A Chronicles of Ice and Fire

di Azaliv87
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Risveglio ***
Capitolo 2: *** Verità Nascosta ***
Capitolo 3: *** I Draghi ***
Capitolo 4: *** Tristi Ricordi ***
Capitolo 5: *** La Regina ***
Capitolo 6: *** L'Alleanza ***
Capitolo 7: *** Un Passato di Ricordi ***
Capitolo 8: *** Letture Pericolose ***
Capitolo 9: *** A Cavallo di un Drago ***
Capitolo 10: *** Identità Svelata ***
Capitolo 11: *** Strega Rossa ***
Capitolo 12: *** Il vero Principe ***
Capitolo 13: *** Ferite che Bruciano ***
Capitolo 14: *** Sangue di Drago ***
Capitolo 15: *** Le Rose dell'Inverno ***
Capitolo 16: *** La Fossa dei Leoni ***
Capitolo 17: *** Tristi Riflessioni ***
Capitolo 18: *** Le Serpi delle Sabbie ***
Capitolo 19: *** Anime Innocenti ***
Capitolo 20: *** Promesse tra Fratelli ***
Capitolo 21: *** Onore ***
Capitolo 22: *** Stella Nera ***
Capitolo 23: *** Melodie d'Amore ***
Capitolo 24: *** Diritti di un Principe ***
Capitolo 25: *** Sfide Velenose ***
Capitolo 26: *** Terza Testa del Drago ***
Capitolo 27: *** Sogni di Sofferenza ***
Capitolo 28: *** Bugie Preziose ***
Capitolo 29: *** Il Gioco del Trono ***
Capitolo 30: *** Fuoco e Ghiaccio ***
Capitolo 31: *** Amore Tradito ***
Capitolo 32: *** La Conquista ***
Capitolo 33: *** Lupi e Draghi ***
Capitolo 34: *** Viaggio di Ritorno ***
Capitolo 35: *** Lupi nella Notte ***
Capitolo 36: *** Amara Vittoria ***
Capitolo 37: *** Nuovo Padrone ***
Capitolo 38: *** Certezze dissipate ***
Capitolo 39: *** Regalità d'Animo ***
Capitolo 40: *** Roccia del Drago ***
Capitolo 41: *** Prendere le distanze ***
Capitolo 42: *** Fuoco Congelato ***
Capitolo 43: *** Risvegliare un Drago ***
Capitolo 44: *** Danze del Nord ***
Capitolo 45: *** Ultimi Targaryen soli al mondo ***
Capitolo 46: *** La Fratellanza ***
Capitolo 47: *** Vecchie Sofferenze Riaffiorano ***
Capitolo 48: *** Sospetti ***
Capitolo 49: *** Il Concilio Ristretto ***
Capitolo 50: *** Minacce e Sentimenti ***
Capitolo 51: *** Vane Speranze ***
Capitolo 52: *** Siamo nati per morire ***
Capitolo 53: *** Rivincita ***
Capitolo 54: *** Appartenere a Qualcosa ***
Capitolo 55: *** Di Draghi splendenti e Stelle di Fuoco ***
Capitolo 56: *** Rimedi alla Solitudine ***
Capitolo 57: *** Gentilezze inaspettate ***
Capitolo 58: *** Donna impossibile, madre adorabile ***
Capitolo 59: *** Verso l'Ultima Speranza ***
Capitolo 60: *** La Mela della Tentazione ***
Capitolo 61: *** Tenebre nei cuori ***
Capitolo 62: *** Mattinata Alternativa ***
Capitolo 63: *** Anima Pura ***
Capitolo 64: *** Fantasmi del Passato ***
Capitolo 65: *** Somiglianze e Paragoni ***
Capitolo 66: *** Fiocchi di neve e zucchero filato ***



Capitolo 1
*** Il Risveglio ***


La donna aprì gli occhi. I suoi polmoni si riempirono di ossigeno. Inspirò. L’aria era stantia e umida. La sua vista sembrava appannata, ma si rese conto che la stanza era buia. La sua testa era intontita. C’era odore di morte attorno e tutto sembrava impolverato. La luce filtrava da lontano e se non fossero state per le torce non si sarebbe visto niente. Si rese conto di essere distesa. Il suo letto era di pietra dura, liscia e fredda. Accanto a sé vide una figura incappucciata. I suoi occhi cercarono di identificarla e per un attimo le sembrò di riconoscere  quei lineamenti. Era una giovane donna, dagli occhi azzurri e un ciuffo di capelli ramati le ricadeva sulla guancia.
-Lady Catelyn? – disse in un sussurro quasi impercettibile, la sua voce era roca e faceva fatica a parlare.
-Lady Catelyn era mia madre, io sono lady Sansa Stark. – la donna distesa sbarrò per un attimo gli occhi e la guardò poco convinta.
-Non conosco nessuna Stark con questo nome. – disse confusa. Si accorse che dietro alla giovane c’erano altre due figure, anche loro coperte da spesse pellicce.
-Perché dovevo ancora nascere, mia signora. – Sansa Stark attese qualche secondo prima di proseguire – Sono passati molti anni dalla Ribellione di Robert Baratheon, voi siete morta prima della fine della guerra. Grazie ad una pietra magica donataci dal popolo dei Figli della Foresta, vi abbiamo riportata in vita. Ci troviamo sotto le cripte di Grande Inverno ed io sono la figlia di Lord Eddard Stark, vostro fratello. Rimembrate di lui, mia signora? –
-Ned?– l’immagine del giovane ragazzo le affiorò piano nella mente. – dov’è ora? –
Sansa guardò le persone dietro di sé prima di rispondere, poi si rivolse alla donna:
-E’ morto, mia signora. Assassinato, qualche anno fa. –
A quelle parole la donna si issò sulle braccia. Il suo sguardo era terrorizzato.
-No! – urlò, la sua voce le stava tornando, ma il grido le aveva grattato la gola e ora sentiva un bruciore pulsante. La testa le girò per lo sforzo e ricadde distesa su un lato. Era ancora troppo debole. Lady Sansa fece appena un cenno per aiutarla, ma alla fine rinunciò. La donna si portò una mano alla bocca e i suoi occhi divennero lucidi.
-Non può essere morto! Chi è stato? Perché lo hanno ucciso? –
-Sono stati i Lannister. – le parole della ragazza sembravano affilate come un coltello. Non aggiunse altro.
-Che ne è stato del bambino che aveva con sè? Lo ha portato qui, vero? – il volto della donna era angosciato.
-Mio padre tornò dal sud con un bimbo in fasce. Crebbe assieme a me e i miei fratelli, come bastardo di Grande Inverno. – assentì lady Sansa.
-Devo parlare con lui. – disse decisa la donna.
-Quel ragazzo è morto. Sulla barriera. – a parlare era stato uno degli uomini alle spalle di lady Sansa. La giovane lo guardò con aria interrogativa e accusatoria, ma lasciò che si avvicinasse. La sua voce era rigida come una bufera di neve del nord. Si avvicinò alla donna distesa, anche lui indossava gli stemmi del meta-lupo. Lo vide meglio alla luce della torcia. Potè distinguere i capelli scuri tipici delle loro terre e quegli occhi grigio scuro le fecero tornare alla mente un ricordo. Occhi indaco scuro. Dovette tenersi la testa per il vortice che le frullava dento. Si rese conto di essere sola. Non c’era più nessuno delle persone che conosceva. Suo padre e suo fratello Brandon erano morti ancora prima della guerra. Suo fratello Ned era stato assassinato. L’uomo che amava era stato ucciso da Robert Baratheon, divenuto il nuovo re. E ora anche suo figlio era morto. Le lacrime le sgorgarono come fiumi. I singhiozzi si susseguirono. Un terzo uomo si avvicinò alla donna distesa, l’aiutò a sedersi e a scendere dal letto di pietra che per anni aveva custodito i suoi segreti.
-Dovete tenere sempre al collo quella pietra, vi manterrà in vita. – le spiegò la ragazza.
-Mia signora, venga con me. Questo non è più il vostro posto. Saliamo alle sale del castello, parleremo con più calma di fronte ad una zuppa calda. – era un uomo molto più anziano. Lyanna non lo riconobbe, ma sentì che poteva fidarsi. Dopotutto quella era la sua famiglia, non le avrebbero fatto del male.
 
Portarono lady Lyanna a fare un bagno caldo e le vennero cedute le stanze che una volta erano riservate alla sorella di lady Sansa. Lyanna riconobbe la sua vecchia camera, alcuni mobili erano gli stessi, ma molti oggetti erano di Arya Stark, così si chiamava.
-Dov’è ora? – chiese la donna con tono spento.
-Dispersa. – le risposero le cameriere.
-Il mondo è proprio cambiato da allora. – il branco sopravvive, ma il lupo solitario muore.
E Lyanna sapeva che era vero, l’aveva provato sulla propria pelle. La tristezza la pervase nuovamente e le lacrime scesero gocciolando sull’acqua calda della vasca. Lyanna si prese le gambe e le strinse tra le braccia, affondando il volto tra le ginocchia. Pianse per tutto il tempo, mentre una cameriera le spazzolava i capelli e una ragazza più giovane le passava una spugna sulla schiena.
 
Le portarono un abito di velluto blu di Lady Sansa, era più o meno della sua misura. Aveva dei ricami argentati sul corpetto, le maniche lunghe e sfasate sui polsi erano di una tonalità più chiara. Le scendeva aderente sul corpo snello. Lyanna si lasciò vestire, mentre si guardava allo specchio, ma la donna che vedeva riflessa era uno spettro rispetto alla vera Lyanna Stark di Grande Inverno.
Quella donna ormai non esiste più. Il suo cuore era gonfio di dolore. Un dolore che sapeva non se ne sarebbe mai andato. Gli dei continuano a punirmi per quello che ho fatto. È giusto che io soffra ancora, per tutte le vite che ho spento. Fuori la neve cadeva, senza far rumore, come le lacrime che continuavano a scenderle sulle guance.
 
Quando entrò nella sala comune, tutti gli sguardi erano puntati su di lei. Non le era mai piaciuto essere osservata, ma questa volta non poteva farci niente. Non era abituale vedere un morto tornare in vita e camminare tra i vivi. Lyanna dentro però si sentiva ancora morta. Non aveva idea dell’aspetto che doveva avere. Le cameriere sicuramente avevano cercato di fare del loro meglio. Le avevano acconciato i capelli con cura, le avevano sistemato il mantello e stretto il corpetto. Ma non avevano potuto far niente per gli occhi gonfi e l’espressione triste che aveva. Eppure la malinconia non era un mio requisito, mi hai lasciato in ereditò una tua caratteristica, oltre ai ricordi che sanguinano nel mio cuore.
La sala era vuota. I tavoli era spogli. Lyanna ripensò all’ultima volta che l’aveva vista ghermita di gente. Lo ricordava come se fosse ieri, ma era molto tempo fa, quando la sua famiglia non era ancora vittima del gioco del trono. Ripensò a suo padre e ai suoi fratelli. Aveva consumato il pianto, ma il suo cuore continuava a lacrimare sangue.
A passi lenti si avvicinò al centro della sala. Riconobbe il ragazzo seduto al centro. Era lo stesso che aveva incontrato giù alle cripte. Aveva un’aria dura, numerose cicatrici gli rigavano il volto, sedeva dove un tempo prendeva posto il lord suo padre Rickard Stark. Lyanna si chiese se quel giovane avesse davvero il carisma per guidare un branco di lupi, ma subito capì che aveva il rispetto di tutti i presenti. Il giovane cominciò a parlarle:
-Bentornata a Grande Inverno, lady Lyanna. Il mio nome è Robb Stark. -  Lyanna ebbe un sussulto a sentire quel nome, ma sapeva che suo fratello era molto legato all’uomo che avrebbe dovuto sposare. - sono stato acclamato Re del Nord, e sono il maggiore dei figli di lord Eddard Stark.  –
Il giovane sembrò non fare caso al suo disagio e continuò – alla mia destra, come già hai avuto modo di conoscere, siede lady Sansa Stark – Lyanna si accorse che era davvero di una bellezza mozzafiato e, anche se non l’aveva mai conosciuta, sapeva che aveva le stesse caratteristiche di lady Catelyn perché non aveva preso nulla da Ned.
-Dopo di lei, siede l’altro mio fratello, Bran Stark - anche lui aveva i colori dei Tully, Lyanna fu felice di sentire il nome di suo fratello Brandon. Era morto per lei. Ned gli aveva reso onore.
-Abbiamo anche un’altra sorella, Arya è il suo nome, ma al momento risulta dispersa, e avevamo un fratello più piccolo di nome Rickon, ma è stato ucciso da un Bolton. – la sua voce era diventata roca. Lyanna sapeva bene cosa voleva dire perdere alcuni membri della famiglia. Pensò quanto doveva essere cambiato il mondo in cui viveva. Quando era vivo suo padre, nessuno del alfieri avrebbe mai osato commettere una simile crudeltà.
-Mi addolora il vostro cordoglio. Spero che vostra sorella torni al più presto. Un lupo è fatto per vivere in branco. – erano le parole che ripeteva sempre il lord loro padre. Lyanna aveva scoperto quella verità a sue spese.
-Vi ringrazio, lady Lyanna, so che potete capire. – poi proseguì indicando le persone alla sua sinistra e sui tavoli di fronte loro. Ser Davos era l’uomo che l’aveva aiutata ad uscire dalla cripta. Tormun Veleno dei Giganti era un bruto del nord e aveva l’aria minacciosa, vestiva con pelli e cuoio. Mance Rayder venne presentato come il Re oltre la Barriera. Si domandò quanti altri re ci potessero essere ancora. Poi le venne indicata una donna, vestiva in abiti maschili ed il suo nome era Brienne di Tarth. Jon indirizzò poi la sua attenzione verso la ragazza seduta accanto al giovane Bran. Si chiamare Meera Reed. Lyanna riconobbe i suoi occhi. Erano gli stessi del suo vecchio amico Howland. Dopo le presentazioni il re del nord, la invitò a sedersi al suo tavolo.
-Lyanna Stark, siediti con noi. Sei della famiglia, hai diritto ad un posto a questa tavola. –
Lyanna si accomodò alla destra di Meera, rimanendo però in disparte e non proferendo parola alcuna.
Non mangiò molto, il suo appetito sembrava non essere tornato assieme a tutti gli altri sensi. Il pasto venne consumato in silenzio, anche se i vari componenti della famiglia continuavano ad osservare Robb Stark. Ogni tanto c’era qualche bisbiglio, ma Lyanna non volle guardare più di tanto nella loro direzione. Avrebbe visto in che modo la osservavano, come la indicavano. Si sentiva già un’estranea in casa propria, non le serviva aumentare ulteriormente il disagio. Gli antichi dei erano stati proprio crudeli con la sua persona, ma d’altronde lei li aveva sfidati e loro l’avevano punita.
 
Dopo il pranzo Lyanna chiese il permesso di congedarsi. E raggiunse il Parco degli dei. Non era andata lì per pregare, ma aveva bisogno di stare nel luogo più tranquillo di tutto il castello. Nel luogo che aveva sempre custodito i suoi segreti. Il luogo che solitamente condivideva assieme a Ned. Tutto era diverso da quando l’avevano riportata in vita. Il castello era stato in parte distrutto e bruciato. Le persone erano cambiate. Quella non era più la casa che aveva lasciato. Ma in che altro posto poteva andare? Non c’era più niente per lei in questo mondo. Pensò amaramente che avrebbero fatto meglio a lasciarla dov’era. Nella morte almeno la sofferenza non esisteva. Il rammarico per tutti gli errori compiuti non l’avrebbe travolta così. Troppe persone erano morte per un suo capriccio. C’era stata una guerra. I regni si erano divisi in due schieramenti. Le battaglie avevano portato morte e distruzione. Che cosa abbiamo fatto? Anche dopo tutti questi anni, l’odio e la guerra non erano ancora finiti. Il suo cuore spezzato continuava a gocciolare sangue. Lyanna guardò il volto scolpito nella corteccia dell’albero-diga:
-Mi dispiace. – singhiozzò in lacrime e cadde in ginocchio sulla neve ai piedi degli dei. La schiena s’alzava e abbassava tra i singhiozzi.
 
Fu così che la trovò l’uomo che si era presentato a lei come Robb Stark, il Re del Nord. Si era avvicinato piano, Lyanna non l’aveva sentito arrivare, ma quando si fermò a pochi passi da lei, il fruscio dei suoi abiti e il battere dei suoi stivali, lo avevano svelato. Lyanna voltò appena lo sguardo e si accorse che era lui.
-Perdonatemi sua maestà. – disse alzandosi. Si asciugò il volto e accennò un inchino – non vi avevo sentito arrivare. – si voltò verso il ragazzo – Vi lascio alle vostre preghiere. – la sua voce era ancora rotta dal pianto, ma cercò di mascherarla.
-Perché stavate piangendo mia lady? – Lyanna alzò gli occhi e lo guardò intensamente. Quegli occhi. Un pensiero. Anche lui mi rivolse la stessa domanda quando ci incontrammo. Una lacrima silenziosa le scese nuovamente. Era calda e piena di malinconia. Era lui ad avere sempre lo sguardo triste, non io… Gli mancava da morire. Il vento gelido soffiò scompigliando prima di capelli scuri del giovane e poi arrivando ad investire Lyanna.
-I ricordi stanno tornando… e fanno male. – riuscì a dire solo quelle parole, il giovane comprese bene il loro significato. Lo lasciò e si incamminò solitaria verso le sue stanze. Non aveva nessuna voglia di stare tra le persone. La morte l’aveva abituata a stare da sola, e gli dei l’avevano condannata a quella sofferenza. Era giusto imparare ad accettarla.
 
Note dell’autore:
Premetto che è tutta una mia fantasia, forse paranoica, ma dopo aver visto nella serie tv la scena nella puntata 6x10, non ho potuto che domandarmi. E se Jon avesse modo di incontrare sua madre? Scoprire le sue origini, scoprire chi era, scoprire che non è mai stato dimenticato da lei? Mi rattrista sapere che per tutta la sua vita non ha mai saputo chi fosse sua madre, perché capiamoci lui è ancora convinto che suo padre e Ned, quindi ha sempre e solo pensato che la persona da cercare fosse lei. Mi sono immaginata che Meera e Bran in un modo o nell’altro sono arrivati a Grande Inverno e Bran ha svelato qualcosa a Jon. Poi grazie ad una pietra magica datagli dai Figli della Foresta (questa è pura fantasia) avessero la possibilità di far tornare in vita chiunque con la magia della terra. Ed è così che Jon vuole parlare con la donna che lo ha messo al mondo, per conoscerla, per vedere se c’è in lei qualcosa che riconosce suo. Per capire tutto quello che è successo e perché lui è cresciuto non sapendo nulla di lei.
La Lyanna che risorge ha perso tutto. La sua famiglia, il suo mondo, l’uomo che amava ed il suo coraggio. Quando le viene detto che il bambino che aveva affidato a suo fratello è morto, una tristezza l’assale e non riesce più a reagire. Tutto le sembra sbagliato. Tutto sembra non appartenerle più.
 
Se vi è piaciuta questa mia interpretazione di un’eventuale settima stagione, continuate a leggere, pian piano la storia prenderà sostanza e arriveranno anche molti altri personaggi, ma non vi voglio anticipare niente.
 
Al prossimo capitolo!
 

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Capitolo 2
*** Verità Nascosta ***


Lady Lyanna rimase nelle sue stanze per cinque giorni consecutivi. Il Lupo Bianco, così veniva chiamato il Re del Nord, non l’andò mai a trovare, fu invece Lady Sansa, che un pomeriggio bussò alla sua porta e si sedette a parlare con lei.
-Dovete mangiare qualcosa se volete rimanere in forze. – disse la giovane.
Lyanna era distesa di lato sul suo letto. Le lacrime le scendevano sul naso. La guardò appena. Sansa vide nei suoi occhi grigi un baratro di tristezza.
-Vi mancano i vostri cari? – sapeva che poteva capirla meglio di chiunque altro. Jon aveva fatto bene a mandare lei.
Lyanna fece appena un cenno e una lacrima le scivolò sulla guancia bagnando le labbra. Non aveva alcuna voglia di parlare. Così Sansa continuò il suo monologo.
-Sapete, io ero una fanciulla che amava le ballate ed ero convinta che un giorno sarebbe arrivato un principe che mi avrebbe chiesta in sposa. Gli dei mi ascoltarono. –
Già anche a me, diedero la stessa cosa, poi però mi portarono via tutto.
-Arrivò qui re Robert con suo figlio Joffrey e la corte reale. Il re chiese a mio padre di diventare il suo Primo Cavaliere e gli propose di unire le casate con un matrimonio. Venne organizzato il fidanzamento mio e del principe, ed io ero contentissima. Non vedevo l’ora di partire con mio padre per andare nella capitale! – attese che Lyanna dicesse qualcosa, ma la donna rimase a guardarla in silenzio.
-Joffrey era bellissimo, i suoi capelli biondi e quegli occhi verdi. Me ne innamorai al primo sguardo. – gli occhi della giovane sembravano persi nei ricordi.
-A me interessava solo lui. Ero una bambina egoista e stupida, me ne rendo conto. Quando mio padre scoprì che non era il vero figlio del re, io tradii la sua fiducia. Lo dissi alla regina e il principe Joffrey lo fece arrestare per tradimento. Ordinò al suo boia di tagliargli la testa. Io ero presente. Gli chiesi clemenza, di salvargli la vita e mandarlo ai Guardiani della Notte. – attese qualche istante prima di proseguire. Lyanna la guardava ora con più interesse.
-Ma lui era un mostro. Lo fece decapitare davanti ai miei occhi. Poi mi torturò perché diceva che nelle mie vene scorreva lo stesso sangue di un traditore. Fui costretta a sposare suo zio, un nano deforme. Fra tutte le persone che conobbi, fu quello più gentile nei miei confronti, ma era pur sempre un leone d’oro, e io lo temevo. – la donna si mise a sedere sul letto, avvicinandosi alla giovane.
-Ho causato la morte di mio padre. E sempre per causa mia anche gli altri miei fratelli sono morti. – Sansa era pervasa dai singhiozzi. Lacrime antiche scendevano lungo le sue guance. Lyanna sentì che anche se erano totalmente diverse, lei e quella ragazza avevano gli stessi amari rimpianti. Erano state entrambe causa della morte dei loro famigliari, ma Lyanna sapeva che quello che la ragazza aveva vissuto era tutta colpa sua. Se avessi sposato Robert tutto questo non sarebbe mai accaduto. Fu la prima volta che si ritrovò a pensarlo.
-Sansa, non è stata colpa tua. Tutto è partito dalla rivolta di Robert, quindi la colpa è solamente mia. Avrei dovuto essere più ubbidiente e rinunciare a tutti i miei pazzi sogni di gioventù. Dovevo accettare il matrimonio con Robert, così non sarebbe mai diventato re. Se fossi stata al mio posto gli dei non si sarebbero accaniti per due generazioni sulla nostra famiglia.- le lacrime scesero sulle guance di entrambe. Non si conoscevano, ma le due donne sapevano che il dolore era lo stesso. Si abbracciarono e piansero assieme. Per la prima volta da quando era tornata in vita, Lyanna sentì di nuovo il calore di un famigliare al suo fianco. Ned, c’è molto di te in questa ragazza.
 
Passò un’altra settimana. Lyanna non era più uscita dalla sua stanza, ma quasi tutti i giorni Sansa veniva a farle una visita. Parlavano spesso, come Lyanna non aveva mai fatto. Sapeva che in fin dei conti, quella era sua nipote, ma il tempo per lei non era passato e sembravano quasi coetanee. Per la prima volta in tutta la sua vita aveva trovato un’amica. Sansa adorava la sua presenza. In parte perché entrambe vedevano nell’altra un piccolo pezzo di Ned. Sansa portata spesso ago e filo e si metteva a cucire per passare il tempo, mentre Lyanna la osservava creare degli abiti straordinari.
 
Un giorno una giovane serva venne a chiamarla:
-Mia signora, sua maestà richiede la vostra presenza nel suo studio. –
 Lyanna era distesa sul suo letto, a pancia in giù. Stava scegliendo le stoffe per il prossimo abito che Sansa le voleva confezionare. Fuori le nuvole erano gonfie di neve, pronte a far scendere i primi fiocchi da un momento all’altro. Sentiva la stessa sensazione nel suo petto, anche se doveva ammetterlo, le giornate passate con Sansa l’avevano distratta. Si alzò e lasciò che la donna la condusse. I corridoi li conosceva come se li avesse percorsi il giorno prima. Le pietre lisce dei muri erano state spettatrici delle continue lotte di piume e inseguimenti con i suoi fratelli. Tutto le tornava alla mente lentamente, aumentando la disperazione che sentiva nel profondo. Sono  smarrita, in un luogo a me fin troppo famigliare. Dove tutti sanno chi sono e cosa ho fatto. Qualcuno sicuramente glielo avrebbe fatto notare prima o poi. E lei doveva essere pronta ad accusare il colpo. La Lyanna di una volta avrebbe continuato a combattere, ma quella giovane selvaggia e temeraria era morta. La donna che era tornata in vita aveva perso troppo. Tutto era svanito quel giorno, in quella torre lontana, tra le rose e il sangue e tra le braccia di suo fratello.
Ned.
 
La stanza era quella che un tempo suo padre usava come studio. Lyanna la conosceva bene. L’ultima volta che ci era entrata, aveva ricevuto la notizia del suo fidanzamento con Robert Baratheon. Se fossi stata meno testarda e avessi accettato la proposta, nulla di tutto questo sarebbe successo. Forse i lupi di Grande Inverno avrebbero continuato a vivere serenamente. Bran avrebbe sposato Catelyn, Ned la sua Ashara e io … sarei partita per Capo Tempesta e avrei avuto chissà quanti figli da Robert. Sentì un sapore amaro in bocca al solo pensiero. Invece ho rovinato la vita a tutti, e ora sono morti a causa mia.
 
Fu Ser Davos a prendere la parola per primo, presentandosi e raccontando un po’ di sé. Poi fu il turno di Lady Sansa e Bran che narrarono invece le vicende avvenute a Grande Inverno prima dell’arrivo di Re Robert. Lyanna sentiva che quel titolo era in qualche modo sbagliato. Non doveva essere lui il re. Quando ebbero finito i loro racconti, la guardarono. Lei aveva un’unica domanda da porre, non ebbe nessuna esitazione:
– Perché mi avete riportata in vita? – si toccò istintivamente la pietra al collo. Era liscia al tatto. Aveva il colore del calcedonio azzurro, la stessa tonalità che avevano i suoi occhi. I presenti guardarono il loro re. Il giovane la studiò per qualche istante, prima di rispondere.
-C’erano delle cose che dovevamo chiedervi. Cose che io dovevo sapere. – la donna lo guardò.
-Ditemi quello che volete sapere. – sapeva che c’era solo una questione di cui ancora non avevano parlato. Per un attimo la donna intravide qualcosa negli occhi del ragazzo, ma abbassò lo sguardo, convinta di essersi sbagliata.
-Qualcosa vi turba mia lady? – Robb era davvero molto bravo a cogliere ogni suo segnale. La donna pensò, che aveva lo stesso sangue di suo padre. Ned riusciva sempre a capirla.
-Mi ricordi molto una persona a me cara. –
-E quella persona non è Eddard Stark, non è così? – quelle parole colsero la donna impreparata.
Lyanna ebbe un sussulto, e lo guardò con una faccia sconvolta.
Il giovane mise sul tavolo una pergamena. Era impolverata e il sigillo di ceralacca nera era stato rotto, frastagliando così il drago a tre teste che lo rappresentava.
Lyanna sapeva cosa conteneva quella pergamena. Era quella scritta da Rheagar Targaryen, prima di partire per la guerra che entrambi avevano scatenato.
-Il bambino che mio padre portò con sé dal sud, era dunque vostro figlio, non è così? –
La donna abbassò gli occhi. La tristezza la assalì, a dire la verità non se n’era mai andata, semplicemente aveva cercato di segregarla in un remoto angolo, ma bastavano poche parole perché fuoriuscisse tutta la disperazione che sentiva dentro. Non pianse, ma bastava guardarla negli occhi per capire il suo umore.
-Non doveva andare in questa maniera. E’ solamente colpa mia. – disse lei.
-Perché prendervi le colpe? Il principe vi ha rapita contro la vostra volontà! – ma nel finire la frase il giovane si accorse che la storia non doveva essere andata come tutti si immaginavano. La visione che Bran gli aveva raccontato cominciava a diventare sempre più reale.
-Non mi ha mai rapita. Io ero consenziente. – tutti i presenti rimasero a bocca aperta. Tutti tranne Bran, che sapeva la realtà. Il silenzio piombò allora nello studio. Poi fu Ser Davos a prendere la parola:
-Credo che il re debba parlare privatamente con lady Lyanna. Lasciamoli soli. – disse conducendo fuori gli altri e prendendo Bran tra le sue braccia.
 
Il Re del Nord, che era rimasto dietro la scrivania per tutto il tempo, si avvicinò alla finestra, unendo le mani dietro la schiena. La luce cominciava a calare e la candela sul tavolo illuminava a stento tutta la stanza. Lyanna non si mosse. Stava in piedi, di fronte al tavolo con gli occhi fissi sul pavimento.
-Vedete, vi ho mentito su alcune cose, ma prima lasciate che vi narri gli eventi che mi hanno portato qui. –
-Ho già saputo quello che è successo ai sette regni, dalla caduta della famiglia Targaryen a oggi. Ditemi invece del piccolo che Ned crebbe come suo bastardo! – Lyanna faticò a dire quella parola, ma doveva accettarlo, voleva conoscere come era morto il suo bambino.
Il re le raccontò quello che voleva sapere, senza però svelargli la sua vera identità. Le narrò di come quel bambino era stato cresciuto tra quelle mura e di quando aveva preso la decisione di entrare a far parte dei Guardiani della Notte. Alla notizia che anche Benjen, suo fratello minore, era un confratello, gli occhi della donna tornarono ad esprimere una tristezza incontenibile. E quando il re gli confidò che il ranger era disperso oltre la Barriera, la donna tornò ad abbassare lo sguardo. Gli venne da abbracciarla, tanta era la tenerezza che gli faceva, ma cercò di trattenersi. Poi gli narrò di come quel ragazzo disertò l’ordine dei confratelli, entrando a far parte del popolo degli uomini liberi. Del suo ritorno al Castello Nero e della battaglia con i bruti. Di come  era diventato lord comandante dei Guardiani della Notte e di quando venne pugnalato dai suoi stessi compagni. Lyanna scoppiò nuovamente a piangere, le lacrime le erano tornate. Non nascose il suo stato emotivo in alcun modo. Jon poteva percepire tutta la disperazione della donna che le stava di fronte. Le appoggiò delicatamente una mano sulla spalla. Lei si asciugò gli occhi.
-Vi ringrazio per avermi raccontato di mio figlio. – riuscì a dire a fatica.
-Non dovete ringraziarmi, lady Lyanna. Come vi dicevo prima, vi ho mentito su un dettaglio. – attese qualche istante prima di proseguire.
-Avrete sicuramente avuto le vostre ragioni per celarmi qualche segreto, non sarò io a condannarvi, Re Robb. – disse la donna. La sua voce esprimeva ancora la sua disperazione. Il Lupo Bianco allora proseguì:
-Io non sono Robb Stark. Quel nome apparteneva a mio fratello, il vero primogenito di lord Eddard, che morì per mano dei Frey. Aveva radunato i vessilli per combattere contro il trono di spade quando i Lannister avevano decapitato suo padre. – Lyanna lo guardò intontita.
-Ma allora voi chi siete? – i loro occhi erano incatenati gli uni sugli altri e Lyanna di nuovo notò una strana venatura sull’iride del ragazzo, un striatura che già conosceva. Jon seppe che aveva capito, quindi espresse quelle che già la donna stava intuendo.
-Io sono quel bambino che Lord Eddard portò dal sud. Il mio nome è Jon Snow, e sono tuo figlio. – Lyanna sentì il cuore mancarle un colpo. Il respiro improvvisamente le si bloccò. Il ragazzo che aveva di fronte era davvero suo figlio. Non era una domanda, sapeva che era la verità. Dovette sorreggersi alla scrivania per non cadere. Fino a quel momento non era riuscita a capire perché in lui avesse visto molti particolari che gli ricordavano Rhaegar, ma ora le era tutto chiaro. Gli mise una mano su una guancia e in lacrime avvicinò il volto al suo. Sì, quelli occhi erano gli stessi occhi malinconici di Rhaegar, il colore era diverso, ricordava più quello degli Stark. Gli sfiorò i capelli continuando a fissarlo. Se prima si era sentita così sola, ora cominciava a provare un lieve calore inondarle il cuore. Le lacrime tornarono a scenderle, questa volta per la felicità. Era contenta di aver la possibilità di poterlo abbracciare per la prima volta. Quello era il suo bambino. Il bambino che tanto avevano atteso, desiderato e amato. Era tutto ciò che le rimaneva dell’amore che avevano provato e che aveva distrutto tutto.
-Mi dispiace figlio mio – disse tra i singhiozzi – avrei voluto darti una vita migliore! Mi vedrai come un’egoista. Sono fuggita con un uomo sposato, chissà che cosa penserai di me! La mia decisione ha portato solo morte e distruzione in tutto il mondo. Troppe persone hanno pagato per il mio sbaglio e tu più di tutte. Ti ho messo al mondo e ti ho fatto crescere da solo. Avrei voluto essere con te, ma gli dei mi hanno punita per quello che avevamo commesso. Ho osato sfidarli e il prezzo che ho pagato purtroppo si è ritorto anche su di te. Non te lo meritavi. Avrei dovuto accettare le decisioni di mio padre e vivere la vita che lui aveva scelto per me. – i suoi occhi erano tristi. Jon sapeva che era sinceramente turbata.
-Io non mi posso lamentare della vita che ho vissuto. Certo non sapere chi fosse mia madre, mi ha turbato per anni, credevo che mi aveste abbandonato e che non vi importasse niente di me, ma ora capisco perché lord Eddard non ne ha mai voluto parlare. Dietro al vostro nome c’erano troppi segreti che era meglio non svelare. – le sorrise – Non ve ne faccio nessuna colpa, avete amato un uomo, avete preso delle decisioni difficili. Lo stesso è capitato a me. Quando mio padr… cioè lord Eddard venne ucciso ad Approdo del Re, non potei unirmi a Robb nel suo esercito, dovetti rimanere con i confratelli dei Guardiani della Notte e voltare le spalle alla mia famiglia che aveva bisogno di me. Le mie sorelle erano prigioniere dei Lannister. Quando i Greyjoy presero Grande Inverno non potei salvare i miei fratelli più piccoli rimasti qui da soli. Quando venni catturato dai bruti, ho violato il giuramento dei Guardiani della notte, e mi sono anche innamorato di una donna dei bruti. Ho giaciuto con lei e poi è morta in battaglia, quando sono tornato dalla parte dei miei confratelli in nero. – Jon rimase un attimo in silenzio, Lyanna gli accarezzò affettuosamente i capelli – sono la persona meno adatta per giudicare le azioni degli altri. – terminò guardandola con oggi profondi.
-Sei sopravvissuto a tutto questo. Il destino è stato molto crudele con te, ma ti ha reso l’uomo che sei. Non ho avuto il piacere di vederti crescere, ma sono orgogliosa di ciò che sei diventato. Hai persone fedeli al tuo fianco. Non molti possono contare su così tanta gente. Ti hanno voluto come loro comandate su alla Barriera e qui nelle terre che sono appartenute alla nostra famiglia ti hanno acclamato come loro re. Il sangue che hai nelle vene è per metà lupo e per metà drago. Questo lo devi sapere e accettare. Nel tuo destino era già scritto che avresti governato. – la voce di sua madre era quella di una donna orgogliosa, sicura e determinata. Jon pensò a quanto le ricordava sua sorella Arya, non riusciva ancora ad abituarsi a chiamarla cugina.
-Ho il permesso di abbracciare il re del nord? – gli chiese la donna con un timido sorriso.
Jon rise.
-Certamente … madre! – Lyanna lo strinse forte, commossa dall’ultima parola che il giovane le aveva detto. Era la prima volta che se lo sentiva dire. Le piacque molto quel suono.
Un po’ della malinconia che provava si affievolì. Rimasero tra le braccia l’uno dell’altro, finchè l’oscurità non li accolse. La fiamma della candela si era spenta, ma entrambi sentivano il fuoco bruciare da dentro.
 
Note dell’Autore:

 
In questo ho messo il primo conforto di Lyanna, grazie alle visite di Sansa. Due donne che hanno molto in comune, anche se sono estremamente diverse tra loro. Entrambe però si sentono la causa di quello che è successo. Lyanna comincia addirittura a pentirsi delle decisioni prese, vedendo quanto male ne è conseguito.
Poi finalmente Jon le rivela la sua vera identità e si abbracciano. Trovano quel pezzo mancante l’uno nell’altra. Jon sente finalmente di avere una madre, Lyanna vede in lui l’unico appiglio a cui aggrapparsi in quel mondo che ormai non le appartiene più.

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Capitolo 3
*** I Draghi ***


Per i successivi giorni Jon fu molto impegnato nell’organizzare consigli di guerra per lo scontro contro gli Estranei. Lyanna venne a conoscenza anche del fatto che suo nipote Bran era un metamorfo con poteri illimitati. Gli chiese il permesso di farle vedere alcuni eventi del passato. La verità era che voleva rivedere il volto del suo principe. Ma Bran glielo negò sempre. La vita non è fatta per vivere di ricordi, le disse. Sansa le raccontò la causa della sua difficoltà motoria era dovuta dalla caduta dalla Torre Spezzata. Non era stato però un incidente. Un Lannister l’aveva spinto. Cominciò ben presto a odiare quel nome e a volere la morte di ogni membro ancora in vita. Per un attimo pensò di comportarsi esattamente come Robert. Solo ora capiva quanto odio doveva aver provato nei confronti dei Targaryen. Era lo stesso per lei in quel momento. I Lannister le avevano ucciso suo fratello Ned. Durante il Sacco di Approdo del Re avevano fatto uccidere la famiglia del suo amato Rhaegar. Alle Nozze Rosse i Frey, per loro ordine, avevano ucciso Lady Catelyn e suo nipote Robb. Sansa Stark era stata torturata nella capitale dal principe Joffrey, figlio dell’incesto tra due Lannister, e poi era stata costretta a sposare il fratello deforme della regina, un certo Tyrion. Lyanna aveva raggiunto l’apice. Non riusciva più a controllarsi e aveva ripreso in mano la spada. Si allenava assieme ai guerrieri nel cortile del castello, come un tempo faceva con i suoi fratelli. Bran, Meera e Sansa spesso la guardando combattere contro Brienne, dicevano che assomigliava molto alla loro sorella dispersa. Jon le aveva permesso di impugnare un’arma, ma non di andare in battaglia. Lyanna aveva almeno la possibilità di sfogare tutte le sue frustrazioni, durante il giorno.
 
Ma la notte era di nuovo sola. Sola con tutti i suoi incubi  La destavano quando la luna era ancora alta in cielo. Le tenebre risvegliavano tutte le sue paure, i suoi rimorsi, le sue sofferenze. Vedeva suo padre bruciare e suo fratello maggiore morire strangolato per aiutarlo. Vedeva Ned inginocchiato e la sua testa cadere più in là, proprio come le aveva raccontato lady Sansa, presente a quell’esecuzione. Vedeva un banchetto con molte persone che festeggiavano tra loro. Poi tutto si tingeva di rosso e un uomo insanguinato la cui testa era quella di un lupo. Vedeva la principessa di Dorne e i suoi due figli venire uccisi come bestie da uomini con le vesti oro e cremisi. Il leone dei Lannister ruggiva ad ogni morte, sembrava gioisse del sangue versato. Lei stringeva convulsamente le lenzuola. Alcune cameriere avevano trovato degli strappi sulla stoffa. L’ultima immagine però era sempre la stessa. Ogni notte Lyanna temeva quella visione. Sperava di svegliarsi prima, ma gli dei non l’ascoltavano. Si ritrovava sola sulle rive di un fiume. Non sapeva dove si trovava. Le acque verdi cominciavano a nascondere i colori del leone. C’erano invece stendardi neri e rossi da un lato, mentre dall’altro oro e nero. Sentiva il rumore di una battaglia, ma non vedeva niente attorno a sè. Non c’era nessuno con lei. Eppure il clangore delle spade rimbombava nelle sue orecchie. Poi lo vedeva. Le acque verdi del fiume si tingevano di rosso. Sapeva cosa significava. Si metteva le mani sul volto e un dolore lacerante le dilaniava il petto. Si inginocchiava a terra, le gambe non riuscivano più a sorreggerla. Solo in quel momento si accorgeva dei cadaveri che la circondavano. Cercava quel dettaglio tra i corpi senza vita. Quell’argento che solo il suo principe indossava. Ma non lo trovava. Lo chiamava, ma nessuno rispondeva. Si portava le mani sul volto, disperata ed era solo in quell’istante che si rendeva conto che erano insanguinate. Lunghi rigagnoli di liquido rosso colavano dalle sue dita. Era stata lei ad uccidere tutti? Urlava nel sogno, come nella realtà. Si svegliava in un lago di sudore, con la gola riarsa dalle urla e le lacrime che le rigavano il viso. Per il resto della notte non prendeva più sonno.
Durante le prime notti alcune cameriere erano entrate per vedere cosa stesse succedendo. Una sera le sue urla avevano svegliato anche lady Sansa. Ormai si erano abituati a quelle grida notturne e nessuno arrivava più a consolarla. Sapevano, ma erano anche certi di non poter farci niente. Lyanna si rifiutava di prendere il latte di papavero, come gli avevano consigliato. Era la sua condanna. Gli dei avevano voluto riportarla in vita per farle provare tutta quella sofferenza. Già una volta aveva preso la via sbagliata, ora sapeva che non doveva più commettere lo stesso errore. Non ora che il destino le aveva regalato dei momenti assieme a suo figlio.
 
Una delle sue notti insonni Lyanna pensò che ci fosse bisogno di più persone possibili in grado di impugnare un’arma. Così una mattina si propose a suo figlio di radunare un piccolo esercito di donne e di allenarle. Lady Sansa non fu molto d’accordo inizialmente, secondo lei le donne dovevano rimanere con i loro figli più piccoli, ma Lady Brienne e Meera, sostennero la sua iniziativa e si proposero di aiutarla a cercare delle allieve. Jon trovò che quest’idea fosse davvero geniale, concesse loro di fondare quest’ordine, che Lyanna chiamò le Rose dell’Inverno. E ben presto molte donne tra le popolane, i bruti e anche alcune lady si unirono all’iniziativa. Almeno questo era un’ottima distrazione e un’eccellente modo di sfogare tutta la sua frustrazione dovuta da quegli orribili incubi.
 
Ogni notte era sempre lo stesso sogno. Da quando era tornata in vita non sentiva più tanto la stessa necessità di dormire. Quindi vagava per il castello avvolta nel suo mantello candido, che le aveva cucito sua nipote Sansa. Era una cara ragazza, Catelyn e Ned avevano fatto davvero un ottimo lavoro nel crescerla, ma era a conoscenza anche di tutte le disavventure che quella povera giovane aveva dovuto vivere. Avevano instaurato un bel rapporto, forse perché in lei Sansa vedeva molto di sua sorella Arya. Le aveva raccontato che non erano mai andate molto d’accordo, ma ora ne sentiva tanto la mancanza. Lyanna indossò l’ennesimo abito fatto dalla ragazza. Aveva davvero le mani d’oro. Se anch’io avessi avuto il suo carattere e la sua grazia, la mia famiglia non avrebbe vissuto tutte queste sofferenze. Poteva cambiarsi d’abito anche dieci volte al giorno, ma i suoi tormenti non se ne andavano. Rhaegar, quanto ci è costato il nostro amore. Ne valeva davvero la pena distruggere un regno e la vita di così tante persone? La risposta la conosceva già dentro di sé, ma sapeva anche quanto era sbagliata.
In tutta la sua vita Lyanna era sempre stata una donna coraggiosa. Aveva vacillato solo in punto di morte, temendo per la vita di suo figlio e per la sua. E ora, non c’era suo fratello a infonderle quel coraggio che le mancava. Non c’era lui a sistemare le cose. Se Ned fosse stato lì con lei di fronte a quello specchio, non l’avrebbe riconosciuta. Se Rhaegar l’avesse incontrata adesso, sarebbe passato oltre, come aveva fatto durante il Grande Torneo con sua moglie Elia e non l’avrebbe incoronata sua regina di amore e di bellezza. Chissà se sarebbero andati d’accordo Ned e Rhaegar… Si trovò a pensare, mentre camminava tra i corridoi del palazzo. Qualcosa le diceva che forse avevano molto comune. Sicuramente l’onore e il rispetto erano due cose che li accomunavano. Entrambi pensavano prima agli altri, che a loro stessi ed erano sempre propensi a fare la cosa giusta. Ma in molte altre cose erano completamente differenti. Improvvisamente senza volerlo si trovò di fronte alla camera di Jon. La porta era aperta e una luce flebile proveniva dal suo interno. Due persone stavano parlando, dalle voci Lyanna riconobbe quella di suo figlio, quella di Ser Davos e quella più roca di Mance Rayder. Tormund che stava alla porta la bloccò:
-Mia signora, perdonate ma non potete avvicinarvi. – le disse.
Jon fece capolino alla porta, e la vide.
-No, lasciala pure entrare. – decretò accennando ad un sorriso.
Davos teneva in mano una missiva, Jon gli fece cenno di passarla a sua madre. Lyanna lesse il contenuto e sbiancò.
 
La lettera diceva che la Regina Daenerys Targaryen dopo aver ripreso possesso di tutto il sud e ristabilito il suo potere nella capitale, si sarebbe insediata nelle terre dei fiumi per attendere che l’uomo incoronato Re del Nord, scendesse sull’incollatura e si sottomettesse al suo regno. Solo allora avrebbe preso in seria considerazione di difendere quelle terre dall’avanzata degli estranei.
Qualcosa dentro di lei le diede una vaga speranza. Quella donna era la zia di Jon, dopotutto. Se avesse conosciuto le sue vere origini magari lo avrebbe risparmiato, ma il terrore per la vita di suo figlio prese il sopravvento.
-Jon, non avrai intenzione di abbandonare Grande Inverno per recarti a sud? – la sua voce era ferma, ma Jon poteva sentire un velo di paura.
-Devo decidere. Lei chiede espressamente di parlare con me. –
-Mio signore, se mi permettete di dire la mia opinione … - cominciò Ser Davos. Jon lo lasciò parlare:
-Mandare un emissario al vostro posto. Voi dovete rimanere qui per tenere unito il popolo libero e gli uomini del nord. Delegate qualcuno di cui potete fidarvi. –
Jon ci pensò su un attimo, poi disse:
-E sia. Ser Davos affido a te l’incarico. Re Stannis vi ha sempre tenuto in buona considerazione come suo Primo Cavaliere, e io non voglio essere da meno. Porterai con te anche Tormund, così che anche i bruti possano avere un loro rappresentante, e trova un uomo del nord che voglia venire con voi. –
Lyanna intervenne:
-Manda anche me, ci vuole qualcuno della tua famiglia per fargli capire che stai prendendo sul serio la loro richiesta. Far fare un viaggio del genere a Bran è impensabile e Sansa non credo sia molto disposta a scendere di nuovo a sud. Non hai altre alternative che mandare me. –
-Lady Lyanna non ha avuto una cattiva idea mio sovrano … -
Ma Jon non volle sentire alcuna ragione:
-Tu non lascerai questo castello, madre. - la sua voce era risoluta – L’hai detto tu stessa: un lupo è fatto per stare in un branco. Non permetterò a nessun membro della mia famiglia di allontanarsi da queste mura. –
Ser Davos non ribattè, ma vide l’espressione risoluta di Lyanna e sentiva che per la donna non era finita lì.
Jon li congedò e uscirono tutti dal suo studio.
 
Ser Davos si avvicinò alla donna:
-Penso che abbiate ragione, ma il re non vuole mettere in pericolo la vostra vita. Siete troppo preziosa per lui. Ora che vi ha ritrovata non vuole perdervi, è comprensibile. –
-Capisco le sue ragioni, ma io sono la pedina meno importante in questa storia. Il mio tempo è già finito, ora sono Jon, Sansa e Bran ad avere nelle mani le sorti di Grande Inverno e della guerra imminente con gli estranei. Sono sua madre e farò di tutto per essergli utile,  e se questo significa dovergli disubbidire, lo farò! – era tornata la Lyanna di un tempo, solo che ora pensava a proteggere l’unica cosa che le era rimasta. – Sai che ho ragione! Se la regina Daenerys si vedrà arrivare un vecchio contrabbandiere, un bruto del nord e un lord minore, penserà che il nostro re non la ritiene al suo stesso livello. Sappiamo che ha l’appoggio di Dorne, dei Tyrell dei Greyjoy e anche dei Lannister. Si insidierà nelle terre dei fiumi, che sono sotto il controllo di Petyr Bealish. Quell’uomo è imprevedibile e mi fido poco di lui, come già ci ha tenuto in guardia Sansa. Se decidesse di voltarci le spalle avremmo anche tutta la valle di Arryn contro. Ci troveremo schiacciati su entrambi i fronti. A nord dagli estranei e a sud da coloro che dovevano diventare nostri alleati in questa battaglia. Verremmo annientati dal ghiaccio dell’inverno e dal fuoco dei draghi. – Rhaegar alla fine la canzone che mi avevi cantato nel nostro nascondiglio tra le montagne di Dorne è divenuta realtà. Mai avrei pensato che narrasse la morte di nostro figlio…Devo fare qualcosa per impedirlo!
-Ci troveremo in enorme svantaggio. La regina ha dalla sua parte molti uomini, noi non possiamo contare nemmeno della metà del suo esercito. Abbiamo bisogno della sua alleanza. –
 
La mattina seguente Jon salutò personalmente i tre emissari inviati a parlare con la regina Targaryen. Ser Davos, Tormund, Lord Glover. Con lui c’erano Brienne, Sansa e Bran. Spettro il suo lupo non era presente, evidentemente era a caccia. Anche sua madre mancava all’appello, Lyanna era rimasta a letto quella mattina, dicendo che la notte non aveva dormito molto bene. Jon sapeva dei sogni che la tormentavano, quindi non aveva avuto problemi a lasciarla riposare ancora qualche ora.
Ordinò poi alla sua cameriera di portarle la colazione in camera, ma la donna lo guardò strano:
-Mio signore, Lady Lyanna è uscita presto questa mattina, diceva che sarebbe andata al Parco degli Dei a pregare! – Jon sbarrò gli occhi. Qualcosa non gli tornava. Perché gli aveva mentito. Una strana sensazione lo prese e sperò di non aver ragione. Corse verso il luogo sacro e trovò un foglio di pergamena infilato su una freccia nel tronco di un albero. Una rosa dell’inverno era attorcigliata al dardo. Sua madre si scusava per avergli disobbedito, ma per farsi perdonare gli avrebbe portato l’esercito dei Targaryen. L’urlo di Jon rimbombò per tutto il castello.
 
Ser Davos e i suoi compagni erano ormai distanti dal castello di Grande Inverno, quando incontrarono Lady Lyanna. La donna aveva il cappuccio sulla testa e un mantello grigio azzurro con la pelliccia di lupo bianco sulle spalle. Indossava la cotta di maglia e un paio di pantaloni di pelle grigio tortora. I capelli erano legati in una treccia lunga. Al suo fianco c’era Spettro.
-Mia signora, sono felice di vedervi.- il lupo trottò davanti a loro contento di intraprendere finalmente un viaggio. Era silenzioso come la neve che stava scendendo.
-Ser Davos. – lo salutò lei – sono felice di uscire finalmente da quelle mura! – disse allineando il cavallo alla loro andatura.
 
Durante il viaggio non parlarono molto, attraversarono villaggi, per lo più abbandonati. Oltrepassarono il Moat Cailin, passando per l’unica via accessibile. In alto Lyanna vide lo stemma dei Bolton penzolare debolmente. Estrasse l’arco e incoccò una freccia. Colpì il tessuto della bandiera, la quale si avvolse al dardo e si strappò dall’asta. Continuarono la loro strada finchè non raggiunsero le terre dei fiumi. Dovevano oltrepassare le torri dei Frey, per raggiungere Delta delle Acque, dove la regina attendeva il Re del Nord, ma quando si presentarono di fronte al cancello, lo trovarono aperto. Al suo interno vi era uno scompiglio generale. Uomini in blu e grigio con le due torri disegnate sulla casacca continuavano a litigare tra di loro e in un primo momento i quattro guerrieri del nord non seppero capirne il perché. Poi Ser Davos chiese ad un giovane scudiero.
-Che cos’è tutto questo trambusto? Dov’è Lord Frey? – il ragazzo lo guardò come se fosse un matto.
-Mio signore non lo sapete? Il lord è morto e ora c’è un’aperta discussione tra i suoi figli per il titolo di lord. – osservò lo stemma del meta-lupo nello stendardo che teneva lord Glover.
-Chi è che comanda ora qui? – chiese l’uomo.
-E’ giunto il principe Viserys Targaryen, mio signore. È arrivato qualche giorno fa e sta prendendo dei provvedimenti finche i miei cugini non sistemano la faccenda della successione. –
-Il principe Viserys? – chiese Davos – mi era giunta voce che fosse morto nelle terre oltre il mare stretto. –
-Glielo assicuro è in salute e …- un frastuono mostruoso si sentì nell’altro lato del castello. Spettro ringhiò in quella direzione e tutti i presenti presero a dirigere il loro sguardo a sud-ovest. Un enorme bestia verde uscì dalle mura del castello, spiccando il volo e lasciando gli uomini a bocca aperta.
-Non è possibile! – disse lord Glover.
-Di mostri oltre alla Barriera ne ho visti, ma nessuno aveva quell’aspetto. Che bestia è mai quella?  – disse Tormund pietrificato.
-Un drago.- dichiarò Lyanna.
 
Vennero fatti accomodare nella sala che un tempo era stata sempre ghermita dei figli di lord Walder Frey. Di fronte allo scranno c’erano tre uomini. Due erano molto simili tra loro e vestivano i colori dei Frey, l’altro voltava loro le spalle e indossava un’armatura nera ed un mantello rosso tenuto di traverso su una spalla. Nascondeva il suo volto dietro ad un elmo con il drago tricefalo sul capo. Quando entrarono i tre si voltarono nella loro direzione. Uno di essi ordinò ad un coppiere di portare agli ospiti del cibo. Vennero messi di fronte a dei vassoi con vino, focacce  e qualche frutto esotico.
Ser Davos e lord Glover rimasero in piedi, ma non toccarono cibo, Tormund invece cominciò ad affondare una mano nel vassoio, non nascondendo un certo appetito.
-Aye, davvero un buon cibo! Prendete un po’ di queste bacche gialle, sono squisite! – disse ai loro compagni.
-Prima passiamo e meglio sarà! – comunicò lord Glover ai suoi compagni.
-Chiediamo solo il permesso per raggiungere la Regina dei Draghi a Delta delle Acque e dare la risposta che ci ha consegnato il Re del Nord. – disse perentorio Davos.
-Vi stiamo solo offrendo la nostra ospitalità. – disse uno dei due Frey.
-Come quella che offriste al precedente Re del Nord e alla sua gente, durante le nozze rosse? – domandò Lyanna, abbassando il cappuccio – non toccherò il vostro cibo! –
La situazione si fece tesa per qualche istante e le guardie poste ai lati della sala misero le mani sull’elsa pronti ad estrarre le proprie spade. I quattro delegati del nord rimasero in allerta.
-Questo cibo ve lo offre la regina Daenerys! Non avete nulla di cui temere. – disse l’uomo in armatura, stranamente aveva posato lo sguardo solo sulla donna.
-Tranne un drago appostato sotto le vostre mura! – continuò lei scrutando il suo interlocutore.
-E’ un ottimo mezzo di trasporto, se si vuole attraversare leghe in breve tempo, mia signora! Scusate la mia scortesia, non mi sono ancora presentato. Il mio nome è Viserys Targaryen, e sono il fratello della Regina dei Sette Regni. Ditemi, con chi ho il piacere di parlare? – chiese cortese.
-Sono lady Arya Stark, sorella di Re Jon. Dateci il permesso di attraversare il castello, raggiungere Delta delle Acque e parlare con vostra sorella per determinare gli accordi dell’alleanza. –
L’uomo in armatura continuò a rivolgersi a lei senza prestare il minimo interesse agli altri, Lyanna pensò fosse un gesto di forte scortesia. I suoi modi possono anche ricordare quelli di suo fratello Rhaegar, ma ha gran poco della sua gentilezza.
-Mia sorella voleva parlare personalmente con il vostro re. A quanto pare il vostro sovrano non se la sente di scendere dal suo trono ghiacciato. Ha forse paura che la fiamma di un drago glielo sciolga? – la canzonò lui.
-Il mio re non teme i draghi, mio signore. Il suo sguardo è rivolto a nord, oltre la barriera. Quello è il vero nemico. Affari incombenti lo trattengono a Grande Inverno.- la sua voce era decisa come non mai e forse questo lo convinse. Non può temerli i draghi, stupido cretino! Lui è per metà un drago!
-Non troverete niente a Delta delle Acque. Mia sorella ha cambiato i suoi piani, la incontrerete continuando a scendere la strada del re verso sud. Ci vogliono tre giorni a cavallo, per raggiungere l’accampamento dell’esercito della Regina. Lady Stark , anch’io sono diretto là, vi scorterò personalmente. Fate preparare un cavallo! – ordinò ai due Frey.
 
Note dell’Autore:
 
Lyanna ha riscoperto la vita, ha trovato un appiglio a cui aggrapparsi. Ha ritrovato suo figlio. Si sente di nuovo viva, coraggiosa e temeraria. La sua nuova vita non è facile però. Gli incubi la tormentano. Incubi dai quali non riesce a svegliarsi. Si sente ancora in colpa per tutte le morti che hanno causato le sue scelte. Vede tutti i suoi famigliari morire, e ho voluto aggiungere appositamente anche le nozze rosse perché indirettamente di sente colpevole anche di quelle morti. E un pensiero triste lo dovevo fare anche per la famiglia di Rhaegar. Il modo in cui sono stati uccisi Elia e i suoi figli è davvero crudele, e non potevo certo dimenticarlo. A mio parere penso che siano state le morti più tremende di tutta la saga.
Ovviamente non poteva mancare la scena più importante per Lyanna. La battaglia del Tridente Ma gliel’ho resa più traumatica di tutte. Se avete notato è l’unica persona che non appare nei suoi sogni. Vede il suo sangue mischiarsi nelle acque del fiume, ma non lo trova. Per quello lei chiede una visione a Bran, il quale però gliela nega (stronzo di un nipote! Chissà perché poi?).
 
Con la lettera della Regina si parte ad esplorare anche altri luoghi. Le Torri Gemelle sono nel caos più totale dopo la morte di Walder Frey. E proprio qui incontriamo due personaggi misteriosi. Una ragazzina particolare e un redivivo Viserys Targaryen (e molti diranno? Ma come ha fatto a sopravvivere? Più avanti vi spiegherò cosa si è inventata la Regina dei Draghi!). Ho pensato che Lyanna dovesse celare la sua identità, per proteggersi e proteggere suo figlio. Quindi chi poteva essere? Se non la sorella dispersa? D’altronde nei libri hanno sempre sottolineato la somiglianza tra le due donne.
 

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Capitolo 4
*** Tristi Ricordi ***


Ripresero la marcia, questa volta erano in sei. Con loro c’era il principe Viserys, nella sua armatura nera e una giovane ragazza di nome Nim, era poco più che una bambina, e il principe viaggiava con lei. Durante una sosta per svuotare la vescica di Tormund, Lyanna notò che spettro si avvicinò alla ragazza senza ringhiare. Era un comportamento molto strano, Jon le aveva detto che solitamente i meta-lupi non si affezionavano a prima vista alle persone, ma Spettro aveva fatto amicizia anche con un certo Sam, un confratello che ora si trovava a Vecchia Città. Ricordò anche il loro primo incontro. Lyanna lo vide per la prima volta appostato affianco al suo padrone ai piedi del tavolo principale della Sala Grande. Da quando suo figlio le aveva rivelato il suo vero nome, la faceva sedere al suo fianco. Spettro l’aveva sentita arrivare e aveva appena alzato il muso nella sua direzione, quando poi lei senza timore si era seduta sulla sedia, portando la gamba ad essere troppo vicina alla bestia. Il meta-lupo le annusò la sottana, Jon gli diede ordine di lasciar stare, e la bestia ritornò a dormire ai suoi piedi. Lyanna non ne aveva mai avuto paura. Era lo stemma della sua casata. Era la prima volta che ne vedeva uno dal vivo, ma sentiva che era buono. In breve fecero amicizia e pian piano la bestia si lasciò accarezzare dalla donna e a fidarsi di lei, tanto che se la vedeva entrare al Parco degli Dei, la seguiva sempre. Un giorno Jon l’aveva trovata a riempire il pelo del lupo di petali di rose blu. Spettro si lasciava fare come un cucciolo. Lyanna ricordò la risata di suo figlio. Spettro, non sapevo ti piacessero i fiori! Aveva detto. Il lupo si era offeso e se n’era andato. Lyanna pensò che forse era diventato molto più mansueto.
 
Sulla strada incontrarono numerosi carretti abbandonati e gruppi di persone che cercavano riparo dal freddo nelle grandi città. La neve aveva coperto tutto il panorama circostante. L’inverno era arrivato anche a sud dell’incollatura, e sembrava essere solo all’inizio della sua tremenda avanzata. Improvvisamente trovarono la strada bloccata da tre carri abbandonati. Tormund e Davos che stavano davanti notarono questo dettaglio e fermarono la processione.
In un baleno venero assaliti da alcuni fuorilegge. Erano sbucati da tutte le direzioni. Avevano le spade in pugno e altri erano nascosti dietro ad alcuni alberi e scagliavano frecce. Davos, Lord Glover e il principe Viserys sfoderarono le loro spade. Tormund estrasse la sua ascia da guerra, Lyanna prese invece l’arco. Nim scese da cavallo, estrasse una piccola spada sottile e corse tra i fuorilegge colpendoli con fendenti precisi e veloci. Il resto del gruppo rimase compatto attorno a Lyanna per evitare che venisse attaccata, mentre mirava agli uomini nascosti tra la vegetazione, e con i loro fendenti colpirono quelli che invece venivano loro incontro. Lord Glover venne ferito ad un braccio e cadde da cavallo. Davos scese anche lui per difenderlo. I briganti erano troppi e li stavano sopraffacendo. Una freccia nemica colpì il cavalo di Lyanna, che per poco non venne disarcionata. Perse la presa dell’arco, ma riuscì a tenersi alla criniera dell’animale, il quale terrorizzato era partito al galoppo imbizzarrito. Lyanna rimase in sella, ma la bestia la costrinse ad abbandonare il gruppo ed entrare nel bosco. Cadde in una trappola. Una catena di ferro sollevata a mezzo metro da terra, fece inciampare il cavallo, che cadde a terra slogandosi entrambe le zampe anteriori. La donna venne sbalzata in avanti e rotolò rovinosamente a terra. Tre uomini le furono subito addosso e le levarono la spada dal fianco. Il cappuccio le scivolò mostrando il suo volto. Quello che le stava tenendo un braccio sorrise ai suoi compari:
-Una donna! E anche molto graziosa! Potremmo divertirci con lei! – aveva qualche dente spaccato sul davanti. Il suo sorriso era disgustoso. Lyanna scalciò e cercò di divincolarsi, ma un secondo uomo con una brutta cicatrice sotto l’occhio sinistro le tirò un ceffone, facendole sputare sangue. La bloccarono supina. Il terzo era un uomo corpulento e le si mise sopra. Le prese il mento e la guardò bene prima di parlare.
-Si può andare! – il suo alito puzzava come una latrina. Tentò di baciarla, ma lei lo morse.
-Mi piacciono le donne combattive! – disse sputando sangue. Lyanna cercò di liberarsi, ma quello le tirò un pugno nello stomaco che per poco non la fece svenire. Poi cominciò a leccarle il collo. Le mancava il respiro a causa del colpo e non riuscì a impedirglielo. L’uomo le strappò i lacci del corpetto, e allargando la scollatura, si intravide la collana con la pietra magica scivolare sulla linea di congiunzione dei suoi seni sodi. Eccitato cominciò a trafficare nervoso con i lacci dei propri pantaloni, quando una spada lo trafisse da dietro e con due colpi ben precisi, anche gli altri due caddero a terra privi di vita. Lyanna per un attimo non riconobbe il suo salvatore. Questo si levò l’elmo e una matassa di capelli argentati si riversò fuori. Rhaegar, sei tu? Fu un pensiero dolce, pensò di sognare. Chiuse gli occhi, ma quando li riaprì si accorse di essersi sbagliata. Quell’uomo indossava una maschera sul volto ed era il principe Viserys. Capì che doveva averla seguita.
-State bene mia signora? – le chiese, sembrava alquanto turbato dal tono, ma Lyanna non riuscì a capirne il motivo. Le prese una mano per aiutarla a rimettersi in piedi.
-Sì, principe. – disse ansimando - Mi avete salvato la vita! – gli disse togliendosi da dosso la neve e il fango e cercando di coprire i vestiti strappati sul petto. Poi sentì il nitrito agonizzante della sua puledra. Era ancora in vita, ma morente. Prese la sua spada e le trafisse il cuore, pronunciando alcune parole sottovoce, prima di accompagnare il collo dell’animale ormai privo di vita. Il principe la guardò stupito. Poi la donna si girò, con una mano si teneva i lembi del corpetto e sul volto aveva un livido rosso dove l’avevano colpita.
-Lady Stark, vi hanno colpita in volto? – nella sua voce ora c’era rabbia, si avvicinò di qualche passo e accostò una mano al suo volto, ma poi sembrò pentirsene.
La giovane Nim arrivò loro incontro.
-Gli altri ci stanno aspettando.- quando si voltò i suoi capelli color paglia si mossero scomposti.
 
-State tutti bene? – urlò Davos. Era sporco di fanghiglia e sangue su tutti i vestiti, lo stesso valeva anche per gli altri. Alla sua domanda tutti fecero un cenno di assenso. Lord Glover puntò la sua spada a terra e si alzò a fatica. La ferita era profonda, andava lavata. Il principe Viserys aiutò Lyanna a salire sul cavallo di Nim. La piccola invece dovette salire assieme al principe. Procedettero ancora lungo la strada. Per il momento avevano pulito la ferita di lord Glover con la neve fresca e stretto un pezzo del suo mantello sulla ferita perché non sanguinasse.
Quando la strada fu abbastanza vicina alla forca verde, si allontanarono dalla strada del re, per raggiungere le sue sponde e lavarsi lo sporco di dosso. Accesero un fuoco e si accamparono lì per la notte. Davos sistemò alla meglio la ferita di Lord Glover, mentre Tormund scuoiava un cervo che aveva catturato. Seppur la temperatura era inadatta, Lyanna si fece un bagno sulle acque ghiacciate del fiume. Doveva levarsi di dosso quel sudiciume che le avevano lasciato quei tre. Da dietro gli alberi Nim osservò la donna mentre si spogliava e si immergeva nelle acque gelide del fiume, senza mostrare alcun brivido di freddo. La donna tenne al collo una collana con una pietra strana. Il principe Viserys la raggiunse:
-Per quale motivo la stai spiando? –
-Devo capire chi è in realtà. –
-Nim, fingi di essere una semplice popolana. Te l’ho già detto non attirare troppo l’attenzione su di te, se vuoi arrivare al nord sana e salva. –
-Ci arriverei anche da sola a nord. –
-No se mia sorella decide di liberare i draghi e sterminare tutte le persone che si trovano sopra l’incollatura!-
Nim continuava a scrutare tra le foglie la sagoma della donna che si sciacquava i capelli.
Lyanna notò il luccichio dell’armatura del principe.
-Un principe che si rispetti non spia una donna nuda! – disse lei uscendo dall’acqua e, pendendosi gli abiti, si nascose dietro ad un cespuglio.
Viserys prese Nim per un braccio e uscì dal loro nascondiglio.
-Perdonare la scortesia, non era mia intenzione spiarvi! Stavamo solo raccogliendo della legna per il fuoco. – disse mostrando i rami scuri che teneva sotto al braccio.
-Faranno molta fatica a attecchire. – disse la donna che aveva già indossato la maglia e i pantaloni di cuoio ed era uscita allo scoperto – quella legna è umida, non prenderà mai fuoco! – detto questo li oltrepassò e cominciò a recuperare i rami caduti più riparati dalle intemperie. Tornarono all’accampamento. Davos fece posto a Lyanna vicino al fuoco per scaldarsi e asciugarsi. Nim rimase vicino al principe Viserys.
-Quella non è chi dice di essere. – disse la ragazza sottovoce.
-Chi pensi sia allora? – le chiese lui.
-Ve l’ho già detto, non è la vera Arya Stark! Può assomigliarci, ma non può essere lei. – il suo tono era deciso.
-Ha i colori del nord, magari è la figlia di qualche lord alfiere degli Stark. Hai notato dei particolari importanti? Qualche cicatrice o segno da poterla identificare? –
-A dire il vero sì: ha tre segni sul fianco destro, sembrano come dei graffi. Oltre al fatto che tiene sempre al collo quella specie di amuleto. Non ne ho mai visti di simili. –
-Hai detto tre graffi sul fianco? – il tono del principe sembrava stupito.
-Te l’ho già detto prima! – si lamentò la ragazza – perché hai forse capito chi è? –
-Non ne sono sicuro. – disse lui – ma lasciala a me! –
-Per me è diventata una questione personale! –
-Assecondami, se è come penso, non te ne pentirai, te lo prometto! –
-E va bene, ma prima che questa guerra abbia inizio voglio sapere chi è quella donna! -
 
Anche quella notte gli incubi tornarono a tormentare Lyanna. Era avvolta nel suo mantello accanto al fuoco. Si svegliò nel cuore della notte urlando e svegliando tutti. Davos che stava facendo il turno di guardia le andò vicino per rassicurarla. Lei si aggrappò alla casacca dell’uomo e sfogò tutto il pianto che aveva. L’aveva scossa per svegliarla prima che potesse pronunciare alcun nome. Ritrovò un po’ la serenità, ma tutti si erano presi paura, pensando ad un secondo attacco dei briganti. Per scusarsi rimase lei a fare il turno di guardia fino a che non si fece mattina. La marcia continuò per un altro giorno. Purtroppo la temperatura era scesa e un vento glaciale soffiava con raffiche tremende, rallentando la loro andatura. Persero un secondo cavallo, che si slogò una zampa scivolando su una lastra di ghiaccio e facendo cadere il povero Tormund a terra. Furono costretti ad abbatterlo. Lyanna, essendo quella più minuta dovette salire dietro Ser Davos. Quella sera si accamparono vicino alla riva del Tridente. Si riunirono attorno ad un focolare per rimanere caldi. Lyanna non partecipò alla cena. Si era seduta su una roccia sulla riva del fiume, avvolta nel suo mantello, teneva il cappuccio ancora alzato. Una falce di luna calante rischiarava appena le acque del fiume, facendole assomigliare a del sangue liquido. Sapeva dove si trovavano. Aveva riconosciuto quel luogo nei suoi sogni. Aveva capito che avrebbero attraversato quel posto appena vide la mappa nelle mani di Ser Davos, quando lasciarono le Torri Gemelle. Il suo cuore si era fermato per un attimo e stava quasi per ribattere, ma poi vide anche dove erano diretti. L’esercito di Daenerys si trovava ad Harrenhall. Gli dei continuano ad essere crudeli con me. Ritengono che non abbia ancora pagato la mia colpa. Avrebbe rivisto quelle mura, gli alberi. Tutti quei luoghi erano testimoni del loro primo incontro. Del loro amore. E della rovina dell’intero regno.
 
Dopo la loro prima sosta, non aveva più pronunciato una singola parola. Ogni passo l’avvicinava sempre di più a quei posti. Ser Davos aveva capito cosa la turbava. Non erano i draghi, non era la presenza del principe Viserys o di quella strana ragazzina di nome Nim. Non era nemmeno l’incontro con la cosiddetta Regina dei Sette Regni. Lei sa dove stiamo andando, non la posso biasimare se vuole stare da sola. E così non l’aveva voluta disturbare, quando lei si era andata a sedere distante da tutti, rinunciando alla sua parte di cavallo arrosto.
-Il Guado dei Rubini! – disse lord Glover mentre raccontava a Tormund la storia di quel luogo.
-Immagino lo sappiate principe Viserys, che fu proprio in questo posto che l’esercito della vostra famiglia venne sconfitto. -
Pure il principe sembrava a disagio, notò Davos, il principe Rhaegar era suo fratello. È comprensibile che provi anche lui un certo malessere in questi luoghi. Fanno parte di due schieramenti diversi, ma entrambi soffrono per la stessa persona. Il principe raggiunse la riva del fiume, non troppo distante da dove si trovava la donna. Davos li osservò da lontano, li lasciò ai loro tormenti, mentre lord Glover continuava la storia. Davos notò che Nim, osservava con aria torva in direzione del fiume, mentre rosicchiava un osso. Poi lanciò l’osso e la cotenna a Spettro che prese il pasto al volo e in due bocconi mandò giù tutto.
 
-Lady Stark, ho notato che siete diventata silenziosa, dopo quell’episodio. Siete sicura di star bene? – non avevano detto niente a nessuno. Solo loro due sapevano quello che era davvero successo in quel bosco. O meglio quello che sarebbe potuto accadere, se lui non li avesse fermati.
-Sto bene. – disse con voce appena percettibile.
-Allora cosa vi rende così distaccata?– chiese il principe Viserys.
La donna rimase a guardare lo scorrere del fiume. Sentiva le guance umide tirarle dove prima erano scese le lacrime.
-Brutti ricordi. – disse semplicemente.
Il principe provò a cercare le parole adatte, ma non le trovò. Quindi cambiò discorso.
-Avete presente il drago che era con me alle Torri dei Frey? – lei fece un cenno con la testa – mia sorella lo ha chiamato Rhaegal. Durante l’andata ho potuto vedere quanto le scaglie di quel drago assomigliassero al colore di questo fiume! Peccato non aver attraversato questo luogo alla luce del sole, credo vi sarebbe piaciuto. – dalla sua voce sembrava che volesse tirarle su il morale, ma Lyanna non era dell’umore adatto.
-Queste acque sono piene del sangue versato da persone innocenti. Solo un pazzo ci vedrebbe la bellezza al loro interno! – e voltò il suo sguardo verso di lui. La pallida luce lunare illuminò il volto della donna, mostrando gli occhi lucidi, gonfi e arrossati. Il principe si accorse che aveva appena pianto, ma dalla sua voce non traspariva nessuna fragilità.
-Vi chiedo perdono, non volevo mancarvi di rispetto, mia signora. –
-Non avete mancato di rispetto a me, ma a vostro fratello Rhaegar. – le fu difficile pronunciare quel nome senza scoppiare di nuovo in lacrime – è qui che ha perso la sua vita! – la voce le si incrinò nell’ultima parola. Voltò lo sguardo di lato, per non mostrare le lacrime che le scendevano nuovamente.
-So perfettamente cosa è successo in questo luogo, lady Stark – si soffermò a guardare lo scorrere del fiume e poi continuò – ma… mi sembra strano che vi stia così tanto a cuore questa storia. Voi nemmeno lo conoscevate mio fratello. Se non sbaglio non eravate neanche nata! – Lyanna per un attimo si sentì una stupida. Lei doveva interpretare la parte di Arya Stark, e il principe aveva ragione, sua nipote non era ancora nata a quell’epoca. Le fu difficile trovare una risposta da dare, ma poi pensò ai racconti di Sansa su suo fratello Robb.
-Mio fratello è morto tra le mura delle Torri Gemelle, essere nella stessa stanza mi ha fatto accapponare la pelle, pensavo che a voi dovesse fare lo stesso effetto questo luogo! –
-E’ così infatti. Solo non mi piace mostrare il mio lato debole alle persone, soprattutto a degli estranei – Lyanna sentì che la stava quasi accusando – siete una guerriera del nord, non pensavo di vedervi piangere così facilmente. -
-Che ne sapete voi delle donne del nord? – chiese lei. Qualcosa non le tornava. I sospetti di Davos cominciavano a diventare reali. Il loro compagno di viaggio appena aveva saputo della presenza del principe Viserys li aveva messi in guardia. Ricordava che era giunta una notizia secondo la quale il principe era morto per mano dei selvaggi Dothraki. Era praticamente impossibile che fosse sopravvissuto, ma forse le notizie che erano arrivate da est non erano corrette. A Lyanna però non tornava un altro dettaglio. Se davvero quell’uomo era chi diceva di essere, com’era possibile che fosse così informato sui sette regni, da sapere com’erano le donne del nord?
-A dire la verità siete l’unica donna proveniente dall’estremo nord che abbia mai conosciuto, ma a sud paragonano spesso le loro delicate lady, con le donne fredde e dure che abitano sopra l’Incollatura.  - Lyanna si sentì scrutare, ma non potè esserne davvero certa per via della maschera che continuava ad indossare. La teneva anche quando dormiva.
-Perché non vi levate mai quella maschera? Cosa avete da nascondere? – gli chiese.
-Un terribile incidente mi ha sfigurato il volto. Hanno cercato di incoronarmi con una corona di oro fuso. Mia sorella mi ha salvato, ma il mio volto è rimasto irrimediabilmente deturpato. Ora perdonatemi, ma ritorno dagli altri, è meglio che riposi qualche ora. Sarebbe meglio che veniate anche voi, altrimenti quel barbaro che vi accompagna, potrebbe mangiare anche la vostra razione. – e le porse una mano per aiutarla a rialzarsi.
-Andate pure, non ho fame questa sera. – la donna rimase sulla riva del fiume, continuando a fissare le acque nere. Il resto del gruppo si mise a dormire. Quella notte Tormund avrebbe avuto il primo turno di guardia poi avrebbe passato il testimone al principe Viserys.
La donna rimase sveglia anche lei, non voleva che quella notte gli incubi la perseguitassero. Temeva che sarebbe stato un sogno totalmente diverso, incentrato solo su quel luogo maledetto.
 
Tormund aveva imparato a conoscerla e a rispettarla. D’altronde era la madre di Jon, e lui era molto affezionato al ragazzo e sapeva quanto lui ci teneva a sua madre. L’aveva fatta tornare dal regno dei morti, per poter conoscere la verità. Ora sapeva chi era. Ma questo non lo avrebbe comunque aiutato a sconfiggere il branco di estranei che attendevano il momento propizio per varcare una breccia sulla barriera.
-Mia signora, questa notte non volete dormire?  - chiese cercando di sembrare più educato possibile.
Lei lo guardò accucciarsi su uno sperone roccioso.
-Temo che gli incubi riaffiorino. –
-Questo luogo è infestato dai fantasmi, lo sento pure io! Cercate solo di non addormentarvi e cadere nelle acque, non ho nessuna voglia di farmi un bagno in questo fiume gelido! – disse tornando verso il fuoco.
 
Lyanna si ridestò quando sentì Tormund chiamare il principe Viserys, per avvisarlo che toccava a lui fare il turno di guardia. Il principe si alzò. Cercò di stiracchiarsi, ma nella sua armatura faticava non poco ad allungare le braccia. Almeno quella può levarsela quando dorme. Pensò divertita la donna. Si rese conto di essersi assopita per qualche minuto, ma non ricordò nessun sogno. La strana sensazione di malessere però era sempre presente. Abbassò una mano per accarezzare le fredde acque del fiume. Poi se la passò sul viso, per cercare di rimanere sveglia il più possibile. Cosa avrebbe fatto se gli incubi le fossero tornati ora che c’era il principe sveglio. La sera precedente era stata fortunata, Davos aveva detto che non aveva pronunciato il suo nome, ma alcune notti si svegliava urlando e lo chiamava. Se fosse successo lì o nell’accampamento della regina Daenerys, come l’avrebbe giustificato? Era una cosa a cui non aveva minimamente pensato quando aveva deciso di partire. Ora era troppo tardi per tornare indietro. E non aveva nessuna intenzione di mollare la missione. Doveva convincere l’esercito della regina a oltrepassare l’incollatura.
Quella sera il principe rimase ad osservare la donna solitaria a lungo. Anche ad un occhio poco attento si sarebbe vista la sofferenza che stava provando. Ma non ebbe più il coraggio di avvicinarsi a lei. La lasciò sola, anche se questo gli costò molto.
 
 
Note dell’autore:

 
Arriviamo al Tridente e qui ho pensato di finire il capitolo, altrimenti si allungava troppo. Due personaggi soffrono attraversando questo luogo, Lyanna e Viserys, due persone che apparentemente non hanno niente in comune, ma un lutto li accomuna. Lei è scontrosa nei suoi confronti, non si fida. D’altronde sua sorella si è eletta Regina dei Sette Regni, e la vita di suo figlio sarà in pericolo, quando lei scoprirà la sua identità.
 
Un saluto a tutti quelli che hanno letto la storia e a quelli che hanno già lasciato un loro commento. Invito anche gli altri a recensirla e ditemi cosa ne pensate. E se avete idee al riguardo sono ben lieta di poterle leggere.
Ciao a tutti!!
 

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Capitolo 5
*** La Regina ***


L’alba giunse e un sole pigro illuminò i loro giacigli. Il principe Viserys svegliò uno ad uno gli uomini. La piccola Nim si destò appena i primi raggi le illuminarono il viso. Lyanna fu l’ultima a raggiungerli. Alla fine non aveva chiuso occhio quella notte. Le ossa erano tutte intorpidite per l’umidità, ma la testa per una volta non la sentiva così pesante. Il cuore era gonfio di dolore, come sempre. Aveva solo un pensiero. Tornare a casa il più in fretta possibile. Anche a cavallo di un drago se fosse stato necessario.
Spettro arrivò scodinzolando a salutare la sua padrona. Lei gli avvicinò la mano per accarezzargli la nuca e passare le dita dietro le morbide orecchie. Il lupo bianco si fece fare le coccole come con nessun altro. Alcune volte non glielo permetteva neanche a Jon. Fecero colazione con qualche bacca e radice che Nim aveva appena raccolto. Lyanna mise in bocca uno dei frutti. Il suo stomaco fremeva dalla voglia di mangiare, ma lei si trattenne ad ingurgitare tutto avidamente. Masticò con cura, non ce n’erano molte e dovevano bastare per tutti. Quella mattina controllò lei le ferite di lord Glover e poi partirono. Quel giorno montò in sella con Tormund. Ritornarono sulla strada del re e continuarono la loro marcia verso Harrenhall. All’imbrunire Lyanna riconobbe le alte mura del castello. Era tutto come lo ricordava, a parte il fatto che le tende erano quasi il quadruplo di quelle che aveva ricoperto le colline verdeggianti tutt’attorno. Gli stendardi erano prevalentemente Targaryen, Tyrell, Martell e Greyjoy, e c’era un drago appollaiato sulla cima consunta di una torre.
-Ecco a voi Harrenhall e l’esercito di mia sorella! – disse con orgoglio il principe. Davos e lord Glover rimasero a bocca asciutta, quando videro la magnificenza di quel castello e le numerose tende accampate attorno ad esso. Tormund fece uno sbuffo:
-Se avessero visto quello messo in piedi da Mance Rayder allora si sarebbero pisciati nelle brache! –
Lyanna osservò con sguardo inespressivo il castello di fronte a lei. I suoi occhi rivedevano in realtà quello nei suoi ricordi. Ancora una volta era tutto sbagliato. Le tende erano disposte diversamente, le persone che si aggiravano erano del tutto differenti. Il castello era l’unica cosa immutata. Né più bello, né più brutto. Il tempo non l’aveva cambiato. Esattamente come lei.
Quando arrivarono sotto le mura, un immacolato li obbligò a smontare da cavallo, comunicando loro in una lingua rudimentale che all’interno delle mura di quel castello bisognava procedere a piedi. La precauzione era dovuta dal fatto che Drogon, il drago nero aveva assalito due uomini a cavallo e per poco non li aveva arrostiti nella loro armatura per prendere le carcasse dei due animali. La regina aveva proibito a chiunque di entrare a cavallo nel cortile interno, finchè il drago non avesse deciso di lasciare i tetti del castello. Ma a quanto pareva, Drogon non era intenzionato più di tanto a lasciare il suo giaciglio.
Il principe scese dal suo stallone, aiutò poi la giovane Nim a smontare. Tutti gli altri fecero lo stesso. Lyanna scese da sola da cavallo passando una gamba dall’altra parte e con un lieve saltino atterrò sulla neve, senza aiutarsi con le mani. Fece cenno a Spettro di rimanere fuori e quello di tutta risposta si incamminò verso il bosco lasciando dietro di sé un’impronta leggera sulla neve. Poi la donna si avvicinò alle mura, si tolse un guanto e appoggiò il palmo della mano sulla pietra fredda. Rimase per un attimo con gli occhi chiusi persa nei suoi ricordi. Un amaro sorriso le curvò le labbra. Il principe e Nim la osservarono straniti, ma seguirono l’immacolato all’interno del castello, incitando gli emissari del nord a seguirli.
 
Vennero condotti alla sala dei cento focolari, dove un tempo lord Whent aveva imbandito il banchetto per festeggiare l’apertura del grande torneo. Lyanna ricordava ancora come erano state disposte le tavole quella sera. Guardò nell’angolo dove il suo principe aveva intonato la canzone che le aveva fatto versare lacrime d’amore. Ora in quell’angolo non rimaneva nulla.
-Sorella! È un piacere rivederti! – disse il principe Viserys al cospetto della regina Daenerys Targaryen, seduta al centro del grande tavolo.
-Inchinatevi al cospetto di Daenerys Targaryen, Nata dalla Tempesta, Khaleese del Grande Mare d’Erba, Madre dei Draghi, Distruttrice di Catene, Regina degli Andali e dei Rohyne, e Signora dei Sette Regni. – disse una giovane fanciulla dalla pelle abbronzata e dai ricci capelli.
-Sono felice di riaverti qui con noi, fratello! Chi sono le persone che mi hai portato? – gli chiese.
I presenti si inchinarono al cospetto della regina. Lyanna rimase per un attimo bloccata ad ammirarla, poi anche lei si inchinò. Tutto in quella giovane donna le ricordava Rhaegar. I capelli erano della stessa tonalità biondo argento. La pelle color alabastro. I lineamenti delicati del viso. Il taglio degli occhi. L’unica differenza stava nel loro colore. Lyanna ricordava ancora bene la tonalità di indaco scuro che caratterizzava l’iride del suo amato. La regina invece aveva una sfumatura molto più chiara, di un viola più acceso. Faticò a posare lo sguardo su chiunque altro ci fosse in quella sala. E lo stesso avveniva per i suoi compagni. Erano irrimediabilmente attratti dalla bellezza della regina.
Il principe Viserys dopo esserle andato vicino prese la parola:
-Questi sono gli emissari mandati da Re Jon, l’uomo che si è proclamato sovrano delle terre del nord. Ti presento ser Davos, lord Glover, Tormund veleno dei giganti e Lady Arya Stark, sorella di re Jon. – disse indicandoli uno ad uno – questa invece è Nim, una giovane guerriera che ho trovato nelle Terre dei Fiumi all’inizio del mio viaggio. È sotto la mia custodia. – disse facendo avvicinare la giovane.
Al fianco della regina stavano seduti, oltre alla ragazza che l’aveva presentata, un uomo dalla pelle ambrata con un’armatura di cuoio, due giovani con lo stemma della piovra, un uomo anziano con un’armatura occidentale e infine un nano che vestiva di oro e rosso.
-Per quale motivo ha mandato voi invece di venire di persona? –
-Regina Daenerys, il re è dispiaciuto di non poter essere presente, ma gli attacchi degli estranei potrebbero cominciare da un momento all’altro e la barriera potrebbe cedere. Il suo posto è al nord, dove può sferrare una difesa e mantenere l’ordine e la pace tra le tribù di bruti e i suoi lord alfieri. – a parlare fu Davos, il migliore di tutti loro a conferire con un sovrano.
-Dunque rifiuta la mia richiesta e non ritiene di vitale importanza la mia proposta. – la voce della regina lasciava intuire un certo rammarico.
-Esattamente il contrario, mia regina – spiegò l’uomo – ha mandato noi apposta per stringere a patti con sua maestà! –
-Con me o con i miei draghi? – domandò la regina Deanerys.
-L’esercito di re Jon è numeroso – mentì Davos – ma quello degli estranei ci batterebbe dieci a uno. Abbiamo bisogno di spade e persone in grado di brandirle. –
-Quindi vi serve il mio esercito. – sintetizzò la regina.
-Un’alleanza non sarebbe una brutta decisione. –
-Cosa otterrei in cambio se decidessi di prestare i miei guerrieri ad un uomo che si è proclamato re di una parte del mio regno?  -
-L’acclamazione è avvenuta dai lord mia signora. La gente del nord ha subìto la conquista da parte dei Greyjoy – e osservò malamente i due giovani con lo stemma della piovra alle spalle della regina – attacchi ripetuti da parte dei bruti che riuscivano a passare la barriera. I castelli sono stati bruciati, alcuni lord uccisi e i contadini hanno perso le loro case. Quando Jon Snow è sceso dalla barriera riprendendo il castello che era di suo padre, i lord superstiti fedeli agli Stark hanno visto in lui, l’uomo che avrebbe potuto riportare la pace nelle loro terre. – attese qualche istante poi continuò – Non ha mai avuto mire a conquistare il Trono che vi spetta di diritto. – Lyanna si mosse sul posto, nervosa. Sapeva che suo figlio aveva più diritti di quella ragazza, verso il trono di spade, ma mai avrebbe voluto che le angherie e i sotterfugi della capitale potessero portare alla morte anche lui.
-Avrebbero dovuto chiedere l’aiuto al trono o attendere il mio arrivo! – dichiarò lei.
-Mia regina, quando il nord ha chiesto aiuto alla capitale, i Lannister hanno reso il loro fedele Roose Bolton,  protettore del Nord. L’uomo che per primo aveva voltato le spalle ai suoi fratelli e amici, tradendo Re Robb alle nozze rosse. E perdonatemi, ma sopra l’Incollatura il vostro arrivo non era atteso. –
-Allora perché dovrei aiutare un popolo che neanche mi vuole? – la regina fece un lieve e malvagio sorriso – Cosa mi obbliga a oltrepassare l’Incollatura e allearmi con gente che non mi sarebbe fedele, quando potrei starmene tranquillamente qui ad aspettare che vi uccidano tutti e attendere tranquillamente che l’esercito degli estranei giunga al confine delle terre dei fiumi? –
-Avete bisogno di re Jon! Lui conosce la maniera per uccidere gli estranei, li ha visti e li ha già combattuti! –
-Penso che anche i miei draghi sappiano come sconfiggerli! – rise sarcastica lei.
Davos non seppe che dire e cercò di riordinare le idee per formulare un’offerta migliore.
-Sacrifichereste tutte queste vite? – Lyanna non era riuscita a trattenersi. Tutti gli sguardi si spostarono su di lei. Davos si voltò a guardarla con aria cupa, ma la donna non si fece intimorire.
-Nelle guerre questo accade di continuo! – dichiarò la regina sentendosi provocata.
-E’ in questa maniera che pensate di cominciare il vostro regno? Lasciando morire persone innocenti e aspettando che il nemico raggiunga i vostri confini? – la donna non riusciva a tollerare quest’idea.
-Persone innocenti dite? – Daenerys si infuriò – quelle persone non sono innocenti! Hanno aiutato l’Usurpatore a prendere il trono che era di mio padre. Hanno ucciso mio fratello in battaglia e la sua famiglia! Hanno attentato anche alla mia vita! I cani dell’usurpatore meritano di morire tutti, cervi, cani o lupi non fa alcuna differenza per me! – urlò la giovane regina.
-Allora perché vi siete alleata ai Lannister? Hanno ucciso loro vostro padre e non hanno appoggiato vostro fratello nella battaglia sul Tridente! È con gente come lui che dovete prendervela, non con mio fratello Jon! – indicò il nano al suo fianco - Anche la nostra famiglia ha perso delle vite per causa loro! – Lyanna non ammetteva repliche.
Tyrion mosse le sue gambette storte per fare qualche passo verso la donna che lo stava accusando.
-Lady Stark innanzitutto è un piacere rivedervi! Ne è passato di tempo! Ora siete una donna, come sta vostra sorella Sansa? –
Il volto di Lyanna divenne di ghiaccio, dalle descrizioni di suo figlio e sua nipote, quello poteva solo essere Tyrion Lannister:
-Non farà felice di rivedervi, come d’altronde non lo sono io! – il nano sembrò non farci caso al poco rispetto della sua risposta.
-Parlo a mia discolpa: furono mio padre e mio fratello Jamie a decretare le sorti di quella battaglia. Io ero troppo piccolo all’epoca per addossarmi quelle colpe! –
-I Lannister hanno attentato la vita di mio fratello Bran, hanno ucciso il lord mio padre, torturato mia sorella Sansa che è stata poi costretta a sposarvi! Non osate prendermi in giro!–
-Ho già dovuto rispondere delle accuse contro l’attentato di vostro fratello Bran e gli dei mi hanno risparmiato la vita. Non era mio il pugnale e non l’ho gettato io dalla torre. Mi rammarico per la morte di Ned Stark, era un brav’uomo e mi stava pure simpatico. Non avrei mai voluto che morisse, ma mio nipote Joffrey era di altre idee, ed io purtroppo ero imprigionato nelle segrete di Nido dell’Aquila per poter farlo ragionare. E per finire venni obbligato dal lord mio padre a sposare vostra sorella, non le feci mai del male, nemmeno la toccai la prima notte di nozze. Quindi a conti fatti io non sono un nemico degli Stark! – sul suo volto si mostrò un ghigno – per quanto riguarda mio fratello Jamie, è stato perdonato da sua grazia! –
Lyanna stava per ribattere dell’altro, ma Davos la anticipò, stringendole un braccio.
-Perdonate l’irruenza della ragazza. È giovane e non sa quello che dice! Siamo qui per conferire con la regina e stipulare i termini dell’alleanza, non per accusare i suoi fedeli servitori. – guardò in cagnesco la donna che aveva al suo fianco.
-Avete ragione Ser Davos. Fingerò di non aver udito le parole della giovane Stark. Immagino che sarete stanchi per il lungo viaggio, riposatevi e poi parleremo ancora. Vi faccio preparare i bagni per pulirvi dalla polvere. – detto questo la regina si alzò e lasciò la sala, seguita dal corteo dei suoi fedeli servitori.
 
I quattro emissari del nord vennero condotti nei bagni del castello. Davos non le rivolse la parola, Tormund e lord Glover, preferirono rimanere zitti per evitare che l’uomo esplodesse la sua frustrazione. Lyanna si perse nei suoi ricordi. Ogni passo che faceva la sua memoria le faceva brutti scherzi, tornando a vedere quei luoghi per come erano stati un tempo. I corridoi, le mura, la pietra e quando arrivò ai bagni, e vide le vasche, per un attimo l’aria le mancò. C’erano molte candele ad illuminare la stanza dal soffitto basso. Esattamente come la ricordava l’ultima volta in cui ci era stata.
-Mia signora? – una giovane ragazza stava cercando di attirare la sua attenzione.
-Scusate, ero sovrappensiero. – disse lei con aria triste, avvicinandosi alla vasca indicatole dalla giovane serva dalla pelle ambrata e i capelli scuri, era una giovane dothraki. Avevano tirato un paravento, affinchè i suoi compagni non vedessero le sue nudità. Lyanna venne aiutata a spogliarsi e si immerse nella vasca dall’acqua calda e profumata. Questa volta le essenze spargevano un profumo di fiori agrodolci. Un pensiero malinconico le attraversò la mente, e i ricordi riaffiorarono mentre osservava i petali sparsi sull’acqua ondeggiare ad ogni suo movimento. Il suo principe d’argento non sarebbe entrato nella vasca con lei come quel giorno di molti anni addietro.
Immerse le mani nell’acqua e guardò i fiori allontanarsi da lei. Si massaggiò le braccia per levarsi lo sporco e immerse più volte la testa per rimuovere anche il grasso dai capelli, nella speranza di ricacciare indietro tutti quei tristi ricordi che erano affiorati. Quando poi uscì dalla vasca, una seconda serva venne per aiutarla ad indossare una vestaglia, mentre l’altra le pettinava i lunghi capelli. Il tessuto che le era stato fatto indossare, era di seta morbida e vellutata. Lyanna non ricordò di avere mai indossato una stoffa più delicata. Era di una tonalità bianco con venature lilla ed era fatto apposta da tenere le spalle scoperte. Le si appiccicò sulla pelle dov’era ancora umida ed era talmente leggero, che delineava perfettamente tutto il suo corpo. La giovane serva le stava passando sui capelli un olio profumato. Vide Tormund guardare nella sua direzione, era uscito dalla vasca anche lui, ed era completamente nudo. Quando i loro volti si incrociarono, l’uomo le fece un sorriso. La sua virilità di era alzata, eccitato da quella visione. Lyanna spostò lo sguardo imbarazzata e si avviò verso l’uscita, ma proprio in quel momento il principe Viserys entrò nella sala. Una lunga vestaglia di seta nera dai bordi cremisi ricopriva il suo corpo, avvolgendo ogni curva del petto. Era senza maniche e i muscoli delle sue braccia erano ben scolpiti. I due lembi del tessuto si incrociavano sul petto mostrando una parte di pettorali. Gli assomiglia molto. Pensò mesta, impressionata dalla sua presenza. Notò che sul petto aveva una cicatrice che spariva al di sotto della vestaglia. Pensò si trattassero delle stesse ustioni che gli ricoprivano il volto. Rimase stupito anche lui nel vederla e la fissò per qualche istante, mentre lei gli passava di fianco per uscire dalla stanza.
 
Il principe non si aspettava che la donna fosse ancora lì. O meglio non si aspettava che tutti fossero ancora presenti. Quando lady Stark gli passò affianco, il principe notò un segno sulla sua spalla sinistra. Era una cicatrice lunga, sottile e trasversale. Abbassò lo sguardo sorridendo tra se e se. Questa non può essere una coincidenza!
 
Una volta lavati, vennero dati loro degli abiti puliti e poi furono condotti di nuovo nella sala dei cento focolai per il banchetto. A Lyanna era stato fatto indossare un elegante abito da cerimonia color smeraldo con il corpetto decorato in argento. I capelli erano acconciati alla dothraki, con numerose trecce sulla nuca, e le lunghezze lasciate scivolare dolcemente sulla schiena. I capelli di Lyanna lambivano il suo fondoschiena. Vennero servite loro varie portate e una rappresentazione di guitti di Lys mostrò loro una danza caratteristica di quell’isola. Lord Glover per tutta l’esecuzione rimase a guardare a bocca aperta, Davos cercò di non fissare troppo le vesti leggere delle giovani e provocanti danzatrici, mentre Tormund non mostrò di nascondere l’eccitamento che provava e il cavallo dei pantaloni gli divenne stretto. Lyanna non si lasciò distrarre e non mangiò molto. La regina sedeva alla tavola principale con i suoi più fedeli servitori. Mancava suo fratello all’appello, evidentemente si era attardato ai bagni.
Tutto le ricordava il periodo del torneo. Le sembrava di rivivere quell’epoca, ma le persone erano diverse e anche il suo stato d’animo. Un tempo era stata stimolata all’idea di partecipare al suo primo torneo, era una ragazza felice e spensierata. Non sapeva che in quei giorni avrebbe incontrato l’amore. Un amore impossibile, indomabile e infinito. Un amore che li avrebbe consumati. Che avrebbe distrutto tutto il regno. E li avrebbe portati alla morte. Mentre era assorta nei suoi pensieri, qualcosa la fece tornare alla cruda realtà. Riconobbe un suono. Erano le corde di un’arpa. I suoi occhi cercarono la provenienza di quel rumore e lo trovarono. Era un menestrello giovane, aveva i capelli biondo paglia ed indossava un basco marrone. La melodia era dolce e malinconica. Lyanna non attese che il menestrello cominciasse a cantare, si alzò di fretta dalla tavola, facendo cadere le posate a terra e uscì di corsa dalla stanza. Inizialmente camminò veloce, ma poi dovette appoggiarsi ad un muro, quando sentì il cuore esploderle nel petto. Il respiro era diventato affannoso, le sembrava di soffocare. Le lacrime le riempirono gli occhi e i singhiozzi cominciarono a alternarsi ai sospiri. Riprese a correre, dovette alzarsi le sottane con una mano per non inciampare, mentre con l’altra mano cercava di nascondere i lamenti incontrollati del pianto. Due guardie erano alla porta principale del castello, la videro venir loro incontro e le sbarrarono la strada.
La minacciarono in una lingua che non conosceva:
-Lasciatemi passare! – gridò ostinata, cercando di farsi spazio, le lacrime e la disperazione rendevano la sua voce come quella di una bambina.
Alle sue spalle un uomo parlò nella stessa lingua delle due guardie e loro lasciarono la presa sulla donna.
Lyanna si voltò a guardare chi era stato a dare l’ordine. Di fronte a lei si ergeva in tutta la sua altezza il principe Viserys Targaryen. Indossava una tunica di velluto nero ricoperto da un mantello rosso. Sul volto ancora quella strana maschera di cuoio.
-Lady Stark, c’è qualcosa che vi turba? – le chiese con una gentilezza quasi irreale.
Lyanna si voltò dall’altra parte, per non mostrare il suo volto rigato dal pianto.
-Mi manca la mia terra. – mentì la donna.
-Possiamo trovare un posto in cui poter parlare mia signora? – Lyanna non sapeva che cosa volesse da lei quell’uomo, ma la sua presenza non la rendeva tranquilla. Viserys aveva molto di suo fratello Rhaegar e per lei era una sofferenza trovarselo sempre vicino, ma non poteva darlo troppo a vedere, quindi decise di accettare.
Camminarono nel cortile lasciando due serie di impronte sulla neve.
-Raccontatemi delle vostre terre. Non ho mai conosciuto i regni del continente occidentale, mi piacerebbe visitarli tutti un giorno, come fecero i miei predecessori. –
-Il nord non è poi diverso da quello che state vedendo qui, ora – disse semplicemente la donna – tutto è ricoperto di neve, e fra non molto tutto si trasformerà in ghiaccio, fuoco e sangue se vostra sorella non si convince ad unirsi a noi nella causa contro gli estranei. – trovandosi a parlare con lui, sentì leggermente alleggerirsi il peso nel cuore.
-Sono convinto che mia sorella prenderà la decisione giusta! Tyrion è stato il primo a proporle di cercare l’alleanza con il nord, appena ha saputo chi era il vostro re. E poi non vi dimenticate che ci sono anch’io fra i suoi consiglieri. Provate a convincere me e vi prometto che metterò una buona parola con la regina. – propose lui.
-Perché non siete voi a comandare? Per diritto di nascita venite prima di lei. – chiese invece la donna. Viserys rimase un attimo sconcertato da quella domanda.
-Credo che Daenerys sia più adatta di me a governare. Io ho avuto la mia possibilità, ma non è andata come volevo e ora ne porto i segni sul mio corpo. – Lyanna lo guardò senza dire una parola.
-Avanti datemi una buona ragione per persuadere mia sorella ad oltrepassare l’Incollatura con il suo esercito! -  la esortò lui, invitandola a sedersi su una panca di pietra, scostando con i guanti la neve fresca.
Lyanna accettò di sedersi e ci pensò qualche istante, poi parlò:
-Il nord è stato messo in ginocchio solo una volta, quando Aegon il Conquistatore si avvicinò col suo esercito ai nostri confini e re Torrhen Stark si sottomise al suo dominio divenendo il primo Lord di Grande Inverno e Protettore del Nord. Il nostro popolo è antico, si dice che discendiamo direttamente dai primi uomini. Siamo persone valorose, dure e alcuni ci ritengono freddi come le terre che abitiamo. Ma sappiamo cos’è l’onore e la giustizia, e combattiamo per i nostri ideali. In questo momento il nostro nemico sono gli estranei. Sono esseri creati dall’antica magia dei figli della foresta. Sono molto pericolosi e riescono ad incrementare il loro esercito con i cadaveri degli uomini che uccidono. Si stanno preparando ad attaccarci, mio fratello li ha visti e combattuti. Se la regina Daenerys non si alleasse a noi, verremmo annientati come formiche, e l’inverno proseguirebbe fino alle lande dell’estremo sud. Un inverno spietato e inarrestabile. Non dubito che voi con i vostri draghi possiate riuscire a rallentare la loro avanzata, ma dovete anche sapere quali sono i loro punti deboli. Non potete sperare di combattere un nemico così da soli. La vita dell’intero continente è in pericolo, dobbiamo unirci e combattere fianco a fianco. –
-Se è vero quello che dite, la situazione è davvero drastica! – abbassò lo sguardo, osservandosi le mani. Attese qualche istante prima di proseguire, tornando a guardarla – Parlate di un’alleanza, ma ditemi, non avrete problemi a combattere al fianco dei Lannister? –
-Temo di aver esagerato oggi, e vi chiedo perdono se con le mie parole vi ho offeso in qualche modo.-
-Temo che dovrete scusarvi con lord Tyrion un giorno, se questa alleanza si farà. – abbassò il busto, appoggiando i gomiti sulle gambe. Unì le mani, intrecciandosi le dite e vi appoggiò il mento. Riflettè qualche istante, sulle parole che aveva detto prima la ragazza.
-A volte la miglior difesa è l’attacco, altre volte è meglio tenersi buoni i propri nemici e farseli amici. –
-Io non riesco a fingermi amica con un membro di una casata che ha portato alla morte la mia famiglia! –
-Allora dovreste avercela anche con me. – disse il principe tornando a guardarla – il re folle, mio padre fece uccidere due Stark alla sala del Trono…- attese un attimo tornando a rimettersi con la schiena dritta - e se non ricordo male, mio fratello rapì vostra zia. –
Lyanna venne colta alla sprovvista con quell’ultima frase. Non pensava che fosse così informato. Ma come poteva dirgli che non ce l’aveva con loro, perché erano i fratelli dell’uomo che aveva amato?
-Voi eravate un bambino e la regina Daenerys non era ancora nata, non dovete pagare per quello che è avvenuto! –
-Quindi neanche Tyrion dovrebbe pagare per dei crimini commessi dai suoi parenti.-
-Non ci sono prove che lui sia innocente per l’attentato a mio fratello Bran! – Lyanna non poteva accettare per vera, la parola di un Lannister. Dopo tutto quello che aveva sentito, non ce la faceva a non portare rancore.
-Non sta a noi condannare un uomo, senza una prova! Quando sarà la sua ora, gli dei sapranno come punirlo. – Lyanna abbassò lo sguardo, lei sapeva bene cosa voleva dire venir perseguita dalle proprie colpe, ma non ebbe rimorsi nel pensare che quel nano dovesse pagare per quello che aveva fatto.
-Parlatemi del vostro re. – le chiese Viserys, cambiando discorso.
-Che cosa volete sapere di lui? – la donna alzò le difese confusa.
-Voglio sapere se è davvero un uomo di cui ci si possa fidare! –
-E’ il degno erede degli Stark, anche se è cresciuto come un bastardo. – cominciò Lyanna cercando di non sembrare la madre fiera che parlava del proprio figlio. Gli elencò i pregi del ragazzo e notò che il principe rimase per tutto il tempo ad ascoltare senza interromperla, sembrava realmente interessato. Poi, quando lei aveva finito, lui la sorprese con questa frase.
-Mi avete convinto Lady Stark. Proverò a mettere una buona parola con mia sorella. Se il vostro re si dimostrerà davvero come lo avete descritto, sono certo che Daenerys saprà riconoscerlo come suo pari. -
Il clima stava diventando rigido e Lyanna si avvolse nel suo mantello, ma la pietra che aveva al collo le scivolò fuori.
-Un ciondolo davvero particolare! – constatò il principe – Ho notato che non ve ne separate mai. –
Lyanna  si affrettò a nasconderlo nell’abito:
-E’ un dono. – disse con voce fredda.
-Di un uomo? – chiese a bruciapelo lui. Lyanna lo guardò torva, tutte quelle domande erano fin troppo personali.
-Non credo che siano cose che vi riguardino principe Viserys. – tagliò corto la donna – ora perdonatemi, ma sono stanca, voglio andare a dormire. – e si alzò e fece qualche passo. Spettro apparì di fronte a loro. Nel buio Lyanna aveva notato solo i suoi occhi rossi brillare nell’oscurità. Il suo manto si era mimetizzato perfettamente con la neve.
-Scusatemi, non volevo mancarvi di rispetto, lady Stark. – disse lui prendendole una mano. Per un attimo Lyanna sentì di nuovo quel nodo sul petto, ma riprese il controllo e strattonò il braccio per liberarsi dalla sua presa. Spettrò ringhiò in direzione dell’uomo. Il principe si alzò mostrando le mani alla bestia in segno di resa. Dall’altò si sentirono degli scricchiolii. Drogon si era mosso sopra le loro teste e con un balzò raggiunse il cortile dove si trovavano loro due. Per un attimo il drago e il meta-lupo si osservarono minacciosi. Spettro ringhiò con più ostinazione. Lyanna cercò di calmarlo, accarezzandogli il pelo irto sulla schiena. Drogon si sentì minacciato ed emise un verso acuto nella loro direzione. Spettro e Lyanna vennero investiti dal suo alito caldo. I capelli e il mantello della donna ondeggiarono. Viserys si avvicinò al drago, facendo bene attenzione a non entrare nella traiettoria del meta lupo, e parlando alto valyriano cercò di calmarlo, posandogli una mano sul collo. Il drago stava per preparare il suo attacco infuocato, ma il principe si sovrappose tra lui e i suoi bersagli, allargando le braccia. Il drago demotivato emise uno sbuffo e un secondo grido, molto più assordante, costringendo Lyanna a coprirsi le orecchie con le mani. Spettro abbassò il capo e cercò di nascondere le orecchie con le zampe, ma non riuscendoci si accasciò a terra. Lyanna preoccupata si inginocchiò su di lui, lo abbracciò e affondò le mani ed il volto sul suo pelo morbido. Il principe si avvicinò a loro:
-Tutto bene, mia signora? – chiese allarmato.
Lyanna ci mise qualche istante per rendersi conto che era tutto finito. Il drago aveva spiccato il volo ed era sparito nella notte buia.
-E’ questo che ci dobbiamo aspettare da voi? Prima ci fate credere di essere nostri alleati e poi ci attaccherete alle spalle? –
Non attese che il principe le rispondesse e si allontanò da lui senza voltarsi. Spettro si alzò e la seguì. Ringraziò gli dei per aver risparmiato la sua vita e quella del lupo di suo figlio. Anche aveva rischiato di essere incenerita dalla fiamma del drago nero, Lyanna si sentì sollevata. Un minuto prima che i due animali si scontrassero, il principe aveva osato prenderla per un braccio. Sentiva ancora la pressione sulla sua pelle. Non avrebbe permesso a nessun uomo di avvicinarsi a lei. Era appartenuta ad una sola persona, ed era stato per sempre. Finchè erano in vita e anche nella morte. Pure ora che era tornata fra i vivi e Rhaegar era ancora confinato nelle terre buie e solitarie dell’oltretomba. Ancora una volta riflettè su quando gli dei avrebbero continuato ad accanirsi su di lei. Dovrò soffrire per tutte le morti che abbiamo provocato, Rhaegar? Una ad una le sto sentendo invocare pietà. Nei sogni le loro urla mi tormentano, durante il giorno i ricordi mi investono come una bufera d’inverno. Il ghiaccio si è insidiato nel mio cuore, ma continua ancora a battere. Per Jon, per nostro figlio, per il tuo principe che fu promesso. Tutto è come volevi tu. Ma credevo che nel nostro futuro ci fosse più tempo anche per noi.
 
Quella notte come tutte le altre, Lyanna sognò, urlò e si svegliò di soprassalto. Rimase avvolta nelle coperte, continuando a piangere, stringendo convulsamente le lenzuola e inumidendo il cuscino di lacrime silenziose. Nella stanza accanto i suoi compagni di viaggio la sentirono, ma nessuno poteva aiutarla. Quel castello era infestato dai fantasmi, e lei era uno di questi.
 
Note dell’autore:
 
Daenerys è arrivata! O meglio il nostro gruppo è arrivato da lei. Al suo fianco ho voluto metterle Tyrion, il suo miglior consigliere e d’altronde forse l’unico che può starle accanto nella conquista del regno, vista la sua conoscenza dei Sette Regni e la sua intelligenza.
Siamo di nuovo ad Harrehall e per Lyanna non è proprio una bella cosa. I ricordi le tornano senza che lei riesca a controllarli e la sua tristezza aumenta.
Volevo uno scontro tra la Stark e il Lannister per stuzzicare un po’ la situazione. D’altronde lei è una donna impulsiva e la vista del suo primo leone, certo non la può lasciare indifferente.
Ho inserito poi la scena dei bagni per rallentare la storia e placare un po’ la tensione creata durante il primo incontro con la regina.
Lyanna si sente sempre più sola, e i suoi ricordi continuano a tormentarla. Mi piaceva l’idea che qualcuno la guardasse interessato, così ho pensato a Tormund. Poi l’arrivo del principe. Alto, bello, fisico scolpito. Insomma un gran bel pezzo di Targaryen! Peccato per quella maledetta maschera che non toglie mai. Se avete notato lui scorge quella cicatrice sulla spalla (chi ha letto l’altra mia storia, sa di cosa sto parlando) e sembra forse capire qualcosa di più su quella ragazza che si fa chiamare Arya Stark, chissà cosa pensa di aver scoperto?
Ovviamente non poteva mancare il banchetto della sera, giusto per rendere la vita ancora più insopportabile alla povera Lyanna, che crede siano gli dei a volerla continuamente punire. Le danzatrici provocanti stuzzicano un po’ gli uomini e un bardo con un’arpa non lo volevamo mettere? Ovviamente sì, e la reazione di Lyanna è del tutto comprensibile. Non riesce a sopportare tutto quel dolore, così scappa fuori. Fa fatica a muoversi, tanta è la sofferenza. Vuole cacciare indietro le lacrime, ma sembra come se non riuscisse più a controllare il suo corpo. Non ce la fa e vorrebbe fuggire. Se non fosse per il principe, chissà in che guaio si sarebbe cacciata con gli immacolati.
Un momento in cui stanno assieme e possono parlare da soli. Il principe cerca di scoprire se si possono davvero fidare di quell’uomo che è stato eletto Re del Nord.
Ed infine una bella scena metaforica: il drago contro il meta lupo. Vi ricorda niente? Un po’ come la madre meta lupo trovata dai ragazzi Stark all’inizio della saga, uccisa dal corno di un cervo (la scena dove ogni figlio ottiene un cucciolo di meta lupo). Nel mio caso ho voluto solo un accenno di lotta, tanto per far capire la tensione iniziale tra le due famiglie. Da una parte i Targaryen, appena sbarcati nel continente occidentale e intenzionati a riunire sotto il loro vessillo tutti i sette regni. Dall’altra gli Stark, una famiglia letteralmente distrutta dagli eventi, sia del passato che del presente. Si stanno riorganizzando dopo essere stati distanti per molto tempo. Ormai sono singoli individui, che devono rimparare a conoscersi e fidarsi l’uno dell’altro. Lyanna poi è l’ultima arrivata e si sente in dovere di dover far qualcosa per aiutare suo figlio, anche se il suo temperamento, il più delle volte crea involontariamente dei guai.
 
Anche questo capitolo si è concluso, spero che vi sia piaciuto e di avervi fatto incuriosire ancora un pochino. Chissà cosa succederà, i lupi riusciranno ad ottenere un’alleanza con i draghi e a tornare sani e salvi? Lo scopriremo nel prossimo capitolo.
Un grazie sincero, siete già in molti ad aver letto questa storia. Non mi aspettavo così tanto successo! Vi ringrazio per la fiducia che state riponendo in me.

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Capitolo 6
*** L'Alleanza ***


La mattina successiva Lyanna indossò nuovamente i suoi abiti da viaggio e acconciò i capelli in una treccia lunga che lasciò scendere sulla schiena. Cercò Tormund, nelle stanze che erano state assegnate loro all’interno del castello. Lo trovò intento ad addentare una coscia di capra con miele. Come di consueto Lady Lyanna non fece colazione.
-Mia signora, forse è meglio se mangiate qualcosa, ieri sera non avete messo poi molto nello stomaco. – le consigliò Ser Davos mostrandole il vassoio che era stato portato loro.
Lyanna lo liquidò con poche parole e poi si rivolse al bruto:
-Se avrò bisogno dei vostri consigli, ve li chiederò Ser Davos! Tormund quando hai finito, ti prego di recarti nel cortile, ho bisogno di sfogarmi! –
-Sempre disponibile, mia signora! – Lyanna gli fece appena un cenno ed uscì dalla stanza. Indossava la spada al fianco e molti dothraki e immacolati la osservarono con aria minacciosa. Lei finse di non vedere i loro sguardi indagatori. Senza rendersene conto si ritrovò di fronte all’entrata del Parco degli Dei.
Vuoi proprio farti del male, vero Lyanna? Pensò, ma la curiosità era tanta.
Varcò la soglia e si addentrò nel bosco. La neve era alta, ma ricordava la strada come se fosse ieri. In breve raggiunse il grande albero diga.  Lyanna mise una mano sulla corteccia bianca, vicino ai tredici segni dell’incisione. Loro almeno non sanguinano più. L’altra mano se l’appoggiò all’altezza del suo cuore, incontrando la pietra magica che l’aveva riportata in vita. Ricordò ancora quando Rhaegar le raccontò della Danza dei Draghi, di Aemond e Daemon Targaryen e della loro battaglia. Poi si voltò e guardò la radura attorno. Dove un anno più tardi lei e Rhaegar si erano sposati, con Ser Arthur e Ser Oswell da testimoni e Lord Whent aveva unito le loro mani e scambiato i loro mantelli. Non aveva più lacrime da versare, e si sorprese a sorridere. Pensava di piangere o essere triste nel tornare in quel luogo. Invece sentì il suo cuore battere come se fosse la prima volta dopo tanto tempo, proprio come era avvenuto quel giorno, mentre teneva sul capo la corona di rose blu che le aveva donato. Guarda Rhaegar indosso ancora gli abiti che mi fanno sembrare la guerriera che amavi tanto, perché non mi canti la nostra canzone? Lyanna non era brava a ricordare la melodia, ma le parole sì. Le pronunciò a voce alta, come se stesse leggendo un libro. Le conosceva a memoria, quante volte gli aveva detto di cantarla, quando erano su quella torre. Quando recitò l’ultima frase. Qualcosa si mosse nella boscaglia e per un attimo temette di essere stata seguita, ma quando chiese di manifestarsi, nessuno rispose. Pensò che fosse solo una sua paranoia e fosse meglio tornare nel cortile, sperando che Tormund fosse già arrivato. Si incamminò verso l’uscita.
Non si accorse che qualcuno era nascosto dietro ad un cespuglio e la stava osservando.
-Ora non ho più dubbi! So chi sei realmente Lady Stark! – e sorrise.
 
Lyanna e Tormund stavano tirando di spada come se fosse un vero combattimento. Lyanna amava scontrarsi con quell’uomo. Non mostrava alcun timore a colpire una donna, da quello che gli aveva raccontato nelle terre del popolo libero, anche le loro mogli e figlie erano delle guerriere. Lei parava e colpiva. Usava tutta la forza che aveva. Voleva continuare fino sentire male ai muscoli delle braccia. Molti si erano fermati ad osservare il loro incontro. Immacolati, dothraki, gente dei Martell, e dei Tyrell oltre che ovviamente ad un contrariato ser Davos ed un annoiato lord Glover. Seduta sullo sperone di un merlo delle mura, Nim osservava la donna sorridendo e mordendo una mela.
 
La regina Daenerys si era affacciata ad una finestra e osservava anche lei la scena. Si era riunita assieme al suo consiglio per decidere. Quella mattina suo fratello Viserys le aveva chiesto udienza presto, entrando di soppiatto nella sua camera e svegliandola all’alba. Le voci che ormai giravano per il castello relative ad una loro relazione, le erano arrivate alle orecchie, ma lei non pensava di smentirle. Avevano trascorso diverso tempo soli, poi si erano seduti alla tavola a bere del vino speziato. Il principe aveva cercato di convincerla ad accettare l’alleanza del Lupo Bianco, come veniva chiamato il re del nord dai suoi fedeli.  Era la stessa cosa che anche Tyrion le ripeteva da tempo. Ora ben due dei suoi consiglieri volevano che si spingesse ancora più a nord. Daenenrys sperò che la gente che avrebbe incontrato lungo la strada, non sarebbe stata tutta come quella testarda donna che il giorno prima le aveva mancato di rispetto. Qualcosa in lei non le piaceva, ma allo stesso tempo sentiva di essere quasi attratta dal carattere combattivo che aveva. C’era qualcosa che aveva attirato l’attenzione anche della piccola Nim. Qualcosa che lei non riusciva neanche lontanamente ad immaginarsi. Daenerys aveva poi notato, che anche suo fratello sembrava girarle sempre attorno, un po’ troppo per i suoi gusti. Non c’era molto da stupirsi, d’altronde già una volta un Targaryen aveva mostrato interesse per una lupa del nord. Sarebbe stata curiosa di vedere il volto della donna che suo fratello Rhaegar aveva amato. Per tutti i setti regni da quando Aegon il conquistatore era divenuto il primo re, l’icona di bellezza suprema erano stati i tratti dell’antica Valirya che ancora scorrevano nelle vene dei Targaryen. Ma quando sei tu ad essere venerato come un dio, puoi innamorarti di una comune mortale? Ovviamente questo era possibile. Altrimenti suo fratello non avrebbe messo a rischio la sua stessa vita, se non ne era davvero innamorato.
Improvvisamente nel suo campo visivo giunse una chioma biondo argenteo che riconosceva. Viserys si stava facendo largo tra la folla per vedere l’incontro di lady Stark. Indossava anche lui la divisa da combattimento, aveva legato i capelli in una treccia e teneva ancora il viso coperto da quella maschera di cuoio che aveva chiesto di costruire a Illy e Jiqui, le sue due ancelle dothraki.
 
Il sudore le imperlava la fronte, il fiatone scandiva i suoi attacchi, ma non era ancora stanca. Anche Tormund era inesauribile, ma ser Davos voleva finire quella inutile scenata.
-Per favore, mia signora! Siamo qui in via diplomatica per convincere la regina ad accettare le condizioni di Jon, non per mostrare le nostre abilità in combattimento. Rientriamo al castello e chiediamo udienza alla regina Targaryen. –
Lyanna si stava quasi convincendo, aveva abbassato la spada, quando riprese vigore e caricò un colpo con una grinta da lupo. L’urlo che le uscì rimbombò nel cortile, facendo voltare anche chi era solo di passaggio. Tormund parò il colpo, ma il suo scudo di legno si incrinò facendo un rumore tremendo e il bruto si ritrovò a tenere in mano solo un moncone.
Dietro di lei il principe Viserys applaudì. Lyanna si voltò a guardarlo e il suo sguardo si fece torvo.
-Complimenti mia signora, servirà una determinazione come la vostra contro gli estranei! – le disse, poi si rivolse all’uomo che prima aveva parlato
-Ser Davos, so che vi preme vedere mia sorella, ma se non vi dispiace mi piacerebbe chiedere a Lady Arya un incontro! Sempre che lei ne abbia voglia! – Lyanna sentiva i suoi occhi puntati addosso, anche se non li poteva vedere. Odiava che la guardasse con quella maschera, ma la sfida la eccitava, e non era ancora stanca di combattere, così accettò. Le visioni di quella notte erano ancora vivide nella sua mente. Davos si mise una mano sul volto e se ne andò, portando con sé anche Lord Glover. Anche il cavaliere anziano al servizio di sua maestà la regina si avvicinò ad osservare il loro combattimento.
Lyanna aspettò che fosse il principe a fare la prima mossa, ma lui non era come il bruto:
-Prima le signore! – la persuase.
Lyanna non se lo fece ripetere due volte. Attaccò senza sosta, costringendo il principe ad indietreggiare.
Lui inizialmente parò i colpi, poi cominciò a menare qualche fendente dapprima con leggerezza poi sempre con più foga. La donna si difendeva e attaccava con una forza incredibile. Fu un combattimento piacevole, poi decise di giocare d’astuzia. Lyanna previde le sue mosse e non si fece trarre in inganno. Il principe incrociò la sua spada con quella di lei e la bloccò in quella posizione. Lyanna si ritrovò costretta, senza poter muovere l’arma. Doveva tenere testa al suo avversario. Già una volta qualcuno l’aveva messa al tappeto con quella mossa. Cercò di liberarsi, ma la forza del giovane principe la schiacciava. Lui roteò la sua spada e lei si ritrovò a girare male il polso perdendo la forza della parata. Il principe ne approfittò per colpirla sul polso con l’elsa della spada. Il dolore che sentì le fece vedere le stelle. Urlò più dal nervoso che dal dolore. La spada le cadde a terra e si portò l’altra mano a massaggiarsi la parte dolente. Il principe fermò all’istante il suo attacco.
-Scusatemi, forse mi sono lasciato prendere troppo la mano! – si scusò, poi avvicinandosi – fatemi vedere! –
Il gruppo che li aveva accerchiati, cominciò a sfoltirsi, poco interessati ora alle sorti del suo polso. Lyanna lasciò che lui le sfilasse il guanto. Si stava formando un alone rosso sulla parte lesa e sentiva pulsare il sangue sotto la pelle. Il principe si inginocchio a terra, raccolse un po’ di neve, la compatto nel pugno e glielo passò sul polso. A Lyanna quel gesto fece tornare alla mente tutta un’altra cosa. Cercò di ritrarre la mano, ma lui non la lasciò andar via. In un primo momento si sentì pervadere dalla rabbia, ma appena posò il suo sguardo sulla maschera, tutto cambiò. Si ritrovò incantata a guardare l’uomo che aveva di fronte a sé. Non è lui, eppure alle volte mi sembra cosìE’ normale che te lo ricordi, stupida! I capelli sono dello stesso colore, e nelle sue vene scorre lo medesimo sangue. I suoi comportamenti possono essere simili, ma Viserys non è Rhaegar. Lui è morto… molto tempo fa.
La giovane Missandei arrivò proprio in quel momento, interrompendo i pensieri di Lyanna.
-La regina è pronta per ricevervi, mia signora. I vostri compagni sono già stati avvisati. – poi puntò lo sguardo sulle loro mani giunte, e imbarazzata si allontanò. Il cavaliere anziano che si era fermato a guardare il loro scontro, seguì la giovane. Per un attimo gli sguardi del cavaliere e di Lyanna si incrociarono. Lei fu convinta di averlo già visto, ma non capì dove.
Lyanna e Viserys li seguirono a poca distanza. La donna snodò la treccia che ormai penzolava scomposta sulla schiena. Aprì i suoi capelli e li lasciò cadere sciolti, nella speranza di sembrare meno disordinata di fronte la regina. Sapeva che tanto tutte le sue fatiche sarebbero state vane.
-Non preferite andarvi a cambiare? – le domandò il principe Viserys.
-Non credo ci sia il tempo, mio signore. Se la regina ci dovesse dare una risposta, buona o brutta che sia, temo che partiremo subito, per intraprendere il viaggio di ritorno. –
Sentì il principe bofonchiare qualcosa, ma non riuscì a capire una sola parola.
-Perdonatemi, non ho afferrato quello che avete detto. -  gli comunicò spazientita.
-Scusate, stavo solo pensando ad alta voce! – vide che la donna continuava a guardarlo con quell’aria truce, così le spiegò - Mi stavo immaginando la faccia di mia sorella quando vi vedrà arrivare vestita così! –
-Mi consigliate quindi di cambiarmi d’abito? - gli chiese allarmata. Non voleva rischiare di farsela nemica.
-Mia sorella vuole unificare i setti regni, ma non conosce i suoi sudditi. Fatele vedere chi è davvero il popolo del nord. – le consigliò lui.
Il cavaliere anziano si fermò alla porta della sala centrale, fece passare galantemente Missandei, poi fece un cenno al principe Viserys e a lei.
-Vi ringrazio ser Barristan, prego Lady Stark! – disse il principe con gentilezza. Lyanna però si bloccò a guardare il cavaliere. Gli anni erano trascorsi sul suo volto, e solo in quel momento riuscì a riconoscere i suoi lineamenti.
-Voi siete Ser Barristan il Valoroso? Eravate nella guardia reale del re? – chiese sorpresa.
-Sì lady Stark. Ci siamo incontranti ad Approdo del Re, quando vostro padre vi portò nella capitale per il fidanzamento di vostra sorella Sansa con il principe Joffrey. - Lyanna non intendeva questo, ma finse di ricordare -  All’epoca eravate poco più di una bambina ed io ancora un membro delle cappe bianche. Ora sono un cavaliere della regina e voi un donna adulta. Assomigliate molto a vostra zia Lyanna. – le sorrise.
Lei rispose contenta:
-Lo so, me lo dicono in molti. – ed entrò nella sala. Non notò lo sguardo che si scambiarono il cavaliere ed il principe.
Qualcosa la fece sentire meglio. Ora c’era un altro sopravvissuto come lei. Qualcuno con cui poter condividere un piccolo pezzo del passato. Qualcuno presente al torneo di Harrenhall, molto tempo fa. Purtroppo non avrebbe potuto parlare liberamente con lui dei vecchi tempi. Forse era l’unica persona che poteva raccontarle cosa davvero era successo nella battaglia del Tridente, visto che Bran si era rifiutato di farle vedere qualcosa con le sue visioni. Ma davvero voleva vedere quello che era successo?
 
Lyanna rimase in silenzio ad ascoltare quello che Daenerys e ser Davos avevano da discutere. L’uomo riuscì a trovare molte argomentazioni interessanti e convinse la regina ad abbandonare per il momento la questione politica sulla legittimazione della nomina di re Jon, e incentrare i discorsi sull’imminente ascesa degli estranei. Tyrion si informò sulla loro situazione e continuò a consigliare la regina a marciare verso nord, alleandosi con re Jon.
-Ho avuto l’onore di conoscere il ragazzo quando ancora si faceva chiamare Jon Snow. Abbiamo viaggiato assieme fino alla barriera. Era un ragazzo volenteroso e pieno di belle aspettative. Anche Jeor Mormont ha visto qualcosa in lui. E non deve essere stato il solo, visto che poi è diventato lui stesso lord comandante. Se ora il nord lo ha eletto re, vuol dire che deve essere un ottimo condottiero! Mia regina, il mio consiglio è quello di raggiungerlo, non credo che abbia inventato questa storia degli estranei, solo per tenerci distanti e non attaccare le sue terre.-
Poi fu il turno di Ser Barristan:
-Sua maestà, se mi concedete, vorrei esporre anche la mia opinione. – la regina gli fece cenno di proseguire - Ho avuto l’onore di conoscere Ned Stark, sia prima della Ribellione di Re Robert, che dopo quindici anni come Primo Cavaliere ad Approdo del Re. Anche se erano passati così tanti anni, il suo carattere mite non è mai cambiato. Ha sempre messo l’onore prima di tutto, e temo sia stato questo ad averlo portato alla morte. Quando Re Robert aveva dato ordine di uccidervi, perché aspettavate un figlio da un Khal Dothraki, Ned Stark ha dato le sue dimissioni perché era contrario all’uccisione di bambini innocenti. Litigò con il re anche quando vide i corpi dei figli del principe Rhaegar. – la regina abbassò lo sguardo a terra, impietosita da ricordi che non le appartenevano.
-Vi dico questo per farvi capire, quale persona era in realtà. Avrà anche appoggiato l’uomo che vi ha usurpato il trono, ma non è mai stato un assassino, né un disonesto. Se il bastardo Stark ha preso da lui, credo che dobbiamo credergli sulla parola e partire immediatamente ad aiutare quella povera gente. –
Lyanna aveva gli occhi lucidi sentendo acclamare suo fratello a quel modo. Ser Barristan non potete neanche lontanamente pensare, quanto le vostre parole mi facciano piacere. Jon non è il figlio di Ned, ma sono sicura che lo ammirerete come avete sempre ammirato anche il suo vero padre.
 
Innumerevoli parole dopo avevano stretto un accordo. La regina sarebbe partita con una piccola scorta e avrebbe raggiunto Grande Inverno con i suoi draghi. A turno il suo esercito l’avrebbe seguita in blocchi separati, per riuscire a superare l’incollatura senza bloccare l’unica via accessibile a sud, nel caso fosse avvenuto un attacco degli estranei, costringendo tutti a tornare indietro.
Lyanna ne fu felice. Sarebbe tornata da suo figlio come gli aveva promesso nella lettera. L’esercito della regina avrebbe combattuto al suo fianco. Camminando nel cortile trovò Spettro che faceva un sonnellino proprio di fronte alla porta d’entrata. Si accucciò di fianco a lui e lo coccolò. Il lupo bianco si lasciò accarezzare dietro le orecchie proprio come gli piaceva. Poi assieme si avviarono verso l’Occhio degli Dei. Il lago era ghiacciato. Avrebbero potuto anche arrivare all’isolotto al centro, camminando semplicemente sul ghiaccio. Si ricordò che Howland Reed ci era stato prima di arrivare ad Harrenhall. Meera le aveva detto che aveva un buon ricordo di lei. Pensò che sarebbe stato molto bello rivederlo, ma nella via per il ritorno era meglio non spostarsi troppo dalla strada del re, avrebbero potuto incappare in altri banditi, e questa volta non ci sarebbe stato il principe a salvarla.

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Capitolo 7
*** Un Passato di Ricordi ***


Il viaggio di ritorno verso nord si rivelò più scorrevole dell’andata e in pochi giorni raggiunsero le mura di Grande Inverno. La regina Daenerys aveva donato a loro dei cavalli dothraki freschi e forti. Quando le sentinelle della fortezza innevata li videro, suonarono il corno e Jon capì che i suoi uomini erano tornati. Sperò con tutto il suo cuore che sua madre fosse sana e salva.
Quando li vide varcare le porte del cortile interno, fu tentato ad andarle subito incontro per abbracciarla, ma si trattenne. Era un re ora, e sua madre gli aveva disobbedito. Gli venne da sorridere quando vide Spettro che scodinzolava allegramente alla destra della donna. Ecco dov’eri finito, lupo ingrato. Hai capito meglio di me, cos’aveva in mente e l’hai seguita per proteggerla.
-Bentornati! Ser Davos, quali notizie mi porti da sud? – chiese autoritario senza mai posare lo sguardo sulla donna alla sua destra.
-Mio re, la regina Daenerys muoverà il suo esercito in nostro soccorso. Arriverà con un primo plotone a breve. Abbiamo la sua alleanza, per il momento la questione del trono è sospesa. –
-Molto bene! Stasera birra per tutti! Dobbiamo festeggiare!– sorrise alla grande notizia, poi la sua espressione divenne più grave quando osservò la lady sua madre – ho bisogno di conferire con voi. In privato! –
Lyanna pensò di avere di fronte a sé di nuovo suo padre, lord Rickard Stark.
 
Nello studio del giovane re, si sentì come un ragazzina, mentre suo figlio Jon le urlava contro.
-Si può sapere cosa vi è venuto in mente, madre? Vi avevo proibito di partecipare a questa missione! Mi avete disubbidito! Avete messo a repentaglio la vostra vita inutilmente, e avete anche rischiato di farvi scoprire! Non sapevamo di preciso chi ci fosse al fianco della regina dei draghi, qualcuno nel sud poteva ricordarsi il vostro volto! Che avete da dire a vostra discolpa? –
Lyanna si sentiva abbattuta, ma dentro al suo cuore sapeva di aver fatto la cosa giusta.
-Ho detto loro che ero tua sorella Arya, tutti mi avete raccontato quanto mi somiglia, sia caratterialmente che fisicamente. Quando Ned la portò ad Approdo del Re, era solo una bambina, poi nessuno l’ha più rivista, quindi ora potrebbe anche avere il mio aspetto. –
-Non mi interessa quali scuse avete usato! Voglio sapere perché avete ignorato i miei ordini! –
-Se avessi visto la faccia della regina e della sua corte quando ci hanno fatti entrare, capiresti! Si aspettavano la tua presenza, invece si sono visti arrivare un contrabbandiere, un selvaggio, un lord traditore della corona e una donna. Nel momento in cui mi sono presentata come tua sorella allora si sono degnati almeno di ascoltare quello che avevamo da dirgli! –
Jon riflettè un momento prima di parlare. La sua voce era incrinata.
-Non fatelo mai più! – gli occhi erano due pozzi profondi – non avete minimamente pensato a quanto ero preoccupato? Stavo per mandare un esercito a riprendervi! Solo Bran mi ha fermato! –
Lyanna corse ad abbracciarlo.
-Agisco sempre in maniera sconsiderata. Mi dispiace figlio mio, ma è mio carattere! Se sono convinta di fare la cosa giusta, niente e nessuno mi può fermare. –
-Allora dovreste imparare dai tuoi errori! L’ultima volta guardate che cos’è successo! Non uscirete più dalle vostre stanze, fino al mio nuovo ordine!! – fu duro con lei. Doveva esserlo, non voleva mostrarsi debole. Non lo era mai stato in tutta la sua vita, e non avrebbe cominciato adesso. Anche sua madre era sempre stata una donna forte. Ma quando si accorse di averla ferita, si pentì delle parole che aveva usato.
-Madre, perdonatemi … - cominciò, ma la donna lo interruppe bruscamente.
-No, hai perfettamente ragione. Sei il mio re e io devo ubbidire ai tuoi ordini. Con permesso, ora vado nelle mie stanze. – e se ne andò dalla stanza, lasciandolo solo con la sua angoscia.
 
Lyanna non uscì per una settimana intera dalla sua camera. Il cibo le veniva portato da una cameriera sempre diversa, e di tanto in tanto Sansa veniva a farle compagnia. Lyanna sapeva di aver disubbidito alle leggi del re e sapeva che doveva fare ammenda. Ma più di ogni altra cosa aveva deluso suo figlio, e questo non riusciva a perdonarselo. Credeva che l’avrebbe capita e perdonata, ma non era così. Ancora una volta si ritrovava chiusa in una stanza che profumava di rose. Gli dei erano proprio malvagi. Calde lacrime le rigavano il volto, distesa sul suo letto osservando la rosa che Sansa le aveva portato quella mattina.
 
Il giovane re aveva avuto molto da fare in quei giorni, ma spesso si era ritrovato a guardare la finestra della camera di sua madre, nella speranza di vedere apparire almeno il suo volto. La sera del settimo giorno decise di pranzare nel suo studio e di farla chiamare. I due non parlarono per tutto il tempo, non si guardarono neppure. Il tintinnio delle posate sui piatti scandiva il tempo che passava. Lyanna non voleva incrociare gli occhi di suo figlio per paura di scovare nel rancore anche la delusione. Fu lui a prendere la parola.
-Fra qualche giorno la regina dei draghi giungerà alle nostre porte. Voglio che voi siate presente, così che vi vedano al mio fianco. Non possiamo fargli vedere che litighiamo tra noi. – la sua voce era atona, ma autoritaria.
-Come desideri. – il tono di Lyanna era remissivo, non era da lei, ma Jon aveva cominciato a capire il carattere forte di sua madre.
-Da domani vi do il permesso di uscire dalla vostra stanza. Siederete al mio fianco ai consigli, aiuterete Sansa nelle sue faccende e vedrò di trovarvi anche qualche altra mansione. – il suo tono non ammetteva repliche.
-Se così ti compiace. – rispose lei, rassegnata. Quelli erano tutti i compiti che si addicevano ad una lady. Suo figlio non poteva certo sapere che lei li aveva sempre odiati.
Jon era consapevole che quei giorni chiusa nel castello, erano stati per lei una tortura. Aveva sentito peggiorare le sue urla ogni notte sempre di più. I sogni la perseguitavano e lei rimaneva sveglia a lungo senza più riprendere sonno. Sansa gli aveva raccontato, che alcune volte, quando passava a trovarla, la vedeva ancora col volto rigato dalle lacrime. Si sentiva in colpa per tutto quello che era successo, per tutte le morti che involontariamente aveva causato. In questi sette giorni sua madre non aveva potuto sfogare in alcun modo l’afflizione che continuava a tormentarla. E Jon si sentiva un uomo terribile per averle detto quelle cose, durante l’ultimo loro incontro.
-E riprenderete ad allenare le Rose dell’Inverno, ma avrete bisogno di una spada adatta! – disse mostrando il dono che le aveva fatto preparare.
Lyanna lo guardò confusa, incredula alle parole che aveva appena sentito. Scostò il tessuto e vide apparire una spada. Era di acciaio chiaro fuso con vetro di drago, una nuova tecnica che Jon aveva fatto realizzare dal nuovo fabbro, sotto consiglio di Bran. Sulla lama c’erano dei riflessi argentati e grigio scuri. L’elsa invece era azzurra, con incastonato uno zaffiro a forma di rosa sul pomo.
-Ogni spada importante deve avere un nome. – le consigliò – come la chiamerete? –
Lyanna ci pensò qualche istante, poi disse:
-Ho sempre sognato avere una spada tutta mia! Guardavo sempre Ghiaccio, la spada di mio padre. e mi immaginavo ad impugnarne una così un giorno! – cominciò a raccontare lei – la chiamerò: Regina di Ghiaccio. – Rhaegar ne sarebbe felice. Pensò, ma non espresse ad alta voce i suoi pensieri. Non amava molto parlare del suo amore perduto. E Jon non le aveva mai chiesto di parlargli di lui. Prima o poi sapeva che avrebbe dovuto raccontargli qualcosa, ma le ferite erano ancora troppo profonde. E Jon questo lo sapeva.
 
Lyanna si occupò degli allenamenti delle donne assieme a Brienne e Meera. Avevano radunato un bel gruppetto di donne oramai, sia adulte che ragazzine. Insegnavano loro ad impugnare spade, lance, archi, asce e mazze. Lyanna preferiva evitare quest’ultima arma. Sapeva. E preferiva evitare di impugnarne una.
Fu proprio durante uno dei suoi allenamenti che venne avvistato il corteo della regina Daenerys Targaryen. A dire il vero una sentinella aveva comunicato di aver intravisto nella nebbia del mattino una grande figura alata nel cielo, e questo aveva già messo in allarme tutto il castello. Lyanna stava insegnando ad una quindicina di ragazze come tirare con l’arco. Erano appena fuori delle mura di Grande Inverno in un campo ormai coperto di neve. Un drago atterrò proprio dietro di lei. Le sue allieve urlarono terrorizzate e si andarono a nascondere, ma Lyanna non si mosse. Alzò solo un braccio per ripararsi dalle folate di vento e neve alzata dalle possenti ali di Rhaegal, il drago verde. Le sentinelle impugnarono i loro archi e li puntarono in direzione della bestia. La donna non battè ciglio, neanche quando un secondo drago molto più grosso atterrò vicino al primo. Drogon la guardò minaccioso, sembrava riconoscerla e portava la regina Daenerys in groppa.
-Benvenuti a Grande Inverno, signori dei draghi! – li salutò lei inchinandosi.
-E’ un piacere rivedervi Lady Arya! – disse il principe Viserys scendendo dalla sua cavalcatura smeraldina. Indossava una casacca di lana nera ed un paio di brache pesanti, l’armatura questa volta era diversa, ma sempre del colore dell’ossidiana. Il suo mantello scarlatto strisciò sulla neve ad ogni suo passo, fintanto che si avvicinava alla donna. Le prese la mano e la baciò sul dorso, con fare galante. Lyanna non amava quel genere di cose, ma lo lasciò procedere. Non voleva certo mettere a repentaglio l’alleanza coi Targaryen solo per una sciocchezza del genere. Notò che anche la regina, però non aveva apprezzato quel gesto, perché guardò il fratello in malo modo, quando quello andò verso di lei per aiutarla a scendere.
La madre dei draghi indossava una tunica pesante color sangue scuro che metteva in risalto il colore della pelle e dei suoi capelli e vari pezzi di armatura color onice dalle striature rosse. Il suo mantello era una pelliccia di leone bianco e la testa dell’animale era appoggiata sulla sua spalla destra. I suoi capelli argentei erano legati con due piccole trecce dietro la nuca, mentre una cascata di boccoli argentei le scendeva lungo la schiena. Il principe Viserys le porse il braccio e lei senza attendere si fece condurre. Lyanna fece loro strada verso le mura Grande Inverno. Lo stendardo del lupo bianco sventolava festoso, come a volerli accogliere.
 
Re Jon aveva fatto convocare tutti i suoi più fedeli servitori. C’erano i alcuni lord alfieri, venuto apposta per incontrare la regina. Brienne, Lady Sansa, Bran, Meera. Ser Davos, Mance Rayder e Tormund. Lyanna si mise alla destra del re. E attese.
 
I due sovrani si guardarono a lungo prima che uno dei due parlasse. Lyanna sapeva che per Jon quello era un incontro importante. Era sua madre, e lo capiva. Il giovane cercava nella donna che aveva di fronte, qualche tratto famigliare. Qualcosa che potesse sentire in parte suo. Ma Lyanna sapeva che tutto ciò che vedeva gli era estraneo. Non c’era niente nella regina che potesse appartenergli. I capelli, gli occhi, la bocca, la pelle, le mani. Nulla aveva in comune con quella stirpe. Eppure lei assomigliava così tanto a suo fratello Rhaegar. Lyanna pensò che Jon fosse fortunato a non aver preso niente dal suo vero padre. Questo gli aveva permesso di rimanere nell’ombra. Di rimanere lontano dagli occhi della capitale. Gli aveva permesso di restare in vita per tutto questo tempo. Ma in quel momento anche solo un piccolo dettaglio lo avrebbe fatto sentire meglio. E invece non era così. La donna che aveva di fronte era una completa estranea. Nulla di più. Jon cambiò appoggio sulle gambe, sua madre lo guardò capendo il disagio che lo tormentava.
Jon c’è più di quello che vedi.
Nel frattempo l’esercito e i consiglieri della regina entrarono nel cortile di Grande Inverno. Tyrion Lannister prese posto alla sinistra della madre dei draghi. Il suo volto si soffermò su lady Sansa, la quale lo guardò senza lasciar trapelare alcuna emozione.
-A nome di tutto il nord, vi diamo il benvenuto, sua maestà! –
La regina si guardò intorno. Avevano cercato di mettere in ordine il più possibile, ma la devastazione delle ultime incursioni, avevano deturpato il castello irrimediabilmente in alcuni punti.
-Perdonate le condizioni del castello, purtroppo ha subito numerose battaglie in questi ultimi tempi. – e guardò in cagnesco i due Greyjoy tra le schiere della regina.
-L’importante è che le mura reggano all’attacco degli estranei, se mai dovessero valicare la barriera. – la voce era cristallina, ma autorevole.
-Perdonatemi sua maestà, ma se gli estranei riuscissero ad oltrepassarla, credo che non basterebbe qualche pietra a fermarli. –
-Proprio per questo ho con me i draghi. – disse la donna decisa – ora se non vi dispiace, potete permettermi di entrare all’interno? Non sono abituata ad un clima così rigido e il viaggio in groppa a Drogon non è dei più confortevoli. – aggiunse.
Jon fece loro strada.
Tyrion si avvicinò a lui e si inchinò.
-E’ un piacere rivederti re Jon! Ti avevo lasciato come un bastardo alla barriera e ora ti ritrovo re a Grande Inverno! Hai saputo seguire bene i miei consigli, quasi meglio di me! – sorrise malizioso.
-E’ un piacere anche per me, rivedervi. So che vi siete sempre comportato bene con la nostra famiglia. Avete cercato di aiutare mio fratello Bran ad andare a cavallo e avete avuto rispetto per mia sorella Sansa ad Approdo del Re. –
-Vedo che almeno uno della famiglia ricorda le buone maniere e usa la testa per ragionare – disse il folletto – cercate di farlo capire anche a vostra sorella Arya – e diede uno sguardo in direzione di Lyanna – lei non è del vostro stesso parere! – disse e poi sparì dentro le mura della sala grande.
I due Greyjoy arrivarono all’ingresso del castello. Jon guardò severo Theon e sua sorella Asha entrare, ma non disse niente. Theon non riuscì a sostenere il suo sguardo e abbassò gli occhi a terra. Sansa ebbe più pietà per lui e gli si avvicinò dandogli un bacio su una guancia.
-Sono felice che stai bene.- gli disse semplicemente.
-Vi vedo decisamente meglio con i colori degli Stark.- disse il ragazzo. Sul volto scarno, si potevano ancora vedere le dure sofferenze subite.
Lyanna vide Ser Barristan e lo salutò con un cenno della mano. Lui cordialmente ricambiò il saluto.
 
Nei giorni successivi Jon riuscì ad organizzare alla meglio l’arrivo dell’esercito della regina. Purtroppo non c’era posto per tutti a Grande Inverno, così i vari plotoni che sarebbero giunti nei giorni a seguire, vennero mandati negli altri castelli del nord e riuscì anche a riempire i castelli abbandonati della barriera. Non c’erano provviste per tutti, ma la regina fece portare rifornimenti per il suo esercito da sud.
Lyanna partecipò a tutti i consigli, ma si limitò ad osservare, senza mai intervenire. Notò che anche il principe Viserys non partecipava in maniera attiva alle discussioni, quando erano in una riunione parlava all’orecchio della sorella, altrimenti si appartavano in qualche angolo del castello o del cortile. Lyanna si accorse che dopotutto aveva lo stesso suo comportamento. Consigliava il suo sovrano senza dare troppo nell’occhio. Giravano voci che i due si incontrassero spesso nelle stanze della regina, facendo immaginare che vi fosse una relazione incestuosa, come avveniva nella loro famiglia. Lyanna non ne fu sorpresa, Sansa invece pensò che fosse una cosa del tutto priva di morale. Poteva capirla, lei era stata vittima di Joffrey, il figlio di Cersei e Jamie Lannister. Aveva conosciuto la pazzia che si celava dietro a queste unioni.
Sansa, non tutto il male crea mostri.
 
La vista della regina aveva smosso in Jon,una certa curiosità. Era inquieto e non riusciva a trovare pace. Non a causa della sua bellezza, ma la sua presenza aveva suscitato in lui il desiderio di conoscere qualcosa in più di suo padre.
-Gli assomiglia, madre? – le chiese una sera, mentre si scaldavano di fronte al caminetto e sorseggiavano un infuso di erbe.
-Sì Jon, non sai neanche quanto! – il ricordo dell’uomo che amava ritornò nitido, come se lui fosse di fronte a lei. – il colore dei capelli e della carnagione è uguale. Ha anche la sua stessa determinazione nello sguardo, ma tuo padre era molto più taciturno e malinconico. Aveva spesso l’aria infelice, e questo lo ritrovo molto in te. I suoi occhi poi erano di una tonalità molto scura, ma dovevi essergli vicino per vedere invece la sfumatura di indaco. La regina Daenerys invece ha preso gli occhi di sua madre. –
-Vi ricordate ancora bene il suo volto? – Jon sapeva che ogni ricordo era una continua lama nella piaga per sua madre, ma adesso era giunto il momento di sapere, di capire, di cercare la parte che gli mancava.
-Si, Jon. Ricordo tutto come fosse ieri. – Jon vide gli occhi grigi di sua madre diventare lucidi, mentre guardava le fiamme scoppiettare.
-Ser Davos mi ha detto che quando avete fatto il viaggio verso sud, siete passati per il Guado dei Rubini… – non sapeva come continuare. La donna si incupì, ma sapeva che era giusto che suo figlio sapesse.
-Scoprii la strada che avremmo intrapreso quando uscimmo dalle Torri Gemelle. Il Guado dei Rubini fu solo il primo luogo che attraversammo. La regina ci stava aspettando ad Harrenhall, dove io e tuo padre ci siamo conosciuti. –
-Durante il torneo della falsa primavera! – assentì lui – ricordo che maestro Luwin me ne ha parlato un tempo – mio padre vi incoronò Regina di Amore e di Bellezza in quell’occasione.-
-Sì è esatto. Ma non è stato quello il primo momento che abbiamo condiviso.-
-Allora come vi siete incontrati? – chiese curioso.
Lyanna attese qualche istante prima di parlare. Appoggiò la tazza sul tavolino affianco alla poltrona.
-E’ la prima volta che ne parlo con qualcun altro. Gli unici a sapere di questo segreto eravamo io, tuo zio Benjen, e tuo padre. – gli occhi di Jon la scrutarono in attesa del racconto, così lei continuò.
-Mi sono travestita da cavaliere e sono entrata in arena a sfidare alcuni campioni del torneo nella sfida con la lancia. – si fermò quando vide la faccia di Jon esterrefatto. – è la verità! –
-Voi davvero avete partecipato ad un torneo? –
-Lasciami finire la storia! – si lamentò la donna sorridendo tristemente – ovviamente ho dovuto nascondere la mia identità, mi chiamavano il Cavaliere dell’Albero che Ride, per lo stemma sullo scudo. Ho vinto tre incontri per vendicare l’onore di Howland Reed, il padre di Meera. Lo incrontrai il primo giorno del torneo, era stato maltrattato da alcuni scudieri, così quando li ho visti partecipare nell’arena, ho pensato di sconfiggerli e rimproverarli. –
-Incredibile! – il sorriso di Jon era dolce e la guardava ammirato. Lyanna ricordò molto lo sguardo di Rhaegar quando gli aveva raccontato il motivo della sua iscrizione al torneo.
-Ma il re voleva scoprire la mia identità e mandò tuo padre a cercarmi. La sera prima durante il banchetto, ci siamo trovati a ballare assieme e lì mi aveva già scoperta. –
-Come ha fatto a capire che eravate voi, durante un ballo? – Jon non capiva.
-Avevo riportato una botta ad una spalla, e senza pensarci avevo indossato un abito scollato. Durante un volteggio, lui scorse l’ematoma e non ci mise molto a capire che il cavaliere ero io. -
-Avete detto che il re lo mandò in cerca di voi? Ma lui sapeva chi eravate, perché non vi ha arrestata? –
-Non aveva nessuna intenzione di arrestarmi, per lui non era una cosa così tragica. Aveva scoperto che mi rifugiavo al Parco degli Dei ed lì ha cercato di convincermi a ritirarmi. Io l’ho sfidato a duello. – Jon strabuzzò gli occhi.
-Voi avete sfidato il principe ereditario? –
-All’epoca ero ancora più temeraria, e Ned avrebbe aggiunto anche incosciente. –
-Ma non temevate per la vostra vita?-
-Temevo di più per quella dei miei fratelli, non volevo che ci rimettessero loro per una mia decisione. –
-Quindi mio padre vi ha risparmiata? -
-Quando ha scoperto le mie ragioni, ha deciso di partecipare al torneo e vincere in mio onore. Le sere, mentre tutti erano al banchetto, noi ci incontravamo in segreto al Parco degli Dei. - Era la prima volta che sua madre gli raccontava la storia e Jon ne fu felice. Per anni aveva creduto che sua madre lo avesse dimenticato e che lo avesse abbandonato. Scoprire che era morta, lo aveva reso ancora più triste, ma scoprire che era la sorella dell’uomo che lo aveva cresciuto, gli aveva fatto stimolare una certa curiosità. Era felice di averla lì con sé e di sapere che il sentimento che legava sua madre dal suo vero padre era vero. Re Robert aveva sparso la voce che il principe drago l’aveva rapita e violentata, infangando così il loro amore e anche la sua nascita.
-Il principe Viserys in parte gli assomiglia. – concluse la donna, interrompendo i suoi pensieri.
Jon guardò la donna e disse:
-Ho notato che posa sempre il suo sguardo su di voi. –
Lyanna sperava che lui non fosse un così buon osservatore. Anche Benjen un tempo aveva notato la stessa cosa e lei aveva mentito al riguardo.
-Durante il viaggio verso Harrenhall, il principe Viserys mi ha salvato la vita, quando i briganti ci hanno attaccato. Ha delle attenzioni nei miei confronti, non nego di non averlo notato anch’io, ma non voglio pensare che davvero prova dei sentimenti. Da quello che si dice va spesso a trovare sua sorella nelle sue stanze. Credo che il suo cuore appartenga a lei. Sono convinta invece che soffra la mancanza di suo fratello e che questo ci accomuni inconsciamente. Tutto qui. – disse la donna cercando di convincere più se stessa.
-Io ho amato solo un uomo, Jon. Il mio cuore non potrà mai appartenere a nessun’altro. – suo figlio le strinse una mano. Sapeva bene, cosa voleva dire amare qualcuno e perderlo.
 
Quella notte gli incubi furono ancora protagonisti del suo sonno. E quando si svegliò con la fronte imperlata di sudore e le lacrime che le scendevano dagli occhi fu sopraffatta dal terrore. Qualcosa nel suo sogno era cambiato. Le persone a lei care, morivano sempre nella stessa tragica maniera, ma quando lei si ritrovava immersa nelle acque insanguinate del tridente, un uomo le porgeva una mano. I suoi capelli erano argentati e Lyanna credette in un primo momento di aver ritrovato il suo principe che tanto amava, e che ogni notte cercava. Alzò la mano per raggiungere quella di lui, ma si accorse che sul suo volto c’era una maschera. Capì che si trattava di Viserys. Lyanna gli era di fronte e lui cercava di baciarla. Non volle e scappò via dalla sua presa. Viserys la chiamò:
-Mia Regina di Ghiaccio! – Lyanna si fermò per un istante. Sbarrò gli occhi, quello era il modo in cui la chiamava il suo principe d’argento. Ma quando si voltò, l’uomo era sparito.
 
Note dell’autore:
 
Scusate la lunga attesa, ma sto cercando di andare avanti con la storia e prima di pubblicare un capitolo voglio essere sicura che la trama sia continua e interessante. Perdonate se ultimamente non avevo neanche più messo le note a fine pagina, ma ho dovuto fare un po’ di fretta.
Ma torniamo a noi:
Gli emissari del nord tornano a Grande Inverno. Jon è felice di vederli sani e salvi. Ovviamente non poteva lasciare in sospeso il comportamento di sua madre. Si scontra con lei, ma in parte hanno lo stesso carattere, quello di voler sempre fare la cosa giusta, quindi anche se la capisce, sa che deve punirla, ma poi ci rimane male per quello che le dice.
La donna non sopporta di averlo deluso e accetta il castigo senza protestare. Non le costa poco. Rinchiusa tra quattro mura in una stanza che profumava di fiori. La notte poi gli incubi peggiorano e lei non ha modo di cancellarli dalla mente. La donna che cenerà con suo figlio è distrutta emotivamente, e solo la vista della sua nuova spada la porta alla realtà. Ho voluto appositamente fare che Jon le regalasse una spada; primo perché già lo aveva fatto con Arya, secondo perchè il padre di Lyanna non aveva mai voluto che lei ne impugnasse una. Una generazione era passata e in vista degli avvenimenti, era giusto che le cose cambiassero.
Poi arrivano i draghi. Jon e Deanerys a confronto. Non ho voluto approfondire troppo perché spero che Martin faccia il suo dovere un giorno e sinceramente ho letto di fanfiction in cui hanno già mostrato questa scena e devo ammettere che sono state fantastiche. Non volevo né ripeterle, né tanto meno trovarmi a copiarle, per cui ho preferito un po’ rimanere sul vago. E poi questa storia se ancora non si è capito è incentrata più sul personaggio di Lyanna.
Infine non poteva mancare un dialogo tra Jon e sua madre. Finalmente lei gli racconta qualcosa di suo padre.
Ora che i Targaryen condividono lo stesso tetto con gli Stark chissà cosa succederà? Se siete curiosi vi aspetto anche nel prossimo capitolo. Ancora nessuno si è posto domande su quei personaggi celati nel mistero che ho inserito fino a qui?
Un grosso abbraccio a tutti quelli che hanno letto fino a qui, a quelli che seguono la mia storia, a quelli che hanno recensito questi primi capitoli.
 

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Capitolo 8
*** Letture Pericolose ***


Samwell Tarly arrivò a Grande Inverno in una mattina tempestosa. Venne accompagnato da due guerrieri dothraki, che lo avevano trovato sulla strada del re e avevano deciso di scortarlo fino al castello.
Il giovane chiese subito di Jon, che appena lo vide, corse ad abbracciarlo.
-Sam! Che gioia rivederti! –
-Jon!! Sono felice di constatare che sei sano e salvo! Alla Cittadella era giunta voce che il giovane Lord Comandante fosse morto! – disse il giovane con aria dispiaciuta. Jon gli sorrise:
-Vieni ti racconto tutto! – cingendolo con un braccio sulle spalle lo fece entrare. Erano uscite anche Lyanna e Sansa ad accogliere l’amico del re.
-Ti presento Sansa Stark, figlia di lord Eddard Stark. – la ragazza accennò ad un inchino cordiale.
-Sono lieta di fare la tua conoscenza Samwell Tarly! Jon mi ha molto parlato di te! – gli strinse delicatamente una mano. Sam arrossì e balbettò qualcosa. Non aveva mai visto una ragazza tanto aggraziata e dolce. Pensò che si doveva dare un contegno. Lui apparteneva già ad un’altra donna.
-Lei invece è Arya Stark. – gli rivelò Jon. Non voleva mentirgli, ma purtroppo c’erano troppe orecchie in ascolto, più tardi gli avrebbe detto la verità. Sam era imbarazzato. In tutta la sua vita non gli era mai capitato di essere di fronte a due donne così belle. Seppur fossero una l’esatto opposto dell’altra, erano entrambe bellissime ai suoi occhi. Per qualche istante invidiò Jon per aver avuto la possibilità di condividere il castello con loro.
-Il piacere è mio, mie lady. – balbettò prendendo la mano di Lyanna.
-Ti racconto tutto, Sam. – gli disse l’amico conducendolo con sé, mentre Lyanna e Sansa ridevano tra loro, dell’imbarazzo che aveva innervosito il povero Sam.
Non si erano accorti che alle loro spalle erano apparsi anche la regina Daenerys, con suo fratello Viserys e ser Barristan, sempre di guardia.
Jon presentò anche loro a Sam, il quale si inchinò rispettosamente e rimase senza fiato nel vedere la giovane Targaryen.
-Voi dunque siete i nipoti di Maestro Aemon. Sono stato suo attendente alla barriera. Avrebbe tanto voluto incontrarvi. – Daenerys guardò il giovane, poi spostò lo sguardo verso suo fratello e infine ritornò a guardare Sam.
-Mi sarebbe piaciuto tanto conoscerlo. Mio fratello mi ha parlato molto di lui. –
-Sapete ultimamente aveva ricominciato a sognare i draghi, il suo desiderio più grande era di poterne vedere uno vivo. – Dany gli mise una mano sulla guancia, e gli sorrise dolcemente, poi si congedò assieme a Ser Barristan. Viserys si intrattenne ancora un attimo, posando gli occhi su lady Arya, prima di seguire la sorella.
 
Nella sala grande seduti al tavolo di fronte ad un boccale di birra calda, Jon raccontò tutte le sue avventure a Sam, da quando si erano lasciati fino ad ora. Di Bran e delle sue visioni, perfino della scoperta delle sue origini e alla decisione di riportare in vita sua madre. Ovviamente tutto sottovoce perché il principe Viserys e Tyrion Lannister erano seduti ad uno dei tavolo, intenti a fare colazione, persi nella lettura di due grossi volumi.
-Cosaaaa? Tu sei un… - ma Jon gli chiuse la bocca con una mano.
-E’ un segreto, Sam! Non l’ho ancora svelato a tutti. Solo io, Sansa, Bran, Ser Davos, lady Brienne, Meera e pochi altri ne sono a conoscenza! –
-Beh, ti sembrano pochi? –
-Sono la mia famiglia e miei più fidati alleati in fin dei conti. – Sam ci pensò un attimo:
-Quindi a tutti gli effetti saresti il nipote della regina e del principe! – la sua voce era appena udibile.
Jon gli sorrise stanco.
-Vorrei aver saputo solo la verità su mia madre. Scoprire che mio padre non era Ned Stark, mi ha destabilizzato. –
-Beh, non sarà stato il tuo padre biologico, ma è comunque lui che ti ha cresciuto. – Sam sapeva sempre come trovare le parole giuste.
-Sono felice che ci siamo ritrovati! –
-Anch’io Jon, e ora ho intenzione di mantenere la promessa che ti feci quando ci siamo salutati. Ho portato con me alcuni tomi dalla Cittadella. Diciamo pure che li ho rubati. Ma ci possono aiutare a scoprire di più sugli estranei! Solo che ho bisogno di una mano; altrimenti ci attaccheranno ancora prima che io riesca a finire di leggerli tutti. –
-Ti posso dare qualche persona. Sansa è molto precisa e le piace leggere. Ti chiedo anche di coinvolgere Arya. – lo guardò con aria d’intesa, per fargli capire di chi in realtà stava parlando -Così almeno non si caccerà in altri guai! –
Sam lo guardò confuso:
-In che senso? –
-Lascia perdere! Ha un carattere così ribelle e indomabile, alle volte mi verrebbe da chiuderla in camera sua! – Viserys incurvò le labbra, nascosto dalle pagine del libro.
-Allora capisco da chi hai preso. – gli disse sottovoce e si misero a ridere. Tyrion li osservò incuriosito dal loro precedente discorso e decise prendere la parola.
-Se vi servono delle menti attente ai dettagli e divoratrici di libri, avete altre due persone qui che vi possono aiutare. – Viserys staccò gli occhi dal testo e lo guardò senza dire nulla.
Jon ci pensò un attimo:
-Mi sembra giusto che ci siano anche due rappresentanti della fazione della regina! Ebbene Sam ora hai tutto quello che ti serve! – il giovane lo guardò felice.
-Dimmi dove si trova la biblioteca e facci portare molte candele. Vorrei cominciare al più presto! –
 
La biblioteca era situata al quarto piano esattamente sopra il cortile dove si svolgevano gli allenamenti. Sam distribuì i volumi in mano alle quattro persone che Jon gli aveva trovato. Lady Sansa si sedette da sola in un angolo a leggere il suo tono. Tyrion si accomodò sulla poltrona di fronte alla scrivania, mentre Sam si sedette dall’altra parte, su una sedia più rustica. Lyanna andò a sistemarsi sulla nicchia di una finestra ed il principe Viserys, si sedette sopra un baule, anche se spesso lo si vedeva camminare nella sala tenendo il libro solo con una mano. Il loro scopo era cercare qualche indizio sugli Estranei e come sconfiggerli.
Sam era stato molto bravo. Aveva ottenuto la catena da maestro e cercato i libri che avrebbero potuto servire allo scopo. Li aveva solamente sfogliati, ma purtroppo non aveva avuto il tempo per trascriversi i passi, e non voleva che alla Cittadella venissero scoperte le sue vere intenzioni. Così ora erano tutti costretti a passare riga per riga e cercare di annotare tutti i dettagli più significativi.
Sansa disse di aver trovato un’antica descrizione di esseri non vivi che camminavano tra la neve. Sam le disse di avvicinarsi e si fece mostrare il capitolo. Annotò tutto quello che poteva essere rilevante in una pergamena. Ma per quella giornata non trovarono altro. I giorni seguenti non furono più proficui e Sansa dovette anche assentarsi per qualche pomeriggio, per gestire il castello.
 
Durante un temporale Sam si rannicchiò più che poteva sulla sua sedia, terrorizzato dai tuoni. Tyrion si era messo a sedere scomposto sulla poltrona. Viserys era accomodato invece sugli scalini che conducevano alla finestra, mentre Lyanna si era seduta con le gambe incrociate sulla sua solita nicchia e sbuffava annoiata per le troppe ore rimasta al chiuso. Indossava uno degli abiti confezionati da Sansa. Il tessuto era pervinca e le maniche le scendevano sfasate sfumando sul lilla e poi passando all’azzurro. Tyrion alzando lo sguardo per riposare gli occhi, notò che il principe la stava guardando con strano interesse, sorrise ma fece finta di niente. Poi Lyanna attirò l’attenzione di tutti.
-Qui si parla del vetro di drago! – disse mettendosi a sedere più composta e avvicinando la candela al testo. Viserys si alzò e prese posto affianco a lei.
-Fatemi vedere. – Sam rimase un attimo in silenzio, per non deconcentrare il principe, che aveva messo una mano sulla pagina del tomo di Lyanna.
-Nel mio libro invece abbiamo una descrizione di come veniva usato dai figli della foresta. Sembra che i nostri volumi parlino della stessa cosa! –
-Continuate a leggere allora – disse Sam – annoterò poi tutto sulla pergamena. Ma prima devo finire questo capitolo, credo di aver trovato qualcosa riguardo al re della notte. –
-Dammi un altro foglio, allora! – gli propose Viserys – trascriverò io quello che scopriamo. – e si avvicinò alla scrivania. Sam gli passò anche il calamaio e la boccetta dell’inchiostro. Tyrion osservò il passaggio e seguì con lo sguardo il principe tornare a sedersi accanto alla giovane sorella del re. Era strano ma mentre li guardava aveva come la netta sensazione che tra di loro ci fosse un’intimità particolare. Il principe teneva il libro con una mano mentre con l’altra scriveva sulla pergamena, Lyanna invece controllava quello che annotava e aggiungeva dei dettagli tratti dal suo libro. Poi confabulavano tra loro per unire anche altri indizi. Viserys le propose di dettargli il passaggio e le diede in mano il suo libro. Tyrion notò che le loro mani si era sfiorate, la donna si era ritratta appena da quel tocco.
-Fra non molto penso che dovremmo levarci di torno, noi due! – parlò a bassa voce rivolto a maestro Sam.
Lui alzò lo sguardo verso il nano e lo guardò con un’aria confusa.
-Che intendete lord Tyrion? – aveva tenuto la voce bassa pure lui senza saperne il motivo. Il  folletto gli fece solo cenno nella direzione della coppia e dopo un lungo momento Sam capì.
-Volete dire … - i suoi occhi erano sbarrati. A Jon non piacerà. Pensò mestamente, continuando a guardarli.
 
Dopo parecchie ore Tyrion si stiracchiò. Aveva le gambe e le braccia tutte intorpidite. Decise che era il momento di fare una pausa, e poi doveva andare a svuotare la vescica. Diede un’occhiata a Viserys e Arya, stavano leggendo assieme un passaggio nel volume che aveva in mano lei, il principe teneva il segno con un dito e le mostrava qualcosa d’interessante. I lampi fuori dalla finestra li illuminavano ad intermittenza. Guardò Sam:
-Ho sete, vieni a farmi compagnia Sam? Non è bello bere da soli. –
-Vi chiedo perdono, sapete non sono abituato a … - ma il nano lo guardò con un’espressione minacciosa e gli tirò in faccia un pezzetto di carta arrotolato, per farlo rinsavire.
-Perché lo avete fatto? – protestò Sam. Un tuono lo vece sobbalzare.
Tyrion non disse niente e con gli occhi indicò i due seduti accanto alla finestra.
-Però ora che ci penso, devo fare una pausa. – disse ad alta voce.
Viserys e Lyanna li guardarono uscire.
-Voi continuate pure, vi portiamo qualcosa da mangiare? – propose Tyrion.
Entrambi fecero segno di no con la testa, e tornarono ad immergersi nella lettura.
 
Viserys segnò altre cinque frasi sulla pergamena, poi mosse il braccio tutto intorpidito. Un lampo illuminò il volto della giovane accanto a lui, e dopo appena dieci secondi il boato di un tuono rombò sulle loro teste, facendo vibrare anche la finestra alle loro spalle.
-Servirebbe anche a noi una pausa e credo che dovremmo spostarci da qui. – le disse premurosamente. – Voi non siete fatta per rimanere rinchiusa per troppo tempo. - Lyanna però fece finta di non aver ascoltato.
-Avete sentito quello che ho detto? – con l’indice della mano le spostò un ciuffo di capelli, per guardarla in volto.
La ragazza si ridestò, e si mise ad osservarlo.
-Comincia  seccarmi non sapere che espressione avete, principe Viserys. – gli rispose angosciata.
-Non è importante la faccia di un uomo, bensì quello che lui pensa. – citò a memoria un famoso verso di una ballata, Lyanna la conosceva. Non era mai riuscita a comprendere davvero quella frase come in quel momento.
-E voi a cosa state pensando adesso? – gli chiese.
-Non posso dirvelo, lady Stark. È un segreto. –
-So mantenere i segreti! – affermò orgogliosa.
-Questo lo so. – ma distolse lo sguardo da lei e si rimise ad annotare sulla pergamena altri punti interessanti.
Lyanna guardò incuriosita l’uomo affianco a sé. Aveva un abito di velluto scuro, mentre le sue maniche erano cremisi. I capelli della frangia li aveva portati all’indietro con una coda, mentre gli altri gli ricadevano sulle spalle. Che avrà mai voluto dire? Con la coda dell’occhio notò uno strano luccichio fuori dalla finestra. Si mosse veloce per guardare il cortile.
-Maledizione! Un fulmine ha colpito le stalle! – affermò inquieta.
Lasciò cadere il volume a terra e corse fuori dalla biblioteca. Il principe la seguì.
-Che avete intenzione di fare lady Stark? –
-Vado a dare una mano! – e corse giù per le scale.
 
