell’Arena già quel giorno.

 

Una sola possibilità: non sprecarla

 

Strinse la presa sull’arma e poi premette il grilletto, sparando un colpo con esasperante precisione.

Il rumore sferzò l’aria e ruppe il silenzio, lasciandosi un eco alle spalle che durò per qualche istante… poi la rossa deglutì, rivolgendosi a Brittany mentre abbassava il braccio: aveva colpito qualcuno, ne era assolutamente sicura… e ora dovevano andarsene, se non volevano essere raggiunte e trovate da Kalem e company:

 

“Brittany, andia-“

 

Mentre un gemito di dolore sferzava il silenzio quasi contemporaneamente ad un grido, Rubinia si sentì mancare il respiro per un attimo di fronte allo spettacolo che le si presentò davanti: rimase immobile mentre Brittany invece abbassava lo sguardo, lasciando cadere il pugnale che teneva in mano sulla neve.

 

Rubinia sgranò gli occhi, facendo un mezzo passo indietro ma faticando a muoversi o a pensare lucidamente, osservando quasi in trance Brittany e il suo petto, praticamente infilzato da una lancia insanguinata.

 

Non era possibile… un attimo prima lei uccideva qualcuno, e un istante dopo anche Brittany era una vittima degli Hunger Games.

 

Un colpo di cannone sferzò l’aria per la seconda volta dal Bagno di Sangue, ma Rubinia non seppe mai se il colpo fosse per Brittany, che intanto si era accasciata sulla neve, o per Carly, che era stata da poco colpita dal suo proiettile.

 

Incapace di fare qualcosa Rubinia si ritrovò con un singolo pensiero impresso nella testa mentre si avvicinava al corpo di Brittany, evitando di guardarla e raccogliendo il pugnale che era caduto sulla neve: corri

 

Aveva ucciso Carly Grace, e una lancia aveva colpito mortalmente Brittany… quindi era vicina non ad uno, ma a tre Tributi… e di sicuro Wilhelm Grace l’aveva appena messa sulla sua lista nera.

 

Forse avrebbe potuto voltarsi e uccidere anche Sean Thorn, ma non lo fece… forse una vittima era abbastanza per un solo giorno, dopo aver anche perso la sua ultima alleata.

 

Deglutendo a fatica Rubinia girò suoi tacchi, iniziando a correre a perdifiato sulla neve mentre Sean si avvicinava al corpo tremante di Brittany Dask, chinandosi per estrare l’arma dal suo corpo.

 

“Mi dispiace.”  Il sussurro del ragazzo fu l’ultima cosa che la ragazza sentì, ma Sean non ne ebbe mai la completa certezza… appena prima di chiudere gli occhi per l’ultima volta Brittany puntò le iridi sul ragazzo, guardandolo senza rancore… quasi come se lo perdonasse. Sean rivolse alla ragazza un’occhiata malinconica mentre il cannone suonava di nuovo, per poi tornare da Wilhelm e Astrid, entrambi a qualche metro di distanza chini sulla neve, sul corpo di una ragazzina dai capelli biondi riversati sulla neve sporca di sangue.

 

Quando Carly era stata colpita aveva agito d’impulso, spostandosi per capire chi le avesse sparato… E non era riuscito a non farlo, a non usare la lancia contro una delle due ragazze che aveva visto a soli cinque metri da lui, oltre gli alberi che fingevano quasi da recinto tra i due piccoli gruppi.

 

Non poteva lasciarsi sfuggire un’occasione del genere… erano gli Hunger Games, non c’era spazio per le esitazioni.

 

                          

“Carly…”

 

Sean raggiunse Astrid e Wilhelm, restando in silenzio ed immobile, con la lancia in mano e in piedi accanto a loro, gli occhi fissi sulla scena a dir poco straziante: Astrid era pallidissima, inginocchiata accanto ai due fratelli… e Wilhelm teneva il corpo della sorellina tra le braccia, guardandola con gli occhi finalmente lucidi. Non aveva ancora pianto per David, e forse era arrivato il momento per sfogarsi.

 

“Carly, mi dispiace…”   Il singhiozzo del ragazzo ruppe il silenzio mentre accarezza a o capelli della sorella, spronandoli leggermente con il suo stesso sangue che le fluiva copiosamente, troppo velocemente, dal petto.

 

Pallidissima, la ragazza riuscì a sorridergli debolmente, gli occhi chiari fissi in quelli del fratello:

 

“Ti voglio bene Wil… Cerca di vincere anche per me.”

 

La voce era così rotta e flebile che solo Wilhelm riuscì a sentire quelle parole, annuendo prima di stringere il corpo fragile della sorella, abbracciandola un’ultima volta senza smettere di tremare leggermente, chiudendo gli occhi e cercando di non piangere, non davanti a tutta Panem… non davanti alla madre.

 

Sean rimase in silenzio, non sapendo come comportarsi…. Non riusciva credere che Carly fosse morta: un attimo prima era dietro di lui, e poi aveva un proiettile nel corpo.

Astrid dovette pensare la stessa cosa perché gli lanciò un’occhiata incerta mentre si rialzava lentamente, deglutendo a fatica mentre tutti e tre aspettavano, in silenzio.

 

“Ti voglio bene.”   Wilhelm baciò la fronte della sorellina, sorridendole debolmente appena prima di sentirlo… il cannone, il suono che segnava definitivamente la perdita di sua sorella, quasi sottolineandola.

 

                                                                                   *

 

“Secondo te chi hanno ucciso?”

 

“Non ne ho idea, ma questo suono è musica per le mie orecchie…. E credo valga per tutti. Spero solo che non siano Caius o Black, ovviamente. Ma abbiamo sentito due colpi da arma da fuoco, quindi è meno probabile che siano loro ad essere morti.”

 

Kalem si strinse nelle spalle quasi con noncuranza, ritirandosi la pistola tra le mani mentre teneva gli occhi chiarissimi puntati sul bosco che si ergeva davanti a loro. Cyrus non era tranquillo come lui, continuando a chiedersi chi fosse appena morto… ovviamente da una parte era sollevato, ma era comunque orribile.

 

“Alla fine la calma non è durata… tre morti nel giro di poco.” 

 

Tre morti… Cyrus si chiese di chi si trattasse, e se erano state tutte vittime dei suoi compagni. Non poteva sapere che solo uno dei colpi era stato causato da Caius e Black, ma l’avrebbe scoperto presto, quando i due sarebbero tornati alla Cornucopia.

 

                                                                                       *

 

Rubinia correva come non aveva mai fatto in vita sua, tranne forse al Bagno di Sangue. Non sapeva nemmeno dove stesse andando, tenendo saldamente la pistola alla cintura e il pugnale stretto in mano.

 

Brittany era morta… e la cosa peggiore era la consapevolezza che era solo stata fortunata: Sean aveva deciso di colpire lei perché gli dava le spalle e perché era più vicina, ma avrebbe anche potuto colpire lei… era solo stata fortunata, e non era neanche riuscita a colpirlo… avrebbe anche potuto, ma non voleva fermarsi a d’indugiare… era sola in mezzo al bosco e ad altri tre Tributi, non le andava di finire circondata.

 

Rubinia si fermò, ansante e appoggiandosi al tronco gelido di un albero, deglutendo a fatica: Carly era morta per mano sua, con un proiettile piantato nel petto… e Sean aveva visto lei e Brittany: Wilhelm Grace avrebbe certo capito che aveva ucciso lei sua sorella… e di sicuro non ne sarebbe stato affatto contento.

 

“Brittany è morta, quindi?”

 

La voce la fece sobbalzare, voltandosi di scatto verso la sua fonte e sollevando la pistola quasi con un gesto automatico. Tuttavia si bloccò nel trovarsi davanti una ragazzina con dei vistosi capelli rosa legati in una coda: Africa.

 

La rossa sospirò, abbassando l’arma prima di annuire debolmente:

 

“Sì.”     Rubinia si passò nervosamente una mano tra i caopelli prima di lanciare un’occhiata dubbiosa alla ragazzina, chiedendosi perché non stesse scappando e invece le stesse parlando:

 

“Perché non scappi?”

 

“Non mi ucciderai.”

 

“Cosa te lo fa credere?”

“Lo so e basta.”    La ragazzina si strinse debolmente nelle spalle, mentre Faye compariva da dietro un albero, puntando gli occhi arrossati su Rubinia:

 

“Abbiamo sentito due colpi… chi altro è morto?”

 

“Carly Grace.”       E l’ho uccisa io

 

Le parole di Rubinia aleggiarono nell’aria tra lei e le due quindicenni, puntando gli occhi sulla neve candida e cosparsa di impronte… Con suo sommo sollievo nessuna delle due decise di indagare, mentre Rubinia si accorgeva che qualcosa stonava… qualcuno mancava, in effetti:

 

“Dov’è Tonya?”

 

“E’ morta stamattina. Le hanno sparato.”

 

Africa si accigliò, studiandola quasi con cipiglio accusatorio… come se volesse chiederle se le avesse sparato lei.     Rubinia intuì cosa stesse pensando e sbuffò, affrettandosi a scuotere il capo con veemenza:

 

“Non sono stata io, sarà stato Kalem. Mi dispiace, comunque.” 

 

Faye e Africa si scambiarono un’occhiata incerta senza aggiungere altro, come se fossero indecise se crederle o meno… dopo un attimo di silenzio però sembrarono propendersi per la prima opzione e Faye annuì, rivolgendosi di nuovo a Rubinia:

 

“Beh, tu sei rimasta sola, e noi siamo in due… se vuoi, puoi restare con noi. Non credo che da soli si combini molto, qui.”

 

Africa rivolse alla compagna un’occhiata torva, come ad ammonirla di consultarsi con lei prima di uscirsene con frasi del genere… ma con sua somma sorpresa Rubinia annuì, rimettendosi la pistola nel fodero:

 

“Ok, ci sto.”

 

Faye sorrise quasi con soddisfazione e Rubinia le si avvicinò, porgendole il pugnale che aveva raccolto prima dal corpo di April e poi dal suolo, quando Brittany l’aveva fatto cadere:

 

“Tieni, potrebbe servirvi… Avete per caso dell’acqua? Non bevo da un giorno intero…”

 

“No, ma abbiamo trovato una specie di ruscello qui vicino ieri… vieni, ti facciamo strada.”

 

                                                                                       *

 

“Faccio io il primo turno.”

 

Il tono di Wilhelm era così duro e pacato che Astrid e Sean non osarono obbiettare, limitandosi ad annuire mentre la ragazza srotolava il sacco a pelo sulla neve.

Non avevano quasi aperto bocca da quando un hovercraft aveva prelevato il corpo di Carly… al crepuscolo avevano cotto la carne della lepre e ne avevano mangiata un po’ ciascuno, restando quasi sempre in silenzio.

 

Tutti e tre stavano aspettando che partisse l’unno, segnando che stavano per proiettare i morti del giorno sul cielo: ovviamente due erano Carly e Brittany, ma erano curiosi riguardo al terzo.

 

“Immagino che sperare che fosse Kalem sia chiedere troppo.”   Il sussurro di Astrid fece sorridere amaramente Sean mentre le faceva cenno di infilarsi nel sacco a pelo, riparandosi leggermente dal freddo.

 

“Probabilmente sì… ma di chiunque si tratti, è pur sempre un ostacolo in meno al sopravvivere.”

 

Sean s’infilò nel sacco a pelo accanto alla ragazza, mentre ad un paio di metri di distanza Wilhelm stringeva la lancia insanguinata del compagni in mano, pronto ad usarla se necessario: non aveva alcuna intenzione di farsi uccidere, non subito dopo aver perso Carly… ora che sua sorella era morta era ancora più deciso a vincere.

 

E se anche non ci fosse riuscito, almeno l’avrebbe vendicata uccidendo Rubinia.

 

Wilhelm teneva lo sguardo fisso sulla neve, chiedendosi perché avesse scelto di colpire proprio lei… avrebbe anche potuto colpire lui, ma forse dall’angolazione della ragazza Carly era stata il bersaglio più semplice.

