Burning Ice di Soul Mancini (/viewuser.php?uid=855959)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Annabeth ***
Capitolo 2: *** Inverno nel cuore ***
Capitolo 3: *** Lacrime tra la cenere ***
Capitolo 1 *** Annabeth ***
ReggaeFamily
Annabeth
Sorridere
in maniera sincera, nel teatro, è forse la cosa più
difficile.
Ma
io mi ero esercitato a dovere, perché nella vita di tutti i
giorni occorreva sorridere a tutti, ed era fondamentale essere
credibili: quando si stava sul palco, tutti sapevano che si fingeva,
ma nella realtà bisognava recitare impeccabilmente per
crearsi una reputazione, e una volta stabilita quella la si doveva
rispettare.
La
recitazione era la mia vita e mi importava solo di quello, aspiravo a
diventare un attore famoso e condurre una vita lussuosa. Avevo il
talento e la determinazione, quindi sapevo che ci sarei riuscito.
Per
il momento facevo parte di una compagnia conosciuta in tutto il
circondario, avevo molte date che mi davano la possibilità di
farmi conoscere, ma ormai questa situazione stava cominciando a farmi
sentire in gabbia: ero nettamente superiore agli altri attori della
compagnia, mi sentivo pronto a spiccare il volo e, per i miei gusti,
avevo poca fama.
Ero
immerso in questi pensieri mentre percorrevo il marciapiede ricoperto
da una leggera patina bianca. Era un anno molto freddo e, nonostante
novembre non fosse ancora arrivato, la neve aveva già
spruzzato di bianco la piccola cittadina in cui abitavo, all'estremo
nord della Germania.
Mi
apprestai a raggiungere la mia auto, parcheggiata nei pressi di una
fermata del bus. Notai un gruppo di persone che attendevano l'arrivo
del mezzo e in particolare mi colpì una ragazzina: aveva
all'incirca quattordici o quindici anni, era avvolta in un pesante
giubbotto nero, al collo portava una sciarpa rossa e in testa aveva
una cuffietta dello stesso colore. Portava i capelli neri raccolti in
una treccia disordinata e la sua pelle era insolitamente olivastra.
Parlava animatamente con una ragazza che le assomigliava,
probabilmente sua sorella. L'avevo già vista da qualche parte,
forse era venuta a vedere qualche mio spettacolo.
Sperai
che non si accorgesse di me, altrimenti mi avrebbe quasi sicuramente
raggiunto per farmi dei complimenti e avrebbe anche preteso di fare
una foto con me. Capitava spesso: avevo un grande seguito e qualche
volta venivo fermato in strada. Le ragazze, in particolar modo,
stravedevano per me, forse per il mio fisico scolpito e il mio viso,
o forse perché con loro mi mostravo la persona più
allegra, gentile e disponibile del mondo.
A
me non importava nulla dei fans, li trovavo perfino patetici certe
volte, ma non potevo darlo a vedere: avrei rischiato di perdere tutto
il loro supporto.
Ma
mentre cercavo le chiavi della macchina, mi accorsi che quella
ragazzina stava correndo verso di me e, prima che potessi decidere
che fare, mi fu di fronte con un sorriso spaventosamente allegro e
accattivante.
“Ciao
Daniel, finalmente! Tutte le volte che ho visto un tuo spettacolo non
ho mai avuto la possibilità di incontrarti, e ora invece ti
trovo qui! Scusa, ma sono emozionatissima! Piacere, mi chiamo
Annabeth e sono una tua grandissima fan! Amo il teatro, ma purtroppo
ho solo tredici anni e nessuno è disposto ad accompagnarmi
alle tue serate!” attaccò la ragazzina, stringendomi
forte una mano e osservandomi come se si aspettasse qualcosa da me.
Per
me fu come se in quel momento si fosse aperto il sipario.
Sorrisi
teneramente e le strinsi più forte la mano. “Ciao, che
bella sorpresa! Molto piacere! Io mi ricordo di te, ti ho vista
qualche volta tra il pubblico.”
“Davvero?
Wow, che memoria! Come fai a ricordarti? Conosci un sacco di gente!”
esclamò in uno stato di totale ammirazione. Mi infastidiva in
una maniera intollerabile, tra tutte era una delle più
irritanti.
“Ho
una buona memoria visiva, e comunque tu sei molto particolare, è
impossibile dimenticarsi!”
Il
mio tono di voce dolce e gentile sembrava far effetto, dato che
Annabeth sorrise come se avesse ricevuto un complimento da una stella
del cinema.
“Sai,
volevo un tuo autografo sul mio album di disegni, ma purtroppo ora
non ce l'ho con me...” disse, mentre cercava freneticamente nel
suo grande borsone colorato.
“Album
di disegni?” mi finsi interessato.