Quando raggiunse il cortile, vi era il caos. Molti uomini stavano cercando di fermare i cavalli impazziti, altri provavano a spegnare le fiamme. Lyanna per poco non venne presa in pieno da uno stallone imbizzarrito. Solo i pronti riflessi del principe, la salvarono, quando lui la strinse a sé. Lyanna si rese conto di aver rischiato grosso, ma i modi di Viserys non le piacevano per niente. Si stava prendendo troppe libertà per i suoi gusti. Lasciò le braccia dell’uomo e si precipitò a calmare lo stallone di Jon. Passò poi le redini ad un ragazzino e gli ordinò di portarlo via. Poi corse a salvare i cavalli intrappolati dentro la stalla.
Superò le porte, le fiamme erano dovunque. Una parte del soffitto di paglia era già crollato a terra e aveva alimentato le fiamme. Trovò alcuni cavalli, tra cui Whitefog, la sua puledra dal manto chiaro.
Altri uomini entrarono e tra loro il principe Viserys.
-Mia signora venite via! – le ordinò.
-Dobbiamo mettere in salvo queste povere bestie. – l’uomo le aveva preso il polso per trascinarla fuori, ma lei rifiutò il suo invito, strattonando il braccio.
Uno scricchiolio sopra le loro teste, fece presagire che anche quella parte del tetto stava cedendo. Il principe si lanciò prontamente sulla donna, per spostare entrambi dalla traiettoria delle travi. Lyanna cadde nella paglia bagnata dalla pioggia, Viserys le arrivò sopra per proteggerla e alcuni pezzi di legno ardenti gli crollarono sulla schiena. Emise appena un lamento di dolore, abbassando il volto alla destra della donna. Lyanna sentì il suo respiro caldo.
Quando tutto sembrò essere passato, sollevò lo sguardo per guardarla negli occhi.
-State bene mia signora? – chiese a Lyanna, nella sua voce non c’era traccia di sofferenza alcuna.
Lei però lo guardò preoccupata.
-Sì. Ma voi… - Viserys si rimise in piedi in fretta e la prese per una mano, aiutandola a rialzarsi. Si incamminò nella direzione opposta da cui era arrivato, il soffitto crollato impediva loro di tornare indietro. Lyanna potè vedere la tunica a brandelli e bruciacchiata, dove i tizzoni ardenti del legno lo avevano colpito.
-Siete ferito. – gli disse.
-Non è niente, non vi preoccupate. Ora vi tiro fuori di qui. – avevano entrambi il volto sporco di fuliggine e bagnato dalla pioggia che continuava a scendere.
L’uomo con un calcio spostò un pannello per poter passare. Alle loro spalle si sentivano gli uomini che stavano portando in salvo gli animali. Più avanti Lyanna sentì la voce di suo figlio. Jon era arrivato e qualcuno doveva avergli detto che lei era intrappolata dentro.
-Arya!! Dove sei? – lo sentì urlare.
-Jon. Sto bene! Non riusciamo ad uscire! –
-Aspetta lì, troverò un modo per liberarti!! – cercò di rassicurarla suo figlio.
Lyanna si accorse solo in quel momento che non aveva ancora lasciato la mano del principe, perché questo la spronò a continuare a camminare.
-Jon ci ha detto di rimanere qui. – gli ripetè lei, ma dovette alzare un braccio per riparare il volto dal forte calore del fuoco. Di fronte a loro si parò un muro di fiamme. Non potevano tornare indietro, le macerie avevano sbarrato loro la strada. Il principe cercò di proteggere la ragazza col suo corpo e si mise a pensare ad una soluzione per poter uscire da lì.
Erano circondati la lingue di fuoco. Una danza pericolosa li avvolgeva nella sua morsa infernale.
-Ora come facciamo? – chiese lei, nei suoi occhi si poteva scorgere un certo timore. Le fiamme avevano invaso tutta l’area. Il calore del fuoco lambiva i loro volti. La ragazza non sapeva più come proteggersi dalle vampate e sentiva la pelle del viso e delle mani scottarle. Viserys la strinse sul suo petto e riflettè qualche istante prima di parlare.
-Vi fidate di me? – Lyanna lo guardò scettica, ma non poteva certo dirgli di no. Le aveva già salvato la vita ripetute volte. Fece un cenno col capo.
-Permettetemi di prendervi in braccio. – la donna lo squadrò, ma il principe le mise fretta – non abbiamo molto tempo. –
-Se solo mi dite quali sono le vostre intenzioni!? – ma non ebbe alcuna risposta. Alcune assi della parete di fronte a loro caddero ed il principe ne approfittò. La sollevò velocemente e le strinse il capo sul suo petto. Corse dritto di fronte a sé, si lanciò nel muro di fiamme e ruzzolarono nel fango e nella neve che copriva il cortile. Lyanna senti un’ondata di calore avvolgerla, seguita in fretta dalla sensazione gelida del suolo sotto di sé. La pioggia si scaraventò su di loro come un torrente in piena, spegnendo ogni piccolo focolare sui loro vestiti.
Lyanna sentì l’odore di bruciato invaderle le narici e quando il principe si rialzò, potè guardarlo in faccia. La maschera era sporca di fuliggine.
-Dico siete impazzito? Se sapevo che era questa la vostra idea, non vi avrei mai permesso di …-
-Vedo che state bene! Sono sollevato al pensiero che non abbiate riportato ferite né ustioni. – si rialzò e attorno a loro un manipolo di persone li circondò. Tra loro Ser Barristan, Tormund e Jon.
-Mia signora tutto bene? – le chiese il bruto.
-Come stai? – le chiese allarmato il Re del Nord, i suoi occhi mostravano tutto lo spavento che aveva provato, l’aiutò a rimettersi in piedi e la strinse a sé.
-Io sto bene, ma il principe è ferito. – comunicò lei, e lo vide poco distante con il suo cavaliere che gli poggiava il mantello sulle spalle. Lyanna aveva potuto intravvedere però la tunica ridotta a brandelli che lasciava scoperti i muscoli della schiena avvolti in una pelle color alabastro, ma nessun segno di ustione. Si avvicinò a lui.
-Com’è possibile? Non avete alcun segno? – era incredula. Sulla fronte la pioggia stava sciogliendo una macchia di fuliggine.
-Un vero drago non può bruciare col fuoco. – le disse semplicemente, pulendole la guancia con una carezza. Jon si intromise, allontanando col suo petto il braccio del principe.
-Vi sono debitore, Principe Viserys. Avete salvato la vita di mia sorella, ancora una volta! – e abbassò appena la testa in segno di ringraziamento. Nei suoi occhi però c’era anche una certa irrequietezza per le attenzioni che gli vedeva sempre avere con sua madre.
-Un re deve trovare sempre un modo per difendere le persone che ama, altrimenti come può pensare di proteggere un intero regno? –
Il suo tono era freddo e autoritario. Jon rimase a guardarlo senza dire una parola, accusando la bruciante sconfitta di quelle parole. Strinse il pugno della mano che un tempo si era bruciato salvando la vita di Jeor Mormont. Poi Ser Barristan prese per un braccio il suo principe e lo condusse alla porta dell’entrata del castello, dove la regina Daenerys aveva appena fatto capolino con un’espressione sconvolta.
 
Note dell’autore:
 
Ed eccoci nuovamente qui! Abbiamo ritrovato Sam, che da una mano come può a Jon. Gli ho lasciato solo un ruolo abbastanza marginale, perché penso che su di lui il grosso del racconto sia più incentrato sulla Cittadella, e lascio al Gran Maestro Zio Martin quel discorso. Ho solo voluto che i due si potessero almeno rivedere, visto che ogni volta che Jon saluta qualcuno quello accidentalmente perde la vita (ricordiamo Ned, Robb, Benjen…).
Gli ho dato il compito di rintracciare quanto più materiale possibile per aiutare in questa guerra agli estranei e chi meglio di lui può compiere questa missione? Sam è un ottimo lettore, da come abbiamo avuto modo di appurare, ma non è il solo. Anche Tyrion sappiamo amare molto leggere. E anche il principe Viserys, ma non mi soffermo a parlare di lui. Poi ho messo Sansa, che essendo la tipica lady ovviamente da ragazza diligente compie il suo dovere, al contrario di Lyanna che non sopporta per niente quell’idea e sbuffa in continuazione.
Ho voluto appositamente avvicinare Lyanna e Viserys, in maniera che anche altre persone si accorgessero dello strano rapporto che si sta instaurando tra di loro. Avete notato le frasi che poi le rivolge? Sembra come se le voglia far capire qualcosa, ma Lyanna non sembra aver afferrato il concetto, distratta dall’incendio sul cortile. Ci stava un po’ di fuoco, dopo tutto quella neve e quel ghiaccio!!
Il principe si affretta a soccorrere la donna e le salva la vita innumerevoli volte. Qui ho voluto appositamente mostrare quanto sia sostanziale la differenza tra di loro. Lyanna è impulsiva e coraggiosa, non si fa spaventare dal fuoco; mentre il principe è riflessivo e attento, forse più abituato con questo elemento da conoscerne anche tutti i pericoli.
Inspiegabilmente il principe non porta alcun segno delle bruciature, un fatto abbastanza strano, visto il modo in cui è morto, ma ci torneremo più avanti su questo argomento (se qualcuno ha già qualche idea, mi piacerebbe sentirla!).
Infine la scena con Jon. Il ragazzo è preoccupato per sua madre ovviamente, e così a sangue freddo non riesce a trovare alcuna soluzione per liberarli, invece il principe fa un gesto avventato, ma risulterà essere l’unica loro salvezza. Jon quando vede sua madre sana e salva corre ad abbracciarla.
Stranamente il principe gli dice quella frase riguardo ai poteri di un re, come a volergli insegnare una lezione. Quella frase non piace al nostro lupo bianco, ma non può obbiettare, perché si accorge che ha perfettamente ragione.
 
Ho deciso di concludere qui questo capitolo, anche se in realtà aveva anche una seconda parte, ma mi sono resa conto che era già troppo lungo, così ho dovuto dividerlo.
Ringrazio tutti quelli che stanno seguendo questa storia, a quelli che mi hanno lasciato una recensione, siete stati carinissimi!!! E mi state dando la carica per continuare!
Un caloroso abbraccio, alla prossima!!

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Capitolo 9
*** A Cavallo di un Drago ***


La convivenza con tutti quegli eserciti sparsi per il nord non fu facile. I Martell appostati a Deepwood Motte, non amavano i Lannister che risiedevano a Piazza di Torrhen. I Tyrell, invece erano stati dislocati a Forte Terrore, per tenerli più lontani possibili sia dai Dorniani che dai Leoni di Castel Granito. A Karhold vennero mandati i cavalieri della valle di Arryn comandati da Ditocorto, mal visto da un po’ tutti i lord del sud. Inoltre dothraki e immacolati non riuscivano ad ambientarsi coi bruti. E per finire gli uomini del nord avevano cominciato a non sopportare tutti quegli stranieri nella loro terra, con le loro stravaganti usanze e i loro modi bizzarri. A volte Jon non sapeva come fare, ma il sostegno della regina e di suo fratello spesso gli era stato molto d’aiuto. I tre assieme riuscivano a trovare soluzioni davvero efficienti per tutti i problemi che si creavano. In più Jon trovò in Daenerys e in Viserys ottimi consiglieri e strateghi.
 
Un pomeriggio mentre Lyanna, Brienne e Meera stavano allenando le loro rose nel cortile, Jon ed il principe Viserys passeggiavano su un camminamento coperto che congiungeva l’armeria al grande mastio. Jon vide che il principe voltò lo sguardo al di là delle finestre, proprio dove c’erano le rose. Capì subito dove il suo sguardo si fosse posato. Sentì un forte senso di rancore montargli. Non gli piaceva che guardasse sua madre. Lei ne aveva già passate tante, troppe. Non avrebbe permesso a nessun uomo di prenderla in giro. Lei l’amore l’aveva già conosciuto, e purtroppo ora sapeva che non l’avrebbe mai potuta vedere felice. Men che meno con lui. Ma si trovò a pensare che non fosse un uomo malvagio. Ultimamente lui ed il principe avevano passato spesso e volentieri giornate assieme, anche se doveva ammettere preferiva la compagnia di sua sorella. Ma aveva avuto modo di scoprire che i loro caratteri erano simili. Entrambi miravano al bene della gente, erano taciturni e parlavano solo se spinti a farlo. Inoltre Viserys era un ottimo ascoltatore. Spesso delle sere rimanevano in silenzio ad osservare il paesaggio sulla cima della torre più alta, oppure sulle mura di difesa.
-Vi va se andiamo anche noi in cortile? – gli domandò Jon in quel momento.
Il principe voltò lo sguardo verso di lui.
-Intendete forse sfidarmi a duello, sua maestà? –
-E’ solo per tenerci in allenamento. Quest’oggi salvo complicazioni, abbiamo per la prima volta qualche ora di libertà. –
-Non ditelo ad alta voce, qualche orecchio irrequieto potrebbe essere in ascolto. – scherzò lui.
Così Jon e Viserys passarono per l’armeria a prendere le cotte di maglia e le protezioni. Si cinsero le loro armi in vita ed uscirono in cortile.
Lyanna li vide avvicinarsi.
-Fermatevi! – gridò alle sue allieve – salutate il vostro re… ed il principe Viserys. – scandì bene le parole.
-Non inchinatevi. – disse imbarazzato Jon – per favore. Siamo solo venuti a sgranchirci un po’ le braccia. – e sorrise timidamente. Lyanna gli diede un bacio su una guancia.
-Fai attenzione. – lo avvertì la donna all’orecchio.
-Tranquilla, so badare a me stesso. – le rispose sorridendo.
Si affrontarono, ma il duello sembrò molto ben bilanciato, corretto e tranquillo. Il cuore di Lyanna era in apprensione fin da subito, ma si accorse che il principe non sembrava voler far del male a suo figlio. Pareva come se fossero due vecchi amici che impugnavano le spade tra loro. A Lyanna tornò alla mente l’incontro tra Rheagar e Ser Arthur Dayne. Aveva avuto la stessa identica sensazione. Jon sono felice che tu abbia trovato in lui un amico, ma se la situazione dovesse farsi critica chi credi che affiancherà Viserys? La sorella che gli ha salvato la vita o il nipote che non sa di avere?
Lyanna sperò di non dover mai trovarsi a vivere una situazione del genere, ma visto il comportamento della regina negli ultimi periodi, tutto poteva succedere.
 
Tre settimane dopo arrivò un corvo da Forte Terrore. Un carro del loro rifornimento era rimasto intrappolato nella neve a metà strada. Jon era stato chiamato da Edd Tollet, ora lord comandante dei Guardiani della Notte al Castello Nero ed era partito la mattina precedente con la regina Daenerys, Ser Barristan, Mance Rayder e alcuni uomini fedeli. In sua assenza Ser Davos manteneva l’ordine e Sansa aveva il comando del castello. Per risolvere il problema sulla strada per Forte Terrore, mandarono degli uomini capitanati da Tormund, ma Lyanna si precipitò sul suo cavallo e partì con loro.
-Lady Stark! Non oltrepassate le mura! – le ordinò, ma la donna era già sparita.
Raggiunsero in due giorni il convoglio. La carrozza era caduta di lato e la troppa neve, scesa durante la bufera, impediva di risollevarla. Solo l’intervento di Viserys, che arrivò a cavallo di Rhaegal, potè risolvere la situazione.
-Mia signora, mi ha mandato Ser Davos a riprendervi. Se volete potete salire con me, torneremo a Grande Inverno più in fretta e il vostro cavaliere si metterà tranquillo, prima che vostro fratello venga a sapere della vostra insubordinazione. – Lyanna accettò controvoglia, lasciando il suo cavallo ad un uomo ferito. Prese la mano che Viserys le porse e senza badare alle lamentele del drago, salì in groppa.
 
-E’ strano che non abbiate paura di un drago. – disse il principe tenendo le redini. Lyanna era seduta di fronte a lui e poteva sentire il suo petto premere sulla schiena.
-Ci sono cose più orribili di un drago. –
-Gli andali e i primi uomini non la pensarono così, quando si videro arrivare Balerion, il terrore nero! –
-Mi state forse mettendo in guardia su di voi e vostra sorella, principe Viserys? –
-Non siamo vostri nemici, lady Stark, pensavo ormai l’aveste capito! –
-Allora come dobbiamo considerarvi? Come nostri salvatori oppure dei conquistatori? –
-Mi risulta che per il momento mia sorella non abbia imposto al vostro re di inginocchiarsi. Quindi siamo semplicemente vostri alleati. –
-Spero che non vogliate suggellare quest’alleanza con un matrimonio. –
-Non obbligherò mia sorella a sposare un uomo se non lo ama. – Lyanna fu felice di sentirlo dire, anche lei voleva che Jon trovasse di nuovo l’amore. Il ragazzo le aveva parlato della donna dei bruti che aveva amato. Sperava tanto che suo figlio potesse trovare qualcun'altra a scaldargli il cuore. Gli augurava un amore, come quello che lei aveva provato. Le torri di Grande Inverno si stagliarono di fronte a loro.
Rhaegar, avevi ragione tu! Non è un privilegio amare qualcuno che non puoi avere al tuo fianco. È una condanna. Ora lo capisco! Mi sento come la principessa della tua canzone. Quella che non potè vivere con l’uomo che amava. Io ho avuto un assaggio dell’amore vero, ne sono stata felice finche è durato, ma poi tutto mi è stato tolto.
-Voi avete mai conosciuto l’amore, lady Stark? – le chiese a bruciapelo. Lyanna trasalì. Sentiva il volto del principe troppo vicino al suo collo.
-No. – mentì lei. Le sembrò che Viserys si fosse irrigidito alla sua risposta, così continuò – e non mi interessa! – finse di essere ancora la ragazzina spensierata e testarda di un tempo. Quella era la risposta che aveva sempre dato a Brandon o a Benjen, quando la prendevano in giro. Erano le parole che avrebbe potuto dire, prima di varcare le porte del castello di Harrenhall. Erano le parole di Arya Stark.
-E’ un vero peccato! – la risposta di lui la sorprese – l’amore a volte ti fa fare cose stupide, ma penso che chiunque dovrebbe provare un sentimento vero e profondo! –
-Sembra che il vostro cuore batte per una donna! – non seppe perché quelle parole le erano uscite, ma non potè più rimangiarsele. Se le voci erano corrette la risposta che le avrebbe dato la conosceva.
-A quanto pare batte ancora... – rispose lui enigmatico, controllando l’atterraggio di Rhaegal.
-Lei lo sa? – chiese Lyanna mentre allungava le mani per tenersi al drago, ma questo quando sentì il contatto della donna, voltò il muso nella sua direzione per ribellarsi. Il principe gli diede un ordine secco in alto valyriano, Lyanna non capì una sola parola, ma il drago evidentemente sì, perché ritornò a guardare il suolo, mentre planava.
-Tenetevi a me, Lady Stark. Rhaegal non ama il tocco di estranei. – dicendo questo, le mise un braccio attorno al suo ventre, per evitare che rischiasse di cadere. Dentro di sé Lyanna si sentì esplodere dall’irritazione, ma non potè ribellarsi.
Le zampe del drago toccarono terra, piegando aggraziato le ali. Jon e Daenerys li stavano raggiungendo a piedi. Viserys prima di scendere, però la trattenne ancora in quella posizione e avvicinò il volto al suo orecchio:
-Per rispondere alla vostra domanda … - le sussurrò piano, Lyanna sentì un brivido lungo la schiena – spero che la mia regina se lo ricordi! – la donna trasalì.
-Siete tornati sani e salvi. – li interruppe la regina Deanerys, avvicinandosi al suo drago – Viserys mi hai riportato Rhaegal senza un graffio, anche se vistosamente infreddolito. –
Jon nel frattempo stava aiutando Lyanna a scendere.
-L’aria si sta facendo molto più rigida, sarà meglio prepararci all’avanzata del ghiaccio. – assentì il principe, saltando a terra e dando un bacio sulla fronte alla sorella.
-Sapevo che ti piaceva cavalcare, ma non avrei mai pensato di vederti in groppa ad un drago. – scherzò Jon rivolgendosi invece a sua madre. Si abbracciarono calorosamente. Era strano, non ce l’aveva con lei. Guardò Ser Davos alle porte del castello. Lui le fece solo un cenno con la testa. Capì che doveva averla coperta con suo figlio.
-Era necessario che il mio cavallo rimanesse lì per trasportare alcuni feriti. Tormund me lo riporterà indietro. –
-Vostra sorella è davvero una donna coraggiosa! Non teme i draghi, né tanto meno le sfide! – esordì il principe. Jon lo guardò ma non si espresse. Lyanna lo fulminò con lo sguardo, senza farsi però vedere da suo figlio.
-Siete tornati presto dalla barriera! – disse la donna cercando di velare il disagio che provava in presenza del principe.
-Con i draghi ci si sposta molto più in fretta! – Lyanna notò lo sguardo che Jon e la regina si erano scambiati. Sembrava che qualcosa tra loro fosse cambiato. Si strinse nel mantello, il suo sesto senso le faceva temere quella nuova situazione. Jon si stava avvicinando troppo alla regina. Ebbe il timore di poterlo perdere. Loro erano veri draghi, e temeva che suo figlio prima o poi si sarebbe bruciato con il loro fuoco. Quello era tutto ciò che lei non poteva dargli. Ne ebbe paura, anche se sapeva che era nel suo sangue e prima o poi il destino glielo avrebbe fatto conoscere. Notò che il principe ancora la guardava. Distolse lo sguardo, nervosa. Quelle parole sussurrate all’orecchio l’avevano turbata, e quella notte ne capì il motivo.
 
I suoi incubi le vennero a far visita. Di nuovo vide tutte le morti scorrere davanti a lei. Ma quando arrivò sulle acque del Tridente, questa volta non le vide scorrere e riempirsi di sangue. Scorse invece giungere un esercito di uomini dalle armature di ghiaccio. I loro occhi erano di un anomalo azzurro. Capì che doveva trattarsi dell’esercito degli estranei di cui gli avevano raccontato Jon e Bran. Dietro di lei arrivarono tre draghi. Con tre cavalieri a cavalcarli. Sul drago nero era seduta la regina Daenerys, su quello chiaro il principe Viserys, mentre su quello verde suo figlio Jon, che planò alla sua sinistra. Lyanna lo chiamò:
-Jon che fai? –
-Combatto gli estranei! Era scritto nel mio destino, madre! Tu lo hai sempre saputo! – e comandò a Rhaegal di decollare. Nel cuore di Lyanna si dilagò il terrore. La profezia di cui Rhaegar mi aveva parlato. Ricordò improvvisamente.
-No Jon, ti prego! –
Ma alla sua destra planò anche Viseryon con il principe Viserys:
-Venite! – non seppe perché, ma Lyanna non se lo fece ripetere due volte, salì in groppa alla bestia alata, che sembrava essersi abituata alla sua presenza.
-Dobbiamo fermarlo!! –
-No Lyanna, dobbiamo lasciarlo fare, questa è sempre stata la sua missione! –.
-Lo uccideranno!! - la donna era talmente agitata che, in un primo momento non si accorse di come il principe si era rivolto a lei – Aspettate, come mi avete chiamata? - si voltò verso di lui, e solo in quell’istante vide che non portava la sua solita maschera. Quello non era Viserys, ma Rhaegar.
Lyanna sbarrò gli occhi. Lui le sorrise dolcemente.
-Mi manchi amore mio! –
 
Questa volta gli occhi di Lyanna si aprirono davvero. Era buio e il silenzio era rotto solo dai suoi respiri agitati. No, no, no!!! Il suo cuore batteva all’impazzata. Era agitata sì, ma non tanto perché aveva fatto un sogno diverso dal solito, né tanto meno perché aveva sognato che Jon avrebbe combattuto contro gli estranei in prima fila. Sapeva che quello sarebbe successo prima o poi. E aveva già deciso che se suo figlio avesse mai dovuto perdere la vita, lei semplicemente si sarebbe tolta la pietra che teneva al collo. Non era neanche tanto sconvolta, perché suo figlio avrebbe cavalcato un drago; d’altronde nelle sue vene scorreva anche il sangue dei Targaryen, e la regina aveva un drago in esubero. Il destino aveva voluto che fosse proprio quello col nome ispirato a suo padre.
No, il suo tormento maggiore lo aveva provato nel rivedere il volto di Rhaegar. Da quando era tornata in vita, non era mai riuscita a sognarlo. Lo cercava, lo chiamava, ma non lo trovava mai. Perché proprio ora riesco a rivederti? Un pensiero amaro fece capolino nei suoi pensieri. Perchè dovrei vedere Rhaegar in Viserys; sono due persone totalmente diverse! Sentiva che non era davvero così. Stava mentendo a se stessa e non lo voleva ammettere. No, non posso provare qualcosa per lui. Io amo Rhaegar, l’ho sempre amato! Non posso innamorarmi di qualcun altro! Men che meno di suo fratello!
La decisione che prese, fu drastica. Ma necessaria.
 
Note dell’autore:
Scusate l’attesa, ma sto combattendo tra mille impegni lavorativi, famigliari e anche tecnologici! Un maledetto virus sul computer mi sta stressando l’anima, e sono costretta a chiedere in prestito i pc di amici per poter pubblicare e scrivere la storia.
Ma torniamo a noi. Abbiamo un’alleanza forte tra i lupi e i draghi, ma i loro alfieri non la vedono proprio nella stessa maniera. Nel nord c’è molto malcontento e Jon cerca di fare meglio che può, anche grazia all’aiuto dei Targaryen. Il suo rapporto con loro sta cambiando. Trova in Daenerys un’ottima consigliera e in Viserys un buon amico, anche se l’interesse che prova per sua madre, lo innervosisce parecchio. Cerca però di mascherarlo, d’altronde lui come tutto il castello sono convinti che tra i due fratelli ci sia del tenero e non se la sente di fare figuracce. Poi ce lo vediamo Jon, intromettersi in una coppia? Io no, sinceramente!
Mi piaceva l’idea che si sfidassero a duello anche solo per allenamento, e i pensieri di Lyanna nel vederli fanno capire che tra i due non c’è alcun astio.
Poi abbiamo un piccolo episodio vissuto da lei che porterà ad un punto di svolta nel prossimo capitolo. Chissà cosa succederà? Nessuno se lo domanda? Qualche mistero comincia a dissolversi e qualche alleanza potrà vacillare per questo. Grazie mille a tutti quelli che hanno letto con interesse questa storia e attendono la pubblicazione dei prossimi capitoli!! grazie anche per le recensioni positive che ho ricevuto fin'ora!

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Capitolo 10
*** Identità Svelata ***


Lyanna aveva cercato di non farsi mai trovare da sola. Evitava i luoghi più isolati. Rimaneva sempre al fianco di qualcuno, Jon, Sansa o Lady Brienne. Una volta si era anche ritrovata a scappare nelle cripte, per evitare di incrociare il principe per strada. Ed era rimasta lì quasi tutto il pomeriggio. Questo comportamento non era da lei, ma ora che suo figlio aveva instaurato un così bel rapporto con loro, non voleva certo essere la causa di altri guai. Aveva camminato per i sotterranei tra le tombe dei suoi avi, aveva oltrepassato i grandi re del nord. Un giorno anche Jon troverà il suo riposo qui, ora che ha il nome di uno Stark? Poi raggiunse le tombe di suo padre e suo fratello Brandon. Si fermò a commemorare i suoi morti. E infine arrivò a quello che per anni era stato il suo giaciglio. La sua tomba era ancora come l’aveva lasciata. Non ci era più tornata, da quel giorno. La sua statua giaceva semi distrutta in obliquo. C’erano pietre e macerie tutt’attorno. Lyanna portò la torcia più vicino alla statua. Pensò che Ned aveva avuto proprio una bella pensata. Chissà quante volte sei venuto qui a parlarmi, e io non ti ho mai potuto udire! Abbassando lo sguardo, piena di rimorsi, notò che qualcosa dentro la sua statua rifletteva in maniera anomala la luce della fiamma. Appoggiò la torcia su una cavità del muro, e con le mani cercò di rompere un pezzo di selce per ingrandire il foro che si trovava sul petto della statua. Dovette aiutarsi con una pietra trovata per terra ed infine riuscì ad estrarre l’oggetto. Era un grosso sasso di forma ovale, tutto ricoperto di scaglie. Il suo colore era di un rosso acceso e sembrava ci fossero dei riflessi argentati, ma quando lo avvicinò alla luce, capì che sembravano più azzurri. I ricordi riaffiorarono. Come ho fatto a dimenticarmene. Questo è l’uovo di drago che Rhaegar aveva riservato a nostro figlio. Devo farglielo avere al più presto!
Riguardò nel foro della statua, c’era qualcos’altro che riluceva al suo interno. Lyanna vide un oggetto argentato e un rilievo che conosceva bene.
Non posso crederci… rimase a bocca aperta. Ned, come hai fatto a portare quest’oggetto qui?
Sorrise e si mise una mano sul cuore, sentì la pietra con le rune sotto le dita e cominciò a delinearne le forme. Pensò che in seguito avrebbe dovuto trovare un modo per farsela portare nelle sue stanze. Era forse l’unica cosa materiale che gli rimaneva di lui, a parte Jon.
Decise di ritornare verso il castello, e nascose l’uovo sotto il suo mantello. Pesava molto, ma le braccia di Lyanna erano ben allenate. Quando uscì all’aria aperta, vide però che vicino all’entrata del castello c’era Tyrion Lannister che parlava con la regina e il principe. Lyanna non voleva che scoprissero che lei aveva trovato un uovo di drago. Voleva proteggere quel segreto, come aveva fatto per tutti quegli anni suo fratello Ned. Era stata lei a farglielo promettere. E lo aveva condannato a mentire alle persone che amava. Ora quel peso era passato a lei. L’uovo apparteneva a Jon, non voleva che la regina lo reclamasse come suo, ignara della parentela che la legava al ragazzo.
Decise di entrare nel Parco degli Dei, lì sarebbe stata al sicuro. Nessuno l’avrebbe disturbata. Avrebbe trovato un nascondiglio per l’uovo di drago e più tardi sarebbe andata a riprenderlo. E così fece.
 
Lo avvolse nel suo mantello e lo nascose nell’antro cavo di un albero. Lo ricoprì di neve fresca, così che nessuno lo notasse. Poi ritornò sui suoi passi. Il vestito che indossava era scomodo per camminare in mezzo alla neve. Era di velluto azzurro chiaro, con maniche aderenti e la gonna ampia. Sopra indossava un soprabito bianco, allacciato sul davanti con una cintura argentata e le maniche avevano uno spacco che partiva dall’incavo del gomito, scendendo fino a terra. Senza il mantello percepiva il gelo, quindi si affrettò a raggiungere la fortezza.
Un pugnale le sfiorò la guancia sinistra andando a fermare la sua corsa sulla corteccia di un albero. Era affilato e anche se l’aveva solo sfiorata, Lyanna sentì il bruciore del lieve taglio che le aveva aperto sulla pelle. Una goccia di sangue le scese. Si voltò allarmata. Di fronte a lei c’era Nim, la giovane ragazza che aveva viaggiato con il principe Viserys lungo la strada per Harrenhall. Sul volto aveva un’espressione di puro odio.
-Che stai facendo Nim? – le chiese turbata, ora che ci pensava l’aveva vista raramente girare per il castello.
-Il mio nome non è Nim, come il tuo non è Arya Stark! –
Lyanna rimase a fissarla stupita. Che ne poteva sapere lei di come si chiamava in realtà?
-Chi sei dunque? – le chiese – una spia dei Lannister? La regina ha stretto un’alleanza con noi! Non siamo più nemici! –
-Decido io chi è il mio nemico! – disse con voce convinta la ragazzina – e voglio che tu mi dica il tuo vero nome. Re Jon sa che sei un’impostora? -
-Jon mi conosce e si fida di me. – fu la risposta della donna.
-Ma io no! – detto questo cominciò ad attaccarla con un altro pugnale.
Lyanna cercò di fuggire ed evitare i suoi colpi, ma non le fu tanto facile. L’abito non era adatto al combattimento. Accusò una ferita sull’avambraccio sinistro e il tessuto azzurro presto si inzuppò di sangue. Lyanna riuscì a bloccare la sua presa e a levargli il pugnale dalla mano. Gocce rosse colavano sulla neve fresca ad ogni movimento del suo braccio ferito. Nim allora sfoderò la sottile lama della daga che teneva al suo fianco.
-Non puoi nemmeno immaginare chi mi ha regalato questa spada! – il suo sorriso era minaccioso e terrificante. Lyanna si osservò cauta attorno a sé, doveva trovare una via di fuga.
-E’ stato proprio il tuo re a darmela, l’ultima volta che ci siamo visti! – la donna la guardò stupita.
-Non sono a conoscenza dei legami che ti collegano a Jon, ma io non sono una minaccia! – cercò di prendere del tempo, pensando si trattasse di una giovane invaghita di suo figlio.
-Se fossi la vera Arya Stark sapresti di cosa sto parlando! – e cominciò ad attaccarla.
Lyanna si scansò ai suoi affondi, ma sapeva di essere lenta rispetto ai movimenti fluidi e ben piazzati della ragazzina. Non aveva armi con sé, né l’abbigliamento adatto. Nim le infilò la punta della spada nella spalla destra, facendo a brandelli il tessuto che mostrò la pelle nuda. Lyanna urlò. Ebbe poi un sussulto e fece qualche passo indietro, quando la giovane estrasse l’arma dal suo corpo. Barcollava. Credeva di impazzire dal dolore. Con la mano insanguinata dal taglio sul suo avambraccio, premette sulla ferita alla spalla destra. Il sangue scendeva caldo e copioso rovinando il tessuto del vestito. Sapeva che Nim l’aveva in pugno, ma non poteva cedere. Jon non voleva che lei rivelasse la sua vera identità, e non poteva fidarsi di chi era dalla parte dei Targaryen. Tutti i loro alleati erano nemici degli Stark, una sola mossa falsa avrebbe dipeso l’alleanza tra i lupi e i draghi. Nim ricominciò il suo attacco. Lyanna cercò di sfuggirle, ma la sottana le si impigliò in un cespuglio. La giovane ragazza la prese per i capelli e la strattonò verso di lei. La tenne ferma bloccandole le braccia da dietro e le puntò la spada alla gola. Avevano la stessa altezza notò Lyanna. Poi Nim le puntò la spada alla gola e le disse:
-Dimmi chi sei realmente! –
-Non posso, ho promesso!– riuscì a dire Lyanna in un sussurro.
-Allora tieniti le tue stupide promesse! – e avvicinò ancora di più la lama alla gola – Vorrà dire che la vera Arya Stark ti guarderà morire. – detto questo si portò una mano al volto e levò quella che era una maschera. La sua faccia cambiò e Lyanna potè quindi vedere il vero volto di Nim. Per qualche istante le sembrò di rivedersi allo specchio. Quella era la sorella perduta di Jon, Sansa e Bran. Arya, la figlia di Ned. I capelli, gli occhi e i tratti del viso erano quelli di una Stark. E come le avevano detto le assomigliava in una maniera impressionante. Ma qualcosa la faceva sembrare una completa estranea. Aveva un’espressione molto risoluta e minacciosa. Come quella di un’assassina.
 
-Fermati Nim! – Lyanna riconobbe la voce. Nuovamente il principe Viserys le stava salvando la vita. Impugnava la sua spada e si stava avvicinando con aria minacciosa. Dietro di lui arrivarono anche sua sorella la regina, Ser Barristan, re Jon, Sansa e Tyrion Lannister.
-Arya! – disse Jon quasi in un sussurro riconoscendola al primo sguardo. Sansa strabuzzò gli occhi per la sorpresa e si coprì la bocca con le mani.
-Ciao fratello! Ti si addice il titolo di re! – scherzò Arya.
Lui sorrise, poi si fece serio:
-Lo sai che non si devono impugnare armi in un luogo sacro. Lascia andare quella donna adesso, e vieni a farti abbracciare! – Jon cercò di sistemare la situazione con queste parole. Il principe voltò lo sguardo verso di lui, sembrava alquanto innervosito.
-Ti mancavo così tanto che hai pensato di sostituirmi con lei? Perché si fa chiamare col mio nome? – chiese la ragazzina. Lyanna sentì il pugnale premerle più a fondo e una scia calda le calò sul collo. Gemette. Non posso morire proprio adesso, Jon deve sapere dell’uovo. Sia Jon che il principe Viserys fecero un passo avanti pronti a scattare per difendere la vittima.
-Fermi o le taglio la gola! – minacciò la vera Arya Stark – Non mi arresterò finchè non saprò chi sei in realtà! – Lyanna capì che era finita. Guardò suo figlio e intuì che lui aveva compreso quello che le frullava nella mente. Il ragazzo mosse la testa da una parte all’altra. Non voleva che sua madre svelasse la sua vera identità in quella situazione, soprattutto di fronte alla regina dei draghi, ma non sapeva in che altro modo fermare sua sorella.
-Arya ti prego vieni al castello e parliamone di fronte ad un buon piatto di focacce alle verdure. Ricordi? Erano le tue preferite. – cercò di sviare lui. Il principe si voltò a guardarlo teso.
-Non mi prendere in giro Jon! Non sono più la ragazzina ingenua che conoscevi! Ho visto nostro padre morire! Ho ucciso delle persone! Sono sopravvissuta a cose che neanche ti puoi immaginare! – nei suoi occhi si intravvedeva tutta la sua frustrazione.
-Quando ti ho incontrato in quella radura, ricordi quello che ci siamo detti? – ad intervenire era stato il principe – E se non sbaglio abbiamo fatto un accordo. – tutti si voltarono a guardarlo.
-Sono stanca di aspettare! Io voglio le mie risposte! –
-Ti avevo promesso che saresti arrivata qui sana e salva! Mi sembra di averti dimostrato che ti puoi fidare di me! – continuò lui quasi ignorandola.
-Questa è un’altra questione! Non posso sopportare che lei si sia spacciata per me in tutto questo tempo! – poi voltò lo sguardo verso i suoi fratelli – e che voi non vi siate neanche preoccupati di cercarmi! Le avete dato anche la mia stanza!! – urlò Arya risentita.
-Ti dirò chi sono! – disse improvvisamente la donna con voce gutturale, smettendo di combattere.
Arya diminuì un po’ la presa, per permetterle di parlare, ma rimase comunque ben attenta a non lasciarla scappare.
-Parla avanti! – le disse stringendole i polsi. Lyanna per un attimo socchiuse gli occhi dal dolore. Quando li riaprì vide scintillare piccole sfere di luce. Le stava massacrando le ossa delle dita, aveva una presa molto salda, pur essendo solo una ragazzina. Il volto di suo figlio era sfigurato dalla paura, quello del principe poteva solo immaginarselo uguale.
-Sono una Stark di Grande Inverno…- attese qualche istante per riprendere fiato.
-Bugiarda! Non sei una Stark! Mia madre ha avuto solo due femmine, io e Sansa. E lo zio Benjen non può sposarsi visto che è un guardiano della notte!- continuò a premerle il pugnale sulla gola.
Lyanna capì che doveva essere sincera se voleva salva la vita:
-Il mio nome è Lyanna Stark, e sono la sorella di Ned, tuo padre. –
Tutti per un attimo rimasero interdetti. Jon e Sansa si guardarono turbati. Arya si mosse da un piede all’altro:
-Non mentire!!! – strillò la ragazzina - Mia zia è morta molti anni fa! Mio padre l’ha fatta tumulare sotto le cripte di Grande Inverno! –
-Ed è lì che l’abbiamo riportata in vita.- intervenne Sansa – Arya, lasciala andare! –
La ragazzina guardò sua sorella maggiore furiosa:
-Zitta tu! Hai già mentito una volta, portando alla morte il mio amico Mika e nostro padre. Perché dovrei crederti ancora? Sei sempre stata pronta a mentire di fronte ad un re solo per i tuoi tornaconto! –
Sansa rimase in silenzio turbata dalle parole della sorella.
-Sansa dice il vero, Arya. – disse Jon calmo.
-A che scopo riportare lei in vita? Perché non far tornare nostro padre, invece che un’inutile donna? –
Jon non seppe che rispondere, voleva poterle spiegare tutto, ma il pensiero di come avrebbero reagito i due Targaryen lo preoccupava. Lyanna vide il suo malessere e prese per lui la decisione più importante.
-Perché sono la vera madre di Jon. – disse infine la donna.
Tyrion rimase a bocca aperta, nella sua testa frullarono mille pensieri e spostò il suo sguardo da Lyanna a Jon e viceversa.
-Effettivamente la somiglianza è impressionante. – disse balbettando tra sé, poi i suoi occhi si spostarono sulla regina Daenerys, che guardava la scena confusa. Quel nome l’aveva turbata, era evidente.
Arya non riusciva a capire.
-Non è possibile! Lui è mio fratello, come può essere tuo figlio? –
-In realtà voi siete cugini. – cercò di spiegare Lyanna – prima di morire chiesi a vostro padre, di crescere mio figlio come se fosse suo. –
-Perché? Perché mio padre ci avrebbe mentito per tutti questi anni? – chiese Arya disorientata.
-Per proteggerlo! – a parlare era stato il folletto, sorprendendo tutti, la sua voce era calma e le parole le pronunciò lente, come se stesse formulando un filo logico dei suoi pensieri – Quando re Robert vinse la guerra, la vita di Jon era in pericolo, esattamente come lo erano quelle di Daenerys e Viserys. Robert Baratheon non si sarebbe mai fermato, avrebbe ucciso ogni Targaryen ancora in vita.- Lyanna lo guardò, intuendo che aveva capito.
-Io e mio fratello venimmo messi in salvo a Essos, che centra re Jon con noi. – chiese Dany con aria innocente. I suoi occhi erano spaesati. Tyrion la guardò teneramente.
-Jon Snow è figlio del principe Rhaegar Targaryen, non è così lady Lyanna? – Tyrion si rivolse direttamente a lei questa volta. Jon abbassò lo sguardo afflitto, la perspicacia del nano era conosciuta. Tutti gli sguardi ora erano fissi su di lei, ma il più intenso era quello della regina dei draghi. La donna non ebbe timore, e rispose con orgoglio.
-Sì, Jon è vostro nipote, regina Daenerys, l’unico vero erede del Trono di Spade. – le due donne si guardarono per diverso tempo. Lyanna aveva gli occhi di ghiaccio di una fiera donna del nord, la regina d’argento sembrava una bambina smarrita nelle sue iridi d’ametista.
 
Arya abbassò la sua arma e si allontanò dalla donna. Non riusciva a credere alle proprie orecchie. Anche per gli altri fu la stessa cosa. Jon si avvicinò a sua madre con passo deciso, le asciugò il rigagnolo di sangue dalla guancia e la coprì con il suo mantello. Le prese il braccio sinistro e controllò il lungo taglio che sanguinava. Ma quello che lo preoccupava maggiormente era la ferita alla spalla. Era profonda e dovevano medicarla al più presto. Viserys li osservò senza muovere un muscolo. Non andò nemmeno a confortare sua sorella. Forse anche lui era stato scioccato dalla notizia. La regina Daenerys continuò a guardare l’uomo che aveva conosciuto come Jon Snow, il lupo bianco.
-Non è possibile! Tu non puoi essere il figlio di mio fratello… - fissò i suoi occhi grigi, i lineamenti duri del volto, i capelli scuri. Non c’era niente che potesse neanche lontanamente riconoscere in un suo familiare.
-A volte succede mia regina. Da quello che so anche Rhaenys aveva preso i tratti della madre, la principessa Elia. – tentò di spiegare Tyrion.
Lyanna non potè rimanere zitta:
-Non parlare di loro, Lannister. Fu tuo padre a ordinare la loro morte! – il nano la guardò infastidito.
-Forse è meglio se rientriamo tutti al castello. Lady Stark deve essere curata, sta perdendo molto sangue. – Ser Barristan accompagnò la regina verso l’uscita del bosco. Il principe andò con loro, dopo aver dato un ultimo sguardo alla donna ferita.
 
Sansa guardò i suoi fratelli e sua zia.
-Che facciamo ora? – la sua voce tremava. Si scambiarono uno sguardo, ma nessuno riuscì a formulare una risposta. Jon strinse a sé sua madre, facendo attenzione a non farle male. Da sopra la spalla di lei, guardò Arya ancora vistosamente traumatizzata dalla notizia. Le fece un cenno di sorriso. Dopotutto il branco era di nuovo unito.
 
Note dell’autore:
Vi avevo accennato che qualche maschera veniva tolta? Scherzetto, non era la maschera che pensavate!! Bensì quelle di Nim, che si scopre essere Arya (anche se immagino che l’avevate già capito dalla sua prima apparizione!) ed infine anche Lyanna è costretta a dire chi è in realtà. E tutto poi solo per proteggere un uovo di drago! Che immagino ce lo siamo un po’ dimenticati con tutto quello che è successo dopo! E chissà cos’è l’altro oggetto trovato da Lyanna nella sua statua!
Ho inserito anche Tyrion perché mi piaceva l’idea che fosse proprio lui a collegare tutta la storia, pur sapendone così poco. Ho scelto lui perché sono rimasta letteralmente impressionata da come nei libri sia riuscito a risolvere il mistero di Griff e Griff il giovane. Io sinceramente non avrei mai immaginato che il ragazzo fosse Aegon (lasciando stare poi il fatto che possa essere un fake o meno). Insomma non c’erano indizi, a parte che si colorava i capelli. Voglio dire gli occhi viola da quello che sappiamo non sono solo una prerogativa dei Targaryen (Jon a parte). Abbiamo anche i Dayne e alcuni abitanti di Lys se non ricordo male.
 
Avete notato inoltre la reazione della regina a questa notizia? Cosa ne pensate? E adesso che tutti sanno di Lyanna che succederà? Continuate a leggere e vedrete!!
Spero che vi sia piaciuto, io sinceramente mi sono divertita di più a scrivere questo, rispetto a quello precedente. 

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Capitolo 11
*** Strega Rossa ***


Era approdata a Lancia del Sole con l’imponente flotta composta dalle navi dei Martell, dei Tyrell e dei Greyjoy. Finalmente aveva messo piede nelle terre dei suoi antenati. I suoi sogni si erano avverati. Ora era finalmente a casa. Viserys saresti soddisfatto di me?Verresti a complimentarti, oppure mi ruberesti il trono per cui ho combattuto fino ad ora?
Affacciata al balcone osservava le fontane creare giochi d’acqua e le piscine dove dei bambini dalla pelle olivastra giocavano e si rincorrevano. Il cortile era ricoperto di pallido marmo rosa, c’erano pozzanghere più scure laddove i bimbi lasciavano le loro impronte. Si trovava nel solarium del principe Doran, a Giardini dell’Acqua, la residenza privata della Casa Martell. Poco distante si sentiva il rumore delle onde del mare infrangersi sulla spiaggia. Le era stato riferito che quella struttura venne costruita dal principe Maron Martell come regalo per la sua nuova moglie, la principessa Daenerys Targaryen. Ellaria le aveva riservato quel palazzo come sua residenza provvisoria, fintanto che non fosse riuscita a riprendersi Approdo del Re.
-Quale palazzo migliore della vostra omonima? – le aveva detto la donna, il suo sorriso si era poi posato sul volto di Arianne Martell, l’unica figlia in vita di Doran, attuale principessa di Dorne.
Dany non sapeva se poteva davvero fidarsi di lei. A dire il vero non aveva mai saputo di chi fidarsi per davvero. Tre tradimenti dovrai conoscere… Le tornarono alla mente le parole della profezia nella Casa degli Eterni. Erano già avvenuti tutti? Lei era sempre stata convinta di si, ma ora che era tornata in quella che suo fratello per anni aveva chiamato la loro terra, non ne era più così tanto sicura.
Tyrion Lannister, era il suo più fidato consigliere, ma rimaneva pur sempre il fratello dell’uomo che aveva ucciso suo padre e dell’attuale regina dei Sette Regni; ora che li avrebbe rincontrati, si sarebbe davvero messo contro i suoi fratelli?
Varys era a capo delle spie di Approdo del Re, un ottimo alleato in una situazione come la sua, ma era davvero fedele alla sua causa?
Olenna Tyrell l’aveva solo sentita nominare. Aveva saputo che la sua famiglia era stata uccisa dall’incendio
del Tempio di Baelor. Era stata la regina Cersei a ordinare quella carneficina. Aveva usato l’altofuoco. Ripensò a suo padre per un attimo. Poi sentì alle sue spalle un leggero tintinnio di acciaio. L’uomo in armatura bianca aveva cambiato appoggio sulla gamba.
-Ser Barristan, l’alto fuoco era anche l’ossessione di mio padre, non è così? –
-Sì, sua maestà. Negli ultimi anni del suo regno, bruciò tutti coloro che credeva suoi nemici. –
-E lo erano davvero? –
-Alcuni sì. –
-E gli altri? – il cavaliere non rispose.
Quanti sono morti per la sua follia? Si ritrovò a pensare.
Un servitore bussò alla porta. Daenerys portò lo sguardo nella sua direzione.
-Mia regina, è arrivata una donna che dice di voler parlare con voi. –
-Fatela entrare. – disse guardando il suo cavaliere con aria preoccupata. Chi mai poteva chiedere udienza a lei? E come faceva a sapere che lei si trovava lì?
 
La donna che entrò era slanciata e aveva i fianchi stretti. Il corpo sinuoso era avvolto in un abito rosso. Il mantello era del medesimo colore, come anche i suoi occhi ed il grosso rubino incastonato nel girocollo. Aveva i capelli ramati scuri molto lunghi. La sua pelle era bianca e liscia, il viso era a forma di cuore. Dany la osservò molto attentamente prima di rivolgerle la parola.
-Chi siete? –
-Regina Daenerys, sono Lady Melisandre, una sacerdotessa del dio R’hllor. – Dany ricordò di aver già sentito nominare quel culto, nelle citta libere era molto diffuso – Sono stata fedele consigliera di Stannis Baratheon. Alla sua morte sostenni il Lupo Bianco, quando venne eletto Re del Nord, ma mi cacciò dalle sue terre. Nelle fiamme ho visto il vostro arrivo, così sono venuta a sud. -
-Cosa volete da me? –
-Aiutarvi nella vostra ascesa al trono. –
-Cosa cercate in cambio? Vendetta? Potere? –
-Il mio compito è quello di servire il dio delle fiamme, da lui ottengo già tutto quello di cui ho bisogno. –
-Dicevate di aver visto il mio arrivo? Com’è possibile? –
-Le fiamme mi mostrano degli eventi o delle persone che io devo servire. Nell’ultima visione ho visto voi con i vostri draghi, approdare sulle coste di Dorne e… - fece una pausa calcolata ad attirare la sua attenzione - sconfiggere la leonessa che vi ha rubato la corona. –
Dany strabuzzò gli occhi. La sacerdotessa sorrise, aveva ottenuto esattamente ciò che voleva.
-Avete visto quindi la mia vittoria? – non riuscì a celare un leggero sorriso.
-Sì, ma… non ci riuscirete da sola! – nei suoi occhi una vena di tristezza.
-Io non sono sola! Ho tre draghi e cinque eserciti al mio servizio! – il suo tono era fiero e solenne.
-E quanti comandanti fidati avete mia regina? – le chiese perplessa la donna.
Dany non riuscì a formulare una valida risposa. Era proprio quello il pensiero che l’assillava ormai da giorni. Su chi davvero poteva fare affidamento? Chi avrebbe comandato il suo esercito? Chi le sarebbe sempre stato fedele? Non aveva stipulato alcun contratto scritto, non ce n’era stato il tempo. E l’idea di creare alleanze con promesse matrimoniali non l’allettava minimamente. Un tempo aveva pensato di poter contare su Jorah Mormont, ma da quando aveva scoperto il suo tradimento, aveva diffidato della sua lealtà. Poi era arrivato Daario Naharis, ma aveva preferito allontanarlo, con grande rammarico per il suo cuore. Era solo un mercenario e Dany sapeva che alla prima occasione l’avrebbe tradita. Il conio era il suo unico interesse. Valeva più del corpo di una donna, anche se per diverso tempo le fatto credere il contrario. Ser Barristan era l’unico uomo che non le avrebbe mai voltato le spalle. L’unico di cui poteva fidarsi ciecamente. Ma anche se era ancora un ottimo combattente, era già troppo avanti con l’età e lei sapeva che aveva bisogno di affiancargli qualcun altro di più giovane. Qualcuno che riuscisse a comandare i Greyjoy, i Tyrell, l’esercito di Dorne, i dothraki e gli Immacolati. Verme Grigio avrebbe potuto aiutare Ser Barristan, anche lui era un ottimo guerriero, ma chi avrebbe mai seguito un immacolato? Il suo esercito era diviso, ci voleva qualcuno che lo rendesse unito. Forte. Imbattibile.
-Io vi posso aiutare. – disse la donna rossa. Sembrava come se avesse ascoltato i suoi pensieri. Dany la osservò mentre una delle sue aggraziate mani entrava nella manica ed estraeva da una tasca nascosta un oggetto molto piccolo.
-Questo è un anello magico. In esso è custodita una delle fiamme di R’hllor. – le disse mostrando la fede dorata in cui era incastonato un grosso rubino che emetteva dei riflessi infuocati. Dany notò che la pietra era molto simile a quella che la donna portava al collo, solo di dimensioni più ridotte.
-Cosa dovrei farmene? – le chiese con astio.
-Vi permetterà di riportare in vita chiunque voi desideriate. Tuttavia la vostra scelta dovrà essere tra coloro il cui corpo è stato donato alle fiamme. – affermò la donna, tenendo l’anello sul palmo della mano.
Dany riflettè sulle sue parole prima di darle una risposta.
-Come faccio a fidarmi di voi? – le chiese ancora con sospetto.
-Non avete sicurezze, ma avete tutto da perdere. Potete provare a conquistare il trono senza il mio aiuto. Perderete molti uomini in quel caso, non dubito che potreste vincere lo stesso quella battaglia. Ma la vera guerra è a nord. Un nemico molto più potente vi attende e voi non sarete preparata. I vostri eserciti saranno decimati e i vostri comandanti morti. Quali possibilità avrete quando il ghiaccio verrà a reclamarvi? L’inverno è alle porte ormai, so che l’avete già visto in alcune visioni. – Dany si domandò come facesse a saperlo. Lei non ne aveva mai parlato a nessuno di quello che aveva visto nelle stanze della Casa degli Eterni  a Qart. Ser Barristan, infatti, la guardò confuso.
-Quindi solo riportando in vita la persona giusta posso contare di vincere? Chi è questo nemico del nord? –
-Ogni mistero verrà svelato a suo tempo, mia regina. Ora riflettete sulle mie parole, quando tornerò da voi, sono sicura che avrete quel nome. – e uscì dalla stanza lasciando l’anello sul tavolo di fronte la regina.
 
Daenerys guardò quel piccolo gioiello brillare illuminato da un pallido sole autunnale. Aveva fatto convocare Ellaria, Ariane, Varys, lord Tyrion, Verme Grigio e Missandei.
-Cosa ne pensate? – chiese ai suoi consiglieri. Fece cenno anche a Ser Barristan di sedersi.
-Sono sincero, non credo ad una sola parola di quella strega. Ma se davvero dovrete affrontare una seconda battaglia contro un nemico ancora più potente, temo che abbia ragione. Vi servirà un alleato fidato. - disse l’eunuco con un lieve sorriso stampato sulla bocca. Dany sospettò che avesse in serbo qualche piano segreto.
-Ho partecipato a molti scontri durante il mio cavalierato, e quando uno squadrone perdeva il suo comandante, molti uomini disertavano, dandosi alla fuga o ingrossando le schiere ribelli. Non so se davvero sarà in grado di resuscitare qualcuno, ma a voi, mia regina serve un valido condottiero. Su questo non ho dubbi. – Ser Barristan la guardò convinto di quello che diceva.
Le parole del cavaliere la fecero riflettere, ma fin da quando quella donna aveva parlato di un comandante per il suo esercito, lei aveva pensato ad una sola persona. Un uomo che le era stato al fianco per molto tempo.
-Ha parlato del nord come nemico? – chiese Ellaria – Intende forse Grande Inverno? –
-Non avrebbe senso. I Bolton erano fedeli al mio adorato padre, non avrebbero mai la possibilità di battere il nostro esercito, neanche se volessero! – Tyrion si mise a ridere.
-Siete stato via per molto tempo, lord Tyrion, le cose sul continente occidentale sono cambiate. – gli comunicò Arianne.
-I miei uccelletti mi hanno informato. Grande Inverno è tornata agli Stark e ora il nord ha eletto il suo nuovo re del Nord. – Varys informò i presenti. Daenerys non fu molto felice di sentire che un altro re si era insediato sulle sue terre, ma preferì rimettere ordine al suo consiglio.
-Parleremo in seguito di tutti gli altri regnanti da spodestare e del problema del nord. Ora vi ho fatti convocare per aiutarmi a scegliere un guerriero in grado di guidare il mio esercito. La strega rossa ha detto che deve essere qualcuno il cui corpo sia stato bruciato tra le fiamme. –
-Di gente bruciata ce n’è stata, tra vostro padre e mia sorella verrebbe fuori proprio una bella lista di nomi! – rise il folletto, versandosi del vino in un bicchiere. Ellaria guardò di sbieco il nano, senza sorridere. Nemmeno la regina dei draghi trovò divertente quella battuta, dopotutto era di suo padre che sta parlando. Sangue del suo sangue. E nelle sue vene poteva correre la stessa pazzia che aveva caratterizzato anche suo fratello Viserys. Al ricordo le venne un brivido e le sue spalle ebbero un sussulto.
-C’è differenza tra bruciato in una pira funeraria oppure bruciato con l’alto fuoco? – chiese Varys.
-La sacerdotessa non ha specificato. – Dany era combattuta, non poteva conoscere nessun uomo di quelle terre, quindi tutte le sue aspettative erano condizionate nelle persone di fronte a sé.
-E’ difficile trovare un valoroso guerriero che possa aiutarvi nella vostra missione con queste caratteristiche. Alcuni sono morti da tempo e i loro corpi chissà che sorti hanno avuto. Altri sono ancora vivi, ma già avanti con l’età. – ammise Tyrion riflettendo.
-Non posso credere che non ci sia nessuno in grado di aiutarmi nei Sette Regni! – ammise sconsolata Daenerys – devo richiamare in vita Aegon il conquistatore? – allargò le braccia in segno di rinuncia.
Ser Barristan la guardò stupito. La sua fronte si increspò, mentre alcuni pensieri invadevano la sua mente, aprì la bocca per parlare, ma prima guardò gli altri consiglieri. Sembrò pentirsene e la richiuse, preferì non esprimersi.
-Non sarebbe una brutta idea. Aegon Targaryen sarebbe sicuramente un ottimo condottiero, mia signora, ma se farete tornare lui, temo che la vostra ascesa finirà. Si ricorda molto più lui che delle sue sorelle. – disse Varys con la sua espressione pacata.
-Questo perché a nord siete sempre stati una cultura esclusivamente maschilista. A Dorne viene molto ricordata la regina Rhaenys. Lei aveva molto cuore le nostre terre tanto da insistere innumerevoli volte alla nostra annessione. – annunciò Arianne.
-Non siamo qui per una lezione di storia. Ho bisogno di un nome, ed in fretta. – enunciò la regina.
Di nuovo il cavaliere fu sul punto di parlare, ma scrutando i presenti, perse l’interesse di intervenire.
-Sembra che voi abbiate già un nome, mia regina, e stiate solo attendendo un eventuale alternativa da noi. – Varys l’aveva osservata a lungo.
-Come può un solo uomo essere in grado di comandare un esercito così vasto? – Tyrion era scettico.
-Dipenda da chi è quel uomo. – il tono della giovane regina era sicuro. Ser Barristan la guardò curioso.
-Chi avete in mente? –
-Ho considerato Khal Drogo. – ma dai loro sguardi capì che non lo conoscevano. Come possono sapere chi sia, nessuno di loro era al mio fianco in quel periodo - Fu il mio primo marito. Era un signore della guerra e dei cavalli. Il suo khalasar era il più grande del Mare Dothraki. In molti lo temevano. Era un impavido guerriero e un ottimo condottiero. –
-Potrei essere d’accordo con voi, mia regina. – dal suo tono di voce però Dany capì che qualcosa non convinceva del tutto Varys, e guardando i suoi consiglieri, nemmeno loro sembravano del tutto concordare su quel nome.
-Cosa vi turba? Non siete forse d’accordo con la mia scelta? –
-Non voglio mettere in dubbio il suo valore, ma siete davvero sicura che un uomo dothraki vi possa aiutare a riconquistare i Sette Regni? Non parla il nostro idioma, e non conosce queste terre. – le fece notare.
Dany riflettè qualche istante.
-Quindi voi mi dite di scegliere un uomo di Westeros? –
-Almeno quando darà degli ordini gli uomini lo capirebbero! – spiegò Ellaria sorridendole.
-Visto che siete i miei consiglieri allora consigliatemi! Trovate un nome entro domani, altrimenti la mia scelta sarà l’unica possibilità che avrò. Lady Melisandre attende. Il mio regno attende. E io non ho alcuna intenzione di perdere la guerra solo perché non ci siamo messi d’accordo su un maledetto nome. –
Detto questo li congedò.
 
Tornò ad osservare i giochi d’acqua creati dalle fontane nel cortile. Le sue mani tremavano dal nervoso. I bambini continuavano a rincorrersi e a gioire allegri, mentre si schizzavano e si tuffavano nelle piscine. Dany avrebbe tanto voluto tornare ad essere di nuovo bambina. Vivere in un luogo così. Spensierata come loro, senza il peso del governo, della corona e della guerra. Mai nella sua vita era stata tranquilla, tranne forse quando viveva in quella remota casa dalla porta rossa di Braavos con Willem Darry, il maestro d’armi di Approdo del Re, che aveva messo in salvo lei e suo fratello Viserys.
-Mia regina. Siete nervosa? – le si avvicinò il cavaliere, posandole una mano sulle sue. Non se n’era accorta, ma aveva levato involontariamente una pellicina dell’indice destro e ora un goccia di sangue era caduta sulla balaustra del balcone. Lei lo guardò nella sua bianca armatura. Da quando erano tornati lui le aveva chiesto di indossare la sua vecchia corazza di un tempo. Per quell’uomo era una cosa importante e lei aveva acconsentito.
-Vorrei per una volta che qualcosa non fosse così difficile. Voi siete stato un cavaliere di mio padre, possibile che non vi sia nessuno delle presone che ha ucciso con l’alto fuoco che meriterebbe una seconda possibilità? –
-Molti sarebbe la risposta corretta. Ma nessuno di loro è adatto a ricoprire il ruolo che vi serve. – ammise lui.
-Quindi devo scegliere l’unico che mi sia venuto in mente? –
-Quando avete parlato di uno dei vostri antenati non era poi una così brutta idea. – ammise.
-Potrebbe essere forse una soluzione riportare in vita il primo conquistatore dei sette regni. E mi alletta molto questa possibilità, ma come mi ha fatto notare Tyrion, dovrei poi inchinarmi a lui, diventare sua moglie e magari anche lasciargli cavalcare Drogon. Il mio nome verrebbe dimenticato e di nuovo la gloria spetterebbe a lui. Lo stesso varrebbe per qualsiasi altro re Targaryen che potrei proporre. – i suoi occhi era sconsolati.
-E questo non lo potete accettare. –
-No, non potrei mai. Non dopo tutto quello che ho passato per arrivare qui! –
Ser Barristan attese qualche istante prima di parlare, come a cercare le parole giuste.
-E di vostro fratello che ne pensate allora? –
-Viserys non sarebbe l’uomo adatto. Era ambizioso, ma anche troppo impaziente. Voi non l’avete conosciuto negli ultimi anni della sua vita, io si. Gli volevo bene, ma dopo che fu costretto a vendere la corona di nostra madre, perse anche l’ultimo frammento di gioia rimastogli. Divenne instabile e violento. Cominciò ad incolparmi per la morte di nostra madre e a provare risentimento nei miei confronti. Era convinto che avessimo molti sostenitori qui nel continente. Famiglie che avrebbero appoggiato la nostra causa. Ma era una visione della realtà distorta che si era creato. Senza le alleanze da me stipulate, nessuno di loro mi avrebbe appoggiata. Quindi no, mi dispiace Ser Barristan, ma, con rammarico, non posso accettarlo come nome. – disse Dany abbassando lo sguardo dispiaciuta.
-Ma io non mi riferivo a lui. – disse l’uomo con un lieve sorriso sul volto.
Dany lo guardò negli occhi azzurro chiaro.
-Parlate di… - la sorpresa non le fece dire trovare le parole.
-Di vostro fratello Rhaegar Targaryen. Era un valoroso guerriero, ottimo condottiero e una persona che ispirava molta fiducia. Sapeva parlare sia ai consiglieri, che ai generali dell’esercito, pur non amando le battaglie. So che voi non lo conoscevate, ma fidatevi, se vi dico che potrebbe essere l’uomo che fa al caso vostro. È vero, perse la Battaglia del Tridente, ma se gli dei avessero invertito le sorti di quello scontro, sarebbe divenuto un ottimo re. Era ben voluto dal popolo e dai lord. Anche durante il regno di Robert Baratheon, molti lo ricordavano ancora con affetto. –
Daenerys rimase ammutolita da quella spiegazione. Effettivamente era un’opzione a cui non aveva minimamente pensato. Poi riflettè su un dettaglio e la sua gioia svanì in fretta.
-Ma è morto in battaglia. L’Usurpatore lo ha ucciso. – disse mesta – anche volendolo, non potrei portarlo in vita. Avete sentito la strega rossa? Ha detto che il suo corpo deve essere stato dato alle fiamme. –
-E così è stato, mia regina. – assentì il cavaliere – per onorare il suo titolo, il suo cadavere venne bruciato su una pira funeraria, come voleva la tradizione Targaryen. –
Gli occhi viola di Daenerys Nata dalla Tempesta brillarono di esultanza. Aveva un nome finalmente.
-Grazie Ser Barristan! – disse felice.
-Per servirvi, mia regina. – anche il cavaliere ricambiò la sua contentezza.
 
Note dell’autore:
 
Come promesso ecco uno dei primi capitoli che vi dicevo! Spero che vi sia piaciuto e che lo abbiate trovato interessante. Io ne sono davvero orgogliosa! Non tanto per questo capitolo in sé, perché alla fine è solo un’introduzione di una seconda trama (chiamiamola R) collegata alla prima (che chiamiamo L, invece), ma proprio perché, con questa seconda sotto storia, ho modo di continuare a narrare le vicende, permettendo così alla mia testa di creare un seguito nel punto in cui mi sono bloccata (mancano circa altri 10 capitoli della trama L prima di arrivare a quel punto morto, come già vi dicevo la scorsa volta).
 
Tornando a noi, siamo a Dorne, come già avrete sicuramente capito. Ho un po’ tralasciato il clima, perché sono convinta che faccia ancora caldo qui. Sicuramente c’è ancora il sole e possono vestire con la seta, rispetto a Grande Inverno, dove nevica spesso e vestono con pellicce e mantelli anche dentro il castello fra un po’! Dany è sbarcata da poco e ha preso sede ai Giardini d’Acqua, diciamo che non sapevo bene dove posizionarla per il tempo che lei soggiornava a sud! Poi ho letto di questo luogo, tanto amato da Doran, che è stato proprio dedicato alla sua omonima (alcune cose dei libri proprio non le avevo manco considerate, e ho scoperto che con Wikipedia faccio molto più in fretta! Meno male che col cellulare la navigazione è veloce!).
È arrivata qui con i suoi più fedeli alleati, ma ora che è tornata a casa, si sente più vulnerabile. Non sa se davvero può fidarsi delle persone che ha attorno, fintanto che era a Meeren, era lei a gestire i fili dei suoi burattini, ma ora che è qui, non sa come muoversi. Tutti sono a conoscenza di quello che la circonda, lei non conosce niente. Il territorio, le persone, le alleanze, i suoi nemici. Pone la sua fiducia indiscussa solo su Ser Barristan, e direi a buon rendere!
Abbiamo l’arrivo anche di Melisandre, la donna rossa. Non chiedetemi come è arrivata in meno di una serie a Dorne, ma sta di fatto che è qui (d’altronde abbiamo un Varys col teletrasporto; magari ha dato un passaggio anche a lei!).
Propone un accordo, o meglio più un aiuto alla regina dei Draghi, senza voler niente in cambio sembrerebbe. Avvisandola della battaglia con la regina Cersei e di una seconda battaglia che Dany non si aspetta. E le propone di far tornare in vita qualcuno di sua scelta. Tanto ormai è diventata esperta a resuscitare i morti, visto che c’è, perché non ripopolare i sette regni di zombi? Tanto i non morti ce li abbiamo già! Credo che basterebbe un Aerys Targaryen e vedi te come te li spazza via tutti quegli estranei, sempre se Cersei non gli consuma prima tutto l’altofuoco!
Dany chiede una consulenza ai suoi consiglieri, ma questi non le danno nemmeno un nome, mentre a lei viene solo in mente Khal Drogo (avrebbe tutto il mio appoggio! Mi mancano i suoi pettorali!!).
Sinceramente volevo inserire qualche altro nome, così anche a casaccio, tanto per mostrare che non avessero preso la cosa alla leggera, ma effettivamente non mi è venuto in mente nessuno morto a Westeros con quei requisiti, a voi viene in mente qualcuno? Se mi date qualche nome potrei anche modificare alcune parti del capitolo, tanto per renderlo più interessante. L’importante è che il suo corpo sia stato poi bruciato.
Alla fine si confida con Ser Barristan nelle sue stanze e lì il lampo di genio: Rhaegar.
Quanto amo questo valoroso cavaliere e la sua fedeltà alla casata Targaryen!
Dany ha finalmente un nome, e anche la possibilità insomma conoscere il fratello a cui spesso è stata paragonata e che l’ha sempre ispirata. D’altronde la paranoia del drago a tre teste, l’ha presa quando lo ha sentito parlarne in quella visione! Cosa che ovviamente nella serie TV hanno pensato bene di levare! Solo per quella scena si sarebbero trovati un vistoso manipolo di donnine incollate allo schermo!
Va beh, tralasciamo che è meglio. Se devo elencare tutte le parti che hanno dimenticato, occuperei più spazio di tutta l’intera storia che sto raccontando!
 
Bene, anche questa volta vi saluto, spero che vi sia piaciuto lo sviluppo di questa storia! Ringrazio tutti quelli che mi stanno seguendo in questa avventura, scusatemi se rispondo a singhiozzo alle vostre recensini, ma ho problemi con il computer, (se ancora non si era capito) e quindi faccio fatica a essere precisa, ma vi assicuro che leggo tutte le vostre recensioni e ne rimango ogni volta felicemente commossa. Spero di continuare su questa strada e di non deludervi!
Un caloroso abbraccio a tutti!

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Capitolo 12
*** Il vero Principe ***


Da quando il segreto sulle vere origini di Jon era stato svelato l’atmosfera a Grande Inverno era diventata molto fredda e non stiamo solo parlando della temperatura che scendeva a vista d’occhio. L’Inverno è arrivato. Ormai il motto degli Stark era mutato, irrimediabilmente. Un inverno che avrebbe gelato tutto. L’avanzata degli estranei ormai era alle porte della barriera. Jon sapeva che prima o dopo sarebbe servito un suo intervento al Castello Nero, ma aveva bisogno di un esercito. Alleati uniti e persone fidate. Poteva contare sui suoi famigliari, ma non su tutti i suoi alleati. Il nord e i bruti gli erano fedeli, ma tutti gli alleati della Regina poteva disertare da un momento all’altro. E lui era già stato in una situazione simile. Non avrebbe permesso che questa volta ci rimettessero anche i suoi famigliari. Per un errore che non  ho neanche commesso io… ma che diamine sto dicendo? È di mia madre e di mio… padre che sto parlando. Loro si amavano. Non si può parlare di errore. Se non fossi mai nato, però ora forse loro sarebbero vivi. Mia madre sicuramente.
 
Lyanna era stata subito portata nelle sue stanze. Le erano stati messi degli impacchi sulle ferite perché si cicatrizzassero più in fretta. Jon era molto preoccupato per la lacerazione sulla spalla, ma Lyanna era una donna forte e non volle rimanere a letto troppo tempo. Arya era rimasta con Sansa e Bran, Jon non era ancora andato a parlare con lei. Era in collera. Non con lei, ma con se stesso. Per non averla riconosciuta prima, per non averla cercata, per non averla fermata quando stava attentando alla vita di sua madre.
-Jon avrai bisogno di me, quando la regina ti chiederà spiegazioni. Permettermi di rimanere al tuo fianco! – il ragazzo guardò la determinazione di sua madre. Era distesa sul suo letto. Indossava solo una lunga vestaglia candida, sul petto dei decori floreali azzurri.. Le bende fuoriuscivano dalla scollatura. Da poco non lasciavano trasparire più tracce di sangue. I suoi capelli scuri erano sciolti sul cuscino. Jon giocò con una delle sue ciocche brune. Erano morbidi e profumavano di rose. I suoi occhi grigi erano spaventati e lo osservavano in attesa di una sua risposta. Si ritrovò a pensare cosa aveva provato suo zio quando l’aveva vista negli ultimi istanti della sua vita. Non avrebbe permesso a nessuno di portargliela via. Lei era il dono che gli dei gli avevano concesso di godere nuovamente. Le diede un bacio sulla fronte. Lyanna socchiuse appena gli occhi, e gli sorrise, stringendogli una mano. Dopo un lungo respiro, Jon decise di lasciare che lo seguisse. Tanto sapeva di non poterla fermare.
-Ti devo parlare anche di un’altra cosa: è molto importante. – gli rivelò cercando di alzarsi dal letto. Così la donna gli raccontò dell’uovo di drago che aveva trovato nascosto nella statua che la raffigurava. Jon mandò subito Tormund a prenderlo. Lyanna nel frattempo aveva indossato un abito di semplice color malva chiaro. Una delle nuove tonalità che Sansa le aveva imposto di indossare. Dopo qualche tempo il bruto riapparve col mantello di sua madre tutto appallottolato e inumidito dal contatto con la neve. Jon ne fece emergere il contenuto.
-Dunque questo sarebbe un uovo di drago. –
-Sì. Lo vidi per la prima volta quando, nel viaggio verso sud, tuo padre ci fece sbarcare a Roccia del Drago. Prese l’uovo con sé e poi partimmo alla volta di Dorne. Rhaegar voleva metterlo nella tua culla. Diceva che era una consuetudine della sua famiglia, speravano che prima o poi una delle uova si riuscisse a schiudere entrando in contatto con il neonato. –
-Quindi voi eravate già in cinta quando fuggiste a sud? – le chiese continuando a osservare l’oggetto sul tavolo.
-No. Ma quello era il nostro scopo, per adempiere ad una profezia. Tuo padre aveva bisogno di un terzo erede. Il drago ha sempre tre teste. -  Jon la guardò non capendo.
Jon provò a toccarlo e sentì la pietra liscia come la porcellana. Si aspettava che al tatto fosse ruvida, invece si sbagliava. Se lo girò tra le mani. Era pesante, anche se poteva sembrare essere fatto di vetro soffiato tanto era levigata la pietra. Improvvisamente l’uovo emanò calore e Jon ritrasse la mano, spaventato.
-E’ caldo! – disse, la madre lo osservò confusa. Lei lo aveva tenuto in mano quella mattina, ma non le era mai sembrato che quella pietra emanasse calore. Forse riconosce le mani di un Targaryen… esattamente come quando avevo toccato Rhaegal pensò la donna.
Jon decise di tenerlo al sicuro nella sua stanza, avvolto in un drappo scuro. Avrebbe scoperto che cosa ci doveva fare più tardi. Ora quello che di più gli premeva era l’alleanza con la regina Daenerys.
 
-Non può essere vero! – sbraitò Dany infuriata - Ho vissuto tutta la mia vita in esilio! Io e mio fratello eravamo gli unici sopravvissuti della nostra famiglia. Ora sembra che dovunque io vada spuntino fuori Targaryen come fossero funghi!! –
-Posso capire il vostro rammarico mia regina, ma dovete ammettere che questa situazione può essere a vostro vantaggio! – cercò di farle notare Ser Barristan.
-Come potrebbe mai essere una cosa positiva? Lui è l’erede per diritto di nascita! Io ho combattuto guerre, carestie e inganni. Ho attraversato deserti, città e mari per arrivare qui. E ora che il trono è mio, me lo vedo portare via dal figlio bastardo di una puttana? – i suoi occhi di ametista squadrarono prima il cavaliere e poi passarono a guardare suo fratello carichi di odio.
L’uomo stava appoggiato ad una cassettiera di rovere scuro. Le braccia erano conserte e aveva il volto scoperto, non indossava la sua solita maschera. I capelli erano legati in una coda alta, mentre le lunghezze gli scendevano morbide sulle spalle. I tratti del suo viso si erano irrigiditi, quando aveva pronunciato l’ultima parola, ma la regina non ci badò. Era furiosa.
-Tu lo sapevi? – le chiese acida.
Lui emise un sospiro sconsolato:
-Ad essere sincero sì. – disse schietto, e sostenne lo sguardo di Dany senza timore. Per qualche secondo rimasero a fissarsi silenziosi.
-Quindi mi hai sempre mentito? – il suo tono trasmetteva un certo astio.
-Non ti ho mai ingannato, Dany! Per troppo tempo di draghi sono stati lontani dal trono. Tu dovevi riprendere ciò che era nostro, riunificate i Sette Regni, com’era all’epoca di nostro padre. Dovresti sentirti orgogliosa, sei riuscita in quello che io non ho mai fatto. –
-E infatti lo sono, ma pensavo di gioire al tuo fianco! Non che tu mi celassi dei segreti! – i suoi occhi divennero lucidi, ma continuò – quando hai saputo delle vere origini di Jon? –
-Inizialmente non avevo idea di chi fosse in realtà. Pensavo fosse uno dei tanti re che si erano auto proclamati sovrani di un regno che non gli apparteneva! Poi ho ascoltato le parole di Tyrion, quando ti disse che lo aveva conosciuto andando in visita a Grande Inverno e che era il figlio bastardo di Lord Eddard Stark. Qualcosa non mi tornava. Quell’uomo non sarebbe mai stato capace di tradire sua moglie e di mettere al mondo dei bastardi. Tyrion mi disse che era stato lui poi, a trovare sua sorella prima che morisse, e che ritornò a nord non solo col corpo di lei, ma anche con un bambino in fasce. Non avevo prove, ma non ci ho messo molto a collegare le due cose. Quando l’ho visto per la prima volta, non ho più avuto dubbi. È uguale a lei! –
-Perché non mi hai messa al corrente allora? Anche se non ne eri sicuro, potevi almeno parlarmene! –
-Avevo bisogno di capire se potevi davvero fidarti di lui. D’altronde nostro padre ha ucciso alcuni componenti della loro famiglia e l’uomo che lo ha cresciuto era il migliore amico dell’Usurpatore. Non ero certo di cosa gli avessero insegnato a quel ragazzo. Poteva essere anche un nemico. –
-Lui è un mio nemico! Ora che è a conoscenza che nelle sue vene scorre il sangue dei draghi, vorrà reclamare il trono che gli spetta di diritto! –
-Se fosse come dici te, lo avrebbe già fatto! E’ un uomo d’onore e non tradirebbe mai un alleato. È leale e coraggioso, ma non ha mai cercato la gloria. Da quello che sono riuscito a scoprire, parlandoci assieme o ascoltando le opinioni delle persone che gli sono più vicine, lui non ha mai cercato la grandezza. È vissuto come un bastardo ed ha scelto di arruolarsi nei guardiani della notte. Ha ottenuto il rispetto dei bruti, è stato eletto Lord Comandante e ora il nord lo ha acclamato come suo re. Ma lui non ha mai cercato tutto questo. Non mirava così in alto. Lui voleva solo riprendersi il castello che era della sua famiglia e darlo a Lady Sansa. –
-Quindi sei convinto che non cercherà di detronizzarmi? –
-Ne sono quasi certo, anche se potrebbe essere un buon re. Ha molto a cuore le sorti del regno. –
-Lo credi migliore di me? – la furia la stava prendendo di nuovo.
-Lo credo al tuo pari, Dany. Sta a te decidere in quale scalino metterlo. – quelle parole non le diedero alcun conforto.
-Ho bisogno di pensare. Lasciatemi sola. – disse amaramente.
Missandei, Ser Barristan e Verme Grigio si apprestarono ad uscire, ma suo fratello si trattenne ancora un attimo.
-Vuoi che rimanga a farti compagnia? – le chiese.
-No!! – sbraitò lei – voglio che ti allontani da me! – l’uomo potè vedere le fiamme nei suoi occhi. Aveva fatto risvegliare il drago, ma non ne aveva timore. Prese la sua maschera, ma prima di indossarla, si rivolse ancora alla donna.
-Prima non ti ho detto niente. Capisco che tu sia arrabbiata e delusa, ma ti avverto, Daenerys – le disse prima di uscire – non usare mai più quel termine in mia presenza, quando ti rivolgi a lady Stark!- anche i suoi occhi ora stavano emettendo fiamme, si risistemò la maschera e chiuse la porta sbattendola.
 
Jon convocò una riunione nella Sala Grande. Seduti alla sua tavola c’erano come sempre Sansa e Bran. Sua madre esattamente alla sua destra e per la prima volta dopo tanto tempo Arya, che aveva chiesto il perdono del re per aver attentato alla vita di sua zia e Jon l’aveva accolta in famiglia a braccia aperte. Sedute vicine le due donne sembravano davvero sorelle.
La regina si presentò invece solo con Tyrion e Ser Barristan. Suo fratello Viserys arrivò in un secondo momento e stranamente non prese posto accanto a lei.
-Ho chiesto un incontro con vostra maestà, perché dopo gli ultimi eventi non voglio che si incrini la nostra alleanza. – disse Jon, il re del nord – non è mai stata mia intenzione mentirvi, o nascondervi le mie vere origini, ma io stesso ne sono venuto a conoscenza non molto tempo fa. – si fermò qualche istante, guardò sua madre come se lei potesse infondergli un po’ del suo coraggio – Ho riportato in vita lady Lyanna, proprio per poter sapere i fatti per com’erano davvero avvenuti. Lei mi ha detto chi era il mio vero padre. Ho nelle vene il sangue di vostro fratello, ma rimango uno Stark. In questo momento il regno non ha bisogno di un’altra guerra per il trono. Non dobbiamo combatterci tra di noi, ma rimanere uniti e sconfiggere il nemico che ci minaccia dal nord. –
La regina ascoltò le sue parole senza mai interromperlo, ma quando parlò fu con tono deciso:
-La nostra alleanza non è ancora sciolta, per il momento. Avete ragione, nelle nostre vene scorre lo stesso sangue, ma… quando questa guerra sarà finita, cosa dovrò aspettarmi da voi? Mi ucciderete per prendervi il potere? In linea di successione il trono spetta a voi, ma non avete mai combattuto per ottenerlo! Non posso lasciare che lo prendiate senza lottare! –
-Senza offesa per chi mi ha acclamato, ma non avevo nessun interesse a divenire neanche re del nord, figuriamoci re dei sette regni! Voi siete nata come principessa, io non sono mai stato un principe! – concluse lui.
-Ma forse siete il principe che fu promesso! – ad intervenire era stato proprio il principe Viserys. Lyanna ebbe un sussulto. Era la profezia che tanto assillava Rhaegar.
-Non so di cosa voi stiate parlando! – Jon sembrava confuso, anche Dany guardò suo fratello disorientata, nei suoi occhi però si poteva notare che qualcosa si era rotto nel loro legame.
-E’ un eroe di un’antica profezia, predice l’arrivo di un guerriero che salverà il mondo dall’oscurità. Una strega ha preannunciato che nascesse dalla stirpe di Jaehaerys II Targaryen, mio nonno. Lui fece sposare i suoi due figli, Aerys e Rhaella per essere sicuro che il sangue rimanesse puro. Anche tu discendi da quel sangue, esattamente come me e Dany. Venne predetto che una stella insanguinata avrebbe annunciato il suo ritorno, e sarebbe rinato tra il fumo ed il sale. Mia sorella è sopravvissuta per ben due volte al fuoco. Io sono stato graziato da lei e riportato tra i vivi, ma non credo di avere i requisiti giusti per poter essere considerato il principe della profezia. E da quello che mi è giunto sapere, anche tu eri morto alla barriera, ma sei tornato tra noi grazie ad un incantesimo di una strega rossa. –
-Vedo che vi siete bene informato, principe Viserys. Quello che avete detto corrisponde a verità! Sono morto e poi risorto. Ma ve lo ripeto non sono un principe, men che meno atteso da una profezia. –
-Potete negarlo se volete, ma il vostro sangue non può mentire. Voi siete per metà Targaryen. –
-Mio signore, la vostra affermazione è errata. – disse un guerriero della guardia del nord rivolto al suo re. Jon lo osservò incuriosito.
-Voi chi siete? –
-Non ho titoli, né il nome di un lord, ma sono stato tra gli uomini di Lord Umber e ho combattuto nell’esercito di re Robb, quando marciò a sud per vendicare la morte di lord Stark. – alzò appena il capo per guardare il suo nuovo re. Sansa e Bran si osservarono, quando sentirono parlare del loro fratello defunto. Lyanna notò che anche Arya aveva mostrato un leggero disagio e aveva abbassato gli occhi.
-Ditemi allora, in cosa avrei sbagliato? – Jon non riusciva a capire a cosa voleva alludere.
-Voi eravate un principe. – gli occhi grigi del re, lo fissarono stupiti. Non furono gli unici. Aveva l’attenzione di tutta la sala.
-Robb venne eletto re. Il Giovane Lupo venne chiamato. Riportando ad una nuova era di re del nord. – attese qualche istante un po’ intimorito da tutti quegli sguardi puntati su di lui – il mio signore mi disse che, nell’eventualità non avesse avuto figli dal suo matrimonio, aveva eletto voi come suo erede. Legittimandovi con il nome di Stark. Lord Umber e gli altri alfieri del Nord approvarono questa sua scelta. Di conseguenza vi ha reso principe del Nord. Quando siete stato eletto re, era già nei vostri diritti. –
Dopo quelle parole, nella sala piombò uno sconcertante silenzio. Jon guardò sua sorella Sansa, sulle sue guance scendevano calde lacrime di commozione.
-Jon sei uno Stark legittimo ora.- riuscì a dirgli appena.
-Nostro fratello aveva visto lungo e ti aveva già dato il titolo che meritavi. –disse solenne Bran.
Lyanna strinse la mano di suo figlio e Jon le sorrise, ma poi tornò a guardare la regina di fronte a sé.
Aveva un lungo abito semplice color cremisi con pizzo nero. I suoi capelli erano legati in una treccia laterale. Indossava la corona dorata con grossi rubini incastonati. Era di una bellezza sconvolgente, ma la sua espressione si era incupita ulteriormente. Non aveva smesso di guardarlo un solo secondo. I suoi occhi viola erano carichi di puro odio. Posò appena lo sguardo su suo fratello e poi si rivolse al re del nord.
-Se permettete, vorrei ritirarmi nelle mie stanze. – la sua voce tremava dal nervoso.
-Come volete, regina Daenerys. – Jon glielo concesse e la guardò uscire dalla sala. Immaginava che per lei non sarebbe stato per niente facile accettare il fatto che il suo titolo reale fosse diventato così saldo.
 
Il suo seguito la seguì ed il principe camminò velocemente per affiancarla.
-Dany quali intenzioni hai? –
-Hai imparato a conoscermi a quanto vedo! –
-Non precipitare le cose! Questo non vuol dire ancora niente! – la regina sbarrò gli occhi.
-Stai scherzando vero? Questo vuol dire tutto! Non starò qui a farmi prendere in giro! –
-Ma nemmeno lui ne era a conoscenza! Hai visto come hanno reagito, nessuno di loro sapeva niente delle ultime volontà del loro defunto fratello! –
-A quando pare è una prerogativa di ogni fratello maggiore! – lo guardò fisso.
Lui mosse la testa guardandola di traverso.
-Se sei adirata con me, non sfogare la tua frustrazione su di loro! –
-Ci sono altri metodi, e non dovrò nemmeno sporcarmi le mani! – disse sadica lei. Il principe le afferrò un braccio.
-Non te lo permetto! – La sua voce era tesa.
-Non mi dare ordini! Non eri più nessuno prima che io ti riportassi in vita! – era furiosa, ma non gli avrebbe permesso di mostrarsi debole.
-Dany ti ringrazierò sempre per averlo fatto! Te l’ho già detto un migliaio di volte. Hai sempre avuto il mio appoggio in tutto. – disse con tono dolce. Era sincero e sperava di farla calmare.
-A questo punto non so se mi sei mai stato davvero fedele, o se sotto hai sempre tramato per i tuoi fini! –
-Mi rattrista sentirtelo dire. -
-Sono molte le cose che mi hanno rattristata nei miei lunghi anni di esilio! Quando entrai nella Casa degli Eterni mi venne predetta questa frase: “tre tradimenti dovrai conoscere… uno per il sangue, uno per l’oro e uno per l’amore.” Credevo di averli già dovuti subire, ma a quanto pare l’ultimo eri tu! –
-Sono davvero dispiaciuto, Dany! Per tutto quello che hai dovuto passare da sola. Senza un fratello al tuo fianco, senza una famiglia e senza protezione. Io non ti ho mai tradito, ho sbagliato, lo ammetto. Avrei dovuto rivelarti quello che sapevo, ma volevo proteggerti. -
-Proteggere me o loro? Sì sincero!- suo fratello non rispose, abbassò solamente lo sguardo.
-Dimmi, ti piacerebbe che scaldassi un po’ le terre del nord? Magari usando il fuoco dei miei figli? – le sue labbra si incurvarono in un sorriso malvagio.
-Non lo farai! – strinse ancora di più il braccio della sorella. Il tono che gli era uscito sembrava il ruggito di un drago.
-Mi stai forse sfidando fratello? – disse la regina calma.
-Non avresti il coraggio di cominciare un’altra danza dei draghi! –
-Lo credi davvero? – si guardarono per qualche istante, il loro corteo era ammutolito dietro di loro. Tyrion aveva sbarrato gli occhi, la sua bocca era spalancata e le sue gambe tremavano.
-Dimmi, fratello. Se mai dovessimo ingaggiare battaglia, tu da che parte staresti? –
-Non mi puoi chiedere di scegliere! – si accorse che la stava stringendo ancora, sciolse la presa e notò che sul braccio della donna si erano formati dei segni rossi. Le passò le dita sopra come a volerle chiedere perdono. Lei spostò la sua mano con un gesto secco.
-Peccato che tu l’abbia già fatta la tua scelta! – scandì le parole con amarezza e si allontanò di qualche passo da lui.
 
La seduta venne chiusa e pian piano anche gli altri presenti nella sala uscirono in corridoio. La regina era riluttante e continuava a temere che Jon prima o poi attentasse alla sua vita per prendersi ciò che gli spettava. Tornò nelle sue stanze con Missandei e Verme Grigio, rifiutando il braccio di suo fratello. Jon, Sansa, Bran e Arya rimasero per conversare dei vecchi tempi. Lyanna preferì lasciarli soli. Trovò Ser Barristan che attendeva nel corridoio.
-Lady Lyanna. – disse salutandola con un inchino elegante – gli anni mi devono aver ottenebrato la mente, perché i miei occhi non vi abbiano riconosciuto il giorno che ci siamo rivisti ad Harrenhall! –
-Ser Barristan, per me è stato lo stesso finchè il principe Viserys non vi ha chiamato per nome! –
-Il mio volto è cambiato nel tempo, ma voi avete sempre lo stesso aspetto! Vi chiedo perdono, avrei dovuto ricordarmene! –
-Siete voi, che dovete scusarmi. Mi sono presentata sotto falso nome. Non potevate immaginarvi chi ero davvero! Sono felice di non essere più l’unica sopravvissuta di quel periodo. – l’uomo capì che lei si stava riferendo ai tempi del Grande Torneo.
-Sono stati giorni memorabili! Per voi ed il principe in particolare! – Lyanna gli sorrise. Lui era uno dei pochi a conoscenza del loro segreto.
-Avete sentito la sua mancanza? – gli chiese.
-Sempre. – rispose il cavaliere con rammarico - Avrei dovuto proteggerlo. Quello era il mio compito e ho fallito. –
-Non dovete addossarvi nessuna colpa, ser. Ho spinto il principe a fuggire dai suoi doveri, ho portato la morte nelle nostre famiglie e sono stata la causa della guerra che ne è seguita. Se c’è qualcuno da biasimare, quella sono io. – sorrise, ma il suo tono era malinconico.
-Io non credo che amare in quel modo una persona possa essere considerata una colpa! – espresse Ser Barristan.
Solo in quel momento lei ripensò a come gli occhi del cavaliere avessero sempre ammirato la bellezza di lady Ashara Dayne. Lyanna sentì una tristezza stringerle il petto. Anche voi avete perso una parte del vostro cuore quando la persona che amavate ha lasciato questo mondo?  Scoppiò in lacrime.
-Ser Barristan posso chiedervi il permesso per un abbraccio? – l’uomo la guardò con tenerezza e allargò le braccia per accogliere la donna. Lyanna si avvicinò e nascose il viso sul petto dell’uomo. Pianse nella sua stretta, sfogando tutta la sua tristezza, mentre lui le accarezzava dolcemente i capelli, con fare quasi paterno. Gli occhi del cavaliere incrociarono lo sguardo del principe Viserys, appostato chissà da quanto tempo ad osservare la scena. I due si guardarono per qualche istante, come se tra loro ci fosse una muta conversazione. Poi il principe venne avvicinato da Meera che gli chiese di seguirla. Lyanna ignara di tutto si ricompose e asciugandosi le lacrime gli disse:
-Grazie Ser Barristan. Sono davvero felice di avervi rincontrato. –
 
 
Note dell’autore:
Dite la verità, pensavate che fosse il capitolo dedicato a Viserys, vero?e invece il principe in questione era Jon, che fino ad ora non sapeva niente. A dire il vero nemmeno io, ma poi mi sono imbattuto su Wikipedia in un settore dedicato ai re del nord e trovando Robb, come ultimo re del nord, ho scoperto che in automatico aveva fatto principi e principesse i suoi fratelli e le sue sorelle, considerando poi Jon stesso suo erede e quindi principe al pari dei suoi fratelli. E' vero che con la morte di Robb, in teoria tutto dovrebbe essere caduto, ma mi piaceva rendere onore al gran personaggio che è stato (e che ora ci stiamo gustando come Cosimo de Medici!!). Ma torniamo a noi! Jon comincia ad aver paura per se stesso e per i suoi cari. È comprensibile. Sapeva che prima o poi questo giorno sarebbe arrivato, ma sperava di non doverci fare i conti proprio ora che gli estranei erano alle porte. Sua madre poi gli parla dell’uovo e si ritrova un altro grattacapo da risolvere, ma prima di ogni altra cosa vuole consolidare la sua alleanza con la regina d’argento, o meglio essere sicuro che non si sia sciolta. Così organizza un consiglio in via del tutto eccezionale solo tra Stark e Targaryen (Tyrion casualmente l’ho incluso).
Nello stesso istante abbiamo una Daenerys sconvolta dalla notizia. Aveva appena cominciato a fidarsi di quel giovane re, e ora scopre che ha il suo stesso sangue e potrebbe rivendicare il trono che lei si è conquistata tra fuoco e sangue. Si confronta con suo fratello (che non indossa la maschera per la prima volta dall’inizio della storia) e abbiamo la prima rottura del loro rapporto, che prima invece sembrava così saldo.
L’alleanza sembra non sia ancora disfatta. Entrambi i regnati sono d’accordo sul mantenere stretti i loro regni contro il vero nemico, purtroppo però una delle guardie di Jon rivela un altro piccolo dettaglio, che nessuno conosceva in quella sala. La notizia ovviamente rende felici gli Stark, da notare come ora sembrano tutti uniti, passando addirittura oltre all’attentato di Arya nei confronti di Lyanna. Nell’altro schieramento invece le cose sembrano peggiorare.
Abbiamo un secondo scontro tra i due fratelli e questo porta alla seconda rottura. Ormai non c’è più fiducia. Dany si sente tradita dalla sua stessa famiglia. Viserys non riesce a farla ragionare. Ormai credo sia chiaro chi si celi sotto a questa maschera, molti di voi già lo intuiscono, ma non posso ancora fargliela togliere. Questo danneggerebbe irreparabilmente il loro rapporto, e Dany in un scatto d’ira potrebbe anche scagliare veramente i suoi draghi su tutto il nord.
Per addolcire un po’ le situazione un po’ troppo drastica, ho inserito un bell’abbraccio tra Lyanna e Ser Barristan. Almeno loro due anche se fanno parte di schieramenti opposti trovano un modo per mostrare un po’ di sentimentalismo.
Ora vi lascio un po’ a crogiolarvi in questo bel brodino…mi sento un po’ Daenerys in questo momento!
Grazie per aver letto anche questo capitolo, spero vi sia piaciuto. Attendo ogni vostro punto di vista!
E scusate se ci metto un po’ ma internet mi fa un po’ di bizze con quel maledetto virus!!

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Capitolo 13
*** Ferite che Bruciano ***


Jon dovette partire per un viaggio di ricognizione alla barriera. Riaccompagnò Sam al Castello Nero e voleva anche capire com’era la situazione attuale. Portò con se Mance Rayder e altri sette uomini. Bran avrebbe seguito il viaggio di Jon grazie a Spettro. Anche la regina Daenerys decise di partire con lui, e portò sia Drogon che Viseryon. Con lei andarono anche Ser Barristan e alcuni immacolati e dothraki del suo esercito. Il principe Viserys rimase al castello col suo drago Rhaegal. Al momento dei saluti i due fratelli non dissero una parola. Il principe spostò solo lo sguardo verso il cavaliere, che gli fece un cenno col capo. Forse qualche lega di distanza fra loro avrebbe aiutato a risaldare il loro rapporto. Jon aveva dato a Sansa la responsabilità di Grande Inverno, con l’appoggio di Ser Davos.
 
Lyanna riluttante dovette rimanere al castello per via della ferita alla spalla. Non era in grado di cavalcare, né tanto meno di impugnare una spada se fosse servito. Il suo umore era nero, chiunque lo notò e cercarono di rimanerle distante. Chiese aiuto ad Arya per cambiarsi d’abito, l’unica in quel posto che la poteva davvero capire. Entrambe si sentivano due lupe rinchiuse in gabbia. Jon non aveva voluto che neanche sua cugina andasse con lui, perché se ci fossero state incursioni al castello, lei sarebbe stata preziosa, essendo un’ottima guerriera. Arya sapeva che in realtà la voleva al sicuro tra le mura del castello. Aiutò sua zia a mettersi una divisa da allenamento e quando dovette infilarle la maglia, notò la benda.
-Mi dispiace, zia. – disse triste – se avessi saputo chi eri davvero, non mi sarei mai comportata così. – dal suo volto Lyanna capì che era sincera.
-Lo so, tu volevi proteggere Jon. Pensavi che fossi una bugiarda e che lo stessi prendendo in giro. Avete davvero un bel legame, quasi quanto lo avevo io con tuo padre.-
-Mi manca tanto, sai! E anche la mamma. E Robb e Rickon. – disse la ragazza – vorrei tanto aver potuto fare qualcosa per loro. -
-Anche a me mancano i miei fratelli e per troppo tempo mi sono sentita anch’io impotente. L’unica cosa che posso fare in questo momento è proteggere mio figlio. E solo impugnando la spada, potrò farlo.-
-Ti servirà un avversario allora! – le rivolse un sorrisetto complice. Lyanna afferrò il significato.
-Andiamo, allora? – Arya le sorrise e sentì di voler condividere con quella donna un momento del suo passato:
-Jon mi regalò questa spada prima di partire per Approdo del Re.- e indicò Ago che teneva sul fianco – quando arrivammo alla capitale, mio padre lo scoprì, ma non si arrabbiò, e mi diede un maestro per insegnarmi ad usarla.- Lyanna la guardò commossa. Ned hai rivisto me in tu figlia, non è vero?
-Se mi vedesse adesso chissà cosa mi direbbe… - la sua espressione non era felice.
-Sarebbe orgoglioso di te. – Lyanna non lo disse per tranquillizzarla, ma proprio perché ne era convinta. – e poi ti avrebbe detto che hai il sangue del lupo nelle vene! – disse allegramente.
-Sì è vero, questo me lo diceva spesso! – ricambiò Arya.
-Anche a me!- e risero entrambe.
 
Erano l’una di fronte all’altra. Più o meno alte uguali. Avevano gli stessi capelli scuri, solo che quelli di sua nipote erano molto più corti dei suoi. Gli stessi occhi grigi. Arya e Lyanna, una generazione di differenza, ma se qualcuno le guardava adesso avrebbe potuto scambiarle per sorelle, se non addirittura gemelle. Si assomigliavamo molto, ma su una cosa erano totalmente diverse. Il modo di combattere. Lyanna conosceva le tecniche di combattimento occidentali, Arya invece sapeva muoversi come un vero spadaccino braavosiano.
Sansa vide sua sorella e sua zia dalla terrazza. Non provò a interromperle. Sapeva che per loro era di estrema importanza sfogare la loro frustrazione nel combattimento, come per lei poteva essere un buon passatempo leggere un libro o cucire un abito. Al suo fianco c’erano Ser Davos e Brienne.
Dei passi incerti e un po’ discostanti tra loro la raggiunsero alle spalle. Era Tyrion Lannister.
-Buongiorno mia signora, - le disse facendole un goffo inchino - non sono un guerriero, né un cuoco, né tanto meno un maniscalco. Il mio posto è al vostro fianco – poi notando lo sguardo di rimprovero della ragazza aggiunse – non in quel senso. Per me il nostro matrimonio è finito da un pezzo, e spero che per voi sia lo stesso. Senza rammarico. – le sorrise.
-Nessun rammarico mio lord.-
-Appena le cose alla capitale saranno sistemate, farò annullare il contratto che ci rende marito e moglie, ma per il momento permettetemi di consigliarvi. Sono stato primo cavaliere ad Approdo del Re e ora sono Primo Consigliere della Regina. Quando poi tornerà Daenerys, vi prometto che non vi arrecherò più alcun disturbo. –
-Non dovete rimanere al fianco del principe Viserys? –
-Il principe non ha bisogno di consigli al momento. – disse il folletto, guardandola dalla sua bassa statura.
-E sia, accompagnatemi nella perlustrazione del castello. – Sansa sperò di non pentirsi di quella decisione.
 
Arya e Lyanna nel frattempo continuarono il loro allenamento. Arya era fresca come un fiore. Lyanna invece si vedeva che era in estrema difficoltà. La ferita alla spalla aveva ripreso a farle male. I punti le tiravano, ma lei teneva duro. I suoi movimenti cominciarono a diventare lenti e fin troppo prevedibili. Arya se ne accorse, ma quando cercò di farglielo notare, lei la guardò con odio e la attaccò riprendendo la sua grinta. Poco dopo le tornò il fiatone, appoggiò la punta della spada a terra e chiese un attimo per riprendere fiato. Arya nel frattempo cominciò una danza solitaria. Dopo qualche istante la donna richiamò la sua attenzione, ma la giovane si bloccò a guardare oltre le spalle di sua zia. Dietro di lei sentì una presenza e quando si girò, vide il principe Viserys.
-Posso sapere cosa state facendo? – le chiese con tono decisamente arrabbiato.
-Ci stiamo solo allenando per passare il tempo! – rispose Lyanna senza capire il motivo per cui avrebbe dovuto prendersela tanto.
-Non dovreste nemmeno muovervi. Le vostre ferite non sono guarite. – continuò lui senza cambiare tono di voce.
-Le mie ferite stanno guarendo. – il principe non le rispose, appoggiò solo due dita sulla stoffa, dove ricordava di aver visto la lacerazione, e premette leggermente. Lyanna sentì una fitta allucinante e contorse il busto per il dolore. Il suo volto venne sfigurato da una smorfia e sul tessuto della maglia comparve una larga macchia di sangue.
-Non mi sembra! – le fece notare lui – venite con me.- e la condusse all’interno del castello. Lyanna cercò con lo sguardo Brienne. Ma la donna non c’era. Dove diamine è sparita? Nel frattempo il principe disse a due donne di portargli una benda e dell’acqua pulita. Si sedettero su una panca della sala grande. A quell’ora non c’era nessuno. Le cameriere stavano sistemando i letti, le cuoche erano in cucina intente a preparare qualcosa da mettere sotto i denti.
-Sedetevi.- le ordinò.
A Lyanna non piaceva quel tono, ma non poteva contraddirlo. L’allenamento non era stata poi una grande idea. La ferita si era riaperta, il dolore era tornato a pulsare. Aveva sentito i punti strapparsi quando aveva cercato di parare uno dei primi attacchi ben calcolati di sua nipote.
Il principe l’aiutò a togliere la pettorina di cuoio.
-Slacciatevi i lacci della maglia.- le disse, mentre imbeveva un pezzo di stoffa nell’acqua tiepida.
-Non mi faccio toccare da voi! – gli disse decisa – chiamerò una delle mie cameriere! –
-Temete forse che possa approfittare di voi? - lui piegò il tessuto in quattro senza nemmeno guardarla, facendo cadere qualche goccia d’acqua a terra. – Avrei potuto lasciare che quei briganti si divertissero quella volta che vi ho salvata! Oppure avrei potuto approfittare di voi quella sera ad Harrenhall. E vi avrei anche potuta portare dove volevo col mio drago! Possibile che ancora non vi fidiate di me? –
Lyanna cominciò a sciogliere il nodo riluttante, mentre lo osservava con sguardo torvo. Non è che non mi fido di voi, è che non so cosa volete da me! Abbassò la lana della maglia liberando la parte lesa, ma il principe dovette aiutarla, perché la bendatura impediva al tessuto di scorrere. Le sue mani erano delicate e gentili. Lyanna notò per la prima volta l’anello che portava all’indice della mano sinistra. Era una fede piatta e dorato. Al centro un grosso rubino incastonato, sembrava brillare di luce propria. Per qualche istante rimase ad osservarlo incuriosita, ma quando notò che il principe la stava attendendo si affrettò ad abbassare la spallina della camiciola di lino grezzo. Si pentì di aver indossato proprio quel capo, perché aveva una vistosa scollatura. Se anche lui la notò, non lo diede a vedere. Il tessuto della benda era notevolmente zuppo di sangue. Alla quella vista Viserys fece uno sbuffo di disapprovazione, ma non disse nulla. Lyanna si sentì come una bambina scoperta a rubare dei dolci. Perché in sua presenza mi sento sempre così insicura?
Il principe prese a scioglierle la fasciatura prudentemente. Poi quando arrivò alla ferita notò che la garza era appiccicata alla pelle.
-Vi farò un po’ male. Afferrate il mio braccio e stringete se il dolore diventa insopportabile. – propose a Lyanna. Ho la netta sensazione che ve ne pentirete, le mie maniere non sono delicate come quelle delle altre lady che avete conosciuto finora. Sogghignò lei tra se e se, ma lo strattone che il principe le diede, le fece vedere le stelle. Afferrò con forza il suo braccio e affondò la testa sul suo petto. Emise solo un lieve grugnito.
-Ho fatto. Siete stata brava. – Lyanna alzò il capo e per qualche istante i loro volti erano fin troppo vicini, notò. Il principe indossava sempre la sua maschera, quindi non riuscì a decifrare quale fosse la sua espressione. Poi delicatamente, lui prese a sciacquarle la ferita e levarle le croste di sangue rappreso. Lyanna staccò le mani dal suo braccio, in vistoso imbarazzo, e guardò il tessuto tutto stropicciato della sua manica. Era sicura che le sue unghie avessero affondato nella carne del principe. Ma lui non aveva emesso alcun lamento.
-Forse ho stretto troppo! – cercò di lisciare il tessuto, ma si accorse di uno strappo– Perdonatemi, vi ho rovinato l’abito! –
Viserys ci badò appena:
-Ci sono abituato. – sorrise, la sua voce era calma e serena. Lyanna si domandò cosa volesse dire con quella risposta. Poi lui passò a medicarle la ferita con un unguento che profumava di erbe.
-Sentirete un po’ di bruciore. – e ne spalmò una dose abbondante.
Lyanna percepì in un primo momento la crema fredda venire a contatto con la sua pelle. Ebbe un brivido. Le dita del principe erano fin troppo leggere per un uomo abituato a combattere, ma un dolore innaturale la fece distogliere da quel pensiero e urlò.
-Per gli dei! Che cosa mi avete messo? – Lyanna lo guardò sconvolta. Il principe la osservò e si mise a ridere.
-Non ne ho la più pallida idea! È una crema dothraki, loro la usano su tutti i tipi di ferite. Ho la certezza che funziona! – poi continuò ridendo – dovreste vedere la vostra faccia!-
-L’avete mai provata sulla vostra pelle? – le chiese cercando di nascondere il dolore che ancora provava.
-Per mia fortuna no! – ammise Viserys.
-Allora non potete capire quanto brucia! – cercò di soffiare sulla ferita per alleviare la sofferenza.
-Dubito che possa essere più forte della fiamma di un drago! – la prese in giro.
-I draghi mi fanno meno paura di quella cosa, per favore tenetemela lontano! – lo intimò lei.
Per qualche istante rimasero in silenzio, poi entrambi scoppiarono a ridere. Era strano come Viserys le avesse rallegrato la giornata.
 
Quando se ne rese conto però, cercò di ricomporsi e con l’altra mano giocherellerò con la punta della treccia. Il principe prese a fasciarle la spalla con la benda pulita.
-Non temete i draghi, perché ne avete conosciuto uno, mia signora? – la domanda arrivò improvvisa. Lyanna riappoggiò i suoi occhi grigi sulla maschera del principe. Aveva capito a cosa si stava riferendo.
-Non l’ho solo conosciuto. L’ho amato. – ammise lei abbassando lo sguardo – ma non avrei dovuto seguire il mio cuore. – aggiunse afflitta.
-Per quale motivo?- si informò lui.
-Abbiamo portato alla morte troppe persone. Orrori indescrivibili sono stati fatti a persone innocenti, solo perché non siamo riusciti a rimanere al nostro posto. – attese un secondo, poi riprese – avrei dovuto sposare Robert Baratheon, come voleva mio padre. – ammise abbattuta.
-E sareste stata ugualmente felice con lui? – Lyanna notò che il tono della sua voce era lievemente cambiato. Aveva finito con la benda e ora le stava sistemando la stoffa della maglia.
-No. – ammise lei, mentre si richiudeva i laccetti  – ma saremmo ancora tutti vivi adesso. – i suoi occhi cominciarono a luccicare. Non permetterti di piangere ancora di fronte a lui! ordinò a se stessa.
Il principe le prese il volto con una mano e la fissò intensamente. Per qualche istante rimasero così. Le dita di lei si fermarono, lasciando ancora visibile gran parte della scollatura.
-Lady Lyanna devo parlarvi di una cosa … - la sua voce era debole.
Quel tocco era stato troppo inaspettato. Sentì un brivido percorrerle la schiena. Per lui siamo già così troppo avanti? Pensò mestamente, ma un rumore sordo li portò alla realtà.
La porta della sala grande venne aperta e Brienne li soprese. Dall’espressione che fece sembrava più in imbarazzo di loro. Viserys levò immediatamente la mano dal volto della donna, e Lyanna si apprestò ad alzarsi e riallacciare i cordini con nervosismo. Le sue dita sembravano così impacciate ora.
-Vi ringrazio principe Viserys. – rispose lei sollevata, raggiungendo la sua guerriera e facendole cenno di seguirla.
-Spero che abbiate più riguardo di voi stessa, Lady Stark! – disse il principe alzandosi e prendendo la scatoletta con l’unguento dothraki.
-Tutto bene mia signora? – le domandò Brienne scettica. Lyanna aspettò di essere in corridoio e poi si rivolse a lei con voce accusatoria.
-Dove diamine ti eri cacciata? Ti avevo ordinato di starmi sempre vicina e di impedire al principe Viserys di avvicinarsi a me! –
-Perdonatemi mia signora, ma Lady Sansa mi aveva chiesto di portare una comunicazione a Bran. Tormund non c’è e Ser Davos stava dirigendo alcune grosse questioni diplomatiche con gli alfieri di vostro figlio. Eravate con lady Arya, pensavo foste in buone mani. –
-Beh, pensavate male! –
 
Note dell’autore:
 
Jon si assenta dal castello e Lyanna ne combina una delle sue, non vi sembra normale?
Torniamo un attimo a Daenerys. Per tenere le distanze da suo fratello decide di partire col re del nord, in parte anche per capire davvero quanto grave sia la situazione su alla Barriera. Ma tutti sanno che è soprattutto per non avere più Viserys accanto.
 
Sansa è impegnata con la gestione del castello e abbiamo finalmente un piccolo incontro con Tyrion. Tra loro ho lasciato trasparire un iniziale disagio, ma subito allietato dalla parlantina del nano. In teoria risultano ancora sposati, ma secondo me entrambi non vedono l’ora di annullare quel vincolo. Chissà nella serie tv e nei libri, come lo faranno sciogliere, spero non con la morte di uno di loro. Non so il perché ma il più propenso dei due a perdere la vita, sarebbe Sansa, e sinceramente non la vorrei morta. Grande Inverno l’ho sempre vista nelle sue mani un giorno, sempre se non decide di tradire Jon con Petyr.
 
Abbiamo un piccolo avvicinamento tra Arya e Lyanna, molto diverso da quello che c’era stato tra lei e Sansa. Qui le due donne sono già molto simili anche nel carattere ed entrambe ne sono a conoscenza. E’ bastato poco che lo notassero anche loro. Ed eccole qui a combattere in un semplice allenamento. Volevo solo fare una precisazione, io sono convinta che Lyanna sia nettamente inferiore a Arya nel duello con la spada. Lei conosce ben poco, ha visto i suoi fratelli allenarsi, sicuramente più di una volta ha impugnato una spada, ma non ha mai potuto davvero imparare da un maestro. Arya invece ha avuto un maestro di danza (come avrebbe detto Sansa) ad Approdo del Re, poi si è allenata nella “casa juventina” di Bravoos. Insomma due tecniche diverse, ma anche due maniere diverse di approccio con la spada.
 
Infine arriva il principe e ci troviamo a vivere un altro momento di intimità che ha protagonista Lyanna. Lui sembra arrabbiato inizialmente, ma si prende cura di lei. L’aiuta a spogliarsi e le cura la ferita. La scena della crema dothraki mi ha fatto ridere, ma volevo un po’ sdrammatizzare questa tensione che c’era tra loro. Poi Viserys le chiede implicitamente del suo amore per Rhaegar e il modo in cui lei gli risponde non lo rende proprio felice, o meglio un nome in particolare non gli va proprio a genio. Quando lei gli confessa di essere pentita per quello che hanno causato, lui reagisce in maniera fin troppo confidenziale, ma tutto viene interrotto dall’arrivo di Brienne.
 
Che succederà adesso? Lyanna scoprirà chi si cela dietro alla maschera del principe? Il rapporto tra i due Targaryen migliorerà?
 
Vi avviso nei prossimi capitoli ci sarà una sorpresa. In che senso? Vi devo svelare che sono arrivata a scrivere circa altri 10 futuri capitoli, seguendo questa trama, quindi tutte le vicende che riguardano Lyanna. Ma poi mi sono trovata ad un punto morto. Non sapevo più come continuare. Forse l’ispirazione era finita, non avevo più idee e sinceramente, se penso al seguito effettivamente non è che abbia molto chiara la trama. Più o meno so dove voglio arrivare, ma il problema ora è arrivarci! Poi dalle vostre recensioni ho capito che vi aspettavate molto da questa storia e ad essere sincera mi è salito il panico, perché la trama non è che mi convinceva poi molto messa in quello stato. Così ho riletto un po’ i capitoli pubblicati e mi sono resa conto che c’erano troppi dettagli di cui dovevo ancora parlare. Quindi in questi giorni, visto che tanto internet è fuori uso, ho cominciato a scrivere quella parte di storia che ancora non avevo svelato. E sinceramente avevo dei buoni motivi per tenerla nascosta, ma visto la vostra acutezza (e come non averla, se siete lettrici/lettori accaniti di Asoiaf o Got come lo si voglia chiamare!!). Insomma abituati ai misteri di Martin non potevate che aver già capito tutto!! Pian piano mi sono ritrovata ad avere già circa 5 nuovi capitoli, e c’è ancora molto da raccontare, ma non vi anticipo altro.
Di conseguenza attendetevi un salto temporale all’indietro e godetevi i prossimi capitoli, se dio vuole che riesca anche a sistemare quel maledetto computer!!!

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Capitolo 14
*** Sangue di Drago ***


Lady Melisandre era di fronte a lei. Entrambe stavano sedute su delle sedie imbottite di cuscini morbidi. L’una di fronte all’altra. La donna rossa le mise in mano l’anello e prese entrambe le mani della regina.
Daenerys per l’occasione aveva indossato un semplice abito in seta color lilla molto tenue, con una leggera stola bianca sulle spalle.
-Siete pronta? – le chiese.
-Sì. – disse Dany. Era titubante, ma non voleva darlo a vedere.
-Ricordate, vedrete molte anime nel regno del Dio R’hllor. Toccate solo colui che avete scelto, e mettetegli al dito quest’anello. Tornerà con voi. La fiamma del dio della luce gli ridonerà la vita. – le raccomandò.
Dany fece solo un cenno con la testa. La donna rossa chiuse gli occhi e si concentrò, lei fece altrettanto. La sentì pronunciare delle parole che non comprese per un tempo che non riuscì a definire, poi tutto cessò. Non ebbe ancora il coraggio di aprire gli occhi però. Attese. Minuti, ore o anni. Non lo seppe dire. Le sembrava di essere sospesa nel nulla. Non sentiva nemmeno più le mani della donna che tenevano le sue. Il silenzio la circondava. Stava forse fluttuando? Inaspettatamente sentì un forte calore sulla spalla sinistra.
-Mia regina ora tocca a voi. – sentì quella leggera pressione svanire e aprì gli occhi.
 
Una luce accecante le infastidì lo sguardo. Attorno a lei le fiamme erano dovunque. Partivano dal basso, giungevano dall’alto, erano alla sua destra, come anche dalla parte opposta. Era come trovarsi dentro ad un incendio. O un rogo. Il suo primo istinto le fece alzare le braccia per ripararsi il volto, ma si accorse che quelle lingue di fuoco rosso non emettevano calore. O anche se bruciavano, lei non lo sentiva. Io sono una Targaryen, nelle mie vene scorre il sangue di drago. Non posso bruciare, come non è accaduto in passato. Si ritrovò a pensare. Poi scorse di fronte a sé delle sagome. Si diresse in quella direzione. Pian piano vide che erano degli uomini e stavano ardendo. Alcuni avevano i capelli scuri, altri chiari. Le loro carnagioni erano differenti l’uno dall’altro. Altri ancora erano vecchi, oppure giovani. Non seppe spiegarsi tutta quella vastità di gente. Capì solo che provenivano da ogni angolo del mondo, conosciuto e non.
Attraversò le lingue di fuoco, facendo attenzione a non toccare nessuno di loro. Alcuni emettevano dei lamenti e i loro occhi anche se erano serrati, mostravano i segni della sofferenza che ancora provavano. Dany intuì che quelli dovevano essere morti vittime delle fiamme, oppure volutamente bruciati vivi. Guardò i loro volti contorti dall’agonia ed ebbe pietà di loro. Alcuni erano vestiti con abiti leggeri, altri invece pesanti. Non c’era differenza di ceto. Potevano indossare semplici stracci, grossi strati di pelli e pellicce, o eleganti completi in raso e in velluto. Addirittura riconobbe anche septon, maestri e alchimisti. C’erano anche donne e bambini. Una in particolare attirò la sua attenzione. Era molto giovane e metà del suo viso era come pietrificato. Il morbo grigio riconobbe Dany. L’espressione della piccola era straziante e alcune lacrime le bagnavano le guance. La regina dei draghi preferì voltare lo sguardo. Chi ti ha fatto questo?
 
Si accorse che oltre a quella macabra scena le fiamme mutavano leggermente il loro colore. Dal rosso sfumavano fino a divenire di un verde acceso. Venne attratta da quella visione e si ritrovò a camminare in quel mare di fuoco color smeraldo. Neanche in quel luogo sentiva il calore che divampava. Ma notò che la loro potenza era molto più forte. Vortici di calore salivano in tutte le direzione e le frustavano gli abiti e i capelli. Alto fuoco. Si ritrovò a pensare.
Vide uomini di ogni tipo. Semplici contadini, gente con abiti eleganti, soldati in armatura. Poi notò un lord dal volto allungato, i capelli lunghi scuri e un’armatura color acciaio. Indossava un mantello grigio e sulle spalle aveva una pelliccia di lupo, la testa dell’animale gli cadeva sulla spalla. Dopo di lui altri uomini vestiti simili. Le loro urla rimbombavano nelle sue orecchie assordanti. Non ci mise molto a capire che quelli potevano essere le numerose vittime della pazzia di suo padre. Passò accanto a loro in silenzio, come se quelle morti pesassero in parte sulle sue spalle. Svoltò alla sua destra, lasciando dietro di sé, quelle fiamme di morte e devastazione. Pensò che non avrebbe mai voluto vedere davvero la potenza di quell’arma distruttiva. Come poteva mio padre usarla con così tanto facilità.
 
Passò oltre a numerosi corpi avvolti dalle fiamme, ma venne distratta da un leggero rumore di campanelle alla sua sinistra. Riconobbe tra i corpi di fronte a lei Mirri Maz Duur, la maegi che aveva salvato a Lhazar e che poi l’aveva fatta incatenare alla pira di Drogo, quando aveva scoperto che aveva volontariamente infettato la ferita di suo marito. La guardò con soddisfazione. Il suo volto era ancora sfigurato dalla sofferenza. Hai quello che ti meriti strega! Ma i suo occhi vennero rapiti da un'altra figura poco distante. Eccolo lì. Il suo Sole-e-Stelle. Khal Drogo si ergeva in tutta la sua magnificenza. I muscoli del petto e delle sue braccia erano ben scolpiti in quella pelle ramata. I tratti del suo volto duro erano sereni. Lui almeno non soffre più. Era già morto prima che le fiamme lo prendessero. Si sentì più tranquilla, almeno ora sapeva che era in pace. Ricordò ancora tutto il dolore che aveva provato, quando gli aveva premuto quel cuscino sul volto. Calde lacrime le erano scese, per la scelta che aveva dovuto fare. Ma questo gli aveva permesso di non intaccare il suo onore di guerriero imbattibile. Se uno dei suoi cavalieri di sangue avesse provato a sfidarlo, lui avrebbe perso il suo titolo di Khal e la sua lunga treccia di capelli corvini gli sarebbe stata tagliata. Invece ora fluttuava in tutta la sua ampiezza. I campanelli emettevano dei deboli tintinnii. Guardò ancora la pelle ambrata dell’uomo che era stato suo marito e pianse una lacrima per lui. Poi il suo sguardo venne rapito da un piccolo essere alla sua destra. Era grottesco. Aveva squame al posto della pelle e dalla sua schiena sembravano fuoriuscire una coda ed un paio d’ali. Dany ricordò la descrizione che la maegi le aveva fatto del bambino che aveva estratto dal suo ventre. E capì, quello era suo figlio Rhaego. Un’altra lacrima gli scese. Avrebbe tanto voluto avvicinare una mano per sfiorare i volti di quella che un tempo era stata la sua famiglia, ma sapeva che non poteva. Mi dispiace Drogo, ti avrei rivoluto al mio fianco, ma sembra che il destino non ci voglia riunire. Non ancora almeno.
 
Vagò per un tempo infinito senza meta, passando accanto a numerosi corpi circondati dalle lingue vermiglie. Poi si fermò. Di fronte a sé tre persone. Un uomo e due donne. I loro volti erano rilassati e sembravano riposare in pace. Riconobbe in loro i tratti dell’Antica Valyria. Sulle loro teste c’era una corona ciascuna. La pelle era color alabastro, i loro capelli sottili erano biondo argenteo, esattamente come i suoi. Anche se non poteva vedere il colore dei loro occhi, sapeva che le iridi avevano le varie sfumature tra il viola e il lilla. Aegon e le sue sorelle, Visenya e Rhaenys. Rimase molto tempo a guardarli, pensando che il loro sangue scorreva nelle sue vene. Voi non mi conoscete, ma sono l’ultima della vostra dinastia ancora in vita. Riporterò il nome della nostra casata sul Trono di Spade. Quel trono che voi avete conquistato più di trecento anni addietro. Rivendicherò il mio diritto e un giorno riposerò qui assieme a voi, come Daenerys I Targaryen, regina dei sette regni. Abbassò appena il capo in segno di rispetto e si inginocchiò. Era la prima volta che lo faceva in tutta la sua vita, ma sentiva che doveva avere considerazione per i capostipiti della sua famiglia. Poi si accorse che alle loro spalle si apriva un lungo corridoio. Superò i loro corpi sospesi nelle fiamme e si diresse in quella direzione. Camminò tra numerosi signori dei draghi. Uomini, donne, bambini, neonati e grotteschi corpicini che ricordavano suo figlio Rhaego. Alcuni indossavano corone, alcune donne delle semplici tiare, altri non avevano nulla in testa. Non tutti avevano i tratti dell’antica Valyria si accorse, c’era anche qualcuno che aveva i capelli castani o neri, oppure in alcuni casi tra il bianco argenteo poteva spiccare qualche ciocca di colore diverso.
Si ritrovò ad attraversare molteplici generazioni di Targaryen, ma non tutti avevano i volti rilassati. Man mano che proseguiva molti sembravano soffrire nelle fiamme. Dunque non tutti i miei parenti avevano sangue di drago. Si ritrovò a pensare a suo fratello Viserys e a come l’oro gli aveva sciolto il volto.
Per la maggior parte di loro, non seppe nemmeno dare un nome. Si sentiva in colpa per questo, erano i suoi antenati e lei non conosceva niente di loro. Era una strana sensazione. Sapeva che quella era la sua famiglia, eppure era come se non le appartenesse. Non provava niente per nessuno di quei corpi. Sentì un vuoto profondo impossessarsi del suo cuore. Non c’era alcun sentimento, se non il rammarico di non averli mai conosciuti. Ma d’altronde come avrebbe potuto? Erano vissuti così tanti anni fa. Eppure sapeva che le sarebbe anche solo bastato leggere delle loro avventure, dei loro regni e della loro vita, per sentirsi in parte partecipe della loro esistenza. Sangue del suo sangue. Ma tutto ciò che lei aveva conosciuto, era la pazzia di suo fratello Viserys.
 
Senza accorgersene arrivò quasi alla fine di quell’infinito corridoio di ricordi che non le appartenevano. Vide un ultimo re Targaryen. Aveva una corona in testa e vestiva con sontuosi abiti dorati, rossi e neri. La sua pelle era pallida e dava l’idea di essere gracile e malaticcio. Lo scambiò per suo padre in un primo momento, ma poi vide che dopo lui c’erano ancora troppi corpi. I suoi occhi vennero rapiti da una donna in fondo alla sala infuocata. Le assomigliava in una maniera incredibile, anche se i suoi lineamenti erano più maturi. Le sembrò di rivedersi allo specchio. Avevano le stesse labbra, la stessa dolcezza nello sguardo. Non seppe spiegarsi il perché, ma nei suoi tratti sembrava trasparire una forte malinconia. Dany la osservò per diverso tempo, senza nemmeno rendersene conto si era fermata. I lunghi boccoli biondo argento le ricadevano morbidi sulle spalle, scendendo fino al basso ventre, incorniciando quel viso perfetto. La pelle delle braccia era liscia e delicata. Il suo abito era di un rosa pastello. Indossava molti gioielli, ma in testa non aveva nessuna corona. Dany non seppe spiegarselo, ma qualcosa in lei l’aveva colpita. Sentiva un certo legame con quella donna e uno strano pensiero le attraversò la mente. È lei la donna che mi ha messa al mondo? È lei mia madre?
Poi si accorse che al suo fianco vi era un uomo. I suoi tratti le erano così famigliari. Fece qualche passo per portarsi di fronte a lui. Per un attimo lo scambiò per suo fratello Viserys. I lineamenti delicati del suo viso, quei capelli molto simili ai suoi. Ma si accorse che non poteva essere lui. Lo riconobbe, invece, come l’uomo che aveva visto in quella visione nella casa degli Eterni. Finalmente lo aveva trovato.
 
Quello era Rhaegar Targaryen, il principe della Roccia del Drago, chiamato anche il Principe Drago. Daenerys lo osservò attentamente. Aveva lunghi capelli argentei che scendevano fino al petto. Gli zigomi alti, la pelle d’alabastro perfetta. Sembrava una statua di porcellana. Indossava un’armatura nera come l’ossidiana. Sul petto uno squarcio rovinava lo stemma della loro casata. Mancavano alcuni rubini, mentre altre gemme erano frantumate. Rimase incantata a guardarlo per un momento. Le labbra e i suoi occhi serrati erano sereni. Non stava soffrendo. Forse era davvero l’Ultimo Drago… della sua generazione. Riflettè su quello che Viserys,  Ser Barristan e Jorah Mormont le avevano raccontato di lui.
Ora era lì di fronte a lui e aveva la possibilità di poterlo riportare indietro con sé. Si ritrovò ad esitare. Non era da lei. Ebbe quasi timore di toccarlo e per qualche minuto che le sembrò eterno, non si mosse. Era irrimediabilmente attratta da lui, ma allo stesso tempo impaurita. Come una bambina. Come se ne temesse la sua reazione. E se non mi accettasse? Cosa potrebbe dire di me, se scoprisse che per tutto questo tempo mi sono nascosta a Meeren, lasciando il nostro trono ai figli dell’Usurpatore? Si arrabbierà per la manchevolezza mia e di mio fratello? Poi un dubbio si impossessò di lei. E se cominciasse a trattarmi come faceva Viserys? Scosse la testa per scacciare quei brutti ricordi. Ma che diamine stai pensando, Dany. Di lui ti hanno sempre parlato bene. Lui non sarebbe mai stato come Viserys.
Le parole di Jorah Mormont rimbombarono nella sua mente.
“Rhaegar combatté con coraggio, Rhaegar combatté con nobiltà, Rhaegar combatté con onore. E Rhaegar…” Combatterà ancora. Per me. Allungò un braccio e gli prese una mano.
 
L’uomo aprì lentamente gli occhi. Una luce calda gli illuminava il volto. Era in una stanza con drappi celesti e oro. Il soffitto del letto a baldacchino era intarsiato di conchiglie e madreperle. Aprì e chiuse più spesso gli occhi per cercare di riconoscere quel luogo. Ma i suoi pensieri sembravano offuscati. Voltò lo sguardo e accanto a sé scorse tre figure. Una di queste gli sembrava avvolta dalle fiamme. Ma quando i suoi occhi misero a fuoco, vide che si sbagliava. Era solamente coperta di abiti rossi. Gli si avvicinò e sembrò controllare il suo stato di salute. Poi si rivolse alle altre due figure alle sue spalle. Disse loro qualcosa e poi sparì dal suo campo visivo. I suoi occhi vennero rapiti per un attimo dalla seconda figura. Quei capelli biondo argenteo, quel volto delicato, quegli occhi viola.
-Madre. – la sua voce era un debole sussurro, gli sembrò di non aver pronunciato delle parole per così tanto tempo. Non seppe perché, ma la visione di quella ragazza gli fece tornare alla mente l’immagine della donna dolce e delicata, che riconobbe come sua madre. Lei guardò un cavaliere in armatura accanto a sé e scambiò alcune parole con lui prima di avvicinarsi al letto. Vide il guerriero allontanarsi di qualche passo, mentre lei si sedeva su una sedia accanto lì vicino. L’uomo cercò di alzarsi sui gomiti, ma sentì le vertigini e ricadde sui cuscini.
-Non ti sforzare. – la voce della donna era cristallina e fresca. Rimase incantato a guardarla, man mano che i suoi occhi si riabituavano a quella nuova situazione.
-Il mio nome è Dany. – continuò parlando lentamente – ricordi il tuo? –
L’uomo socchiuse gli occhi, mentre cercava di ricollegare i pensieri nella sua mente. I ricordi si susseguivano. Volti di uomini, di donne, di bambini. Poi ricordò chi era.
-Mi chiamo Rhaegar… - disse perso nelle sue memorie – Rhaegar della casa Targaryen, principe della Roccia del Drago. Primogenito ed erede di Re Aerys II. – quel nome gli scatenò un turbinio di emozioni contrastanti, che cercò di reprimere, osservando la donna accanto a sé.
-Vedo che i ricordi stanno tornando tutti! Bene è un buon segno! – constatò sorridendo.
Le labbra del principe drago si curvarono debolmente, i suoi occhi esprimevano una malinconia straziante. Poi delle immagini lo assalirono. Vide altre labbra che sorridevano allegre, un volto allungato incorniciato da setosi capelli scuri che profumavano di fiori. Ricordò poi una battaglia, un fiume e un martello da guerra venirgli incontro. Una fitta al cuore lo fece contrarre, si portò una mano al petto. Dany vide la sofferenza sul suo volto e saltò dalla sedia per soccorrerlo.
-Che cosa succede Rhaegar? Stai male? – gli chiese preoccupata.
Tutto il dolore come era arrivato, svanì. Rhaegar si immerse negli occhi della donna che ora lo sovrastava.
-Chi sei davvero Dany? – le domandò faticosamente.
Lei si mise a sedere sul letto, giocò nervosa con i lembi della stola che aveva sulle spalle. Gli occhi indaco di suo fratello lasciavano intendere che voleva la verità.
-Il mio nome è Daenerys Nata dalla Tempesta, sono la terza figlia di re Aerys II e Rhaella Targaryen. Nacqui a Roccia del Drago nel 284 D.C. Sono tua sorella minore Rhaegar. – aggiunse vedendo lo sgomento negli occhi di lui.
-Io non… - cominciò a dire lui.
-Tu sei morto nella Battaglia del Tridente, l’anno prima della mia nascita. –
La guardò senza dire una parola. Poi alzò un braccio e le avvicinò la mano al viso. Dany fu sorpresa da quel gesto, e istintivamente chiuse gli occhi. Non sentì alcun movimento sferragliante dell’armatura di Ser Barristan e per poco temette che se ne fosse davvero andato. Poi sentì quelle dita affusolate ed eleganti, sfiorarle i capelli delicatamente, come nessuno mai aveva fatto. Infine posò tutto il palmo sulla sua guancia. Sentì la sua pelle calda al tatto. Quando riaprì gli occhi, rimase impressionata dal suo sguardo. Quelle iridi indaco scuro le stavano sorridendo. Il suo volto era addolcito in un sorriso tenero. Dany si ritrovò a piangere, senza alcun motivo. Per troppo tempo aveva cercato un luogo da chiamare casa. Per troppo tempo aveva cercato qualcuno che la facesse sentire al sicuro. Per così tanto tempo aveva cercato una carezza da colui che avrebbe potuto essere la sua famiglia. Scoppiò in un singhiozzo incontrollato e si buttò sul suo petto abbracciandolo. Rhaegar le accarezzò dolcemente i capelli e le spalle, e rimase in silenzio attendendo che le lacrime della sorella appena conosciuta, cessassero.
 
Si tirò su a sedere, imbarazzata. Sentiva gli occhi gonfi e le guance le tiravano. Rhaegar le scostò alcune ciocche di capelli e le asciugò una lacrima sulla punta del naso. Le sorrise, lei senza volerlo ricambiò con un risolino.
-Scusami. È da troppo tempo che mi sento sola. – cercò di spiegargli, tirando su col naso.
-I nostri genitori e nostro fratello dove sono? – le chiese con la fronte corrucciata, non riuscendo a seguire il suo discorso.
-Nostro padre venne tradito. Una delle sue guardie lo trafisse con la stessa spada con cui aveva giurato di proteggerlo. Jamie della casa Lannister. Ora viene chiamato lo Sterminatore di Re. – Rhaegar sbarrò gli occhi per un attimo. Dany potè vedere bene il colore delle sue iridi, prima che spostasse lo sguardo di lato.
-Jamie… - sussurrò faticosamente, ebbe appena un’esitazione poi tornò a guardarla. Nel suo sguardo ora c’era una strana determinazione.
-Nostra madre? –
Dany abbassò il capo, sentendosi in colpa.
-E’ morta dandomi alla luce. – lo sentì alzarsi a sedere, non ebbe il coraggio di guardarlo subito. Temeva che l’avrebbe colpevolizzata come già aveva fatto Viserys, ma si accorse che stava stringendo i pugni e se li era portati sul volto. Emise due profondi sospiri e quando tornò a guardarla, Dany vide delle lacrime nei suoi occhi. Anche se turbata da quella visione, prese il coraggio e gli rivelò anche la fine orrenda del loro fratello.
-Viserys invece, è morto, ucciso dall’uomo a cui mi aveva venduta. – abbassò nuovamente lo sguardo, ma quando lo sentì muoversi di nuovo, lo guardò. Lui le strinse le spalle e puntò gli occhi lucidi su quelli della ragazza.
-COS’HA FATTO? – le urlò contro.
-Mi dispiace – disse terrorizzata, poi continuò tutto di un fiato - aveva minacciato di uccidermi di fronte a tutto il Khalasaar. Mio marito non lo poteva risparmiare e io non potevo fermare quell’esecuzione. – disse tra le lacrime – non volevo. – aggiunse tra i singhiozzi.
L’espressione di Rhaegar era impietosita da quel racconto.
-Tranquilla, è tutto finito. – cercò di rassicurarla lui, accarezzandole i capelli – come ha potuto venderti? Che ne è dell’onore della nostra famiglia? –
Dany lo guardò con occhi del tutto nuovi:
-Non… sei arrabbiato con me? – le sembrava di essere tornata la bambina spaventata di un tempo, e se ne vergognò. Ora lei era la madre dei draghi, la spezza catene, la khaleese del suo esercito dothraki e la futura regina dei sette regni. Come poteva comportarsi ancora così? Eppure di fronte a quegli occhi non poteva che sentirsi smarrita.
-Perché dovrei essere arrabbiato con la mia sorellina? Tu hai dovuto affrontare tutto questo. – le disse teneramente, osservandole i lineamenti della fronte – mi dispiace che tu sia stata sola per tutto questi anni. Ora sei una donna e sicuramente non avrai più bisogno dell’affetto di un fratello – le sorrise timidamente.
-Non sai quanto ti sbagli. – gli rivelò lei, stringendosi di nuovo a lui, come una bimba in cerca di coccole.
Di nuovo venne colto da altre immagini. Mani affusolate lo stringevano. Poteva sentirne i lievi calli sulle dita. Poi vide che quelle mani stringevano una ghirlanda di rose blu. Una fitta alla testa lo fece barcollare. Rhaegar fu costretto ad appoggiare le mani sul letto per non perdere l’equilibrio. Dany se ne accorse e si staccò da lui preoccupata.
-Scusami, sono stata troppo precipitosa. – e lo guardò dispiaciuta.
-No, non sei tu. – le disse, portandosi una mano a massaggiarsi le tempie.
-Qualcosa non va? – gli chiese angosciata.
-I ricordi, credo stiano tornando. – affermò conscio delle immagini che gli scorrevano ancora davanti agli occhi – è che alcuni arrivano così improvvisi. -
-Forse è meglio se ti lascio riposare allora. – e fece per alzarsi, ma l’uomo la trattenne prendendole delicatamente un polso.
-No, te ne prego. Rimani. – Dany non riuscì a dirgli di no - Raccontami ciò che mi sono perso. –
 
Note dell’autore:
 
Entriamo nel mondo che mi sono immaginata del Dio R’hllor. Un incendio eterno che continua a bruciare all’infinito, mantenendo però integri tutti i corpi delle vittime del fuoco. Abbiamo molti corpi, tutti quelli dati alle fiamme, sia per caso, sia per rogo, sia in pire funerarie.
Ho cercato di ricordare i personaggi più importanti di tutta la saga i cui corpi vennero bruciati.
Un dolce pensiero è andato subito alla bambina col volto sfigurato dal morbo grigio. Dany non può sapere chi sia, ma penso che voi l’abbiate riconosciuta. Sheeren, la figlia di Stannis Baratheon, che ancora versa lacrime verso suo padre che l’ha lasciata bruciare di fronte ai suoi occhi, senza muovere un dito. la nostra regina dei draghi sappiamo quanto soffre a vedere anime innocenti, quindi si pone la domanda di chi possa essere stato, non sapendo che è proprio la donna che ora la sta aiutando.
Poi abbiamo le fiamme dell’alto fuoco, dove Dany ritrova tutte le vittime di suo padre, tra cui Rickard Stark, il capostipite della famiglia di Grande Inverno, anche se lei non sa chi sia nemmeno lui. Non ho inserito Brandon, perché come viene più volte ricordato dai libri, lui morì strangolato e non bruciato. La regina si sente in colpa inconsciamente per quella carneficina, e teme quel potere.
Ritrova il suo Drogo. Un dolce pensiero la rapisce, ma quando vede suo figlio Rhaego torna alla realtà dei fatti e capisce che la sua strada la porta lontano da loro.
Potevano mancare un po’ di Targeryen? Ovviamente no, la loro tradizione vuole che alla loro morte venissero bruciati in una pira, dunque ho pensato che avessero come un corridoio riservato, la cui entrata era sorvegliata dai loro primi antenati. Per la prima volta nella sua vita Daenerys si inginocchia di fronte ai suoi avi, e più determinata di prima attraversa quel corridoio. Famigliari che non ha mai conosciuto, né di cui ha mai sentito parlare, tranne per qualche racconto impreciso di Viserys, alterato dalla sua pazzia. Alla fine giunge all’ultimo uomo con la corona in testa, ho inserito Jaehaerys suo nonno, come ultimo re Targaryen, perché non viene mai detto che anche Aerys venne bruciato, anzi essendo poi arrivato Robert, non penso minimamente che la tradizione dei draghi sia stata rispettata, come anche per i figli del principe drago.
E giunge di fronte anche a sua madre, la regina Rhaella. Indiscutibilmente bella, ma perennemente triste. Dany crede di riconoscerla anche se ovviamente non ne ha la certezza, ma sente dentro di sé che quella donna è sua madre. Ovviamente non ha la corona sul capo, perché sappiamo che venne consegnata a Viserys e che nei suoi viaggi per le città libere dovette anche venderla.
Dopo di lei, Dany finalmente giunge alla sua meta. Rhaegar è ora di fronte a lei.
E qui parte con mille pensieri che la fanno desistere, ma ripensando alle parole di Jorah prende coraggio e decide di fare quello per cui era venuta. Ho dovuto inserire quella famosa citazione mutando la fine, perché è una frase che mi ha commosso appena l’ho letta, e quando ho capito di più su Rhaegar nella trama dei libri, quelle parole sono state una triste persecuzione. Appena la sentivo nei video fan made, mi veniva da piangere. Così quando ho creato questa storia mi sono detta: Rhaegar tu non morirai, io farò in modo di farti tornare a vivere e finire quello che avevi cominciato!
 
Ed è così che abbiamo il suo risveglio. Dany lo accoglie e spero vi sia piaciuto come ho fatto interagire questi due personaggi. Volevo che tra loro si instaurasse fin da subito un legame fraterno molto stretto e spero di esserci riuscita. Ho pensato che Dany tornasse quasi bambina di fronte a lui, sentendosi inferiore,  inadatta e tremendamente sola. Ma con lui al suo fianco ritroverà la sua strada, ora che si sente così smarrita in questo mondo che non sente ancora interamente suo.
E Rhaegar ha quei ricordi che lo disturbano, ma che ancora non comprende… vedremo nel prossimo capitolo che reazione avrà, quando scoprirà gli eventi che hanno seguito la sua morte, perché per il momento lui ancora non sa niente!
 
Spero vi sia piaciuto anche questo capitolo e fatemi sapere quello che pensate!
Un abbraccio caloroso a tutti!

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Capitolo 15
*** Le Rose dell'Inverno ***


Le neve cadeva senza tregua. I vetri delle finestre avevano uno strato di ghiaccio spesso due dita sulla parte inferiore e numerosi coni ghiacciati scendevano verso il basso gocciolando acqua gelida. L’inverno alla fine è arrivato. Pensò tristemente Lyanna, posando lo sguardo verso le pianure attorno al castello.
-Mia signora, il re attende la vostra presenta al consiglio. – un servo l’aveva raggiunta nel salottino del terzo piano. Jon era tornato dal viaggio alla Barriera già da qualche giorno. Ricordava di aver visto la regina con un viso molto pallido, quando era scesa da cavallo. E come da immaginarselo aveva accuratamente evitato l’aiuto di suo fratello Viserys. Avevano accompagnato Sam al Castello Nero, in cambio i Guardiani della Notte avevano dato loro qualche picca di vetro di drago per rafforzare le loro difese, nel caso la Barriera avesse potuto cedere. Ma bisognava trovare al più presto una riserva molto più grande, se volevano sperare di arrestare la loro avanzata.
 
Lyanna aveva raggiunto la sala grande. Al centro del tavolo principale era seduto Jon, suo figlio, il Re del Nord, lo stemma del Lupo Bianco alle sue spalle. Con lui c’erano Sansa, Bran e Arya. Meera e Brienne erano sedute su uno dei tavoli sottostanti. C’erano anche Ser Davos, Mance Rayder e Tormund e altri bruti. Lady Mormont e una decina di lord alfieri. La regina Daenerys, il principe Viserys, Missandei, Verme Grigio, Tyrion Lannister e Barristan Selmy.
Lyanna prese posto accanto a sua nipote Arya. Jon attese che si sedesse prima di dare la parola a Davos. L’uomo espose l’ordine del giorno. Bisognava mandare un gruppo di volontari a Piazza di Torrhen, dove erano appostate le truppe Lannister, e avrebbero poi proseguito fino a Deepwood Motte, sede dei Martell. Un secondo gruppo sarebbe partito per Forte Terrore, dove invece c’erano i Tyrell, fino ad arrivare a Karhold, dove risiedeva l’esercito della Valle di Arryn. Questi due gruppi avrebbero dovuto consegnare il vetro di drago, trovato dai recenti scavi dei Guardiani della Notte. Inoltre c’erano poi numerosi villaggi nei pressi del bosco del lupo che erano stati presi d’assalto da alcuni gruppi di manigoldi. Dovevano mettere in salvo più vite possibili e scortarle ai castelli limitrofi. La regina Daenerys affermò che le era giunto un corvo da Approdo del Re e che le Serpi delle Sabbie erano in viaggio per raggiungere il loro esercito al nord. Ellaria Sand si era dunque decisa ad attraversare i sette regni.
-Mance Rayder, prendi Tormund e qualche alfiere del nord per andare a est! – disse autorevole Jon.
-Ser Davos, andrai con Ser Barristan e se la regina te lo concede, vi scorteranno alcuni dei suoi soldati dothraki. – Daenerys non fece in tempo a rispondere che un’altra donna prese la parola.
-Manda le Rose dell’Inverno a ovest! Jon ti servono più uomini possibili qui a Grande Inverno, se cominci a dividerli non avrai un esercito, quando ti servirà davvero! – a parlare era stata Sansa.
Jon ponderò un po’ sulla sua affermazione, Ser Davos prese parola:
-Se mi consentite, mio re, la lady non ha tutti i torti. So quanto tenete alle vostre terre e ai vostri alleati, ma sarebbe meglio se il grosso dell’esercito e tutti i suoi comandanti rimanessero uniti. Se cominciamo a dividerli in piccoli gruppi per pattugliare tutto il nord, non rimarrà più nessuno a sorvegliare le mura di questo castello. –
-Mettere quindi il destino di quei poveri contadini in mano a delle donzelle? – uno dei suoi lord alfieri era un po’ scettico. Tutte le donne presenti lo guardarono con rimprovero.
-La mia casata ha avuto numerosi comandanti femminili e sono sempre state delle guerriere eccezionali. – disse la giovane Lyanna Mormont.
-Impugno la spada da ancora prima che tua madre smettesse di pulirti il moccolo dal naso! – Brienne si alterò in direzione di quel lord.
-Non siamo qui per litigare! – la voce di Tyrion si fece decisa e tagliente come la lama di un coltello – ma sono d’accordo con lady Sansa. Può essere una buona soluzione mandare le Rose dell’Inverno in questa missione. Avrebbero modo di provare la loro preparazione senza metterle davvero in pericolo. – aggiunse vedendo lo sguardo d’apprensione del re. Lyanna non fu soddisfatta di quell’ultima frase.
-Lascia che ti dimostriamo quanto valiamo, Jon! Altrimenti perché ci hai permesso di allenarci, se poi non ci lasci combattere! –
-Vi ho permesso di creare quest’armata, per rendere le donne in grado di difendersi da qualsiasi incursione, mentre gli uomini sarebbero andati in guerra. Non certo per spedirvi in qualche missione pericolosa! – Jon non sembrava voler cedere.
-Le Serpi delle Sabbie sono libere di muoversi nelle nostre terre, a loro è stata data una fiducia che a noi, invece non verrà mai concessa! – intervenne Meera.
-Manderesti loro in missione, piuttosto che noi! Non è così?- Lyanna era una donna testarda.
-Loro non sono la mia famiglia! Tu si, invece. – Lyanna fu intenerita da quelle parole, ma il suo orgoglio era ferito dal fatto che non le permettesse di essergli d’aiuto.
-Mio re, forse sarete più accondiscendente, se con vostra madre andassi anch’io? – si propose Ser Barristan. Lyanna ebbe uno sguardo d’ammirazione per quell’uomo, e gli sorrise.
-Lady Lyanna ha anche la mia spada! – affermò degna Brienne.
-E la mia lancia! – si unì anche Meera.
Jon guardò il volto delle due donne che avevano parlato e nella sue espressione si lesse una certa indecisione. I suoi occhi incrociarono quelli di sua sorella Arya. Aveva la stessa determinazione di sua madre.
-Jon, prendi in considerazione questa proposta! Come ha detto Sansa, hai bisogno dei tuoi uomini qui! – gli disse. Jon però scosse la testa. Questo gli sarebbe costato troppo. Si era ripromesso di proteggere la sua famiglia e non avrebbe più permesso che nessun lupo uscisse dalle mura del castello.
-Non vedo perché non devi accettare questa proposta! – a parlare questa volta era stata la regina Daenerys – Le ho viste allenarsi tutti i giorni, da quando sono qui. E devo essere sincera: non ho mai trovato delle donne tanto determinate. Vogliono poterti dimostrare quanto valgono! Dai loro questa possibilità! Non le stai certo mandando alla morte, il loro viaggio è verso sud ovest, non si avvicineranno nemmeno alla barriera. Inoltre si incontreranno con Ellaria durante il viaggio e saranno più numerose. Ser Barristan hai il mio permesso di affiancarle. – attese qualche istante prima di riprendere a parlare. E guardò suo fratello in piedi, con la schiena appoggiata al muro e le braccia conserte. Aveva tenuto il volto abbassato per tutto il tempo, ma da quando aveva aperto bocca non le aveva mai tolto gli occhi di dosso. Dany sapeva che la stava guardando con rammarico, ma non le interessava. Era determinata e non avrebbe ceduto.
-Gli estranei non faranno alcuna differenza quando arriveranno! Uomini, donne o bambini. È giusto che ognuno faccia la sua parte in questa guerra! – disse la regina continuando a guardare quella maschera senza espressione.
Jon ponderò ancora un secondo sulle sue parole. non gli piaceva per niente quell’idea, ma non poteva trovare alcuna obiezione.
-E sia, madre. Andrete a Piazza di Torrhen, consegnerete una parte di vetro di drago ai Lannister. Poi vi incontrerete con le Serpi delle Sabbie ed insieme marcerete fino a Deepwood Motte. Scegliete cinque delle vostre migliori Rose dell’Inverno. Partirete domattina! –
Lyanna e Arya esultarono di gioia. Il principe Viserys fissò sua sorella ancora un istante, poi uscì dalla stanza, sbattendo la porta.
 
Lyanna era emozionata. Finalmente aveva modo di mostrare a suo figlio che poteva fidarsi di lei. Non lo avrebbe deluso questa volta. Avrebbe compiuto questa missione e sarebbe tornata trionfante da suo figlio. Aveva scelto come compagne di viaggio Brienne, Meera, Elanon: la moglie di un cacciatore, abile con l’arco; Tessa: la giovane figlia di un fabbro, se la cavava con la spada e Dasira: una donna dei bruti, forte e coraggiosa, sapeva impugnare un’ascia come un uomo.
Indossò il suo completo di pelle grigio tortora, gli stivali scuri, il soprabito grigio antracite comodo per cavalcare con gli spacchi sulla gonna e il mantello grigio ceruleo che Sansa aveva cucito apposta per lei. Sul fermaglio a forma di meta-lupo aveva fatto incastonare due zaffiri negli occhi della bestia. Lyanna le aveva dato un bacio sulla guancia per ringraziarla.
Prese la sacca con le sue cose e uscì dalla propria camera. Arya le apparve all’improvviso di fronte. Lyanna se l’era aspettato.
-Perché non mi porti con te? – le chiese arrabbiata.
-Non pensare male, Arya. – cominciò la donna – so quanto sei coraggiosa, e letale quando ti ci metti - si indicò il collo e la spalla – ne porto ancora i segni! Ma ho estremo bisogno che tu rimanga qui. Sei una Stark di Grande Inverno e il tuo posto è con i tuoi fratelli! –
-Ma io ti potrei essere d’aiuto! Lo sai zia! – insistette Arya.
-Non ne dubito! Ma chi rimarrebbe qui a proteggere Sansa e Bran, se anche tu venissi con noi? –
-Ci sono tutti gli altri! –
-Chi? Gli Umber o gli Hornwood? Hanno eletto Jon come loro re, solo dopo che i Bolton erano stati uccisi. Ramsey Snow ci ha già dimostrato, quanto possa cambiare la fedeltà del nord. Possiamo contare solo sulla vera lealtà dei Mormont, ma non hanno così tanti uomini. Gli immacolati e i dothraki sono fedeli solo alla regina, e non parlano nemmeno la nostra lingua. E sappiamo anche che non ha preso molto bene la notizia sulle vere origini di Jon. Chi ci rimangono, i bruti forse? Senza Mance o Tormund credi davvero che rimarranno fedeli alle loro promesse? Si vantano troppo di essere un popolo libero per sottostare al ogni uomo che si proclama re. – Lyanna espresse tutto questo mentre Arya rimaneva a guardarla attentamente.
-C’è Ser Davos! -
-Cosa può un uomo solo contro tutti loro? Abbiamo fatto entrare dentro le mura del nostro castello troppi nemici Arya. Per il momento sono alleati, ma poi? Chi ci dice che alla prima occasione non ci tradiranno? Mio figlio è già stato pugnalato alle spalle dai suoi stessi confratelli su alla Barriera, gli stessi uomini che prima gli avevano giurato fedeltà quel loro lord comandante! Non voglio che questo riaccada! E non abbiamo qui con noi, un’altra strega rossa che lo possa far tornare indietro, né altre pietre magiche. Arya, io mi fido solo di te! Sei l’unica che sarebbe in grado di proteggere Jon a costo della stessa vita. –
-Promettimi che nella prossima missione lascerai a casa Meera o Tessa e mi porterai con te! Promettimelo!– la ragazzina era determinata, proprio come lo era sempre stata anche lei. Per un attimo a Lyanna venne in mente un’altra vecchia promessa. Ma le parti erano invertite e di fronte a lei non c’era suo fratello Ned. La tristezza si riversò nel suo cuore.
-Te lo prometto! –
Ned, tu hai protetto mio figlio per tutti questi anni, ora tocca a me salvaguardare alla vita dei tuoi figli. Non permetterò che accada nulla a nessuno di loro, anche se dovrò mentire, anche se dovrò andare contro il mio onore. Tu lo hai fatto per me, è giusto che ti ricambi il favore. Te lo devo, fratello.
 
Scese la grande scalinata e raggiunse l’atrio, dove una cameriera stava passando con un enorme vassoio di mele da portare nelle cucine. La donna si inginocchiò con reverenza. Nessuno aveva fatto grosse domande sulla sua vera identità. Jon aveva comunicato a tutto il castello e anche ai suoi alfieri, chi ella fosse realmente. Sicuramente qualche incertezza se l’erano posta, ma erano le parole del loro re, e nessuno le avrebbe mai messe in discussione. Lyanna ne era grata, almeno non avrebbe dovuto spiegare quello che davvero era successo. Anche perché Jon non aveva ancora rivelato l’identità del suo vero padre, ma aveva semplicemente camuffato la sua nascita come un qualcosa che avrebbe dato disonore alla sua famiglia. L’onore di Lyanna era stato messo in discussione da molti uomini di certo, ma nessuno osava proferire alcun dubbio ad alta voce. Lei era stata disposta ad accettare, d’altronde suo fratello Ned lo aveva fatto per anni. Che tutti pensassero che la sua virtù fosse stata pure intaccata, tanto era la verità e non le importava. Questa volta non doveva rendere conto a nessuno, né a un padre bramoso di alleanze, né tanto meno ad un lord che l’aveva chiesta in moglie. Lei non sarebbe più appartenuta a nessuno. Nessun uomo l’avrebbe reclamata. Non sarebbe più stata tra i desideri di nessuno. Mai più. Un pensiero triste le vorticò nella mente.
Sono stata nei pensieri dell’unico uomo che ha saputo vedere oltre il mio bel visino. Nessuno potrà mai prendere il suo posto.
 
 Lyanna prese un frutto dal vassoio che teneva in mano la cameriera e lo mise nella sacca che portava di traverso. Le stoffe del soprabito frustavano ad ogni suo movimento, il mantello svolazzava alle sue spalle per la velocità. Mentre stava dividendo tre ciocche di capelli per intrecciarle, arrivò alle sue spalle il principe Viserys, anche lui in tenuta da viaggio, la giubba di cuoio nera col drago rosso dipinto sul petto. Il lungo mantello porpora allacciato sul petto da una grossa fibbia a forma di drago.
-Lady Stark. – la salutò accostandosi e seguendo la sua andatura. La donna lo guardò stupita, le sue mani lavorarono i capelli un altro po’.
-Che ci fate voi qui? – chiese con curiosità.
-Sostituisco Ser Barristan. – disse il principe atono.
-Si sente male? - si informò preoccupata, mentre annodava con un laccio la punta della treccia. Non era stata precisa e alcuni capelli le uscivano scomposti un po’ dovunque.
-Gli ordini sono cambiati! – affermò il principe con voce altera.
-Perché non ne sono stata informata? – Lyanna sapeva che quel cambio di programma non poteva essere dipeso da Jon, altrimenti glielo avrebbe fatto sapere.
-La regina ha forse cambiato idea? Poteva anche degnarsi di mettermi al corrente dei nuovi ordini! – non sopportava di non essere presa in considerazione da quella donna. E da quando aveva saputo il suo vero nome, l’aveva scoperta ad osservarla da lontano e il più delle volte che si incrociavano nei corridoi, la evitava.
-La mia sorellina non centra. È un mio ordine. – il principe accelerò il passo e la superò, Lyanna trovò il suo comportamento davvero insopportabile.
-Spero solo che non mi siate d’intralcio! – gli urlò fermandosi e guardandolo uscire.
Anche l’uomo si arrestò, ma rimase di spalle. Scosse la testa e senza dire niente varcò la soglia.
 
Jon la stava aspettando assieme a Sansa. Nei loro occhi c’era una forte apprensione. Brienne, Meera, Tessa, Dasira e Elanon erano già salite sui loro destrieri. Whitefog, la sua puledra dal manto grigio chiaro, e la criniera color ardesia, era già sellata e Jon teneva le briglie. Poco distante c’era anche uno stallone sellato dal manto lucido e nero come la pece. Le rifiniture della sella erano scarlatte: il cavallo del principe Viserys pensò. Per lui non c’era nessuno a salutarlo. Lo guardò salire in groppa al suo destriero e voltare il cavallo per uscire dal castello. Le sembrò strano che la regina non fosse presente, ma ultimamente il loro rapporto sembrava incrinato. Daenerys era sempre arrabbiata con lui e gli si rivolgeva appena o in malo modo. Da quando aveva scoperto le vere origini di Jon, si era chiusa in se stessa.
Lyanna diede un bacio sulla guancia a suo figlio e lui la strinse forte.
-Fai attenzione madre! – le disse dolcemente.
-Tornerò Jon, te lo prometto! – sapeva che per lui erano importanti quelle parole. Esattamente come lo erano per lei. Il principe li osservò, ma la sua espressione di marmo non lasciò trasparire alcuna emozione. La donna salì in groppa al suo cavallo e diede ordine di partire.
 
I sette destrieri vennero spronati a marciare a ritmo forsennato. Lyanna stava in testa al gruppo. Adorava sentire il vento sferzarle il volto. Quella sensazione di libertà era inappagabile. Era intrinseco nella sua natura cavalcare, esattamente come era stato un tempo. Ricordò ancora quando, con suo fratello Brandon facevano a gara chi arrivava primo al fiume in mezzo al bosco. Quanto si erano divertiti a quei tempi. Lui era l’unico dei suoi fratelli con cui avrebbe potuto fare una cosa del genere. L’unico che poteva capire la sua passione per i cavalli. L’unico che condivideva con lei il sangue di lupo nelle vene. Fratello mio, perdonami. Sei morto solo per causa mia.
I suoi occhi si rattristarono, ma il suo orgoglio le impedì di far scendere neanche una lacrima. Sentì il peso nel cuore farsi più pesante. Una raffica di vento fece scivolare il cappuccio sulla schiena, ma Lyanna non ci badò, incitò invece la puledra ad incrementare la velocità. Alcuni ciuffi di capelli si erano sciolti e danzavano al vento. Lo stesso facevano i lembi del soprabito ed il suo mantello. Sansa aveva cucito anche altre cinque cappe per le sue compagne, ognuno di una tonalità diversa che ricordava il colore delle rose dell’inverno. Quello di Brienne era color zaffiro, Meera invece ne indossava uno acquamarina, quello di Dasira era blu scuro, Tessa ne aveva uno sul celeste e Elanon si stringeva addosso un manto azzurro intenso. La cappa del principe invece spiccava per il suo colore porpora. Rimase dietro a tutte loro per diverso tempo, lasciando il comando alla giovane Stark, finchè non notò che i cavalli cominciavano ad incespicare maggiormente nella neve alta. Affrettò la sua andatura, per raggiungere Lyanna.
-Lady Stark, credo sia meglio rallentare. Le vostre compagne non sono delle ottime cavallerizze come voi, e i loro destrieri hanno problemi sulla neve alta. –
Lyanna rallentò e si voltò. Dovette constatare che effettivamente le cinque donne faticavano a tenere quell’andatura, inoltre nel vento cominciarono a sentirsi dei piccoli pezzetti di neve ghiacciata. Guardò il cielo sulle loro teste. Era ricoperto di una bianca coltre, esattamente come il suolo. Nell’orizzonte si intravedevano appena le forme di alcuni alberi, tutto era di un bianco accecante. Rallentò il passo e lasciò che le donne la raggiungessero.
-Seguiamo ancora la strada verso est, dovremmo intravedere la città domattina presto! –
-Mia signora, stiamo andando dritti verso una tormenta, siete sicura di non volervi fermare? – Brienne si era tirata sul volto un pezzo di stoffa per impedire al vento gelido di levarle il respiro.
-Lady Brienne, sono una donna del nord, e non sarà certo questa tempesta di neve a farmi paura! –
-E se dovessimo perdere la strada? – le chiese.
-Non succederà. So orientarmi molto bene nelle mie terre! – disse risoluta.
Ed infatti fu proprio così. Se anche si allontanarono dalla strada, Lyanna riusciva sempre a farle viaggiare senza problemi. Evitava suoli troppo scivolosi e cercava vie dove la neve era compatta. Il vento frustava contrario e tutti furono costretti a ripararsi il volto. Perfino Dasira, cominciava a trovare difficile quel viaggio. Tessa non sentiva più le mani, né i piedi e faticava a rimanere in sella, Lyanna lo notò e le si affiancò per aiutarla. Pur essendo nata nel nord, non era abituata a viaggi di quel tipo. Meera, Elanon e Brienne non protestarono, ma erano in difficoltà anche loro. Quando raggiunsero un villaggio abbandonato, Lyanna decise che si sarebbero fermati per ripararsi. Scesero dai cavalli e sentirono le gambe ghiacciate protestare con dei tremiti nervosi. Lyanna aiutò la piccola Tessa a scendere da cavallo, e si assicurò che riuscisse a stare in piedi. Elanon ebbe un cedimento e il principe Viserys l’aiutò a sorreggersi. Con delicatezza le cinse un fianco. Lyanna notò la gentilezza che aveva riservato alla donna.
-Trovate un riparo che abbia un tetto ancora integro. Io vado a cercare della legna. Dobbiamo scaldarci! – le sue parole erano giuste, ma Lyanna si sentì offesa per questa sua iniziativa. Il comando era stato dato a lei.
-Andiamo. – disse semplicemente e le donne la seguirono. Brienne prese le redini anche del cavallo della sua signora.
 
Trovarono un edificio in pietra con mezzo tetto di paglia ancora in piedi. Non era il massimo, ma almeno era riparato. Lyanna disse alle sue rose di rimanere vicine per scaldarsi. Brienne l’aiutò a far spazio per il focolare, spostando alcune macerie. Il principe arrivò con della legna:
-E’ umida, ma è l’unica di tutto il villaggio. – Dasira usò il suo acciaino per accendere una fiammella. Ci volle un po’, ma alla fine riuscì nel suo intento. Le donne si avvicinarono al fuoco e cominciarono a levarsi gli abiti umidi. Il principe rimase alla porta a sorvegliare il villaggio, senza mai voltarsi. Dopo essersi assicurata che le sue compagne stessero bene, anche Lyanna lo raggiunse, portandogli dei pezzi di carne affumicata e del formaggio, da mettere sotto i denti.
-Vi ringrazio, ma non ho fame. – disse lui serio guardando l’orizzonte.
-Prima o poi dovrete levarvi quella maschera per mangiare. O avete intenzione di digiunare finchè non torniamo al castello? – Era adirata con lui, non sapeva nemmeno lei il perché, ma non poteva certo permettersi che gli succedesse qualcosa. L’alleanza con la regina dei draghi era troppo preziosa e in bilico in quel momento. Staccò un pezzo di carne con i denti e masticò un poco.
-Vi conviene stare vicina al fuoco e levarvi quegli abiti bagnati. Vi prenderete un raffreddore! –
-Non è la prima volta che attraverso una bufera di neve. – disse lei decisa. Osservò il paesaggio candido al di fuori. -Perché avete deciso di prender parte a questa missione?–
-Ho preferito che il suo fidato cavaliere le rimanesse vicino, visto che sono giorni che mia sorella non mi rivolge più la parola. – disse con una lieve alterazione.
- Ultimamente vi ho visti distanti. Perché avete litigato con vostra sorella? – non era proprio il discorso che avrebbe voluto intrattenere con lui, ma era stata lei a fargli quella domanda e se ne stava pentendo.
-Non ha compreso alcune delle mie… decisioni. Si è convinta che le abbia mentito e ora fa l’offesa. – nelle sue parole si poteva intuire tutta la sua amarezza.
-Vedrete le passerà, siete suo fratello. L’unico membro della famiglia che le è rimasto. – lui voltò il suo sguardo verso di lei.
-E vostro figlio non lo considerate? –
-Jon non ha legami affettivi con lei. Voi avete trascorso assieme l’esilio, vi siete preso cura di lei e … -
-E l’ho venduta. – concluse lui addolorato.
-Siete stato costretto a farlo. – cercò di rincuorarlo.
-Sembra che voi comprendiate il mio gesto. –
-No, vi sbagliate. Io non avrei mai e poi mai venduto un membro della mia famiglia a nessuno. Nemmeno se fosse stato un amico. Mi sarei sacrificata io stessa piuttosto! –
-Vi rende onore quello che dite. Avete coraggio e… sicuramente siete una persona migliore di me. –
-Non volevo dire questo. – non sapeva il perché, ma non riusciva ad accettare quella tristezza che traspariva dal principe. Gli ricordava troppo quella di Rhaegar.
-La regina tiene molto a voi, vedrete che le passerà. Vi ama e ha bisogno di avervi al suo fianco, come voi avete bisogno di lei. – il principe voltò nuovamente lo sguardo sulla donna di fronte, sapeva che la stava guardando, ma la maschera ne nascondeva i tratti espressivi.
-Pensate che io e mia sorella siamo amanti? – la voce sembrava stupita, ma Lyanna non poteva esserne certa.
-La regina vi guarda in un modo molto particolare. Vi ammira e cerca sempre il vostro consenso. E voi non fate altro che sgattaiolare nelle sue stanze. – aggiunse.
-Avete prestato molta attenzione ai miei movimenti, lady Stark. – il principe rispose sorridendo.
-A dire il vero sono voci che avevo già sentito ad Harrenhall, e da qualche tempo girano anche tra la servitù di Grande Inverno. Io alloggio nell’ala est, esattamente dalla parte opposta alle vostre stanze, quindi non avrei mai potuto notarlo. –
-E se anche queste voci dovessero corrispondere alla verità, la cosa vi crea fastidio? –
-A nord abbiamo una cultura differente, ma sono a conoscenza delle tradizioni della vostra famiglia. Il matrimonio fra consanguinei, permette di mantenere il vostro sangue puro. Ora come ora siete gli unici due che possono portare avanti questa tradizione. Se poi tra di voi sono nati anche dei sentimenti sinceri, penso che una vostra unione possa solo colmare il vuoto che sentite dentro. –
-Mio zio Aemon amava ripetere sempre questa frase: “un Targaryen solo al mondo è una cosa terribile”. Rimase solo alla barriera per un’infinità di tempo, chissà se ha mai capito chi fosse Jon. –
-Mio figlio mi ha parlato di lui. Ha detto che era un uomo saggio. Gli è stato vicino in un momento difficile. Non so se sapesse che tra lui e Jon ci fosse un legame. –
-Non ne sono certo, ma credo che i draghi riescano a percepire in qualche modo, quando un loro consanguineo è nei dintorni. –
-Jon è un lupo! – disse fiera la donna.
-Jon è un drago cresciuto tra i lupi. – precisò il principe - Potrà avere anche il modo di pensare di uno Stark, ma agisce da Targaryen! – lei lo guardò sorpresa, non l’aveva mai visto in quella maniera.
-Vi sentite minacciato da lui? – gli chiese.
-Minacciato? E perché dovrei esserlo? – Lyanna si riallacciò al discorso che stavano facendo prima.
-Forse temete che vostra sorella abbia posato lo sguardo su di lui? –
Viserys rise.
-Ebbene la nuova era è giunta! La regina Daenerys, prima del suo nome, degna discendente di Aegon il conquistatore. Siamo gli ultimi Targaryen rimasti, pensate che prenderà sia me che vostro figlio come mariti? – la canzonò – siete ambiziosa, mia lady. Volete per vostro figlio un futuro prominente! –
-Non voglio niente del genere! Lui si sposerà quando lo deciderà e con la donna di cui sarà innamorato! Sarà lui a prendere questa decisione e non permetterò a nessuno di imporgli vincoli e doveri! –
-Come avete fatto voi? – Lyanna non si aspettava quella domanda. Rimase in silenzio, mordendosi un labbro, prima di parlare.
-E’ già tardi, avremmo dovuto rimetterci in marcia tempo fa. – e tornò dalle rose blu per incitarle ad alzarsi e proseguire nel viaggio.
Quando risalirono sui loro cavalli Lyanna rimase a comando della spedizione. Al suo fianco Brienne e le altre ragazze seguirono a coppie. Il principe chiudeva il corteo. Lyanna fu grata dal fatto che non gli avesse più rivolto la parola. Era indispettita dal suo comportamento. Lo trovava insolente e fin troppo sicuro di sé. E poi sapeva troppe cose su di lei. Chi diamine gliele ha riferite? Poi rifletté: sicuramente quel nano malefico, oppure l’eunuco. Varys Il Ragno Tessitore ha appoggiato la Regina quando era a Dorne, ma le sue spie sono dovunque. Anche Rhaegar diffidava di lui.
 
Note dell’autore:
Abbiamo finalmente una missione dove possiamo andare a visitare gli altri castelli del nord, con la scusa di portare del Vetro di Drago, che a quando abbiamo capito è letale per gli Estranei. È stata dura, ma alla fine le donne sono riuscite a convincere il re del nord. Da notare come Daenerys sia riuscita a convincere Jon con una sola frase, e l’ira che questo ha scatenato invece su suo fratello Viserys.
Lyanna è felicissima di partire per questa missione, ma non fa neanche due passi che già si trova il primo problema. Arya Stark. Decisa più che mai ad andare con lei. Lyanna però non vuole mettere in pericolo la vita dei suoi nipoti, per ripagare il debito che ha con suo fratello. Così la mette di fronte alla realtà: tutti i loro alleati possono trasformarmi in un secondo in nemici. Effettivamente questa è la realtà. Basta solo un ordine della regina, o di Mance Rayder ed il nord è spacciato.
Il secondo ostacolo, anche se non possiamo proprio chiamarlo così, è Viserys. Cambia i piani di sua sorella e decide di partire in quella missione al posto di Ser Barristan.
Ed il viaggio ha inizio. Lyanna conosce le sue terre e non teme gli eventi atmosferici, ma sotto consiglio del principe capisce che devono fermarsi per ripararsi dal gelo.
E proprio in questa baracca mezza diroccata abbiamo un altro scambio di opinioni tra la ragazza lupo e il drago. Dapprima parlano di Daenerys e del rapporto tra i due fratelli Targaryen, poi il discorso cade su Jon. La frase Jon è un drago cresciuto dai lupi sicuramente vi sarà capitato di trovarla spesso in internet. Ho voluto inserirla volutamente, proprio perché secondo me descrive in maniere più che esaustiva il vero temperamento di Jon.
Infine Viserys le fa quella domanda allusiva, ma Lyanna non ne coglie il significato e si offende.
Il rapporto che ha con il principe comincia a diventare più confidenziale, ma questo la costringe anche a crearsi un muro di ghiaccio attorno a sé. Non ne capisce neanche lei il perché, ma teme per la vita di suo figlio e questo non le fa vedere le cose per quelle che in realtà sono.
Ci vorrà ancora perché possa aprire gli occhi!
 
Spero che la storia vi piaccia e mi diate al più presto un vostro parere.
Grazie a tutti quelli che mi seguono e che attendono capitoli nuovi con trepidazione! A quelli che mi hanno recensito fino ad ora, dandomi consigli e pareri. Sono sempre bene accetti!
 