 

Carly non c’era più, ma avrebbe potuto facilmente essere morto lui al suo posto.

 

Un rumore familiare fece sobbalzare entrambi, portandoli ad alzare lo sguardo su qualcosa che si stava avvicinando, planando dritto verso di loro.

 

“Non ci credo…”  Astrid Sgranò gli occhi, sorpresa e improvvisante di buon umore… era la prima volta in cui ricevevano qualcosa.

 

“Io sì. Carly e Wilhelm sono sempre piaciuti al pubblico.”

 

Sean inarcò un sopracciglio, impassibile mentre il compagno raccoglieva il paracadute, che era caduto proprio accanto a lui… aprendolo un sorriso gli increspò il volto per la prima volta da quando era nell’Arena.

 

Dentro c’era un coltello da lancio dal manico in osso, la lama sottile e appuntita. Allegato c’era anche un biglietto che lesse subito, sorridendo appena nel riconoscere la calligrafia di sua madre:

 

Vendicala

 

“Mi hanno mandato un coltello… beh, almeno ora abbiamo un’arma in più.”  

 

“Credi che stia bene?” 

 

“No, certo che no… sarebbe inusuale il contrario. Ma diamogli tempo, lasciamolo stare per un po’… se è arrabbiato, è perfettamente comprensibile.”

 

Astrid annuì alle parole di Sean, continuando a guardare Wilhelm mentre era coperta fino alla vista dal sacco a pelo termico, seduta contro un albero accanto a Sean, che le stringeva le spalle con un braccio.

 

“Spero solo che la prossima volta ci mandino dell’acqua, invece che un coltello… abbiamo riempito le due bottiglie ieri, ma non so per quanto ci dureranno.”

 

La ragazza sospirò, chiedendosi quando quella situazione sarebbe finita: erano passati quattro giorni, ma a lei sembravano almeno due settimane… Capitol era solo un lontanissimo ricordo, ormai.

 

“Faremo in modo di piacere al pubblico, allora… ma ora dormi Astrid, ci penseremo domani.”

 

 

Se ci arriviamo

 

Astrid annuì, trattenendosi dal dire quello che pensava mentre appoggiava la testa alla spalla del ragazzo, usandolo come cuscino mentre lui la teneva stretta a sé, trasmettendole un po’ di calore in più in mezzo al freddo della notte.

"Tu come stai? Non hai detto una parola dopo che Brittany..."

"Astrid, ti devo minacciare per farti dormire?"

 

                                                                              *

 

“Beh, finalmente.”   Kalem sbuffò appena, puntando lo sguardo sul cielo con impazienza: da quando Black e Caius erano tornati, morivano tutti dalla voglia di sapere chi fosse morto, visto che Caius aveva ucciso solamente Tonya.

 

Il simbolo di Panem scomparve da sopra le loro teste e i quattro, in silenzio, si ritrovarono ad ascoltare l’inno con la foto di Carly proiettata nel cielo buio, seguita da quelle di Tonya e infine di Brittany.

 

Poi l’inno finì e tutto tornò buio, esattamente come dieci minuti pima. I quattro rimasero in silenzio per un attimo, prima che Kalem parlasse in tono piatto:

 

“Beh, poteva andare meglio… nessuna di loro ci avrebbe creato problemi, ho idea.”

 

“Probabilmente, ma sono comunque tre persone in meno… e con questo siamo a 10 morti: siamo ufficialmente dimezzati.”

 

Black piegò le labbra in un sorriso, quasi sollevato: il cerchio stava già iniziando a stringersi… gli sembrava di essere entrato nell’Arena da pochissimo, quando invece erano già passati quattro giorni ed erano morti in 10.

 

Di quel passo, la sua avventura non avrebbe avuto ancora lunga durata.

 

Cyrus invece rimase in silenzio, non prendendo parte alla conversazione tra i tre compagni, che si stavano organizzando per il giorno successivo: gli sembrava impossibile che fossero rimasti in 10… erano ufficialmente a metà dei Giochi, e quasi non riusciva a credere di essere ancora vivo.

 

Sei arrivato fino a qui, Cyrus… devi solo resistere ancora per un po’.

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Angolo Autrice:

Salve a tutti! Quetsa volta non vi ho fatto aspettare molto, ma in compenso ho fatto fuori tre Tributi... se non si era ancora capito, solitamente ci vado giù pesante. 

Arrivati a questo punto, i Tributi rimasti sono 10... vi chiedo quindi di dirmi via messaggio privato quali sono i vostri 5 preferiti, ovviamente escludendo il vostro. Congratulazioni a chi è arrivato a questo punto, siamo già a metà dei Giochi u.u

Oc morti del capitolo:

- Tonya Aldred
- Silver Carly Grace
- Brittany Dask

E' stata dura scegliere, perchè arrivati a questo punto mi piacciono davvero un po' tutti... ma sono pur sempre gli Hunger Games, quindi non voletemene.

Ci sentiamo presto, spero, con il seguito... aspetto le risposte, mi raccomando!

Signorina Granger

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Capitolo 14
*** Sesto giorno ***


Capitolo 12: Sesto giorno



“Siamo rimasti noi tre, il gruppetto di Kalem, Cyrus, Black e Caius... Tonya è morta, ma probabilmente Africa e Faye sono ancora insieme... quanto a Rubinia, suppongo che sia sola ora.” 

“Potrebbe. O potrebbe essersi alleata con qualcuno, non lo possiamo sapere.” 

Astrid si strinse nelle spalle mentre continuava a camminare accanto a Wilhelm, con Sean che li precedeva di un paio di metri. La ragazza continuava a pensare a Rubinia, grata di non essere nei suoi panni: non avrebbe mai voluto trovarsi sola nell’Arena... era già orribile con la compagnia di Sean e Wilhelm, figuriamoci da sola contro tutti gli altri.

“È vero, non lo possiamo sapere... Ma credo che dovremmo fare qualcosa.” 

“Riguardo a...?” 

“Noi abbiamo perso Erica, David... e mia sorella. Rubinia ha perso le sue alleate, e anche Tonya è morta. Abbiamo tutti perso degli elementi, ma loro no... quei quattro sono rimasti così dal Bagno di Sangue, non possiamo stare con le mani in mano ad aspettare che ci trovino.” 

Wilhelm piegò le labbra in una smorfia, pensando a Caius, Black, Cyrus e Kalem... sapeva per certo che andavano quotidianamente in giro per l’Arena per trovarli, e non potevano certo nascondersi per sempre... andavano affrontati, prima o poi. 

“Lo so, prima o poi dovremmo fare qualcosa.” 

Astrid annuì quasi con aria sconsolata, come se l'idea non le piacesse per niente... e in effetti era così, ma era consapevole della situazione in cui si trovava e del non poter giocare in eterno a nascondino.

“In effetti ci stavo pensando anche io.” Sean si fermò di colpo, voltandosi verso i due tenendo ancora la lancia stretta in mano, come sempre da dopo il Bagno di Sangue. 
Si avvicinò ai due di un paio di passi e annuì, parlando con tono pacato:

“Credo che dovremmo andare a cercarli noi... non dovrebbe sere difficile, sono alla Cornucopia. E ogni giorno due di loro vengono a cercarci, con ogni probabilità... se alla Cornucopia sono in due, potremmo riuscire a colpirli.” 

“Il problema è che loro hanno le armi da fuoco Sean... con quelle possono benissimo colpirci a distanza. Non possiamo assolutamente farci vedere.” 

“Ovviamente no. Dobbiamo solo starcene buoni e in silenzio sul limitare degli alberi, aspettando che due di loro se ne vadano a passeggio... e a quel punto, gli faremo una visitina.” 

Sean sorrise quasi con leggera soddisfazione e Wilhelm annuì, rigirandosi tra le dita il coltello che gli avevano mandato un paio di sere prima. Astrid invece non disse nulla, restando in silenzio mentre analizzava l'idea del compagno: aveva la sensazione che molto probabilmente non sarebbe finita bene, ma sapeva che non avevano molta scelta.

Scorgendo la sua espressione quasi cupa Sean le sorrise, mettendole in braccio intorno alle spalle quasi come a volerla incoraggiare:

“Non fare quel muso lungo, Astrid... andrà tutto bene, vedrai. Loro hanno le armi certo, ma non sono come i Favoriti... esattamente come noi, non sono mai stati addestrati. Ergo, possiamo perfettamente cavarcela, se giochiamo bene le nostre carte.” 

“Allora usiamole egregiamente Sean... altrimenti, non finirà bene per noi.”  


                                                                             *


Rubinia continuava a camminare, masticando con leggero nervosissimo un pezzo di corteccia. L'aveva visto fare nei Giochi milioni di volte, e spesso si era chiesta che razza di sapore dovesse avere... non molto buono in effetti, ma era comunque meglio di niente. 

Erano anche riuscite a risolvere il problema dell'acqua visto che il mattino precedente un paracadute era planato accanto a lei, Faye ed Africa: avevano ricevuto una spillatrice, e con quella potevano facilmente procurarsi dell’acqua in ogni momento.

“Ma come fanno a mangiarla... è orribile.” 

“Si beh, di sicuro non somiglia a quello che mangiamo di solito a Capitol.” 

Faye sfoggiò un lieve sorriso, quasi divertita dal disgusto di Africa mentre camminavano una accanto all'altra, un passo dietro a Rubinia che avanzava in silenzio, con la pistola in mano mentre rifletteva sul da farsi. 

“No, non ci somiglia neanche un po’... Vorrei proprio vedere le mie sorelle alle prese con questa roba.”  Africa quasi sorrise, pensando alle sorelle e alla madre nella sua stessa situazione... di certo sua madre si sarebbe adattata molto difficilmente, non ce la vedeva proprio a mangiare corteccia per sfamarsi. 

“Immagino che l’obbiettivo fosse anche questo... mi sembra quasi di sentire le risate dei Distretti nel vedere noi di Capitol a mangiare questa roba... per loro dev’essere una goduria, sapendo come abbiamo sempre vissuto.” 

Rubinia sfoggiò una smorfia, immaginandosi chiaramente gli abitati dei Distretti che se la ridevano di fronte alle sue parole... ma potevano star certi che non glie l'avrebbe data vinta, né a loro né ai Vincitori. 


                                                                                   *


Cyrus si stava sistemando una discreta fila di coltelli da lancio nella fodera allacciata alla cintura, mentre accanto a lui Caius era occupato a sistemare la carica di una pistola. 

Quel giorno toccava a loro, avrebbero dovuto trascorrere qualche ora in giro per l’Arena, cercando qualcuno tra i loro compagni/avversari. 

Nessuno dei due moriva dalla voglia di farlo, men che meno Cyrus... ma il ragazzo era pienamente consapevole di non avere scelta: quella situazione non gli piaceva, ma era l'unico modo che aveva per sopravvivere, uccidere i suoi compagni... e poi rifiutandosi si sarebbe messo di certo contro Kalem e Black, e non ne aveva alcuna voglia. 

Il ragazzo si sistemò i guanti foderati con leggero nervosismo, quasi sperando di non incontrare nessuno: non aveva ancora ucciso nessuno da quando era entrato nell’Arena... e non gli sarebbe dispiaciuto continuare così ancora per un po’. Forse non era coraggioso, ma preferiva lasciare che fossero i suoi amabili alleati a spargere sangue... non era un assassino, e non lo sarebbe mai stato. 

"Io sono pronto... possiamo andare.”  La voce di Caius lo riportò improvvisamente alla realtà, facendolo annuire con scarsa convinzione mentre Kalem e Black parlottavano fuori dalla Cornucopia, mettendosi d'accordo su come fare la guardia alla struttura d'oro durante l'assenza dei due compagni. 

Caius e Cyrus uscirono dalla Cornucopia con ben poca allegria, facendo voltare i due nella loro direzione:

“State andando? Bene... mi raccomando, se incontrate qualcuno nessuna esitazione...
 Di chiunque si tratti.” 