“Sì,
il disegno è l'altra mia grande passione, oltre la
recitazione. In realtà avrei voluto tanto regalarti un mio
disegno, ma non ero preparata a un nostro incontro... me l'ero
immaginato in tutti i modi, ma non in una fermata dei pullman!”
spiegò, chiudendo di scatto il borsone con aria delusa.
Le
regalai un sorriso rassicurante e le poggiai una mano sul braccio.
“Non ti preoccupare, la prossima volta me ne porterai uno, va
bene? Sono curioso di vedere come disegni, quindi non te ne
dimenticare!”
Mi
lanciò un'occhiata riconoscente e per la prima volta notai il
colore dei suoi occhi: erano blu, un azzurro acceso e profondo, che
sembrava apparentemente stonare con il colore della pelle e dei
capelli.
Mi
chiesi che origini avesse, dato che presentava alcuni tratti
tipicamente tedeschi e altri mediterranei.
“Grazie
mille Dan, sapevo che eri una persona speciale ancora prima di
conoscerti e non mi ero sbagliata. Ti mostri così interessato
a quello che dico! Mi hai regalato un bellissimo momento”
mormorò dolcemente, come se tutto il coraggio e la
spigliatezza di poco prima fossero di colpo spariti.
Le
accarezzai la schiena con una mano, mentre mi chiedevo a che ora
sarebbe passato il pullman. “Grazie a te della chiacchierata, a
me fa davvero piacere! Sei una ragazzina tanto dolce e allegra!”
Il
mio tono era talmente smielato che mi facevo schifo da solo.
Proprio
in quel momento un bus si fermò a qualche metro da noi e la
ragazza con cui prima stava parlando la mia fan gridò: “Beth,
il pullman! Muoviti!”
Lei
allora, profondamente commossa dalle mie parole, mi strinse in un
frettoloso abbraccio e poi corse via con un sorriso dipinto in
faccia, dopo avermi salutato.
Quando
il mezzo fu partito, presi finalmente posto in macchina e tirai un
sospiro di sollievo, passandomi una mano tra i capelli biondi.
Quella
bambinetta mi aveva stancato, eravamo stati insieme solo cinque
minuti eppure ero esausto. Sperai di non doverla più rivedere,
poi la accantonai in un angolo della mia mente e pensai a cosa mi
attendeva qualche minuto più tardi.
Mi
recai sotto casa di Ada, una bellissima donna con cui passavo dei
bellissimi momenti sotto le coperte.
Io
ero il suo amante, ma lei non era certo l'unica: potevo avere quante
donne volevo, tutte cadevano ai miei piedi con una sola occhiata, ma
ovviamente dovevano essere alla mia altezza.
C'era
un solo limite: non avrei mai fatto sesso con una fan, non avrei mai
dato una tale soddisfazione a una di loro, anche perché la
maggior parte mi si concedeva disperatamente e mi faceva soltanto
ribrezzo. Non volevo una donna che mi pregasse, dovevamo essere alla
pari.
Era
per questo che Ada mi piaceva: sapeva tenermi testa, ed era bella,
bella da impazzire.
Nei
giorni seguenti fui totalmente assorbito dalle prove di un imminente
spettacolo. Il copione era stato scritto dai membri della compagnia e
io, come al solito, avevo una delle parti più importanti.
Quel
sabato l'avremmo presentata per la prima volta in una manifestazione
d'arte.
La
cosa non mi convinceva: in queste occasioni il pubblico non era tanto
e l'atmosfera era piuttosto squallida, da festa paesana, ma ormai era
stato deciso così.
Quella
sera, quando entrai nel grande capannone in cui si stava svolgendo la
manifestazione, mi resi conto di aver ragione: ai lati vi erano vari
stand in cui diversi artisti esponevano i loro lavori, mentre
all'estremità opposta dell'ingresso era stato montato il
grande palco in cui ci saremmo esibiti. Non c'era tanta gente per il
momento, ma sperai che all'ora dell'esibizione ci fosse una maggiore
affluenza.
Subito
qualcuno mi riconobbe e mi salutò, così mi ritrovai a
intrattenere delle conversazioni con vecchi e nuovi amici.
Con
tutti quanti ovviamente fingevo modestia e mi mostravo entusiasta
all'idea di recitare in questa fantastica mostra.
Poco
dopo mi incamminai verso le quinte per prepararmi e vestirmi, poi
attesi là dietro con alcuni colleghi.
Lo
spettacolo andò abbastanza bene: tutti recitarono alla
perfezione la loro parte e il pubblico, anche se non molto numeroso,
ci apprezzò e ci sommerse di applausi.
Ci
fu un momento, quando mi voltai verso il pubblico, in cui mi accorsi
di avere due occhi blu pieni di ammirazione puntati addosso. Tra
tutti i fans che ormai conoscevo, infatti, c'era anche quella
ragazzina di cui mi ero completamente dimenticato.