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Capitolo 16
*** La Fossa dei Leoni ***


Arrivarono a Piazza di Torrhen verso pomeriggio. Alcuni soldati in armatura dorata e dalle cappe cremisi sbarrarono loro la strada, ma vennero lasciati entrare, appena Viserys abbassò il cappuccio. Quel dettaglio non piacque per niente a Lyanna. Sapeva che si trovava nel covo dei leoni, ma non avrebbe permesso che gli mancassero di rispetto. Vennero portati al cospetto del comandante in carica. Jamie Lannister sedeva ad un enorme tavolo con pile di fogli e mappe, ma anche diverse caraffe vuote di vino. Era riverso sul legno levigato con il moncone appoggiato sulla testa e la mano dorata abbandonata poco distante. Era ubriaco fradicio. Lyanna ebbe ribrezzo a rivederlo in quello stato, e non fu l’unica a provare quella sensazione. Non riuscì a riconoscere in quell’uomo distrutto, il giovane fiero erede di Tywin Lannister che un tempo si era inginocchiato per ricevere l’investitura a Cavaliere della Guardia Reale. Lui ha ucciso il re folle, ricordò.
Il principe Viserys si avvicinò al tavolo e batté forte le mani sul legno.
-Ricomponetevi! Una volta eravate migliore di così!– la sua voce era infuocata.
L’uomo ebbe un sussulto. Lo guardò di striscio e cercò di raddrizzarsi a sedere.
-Sono stato tante cose. Forse troppe. – disse stanco – e ora non sono più nessuno. – la sua voce era abbattuta, come se ogni gioia lo avesse abbandonato.
La porta si aprì alle loro spalle ed entrò un uomo dai capelli e gli occhi scuri. Era magro e il suo sguardo affilato.
-Ser Bronn, per servirvi. – disse inchinandosi agli ospiti, prima di accorgersi di avere di fronte a sé sei donne – Non mi avevate detto che aspettavate delle signore, Ser Jamie! – e fece l’occhiolino a Elanon.
Il leone dei Lannister cercò di mettersi in piedi, ma vacillò. I suoi occhi incrociarono quelli di lady Brienne e per un attimo si soffermarono a guardarsi.
-Mia lady, è un piacere rivedervi! – e accennò ad un goffo inchino.
-Vi avevo trovato meglio l’ultima volta che ci siamo visti! – Brienne lo guardò con amarezza.
-Perdonate il mio lord, sta passando un periodo di… come dite voi lady? - non ottenne alcuna risposta, così continuò - Permettete che vi scorti alla sala principale, mentre ser Jamie cerca di ricomporsi. Raggiungici lì altrimenti ti vengo a prendere io, e lo sai che i miei modi non ti piacciono! – Bronn era un uomo duro e rude, ma il suo modo di fare risultava per certi versi persino comico.
-Ser Bronn abbiamo un baule di vetro di drago da consegnarvi, Re Jon ci ha mandati per informarvi di … - Lyanna si rivolse all’uomo, mentre lo seguiva nel corridoio.
Lui per tutta risposta, si fermò, le prese il mento con una mano e si avvicinò al volto della giovane.
-Mia signora, parlerete di queste cose a Ser Jamie non appena sarà in grado di darvi retta! Io non ho alcun potere di decisione, sono solo un mercenario abituato a obbedire agli ordini, quando mi va di farlo! - sghignazzò un poco - Ma per voi signore potrei fare un’eccezione! Se mi ordinaste di spogliarmi anche qui, non ci penserei due volte! – e le fece l’occhiolino.
Lyanna non si aspettava quell’intraprendenza, ne rimase sorpresa e in un primo momento non reagì, ma le sue ultime parole l’avevano offesa. Per tutta risposta gli assestò uno schiaffo in pieno volto. Il colpo riecheggiò nel corridoio deserto.
-Come vi permettete! – gli urlò. Poi si accorse che al suo fianco c’era il principe Viserys e ne ebbe anche per lui.
-Questi sarebbero i vostri alleati? Un ubriacone senza la mano della spada e un mercenario privo d’onore? Come avete fatto ad affidare una parte del vostro esercito a gente del genere? –
-Non tutti qui sono del tutto inefficienti, mia signora! -
A parlare era stato Kevan Lannister, il fratello minore di Tywin Lannister e zio di Jamie.
-Mio nipote non è in grado di ricevervi degnamente quest’oggi. Venite nel mio studio e parleremo tranquilli. – detto questo li condusse al secondo piano.
Rimasero a  discutere fino a tardo pomeriggio e Ser Kevan propose loro di fermarsi a cena e riposare. Vennero date delle stanze a tutti loro. Lyanna condivise la camera con Brienne, Dasira e Elanon presero quella di fianco e Tessa e Meera quella subito dopo. Al principe Viserys invece venne assegnata una stanza molto più ampia nell’ala ovest, dove c’erano gli alloggi dei Lannister.
Quella sera Lyanna e le rose vennero ospitate al tavolo dei Tallhart, dove alcuni tra i più vecchi ancora sopravvissuti, furono felici di sapere che la figlia di lord Rickard era ancora in vita. Il principe invece venne fatto sedere sulla tavola principale coi Lannister.
Lyanna e Brienne non la presero bene e lo considerarono come un oltraggio.
-Mia signora, avreste dovuto sedere anche voi a quel tavolo! –
-Non ti preoccupare Brienne, non aspiro a stare nella fossa coi leoni. Se il principe ama la loro compagnia, che ci resti pure! Domani partiremo, con o senza di lui! –
A metà banchetto un bardo cominciò ad intonare Le Pioggie di Castamere. Lyanna appena sentì le prime note dell’arpa provò una strana sensazione di malessere e preferì uscire dalla sala. Il principe si era appartato in un angolo a parlare con un Jamie totalmente ripresosi. Voltò il suo sguardo su di lei, ma Lyanna non seppe dire se la stesse davvero guardando. Sentì una mano afferrarle rudemente un braccio. Era Bronn.
-Mia signora, vuole concedermi un ballo? – lei per tutta risposta lo guardò di sbieco e scosse il braccio per liberarsi dalla sua presa. L’uomo la lasciò e lei lo ignorò, passando oltre. Tutto in quella stanza la stava soffocando. L’aria che si respirava, il cibo, i Lannister, quella melodia. Le mani del menestrello non erano certo delicate ed esperte, né tanto meno la sua voce poteva essere considerata gradevole. Ma quello strumento le faceva tornare alla mente ricordi troppo tristi, esattamente come già le era successo ad Harrenhall. Questa volta però non le scese neanche una lacrima e rimase lucida. Salì le scale e raggiunse le mura esterne. Aveva bisogno di cambiare aria. Una brezza di vento le scompigliò i capelli.
 
Prima del banchetto avevano trovato nelle loro camere degli abiti puliti. Brienne si era rifiutata di indossare quello che le avevano riservato, e aveva preferito tenere solo la casacca e un paio di brache di lana grezza. Le altre invece avevano accettato di buon grado di potersi cambiare. Lyanna anche se riluttante aveva acconsentito ad indossare quel vestito, solo per potersi levare di dosso i suoi indumenti umidi che aveva lasciato di fronte al camino nella loro camera. Era l’unica stanza ad esserne provvista, così aveva offerto anche alle altre ragazze di fare lo stesso. L’abito che aveva indossato era in broccato scarlatto e oro. I colori dei Lannister. Appena lo vide sul suo letto, ne rimase disgustata. Ebbe la stessa sensazione una volta indossato, ma dovette fingere di farselo piacere, se non voleva ancora indossare la sua casacca bagnata. Elanon l’aiutò a legarsi i capelli sulla nuca. Non era molto pratica, ma riuscì comunque a renderla decisamente presentabile, perché quando entrarono nella sala comune, molti sguardi si voltarono ad osservarle e più di un uomo le fece un richiamo compiaciuto. Quando era cominciata la musica una fila di adulatori le aveva anche chiesto un ballo. Lyanna li aveva rifiutati tutti, dicendo che non erano qui per intrattenersi in queste cose futili. La loro era una missione di estrema importanza. Non permise neanche a nessuna delle sue rose di accettare le richieste, ma quando abbandonò la sala, la voce scarna di Brienne non venne ascoltata come quella della lady. Elanon, Dasira e Tessa si unirono ai balli. Jamie si avvicino a Brienne e parlarono per tutta la notte.
 
Lyanna si avvolse nel suo mantello grigio ceruleo, affondando il mento sulla pelliccia candida fino a lambire i peli col naso. Sentiva odore di neve nell’aria. Avrebbe nevicato ancora. Passeggiò sulle mura osservando il panorama immerso nella notte. Le sentinelle la videro passare, ma lei non ci fece caso agli sguardi che le indirizzavano, spesso seguiti da commenti poco rispettosi. Sono Lannister che cosa mai mi dovrei aspettare?
-Non amate la musica, mia lady? – quella voce la sorprese. Il principe Viserys l’aveva raggiunta.
-Ritengo non sia il caso di perdere tempo con simili idiozie in periodi come questi. – la sua voce era tagliente e rasentava la rabbia che in quel momento provava – perché mi avete seguita? Non stavate bene tra i vostri alleati? –
-Immaginavo che avreste disapprovato il fatto che non vi avessero messo nella tavola principale. Ma ritengo sia stata una mossa astuta da parte di Kevan! –
-Astuta dite? Io direi più che altro che voleva marcare il territorio, mostrando la superiorità dei leoni, rispetto ai lupi. – Lyanna stentava a credere a quello che udiva.
-Credete che vi sareste sentita a vostro agio nella tavola coi Lannister? – il suo tono sembrava quasi divertito.
-Mi sentirò a mio agio solo quando sarò uscita da queste mura! I Tallhart vengono trattati bene, da quanto mi hanno detto e questo è quanto più mi interessa. Per il resto, ho consegnato il baule, e direi che la nostra missione qui è conclusa. Domani mattina noi ripartiremo, se voi invece preferite rimanere qui ancora qualche giorno, fate pure! –
-Perché non mi volete con voi? – la sua voce era stranamente calma.
-Voi non dovevate nemmeno esserci! – precisò la donna.
-Ditemi quali problemi avete con me, allora! Da quando siamo ripartiti non mi avete più rivolto la parola!–
-La missione è stata affidata a me! Capisco che per voi possa essere un problema eseguire gli ordini di una semplice lady, ma dovete sottostare alle mie decisioni! Durante il viaggio vi siete preso già troppe iniziative! –
-Quali? Dirvi di trovare un riparo perché le vostre compagne non riuscivano a starvi dietro? Non vi eravate nemmeno accorta della difficoltà che stavano attraversando! Non è così che si comanda una spedizione! –
Lyanna lo guardò furiosa, ma quelle parole la stavano cogliendo impreparata e non riuscì a dargli una risposta. Lui ne approfittò per continuare.
-E andare a prendere la legna è stata una grande iniziativa, degna di un principe! – si lamentò Viserys.
-Nessuno vi ha obbligato a farlo! – inveì Lyanna sempre più imbestialita.
Il principe tacque per qualche istante, continuando a guardarla. La donna sostenne quello sguardo immobile e senza espressione.
-Ho come l’impressione che stiate cercando di costringermi a rimanere qui a tutti i costi. Credete davvero di essere in grado di affrontare da sola le Serpi delle Sabbie? Non avete idea di chi siano veramente! –
-So bene quanto pericolose possano essere! Ma vi ricordo che non sono sola! –
-Giusto, avete al vostro fianco cinque donzelle, di cui solo una è in grado di affrontare un duello vero con la spada! –
-Non vi permetto di offendere le mie allieve! –
-Non volevo offendere né loro, né tanto meno voi, mia signora! Volevo solo farvi vedere la situazione in maniera più oggettiva. Mi sembra che ultimamente abbiate cominciato a sopravvalutare le vostre capacità. – Lyanna per la seconda volta non seppe che rispondere – Avete visto durante la tormenta cos’è successo. Non sono abituate ai viaggi a cavallo, né tanto meno a questa temperatura rigida. E più di ogni altra cosa non si sono mai trovate in un vero combattimento. Siete sicura che non si blocchino per la paura, quando sarà il momento? –
-Lady Brienne è un cavaliere valoroso! Meera ha affrontato i Non-morti oltre la Barriera proteggendo Bran! Dasira è un guerriera di un clan dei bruti! –
-E delle altre due, cosa mi dite? – Lyanna aprì la bocca, ma non trovò argomentazione per rispondere. Il principe allora le chiese:
-E voi avete mai combattuto una vera battaglia? – la donna girò il volto e si morse un labbro, forse un po’ troppo, perché uscì una piccola goccia di sangue. Sentì quel sapore metallico in bocca, era così nervosa che avrebbe voluto scappare via, fuggire da quel posto infernale. Era troppo tardi per andare a farsi una cavalcata, e impugnare la spada significava minacciare l’alleanza con i Lannister. Si ritrovò persino a pensare, perché avesse tanto insistito per andare in quella missione.
Sentì una sensazione improvvisa di freddo sulle labbra. Si voltò a guardare l’uomo di fronte a sé. Le stava passando un cubetto di neve impaccata sulla bocca per fermare il rigagnolo di sangue che le scendeva. Aveva un tocco molto leggero e delicato, quasi del tutto innaturale per un uomo.
-Fate più attenzione, mia signora. – le disse gentilmente.
Il mantello porpora con una folata di vento le si appoggiò addosso. La sua mente le giocò un brutto scherzo. Ritornò a quella notte, al Parco degli Dei. La situazione era del tutto diversa, ma lui l’aveva sfiorata allo stesso modo e il suo mantello poi le era scivolato sopra. Le lacrime le salirono veloci e non potè impedire che le allagassero gli occhi e scendessero lungo le gote, come fiumi caldi su colline ghiacchiate. Viserys continuò ad osservarla e con il dorso dell’indice le sfiorò la guancia sinistra. Lyanna si ritrasse da quel contatto, fece appena qualche passo incerta. I suoi occhi facevano fatica a mettere a fuoco la strada di fronte a se. Li richiuse e li riaprì in fretta, altre lacrime scesero, ma non ci badò. Inquadrò la scala alla sua destra e fuggì via, lasciando il principe Viserys nel vento freddo del nord.
 
Quella notte non trovò alcun conforto, tra le coperte calde ed il calore proveniente dal camino. Dormì poco e male, e i suoi incubi la svegliarono nel cuore della notte. Urlò disperata quando vide per l’ennesima volta il sangue allargarsi nelle acque verdi del tridente, e invocò il suo nome. Quando aprì gli occhi e tornò cosciente, Brienne la teneva stretta tra le braccia, cercando di calmarla con rudi carezze e parole rassicuranti.
-E’ solo un sogno, mia signora! Solo un sogno! –
Altre gocce salate le scendevano dagli occhi, tremava vistosamente e il respiro era affannoso.
No, Brienne, per me non è solo un sogno. Questa è la mia realtà.
 
Un’ora dopo l’alba i loro cavalli erano sellati e Lyanna e le sue rose erano pronte per partire. La donna notò che era pronto anche il destriero del principe, ma di lui ancora nessuna traccia. Poi lo vide arrivare accompagnato da un Jamie Lannister del tutto nuovo. Nei suoi occhi c’era una fiera determinazione. Sembrava essersi ripreso del tutto. Lo vide inginocchiarsi, mettersi una mano al cuore e recitare una frase convenevole:
-Mio principe fate buon viaggio! - aveva l’aria più serena e quando Viserys gli ordinò di alzarsi, si profuse in una calorosa dimostrazione d’affetto, che lasciò tutti sorpresi.
Poi voltò lo sguardo in direzione di Brienne e la salutò.
Lyanna non volle spiegazioni, né tanto meno rivolse la parola al principe. Lui aveva deciso di continuare il viaggio con loro, le andava bene, ma gli avrebbe insegnato a rimanere al suo posto.
Seguirono la strada del Re fin quasi all’incollatura. Erano in linea d’aria alla stessa altezza di Barrowtown, quando quattro figure incappucciate apparvero in lontananza.
 
Note dell’autore:
 
Siamo finalmente arrivati alla prima città del nord. Non ho molte notizie su questo luogo, quindi scusatemi se sono stata così poco dettagliata nel descriverlo. Entrano in scena Jamie, Bronn e Kevan.
Jamie è ubriaco, depresso e senza più un vero scopo. Ancora non sappiamo cosa gli è accaduto, ma ve lo potete solo immaginare d’altronde la regina dei sette regni è Daenerys, quindi qualcosa deve essere accaduto a Cersei. Poi però durante il banchetto comincia a cambiare e infine quando saluta il principe è tornato ad essere l’uomo intrepido di un tempo. Che sarà accaduto? Forse il principe ha trovato le parole giuste per spronarlo? O che altro? Vedremo in seguito.
Bronn, adoro questo personaggio, sia nei libri che nella serie tv, a dire il vero l’attore che lo interpreta mi fa morire dal ridere! Ovviamente mi immaginavo la scena quando si vede tutte queste donne nello studio di Jamie, e mi sono immaginata che facesse delle avance ad alcune di loro. Brienne sappiamo non essere attraente, Dasira me la sono immaginata selvaggia e poco attenta al suo aspetto, Meera perdonatemi ma non la considero proprio una bellezza, Tessa è poco più di una bambina, Elanon è una donna e mi da l’idea che sia anche abbastanza bella. Di conseguenza in un gruppo così è ovvio che lui abbia potuto puntare gli occhi su Lyanna e su Elanon.
Mi piace la gelosia che scatenano le sue attenzioni sul principe, che arriva al fianco della donna e si prende pure parole da lei. Povero!
Infine Kevan Lannister; è vero nella serie tv me lo hanno ucciso, ma avevo bisogno di qualcuno che stesse affianco a Jamie, ma che rimanesse un personaggio passivo, e in automatico ho pensato a lui.
Abbiamo un altro momento tra Lyanna e Viserys, in cui la donna fa di tutto per liberarsi del principe e convincerlo indirettamente a rimanere lì, ma lui capisce il suo piano e non ci casca. Poi le fa notare l’inefficienza del suo gruppo di allieve durante una vera battaglia, se mai dovrebbe esserci. Infine anticipa i personaggi che vedremo nel prossimo capitolo. Che succederà con le serpi delle sabbie, se già coi Lannister si è formata tutta questa tensione?
 
Ops ho detto una castroneria prima! Nel prossimo capitolo torneremo a parlare di Daenerys a Dorne, quindi il seguito di questa trama sarà quello successivo.
 
Perdonatemi se ho cambiato alcuni capitoli della saga, ma mi avevano fatto notare che erano troppo lunghi e ho pensato di dare una sistemata, spero che questo non vi abbia messo troppo in difficoltà o fatto confusione. Prometto che non toccherò più niente d’ora in poi.
 
Spero vi stia piacendo questa storia, in tanti la seguite, e questo mi da speranza, ma ho ancora così poche recensioni, quindi non so cosa ne pensiate davvero. Io comunque continuo a farmi venire qualche idea e qualche bozza di capitolo nelle due trame sta già nascendo… spero di continuare a suscitarvi l’interesse per continuare a seguire questa fanfiction!
Un abbraccio caloroso a tutti!

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Capitolo 17
*** Tristi Riflessioni ***


Daenerys si accomodò meglio nel letto accanto a Rhaegar e cominciò a narrargli dei primi avvenimenti che ricordava. La mente la portò alla casa dalla porta rossa a Braavos e quando accennò a Willem Darry, notò che suo fratello addolcì di poco lo sguardo.
-Era il maestro d’armi di Approdo del Re, è stato lui che vi ha tenuti al sicuro? Era un brav’uomo. Fu lui ad insegnarmi ad usare la spada. – affermò fiero.
Dany poi continuò il suo racconto. Di come alla morte di quell’uomo furono costretti a fuggire di casa in casa. Furono ospiti di molti uomini illustri delle nove città libere, fino ad arrivare a Pentos. Narrò del loro soggiorno presso la casa di magistro Illyrio Mopatis, ma non espresse mai il rapporto che aveva in quel periodo con suo fratello. Non era uno dei più idilliaci ricordi. Rhaegar notò questa sua mancanza.
-Viserys si prese cura di te? Ti trattò bene? – le chiese improvvisamente sospettoso, ma non attese una sua riposta, lo spostamento dello sguardo della fanciulla gli bastò per capire tutto. Anche i suoi occhi si incupirono. Le posò una mano sul mento per portare i loro occhi sullo stesso piano.
-Mi dispiace Dany. – non occorreva aggiungere altro, e avvicinò il volto al suo. La giovane si sentì avvampare, prima di comprendere che suo fratello stava solo per darle un semplice bacio su una guancia. Questo le diede conforto e si aprì con lui.
-All’inizio è stato gentile, ma più il tempo passava, più le prospettive di tornare a casa erano sempre meno. Diventò violento e cominciò anche a picchiarmi, ma evitava di colpirmi al volto, non voleva che si vedessero i segni, diceva. –
Rhaegar emise un lento sospiro.
-Nostro padre sarebbe stato fiero di lui. –rivelò amaramente. – Non voglio giustificarlo, ma purtroppo questo è ciò che ha visto fare a nostra madre da quando era nato. – Dany era stupita da quell’affermazione.
-Vuoi dire che… - ma le parole le morirono in gola.
Rhaegar emise un altro sospiro. Per un attimo vide negli occhi spaventati di sua sorella, gli stessi di sua madre. Tristi, afflitti da enormi rimorsi e persi nel vuoto, a rimembrare momenti ormai perduti. Inspiegabilmente gli tornarono alla mente anche degli occhi grigi incollati sui suoi. Chi è questa donna che continua a tornarmi in mente? Eppure sentiva c’era qualcosa che lo legava a lei. Poi notò che quegli occhi di ghiaccio si riempivano di lacrime, e sentì una voce triste sussurrargli addio Rhaegar. Scosse nervoso il capo e cacciò quei pensieri, tornando a riflettere sul rapporto dei i suoi genitori.
-Nostro padre aveva lo stesso comportamento con nostra madre. E ho il sospetto di credere, che spesso picchiasse anche Viserys, ma lei cercava di proteggerlo. Era una donna fiera e coraggiosa. Non amava mostrarsi debole. –
-Ma tu hai cercato di fermarlo? –
-Non potevo intervenire in alcuna maniera. Quello che il re faceva a nostra madre, era nei suoi obblighi matrimoniali. Ovviamente non ne ero per niente felice. – Dany rimase per qualche momento a pensare se anche sua madre si era sentita come lei. Poi tornò a parlare quasi inconsciamente:
-La maggior parte delle volte, mi urlava dietro calunnie e mi accusava di essere la causa della rovina della nostra famiglia. –
-Tu, la causa? Perché?– Rhaegar la guardò confuso.
-Mi disse che avrei dovuto nascere prima, così non saresti stato costretto a sposarti la donna dorniana …–
-Elia… - ricordò solo in quel momento Rhaegar. Come ho fatto a dimenticarmi di lei?
Ripensò al suo sorriso, ai suoi occhi scuri, i lineamenti delicati del volto incorniciati da ciocche di capelli corvini. La pelle olivastra delle sue braccia, le mani morbide. Eppure quella donna che mi torna in mente, non ha queste caratteristiche, non è lei…
-Sì, la ricordi? – suo fratello fece solo un lieve cenno con la testa.
-Viserys mi disse che nostro padre avrebbe preferito che tu sposassi una Targaryen. Un drago non si accoppia con gli animali selvatici. Il nostro sangue doveva rimanere puro. Ma non avevi sorelle, quindi dovette cercarti una sposa. – attese un attimo, poi proseguì – E mi disse anche che se Elia ti avesse davvero sodisfatto, non avresti mai cercato il conforto di quella donna del nord. – gli occhi di Rhaegar si spalancarono. Lyanna…
I Close my eyes and see your face
Can feel the touch, can almost taste
Lie to myself that I’m okay
But the thought of you stops me…
 
Tutte quelle reminiscenze che avevano cercato a forza di riemergere e che lui aveva provato a fermare, arrivarono come un fiume in piena. Ricordò ogni dettaglio del suo viso, ogni forma del suo corpo. La sua lady. Come aveva potuto dimenticarsene? Selvaggia, ribelle, impavida e bellissima. Ripensò ai momenti passati assieme, al torneo di Harrenhall, all’incontro segreto presso la Locanda dell’Incrocio circa un anno dopo, al loro matrimonio nascosto ed infine al viaggio verso le montagne di Dorne, dove per un breve tempo avevano vissuto assieme la loro luna di miele. Sentì il suo cuore gonfio di rammarico per aver perso la battaglia e averla abbandonata lì. Da sola. Dov’era ora la sua lady?
-Come puoi sapere queste cose? – le chiese in un sussurro.
-Viserys mi raccontò solo che tu la portasti con te in un luogo segreto e che questo causò a ribellione dell’Usurpatore. –
Rhaegar guardò sua sorella senza parlare. Non posso chiedere spiegazioni a Dany, lei non può sapere gli eventi di quell’epoca. Doveva ancora nascere, e ha vissuto lontano dal continente, per causa mia. Decise di continuare ad ascoltare il suo racconto, anche se dentro fremeva per sapere che fine avesse fatto la sua lady ed il bambino che stavano aspettando.
Dany si accorse del suo turbamento, ma quando lui le disse di proseguire con la storia, lei non ci badò e continuò a raccontagli del suo matrimonio con Khal Drogo, delle uova dei draghi e della pira funeraria dove si schiusero.
-Hai… risvegliato dei draghi? – le chiese stupefatto. Per un attimo quello sgomento gli fece dimenticare tutte le sue angosce e tornò a pensare alle profezie che per anni lo avevano assillato.
Il principe che venne promesso… zio Aemon, possibile che tu avessi ragione? Ripensò alle lettere che si era scambiato con il suo vecchio zio, che risiedeva presso i Guardiani della Notte. L’unico con cui poteva parlare apertamente di quella profezia ed avere uno scambio di opinioni. Ricordò che in un suo  scritto gli aveva espresso il suo turbamento sul fatto che il protagonista di quella leggenda non dovesse per forza essere un principe, ma poteva anche trattarsi di una principessa. Quindi ho sbagliato per la terza volta. Avevo creduto che la mia unione con Lyanna potesse dare al mondo una speranza di salvezza. Ho messo in pericolo la donna che amavo, per un banale errore di traduzione? Eppure nelle Terre dei Fiumi, il fantasma di Cuore Alto mi aveva predetto…
Dany continuò con il suo racconto fino a giungere allo sbarco presso la baia degli schiavisti e al suo incontro con quello che un tempo si era fatto chiamare Arstan Barbabianca. La regina dei draghi fece cenno al cavaliere dall’armatura bianca di avvicinarsi. Rhaegar puntò il suo sguardo d’ametista in quegli occhi azzurro chiaro che gli erano famigliari. I segni del tempo avevano reso la sua pelle più cadente e raggrinzita, ma lo riconobbe ugualmente.
-Ser Barristan? Siete davvero voi? –
-Sì, mio principe. – e si inchinò rispettoso verso l’uomo che un tempo aveva servito con lealtà.
-Siete rimasto fedele alla casata dei draghi! – gli sorrise grato. Ho una speranza di scoprire cosa le accadde.
L’uomo abbassò lo sguardo, prima di rispondere.
-Lasciamo che la regina finisca il suo di racconto. Poi vi narrerò gli eventi avvenuti nel continente occidentale, durante l’esilio dei vostri fratelli e… della mia lealtà. –
Dany proseguì con maggiore fretta, tralasciando anche qualche dettaglio. Daario fu tra questi. Ed infine arrivò allo sbarco sulle coste di Dorne.
 
Rhaegar spostò allora lo sguardo sul suo vecchio amico e attese che gli raccontasse tutte le vicende della fine della guerra dell’Usurpatore. Dalla sua morte in poi. Scoprì che Robert e i suoi alleati vinsero la guerra e gli venne riportato anche quello che Tywin Lannister fece nella capitale. L’evento era passato alla storia come il Sacco di Approdo del Re. L’uccisione di suo padre per mano di Ser Jamie Lannister, proprio come le aveva detto sua sorella. Il modo in cui il lord di Castel Granito si era assicurato la fiducia del nuovo sovrano; il massacro di sua moglie e dei suoi figli. Il suo volto venne turbato dagli affanni della sofferenza, nell’ascoltare la maniera brutale in cui erano stati uccisi. Aveva voluto saperlo. Gli occhi gli erano diventati lucidi, ma il suo sguardo rimase duro ed ascoltò tutto il racconto. Il cavaliere di tanto in tanto faceva delle pause per riordinare le idee e cercare di non tralasciare dei dettagli. Rhaegar non lo interruppe mai, e rimase in silenzio. Dany lo osservò spesso. Le sembrava che avesse indossato una maschera, perché la sua espressione non cambiò mai. Il cavaliere raccontò anche lo scontro finale con gli ultimi uomini fedeli alla casa Targaryen, rimasti. Le tre guardie che il principe aveva posto a difesa della Torre della Gioia. Ned Stark con un manipolo di uomini leali era andato a riprendersi sua sorella. Scoprì così, con suo grande rammarico della morte di Ser Gerold Hightower, il lord comandante delle Spade Bianche, chiamato anche il Toro Bianco, di Ser Oswell Whent e di Ser Arthur Dayne, i due suoi più cari amici. Rhaegar abbassò il capo, e strinse gli occhi per il dispiacere. Poi li ripuntò su di lui. Non dovette nemmeno pronunciare la domanda. Barristan sapeva cosa c’era nell’intensità di quello sguardo d’ametista. Glielo aveva già visto un’altra volta, ad Harrenhall, molti anni addietro.
-Mi dispiace, principe Rhaegar, ma lady Stark morì in quella torre. Non ne conosco i dettagli, ma so che suo fratello Ned riportò indietro il suo corpo senza vita. –
Frozen are the words
Heavy from the hurt
Your love I can’t put down
I need to tell you
I still love you…
 
La tristezza invase gli occhi del principe drago. Abbassò rammaricato gli occhi, ma non scese nemmeno una lacrima. Il silenzio inondò la stanza per un momento che a Dany parve un’infinità. Non mosse neanche un muscolo e si ritrovò quasi a trattenere il respiro per paura di disturbare i pensieri di suo fratello. Avrebbe voluto chiedergli spiegazioni riguardo a quell’evento. Riguardo a quella donna. E del perché lui la rapì, ma sentiva che non era il momento adatto, quindi preferì rimanere in silenzio.
 
Ad un tratto suo fratello alzò lo sguardo verso il cavaliere. Nei suoi occhi si vedeva tutta la sua determinazione.
-Dunque fu Robert Baratheon a salire sul trono… –
-Si, rivendicò un lontano legame di sangue con la vostra famiglia. – rispose Ser Barristan.
Mi riprenderò Lyanna e ti porterò via tutto le parole che il lord della Tempesta gli aveva urlato durante il loro scontro, gli tornarono alla mente. Rhaegar abbassò nuovamente lo sguardo e sorrise tristemente. Alla fine hai ottenuto ciò che volevi; eh Robert? Sei stato soddisfatto di questa vittoria? Hai ottenuto il mio regno, ma non lei.
-Tywin Lannister propose in sposa al nuovo sovrano sua figlia Cersei, e Jon Arryn, eletto nuovo Primo Cavaliere, convinse re Robert ad accettare. –
Poi il cavaliere gli raccontò della pace nei sette regni che ne seguì. La morte misteriosa del primo cavaliere circa quindici anni dopo e la nomina di Ned Stark come suo sostituto, fino alla morte anche di quest’ultimo, per mano del principe Joffrey. Della Battaglia delle Acque Nere, della nascita di altri quattro re che reclamavano il trono e della loro disfatta. Infine dell’incoronazione dell’attuale regina reggente Cersei Lannister.
-Alla fine ce l’ha fatta! È diventata regina dei sette regni! – sbuffò il principe amaramente, ripensando a quanto Elia non l’avesse mai potuta sopportare.
Tutti e tre si guardarono per qualche minuto, poi il principe posò lo sguardo su sua sorella.
-Perché mi hai riportato in vita, sorellina? –
Lei giocò con una ciocca di capelli che le ricadeva sulla spalla, e dopo un respiro profondo gli rivelò.
-Pochi giorni fa è giunta una sacerdotessa rossa, il suo nome è Melisandre, serve la fede di un dio della luce e pratica le arti magiche. Disse che mi avrebbe aiutata riportando in vita la persona che gli avrei indicato. Mi profetizzò che avrei dovuto combattere contro la regina leonessa e che il mio esercito ne sarebbe uscito danneggiato, se non avessi avuto al mio fianco un condottiero in grado di tenerlo unito. – attese prima di proseguire.
-E hai pensato a me? – suo fratello la guardò scettico – Dany, non credo di essere l’uomo adatto. La battaglia del Tridente ne è la prova tangibile. Non sono la grande guida che speri. -
-Siete sempre stato il miglior uomo che io abbia mai conosciuto, principe Rhaegar. – intervenne il cavaliere - Il vostro onore, la vostra gentilezza e la vostra nobiltà d’animo vi hanno reso la persona più amata dei sette regni. Anche se il popolo aveva il suo sovrano, acclamava di più voi, rimembrate mio signore? –
L’uomo però lo guardò cupo senza dire una parola.
 
L’avevano lasciato solo. Dany avrebbe convocato un consiglio per presentare ai suoi alleati, l’uomo che alla fine aveva scelto. Avevano deciso di lasciare all’oscuro la sua vera identità, per evitare ripercussione da parte di chi lo considerava la causa della rovina dei Sette Regni. Dorne ed Ellaria, sarebbero state le prime a odiarlo, per l’orrenda fine di Elia e la conseguente morte di Oberyn, nel tentativo di vendicarla. Dany doveva salvaguardarsi le sue recenti alleanze e non avrebbe permesso a nessuno di attentare alla vita di quel fratello che non aveva mai conosciuto, ma che in quelle poche ore trascorse assieme le aveva dato più di chiunque altra persona le fosse mai stata vicino.
Entrarono nella stanza due ancelle di sua sorella. Avevano la pelle ambrata, gli occhi scuri e i capelli corvini. Quando lo videro, rimasero impressionate dalla somiglianza con la loro signora e si avvicinarono titubanti. Si inchinarono in maniera reverenziale, ma poco elegante. Rhaegar ringraziò che non sapevano molto bene la sua lingua, per cui rimasero per la maggior parte del tempo in silenzio. Preferì così. Dopo quello che gli era stato raccontato aveva bisogno di riordinare i pensieri da solo. Perché era così che si era sempre sentito. Solo. Ed ora lo era per davvero.
Le due ragazze dothraki gli presero le misure del volto per creare una maschera che gli avrebbe permesso di celare la sua identità. Avrebbe preso il posto di suo fratello Viserys. La regina avrebbe comunicato ai suoi consiglieri questa sua decisione inaspettata. Nessuno avrebbe potuto sospettare niente. D’altronde dalle descrizioni di sua sorella sembravano davvero somiglianti e poi nessuno aveva avuto modo di vedere Viserys negli ultimi anni della sua vita. Tutti avrebbero pensato che la regina volesse ripristinare la dinastia del drago un giorno, unendosi al fratello che le era sempre stato al fianco. Nessuno conosceva il rapporto che li univa. L’unico a sapere di questo segreto era Ser Barristan, sul quale potevano contare indiscutibilmente.
Rhaegar avrebbe voluto ringraziare il cavaliere per tutto quello che aveva fatto per la sua famiglia e per le belle parole che gli aveva riservato, ma dentro non si sentiva così perfetto come lo aveva descritto. Non si era mai sentito così a dire il vero. C’era sempre stato un pensiero malinconico ad assillarlo. In tutta la sua vita si era sempre addossato colpe e doveri più grossi di lui. Alla sua nascita durante il rogo di Sala dell’Estate  molte persone avevano perso la vita, mentre lui aveva emesso i suoi primi vagiti. Quei fantasmi lo avevano perseguitato per innumerevoli anni. Per questo era stato chiamato l’Ultimo Drago. Poi era venuto a conoscenza di quella maledetta profezia, che aveva costretto i suoi genitori a sposarsi, seppur non provassero dei sentimenti reciproci. Il suo continuo voler scoprire di più nei testi che leggeva. Il dover dare uno scopo alla sua intera esistenza, forse già scritta tra le stelle. Le sue nozze con la principessa di Dorne, per volere di suo padre, e generare al più presto un erede per il regno.
Tutto questo era stato per lui una condanna. Tutti si aspettavano qualcosa da lui, era il primogenito del re, cresciuto per divenire il futuro sovrano di Westeros. Fin dalla sua nascita obblighi e doveri di corte lo avevano accompagnato, pesando sulle sue spalle.
Col tempo si era accerchiato di persone fidate, certo. Negli anni aveva avuto modo di conoscere molti cavalieri e lord che erano diventati suoi amici, oltre che fedeli servitori. Qualche gioia l’aveva provata in loro compagnia. Ma più di ogni altra cosa aveva trovato conforto nella musica. Amava comporre strazianti melodie con la sua arpa, spesso e volentieri visitava le rovine di Sala dell’Estate e dormiva nel Salone Grande sotto la luna e le stelle. Solo in quei momenti si sentiva se stesso. Libero da ogni peso, libero dagli obblighi di corte, libero dalla continua ed insistente pressione di suo padre.
Sua madre era l’unica persona a comprendere il suo malessere. Adorava passare le giornate con lei, ma da quando si era sposato, aveva deciso di spostare la sua residenza a Roccia del Drago, per mettere più leghe tra la sua nuova famiglia e la pazzia di suo padre. Forse quello era stato un errore, ma gli aveva permesso di restare lucido. Ad ogni consiglio ristretto a cui partecipava però irrimediabilmente tornava alla cruda realtà. A quella maledetta follia che aveva preso la mente di suo padre. Al rapporto sempre peggiore tra il re e la regina, sua madre. Ai consiglieri fidati della corona; creature infide che attendevano una sua mossa sbagliata per puntargli il dito contro e screditarlo agli occhi del re, facendogli credere che stesse tessendo inganni contro di lui. Quando aveva saputo che giravano anche voci sulla possibilità di fargli perdere il titolo di erede al trono, Rhaegar aveva capito che doveva fare qualcosa. Non tanto perché aveva mire verso il potere, bensì perché il titolo sarebbe passato a suo fratello, di soli cinque anni. Se fosse successo qualcosa a suo padre, Viserys sarebbe divenuto re e questo automaticamente avrebbe richiesto una reggenza sostitutiva; e tra quei lord, molti miravano a questo titolo per prendere in mano un potere che non sarebbero riusciti a gestire. Lui sentiva che doveva fare qualcosa per evitare lo sfacelo dei sette regni per mano loro. Ne aveva parlato con alcuni tra i suoi più fidati amici. Era presente anche sua moglie Elia, lui la voleva sempre al fianco per ogni decisione che doveva prendere. Era una donna così intelligente e aveva delle ottime idee, che lui spesso condivideva. Indisse così il suo primo concilio segreto a Roccia del Drago.
 
Fu così che nacque l’idea di organizzare il Grande Torneo di Harrenhall. Ser Oswell Whent doveva andare a parlarne con suo fratello, Lord di Harrenhall, ma Rhaegar era sicuro che non gli avrebbe trovato da obbiettare. Era tutto stabilito. Le ingenti somme di denaro messe in palio per i vincitori avrebbero attirato cavalieri e lord di tutti i sette regni e questo gli avrebbe permesso di istituire così il più grande concilio informale mai esistito, per discutere del governo di suo padre e della sua recente incapacità di regnare. La sorpresa della partecipazione del re in persona, aveva destabilizzato le sue convinzioni, ma non poteva più tirarsi indietro. Ora che la notizia era certa, molta più gente vi avrebbe partecipato, solo per vedere il suo sovrano che da ormai molti anni non usciva più dalla Fortezza Rossa. Tutto procedeva secondo i piani. Rhaegar ne era sempre più convinto: avrebbe trovato un modo pacifico per deporre, anche solo provvisoriamente, suo padre, fintanto che non fosse rinsavito. Avrebbe dato un respiro d’aria pura al regno e avrebbe allontanato tutte quelle lingue biforcute che ultimamente lo stavano avvelenando. I suoi propositi erano ottimi, ma il principe drago non aveva previsto che tra la folla e gli sfidanti al torneo, un volto in particolare avrebbe attirato la sua attenzione.
Un cavaliere sconosciuto apparve il terzo giorno della sfida con la lancia e scomparve misteriosamente. Nessuno sapeva chi fosse, ma lui lo aveva scoperto. Una giovane lupa del nord aveva rapito il suo cuore con la sua temerarietà, il suo spirito libero, la sua indole selvaggia e quella bellezza che la contraddistingueva da tutte la altre lady che aveva mai conosciuto.
Il suo nome era Lyanna Stark. Rhaegar se n’era innamorato e tutti i suoi piani erano andati in fumo.
Se non l’avessi mai incontrata, tutto sarebbe accaduto come avevo previsto. Avrei salvato il regno dalla pazzia. Credevo che fosse solo mio padre a rovinare i sette regni. Ora mi accorgo che non era il solo ad essere folle. Tywin e le sue mire politiche. Robert e le sue pretese. Hanno tutti portato alla distruzione dei Sette Regni. Ma nessuno ha più colpe di me. Eppure ero convinto che lei mi avesse reso un uomo migliore…
 
Ripensò alla sua delicata moglie. Elia non aveva alcuna colpa. Ripensò all’innocenza dei suoi figli. Rhaenys e l’allegra purezza che poteva caratterizzare una bambina di soli tre anni. Aegon, il suo figlio nato da meno di un anno. Erano stati macellati come animali. Strinse le lenzuola tra i pugni. Le nocche gli divennero bianche dallo sforzo. Sfogò la sua collera portandosi la stoffa alla bocca per attutire l’urlo di rabbia che gli uscì.
Ripensò a sua madre. Era sempre stata vittima degli eventi. Da quando suo nonno aveva deciso di darla in sposa a suo fratello Aerys, ignorando completamente i suoi sentimenti. Ripensò a quando sua madre in lacrime gli aveva svelato di aver provato in gioventù dei sentimenti per Bonifer Hasty. Lui la ricambiava, ma il suo lignaggio era troppo basso perché potesse anche solo pensare di chiedere la mano di una principessa. Il rapporto con suo marito fin dal matrimonio non era stato dei migliori. Entrambi non si sopportavano, ma la nascita del loro primogenito aveva almeno in parte rallegrato Rhaella. Negli anni a seguire però aveva subito i tradimenti del marito a testa alta, non si era mai mostrata sofferente, né debole. Ma dopo i numerosi abusi del suo consorte, gli aborti, i bambini nati morti, o i decessi in culla, aveva chiuso il suo cuore a tutti. Solo a Rhaegar permetteva di entrarvi di tanto in tanto, grazie alle melodie che le componeva e che allietavano le sue tristi giornate. Ora che era morta, sentì che anche una parte di lui lo aveva lasciato.
E poi pensò a lei. Alla donna che aveva rapito il suo cuore. Lyanna, se non ti avessi rinchiusa in quella torre, ora saresti ancora viva. Avresti sposato Robert Baratheon e saresti diventata regina. La sua regina però…
Calde lacrime gli scesero al pensiero del suo amore perduto.
 
Note dell’autore:
 
Un altro capitolo interamente dedicato a Rhaegar. Spero vi sia piaciuto il modo in cui l’ho descritto, non è stato facile calarmi nei suoi panni e descrivere il suo stato emotivo. Il suo “mai una gioia” alla Jon Snow e il suo viaggio introspettivo è stato tosto, ma credo di aver reso l’idea di questo personaggio.
Ha avuto modo di conoscere gli eventi che noi tutti abbiamo già conosciuto sia dai libri, che dalla serie tv, ma che lui ovviamente non poteva conoscere. Abbiamo prima il racconto di Dany, quindi del suo esilio con Viserys, e poi Ser Barristan e le vicende successive alla ribellione dell’usurpatore.
Come avete potuto notare in due punti ho inserito delle frasi ricavate da una canzone che penso sia davvero strepitosa. Si intitola I Still Love You di Josh Jenkins se avete modo ascoltatela perchè trovo che sia molto bella. E credo che quelle frasi mi siano state proprio d’ispirazione per questo capitolo.
 
Un abbraccio infuocato a tutti voi!
 

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Capitolo 18
*** Le Serpi delle Sabbie ***


Proprio di fronte a loro c’erano Ellaria Sand e le tre figlie maggiori del principe Oberyn Martell. Si facevano chiamare le Serpi delle Sabbie. Lyanna diede di speroni al cavallo per raggiungerle e i suoi compagni le stettero dietro. Quando si ritrovarono a pochi metri da loro, la donna venne affiancata da Brienne e dal principe Viserys.
-Ci manda la regina Daenerys Targaryen. Abbiamo il compito di scortarvi fino a Deepwood Motte! – annunciò con aria solenne.
-Non ci serve una balia, sappiamo badare a noi stesse! – urlò sfrontata una delle giovani ragazze. Aveva l’aria da dura e c’era gran poco di femminile in lei. Era coperta da un mantello color sabbia. Per qualche istante puntò il suo grugno verso Brienne con aria di sfida.
-Calmati Obara. – la voce della donna più adulta era tagliente – Mio signore. – disse rivolta al principe, accennando un inchino accattivante e seducente. Indossava un mantello arancione. Qualche ciocca di capelli corvini, le scivolò fuori dal cappuccio. Poi volse i suoi occhi sottili verso le altre due donne – il mio nome è Ellaria Sand, con chi ho il piacere di parlare? –
-Lady Brienne di Tarth. – a rispondere fu il principe – lei invece è Lady Stark di Grande Inverno. – Lyanna notò che aveva omesso il suo nome, e lo guardò senza capire. Evidentemente anche Ellaria lo aveva rilevato, ma decise che non le interessava.
-Queste sono le figlie del principe Oberyn; Obara, - e indicò la ragazza che aveva parlato prima – Nymeria – era la giovane al suo fianco dai capelli lisci e neri. Il suo aspetto era molto elegante e raffinato. La sua bellezza non passava di certo inosservata, indossava un mantello color oro - e Tyene. – era l’unica ad avere i capelli biondi e degli splendidi occhi azzurri, il suo aspetto sembrava docile e pacato. Stava avvolta in un mantello color bronzo scuro.
-Partiamo dunque, a stare troppo fermi mi si congelano anche le budella! – continuò Ellaria, spronando il cavallo.
 
Il principe fece cenno a Lyanna di far strada, ma questa volta le si mise al suo fianco. La ragazza procedeva adagio e prudente per permettere a tutti di poterla seguire. Le neve ricopriva tutto ed era difficile capire se si stava calpestando terra, sassi o ghiaccio. Le rose la seguivano fiduciose, sapevano esattamente che la donna le avrebbe fatte cavalcare su una strada sicura. Ellaria invece non era dello stesso avviso e aveva cominciato a staccarsi dal gruppo, annoiata da quell’andatura lenta  avanzando a casaccio. Le serpi la seguivano ridendo e schernendo invece le rose definendole lente e incapaci. Fin quando Ellaria non le condusse al centro esatto di un lago. Il ghiaccio cominciò a scricchiolare sotto gli zoccoli dei cavalli e furono costrette a tornare indietro. Lyanna fermò le sue rose e attese che le serpi facessero il giro. Il principe rimase in silenzio al suo fianco, guardando le donne cercare una via sicura per raggiungerli.
Il ghiaccio sotto il cavallo di Tyene cedette e la ragazza ed il suo destriero caddero nelle acque gelide. I cavalli delle altre tre donne si imbizzarrirono sentendo l’odore del pericolo e le sparpagliarono. Lyanna scese dalla sua puledra e corse ad aiutare la donna in pericolo. Arrivò vicina al foro e strisciando sulla pancia riuscì a prendere le redini del cavallo.
-Aggrappati! – le urlò.
Il destriero con i suoi zoccoli spaccò altri pezzi di ghiaccio e mise in pericolo anche Lyanna stessa. Il principe arrivò poco distante da loro, ma non potè avvicinarsi ulteriormente per via delle crepe.
Lanciò loro una fune.
-Prendete la cima, e lasciate il cavallo! Vi sta trascinando giù! – urlò Viserys. Ormai la donna era riuscita a prendere Tyene,  ma non riusciva a sollevarla. Il suo mantello era troppo pesante
-Non riesco a tirarla su! – si lamentò Lyanna e proprio in quel momento anche il ghiaccio sotto di lei cominciò a scricchiolare. Il principe si strinse la corda in vita e lanciò l’altra estremità in mano a Brienne e Dasira e si apprestò a raggiungere le due in pericolo.
-Fermatevi! Non reggerà il peso di entrambi! – strillò Elanon.
Il principe però trovò una strada sicura, seguendo le lastre di ghiaccio più spesse e si avvicinò cauto a loro. Si appiattì sul ghiaccio imitando Lyanna e prese Tyene per l’altro braccio. Fece cenno a Lyanna avvicinarsi a lui cautamente e assieme tirarono su Tyene. La ragazza riemerse completamente dall’acqua ghiacciata. Il principe la tenne tra le sue braccia cercando di calmarla, tenendo lo sguardo puntato su Lyanna che sorrideva, felice di essere riuscita a salvarla.
 
Il resto del viaggio non fu facile. Si sentiva un forte distacco tra i due gruppi. E quando si fermarono per una sosta, la situazione si fece ancora più tesa.
-Lady Lyanna venite a scaldarvi accanto al fuoco, i vostri abiti sono ancora ghiacciati. – le propose Tessa. Il principe Viserys alzò il capo, sembrava contrariato per qualcosa, ma Lyanna pensò che fosse solo nervoso per la situazione.
-Dove ho già sentito il vostro nome? – chiese con voce acuminata Ellaria – già ora ricordo. Lady Lyanna Stark. Siete la madre del Re del Nord. Mi era giunta voce che eravate tornata dal regno dei morti, ma credevo fosse solo un pettegolezzo da bordelli! – il suo tono era intimidatorio. Lyanna sapeva che la regina aveva inviato molta corrispondenza ai suoi alleanti. Ovviamente non aveva solo mandato direttive di guerra, ma aveva anche informato tutti della vera identità di Jon e quindi anche di lei.
-E’ la verità invece. – disse fredda, non le piaceva per niente il modo in cui la donna si stava rivolgendo a lei.
-Siete voi dunque la famosa ragazza lupo che l’ultimo drago portò con sé sulle Montagne Rosse di Dorne. – Nymeria la squadrò da capo a piedi, Lyanna sentì il suo sguardo percorrerle il corpo, affilato come una lama.
Preferì non dire niente e si sedette su un tronco. Il principe si mise su un masso esattamente a metà tra lei e le serpi. Ellaria, lo osservò per un attimo, non riusciva a capire questo suo comportamento remissivo.
-Una volta erano i lupi ad inchinarsi di fronte ai draghi! Perché lasciare a lei il comando? – chiese con un tono apparentemente calmo, ma sotto si sentiva un velenoso sarcasmo.
-Stiamo attraversando le terre degli Stark, loro conoscono ogni singola roccia di questo posto. Dovete fidarvi. – disse semplicemente.
-Mai! Non potremmo mai fare affidamento su un lupo! Hanno affiancato l’Usurpatore e ucciso non so quanti dorniani durante la ribellione. Dovreste ricordarvelo molto bene, principe Viserys!– disse Obara.
-Hanno perpetrato la causa dei Lannister! – affermò Tyene, giocando con una fialetta infilata ad una corda che teneva al collo. Era avvolta in ben due mantelli. Nei suoi capelli c’era ancora traccia di qualche pezzetto di ghiaccio.
-Noi non abbiamo mai appoggiato i Lannister! – Lyanna non poteva accettare quell’accusa.
-E invece lo avete fatto! Quando sono stati uccisi mia zia e i suoi figli! – Nymeria si alzò.
Lyanna aveva capito a chi si stava riferendo.
-Gli Stark non sono colpevoli di quegli omicidi! –
-Ma non avete fatto niente per evitarli! – Tyene rispose acida, osservandola con quei suoi occhi azzurri.
Non sapeva che cosa rispondere a quell’accusa. Lei non era presente ad Approdo del Re in quel momento.
-Era compito delle guardie reali difendere il re e la sua famiglia! – Lady Brienne intervenne – tutti i sette regni hanno perso dei cari in quella guerra! Le vostre perdite ci addolorano, ma non sono imputabili solo alla famiglia della mia signora. – Lyanna la guardò grata per aver preso le sue difese.
-Nessuno ha mai mosso un dito per noi Dorniani!! Nemmeno quando il mio Oberyn è stato assassinato da quel cane dei Lannister. Chi si è precipitato ad aiutarlo mentre moriva davanti ai miei occhi? – Ellaria sfogò tutto il suo rancore. Sul suo volto una lacrima scese e si fermò a metà guancia. Fino a quel momento era rimasta in silenzio ad osservare la disputa che aveva creato.
-Mi dispiace davvero per la vostra perdita. – disse sincera Lyanna. Poteva capirla, anche lei aveva perso l’uomo che amava, ma per quella donna doveva essere stato davvero traumatico. Era accaduto proprio di fronte a lei. Ripensò a Sansa e alla sua confessione.
-Non me ne faccio niente della commiserazione di una puttana, tanto meno dall’amante del principe drago! – Lyanna la guardò accigliata, ma incassò il colpo e da gran donna fece finta di non aver udito il termine con cui l’aveva chiamata. Dentro di sé sentiva che si stava preparando una tormenta, ma cercò di sedarla. Quindi si alzò, con l’intenzione di dirigersi verso i cavalli e riprendere la marcia, di fianco a lei si trovò Brienne che stava estraendo Giuramento. La fermò, mettendo una mano sopra l’elsa. Con la coda dell’occhio vide che anche il principe si era messo in piedi.
-Riprendiamo il viaggio. – e fece cenno a Brienne di andare a slegare i cavalli.
-Non prendiamo ordini da voi! – Obara era determinata a non finire lì il discorso.
-Non siete il nostro comandante! – si lamentò Nimerya.
-Chi diamine vi credete di essere? – Ellaria continuò – non eravate nessuno prima che il principe mettesse gli occhi su di voi! E ora pensate di poterci dare degli ordini solo perché vi ha fatta entrare nel suo letto? -
Lyanna non riuscì più a trattenersi. Si voltò e sfoderò Regina di Ghiaccio.
-Come osate? Non vi permetto di dire una cosa del genere! – una furia incontenibile le stava montando. Ellaria sorrise compiaciuta di aver trovato il suo punto debole.
-Il tuo adorato principe ha fatto la fine che meritava, annegando nel suo stesso sangue, come è successo a Elia Martell! Avrebbe dovuto essere accanto a sua moglie e ai propri figli. Li avrebbe dovuti proteggere! Invece dov’è stato per tutto quel tempo? A farsi succhiare l’uccello da voi!-
Con un urlo agghiacciante Lyanna si lanciò contro la donna, ma il principe Viserys la fermò trattenendola con le braccia.
-Non vi permetto di infangare la sua memoria! – sbraitò Lya contro la sua avversaria - Lasciatemi! Non vi intromettete! – urlò poi verso il principe dimenandosi per riuscire a liberarsi dalla sua presa.
-Avanti, uccidetemi pure… se ci riuscite! – la incitò Ellaria estraendo il suo pugnale – Puttana! -
-Riponete le armi, tutte e due! – ordinò invece lui, continuando a stringere la ragazza e guardando Ellaria in un muto silenzio. Lyanna nel frattempo continuava a divincolarsi. Le altre tre serpi si misero alle spalle della donna e afferrarono le loro armi. Le rose rimasero in allerta. Tutto si risolse nello sguardo silenzioso che Ellaria ed il principe si erano scambiati. Anche Lyanna sembrò calmarsi e l’uomo la lasciò andare. Lei infastidita, gli tirò un pugno contro il petto, e si allontanò offesa. Appena passò di fianco a Dasira le disse:
-Preparatevi. Partiamo fra poco! – la sua voce però era incrinata.
 
Con la spada ancora in pugno si diresse nel fitto del bosco. Aveva bisogno di sfogarsi, di menare la sua arma contro qualcosa, o contro qualcuno. L’idea di affondare la daga su quella serpe le sembrava ancora troppo allettante. La rabbia dentro di lei stava esplodendo. Ogni parola pronunciata dalla bocca di quella donna era come veleno. Un veleno che le lacerava il cuore. Appoggiò il braccio al tronco di un albero sentinella, le gambe le tremavano dal nervoso. Le lacrime le scesero copiose. Il suo orgoglio non accettava di essere considerata una puttana, men che meno dalla concubina della Vipera Rossa. E non poteva permettere che dicessero quelle calunnie all’uomo che aveva amato con tutta se stessa. Lui aveva combattuto una guerra con valore, ma alla fine era morto sotto il martello dell’uomo che lei avrebbe dovuto sposare. Odiò se stessa in quel momento. Si sentiva impotente. Tutto ciò era successo per colpa sua. Il rancore si impossessò di lei. Con la spada colpì il tronco di un albero, poi un altro ed infine si ritrovò di fronte ad una quercia. Menò fendenti senza sosta staccando pezzi di corteccia e ramoscelli che cadevano al suolo. Ad ogni affondo urlava per scaricare la collera, mentre lacrime calde continuavano a rigarle il viso. Poi si fermò, la lama le cadde e affondò nella la neve ai suoi piedi. Si appoggiò al tronco, mise la fronte contro la superfice muschiosa, e la picchiò con un pugno. La corteccia le scorticò le nocche, procurandosi una lieve contusione. Si voltò appoggiando la schiena alla quercia e si lasciò scivolare a terra. Affondando la testa tra le braccia e stringendosi le ginocchia, sfogò un pianto incontrollato. Non si accorse che qualcuno l’aveva seguita. Stava attendendo che si calmasse, prima di avvicinarsi. Lyanna sentì solo un fruscio di fronte a lei, e quando alzò la testa, vide il principe Viserys inginocchiato, che la guardava. Con una mano le prese il volto e se lo appoggiò sul petto.
-Mi dispiace. – le disse semplicemente.
Lyanna non voleva il suo conforto, ma in quel momento non riuscì ad allontanarlo. Avrebbe preferito chiunque altro. Brienne, Meera, Sansa, ser Davos, Jon. Ma sapeva benissimo che nessuno sarebbe stato come Ned. Si ritrovò ad aggrapparsi alla sua casacca involontariamente, affondando la testa sul suo petto e sfogando tutto il suo malessere. Lui rimase in silenzio, mosse appena la mano per accarezzarle i capelli. Inizialmente la donna scosse la testa per evitare quella fastidiosa dimostrazione d’affetto, ma si arrese, perchè sentiva che ne aveva davvero bisogno.
-Non so se riuscirò a portare a termine questa missione. – ammise piena di sconforto.
-Ve la siete cavata egregiamente fino ad ora! – le confidò calmo.
-Tranne prima, quando ho estratto la spada. – tirò su col naso e si asciugò gli occhi con il dorso della mano contusa. Il principe si accorse della sua recente ferita. Prese un lembo del suo mantello e ne strappò un pezzo. Poi le fasciò la mano molto delicatamente.
-Ellaria è accecata dalla vendetta. Vuole giustizia per Oberyn. -
-Io non centro niente con la morte del principe di Dorne. – Lyanna guardava i suoi movimenti, mentre annodava il pezzo di stoffa scarlatta.
-Lo so. Vi ha preso di mira, solo perché non è riuscita ad uccidere il vero colpevole. La Montagna era responsabile degli omicidi della moglie e dei figli di mio fratello, e uccise anche Oberyn durante un processo per singolar tenzone. Suo fratello Sandor Clegane lo ha trafitto con la sua spada, quando abbiamo sconfitto la regina Cersei ad Approdo del Re. Però Ellaria ha ragione su una cosa. – Lyanna lo guardò confusa, così il principe continuò, spostando lo sguardo di lato – Quello che ha detto nei confronti di mio fratello, lo penso pure io. -
La donna scosse la testa.
-No. Lui non ha alcuna colpa. –
-Doveva essere con la sua famiglia. – le sua voce era triste, come se sentisse il peso di quelle morti su di sé.
-Rhaegar non poteva essere ad Approdo del Re, in quel momento. Era già morto sul Tridente, quando la sua famiglia venne…- non ebbe il coraggio di continuare.
-So bene cos’è successo. Sotto ordine di lord Tywin Lannister, Armory Lorch ha trascinato Rhaenys da sotto il letto del padre e l’ha pugnalata un’infinità di volte. – la sua voce era diventata rigida e piena di collera - Nell’altra stanza la Montagna ha frantumato il cranio di Aegon contro il muro e poi ha violentato ed ucciso Elia. – Lyanna percepì la rabbia che attraversava ogni sua fibra.
-Sono morti in una maniera orribile. – altre lacrime le scesero lungo le guance – non si meritavano quella fine. Ho avuto modo di conoscerli. Prima di portarmi a sud, vostro fratello decise di fermarsi a Roccia del Drago. – non sapeva perché glielo stava confidando, rievocare quel ricordo però le faceva male.
-Erano una bella famiglia. Elia è sempre stata una donna dolce e gentile. Sapeva metterti a tuo agio in ogni situazione. Rhaenys aveva solo due anni all’epoca ed era solare e innocente. Abbiamo giocato assieme. Rhaegar voleva molto bene a tutti loro. Quando Jon mi ha raccontato della loro morte, ho sofferto, come se fossero parte della mia stessa famiglia. –
Il principe Viserys le accarezzò una guancia.
-Avete già i vostri morti a cui pensare, lady Lyanna, non accalcatevi anche i fantasmi di altri. –
-Finita la guerra, Rhaegar avrebbe reintegrato il matrimonio poligamo e mi avrebbe sposata con una cerimonia pubblica al Tempio di Baelor. Io e Elia saremmo state entrambi le sue consorti e i nostri figli sarebbero cresciuti assieme. Per me erano già la mia famiglia. –
Il principe abbassò lo sguardo.
-Doveva solo tornare vivo dalla guerra. – disse freddo. La lasciò e si risollevò in piedi. Raccolse la spada della donna e osservò la lama.
-Dovete avere più cura della vostra spada. – si sedette sulle radici di un albero, estrasse la cote dalla tasca e cominciò a fregarla sulla lama. Lyanna cercò di darsi una sistemata e si avvicinò a lui.
-Lasciate, non è vostro compito badare alla mia arma. – ma il principe non si lasciò distrarre e continuò a levigare la lama. Rimasero in silenzio finchè lui non fu soddisfatto del risultato. Si alzò in piedi e provò a menare qualche fendente nell’aria. Poi la bilanciò sul dorso della mano. Con un leggero, ma preciso movimento la lanciò in aria e la riprese al volo, riconsegnandola alla ragazza.
-Ottima spada, leggera e molto ben bilanciata. – si complimentò.
-E’ un regalo di Jon. – gli rivelò.
-Le avete dato anche un nome? –
-Regina di Ghiaccio. – disse automaticamente. Notò che il principe ebbe una strana reazione prima di mettersi a ridacchiare.
-Qualcosa vi diverte? – dopo quel momento di condivisione, non voleva ricominciare a detestarlo.
-Ritengo che quell’appellativo si addica più a voi, che alla vostra spada. – Lyanna si ritrovò a fissarlo stupita per quella frase, ma non ebbe neanche il tempo per pensarci che Meera apparve alle loro spalle e comunicò che erano pronte per partire. Le serpi erano già in marcia.
 
Non ci misero molto a raggiungerle. Lyanna e Viserys si misero in testa. Marciarono in silenzio, mentre le serpi continuavano a cantare e far chiasso. Ellaria notò la benda scarlatta sulla mano di lei, e fece un sorriso loquace alle giovani ragazze. Lyanna sentì i loro sguardi puntati su di lei, per poi posarsi sul principe. Anche lui se ne accorse, ma entrambi non si espressero.
Avvistarono un villaggio in lontananza e Lyanna decise di raggiungerlo per vedere se ci fosse qualcuno. Effettivamente era uno dei pochi villaggi ancora abitati. Del fumo usciva dai camini e si sentiva il vociare di numerosi bambini. Quando si avvicinarono però scapparono tutti, tranne un uomo con in mano un  forcone.
Lyanna scese dal cavallo, il principe la seguì. L’uomo osservò prima la donna, poi quando posò lo sguardo sull’uomo la sua espressione si fece più dura. Ma si inchinò al loro cospetto.
-Miei signori. – l’uomo non era abituato a trovarsi di fronte a della gente del loro rango, altrimenti non avrebbe mai messo sullo stesso piano un principe con una lady, ma Lyanna preferì non farglielo notare, e sperò che a Viserys non avesse dato fastidio. Si avvicinò a lui e porgendogli una mano, gli fece cenno di rialzarsi.
-Non abbiate paura. Sono Lyanna della casa Stark di Grande Inverno, lui invece è il principe Viserys Targaryen. Siamo qui per scortarvi verso Deepwood Motte. All’interno delle mura del castello sarete al sicuro. –
-Perdonate mia lady, ma non accetteremo il vostro invito. –
Lyanna rimase per un attimo in silenzio, l’uomo proseguì.
-Una volta era abitato dai Glover, ma ora ci sono i Martell. Noi siamo gente del nord, non possiamo sottostare a principi del sud. Siamo fedeli solo agli Stark e a re Jon. –
-Siamo tutti alleati, ora! – ribadì lei autorevole, ma una donna dai capelli castani uscì piano dalla porta di un’abitazione e si avvicinò.
-Voi siete Lady Stark? La figlia di Lord Rickard? – Lyanna la guardò confusa.
-Com’è possibile? Eravate morta… - la donna si mise una mano sulla bocca – Lord Eddard portò le vostre spoglie nelle cripte. –
-Donna, tornatene a casa! Non può essere lei! – disse bruscamente l’uomo.
Lyanna lo guardò malamente e si avvicinò invece alla donna.
-Sono proprio io. – disse cordialmente, lasciando che le prendesse le mani.
-Lady Stark! Non posso crederci! – ma si accorse che Lyanna non aveva ancora capito chi era – non mi riconoscete? – la giovane fece no con la testa.
-Sono Marlene, ero una delle vostre cameriere. – Lyanna osservò meglio i tratti della donna che aveva di fronte e riconobbe in quegli occhi, la giovane ragazza che l’aveva servita quando era ancora in vita.
-Non posso crederci! Sei davvero tu? – Lyanna si commosse e l’abbracciò forte.

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Capitolo 19
*** Anime Innocenti ***


Marlene era molto felice di aver ritrovato la signora che un tempo aveva servito, tanto che insistette per ospitare lei e i suoi amici a casa sua.
-Venite lady Stark, dite ai vostri compagni di viaggio di seguirmi. Vi va della zuppa calda appena fatta? –
Lyanna la guardò con affetto.
-Grazie. – disse sorridendo e voltando il suo sguardo verso Viserys per avere anche il suo parere.
Il principe semplicemente fece un lieve cenno di assenso col capo. Le serpi invece preferirono cercare una taverna e fermarsi lì a dormire.
La donna li condusse all’entrata della sua casa.
-Prego miei signori. – aprì loro la porta – perdonate non vi posso offrire molto, ma ho anche del pane e del formaggio. – e li fece accomodare al tavolo al centro della stanza.
Lyanna prese posto, lasciando al principe l’onore di stare a capotavola. Le altre si sedettero sulle sedie attorno.
La donna portò loro piatti, posate e boccali, una caraffa di vino annacquato e versò sulle ciotole la zuppa calda ed invitante.
-Mi dispiace principe Viserys, la mia è una umile tavola… - cercò di spiegare la donna, ma il principe le rispose cordialmente.
-Non avete nulla di cui scusarvi. Vi devo ringraziare invece, è un onore essere vostro ospite. – Marlene rimase per un attimo impietrita dalla delicatezza delle sue parole.
Mangiarono tranquilli e si scaldarono. Il camino era acceso ed il pentolone con la zuppa fumava, lasciando nell’aria un profumo molto invitante. Marlene lasciò che mangiassero senza disturbarli, ma si vedeva che fremeva per chiedere alla sua signora altre notizie. Lyanna conosceva la sua indole alle chiacchiere, e il tempo non l’aveva cambiata.
Un bambino di circa due anni arrivò correndo aveva i capelli castano scuro, seguito da una bambina di qualche anno più grande coi capelli corvini.
Sia Lyanna che il principe li guardarono in silenzio. I due si nascosero dietro le sottane di Marlene, e timidamente le chiesero chi fossero quelle persone sedute alla loro tavola. Poi arrivò anche una ragazza di circa dodici anni. Aveva i capelli raccolti in due trecce di un colore cioccolato intenso. Gli occhi erano grigio verde.
-Lei è lady Lyanna della casa Stark, la famiglia che ho servito quando ero giovane! – disse la donna.
Lyanna li guardò sorridendo, mentre loro accennarono un titubante saluto.
-E’ un piacere fare la vostra conoscenza, qual è il vostro nome? –
-Io sono Larra, lui è mio fratello Rollard e lei è Tallia. – disse la giovane indicando i suoi fratelli.
-Avrete fame, volete unirvi a tavola con noi? – chiese loro la donna.
I bambini in breve si sentirono più a loro agio. Anche le altre rose cominciarono ad intrattenersi con Marlene e i suoi figli. Il principe invece continuò a mangiare in silenzio.
-Vi ho parlato molto spesso di lady Lyanna. – cominciò a ricordare la donna - Vostro padre mi aveva affidato a voi, così che vi sentiste meno sola dopo la perdita di vostra madre. I vostri fratelli vi erano così affezionati. Ricordo ancora Ned tutte le volte che vi veniva a trovare nella vostra stanza e parlavate per un sacco di tempo, voi due! – Lyanna sorrise mesta a quei bei ricordi, roteando il cucchiaio nella minestra. Il principe la osservò, mentre lei si muoveva nervosa sulla sedia.
-Già. – disse semplicemente.
-Benjen invece era un discolo! Non stava mai fermo quel bambino! Un po’ come il mio Rolly! – e scompigliò i capelli del figlio che teneva in braccio. Lyanna sollevò il capo sorridendo. Le rose ascoltarono in silenzio, solo Meera guardò la sua lady. Era l’unica ad averlo conosciuto oltre la barriera con Bran.
-E poi c’era Brandon. Ricordo ancora quanto fosse bello vostro fratello! – Lyanna rammentò in quel momento che aveva una predilezione per lui. Un po’ come tutte le giovani ragazze del castello. Era piacevole sentire che qualcuno era ancora vivo per rievocare e condividere quei ricordi, ma non riusciva a formulare nessuna frase. Il dolore era troppo pressante. Si sentiva responsabile per il loro tragico destino. Lei ne era stata involontariamente la causa.
-E quando siamo andati al torneo di Harrenhall, rimembrate mia signora? – Larra, seduta alla sua destra si mosse incuriosita, ma Tallia l’anticipò.
-Voi siete la lady incoronata dal principe dei draghi! – Lyanna ebbe un sussulto.
-Siete diventata poi la sua regina? – chiese innocente Larra, la donna fissò la giovane per un attimo, senza sapere cosa dire. La versione ufficiale era che Rhaegar l’avesse rapita, ma non poteva certo raccontare una cosa del genere a delle bambine. Per fortuna intervenne Marlene.
-Larra, lascia in pace Lady Lyanna. Non vedi che sta mangiando? – la ragazza posò lo sguardo sul piatto, ma poi guardò sua madre alzarsi per controllare il calderone sul fuoco.
-Anch’io sogno che un principe venga a prendermi e mi porti nel suo castello! – disse sottovoce a Lyanna, la quale la guardò teneramente.
-Magari un giorno arriverà! – le sorrise. A volte la realtà è un po’ diversa da come ce la immaginiamo. La ragazzina posò per qualche istante gli occhi su Viserys la vide osservare i suoi abiti e l’effige del tricefalo sul mantello.
-Anche voi siete un principe dei draghi? – chiese la piccola Tallia.
-Sì, il mio nome è Viserys e sono il fratello della regina Daenerys Targaryen. – disse con voce calma, la bambina lo guardò ammirata, invece la ragazza abbassò lo sguardo e non disse più una parola.
 
La donna tornò alla tavola e li invitò a rimanere per la notte. Cedette la propria camera al principe Viserys. Lyanna, Elanon e Meera presero la camera delle due sorelle, mentre alle altre tre donne venne lasciata la stanza del piccolo Rolly. Quella sera prima di coricarsi Lyanna andò a lavarsi la faccia per ripulire la pelle dalla polvere. Tornando indietro passò di fronte la camera del principe. Lo vide disteso supino sul letto, indossava solo la casacca nera, e le brache pesanti. Un braccio era sotto la sua testa, mentre l’altro era abbandonato sul letto. Una candela era accesa sul comodino. Quando la vide si alzò di scatto.
-Lady Lyanna. Prego entrate, se volete. Vorrei che mi illustraste i vostri programmi per domani. – lei notò che i lacci della casacca erano leggermente allentati. Si intravvedeva la cicatrice che già gli aveva visto nei bagni di Harrenhall. Lui dovette accorgersene, e mentre la donna varcava la porta, strinse meglio che potè il cordino.
-Non voglio approfittare ulteriormente della gentilezza di Marlene. Credo che sia meglio se ci alziamo presto e cerchiamo di convincere più persone possibili a seguirci al castello dei Glover. –
Il principe le fece cenno di sedersi sul letto, accanto a lui. Lyanna sapeva che era sconveniente per una lady rimanere in una stanza sola con un uomo che non conosceva, ma la porta era rimasta aperta e nelle stanze accanto c’erano le sue rose. Non avrebbe potuto farle niente di male. Così accettò l’invito.
-Non sarà facile convincerli e seguirci. Avete sentito quell’uomo, non vogliono sottostare ai Martell. – incrociò le dita e appoggiò le braccia sulle ginocchia. – dobbiamo trovare il modo di spostarli da qui. Se gli estranei dovessero superare la barriera di questo villaggio non rimarrà niente. –
Lyanna sapeva che aveva ragione.
-Portiamoli allora a Grande Inverno. Mi seguiranno, sono una Stark. Il nord non dimentica a chi deve la sua fedeltà, lo ha già dimostrato appoggiando mio figlio. –
-La lealtà del nord vi fa onore, ma fareste fare un viaggio così lungo a questa povera gente? Se incappassimo in un’altra bufera, come credete che possano sopravvivere? Saranno a piedi, senza cavalli, e senza la possibilità di difendersi in caso di attacco. Ci sono anziani e bambini, tra loro. Il viaggio è troppo lungo e pericoloso. Non possiamo costringerli a seguirci. –
-E quindi dovremmo lasciarli qui a morire, da soli? –
-Possiamo offrire loro una possibilità di salvezza, ma dobbiamo rispettare la loro decisione se non vogliono seguirci. –
Lyanna si morse nervosa l’unghia del pollice. Non le piaceva per niente quell’idea, ma non aveva altre possibilità. Il principe le prese il polso della mano che aveva portato alla bocca e rimase a guardarla.
-Non torturate le vostre dita, mia signora. – le disse gentilmente, con l’altra mano le spostò una ciocca dei capelli. Lyanna rimase spiazzata da quel gesto, ma un rumore li fece ricomporre. La piccola Tallia entrò saltellando accompagnando sua sorella Larra che teneva in mano delle coperte per il principe.
-Mio signore, vi ho portato le lenzuola e delle coperte pesanti. Tallia esci, non disturbare il principe. – volse gli occhi su Lyanna, con uno sguardo particolarmente imbronciato. L’uomo si alzò e si avvicinò a lei.
-Sei stata molto gentile. – e prese quello che lei aveva in mano e lo appoggiò sul letto. Larra in tutta risposta arrossì. La piccola sghignazzò allegra. Così il principe si inginocchiò di fronte a lei e le scompigliò i capelli castani.
-Cosa c’è da ridere, piccolina? – Lyanna notò che ci sapeva fare con i bambini, a dire la verità, era molto cortese con tutti.
-Mia sorella vorrebbe diventare … - ma la ragazza più grande si affrettò a chiuderle la bocca con una mano. La bimba gliela morse e scappò via urlando.
-Mamma!! Larra mi fa male!! – il principe si mise a ridere. Larra rimase in imbarazzo di fronte a lui e si torturò una treccia, posò nuovamente uno guardo nervoso in direzione di Lyanna.
-E’ meglio se torno nelle mie stanze. – disse la donna – domani penseremo a cosa fare. – ed uscì dalla porta.
-Buonanotte lady Lyanna. – la salutò il principe.
-Buonanotte mia signora – Lyanna ebbe come l’impressione che la ragazzina non vedesse l’ora che si levasse dai piedi.
-Buonanotte. – rispose semplicemente, lasciandoli soli nella stanza.
 
Gli incubi vennero a farle visita quella notte, immancabili come sempre. Meera fu la prima a sentire che si agitava nel sonno, cercò di svegliarla, ma inutilmente. Anche Elanon si destò e aiutò la giovane a calmare la sua signora. Lyanna non si accorse di niente, rimase immersa nei suoi sogni e cominciò ad urlare.
-Noooo!!! Vi prego, noooo!!- Elanon cercò di metterle una mano sulla bocca, ma la donna si dimenò e lei perse la presa, cadendo ai piedi del letto.
-Fermatevi!! Vi supplico …. Nooooo!!! – le urla si fecero più forti. In quel momento Brienne entrò nella stanza:
-Lasciate fare a me. – disse rivolta alle due ragazze e si affrettò a cingere tra le sue braccia Lyanna.
La donna continuava a tenere gli occhi chiusi e le immagini dei cadaveri le passarono di fronte nella solita processione. Ormai aveva raggiunto le sponde del tridente, sapeva cosa le sarebbe aspettato.
-Noooooo!! – con un urlo angosciante si svegliò in un bagno di sudore e lacrime.
-Mia signora è tutto finito! – cercò di calmarla Brienne. Lyanna emise ancora qualche singhiozzo, nel suo volto si intravvedeva tutta la sofferenza appena provata, i capelli le ricadevano scompigliati.
Nell’altra stanza il principe Viserys stava disteso sul letto, gli occhi ancora aperti ad osservava la candela consumarsi lentamente. La maschera era abbandonata sul cuscino accanto a sé. Strinse i pugni impotente e si voltò dall’altra parte.
 
Il mattino seguente, quando Lyanna si svegliò vide che Brienne era seduta per terra, la sua testa appoggiata sul letto. Le teneva la mano. Di fronte a sé dormivano tutte rannicchiate Elanon e Meera. Capì che gli incubi dovevano averla tormentata anche quella notte. Si alzò molto lentamente, per evitare di svegliarle e con cura appoggiò la coperta sopra al corpo della donna guerriera. Uscì piano dalla camera e raggiunse la stanza principale. Osservò fuori dalla finestra il panorama innevato. Poco dopo entrò Marlene portando un secchio pieno di neve.
-Mia signora, siete già sveglia? – le domandò allarmata – Forse il letto non era di vostro gradimento? Stanotte ho sentito che vi siete svegliata.–
-No, non è colpa del letto. Dormo poco la notte. – non aveva alcuna voglia di parlare dei suoi sogni. La macchia rossa nell’acqua era ancora vivida nella sua mente. Marlene dovette capire il suo morale dai tratti del volto, e preferì cambiare discorso.
-Stavo per mettermi a preparare delle focacce per il pranzo di oggi. Vi fermerete qui spero! –
-Non ne sono certa, Marlene, devo provvedere a mettere in salvo più persone possibili! Tu verrai con me, se te lo chiedo? – la donna la guardò confusa.
-Come chiedete mia signora, io e la mia famiglia vi seguiremo. E vedrò anche di convincere più gente possibile, ma sappiate che non tutti qui in questo villaggio, vorranno andare a nord. Temono le serpi di Dorne, e ancora di più i bruti o qualunque altra creatura possa superare la barriera. –
Lyana capì che qualche notizia era riuscita ad arrivare anche a quel villaggio. Non volle dare ulteriori dettagli, per non destare il panico tra gli abitanti.
-Ti porterò con me, Marlene! Vi terrò al sicuro, te lo prometto. – la vide che stava mettendo sul tavolo della farina e tre uova.
-Posso aiutarti? – le chiese poi.
-Mia signora, questo non è un compito per una lady. – ma la giovane si era già risvoltata le maniche e le si era affiancata. Le sorrise e la donna ricambiò.
 
L’ultimo a svegliarsi fu il principe Viserys. Le rose erano già tutte in piedi da un bel pezzo. Elanon e Meera stavano aiutando Marlene a preparare un dolce. Brienne e Dasira affilavano le loro lame, e Tessa invece giocava assieme a due bambini. Anche Larra le aveva raggiunte e si era messa da una parte a preparare dei biscotti. Lyanna si avvicinò al principe, tenendo in mano una scodella con del latte caldo. Il principe indossava la sua solita maschera, dalla sua altezza osservò la donna di fronte a lui. Con l’indice le pulì la punta del naso.
-Siete sporca di farina. Non mi direte che avete provato a cucinare. – sembrava ridere all’idea di vederla nelle vesti di massaia.
-Ho aiutato Marlene questa mattina. – gli spiegò lei, cercando di pulirsi il volto con il grembiule che indossava. Larra li interruppe e porse al principe un sacchetto di stoffa che conteneva i suoi biscotti.
-Principe Viserys, assaggiateli, li ho fatti con le mie mani. – le sue guance si imporporarono.
Il principe ne prese uno e se lo portò alla bocca. La ragazza rimase in trepida attesa del responso. Lui masticò il boccone adagio. Le rose guardarono la scena nascondendo dei risolini. Marlene aveva comunicato loro che i biscotti di sua figlia Larra erano sempre immangiabili.
-Davvero buoni. – disse gentilmente.
La giovane emise un grido gioioso e corse fuori urlando i nomi di alcune sue amiche. In breve tre ragazze l’avevano raggiunta e stavano bisbigliando e sghignazzando tra loro.
-Tenete. – Lyanna gli porse la scodella con il latte – mandatelo giù con questo. –
Il principe non se lo fece ripetere due volte.
-Che cosa diamine c’era in quel biscotto? – le chiese sottovoce, Lyanna si mise a ridere.
-Non ne ho idea. – e guardò Viserys bere un altro sorso di latte.
-Quelli fatti da Lady Lyanna erano mangiabili a confronto. – disse Dasira. Il principe scoppiò a ridere, mentre Lyanna guardò in cagnesco la bruta.
 
Non molto tempo dopo Larra rientrò e Marlene le chiese di andarle a prendere dell’acqua al pozzo. Tallia volle andare assieme alla sorella, la quale sbuffò, ma ne approfittò per chiedere al principe di accompagnarla.
-Principe Viserys, parlatemi un po’ di voi. – cominciò la ragazza, mentre camminavano in mezzo alla neve.
Lui la osservò, mentre la giovane si teneva al suo braccio per scavalcare un tronco di un albero.
-Cosa vuoi sapere Larra? – le chiese sollevandola, per evitare che scivolasse sulla neve.
-Ad esempio, perché di giorno indossate la maschera? –
-E’ una lunga storia. – disse.
-Beh abbiamo diverso tempo prima di arrivare al pozzo. – e si strinse ancora più a lui, guardandolo con occhi dolci, mentre Tallia trotterellava a qualche passo da loro.
Il principe la osservò per qualche istante prima di parlare.
-Non posso mostrare il mio vero volto. – le svelò.
-Perché? – chiese curiosa.
-Una strega cattiva mi ha fatto un incantesimo. – le raccontò.
-Mi state prendendo in giro? – Larra non ci era cascata, ma sua sorella sì.
-Quindi solo il bacio di una principessa potrà salvarvi? – la bambina si era avvicinata a loro con occhi curiosi. Il principe la prese in braccio.
-Come hai fatto ad indovinare? – e le fece il solletico sulla pancia. La bambina rise di gusto, mentre Larra osservava il principe immaginandosi di essere lei quella donna fortunata.
 
Nel frattempo Lyanna e le sue compagne si misero d’accordo su come procedere per la giornata. Dasira e Meera andarono a comunicare i loro piani alle serpi delle sabbie, nel frattempo Marlene cominciò a preparare tutto l’occorrente per intraprendere il viaggio. Lyanna l’aiutò.
-Come è possibile che il tempo non vi abbia cambiata, mia signora? –
-Non te lo posso dire Marlene, è un segreto e svelartelo ti metterebbe ancora più in pericolo. – cercò di spiegare la giovane. Rimasero in silenzio ancora un po’, mentre le passava qualche indumento da inserire nella sacca.
-Perché il Principe Drago vi rapì? Sembrava un brav’uomo e tutti lo adoravano. –
-E’ complicato … - non sapeva come darle una spiegazione che non rivelasse anche la verità su Jon.
-Che cosa successe davvero? –
-Non ne posso parlare, mi dispiace Marlene. – Lyanna abbassò lo sguardo. Se avesse detto anche una cosa, insignificante che fosse, la vita di Jon sarebbe stata in pericolo. Guardò la donna con aria dispiaciuta. Poi la porta si aprì di scatto:
-Il villaggio è stato attaccato! – Elanon apparve decisamente allarmata.
Lyanna non se lo fece ripetere due volte. Uscì di corsa dalla stanza, recuperò la sua arma e corse fuori dalla casa. Brienne, Elanon e Tessa la seguirono.
-Mia signora, Dasira e Meera ancora non si sono viste. – disse la donna impugnando Giuramento.
-Torneranno Brienne, vedrai! –
 
Viserys sollevò il secchio d’acqua sulle spalle, lo riteneva troppo pesante per una ragazzina di quell’età.
-Lasciate principe, lo faccio tutte le mattine! – cercò di insistere la fanciulla, ma lui non demorse.
Erano sulla strada del ritorno, e lei chiacchierava allegramente, quando il principe si accorse che qualcosa non andava. C’erano troppe impronte, dove prima la neve era intatta. Le mise una mano sulla bocca e  chiamò Tallia a sé. Una freccia colpì il secchio che teneva. Prontamente estrasse la spada e si mise di fronte alle due ragazze. Larra tenette stretta sua sorella, entrambe tremavano dalla paura. Da dietro gli alberi vennero fuori alcuni uomini. Indossavano pelli e pellicce, la loto testa era calva e impugnavano asce dalle lame lunghe e corte, ma le punte erano ben affilate. Capì dal primo sguardo che si trattava di un clan di bruti ribelli. Jon aveva detto che alcuni non si erano uniti alla loro causa o avevano disertato. Il villaggio doveva essere stato attaccato. Si fiondò su di loro e dopo un breve combattimento riuscì ad ucciderli. Riportò solo una lieve ferita ad un braccio, ma prese con sé le due sorelle e le spronò a raggiungere il villaggio.
 
Erano state incendiate delle baracche. Fuoco e sangue. Cenere, fumo e disperazione. Gli abitanti correvano cercando un riparo. I bruti uccidevano e rapivano le donne come selvaggi. Le Serpi delle Sabbie si erano unite alle Rose dell’Inverno e combattevano fianco a fianco. I bruti non avevano pietà per nessuno. Uomini, donne, bambini o anziani. Tutto ciò che incontravano distruggevano e trapassavano da una parte all’altra. Lyanna si stava scontrata contro due uomini, aveva riportato un taglio sulla fronte, Brienne le diede man forte. Dasira e Meera si erano riunite a loro. Arrivò anche il principe con le due bambine e Marlene le prese con sé. Viserys si affiancò alle guerriere.
Un bruto prese Meera da dietro e cercò di colpirla con la sua ascia, ma la ragazza riuscì a disarmarlo e a scappare dalla sua presa. Purtroppo il selvaggio la tenne ferma per un braccio e glielo torse, facendole uscire la spalla. L’urlo che la giovane emise fu agghiacciante. Viserys trapassò lo stomaco dell’uomo, che cadde ai suoi piedi. Lyanna corse dalla sua allieva, allarmata.
-Meera!! Tutto bene? – ma la giovane continuava ad urlare dal dolore.
Brienne e le altre cercarono di proteggerli, erano troppo esposti.
Il principe le slacciò la pettorina.
-Ha la spalla fuori posto! Va risistemata! – Lyanna lo guardò inquietata, scuotendo la testa. Viserys capì che non sapeva come fare, così appoggiò l’arma a terra.
-Tenetela ferma! – e posizionò le mani sulla parte lesa. Un rumore sordo, di nuovo la giovane urlò, ma poi sembrò esserle passata gran parte della sofferenza. Lyanna guardò la scena trattenendola per le braccia. Poi il principe la sollevò e la portò al riparo dietra ad una casa. Chiamò anche Marlene e i suoi figli.
-Venite, qui starete al sicuro. Ellaria ho bisogno di una delle tue serpi a difesa di queste donne! – la dorniana ubbidì all’ordine e mandò Obara. La donna da sola fu sufficiente.
Nel frattempo la battaglia continuò. Molti Thenn giacevano morti ai loro piedi, ma ce n’erano ancora più di una dozzina che devastano tutto ciò che trovavano. Lyanna ingaggiò battaglia con un uomo che era il doppio di lei. Brienne cercò di avvicinarsi per aiutarla, ma venne fermata da due uomini che la costrinsero a rallentare la sua avanzata. Elanon, Dasira e Tessa erano troppo distanti e impegnate a liberare dalle grinfie dei bruti altri poveri abitanti del villaggio. Il principe cercò di raggiungerla, ma la corda di una frusta lo obbligò a fermarsi. Il suo avversario aveva la faccia bruciata dal ghiaccio, lo aveva preso per il collo e il laccio lo stringeva nella sua morsa. Il principe con un colpo secco della spada, spezzò la corda e lo attaccò. Lyanna, nel frattempo, accusò un duro colpo al fianco e l’energumeno le assestò un ceffone sul volto che la fece cadere all’indietro, facendo un volo di qualche metro.
-Lady Lyanna!! – urlò Tallia, fuggendo dalle braccia della sorella per andare a soccorrere la donna.
-Noo, Tallia!! – urlarono Marlene e Larra. Anche Viserys vide la scena, ma il suo avversario lo costrinse a riportare la sua concentrazione su di lui. Lyanna si rialzò, un labbro le sanguinava, ma si rimise in posizione da combattimento, al suo fianco anche Brienne e Dasira erano arrivate. Marlene col piccolo Rolly in braccio, corse a in direzione della bambina, che si era bloccata di fronte al cadavere di un uomo del villaggio che aveva riconosciuto. Viserys, che era più vicino la prese in braccio per portarla al sicuro. Marlene, così rimase bloccata, ritrovandosi in mezzo alla battaglia. Lyanna se ne accorse:
-Marlene vattene da qui!! – le urlò. Il principe vide solo in quel momento che anche la donna era lì tra loro, ma non aveva modo di raggiungerla. Un luccichio atterò la sua attenzione verso sinistra. Alcuni bruti si erano schierati in fila e avevano degli archi lunghi puntati su di loro.
-Frecce da ovest!! Riparatevi!!! – afferrò un bruto per farsi scudo col suo corpo.
Le altre guerriere riuscirono a evitare di essere ferite, nascondendosi dietro a muri delle case o carri abbandonati sulla strada. Marlene venne colpita da una freccia e cadde al suolo in mezzo ai cadaveri. Ma si muoveva, era ancora viva.
Lyanna si era rifugiata dietro ad un muro di pietra per metà ceduto, guardava la sua vecchia amica e il suo istinto era quello di andarla a salvare. Il principe lo intuì e la raggiunse velocemente, mentre gli uomini incoccavano un’altra serie di dardi. Appoggiò la bambina a terra e prese la donna per un braccio.
-Non ci provate. – lei lo guardò incollerita.
-Non possiamo lasciarla lì. È nella loro traiettoria! – i suoi occhi erano spalancati e terrorizzati come quelli di una bambina.
-E’ troppo rischioso. Non ci sono ripari, sareste troppo esposta! Non avete già rischiato la vostra vita abbastanza oggi? – insistette lui.
-Non la lascerò morire! – cercò di liberarsi dalla sua stretta e si espose allo scoperto.
-E io non vi lascerò andare! – le urlò, riprendendola e stringendola a sé. Altre frecce sibilarono alle spalle della ragazza, frustandole i capelli, ma fortunatamente nessuna la colpì.
Lyanna si dimenò con forza, ma fu tutto inutile. Si sentì un gemito, un’altra freccia aveva colpito Marlene.
-Lasciatemi!!!! – ordinò al principe, aveva le lacrime agli occhi. Non riusciva a tollerare che qualcun’altro potesse morire per causa sua. Assestò un pugno in pieno petto al principe e scoppiò in un pianto di rabbia. Lui continuò a trattenerla tra le sua braccia. Ellaria arrivò al loro nascondiglio con in mano tre archi e una faretra piena di frecce.
-Prendete questi. Nymeria, Tyene e una delle vostre guerriere stanno solo aspettando un mio ordine. – Viserys vide che dalla parte opposta le tre donne impugnavano anche loro un arco. – attacchiamoli con la loro stessa moneta. Al mio tre. –
Il principe lasciò la ragazza, e prese le due armi. Una la passò a Lyanna, ma prima di lasciarle l’arma volle assicurarsi che stesse bene.
-Pensate di potercela fare? – le chiese. La donna non alzò lo sguardo su di lui, ma gli fece solo un cenno con la testa. Lui allora abbandonò la presa sull’arco.
Ellaria incoccò una freccia e cominciò il conto alla rovescia. Gli altri fecero altrettanto e quando la donna scattò fuori dal loro nascondiglio tutti e sei le frecce vennero scoccate. I bruti vennero colpiti, ma ce n’erano ancora in vita. Le donne si scagliarono su di loro irrompendo sul loro schieramento ormai non più solido. Lyanna guardò il principe con uno sguardo particolarmente severo, prima di lasciare il loro nascondiglio. Era furiosa con lui, ma ora non aveva tempo, doveva andare a recuperare Marlene.
 
La donna era riversa al suolo, le frecce erano ancora conficcate sulla sua schiena. Un’enorme macchia di sangue si stava allargando sotto di lei, ma respirava ancora. Lyanna la sollevò appena e vide che teneva ancora stretto il piccolo Rolly. Il bambino era illeso, ma piagnucolava terrorizzato.
-Marlene non ti preoccupare. Ora ti porto in salvo. –
Alle sue spalle arrivò anche il principe Viserys, dopo aver consegnato Tallia tra le braccia di Larra. Lyanna lo guardò in cerca di una soluzione, ma quando l’uomo posò lo sguardo sulla donna riversa a terra, scosse la testa.
L’espressione di Lyanna era mortificata e rispostò gli occhi verso la donna morente.
-Andrà tutto bene. – sapeva che le stava mentendo, le lacrime le scesero come fiumi inarrestabili. Si sentiva in colpa, ma la donna le sorrise e le strinse una mano. Non doveva accadere questo. Quella donna era innocente, come lo erano i suoi figli. La storia non doveva ripetersi, di nuovo.
-Vi prego mia lady… - riuscì solo a sussurrare, mentre le stava porgendo il piccolo Rolly. Lyanna d’istinto lo strinse a sé.
-Metteteli in salvo… - un rigagnolo di sangue le uscì dalla bocca. Lyanna rimase a guardarla sconvolta, mentre le ultime forze abbandonavano Marlene. I suoi occhi divennero vitrei. Lyanna sentì il proprio cuore esploderle nel petto. Un dolore lacerante la martellava.
Anche tu Ned hai provato questo, mentre morivo tra le tue braccia?
Rimase inchiodata in quella posizione senza riuscire a muovere un muscolo. Il principe attese qualche istante, poi si inginocchiò accanto a lei. Chiuse gli occhi del cadavere della donna e recitò alcune parole. Poi le levò la spada dalla mano, con molta delicatezza e pulì l’arma sugli abiti di un corpo accanto a sé. Afferrò Lyanna e la costrinse a mettersi in piedi, si mise in braccio il bambino e le rinfilò la spada sul fodero. Lei quasi non si rese conto di quello che stava facendo, tanto era il dolore che provava. Rimase in piedi senza dire una sola parola, lo sguardo perso nel vuoto. Ripensando a quello che era successo.
-E’ tutto finito. – le disse dolcemente Viserys, portandole una mano sulla nuca.
Lei scoppiò in un pianto incontrollato, il principe l’avvicinò a sé e le trattenne la testa sul suo petto, affinchè sfogasse tutta la sua disperazione.
A morire sono sempre gli innocenti.

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Capitolo 20
*** Promesse tra Fratelli ***


Daenerys Targaryen sedeva nel seggio più rialzato. Ser Barristan aveva provveduto a riempirglielo di cuscini morbidi. Indossava una leggera veste di seta sulle tonalità del violetto che faceva risaltare i suoi occhi. Calzava dei sandali dorati e sulle sue braccia tintinnavano numerosi bracciali. Sul capo teneva una tiara che raccoglieva in parte alcune ciocche di capelli. Due piccole trecce argentate le erano state legate dietro sul capo e i lunghi capelli scendevano sulla sua schiena in morbide onde. Al suo fianco Ser Barristan e quell’uomo sconosciuto dai lunghi capelli argentati, con la maschera sul volto che tutti i presenti stavano guardando con curiosità. Di fronte a lei sedevano Missandei, Verme Grigio, Tyrion Lannister, Lord Varys, la principessa Arienne, Ellaria e le serpi delle sabbie.
-Vi ho riuniti qui per presentarvi l’uomo che comanderà i miei eserciti. Lui è Viserys Targaryen, mio fratello. Lady Melisandre lo ha riportato in vita su mio ordine. –
Tutti si guardarono stupiti, Dany li sentì bofonchiare sottovoce.
-Se avete da dire qualcosa a riguardo, prego, sono pronta ad ascoltare ogni vostra perplessità! –
-Mia regina – cominciò Tyrion turbato – avevo capito che volevate al vostro fianco un guerriero dothraki. –cercò di ricordare il nome, ma proprio non ci riuscì.
-Credete che vostro fratello sia davvero in grado di comandare il vostro esercito? Non ha mai combattuto nemmeno una battaglia! – l’eunuco sembrava molto scocciato, anche se cercava di mascherarlo. Daenerys li osservò ancora un attimo, prima di aprire bocca.
-Per rispondere a Lord Tyrion, ho cambiato idea all’ultimo. Ho riflettuto su quanto avevate detto e ho capito che la persona adatta non avrebbe mai potuto essere estraneo a questo continente. E a malincuore ho dovuto accantonare l’idea di vedere di nuovo al mio fianco l’uomo che mi ha resa sua regina. – una leggera venatura di tristezza attraversò i suoi occhi, ma appena voltò il volto verso il Ragno Tessitore, questi si riempirono di fiamme violette.
-Per quanto riguarda voi, lord Varys, è vero: Viserys non ha esperienza in campo di battaglia, ma è stato al mio fianco e mi ha sempre protetta. – Rhaegar l’aveva messa in guardia e le aveva detto di non fidarsi dell’eunuco. Era stato uno dei consiglieri del re, loro padre, ma spesso e volentieri era stato anche la causa di numerose morti; infondendo sospetti, molte volte inesistenti, su persone innocenti.
-Vi ha protetta anche quando vi ha venduta al Khalasaar di Drogo? – la sua voce si fece affilata.
-Come osate mancarmi di rispetto? Non vi permetto di dubitare di una mia decisione! D’ora in poi siete congedato dal mio consiglio! Ora sparite dalla mia vista! – l’uomo rimase di sasso e inizialmente non mosse un muscolo. Tyrion spostò lo sguardo da lui alla regina, senza capire come lei avesse potuto reagire in quella maniera esagerata.
-Subito! E’ un ordine! – strillò Dany divenendo rossa dalla rabbia.
L’uomo si inchinò lievemente con la testa e uscì dalla stanza.
 
-Non fidarti di lui, Dany. Era tra coloro che hanno avvelenato la mente di nostro padre. Ha sempre sostenuto di essere dalla parte del regno, ma mai ha rivelato i suoi segreti. Né quale re abbia mai servito davvero. L’hai detta tu stessa, è passato da servire nostro padre, a mettersi al servizio dell’usurpatore ed infine è venuto da te, quando ormai le certezze nella capitale non gli permettevano più di essere al sicuro. Su quali basi puoi fidarti? – le aveva chiesto Rhaegar, quando le aveva comunicato chi fossero i suoi consiglieri.
-Ser Barristan ha fatto lo stesso e anche Lord Tyrion. Dovrei sospettare anche di loro, allora? –
-Barristan Selmy è un cavaliere della guardia reale, il suo compito è quello di servire il re fino alla fine. Quando nostro padre morì, venne graziato dall’Usurpatore, questo lo obbligò nei suoi confronti. Lui è rimasto fedele al suo giuramento, finchè non è stato congedato. Avrebbe potuto andare dove voleva, sposarsi, possedere un castello o viaggiare libero, ma non l’ha fatto. È venuto in cerca di te, perché credeva nella tua causa e si è messo ai tuoi servigi. Non tradirebbe mai il suo onore. E questo fa di lui una delle persone più leali che io abbia mai conosciuto! – spiegò il principe posando solo per un attimo gli occhi sul cavaliere alle loro spalle.
-Per quanto riguarda lord Tyrion; è un Lannister. Tu sei riuscita a passar oltre a quello che i suoi famigliari hanno fatto alla nostra casa. Questo ti rende una sovrana saggia e giusta. Hai dato a lui una possibilità che io sinceramente non sarei riuscito a concedergli a sangue freddo, non dopo quello che ho saputo, almeno. – fece un sospiro profondo, quello che stava per dire lo metteva in ansia – Ma voglio fidarmi del tuo giudizio. Proverò a conoscerlo e spero di vederlo in maniera più oggettiva, proprio come hai fatto tu. – prese la maschera che gli avevano preparato le due ragazze dothraki. Dany si avvicinò a lui e gli mise una mano sulla guancia.
-E’ un vero peccato nascondere i tuoi bei lineamenti dietro a questa finzione. – disse abbattuta, immergendosi in quegli occhi indaco scuro.
-Mi lusinghi, sorellina. – le sorrise - ma ormai abbiamo deciso. È per il bene di entrambi. Nessuno ti farà troppe domande e io avrò ridotta la possibilità che qualcuno mi uccida nel sonno. – mise una mano sopra quella di lei.
Dany abbassò il braccio e osservò suo fratello indossare per la prima volta le vesti dell’uomo che le avrebbe permesso di conquistare i Sette Regni.
 
-Perché indossa quella maschera? – chiese Arianne. Dopo l’uscita di  Varys nessuno aveva più osato parlare. La donna era rimasta ad osservare il principe redivivo, senza neanche prestare attenzione al passaggio dell’eunuco. Nella stanza aleggiava ancora il suo nauseante profumo. La principessa di Dorne vestiva un abito di seta rosa brillante. Indossava numerosi bracciali dorati che risuonavano ad ogni movimento delle braccia. Alle orecchie aveva due grossi orecchini pendenti e sulla fronte le scendeva una catenella con il sole dorato di Dorne. Sul davanti aveva una complessa collana a girocollo che le incorniciava tutto il petto senza congiungersi mai alla stoffa dell’abito, a causa dei suoi seni che sembravano esplodere al suo interno. La sua carnagione olivastra risaltava con la tonalità della seta. I suoi occhi scuri non si erano staccati nemmeno per un solo istante dal principe Targaryen.
-Mio fratello è stato ucciso dall’uomo a cui mi ha venduta, quando gli ha versato in testa una pentola d’oro fuso. Il liquido è colato su tutto il suo volto, deturpandone i lineamenti. Non tollero quella visione, e gli ho ordinato di indossare questa maschera per evitarmi di vedere ogni giorno quell’orrendo spettacolo. – rivelò lei. Sentì appena Rhaegar emettere uno sbuffo di divertimento a quella fandonia.
-Peccato per questo piccolo inconveniente, sono convinta che deve essere stato di una bellezza mozzafiato se assomigliava anche solo un po’ a voi, mia deliziosa regina. – nel dire quelle parole si era alzata e stava girando attorno all’uomo come ad ispezionarlo. Si fermò poi di fronte a lui e gli passò una mano sul torace, delineando i muscoli del suo petto. Lei era notevolmente più bassa di lui, notò Dany.
-Sì, la sua bellezza era ineguagliabile. – assicurò. Non sapeva il perché, ma quelle attenzioni inaspettate nei confronti di suo fratello la infastidivano.
-Meno male che il resto sembra sia intatto... – e diede uno sguardo sul corpo dell’uomo indugiando con gli occhi all’altezza della vita.
Rhaegar rimase impassibile a quelle attenzioni, Dany notò che non abbassò nemmeno il volto sul suo esuberante decoltè.
-Per diritto di nascita è a lui che spetta il trono! Siete sicura che vi rimarrà fedele una volta conquistato? Gli affiderete il vostro esercito dopotutto. Potrebbe benissimo disertare e scagliarvelo addosso per prendersi ciò che gli spetta. – decretò Tyrion Lannister, giocando con un laccetto della camiciola color bronzo.
-Abbiamo già formalizzato un patto a questo proposito. La corona spetterà a me una volta conquistato il trono di spade e lui diverrà il mio consorte. Regneremo assieme e se gli dei vorranno, ci grazieranno per una prospera dinastia. – Rhaegar spostò lo sguardo verso di lei. Sapeva che stava ridendo sotto quella maschera.
 
-Cosa ti inventerai con i tuoi consiglieri quando dirai loro che sono Viserys? –
-Cosa dovrei dirgli? Che ho pensato di riportarlo in vita, perché mi mancava il mio fratellino! – lui sorrise.
-Non ti crederanno mai! E poi non hai pensato alla domanda più probabile? –
Daenerys rotolò sul lato. Era distesa sul letto a baldacchino con le conchiglie incastonate sul soffitto, mentre le sue ancelle lo stavano aiutando ad indossare una casacca di seta bianca e argento. Guardò i muscoli ben definiti delle sue braccia e del suo torace.
-Quale domanda? – gli chiese distratta. Sul suo petto la cicatrice del colpo mortale inferto dall’usurpatore, rovinava tutta quella perfezione.
-Anche se mi spaccio per Viserys rimango sempre tuo fratello maggiore, il trono spetterebbe a me. – nel tono che aveva usato non c’era alcun segno di minaccia.
-E’ questo che vuoi? – la sua voce sembrava quella di una bambina. Si sollevò sulle braccia e si sedette sui talloni, guardandolo più seriamente.
-Tranquilla Dany, la mia possibilità l’ho avuta, ma non l’ho saputa sfruttare, o forse non mi è mai interessato per davvero. – ammise lui – tu mi hai riportato in vita, e ti sono grato per aver riposto la tua fiducia in me. Mi impegnerò a divenire il condottiero di cui hai bisogno. Ora il mio compito è quello di essere al tuo fianco, di sostenerti, di proteggerti e se riesco, di farti vincere questa guerra. –
-Sei sincero? – gli chiese stupita.
-Sì, questa è una promessa che ti faccio! Non ho alcun interesse a rivendicare quel trono! – disse semplicemente riposando gli occhi su lei. – Non ho motivo di mentirti. Ad essere sincero sono sollevato di non avere più il peso di tutti quei doveri sulle spalle. – le sorrise dolcemente, poi tornò serio – se un giorno mai, dovessi accorgerti che la corona ti sta schiacciando ti prego di parlarmene, non voglio trovarmi un altro sovrano dilaniato dalla pazzia. – scherzò mesto.
Dany rise allegra.
-Fino ad ora non è mai accaduto e sono già stata regina in una città! Ti devi preoccupare di più dei miei draghi, a loro sì, che piace giocare col fuoco… - disse amaramente ripensando a quella bambina che Drogon aveva ucciso.
-Sette Regni non sono un’unica città. Meeren da quello che ho capito, è stato solo un assaggio del vero potere. Qui hai Approdo del Re, con i suoi intrighi e l’odio che molti lord provano nei confronti della nostra casata. Nostro padre non si è mai premurato di tenersi stretti i suoi alleati. La situazione in cui ci troviamo, ne è la prova. – disse cupo, ma vide che il morale di sua sorella era sprofondato.
-Ma con me al tuo fianco vedrai che tutto sembrerà una passeggiata! – la vide tornare serena, così aggiunse - Me li farai conoscere un giorno i tuoi draghi? –
-Certamente! Magari potrai anche cavalcarne uno! – affermò felice.
-Hai intenzione di conquistare i Sette Regni come fece Aegon il Conquistatore? –
-Se c’è riuscito lui, perché non dovrei farcela io? Tre draghi ce li ho, e ora siamo in due ad avere il sangue Targaryen. –
-Il drago ha tre teste. – disse meccanicamente Rhaegar.
-Ce ne deve essere un altro. – Dany ripetè le parole che gli aveva sentito dire nella sua visione.
Lui la guardò sconcertato, le sue iridi indaco divennero ben visibili.
-Come puoi sapere quella frase? – le chiese perplesso.
-Quando ero a Qarth, entrai nella Casa degli Eterni, una sorta di edificio presidiato da alcuni stregoni. In ogni stanza ho visto delle visioni. Tra queste c’eri anche tu. All’inizio ti ho scambiato davvero per Viserys, ma poi ho visto che i tuoi occhi non erano dello stesso colore e ho intuito chi fossi davvero. Con te c’era una donna con un neonato in braccio e tu hai detto quelle due frasi. – gli raccontò.
-Erano mia moglie Elia e mio figlio Aegon. Era nato da qualche giorno. Elia aveva quasi perso la vita nel darlo alla luce e i maestri ci dissero che una terza gravidanza sarebbe potuta costarle cara. Ma io ero convinto di dover avere un altro figlio. – piegò l’uomo.
-Per quello andasti in cerca della donna del nord? – gli chiese, lui abbassò lo sguardo.
-Non proprio. – le rivelò dopo un attimo di esitazione – Elia era una donna molto intelligente, cortese e delicata. Quando mio padre mi propose di sposarla non trovai nulla in contrario per disobbedire. Era buona e gentile. Nei suoi occhi ho visto la sincerità: non era in cerca di un titolo, lei era già una principessa. Pensai che col tempo i miei sentimenti per lei sarebbero cambiati. Invece non fu mai così. Imparammo a conoscerci, a volerci bene e a provare un profondo affetto reciproco. Ma non me ne innamorai mai per davvero…-
Abbassò lo sguardo e si mise a sfiorare delicatamente lo schienale della sedia.
-Poi al torneo di Harrenhall incontrai Lyanna Stark. Bastò un suo sguardo per farmi sentire vivo. Per lei ero pronto a tutto, e quando mi dissero che Elia non poteva più darmi degli eredi, ne fui quasi sollevato. Avevo la possibilità di stare con la donna che amavo. Sembrava che per la prima volta, gli dei mi avessero benedetto. Ma non potevamo stare assieme alla luce del sole. Io non volevo ritrovarmi a rimpiangere un amore perduto, come nostra madre. Capii che dovevo fare qualcosa. Quindi le proposi di fuggire assieme. –
-Perché così tanta fretta? – era curiosa.
-Lei era promessa a lord Baratheon. Il loro matrimonio sarebbe avvenuto a breve. –
-Doveva sposare l’Usurpatore? – i suoi occhi ora erano spalancati.
Rhaegar la guardò triste.
-Ora sai che la causa della caduta della nostra famiglia non sei tu. – Dany lo guardò con pietà. Si sente in colpa per tutto quello che è successo. Pensò tristemente.
-Anche lei ti amava? – gli domandò.
-Sì, ha deciso di seguirmi di sua volontà. Ti posso assicurare che non sarebbe stato per niente facile rapirla, come ha voluto far credere Robert. – Dany lo guardò senza capire, così lui continuò a parlarle di lei.
-Aveva un carattere ribelle e selvaggio. Era testarda e non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno. –
-Come facevi a sapere che i suoi sentimenti erano sinceri e non ti stesse solo usando per ottenere un posto a corte? –
-Perché lei non era una lady come le altre. Non amava gli obblighi a cui già era sottoposta costantemente. In Lyanna vedevo me stesso, solo che lei aveva la forza di ribellarsi ai vincoli e alle regole. Quella forza che io non ho mai avuto. Quando parlammo per la prima volta assieme, ci ritrovammo a confidarci segreti e condividere momenti della nostra vita, quasi senza accorgercene. –
Dany rimase in silenzio per qualche minuto, poi gli disse.
-Mi dispiace che non sia sopravvissuta. –
Lui non le rispose, si limitò a guardarla dolcemente. La regina si accorse di quanta malinconia ci fosse in quegli occhi in cui si stava specchiando.
 
Love is the light
Scaring darkness away…
The power of love
A force from above
Cleaning my soul
Flame on burn desire
Love with tongues of fire
Purge the soul
Make love your purpose…
 
 
-Hai mai amato qualcuno, sorellina? – le chiese alzando un sopracciglio.
-Col tempo ho imparato ad amare il mio primo marito, Khal Drogo. -
-Parlo dell’amore vero, quello nato spontaneo, non imposto da un vincolo d’interesse politico. –
-Ho ricevuto numerose proposte di matrimonio, ma nessuna nata da veri sentimenti. Ci fu solo un uomo che mi fece battere il cuore. Era un mercenario al mio servizio, quando risiedevo a Meeren. Ma sapevo quello che poteva darmi, e non era amore. – la sorprese di non provare rimpianto ad aver lasciato Daario ad Essos.
-Sei ancora così giovane, avrai sicuramente la possibilità di trovare l’uomo giusto per te. – le confidò – e spero che questo avverrà presto. Ti meriti di avere al tuo fianco una persona che ti sappia apprezzare e sostenere. – le sue ancelle avevano cominciato a sistemargli i capelli, tagliandogli un po’ le lunghezze per farlo assomigliare più al Viserys che ricordavano.
-Ora ho già te, che me ne faccio di un altro? – scherzò Dany.
-Io stavo parlando seriamente, sorellina. – si ritrovò a sorriderle anche lui, in certi momenti gli ricordava il carattere forte e orgoglioso di Lyanna.
-Anch’io parlavo seriamente. Ora devo conquistare il mio trono, non ho proprio il tempo per pensare ad un marito! E se tu non indossassi la maschera, credo che tutti quelli che ci vedranno assieme, non avrebbero il coraggio di avvicinarsi! –
-Che intendi dire? – la osservò confuso.
-Chiunque sfigurerebbe al tuo confronto e rinuncerebbe a farsi avanti per chiedere la mia mano! –
Rhaegar rise a quell’affermazione.
-Adesso ho capito il vero motivo per cui vuoi farmi indossare questa maschera! –
Dany rise a crepapelle, dovette tenersi anche la pancia.
-Per confondere un po’ le acque potrei dire che abbiamo intenzione di sposarci per generare figli con sangue di drago. Così non dovrei più pensarci. – propose lei, asciugandosi una lacrima di gioia.
Suo fratello ci pensò un attimo.
-Lo sai che non la trovo per niente una cattiva idea? –
-Vuoi chiedere la mia mano? – lo guardò divertita. Rhaegar posò gli occhi su di lei.
-Dany, sei mia sorella e mi stai molto a cuore. Ma abbiamo molti anni di differenza, anche se l’apparenza può ingannare. Ho già avuto un matrimonio politico, non voglio ripetere l’esperienza e non voglio prendere in giro un’altra moglie. Il mio cuore è appartenuto ad una donna soltanto. – attese qualche istante prima di continuare. Dany vide la malinconia di nuovo colmare quegli stupendi occhi viola.
-Ma pensavo che se si spargesse la voce di una relazione tra noi due, questa affermerebbe ancora di più il mio ritorno come Viserys. Nessuno potrebbe mai sospettare niente, e penserebbero che tu sia stata spinta da un atto di passione nei suoi confronti. -
-Hai ragione. Nessuno qui conosce il vero rapporto che avevo con lui. –
-E sia, Dany – disse Rhaegar avvicinandosi a lei, le ancelle avevano fatto proprio un bel lavoro, constatò la ragazza – vuoi diventare per tutti la mia futura consorte? – le chiese inginocchiandosi e sorridendole divertito.
-Prima mi devi promettere una cosa! – lo guardò seria – Nel viaggio che ci aspetta verso nord, sarà facile che incontriamo qualcuno che conoscevi e che magari vorrai riabbracciare: voglio che tu non riveli per nessun motivo la tua vera identità, se prima non ti sei confidato con me. Ne va della nostra sicurezza e delle alleanze che ho stipulato. Chiunque esso sia, va bene? –
-Te lo giuro Dany, ma temo che sarà fin troppo facile adempiere a questa promessa. –
-Perché? – le chiese curiosa.
-Perché tutte le persone a cui volevo bene, sono morte. – rivelò con un sorriso malinconico.
Dany gli accarezzò una guancia e gli diede un frettoloso bacio sulla guancia.
-Magari alla capitale qualcuno che conosci lo troviamo! – disse speranzosa lei.
-Questo è poco ma sicuro! – e quando la vide guardarlo incuriosita, aggiunse – Cersei Lannister. –
 
Nessuno ebbe più nulla da dire riguardo al principe Viserys e da quel momento si sedette sempre al suo fianco durante i consigli. Ora rimaneva da capire come procedere con quel nemico del nord di cui le aveva parlato la sacerdotessa rossa.
-Cos’ha detto riguardo alla minaccia dal nord? – chiese Arianne.
-Ha parlato di un nemico potente che ci attende e che dobbiamo tenerci pronti quando il ghiaccio ci reclamerà. – la regina ripetè la profezia che le aveva detto la donna rossa. Viserys guardò sua sorella riflettendo su quelle parole.
-Per nord cosa si intende? – domandò Ellaria semplicemente – noi ad esempio, consideriamo nord tutto ciò che supera le montagne di Dorne. –
-Parlando di nord e di ghiaccio, io credo si faccia riferimento a Grande Inverno o alla Barriera. – a parlare era stato Tyrion. Il principe Targaryen si spostò nervoso sullo scranno, quando sentì nominare la fortezza innevata. Dany gli mise una mano sulla mano che lui aveva posato sul poggiolo. Incrociò le dita tra le sue. Il folletto notò quel gesto d’affetto, ma riposò gli occhi su quelli della regina.
-Possibile che gli Stark si siano alleati con i Guardiani della Notte e stiano marciando verso la capitale? – Ser Barristan era scettico. – l’ordine in nero ha l’obbligo di rimanere imparziale di fronte ai problemi dei Sette Regni. –
-Non da quando il bastardo di Ned Stark è stato il loro Lord Comandante.  – ammise Tyrion – Varys mi ha informato su alcuni avvenimenti successi a nord. – aggiunse notando un certo interesse da parte della regina.
-Ned Stark ha avuto un figlio bastardo? - Rhaegar credette di aver udito male. Era la prima volta che interveniva, ma non aveva potuto trattenersi. A stento aveva riconosciuto la sua voce, la maschera ne camuffava i suoni.
-Si, mio principe, dopo la guerra che portò Robert Baratheon sul vostro trono, Ned Stark tornò a Grande Inverno non solo col cadavere di sua sorella, ma anche con un bambino in fasce. Si dice che lo avesse avuto in un momento di debolezza dalla figlia di un pescatore, nelle Terre dei Fiumi. Ma lui non ha mai confermato nulla a riguardo, quindi non è niente di assodato. Jon Snow è il nome di quel ragazzo. Io lo conobbi, quando andammo a far loro visita a Grande Inverno, e feci la strada con lui fino la barriera. Si arruolò tra i Guardiani della Notte. Ho saputo in seguito che ne è anche diventato il loro Lord Comandante e ora ha anche l’appoggio di molti clan dei bruti. Assomigliava molto a suo padre sia nell’aspetto che nel carattere. Era un ragazzo dall’aria mite e taciturno, ha ereditato lo stesso senso di giustizia degli Stark. All’epoca aveva una voglia matta di dimostrare il suo coraggio, ma a quell’età chi può dargli torto. – Rhaegar ascoltò attentamente quelle parole.
-Ora è tornato a Grande Inverno, non so se abbia disertato o cosa, sta di fatto che il nord lo ha eletto come suo re. Lo chiamano il Lupo Bianco, questo ora è il vessillo che sventola sulle mura di quel castello. –
Dany osservò curiosa suo fratello. Si stava toccando il mento con le dita dell’altra mano. Rifletteva su qualcosa. La ragazza poteva solo immaginare che riguardasse il nome della casata dei cani dell’usurpatore. Forse teme anche lui che il nemico siano loro?
-Avremmo modo di parlare della minaccia del nord in un altro momento. Ora concentriamoci invece di più sulla conquista di Approdo del Re. – il sorriso che le incurvò le labbra era quello di una donna sicura.
Ora che ho mio fratello al mio fianco, mi riprenderò il trono che era della mia famiglia. Niente e nessuno si metterà sulla nostra strada, nemmeno questo fantomatico lupo bianco sul suo trono ghiacciato!
 
Note dell’Autore:
Siamo di nuovo a Dorne e viviamo altri momenti di Dany in compagnia di Rhaegar. Ho strutturato questo capitolo con vari episodi di vita andando avanti e indietro nei giorni, spero che non sia stato complicato nel leggerlo. Dany ha indotto un consiglio per presentare suo fratello, facendolo passare per Viserys. Le reazioni dei suoi sudditi però non sono in principio molto positive. Tyrion si aspettava chissà quale uomo selvaggio delle pianure dothraki, e Varys sembra alquanto scocciato da questa decisione. Come se nascondesse qualcosa. Dany approfitta di questo per cacciarlo dal suo consiglio.
Lo so, come decisione sembra un po’ troppo affrettata, ma sappiate che mi collego ai libri per questo passaggio, chi ha avuto modo di leggerli, sa, come me che in realtà Varys ha ben altro in mente, e non parteggia per il drago rosso. Non voglio aggiungere nient’altro, ma vedremo fra altri due capitoli cosa avverrà.
Rhaegar ovviamente non si fida di lui, visto il brutto gioco che gli ha fatto nel torneo di Harrenhall, convincendo suo padre a parteciparvi, e da bravo fratello mette in guardia Dany sulla sua presunta lealtà.
Poi abbiamo Arienne che sembra mostrarsi molto interessata al giovane. D’altronde era promessa sposa a lui e questa sarebbe stata la prima volta che lo vedeva. Mi piace la reazione di disinteresse totale di Rhaegar quando lei gli si avvicina.
Mi è piaciuto molto creare i momenti intimi tra Dany e suo fratello. Dove li vediamo uniti e complici. Hanno già instaurato un bellissimo legame e si parlano ormai di tutto, addirittura lui si apre con lei riguardo a Lyanna. In questo punto ho inserito alcune frasi che ho adattato poi alla mia storia di una canzone intitolata: Power of Love di Gabrielle Aplin trovo che sia molto bella e mentre l’ascoltavo mi ha dato l’ispirazione per descrivere questi attimi tra loro.
Infine abbiamo il momento finale del consiglio in cui discutono sulla minaccia del nord. Cominciano a sospettare che questo grande nemico possa essere rappresentato dagli Stark alleati ai Guardiani della Notte, e come fa notare Tyrion, ora che Jon Snow è a capo del nord ha anche la loro lealtà oltre a quella dei bruti. La regina sembra convinta che quello sia davvero l’avversario di cui parlava la sacerdotessa rossa, ma Rhaegar comincia ad avere altri sospetti riguardo a quel giovane. Farà bene a non confidarli subito a sua sorella?
Povera Dany, non sa ancora quanto quel fantomatico Lupo Bianco potrà cambiarle la vita… noi lo abbiamo già scoperto nei capitoli del presente.
 
Spero che vi sia piaciuto anche questo paragrafo. Il vostro sostegno mi spinge a continuare e sto proseguendo alla creazione di altri capitoli. Spero che continuerete a trovare avvincente questa storia.
Un abbraccio caloroso a tutti! Valar Morghulis!

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Capitolo 21
*** Onore ***


Le rose e le serpi erano sopravvissute tutte al combattimento. Meera si teneva la spalla dolorante. Nymeria zoppicava e sosteneva Tyene, provata dalla battaglia. Tessa aveva una brutta ferita allo zigomo, Dasira era ricoperta di sangue, ma fortunatamente non suo.
-Dobbiamo arrivare presto al castello. – affermò Ellaria. Lyanna appena sentì la voce della donna alle sue spalle, cercò di allontanarsi dal principe, ma lui continuò a tenerla per un fianco impedendole di staccarsi.
-Questa gente verrà con noi. – precisò il principe. Ellaria lo guardò accigliata.
-Ci rallenteranno! – espose Obara.
-E’ nostro compito proteggere tutti gli abitanti! – continuò lui fermo.
-Anche voi come vostro fratello, vi siete rammollito alla vista di una donna del nord? – lo accusò Ellaria.
-A quanto sembra i lupi sono proprio in grado di soddisfare appieno i desideri di un drago. – Nymeria parlò con il suo solito tono sibillino. Lyanna non aveva la forza per controbattere, il suo sguardo era ancora perso nel vuoto.
-Il mio è un ordine. – disse Viserys autoritario – Osate ancora contraddirmi e vi farò impiccare per tradimento. E smettetela con questa storia, se non volete provare sulla vostra pelle, cosa vuol dire risvegliare un drago. –
La donna non azzardò mancargli ancora di rispetto e distolse lo sguardo da lui, radunando le sue serpi. Decisero di dividersi in gruppi, ognuno dei quali avrebbe portato con sé un drappello di abitanti. I sopravvissuti erano solamente una trentina, oltre ai figli di Marlene, ma il principe non volle lasciare indietro nessuno.
Viserys lasciò il suo cavallo a Larra e alla piccola Tallia, mentre lui procedeva a piedi. Lyanna salì in groppa alla sua puledra, tenendo Rolly con sé. Sembrava essersi ripresa, ma nei suoi occhi si poteva vedere tutta la tristezza e il rammarico che ancora provava. Un uomo si affiancò alla lady.
-Mia signora, poco più avanti c’è un altro villaggio, mio fratello abita lì. – la donna lo guardò.
-Ci fermeremo. Preghiamo solo che non sia già stato attaccato. – disse atona.
Il principe la osservò rimanendo in silenzio.
-Se dovessero tornare i bruti, voi ci terrete al sicuro? – chiese Larra impaurita guardando l’uomo alla sua destra.
-Non permetterò a nessuno di far del male a te o ai tuoi fratelli. – e guardò entrambe le bambine, prima di riposare lo sguardo sulla donna a cavallo di fronte a loro.
-E stringerete mia sorella come avete fatto con la lady? – domandò Tallia, Larra divenne rossa dalla vergogna.
-Tallia! – la rimproverò lei. Il principe sorrise triste, ma non rispose.
 
Giunsero al secondo villaggio. Fortunatamente era illeso, ma quasi abbandonato, se non per alcune famiglie che si stavano attardando con un carro. Lyanna affrettò il trotto del suo cavallo per andarli ad aiutare. Viserys condusse il gruppo in quella direzione e la raggiunse.
La donna era scesa e stava aiutando due anziani a caricare delle sacche. Il principe sollevò un baule e lo issò sopra il carro. Brienne e Elanon comunicarono a quelle sfortunate persone che li avrebbero scortati fino al castello.
Viserys si accostò alla giovane Stark e le domandò:
-Come state, mia lady? – lei non lo guardò e caricò alcuni bambini, troppo piccoli per riuscire ad arrampicarsi. Lui allora le prese un braccio e la portò in disparte, in prossimità del bosco alla loro sinistra.
-Vi prego, parlatemi! – lei lo guardò con occhi tristi.
-Come potrei stare secondo voi? Non vedete quello che ci circonda? – allargò le braccia in segno di resa – questa è la mia gente e non sono neanche in grado di proteggerla! –
Lui abbassò lo sguardo.
-So, cosa provate. E’ anche il mio popolo. – lei lo guardò seccata.
-E allora fate qualcosa!! Scagliate i vostri draghi, uccidete gli estranei e mettete fine a questa guerra prima che sia troppo tardi! –
-Se potessi lo avrei già fatto, ma questo compito non spetta a me! – cercò di spiegarle lui.
-Allora convincete vostra sorella, se voi non vi volete prendere questa responsabilità! – urlò lei.
Il principe scostò il volto di lato:
-Avete perfettamente ragione: sono stato un codardo. – la sua voce era piena di collera, con un velo di malinconia - Dovevo fare la cosa giusta molto tempo fa, invece ho condannato un altro uomo a portarne il peso per tutta la vita. Avrei dovuto prendere in mano la situazione, quando avevo scorto i primi segnali; ma non l’ho fatto. Ho atteso, non so nemmeno io che cosa! E i Sette mi hanno punito! – Lyanna lo guardò, senza riuscire a trovare le parole per provare a confortarlo.
-La mia famiglia è morta per questo! Ma ora non starò a guardare senza far niente! Impugnerò la mia spada e combatterò. Per impedire che altra gente innocente perda la vita! – il principe strinse un pugno, ma mise troppa forza e sentì una fitta alla ferita che aveva riportato durante la battaglia. Si portò una mano al fianco ed emise appena un lamento.
Solo in quel momento Lyanna notò che gli abiti dell’uomo, erano laceri e macchiati di sangue fresco.
-Ma voi siete ferito? –
-Non è niente. Riprendiamo la marcia! – e cercò di allontanarsi, ma lei lo fermò.
-No, fatemi vedere. – si inginocchio ai suoi piedi, gli slacciò in fretta il soprabito e gli alzò la casacca. Il principe rimase in piedi fermo a guardarla, senza dire una parola. La ferita era profonda e sanguinava sulla pelle d’alabastro.
-Avete perso molto sangue! – constatò lei notando l’abbondante liquido denso che imbrattava i suoi abiti -Avete ancora con voi quella crema dothraki? – il principe fece solo un cenno con la testa e la estrasse dalla tasca. La ragazza prese un lembo del suo mantello e ne strappò un pezzo, poi vi inserì della neve fresca e glielo premette sulla ferita, per fermare l’emorragia. Attese qualche istante cercando di pulirgliela meglio che poteva, poi prese con un dito la crema e la spalmò sulla pelle contusa.
Il principe sentì in un primo momento solo una sensazione di fresco, successivamente un bruciore cominciò a diffondersi su tutta la parte. Lo costrinse a stringere i denti e serrare i pugni. Emise un grido che cercò di soffocare mordendosi una mano. Lyanna gli sistemò alla meglio il pezzo di stoffa in maniera che la crema continuasse a fare effetto. Si rialzò e lo guardò:
-Allora brucia come il fuoco di un drago? – gli sorrise, mentre lui si risistemava gli abiti.
-Se avete finito voi due, sarebbe il caso di ripartire! – Obara e Tyene li stavano guardando, con un sorriso malizioso.
-Ce la fate? – Lyanna si premurò che riuscisse a muovere qualche passo, ignorando le due ragazze.
-Vi ringrazio. – Viserys le prese una mano e se la portò alla bocca.
-Se la ringraziate così, allora deve avervi fatto proprio un bel lavoretto! – Obara non si lasciò perdere l’occasione per deriderla. La sua voce era tagliente e maligna. Il principe stava per ribattere, ma Lyanna lo anticipò. Si era stancata del loro modo di fare.
-Trovatevi un uomo su cui sfogare tutto il vostro desiderio sessuale, invece di continuare ad inveire su di me! Sono stanca delle vostre frecciatine! – poi rivolta a Viserys - Ignoratele e venite con me. – e lo condusse al suo cavallo.
Lo aiutò a salire, mentre lei rimase a piedi e lo amministrò per le redini. Larra riuscì ad affiancarlo.
-Non state bene, mio principe? – chiese direttamente a lui e lo guardò preoccupata.
-Tranquilla Larra, ho solo bisogno di un po’ di riposo. – rispose in modo gentile, ma Lyanna sentì dalla sua voce che soffriva ancora per il dolore.
 
Continuarono il viaggio fino all’imbrunire e quando furono a metà strada decisero di fermarsi per una sosta all’interno del bosco. Vennero accesi numerosi fuochi e tutti gli abitanti vi si sistemarono attorno per scaldarsi. Alcune donne servirono da mangiare, una modesta razione a testa. Rimasero dodici persone per la guardia lungo tutto il perimetro del loro accampamento. Lyanna si avvicinò ai figli di Marlene e portò loro le scodelle con della zuppa calda, pane, formaggio, alcune salsicce e carne affumicata. I bambini avevano molta fame, e decise di lasciar loro anche la sua razione. Arrivò il principe Viserys portando altra legna per ravvivare il fuoco. Mangiò assieme a loro, poi quando vide Tallia osservare la sua scodella, le lasciò finire anche la sua razione. Rolly poco dopo cominciò a piangere e si strinse alle gambe di Lyanna.
-Mamma… - piagnucolò. La donna toccata dalla pietà, lo prese in braccio e cercò di calmare il suo pianto.
-Vuole essere cullato. Non dorme altrimenti. – le spiegò Larra.
Lyanna allora provò a dondolarlo. Era un gesto così naturale, eppure per lei era del tutto sconosciuto. Qualcosa però, le disse come fare. Pian piano il piccolo si calmò. Si ritrovò a pensare che non aveva mai coccolato suo figlio Jon, non ce n’era stato il tempo. La febbre l’aveva assalita e le forze le erano mancate subito dopo il parto. Si rattristì a pensare a tutto quello che le era mancato. Prima non ci aveva mai dato peso, ma ora i rammarichi cominciavano ad affliggerla.
-Principe Viserys, rimanete accanto a me questa notte? Ho paura a dormire qui tutta sola. – disse Larra e lo strattonò per una manica, costringendolo a sedersi affianco al suo giaciglio. Vide la bambina più piccola che si stringeva le ginocchia al petto.
-Vieni Tallia. – le disse sedendosi accanto a Larra. I suoi occhi erano ancora tristi, così il principe la prese in braccio e la bimba si accoccolò nel suo abbraccio. Larra la guardò imbronciata.
-Non è giusto! Siete gentile con lei solo perché è una bambina, ma è colpa sua se la mamma è morta! –
-Non è vero! – strillò la bambina scoppiando in lacrime.
-Larra, non dire queste cose a tua sorella! Siete una famiglia dovete sostenervi a vicenda, e tu per prima devi trovare la forza per crescere i tuoi fratelli. – le disse, mentre accarezzava i capelli della bambina che continuava a singhiozzare – sai cosa facciamo Tallia? Mi è venuta voglia di dolci, vuoi accompagnarmi fino alla carovana? Mi era sembrato di vedere qualche focaccia ai mirtilli! – si alzò, tenendo la bimba sempre in braccio, e si diresse verso il carro dei rifornimenti.
Lyanna pensò che ci sapeva proprio fare coi bambini. Poi si accorse che Rolly si stava addormentando e continuò a cullarlo.
Larra si alzò a sedere.
-Che ti prende, Larra? Non riesci a dormire? -
-Voglio che il principe torni qui a proteggerci. – disse la giovane.
-Ci sono io, non ti devi preoccupare. Non vi accadrà niente. – cercò di rassicurarla lei.
-Non è la stessa cosa! – insistette cocciuta. Lyanna la guardò per qualche istante riflettendo.
-Non ti sarai presa una cotta per il principe Viserys? –
Diventò tutta rossa per la vergogna:
-Lui è venuto per me, mi ha protetta e ha detto che si prenderà cura di noi. E quando arriveremo al castello, mi incoronerà sua regina, come è successo a voi! – gli occhi della donna si fecero inquieti e distanti.
-Larra non è … - cercò di spiegargli che la vita non è una favola, ma la ragazza non le permise di continuare.
-Non mi interessa quello che pensate voi! Lui mi ama, voi avete già avuto il vostro momento, ora tocca a me! – il piccolo Rolly si svegliò e scoppiò a strillare. Lyanna si alzò in piedi e ricominciò a dondolarlo tenendosi ad una certa distanza dalla giovane. Quando il principe tornò, la vide col bimbo appisolato tra le sue braccia.
Devo dirgli di non illudere ulteriormente quella povera ragazza.
Lo vide sedersi nuovamente accanto alla giovane e tenere tra le braccia la bambina, che pian piano si addormentò. Larra si sistemò meglio, avvicinandosi al principe, nella speranza che lui la stringesse a sé.
 
Il principe appoggiò delicatamente la piccola accanto alla sorella addormentata. Poi si avvicinò alla donna, le prese il bambino tra le braccia e lo mise tra le due giovani. Girò attorno al fuoco e si sedette ai piedi di un albero poco distante da loro, per non disturbarli con i loro discorsi, ma continuando a tenerli d’occhio.
-Lady Lyanna venite, siete stata in piedi fino ad ora e non avete mangiato niente. – lei lo guardò un po’ scettica, la stanchezza le aveva appesantito le gambe, così accettò e si sedette di fianco a lui, appoggiando la schiena sul tronco dell’albero.
-Ve la cavate molto bene coi bambini. – affermò il principe, mentre le porse un po’ di formaggio avvolto in una pezza, del pane raffermo e della carne affumicata.
-Voi siete decisamente più bravo di me. – gli disse, prendendo un po’ di pane. Non lo mangiò subito, preferì attendere.
-Ho solo più esperienza di voi. – lei lo guardò confusa.
-Avete… dei figli? – lui voltò lo sguardo su di lei prima di rispondere, come se stesse ponderando sulla sua risposta.
-Ho cresciuto mia sorella, rimembrate? – disse infine.
Lyanna ricordò solo in quel momento quello che le aveva raccontato Sam sulle vicende dei due giovani Targaryen. La regina Rhaella aveva partorito Daenerys a Roccia del Drago e poi era morta. I due fratelli erano stati fatti fuggire grazie ad un maestro d’armi fedele alla casa Targaryen. Poi quando quest’ultimo morì, Viserys si prese cura da solo della sorella. Quando aveva saputo del loro esilio, Lyanna ne era rimasta toccata. Anche su di loro gli dei avevano riversato il loro rancore. Altre vite innocenti, vittime dei nostri sbagli, Rhaegar…
-Sarà meglio se questa sera cercate di riposarvi – le consigliò – la scorsa notte non avete dormito molto. –
-Ci sono abituata. – giocò con la fetta di pane un altro po’.
-Ogni notte avete sempre gli stessi incubi? –
-Sì, da quando sono tornata… -
-Volete parlarmene? – Non aveva molta voglia di parlare di quell’argomento.
-Non c’è poi molto da dire. Vedo scorrere di fronte a me, le persone a cui ero legata, quando ero ancora in vita. – mandò giù un po’ di saliva. Sentiva il gusto della bile in bocca – li vedo nei loro ultimi istanti di vita. – concluse aspra e appoggiò la testa sulla spalla del principe.
Lui dovette capire il suo stato emotivo e preferì non chiederle altro. Le tagliò poi un pezzo di formaggio. Lyanna lo addentò, ma un sapore acre le impedì di gustarselo. Aveva lo stomaco ancora tutto sottosopra per quello che era avvenuto quella mattina.
-Cosa volete fare con quei bambini? – le chiese il principe, cambiando discorso.
-Ho promesso a Marlene che me ne sarei presa cura, e ho intenzione di farlo! –
-Il viaggio è lungo fino a Grande Inverno e gli estranei sono alle porte. Volete davvero mettere a rischio le loro vite? –
-Cosa dovrei fare allora? Abbandonarli a Deepwood Motte? Non hanno nessuno! –
-Potete sempre affidarli a qualche buona famiglia. –
-Come farò a sapere che stanno bene? Marlene mi ha messo tra le braccia Rolly perché sapeva che poteva fidarsi di me, non ho intenzione di deluderla o di venir meno alla promessa! –
Viserys attese un attimo prima di parlare.
-Vi ha ricordato il momento in cui avete affidato Jon a vostro fratello, non è così? – Lyanna aprì la bocca stupita. Come aveva fatto a capirlo?
-Cosa diamine c’entra questa storia? - si alterò.
-Immagino che per voi non sia stato facile rivivere quegli istanti, ma non dovete confondere quel bambino con Jon! –
-Di cosa state parlando? –
-Vi ho vista prima. I vostri occhi erano velati di tristezza. Non avete mai potuto tenere in braccio vostro figlio. Non l’avete mai cullato, non siete stata con lui e non lo avete visto crescere. Né dargli quell’affetto che solo un genitore può fare. Ma non dovete pensare di colmare queste mancanze su quel bambino. –
-Non vi permetto di parlarmi così! – disse alzandosi.
-Sapete che ho ragione! – il principe parlò calmo e continuò a guardarla, senza muoversi da lì.
Improvvisamente Larra apparve alla loro destra, aveva il volto assonnato e si stropicciava gli occhi.
-Cosa succede? Perché state litigando? – chiese con voce sonnolenta. Lyanna e Viserys rimasero in silenzio per un po’ a guardarsi, poi le donna si avvicinò alla giovane.
-Vieni Larra, torniamo vicino al fuoco. Prenderai freddo! – le consigliò, mettendole un braccio attorno alle spalle. La ragazzina però si divincolò per avvicinarsi al principe.
-No, io voglio lui. Mi ha promesso che sarebbe rimasto con me questa notte. – e si accucciò accanto a lui prendendogli un braccio.
-Larra, smettila torna dai tuoi fratelli! – Lyanna stava perdendo la pazienza.
-Non prendetevela con questa ragazza indifesa! Non ne ha già passate abbastanza quest’oggi? – la voce del principe era quasi insolente.
-Possibile che non vi siate accorto che il vostro comportamento non fa altro che alimentare le sue fantasie? Smettetela di illuderla, è poco più che una bambina! –
Il principe la guardò per un attimo.
-Sono grande abbastanza per prendere le mie decisioni! Il principe Viserys si prenderà cura di me! Smettetela di impicciarvi, voi non siete mia madre! –
-Larra, non ti permetto di mancarmi di rispetto! Ho promesso a tua madre di tenervi al sicuro e ho tutta l’intenzione di farlo! – la prese per un braccio sollevandola, ma la ragazzina si oppose. Litigarono per un frazione di secondo, prima che Lyanna alzasse una mano e colpisse il volto di Larra con uno schiaffo. Il rumore del colpo echeggiò nella radura silenziosa, prima che lei scoppiasse in lacrime. Il principe si alzò di scatto e prese tra le sue braccia la giovane.
-Vieni con me Larra. – le disse dolcemente.
Lyanna, era pentita del gesto che aveva appena compito. Non sapeva nemmeno lei perché l’aveva fatto, ma doveva proteggerla da se stessa. Lei non poteva davvero sapere quali mostri si potevano celare al di fuori del loro piccolo villaggio.
-Dove volete portarla? – chiese facendo qualche passo nella loro direzione, non gli avrebbe permesso di illudere quella fanciulla. Lui alzò una mano per fermarla.
-Non sono affari che vi riguardano! Rimanete con gli altri bambini. Non vorrete mica lasciarli da soli. – disse con un ghigno malvagio.
Lyanna sentì di essere con le spalle al muro, proteggere Larra e lasciare i due piccoli da soli, oppure rimanere con loro e permettere al principe di violare la purezza di una giovane? Ripensò a se stessa e alle decisioni che aveva preso molto tempo fa. Anch’io dopotutto ho fatto la mia scelta a quel tempo. Ned come avresti reagito se te ne avessi parlato? Hai combattuto una guerra pur di venirmi a prendere, ma io non ti ho permesso di fermarmi. Anche Larra ha fatto la sua scelta. Si ritrovò a ragionare che quelli dopotutto, non erano affari suoi. Se il principe voleva divertirsi con una fanciulla vergine era libero di farlo. Ma lei non avrebbe assistito ad una scena del genere.
-Non avete un briciolo di onore! – affermò con rabbia.
Si voltò e raggiunse i due bambini, mentre Viserys portava Larra nel fitto del bosco.

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Capitolo 22
*** Stella Nera ***


Le nubi coprivano il cielo ed un freddo pungente aveva congelato le ossa di Lyanna. Fra un po’ sarebbe stata l’alba e Larra non era ancora tornata. All’appello mancava anche il principe Viserys. Lyanna aveva cercato di mantenere la calma, ma dentro sentiva che la rabbia aveva raggiunto l’apice. Dasira la raggiunse:
-Mia signora volete il cambio? Così potrete dormire un po’ anche voi. –
-Non ti preoccupare. Tanto non riuscirei a riposare, sono troppo nervosa. – la sua voce tremava.
-Qualcosa vi preoccupa? –
-Niente.  – mentì lei – voglio solo raggiungere in fretta il castello, mettere in salvo queste persone e tornare il più in fretta possibile a Grande Inverno da mio figlio. – la donna la guardò alzando un sopracciglio.
-Centra per caso il principe? – le chiese intuendo quello che davvero le passava per la testa.
Lyanna la guardò con uno sguardo carico di astio. Si alzò in piedi:
-Ho bisogno di fare due passi. Rimani tu con loro. – le ordinò e se ne andò.
Si rese conto immediatamente che si stava comportando come una ragazzina, eppure non riusciva a rimanere lucida. Le dispiaceva aver liquidato così la sua allieva, ma quella situazione non poteva più a sostenerla. Doveva trovare al più presto Larra e riportarla dai suoi fratelli. Fra poche ore dovevano ripartire e voleva assicurarsi che stesse bene.
Si inoltrò nel bosco, nella direzione che ricordava aver preso il principe un paio d’ore prima. Non fece molta strada che vide comparire di fronte a sé la ragazza. Correva nella sua direzione, una mano sulla bocca, mentre con l’altra sollevava la gonna per non inciampare. Lyanna vide che delle lacrime le rigavano le guance. La ragazza le piombò tra le braccia e scoppiò a piangere.
La rabbia si impossessò di lei. Cercò di controllarsi, ma sentì le mani tremarle.
-Larra, ce la fai a tornare dai tuoi fratelli? Io devo fare quattro chiacchiere con il principe. – dopo quello che aveva fatto, Lyanna doveva fargliela pagare.
-No, rimanete qui con me. – la guardò, calde lacrime continuarono a scenderle – vi prego. – e le si aggrappò al soprabito.
Dopo qualche istante, che a Lyanna parve un’eternità, arrivò anche il principe. Camminava con andatura spedita verso di loro. Quando le vide, sembrò rallentare. Alla sola vista una furia la pervase. Fece per estrarre la spada:
-Siete un verme! Come avete osato? – gli urlò indignata.
-No… - disse Larra vedendo che aveva la mano sull’elsa, cercò di fermarla.
-Non provate più ad avvicinarvi a lei! Altrimenti ve ne farò pentire! – lo minacciò la donna.
-Impulsiva e testarda come sempre, non vi smentite mai, lady Stark! – dal suo tono sembrava che quello offeso fosse lui. - Vi avevo detto di non lasciar da soli i bambini! – le gridò poi, alzando la voce.
-Non sono soli! C’è Dasira con loro. – il suo sguardo era carico d’odio.
-Assicuratevi allora che la ragazza sia in grado di cavalcare, e cercate di far presto, fra meno di un’ora voglio essere in viaggio! – riprese la marcia verso l’accampamento, ma quando la ragazza parlò, si fermò.
-Se credete che io ora esegua i vostri ordini, facendo finta di niente, vi sbagliate di grosso! Vi devo ricordare a chi è stato affidato il comando di questa missione? Dopo quello che avete fatto, avete perso tutto il mio rispetto! – Lyanna non accettava che continuasse a prendersi queste libertà, non certo dopo quel gesto. Il principe fece dietro front e si avvicinò a loro.
-Quando mai avete rispettato una regola, voi? Sono stanco della vostra indisciplina, finchè non arriveremo al castello, gli ordini li darò io… e voi li rispetterete! – la sovrastava in altezza, ma Lyanna non si fece intimidire.
-Siete solo un illuso! Si vede che non mi conoscete per niente! –
-Forse è ora che cominciate a comportarvi da adulta, non siete più la ragazzina di un tempo! Vi mostrerò come si sta a capo di una missione! -
-Credete davvero che questa gente vi seguirà? Il nord deve la sua lealtà solo agli Stark di Grande Inverno! – lo guardò con aria di sfida. Non avrebbe ceduto per niente al mondo.
-Allora dite alla vostra gente che sarà meglio, se comincia a versare la sua lealtà anche ai Targaryen, se non volete che liberi i draghi sulle loro terre! – la sua voce era furiosa.
Lyanna lo guardò sconvolta per un attimo prima di rispondere.
-Siete il degno figlio di vostro padre. – nel dire quelle parole il suo tono assunse una venatura di delusione.
Lui per tutta risposta alzò un braccio e con un gesto fulmineo diede un pugno in direzione della donna di fronte a sé. Lyanna chiuse gli occhi, ma sentì un rumore sordo alle sue spalle. Il principe aveva colpito volutamente il tronco dell’albero al suo fianco. Il suo braccio tremava nervoso, si percepiva tutta la rabbia che provava. Lyanna aveva il respiro corto. Forse per la prima volta, cominciava davvero a temere un drago. Poi l’uomo si voltò e si diresse di fretta verso l’accampamento. Lyanna ci mise qualche istante a riprendersi da quel gesto inaspettato.
-Stai bene Larra? – le chiese vedendola riemergere dalle sue braccia, la sua voce tremava vistosamente.
-Si – disse triste la ragazzina. Guardò l’uomo allontanarsi da loro – perché siete stata così cattiva con lui? –
-Dopo quello che ti ha fatto, ancora lo difendi? – Lyanna era incredula a quello che sentivano le sue orecchie.
-Lui è stato… gentile - cominciò la giovane in lacrime, ma non trovò le parole e si morse un labbro.
-Non sei costretta a parlarne se non vuoi. – Lyanna cercò di comprenderla, ma in realtà sapeva che non poteva davvero capire quello che provava davvero. Per lei era stato tutto diverso. Era stata lei a scegliere l’uomo che l’aveva privata della sua virtù. Aveva addirittura dovuto convincerlo. Se fosse stato per lui avrebbe atteso che fossero sposati, ma Lyanna non era abituata a seguire le regole. Proprio come le aveva appena fatto notare il principe Viserys.
Rhaegar perché tuo fratello non ha ereditato un briciolo del tuo onore?
 
Arrivarono alla radura dove Dasira stava piegando le coperte. Quando le vide disse alla sua signora:
-Il principe ha preso con sé i due bambini. Li ha portati a fare colazione. Ha detto che voi eravate d’accordo. – di nuovo la rabbia l’assalì. Come si permetteva adesso di mentire? Poi vide che la donna stava guardando la ragazza tra le sue braccia.
-Che le prende? – chiese curiosa.
-Niente. Ha solo bisogno di star tranquilla. – poi si rivolse a Larra – Hai fame? Ti faccio portare qualcosa? –
-No, non ho fame. –
-Devi mangiare, i tuoi fratelli contano su di te. – ma la giovane non si lasciò convincere, così Lyanna preferì lasciar perdere.
Sellarono i cavalli e in breve tempo furono di nuovo in viaggio. Lyanna aveva ceduto il suo cavallo a Larra che teneva in braccio il piccolo Rolly. Rimasero un po’ dietro alla testa della processione. Il principe Viserys invece stava in sella al suo stallone nero con la piccola Tallia in prima fila. Ogni tanto trottava con passo più veloce e la bambina rideva contenta. Lyanna lo guardava a qualche metro di distanza e non riusciva a capire come facesse a cambiare umore così in fretta. Le tornò alla mente il re folle durante il Torneo di Harrenhall. Anche Aerys Targaryen aveva la stessa facoltà, un minuto prima era sorridente con tutti e l’attimo più tardi, urlava terrorizzato pensando che stessero attentando alla sua vita.
Quando posò gli occhi sul mio travestimento, solo tu mi salvasti, Rhaegar. Chissà cosa avrebbe potuto farmi altrimenti… chi fermerà Viserys se dovesse mai salire al trono? E Daenerys è più simile a lui o è come te, amore mio?
 
Giunsero a Deepwodd Motte verso pomeriggio inoltrato. Il castello che si stagliava di fronte a loro era antico e non particolarmente resistente ad un attacco. L’oggetto più alto di tutta la struttura era una torre di guardia, situata sulla sommità di una collina tondeggiante dalla cima piatta. Le difese esterne formavano un ovale, seguendo i contorni del terreno. Entrarono dal portone ovest, sovrastato da una delle due torri di legno squadrate. Sui camminamenti lungo il perimetro delle mura vi erano numerosi uomini posti a guardia del castello. Indossavano tutti dei pesanti mantelli color ruggine. La lancia dorata che trafigge un sole rosso, era dipinta sulle loro pettorine bronzo e il vessillo della famiglia Martell sventolava al fianco della mano ferrata della famiglia Glover
Le serpi delle Sabbie si misero in testa alla processione, accostando il principe Viserys. Ellaria si posizionò al suo fianco, le altre tre subito dietro di loro. Seguivano poi alcuni carri, uomini a piedi, deboli palafreni con vecchi e bambini, e muli carichi di ceste. Le rose dell’inverno si divisero tra la popolazione per aiutare gli abitanti dei villaggi soccorsi a trasportare le loro cose.
 
Lentamente entrarono all’interno delle mura. Mentre vide il principe e Ellaria parlare con una guardia, Lyanna fece scendere Larra dal suo cavallo. Brienne si avvicinò alla sua signora:
-Lady Lyanna sono entrati tutti. Quali sono i vostri ordini? –
-Il capo in comando ora è il principe, chiedete a lui cosa vuole fare adesso! – le bruciava quella situazione, ma non aveva modo di invertire le sorti, né tanto meno ricominciare a discutere con lui.
Una guardia si presentò a loro.
-Mie signore, il principe Viserys richiede la vostra presenza nella sala grande per conferire con il nostro comandate. Mi ha chiesto personalmente di scortarvi e di prendere il baule con il vetro di drago. – Lyanna era riluttante a dare il forziere a quell’uomo, ma non poteva rifiutare.
-Lady Brienne dai a quest’uomo quello che ha chiesto e poi seguitemi – la donna fece come gli veniva ordinato. Lyanna guardò il mantello rosso sangue del principe in cima alle scale, ondeggiare lievemente al vento, mentre procedeva affianco a Ellaria e le serpi.
 
Vennero condotti alla sala grande del castello. Lord Glover era al centro della stanza, seduto ad un tavolo e attendeva il loro arrivo. Salutò con affetto lady Lyanna, e con più reverenza il principe Viserys. Poi arrivarono anche alcuni dorniani che salutarono le giovani Serpi. Lyanna e le sue compagne preferirono rimanere più in disparte e lasciare che il principe e le donne conferissero privatamente con il comandante delle truppe Martell. Rimase con gli occhi puntati sul pavimento, non voleva rischiare di incrociare lo sguardo del principe, la rabbia nei suoi confronti era ancora troppa. Una porta alla loro sinistra si spalancò e fece il suo ingresso un uomo alto e longilineo. Indossava una tunica di velluto nero come l’ossidiana sulle maniche qualche risvolto viola. Quando parlò la sua voce era roca e tagliente come una lama. Lyanna si ritrovò involontariamente a fissarlo.
-E’ un piacere rivedervi principe Viserys! – disse rimanendo rigido - Mie signore. – si rivolse alle Serpi delle Sabbie, baciando la mano di Ellaria. Era strano ma sembrava che la donna diffidasse di lui.
Lyanna rimase incantata ad osservare quell’uomo, per un attimo il suo cuore aveva smesso di battere, ma guardandolo meglio, capì di essersi sbagliata. Aveva poco più di trent’anni. Il suo volto era liscio e ben rasato. Gli zigomi erano alti, aveva un naso aquilino, la bocca dura e una mascella volitiva. Brienne e le altre furono già impressionate da questi dettagli, capendo al primo sguardo che quell’uomo non era certo pacifico e sicuramente non ispirava fiducia. Ma Lyanna era rimasta colpita da altri particolari. Aveva folti capelli argentati, divisi da una ciocca nera quanto la notte senza la luna. Gli ricadevano fino al colletto come una cascata d’acqua ghiacciata. I suoi occhi collerici erano di una tonalità molto scura. Era di bell’aspetto, ma allo stesso tempo, la sua presenza incuteva timore.
Non ha niente di lui, eppure ha i tratti dell’antica valyria, chi è mai quest’uomo?
Il principe notò lo sguardo che lei aveva posto sul comandante, anche lui dovette accorgersi di quella sua distrazione perché domandò:
-Chi sono queste donne? – la sua voce era roca e affettata.
-Vi presento Lady Lyanna della casa Stark. – a parlare era stata Ellaria. – è la madre del re del Nord, mio signore. Le altre sono le sue compagne di viaggio. – la voce della donna era diversa da quella che le aveva sempre rivolto. Sembrava quasi essere intimorita.
Lui posò gli occhi in maniera frettolosa sulle ragazze al suo fianco, per poi puntare lo sguardo su di lei. Con passo felpato si avvicinò alla donna, mantenendo il contatto visivo. Mentre si avvicinava, Lyanna ebbe la conferma dei suoi sospetti. I suoi occhi creavano lo stesso gioco di quelli di Rhaegar, ma quelli dell’uomo che aveva di fronte a sé erano di un viola ombroso. Quella visione la fece sentire insicura, le gambe le tremavano e sentiva lo stomaco tutto in subbuglio. Lui le prese una mano e se la portò alla bocca.
-Mia lady, è un onore fare la vostra conoscenza. Per avere un figlio così grande portate bene gli anni che avete! – il suo sorriso era affilato come la lama di un pugnale. Lyanna sapeva che era a conoscenza della magia che l’aveva riportata in vita. Jon le aveva raccontato che la regina Daenerys aveva comunicato del suo segreto a tutti i suoi fedeli servitori. Il lato positivo era che non doveva più tenere segreta la sua vera identità, ma ogni medaglia aveva anche una seconda faccia: ora c’erano più persone a sapere delle vere origini di Jon, e lei sapeva che non tutti sarebbero stati suoi alleati.
Lei abbassò leggermente il capo, in segno di rispetto.
-Mio Lord. – disse con un accenno di voce.
-Non sono un lord, sono un cavaliere ed il mio nome è Gerold Dayne, per servirvi, mia lady. – Dayne, come ser Arthur Lyanna si soffermò a guardarlo meglio. Non c’era niente in lui che le ricordasse la Spada dell’Alba - Un giorno potrei anche diventare signore di un castello, chi lo sa? – e la squadrò con quegli occhi magnetici.
Il principe Viserys destò in fretta la sua attenzione, comunicandogli dei cambiamenti sulla gestione del castello.
-Perché dobbiamo apportare delle modifiche del genere? – chiese confuso Gerold.
-Sono ordini della regina. Se preferite, chiedete a lei. Ma ve lo sconsiglio, non ama essere contraddetta. – la voce del principe non ammetteva repliche. Era strano ma sembrava essere furente.
E continuarono a discutere sulle variazioni da apportare, le serpi delle sabbie osservavano con attenzione ogni movimento del loro comandante, come se si aspettassero da un momento all’altro un suo attacco. Di tanto in tanto Gerold spostava lo sguardo verso Lyanna.
Quando ebbero finito di apportare le variazioni, Lord Glover invitò le rose a rimanere ospiti del castello e partecipare quella sera al banchetto in onore della visita del principe Targaryen. Lyanna sapeva che quel viaggio e l’ultimo combattimento le aveva molto provate, avevano bisogno di riposare e quella era davvero un’ottima occasione. Avrebbero avuto modo di ripartire l’indomani con più tranquillità.
-Vi ringrazio Lord Glover, saremmo liete di poterci fermare presso il vostro castello. Domattina però dobbiamo ripartire per tornare a Grande Inverno. Jon si aspetta un resoconto dei suoi alleati dell’ovest al più presto! –
-Re Jon ha numerosi alleati, ma nessun vincolo saldo, solo parole al vento! – la voce di Gerold Dayne irruppe tra loro. – mi risulta che sia cresciuto come un semplice bastardo del nord. Com’è possibile che abbia ottenuto in così poco tempo, tanto rispetto anche dalla famiglia Targaryen?-
-Che intendete insinuare? – a Lyanna non piaceva quelle sue allusioni.
-E’ strano che la regina si sia alleata a lui, dopotutto è un usurpatore come gli altri! –
-La regina è una donna saggia. Ha capito che mio figlio vuole solo il bene dei Sette Regni! –
-Sì, come tutti noi dopotutto! – ironizzò – c’è forse una promessa di matrimonio segreta? Ora che ci penso Dorne non ha legami con il vostro re. Ritenete il nostro popolo così inferiore, da non considerarci nemmeno al vostro livello? –
-Non capisco di cosa stiate parlando! – Lyanna non riusciva a seguire quel suo ragionamento.
-L’alleanza con la regina Daenerys vi lega indiscutibilmente anche agli Stark! – il principe Viserys intervenne, dal suo tono si capiva che quel discorso aveva preso una piega che non gli piaceva.
-Non lo metto in dubbio, ma cosa succederà una volta finita questa guerra? Dobbiamo aspettarci che i lupi e draghi mettano sottosopra l’intero continente? –
-Non vi è alcun vincolo tra Jon e Daenerys. Questo ve lo posso assicurare! – continuò Viserys.
-E siete sicuro che la vostra regina vi dica tutto, principe? – la sua voce era tagliente.
-Certamente! – la sua voce non accennava la minima insicurezza.
-Io però non sono tranquillo, dopo la morte dell’ultimo drago e di sua moglie, nessun pezzo di carta ci lega a voi. Arianne Martell vuole assicurarsi che l’alleanza venga sancita da qualcosa che sia più di semplici parole. Lei vorrebbe ripresentare la richiesta di matrimonio con voi, principe Viserys. –
Il principe sembrò titubante, così continuò.
-Cos’è, forse non lo sapevate? Willem Darry, l’uomo che vi portò in salvo a est, stipulò un contratto matrimoniale con il principe Doran, purtroppo la vostra morte, ha destabilizzato i suoi piani. Ma se posso darvi un consiglio, io sposerei vostra sorella e manterrei puro il sangue Targaryen.–
Il principe rimase in silenzio per un attimo:
-Queste non sono cose che vi riguardano, Stella Nera! Ma avete ragione, la stirpe del drago deve tornare a regnare su queste terre, e un’unione fra consanguinei non sarebbe dopotutto una cosa sbagliata. –
-A conti fatti non siete rimasti in molti! Vista la dipartita del falso Aegon. – Lyanna guardò i due uomini dubbiosa. Aegon non può essere una coincidenza.
-Avete detto Aegon? Il figlio di Rhaegar? – fece appena qualche passo nella loro direzione, ma Stella Nera, il modo in cui veniva chiamato Gerold, l’anticipò, andandole incontro e cingendola con un braccio. Il principe strinse i pugni sopra il tavolo.
-Lady Stark, dalla vostra espressione direi che non siete mai stata informata di questo fatto! – guardò furbamente il principe.
-Non era una cosa inerente alla famiglia Stark. – la sua voce era diventata rauca.
-Ebbene, noi siamo solo dei comuni mortali rispetto alla famiglia dei draghi. – disse sospirando, tornando a posare lo sguardò sulla donna che stringeva a sé. – non credete anche voi, lady Lyanna? – il principe mosse qualche passo, ma Ellaria gli mise una mano sulla spalla, trattenendolo.
-Non so più a cosa credere. – i suoi occhi delusi si posarono sulla maschera del principe.
-Come possiamo fidarci di loro, se ci celano dei segreti? – continuò Stella Nera – Io credo sia meglio sancire un’alleanza tra Dorne e il nord, così che tutte le parti possano essere allo stesso piano. –
-Comprendo il vostro punto di vista. – acconsentì Lyanna rimanendo con lo sguardo rivolto verso l’uomo di fronte a sé. I suoi occhi erano due pezzi di ghiaccio che trasparivano tutto il suo rancore represso.
-E ditemi Stella Nera, come pensate di stabilire quest’alleanza? – lo sguardo del principe dapprima posato sulla donna, si spostò verso l’uomo al suo fianco, le dita della mano tamburellavano sul tavolo.
-Che domande sono? Il vincolo migliore rimane sempre un matrimonio. – Lyanna si scostò da lui e lo guardò stupefatta.
-State dicendo sul serio? – rimase a bocca aperta per qualche istante – e volete che Jon sposi la principessa di Dorne? –
-Anche se mi ritengo essere un suo buon amico, non posso decidere io per la principessa Arianne. Ma posso decidere per me stesso! E mi risulta che il re abbia due sorelle… - la guardò, attendendo una sua risposta.
-Mi dispiace, ma Sansa rimane comunque sposata a Tyrion Lannister. – disse automaticamente.
-Quindi l’alleanza tra lupi e leoni è consolidata. – Lyanna si morse un labbro, forse quelli erano fatti che sarebbe stato meglio non aver rivelato – cosa mi dite invece dell’altra sorella? –
-Arya è promessa al figlio di un clan dei bruti. – inventò al momento quella bugia sperando di salvare anche l’altra nipote da quella insensata proposta.
-Immagino che il vostro re abbia venduto sua sorella per tenersi stretto il popolo di quei barbari. – Gerold si inumidì le labbra, passando la lingua su di esse come un predatore che aveva assaggiato la sua preda. Lyanna cominciava a capire perché anche Ellaria lo temeva.
-Mi dispiace, ma non è possibile stipulare nessun… - ma non riuscì a finire la frase. Sentì la sua mano sfiorarle un ciuffo di capelli e prenderle il mento.
-Che mi dite di voi, lady Lyanna? – la guardò intensamente – anche se la vostra virtù non è più intatta, ve lo devo concedere, avete mantenuto un certo fascino! Almeno avrò un erede assicurato!– le passò il pollice sulle sue labbra.
Lyanna rimase a guardarlo senza riuscire a muoversi. Non se l’aspettava. Era tutto sbagliato. Cosa avrebbe potuto rispondergli ora? Se anche gli avesse detto la verità, non sarebbe servito a niente. Lui era morto e per il mondo lei rimaneva una vedova. Una vedova  che poteva risposarsi.
Il principe Viserys si mise una mano sul volto e si mosse irrequieto sul posto. Poi scambiò uno sguardo con Ellaria. Anche la donna sembrava essere in disaccordo.
 
Note dell’autore:
 
Sono tornata finalmente!! E voi dove siete andati?? Non ho più ricevuto recensioni!! Cosa ne pensate della storia fino ad ora?
In questo capitolo abbiamo due ambientazioni del tutto diverse: la prima è il bosco dove ci eravamo lasciati nello scorso capitolo, che vede protagonisti Lyanna e Viserys e il loro primo litigio vero e proprio. La tensione tra loro è forte e continuerà per tutto il capitolo. Chissà cosa davvero ha fatto il principe con Larra?
Poi abbiamo l’arrivo a Deepwood Motte. Il castello di Lord Glover, il vecchio compagno di viaggio di Lyanna nella sua prima missione. Con lui però ci sono anche i Martell e il loro comandate. Gerold Dayne, anche chiamato Stella Nera, da qui il nome del capitolo.
Questo personaggio è più velenoso della Vipera di Dorne, tanto che persino Ellaria sembra intimorita da lui. Da subito sembra aver studiato un metodo per mirare la sottile coalizione tra draghi e lupi e alla fine arriva a proporre una soluzione alla povera Lyanna ignara del suo vero obbiettivo.
Cosa farà ora Lyanna? La reazione del principe quale sarà, già al momento non sembra essere molto felice.
Insomma attendiamo il prossimo capitolo per capire come si evolveranno i fatti.
Buona serata a tutti e un caloroso abbraccio a tutti quelli che stanno seguendo la mia storia.

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Capitolo 23
*** Melodie d'Amore ***


Giardini dell’Acqua; Dorne.
 
Sulla spiaggia la sabbia sembrava una distesa d’oro. La fortezza dei Giardini dell’Acqua era all’ombra delle alte palme che rasentavano l’altezza delle torrette più elevate. Drogon quel giorno non era dell’umore giusto. Daenerys aveva provato ad avvicinarlo, lanciandogli del pesce crudo fresco, ma lui si limitava a sbuffare innervosito. I suoi fratelli invece erano atterrati poco distante e attendevano che la loro madre spostasse le sue attenzioni anche su di loro. La sabbia era gialla e la marea era ancora bassa. Era tardo pomeriggio ed il sole cominciava a scendere oltre l’orizzonte dell’entroterra. Dany indossava un abito celeste che svolazzava alla leggera brezza marina. Ed era scalza. Aveva abbandonato i saldali sui gradini della fortezza e aveva camminato sulla spiaggia a piedi nudi. Era la prima volta che passeggiava sulla sabbia, sentiva granelli e pezzi di conchiglie che le solleticavano la pianta dei piedi. Suo fratello era in posizione eretta appoggiato alla muretta, con le braccia conserte. Indossava una casacca leggera color cobalto spento. Le maniche e le brache erano invece di una tonalità crema. Appoggiava una spalla alla parete che separava la spiaggia dal cortile interno di Giardini dell’Acqua. Tyrion Lannister invece era seduto sull’ultimo scalino, proprio accanto a lui.
-Una visione magnifica non trovate? – si rivolse al principe.
-Già. Quasi surreale. – ammise lui con aria sognante. Dany aveva da poco cominciato a coccolare gli altri due draghi. Drogon innervosito, sputò fuoco nella direzione di alcuni granchi che zampettavano alla sua sinistra, arrostendoli all’istante. Tyrion rise a quella scena poi si rivolse di nuovo a lui.
-Vi stavate riferendo ai draghi… oppure a vostra sorella? – il suo sguardo era malizioso.
Rhaegar notò che Dany gli stava facendo segno di avvicinarsi, così lasciò il folletto senza una risposta.
-Credo di aver capito lo stesso! – gli urlò di rimando lui.
Ogni passo che faceva verso quelle imponenti creature, lo rendeva sempre più cosciente della magnificenza dei loro corpi e della leggenda che aleggiava attorno a loro. Ripensò a tutti i libri letti in passato. Quante volte aveva sognato di poter vedere un drago volare nei cieli dei Sette Regni. Quanti suoi avi avevano passato le notti insonni a scrutare l’orizzonte in cerca di una scia di fuoco. E quanti erano morti per risvegliarli? Eppure ora erano lì, proprio davanti ai suoi occhi. Sua sorella era riuscita a risvegliarne non uno, ma bensì tre. E tutto questo da sola. Era fiero di lei. Le avrebbe dato tutto il sostegno che meritava. Non avrebbe più permesso che lei si sentisse abbandonata.
 
-Il nostro piano funziona, sorellina. – le sussurrò all’orecchio, cingendola sulla vita. Lei si voltò a guardarlo senza capire a cosa si stesse riferendo.
-Lord Tyrion crede che io sia ammaliato più dalla tua bellezza che da quella dei draghi. – e le diede un leggero bacio sulla tempia. La maschera impedì che le sue labbra arrivassero a lambire la sua pelle, ma a Daenerys rimase comunque una piacevole sensazione.
-Non è neanche un giorno che hai chiesto la mia mano e già ti sei stancato di me? – scherzò lei.
Sorrisero felici, i due draghi li guardarono incuriositi ed emisero appena degli schiocchi con le loro fauci.
-Perdonami Dany, ma fino ad ora li avevo solo visti nei libri! – rivelò posando il suo sguardo su quelle incredibili creature. Gli sembrava di essere immerso in uno di quegli innumerevoli racconti di Aegon il Conquistatore, poi si rivolse nuovamente a sua sorella.
-Ma rimani tu la più bella creatura su questa spiaggia. – Dany sciolse quell’abbraccio vistosamente in imbarazzo e si allontanò da lui di un passo.
-Non mi dire queste cose. – e lo guardò quasi in cagnesco cercando di nascondere inutilmente un sorriso, ma non riuscì a tenergli il muso per troppo tempo -Lascia che ti presenti i miei draghi, piuttosto. – disse avvicinandosi poi ad uno di essi.
-Questo è Viseryon –  e gli indicò il drago dalle scaglie color crema. Le corna, la cresta dorsale e le ossa alari invece erano dorate. Le sue zanne assomigliavano a luccicanti pugnali neri. Gli occhi erano simili a due pozze d’oro fuso liquido. Nel notare questo dettaglio le domandò.
-Lo hai chiamato così per commemorare nostro fratello, perché i suoi occhi ricordano il modo in cui morì? – Dany considerò quel particolare.
-A dire il vero ora che me lo hai fatto notare ci trovo proprio una somiglianza! Ma è molto più mansueto di lui comunque, anche se rimane pur sempre un drago. - e sorrise.
Il drago nero si spostò nella loro direzione, allontanando quello verde, che si mosse indispettito verso le acque del mare.
-Lui è Drogon. – sbuffò la ragazza - Ha un carattere davvero difficile, come puoi vedere. Non ama le catene e preferisce volare libero. Alle volte sparisce per giorni, ma poi torna sempre da me. – disse lei accarezzandogli il muso – Mi ha permesso di montarlo. – gli rivelò.
-Davvero? Sei riuscita a cavalcarlo? – le chiese stupefatto.
-Sì. La prima volta ero in pericolo. Durante una sommossa a Meeren, ordita da un gruppo di ribelli. Lui deve averlo percepito, è arrivato dopo giorni che non lo vedevo, ed è planato sull’arena. Mi ha protetta. Poi non so come, ma ho capito che voleva portarmi in salvo. Così gli sono salita in groppa e mi ha riportato nel Mare Dothraki. – raccontò lei, passando ad accarezzargli il collo.
-Com’è stato volare sul dorso di un drago? – le chiese curioso osservando la lava liquida dell’iride dei suoi occhi.
-All’inizio ne avevo timore, ma poi ho capito che non dovevo preoccuparmi, era come se lui fosse una parte di me, e io di lui. – passò le mani su un corno – Mi sembrava di essere libera e potente. Padrona dei cieli e dell’aria. Come le regine Targaryen del passato. – aggiunse cercando di ricordare quale fosse la sensazione che aveva provato.
Rhaegar le sorrise, ma riportò gli occhi sul drago di fronte a loro. Notò che era più grosso dei suoi fratelli. Le sue scaglie erano nere e brillavano come l’ossidiana baciata dal sole. Gli tornò in mente la sua vecchia armatura. Le corna e le piastre dorsali erano invece rosso sangue. Come i rubini che gli erano brillati sul petto prima che il colpo fatale glieli frantumasse assieme alle sue ossa. Si portò una mano sul petto, dove ora una cicatrice gli ricordava quell’evento.
-Ha i colori della nostra casata. – disse fiero guardando sua sorella. Il drago sembrò apprezzare quel commento. Aprì le ali e la loro apertura coprì circa sette metri di spiaggia. Emise un sonoro grido e spiccò il volo. Quando sbatteva le sue ali, il rumore che emettevano, ricordava molto quello del rombo di un tuono. Entrambi rimasero a guardarlo allontanarsi.
-Non ho mai indossato i colori dei Targaryen. – affermò Dany.
-Scopriresti che donano al tuo incarnato! Nostra madre era sempre bellissima, ma quando indossava abiti di queste tonalità, era incantevole! – le assicurò lui.
-Allora dovrò provvedere a farci fornire i tessuti per i nostri nuovi abiti. – propose.
-Non sarebbe una cattiva idea… non ti nascondo che ho fatto molta fatica ad mettere quest’abito. –
-Però ti fa risaltare gli occhi! – gli sorrise Dany, poi notò che il terzo drago si stava avvicinando, quindi gli allungò un braccio.
-Ed infine ti presento Rhaegal. – suo fratello la guardò sbalordito.
-Ti sei ispirata al mio nome per questo drago? – le chiese sorridendo.
-Sì, mi dissero che eri morto tra le acque verdi del Tridente. Io non avevo mai visto quel fiume, ma mi sono immaginata che avesse questo colore. – gli comunicò – eri il fratello che non avevo mai conosciuto e ogni volta che qualcuno parlava di te, non potevo che rimanere ammirata dalle tue gesta. -
-Mi sento onorato, ma... non è che abbia poi compiuto chissà quali eroiche imprese. – lo vide guardare i profondi occhi color bronzo della bestia. Inaspettatamente il drago portò il muso nella sua direzione, come se sentisse un legame particolare con lui. Dany ne fu sorpresa.
-Sembra che tu gli piaccia – gli disse – e vuole che lo accarezzi. –
Rhaegar per un attimo rimase immobile, poi come se fosse la cosa più naturale del mondo, alzò una mano molto lentamente verso il suo grifo. Ebbe solo un attimo di esitazione prima di appoggiare la mano sulle sue scaglie, ma fu il drago stesso a muovere il muso verso il suo palmo. Desiderava quel contatto. Rhaegar sentì sotto la sua mano il calore emanato dalle numerose squame. Notò la loro tonalità verde scura, simile al fitto del bosco al tramonto e luccicavano come giada alla luce del sole. Alcune invece erano bronzee e brillavano in quel mare di smeraldo. Dany rimase in silenzio per qualche istante, ammirando quella scena, poi non riuscì più a trattenersi.
-E’ la prima volta che vedo uno dei miei draghi comportarsi così con qualcuno. Non si sono mai lasciati toccare da nessuno. –
-Forse sente solo il legame che ho con te. –
-O forse ha capito chi sei davvero. – scherzò lei.
-Allora dobbiamo dirgli di non svelare ad anima viva. – sorrisero entrambi.
Rhaegar continuò ad accarezzare il drago come se fosse un cucciolo mansueto.
Dany si rese conto di quando le fosse mancato fino a quel momento la condivisione di momenti come questi. Solo uno della mia famiglia può capire cosa si prova a toccare un drago, cavalcarlo o solo guardarlo. E mio fratello sembra non temerli, proprio come me. Non saranno gli animali più mansueti, ma il nostro sangue ci permette di avere con loro un legame unico. Quanto avrei voluto avere la possibilità di farti tornare prima, Rhaegar… Si ritrovò a pensare.
 