“Lo sappiamo.”  Caius sfoggiò una lieve smorfia, ricordando quando aveva sparato a Tonya... non ne andava molto fiero, ma sapeva che in caso di necessità l'avrebbe rifatto. 
Nessuna esitazione, quelle due parole erano perfettamente chiare nella sua testa. 

Black annuì, dandogli una leggera pacca sulla spalla quasi a volerlo incoraggiare, mentre Kalem restava in silenzio, osservando i due con cipiglio pensieroso, come se stesse riflettendo.

Cyrus se ne accorse e ricambiò il suo sguardo, inarcando un sopracciglio come a volergli chiedere che cosa ci fosse... ma Kalem non disse niente, facendo un breve cenno ai due, invitandoli a muoversi:

“Beh, inutile dire che spero che troviate qualcuno... noi ieri non abbiamo avuto molta fortuna, magari oggi le cose andranno diversamente.” 

“Lo spero, ieri non è morto nessuno... e anche se siamo qui da nemmeno una settimana, il tempo sembra fermarsi nell’Arena.” 

Black sfoggiò una smorfia, manifestando tutta la sua irritazione: il giorno prima lui e Kalem avevano passato ore nel bosco, ma non si erano imbattuti in anima viva, eccetto qualche lepre... e non avevano sentito alcun colpo di cannone, quindi anche i loro avversari non si erano scontrati. 

“Ci vediamo dopo, allora... Cercate di non farci perdere le provviste.” 

“Rilassati Gold, sono in buone mani... guardatevi le spalle, invece di pensare a noi.” Black sorrise appena, rivolgendo ai due compagni un cenno mentre Caius e Cyrus si allontanavano, camminando sulla neve verso il bosco. 

Kalem e Black restarono in silenzio per qualche minuto, osservando i due finché non uscirono dal loro campo visivo, sparendo tra gli alberi. 

Nessuno tra i quattro poteva immaginare che non si sarebbero affatto ritrovati alla Cornucopia tutti insieme... 


                                                                                          *


“Non voglio fare la rompiscatole o la guastafeste Rubinia... ma sei davvero sicura che sia una buona idea?” 

Africa inarcò un sopracciglio, guardando la ragazza camminare davanti a lei con una punta di scetticismo nel tono di voce: non le andava di tirare su polemiche, ma non era certa che fosse una buona idea.

“Non mi va di aspettare che quei quattro ci trovino, sinceramente... loro non sanno dove siamo, ma NOI si. Possiamo andare a fare una bella visitina a quei simpaticoni quando meno se lo aspettano, è impossibile che si siano spostati dalla Cornucopia. Immagino che sia uno degli svantaggi di avere moltissime provviste: spostarsi diventa molto difficile.” 

Rubinia parlò senza nemmeno voltarsi o smettere di camminare, procedendo tra gli alberi a passo deciso: la Cornucopia era perfettamente al centro dell’Arena, ergo non era difficile raggiungerla... bastava semplicemente camminare nella direzione opposta che aveva seguito fino a quel momento, tornando al centro dell’Arena invece che starne alla larga. 

“Si, ma loro hanno un mucchio di armi... di certo non si faranno trovare impreparati.” 

“Innegabile, ma anche io ho una pistola... e il bello delle armi da fuoco è che si può colpire perfettamente un bersaglio a distanza, se si ha una buona mira... con un po’ di fortuna, riuscirò a prenderne uno. Basterà aspettare che due di loro girino al largo.” 

Rubinia si strinse nelle spalle, parlando con una tale disinvoltura e un tono così rilassato che Faye e Africa non obiettarono: se Rubinia era tanto convinta, forse aveva ragione... del resto avrebbero potuto benissimo nascondersi tra gli alberi ad aspettare.

“Come mai sei così scettica?” 

“Non è per l'idea in sé... sono d'accordo sul fatto che non possiamo aspettare che ci trovino, sarebbe una pessima idea... ma c'è qualcosa che non mi torna. Non lo so, non ho una sensazione positiva.”  Africa sbuffò appena, stringendosi nelle spalle mentre camminava tenendo lo sgaurdo basso, cercando di rilassarsi. 

Faye le sorrise leggermente, quasi a volerla tirare su di morale mentre continuavano a camminare, dirette verso la Cornucopia:

“Pensa positivo... Rubinia sa quello che fa, è una ragazza sveglia.” 

“Speriamo che quei ragazzi non lo siano di più, allora.”            


                                                                                 *


“Ok... ci siamo, siamo arrivati.” 

Sean si fermò, in piedi accanto ad un albero con la lancia stretta in mano. La Cornucopia era lì, scintillante sotto il sole ad una trentina di metri da loro.

“Ok... ora dobbiamo assicurarci che due di loro non ci siano.”  Wilhelm si mise una mano sulla fronte, cercando di vedere bene nonostante la luce: per qualche minuto rimasero in perfetto silenzio, in attesa senza vedere nessuno... ma poi videro Black Hole fare il giro della Cornucopia, assicurandosi che non ci fosse nessuno dei paraggi. 

“Quello è Kalem, è inconfondibile con quei capelli.” Il mormorio di Astrid attiro l'attenzione dei due ragazzi, che si voltarono subito verso la direzione indicata dalla ragazza: in effetti Kalem era impossibile da non riconoscere, con i capelli chiarissimi che quasi brillavano sotto il sole. Era in piedi fuori dalla Cornucopia, tenendo qualcosa in mano di non riconoscibile, a quella distanza.

“Ok... aspettiamo un po’, dobbiamo assicurarci che non ci siano Gold e Dennim. Poi decideremo su come comportarci.” 

Sean annuì alle parole di Wilhelm, stringendo la lancia sporca di sangue in mano: non gli piaceva l'idea, ma era pronto ad usarla un’altra volta.


Astrid rimase in silenzio, spostando lo sgaurdo da Kalem a Black: era abbastanza sicura che fossero soli, a meno che Caius e Cyrus non si fossero nascosti dentro la struttura della Cornucopia... ma sapeva che Black e Kalem bastavano e avanzavano per rappresentare una minaccia. 


                                                                          *


“Bingo... ecco Schweinson.” Un sorriso quasi trionfante fece capolino sul volto di Rubinia, che quasi senza esitare strinse la pistola in mano, sollevando il braccio nella sua direzione.

“Rubinia, aspetta! Non dovremmo prima...” 

Ma Faye non fece in tempo a finire la frase: lo sparo fece sussultare sia lei che Africa, esattamente come Sean, Wilhelm e Astrid, che erano fermi nella loro stessa posizione ad una ventina di metri di distanza.

“Sembra che Rubinia abbia avuto la nostra stessa idea...” Sean inarcò un sopracciglio, sporgendosi per riuscire a vedere qualcosa... ma sia Kalem che Black erano dall'altra parte della Cornucopia, fuori dalla loro visuale.

“Credete che abbiano colpito qualcuno?” 

“Non lo so Astrid, anche se lo spero... chissà CHI dei due, però.” 

Le parole di Wilhelm vennero seguite da un altro rumore, altrettanto familiare: ma non era uno sparo... era un colpo di cannone.


                                                                              *

Sentendo lo sparo, gli si gelò il sangue nelle vene... e quasi senza riflettere corse, uscendo dalla Cornucopia per ritrovarsi davanti a Kalem, steso sulla neve a pancia in su... e con il petto sanguinante. 

“Merda... Kalem!”   Black gli si avvicinò in fretta, prendendogli la pistola dalle mani e sollevando lo sgaurdo: era stato colpito.... ma da chi?

Il ragazzo sanguinava e aveva gli occhi chiarissimi aperti, puntati sul cielo artificiale e limpido che lo sovrastava. 

Possibile che dovesse andarsene in quel modo? Se non altro conosceva il nome della persona che l'aveva colpito... Rubinia era riuscita a fregarlo, alla fine. 

Quasi non sentì Black prendergli l'arma dalle mani e dire qualcosa... lo vide inginocchiati accanto a lui, puntando lo sguardo sul bosco prima di alzarsi e allontanarsi da lui. Ma non gli importò e rimase immobile, non cercando neanche di muoversi o di parlare... infondo non era uno stupido, sapeva come sarebbe finita. 

Dopo qualche secondo, mentre stava per perdere coscienza, sentì un rumore forte e vicino... familiare: un secondo sparo. 

Ma Kalem non seppe mai se Black venne colpito, o se fu proprio il suo alleato a sparare con la sua stessa arma... chiuse gli occhi, smettendo di preoccuparsene o di sentire dolore: infondo, non gli doveva più interessare. 

L’ultima cosa a cui pensò fu la ragazzina che aveva ucciso anni prima... e per un attimo si chiese se l'avrebbe rivista, quando sarebbe morto a sua volta. 

Kalem Schweinson sorrise appena, sfoggiando per l'ultima volta il ghigno sbilenco che aveva sempre spaventato tutti... certo che no, non l'avrebbe mai rivista. Del resto, sarebbero finiti in posti molto diversi.

Ed era giusto così. 


                                                                            *


“Rubinia, hai colpito Kalem e molto probabilmente morirà... dobbiamo andare, prima che Black ci veda!” 

“Lo so Faye, ma non posso sprecare quest’occasione... posso uccidere anche Hole!” 

“Rubinia, ascoltala... dobbiamo andare!” 

Africa sospirò, parlando con impazienza mentre guardava Rubinia prestare ancora attenzione alla Cornucopia, gli occhi puntati su Black. Il ragazzo si era alzato, allontanandosi leggermente dal corpo di Kalem per avvicinarsi al bosco di qualche passo, la pistola stretta in mano... e prima che Rubinia riuscisse a prendere la mira aveva sollevato il braccio, sparando a sua volta senza neanche esitare, colpendo la prima persona che aveva visto e che gli capitò sotto tiro. 

Africa aveva mosso un paio di passi vero l'interno del bosco quando si fermò di scatto, voltandosi quasi istintivamente verso una delle sue compagne:

“No!” 


                                                                                *


“Black non si è accorto di noi... lo possiamo colpire!” 

 “Sean, probabilmente Caius e Cyrus stanno già tornando qui... dovremmo andarcene, prima che spuntino come funghi!” 

Astrid prese il ragazzo per un braccio, cercando di fermarlo mentre un secondo colpo di cannone li faceva sussultare, segno che era morto anche se un secondo Tributo. 

Black intanto si era allontanato dalla Cornucopia e dal cadavere sanguinante di Kalem, correndo verso gli alberi... ma non nella loro direzione. 

Senza pensarci due volte Sean si divincolò dalla presa di Astrid, correndo verso la struttura d'oro: 

“SEAN!”  

“Ferma... tranquilla, sa quello che fa.” 

Astrid fece per seguirlo ma Wilhelm l’afferrò, trattenendola mentre Sean si muoveva velocissimo verso la Cornucopia, approfittando che fosse momentaneamente rimasta incustodita per prendere qualcosa: Black aveva ucciso qualcuno e poi aveva cercato di inseguire le altre... forse Astrid aveva ragione e Caius e Cyrus stavano tornando di corsa al centro dell’Arena, ma non poteva lasciarsi sfuggire quell’occasione. 


                                                                                   *


Perché?

Continuava a correre, abbassandosi per schivare dei rami bassi o saltando delle radici particolarmente sporgenti per non finire per terra... cadere in quel momento avrebbe significato perdere la vita, molto probabilmente. 

Perché piangi, stupida? 

Senza smettere di correre come probabilmente non aveva mai fatto in vita sua Africa si asciugò gli occhi, sbuffando e ordinandosi mentalmente di smetterla, di non pensarci... 

Non sapeva perché, ma aveva gli occhi lucidi... e continuava a rivederla. 

Avevano cercato entrambe di avvertirla... ma forse Rubinia aveva voluto osare troppo, esitando un minuto di più rispetto al dovuto... e a rimetterci non era stata lei, ma Faye.

“Non lo sento più...” Rubinia imprecò, fermandosi di colpo e appoggiandosi ad un albero, con il fiato e: quando Black aveva colpito Faye non si era fermata ad obbiettare, prendendo un’Africa quasi sotto shock e trascinandosela dietro in mezzo agli alberi, sapendo che Black non si sarebbe allontano troppo dalla Cornucopia, lasciandola incustodita. 