Quando
scesi dal palco cercai di trattenermi il più possibile dietro
le quinte. Sapevo quel che mi attendeva là fuori e non ne
avevo nessuna voglia.
Ma
dopo qualche minuto fui costretto a indossare la mia solita maschera
e farmi vedere.
Un
sacco di ragazze si accalcarono attorno a me, desiderose di fare una
foto, mentre qualche ragazzo mi mollava amichevoli pacche sulle
spalle.
“Dan!
Dan! Eccomi qui, stavolta sono riuscita a venire! Come potevo
perdermi una mostra d'arte?” sentii gridare da Annabeth, quando
la folla fu un po' diminuita. Poco dopo la vidi sbucare da dietro un
gruppetto di persone e correre verso di me, con un sorriso smagliante
e gli occhi che brillavano.
“Ciao
piccola, come stai?” la salutai come se non aspettassi altro
che vederla.
“Sto
benissimo, e tu? Sei stato fantastico oggi!” si complimentò,
stringendomi in un abbraccio.
Ricambiai
calorosamente.
“Non
farmi tanti complimenti, faccio solo quel che riesco perché mi
piace, è la mia passione.”
Detto
da me, sembrava quasi una battuta.
“Invece
i complimenti li meriti tutti! Oggi ti ho portato quel disegno che ti
avevo promesso, e anche l'album dei disegni, così me lo puoi
autografare! E poi mia sorella Maggie ci fa una foto con la sua
macchina fotografica nuova!”
“Calma,
una cosa alla volta!”
Le
scrissi una dedica sull'album, facemmo una foto (l'ennesima della
serata) e mi consegnò un foglio arrotolato a formare un
cilindro, che però non aprii in quel momento.
Dopo
qualche minuto, in cui la resi estremamente contenta con due o tre
frasi buttate lì a caso, riuscii finalmente a liberarmene.
Era
pedante e assolutamente insopportabile!
Quando
tornai finalmente a casa, srotolai il foglio con il disegno di
Annabeth e dovetti ammettere che era veramente bello: raffigurava una
donna seduta accanto a un camino in una misera e spoglia casetta.
Fuori dalla finestra si scatenava un forte temporale in un paesaggio
di campagna e la donna, evidentemente stanca, aveva lo sguardo
catturato dal fuoco.
Il
disegno era curato in ogni minimo dettaglio, era preciso e colorato
in maniera impeccabile; erano state messe in evidenza luci e ombre e
le fiamme davano l'impressione di poter emanare davvero luce e
calore.
Rimasi
incantato a osservare quel meraviglioso disegno, poi voltai il foglio
e scoprii una scritta in un angolo:
Questo
è uno dei miei disegni migliori, fammi sapere che ne pensi!
Un
abbraccio, ti voglio tanto bene!!! ♥
Beth
Aggrottai
le sopracciglia, come se mi fossi appena risvegliato da uno stato
confusionale, e poggiai il foglio sul tavolo con un gesto sprezzante.
Non
avrei mai ammesso, nemmeno a me stesso, che ero rimasto colpito.
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Capitolo 2 *** Inverno nel cuore ***
ReggaeFamily
Inverno
nel cuore
Io
ci provavo, la ignoravo, ma lei ogni volta ricompariva.
Era
venuta a vedere alcuni dei miei spettacoli e qualche volta la
incontravo per strada, dato che aveva iniziato un corso di disegno
nella mia cittadina. Ogni volta mi mostrava i suoi progressi, mi
parlava delle sue speranze e si preoccupava di come stavo.
Ma
del resto era normale: io mi comportavo come se le volessi un bene
immenso, la incitavo a parlare e mi mostravo sempre molto
interessato; non potevo fare altrimenti, ormai le avevo dimostrato
affetto, l'avevo illusa e non potevo tirarmi indietro, avrei perso
una fan e probabilmente molte altre.
Tra
noi c'era una specie di amicizia e non potevo che domandarmi come era
potuto accadere, dato che io la sopportavo a malapena e quando
camminavo per strada mi guardavo attorno, con il timore di vederla
arrivare.
Un
pomeriggio di fine novembre, dopo le prove, io e alcuni della
comitiva chiacchieravamo all'esterno dalla struttura. Mi intrattenevo
spesso con loro, dovevo mantenere un buon rapporto con i miei
colleghi.
Stavamo
giusto commentando l'ultimo pettegolezzo sul fruttivendolo poco
distante, che a quanto pare era stato visto con una donna che non era
sua moglie, quando sentii qualcuno che mi posava una mano sulla
spalla. Mi voltai e mi trovai faccia a faccia con lei, l'ultima
persona che avrei voluto vedere: Annabeth.
Al
contrario degli altri giorni, esibiva un lieve sorriso incerto e
sembrava essere un po' a disagio.