Erano ritornati alla loro dimora, lasciando i draghi liberi di svolazzare sopra il mare e di sfruttare le correnti d’aria che si formavano prima dell’arrivo dell’alta marea. Il sole stava tramontando e le scaglie dei animali emettevano dei bagliori ogni volta che gli ultimi raggi baciavano la loro corazza.
Daenerys aveva fatto portare al cena nelle sue stanze e aveva chiesto a suo fratello di raggiungerla lì. Solitamente mangiava assieme a Missandei, Verme Grigio e lord Tyrion presso la sala centrale del palazzo. Alcune volte si univano anche Ellaria e Arianne, se non erano a Lancia del Sole a risolvere questioni diplomatiche. Aveva fatto preparare per Rhaegar la stanza che era stata del  principe Doran e prima ancora del principe Maron, fondatore di quel palazzo. Aveva cercato di farla arredare con meno riferimenti possibili a Dorne e alla casa Martell, voleva evitare che i ricordi di sua moglie e dei suoi figli potessero tornare a sopraffarlo. Ma era stato pressoché impossibile. Il sole dorato di Dorne era stato inciso su quasi tutte le colonne e i mobili del palazzo. Gli arazzi raffiguravano i numerosi principe e principesse dorniani e tutti i drappi erano delle tonalità dell’oro, dell’arancio e del rosso. Era riuscita almeno a farsi arrivare un oggetto che sperava gli avrebbe fatto piacere, o almeno credeva lo avesse aiutato ad allietare le serate insonni.
Dany voleva fare il possibile, affinchè suo fratello potesse sentirsi ancora a casa. Ma la tristezza che gli aleggiava attorno, era quasi impossibile non notarla. Si chiese se fosse proprio una sua prerogativa oppure se dipendesse dalle terribili notizie che aveva ricevuto sui suoi cari.
Da quando era tornato in vita, le sembrava di non riuscire più a staccarsi da lui. Aveva amato la sua compagnia dal primo momento. Sentiva di non averne mai abbastanza. Si rendeva conto di essere diventata quasi morbosa nei suoi confronti, ma mai come ora aveva rimpianto così tanto, di non averlo potuto conoscere prima. E ora voleva recuperare il tempo perso. Sapeva che questo avrebbe scatenato numerose chiacchiere sulla loro presunta storia incestuosa, ma a lei nulla importava. Anzi meglio così, avrebbe allontanato ogni sospetto su chi fosse in realtà Viserys. E poi sposarsi tra fratelli era una prerogativa della sua famiglia.
 
Fin dal primo momento in cui avevano parlato gli era sembrato sincero, gentile e premuroso. Era un uomo d’onore esattamente come gli aveva narrato Ser Barristan. Lei gli aveva detto che lo aveva scelto per comandare il suo esercito e lui si era subito messo all’opera. Le si era affiancato ai primi consigli e le aveva dato delle ottime indicazioni. Era un uomo d’animo nobile, ricordò come aveva reagito nello scoprire il modo in cui Viserys si era comportato con lei. Lui non avrebbe mai osato alzare nemmeno una mano di fronte ad una donna. Non glielo aveva detto, ma lei lo aveva capito. Anche lui pativa passivamente gli abusi del re sulla loro madre. Lo aveva inteso nel modo in cui gliene aveva parlato.
Adorava poi il modo in cui la trattava e il rapporto che si era instaurato tra loro, era così naturale. Appena aveva scoperto che era sua sorella, l’aveva abbracciata con affetto, seppur non si fossero mai conosciuti prima di allora. Le carezze e i baci che le dava, poi la facevano arrossire quasi con vergogna. Non era abituata a quelle manifestazioni d’affetto. E poi sarebbe stata ore a guardare il suo volto perfetto. Quando lo aveva visto in quella visione nella Casa degli Eterni, lo aveva scambiato per Viserys, eppure ora che ce lo aveva di fronte, poteva notare quanto invece fosse diverso da lui. Il suo sguardo era molto più maturo e i lineamenti decisamente più dolci. E poi quegli occhi. Non aveva mai visto nessuno con quello sguardo magnetico. Quando lui la guardava, le sembrava di non avere più il controllo di sé stessa. Si era già trovata di fronte a uomini che l’avevano spogliata con un solo sguardo, ma con Rhaegar era diverso. Lui non la guardava mai in quella maniera, eppure a Dany sembrava come se l’indaco scuro delle sue iridi le entrasse dentro e stanasse i suoi segreti più intimi. Ricordò il modo in cui Arianne si comportava con lui. Appena lo vedeva aveva un atteggiamento provocante e spesso lo squadrava con quei suoi occhietti da cerbiatta o cercava di in tutte le maniere di avvicinarsi ed entrare in contatto con lui, ma Rhaegar sembrava non prestarle la minima attenzione. Eppure era una donna di una bellezza sorprendente. Quei capelli corvini avevano delle onde sublimi e profumavano sempre di fiori d’arancio e di sandalo. La sua pelle olivastra era liscia e vellutata. I suoi occhi scuri erano grandi e ammalianti. Le labbra piene e i seni grossi erano molto invitanti per qualsiasi uomo. Dava l’impressione di essere una donna abituata ad ottenere quello che desiderava, anche vendendo il proprio corpo. Ovviamente queste era solo il frutto della sua immaginazione, ma per lei Arianne rimaneva davvero una donna bellissima. Tyrion più volte glielo aveva fatto notare. Daenerys si era domandata spesso perché Rhaegar non avesse mai nutrito dell’interesse per lei. Si domandò spesso se Elia avesse assomigliato un po’ a sua nipote. Ma sapeva che suo fratello non era mai stato attratto dalla bellezza del sud. Il suo sguardo si incupì appena, mentre il sole scompariva all’orizzonte. Sapeva che suo fratello aveva trovato quello che cercava a nord, tra le foreste e la neve. Non riusciva ancora a capire come avesse fatto la ragazza lupo a conquistare il suo cuore.
 
E se lui non l’avesse mai conosciuta quella fanciulla? In quegli ultimi giorni più volte si era anche chiesta come sarebbe stata la sua vita se la guerra non ci fosse stata. Dopo la sua nascita il re, loro padre avrebbe annullato il matrimonio di Rhaegar con Elia e lo avrebbe fatto sposare con lei? E come sarebbe stata la loro vita da sposati? Daenerys era sicura che sarebbero stati felici loro due assieme. Ma non era certa che quello che li avrebbe legati fosse stato davvero amore. Lei ancora non poteva dire di conoscere quel sentimento, lui invece sapeva bene cos’era. Dany lo aveva capito da come le aveva parlato della donna del nord. Lyanna Stark, la sorella del cane dell’Usurpatore. Erano rari i momenti in cui lui si apriva su quell’argomento, ma da quelle poche cose che le aveva detto sentiva che tra loro c’erano stati dei sentimenti sinceri. Chissà quando le sarebbe capitato anche a lei di vivere qualcosa di così intenso.
 
Si erano seduti alla tavola imbandita con vari vassoi ricolmi delle più appetitose prelibatezze di Dorne. Dany aveva già avuto modo nei giorni precedenti di assaggiare quei gusti che per lei erano del tutto nuovi. Usavano molte spezie, e i sapori erano decisi e piccanti. Non era abituata a quel genere di cucina, ma tutto sommato le piaceva, fintanto che sentiva ancora la sua lingua.
-Credono di dover dar da mangiare ad un drago? Fra non molto mi metto pure io a sputare fuoco! – si lamentò la giovane regina, versando del vino sul calice che aveva di fronte per allietare il bruciore in bocca.
-Evita le salse dai colori accesi. – le consigliò suo fratello con tono pacato, non nascondendo un certo divertimento. I suoi occhi sembravano pozzi neri nella luce soffusa delle candele, ma Dany poteva vedere la tonalità di indaco, quando posava lo sguardo su di lei. Poi le passò una tartina e delle polpette ricolme di una salsa color caramello.
-Come fai a conoscere così bene la loro cucina? Sei stato spesso a Dorne? – gli chiese curiosa.
-Ero sposato con Elia, ricordi? Quando Oberyn veniva a farle visita a Roccia del Drago, le portava sempre qualcosa in ricordo delle loro terre… - poi fece una pausa – e poi ho vissuto per circa un anno fra le montagne rosse di Dorne. Ho imparato così a riconoscere ogni piatto. – teneva lo sguardo basso, i capelli argentati erano legati in una croccia dietro la nuca, ma le lunghezze gli ricadevano sulle spalle.
Rhaegar ritornò a quei giorni trascorsi con la sua lady alla Torre della Gioia. Anche Lyanna non aveva mai assaporato le pietanze di Dorne e si era subito fiondata su tutte quelle salse dai colori sgargianti. Ricordava ancora la faccia buffa che aveva fatto quando sentì bruciarle la lingua per le numerose spezie che usavano. Lei non era per niente abituata alle dosi esagerate di peperoncino, zenzero e pepe nero. Nei giorni successivi aveva dovuto richiedere una cucina meno elaborata, affinchè riuscisse a mangiare qualcosa, ma la sua testardaggine le faceva ancora riprovare qualche salsa di tanto in tanto, almeno fino a quando le nausee glielo avevano concesso. Non si accorse che la sua espressione si era rabbuiata a quei ricordi, ma Dany invece lo notò. Sentiva che avevano risvegliato in lui un dolore immenso nel suo cuore, quindi decise di cambiare discorso.
-Mi hanno detto che avevi un talento particolare per la musica. – Dany spostò lo sguardo verso Ser Barristan, in piedi in un angolo della stanza. Rammentava ancora le sue parole:
A sentirlo suonare la sua arpa dalle corde d'argento, a udirlo cantare di crepuscoli, lacrime e morti di re, era impossibile non percepire che era di se stesso che stava cantando, e di coloro che amava.”
Ora Dany capiva perché il cavaliere aveva usato quelle parole. L’aria che si respirava attorno a Rhaegar era spesso carica di malinconia. Si ritrovò ancora a perdersi in quello sguardo così intenso.
-Sì, un tempo amavo comporre melodie… - confermò il principe drago con voce triste, perso ancora nei suoi ricordi. Con una posata giocava a spostare una polpetta nella salsa agrodolce. Poi si portò il calice alla bocca.
-Hai voglia di cantarmi qualcosa dopo? –chiese lei.
Rhaegar la guardò negli occhi da sopra il bicchiere. L’ultima volta ho cantato per lei, promettendole che sarei tornato. Gli ho scritto una lettera di scuse e di promesse che non ho mai mantenuto e me ne sono andato, mentre lei dormiva. Mi avrà odiato per giorni… e io non ho più fatto ritorno. Avrà pensato che l’avevo abbandonata? Lei era molto coraggiosa, ma come ho potuto pensare che riuscisse ad affrontare tutto da sola? Allontanò il calice dalla bocca per risponderle.
-Ti prego di scusarmi, ma non sono dell’umore giusto questa sera. –
Dany era convinta di aver visto una certa perplessità nei suoi lineamenti, prima di parlare.
-Ti prego, non ho mai udito le ballate delle nostre terre. – cercò di convincerlo.
Rhaegar posò il calice sul tavolo, osservando il liquido rubino ondeggiare al suo interno. Fece scorrere un dito sugli intarsi che decoravano la coppa. Due serpenti si rincorrevano come in una danza muta.
Dany lo osservò a lungo, rimanendo in attesa. Poi i loro occhi si rincontrarono. Assomiglia così tanto a nostra madre, eppure in lei vedo anche la stessa determinazione di Lyanna. Le mie due muse.
-Non ho con me la mia arpa. – cercò di scusarsi lui.
Il sorriso di Dany risplendette nella stanza. Si alzò in piedi e battè tre volte le mani per richiamare l’attenzione di Irri e Jiqui, le sue due ancelle. Le uniche a sapere del vero aspetto del principe, oltre a lei e a Ser Barristan. Le ragazze attraversarono la stanza portando un grande oggetto coperto da un drappo color ruggine. Rhaegar guardò sua sorella sorpreso. Dany lo raggiunse e prendendolo per una mano lo fece alzare e lo condusse verso il suo regalo.
-Non posso crederci! – le disse colpito.
-Ti avviso: non è l’arpa che possedevi un tempo. Ser Barristan mi aveva raccontato che aveva le tre teste del drago in rilievo e le corde d’argento, ma non ho trovato nessuno qui a Dorne che la sapesse riprodurre. – attese solo un attimo, mentre lui stava abbassando la stoffa che la ricopriva – spero che tu non sia deluso. –
Rhaegar ammirò l’oggetto di fronte a sé. Era un’arpa alta di fattura molto più semplice rispetto a quella che aveva posseduto un tempo. Dany però era riuscita a farla ricreare molto simile. Aveva fatto incidere tre draghi su tutta la struttura rigida in oro. E li aveva fatti verniciare in topazio, giada e ossidiana. Ad immagine e somiglianza dei suoi tre draghi. Le corde erano dorate e brillavano alla luce delle torce.
-E’ meravigliosa, Dany. – le disse commosso. Si voltò a guardarla – come puoi anche solo pensare che ne sia deluso? È un dono che non mi aspettavo! - ammise con stupore.
Le si avvicinò e la strinse gentilmente tra le sue braccia. Dany ricambiò il suo abbraccio. Sentì il calore del suo corpo a contatto con la pelle nuda delle sue spalle. Il delicato profumo dei suoi capelli.
-Sono contenta che ti piaccia. – Rhaegar si scostò appena da lei per guardarla negli occhi. Le prese il volto tra le mani.
-Per sdebitarmi questa notte stessa comporrò una melodia per la mia dolce sorellina. –
-Speravo che mi suonassi qualcosa già ora! – gli rivelò dispiaciuta. Poteva sentire il soffice tepore delle sue mani sulle sue guance. Erano così delicate e morbide. Si stupì che avessero potuto impugnare davvero una spadae combattere una battaglia.
-Prima devo accordarla. – le spiegò – mi metto subito all’opera allora. – avvicinò una sedia e si mise a lavorare sullo strumento.
Dany andò a sedersi sul letto in attesa, mentre guardava suo fratello intento nel suo lavoro.
 
Ser Barristan fece qualche passo per avvicinarsi, Rhaegar se ne accorse e gli sorrise.
-Mio principe, mi sono mancate le vostre melodie. –
-Vi è mancata di più la mia musica o le fughe dal castello? – rise il principe.
-Entrambe, devo ammettere che mi ha sempre fatto piacere accompagnarvi fuori dalle mura della Fortezza Rossa e vedervi cantare tra la gente. –
-Non avevi paura che ti potessero assalire? – chiese Dany intimorita.
-A dire il vero no, alcune volte cercavo di nascondere il mio vero volto indossando dei mantelli, ma spesso mi riconoscevano lo stesso. – ammise il principe drago.
-Nessuno avrebbe mai fatto del male a vostro fratello. Era amato in tutti i Sette Regni! E conoscevano il suo talento con l’arpa. – disse fiero il cavaliere.
-Suonavi anche ai banchetti del re, nostro padre? – domandò curiosa.
Rhaegar cambiò espressione. I suoi lineamenti si indurirono.
-No, lui non amava questo genere di cose. Diceva che avrei reso la nostra famiglia lo zimbello del reame, se continuavo a suonare l’arpa. Quello era il compito dei menestrelli, non certo di un principe. –
Dany capì quanto quel comportamento lo avesse fatto soffrire, ma Ser Barristan intervenne.
-La maggior parte dei bardi che ho avuto modo di ascoltare, non aveva nemmeno la metà del vostro talento! Ricordate principe, quando suonaste al banchetto di benvenuto al Grande Torneo di Harrenhall? – Rhaegar sorrise mesto e il cavaliere si rivolse poi alla giovane regina. I suoi occhi viola erano spalancati per l’interesse.
-Vostro fratello aveva preso la sua arpa dalle corde d’argento e aveva suonato per tutti gli astanti. Ricordo ancora, era un canto d’amore e di morte, e quando poi posò il suo strumento, tutte le donne nella sala piangevano.-
Rhaegar rise timidamente, continuando a tenere gli occhi puntati sulla sua nuova arpa, e non rispose.
Io notai solo una donna quella sera. Le lacrime le rigavano ancora il volto, quando versò la caraffa di vino sul capo di suo fratello. Ai miei occhi era la più bella di tutta la sala.
Daenerys non riusciva ad immaginarsi davvero come potesse essere assistere ad un suo canto e tutta quella attesa, la stava mettendo in trepidazione. Poi il principe si alzò e battè un paio di volte le mani, come a levarsi la polvere dalle dita.
-Fatto. Ora dovrebbe essere perfetta. –guardò sua sorella – allora cosa vuoi sentire? –
-Non lo so, non ho mai ascoltato niente suonato con questo strumento, e non conosco alcuna ballata, quindi non saprei darti alcuna indicazione. – Dany si sentì come una bambina in quel momento – però le parole di Ser Barristan mi hanno incuriosita, se davvero hai fatto piangere tutte le lady nella sala, vorrei udirla anch’io quella canzone. –
Rhaegar emise un sospiro, avrebbe preferito cantarle un’altra canzone, ma rinunciò a farle cambiare idea. Si sedette sulla sedia e posizionò l’arpa di fronte a sé. Fece scorrere le sue dita sulle corde, sfiorandole appena. Il suono dapprima lento, cominciò a prendere forma, mentre le sue mani scorrevano eleganti e delicate sulle corde. La melodia era molto dolce. Le inondò il cuore di gradevolezza e involontariamente si ritrovò a sorridere. Dopo questa prima accordata Rhaegar cominciò ad intonare le parole lentamente:
 
I stand alone in the darkness
the winter of my life came so fast
memories go back to my childhood
to days I still recall

Oh, how happy I was then
there was no sorrow there was no pain
walking through the green fields
sunshine in my eyes

You were there with me
Hand in hand we were running
Between the flower meadows
Under the stars in the northern sky
But then I had to say goodbye
Forever
 
The day are spent
two hearts were separated
Don’t wish our
two souls were united by fate
Yet I look out that window
But you’re gone
 
I never stayed anywhere
I’m the wind in the trees

I’m the dust on the air
would you wait for me forever?

 
Dany sentì una goccia calda caderle sulla mano. Si rese conto solo in quel momento che stava piangendo. Quelle parole le avevano toccato il cuore. Erano di una bellezza indescrivibile, e la storia che raccontavano era davvero struggente. Rhaegar stava ancora suonando l’arpa con le sue dita affusolate ed raffinate, mentre ripeteva l’ultima strofa una seconda volta con una voce profonda e nostalgica. Dany si domandò se avesse mai visto un uomo più bello. Si ritrovò ad immaginarsi in uno di quei banchetti, sognando di incontrarlo per la prima volta così, mentre lui le cantava una delle sue canzoni. Sì ne era convinta, avrebbe anche potuto donare il suo cuore ad un uomo così.
 
Note dell’autore:
 
Ho notato che fate un po’ di confusione quando inserisco questi capitoli rigaurdanti il passato. Quindi ora penso di inserire in alto il luogo in cui ci troviamo, così avete modo di capire in anticipo di che cosa si sta parlando. Per aiutarvi inoltre vi dico che inserisco ogni volta due capitoli sul presente, quindi la trama è incentrata su Lyanna e subito dopo uno del passato, quindi la trama è incentrata invece su Rhaegar e sugli eventi che sono accaduti dallo sbarco di Daenerys fino all’arrivo del suo esercito ad Harrenhall, dove nel terzo capitolo gli emissari del Lupo Bianco l’avevano incontrata.
 
Allora in questo capitolo abbiamo finalmente l’incontro tra Rhaegar e i draghi di sua sorella. Non è un caso che sia il drago verde ad avvicinarsi a lui, più avanti vedremo il motivo per cui l’ho fatto. Poi durante la cena Daenerys gli propone di suonarle qualcosa dopo avergli regalato una nuova arpa. E la canzone che ho scritto poi di seguito è presa dal testo di Forever degli Stratovarius con alcuni miei adattamenti per renderla più simile al testo che mi ero immaginata. Vi consiglio di ascoltarla, a me ha fatto ricordare molto la scena del torneo.
 
Perdonatemi se ho aggiornato a singhiozzo, vi prometto che cercherò di essere più puntuale.
Continuate a scrivermi se vi va, sono sempre felice di sentire i vostri pareri. Un grazie speciale a tutti quelli che mi leggono, è grazie a voi se questa storia è arrivata così avanti!

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Capitolo 24
*** Diritti di un Principe ***


Lyanna non sapeva che cosa rispondere a quella proposta inaspettata. La sua testa sembrava non voler funzionare in quel momento. E tutta la sua audacia era sparita. Era di nuovo in trappola, e stavolta si era cacciata da sola in questo guaio. Non poteva dare la colpa a suo padre, o a suo fratello Ned o alla società in cui viveva. No, questa volta erano state le sue stesse parole a incatenarla nuovamente in un matrimonio combinato. Pensò a Jon e quello che avrebbe potuto dire se lo fosse venuto a sapere. Cosa faresti figlio mio? Verresti a cercarmi? Innalzeresti pure tu i vessilli, per venirmi a liberare? No, non lo posso permettere, non un’altra volta.
-Allora, mia lady, qual è la vostra risposta? – chiese Stella Nera con un sorrisetto malizioso.
Lyanna lo guardò con diffidenza, aveva innalzato uno schermo di ghiaccio come barriera.
-Se io accetto… Dorne sarà fedele al nord e a Re Jon? –
-Non potrei mai tradire il figlio della mia futura moglie, né tanto meno le sue terre! Arienne ha riposto la sua fiducia in me, come comandante delle sue truppe. Vi do la mia parola che verrà stipulata un’alleanza salda e duratura tra i nostri due regni. – assicurò lui, portandosi una mano sul cuore. Lyanna sapeva che non poteva fidarsi davvero, ma non aveva altra scelta.
-Va bene, avete il mio consenso. – sentenziò la donna. La sua voce era fredda come il duro inverno.
-Ebbene questa sera al banchetto renderemo ufficiale il nostro fidanzamento. Vedrete mia signora, i bardi canteranno a lungo di quest’alleanza tra nord e sud. – le prese le mani e le strinse nelle sue.
Il principe Viserys espresse il suo malumore battendo una mano sul tavolo:
-Con il vostro permesso, chiedo di congedarmi. – dalla sua voce traspariva una forte collera. Stella Nera alzò solo una mano per fargli cenno di andarsene, senza nemmeno guardarlo. Il suo sguardo velenoso rimaneva posato sugli occhi di ghiaccio della donna.
Viserys, con passo veloce raggiunse la porta e la spalancò con rabbia, facendo sbattere le ante sui cardini. Lord Glover lo guardò allontanarsi turbato. Le serpi si scambiarono uno sguardo d’intesa, ma si capiva che anche loro non erano contente di quell’imprevisto e seguirono il principe.
 
Il Lord di Deepwood Motte fece chiamare delle guardie che accompagnarono le ospiti alle loro stanze. Meera, Tessa, Elanon e Dasira vennero condotte a delle camere al primo piano, dove stavano gli appartamenti della servitù, Lady Brienne e lady Lyanna invece sarebbero state portate al secondo piano, nell’ala che ora era stata riservata alla famiglia Glover, mentre le sue vecchie stanze erano ora a disposizione di Stella Nera, nell’ala nord del castello. Lyanna ringraziò gli Antichi Dei, perché quell’uomo rimanesse distante da lei il più possibile, prima di quel giorno funesto.
Chiese che prima le venisse consentito di far visita ai figli di Marlene per assicurarsi che stessero bene. Li trovò poco fuori dal castello, erano stati ospitati da una famiglia di contadini. La casa era molto spaziosa e confortevole. Lyanna capì che erano al sicuro e lei avrebbe potuto rimanere a vegliare su di loro visti gli ultimi eventi. Abbracciò la piccola Tallia, diede una carezza sulla guancia di Larra e strinse a sé il piccolo Rolly. Si rese conto che le dispiaceva davvero staccarsi da lui. Le sembrava come di abbandonarlo.
Forse il principe non aveva tutti i torti, quando ha detto che vedevo in lui, ciò che non ho mai potuto dare a Jon.
Il solo pensiero di ammettere che lui potesse aver ragione su qualcosa che la riguardava in prima persona, le fece venire i brividi. Ritornò al castello seguita dalla sua fedele Brienne.
 
Il servitore indicò alla lady di Tarth la porta della sua stanza:
-La mia signora invece dove starà? – chiese la donna vedendo che stavano riprendendo a camminare.
-Lord Glover le ha riservato una camera più spaziosa. – disse semplicemente l’uomo – non preoccupatevi, è nell’altro corridoio. – aggiunse vedendola turbata. La donna si avvicinò a lei e le sussurrò:
-Lady Lyanna per qualsiasi cosa, non fatevi scrupoli a chiamarmi!-
-Starò bene, Brienne. – ma la guerriera la conosceva, e sentiva dal suo tono di voce che non era vero.
-Cosa dirà re Jon? – le chiese.
-Mio figlio dovrà sapere che è stata una mia decisione. Tu ti prodigherai a farglielo capire, se mai dovesse avere dei dubbi. – Brienne abbassò il capo e si battè un pugno sul petto in segno di lealtà.
-Potete contare su di me, lady Lyanna. –
-Lo so. – i suoi occhi grigi la guardarono in una maniera così triste e dolce da spezzare il cuore.
 
Il servo l’accompagnò fino in fondo al corridoio, ma quando svoltarono l’angolo videro il principe Viserys con le braccia conserte che li stava attendendo. La schiena era appoggiata ad una porta di legno di rovere scuro. Lyanna lo guardò per un attimo, ma preferì abbassare lo sguardo nella speranza di non intrattenersi a parlare con lui. Il suo accompagnatore però si immobilizzò proprio di fronte a lui:
-Mia signora, questa è la vostra stanza. – disse guardando il principe intimorito. Lui gli fece cenno di andarsene e l’uomo sparì.
-Ditemi lady Stark, siete soddisfatta di quello che avete ottenuto? – il suo tono era accusatorio e freddo.
-Lasciatemi passare, voglio entrare nelle mie stanze. – lui le prese un braccio e la costrinse a guardarlo.
-Voi ve ne andrete solo quando ve lo dico! – era furioso, Lyanna lo percepiva dalla stretta.
-Mi state facendo male! – si lamentò, alzando la voce e puntando gli occhi grigi sulla maschera dell’uomo.
Evidentemente quello bastò per placare un po’ la sua furia, perché la lasciò subito andare. Per qualche istante rimase fermo di fronte a lei, così Lyanna gli mostrò le spalle e ne approfittò per infilare la chiave nella serratura, ma il principe sbattè le mani sul legno ai lati della testa della donna. Lei osservò che sulle sue dita portava gli anelli, fino ad ora aveva sempre usato i guanti e lei non ci aveva più fatto caso. La sua attenzione venne catturata da uno in particolare. Un grosso rubino rosso fuoco sembrava brillare di luce propria, come se al suo interno vi bruciasse una fiamma. Ritornò con la mente all’anello che Rhaegar le aveva fatto indossare al loro matrimonio.
-Non ho finito con voi. Devo parlarvi! – le disse con fermezza e rancore.
-Io non niente da dirvi! – Lyanna era risoluta. Si girò nuovamente a guardarlo.
-Lady Stark, riuscite a rendermi un uomo davvero orribile delle volte! – la sua voce era ancora agitata.
-Fate tutto da solo, se è per questo! – lo guardò con astio, il suo tono invece era carico d’odio, ripensando a quello che aveva osato fare la scorsa notte.
-Voglio che mi spiegate perché avete acconsentito?- le chiese cercando di calmarsi.
-Non sono cose che vi riguardano, principe Viserys!- si morse un labbro, nervosa.
-Direi proprio il contrario, invece!- rispose secco. Lyanna non riusciva a decifrare il suo sguardo.
-Perché inventarsi la bugia sul matrimonio di Arya? Potevate acconsentire alla sua unione con Stella Nera, almeno avreste guadagnato del tempo! – Lyanna non capiva come quell’uomo riuscisse a farla arrabbiare così tanto.
-Io non vendo i miei famigliari! Ve l’ho già detto una volta! –
-Già, quindi avete preferito sacrificarvi! L’alleanza con Dorne non vi sarà di alcuna utilità per la causa contro gli Estranei! È un errore che non dovevate commettere! – tornò ad alzare la voce.
-E invece dovevo! Per proteggere la mia famiglia e per il bene di mio figlio! –
-E al vostro bene chi ci pensa? –
Lyanna spostò lo sguardo verso destra, non riuscendo più a sostenere quella discussione.
-Come pensate che sarà la vostra vita con quell’uomo? Sapete quale reputazione ha a Dorne? –
-Non mi interessa! Voi e vostra sorella avete celato dei segreti a me e a mio figlio, e chissà su quali altre cose avete mentito. Chi mi dice che finita questa guerra, manterrete la parola data e non taglierete la gola a Jon? –
-Non potrei mai farlo! – il suo tono era cambiato, ora sembrava deluso - Possibile che ancora non vi fidiate di me? – rise, ma il suono che uscì fu di rammarico.
-Sarei un’illusa a pensare di potermi fidare di voi! Draghi, serpi o leoni, siete tutti uguali! –
-Non la pensavate così una volta, quando avete scelto di fuggire sulle Montagne Rosse con… –
-Non osate parlare di Rhaegar!! Non lo conoscevate nemmeno! Volete assomigliargli, ma siete completamente diverso da lui!! –
Il principe emise un sospiro e rimase a guardarla in silenzio per un po’.
-Voi dovete tornare a Grande Inverno, da vostro figlio. Non potete rimanere qui. – disse in tono gentile mentre le spostava una ciocca di capelli. Lei mosse nervosa il capo e lo guardò assottigliando lo sguardo.
-Ho come la sensazione che Stella Nera non mi permetterà di lasciare questo castello tanto facilmente. Otterrà quello che vuole a costo di tenermi come ostaggio. – anche il tono di Lyanna si era calmato, ma rimaneva comunque ferma nella sua convinzione. Aveva accettato quella sconfitta.
-Lasciate fare a me. So come trattare con quella gente. Ho avuto un’ottima maestra. – e si allontanò da lei. Le sue spalle erano basse e nel pronunciare quelle ultime parole, la sua voce si era arrochita.
Lyanna lo vide entrare nella stanza affianco e chiudere la porta.
 
La sala del banchetto non era ampia nemmeno la metà della sala principale di Grande Inverno. C’erano numerosi candelabri in ferro battuto addossati sulle pareti. Lyanna indossava un abito color ossidiana, la cameriera aveva detto che glielo aveva fatto portare il principe come regalo di nozze. Il corpetto a cuore aveva dei decori floreali in oro e argento e metteva in risalto la sua scollatura. Le maniche erano aderenti in raso trasparente e la gonna era di schiffon con un velo trasparente rosso bordeaux che si muoveva sinuosa ad ogni suo passo. Era un vestito molto raffinato, si domandò dove mai lo potesse aver trovato. Una cameriera venne ad acconciarle i capelli. Le intrecciò molto elegantemente le ciocche intorno al volto, posandole una catenella argentata sul capo. Quando entrò nella sala, molti sguardi si posarono su di lei. Lord Glover le porse un braccio e l’accompagnò per la stanza:
-Siete splendida mia lady! – le disse, ma la donna non rispose. Le sembrava di essere condotta al patibolo più che ad una comune cena.
Gerold Dayne l’attendeva al centro del tavolo. Quando la vide i suoi occhi sembravano spogliarla con lo sguardo. Alla sua destra un posto vuoto. Capì che quello scranno era per lei, quando lord Glover si congedò e andò a sedersi alla sinistra di Stella Nera, assieme a sua moglie e ai suoi figli. Alla destra invece sedevano il principe Viserys, Ellaria e le serpi.
Lyanna senza lasciar trasparire alcuna emozione passò alle spalle delle donne e del principe per affiancarsi all’uomo dai capelli argentati. Lui le prese una mano, gliela baciò e poi l’alzò in direzione del loro pubblico.
Vide che ad una tavola erano presenti anche le sue compagne di viaggio. La guardarono con un’espressione sconsolata e preoccupata. Lyanna fece loro un sorriso, per cercare di rassicurarle, ma ebbe come l’impressione che non le fosse venuto poi un granché.
-Miei fedeli, vi presento Lady Lyanna Stark, madre del Lupo Bianco, Re del Nord. È giunta quest’oggi assieme alle nostre adorate Serpi delle Sabbie e al principe Viserys Targaryen – le donne e l’uomo si alzarono a salutare gli uomini seduti ai tavoli. Stella Nera attese che gli applausi finissero prima di proseguire.
-Abbiamo stipulato un accordo tra le nostre famiglie ed ha accettato la mia proposta di matrimonio. Fra tre giorni avverranno le nozze. – la sala esplose in un boato di grida festose.
Lyanna spostò il suo sguardo sull’uomo che le teneva la mano incredula. Fra tre giorni? Ma lui sembrava aver perso l’interesse nei suoi confronti, ora si stava rivolgendo a Lord Glover per i preparativi del matrimonio e le aveva lasciato la mano.
Lei si strinse le proprie braccia sentendo improvvisamente freddo ed il suo volto divenne una maschera di cera. Solo chi la conosceva poteva vedere che i suoi occhi erano spenti.
-Sorridete Lady Stark, altrimenti potranno pensare che non siate felice! Non era questo ciò a cui miravate?- le sussurrò all’orecchio il principe. Un altro brivido le percorse la spina dorsale.
-Smettetela! – gli rispose acida, tenendo la voce bassa, nella speranza che Gerold non li sentisse parlare.
 
Quella sera non mangiò praticamente nulla, mosse le posate sbadatamente sul piatto e giocò a spostare le pietanze da una parte all’altra. Gerold le versò del vino e le porse il bicchiere. Lei bevve tutto di un fiato, nella speranza di placare il dolore che sentiva nel cuore. E quando l’uomo le versò ancora da bere, lei annegò ancora il suo malessere in quel liquido dolciastro. Senza accorgersene si ritrovò ad avere la testa leggera, ma rimase ancora abbastanza lucida per capire quello che stava accadendo attorno a sé.
-Principe Viserys, potrei cominciare a pensare male, se continuate a posare lo sguardo in quella maniera sulla mia signora. – disse Gerold. Lyanna spostò i suoi occhi da un uomo all’altro senza capire. La testa le girava e faticava a concentrarsi.
-Perdonatemi, non era mia intenzione! Stavo solo riflettendo e… - alzò la voce così che tutti potessero ascoltare - correggetemi se sbaglio, ma credo di avere ben tre obblighi nei confronti della vostra futura moglie. – molti uomini presenti nella sala prestarono attenzione a quello che diceva. Anche Gerold e Lyanna lo osservarono incuriositi. Lei sperò che avesse trovato un appiglio a cui aggrapparsi, per poter annullare queste assurde nozze, come le aveva promesso prima di sparire nella sua stanza.
-Che intendete, principe? Non mi risulta che abbiate nulla da spartire con questa donna. – il suo sorriso tagliente si spense.
-Innanzitutto Lady Lyanna mi deve concedere un ballo. Sono il suo principe e non può negarmelo. – Gerold lo guardò intensamente, e allungando un braccio fece cenno ai due di alzarsi, ma il principe sembrò di altro avviso.
-Non questa sera, siamo entrambi provati dal viaggio. – precisò, sorridendo.
-Se la mia lady acconsente, non vi impedirò di danzare con lei una delle prossime sere, allora. – spostò lo sguardo verso la fanciulla al suo fianco.
-Come a voi compiace, mio principe. – la sua voce era impastata dal vino, teneva gli occhi puntati di fronte a sé. Viserys sorrise e si alzò in piedi allungando verso la sala il calice.
-Propongo un brindisi per quest’unione! Oggigiorno non è facile partecipare a momenti felici come questi. Dopo il matrimonio di mia sorella e il Dothraki a cui l’ho venduta, non ho più avuto modo di partecipare ad altre celebrazioni. In parte anche perché la mia vita cessò. – qualche risata rimbombò nella sala. Ora tutti stavano ascoltando il suo discorso. Così proseguì:
-Per me quindi è un grande onore essere qui e potervi assistere! – poi si rivolse nuovamente ai due futuri sposi alla sua sinistra, mantenendo però il tono di voce abbastanza alto in maniera che l’intera sala udisse.
-Mi sembra di ricordare che purtroppo il re, mio padre ebbe la pessima idea di mandare nella tomba quello di Lady Stark. Ora non avrà nessuno che la possa accompagnare all’altare. Credo sia mio obbligo addossarmi delle colpe del mio genitore e assumermi questo dovere nei suoi confronti. –
Gerold fece un cenno col capo.
-Ovviamente questo onere tocca a voi, oltretutto siete la persona di maggiore influenza presente al castello. –Stella Nera non poteva negare al principe questo diritto, ma si vedeva che cominciava a non piacergli quel discorso.
-Inoltre… - continuò Viserys –credo mi spetta anche un altro privilegio. – e rispostò lo sguardo verso la donna seduta al suo fianco.
-So che questa legge venne abolita molto tempo fa da un mio antenato, ma i tempi sono cambiati. Ora nei Sette Regni governa mia sorella. Io presto siederò al suo fianco e posso decidere di apporre alcune modifiche ai vecchi emendamenti. –
-Di che legge state parlando? – la voce di Stella Nera era carica di astio.
-Rivendico il diritto della prima notte. – disse in un sol fiato il principe, portandosi il calice alla bocca e sorseggiando il vino.
Gli occhi di Gerold divennero due fessure. Lyanna guardò Viserys sbigottita e le mancò l’aria.
Come potete farmi questo? Siete un vile codardo! Le veniva da piangere, ma l’effetto del vino la fece ridere invece. Tenne il volto basso e la chioma di capelli le nascose il volto. Entrambi gli uomini la guardarono. Poi Gerold parlò.
-Non avete considerato una mia opposizione. – sibilò.
-Non credo siate nella posizione di potervi rifiutate, né nella condizione di farlo! Potrei prendere la vostra opposizione come un affronto alla mia casata e non ci metterei molto a tornare a Grande Inverno e comunicare a mia sorella che l’alleanza con Dorne è finita! –
-Non mi lasciate altra scelta dunque. – la sua voce era carica d’odio.
 
La tensione fra Stella Nera ed il principe dei draghi si avvertì in tutta la sala. Lyanna era seduta proprio tra di loro, e ringraziò l’effetto del vino che l’aiutava a rimanere costantemente deconcentrata. Finalmente la cena finì. Gerold lasciò la sala, senza premurarsi neanche di salutare la donna che fra pochi giorni avrebbe sposato. Lyanna si alzò dal tavolo ed ebbe un capogiro, ma si tenne alla sedia per non cadere. Il principe si era già alzato e stava parlando con le serpi, quando la vide vacillare. Lei fece qualche passo e riuscì a trovare una certa stabilità. Li superò e lasciò la sala. Sentì le sue allieve chiamarla, ma il suono le sembrava così distante e continuò per la sua strada. Era tutto così sbagliato. Sentiva il cuore gonfio e ferito. E questa volta non erano i sogni ad averla traumatizzata. No, in tutta la sua vita non si era mai sentita così umiliata. Il principe l’aveva trattata come un oggetto. Come aveva potuto credere che l’avrebbe davvero riportata a casa da suo figlio? Quell’uomo era una bestia. Ne aveva già avuto prova con Larra la sera prima. Cos’altro ci si poteva aspettare da uno come lui? Robert a confronto era un santo!
Si dovette appoggiare al muro sulla sua sinistra. Le sembrava che il corridoio avesse cominciato a girare improvvisamente. Si mise una mano sulla testa. Credeva che da un momento all’altro le sarebbe scoppiata. Una mano le cinse la vita e l’aiutò a sostenersi.
-Avete esagerato col vino stasera. – la voce del principe era così gentile da sembrare ingannevole.
-Voi avete esagerato su tutto invece! – il suo volto era sfigurato dalla delusione – levatemi le mani di dosso! – e si scostò malamente perdendo l’appoggio. Il principe la prese al volo e lei si ritrovò tra le sue braccia. Una furia ceca la pervase. Alzò una mano per tirargli uno schiaffo, ma i suoi movimenti erano lenti e prevedibili, offuscati dal vino. Il principe anticipò le sue mosse e le prese il polso.
-E’ meglio se vi accompagno nelle vostre stanze. – le disse semplicemente.
-Non toccatemi! – la sua voce divenne incrinata – Per un attimo avevo pensato di potermi fidarmi di voi! E invece siete come tutti gli altri! –
-A mio fratello avete concesso la vostra virtù e a me non concedete nemmeno una notte? – scherzò lui, ma questa volta lo schiaffo arrivò dritto sulla sua guancia, anche se colpì prima la maschera. Il colpo rimbombò lungo tutto il corridoio. Lyanna si scansò da lui e riprese la sua camminata incerta. Il principe continuò a seguirla.
-Smettetela di starmi addosso! – disse lei udendo i suoi passi.
-Voglio assicurarmi che arriviate sana e salva alla vostra stanza. – si massaggiò la guancia - Sapete che mi avete fatto davvero male? –
-Volete anche assicurarvi che mi infili sotto le coperte? – si voltò di nuovo a guardarlo, ignorando i suoi lamenti.
Il suo arresto fu talmente improvviso che il principe per poco non le andò addosso. Si ritrovarono l’uno di fronte all’altra. Lei fissava la sua maschera dal basso.
-Davvero non riuscite a comprendere il vero motivo per cui l’ho fatto? – le chiese incredulo.
-Oh si certo che lo capisco! Voi siete un depravato. Ieri sera avete deflorato una ragazzina innocente, plagiata dalla vostra falsità. Ma a quanto pare non vi è bastato! No, voi volete di più, e vi state solo approfittando di questa situazione! –
Il principe guardò di lato, non riuscendo più a sostenere i suoi occhi di ghiaccio.
-Le vostre parole mi feriscono, e soffro nel constatare che non abbiate capito proprio nulla di me. – la sua voce era malinconica.
-Vi posso assicurare che questa sera, siete stato voi a ferirmi maggiormente. Mi avete trattata come un oggetto di fronte a tutta quella gente, solo per soddisfare i vostri desideri. Io non sono merce di scambio, né tanto meno una sgualdrina!–
Viserys non disse niente, ma tornò a fissarla col suo volto inespressivo.
Lyanna non ce la faceva più, ormai quello che pensava glielo aveva detto in faccia. Si voltò e si diresse verso le sue stanze. Questa volta il principe non la seguì. Rimase a guardarla allontanarsi, lasciandolo solo in quel corridoio in penombra.
 
Note dell’autore:
 
Il principe ha dichiarato dei diritti. Secondo voi perché? Vi lascio con questa situazione molto critica e con tutti i dubbi che ne conseguono.
Non vi commento questo capitolo, perché penso che si commenti già da sé e poi non vi voglio anticipare niente, ma sappiate che le cose saranno destinate a peggiorare inequivocabilmente.
 
Spero che l’evoluzione di questa storia vi possa piacere, e sappiate che sto continuando anche coi capitoli della trama di Daenerys a Dorne, quindi preparatevi a conoscere ciò che accadde anche a lei prima che i delegati del nord la incontrassero, ma prima pubblicherò il seguito di questo capitolo, così vedrete cosa succederà tra Lyanna e Viserys.
 
Alla prossima, un grosso abbraccio e come al solito i vostri pareri sono sempre bene accetti.

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Capitolo 25
*** Sfide Velenose ***


Le parole del principe l’avevano scossa pesantemente, non riusciva a smettere di pensare alla morte di suo padre. Aveva chiuso gli occhi, ma era rimasta sveglia a lungo prima di riuscire finalmente a prendere sonno. Quella notte gli incubi di Lyanna furono anche peggiori del solito.
 
Nella sala del trono Rickard Stark bruciava nella sua stessa armatura. Era appeso ad una catena di ferro, sopra un braciere di alto fuoco. Le fiamme verdi lambivano le placche d’acciaio che lo ricoprivano interamente. La guardava con aria amareggiata e urlava il suo nome. Lyanna!!!
Padre… ti ho deluso. Perdonami…
 
Lyanna non riuscì a guardarlo e spostò lo sguardo alla sua destra, dove suo fratello si prodigava a raggiungere qualcosa di fronte a sé. Lya… Mormorò, portando una mano verso di lei, come a chiederle di aiutarlo. I suoi occhi erano iniettati di sangue. Pian piano le forze lo stavano abbandonando.
Brandon fermati!
Lyanna cercò con lo sguardo la spada, la prese e gliela porse. Ma era troppo tardi. Suo fratello si accasciò al suolo senza vita, le mani sul laccio che stringeva la sua gola.
 
Sulla scalinata di un tempio di marmo chiaro, suo fratello Ned era in ginocchio. Il boia al suo fianco gli disse di pronunciare le sue ultime parole. Ned alzò la testa e la guardò:
Ti eri sempre confidata con me, Lya… perché non l’hai fatto anche quella volta?  La donna si mise le mani sul volto, distrutta dal dolore.
Ti prego Ned, perdonami se puoi…
 
In una camera da letto con le tende arancioni e le coperte dai colori caldi, vide una donna riversa in una pozza di sangue e due corpicini inermi al suo fianco. Gli occhi vitrei della donna la guardavano con espressione triste.
Perché ci hai fatto questo? sembravano chiederle.
Mi dispiace…
 
In un banchetto gli stendardi del meta lupo, del salmone e delle torri gemelle riempivano le pareti. Vide il volto di una donna che assomigliava molto a quello di Sansa e quello di un ragazzo della stessa età di Jon. La osservavano con astio.
-Ho odiato mio marito per tutti questi anni, per una colpa non sua. – disse la donna grave - Hai portato solo morte e disonore nella nostra famiglia! -
Io non volevo, dovete scusarmi…
 
E poi fu di nuovo sulle rive di quel fiume. Si portò le mani sugli occhi per accertarsi di non vedere nulla. Non avrebbe retto di scorgere la delusione anche nel suo sguardo. Percepì solo una mano calda, appoggiarsi sulla sua spalla destra. Trasalì e le sue mani tremando si abbassarono lentamente. Sentiva ancora quella presenza alle sue spalle.
-Lyanna dicevi di amarmi… -
-Io ti amo ancora… - le lacrime le scesero, bagnandole le dita, la sua voce sussultava nel pianto.
-Allora perché mi hai tradito? –
-Non l’ho mai fatto Rhaegar! – e si voltò a guardarlo, ma tutto ciò che vide fu un’immagine offuscata svanire come una nuvola di fumo.
Nooo… Rhaegar! Urlò con quanto fiato aveva in corpo.
 
Le sue urla riecheggiarono per tutta l’ala del castello. Si svegliò in un bagno di sudore, nella bocca sentiva il sapore del sangue. Si era morsa la lingua, poteva sentire pulsare il dolore nella bocca. Si girò dall’altra parte e pianse lacrime amare, stringendosi nelle coperte. Guardò le fiamme del camino in fondo alla stanza. Fuoco e sangue. È anche questo un segno? Quanto ancora dovrete punirmi per quello che ho fatto?
I singhiozzi peggiorarono e continuò a piangere finchè non ebbe più lacrime.
 
Oltre il muro della parete della testata del letto vi era la stanza del principe. Aveva sentito tutti i suoi lamenti. Ogni grido, ogni sofferenza provata, ogni nome invocato. Si era seduto sul bordo del letto, la maschera era appoggiata sul tavolo di fronte. Era indeciso se intervenire o meno. Non ci sarebbero state le sue compagne a soccorrerla quella notte. Si avvicinò all’uscio, ma si fermò quando sentì quel nome. Appoggiò la fronte alla porta sconsolato, battè i pugni contro il legno per la rabbia e sentì le lacrime scendergli lungo le guance.
 
La mattina seguente Lyanna indossò l’abito che Gerold le aveva fatto portare. Era di una tonalità di viola scuro, mentre il corpetto era dorato e un velo trasparente nero le scendeva lungo le braccia e sulla schiena, cadendo dolcemente sul pavimento a strascico. I capelli le vennero acconciati da un lato, fermati con un semplice fermaglio a forma di stella, e lasciati cadere morbidi sul davanti. Lyanna non fece caso alle persone che la stavano fissando. Lei era diretta presso la casa dei contadini che avevano in custodia i figli di Marlene. Aveva preso la decisione di portarli con sé al castello e di tenerli sotto la sua protezione. Quando raggiunse la sua destinazione, però trovò una brutta sorpresa ad attenderla.
-Sono venuta a vedere i tre ragazzi arrivati ieri. –
-Mi dispiace mia signora – disse la moglie del contadino – è arrivato il principe questa mattina presto e li ha portati via con sé. Ci ha pagato bene per il disturbo, ma sia io che mio marito li abbiamo ospitati volentieri. – disse, il sacchetto di monete tintinnarono nelle sue tasche. Lyanna la guardò torva.
-Se eravate davvero in così buona fede, non avreste mai accettato i soldi da quell’individuo! -
Una rabbia nera la pervase. Tornò in fretta verso il castello. Percorse tutti i corridoi, aprì ogni stanza. La servitù la guardò come se fosse impazza. Brienne e Meera la seguirono per un po’, ma poi capirono che era inutile. Non erano riuscite a cavarle una sola parola, per cui decisero di lasciarla stare e tornarono dalle altre loro compagne.
 
Infine lo trovò. Era seduto sui gradini di pietra di un cortile interno con Tyene, la dorniana dai lunghi capelli biondi. Parlavano fitti e sembravano in confidenza. Lyanna si piazzò di fronte a loro e lo guardò con fare accigliato.
-Dove li avete portati? – il suo tono era decisamente furibondo.
-Sono al sicuro. – disse senza neanche guardarla, poi si rivolse alla donna seduta con lui – Tyene, perdonami, ma ti devo chiedere se possiamo continuare il discorso più tardi. – lei non protestò e si allontanò. Il principe si alzò in piedi e scosse le brache nere con le mani, per allontanare la polvere.
-Perché non mi avete messa al corrente? – gli chiese senza cambiare tono.
-Dormivate e non  vi volevo disturbare. – il principe rimase calmo.
-Dove sono ora? Voglio vederli! – pretese lei.
-Mi dispiace, ma penso che questo non sarà possibile. – lo sguardo di Lyanna si fece ancora più furioso.
-Perché mai? –urlò.
-Credo che ora siano già a metà strada per la costa occidentale. –
-Li avete mandati fuori città? Ma dico, siete impazzito? Sono solo dei bambini! –
-Li ho affidati ad una coppia di mercanti. Non hanno figli e li hanno accolti con affetto. Viaggiano in una carovana con altre cinque famiglie e una scorta di miei servitori li sorveglia. Sono diretti all’Altopiano, lontano da questo clima rigido, dalla guerra e… -
-E da me. – concluse mesta la donna. -Perché non mi avete infornata, prima di prendere questa decisione? – i suoi occhi erano diventati lucidi.
-Dovevo provvedere a mantenere la promessa che voi avevate fatto alla loro madre. –
-Era a me che toccava prendere una decisione simile! O pensate di avere altri diritti da rivendicare? – la sua voce era incrinata, aveva di nuovo voglia di piangere, ma non sapeva se per la rabbia o per la tristezza – non ho neanche potuto salutarli. – un lacrima solitaria le scese sulla guancia, fermando la sua corsa sul mento.
Velocemente lei se l’asciugò col dorso della mano, il velo scuro frusciò al suo movimento. Il principe sembrò notare solo in quel momento l’abito che stava indossando.
-Vi preferivo con l’abito della scorsa sera. – affermò con disgusto.
-E’ un regalo di Ser Gerold. – disse senza mostrare il benché minimo sentimento.
-Lo immaginavo… ha dei gusti pessimi! Questi colori assieme non si addicono alla vostra carnagione! –
Lyanna era pienamente d’accordo con lui, ma non lo volle dare a vedere. Mostrò invece un’aria offesa.
-Mi ero ripromessa di non rivolgervi più la parola! –
-Allora fingerò di non avervi visto, quest’oggi! – la schernì.
Lyanna fece una faccia imbronciata.
-Andate pure a cercare la vostra ultima conquista, non vi disturberò oltre. – e fece per andarsene.
-Fate la gelosa ora, Lady Stark? –
Lyanna si fermò e si voltò di scatto, fulminandolo con lo sguardo.
-Vi state sopravvalutando principe Viserys! Pensate che tutte le donne siano ai vostri piedi, ma non è così! Voi non mi conoscete veramente, altrimenti sapreste che io non sono come le altre lady! –
-Questo lo so perfettamente. – le rispose pacifico.
Lyanna pensò che la sua arroganza non avesse limiti. Avrebbe tanto voluto avere la propria spada al fianco e potergliela conficcare nel petto.
 
Quella giornata la trascorse con le sue compagne. Attraversarono tutta la città a piedi, per accertarsi delle condizioni degli abitanti e dell’inserimento della gente da loro salvata. Lyanna raggiunse il castello verso pomeriggio e notò il principe che la osservava da una finestra del primo piano. Fece finta di niente ed entrò nel castello. Incontrò lord Glover e si intrattenne con lui. Prima di cena però si fece preparare un bagno per essere più presentabile. Elanon e Tessa l’aiutarono a scegliere l’abito per la serata. Ser Gerold le aveva fatto portare un vestito giallo acceso con ametiste e perle sul petto. Lei appena lo aveva visto aveva storto il naso.
-Non metterò mai una cosa tanto orrenda!! – si lamentò.
Non era mai stata molto attenta alla sua figura, ma aveva comunque dei gusti migliori del suo futuro sposo.
-Voglio vedere l’altro. Portamelo qui, Tessa! – disse scorgendo un secondo pacco. Sapeva chi glielo aveva mandato e anche se andava contro ogni suo principio dovette rendersi conto che era magnifico.
Era di velluto rosso scuro e ricadeva morbido fino a terra, dalla cintola partiva un velo trasparente color carminio più lungo sul retro a formare un elegante strascico. Sulla vita un ricamo con fili d’argento e ossidiane, partiva stretto dal fianco destro ingrandendosi fino a raggiungere il lato sinistro. Sul corpetto due file di pietre; una di ossidiane e una di rubini incorniciavano la scollatura a cuore. Le maniche erano formate da un velo nero leggero, che riprendeva lo stesso disegno della cintola ed era lavorato con argento, rubini e ancora ossidiane. Due nastri rosso granata le partivano dalla schiena e si incrociavano lungo tutto il braccio finendo il loro inseguimento congiungendosi attorno al dito medio, dove una fedina d’argento intarsiata di rubini riluceva alle fiamme delle candele. Lyanna non aveva mai visto un abito così bello e rimase per qualche attimo senza parole. Era di una fattura ricercata ed elegante. Pensò che Rhaegar l’avrebbe proprio voluta vedere con un abito del genere, e lei sarebbe stata fiera di indossare anche solo per un’altra volta i colori dell’uomo che amava. E forse quella sarebbe stata la sua ultima occasione per farlo. Decise che avrebbe indossato quel vestito ed Elanon l’aiutò ad infilarlo, mentre Tessa teneva lo strascico, facendo attenzione a non stropicciare il tessuto. Poi passarono a sistemarle i capelli. Elanon le fissò delle ciocche dietro la nuca con dei piccoli fermagli in argento, mentre il folto dei capelli le scendeva lungo la schiena. Di tanto in tanto infilò dei piccoli punti di luce rossi. Sulla fronte le cadeva un elegante catenella che terminava con un rubino grosso e due ossidiane più piccole laterali. Prima di uscire Elanon le prese una ciocca di capelli e gliela portò sul davanti.
-Ecco, mia signora ora siete perfetta. – le sorrise. Lyanna ricambiò con un lieve cenno di assenso. Non era dell’umore adatto per festeggiare.
-Grazie Elanon. – i suoi occhi erano tristi, ma grati per tutto l’aiuto che aveva ricevuto da lei.
-Ringrazio anche te, Tessa per l’aiuto e il sostegno che continuate a darmi. – disse poi rivolta alla ragazzina, mettendole una mano sulla guancia.
-E’ un onore servirvi, Lady Lyanna! – disse la piccola.
-Voi siete sempre stata buona con noi, mia signora. – aggiunse Elanon prendendo i lembi della gonna del suo semplice abito verde pastello e abbassandosi per renderle omaggio. Si avviarono assieme verso la sala del banchetto. Per un attimo, e solo per un attimo le sembrò di essere una principessa, scortata dalle sue damigelle.
 
Quando fece il suo ingresso, tutta la sala si voltò a guardarla. Uomini del nord, dorniani, Lord Glover e la sua famiglia. Le sue allieve rimasero a bocca aperta. Le Serpi delle Sabbie stavano parlando con il principe Viserys. Quest’ultimo quando la vide, rimase sconcertato. Lyanna notò Nymerya dirgli qualcosa all’orecchio. Le diede fastidio quella scena, non seppe nemmeno spiegarsi il motivo, così spostò lo sguardo verso Stella Nera, che stava seduto al tavolo principale in attesa che lei lo raggiungesse. Si incamminò in quella direzione, ma sulla sua traiettoria si inserì il principe. Indossava una casacca lunga senza maniche scarlatta istoriata di decori scuri e dorati. Le maniche della camicia erano nere come le brache. Le arrivò di fronte, procedendo deciso verso di lei. Lyanna si fermò e quando le arrivò a pochi passi, anche lui si arrestò. Si inchinò rispettosamente e le porse una mano. Lei lo guardò senza lasciar trapelare alcuna emozione. Gli diede la mano e lui gliela baciò senza però toccarla con le labbra.
-Lady Stark siete incantevole! –
-Le vostre parole sono più velenose di quelle pronunciate da Ser Gerold. – rispose secca, continuando a guardarlo astiosa.
-Non sapete quanto avete ragione, mia lady! – lo sentì ridere - Permettete  che vi accompagni al tavolo? – le chiese.
Lei stette al gioco, fingendo di non provare alcun risentimento nei suoi confronti.
Avanzarono lentamente fra gli astanti, tutti gli sguardi erano puntati su di loro. Salirono i quattro scalini della pedana. Poi il principe le lasciò la mano, le spostò la sedia e attese che si accomodasse e infine prese posto accanto a lei. Stella Nera osservò i suoi movimenti con occhi carichi di odio. Prese la mano di Lyanna e le baciò il dorso, poi la strinse a sé e guardando in cagnesco il principe le diede un bacio sul collo. Lei rimase rigida a quel contatto. Si sentiva sballottata da un uomo all’altro, come se stessero facendo a gara per accaparrarsi il premio. Era una cosa che non sopportava, ma non poteva scappare da quella situazione. Da una parte si sarebbe sgretolata l’alleanza di Dorne, dall’altra quella della Regina Targeryen. Fra le due Lyanna sapeva che era molto peggio mettersi contro i draghi piuttosto che le serpi. Quindi avrebbe retto il gioco, finchè avrebbe potuto. Finchè il suo cuore lo avrebbe sopportato. Inavvertitamente si toccò la collana che teneva al collo. Un lieve pensiero le attraversò la mente, ma poi ripensò al volto di suo figlio e scacciò quella macabra riflessione.
 
Si sedettero a tavola e le portate vennero servite. Enormi vassoi di pietanze dorniane. C’era carne, pesce e verdure cucinate nella tipica maniera del sud, con spezie piccanti e dai gusti saporiti. Lyanna conosceva molto bene quel cibo, lo aveva condiviso col suo principe d’argento alla Torre della Gioia.
Ser Gerold prendeva gli alimenti dal vassoio che aveva di fronte e se lo posava nel piatto, leccandosi di tanto in tanto le dita unte di grasso. Poi si versò del vino e riempì anche il bicchiere della sua promessa sposa.
Lei ne approfittò per bere qualche sorso, e mandare giù una fetta di pane con una salsa che le aveva infiammato la lingua. Il principe la osservò appena divertito da quella scena, poi prese uno dei vassoi alla sua destra, si mise qualche tartina sul suo piatto e scelse invece quelle da mettere sul piatto di lei. Lyanna lo guardò basita, domandandosi come facesse a indovinare i suoi gusti. Anche Stella Nera sembrò notare le attenzioni che le prestava e spesso i due si trovavano a lanciarsi sguardi e a scambiarsi cenni silenziosi. La donna si sentiva tra due fuochi, avrebbe tanto desiderato che quella fiamma la bruciasse viva, piuttosto di essere l’oggetto di contesa dei due uomini, come già era avvenuto a suo tempo.
 
La cena continuò in questa maniera. Gerold le versava da bere, mentre il principe le posava di tanto in tanto qualche gustosa pietanza sul piatto, premurandosi così che mettesse qualcosa nello stomaco.
Un bardo cominciò a intonare una melodia allegra e Ser Gerold, ne approfittò per chiedere a Lyanna di aprire le danze. Appena passarono accanto al menestrello, lui gli ordinò di suonare una canzone in particolare. Ballarono assieme sulle note della Moglie del Dorniano. Stella Nera posava spesso e volentieri i suoi occhi d’ametista ad indirizzo del principe, come a metterlo in guardia di quello che poteva succedergli se continuava ad avere interessi verso la sua futura moglie.
-Vedo che avete preferito non indossare l’abito che vi avevo fatto recapitare nelle vostra stanze! – osservò l’uomo. La sua voce era affilata e sembrava vistosamente in collera. Posò poi lo sguardo sulla sua scollatura. Lyanna se ne accorse, ma finse di non averlo notato.
-Purtroppo non potevo rifiutarmi. Sapete cosa vuole da me. Quando avrà soddisfatto i suoi desideri, sarò libera dagli obblighi che mi vincolano a lui. – disse amareggiata, non celando un certo fastidio.
-Il principe non fa altro che starvi addosso. – le comunicò, ma non attese che lei gli rispondesse, Lyanna dopotutto non sapeva nemmeno cosa dirgli – Se vi vedo provare piacere nel ricevere anche solo una delle sue attenzioni, o dargli speranze, vi avviso… - e le prese il collo con forza – non avrò pietà per voi! – strinse le dita attorno alla sua gola.
Lyanna sostenne il suo sguardo con coraggio, ma nei suoi occhi Gerold dovette scorgere la paura che in realtà cercava di nascondere dentro, perché emise un ghigno soddisfatto.
-Mi state facendo male! – si lamentò lei provando a liberarsi dalla sua presa.
-Mi piace il vostro carattere combattivo, ma non provate ad affrontarmi. Non mi faccio scrupoli, solo perché siete una donna! – le disse poi avvicinando il suo volto a quello di lei.
Le loro bocche entrarono in contatto. Con prepotenza le aprì le labbra e la sua lingua si fece spazio per incontrare quella di Lyanna, che dovette rinunciare a lottare. Rimase rigida, mentre con l’altra mano le premeva sulla schiena scoperta. Le sue dita non erano per niente delicate. Toccava la sua pelle come se stesse maneggiando una spada da combattimento. Poi si staccò da lei rudemente, facendola barcollare Lyanna spostò la testa di lato, velando l’espressione malinconica dei suoi occhi. Non voleva mostrarsi debole di fronte a quella serpe velenosa.
Udì un colpo di tosse alle sue spalle. Il principe si era avvicinato a loro. Lo vide inchinarsi di fronte a lei:
-Se la lady non è stanca vorrei poterle chiedere il ballo che mi spetta. – attese la sua risposta.
Lyanna guardò prima Gerold, per avere il suo permesso. L’uomo le fece cenno di andare, e lasciò la pista da ballo. Il principe le prese delicatamente una mano e la posizionò per il ballo successivo. Questa volta suonarono una musica molto più lenta. Si tennero per mano, facendo tre passi in avanti e uno all’indietro. Poi girarono attorno sfiorando appena i palmi. Lui le riprese le mani e gliele portò in alto, le fece fare una piroetta senza mai lasciare la sua presa e poi lei si ritrovò tra le sue braccia. Fecero ancora qualche passo in avanti, rimanendo attaccati.
-Quest’abito sembra fatto per voi, mia lady! –
-E’ stato un pensiero gentile farmelo portare nelle mie stanze. – rispose lei atona, mentre continuavano a fare tre passi in avanti e uno all’indietro. Il petto del principe premeva sulla sua schiena.
-Immaginavo che quello scelto da Stella Nera non sarebbe stato di vostro gradimento! – le sussurrò all’orecchio. Lyanna non rispose. Non voleva fargli sapere che non aveva neanche considerato l’idea di indossarlo.
-Le tonalità di Dorne non si addicono alla vostra carnagione. – continuò, lei fece ancora scena muta.
Il principe con un braccio, fece scendere la sua schiena di lato e col busto la sovrastò:
-Sapevo invece che i colori della mia casata, avrebbero fatto risaltare i vostri occhi. – sussurrandole all’orecchio queste parole, continuò ad elogiarla. Lyanna lo guardò fisso sulla maschera. I suoi pensieri però erano lontani. Al momento in cui dalle sue spalle cadeva il mantello cremisi di Rhaegar e la corona di rose blu era sul capo.
-Continuare ad adularmi, non vi permetterà di farmi cambiare idea su di voi! Siete solo un illuso se pensate che qualche complimento mi farà dimenticare ciò che in realtà volete da me. –
Lui le prese le mani e la trascinò a sé.
-Siete convinta di quello che dite? – le si accostò a lui per procedere ancora di qualche passo
-Certamente. – si ritrovarono di nuovo a girare attorno, questa volta tenendo i palmi tra di loro e l’altra mano sopra le loro teste.
-Non avete ancora capito perché l’ho fatto? –
-Non è rilevante il perché, ma il solo fatto di averlo proposto è inaccettabile! –
-Mi dispiace che la pensiate così. – la prese per i fianchi e la sollevò facendo una piroetta.
-Non vi dispiacerà poi tanto, quando avrete il mio corpo! – lo guardò con rimprovero quando lui la riappoggiò a terra – Ma non avrete mai il mio cuore! –
-Peccato… ero convinto del contrario. – velocemente si sollevò appena la maschera fin sotto il naso con una mano, mentre con l’altra la prese per la schiena e l’avvicinò a sé.
Inaspettatamente la baciò. Tutti si ammutolirono. Stella Nera stava seduto alla sua tavola e sorseggiava un calice di vino. Gli occhi puntati sulla scena. Il bacio di Viserys fu molto diverso da quello di Gerold. Le sue labbra erano delicate e non le fece forza. Senza saperne il motivo, a Lyanna sembrò del tutto naturale rispondere a quel gesto e per qualche istante anche le sue labbra si mossero. Poi un pensiero la fece tornare alla realtà.
“Perché mi hai tradito?” Rhaegar…
 
Si staccò da lui abbassando il volto lateralmente. Si portò una mano sulla bocca e si allontanò da Viserys. Raggiunse una colonna e vi si appoggiò per riprendere fiato. Lady Brienne le fu affianco in un baleno. Scorse nei suoi occhi grigi una disperazione devastante. La strinse tra le sue braccia e la donna si lasciò fare.
Le lacrime scesero copiose sulle guance di Lyanna al solo pensiero che avrebbe dovuto condividere un’intera notte con quell’uomo spregevole. Poi posò il suo sguardo sulla tavola in cerca di Ser Dayne. Il suo posto era vuoto. Cercò quella cascata di capelli argentati per l’intera stanza, e quando lo vide, notò che si stava dirigendo verso di lei. Si fermò di fronte a loro, Brienne si irrigidì, Lyanna sapeva che non amava la presenza di quell’uomo, e non poteva darle torto.
-Mia signora, vogliate prendere questo calice di vino per sciacquarvi la bocca. – disse schifato - Dovrete essere assetata, dopo due balli. – i suoi occhi però erano freddi come il ferro di una spada. Lyanna accettò il bicchiere e lo bevette in un sol sorso. I suoi occhi intravvidero la chioma argentata del principe accostato in un angolo con Tyene esattamente dalla parte opposta della sala. Per qualche istante li osservò parlare tra di loro, poi la serpe gli porse un calice ed il principe bevve il contenuto avidamente. Poi guardò la donna bionda davanti a sé, le affondò una mano tra i capelli della nuca e le strappò un bacio.
Le donne sono solo un oggetto per lui.
 
Note dell’autore:
 
E giungiamo alla fine anche di questo capitolo. La situazione non sembra migliorata, anzi molti dettagli portano ad un peggioramento repentino delle varie situazioni. I sogni che lei ha durante la notte la fanno soffrire, ora si sente accusata da tutti loro per ciò che ha fatto nel passato, ma anche per quello che sta vivendo nel presente. Il sogno su Rhaegar poi la destabilizza ulteriormente. Il “perché mi hai tradita?” la tormenterà per molto tempo e questo lo vedremo anche più avanti. Ma non è la sola a soffrire. Anche il principe sente le sue urla, ma sa che ancora non è il momento per intervenire. Non è facile per lui quella decisione, ma qualcosa lo frena. Lyanna pensa di poter trovare conforto, coccolando i tre bambini che Marlene le ha affidato, ma una doccia fredda le arriva improvvisa. Non ci sono più e il sapere che dietro alla loro partenza c’è Viserys la rende ancora più frustrata e questo porta all’ennesima lite.
Durante il banchetto Lyanna si sente un oggetto sia per Gerold che con quel matrimonio vede solo un mezzo per dominare sul nord, sia per Viserys che all’apparenza sembra essere solo interessato ad ottenere ciò che vuole. Eppure di tanto in tanto cerca di farle capire qualcosa che lei non riesce proprio ad afferrare, accecata dalla maschera che si trova di fronte e dall’uomo che è convinta si celi al suo interno. Ho voluto sottolineare bene i due diversi baci che riceve in pochi istanti l’uno dall’altro ed il modo in cui anche lei si trova a reagire. Poi tutto finisce, proprio con quelle stesse parole del suo sogno. Quasi come il “promettimi Ned” che ha perseguitato suo fratello per 15 anni.
 
Ora vi lascio con forse più dubbi di prima, ma non vi preoccupate tutti i nodi vengono al pettine e prima o poi arriverà il momento di spiegare tutto. D’altronde noi veniamo da una saga che ci deve ancora svelare 1.000 e più misteri e in quasi 10 anni dalla pubblicazione del primo libro, non è che ci sia stato ancora confermato niente, tranne per la serie tv che ci ha convalidato che Lyanna è la madre di Jon Snow.
 
Vi chiedo solo perdono se non sono stata per niente puntuale, ma mi sto studiando una teoria per riuscire ad andare avanti in Tales e grazie ad un’amica siamo ormai giunti forse ad una conclusione, che a mio parere è del tutto inaspettata. Purtroppo per continuare questa storia, devo prima definire l’altra per renderla più reale.
 
Grazie infinite per l’afflusso con cui continuate a seguire questa storia, per chi mi consiglia e mi stimola ad andare avanti e anche per coloro che mi stanno recensendo i capitoli man mano che escono, mostrandomi i loro dubbi e le loro preoccupazioni, e facendomi molteplici complimenti.
Questa storia è merito vostro se continua ad esistere!
 
 

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Capitolo 26
*** Terza Testa del Drago ***


Giardini dell’Acqua; Dorne.
 
I giorni seguenti erano trascorsi sereni. Il rapporto tra Dany e Rhaegar si era saldato sempre più. Lei adorava la sua compagnia, e quando non erano assieme, si ritrovava a cercarlo tra le varie stanze del palazzo. Il più delle volte lo trovava nella sua camera a sfiorare le corde dell’arpa che gli aveva regalato e a comporre delle dolci melodie. Oppure era immerso a leggere qualche grosso tomo seduto sulle panche del cortile interno o sui bordi di una fontana. Altrimenti  passeggiava sulla spiaggia, osservando i draghi volare sopra il mare. Si vedeva che cercava la solitudine per pensare agli errori del suo passato, ma Dany non gli permetteva di lasciarsi troppo affogare in quei brutti ricordi. Lei si sentiva felice, come mai nella sua vita, seppur il futuro davanti a sè fosse ancora così incerto. Ed egoisticamente voleva che anche lui provasse solo sentimenti gioiosi. Ma quando vedeva i suoi occhi malinconici illuminati dalla luce del tramonto, provava pure lei una tristezza infinita.
-Ser Barristan cosa posso fare per farlo sorridere? – Dany era in piedi sulla terrazza della sua stanza, una mano appoggiata sul parapetto e osservava Rhaegar sulla spiaggia.
-Mia regina, lo sguardo del principe è sempre stato così. Credo che tutto abbia avuto inizio dalla sua nascita a Sala dell’Estate. –
-Ma c’è stato un tempo in cui lo avete visto sorridere, non è così? –
-Sì. – ammise il cavaliere senza aggiungere altro.
-Ed era con lei, vero? – Ser Barristan sapeva a quale donna, lei si stesse riferendo.
-Mia regina, vi assicuro che in questi giorni con voi, l’ho visto molto sereno. – affermò.
Dany guardò i lunghi capelli argentei di Rhaegar muoversi armoniosi sulle note del vento, le onde lambivano i suoi piedi ed il suo sguardo era perso nell’orizzonte.
 
Avevano preso la decisione di partire all’attacco per Approdo del Re al nuovo ciclo di luna. Rhaegar avrebbe avuto così modo di conoscere nel frattempo i comandanti della flotta di Asha e Theon Greyjoy, e quelli dei Tyrell. Ellaria e le sue serpi erano andate a reclutare il loro esercito, mentre Arianne era rimasta a Lancia del Sole, ma spesso passava a trovarli alla loro residenza sul mare.  Dany aveva notato che l’interesse della donna verso suo fratello era aumentato. Spesso e volentieri lo fermava per i corridoi, proponendogli passeggiate e incontri al chiaro di luna, che lui continuava a rifiutare garbatamente.
 
Erano distesi sull’enorme letto a baldacchino nelle camere della regina. Era pomeriggio ed il sole alto nel cielo, rendeva ancora calde le giornate. Avevano preferito rimanere al riparo da quella impressionante calura e stavano mangiando della frutta ghiacciata.  Daenerys indossava un abito molto leggero. Era legato dietro al collo con una catenella dorata. Il tessuto era di una tonalità lavanda. Si era tolta le scarpette che erano abbandonate ai piedi del letto. I suoi capelli legati in una grossa treccia fasciata da piccole treccine più piccole, per permettere al suo collo di respirare. Rhaegar invece indossava una casacca senza maniche bianca e oro, le brache erano della stessa tonalità. I muscoli delle braccia erano ben visibili. La scollatura della maglia mostrava appena i segni della cicatrice che aveva sul petto scolpito, aveva cercato di nascondere quel segno con una stola avvolta attorno al collo. Ma in quel momento l’aveva tolta e aveva anche slacciato qualche bottone della casacca. Dany potè scorgere meglio lo sfregio sul suo torace, ma cercò di non far cadere troppo spesso lo sguardo in quella direzione. I suoi capelli erano semplicemente legati in una coda lunga. Daenerys era distesa a pancia in giù sul letto, mentre suo fratello era steso sul fianco sinistro.
-Vuoi che intervenga? – gli aveva chiesto, infastidita dall’ultima visita improvvisa della principessa di Dorne.
-Non ti preoccupare. So gestire situazioni come queste, Dany. –
-Quante donne hanno cercato di attirare le tue attenzioni, prima che ti sposassi? –
-Troppe. – ammise con vergogna – e non solo prima del matrimonio. – prese una piccola bacca rossa e se la portò alla bocca.
-Mi da sui nervi, vederla sempre gironzolare qui! – commentò la giovane, leccando una goccia di sugo che le stava scivolando sul polso.
-E’ casa sua, ne ha tutti i diritti! – cercò di tranquillizzarla lui.
Una brezza d’aria entrò dalla finestra, entrambi socchiusero gli occhi nel ricevere quella leggera sensazione di benessere. Quando li riaprirono si ritrovano a ridere, consci di avere lo stesso modo di fare.
-Devo pensare che le sue attenzioni ti rendono gelosa, sorellina? – le domandò all’improvviso.
-Un po’ sì. – ammise lei.
Rhaegar le sorrise e le lanciò un pezzetto di ghiaccio che le cadde sulla sua perfetta schiena nuda. Dany ebbe un sussulto, ma in breve il ghiaccio si sciolse al tepore della pelle della ragazza. La goccia le scese lungo il fianco facendole il solletico. Lei scoppiò a ridere e gli si lanciò addosso colpendolo ripetutamente con dei leggeri pugni che lui fece finta di parare.
Fuori le guardie e la servitù dorniana sentirono le loro risate e fraintesero cosa stesse davvero succedendo nelle stanze della regina.
 
Qualche momento dopo qualcuno bussò alla porta. I due fermarono la loro lotta.
-Avanti! – disse Dany continuando a rimanere sopra a suo fratello e guardandolo ridendo. Rhaegar ancora le teneva i polsi, ma si mise immediatamente la maschera tenendola ferma con una mano, per celare il suo volto. Entrambi guardarono il paggio entrare e bloccarsi dopo pochi passi. Appena li vide sul letto, abbassò gli occhi e sembrò che la parola gli si fosse persa in gola.
-Mia regina, lord Varys vi chiede udienza. –
-Ancora? – sbuffò la ragazza mentre si sistemava una spallina dell’abito – cosa non gli è chiaro nel concetto di levarsi dai piedi? – e tornò a guardare suo fratello sotto di sé. Lui riposò lo sguardo sui suoi occhi d’ametista, anche se Dnay non potè notarlo, la sua espressione si fece cupa.
-Sua maestà, con lui ci sono delle persone. – Dany voltò lo sguardo nuovamente nella direzione del giovane.
-Chi sono? – chiese curiosa. Dalla finestra si udì il nitrire di alcuni cavalli.
 
Dany e Rhaegar si ricomposero e scesero nell’atrio principale a ricevere i loro ospiti. Arianne arrivò dai cortili esterni, accompagnata da Tyene, una delle tre Serpi delle Sabbie.
Appena gli ospiti entrarono la stanza venne invasa dal profumo nauseante dell’eunuco. Con fare cerimonioso prese una mano della regina e vi appoggiò le labbra unte sul dorso. Dany provava repulsione per quell’uomo, da quando suo fratello le aveva detto di fare attenzione alla sua lealtà. Poi fece lo stesso con la principessa Arianne. La quale ne approfittò per prendere posto dall’altro lato di Rhaegar.
Con lui erano entrati alcuni uomini. Indossavano delle armature di vari colori e stemmi. Dany notò che suo fratello aveva posato il suo sguardo su un uomo in particolare. Questo era appena entrato e stata attraversando la sala con passo deciso fino a mettersi in ginocchio di fronte a loro. La sua armatura era per metà bianca e per metà rossa scarlatta.
-Mia regina, siamo venuti a porgervi il benvenuto. Era da tempo che desideravamo conoscervi. – disse l’uomo. I suoi capelli, come la sua barba erano di un rosso fuoco ormai spenti dagli anni. Il suo sguardo era duro e incartapecorito di rughe e cicatrici. Sulla sua casacca spiccava un grifone rosso su fondo bianco di fronte ad esso uno uguale, però dai colori invertiti. Dany non sapeva chi fosse, ma dedusse dall’interesse di suo fratello che lui lo conosceva bene.
-Non conosco il vostro nome. – gli chiese implicitamente, nascondendo la sua curiosità dietro ad una finta indifferenza.
-Il mio nome è Jon Connington, sono stato lord di Posatoio del Grifone, per poco tempo ho servito vostro padre come Primo Cavaliere durante la guerra dell’Usurpatore, ma persi la Battaglia delle Campane e mi vennero tolti sia titoli che terre. Viaggiai con la Compagnia Dorata per cinque anni, ma poi venni contattato da lord Varys per una missione di estrema importanza. –
Dany ascoltò con interesse il suo racconto, quando vide lo sguardo di Jon posarsi sull’uomo al suo fianco, glielo presentò.
-Lui è mio fratello Viserys Targaryen, Principe di Roccia del Drago.  – l’uomo fece un inchino nella sua direzione, ma Dany notò che i suoi occhi avevano cambiato espressione appena lei aveva pronunciato quell’appellativo.
-E’ un piacere fare la vostra conoscenza. -  la voce di suo fratello era notevolmente cambiata, sembrava come se si fosse sforzato di renderla diversa.
Jon sembrò non farci caso e spostò tutte le sue attenzioni verso la regina.
-Parlavate di una missione importante prima, di cosa si tratta? – gli chiese, fu però Varys a prendere la parola.
-Vedete mia regina, non ho potuto mettervene al corrente prima, perché era una cosa molto delicata e riservata. Ho tenuto il segreto per tutti questi anni. Ahimè, è stato molto difficile, ma avevo persone molto valide al mio fianco. Magistro Illyrio è stato uno di questi, voi lo conoscete bene! – Dany lo guardò con rinnovato stupore sentendo quel nome. Non si era mai veramente fidata nemmeno di quell’uomo.
-Sì, ci ospitò nella sua casa a Pentos, prima che partissimo col Khalasar di Drogo. – spiegò Dany.
-Esattamente. Fu grazie a lui che riuscimmo a contattare il qui presente Jon Connington. Sapevo che avrebbe appoggiato la nostra causa. Lui era un grande amico di vostro fratello Rhaegar! –
Un brivido percorse la schiena nuda di Daenerys. Si mosse nervosa e diede solo uno sguardo a suo fratello affianco a sé. Ci hanno scoperti? Lui invece non mosse un muscolo e prese la parola.
-Cosa centra nostro fratello? Mi risulta morto ormai da anni? Volete forse dirmi che si è salvato miracolosamente? – schernì gli uomini di fronte a sè.
-No, a quanto ci è dato sapere il principe Rhaegar non è sopravvissuto alla Ribellione di Robert, ma qualcun altro sì. – Varys adorava rimanere sul vago e lasciare crogiolare i suoi interlocutori.
-Di chi state parlando? – chiese curiosa Dany.
-Vieni avanti ragazzo. – lo chiamò Jon.
 
Il giovane che varcò la porta era alto e snello. Indossava i colori dei Targaryen. Aveva un portamento regale ed elegante. Dany però fu subito colpita dal suo volto. I suoi zigomi erano alti, la pelle era abbronzata. Le ciglia erano chiare e lunghe quasi come quelle di una donna. I suoi occhi erano viola. Dany trattenne per un attimo il respiro non capendo chi avesse di fronte a sé. Il ragazzo era straordinariamente bello ed il suo fisico era ben proporzionato.
-Salve zia. – si rivolse a lei senza appellativi, né convenevoli. Rimase in posizione eretta e non accennò nemmeno ad un inchino. Questo fece incupire la Regina dei Draghi che lo guardò aggrottando le sopracciglia.
-Chi sei? – gli chiese, guardando incerta suo fratello Viserys che non aveva cavato gli occhi da quel ragazzo nemmeno per un momento.
-Il mio nome è Aegon Targaryen, e sono il figlio di vostro fratello Rhaegar. – rivelò il giovane senza timore.
 
La stanza piombò in un silenzio quasi tombale. Nessuno aveva proferito parola, sembrava che tutti stessero trattenendo il fiato. In lontananza si sentiva solo il rumore delle onde del mare. Dany non poteva credere alle sue orecchie. Come poteva essere ancora vivo? Cercò un sostegno nello sguardo di suo fratello, ma a causa della maschera non riuscì a decifrare l’espressione che aveva il suo viso. Notò che il ragazzo di fronte a sé continuava a guardarla. Dany tenne le spalle bene aperte e innalzò un muro di difesa nei suoi confronti. Non seppe dire perché lo fece, ma le venne naturale. Non le era piaciuto il modo in cui si era rivolto a lei. Lasciava presagire solo una cosa: la conquista del suo trono non sarebbe stata così scontata.
Tyrion Lannister arrivò tutto trafelato. Dany potè solo immaginare quali piacevoli impegni avevano trattenuto il suo Primo Cavaliere. Quando entrò nella sala, lei lo guardò con aria di rimprovero, Jon ed Aegon invece rimasero a bocca aperta.
-Yollo! Alla fine hai salvato la tua brutta pellaccia! – a parlare era stato un uomo molto grosso.
-Non sapevo mia regina che i paperi fossero stati accettati nella tua cerchia ristretta! – schernì il nano.
-Tu li conosci? – gli chiese stupita.
-Prima di arrivare da voi ho viaggiato in una chiatta con alcuni di questi uomini. –
-Sapevi dell’esistenza di mio nipote, quindi? – il nano guardò prima lei e poi il giovane di fronte a loro.
-Hai già mostrato tutte le carte dunque? Hai imparato in fretta, giovanotto! – gli disse prima di rivolgersi alla sua regina – Sì sua maestà, sapevo della sua esistenza, ma non spettava a me rivelarvelo. La loro era una missione segreta. Vi chiedo umilmente perdono per aver taciuto questa verità. –
Se c’era una cosa che odiava più di tutto, era quando scopriva che le erano state nascoste delle cose.
È dunque vero, non mi posso fidare proprio di nessuno!! Per fortuna ora al mio fianco ho mio fratello Rhaegar! Lui è l’unico ad essere sincero con me.
 
-Come è possibile che tu sia vivo? – tornò a guardare quegli occhi viola. - Mi era stato detto che mio padre e la famiglia di mio fratello erano morti alla capitale. – precisò la regina.
-Lord Varys mise nella mia culla il figlio di un tintore di pellami, nato nel Vicolo delle Latrine di Approdo del Re. Il suo cranio venne fracassato, nessuno quindi ha potuto verificare se fossi davvero io. Dopo lo scambio venni portato in salvo al di là del Mare Stretto e rimasi in custodia per un po’ di tempo a casa di Illyrio Mopatis, prima che mi desse in affidamento a lord Connington. Quando ho raggiunto l’età giusta, mi è stata rivelata la mia vera identità. Sono stato addestrato nelle arti del combattimento e della cultura dell’occidente. Avevo una septa e un maestro d’armi. In principio pensavamo di raggiungerti a Meeren, e abbiamo atteso che tu fossi pronta per la conquista del trono, ma ti ostinavi a rimanere ancorata alla Baia degli Schiavisti. Così ho pensato di cominciare da solo, sotto consiglio del nostro buon amico che abbiamo in comune. – disse rivolgendo uno sguardo al nano sotto di loro - Noi ora abbiamo il controllo delle Terre della Tempesta, tu hai l’Altopiano e Dorne. Uniamo le nostre forze e marciamo verso la capitale! – disse con convinzione.
Le sue parole erano giuste, ma in Dany non sortirono l’effetto che avrebbe sperato. Qualcosa non gli piaceva in quella situazione. La pretesa al trono di quel giovane era decisamente più valida della sua. Era lui l’erede di diritto. Il figlio del legittimo successore al trono, veniva certamente prima di un qualsiasi fratello. Diede solo uno sguardo di sfuggita a Rhaegar. Anche lui sembrava non saperne niente di tutto questo.
-Quello che dici ha senso. – la sua voce era autoritaria, lo vide sorriderle. Aveva molto fascino, proprio come suo padre, ma in lui c’era molta più arroganza. Dany notò che suo fratello non aveva più mosso un muscolo, sembrava essere turbato. Capì che quella situazione lo stava mettendo a disagio, ma lei voleva vederci chiaro, quindi continuò.
-Ma come posso fidarmi di te? Piombi qui e mi dici che ti sei già preso la briga di cominciare al conquista dei Sette Regni. Mi stai chiedendo un’alleanza per riprendere il trono che è stato tolto alla nostra famiglia, ma non sono una stupida. Tu sei figlio del principe ereditario, questo ti mette su uno scalino superiore rispetto a me per la linea di successione. Dimmi nipote: cosa otterrei io in cambio? –
-Diverresti la mia regina e regneresti al mio fianco! – disse semplicemente il giovane, sorridendole.
 
Dopo quell’incontro erano tornati nelle stanze di Daenerys. Rhaegar si era tolto la maschera immediatamente e si era seduto sul bordo del letto. I gomiti appoggiati sulle ginocchia e la testa tra le mani. Aveva anche sciolto i capelli che gli scendevano come una cascata di argento liquido. Dany poteva solo immaginare quello che stava provando, ma tenne un atteggiamento orgoglioso.
-Ti prego di scusarmi, se sono stata fredda e distaccata con loro, ma… - cominciò lei.
-Non ti scusare. – le rispose lui, dapprima senza muoversi. Poi alzò la testa e la guardò negli occhi serio. La sua voce divenne più autorevole. - Sei una regina e non devi mai mostrarti debole di fronte a nessuno. Soprattutto di fronte a quel ragazzo. –
-Vuoi dire: tuo figlio. – lo corresse lei.
Rhaegar spostò il volto alla sua destra. Anche se non potè vederli bene, Dany sapeva che i suoi occhi erano tornati a trasmettere una profonda malinconia.
-E’ ancora da confermare. – disse in un sussurro.
-Vuoi dire che la storia che ci ha raccontato è una menzogna? – i suoi occhi scrutarono suo fratello.
-Dico solo che non mi fido di Varys. Era al servizio di mio padre, e per anni non ha fatto altro che screditarmi di fronte ai suoi occhi. Lo ha reso sospettoso nei miei confronti. Lo ha convinto che stessi cercando di spodestarlo e di prendergli il trono. Nostro padre si accerchiava di innumerevoli soldati, quando io ero ad Approdo del Re, persino nelle sue stanze, per evitare che rimanessimo mai veramente soli. E Varys era sempre all’erta. Pronto a riferirgli ogni mio piccolo movimento. –
-Credi che sia tutta una messinscena allora? – improvvisamente le tornarono alla mente le parole della profezia alla casa degli eterni. Sterminatrice di menzogne…
-Non te lo so dire con precisione. – le rispose dispiaciuto, tornando a guardarla – Come può un uomo che ha agito per anni in questa maniera, cambiare  improvvisamente opinione dopo la mia morte? Mi sembra strano che abbia addirittura pensato di mettere in salvo il mio unico erede maschio. Non credi anche tu che qualcosa non torni? – cercò di farla ragionare.
Dany si accucciò di fronte a lui.
-Tu non ti sei mai fidato di lord Varys e io ho sempre visto nelle parole di Magisto Illyrio qualcosa di falso. Forse i tuoi sospetti potrebbero anche essere fondati Rhaegar, ma come possiamo dimostrarlo? Devo fingere di credere alle parole di quel ragazzo per scoprirlo. Ma se scopriamo che lui è veramente chi dice di essere, ritroveresti tuo figlio! – gli prese le mani tra le sue.
-I Sette non sono mai stati così generosi nei miei confronti... – ammise triste lui.
-Forse la ruota comincia a girare, fratello! – gli sorrise speranzosa - Voglio sperare per loro che non ci stiano prendendo in giro. Parlerò meglio con Tyrion, per scoprire quello che sa e poi cercherò di capire se Aegon è davvero tuo figlio. Passerò del tempo con lui per conoscerlo e fargli scoprire le carte in tavola. –
-Ti ha già detto ciò che vuole, Dany: il trono che gli spetta e la tua mano. – i loro occhi erano incollati – Tu sei disposta a condividere il resto della vita con quel ragazzo? –
-Ho sempre pensato che se nella Guerra dell’Usurpatore, le sorti fossero state invertite, io sarei potuta anche andare in sposa a tuo figlio. Eravamo quasi coetanei dopotutto. –
Rhaegar le sorrise dolcemente.
-E se non andaste d’accordo? Rinunceresti alla tua felicità per una sedia così scomoda? –
-Beh, se tuo figlio ha preso anche solo una parte del tuo carattere, non mi dispiacerebbe dividere la mia vita con lui. –
-Dany. – le mise una mano sul capo e le diede un tenero bacio sulla fronte. Capiresti le mie parole, se avessi visto nostra madre soffrire giorno dopo giorno. Guardare i suoi occhi e trovarvi il rimpianto, la tristezza e l’oblio, mentre il suo cuore a poco a poco smetteva di battere. Emise un sospiro e tornò a guardarla.
-Non sai quanto vorrei poter credere alle parole di quel ragazzo, ma qualcosa mi frena. Non so spiegartene il motivo. – la fanciulla si lasciò coccolare ancora un po’ tra le braccia di suo fratello, poi un pensiero le balenò nella mente.
-Il drago ha tre teste. – disse pensierosa sbarrando gli occhi, lui la guardò confuso - non capisci? Potrebbe essere la terza testa del drago! Io, te e tuo figlio! Deve essere lui per forza! Dobbiamo solo portarlo interamente dalla nostra parte e allontanarlo da Varys. –
Rhaegar puntò l’indaco scuro dei suoi occhi in quelli viola di lei.
-Dany non sarà facile. Dopotutto se le cose sono andate davvero come dicono, lui gli deve la vita. –
-La deve anche a te, sei suo padre! –
L’uomo ci pensò su un attimo.
-E va bene, mi hai convinto. Parlerò con Jon Connington, voglio capire se ci stanno mentendo oppure no. –
Nella mente di Dany tornò a martellarle il dubbio di prima.
-Quindi è come pensavo. Tu conosci davvero quell’uomo. –
-Siamo stati scudieri assieme, quando eravamo giovani. Andavamo molto d’accordo e quando venni investito a titolo cavaliere fu lui a servirmi. Rimanemmo sempre in contatto, fu un amico molto fedele, anche se quando mi sposai cominciò a diventare un po’ assillante. Non sopportava molto Elia, diceva che non era la donna adatta a me… - gli occhi di Dany lo guardavano curiosi.
-Davvero? E perché dirti una cosa del genere? –
-Elia ti avrebbe risposto in una sola maniera. – scoppiò a ridere al ricordo di quel giorno in cui sua moglie glielo disse – Era innamorato di me. –
Gli occhi viola della ragazza si aprirono scioccati.
-Cosa? – riuscì solo a dire. Rhaegar timidamente spostò appena lo sguardo di lato. Lei rimase in silenzio ancora un po’ – Quindi tra di voi… ? –
-No, non è come pensi! –la guardò allarmato - io non me ne ero mai accorto prima che lei me lo facesse notare. – e la guardò con occhi vergognosi. Dany gli sorrise. Ha uno sguardo così dolce.
-Dunque non solo eri accerchiato da donne, ma anche gli uomini ti desideravano! – scherzò.
-Non esagerare adesso! –
-Dovrò farti tenere d’occhio da Ser Barristan, se non voglio che Jon Connington ti salti addosso quando andrai a parlargli. Chissà la sua reazione appena scoprirà chi c’è sotto a quella maschera! –
-Preferisco non rivelare la mia vera identità per il momento. Se scopriamo che Aegon è davvero mio figlio allora, sveleremo anche le nostre carte, ma prima di questo momento manteniamo segreti i nostri accordi. – le disse deciso – E voglio che Ser Barristan stia al tuo fianco, Dany. Tu sei più vulnerabile di me. –
-Non ti preoccupare, io ho sempre Verme Grigio e il mio esercito di immacolati e dothraki. –
 
Note dell’autore:
 
Siamo ad un altro capitolo di del passato di Daenerys prima che arrivasse a nord. In un primo momento abbiamo i suoi pensieri su Rhaegar. si sente molto legata a lui e inavvertitamente si ritrova anche ad essere un po’ gelosa per le attenzioni che al principessa Arienne sembra avere per lui. Anche se il principe si mostra del tutto indifferente. Abbiamo un bel momento di condivisione dei due fratelli in cui vediamo il loro rapporto essersi consolidato sempre più.
Ho voluto sottolineare questo loro rapporto per mostrare anche un relazione fra due fratelli Targaryen che vanno d’accordo. Noi purtroppo abbiamo visto nelle seria tv e letto nei libri solo il legame che ha unito Daenerys a Viserys. E non è stato molto pacifico, per tutta una serie di motivi, che ho già provato a spiegare nei capitoli scorsi. Ora volevo invece descrivere un rapporto in cui c’è armonia e complicità. Un sentimento che li tiene davvero uniti proprio per il legame di sangue. Mi è capitato di leggere ultimamente che chi ha il sangue di Valyria sia come destinato a ricongiungersi prima o poi con i suoi parenti. È come se una magia li spinga a cercarsi, ma poi ciò che accade tra loro non è mai certo. Possono odiarsi e non andare d’accordo; come abbiamo visto in Aerys e Rhaella, oppure diventare molto uniti e raggiungere un legame talmente forte che può anche sfociare in amore. Io ho voluto propriamente mostrare questo secondo lato del legame di sangue dell’Antica Valyria. Dove due fratelli vanno d’accordo tra loro, si adorano, si stimano e si ammirano, e inevitabilmente sono attratti l’uno dall’altra, non solo caratterialmente, ma anche fisicamente. Sappiamo che se Daenerys fosse nata prima, Aerys l’avrebbe sicuramente data in sposa a Rhaegar, e io sono convinta che tra i due sicuramente sarebbe nato qualcosa, o comunque è quello che mi sono immaginata per via dei loro caratteri. Poi non voglio entrare nel dettaglio di cosa sarebbe successe se lui un giorno avesse incontrato Lyanna, alla fine credo che il destino avrebbe sempre fatto il suo corso, però sono convinta che tra Rhaegar e Dany avrebbe anche potuto funzionare.
Con questo non voglio confondervi, non è che Rhaegar si stia innamorando di Daenerys, è solo che si trova bene in sua compagnia. Per quanto riguarda Dany invece, è giovane e single. Sappiamo poi essere molto focosa e incline ai bei ragazzi…non si è innamorata di suo fratello, ma di certo non lo disdegna.
 
Ok ora che ho specificato questo passaggio torno a presentarvi il resto del capitolo. Abbiamo l’entrata in scena ad effetto di personaggi che purtroppo nella serie tv credo non vedremmo mai. Varys svela quelle che per me sono sempre state le sue vere intenzioni, almeno sui libri, e porta al cospetto della Regina dei Draghi Aegon Targaryen, accompagnato da Jon Connington.
Da notare come il nipote si rivolge a sua zia. Non usa appellativi, né si inginocchia e la tratta alla sua pari. Lei ovviamente non ama questo genere di modi, non nel luogo che lei sta conquistando e soprattutto non dal primo che arriva e si propone come un altro usurpatore. Perché in fin dei conti è vero che è suo nipote, ma le chiede un’alleanza dove è lei a doversi sottomettere.
 
Infine abbiamo il confronto fra i due fratelli, ma tra i due è lei quella che ha più speranze perché è convinta di aver trovato la risposta alla profezia sulle tre teste del drago. Vedremo che succederà e se ha ragione.
 
Un caloroso abbraccio a tutti. Mi spiace dirvi che purtroppo non sarò molto puntuale con i prossimi capitoli perché Tales, l’altra mia fanfiction sul Trono di Spade, mi sta prendendo notte e giorno, ma prima di pubblicarlo devo essere certa che la trama stia in piedi. Come Martin ho anch’io degli aiuti esterni che mi stanno aiutando a tenere in piedi la storia, e anche a prendere ispirazioni in base alle varie teorie che girano nel web. Perdonatemi ma non per il rispetto che ho nei vostri confronti e per le opere di Martin voglio creare qualcosa che gli faccia onore e che rispecchi il suo modo di scrivere e di pensare.
Grazie a tutti per la pazienza che state avendo. Se avete suggerimenti, opinioni o semplicemente volete dirmi se vi piace o meno come sta procedendo questa trama, non fatevi scrupoli, sono sempre ben disposta a sapere i vostri pareri, belli o brutti che siano. Alla prossima!

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Capitolo 27
*** Sogni di Sofferenza ***


Stella Nera aveva uno sguardo indecifrabile per Lyanna. Non seppe dire se il bacio con il principe gli avesse davvero dato fastidio. Ma lei temeva che gliel’avrebbe fatta pagare comunque. Quando mandò giù il vino, sentì un bruciore sulle labbra e sulla lingua, poi tutta la bocca prese fuoco e quella sensazione continuò giù fino in gola. Ma non ci badò e riappoggiò il calice sul vassoio di un cameriere di passaggio. Non cercò più il principe con lo sguardo. Aveva capito che quella sera avrebbe avuto una migliore compagnia.
-Lady Brienne, sono stanca. Volete accompagnarmi nelle mie stanze? – le chiese.
La donna obbedì e porgendole un braccio le fece strada.
Quando arrivarono al lungo corridoio del secondo piano, la donna guerriera le domandò:
-Mia signora, se il principe dovesse toccarvi un’altra volta, ho il vostro permesso per sfidarlo a duello? –
-No, Brienne. Lascia perdere. Mi vuole solo per una notte, poi il suo interesse svanirà. –
-Non mi preoccupa tanto il principe, lady Lyanna, ma l’eventuale reazione di Ser Dayne. È stato stranamente tranquillo, quando il principe vi ha baciata. Non mi convince del tutto. –
Lyanna non poteva darle torto. Ebbe un capogiro e si tenne la testa con la mano libera. Quando riaprì gli occhi notò che la vista si era appannata.
-Tutto bene, mia signora? – le chiese la donna allarmata.
-Sì, sono solo stanca, credo. – disse lei, leggermente preoccupata – penso che non sia stato opportuno  mischiare il vino alla danza. –
-Avete bisogno di riposare, dormite troppo poco la notte. Venite. -  e la condusse fino alla porta della sua camera.
Lyanna si sentiva sempre peggio. Qualcosa le faceva mancare il respiro e aveva la fronte imperlata.
Brienne le aprì la porta e quando si voltò la guardò spaventata.
-Mia lady, siete pallida! – le portò il dorso della mano sulla guancia e sentì la pelle accaldata e gocce di sudore freddo inumidirle la cute – Scottate! – affermò sbigottita.
Lyanna udì appena quelle parole, tutti i suoni erano improvvisamente smorzati e sentì le forze mancarle. L’ultima cosa che vide furono i grandi occhi azzurri della donna pieni di terrore. Poi affondò nelle tenebre.
 
Brienne la vide cadere. Non riuscì a prevederlo e a impedirle di scivolare a terra. Si precipitò a soccorrerla chiamandola ripetutamente e scuotendola per svegliarla. Le sue urla rimbombarono nel corridoio deserto. Poco dopo due servitori apparvero, scossi dalle sue grida. Lei li vide.
-Chiamate un maestro! Lady Stark non sta bene! – vedendoli ancora lì, si alterò – Fate presto!! –
I due corsero giù per le scale, arrivati alla fine uno si diresse a destra verso le stanze del maestro, mentre l’altro andò a sinistra ad avvisare Lord Glover dell’accaduto.
Quando quest’ultimo varcò la soglia della sala, si mise le mani sulle ginocchia e cercò di riprendere fiato.
-Lord Glover! – chiamò ansimando – Lady Stark. Non sta bene. – riuscì a dire.
Le quattro rose presenti, corsero dalla loro signora. Il principe Viserys guardò per un attimo Tyene e fece un cenno con la testa anche alle altre serpi. Solo dopo essersi riuniti le seguirono.
Dasira e Elanon aiutarono Brienne a portare la donna nella sua stanza e la distesero delicatamente sul letto. Meera fece la guardia alla porta affinchè rimanesse aperta la via per il maestro. Invece vide giungere il principe seguito dalle serpi e sbarrò loro la strada con la sua lancia.
-Voi non entrerete! – disse decisa. Il principe non era in vena di scherzi, quindi prese l’arma della ragazza con un rapido gesto e gliela spezzò con un colpo sul ginocchio. Lei rimase pietrificata dalla sua velocità, Nymeria le premette un pugnale sul collo e la mise con la schiena al muro. Aprendo il passaggio per il principe. Uscirono anche Tessa e Dasira, Obara si preparò ad attaccarle. Il principe, Tyene ed Ellaria entrarono nella stanza della ragazza. Brienne non aveva Giuramento con sé, quindi estrasse Regina di Ghiaccio, la spada di Lyanna.
-Non provate ad avvicinarvi alla lady! – urlò la donna guerriera. Ellaria si sovrappose tra lei ed il principe.
-Lady Brienne, abbassa quella spada! – la intimò Viserys, la donna non capiva se il tono della sua voce era carico di ostilità o terrore, ma non fece come le veniva ordinato, così sia Tyene che Ellaria, l’attaccarono. Permettendo al principe di arrivare al letto dove stava la giovane.
Le mise una mano sulla fronte. Era sudata e fredda, sentiva gli affanni della febbre. Il respiro era debole e instabile. Tyene arrivò al suo fianco. Ellaria teneva Brienne da dietro, un braccio sulla gola la costringeva  a rimanere bloccata.
-Non toccatela! Ci avete tradito! – riuscì solo a dire, prima che Ellaria stringesse ancora di più la presa, per impedirle di parlare. Fuori le spade smisero di cozzare. Obara doveva essere riuscita a rendere inoffensive anche le altre due ragazze. Tyene le aprì le palpebre per controllare la pupilla di Lyanna, poi sentì il battito del polso, mentre il principe non le staccava mai gli occhi di dosso.
-Abbiamo poco tempo. – disse mesta. - Il vino deve aver accelerato gli effetti del veleno. -
Viserys deglutì, guardandola preoccupato.
-Ce la farà? – chiese , la sua voce era roca.
-Forse siamo arrivati in tempo, ma dobbiamo fare in fretta. È un veleno molto forte, guardatele la mano! – gli fece vedere che le dita avevano preso una tonalità bluastra – se questo colore giunge al polso, sarà troppo tardi. –
Lui spostò lo sguardo su di lei. Anche se la maschera nascondeva il suo volto, Tyene ebbe un brivido di timore. Lo vide prendere una mano della donna nella sua.
-E’ fredda Tyene! – la sua voce tremava di agitazione e fretta.
La ragazza prese una piccola boccetta che teneva al collo, le aprì la bocca e le fece ingoiare il suo contenuto. Attese qualche istante e avvicinò l’orecchio al suo volto, ascoltando il respiro della lady.
Quegli attimi sembrarono eterni per Brienne. Un silenzio irreale riempiva la stanza, rotto solo dal respiro affannoso della giovane. Notò che la schiena del principe non accennava al minimo movimento, sembrava come se stesse trattenendo il fiato. Tyene si rialzò e gli rivolse appena un sorriso forzato.
-Sta reagendo! Il suo respiro si sta regolarizzando.  – Viserys si portò la mano di Lyanna alla bocca e gliela baciò. Brienne potè scorgere una lacrima scendere al di sotto della maschera e scivolare sul mento.
-Deve essere tenuta sotto controllo per la notte. Vi procurerò altro siero, ma per il momento non possiamo fare nient’altro. Avrà bisogno di idrata e di calore. –
-La mia stanza ha un camino più grande… - cominciò lui, ma Tyene lo interruppe.
-Non va mossa da qui. Il veleno è ancora in circolo. Ogni movimento lo fa diffondere più velocemente e l’antidoto potrebbe non estinguerlo del tutto. –
-Ho capito. – disse abbattuto.
-Almeno finchè non si sarà stabilizzata. – precisò la ragazza – ora vado nelle mie stanze a preparare dell’altro decotto. – e si alzò.
Viserys le prese un braccio, prima che se ne andasse.
-Grazie. –
-E’ troppo presto per ringraziami, mio principe. – lo guardò mesta – vorrei far di più, credetemi. –
 
Brienne si mosse nervosa. Ellaria le intimò di star ferma. Anche le altre rose volevano entrare per assicurarsi che la loro lady stesse meglio, ma le serpi le trattennero.
-Mio principe cosa volete fare con loro? – la voce di Nymeria era distaccata.
Lui continuò ad osservare il volto cereo di Lyanna, senza prestare la minima attenzione a quello che vi stava attorno.
-Vogliamo entrare! – la voce di Dasira era determinata.
-Non potete trattenerci qui fuori! Abbiamo tutti i diritti di assistere la nostra lady. – si lamentò Meera.
Viserys si voltò di scatto:
-Nessuno ha più diritti di me! – urlò furioso. – andatevene tutte! – decretò grave.
-Non vi permetterò di rimanere solo con lady Lyanna! – sbraitò Brienne cercando di liberarsi, temendo per le sorti della donna indifesa.
-Fuori! È un ordine!– strepitò lui, poi con voce meno tonante aggiunse – Nymeria, rimani a sorvegliare la porta. Che nessuno entri in questa stanza, senza che io ne sia al corrente! –
 
Rimase solo con la donna riversa sul letto. Il principe si slacciò la tunica lentamente, bottone dopo bottone e si sfilò una manica alla volta. Appoggiò l’indumento sul fondo del letto. La guardò. Lyanna era abbandonata, inerme, debole. Le levò le eleganti calzature argentate, appoggiandole poi a terra. Delicatamente le sfiorò un braccio, fino a raggiungere la spalla ed il volto. Si sedette sul bordo del letto e la prese per le spalle, sollevandole il busto e tenendole la testa. Allentò con dolcezza i lacci dell’abito sulla sua schiena e glielo sfilò fino alla vita. Poi la fece distendere nuovamente scostando le lenzuola, vide la pelle d’oca formarsi sulle sue braccia. Indossava solamente una sottoveste leggera di seta rosso pastello. Il principe le fece scorrere l’abito lungo le gambe e lo appoggiò accanto alla sua casacca. Vide alcuni segni viola opaco sulle sue gambe. Li sfiorò con la punta delle dita. Lividi causati sicuramente dall’ultima battaglia. Sorrise. Tirò su le coperte e l’avvolse. Si distese accanto a lei. L’abbracciò per infonderle ancora più calore, continuando a guardarla e ad accarezzarle i capelli in silenzio. Gli affanni di lei erano l’unico rumore che si sentiva, oltre allo scoppiettio delle braci nel camino.
Rimase lì per diverso tempo, finchè sentì che la pelle della donna si era scaldata. Le tirò fuori una mano, per controllare l’avanzare del veleno e fu sollevato nel constatare che si era fermato a metà mano. Le dita erano congelate, così le prese tra le sue, e ci soffiò dentro, cercando di scaldargliele. La sentì agitarsi e vide che spostava nervosa il volto dall’altra parte. Un lamento le uscì dalla bocca.
Ned. Sussurrò appena.
Le sue compagne di viaggio dovevano essere tornate, perché le udì inveire contro Nymeria per convincerla a farle entrare. Il principe ignorò le loro voci e accarezzò la fronte della donna. Sentì il sudore freddo che le imperlava la pelle. Si alzò, prese una pezzuola e la immerse nella ciotola d’acqua. Gliela passò su tutto il volto. La strizzò, la rimmerse e gliela appoggiò sulla fronte. La donna cominciò ad agitarsi nel sonno. Il principe si posizionò allora sopra di lei e cercò di tenerla ferma.
I’ll protect you from the hooded claw
Keep the death form the door
 
Correva agitata lungo i corridoi di un castello. Faceva molto caldo. Pensò che fosse Grande Inverno, ma si accorse che i mattoni erano di un colore del tutto diverso, di un rosso pallido. Poi varcò un’enorme porta di quercia con infissi neri e bronzo. Di fronte a sé una sala cavernosa. Un tappeto partiva dai suoi piedi e arrivava fino ad uno scranno posto su una montagna di lunghe e pericolanti scale composte da lame di ferro. Ai lati alte finestre sul lato orientale e possenti muri su quello opposto. C’erano teschi di drago esposti lungo il perimetro di tutta la sala.  Il trono di spade, che ci faccio qui? pensò la donna. Poi tutto ebbe una spiegazione. Vide la sala ghermita di gente in armatura. Lyanna riconobbe gli uomini del nord, e le spade bianche posizionate a difesa del re. Tra loro riconobbe Jamie Lannister e Ser Barristan Selmi. Poi vide suo padre, lord Rickard Stark.
Padre… sussurrò lievemente.
Vide che aveva Ghiaccio in una mano. C’era anche suo fratello maggiore aveva i polsi legati.
Brandon… Lyanna sapeva cosa stava per succedere, e aveva paura.
No!  Urlò, ma nessuno sembrò notarla.
Vi prego fermatevi! Corse fino al seggio e implorò pietà al suo sovrano. Risparmiategli la vita, loro non hanno alcuna colpa! Ma il re non le diede retta. La storia non poteva essere cambiata, Lyanna lo sapeva. Cercò di combattere, di fermare suo padre, e di accarezzare il volto di suo fratello, ma si accorse che non poteva nemmeno toccare la loro pelle. Calde gocce salate le rigarono il viso.
Padre… Bran…perdonatemi… si ritrovò a sussurrare tra le lacrime.
Uscì dalla sala, non poteva vedere quella scena un’altra volta. Fuori imperversava una battaglia. Sentì delle urla provenire dalle sue spalle, e vide il fortino di Maegor ergersi davanti a sé. Una bambina chiamava suo padre e urlava. Il pianto di un neonato cessò all’improvviso ed un urlo agghiacciante di donna le fece venire i brividi. La senti urlare ancora e invocare un nome che Lyanna conosceva. Rhaegar.
Si portò le mani al volto e pianse disperata. Quelli che aveva udito erano la principessa di Dorne e i suoi figli.
Mi dispiace Elia, voi non dovevate morire! Dovevate essere al sicuro…
Fuggì fuori e si ritrovò di fronte al Tempio di Baelor. Vide Sansa supplicare un ragazzetto biondo dall’aria avida e malvagia. Sul capo indossava una corona d’oro. Poi i suoi occhi si posarono sull’uomo inginocchiato a terra.
Ned urlò. No… chiuse gli occhi prima che l’ascia del boia scendesse.
 
Scappava ancora. Correva e cercava un riparo. Le lacrime non si fermavano, proprio come la sua corsa. Il suo cuore sembrava scoppiarle nel petto. Faceva caldo, era la prima volta che provava quella sensazione durante le visioni.
Superò un ponte e si accorse che le lacrime che aveva versato erano diventate un fiume. Sulla riva opposta due schieramenti si stavano affrontando. Vide un cavaliere agonizzante ed il suo cavallo abbandonato. Gli saltò in groppa e lo spronò al galoppo. Doveva fare in fretta. Doveva arrivare in tempo. Doveva salvarlo. Continuò a cercare quell’armatura nera tra la folla. Scorse tre spade bianche e capì che doveva dirigersi in quella direzione. Il cavallo accelerò l’andatura. Attorno a lei uomini si combattevano. Urla di guerra, urla di sofferenza e urla di morte. Le rimbombavano nelle orecchie un’infinità di suoni. Vide uomini cadere a terra, alcuni feriti trascinarsi, altri invece ricoperti di sangue con gli occhi assenti. Il suo cavallo era entrato nel fiume. In quel punto il fondale non era troppo alto, ma la corrente era veloce. Poi li vide. Alla sua destra Robert Baratheon nella sua armatura d’acciaio col mantello giallo oro, indossava l’elmo con le corna di cervo e in mano aveva il suo martello da guerra. E finalmente i suoi occhi trovarono l’uomo che tanto aveva cercato nei suoi sogni. L’armatura era quella che ricordava ai tempi del torneo. I rubini sulla corazza disegnavano lo stemma dei Targaryen. Sul suo elmo il drago tricefalo, e una cascata di strisce di stoffa rossa, arancio e oro. La possente spada in pugno attendeva il suo avversario. Rhaegar. Disse in un sussurro.
Diede di speroni e si avvicinò il più possibile, urlando a squarciagola.
Fermatevi! Vi supplico! Nooo… I due però non la sentirono e ingaggiarono il combattimento.
Lyanna si ritrovò ad estrarre Regina di Ghiaccio.
Smettetela! Piangeva, sapeva quello che sarebbe successo da un momento all’altro. Improvvisamente non era più a cavallo e correva. Vide Robert alzare il martello. Lei lasciò allora la spada e si avvinghiò sul possente braccio dell’uomo per fermarlo. Rhaegar lo colpì al fianco, ma non continuò il suo affondo. Lyanna lasciò la presa e si sovrappose fra loro.
No…Basta, fermatevi!
Now here I go again I see a crystal vision
I keep my visions to myself
It’s only me who wants to wrap around your dreams
Have you any dreams you’d like to sell?
Dream of loneliness…
 
Si agitava nel letto furiosa. Il principe la sormontava. Stringeva con le sue gambe quelle di lei. Le aveva afferrato i polsi e le teneva ferme le braccia. Lyanna alzò un ginocchio involontariamente, colpendolo in mezzo alle gambe. Lui accusò il colpo con un lamento sordo, ma non cambiò posizione. La tenne più ferma possibile e affondò il volto nei suoi capelli, sussurrandole parole alle orecchie. Parole che la donna non avrebbe mai compreso, immersa com’era nei cupi ricordi di un lontano passato, a lei fin troppo pressante.
 
Thunder only happens when it’s raining…
When the rain washes you clean,
You’ll know
What you had
And what you lost...
 
Il rumore della battaglia era assordante. Robert si teneva il fianco insanguinato. Inveì contro il drago che lo sovrastava. Lyanna guardò la scena frenata. Come poteva essere che Rhaegar stesse vincendo? No, questo non era possibile. Lui era stato sconfitto da Robert.
-Mi hai portato via l’unica cosa di cui davvero mi importava! – disse cercando di rialzarsi
-Non l’ho mai costretta a seguirmi! – gli rispose il principe, rimanendo fermo ad osservarlo.
-Non dire sciocchezze, tu l’hai rapita! – sbraitò, i suoi occhi blu lo fissavano con odio - Lei era promessa a me, non ti avrebbe mai venuta con te di sua spontanea volontà!  – vide una lacrima scendere dagli occhi di Robert.
-Ne sei davvero sicuro? – disse calmo Rhaegar, la sua bocca si incurvò in un sorriso triste – mi reputi davvero un uomo così pessimo? -
-Ho visto i miei genitori morire per causa tua! Erano partiti per un viaggio inutile, alla ricerca di una donna che fosse degna del principe drago! Perché lui non era in grado di cercarsene una da solo! Quante altre persone hai intenzione di portarmi via? –
Il principe lo guardò malinconico.
-Mi dispiace per la tua perdita, davvero, ma fu mio padre a dare quell’ordine, non io. –
-Non ha alcuna importanza! Alla fine sono morti per niente! L’anno seguente tu sposasti quella dorniana!  - attese solo il tempo di riprendere fiato - Perché adesso hai preso lei? Se la tua sposa non ti soddisfa, potevi sfogarti in un bordello, come fanno tutti? –
Rhaegar non attese neanche un istante e rispose:
-Mi sono innamorato di lei ad Harrenhall e le ho donato il mio cuore, come lei mi ha donato il suo! – Lyanna si ritrovò a arcuare le labbra in un sorriso, sentì il sapore delle lacrime salate.
-Lei non ti ama! Non è tua! – l’ira aveva posseduto Robert.
-E’ sempre stata libera di scegliere, non le ho mai fatto pressioni. – la voce del principe drago era calma.
-Lei non doveva scegliere, era già promessa a me! E io la rivoglio, anche se tu hai carpito la sua virtù e le hai messo dentro un figlio, la sposerò lo stesso! Il suo posto è al mio fianco, ma la tua progenie non vivrà! –
-Se davvero provi dei sentimenti per lei, allora dovresti accettare le sue decisioni. –
-Chissà quali assurde menzogne le hai raccontato per convincerla a seguirti! – Robert si scagliò su lui.
-L’unica cosa che le ho detto è che il mio cuore batte per lei. – disse il principe d’argento parando il colpo.
-Allora vediamo se quando ho finito, il tuo cuore batterà ancora, principe Targaryen! – e assestò un potente colpo di martello sul suo petto. – Ti porterò via tutto, come tu hai fatto con me! -
Rhaegar non se l’aspettava e non fece in tempo ad evitarlo. Il martello infranse il ferro del pettorale. I rubini dello stemma schizzarono dappertutto, assieme al sangue che usciva dalle lamine nere. Lyanna si mise le mani sulla bocca a quella vista. Vide l’uomo che amava cadere fra le acque del tridente e il suo sangue fondersi tra di esse e scorrere nella corrente, lambendo i suoi piedi. Vide Ser Barristan dimenarsi e sfuggire alla presa di due ribelli. Giunse al suo fianco, si inginocchiò e gli tenne una mano, mentre gli uomini attorno cercavano di raccogliere le gemme che brillavano tra le acque.
Lo sentì solo pronunciare una parola, prima che la vita lo abbandonasse. Lyanna…
Lei scoppiò in un pianto incontrollato.
 
Noooo!!! Rhaegar!!!! Il suo urlò riecheggiò tra le mura di pietra della sua stanza. Si alzò a sedere agitata, ma i suoi occhi rimasero chiusi. La febbre era ancora troppo alta e le impediva di essere lucida. Il sudore le colava dalla fronte e si fondeva con il suo pianto. Sentì solo le braccia calde di qualcuno cingerla a sé. Istintivamente si aggrappò alla sua casacca. I suoi pugni strinsero debolmente la stoffa, mentre le lacrime inzuppavano il tessuto.
Non lasciarmi… sussurrò tra i singhiozzi. Ti amo...
-Non ti lascerò più. Sono qui con te ora. – le sembrò che qualcuno le stesse bisbigliando queste parole.
Lyanna però era troppo sconvolta per poter udire quella debole voce. Era la prima volta che assisteva a quella scena per intero. Ripensò a tutte le volte che aveva pregato Bran di farglielo vedere. Ora capiva il motivo per cui glielo aveva sempre negato. Sentiva un dolore devastante spezzarle il cuore. Un nodo alla gola che nemmeno le urla l’aiutavano ad estinguere. L’aveva visto finalmente, ma si rese conto che quella era una magra consolazione. Avrebbe preferito sognarlo mentre le cantava qualcosa con la sua arpa, non certo assistere agli ultimi istanti della sua vita. Ma gli dei continuavano a punirla.
Riprendetevi la mia vita, non posso vivere senza di lui…
La sua testa scoppiava per via del veleno e della febbre alta. I suoi occhi erano serrati, ancora immersi in quel incubo terrificante, le acque rosse continuavano a travolgerla. Era circondata dal suo sangue. Tutto ciò che rimaneva di lui era proprio il suo sangue, in Jon.
Non si accorse che le coperte erano disfatte e i loro vestiti erano caduti a terra. Non si accorse nemmeno che il principe la stringeva tra le sue braccia e che la sua maschera giaceva abbandonata sul letto accanto a loro.
 
When the chips are down I’ll be here
With my undying death defying love for you
 
Note dell’autore:
 
Questo capitolo come avete potuto notare è suddiviso in due momenti. Il primo è il seguito alla scena del banchetto a Deepwodd Motte, mentre il secondo è composto solo dagli incubi di Lyanna, questa volta forse per il veleno o per altro li vive molto diversamente. Sempre proprio che lei vi si trovi all’interno.
Il principe ha questo comportamento un po’ ambiguo, lascio alla vostra immaginazione capire perché si comporta così e cosa possa succedere nei prossimi capitoli.
 
Mi scuso con Unlikeme, avevo letto la tua recensione a suo tempo, ma non ti ho potuto rispondere subito. Perdonami, solitamente non succede mai! Non per giustificarmi, ma sono davvero presa con le bombe in questo periodo e fatico infatti anche ad essere puntuale con i capitoli.
Per questo motivo mi scuso con tutti voi che mi seguite, però voglio che sappiate che sto continuando a lavorare ad entrambe le storie, è che mi servono degli spunti per continuare la trama. Per Tales sono già a buon punto, nel senso che so come finirla, devo solo completare alcuni momenti, mentre per Chronicles è ancora tutto in fase di lavorazione e mi aiuto col fandom anche per capire le varie teorie sul finale.
Per cui portate pazienza, e ogni tanto buttate un occhio, può essere che qualche capitolo mi convinca e lo pubblico anche a distanza di tempo.
 
Spero che la trama continui a piacere e vi mando un abbraccio caloroso anche a voi, come quello che sta ricevendo Lyanna in questo momento e che sinceramente vorrei ricevere pure io dal principe drago, ma mi limito a scrivere della loro bellissima storia!

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Capitolo 28
*** Bugie Preziose ***


Dalla pesante tenda di velluto rosso mattone filtrava un debole spiraglio di luce che lambiva il volto di Lyanna. La donna aprì appena gli occhi disturbata. Ci mise qualche istante per mettere a fuoco la stanza in penombra. Si accorse di essere distesa nel suo letto. Si trovò stranamente rilassata, come se avesse riposato davvero per la prima volta da quando l’avevano risvegliata dal sonno eterno. La sua testa era appoggiata sul torace di un uomo. Percepiva il battito del suo cuore e il forte tepore della sua pelle. Temette fosse Stella Nera. Il terrore la permase facendola tremare appena. Alzò leggermente il busto, le braccia le tremavano, era ancora troppo debole per sostenere tutto il suo peso. Lo riconobbe. Non era chi pensava, ma forse era anche peggio. Era il principe Viserys Targaryen. Indossava una camicia scura e sul volto aveva quella maschera misteriosa, ma stranamente era sollevata fin sotto al naso.
Appena la sentì muoversi, l’uomo mosse capo nella sua direzione.
-Sei sveglia? – la sua voce sembrava stupita e sollevata.
Lyanna si scostò da lui, lasciandosi cadere sul lato e si tirò d’istinto le coperte per coprirsi.
-Cosa fate voi qui principe Viserys? – lui si girò di lato per guardarla meglio, poi con una mano cercò di prendere la sua, ma la donna ebbe timore di quel gesto e istintivamente si allontanò da lui. Non aveva previsto che il letto era terminato e scivolò oltre il bordo del materasso. Il principe la prese al volo e la risistemò sul talamo, sovrastandola.
-Fate più attenzione per favore. – disse con un tono preoccupato e amareggiato. Poi le prese di scatto una mano. La donna cercò di divincolarsi.
-Lasciatemi! Che state facendo? –
-Aspettate! – cercò di tenerla ferma – voglio solo controllare una cosa! – e le guardò le dita della mano mettendole alla luce che lambiva le lenzuola. Lyanna spostò lo sguardo lateralmente. Un pensiero terrificante la infastidì.
-Come avete potuto farmi questo? – il suo respiro si fece corto.
-Cosa pensate che vi abbia fatto? – le chiese calmo, lasciandole la mano.
-Credete che sia una stupida? – lo accusò lei, cercando di alzare la voce, ma ne uscì solo un debole stridulo. I suoi occhi ora lo guardavano freddi come il ghiaccio.
-No, credo che siate una donna molto intelligente e coraggiosa. E lo avete dimostrato in più occasioni. –
-Smettetela! Non voglio più sentire nulla di quello che dite! – si tappò le orecchie con le mani.
Il principe le prese i polsi e la costrinse ad prestare attenzione.
-Ora mi darete ascolto invece, comincio a stancarmi di questi atteggiamenti! Non ho più alcuna voglia di litigare con voi! – la sua voce era risoluta - Ricordate qualcosa di quello che è successo al banchetto? –
Lyanna lo guardò confusa e ci pensò qualche istante prima di rispondere.
-Ricordo che eravamo seduti al tavolo e abbiamo mangiato, poi… ho ballato con Stella Nera e con voi e… mi avete baciata. – lo guardò male.
-Si se è per questo l’ha fatto anche lui… prima.- il suo tono sembrò irritato - E dopo quello? – precisò lui.
-Ser Gerold mi ha avvicinato e ho bevuto il vino che mi ha offerto. - ci dovette pensare prima di rispondergli, i ricordi le sembravano così confusi e lontani.
-Vi ha detto qualcosa? – le chiese curioso.
-Ha solo insistito perché lo bevessi. Con me c’era anche Brienne. –
-Bene, allora abbiamo una testimone attendibile. – Lyanna lo guardò strana, non riusciva a capire quello che diceva.
-Cosa intendete? –
-Stella Nera vi ha avvelenata. – le spiegò Viserys.
-Perché mai avrebbe dovuto farlo? –
-Posso darvi solo delle supposizione per il momento. – vedendo che lo guardava curiosa, continuò - Può aver solamente reagito al bacio che vi ho dato, oppure… ha voluto minare l’alleanza col nord. –
-Ma lui voleva allearsi con Jon, perché attentare alla mia vita? –
-Siete davvero convinta che volesse unificare il nord col sud? – nella sua voce c’era un lieve tono di sarcasmo. Lyanna non riuscì a dargli una risposta. Effettivamente ora non era più convinta di niente.
-Rammentate anche cos’è successo dopo? – si informò lui.
-Ero con Brienne e mi sono sentita male nel corridoio, poi i miei ricordi finiscono. – le sembrò strano ma non ricordava proprio nulla. Il principe la guardò attraverso la sua maschera, continuando a sovrastarla.
-Non posso crederci. – affermò amareggiato, spostando leggermente il volto di lato. Lyanna era confusa, ma convinta delle sue idee.
-Preferisco così, almeno mi sono risparmiata altri brutti ricordi. – lui la guardò un attimo prima di risponderle.
-Pensatela come volete. Io quello che dovevo fare, l’ho fatto. – si risistemò alla sua sinistra e guardò il soffitto. Lyanna sentì la rabbia montarle.
-Spero vi siate divertito almeno, perché non mi farò più toccare da voi! – disse stringendosi le coperte sul petto. Cominciava a sentire la stanchezza pervaderla ancora e la testa le girava. Il principe si mise a ridere.
-Non credo che abbiate altre possibilità. Non c’è nessuno oltre a me in questa stanza e ho dato ordine che nessuno ci disturbi. –
-Vi odio. – urlò lei, le forze la stavano abbandonando, faticava a tenere aperti gli occhi. Era troppo debole anche solo per parlare, ma continuò a puntare il suo sguardo sull’uomo accanto a sè.
-Strano, ero convinto del contrario. – si mosse veloce e tornò a sovrastarla col petto.
Le prese il volto con una mano e appoggiò le labbra sulle sue. Lyanna non aveva le forze per ribellarsi. Di nuovo le tenebre l’avvolsero e non sentì le parole che  le sussurrò dopo.
 
Now there you go again
You say you want your freedom
Well who am I to keep you down…
But listen carefully to the sound
Of your loneliness
Like a heartbeat drives you mad
In the stillness of remembering
What you had
And what you lost…
 
Quando si risvegliò era ancora nel suo letto, ma accanto a sé non c’era nessuno. In un istante ricordò cos’era avvenuto prima che si addormentasse. Il principe doveva aver abusato ancora di lei. Doveva trovare un modo per fuggire e quella forse era la sua unica occasione. Notò che i suoi abiti da viaggio erano piegati sul tavolo addossato alla parete. Fece qualche movimento in quella direzione. Sentì le braccia ancora troppo deboli, ma non demorse. In qualche maniera riuscì a sollevarsi e a mettersi seduta sul bordo del letto. Appoggiandosi ad esso, si issò in piedi. Doveva fare solo qualche passo e poi le sue mani avrebbero potuto aggrapparsi alla sedia, ma prese male i suoi calcoli. Le sue gambe non la ressero come aveva previsto, le sembrò che la stanza improvvisamente avesse cominciato a ruotare su se stessa e quando allungò il braccio per afferrare lo schienale della sedia, trovò solo il vuoto. Cadde a terra come un sacco di patate e nella caduta diede una spallata alla sedia che dondolò per un po’, prima di caderle addosso. Era di legno massiccio, quindi molto pesante e quando le piombò sopra, la ragazza emise un gemito di dolore. Non molto tempo dopo la porta della camera si aprì. Lyanna si lamentava ancora per la forte botta e nel suo volto vi era espressa tutta la sua sofferenza.
-Chi vi ha dato il permesso di alzarvi? – la furia del principe la investì. Si avvicinò, mise sul tavolo una ciotola, spostò la sedia e la prese tra le sue braccia, per riposizionarla sul letto.
-Me lo sono presa da sola il permesso! – disse caparbia, lui volse solo lo sguardo su di lei ma non le disse nulla. La donna fece qualche altro lamento, mentre le controllava le braccia e le gambe per assicurarsi che non si fosse rotta niente o ferita in qualche modo. Lei si dimenò per ribellarsi da quelle repentine attenzioni.
-Volete stare ferma, per favore? – il tono del principe era adirato e infastidito.
-Smettetela di toccarmi! – si lamentò. Lui la guardò fisso negli occhi.
-Possibile che non vi vogliate proprio fidare di me? –
-Dopo quello che mi avete fatto, mai! – scandì bene l’ultima parola. Il principe fece un sospiro e si allontanò da lei.
-Come volete. – attese qualche istante, poi proseguì – se sentite male da qualche parte, però voglio che me lo diciate! – la guardò ancora per qualche momento, soffermandosi sulle mani.
-Riuscite a mettervi seduta? –
-Perché?- gli chiese sospettosa.
-Vi ho portato qualcosa da mangiare. – le spiegò.
-Lasciatela là, mangerò più tardi. – rispose offesa.
-No, voi mangerete adesso! – il suo tono non ammetteva repliche e si alzò per raggiungere il tavolo.
Prese la ciotola, il cucchiaio e un tovagliolo di stoffa e si risedette accanto a lei.
Lyanna si tirò sui gomiti  e con le ginocchia cercò di mettersi più comoda. Viserys le sistemò i cuscini dietro la schiena perché rimanesse più alta. Lyanna si lasciò cadere su di essi, era ancora così maledettamente debole. Odiava mostrarsi in quella maniera di fronte a lui, ma lui non sembrava nemmeno prestarci attenzione. Poi le porse il cucchiaio colmo di un liquido verde pallido.
-Cos’è quella brodaglia? –
-Zuppa di verdure. Cercate di mangiarne il più possibile. – Lyanna guardò quel colore e quella consistenza schifata.
-Non mi piace. –
-Non fate i capricci! Non siete mica una bambina! – rise avvicinandole il cucchiaio alla bocca.
Lyanna aprì appena le labbra e sorseggiò la zuppa. Aveva un sapore davvero tremendo e fece fatica a mandarla giù, quindi la tenne in bocca per un po’. Il principe però le avvicinò un secondo cucchiaio. Lei allora deglutì, ma non gradiva molto l’idea di inghiottirne ancora.
-E’ davvero orribile! – puntualizzò per scoraggiarlo a dargliene ancora.
-Avanti, aprite la bocca. – il suo tono era spossato. Lyanna non se la sentiva di replicare ulteriormente, così ubbidì controvoglia.
Il secondo cucchiaio fu peggiore del primo. Quel gusto le faceva proprio ribrezzo, ma non voleva mostrarsi troppo infantile, quindi si lasciò imboccare altri cinque volte. Alla fine però non ce la fece più.
-Basta, vi prego. – sentiva lo stomaco tutto sottosopra e un senso di nausea ormai la infastidiva.
-Ne avete mangiati solo pochi cucchiai.  Sono giorni che non mettete niente nello stomaco, dovete sforzarvi di più se volete ritornare in forze. -
-Non ce la faccio. – sussurrò la donna, ebbe uno sforzo di rigetto e si portò una mano alla bocca.
Lui la fissò per un attimo:
-Va bene, ho afferrato il concetto! – le porse il tovagliolo – tenete se può servirvi. – ne approfittò per sorseggiare la zuppa. Quando mise in bocca il cucchiaio fece un sussulto e lo sputo nella ciotola.
-E’ davvero pessima! Perdonatemi, avrei dovuto assaggiarla prima di farvela mangiare! – e riportò la ciotola sulla tavola. A Lyanna venne da ridere, ma si nascose col tovagliolo.
-Vi ho vista, state ridendo di me! – il suo tono era stranamente allegro.
-Scusate, ma dovevate vedervi! Quando ve l’avevo detto io, non mi avete neanche ascoltata! –
-Beh, voi non avete ascoltato nulla di quello che vi ho detto in queste notti, credo che siamo pari! –
-Stavo male, può essere una giustificazione più che plausibile? –
-Diciamo pure che è una scusa! –
-Se era davvero così importante, perché non me lo ripetete ora? –
-Evidentemente i sette preferiscono così! – la guardò rimanendo in piedi di fronte al letto.
Lei si rese conto che gli stava sorridendo, ma se ne pentì e cambiò subito espressione, voltando il suo viso dall’altra parte.
-Vedo che state un po’ meglio. – constatò – Allora vi porto nella mia camera. – si avvicinò e senza preavviso la prese tra le braccia e la sollevò.
-No, lasciatemi andare! Perché volete portarmi nelle vostre stanze? – Lyanna provò a ribellarsi, ma si rese conto che i suoi pugni, erano deboli ed inefficaci.
-Non ho intenzione di dormire un’altra notte in questo letto scomodo, è troppo piccolo per entrambi! – si lamentò, ignorando completamente le sue proteste.
-Nessuno vi costringe a dormire con me! Da quello che avevo capito mi dovevate avere solo per una notte! –
-Vero, ma siccome il vostro matrimonio è saltato, posso portarvi nel mio letto senza problemi ora. –
-Cosa? – chiese lei, non sapendo se era più sconvolta dalla prima parte della frase o dalla seconda.
-Avete sentito bene, ora siete libera da ogni vincolo nei confronti di Stella Nera, ma se preferite, potete tornare a farvi regalare quegli orrendi abiti da lui! – Lyanna non poteva davvero crederci.
-Perché ha annullato le nozze? –
-Ne siete così rammaricata? – le chiese lui tenendo il volto rivolto di fronte a sé, lei sentì che i suoi nervi erano ora divenuti tesi - o vi mancano i suoi baci per caso? –
-Nessuna delle due ipotesi è corretta. – lei assottigliò lo sguardo inasprita quando sentì che rideva.
-E’ ciò che spero, se non volete risvegliare il drago. –
-Non vi fate illusioni, ma non ho apprezzato nemmeno il vostro di bacio! –
-Strano, io ho sentito che vi stava piacendo! – Lyanna  spostò il voltò e si ritrovò a fissare il dita del principe che le stringevano un braccio. Gli vide quello strano anello.
-Non mi avete ancora detto cosa lo ha convinto a rinunciare a me. -
-Non è stata una sua scelta. Ellaria lo ha incarcerato per aver attentato alla vostra vita e ha preso il comando dell’esercito Dorniano, fintanto che non viene processato. Attendono anche la mia testimonianza, ma ho avuto da fare con voi e poi volevo attendere che si crogiolasse ancora un po’ nelle segrete. – sorrise, Lyanna sentì un velo di vendetta nella sua voce.
-Tyene, aprimi la porta! – ordinò alla serpe che sorvegliava le sue stanze. La giovane eseguì il suo ordine senza protestare. Quando li vide scambiò uno sguardo d’intesa col principe.
-Si è ripresa in fretta. – disse scrutandola in volto. Lyanna non seppe interpretare l’espressione della ragazza.
-A quanto pare, ma è ancora troppo debole. La porto nella mia camera come ti avevo detto. – le enunciò.
Viserys la posizionò sul suo letto. Effettivamente era molto più morbido del suo e decisamente più grande. E poi c’era un enorme camino. Entrò una serva per accendere il fuoco, Tyene rimase sulla porta a controllare e osservò il principe avvolgerla nelle coperte. Poi le due donne uscirono. Lyanna notò ancora lo sguardo che Tyene ed il principe si scambiarono.
-Se mi lasciavate nell’altra stanza avreste potuto passare del tempo con lei. –
-Con la cameriera? – chiese lui scettico, posandole un’altra coperta sulle gambe.
-Parlo di Tyene. Ho visto gli sguardi che vi lanciate. –
-Ora pensate che abbia degli interessi anche per lei? – si mise a ridere.
-La sera del banchetto, prima di uscire dalla sala vi ho visti, le avete dato un bacio. – ammise lei.
-Dite sempre di odiarmi, ma vedo che non vi sfugge alcun mio movimento! Prima con mia sorella, poi Larra, ora Tyene. Non vi sembra di esagerare? –
-Strano che nella vostra lista non mi abbiate ancora inserito. Evidentemente non vi siete ancora ritenuto soddisfatto! - Lyanna lo guardò astiosa, poi alzando la voce aggiunse - Non dovete pensare che il mondo giri solo attorno a voi! Siete libero di avere tutte le donne che volete, siete un principe e nessuno ve lo vieta! Ma non avrete mai me! –
-Ma vi ho già avuta… – lei, però carica di risentimento non gli permise di continuare.
-Non so quello ciò mi avete fatto in queste notti. Deve essere divertente abusare del corpo di una donna malata e inerme. –
Lui la guardò per un attimo senza dire niente.
-Pensate davvero quello che avete detto? – sembrava seriamente scioccato.
-Non ho alcuna prova, ma sono più che certa che non vi siate limitato solo a togliermi il vestito. –
-Attorno a chi gira il mondo ora? – ironizzò il principe.
-Non prendetemi in giro! – se le forze glielo avessero concesso, lo avrebbe di certo strangolato.
-Non lo sto facendo, come non vi ho mai toccata, al contrario di voi che mi avete tirato un calcio! -
-Evidentemente ve lo meritavate! – spostò lo sguardo dalla parte opposta, offesa.
Il silenzio invase quella stanza, prima che lui tornasse a rivolgersi nuovamente a lei.
-Comunque non mi diverte giacere con donne indisposte, deboli o prive di sensi. – si alzò dal letto per avvicinarsi alla finestra. Fuori il cielo era grigio e si rispecchiava negli occhi di lei.
-Bene, allora riportatemi nelle mie stanze e chiamate Tyene a farvi compagnia! – tornò a guardarla incredulo.
-Dite la verità; avete messo in piedi tutta questa storia solo per convincermi a riportarvi nella vostra camera? – scoppiò a ridere osservando la faccia della donna stizzita.
 
Lyanna rimase sdraiata sul letto per un po’. Il principe le aveva sistemato i cuscini affinchè rimanesse più alta con la schiena, poi aveva preso a leggere un libro seduto su una sedia tenendosi la finestra alle sue spalle e avendo la visuale libera su di lei. Lyanna si era accorta che ogni tanto alzava gli occhi dal testo per controllarla, ma non le aveva più rivolto la parola. Lei d’altronde si sentì stanca e dopo aver combattuto la spossatezza per un pò, si abbandonò al mondo dei sogni.
Quando si svegliò il sole era ormai alto nel cielo, offuscato di tanto in tanto dalle nubi. Lyanna potè notare che il principe era ancora dove l’aveva lasciato. Il libro era appoggiato sul suo petto. Le mani conserte sul grembo e la testa lievemente inclinata da un lato. Si era appisolato. Lyanna si mosse appena sul letto per cambiare posizione e provare ad alzarsi. La testa continuava a girarle e a dolerle. Istintivamente si portò una mano alla tempia ed emise un gemito appena percettibile.
-State bene? – il principe le era arrivato di fianco, senza che lei lo avesse sentito.
-La testa. – riuscì a dire in un sussurro. Lui le mise una mano sulla fronte, per constatare la sue temperatura corporea.
-La febbre è scesa. Deve essere la spossatezza. Mangiate qualcosa. – e le porse una ciotola.
Lyanna riconobbe la frutta candita che Rhaegar le aveva fatto assaggiare alla Torre della Gioia. Quando tutto sembrava così semplice. Quando tutto era diverso. Quando erano ancora assieme. Inconsciamente prese un dattero, se lo girò tra le dita osservandolo, mentre ripensava a quei bei momenti di un passato, ormai dimenticato da tutto il mondo, fuorché da lei, e lo mangiò. Il cuore le doleva. Lei sapeva che continuava a sanguinare, lo poteva nascondere agli altri, ma non a se stessa. Quanto avrebbe voluto che Robert colpisse anche lei in pieno petto. Quanto avrebbe voluto essere lì con lui e vedere i suoi occhi un’ultima volta. Abbassò lo sguardo, mentre la dolcezza di quel frutto le faceva venire l’acquolina alla bocca distraendola. Si scoprì ad avere molta fame e cominciò a ingoiare un frutto dopo l’altro.
Vide il principe tagliarle dei fichi e delle albicocche, poi le appoggiò il piatto sul letto.
-Come fate ad indovinare sempre quello che mi piace? – gli chiese sospettosa.
-Vi ho osservata, lady Stark, e ho imparato a conoscervi… nel tempo. –
-Allora saprete anche che non mi comprerete con questi gesti galanti. – lo apostrofò.
-Se continuate a trattarmi così, comincerò a pentirmi della gentilezza che vi ho riservato. –
Lyanna lo scrutò per un attimo mentre si portava alle labbra un frutto maturo.
-Vi ho fatto preparare un bagno caldo. – lei strabuzzò gli occhi inorridita, mentre lui le rivelava quel dettaglio.
-Non vi permetterò di … - cominciò lei, ma qualcuno bussò alla porta ed il principe andò ad aprire.
-Hanno fatto in fretta. – disse prima di dischiudere la porta. Lyanna pensò a come poter sfuggire da quella situazione, non voleva certo che lui approfittasse di questo espediente per vederla nuda.
Ma appena la porta di aprì lo stupore invase il suo volto. Vide entrare per prima lady Brienne, che con i suoi modi poco ortodossi sbattè una spalla sul petto del principe e si apprestò a raggiungere la sua lady. Le altre ragazze la seguirono accerchiandola.
-Brienne? – Lyanna non poteva crederci – Meera, Elanon! Ci siete tutte! –
-Mia signora! Eravamo così preoccupate! – la guerriera scrutò con sguardo tetro il principe alle loro spalle.
-Come state? – chiese Meera.
-Avete un aspetto migliore! – le disse Tessa.
Entrarono anche due servitori che portarono una vasca, e cinque donne che la riempirono con dell’acqua calda. Viserys rimase con la schiena appoggiata ad una colonna ad osservare ogni loro movimento. Poi due donne entrarono con degli oli profumati, Il principe le fermò e si fece passare le fialette. Le aprì e le annusò. Ne scelse solo tre e fece portare via le altre. Attese che le donne mescolassero i profumi nell’acqua poi ordinò loro:
-Immergete le vostre mani prima di andare. – le donne lo guardarono senza capire, ma ubbidirono alla sua disposizione. Non successe niente e sembrò soddisfatto, così le fece andare. Guardò Brienne:
-Io devo assentarmi, ho degli affari urgenti da risolvere. Voglio che voi rimaniate qui con lady Lyanna, aiutatela a sistemarsi e badate a lei fino al mio ritorno. Non aprite a nessuno, intesi? – la donna guerriera gli fece solo un cenno col capo.
-Qui fuori c’è Nimerya, per qualsiasi cosa chiedete a lei. –
-Lady Stark con noi è in mani sicuramente migliori! – affermò Brienne arcigna.
Il principe fece finta di non aver notato il tono poco delicato della sua risposta. Aprì la porta e ad attenderlo c’era anche Tyene. Lyanna intuì quali fossero i suoi affari e distolse lo sguardo indignata. Era strana la sensazione che sentiva. Tutta quella situazione non le piaceva e voleva solo tornarsene a casa da suo figlio. Ancora una volta aveva fatto male ad andarsene da Grande Inverno. Quando imparerò la lezione?
 
-Mia signora, state davvero bene? Come vi ha trattata il principe? Avete male da qualche parte? – le domande che le porsero nei primi due minuti l’assillarono e si sentì la testa esplodere.
-Per favore, una alla volta! E parlate piano. Ho mal di testa. –
Lentamente raccontò loro quello che la sua memoria aveva immagazzinato e anche se i ricordi risultavano un po’ confusi, riuscì a far capire loro che stava bene, a parte questo martello rombante che sentiva battere nel cranio e l’enorme spossatezza che non l’aveva mai lasciata.
-Il principe vi ha forse… toccata? – le chiese Elanon.
Lyanna abbassò lo sguardo prima di rispondere. Un pensiero le tornò alla mente solo in quel momento. Le labbra appoggiate sulle sue, prima che lei perdesse di nuovo coscienza. Non ne era sicura, in fondo poteva anche trattarsi solo di una sua fantasia, ma non riuscì a levarselo dalla testa.
-Non ne ho idea. Ho dormito per la maggior parte del tempo. – disse avvilita.
-La prima notte vi abbiamo sentita urlare, ma lui non ci ha permesso di entrare. – le spiegò Dasira.
-Credevamo che il principe vi stesse… - Elanon abbassò lo sguardo.
-Avete fatto il nome di molte persone quella notte … - cercò di raccontarle Meera. Lyanna capì quello che realmente voleva dirle. Aveva fatto anche il suo di nome. E se lo avevano sentito loro, lo aveva sentito anche Viserys. Poco le importava. Tanto ormai non era più un segreto. Che pensasse pure quello che voleva.
-Ma è stata l’unica notte in cui vi abbiamo sentita gridare. – rivelò Tessa.
-L’unica notte? Che intendete dire?–
-Mia signora, è più di una settimana che siamo qui. – Lyanna guardò allibita il volto preoccupato di Meera.
-Cosa? Ho dormito per tutto questo tempo? – si domandò. Eppure non ho memoria di aver fatto altri incubi, com’è possibile? Ma i suoi pensieri vennero interrotti dalle parole di Brienne.
-Il principe Targaryen si è preso cura di voi per tutto questo tempo, abbiamo visto servitori entrare ed uscire a tutte le ore del giorno e della notte. Ci siamo appostate nel corridoio a controllare, ma una delle serpi delle sabbie era sempre a guardia della porta. Non ci permettevano di entrare, né di sapere le vostre condizioni. –
-Non è un po’ strano che si sia preso così tanto disturbo nei vostri confronti, mia signora? Non credo che fosse solo per il diritto che aveva rivendicato al banchetto. – le fece notare Dasira.
-Mi è sembrato davvero preoccupato per la vostra salute. – spiegò Elanon.
Lyanna guardò le sue rose dell’inverno, ma nessuna espresse altre opinioni, così la donna disse loro.
-Vi prego ora non ho alcuna voglia di parlare di questo argomento. Aiutatemi ad immergermi nella vasca prima che l’acqua si raffreddi. Ho proprio bisogno di un bel bagno caldo. -
 
Le fragranze scelte dal principe profumavano di fiori delicati e mielati, per Lyanna erano troppo stomachevoli, potè notare la vaniglia e la rosa, ma c’era anche qualche altra essenza che smorzava un po’ l’eccesiva dolcezza. Le sue allieve l’aiutarono a spogliarsi e la condussero fino alla vasca. Le sue gambe non erano ancora in grado di reggerla in piedi, quindi si appoggiò a Dasira e a Brienne. Entrò con una gamba e poi con l’altra. Elanon l’aiutò a sollevarle. Poi le due donne si abbassarono lentamente, così che lei prendesse l’acqua in una maniera più tenue.
Sentiva il liquido caldo lambirle la pelle e pian piano scaldarla. Tessa e Meera immersero delle spugne e cominciarono a passargliele su tutto il corpo per levarle il sudore della febbre. Elanon si occupò dei capelli. Glieli sciolse e si aiutò con una ciotola per sciacquarglieli. Li massaggiò accuratamente e Lyanna finalmente riuscì a rilassarsi e a sentirsi davvero rilassata.  Il vapore dell’acqua le sfiorava il volto, fecendole arrossire le gote. Mise le mani a coppa e le immerse. Poi se le passò sul volto. Sentì una sensazione di freschezza e di pulito. Emise un sospiro. Anche cambiare stanza le aveva giovato lo spirito, ma non lo avrebbe mai ammesso di fronte al principe. Tessa e Meera erano passate a lavarle le gambe e le braccia, mentre Elanon le stava sciogliendo alcuni nodi sulle punte dei capelli.
La porta si aprì ed il principe entrò nuovamente nella stanza portando con sé un pacco. Lyanna prontamente si nascose i seni con entrambe le braccia e accavallò le gambe. Brienne e Dasira misero una mano sull’elsa delle loro armi.
-Per favore, non sono in vena di giochetti. – disse loro alzando appena una mano. Si avviò verso il tavolo dove vi appoggiò il fagotto, senza mai posare lo sguardo sulla donna nuda nella vasca. – ho portato un abito pulito. – aggiunse continuando a mostrare le spalle. Poi si riavviò verso la porta, ma fu come se qualcosa gli avesse fatto cambiare idea. Si voltò e raggiunse la vasca. Lyanna era in serio imbarazzo e strinse ancora di più le braccia e le gambe. Lui non ci fece caso, si accucciò affianco a lei.
-Posso controllare una cosa, prima di andare? – la sua voce era dolce e delicata, ma lei lo guardò con collera e gli rispose acida.
-Cosa volete da me ora? –
-Fatemi vedere solo le dita di una mano. – allungò un braccio tenendo la mano col palmo all’insù, in attesa che la donna vi posasse quanto richiesto.
Lyanna diffidente liberò un arto e nascose le sue nudità con l’altro. Lui non sembrò approfittarsi di quel suo imbarazzo, e continuò a fissarle il volto, o almeno così le sembrava. Quando la sua mano umida si appoggiò sul palmo dell’uomo, lui serrò con le sue dita l’estremità del suo arto. Fu molto delicato quel gesto e si aiutò anche con l’altra mano per controllarle le dita. Anche lei le osservò come se fosse la prima volta. Non se n’era mai accorta prima, ma sembrava come se avesse maneggiato qualche tintura blu. Le estremità e le unghie erano di una tonalità violacea.
-Che cos’è? – chiese preoccupata.
-Il veleno che avete ancora in corpo. – le spiegò il principe alzandosi. Guardò le altre donne presenti e con voce autoritaria disse – cercate di fare in fretta e poi mettetela subito a letto, va coperta e tenuta al caldo. Controllate che questo segno non superi le nocche delle mani, altrimenti voglio che mi facciate chiamare immediatamente. E provate a farla mangiare, magari con voi sarà più a suo agio. – detto questo appoggiò delicatamente la mano della donna sul bordo della vasca e lasciò la stanza. Lyanna ripensò alle parole che le avevano detto le sue allieve. Sembra che si stia prendendo cura di me…cosa vorrà davvero?
Le donne lo guardarono allontanarsi.
-Se avessimo bisogno di voi, dove vi cerchiamo? – chiese Brienne.
-Mi troverete nelle segrete. Vado a parlare con Stella Nera. – disse prima di chiudere la porta. Il suo tono era tornato risoluto e spietato.
 
Lyanna era nuovamente distesa sull’enorme letto a baldacchino. Indossava il vestito che il principe le aveva portato, era di fattura semplice e più che un abito sembrava una camicia da notte. Era di un bianco candido, aveva le maniche lunghe, una scollatura dolce e sul corpetto dei semplici fili argentati e rossi facevano capolino tra le trame dell’abito. Il bagno l’aveva rinvigorita. Aveva la sensazione di sentirsi già meglio, ma sapeva che non era così. Aveva mangiato assieme alle sue amiche. Il principe aveva fatto portare tre enormi vassoi di gustose pietanze nella sua stanza. Tyene aveva controllato che nei vassoi non ci fosse traccia di altri veleni prima che lei toccasse il cibo. Però sentiva le gambe e le braccia ancora troppo deboli. Si guardò le punte delle dita. Erano ancora di quello strano colore pallido. Quanto tempo ci avrebbe messo a guarire? Era già stanca di starsene tutto il giorno chiusa lì. Senza nemmeno accorgersene si era addormentata, e le sue allieve erano uscite dalla stanza cercando di fare il minimo rumore. Elanon era rimasta, nel caso si fosse svegliata prima ancora che il principe avesse fatto ritorno.
Quando finalmente lui tornò nei suoi alloggi, fuori il sole era ormai tramontato da un pezzo. Le tenebre avevano avvolto un cielo senza luna. La stanza era lievemente illuminata dalle braci del camino. Elanon si era assopita sul letto assieme a Lyanna, dimenticandosi di attizzare il fuoco con altra legna. Quando sentì il rumore della porta che si chiudeva, si destò e vide Viserys raggiungerla. Si alzò e scese dal letto, mentre lui girava attorno al baldacchino per avvicinarsi a Lyanna.
-Principe. – Elanon fece un cenno con la testa in segno di reverenza. Lui accennò appena un saluto.
-Come sta? – le chiese con gentilezza.
-Si stanca molto facilmente. – poi lo vide prenderle una mano – il veleno è rimasto fermo. – aggiunse.
-Puoi andare adesso. – le ordinò, ma fu come se si fosse pentito di essere stato così duro – Grazie di essere rimastata con lei. –
-Mio signore, è mio dovere, ho promesso al Lupo Bianco che sarei stata al fianco di sua madre in questa missione! – rispose la donna osservandolo con un’espressione orgogliosa e voltò le spalle per andarsene. Ma prima di muovere un passo, tornò a guardarlo incuriosita.
-Cosa rappresenta Lady Lyanna per voi? – vide che il volto del principe ora la guardava – non siete il mostro che volete farle credere. Vi ho osservato in questo viaggio. Vi siete sempre preso cura di lei, in ogni situazione. Brienne mi ha detto che quando è stata avvelenata avete dichiarato di avere dei diritti su di lei, ma non credo che parlavate degli stessi obblighi espressi al banchetto, non è così? –
Viserys abbassò lo sguardo.
-Sei molto sveglia per essere una semplice popolana. – notò. Si alzò e andò dall’altra parte del letto.
-Sono stata la coppiera di lord Hornwood, quando ero una bambina. Mi è stato insegnato poi a scrivere e a leggere, e non solo tra le righe di un testo. – gli disse senza esitazione, mentre lui si avvicinava cauto – mi sembra che voi abbiate molto a cuore le sorti della mia lady. –
Il principe continuò ad osservarla ponderando sulle sue parole, così la donna continuò.
-Ha sofferto troppo nella sua precedente vita. Gli incubi che ha, ne sono la prova. L’avete sentita, le sue notti sono tormentate dai ricordi e dalle perdite. Vi prego solo di non darle ulteriori dispiaceri. – i suoi occhi esprimevano tutta la pietà che provava.
-Non ho alcuna intenzione di farle del male. Non gliene ho mai voluto fare. – abbassò lievemente il capo.
-Se i vostri sentimenti sono così forti, vi supplico, lasciatela stare. Lei non potrà mai ricambiarli. –
-Vi sbagliate. – le disse combattuto, poi ponderò sulle sue decisioni.
-Voglio provare a fidarmi di te, Elanon! Ho bisogno di qualcuno di fedele anche tra le Rose dell’Inverno. Ma lei non può sapere la verità. Ancora non è il momento. – mentre diceva queste parole, si portò le mani sul capo e slacciò le due piccole fibbie, abbassando la maschera.
Elanon guardò stupefatta l’uomo dinanzi a sé. Fece l’unica cosa che avrebbe avuto senso in quel momento: inginocchiarsi.
 
Note dell’autore:
La storia sta procedendo molto lentamente, lo comprendo, ma voglio pian piano arrivare al dunque.
Lyanna si è finalmente risvegliata dal sonno indotto da quel veleno di Tyene. Il principe Viserys, che ormai avete capito chi si cela in realtà dietro a quella maschera, le è sempre al fianco. si prende cura di lei e la assiste in ogni cosa. Lyanna però è scettica e convinta che lui lo faccia solo per un suo rendiconto personale.
Lo vediamo sparire per andare a parlare con Stella Nera e vedremo molto più avanti quello che realmente è successo in quel momento.
Infine un tenero momento in cui lui finalmente si rivela a qualcuno. Ha scelto Elanon, tra tutte la donna che ha mostrato più sensibilità e lealtà a Lyanna, ma anche a lui. Rispetto alle altre non si è mai rivolta a lui in maniera offensiva o accusatoria. Inoltre ha mostrato di aver un ottimo spirito di osservazione e a lui servono occhi, per proteggere la donna che ama.
Per il momento vi lascio così, spero che questo capitolo vi sia piaciuto, anche se ammetto non siamo andati avanti molto con la trama.
Un saluto a tutti quelli che mi stanno seguendo e che attendono sempre che pubblichi qualcosa di nuovo, ma questo parallismo tra Chronicles e Tales mi sta mettendo a dura prova e finchè non raggiungo un punto preciso di Tales non potrò proseguire nemmeno con questa storia.
Ah, volevo avvisare chi segue anche Tales, o la seguiva!
Vi avviso che dal capitolo 17 si comincia una nuova storia che narrerà delle vicende, del tutto inventate da me, ma che porteranno al loro ultimo saluto ufficiale lì ad Harrenhall. Mi piacerebbe sentire il vostro parere per sapere se può starci con la storia che Martin non ci ha ancora raccontato. E poi anche a livello di narrazione ci saranno dei cambiamenti. Non avremmo più solo i pov di Lyanna e di Rhaegar, ma cominceranno a mostrarsi anche capitoli interamente spiegati dal pov di quegli altri personaggi che vi girano attorno. Vedremo Elia Martell, Arthur Dayne, Ashara Dayne, Ned e Benjen Stark e Robert Baratheon. Quindi se vi piacciono questi personaggi potete vedere come li ho rivisitati per entrare nei loro pensieri.
Un bacio grosso a tutti voi!!!

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Capitolo 29
*** Il Gioco del Trono ***


Note dell’Autore:
innanzitutto vi chiedo umilmente perdono per aver tardato così tanto la pubblicazione di questo capitolo, perché davvero sembra non abbia scuse, ma invece una ce l’ho. Per chi sta seguendo anche l’altra mia ff su Rhaegar e Lyanna, avrà notato che lì sono ancora molto indietro e ho pubblicato proprio oggi il numero 23 invece qui sono già al 29. Volevo andare pari pari, ma mi sono resa conto che molte cose che lì devo ancora raccontare, qui presto verranno svelate, quindi ho dovuto impegnarmi a proseguire coi capitoli di Tales anche per decidere bene quali trame andare a toccare, perché poi su Chronicles ache avremo dei risvolti le cui basi partono proprio da lì. Insomma mi sono resa conto che Tales può benissimo essere un punto di partenza a cui poi mi posso riallacciare con l’evolversi della trama di Chronicles. Certo avrei dovuto pensarci prima, ma ve lo ripeto questo What if… è nato per scommessa, mai avrei pensato che potesse avere così tanto successo.
 
Vi scrivo già all’inizio così ho modo di chiarirvi bene dov’è ambientato questo capitolo. Se avete contato i capitoli pubblicati fino ad ora, avrete già sicuramente capito che è il momento di tornare a raccontare le vicende che hanno portato Daenerys e il suo misterioso fratello a Nord, per cui ci troviamo ancora a Dorne. Lei risiede a Giardini dell’Acqua e se ben ricordate nell’ultimo capitolo era arrivato un personaggio alquanto scomodo: un ragazzo coi tratti valiryani che si fa chiamare Aegon Targaryen e si presenta come il figlio di suo fratello maggiore Rhaegar. Questo colpo di scena crea un certo scompiglio e vediamo ora come pensano di risolvere questo problema i due fratelli. Non voglio anticiparvi niente, ma vi dico solo che avrete in un primo momento due ambientazioni differenti, la prima vedrà Daenerys con Aegon parlare e passeggiare, mentre la seconda Rhaegar nei panni di Viserys con Jon Connington fare gli adulti della situazione. Successivamente ci sarà un terzo momento, dove vedrà i due fratelli riunirsi e parlare tra loro.  Vedrete come ho sviluppato gli eventi e spero che li troviate intriganti e divertenti esattamente come ho pensato io, quando l’ho scritto.
Aspetto vostri commenti e non abbiate problemi anche a rimproverarmi per aver tardato così tanto. Mi farò perdonare lo prometto!
 
 
La regina Daenerys passeggiava tranquilla tra i giardini e le fontane del cortile interno della Fortezza Giardini dell’Acqua. Al suo fianco il ragazzo che si era presentato a lei meno di una settimana prima come Aegon VI Targaryen.
-Dimmi Aegon, non hai alcun ricordo della nostra famiglia? – gli chiese mentre si sedeva sul bordo della fontana.
Si era fatta confezionare un abito per l’occasione. Era molto leggero e il tessuto sembrava intriso di magia, tanto era morbido e delicato al tatto. Riluceva alla luce del sole ed era di un candore irreale. Indossava alcuni gioielli alle braccia e una corona in testa con rubini e ossidiane. Era stata un’idea di suo fratello Rhaegar, gliel’aveva fatta portare direttamente nelle sue stanze quella stessa mattina. Ricordava ancora la sorpresa, quando aveva aperto quel pacchetto. Gli era saltata addosso per la contentezza. Prova a vedere come reagisce se ti vede già con una corona in testa, le aveva suggerito. Dany non ci aveva pensato due volte e l’aveva subito messa in testa. Rhaegar si era messo a ridere guardandola, mentre indossava ancora la vestaglia da notte.
Il ragazzo di fronte a lei invece, vestiva un’elaborata casacca in cotone leggero nero e cremisi, con i bordi oro. Dany vide quanto quei colori effettivamente facessero risaltare il suo incarnato. Proprio come mi aveva detto Rhaegar. È giusto che i Targaryen tornino ad indossare i loro colori.
I suoi capelli erano abbastanza corti, quindi non poteva raccoglierli. Dany cercò di immaginarselo con i lunghi e setosi capelli di suo fratello Rhaegar.
-Non ho alcun ricordo di queste terre. Te l’ho detto zia, ero solo un neonato, quando fui portato al di là del Mare Stretto. –si era espresso con freddezza e distacco. Non si capiva se era imbarazzato o infastidito dalla sua domanda.
-Allora abbiamo due cose in comune. Anch’io come te, venni allontanata da queste terre appena nata e non ho alcuna memoria di questi luoghi. Col tempo potremmo scoprire di avere anche altre cose in comune… – notò che il giovane continuava a fissarle il diadema sulla sua testa – a parte la corona. – aggiunse contrariata.
-Già. – disse il ragazzo seccato, tornando a guardarla negli occhi.
Dany cercò di scrutare in quello sguardo qualcosa che gli ricordasse suo fratello, ma si rese conto che in lui non sembrava esserci nulla di lui.
 
Il principe Viserys si sedette alla scrivania dello studio privato del secondo piano. Jon Connington aveva già preso posto di fronte a lui. Preferì lanciargli uno sguardo fugace, anche se indossava la maschera, riteneva rischioso abbassare troppo la guardia.
-Volevate parlarmi, vostra grazia? – chiese il cavaliere cercando con sguardo riflessivo.
-Proprio così, Lord Connington. – osservò i suoi occhi turchesi, le labbra screpolate e le folte sopracciglia di un rosso sbiadito dal tempo – Volevo delle delucidazioni riguardo al ragazzo che avete portato qui con voi. – fece un’altra pausa ad effetto e notò che aveva attirato la sua attenzione – Se il giovane vuole davvero chiedere la mano di mia sorella, credo che noi dovremmo stipulare un contratto di matrimonio. –
I due si guardarono per qualche secondo e poi entrambe le parti cominciarono a decretare le loro condizioni.
Dopo aver stipulato il documento, il principe Viserys strinse la mano del lord, prima che potessero mettere le loro firme. Il lord guardò la maschera di fronte a sé.
-Perché abbracciate la causa di Aegon? Dopotutto questo patto vi toglie ogni mira al trono, mio signore. Cosa ne ricavate voi? –
-Un matrimonio fra consanguinei è sempre stato nell’ottica di mio padre, e mia sorella è riuscita in delle imprese che io mi sono solamente sognato. Penso che sia più adatta a regnare di quanto io non lo sia mai stato. –
-Con tutto il rispetto mio signore, spero solo non abbia ereditato il carattere di re Aerys. Nei suoi ultimi anni di vita non ha tenuto un comportamento molto coerente ed il regno ne ha risentito. –
-Ve lo concedo, ma voglio rassicurarvi. Daenerys è molto più simile a nostro fratello Rhaegar. –
A quelle parole il lord di Posatoio del Grifone si mosse agitato sulla sedia, la stanza piombò in un silenzio quasi irreale. Solo le onde del mare ed il pigolio di qualche pappagallino entrava dalla finestra alle loro spalle.
-Allora sarà un’ottima regina! – un sorriso si stampò sulla sua faccia.
-Lord Varys ha detto che eravate un suo buon amico. – il principe colse al volo l’occasione.
-Ero l’uomo più fedele che lui potesse avere al suo fianco. Sicuramente meglio di tanti altri fissati che gli giravano attorno. – fece schioccare la lingua - Come quel Whent o quel Lonmouth. Gli erano fedeli solo per via del suo titolo. Perfino il principe Martell, è entrato nella guardia reale solo grazie all’influenza della madre, e si è subito inchinato a lui. Un Martell non si dovrebbe mai inchinare, e invece lui lo ha fatto. Non era degno di quel nome, per quello alla corte dorniana non se ne facevano niente… Oppure quel dannato Dayne, lui ed il suo ego. Si è fatto sconfiggere da Eddard Stark, come un comune sempliciotto. –
Rhaegar fece finta che le sue parole non lo avessero toccato, ma sentir parlare così dei suoi amici morti non gli fece certo piacere. E ciò che maggiormente lo fece infuriare era ciò che aveva detto di Ser Arthur Dayne, il suo più grande amico, non avrebbe dovuto permettersi di rivolgersi così al cavaliere a cui tanto era legato. Pagherai Jon, per ciò che hai detto di Arthur. Conosco il motivo per cui ce l’hai tanto con lui, ma dovresti avercela con me. Dopotutto sono stato io a prendere la decisione di prendere le distanze da te. Cercò di fingere indifferenza e di mantenere un tono pacato, quando gli si rivolse nuovamente.
-Cosa vi ha spinto ad aiutare suo figlio? –
Gli occhi dell’uomo per un attimo si persero nei ricordi, il principe ne approfittò così per annotare altre due cose sulla pergamena, prima di apporre la sua firma.
-Glielo dovevo… - cominciò a dire con voce quasi assente e sognante – voi eravate solo un bambino, magari non ricordate, ma vostro fratello era sparito ormai da mesi e la guerra ormai aveva raggiunto una situazione molto critica, ma nessuno sapeva dov’era andato. Il re dopo aver deposto Owen Merriweather mi fece Primo Cavaliere e mi mandò a cercare Robert Baratheon a Tempio di Pietra, dove si era nascosto. Dovevo impedire che le sue truppe del sud si unissero a quelle degli Arryn e degli Stark. Ma non ci riuscii. Quando il principe riapparve, si mise a capo dell’esercito per fermare l’avanzata dei ribelli, ma nella battaglia sul Tridente quel lord ubriacone si prese la sua vita. Se lo avessi stanato in quella maledetta città tra bordelli e taverne, il principe non sarebbe stato costretto a scendere in guerra e… non avrebbe mai perso la vita. – la sua voce era carica di delusione e rammarico. – E’ solo colpa mia e dei miei fallimenti. –
Rhaegar stava per dire qualcosa, ma Jon lo anticipò, prendendo dalle sue mani la penna d’oca appostò anche la sua firma sul documento.
-Non potevo tradire di nuovo la fiducia del mio principe d’argento. Quando vidi per la prima volta Aegon e mi dissero chi era, pensai di avere la possibilità di redimermi in qualche maniera. Mi ripromisi che questa volta non avrei fallito. Ho deluso il principe Rhaegar, ma non potevo fare lo stesso errore anche con suo figlio. –
 
Aegon la teneva a braccetto e Dany lasciò che la conducesse per i giardini di gelsomini e bouganville. Era un posto davvero favoloso e non si meravigliò che i Martell preferissero passarvi così tanto tempo. Poi il piacevole profumo di salsedine e la fresca brezza marina era un toccasana per quelle giornate così afose. Non riusciva nemmeno ad immaginarsi cosa doveva essere quel regno in piena estate. Aegon era di un’incredibile bellezza, inevitabilmente Dany si sentì attratta da quei tratti così simili ai suoi, da quegli splendidi occhi viola e quei capelli argentati. Dalle sue gambe lunghe e dalla sua altezza. In ogni piccola cosa che scorgeva in lui, non poteva che pensare ad un paragone con Rhaegar, eppure qualcosa in quel giovane continuava a incuriosirla. Si stava formando un’attrazione del tutto incontrollata. Ripensò a quanto tempo era trascorso da quando aveva giaciuto con un uomo. Già il suo ultimo amante era stato Daario… ormai era parte del suo passato. Da quanto aveva riportato in vita Rhaegar si erano risvegliati degli istinti primordiali in lei che faticava a sedare, ma con suo fratello tutto quello era praticamente impossibile da mettere in atto. Con lui si era instaurato un bellissimo rapporto. In poco tempo erano riusciti a legarsi come fossero sempre vissuti assieme. Purtroppo per lei, però tutto finiva lì. La sofferenza di suo fratello era ben visibile, come anche la sua bellezza e il suo fascino, ma si sarebbe dovuta accontentare di guardarlo da distante. Lui era appartenuto ad un’altra donna, e ora, anche se lei non c’era più, Rhaegar continuava a sentirsi legato a lei. Dany sapeva che non sarebbe riuscita a ricucire quelle ferite. Sapeva anche lei cosa voleva dire perdere un compagno di vita, ma il suo matrimonio con Drogo non era partito come quello che tra Rhaegar e la sua lady. Non sapeva se avesse mai potuto comprenderlo appieno. Guardò Aegon al suo fianco, camminava impettito, fiero e sicuro di sé, mentre varcavano la grande arcata, seguendo il sentiero che li portava sulla spiaggia. Era un incanto quando la luce del sole illuminava il suo volto. Sorrise e pensò fra sé. Non potrò avere il padre, ma forse posso avvicinarmi al figlio. Si sentì una donna di facili costumi in quel momento, ma dopotutto lei era una regina e lui, se davvero era chi diceva di essere, un principe. Entrambi appartenevano alla stessa famiglia e più volte si era immaginata di venir fidanzata ufficialmente a lui, se la guerra avesse avuto altre sorti. Dopotutto forse qualche divinità doveva aver udito le sue preghiere. Sentì un righiamo alla sua sinistra. Si voltò e solo un vortice di vento mosse poco lontano da loro un piccolo cumolo di sabbia, trasportando i granelli dorati in aria. Dany sapeva cosa significava e sorrise. Aegon invece non sembrò mostrare di aver notato niente. Inarcò un sopracciglio, turbata da quella impassibilità. Se sei davvero un drago dovresti sentire il loro richiamo… possibile che si debba ancora risvegliare in te quella meravigliosa sensazione? Ma poi pensò che lui era vissuto per tutta la sua vita lontano dalle uova e dalle ossa dei draghi e pensò che magari quello potesse essere uno dei motivi per cui non sentiva niente in quel momento. Pochi istanti dopo si sentirono dei tuoi sopra le loro teste. Il cielo però era libero e non c’erano nubi nemmeno all’orizzonte. Entrambi alzarono gli occhi verso l’alto, Dany era ben consapevole dell’origine di quei rumori e salutò i suoi figli con un largo sorriso. Differente invece fu la reazione di Aegon che lasciò per un attimo il braccio di sua zia e mise una mano sull’elsa della spada, ma quando le tre creature apparvero sopra le loro teste, nascondendo la luce del sole con i loro possenti corpi e le enormi membrane delle ali, il giovane si bloccò. La sua bocca era aperta per lo stupore e i suoi occhi completamente sbarrati. Dany lo guardò e rise.
-Non estrarla, non ti servirà comunque. – lo ammonì.
Drogon atterrò con imponenza e facendo un rumore assordante sbattendo ancora due volte le ali. Il movimento di queste alzò un vento misto a sabbia che frustò i loro volti e fece danzare le vesti e i lunghi capelli argentati di Dany. Poi scesero anche Viserion e Rhaegal. Tutti e tre i draghi cercarono le carezze della loro madre, e lei non li fece attendere. Portò una mano verso i loro musi e loro si presero quelle coccole come fossero dei semplici gattini. Gli occhi di fuoco di Drogon però erano fissi sul giovane alle spalle della ragazza. Dany lo aveva notato e si era voltata verso il principe, sorridendogli con occhi furbi.
-Puoi avvicinarti se vuoi. – gli rivelò – senza un mio ordine non attaccano, ma evita di farmi male o di minacciarli. Hanno un carattere molto difficile, ma mio fratello ad esempio ha legato subito con Rhaegal. Io posso cavalcare Drogon, e Viserion per il momento è senza padrone. – gli indicò il drago dalle scaglie dorate e color crema. Gli occhi dorati del drago fissarono quelli viola di Aegon e per un attimo sembrò che i due stessero comunicando mentalmente con serenità. Dany si ritrovò a sorridere dalla contentezza, e si sarebbe pure messa a saltare sul posto, o correre a dirglielo a suo fratello maggiore, ma tutta la sua allegria si sbriciolò quando Viserion sbuffò un fumo nere dalle narici. L’aria calda e intrisa di fuliggine investì il giovane di fronte a sé e Dany sentì il disagio che il drago stava provando. Sembrava non averlo accettato per niente. Dany intervenne per calmarlo, ma Aegon la fermò.
-Aspetta. – alzò una mano per indurla a non avvicinarsi – Deve comprendere che sono il suo padrone. – la regina aggrottò le sopracciglia indignata. Quel ragazzo era fin troppo sicuro di sé, e di fronte ad un drago non dovevi mai esserlo. Dovevi fondere la tua anima col loro, non dominarli. Erano creature selvatiche e indomabili. Se non accettavano la tua presenza te lo dimostravano apertamente, ma non sempre eri fortunato a portelo raccontare in giro. Dany ripensò alle vittime che nei tempo i suoi draghi avevano sparso, Reznak mo Reznak era stato la prima vittima di quel drago.
Aegon fece un altro passo verso la bestia, ma Viserion fece schioccare le fauci e aprì le enormi ali da pipistrello bianco. Aegon indugiò sul da farsi, ma era ostinato a raggiungere il suo scopo. Dany non voleva rischiare di veder un’altra vittima dell’ira dei suoi figli, non proprio di fronte ai suoi occhi, non proprio ora, non con lui.
-Viserion. – disse fredda. Il drago si voltò verso di lei ed il ragazzo ne approfittò così per sfiorare appena qualche scaglia del suo muso. La bestia ruotò velocemente il capo verso di lui offeso e furioso. I suoi occhi lo avevano puntato e dalle sue fauci cominciava a formarsi una lesta brace che fra non molto avrebbe investito tutto ciò che lo circondava. Dany sapeva che si sarebbe salvata alle fiamme, ma poteva essere certa che anche Aegon avesse quella particolare caratteristica? Se è un vero drago dovrebbe… inevitabilmente pensò a Viserys. Anche lui era un Targaryen e le sue origini non erano dubbie come quelle del giovane accanto a sé, eppure si era squagliato come un comune essere umano quando l’oro aveva raggiunto la sua testa, fondendogli il cranio e le ossa. Ricordava ancora il tanfo di pelle bruciata che aveva inondato nella tenda padronale di Vaes Dothrak. Velocemente si spostò di fronte a Aegon e allargò le braccia per demotivare le intenzioni di Viserion. Comunicandogli immagini di calma riuscì a calmarlo e fargli perdere ogni sorta di rancore nei confronti del giovane principe alle sue spalle.
Il drago sbuffò fumo, ricacciando in gola la palla infuocata e si voltò versò il mare alle sue spalle. Con due balzi spiccò il volo e si allontanò da loro. Dany rimane a fissarlo creare cerchi sopra le loro teste, sempre più ampli per poi allontanarsi. Drogon invece si era trovato una nicchia rocciosa e vi si era annidato. Rhaegal immergeva il muso nelle acque salate a quindici metri da loro. Quando riemergeva aveva in bocca un enorme pesce dalle squame verdi brillanti. Lo lanciò in aria e lo incenerì con le fiamme arancioni e verdi. Lo perse al volo e lo ingurgitò senza nemmeno masticarlo.
Dany si voltò verso Aegon.
-Ti avevo avvertito di non muoverti senza avere il loro permesso. – lo rimproverò.
-Io sono il legittimo re, sono sangue di drago e loro mi devono obbedienza! – dettò questo tornò sui suoi passi lasciandola sola sulla spiaggia.
 