In effetti ormai dovevano averlo seminato... o almeno la rossa lo sperava. 

Africa si fermò accanto a lei, respirando a sua volta a fatica mentre deglutiva, metabolizzando quanto era appena successo... talmente in fretta che quasi non se n'era resa conto. 

“Dovevamo andare. Non sarebbe morta.” Dopo qualche istante Africa parlò, fulminando la compagna con lo sgaurdo e parlando quasi con una nota di rabbia nella voce.

“Lo so.” Rubinia annuì, lasciandosi scivolare lungo il tronco dell’albero fino a ritrovarsi seduta sulla neve, sospirando e non sapendo che cosa dire davanti allo sgaurdo quasi accusatorio di Africa:

“Mi dispiace.” 

“Anche a me.” 


                                                                                     *


Black sbuffò, prendendo una spada e lanciandola quasi con rabbia contro una delle pareti della Cornucopia, continuando a misurarne l'interno a grandi passi. 

Stava aspettando che Caius e Cyrus tornassero... e continuava a pensare a Kalem, a come fosse morto e al modo stupido con cui si era fatto sfuggire due Tributi da sotto al naso. Se non altro, ne aveva uccisa una... 

Il ragazzo sospirò, sedendosi all'entrata della struttura dorata e puntando gli occhi sul bosco, in attesa... di certo Caius e Cyrus si stavano chiedendo se i due colpi non avessero significato la morte sua e di Kalem... e anche se quest'ultimo era effettivamente morto, lui almeno aveva colpito Faye.

Gli occhi del ragazzo si posarono sul punto dove Kalem era morto... la neve era sporca di sangue, marchiandola visibilmente. 

Che cosa avrebbe detto Kalem in quel momento? Non gli risultava affatto difficile immaginarlo... 

“Sono comunque due ostacoli in meno che ci separano dalla vittoria... ogni morto, ogni colpo di cannone è un passo in avanti verso la vita.” 


Tristemente, era consapevole che Kalem aveva ragione. 


                                                                                *


“So che non dovrei... ma è sbagliato essere quasi felici che Kalem sia morto?” 

“No, non credo. Insomma, era una considerevole minaccia... il fatto che sia morto ci giova. Tieni.” 

Sean spezzò una galletta a metà, porgendola ad Astrid. Quando era entrato nella Cornucopia aveva arraffato uno zaino e anche un'altra lancia, che aveva poi ceduto a Wilhelm... e con loro somma gioia, nello zaino avevano trovato un sacco a pelo, una borraccia d'acqua e delle gallette e anche un secondo paio di guanti che Wilhelm aveva indossato con somma gioia.

“Grazie.” Astrid prese la galletta, mangiandola lentamente mentre era seduta sulla neve, appoggiata al tronco di una betulla accanto a Sean, che le aveva appoggiato un braccio intorno alle spalle. 

“Quando sono tornato indietro eri più pallida del corpo di Kalem, Astrid... avevi paura che non tornassi?”  Sean sorrise, dandole una leggera gomitata e facendola annuire, senza però rispondere al sorriso e guardandolo con aria serissima:

“In effetti sì... insomma, Black sarebbe potuto tornare da un momento all'altro, sei stato avventato.” 

“Io credo che a volte bisogna esserlo... insomma, non c'è sempre il tempo di fermarsi a riflettere, giusto?” 

Sean sorrise, spostandole una ciocca di capelli castani che era uscita dalla coda della ragazza, sistemandogliela dietro l'orecchio.

A quel gesto il volto di Astrid mutò colore, diventando improvvisamente di un acceso rosso che lo fece ridacchiare:

“Arrossisci? Che carina...” 

“Non essere sciocco... è per il freddo!” 

“Giusto... vieni qui, allora.”  Sean sorrise, stringendole il sacco a pelo addosso a mo’ di coperta prima di abbracciarla, appoggiando il capo su quello della ragazza. 
Astrid fece per ritrarsi ma poi cambiò idea, sospirando quasi di sollievo per il calore improvviso: non sapeva come, ma quel ragazzo era una specie di termosifone umano. 


“Volete che vi lasci soli, per caso?” 

“NO!”  Sia Wilhelm che Sean risero di fronte alla risposta decisa e affrettata di Astrid, che sbuffò e nascose il viso sulla spalla di Sean, borbottando quanto fossero imbecilli proprio mentre un lieve rumore attirava improvvisamente l'attenzione dei due: non era l'inno, era ancora troppo presto... bensì un paracadute. 

“Grandioso... sembra che piacciamo al pubblico!”  Wilhelm sfoggiò un sorriso allegro, affrettandosi ad alzarsi per tirare giù quello che avevano appena ricevuto.

Quando vide cosa conteneva il cestino il suo sorriso si allargò, voltandosi verso i due compagni con aria allegra:

“Sapete che vi dico? Continuate pure a fare i piccioncini... tanto meglio per noi!” 

Sean e Astrid strabuzzarono gli occhi di fronte al cestino, che conteneva dei panini, qualche mela e anche un piatto di stufato. 

“Wilhelm, non facciamo i piccioncini, piantala! Ma dammi una mela, non ci vedo dalla fame!” 


“Agli ordini signorina!”


                                                                               *


Meno altri due... ormai erano rimasti in otto. 

Cyrus sospirò, quasi sollevato che quel giorno qualche Tributo fosse morto: almeno la fine si stava avvicinando sempre di più, fortunatamente... cominciava ad esasperarsi davvero, e non voleva pensare agli altri, che di sicuro se la stavano passando peggio visto che non avevano le loro provviste.

“Credo che da domani non dovremmo più stare qui... siamo in tre, ed è meglio che nessuno di noi resti solo. Dopo quello che è successo oggi, non credo che restare qui sia sicuro.”

“Quindi cosa proponi di fare?” 

“Portiamoci dietro il più possibile, o almeno le cose più importanti... e poi ce ne andremo, così se dovessero tornare non ci troverebbero più. Non ho alcuna intenzione di farmi giocare uno scherzo come quello di oggi.” 

Black sbuffò, spezzando nervosamente un rametto mentre Caius annuiva, scaldandosi accanto al fuoco che avevano acceso un paio d'ore prime, avevano invece sentito l'inno poco prima, insieme ovviamente ai volti di Kalem e Faye.

“Non sarebbe il caso, decisamente... d'accordo, domani ci sposteremo nel bosco, insieme agli altri. Chissà di non trovarli più facilmente, una volta lì.” 

Caius sbuffò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli: per loro quel giorno era stato un fiasco totale, avevano perso Kalem e non avevano trovato nessuno nel bosco... lui e Cyrus avevano camminato per ore per niente, ma almeno Black aveva avuto più fortuna e aveva ucciso un Tributo, scampando a sua volta alla morte per un soffio. 

“Rilassati Caius... domani andrà meglio. Stanne certo.” 

















.......................................................................................................
Angolo Autrice:

Buonasera! Sto diventando più veloce, contenti? 
Spero come sempre che il capitolo vi sia piaciuto, grazie per le recensioni e a chi mi ha mandato i cinque nomi dei Tributi preferiti... invito chi non l'ha ancora fatto a mandarli, per favore! 

OC morti in questo capitolo:

-    Kalem Schweinson
-    Faye Dashwood

Altri due in meno... Restiamo a quota 8, ancora complimenti a chi è ancora in gioco! u.u
Ci sentiamo agli inizi della prossima settimana con il seguito! 

Signorina Granger 



                                                 


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Capitolo 15
*** Ottavo giorno ***


Capitolo 13: Ottavo giorno 


“Quanti?” 

Otto.” 

Sospirò, contraendo nervosamente la mascella e trattenendosi dall’esplodere, ribaltare tutta la stanza e uscire sbattendosi la porta alle spalle... erano morti già in 12, e l'idea che dovesse succedere altri sette non la rallegrava per niente. 

Loro no... sembravano divertirsi. E la cosa la disgustava e basta.

Gli occhi scuri della Presidentessa Paylor vagarono sugli Strateghi che confabulavano tra loro, discutendo se creare o meno una bufera di neve quel giorno... possibile che stessero reagendo meglio di lei? 

Era assurdo... quasi paradossale. 

I Vincitori avevano vietato positivamente perché volevano farla pagare a Capitol... e i Distretti alla notizia avevano gioito, lieti di riprendersi una rivincita. 

E allora perché non battevano ciglio? Perché non si stavano disperando? Sembrava che non fosse cambiato niente, che quella fosse solo l'ennesima edizione degli Hunger Games: a Capitol si continuava a scommettere e a fare da sponsor... non era cambiato nulla.

“Questa storia dovrebbe essere già finita. Mi auguro di non essere l'unica a pensarlo.” 

“No, non lo sei. Ma molti non sono d'accordo.” 

Annuì alle parole di Plutarco, tenendo lo sgaurdo fisso sull’enorme schermo che dava sull’Arena mentre rifletteva. No, non lo era... lo Stratega aveva ragione. 

“Giusto. Divertiti con le tue marionette Plutarch... non so per quanto ancora potrai farlo. Chiamatemi Mellark, Annie Cresta, Abernathy e Latier, forse a breve ci sarà una seconda votazione. E niente bufera di neve!” 

Senza dare tempo a nessuno di commentare o ribattere la donna girò sui tacchi, uscendo dalla stanza quasi a passo di marcia e lasciando nuovamente soli i “burattinai”, come li chiamava fin da ragazzina. 

Non era come Coriolanus Snow, e non lo sarebbe mai stata. Ma aveva pur sempre il potere, e non aveva alcuna intenzione di farsi calpestare... non le era mai piaciuto, e non avrebbe iniziato a cambiare idea. Non ancora, almeno. 


                                                                             *


Mentre camminava teneva lo sgaurdo basso, fisso sulla neve segnata dalle loro impronte: ormai al freddo ci aveva quasi fatto l'abitudine... ma la neve restava un costante problema. Non era difficile rintracciarli, seguendo delle semplici impronte.

E vedendone tre serie erano facilmente riconducibili proprio a loro. 

Sfortunatamente non c'era modo di cancellarle, se si spostavano di continuo come avevano sempre fatto... e Sean si chiedeva se prima o poi quelle impronte fastidiose non sarebbero state la loro rovina.

Il giorno precedente era passato lento e quasi noioso... non era successo nulla, non si erano scontrati con nessuno... e non avevano sentito alcun colpo di cannone, segno che anche gli altri erano rimasti a distanza.

“A che pensi?” 

“Niente... alle impronte. Dannata Arena e dannata neve.”  

“Pensa positivo Sean, dopotutto non ci siamo ancora imbattuti in Caius, Black e Cyrus... magari avremmo fortuna e non succederà.” 

“Mi piacerebbe pensare che loro tre e Rubinia si ammarezzano a vicenda, ma la vedo difficile.”   Sean sbuffò leggermente, stringendo le dita intorno alla lancia che teneva saldamente in mano, quasi pronto a girarsi e usarla in qualunque momento. 


“Ieri non è morto nessuno... secondo te come andrà oggi?”  Alle parole di Astrid Sean lanciò un’occhiata agli alberi, certo che fossero circondati da telecamere... e sfoggiò un lieve sorrisetto, stringendosi nelle spalle:

“Chi può dirlo... ma credo che nei Distretti, e probabilmente anche a Capitol, vogliano sentire un colpo di cannone oggi.” 


Astrid sorrise quasi amaramente, consapevole che il compagno avesse ragione... nonostante in quell’edizione ci fossero ragazzi della Capitale, sembrava che niente fosse cambiato... se non che per la prima volta nella storia degli Hunger Games i Distretti sembravano quasi felici. 

“Credi che stiano facendo le solite scommesse su di noi?” 

“Non lo credo Astrid... ne sono sicuro al 100%. E ora muoviamoci, dobbiamo trovare Wilhelm... chissà che non abbia trovato qualcosa da mangiare.” 