“Ciao
Dan, scusa se ti disturbo, me ne vado subito. Volevo solo consegnarti
questo... ovviamente non sei obbligato” mormorò, mentre
estraeva da una tasca un bigliettino bianco. Le sue guance, già
naturalmente colorite, si imporporarono ulteriormente.
Non
l'avevo mai vista così insicura e imbarazzata e devo ammettere
che, forse, in quel momento mi fece un pizzico di tenerezza.
Le
sorrisi. “Cos'è? Ho capito, lo devo aprire dopo. Grazie,
sei troppo carina e gentile!”
La
strinsi in un abbraccio e le chiesi dove fosse diretta.
“A
una lezione di disegno, ma inizia tra più di mezz'ora. Il mio
insegnante mi ha detto che sto migliorando a vista d'occhio e che,
alla mostra d'arte di Natale, se mi impegno molto potrebbe esporre
una delle mie opere!”
Mentre
parlava, i suoi grandi occhi blu tornarono a brillare della sua
solita allegria.
“Davvero?
Che bello, sono contentissimo per te! Ma io che ti avevo detto?
Sapevo che i tuoi disegni ti avrebbero dato tanta soddisfazione!”
Lei
sorrise e mi fece una domanda che mi poneva ogni volta: “Per
caso ti sto disturbando? Se hai qualche impegno me ne vado!”
Quanto
avrei voluto dirle la verità!
Intanto
i colleghi con cui stavo chiacchierando ci lanciavano occhiate
interrogative, così decisi di presentare loro Annabeth. In
questo modo l'avrei resa ulteriormente felice, avrebbe conosciuto
altri attori.
Dopo
una decina di minuti di conversazione, la ragazzina si ricordò
della sua imminente lezione, così salutò tutti
calorosamente e corse via.
“Che
dolce quella ragazzina” commentò Julia, una ragazza
piccola ed esile, con un sorriso.
Tutti
i presenti furono d'accordo con quell'affermazione, ma loro non
potevano capire cosa si provava a mandare avanti un'amicizia fittizia
con una bambina fin troppo estroversa.
Se
fossero stati al mio posto, di certo non avrebbero parlato così.
Ero
molto curioso di sapere cosa contenesse quel biglietto.
Inconsciamente speravo fosse un altro disegno, perché ogni
volta che vedevo un'opera di Annabeth non potevo che rimanere a bocca
aperta.
Ovviamente
ero troppo orgoglioso per ammetterlo, ma la prima cosa che feci
quando misi piede in casa fu prendere il bigliettino.
Era
un semplice foglio piegato in due.
All'esterno
vi era uno schizzo tracciato con una matita blu, i cui bordi erano
poi stati marcati in alcuni punti per dare un effetto
tridimensionale: rappresentava una stella di Natale in ogni minimo
dettaglio, ogni singola venatura del fiore era stata tracciata con la
massima precisione.
Sotto
di essa, il nome era stato scritto con una grafia fine e accurata,
dello stesso colore del disegno.
Rimasi
senza fiato a osservare quell'immagine, così semplice eppure
spettacolare. Quel blu era della stessa tonalità degli occhi
di Annabeth: pulito, deciso e intenso.
Mi
riscossi e aprii di fretta il biglietto.
Dan,
mi
sembra quasi incredibile: abbiamo quindici anni di differenza e, a
parte la passione per il teatro, nulla in comune... e invece abbiamo
stretto una specie di amicizia. Te lo saresti mai immaginato? Io no!
Ormai
io ti voglio bene per quello che sei, una persona divertente e dolce,
e quando parlo con te mi dimentico chi sei e ciò che fai sul
palco. Per me sei solo Dan!
Questo
bigliettino è un invito: il 15 dicembre compirò
quattordici anni e darò una piccola festa. Sarebbe bellissimo
se ci fossi anche tu!
Ovviamente
non ti devi sentire in obbligo, so che hai tanti impegni e potresti
anche non averne voglia, quindi se non ti va fammelo sapere e capirò!
Ti
voglio bene,
Tua
Beth ♥
Sotto
era riportato l'indirizzo, il giorno e l'orario della festa.
Sbuffai.
Ma in che situazione mi ero cacciato?
Che
altro avrei potuto dirle? Mi guardava con gli occhi pieni di
speranza!
Sì,
mi ero cacciato in una situazione di merda totalmente da solo, ma una
parte di me continuava a ripetere che era tutto sotto controllo, che
potevo ancora controllare il corso degli eventi.
Se
così fosse stato, il 15 dicembre non mi sarei ritrovato di
fronte al cancello della casa di Annabeth. Non le avevo preso nessun
regalo, era già tanto presentarsi alla festa!
Ero
là, fermo di fronte al cancelletto, e sentivo risate e
chiacchiericcio dall'interno della casa. Dovevo suonare, ma l'idea
della serata che avrei passato mi bloccava; inoltre, se fossi entrato
in casa sua, sarebbe stata la conferma della nostra amicizia,
a quel punto non sarei più potuto tornare indietro, ed era
proprio quello che non volevo.