Quella sera Dany raggiunse suo fratello nelle proprie stanze. Lo trovò disteso supino sul letto. Il dorso della mano destra sulla fronte. La maschera nell’altra mano. guardava il soffitto del baldacchino, ma sembrava assorto in qualche misterioso e tormentato pensiero.
Il commilitone di Varys era tornato a Capo tempesta dopo una visita di appena sette giorni. Ma Jon Connington, il principe Aegon e pochi altri uomini, avevano deviato a Lancia del Sole con la principessa Arianne, per conoscere i capi dell’esercito di Dorne. Tyrion aveva nuovamente preso congedo per raggiungere una casa del piacere a due ore da lì. Avevano il palazzo per loro. E Dany sapeva esattamente cosa desiderava in quel momento.
-Ti va di suonarmi qualcosa? – gli domandò sedendosi sul bordo del letto e sbattendo appositamente uno dei suoi glutei conto la gamba destra di lui. Si lasciò cadere all’indietro e la sua testa andò ad appoggiarsi sul suo petto.
-Pensavo avessi altri programmi per la serata. – Rhaegar l’aveva sentita entrare, ma era rimasto in silenzio. Quando l’aveva sentita sopra di sé, si era alzato appena con la parte superiore del busto per guardarla in volto. – Qualcosa non va? –
-I miei programmi sono andati in fumo… letteralmente! – affermò sdegnata – Ho bisogno solo di non pensarci! – emise uno sbuffo nervoso.
-Vuoi parlarne? – le chiese accarezzandole delicatamente la fronte e i capelli.
-Avrei voglia di fare molto altro invece che parlare. – lei rotolò su un lato e appoggiò il mento sul suo torace, con una mano raggiunse una ciocca dei suoi argentati capelli e se la rigirò sull’indice. Lo guardò ora negli occhi. Ametista brillante contro iolite viola scuro. Rhaegar piegò appena il volto, ma non fece in tempo di aprire la bocca che lei continuò il suo monologo.
-Ma non ho molte speranze per questa sera di far entrare un uomo nelle mie stanze, per questo ho pensato di venire da te. – sorrise provocandolo. Rhaegar però non si lasciò impressionare e le chiese.
-Provi qualcosa per Aegon? – dai suoi occhi non traspariva scetticismo, come avrebbe pensato. Ne fu sorpresa. Poi ricordò che Barristan le aveva detto che il torneo in cui suo fratello aveva conosciuto la sua lady, era durato esattamente lo stesso tempo che Aegon aveva trascorso lì con loro.
-Non lo so, credo che sia mera attrazione fisica, ma non riesco a comprendere se i miei sentimenti siano dovuti da semplice piacere, oppure da un legame più profondo. – ammise lei sconsolata.
-Ti posso dare due consigli. Da fratello ti posso dire di dar tempo al tuo cuore per capirlo prima di decidere di farlo entrare nel tuo letto. Da consigliere invece ti dico di fare attenzione, lui può non essere chi dice e se i nostri sospetti sulla sua identità dovessero essere fondati, e ormai fosse troppo tardi, ti ritroverai a prendere delle decisioni difficili. Dovrai scegliere se salvarlo e giustificare il tuo gesto di fronte ai Sette Regni, quando loro ti obbligherebbero a mandarlo in esilio o condannarlo a morte. Rifletti su questo, una volta regina non sarai davvero libera di fare le tue scelte come hai sempre pensato. I tuoi poteri potranno aumentare, ma potresti sempre trovarti ad avere le mani legate. –
-Ti prego, ora non voglio sentir parlare di esili o altre morti, e non ho nemmeno intenzione di complicarmi la vita… - gli disse avvicinando il volto a quello di lui e sovrastandolo con mezzo busto. Rhaegar sembrò rimanere impassibile a quella sua provocazione. Dany gli sorrise e continuando a fissarlo negli occhi si abbassò su di lui – ad ogni modo grazie. – deviò si lato solo all’ultimo per dargli un bacio sulla guancia.
-Forse è il caso che tu ritorni nelle tue stanze ora. – le consigliò prendendola per i fianchi e cercando di allontanarla da sé – non posso darti ciò che vuoi. – nei suoi occhi una tremenda sofferenza.
-Una canzone non me la puoi cantare? – si distese allora al suo fianco, giocherellando con una ciocca dei propri capelli.
-Prima volevo sapere un’altra cosa. – le disse lui voltandosi lateralmente e guardandola intrecciare quei nastri setosi del medesimo colore della sua chioma. Lei si limitò ad annuire e a rivolgergli un sorriso – Penso che tu sia stata messa già al corrente del contratto prematrimoniale che ho stipulato con il lord del Grifone. Credevo fossi arrabbiata per questo motivo. –
-Mi fido di te, anche se avrei preferito che mi avessi consultato, prima di prendere accordi con loro. Hai scoperto qualcosa, almeno? –
-Solo che Jon Connington è sincero. Crede fermamente in questa causa, perché si sente responsabile della mia morte. – le disse pacatamente – e puoi stare tranquilla, nel contratto c’è una clausola che ti renderà in grado di decidere per il suo annullamento. –
-Che intendi dire? – lo guardò perplessa senza capire come avesse potuto fare una cosa del genere.
-Semplice. Ho fatto sottoscrivere che tu verrai incoronata per prima come Regina dei Sette Regni. Questo ti permetterà, in quel piccolo lasso di tempo, prima che anche a Aegon venga posata la corona sulla sua testa, di emettere il tuo primo decreto. Se lui si dovesse rivelare un impostore, potrai accusarlo di alto tradimento e rifiutarti di sposarlo. Jon non se n’è nemmeno accorto, tanto era perso nei discorsi. –
-Sai essere spietato! – disse la ragazza, guardandolo con ammirazione.
-Quando vivi nella capitale per troppo tempo, cominci a imparare come funziona il gioco del trono. Ho sempre cercato di tenermene in disparte, non amavo agire di nascosto, ma ho dovuto farlo, se volevo sopravvivere. –
 
La regina dei draghi si sentiva rilassata, mentre il suo cuore era pervaso da una dolce malinconia. La canzone che le aveva dedicato quella sera, era romantica e piena di speranze. Dany aveva versato solo una lacrima. Suo fratello si era alzato e le si era seduto accanto. Con il dorso dell’indice le aveva preso la lacrima scesa fino al mento.
-Rhaegar, riesci a comporre delle melodie incredibilmente belle. –
-Ti ringrazio, sorellina. – Dany appoggiò il capo sulla sua spalla e lui la cinse con un braccio. Rimasero così per qualche istante, poi lui si scostò leggermente da lei.
-Dany, volevo dirti una cosa. – cominciò, la ragazza si immerse in quel mare indaco dei suoi occhi.
-Oggi mi hai presentato come il Principe della Roccia del Drago. –
-Quello era il tuo titolo, o mi sbaglio? – chiese lei senza capire.
-Sì, hai detto bene, lo era. Essendo il primo erede maschio del re, nostro padre. Ma sai cosa comporta se io dovessi riprendere quel titolo? –
-Se tanto sarò regina dei Sette Regni, risiederò ad Approdo del Re. Tu potrai riavere il tuo vecchio castello, se lo desideri, oppure venire a vivere con me, ma rimarrai sempre il principe ereditario! –
-No. – rispose secco – Non voglio mettere più piede nella Fortezza Rossa. – il suo sguardò si rabbuiò.
-Lo dovrai fare se conquisteremo la capitale. –
-Ti aiuterò a riprendere il trono che era di nostro padre. Ti ho fatto una promessa e ho tutta l’intenzione di mantenerla, ma non chiedermi di risiedere nel Fortino di Maegor. – Dany capì quello che intendeva dire. Era disposto ad entrare nella sala del trono, dove era stato ucciso loro padre, ma non voleva più addentrarsi in quella che era stata la residenza della famiglia reale, dove erano morti sua moglie e i suoi due figli. – Te ne prego. – i suoi occhi ora erano pozzi di dolore.
-Non ti obbligherò, se questo ti deve torturare in questo modo. Accetta allora di riprendere il castello che era stata la tua residenza. Non saremo poi così lontani e quando mi sentirò smarrita, verrò a trovarti lì. –
-E sarai la benvenuta, ma… –
-Non ti sentirai solo in quel palazzo? – lo interruppe lei, e quasi subito si pentì di avergli fatto una domanda tanto stupida. Era ovvio che si sarebbe sentito solo. Lui si sentiva solo anche lì con lei. Non aveva più niente di quello che lo aveva circondato un tempo. Era un’anima solitaria che lei aveva riportato tra i vivi. A volte si domandava, se lui fosse felice di essere tornato, o se avesse preferito rimanere lì, tra le lingue del fuoco eterno di R’holl.
-Dany, non posso più avere quel titolo. Non sono più l’erede al trono. –
-Certo che lo sei. Io sarò regina, tu sei l’unico altro mio famigliare in vita, in automatico diventi il mio erede. –
-No, il tuo vero erede sarà il figlio che un giorno darai a Aegon, o a chiunque deciderai di sposare. –
-Ti sbagli. – questa volta fu lei a ottenebrarsi – nel matrimonio con Khal Drogo, rimasi incinta, ma il bambino nacque morto e deforme. La donna che mi tradì, uccise mio marito e il bambino che avevo ancora in grembo con la sua magia nera. Prima di morire mi predisse che il mio grembo avrebbe sarebbe tornato fertile quando il sole sarebbe sorto a occidente e tramontato ad oriente, quando i mari si seccheranno e le montagne voleranno via nel vento come foglie morte… - le parole le morirono nella gola. Le ricordava ancora come fosse ieri.
-Ha tanto l’aria di essere una profezia. – le confidò lui perplesso. Le accarezzò con due dita la pelle delle schiena, come era solito fare per tranquillizzare la sua lady.
-Ha più l’aria di una maledizione a mio parere. – i suoi occhi lo guardarono pieni di angoscia –capisci quindi perché ti ho detto che tu sarai a tutti gli effetti il mio unico erede? –
Gli occhi di suo fratello si addolcirono, la strinse di nuovo tra le sue braccia.
-Mi dispiace sorellina. La nostra casata quindi è destinata a tornare a regnare ma finire con noi due. –
-No, se Aegon è chi dice di essere e prendesse un’altra moglie potrebbe generare un erede ed il nostro sangue continuerebbe a vivere. – le lacrime scesero sulle guance di Dany.
Rhaegar non disse niente, si limitò a stringerla ancora più forte, per infonderle tutto l’affetto di cui aveva bisogno.
Sorellina vorresti davvero che il tuo sposo giacesse con un’altra donna per concepire un erede? Aegon dovrebbe commettere lo stesso ignobile gesto che ho fatto pure io. Elia come ti sei sentita per davvero? Mi hai sempre detto che eri felice per me, che avevi capito. Ma io ero talmente preso dalle profezie e dai miei sentimenti per Lyanna, che non ho mai davvero prestato attenzione a quello che provavi nel profondo. Sono stato un pessimo marito nei tuoi confronti. Non sono mai riuscito ad amarti, né a darti l’affetto di cui avevi davvero bisogno. Nemmeno quando la vita ti ha abbandonato ero con te e non avevo nemmeno salutato Rhaenys prima di partire. Doveva essere terrorizzata se si era rifugiata sotto al mio letto. E Aegon, era appena un infante… eri così felice quando lui ti ha sorriso. Ricordo quanto i maestri si complimentarono per via dei suoi capelli chiari, ma tu invece avevi notato prima quello strano segno sul collo…
Improvvisamente gli venne in mente quel dettaglio.
-Dany forse ho trovato la soluzione! – le disse con mezzo sorriso sulle labbra.
-Per trovare un erede? – chiese la ragazza confusa.
-No. – le sorrise prendendole le spalle per guardarla in volto.
-Di che stai parlando allora? – gli chiese emergendo dal suo petto. Le lacrime ancora inondavano i suoi occhi viola.
-Il vero Aegon aveva una voglia sul collo, assomigliava al sole dello stemma di Dorne. Se anche quel ragazzo ha lo stesso segno, allora è davvero un principe! – non voleva aggiungere altro, per il momento era meglio che lei sapesse meno cose possibili riguardo a tutto ciò che lo riguardava personalmente. Per la prima volta sentì una vaga speranza ruotargli nel petto.
Zio Aemon avevi dunque ragione tu? Era Dany la vera predestinata? Possibile che ci siamo sbagliati? D’altronde lei è riuscita a riportare in vita tre draghi… Un pensiero gli entrò nella mente, con insistenza e cattiveria. Il suo cuore risentì l’irruenza e non riuscì a cacciarlo indietro.
E poi ci sarebbe quel giovane re del Nord. Se le mie ipotesi si riveleranno corrette avremmo dunque le tre teste del drago complete?
Rhaegar sapeva che quei pensieri erano pericolosi. Non aveva niente per supporre questo, eppure qualcosa lo aveva incuriosito nel racconto di Tyrion Lannister. Lyanna gli aveva parlato di Ned un sacco di volte. Era un ragazzo con la testa sulle spalle. Metteva l’onore e il rispetto prima di ogni altra cosa. Non avrebbe mai potuto generare un bastardo. Ma si trovava in guerra, e si sa che in quei momenti anche solo l’idea di non poter più tornare a casa dalla propria moglie, può far cambiare l’indole di un uomo. Eppure qualcosa lo portava a credere alle parole della donna che un tempo aveva amato. Se c’era anche solo una speranza che quel bambino fosse stato figlio suo e di Lyanna, lui l’avrebbe voluto scoprire. Avrebbe provato in tutte le maniere a cercare la verità. Prima però dovevano pensare alla Capitale e a riprendersi il trono.

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Capitolo 30
*** Fuoco e Ghiaccio ***


Era tornato nelle sue stanze amareggiato e abbattuto. Il castello era illuminato dalle candele come se già fosse notte fonda. Era tardo pomeriggio, ma la coltre che coprivano il cielo era talmente spessa e scura da aver imbrunito la giornata. Esattamente lo stesso clima che si rispecchiava nel suo cuore. Da giorni non riusciva a dormire bene. Spettro si svegliava nella notte e guaiva tormentato forse dai sogni o da chissà quale sentore lo preoccupasse. Jon col cuore in gola si destava di soprassalto, temendo un attacco o peggio ancora la notizia che fosse successo qualcosa a sua madre. Non tollerava l’idea di averla lasciata andare così facilmente e non c’era giorno che non si maledisse per averlo fatto. Con lei se n’era andata anche una parte si lui. Mai aveva provato quella sensazione di smarrimento, nemmeno quando era un bambino aveva patito così tanto quella separazione. Si era sentito solo, abbandonato, diverso. Per anni aveva cercato di appartenere a quella famiglia. Osservava l’uomo che credeva suo padre, e lo odiava amandolo. Fissava il ragazzo che pensava essere suo fratello e ne vedeva rispecchiato se stesso, solo più solare ed estroverso, coi capelli e gli occhi dei Tully. Ma erano lontani mille leghe da lui. Erano Stark. Erano veri lupi del Nord. Lui era solo un bastardo. Fino al giorno in cui non l’aveva vista alzarsi da quella tomba, aprire gli occhi grigio chiaro e puntarli verso di lui. In essi vi aveva scorto paura, determinazione, smarrimento, tenacia, angoscia, amore. Mille sentimenti contrastanti tra loro, in uno sguardo che incredibilmente sembrava riconoscere. Era lei la donna che per anni aveva cercato, ed era sempre stata lì. Lui aveva calpestato la stessa terra che la ricopriva. Il vento che gli scompigliava i capelli come la mano affettuosa di una madre. Il suo canto sospirato, come dolci parole d’amore erano giunte silenziose alle sue orecchie. Lui era sempre stato convinto che lei non si fosse mai interessata a lui, che se ne fosse andata, lasciandolo lì, obbligando lord Stark a doversene prendere cura. E invece sua madre non se n’era mai andata davvero. era sempre stata lì con lui. Lo osservava, col volto imbronciato di un albero. Comunicava con lui tramite gli dei e i sogni. Quante volte aveva sognato di scendere in quelle cripte? Centinaia di sogni gli erano venuti in mente, ma tutte le volte lui li aveva cacciati indietro, come le lacrime che si era sempre rifiutato di versare.

Osservando ora il castello malridotto dalla finestra della sua stanza, Jon pensava a sua madre e alla delusione che le aveva dato, facendo ridurre il castello della loro famiglia in quello stato. Il suo cuore stretto in una morsa di dolore. Era lontana, ma ancora viva, lo sentiva. E questo gli faceva ancora più male di quando non sapeva nemmeno chi fosse in realtà. Le mancava da morire, era parte di lui ora. Era divenuto in quel breve tempo la persona più importante per lui. Il loro rapporto era cominciato piano, con delicatezza lei si era insidiata nel suo cuore. Una delicatezza decisamente particolare, sicuramente con in maniera convenzionale. Gli aveva mentito, gli aveva disobbedito, lo aveva fatto preoccupare a dismisura. Si era sentito lui in dovere di proteggerla, quando era lei che in realtà lo stava proteggendo. Era una donna tenace e risoluta. Combattiva e temeraria. Era sua madre e lui era orgoglioso di essere suo figlio.

Qualcosa attirò la sua attenzione alle sue spalle. Nessun rumore, nessuna strano luccichio, eppure un richiamo quasi impercettibile lo costrinse a voltarsi. I suoi occhi scrutarono l’intera stanza a quell’appello. Spettro alzò il muso da terra e lo osservò. Jon gli sorrise mesto. Manca anche a te, vero? Il suo meta lupo si era affezionato alla donna, proprio come aveva fatto lui. Non lo aveva mai sentito ululare, né emettere alcun suono. Lo aveva chiamato così proprio perché rispetto a tutti gli altri cuccioli era quello dai colori più strani e l’animale più silenzioso della cucciolata. Ora però anche lui sembrava diverso. Sentì ancora quella sensazione di un attimo prima. Qualcosa cercava di attirare la sua attenzione in quella stanza, ma non riusciva a capire cosa fosse. Lì dentro c’erano solo lui ed il suo meta lupo, ed Spettro si era di nuovo tranquillizzato, ma i suoi occhi rossi lo fissavano curiosi e attenti. Jon postò la sua attenzione verso il letto, la cassapanca ed infine il tavolo. Di nuovo quel segnale e voltò lo sguardo questa volta sul comò dall’altra parte della stanza. Di fronte alla specchiera giaceva la sua spada racchiusa nel fodero. La testa di lupo in osso bianco brillava alla luce delle candele. Fece qualche passo in quella direzione, non sapendo nemmeno lui cosa davvero lo spingesse ad avvicinarsi. Alzò la mano per sfiorare il rilievo, ma inavvertitamente si trovò attratto da qualcosa adiacente sulla sua sinistra. Un panno di velluto nero teneva avvolto qualcosa. Ricordò solo in quel momento dell’uovo di drago che sua madre aveva trovato nella sua tomba, raccontandogli di come suo padre l’avesse conservato per lui. Già il suo vero padre. Un uomo che Jon per anni aveva creduto un assassino, uno stupratore, un visionario, figlio di un pazzo assassino. Quando in realtà il folle era il re che aveva usurpato il trono ai draghi. Un re che lui aveva ammirato per anni per il coraggio e l’intraprendenza durante la ribellione, leggendo di come era riuscito a sconfiggere gli eserciti alleati dei Targaryen. Molti avevano parlato di lui come un guerriero imbattibile e coraggioso, ma quando Jon lo aveva visto arrivare a Grande Inverno, non ci aveva scorto tutta questa grandezza. Era possente, borioso e orrendamente obeso. Ma era anche tutto ciò che Jon non si era aspettato. Un’amara delusione lo aveva colto in quei giorni. Lo aveva visto intrattenersi volgarmente con le serve del banchetto. Le sue mani e la sua bocca lussuriosa erano dovunque nel loro corpi. Lo aveva visto bere molte caraffe di vino, bagnarsi la barba e il corsetto dorato del suo pomposo abito. Lo aveva scorto anche pisciare in un angolo del castello, completamente ubriaco. E vomitare poco dopo a qualche metro di distanza, prima di richiamare a sé alcune delle serve e spingerle contro la fredda pietra delle mura del castello. Jon aveva distolto lo sguardo, disgustato e deluso. Aveva pensato di averlo ammirato per anni e si era domandato se anche il suo mito, Deamon Targaryen lo avrebbe deluso allo stesso modo. Ripensando ai suoi due discendenti che aveva avuto modo di incontrare, immaginò che forse lui gli sarebbe piaciuto certamente di più di Robert Baratheon. Ora era cosciente che quell’uomo, era colui che aveva ucciso il suo vero padre, ma poteva davvero considerarlo un atto di disonore? Chi era davvero lui per deciderlo? Chi era lui per sentenziare se Rhaegar Targaryen meritava davvero la morte? A detta di sua madre era un uomo di valore, un valido guerriero e un bravo padre. Ma come poteva esserlo?

Aveva abbandonato la sua prima famiglia per scappare con lei e generare un figlio in gran segreto. Ed era lo stesso uomo che poi li aveva lasciati lì in quella torre isolata ed era morto sotto il martello di Robert Baratheon. Era un drago, eppure le corna di un cervo lo avevano colpito a morte.

La sua mano ora accarezzava il guscio di quell’uovo dalle sfumature cremisi e cerulee. Le scaglie gli solleticavano i polpastrelli come il pelo vellutato di un gatto. Un’inusuale tepore sembrava scaturire ancora dal suo interno, oppure era la sua stessa mano ad averlo scaldato, non riusciva a comprendere. I suoi pensieri si spostarono alla descrizione fisica dei Targaryen. Ai loro capelli biondo argento, ai loro tratti austeri ed eleganti. Alle loro ciglia perfette, la pelle d’alabastro e il loro aspetto regale. Osservò il suo riflesso allo specchio. L’uomo che lo stava fissando era tutto l’opposto. Numerose cicatrici rigavano la pelle del suo volto, in alcuni tratti ancora si notavano le bruciature del ghiaccio. I suoi capelli scuri gli scendevano morbidi fino alle spalle, erano molto più lisci rispetto a quella leggera ondulazione che caratterizzava sua madre. Il suo naso era pronunciato, le sopracciglia scure, le labbra screpolate dal freddo erano di un pallido rosa e sugli zigomi la barba scura attorniava il suo volto fino al mento. Cercava di tenerla sempre rasata, ma in quegli ultimi giorni non aveva avuto molto tempo. Le riunioni con i suoi alleati erano aumentate. Erano giunti anche i Mormort, con lady Lyanna, la bambina che portava lo stesso nome di sua madre. Sorrise al pensiero del primo momento in cui l’aveva incontrata. Uno scricciolo, molto simile a sua sorella Arya. Fiera, temeraria e ferma nelle sue decisioni. Una piccola combattente. Lo aveva eletto suo re, ancora prima che gli altri lord lo elevassero a quel titolo. Poteva contare sulla sua lealtà indiscussa. Esattamente come quella dei suoi fratelli. Scosse il capo. Non fratelli, ma cugini. Devo mettermelo in testa. Spettro si voltò dall’altra parte, sembrava alquanto scocciato che le sue attenzioni andassero a quell’oggetto fuori luogo. Un uovo di drago nel cuore dell’inverno. Una creatura di fuoco nel luogo imperversato da neve e ghiaccio. C’è fuoco e c’è ghiaccio. Donna e uomo. Estate e Inverno. Sono sempre due. Ovunque ci sia un opposto; è guerra. O amore. Si ritrovò a pensare a sua madre, a ciò che gli aveva detto su quello che la legava al Principe Drago. Ma si trovò a pensare anche a se stesso e a ciò che lo legava ad un altro drago.

 

Erano passati solo due giorni da quando il principe Viserys, sua madre e le sue compagne erano partite per quella missione. Jon stava camminando sulle mura del castello, nervoso e insofferente. La neve copriva le pietre e scricchiolava sotto i suoi stivali. Spettro era al suo fianco. Silenzioso come la neve che cadeva dal cielo. In lontananza una bufera si stava abbattendo a est. Speriamo che abbiano trovato un riparo. Pensò guardando in quella direzione, ma subito gli tornò alla mente il volto di sua madre. Lei conosce le nostre terre, li condurrà con la fierezza del nome che porta. Sorrise tristemente.

Un improvviso rumore sordo alle sue spalle lo aveva fatto voltare. La regina Daenerys lo aveva raggiunto sulle mura. Il suo mantello cremisi si era invischiato sul legno del parapetto delle scale e lei nel tirarlo lo aveva strappato.

-Maledizione. – aveva imprecato. Una folata di vento le scompigliò i boccoli che dalla schiena le giunsero sul volto. Jon rimase a guardarla per metà intontito e per metà ammirato. La sua bellezza era indescrivibile. I lineamenti del volto erano così delicati e perfetti. I suoi capelli sembravano morbidi al tatto, come setosi nastri d’argento. Ed i suoi occhi, attenti, intensi e penetranti. Capì perché sua madre gli aveva detto che era impossibile trovare delle parole per descriverli. Il loro colore era del tutto innaturale, eppure Jon in quel momento poteva solo pensare che tra i tratti di quel volto candido e dolce, stavano perfettamente.

Lei posò lo sguardo su di lui, incollerita e snervata.

-Che avete da guardare? C’è forse qualcosa che vi diverte, re Jon? – il suo tono era minaccioso. – Possibile che qui ci sia solo neve e ghiaccio dovunque? – si lamentò poi.

-Perdonate sono solo sorpreso. Non mi aspettavo che usciste dalle vostre stanze quest’oggi. – poi tornò a guardare l’orizzonte ad oriente. La regina dei Draghi si era chiusa nelle sue stanze, senza mai mettere il naso fuori. Aveva mandato i suoi consiglieri a presidiare ai consigli al suo posto. A lui avevano detto che era indisposta, ma Jon non era uno stolto. Sapeva che dietro a quel suo rifiuto c’era in realtà il timore della rivelazione sull’identità di sua madre e di conseguenza anche la sua. Lui ora era una minaccia per la successione legittima. Poteva essere guerra oppure poteva essere un’ulteriore attenuante per un’alleanza più solida. Il fatto che si fosse rinchiusa nei suoi alloggi però non gli faceva sperare in meglio. Vederla qui ora di fronte a lui, era una sorpresa, ma non poteva ancora dire se piacevole o meno. Di certo non era di buon umore. Dany mise le mani sui merli delle mura. Non indossava i guanti, ma le sue mani sciolsero la neve sotto di sè. I suoi occhi cercarono i draghi che volavano sopra le loro teste. Sentinelle di fuoco in un panorama di ghiaccio. Staccò le mani dalla fredda pietra, le chiuse tremando appena. Jon fu quasi spinto ad afferrargliene una per stringerla tra le sue e poterle dare un po’ di conforto, ma preferì evitare. Lei era una regina, lui un re. Non erano solo un uomo ed una donna. Su di loro gravavano obblighi, rispetto e la vita di molte persone. Un qualsiasi gesto poteva portare ad una tregua, come alla guerra.

Vide che anche lei stava portando lo sguardo nella sua stessa direzione, forse non si era accorta dello spostamento incerto del suo braccio, o forse l’aveva solo ignorato.

-Perché laggiù il cielo è di quel colore? – gli chiese.

-E’ una bufera. – le spiegò con tono calmo – mi auguro che non li abbia colti impreparati. – Daenerys evidentemente capì a chi si stava riferendo.

-Come facciamo a sapere se hanno bisogno di aiuto? – il suo tono era leggermente allarmato ora.

-Mia madre è cresciuta in queste terre, esattamente come me. Conosce ogni mutamento del tempo, e ogni insidia del terreno. Avranno trovato un riparo e non appena giungono alla prima città, ci manderanno un corvo e ci informeranno che tutto procede per il meglio. –

-Siete davvero certo delle vostre parole o state solo cercando di non farmi spaventare? – lei lo guardò con fare inferocito.

-Sono sicuro di quello che dico e mi fido di mia madre. – rispose pacato. Dany fece una smorfia al pensiero di quella donna. Lui intuì i suoi pensieri. Sapeva che non la sopportava. Sua madre si era dimostrata sfrontata e irrispettosa quando si era presentata ad Harrenhall con Ser Davos. Aveva accusato Tyrion Lannister di tradimento e oltraggiato la stessa regina dei draghi. Lei era fatta così, non aveva paura di niente, ma per chi non conosceva gli Stark, era difficile comprendere che quello era il tipico carattere di un lupo del nord. Si domandò se anche il principe drago avesse reagito come lei, il giorno che aveva incontrato sua madre.

-Sono davvero dispiaciuto regina Daenerys. Non era mia intenzione mentire né a voi né a vostro fratello, e nemmeno celarvi la mia identità, ma… - si fermò per trovare le parole giuste – ammettere che nelle vene avevo sangue di drago, lo avrebbe forse reso ancora più reale. Ed io non ero ancora pronto. Non che ora mi senta di poter affrontare meglio questa verità… non vedo ancora alcun legame con voi o con vostro fratello. – distolse lo sguardo da lei. I suoi occhi grigi erano avvolti da una nebbia di amarezza e di delusione.

La regina rimase a guardarlo intrigata.

-Voi pensate di non essere un drago… solo perché siete stato allevato dai lupi? – era la prima volta che lui le mostrava la sua insicurezza, ma non pensava che lei avrebbe reagito con così tanta calma.

-Voi e vostro fratello avete sempre saputo chi eravate. Fin dalla nascita. Avete affrontato l’esilio con coraggio e siete sopravvissuti alle minacce e ai numerosi attentati alla vostra vita. Me lo ha detto Tyrion. Vi siete trovati ad affrontare una guerra ancora prima che questa scoppiasse per davvero. Eravate le pedine principali della scacchiera. Sapevate qual era il vostro ruolo in quel gioco dall’inizio. – abbassò lo sguardo sul suo lupo e la sua voce si fece cruda e afflitta – io non sapevo nemmeno che potevo partecipare a questo gioco. Mi ci sono trovato travolto a mia insaputa e messo in prima linea, come un comune soldato da sacrificare. Non ho mai voluto farvi parte, e non vorrei nemmeno ora essere arrivato fin qui. –

Rimase in silenzio per qualche istante.

-Avete carattere Lupo Bianco, lo devo ammettere Vi sarete anche ritrovato costretto a parteciparvi, ma siete riuscito a riprendervi ciò che era vostro. – ammise lei cercando di entrare nella sua prospettiva.

-Ciò che era di legittima proprietà degli Stark. Ciò che ora appartiene di diritto a Sansa. –

-Ma anche a voi. Vostra madre è una Stark. L’uomo che vi ha cresciuto era uno Stark. Voi siete anche un metalupo, per cui questo luogo vi appartiene. – ripetè decisa.

-Ad un semplice Snow non può spettare il titolo che mi è stato dato. – continuò avvilito – ma qualcuno doveva pur fare qualcosa. Sansa è venuta in cerca di me alla Barriera, e io non potevo abbandonarla. – fece un sospiro profondo e la guardò ora negli occhi – Se me lo chiederete deporrò la mia corona e mi inchinerò ai vostri piedi. Ma vi prego: tenete salda la nostra alleanza in questa guerra, non lo chiedo per me, ma per la mia famiglia, i miei uomini l’intero Nord verrà annientato se non lo aiutiamo. Come avete detto voi: gli Estranei non risparmieranno nessuno e dobbiamo essere pronti ad affrontarli. –

-Non dovete rinunciare alla vostra corona Re Jon. Non ancora almeno. – disse lei tornando a mostrarsi fiera – il Nord vi rispetta e ha fiducia in voi. Se mi consegnerete queste terre ora, credete davvero che la vostra gente vorrà me come loro condottiera? Io ne dubito. – spostò il suo sguardo verso le lande innevate attorno a loro, per poi guardare il cortile interno della fortezza.

-Ho visto il modo in cui vi stimano e vi seguono. Io per loro chi sono? L’ennesima usurpatrice che vuole conquistare e unificare i Sette Regni sotto un vessillo che un tempo regnava incontrastato… ma ora è solo uno straccio con cui asciugarsi la fronte. Quel tempo è finito. La caduta dei draghi ha segnato la mia vita, come la vostra. – Jon non seppe bene comprendere se quelle parole erano un rimprovero o una constatazione.

-Date la colpa a vostro fratello… il principe drago? – chiese continuando a fissare il panorama di fronte a sè. Pronunciare il nome dell’uomo che lo aveva generato lo destabilizzava, e non riusciva nemmeno ad immaginarsi di poterlo mai chiamare padre. Dany notò il suo stato d’animo.

-Mio fratello Rhaegar ha fatto le sue scelte, giuste o sbagliate che fossero: non sta a me valutarlo. Ma se lui ha dato la vita per quello in cui credeva, penso che in fondo ne valesse davvero la pena. – e lo guardò dubbiosa. Jon si domandò per quale motivo lei non fosse adirata per quanto era accaduto diciotto anni addietro. Sentì i suoi occhi d’ametista addosso e voltò lo sguardo verso di lei. Si perse per un attimo in quelle stelle splendenti delle sue iridi e si ritrovò smarrito. Una brezza di vento li investì alzando anche dei cristalli di neve. Jon li sentì pungere sulla fronte e sulle guance, chiuse gli occhi per un attimo, il ghiaccio bruciava. Prima di riaprirli si passò una mano sul visò e si sfregò le palpebre con le dita. Dany di fronte a lui si avvolse nel mantello scarlatto. Tremava. La tonalità della sua cappa risaltava i colori del suo incarnato in una maniera incredibile. Rimase incantato a guardarla, mentre il volto della giovane era di nuovo alla ricerca dei suoi draghi. Il ragazzo si accorse di un fiocco di neve incastrato tra i suoi capelli. Istintivamente si levò un guanto, alzò una mano e lo prese tra le dita. Lei seguì i suoi movimenti con gli occhi, distogliendoli dal cielo. Il cristallo di neve si sciolse in tre piccole gocce d’acqua che scesero sulla sua mano fino ad imbrattare il polso della sua casacca.

Senza avvertire alcuno spostamento, si era avvicinato a lei. Qualcosa dentro di lui lo attirava verso quella ragazza. Incautamente spostò la mano sulla guancia di lei. La sua pelle era vellutata e calda, o era il suo stesso palmo ad essere bollente? Non riusciva a comprendere come quel tocco potesse dargli la stessa sensazione di quando si era bruciato salvando la vita del Lord Comandante. Eppure questa volta sentiva qualcosa di incredibilmente diverso. Quel calore era piacevole e straordinariamente elettrizzante. Rimasero a guardarsi. Ametista contro Ossidiana argentata. La regina appoggiò una mano sul suo petto come a voler constatare il battito del suo cuore, e avvicinò il volto al suo. Jon pensò che gli scoppiasse da quanto batteva.

I loro respiri si condensarono assieme, in nuvolette di vapore caldo e invitante, gli occhi rimasero incollati tra loro. Nessuno dei due capiva quello che stava accadendo, per un attimo le loro labbra arrivarono a sfiorarsi, ma un sonoro ruggito nei cieli sopra le loro teste li fece trasalire. Entrambi volsero i volti in quella direzione. Drogon era proprio lì e li osservava. Dany ridestatasi, era indietreggiata di qualche passo incerta e frastornata forse quanto lui. Jon rimase ad osservare quella creatura alata, nera come la notte e rossa come il sangue, imponete sul cielo plumbeo. Non ne aveva paura ed il drago sembrava essersene accorto perché tuonava con le sue ali e rimaneva a fissarlo, ma non si mostrò feroce né emise più alcun suono.

-Mio re. Regina Daenerys. – Ser Davos li aveva raggiunti nel corridoio tra le mura del castello, con passo incerto e osservando titubante il drago sopra di loro – Petyr Baelish sta partendo per le Terre dei Fiumi, penso sia il caso che siate presenti entrambi a questo addio. – disse con voce decisa, ma appena tremante, per via della bestia sopra di loro.

-Arrivo. – disse Jon posando lo sguardo su di lui solo per un attimo, poi tornò a rivolgersi alla regina di fronte a sé. Si ritrovò in totale imbarazzo.

-Perdonatemi, vostra maestà, devo parlare prima con mia sorella Sansa. – abbassò il capo in segno di rispetto e si congedò da lei. Seguì il percorso sopra le mura e scese la scalinata, seguito a ruota dal suo fedele compagno. Ringraziò che i suoi piedi conoscessero quel sentiero a memoria perché in quel momento non stava nemmeno pensando a quello che faceva. La sua testa gli scoppiava da mille e cento pensieri. Cosa diamine mi è preso? Si era ritrovato a domandarsi un milione di volte. Lei è la sorella di mio… nemmeno nei suoi pensieri era riuscito a dire quella semplice parola che per anni aveva rivolto ingenuamente ad un altro uomo. Sembrava come se una parte di lui ancora non riuscisse ad accettarlo. Sembrava come se pensarlo o addirittura pronunciarlo, potesse renderlo irrimediabilmente effettivo. Perdonatemi madre, non riesco ancora ad accettarlo.

 

-Non fidarti Jon. Ogni sua parola è veleno. Lo conosco bene. – Sansa era di una bellezza indescrivibile quel giorno. Indossava un abito di velluto verde muschio, decorato sul petto con fili d’argento e crema. Quello era sicuramente uno dei suoi capolavori più riusciti e ne andava fiera. I capelli erano legati in una treccia raccolta in una crocchia sul capo e aveva lasciato le lunghezze scendere sulle spalle. Il rame risaltava ancora di più sul tessuto del suo vestito, proprio per quello aveva fatto ordinare quella tonalità. I suoi occhi azzurri erano freddi come una tormenta di neve. C’era sangue Tully, ma anche quello degli Stark. E lei in quel momento si sentiva una determinata lupa dell’inverno. Tutta quella temerarietà forse era sbocciata negli anni vissuta a sud. Forse lo doveva proprio a Petyr, ma qualcosa le diceva anche che era grazie alla zia che da poco aveva conosciuto. Lyanna Stark era stata sempre per lei una figura assente e avvolta da un mistero sinistro. Suo padre non aveva mai parlato di lei, sua madre invece le aveva raccontato che era stata rapita e stuprata dal principe Targaryen. Quando l’avevano riportata in vita avevano scoperto che la loro era stata una fuga d’amore. Sansa per anni aveva creduto nelle ballate e nell’amore vero, ma le sue esperienze l’avevano demorsa a continuare su quella strada. Aveva amato, o aveva creduto di essere innamorata del mostro che era in realtà Joffrey Baratheon, o meglio Lannister, perché in lui non vi era mai stata nemmeno una goccia di cervo. Lui era un biondo leone. Si rammaricava ancora di non aver avuto lei un’idea così ben preparata per ucciderlo. Poi c’era stato Ser Dontos che lei aveva solo associato al valoroso Florian che salvava la sua Jonquil. Sansa non se ne era mai innamorata, ma in lui ci aveva visto tanta bontà e dolcezza. Gli era stata molto grata per averla aiutata. Mai aveva saputo che fine avesse fatto. E poi c’era stato lui. Petyr Baelish, l’uomo che fin dal suo primo giorno ad Approdo del Re l’aveva osservata segretamente, anelandola proprio come aveva sempre fatto con sua madre. Forse era proprio questo che lei era per lui, la copia più giovane di Catelyn Tully, la donna che lui aveva sempre amato. Aveva sempre detto di volerla proteggere, eppure l’aveva portata a Nido dell’Aquila da quella pazzia di sua zia Lysa e l’aveva messa in una spiacevole situazione, quando con quel bacio aveva scatenato l’ira della lady della Valle. Petyr l’aveva uccisa, aveva detto che lo aveva fatto per loro, ma Sansa aveva capito che quella era una bugia. La voleva promettere a Robin Arryn, ma poi l’aveva venduta come merce di scambio a Rampsey Bolton. Era stata costretta a sposarlo e a giacere con lui. Tremò ancora a quei ricordi. Più che giacere, aveva dovuto sottomettersi a lui. Ed un lupo non si fa mettere le catene. Sperò che Jon non avesse notato il sussulto delle sue spalle. Era diventato protettivo all’inverosimile con lei. Mai in tutta la sua vita avrebbe pensato che in lui vi fosse così tanta sensibilità e senso dell’onore. Aveva cercato un cavaliere valoroso, un uomo d’onore e pieno di fascino, e non si era mai accorta di averlo sempre avuto al suo fianco. Non erano davvero fratelli, in relatà erano cugini, ma non sentiva di provare per lui niente di così profondo. Un grande affetto, certo, ma nulla di più, ma avrebbe finto pur di allontanare Petyr da loro. lei era l’unica che conosceva le sue vere intenzioni e spettava a lei proteggere la sua famiglia.

-Jon fallo andare il più lontano possibile da qui. – continuò con convinzione.

-Sansa, lo so che hai paura di lui… te l’ho già detto: non gli permetterò di farti più del male, o di manipolarti. Tu sei la mia famiglia – continuò lui, poi si rivolse anche agli altri – voi tutti siete la mia famiglia. E io vi proteggerò sempre. –

Jon disse quelle parole con aria solenne. Le tornò in mente suo padre Ned con un briciolo anche di Robb. Non fu l’unica a notarlo.

-Sembri Robb quando fai così. – scherzò Arya. Jon le sorrise, poi abbassò lo sguardo. I suoi occhi grigio scuro si soffermarono ad osservare attentamente una pietra del pavimento.

-Jon non è questione di aver paura… - ricominciò lei.

-Avanti Sansa, smettila con le tue moine. Parli così perché non sai impugnare neanche una spada. Nasconditi dietro a quella donna guerriera brutta come una cipolla ammuffita e taci una buona volta! – Arya le osservava di sbieco, mentre si rigirava un pugnale in una mano.

-Arya portami rispetto! – Sansa la guardò di sottecchi.

-Altrimenti? – la minacciò la giovane lupa.

-Smettetela. – sentenziò Jon altero – non dobbiamo litigare tra di noi. Il branco deve rimanere unito. Abbiamo già visto cosa succede quando siamo separati. Ognuno di noi ha pagato le sue conseguenze. Abbiamo rischiato la vita, ci siamo trovati ad affrontare insidie da soli, ma alla fine siamo tornati qui. e ci resteremo. – li guardò uno ad uno. Sansa era accanto alla finestra. Arya addossata allo spigolo dell’armadio. Jon seduto su una sedia e Bran disteso nel suo letto. Spettro era l’unico meta lupo rimasto. Si era accucciato ai piedi del letto. Proprio come era solito fare Estate.

-Scusa sorella. – ammise Arya ancora un po’ contrariata, ma accettando il rimprovero indiretto del re del nord. Sansa fece solo un cenno del capo verso di lei per accettare le sue scuse, poi riprese a conferire con Jon.

-Vuole ottenere il Trono di Spade. – vide gli occhi di suo cugino puntare nei suoi – e mi vuole al suo fianco. –

-Cosa? – Jon era vistosamente alterato ora – che intenzioni ha con i Targaryen? –

Sansa lo guardò basita. La sua prima preoccupazione sono i draghi? Non la nostra famiglia adesso? Decise però di ignorare quei suoi pensieri.

-Di questo non me ne ha parlato. – gli disse sincera – Ti posso solo dire che è pericoloso e spietato. Fai molta attenzione con lui. Ottiene sempre ciò che vuole. –

-Non lo farà, sempre che qualcuno non lo avvisi per tempo. – Sansa punto lo sguardo su sua sorella. Jon però fu più svelto a parlare.

-Se Sansa ci sta avvertendo su di lui, significa che possiamo fidarci di lei. Arya comincia a fidarti di tua sorella, non andremo da nessuna parte se avremmo delle carenze fra di noi. – disse perentorio – se avete qualcosa da dirvi ditevela adesso e risolvete i vostri problemi una volta per tutte. Se Petyr o qualsiasi altro dovesse scorgere delle falle tra di noi, sarebbe la fine. –

-Sansa sa di aver sbagliato, deve solo ammetterlo e io forse la perdonerò. – Arya era determinata.

-Lo farai, ma non oggi. – decretò Bran. Era la prima volta che parlava. I suoi occhi erano tornati normali. Due laghi turchesi e non più appannati dalla nebbia dei tempi. – Jon penso sia inutile continuare questo discorso ora. Abbiamo altro di cui parlare. E tu e Sansa dovete andare a presenziare per la partenza di Ditocorto. –

-Va bene. - Jon si alzò all’improvviso e si voltò per raggiungere la porta. Sansa stava per seguirlo, quando lo vide fermarsi. – hai sue notizie? – gli domandò con aria affranta. Il suo respiro era affannoso e la cappa sulle spalle sussultò, quando suo fratello fece di no con la testa. Jon abbassò lo sguardo. – Fammi chiamare appena vedi qualcosa. –

-Come sempre. – rispose lui pacato. Spettro alzò il muso.

-Rimani qui. – gli disse alzando un braccio per tranquillizzarlo. E uscì dalla stanza silenzioso e abbattuto.

Sansa diede solo una rapida occhiata a sua sorella prima di seguirlo, appena voltò l’angolo sentì Arya dire a Bran.

-Non potevo avere una sorella come zia Lyanna? Lei si che mi capisce e saha sangue di lupo, altro che Sansa… -

-Arya, nostra sorella non è come nostra zia, ma in fondo non sono poi così diverse. –

Sansa chiuse gli occhi per un attimo a quell’affermazione di profondo affetto. Sorrise appena ripensando ai numerosi sbagli che aveva fatto nella sua vita, sapeva che Bran aveva visto. Sapeva che gran parte della causa della morte del loro padre era da biasimare lei. Bran però non l’aveva mai criticata, né guardata male. Emise un sospiro e raggiunse Jon. Sapeva che era preoccupato per sua madre e cercò di rincuorarlo.

-Tornerà Jon. – gli disse fiduciosa – tu sei una brava persona, attiri la gente attorno a te, anche non facendo nulla. È questo che mia madre odiava tanto in te. –

-Sì, oltre al fatto che mi credeva la causa del tradimento di suo marito. –

-Ho sempre pensato che mio padre non poteva averla tradita. Lui la amava troppo. –

Jon la guardò sorridendole tristemente.

-Sansa, a volte puoi amare una persona e agire diversamente da come di direbbe il tuo cuore. – la sua voce era sofferente, lo vide riportare lo sguardo ora di fronte a sé.

-Parli di tua madre o di una tua esperienza personale? – gli domandò lei, i suoi occhi erano grandi e curiosi ora.

-Di entrambe le cose. – affermò mesto lui. Le porse un braccio e Sansa lo accettò volentieri, ma prima che lui aprisse la porta, gli domandò.

-Io non ho mai conosciuto l’amore vero. Ma se è solo lontanamente vicino a ciò che accomuna l’affetto che tua madre ha per te, vorrei tanto trovarlo un giorno, sentire il calore di una carezza su una guancia, l’effetto di un bacio vero, la dolce sensazione di condividere qualcosa assieme alla persona che è al tuo fianco… -  sapeva che i suoi occhi erano sognati, e sperò che lui non ne travisasse il senso.

-Un giorno troverai l’uomo che farà al caso tuo. – le rivelò lui – non sarò mai io a decidere per trovarti un marito. Sarai tu che mi comunicherai la notizia e mi presenterai un valoroso cavaliere. Di questi tempi mancano, e una spada in più mi farebbe pure comodo. – scherzò lui. Anche Sansa si ritrovò a ridere.

-Solo fammi il favore… - continuò poi lui – non scappare lontano con lui. Lo verrei a cercare e lo ucciderei, e tu mi odieresti a vita. – Sansa sapeva a quale evento si stava riferendo.

-Non ti preoccupare. Non ho alcuna intenzione di allontanarmi ancora da Grande Inverno. – gli rispose convinta. Jon quanto ti pesano davvero le scelte di tua madre? La ami e non riesci a perdonarla, oppure non perdoni l’uomo che l’ha portata via con sé?

Con quei pensieri varcò la soglia del grande stanzone che raggruppava in quel momento gran parte dei loro alleati. Sansa scrutò Ditocorto a centro della sala. Attorniato da alcuni lord della Valle, Ser Davos, Ser Barristan e la regina Daenerys. Anche lei spostò lo sguardo sulla loro entrata. Notò che stranamente osservava il gesto galante di Jon e poi si soffermò proprio su suo cugino. Forse pure lui la vide perché il suo volto puntando in quella stessa direzione sembrò addolcirsi. Sansa sorrise e gli strinse di più il braccio.

A quanto pare i draghi fanno uno strano effetto ai lupi. Non seppe perché ma in quel momento si ritrovò a fantasticare ancora come una bambina, ma questa volta al centro dei suoi pensieri c’era il principe Viserys. Cercò di farsi tornare alla mente i suoi bei capelli lunghi e i suoi modi eleganti. Poi i suoi occhi incrociarono quelli di Petyr, e tutte le sue fantasie cessarono nel riconoscere quel ghigno mellifluo che le lanciava sempre.

 

Note dell’autore:

Sono tornata a lavorare su questa storia e mi ero accorta di aver commesso un errore enorme. Avevo salvato sul questo capitolo una parte del 28, per cui mi sono dovuta inventar una cosa alternativa per coprire questo buco narrativo causato evidentemente da un salvataggio sbagliato. Ho cercato idee in internet, dai vari forum e gruppi in tema Got e mi sono accorta che da quando sono trapelate varie informazioni sulla Settima Stagione, in molti chiedono e amano la presunta futura coppia Jon-Dany. Io fin dall’inizio pensavo ad un avvicinamento di questi due personaggi, anche per il fatto che nella mia ff ho Rhaegar che li accomuna, essendo il fratello della regina dei draghi e il padre del re del nord. Alla fine ho creato questo capitolo, ma è ancora un leggero soffio di vento in confronto alla vera trama che ho intenzione di elaborare.

Come potete notare ora vi ho narrato solamente di ciò che sta avvenendo a Grande Inverno, frattanto che Rhaegar e Lyanna sono in missione a Ovest. Abbiamo un Jon estremamente combattuto che sente la mancanza di sua madre, teme per la sua vita e continua ad opporsi all’idea di essere un drago. Poi abbiamo un dialogo tra lui e Daenerys. Anche lei soffre per la mancanza di suo fratello Rhaegar, anche se rimane ancora arrabbiata con lui, per averle nascosto la verità, ma non se la prende più di tanto con Jon. Lo capisci in fondo non è colpa sua (reputo che sia mille volte più intelligente di Catelyn Stark, che invece continuava ad accusare il ragazzo dell’infedeltà del marito, come se fosse colpa di Jon se lei non passava più per le porte del castello. Dal mio punto di vista avrei preferito che Martin l’avesse fatta sposare con Brandon Stark, oppure con Robert Baratheon, allora sì che ci divertivamo!).

Tra i due sovrani c’è un’attrazione che li spinge ad avvicinarsi, ma poi vengono interrotti. E’ così che mi sono immaginata il loro primo approccio. Sono convinta che nella Settima Stagione vedremo qualcosa più alla D&D e nei libri Martin ci sorprenderà con qualche altra chicca delle sue, ma io ho voluto rendere una lieve vena romantica che ho sempre inserito in Rhaegar nell’altra ff, solo che qui Jon si trova a combattere contro mille dubbi e problemi da risolvere. Non è proprio la stessa situazione che si poteva presentare durante uno spensierato torneo. Qui siamo dentro una guerra che rischia di sovvertire tutti i Sette Regni se non la fermano. Sia lui che Dany si ritrovano in prima fila, e la vera battaglia deve ancora giungere.

Poi ho pensato di creare anche un Pov di Sansa: lei è un personaggio che mi piace molto. la sua evoluzione mi ha sempre affascinato e non l’ho mai trovata pesante, a contrario invece di Arya che in alcune scene/pagine era petulante e del tutto o.t. a mio parere. Soprattutto quando alla fine mi diventa una specie di Assansin Creed in gonnella (anche in braghe perché lei è come sua zia Lyanna) e stermina tutti con uno stuzzicadenti. Sansa a mio avviso nell’ultima puntata della sesta stagione, quando guarda Petyr a quel modo, penso capisca le reali intenzioni di quell’uomo e voglio pensare che ora che ha capito i suoi errori, e la pericolosità di Ditocorto, voglia proteggere ciò che è rimasto della sua famiglia. Jon, Arya e Bran sono tutto ciò che le resta, non permetterà a Petyr di rompere il legame che stanno cercando di ricostruire. Io avevo reso Lyanna l’unica donna forte tra gli Star, ma solo perché la trama era incentrata su di lei prima, Arya appariva e scompariva, mostrandosi fiera e coraggiosa, ma anche sprovveduta e impulsiva. Sansa per il momento era semplicemente stata un contorno alla storia, ma non ho mai pensato che fosse debole. È cresciuta tra i lupi, è diventata una donna tra i leoni e ha messo da parte tutto ciò che sua madre le aveva inculcato fin da piccola su Jon, per cercare in lui l’unico scoglio fermo della sua vita, scoprendo che non era un reietto, ma suo fratello, anzi cugino. Nel dialogo con Jon la vediamo ferma nelle sue decisioni, con una sorella che continua ad avercela con lei per la morte del loro padre.

Bran Stark lo vedo come un personaggio molto inquietante a dire il vero. Se avete notato, sa tutto, interviene ad effetto sulle discussioni e seda eventuali liti che potrebbero creare disagio o rotture estreme. Se devo essere sincera non so se sia in linea col suo personaggio vero, perché ad ogni suo pov/scena mi viene l’orticaria. A causa sua, e delle sue petulanti moine, io ho letto svogliatamente quel fatidico capitolo dove Meera gli stava raccontando della fiaba sul Grande Torneo e sul Crannogman che vi aveva partecipato e di conseguenza sul Cavaliere Misterioso che era entrato nella competizione della lancia. E qui mi ricollego all’altra mia ff. Per cui all’epoca ho praticamente travisato tutta quella storia non capendo in realtà chi fosse questo cavaliere, ma intuendo solo che quello era stato sicuramente un momento d’incontro tra Rhaegar e Lyanna, anche perché non si spiega come il principe drago altrimenti potesse sapere che a lei piacevano le Rose Blu. Insomma a causa delle sue lagne, del modo irrispettoso che riservava a quei poveri bambini Reed che lo stavano aiutando senza chiedergli nulla in cambio (fossi stata io Jojen o Meera vedevate che volo gli avrei fatto fare a quello storpio di un bimbo bastardo!), ai continui piagnistei e cambi d’umore sul fatto che lui era senza gambe e che voleva rimanere in Estate per tornare a correre, mi sono letta male tutti i suoi pov, fino a che nella Sesta stagione non ha cominciato a mostrarmi ciò che era accaduto sotto e sopra la Torre della Gioia.

Perdonate questo mio sfogo, ma adesso avrete capito il motivo per cui fino ad ora non l’ho mai reso un personaggio base, anche se sicuramente penso che sia una chiave di svolta per molte scene sia martiniane, che anche della mia stessa ff. Lui c’è dietro a molte cose, d’altronde a differenza di qualcun altro che non sa mai niente, lui consoce tutto, o quasi. Vedremo più avanti in cosa è intervenuto e quali misteri lo vedranno coinvolto.

Per il momento spero che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto, vedremo sicuramente altre scene ambientate a Grande Inverno prossimamente, se avete delle opinioni, considerazioni o anche semplicemente delle vostre idee, confidatemele pure, detto questo vi saluto e spero di pubblicare in fretta anche il capitolo successivo.

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Capitolo 31
*** Amore Tradito ***


Non seppe dire quanto tempo dormì, ma quando si risvegliò era nuovamente tra le sue braccia. Lentamente si scostò da lui e si stiracchiò. Il principe stava ancora dormendo. Un suo braccio la cingeva e aveva appoggiato una mano sul suo fianco. Lei gliela spostò infastidita, se fosse stata più in forze gliel’avrebbe fatta pagare cara per quell’affronto. Mai a nessuno lei aveva dato il permesso di toccarla senza il suo beneplacito. E solo un uomo aveva avuto il permesso di farlo. Ma ora lui non c’era più. Le tenebre avvolgevano il suo cuore, esattamente come abbracciavano quella stanza, era una fortuna: i suoi occhi appannati dal sonno non avrebbero visto l’ambiente cirocstante diventare improvvisamente traballante per le enormi lacrime che le si erano formate. Constatò che anche dalla finestra non arrivava alcuna luce. Doveva essere notte. Si sorresse appena sui gomiti e quando portò lo sguardo sul volto del principe, non le sembrò di scorgere alcuna maschera. Istintivamente gli mise una mano sulla guancia e sentì la pelle liscia sotto di sé. Era vellutata ed emanava il tepore tipico di un Targaryen. Fece scorrere le dita fino alla fronte, poi tornò sullo zigomo e proseguì la carezza fino al mento. Era strano, non sentiva alcun segno di cicatrici, eppure avrebbe dovuto esserci qualcosa, se davvero il suo volto era stato sciolto nell’oro fuso. Si sentì nuovamente nervosa, e ripensò ai primi sospetti che Davos Seaworth aveva posto su di lui, quando ancora erano alle Torri Gemelle. Perché Viserys aveva mentito? Perché indossare una maschera, se non aveva il viso deturpato? Cosa doveva mai nascondere?
-Non pensavo vi prendeste certe libertà… - sussurrò pacato, poi cambiò tono – mi spiegate tutta questa intraprendenza dove l’avete imparata, lady Stark? – rise canzonandola.
Lyanna sentì i muscoli delle sue mascelle muoversi sotto le sue dita. Atterrita levò la mano, ma il principe le mise una delle sue sopra, per evitare che staccasse quel contatto. Lui inspirò profondamene e lei sentì l’aria entrare nella sua bocca, facendo vibrare appena la sua mascella.
-Vi prego… Non allontanavi da me… – e le accarezzò appena il dorso. Lyanna non sapeva che pensare. Il modo in cui lui aveva pronunciato quelle parole, era così tremendamente dolce e malinconico. Forse gli manca sua sorella? Forse si sente solo al mondo? Era esattamente la stessa sensazione che sentiva lei. Appoggiò nuovamente il capo sulla sua spalla e rimasero così per un po’.
 
Wake up
Look me in the eyes again
I need to feel your hand
upon my face
 
-Non avete alcuna deformazione – il silenzio li aveva avvolti per qualche minuto. A Lyanna erano sembrate ore. Non riusciva più a contenere il caos di pensieri che invadeva la sua testa – perché coprite il vostro volto, allora? –
Lui le prese la mano che lei aveva spostato dalla sua guancia al suo petto, e se la portò alla bocca, le diede appena un bacio leggero sul dito medio.
-Ditemelo voi. – il tono della sua voce era lievemente beffardo, ma ancora molto triste.
-Credevo che aveste una cicatrice, ma mi avete mentito. Su che altro avete detto il falso? –
-A dire il vero una cicatrice ce l’ho. –
-Ma non è sul volto. – rispose caparbia lei.
-No. – affermò semplicemente lui, ma non aggiunse altro. Questo fece infuriare Lyanna.
-Sono stanca dei vostri misteri. – si lamentò e cercò di alzarsi nuovamente sui gomiti.
-E allora risolveteli. – il suo tono era deciso, ma non severo. La cinse per i fianchi e la costrinse a rimanere schiacciata a lui. Lyanna cercò di divincolarsi per rimettere un po’ di spazio tra loro. Temeva volesse di nuovo prendere il suo corpo, ma evidentemente lui non aveva alcuna voglia di  possederla in quel momento, infatti allentò la presa sulla sua schiena e lei ne approfittò per costarsi da lui. Si lasciò scivolare sui cuscini alla loro destra.
-Perché mi venite sempre appresso la notte? – si lamentò una volta ottenuta la libertà. Viserys si voltò di lato, guardandola nel buio.
-Veramente siete voi che venite nella mia parte del letto. – sorrise, e questo la fece incollerire ulteriormente – Temevo aveste freddo, per quello vi ho tenuta tra le mia braccia. – disse tranquillo.
Lyanna non riusciva davvero a fidarsi di lui, troppe volte gli aveva mentito e troppo tempo lei era rimasta incosciente a causa del veleno. Sapeva che lui le era stato sempre vicino, glielo avevano confermato le sue compagne di viaggio. Ma proprio in quell’istante la sua pancia brontolò e la vergogna l’assalì, facendole perdere il filo dei suoi pensieri.
-Avete fame, lady Stark? – gli chiese quasi stupito.
-Un po’. – rispose timidamente la donna .Sentiva i crampi da quando si era svegliata. Era come se non mangiasse da una vita, eppure ricordava del pasto consumato assieme alle sue allieve. Chissà quanto tempo era passato da quel momento. Non posso davvero fidarmi delle mie percezioni. Non credevo nemmeno che fossero già trascorsi così tanti giorni dalla sera dell’avvelenamento.
Sentì l’uomo di fianco a sé alzarsi dal letto e dirigersi verso il camino.
-Posso attendere che si faccia mattina, non è così imminente… - provò a dire, ma qualsiasi sua parola sembrava come svanire nell’aria. Lui non le stava prestando la benchè minima attenzione. Lo vide accendere il fuoco. Rischiarato dalla fiamma sembrava un vero signore dei draghi. Lyanna notò che indossava solo una camiciola e un paio di brache scure. Ovviamente aveva rimesso la maschera, ma i capelli erano sciolti sulle sue spalle. Quanto le mancava accarezzare quei sottili filamenti, sentire la loro morbidezza tra le sue dita, ammirare la loro lucentezza confondersi con i propri. Percepì una lacrima rigarle il viso, ma se l’asciugò in fretta col dorso della mano. Non voleva che la vedesse piangere ancora. Si ricordò solo in quel momento della strana colorazione delle sue dita, così cercò di guardarle alla luce della fiamma, ma tutto ciò che vide fu una colorazione approssimativa e grigiastra. Il principe arrivò affianco a lei e accese il candelabro sul tavolo, poi glielo avvicinò, notando quello che stava cercando di fare.
-Posso controllare io? – le chiese invitandola a porgere la sua mano. Lyanna questa volta non si oppose, lui le scrutò l’arto e quando sembrò soddisfatto, glielo lasciò.
-Il veleno sembra sparito, ma prima di gioire è meglio attendere domattina con la luce del sole. Non possiamo fidarci delle fiamme. –
-Strana frase detta da un Targaryen. – commentò lei scettica – vostro padre non sarebbe stato fiero di voi. – affermò dura riservandogli uno sguardo minaccioso. La memoria dei suoi parenti uccisi a causa del Re Folle era ancora viva. Lui spostò il volto di lato e preferì allontanarsi di qualche passo.
-Il fuoco non è mai da prendere alla leggera. – disse mesto, come se un antico peso lo avesse colto – mio padre pensava di poterlo domare, come anche di vincere quella guerra. Penso che le conseguenze per le sue azioni sia state pagate a caro prezzo dalle nostre famiglie. Se avete intenzione di cominciare una seconda guerra, accomodatevi pure. Io ne faccio volentieri a meno. –
 
Non molto tempo dopo erano seduti sul letto a mangiare assieme alcune pietanze in due vassoi disposti sulle coperte. Non avevano più parlato. Lo scoppiettio del fuoco nel camino e delle posate sui piatti era l’unica melodia che li accompagnava in quel banchetto improvvisato. Le serve si eran offerte di preparare la tavola, ma Viserys le aveva convinte ad andarsene e a lasciare tutto lì. Il principe l’aiutava a sbucciare della frutta o a tagliarle la carne, quando le sue mani non riuscivano a stringere le posate per staccare i pezzi più grossi. La sua forza stava tornando, ma era ancora troppo spossata. Per lei l’attuale situazione era una vera seccatura. Si sentiva debole e questo le era successo solo una volta nella sua vita. In un altro posto molto lontano dalle terre che conosceva. Quando si era scoperta incinta e le nausee l’avevano assalita. Per giorni non era riuscita a tenere niente nello stomaco e in breve il suo corpo aveva cominciato a risentirne. Rhaegar le era stato sempre affianco. Si era preso cura di lei, quasi come ora stava facendo il principe Viserys. Forse dopotutto hanno qualcosa in comune… Si ritrovò a guardarlo involontariamente.
-Perché mi state fissando Lady Stark? – le chiese continuando ad infilzare delle patate in salsa agrodolce per deporle poi sul suo piatto.
-Scusatemi, stavo solo pensando. – lei si sentì in imbarazzo.
-Se non sono indiscreto, posso chiedervi a cosa? – sembrava interessato a conoscerla.
-A voi. – lui spostò lo sguardo su di lei e appoggiò il piatto sul letto in attesa.
-Perché sono al centro dei vostri pensieri ora? –
-Perché vi state prendendo cura di me? – rilanciò lei senza alcuna esitazione.
-Ieri pensavate che stessi approfittando di voi, cosa vi fa credere che ora sia il vostro salvatore? –
-Non avete risposto alla mia domanda! – disse decisa.
-Neanche voi alla mia se è per questo! – sorrise. Un tempo fosti tu a rispondermi così, proprio quando ci siamo incontrati la prima volta, nel Parco degli Dei… vediamo se te lo ricordi. Ma le sue speranze caddero all’istante.
-Non cercate di confondermi, e datemi una ragione per cui vi state prendendo così tanta briga per me! – lo affrontò Lyanna inferocita.
-Cosa vorreste sentirvi dire? – allargò le braccia, lei per tutta risposta lo guardò con astio.
-Perché ad ogni mio interrogativo, rispondete con un’altra domanda? –
-Perché la risposta la conoscete, ma non riuscite ancora a comprenderla. – la voce del principe era calma. Lei lo guardò confusa, ma non riuscì a formulare alcuna risposta, quindi riposò lo sguardo sul suo piatto e riprese a mangiare. Ripensò a tutto quello che lui aveva detto o fatto e cercò di trovare un filo logico. Era difficile ragionare con la pancia completamente vuota e la testa troppo leggera dalla spossatezza. Un unico pensiero le tornò alla mente e lo espresse.
-Nella foresta… non avete nemmeno provato a sfiorare Larra, non è così? –
-Eravate voi, mi sembra, ad essere convinta del contrario. – rispose quieto, mentre prendeva altro burro da spalmare sul pane. Lyanna cercò di sistemarsi meglio sui cuscini, ma dovette fare attenzione a non rovesciare tutto, così il principe l’aiutò, avvicinandosi a lei e sostenendola. Quando si risedette prese posto al suo fianco, forse convinto del fatto che lei potesse aver ancora bisogno di lui. Le porse una fetta di pane, a cui aveva appena avvolto una fetta di pancetta, portandogliela direttamente alla bocca.
-Provate questa è davvero buona! – le consigliò. Lei dovette ammettere che aveva ragione.
Fu strano, ma le sembrò come se quei momenti che stavano passando assieme, fossero spontanei e naturali e tutto sommato si ritrovò a trascorrerli serenamente, in quella stanza soffusa, illuminata solo dalle fiamme del camino e dalle candele. Dopo tutto la compagnia del principe non sembrava così male come aveva pensato precedentemente, eppure nel suo cuore non poteva che provare anche tanta paura.
 
Quando si sentì sazia, bevve un ultimo sorso d’acqua, evitando accuratamente il vino, visto i recenti episodi. Il principe l’aiutò a risistemarsi sul letto e allontanò i vassoi. Poi spense le candele, una ad una, con molta calma per farla abituare alle tenebre che nuovamente li avrebbero avvolti. Un lieve aroma di bruciato invase la stanza quel tanto che lo stoppino continuava ad ardere. Nel camino c’erano solo le braci che rischiaravano ad intermittenza la stanza, sintomo che stavano per spegnersi. Lyanna sentì Viserys entrare nel letto e riposizionarsi dov’era steso prima, lasciando notevole distanza tra di loro. La ragione le diceva di rimanere lì dove stava, eppure qualcosa la spinse ad avvicinarsi a lui.
L’uomo voltò lo sguardo verso di lei. Di nuovo aveva levato la maschera. La sentì tremare.
-Avete freddo? – le chiese senza muovere nemmeno un muscolo.
-Sì. – dovette ammettere lei, appoggiò una delle sue manine sul suo braccio in cerca di calore. Le coperte erano gelide. Ci avrebbero messo secoli a scaldarla. Lui allora alzò un braccio affinchè la donna potesse avvicinarsi di più e lei si accoccolò sul suo petto, rannicchiandosi come un cucciolo infreddolito.
-Siete congelata lady Stark! – constatò sentendo ogni parte del suo corpo di una temperatura notevolmente inferiore alla sua – mi permettete di scaldarvi? – le chiese in maniera dolce, educata e premurosa. Lyanna fece solo un mugugno. I piedi, le gambe, le braccia, le mani e anche il suo naso. Sembrava come se fosse stata fuori durante una tormenta di neve. La strinse a sé con decisione, ma delicatezza. Lyanna sentì solo in quel momento la differenza di temperatura tra lei ed il principe. Involontariamente si ritrovò a tremare come una bambina e rimase ferma in quella posizione, assorbendo il calore emanato dal corpo del principe. Odiandosi in maniera smisurata per aver accettato il suo aiuto, esattamente come le veniva spontaneo farlo in presenza di Rhaeagar. Avrebbe voluto lasciarsi andare alle lacrime e alla disperazione che sentiva nel suo cuore. Una sofferenza che si portava dentro dal giorno in cui aveva riaperto gli occhi. La distanza da lui era come un macigno ogni giorno più pensante. La vicinanza di Viserys a volte sembrava un balsamo, ma quella soluzione era pericolosamente velenosa e lei lo sapeva bene. Nel suo cuore c’era stato posto per un uomo, un uomo soltanto. Non poteva permettersi di far entrare qualcun altro, seppur si assomigliassero molto, sia per aspetto che di carattere; ma Viserys non era Rhaegar. Doveva riconoscere che in molte cose glielo ricordavano, e più passavano i giorni, più le sembrava che questa diversità tra loro, venisse sempre meno. Si costrinse a pensare a Jon, allontanando così quelle riflessioni rischiose. Anche in lui scorreva una parte del sangue di drago, esattamente come in quello di Viserys. Si pentì di non essere rimasta a Grande Inverno con suo figlio. Lì non mi sarei mai sentita così sbagliata e non avrei mai più giaciuto con un uomo. Si ritrovò a pensare su quanto il principe si fosse prodigato per lei e tutti i brutti pensieri fatti su di lui, cominciarono a sembrargli solo idee malsane della sua testa. L’ho condannato ancora prima di conoscerlo. Cosa mi ha resa così diffidente? Non lo sono mai stata in tutta la mia vita. Pensò nuovamente a Jon, e intuì che tutte le sue paure erano cominciate per creare un muro di protezione per lui. Per l’unica cosa che le era rimasta al mondo. Suo figlio. Il loro unico figlio. Pregò gli antichi dei che lo proteggessero, e che le tenebre la facessero addormentare prima che le lacrime uscissero incontrollate dai suoi occhi.
 
Elanon quella mattina si era svegliata molto presto. Toccava a lei appostarsi di fronte la stanza del principe Viserys nella speranza che la serpe di turno le dicesse qualcosa sulle condizioni della sua signora. Inaspettatamente Nymeria le permise di entrare e di constatarlo di persona.
-Il principe mi ha dato il permesso di farvi entrare se lo desiderate. – le disse aprendole la porta – come potete vedere sta ancora dormendo. –
Elanon rimase sull’uscio, la giovane dorniana aveva messo tra di loro una lancia, in maniera da impedirle di proseguire oltre. La ragazza la guardò minacciosa, voleva entrare e accertarsi di persona, anche a costo di doverla battere in un duello impari, ma dei passi alle sue spalle la fecero trasalire.
-Nymeria, lasciala stare. – la voce di Tyene frenò entrambe – li conosci gli ordini del principe. Non dobbiamo toccare le rose senza il suo permesso. –
-Non l’avrei toccata infatti. – disse melliflua la giovane dorniana leccandosi le labbra – lo avrebbe fatto la mia frusta… -
-Il principe vuole parlarti donna del nord. Mi ha chiesto di accompagnarti da lui. – continuò la bionda alle sue spalle. Elanon si voltò cauta verso di lei, tenendo però sotto controllo anche la mora affianco a lei.
-Se lo avessi voluto ti avrei già decapitata. – la minacciò Nymeria sorridendo, ma assottigliando lo sguardo intimidatoria.
-Siamo dalla stessa parte non capisco perché siate così ostili nei nostri confronti. –
-Uno: perché siete così tristemente noiose. – cominciò ad elencare lei alzando il dito anulare – due: siete bigotte, arretrate e frigide.  Non conoscete nemmeno cosa sia un vero orgasmo. Qui con questo freddo siete costrette a indossare centinaia di strati per non congelare, come diamine fate a scopare? – le domandò atterrita. Sulla sua mano si era alzato anche il dito medio ora. – terzo: ci stiamo annoiando a morte; uccidendovi renderemo le cose forse più interessanti! – Elanon portò una mano sul suo pugnale.
-Fallo allora! Ed il principe te la farà pagare. – rispose lei senza paura.
-Intraprendenza del nord contro quella dorniana… chissà chi potrebbe mai vincere! – la derise. – forse su di te mi sbagliavo… se mi dimostri ancora questa tua tenacia potrei anche decidere di approfondire la nostra conoscenza! –
-Nym, ora smettila. – Tyene non sembrò voler perdere altro tempo e incitò sua sorella a lasciar stare la donna del nord. –Seguimi Elanon. – la dorniana fu costretta ad ubbidire controvoglia.
 
Camminarono a lungo nei corridoi semi illuminati dalle torce, poi Tyene ne afferrò una e continuò per un buio corridoio ancora più angusto dei precedenti. Avanzarono in fila indiana, era talmente stretto che due persone assieme non ci stavano, e nemmeno un uomo grande e grosso in armatura ci sarebbe mai passato. Elanon si domandò come un castello del nord avrebbe mai potuto avere dei passaggi così per portare dei prigionieri nelle segrete. Intuì che Tyene doveva aver preso una scorciatoia. Sentì di fronte a sé dei rumori di catene che tintinnavano e di colpi sordi e secchi. Mise istintivamente una mano sul pugnale che teneva al fianco, temendo che la dorniana le avesse mentito e che quella fosse in realtà una trappola, ma quando uscirono nell’atrio di fronte a loro, capì che si era sbagliata. Era una stanza circolare affacciata su cinque celle. C’era quattro torce ad illuminare quel luogo. Le fiamme scoppiettavano e si udiva l’olio friggere sul panno avvolto sulle clave appese. Vi era un tavolo e una sedia, il posto per il carceriere, ma egli mancava chissà da quanto tempo visto che era tutto pieno di polvere. Le celle erano vuote tutte a parte una. Obara era in piedi di fronte ad una grata in ferro. Teneva un’alabarda in mano, la lama brillava alla luce del fuoco sopra la sua testa e l’altra estremità invece descriveva dei piccoli cerchi sul pavimento. I suoi occhi neri ridevano osservando ciò che avveniva all’interno della stanzetta oscurata accanto a sé. Le sue labbra erano incurvate in un ghigno malevolo. Quando le vide fece appena un cenno per mettersi in guardia, ma perse la voglia nell’attimo dopo in cui capì chi erano. La sua arma roteò nell’aria con noia per poi tornare alla precedente posizione. Elanon però si sentì minacciata pure da lei e si mosse cauta.
-Ci sono novità? – chiese Tyene all’altra sorella. Lei sbuffò.
-Nessuna… - e fece una smorfia di disgusto – a parte il fatto che un Dayne è difficile da far inginocchiare… ma questo lo sapeva pure nostro padre! – sorrise guardando nei suoi occhi azzurri. Elanon non capì il significato di quella battuta, ma evidentemente la bionda accanto a sé si, perché rise anche lei, ma la loro attenzione venne distratta da un urlo acuto di un uomo. Elanon notò che nell’oscurità vi erano due uomini. Entrambi avevano i capelli chiari tipici de discendenti dell’antica Valyria. Non doveva nemmeno sforzarsi per capire chi erano. Stella Nera ed il principe. Tyene appoggiò la torcia nell’incavo sul muro vuoto ed Elanon potè così vedere il bagliore illuminare le due figure. Gerold Dayne aveva i capelli impegolati di sangue, sudore e ghiaccio. La testa china le impediva di vederlo in volto. Aveva la camicia ridotta a brandelli e le braghe logore. C’era odore di marcio e di sangue rappreso, forse anche di escrementi. Probabilmente era lì da molto tempo, oppure quella puzza arrivava proprio da lui. Aveva numerose ferite sul corpo ed Elanon rimase impressionata dal suo stato di deperimento e sconfitta. Non sembrava minimamente l’uomo baldanzoso e sfrontato che avevano conosciuto. Il principe invece era il suo esatto contrario. Non indossava la maschera, questo a significare che ormai aveva svelato la sua identità anche con lui. La donna intuì che non doveva essere avvenuto nella stessa maniera pacifica in cui lo aveva fatto a lei. Rhaegar Targaryen lo sovrastava in altezza e in fierezza, ma il suo sguardo non era certo mite e benevolo come lo era stato qualche sera fa quando le aveva parlato. I suoi occhi emettevano fiamme indaco, la sua bocca era arricciata in una smorfia minacciosa e terrificante. Ogni tratto del suo viso era deformato mostrando la brutalità che un solo un drago poteva avere. Elanon rimase pietrificata. Quello non era l’uomo che le aveva accompagnate per tutto il viaggio e non era nemmeno l’uomo che aveva incontrato presso la Locanda dell’Incrocio più di quindici anni addietro, né tanto meno il cavaliere valoroso e leale che aveva sconfitto Ser Barristan Selmi durante il Grande Torneo. Quello di fronte ai suoi occhi sembrava davvero il figlio del re folle.
-Chiedi perdono per ciò che hai osato dire! – il principe non lo lasciò nemmeno parlare che gli assestò una fustata. L’uomo incatenato sussultò, urlò e vomitò sangue che gli colò lungo il torace imbrattando gli stracci che lo rivestivano. Rhaegar lanciò la frusta lontano alle sue spalle. Non sembrava per niente soddisfatto.
-Non dovevi farmi arrabbiare. – qualcosa in lui stava cambiando ancora. Elanon non sapeva se ciò che la spaventava di più era la sua espressione malvagia oppure il tono con cui aveva pronunciato quella frase. Sperò solo di non farlo mai infuriarsi a quel modo, né di vederlo così con una delle sue amiche, o peggio ancora con la sua signora.
-Pietà. – chiese il poveretto in un sussurro. Rhaegar non si raddolcì.
-L’ho finita da tempo, ormai – il suo tono era ancora più crudele di prima – con te, l’ho fatta durare anche troppo! – e si avventò su di lui ancora. Questa volta lo colpì nello stomaco. Un colpo sordo e pericolosamente forte. Stella nera tossì ancora sangue e rantolò gemiti di dolore e forse cercò anche di dire qualcosa, ma risultò solo un sussurro boccheggiante.
-Questo è per aver disonorato il nome della tua famiglia. I Dayne erano meglio di così un tempo. – la sua voce era carica di risentimento represso – Arthur ti avrebbe strangolato con le sue stesse mani, se solo ora fosse qui! – gli urlò, l’altro sputò ai suoi piedi, ma una bava sanguigna gli rimase penzolante dalle labbra.
-Me ne sbatto di lui. – cercò di dire – era solo un esaltato. – Elanon tremò al pensiero di ciò che il principe poteva fargli ora, distolse lo sguardo.
-Non ti permetto di infangare il suo nome! – gli assestò una serie incontrollata di pugni e schiaffi. Quando la donna sentì il rumore dei colpi cessare, rialzò i suoi occhi su di loro. Il volto di Gerold era una maschera di sangue. Ne fu dispiaciuta. Sapeva che se lo meritava, ma era sicura che ci sarebbero stati altri modi per farlo tacere. Gerold però non sembrava ancora sconfitto. Ghignò incurvando appena le sue labbra che perdevano sangue in più punti.
-Ti brucia di più che abbia sconsacrato il nome di quello stolto che si è fatto uccidere da un comune inetto, oppure il fatto di aver tentato di impiantare un figlio nel ventre di quella tua puttana del nord? – ad Elanon si gelò il sangue nelle vene. Fece appena un passo verso di loro, come se in qualche modo lei potesse fermare l’ira che il principe avrebbe scatenato fra qualche istante. Obara la fermò.
-Ora sì che ci divertiamo. – disse sottovoce con una smorfia felice.
Rhaegar incredibilmente non reagì come si era aspettata, invece si accucciò in modo che i loro volti fossero alla stessa altezza. Sembrava che si fosse calmato, ma quella era una sensazione davvero così effimera che nessuna delle donne in quella stanza sapeva che poteva corrispondere alla realtà.
-Non ne hai ancora abbastanza vero? – gli disse mantenendo un tono piatto.
-Uccidimi e facciamola finita! – decretò l’altro ansimando. Ogni parola doveva costargli fatica, anche respirare sembrava non essere così piacevole visto i gemiti che gli scappavano. Rhaegar sorrise.
-Io non ho mai detto di volerti uccidere… - rise e le fiamme sembrarono divampare dalla sua anima – ma ho tutta l’intenzione di farti perdere questa tua sfrontatezza. – gli prese il mento con forza e lo guardò intensamente negli occhi – e di insegnarti che certi termini non vanno detti in mia presenza! – urlò menandogli un sonoro ceffone sulla guancia. Lo schiocco rimbombò nella cella come fosse un osso rotto. – Mettitelo bene in testa: tu non uscirai di qui, fintanto che non lo ordino io! Non hai più il comando di niente e provvederò che questa notizia arrivi anche a Dorne. Perderai il benestare della principessa Arianne! –
-Lei ha fiducia in me. – cercò di sillabare il dorniano faticando a tenere la mandibola in sesto.
-Davvero? Pensi che preferisce mettersi contro i draghi? – rise maligno – non credere che sia così sprovveduta. E’ una Martell ed è figlia del principe Doran, che mi risulta essere ancora vivo. –
-Vivo ma non in grado più di gestire il regno. – sputò un grumo di sangue e riprese a parlare – io la conosco da molto tempo, Arianne sa che può fidarsi di me. –
-Avevo la fiducia incondizionata di Dorne un tempo. Ho intenzione di riottenere il loro appoggio in un modo o nell’altro. Continuate a mettermi i bastoni tra le ruote e devasterò ogni vostro castello, ogni città in cui nascondervi. Brucerò ogni palma, ogni oasi. Fonderò le rocce col fuoco dei draghi e vedremo se questa volta di Draghi non avranno la meglio sul vostro regno. –
-Credi di essere più furbo di Aegon il Conquistatrore? Cosa ti fa credere di poter essere migliore di lui? –
-Lui non conosceva Dorne, io sì. – disse feroce – avere tra i miei fedeli tre dei dorniani più influenti dell’epoca ti da un certo vantaggio… Ad ogni modo so perfettamente come poter mettere in ginocchio una principessa dorniana. – questo diede modo a Stella Nera di ribattere.
-Quindi vuoi tornare agli inizi? Sei già stanco della fuga con la fredda lupa del nord e vuoi richiedere in sposa la calda nipote della tua precedente moglie? – Rhaegar gli assestò un secondo schiaffò.
-Imperai a portare più rispetto a me e alle persone a cui tengo. –
-Saranno sempre i tuoi punti deboli, drago. – disse sofferente, ma caparbio – è fin troppo facile colpirti… persino Robert Baratheon ci è riuscito! – Rhaegar ritornò indietro con la mano colpendo così col dorso anche l’altra guancia. Rimase in silenzio.
-Ne è valsa la pena? – gli chiese ancora il condannato, istigandolo ulteriormente – almeno è brava a scopare? È selvaggia anche a letto? Mi sarebbe piaciuto domarla! –
-Non sono informazioni che ti puoi permettere di conoscere… e non illuderti, non ti avrebbe mai permesso di toccarla. –
-Ne sei così certo? Già una volta un Dayne ti ha fottuto la moglie da sotto il naso… o mi vuoi dire che è proprio questo il punto? Dunque il tuo interesse per lei era solo per avere un erede, visto che la principessa Martell dopo quel bastardo non poteva più dartene altri? –
Il principe questa volta rimase ad osservarlo prima di reagire. I suoi occhi erano carichi di odio.
-Forse non hai ancora capito che la tua vita è nelle mie mani. Ogni parola che pronunci è una mia concessione. Ogni respiro che fai, è solo un permesso momentaneo. Ogni battito del tuo cuore, è comandato da un mio ordine. – lo guardò sorridendo, ma in lui tutto la bontàe la calma non esistevano. Esattamente come aveva detto in precedenza. La pietà sembrava essere svanita e quello che ne conseguì fu proprio ciò che aveva immaginato pure Elanon. Lo vide attaccarlo con un pugno sul viso. Mentre il volto di Stella Nera si allungava verso l’alto rimbalzando all’indietro sulle pietre dure e ghiacciate, sentì il principe pronunciare queste parole.
-Non oserai più rivolgerle la parola! Insultarla o disonorarla! Non ti permetto nemmeno di alzare gli occhi su di lei, né tanto meno di toccarla. E mai ti avrei concesso di sfiorare il suo corpo… - il volto di Gerold tornò verso il basso, inerme, ma ancora sveglio.
-Lei lo voleva però… a quanto pare sente la mancanza di un corpo caldo… e un Dayne non lo puoi dimenticare così facilmente. –
-Non montarti tanto la testa, lei voleva solo salvare il suo regno. Il tuo corpo sarebbe stato freddo ancora prima che le tue dita potessero avvicinarsi a lei. – Stella Nera rise e proseguì col suo discorso, come se manco avesse ascoltato quella sua minaccia.
-Pensi che mentre tu eri a farti uccidere da quel fottuto di un cervo, Arthur non se la sia chiavata la tua preziosa lupa? – emise un ghigno sadico. Rhaegar perse il controllo e gli assestò una ginocchiata su un fianco. Qualche costola dovette rompersi perché si sentì uno scricchiolio sordo provenire all’interno del suo corpo. Gerold urlò di dolore e si contorse, ma l’ira del drago con era ancora placata. Continuò ad assestargli altri pugni sul volto e sul petto. Era ciò che temeva Elanon, lui non stava solo difendendo la sua donna, ma anche suo figlio e difatti.
-Ti avevo avvisato di non parlare di loro a quel modo. – il condannato sorrise dolorante.
-Ti brucia che quel bastardo di un lupo bianco, possa non essere tuo? – Rhaegar gli afferrò i capelli e lo costrinse a guardarlo negli occhi.
-Non osare chiamarlo così. – gridò rabbioso, afferrandogli un polso e contorcendoglielo. Gerold urlò angosciante.
-Non ti avrei mai permesso nemmeno di provare a minacciare mio figlio! Non avrei permesso di attaccarlo. Non ti avrei mai permesso di farlo inginocchiare con le tue assurde richieste. Avresti dovuto vedertela con me, anche solo prima di pensare di poterti avvicinare a lui. Ti avrei pugnalato al petto, tagliato la gola o fatto arrostire dal mio drago. –
-Difendi così tanto la vita di tuo figlio… - rise ancora Gerold, sembrava non demordere, alzò appena il volto. La sua faccia era spossata e disturbata dalla fitte di dolore in tutto il suo corpo, era evidente – la sua vita è già finita! Gli estranei lo uccideranno, esattamente come faranno con tutti noi. Non lo puoi salvare. – lo canzonò sorridendo.
-Forse hai ragione, forse non lo posso salvare. Sono disposto a morire ancora per lui… - si allontanò da lui e voltandogli le spalle continuò – ma finchè il mio cuore continuerà a battere, lo terrò lontano da persone come te. –
-Credi di avere davvero l’appoggio dei Lannister? O di Ditocorto? –
-Io non faccio più affidamento sugli altri, dovresti averlo già capito. Ora mi fido solo di me stesso. Domino un drago adesso. E questo incute molta più paura di quella che potrei anche solo fare io. La gente che mi è attorno, non mi rispetta per l’uomo che ero un tempo, ma teme l’uomo che sono diventato. – i suoi occhi indaco avevano incrociato quelli grigio verdi di Elanon. Era uscito dalla stanza e si stava pulendo le mani in una ciotola d’acqua fresca. Se le asciugò poi con un panno assicurandosi che non vi rimanessero tracce di sangue.
-Da quanto sei lì? – le chiese freddo.
-Abbastanza. – rispose lei con voce appena tremante. A volte ammirava Lyanna, lei non avrebbe avuto alcuna paura, lei non ce l’aveva mai, proprio come Benjen le aveva sempre detto molti anni fa. E soprattutto lei non gli avrebbe permesso che macchiasse il proprio onore in quella maniera.
-Seguimi. Ti devo parlare. – le disse, dirigendosi fuori da quell’ambiente, senza nemmeno aspettarla. Con un cenno del capo avvisò anche Tyene di seguirli e prese un corridoio alla sua sinistra, prima di imboccarlo però diede un ordine anche a Obara – assicurati che mangi qualcosa e che il maestro gli curi alcune ferite… con lui non ho ancora finito. – la dorniana sorrise e fece un passo verso il carcerato. Rhaegar si voltò di scatto.
-Toccalo ancora e ne avrò anche per te. – la minacciò spietato.
 
Inizialmente le aveva condotte ai piani alti del castello, poi era stata Tyene a fare strada e li aveva scortati ad una stanza piena di drappi azzurri e dorati. Elanon non aveva mai visto niente di più bello. Ogni oggetto era esotico e sembrava provenire da leghe di distanza dalle gelide terre del nord. Certamente era tutta roba dorniana quella. Il sole trafitto dalla lancia era impresso in ogni dove, e anche quando non era visibile traspariva comunque la sua provenienza nella fattura e nei materiali di cui era composto. Non ci voleva molto a capire che quelle dovevano essere le stanze della giovane. Su un enorme tavolo vi erano numerose boccettine, recipienti di ogni forma e liquidi al loro interno di ogni tonalità. Molte foglie erano sparse sul legno, alcuni fiori di tanto in tanto punteggiavano di colore quel fogliame. In un mortaio vi era una crema dall’odore nauseabondo e dal colore ancora peggiore.
-Stavo facendo dell’altro siero. Ma se continua a migliorare credo che non ne avrà più bisogno. Ora Lyanna deve solo mangiare e riprendere le forze, solo dopo potrete ripartire. – affermò con voce tranquilla, come se fosse abituata alle scene a cui poco prima avevano assistito. Aveva preso una piccola fialetta e l’aveva riempita con quell’impasto solo fino a metà, poi ci aveva aggiunto un liquido dal colore azzurrognolo, e aveva mescolato il tutto. Elanon vide lo sguardo di Rhaegar addolcirsi, evidentemente avevano pensato entrambi la stessa cosa. Quell’intruglio stava assumendo lo stesso colore delle rose che la lady di Grande Inverno amava tanto. Poi Tyene afferrò anche un’altra boccetta e gliele porse entrambe.
-E questa a cosa servirebbe? – chiese lui, la sua voce era ancora rauca.
-E’ per voi, mio principe. – affermò lei pacata, ma nei suoi occhi appena un cenno di preoccupazione – state perdendo sempre più il controllo di voi stesso. Non è un rimedio, ma solo un palliativo. Serve a calmarvi e spero anche che funzioni col risveglio del drago. Gli ho apportato alcune modifiche, mi auguro che abbia qualche effetto benefico. –
-Non lo userò, puoi riprendertelo. – glielo rilanciò con un gesto secco.
-Non ho alcuna voglia di drogarvi, potete stare tranquillo. – disse lei seria – so che non vi fidate nemmeno di noi. – rimase a fissarlo negli occhi per qualche istante.
-Come potrei fidarmi? – chiese Rhaegar alterandosi – eravate disposte a tradirci appena conquistato il trono. – Elanon guardò l’uomo accanto a sé, e poi la donna di fronte. Lei non sapeva nulla di tutto questo e temeva che nemmeno la sua signora e il suo re sapessero niente di ciò che era avvenuto a sud. Qualche notizia era giunta, ma nessuno corvo era arrivato ad avvisarli nei dettagli. Il nord era stato dimenticato. Ma il nord non dimentica. Mai.
Inavvertitamente la giovane serpe si inginocchiò di fronte a loro, proprio come Elanon aveva fatto qualche sera prima quando lui aveva abbassato la maschera.
-Sapete perfettamente che un dorniano non si inginocchia facilmente. Io però lo sto facendo. Voglio appoggiarvi, perché credo nella vostra causa. Credo che un padre voglia proteggere suo figlio, esattamente come il mio mi ha protetta e mi ha insegnato l’arte della guerra. Spero che anche voi abbiate questa possibilità con vostro figlio e spero che anche Arianne lo capisca. – disse tutto di un fiato – ma vi prego prendete quella fiala. Se ora state andando da lei, dovete tornare ad essere l’uomo che è giunto qui con noi, pacato, riflessivo e dolce. Lo siete sempre stato in sua presenza. Lei vi ha conosciuto così. Ho visto quando mi avevate salvato dalle grinfie di quel lago ghiacciato. Lei si è buttata nel tentativo di salvarmi, a mio parere in maniera irriflessiva e forse anche troppo avventata. Poi siete arrivato pure voi. Ciò che vi era a cuore, non era tanto la mia salute o la mia vita, ma la sua, non è così? – Rhagear abbassò appena lo sguardo, tenendo la bocca serrata e il volto inespressivo. Lei si era alzata e avvicinata a lui. Gli aveva preso le mani e gli stava lasciando la fiala.
-E’ una donna fortunata e non penso che né lei, né il lupo bianco siano i vostri punti deboli, bensì ciò che vi tiene vivo e che vi da uno scopo per tenere alta ogni speranza. Vi ho visto alla capitale. Eravate perso, vostra sorella era un ottimo stimolo, ma non era come la lady di Grande Inverno o il figlio che vi ha dato. –
Il principe tornò a guardarla seriamente. Per un attimo la stanza si immerse nel silenzio più profondo. Con un movimento deciso e rapido l’uomo aprì la boccetta e ne bevve l’intero contenuto.
-Spero che possiate partire a breve – affermò ancora la serpe delle sabbie – e spero che vi riuniate al più presto con vostro figlio, prima dell’ascesa delle vere tenebre. –
 
-Come vi sentite in questi giorni? – era tornato ormai già da qualche ora. Lyanna dormiva serenamente. Si era avvicinato a lei e l’aveva sentita come al solito fredda. Possibile che la tua pelle non si scaldi mai? Era una cosa fin troppo frustrante per lui che invece aveva una temperatura costante e calda. Lo aveva notato fin dalla prima notte che aveva giaciuto con lei. All’epoca era solo una ragazzina fiera e selvaggia e lui ne era rapito esattamente come lo era in quel momento.
Si era coricato accanto a lei e l’aveva stretta tra le sue braccia. Dopo diverso tempo l’aveva sentita muoversi e svegliarsi, ma nessuno dei due aveva avuto il coraggio di disturbare l’altro. Fino a che non le aveva fatto quella domanda.
-Sto recuperando le forze, ma troppo lentamente. – rispose la donna.
-Pensate di riuscire a cavalcare? – Viserys cercò di sedare i suoi sentimenti, esattamente come faceva con la propria identità.
-Ho altre alternative? – il principe attese qualche istante prima di rispondere.
-Possiamo stare qui ancora del tempo se ne sentite il bisogno, ma preferirei riportarvi a casa da vostro figlio e… tornare da mia sorella. Ho comunicato loro che a causa di una tormenta di neve siamo bloccati qui, il corvo dovrebbe essere giunto a destinazione, ma non abbiamo ancora avuto risposta da Grande Inverno. Ormai sono troppi giorni che non abbiamo più notizie, non voglio allarmarvi, ma comincio a sentirmi poco tranquillo. – anche Lyanna premeva il pensiero dei suoi cari. Si morse l’unghia di un dito, si sentiva la causa di quella situazione.
-Mi dispiace. – si scusò – se solo non mi fossi fatta ingannare da Stella Nera... – Viserys cercò di reprimere ogni impulso d’odio che sentiva per quell’uomo ed il sentimento opposto che invece provava per lei.
-Non è colpa vostra. Non potevate sapere le sue vere intenzioni. – cercò di rassicurarla lui.
-Ma voi avevate cercato di avvertirmi. E io non vi ho ascoltato. – si sentiva che era abbattuta, ma il suo orgoglio le impediva di autocommiserarsi. Glielo riconosceva, era tosta proprio come un tempo.
-Quando mai lo avete fatto? – scherzò tristemente il principe.
-Sto rallentando la missione. – affermò cupa, ignorando al sua ironia.
-Avete solo commesso un errore di valutazione, non siete né la prima, né l’ultima. Ora dovete solo alzarvi e riprendere in mano la vostra vita. – la incoraggiò.
Lyanna pensò a quelle parole per un po’ di tempo. Poi prese una decisione di puro istinto. Si alzò sui gomiti e sollevò appena il busto per guardarlo negli occhi, anche se sapeva che l’oscurità non glielo avrebbe permesso.
-Mi sento in dovere di ringraziarvi per tutto quello che avete fatto per me. – era un’ammissione che mai si sarebbe immaginato di sentire dalle sue labbra – dalla prima volta che mi avete salvato la vita, in quel bosco, sulla strada del re… - sapeva a che episodio lei si stava riferendo. Al solo pensiero una rabbia lo stava sopraffacendo, ma qualcosa glielo impedì, forse era la sua forza di volontà, con Lyanna aveva sempre cercato di sedare il drago, o forse era davvero la pozione che Tyene gli aveva offerto a fare effetto. Lei continuò.
-All’attacco di Drogon, perfino in quell’incendio… fino a giungere a qui. – Lyanna sentì che anche lui la stava osservando nel buio.
-Non dovete ringraziarmi… - cercò di dirle, ma lei gli mise un indice sopra le labbra per zittirlo. Lui non emise più alcun suono, nemmeno quando lei fece scorrere la sua falange sulla guancia liscia del suo volto. Senza sapere il motivo, Lyanna si ritrovò ad avvicinare la propria bocca a quella dell’uomo sotto di sé. Sentì il calore delle sue labbra e si lasciò andare. Era strano, ma la sensazione non fu per niente sgradevole. Esattamente come il bacio che lui le aveva rubato durante il ballo del banchetto. Traspostati da una passione remota e quasi dimenticata, celata per troppo tempo nei loro cuori, entrambi schiusero le loro labbra e cercarono la lingua dell’altro con dolce desiderio. Una frenesia inspiegabile li unì, vorticosa, insaziabile e tenera al contempo. Non fu un bacio di sola passione, c’era qualcosa in più. Una lieve sensazione che Lyanna non riusciva a spiegarsi. Tutto le sembrava giusto, ma anche sbagliato. Proprio come durante quei baci fugaci che si era data con Rhaegar nel Parco degli Dei di Harrenhall. L’immagine del suo sogno le tornò alla mente con prepotenza.  Perché mi hai tradito, Lya? Si bloccò, interrompendo all’istante quel contatto. Viserys mosse appena le labbra nel vuoto non trovando più la sua bocca, ma non osò obbligarla a continuare, intuendo forse ciò che l’aveva fermata.
Rhaegar… Lyanna sentì delle calde lacrime scenderle lungo le guance. Non riuscì a fermarle. Un dolore al petto la costrinse ad alzarsi nuovamente sui gomiti e si pentì per ciò che aveva osato fare. Come aveva potuto baciare Viserys?
Ti amo ancora, con ogni fibra del mio cuore… Rhaegar… ti amo. Non ti ho dimenticato. Mai, lo sarei… mai. Pianse emettendo un singhiozzo. Cercò di trattenere il secondo portandosi una mano di fronte alla bocca e pigiandola con forza. La sua gola questa volta emise un lieve rumore sordo. Sapeva che stava solo cercando di colmare la sua assenza, sapeva che mai nessuno avrebbe potuto prendere il suo posto. Non poteva lasciarsi confondere così, solo perché si assomigliavano. Solo perché lui glielo ricordava. Oppure era perché quei momenti le avevano fatto tornare alla mente quelli passati alla Torre della Gioia? Temeva di sapere il motivo, anche se non lo avrebbe mai ammesso a voce alta: lui le mancava da morire.
Ricordò solo in quell’istante l’ultima scena di quel sogno fatto diverse sere fa. Lo rivide accasciarsi a terra, con il pettorale dell’armatura disintegrato. Tra le lamiere di ferro smaltato di nero, sangue e rubini cadevano come le foglie di un albero diga tra le acque e la neve. Non seppe trattenere altre lacrime che caddero anche sulle guance del principe. Altri singhiozzi le uscirono e non seppe più sedare la disperazione che provava.
-Perché queste lacrime? – le chiese dolcemente lui. Era convinto che lei lo avesse riconosciuto adesso.
-Scusatemi principe. – disse invece con un tono amareggiato e incrinato dal pianto – Non avrei mai dovuto farlo. – e cercò di scostarsi da lui, ma con un movimento deciso la trattenne.
-Piangete pure mia lady. Sfogate ogni vostra insicurezza, prima che questa costernazione possa manifestarsi in presenza di altre persone. So mantenere i segreti. – tentò un’ultima frase ad effetto, ma sapeva bene che in quel momento, lei non avrebbe colto nemmeno quel segnale.
Il principe non disse altro, emise solo un ultimo sospiro e si limitò ad accarezzarle la schiena, giocando con una ciocca dei suoi capelli scuri. Comprendo quanto difficile possa essere accettarlo, amore mio. Credici con più intensità… io sono qui e ti aspetto.
In breve il silenzio si impossessò della stanza immersa nel buio, interrotto solo dai singhiozzi di lei.
 
I close my eyes and see your face
Can feel the touch, can almost taste
Lie to myself that I’m ok
But the through of you stops me
 
I still love you, darling
With every inch of my heart
Even when I don’t want to,
I still love you
 
I STILL LOVE YOU – JOSH JENKINS

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Capitolo 32
*** La Conquista ***


Gli eserciti di Dorne e dell’Altopiano affiancati dall’orda di Dothraki e l’esercito di Immacolati di Daenerys Targaryen avevano sconfitto i Lannister ed i loro alleati. Ora le Terre dell’Oro erano sotto il loro controllo. Kevan Lannister, il loro comandante era stato preso prigioniero e tenuto sotto stretto controllo nelle segrete sotterranee di Castel Granito. Rhaegar non aveva ancora deciso cosa fare di lui, era stato al fianco di Tywin Lannister per molti anni. Aveva eseguito i suoi comandi, ma non aveva prova che si fosse macchiato di veri reati. Indubbiamente la sua unica vera colpa era stata quella di sostenere suo fratello, ma poteva mai condannare un uomo per non aver avuto il coraggio o l’ardore di ribellarsi a colui che lo sovrastava? No, io ho fatto di peggio, non fermando prima un sovrano folle. I suoi pensieri inevitabilmente andarono anche ad un altro leone. Sperava di trovare Jamie Lannister in battaglia, ma il cavaliere; così veniva ancora chiamato quel traditore, era ad Approdo del Re, dietro o sotto le sottane di sua sorella… Arthur Dayne avrebbe certamente pensato una frase del genere e non si sarebbe morso la lingua per esprimere il suo pensiero.
Era tornato in groppa al Rhaegal e sorrise mesto al pensiero del suo amico perduto, ma non aveva tempo per abbandonarsi a quei tristi pensieri. Sua sorella lo aveva riportato indietro per uno scopo e quello sarebbe stato il suo unico scoglio per non affogare nell’oceano della malinconia, che sapeva, un giorno non molto lontano, lo avrebbe travolto.
Ma il suo obbiettivo ora, era arrivare al più presto alla capitale e fargliela pagare a quel traditore.
 
La flotta Tyrell, dei Martell e di Yara Greyjoy avevano sconfitto quella di suo zio Euron, impedendogli così di raggiungere le coste occidentali. Daenerys si era poi premurata di incendiare tutte le navi nemiche ordinando a Drogon e a Viseryon di sputare fuoco dalle loro fauci. Rhaegar poteva ancora vedere alcune navi bruciare e altre immergersi nelle acque nere del mare dove il Dio Abissale reclamava i suoi uomini. La regina Cersei ora non aveva più alcun aiuto dall’esterno. Avrebbe dovuto difendere il trono con le sue sole forze. Si poteva anche attaccare con le dita e le unghie a quello scranno, ma le unghie di un leone quanto possono resistere rispetto a quelle di un drago? Quale delle due bestie avrebbe avuto le fauci più crudeli da strappare a morsi la carne del suo avversario?
Il principe di Roccia del Drago osservava gli stendardi dei Lannister sventolare sulle sommità della Fortezza Rossa e sulle mura della città. Cremisi e oro. Pensò che erano proprio fuori luogo, non si riusciva nemmeno ad immaginare quanto inadatte potessero essere quelle nere e oro dei Baratheon. Quelle pietre torneranno ad esibire il vessillo del drago, mai più permetterò ad un altro di prenderci ciò che era nostro. Guardò sua sorella era appena atterrata al suo fianco. I suoi occhi viola erano direzionati verso la capitale. Ciò che avevano di fronte per lei era del tutto nuovo, e Rhaegar pensò che non avrebbe mai dovuto essere così. Lei avrebbe dovuto nascere lì, tra l’amore della regina, loro madre, le dolci melodie composte dalla sua arpa e le risate allegre di Aegon, Rhaenys e l’altro suo fratello. Se li stava immaginando i quattro bambini, due femminucce e due maschietti, alternandosi tra quei folti capelli scuri e quelli invece più sottili e chiari come la luce della luna e del sole, mentre correvano tra gli androni del Fortino di Maegor con addosso ognuno i colori della propria casata. Gli stendardi che vedeva alle colonne erano quelli Targaryen, esattamente come un tempo. Rosso e nero. Fuoco e Sangue.
Per un attimo il suo cuore mancò un battito al pensiero di quel figlio perduto e mai conosciuto. Lyanna, gli avresti mai permesso di giocare assieme a quei bambini da cui era unito legami di sangue e affetto, con addosso i colori che ritenevi pacchiani?
 
In quel momento i fratelli Targaryen si trovavano sulla cima di una collina di fronte alla capitale in sella ai loro draghi. I loro eserciti stavano raggiungendo l’altopiano da tutti i lati. Approdo del Re era assediata. Nessuno avrebbe lasciato le mura della città senza che loro lo potessero sapere. Ogni porta era controllata e la Guardia Cittadina impugnava archi e spade in attesa che loro attaccassero. Anche se era molto lontano Rhaegar poteva sentire lo stesso la paura di quei soldati terrorizzati.
Dovete sentirvi raggelare il sangue nelle vene dannati leoni. Ora saranno i Targaryen a razziare e depredare i Lannister, come un tempo voi avete fatto con la nostra gente… ma noi non entreremo tra le mura di questa città con un invito! Jamie, ti avevo dato l’ordine di proteggere la mia famiglia… Dovrei anch’io mandare degli assassini a stuprare e uccidere tua sorella. Meriteresti di assistere a questo scempio incatenato e denudato dal quell’armatura che hai macchiato col sangue di mio padre, di mia moglie e di quei bambini innocenti.
Dalla loro postazione potevano inoltre vedere anche l’altra parte della flotta dei Greyjoy, capitanata da Theon, che assediava la capitale sulle sponde della Baia delle Acque Nere. La città era sotto il loro controllo, bastava solo dare l’ordine di attaccare.
-Che dici? – Dany guardò suo fratello e gli sorrise – finalmente tocca a noi fare la nostra mossa? – Rhaegar non le sorrise, ma tornò ad osservare le mura di quella che un tempo era stata la sua città, la sua casa, la sua tormentata infanzia. Tutto ciò che ricordava era proprio lì di fronte ai suoi occhi; le mura, i torrioni, le case del popolo.
Il Tempio di Baelor ora giaceva distrutto, ma lo ricordava ancora in tutto il suo splendore. Il giorno del suo matrimonio con Elia. Le risate della gente che applaudiva la loro unione. Lo sguardo triste di un amico, celato dietro il freddo acciaio; un obbligo al quale entrambi avrebbero preferito rinunciare, ma nessuno dei due poteva sottrarsi.
La Fortezza Rossa e i ricordi di tutta la sua fanciullezza. I mattoni rosati che alla luce del sole sembravano risplendere d’oro. La Torre delle Spade Bianche svettata come la lama di una spada dall’acciaio chiaro. Lui ne aveva conosciuta solo una di quell’aspetto, e ora non sapeva nemmeno dove fosse finita. Avrebbe tanto voluto poter impugnare quella spada in onore del suo più grande amico. Ma io non mi merito quest’onore. Tu sei morto per proteggere la cosa a me più cara. Io avrei dovuto morire nella stessa maniera, invece ho lasciato che le facessero del male. Se ti avessi incontrato qui, non avrei meritato il tuo perdono.
Ripensò anche a suo padre; rigido e inquieto, seduto sul Trono di Spade, con la corona in testa, la sua mania di grandezza e quella pazzia che lo avevano rovinato.
Rammentò il dolce pensiero di sua madre; il suo sorriso spento, la sua eleganza e la sua fierezza, ed il dolore che si era sempre celato nel suo cuore, ma che orgogliosamente cercava di nascondere quando era di fronte alla corte.
Poi gli tornò alla mente ogni volto della guardia reali. Ser Gerold Hightower; austero e fiero, l’elmo dalla forma di toro laccato in bianco. Ser Barristan Selmi, orgoglioso e onesto, mai avrebbe pensato che si potesse inchinare poi ad un ribelle. Ser Oswell Whent col suo umore nero messo a dura prova da alcuni dei suoi confratelli. Ser Jonothor Darry ed il modo spiritoso e allegro di vedere la vita. Il principe Lewyn Martell, gentile, benevolo e gradevolmente paterno. E poi ancora lui, il suo migliore amico, la sua spigliatezza, la sua solarità, la prestanza fisica e quella micidiale maestria con la spada. Era proprio tra quelle mura rosate che aveva conosciuto Arthur Dayne. Era sempre stato come un fratello per lui. Quante volte avevano cavalcato tra le vie di quella città. I loro duelli improvvisati al cortile interno della Fortezza Rossa, come due bambini che si sfidavano per sapere chi dei due avrebbe vinto ogni volta. Le loro lunghe chiacchierate nelle sue stanze. Sorrise al pensiero che ogni argomento con lui prendeva sempre la stessa piega.
-Rhaegar, quando imparerai che nella vita ci sono piaceri che vanno oltre all’odore di pergamene e al suono melodioso di un’arpa? Vai con una donna e poi mi dirai se non ho ragione! – aveva sempre tergiversato su quegli argomenti e molte volte lo aveva anche rimproverato per essere così poco delicato. Ora tutto questo gli mancava. Gli mancava da morire. In quel momento non sapeva perché, eppure avrebbe tanto preferito trovarsi in un bordello a bere del vino con lui fino ad ubriacarsi e sentirlo ancora parlare di donne con quel suo modo scioccante e indecoroso.
Quanto vorrei fossi ancora qui con me a darmi il tuo sostegno… mi sembra di essere tornato quel bambino di un tempo. Solo e col cuore gonfio di malinconia. La luce delle tue stelle era riuscita a far breccia in quelle tenebre che da sempre mi avevano assalito. Un lume flebile e delicato all’inizio come le stelle al tramonto, ma in breve avevano rischiarato quella cupa oscurità come il sole quando sorge dall’orizzonte. Un astro caldo come un sorriso. Il tuo quando hai riottenuto ciò che per cui avevi combattuto per anni, o il mio quando pensavo di aver trovato la mia felicità personale.
 
-A te l’onore sorellina. – la sua voce era roca, la maschera che indossava gli prudeva sulle guance, dove le lacrime erano scese senza che lui potesse fermarle. Probabilmente era l’ultima volta che vedeva ciò che gli si mostrava di fronte, ma forse era meglio così. Tutto avrebbe dovuto avere un nuovo inizio. Tutto ciò che era stato, adesso non c’era e ci sarebbe più stato. Dovevano ricominciare. Sua sorella e lui. I nuovi conquistatori dei Sette Regni. Non potevano sapere se dopo il loro attacco le mura della città avrebbero retto. Il castello poteva anche essere incendiato e gli abitanti e le guardie uccisi nella battaglia. Rhaegar diede un ultimo sguardo al Fortino di Maegor e pregò di non dovervi mai mettere piede.
-Dracarys! – sentì Dany urlare e come risposta i draghi emisero fiamme verso l’alto. Rhaegal prima di rispondere all’ordine puntò il muso verso di lui, come a chiedergli il permesso di prendere parte a quel richiamo. Il principe gli mise una mano sul collo, per dargli la sua autorizzazione e la bestia si unì ai suoi fratelli. Il principe e la regina dei draghi osservarono attraverso le fiamme da loro emesse, il loro esercito avanzare.
 
Un piccolo contingente si imbarcò su una scialuppa, scendendo dalla nave di Theon Greyjoy che si era tenuto al largo e cautamente si stava avvicinando alla capitale. Superarono le due torri dell’argano e risalirono la foce delle Rapide Nere. Le persone che la occupavano avevano i volti celati dai cappucci. Un centinaio di metri proseguendo controcorrente, un uomo avvolto in uno scialle sudicio e infangato li stava attendendo sulla sponda est. L’imbarcazione attraccò e scesero tutti i loro componenti. Theon Greyjoy però rimase a sorvegliare la barca. Daenerys si abbassò appena la stoffa del mantello, per osservare le pietre dal colore rosato. Quando si avvicinò all’uomo che attendeva accanto alle mura della città, fece fatica a riconoscerlo, ma i suoi occhi non sbagliavano: quello era Varys, l’eunuco. Non ti fidare del Ragno Tessitore. Le parole di suo fratello le risuonarono nella mente. Un uomo in grado di mutare il suo aspetto in questa maniera poteva davvero essere un vero alleato? Oppure alla prima occasione mi avrebbe teso una trappola? Dany non sapeva che pensare, ma aveva cominciato a diffidare seriamente della sua lealtà, nel momento in cui si era presentato a Giardini dell’Acqua con Aegon Targaryen.
Costeggiarono per qualche metro la cinta muraria fino a quando l’eunuco non li fece entrare per un piccolo passaggio segreto proprio ai piedi della collina di Aegon. Attraversarono stretti cunicoli bui. Andavano alla cieca seguendo la sagoma dell’eunuco di fronte a loro. L’unica cosa che rischiarava appena qualche suo passo era la fioca fiammella di una candela. Per i resto erano avvolti dalle tenebre più nere. Sperando di non essere finiti in una trappola macchinata da lui, camminarono per minuti o ore, nessuno seppe dirlo, ma alla fine Varys si fermò e indicò loro una porta.
-Quella vi condurrà ad un androne adiacente alla Sala del Trono. Superate la terza colonna e aprite la porta alla vostra sinistra. Entrerete di soppiatto nel lato est ed eviterete le guardie. – consigliò loro.
Ad uno ad uno lo superarono e varcarono il passaggio. L’aria che Dany respirò fu come ossigeno puro. In quei cunicoli tutto sapeva di marcio, umido e fetido. Si guardò attorno. Le mura erano alte. Grandi finestre tutte decorate d’oro e ossidiane. Mancavano alcune gemme notò, suo fratello Rhaegar, le si avvicinò:
-Hanno fatto togliere tutti i rubini. – disse amaramente, sulla mano destra impugnava la sua nuova spada. Indossava un’armatura nera ed il mantello amaranto tenuto da una spilla a forma di drago sulla spalla sinistra. La maschera a nascondere i suoi lineamenti perfetti
-Riporteremo questo luogo al suo antico splendore, fratello. Assieme. Uniti. Per sempre. – e gli strinse una mano.
 
Si erano divisi in due gruppi, quello capeggiato da Aegon avrebbe percorso la strada consigliata da Varys, mentre l’altro comandato da Viserys avrebbe aperto le porte d’ingresso della Sala del Trono, creando così scompiglio al suo interno. Le Serpi delle Sabbie si dispersero per l’intera fortezza e attaccarono tutte le guardie che trovavano nel loro cammino, prima di uscire dalla fortezza e dar l’ordine agli eserciti di superare le mura e saccheggiare la città risparmiando però il popolo o chi implorava pietà e si arrendeva. Come annunciato da Varys, il loro arrivo si dimostrò una vera sorpresa per la regina usurpatrice. Quando Dany varcò la soglia si ritrovò di fronte ad un lungo corridoio. Il tappeto era oro e porpora, era lungo centinaia di metri e collegava la porta d’ingresso col basamento del Trono di Spade. Era un alto scranno dall’aria decisamente inquietante e macabra. Era composto da punte acuminate tutt’attorno. Ricordò quello che le aveva detto suo fratello. Quelle erano le spade dei nemici che Aegon il conquistatore aveva fatto fondere all’inizio del suo regno. Erano le spade degli sconfitti, divenuti poi suoi sudditi. Fuoco e sangue. Anche il suo regno sarebbe cominciato così? Ovviamente sì. Anche lei era una Targaryen e quello era il motto della sua casata. La regina Daenerys vestiva dei pantaloni neri, e un lungo soprabito della stessa tonalità. Aveva il petto protetto da una pettorina di cuoio bollito rossa e sulla spalla sinistra portava un mantello carminio. Una corazza in acciaio smaltata di nero era stretta con delle cinghie sotto le ascelle. Era la prima volta che indossava i colori della sua casata. E ne andava fiera. Suo fratello Viserys con la sua armatura nera, era di fronte a lei. La spada era alta e puntata di fronte a loro, camminava verso il centro della sala. Lei lo seguì, tenendo gli occhi fissi verso la figura seduta sul trono. Quando si fermarono, erano ad una cinquantina di metri da lei.
 
Cersei Lannister. La schiena appoggiata alle lame acuminate poste a raggiera sullo schienale. Di fronte a lei Ser Jamie Lannister, Quiburn il piromante, La Montagna nella sua armatura e alcuni soldati della nuova guardia reale.
-Uccidete questi impostori. – fu l’unica cosa che le sentirono pronunciare, prima che tutto ebbe inizio. I due schieramenti ingaggiarono un combattimento, mentre la regina usurpatrice rimase seduta sul suo scranno a guardare la scena. Dany notò che nel suo sguardo c’era un lieve divertimento in tutto questo. Anche mio padre aveva la stessa espressione quando sedeva su quel trono?
Daenerys si tenne a distanza, non sapeva impugnare una spada. Le sue uniche armi in quegli anni erano stati i suoi cavalieri del sangue, le sue parole e i suoi draghi. Ma ora non voleva usare i suoi figli. Avrebbero incendiato e messo in pericolo un sacco di gente. Era una cosa che voleva evitare. Suo fratello le aveva fatto una domanda prima della loro partenza:
-Una volta che saremo lì, come pensi di attaccare la capitale? –
-Col fuoco e col sangue? – aveva scherzato lei. Rhaegar non aveva riso.
-Parlo seriamente sorellina. – l’aveva rimproverata. Era una cosa che non concedeva a chiunque, ma a lui questo era permesso.
-Non lo so a dire il vero. – aveva il tono mogio ora, lei non era una guerriera. Non sapeva quali strategie adottare durante una ribellione – voglio ottenere il trono e risparmiare delle vite, ma non so se ne valga davvero la pena. –
-Ne vale sempre la pena, Dany. Tu sarai regina dei Sette Regni. Vuoi essere rispettata come tale, oppure temuta dai tuoi stessi sudditi? – quelle parole l’avevano offesa, ma tutto sommato sapeva che suo fratello le stava solo impartendo una lezione che le sarebbe servita. No, lei non era suo padre. Lei era Daenerys Nata dalla Tempesta, prima del suo nome, Khaleese del Grande Mare d’Erba, la Non-bruciata, Madre dei Draghi, Regina di Meereen e Distruttrice di Catene. Ora sarebbe diventata anche Regina dei Sette Regni e Protettrice del Reame, ed il suo popolo l’avrebbe rispettata come la salvatrice del regno, non voleva che la vedesse mai come l’ennesima tiranna. Avrebbero risparmiato chiunque si fosse pentito e poi sotto un accurato processo avrebbe deciso se graziarli o mandarli in esilio. Ser Barristan le aveva raccontato che una volta chi veniva risparmiato, andava alla Barriera, ma ora avrebbe significato ingrandire solo le forze del Re del Nord, e questo non potevano permetterselo.
Alla fine avevano deciso di risparmiare la popolazione e più vite possibili, ogni soldato e ogni spada sarebbero potuti servire per le battaglie avvenire. Come posso cominciare il mio regno, se permetto l’uccisione del mio popolo? Le parole di suo fratello maggiore, l’avevano proprio toccata nel profondo.
Tyrion era ora al suo fianco. Impugnava una spada corta, un’arma adatta a lui e al suo braccio. Erano fermi a metà della sala, Viserys era proprio di fronte a loro, i suoi guerrieri del sangue la circondavano, mentre gli altri erano tutti impegnati nel combattimento. Le due regine si osservavano negli occhi. Le sfere smeraldine di Cersei Lannister la guardavano con un sorriso maligno e minaccioso. Le stille d’ametista di Daenerys Targaryen invece la osservavano con orgoglio e fierezza.
 
Note dell’autore:
Ed eccoci con un altro capitolo sul passato di Daenerys e Rhaegar. Finalmente i Draghi si sono mossi, hanno unito i vari eserciti alleati e hanno attaccato i Lannister. La Grande Battaglia ha inizio. Non sono bravissima a raccontare le battaglie, diciamo che mai mi era capitato prima, per cui spero di aver reso i principali concetti strategici almeno. Ho pensato più che altro di rendere il tutto in piccoli pezzi mostrando solo dei momenti, fino a giungere alla Sala del Trono. Ora le due regine sono una di fronte all’altra. Cosa accadrà? Vi lascio con questo dubbio, ditevi cosa ne pensate, quali aspettative avete e cosa vi piacerebbe leggere. Magari posso prendere spunto dalle vostre idee e aggiungere qualche scena che avevo dimenticato.
Con questo vi saluto e spero di avervi regalato un capitolo interessante e coinvolgente.
Alla prossima Azaliv.

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Capitolo 33
*** Lupi e Draghi ***


Diversamente da come si era immaginata il Lupo Bianco l’aveva sbalordita. Si era sentita piacevolmente meravigliata da quell’atto del tutto inaspettato, che il giovane re aveva compiuto sopra le mura di Grande Inverno. Mai era riuscita a comprendere ciò che aveva spinto suo fratello a cercare piacere in una fredda e dura donna del nord, nemmeno ora che aveva avuto modo di conoscerla personalmente, aveva afferrato il motivo di quella sua scelta. Quella donna era tutto ciò che un drago poteva fare volentieri a meno. Scontrosa, senza regole, testarda e selvaggia. Loro erano esseri di calore, passione e potenza. Loro erano Sangue di Drago. Non per niente il loro motto era Fuoco e Sangue. Gli abitanti sopra l’Incollatura invece erano gelidi e duri, dai modi distaccati e costantemente imbronciati. Ad un primo acchito non aveva nemmeno trovato molta differenza tra loro e i bruti. Gli Stark erano la famiglia più influente del Regno del Nord, erano i lord protettori del Nord, ma di nobile in loro aveva visto davvero poco o niente. Dany era abituata a ben altri tipi di agi e quando era sbarcata a Dorne aveva constatato quanto il popolo dorniano fosse simile a ciò che aveva vissuto nelle Terre Oltre il Mare Stretto. Salendo verso la capitale, si era lasciata indietro il sole, l’intraprendenza e la disinibitine dorninana, sostituendola ben presto con la raffinatezza, l’eleganza ed il clima più mite della capitale, intrighi e malizie comprese, esattamente come gli aveva detto suo fratello Rhaegar. Ma una volta giunta a nord tutto ciò si era perduto. Tuttavia, per quanto non le piacessero quelle terre  perennemente ricoperte di neve, inabitabili e fuori da ogni concezione di vita, lei aveva cominciando a imparare anche a conoscere questo re del Nord, aveva compreso che la vera forza dei lupi dell’inverno non stava tanto nelle comodità o nel denaro: ma nel valore dei singoli uomini. Loro erano orgogliosi, audaci e coraggiosi, ma erano molto umili ed estremamente semplici.
L’unica forse tra tutti a sembrarle diversa poteva essere Sansa Stark. Tyrion e Ser Barristan le avevano raccontato che era rimasta a vivere a sud per molto tempo, più che altro costretta da Cersei Lannister. Dany non poteva dire di aver conosciuto davvero quella regina, ma aveva compreso quanto spietata fosse in quei pochi attimi in cui si erano affrontate indirettamente nella Sala del Trono di Spade. La sola idea di credersi una sua prigioniera, la metteva a disagio; poteva quindi solo immaginare, quanto avesse sofferto la giovane lupa dai capelli ramati. Eppure qualcosa in lei, non le permetteva di provare neanche un briciolo di compassione nei suoi confronti. Forse la spiegazione stava nel fatto che era da collegare a lei la causa dell’incoronazione del Lupo Bianco, se non lo avesse cercato e convinto ad aiutarla a riprendersi il castello della loro famiglia, ora lui starebbe vagando per i Sette Regni, senza un nome, né una meta. Chissà in quel caso Rhaegar come avrebbe fatto a ritrovarlo… riflettè e una tristezza le attraversò l’anima. Sapeva cosa voleva dire perdere un figlio, e non voleva che suo fratello provasse ancora quel disagio. Riosservò Sansa, fiera e orgogliosa. No, sicuramente il riserbo che ho per lei scaturisce da altro… qualcosa celato nella sua anima non tollerava il fatto che lei fosse sempre fastidiosamente al fianco del Re del Nord, esattamente come in quel momento.
I suoi modi fini e alteri le davano sui nervi. Sembrava fosse cresciuta con gli insegnamenti di una principessa viziata, neppure a lei era stato dato quel genere di educazioni, ed era lei quella nata col titolo di principessa, non lo aveva certo ottenuto con una falsa incoronazione. Lei era la figlia dell’ultimo re Targaryen esistito. Lei era Sangue del Drago, eppure si sentiva minacciata da un lupo. Anzi a dire il vero non era l’unica di quella famiglia che la infastidiva. Lady Lyanna era stata la prima Stark che aveva conosciuto, anche se con la falsa identità di sua nipote Arya, che si celava invece dietro al misterioso personaggio di Nim. Entrambe le avevano dato la stessa sensazione: inadatte al comando e completamente senza catene. Una pessima stima, ma a quanto pare quello era il genere di donna che suo fratello adorava. Aveva protetto Arya come anche Lyanna stessa. Era certa che conoscesse fin da subito chi fossero davvero, questo l’aveva resa ancora più nervosa. Dany le avrebbe rinchiuse nelle segrete della Fortezza Rossa senza tanto pensarci, la loro innata sfrontatezza era al limite dell’assurdo. Sansa invece sembrava essere di tutt’altra pasta, e questo la rendeva forse ancora più inquieta.
Indossava un abito estremamente elegante, aveva un passo leggero e aggraziato, e stringeva con affetto il braccio del Lupo Bianco. Jon dal canto suo sembrava perfettamente a suo agio. Dany aveva posato lo sguardo su di lui solo per un attimo. L’aveva visto entrare in quel freddo salone di pietra a passo deciso, la schiena dritta e l’aria altera. Aveva scortato sua sorella fino alla rialzata. Erano saliti su quei tre gradini lentamente. Lui si era congedato dalla cugina galantemente. Lei gli aveva sorriso in maniera fastidiosamente affettuosa, con quegli occhi azzurri come i cieli estivi di Dorne. Dany aveva sentito delle fiamme ardere in ogni centimetro della sua pelle. Non se ne spiegava la ragione, eppure qualcosa era scattato in quel loro scambio d’affetto. Poi lo aveva visto sedersi su quello scranno di fredda pietra grigia, con le teste dei lupi sui poggioli e sulle estremità dello schienale. Re Jon aveva alzato la testa sui suoi sudditi. I lunghi capelli scuri si erano mossi appena a quello spostamento. I suoi occhi grigio scuro erano fissi sulle persone al centro della sala. Dany lo aveva visto posare lo sguardo frettolosamente anche su di lei, ma era come se si fosse totalmente dimenticato di quanto era avvenuto il giorno prima su quelle mura. Per lui forse non era stato nulla. Per lei… cos’era stato invece? Quella era una domanda a cui ancora non si era data alcuna risposta.
 
Aveva ricevuto Lady Cerwyn, Lady Mormont e Lady Dustin nella Sala del Trono dell’Inverno. Era un ambiente accogliente e mite. Il clima rigido entrava dalle finestre, ma i muri riscaldati dalle sorgenti termali rendevano quel luogo forse il più adatto a soggiornare per diverse ore. Un altro posto simile era la Sala Grande, ma attualmente i servi la stavano preparando per il banchetto della sera. Jon aveva quindi preferito ricevere le sue ospiti lì.
Le osservava. Non potevano essere più simili ma anche più diverse tra loro e gli venne quasi da ridere mestamente a pensare che ormai erano davvero pochi i lord che governavano i castelli del nord. La maggior parte se ne erano andati a Sud con suo zio Ned, o con suo cugino Robb, e pochi di loro erano tornati. Quelli che avevano provato a risalire verso nord, o erano morti, o erano entrati nelle schiere ribelli dei banditi delle Terre dei Fiumi. Coloro che erano rimasti, invece erano periti nelle incursioni dei Greyjoy o dei Bolton. Strinse un pugno al pensiero di ciò che aveva passato la sua gente, ma la rilassò subito aprendola e richiudendola lentamente, con fare assente. Riportò lo sguardo sulle tre donne in piedi di fronte a lui.
Lady Dustin aveva rughe attorno alla bocca e gli occhi, ma rimaneva piacente come donna. Era molto alta e asciutta, aveva i capelli castani striati di grigio, portati legati in una crocchia sulla nuca. Indossava un abito nero, con un sottile bordo dorato. Jon sapeva che era vedova e ora conosceva anche la verità. Suo marito era morto ai piedi della Torre della Gioia, proprio lo stesso giorno in cui lui era nato. Non poteva che sentirsi mortificato in quel momento a parlare con lei, ma non sapeva quanto la donna fosse a conoscenza della verità, certamente la notizia che sua madre era tornata in vita, era trapelata un po’ in tutto il continente, ma ciò che riguardava le sue origini allettava molto di più la curiosità dei più.
Lady Cerwyn invece era molto formosa, aveva due ciocche di capelli corvini legati in una treccia dietro la testa. Indossava un abito ramato con numerosi pelli di volpe attorno. Non erano i colori della sua casata, Jon però comprendeva che ormai si era giunti ad un punto dove se non si aveva denaro, qualsiasi tessuto andava più che bene. E le volpi forse erano gli unici animali rimasti da cacciare nella Foresta del Lupo. I suoi occhi verde spento lo stavano fissando con disprezzo. Non ne capiva il motivo, ma poteva certo immaginarselo. Lui era uno Snow, non uno Stark. Il nord era stato fedele a suo nonno Rickard, a suo zio Ned e a suo cugino Robb. Lui non era mai stato considerato parte della famiglia.
Pensò a sua madre; se in quel momento fosse stata presente, sicuramente avrebbe sbraitato contro lady Cerwyn e avrebbe fatto inginocchiare quella donna con fredde parole di ghiaccio.
E poi c’era lei. Lady Lyanna Mormont. Tanto audace quanto minuta, ma una versa orsa. Indossava un abito di satin verde brillante e nero. Lo stemma dell’orso risaltava sul suo petto. Era molto bassa. Il suo viso austero, la bocca piegata in una smorfia e quegli occhi porcini, neri come la notte. Jon le sorrise e la bambina ricambiò il suo saluto con un ghignetto. Era felice di vederlo, quanto lo era lui e la stessa Sansa. Scambiò uno sguardo ricolmo di felicità con sua cugina e tornò a rivolgersi a loro.
-Provvederò a farvi avere degli alloggi adeguati per il vostro soggiorno presso questo castello. Siete le benvenute e vi sono grato per aver risposto ai miei corvi con così poco preavviso. Provvederò io stesso a trovare armature nuove e cavalcature fresche per i vostri guerrieri. – sentì Sansa muoversi nervosa al suo fianco.
Era al corrente come lui della precarietà della situazione finanziaria del castello. Le casse era ormai quasi vuote, durante i numerosi e recenti saccheggi, le piovre e gli uomini dei Bolton avevano provveduto a depredare e rubare tutto il loro oro. Non era rimasto poi molto, e c’era un grosso numero di bocche da sfamare e di armature da rifornire. Per il cibo si potevano anche arrangiare. Le serre erano state rimesse in sesto almeno per una parte e la Foresta del Lupo era ancora un’ottima dispensatrice di prede, se si sapeva dove cercare. Jon era stato abituato a cacciare oltre la Barriera, dove il ghiaccio copriva ogni dove. Le terre della sua famiglia erano decisamente molto più ricche. Ma per quanto riguardava invece le armi e le corazze, era tutta un’altra storia. Per sconfiggere gli Estranei Jon sapeva che c’era bisogno del Vetro di Drago, eppure quell’elemento era ormai diventato introvabile. I Guardiani della Notte erano riusciti a scovare alcune scorte lungo il perimetro della Barriera, dove qualche loro antenato aveva pensato di nasconderlo. Ma non bastava. Jon aveva provveduto a fornire i suoi più fedeli uomini, qualche bruto, aveva fatto forgiare alcune lame per sua madre e sua cugina Arya, e ora aveva mandato due gruppi per rifornire anche i suoi alleati. Ma quello era tutto. Non sarebbe bastato, questo lo sapeva.
-Potete andare adesso. – le aveva congedate con un sorriso freddo, i suoi occhi si erano addolciti solo nel guardare la piccola Lyanna Mormont, poi il suo sguardo era stato rapito dalla Regina Daenerys posta alla sua destra. Al suo fianco Ser Barristan e Tyrion Lannister. Ser Davos aveva aperto la porta alle tre donne e poi l’aveva rinchiusa alle sue spalle, prima di riportarsi al centro della sala e abbassare il capo in segno di rispetto verso di lui. Jon sapeva che quel suo atteggiamento era una richiesta di attenzione e gli diede la parola con un cenno del mento.
-Mio re – aveva cominciato – sapete che non abbiamo abbastanza Vetro di Drago anche per loro. –
-Lo so perfettamente. – disse Jon pacato, portandosi una mano sul mento e accarezzandosi pensieroso la barba – ma non potevo dir loro che non so come proteggerle o come rifornire i loro uomini, hanno già votato per questa causa e ne sono grato. Alla fine per causa della mia famiglia hanno già perso i loro padri, i loro zii, i loro mariti e i loro figli… -
-Tutti noi abbiamo perso qualcosa mio sovrano – rispose Davos afflitto – pure io ho perso i miei figli. Hanno seguito un re a cui io ho creduto. Hanno scelto di battersi per lui e sono morti. Me ne rammaricherò per il resto della mia vita, ma ora sono qui, di fronte a voi e sono pronto a rischiare la mia vita per la causa in cui credete. – disse quelle parole senza mai interrompersi.
-Non ho avuto modo di vedere gli Estranei con i miei occhi, ma se i Bruti hanno deciso di valicare la Barriera e vi sono così fedeli, desumo che qualcosa di grosso deve averli spaventati. – il vecchio cavaliere della regina aveva espresso il suo parere, cercando di sembrare più sincero che poteva.
-Ser Barristan, vi posso assicurare che gli Estranei sono vivi, esattamente quanto lo siamo voi ed io. – i suoi occhi per un attimo si posarono su quelli viola di Dany, ma appena Davos riprese a parlare, tornò a rivolgerli al suo uomo.
-Re Jon, abbiamo troppi uomini e non sappiamo come equipaggiarli. –
-Lo so, ma non posso far niente per risolvere questo problema. – digrignò i denti nell’affermare quella frase. Era difficile ammettere una sconfitta del genere.
-Io forse conosco un luogo dove potreste approvvigionarvene. – Davos sembrava sicuro di quello che diceva. Jon rimase ad osservarlo incuriosito.
-Perché non l’hai detto prima? – gli chiese speranzoso – Dove… ? –
-Roccia del Drago. – rispose lui semplicemente rivolgendo la sua attenzione sulla regina, che lo guardò confusa. Poi i suoi occhi si illuminarono.
-L’intera isola e fatta di ossidiana… - disse quasi in un sussurro come se stesse parlando tra se e sé.
-Esattamente mia regina. – confermò il contrabbandiere – ho vissuto in quel castello, quando ero al servizio di Stannis Baratheon. Ho visto con i miei occhi quanto Vetro di Drago vi si cela nelle caverne adiacenti al castello. Se vostra grazia ci permettesse di averlo, avremmo un notevole vantaggio. –
Jon si ritrovò inavvertitamente a trattenere la gioia che sentiva dentro. C’era ancora speranza. Una notevole possibilità di vittoria. Davos non sembrò ancora soddisfatto.
-Se no vado errato avete ripreso quel castello, mia regina. Per cui ora avete libero accesso. – Jon si morse un labbro per non mettersi a ridere, ma tutta la sua contentezza svanì quando la regina espresse la sua opinione.
-Sì, quel castello è tornato di nostra proprietà. Ma non posso darvi l’autorizzazione di poterlo raggiungere ora. – puntò lo sguardo sul Lupo Bianco – mio fratello ne possiede il controllo, in quanto mio erede, lui è Principe di Roccia del Drago. Spetta a lui darvi il consenso. – i suoi occhi viola erano fissi nei suoi. Jon temette di non riuscire a sostenere quello sguardo deciso e fiero. Poi la vide addolcire la sua espressione.
-Ma qualcosa mi dice che non si opporrà alla vostra richiesta, e vorrà essere presente quando voi vorrete entrare in quel castello. – Tyrion la osservò dal basso verso l’alto con aria dubbiosa, lei fece solo un cenno con gli occhi al suo cavaliere e fece qualche passo verso il centro della stanza, posizionandosi accanto a Ser Davos – Ora se me lo concedete, preferirei ritirarmi prima del banchetto. Credo sia il caso di prepararmi, visto che abbiamo ospiti arrivati da lontano. – Jon accennò ad un segno di commiato e la vide voltarsi e prendere la strada verso la porta.
Un sonoro battito del legno annunciò che la regina dei Draghi e i suoi alleati se n’erano andati. Sansa fece un passo avanti.
-Hai idea di cosa volesse dire con quell’ultima affermazione? – lo scrutava preoccupata coi suoi occhi turchesi. Jon scosse la testa senza avere una risposta.
-Re Jon, forse non è il caso di chiedere spiegazioni, ma solo di accettare ciò che potrebbe essere la nostra salvezza. – disse saggiamente.
-Sono d’accordo con te Ser Davos, pensavo solo… con che denaro o dono, possiamo ricompensare la loro generosità? – domandò. Nei loro occhi però vide che nessuno aveva la risposta. Lui sì ce l’aveva. Rinunciare al dominio del Nord, cedere Grande Inverno ai draghi. Dopo tutto l’impegno che ci aveva messo a riprendere la sua casa, non riusciva ad accettare l’idea di perderla per sempre.
 
Banchetti, cerimonie e pomposità. Tutte cose a cui lei decisamente non era abituata. Le aveva già disprezzate a suo tempo, quando era una lady di Grande Inverno, ora le detestava con tutta se stessa. Toccò l’impugnatura di Ago nervosa. Ricordò ancora, quando Jon gliel’aveva regalata. Lo guardò; era seduto alla destra di Sansa. Dopo di lui la Regina dei Draghi. Ancora non era riuscita a comprenderla quella donna. All’apparenza era molto simile al principe Viserys, eppure qualcosa le diceva che l’uomo che l’aveva tratta in salvo sulle Terre dei Fiumi, era di tutt’altra pasta rispetto alla sorella. Si era sempre domandata perché avesse compiuto quel gesto gentile nei suoi confronti. Quando l’aveva vista le era sembrato che l’avesse scambiata per un’altra. Ma lei non era uguale proprio a nessuno e i due fratelli Targaryen erano vissuti lontano dai Sette Regni, per cui non potevano aver conosciuto nemmeno uno Stark. Ripensò a suo padre, a quanto gli mancava. Ripensò a suo fratello Robb. Senza capire si trovò anche a pensare a sua zia Lyanna. Si vergognava ancora per il modo orrendo in cui l’aveva obbligata a svelarsi. L’aveva ferita pesantemente quel giorno al Parco degli Dei, si era comportata proprio come una bambina. Avrebbe dovuto osservare e scorgere che legame si era instaurato tra lei e Jon. Invece aveva reagito come una sciocca, credendo che quella sconosciuta volesse solo rubarle ciò che era suo. Lei aveva sempre avuto un rapporto speciale con lui, molto più che con Robb. Lui era sempre riuscito a comprenderla, e ora forse aveva anche capito il motivo. Dentro di lui c’è lo stesso sangue di mia zia Lyanna. Sorrise pensando a quanto avrebbe desiderato averla sempre avuta al suo fianco. Si sarebbero divertite un mondo. Sicuramente sarebbe stata lei ad insegnarle a tirare di spada, a usare un arco e forse anche a cavalcare. Era certa che sarebbe potuta essere la sua nipote preferita, Sansa era troppo simile alla loro madre, e di certo le lamentele di Lady Catelyn avrebbero sorto meno effetto, se ci fosse stata lei a rincuorarla e incoraggiarla. Si ritrovò a pensare a sua madre e agli anni passati a odiare e umiliare Jon. Arya aveva ascoltato di nascosto alcune delle frasi che lei aveva rivolto al giovane, come se la colpa fosse stata sua. Aveva visto gli sguardi carichi di disprezzo che gli aveva sempre riservato e aveva sofferto con lui, amandola e odiandola al tempo stesso. Jon era sempre stato in silenzio, aveva affrontato tutto chiudendosi dentro tutta quella sofferenza, e quando lei usciva dal suo nascondiglio, le riservava sempre un sorriso tirato e una carezza. Quante volte lo aveva visto allontanarsi col cuore pesante e abbracciato solo dalla malinconia e dalla solitudine. C’erano stati luoghi a cui lui non era permesso andare: come gli alloggi degli Stark o le cripte sotto il castello. Quelli erano dei posti che solo a lei e ai suoi fratelli era permesso frequentare. Jon aveva sempre dovuto rimanerne in disparte. Aveva un grande alloggio nell’ala est del castello, e il suo corridoio non era poi così lontano da quello dei suoi fratelli, ma sebbene questo lo avvicinasse un po’ a loro, Arya sapeva che lui si era sempre sentito discosto. Poi pensò con estremo afflizione alle cripte. Lui in quanto Snow non aveva accesso al luogo di riposo degli antenati della sua famiglia. Non era mai sceso in quelle caverne, non aveva mai visto le loro tombe, non aveva mai visto la statua di sua madre. Lei più volte invece si era soffermata ad osservarla. Le aveva toccato quella mano sospesa a mezz’aria domandandole molte volte se avere nelle vene quelle gocce di sangue di lupo, potesse farti sentire così diversa. Quante lacrime aveva versato ai suoi piedi, dopo una sfuriata di sua madre, o un castigo di Septa Mordane. Ora ripensandoci avrebbe versato lacrime silenziose per Jon, che mai aveva saputo la verità sulle sue origini, mai si era sentito davvero accettato, mai era stato guardato allo stesso modo di Robb. I suoi occhi indugiarono ancora su sua sorella Sansa. Una rabbia la colse e avrebbe tanto desiderato puntarle un pugnale alla gola, proprio come aveva fatto con Walder Frey o con i suoi figli, ma qualcosa la distrasse.
-Al sangue o ben cotta? – le chiedeva una serva con un vassoio di carne di daino. Bran la stava guardando con un’espressione indecifrabile, non sembrava approvare tutto quel risentimento che lei sentiva dentro. Abbassò lo sguardo verso la sua mano, ancora sull’elsa di Ago.
-Quella non va usata, se siamo a tavola. Tienila nascosta, te lo disse anche nostro padre. – pronunciò quelle parole con aria solenne e accettò di buon grado che la serva lo servisse prima di sua sorella. Arya lo guardò minacciosa, odiava ciò che era diventato. Ora era a conoscenza di troppe cose, e questo la disturbava molto, ma era il suo fratellino, e lei aveva promesso a sua zia di proteggere tutta la sua famiglia fino al suo ritorno. Tormentandosi per quei rancori che non riusciva a celare nella sua anima, si alzò da tavola e se ne andò.
 
Daenerys era certa che sarebbe venuto. Si era congedata poco dopo che i dolci erano stati serviti. Aveva lasciato un biglietto nella mano di Re Jon, chiedendogli di raggiungerla nei suoi alloggi per parlare. Lo aveva aspettato pigramente distesa in una chaise long dai soffici cuscini scarlatti e la spalliera in legno dipinto in oro molto abbassata. Un braccio abbandonato nel vuoto, una gamba piegata, mentre l’altra completamente allungata. I riccioli argentati riversi alle sue spalle. Aveva sbuffato e si era pentita di aver congedato tutti. Osservò annoiata la stanza attorno a sé e rabbrividì. L’abito che indossava era in velluto, foderato di lana spessa, ricoperto di una folta pelliccia nera. Il tessuto granata era stato scelto da suo fratello per uno dei suoi numerosi soprabiti, ma ne era avanzato parecchio, o forse lo aveva fatto apposta, alla fine si era ritrovata con un altro bellissimo vestito. Rhaegar ha proprio gusto si ritrovò a considerare. Il suo volto le tornò alla mente con prepotenza e biasimo, eppure anche con tanto affetto e dispiacere. Si era pentita di averlo costretto a scegliere tra lei e la donna che amava, ma Dany era stanca di tradimenti. Tre tradimenti dovrai conoscere… uno per il sangue, uno per l’oro e uno per l’amore… le immagini dei volti di tre uomini le scorsero davanti ai suoi occhi come se fossero proprio lì di fronte a lei. Viserys Targaryen, il fratello che fin dalla nascita le era stato accanto. L’aveva cresciuta, l’aveva protetta e poi l’aveva venduta come una comune giumenta da montare al signore dei Cavalli. Jorah Mormont, il primo uomo dei Sette Regni che lei aveva incontrato, il primo uomo che si era messo al suo servizio, ma solo per spiarla, seguire le sua mosse e poi riferire tutto ai suoi alleati a ovest. Era tornato da lei per ben due volte, si era innamorato di lei, ma Dany non poteva ricambiarlo. Aveva riconquistato la sua fiducia, ma non il suo cuore. Ed infine Rhaegar Targaryen; il fratello che lei mai aveva conosciuto, morto prima che lei nascesse. La persona che aveva causato la disfatta della sua casata. L’unico membro della sua famiglia che Ser Barristan vedeva rivisto vivere in lei. Daenerys si era chiesta spesso quanto reali fossero quelle sue considerazione e aveva appurato di persona che lo erano. Ma anche lui alla fine l’aveva tradita, per amore, certo, ma non verso di lei sicuramente. Vide i suoi malinconici occhi indaco, sentì una morsa nel petto e per poco non scoppiò a piangere. Detestava l’idea di provare tutto quel risentimento nei suoi confronti, e disprezzava ancora di più il sentimento contrastante che sentiva nel suo cuore. Lo adorava e le mancava da impazzire. Si strinse un cuscino sul petto. Cercando di trattenere più calore dentro di sé, ma le sue spalle tremarono ancora. Un suono. Qualcuno bussava alla porta. Si sollevò a sedere e si ricompose.
-Avanti. – disse solenne alzando il mento, così da sembrare più regale. Notò Ser Barristan fare capolino alla sua porta.
-Mia regina, Re Jon chiede di conferire con voi. – Dany sentì il cuore mancare un colpo. Trattenne il fiato per pochi secondi e poi buttò fuori tutta l’aria.
-Fallo entrare. – ignorò l’ansia che sentiva fluire fino alla sua gola.
 
-Dunque vorresti dirmi che questo banchetto non era stato organizzato a questo scopo? – gli aveva chiesto sorridendo. Il suo volto era incantevole, si sarebbe perso volentieri ad osservarla per tutta la notte, senza nemmeno provare a toccarla. Gli bastava anche solo guardare quando perfetta era la sua pelle, quei boccoli chiari che le incorniciavano il volto delicato. E quegli occhi dal colore impossibile.
-Davvero, non è come pensavate mia regina. – cercò di scusarsi lui. Lei rise, mentre teneva in mano un calice di vino dorniano. Jon era la prima volta che lo assaggiava. Doveva ammettere che era davvero squisito, però stette attento a non esagerare.
-Solo Dany, smettiamola con queste formalità, almeno quando non abbiamo tutti che ci girano attorno. In fin dei conti sei mio nipote, sarà il caso che cominciamo anche a sentirci una famiglia. – si era espressa con semplicità e nel suo sguardo Jon non aveva scorto malignità, né alcuna forma di rappresaglia.
-Come vuoi, Daenerys. – le disse educatamente – preferirei evitare “zia”. – gli rivelò.
-Hai ragione. – affermò pensandoci meglio – mi renderebbe vecchia, e io sono addirittura più giovane di te! – sorrise. Jon si distrasse portandosi il calice alla bocca. Non voleva che vedesse il rossore sulle sue guance.
-Forse tu sei l’unico che non se n’è accorto, Jon. – continuò lei. Sentirla usare il tono formale con lui, gli sembrava quasi irreale. L’aveva pregata di smettere di essere così rigida nei modi, ora erano solo un uomo ed una donna di fronte ad un tavolino con una caraffa e della frutta esotica. Anche lei gli aveva chiesto di usare il modo informale, ma ancora non riusciva a considerarla una sua pari. Forse con un altro sorso di quel vino, sarebbe riuscito a sciogliersi un altro po’. Prese la caraffa e ne versò fino a metà bicchiere. Poi glielo versò pure a lei. Daenerys gli sorrise e accetto di buon grado quella galanteria.
-Ti facevo più arguto, Lupo Bianco! – rise ancora emettendo un suono cristallino – tre lady del nord si presentano alla tua porta e ti chiedono ospitalità e protezione e tu non ti poni alcuna domanda? –
-Sono mie suddite, i loro mariti sono morti seguendo i miei famigliari in guerra. – cercò di spiegare lui – mi sento obbligato a provvedere a loro. – Dany sorrise, ma lo guardò incuriosita. Attese qualche istante, forse soppesando le sue parole. I suoi occhi grigi indugiarono sul suo volto perfetto, quasi con imbarazzo si ritrovò a distogliere lo sguardo.
-Quindi se stanotte ti si presentassero nel tuo letto per scaldarti, tu ti sentiresti obbligato a provvedere a loro? – affermò maliziosa, esaminandolo di sbieco.
-Non ho detto questo. – disse pudicamente autoritario. Lei scoppiò a ridere.
-Sei proprio uguale a… - si mise una mano sulla bocca e non finì la frase – lascia perdere – si alzò in piedi e andò ad attizzare il braciere con un lungo arnese in ferro. Jon osservò il suo movimento e stava quasi per intervenire, quando rammentò le numerose leggende che parlavano della sua immunità col fuoco. Abbassò lo sguardo sul dorniano che ondeggiava nel suo bicchiere, ricordando a se stesso quanto diverse erano le loro vite.
-Per esperienza personale, ti posso solo dire che provvedere a tutti è praticamente impossibile. – disse lei, i suoi occhi persi nelle braci fiammeggianti, quando poi lo guardò stava sorridendo – ma niente mi leva che quelle siano venute qui per proporsi come tue future spose! – Jon la guardò esasperato, mentre lei si avvicinava nuovamente a lui, questa volta però gli si sedette affianco nel divano.
-Non sono interessato a sposarmi. – la informò lui cupo – ho altre priorità al momento. –
-Certo, la guerra con gli Estranei è imminente. La situazione drammatica del tuo castello, dei tuoi uomini e della tua stessa famiglia ti preoccupa… - elencò Dany – ma forse non è il caso che ti fermi anche un attimo a pensare a ciò che vuoi pure tu? – i suoi occhi d’ametista erano fissi nei suoi – Cosa vuoi davvero Jon Snow, è così che ti fai ancora chiamare, no? – gli domandò. Lui serrò le labbra e inspirò una lunga e profonda boccata d’aria.
-Voglio solo che le persone a cui sono legato non muoiano. – spostò il volto di lato teso. Lei gli mise una mano sulla guancia per riportargli il viso nella sua direzione.
-E tra queste persone per caso ci sono dei lunghi capelli ramati e degli occhi color del ghiaccio? – piegò leggermente il capo e rimase in attesa di una sua risposta.
-C’era… - affermò triste lui – ma non è chi credi. – non sapeva perché ora si stava rivolgendo a lei in quel modo del tutto inusuale. Temette che fosse a causa del vino del sud – si chiamava Ygrette. Era una bruta. – non sapeva nemmeno perché glielo stava dicendo tu non sai niente Jon Snow – E’ morta tra le mie braccia. Ho tradito la sua fiducia, per proteggere i mie confratelli al Castello Nero. –
Dany lo osservò attentamente a quella affermazione. Si stava confidando con lei di cose del tutto private. Era strano ma da quando sua madre se n’era andata, lui sembrava aver abbattuto gran parte di quelle barriere che prima lo avevano sempre protetto. La cosa peggiore era che pure lei aveva abbassato la guardia da quando Rhaegar era partito con la sua lady.
Jon si alzò improvvisamente. Qualche goccia di vino si spanse a terra, sul suo polso, ma anche sulla gonna di lei.
-Perdonami! – disse allarmato, con una mano cercò di raggiungere il tessuto, ma si fermò a pochi centimetri dalla gamba di lei. Dany intuì che la sua moralità non gli permetteva di toccarla.
-Non è successo nulla, Lupo Bianco. – affermò lei alzandosi lentamente, in maniera volontaria e sensuale – temi di toccarmi, vero? Stai tranquillo, non sono come i miei draghi… - si avvicinò a lui di un altro passo e gli mise le mani a coppa sul suo volto – dalla mia bocca non esce ancora fuoco. –
Da te magari anche no… ma non posso descriverti il fuoco che sento dentro in questo momento.
 
-Non dovrei essere qui… - Jon provò a scostarsi, ma il suo corpo sembrava impietrito. Non rispondeva più ai suoi comandi – non dovrei cercarti, non dovrei nemmeno avvicinarmi così a te… - provò a dire quasi per convincere se stesso, ma era tutto inutile. Non doveva provare ciò che sentiva. Lei era di un altro uomo, il legame che aveva con suo fratello, per quanto incestuoso e immorale potesse essere era chiaro a tutti che esisteva. Ma ora lui era lontano e lei forse ne sentiva la mancanza. Lo osservava senza dire una parola, le sue labbra leggermente incurvate, come se fosse sempre più cosciente di qualcosa che lui invece ignorava.
-Ma c’è una forza superiore che mi spinge verso di te e vorrei tanto sapere da dove viene e dove mi porterà. –
-Se vuoi te lo spiego io… - affermò alzando un sopracciglio divertita.
-Ho paura. – e nello stesso istante in cui lo disse si sentì un cretino. Lui aveva affrontato gli Estranei, non poteva certo aver timore in quella stanza, con una donna di fronte a sé. Spostò il volto di lato combattuto.
-Non dovrei essere qui, mandami via… - la supplicò.
-Se ti mando via, chi mi scalderà? – quella domanda attirò la sua attenzione, ma si pentì di aver guardato quegli occhi magnetici. Non sarebbe più riuscito a guardare altro.
-Hai il fuoco del braciere. – provò a dire. La voce che gli era uscita era roca. Dany scosse la testa.
-Ma non mi abbraccia. – gli cinse il collo con entrambe le mani.
-Hai l’alito dei tuoi draghi. – continuò lui. Le mani abbandonate lungo i fianchi, impossibilitato a muoversi.
-Per molto tempo li ho considerati i miei figli. Mi rispettano e mi amano, ma non mi appartengono davvero. – Dany continuava a tenere gli occhi incollati nei suoi. Jon riuscì a distrarsi al suono della sua voce, ma si ritrovò ad osservare le sue labbra rosee e carnose, inspirò il suo profumo, mentre il volto di lei si avvicinava sempre più.
-Tu sei più caldo di un drago. – le loro labbra si sfiorarono, aprendosi e lasciando che le loro lingue si incrociassero tra loro. Jon pensò a Ygrette, in quel momento. E ai suoi baci. Semplice fumo in confronto all’incendio che sentiva in quel momento.

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Capitolo 34
*** Viaggio di Ritorno ***


I loro cavalli erano già sellati e li attendevano nel cortile all’interno della seconda cinta di mura. Il cielo era plumbeo e si rispecchiava negli occhi di Lyanna che si erano adombrati. Si sentiva ancora debole, ma stava tenendo duro. Non voleva che nessuno si accorgesse che non si era ancora ripresa del tutto. Una volta salita in groppa alla sua puledra, sarebbe stata meglio, ne era convinta.
L’idea di tornare a casa da suo figlio, era l’unica cosa che l’aveva spronata. A dire il vero, dopo quello che era accaduto la sera precedente, aveva anche un altro motivo per allontanarsi da quel posto e tornarsene a Grande Inverno. Rimanere a stretto contatto con il principe Targaryen l’aveva fortemente scossa. Quel bacio che si era scambiata con lui, era stato uno sbaglio tremendo. Lui aveva evitato l’argomento. Lei pure, se proprio si voleva essere sinceri non si erano più parlati. Quella stessa mattina il principe l’aveva svegliata molto presto, le aveva solo detto di alzarsi e di vestirsi. Sembrava fortemente scosso ed era quasi certa che non avesse nemmeno chiuso occhio. Aveva già addosso gli abiti da viaggio. Questo significava solo che fosse da parecchio tempo in piedi. Le aveva posato i suoi abiti sul letto e si era voltato verso il camino, mentre attendeva che lei si vestisse. Si stava allacciando il cinturone della spada alla vita, quando la sentì trafficare con i pantaloni di pelle aderenti. Le sue mani erano ancora impacciate e sulle braccia non aveva abbastanza forze per tirarli su. La pelle delle sue gambe fredde non permetteva al tessuto di salire agevolmente e la sua debolezza peggiorava la situazione. Il principe se ne accorse e poco dopo le si era già avvicinato silenzioso e scostante.
-Permettete che vi aiuti? – le chiese con tono alterato e distaccato, mettendosi in piedi di fronte a lei. Lyanna era seduta sul bordo del letto e per tutta risposta lo guardò turbata, non voleva certo che si illudesse che quel bacio gli avesse dato qualche favore con lei, ma l’uomo non ci badò. Le prese velocemente le mani e la sollevò in piedi con estrema facilità. Sembrava come se conoscesse le sue dimensioni e il suo peso da sempre. E ora che ci rifletteva avrebbe dovuto appurare quel pensiero,  già quando le aveva donato quegli abiti. Le fasciavano il corpo con disinvoltura e perfezione, persino sul petto, dove era solita provvedere a far abbondare il tessuto se voleva chiudere il corpetto senza provare quella sgradevole sensazione di soffocamento. Non seppe darsi una spiegazione in quel momento, era troppo agitata all’idea di trovarsi praticamente ad indossare solo una maglia abbastanza lunga e i pantaloni fermi a metà polpaccio. Lyanna maledisse la sua goffaggine e fu costretta a tenersi alle sue spalle, per non cadere a terra, mentre lui si abbassava per farle salire il tessuto fin sopra le ginocchia. I suoi arti inferiori ancora non riuscivano a sorreggerla bene. Viserys prese delicatamente i lembi delle brache e li trascinò verso l’alto. Sfiorò appena la pelle candida e liscia delle sue gambe. Lyanna sentì il tepore delle sue dita accarezzare la sua cute, constatando però che non provava mai ad approfittare di quella situazione. Sentì le proprie guance infiammarsi, quando le sue dita sfiorarono i suoi fianchi e provò una calda sensazione nascerle nel petto. Si scostò imbarazzata e alquanto turbata. Lui le riprese le braccia che lei senza accorgersene gli aveva cinto attorno al collo, e sciolse quel loro involontario abbraccio. Scese con le mani sui suoi polsi e accompagnò il suo movimento finchè non tornò seduta. Si inginocchio ancora ai suoi piedi, sotto lo sguardo incerto di Lyanna, che lo osservava attentamente. Viserys con una mano le afferrò una coscia e le sollevò la gamba appoggiando il tallone sopra il suo ginocchio. Prese uno degli stivali e glielo infilò lentamente con delicatezza. Il silenzio era padrone di quella stanza. Lyanna non sapeva che dire, il principe le riservava delle attenzioni del tutto inusuali nei suoi confronti e non comprendeva il motivo per tanta gentilezza. Lo vide ripetere lo stesso movimento anche con l’altro piede. Poi glielo riportò alla posizione iniziale, e la osservò.
-Ho finito, potete anche tornare a respirare ora. – disse lui risollevandosi completamente sulle ginocchia e riposando lo sguardo sul suo volto. Lyanna era rimasta a guardarlo sbigotti, senza accorgersi di aver trattenuto il fiato – ce la fate da sola adesso? – le chiese mantenendo sempre un tono molto duro. Lei fece solo un cenno con la testa e si concentrò su altro. Prese la maglia di ferro e se la infilò dalla testa. Poi afferrò il soprabito e lo indossò, allacciandosi i bottoni sul corpetto, tornò ad osservare il principe che si era spostato di poco da lei e mettendo un piede sul bordo di legno del letto, stava inserendo un pugnale nello stivale destro, lasciando intravedere solo l’elsa. Un drago era attorcigliato nell’oro, dalla sua bocca spiccava un grosso rubino rosso. Due incisioni identiche rimpicciolite sulle estremità laterali, ma i rubini questa volta erano solo sulle orbite delle teste dei draghi. Non brillavano, però come l’anello che invece aveva al dito. Lyanna pensò al monile con una pietra simile che aveva lasciato a Grande Inverno. Avrei dovuto tenerlo con me, come conservo il suo ricordo nel mio cuore, così anche nell’anima.
 
Lady Brienne stava tenendo le redini di Whitefog, affinché Lyanna riuscisse a salire. Dietro di lei il cavallo nero del principe scalpitava; non vedeva l’ora di partire. La donna si aggrappò alla sella, ma non riuscì a tirarsi su. Le braccia e le gambe non avevano abbastanza forza per sollevarla. Eppure il suo peso era notevolmente diminuito, lo si poteva scorgere anche dal suo volto scarno.
-Lady Lyanna, volete che vi aiuti a salire? – chiese la guerriera cautamente, sperando che la sua signora non si offendesse.
-Lasciate. Faccio io. – il principe arrivò, intromettendosi tra loro. Senza attendere il suo consenso, la prese per i fianchi e la sollevò con prontezza, ma invece di posizionarla sulla sua puledra, la fece sedere lateralmente sul proprio stallone nero. Elanon osservò la scena e scambiò uno sguardo complice col principe.
-Perché mi avete messa sul vostro cavallo? – chiese la giovane lupa sdegnata.
-Siate obiettiva lady Stark – le disse con voce melliflua, montando dietro di lei – non avete nemmeno le forze per stare in piedi. Credete davvero di riuscire a rimanere in sella per così tanto tempo? – prese le briglie in mano e diede ordine al gruppo di partire, con un gesto della mano.
-Avrei almeno potuto provare! – rispose ferita nell’orgoglio. Lui salutò con un cenno del capo le serpi delle sabbie che erano venute a salutare la loro partenza. Ellaria gli omaggiò addirittura un inchino. Le porte vennero spalancate al loro passaggio.
-Sapete, nella cultura dothraki, quando un uomo non riesce a stare in sella al proprio cavallo, perde tutto il rispetto del suo khalasar. – le enunciò infastidito
-Ringrazio gli antichi dei di essere nata nel continente occidentale allora! Ho sempre amato i cavalli, ma non mi sposerei mai un barbaro. –
-Stavate per sposare un uomo ben peggiore… – avanzò infastidito – e oserei dire… per la seconda volta anche. –
-Credete davvero che lo avrei accolto nel mio letto senza combattere? – lo sentì irrigidirsi – non ho avuto paura di un cervo, non temerò mai un stella che neppure brilla. – lo sentì ridere e si voltò a guardare quella fastidiosa maschera che gli celava la metà superiore del volto.
-E’ garantito che avrebbe trovato non poca difficolta anche solo a toccarvi – il principe non abbassò il suo volto, rimase a fissare il sentiero di fronte a loro – perché se non lo frenavate voi, lo avrei fatto io, a costo di macchiare il mio onore. – Lyanna aprì la bocca per lo stupore e sentì il cuore mancarle un colpo.
-Cosa vi avrebbe spinto ad intervenire? – la sua voce era dubbiosa e scettica.
-L’amore che provo per la mia famiglia. – disse semplicemente.
-Comprendo che per voi sarei dovuta essere vostra cognata – rispose fredda, poi abbassò lo sguardo – ma ora non avete alcun obbligo nei mei confronti. – voltò lo sguardo verso il bosco alla loro destra persa nei suoi tormenti. Lui emise un sospiro infastidito.
-Questo non è vero. Sono legato al Re del Nord per un vincolo di sangue, di conseguenza anche a voi. – ed incitò il suo stallone ad una marcia più spedita come a non voler più continuare quel discorso.
 
Proseguirono per molte leghe, senza trovare difficoltà. Il principe però non conosceva il territorio come lady Stark, quindi in alcuni tratti dovette chiederle quale direzione prendere. Lyanna spesso e volentieri gli consigliava il sentiero più lungo, per evitare neve troppo fresca o strade impraticabili. Man mano che si inoltravano nell’entroterra il clima divenne sempre più rigido. Il naso e le guance della donna erano diventate rosse dal freddo. Si ritrovò a tremare ed il principe se ne accorse. Cercò di avvolgerla nel suo mantello, ma lei protestò.
-No! Non lo fate! – fermò quel suo gesto con un colpo secco della mano. Lui sembrò deluso.
-State tremando di freddo. – le fece notare, Lyanna chinò lo sguardo sul suo grembo prima di parlare.
-Ho solo avuto un brivido, tutto qui. – sapeva che era una bugia, il gelo le era penetrato nelle ossa già da ore. Le sue mani erano ghiacciate e non sentiva più i piedi e le gambe da un po’. Oltretutto sapeva anche che non avrebbe potuto fingere più di tanto, erano troppo vicini. Lui sentiva ogni suo sussulto, anche se lei cercava di dissimularlo.
-Non mi mentite – le rispose secco – non sopporto quando lo fate. – continuò con tono irritato.
-Levatevi i guanti e mettete le mani sotto la mia casacca. – le propose poi, ma non cambiò il timbro della sua voce, lei lo guardò astiosa – eviterete di perdere l’uso delle dita. – poi le osservò le gambe, che si muovevano scomposte all’oscillazione della cavalcata – non voglio nemmeno immaginare in che condizione possano essere i vostri piedi. –
-Sapete che non farò mai una cosa del genere! – lei era inferocita. Lui sembrava aver assimilato troppi particolari che lei non gli avrebbe mai concesso di scoprire. Il principe attese qualche istante prima di sussurrarle.
-Ieri sera mi avete baciato di vostra spontanea volontà, mentre oggi vi fate tanti problemi per una sciocchezza del genere? – si era avvicinato al suo orecchio e le aveva sfiorato il collo, lambendo al pelliccia del suo mantello. Lyanna aveva sentito i peli del manto sfiorarle il lobo dell’orecchio e della guancia, ma ciò che l’aveva turbata maggiormente era il suo respiro caldo sulla pelle.
-Quello è stato solo un errore, ve l’ho già detto e mi sembra di avervi anche già chiesto perdono! – si impuntò lei – ad ogni modo non considero una sciocchezza andare contro i miei dei! – decise di evitare di parlare ulteriormente di quel bacio e preferì soffermarsi sulla seconda parte della frase
-Lo scambio dei mantelli è un atto definitivo, per voi forse può sembrare una cosa fin troppo banale. Siete nato con il culto dei Sette Dei, poi siete cresciuto nelle Città Libere e infine avete viaggiato insieme a quei barbari, e non vi biasimo se avete anche smesso di credere nelle divinità che hanno permesso tutto questo, ma qui al nord non perdiamo facilmente la nostra fede, e chi crede negli antichi dei, sa che è un legame eternamente vincolante! –
-Conosco bene il significato di quel rito e vi posso assicurare che ne ho il massimo rispetto! Ma in questo momento l’unica cosa che posso fare per evitare che vi congeliate, è proporvi di dividere con me il mio mantello! Mettete da parte il vostro orgoglio per un po’, perché i vostri dei non verranno oltraggiati. Ho tutta l’intenzione di riportarvi a casa viva, non voglio certo trovarmi Lungo Artiglio puntata alla gola. –
Lyanna stava per ribattere, ma il principe la prese e la strinse a sé, avvolgendola nel suo mantello solo da un lato. Anche se le diede notevolmente fastidio, la donna dovette accettare quel gesto. Percepire il tepore che si generava dal suo corpo, le fece già provare una sensazione piacevole. Si odiò in quel momento. Odiò il proprio cuore che sembrava battere felice di ricevere quelle attenzioni. Odiò le proprie mani che salirono sul suo petto in cerca di calore. Levò i guanti, proprio come gli aveva detto e appoggiò le sue dita sulla casacca del principe, la tepidezza del suo corpo la avvolse come un caloroso abbraccio. Viserys colse l’occasione per prenderle un polso e portarsi l’arto contatto con la pelle scoperta del collo.
-Come immaginavo… siete congelata. – constatò innervosito e senza permetterle di respingerlo ancora, la fasciò interamente nel suo mantello scarlatto, tenendola stretta a sé impedendole ogni tentativo di avversione. Lyanna non fece obiezioni e rimase immobile e silenziosa, lasciandosi cullare da quel tenero dondolio della cavalcata, tra le braccia di un uomo che voleva detestare, ma non ci riusciva, perché trovava sempre il modo per dimostrarle che poteva fidarsi di lui. Cercò di cacciare indietro le parole di quel sogno che continuavano a perseguitarla.
Lyanna, perché mi hai tradito? Ciò che non riuscì a fermare furono però le lacrime per l’amara delusione verso se stessa.
 
Le tenebre stavano calando e cominciava a diventare impossibile proseguire lungo il sentiero all’interno del bosco. La luna era nascosta da una spessa coltre di nubi. Lyanna si era appisolata tra le braccia del principe, riscaldata dal calore che emanava il suo corpo a dal dolce cullare dell’andatura del cavallo. Lui la cingeva con un braccio per evitare che potesse cadere, in un tenero abbraccio protettivo e premuroso. Tirò le redini, quando raggiunsero un piccolo spiazzo aperto tra gli alberi e si accostò a Lady Brienne.
-Fermiamoci qui. – disse semplicemente, senza alzare troppo la voce. La guerriera alzò un braccio per avvisare alle sue compagne l’arresto.
Il principe scosse leggermente la donna tra le sue braccia, massaggiandole la schiena con estrema tenerezza.
-Mia signora, svegliatevi. – le sussurrò. Lyanna aprì gli occhi al quel richiamo.
-Dove siamo? – chiese confusa con la voce impastata dal sonno e meravigliandosi di vedere buio attorno a sé.
-Siamo ancora nella Foresta del Lupo. È calata la notte e abbiamo perso il sentiero, la neve era alta e ma ho seguito la luna per orientarmi. – ammise il principe.
-Perché non mi avete svegliata prima? – chiese allarmata.
-Stavate dormendo così profondamente che non ho avuto il coraggio di disturbarvi, e poi anche i cavalli cominciavano ad essere stanchi. – affermò con voce bassa – avevo comunque programmato una pausa con lo scendere delle tenebre. Non siete l’unica a non aver dormito, la notte scorsa. –
Lyanna si sentì in forte imbarazzo, e preferì non dire nulla. Emise uno sbadiglio e si portò una mano per coprirsi la bocca. Viserys scese da cavallo e l’aiutò a smontare, cingendola dalla vita. Quando atterrò, sentì di nuovo le ginocchia deboli e fu costretta a tenersi al braccio del principe per non cadere. I piedi sembravano due pezzi di ghiaccio negli stivali.
-Venite, sedetevi qui. – e la condusse verso le radici contorte di un albero-diga. La corteccia era bianca, e la sua base, pareva il covo di una serie infinita di serpi pallide. Al contrario le foglie sembravano nere come la pece al buio. Dasira si premurò di accendere un fuoco. Meera e Tessa cominciarono a scartare le razioni di cibo, riservando alla loro lady la parte più abbondante, nella speranza che riuscisse a riprendere le forze più in fretta. Avevano assodato, quanto quel veleno l’avesse indebolita ed erano seriamente preoccupate per la sua salute. Lyanna lo vedeva dal modo in cui la guardavano e non le era gradita tutta quella compassione. Il suo orgoglio non glielo permetteva.
Viserys tornò al cavallo e lo vide slacciare le loro spade dalla sella. Notò che Elanon senza un motivo preciso si era avvicinata a lui e ora stavano parlando tra loro a voce talmente bassa che non le giunse alle orecchie nemmeno una parola. Poi l’uomo tornò verso di lei e appoggiò le due armi, ai piedi dell’albero sacro. Si posizionò al suo fianco, lasciando però un leggero spazio tra di loro. Lei prese la sua razione dalle mani di Meera e addentò una fetta di pane raffermo senza troppe cerimonie. Dovette constatare che aveva davvero fame. Il principe mangiò in silenzio, non sembrava condividere il suo appetito, e dette a Lyanna la maggior parte della sua porzione. Brienne appena ebbe finito, partì col suo turno di guardia, poi l’avrebbe sostituita Elanon.
Lyanna si accorse che la propria scorta d’acqua era terminata.
-Che gli Estranei siano dannati in eterno… – brontolò. Aveva bevuto molto durante il viaggio. Era una conseguenza del veleno, glielo aveva detto Tyene.
-Mia signora, prima abbiamo attraversato un ruscello. Se volete provvedo a tornare indietro e… - si propose Elanon.
-No. Rimani qui. – disse con tono fermo il principe – riempila con della neve e tienila accanto al fuoco in modo che si sciolga. Nessuno si deve allontanare dall’accampamento senza il mio permesso. – affermò in tono autoritario. Le altre Rose dell’Inverno lo guardarono in modo arcigno, ma non osarono esprimere il loro disappunto. Lyanna notò quella tensione e condivise il loro pensiero, ma in quel momento non era il caso che alzare un polverone. Doveva solo pensare a riprendersi il prima possibile.
-Tenete la mia borraccia. – le offrì poi il principe.
-Non ne avrete abbastanza per voi. Il viaggio è ancora lungo, e se ci siamo persi è facile che dovremmo anche tornare indietro alla ricerca del sentiero. –
-Ritengo sia il caso che voi siate ben nutrita e idratata, dopo quanto avete appena passato… - rispose serio – non dovete preoccuparvi per me, io sono abituato ad arrangiarmi, soprattutto durante i viaggi. Non ho mai sopportato l’idea di venir accerchiato da servitori, quando non ne avevo la necessità. – Lyanna lo guardò poco convinta, rammentando che quella era una prerogativa anche di suo fratello, ma il primo gene era nato dalla Regina Rhaella.
La sete era tanta e si ritrovò a sgolarsi anche quella fiaschetta. Lui rimase a fissarla come in attesa di qualcosa, che mai arrivò.
Il gelo attorno a loro aveva tenuto una bassa temperatura anche all’interno del bosco. Le altre ragazze si avvolsero nei loro mantelli e cercarono di prendere sonno. Lyanna tremò vistosamente appena una leggera brezza ghiacciata la raggiunse. Viserys lo notò e si avvicinò a lei. Con gentilezza l’avvolse nel suo mantello scarlatto e la sentì nuovamente irrigidirsi:
-Chiedete pure ai vostri dei di chiudere gli occhi per questa notte. Non permetterò che moriate congelata. – e la strinse tra le sue braccia, assicurandosi che i loro mantelli rimanessero ben chiusi, così da non lasciar entrare l’aria fredda. Lyanna si accoccolò appoggiando la guancia sul suo petto, mordendosi le labbra dall’odio che ancora provava verso se stessa e a quel gesto diventato fastidiosamente troppo immediato e naturale. Pochi istanti dopo stavano già dormendo.