                                                                               *


Stanchi 

Ecco cos’erano: tutti terribilmente stanchi. Era passata poco più di una settimana da quando erano entrati nell’Arena, ma sembrava che fosse trascorso molto più tempo... 

La sua vita a Capitol sembrava lontana anni luce... e pensare che non era passato molto dalla Mietitura, solo due settimane. 

Fu quasi scosso da un brivido al pensiero di quante persone fossero morte in quell’arco di tempo... 12. Pazzesco come diventasse una cosa normale, dentro l'Arena. 

“Non dovrebbero organizzare anche un Festino, a breve?” 

I pensieri di Caius vennero interrotti dalla voce di Black, che era in piedi e appoggiato ad un albero davanti a lui, rigirandosi quasi distrattamente due coltelli da lancio in mano mentre si guardava intorno con aria assorta:

“Immagino di si... ma in genere lo fanno quando i Tributi rimangono in sei, se non erro.” 

“Si, ma questa volta non eravamo in 24, ma in 20... quindi forse lo organizzeranno prima.” 


"Beh, non sarebbe male... sarebbe un modo per trovarci tutti, senza dover vagare qui in eterno.”   Cyrus sbuffò, staccando nervosamente della corteccia dal tronco di una betulla, usando un coltello per incidere il legno gelido.

Il giorno prima non si erano scontrati con nessuno... e tutti e tre speravano che quel giorno le cose sarebbero cambiate: volevano mettere fine a quella storia il prima possibile, e sfortunatamente l'unico modo per farlo era uccidere delle persone. 

Oppure farsi uccidere, certo.

Caius si alzò, sistemandosi sulle spalle lo zaino prima di fare un cenno ai due compagni, invitandoli a seguirlo:

“Coraggio, andiamo... Se restiamo qui impalati  avremmo meno probabilità di trovare gli altri. Gambe in spalla.” 

“Sissignore! Hai così tanta voglia di ammazzare qualcuno Gold?” 

“No Black... vorrei solo uscire da qui in fretta.” 

“Credo che non ci sia un singolo Tributo nella storia dei Giochi che non l'abbia voluto, in effetti.” 


                                                                                   *


April era morta, uccisa da Aaron Bradshaw.
E lei lo aveva ucciso. 
Brittany era morta, uccisa da Sean Thorn 
E lei... non l'aveva ucciso. 

Aveva ucciso Kalem Schweinson... e subito dopo Black Hole aveva ucciso Faye. 

Non aveva avuto un percorso lineare e semplice nell’Arena, era stato movimentato e popullante di morti fin dall'inizio. 

E forse cominciava ad essere stanca. 
Si, aveva voluto dimostrare ai Distretti che i Capitolini non erano degli imbecilli che si sottoponevano ad operazioni chirurgiche, indossavano abiti stravaganti e si tingevano i capelli e basta... erano di più. 

Erano delle persone, proprio come gli altri. Persone normali, ma che per un motivo o per un altro avevano avuto la fortuna di vivere nella Capitale... al sicuro dai giochi, lontani dalla povertà e dalla fame. 

Il loro turno però era arrivato... e Rubinia lo trovava quasi giusto, in un certo senso: avevano sofferto molto, gli abitanti dei Distretti... per 75 anni. Quanti adolescenti erano morti in tutto quel tempo? Non voleva nemmeno provare a fare il calcolo, probabilmente si sarebbe sentita male. 

“L'altro ieri non vedevi l'ora di trovare gli altri... che ti succede oggi?” 

“Nulla... solo, penso di aver fatto la mia parte, in questi Giochi. Forse è meglio che io stia lontana dall'azione, per un po’. Sono morte tre mie alleate e ho ucciso due Tributi... forse ora dovrei lasciare un po’ di azione agli altri.” 

 “Nemmeno io muoio dalla voglia di scontrarmi con Black, Caius e Cyrus... anche se non mi dispiacerebbe vedere Hole morto stecchito, in tutta sincerità.” 

Rubinia annuì alle parole di Africa, che era seduta sulla neve, davanti a lei: avevano deciso di fermarsi per un po'... nella speranza che a scontrarsi fossero gli altri due gruppi.


“Credimi Africa, neanche a me. E se non ci penseranno Sean e Wilhelm... allora ci penserò io, stanne certa. Ma non mi dispiacerebbe se quei sei si incontrassero... almeno si sfoltirebbero a vicenda a nostro vantaggio.” 

“E così noi saremmo più vicine al traguardo... già. Non male come prospettiva.” 


Africa sfoggiò un lieve sorriso, appoggiando la testa al tronco dell'albero contro il quale si era seduta. C'era solo da chiedersi se le loro preghiere sarebbero state esaudite o meno.


                                                                              *


Due ore dopo



“Fermi un attimo.”   Cyrus si fermò di colpo alle parole di Caius, portando istintivamente una mano alla cintura, dove aveva allacciato una serie di 7 coltelli da lancio.

“Hai visto qualcuno?” 

“No... non ancora. Ma guardate.”  Caius accennò al suolo e i due compagni abbassarono subito lo sguardo, puntandolo sulla neve. Erano davanti ad una serie di impronte, ancora fresche per giunta.

“Sono tre serie... Quindi Sean, Astrid e Wilhelm. Bene.”  Black sfoggiò un sorriso quasi allegro, sollevato di aver finalmente una traccia da seguire... senza neanche dirsi nulla i tre partirono quasi contemporaneamente a camminare a passo svelto, seguendo le impronte che procedevano tra gli alberi.

“Mi sembrano ancora fresche... quindi non sono qui da molto.” 

“Esattamente... ergo, non dovremmo essere molto lontani.”  Caius annuì alle parole di Cyrus, tenendo la pistola stretta in mano, pronto ad usarla: l'idea di uccidere non gli piaceva, ma infondo l'aveva già fatto una volta... e non poteva essere brutto come la prima. O almeno lo sperava. 

Cercando di fare piano e senza parlarsi i tre avanzavano nel bosco, lo sguardo a momenti fisso sulle orme e in altri sugli alberi, per guardarsi intorno e assicurarsi che fossero soli.

Intorno a loro regnava il silenzio, e per quanto si sforzassero nessuno dei tre ragazzi riuscì a sentire delle voci... ci vollero ben dieci minuti di camminata a passo svelto per riuscire a sentire qualcosa. 

Black rallentò di colpo l'andatura, i sensi all’erta e le orecchie tese: aveva le allucinazioni o aveva sentito davvero delle flebili voci? Forse voleva trovarli così tanto che iniziava persino a sognarsi le cose... 

Lanciò un’occhiata in direzione di Caius e dalla sua faccia capì, sorridendo con cipiglio vittorioso, di non essersi sbagliato: evidentemente, non erano lontani. 

“Ok... se vedete qualcuno, colpite. Non importa chi sia, colpite e basta.” 


                                                                                    *


Probabilmente era una delle cose più strane del trovarsi nell’Arena degli Hunger Games... il costante senso di pericolo che aleggiava nell'aria. 

Era praticamente impossibile sentirsi completamente al sicuro, lì dentro... e se succedeva, si trattava senza dubbio di un individuo con una grandissima sicurezza... oppure molto stupido. 

Evidentemente Wilhelm Grace non era nessuna di queste due cose, perché non si sentiva affatto tranquillo... specialmente da quando era morta sua sorella. 
Un'altra cosa strana era come potessero cambiare rapidamente le situazioni: un attimo prima cammini tra gli alberi insieme ai tuoi alleati... E un attimo dopo ecco che salta tutto, perché un rumore orribilmente familiare spezza il silenzio è la momentanea tranquillità che si è andata a creare. 

Stavano camminando, lui Astrid e Sean. Li sentiva parlare a bassa voce solo un paio di passi dietro di lui, quando un rumore lo fece bloccare istintivamente, voltandosi verso i due compagni e anche verso la fonte dello sparo: con suo sommo sollievo nessuno dei due era stato ferito... in compenso però qualcuno aveva appena rivelato la sua posizione.

“Via.” Senza neanche esitare Sean mise una mano sulla spalla di Astrid, spingendola in avanti e invitandola senza tante cerimonie a correre, alla larga dagli altri Tributi.

“Rubinia?” 

“Si... o Gold. Ma di sicuro non siamo soli, e ci hanno mancati.” Sean si lanciò una fugace occhiata alle spalle prima di seguire Astrid, iniziando a correre a perdifiato tra gli alberi.

La ragazza era veloce, ma lui aveva le gambe più lunghe, che gli permettevano di compiere falcate di maggior dimensione. In breve la raggiunse, correndo accanto a lei con Wilhelm alle calcagna: per quanto tutti e tre volessero eliminare qualche avversario, erano perfettamente consapevoli di non poter reggere il confronto con un'arma da fuoco: con quelle di poteva tranquillamente colpire a debita distanza, con le lance era molto più complicato. 

Wilhelm si morse il labbro, combattuto come non si era mai sentito in vita sua... a parte quando aveva impedito a suo padre di fare del male a sua sorella, causando accidentalmente la sua morte. 
Aveva passato i successivi anni a chiedersi se aveva fatto la scelta giusta, quando la madre l'aveva sbattuto fuori di casa, evitando di rivelare le effettive condizioni della morte del marito.

Aveva difeso sua sorella, certo... Ma dentro l’Arena aveva fallito. 


Wilhelm Grace esitò per un attimo, continuando a correre ma rallentando leggermente, con Astrid e Sean che lo precedevano. 
Il ragazzo deglutì, chiedendosi se non dovesse fermarsi e affrontarli una volta per tutte... non gli piaceva l'idea di scappare. 

“Wil, corri!” Astrid si voltò leggermente, intimandogli di sbrigarsi... intravide un lampo di preoccupazione nelle iridi azzurre della ragazza, e in quel momento capì che non aveva senso giocare a fare l'eroe... non ne valeva la pena, non voleva giocare con la sua vita, non quando Carly era morta.

Wilhelm si ridestò, riprendendo a correre più velocemente per cercare di distanziare il più possibile Caius, Cyrus e Black... ma evidentemente non fu abbastanza. 
Un secondo sparo ruppe il silenzio, e questa volta Caius teneva gli occhi saldamente incollati al suo bersaglio, la mano stretta intorno all’arma da fuoco e al grilletto...


Non gli piaceva sbagliare, e non voleva farlo una seconda volta. 

Non si era fermato a guardare di chi si trattasse, come aveva detto Black poco prima... semplicemente, aveva puntato alla persona più vicina a lui, più facile da individuare e da colpire. 

Caius si ritrovò a sorridere vittoriosamente, quando vide Wilhelm Grace smettere improvvisamente di correre, restando in piedi per qualche istante prima di crollare in ginocchio sulla neve.

Lasciò la presa sulla lancia, che cadde sulla neve con un tonfo appena udibile... la mano del ragazzo andò quasi in automatico a toccarsi la ferita bruciante e sanguinante.

Caius sorrise, fermandosi mentre invece Black non sembrava averne abbastanza: non voleva farsi scappare altri due Tributi da sotto al naso, non un'altra volta. 

Il ragazzo continuò a correre, inseguendo Sean e Astrid attraverso gli alberi... Cyrus invece si fermò, avvicinandosi a Wilhelm e guardandolo quasi con rammarico, come se gli dispiacesse sinceramente.

“Non fare quella faccia Dennim. Lo sai come funziona.” 

Caius rivolse al compagno un'occhiata torva, seccato dall’espressione carica di compassione di Cyrus... lo faceva sentire giudicato, in colpa, una specie di mostro. E non lo era. Una parte di lui continuava a ripeterselo fino allo sfinimento: non era un mostro, faceva solo quello che doveva fare per sopravvivere. 

Non sapeva se fosse riuscito a convincersi o meno, fatto sta che Caius alzò lo sgaurdo, evitando di guardare Wilhelm steso sulla neve e agonizzante. 
Sperava solo che morisse in fretta, di sentire il colpo di cannone invece dei lamenti del ragazzo. 

“Si, lo so bene. Penso solo che sia ingiusto.” 