Mentre
stavo per premere il tasto, mi fermai a riflettere: era questo quello
che volevo? Io, Daniel, volevo passare una serata infernale con una
peste di appena quattordici anni, quando avrei potuto benissimo
chiamare Ada o qualsiasi altra donna e andarci a letto?
Mi
accorsi che a questo punto non si trattava più solo di
recitare, stavo dando troppo ad Annabeth e mi stavo perfino facendo
abbindolare da lei. Non andava bene, dovevo riprendere in mano la
situazione, pensare a me, a ciò che mi piaceva veramente fare
e alla fama, che presto sarebbe arrivata. Non avevo tempo da perdere
con una fan esaltata.
Mi
si dipinse sul volto un sorriso di ghiaccio; lanciai un'occhiata
sprezzante, mi voltai e mi diressi alla macchina.
Non
lo sapevo, ma mi ero lasciato alle spalle le lacrime che Annabeth
avrebbe versato quella sera per me, soltanto per me.
“Ciao
Dan.”
Era
alla fermata del bus, stavolta da sola.
Ma
perché la trovavo ovunque? Dovevo ricordarmi di non
parcheggiare la macchina vicino alle fermate dei mezzi pubblici.
Erano
passati quattro giorni dalla sua festa, il Natale era alle porte e
intorno a noi brillava ogni tipo di lucetta e decorazione colorata.
Annabeth
non sembrava particolarmente entusiasta quando mi vide. Era la prima
volta che le accadeva, e io provai un senso di oppressione e di
liberazione allo stesso tempo.
“Beth,
ti stavo giusto cercando! Devo scusarmi con te per non essere potuto
venire alla festa, non sai quanto mi è dispiaciuto! La
compagnia ha fissato le prove generali di uno spettacolo proprio
quella sera, speravo di potermi liberare in tempo e invece siamo
rimasti rinchiusi là fino a notte fonde!” mi scusai,
esageratamente mortificato, andandole incontro.
Lei
sollevò lo sguardo dal bordo del marciapiede e lo posò
su di me, incerta. “Davvero? Non ti preoccupare, non fa niente,
tutti possono avere un imprevisto.”
“Sicura
che non te la sei presa? Io ho pensato molto a te in questi giorni
e... a proposito, non ti ho fatto ancora gli auguri!”
La
strinsi in un abbraccio.
“Adesso
mi devi raccontare com'è andata la festa!”
Lei
parve rassicurata dal mio interesse nei suoi confronti e ricominciò
a lanciarmi occhiate allegre e spensierate. Probabilmente ci era
rimasta male per la mia assenza, ma io ero riuscito anche stavolta a
salvare la situazione.
Mentre
mi raccontava della torta, degli invitati e dei regali, promisi a me
stesso che non avrei mai più permesso a nessuno di avanzare
pretese nei miei confronti: una chiacchierata ogni tanto andava bene,
per il resto ero io che dettavo le regole.
Febbraio
era arrivato e molte compagnie famose a livello nazionale mi avevano
promesso piccole parti nei loro spettacoli per la stagione estiva.
Sarebbe stato un buon trampolino di lancio, qualcuno mi avrebbe
sicuramente notato e sarei finito sugli schermi cinematografici, me
lo sentivo. Già pregustavo il sapore del successo.
Con
Annabeth continuai a fingere, mostrandomi però leggermente più
distaccato; tra noi si sarebbe risolto tutto quando sarei partito per
la stagione estiva, semplicemente non ci saremmo più visti e
io mi sarei liberato di lei.
Ci
incontravamo abbastanza di rado ultimamente e io finalmente avevo il
tempo di respirare, ma nonostante ciò avevo notato in lei un
cambiamento quasi impercettibile: era sempre estroversa – e a
volte pedante – come prima, però aveva qualcosa di più
serio e sospetto nello sguardo. Quando parlavamo non staccava i suoi
occhi dai miei, mi osservava molto di più e, prima di
rispondermi, a volte aspettava qualche secondo, come se stesse
riflettendo. Era come se mi stesse studiando, tanto che osservava le
mie reazioni e le mie espressioni anche quando interloquivo con
qualcun altro.
La
cosa mi irritava e mi preoccupava allo stesso tempo, non sapevo che
le passasse per la testa e temevo che mi mettesse di fronte a qualche
altro intricato problema.
Ma
ancora non sapevo cosa mi attendeva, quel pomeriggio di metà
febbraio.
Non
vedevo Annabeth da circa una settimana e avevo il presentimento che
presto si sarebbe palesata, così non mi sorpresi quando la
vidi con la schiena contro un palo all'angolo della strada in cui si
fermava sempre a prendere il pullman. Aveva dipinta in viso
un'espressione talmente seria che il blu dei suoi occhi pareva
spento, terribilmente minaccioso.