Note dell'autore:

Siamo finalmente ripartiti da Deepwood Motte. Se avete notato in un primo momento abbiamo una situaziona alquanto strana e imbarazzante tra il principe e la lady, (visto quanto era successo la sera prima c'è anche da capirlo) eppure lui sembra stranamente distaccato, nervoso e forse anche arrabbiato... non lo avete trovato strano anche voi? Vi siete fatte un'idea del perchè?

Lo ammetto come capitolo è un pò povero di trama ai fini della storia, effettivamente ho scelto suddividere un capitolo che era fin troppo lungo altrimenti, e vedrete poi perchè la seconda parte ho preferito tenerla per dopo. Cominciamo ad entrare nel vivo della storia adesso e succederanno cose che vi domanderete sicuramente come siano possibili.

Per il momento intanto vi lascio e vi auguro anche buone vacanze, visto che siamo in giugno e molti immagino comincino a fuggire verso località turistiche o di relax. Io una capatina me la farei volentieri a Dorne in questo momento, al calduccio e tra i fiori profumati, cullata dal suono delle onde del mare al osservare il sole affondare nelle acque... non  vi svelo però qual'è la mia città preferita, lo scoprirete più avanti e spero che gli intrecci che sto creando in questo periodo per questa storia vi piacciano, perchè vi assicuro che la mia banale idea sta lievitando giorno dopo giorno e ne sono sempre più felice.

Alla prossima!

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Capitolo 35
*** Lupi nella Notte ***


Annusava. L’odore di muschio e decomposizione le entrava nelle narici. Il vento freddo e pungente portava con sé, l’avvertimento che un’altra bufera era in arrivo. La sua pelliccia candida impediva che il ghiaccio le giungesse fino alle ossa. Quando si mosse per trovare una posizione più comoda, si accorse che i suoi arti erano diversi. Non aveva due gambe e due braccia, ma… quattro zampe. Alzò la testa. Percepì la sensazione che fosse più appuntita e di una forma diversa. Era nel corpo di un lupo. Un grosso lupo ai piedi di un albero diga. Stava sognando forse?
 
Un sentore dentro di sé gli fece drizzare le orecchie. Osservò il suo padrone. Il suo mantello grigio talmente scuro che sembrava nero, la pelliccia bianca sulle spalle e i capelli scuri che gli arrivavano ben oltre le spalle, lo facevano assomigliare ad un cucciolo di orso su due zampe. Il suo istinto famelico gli fece venire quasi l’acquolina alla bocca, al pensiero della prelibata carne e del caldo sangue che gli avrebbe scaldato le membra. Si ridestò. Quello era il suo padrone e lui non gli avrebbe mai potuto far del male. Nei suoi ricordi lui era sempre stato presente. Si era preso cura di lui fin da quando ricordava, lo aveva sfamato, lo aveva coccolato, gli aveva pure dato un nome. Esso era una creatura diversa, forestiera e pericolosa. Tutti lo avevano sempre temuto, ma per il suo padrone quelle erano stupidaggini. Erano entrambi reietti della società. Si appartenevano l’uno all’altro.
Il suo fiuto lo stava avvisando di un pericolo. Non qui. Non in questa foresta, ma in un’altra. Si alzò, silenziosamente mosse le sue zampe affondando leggermente nella neve. Col muso richiamò l’attenzione del suo padrone senza emettere alcun suono. Lo vide spostare gli occhi dall’enorme albero dalla corteccia bianca e dal fogliame rosso come il sangue. Attraverso le sue fronde Spettro sentiva strani richiami, voci non identificate del passato e forse anche del presente. Non poteva comprenderle, ma riconobbe una voce tra di esse. Una donna. Poteva sentirne ancora l’odore. Fragranza di fiori, soffici petali che cadevano come la neve, e dietro ad essi celavano spine ispide dove lui amava grattarsi, quando le pulci lo tormentavano. Un profumo dolce, come la carezza che lei gli aveva sempre riservato. Di fronte ai suoi occhi i lunghi capelli della donna, spinti dal vento, ondulavano assieme al suo mantello e ai suoi abiti della tonalità di quelle rose e del cielo nelle giornate estive che ricordava, quando era solo un cucciolo.
-Anche tu sei preoccupato, vero Spettro? – il suo padrone gli diede una grattatina dietro le orecchie e portò lo sguardo verso il laghetto ghiacciato. Alcune foglie rosse dalla forma stellata lo ricoprivano. Spettro gli morse un lembo del mantello e lo trascinò fuori da quel bosco.
 
Un ululato la ridestò. I suoi compagni erano stesi a pochi metri da lei. Una sentinella, andato in avanscoperta, aveva dato l’allarme. Nymeria si alzò sulle quattro zampe ed il suo branco la imitò. I suoi occhi ancora vedevano il lupo dal pelo candido di fronte a sé. Apparteneva al suo passato ormai, ma sentiva di esserci ancora legata. Nel suo sogno l’aveva spinta a raggiungere un cespuglio e ad annusare la fragranze che da esso traspiravano. La lupa aveva seguito il suo suggerimento senza capirne il senso, ma poi si era svegliata. Li avevano trovati. Era giunta l’ora finalmente di attaccare le loro prede. Lei lo sapeva. Avanzò tra la neve alta, il suo branco dietro di lei. Correvano, seguivano le tracce da giorni ormai, pregustando già il momento in cui le loro zanne avrebbero affondato nelle loro membra ghiacciate. Erano affamati, da giorni non mettevano qualcosa di decente sotto ai denti. Quello non sarebbe stato un degno pasto, ma almeno avrebbero sfogato i loro istinti. Quando furono vicini alla loro meta, qualcosa colpì la sua attenzione. Qualcosa che le ricordava il sogno che aveva fatto. Quel lupo bianco e quel cespuglio profumato. Ordinò agli altri di proseguire per la meta prefissata, lei però doveva seguire altre tracce. Non sapeva dove l’avrebbero portata, ma qualcosa le diceva che doveva andare in quella direzione. Comandò ad un gruppo di seguirla. Alcuni osarono arrivarle troppo vicino, lei li allontanò con ferocia. Non dovevano permettersi di superarla. Lei era l’alfa, loro avrebbero eseguito i suoi ordini. Andava sempre ricordato loro chi comandava, e non avrebbe permesso a nessuno di attaccare le sue prede o qualsiasi altra cosa che apparteneva solo a lei.
 
Un urlo agghiacciante svegliò tutti. Le donne scattarono in allerta. Viserys raggiunse la propria spada allungando una mano e porse l’altra alla fanciulla accanto a sé.
-Elanon! – Lyanna pronunciò in maniera quasi impercettibile quel nome con sofferenza. Aveva riconosciuto la sua voce e temeva il peggio per la ragazza.
Brienne raggruppò le altre tre donne e corsero nel bosco in cerca della loro amica tenendo in mano delle torce improvvisate con alcuni tizzoni del fuoco. Viserys e Lyanna rimasero soli nella radura. In totale silenzio. La donna si mise in piedi, e con sua sorpresa constatò che riusciva a reggersi meglio. Sapeva che l’avrebbe pagata in seguito, quella era solo l’adrenalina che le stava infondendo una forza che il suo corpo ancora non aveva.
Sentì qualcosa strapparla con vigore dalla realtà. Fu come se i suoi occhi si fossero chiusi. Il bosco, il principe, non c’era più nessuno. Poi dal buio apparvero delle ombre. Dapprima non riconobbe cosa fossero, poi si accorse che erano solo rami bassi, cespugli, forse gli stessi che le erano affianco. Le frustavano il volto, eppure qualcosa evitava che lo sfregiassero, qualcosa di morbido sembrava attutire i colpi. Provò la sensazione di calpestare il terreno a piedi nudi, con strane protuberanze che soffici, rigonfie e ricoperte di pelo. Sotto di lei lo scricchiolare di ramoscelli e foglie. Era strano, ma sentiva i sensi amplificati. Le sembrava di essere alla ricerca di qualcosa o qualcuno. Poi tutto finì esattamente com’era cominciato. Un uomo la stava scuotendo. Si ritrovò a riaprire gli occhi, anche se non erano mai stati chiusi davvero. Viserys era di fronte a lei. Sembrava preoccupato.
-Che vi prende? Sembravate… – Lyanna lo guardò come se non lo comprendesse, ma la sua bocca parlò ancora prima che lei formulasse quel pensiero.
-Lupi. – affermò poco convinta. Il principe rimase in silenzio per qualche istante prima di chiederle.
-Avete avuto una visione, vero? Quindi si sono risvegliati anche in voi i poteri dei metamorfi. –
-Sono solo leggende. – era spaventata e incredula al tempo stesso.
-Vostro nipote non è una leggenda. – la redarguì lui – è il nuovo Corvo a Tre Occhi… o non credete alle sue visioni? –
-So solo che a me non ha mai fatto vedere nulla. – disse con rammarico.
-Anche gli altri vostri nipoti avevano risvegliato dei poteri. C’era un legame particolare tra i ragazzi e i loro metalupi. Vostro figlio mi ha svelato di riuscire a volte a vedere con gli occhi di Spettro. –
-Ma io non posseggo un metalupo come loro. –
-Il vostro sangue è impregnato di magia, quanto il loro, forse sono gli animali stessi che sentono che voi appartenete alla stessa famiglia. – Lyanna lo osservò timorosa. Tutte quelle cose non la rendevano tranquilla. Non era lei quella che credeva così fermamente alle profezie o alle magie dei Figli della Foresta, anche se era grazie a loro che era tornata alla vita, preferiva pensare di dover ringraziare unicamente suo figlio per questo.
Improvvisamente sentirono dal folto del bosco delle spade cozzare ed il vociare delle loro compagne impegnate in un combattimento. Lyanna sfoderò Regina di Ghiaccio e rimase in attesa, tenendosi al tronco dell’albero-cuore e invocando una preghiera appena udibile ai suoi dei. Viserys le rimase accanto, scrutando nell’oscurità ogni piccolo cenno di movimento. In una mano la spada, nell’altra una torcia.
Di fronte a loro apparvero due stelle azzurre che brillavano sospese a mezz’aria. A mano a mano che questa creatura si avvicinava, la sua forma diventava sempre più visibile. Era alta e magra. La sua pelle era bianca come la luna. Indossava un’armatura cangiante semi ricoperta di ghiaccio che brillava di mille riflessi ad ogni suo passo. La spada che aveva in pugno sfavillava di una fioca luce azzurrognola. Era un Estraneo.
-Pregate i vostri Dei anche da parte mia, lady Stark! Dubito che i Sette ascoltino ancora le mie implorazioni… – affermò il principe roteando la propria spada e mettendosi in posizione di combattimento. Si affrontarono con una sequenza di colpi, finchè la spada del principe venne spezzata nettamente in due dall’arma del suo avversario. L’estraneo si spostava molto velocemente, con movimenti terribilmente precisi e accurati, ma anche Viserys non sembrava uno sprovveduto. Era carico di una determinazione che Lyanna non gli aveva mai visto prima d’ora, sembrava dotato di una forza e di una bravura innata. Eppure ricordava di averlo visto duellare con Jon a Grande Inverno, e di essersi battuta con lui a Harrenhall. Eppure quello sembrava un altro uomo, una persona che aveva uno scopo e che pareva non voler perdere assolutamente quella battaglia. Come se fosse la più importante della sua vita, come se avesse molto da perdere. Lo vide riuscire in un affondo laterale, e colpire l’Estraneo ad un fianco, ma la lama s’infranse in mille pezzi. L’avversario indietreggiò perdendo per un attimo l’equilibrio, ma rimase in piedi. Il principe approfittò di quel momento per allungare la torcia verso il braccio sinistro di quel demonio, che si sciolse all’istante. Il mostro emise un urlo agghiacciante, ma si riprese in fretta. Spinse la sua lama in avanti e perforò il cuoio della pettorina del principe, trapassando la carne, all’altezza della spalla sinistra. Fu come se quella lama fosse fatta di fuoco incandescente. L’uomo accusò il colpo emettendo un grido da far gelare il sangue nelle vene.
-Nooo! – strillò sconvolta Lyanna, la paura l’aveva bloccata lì dov’era, la spada ancora in pugno.
Viserys emise un rantolo e scivolò a terra, quando l’Estraneo estrasse la lama ghiacciata dalla carne. Se la portò alla lingua e ne leccò il sangue di cui era intrisa. Sorrise, mentre un fumo grigio gli usciva dalla bocca. La sua risata assomigliava al rumore del ghiaccio che si spezza e un brivido percorse lungo la schiena della donna.
L’Estraneo alzò di nuovo il braccio armato per dare il colpo di grazia al suo avversario, ma Lyanna intervenne, trovando il coraggio di colpirlo con un fendente laterale. La sua armatura emise uno scricchiolio sinistro, come la crosta rotta di un lago ghiacciato. Alcuni frammenti gelidi caddero a terra. Il mostro si voltò allora verso di lei, come se l’avesse vista solo in quel momento.
-Scappate… mia lady! – le urlò Viserys con voce sofferente.
Lyanna guardò il demone dagli occhi azzurri con terrore, ma raccolse tutto il suo eroismo e si preparò per lo scontro. Non avrebbe mai abbandonato il suo compagno di viaggio.
Il suo avversario l’attaccò violentemente, lei faticò a rispondere, ma parò i suoi affondi come meglio riusciva. Era troppo forte, mentre le sue braccia erano ancora troppo deboli. Sapeva che non sarebbe riuscita a sostenere il combattimento a lungo, ma Viserys arrivò in suo soccorso. Afferrò l’Estraneo da dietro e gli puntò il moncone della propria spada al collo. Appena la lama toccò la pelle della creatura, l’acciaio di cui era composta si sbriciolò.
-Colpitegli il cuore con la vostra spada. Ora!– urlò il principe. Lyanna non se lo fece ripetere due volte, in una pioggia di frammenti argentati, piantò Regina di Ghiaccio tra le costole del mostro. Quando la lama arrivò al cuore, inaspettatamente il demone si sciolse come se fosse composto solo d’acqua. Viserys cadde a terra tenendosi la spalla. Lyanna si ritrovò il corpo del suo compagno addosso. Controllò la sua caduta, ma non poté far latro abbassarsi anche lei. Era troppo debilitata per poter anche solo pensare di riuscire a sorreggerlo.
-Come facevate a saperlo? – gli chiese, la sua voce tremava ancora di paura.
-Non ne ero del tutto certo... ma se ricordate, abbiamo letto assieme le caratteristiche del vetro di drago.  – faticava a parlare – Re Jon mi ha detto di avervi fatto fare questa spada con una tecnica innovativa. – il suo fiato era corto e condensava nuvolette nell’aria. Lyanna vide del liquido scuro scorrere tra le dita del principe.
-Siete ferito gravemente. Fatemi dare un’occhiata. – tentò di avvicinare le proprie mani per aprirgli la cotta di maglia, ma lui le fermò un polso a metà strada.
-No. – affermò con decisione. Lei lo scrutò senza capire.
-Non vi farete degli scrupoli adesso. Abbiamo trascorso gli ultimi giorni condividendo un letto... – cercò di convincerlo.
-Non lo fate. – dal suo tono sembrava la stesse supplicando, i suoi occhi erano socchiusi dal dolore. Lyanna era seriamente preoccupata e voleva constatare la ferita da vicino, ma il principe era ostinato a non farle aprire la casacca.
-Non capite? Le loro armi potrebbero essere fatali! Non sappiamo che cosa può provocare… -
Si udirono degli ululati provenire dall’interno del bosco. Lupi. Le tornò alla mente il sogno che aveva fatto pochi istanti fa. Poi arrivò fulmineo il rumore di passi felpati che correvano sul terreno ricoperto di neve. In un attimo si ritrovarono circondati da un branco di lupi famelici, in continuo movimento. I loro manti erano di tutti i colori. Neri, grigi, bruni, fulvi. Lyanna difese col proprio corpo il principe, restando inginocchiata accanto a lui e tenendolo tra le sue braccia, come se quel gesto potesse in qualche modo proteggerlo dalle fauci di quegli animali. Abbassò il capo rasentando il volto del principe. Sulla sua guancia sentiva la ruvida maschera di cuoio, provò ad immaginarsi quel contatto come l’unica consolazione per la sorte infausta che gli stava toccando in quel momento. Rimasero lì per un po’ di tempo, ma pareva che le bestie non li avessero nemmeno presi in considerazione. La donna allora alzò la testa e cercò di capire cosa stesse succedendo. Di fronte a lei vide un’enorme lupo dal manto argentato e gli occhi gialli che brillavano nel buio.
-Un metalupo? – affermò sorpresa. Sembrava a capo di quel branco.
-L’ho già visto tempo fa. – le rivelò Viserys sembrava aver ripreso un po’ di fiato – era assieme a vostra nipote Arya, quando l’ho trovata la prima volta nelle Terre dei Fiumi. – ma le parole gli faticavano ad uscire.
-Non sforzatevi. – Lyanna lo aiutò a sostenersi, poi tornò a guardare l’animale. Quindi questa deve essere Nymeria, il meta lupo di cui mi aveva parlato Arya. Anche lei la stava fissando e lentamente cominciò ad avvicinarsi alla donna. Forse l’aveva scambiata per la sua padrona. Lyanna rimase ferma senza timore. Quando la bestia le arrivò vicina, la donna alzò lentamente un braccio e allungò la mano verso il suo muso. La creatura l’annusò, poi si voltò di lato, così velocemente che Lyanna ebbe il timore che avesse deciso di affondare i denti nella sua carne. Invece il meta lupo scappò alla vista di Brienne e Tessa che erano tornate a soccorrerli. Incredibilmente erano sopravvissute anche loro.
-Lady Lyanna, Principe Viserys! State bene? – chiese Tessa agitata.
-Abbiamo ucciso un Estraneo, ma il principe è rimasto ferito. Cosa è successo? – chiese la donna.
-Noi abbiamo trovato Elanon. Due estranei l’avevano attaccata. Ne ho ucciso uno con Giuramento, ma l’altro mi è scappato. Poi sono piombati centinaia di lupi. E l’ho perso di vista. – Brienne raccontò continuando a guardarsi furtiva attorno. Era ancora vistosamente scossa.
-La vostra arma è in acciaio di Valyria? – chiese il principe affannato.
-Sì, me la diede Ser Jamie Lannister. – Lyanna sbuffò a quel nome – mi disse che suo padre fece forgiare due spade da quella di Ned Stark… - la lady di Tarth si fermò appena vide il grigio chiaro divenire ghiaccio degli occhi di Lyanna.
-Cos’hanno osato fare i Lannister alla spada di mio padre? – digrignò i denti furiosa – non posso credere ad una cosa del genere! Ghiaccio era appartenuta alla nostra famiglia per quattrocento anni! Questo è troppo! Hanno voltato le spalle a Rhaegar quando gli è sembrato più comodo, si sono presi la vita di mio fratello e storpiato mio nipote. Ora hanno proprio superato il limite! – menò un calcio a terra frustrata, Viserys tentò di metterle una mano sulla schiena per placare la sua ira.
-Mia signora, Dasira è gravemente ferita… - intervenne Meera, facendosi avanti con passo incerto. Lyanna si voltò e vide il suo volto davvero preoccupato. Comprese che dovesse essere una cosa seria. Afferrò tutte le forze che le erano rimaste e seguì la ragazzina col cuore in gola, lasciando l’uomo a cadere a terra. Brienne lo aiutò a sorreggersi.
-Siete ferito gravemente anche voi. – constatò con voce impensierita.
-Non ha importanza. – espose il principe, afferrando una delle sue possenti braccia per rimettersi in piedi, non riusciva a camminare dai dolori e barcollò. Sarebbe caduto se lei non gli avesse preso un braccio e messo sulle sue spalle. Si osservarono per un istante in silenzio.
-Aiutatemi ad andare da lei. – Brienne annuì con un grugno incomprensibile. Dopo qualche passo però cominciò a sciogliersi la tensione che sentiva.
-Avrei fatto meglio a non parlarle della spada. – ammise la guerriera. Il principe non si espresse, ma la donna capì dal suo silenzio che era turbato. Si chiese come mai sembrasse sempre così in pena per la lady.
 
La bruta era riversa al suolo. Il sangue era stato assorbito dalla neve, tingendola di una colorazione lugubre. Non si muoveva ed Elanon le stava tenendo una mano. Quando la donna vide arrivare, scosse la testa. Lyanna si accucciò e lei le lasciò il posto.
-Dasira. – disse in un sussurro, ma era troppo sconvolta per riuscire a parlarle. Notò che un rigagnolo scuro le usciva dalla bocca. Aveva delle croste di sangue rappreso che scendevano dal naso. Il suo occhio destro era gonfio e tumefatto. Non muoveva il braccio sinistro, che era abbandonato in una posizione innaturale. Sullo pancia c’era la lama di un estraneo che le aveva perforato la carne e le viscere stentavano ad uscire.
-Mia signora… - i suoi occhi erano pieni di lacrime. Aveva paura della morte.
-Non parlare. – le consigliò prendendole la mano, ma non seppe che altro aggiungere.
-Mi dispiace… non sono stata all’altezza… - ignorò il suo suggerimento.
-Shhh… tranquilla, va tutto bene – le accarezzò una guancia, ma dentro di sé, la Lupa del Nord sapeva quello che stava accadendo, e temeva che anche la sua amica lo avesse compreso ormai.
-…mio fratello. Ditegli come sono morta combattendo… - Lyanna non voleva di nuovo rivivere quella situazione.
-Glielo dirai tu stessa. – la voce le tremava – ti riporterò a Grande Inverno, Dasira, lo riabbraccerai… – le lacrime cominciarono a scenderle copiose per quella bugia. Muoverla sarebbe stata la sua condanna era più che ovvio.
-No… vi rallenterò. – tossì sangue, alcune gocce colpirono il volto della sua lady – lasciatemi qui... bruciate il mio corpo… - Lyanna si asciugò una lacrima con una mano, trascinando righe rosse sul suo zigomo. Il principe arrivò in quel momento e lasciò la presa di Brienne. Si lascio cadere accanto alla donna a terra, dalla parte opposta di lady Stark. Asciugò il rivolo che usciva dalla bocca della bruta e cercò di rilassarle il volto con una carezza leggera sulla nuca.
-Principe… - disse lei, voltando appena il viso verso di lui. Anche i suoi occhi si riempirono di lacrime – siete più di quanto mostrate… spero troverete la pace nell’anima ed il cuore torni a battere per la vostra… – le parole però le morirono in bocca.
La vita l’aveva abbandonata. Lyanna sentì la mano di Dasira divenire inerme tra le sue. Se la portò alla bocca, scoppiando in singhiozzi incontrollati.
-Dasira… non dovevi trovarti sola. – cercò di dire tra le lacrime – dovevo combattere al tuo fianco… - il principe tenne lo sguardo a terra per qualche istante.
-E’ sempre stata una donna coraggiosa. – si espresse con rispetto, mentre le chiudeva le palpebre, passandole le dita sul volto.
-Voi che ne potete sapere? – gli urlò contro – nemmeno la conoscevate! –
-Non mi serve conoscere una persona per capire se è onorevole e sincera. – disse con tono fermo e autoritario, si alzò poi in piedi – bruciamola – ordinò rivolto verso le altre.
-No! – disse ferma Lyanna guardandolo in cagnesco.
-Dobbiamo farlo. – la voce del principe era bassa e pronunciò le parole lentamente.
-Le ho promesso di riportarla a Grande Inverno! –
-Ve lo ha detto persino lei: preferiva che il suo corpo venisse dato alle fiamme come vuole la sua tradizione. – la fissò profondamente – potrebbe risorgere come una non-morta se non lo facciamo, volete davvero trovarvi ad affrontare in battaglia qualcuno che conoscevate? –
Lyanna sapeva che aveva ragione, guardò ancora per qualche istante il volto senza vita di Dasira. Il suo cuore non ce l’avrebbe fatta a sostenere quella visione, così si alzò e fece qualche passo indietro. Brienne appoggiò la torcia sul torace del cadavere della loro amica e indietreggiò anche lei. Rimasero tutti in silenzio, evocando ognuno i propri dei, affinché l’anima di Dasira raggiungesse la pace. Lyanna si appoggiò al tronco di un albero, tenendosi di spalle alla pira funeraria e pianse disperata, Elanon le si avvicinò e la strinse tra le sue braccia, cercando di darle un leggero conforto.
Quanti innocenti devono ancora morire? A quante morti devo ancora sopravvivere, prima che gli dei mi richiamino nuovamente a sé?
 
Note dell’autore:
 
Della serie mai una gioia, no?
Partiamo dall’inizio; allora abbiamo due lupi in carne ed ossa, Spettro e Nymeria, che sembrano aver entrambi percepito il pericolo degli Estranei. Nymeria a quanto pare era alla loro ricerca da molto tempo e quando però ha sentito il richiamo del fratello indirizzarla verso un’altra strada ha scelto di andare a proteggere quella donna che tanto assomigliava alla sua vecchia padrona, anche se in un primo momento sembrava che prede fossero proprio il gruppo di esseri umani. Spettro invece è molto distante, ma se avete notato porta Jon fuori dal Parco degli Dei… insomma qualcosa sta cercando di dirgli al suo padrone, non pensate pure voi?
 
Secondo momento il risveglio del gruppo. Si dividono, le Rose dell’’Inverno vanno alla ricerca di Elanon all’interno del bosco, e lasciano da soli Lyanna e Viserys. Ed entra in scena il primo Estraneo, ma grazie ai Sette Dei lo uccidono, uno in meno direi!
Peccato il principe venga ferito gravemente, ma sembra non volere che la donna lo spogli… avete qualche idea al riguardo? Perché non vuole farsi levare la pettorina e scoprire la pelle?
Ma l’attenzione presto viene spostata verso le sorti di una delle ultime spade leggendarie di Valyria e della sua orrenda sorte. Caspita io capisco che ce ne sono poche in giro e che se da una ne puoi creare due ben venga, ma almeno non andarmi a perdere una delle due. Giuramento è in possesso di Brienne e mi sta bene, ma l’altra?? Se non sbaglio si chiamava Lamento di Vedova e doveva essere in possesso di Joeffry, ma sinceramente non ricordo ora che fine abbia fatto, è perduta o mi sbaglio?
Beh insomma, quello che mi rode è che alla fine sempre agli Stark il destino più atroce.
Infine lacrime. Darisa non tornerà a casa. Se devo essere sincera odio far morire i miei personaggi, però un po’ di lacrime a Lyanna non volevamo fargliele versare? Tanto non piange mai sta povera donna fredda ed insensibile… però avete notato cosa dice la bruta al principe? Sembra come se si fosse resa conto di qualcosa…
Vabbeh, tanto povera non potrà più dire molto altro ahimè… e vedremo ora che accadrà, perché voi pensate, bon hanno combattuto gli estranei, sono sopravvissuti e hanno pure scampato un assalto dei lupi… ora hanno la strada libera no?
Ma ragazzi pensate davvero che la vita sia facile a Westeros? Certo che no, e Martin ce lo ha ben dimostrato. Ora arriva il bello e capiterà un evento molto particolare nel prossimo capitolo, che modificherà per sempre le sorti di un personaggio e di conseguenza anche di tutti quelli che lo circondano.
 
Ringrazio tutti voi per la pazienza che mi state concedendo, i miei fedeli recensori e la mia collaboratrice che negli ultimi giorni mi ha illuminata su un personaggio che ancora non sapevo come inserirlo!

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Capitolo 36
*** Amara Vittoria ***


C’erano state molte perdite da entrambe le parti, a mano a mano i corpi si accasciano sul pavimento e altri scontri avvenivano tra le numerose colonne della Sala del Trono. Il sangue colava come pioggia rossa, scendendo a terra e imbrattando il tappeto.
Jamie Lannister era riuscito ad avvicinarsi notevolmente ai Signori dei Draghi, facendosi largo tra i cadaveri e trapassando le costole di coloro che cercavano di fermarlo. Non era certo il ragazzo che Rhaegar aveva lasciato quel giorno ad Approdo del Re a protezione della sua famiglia, ma non era nemmeno l’uomo che gli avevano descritto essere stato fino a pochi anni prima. Lo sguardo che aveva ora, sembrava tanto simile al suo. Un uomo che aveva perso tanto, e stava soffrendo, combattuto tra dovere e rimorsi. Ma questo non lo avrebbe di certo salvato dall’ira che sentiva montargli dentro per aver tradito la sua causa.
Tyrion fece qualche passo nella sua direzione, mantenendosi però dentro al cerchio di protezione eretto dai soldati immacolati. Viserys era di un solo passo davanti a lui, pronto ad intervenire se uno dei loro soldati fosse caduto in battaglia. Notò che la mano del nano tremava, ma non seppe dire se di paura o per smania di combattere.
-Fratello, arrenditi! Guardati attorno. La vostra sconfitta è imminente! – la sua voce era ferma, ma Dany potè vedere la sua schiena rabbrividire.
-Non sei più mio fratello! Non dopo quello che hai fatto a nostro padre! – rispose con rabbia il cavaliere dall’armatura dorata. Il nano lo guardò con dispiacere, ma non ebbe il coraggio di dire altro. Abbassò le spalle come se quella fosse stata la più grande sconfitta della sua vita. Viserys trovò quindi il momento per provare ad attirare la sua attenzione, emergendo dal cerchio di sbarramento.
-Non provate a fare un altro passo, Ser! – il tono con cui disse quell’appellativo sembrava carico di disgusto.
-Non prendo ordini da un moccioso che non sputa neanche fuoco! – lo guardò ostile, la spada stretta nella sua mano sinistra – siete solo l’ombra della vera progenie del drago! – attaccò il principe con ferocia, mettendoci tutto il suo ardore. I suoi affondi non erano precisi, né si potevano dire letali. Viserys si limitò a parare, sembrava più interessato a studiarlo per il momento. Qualcosa nella sua frase lo aveva fatto desistere ad colpirlo con la sua vera abilità. Che fine ha fatto il valore di un tempo, Leone di Lannister? Il principe non poteva credere che quello fosse la stessa persona che era stato il più giovane cavaliere della storia ad entrare nella Guardia Reale. Stava per ingaggiare un vero combattimento con lui, quando nel suo campo visivo entrò un enorme uomo in armatura dorata. L’elmo nascondeva i suoi tratti, ma i suoi occhi erano iniettati di sangue. La Montagna era scesa dalla pedana sotto al trono e si era unita alle poche guardie della regina Cersei. Impugnava uno spadone a due mani. Gli occhi del principe drago erano puntati ora su di lui. La sua preda. La sua rivincita col passato. E’ lui l’avversario che voglio! Io ti ho elevato a cavaliere quel giorno e ora io ti toglierò la vita!
 
Jon Connington e Aegon Targaryen fianco a fianco lo affrontarono. La Montagna menava fendenti tremendi e letali, uno di questi colpì Jon al fianco. L’uomo cadde sul posto, tenendosi la parte ferita con la mano libera. Aegon si trovò da solo ad affrontarlo, ma pareve tenergli testa.
Un boato assordante sopra le loro teste, fermò tutti i presenti. Il soffitto cominciò a crollare su di loro. Alcuni soldati di entrambi gli schieramenti vennero schiacciati dalle macerie. Diverse colonne di marmo rosso pallido dopo aver ondeggiato un paio di volte, si schiantano al suolo non avendo più un peso da sostenere. Mentre Drogon e i suoi fratelli entrano nella sala del trono.
Dany dispone ai tre draghi di non intervenire. Se avesse ordinato loro di attaccare, quella sala sarebbe diventata un rogo. Lei sola sarebbe sopravvissuta, forse anche suo fratello, ma che ne sarebbe stato di tutti i suoi uomini? Vide che Viserys la stava guardando con la coda dell’occhio e le fece un cenno di assenso, ma continuò a duellare con il cavaliere dai biondi capelli.
La Montagna non si fece trovare impreparata, e riprese ad attaccare il suo giovane avversario. Aegon era di spalle che cercava di portare in salvo Jon, per cui non si accorse del fendente che stava piombando su di loro.
La lama di un uomo, però fermò quell’attacco. Viserys lo riconobbe, era il mercenario che si era presentato loro tempo addietro, chiedendo di entrare nel loro esercito appena gli era giunta la notizia dell’attacco alla capitale. Il suo nome era Sandor Clegane, Tyrion non poteva dimenticare il suo volto.
-Fratello ci incontriamo di nuovo! – gli disse con tono acido e rauco. Il suo avversario però emise solo un grugnito come risposta, continuando ad attaccarlo senza sosta.
Sandor provò ancora ad interagire con lui, ma l’uomo non sembrava neanche riconoscerlo.
Verme Grigio si liberò solo in quel momento di un avversario e raggiunse la cerchia attorno alla sua regina. Viserys lo chiamò a sé per sostituirlo.
Il principe si era reso conto che sarebbe stato un duello impari, così bloccò la spada di Jamie, fermando i suoi attacchi e lasciando il proprio posto all’immacolato. Non ucciderlo… gli sussurrò all’orecchio tienimelo vivo, a lui ci penserò dopo.
Ormai aveva mirato il suo obbiettivo e doveva raggiungerlo. Fece solo in tempo a fare appena qualche passo che vide che i due fratelli puntavano le spade l’uno contro l’altro in un attacco simultaneo, colpendosi a vicenda. Entrambi caddero agonizzanti, ma la Montagna parve riprendersi, e sta nuovamente per attaccarlo quando Sandor con un brutale fendente lo decapita, prima che Viserys abbia la possibilità di intervenire. La testa dell’uomo gli rotola ai piedi ormai prima di elmo che si era staccato al contraccolpo. Il principe rimane inorridito dalla faccia ai suoi piedi. L’uomo con cui avevo un conto in sospeso era morto già da tempo… pensò perentorio Mi dispiace Arthur, non sono riuscito a vendicarla. Tu saresti stato sicuramente migliore di me…
 
Viserys si riporta nuovamente a fianco di sua sorella. La situazione sembra favorire la Regina dei Draghi. Dei loro avversari erano rimasti solo Jamie ancora nel campo di battaglia e Quiburn ai piedi del trono, gli altri erano arretrati terrorizzati o feriti agonizzanti a terra. Pochi audaci guerrieri stavano ancora combattendo.
Cersei non sembrò entusiasta di quell’esito e assottigliando lo sguardo, si alzò in piedi, disgustata dal fallimento dei suoi uomini.
-Quiburn, dai il via al nostro illuminante piano! – la sua voce risuonò tra le colonne della sala. A quelle parole Jamie si voltò sconvolto e perse del tutto l’interesse nel duello che stava facendo con Verme Grigio, il quale si trovò costretto a bloccare il suo attacco per adempiere all’ordine del principe e non perforargli quindi il petto.
-No! Cersei non farlo! – Jamie sembrò supplicarla. Viserys venne incuriosito da quella sua frase e per una qualche ragione non precisa, prestò  la sua attenzione a ciò che stava dicendo.
-Cersei ti prego ascoltami. – continuò il cavaliere dorato – sai anche tu che è un tremendo errore! Tu sei migliore di così. Non macchiarti degli stessi errori… – ma notò che la donna nemmeno lo guardava, Jamie si portò alla stessa altezza di Viserys, che si mise in posizione di difesa, ma il cavaliere della regina leonessa non sembrò nemmeno prestargli attenzione “non di nuovo…” Viserys gli sentì pronunciare quelle parole, anche se erano poco più di un sussurro.
Jamie abbandonò la zona di combattimento, per cercare di raggiungere la sorella, ma Viserys gli si pose di fronte.
-Lasciami passare idiota, devo fermarla! – lo avvisò, ma il principe fu irremovibile.
-Pensi davvero che me la beva? – lo beffeggiò lui. Jamie innervosito gli urlò dietro.
-Ho già fermato un folle una volta per lo stesso motivo! – rivelò, ma vedendo che il principe non si muoveva continuò – mia sorella ha fatto riempire i vicoli sotterranei Approdo del Re delle ultime ampolle rimaste di Alto-fuoco. Se i draghi avessero attaccato saremmo saltati già in aria tutti! –
-State scherzando? – gli rispose sconvolto Viserys.
-Vostro padre ebbe la stessa assurda fantasia e lo trafissi con la mia spada per fermare questa idiozia! Non mi pento di ciò che ho fatto anche se ne ho portato le conseguenze per tutti questi anni! – sorrise tristemente – ho salvato una città, il popolo, questo castello… per cosa poi? Qual è stata la mia ricompensa? Solo il titolo di Sterminatore di Re da quell’idiota di un cervo e dal quel maledetto lupo addomesticato! Il principe a cui avevo giurato di servire non è tornato dal Tridente… – solo quell’ultima frase la pronunciò con tanta mestizia. Il principe rimase ad osservarlo pensieroso, poi abbassò la sua spada, facendogli cenno di andare. Jamie notò Quiburn allontanarsi dalla pedana.
-Cersei ritira il tuo ordine! – urlò a sua sorella.
-Sono la tua regina! Non ti rivolgere a me così! Sei solo un servitore! – la sua voce era acuta e i suoi occhi pieni d’odio. Viserys aveva già visto quello sguardo, già sentito quelle parole… Notò che le mani le tremavano e alcune lame irte del trono le avevano ferito i palmi che ora sanguinavano. Tutto quello gli era così maledettamente famigliare. Il Principe Drago capì ciò che Jamie voleva fare. La follia si è presa anche lei e lui ha solo un modo per rimediare.
Jamie si stava dirigendo verso sua sorella, salendo gli scalini del trono. Quiburn nel frattempo stava correndo per uscire dalla sala, ma Viserys lo precedette e con un fendente lo uccise.
 
Tutto ciò che conseguì fu una serie di eventi a cui Dany riuscì a malapena a seguire. Jamie Lannister raggiunse la regina Cersei sul trono e provò a convincerla con le parole, ma la donna sembrava irremovibile. Il cavaliere sconvolto sembrò prendere una sofferta decisione.
-Mi dispiace sorella. – le disse tristemente, prima di conficcarle la sua spada tra le costole. L’abbracciò e pianse disperato. La regina però, non era ancora sconfitta. Raccogliendo le sue forze, lo scaraventa contro il trono, rotolando assieme cadono ai piedi del seggio di ferro. Una delle lame ferisce alla testa Jamie, una lunga striscia di sangue cominciò a colargli sul volto. Dany vide poi la donna estrarre un pugnale dal centro del suo corpetto e colpire al petto suo fratello. Lui la guarda inerme, tra le lacrime.
-Siamo nati assieme, e moriremo assieme! – ordinò la regina spavalda e iraconda, ma inaspettatamente Tyrion arrivò alle sue spalle e le stringe le mani sul collo.
-Dannato di un folletto malefico! - la regina boccheggiando cerca di afferrarlo, ma invano, le forze cominciano a mancarle e cerca di aprire un varco conficcando le unghie nelle dita carnose del nano. Il suo volto prende a sfumare sul rosso, poi sul viola e infine al blu. Il corpo si muove convulsamente, mentre qualche rantolo le esce dalla bocca. Rimane per un lungo istante immobile, come una statua di marmo. Quando Tyrion lascia la presa, cade ai loro piedi e, rotolando, precipita giù dagli scalini acuminati del trono. Una scia di sangue cola fino alla piattaforma, dove il corpo della donna giace riverso a terra in una posizione scomposta.
-Mi mancavi fratello… – gli chiese Tyrion sedendosi al fianco del fratello – ora siamo uno sterminatore di re… e uno di regine. – gli sorrise, pure Jamie fece altrettanto, appoggiando la testa su quella deforme del fratello. Il cavaliere si teneva il fianco ferito, Tyrion era provato dal combattimento con le guardie e aveva una spalla lussata. Viserys arrivò pochi istanti dopo. Aiuta Tyrion a rialzarsi e lo convince a scendere gli scalini, ordinando ad uno dei loro uomini di incrociarlo a metà strada. Osserva poi per un lungo istante Jamie, infine prende una grave decisione. Lo prende per un braccio e lo incita ad alzarsi.
-Rialzati cavaliere! C’è un nuovo sovrano a cui passare la tua lealtà ora. –
L’uomo che si era già messo il cuore in pace, credendo che la sua fine fosse giunta, lo osservò stranito da quelle sue parole.
-Non merito di tornare a servire i Draghi. – lo sguardo sofferente e abbattuto.
-Lascia che sia un drago a deciderlo. – affermò serio, constatando le sue ferite e scortandolo personalmente fino a sotto le scale del trono.
 
Daenerys avanzò verso il trono di spade, con passo deciso e cauto. I suoi draghi erano atterrati appoggiando le zampe sul pavimento di marmo rosso tenue della sala del trono. Verme Grigio e altri immacolati sopravvissuti si misero al fianco della loro regina. Viserys ordinò a due dothraki di condurre i feriti nell’infermeria, compresi Tyrion e Jamie Lannister. Quando Dany raggiunge suo fratello sulla pedana, la porta della Sala del Trono si aprì di scatto. Le Serpi delle Sabbie con una parte del loro esercito piombarono nella stanza e si affrettarono ad attorniare Aegon Targaryen, il quale le guarda stranito. Varys è tra le loro file e sorride compiaciuto.
-Che state facendo? – chiese loro il giovane dai corti capelli argentati con aria vistosamente stupita.
-Sosteniamo il nostro vero re! – risponde Ellaria con un sorriso accattivante e una lancia in mano.
-Che intendete dire? – Daenerys mantenne un tono fermo, ma dentro la rabbia per il tradimento la stava divorando – eravamo noi i vostri alleati! –
-Vi do ragione, mia regina... Abbiamo sostenuto la vostra causa, ma solo per portare al trono lui! – la dorniana puntò il dito verso il giovane drago. La regina guardò la donna con un cipiglio sul volto, sentì suo fratello maggiore fare un passo in avanti e mettersi esattamente alla sua destra.
-Siete davvero sicure di volerci tradire? – chiese, la sua voce era ferocemente tranquilla – Dorne fu l’unica vera alleata che abbiamo sempre avuto, perché ora dovreste disertare? –
-Non vedetela come un tradimento, mio Principe dei Draghi. Solo vogliamo che Aegon diventi re. Vi sosterremo ugualmente, se verrà rispettato il patto stipulato con Jon Connington, ma… il principe verrà incoronato per primo! – sorrise maligna, denotando così di essere a conoscenza del tranello da lui steso imposto. Dany si mosse nervosa al suo fianco e gli strinse il braccio sinistro. Viserys si voltò verso di lei “lascia fare a me” le sussurrò piano porgendole un sorriso, prima che Ellaria riprendesse ancora a parlare.
-Il principe Aegon ha anche firmato personalmente un accordo matrimoniale con la principessa Arianne. Se vostra sorella accetta di diventare la sua seconda moglie e regina, la nostra alleanza rimarrà invariata. –
-Voi volete… che Aegon sposi entrambe…? – rise divertito il principe dopo aver fatto una faccia stranita.
-Quali problemi dovrebbero insorgere? – si stava burlando di lui, era evidente – voi Targaryen non eravate abituati alla poligamia? Perfino vostro fratello maggiore prese con sé due donne nello stesso momento! – sghignazzò – una calda figlia di Dorne e una più rigida bambina del nord… forse per mitigare un po’ la passionale focosità della principessa Elia! – rise sonoramente, anche molti altri guerrieri dorniani si unirono ai suoi schiamazzi. Viserys e Daenerys li osservarono silenziosi. Le dita della regina si serrarono sul suo braccio con nervosa irrequietezza.
-Non osate offendere mio fratello… - protestò la giovane regina. Viserys le mise una mano sopra la sua per calmarla – lui era un drago rispettabile e onorevole. –
-Per quanto fosse un vero drago non poteva essere al pari di una principessa Martell… altrimenti le cose non sarebbero andate in quella maniera al torneo… solo un altro Dorniano avrebbe potuto confrontarsi allo stesso livello con lei! Vostro fratello ha sbagliato a prendersi quella frigida del nord… il fuoco va alimentato, non raffreddato, convenite con me, Signori dei Draghi? – Viserys abbassò lo sguardo accusando il tutto in silenzio, poi lo rialzò fissando selvaggiamente la donna e sorridendo.
-Condivido il vostro pensiero solo in parte. – assentì per niente impaurito dalle sue accuse – ma ditemi… seguendo il vostro ragionamento sarebbe forse meglio che Aegon sposi solamente Daenerys e che io invece mi unisca ad Arianne. Avreste in un unico colpo tutti i Sette Regni al vostro comando, lasciando a Dorne il suo libero principato. Perché il principe Doran non ha proposto questo semplice finale? – Ellaria sembrò esitare un attimo nella risposta, così lui ne approfittò – perché abbassare unicamente il retaggio di mia sorella, costringendola a diventare una comune regina consorte, ignorando che è ancora in vita anche suo fratello? Non è astuto tenermi fuori da ogni gioco? Doran si illude forse che io non mi senta in obbligo di difenderla o di rivendicare i nostri diritti? – studiò il movimento incerto di Ellaria, che la fece barcollare appena sul posto.
-Quali siano i piani di Doran, non mi è dato sapere! – lo apostrofò la donna, cambiando posizione nervosa. Le tre giovani donne al suo fianco, si osservarono agitate. Viserys studiò ogni loro minimo movimento o esitazione e le armi che avevano in pugno. Una frusta, due pugnali e una lancia.
-Il principe dorniano a quanto sembra ha uno strano modo di fidarsi dei suoi stessi soldati. Li manda qui a morire in una guerra che afferma non appartenergli, sostenendo prima una fazione e ordinando di schierarsi dalla parte opposta nel momento opportuno, senza nemmeno degnarsi di dare delle delucidazioni ai capitani del suo esercito – assottigliò lo sguardo gravoso – eppure un tempo era una persona cauta e astuta… non posso pensare che abbia davvero creduto che non ci saremmo ribellati a quest’alquanto assurda proposta? – sorrise furbamente e si inumidì le labbra – Forse vi siete dimenticati che abbiamo tre draghi con noi… Per quanto sia stato un fedele alleato del passato, ogni nemico sarà annientato con fuoco e sangue ora, se prova a metterci in ginocchio! – sentenziò solenne.
-Forse dimenticate quanto avvenne alla regina Rhaenys Targaryen ed al suo drago Meraxes? – Ellaria sapeva ben giocare al gioco del trono – di dardi avvelenati ne abbiamo ancora tanti… come abbiamo abbattuto un drago, ne possiamo benissimo abbattere altri. Per quanti castelli ci distruggerete, noi siamo gente che sa adattarsi a situazioni estreme, non abbiamo mai temuto i draghi! – Viserys sentì Dany irrigidirsi e stringergli ulteriormente il braccio.
-Non voglio perdere i miei draghi. – le sentì dire sommessamente. Cominciava ad aver paura, Viserys decise di concentrare l’attenzione di tutti solo su di sé, per non dar credito ai loro nuovi rivali di prendere le sue come debolezze.
-Da quanto hai detto prima… denoto che volete unicamente Aegon sul trono, la sua regina diverrà una consorte dedita solo per adempiere agli obblighi matrimoniali…– Viserys capì che doveva scoprire anche la sua ultima carta ora – e se io vi dicessi che lui non è la persona che credete? –
-Lui ha sangue Targaryen nelle vene, ma anche quello di Dorne! – fu Jon questa volta a parlare – gli spetta di diritto quel trono, come anche quello di Lancia del Sole, Arianne lo sta già aspettando! –
-Ne sei davvero convinto? – lo beffeggiò. Le serpi dovettero intuire cosa aveva in mente, perché lo guardarono con astio. Varys invece si mosse nervoso. Viserys era certo che avesse messo in atto lui tutto il piano e che i dorniani fossero stati a conoscenza del viluppo, ma avessero in seguito capito anche il vero imbroglio, solo lo stavano sfruttando a loro vantaggio.
-Cosa state dicendo? Sono il figlio di vostro fratello, il principe Rhaegar, e della principessa Elia di Dorne! – il ragazzo si inviperì, puntò la sua spada in alto facendo segno di sfidarlo – Combattiamo! Se vinco, il trono mi spetterà di diritto; se perdo, vi rispedisco entrambi in esilio! –
-Fatti avanti, allora, ragazzino! – rispose pronto Viserys mostrandosi pacato e desideroso di combattere. Dany però lo trattenne premendo ulteriormente la mano sul braccio, suo fratello si rivolse a lei – so quello che faccio sorellina. –
-Torna da me. – lo supplicò lei. Viserys si limitò a darle un bacio leggero sulla fronte, ma non le promise nulla. Quel genere di promesse lui non era bravo a mantenerle.
I due si affrontarono in singolar tenzone. Proprio di fronte a tutti. Aegon era un bravo spadaccino, ma non al pari di Viserys. Le loro spade cozzarono per diverso tempo, ma poi il Principe Drago decise di porre fine a quella pagliacciata. Con un colpo deciso deviò un affondo del ragazzo che perse l’equilibro, lo prese per un polso e lo voltò, portandogli la spada di traverso sulla gola. Il giovane cercò di ribellarsi, ma lui lo tenne fermo. Le Serpi delle Sabbie si mossero per soccorrerlo, anche Jon Connington si era alzato in piedi. Si teneva il fianco insanguinato.
-Non provate a muovere nemmeno un muscolo, se non volete che tagli la gola al vostro re fasullo. – Viserys avvertì i suoi avversari.
-Io non sono un mentitore. – mugugnò il ragazzo – Ho più diritti al trono di voi. Un figlio viene prima di un fratello! –
-Peccato che tu non sia il vero Aegon Targaryen. – disse il principe, la sua voce era decisa, ma calma. Ellaria lo guardò con sospetto. Varys sbarrò gli occhietti porcini.
-Perché sostenete una cosa del genere? – la voce del Lord del Grifone era affilata come l’arma che impugnava. Viserys tagliò cautamente il colletto della maglia del giovane con la lama della spada, mostrando la pelle abbronzata del suo collo immacolato.
-Il vero Aegon aveva una voglia che ricordava il sole di Dorne proprio in questo punto – disse tranquillamente. Sentì il ragazzo sussultare in maniera appena percettibile. – Oberyn doveva avertelo accennato, non è così Ellaria? E tu lo sapevi che lui non era il vero Aegon e come te, anche Doran e Arianne Martell ne erano perfettamente a conoscenza. – sorrise nel constatare gli sguardi che si stavano lanciando Ellaria e le giovani Serpi.
-Ditemi dunque… eravate certi che il vero Aegon fosse morto nel Sacco di Approdo del Re, oppure avete mandato l’attraente principessina Martell nelle sue stanze per appurarlo? – l’espressione sbigottita di Ellaria fu migliore di ogni risposta. Era chiaramente confusa e incerta, ma assottigliò lo sguardo, quando trovò nella propria mente le parole da pronunciare.
-Voi come fate a sapere questo particolare? – chiese con voce impervia e tagliente. Il principe con la mano libera alzò semplicemente la sua maschera e la scaraventò a terra.
-Perché io sono Rhaegar Targaryen e posso confermare che lui non è mio figlio! Né tanto meno… il figlio di Elia! –
 
Negli occhi di tutti i presenti si vide lo stupore crescere. Rhaegar lasciò andare il giovane che si voltò a guardare l’uomo di fronte a sé. La sua bocca era aperta dallo stupore, relativo a cosa, non si poteva avere certezza. La rivelazione della sua falsa identità, come anche il fatto che l’uomo che tutti credevano morto da circa vent’anni, ora era lì di fronte a loro e sembrava che il tempo non fosse mai trascorso sul suo volto.
-Come… può essere? – balbettò il giovane drago – io sono cresciuto convinto di essere… -
-Mi dispiace, io non ho le risposte che cerchi – lo fissò convinto della sua sincerità – ma facciamocelo raccontare direttamente da chi ha organizzato tutto questo. – Rhaegar indicò l’eunuco con la punta della spada. Gli immacolati lo accerchiarono e venne portato al centro della sala. Anche Jon Connington gli si avvicinò, nei suoi occhi il risentimento per la menzogna stava prendendo il sopravvento.
-Perché mai dovrei essere in arresto? – protestò l’eunuco – Mi sembra di aver già dimostrato largamente la mia fedeltà ai draghi! –
-Per chi è davvero la tua lealtà Lord Varys? – Rhaegar lo fissò dritto negli occhi con aria seria e minacciosa.
-Per il reame, mio principe, esattamente com’era quando servivo vostro padre… -
-Tu hai servito nostro padre… - cominciò la regina Daenerys – poi hai servito Robert Baratheon, piegandoti a lui pur di tenere salva la vita… come pensi che possiamo fidarci se ti sei sempre schierato dove ti faceva più comodo? – sua sorella aveva capito come colpirlo, ma ancora non sapeva dosare le parole più opportune.
-La sua lealtà non è mutevole come il vento, come vuol farci credere. – confermò mesto – Ditemi Lord Varys… voi non solo sapevate che questo giovane non era mio figlio… ma siete sempre stato a conoscenza di molto altro ancora, non è così? –
-Tanti sussurri mi sono stati rivelati… a quale segreto alludete, mio principe? –
-I vostri uccelletti erano dovunque… possibile che non siano volati sulla culla del neonato? – fece una pausa controllata osservando anche le espressioni dei presenti attorno a lui – e ancora prima… nelle stanze dove venne concepito? –
-Il vostro castello era ben presidiato. Non mi era facile scoprire i misteri celati al suo interno. –
-Per cui mi state dicendo che ignoravate gran parte del mio operato? – Rhaegar rise e scosse il capo divertito – sarei un illuso a credervi, ma se davvero state dicendo la verità, allora temo che siate meno in gamba di quanto io sospettassi! – con solo un cenno del capo, ordinò agli immacolati di serrare più stretta la presa su di lui – e ora smettetela di temporeggiare e diteci chi è questo ragazzo, prima che ordino ai miei uomini di tagliarvi la gola! – il suo tono divenne secco e feroce. Seguì un lungo momento di silenziosa tensione, prima che si decidesse a parlare.
-Quel ragazzo è un Blackfire. L’ultimo della sua discendenza. Figlio di Illyrio Mopatis e della sua seconda moglie Serra. Lei aveva nelle vene il sangue del ramo della casata dei Draghi Neri, l’ultima discendente ancora in vita. –
-Dunque era questo il tuo vero scopo… fin dal principio! Attendavate che lui raggiungesse l’età giusta per farlo giungere ad Approdo del Re, facendolo passare per Aegon Targeyen? – lo osservò scettico – ho tenuto in braccio il bambino che morì durante la Ribellione, e voi pensate di potervi prendere gioco di me? Osate imbrattare la sua memoria, cospirando una menzogna e pensate di poterla passare liscia? – l’eunuco non sembrò minimamente impaurito. Sorrise come se avesse ancora il pugnale dalla parte del manico.
-E’ stato fin troppo facile sussurrare alle orecchie di vostro padre. Fargli credere che i suoi veri alleati in realtà erano dei traditori. Mi ha creduto subito, quando gli ho detto che il suo legittimo erede lo voleva detronizzare e aveva indetto il Grande Torneo di Harrenhall solo per avere la possibilità di coinvolgere nella vostra silenziosa insurrezione tutti i lord dei Sette Regni! – sorrise malvagio – avevate nelle vene il suo stesso sangue, non sareste stato un re migliore di lui. –
Rhaegar assottigliò lo sguardo minaccioso e notò che ora tutti lo stavano fissando con aria intimidatoria.
-Lasciatelo andare… - Daenerys pronunciò la sua sentenza con quelle carezzevoli parole di sfida – temo che ci sia qualcuno che voglia avere la sua vendetta. –
-Ho sempre saputo che non c’era da fidarsi di voi. – disse il principe voltando lo sguardo ora verso sua sorella, che gli fece solo un cenno, ma quando tornò a osservare il traditore, vide Jon Connington che gli si era avvicinato aggressivo.
-Vi siete preso gioco di me! Voi e quel mercante obeso! Ve la farò pagare! – alzò le braccia tenendo la spada con entrambe le mani. Varys però fece uscire una mano dalle ampie maniche con un pugnale molto sottile nel pugno che gli conficcò sulla gola. Jon non riuscì ad evitarlo e cadde a terra inerme, come un inetto alle prime armi.
-Noooo! – Aegon si mosse nella sua direzione, Rhaegar lo seguì.
Il giovane ragazzo aiutò l’uomo che gli era stato accanto per tutti quegli anni e quando si rese conto che non c’era nulla da fare, una rabbia lo colse e con un gesto improvviso, prese in mano la spada del Lord del Grifone e mozzò la testa dell’eunuco di netto. Rhaegar non si preoccupò di quell’azione inaspettata e si inginocchiò accanto al suo vecchio amico, prendendogli la testa e posandosela sulle proprie ginocchia con delicatezza.
-Mio principe... – riuscì a dire a fatica il cavaliere – …perdonatemi se potete. – un globo di sangue esplose dalla sua bocca schizzando zampilli rossi.
-Non parlare, Jon. – disse Rhaegar serio, mentre premeva con una mano sul collo del suo amico. Jon portò la sua mano su quella di lui. Gli occhi del principe vennero invasi da una malinconia straziante – non hai niente di cui farti perdonare… –
Jon emise un colpo di tosse e altro sangue gli uscì dalla bocca e continuò a sgorgare dalla ferita. Aegon si inginocchiò al suo capezzale.
-Mi avete cresciuto inutilmente come se fossi vostro figlio… - cominciò a dire tra le lacrime – ma era tutta una menzogna fin dall’inizio… -
-Sei un bravo ragazzo… - gli disse il vecchio cavaliere – saprai trovare la tua strada… - gli sorrise appena, con la sua faccia dura. Poi tornò a guardare Rhaegar.
-Vi imploro… risparmiategli la vita… - implorò quasi senza più voce.
-Sì Jon, hai la mia parola. – gli confermò lui.
Jon Connington lo guardò sorridendo. Rhaegar osservò il sangue che gli imbrattava l’armatura e la sua mano che non ne fermava la sua corsa.
-Guardatemi… – lo supplicò il cavaliere alzando un braccio per potergli accarezzare una guancia. Rhaegar ebbe solo un leggero fremito, ma non osò spostarsi. Posò i suoi occhi indaco su quelli azzurri del suo vecchio compagno d’armi.
-Solo gli dei sanno quanto… mio principe d’argento… - abbassò il braccio e riprese fiato per un secondo – siete sempre stato nel mio cuore… - un leggero soffio di vita fuoriuscì dalle sue labbra, mentre la sua anima saliva nel cielo. Rhaegar sentì la presa della sua mano farsi sempre più debole, finchè fu solo un arto inerme nella sua mano.
 
But oh my heart, was flawed I knew my weakness
So hold my hand consign me not to darkness
 

Abbassò lo sguardo, le lacrime invasero i suoi occhi. Un’infinità di ricordi e di pensieri gli passarono nella mente. Ricordi di un tempo lontano, di quando ancora erano dei semplici ragazzi ad Approdo del Re. Della lealtà e dell’affetto che lui aveva sempre dimostrato nei suoi confronti. Ma poi gli tornarono alla mente anche altre rievocazioni del passato. Vide il volto di Myles Mooton e di Richard Lonmouth, di Lewyn Martell e di Jonothor Darry, e di come erano morti al suo fianco in battaglia, valorosi e leali fino alla fine… Di Oswell Whent e di Arthur Dayne, lontani come due stelle candide del firmamento, in uno sfondo color del tramonto, tra le sabbie rosse e la terra argillosa dei monti a confine con Dorne. Poi lo investirono pure i tormentosi ricordi di Elia con in braccio il bambino nato da poco, di Rhaenys e di Balerion che le si strusciava su una gamba. Il suo cuore di fermò però quando di fronte ai suoi occhi rivide il suo sorriso, i suoi capelli scuri muoversi alla leggera brezza delle calde arie di Dorne. Quel mite tepore della pelle a contatto con la sua invece sempre di una temperatura più calda. Alle sue labbra morbide e gonfie per i baci che le aveva dato. Per un breve istante rivide di fronte a sé il luccichio dei suoi occhi d’argento. La sua Regina di Ghiaccio. Il profumo dei suoi capelli quanto indossava la corona di rose dell’inverno, come un tempo, quando ancora era poco più di una ragazzina ribelle e selvaggia. La donna che ora vedeva era la donna che aveva scelto per la vita e che aveva condiviso con lui dei momenti indescrivibili, all’oscuro di tutto quello che si stava scatenando lì fuori. Era la moglie che sarebbe sempre stata al suo fianco, se lui non avesse pensato di lasciarla lì in quella torre, quella mattina all’alba, mentre dormiva. Le aveva accarezzato una guancia debolmente, per non svegliarla, poi aveva messo una mano sul suo ventre rigonfio, salutando anche il bambino per cui aveva combattuto fino alla fine. La vera ragione per cui avevano fatto tutto questo. Ripensandoci adesso gli sembrava come se quella profezia, ora fosse solo una banale scusa. Lui Lyanna l’aveva amata fin dal primo momento e da quando il suo cuore le era appartenuto, aveva deciso che lei sarebbe stata la madre dei suoi figli, perché lui non ne voleva solo uno, ne avrebbe voluto diecimila da lei. Ma c’era prima quella profezia… lui e Arthur lo sapevano. Sentì una crepa spezzare ulteriormente il suo cuore. Non ho nemmeno visto nascere nostro figlio. Non l’ho neanche conosciuto… Non gli ho dato il nome che gli apparteneva. Si ritrovò a pensare distrutto. Tutto era annientato. Suo figlio, quello era l’unico epiteto con cui avrebbe dovuto chiamare quel neonato. Il bambino suo e di Lyanna, il figlio generato dal loro grande amore e che forse non aveva nemmeno mai scorto la luce del sole. Non ce la poteva più fare a reggere tutto quel peso. Si alzò in piedi, solo per un attimo incrociò lo sguardo con quello di sua sorella ancora sopra la pedana del trono.
Dany comprese tutto ciò che gli passava nella testa, appena vide i suoi occhi ricolmi di lacrime. Non stava soffrendo solo per la perdita di quell’uomo. Sua sorella aveva intuito cosa si era risvegliato in lui. Una bestia devastante che per troppo tempo aveva cercato di reprimere dentro la sua anima. Un abisso profondo da cui ora nessuno lo avrebbe più risollevato. Annuì appena col volto per dargli il suo congedo.
Rhaegar prese la sua spada e la rinfoderò, senza premurarsi di ripulirla. Camminò spedito verso i tre draghi alle spalle del trono. Li osservò per qualche istante, poi prese la decisione. Si avvicinò a Rhaegal risoluto, gli pose velocemente una mano di fronte al suo muso. Il drago lo scrutò solo per un istante, poi capì le sue intenzioni.
Abbassò un’ala e gli permise di salirgli in groppa. Rhaegar afferrò una cresta della sua schiena e si issò sul suo dorso. Il drago fece schioccare soavemente le sue ali e con un balzo spiccò il volo.
Daenerys li osservò volare sopra le loro teste e sparire oltre il varco del soffitto.
-Mia regina dove sta andando? – gli chiese Verme Grigio.
-A casa. – affermò la regina continuando a guardare il cielo annuvolato sopra le loro teste. Quando i suoi occhi tornarono a puntare la sala, tutta la sua determinazione era tornata.
 
Note dell’autore:
 
Ragazzi qui penso di aver creato talmente tanto materiale che lascio a voi commentare. C’è un po’ di tutto, dalla profezia di Maggy la Rana, alla teoria sul falso Aegon, persino ad un piccolo accenno ad un’altra teoria di cui però non vi dico nulla, ma se qualcuno l’ha già intuita ben venga e potete tranquillamente dirmelo nei commenti. Io però tratterò di questo solo argomento su Tales 2, quando gli Dei vorranno che riesca a terminare Tales 1, al momento sto impegolata nella stesura del 85 quindi non manca molto. Per quanto riguarda invece questo capitolo, come potete notare stiamo di nuovo trattando le vicende di Daenerys e Viserys/Rhaegar che conquistano i Sette Regni. Volevo solo farvi notare che Rhaegar si toglie la maschera quando Tyrion non c’è, e nemmeno Jamie, per cui tenetelo a mente, che poi altrimenti alcuni passaggi possono non essere compresi in futuro.
Varys perdonatemi ma non mi è mai piaciuto, né nella serie, né tanto meno nei libri, quindi l’ho fatto fuori e vi assicuro che scegliere chi dovesse farlo non è stato semplice, ma alla fine ho optato per Aegon. Secondo me è quello che agirebbe in questa maniera dopo che tutto il mondo gli crolla di fronte ai suoi occhi e l’unico appiglio che ha, gli viene pure ferito a morte.
Non voglio che pensiate che io odi Dorne, per la scelta che ho fatto in questo capitolo, anzi vi svelo che a me Dorne sta piacendo sempre di più, e poi i Martell soprattutto li sto molto prendendo in simpatia, quando un tempo non è che mi dicevano tantissimo. Il fatto che in questo episodio si svelino essere in parte dei nemici per i nostri due draghi, è studiato proprio per mostrare che alla fine di fronte al gioco dei troni o si vince o si muore, ma secondo me c’è anche una terza opzione, ovvero ci si inginocchia di fronte al nuovo re. Insomma ci hanno provato, ma non ce l’hanno fatta e a causa di chi poi? Dell’uomo che si è sposato una Martell, che ha avuto un Martell che gli ha praticamente fatto da padre e che come migliore amico aveva un Dayne. Insomma non gliela puoi fare a Rhaegar visto che conosce tutti i segreti e i giochetti delle Serpi: le ha praticamente avute in casa! Ve ne accorgerete in Tales dove ne parlerò e approfondirò molto questo argomento.
La morte di Cersei era inevitabile, ma anche ormai chiara. Se nei primi capitoli voi mi avete letto che Daenerys era la regina dei Draghi ed era alleata coi Lannister superstiti, penso quindi fosse chiaro che Cersei era passata a miglior vita, perché altrimenti non le avrebbe mai lasciato il trono. Se devo essere sincera volevo che ad ucciderla fosse Jamie, però poi ho pensato che se prendiamo la profezia in maniera letterale, come dicono molti, non avendo due mani, non sarebbe riuscito a stringergliele sul collo. Alla fine ho optato per una ferita grave da parte sua di lui con la propria spada e alla strangolamento del nano. Un mix decisivo da cui non poteva sopravvivere.
La morte di Jon Connington devo dire che mi è dispiaciuta da mettere, però non potevo tenerlo in vita. Ricordo che uno di voi mi aveva detto che gli sarebbe piaciuto vedere un suo eventuale incontro con Jon Snow e scoprire così che reazione poteva avere di fronte al vero figlio di Rhaegar, e devo ammettere che sta scena mi aveva stuzzicato parecchio, però alla fine ho scelto di non cambiare la stesura di questo capitolo e lasciare che purtroppo la sua storia finisse qui, perché oltre a quella scena non vedevo altro futuro per lui purtroppo, cosa che invece non è assolutamente vera per il ragazzo che ha cresciuto. Per il falso Aegon, Young Griff o come volete chiamarlo, ho in serbo ancora molto, purtroppo la grande amicizia che legava il grifone al suo principe d’argento mi sarebbe diventata spinosa, e poi sono anche certa che fosse gran parte incrementata dai sentimenti non ricambiati del grifone. Insomma mi sembra molto strano che Barristan, che conosceva Rhaegar non avesse mai parlato di Jon, come invece ha accennato al fatto che i segreti del principe li sapevano pochi eletti tra cui Arthur Dayne. Io credo che Jon Con non fosse proprio tra quegli eletti, leali e di fiducia, ma non allo stesso livello.
 
E per finire il principe mi crolla e torna a casa... e quale sarà casa sua?
Vi avviso, il passato di Rhaegar e Dany non è ancora concluso, ci siano ancora 4 capitoli già redatti, sempre se non aggiungo ancora altri pezzi, ma sono sempre pronta di sentire anche il vostro parere, le vostre idee, che magari mi posso aiutare a rendere ancora migliore questa suddivisione temporale. Insomma se ci sono scene che voi vorreste vedere, come ad esempio l’incontro tra Viserys e Arya, noi sappiamo che lei è con lui alle Torri Gemelle dei Frey, ma non sappiamo come si sono conosciuti. Oppure il perché Dany si trovi ad Harrenhall e non a Delta delle Acque. Ecco se vi viene altro in mente, ditemelo che io controllo se l’ho inserito o se me ne sono dimenticata, è facile che avvenga perché con tutto questo materiale ogni tanto dimentico dei pezzi per strada. Oppure ditemi che ne pensate ora, che idee avete per il seguito. Dany che farà ora che è sola? Come si comporterà con Young Griff, o con Ellaria e le Serpi?
Beh, ditemi che ne pensate di tutto l’insieme e poi ne argomenteremo pian piano anche del resto! Alla prossima.

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Capitolo 37
*** Nuovo Padrone ***


Aveva osservato Spettro trascinarlo con foga verso i battenti della porta delle mura interne di Grande Inverno. Aveva strattonato il mantello per cercare di liberarlo dalle sue fauci per frenare quell’assurda pretesa.
In un primo momento aveva pensato che avesse fame, o che volesse solamente costringerlo a fargli aprire le porte per permettergli di andare ancora in giro per i boschi attorno al castello. Era stato uno dei suoi ultimi emendamenti, concordanti con la Regina Daenerys, poco dopo che i due gruppi erano partiti in missione. Fintanto che l’ultimo uomo, o donna, non fosse tornato a Grande Inverno, nessuno avrebbe più varcato quelle mura; animali compresi, ad esclusione dei draghi che ovviamente avevano il compito di sorvolare i cieli o andare a caccia, per concrete ragioni, fuori nelle lande castello.
Spettro, notando la sua titubanza, lo spinse allora verso un cavallo attaccato ad un piolo del muro e carico di legna per la manutenzione di un tratto delle scale esterne della fortificazione. Jon accarezzò il muso dell’animale da traino e continuò ad osservare confuso il metalupo, eppure dentro di lui gli fece capire che stava cercando di metterlo in allarme su qualcosa. Cosa senti Spettro? Quali tormenti incutono la tua anima? Jon provò a mettergli una mano sul dorso, ma la bestia corse via. Il ragazzo scosse la testa provando a scacciare ogni più brutto pensiero che lo stava tormentando nel suo inconscio. Era perennemente in pena per sua madre e per tutti gli uomini che aveva mandato in quelle pericolose missioni. Dovevo andarci io, non mandare loro. Se qualcuno dovesse non tornare, non me lo perdonerei mai.
Stava rimuginando su quelle terribili riflessioni, quando il metalupo tornò con qualcosa tra le fauci. Qualcosa che Jon aveva visto molto spesso in quegli ultimi mesi. Qualcosa che all’istante gli fece gelare il sangue nelle vene. Una rosa blu.
-Che mi vuoi dire, Spettro? – chiese allarmato. Riguardò i punti in cui lo aveva diretto: la porta, il cavallo… comprese. Doveva raggiungerla, forse, anzi sicuramente era in pericolo.
Ebbe un attimo di smarrimento, ma subito comprese ciò che doveva fare. Si doveva dirigere nelle scuderie per sellare Shadowice, il suo stallone nero. Strada facendo ordinò ad alcuni uomini di seguirlo, maledicendosi nello stesso istante di quello che stava chiedendo loro, ma se voleva trovare sua madre, avrebbe dovuto mettere in campo molti uomini per perlustrare tutta la zona. Alle sue spalle arrivò qualcuno che lo afferrò per una spalla e lo fece trasalire.
-Jon. – la riconobbe ancora prima che i suoi occhi incontrassero l’ametista dei suoi. Daenerys Targaryen lo stava fissando con un’espressione dispiaciuta e determinata al tempo stesso. Una leggera vena di amarezza nel constata con quanta facilità lui le aveva sorriso, quando ultimamente non si erano più rivolti la parola, mentre fino a pochi giorni fa…
Jon scosse il capo, sperò solo che non riprendesse ancora quel discorso che per lui si era concluso nei sotterranei del castello, anche se il suo cuore non sembrava essere del suo stesso parere.
-Bran mi ha convocata e mi ha mostrato… - disse con voce tremante, lanciando un’eloquente occhiata al meta lupo bianco e a ciò che aveva tra le fauci – deduco che il tuo lupo, mi abbia anticipato… -
-Mia madre è in pericolo. – annunciò serio. Gli occhi grigi fissarono quelli della regina con una risoluzione immensa.
-Sì. – ammise Dany, anche se lui non le aveva posto davvero una domanda – hai bisogno del mio aiuto. – Jon sbarrò gli occhi e fu scioccato dalle sue parole.
-No! – urlò – non voglio che tu… - notò che il suo tono aveva attirato troppa gente – che voi, mia regina, mettiate in pericolo la vostra vita. –
-Anche la vita di mio fratello è in pericolo. Devo fare qualcosa, non starò ferma qui ad aspettare. Io devo andare da lui, tanto quanto voi dovete raggiungere vostra madre. – Dany mostrò di saper controllare la tensione molto meglio di lui.
-Non sapete impugnare una spada e non sapete combattere! – provò ancora a farla ragionare, non la voleva nel campo di battaglia.
-Starò a cavallo di Drogon, non scenderò a terra se è questo che temete. – accettò lei.
-Avete intenzione di usare i draghi? Perché? – c’era ancora qualcosa che non afferrava in quell’assurda decisione.
-Un gruppo di Estranei è nei pressi della Foresta del Lupo. – il cuore di Jon perse un colpo, Dany lo notò e cercò di rincuorarlo – penso sia arrivata l’ora di riscaldare l’ambiente gelido che ci circonda, non trovate mio Re del Nord? – gli sorrise, fingendosi tranquilla – non possiamo permettere che loro pensino di avere vita facile nelle nostre terre! – il modo in cui lei disse le ultime due parole, gli fece provare uno strano calore in un punto preciso del petto, da cui scaturì un’esplosione di fiamme che solo in rari momenti aveva sentito. E quegli istanti li aveva trascorsi sempre con lei.
 
La pira funeraria era stata sicuramente un’ottima soluzione per commemorare il ricordo della loro compagna di viaggio, Dasira, eppure in quel momento nessuno di loro la pensava così.
Circa mezz’ora dopo che le fiamme si erano estinte, avevano sentito uno stridio agghiacciante e un ruggito lugubre. Si erano apprestati a raggiungere i loro cavalli e a spronarli ad una velocità impressionante. Lyanna era in groppa alla sua puledra ora, non voleva più essere di peso a nessuno, men che meno al principe Viserys. Lo vedeva soffrire per la ferita riportata al petto, che non aveva voluto farle vedere. Lyanna si accorse che la luna era alla loro destra, non era convinta che la direzione fosse giusta, ma l’unica cosa che volevano, era mettere più leghe possibili tra loro e gli Estranei che infestavano quel tratto di foresta. Come diamine hanno fatto a superare la Barriera? Si era domandata più volte. C’è ancora qualcosa che ci separa da loro?
Alle loro spalle si sentì un rumore di ghiaccio spezzato e di zoccoli che battevano sul terreno ammorbidito dalla neve. Gli stessi fragori li raggiunsero anche sulla sinistra. In breve si trovarono circondati. Fermarono i cavalli su una rupe rocciosa e si schierarono in cerchio. Un piccolo commilitone di non-morti ed Estranei li circondarono. Alcuni di loro cavalcavano orsi polari e cervi dagli occhi di ghiaccio, l’esercito era a piedi o barcollava per stare in posizione eretta.
-Tenete lo schieramento. – ordinò Brienne con voce tremante. Sentirla insicura rendeva inquieto tutto il gruppo.
-No. – affermò invece il principe – datemi la vostra spada, lady Stark. Li affronterò da solo e voi porterete la vostra lady via da qui. – le ultime parole le pronunciò guardando Elanon e Tessa.
-Non potete sperare di farcela, mio principe – disse caparbia la donna, anche Lyanna si inserì nel discorso.
-Non ho alcuna intenzione di lasciare indietro nessuno! E se gli dei vogliono che questa sia la nostra fine, vorrà dire che moriremo da eroi con le spade in pugno! –
-Non lo capite che non abbiamo alcuna speranza di sopravvivere? –Viserys le urlò contro – Se riuscissi a distrarli, voi potrete tentare di fuggire. – cercò di farle ragionare – solo le vostre due lame sembrano essere efficaci contro di loro. –
-O il fuoco. – affermò Meera guardando un punto distante nel cielo.
Proprio in quel momento sentirono dei tuoni rombanti spaccare in due le tenebre e un’ombra nera apparve sopra le loro teste. Fiamme rosse caddero dal cielo come lava, e poco dopo Drogon scense proprio in quello spiazzo di terra bruciata. Un tonfo assordante fece tremare il suolo sotto i loro piedi. Alcuni alberi vennero abbattuti dal peso della bestia, altri invece avevano preso fuoco. L’enorme drago dalle scaglie nere come l’ossidiana era atterrato. Sul suo dorso vi era una figura con una maglia di ferro dorata, un’armatura nera e sul petto portava il simbolo della casa Targaryen. Vestiva una lunga casacca in pelliccia pensante nera come le scaglie del suo drago e un mantello cremisi. I suoi capelli argentati risplendevano in quella notte buia.
-Dany. – sussurrò appena il principe, poi improvvisamente venne pervaso da un bruciante terrore –scendete tutte da cavallo! Presto! – ordinò alle sue compagne di viaggio.
In un primo momento le donne rimasero interdette, poi Lyanna capì ciò che lui intendeva. Se il drago sputerà fuoco contro gli avversari, i nostri cavalli potrebbero imbizzarrirsi, farci cadere a terra o peggio ancora portarci troppo vicini alle fiamme. Scese immediatamente dalla sua puledra e le sue compagne la imitarono.
Dal crostone est, arrivarono a cavallo anche diversi uomini, tra cui il Re del Nord, con la sua pelliccia bianca sulle spalle. Brillava esattamente come i capelli della regina e del principe, rischiarati da una luna che da poco aveva deciso di illuminare la zona in una spettrale atmosfera pallida. Essi ingaggiarono subito battaglia con gli Estranei. Daenerys ancora non diede ordine al drago di combattere, voleva attendere che loro fossero in salvo. Alla loro sinistra arrivò anche Rhaegal, atterrò con appena più leggerezza di suo fratello. Viserys diede le redini del proprio stallone a Brienne e si affrettò a raggiungere il suo drago. Lyanna passò le briglie di Whitefog a Meera e lo seguì. Dopo neanche dieci passi, Viserys si voltò e la prese per un polso, costringendola a fermarsi.
-Cosa state facendo? Tornate dalle altre! – le disse con crudeltà. Si era accorto di averla dietro di sé, ma era chiaro che la volesse al sicuro.
-Vi servirà la mia spada. – gli rispose, arcuando la schiena e pronunciando a fatica quelle parole. L’aveva stretta troppo e allentò immediatamente quella pressione, condannando la propria anima alla redenzione eterna per quell’insensato gesto.
Proprio in quel momento due non-morti si avvicinarono a loro e alzarono le asce per attaccarli. Viserys in un’abile mossa, prese l’arma dalla mano di lei, e portò la donna alle sue spalle. Roteando poi su se stesso, colpì il primo avversario con Regina di Ghiaccio. Lyanna rimase dietro di lui, immobile e spiazzata dalla sua incredibile velocità e abilità. Non lo aveva mai visto combattere in quel modo. Lei invece si sentiva impotente, era debole, senza armi e senza alcuna possibilità di difendersi. Vide che altri mostri si stavano avvicinando a loro. Viserys si levò in fretta il pugnale dallo stivale e glielo lanciò, con un gesto deciso e calcolato.
-Tenete, potrebbe tornarvi utile! – lei lo afferrò al volo e se lo rigirò tra le mani. La lama era scura. È in acciaio di Valyria. Pensò felice.
Poco distante Rhaegal stava addentando alcuni non morti che provavano a stuzzicarlo col lance e daghe. Jon notò la precarietà della loro posizione e si avvicinò con un gruppo di suoi compagni. Lungo Artiglio si faceva strada tra i corpi dei suoi avversari. Era un guerriero impavido e letale. Era la prima volta che Lyanna lo vedeva combattere e ne rimase meravigliata, ma al tempo stesso impaurita. Stava mettendo a rischio la propria vita per salvarla. Si sentì prendere nuovamente per un polso e con forza venne trascinata verso destra. Viserys l’aveva spostata dalla traiettoria di una spada. Un estraneo era giunto a fronteggiarli.
-Rimanete dietro di me, per favore. – le ordinò – e prestate più attenzione a ciò che vi circonda, senza farvi distrarre. – Lyanna si sentì colta nell’orgoglio. Non era mai stata così impacciata come in quel momento. Si impegnò nella battaglia, resistendo meglio che poteva ai non morti che cercavano di attaccare il principe alle spalle. Ma i suoi occhi non potevano spostarsi da suo figlio, imprigionato nella battaglia proprio di fronte a loro. Il principe attaccò un suo avversario e lo colpì ad una gamba che si liquefece all’istante. Il mostro cadde a terra tra di loro senza più sostegno. Lyanna inginocchiandosi su di lui, gli diede il colpo di grazia al petto col pugnale. Un’esplosione di schizzi d’acqua ghiacciata li avvolse. Viserys le porse un braccio per aiutarla a rialzarsi e si misero schiena contro schiena.
-Ottimo lavoro, mia lady. – lei emise solo un cenno d’assenso come risposta. I suoi occhi continuavano a venir attirati da qualcun altro. Viserys affrontò nello stesso momento cinque non-morti. L’ultimo lo trafisse al petto con un gesto secco, ansimando a guardandola, le sorrise. Era sana e salva, ma la traiettoria dei suoi occhi argentati era chiara. Il Re del Nord era in pericolo.
Jon nel frattempo stava fronteggiando un avversario ben più temibile. Un estraneo dall’armatura di ghiaccio a cavallo di un orso, si stava apprestando a raggiungerlo con lenti movimenti. Lyanna sbarrò gli occhi quando se ne accorse e si mise una mano di fronte alla bocca.
-Jon! – urlò. Il principe di voltò di scatto e guardò pure lui in quella direzione. Per un attimo rimase incerto sul da farsi, poi sembrò prendere una decisione. Afferrò Lyanna per una mano e la costrinse a correre verso destra, proprio nella direzione dove c’era il drago verde. La donna, però, provò a divincolarsi, contrariata. Non era quella la direzione che voleva prendere, Jon stava esattamente di fronte a loro.
-No, devo andare da mio figlio! È in pericolo! – e puntò i piedi a terra, costringendo anche il principe a fermarsi.
-Voi non andrete certo ad aiutarlo! – la rimproverò irremovibile – raggiungerete invece il mio drago e gli rimarrete vicino. Vi proteggerà. –
-Non starò ai vostri ordini! Andrò da lui, ridatemi la mia spada! – gli porse indietro il suo pugnale, la sua voce era ferma e nei suoi occhi c’era una forte determinazione.
-Andrò io da lui! Voi pensate a mettervi in salvo! – anche nella voce del principe c’era la stessa risolutezza.
Un urlo alle loro spalle li fece trasalire. Jon era stato atterrato da un colpo del suo avversario, fortunatamente non era stato ferito. Lyanna fece per raggiungerlo, ma Viserys la trattenne.
-Fate come vi ho detto! Mi state solo facendo perdere tempo! – le urlò, ma si pentì quasi subito, quando vide negli occhi grigi della ragazza far fronte a tutta la sua disperazione. Calde lacrime si stavano facendo strada. Viserys si voltò a guardare se la via fosse libera per portarla personalmente verso il suo drago, ma si accorse inaspettatamente che la bestia si stava spostando.
Rhaegal senza nessun preavviso si era mosso in direzione del giovane Re del Nord. Proprio in quel momento emise un ruggito assordante contro l’Estraneo e la sua cavalcatura bianca. Viserys e Lyanna rimasero immobili ad osservare allibiti il gesto inusuale della creatura verde che continuava ad avvicinarsi a Jon. Il drago circondò col suo corpo il ragazzo a terra e incrociò la coda col collo per impedire al suo avversario di poterlo attaccare. L’Estraneo rimase per qualche istante sgomento, ma poi decise di fronteggiarlo ugualmente, ordinando all’orda di non-morti alle sue spalle di attaccare. Rhaegal in tutta risposta sputò fiamme arancioni e gialle con leggere venature verdi, bruciando tutto ciò che incontravano nel loro passaggio.
Viserys strinse Lyanna tra le sue braccia, per proteggerla dal calore provocato da quelle lingue di fuoco, osservando quella scena ammutolito. Pochi istanti dopo arrivò anche Daenerys in groppa a Drogon che liquefecero il resto degli avversari. Con la coda dell’occhio, si accertò che le altre loro compagne erano state soccorse dagli uomini del nord.
Quando tutto ebbe fine, Lyanna lasciò le braccia del principe e si precipitò a raggiungere suo figlio che era ancora a terra stordito. Tutt’attorno a lui le fiamme avevano formato un cerchio. Jon stava proprio al centro esatto di quell’anello di fuoco. La terra carbonizzata terminava a pochi centimetri da lui, la neve si era sciolta creando una nebbiolina di vapore caldo e umido.
Jon impietrito, osservava con uno sguardo sconcertato il drago verde che ancora lo sovrastava. Lyanna non sembrò minimamente preoccuparsi di essere nella traiettoria di quell’enorme bestia e si premurò piuttosto di constatare le condizioni di suo figlio.
La regina scese dalla sua cavalcatura e si avvicinò invece al fratello, con passo deciso e adirato.
-Hai dato tu l’ordine a Rhaegal? – gli chiese scrutandolo con un cipiglio sul volto.
-No. – rispose lui ancora incredulo – Ha fatto tutto di testa sua. – Dany assottigliò lo sguardo e lo puntò verso Jon che cingendo le spalle di sua madre, li stava raggiungendo.
-Grazie per avermi salvato la vita. Vi sono debitore. – disse  porgendo loro la mano in segno di ringraziamento. Dany non rispose e continuò a guardarlo minacciosa. Ritornò sui suoi passi e salì in groppa al suo drago. Sembrava vistosamente alterata, Lyanna non riuscì a comprenderne il motivo, stranamente pure suo figlio era silenzioso, ma lui lo poteva anche comprendere. Era appena scampato alla morte. Viserys spostò il volto verso sua sorella, e la guardò allontanarsi, ma si rivolse al ragazzo.
-Non ci devi ringraziare. Io e mia sorella non abbiamo dato alcun comando a Rhaegal.  – disse autoritario, poi tornò a guardarli – deve aver sentito il richiamo del vostro sangue. – Lyanna guardò esterrefatta l’uomo con la maschera di fronte a sé. Un gelido soffio di paura le attraversò la schiena. Il drago che è in lui si sta svegliando?
-Com’è possibile? Siete voi il suo padrone. – espresse stupefatto, Jon non capiva.
-Sono i draghi a scegliere i loro padroni.– nella sua voce non c’era rammarico, ma più una nota di ammirazione – sembra che ora la sua lealtà l’abbia riposta in voi. – abbassò il capo in segno di rispetto e spostò la sua attenzione verso la donna al suo fianco, aveva notato il suo sgomento. Jon guardò ancora la bestia allibito, questa si stava leccando una zampa ferita. Poi sentì la mano di sua madre, accarezzargli una guancia.
-Stia bene Jon? Non sei ferito? – nei suoi occhi ancora i residui di alcune lacrime.
-Stai tranquilla, madre. Ti ho già detto che sto bene. – e le prese i polsi, portandosi le mani alle labbra. Diede un leggero bacio su entrambe, poi la guardò intensamente con i suoi occhi grigio scuro – vieni, torniamo a casa. C’è una sorpresa! –
 
Daenerys e i draghi sorvolarono i cieli, controllando che l’esercito sottostante non ricevesse altri attacchi nella strada del ritorno. Jon cavalcava in testa, Lyanna alla sua destra, cominciava a sentire di nuovo la stanchezza nelle ossa. Come si era immaginata, ora che l’adrenalina stava scendendo ne pagava le conseguenze. Ma non voleva dare a vedere a suo figlio la sua fragilità, così camuffò il suo malessere, ricambiando il suo sguardo con un sorriso. Il principe Viserys era alla loro sinistra, cavalcava il suo destriero nero, in silenzio, di tanto in tanto scrutava i cieli. La sagoma di Drogon era appena distinguibile, ma si potevano intravvedere i capelli candidi della regina sul suo dorso. Rhaegal li seguiva e spesso portava il muso verso la pianura sottostante, come se fosse alla ricerca di qualcosa. O di qualcuno pensò il principe.
Dopo qualche ora di viaggio, videro in lontananza le mura di Grande Inverno rischiarate dalle prime luci dell’alba. Lyanna emise un urletto di felicità. Jon le sorrise.
-Arya mi ha detto che eri molto bravo a cavalcare. Vuoi fare una gara a chi arriva primo? – gli propose.
-Madre non penso che sia il caso… - ma lei non lo stette a sentire.
-Ora che sei re, non hai più tempo per queste frivolezze? Dì la verita, non è che ti sei rammollito? – lo guardò di traverso – o hai paura di perdere contro tua madre? – spronò la sua puledra al galoppo.
-Tengo io il comando. Seguila pure. – disse il principe tranquillo. Jon rise e puntando i talloni negli stinchi del suo stallone nero, le corse dietro. Viserys li guardò cavalcare felici sulla landa innevata. Dietro la maschera le sue labbra si incurvarono a quella tenera visione, prima che una fitta lo facesse trasalire.
 
Quella cavalcata li rese di ottimo umore ed entrambi arrivarono al cortile interno del castello col fiatone. Lyanna raggiunse la corte in anticipo e fece un intero giro prima che anche Jon varcasse la soglia. Avevano già riposto i cavalli nella stalla, quando arrivarono anche gli altri. Il principe Viserys aveva condotto il plotone fino alla fortezza. Dany era atterrata poco distante e aveva ordinato ai suoi draghi di rimanere nei dintorni vigilando sulle mura.
-Sei incredibilmente veloce, madre! – le sorrise con ammirazione.
-Anche tu non te la cavi poi male! – rispose lei arruffandogli sgraziatamente i capelli con affetto, lui tentò di scostarsi – Ma ti devi allenare ancora per poter anche solo pensare di battermi! – continuò lei.
-E’ sempre stato impossibile per chiunque batterti sorellina, solo Brandon ti teneva testa! – una voce allegra si espresse alle sue spalle – e non osare toccargli ancora quei capelli altrimenti ti sbrana! – Dany e Viserys dalle loro differenti posizioni, osservarono quel personaggio sugli scalini di fronte la fortezza. Si scambiarono appena uno sguardo. Dany aveva riconosciuto una particolarità che vedeva spesso in suo fratello, esattamente come il re del nord: “Non permetteva a chiunque di toccargli i capelli”. Erano le parole di Barristan, quando lei aveva proposto di fargli dare una sistemata ai suoi capelli e il principe Targaryen aveva protestato.
Quelle parole però non avevano attirato l’attenzione solo dei draghi, ma anche dei lupi. Lyanna si era voltata sorpresa. C’era un tono di sarcasmo in quella voce che aveva riconosciuto. L’uomo che aveva parlato era vestito in nero, anche se i suoi abiti erano ridotti a brandelli e imbrattati di rami secchi, aghi di pini e per lo più di neve. Il suo volto era maturo, duro e spigoloso ed in parte ricoperto di cicatrici e di una colorazione del tutto innaturale, più simile alla pelle morta di un cadavere ghiacciato, anche se gli anni erano trascorsi, a Lyanna bastò guardarlo negli occhi per capire chi fosse. Quegli occhi azzurro acciaio, li avrebbe riconosciuti dovunque.
-Benjen! – urlò, camminando dapprima verso di lui, ma poi gli corse incontro come una bambina. – Fratellino! – l’uomo la strinse tra le sue braccia sollevandola da terra.
  
La regina si allontanò dai suoi draghi, ma rimase al centro del cortile e continuò ad osservare in cagnesco il giovane Re del Nord, restando in silenzio. Il principe Viserys era sceso da cavallo e si stava levando i guanti. Il suo sguardo era posato sull’abbraccio dei due fratelli che si erano appena ritrovati. Affidò il suo cavallo ad un giovane stalliere e si diresse verso l’entrata del castello. Quando gli passò di fianco, Dany si accorse che camminava incerto e sembrava sofferente. Non fece nemmeno in tempo di formulare una domanda che lo vide perdere l’equilibrio proprio di fronte a lei. Lo afferrò prima che cadesse rovinosamente a terra. Non era abbastanza forte per sostenere il suo peso e stava per cedere. Sentì la sua mano intrisa di liquido vischioso e quando se la guardò, era interamente coperta di sangue.
-Sei ferito, fratello… – disse preoccupata e maledicendosi di non essersene accorta prima, troppo concentrata su se stessa per guardare oltre il suo naso.
-Lasciate che vi aiuti. – Jon accortosi della situazione ed essendo il più vicino, si era accostato a loro. Prese un braccio del principe e se lo mise attorno al collo. Riuscendo a tenerlo in piedi. Viserys guardò il giovane e gli fece un vago sorriso che si tramutò in un sussultò di dolore.
-Dany… - sussurrò poi, afferrando con le sue ultime forze la mano della sorella, attirando così la sua attenzione – solo te… ti prego… - emise un sospiro e perse conoscenza. Jon si ritrovò a sostenere tutto il suo peso improvvisamente da solo, per poco non caddero entrambi. Ser Barristan arrivò a dargli una mano e lo trascinarono dentro la fortezza. Benjen e Lyanna li lasciarono passare, guardandoli preoccupati. La donna però afferrò il braccio della regina, prima che questa le sfuggisse e senza accorgersene le aveva strappato una delle cuciture sul polsino. Lei guardò la sua mano e poi le si rivolse con rabbia.
-Non osate toccarmi… – nei suoi occhi brillava una fiamma viola – …se non volete che la prossima volta diriga le fiamme di Drogon verso di voi, e vi faccia fare la fine di vostro padre. – le disse minacciosa.
Lyanna abbandonò la presa infastidita. Perché la regina ce la deve avere con me in questo modo? Temeva di conoscere la risposta; lui era scappato per seguire lei, lasciandola lì sola, in quel castello straniero. Decise di ignorare la cosa, in quel momento le premeva di più la vita del principe.
-E’ stato ferito dalla lama di un estraneo. – spiegò, gli occhi della regina si ingrandirono di preoccupazione – non ha voluto che gliela controllassi. – le disse dispiaciuta abbassando il capo.
Per qualche istante rimasero in silenzio, poi la Regina dei Draghi esplose di rabbia.
-E’ solo colpa vostra! Se voi non vi foste mai avvicinata a mio fratello, tutto questo non sarebbe mai successo! – le urlò contro ogni con tutto il rammarico che provava, prima di affrettarsi a raggiungere il gruppo che stava trasportando Viserys.
Lyanna guardò con sguardo triste, i boccoli argentati ondeggiare a ritmo della sua corsa. Mio fratello… non c’era bisogno di aggiungere un nome, aveva capito a chi si stava davvero rivolgendo.
-Ha ragione. – disse mestamente più rivolta a se stessa che all’uomo che era appena giunto alle sue spalle. Benjen le accarezzò le spalle.
-La Lyanna che conoscevo non avrebbe permesso a nessuno di parlarle così. – sorrise amaramente.
-La Lyanna che conoscevi è morta. – affermò cupa lei.
 
Il corpo inerme del principe venne adagiato delicatamente sul letto nelle sue stanze. Li raggiunse anche Sam, che era tornato dalla barriera assieme a Benjen. Cominciò a trafficare con la maglia di Viserys, ma la regina lo fermò in tempo.
-Mi dispiace, ma prima devono uscire tutti. – ordinò ferma.
-Mia regina, vi prego, potrebbe non esserci tempo. – cercò di convincerla lui.
-E’ un ordine! – urlò la donna severa. Jon capendo la sua preoccupazione, mandò via tutte quelle persone che risultavano essere inutili. Dany lo fissò addolorata.
-Anche tu, Jon, mi dispiace. – il ragazzo si voltò a guardarla allibito.
-Puoi continuare a fidarti di me, Daenerys, non tradirei mai la tua lealtà… – ma lo sguardo della donna non ammetteva repliche. Così Jon si ritrovò costretto ad uscire, abbassando le spalle, varcò la soglia degli alloggi riservati ai draghi. Dany spostò i suoi occhi a terra, vederlo andarsene ancora da lei, era un tormento.
 
-Sei ghiaccio eppure in te sento anche un potente fuoco bruciare… - disse Dany. I capelli sciolti ondeggiavano sulle acque calde. Il suo corpo candido e liscio si muoveva ancora sinuoso tra i suoi fianchi. Erano entrambi spossati. Mai prima d’ora era stato così. Intenso, profondo e incredibilmente magico. Dany si era presentata qualche ora prima nel suo studio. Jon l’aveva vista entrare e chiudersi la porta alle spalle.
-Cosa fate qui? – le aveva domandato preoccupato e incerto sul tono da usare – ci sono novità? – la guardò con un sorriso abbozzato.
-Nessuna. – gli aveva detto lei, una lieve angoscia nella voce – mi mancavi. – aveva aggiunto prendendogli una mano e portandola su una sua guancia – non usare ancora il tono formale quando siamo soli. Te lo devo ordinare, perché te lo metti in testa? – Jon aveva guardato le loro mani unite, poi aveva spostato lo sguardo su quegli astri viola, che si stavano avvicinando a lui con fare lascivo e provocante. Erano gli alloggi di Ned Stark e si trovano in quello che un tempo era stato il suo studio. Sentì come se gli stesse mancando di rispetto. Suo nonno e suo zio Brandon erano stati uccisi dal padre di lei, suo fratello maggiore aveva rapito sua madre, anche se lei continuava a sostenere il contrario… ma di una cosa era certo: Quando la neve cade e i venti gelidi soffiano, il lupo solitario perisce, ma il branco assieme sopravvive. Rhaegar Targaryen aveva violato una delle prime leggi dell’inverno che gli Stark mai scordavano, e sua madre ne aveva pagato le conseguenze.
-Non ora. E non qui. – aveva sussurrato lui concreto, ma non aveva fatto i conti con lei. La Regina dei Draghi fino ad ora aveva sempre ottenuto tutto ciò che voleva, chi era lui per fermarla?
Lei dapprima cercò di convincerlo facendo gli occhi dolci e accostandosi ancora di più a lui. Erano entrambi in piedi. L’uno affianco all’altra. Dany gli allungò una mano e gliela posizionò al centro esatto del suo petto, pian piano scese verso il suo ombelico e ancora non sembrò voler fermare la sua corsa. Raggiunse il cavallo dei suoi pantaloni, già teso, gonfio e pressante. Non sarebbe occorso molto tempo, prima che i suoi stimoli cominciassero ad prendere il sopravvento anche della sua mente. Emise un sospiro guardandola con leggero rammarico.
-Sai che ho anche un castello da tenere in piedi, vero? – l’aveva rimproverata, ma gli angoli della sua bocca stavano già sollevandosi verso l’alto.
-E’ rimasto in piedi per secoli, non cadrà certo stanotte. – continuò ad accarezzarlo istigandolo – se tanto ti preoccupa farti trovare in mia compagnia nelle tue stanze, allora portami da qualche altra parte… magari nelle fondamenta così controlliamo che non ci siano crepe lì sotto e che il castello sia sicuro almeno da quell’angolazione! – scherzò lei, ignorando la sua apprensione.
-Non sono uomo che genera bastardi mia regina. – lei lo fissò interdetta, prima di rabbuiarsi.
-Con me allora non hai di che preoccuparti. L’unico figlio che ho generato è morto diverso tempo fa, portandosi via anche la mia facoltà di procreare altri eredi. Allo stato attuale sono i miei draghi, gli unici figli che gli dei mi hanno concesso. – Jon la fissò serio.
-Come fai ad esserne certa? – “Quando il sole sorgerà a occidente e tramonterà ad oriente. Quando i mari si seccheranno e le montagne voleranno via nel vento come foglie morte. Quando il tuo grembo sarà di nuovo fecondo e tu darai vita a un figlio vivo. Allora, e solo allora, lui farà ritorno.”
-Una maji, una strega di un villaggio di Essos, mi ha predetto che avrò partorito un figlio, solo quando il mio defunto marito sarebbe tornato da me… - si rabbuiò, allontanandosi da lui e voltandogli le spalle. Si strinse le braccia al petto - …all’epoca non mi interessava, né mi ero preoccupata della cosa, ma ora… -
-Non pensi che sia stata solo una sorta di scherzo di pessimo gusto? Magari per intimorirti e basta? – Jon le si avvicinò da dietro e la strinse a sé in un protettivo e tenero abbraccio.
-L’ho pensato anch’io. – gli rispose voltandosi appena verso di lui con espressione afflitta – ma… ho giaciuto con altri uomini nel frattempo. – si fermò ancora prima di proseguire – il mio grembo è rimasto secco. –
-Mi dispiace. – scosse lievemente il capo – non volevo farti tornare alla mente brutti ricordi. –
Lei gli sorrise cercando di dimenticare i tormenti del suo passato e si girò completamente verso di lui.
-Un uomo ha molti mezzi per permettere ad una donna di dimenticare persino il proprio nome. – lo vide alzare gli occhi al cielo e poi riposarli sui suoi – se questa stanza non la possiamo usare per salvaguardare una tua assurda morale, temo tu mi debba portare altrove. – gli prese una mano. Lui piegò il capo per guardarla, sorridendo.
-Ora che me lo fai pensare, c’è un posto dove ti potrei portare. – le disse prendendo un candelabro e costringendola a seguirlo.
Era così che l’aveva condotta davvero nei sotterranei di Grande Inverno, era una delle gallerie che aveva scoperto giocando con Robb, quando erano ragazzini e non volevano che Theon li seguisse. Di fronte a loro vi erano enormi saloni interamente circondati da pietre e colonne, con pozze d’acqua calda e numerose rocce calcaree. Stalattiti scendevano dal soffitto, alcune erano grosse più della testa di un gigante. Dany era rimasta a bocca aperta di fronte a quel santuario color cipria. Le acque avevano un colore rosato, e da esse salivano delle piccole spirali di vapore.
-E’ qui che hai portato tutte le tue conquiste, mio re? – gli chiese lei, mentre gli agganciava le braccia al collo. Jon le sorrise e si portò una mano sul retro del capo in imbarazzo.
-No… penso che fosse uno dei posti che usava mio cugino Robb a quel fine – affermò timidamente – qui a Grande Inverno non ho mai… - ma lei gli mise una mano sulle labbra.
-Shhh… - sussurrò leccandogli il lobo di un orecchio – non è rilevante il passato... ma il presente che si sta radicando. Condividiamo assieme il piacevole ricordo di aver approfittato di questo luogo meraviglioso lontano da tutto e da tutti. –
 
Era stata la notte più incredibile della sua vita. Non avrebbe mai creduto che tutto potesse essere così perfetto. Con lei tutto diventava semplice e naturale. Qualcosa lo teneva stretto a lei, anche ora che non erano più uniti in un’unica cosa, ma le loro anime non riuscivano a separarsi, come nemmeno i loro corpi. Jon era immerso fino alla cintola. Il petto e le braccia erano fuori dall’acqua. Dany invece era semidistesa su di lui, tra le sue gambe, praticamente immersa fino ai seni in quella brodaglia calda. Lui la stringeva a sé e lei aveva incrociato le sue dita tra le sue. Con l’altra delineava alcune delle cicatrici che portava sul petto. I segni del tradimento. I segni della sua morte. Ma lì con lei c’era solo rinascita. Il volto delicato della ragazza era abbandonato su una sua spalla. Sembrava così soffice e leggera. Avrebbe potuto sollevarla con estrema facilità, ma non voleva staccarsi da lei. Non ne aveva alcuna voglia. Sarebbe rimasto così con lei per sempre.
-Cosa faremo quando tuo fratello tornerà? – le aveva chiesto, senza nemmeno quasi rendersene conto di averlo detto a voce alta.
-Forse sarà contrario… - aveva risposto lei fin troppo pacata, forse sfiancata dall’attività appena compiuta – ma vuoi che sia sincera? Non mi interessa. Lui ha fatto le sue scelte all’epoca, io ora faccio le mie. – Dany aveva espresso i suoi pensieri con sincerità. Jon ci pensò un attimo poi parlò ancora.
-Serbi rancore per quando ti ha venduta al khalasar dothraki? – le accarezzò una spalla e poi gliela baciò, Dany aveva trattenuto il respiro – non gli permetterò più di fare una cosa del genere. Qui a Nord, quando un uomo vende altri uomini, viene esiliato o peggio ancora decapitato. –
-Lo so, Ser Jorah Mormont mi ha raccontato il motivo del suo esilio. –
-Quindi di cos’altro hai paura? – le domandò ancora lui – è un tipo geloso? Ti vuole per sé? –
-E’ molto protettivo e tra di noi c’è un forte legame… – tentò di rassicurarlo lei, ma non sapeva se stava usando le parole giuste – …diciamo che per certi versi è indissolubile… lui ha molto a cuore le persone della sua vita. – nella sua voce una vena di rammarico e delusione, che a Jon non scappò.
-Ti vuole molto bene, l’ho visto. Forse da quanto lo hai riportato in vita, ha preso più in considerazione il tuo ruolo e ti rispetta maggiormente. Io vedo che ti guarda con stima e affetto. –
-Lo stesso fa con te. – rispose lei in automatico.
-Ma io sono suo nipote, non un fratello. C’è differenza. – Jon era convinto di ciò che diceva, eppure Dany non poteva dargli ragione. Purtroppo lei conosceva la verità. Jon non era nipote di Viserys, perché Viserys non era chi diceva di essere, lui era Rhaegar Targaryen e Jon era suo figlio. Abbassò lo sguardò lambendo con un mano la superficie dell’acqua. Poi afferrò la candela e se la portò vicino.
-Ti mostro una cosa. – disse lei cercando di cambiare argomento – era un gioco che faceva mio fratello quando ero ancora piccola; guarda. – e fece colare la cera sul suo avambraccio. Jon fece per bloccarla, ma lei lo rimproverò con lo sguardo. Le gocce di crema cerosa colarono come lava incandescente sulla sua cute, ma lei non emise alcun segnale di dolore. Gli diede la candela in mano e gli mostrò che anche levando la cera ormai solidificata, la sua pelle non mostrava alcun segno di bruciatura.
-Chi ha sangue di drago nelle vene può vantare questa peculiarità. Viserys non lo ha mai avuto. – gli spiegò – si bruciava tutte le volte e io ridevo. –
-Quindi mi vuoi dire che ti teme perché sei immune al fuoco? – Dany rise a quell’affermazione e gli diede una sonora pacca sul braccio. Esattamente lo stesso braccio su cui teneva la candela. Alcune gocce di cera caddero ora sul suo petto. Jon fece per alzarsi, già aprendo la bocca per urlare di dolore. Eppure non sentì la benché minima avvisaglia. Anche Dany accortasi dell’incidente, si stava premurando a togliergli in fretta quella colata sul petto, per impedirgli di avere altre cicatrici. Lui le afferrò le dita. La cera continuava a solidificarsi tra le mani di entrambi. Gli occhi grigi di lui incollati in quelli viola di lei.
-Anche tu… quindi… sei un vero drago? – gli domandò incredula.
-Impossibile. – rispose lui stizzito. Gli alzò entrambi i palmi delle mani per mostrargli le cicatrici – mi sono scottato molto tempo fa, ne porto ancora gli sfregi… - rammentò quel giorno lontano in cui aveva salvato la vita al Lord Comandante dei Guardiani della Notte.
-Forse da quando sei rinato le cose sono cambiate… - disse lei in un sussurro, quasi cercando di convincere più se stessa che lui. Jon ebbe un pensiero molesto.
-Se quel che dici è vero potrebbe essere avvenuto lo stesso a tuo fratello però. – affermò tetro – se ha osato mentirti per tutto questo tempo, giuro che gliela farò pagare! – Dany trattenne il fiato per qualche istante, poi gli portò una mano sul petto.
-No, promettimi che non ti metterai mai contro di lui. – gli chiese – è una cosa… famigliare. –
-Non faccio parte della famiglia anch’io? – domandò abbattuto. Dany si sentì strappare il cuore dal petto, quando lui gli fece quello sguardo da cucciolo abbandonato.
-Jon certo che fai parte anche tu della famiglia… - disse dispiaciuta – è complicato da spiegare… -
-Capisco. – rispose freddo – dopotutto sono solo un bastardo anche per voi! Non sono un vero drago… come non sono un vero lupo. – si scostò da lei e si alzò in piedi. L’acqua percorse tutto il suo corpo nudo scivolando a terra. Dany cercò di fermarlo.
-Aspetta Jon – allungò una mano verso di lui e tentò di mettersi a sedere sulla roccia – non era ciò che volevo dire. –
-So quello che volevi dire! – affermò lui colpito nell’orgoglio. Se c’era una cosa che non sopportava era quando qualcuno lo faceva sentire inadatto al suo ruolo. Per anni lo avevano sempre tenuto distante da tutto ciò che era un titolo nobiliare o un semplice mantello sulle spalle con un dannato stemma. Lui era uno Snow, un maledetto bastardo. E gli emblemi di famiglia non li poteva avere. Né che fossero lupi, né draghi – guardiamo in faccia la realtà: mia madre era l’amante di tuo fratello. Sono nato e lui già non respirava più. Non mi ha riconosciuto come suo legittimo e chissà se mai lo avrebbe fatto davvero! Ho idea che a lui piacesse tanto avere figli, ma non crescerli a quanto pare. Si stufava in fretta delle famigliole felici. Una l’aveva già abbandonata alla capitale per spassarsela con mia madre a Dorne! Ha lasciato morire il suo sangue come carne da macello. Sua moglie è stata stuprata prima di essere uccisa, e lo stesso sarebbe toccato al cadavere di mia madre, se mio zio non l’avesse portata con sé a Nord. – si era rivestito pronunciando quelle parole di puro odio. Mai aveva mostrato i suoi veri pensieri, ma ora tutto stava scaturendo.
-Jon non essere così duro. – cercò di pregarlo a calmarsi.
-Perché lo dovresti difendere se nemmeno lo hai conosciuto? – continuò irato – dopotutto sei stata mandata in esilio per causa sua, a causa della sua stupidità, e dei suoi atteggiamenti depravati. – ormai la bufera aveva invaso la sua anima.
-Non puoi sapere le motivazioni delle sue scelte… e non puoi nemmeno sapere cosa avrebbe fatto se fosse tornato vivo da quella guerra. – Daenerys non permetteva a nessuno di attaccare suo fratello. Aveva fatto inginocchiare ogni dorniano che aveva provato a giudicarlo, ma ora non voleva fare lo stesso con Jon – se tua madre si fosse sposata con l’usurpatore e non lo avesse stregato… -
-La colpa quindi sarebbe di mia madre? – non ci vedeva più dalla rabbia. Se c’era una cosa che sopportava ancora meno era che qualcuno potesse proferire anche solo una calunnia nei riguardi di sua madre. Lui non aveva mai osato criticarla e aveva impedito a chiunque in quel castello di dire qualcosa, anche il più piccolo commento su di lei. Daenerys non sarebbe stata differente.
-Non osate Regina Daenerys! Non ardite a parlare male di mia madre in mia presenza! – una ferocia inaudita si era impossessata di lui.
-Dico ciò che voglio di lei! Tanto nulla cambia, perché se anche mio fratello accettasse ciò che è nato tra noi, tua madre non lo farebbe mai! È del nord ed è di una cultura troppo ristretta, per cui non accetterà mai che tu abbia una relazione con me. Alla fine sono la sorella di tuo padre. – Dany si era avvolta nel suo mantello e si era avvicinata a lui. Jon la stava guardando dalla sua altezza, con aria ancora vistosamente contrariata. Erano rimasti ad osservarsi a lungo, il gocciolio di qualche stalattite interrompeva quel silenzio.
-Pure io sono del Nord. – la fissò tremendamente offeso – e dovrei dare ragione alla morale con cui sono stato cresciuto. – assottigliò lo sguardo – d’altronde cosa ha ottenuto lei unendosi ad un drago? – domandò tetro – sofferenza, disperazione e solitudine; gliel’ho visto nei suoi occhi, giorno dopo giorno il suo cuore era sempre più freddo e questo solo grazie al tuo dannato fratello! –
-Ma ha avuto anche te. – Dany era tenace e sembrava non demordere.
-Già, bella cosa… - rispose amaramente – non sono diverso da lui a quanto pare… pure io le ho dato solo la morte. – spostò lo sguardo di lato, disgustato da se stesso – Fuoco e Sangue, questo è il vostro motto, perché dovunque i draghi vanno, scoppia una guerra. Io non voglio appartenere ad una famiglia del genere. Preferisco le terre gelide del nord, le nevicate e gli inverni rigidi, almeno noi sappiamo cosa significhi appartenere ad una famiglia e sostenerci a vicenda. –
-Stai quindi dicendo che mai potremmo vivere ciò che ci unisce alla luce del sole? – lei era sconvolta – temi così tanto il giudizio di tua madre da rinunciare a me? –
-Avrei dovuto rinunciare a te da subito. L’esperienza di lei mi doveva bastare come lezione. Addio Daenerys Targaryen. – e fece per allontanarsi.
-Ti stai rendendo conto dello sbaglio, impertinente di un lupo albino? – era sdegnata e impettita – oltre ad essere assurdo, è ancora più irragionevole, finchè viviamo nello stesso castello! Stai rifiutando a qualcosa di bello, solo per la donna più egoista e ribelle che io abbia mai conosciuto! – aveva puntato un piede a terra e serrato i pugni lungo i fianchi. La stola che prima la ricopriva era caduta ai suoi piedi – voltati quando ti parlo almeno, Jon! – gli aveva urlato ancora.
Il Re del Nord si era fermato, ormai già una trentina di passi li distanziarono. Volse solo metà del busto nella sua direzione. La guardò con espressione contrariata e triste, le sue labbra si incurvarono leggermente, ma i suoi occhi rimasero in quella dannatissima espressione malinconica che spesso aveva visto anche a Rhaegar.
-Sai che quando fai così, le assomigli molto? – rise lui, ma quando si voltò riprese a camminare e sparì nel corridoio buio, lasciandola sola mentre le lacrime le scorrevano sulle guance e cadendo su quegli stessi seni che poco prima lui aveva baciato con passione e trasporto. Ora tutto ciò che fine avrebbe fatto?
 
Dany chiuse gli occhi un paio di volte tornando alla realtà. Si accorse che era rimasta sola con Ser Barristan e Samwell Tarly. Prima di permettere a Sam aprire la casacca di suo fratello, lo guardò titubante. Il giovane maestro se ne accorse e decise di svelargli la verità.
-So che temete che io scopra chi sia davvero l’uomo che si cela dietro questa maschera, ma vi posso assicurare che non ho alcuna intenzione di dirlo a Jon. –
-Voi… sapete? – lo guardò incredula.
-Sì, è stato Bran a dirmelo, prima di tornare alla barriera. Anche lui mi consigliò di non rivelargli la verità. –
-Anche lui? – lo guardò incredula prima di rendersi conto della facilità in cui quel ragazzo poteva conoscere i fatti – ma certo, come ho fatto a non pensarci? Le sue visioni. – disse Dany sedendosi sul letto abbattuta.
-Mi lasciate il permesso ora, di curare vostro fratello? – Sam ancora esitava – avrei una certa urgenza per appurare la gravità della ferita. –
-Certo. – disse lei allungando una mano e levandogli la maschera.
Il volto di suo fratello era piegato dalla sofferenza. Gli accarezzò la fronte e gli tenne una mano.
-Rhaegar, ti prego non lasciarmi. – le lacrime le rigarono il viso e inorridì quando Sam aprì con un paio di forbici la camicia mostrando la ferita. Era impregnata di sangue e la pelle sembrava come bruciata dal ghiaccio.
-Riuscirai a curarlo? – chiese al ragazzo. La lunga catena di anelli tintinnò al suo collo.
-Mia regina, ferite come queste non sono facili da curare, ma non è brutta come temevo. Forse il fuoco che alimenta il suo sangue ha creato uno scudo contro l’arma. Vedrò ciò che posso fare. – e cominciò a ripulirgli la ferita, mentre gli occhi di Daenerys non si staccarono mai da lui.
Rhaegar non abbandonarmi, ho ancora bisogno di te. Ora che sono di nuovo sola… più che mai.
 
Note dell’autore:
 
Giungo da voi col cuore colmo di tristezza perché la settima stagione è già terminata e quindi ho deciso di inaugurarla con un capitolo di Cronache, nella speranza che troviate allettante ancora la mia particolare versione della storia.
In questo capitolo finalmente abbiamo l’arrivo di Lyanna e il principe a Grande Inverno, non prima però di un duro scontro con gli Estranei, dove è accaduto un fatto molto particolare. Rhaegal ha difeso Jon da un Estraneo senza alcun comando da parte di Viserys (premetto di sottolineare che il mio principe ha i capelli lunghi… molto più lunghi di quello della serie tv, e come potete immaginare sono rabbrividita al pensiero che nella serie abbiano accorciato tutte le capigliature dei fratelli Targaryen in modo così assurdamente netto, per non parlare della parrucca di Rhaegar se sembrava avesse un moccio in testa!). Tornando a noi tenete a mente questo particolare comportamento del drago smeraldino perché comporterà delle conseguenze significative.
L’arrivo di Benjen penso sia una cosa inaspettata per tutti, quando l’ho visto nella scorsa puntata ho pensato che avesse nuovamente un po’ di spazio in più… per morire l’istante dopo che lo avevo pensato. Certo vi porrete alcune domande su come sia possibile che lui sia nuovamente a Grande Inverno, ma nel prossimo capitolo ne parlerò più approfonditamente.
Ora ho voluto appositamente incentrare il problema sulla ferita riportata da Viserys, e quindi alla preoccupazione di Daenerys. Che la vediamo per tutto il capitolo comportarsi in modo scostante e contraddittorio, ma solo alla fine, grazie al ricordo nei sotterranei del castello, capiamo perché sia così combattuta con se stessa. Ah, voglio precisare una cosa, il dialogo tra Jon e Dany sulla sua presunta o effettiva sterilità, l’ho creato prima di vedere l’ultima puntata (a dirla tutta io sto scrivendo ora 30 capitoli avanti a questo) quindi non voglio che pensiate che sto copiando la trama della stagione appena andata in onda. Ammetto che ho leggiucchiato i leak l’anno scorto che si erano diffusi in internet, solo per capire che strade avrebbero preso, come anche ora ho dato una sbirciata a quelli presumibili dell’ottava stagione, ma vi avviso, la mia storia sarà differente. Ci sono delle cose che mi hanno ispirata, anche perché pensavo a come eliminare personaggi scomodi, quali Varys, che invece nella serie lo mantengono ancora nel fittizio mondo del mulino bianco, quando in realtà nei libri è ben altro che un caro e fedele consigliere… e poi c’è pure da dire che io ho inserito personaggi, come Arianne, Gerold Dayne… e altri che vedrete più avanti, e ho fatto tornare in vita Lyanna e Rhaegar per dei motivi ben precisi, quindi è normale che non potrò seguire le loro sceneggiature, che a dirla tutta non mi entusiasmano poi così tanto, insomma coi soldi che ci spendono e che ci guadagnano potrebbero benissimo fare di meglio. Se penso che per il Signore degli Anelli hanno fatto uno spettacolo di trilogia, facendo dei film di tre ore per ogni libro e qui una serie tv di almeno 10 puntate di un ora ciascuno per ogni libro, se ci pensiamo potevano aggiungere molto di più e seguire anche meglio la trama, ma lasciamo stare, è solo un mio pensiero e tutto sommato mi consolo col fatto che almeno mi hanno mostrato i miei due ammmori durante il loro matrimonio… quanto ho amato il soffietto che Rhaegar fa a Lyanna dopo il bacio e il modo dolce con cui la guarda, come anche lei che si stringe nelle spalle quando lui la sta per baciare… tanti cuoricini sono usciti dai miei occhi in quel momento delizioso, rovinato ripetutamente dal corvo a tre occhi che continuava a riapparire… uff!!
 
Scusate questo mio sfogo, ma con qualcuno dovevo parlare della puntata o meglio degli ultimi 10 minuti. E qui arriviamo al dunque: Dany e Jon.
Allora so che molti possono non amare questa ship, ma vi dico io l’avevo intuita fin dalla prima stagione televisiva, come anche dai libri. Era chiaro che fossero destinati fin dall’inizio: lei continuava a chiedere di Rhaegar a chiunque e guarda caso lui era proprio il figlio di suo fratello in cerca di un posto nel mondo (Ah Aegon Targaryen, vittoria!!! Ho indovinato pure su quello, ma troverete quel nome in un capitolo molto più avanti… intorno al 70°! :-P ) quindi questa scena l’avevo già pensata e scusate la modestia, ma la preferisco a ciò che hanno messo nelle serie. Lì Jon e Dany arrivano a letto senza dirsi nemmeno una parola e voglio dire in tutte queste 7 puntate hanno si e no spiccicato due parole. Nei miei capitoli è vero non ho mostrato molto di più di ciò che saltuariamente ho scritto di loro, perché ero più incentrata nel viaggio di Lya e Vis, però ho provato a rendere quello che pian piano si era creato tra loro, a piccoli step, per arrivare a questo epilogo. Un disastro completo quindi e tutto per la diversità di cultura in cui sono cresciuti. Dany bene o male è di larghe vedute e il fatto che Jon sia suo nipote non le crea problemi, ma quello che davvero non transige è Lyanna ed il suo rapporto con Rhaegar. Se vogliamo è pure gelosa di lei, perché ora non solo le sta involontariamente portando via il fratello, ma ora pure l’uomo per cui prova dei sentimenti. Jon invece dal suo canto è più chiuso, anche se si è lasciato trasportare dai sentimenti che lo spingevano verso di lei. Fintanto che mammina e papino erano distanti, l’idillio che si era creato fra loro poteva anche durare, ma era destinato a vacillare nel momento in cui avrebbero dovuto confrontarsi con il ritorno dei genitori. O forse è solo Jon che si sente di non farcela a sostenere quel peso e quindi rinuncia a ciò che ritiene più una distrazione, facendo un passo indietro e lasciando Dany, che ora ha solo suo fratello a cui aggrapparsi.
Beh, ditemi che ne pensate, d’ora in poi avremmo di nuovo tutti sotto lo stesso tetto quindi ne vedremo delle belle! In più avremmo pure Benjen che io ho adottato una versione più o meno simile, ma ovviamente più matura del ragazzino che avete conosciuto in Tales, e che io amo particolarmente.
Vi avviso, pubblicherò più capitoli di Tales e a tempo perso questi di Cronache, ma molto più lentamente, perché fra poco arrivano dei personaggi che altrimenti non comprenderete chi siano, visto che in Tales prenderanno corpo.
Un abbraccio caloroso, alla prossima! 

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Capitolo 38
*** Certezze dissipate ***


La stanza era avvolta dalla luce soffusa prodotta dalle fiammelle delle rare candele e dal fuoco del camino che scoppiettava. L’armatura di Ser Barristan veniva illuminata da quella danza di colori caldi. Stava immobile di fronte al muro nei pressi della porta, con sguardo vigile a attento, anche se sapeva che non ce n’era alcun bisogno.
Aveva lasciato un po’ di intimità ai due fratelli Targaryen. Rhaegar aveva da poco aperto gli occhi. Si era osservato in giro confuso, ma non aveva pronunciato parola alcuna. Aveva poi posato gli occhi indaco su quelli viola acceso di sua sorella, ancora senza dire nulla, aveva preferito spostare il volto nella direzione opposta. Lei silenziosa, con lo sguardo rattristato, gli stava passando una pezzuola umida sul viso, per rinfrescargli la pelle.
-Come ti senti, Lekia? – gli chiese in un dolce e velato sussurro. Nella voce si denotava un certo timore. Ser Barristan se n’era accorto seppur anche da quella distanza ed era certo che pure il suo signore non avesse potuto ignorare tale fatto, a suo modo però la Regina dei Draghi cercò di mascherarlo, tenendo la testa alta e mostrandosi per la donna fiera e autorevole che per tutta la sua vita era stata. In risposta ebbe solo un leggero mugugno, ma il principe non cambiò posizione.
Per qualche tempo il silenzio ripiombò nella stanza. Il cavaliere sentiva a pelle che l’atmosfera si era fatta tesa e sarebbe bastato un nonnulla per accendere un fioco ben maggiore di quello che illuminava la stanza. Il gelo di quel castello entrava fastidiosamente nelle ossa, passando tra le piastre d’acciaio dell’armatura e superando perfino gli spessi strati di lana che ricoprivano ogni parte del suo corpo. Era sicuro che la regina non potesse sentire freddo sotto quel suo elegante soprabito nero con ricami scarlatti sul petto, tuttavia le sue spalle tremavano ugualmente. Come se non riuscisse a provare il minimo conforto né dal calore delle fiamme, né tanto meno dalle pellicce che rivestivano i suoi abiti. Per la prima volta stava vedendo un drago tremare di freddo… o di paura.
-Perdonami fratello... – disse debolmente. Non sapeva come prenderlo, Rhaegar doveva essere davvero furioso con lei, dato che non le aveva ancora rivolto la parola – …mi dispiace per tutto. – la sua voce era sincera, ma il principe continuò la sua muta presenza. Lei indignata, gli prese il mento con una mano e lo spinse verso di sé, per costringendolo a guardarla, ma non lo mosse di un centimetro – ascoltami, ti prego! – lo supplicò ulteriormente.
-No! – rispose secco, voltandosi di sua iniziativa – tu aprirai bene le orecchie ora: perché non te lo ripeterò un’altra volta! – serrò le dita sul polso della sorella allontanando la sua mano dal proprio viso. Gli occhi indaco era carichi di rancore. Anche il suo braccio tremava, ma non certo per il clima rigido di quelle terre. Barristan Selmi lo aveva già visto in quello stato, in un tempo che ormai sembrava un passato lontano, quando un drago si era allontanato dalla luce della sua stella… quando due amici per la pelle si erano dimenticati dell’affetto che provavano ed un sole era sorto tra loro dividendoli. Una fetta di mare non solo spezzava le isole dal continente, ma faceva a pezzi anche due anime affini tra loro. Abbassando lo sguardo ceruleo, il cavaliere emise un sospiro basso, pensando che il momento che stava vivendo, fosse un fallimento anche per se stesso.
-Come hai potuto fare una cosa del genere, Daenerys? – battè un pugno contro il materasso. Il fatto che l’avesse chiamata per nome era un chiaro segnale di quanto furioso fosse con la giovane donna. Lei sbarrò gli occhi e trattenne il respiro per quello scatto d’ira imprevisto.
-Una regina prima di ogni altra cosa, deve sempre dare ascolto al suo popolo… E’ così che pensi di farti accettare dal Nord? Mettendo a rischio la vita del famigliare più prossimo del tuo prezioso alleato? – la sua voce era un ruggito feroce – o sei solo una stupida ragazzina che si sollazza al gioco del trono, pensando che tre draghi in carne ed ossa possano fare la differenza? – attese un secondo per riprendere fiato, era chiaramente provato dalle ferite, ma non sembrava che queste potessero in alcun modo fermarlo.
-Il Nord ci odia per ciò che il Re Folle ha osato fare alla famiglia degli Stark, vuoi macchiarti dello stesso crimine? Accomodati! Vuoi trovarti sgozzata da un guerriero di queste terre che rivendica l’affronto subito in passato? Non si faranno alcuno scrupolo ad infilzarti con una spada. Vuoi che impugnino le armi contro i tuoi stessi draghi? Lo faranno! Preferiscono perire tra le fiamme… loro conoscono chi è il vero nemico e ciò che temono maggiormente sono le tenebre, non il fuoco. – inspirò profondamente.
-E se pensi che i tuoi draghi siano invincibili, sei più illusa di quanto pensassi! A suo tempo Dorne ha dimostrato che basta una lancia mirata nel punto giusto ed intrisa di un comune veleno per far crollare un drago a terra. Vuoi essere così stolta, come lo furono i nostri antenati? Non la vincerai una guerra in questi luoghi; non sono dorniani, ma non sono degli sprovveduti. Loro conoscono ogni anfratto, ogni grotta, ogni leggenda, ogni aspetto di queste lande innevate. Noi siamo solo ospiti indesiderati per loro e ci accettano solamente perché il loro Re glielo ha imposto. Lui non vuole la guerra, ma se tu spedisci sua madre in una missione pericolosa e lei dovesse ferirsi gravemente, Jon comincerà a snudare le fauci ed affilare i suoi artigli… e non posso giurarti con quale dei suoi lati ti scontrerai: potresti trovarti di fronte ad un selvaggio lupo come anche ad un feroce drago. –
-Non era mia intenzione arrivare ad una guerra. – rispose risoluta la regina, ma la sua fermezza stava cominciando a vacillare, come se di fronte all’ira di suo fratello non si sentisse poi così potente – volevo solo che sua madre capisse con chi aveva a che fare… un drago non si dovrebbe mai far imporre delle catene da un lupo! – non si era accorta che quella frase poteva essere una chiara offesa nei suoi riguardi e come c’era da aspettarselo quell’affermazione scatenò ulteriormente il risentimento di suo fratello, che la guardò minaccioso piegando il capo obliquamente. Barristan sentì un brivido lungo la schiena e sperò che il Principe Drago non avesse una reazione uguale a quelle di suo padre.
-Non ci provare Dany. – rispose secco – non girare il discorso per criticare quelle che furono le mie scelte… - gli tremava la voce, seppure l’avesse sempre mantenuta bassa – qui stiamo parlando di te e del presente che stiamo vivendo ora! –
-Non era mia intenzione oltraggiarti – si giustificò – ma lei sta frenando Jon in tutto! Non vuole accettare che sia un drago, come non approva la sua giurisdizione. – si impuntò – pensa di avere lei il potere di questo castello e obbliga tutti ad adeguarsi alle sue decisioni. E la cosa peggiore è che nessuno ha il coraggio di dirle in faccia nulla, solo per paura di trovarsi contro al re. –
In un primo momento Rhaegar si limitò ad assottigliare lo sguardo, restando ad osservarla con espressione intensa e grave.
-Credi davvero a ciò che hai appena affermato? – scosse il capo – non hai afferrato nulla di lei, allora. E di conseguenza significa che non hai nemmeno compreso chi sono io e questo mi ferisce maggiormente. – abbassò gli occhi affranti e rimase in silenzio qualche istante. Quando rialzò il capo, però era tornato deciso e autorevole.
-Fammi capire; tu credi di sapere come funziona il tuo regno, interpretando a tuo modo i comportamenti dei tuoi sudditi, senza nemmeno provare a comprenderli… e speri quindi che basti far valere il tuo dominio su queste terre, servendoti unicamente di fuoco e sangue su chiunque ti si pari di fronte? –
-No. Voglio che mi rispettino per la persona che sono! – affermò ostinata. Suo fratello restò a fissarla scettico per qualche istante, prima di parlare.
-Vuoi sapere qual è la persona che io vedo ora di fronte a me? – lei fece solo un cenno col capo, Rhaegar quindi continuò – è una ragazzina viziata e prepotente che pensa di poter avere ai suoi piedi ogni uomo e donna dal caldo regno di Dorne fino alle fredde Terre del Nord. E’ una falsa regina altruista che attende solo una piccola distrazione per emettere sentenza e condannare i suoi alleati. È una donna che si sente padrona di un regno che non apprende e non ha alcuna intenzione di conoscere il suo popolo. Se davvero pensi che i lupi siano creature mansuete e facili da controllare, sei solo un’ingenua! Non li metterai in ginocchio tanto facilmente ed il metodo che stai usando… - sbuffò irrequieto - … è assolutamente sbagliato! – dichiarò infuriato.
Dany incassò quel rimprovero e restò a guardarlo in quegli occhi che ora sembravano neri come l’ossidiana. Rhaegar però non aveva ancora finito con lei.
-Io non seguirei mai una regina che si atteggia in questo modo. Se continui a comportarti così perderai non solo me, ma  ben presto anche tutti i tuoi alleati. Tyrion te l’ha spiegato un tempo: il regno desidera un sovrano migliore di quelli del passato. Se si trovassero nuovamente un folle seduto su quel trono, lo farebbero fuori nel giro di poco tempo! –
-Avevi giurato di stare al mio fianco! – digrignò i denti, i suoi occhi luccicavano lacrime di rabbia.
-Te lo avevo promesso, ma ti avevo anche avvertito di fare molta attenzione dal momento che saremo saliti in queste terre. Se vuoi essere una brava regina non devi lasciarti influenzare dai sentimenti! Tu invece hai approfittato della prima occasione per mettere volutamente a rischio delle persone! E questo solo perché eri arrabbiata con me! – la sgridò ancora – non accetto che ripieghi su altri il rancore che riservi nei miei confronti. Se vuoi sfidarmi, fallo apertamente, ma non mettere in mezzo nessun altro! – l’avvertì.
Dany accusò il colpo, indietreggiando di poco con le spalle. Le mani erano conserte sul suo grembo e Barristan era quasi certo di averle visto il labbro inferiore tremare leggermente.
-Perdonami… - piagnucolò lei in un sussurro che arrivò alle orecchie del cavaliere come un debole alito di vento che gli risvegliò il ricordo di una sussurro simile che piangeva nelle notti più nere. Si accorse solo in quel momento che Daenerys aveva un timbro di voce molto simile a quello di sua madre.
-E’ tutto quello che hai da dire a tua discolpa? – il tono di Rhaegar era ostinatamente collerico e privo di emozione – hai messo a repentaglio la vita di Lyanna solo per farmi uno sgarbo! Volevi attirare la mia attenzione? Bene, ora ce l’hai, ma ti avviso: la prossima volta che provi a mettere in pericolo la sua vita o quella di qualcun altro a cui tengo, mi perderai per sempre! – si mosse nervoso sul letto e una fitta di dolore alla spalla, lo costrinse a chiudere per un solo istante gli occhi. Daenerys provò a soccorrerlo, allungando le braccia verso di lui, ma il principe l’allontanò con un gesto secco della mano – Puoi fingere di mostrarti la regina più saggia dei Sette Regni… ma dal tuo comportamento traspare solo una bambina egocentrica! – le strillò contro.
Lei tornò a stringere le braccia sui fianchi del proprio corpo e abbassò lo sguardo a terra, affranta e demoralizzata. Ogni sua sicurezza era inaspettatamente svanita. Barristan non l’aveva mai vista così fragile e non era certo che tutto fosse dipeso dal rimprovero del fratello. Ebbe il sospetto che centrasse anche Jon Snow in qualche modo. Era stato contrario a ciò che era nato nel periodo in cui il principe e la sua lady erano stati assenti, e ora che ci pensava, era già più di una settimana che il Re del Nord e la Regina dei Draghi non si davano appuntamenti privati. Non aveva posto domande al riguardo, ma era certo che fosse successo qualcosa e che l’animo della sua signora non avesse ancora cicatrizzato quella ferita.
-Volevo che tu restassi con me… - le parole della giovane donna lo fecero tornare al presente – sentivo che ti stavi allontanando… – constatò che il principe aveva proprio ragione. Quelle erano le parole pronunciate dalla bocca di una bambina, una giovane ragazza indifesa e senza una famiglia. Era sola da troppo tempo, e nel riportarlo in vita, aveva scorto quella flebile speranza di smarrire per sempre la sensazione di abbandono che per anni l’aveva accompagnata. Ma inavvertitamente, da quando avevano superato l’Incollatura, ogni sua sicurezza sembrava essersi spenta. Prima nel riconoscere la validità delle parole del Re del Nord sull’imminente guerra contro gli Estranei, poi la scoperta della vera identità di Lady Stark e la conseguente minaccia del Bastardo di Grande Inverno, che per anni si era creduto essere il figlio illegittimo di Ned Stark. Ora invece Daenerys sapeva che doveva combattere per tenersi stretto il trono, dato che la sua successione era messa in pericolo proprio a causa di suo nipote. E Rhaegar sembrava averla abbandonata per schierarsi a favore della donna che ama e del figlio avuto da lei.
-Quindi per tenermi al tuo fianco, hai pensato bene di allontanare Lyanna? Non ti sembra contraddittorio come discorso? – quelle parole lo avevano innervosito in un modo che la regina non poteva minimamente immaginare – Forse tu non hai compreso come funziono veramente. Sebbene abbiamo trascorso mesi interi a parlare e conoscerci, scopro che dopo tutto questo tempo, tu ancora ignori la persona che ti è stata al tuo fianco sino ad ora! – la guardò in tralice, senza omettere il suo ribrezzo – la deduzione più logica è che tu non mi abbia mai ascoltato realmente, ma voglio sperare di essermi sbagliato e preferisco solamente credere che il tuo atteggiamento provenga da un senso di possesso che non sei riuscita a contenere. – Dany rimase ammutolita a quell’affermazione, in parte era la verità. La regina si era affezionata a suo fratello in un modo quasi viscerale, e lui d’altro canto non era stato da meno. A Dorne, probabilmente a causa del clima o delle influenze del luogo, i due si erano comportati quasi come due amanti, talmente era stretto il loro legame appena nato. Barristan stesso si era stupito di quanto affetto si fosse creato tra gli unici due membri esistenti della famiglia reale, che, durante il suo servizio sotto il Re Folle, mai si erano potuti conoscere. In un certo senso gli ricordava molto il rapporto morboso che il principe Lewyn Martell aveva con la sua lady Larissa, la giovane damigella della regina Rhaella, passata poi al servizio della principessa Elia.
-Davvero credevi che avrei permesso alla donna che amo di lasciare le mura di questo castello senza metterle una scorta adeguata? Come puoi essere stata così stupida da inscenare questo raggiro solo per allontanarla da me? – Rhaegar aveva perso il controllo di sé, se ne accorse lui stesso e si zittì nell’istante in cui vide le spalle di sua sorella tremare. Inspirò profondamente, cercando di calmarsi e quando buttò fuori l’aria dalla bocca, emise una smorfia di dolore. La ferita continuava a tormentarlo
-Tu non la conosci affatto… - sbuffò tetro – non sai in che guai si riesce a cacciare. E’ sufficiente una semplice scintilla per innescare in lei la brama di trasgredire alle regole. Sapevo che era solo questione di tempo, prima che trovasse il modo per contravvenire per l’ennesima volta alle leggi di un re… - la guardò negli occhi con indisponibilità – tu sei stata tanto scaltra, quanto inopportuna. Le hai servito questa occasione su un piatto d’argento, riuscendo, solo il Padre sa come, a convincere pure Jon, ignaro del tuo inganno, a permetterle di uscire da Grande Inverno ed addentrarsi nei pericoli che ne comportavano. Avrei quasi preferito che andasse ad est: i Tyrell e gli Arryn, non erano così pericolosi per lei, ma conoscendola avrebbe certamente saputo aizzarsi contro pure loro! –
Dany teneva lo sguardo basso, era chiaro che preferisse non metterlo a conoscenza anche del resto che era successo nell’ultimo periodo. Barristan convenne che fosse la soluzione migliore al momento, e come era sempre stato, nemmeno dalla sua bocca sarebbe trapelato alcun segreto della famiglia reale.
-Hai ragione. Non dovevo agire in quel modo sconsiderato. – ammise lei combattuta con se stessa. Da un lato aveva capito di aver esagerato, ma d’altro canto aveva ancora timore di aver perso per sempre la fiducia di suo fratello e in qualche modo incolpava anche lui di questo – ma tu non mi hai dato altra scelta! – Dany ripuntò gli occhi sul volto sconcertato di suo fratello. Una lacrima solitaria solcò la sua perfetta guancia d’alabastro e svelò il tormento che sentiva dentro, ma la sua voce era tornata ferma e autorevole – Non mi hai mai rivelato che la donna con cui eri fuggito, era celata dietro alla falsa identità di Arya Stark e che la vera Arya Stark era quindi la ragazzina delle Terre dei Fiumi che avevi sotto la tua protezione. Hai detto di sapere tutto già dal nostro soggiorno ad Harrenhall, allora perché me lo hai taciuto? – strinse entrambe le mani sulla stoffa della sottana – quando la Stark è stata costretta a rivelarsi e ho scoperto il suo segreto, mi si è spezzato il cuore. Mi sono sentita tradita. Mio fratello, il mio stesso sangue mi aveva tenuto all’oscuro di importanti informazioni… – Rhaegar rimase a fissarla senza dire niente, così lei proseguì – affermi di essere stato al mio fianco, dici di avermi sempre sostenuto, ma non è la realtà… - altre lacrime scesero dai suoi occhi, ma non si scompose. Le asciugò in fretta con il dorso di una mano e continuò a parlare – non ti sei comportato diversamente da Viserys, ma come potevo sperare il contrario? – rise amaramente – sono stata io a dirti che lo dovevi impersonare sia nell’aspetto che nel carattere… - un singhiozzo le mutò la voce ora divenuta acuta e traballante – e la cosa più grave è stata scoprire che mi avevi taciuto anche dell’esistenza di un tuo erede, sopravvissuto alla ribellione. Mai, ripeto, mai mi avevi accennato al fatto che lei era rimasta incinta durante il vostro soggiorno a Dorne… e non mentirmi dicendo che non lo sapevi... - la sua voce denotava ancora del rammarico, ma era espressamente rotta dal pianto – ho chiesto a Ser Barristan e lui mi ha rivelato che eri rimasto lontano da Approdo del Re per quasi un anno intero prima della mia nascita… eri alla Torre della Gioia con lei… con lei e col bambino che aspettavate. –
-Questa non è una scusante Dany. – assottigliò lo sguardo freddo e inflessibile – e non provare a mettere ancora in mezzo mio figlio. Questa cosa riguarda solamente me e te. – restò a fissarla minaccioso – Hai volutamente allontanato me, perché ti sentivi ferita dai miei segreti, e questo lo posso anche accettare. Non ho protestato e mi sono avvicinato a Jon, affichè non pensasse che gli fossimo ostili, lasciandoti in questo modo i tuoi spazi, come richiedevi. Comprendo che ti sia sentissi usata, ma voglio rivelarti che la mia intenzione non era questa, te lo giuro! Avrai certamente pensato che ti ho fatta avvicinare a lui, magari nella speranza di unirvi in matrimonio… ma non erano nemmeno questi i miei disegni! Tu sei mia sorella, lui è mio figlio! In tutti noi scorrono le ultime gocce del Sangue di Drago. Siamo rimasti soli, ma non dobbiamo per forza farci la guerra tra di noi. Avresti potuto regnare al fianco di tuo nipote, stringere una forte alleanza tra nord e sud, come mai era stato in passato. Se vent’anni fa io avessi avuto anche solo un briciolo di questa possibilità, credi che non l’avrei sfruttata pur di evitare quella sanguinaria ed inutile guerra? Voi avete l’occasione di unire due regni pacificamente, di conoscervi con tutta calma e di imparare ad essere una famiglia. Queste erano le mie intenzioni iniziali, ma era necessario per me scoprire chi fosse il Re del Nord… per assicurarmi che non avrebbe mai provato a farti del male o peggio a tradirti. – Dany fu sollevata da quella confessione. Rhaegar se l’aspettava.
-Tutto questo non l’hai minimamente considerato, vero? Non ti è passato per la mente che io abbia solo cercato di proteggere entrambi dal devastante istinto primordiale di un drago? – mostrò uno sguardo malinconico – no, tu hai preferito rinchiuderti nel tuo uovo, tenere le distanze da me e da Jon ed inventarti un modo per farmela pagare. Hai agito alle mie spalle, mi hai provocato di proposito, ma l’ho accettato giudiziosamente. Dovevi comprendere da sola le mie ragioni, perché avevi tutte le informazioni e gli aiuti per poterlo fare. Ma la cosa più grave che non sono ancora riuscito a perdonarti è che hai appositamente cercato di dividere una madre da suo figlio, pur sapendo che anche lui era cresciuto senza mai conoscere i suoi genitori proprio come te. Inoltre non solo hai messo a rischio la vita di Lyanna, ma anche quella delle persone che l’hanno seguita. Pensavi che affidandole Ser Barristan, sarebbe bastato? Con tutto il rispetto per l’abile guerriero che è ancora, non sarebbe mai potuto esserle d’aiuto contro i Lannister o i Martell. Tu li hai affrontati con un esercito ben corposo, con tre draghi e con dei fedeli consiglieri al tuo fianco. Lei l’hai mandata nella fossa dei leoni e nel covo delle serpi da sola, pur sapendo quanto pericolosi fossero. –
-Ne sono consapevole, ma questo è un problema che lei prima o poi avrebbe dovuto affrontare. Doveva mettere da parte i suoi risentimenti per una causa superiore. – ammise seria.
-Proprio non vuoi capire allora? – Rhaegar aveva di nuovo alzato la voce – il problema non sta in lei: ma nei nostri alleati! – si infuriò ulteriormente – per quanto ribelle e testarda possa essere Lyanna, non è lei ad essere ostile nei nostri riguardi. Lo sono i Lannister e lo sono i Martell, prima di tutto. – Dany lo osservò corrucciando le sopracciglia argentate, Rhaegar le spiegò frettolosamente il suo pensiero – Tywin Lannister ha subito per anni le angherie del Re Folle, la proposta di farmi sposare a Cersei era stata rifiutata in malo modo, successivamente Jamie è stato eletto Guardia Reale. Il vecchio leone con quel solo gesto ha perso non solo un figlio a cui passare l’eredità di Castel Granito, ma anche l’unica possibilità di allearsi con le Terre dei Fiumi, dato che non aveva grandi aspettative su Tyrion. Lysa Tully poi andò in sposa a Jon Arryn ed il seguito lo conosciamo. Tutti questi anni non sono bastati per tenere i rancori del capofamiglia dei Lannister ancorati nel passato, non appena siamo tornati al potere ci hanno nuovamente etichettati come i folli figli di nostro padre.     Per ogni membro della famiglia Lannister, Lyanna rappresenta un’onta che non riescono a tollerare, io l’ho preferita alla bella leonessa di Castel Granito, ricordatelo. Avere quindi la lupa di Grande Inverno in uno dei castelli sotto la loro custodia, significava avere la possibilità di rivincita a ciò che il loro lord ha dovuto sopportare. Gli uomini che ancora riservano astio verso la nostra famiglia, sono pronti a tutto pur di vederci perdere il trono e non temono una nuova guerra, perché se riuscissero a rubarci i nostri alleati torneremmo a combattere per il dominio dei Sette Regni. Ho dovuto minacciare Jamie e gran parte della sua famiglia per evitare che le venisse anche solo torto un capello. Lui mi ha spiegato che non poteva controllare ogni singolo soldato, ma mi ha concesso un suo uomo fedele, che ovviamente la testardaggine di Lyanna teneva ben lontano da sé, costringendomi ad intervenire personalmente ogni qual volta gli uomini dei Lannister l’avvicinavano. Capisci ora contro chi abbiamo a che fare? –
Dany annui incredula a ciò che gli stava dicendo. Lei era chiaramente convinta di avere ottenuto la loro fedeltà più assoluta e invece…
-Per quanto riguarda Dorne, vale all’incirca lo stesso concetto, o forse addirittura l’affronto per loro è peggiore. I Martell vedono Lyanna come la mia colpa più grande che si è riversata poi nell’abbandono di Elia e dei suoi figli. Pensano che io l’abbia lasciata sola senza protezione, cosa che invece avevo dato alla lady del nord, a discapito della loro principessa. Mi ritengono responsabile del fallimento di quella maledetta battaglia sul Tridente e mi incolpano di aver lasciato morire Lewyn Martell. Non sopportano l’affronto della morte di centinaia di loro cavalieri per causa mia. Oberyn stesso non ha mai accettato l’affronto di aver incoronato Lyanna al posto di Elia in quel torneo. Ha cercato giustizia alla capitale, provando a vendicare la morte di sua sorella e dei suoi nipoti, ma la sorte gli è stata avversa. E incolpano me anche di questo. – fece solo una pausa breve – Ricordi? Te ne avevo già parlato a Giardini dell’Acqua e avevamo deciso che dovevo indossare la maschera proprio per questo motivo – la sua voce si era calmata in modo che le parole venissero meglio comprese da sua sorella – mandare Lyanna sola senza protezione a scortare Ellaria Sand e le figlie della Vipera Rossa, corrispondeva a legarla ad una gogna, frustarla fino all’osso e lasciarla morire dissanguata. Hanno provato ad attaccarla più e più volte, lei si è saputa difendere fin tanto che si trattava di minacce verbali, ma quando hanno sfoderato le armi, mi sono visto costretto ad intervenire per sedare sul nascere ogni loro tentativo di ferirla con qualche loro lama intrisa di veleno. Non mi aspettavo che tu sapessi certo ogni aspetto dei tuoi alleati, ma non pensavo che avresti messo a rischio la fiducia di Jon e dello stesso Nord in questa maniera. – la osservò severo.
-E’ vero, sono stata una sprovveduta, lo ammetto. Non avrei mai pensato che i rancori del passato potessero venire canalizzati in lei così facilmente, solo per una vendetta nei tuoi confronti… - confessò dispiaciuta – ma non ho potuto fingere di non vedere e considerare anche ciò che era accaduto alla capitale! – azzardò un tono di voce appena più crudo – già prima era successo a Meeren… mi hanno sempre considerata come la regina straniera solo perché mi sono insediata nella loro città, convinta di poter cambiare la vita di quei poveri uomini e di quelle misere donne resi schiavi dai nobili delle Città Libere. Quando sono giunta a Westeros credevo di sentirmi finalmente a casa, e invece così non è stato. Per quanto Doran Martell e sua figlia Arianne ci abbiano trattato con mille riguardi, io non mi sentivo parte di questo regno, se non quando finalmente sei apparso tu e mi hai illustrato le bellezze di queste terre. Ma successivamente è arrivato Griff, fingendosi Aegon VI Tragaryen e di nuovo il mio titolo era minacciato. Ad Approdo del Re, mai mi sarei aspettata quell’imbroglio così ben strutturato e se non ci fossi stato tu, io avrei dato sfogo al mio sangue, usando i draghi e avrei arso vivi tutti coloro che mi avevano ingannata. – ebbe un moto di vergogna a quelle parole e non provò minimamente a mascherarlo – ora qui… per la terza volta stava accadendo tutto da capo. Avrei dovuto battermi per il trono, mantenere la corona sulla mia testa… ma questa volta avrei dovuto affrontare tutto da sola, perchè non potevo sperare che tu fossi ancora dalla mia parte, dal momento in cui avevi capito che lui era tuo figlio. –
-Sono sempre stato al tuo fianco, perché hai dubitato della mia devozione nei tuoi riguardi, Dany? Dovevi solo continuare a fidarti di me. – la guardò sofferente.
-Sapendo ora che un tuo erede era vivo, che speranze avevo di averti ancora al mio fianco? – anche lo sguardo di sua sorella denotava lo stesso malessere che provava lui.
-Quindi hai preferito rischiare una nuova Danza dei Draghi anziché esporre palesemente i tuoi dubbi? – i suoi occhi la scrutarono seri.
-Lui era la terza testa del drago che avevi invocato in quella visione! Io ho visto quanto lo desideravi! – i suoi ricordi erano persi in quell’immagine – Lei poi è la donna che hai sempre amato… Per tenerla accanto non hai avuto riguardi a cominciare una guerra… - lo guardò teneramente affranta – Loro sono la famiglia per la quale sei morto… – le lacrime colmarono i suoi occhi.
-Anche tu sei parte della stessa famiglia, Dany! Sei mia sorella, come puoi pensare che metterei uno più avanti dell’altro? – Rhaegar le prese una mano e gliela strinse con affetto. Lei guardò quel gesto e ancora una lacrima gli scese.
-Se fossi nata prima dello scoppio della ribellione, non ti sarebbe importato nulla della mia sorte! Non avresti mai pensato di mettermi al sicuro, come non lo hai pensato per i tuoi figli. Ma lui era diverso, non è così? Il figlio che lei ti ha dato era tutto ciò che desideravi… -
-Quello che dici non è vero… Ho creduto che le mura di Approdo del Re fossero il posto più sicuro per mia madre, per mio fratello, per Elia e per i bambini. – strinse il pugno dell’altra mano – ma ho fatto un grosso sbaglio e se tornassi indietro, per i Sette Dei, non commetterei più quell’errore! Li avevo affidati a Jamie Lannister, sapevo che il re lo avrebbe tenuto vicino a sé, ma non avevo previsto il tradimento di suo padre. Lord Tywin era anni che stava architettando qualcosa alle spalle della corona e temo abbia sfruttato la mia fuga con Lyanna, per usarla a suo vantaggio. Si è tenuto ben distante dalla guerra e al momento opportuno si è schierato dalla parte di Robert, assediando la capitale, dandogli poi in dono il trono per poter quindi assicurarsi un posto meritevole al fianco del nuovo re, con sua figlia finalmente regina. Ho sottovalutato l’uomo sbagliato, e la mia intera famiglia ne hanno pagato il prezzo. Credi che non lo sappia che la colpa della loro morte sia mia? Credi che mi sia importato solo di mettere in salvo Lyanna ed il figlio che attendevo da lei? Se ci pensi bene loro erano i più esposti, soli tra le dune di un deserto… ma la distanza dalla capitale li ha tenuti inaspettatamente al sicuro. –
-Che sia stato il destino o una fatalità, rimane il fatto che ora lui è vivo ed ha il tuo sangue; quindi è il legittimo erede al trono. – Dany lo fissava con ostilità. Rhaegar la guardò di sottecchi.
-Torniamo dunque a parlare della storia della successione, vero? – non gli occorreva avere una risposta – Lui non vuole rivendicare il trono, in quante maniere devo ripeterlo, sorellina? Non è cresciuto nella coscienza di chi fosse davvero, non sapeva di essere mio figlio fino a poco tempo fa… nemmeno sa che il cuore di suo padre batte ancora… – pensò mesto e la sua espressione cambiò drasticamente. Barristan si accorse dello sguardo confuso che la giovane regina gli aveva lanciato, prima di tornare a prestare la sua attenzione al principe. Lo vide emettere un profondo sospiro come se avesse preso una sofferta riflessione. Non c’era da porsi ulteriori domande, lo conosceva e sapeva che quando faceva così, aveva deciso di nascondere ogni rancore che ancora provava. Si ritrovò involontariamente ad approvare quella sua scelta; lei non doveva accavallarsi anche i suoi tormenti. Suo fratello tornò a contemplarla teneramente.
-Dany, prima che io partissi per questa missione, mi hai detto che avevo già fatto la mia scelta. – le sollevò con delicatezza quella mano, portandosela alla bocca – Contrariamente ti dico che non è mai stato così. – lei sorrise nervosa.
-Questo non è vero. – lo osservò scettica – Lo hai dimostrato, scegliendo di andartene con lei. –
-Lasciando però te e Jon qui. Esposti ad un eventuale attacco degli Estranei. – le spiegò posato – È vero ho dovuto fare una scelta in quel momento. Ho dovuto anteporre uno di voi tre. Ti potrà essere sembrato un atteggiamento egoista forse, ma non è così. Ho deciso di lasciare mio figlio e mia sorella in questa fortezza, perché sapevo che era ben difesa, inoltre avevate al vostro fianco persone fidate e la protezione di tre draghi. Ho scelto pertanto di andare con Lyanna, perché lei sarebbe stata sola. Come potevano cinque donne totalmente inesperte ed un anziano cavaliere, riuscire a proteggerla? Io so com’è fatta e non puoi nemmeno immaginare come riesca ad attirare su di sé le disgrazie a causa della sua ostinazione. – Rhaegar aveva spostato il volto di lato.
-Quindi sceglieresti sempre lei in ogni caso. – affermò obbiettiva.
-Se tu non mi avessi messo alle strette, non avrei mai dovuto prendere una decisione simile, né avrei mai voluto farlo. Voi tre siete l’unica cosa che mi resta. L’unico sperone che mi tiene ancora a galla, e che mi impedisce di sprofondare nel baratro dei miei fallimenti. – lei lo guardò e grosse lacrime scesero sulle sue guance.
-Ti prego perdonami. – piagnucolò stringendosi le braccia.– non pensavo che mi saresti mancato così tanto. – ammise sconvolta. Lui sorrise commosso.
-Vieni qui. – Rhaegar la guardò teneramente ed aprì le braccia per accoglierla – ti voglio bene, sorellina, te lo vuoi mettere in questa perfetta testolina argentata? E farò di tutto per tenerti al sicuro, ma devi accettare il fatto che ho degli obblighi anche nei loro confronti e non posso permettermi di ignorarli. – la strinse a sé, ignorando il dolore alla ferita che lo tormentava.
 
Stare seduto su quel trono di fredda pietra grigia lo aiutava a pensare. A dire il vero poteva farlo in qualsiasi altro posto, ma dovunque andasse tutti sembravano attirati da lui come le api col miele. Se provava a cercare un po’ di solitudine, passeggiando tra i corridoi del castello, capitava sempre un vassallo, un soldato oppure un membro della sua famiglia, che arrivava a porgli domande sui progetti per la guerra contro gli Estranei, sulla distribuzione dei rifornimenti alla Barriera o alla Città d’Inverno, oppure sulle terre da dare agli uomini del Popolo Libero, o peggio ancora a sistemare la diatriba tra due lord entrati in conflitto tra loro. Questi erano i doveri di un re, certamente non voleva fingere di non vederli, ma c’erano attimi in cui sentiva il bisogno di stare solo. Di allontanare la testa da ogni singolo pensiero.
Aveva provato ad andare al Parco degli Dei, ma dopo essere incappato accidentalmente in un uomo ed una donna del popolo libero in atteggiamenti amorosi, gli si erano rizzati i peli delle braccia e aveva preferito cercare un altro posto solitario. Era sceso per la seconda volta nella sua vita nelle cripte, chiedendo aiuto ai suoi antenati, ma stare in quelle caverne sotterranee lo agitava. Arrivava alla tomba di sua madre e tutti i suoi tormenti tornavano come sospinti da un vortice improvviso e ricordava ancora quei sogni che fin da bambino lo avevano colto nelle ore più tarde della notte. Alla sua voce che lo chiamava nel sonno e al richiamo di quei sotterranei angusti e freddi. Ora capiva ciò che in realtà quei sogni cercavano di dirgli e nuovamente si sentiva perseguitato dall’angoscia e preferiva allontanarsi da quei luoghi. E camminava, camminava senza sapere quale fosse la sua meta. Un’ombra malinconica e solitaria tra le mura di quel castello semi diroccato e ricoperto di una coltre lattiginosa.
Lui ancora non si sentiva uno Stark completo. Ora sapeva che poteva aver accesso alle cripte liberamente, eppure non si sentiva di appartenere pienamente a quel luogo e ne conosceva anche il motivo. Nel sue vene c’era una quantità di sangue che non faceva parte di quelle terre. Qualcosa che invece lo legava indiscutibilmente al sud. E a lei. Alla bella regina dei Draghi a cui non riusciva a smettere di pensare e dalla quale cercava di fuggire. Soprattutto ora che sua madre era tornata, sentendosi in difetto per i sentimenti che il suo cuore ostinatamente provava per quella ragazza, contro la moralità con cui era stato cresciuto.
Inoltre da quando il principe era tornato ferito dalla missione, Daenerys sembrava inspiegabilmente essersi dimenticata di lui. Non aveva fatto altro che rimanere rinchiusa nelle sue stanze ad assisterlo, senza nemmeno premurarsi di metterlo al corrente sulle sue condizioni. Se non era per Sam, lei manco si era presa la briga di informarlo e questa cosa lo aveva infastidito parecchio.
Era seduto sul trono del nord in maniera del tutto scomposta. Un gomito sul bracciolo destro, la gamba sinistra invece sopra all’altro. Il mantello appeso disordinatamente sul poggiolo alto del seggio, i capelli sciolti e spettinati che gli scendevano lungo le spalle. Se qualcuno fosse entrato e lo avesse visto seduto a quel modo, sarebbe sicuramente rimasto basito.
Non seppe spiegarsi il motivo, eppure in quel momento si ricordò di Lady Catelyn. Lei avrebbe sicuramente avuto da ridire. Era sempre molto attenta a questo genere di cose. Ebbe una strana associazione opposta, pensando se fosse invece entrata sua madre da quella porta. Quello che sarebbe stato il disprezzo di Lady Catelyn con Lyanna Stark si sarebbe tramutato in fierezza e complicità. Il ricordo di venir continuamente trafitto dallo sguardo azzurrino e freddo della precedente lady Stark, ora non lo turbava più, perché aveva la certezza che gli occhi argentati di sua madre lo guardavano sempre con selvaggia ammirazione. Gli avrebbe sorriso e constatato il sangue di lupo che primeggiava nelle sue vene. Già, sua madre. Lyanna Stark. Testarda forse più di un mulo, spavalda e ribelle come i lupi della foresta. Amorevole e dolce come una solo una vera madre può esserlo. Anche se per poco tempo Jon, aveva potuto conoscere quella parte del suo carattere che celava nei remoti anfratti del suo cuore. Un lato di lei che aveva ostentato a pochi. Il destino non gli aveva permesso di beneficiarne, ma i suoi zii Ned e Benjen certamente lo avevano potuto intravvedere. Si domandò se il Principe Drago avesse notato prima la sua bellezza d’animo o unicamente quella dell’aspetto esteriore… Ripensò ad Arya; sua cugina le assomigliava molto e comprese che ad un primo acchito anche di sua madre, sarebbe traspirato solo il suo lato ribelle, ma solo ad esigui eletti avrebbe concesso di scoprire lo splendido fiore al suo interno…
La porta della sala di aprì. Un nanerottolo magro e spettinato, dal passo silenzioso e sgraziato si avvicinò a lui. Jon stava per cambiare posizione, credendo che fosse qualcuno di più illustre, ma quando comprese chi era, si rasserenò.
-Stai facendo le prove per la tua acclamazione al sud? – scherzò Arya raggiungendolo. Jon sorridendo mesto, spostò la gamba e lei si sedette sul bracciolo: tra le sue ginocchia la testa del lupo in pietra grigia, la vide mettere le mani proprio sulle orecchie erette.
-Che noia… – emise un sospiro e si lasciò andare con la schiena contro lo spigolo del seggio – ho passato tutti questi anni a cercare un modo per tornare a casa, e ora che ci sono, vorrei scappare da qui a gambe levate! – sbuffò infastidita.
-Vuoi il mio posto? – scherzò lui di rimando– mi trovo esattamente nella tua stessa situazione, solo che io non posso scappare, in nessuno dei casi. – rispose tetro.
-Ma tu almeno sei il re. Puoi spaccare la testa a chi vuoi, o mettere in carcere chi ti stressa l’anima. – sintetizzò la giovane con un sorriso.
-Chi ti ha fatta arrabbiare? – la conosceva da troppo tempo per capire che ci doveva essere sotto qualcosa, se era così irrequieta.
-Chi vuoi che sia anche stavolta? – allargò le braccia esasperata, poi le mise sui fianchi e con voce contraffatta cominciò ad imitare Sansa – Arya, non è così che si tiene una forchetta! Arya non si mangia mai con le mani! Arya ti devi vestire come una lady ora, siamo le sorelle del Re del Nord, non possiamo farci vedere in disordine! Arya smettila di impugnare quella spada e assumiti i doveri da lady di Grande Inverno, non posso fare tutto io! – ogni frase l’aveva resa sempre più evocativa.
-In parte sai che ha ragione. – constatò lui.
-Ti ci metti pure tu, adesso? – lo osservò di sbieco – Già lei è peggio di mia madre, ora tu mi sembri nostro padre. – Jon spostò il volto di lato, tormentato da quell’affermazione. Arya se ne accorse e si portò una mano alla bocca – perdonami Jon… non era mia intenzione. – sua cugina era a conoscenza delle angosce che lo perseguitavano ultimamente. Ne aveva parlato con Lyanna certamente, ma gran parte delle cose le aveva comprese osservandolo.
-Non devi scusarti. Alla fine è lui l’uomo che mi ha cresciuto… è lui l’uomo che considererò sempre mio padre. – affermò convinto. Arya lo guardò capendo quanto fosse combattuto con se stesso. Si concentrò a fissare un punto lontano in fondo alla sala.
-Sai? Per tutta la vita mi sono lamentata di mia madre. Le volevo bene, ma era chiaro che lei preferiva Sansa a me. Lei era aggraziata, quanto io selvaggia. Più cresceva e più il suo volto si delineava nella sua perfezione e bellezza, mentre il mio assomigliava giorno dopo giorno a quello di un cavallo. Gli Antichi Dei avevano dato tutti i doni a Sansa e si erano dimenticati di tenerne uno anche per me. Me ne bastava uno soltanto… uno qualsiasi. Invece niente. Ho maledetto gli dei, mia sorella e segretamente anche mia madre per avermi messo al mondo in questo modo… ero l’unica oltre a te ad assomigliare ad un vero lupo del nord. Mi mostravo sempre fiera di questo, ma una parte di me, ha sempre invidiato i miei fratelli che si assomigliavano tutti in maniera così armonica – si ammutolì per un attimo prima di proseguire – Ero alle Torri Gemelle, quando è successo… fuori dalle mura del castello… ad un passo da loro… eppure non sono riuscita a salvarli, nemmeno a vederli. – abbassò lo sguardo sulla pellicina tra le unghie che stava torturando – ho pianto per giorni, dannandomi per tutto il rancore che avevo sempre provato per lei. Le volevo bene, ma non gliel’ho mai detto abbastanza e ora non posso più dirglielo… a meno che non capiti qualche strana magia che la riporti qui con noi! – si voltò verso di lui stringendo le labbra in un sorriso tirato.
-Arya, mi dispiace davvero per Lady Catelyn… - cercò di consolarla, mentre le prendeva una mano tra le sue. Lei scosse il capo.
-So che ti ha rovinato la vita. Vedeva in te il tradimento mai perpetuato di mio padre. Non ti devi sentire obbligato a compatirla. Non aveva alcun diritto di trattarti così. All’epoca ero troppo piccola per comprenderlo, ora però sono conscia degli errori che lei ha commesso nei tuoi riguardi, e anche se fosse viva e, avendo notizia degli eventi, ti avesse finalmente accettato tra noi, io la compatirei ugualmente; perché per anni ha rivolto su di te un odio che non doveva nemmeno provare. Se anche fossi stato davvero il figlio illegittimo di mio padre, che colpe ne avevi mai tu? –
-Arya non parlare così. Tua madre era una donna forte e vi amava molto. È scesa a sud per proteggervi. – Jon si portò una mano sulle labbra al pensiero di quanti sacrifici erano stati fatti per salvare le persone che si amavano. Tutti li avevano compiuti. Sua madre Lyanna era stata la prima, poi era toccato ad ognuno dei suoi zii; loro avevano dato la vita per proteggere qualcuno che amavano, qualcuno della loro famiglia; perfino suo nonno Rickard Stark, che manco aveva conosciuto. Rivedeva ancora di fronte ai suoi occhi Robb, era certo che fosse morto con la spada in pugno, come l’eroe di una ballata drammatica… Tutti loro erano morti con onore. Jon strinse i pugni al pensiero che invece la propria esistenza fosse cessata solamente a causa di un tradimento. Al confronto con le loro, la sua morte era stata stupida e insensata. Si sentiva fallito.
-Può essere come dici, ma alla fine gli dei, qualunque volto abbiano, hanno chiesto la sua vita. Forse proprio per averti inferto delle sofferenze che non meritavi. – ammise Arya con decisione – sono certa che tua madre non si sarebbe mai comportata in questo modo. Voglio dire: se si fosse trovata in quella stessa condizione, non avrebbe mai odiato il bambino, semmai il padre. – Jon la guardò stupito a quell’affermazione e cercò nella propria mente una risposta diversa, se mai fosse esistita. Arya continuò il suo monologo.
-Avrei voluto avere una madre come la tua. Avrei desiderato che zia Lyanna sopravvivesse e ci vedesse crescere assieme. Lei non avrebbe mai permesso che tu venissi trattato così, né che io mi dovessi sorbire tutte quelle moine sull’etichetta. Saremmo andati a cavalcare nella Foresta del Lupo, mi avrebbe insegnato ad usare l’arco e una spada e sarei diventata come lei. –
-Da come ne parli, è chiaro che l’ammiri molto. – sorrise osservandola compiaciuto. Anche lui provava la stessa considerazione, tuttavia qualcosa dentro la sua anima, non lo rendeva tranquillo.
-Sì, lo ammetto, sono davvero felice che tu abbia trovato tua madre – rise contenta – e sono al settimo cielo che lei ora sia qui con noi. Mi sento meno sola. –
-Tu non sei sola Arya. Non lo sei mai stata. – le stinse di più la mano – ho continuato a pensarti sempre, in ogni istante. Era tutto ciò che potevo fare. Solo gli dei sanno quanto abbia pregato che tu fossi ancora viva e li ringrazio per averti ricondotto sulla strada di casa. –
-Devi ringraziare anche il principe Viserys allora. È lui ad avermi tenuta al sicuro e portata qui. – ghignò convinta – gliel’ho permesso, intendiamoci – Jon la guardò stupito, ma era a conoscenza della sua innata bravura con la spada – si è preso cura di me senza mai rivelarmi il vero motivo. Certo non avevo bisogno della sua protezione, sapevo cavarmela anche da sola, ma dopotutto è stato… gentile, credo. – Jon spostò lo sguardo lateralmente. Gentile… non sapeva perché, ma quell’aggettivo non lo tranquillizzava affatto.
-Comunque io mi sento sola qui. – proseguì caparbia – tu ora sei un re e hai poco tempo da dedicarmi. Bran è un’inquietante sapientone capace solo di parlare per enigmi e profezie. – Arya aveva ripreso a lamentarsi.
-C’è sempre Sansa. – cercò di suggerire.
-Si, certo, come no!? – confermò cupa lei – perché non te la porti in battaglia contro gli Estranei, se ti è così simpatica? – Arya proprio non riusciva a digerire la visione di sua sorella, figuriamoci parlarne – ho idea che scapperebbero a gambe levate non appena lei comincerà a tempestarli con le sue asfissianti moine. – fece una smorfia – temeranno più la sua lingua che il fuoco di un drago! –
-Smettila. – Jon senza volerlo rise alla battuta di sua cugina, poi però tornò a scrutare in quegli occhi grigi – Non siete mai andate molto d’accordo, e questo lo sanno tutti, ma in fin dei conti siete entrambe sopravvissute e siete tornate a casa. Avete vissuto esperienze differenti, ma non è detto che questo vi possa aver allontanato ulteriormente. Forse se le parli, scoprirai di avere anche dei legami più stretti, perché non riesci a assolverla dagli errori che ha commesso quando era una bambina? – Jon non capiva quale fosse il succo problema.
-Potresti mai perdonare Robert Baratheon per aver ucciso il tuo vero padre? – quella domanda lo colse del tutto impreparato.
-Non è la stessa cosa Arya. – rispose brusco voltandosi dall’altra parte e portandosi una mano ad accarezzare la barbetta incolta sul mento, una peluria morbida che mai avrebbe potuto sembrare quella di un vero uomo del nord. Robb all’età di tredici anni aveva quasi più peli in faccia che sul resto del corpo, quel dettaglio gli aveva sempre fatto provare un moto di inferiorità, sentendosi sempre un bambino privo di sviluppo al suo fianco.
-Lo è invece. – rispose ostinata Arya facendolo tornare al presente – Sansa è la causa per cui mio padre è morto ad Approdo del Re. Tu non c’eri, non hai visto ciò che ha fatto. Quando Nymeria ha morso quel leoncino spelacchiato, lei ha deposto in suo favore, costringendomi ad abbandonare la mia metalupa, per salvarle la vita. – strinse un pugno di fronte al petto – ma almeno in quell’occasione la vicenda si è ritorta anche su di lei, Lady è stata uccisa al posto di Nymeria che era scappata lontano. Successivamente quando nostro padre aveva scoperto dei segreti sulla regina, lei ha riferito tutto a Cersei e le ha dato in mano le prove per far giustiziare nostro padre. –
-E’ stata costretta a farlo, non puoi accusarla di un crimine se le hanno messo le catene al collo! Pensi che non si sia sentita in colpa per questo? Credi che non abbia ancora scontato abbastanza la sua pena per il resto degli errori che ha dovuto commettere per restare in vita? – Jon non sapeva cosa davvero fosse successo, ma aveva avuto abbastanza esperienza per comprendere ciò che Sansa era stata costretta a fare di conseguenza per salvarsi. Lui aveva fatto lo stesso oltre la Barriera, aveva ucciso un suo confratello per sopravvivere e dimostrare al Popolo Libero che era dalla loro parte.
Arya serrò la mascella e scese dal trono con un salto, voltandosi cocciuta.
-Io ero tra la folla, quando hanno tagliato la testa a mio padre! Sporca di fango e con gli abiti strappati. Lei invece era sulla pedana dei reali, con un abito bellissimo e piena di gioielli! –
-Ed il cuore spezzato. – concluse secco lui – proprio come il tuo. – la fissò coscienzioso.
Arya non tollerò quello sguardo e assottigliò gli occhi con fare minaccioso. Jon però non aveva ancora finito. Non voleva levarle ogni speranza, ma almeno riportarla sulla giusta strada.
-E non sono convinto di ciò che hai detto, nei riguardi di mia madre. Non tutto corrisponde a realtà. – aggiunse atono. Vide che aveva nuovamente attirato la sua attenzione, perché i suoi occhi grigi si ingrandirono curiosi – se l’uomo che tanto amava avesse portato a casa un figlio illegittimo, non lo avrebbe mai accettato. Non tollerava i bastardi, forse tanto quanto lady Catelyn, infatti abbandonò subito l’idea di sposarsi con Robert Baratheon proprio per questo motivo! È stato zio Benjen a dirmelo. –
-Beh, neanch’io se era per questo me lo sarei voluto sposare quel cinghiale ubriaco! – constatò disgustata al ricordo del precedente re – più che un cervo mi è sempre sembrato un maiale. –
-Posso anche essere d’accordo con te su questo – ammise lui – ma non posso darti pienamente ragione sulle sue scelte. – notò che Arya lo fissava dubbiosa – alla fine ha trovato il modo per allontanare il principe drago da sua moglie e dai suoi figli, per scappare lontano con lei. – erano parole dure, ma dopo la conversazione con Daenerys nelle grotte sotto Grande Inverno, aveva cominciato a guardare la situazione in maniera più concreta.
La giovane lupa aveva trattenuto il fiato a quelle parole ed era chiaro che non si aspettava una simile affermazione.
-Avresti stima di una donna che senza alcuno scrupolo ha distrutto una famiglia solo per interesse personale? – Jon alzò il mento in attesa di una sua risposta.
Arya aprì la bocca per ribattere ma in un primo momento non riuscì a formulare alcuna frase sensata. Abbandonò quel pensiero e chinò lo sguardo sconfitta, ma quando lo rialzò, la sua determinazione era tornata, anche se le lacrime sgorgavano copiose. Jon sapeva che le aveva distrutto un mito, ma era forse necessario per portarla tra le braccia della sorella.
-Non puoi davvero pensare questo di tua madre. – cercò di sillabare, ma la sua bocca era asciutta di ogni emozione.
-Sono obbiettivo, Arya. L’imparzialità è uno dei compiti di un re. I miei doveri mi impongono di essere così. – la vide scuotere il capo sconcertata. Poi scappò via, sbattendo la porta.
Jon si abbandonò a quel trono freddo e duro, le braccia lasciate inermi ai lati dei braccioli. Le gambe aperte e nessun’altra voglia di parlare né di pensare ad altro. L’anta di una porta secondaria cigolò ed una figura in nero fece capolino.
-Posso? – chiese con fare titubante e malfermo.
-Vieni pure Sam. – disse Jon stanco, riconoscendolo semplicemente dal modo di camminare – ma ti prego, non mi parlare di altri impegni politici o compiti da assegnare. Adesso non ne ho proprio voglia. Lasciami sereno altri dieci minuti. –
-E con quella faccia tu saresti sereno? – gli chiese l’amico, Jon rise. Era sempre più raro vederlo sorridere ultimamente, ma l’arrivo di suo zio Benjen e del suo migliore amico Samwell Tarly lo avevano messo di buon umore.
-Mi dispiace, forse non avrei dovuto origliare, ma ho sentito ciò che hai detto a tua… cugina, giusto? Perdonami faccio ancora un po’ di confusione. – ammise il ragazzo ridendo. Poi però si fece grave – Non pensi sul serio ciò che hai detto su tua madre, vero? –
-Non lo so, Sam. – affermò triste lui – non conosco tutti i fatti. – si passò una mano sulla fronte – ho passato la mia intera vita a credere che la sorella di mio padre fosse stata rapita, stuprata e assassinata dal principe drago. Per poi scoprire che erano solo menzogne inventate dal quel dannato cervo che si è seduto su una sedia che non gli spettava. Ho scoperto che mia madre era quella fanciulla e che non era poi così tanto indifesa come pensavano tutti. Ho compreso che l’uomo che mi ha cresciuto, era in realtà mio zio… e lo stupratore, mio padre. – abbassò lo sguardo – dimmi tu a cosa devo credere ora? –
-Credi a ciò che lei ti ha raccontato, all’amore che ti ha trasmesso, al sacrificio che ha fatto quel giorno per proteggerti. – gli mise una mano sul suo braccio incoraggiandolo – Credi in ciò che senti dentro al tuo cuore, quando la vedi. –
Jon non potè che pensare anche ad altri sentimenti che il suo cuore sentiva. Qualcosa però di legato all’altra parte del suo sangue. Troppo legato per i suoi gusti, perché il suo cuore potesse permettersi di provare delle emozioni così forti. Non possiamo stare assieme. Gli dei hanno punito mia madre… cosa sarebbero a me, se manifestassi apertamente ciò che davvero sento per lei?