Wilhelm puntò gli occhi chiari sul cielo limpido, smettendo di sentire le voci di Caius e Cyrus... in fin dei conti aveva fallito definitivamente, si era fatto uccidere. Aveva deluso sua sorella? Probabilmente sì... ma forse a breve l'avrebbe rivista. 

E si ritrovò a sorridere, mentre chiudeva gli occhi per l'ultima volta... infondo non era poi così male, con la prospettiva di rivederla.

L'ultima cosa a cui pensò fu a sua madre, chiedendosi se avrebbe sofferto la sua morte... infondo però sapeva che per quella donna lui era morto quattro anni prima, quando aveva accidentalmente ucciso suo marito. 
Una cosa era sicura: ovunque sarebbe finito, Wilhelm Grace non avrebbe incontrato quel verme di suo padre. 

E gli andava benissimo così.

                                                                                *


“Wilhelm...” Astrid deglutì, voltandosi senza più vedere il compagno correre alle sue spalle... la voce della ragazza era strozzata e probabilmente si sarebbe fermata, ma Sean glielo impedì, strattonandola e intimandole di non fermarsi: sentiva distintamente qualcuno correre dietro di loro... Avevano Black Hole alle calcagna, e non aveva nessuna intenzione di fare la stessa fine di Wilhelm Grace.

Non quel giorno. 


Astrid riportò lo sgaurdo davanti a sé, la gola improvvisamente molto secca e gli occhi lucidi... ma si disse di non piangere, di non dare agli avversari quella soddisfazione. 

La mano di Sean si strinse intorno al suo braccio, costringendola a seguirlo: il ragazzo aveva cambiato improvvisamente direzione, girando a destra nella speranza di seminare Black proprio mentre il cannone segnava definitamente la morte del loro compagno, ormai praticamente un amico.

Nel giro di pochi secondi e prima di rendersene conto Astrid aveva smesso di correre, trovandosi con la schiena contro il tronco ruvido e freddo di un albero.
Quasi inconsciamente trattenne il respiro, impreparata all’improvvisa vicinanza di Sean, che era davanti a lei e quasi la schiacciava contro l'albero, facendole quasi da scudo umano. 


Restarono in completo silenzio, quasi evitando di respirare per paura di essere trovati... Astrid deglutì, sentendo distintamente il battito cardiaco di Sean molto accelerato, come di certo era il suo in quel momento. Per un istante si chiese a cosa fosse dovuto, ma cacciò quel pensiero in fretta quando, alzando leggermente lo sgaurdo, incontrò gli occhi verdi del ragazzo. 

Rimasero immobili per qualche istante quasi senza fiatare, ma poi il rumore di un rametto spezzato fece voltare di scatto Sean, che si allontanò leggermente da lei tenendo ancora la lancia stretta in mano. 

“Sean...” Quasi senza volerlo e intuendo cosa volesse fare Astrid allungò la mano, prendendo quella del ragazzo e parlando con un filo di voce, talmente piano che per un attimo si chiese se l'avesse effettivamente sentita... ma quando Sean si voltò ne ebbe la certezza, sorridendole lievemente prima di allontanarsi con passo felpato, facendo scivolare la sua mano da quella di Astrid. 

Prima di rendersene conto era sparito dalla sua visuale... e non ebbe quasi il tempo di muoversi e pensare a cosa fare, poi un colpo di cannone fece tremare l'Arena, insieme a chi c'era dentro. 










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Angolo Autrice:

Buonasera! 
Mi spiace ma no, non vi dirò chi è morto tra Sean e Black... ma si accettano scommesse! XD In ogni caso non dovrete aspettare molto, di sicuro aggiornerò molto presto con il seguito. 

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, ci sentiamo tra un paio di giorni con il penultimo capitolo! 

Signorina Granger 

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Capitolo 16
*** È finita ***


Capitolo 14: È finita 



“Grazie per essere venuti, lo apprezzo molto.” 

La guardavano con cipiglio scettico, di certo chiedendosi che cosa volesse... fece un cenno con il capo, invitandoli a sedersi intorno al tavolo circolare.

Lo stesso dove, settimane prima, avevano deciso sulla sorte dei ragazzi di Capitol City. 

C'erano tutti, fatta eccezione per Katniss Everdeen... perché in fin dei conti non sarebbe mai stata fatta fino in fondo per la politica. Lei era una stratega, e lo sarebbe sempre stata. 

E proprio per questo sapeva che non doveva parlare con lei... prima doveva convincere gli altri, affinché l'aiutassero a far cambiare idea alla testardissima Everdeen. 

La Presidentessa Paylor prese posti sulla sedia di pelle, sfoggiando un sorriso compiaciuto: in fin dei conti ora aveva lei il potere... tanto valeva sfruttarlo per fare qualcosa di buono. 


“Come penso abbiate immaginato, vi ho chiesto di tornare qui a Capitol il più in fretta possibile per discutere di un argomento che dovrebbe starvi molto a cuore... Gli Hunger Games.” 


                                                                                   *


“Ti fa molto male?” 

Astrid spostò gli occhi dal braccio di Sean per posarli sul volto del ragazzo, che era seduto sulla neve davanti a lei con la schiena appoggiata ad un albero, cercando di stare fermo e il più dritto possibile mentre lei gli disinfettava la ferita sulla spalla. 

“No... non ti devi preoccupare.”    Il ragazzo sorrise debolmente, senza staccare gli occhi verdi dal volto di Astrid. La guardò spostare gli occhi dal suo viso per tornare a concentrarsi sul suo braccio, avvicinando con delicatezza il cotone alla ferita sanguinante e bruciante.

Aveva ucciso Black, si... ma l'aveva battuto sul tempo davvero per poco, ed era rimasto ferito al braccio dal coltello che il ragazzo gli aveva lanciato contro. Non era stato come per Brittany, sapeva che aveva fatto quello che doveva... non era la cosa giusta, no, ma non aveva avuto molta scelta. 

In condizioni normali sarebbe tornato indietro per occuparsi anche di Caius e Cyrus, ma con la spalla in quello stato non sarebbe mai stato in grado di usare la lancia correttamente... così aveva recuperato l'arma e insieme ad Astrid si era allontanato il più velocemente possibile, alla larga dai due avversari. 

Non appena si erano fermati per riprendere fiato un paracadute era comparso accanto a loro, permettendo alla ragazza di disinfettargli la ferita.

“Stai bene?” 

“Si, te l'ho detto... non mi fa molto male.” 

“Non mi riferivo a questo, Sean...” Astrid alzò di nuovo gli occhi dalla sua ferita, posando le iridi azzurre sul viso del compagno, che evitò di rispondere. 

Non voleva pensare al fatto di essere a tutti gli effetti un assassino... senza contare che aveva ucciso un ragazzo più giovane di lui, anche se quasi più per difendersi che per una reale volontà di ucciderlo: se non l'avesse colpito sia lui che Astrid sarebbero morti, dopotutto.

“Non credo che potrai usare ancora la lancia Sean... se sforzi la spalla danneggeresti la ferita, temo.” 

“Sciocchezze, sto benissimo.” 

A dimostranza delle sue parole Sean fece per alzarsi ma lei lo bloccò, mettendogli le mani sulle spalle e costringendolo a stare fermi, guardandolo con un'aria di rimprovero che quasi lo fece ridere... quasi, in fin dei conti erano ancora nell’Arena.

“Non osare muoverti! Non serve fare il grand’uomo Sean, qui nessuno ti vuole giudicare.”

“Suona strano, considerando che siamo circondati da telecamere...” 

Sean abbozzò un sorriso che Astrid non ricambiò, troppo impegnata a frugare nel suo zaino per cercare qualcosa da mangiare avanzato dal cestino che avevano ricevuto qualche giorno prima. Quando mise le mani su una mela la diede al ragazzo senza tante cerimonie, ordinandogli silenziosamente di mangiarla.

“Ma Astrid, non ci possiamo ferma-“

“Lo so. Solo per un'ora... credo che tu abbia un disperato bisogno di riposarti, Sean.” 


Astrid piegò le labbra in un sorriso dolce, allungando senza pensarci una mano per sistemare i capelli biondo cenere del ragazzo che fin dall'inizio si era preso cura di lei. 

“Sono davvero felice che tu stia bene... credo di aver perso parecchi anni di vita quando ho sentito il cannone.”   

Sean non disse nulla, limitandosi a guardarla inginocchiata davanti a lui, sorridendogli con fare tranquillizzante... per un attimo mentre la guardava si dimenticò di essere nell’Arena e probabilmente prossimo alla morte. Durò per pochissimo, ma per qualche istante si sentì quasi come un normalissimo ragazzo.


"Beh, ora riamo rimasti solo in sei... presto tutto finirà, in un modo o nell'altro.” 

“Penso che tu abbia ottime probabilità di vincere Sean... davvero, credo che potresti essere tu a tornare a casa. Sarei davvero felice se toccasse a te, te lo meriti.” 

A quelle parole Sean provò a ricambiare il sorriso ma proprio non ci riuscì... perché se da una parte non voleva morire e desiderava ardentemente tornare a casa a riabbracciare sua sorella, dall'altra l'idea che Astrid morisse gli provocava una dolorosa sensazione allo stomaco.

“Sean, sei sicuro di stare bene? Perché non dici niente?” 

Astrid lo guardò con lieve preoccupazione, temendo di vederlo perdere i sensi da un momento all'altro... ma nonostante fosse ancora un po’ pallido Sean abbozzò un sorriso, scuotendo il capo:

“No, sto bene... stavo solo riflettendo. Non sappiamo come andrà, i Giochi potrebbero finire stanotte come domani... o come tra cinque giorni. E proprio perché non ho idea di come o quando finirà, c'è una cosa che voglio fare.” 

Sean sorrise, ed ebbe appena il tempo di cogliere l'espressione confusa sul viso di Astrid prima di circondarle la vita con il braccio buono e attirarla a sè con uno strattone, appoggiando le labbra sulle sue. 

Colta alla sprovvista Astrid si staccò dopo qualche istante, appoggiando le mani sul petto del ragazzo e allontanandosi leggermente, deglutendo mentre arrossiva fino alla radice dei capelli.

“Gentile da parte tua. Io sto soffrendo e tu non mi concedi neanche un bacio?” 

Sean inarcò un sopracciglio, cercando di non ridere e di restare serio mentre la teneva ancora stretta con un braccio, impedendole di allontanarsi troppo.

“Ma non hai detto di stare bene prima?” 

“Si, beh... tra poco starò anche meglio.”  Sean sorrise prima di avvicinare di nuovo il viso al suo, baciandola dolcemente e sorridendo con sollievo quando lei non si staccò una seconda volta, ricambiando il bacio mentre tutto gli schermi di Panem trasmettevano la scena in diretta. 


                                                                                        *


Quando avevano sentito il cannone, lei e Rubinia avevano praticamente gioito... in fin dei conti quella era musica per le loro orecchie: due colpi praticamente di fila era un buon motivo di festeggiamento per entrambe. 

Ora che era calato il buio Africa e Rubinia erano in silenzio, osservando il cielo e aspettando con trepidazione che mostrassero i volti delle vittime del giorno... erano molto curiose di sapere chi si erano tolte dai piedi. 

“Ci siamo.” La voce ferma e pacata di Rubinia riscosse Africa dai suoi pensieri, portandola ad alzare lo sgaurdo sul cielo mentre l'inno risuonava per l'ennesima volta in tutta l’Arena, avvertendo i Tributi ancora in vita che stavano per mostrare i volti dei morti più recenti. 

Quando vide il volto di Wilhelm Rubinia tirò quasi un sospiro di sollievo: aveva già ucciso sua sorella... non avrebbe voluto eliminare anche lui. 

Vedendo Black invece un sorriso illuminò il volto di entrambe, liete che l'uccisore di Faye fosse morto.

“Beh, non sono molto abbattuta... se lo meritava.”

“No, non credo che nessuno di noi se lo meriti al 100%... ma di certo lui lo meritava più di Faye.” 