Deglutii.
“Daniel,
hai un po' di tempo? Ti devo parlare” esordì.
“Ciao
Beth, come va? Ma certo, a me fa sempre piacere scambiare due
parole!” ribattei gentilmente, cercando di riscaldare
quell'atmosfera gelida.
Lei,
senza aggiungere altro, mi afferrò per un polso e mi condusse
lungo la strada semi deserta, nella direzione opposta della fermata.
Arrivammo
a una panchina in mezzo all'ampio marciapiede innevato e Annabeth mi
fece cenno di sedermi.
Non
lo potevo accettare, era come se un'insulsa quattordicenne mi stesse
mettendo all'angolo, in punizione.
“Che
succede?” domandai fermamente, senza eseguire il suo ordine.
“Ora
basta Daniel, voglio sapere tutta la verità.”
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Capitolo 3 *** Lacrime tra la cenere ***
ReggaeFamily
Lacrime
tra la cenere
Intorno
a noi solo bianco. Non c'era anima viva.
L'aria
gelida di quel pomeriggio parve penetrare in ogni mia singola
cellula.
Tuttavia
non mi scomposi, era un momento difficile e sapevo di non poter
sbagliare.
Mi
mostrai sorpreso e le lanciai uno sguardo interrogativo e allo stesso
tempo ferito.
Annabeth
sorrise mestamente. “Ancora una volta hai dimostrato di essere
un bravissimo attore, ma non hai tenuto conto di avere un pubblico
molto attento.”
Sapevo
esattamente di cosa stesse parlando, ma continuai a fingermi
perplesso; mi piazzai di fronte a lei, afferrai i suoi polsi e la
guardai negli occhi. “Annabeth, ma di che cosa stai parlando?
Non ti seguo.”
Lei
sospirò con l'aria di chi la sa lunga e ribatté:
“Anch'io ho studiato un minimo di recitazione, sai? Ora tu mi
guardi negli occhi perché speri che in questo modo io ti
creda, ma se li vedessi capiresti. Sono di ghiaccio, non trasmettono
nessuna emozione, ed è proprio questo a tradirti”.
Mi
sentivo vagamente preso in giro da una che aveva quindici anni –
e molta esperienza – in meno di me.
Determinato
a mentire ancora, mollai la presa sui suoi polsi e mi passai una mano
in mezzo ai capelli. “Non me l'avevi mai detto, e questo
comunque che c'entra? Da quel che ho capito non ti fidi più di
me, ma perché? Parlamene, sai che sono sempre disposto ad
ascoltarti.”
“Hai
sempre finto di essere disposto ad ascoltarmi! Va bene,
siccome tu non lo ammetterai mai, mi spiego meglio: tu reciti Daniel,
reciti ogni singolo momento della tua vita, ostenti emozioni e buoni
valori che non condividi realmente. Io sono molto ingenua perché
ho quattordici anni e un carattere troppo buono, ma per fortuna me ne
sono accorta in tempo. Sai come? Tutto è cominciato la sera
del mio compleanno. Mia cugina, a cui avevo raccontato di te, mi ha
detto che aveva visto una sagoma fuori dal cancello che poi se n'è
andata pochi secondi dopo. Io inizialmente non le ho creduto e
comunque l'idea che avresti potuto essere tu non mi ha sfiorato
minimamente. Ma quando non ti sei presentato, la delusione ha
cominciato a farmi avere dei sospetti e allora ho passato questi
ultimi due mesi a osservarti e studiarti. Mi sono resa conto di tante
cose: anche nella vita di tutti i giorni assumi degli atteggiamenti
tipici di quando ti esibisci, alcuni tuoi modi di fare sono
palesemente poco spontanei e il tuo sguardo... è sempre così
distaccato, freddo, anche se le parole che dici esprimono tutt'altro.
Sono piccole cose che solo un attento osservatore potrebbe notare. E
così... ho capito che non ho conosciuto il vero te, sei solo
un freddo manipolatore e la nostra amicizia non è mai
esistita.”
Mentre
pronunciava questo lungo discorso, Annabeth aveva preso a camminare
avanti e indietro davanti alla panchina, poi vi si era seduta, aveva
accavallato le gambe e ora faceva dondolare impercettibilmente un
piede. Aveva un'aria molto calma e rilassata, nonostante dentro di sé
provasse molta delusione.
Io
rimasi spiazzato e, per una volta, non riuscii a indossare il mio
costume di scena di quell'enorme spettacolo chiamato vita.
Cercai
di restare calmo e composto. Dopo mezzo minuto di silenzio, le dissi:
“Mettiamo il caso che tu abbia ragione. Perché mi sei
stata appresso per tutto questo tempo? Cosa ti aspettavi da me?”