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Capitolo 39
*** Regalità d'Animo ***


Erano rimasti l’uno tra le braccia dell’altra per diverso tempo, finché i singhiozzi di Daenerys non si furono calmati del tutto. Si scostò appena dal suo petto caldo ed accogliente e si asciugò gli occhi con il dorso di una mano.
-Andavo fiera della persona che ero diventata… prima di riportarti in vita. – affermò indignata e ironica al tempo stesso – ero fiera, orgogliosa e sicura di me stessa… perché, da quando ti ho vicino, mi sento come se invece fossi tornata una bambina? – si domandò contrariata, strofinandosi gli occhi.
-Probabilmente perché sei ancora una bambina… lo sei per me almeno. – rispose lui con tenerezza, istigandola con la punta del naso – hai l’età per essere mia figlia. Tra te e Jon non passa nemmeno un anno di differenza, se non mi è stato riferito male. – le sorrise malinconico, appoggiando le labbra sulla sua fronte.
-Ti ringrazio per la solerte precisazione… - ripetè lei imitando una delle sue risposte più frequenti – con questa tua opinione dovrei sentirmi meglio? – lo guardò con un broncio sarcastico.
Risero entrambi e Rhaegar ne approfittò per fargli un buffetto sul naso con il pollice. La osservò meglio. I capelli erano in parte spettinati e alcune ciocche erano scivolate oltre le delicate trecce e i fermacapelli sul capo. Era stanca e aveva bisogno di riposo, era come se fosse rimasta accanto a lui per diverso tempo, senza mai prendersi un momento per sé. Un pesante masso gli danneggiò l’anima a quel pensiero.
-Sono felice che ci siamo chiariti. Non amo litigare con le persone a cui sono legato da un profondo affetto. – le prese una mano e gliela accarezzò dolcemente, la memoria persa in un lontano passato. Daenerys attese ancora un momento prima di chiedergli.
-Cos’hai intenzione di fare, adesso? – lo fissò a lungo in quegli occhi scuri e profondi.
-A che riguardo? –  ignorando educatamente il suo tentativo, indietreggiò con la schiena cautamente, allontanandosi da lei come a volerle celare un segreto riservato esclusivamente a pochi.
-Non ti sei ancora svelato a loro… non pensi sia arrivato il momento di farlo? – i suoi grandi occhi viola brillavano di una luce più luminosa.
-…I tempi non sono ancora maturi. – scostò il volto di lato – ho dei validi motivi per non svelarmi al momento. Credo, tu comprenda. –
-Per via del nostro patto? – provò lei interpretando in modo scorretto la sua allusione – Ti libero da ogni vincolo, se è questo che ti ha sempre frenato. –
-Kirimvose, hāedar. Lo apprezzo davvero. – la guardò intensamente – Tuttavia ho motivo di credere che se mi rivelassi ora, rischierei di nuocere a mio figlio in un modo irreparabile. Rhaegal ha reagito impensabilmente: avvicinandolo e proteggendolo di sua iniziativa. È giunto il momento che lui impari a gestire il sangue di Valyria che gli scorre nelle vene e che scopra cosa significhi essere un vero drago. – nel dire quelle parole un sorriso orgoglioso gli si era stampato sulle labbra, ma la malinconia non sembrava volersene andare dai suoi occhi – sarebbe utile per lui avere la fiducia ed il sostegno dei tuoi draghi, oltre che la tua stima. Potrebbe tornarti utile in battaglia. Ha dimostrato di essere un valido e temerario guerriero. Se gli Estranei varcassero la Barriera, e lui sapesse già cavalcare un drago, avresti al tuo fianco… -
-…Il principe che fu promesso. – finì la frase lei. Rhaegar però non si lasciò influenzare dal suo pensiero.
-A dire il vero stavo per dire… un altro cavaliere dei draghi. – concluse suo fratello severo – hai tre draghi e al momento attuale siamo solamente in due a poterli cavalcare. – precisò serio, poi si perse in un recondito pensiero in cui un tempo sembrava certo di avere già una risposta, ma non aveva alcuna intenzione di svelarle segreti che aveva condiviso con l’unica persona che non gli aveva mai riso in faccia riguardo a quella leggenda e alle visioni che entrambi avevano avuto. Si ricordò della forte angoscia che aveva turbato anche il suo amico Arthur Dayne. Paura. Un brivido lungo tutta la schiena aveva attraversato le sue membra esattamente com’era avvenuto per lui. Il più forte, valoroso e letale spadaccino che avesse mai conosciuto, aveva tremato come una foglia di fronte a delle immagini che gli erano state mostrate. Lui non era stato da meno; un principe, discendente da una delle più antiche famiglie dei Sette Regni, terrorizzato da una voce che gli parlava nella mente tra le rovine di un castello che solo i ricordi di pochi potevano elogiare della sua enorme bellezza. Rhaegar aveva avuto timore, fintanto che l’alba non era sorta nella sua vita.
-Probabilmente lui è l’eroe della profezia – rispose fingendosi vago, non voleva farla sentire inferiore a suo figlio, dovevano restare entrambi sullo stesso piano. L’alleanza tra draghi e lupi questa volta sarebbe rimasta solida e indistruttibile; il suo cuore lo obbligava a renderla tale – in sé ha sia il ghiaccio che il fuoco, ma dopotutto sei stata tu a risvegliare i draghi dalla pietra… non aveva detto forse così Lady Melisandre? –
Non aveva intenzione di minimizzare sua sorella rendendola solo uno strumento per un fine superiore. Era giusto che si sentisse anche lei partecipe di tutto questo, ed era meglio non metterla al corrente di troppe ideologie. L’ultima volta, tutte le persone che ne erano venute a conoscenza, avevano poi perso la vita. Rhaegar sentiva nella sua anima ancora il dolore per la loro perdita e la notte i loro fantasmi tornavano a perseguitarlo.
“Quando la stella rossa sanguinerà e la notte calerà, Azor Ahahi rinascerà tra il fumo ed il sale…”
Provò un moto di rabbia nella nuova interpretazione di quella profezia, quando ripensò alla stella sanguinante, portandosi una mano sul petto si costrinse a ricacciare indietro quel funesto sentore.
Si guardarono per qualche istante senza dire alcuna parola. Ametista splendente contro Iolite scura.
-Sei davvero sicuro di non voler ancora rivelare niente nemmeno ad uno di loro? – lo fissò ignara di ciò che lo tormentava.
-Più che sicuro. – dalla sua voce era chiaro che non presentasse alcuna insicurezza, ma il supplizio che lo attanagliava da dentro per quella constatazione era evidente – Jon ha bisogno di tenere la mente più libera possibile per legarsi a Rhaegal. Ha già fin troppi doveri a cui pensare sia come signore di Grande Inverno che come Re del Nord… –
-Ma ha molte persone fedeli al suo fianco. – lo assicurò.
-Ne sono consapevole. – il suo tono lasciava trasparire tutta la fierezza di un genitore, ma Dany comprese che mancava qualcosa… Mancava qualcosa ad entrambi, sia al ragazzo che all’uomo lì di fronte a lei.
-Credo che necessiti anche del suggerimento di un padre. – decise di non guardarlo in volto  e distrarsi, lisciando una piega del lenzuolo – eri il principe ereditario un tempo, quindi sai cosa significhi avere sulle spalle il peso di un regno da gestire. – Rhaegar sospirò coscienzioso.
-Non ho mai gestito davvero un regno… molti pensavano che ne sarei stato capace. Troppi forse… Sono stato cresciuto per adempiere a quel compito, è vero – rifletté – ma sua maestà troppo presto ha cominciato a sospettare di me, sostenuto da molti suoi consiglieri. Mi temevano, paventano le mie idee rivoluzionarie e pacifiche. Lo hanno convinto che fossi una minaccia per lui, istigando la sua rivalità, fomentando la sua pazzia. Non si fidava di me, come della maggior parte delle persone che ci circondavano. Ho dovuto imparare in fretta a guardarmi le spalle e quindi anche a prevedere le mosse di un avversario. Il gioco del trono è una scacchiera meschina e piena di insidie in ogni angolo. Alla fine seppur fossi certo di avere le pedine giuste tra le mani, ho scoperto a mie spese che le avevo predisposte malamente. – abbassò lo sguardo abbattuto – Ho preso delle decisioni, corrette o sbagliate che fossero, alla fine ero consapevole che molte persone a me care dipendevano dalle mie scelte… ma non ho valutato che erano tante le vite, quante le morti. – si fermò sospirando. Dany gli mise una mano sopra la sua, gliela strinse infondendogli calore e affetto.
-Jon invece non ha avuto alcun insegnamento, nessuna lezione di vita al riguardo, vivendo fortunatamente lontano dalla corruzione della capitale. Eppure se l’è cavata anche meglio di me. – sorrise mesto, constatando che la presenza di un padre nella vita di suo figlio non era più così necessaria – Ha bisogno solo di consiglieri per indirizzarlo sulla strada che ha già intrapreso. Non sarà per lui fonte di sollievo, sapermi tornato in vita. E non gli sarà d’aiuto, perché ha già avuto un uomo che lo ha cresciuto. Un padre che è stato un ottimo surrogato, migliore di quanto mai io sarei potuto essere. Ned Stark ha rappresentato per lui un esempio da seguire e Jon lo venera ancora e ne rispecchia molti tratti. –
-Perché dici così? – nei suoi occhi viola una sfumatura di insicurezza e stupore – io sono convinta del contrario. Ha bisogno di te, ha bisogno di ritrovare le sue origini, quelle vere. È vissuto nella menzogna fino a poco tempo fa. Perché non dovrebbe venire a sapere che ora sei tornato da lui… per lui? – qualcosa era scattato. Un senso di protezione materno che Dany quasi non si spiegava, ma i sentimenti che provava in quel momento li conosceva bene. Cercò di reprimerli dietro alle sue scaglie di drago, in modo che suo fratello maggiore non scoprisse mai quella realtà.
-Come pensi che reagirebbe apprendendo la verità? – Rhaegar la guardò soppesando le proprie parole –Bran mi ha dato un avvertimento: ha visto un evento… forse sarebbe più corretto dire una sua reazione. – abbassò gli occhi sulla stoffa della fasciatura che gli teneva legato il braccio sinistro –Jon rimarrà scombussolato alla notizia e tutte le sue sicurezze cadrebbero, come un castello di sabbia sulla riva di una spiaggia durante una bufera. Sarebbe per lui l’ennesima falsità. Perderebbe ogni fiducia negli altri, non capendo più di chi fidarsi. Smarrirebbe la sua autostima, già di per sé fragile e rifiuterebbe la parte di sé che lo lega a me, a noi. Non avrebbe più la possibilità di interagire con i draghi. Si troverebbe di fronte ai pertugi del suo passato… entrerebbe nel caos più completo, abbandonerebbe la strada che sta percorrendo e anche le poche certezze che ha della sua attuale esistenza verrebbero messe a dura prova. – tornò a guardarla affranto. Dany si accorse che aveva gli occhi lucidi – Non posso permettere che questo accada, lo capisci? Ne va della sua vita, della mia e di quella di tutti noi. – l’indaco delle sue iridi era attraversato dai venti dell’inverno – non riesco ad accettare che il sorgere di una nuova alba per la mia anima, possa corrispondere ad un sacrificio così grande. Tutto ciò per cui ha combattuto fin dalla nascita, glielo strapperei via come un crudele vento autunnale stacca le foglie da un albero. – strinse un pugno sul lenzuolo. Per un attimo le sue nocche divennero bianche come la neve, poi però sciolse ogni tensione, sconfitto e disarmato – Scelgo la riservatezza. Userò questa maschera unicamente per il suo bene. Da impedimento, lo trasformerò a strumento. “Di necessità, virtù…” diceva sempre nostra madre. Sarà l’unico mezzo che mi permetterà di stare al suo fianco, senza danneggiarlo. –
Daenerys gli passò un mano sul volto, quelle parole l’avevano toccata nel profondo. Era la prima volta che parlavano francamente e sapere quanto amore suo fratello provava per quell’unico figlio rimastogli, l’aveva completamente stravolta. Era pervasa da un emozione che non sapeva spiegarsi, ma anche da una tremenda angoscia. Lui si abbandonò alla sua carezza, come se necessitasse di un gesto d’affetto da una donna, da una madre o dalla sua dolce metà.
 
Cantami il canto di un uomo che non c’è più
dimmi, potrei essere io quell’uomo?

D’animo gentile, nobile e valoroso,
 salpò un giorno per un mare in tramonto.
Il grano era a poppa, il sole era a babordo,
il carro sulla prua a dritta.


Gloria di gioventù brillava nel suo spirito,
dov’è quella gioia ora?
 
Dammi ancora ciò che è stato,
dammi l’alba che risplendeva,
dammi il petalo di un fiore pungente,
dammi gli occhi e l’anima,
dammi l’uomo che non c’è più
 
Nuvole e brezza, fiumi e neve
montagne di pioggia e sale;
tutto ciò che era buono e giusto
tutto quello che io ero è andato…

 
-E di lei che mi dici? – non aveva dovuto chiederle chi fosse la lei a cui si riferiva, ma era una domanda insolita pronunciata dalle sue labbra. Dany mai si era preoccupata della lady di Grande Inverno fino ad ora. Rhaegar passato il primo stupore, si accorse che non doveva nemmeno pensarci ulteriormente per cercare una replica.
-Direi con assoluta sicurezza che non è indispensabile svelarmi… nemmeno a lei. – aveva sorriso, ma nessuna gioia era apparsa dai suoi occhi, prima che li abbassasse irreparabilmente – Non puoi immaginare le scenate che sarebbe in grado di fare… sono certo che mi arriverebbe pure un pugno in faccia! – rise, questa volta con più convinzione, rammentando bene le reazioni della sua lady ad eventi che non si aspettava certo lo potessero coinvolgere – E poi ora ha ritrovato suo fratello Benjen… è giusto che le permetta di vivere questi momenti serenamente. – riguardandola in volto, una lacrima gli scese solitaria – È l’ultimo componente della sua famiglia d’origine che le rimane. –
 
-Il mio arrivo qui a Grande Inverno non è un caso Lya. – l’uomo era seduto sui bastioni del muro di
cinta, a cinquanta piedi d’altezza dal suolo. Una gamba era piegata di fronte a lui e sul ginocchio vi aveva appoggiato il gomito destro. L’altra gamba, invece era abbandonata nel vuoto. Di tanto in tanto muoveva il piede avanti e indietro, facendolo ondeggiare proprio come lo stemma del lupo bianco su sfondo grigio, che sventolava dalla torretta di guardia poco distante. Ai piedi delle mura vi erano cumuli di neve accumulata. Sembrava soffice, ma chi era del nord, come lei, sapeva che ormai era una spessa lastra di ghiaccio.
-Cosa sei diventato quindi? – gli chiese guardandolo negli occhi sconcertata. Era strano vederlo così serio, i capelli lunghi gli incorniciavano il volto come lame di acciaio di Valyria, la pelle delle guance, del naso e della fronte era vitrea e provata dalle intemperie. Era vivo, dai suoi occhi si denotava la forza che lo aveva reso il coraggioso ranger dei Guardiani della Notte, ma il suo incarnato dava l’impressione che di vivo ci fosse ben poco.
-Non lo so nemmeno io. – il suo volto affilato puntava dritto all’orizzonte di fronte a loro – ma gli Antichi Dei pensano che abbia ancora dell’altro da compiere lungo il mio cammino… Avranno pensato che troppi Stark sono morti – emise un ghigno scoraggiato – devono aver deciso che noi tre dovessimo tornare per uno scopo. Mi è stato detto che anche Jon aveva perso la vita al Castello Nero. – ammise guardandola turbato.
-Già. – confermò lei, ma non ebbe il coraggio di incontrare i suoi occhi azzurro acciaio – gli Antichi Dei sembra vogliano darci una seconda opportunità. – il suo tono però era debole, come se non sentisse di meritare questo privilegio. Ben le afferrò una mano e gliela strinse.
-Jon ha ancora molta strada compiere – considerò posato – ma per farlo, deve saperti qui con lui. Non vivere nel passato Lya, guarda solo il presente e mira lo sguardo verso il futuro. –
-E qual è il futuro che ci attende? – quando portò la sua attenzione su di lui, vi trovò un uomo, non più il ragazzo che conosceva, ma era pur sempre suo fratello. Si asciugò una lacrima, che le era scesa a tradimento – Jon diceva che la magia non poteva oltrepassare la Barriera. – allungò quella stessa mano per spostare la neve sopra al cornicione di fronte per allentare la tensione; il guanto in cuoio avorio e foderato di pelliccia candida usciva da una piega del mantello indaco chiaro che indossava.
-E aveva ragione. – asserì lui – C’erano degli incantesimi a proteggerla, ma in qualche modo gli Estranei sono riusciti ad aprirsi un varco. Ancora troppo piccolo per permettere a tutto il loro esercito di passare, ma dobbiamo comunque prepararci per il vero assalto finale. Al momento quell’apertura è sufficiente per mandare alcuni gruppi in ricognizione: quelli che vi ha attaccati nella foresta del lupo devono essere stati mandati per controllare la zona che ci separa dal castello dei Glover. È una fortuna che li abbiate trovati, penso che almeno gli abbiamo mostrato di saperci difendere. – si fermò a riflettere – Temo ci stiano studiando. Aspettano di conoscere il loro nemico, prima di sferrare l’attacco decisivo. – Lyanna rabbrividì al solo pensiero. Ben la guardò e si portò la sua mano alla bocca per donarle un bacio di conforto.
-Mi sei mancata sorella. – le sorrise. Ecco il mio fratellino… pensò la donna con gioia.
-Anche tu, Ben, non sai quanto. – gli rivolse un dolce sorriso. Si fiondò tra le sue braccia come fosse una bambina, anzi si maledì per non averlo fatto così spesso quando erano giovani. Rimasero in silenzio ancora qualche istante, poi lui tornò nuovamente a parlare.
-Perché quel giorno sei fuggita? – non è un rimprovero… si convinse a pensare Lyanna tremante.
-Lo sai bene il motivo. – abbassò il tono di voce, diventato quasi un sussurro addolorato – Nostro padre mi aveva messo le catene ai polsi, proprio come aveva fatto con Bran e con Ned. Aveva preso oramai le sue scelte e non le avrebbe cambiate per nessuna ragione. Non volevo che si avverassero i programmi a cui lui si stava preparando da tempo. Ciò che alla fine tutti i regni stavano preparando… era stato un gesti sleale. Una cosa disonorevole! – cercò di dare una spiegazione alle sue scelte del passato. Eppure adesso col senno di poi, le sembravano tutte delle baggianate – non era solo una fuga dai miei obblighi, né tanto meno da quel fidanzamento che mi stava stretto. – sospirò – Robert non era certo l’uomo che faceva per me, ma dopotutto non era una persona cattiva. Avrei probabilmente imparato ad accettarlo, col tempo… - mosse nervosa un piede, come se il suo stesso corpo protestasse a quell’affermazione – ma non potevo approvare ciò che si celava dietro a quella decisione. Nostro padre ci stava usando, per unire i più grandi regni in modo da potersi avvalere della loro alleanza. Erano tutti d’accordo: Tully, Arryn, Baratheon, Lannister… Stark. – abbassò gli occhi colmi di lacrime – il loro obbiettivo era chiaro: spodestare per sempre i Targaryen dal trono. Si stavano preparando ad una guerra da tanto, troppo tempo… invece di trovare una soluzione più pacifica. –
-Sì… lo so. – ammise lui – avevo messo alle strette maestro Walys. I suoi atteggiamenti mi erano sospetti. Alla fine ha vuotato il sacco: dietro a molte macchinazioni c’era lui… lui ed i suoi cari fratelli in grigio che sedevano al fianco dei principali lord protettori. –
-Quindi anche Ned… sapeva? – Lyanna non capiva.
-No, lui non seppe nulla fino alla fine della guerra. – affermò truce – ci misi troppo tempo a collegare tutti i pezzi. Ned era già sceso in guerra, quando capii finalmente che era stato tutto progettato da tempo, a prescindere dal tuo simulato rapimento. – abbassò il capo osservando i mulinelli d’aria che alzavano vortici di neve sulle pianure innevate al di sotto – non ho mai creduto che lui ti potesse rapire… solo che ho scoperto tardi che Brandon era giunto ad Approdo del Re con l’intenzione di minacciarlo. – sopra le loro teste i draghi saettavano sulle colline, creando sferzate di vento costanti ad intervalli regolari.
-Ciò che volevo chiederti: è perché non hai pensato di raccontare quello che era davvero accaduto ad Harrenhall ai nostri fratelli? – le fece un sorriso tirato – Comprendo che non hai mai avuto la possibilità di parlarne apertamente a nostro padre. Quel giorno che avevi tentato di farlo ragionare… solo gli dei sanno come abbia fatto Brandon a non reagire contro di lui. Però speravo che tu ti aprissi con loro, con Ned almeno. Perché non dire la verità? Bran avrebbe reagito male, te lo concedo: dopo i primi venti minuti di furia devastante con tanto di spada sguainata e urla schiamazzanti, inveendo contro il bardo dei tuoi sogni e chiedendo vendetta per la virtù violata della nostra principessina del nord… - rise – ma penso che si sarebbe calmato, se gli aveste spiegato che eravate innamorati... Bran sapeva cos’era l’amore e sapeva anche cosa volesse dire non poter coronare il proprio sogno. Ti avrebbe aiutata, se solo lo avesse saputo. Teneva tanto a te. – Lyanna arcuò le sopracciglia, copiose lacrime solcarono le sue palpebre. Era consapevole che aveva ragione; aveva ragione su tutto.
-Ned forse non avrebbe avuto il coraggio per affrontare nostro padre, quello lo sapevamo un po’ tutti, ma da lui avresti avuto tanta comprensione. Aveva tanti buoni propositi, un amore lontano e nemmeno certo di capire fino in fondo, ma non aveva ancora trovato uno scopo della sua vita. O almeno non ne era consapevole, finche gli eventi non gli ha sbattuto in faccia doveri e obblighi che non gli erano mai appartenuti. – era rigido nel dire quelle parole – Ma ti voleva bene. – si voltò per sorriderle – Mai avrei pensato che fosse in grado di sopravvivere ad una guerra del genere, trovarti e riportarti a casa. Ha combattuto con le unghie e con i denti per mantenere fede alla promessa che ti aveva fatto, a discapito pure del suo stesso onore e del suo matrimonio. Anche se avevamo vinto la guerra, mi sono sentito solo, ed in parte è stato così. L’uomo che era tornato non era il ragazzo che conoscevamo. Ned era cambiato. Sempre chiuso e indisposto, certo, ma non più per timidezza. La barriera che aveva eretto attorno al suo cuore, era dovuta unicamente per la consapevolezza che tutto era degenerato per una menzogna, perpetuata da un cretino che non è riuscito ad accettare un rifiuto e dal suo grande mentore che voleva a tutti i costi impugnare le spade contro il trono. Non che ci fossero altre maniere oramai per sistemare le cose. Il Re Folle meritava di morire per ciò che aveva fatto alla nostra famiglia, il Nord non dimentica… - disse severo – ma non doveva essere Robert a sedersi al suo posto. – la guardò grave – il tuo principe sarebbe stato un re migliore, lo posso vedere in Jon in questo momento. –
Lyanna rimase a bocca aperta a quella rivelazione, lui se ne accorse e le sorrise.
-Pensi che Ned, lo avesse tirato su per diventare re? – sbuffò divertito – per essere cresciuto come un bastardo è cresciuto bene, questo te lo assicuro. Ma Ned non poteva certo insegnargli a governare. Robb era il maggiore e qui al nord non abbiamo precettori che ti insegnino il buon costume del sud a meno che non li chiamiamo appositamente. Ma nel suo sangue a quanto pare c’è molto di regale, e sappiamo entrambi chi glielo ha trasmesso. – rise ancora, portando il suo volto verso le lande imbiancate.
Lyanna avrebbe voluto trovare delle parole adatte per tutto ciò che Ben o che Ned avevano fatto. Ma i sensi di colpa erano maggiori. Era anche a causa sua, se i suoi fratelli si erano ritrovati a vivere in quel modo. Soli e divisi tra loro. Come poteva riuscire a trovare una scusante, dopo tutto ciò che le sue scelte avevano conseguito sulla loro famiglia?
-Sei sempre stato tu, quello che mi conosceva meglio, Ben. Forse anche troppo… – si espresse amareggiata – pensavo di poter far intendere le mie ragioni in una lettera. L’avevo consegnata ad un mio servitore, prima di allontanarmi dalla locanda. – c’era tanto dolore a quel ricordo, eppure anche tanta felicità. Era lì che lo aveva rincontrato, era lì che avevano scoperto di amarsi ancora ed era lì che era partita la loro vita assieme.
-Ma a quanto pare ho sbagliato l’intestatario… volevo scusarmi con Robert per la mia decisione, speravo comprendesse e speravo che l’avrebbe mostrata anche a Ned e a Bran… ciò che temevo maggiormente era la reazione del lord nostro padre. – ebbe il coraggio di alzare gli occhi verso il cielo, le nubi oscuravano a tratti il sole, creando fasci di luce tra di esse.
-Ti amava, Lya, vedeva in te nostra madre. – disse con voce matura – Ti avrebbe compreso… o più semplicemente lo avremmo convinto noi ed assieme avremmo trovato una soluzione, come sempre. –
-Non era così facile Ben… se fosse stato così semplice, pensi che non avrei tentato? – era distrutta dal dolore e dal rammarico dei suoi errori – a prescindere da quelle che sono state le conseguenze delle mie scelte, si erano già intrecciati dei meccanismi che nemmeno Rhaegar era riuscito a districare. Come potevamo noi pensare di riuscire a fermare tutto questo? –
-Forse è come dici tu, magari era impensabile poter fermare tutto, ma almeno una parte… dovevamo provare – cercò di esporre il suo pensiero – sai cosa significa essere rintanato qui a ricevere lettere continue dal sud, senza poter muovere un dito? Sapevo la verità, e la cosa peggiore era che non potevo rivelare niente, perché ti avevo fatto quella stupida promessa. Mi hai vincolato al silenzio per più di due anni… e sono rimasto solo, qui, nella speranza che tornaste almeno voi due… – lo vide piangere – siete tornati alla fine… ma non come mi ero immaginato. –
-Mi dispiace… - provò a dire lei, per confortarlo, il pianto aveva reso la sua voce proprio come quella di una ragazzina.
-Almeno Ned… almeno lui, doveva scoprirlo prima. – insistette.
-Non potevo. – si morse un labbro – ricordi, cosa fece nostro padre, quando giunse quella missiva che profumava di lavanda? – Benjen ebbe un momento di smarrimento, ricordava a stento quel particolare, ma poi tutto gli tornò alla mente.
-Ashara Dayne… sì mi ricordo. Il freddo lord di Grande Inverno non mandò alcun corvo indietro. Brandon si infuriò, ma nostro padre lo mise a tacere in fretta, obbligandolo a mentire pure a suo fratello, quando questo gli fece domande al riguardo. – si portò una mano sul volto per spostare una ciocca dei lunghi capelli dietro l’orecchio – Ned seppe la verità da me, ma Bran ormai non poteva più dare alcuna conferma alle mie parole… non so se mi abbia mai creduto, ma il dolore per la perdita della sua stella del sud, lo ha reso ancora più taciturno. So che Catelyn sospettò di Ashara. Credeva potesse essere la madre di Jon… Ned me lo disse in una lettera: appena la balia se ne andò dal castello, cominciò a chiedere informazioni, ma poi smise di indagare. Ned bloccò sul nascere ogni curiosità e proibì che venisse pronunciato il nome di lady Dayne per sempre. –
-La amava… e lei amava lui. Me lo disse quando venni ospitata a Stelle al Tramonto. E’ triste come gli dei abbiano impedito loro di stare assieme e vivere felici. – pianse ancora – l’unica colpa che aveva quella fanciulla  era di appartenere ad una famiglia fedele ai Targaryen… Nostro padre non voleva avere vincoli con una casata dello schieramento opposto… Come può un genitore anteporre i suoi interessi personali a discapito della felicità dei suoi stessi figli? –
-Un padre come il nostro. – rispose rigido – matrimoni combinati per i figli più ribelli dai quali pretendeva grandi aspettative… un figlio che doveva divenire un valido guerriero a discapito della sua stessa natura… e per finire il più piccolo della cucciolata che era nato per aggiungersi ai Guardiani della Notte, anteponendo un’antica cultura al mio bene. Alla fine hai visto? L’ho anche accontentato. – sorrise aspro. Lyanna appoggiò la fronte alla sua spalla, non sapendo neanche lei, se stava dando o cercando conforto.
-Come pensi che saremmo riusciti a convincerlo a non allearsi coi ribelli e sostenere invece la causa di Rhaegar? – Benjen la osservò dall’alto, alzò un braccio e le strinse le spalle.
-Non ne ho idea, sorellina. Magari come dici tu, era una causa persa fin dall’inizio… dopo aver convinto nostro padre, avremo dovuto pensare anche a Lord Hoster e lord Arryn… per non parlare del tuo caro spasimante… - lo guardò affranta – meglio se lasciavamo che gli parlasse Ned. – le strappò un sorriso.
-Nostro padre sarebbe sicuramente stato contrario all’inizio, ma non ti avrebbe mai abbandonata, come non lo avrei fatto nemmeno io… né Ned, né Brandon… – al pensiero della sorte di ognuno di loro, sentì un peso doloroso al cuore. Evidentemente era uguale anche per lui, perché lo vide abbassare il capo.
 
-No, infatti... Brandon è venuto a cercarmi e cos’ha trovato? Solo la morte. – sua sorella si spostò da lui e chinò lo sguardo dispiaciuta – Ned ha protetto il mio segreto e alla fine è morto per questo motivo… - grosse lacrime scesero dai suoi occhi cristallini – Ben, sii sincero con me… dimmi davvero ciò che pensi! Accusami per essere la causa della distruzione della nostra famiglia. Incolpami di aver dato il via ad una guerra solo per lo stupido capriccio di un’ingenua ragazzina. – si coprì gli occhi con le mani, ma le lacrime continuavano a scendere dal suo mento. Benjen si voltò con l’intero corpo e scese dal cornicione. Le prese i polsi con entrambe le mani e si soffermò a guardarla serio. Non voleva vederla triste. Non aveva mai potuto vederla piangere, perché era lei quella forte… era lei quella che un tempo gli aveva sempre dato un sostegno e un motivo per andare avanti. Lei era stata non solo una sorella, ma anche una fonte di ispirazione. Già, come io volevo essere per Jon…
Ricordò il momento in cui aveva varcato la soglia di Grande Inverno pochi giorni prima. Jon gli era corso incontro per abbracciarlo. Anche se ora era un re e non si erano visti per circa tre anni, il rapporto che aveva con lui non era cambiato affatto. Quella sera avevano parlato per ore di fronte ad una caraffa di malto di birra. Jon lo aveva stupito, rivelandogli di essere a conoscenza delle sue origini e di aver addirittura riportato in vita sua madre. Benjen non poteva credere alle sue orecchie, ma conosceva la magia dei Figli della Foresta, quindi non gli era poi parsa una cosa tanto irreale. Aveva sentito il cuore mancare un colpo, quando Jon aveva cominciato a parlarle di lei. Si esprimeva in maniera fiera ed orgogliosa. Rivide se stesso in lui. Era confortante sapere che la stimava, proprio come avevano sempre fatto pure lui ed i suoi fratelli, ed ogni altra persona che viveva un tempo a Grande Inverno. Ma gli parlò anche della tristezza che l’aveva presa da quando era tornata tra loro, una caratteristica che Lyanna aveva mostrato solo il periodo successivo al Grande Torneo di Lord Whent. Quella malinconia l’aveva accompagnata in ogni cosa, ed ora, dalle parole di suo nipote, si rendeva conto che la situazione non doveva poi essere tanto diversa. E per quanto la presenza di Jon ora le potesse far bene, lei restava un’anima sola, come un lupo ramingo ululante nella notte al lontano e tenue bagliore lunare. Uno spiraglio di quella luce argentata era riflesso negli occhi grigi di Lyanna e li rendeva luminosi, ma pulsavano anche di una mestizia che non riusciva ad accettare. Decise di parlarle di un aneddoto che gli era tornato alla mente.
-Quando Ned mi mostrò quel fagottino roseo avvolto in un drappo tutto nero, capii subito che era figlio tuo. Aveva la tua espressione fiera e impavida… ed una nobiltà che nessuno Stark aveva mai avuto, nemmeno nell’era degli Antichi Re del Nord. – le sorrise e le fece una carezza delicata sul volto con la mano ricoperta di un guanto nero – Crescendo quei tratti non facevano che accentuarsi. Era sempre più chiaro, per chi lo sapeva. Gli altri invece notavano solo la sua somiglianza con Ned. Era alto e magro, ma la sua muscolatura non si ingrossava, seppur si allenasse per giorni con la spada con Robb, sotto l’occhio attento di Rodrik Cassel. Robb si irrobustiva, Jon si allungava e basta, ma qui al nord nessuno poteva certo sospettare quali fossero le sue vere origini. – le scostò una ciocca di capelli dal colto, erano dello stesso colore di quelli del ragazzo, ma la consistenza era totalmente differente.
-Anche se Jon ti assomigliava incredibilmente – continuò perso nei suoi ricordi – ogni tanto Ned vedeva qualcosa di lui. Una scintilla del Principe Drago nel suo volto di ragazzo o in suo atteggiamento e, sebbene nessuno cogliesse Rhaegar in Jon tranne lui, Ned aveva paura che qualcuno potesse riuscirci un giorno. – si era fermato al pensiero di suo fratello maggiore e della sua ostinazione per tenere il loro nipote al sicuro, ma era ciò che lo aveva protetto in fin dei conti – Per questo lo ha tenuto sempre al castello. Sapeva che qui sarebbe stato al sicuro da tutti. Al sicuro da Robert, proprio come gli avevi detto tu. Al sicuro dagli intrighi del Trono di Spade. Al sicuro da morte certa. – una lacrima ancora rigò il delicato viso di sua sorella. Aveva le guance scavate e i tratti del suo volto erano tirati, lo fissava grata per quanto lui le stava svelando.
-Fu sollevato nel sapere che Barristan Selmi non avrebbe accompagnato la famiglia reale, quando Robert decise di salire con la sua corte. Perché solo chi era stato a stretto contatto dell’Ultimo Drago poteva capire, quanto Jon gli somigliasse. –
Lyanna scostò il volto di lato, sapeva bene che Ser Barristan non era tra i suoi più fidati amici, ma certamente lo conosceva meglio di molti altri. Pure lei si era accorta di quel piccolo particolare. Jon aveva molto di Rhaegar, non quanto lei avesse davvero voluto, ma abbastanza da vederlo rivivere in lui in ogni momento. Una magra consolazione per il suo cuore sofferente, ma la rendeva comunque felice in una maniera appena rivelante magari, ma estremamente dolce.
-Sì, gli somiglia davvero tanto. – confermò con sguardo nobile e tenero. Suo fratello notò l’umore tetro che l’aveva colta, così cercò un argomento che le risollevasse il morale.
-Avevo ragione quindi, quando ti dissi che drago aveva sciolto col suo fuoco il cuore di ghiaccio della selvaggia lupa del nord – sdrammatizzò sorridendole con un ghigno sarcastico – non meritavo quella doccia di vino in testa! – Lyanna lo raggelò con lo sguardo, lo stesso sguardo di quanto era giovane. Lacrime di gioia ora scendevano a nascondere quelle di malinconia che prima l’avevano invasa.
-Te lo meritavi, esattamente come ti meriti questo! – gli lanciò ancora neve, proprio come facevano quando erano ragazzi. Benjen l’abbracciò da dietro, serrandole le braccia così da impedirle ogni altra contromossa. Ora era un uomo possente, lei invece era rimasta la ragazzina che quel giorno lo aveva salutato a cavallo della sua purosangue dal manto candido come la neve, avvolta nel suo mantello grigio ceruleo. I lunghi capelli legati in un’acconciatura austera e composta, che Ben sapeva sarebbe durata ancora per poco se avesse mostrato lo spirito del sangue di lupo che aveva nelle vene. Brandon al suo fianco le sorrideva e attendeva che lo raggiungesse per cavalcare al suo fianco. Suo padre la guardava fiero degli sforzi che la septa era riuscita ad operare su di lei, dei dettami che era riuscita ad inculcarle e della lady che era diventata… la stessa lady che Ben sapeva non era mai esistita.
Risero assieme per un pò, ma i loro sorrisi morirono al ricordo di quello che entrambi avevano perso. I loro volti si abbassarono nuovamente, il ranger la lasciò andare con dispiacere, ma sapeva che era necessario. Si pulì distrattamente dai fiocchi di neve sulla pelliccia scura sopra le spalle, Lyanna invece si accostò alla muretta per osservare il drago di smeraldo sorvolare la foresta.
-Appena lo vidi varcare le mura di Grande Inverno, gli domandai cos’era accaduto realmente. Non mi interessava sapere l’esito della battaglia, i corvi già lo avevano annunciato. – si avvicinò a lei e le mise una mano sopra la sua, affondando un po’ di più nella neve – Per giorni Ned non parlò con nessuno. Tutti pensavano che fosse per le mostruosità viste in guerra o per l’aver ucciso uomini a fil di spada, ma io sapevo che c’era anche dell’altro Si rintanava nelle cripte o al Parco degli Dei… luoghi che ti erano cari… Riuscii a cavargli qualcosa non appena accennai del coinvolgimento del principe Rhaegar. Così mi confermò che quel bambino era suo figlio e che tu, prima di morire gli avevi chiesto di proteggerlo. Io scelsi entrare nei Guardiani della Notte. Credo che lui pensasse che fosse il mio modo per autopunirmi forse, ma in realtà era una scelta ben ponderata: piuttosto che inginocchiarmi ad un falso re, avrei preferito andare in esilio. Il nostro vero sovrano era qui con noi, su una culla, avvolto in un’anonima pelliccia nera. Senza uno stemma, senza un nome, se non quello di un comune bastardo del nord… - strinse il pugno della mano libera – l’unica cosa che riuscivo ad accettare, era che sarebbe cresciuto con gli altri miei nipoti, avrebbe avuto un’infanzia spensierata e priva di rigide regole… ma ciò che non tolleravo, era che non avrebbe potuto scoprire la verità. Non lo potevo accettare, prima o poi mi sarei lasciato sfuggire qualcosa. La rabbia, il rammarico o semplicemente la voglia di vederlo con una corona… quella che gli spettava sulla sua testolina perennemente spettinata e sporca di neve. Ned era molto più bravo di me a custodire i segreti. – ammise – è stato un ottimo padre anche per lui. –
-Benjen – lo guardò con occhi dolci e tristi – hai sacrificato la tua intera vita… avevi la possibilità di viverla come desideravi… e invece, per un mio errore… – constatò sua sorella. Gli occhi azzurro acciaio di Ben scrutarono quelli grigio ghiaccio di lei.
-Errore? – chiese sorpreso – E’ così che chiami tuo figlio, Jon? –
-Assolutamente no. – si sciolse lei socchiudendo gli occhi affranta – Lui è la cosa più bella che abbia mai fatto… Ma guarda a cos’hanno portato le mie convinzioni… – entrambi osservarono il panorama innevato, il silenzio piombò tra di loro. Ancora per qualche istante nessuno dei due parlò, mentre il sole cominciava la sua discesa.
-Ti ha trattata da vera regina, immagino! – le disse all’improvviso, guardandola felice. Lei continuò ad ammirare il sole pallido sull’orizzonte. Il drago color crema si muoveva aggraziato, sfruttando una corrente d’aria.
-Si. – sorrise dolorosamente al delicato ricordo – mi ha amata e rispettata. Mi ha fatta sentire protetta e importante in ogni momento. Con lui ero davvero libera di esprimere me stessa in ogni cosa che facevo. Non mi ha mai imposto nulla, né umiliata o oltraggiata. Sono stata la sua regina dal primo momento in cui mi aveva vista e come tale mi ha sempre trattata. –
-Tanto a lui mica tiravi addosso le caraffe di vino! – scherzò urtandola con una leggera spallata, alla quale lei rispose attivamente.
-A lui ho fatto anche di peggio! – ma proprio in quell’istante un messo arrivò ad interromperli. Si inchinò appena, chinando le spalle ed il capo e le consegnò un piccolo foglietto arrotolato.
Quando la giovane ebbe finito di leggere il suo contenuto, nei suoi occhi traspariva una gioia infinita, riflessa anche nell’angolo più segreto della sua anima. Benjen restò per un attimo disorientato: quella felicità gliel’aveva vista solo nel periodo che avevano trascorso ad Harrenhall.

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Capitolo 40
*** Roccia del Drago ***


I got lost along the way
I needed time and my own space
I wish I could erase
All these victims on the street


L’antica fortezza si stagliava di fronte al suo sguardo. La roccia di cui era composta assorbiva la luce del sole, emettendo bagliori sinistri tutt’attorno. Era fatto interamente di pietra nera e ossidiana pura. Il castello si ergeva su un promontorio su un lato del Monte del Drago; un grande vulcano ormai inattivo da secoli che aveva creato l’isola della quale la fortezza ne portava il nome. Era stata eretta dai primi signori dei draghi che si erano stabiliti lì, con tecniche andate ormai perdute nel Disastro di Valyria. Aegon Il Conquistatore aveva cominciato il suo dominio proprio da quel luogo, dove viveva con le sue due mogli-sorelle Visenya e Rhaenys, per poi stazionarsi ad Approdo del Re.
Roccia del Drago era stata anche la sua residenza per soli tre anni della sua vita, ma Rhaegar si era sentito a suo agio fin dal primo istante in quelle lugubri stanze buie, come se fosse stata casa sua fin da sempre.
Atterrò sulla spiaggia ai piedi del promontorio, poco distante dal vecchio villaggio di pescatori, ormai abbandonato da tempo, e osservò il palazzo nero ergersi sopra la rupe. Le torri erano state lavorate in modo da conferire alla fortezza una forma inquietante e irta di torri e statue gigantesche. Rettili alati svettavano sulle cime più alte delle torri in tutta la loro magnificenza. L’aria era umida e appena velata di nebbia, numerosi fori facevano fuoriuscire sbuffi d’aria calda dal monte, creando un’immagine sinistra di quel luogo. Ricordò ancora la prima impressione che ebbe Elia, quando lo vide quella volta che ci mise piede: Esprime molta allegria questo posto… aveva commentato sarcastica e indignata, storcendo il naso, poi si era rivolta alle sue dame vediamo, se riusciamo ad illuminarlo con un po’ di sole di Dorne. Rhaegar l’aveva fissata serio portando poi la sua attenzione a Jon Darry che invece mostrava un’espressione allegra: sembra che tu li cerchi proprio i luoghi infestati dai fantasmi. Ma ad essere sincero preferisco questo a Sala dell’Estate. Almeno qui se piove hai un tetto su cui ripararti. Si era incamminato solitario verso i grandi portoni, mentre alcune ancelle aiutavano sua moglie a scendere dalla barca ed il fedele cavaliere lo seguiva col suo cavallo.
Levò la maschera dal volto e la nascose in una delle tasche del soprabito, ricacciando indietro quei ricordi, prima che altri più dolorosi tornassero.
Quell’isola era disabitata, nessuno lì avrebbe potuto riconoscerlo e lui per primo non aveva alcuna voglia di rivisitare quei luoghi nascondendo una parte di se stesso.
Si avviò sul sentiero, senza premurarsi dei capelli sciolti che ondeggiavano al vento. Varcò la soglia come uno spettro argentato con abiti sporchi di cenere e sangue rappreso. Due enormi draghi erano appostati come sentinelle ai lati del passaggio. Appoggiò una mano sulle fauci aperte di quello di destra. Rhaenys era solita chiedere a Arthur di farla salire sopra, convinta che vi fosse sempre una caramella ad attenderla.
Seguì il percorso fino ai bastioni d’ingresso. I suoi occhi spenti si spostavano distratti su ogni cosa attirasse la loro attenzione o gli risvegliasse un’immagine del passato. Ma niente lo destava davvero, dal profondo pozzo in cui ormai era piombato. Sul dorso di Rhaegal aveva sentito le raffiche di vento colpirlo come frustate. Quell’aria gelida gli era penetrata fin nelle ossa. Era la stessa sensazione che provava lì in quel momento. La brezza umida e salmastra di quel luogo non arrivava a scaldargli il cuore. Ormai era di ghiaccio, come le terre della donna che aveva amato alla follia. E quella follia guarda a cosa ci ha portatoLyanna, come allora, sono tornato qui senza di te
Il posto era deserto e un silenzio innaturale padroneggiava nel cortile. In lontananza il rumore delle onde che si infrangevano sugli scogli e lo stridio dei gabbiani lo facevano rimanere ancorato alla realtà, altrimenti avrebbe confidato di essersi smarrito in un incubo. Per un Targaryen quel territorio era carico di memorie dei suoi antenati. Per Rhaegar era il luogo dei suoi anni forse più vividi e felici prima di conoscere Lyanna. Ora era diventato l’ultimo faraglione, sul limitare di un precipizio ancora più nero e profondo.
Percorse i corridoi lentamente muovendosi silenzioso, con la mente rivolta al passato. I suoi passi rimbombavano ripetutamente negli androni vuoti, tenebrosi e solitari. Ritrovò il punto esatto in cui Rhaenys aveva fatto i suoi primi passi, quando una tempesta si era abbattuta sulla baia e la paura l’aveva spinta a trovare il coraggio di staccarsi dalla colonna di ossidiana per correre tra le sue braccia. “Kepa!” aveva piagnucolato lanciandosi contro di lui, certa che l’avrebbe presa al volo. Sentì un’altra crepa formarsi nel suo cuore. Riñītsos, mio piccolo draghetto… fuggì via.
Attraversò il lungo portale principale che conduceva alla Sala Grande dove erano soliti consumare i pasti. Il lungo tavolo era rimasto esattamente dov’era, ma gli stendardi e gli arazzi erano cambiati. Non vi era più nulla che richiamasse il drago tricefalo della sua casata, bensì lo stemma raffigurato era quello di un cervo nero in un cuore in fiamme su campo giallo. Si soffermò solo un attimo a guardare disgustato l’arazzo di fronte a sé. Il cervo in casa mia… Un risentimento doloroso si impadronì di lui. Con una mano afferrò la stoffa e la strappò dall’asta. Agguantò tutto ciò su cui vedeva impresso quel simbolo e lo fece a pezzi, sbattendo gli oggetti a terra con una furia che nemmeno un Baratheon avrebbe mai potuto avere. La sua vendetta era poca cosa rispetto a quella che aveva ottenuto suo cugino, ma la rabbia e la delusione era tutto ciò che gli restava. Fece lo stesso in tutte le altre stanze del palazzo, mentre le sue urla colleriche riecheggiarono per diverso tempo tra le sale deserte di quel castello spettrale.
 

Quando quell’agognante risentimento ebbe fine, il pavimento di ogni ambiente all’interno del Tamburo di Pietra era ricoperto di schegge e cocci di ogni materiale, e pezzi di stoffa strappati. In lacrime e ansimante, appoggiò stravolto le mani sul tavolo di legno e si accorse solo in quel momento di aver raggiunto la Sala del Tavolo Dipinto. Era arrivato all’ultimo piano senza nemmeno sapere come. Non ricordava di aver percorso le larghe scale scolpite direttamente sulla pietra del vulcano. Il furore cieco che lo aveva investito ora sembrava essersi placato. La stanza dove si trovava era circolare, con quattro alte finestre rivolte verso i punti cardinali. Al centro vi era un enorme tavolo plasmato e dipinto in modo da ottenere una mappa dettagliata del Continente. Era lungo più di cinquanta piedi e largo circa la metà.
Rhaegar teneva la testa china, mentre i suoi occhi percorrevano i contorni del ripiano in legno ed i capelli sciolti gli erano scesi in parte anche sul davanti. Vide i decori che riproducevano i castelli dei regni, i boschi, le montagne e le città. Tutto era esattamente come ricordava. Ogni minimo dettaglio era lì proprio sotto il suo sguardo. Con una mano raggiunse la catena montuosa delle Montagne Rosse, le sue dita si soffermarono su un piccolo fortilizio quasi impossibile da individuare. Rinominai quel luogo per noi… Ne accarezzò il profilo cercando di ricordare il corpo della sua lady, il suo sorriso, la sua voce… Ora dovrei cambiare nuovamente epiteto a quella torre… dato che di gioia non ne è rimasta poi molta.
Ripensò ad ogni dettaglio che rammentava del viso della donna che amava, e a quello dei suoi amici più cari che proprio tra quei luoghi avevano perso la vita, e a quel bambino il cui nome era già stato scelto da tempo, ma che non aveva nemmeno potuto emettere il primo vagito… non aveva nemmeno un volto per lui.
I suoi occhi affranti ripercorsero la strada del re fino a raggiungere la capitale, in tremule onde, dal momento che le lacrime avevano fatto capolino ancora. Pensò a sua sorella: Spero che tu sia in grado di reggere il peso di quel trono, dōna hāedus. Il suo sguardo però continuò a vagare ancora verso nord finché scorse le biforcazioni del Tridente, dove tutto per lui ebbe fine. Il Guado dei Rubini. Vi posò due dita sopra sospirando alla sua sconfitta, alla fine di ogni suo sogno, di ogni sua speranza. L’ultimo battito del suo cuore, il nome sussurrato del suo amore, quando anche l’ultima melodia lasciava le sue labbra e si disperdeva nell’aria in cerca di lei.
Uno scricchiolio alla sua sinistra lo fece trasalire. Alzò il volto in direzione del rumore e vide una donna ergersi in tutta la sua altezza sulla porta. I suoi occhi rossi scrutarono la stanza, come se anche lei avesse ricordi di quel posto. I suoi capelli di un ramato brunito erano sciolti e due ciocche le ricadevano sul davanti. La sua carnagione era pallida e immacolata. Era una donna molto esile e aggraziata e Rhaegar la osservò avvicinarsi senza timore.
-Mio principe. – si rivolse a lui piegando leggermente il collo di lato, la sua voce era profonda e rispettabile.
-Mi ricordo di voi. Siete Lady Melisandre, la donna che mi ha riportato alla vita. – anche se aveva tenuto un tono basso, la sua voce sembrò riecheggiare nella stanza in penombra.
Lei volse appena lo sguardo verso di lui, gli fece un sorriso tirato e poi tornò a guardare ciò che la circondava, in silenzio. Rhaegar la vide prendere in mano alcuni pezzi di stoffa e degli oggetti di legno, e buttare tutto nel camino. Poi estrasse da una delle sue maniche una polvere e la lanciò nel focolare. Questo in un baleno prese fuoco, la legna cominciò a scoppiettare e il tessuto in breve si carbonizzò. Lei rimase ad osservare le fiamme per qualche istante, il principe alle sue spalle tornò a guardare la cartina del continente.
-Mi permettete di rimanere qui con voi? Non ho altro posto dove andare. – disse improvvisamente la donna con una tonalità esotica. Si era avvicinata a lui senza che se ne rendesse conto. Aveva un passo molto silenzioso e la sua presenza poteva mettere in soggezione chiunque. Rhaegar però non aveva paura di lei. Sembrava uno spirito senza una casa, proprio come lui.
-Siete la benvenuta e potete rimanere qui quanto vorrete. – si rivolse a lei con gentile freddezza – ho un debito nei vostri confronti. Mi avete dato una seconda possibilità. –
-E’ stata la decisione di vostra sorella. È a lei che dovete questa nuova vita. – la strega rossa gli sorrise e abbassò lo sguardo sul tavolo. Vide la mano che lui teneva ancora appoggiata sopra le montagne di Dorne. Il rubino sul suo anello emanava gli stessi bagliori della gemma che lei teneva al collo. La donna gli toccò con la punta delle dita la pietra sul mignolo e questa brillò al suo contatto, poi passò le dita sui contorni della sua mano ed infine vi sovrappose la sua, accarezzandogli delicatamente il dorso d’alabastro. Lui osservò le loro mani unite e sentì che la pelle della donna era calda quasi quanto la sua. Il fuoco del suo dio rosso riscalda la sua pelle, esattamente come il fuoco del drago riscalda la mia. La donna poi lo costrinse a spostarsi di poco da quel tavolo e gli si mise di fronte. Slacciò sensualmente il cordino laterale che chiudeva l’abito, senza mai distogliere lo sguardo dal suo. Sulle labbra un sorriso accattivante. Accostò il corpo sinuoso contro quello di Rhaegar, appoggiando volontariamente i seni pieni e gonfi, ora completamente scoperti, sul suo torace, strusciandosi a lui come una gatta in calore. Con l’altra mano fece scorrere le dita lussuriose sul suo petto, per poi accarezzargli una guancia e avvicinare il volto. Rhaegar rimase impassibile a quella provocazione, sentiva le sue dita strisciare sul tessuto dei suoi abiti, la sua pelle sembrava come anelare quelle attenzioni. I suoi occhi indaco fissi su quelli rossi di lei. Melisandre inarcando il collo, lambì appena le sue labbra, come un battito di ciglia, ma Rhaegar infastidito, scostò il volto lateralmente, non le permise di dar vita ad un bacio. Gli insegnamenti del suo Lekia, si risvegliarono senza volerlo. Il tuo corpo può aver bisogno di soddisfare le sue esigenze, ma le labbra sono lo specchio dell’anima, offrile solo alla donna che possiede il tuo cuore.
-Perdonatemi. – disse semplicemente e tolse la mano della donna dalla sua guancia.
-Non esiste più il vincolo che vi legava a lei. – Rhaegar tornò a guardarla negli occhi con aria triste e rancorosa.
-Il mio cuore non la pensa così. – la sua voce era un sussurro di dolore.
-Posso aiutarvi a dimenticare, se lo desiderate… - si propose lei, scrutando ogni affanno del suo volto, gli prese una mano e se la mise sul seno, accompagnando quel gesto con le sue dita per stimolare la voglia di proseguire da solo – o forse preferite altre terre da esplorare… - fece scivolare le loro mani unite verso il basso, scendendo sul ventre piatto e raggiungendo i riccioli ramati sul pube. Stava quasi per indirizzare la sua mano all’interno delle sue cosce, quando lui la ritirò con un gesto secco.
-Dimenticare non è una mia volontà.– la sua voce era tormentata, ma parlò con decisione, mentre si allontanava da lei per portarsi dalla parte opposta del tavolo dipinto, all’altezza delle Terre della Corona e mettere così più lontananza tra loro. Non sono attratto da lei… La scrutò da quella distanza. Non è nemmeno lontanamente vicina alla mia lady.
-Potete prendere la stanza che volete. – le disse infine, tenendo il suo sguardo fisso sulla mappa. – ma tenetevi distante dalla Torre del Drago del Vento. – decretò risoluto. Lì c’erano i suoi alloggi e non aveva nessuna intenzione di farvi entrare alcuna donna. Mai più. Non voleva nemmeno che lei prendesse le camere che un tempo erano state quelle di Elia, oppure la stanza che sua moglie aveva fatto preparare per Lyanna. Quelle erano le tre stanze che a suo tempo Aegon e le sue sorelle avevano usato. Rhaegar non avrebbe mai pensato che un giorno anche lui avrebbe avuto due mogli con cui condividerle.
-Vi ringrazio allora, milord. – la sua voce era seducente, ma lui preferì ignorarla. Era ancora perso nei suoi ricordi. Lei quindi si spostò dall’altra parte del tavolo, portandosi esattamente di fronte a lui.
-Le fiamme mi hanno mostrato una visione. – gli rivelò giocando con una pedina appoggiata al tavolo. Lui non voleva guardarla negli occhi, perciò preferì osservare la cartina ed il suo sguardo andò oltre l’Incollatura. Inevitabilmente, come attirato da qualcosa che non si spiegava.
-Il destino vi spingerà a nord… ma per un motivo diverso da quello di vostra sorella. – Rhaegar allora la guardò corrucciando la fronte, colpito da quell’affermazione.
-E’ giunta ora che il fuoco e il ghiaccio si uniscano per affrontare assieme al Lunga Notte. – continuò convinta. Mostrò un sorriso misterioso, prima di abbandonare la stanza e lasciarlo solo con i suoi pensieri. I suoi occhi indaco tornarono a posarsi sulle Terre del Nord. Fece ancora qualche passo e raggiunse le sponde orientali. Appoggiò la pedina raffigurante un drago di avorio bianco su Grande Inverno. Lyanna, cosa mai mi può attendere a nord?
 

-Devo andarmene? – il giovane che era disteso al suo fianco si voltò verso di lei. Il suo pallido petto glabro emetteva quell’odore penetrante di fiori di sambuco, cuoio e sandalo. Dany ne rimaneva ogni volta inebriata, ma sapeva che non era ciò che davvero il suo cuore anelava. Delineò con un’unghia i suoi pettorali. Aveva una muscolatura ben definita e gonfia. Si vedeva che si era allenato per anni alla spada. Avrebbe tanto desiderato provare per lui ciò che anche il suo corpo sentiva, ma purtroppo il suo cuore non si era aperto. Rhaegar l’aveva avvisata, ma lei aveva voluto fare di testa sua, come al solito. Non si poteva certo lamentare, quello era ciò che si sentiva di fare al momento, ma dentro sentiva che qualcosa era sbagliato. Qualcosa che il suo corpo invece bramava e lui aveva saputo appagare alla perfezione. Lo spirito dorniano gli aveva sicuramente giovato. Quando lo aveva rincontrato ad Approdo del Re, era molto diverso dall’ultima volta in cui si erano visti. Era più maturo, più sicuro di sé… ma ora era anche più sofferente. Glielo poteva leggere nell’anima che traspariva dai suoi occhi. Il fatto che gli avesse concesso il perdono regale, era già molto per lui, e gliene sarebbe stato riconoscente per sempre. A dire il vero sembrava venerare più suo fratello, che lei.
Con lui aveva instaurato un rapporto completamente differente da quello che si sarebbe mai aspettata. Si accoccolò tra le sue braccia. Sentire il suo corpo nudo che emanava quella usuale calura che forse solo i suoi draghi le avevano fatto provare. I suoi draghi… o suo fratello Rhaegar, non certo Drogo, ma rimaneva comunque un buon ricordo pure di lui.
-Puoi restare quanto vuoi… - affermò con voce tenera, ma autoritaria, voltandosi dall’altra parte e alzandosi in piedi – sono io quella che deve andare. –
Ripuntò gli occhi in quelli del ragazzo, come se il distacco da lui le risultasse difficile. Non riusciva a dire addio a quella sensazione di protezione che pochi uomini erano riusciti a darle, ma quel calore di famiglia che cercava, lo aveva trovato solo con una persona. Ed era giunto il momento di ricongiungersi a lui.
Il viola delle sue iridi era brillante ma una strana sfumatura indaco circondava la pupilla sfumando in una tonalità più chiara. Era appena percettibile, ma era una cosa che ai veri draghi non accadeva. Loro aveva un’unica colorazione, che poteva avere varie tonalità; lilla, viola, violetto, oppure indaco come quelli di Rhaegar. Ancora i suoi pensieri andarono a lui.
-Anche tu pensi di voler scappare, dolce regina? – la sua voce roca la distrasse ancora una volta.
-Sono scappata per anni e non ho più intenzione di farlo. Questa è la mia terra, questa è la mia città, questo è il mio castello. – affermò seria. Si infilò una tunica semplice dalle braccia. – questo è il mio regno e lo terrò unito, come mio padre non seppe fare. –
-Non tutti i regni sono uniti e sotto il tuo comando. – le illustrò lui sedendosi sul bordo del letto – Ma se mi metti a capo di un esercito attraverso l’Incollatura e riprendo per te anche l’ultimo tassello che ti manca. – l’aveva raggiunta con un balzo e l’aveva trattenuta per i fianchi, non sembrava volerle permettere di allontanarsi. Era completamente nudo e Dany percepì ogni curva del suo corpo virile adagiarsi completamente al proprio. Sentì ritornargli la voglia pressante, contro una delle sue cosce. Gli sorrise. Era dolce e si comportava da valoroso cavaliere pronto a salvare la sua donzella. Ma Dany si sentiva tutto tranne che una fanciulla inerme e indifesa da essere protetta. Lei era sangue di drago, lei era Daenerys Targaryen, Nata dalla Tempesta, Madre dei Draghi e Regina dei Sette Regni. Non poteva certo lasciarsi stordire da simili pensieri romantici. Lei non aveva tempo per l’amore, non al momento almeno… forse mai. Pensò a suo fratello Viserys e a quello che gli aveva raccontato su Rhaegar ed il suo matrimonio. Se fosse stato soddisfatto di sua moglie non sarebbe andato a cercare quella lupa del nord. Poi rifletté anche su quando Rhaegar le aveva parlato dei loro genitori. Preferì allontanare in fretta quei pensieri bui. Infine le tornò alla memoria una delle frasi di Ser Barristan Il principe Rhaegar amava la sua lady… e centinaia morirono per questo.
Tyrion l’aveva messa in guardia sulla primaria scelta di un erede da designare per il futuro del suo regno, ma lei non aveva voluto ascoltarlo. Si era fatta raccontare però il passato dei suoi avi. Molte delle unioni dei suoi più recenti consanguinei erano state un fallimento miserabile. Rhaegar ne stava pagando ancora il prezzo, lei pure. Il suo matrimonio con Drogo non era stato dei più duraturi. Suo marito era morto, suo figlio era morto. Lei, era morta dentro. Il suo successivo matrimonio era stato… beh nemmeno il Disastro di Valyria avrebbe potuto essere un paragone.
-Prima di prendere qualsiasi decisione, devo parlare con mio fratello. – lo ammonì lei, alzando un sopracciglio, provando a mostrarsi sicura e determinata, eppure dentro le sembrava di essere tornata la bambina che giocava con un gattino bianco sugli scalini di fronte alla casa dalla porta rossa.
-Certamente. – affermò lui convinto, mentre i suoi occhi le guardavano la forma della labbra e le sue mani prendevano possesso nuovamente dei suoi seni – è una persona saggia e tu hai molto di lui. – le disse dolcemente – per fortuna in un corpo che io preferisco. – ghignò e con un gesto la sbattè nuovamente contro il materasso. Dany sorrise a quella dimostrazione improvvisa di temerarietà.
-Ti ho detto che devo andare adesso. – sorrise e alzò gli occhi per osservare le stoffe dorate che scendevano dal baldacchino, emettendo un lungo sospiro, quando le sue labbra cominciarono a baciarla tra le gambe – mio fratello manca già da qualche settimana… - provò ancora a protestare, tentando di soffocare un gemito. Sperò che Ser Nonno non la sentisse, altrimenti sarebbe piombato lì, pensando che avesse bisogno della sua protezione. Eppure una parte di lei avrebbe tanto desiderato che aprisse quella porta e lo fermasse. Era indispensabile raggiungere Roccia del Drago e fargli arrivare altre provviste, ma voleva prima accertarsi delle condizioni di Rhaegar.
Aveva compreso il motivo per cui era fuggito quel giorno. La Fortezza Rossa era per lui fonte di troppi ricordi brutti. Aveva percepito la devastazione del suo cuore non appena avevano varcato la soglia della Sala del Trono. Ma in quel preciso istante ogni più valido pensiero si stava allontanando da lei. Percepì la lingua del giovane risalire sul suo ombelico e continuare la scalata. La sua bocca poi si chiuse su uno dei suoi capezzoli e cominciò a giocarci con la lingua.
-Devo andare… - continuò lei in un agognante lamento.
-Ordinatemi di smettere, se è questo che volete, mia regina. – sussurrò lui sfiorando con la bocca la cute morbida dei suoi seni morbidi – e poi non è ancora mattina… - salì leccandole il collo. Dany sentì appena la sottile peluria della sua barba accarezzarle la pelle – i fringuelli non hanno ancora emesso il loro canto… il mare è ancora agitato… e i miei uomini dicono che una tempesta sta arrivando da sud. – continuò a dirle a voce molto bassa fino a prendere le sue labbra.
-Io sono Daenerys Nata dalla Tempesta e ho tre draghi… – lo istigò, quando lui le permise di parlare. Avrebbe voluto elencargli tutti i suoi epiteti allegati al suo nome, ma il fiato era notevolmente diminuito.
-Quattro… - la corresse – il drago nero è ai tuoi servigi, sua maestà. – Dany gli mise le braccia al collo con un movimento languido e sensuale.
-Allora vedi di provvedere a soddisfare anche quest’ultimo mio tacito ordine. – sussultò al suo unico, secco e preciso movimento penetrante.
 




Note dell’autore:
 
So che ultimamente non avevo più aggiunto le note e fine capitolo, perché tanto mi ritrovavo a non sapere che dirvi, dato l’afflusso di recensioni che ultimamente avevo e mi ritrovavo a ripetere sempre le stesse cose, quindi avevo preferito evitare di dare un mio parere così da permettervi di esprimere il vostro liberamente, e solo dopo potervi dare una mia risposta. Ma per questo capitolo mi trovo costretta a dirvi qualcosa in merito. Innanzitutto perdonate la lunga pausa, ma chi legge Tales doveva scoprire chi fosse un personaggio che qui era già apparso, la bella e dolce Elanon ha fatto la sua entrata in scena ben 18 anni prima di questi eventi, quindi ora avete un po’ più chiaro il suo personaggio che qui pian piano avrà un ruolo maggiore prossimamente.
Ma torniamo a noi: gli eventi di questo capitolo sono in gran parte visti dal pov di Rhaegar. L’inizio si rifà alla sua partenza da Approdo del Re, dopo la conquista dei Draghi. Aveva cavalcato Rhaegal ed era fuggito via verso l’ignoto, Dany aveva affermato che sarebbe tornato a casa, e infatti lui torna a quella che era casa sua. Roccia del Drago. Ora è deserta, dopo l’abbandono di Stannis ho seguito un percorso più simile a quello della serie tv, che dei libri, perché ho trovato che fosse più semplice anche da raccontare visto l’idea che avevo di base. Rhaegar giunge solo e distrutto ed ogni passo che fa è sempre più doloroso. Rivede luoghi che gli ricordano il suo passato; Elia, Rhaenys… ma poi si obbliga a tenere a freno i sentimenti, per non crollare del tutto. Ma la visione dello stemma di Stannis, che lui non conosce a dire il vero, lo porta a rimembrare quello del cugino Robert e gli parte l’Aerys Targaryen che è in lui.
La scena che entra attraverso i due draghi sul portale e quella che strappa il drappo col simbolo del cervo incoronato vi sembrerà assurda ma l’ho scritta ancora diverso tempo fa, ancora al tempo che cominciai a scrivere di questi momenti relativi al passato dei draghi da Dorne fino a farli giungere a Nord. Ma avendoli frastagliati fra i capitoli del presente, solo ora sono giunta a raccontarveli. Come vi sarà apparso risultano uguali o simili a quelli visti nella settima stagione. Devo ammettere che quando ho visto quelle puntate il mio cuore ha fatto un tuffo nel mare caldo e cristallino di Giardini dell’Acqua. Erano scene che io mi ero immaginata per Rhaegar ma vedere il sangue del suo sangue fare altrettanto mi è piaciuto molto. Volevo solo condividere con voi, questo mio piacere e farvi partecipi del fatto che per poche scene le mie idee collimavano con quelle degli sceneggiatori e spero anche con quelle stesse di Martin.
Il tavolo dipinto era ovvio che dovessi inserirlo anch’io, ma arrivata a questo punto ho fatto entrare ancora la strega rossa. Che ovviamente cosa fa? Ci prova spudoratamente col maschione di turno. D’altronde ha fatto la gatta morta con Stannis (è partita con gusti leggermente schifidol!) poi ci ha provato con Jon e vuoi che non lo faccia col padre di lui?
Ben gli sta però, buon sangue non mente e pure il papi gli da un due di picche! Lui ama il ghiaccio non può apprezzare una femmina perennemente in calore!
 
Ed infine vi lascio con una Daenerys un po’ licenziosa… penso sia chiaro chi sia il suo amante segreto, e come immaginate avrete modo di rivederlo ancora.
 
Per ora è tutto un grosso bacio!

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Capitolo 41
*** Prendere le distanze ***


Tre rintocchi forti alla porta. Ser Barristan Selmi andò ad aprire e rimase sconcertato, quando si trovò di fronte la sua lady.
-Lady Lyanna! – si espresse cercando di nascondere la sua sorpresa. Ma se per anni gli era sempre stato facile tenere a freno ogni sua emozione, in quel momento si ritrovò a faticare – cosa fate in quest’ala del castello, se non sono indiscreto, Lady Stark? – chiese garbato, tenendo un tono di voce alto, così che anche i due all’interno della stanza adiacente cogliessero il suo allarme e intuissero chi vi era alla porta.
-Ser Barristan, felice di vedervi, come sempre. – lo salutò lei con aria felice – sono venuta a sapere che questa mattina il principe si è svegliato. – non attese nemmeno un secondo, che varcò la soglia e si addentrò nel salottino – ho portato l’occorrente per il cambio delle bende e dell’acqua pulita. – continuò lei imperterrita mostrandogli ogni singola cosa che aveva tra le mani. Sembrava conoscere bene le usanze da tenere prima di entrare negli appartamenti del principe ereditario. Per un attimo Barristan la osservò stupito per quel comportamento, poi comprese che la vita alla Torre della Gioia con Arthur Dayne e Oswell Whent l’aveva abituata a simili attenzioni, anche se dubitava che la perquisissero ogni volta che chiedeva di vedere Rhaegar. Sorrise e lei prese quel segno come un lasciapassare. Il cavaliere le corse dietro.
-Aspettate, milady. – tentò di afferrarla per un braccio, ma lo sguardo che lei diede alla sua mano, lo fece desistere all’istante. Vivere con un drago l’aveva in qualche modo resa molto simile a loro – Non potete entrare in camera da letto… – cercò di farla desistere con le parole, ma lei si voltò comunque come se non avesse nemmeno ascoltato. Allora il cavaliere si fece più coraggio e allungò una mano per prenderle un braccio, ma l’intraprendenza della donna e la sua vitalità ebbero la meglio sulle sue articolazioni provate dagli anni. Barristan si maledisse per essere così vecchio e condannò ai Sette Inferi Daario Naharis per averlo denominato Ser Nonno, ma doveva mordersi la lingua per ammettere, che dopotutto aveva ragione. Anche se ciò che davvero lo frenava però, era ben altro. L’ira del suo principe si sarebbe abbattuta su di lui, se si fosse accorto anche del più leggero livido sulla pelle della sua lady. Rhaegar non approvava la violenza sulle donne, per ovvie ragioni. Era un disonore verso qualunque uomo, quanto più per un cavaliere, ma per il suo signore era stato un incubo senza fine per anni interi. Lo aveva compreso, eppure, come i suoi confratelli, era rimasto in silenzio per tutto quel tempo.
Non gli occorreva certo un suo ordine, per sapere che non avrebbe potuto fermare la lady usando la violenza e tanto meno estraendo la spada. Pregò i Sette Dei affinché il principe avesse addosso la sua maschera, quando la porta di abete argentato si aprì sulla stanza privata del Principe Drago.
 
Daenerys era seduta sul bordo del letto dalla parte opposta rispetto alla porta della camera. Teneva la schiena appoggiata alla spalliera e suo fratello le era seduto davanti di schiena, proprio al centro delle sue gambe. Con una delle sue mani affusolate, le stava accarezzando un polpaccio denudato dal lungo spacco della sua gonna. Indossava un abito rosso con fitte trame nere sulle spalle che, scendendo, delineavano le forme del suo petto. La linea di congiunzione dei suoi seni svettava dalla scollatura, dandole un aria molto seducente.
Rhaegar invece aveva addosso solo un paio di pantaloni scuri, oltre che ovviamente le bende sulla spalla, intrise di corteccia di salice e radice di giaggiolo. La ferita non aveva più quell’odore nauseabondo che aveva sentito la prima volta, si augurò che stesse davvero guarendo, proprio come aveva detto maestro Sam, o magari era lei che si stava semplicemente abituando. Un fatto però era certo: ogni volta che assisteva alle medicazioni restata sempre impressionata per il brutto aspetto che aveva la sua pelle in quel preciso punto, ma nulla a confronto con l’orrenda cicatrice sul petto, causata da quel dannato martello dell’Usurpatore.
Suo fratello si mosse nervoso sulle proprie natiche. Le aveva concesso di spazzolargli i capelli, ma in fondo sapeva che non era una cosa che apprezzava del tutto; tuttavia già il fatto che si fidasse era per lei una grande soddisfazione. Tra loro sembrava essere tornata quella calma paradisiaca che provavano nella vicinanza l’uno con l’altro.
Era riuscita a strappargli quella proposta, in parte per farsi perdonare, ben sapendo che con quella spalla non poteva provvedere lui stesso a compiere le mansioni più semplici, come vestirsi o occuparsi del suo aspetto.
L’essenza di iris e artemisia era mischiata con un odore dolce e pungente che ormai Dany sapeva riconoscere dovunque, ma non poteva certo biasimare Rhaegar, se per sentire accanto al cuore la sua lady, aveva preso ad aggiungere nei suoi bagni qualche petalo di rosa blu dell’inverno.
-Lady Lyanna… - come se gli dei del nord avessero ascoltato i suoi pensieri, sentì la voce di Ser Nonno pronunciare quel nome in maniera enfatica. Se Rhaegar l’avesse sentita chiamare così l’uomo posto alla loro sorveglianza, l’avrebbe redarguita gravemente, ma in quel momento aveva altro per la testa.
Non appena udì il nome della sua lady, lo sentì spostarsi agitato per cercare di coprirsi il petto col lenzuolo, ma il rumore dei passi della giovane donna che si avvicinava era pressante e non fece tempo a fare altro, se non voltarsi di spalle rispetto all’uscio, adagiandosi sul materasso per distendersi su un lato.
-Jaehossi Uēpossi Arlȳssī. – Dany lo sentì imprecare in Alto Valyriano in nome dei Vecchi e dei Nuovi Dei, per aver accidentalmente compresso la ferita.
Lyanna entrò proprio in quel momento e vedendo quei movimenti scomposti tra le lenzuola, si fermò sulla porta, aggrottando le sottili sopracciglia scure ben delineate e alzando poi quei glaciali occhi proprio su di lei, ancora perfettamente seduta con le gambe leggermente aperte.
Suo fratello le aveva appoggiato involontariamente una guancia sulla coscia, e si mordeva le nocche di una mano, per sedare un gemito di dolore. Le sue spalle tremavano, ma stava tenendo duro, anche se il respiro era affannoso. Dany lo osservò tremendamente afflitta e solo in quel momento capì perché suo fratello fosse così agitato. Non era solo la ferita a preoccuparlo, o la cicatrice sul petto che Lyanna avrebbe potuto indentificare, se solo l’avesse scorta, bensì qualcosa che non aveva… addosso.
Cercò con lo sguardo la maschera nella stanza. La trovò. Era rimasta sopra al tavolo dalla parte opposta del letto. Ora nessuno dei due avrebbe potuto prenderla, non con Lyanna che li guardava con quell’espressione scioccata.
-Avevo portato dell’acqua e delle bende pulite per la medicazione. – stava dicendo con voce ferma e grave. Non provò minimamente ad inchinarsi, proprio come era sempre stato, Dany non si aspettava certo che le abitudini potessero cambiare. Ebbe un moto di stizza al riguardo, ma inavvertitamente provò anche qualcosa di molto simile all’ammirazione. Non molti mostravano un simile coraggio di fronte ai draghi e quella donna non sembrava nemmeno aver paura delle creature leggendarie che loro cavalcavano.
Constatò che aveva un aspetto stanco ed indebolito, ma avrebbe potuto anche indossare degli stracci ed essere sporca di fango, tanto sarebbe sempre stata bellissima, nella sua fierezza selvaggia proprio come lo era sempre pure lui… il suo Lupo Bianco. Finse di non pensarci e per scacciare indietro quei pensieri decise di rivolgerle un saluto formale.
-Siete la benvenuta, lady Stark. – accarezzò il capo di suo fratello, delicatamente, infilando le dita tra i suoi capelli fini e setosi. Abbassò il capo su di lui, donandogli un bacio sulla tempia, appositamente per vedere la reazione della giovane lupa. Lui, dovette capire le sue intenzioni perché la osservò confuso, accennando appena un movimento interdetto del capo per quanto poteva farlo da quella angolazione fastidiosa. Dany rispostò la sua attenzione sulla donna alla porta, facendo solo un cenno col capo a Ser Barristan di lasciarli soli.
Notò che la lady aveva fissato la sua attenzione sulla schiena nuda di Rhaegar e le era sembrato di vederla in imbarazzo, prima che voltasse lo sguardo verso il fuoco del camino – mio fratello aveva proprio bisogno di cambiare questo bendaggio; la stoffa comincia ad essere troppo allentata e le mie mani sono gonfie a forza di maneggiare bende tutti i giorni. – si giustificò lei.
-Posso occuparmi io di tutto. Ne sono capace… ho avuto un’istruzione al riguardo, molto tempo fa. – Rhaegar portò la mano del braccio buono sull’avambraccio della sorella e lo strinse, richiamando nuovamente la sua attenzione, in una supplica di tensione, ma Dany cercò di ignorarlo. Era stata attratta dalla caparbietà di quella lady. Era impressionante e ai limiti dello sfrontato, eppure per la prima volta non si sentì di giudicarla per questo. Era una donna forte, ma anche lei lo era, e ritrovare questa stessa caratteristica anche in altre, le era sempre piaciuto. Si domandò allora perché l’avesse etichettata male fin dal primo momento. Sai che quando fai così, le assomigli molto? Le tornarono alla mente le parole che Jon le aveva rivolto in quella grotta. Dopotutto aveva ragione.
-Avete un tempismo perfetto, lady Stark. Oppure devo presumere che qualche fiocco di neve vi ha informata? – scese dal letto, con un movimento libidinoso e provocante, lo spacco della sua gonna mostrò le sue gambe nude, prima che i due lembi si unissero nuovamente assieme. Era quasi tentata da un forza sovrannaturale di constatare di persona, se quel sospetto che le era nato qualche istante prima fosse reale. Era certa di aver notato una piccola scintilla di gelosia negli occhi della donna dai lunghi capelli scuri.
Sostenne il capo di suo fratello con entrambe le mani e lo adagiò delicatamente sul cuscino. Chinandosi adagio, gli diede un bacio sulla guancia, prima di rialzarsi e guardarla nuovamente in volto. Lyanna la stava scrutando con un’espressione contrariata, non era chiaro se per le sue parole o per i suoi modi.
-Sono a conoscenza che molti lord del continente usassero delle spie, a cui attribuivano nomi singolari e simpatici. Lord Varys li chiamava uccelletti, a Dorne esistono le serpi. Mia madre aveva le cuccinelle dentro la capitale, mentre diffuse nei vari regni esistevano le… - fu la giovane Stark ad interromperla.
-Libellule. Certo, ne sono a conoscenza anch’io, ma il sud è sempre stato diverso. La capitale è sempre stata un ottimo covo per gli intrighi, i misteri, i tradimenti… Gente che viveva nell’ombra per screditare prima l’uno, poi l’altro. C’era chi viveva nell’inganno, chi provava piacere nel mettere le casate l’una contro l’altra… chi subiva e chi combatteva perché questa ruota si fermasse. – Dany trattenne il respiro a quelle parole. Per un attimo le sembrò di sentire proprio lei stessa – Qui a nord tutto questo non è mai esistito. Gli Stark non sanno cosa siano le spie, perché non ne abbiamo mai avuto bisogno e mai ne avremmo, mia regina. – enfatizzò eccessivamente quelle due ultime parole. Fu ancora una volta la sua determinazione e la sua lingua affilata che l’allettarono. Le permise di parlare ancora con un cenno della mano, invitandola a sedersi sulla sedia accanto al tavolo. Da quell’angolazione non avrebbe potuto vedere i faccia Rhaegar, ma la giovane donna declinò l’invito, prendendo nuovamente la parola.
-Maestro Sam ci ha comunicato che vostro fratello si era svegliato stamattina. – la sentì emettere un sospiro appena più profondo – Avevo chiesto di essere informata in merito alle sue condizioni, purtroppo non mi è stato possibile venire prima. Ho avuto qualche… impaccio – diede solo una rapida occhiata alla stanza, constatando approfonditamente il disordine e le lenzuola del letto tutte stropicciate – ma forse sono venuta in un momento sbagliato. – la osservò con aria sinistra e Dany capì che ci aveva visto giusto allora.
Aveva esaminato l’abito che indossava, le gambe nude al di sotto, la scollatura vertiginosa e la rinnovata complicità con suo fratello. Dany si era accorta degli occhi di Lyanna addosso fin dal primo istante. Si decide ad indossare il soprabito nero fingendo di sentire freddo sulle braccia nude. Dalla sua espressione disgustata e accusatoria stava chiaramente sospettando che stessero facendo chissà quale attività immorale, ed effettivamente lo stato di scompiglio in cui imperversava il letto, poteva solo che far intuire una cosa…
 
Aveva ancora in testa le parole che la Regina dei Draghi le aveva rivolto prima di seguire il corpo inerme di suo fratello sostenuto da Ser Barristan e da suo figlio Jon. “È colpa tua, di tutto…”
Non occorreva certo lei a ricordarmelo… quello è il tormento che m’accompagna giorno e notte.
Daenerys Targaryen era scesa dal letto con quell’abito così simile ad un’elegante sottoveste e si era messa qualcosa sulle spalle, ma ancora non se n’era andata. Probabilmente in ansia che potesse fare del male a suo fratello… o troppo bene, a seconda dell’opinione che aveva su di lei.
Aveva poi preso una sedia e si era seduta di fronte al letto, nella stessa direzione in cui era rivolto il principe, che invece continuava a voltarle le spalle cocciuto. Non si era neanche premurato di rivolgerle la parola, benché meno di salutarla. Conosceva bene l’etichetta, suo padre gliel’aveva imposta e quella dannata septa gliel’aveva inculcata nella testa per mesi interi.
Quando una lady si ritrovava di fronte ad un uomo o una donna di più alto lignaggio, se non era lui o lei a dedicarle un saluto, lei non aveva alcun diritto di rivolgersi a parlargli. Viserys era un principe, lei… già, cosa sono io? Era nata come lady, era cresciuta come una principessa guerriera del nord… poi era diventata una regina… ma questo solo per lui… per temo così breve e intenso. Scosse il capo sulla destra per affogare ogni tormento Lui mi aveva fatta diventale davvero una principessa… e con la sua morte e quella di tutta la sua famiglia, era divenuta veramente una regina. Ora però non si sentiva proprio nulla di tutto ciò. Né una lady, né tanto meno una regina… solo una madre di un figlio già grande… solo una donna senza più un’anima, né un cuore… eppure lo aveva sentito battere pochi istanti prima. Battere come faceva un tempo… ma sapeva anche che quel tempo era oramai andato, per sempre. Scacciò in fretta quei pensieri Per loro non sono nessuno... non mi devo fare distrarre da altri inganni mentali. Non mi importa ciò che questa regina egoista pensa di me, io ho il mio onore da ascoltare. Se posso far qualcosa per l’uomo che mi ha protetta per tutto il viaggio, lo farò!
-Sono venuta per accertarmi delle condizioni della vostra ferita, principe Viserys – fu fredda, ma decisa, infischiandosene dell’etichetta o di ogni formalità – volevo inoltre sapere, come vi sentite quest’oggi e se desiderate qualcosa dalle cucine. – nei suoi occhi appariva una leggera preoccupazione, ma si premurò di nasconderlo almeno nella voce – ho ordinato che vi vengano riservati dei pasti sempre caldi e sostanziosi, la vostra permanenza in questa stanza non dovrà essere vista come una prigionia, bensì un momento di ristoro dopo il lungo viaggio. Prego gli Antichi Dei ogni giorno affinché guariate presto. –
La regina abbassò lo sguardo per osservare suo fratello. Rimasero a fissarsi per un lungo frangente. Lei rimase in attesa in silenzio. Osservandoli, studiandoli e assimilando ogni loro gesto. Dal movimento dei suoi lunghi e sottili capelli argentati, capì che il principe stava sillabando qualche frase. L’espressione che vide sul volto di Daenerys fu indecifrabile, ma ciò che fece poi non lasciava alcun dubbio. Si alzò in piedi e la guardò con un finto sorriso, mal celando compatimento.
-Vi lascio soli. – non mostrò alcun’apparente remore – penso abbiate alcune cose da dirvi. –
Questo atteggiamento fin troppo permissivo, la lasciò di stucco, ma non ci badò poi molto. I Targaryen non erano tutti uguali, Rhaegar glielo aveva detto, e tra i suoi parenti si poteva scatenare la pazzia in ogni mente, e sfociare nei momenti meno sospetti. Il suo interesse però restava la salute del principe, non era interessata a comprendere una regina viziata e ipocrita.
-No. – la fermò il principe prendendo il polso di sua sorella, prima che fosse troppo lontana. Era la prima volta che apriva bocca e Lyanna restò disorientata dalla sua determinazione – penso di aver avuto modo di parlare con Lady Stark per diverso tempo, anche troppo per i miei gusti e sentirla ancora nominare quei suoi Dei mi irrita fastidiosamente. – si espresse con durezza – Se permetti ora è con te che voglio passare le prossime ore, hāedus. – affermò. La sua voce era velatamente dolce. Lyanna però non fu impressionata da ciò, ma dall’ignobile maniera in cui l’aveva completamente ignorata.
-Se aveste la cortesia di voltarvi, potreste vedere quanto ho con me, e capireste forse che non vi sto solo offrendo solo futili parole rivolte ai miei dei. – la sua bocca aveva parlato ancora prima che se ne rendesse conto. Si portò una mano sulle labbra, ma sopraffatta dal rancore, decise di non mostrarsi dispiaciuta e se la spostò con disinvoltura sulla fronte, per rimuovere alcuni ciuffi ribelli dal volto. Fu allora che il principe si rivolse a lei.
-Sta a me considerare, se ciò che avete da offrirmi è di mio gradimento, oppure no. – ora la sua durezza era divenuta letale e furente.
-Di solito si guarda in faccia la persona che vi sta parlando. – lo sfidò ancora – è sinonimo di rispetto. – Ciò che le sembrò più assurdo dell’ostinazione del principe, fu la totale passività della regina, che si limitava ad osservare il loro scambio di battute, senza provare minimamente ad intervenire.
-Non vi preoccupate, mia signora, so bene quanto mi potete offrire… e non è necessario che mi volti, il vostro viso lo rammento molto bene. – lasciò solo un istante per riprendere fiato – la mia salute sta tornando e per il cibo, vi ringrazio, ma ho già provveduto. Buona serata dunque. –
L’aveva infine liquidata. Si sentì punta nell’orgoglio, ma con lei ci voleva ben altro per farla desistere e non gli avrebbe permesso di allontanarla così facilmente come fosse una qualunque servetta.
-Come a voi compiace, principe Viserys – enfatizzò il suo titolo con arroganza – deduco quindi che posso portare via anche quanto ho con me…. –
Lui si prese un po’ di tempo prima di rispondere, tempo nel quale Lyanna sentì un formicolio partire dalla punta delle dita delle mani per risalirle fino alla testa e ridiscendere lungo la spina dorsale.
-Potete lasciare ciò che avete portato sul quel comò alla vostra sinistra? Si occuperà un mio servitore della medicazione. –
-Servitore che sbaglio o ancora non è presente in questa stanza? – lo derise lei. Il principe ignorò ancora la sua allusione ed il suo tono beffardo.
-È mio desiderio rimanere solo con mia sorella, se per voi non è un problema. – rispose irritato – dobbiamo recuperare il tempo perso… Non vi spiace mettere al corrente del mio stato di salute anche vostro figlio? Bene, penso che ci siamo detti tutto. Conoscete la strada, dato che questo è il vostro castello. – azzardò ancora, mentre tirava a sé sua sorella, costringendola a sedersi nuovamente accanto a lui sul letto, proprio come li aveva trovati prima.
Lyanna notò che con l’altra mano le stava accarezzando un braccio, discendendo sul fianco magro della giovane. Abbassò lo sguardo, ferita e oltraggiata. Nel cuore il macigno che l’aveva accompagnata per giorni, sembrava aver solamente cambiato posizione, rotolando su se stesso e schiacciando le sue membra senza ritegno.
Rialzò gli occhi su quella scena, occhi che inspiegabilmente le mostravano una visione annebbiata e tremula. Daenerys lo stava guardando teneramente e gli accarezzava una guancia con affetto. Si stavano sussurrando espressioni in Antico Valyriano. Parole dolci quasi sicuramente, preliminari per ciò che ne sarebbe conseguito. Malgrado ciò qualcosa non le permise di voltarsi ed andarsene. Qualcosa che notò nel viola brillante degli occhi della regina. C’erano segni di spossatezza e turbamento assieme, quasi faticava a tenerli aperti, e anche prima che l’aveva vista in piedi, le era parso di percepire dei tentennamenti nelle sue gambe. Era chiaramente stanca, provata e indebolita. Lyanna ebbe un moto di compassione per lei.
-La regina dovrebbe riposare. È rimasta al vostro capezzale per ben cinque giorni, senza mai riposare. – disse la donna con caparbietà – penso sappiate cosa voglia dire prendersi cura di una persona ininterrottamente, e quanto questo possa risultare stancante… - il fastidio che provava nei suoi confronti, le fece stringere i pugni – Ora ho l’opportunità di sdebitarmi per quanto avete fatto durante la missione. Capisco che non vi fidiate dei nostri servitori, ma permettetemi di prendere il posto di vostra sorella, fintanto che non avrà recuperato almeno qualche ora di riposo – insistette, ma nel dire l’ultima frase si sentì come una ragazzina piagnucolona – credo… lo abbiate capito che potete contare su di me. –
-Non ho bisogno della vostra assistenza, né tanto meno della vostra pietà! – il suo timbrò di voce rimase duro. Lyanna non riusciva a comprendere cosa fosse tutto quell’astio, erano andati d’accordo negli ultimi tempi. Non c’erano più stati diverbi tra loro.
Nella sua mente arrivò forte il ricordo del Re Folle e dei suoi cambi d’umore repentini. Il principe Viserys era stato scostante e taciturno, ma anche amorevole e premuroso… Forse davvero assomiglia più a suo padre che a suo fratello, come mi ero illusa di credere…
-Perché non mi date modo di prendermi cura di voi? – ciò che però uscì dalle sue labbra non fu cordoglio, bensì astio e riluttanza – Dopotutto quella ferita ve la siete provocata per proteggermi! – si avvicinò di qualche passo, i tacchi dei suoi stivali rimbombarono nella stanza – pensate che un volto deturpato possa sconvolgermi a tal punto? Non esiste cicatrice al mondo che possa turbare la mia anima… – indugiò a proseguire ulteriormente. Si portò una mano al petto come se un dolore improvviso l’avesse colta. Sentiva il battito del suo cuore eppure era come se all’intendo del suo torace non sentisse nemmeno il peso di quel muscolo pulsante… ma il dolore permaneva costante. Riguardò la schiena nuda del principe, quella sua irriconoscibile carnagione eburnea, liscia e calda. Conosceva la temperatura della sua cute, non aveva bisogno di toccarla, ma le nacque una strana paura. Per la prima volta si trovò ad esitare di fronte ad una figura maschile dai capelli argentati. Le tornarono alla mente i suoi sogni. Le immagini di suo padre e suo fratello nella sala del trono e la risata agghiacciante del Re Folle le vorticarono nella testa e fu costretta a massaggiarsi una tempia per provare a scacciarle, ma furono le parole del principe a strapparla con forza da quell’irreale verità.
-Parlate come se siete certa di avere un debito nei miei confronti! – ghignò sadico – Ve lo chiedo con gentilezza; andatevene da questa stanza, ho bisogno di riposare e voi non fate altro che irritarmi! – continuò alzando un altro poco la voce, ma Lyanna non gli diede ascolto.
-Non mi pareva di irritarvi fino a pochi giorni fa! – pestò un piede a terra furiosa – Vi siete premurato per me, quando Ser Dayne mi ha minacciata e avvelenata. Nessuno ve l’aveva chiesto, eppure voi vi siete precipitato a soccorrermi. Siete entrato nelle mie stanze, ordinando una costante sorveglianza e impedendo a chiunque di avvicinarsi a me. Pure le mie rose sono state costrette a restare fuori dalla porta, finché non avete cambiato il vostro ordine… Credete che non mi sia accorta che volevate proteggermi da eventuali altre minacce? – Dany fissò allibita prima lei e poi suo fratello. Sembrava non essere a conoscenza di tutti i fatti. Ci fu un altro attimo di silenzio.
-Siete proprio un’ingenua, lady Stark. – rise aspro Viserys, una risata che le fece gelare il sangue nelle vene come la risata di suo padre nella sala del trono… non ebbe nemmeno la forza di porgergli alcuna domanda – Davvero vi siete bevuta quella mediocre storiella? – Lyanna concentrò la sua attenzione sulla scia di una ciocca di argentei capelli, seguendo ogni loro ondulazione partendo dall’attaccatura sulla nuca, fino a ripercorrere le forme morbide che facevano adagiandosi sulle lenzuola. Si costrinse a ricacciare indietro ogni singulto di pianto che stava riaffiorando. Non ne comprendeva nemmeno lei il motivo. Forse la rabbia, o la delusione. Che fosse il rifiuto?
-Cosa intendente dire? – chiese indignata. La sua voce tremò lievemente.
-Non è stato Stella Nera ad usare il veleno. – lo udì sogghignare, assaporando già il gusto della vittoria, mentre la sua mente ancora brancolava nel buio. Si ritrovò ad aprire la bocca ma da essa non ne uscì alcun suono – veramente non avete ancora capito come sono andate le cose? Vi facevo più sagace, Lady Stark. Non avete mai avuto il minimo sospetto che possa essere stato io a passarvi quel siero nocivo? – il tono era tagliente e letale. Lyanna sentì un brivido lungo la schiena. Involontariamente fece un passo all’indietro, poi un altro. Alcune bende le sfuggirono dalle mani e rotolarono a terra. I suoi occhi grigi si ingrandirono sconvolti, mentre tutta una serie di memorie le si ripresentavano nella testa.
Il silenzio invase la stanza per istanti, minuti, ore… non seppe dire quanto tempo era passato, ma ciò che la destabilizzò fu ancora la sua voce melliflua e viscida.
-Ci state arrivando, vero? – ridacchiò ancora l’uomo disteso sul letto – Appena siete entrata in quella sala, con addosso quell’elegante vestito di cui precedentemente vi avevo fatto dono, mi sono avvicinato a voi volutamente, capendo che eravate caduta nella trappola. Vi ho detto una frase, la ricordate? –
-Mi avete… avvisata che sulla vostra bocca… c’era del veleno… - rispose faticosamente con voce spenta, bassa e abbattuta. Si sentiva svuotata di tutto, proprio come era avvenuto il giorno in cui aveva percepito la morte del suo grande amore. Lì, sola in quella stanza ventilata di un caldo tepore del deserto. Ora l’unica cosa bruciante in quella camera, oltre che al fuoco del camino, erano le lacrime che le rigavano le guance perforando profondamente nella pelle, ferendola fino all’anima. Le sentiva scendere e raggiungere perfino il cuore gonfio di un dolorante peso sempre più marcato.
-Esatto, ma voi non lo avete preso come un avvertimento. Siete stata una stupida a fidarvi ancora di un drago. Come già in passato uno vi ha mentito, perché io avrei dovuto fare diversamente? –
Non mi ha mai mentito… voleva protestare, voleva urlarglielo, voleva lanciargli addotto tutto ciò che le sue mani avrebbero afferrato… voleva strappargli quei capelli perfetti e affondare le unghie su quella pelle immacolata. Ma si accorse di non averne la forza.
-Credevate che solo le serpi sapessero usare i veleni? – rise malvagio, ancora quella stessa risata che tutte le notti si ripeteva dall’alto di quel seggio di ferro – I miei doni vi avevano deviata ed illusa, proprio come desideravo. Pensavate davvero che vi stessi corteggiando? – la sua schiena sussultò, mentre continuava a ridere.
-Mi avevate detto che… che sapevate come mettere in difficoltà un dorniano. – provò a dire tentando di trovare una logica in tutto quello. Lyanna ebbe un tremito sulle spalle e si sentì piccola come non mai.
-Ma non che avrei usato questa mia conoscenza a vostro favore. – si giustificò lui subitaneamente – voi forse dovete imparare a distinguere ciò che una persona afferma e l’azione che poi compie. – Lyanna questa volta non ebbe il coraggio di obbiettare. C’era poco da contestare. Era caduta in due trappole ben macchiante: due avversari tra loro che si erano divertiti a giocare con la stessa preda. Lei era stata la vittima, lei lo aveva permesso, senza mai protestare o farsi valere. Aveva agito passivamente quella situazione solo per non dare a Jon altri problemi, o costringere le sue nipoti a venire intrappolate in una vita che nemmeno lei avrebbe mai voluto nel suo passato. Con volto sfiancato riportò nuovamente la sua attenzione su di lui. Forse la regina la stava guardando ora, non le importava, a dire il vero non vedeva nulla, se non una coltre di nubi tremule e acquose. Abbassò le palpebre e un fiume in piena inondò ancora le sue guance.
-Perché? – fu un debole sussurro, ma nessuno parve sentire il mormorio che uscì dalla sua bocca, coperto quasi per intero dal rumore improvviso del catino che si rovesciava a terra senza più niente che lo tenesse sollevato. Le sue mani avevano perso aderenza su di esso, o volutamente lo aveva lasciato andare, non ne era certa nemmeno lei. Restò ad osservare l’acqua che si riversava sul pavimento, bagnando in parte la sua gonna e le punte dei suoi stivali, mentre la chiazza si ingrandiva sotto i suoi piedi.
Lui continuava a ridere, infischiandosene completamente di quanto stava accadendo.
-Non avete minimamente reagito, neanche quando vi ho baciata… - come vetro tagliente quel suono perforava le membra della sua carne più profonda – ditemi, per caso vi siete innamorata di me? –
Lyanna sentì il proprio cuore morire ancora una volta. La stava sminuendo, offendendo e disilludendo. Si rese conto che fino ad ora, l’aveva solo presa in giro. Ricordò ogni momento con terrificante angoscia e precisione; ora molte cose avevano cominciato ad apparirgli per ciò che erano realmente. C’era una solo una domanda che ancora non aveva risposta.
-Perché… anche voi non siete stato male, allora? – chiese distrutta, nella vana speranza che tutto quello fosse solo uno scherzo. Le bastava un briciolo di speranza a cui aggrapparsi, per non lasciarsi andare nuovamente in quell’abisso profondo da cui era riemersa con sudore e fatica. Le bastava un minimo appiglio, qualunque cosa a cui sostenersi, ma non serbava più molte speranze oramai. Non poteva crederci o forse più semplicemente non voleva crederci.
-Qualcuno mi ha passato l’antidoto… in tempo. – disse con voce appena infastidita. Lyanna capì di chi stesse parlando, annuendo con la testa svilita.
- Il bacio con Tyene… Lei vi ha dato la cura. – aveva aperto la bocca scioccata per non averlo capito prima. La regina spostò l’attenzione ora su di lei. Un’inquietudine particolare attraversava i suoi occhi, ma quello era niente rispetto alla delusione che stava prendendo possesso della sua anima e del suo cuore.
-Complimenti, lady Stark, ci siete arrivata… in estremo ritardo, ma ci siete arrivata. – le fece notare schernendola ulteriormente. Questo le diede ancora la forza per continuare ad obbiettare un’ultima questione.
-Perché restare con me durante tutta la mia convalescenza? – nei suoi occhi continuava ad uscire la disperazione che si era accumulata dentro di sè. Un forte ventriglio cominciava a risalirle lungo la gola, facendole tremare la voce. Lui, insensibile com’era, probabilmente non poteva accorgersene, ma Daenerys sì, e ne ebbe conferma, dal modo in cui si voltò verso il fratello. Lo fissò con sguardo rammaricato, come se lo stesse supplicando di smettere quella farsa da guitti, ma come poteva lei sapere la verità? Quella verità che per Lyanna era stata realtà, una situazione difficile da affrontare, sia fisicamente che mentalmente, assoggettata dalle fatiche del veleno durante le veglie alternate agli incubi delle reminiscenze del passato.
Non le importava nulla in quel momento di mostrarsi debole di fronte alla regina; le avrebbe permesso pure di affondare il coltello nella piaga… forse con un colpo in più il dolore sarebbe cessato, le bastava solo un colpo forte al cuore… proprio come sapeva era accaduto a lui… e poi le tenebre l’avrebbero avvolta e ogni tormento sarebbe cessato.
Jon… fu l’invitabile pensiero che le fece provare vergogna di aver anche solo pensato una simile sorte. Si asciugò frettolosamente le guance fradice e anche quelle gocce di tristezza ferme sul suo mento. Un moto di stizza mescolato all’orgoglio ancora sopravviveva sotterrato da tutto quel dolore. Che la beffeggiassero entrambi; erano delle creature infide e spietate. Sentì il principe sbuffare e ridere malvagio. Ancora una volta glielo permise.
-Mi sembrava di essermi spiegato chiaramente al banchetto. Stella Nera era andato su tutte le furie, quando ho pretendere il diritto sulla prima notte. – Dany assottigliò lo sguardo incredula a ciò che stava sentendo. Lyanna la vide sobbalzare, quando incrociò il suo sguardo. Sapeva che i propri occhi erano diventati gelidi come il ghiaccio. Era una cosa che gli avevano sempre detto; quando si sentiva minacciata e offesa innalzava una muraglia dentro di sè. Le sue mani strinsero le poche bende con rabbia. Mosse un passo a terra, i cocci sotto al suo stivale scricchiolarono emettendo un rumore sinistro. Non le era chiaro quali fosse le sue vere intenzioni. Forse la sua mente voleva che si dirigesse verso di lui, chiudendogli le dita delle mani sul collo o semplicemente i suoi piedi volevano allontanarla da quella stanza? Abbassò gli occhi quasi senza comprendere da dov’era arrivato quel rumore… rialzò lo stivale e cercò di posizionarlo dove il pavimento era sgombro… ma non c’era spazio né per il suo piede, né per lei in quella stanza. Quella chiazza d’acqua aveva creato un laghetto nero, che le rammentava la stessa pozza ai piedi dell’Albero Diga… era forse quello il luogo che in quel frangente avrebbe voluto raggiungere eppure non riuscì a muovesi da lì. la pozza scura circondata dai pezzi rotti del catino le facevano venire alla mente i frantumi della corazza del suo principe ed il sangue che sgorgava dal suo petto prima di emettere il suo ultimo anelito di vita…
Grosse lacrime le bagnarono nuovamente guance, labbra e mento fino a scendere a terra alimentando quella chiazza, ma la sua mente era riversa nell’immagine di lui sul letto di quel fiume. Non si era nemmeno resa conto di aver ricominciato a piangere. Se ne accorse solo perché il suo petto si sollevava a causa dei singhiozzi che tradivano il suo stato d’animo. I seni premevano nella scollatura dell’abito azzurro, le lacrime vi scendevano sopra, facendoli brillare come grosse perle. La stola di pelliccia di lupo bianco sulle spalle vibrava, per il tremore incontrollato del suo corpo. Non riuscì più a trattenersi e si portò una mano al petto come se questo le avrebbe aiutato in qualche modo a respirare meglio.
-Siete davvero il mostro che credevo! – urlò adirata, piegando la schiena in avanti e premendosi le braccia al petto. La sua voce rifletteva il suo stato emotivo e fisico – non permetterò che vi avviciniate mai più ne a me, né a mio figlio! Mai! – odio e risentimento fusi assieme nell’unico gioiello prezioso che possedeva ancora.
-Rammentate l’alleanza, Lady Stark! – rispose invece lui calmo – Vostro figlio si troverebbe schiacciato dall’esercito del fuoco a sud e da quello del ghiaccio a nord. – si espresse grave – pensate che sia questo il suo destino? –
Lui è l’unione del ghiaccio e del fuoco… Lyanna si ritrovò ad aggrapparsi a quell’unico pensiero, ma dentro si sé sapeva che anche le parole del principe potevano essere vere. Era stata la sua paura più grande, non appena aveva saputo dell’esistenza dei due Targaryen che avevano ripreso possesso della capitale.
-A maggior ragione mi vedo costretta a ripetervi una frase, che mi ero ripromessa di non dirvi più. –
-Non ci provate. – il principe, come se lo avesse intuito la redarguì minaccioso.
-Siete la copia esatta di vostro padre… Folle e senza speranza! – ignorò la sua protesta, talmente era piena di risentimento e delusione, ma sostenne quell’affermazione con fierezza, tornando con la schiena eretta, mentre le lacrime le stavano scendendo lungo le guance senza ritegno.
-Andate via dalle mie stanze immediatamente, se non volete provare sulla vostra pelle l’ira di un drago! – urlò il principe, ma ormai non c’era più motivo che la spingesse a rimanere. Non gli permise nemmeno di finire la frase che uscì incollerita dalla stanza, sbattendo la porta sui cardini. Ser Barristan abbassò gli occhi al suo passaggio, ma Lyanna aveva ormai già messo le mani ad occultare i suoi, intrisi di malinconica tristezza e doloroso patimento.
 
Dany la guardò allontanarsi, per la prima volta provava profonda e vera commiserazione. Si rese conto di non averla mai vista così fragile come pochi istanti prima. La lady di Grande Inverno non si era mai mostrata così debole ai loro occhi, non permetteva ai suoi nemici di vederla in lacrime, ma era pur sempre una donna e come tutte a volte crollava.
-Non pensi di essere stato troppo duro con lei? – nel porgergli quella domanda, riposò lo sguardo su quegli sconvolgenti occhi indaco. Vide che erano lucidi e che la malinconia li aveva avvolti ancora.
-Era indispensabile… che la allontanassi da me. – la sua voce era rotta da un’angoscia che non permetteva di manifestarsi – non deve sapere… non ancora, almeno. – Dany comprendeva che pronunciare quelle parole gli stava costando un’enorme fatica. Lo vedeva nelle increspature della sua fronte e nella stretta convulsiva delle sue dita sul lenzuolo. Stava soffrendo e c’era solo un modo perché il suo sorriso tornasse a vivere. Dany doveva provare ad avvicinarlo se non a lei, almeno a suo figlio Jon. E poi c’era sempre quella questione dei draghi rimasta in sospeso.
-Rhaegar… - gli mise una mano sulla guancia – Mi impegnerò ad insegnare a Jon ad interagire con Rhaegal, ma ho bisogno ancora del tuo aiuto. – notò che aveva attirato la sua attenzione, era un Targaryen dopotutto. I draghi erano la loro vita – Anche tu hai dovuto imparare a gestirlo, per cui avrà bisogno dei tuoi consigli… Te la senti di darmi una mano? –
-Hai udito le parole di Lyanna… non mi permetterà di avvicinarlo più. Ciò che pensa e dice, poi lo mette in pratica in una maniera o nell’altra. – disse con un tono abbattuto che mai gli aveva sentito.
-E se facessimo in modo che fosse lui ad avvicinarsi a te? –
Lui le sorrise dolcemente grato alla sua iniziativa speranzosa; una lacrima solitaria gli scese sullo zigomo fino a raggiungere la fodera del cuscino, per venire assorbita dalla stoffa.
Ho giurato a me stessa che avrei cancellato tutta la malinconia che avevi nel cuore, ma ora ho compreso che non sarà mai possibile… Solo lei è in grado di farlo. E più la tua lady si allontana da te, più le tue angosce tornano a devastarti. Devo trovare un modo per farvi tornare a parlare ancora, anche se questo vorrà dire avvicinarmi di nuovo a Jon… e aprire le ferite che ho nel mio cuore.

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Capitolo 42
*** Fuoco Congelato ***


Dopo quell’agghiacciante ed umiliante esperienza Lyanna si tenne a debita distanza dal principe. Aver preso coscienza che dietro al suo avvelenamento c’era la sua presenza, l’aveva fatta sentire un’ingenua ragazzina e le aveva tolto ogni fiducia in quell’uomo, privo di cuore e capace solo di offrire fittizie cortesie. Questa sconvolgente rivelazione l’aveva profondamente delusa, ma ciò di ancor peggiore, era che lei si sentiva amareggiata maggiormente da sé stessa.
Durante quei giorni di convalescenza a Deepwood Motte, lo aveva creduto il suo salvatore e giorno dopo giorno si era sempre più convinta che fra loro fosse nato un solido legame di fiducia reciproca; invece era mera illusione. Era incredibile, eppure da quando era ritornata in vita, ogni volta che sentiva nel suo cuore di incontrare qualcuno che gli potesse dare un senso si appartenenza, accadeva qualcosa che la costringeva a serrare la propria anima dietro ad uno spesso strato di ghiaccio. Era avvenuto con Marlene, che ora per causa sua era morta, e poi era avvenuto era avvenuto con Ser Barristan, al quale si era abbandonata solo per un istante al suo abbraccio, come ad un padre affettuoso, quasi immaginando che il fatto che anche lui conoscesse Rhaegar potesse in qualche modo riportarglielo in vita. Infine aveva perso ogni cognizione di spazio e tempo col principe Viserys. Sapeva di aver azzardato nell’avvicinarsi a lui, tuttavia ogni passo che sentiva di aver compiuto, veniva irrimediabilmente rovinato da un evento, da una sua parola o da un suo gesto.
Nel suo caso non comprendeva nemmeno lei cosa davvero aveva scatenato questo loro ravvicinamento, ma qualcosa era avvenuto. Il fatto che fosse stato ferito nell’attacco degli Estranei per difenderla, le aveva dato una vana speranza che in lui ci potesse essere del buono. Una volta tornati a Grande Inverno era stato subito curato, lei aveva impartito ordini affinché gli arrivassero coperte ulteriori, piatti più sostanziosi e domestici servizievoli e riservati. Ma lui l’aveva ugualmente allontanata.
Probabilmente era la cosa migliore per tutti, o più semplicemente dietro a questo bizzarro comportamento, c’era un ordine della regina stessa, accortasi di qualcosa che Lyanna non era nemmeno certa esistesse realmente.
Pure il principe dal canto suo, cercò di evitarla da quel momento. Se si incrociavano nei corridoi, cambiava repentinamente strada; eludeva accuratamente ogni sorta di attività che coinvolgesse la presenza di uno Stark e durante le riunioni a cui era obbligato a partecipare, si teneva in disparte, solitamente in un angolo della stanza ad osservare la discussione senza prenderne parte o richiedere la parola.
Lui e sua sorella erano tornati a consumare i pasti esclusivamente nelle loro stanze, a confabulare negli anfratti degli androni o a darsi appuntamenti nei corridoi, dove poi sparivano dentro una delle stanze a cui mettevano la vigile sorveglianza di Ser Barristan o di qualche altro uomo a loro fedele. Le voci sulla loro relazione incestuosa erano tornare a diffondersi tra le mura del castello. Lyanna aveva fatto qualche domanda ad Elanon in merito, ma lei era rimasta vaga a riguardo, tuttavia la lady aveva ricevuto la sua conferma grazie a Arya, che le aveva riferito i sussurri di alcune cameriere che dicevano di averli trovati distesi assieme sul letto semi vestiti.
Era dunque spiegato perché il comportamento del principe fosse tornato così freddo nei suoi confronti. Adesso aveva di nuovo fra le braccia il corpo della donna che desiderava, senza più essere obbligato a richiedere un diritto eluso negli anni, accontentandosi degli avanzi di suo fratello.
Quasi certamente la regina era venuta a conoscenza del loro bacio, o di qualsiasi altra cosa era avvenuta a sua insaputa. Magari lui stesso gliene aveva parlato, ridendo malignamente dei suoi vaghi tentativi di negarglielo, e questo aveva conseguito il suo netto allontanamento. Eppure una parte di lei non poteva che pensare che tutto fosse dipeso dalla volontà propria dello stesso principe.
Quando era andata a trovarlo nella sua stanza, le era sembrato che la regina non fosse a conoscenza di molti particolari della loro missione, invece lui era deciso a liquidarla fin dal primo istante.
Qualunque cosa le venisse in mente, non le dava alcun appagamento, ma dopotutto non era quello a tormentarla maggiormente.
Un marcato pensiero andava costantemente a suo figlio. Alla sua intera esistenza… al motivo per cui era stato concepito… e a come poterlo tenere lontano da ogni tenebra che lo poteva avvolgere.
Jon era diventato più taciturno e restio negli ultimi tempi. C’erano giorni in cui le ricordava molto il timido silenzio di Ned, ma non riusciva a non collegarlo anche alla malinconica visione di Rhaegar nei momenti in cui la sua anima si perdeva nella solitudine del suo passato. Lyanna si era accorta che qualcosa in lui era cambiato, ma non era riuscita a comprendere appieno i turbamenti di suo figlio. Lui non ne voleva parlare, forse per sua scelta, o forse per non aggravare maggiormente la sua anima frantumata; sapeva che metteva sempre in primo piano lei, a discapito di se stesso, ma non sapeva come aiutarlo. Era però cosciente che tra Jon e Daenerys il legame si era come consolidato. Spesso li scorgeva passeggiare sulle mura o nel cortile assieme. Parlavano fitto tra loro, non era certa che le argomentazioni potessero essere riguardanti a conflitti interni tra i clan o lord, o a strategie politiche e belliche. Ma di una cosa era certa: in quelle occasioni, Jon aveva negli occhi una strana luce, e la sua fronte a tratti pareva più serena, a tratti più tormentata. Ogni ombra spariva dai suoi occhi, ma il suo cuore ne sembrava sempre soffrire. La ragione di tutto questo però le era sconosciuta.
 
Seppur tra i due sovrani il clima fosse migliorato, le giornate trascorrevano molto tese a Grande Inverno. Stavano avvenendo numerosi attacchi alla Barriera, localizzati in punti sempre nuovi, ma mai decisivi; come se gli Estranei stessero cercando un punto fragile per poter attraversarla.
Jon era sempre in allerta e spesso aveva proposto l’idea di intervenire con i draghi e combattere la battaglia decisiva, prima che potessero scendere a sud.
Durante un concilio la regina Daenerys, sotto consiglio di suo fratello, aveva deciso di dare inizio all’addestramento del giovane Lupo Bianco con i maestosi draghi. Da quel giorno vennero pianificati dei veri e propri allenamenti, circoscritti fuori dalle mura del castello, in una radura non molto distante, circa un’ora da cavallo, o mezz’ora andando veloce. Lyanna conosceva molto bene la strada e quel luogo; era una vecchia fortezza abbandonata, dove era solita andarci con i suoi fratelli e con i ragazzi del villaggio. Popo distante da lì vi era una roccia bassa e piatta, dove Lyanna sapeva che suo padre Lord Rickard era solito giustiziare i ribelli e i disertori. Gliene aveva parlato Benjen a suo tempo, e sapeva che anche Ned aveva impartito le leggi del re allo stesso modo, con quell’aria completamente affranta e distaccata, come se il ruolo di boia del re, gli costasse molto del suo animo. Temeva il giorno in cui avrebbe visto suo figlio fare altrettanto, sapeva che aveva già ucciso degli uomini, per salvarsi la vita, in battaglia e perfino per giustizia personale, ma sarebbe stato diverso ora che i suoi occhi avrebbero visto un episodio simile. Se c’era una cosa che Lyanna aveva compreso di suo figlio era che non amava uccidere, non amava impugnare una spada se si poteva trattare in maniera civile una resa, ma se era necessario brandiva la sua Lungo Artiglio con onore e coraggio… Tipico di Rhaegar… Jon se solo tu sapessi quanto di lui vive in te…
Rammentava ogni singola pietra, ogni cespuglio, ogni albero di quel posto. La grande quercia, i tre alberi diga appena si entrava nel sentiero del bosco, il ruscello che serpenteggiava tra i ciuffi d’erba o si celava tra i mucchi di neve. Ricordava la sfumatura delle pietre quando il sole le rischiarava alle prime luci dell’alba, tinteggiandole di quel colore rosato, o quando nel pieno mezzogiorno sembravano brillare come le lame in acciaio. E non riusciva a dimenticare la stanza superiore, quella senza il tetto e per metà priva pure di una parete… quante volte coi suoi fratelli si era lanciata da quel piano, atterrando sulla neve fresca al di sotto come un trampolino nel vuoto. Il lord loro padre non era mai felice di vederglielo fare, diceva che una lady non doveva comportarsi in quel modo, ma quando lei faceva quegli occhioni dolci, Lord Rickard non poteva resistere e gliene concedeva uno di salto, che poi veniva frequentemente prolungato a due, tre, quattro, cinque… Rideva anche lui alla fine, e Lyanna era sempre stata convinta che se non ci fossero stati con lui i lord alfieri o i suoi uomini fedeli, sarebbe salito anche lui e si sarebbe buttato… con lei, con Brandon, con Ned, con Benjen. Un tempo la sua famiglia era unita, proprio come un branco di lupi che seguivano il suo alfa… poi tutto era stato distrutto dal fuoco dei draghi, fuoco di cui lei era stata la scintilla che lo aveva innescato. Un fuoco che aveva incendiato tutti i Sette Regni, e che aveva portato alla morte migliaia di persone in entrambe le fazioni. Un fuoco che aveva reso il mondo quello che era adesso e che aveva costretto suo figlio a vivere nella condizione di orfano a sua stessa insaputa. Si sentì quasi in colpa per avere dei ricordi così felici del suo passato, quando lui aveva dovuto invece sempre combattere per ottenere un sorriso o un complimento. Ripensò ancora a quella fortezza e alla voglia di poterci andare, quasi come nella speranza di dimenticare le brutte cose passate, per accogliere nel suo cuore i momenti belli della sua infanzia che il suo cuore aveva completamente rimosso.
Ma c’era solo un problema: non le era concesso di andare, almeno non quando loro erano lì con i draghi. La scusante era che volevano evitare incidenti involontari a qualsiasi altra forma di vita; Jon stesso le aveva espressamente chiesto di tenersi lontana da quel posto. Le aveva preso le mani e l’aveva guardata intensamente con i suoi occhi grigio scuro.
-Ti prego madre, non seguirci. Non voglio che ti avvicini mai a quella fortezza, se sono lì con loro. – Lyanna gli aveva appoggiato una mano sulla guancia, la manica sfasa era ricaduta all’indietro fermandosi sul gomito. Era altissimo rispetto a lei, ma era un’altezza a cui era abituata.
-Non ti permetto di andare. Sarai esposto e privo di protezione. – aveva cercato di farlo ragionare – saresti un bersaglio facile, porta con te almeno degli uomini… -
-Chi, madre? – le aveva chiesto sarcastico lui – chi può mai fermare il fuoco di un drago, se mi volessero attaccare? – aveva perfettamente ragione e Lyanna non ebbe alcuna risposta da dargli. Si morse un labbro e la sua mente formulò solo un’invocazione. Rhaegar…
Chinò la testa sconfitta, l’unica salvezza per suo figlio era anche l’unica risposta alle sue sofferenze… ma lui non sarebbe più tornato da lei… da loro.
Jon le mise due dita sotto al mento, un gesto fin troppo dolce e delicato per la sua forte mano da guerriero. Un gesto che apparteneva all’uomo raffinato che era stato suo padre. Gli occhi di Lyanna divennero lucidi al pensiero che anche nei piccoli gesti, Jon glielo ricordava enormemente.
-So che sei preoccupata per me, ma non devi tormentare il tuo cuore in questo modo. Io so cavarmela e loro hanno avuto mille occasioni per uccidermi, ma non l’hanno mai fatto. – le aveva rivolto sorriso tirato – dopotutto penso che potremmo dar loro un po’ di fiducia, non ti pare? – Lyanna si era trovata a sorridergli a sua volta, ma non convinta del tutto. Non sai con che razza di gente abbiamo stretto le nostre alleanze, cucciolo mio…
Il sorriso che gli aveva rivolto non era in realtà riferito al suo discorso, ma al modo in cui lui le si era rivolto. Come aveva sempre disprezzato che si rivolgessero a lei rimarcando il titolo di lady, disdegnava maggiormente l’uso dei toni formali nei suoi confronti; sia che si trattasse di servi, sia di lord. Con suo figlio quasi non poteva permetterlo, non solo perché lui era un re, ma proprio per una questione di principio: era suo figlio, era suo sangue, era suo pari. Poteva comprendere il rispetto che solitamente si ha con una persona adulta, ma in fin dei conti seppur li separassero sedici anni sulla carta, allo stato attuale loro erano quasi coetanei. Jon fin da subito si era rivolto a lei in modo educato e rispettoso, come faceva con i suoi vassalli; lord, lady, ser… come anche avrebbe fatto con uno sconosciuto, o con una madre bacchettona. Ma lei non era niente di tutto ciò e un giorno, esasperata, glielo aveva fatto notare.
-Per favore Jon, parlami come fai con le tue cugine. In fin dei conti ho l’età di Sansa; anno più, anno meno. Non mi devi per forza considerare come una donna adulta e rigida all’etichetta. –
-Ma siete pur sempre mia madre e vi devo rispetto. – Lyanna allora ci aveva pensato un po’ su.
-Troviamo un compromesso. – aveva proposto – rivolgiti a me chiamandomi pure madre se lo desideri, io preferirei meglio mamma, ma sta a te decidere. –
-Mamma viene usato per la gente del volgo… non potrei mai considerarvi tale, siete pur sempre una lady. –
-Non sono certo una bigotta come la madre che ha cresciuto i tuoi cugini! – precisò adirata – e se mi consideri tale, mi arrabbio! – gli fece un sorriso e una carezza – voglio inoltre che coniughi i verbi come fossi tua sorella, come fossi tua pari – Jon l’aveva guardata sconcertato.
-Non so se riuscirò… - cercò di dire, ma lo sguardo di rimprovero che lei gli aveva lanciato, gli aveva fatto cambiare idea – e va bene, ci proverò almeno. Promesso. –
-Una promessa per uno Stark, vale più della sua vita e del suo stesso onore. – aveva precisato lei.
-Lo so, madre. Mio padre… voglio dire Ned Stark, me lo insegnò. Molto tempo fa. – Lyanna lo strinse tra le sue braccia, ripensando amaramente alle sue parole. Mio padre… Ancora il suo cuore gli impediva di aprire gli occhi sulla realtà.
 
Tutta la contentezza che aveva provato per quel compromesso, era svanita la mattina del suo primo allenamento coi draghi. Lyanna era estremamente tesa all’idea che suo figlio sarebbe partito da solo con i due Targaryen fra meno di un’ora. Nessuno sarebbe andato con lui. Nessuno avrebbe potuto difenderlo da un vero drago, ma il timore che provava in realtà, non era tanto per le bestie leggendarie credute estinte da secoli, bensì ciò che la rendeva poco tranquilla erano i draghi a due gambe: la regina ed il principe. Nel suo cuore sentiva di non potersi fidare di loro.
-Madre, tornerò per cena. – le aveva assicurato lui. Spero che tu non sia la loro di cena. Lyanna lo aveva cinto in un abbraccio materno.
-Sarò qui ad attenderti con ansia. – gli aveva risposto invece, staccandosi poi da lui vistosamente affranta. Con lei c’erano anche Sansa e Arya, anche loro erano inquiete, ma ognuna per i suoi motivi. Quelli della sua nipote maggiore erano molto simili ai suoi, la minore invece era irritata semplicemente perché neppure a lei era stato concesso di andare. C’erano perfino Tormund e Val, si erano offerti di seguirlo e restare distanti, anche in quel momento glielo avevano ripetuto, ma Jon aveva negato anche a loro quel permesso. Alle loro spalle Lady Brienne e di fianco a lei Ser Barristan, con il suo mantello bianco che osservava i signori dei draghi con orgoglio. Lyanna si era domandava se quell’atteggiamento non fosse lo stesso che aveva rispettato anche col Re Folle…
Benjen Stark invece era rimasto sul palanchino rialzato, a debita distanza da loro, controllando la scena dall’alto come un ranger dei Guardiani della Notte.
Jon gli aveva fatto un unico cenno col capo, prima di salire sul suo nuovo stallone. Lo aveva girato su se stesso, indirizzandolo poi verso la porta principale delle mura del castello. Obsydian, lo aveva chiamato, Lyanna ricordava ancora il sorriso del giovane quando lo aveva visto per la prima volta alle scuderie. Il suo precedente destriero era stato gravemente ferito nella battaglia contro gli Estranei sulla radura della Foresta del Lupo, quando era giunto in loro soccorso. Erano stati costretti ad abbatterlo e a dar fuoco alla sua carcassa, prima che si risvegliasse come uno spettro demoniaco ed attaccasse uomini o altri cavalli. Lyanna si era subito messa in moto per trovargli un’adeguata cavalcatura degna di un re, ma aveva trovato numerose difficoltà a far giungere la notizia a tutti i loro vassalli a causa delle sempre frequenti tormente di neve, per niente convinta che esistesse in quelle terre qualcosa di adatto. E Jon aveva una forte premura di possedere un cavallo valido al suo ruolo di condottiero. I destrieri presenti nelle loro scuderie erano limitati, e per lo più ronzini, palafreni e stalloni, già appartenenti a cavalieri e ad altri lord. Lyanna era sicura che chiunque di loro avrebbe offerto il suo cavallo a Jon, pur di accattivarselo e ottenerne così favori in cambio, soprattutto dai loro alleati del sud. La gente del Nord invece era totalmente diversa, ma gli unici bravi cavallerizzi erano i signori delle Rills, ai quali Lyanna aveva già mandato un corvo, e attendeva risposta.
Ma il principe Viserys l’aveva anticipata sul tempo. Si era affaccendato per fargli arrivare un magnifico esemplare da chissà dove e facendogliene dono. Era sempre così incomprensibilmente imprevedibile e astutamente generoso. Lyanna aveva già avuto modo di scoprirlo con gli abiti che giornalmente le aveva fatto trovare durante il periodo del loro viaggio assieme, ma quest’affronto proprio non se l’era aspettato.
Durante una giornata soleggiata, Lyanna aveva pensato di andare a fare una cavalcata al limitare della Foresta del Lupo commissionata da Maestro Sam per cercare radici e piante. Con lei si erano unite Meera, Arya e Alys Karstark, una delle sue nuove reclute appena giunta da Karhold e a quanto pare molto dedita agli Stark, soprattutto a suo figlio. Due uomini del nord e tre bruti erano stati messi come loro scorta, anche se lei non sopportava la necessità di una guardia personale, aveva dovuto desistere per accontentare suo figlio.
Nel primo pomeriggio erano già di ritorno e si apprestavano a riporre i cavalli alla staccionata di fronte alle scuderie, dove le aspettavano alcuni giovani stallieri per provvedere alle cavalcature. Le fanciulle che erano con lei fecero in fretta, invece Lyanna si attardò, improvvisamente colta da un senso di malessere nel cuore, per aver scorto suo figlio in compagnia del principe Targaryen. Aveva avvisato sua nipote e le altre sue amiche che potevano andare a scaldarsi all’interno del castello, mentre lei avrebbe sbrigato un’ultima faccenda. In realtà era una menzogna e pregò gli Antichi e i Nuovi Dei che Arya non sospettasse nulla, ma non c’era mai da stare tranquille quando la osservava con quei freddi occhi di ghiaccio.
Aveva poi aggirato l’edificio di legna e paglia, per giungere in prossimità del recinto dei cavalli, restando però celata dietro ad un divisorio di legno. Grazie ad alcune feritoie tra le assi riuscì ad assistere alla scena senza che loro la vedessero. Erano presenti solo Jon ed il principe, con loro vi era un magnifico esemplare che la fece restare a bocca aperta. Era uno stallone dal manto nero talmente lucido che pareva ricoperto da una coltre di ossidiana liquida e vellutata. Le orecchie bene erette, le zampe robuste e muscolose, il collo forte e la schiena ben delineata. Era perfetto e Lyanna non fece alcuna fatica a immaginarsi suo figlio a cavallo di quel nobile destriero. Sembrava fatto appositamente per lui. La particolarità che più le piacque poi erano le frange della criniera e della coda. Avevano una sfumatura che andava dal nero e diventava via via sempre più argentata. Trattenne il fiato a quella vista e si costrinse ad abbassare gli occhi sul suolo. Una strana associazione mentale le portò l’immagine di capelli scuri mescolati a quelli biondo argento tra le lenzuola. Si dovette appoggiare alla cinta di legno per non crollare a terra.
-E’ bellissimo, principe Viserys. Non so come siate riuscito a trovare un simile esemplare ed a farlo arrivare fin qui. – Jon stava esprimendo il suo pensiero meravigliato, ignorando ancora i suoi secondi fini che Lyanna aveva invece già cominciato a sospettare ci fossero – qui a nord non giungono bellezze di questo genere. –
-Un membro della famiglia reale, temo necessiti di adeguate cavalcature in ogni parte del regno nel quale decide di abitare. – aveva detto Viserys, compiaciuto del suo apprezzamento.
-Forse a sud funzionerà anche in questo modo, ma qui al nord è diverso. Soprattutto in questo periodo – aveva ribattuto Jon caparbio – il gelo e la fame rendono non solo gli uomini più deboli, ma anche i loro animali. Siamo gente umile e ci accontentiamo di quanto riusciamo a trovare, senza mai ostentare ciò che non possiamo esibire con orgoglio. –
-Sono a conoscenza dell’onore che vige da secoli nella casata degli Stark, ma mi risulta anche che in passato nella vostra famiglia esistessero abili cavallerizzi per i quali venivano selezionati i migliori destrieri che si riuscivano a trovare – gli svelò – e so che al momento attuale, voi necessitate di una cavalcatura. Il vostro cavallo, se non erro è stato abbattuto a causa di una profonda ferita su un fianco. – stava accarezzando il muso dell’animale, tenendolo per le briglie. Questo si muoveva stranamente agitato. Lyanna riconobbe nella carezza della sua mano lo stesso tocco dolce che aveva avuto anche nei suoi riguardi. Una piccola parte di lei non capiva come quel cavallo non la potesse apprezzare… Era chiaro che fosse da domare e non aveva dato quindi, ancora la fedeltà ad un padrone.
-Io possiedo già un perfetto compagno. Ēbrion mi ha sempre servito bene e non ho alcuna intenzione di separarmene. Lui… - indicò il muso dello stallone di fronte – lui l’ho fatto arrivare appositamente per voi. – Jon scrutò la sua maschera incredulo.
-State scherzando? – il ragazzo aveva fatto un passo indietro, arcuando le sopracciglia in un’espressione sbigottita e raggelata – non… non posso accettare un dono da voi. –
-Oh, certo che potete. Ne avete addirittura la legittima facoltà. – si impuntò Viserys porgendogli le briglie – Per prima cosa siete un re; e come sovrano vi è indispensabile un destriero forte e leale, e penso che questo faccia proprio al caso vostro. Mi hanno detto che ha un vigoroso temperamento ed è sufficientemente robusto per resistere a lunghe cavalcate nei climi più rigidi. – gliel’aveva fatta, Jon ora doveva trovare un diverso modo per rifiutare quell’offerta. Lyanna rimase in ascolto col cuore in gola.
-Seconda cosa… temo di essere involontariamente stato la causa della perdita del vostro precedente destriero. Mi sono giunte voci che è stato impressionato più da Rhaegal, quando vi si è avvicinato, che dall’estraneo a cavallo di un orso polare… - sbuffò ironico – vi ha disarcionato e ha cambiato direzione, scontrandosi con una lancia di un immacolato. Per quanto sia immensamente felice, che voi siate uscito illeso da questo inconveniente, non posso pensare che il mio drago o un mio soldato siano la cagione della vostra perdita. –
-Non dovete sentirvi responsabile… - cercò di obbiettare lui confuso – durante una battaglia capita spesso di perdere cavalli o uomini. –
-O la propria vita… - aggiunse sospirando il principe con voce bassa e distante, mentre Jon accettava restio le redini che gli porgeva. Lyanna strinse i pugni contrariata, ma qualcosa le fece smorzare quella tensione nell’istante in cui constatò una cosa che fino a prima, le era sfuggita. I due uomini erano alti uguali… restò per un lungo momento a fissarli trattenendo il respiro, poi una consapevolezza amara la colse. Ovvio, stupida, sono legati dallo stesso sangue… Seppur Jon assomiglia a me in aspetto, ha comunque ereditato qualcosa anche da Rhaegar e suo fratello Viserys gli assomigliava tantissimo già da bambino, è chiaro che crescendo non abbia fatto altro che ripercorrere i suoi passi.
-Tuttavia c’è ancora un’ultima ragione che mi spinge a donarvi questo cavallo. – il principe aveva di nuovo preso la parola, rendendo vaga ogni possibilità di Jon di poter respingere una buona volta quest’insana bontà d’animo – voi ci avete aperto le porte del vostro castello pur sapendo la pericolosità che rappresentavamo per voi e la vostra gente. Abbiamo tre draghi, due eserciti stranieri, incrementati dai soldati dei nostri alleati del sud. Gente che vi furono avversaria nell’ultima guerra che vi vide protagonisti e vincitori. – abbassò il capo, per poi rialzarlo direttamente verso di lui – Vi siete fidato unicamente sulla nostra parola. È un comportamento onorevole e denota quanto nobile d’animo siate. Non ritengo che la vostra sia semplice umiltà, ma coscienziosa responsabilità per ogni forma vivente che è sotto la vostra tutela. E sono quasi certo che ora pure noi facciamo parte di questo vostro dovere, non è così? –
Jon aggrottò la fronte e lo fissò titubante.
-Siete sulle mie terre e devo provvedere affinché non vi venga fatto alcun male… - provò a dire – qui i Targaryen non sono ben accetti, non posso cambiare questa verità, ciò che scatenò la Ribellione di Robert, fu devastante per la nostra famiglia che venne decimata senza alcuna ragione lampante. –
-Il nord non dimentica. – citò Viserys, spostando lo sguardo di lato. Quando tornò a parlare, la sua voce era pacata e sofferta – non potrò mai rimediare al danno che il Re Folle commise quel giorno, ma bramo affinché voi non consideriate un figlio per i peccati del padre… per cui accettate questa mia offerta in segno della mia riconoscenza per aver tenuto al sicuro mia sorella durante la mia assenza e per aver saputo mantenere rapporti di pace con noi, seppur gli avvicendamenti non siano sempre stati dei più armoniosi. – abbassò il capo e con quello anche il busto.
-Aspettate… - disse Jon preso in contro piede, alzando entrambe le mani. Lyanna si accorse che suo figlio sembrava a disagio – voi non dovete ringraziarmi, né tanto meno inchinarvi a me. Appartenete a Daenerys, non voglio che vostra sorella pensi che sto cercando di rubarle i suoi consiglieri. – deglutì in imbarazzo tornando a guardare il cavallo – se ci tenete così tanto, accetto il vostro dono con immenso piacere, ma solo perché come dite, ho la necessità imminente di avere un destriero e non perché penso di ripagare alcun debito nei vostri confronti, sia ben chiaro. – si erano nuovamente fermati a fissarsi negli occhi. Jon gli sorrise e anche il principe rispose.
-Come a voi compiace, timpys zokla – piegò leggermente il capo in segno di reverente gratitudine, Jon arcuò le sopracciglia.
-Perdonate ma… non ho afferrato le vostre ultime parole. – si grattò la fronte confuso.
- Oh scusate, tendo ad usare terminologie nelle lingue arcane spontaneamente, non rammentando che non tutti le comprendono… - Lyanna storse il naso, con lei non aveva usato una lingua straniera – E’ Antico Valiryano. – gli spiegò poi – vi servirà se vorrete imparare a comunicare con i draghi. –
-La mia conoscenza di questa lingua è pari a zero. Ho ricevuto gli stessi insegnamenti del primo erede di un lord, ma qui a Grande Inverno non è richiesta una dottrina simile. – cercò di giustificarsi – però se mi servirà coi draghi, avrò sicuramente bisogno di un insegnante. –
-Ne avrete due, mio re. Mia sorella ed io… - Jon sembrò innervosito.
-Non voglio distrarre la regina Daenerys dai suoi doveri incombenti. Vedo già cosa comporta il peso di dover governare il regno da lontano… richiederle un ulteriore mansione mi sembrerebbe disonorevole. Non voglio sovraccaricarla di un ulteriore peso. –
-Allora accettate la mia offerta di insegnarvi personalmente quella lingua. – Lyanna fu certa che quella conquista fosse in qualche modo pensata fin dall’inizio – Fintanto non ci sarà da muovere gli eserciti, io sarò a vostra completa disposizione… se voi lo vorrete, ovviamente. – Jon fece un movimento del capo.
-Certo, principe Viserys. Sarei lieto di avervi come mio maestro. – gli sorrise.
Lyanna ebbe fremito e nell’immediato istante in cui lo intuì, sentì all’interno del proprio cuore una crepa. Qualcosa che lei mai sarebbe potuta riuscire a fare… una mansione che avrebbe certo desiderato compiere Rhaegar. Lui amava quella lingua… Jon te l’avrebbe insegnata fiero e orgoglioso del vostro retaggio.
Era appena  nato qualcosa che li univa tra loro. Un semplice fiocco di neve depositato sul suolo all’inizio dell’inverno. Un cristallo che solo gli dei avrebbero deciso se fosse destinato a sciogliersi o a divenire una spessa coltre fatata e candida.
-Ad ogni modo era unicamente la traduzione dell’appellativo con cui spesso i vostri uomini vi chiamano: timpys zokla; Lupo Bianco. –
-Suona bene – rifletté pensoso – se avessi conosciuto tempo fa questa lingua, avrai chiamato così il mio metalupo, invece del banale nome che gli ho dato. – Viserys lo osservò sorridente per diverso tempo, mentre Jon cercava di avvicinare la mano al muso del suo nuovo cavallo, che accettò le sue carezze. Lyanna lo vide sorridere ed un mondo di emozioni contrastanti la colse.
Viserys studiò la maniera in cui il ragazzo provava a socializzare con l’animale, vedendogli sussurrare parole rassicuranti e neanche a dirlo quest’ultimo sembrava essersi trasformato nella creatura più mansueta che fosse mai esistita.
-Penso sia arrivato il momento per voi di ottenere la sua fiducia. – estrasse dalla bisaccia una manciata di piccoli frutti rossi, con l’altra mano invece riemerse con una pesca – cosa preferite? – li lasciò esposti su entrambi i palmi. Jon sembrò pensarci un attimo, prima di prendere le bacche scarlatte.
-Scelgo le fragole. – decise infine – preferisco dargli qualcosa che poi troverò ancora su queste terre… - rise – non voglio impazzire per cercare frutti che qui non nascono nemmeno. –
-Ottima scelta. Non accettate compromessi nemmeno da un semplice cavallo… penso che andrete molto d’accordo allora. – si complimentò stringendogli una spalla con affetto – Che nome gli darete? – gli chiese poi. Jon si voltò a guardarlo inquieto.
-Il vostro lo avete chiamato… Ēbrion, ha un particolare significato? –
-Cielo notturno. – Viserys tradusse anche quel termine, senza mostrare insofferenza. Lyanna osservò il destriero dal manto corvino nella cabina della sua stalla come fosse la prima volta che lo vedeva. Non era mai venuta a conoscenza del suo nome e ora che ci pensava nemmeno le era mai venuto in mente di chiederglielo. Era di un nero opaco, quasi quanto la fuliggine, neanche lontanamente vicino alla bellezza dell’esemplare appena regalato a Jon.
-Quando l’ho acquistato, temevo che i miei cieli non potessero più brillare di una luce luminosa… – affermò con voce distante – ma mi sbagliavo. – lo guardò e gli sorrise. Suo figlio rimase a fissarlo stranito. Lyanna non riuscì a decifrare quella sua affermazione, anche se qualcosa le stava muovendo quel macigno che ancora sentiva dentro.
-Tuttavia non è l’unico cavallo che possiedo: ad Approdo del Re, ho lasciato l’altra mia cavalcatura dal manto interamente bianco, l’ho chiamato Whitestar. – Lyanna ebbe un brivido al suono di quel epiteto. Trattenne a stento una lacrima per l’ingombrante tormento che sentiva risvegliarsi, si abbassò fino a sedersi sul suolo e nascose il volto tra le mani.
 
-Dunque… Cielo Notturno per quello scuro… e Stella Bianca per quello chiaro… – rifletté Jon.
-Ho avuto la fissazione per i cavalli di questi colori fin da quando ero ragazzo… – ammise orgoglioso, ma il suo tono diventò presto spento, come se ricordare momenti del passato gli desse tormento. Sembrò farsi coraggio solo con l’insistente sguardo del giovane accanto a sé – quando fu indispensabile per me possedere un cavallo, sua maestà decise di accompagnarmi alle scuderie reali per scegliere degli esemplari degni del mio lignaggio. Tra la vasta scelta di quel giorno, trovai due destrieri che spiccavano fra tutti. Uno dal manto scuro e l’altro chiaro. Li scelsi per la loro eleganza e… - rise mesto – perché mi facevano pensare ad un clavicordo. Venni deriso per questa mia sciocca opinione: il re la ritenne la più assurda delle idee che mi fosse mai venuta in mente e se ne andò etichettandomi come il disonore della nostra famiglia… la premura, lo sguardo fiducioso di una guardia al mio fianco o forse la mia stessa caparbietà, vinsero sull’umiliazione quel giorno… ma ero giovane e di strada ne avevo ancora tanta da percorrere. –
-So cosa si prova a non sentirsi mai all’altezza del proprio genitore… – il timbro di voce di Jon sembrò diventare quello di un bambino – per l’uomo che mi ha cresciuto pensavo di rappresentare solo l’onta irriconoscente del suo disonore. In realtà lui non mi ha mai messo all’angolo, ma la lady sua moglie, mi ricordava costantemente le mie origini. –
-Ma non erano loro la tua vera famiglia. – azzardò il principe.
-Già… non era Ned Stark il mio vero padre. – abbassò il capo abbattuto – Colui invece che mi ha generato… beh, a dire il vero non ho ancora un’opinione reale su di lui. – si spezzò il cuore, quando lo vide in cerca di parole per continuare quel discorso.
-Temo che… per il benessere dell’animo di entrambi, sia meglio se troviamo altri argomenti di cui parlare. – Viserys gli fece un sorriso incoraggiante.
-Sì, vi do ragione. – concordò il giovane, riportando la sua attenzione al cavallo di fronte a sé che richiedeva ancora una leccornia – mi dite solo come li avevate chiamati quei due cavalli? –
-Ebony e Ivory. – affermò con voce appena più serena mostrando un sorriso – abbastanza banali come nomi, convenite con me? – ripentendo il suo precedente modo di dire, riuscì a strappargli un flebile sorriso.
-Affatto. – rispose Jon – direi piuttosto azzeccati – rise non solo con la bocca, ma anche con gli occhi – penso sia più banale il nome che invece mi è venuto in mente per lui … - abbassò gli occhi sentendosi in difetto.
-Prima di decretare sentenza, enunciate la vostra scelta, così che io abbia modo di valutare – lo incitò Viserys pacato.
-Obsidian. Ossidiana. – rispose titubante, accarezzando il dorso del cavallo – ho avuto modo di vedere quella pietra allo stato grezzo al di là della Barriera, oltre che ovviamente fusa assieme all’acciaio nella lama di Lungo Artiglio e di… Ghiaccio. – rifletté perso nei suoi pensieri. Viserys rimase in silenzio, così Jon si voltò verso di lui con un’espressione da cucciolo – vi prego… non vi mettete a ridere. –
-Non avrei motivo per burlarmi di voi. – affermò rincuorandolo – trovo che la vostra perizia sia più che appropriata – gli girò attorno e ammirò il destriero facendo un passo indietro – sembra illuminato da un riflesso lucido e profondo quando la luce del giorno bacia il suo manto, proprio come fa il sole quando attraversa il vetro di drago. Inoltre le sfumature della coda e della criniera creano un gioco di colori del tutto simili al raro acciaio che i fabbri dell’Antica Valyria forgiarono a suo tempo – si interruppe compiaciuto – avete l’occhio critico di un artista, mio re. – lo osservò incuriosito, mentre Jon si irrigidì a quell’affermazione e spostò il capo alla sua destra.
-Ho detto forse qualcosa che vi ha offeso? – Viserys aveva notato il suo disagio.
-No… - rispose combattuto – ma…– disse ritornando a guardarlo in volto – mia madre mi ha raccontato qualcosa di lui, non tutto… ma so che  amava suonare l’arpa. Ho motivo di credere che sia grazie ad una melodia suonata dal Principe Drago che ebbero modo di parlarsi la prima volta. – si espresse cadenzando le parole in modo molto lento – Purtroppo ho compreso anche che la sua opinione non è obbiettiva. Non ho idea se fosse un folle adulatore della guerra, oppure un fanatico sognatore… e a dirla tutta non mi interessa poi molto sapere la verità, perché sono quello che sono grazie a coloro che erano con me negli anni della mia crescita… lui non appartiene alla mia vita, appartiene a quella di mia madre e… visto l’effetto che le fa nel ricordarlo, non credo che per me sia positivo sapere di lui. – una fitta al cuore lo colse, ma decise di non portarsi la mano sul petto. Avrebbe attutito quel dolore nel tempo. Comprendendo e accettando quella scelta che lui aveva fatto a costo di perdere il senno dal tormento che sentiva nel profondo.
-Quello che voglio dire è che… come voi non volete essere giustamente giudicato per le colpe di vostro padre, vi chiedo di fare altrettanto con me. –
Il principe serrò la mascella e non disse altro per un po’ di tempo, anche Jon si fece silenzioso e allentando le briglie del cavallo, lo fece camminare in circolo. Viserys rimase a guardarlo mentre gli dava il comando di trottare, restando al centro del recinto. Stare in piedi gli sembrava una grossa sfida, il dolore alla ferita era ancora vivido e pulsante, ma la nuova ferita era quella che maggiormente gli provocava tormento. Restò in attesa che fosse il ragazzo a tornare da lui. Aveva imparato a comprendere come funzionava l’animo del giovane, in parte era molto simile a lui. Necessitava di ponderare a lungo su ogni argomento, dal più semplice, al più complesso. Aveva un estremo bisogno di valutare ogni prerogativa ed il valore di ogni cosa, oggetto, sentimento, persona che fosse. E lo doveva fare da solo. Lui gli avrebbe dato tutto il tempo che richiedeva. Avrebbe aspettato il momento in cui sarebbe stato pronto. Pronto per essere un drago, per essere suo figlio, e lui stesso per essere il padre di cui necessitava, senza mai obbligarlo a dimenticare il bene che Ned Stark aveva fatto nella sua crescita, di bambino, di ragazzo e di uomo. Non voleva sostituirsi al suo ricordo, ma prendersi anche solo un piccolo spazio nel suo cuore. Chiedeva poco in fondo, ma per quel poco al momento non c’era spazio e da quello che Jon gli aveva appena detto, forse non ce ne sarebbe stato mai. Posso mai compatirlo, se io stesso non sono mai stato il padre che avrei voluto essere? Posso giudicarlo per la scelta di allontanarmi, quando la mia esperienza di figlio, mi ha portato a fare lo stesso con l’uomo che avrei dovuto chiamare padre?
Ci volle un po’, ma il suo indugio, come sospettava, non fu vano.
-Vi ringrazio ancora, prometto che me ne prenderò cura. È davvero un magnifico regalo. – Viserys gli sorrise e mise una mano sul dorso del cavallo pronunciando una frase in valyriano.
-Anne zirtys pertys. – Jon questa volta mostrò un’espressione incuriosita e così lui si affrettò a tradurre – un destriero in vetro di drago, chiamato più comunemente ossidiana, anche se letteralmente sarebbe più giusto tradurlo come fuoco congelato. – Jon sbarrò le sopracciglia scure.
-Sul serio? – riguardò per un attimo il muso del cavallo che richiedeva ancora un’ultima carezza.
-Sì, non ho alcun motivo di mentirvi a riguardo… - rispose serio – e penso sia il nome adatto per il destriero che vi spetta, mio re. – Fuoco congelato… Fuoco e Ghiaccio; il principe che in molti aspettavano… gli dei hanno scelto di prendersi la mia vita e quella di tua madre, per darla a te. Per la salvezza di tutti.

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Capitolo 43
*** Risvegliare un Drago ***


Era bastata una singola gentilezza a far sì che Jon si fidasse di loro, e questo faceva gelare il sangue nelle vene di Lyanna. Fu quel tormento che provava che la costrinse ad andarsene da lì, da quella sala semivuota eppure già impregnata di aria viziata. Il consiglio si era riunito per conoscere la situazione stazionaria di tutto il nord. I due gruppi erano tornati, est e ovest erano stati approvvigionati e il Re del Nord era stato informato delle richieste dei singoli lord, o chi per loro ne faceva le vedi. Si domandò se la situazione a oriente fosse uguale come a occidente. Lyanna rammentava ancora come a Piazza di Torrhen i Tallart erano completamente stati schiacciati dai pressanti Lannister, ma sicuramente se la vivevano meglio dei Glover che erano stati costretti a cedere le redini della gestione del loro seggio a Ser Dayne e alle Serpi delle Sabbie. Quelle però erano informazioni che Lyanna non aveva provveduto a fornirgli, non di fronte a tutti, forse in privato. Ma dentro di sé sapeva che non poteva, non poteva rivelargli niente di tutto quello perché sarebbe trapelato anche ciò che era realmente accaduto a Deepwood Motte. Se la verità fosse giunta alle orecchie di suo figlio, ora si sarebbero trovati in una situazione alquanto disdicevole. Jon avrebbe sicuramente richiesto una vendetta per l’affronto subito, e si sarebbe magari anche macchiato le mani di sangue, per commettere la sentenza personalmente. Questo avrebbe innescato una serie infinita di rivolte da parte dei singoli alleati, trovandosi in breve a fronteggiare l’esercito dei draghi e quello degli estranei proprio come le aveva ricordato il principe Viserys. Sarebbero tornati al punto di partenza, tutto per un suo errore, e questo non poteva permetterlo.
Mentre camminava spedita verso il castello si ripromise di mantenere il segreto, esattamente come aveva ordinato alle sue compagne di viaggio. Loro credevano ancora che fosse stato Stella Nera, non tutte però… Brienne aveva scoperto la verità incontrandola quel giorno, fortemente turbata, di ritorno dalle stanze del principe. In un momento di debolezza le aveva rivelato ciò che aveva appena appreso, convinta di aspirare alla propria vendetta, ma la donna le aveva suggerito di restare in silenzio, per evitare la guerra coi draghi.
-Mia signora che vi prende? – Lady Brienne l’aveva incrociata tra due corridoi.
-Niente Brienne – aveva provato a chiudere il discorso in quel modo, ma la donna guerriera ormai aveva imparato a conoscerla
-Siete sconvolta, Lady Stark, è evidente. – l’aveva stretta sulle spalle e costretta a fissarla in volto. Lyanna aveva cercato di liberarsi da quella stretta, ma Brienne era troppo forte. Alla fine ci aveva rinunciato e aveva osservato i suoi occhi azzurri, limpidi come l’acqua. Non riuscì a contenere la rabbia.
-E’ stato lui. – aveva sussurrato con convinzione e disprezzo – è stato il principe ad avvelenarmi. –
Brienne la osservò allibita.
-Dite sul serio? – con aria corrucciata cercò di mettere assieme i pezzi – come fate ad esserne così sicura? –
-Me lo ha appena svelato. – ammise lei stizzita e astiosa – e mi ha rivelato di aver anche ottenuto ciò che voleva da me… i suoi maledetti diritti… quei diritti che tanto fagocitava al banchetto… - lacrime di rabbia si fusero alle sue parole. La donna lasciò le sue braccia, quasi col rimorso di poterle far del male. Osservò il corpo di lei tenendo la bocca leggermente aperta.
-Mia signora… - sospirò rammaricata – che gli dei mi condannino… avevo il compito di proteggervi… - deglutì un po’ di saliva – sono venuta meno ai… -
-Non ti devi rincrescere per me, Brienne. Ciò che è accaduto, è solo la conseguenza delle mie azioni sconsiderate, ma non posso permettergli di passarla liscia: ora voglio la mia vendetta. – nei suoi occhi grigi il ghiaccio prese il sopravvento.
-Lady Stark, comprendo appieno ciò che voi dite, ma se oseremo fare uno sgarbo al principe, di conseguenza sua sorella dovrà prendere le sue difese e questo metterebbe a rischio la nostra alleanza con loro. – cercò di farla ragionare.
-Non mi interessa! – sbottò inasprita – non posso dargliela vinta…. – si disperò. Io sono sempre appartenuta solo ad un uomo…
-Se Jon lo scoprisse gli taglierebbe la testa all’istante. – ammise la donna guerriera – forse è meglio se operiamo di nascosto, senza coinvolgerlo. Sarà meglio che attendiamo che la sorte ci dia una mano… forse con l’aiuto di lady Arya… -
-No, Brienne! – rispose secca Lyanna – non permetterò che mia nipote si macchi ancora le mani per difendere il mio onore imbrattato. Troppe persone sono morte a causa mia, Ned ha rischiato e dato la sua vita per proteggere mio figlio. Io ho promesso di fare lo stesso per rendergli onore. Non sopporto l’idea che mia nipote debba compiere ancora degli omicidi. Lei non è più una ragazza senza volto, lei è Arya Stark di Grande Inverno. E io non l’autorizzerò a condannare un uomo nelle nostre terre. –
-Ora mi è chiaro del perché vi eravate proposta voi a Stella Nera al posto delle vostre nipoti. – considerò la donna guerriera – ero convinta aveste un piano, invece voi stavate solo proteggendo le figlie di vostro fratello. –
-Provavo a proteggerle… - precisò lei – io sono il sacrificio minore in tutta questa storia. – Brienne però la guardò severa.
-Voi siete forse la persona che re Jon ritiene più importante in questo momento. Non dovete pensare mai di essere irrilevante, perché non è questo ciò che lui pensa. Verrebbe a riprendervi innalzando i vessilli del nord, se dovesse essere necessario. –
-Già una volta sono stati innalzati i vessilli per venirmi a riprendere. Gli uomini che più amavo sono scesi in guerra e hanno solo trovato la morte invece! Questa volta non deve accadere. – serrò i pugni mentre l’ultima lacrima le scivolava lungo una guancia, strinse la donna sulle spalle – Brienne, promettimi che non lo dirai mai a Jon. Né di Stella Nera, né tanto meno del principe Viserys. Promettimelo! –
Controvoglia la donna guerriera emise un sospiro e si inginocchiò ai suoi piedi, portandosi una mano sul petto.
-Ve lo prometto mia signora, sul mio onore – affermò orgogliosa – resterà il nostro segreto. –
Ed era con quel sentimento struggente e inquieto che aveva promesso a se stessa di non permettere mai più a quel bugiardo e falso di un principe di prendere ancora in giro un membro della sua famiglia. Te la farò pagare cara, drago! Per ciò che mi hai fatto e per quello che stai facendo a mio figlio. È una promessa!
 
Le mani le tramavano dal nervoso. Cercava di riparare al danno appena fatto, ma sembrava come se le dita non rispondessero ai suoi comandi. Si era lanciata sul letto della sua nuova stanza e aveva sfogato tutte le sue frustrazioni, i risentimenti e le angosce che l’avevano colta impreparata. Aveva strappato le lenzuola azzurre che Sansa gli aveva fatto portare e squarciato le candide federe dei cuscini in un impeto di rabbia. Mille piume ora volteggiavano nell’aria umida di quella stanza come  grossi fiocchi di neve degli inverni più freddi e paradossalmente poetici e romantici.
Si era dannata per aver permesso al suo cuore di rammentare ancora come si torna a battere per davvero... Era ancora una ragazzina… una ragazzina immatura e ingenua. Lui non era l’uomo che pensava. Era un’infame e un codardo. Non lo biasimava però, come poteva? Aveva lo stesso sangue di Rhaegar e quindi, come lui, poteva essere soggetto a sbalzi d’umore o a commettere azioni sconsiderate. Lei però aveva sperato che avendo vissuto molti anni lontano dall’influenza di quel folle, fosse stato in qualche modo preservato… che tutto quel tempo fuori dell’influsso del re, lo avesse reso più umano… ma si sbagliava. Era forse addirittura più pericoloso di Aerys II Targaryen, poiché il suo modo di fare ingannava la gente e la illudeva a fidarsi, prima di colpire a tradimento.
Sì, era proprio così che si sentiva. Tradita. Ed era assolutamente assurdo, visto che era stata lei quella che aveva tradito… Già, lo aveva tradito. Baciando un uomo che non era quello che avrebbe voluto. Appoggiando le labbra per l’ennesima volta alla ricerca di qualcosa che le mancava. Si dannava per essere così debole, lei che debole non era mai stata. Rhaegar le aveva sempre promesso fedeltà e amore eterno. Aveva mantenuto quella promessa dal giorno che si erano sposati e avevano cominciato la loro vita assieme, ma sapeva che nel suo cuore le era stato sempre leale.
Lei invece aveva infranto quel giuramento. Lacrime di rammarico e di sdegno cercarono inutilmente di lavare via l’amara delusione che provava.
Nella mente ancora quelle parole si ripetevano all’infinito. Quanti segreti dobbiamo mantenere per proteggere le persone che amiamo? Si odiò per aver costretto Ned a mentire a sua moglie, anche se dentro di lei covava molto risentimento per la donna che aveva osato trattare suo figlio come un appestato, privandolo dell’affetto e della compassione di una madre caritatevole. Costringendolo a vivere lontano dai suoi figli e sotto il suo costante sguardo di disprezzo. Se fossi stata presente in quel periodo, le avrei stretto il collo tra le mani e costretta ad inginocchiarsi… Si osservò i palmi come se quell’atto lo avesse davvero compiuto. Le tremavano le estremità e sentiva il gelo sulle falangi, un freddo che nessuno avrebbe più potuto scaldare… Si lasciò cadere ancora tra le lenzuola strappate, facendo svolazzare altre piume nella stanza.
Al suo ritorno dalla missione aveva trovato i suoi precedenti alloggi, riceduti alla loro vera padrona, Arya Stark. Sansa aveva così provveduto agli inservienti di ricollocare i suoi averi in un altro angolo del castello. Lyanna aveva scelto i vecchi alloggi che erano appartenuti a sua madre. Erano collocati alla fine di una lunga galleria sempre sullo stesso piano dove si trovavano anche le stanze delle altre lady di casa Stark. Solo che quelli erano stati costruiti in una torretta circolare che si affacciava sulle serre dove venivano coltivate le rose dell’inverno. Alcune ramificazioni tra le più resistenti si arrampicavano fino al suo terrazzo, irrorando di profumo con le loro inflorescenze tutto l’ambiente interno con la loro dolce fragranza. Quel giorno però Lyanna non aveva minimamente prestato attenzione ai nuovi boccioli nati sul balcone e non aveva nemmeno raccolto i petali vellutati delle sue splendide rose come era solita fare. Li spargeva sulle lenzuola, sulla specchiera accanto ai pettini che poi venivano usati da Elanon per spazzolare i suoi lunghi capelli, oppure ordinava alle serve di prepararle un bagno con essi.
La delusione che provava in quel frangente era talmente forte che neppure la profumazione che tanto amava era riuscita a distrarla.
Si strinse le braccia al petto, mettendosi di lato. Percepì l’anello con il grosso rubino premerle contro la pelle e altre lacrime le corsero copiose sulle guance. I singhiozzi si susseguirono nell’amara constatazione che il suo corpo fosse stato toccato da un altro uomo… Non si era mai presa del tempo per pensarci e ora che aveva visto con quanta facilità Viserys aveva ottenuto anche la fiducia di suo figlio, quel pensiero aveva cominciato a tormentarla. I suoi seni, il suo ventre, le sue mani, la sua bocca… si era preso tutto senza permesso. Avrebbe voluto dilaniarsi la pelle, strappare ogni brandello di carne per levare via tutto ciò che non avrebbe dovuto appartenergli. Si sentì inerme, proprio come quando era stata vittima del veleno.
Non c’era più nessuno che la potesse salvare da quel buio anfratto dov’era precipitata. Era sola; sola con le sue angosce. Per un attimo pensò che Jon avesse fatto male a riportarla in vita, poi però un lume felice brillò nelle tenebre del suo animo. Sorrise tra i singhiozzi al pensiero di averlo potuto stringere tra le sue braccia, di averlo conosciuto e di averlo visto cresciuto, come un uomo, come un guerriero, come un re. Tuo padre sarebbe stato fiero di te… bambino mio.
-Non sei ancora stanca di piangere? – dalla porta la voce di un uomo la colse impreparata.
 
 
 
Appena Jon aveva provato ad avvicinarsi a Drogon, il drago gli aveva ruggito contro, ma Dany lo aveva tranquillizzato con una carezza sul muso. Viseryon e Rhaegal invece si erano dimostrati più mansueti, ma mentre il drago color crema rimaneva diffidente, quello sulle tonalità verdi e bronzo aveva accettato la sua presenza. Viserys era rimasto in disparte proprio per non confondere l’animale, ma continuava ad osservare la scena con interesse e curiosità.
-Come può essere? Questo è il drago di vostro fratello? – Jon osservava le tonalità bronzee delle sue squame brillare alla luce lieve del sole che faceva capolino tra le nuvole. Dany si voltò verso di lui sorridendo. Fingeva che tutto andasse bene, era chiaro. Sicuramente lo faceva perché lì con loro era presente anche suo fratello, che non smetteva un attimo di fissarli. Jon se n’era accorto. Aveva puntato lo sguardo su di lui dal primo momento, quando sua sorella gli si avvicinava restava in osservazione dei suoi atteggiamenti per qualche istante prima di posare nuovamente gli occhi su di lui. Non sembrava minimamente adirato, quando si avvicinava al drago verde, sembrava quasi più interessato al comportamento dell’animale in sua presenza, mostrando una vaga e insensata apprensione.
-Evidentemente Rheagal sente qualcosa che lo lega maggiormente a voi. – la regina guardò l’uomo mascherato con la schiena contro un albero. Gli fece appena un segno con la mano di avvicinarsi. Lui sciolse le braccia conserte e con passo elegante li raggiunse, senza mostrare alcuna esitazione a muoversi nella neve.
-Perché non provate ad accarezzarlo, vostra maestà? – lo incitò Viserys con garbo. Il ragazzo lo guardò con occhi spalancati e la bocca leggermente aperta.
-Ne siete sicuro… ? – chiese titubante. Nei suoi occhi grigio scuri si poteva intuire una certa perplessità. Lui lo osservò e sorrise sfidandolo.
-Avete forse paura? – lo canzonò, sapendo bene che avrebbe scatenato con quelle parole una qualche reazione orgogliosa.
-No! – rispose secco Jon, tornando a guardare la bestia di fronte a sé con aria torva e fiera. Non voleva darlo a vedere di fronte ai due Targaryen, ma in realtà era terrorizzato all’idea di avvicinare la mano a quei denti acuminati. Sapeva che gli avrebbero potuto staccare un braccio con un solo schiocco delle fauci, esattamente come gli aveva visto fare quella notte, quando avevano salvato sua madre nella foresta.
Rhaegal era imponente seppur fosse più piccolo di Drogon, anche se la regina diceva che avevano da poco raggiunto l’età adulta. Le sue squame erano di un verde smeraldo che risaltava tra il candore del suolo come la prima erba quando annuncia l’arrivo della primavera. Aveva delle sfumature bronzee sulle zampe e sul dorso che rilucevano maggiormente alla luce del sole. Le corna sulla testa e sulla spina dorsale sembravano oro scuro. Non mi farai del male… più che un ordine era un’opinione per convincere se stesso Porti un nome ispirato a quello dell’uomo che mi ha generato… vorrà pur dire qualcosa!
Non seppe perché eppure rammentò all’uovo che aveva in camera sua, e a come avrebbe fatto a farlo schiudere.
-Come siete riuscita a riportarli in vita? – domandò tentennando sul da farsi. Viserys lanciò uno sguardo d’intesa a sua sorella e lei cominciò a narrare.
-Quando tutto mi sembrava ormai perduto, sono entrata in una pira funeraria con le uova. – ammise la donna abbassando lo sguardo al ricordo, poi alzò fiera il capo e raccontò la scena – ho dato alle fiamme tutto ciò che possedevo in quel momento. Ho dato degna sepoltura al corpo dell’uomo che avevo sposato e il corpicino di mio figlio nato morto, esattamente come era rituale per i Targaryen, ma ho messo legata alla pira anche la maji, una strega che aveva causato loro la morte. Infine sono entrata io stessa tra le fiamme e mi sono accovacciata lì, pregando qualsiasi divinità potesse ascoltarmi di darmi indietro ciò che avevo perso, o di prendersi anche la mia vita. Non ho idea di quale dio mi abbia compresa e ascoltata, ma quando le ceneri hanno ricoperto tutto e le braci si sono spente, le uova si erano schiuse ed in cambio avevo ricevuto loro. – indicò i tre draghi. Jon attese qualche istante, capiva che quei ricordi le facevano ancora male.
-Mi dispiace per i dolori che avete passato. Comprendo cosa voglia dire rimanere soli e perdere tutto. – nei suoi occhi grigi, nubi scure passarono alle tristi memorie delle persone che aveva amato.
-Non dovete dispiacervi. Tutto ciò mi ha reso la donna che sono ora. La Khaleese dei Dothraki e la Regina di Meeren e dei Sette Regni. Non sarei mai diventata così forte, se non avessi vissuto le esperienze della mia vita! – concluse orgogliosa.
-Non capisco come possa una persona sopravvivere ad un rogo… il fuoco non è una cosa che si controlla… – la guardò meravigliato e incredulo.
-Il fuoco non può uccidere un vero drago, mi pare di avervene già parlato – rispose secca, come a non voler più tornare su quell’argomento. Si guardarono per qualche istante, poi la regina si spostò di qualche passo e posò lo sguardo su suo fratello. Viserys li stava osservando silenzioso. Jon abbassò il volto, la neve fu la prima cosa che i suoi occhi scorsero, poi nel suo campo visivo apparve la propria mano destra. La sollevò quasi senza rendersene conto e ne aprì il palmo. Rivide le cicatrici della vecchia bruciatura. Quando ho salvato il Lord Comandante Jeor Mormont da quel non-morto, il fuoco non ha avuto pietà con me… si sentiva enormemente scoraggiato Non sono uno di loro! Non faccio parte della loro famiglia… Non interamente, almeno…
Viserys gli afferrò la mano tra le sue e gliela chiuse. Jon lo osservò esitante, stupito da quel gesto. Sembrava come se avesse interpretato i suoi pensieri.
-A volte ciò che abbiamo di fronte, non sembra corrispondere alla verità… - gli enunciò con voce pacata e saggia – Inganni e misteri si celano ovunque; alcuni sono stati inseriti anche all’interno della vostra anima da persone che volevano proteggervi. Ma molte menzogne sorgono anche attorno a noi, e la causa sono le certezze che pensavamo un tempo affidabili. – gli mise una mano sulla spalla come ad incoraggiarlo – Sono del tutto leciti i vostri giovani pensieri… rivivono arcani misteri nel vostro sangue. Molti draghi hanno cercato risposte e sono morti per questo. Nulla è come sembra; ricordatevelo sempre, vostra maestà. – Viserys lo osservava intensamente e Jon solo in quel momento si rese conto che avevano la stessa altezza. Per un attimo i suoi occhi scorsero un bagliore nei fori della maschera, ma troppo fugace per riuscire a rendere evidente qualsiasi particolare. Rifletté sulle parole che gli aveva detto; non gli pareva avessero un senso chiaro ed esplicito, eppure in qualche modo quella calma e quella sicurezza con cui le aveva pronunciate, gli erano arrivate dentro.
-Non mi servono certezze per sapere che non sono un vero drago. – rispose abbassando le spalle. Viserys inspirò profondamente e gli tirò un pugno celere sul petto. Non era stato forte e non sembrava avere l’intenzione di volergli far del male, ma era stato talmente tanto imprevisto che lo aveva fatto sobbalzare. Jon alzò le braccia quasi in segno di difesa e per un attimo nella sua testa giunsero gli avvertimenti di sua madre. Temette il peggio, mentre i suoi occhi fissavano il suo avversario con sdegno per quell’atto tanto disonorevole, quanto sconsiderato. Dany era rimasta in disparte, quasi ignorandoli, concentrata ad accarezzare il muso di Drogon, ma a quel gesto aveva voltato il capo e sgranato gli occhi, che ora brillavano come due stelle del firmamento. Jon ebbe solo uno sguardo per lei, poi ripuntò la sua attenzione sul principe.
-Un tempo c’era un uomo che non mi permetteva di abbattermi o perdere le speranze. Mai. – Viserys parlò ora con voce dura e autorevole, ma persa nei suoi ricordi – quando l’ago della mia bilancia pendeva troppo da una parte, lui arrivava con la sua irruenza e mi rimetteva in sesto. Con un pugno… una parola… o un semplice sguardo. – gli voltò le spalle e stava quasi per andarsene, quando Jon lo trattenne con una domanda. Qualcosa gli diceva che non lo aveva colpito per attaccarlo.
-Che sorte ha avuto questa persona? – cercò di comprendere meglio quello che gli stava dicendo, massaggiandosi nervoso il petto dolente. La sua bocca aveva parlato ancora prima di ragionare.
-E’ morto. – rispose il principe atono. Anche se il suo tono di voce non era cambiato, Jon ebbe la sensazione che anche quella fosse una maschera. Il tremore quasi impercettibile delle spalle lo aveva messo in allarme, forse dietro al mistero del suo volto si celava un uomo con sentimenti e afflizioni.
-Durante il vostro esilio nelle terre oltre il Mare Stretto o nella Battaglia del Tridente? – Jon temeva che quella persona sconosciuta di cui Viserys gli stava accennando, fosse in realtà il legame di sangue che li univa, ed una bizzarra voglia di avere più informazioni gli nacque dentro, bramando l’idea che forse qualcuno all’infuori di sua madre potesse avere un parere più obbiettivo di quell’uomo.
-In nessuno dei luoghi che avete citato. – rispose fermo il principe, spostando solo lo sguardo verso il cielo. Anche Jon guardò in quella direzione perdendo quindi ogni più tenue speranza di conoscere un aneddoto in più. In un primo momento i suoi occhi non videro nulla, persi com’erano nell’incendio arancione e blu del tramonto. Si accorse di un’unica stella luminosa. La conosceva molto bene, e non dovette nemmeno impegnarsi nel riconoscerla in base alla sua collocazione. Cominciava a brillare diverse ore prima del tramonto e non smetteva nemmeno quando la luce dell’alba risvegliava gli uomini dai loro giacigli, ma quando il sole poi superava l’orizzonte lei spariva misteriosamente. Nelle terre del Popolo Libero la chiamavano Idhryl, era l’astro che usavano per orientarsi, nonché il nome di una guerriera leggendaria che viaggiò in compagnia di una pantera ombra e di un metalupo. Se ricordava bene le parole di Ygrette, nella storia appariva anche un drago di ghiaccio che la fiera donna del popolo libero avrebbe cavalcato in cerca del suo prezioso oggetto perduto. Un oggetto che si diceva essere stato forgiato nell’Era degli Eroi e poi perduto nei secoli. Ciò che era rimasta era solo la luce bianca dei suoi occhi che scrutavano ancora quelle terre, un bagliore visibile per centinaia di leghe.
-Diede la sua vita alla Torre della Gioia… per proteggere voi. – spiegò infine il principe portando di nuovo la sua attenzione su di lui. Jon comprese allora che doveva trattarsi di uno dei tre cavalieri della Guardia Reale, morti per mano degli uomini del nord. Non fece in tempo di porgergli altre domande, che Viserys cambiò subito argomento.
-Sentite allora il richiamo di toccare Rhaegal? – gli chiese, indicandogli il drago verde a pochi metri da loro. Jon si sentì incredibilmente più forte, il sostegno che lui gli stava dando era maggiore di qualsiasi altro sentimento che provava in quel momento. Perfino dello sdegno per l’atto che quell’uomo aveva appena compiuto nei suoi confronti, perfino del timore che sentiva per quella bestia leggendaria. Era strano, eppure non ricordava mai di aver sperimentato nulla del genere, nemmeno quando Eddard Stark era lì, pronto a risollevarlo dopo una caduta, offrendogli una mano. Era addirittura maggiore della complicità che aveva con Robb, quando assieme si nascondevano a consumare il loro bottino, nascosti nel Parco degli Dei, dopo aver rubato un cesto di mele, lasciando che Theon Greyjoy si prendesse tutte le colpe. Ciò che il principe Targaryen gli stava infondendo andava oltre l’affetto di un fratello o di uno zio che si era finto suo padre per tutti quegli anni.
Prese coraggio e alzò un braccio continuando a scrutare in quegli occhi di bronzo liquido. Il drago rimase fermo in attesa di quel contatto. La mano di Jon tremava e dentro di sé, il ragazzo sentiva l’indecisione essersi di nuovo impadronita di lui. Jon hai combattuto mostri ben peggiori, ora hai paura di accarezzare un drago? Ma dentro di sé lo sconforto ebbe la meglio. Lui era un lupo del nord: era inutile mentire a se stesso.
-Non posso… - disse rinunciandoci – Non sono come voi. – abbassò il braccio. Non si sentiva all’altezza e decise di non prendersi ulteriormente in giro – il drago si è confuso quel giorno. – stava per voltarsi ed andarsene, ma Viserys non glielo permise. Lo tenne stretto per la spalla, impedendogli di girare completamente il busto e di tornare sui suoi passi.
-Siete voi quello confuso, mio re. Un drago non accetta di servire un uomo, se non lo ritiene opportuno. – disse severo senza davvero rivolgersi a lui. La sua maschera continuava a fissare l’enorme creatura verde – Avete nelle vostre vene l’antico sangue di Valyria, esattamente come ne siamo discenti io e mia sorella. Dovete solo permettere al drago che è in voi di risvegliarsi. – lo incoraggiò, stringendogli ancora di più la spalla.
Jon non seppe spiegarsi il motivo, ma sentì che il principe gli stava trasmettendo una sicurezza che non pensava di avere. Riposò lo sguardo sulla bestia di fronte a sé e decise di riprovarci.
Appena le punte delle sue dita sfiorarono le scaglie di Rhaegal, Jon percepì un calore infondersi in tutto il palmo della sua mano. Gli parve di avvertire il sangue nelle sue vene ribollire e ardere, e quella sensazione dapprima avviata solo sulle prime falangi, si profuse poi in tutto il suo corpo con una devastante potenza inaspettata. Jon avrebbe staccato quel contatto se il principe Viserys non avesse continuato a premere la sua mano con la propria per fargli aderire l’intero palmo sulla fronte del drago. Jon inevitabilmente guardò le loro mani unite sopra quelle scaglie verdi. La loro colorazione era leggermente diversa, eppure per una frazione di secondo Jon pensò che si assomigliavano tra loro in un modo stranamente inusuale. Quella stessa impressione non l’aveva mai avuta neppure con Robb.
Scosse il capo cercando di concentrarsi meglio sull’emozione che provava nel toccare un drago. Ispirò a pieni polmoni il suo fiato caldo, che l’animale gli sbuffava contro il volto, facendo muovere i suoi capelli a ritmo del suo lento respiro. Vide che quelli del principe accanto a lui facevano gli stessi movimenti e ancora si ritrovò a sorridere mentalmente al pensiero di non sentirsi più solo. Qualcosa nella vicinanza di quell’uomo continuava a dargli appagamento sensoriale e fiducia, riparo, protezione.
Il drago mosse appena il capo, piegandolo di lato, “come fanno i gatti quando vogliono le coccole…” pensò Jon. “E’ forse il suo modo per intendere che lo devo accarezzare ancora?” Spostò la sua attenzione su Viserys che si voltò proprio in quell’istante e gli sorrise cordiale, prima di fargli un cenno del capo, allontanando lentamente la mano dalla sua. Per una frazione di secondo Jon sentì la disperazione farsi viva nel suo cuore per quella mancanza, ma ricacciò in fretta quel senso di inquietudine, pensando che fosse piuttosto stupido. Non aveva senso turbarsi per un gesto da poco come quello e non aveva nemmeno senso preoccuparsi di restare solo col drago. Una strana convinzione lo aveva colto: se lo avesse voluto azzannare per davvero, lo avrebbe fatto in quella radura durante la battaglia con gli Estranei, invece era accaduto l’esatto contrario. In un momento di pericolo lui era giunto in suo soccorso volontariamente. Sentiva di dovergli la vita ed era strano il senso di rispetto che provava per quella creatura, perché maggiore era il tempo che trascorrevano assieme e maggiore era anche il pensiero di appartenenza che sentiva nascere in lui, ma era certo che fosse corrisposto anche dal drago stesso.
Era una percezione incredibile e si ritrovò a sorridere suo malgrado per quello stato di pace e serenità che provava. Senza quasi rendersene conto, si ritrovò ad allentare la tensione dei suoi nervi e pian piano cominciò a sentirsi più rilassato, come se il drago avesse assorbito tutti i suoi timori. Rimase ad osservare la bestia per qualche istante, mentre quest’ultimo si lasciava coccolare, socchiudendo appena gli occhi per il piacere che gli provocava quel semplice gesto ed espirando aria calda dalle narici. Uno strano rumore gutturale, come quando i gatti facevano le fusa, proveniva dalla sua gola. Jon spostò infine lo sguardo verso Viserys. Il principe non si era allontanato di molto, quasi come se avesse percepito anche lui quello smarrimento provato pochi istanti prima. Jon ne fu felice e gli sorrise, quasi più appagato del fatto che lui fosse ancora lì al suo fianco, che di ciò che aveva avvertito fino a quel momento a contatto con la leggendaria creatura. Anche i tratti visibili del volto dell’uomo sembrarono più rilassati.
-Non dovete mai dimenticare chi siete. – gli disse calmo – Ricordate sempre l’importanza del vostro sangue e del fuoco che vi scorre dentro. –
Fuoco e Sangue fu la prima volta che Jon pensò che il motto dei Targaryen poteva finalmente trovare un senso meno tetro di quello che gli era sempre sembrato. E sorrise all’idea che pronunciarlo non gli dava quel senso di estraneità che aveva sempre temuto di provare.
 