Rubinia sfoggiò una smorfia, parlando con un tono leggermente cupo che trapelava qualche senso di colpa... Africa se ne accorse ma non disse nulla, limitandosi a godersi la sensazione di leggero sollievo che l'aveva invasa quando aveva sentito i due colpi, qualche ora prima: un altro giorno giungeva al termine, portando con sè altre due vite... e lei era ancora viva, incredibilmente.


                                                                               *


“Quasi non riesco a crederci.” 

“Già, nemmeno io. Sarebbe stato troppo bello riuscire ad uccidere Sean Thorn, immagino.” 

Cyrus sfoggiò una smorfia, osservando il piccolo fuoco che aveva appena acceso quasi senza vederlo, continuando a pensare a Black... quando lui e Caius l'avevano trovato Sean e Astrid erano già spariti, non avevano neanche provato ad inseguirli.

In un certo senso Cyrus si era quasi sentito sollevato nel vedere Black morto... perché infondo l'aveva sempre saputo, che prima o poi le cose sarebbero cambiate: le alleanze devono finire per forza, dentro l’Arena. E l'idea di doversi scontrare con lui non gli era mai sembrata molto allettante. 

Era pur sempre un avversario in meno, un tassello in più per uscire da lì, finalmente. 
Non ci aveva mai sperato troppo, di riuscire a tornare a casa vivo... ma più le morti aumentavano, più quell’idea diventava meno surreale.


Caius praticamente non aveva aperto bocca, da quando avevano trovato Black... sapeva solo che non vedeva l'ora che quella storia finisse. Teneva lo sgaurdo fisso sulle fiamme, riflettendo. 

“Faccio io il primo turno... e domani faremo in modo di farci trovare.” 

Colse lo sgaurdo confuso di Cyrus, quasi sorridendo per l'idea che gli era venuta:

“In che senso?” 

“Beh, se vogliono trovarci che facciano pure, no? Ci faremo trovare pronti.” 


                                                                               *

Dodici ore dopo


“Aspetta. Guarda.”   

Alle parole di Astrid Sean si fermò di colpo, voltandosi immediatamente... e come la ragazza sgranò gli occhi, stentando a crederci: c'era chiaramente del fumo... ma come potevano aver acceso un fuoco in piena mattinata? 

“Che diamine... Dovremmo andare a vedere.” 

“Aspetta, prima dobbiamo pensare. Insomma, solo un idiota accenderebbe un fuoco nell’Arena... oppure qualcuno che vuole attirarci da qualche parte. Sarà sicuramente una trappola Sean, Caius non è stupido, così come Rubinia, Africa e Cyrus.” 

Sean esitò, riflettendo sulle parole di Astrid, che l'aveva fermati prendendogli una mano: di certo aveva ragione... non erano circondati da degli idioti, in fin dei conti loro erano cresciuti insieme alle edizioni dei Giochi... nessuno avrebbe mai acceso un fuoco, anche se la temperatura era molto bassa. 

“Hai ragione, è molto probabile che sia una trappola... ma possiamo fare un passo avanti verso la fine, Astrid. Posso andarci, non ho paura.” 

“Lo so, non lo metto in dubbio. Ma non puoi sforzare il braccio, Sean. Se è una trappola, stiamone alla larga.” 

Sean sospirò, stringendo ancora la mano della ragazza nella sua... voleva trovare gli altri con tutto se stesso... ma non voleva nemmeno metterla in pericolo, e da una parte sapeva di non essere al meglio delle condizioni, con la spalla ancora dolorante. 

Era rischioso? Assolutamente si, ma non voleva tirarsi indietro.


“Astrid... Posso farcela.” 

“Hanno le armi da fuoco, Sean. E abbiamo rischiato la vita molte volte... per favore, ascoltami.” 

Il tono e lo sgaurdo implorante della ragazza lo convinsero a non agire d’impulso, annuendo con un lieve cenno del capo prima di sospirare:

“Ok, faremo attenzione... Sono sfuggito alla morte per un pelo ieri, sarebbe sgradevolmente ironico se ci andassi incontro oggi.” 


                                                                         *


Quando avevano visto il fumo quasi non avevano avuto bisogno di parlarsi... Africa sapeva che Rubinia non voleva starmene con le mani in mano per un altro giorno, e sentirsi impotente non piaceva nemmeno a lei.

Così le due avevano iniziato ad avvicinarsi al fuoco che era stato acceso, con cautela e cercando di fare il più piano possibile... Rubinia teneva la pistola stretta in mano, i nervi tesi e i sensi all’erta, pronta ad usarla.

Naturalmente nessuno tra i Tributi rimasti era così idiota da accedere un fuoco a quell'ora, in piena mattina... di certo anche gli altri cominciavano ad essere stanchi di tutta quella storia, e volevano scontrarsi con gli avversari.

C'era solo da chiedersi di CHI si trattasse: Caius e Cyrus? O Sean e Astrid? 

Africa propendeva più per i primi due... ma in fin dei conti non faceva molta differenza: l'importante era restare vive e magari invece eliminare qualcuno tra gli avversari.

Più il tempo passava nell'Arena, più sembrava rallentare... il numero delle vittime aumentava, ma sembrava che la fine non si avvicinasse mai. 

Africa si rigirava il pugnale tra le dita, chiedendosi se sarebbe stata in grado di usarlo... non fisicamente quanto psicologicamente: all’occorrenza sarebbe stata capace di uccidere qualcuno, anche se per puro spirito di sopravvivenza?


Fino a quel momento non si era trovata davanti a quel bivio... ma forse quella situazione l'avrebbe messa alla prova. 

Dal canto suo, Rubinia non si stava ponendo quelle domande... avrebbe ucciso se necessario, lo sapeva come lo sapeva Africa e tutto il pubblico... voleva tornare a casa, e non si sarebbe fermata davanti a niente.


                                                                               *


“Fermi, non fate niente... lasciamo che se la vedano tra loro. Sean e Astrid sono ancora a distanza, ma Rubinia e Africa si stavano avvicinando a Caius e Cyrus... sarà una scenetta interessante.” 

“Le scommesse stanno slittando, signore.” 

“È quello che ho detto... sarà una scenetta interessante. Godetevi lo spettacolo.” 

Plutarch era comodamente seduto sulla sua sedia girevole di pelle bianca, osservando attentamente il grande schermo dal quale lui e gli altri Strateghi potevano osservare chiaramente ogni angolo dell’Arena... e in quel momento gran parte degli schermi di Panem stavano trasmettendo Rubinia e Africa che si avvicinavano a Caius e Cyrus, mentre quest’ultimi restavano nascosti tra gli alberi accanto al fuoco che avevano precedentemente acceso. 

Chissà come sarebbe andata a finire... 

Di certo tutta Panem si stava ponendo la stessa domanda, i Tributi inclusi. 

Esattamente come aveva ordinato, nessuno tra i suoi colleghi stava muovendo un muscolo per intervenire... gli occhi di tutti erano fissi sullo schermo, lasciando che quel frammento degli Hunger Games si scrivesse da sè, senza il loro contributo. 


Gli Strateghi erano ignari di quanto stava per succede... così come i Tributi ancora in vita, così come tutta Panem. 

Una donna invece stava raggiungendo quella stessa sala quasi di corsa, tenendo un foglio stretto tra le mani... avrebbe fatto in tempo? 

Non lo sapeva, ma lo sperava ardentemente. 


                                                                                *


Sean aveva insistito così tanto che alla fine aveva dovuto cedere: anche se lentamente, si stavano avvicinando alla fonte del fumo... al fuoco che era stato acceso da qualcuno tra i loro avversari/compagni di sventura. 

Sean camminava davanti a lei, tenendo la lancia ancora in mano... non sapeva come o dove trovasse quella determinazione o quella forza di volontà, ma lo ammirava e invidiava allo stesso tempo.
Per quanto avesse cercato di dissuaderlo Sean non aveva voluto cambiare idea, deciso ad andare fino in fondo... non voleva voltare le spalle a quell'occasione, e Astrid non era riuscita ad impedirglielo nonostante il suo braccio non fosse al meglio delle condizioni. 

“Sean, sei sicuro di sentirtela? Possiamo ancora tornare indietro...” 

“No Astrid... non si torna indietro.” 

Sean parlò senza nemmeno voltarsi, camminando con un passo così rapido che Astrid doveva quasi correre per restargli vicino... teneva gli occhi dritti davanti a se, con un’espressione ferma e determinata stampata in faccia: no, non avrebbe mai cambiato idea... lo sapevano entrambi. 

“Come vuoi. Ma stai attento, ti prego.” 

“Tu cerca solo di non farti colpire Astrid... preoccupati di questo.” 

Avrebbe voluto dirgli che non l'avrebbe fatto, che si sarebbe preoccupata anche e sopratutto per lui, come faceva da quando i Giochi erano iniziati... avrebbe voluto dirgli che non voleva vederlo morto, ma non ne ebbe il tempo, o almeno non quel giorno: prima che potesse farlo, il suono brutalmente familiare di uno sparo squarciò l'aria e il silenzio.

Sean e Astrid si voltarono contemporaneamente verso la direzione del rumore assordante, iniziando a correre quando sentirono un secondo colpo solo pochi attimi dopo... seguito da un altrettanto familiare rumore, solo molto più rincuorante: il cannone.

A quanto pare qualcuno aveva fatto più in fretta di loro a raggiungere il fuoco che aveva attirato tanta attenzione... e un Tributo aveva appena perso la vita. 


                                                                          *


“Merda...” 

Rubinia sbuffò, frustrata per aver sbagliato e aver mancato Caius, anche se di poco.

Vide come al rallentatore il ragazzo voltarsi, puntando gli occhi dritti su di lei come se fosse stato attratto da una forza magnetica. Sapeva che stava alzare il braccio per puntarle contro a sua volta l'arma da fuoco che teneva in mano, ma per quando lo fece Rubinia aveva già sparato una seconda volta, questa volta centrando il suo bersaglio, come sempre. 

Un sorriso vittorioso spuntò sul volto della ragazza quando si alzò, soddisfatta di aver fatto centro un'altra volta: uno in meno. 

La ragazza uscì dagli alberi per entrare nella piccola radura, avvicinandosi a Caius che, con un proiettile conficcato nel fegato, aveva lasciato la presa sulla pistola quando era scivolato sulla neve, macchiando il suo candore con il sangue scarlatto.

Rubinia si chinò per raccogliere l’arma, cercando come sempre di non fare caso al brutale contrasto che veniva a crearsi tra sangue e neve... alle sue spalle sentì una voce familiare dirle qualcosa e quando si voltò vide Africa con gli occhi puntati dritti su di lei, spalancati e allarmati: 

“Rubinia!” 

La ragazzina ebbe il tempo solo di ripetere il nome della compagna, prima che tutto accadesse in sequenza: il quindicesimo colpo di cannone risuonò nelle orecchie dei Tributi e di tutta Panem mentre Cyrus compariva alle spalle di Rubinia, che si era concentrata solo su Caius e si era quasi scordata di lui.

In fin dei conti si sa... in determinate situazioni, è bene non tralasciare nulla. 


                                                                            *


“Fermi!” 


Tutti si voltarono verso di lei, quando spalancò la porta bianca della stanza... vide Plutarch alzarsi e guardarla con un’espressione leggermente accigliata, come se si stesse chiedendo che cosa volesse:

“Posso fare qualcosa per te?” 

“Si, in effetti si. Metti fine a questa pagliacciata, Plutarch.” 

“Lo sai che non posso neanche volendo... non decido io.” 

“Tu no, ma IO sì. E qui forse c'è qualcosa che ti convincerà. Manda un hovercraft dentro l’Arena, portali via da lì.” 

La Presidentessa Paylor si avvicinò all'uomo, porgendogli il foglio che teneva in mano quasi con aria soddisfatta. Quando Plutarch lo prese gli occhi scuri della donna andarono a finire sul grande schermo, ritrovandosi con orrore a guardare il cadavere di un ragazzo morto, mentre la ragazza dai capelli rossi che aveva attirato molta attenzione fin dall'inizio era accasciata sulla neve accanto a lui, con un coltello piantato nella schiena... un ragazzo dai capelli scuri era in piedi, guardando il corpo della sua prima e ultima vittima con gli occhi sgranati e innaturalmente pallido. 