“Innanzitutto
volevo confermare la mia teoria, poi volevo raccontarti cosa si prova
ad avere a che fare con uno come te. Magari questo non cambierà
la situazione, ma ti aiuterà a riflettere. E soprattutto
volevo chiederti: perché lo fai? Per caso illudere il prossimo
ti fa star bene?”
“No,
ma mi rende migliore agli occhi della gente. Ora che sto avendo un
po' di fama, non posso andare in giro a esporre il mio narcisismo,
così lo maschero e faccio contenti tutti.”
Annabeth
si stava infervorando. Balzò in piedi e sbottò: “E
tu come vivi così? Sarebbe stato molto più apprezzabile
se tu avessi accettato la persona che sei e avessi fatto in modo di
migliorare. Certo, sarebbe stato più difficile, ma avresti
avuto dei veri motivi per amare te stesso e saresti stato molto
meglio anche con coloro che ti circondano!”
Nei
suoi occhi blu non leggevo alcuna traccia di rabbia, ma solo
tristezza e delusione. Fu questo a colpirmi maggiormente.
Lo
sapevo, anche se non l'avrei mai ammesso: lei aveva ragione, e io
torto marcio. Anche io in fondo avevo un avanzo di cuore, ma lo
seppellivo sempre più in basso e ormai non lo ascoltavo più.
“Tu
non puoi capire, sei piccola” me ne uscii in tono gelido.
Lei
ignorò la mia affermazione e mi domandò: “Voglio
saperlo: cosa pensi realmente di me?”
“Ti
odiavo” ammisi, provando perfino un briciolo di vergogna.
Perché
avevo parlato al passato?
“Me
l'aspettavo. Basta, non voglio più continuare questa
conversazione. Ti lascerò in pace, va bene?”
In
quel momento, seppur cercasse di non darlo a vedere, tutta la
sicurezza con cui aveva portato avanti la conversazione scivolò
via. Tentò più volte di ricacciare le lacrime, ma due
grosse gocce non poterono fare a meno di rigarle il viso – quel
viso sempre così allegro, ora solcato dal dolore.
D'un
tratto mi resi conto che non volevo questo, non poteva andare a
finire così. La ragazzina esuberante di cui avrei tanto voluto
sbarazzarmi, ora suscitava in me un tale senso di tenerezza! Non
volevo vederla piangere, volevo un altro dei suoi graziosi sorrisi.
Non volevo che se ne andasse e mi lasciasse solo con i miei demoni.
Prima
che potesse allontanarsi, la afferrai per una spalla e la feci
voltare.
“No,
Beth, aspetta! Io non volevo... farti arrabbiare, non piangere così.
Ti prometto che non ti mentirò più” farfugliai.
Era proprio vero: quando c'era da dire qualcosa sinceramente, non
sapevo mai come fare, non mi venivano le parole.
“Non
ti preoccupare, va tutto bene, non sono arrabbiata con te. Io ora
sparirò dalla tua vita, logicamente non sono così
stupida da andarti ancora dietro. Ma so che ciò che ho fatto
ti servirà molto. Anche se tra noi è finita male ho
molta fiducia in te e in tutti quanti, so che ognuno di noi se vuole
può cambiare.”
“Annabeth...”
La
abbracciai nel modo più sincero, lei non mi respinse finché
non la lasciai andare, poi puntò gli occhi nei miei. Erano
pieni di lacrime, eppure vi scorsi quella luce buona e ingenua che li
illuminava solitamente.
“Io
verrò ai tuoi spettacoli, perché sarai sempre il mio
attore preferito. Ma per me Daniel in quanto persona non esiste, non
l'ho mai conosciuta” mormorò. “Ciao Dan”
concluse poi, voltandosi e allontanandosi lungo la via innevata.
Non
potevo crederci.
La
richiamai un paio di volte, ma lei non si voltò e io rimasi
lì, a fissarla mentre se ne andava per sempre, troppo codardo
per cercare di riconquistare la sua fiducia e per rendermi conto che,
almeno un po', le volevo bene.
La
rividi circa tre settimane dopo a uno spettacolo. Era sotto il palco,
assisteva alla recita con interesse e scherzava allegramente con sua
sorella Maggie e un'altra ragazza che non conoscevo. Si era ripresa
splendidamente, i suoi occhi erano luminosi più che mai, ma né
io né nessun altro poteva sapere cosa realmente provasse.
Quando
finii di esibirmi, mentre uno sciame di fans mi circondava, il mio
sguardo incrociò il suo.
Mi
trapassò con esso, come se fossi invisibile.
Mi
si strinse il cuore.
Fu
dopo la serata che venni a saperlo.
Era
una frizzante notte di metà aprile e quello era uno degli
ultimi spettacoli con la compagnia, prima che iniziassero le mie date
estive. Avevamo ritirato tutto ed eravamo usciti dalla struttura
chiacchierando allegramente, come facevamo di solito. Erano circa le
quattro ed ero molto stanco, inoltre l'aria era impregnata di un
forte odore di bruciato e noi avevamo preso a tossire, lamentandoci.