Non poteva sentire i suoi pensieri... ma era piuttosto sicura di sapere come cosa stesse pensando quel ragazzo:  

Che cosa ho fatto? 

E anche se le dispiaceva ammetterlo, era certa che non avrebbe smesso di chiederselo tanto in fretta. 

Cogliendo quell’espressione di mera disperazione la Presidentessa Paylor quasi sorrise, mentre Plutarch dava l'ordine di mandare un hovercraft a ritirare i due cadaveri... e per la prima volta, anche i quattro Tributi vivi rimasti. 

Aveva quasi corso come una matta, sperando di aver fatto abbastanza in fretta... sfortunatamente però era riuscita a salvarne solo quattro, alla fine. 
La Presidentessa Paylor guardò Cyrus Dennim passarsi nervosamente una mano tra i capelli, promettendogli silenziosamente qualcosa:

Non ti preoccupare, è finita... questa volta, per sempre.




















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Angolo Autrice:

Buonasera! Eccomi ad un orario un po’ improbabile visto che è mezzanotte passata, ma avendo finito finalmente il capitolo non ho voluto aspettare domattina per pubblicarlo. 

Alla fine ad essere rimasto ucciso è stato Black, per la gioia di qualcuno tra voi... Quanto a Rubinia e Caius davvero mi spiace moltissimo, perché ovviamente questi ultimi mi piacevano molto tutti... ma ho lasciato vivi quelli che avevano riscosso maggiore successo tra voi autori, fatta eccezione per Rubinia visto che il suo autore è sparito da un paio di capitoli.

Il prossimo capitolo sarà ovviamente l’Epilogo, e arriverà molto presto visto che ce l'ho già perfettamente in mente... ci sentiamo prestissimo, probabilmente domani nel tardo pomeriggio con la conclusione! 

Buonanotte, 
Signorina Granger 

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Capitolo 17
*** Epilogo ***


The last Games

Epilogo

 

“So a cosa state pensando… Probabilmente ai vostri occhi quello che ho fatto non è giusto.

Dalla vostra prospettiva, non posso che darvi ragione: ci sono delle persone che hanno reso la vostra, la nostra vita un inferno per anni, per quasi un secolo.

Ma Coriolanus Snow è ormai morto… e la dittatura è finita, spero per sempre. Quest’uomo ci ha torturati per anni, sia fisicamente che psicologicamente… E l’abbiamo odiato fino alla fine, anzi, lo odiamo anche ora.

 

Abbiamo avuto la nostra rivincita, abbiamo vinto. Snow è morto, e la dittatura ha avuto fine… ma secondo molti di voi forse non era abbastanza, volevate che si continuasse a pagare… Ed ecco il perché di questa ultima, sciocca edizione degli Hunger Games.

 

Io non ci sono passata, ho avuto la fortuna di non perdere amici o familiare a causa di questi Giochi… ma per molti di voi non è stato lo stesso, me ne rendo conto.

Spero che capiate che abbiamo già avuto la nostra rivincita su Capitol City… e credo sia stata sufficiente: volete davvero comportarvi come l’uomo che avete odiato e criticato per anni?

I Distretti non dovrebbero essere migliori, proprio perché sanno che cosa vuol dire entrare in contatto con gli Hunger Games? A mio parere sì… e spero che possiate essere d’accordo con me.

Katniss Everdeen ha cambiato idea sull’argomento, e spero che facciate altrettanto dimostrando di essere migliori di loro, a cominciare dagli Strateghi che, come già una volta ho detto, hanno fatto della nostra morte uno svago per anni.

 

Sono morti altri 16 ragazzi dentro quell’Arena, che è stata appena distrutta sotto mio ordine… I giochi sono finiti signori, e questa è la mia ultima parola sull’argomento. Finché sarò in vita io, non verranno uccisi altri ragazzi, trattati come dei pupazzi.

16 ragazzi sono morti, e prima di lasciarvi voglio porvi una domanda: vi è davvero piaciuto assistere alla loro morte? Se la risposta è no, allora infondo la pensate come me.”

 

                                                                               *

 

La bambina era seduta sul letto, spazzolando con cura e precisione i capelli biondi della sua bambola preferita.

Gli occhi verdi di Emma Thorn era fissi sul viso della bambola di pezza, concentrata mentre s’impegnava a “farla bella”.

 

“Beh, mi sembra che Lily stia benone.”       Sentendo una voce familiare e rassicurante Emma alzò lo sguardo di scatto, distogliendo l’attenzione da Lily per rivolgerla alla persona che era comparsa sulla soglia della sua camera.

 

Suo fratello le sorrideva, in piedi accanto allo stipite della porta.

 

“Sean! Sei tornato!”    Emma sorrise a trentadue denti, mollando la bambola sul letto per andare ad abbracciarlo, mentre Sean si inginocchiava sul parquet per stringere la sorellina tra le braccia.

 

“Te l’avevo promesso, no? E ti assicuro che non ti lascerò mai più.”

 

Sean sorrise, dandole un bacio su una guancia mentre la guardava con gli occhi verdi quasi lucidi, stentando a credere di poterla vedere e abbracciare ancora.

 

“Mi sei mancato.”    Emma appoggiò il visino sulla sua spalla, lasciando che il fratello le accarezzasse i capelli biondi mentre parlava a sua volta a bassa voce:

 

“Anche tu, piccolina. Ma ora sono tornato, e staremo insieme, te lo prometto.”

 

Quando Sean si allontanò dalla sorella le sorrise, guardandola con affetto prima di parlare di nuovo:

 

“Ti va se ti presento una persona, Emma?”

“Chi?”       Per tutta risposta alla curiosità della bambina Sean si alzò, voltandosi verso il corridoio e facendo un lieve cenno a qualcuno, come a voler dire di avvicinarsi.

 

Vedendo spuntare accanto al fratello una ragazza dagli occhi azzurrissimi e i capelli castani, che le sorrise quasi timidamente, Emma Thorn spostò lo sguardo sul fratello, sfoggiando un lieve sorrisetto:

 

“Emma, lei è Astrid.”

 

“E’ la tua fidanzata?”

 

“Hai cinque anni e sei già così pettegola, Emma?”    Sean sbuffò mentre le teneva un braccio intorno alle spalle ma Astrid rise, allungando una mano per stringere quella che la bambina le aveva porto allegramente:

 

“Ciao Emma… Sean mi ha parlato molto di te, sono felice di conoscerti, finalmente.”

 

Emma le rivolse un gran sorriso prima di prenderla per mano, trascinandola verso il letto per “presentarle le sue bambole” mentre Sean chiudeva la porta della stanza, guardandole con affetto prima d avvicinarsi, stentando quasi a credere di avere davanti agli occhi un simile spettacolo.

 

                                                                              *

 

“Ragazze vi prego, mi state soffocando! Sono sopravvissuta ai Giochi, non vorrete uccidermi VOI!”

 

“Sta zitta una buona volta Fify!”

 

Africa provò a fingersi seccata ma il muso non ebbe vita lunga, scomparendo in fretta per cedere il posto ad un lieve sorriso, mentre le sue due sorelle la stavano quasi strangolando in un abbraccio soffocante.

I suoi genitori stavano assistendo alla scena senza dire niente, ma Africa sapeva che avevano entrambi gli occhi lucidi.

 

E forse un po’ valeva anche per lei, anche se non l’avrebbe mai ammesso.

 

“Ok, starò zitta… ma prima lasciatemi dire che mi siete mancate anche voi, rompiscatole.”

 

                                                                               *

 

“Sei sicuro di volerlo fare? Non devi sentirti obbligato…”

 

“No, davvero, lo voglio fare. Credo che sia giusto così.”      Cyrus Dennim annuì con un lieve cenno del capo mentre continuava a camminare sul viale di ghiaia, la mano stretta in quella della sua fidanzata, Brigit.

La ragazza sembrò capire e si limitò ad annuire, guardandolo con fare comprensivo.

 

I due restarono in silenzio per qualche minuto, mentre camminavano fianco a fianco sul viale deserto del cimitero dove dopo la Rivolta avevano raccolto tutti i cadaveri che erano riusciti a trovare… quelli ancora abbastanza interi.

 

“Qui.”   Quando Cyrus si fermò Brigit lo imitò, posando lo sguardo sulle quattro file di lapidi bianchissime davanti a lei, sistemate all’ombra di un’enorme quercia, leggermente staccate dalle altre.

 

Le ultime vittime degli Hunger Games erano state sepolte sotto preciso volere della Paylor insieme alle vittime della Rivolta, sistemandole in ordine di morte.

 

Louis Peterson, Amanda Lace, Erica Reyes, Julian Bradshaw, April Fisher, Aaron Bradshaw, David Whittemore al Bagno di Sangue, seguiti da Tonya Aldred, Brittany Dask, Silver Carly Grace, Kalem Schweinson, Faye Dashwood, Wilhelm Grace, Black Hole, Caius Gold.

 

E l’ultima… Rubinia Flaemus.

L’ultima vittima in assoluto degli Hunger Games, nonché la sua prima e unica vittima.

Gli occhi scuri di Cyrus Dennim si posarono su quell’ultima lapide bianca, trovando quasi ironica la scelta di quella pietra per tutte e 16 le tombe: alcune tra quelle persone non meritavano una lapide candida, dopotutto… come Kalem, Black, Caius o la stessa Rubinia.

 

Ma la Paylor aveva insistito, sottolineando che erano a loro volta delle vittime, anche se avevano ucciso durante i Giochi.

Quando erano tornati a Capitol lui, Africa, Sean e Astrid erano stati subito visitati e rimessi in sesto… e dopo (la Paylor aveva annullato le Interviste che di solito spettavano al Vincitore dei Giochi) avevano tutti e quattro iniziato un percorso con qualche psicologo, che li aiutasse ad affrontare e andare oltre a quell’esperienza che li aveva inevitabilmente segnati a vita.

Avevano anche discusso con i Vincitori ancora in vita, che li avevano aiutati ad aprirsi e ad affrontare quello che avevano passato visto che avevano subito quasi la stessa esperienza…

 

Solo dopo erano tornati a casa, dalle loro famiglie… e dopo quasi un mese, cercavano di tornare alla normalità.

 

Cyrus sentì la mano di Brigit intensificare la stretta sulla sua, come a volergli dire che non era solo, che avrebbe sempre potuto contare su di lei… lo sapeva, ne era consapevole.

Si chiedeva solo se sarebbe mai riuscito a stare totalmente bene di nuovo.

 

“So a cosa stai pensando Cyrus… andrà tutto bene, vedrai.”   Brigit gli sorrise con fare confortante, felice come non mai di poterlo vedere ancora, di potergli parlare di nuovo.

 

“Lo so Brigit… Basta solo che tu mi resti vicino.”

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Angolo Autrice:


Come avevo preannunciato, eccomi qui con l'Epilogo.
Un sincero grazie alle 20 persone che hanno recensito il Prologo iscrivendosi alla storia... non mi sarei mai aspetatta di ricevere tante richieste!


Grazie a:

HadleyTheImpossibleGirl
Shiori Lily Chiara
Sesilia Black
PrettyLittleQueen
NaomyK
Slytherin2806
Game_Master
JackiLoveCatoniss4ever
The_Malevolent_Girl
Mactavish141
Anonimo the assassin
FlameWolf
Nharmonia
Darlene_
sister_of_Percy

Per aver creato questi OC, anche se alcuni di voi si sono persi per strada.

Grazie a chi ha messo la storia tra Preferite, Seguite, Ricordate e a chi ha letto anche se non partecipava, come Sasi02 e ShessomaruJunoir.

Questa è la terza storia sugli Hunger Games che concludo, e penso che sia anche l'ultima... ma magari ci incontreremo da qualche altra parte.

Spero davvero che la storia vi sia piaciuta, un bacio... e Buon Natale!

Signorina Granger

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