Fu
quando una ragazza sulla ventina chiaramente sconvolta si avvicinò
a noi che un campanello d'allarme prese a trillare nella mia mente.
Ci
raccontò che nel paesino a una decina di chilometri dalla
nostra cittadina era scoppiato un feroce incendio nel centro abitato
e che tre persone non erano riuscite a salvarsi.
Allora
rammentai: era il paese di Annabeth.
Tornai
a casa con una leggera inquietudine, ma cercai di non pensarci e di
dormirci su.
Il
sole sorse in fretta, ma nemmeno i suoi caldi raggi riuscirono a
scaldare i cuori della gente, profondamente sconvolta per il disastro
della notte precedente.
Ma
per me nulla fu più doloroso di vedere il volto spensierato
della piccola Annabeth sul giornale.
Non
l'avrei mai più vista sorridere, non l'avrei mai più
avuta con me.
Era
una fresca mattinata di fine ottobre e io stavo seduto al tavolino di
un bar. Sorseggiavo il caffè bollente e sfogliavo
distrattamente il giornale, mentre in testa mi frullavano mille
pensieri.
Esattamente
un anno prima avevo conosciuto Annabeth alla fermata del pullman e da
allora erano cambiate tante cose. Per me la sua scomparsa era ancora
un ricordo doloroso, e lo sarebbe stato per sempre.
Certo,
non ero del tutto spontaneo e continuavo a essere troppo egoista, ma
pian piano, senza che nessuno se ne rendesse conto, stavo cercando di
cambiare e migliorare. Lo dovevo ad Annabeth.
Il
giorno prima mi era stato comunicato che una delle compagnie con cui
avevo lavorato durante l'estate avevo deciso di prendermi, non solo
per le mie straordinarie doti interpretative, ma anche perché
mi vedevano una persona cordiale e affidabile. Questo mi aveva dato
tanta soddisfazione perché in quel contesto avevo cercato di
mostrare il meglio di me, senza però nascondermi dietro una
maschera, e avevo ottenuto un risultato straordinario.
Le
parole di Annabeth mi avevano aiutato; sapevo di avere un pessimo
carattere e non sarei mai riuscito a cambiarlo del tutto, ma ero
determinato e volevo cambiare, un passo alla volta.
Intanto
i preparativi per il memorial di Annabeth andavano avanti: si sarebbe
tenuto il 15 dicembre, il giorno del suo compleanno, e la sua
famiglia aveva pensato di coinvolgermi nei preparativi e permettermi
di esibirmi; sua sorella mi disse che, nonostante l'avessi fatta
soffrire, lei in fondo mi aveva riservato uno spazietto nel suo cuore
fino alla fine, e aveva imparato molto da me, quindi le avrebbe fatto
piacere sapere che organizzavo tutto ciò per lei.
Immerso
nei miei pensieri, finii di bere il caffè e giunsi all'ultima
pagina del giornale. Il mio occhio venne attirato dall'oroscopo del
giorno e mi fermai a leggerlo, anche se non credevo molto a queste
cose.
Istintivamente
gettai un'occhiata nel Sagittario, segno zodiacale del mio piccolo
angelo custode.
Sagittario
Ti
renderai conto che l'aiuto dato al prossimo non è stato vano e
per questo proverai una grande soddisfazione. Oggi è anche il
giorno giusto per i perdoni.
Non
potei fare a meno di sorridere.
♣ ♣ ♣
Ebbene
sì, siamo giunti al termine di questa breve e intensa
avventura!!!
È
incredibile quanto io mi sia affezionata a questa storia e ai suoi
personaggi, eppure il tutto è nato semplicemente per un
contest!
Non
so voi, ma a me è piaciuto tantissimo scriverla! Penso proprio
che Daniel e Annabeth mi rimarranno nel cuore.
Ah,
e... a proposito di Beth, probabilmente mi odierete per ciò
che le ho fatto capitare! Perdonatemi! :'(
Adesso
è il momento dei ringraziamenti: mando un fortissimo abbraccio
e un enorme GRAZIE alle fantastiche Kim_Sunshine, Anwa_Turwen,
Hanna McHonnor e GreenWind per aver recensito i
capitoli precedenti, per avermi sommerso di complimenti ed
entusiasmo, per aver dedicato un po' del loro tempo alle follie della
sottoscritta e per esserci sempre, in ogni situazione, a supportarmi
e farmi sentire il loro calore!
Grazie
ragazze, siete speciali!!! :3
Inoltre
ringrazio la giudice per la sua idea molto originale. Probabilmente
senza questo contest, la storia non sarebbe mai nata!
Detto
questo, mando un caloroso saluto a tutti voi e vi do appuntamento
alla prossima avventura! ;)
Soul
♥
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