 
 
-Benjen… - Lyanna si sollevò sulle braccia e lo guardò solo per un attimo, quasi a volersi accertare che non fosse una sua immaginazione, prima di distogliere lo sguardo per asciugarsi gli occhi. Lui nel frattempo era entrato nella stanza e aveva chiuso la porta alle sue spalle, guardandosi attorno. Dal modo in cui si muoveva titubante, Lyanna ebbe la vaga sensazione che quegli ambienti gli rammentassero un passato lontano.
-Lya, forse non è il momento adatto, ma sono stanco di vedere che ti chiudi in te stessa o che cerchi la solitudine. Tu non sei mai stata così… - cominciò con tono preoccupato – Capisco che ti senti in colpa per quanto è accaduto, capisco anche che sei preoccupata per Jon, ma devi mettere fine a questi patimenti e cominciare a pensare che hai una seconda opportunità per redimere ogni torto che credi di aver compiuto. – si soffermò un attimo per sfiorare le delicate stoffe azzurre che scendevano dal grande letto a baldacchino – so che ti mancano i nostri fratelli… nostro padre e nostra madre… mancano anche a me, ma devi provare a riversare quell’affetto interamente nei nostri nipoti e in tuo figlio. Cercando in loro quella briciola che ti ricorda i nostri cari che non sono più con noi. – attese del tempo prima di continuare. Lyanna nel frattempo accese una candela in più sul candelabro. L’imbrunire stava oscurando quella stanza e data la premura di suo fratello, quel dialogo sarebbe durato un bel po’.
-Sansa a volte richiama alla memoria molti atteggiamenti di nostra madre, o almeno è quello che Ned mi diceva sempre. Quando la vedo impartire gli ordini mi sembra di vedere proprio una lady adulta e orgogliosa… Catelyn non l’ho mai vista avere una simile determinazione, a dire il vero, forse non ci ho mai davvero fatto tanto caso… però è esattamente con quel comportamento fiero e maturo di Sansa che voglio immaginarmi nostra madre, quando parlava ai servi o agli alfieri. Ovviamente coi tuoi capelli e con i tuoi occhi. – le strizzò un occhiolino. Lyanna accennò ad un sorriso tirato.
-Arya invece è molto sprezzante e battagliera. Mi vieni in mente tu, quando eri ancora una spocchiosa bambinetta spettinata e impertinente, e mi minacciavi con quella spada improvvisata con un semplice bastone… - ghignò sorridendo.
-Bran… beh, lui vuole essere chiamato il Corvo a Tre Occhi. Non so quanto sia rimasto del bambino che era un tempo. Certo le esperienze che ha vissuto gli sono sicuramente servite per maturare e diventare l’uomo saggio che è ora… prima per quanto potesse valere, aveva la mia pessima abitudine di non rispettare mai le imposizioni dei suoi genitori, odiava lo studio proprio come il nostro fratello che portava il suo stesso nome, ma non sembrava portato né per il cavallo, né tanto meno per la spada… proprio come Ned da giovane, ecco perché ha cercato di temprarlo maggiormente, ma mai imponendogli le cose con severità. Se c’è una cosa che Ned ha imparato da nostro padre è che non si deve mai imporre ai figli le proprie volontà. Lui non lo ha mai fatto con nessuno di loro, nemmeno quando erano loro stessi a volere fervidamente una cosa… faceva in modo che ponderassero sulle loro decisioni, aiutandoli a ragionare, a capirne le conseguenze e a sostenerli. Sempre. –  la fissò negli occhi – ciò che a noi è sempre mancato alla fine. – Lyanna spostò lo sguardo rattristata.
-Deve essere stato proprio un gran padre allora. –
-Te lo devono dire loro, non io. – rispose Ben con distacco – Jon te lo direbbe anche ora che sa che gli aveva sempre mentito. Lui ha la sua stessa indole taciturna e riflessiva. Ma ha anche l’autorevolezza di nostro padre, addolcita dal buon carattere di Ned e dalla regalità di chi sappiamo… – lasciò andare il discorso senza premurarsi di aggiungere altro.
Lyanna si mise più comoda, facendo aderire le piante dei piedi al pavimento di pietra calcarea, restando in silenzio.
-E’ anche chiaro che tu non abbia molta voglia di entrare in un simile argomento, e ne comprendo il motivo, ma ciò che mi preoccupa non è poi tanto questo fatto… - si mostrò più tenace ora – ma che tu tenga ancora dei segreti che non mi stai enunciando. – disse prendendo una sedia per posizionarla di fronte a lei – sappiamo entrambi che tanto, prima o poi li vengo a scoprire, solo che questa volta non ho voglia di giocare al gatto col topo, né di arrampicarmi su alte querce sotto la pioggia battente… o cercare invano un anello che tu tenevi nell’unico luogo dove non potevo arrivare a toccare. Non voglio trovarmi costretto a cavarti ogni singola parola dalla bocca come feci quel giorno. – i suoi occhi mostrarono la fermezza di un uomo maturo – voglio che, per questa volta, tu sia sincera con me, Lya. –
Lyanna si alzò dal proprio giaciglio e cercò maldestramente di sistemare le coperte, come se quel gesto poteva in qualche modo riparare tutti i danni commessi. Nel cuore già si insidiava l’angoscia che lui avesse scoperto tutto.
-Nascondi qualcosa a Jon, non è così? – la voce di Benjen fu come una lama in pieno petto. Alzò lo sguardo verso di lui, allarmata, ma tentò di nascondere ogni preoccupazione.
-Non so a cosa tu ti stia riferendo, Benjen. Ci sono cose che non posso dire a Jon solamente, perché non è ancora pronto per conoscerle. – tentò di avere una visione più precisa della sua accusa. C’erano molte questioni che lei ancora non aveva rivelato a nessuno, ma non sapeva a quale suo fratello si stesse riferendo, e sperava con tutta se stessa che non avesse scoperto nulla sulla sua recente missione.
-Lyanna ti conosco abbastanza, per sapere quando cerchi di coprire dei segreti. Lo hai fatto per anni con me, quando mi insegnavi ad usare la spada, contro le regole di nostro padre e i rimproveri della Vecchia Nan! – si sedette sopra quella sedia che aveva da poco posizionato, convinto che sua sorella non sarebbe fuggita via questa volta: tutto ciò che le era rimasto era qui a Grande Inverno. Lyanna preferì allontanarsi e osservare il castello illuminato dalla fioca luce del tramonto.
-Cosa vuoi sapere, quindi? – si arrese, tenne le mani basse e con le dita trovò l’anello di Rhaegar sperando che il rubino gli infondesse quel coraggio che aveva perso molto tempo fa.
-Non ho idea di cosa tu non gli abbia ancora svelato, ma ti prego, sii onesta almeno con me. Siamo rimasti solo noi a proteggerlo. Dobbiamo fidarci l’uno dell’altra. – cominciò sincero, ma nel suo tono c’era anche un frammento di durezza – Lyanna, quando hai chiesto a Ned di proteggerlo, non era solo perché temevi che Robert lo uccidesse, non è così? C’è qualcos’altro che non hai detto e che non vorresti rivelare neanche ora. Qualcosa che centra con l’avvento degli Estranei, magari? Ogni volta che sei nel consiglio e lo senti parlare di battaglia e di missioni oltre la Barriera, le tue spalle tremano e i tuoi occhi diventano lucidi. All’inizio pensavo fosse una cosa del tutto regolare: sei sua madre, ed è normale che ti preoccupi per tuo figlio, ma poi ho notato che sei diventata ancora più apprensiva, quando ha cominciato a prendere parte di quegli allenamenti coi draghi… sembra come se tu temi che lui possa scoprire un’altra verità in presenza dei due Targaryen. Dimmi se mi sbaglio? –
Lyanna trasse un profondo respiro, si strinse nelle spalle e cercò di rilassarsi.
-Proverò a spiegarti quello che so, ma… io non sono a conoscenza di tutto. Erano Rhaegar ed Arthur a sapere molte più cose, quindi non cercare da me i dettagli, perché non saprei darti null’altro che ipotesi. –
-Mi basta anche solo quello che sai. – le sorrise tristemente, capendo che per lei non doveva essere facile. Per tutto questo tempo si era tenuta dentro un segreto che l’aveva tormentata e preoccupata. Ora era giusto che lo condividesse con l’unico uomo che poteva darle una mano, l’unico fratello che le era rimasto.
-Tanto per cominciare il suo vero nome non è Jon… e soprattutto NON è uno Snow. – Ben aggrottò le sopracciglia scettico.
-Con questo mi stai forse dicendo che dovrebbe chiamarsi… Sand? Cambia ben poco, sorella, la minestra resta quella… -
-Non tollero che si dica una cosa del genere di mio figlio! – sbottò lei incredibilmente irritata.
-Lya, è cresciuto a Nord quindi resta uno Snow… - la fissò intensamente, poi sembrò pensarci su un attimo, mentre i loro occhi erano rimasti a scrutarsi per un lungo istante – mi stai forse dicendo che Rhaegar lo aveva legittimato prima di andare in guerra? –
-Non era necessario che lo legittimasse. Noi eravamo sposati e lui è suo figlio. – gli mostrò l’anello al dito – con questo mi fece la proposta di matrimonio, io l’accettai e vennero usate le nostre spille che vennero fuse per creare le fedi nuziali… non so che fine abbiano fatto. Ned certamente avrà pensato di farla sparire dal mio anulare per evitare che venissero fatte domande e salvare… le circostanze. –
Si trovò a domandarsi che sorte era toccata davvero a quei due anelli. Rhaegar lo aveva portato con sé, per cui ora era perso chissà dove al Guado dei Rubini, o il fiume lo aveva portato verso il mare… ma il suo, lo aveva al dito, quando era morta. Molto probabilmente si trovava ancora alla Torre della Gioia, oppure una delle donne che l’avevano aiutata nel parto glielo aveva fatto preso prima ancora prima che suo fratello le raggiungesse.
Aveva davvero pochi ricordi di quel momento… un uomo che urlava, le immagini che si susseguivano frettolosamente, forse qualcuno che le teneva la mano e piangeva, l’odore di rose… poi il dolore, la disperazione, lo scoraggiamento, la debolezza, il cozzare di spade, il tempo che passava anche se non era sufficiente… infine l’ultima speranza era giunta avvolta in una nuvola argento… Non aveva la minima idea di cosa stava davvero accadendo, una parte di lei lo sapeva, ma l’altra era troppo stanca per renderla cosciente della situazione… era inutile pensarci ancora, come era inutile scervellarsi per scoprire dov’era la sua fede. L’unica cosa che aveva trovato al dito al suo risveglio era quell’anello. Lo avrebbe conservato come la cosa più preziosa che aveva oltre a suo figlio… e a quei dolorosi ricordi felici.
-Ancora prima della sua nascita era stato stabilito che si sarebbe dovuto chiamare Aegon Targaryen, avrebbe regnato sul Trono di Spade come un re valoroso, buono e giusto. – iniziò lei puntando i suoi chiari occhi grigi distrattamente sul pavimento. Due sfere di acciaio azzurro assottigliate per cercare di carpire al meglio ogni sua parola. Decise di ignorare ogni affanno che si stava formando sulla sua fronte per proseguire – era scritto nelle stelle che sarebbe dovuto rinascere il principe che fu promesso dalla stirpe dei Draghi. Rhaegar per anni aveva pensato di essere lui l’eletto, ma poi qualcosa gli ha fatto cambiare idea. Una pergamena o qualcos’altro, non mi ha rivelato cosa fosse, ma sono certa che Arthur Dayne lo sapesse. La profezia diceva che avrebbe avuto un figlio che avrebbe contenuto sulle sue vene sia il Fuoco che il Ghiaccio. Io rappresentavo l’unica discendente in vita della nostra casata, forse la nostra famiglia aveva un antico legame coi figli della foresta, ecco perché nei nostri nipoti si sono risvegliati i poteri da metamorfi alla vicinanza dei metalupi, e questo magari spiega anche perché possa essere lo stemma degli Stark. – Ben osservò sua sorella con aria costernata.
-Aspetta un secondo… - aggrottò le sopracciglia – Vuoi dirmi che era solo per questa profezia che lui ti ha cercata? – i suoi primi timori erano per lei, non per suo nipote, né per il resto di cose che lei gli aveva appena detto. In parte gli fu grata che si impensierisse ancora così, non lo meritava certo, ma le faceva provare un tiepido sollievo.
-No. – sorrise triste – Siamo stati concretamente attratti l’uno dall’altra da sentimenti veri e sinceri, su questo non c’erano dubbi. Non posso sapere se eravamo spinti in realtà da qualcosa di già scritto. – abbassò lo sguardo sull’anello, ma non si perse d’animo – io però lo amavo, e lui amava me. E dal nostro amore è nato Aegon che fosse stato scritto o meno, che fosse nel nostro destino o che lo stessimo decidendo noi, non ha alcuna importanza. – Ben annuì, come se si fosse messo il cuore in pace. Lyanna allora proseguì.
-Ricordi la fiaba che la vecchia Nan ci raccontava sull’Ultimo Eroe? – gli chiese e lui fece cenno di sì col capo.
-Il guerriero che partì con sei compagni per affrontare il Re della Notte. – rispose lui – ho come la netta sensazione che ora tu mi dirai che non si tratta solo di una leggenda, vero!? – lei gli sorrise tetra - Jon… anzi sarebbe più giusto cominciare a chiamarlo col suo vero nome… - l’uomo stava per trarre un profondo respiro, ma la sorella lo fermò prima che continuasse.
-No, ti prego! Devi promettermi che non gli rivelerai mai qual è il suo vero nome. – Lyanna lo guardò sbarrando gli occhi terrorizzata.
-Perché non dovrebbe conoscerlo? – suo fratello non riusciva a comprendere.
-Non è tanto lui… preferisco che la regina Daenerys non lo venga a sapere. Non mi fido di lei, come non mi fido di suo fratello. – ammise scoraggiata.
-Capisco ciò che vuoi dire. – sembrò sostenere i suoi timori, poi però lo vide arricciare il naso – prima parlavi di quella leggenda… mi stavi forse dicendo che lui dovrebbe essere una sorta di reincarnazione di quell’eroe? –
-Aegon Targaryen, figlio di Rhaegar Targaryen… figlio del fuoco e del ghiaccio… era così che doveva chiamarsi colui che avrebbe affrontato le tenebre e impugnato la spada fiammeggiante. – specificò lei – tutto quello che so finisce qui. –
Ben si portò una mano sul mento pensieroso.
-La spada di Jon che io sappia non emette fiamme. – continuò a riflettere – era appartenuta alla famiglia Mormont. Doveva passare a Jorah, ma non la portò con sé quando scappò da Westeros, così Jeor continuò ad impugnarla quando entrò nei Guardiani della Notte. Poi la passò a Jon, ma non ho mai visto quella lama emettere un bagliore in tutti gli anni in cui ho servito presso i Guardiani della Notte. Se non era illuminata lei stessa da una torcia o da un raggio di sole o della luna… – Lyanna abbassò il capo combattuta.
-Questo non te lo so dire Ben. Non so se quella sia la spada giusta, non ho mai chiesto nulla a Rhaegar a riguardo. Avevamo un patto: saremmo vissuti senza che nostro figlio sapesse niente, lo avremmo cresciuto dandogli l’amore e l’affetto che ogni bambino doveva avere. Rhaegar non voleva che si sobbarcasse di doveri già dalla nascita, come era avvenuto a lui. Solo quando sarebbe arrivato il momento gli avrebbe spiegato tutto, Arthur sarebbe stato il suo maestro d’armi e avrebbe avuto tutto il nostro appoggio, per la missione a cui era destinato. – la tristezza era tornata a infestare i suoi occhi – ma non è andata così. Nulla ha seguito il corso degli eventi che avevamo pensato. Siamo stati degli sciocchi a credere che saremmo potuti mai vivere felici e senza pensieri. – si strinse nelle spalle sentendo il gelo avvolgerla. Mai in tutta la sua vita aveva patito il freddo come in quel periodo. Un ghiaccio però che non proveniva dall’ambiente esterno, ma direttamente dal suo cuore.
-Lyanna non sei sola. – Ben arrivò a stringerla tra le sue braccia da dietro – non più almeno. Ora ci sarò io con te, con lui e con i nostri nipoti. Rifletti, sei anche più fortunata di Ned; lui sì che è stato solo per quindici anni. Con una moglie petulante; cinque, anzi sei figli, col tuo, che strillavano e ne combinavano di tutti i colori, rendendo allegro questo castello, esattamente come facevamo noi un tempo, ricordi? – le sollevò il mento per guardarle il volto. Lei sorrise appena.
-Grazie Ben. – gli era grata davvero e si sentiva in colpa tremendamente. Il macigno che colmava il suo cuore si era lievemente alleggerito.
-Lo proteggeremo, dobbiamo solo continuare a fidarci l’uno dell’altra. Cosa diceva sempre nostro padre? “Il branco sopravvive…” - cominciò lui.
-“…ma il lupo solitario muore.” – terminò lei istintivamente.

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Capitolo 44
*** Danze del Nord ***


Rhaegal sembrava aver accettato Jon come suo padrone e la regina aveva imposto al Re del Nord di esercitarsi tutti i giorni per riuscire ad affinare il loro legame, così che, se avessero dovuto partire per la battaglia, anche Jon avrebbe potuto fare la sua parte, cavalcando un drago. Viserys invece doveva ottenere la fiducia di Viserion. Quindi ricominciarono anche per lui gli allenamenti.
La sera del sesto giorno festeggiarono alla Sala Grande con un sontuoso banchetto in onore del successo di Jon. Sansa aveva gestito tutto e bisognava proprio darle atto. Ogni cosa era perfetta e ben curata: i decori, le numerose portate, gli abiti che aveva confezionato apposta per quell’occasione.
Lei stessa indossava una delle sue fatture, in velluto verde acqua scuro, sul petto decori in argento e fili di seta bianca ricamavano il volto di un lupo tra le distese innevate. I suoi capelli ramati raccolti in una retina con piccole perle di fiume. Arya controvoglia era stata costretta ad indossare un abito fine e elegante, grigio scuro con pregiate sete drappeggiate sulla gonna e veli di una tonalità più chiara sulle braccia. Aveva legato i capelli in una treccia sulla nuca e alcuni riccioli modellati per l’occasione le ricadevano sui lati della fronte. Sansa aveva adoperato tutta se stessa per tenerla ferma, ma purtroppo sua sorella era ribelle quanto un mulo testardo e ora poteva solo ammirare il risultato malfermo delle sue sgraziate mani che avevano reso disordinato tutta la sua opera. Ma il suo capolavoro più grande arrivò dopo. Sua zia Lyanna era entrata con notevole ritardo, al suo fianco zio Benjen. Entrambi nel volto una strana espressione preoccupata, poteva leggerlo molto bene in quegli occhi grigi di lei, ma qualcosa di riconducibile anche sugli anfratti della fronte di lui. Lui indossava un vestito nero, sormontato da uno spesso mantello dello stesso colore, ma lei invece poteva solo primeggiare con la regina dei Draghi in persona. Sansa le aveva cucito un abito grigio perla chiaro, ad ogni movimento brillava riflettendo le numerose fiammelle delle candele. La scollatura era a cuore e risaltava il suo decolté formoso. Appena sotto la spalla sinistra partiva un decoro in lana bianca dapprima sottile e appena accennato per poi ingrandirsi man mano che scendeva verso il bordo della gonna, creando una dolce curva sulla sinistra. Una mantellina in pelliccia di lupo bianco le copriva le spalle e scendeva morbida lungo le braccia rivestite unicamente da un sottile velo trasparente. Per i capelli aveva espressamente richiesto di non raccoglierli interamente, Sansa aveva provato a protestare, ma lei non aveva voluto sentir ragioni e alla fine dovette constatare che aveva proprio ragione. Sua zia era davvero una donna bellissima e i suoi lunghissimi capelli bruni le risaltavano il volto. Sulla fronte una leggera tiara in argento con tre acquemarine al centro. Se il suo viso avesse sorriso poteva passare per una sposa nel suo giorno più bello, ma Sansa conosceva le sofferenze che le attraversavano l’anima e sapeva che nessuno in quella stanza le avrebbe potuto attenuare in alcun modo.
Jon si alzò e andò a riceverli. Sua madre lo guardò avvicinarsi e fece appena una lieve riverenza nei suoi confronti. Anche zio Ben strinse un pugno e portò il braccio destro sul fianco sinistro prima di abbassare il busto, con fare aggraziato. Era la prima volta che lo vedeva comportarsi in maniera tanto galante. Jon non permise a nessuno dei due di finire quella dimostrazione di rispetto. Abbracciò suo zio che accusò il colpo dapprima sorpreso, ma poi gradevolmente affabile. Prima le signore, Jon. Si ritrovò a pensare Sansa irritata. La sua ostinazione a ossequiare l’etichetta non le era ancora passata, ma di certo non avrebbe imposto a suo cugino una simile formalità di fronte a tutti. Finse quindi di non vedere che Jon aveva prima osservato maggior riguardo verso suo zio, piuttosto che sua madre. Poi Jon prese per le mani la donna e le fece fare un giro su se stessa, entrambi sorridevano festosi. Sansa si domandò come avesse fatto… in un lampo le labbra di sua zia mostravano un’ilarità che poche volte le aveva visto. Lui la stava ammirando in tutta la sua avvenenza, compiaciuto e visibilmente rapito, ma poi fermò quella doppia giravolta, con un movimento dolce e calcolato. La lady strabuzzò gli occhi cerulei incantata per quanta eleganza trasparisse dal giovane ormai diventato uomo. Per tutti gli anni che erano vissuti sotto le mura di quel castello, mai era trasparito in lui un galantuomo come la persona che ora si stava mostrando… oppure sono io che non me ne sono mai accorta? Sansa provò a riflettere, ma non ebbe alcun frammento tra i suoi ricordi che la poté aiutare. Passò in rassegna le varie persone nella sala, e notò che molti sguardi erano puntati verso l’entrata. Per lo più maschili, certamente accortisi dell’avvenenza di sua zia, ma vi erano anche alcuni femminili… notevolmente interessati. Uno tra questi proveniva da Alys Karstark, nel suo sontuoso abito nero con un sole cucito sul petto, al suo fianco suo marito Sigorn dei Thenn. Sansa non poteva credere che Jon avesse mai potuto obbligare una loro coetanea a sposare un uomo dei bruti, ma a vedere il modo dolce in cui lui si rivolgeva alla sua nuova mogliettina, la stupì enormemente. Era certo che tra i due vi fosse una notevole complicità, eppure Sansa era certa che l’occhiata che Alys aveva lanciato a Jon non fosse del tutto disinteressata. Ricordava a stento di averla vista ad un banchetto durante la loro tenera infanzia. Aveva ballato con suo fratello Robb e se non rammentava male anche con Jon... chissà se Jon all’epoca avesse potuto rinvestire del titolo di Stark come sarebbe andata a finire? Si domandò, ma la risposta non tardò ad arrivare Molto probabilmente ora sarebbe potuta entrare in famiglia come lady di Grande Inverno. Arricciò il naso contrariata. La cosa non le piaceva minimamente, ultimamente c’erano già troppe lady di Grande Inverno, ma delle due presenti oltre a lei, Sansa non riusciva a rinunciare a nessuna di loro. Cercò con lo sguardo Arya. Stava parlando con Lady Mormont e Meera Reed, erano ormai diventate amiche inseparabili tra loro. Un sorriso le nacque spontaneo al pensiero che sua sorella avesse trovato un po’ di felicità, eppure non potè che amareggiarsi per sé stessa che invece non aveva coltivato più alcuna amicizia da quando era tornata a Grande Inverno. Diffidava di tutto e di tutti. Temeva gli estranei e paventava l’idea di attaccarsi a qualcuno e poi perderlo, come già era avvenuto con troppe persone. C’erano giorni in cui si dannava l’anima per essersi affezionata a sua zia Lyanna, ma era un tormentoso toccasana il rapporto che le vedeva protagoniste. Entrambe sofferte, entrambe vittime e allo stesso tempo colpevoli. Riportò la sua attenzione allora all’unica anima in quella stanza che poteva comprenderla e notò ancora quello strano comportamento di suo cugino. Lo vide piegare appena la testa, portandosi una mano sul mento, continuando ad osservare sua madre confuso. Sansa lo vide poi armeggiare con qualcosa che teneva legato alla cintura. Era un panno di seta leggera avvolto su se stesso. Lo aprì con estrema delicatezza e ne estrasse un fiore; una splendida rosa blu dell’inverno. Una lacrima di commozione le cadde sulla sua guancia. Arya, appena giunta al suo fianco con movenze incredibilmente silenziose, emise uno sbuffo infastidita.



-Qualcuno mi ha ripetuto incessantemente che adori questi fiori, madre. – le rivelò, ridendo e guardando di sbieco suo zio. Lyanna non seppe cosa rispondere; quel gesto raffinato era molto dolce e non se lo aspettava di certo. Gli fece una tenera carezza sulla guancia e spostò lo sguardo verso suo fratello. Benjen capiva bene il suo stato emotivo. Per un dono simile era cominciato tutto, esattamente com’era finito tutto… ma dentro di lei non significava solo morte e dolore, bensì tanto amore e molta gioia.
-Le sorprese non sono terminate qui. – appoggiò la fronte contro la sua donandole un buffetto sul naso e la scortò personalmente verso la tavola a loro riservata sulla pedana rialzata. Passarono di fronte ai due fratelli Targaryen. Jon lanciò loro un cenno di saluto, che a Lyanna non passò inosservato. Lei preferì ignorare entrambi, non li guardò neppure, e proseguì indignata e fiera. Quando furono di fronte ai loro posti un boato di acclamazioni gioirono al loro re, incitandolo con foga ad alzare il calice e dare inizio al banchetto. Il ragazzo con aria timida, fece un cenno di accenso verso i suoi sudditi, ma lanciò uno sguardo al limite del terrore sia a lei che a sua cugina Sansa. Lyanna vide il volto di sua nipote sorridergli entusiasta e disinvolta, imitandolo nell’alzata del suo bicchiere. Era diversa ora che Ditocorto se n’era andato, sembrava visibilmente più serena, ovviamente la situazione non era delle migliori, ognuno di loro si trovava ad affrontare difficoltà non indifferenti, ma se la stavano cavando per essere così giovani. Un pensiero andò involontariamente ai banchetti a cui lei aveva partecipato quando era tra i suoi fratelli in quella stessa sala. E come c’era da aspettarselo le tornarono alla mente anche quelli avvenuti ad Harrenhall, solo che i posti degli Stark e dei Targaryen questa volta erano invertiti. La famiglia del Nord era seduta sopra la pedana, acclamata dai suoi sudditi. I due draghi superstiti invece erano tra la folla, seduti ai primi posti di un tavolo proprio di fronte a loro.
-Attenta sorellina, i tuoi occhi svelano dove davvero va il tuo interesse. – la canzonò Benjen – spero non vorrai ripetere la storia innamorandoti anche di questo nuovo Principe Drago… - le sussurrò all’orecchio suo fratello. Lyanna si voltò di scatto verso di lui. Alcuni boccoli le scesero sul davanti andando a posarsi morbidamente tra i suoi seni.
-Che stai farneticando? – gli domandò irritata.
-Nulla… - sospirò – dico solo quello che vedo – affermò convinto, tenendo sempre un tono abbastanza basso per non essere sentito da altri – e l’ultima volta ci ho azzeccato in pieno, se ben ricordi. – ghignò.
-Non questa volta però. – pure lei non cambiò il timbro della sua voce – e lui non è il Principe Drago. – lo apostrofò adirata.
-A tutti gli effetti lo è. Possiede Roccia del Drago e pare proprio che la regina lo abbia designato quale suo erede legittimo, in assenza momentanea di un successore. – la guardò con sufficienza – non sembra considerino tuo figlio al loro pari, ma potrei anche sbagliarmi. Ad ogni modo, ti conviene accettare tale titolo, prima che questo risentimento ti prosciughi l’anima, sorella. – spostò lo sguardo verso l’uomo dai capelli argentati con la maschera sul volto. Aveva alzato il bicchiere in onore del Lupo Bianco, ma c’era qualcosa nell’inclinazione del suo volto che le faceva credere che stesse guardando lei in realtà. Una furia sentì montarle dentro e tracannò tutto d’un fiato il contenuto del suo calice e lo sbattè sul tavolo, chiamando a sé un servitore affinchè glielo riempisse nuovamente. I suoi occhi si accorsero che il principe non aveva ancora smesso di fissarla. Aveva però serrato le labbra e aveva bevuto dal suo bicchiere con cautela. Sperò che le portate arrivassero in fretta, prima che gli effetti del vino le facessero girare la testa.


 
-Tiene il muso e ha ragione, a mio parere. – affermò la Regina dei Draghi a suo fratello.
-Sii gentile ed evita queste considerazioni. – Viserys era nettamente infastidito, ma Dany sapeva che non era tanto per ciò che lei aveva detto, ma dal modo in cui la sua lady lo stava sfidando.
-Un modo simpatico per dirmi di non impicciarmi negli affari tuoi… - lo provocò, muovendosi sinuosa verso di lui per sussurrargli all’orecchio – Se fosse stato per me, te l’avrei sicuramente fatta pagare cara. Non ti avrei permesso di parlarmi a quel modo, e soprattutto di mancarmi di rispetto a quel modo! – precisò.
-Ciò che ho fatto era necessario – digrignò a denti stretti – ti invito a non giudicarmi. – le mise una mano sopra la sua che Dany aveva appoggiato sul suo braccio – Mi stava per scoprire e quello non era il momento indicato. – la rimproverò.
-E perché spetta unicamente a te decidere quando lo sarà? – Rhaegar si voltò a fissarla, aprendo appena le labbra, ma non emise alcun suono.
-Visto il caratterino che si ritrova, senza alcuna offesa, sia ben chiaro – specificò – sono certa che troverà la maniera per avvalorare, la sua giusta collera. – sorrise mentre si faceva mettere nel piatto una grossa coscia di fagiano al miele da un servitore. Rhaegar notò che era indecisa su come spelarla.
-Ti devo dare una mano con quella, mia cara sorellina? – la prese in giro.
-Saresti così gentile? – e gli porse il piatto, senza nemmeno aspettare una risposta, lasciando che fosse lui a selezionare i pezzi di carne morbida e leggermente ambrata da poter mettere sotto ai denti.
-Non mi pesa. Ero abituato a prendermi cura delle mie regine un tempo… – scherzò lui, continuando a tenere in piedi quel giochetto provocante.
-Ne avevi più di una? – rise la giovane allargando gli occhi incuriosita – avanti racconta! –
-Ebbene sì. – affermò con un tono piatto – nostra madre era la mia prima regina, l’unica donna che per anni ha occupato interamente il mio cuore.  – si soffermò un istante a ricordare il suo volto – la seconda, ma solo in rari casi, era mia moglie Elia – ebbe un debole sussulto nel nominare quel nome. Notò che si era appena rabbuiato, evidentemente il ricordo, lo faceva ancora patire molto, ma sembrò come se non volesse riaprire quei cassetti colmi di malinconia e proseguì quasi frettolosamente sempre a voce bassa – poi c’era Rhaenys, lei non mangiava se prima non le avevo narrato di come le fate portassero il cibo alle tavole dei commensali. – il sorriso che gli sfuggì era buio quanto il cielo plumbeo al di fuori – Ed infine… -
-La donna che è ora seduta su quella tavola. – concluse lei – e che ha tutte le ragioni per essere infuriata con te. – sottolineò ancora.
-Quando terminerai con questa litania sempiterna? – le chiese puntando il volto verso di lei, ma dovette accorgersi che i suoi occhi erano invece sulla tavolata alla loro sinistra. Abbassò di nuovo lo sguardo e sorrise, mentre continuava a tagliare porzioni di carne e dividerla dalla cotenna e dall’osso.
-Sembri molto interessata a quella tavolata… - Viserys si era accorto di dove fosse la sua attenzione.
-Fossi in lei ti farei ingelosire… - disse distrattamente – userei forse il primo che capita per farti sputare fiamme dal naso. – la irritava come a volte riuscisse ad entrarle dentro e a leggervi come neanche lei riusciva a fare con se stessa.
-Parli per esperienza personale? – domandò fingendo noncuranza.
-Io non ho mai dovuto far ingelosire i miei precedenti mariti. – alzò il mento orgogliosa – E poi che ne avrei ricavato? Da loro avevo già tutto, compresa una buona dote nascosta sotto le lenzuola.  – rise, riflettendo su certi dettagli più peccaminosi e inconfessabili, mentre suo fratello si stava mettendo una mano sul volto, probabilmente maledicendosi per avergli posto quella domanda. Così lei continuò – se avessi provato a tradire Khal Drogo, i suoi cavalieri del sangue mi avrebbero tagliato la testa. – ammise e si portò una mano alla gola, usando l’indice passò da parte a parte in linea orizzontale, simulando il gesto – con Hizdahr… beh è stato un fiasco come marito anche se ci ha provato… era all’altezza di un drago però! E non posso dire di aver mai avuto per lui un affetto sincero: era un matrimonio politico, per evitare che le Arpie mi detronizzassero… esattamente come il primo con Drogo, ma completamente diverso in fatto di sentimenti. Eppure dovresti essere fiero di me, perché non l’ho mai tradito. – suo fratello lanciò uno sguardo al cavaliere in armatura seduto di fronte a loro. Ser Barristan  chinò in fretta la testa prima che vi potesse leggere qualcosa.
-Perché non riesco a crederti, sorellina? – affermò. Dany si voltò a osservarlo, rideva in direzione del cavaliere che era tornato a guardarlo e pure le sue labbra si erano curvate.
-Devo cominciare a dubitare della lealtà dei miei alleati? – Dany si spazientì parlando ad entrambi.
-La lealtà non può essere screditata per un semplice sorriso… – suo fratello prese le difese di Ser Barristan – altrimenti avrei io dovuto levare il mantello alla maggior parte delle guardie reali al servizio di Re Aerys II. – continuò a tagliare la carne restando in silenzio per un attimo – devo far parlare Ser Barristan o vuoi dirmelo tu? –
-Mio principe, abbiate pietà… - intervenne lui – sapete che non posso rivelare certi segreti. – Viserys però non lo stette a sentire.
-Dopo che Aerys li ha considerati parte dell’arredamento per tutto il tempo, disonorandoli del titolo che portavano e facendoli abbassare la testa per atrocità inimmaginabili, penso che tu, sorellina, debba riservar loro un minimo di franchezza e libero arbitrio, se davvero il tuo intento è quello di fermare questa pesante ruota. – Dany serrò le labbra e annuì col capo, quindi Rhaegar si rivolse al cavaliere – Dunque Ser, mia sorella è stata davvero così immacolata a Meeren? –
Barristan rimase in silenzio per un alcuni secondi prima di rispondere, continuando a dividere i piselli in salsa dalle cipolle cucinate al cartoccio.
-Si è dimostrata degna del suo impegno, sposando un uomo per necessità, rinunciando ai sentimenti che certamente la stavano conducendo verso strade… poco ortodosse. –
-Oh, ti eri dunque fatta un’amante. – concluse Viserys ridendo e voltandosi a guardarla. Dany mise il broncio – nulla di così inconcepibile o criticabile. – rimediò subito vedendo i suoi occhioni viola – pure io cercai conforto, quando il mio primo matrimonio non funzionava. Immagino che Ser Barristan non ti abbia detto alcun che a riguardo, ma te lo può ora confermare, dato che sono stato io stesso a svelarti questo mio segreto. –
Dany sbarrò gli occhi stupefatta e involontariamente riportò la sua attenzione verso il tavolo degli Stark.
-So già cosa la tua mente perversa sta immaginando – l’anticipò lui, ancora prima che i suoi occhi riuscissero a mettere a fuoco la lady di Grande Inverno – non era lei, la donna che mi fece compagnia in quel periodo. –
-E lei lo sa? – gli domandò, continuando ad osservare la giovane madre del Lupo Bianco.
-Sì… e non l’ha presa in maniera ponderata all’inizio. – Viserys abbassò lo sguardo sul piatto – ma era avvenuto l’anno prima che la incontrassi, quindi non poteva comprendere davvero ciò che stavo passando all’epoca. Ho cercato di spiegarglielo e alla fine ha convenuto con me, che non poteva criticare la mia condotta, e ha deciso che ero in qualche modo assolvibile. –
-Scelta alquanto matura… io ho smesso di frequentare Daario, la mattina stessa del matrimonio con Hizdahr. Posso essere giustificabile pure io? – Viserys le riservò un tenero sorriso.
-Lo eri pure prima, Haedus. – le accarezzò una guancia affettuosamente, usando solo il dorso delle dita – e poi nessuno potrebbe mai giudicare le tue scelte in fatto di uomini… - Ser Barristan fece un colpo di tosse che interruppe quel momento. Viserys non riuscì ad ignorarlo e si voltò verso di lui.
-Era così pessimo questo Daario? – gli chiese scettico. Sua sorella divenne rossa dalla vergogna.
-Non dovrei… - cominciò il cavaliere.
-Siete tra amici, ser, non continuate a considerarci solo membri della famiglia reale. – lo ammonì – pensate di essere seduto alla Tavola delle Spade Bianche, e di riferire a Ser Hightower un segreto della regina… - enfatizzò il suo titolo – credo non sia una cosa del tutto nuova, no? – gli fece un segno d’intesa col capo. Dany si accorse di un guizzo negli occhi azzurri di Ser Barristan, che non riuscì a decifrare. Poi lo vide voltarsi verso di lei e fissarla attentamente per qualche istante e tornare a guardare suo fratello con uno sguardo interdetto.
-Mio principe… - balbettò – avrei pensato a tutto ma… non avevo ipotizzato… - suo fratello però lo interruppe con un gesto della mano e un leggero movimento del capo, come di diniego.
-Stavamo parlando dell’amante di mia sorella. – Dany non comprese di cosa stessero parlando,ma non fece in tempo a chiedere spiegazioni che notò il cavaliere serrare la mascella e deglutire un po’ di saliva.
-Oh… già. – balbettò incerto – Daario Naharis. Un guerriero molto abile, ma pur sempre un mercenario… e come tale era volubile, brutale e spesso sleale. Sfrontato, egocentrico, impulsivo, spericolato, facilmente irritabile e portava rancore. Tuttavia sembrava avere una sincera attrazione per vostra sorella. –
-Forse eri tu quello che fra i due portava più rancore, Ser Nonno! – si mostrò offesa. le sue parole avevano risvegliato un sentimento che aveva cercato di tenere lontano dal suo cuore per diverso tempo. Certamente non poteva chiamarlo amore, era più riconoscenza. Al suo fianco Viserys voltò la testa di scatto con fare decisamente infastidito.
-Temo le mie orecchie non abbiano ben appreso il termine con cui ti sei rivolta a lui. – la sua voce era enormemente contrariata.
-Mio principe, fu il nomignolo inventato da Daario per sottolineare il mio avanzamento con l’età. – irruppe Selmi per evitare che la rimproverasse – vi supplico, non prendetevela con la regina. – Dany si sentì impietosita da lui. Seppur lo avesse chiamato con quel epiteto numerose volte, lui la stava comunque difendendo di fronte a suo fratello. Ebbe un moto di calore nel petto, come dovrebbe provare una figlia quando un padre cerca di frapporsi ad una lite tra fratelli.
-Mi voglio augurare che un simile appellativo non venga mai più rivolto a Ser Barristan. Sono stato chiaro, Dany? – la guardò severo, lei annuì col capo basso, poi si rivolse anche a lui – ogni membro della guardia è disposto a dare la sua vita per i membri della famiglia reale. Dobbiamo loro molto, per cui non mostrarti irrispettosa nei loro riguardi. Mai! –
-Ho capito. – abbassò il capo Daenerys affranta, poi alzò gli occhi verso di lui – mi dispiace Ser, se sono stata irrispettosa nei vostri riguardi. –
-Mai, mia regina, lo siete stata. – la confortò, distendendo il volto in un cordiale sorriso. Nel suo sguardo però vi trovò una strana gioia ora – il sole ha sempre illuminato le mie giornate dal momento che sono entrato al vostro servizio. –
-Oh, come siete dolce. – si commesse davvero – mi fate sentire ancora più in colpa così. –
-Arrossivi così anche col tuo ultimo amante? – suo fratello era tornato a rivolgerle quel sorriso complice, la ramanzina era cessata.
-Non sono arrossita. – ributtò lei fingendosi offesa – e poi tu che ne sai del mio ultimo amante? –
-Dormivo nelle tue stanze, mia inflessibile sorella. – le ricordò lui – ti sarò sembrato assente e distratto con la mente per la maggior parte del tempo trascorso alla Fortezza Rossa, ma non era così difficile da notare invece la tua assenza fisica all’interno dei tuoi alloggi. – Dany si irrigidì notevolmente.
-Credevo stessimo parlando di Meeren. – riprese dopo averlo osservato per un istante.
-Stiamo parlando di tante cose assieme, mia adorata sorella. – la avvisò – solo mi sento di doverti mettere in guardia, se hai intenzione di intrattenerti con uomini che poi non hai intenzione di sposare. Qui a Westeros non è come nelle Città Libere. Ogni tuo comportamento è giudicato, valutato e reso pubblico il più delle volte, se non sei brava a celare i tuoi segreti. Non servirà a nulla il tuo retaggio. Puoi essere il sovrano dei Sette Regni, ma se hai contro l’Alto Septon o i maestri della Cittadella, il tuo destino è segnato. Non dimenticare mai che perfino Aegon il Conquistatore preferì inchinarsi al credo, piuttosto che combatterlo e da quel momento nacque l’era dei Targaryen sul Trono di Spade. –
-Mi stai forse dicendo che devo prendere un marito per sedare ogni eventuale loro pressione? –
-Ti sto dicendo solo di non sottovalutarli troppo… - precisò – e di certo se mai dovessi decidere di sposarti, mi auguro che la tua scelta venga ben ponderata. Il mio augurio è che tu lo faccia questa volta perché vuoi davvero vivere il resto della tua vita con quella persona. –
Dany rimase a fissarlo negli occhi. Seppur quella maschera le celasse la sua vera espressione, era certa di saperla leggere perfettamente.
-Ad ogni modo so che se tradissi il mio eventuale marito e questo dovesse divenire di dominio pubblico, la mia sorte non sarebbe poi diversa da quella che mi sarebbe aspettata a Vaes Dothark, o a Meeren. – rimase in silenzio solo in istante, un tremito nelle sue spalle anticipò le sue parole – mi avrebbero impalata come una traditrice. –
-Ahimè la medesima condizione sarebbe stata prevista pure a mio tempo. Sua grazia un tempo avrebbe fatto tagliare la testa allo spergiuro, e l’avrebbe esposta su una picca sulle mura della Fortezza Rossa, così che tutti potessero vedere il volto dell’uomo che aveva osato contradire la parola del re… un giorno però ritenne che questa condanna non fosse all’altezza del danno… - lo vide adombrarsi.
-E cominciò a bruciarli vivi. – terminò lei – ne sono al corrente. Mi è stato riferito quanto il suo operato non sia stato dei migliori. – suo fratello la guardò intensamente, prima di parlare ancora.
-Un uomo viene perdonato se tradisce la propria moglie… - aveva chiaramente preferito tergiversare sul quell’argomento – raramente veniva punito per adulterio. Una donna invece veniva umiliata, privata di ogni bene o titolo e addirittura frustata in piazza. – la avvisò lui.
-E’ un’ingiustizia e io farò in modo di cambiare questa e tante altre cose – sentenziò Dany infastidita – perché noi donne dobbiamo sempre passare per delle puttane, mentre voi uomini risultate perfetti, anche se mettete al mondo dei bastardi? – aveva parlato senza pensarci e ora si era messa una mano sulla bocca, come a cercare di evitare che uscissero altre parole. Rhaegar sembrò accusare il colpo, anche fin troppo bene, per i suoi gusti.
-Perdonami, non stavo criticando te. – provò a rimediare.
-Tranquilla. – rispose serenamente, ripassandole il piatto con i pezzi di carne ben selezionati, e completamente ricolmo anche di piselli, carote, una salsa rossa e qualche fetta di pane nero. Dany osservò prima le pietanze accuratamente posizionate e poi anche la maschera che occultava il volto di suo fratello, cercando di indovinare la sua vera espressione, ma le fu praticamente impossibile. Nel suo campo visivo entrò il Re del Nord, si sentì le guance avvampare e spostò subito lo sguardo alla sua destra dove ritrovò Lady Lyanna intenta a parlare con quello strano Guardiano della Notte dal volto vitreo.
-Se continui a fissare il Lupo Bianco a quel modo, vedrai che Lyanna scaglierà la sua ira pure su di te. – la voce di suo fratello le giunse come la lama di un coltello. Si voltò verso di lui. La bile le era salita alla gola e faticò a mandare giù il boccone che aveva appena messo in bocca.
 


Con un cenno della mano Jon diede il via alle danze e Mance Rayde con la sua piccola arpa leggera compose le note di una canzone che Lyanna non credeva possibile udire più in quella sala. La canzone della Rosa dell’Inverno. Voltò lo sguardo sconcertato verso suo fratello al suo fianco
-Gliel’hai detto tu di farla suonare? –
-No, questa è tutta farina del suo sacco. – ammise l’uomo – le romanticherie non sono nel mio genere, dovresti saperlo. Lui deve averle ereditate nel sangue. – rise, e stranamente anche a lei venne da ridere, poi proseguì guardando il bruto – non pensavo che il re oltre la barriera avesse una simile passione. A quanto pare i reali negli ultimi vent’anni non fanno altro che strimpellare arpe… - scherzò – strano che Jon non si sia dilettato ad imparare quest’arte, ma se ha preso da te, è comprensibile. – sorrise zittendosi all’improvviso, quando suo nipote spostò lo sguardo su di loro.
-Qualcosa non va? – chiese vedendoli parlare affiatati.
-No, tesoro. Stavo solo ricordando al mio fratellino, quanto nostra madre amasse questa canzone. – disse la donna fingendo non curanza e tirando un calcio sotto al tavolo in direzione di Benjen. Jon rimase stupito nel loro improvviso silenzio. Inavvertitamente spostò il suo sguardo verso il Principe Drago e la sua splendida sorella e notò che lei era in piedi e lo stava spronando al alzarsi. Sembrava che lo stesse persuadendo ad iniziare un ballo. Senza accorgersene si alzò pure lui, sotto lo sguardo attonito di sua madre e di tutti i presenti nella sala. Anche i due signori dei draghi lo fissarono. Jon si sentì in imbarazzo e per levarsi da quel vergognoso impiccio, prese per mano sua madre.
-Balli con me, madre? – Lyanna non ebbe timore a dargli una risposta, solo avrebbe preferito le note di qualsiasi altra canzone.
 
Non è un profumo in più
Non è il vento, ora sei tu
Non mi lascia tempo
È qualcosa che
Assomiglia a te dentro
 
-Vorrei sapere perché mi lascio sempre coinvolgere in simili situazioni. – serrò la mascella irritato. Rhaegar ripensò a tutte quelle volte in cui si era lasciato mettere in mezzo in problemi di cuore di altre persone.
-Non so a cosa tu ti stia riferendo. – Dany finse di non capire, e lo costrinse a roteare su loro stessi. Rhaegar cercava di starle dietro, ma lei non sapeva assolutamente come si ballava nei Sette Regni, a dire il vero non aveva mai ballato in vita sua, come le aveva detto a Dorne, per cui decise di prendere in mano la situazione.
-Lascia che conduca io. – le propose. Sua sorella rimase a fissarlo maliziosa, ma si rese più mansueta. Erano soli a ballare. Draghi e Lupi. Nessun altro si stava inserendo. Rhaegar sperava che altri prendessero il coraggio, Dany sembrava avere per la testa solo uno scopo, ma lui voleva accuratamente evitarlo.
-Perché continui a spingermi sempre più ai lati della sala? – non era stupida se ne stava accorgendo. Lui le sorrise.
-Non ti farò avvicinare ai lupi. – le svelò, aveva capito le sue intenzioni, ma non le avrebbe dato corda – non ti permetterò di mettermi nella condizione di invitarla a danzare con me. –
-Lo sto facendo per te – puntualizzò lei – il mio piano è dunque così prevedibile? Eppure credevo di averlo escogitato bene… -
-Sono più vecchio di te… queste cose le ho imparate da tempo. – le sussurrò all’orecchio – non mi devi certo spiegare come funzionano. – le sorrise allentandosi quel tanto per guardarla negli occhi – nel momento in cui tu esortassi mio figlio a ballare con te, l’etichetta stabilisce che io chieda lo stesso a lei. –
-Magari trovandovi a ballare assieme… potrebbe rinascere quella scintilla che hai spento pochi giorni fa e scusarti per quel tuo atteggiamento sconsiderato, irrispettoso… – gli sorrise civettuola.
-Magari invece potresti ficcare il tuo regale nasino in altre faccende. – la interruppe lui – non ho nulla di cui discolparmi, semmai è lei che mi deve delle spiegazioni! – affermò nervoso, muovendo la testa di lato.
-Spiegazioni? – domandò incuriosita – a che proposito? – era chiaramente confusa.
Non poteva essere a conoscenza di ciò che era davvero accaduto durante la missione a Ovest, tuttavia non era stato il comportamento di Lyanna ad irritarlo. Lei si era comportata esattamente come c’era da aspettarselo. Determinata, fiera e coraggiosa… ma come era già avvenuto in passato, nel momento in cui si era trovata più debole, aveva cercato conforto nell’abbraccio e nel trasporto con un’altra persona… era stato disposto anche a perdonare ogni cosa. La ricerca di attenzione che lei provava era chiaramente dovuta dalla sua perdita, di certo non gli era mai sembrato che Lyanna lo avesse dimenticato. In ogni cosa che faceva, in ogni suo gesto, in ogni sua parola… perfino gli occhi anche quando non piangevano versavano lacrime. Lo vedeva, non era cieco… aveva provato a darle un lieve conforto con le parole, e quando non era più servito, le aveva riservato attenzioni con piccole cose quotidiane che sapeva lei avrebbe apprezzato, ma di certo non ricondotto all’uomo che le mancava. Aveva provato a fare di tutto affinché Lyanna non riconoscesse in lui nemmeno una briciola del suo amore perduto, anche se c’erano state volte in cui le aveva sussurrato parole criptiche quasi nella speranza che lei lo scoprisse. Ma su una cosa non transigeva e lei lo aveva deluso. In quella stanza all’interno del castello dei Glover, Lyanna aveva appoggiato le labbra alle sue, dapprima con incertezza, poi sempre più spinta dall’ardore e dal desiderio. Rhaegar incondizionatamente aveva risposto a quel bacio, quasi certo che lei lo avesse riconosciuto, ma quando l’aveva sentita abbandonarsi su di lui, sciogliendo la disperazione in lacrime amare, aveva capito che invece si era spinta oltre la soglia di quello che lui da sempre le aveva imposto. Era uno stupido insegnamento di Arthur, che a lui era passato tramite Lewyn. Ogni parte del corpo di un uomo, dagli occhi, alle mani perfino i suoi lombi, potevano anche essere di tante donne, ma le sue labbra erano l’espressione fisica del cuore. Quelle appartenevano solo ed esclusivamente alla donna che possedeva la loro anima. Per Rhaegar quella donna era Lyanna, e le aveva sempre detto che non amava la condivisione e non transigeva che lei potesse mai appartenere ad un altro uomo. Per quello era diventato così letale quando Gerold Dayne si era impossessato di qualcosa che gli apparteneva, costringendo Lyanna a quel bacio forzato in cui mancava davvero poco che lei non lo mordesse. Ma in quell’occasione non le aveva dato alcuna colpa; era vittima della situazione, non poteva in alcun modo combattere, anche se il suo spirito si rifiutava di concedersi a lui. A differenza invece di ciò che era accaduto nelle sue stanze. In quel caso era stata lei volutamente ad avvicinarsi a lui, baciandolo e cercando un conforto in quel contatto. Rhaegar non l’aveva mai obbligata a cercarlo o a doverlo ripagare in qualche modo… usava come scusa i diritti della prima notte quando lei provava a porgli qualche domanda, si burlava di lei, cercando di mostrarsi l’uomo che non era, eppure Lyanna aveva comunque ceduto una parte della sua anima a Viserys. Questo Rhaegar non poteva accettarlo in alcuna maniera. Probabilmente era una cosa alquanto sciocca, ma per lui era di vitale importanza. Riguardando sua sorella, però ebbe la chiara sensazione che lei non potesse comprendere.
Inoltre lei non poteva nemmeno sapere le parole che si era scambiato con Jon la mattina che gli aveva fatto dono di Obsidian. Non gli era andato a genio neanche il fatto che suo figlio avesse un giudizio così basso di suo padre. “Lyanna possibile che tu abbia scordato di rivelargli che non sono l’uomo che per anni gli hanno fatto credere? Non gli hai quindi raccontato proprio niente al fine di ottenebrare l’infamia del mio nome perpetuata per tutti quegli anni?”
-Nulla che ti riguardi. – rispose scontroso nascondendole ogni realtà che lo turbava. Lei lo fissò alzando un sopracciglio esasperata.
-Sei proprio arrogante e presuntuoso, quando ti chiudi dentro quel guscio di scaglie di drago! – Rhaegar si limitò a fissarla, ma restò in silenzio – per cui non ti infuriare, se poi lei ti farà impazzire di gelosia col prossimo che le capita a tiro. – si indignò la giovane.
-Non accadrà ciò che immagini. – la sua voce era alquanto irritata – Lei non sa chi sono realmente, per cui non si sentirà mai in dovere di mettermi in difficoltà… – cercò di spiegarle – e chiariscimi, cosa ti rende così certa che io sia geloso? – a quell’affermazione lei sorrise furbamente.
-Solo una banale supposizione, mio adorato fratello – gli fece una smorfia furba – infatti è bastato solo che una stella oscura minacciasse di chiederla in moglie, per farti esplodere come un’ampolla di altofuoco. Hai levato il potere dalle mani di Ser Dayne, lo hai fustigato come un comune plebeo scoperto a rubare una mela e sei riuscito a farlo inginocchiare ai tuoi piedi, cosa molto rara per un dorniano. – sogghignò al suo improvviso silenzio – sei stupito che sia a conoscenza di tutto ciò? La principessa Arianne  mi ha gentilmente informata degli eventi successi a Deepwood Motte, per mettermi al corrente che il comando ora era passato a Ellaria Sand, ma ha ben precisato quanto era stato fatto al suo pupillo, nella speranza di rendergli salva la vita, credo. Inizialmente mi ero preoccupata, non ti credevo tanto malvagio, ma poi Barristan mi ha svelato che diventi molto severo se toccano le persone a cui tieni. – Rhaegar spostò lo sguardo di lato stizzito visibilmente, che fosse a conoscenza di tali eventi.
-Suvvia non ti adirare così. – continuò lei con fare scherzoso – ammettilo che sei geloso, protettivo, possessivo e uccideresti chiunque provasse anche solo a torcerle un capello. –
Lui inaspettatamente colse l’occasione per prenderle un fianco ed avvicinarla ancora più a sé.
-Potrei anche ammetterlo… – rimase al gioco, accostando i loro volti, come se volesse darle un bacio sulle labbra. Dany rimase sconcertata da tanta intraprendenza e gli sorrise titubante. – ma dimmi sorellina, vogliamo appurare se tale sentimento è stato ereditato anche dal mio sangue? – le prese il mento per impedirle di allontanarsi.
-Cosa stai insinuando? – la sua voce però tremava imbarazzata.
-Dovresti sapere che non mi sfugge niente. Il tuo legame con mio figlio si è notevolmente rafforzato di questi tempi, in modo estremamente veloce oserei dire. E gli sguardi che vi lanciate, fanno trasparire che qualcosa deve essere successo in mia assenza. – continuò a fissarla mantenendo lo stesso tono e tenendola stretta tra le sue braccia.
Dany osservò con timore le orbite nere della maschera di fronte ai suoi occhi.
-Rasserenati, non voglio conoscere nei dettagli ciò che avete fatto… quelli te li lascio assaporare in solitudine nelle tue stanze – le concedette sussurrando quelle parole direttamente nel suo orecchio – ma mi vedo costretto di metterti in guardia anche questa volta. – si fermò, fissandola intensamente negli occhi, anche se lei non poteva vederlo, lo intuiva ugualmente.
-So bene che rischi possono incorrere. Sei stato più che chiaro con Griff a suo tempo e ora non mi devi fare di nuovo la paternale. – rise acida lei.
-E gli eventi ti hanno messo in luce che avevo ragione su di lui, tuttavia hai voluto fare di testa tua e la sorte è stata dalla tua… o sarebbe meglio dire che è andata bene a quel giovane. Seppur avevo giurato a Jon Conninton di non ucciderlo, mi sono trovato più volte a reprimere la voglia di brandire la spada nuovamente con lui. Ma gli ho permesso di vivere, dato che il tuo sorriso sembrava in parte dipendere da lui. Se però avesse provato a farti del male, se la sarebbe vista con me seduta stante! – gli confessò, poi sospirò profondamente e quando tornò a parlare usò un tono ancora più grave – Per quanto riguarda Jon però… in quanto suo padre, ti chiedo di non farlo soffrire inutilmente. –
Dany si ammutolì e rimase ad ascoltarlo incredula per quella sua ammissione improvvisa.
-Ne ha già passate tante… Non ha ricevuto gli affetti che io e sua madre avevamo previsto per la sua infanzia. Ha vissuto in una famiglia che, seppur gli volesse bene, lo ha sempre etichettato per il bastardo che non era. Non biasimo Ned Stark per la sua scelta, questo certamente gli ha permesso di restare nell’ombra da ogni sospetto e di vivere lontano dalle spie di Robert… ma non ha sicuramente giovato al suo animo tormentato. Per anni ha creduto che sua madre lo avesse abbandonato, e che suo padre avesse perso l’onore, amando sua madre all’infuori di un matrimonio. Non ha conosciuto la sicurezza di un nome di famiglia sulle spalle ed è cresciuto come un reietto. Allontanato da qualsiasi titolo o carica importante. Ha sudato per ottenere la rispettabilità alla Barriera, ma alla fine è stato tradito dai suoi stessi confratelli. Ha perso la donna che amava e si sentirà responsabile per sempre della sua morte, etichettandosi come un traditore. Sono fallimenti che si porterà dentro per tutta la vita ed il baratro che separa la felicità dall’oblio, è talmente sottile che può inciamparvi al suo interno in ogni istante. Lui non sa ancora di avere il fuoco nelle vene, forse lo sente, ma non lo riconosce. Paventa ciò che io gli ho trasmesso in eredità, come se dentro al mio seme potesse celarsi un demone delle fiamme pronto a sovvertire in un baleno ogni sua convinzione. Ho avuto modo di credere che tema il legame che ci unisce a lui. Non ha alcuna certezza di chi è in realtà, o di chi dovrà essere… - emise un profondo sospiro che gli gonfiò il petto solo per un lungo istante, prima di lasciarlo andare – Per cui, Dany, ti supplico, non dargli false speranze se non ce ne sono. E non farlo cadere volontariamente in quell’abisso. Non ne risalirebbe più… e con lui cadremmo sia io che sua madre, non per andare a riprenderlo però, ma per accompagnarlo. – si fermò un attimo affinché lei prendesse quelle parole come un chiaro ammonimento – ma prima mi troverei costretto a farti rimpiangere il male che gli hai inferto. Te ne prego dunque, non farlo soffrire, te lo chiedo con il cuore in mano, Daenerys. – la fanciulla rimase a guardarlo senza dire una parola per diverso tempo. La vide socchiudere gli occhi e abbassare il capo appoggiando la fronte sul suo petto. Quando lo rialzò, puntò lo sguardo su di lui, un luccichio tremulo gli usciva dalle ciglia.
-E se fosse invece lui ad avermi già fatta soffrire respingendomi e facendomi sentire inadatta? –
 
Spina e poesia
Chiara malinconia
Non lasciarmi più
La rosa dell’inverno sei tu
Ormai so cosa sei per me
 
Sua madre non smetteva un attimo di ridere. Non voleva prenderlo in giro, glielo aveva ripetuto un sacco di volte, eppure Jon ce la stava mettendo davvero tutta per seguire il ritmo della musica, ma aveva sempre odiato quelle cerimonie eleganti e non si era mai davvero impegnato ad imparare i passi delle danze, oltretutto erano passati anni dall’ultima volta in cui aveva potuto parteciparvi. Non riusciva proprio a ricordare come mettere i piedi, e cercava unicamente di evitare di pestare quelli di sua madre. Inavvertitamente le calpestò ancora la punta della sua scarpetta, ma se ne rese conto in tempo, finendo per stare con tutto il peso sul tallone e permettendole di fuggire in tempo dall’ennesimo pestone. Lei ovviamente era scoppiata a ridere ancora.
-Ti prego Jon… - cercava di trattenere a stento una risata – non avercela con me… ma fai delle facce troppo buffe… - continuava ad osservarlo e ridere.
-Perdonami madre, forse non è stata una buona idea quella di invitarvi a ballare. – abbassò le spalle scoraggiato, ma lei gli diede un pizzicotto sul collo, dove la pelliccia finiva. Lui sussultò e drizzò la schiena con fare teso.
-Non abbatterti, quando sei di fronte a così tante persone! Ricordati che sei mio figlio, sei uno Stark di Grande Inverno, nelle tue vene scorre il sangue di re e tu stesso sei un re. – aveva pronunciato quelle parole duramente, ma fiera di essere sua madre. Jon le sorrise, ma non le disse che l’ultima frase preferiva interpretarla riconoscendo solo i Re dell’Inverno che lo avevano preceduto, tralasciando invece la dinastia dei draghi. Questo lo portò a guardare i loro discendenti proprio dietro le spalle di sua madre. Udiva il frusciare dello splendido abito porpora di Daenerys, anche se lo aveva visto solo di sfuggita all’entrata, aveva scorto il pizzo nero sul corpetto e i veli sulle braccia che riprendevano la forma delle fiamme. I lunghi capelli erano attorcigliati su un lato del capo, lasciando scivolare gli argentei boccoli vaporosi, avvolti di tanto in tanto da treccine sottili che scendevano a spirale verso le punte. Aveva dei gioielli con la testa dei draghi al collo e alle braccia. Sul suo capo splendeva una corona in oro giallo con rubini incastonati, rossi fiammanti. Suo fratello invece indossava una casacca lunga di colore amaranto. Sul petto aveva dei decori lineari in argento. Le maniche e le brache invece erano nere, sulle spalle degli spuntoni argentei simile alla cresta sul dorso dei draghi. Ad un orecchio portava uno strano gioiello che girava attorno al suo padiglione auricolare; era in oro nero e all’estremità più bassa oscillava un rubino di forma allungata. I capelli erano perlopiù sciolti, ma dalla fronte partivano cinque trecce a spina di pesce che proseguivano fino a metà testa. Tra una treccia e l’altra vi erano posizionati tre draghi in oro bianco smaltato di nero, posti a uguale distanza l’uno dall’altro. Le loro fauci fermavano una sottile catenella a cui erano appesi sette gocce di rubini che andavano ad appoggiarsi sulla sua maschera.
Erano entrambi estremamente eleganti e anche molto aggraziati. Avevano un portamento maestoso semplicemente restando fermi ad osservare il panorama dalle mura del castello, o seduti a leggere o ad intrattenersi con Tyrion Lannister. Era un incanto rimanere ad osservarli in qualsiasi cosa facessero, Jon fingeva spesso di ammirare il cortile, ma i suoi occhi in realtà seguivano ciò che restava del sangue di Valyria. Restava incantato a vedere il principe Viserys che si allenava con la spada, sfidando Barristan Selmi o un immacolato a scelta, e faticava a distogliere lo sguardo, quando Daenerys sedeva ai consigli e studiava una strategia. Quella sera aveva posato gli occhi su di loro troppo a lungo, se ne rendeva conto, ma non aveva resistito quando si era accorto che erano assurdamente perfetti in ogni loro gesto… li aveva visti parlare, ridere, stuzzicarsi… suo fratello le aveva perfino tagliato la carne, lasciandola in attesa di una succulenta porzione accuratamente selezionata… Un sentimento di gelosia gli era nato, senza che potesse nasconderlo ed era stato proprio questo a renderlo così nervoso e a convincerlo a scendere a ballare, altrimenti mai in vita sua avrebbe ascoltato un simile richiamo. Con la coda dell’occhio notò i lunghi capelli argentati del principe. Sapeva che non potevano essere quelli di Daenerys, perché erano lisci, lei invece li aveva più mossi… li conosceva bene e certe notti sognava anche di affondarci ancora le dita tra essi e baciarle la pelle nuda e candida… era un richiamo tentatore a cui doveva trovare in fretta un rimedio.
-Tutto bene tesoro? – la voce di sua madre lo distolse da quei pensieri, prima che potessero diventare immorali – sei pallido. – constatò lei appoggiandogli il dorso di una mano sulla guancia. Jon si scostò appena da quel tocco, come se la cosa lo infastidisse, ma se ne pentì quasi subito.
-Se c’è qualcosa che ti preoccupa, ti prego di parlarmene… - sua madre aveva capito che non era per i pestoni che le aveva dato o per il fatto di non essere portato nel ballo – Jon, sono tua madre, puoi dirmi cosa ti assilla così? – proseguì lei in asia – è per i signori dei draghi? – azzardò.
-No… – mentì, ma lei lo capì e gli mostrò un’espressione accentuata. Sospirò e decise di dirle una mezza verità – è che a volte penso che loro siano sempre così… - cercò la parola per esprimere il suo pensiero.
-Perfetti? – lo anticipò lei, nel consenso rammaricato del suo volto, capì che ci aveva azzeccato – Jon se tuo padre fosse qui, ti avrebbe sicuramente apostrofato su questa tua sciocca considerazione. I Targaryen non sono divinità scese in terra, come molti insistevano a pensare, e non sono nemmeno dei crudeli demoni… non tutti almeno! Sono delle semplici persone, esattamente come noi, hanno dei sentimenti, hanno delle emozioni e hanno anche i loro timori, che il più delle volte celano di fronte ad uno sguardo distaccato, ma esistono persone che riescono ad entrare nella loro anima e rendere quelle paure, futili. – affermò persa nei suoi ricordi.
-E voi eravate una di queste? – cercò di interpretare ciò che diceva.
-Lo ero per lui, sì. – Jon sentì sua madre appoggiare il mento sulla sua spalla – ma non era la sola – emise un sospiro – c’erano anche tante altre persone che avevano reso la sua anima una sfumatura mista di tanti colori, dai toni caldi e accesi a quelli più freddi e cupi. –
-Io mi sono solo ed esclusivamente visto in nero… - definì amareggiato.
-Uno dei colori pacchiani che tuo padre tanto amava. – lei si ritrasse per guardarlo negli occhi e donargli una carezza sulla guancia. Jon si vide riflettere nelle iridi grigie di sua madre – L’apparenza può ingannare; ciò che noi vediamo perfetto nell’aspetto o nel atteggiamento, per loro può essere anche visto come un’anomalia. E ciò che li rende affascinanti ai nostri comuni occhi, a loro può sembrare solo la conseguenza di un’eredità di geni infelicemente uniti assieme. C’è chi non la pensava così, ovviamente, ma ci sono stati in passato principi che sono rimasti ammaliati invece, da chi possedeva dei tratti completamente diversi da quelli della propria casata. Hanno saputo trovare l’avvenenza in altro che non fosse ordinariamente l’aspetto fisico o la grazia dei modi. –
-E’ quanto è successo tra di voi? Mi stai dicendo quindi che è passato oltre alla tua bellezza…? – era confuso – cosa cercava in realtà? –
Sua madre rimase a guardarlo con le labbra socchiuse. Negli occhi un dolore misto a qualcos’altro che non seppe spiegarsi. Era come se stesse cercando di nascondere un segreto, ma allo stesso tempo pareva in cerca delle parole da rivolgergli. Termini che a quanto pare non riuscì a trovare, o che non ebbe il tempo di cercare, perché senza rendersene conto, sbatterono contro i due fratelli Targaryen. Jon involontariamente l’aveva trascinata verso di loro. Rimase spiazzato quando, con disinvoltura Daenerys abbandonò le braccia del fratello, gli sorrise e si scusò per la sbadataggine
-Perdonatemi, timpys zokla. – la vide muovere il capo verso il basso in segno di scusa – per farmi perdonare posso richiedere un ballo? – Jon come fosse stato costretto da un sortilegio, lasciò le mani di sua madre per prendere quelle della regina, da cui non aveva ancora levato gli occhi.
 
 
Si accorse solo all’ultimo che Jon le stava lasciando le mani. Oramai la regina dei draghi aveva rapito tutta l’attenzione si duo figlio e lo stava coinvolgendo controvoglia, o così si augurava lei, in una nuova danza. Lyanna ebbe solo un pensiero in testa nel vederlo così ammaliato. Non pestare la coda ad un drago, Jon, le sue reazioni sono inaspettate…
Rimase immobile quasi come se fosse stata catapultata indietro negli anni, in un luogo dove il tempo era immobile tra passato e presente. Rivide le maschere, gli abiti sfarzosi, i gioielli, le serpi circondarla e poi improvvisamente una fittizia stella viola prenderla a trascinata a sé. Avvenne più o meno lo stesso in quel preciso istante, ma questa volta non era attorniata da una dozzina di persone, era completamente sola e di maschere ce n’era una sola, e non celava il volto del suo amato, bensì quello di un traditore. Si sentì prendere una mano con un gesto deciso e calcolato che la fece volteggiare su se stessa prima di trattenerla tra le sue braccia.
 

 
-Mia immutabile rosa dell’inverno, quali dei hanno concesso a questo misero uomo l’onore di danzare con la creatura più affascinante dell’intero castello? – Lyanna lo fissò con aria seccata e imbronciata, assottigliando lo sguardo e gonfiando le guance.
-Smettetela di fingere ciò che non siete. – spostò il capo velocemente verso la propria destra – Se non fossimo qui dinanzi a tutti, ma in una radura lontano da cui, vi avrei già infilato una freccia nel petto! – lui si avvicinò al suo orecchio e le sfiorò il lobo con le labbra. Lyanna sentì il tintinnare delle pietre sulla maschera ed un brivido salirle lungo la schiena.
-Avete già colpito una volta in quel preciso punto… - sussurrò – volete ripetere l’esperienza? –
-A quanto pare non devo aver centrato il cuore. – sibilò feroce, mentre si ritrovava a roteare su se stessa ancora condotta dalle sue mani esperte. Era incredibile come sapesse maneggiare il suo corpo, pareva enormemente esperto e portato.
-Chi ve lo assicura? – la schernì ridendo. La fermò mettendole una mano sul fianco, avvolgendo deciso le dita sulla curvatura naturale del suo corpo. Lei pestò un piede a terra sempre più contrariata di come Viserys conoscesse la forma della sua anca. Sentì il calore del suo palmo oltrepassare la stoffa dell’abito.
-Dovreste sentirlo a pelle, l’odio che provo nei vostri confronti. –
-Bizzarro… eppure ciò che traspare dai vostri occhi ha la parvenza di un sentimento molto più simile all’amore, oserei dire. – rise, e con un colpetto del polso la fece aderire al suo corpo. Lyanna si sentì quasi male fisicamente per quella pressione contro il suo ventre e cercò di distaccare almeno il petto, ma il gonfiore dei suoi seni restò comunque appoggiato al torace del principe. Indietreggiò allora col collo e rimase a fissarlo astiosa.
-Non azzardatevi a… - stava provando a dire, ma lui le mise un dito sulle labbra.
-Non vorrete rovinare questo incantevole momento. –spostò la mano sulla sua guancia, mettendo volutamente ora il pollice sulla sua bocca e con delicatezza le accarezzò le labbra – queste vostre labbra per un breve momento mi sono appartenute… -
-E’ stato uno sbaglio ve l’ho detto. – s’impuntò lei – ero sotto effetto del veleno. –
-Eravate molto lucida, mia dea dell’inverno. – la derise – e se vi richiedessi un altro bacio, qui, in questo momento? –
-Non lo avrete, né ora, né mai. – per un attimo pensò quasi di mordergli il dito che continuava a muoversi sul contorno della sua bocca
-Il motivo? – disse perentorio.
-Vi siete già preso troppo mi sembra. – rispose caparbia.
-Risposta sbagliata. – la sua voce divenne dura e con un movimento secco, la fece muovere ancora ad un ritmo di danza molto più frenetico – a volte, lady Stark sospetto che abbiate una predisposizione inaudita a risvegliare il drago. E’ una vostra indole innata, oppure lo fate appositamente? – si mosse rigido, ma le sue braccia la condussero elegantemente.
-Evidentemente io e vostro fratello eravamo gli unici ad andare d’accordo… - disse irosa – i nostri padri si trovarono faccia a faccia e sono certa che il drago abbia tremato di fronte ai lupi quel giorno. –
-Perdonate la precisazione, ma mi risulta dagli annali che quell’esito viene ricordato con una diversa sorte per i lupi. – affermò cupo.
-E’ vero vennero uccisi da un infame che preferì l’inganno al combattimento leale. Ma la storia viene scritta dai vincitori e alla fine i lupi vinsero ugualmente. –
-Un’amara vittoria però. – Lyanna abbassò lo sguardo.
-I sacrifici vanno fatti se il bene supremo lo richiede. –
-E’ dunque questo che vi raccontate la notte prima di coricarvi nel vostro letto, ripensando a quanto avete perso? – la sua voce era fredda – è questo che vi ripetere quando gli incubi vi svegliano? Vi prego, rivelatemi quali parole usate per l’esattezza, sono curioso di sentirle… - Lyanna non resistette più e alzò una mano per schiaffeggiarlo, ma lui prontamente le prese il polso e con noncuranza, simulò una giravolta, fermandola di spalle davanti a sé e incrociandole le braccia sul petto.
-Non avete alcun diritto… –
-…Ad entrare così nel vostro animo? – si appoggiò a lei – a starvi accanto con tale fervore? – si spinse ancora più contro il suo corpo – siamo oramai parte della stessa anima, mia adorata, che voi lo vogliate o meno. – Lyanna voltò lo sguardo per fissarlo negli occhi.
-Non fatevi illusioni: io non vi apparterrò mai davvero. – l’odio trapelava da ogni suo poro. Viserys con un gesto sensuale le sfiorò il viso con le punte delle lunghe dita affusolate, cominciando dalla sua fronte per poi scendere fino al collo.
-Suvvia, non fate la scontrosa, delicato fiore dell’inverno. – Lyanna trasalì, in parte per la carezza, in parte per quell’epiteto – non vorrei mai che vostro figlio scopra il motivo del vostro risentimento nei miei confronti… - si staccò da lei appena quel poco per tornare a guardarla negli occhi.
-Cosa vi fa credere che non glielo abbia ancora detto? – provò ad allontanarsi ulteriormente da lui, ma la sua presa sui fianchi era salda.
-Semplice: ho ancora la testa sulle spalle, e visto il modo affettuosamente morboso che ha nei vostri riguardi, deduco che se fosse già venuto a conoscenza dei fatti, non mi avrebbe concesso di avvicinarmi ancora a voi, figuriamo danzare assieme. –
Lyanna lo guardò minacciosa, lui premette ancora di più la mano sulla sua schiena e con l’altra mano le accarezzò una guancia fino a raggiungere i suoi capelli. Indugiò più a lungo con le dita sui petali della rosa blu. Lei mosse nervosa il capo per rifiutare quella carezza.
-Non provate a toccarmi ancora. –
-Vi piaceva il mio tocco… - e l’allontanò da sé, prendendola per un polso e costringendola a volteggiare ancora un paio di volte prima di afferrarla ancora ad un’anca. Con un gesto secco la riportò contro di sé – …e sono a conoscenza che un tempo vi piacevano anche le ballate, le poesie e le fiabe. – Lyanna fissò i fori neri della maschera intenta a carpirne il mistero che vi celava al suo interno, ma era praticamente impossibile. Certamente Viserys avrebbe avuto lo stesso sguardo di Rhaegar quando voleva celare i suoi sentimenti, uno sguardo che invece la regina Rhaella non aveva mai avuto nei suoi riguardi. Lyanna pensò a quei dolci e malinconici occhi d’ametista brillante che la donna possedeva e comprese che solo lei poteva aver raccontato simili nozioni al suo figlio minore.
-In presenza di un uomo che non siete voi, mi possono ancora piacere. – affermò irosa – vostra madre avrebbe disconosciuto il figlio che siete diventato. A quanto sapevo ambivate a diventare come vostro fratello, ma ciò che siete ora è di gran lunga lontano dall’assomigliarci. Potete anche vantare del suo aspetto, del suo portamento o del suo modo di parlare, ma mio figlio ha molto più di lui di quanto voi possiate mai sperare. –
-Uhm… - Viserys accostò il volto al suo appoggiando guancia contro guancia – dite di aver amato tanto quell’uomo – si mostrò vago e beffardo al contempo – eppure mi spiegate perché il vostro adorato ragazzo ha una così bassa reputazione di lui? – Lyanna stropicciò il naso e la sua bocca fece una smorfia.
-Jon non pensa male di suo padre! – sbraitò – Non osate mettergli in testa assurdità! –
-Non l’ho fatto invero – le rivelò – ma l’ho appurato comunque. Me lo ha detto lui stesso. –
-E ditemi, quando avete avuto modo di parlare ancora con lui? – rispose acida e sarcastica – avete per caso altri doni da presentargli oltre a quell’accidenti di cavallo? – Viserys si allontanò quel tanto per poterla guardare negli occhi e restò in silenzio alcuni istanti.
-Siete invidiosa… di vostro figlio o delle attenzioni che gli riservo? – rise tornando a stringerla tra le sue braccia e continuando a far ondeggiare i loro corpi al ritmo della musica.
-Come osate supporre un paradosso simile! – digrignò tra i denti, ma lui non la stesse nemmeno a sentire.
-Provvederò al più presto di farvi avere un cavallo anche a voi. – le promise sospirando con voce di malcelata vivacità.
-Non vi scomodate, io non mi lascerò comprare! – lo sentì ridere e sfiorarle il collo con le labbra. Ebbe un fremito incontrollato delle spalle – E non comprerete nemmeno mio figlio con simili sotterfugi. – ringhiò arcigna.
-Non ho intenzione di comprare nessuno, solo fare dei semplici doni. – le riferì galantemente.
-Doni dei quali poi vorrete essere ricompensato, immagino – ribattè infuriata.
-E’ così che pensavate funzionasse anche con mio fratello? – chiese scettico – vi ha consegnato in dono la corona di fiori e voi avete pensato di ricambiare dandogli un figlio? – Lyanna gonfiò il petto e si stava apprestando per tirargli un pugno, ma i suoi pronti riflessi la fermarono intercettando la mano già in movimento. Combatterono alcuni secondi puntando solo sulla forza di un braccio.
-Vi farò tagliare la lingua la prossima volta che proverete ad insinuare una cosa del genere. – strattonò l’arto per liberarsi, ma Viserys non glielo permise.
-E voi non dovete osare ad alzare una mano contro di me… - le sibilò all’orecchio – non lo fareste, se solo… - le sussurrò poi cambiando il timbro di voce.
-Se solo… cosa? – brontolò Lyanna a denti stretti – so perfettamente ciò che succedeva dentro le mura del vostro splendido castello alla capitale! Ho visto i segni sulle braccia e sulla schiena di vostra madre! È quello l’uomo che volete diventare? Perché siete già sulla buona strada! – i suoi occhi divennero lucidi – è questo che fate a vostra sorella per avere la sua totale devozione? O lei lo fa a voi, magari? E questo vi sprona a dovervi imporre sulle altre donne che incontrate… - abbassò il capo – non funziona per forza in questo modo. Ci può essere dell’altro. Qualcosa che io e vostro fratello abbiamo conosciuto e che mi auguro pure voi un giorno troviate… -
-Non sono interessato a trovare un bel niente! – decretò secco – e voi non provate a dirmi ciò che devo o non devo essere! Non sono più ciò che ero un tempo: quella persona è morta… molto tempo fa. Mia madre non approverebbe ciò che sono diventato: probabilmente mi guarderebbe con lo stesso sguardo che avete voi ora… ma che importanza ha? Lei è morta, come sono morti tutti coloro a cui tenevo, e voi non avete il diritto di giudicarmi. – mosse lo sguardo come a cercare qualcuno, Lyanna si accorse che lo aveva puntato proprio in direzione di sua sorella, o di suo figlio, non poteva esserne davvero certa – ci sono cose che erano scritte e dovevano succedere. Altre che potevano essere fermate e altre ancora che sono state definitivamente sedate. Mia sorella sta provando a cambiare quella ruota, eppure ad ogni sua azione si avventura sempre più sulla strada che intraprese anche l’ultimo re Targaryen… io, a differenza sua, non mi soffermo più di tanto a considerare se le mie azioni possano essere viste negative agli occhi di estranei. Per raggiungere i miei scopi sono disposto a tutto. –
-Spero che verrete ripagato un giorno per l’impegno che state mettendo a perdere l’onore con simili azioni. – Lyanna si domandò dove la persona che aveva di fronte avesse potuto perdere il suo cuore – vi siete già rifornito di altofuoco? O state attendendo che i chiromanti preparino le ultime ampolle? –
-Agognate tanto l’idea di vederlo in uso, mia lady? –
-Non ho paura di morire bruciata – il suo sguardo era fiero e risoluto – è così che pensate di finire gli ultimi Stark, vero? Vostro padre vi ha aperto la strada meno di vent’anni fa. Vostra sorella aveva intenzione di scagliare i draghi su queste terre, quando ha saputo delle vere origini di Jon… Vi sfido a fare di meglio, Principe Drago. –
-Mai potrei desiderare una simile sorte né per voi né per i vostri famigliari, milady – sembrava sincero ed affranto.
-Non mi incantate. – la donna però non si lasciò abbindolare dal suo tono.
-Ora comprendo da chi ha assorbito l’odio per la dinastia dei draghi... – affermò indignato – perché allora dirgli che non tutti i Targaryen sono dei crudeli demoni? – era tornato a sputare fiamme.
-Voi avete ascoltato i nostri discorsi di recente. – Lyanna non poteva crederci – ci avete messi addosso delle spie! Coccinelle, libellule o in che altro modo le avete chiamate ora? –
-Non ho potuto fare a meno di sorvegliarvi. – svelò lui con pacatezza, come fosse la cosa più ovvia da dire – ma ciò che voglio sapere è perché non avete lottato per screditare il nome di mio fratello? –
-Queste non sono cose che vi riguardano. – provò nuovamente a liberarsi dalla sua stretta.
-E invece mi riguardano eccome. – lui la trattenne a sé tenendola da dietro con entrambe le braccia. La sua schiena premeva nel torace dell’uomo. Per un attimo si ricordò delle danze che aveva ballato con Rhaegar… eppure lui non era Rhaegar.
-Vi riguarderebbero se foste… - Lyanna ebbe un tremolio nella voce, lui la voltò e le strinse per la vita. Non voleva mostrare la difficoltà in cui versavano i suoi occhi a trattenere le lacrime – se foste buono e comprensivo, gentile e altruista come lo era lui… come lo era vostra madre. Ciò che mi chiedo è quanto anche voi e vostra sorella abbiate preso da lei. – gli permise di farle una carezza sulla guancia, ma rimase impassibile e fredda con la voce. Viserys si prese del tempo prima di parlare.
-Più di quanto voi pensiate, mio bocciolo dell’inverno. – quel nomignolo premette nella pietra del suo cuore, raschiando su un fondale di sofferenza ancora inesplorato.
-Dimostratelo allora! – si costrinse a dire a voce più alta del normale – seppur mi sia costato molto, ho parlato a mio figlio di suo padre… gli ho raccontato dell’uomo che era, dei sogni che aveva e della sua dolcezza. – una lacrima le rigò la gote – Ma come può vedere l’esempio benevolo che era, se di fronte a sé ha i suoi fratelli intenti solo a spodestarlo e a minacciarlo al primo segno di debolezza? – la sua voce stava cominciando a vacillare ancor prima che l’ultima nota risuonasse nella sala e lei lasciasse per sempre le braccia di quell’uomo.
 
Non è un dolore in più
È paura o ancora di più
È leggero e strano
È qualcosa che piano
Mi sospinge verso di te
 
Uno sguardo attento aveva seguito ogni loro movimento durante tutto il ballo. Aveva fatto supposizioni, aveva dedotto singolari attenzioni e si era formulato domande che avevano trovato solo una risposta, forse ovvia, scontata e banale, ma era certo di non essere poi così distante dalla verità. Un leggero sorriso era apparso sulle sue labbra screpolate e bluastre, riprodotto anche su quegli occhi azzurro acciaio. Ultimo Drago sei dunque tornato a riprenderti ciò che ti appartiene?

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Capitolo 45
*** Ultimi Targaryen soli al mondo ***


Erano passati parecchi giorni dalla Riconquista dei Draghi, così pareva essere destinata a passare alla storia la loro supremazia sui Leoni di Castel Granito. Daenerys ora sedeva sul Trono di Spade, come il corvo gli aveva annunciato. Rhaegar era fiero di lei, ma qualcosa gli aveva impedito di risponderle. Tuttavia sua sorella gli aveva fatto mandare rifornimenti, soldati e servitori affinché lo aiutassero a risistemare il castello che un tempo era sempre stato di loro proprietà. Oramai Dany aveva preso il comando della capitale e, con l’aiuto dei suoi fidati consiglieri, sarebbe divenuta un’ottima regina. Rhaegar ne era consapevole. Prima o poi l’avrebbe raggiunta… aveva solo bisogno di un altro po’ di tempo per guarire dalle profonde cicatrici sul suo cuore.
La presenza di Lady Melisandre non lo aveva infastidito troppo. La donna rossa si era avvicinata a lui raramente, forse anche lei aveva bisogno di ritrovare la sua pace interiore. Sembravano due fantasmi che vagabondavano in quel castello tetro rimembrando un passato che non avevano voglia di dimenticare.
Rhaegar stava osservando il profondo blu della Baia delle Acque Nere, oltre ad esso si stagliavano i confini del Continente. In quel momento preferiva essere distante dalla terraferma.
Aveva rimesso piede nelle sue vecchie stanze. Con l’aiuto di qualche inserviente, aveva ordinato di costruire un nuovo letto in legno d’ebano. Le stoffe della sua camera dovevano tornare a celebrare la sua casata, quindi fece portare tessuti rossi e neri.
Era passato di fronte a quelli che un tempo erano stati gli alloggi di Elia, ma non aveva avuto il coraggio di entrarvi… Non avrebbe trovato la solarità della donna che le aveva riempite nel tempo del loro soggiorno… Non vi avrebbe nemmeno trovato Arthur; perennemente mezzo vestito, che girovagava negli appartamenti di sua moglie. E i corridoi non avrebbero più riecheggiato delle risate della sua piccola principessina… né dei vagiti del suo fratellino.
Inspirò profondamente l’aria umida e salmastra raggiungere la terrazza della sua stanza.
Sentì un improvviso dolore al petto, proprio dove il Lord della Tempesta gli aveva scagliato il colpo mortale. Vi pose una mano sopra, come se quel gesto gli potesse essere in qualche modo di conforto… ciò nonostante era solo un mera illusione. Il suo cuore non smetteva di sanguinare e il tempo di ricongiungersi con sua sorella, gli sembrava ancora così distante.
Alzò gli occhi, malinconici pezzi di rammarico e rimpianto… Nel cielo si stagliavano nuvole burrascose, un temporale era in arrivo. Guardò sopra la sua testa, le nubi erano viola scuro e si rispecchiavano nel colore delle sue iridi. Sembra che tu sia arrabbiato, Robert… si trovò a riflettere con un’amara ironia Sei fortunato a non essere ancora in vita, altrimenti sarei venuto personalmente a buttarti giù da quel trono! strinse convulsamente le mani sul poggiolo di pietra nera. Le dita incontrarono alcune crepe sulla pietra levigata, non gli importò di ferirsi, il sangue tanto avrebbe sgorgato in ogni caso… che differenza faceva se erano le mani o il cuore a piangere?
Volevi lei… e cosa hai ottenuto? Un odio profondo si insediò all’interno del suo essere Mi auguro ti sia goduto la vittoria negli anni che hai regnato. Mi hai voluto portare via la vita ed il mio regno, ma alla fine lei ha scelto di seguirmi anche nella morte… E tu sei rimasto qui, a gioire della tua penosa vittoria. La rabbia ancora non se n’era andata, ma non sapeva se era più rivolta al suo avversario o contro se stesso.
 
Qualche goccia di pioggia cominciò a scendere, coccolata da feroci raffiche di vento che Rhaegar nemmeno sentiva. Rimase ancora lì, per alcuni istanti, nella speranza che in mezzo a quella burrasca si placasse la sua ira. Lo scroscio stava inumidendo i suoi capelli che cullati dal vento ondeggiavano nell’aria tormentata dalla bufera. I boati dei tuoni rimbombavano all’interno del Tamburo di Pietra. Sembrava che un drago fosse nascosto all’interno del vulcano e stesse cercando di fuoriuscirne. Rhaegar conosceva molto bene l’acustica dell’intera fortezza. Avrei dovuto portarmi l’arpa… almeno mi sarei distratto con la musica… fu un debole pensiero, che subito dopo svanì, conscio del fatto che esistessero momenti in cui le mani sarebbero rimaste a pochi centimetri dalle corde del suo strumento incerte sul da farsi. La sua mente avrebbe evocato melodie conosciute che in quell’istante sarebbero sembrate lontane e oscure. C’erano stati episodi in cui nemmeno la musica e la poesia lo avevano aiutato… poi c’era stata lei e tutto sembrava aver preso una sfumatura più dolce… ma un dio a lui ignoto ora aveva scelto di farlo tornare in vita, stentando in un inferno vivo e tangibile.
Le raffiche di vento cominciarono a sferzargli il mantello. Fece dietro front per tornare nelle sue stanze, ma qualcosa attirò la sua attenzione. Con la coda dell’occhio vide la strega rossa al balcone dell’ultimo piano della Torre del Drago Marino. I loro sguardi si incrociarono per qualche secondo, poi fu lei a distogliere quel legame, per tornare ad osservare quella danza tra cielo e mare.
Qualcosa aveva richiamato il suo interesse, perché Rhaegar la vide fissare un punto preciso e afferrare il parapetto con entrambe le mani. Anche lui rispostò lo sguardo in quella direzione e vide un piccolo puntino chiaro nelle tenebre più nere. Un lampo illuminò quella parvenza di vita e improvvisamente comprese.
La luce del fulmine aveva rischiarato i capelli argentei di sua sorella che brillavano come un fascio di stelle collegate tra loro. Le scaglie scarlatte di Drogon erano apparse come un manto decorato di rubini. Era chiaramente diretta alla sua isola… Era lì per lui.
 
 
Daenerys si presentò a lui completamente fradicia. I capelli le si erano appiccicati al volto e sul collo, per scenderle scomposti e gocciolanti sulle spalle e sulla schiena. Lo guardò distrutta:
-Questa tempesta era tremenda! – lanciò verso il basso le braccia, scacciando via l’acqua dalle maniche – Non oso nemmeno immaginare cosa si abbatté su quest’isola la notte della mia nascita! – rise acida lei – Viserys mi disse che venne annientata metà della nostra flotta. –
Rhaegar a quelle parole non seppe che rispondere, lui era morto già da diverso tempo. Serrò le labbra in un tentativo di mostrare un sorriso mesto. I suoi pensieri andarono immediatamente a sua madre, che, proprio in quell’occasione aveva perso la vita. Non gliene dava certo una colpa, Dany era tutto ciò che rimaneva di lei… di lui… Daenerys… l’unico nome adatto ad una principessa del Sole e del Fuoco. Lei era il frutto di un’estate che loro non avevano mai potuto scorgere, se non nei sogni, se non a parole…
Le mise una mano sulla guancia e scostò un ciuffo di frangia per baciarle la fronte.
-Non ti aspettavo, ma sono felice che tu sia qui. – le disse pacato, fissando i suoi occhi viola brillante, proprio come quelli di sua madre.
-Sono venuta a vedere come stavi, lekia. Dopo la conquista, sei sparito. – disse togliendosi il mantello zuppo che aveva lasciato una scia di gocce alle sue spalle. Lo guardò come una gattina in cerca di latte caldo e coccole.
-Perdonami… ma se fossi rimasto lì… non sarei più stato me stesso. – Rhaegar le prese di mano l’indumento fradicio, poi chiamò una serva perché lo portasse via. Lei gli si strinse addosso ancora prima che la cameriera riuscisse a prendere il tessuto tra le mani.
-Mi sei mancato tanto. – la sua voce si era fatta ovattata, poiché aveva affondato il volto sul suo petto – non riuscivo più a stare lì senza di te… sei una parte di me, e io lo sono di te. Come possiamo mai essere stati così tanto lontani? – Rhaegar appoggiò una mano sul suo capo e l’accarezzò delicatamente.
-Un drago prima o poi deve decidere di uscire dal proprio uovo. Ed è in quel momento che conoscerà la forza che impiegherà il giorno in cui dovrà imparare a volare da solo. –
-Sono stanca di volare da sola. – disse lei strofinando il naso contro di lui – io voglio volare con te. – …io voglio cavalcare un drago, voglio innalzarmi al cielo con te… una strana associazione mentale gli fece tornare alla memoria una frase che un’altra donna gli aveva pronunciato diverso tempo fa. Aveva all’incirca la sua stessa altezza, si accorse che doveva inclinare il capo quasi alla stessa maniera che con sua sorella, tuttavia i capelli erano di un colore del tutto differente, e gli occhi che ora lo guardavano non gli rammentavano le distese innevate del nord.
-Ti accompagno nelle tue stanze. – le propose – così potrai cambiarti d’abito. –
-Davvero mi hai già fatto preparare delle stanze tutte per me? – chiese piacevolmente sorpresa staccandosi da lui. Rhaegar le sorrise appena, ma le parole furono difficili da pronunciare.
-Erano le stanze di Elia. Le ho fatte arredare per te. – tenne lo sguardo spostato lateralmente, come se esprimersi e guardarla assieme fosse troppo doloroso – Spero ti piacciano. Io non ci sono ancora entrato, ma ho fatto portare i bauli con le tue cose. Sapevo, che saresti venuta prima o poi. – Dany gli portò una mano sul volto e si mise in punta dei piedi per dargli un bacio sulla guancia.
-Sono sicura che andranno benissimo. – il suo sorriso lo rincuorò e per qualche istante anche il suo cuore sembrò soffrire di meno. La Strega Rossa apparve ai piedi di Scaglie di Pietra, l’enorme scalinata che separava i piani superiori a quelli inferiori.
-Mia regina. – la donna la salutò prendendo i lembi della sottana e inchinandosi nella sua direzione. Mille riflessi rossi scintillarono come piccole fiamme nella semiombra dell’atrio.
-Lady Melisandre. – ricambiò il saluto lei, ma dai suoi occhi si intuiva uno certo stupore nel vederla lì. Quando entrambi la superano salendo i numerosi gradini fino al primo pianerottolo, la giovane si rivolse a suo fratello.
-Che ci fa lei qui? – gli domandò incuriosita.
-Non so dirti se fosse già presente, o se è giunta in seguito al mio arrivo. Fatto sta, che mi ha chiesto ospitalità, e penso di non potergliela negare dopotutto. – lei lo guardò scettica.
-E siete rimasti qui soli per tutto questo tempo? – lo osservò maliziosa – ora capisco perché non tornavi più. – il suo tono alludeva solo ad un pensiero, lo si poteva distinguere bene anche dai suoi occhi ridenti.
-Non è come pensi, Dany. – dal suo sguardo la regina capì che non era in vena di scherzi.
Era diverso dall’uomo che aveva lasciato con lei la calda estate di Dorne. Ora le sembrava di avere di fronte a sé un fantasma. La sua carnagione era ancora più pallida di quella che ricordava. I suoi occhi erano tornati malinconici, due pozzi indaco scuro, come il mare che stava infervorando fuori dalle mura del castello. Vestiva con una camicia nera slacciata sul petto, un paio di brache in pelle dello stesso colore e una semplice casacca rossa lasciata aperta sul davanti. Aveva curato poco il suo aspetto ultimamente. La rada barba chiara gli ricopriva il mento e le guance. I capelli erano scompostamente allacciati con un nastro che ormai era sceso fin quasi sulle punte. Era sempre di una bellezza impressionante, ma un alone di mestizia gli aleggiava attorno fatalmente. L’atmosfera lugubre di quel castello rifletteva il morale di Rhaegar in tutto il suo essere.
Ecco perché ha preferito rinchiudersi dentro queste mura ed andarsene da Approdo del Re. La capitale per lui oltre ad essere un luogo di tristi ricordi, è per lui fin troppo illuminata e solare. Il suo cuore non riesce a sopportare la luce, ha ancora bisogno delle tenebre, per onorare le sue perdite.
 
Quando Dany tornò nella Sala dei Draghi, indossava un lungo abito nero. La gonna le scendeva sfasata lungo i fianchi, prolungandosi in uno strascico di qualche metro. Le maniche erano in pizzo nero ricamato finemente ed il corpetto era rosso sangue. I bottoni che lo chiudevano sul retro nella parte bassa, erano dorati, nella parte superiore invece un nastro di velluto si intrecciava su se stesso allargandosi verso le spalle completamente denudate. Il merletto sulla scollatura riprendeva il tessuto delle maniche, mostrando la sottoveste in seta amaranto che le avvolgeva i seni morbidi. Sulla testa aveva messo una corona dorata con grossi rubini, portava poi una collana a girocollo con un drago in oro giallo. Rhaegar ammirò sua sorella e sorrise, porgendole il braccio per accompagnarla alla tavola imbandita. Prima però lei girò su se stessa per mostrargli l’abito, non celando anche una certa timidezza.
-Sei un’incantevole regina Targaryen, Haedus. – le disse avvicinandosi e cingendola in vita con le sue dita affusolate.
-Avevi proprio ragione! I colori della nostra casata risaltano il nostro incarnato. Penso che non ne farò più a meno! – lui le sorrise e le diede un bacio leggero sulla fronte.
-Ci sono altre tonalità che ti potrebbero stare bene. – lei aggrottò la fronte indecisa – a Giardini dell’Acqua, quando ti ho vista indossare quello splendido abito color sabbia che ti aveva portato in dono la principessa Arianne, ho trovato che le tonalità dorniane potrebbero fare al caso tuo. Nostra madre ad esempio era solita indossare anche capi in stoffe viola o bianche… - e l’accompagnò al centro della sala.
Il Tamburo di Pietra rimbombava dei tuoni con boati sinistri che si protraevano per tutto il castello. Rhaegar e Daenerys si sedettero alla tavola della Sala Grande. Lui prese posto a capotavola, ma Dany quando vide che le era stato preparato il posto esattamente dall’altra parte ordinò di spostare i suoi piatti e tutto l’occorrente, accanto a suo fratello.
-Non sono qui in via formale. Voglio solo poter stare con te. – si sedette alla sedia sulla sua destra e appoggiò la corona sul tavolo, prendendo poi una delle sue mani.
-Il trono comincia già a darti noia? – le chiese curvando le labbra, Dany però non vi vide un vero sorriso in quella sua espressione tetra.
-No, anche se tutte le richieste e le decisioni da prendere sembrano non finire mai. –
-Esiste il Primo Cavaliere per alleggerire i tuoi fardelli. –
-A chi credi che abbia lasciato il mio trono in questo momento? – rise lei – avresti dovuto vederlo come gongolava, quando ci è salito con le sue gambette! –
-Deve aver provato un senso di riscatto incommensurabile! –
-Sai qual è stata la prima cosa che ha detto? – gli chiese scherzosa. E vedendo che la guardava curioso, continuò – è veramente scomodo questo trono! Mi domando perché tutti lo desiderino così tanto! –
-E’ proprio da Tyrion! – Rhaegar scoppiò a ridere, come non faceva più da troppo tempo ormai.
 
 
 
-Qual è la vera ragione che ti ha spinto a venire,  Dany? – si erano spostati nel salotto di fronte al grande camino con tre statue rappresentanti i primi draghi che abitarono su quell’isola.
-Ho bisogno di nuovo di te. – ammise lei abbracciandolo da un lato e affondando la testa sotto al suo braccio. Lui la osservò dall’alto, in un primo momento senza dire nulla.
-Mi sembra di aver adempiuto ai miei obblighi, esattamente come mi avevi richiesto… ora hai il trono, hai la tua corona, immagino tu abbia già provveduto a scegliere i tuoi consiglieri e stipulato trattati di pace con i tuoi nemici… quelli rimasti almeno. – sorrise amaramente, lei però non si unì e lui presto capì ciò che gli stava per chiedere – ti supplico, non mi chiedere di trasferirmi alla capitale. – emise un profondo sospiro e fissò le fiamme di fronte a sé.
-La guerra non è ancora finita, Rhaegar. – lo avvisò –
-Potrebbe esserlo, se tu fossi soddisfatta di quelli che hai conquistato fino ad ora. – rialzò gli occhi appoggiandoli delicatamente sulle sue gote arrossate dal calore – è già molto ciò che sei riuscita a riottenere. Ne dovresti andare fiera. –
-Ne sono fiera. – precisò lei.
-Ma non soddisfatta. – concluse lui per lei. Dany si staccò da lui e fece qualche passo verso la sua destra. L’abito strusciava ad ogni suo movimento.
-Ho deciso di marciare verso nord. – disse col volto rivolto verso l’immensa vetrata che dava sul dirupo. Il mare in tempesta continuava ad infrangersi sugli scogli. Rhaegar si sedette sulla poltrona tenendo il busto in avanti e incrociando le dita tra loro. Rimase a capo chino per diversi minuti, nei quali Dany studiò il suo comportamento. Non ebbe nemmeno lei il coraggio di continuare a parlare, fintanto che lui non rialzò il viso. Un’immensa sofferenza lo stava divorando.
-Il nord… perché? – fu quasi un sussurro, ma il silenzio che li circondava rese ben comprensibile ogni parola alle sue orecchie.
-Non posso permettere che resti autonomo. – ribadì caparbia.
-Hai già dato la tua autonomia anche alle Isole di Ferro. – provò a protestare lui – perché non lasciare anche a loro l’indipendenza? –
-I Greyjoy hanno comunque stipulato un patto d’alleanza. Se non lo rispetteranno, sanno cosa gli spetta. –
-Anche gli Stark potrebbero diventare nostri alleati – rimarcò lui – bisogna solo trovare un buon compromesso e delle parole migliori di quelle che usò re Aerys. –
-I miei informatori mi hanno assicurato che gli Stark hanno ingrossato le loro schiere con bruti e giganti. Per quanto io sia scettica al riguardo, non posso però chiudere un occhio sul fatto che il Lupo Bianco stia preparando un esercito che potrebbe sorprenderci da un momento all’altro. –
Lupo Bianco…per un attimo gli tornò alla mente la pelliccia che la sua lady era solita mettere sulle spalle dei suoi mantelli. Un soffice manto chiaro come la neve incorniciava il suo volto allungato sovrastato dai suoi folti capelli castani ondulati sulle punte.
-Il nostro esercito si è riposato a sufficienza. Approdo del Re è sotto il nostro controllo. Se rimango ferma troppo a lungo, i nostri nemici penseranno che mi sia fossilizzata, proprio come è avvenuto a Meeren. – si voltò interamente contro di lui e la gonna dell’abito formò una ruota come quella dei pavoni, prima di richiudersi avvolgendo le sue esili gambe – Devo far capire loro che non ho intenzione di fermarmi questa volta. E di riprendermi tutte le terre del continente. Ma per fare questo ho bisogno di te, fratello. Hai comandato il mio esercito da esperto condottiero e sei forse l’unico di cui mi possa fidare davvero. – gli occhi di Rhaegar si spostarono verso camino acceso, come a scappare da qualcosa. Dany si accorse che il suo sguardo si era rabbuiato.
-Quindi hai già deciso di imbracciare le armi contro Grande Inverno? – la sua voce era atona, eppure Dany era certa di percepirne un immenso cordoglio.
-Per prima cosa: ho intenzione di proporre loro una resa. Se non verrà presa in considerazione allora sì, dichiarerò guerra al Re del Nord. –
-Sei davvero convinta che sia la cosa giusta? – provò ancora a dissuaderla.
-Cosa dovrei fare secondo te? Permettergli di governare sulle terre che un tempo erano nostre, fingendo che non mi interessi alcuna rivendicazione? – Dany mosse un braccio nervosa.
-E se i nostri avversari non fossero i lupi del nord? – il principe non spostò mai lo sguardo dalle fiamme furenti nel camino.
-Se Tyrion ha ragione, ci troveremo a combattere anche contro i Guardiani della Notte e questi fantomatici bruti! Che altro mai potremmo trovare a nord, Rhaegar? Io non so nemmeno chi sia tutta questa gente. – Dany sembrava una vera regina, ma a volte a lui mostrava anche il suo lato infantile e indifeso. Lui rifletté un istante, prima di parlare.
-Se questa è la tua delibera, posso solo che approvarla. – si alzò dal seggio con molta lentezza – Ti chiedo solo un favore, Dany… – faticavano a uscirgli quelle parole, lei lo comprese.
-Vuoi che risparmi la vita degli Stark. – sua sorella intuiva che per lui sarebbe stato difficile ingaggiare battaglia con la famiglia della donna che un tempo aveva amato.
-Sarebbe un volere che non puoi assicurarmi, lo capisco, per cui non ti chiederò una simile richiesta. – si avvicinò alla seconda finestra della stanza, quella rivolta verso nord – Darys fece loro un gravissimo torto, quando osò emettere delle sentenze di morte, senza una giusta causa. – rammentò il dolore che aveva provato e quello che non era riuscito ad estirpare completamente dalla sua lady – non commettere un simile errore. Sii obbiettiva con loro, sii giusta e valuta anche il loro valore, oltre che la loro ferocia. Non sono diversi da noi. Usano gli artigli solo per proteggere ciò che hanno di più caro; che si tratti di terre perennemente innevate, case di legno, castelli freddi e isolati o un membro della loro famiglia. Fare un torto a loro, significa inimicarsi tutto il Nord, rammentalo sempre sorellina, ed è solo questione di tempo prima che tutti il branco si raduni e scenda la notte per azzannarti alla gola. –
-Mi stai quindi dicendo che dovrei stare in guardia da loro? –
-Ti sto dicendo che credo sia meglio prima potergli parlare, piuttosto di dichiarare loro guerra. –
-Infatti quelle sarebbero le mie iniziali intenzioni: voglio proporre al loro re di inginocchiarsi, come un tempo fecero i suoi avi. Mi avvicinerò ai suoi confini, esattamente nel modo in cui Aegon fece a suo tempo. Lo minaccerò anche, se necessario. E se ancora non si inchinerà, allora userò le maniere forti! – suo fratello scosse la testa.
 
Quelle parole gli fecero tornare alla mente un momento trascorso con la sua lady a Harrenhall, molti anni addietro. Si erano appartati in una stanza deserta del castello. Anche se lei indossava un semplice abito da lady, lui le aveva lanciato una spada da allenamento e l’aveva sfidata a duello. Non l’aveva nemmeno dovuta convincere. Lei aveva impugnato l’arma e si era preparata all’attacco. Era tutta concentrata nello scontro, Rhaegar poteva vederlo dalla determinazione del suo sguardo. Lui invece, era perso in pensieri dolci e affettuosi. Stava fantasticando un modo per portarla a Roccia del Drago e tenerla al suo fianco per sempre…
 
-Stavo pensando… di portarti da mio padre dopotutto. – si rivolse a lei sorridendo, il suo tono era scherzosamente minaccioso. Per fare le cose in maniera diligente avrebbe dovuto presentarla a corte e chiedere il permesso del re per poterla sposare. Lei non sembrò dargli ascolto inizialmente, e continuò a menargli attacchi. Rhaegar aveva parato un affondo. Le loro spade si erano urtate ancora. Lui vide qualche petalo blu cadere al suolo come neve.
-Sappiamo entrambi quale sarà la reazione di tuo padre. Voleva la mia morte già qualche giorno fa. – Lyanna volteggiò su se stessa per deviare un suo attacco, e continuò ad attaccarlo.
-Allora vorrà dire che faremo tutto di nascosto, anche se avrei preferito evitarlo. – spostò l’arma lateralmente, mettendo la mano libera sul piatto della lama e fermando così il suo feroce contrattacco.
-Tuo padre forse potrà anche accettarlo a fatto compiuto… - iniziò lei. La sua voce provata dal movimento – …ma mio padre non sarà mai d’accordo! – aveva decisamente il fiato corto. La stava mettendo alle strette, ma lei non sembrava alquanto turbata, anzi forse era ancora più motivata. Il suo petto si alzava e si abbassava. Rhaegar dovette sforzarsi per non portare lo sguardo sulla scollatura. Il suo seno pieno era così invitante.
-Se non mi da il suo consenso, allora lo minaccerò. – rispose deciso, colpendo la spada della ragazza.
-Se ucciderai un qualsiasi Stark, il nord marcerà a sud e raderà al suolo tutta Approdo del Re. Ricordatelo sempre, il nord non dimentica. – il suo tono era rigido, esattamente come le terre da cui proveniva.
-E se invece, decidessi di ripudiare mia moglie, e sposare… una Stark, come reagirebbe il tuo nord? – guardò intensamente in quegli occhi grigi che lo stavano osservando stupiti.
-Sarebbe ancora peggio, temo. – le loro spade si toccarono per l’ultima volta di fronte a loro. Poi Rhaegar lasciò andare la sua a terra e afferrò il collo di lei, affondando le dita tra i suoi lunghi capelli. Avvicinò le proprie labbra alle sue. Il bacio che si scambiarono fu molto intenso. Entrambi sentirono quanto forte era il desiderio di appartenersi nuovamente…
 
Sorrise a quel dolce ricordo. Dopotutto Lyanna non aveva avuto tutti i torti... Ma anche i draghi, se minacciati, attaccano con fuoco e sangue. Pensò amaramente.
Rhaegar notò lo sguardo incuriosito di sua sorella. Doveva aver intuito che la sua mente era persa altrove, così cercò di rimediare.
-Dany… riflettevo. La parte orientale delle Terre dei Fiumi un tempo mi era fedele. Da quando i Tully hanno perso Delta delle Acque, sono in estremo disordine. Ditocorto risulta essere l’ultimo Protettore di quel regno, ma ha lasciato incustodito Harrenhall e i Frey allo stato attuale, dovrebbero essere forse l’unica famiglia in grado di tenere unite quelle terre. –
-Dobbiamo quindi porre la nostra fiducia nell’uomo che ti tradì sul Tridente? – Rhaegar le mostrò un’espressione eloquente che lasciava trasparire il suo scetticismo.
-Prima ritieni che io sia un valido comandate e ora pensi che mi lascerei nuovamente trarre in inganno da un pusillanime di così basso lignaggio? – il sorriso che mostrò sulle labbra non venne rispecchiato anche nei suoi occhi.
-Ti ascolto. – Dany aveva compreso che aveva in mente un piano ben architettato.
-Marcerai a cavallo della tua puledra bianca, con tutto il tuo esercito al seguito. I draghi li lascerai liberi di volare incustoditi, ma tieni sempre sotto controllo i loro spostamenti e, ti prego, cerca di evitare che Drogon salga verso nord. –
-Sarà arduo metterlo in catene anche solo col pensiero, sai che non me lo permette. –
-Dagli un motivo per non andare troppo lontano. – le consigliò – fagli capire che hai fiducia solo nella sua protezione. Non permetterà mai che la sua mamma resti indifesa e non proverà ad allontanarsi. – Dany annuì col capo, così lui continuò – tuttavia sarete molto lenti, prevedibili e non dovrete mostrare alcuna fretta, come fosse in realtà un viaggio, più che una marcia. Ogni abitante in difficoltà, dovrà essere aiutato. Ogni castellano che vi apra o meno la porta, non dovrà essere attaccato, piuttosto rifornito di approvvigionamenti – le sorrise furbamente – assicurati che Ellaria ti faccia avere pane farcito, vino speziato, frutta esotica e dolci di Dorne. Prendi i tuoi alleati per la gola, fai come se stessi ottenendo la fiducia di un nuovo stallone. – la vide aggrottare la fronte – non lo hai mai fatto vero? – lei scosse il capo in risposta – un giorno ti insegnò, se ce ne sarà bisogno. –
-Non capisco tutto questo cosa mi possa servire. Aiutare la gente o i castelli nel nostro passaggio, è onorevole e magnanimo, non lo metto in dubbio, ma ci rallenterà la marcia. –
-Ed è quello lo scopo. – precisò tranquillo lui – non dovrai mostrarti in alcuna maniera astiosa e bramosa di raggiungere il nord. E oltretutto mi darai anche modo di dedicare maggiore tempo nella mia missione. – Dany sbarrò gli occhi e lo fissò con uno sguardo indecifrabile, non era in linea col suo pensiero – ho intenzione di andare in avanscoperta con Rhaegal. Ti spianerò la strada e nel contempo, capirò quali saranno le difficoltà che potrai incontrare sia nel tragitto che nella fedeltà dei tuoi lord. – Dany riflettè qualche istante sulle sue parole.
-Non lo ucciderai vero? –
-Chi? – le domandò guardandola quasi divertito.
-Lord Frey. – Rhaegar scosse la testa e sorrise.
-Gli permetterò di vivere ancora a lungo… se dovevo uccidere tutti coloro che hanno tradito la mia casata, ti saresti trovata con ben pochi alleati al momento. –
-Ma gli Stark sarebbero rimasti lì ad attendere la mia marcia ugualmente. – precisò lei. Rhaegar non rispose e tornò a fissare le onde del mare blu scuro. Dany rimase ad osservare quel suo sguardo imperscrutabile.
-Ad ogni modo mi sembra un’ idea eccellente. – gli sorrise – hai il mio benestare per quest’incarico – affermò convinta, poi però si fece più seria e severa – ma prima voglio che torni con me ad Approdo del Re. La tua armatura ha bisogno di manutenzione… - lui la guardò alzando un sopracciglio.
-E tu come fai a saperlo? –
-Beh, me lo ha detto Ser Barristan… certo la mia esperienza non mi ha mai messa a conoscenza di ciò che riguarda la cura delle attrezzature belliche. – fece un piccola linguaccia divertita – ma lui è molto preparato, e si è già dato da fare alla ricerca del miglior fabbro in circolazione. – i suoi occhi si rabbuiarono per ciò che gli avrebbe detto – nel tuo viaggio non tergiversare troppo sui luoghi a te cari. Voglio che sia una cosa molto veloce, per quanto ti sarà possibile. Lo sai che non riesco a stare senza di te. – gli sorrise sconsolata – Torna, te ne prego. – lo aveva raggiunto e si era stretta a lui come una bambina bisognosa d’affetto.
Rhaegar questa volta non pronunciò nemmeno una parola. Col cuore gonfio di dolore, non si fidò di promettere niente… le diede un bacio sulla nuca e le cinse le spalle in un abbraccio fraterno.
Si limitò ad osservare la luna fare capolino tra le nuvole, mentre avvolgeva i loro corpi nella sua fredda luce argentata.
 
-Promettimi che tornerai da me, Rhaegar. Promettimelo! -
-Te lo prometto, amore mio. Ora e sempre tornerò… le tue rose non avranno nemmeno il tempo di appassire, che vi avrò di nuovo tra le mie braccia. Tu e nostro figlio… -

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Capitolo 46
*** La Fratellanza ***


Alcuni uomini stavano superando l’Incollatura su cavalli smunti e palafreni deboli e malaticci. Due ciuchi trainavano un carretto: nemmeno loro sembravano in buone condizioni, ma le coperte e le pellicce per scardarli non erano a sufficienza e quelle in loro possesso erano già avvolte ai cavalieri.
I draghi avevano dato l’allarme appena le loro narici li avevano annusati e i loro occhi provvisti di lunga vista li avevano scorti risalire la Strada del Re nemmeno un’ora dopo aver attraversato il Moat Cailin. Dany aveva avvisato Jon, il quale aveva deciso di mandare un commilitone a riceverli lungo il sentiero: due uomini del nord, due bruti, due immacolati e due dothraki. Viserys aveva poi ordinato a Barristan e ad alcuni dei loro soldati di presiedere le porte del castello del Nord. Si erano appostati a pochi metri dalle mura di fronte alla porta sud di Grande Inverno, rimasta spalancata per ordine del Re del Nord: Grande Inverno non tiene chiuse le sue porte a nessun uomo che viene in pace! Mio padre mi ha dato quest’insegnamento, durante l’inverno gli Stark hanno sempre provveduto al sostentamento del loro popolo o di chiunque ne avesse chiesto asilo. Aveva decretato autoritario, sempre pronto ad accogliere nuovi alleati e ad onorare il diritto di ospitalità che per anni aveva elargito la sua famiglia. Il principe drago aveva tenuto lo sguardo alto e fiero, mostrando orgoglio per la sua autorità ed il suo gran cuore, fingendo di non provare dolore alle sue parole. Mio padre… aveva fatto un profondo sospiro e aveva mostrato un cenno d’assenso al Lupo Bianco.
-Ai vostri ordini, mio re. – gli aveva detto nella sala del consiglio quella mattina, la voce rigida a nascondere il tremolio invero della sua anima. Accerchiavano un grande tavolo di legno, un ampio camino alle spalle del re scoppiettava di una calda luce – permettetemi però di essere io a riceverli alle porte del vostro castello, come vostro ambasciatore. – Ser Davos si era mosso nervoso alla sua richiesta.
-Mio re, penso sia meglio incaricare qualcun altro per un simile compito. – si era abbassato verso Jon, che invece non aveva smesso un attimo di guardare il principe.
-Avete dunque una migliore offerta, milord? – Viserys lo interruppe, alzando gli occhi verso l’uomo in piedi alle spalle di suo figlio. Usò un tono di voce apparentemente tranquillo e rimase impassibile, ma dentro un incendio imperversava. Osi pensare che ambisca a coprire la fiamma del mio stesso sangue?
-Temo solo che non sia indicato mandare voi per rappresentare il Nord. – provò a spiegarsi Davos.
-Andrebbe bene chiunque, ma non un… Targaryen a proteggere le porte del castello: è questo ciò che stavate cercando di dire? …Dimenticate forse che il vostro re, è il figlio di mio fratello? Sangue del mio sangue? – Davos rimase a bocca aperta senza sapere come obbiettare. Jon stropicciò le sopracciglia e guardò l’uomo alle sue spalle. Sul volto un’espressione indecifrabile. Inaspettatamente anche Lyanna si voltò a fissare la grande tavolata al centro della stanza che tutti loro circondavano; chi seduto e chi in piedi. Era l’unica donna presente in quella sala. C’erano state delle proteste sommesse all’inizio, ma essendo entrata con Jon, nessuno aveva provato a riportare le loro lamentele a voce alta. Nessuno contravveniva alle volontà di suo figlio. Un moto di orgoglio lo pervase, poiché si rese conto che ciò che rendeva i suoi uomini così accondiscendenti non era paura, ma rispetto.
Si dedicò appena un attimo per rivolgere alla sua lady uno sguardo e contemplare la sua bellezza in quel bagliore chiaro che proveniva dalla finestra.
-Lui è uno Stark di Grande Inverno. È stato cresciuto da Ned come un figlio, nessuno potrà mai obbiettare questo particolare. Nemmeno voi! – lord Wull puntò un pugno sul tavolo – Sia mai che i draghi prendano potere su queste terre! Secchi è stato ucciso dalle guardie di quei maledetti. Theo era il mio nipote prediletto, un ragazzo dal cuore gentile e valoroso. Chi me lo ridarà indietro? – sbottò inacidito.
-Avete avuto la vostra occasione, Targaryen. Un tempo avete inginocchiato il Nord, ma il Nord non dimentica. E ora noi non siamo disposti a piegarci ancora al vostro volere. Il nostro re può domare uno dei vostri draghi. La mia casata gli sarà sempre sua sostenitrice, dal momento che sua nonna, lady Lyarra, era cugina di mio padre. – il giovane lord Flint parlò con determinazione.
-Lo stesso vale per noi! – apostrofò un uomo barbuto della casa Locke. La stola che gli scendeva sulle spalle era in fondo viola con una striscia bianca centrale. Viserys distolse il fretta lo sguardo da lui. Troppo dolore al ricordo dell’accostamento di quelle tonalità.
-Avete sicuramente tutti un valido motivo per appoggiare il vostro re, miei signori, altrimenti non sareste certamente qui ad argomentare in sua difesa, ma probabilmente vi state scordando che anche il mio signore è un alleato degli Stark, esattamente come lo siete tutti voi. – Barristan Selmi intervenne in sua difesa.
-Ed è qui che vi sbagliate. – rimarcò un uomo della casa Forrester – credere di avere i nostri stessi diritti a questa tavola, ma in realtà, siete solamente un ospite indesiderato. Siete uno straniero qui al nord, rammentatelo sempre. – si avvicinò al principe con passo deciso e fare minaccioso. Viserys seduto sulla sedia di legno d’abete, rimase in silenzio ascoltando le loro lamentele, la testa alta, osservava ogni loro movimento sospetto con la coda dell’occhio, ma non mostrava alcun segni di volersi difendere. Ser Barristan mise una mano sull’elsa della spada, e fece un passò in suo soccorso. Il principe percepì quei suoi movimenti, dalle piastre dell’armatura che emisero qualche scricchiolio. Alzò solo una mano per ordinargli di non muoversi. L’ultima cosa che voleva in quel momento era una lite tra gli uomini. Anche Verme Grigio sembrò innervosirsi, ma non mosse un muscolo, restando a fissare l’energumeno avvicinarsi, pronto però a scattare al minimo segnale di pericolo. Solo quando Jake Forrester gli fu a portata di spada, Viserys alzò lo sguardo su di lui. L’uomo aveva un torace possente e un ventre ancora più grosso. Il principe avvolse con le mani l’estremità dei braccioli, si fece forza e si eresse sulle gambe. La ferita alla spalla sinistra non gli doleva più così tanto, il dolore che sentiva era localizzato appena due pollici più in basso, dove il cuore gli martellava nel petto scadenzando la sua agonia solitaria. E’ stato cresciuto da Ned come un figlio…
Jon puntò gli occhi adirato sul proprio vassallo.
-Lord Jake. Vi prego di tornare al vostro posto e non infastidire oltre il principe. – la sua voce rimbombò nel silenzio creatosi dalla situazione. Viserys guardò l’uomo del nord con fastidiosa irritazione. Lo sovrastava in altezza. Rimasero a fissarsi ancora per un paio di secondi, Viserys non provò minimamente a mettere mano alla spada, ma notò che l’altro invece aveva spostato la lunga tunica per avere libero accesso ad impugnare il pugnale stretto sulla cintura – Ora!! – il tono di Jon non ammetteva repliche. Sembrò che quello bastasse per metterlo in soggezione, anche se qualcosa diceva a Viserys che la sua stessa altezza lo avrebba reso notevolmente agitato.
-Mandate me, mio re. – si propose un Burley sfoderando il suo coltello bianco – mi avvicinerò a loro quel tanto da permettermi di infilzarli con questo, se le loro intenzioni non dovessero piacermi. – ghignò. Con lui si unirono altri schiamazzi, creando un boato assordante.
-Silenzio! – decretò Jon adirato alzandosi in piedi – Non siamo qui per litigare, ma per scegliere un piccolo contingente da mandare come scorta a questo gruppo di sconosciuti. –
-Avete perfettamente ragione, Re Jon. – Davos riprese la parola dopo aver atteso che le acque si calmassero – ma credo sia il caso di ponderare attentamente la scelta e non sottovalutarli. Chiunque essi siano, valuteranno gli uomini che noi mandiamo. –
-Comprendo il vostro allarme e la necessità di inviare  un delegato del nord… ma chiunque voi scegliate sarà sempre di un retaggio inferiore – affermò serio Viserys ritornando a fissare direttamente suo figlio – convengo con voi, Ser Davos, che non sappiamo né chi siano, né cosa cerchino, ma di una cosa possiamo essere sicuri: se hanno oltrepassato indisturbati le terre che mia sorella ha riunito a sud, significa che è gente da cui tenersi in guardia. –
-Cosa consigliate quindi? – ser Kyle Condon, un cavaliere al servizio della casata Cerwyn che era rimasto in silenzio per tutto il tempo, si protese in avanti sulla sua sedia per ascoltare meglio.
-Consiglio a sua maestà di attenderli dentro le mura di questo castello, fino a quando ci saremo assicurati che i loro intenti siano pacifici. A mio avviso è inutile metterlo in pericolo. – Viserys ebbe l’approvazione di molti uomini del nord a quel pensiero. Ora avveniva la parte più difficile: convincerli a mandare lui in prima linea – per quanto comprenda che la mia presenza qui sia inequivocabilmente sgradita, ritengo di essere il candidato migliore per attenderli di fronte al cancello. – alzò il volto a guardare suo figlio, il quale lo stava ascoltando con interesse, ma nei suoi occhi c’era un misto di risolutezza e contrarietà assieme. Avrebbe voluto essere lui a ricevere quegli stranieri. La stessa determinazione e voglia di fare di sua madre. Viserys glielo leggeva negli occhi.
-Perché mai? – Lyanna si era fatta avanti. Le braccia conserte in petto, come a proteggersi dal freddo. Gli occhi di ghiaccio puntati senza remore direttamente sulla sua maschera.
-Semplice. Perché sono… suo zio. – rispose calmo, fissandola per il tempo che ci volle a terminare quella penosa frase – nelle nostre vene scorre lo stesso sangue e sono un principe. Dubito fortemente che fra di loro ci possa mai essere un titolo pari al mio, per cui si vedranno costretti a non opporsi alla mia volontà di scortarli dentro. Si renderanno presto conto, di avere di fronte l’unica persona che è legata sia alla regina dei draghi che al re del nord; in entrambi i casi per vincolo di sangue. Se sono intelligenti non mostreranno alcuna avversità nei confronti dei nostri sovrani. Se invece non lo sono… beh, ho visto che le carceri sono vuote. –
Lyanna sembrò forse soddisfatta e tornò a voltargli le spalle, non prima però di avergli lanciato uno sguardo carico di risentimento, che pure Jon notò. Per qualche secondo la sala piombò in un silenzio tombale poi il Lupo Bianco fece solo un cenno con gli occhi d’assenso.
-E sia, allora. Vi do il mio benestare. Procedete, ma sia chiara una cosa: esigo che non vengano alzate le armi, se non nel caso estremo. – Viserys aveva convenuto con lui e si era acquietato quel tanto da permettergli di stare tranquillo, ma non aveva alcuna intenzione di tollerare che mettesse a rischio la sua vita o che questi nuovi visitatori potessero essere suoi nemici. Fissò da lontano quella malinconia grigia antracite. Nessuno in quella stanza se n’era accorto, nessuno tranne Lyanna, e lui. Gli occhi di suo figlio erano perennemente turbati da fastidiosi pensieri. Viserys avrebbe voluto ordinare a tutti di andarsene per restare solo con lui. Gli avrebbe chiesto di esprimere a voce alta ogni suo scompiglio interiore. Lo avrebbe abbracciato stretto per infondergli calore e affetto e gli avrebbe dato mille baci sul capo, fintanto che non avesse sfogato ogni patimento e la sua anima fosse stata più leggera. Mio padre... quelle parole ancora lo perseguitavano. Diede solo un’occhiata a Lyanna nell’angolo della stanza di fronte all’alta finestra. Scrutava il panorama, come in attesa di veder giungere quegli uomini da un momento all’altro, anche se dovevano attraversare ancora molta strada prima di poter essere scorti dall’occhio umano. Anche lei dava l’impressione di non essere affatto tranquilla. Represse dentro di lui il desiderio di andarle accanto, cingerla da dietro con le sue braccia e appoggiarle il mento su una spalla, dandole un bacio sul collo, mentre lei si abbandonava alla sua protezione… ma la voce di suo figlio, lo ridestò da quel desiderio.
-Muller… Rattadan. Sarete di scorta al principe. – chiamò due uomini del Popolo Libero, il primo fece roteare in aria la sua ascia da guerra ed emise un ghigno di soddisfazione, il secondo fece uno schiocco della lingua in risposta al richiamo. Avevano un aspetto brutale e minaccioso, ma solo quando provavano a sorridere, mostrando le loro dentature gialle e storte. Per il resto erano uomini la cui peluria sul mento e sulle guance aveva preso il sopravvento anni e anni addietro. Andranno bene… ponderò Viserys con una veloce occhiata. Jon continuò a fissare ad uno ad uno i suoi uomini per la scelta.
-Hother Umber. – si fece avanti un uomo grande e grosso, coi capelli grigi e la folta barba.
-Mio re, se provano a sguainare una spada, gli spaccherò la testa ancora prima che dicano Inverno. I giganti marciano anche nella neve alta. – Jon rispose alla sua lealtà con un sorriso tirato, come se non approvasse del tutto quel modo di fare, ma proseguì col secondo nome.
-Rickard Ryswell – Viserys alzò lo sguardo con interesse verso di lui. Un uomo dall’esile figura slanciata si avvicinò al loro tavolo. Aveva i capelli scuri legati dietro la nuca da un fiocco di seta nero. Gli occhi grigio spento tendenti al castano opaco. La sopratunica era in spessa lana nera, sul petto la testa di un cavallo era accuratamente ricamato, con la criniera rossa fiammante. Emise un sospiro dal naso per placare l’agitazione che sentiva montargli dentro. Un sinistro ricordo gli fece riaffiorare un sentimento che aveva cercato di reprimere da tempo. Ryswell… chissà se gli assomiglia. La sua mente aveva riconosciuto quello stemma ancora prima di identificare il suo possessore. Con la coda dell’occhio notò Lyanna girare il busto e osservare l’uomo per un breve istante, per poi tornare a fissare la distesa di neve oltre la finestra. Viserys espirò dalle narici aria calda, ringraziando gli dei di avere un autocontrollo smisurato.
-La mia spada è al vostro servizio, mio re. – disse con orgoglio, battendosi un pugno sul petto. Viserys non potè che assottigliare lo sguardo e pensare che anche quel semplice segno di rispetto gli dava sui nervi. Distolse la sua attenzione e puntò gli occhi sui propri uomini. Gli bastò un banale cenno del capo per informare Ser Barristan di chi doveva scegliere. Il cavaliere chiamò i suoi soldati all’ordine e quattro tra i più valenti guerrieri si mossero quasi in un unico movimento arrivandogli alle spalle. Viserys allora riposizionò il volto verso il giovane re.
-Le pedine sono state predisposte, dunque. – affermò con voce rigida alzandosi. Anche gli uomini scelti da lui, gli si accodarono e assieme si incamminarono per uscire da quella sala. Tutti tranne il giovane Ryswell che prese a dirigersi invece sulla parte opposta, arrivando alle spalle di Lyanna.
-Milady. – provò ad attirare la sua attenzione con una voce appena tremula. La donna si voltò atona e lo osservò incerta su un primo momento. Rispose al saluto con un leggero e rispettoso movimento del capo – maestro Palmer mi ha fatto avere un messaggio. La vostra richiesta è stata presa in esame e alle Rills sono stati selezionati già i migliori destrieri in attesa di un vostro parere. Mi avvalgo di consigliarvi Tempest per la sua velocità, oppure Stonehard… -
-Non vi avvalete invece di usare gli occhi, milord? – Viserys arrivò di soppiatto e piegò il collo lateralmente, guardando l’uomo di sbieco – o li state usando per mirare orizzonti fin troppo azzardati? – l’uomo spostò il volto verso di lui.
-Non credo di comprendere principe Viserys. – mostrò un’espressione interdetta.
-Mi risulta che il re sia già in possesso di un nuovo destriero, per cui ritengo superfluo il vostro suggerimento. – sancì perentorio.
-Milady ha richiesto… -
-La richiesta della lady è già stata altamente esaudita. – la sua voce era ai limiti della minaccia – segui gli altri e non farmi perdere altro tempo, se non vuoi che richieda un altro uomo in sostituzione tua. – il lord di Rill si inchinò prima verso la lady e poi verso di lui, e tenendo gli occhi bassi uscì dalla stanza.
-Avete la presunzione di poter dare ordini anche ai nostri uomini, ora? – Lyanna tenne la voce bassa affinché nessun altro potesse sentire. Le lame delle sue parole gli arrivarono in pieno petto.
-Ambisco a sorvegliare per intero ciò che ritengo abbia un valore particolare. – le rispose a tono, mantenendo sempre riservatezza.
-Valore… - sbuffò lei – direi senza azzardare eccessivamente, che la parola adatta alla vostra affermazione, possa invece essere: possesso. –
-Pensate ciò che volete, milady! Ora ho una mansione che mi alletta maggiormente che star qui a discutere con voi. – si accostò alla finestra per scrutare con lei la veduta.
-Difendere il nostro castello è diventato di primaria importanza dunque? Oppure è un altro modo per accattivarvi la fiducia indiscussa di mio figlio? – lo provocò.
-Voglio che vi sia ben chiara una cosa, lady Stark: il mio intento non è finalizzato a questo. – lei però lo guardò dal basso divertita e scettica.
-Oh, vi credo sulla parola, mio principe. – lo canzonò irrispettosa, lui finse di non averla sentita.
-Mi addolora non avere il tempo necessario per continuare con la nostra consueta diatriba, ma vi garantisco di tornare presto da voi e proseguire nel proposito di persuadervi una volta per tutte. – si inchinò con maestria e le prese una mano, facendo passare il mignolo sotto le sue dita per staccarle la mano dal braccio. Lei non riuscì a tenere abbastanza resistenza per impedirlo e schioccò la lingua infastidita.
-Ora, mia desiderabile lady… – le baciò la mano e mantenendo appositamente quel contatto più del dovuto – …andrei a proteggere ciò che resta del sangue della mia stirpe. – alzò prima il volto interessato a mostrarle un sorriso di trasporto e seducente. Lyanna assottigliò gli occhi e gonfiò le guance innervosita – Mia sorella sta scendendo ai piani di sotto, questa mattina non si sentiva bene e dubito che voglia mettere a rischio i suoi draghi. Sono riuscito a convincere vostro figlio a restare protetto entro le mura, difeso dal suo e dal mio esercito… - a quelle parole la donna arcuò le sopracciglia incerta su cosa rispondere, lui allora proseguì – per quanto mi riguarda, ritengo di aver fatto un lavoro esemplare quest’oggi al fine di preservare gli ultimi membri sopravvissuti della mia famiglia, ciò nonostante… – aggiunse poi attirandola a sé con un veloce movimento delle loro mani congiunte. Lei emise appena un sussulto quando si trovò accanto al suo collo. Mise una mano sul suo petto per mantenere distanti i loro corpi, ma Viserys riuscì ugualmente a sussurrarle all’orecchio – …promettetemi che non farete alcun che di sconsiderato… in mia assenza. – si allontanò per guardare l’argenteo delle sue iridi e le fece un sorriso malignamente furbo.
-Siete proprio come vostro padre. – rispose disgustata lei.
-Vi ringrazio per il sentito complimento. – abbassò il capo in modo galante.
-Non voleva esserlo. – assottigliò gli occhi indignata.
-Bizzarro. Perché dovrei considerare improperio una comparazione simile al mio adorato genitore… - sghignazzò, lasciandola di stucco – sono a conoscenza che vi sono state svelate numerose questioni riguardanti la mia famiglia, per cui conoscete invero la sua identità. – si zittì improvvisamente accostandosi al suo volto ulteriormente – dubito che mio fratello, dopo avervi quasi perso, vi abbia taciuto altri segreti. – Lyanna rimase interdetta e non seppe cosa rispondergli – ad ogni modo vi consiglio di trovare un modo differente per arrecarmi offesa, e fatemi un favore: lasciate in pace la buona memoria di un uomo così onorevole. –
-Non… - provò a dire la donna in vistosa agitazione, ma i suoi occhi si sbarrarono alla vista di qualcosa o di qualcuno alle proprie spalle. Ancor prima di accorgersi di quel suo mutamento, Viserys aveva già provveduto a ricomporsi e ad allontanarsi da lei, quando aveva udito un rumore sospetto esattamente dietro di lui. Si voltò e di fronte si stagliò l’alta figura di Benjen Stark, col suo volto vitreo e vissuto.
-Lord Stark. – lo salutò come nulla fosse.
-Principe Drago. – rispose lui scrutando sospettoso la sua maschera.
-Abbiate riguardo per la madre del re. – disse prima di prendere congedo e allontanarsi dai due giovani lupi. più di bisogno.   stro...esa in esame e  saluto con un leggero movimento del capo - maesto  sala. e spalle. ra rossa fiammante Passando di fronte nuovamente alla tavola centrale, diede un ultimo sguardo a suo figlio prima di andarsene da quella sala. Jon non prestò attenzione al suo passaggio, intento a dare ordini agli uomini del suo esercito su come predisporre le difese dentro le mura.
Mio padre… di nuovo quell’epiteto lo assillò. Emettendo un profondo sospiro, mandò giù quel boccone amaro ed indossò l’elmo che Ser Barristan gli stava porgendo.
 
Non si fidava dei nuovi arrivati. Le spade erano pronte per essere sguainate in ogni momento, ognuno indossava la propria armatura, gli elmi in testa, la determinazione nello spirito. Pronti a difendere il castello del Nord. In prima fila spiccavano il principe con la sua corazza nera e il cavaliere interamente in bianco.
Sulle feritoie lungo tutta la cinta muraria gli arcieri avevano puntato gli archi in attesa. Jon in un primo momento era stato contrario, ma a persuaderlo si erano messi Ser Davos, Mance Rayder e perfino la Regina dei Draghi, finalmente aveva fatto la sua apparizione quella mattina. Con la coda dell’occhio Viserys aveva appurato, che sulle mura sopra il portone principale, vi era una figura dai capelli scuri che indossava un mantello azzurro, sulle spalle una pelliccia bianca. Sbuffò nervoso, anche senza guardarla in volto, sapeva che si trattava di Lyanna. Al suo fianco lady Brienne in armatura, seguita da una terza donna che aveva già visto girare per il castello in più occasioni. Aveva i capelli biondo miele raccolti in una treccia su un lato, gli occhi azzurri ed il volto fiero. Era molto bella e aveva un portamento regale. Molti la definivano la principessa dei bruti, ma lei non sembrava poi molto apprezzare quel nomignolo. Osservandola attentamente gli aveva fatto tornare alla mente la sua Lyanna, la prima volta che l’aveva incontrata nel Parco degli Dei. Aveva un abbigliamento simile ma di un colore diverso, oltre che la stessa pettinatura, con tonalità decisamente più scura.
Il suo nome era Val e come Jon gli aveva accennato, era una donna del Popolo Libero. Durante la loro assenza aveva preparato lei, le reclute di Lyanna, sotto ordine del re del nord. A detta di Elanon, pareva avesse fatto proprio un ottimo lavoro. La stessa Lyanna le era molto grata, e tra di loro sembrava essere nata una certa simpatia, affiatate entrambe dalla tenacia del loro carattere, dalla passione per il combattimento e forse anche dalla lealtà verso lo stesso Jon.
Si rese conto in quel momento di non averla mai avvicinata e di non averle mai parlato apertamente, ma sapeva che Jon si fidava di lei, abbastanza per stare tranquillo. Sarebbe stata fedele alla causa e non avrebbe mai tradito gli Stark. Questo era tutto ciò che gli bastava sapere.
In quel preciso istante Lyanna stava parlando con quella donna, sicuramente attuando un piano in caso fosse imminente una difesa serrata. Viserys sperò di non dover mai dare l’ordine di attaccare. Con quella indesiderata aspettativa, riportò la sua attenzione sulla via di fronte a loro.
Il loro commilitone stava scortando nove individui. Viserys fissò ad uno ad uno tutti loro. Quello che sembrava essere il capo, non pareva essere in ottima salute. Aveva un occhio bendato, i suoi capelli biondo ramato erano diventati radi da un lato, la barba incolta e numerose cicatrici sul volto. Al suo fianco un sacerdote rosso, i suoi abiti erano ormai sbiaditi dal sole e dalle intemperie, trasformando quel colore, un tempo acceso come il sangue, in qualcosa più tendente al rosa pallido. Era calvo e i lineamenti del suo viso erano flosci e cascanti. La corazza che lo proteggeva era composta da parti di armature diverse. Ora più che un seguace del Dio R’hllol sembrava un mendicante. Un terzo uomo tozzo, coi capelli scuri, abiti tra il grigio e il marrone e uno sguardo serio e sveglio. Un altro spiccava tra loro per l’altezza e le spalle larghe, aveva una folta barba castana e indossava un ampio mantello giallo col cappuccio, era robusto e muscoloso e alquanto ben equipaggiato per essere un semplice fuorilegge. Un quinto uomo portava al fianco un’arpa piccola, che sbucava da un mantello verde. Non sembrava molto alto, aveva una bocca grande ed il naso a punta. I capelli castani erano sottili e gli cadevano sulle spalle scomposti. Gli occhi piccoli, ma attenti osservavano le alte mura, scrutando forse le donne che vi erano appostate. Vi era anche un giovane dai capelli fulvi e l’aria attenta, aveva il volto pieno di lentiggini ed era spropositatamente magro. Portava un lungo arco e una faretra piena di frecce fabbricate in maniera molto semplice. Un sesto membro dall’imponente dimensione spiccava tra loro, sul volto una raccapricciante cicatrice da ustione gli deformava quasi metà viso. I capelli sottili spettinati, cadevano scomposti sulla parte sfregiata, forse per cercare di celare quell’orrenda visione. Appoggiata su una spalla un’ascia da falegname.
-Sono uomini della Fratellanza Senza Vessilli – lo avvisò Ser Barristan avvicinandosi ancora di più al suo fianco – Lord Beric Dondarrion è il loro capo, monta il destriero marrone sulla destra. – indicò proprio l’uomo con la benda sull’occhio che Viserys aveva già riconosciuto come esponente di punta  – al suo fianco Thoros di Myr… penso lo ricordiate, mio principe. –
Viserys guardò sorpreso il cavaliere alla sua destra per un lungo istante, per poi riportare la sua attenzione sul prete rosso. Gli anni lo hanno reso irriconoscibile. Si rese subito conto. Poi spostò lo sguardo di nuovo sui fuorilegge. Ser Barristan si accorse di un altro membro che conosceva.
-Per tutti gli dei, antichi e nuovi! Quello con l’ascia è Sandor Clegane! – il suo stupore in un lampo si trasformò in rammarico e poi in diffida – il fratello minore dell’uomo che uccise vostra moglie Elia e suo figlio Aegon. – quella frase quasi gliela sussurrò all’orecchio. Viserys assottigliò lo sguardo e inquadrò l’uomo con una carica determinazione – divenne la guardia personale di Joffrey Baratheon. Venni sciolto dal mio giuramento alla famiglia reale in maniera disonorevole, affinché lui potesse entrare nella guardia reale. – affermò irritato Barristan. Era chiaro che quello per lui fosse stato una macchia nel suo onore, ma Viserys non potè non pensare dentro di sé, che il vero disonore era avvenuto ben prima, quando si era inginocchiato a Robert.
Preferì non indagare oltre, ricacciando in fretta quei suoi pensieri. Dopotutto Selmi era tornato dalla loro parte e aveva dimostrato a sua sorella una notevole fedeltà.
I suoi occhi esaminarono ogni individuo, valutandone gli armamenti e il loro atteggiamento, cercando di riconoscere il vero valore dalla semplice sfrontatezza, rispetto ad una vera e propria abilità. Di tutti loro valutò che forse tre o quattro potevano essere al suo livello. Gli altri invece li avrebbe fronteggiati tranquillamente anche Barristan da solo, ma decise di non trascurare nessuno dei nuovi arrivati e con un cenno del capo ordinò ai suoi uomini di tenersi in allerta.
Sul carretto vi era un ragazzino di circa quindici anni, dai capelli biondo pallido e la pelle chiara che teneva le redini dei cavalli e al suo fianco una donna dalla chioma scura con in braccio un bambino. Una fitta al petto gli fece mancare l’aria per qualche istante a quella vista. Il suo cuore non tollerava più una simile visione. Si portò una mano nel preciso punto dove un tempo Robert l’aveva colpito mortalmente. La corazza però gli impedì di sentire la propria pelle e dovette rinunciare presto a sentire un poco di conforto per quel gesto. La carovana era a pochi passi ormai dalle mura del castello. Il commilitone mandato dal re del nord, non sembrava averli presi come ostaggi, per cui Viserys lasciò che entrassero senza protestare, ma ordinò a Barristan di entrare subito dietro di lui, mantenendosi su entrambi i fianchi per scortarli dentro nel cortile principale. La donna sul carretto si guardava attorno, come in cerca di qualcuno. Sam non appena la vide, le corse incontro.
-Gilly! – la strinse forte tra le sue braccia, aiutandola a smontare e le diede un bacio sulle labbra. Anche Jon scese gli scalini che davano all’accesso del castello. Al suo fianco Tormund e Ser Davos. Viserys scese dal suo cavallo nero e lo affidò ad un giovane stalliere. Barristan lo imitò. Con la coda dell’occhio notò che anche Lyanna si stava muovendo sulla strettoia sopra le mura per osservare meglio i nuovi arrivati e soprattutto tenere sotto mira chiunque potesse essere una minaccia per Jon. L’arco e la faretra saettavano pericolosi in mano sua.
L’uomo con la benda all’occhio smontò da cavallo, e lo stesso fecero i suoi compagni. Thoros si mise al suo fianco, la mano appoggiata all’elsa della spada. Il principe ordinò con uno sguardo a Barristan di avvicinarsi al giovane Lupo Bianco.
-Salve a te, Re del Nord, il mio nome è Beric della casa Dondarrion e loro sono ciò che rimane della Fratellanza Senza Vessilli. Alla capitale ho avuto il piacere di conoscere il precedente lord di Grande Inverno, quando ancora era il Primo Cavaliere di Re Robert. Lord Eddard Stark era un uomo buono, ma troppo ingenuo per sopravvivere alle angherie della capitale. – Jon strinse la mano a pugno. I suoi uomini misero le mani sulle spade, ma lui comandò con un solo gesto di fermarsi. Beric incurante continuò. – Mi spiace che sia morto, davvero. Non rappresentava il mio canone di aspirazione, ma dopotutto avrebbe anche potuto portare del bene. Fu lui a spedirmi nelle Terre dei Fiumi con l’ordine di catturare La Montagna, ma i Lannister ci tesero un agguato. Sarebbe stato inutile per me e i miei compagni tornare nuovamente tra le fauci dei leoni, così ci siamo dati alla macchia per proteggere il popolino dalle continue incursioni. Non ne vado fiero, ma ho tenuto in vita tutti gli uomini che sono riuscito a salvare – spostò lo sguardo verso Daenerys – Chiedo perdono anche a voi, mia regina dei Draghi, se ho arrecato dei guai alla vostra gente. Purtroppo alcuni dei miei uomini hanno disertato e ho saputo che vi hanno notevolmente infastidito, rubandovi provvigioni e saccheggiando spesso i carri del rifornimento. – affermò come a volersi scusare con lei. La regina mosse impercettibilmente il capo come risposta, aveva il volto segnato come da un tormento interiore e sembrava molto stanca.
-Ad ogni modo la mia strada mi ha portato qui. Non sapevo chi avrei trovato a gestire questo luogo, ma le mie informazioni a quanto pare erano corrette. I Bolton sono dunque stati sconfitti, ma con tutti i figli che aveva Ned Stark, chi mai avrebbe potuto pensare che a comandare questo forte sarebbe rimasto solo il suo bastardo? – rise – Notevole salto di rango, diventare l’unico suo erede maschio in vita. C’è quasi da pensare che abbiate in parte provveduto a rendere il fato dei vostri fratelli ancora più nero. – rise spregiudicato il Lord della Folgore.
-Il nero è stato il mio colore per diverso tempo. – rispose freddo Jon Snow – si da il caso che in quanto Guardiano della Notte, io non abbia mai preso parte agli scontri che invece vedevano protagonisti i regni del sud. Oltre al fatto che parte del mio tempo l’ho pure trascorso oltre la Barriera. – provò a spiegare ancora.
-Davvero? – ripose sarcastico fingendo di osservarsi attorno per la prima volta – non l’avrei mai detto… - rise sadico – dove mai avreste potuto intrattenere rapporti così stretti coi bruti, se non in luoghi selvaggi e desolati? Un bel coraggio farli scendere a sud, da che io ricordo, non era proprio il compito dei Guardiani della Notte tenerli a nord della Barriera? –
-Non devo rispondere a voi di questo, mio lord. – affermò tagliente – Cosa vi ha spinto a salire così a nord? – chiese poi sospettoso.
-Una donna è scesa diverso tempo fa. – a parlare questa volta fu Thoros di Myr – Si fa chiamare Lady Melisandre di Asshiai delle Ombre… so che avete avuto il piacere di conoscerla mio Re. Girano delle voci che vi riguardano personalmente… ero curioso di conoscere la verità. – allargò le braccia come a mostrare che non aveva cattive intenzioni – veniamo in pace. –
Jon tenne uno sguardo indecifrabile e rimase a fissarlo a lungo, prima di pronunciare la sua sentenza.
-Siete i benvenuti. Usufruirete del diritti di ospitalità che Grande Inverno ha sempre onorato; per noi del nord sono leggi sacre, dunque non fatevi problemi, nessuno vi arrecherà alcun fastidio dal momento in cui vi verranno serviti il nostro pane ed il nostro sale. – avvisò Jon con aria autoritaria e rigida. Beric quasi non lo stava neanche a sentire, continuava a fissarsi attorno. Viserys sentì una rabbia risalirgli lungo l’esofago. L’uomo di fronte a loro stava solo constatando l’assortimento di uomini che lo circondava e la cosa peggiore era che i suoi uomini stavano facendo lo stesso.
-La strega rossa era così fedele a Stannis… cosa l’avrà mai spinta ad abbandonato il suo re per seguire te… devo pensare che preferisse forse un giovane aitante al posto di quel cervo pelato? – rise e i suoi compagni fecero altrettanto – aveva delle alte aspirazioni, ma basse volontà e pretese di potere ancora più deboli di quanto non lo fossero quelle dei bastardi di Robert. Ma non siamo qui per parlare di re che ormai giacciono nelle tombe, tu sei ora il re del Nord, dimmi quindi, quante puttane oltre la barriera ti sei fottuto per aver ottenuto la loro fiducia? – Jon deglutì a fatica quelle allusioni, ma ora pure le donne impugnavano un’arma in maniera minacciosa. Poi il capo della fratellanza spostò lo sguardo verso Dany – sua grazia, la regina, quando è salita nelle fredde lande del nord, pensava mai di trovare ristoro tra le calde coltri del vostro letto? – Jon assottigliò lo sguardo e aprì al bocca per rispondere a quelle accuse, ma dopo aver serrato i pugni fino a farli quasi sanguinare, demorse ogni suo istinto. Contrasse le mascelle ed emise un profondo respiro. Dany fece uno sguardo ostile.
-Non soffro mai il freddo, mio lord. – affermò lei con voce affilata – ho sangue di drago nelle vene a sufficienza per non morire di freddo – mentì velenosa – la vostra valutazione è errata quindi. E a meno che non vi vogliate accertare di persona questa notte, barricando di nascosto nelle mie stanze, non avrete certezza di quanto dite. Tuttavia temo che il mio adorato fratello non vi permetterà di oltrepassare la porta vivo… per cui, buona fortuna! – sorrise arguta. Viserys inspirò fortemente, non poteva permettere che mancassero di rispetto in quella maniera alle due persone a cui teneva maggiormente, ma doveva ammettere che Daenerys sembrava saperci fare.
Seppur la rabbia che provava era molta, si costrinse a rinunciare all’idea di affrontarli, quando vide Ser Davos, scendere qualche scalino e puntare la spada direttamente a Lord Dondarrion.
-Vi prego di avere più rispetto verso i miei signori! – era notoriamente indignato – loro vi stanno offrendo il loro cibo e un tetto sotto cui ripararvi. Voi invece che fate? – urlò – li ringraziate, offendendoli? – e spinse la lama verso Beric, ma Thoros deviò il suo affondo. I due incrociarono ancora le spade un’altra volta, ma sembrò finire lì. Il principe valutò se intervenire o meno, ma non voleva sottovalutare o dare le spalle a tutti gli altri uomini venuti con loro. Si stava girando la spada nelle mani, quando una freccia sfiorò la guancia di lord Dondarrion, procurandogli un rigo di sangue che gli scese lentamente prima di venire cristallizzato dall’aria fredda. Il principe Drago scosse nervoso il capo. Concentrato sui nuovi arrivati, aveva trascurato l’unica persona che poteva rendere quel momento davvero pericoloso.
-Avete poca mira, mia lady. – il capo della fratellanza rise, piegando il volto nella sua direzione e osservandola scendere gli ultimi gradini.
-Quello voleva essere solo un avvertimento – lo minacciò lei – abbassate le armi o la prossima freccia vi trapasserà il cuore. Vi farò rimpiangere di aver varcato le mura di casa Stark. Oltre che farvi rimangiare ciò che avete osato dire al mio re. – Lyanna stava scendendo gli ultimi scalini per raggiungergli nel cortile. Camminava nella loro direzione, incoccando una seconda freccia, fortunatamente però si trovava distante da loro, da non essere sotto tiro di spada, ma non abbastanza, per il loro arciere. Almeno aveva avuto l’accortezza di non svelare chi fosse in realtà, mettendo in luce il suo legame con Jon.
L’uomo ferito guardò i suoi compagni che scoppiarono a ridere.
-Una graziosa donzella che si crede un’infallibile arciere – la sbeffeggiò lui – chissà poi perché non è mai stato concesso alle donne di farsi cavalieri. – continuò istigandola di proposito.
Lyanna non accettare la sua provocazione, ti supplico… non posso difendere te e Jon assieme da questa angolazione rifletté il principe drago digrignando tra i denti una rabbia mista ad angoscia.
-E’ inutile minacciare di morte il nostro capo. – affermò il ragazzo dai capelli ramati e con l’accento di Dorne – a meno che non vogliate vederlo rialzarsi per la settima volta. – e con un rapido movimento impugnò il proprio arco e scagliò una freccia nella direzione della fanciulla. I pronti riflessi di Viserys gli permisero di deviare il dardo, posizionandosi nella sua traiettoria e salvando così la vita della giovane.
Nel cortile rimbombò il grattare dell’acciaio: ognuno aveva estratto la propria arma, ognuno era pronto alla battaglia. Viserys indietreggiando senza mai dar loro le spalle, si era portato vicino a Lyanna per impedirle di commettere altre imprudenze.
-Milady, vi scongiuro di tenere a freno la lingua e restate dietro di me. Impedirò che altri dardi vi colpiscano, ma non abbassate mai l’arco… – le sussurrò a voce bassa – …e mirate al prete rosso. Senza di lui saranno indeboliti. – le consigliò poi. Thoros notò il movimento della donna e la freccia ora tesa verso di lui. Non fu l’unico a appuntarlo, anche gli altri loro uomini si misero a protezione dei loro capi. Gli occhi rossi dell’uomo scrutarono l’intera situazione, prima di prendere una decisione.
-Anguy, abbassa l’arco. – ordinò il sacerdote al giovane dai capelli ramati – e anche voi, mettere via quelle armi. – disse rivolto ai suoi compagni – non attaccheremo alcuna anima che il Dio Rosso ha scelto di riportare tra noi. – e con questo terminò la tensione creatasi. Sia Viserys che Jon osservarono Thoros con singolare curiosità, lui ricambiò entrambi i loro sguardi con un sorriso. Evidentemente ha percepito la magia del fuoco che è in noi. Constatò il principe dando una rapida occhiata anche al giovane Re del Nord, circondato dai suoi più leali soldati.
-Chiedo perdono per le frasi usate miei sovrani. – ammise Lord Beric accennando un inchino – purtroppo la vita da fuorilegge mi ha inasprito e temo di non sapere più come ci si comporta di fronte ad una corte. – sorrise maligno, come a voler deridere il cortile e le persone presenti. Jon finse di non aver sentito quell’affermazione.
-Fintanto che le vostre armi rimarranno dentro i loro foderi, consideratevi nostri ospiti. – assentì grave – nessun uomo torcerà loro un capello. – decretò alla sua corte. Dany tradusse quell’ordine anche ai suoi, ma rimase a fissarli indignata.
 
Sam portò Gilly e il bambino dentro le mura e con loro andarono anche molti degli altri che si erano congelati stando lì fuori senza potersi muovere. Arya sbarrò la strada all’uomo con l’ascia e dal volto sfregiato.
-Chi non muore, si rivede? – lo salutò – non sapevo che anche i mastini avessero sette vite come i gatti. – rise astuta.
-Stupida ragazzina. – le fece un ghigno malvagio – ti dovevo sgozzare, quando ne ho avuto l’occasione – ammise lui prima di osservarla bene – ma che hai fatto? Sembri una di quelle spocchiose lady del sud. –
-Sono principessa del nord ora. – rispose orgogliosa, gonfiando il petto, ma mise il broncio tirando il colletto dell’abito che Sansa l’aveva costretta ad indossare.
-Stronzate. – rispose pronto lui – rimani sempre una pulce fastidiosa che mi ha lasciato morire nel mio marciume. – continuò passandole accanto e trascurando ogni altra sua frase impertinente. Giungendo alle scale incrociò lo sguardo di Sansa.
-Uccelletto… – si inchinò a lei con fare quasi galante, sorprendendo quasi tutti i presenti. Jon osservò sua cugina in piedi senza battere ciglio.
-Ser Clegane. – rispose al saluto fredda – avete dunque deciso da che parte stare ora? –
-Qualcuno di petulante mi ha costretto a giungere alle Terre dei Fiumi – affermò controvoglia indicando la piccola lupetta con il pollice rivolto alle sua spalle, poi però si rivolse direttamente a Jon – meriterei un riconoscimento. Ho protetto le tue sorellastre per quanto mi sia stato possibile, prima che mi sfuggissero dalle mani. –
-E’ stato solo un vostro dovere in quanto cavaliere. – affermò serio Ser Barristan, avvicinandosi a loro, ma rimanendo a protezione della regina dei Draghi. Clegane sputò ai suoi piedi e superò le porte senza più aprire bocca.
 
Viserys prese per un braccio Lyanna e la costrinse a seguirlo, lei provò a protestare e puntò i piedi.
-Lasciatemi. – gli ordinò con voce ferma, lui la portò accanto ad una recinzione per poterle parlare a quattrocchi.
-Non vi sembra di aver creato già fin troppi problemi? Speravo vivamente che questa volta sareste rimasta con vostro figlio! – la giovane fece una smorfia a quella sua affermazione, lui strinse appena di più la presa – vi diverte mettere a rischio la sua vita? – continuò allora lui.
-Io non mi diverto… - provò a dire ma rimase senza parole, era talmente indignata per ciò che lui le aveva appena criticato che scosse la testa e lo fissò con aumentato riserbo – come potete pensare una cosa simile…? – proseguì incredula e sconnessa.
-Se non ve ne siete accorta, questi uomini dovrebbero essere l’altra parte della stessa banda che ci attaccò sulla strada del re, poco dopo esserci incontrati. – Lyanna si scostò un attimo e li osservò meglio, alcuni stavano passando accanto a loro per varcare le mura della Fortezza Grande. Viserys fece qualche passo per allontanarsi da lei, cercando di ritrovare il contegno. Un fuorilegge mingherlino con un mantello verde e i capelli piatti si stava avvicinando per portare i cavalli nella stalla. Indirizzò lo sguardo verso di lei. Le fece un cenno di saluto con la mano.
-Mia signora. Un pregiato fiore come il vostro sarebbe un crudele peccato vederlo appassire al gelo. – Lyanna lo fissò stizzita a quel verso appena composto.
-Cosa siete per caso un bardo? – chiese lei incredula.
-Avete una predilezione per i bardi forse? Eccovi accontentata. – estrasse dal mantello un’arpa da viaggio – Tom Settecorde al vostro servizio milady. – fece un frettoloso inchino. Lyanna sorrise appena. Possibile che li trovo tutti io? Pensò divertita.
-Se vi faccio dono di una canzone, voi sarete così gentile da offrirmi la vostra rara rosa dell’inverno? – l’uomo si protese improvvisamente verso di lei ammiccando. La giovane trattenne il fiato non riuscendo a tollerare quella proposta così indecente. Si stava già scagliando su di lui, quando, con un gesto fulmineo, Viserys arrivò e gli punto la lama alla gola. Il bardo che non aveva nemmeno fatto in tempo ad avvicinare le dita alle corde, si immobilizzò seduta stante. Le gambe gli tremavano.
-Non un altro movimento… – lo minacciò serio dalla sua altezza, prendendolo per il collo con una mano – …se non volete che vi tagli ogni singolo dito, prima ancora che possiate pensare di comporre altri immorali versi! – un silenzio teso piombò tra di loro. La lupa del nord rimase bloccata a quell’inattesa forma di salvaguardia.
-Tom, ti conviene lasciar stare. – affermò un secondo uomo avvicinandosi – se solo avesse avuto una spada con sé, Lady Stark ti avrebbe già fatto a fettine… – sorrise scoprendosi il cappuccio – …anche prima che intervenisse questa curiosa guardia del corpo. – puntò uno sguardo frettoloso verso la maschera del principe drago, prima di rivolgere un largo sorriso alla giovane.
-Harwin? – domandò incredula lei, prima di stringergli le braccia al collo – sei davvero tu? –
-Lady Lyanna giravano voci che eravate tornata tra noi, ma è un piacere constatare che gli anni non sono passati sul vostro volto… né sul vostro corpo a quanto vedo! – rispose in tono alquanto famigliare, lanciando uno sguardo compiaciuto sulla linea del suo fisico.
-Sei sempre il solito. – scherzò lei, continuando a stringerlo felice. Anche Benjen si era avvicinato alla sorella e non perse occasione per salutare il suo vecchio amico d’infanzia. Aveva notato lo strano comportamento del Principe Drago. Viserys spinse distante il fantomatico bardo con un gesto brusco del braccio, e rinfoderò l’arma, in maniera estremamente nervosa. Osservando sbieco quella dimostrazione d’affetto tra i due giovani del nord. Tom barcollò, ma riuscì a rimanere in piedi, prima di andare a sbattere contro uno dei suoi compagni. L’uomo si voltò con aria annoiata, come se non avesse manco seguito quella scorreria, e tirò a sé l’enorme mantello giallo, che il menestrello aveva pestato
-Aye, Lem! – si lamentò Tom – potevi anche darmi una mano visto che mi stavi appresso. – e mise il broncio nei suoi riguardi. L’altro lo esaminò, alzando appena un sopracciglio.
-Dovevi solo tenere a freno la lingua. – affermò indignato e annoiato, mostrando i suoi denti marroni – e poi non mi metto contro un drago. – rivolse solo uno sguardo fugace verso la maschera del principe, prima di andarsene. Viserys osservò per qualche istante quella strana cappa che aveva sulle spalle, prima che la sua attenzione venisse rapita dal piccoletto dai capelli chiari che prima guidava la carrozza. Qualcosa nei suoi occhi lo aveva colpito. Qualcosa che gli rimarcò una delle ferite che sentiva nel profondo del suo cuore.

 
 
 
Note dell’autore:
Ciao a tutti!! Questa volta mi trovo ad aggiungere una nota a fine capitolo, innanzitutto per ringraziarvi della pazienza e del trasporto che ancora avete per le mie storie!
Seconda cosa, non pensate che vi abbia abbandonati: purtroppo ho avuto un periodo molto intenso e non sempre riuscivo a rispondere alle recensioni o ai messaggi privati, quindi perdonate se ho avuto delle mancanze soprattutto in quest’ultimo periodo in cui molti di voi erano in vacanza, ma io invece ero immersa di lavoro fino al collo, parenti in casa e mi sono pure beccata l’influenza.
Terza cosa: sto attuando delle sostanziose modifiche alla mia Tales per questo è ferma. In realtà i capitoli successivi sono pronti ma aspettano una revisione più accurata per essere perfetti e poter avviare la pubblicazione. Per Cronache ne ho scritti ancora molti che concludono la vicenda che sto raccontando, in pratica di come Viserys si avvicinerà a Lyanna e a Jon circuendo i limiti che lo hanno bloccato fino ad ora. Poi appena riuscirò a mettermi un po’ tranquilla continuerò a scrivere le vicende che ho in mente e che vedono ancora i nostri personaggi fermi nel nord, prima di cominciare a scendere verso una meta in cui ho sempre desiderato vedere Jon, ma che la serie mi ha anteposto, anche se non mi è piaciuta molto la superficialità con cui hanno gestito queste scene, incentrate in altri momenti.
Quindi non perdetevi d’animo che io pian piano vedo di mettermi in pari con tutti, impegni famigliari e tempo a disposizione permettendo.
 
Un abbraccio caloroso a tutti voi!

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Capitolo 47
*** Vecchie Sofferenze Riaffiorano ***


Era stato imbandito una sorta di banchetto all’ora di cena per i nuovi arrivati. Non potevano fare diversamente, il cibo cominciava a scarseggiare e il loro arrivo non era stato previsto, per cui avrebbero dovuto arrangiarsi con ciò che c’era. Jon preferì unire in un’unica tavolata sia Stark che Targaryen, dimostrando così la loro solida alleanza e scoraggiando ogni eventuale desiderio di sommossa interna.
Sua madre sedeva alla sua destra, dopo di lei, in ordine, Sansa, Arya e Bran. Alla sua sinistra invece la regina Daenerys, suo fratello Viserys e Tyrion Lannister. Benjen Stark aveva preferito sedersi tra la folla, rinunciando al suo posto d’onore alla tavola principale, in quanto si riteneva solo un emissario dei Guardiani della Notte.
Avevano consumato il pasto in silenzio, solo poche chiacchiere in confronto col chiasso formatosi nell’intera sala di fronte. Ogni tanto giungeva alle loro orecchie qualche strimpellata di Tom Settecorde. Jon notava sua madre e anche i due draghi irrigidirsi a quelle canzoni, talune fin troppo immorali e audaci, altre invece più delicate, note improvvisate al momento per una serva oppure per decantare la bravura di un loro compagno nell’ingurgitare più velocemente un boccale di birra. Lyanna osservava la scena con un cipiglio nel volto, che non dava a sperare nulla di buono, tuttavia questo suo atteggiamento aveva cominciato a convincere Jon, che sua madre non sopportasse più il suono di quello strumento a prescindere dalla musica composta. Aveva sentito per troppo tempo girare voci sulla bravura del Principe Drago. Pareva fosse un compositore straordinario, che creasse melodie incantevoli con la sua arpa e avesse una voce soave e ammaliante. Non aveva mai chiesto conferma direttamente a lei, ma dagli occhi tristi e lo sguardo abbassato della donna, poteva solo immaginarsi che la verità non doveva essere poi così lontana. E le mancava terribilmente…
Ciò nonostante l’idea che ormai Jon si era fatto di quell’uomo continuava a mutare e convergere in una figura sempre più spietata… se lo immaginava come un uomo che aveva sedotto una donna del nord, costringendola ad abbandonare le sue terre, dove vi aveva lasciato il cuore oltre che la sua famiglia… Un abitante del Nord non lascerebbe mai la sue valli bianche per nulla al mondo… Quale sortilegio le avete fatto per indurla a compiere un simile atto? Serrò le mani attorno ai pomoli dei braccioli della sedia, mentre fissava le dita dell’uomo pizzicare le corde dell’arpa e rimuginava ad un momento dettato dalla fantasia, dove un uomo di spalle dai lunghi capelli argentati suonava e cantava dando voce ad una stregoneria malvagia che rapiva gli occhi, la mente ed il corpo di sua madre, forzandola ad andare con lui. Riportò i suoi occhi grigio scuro su di lei… teneva ancora gli occhi bassi come se il suo interesse fosse concentrato nell’intaglio del tavolo. Le mise una mano sopra al sua, che non smetteva un attimo di stropicciare il tovagliolo. Madre… le voleva sussurrare, ma la sua bocca non emise alcun suono. Lyanna alzò lo sguardo ad incrociare il suo. Aveva gli occhi lucidi e si stava mordendo le labbra. Abbozzò un leggero sorriso, come a volergli trasmettere che stava bene… ma Jon sentiva nel cuore ogni tormento che angustiava entrambi. Aveva scoperto di essere come uno specchio per lei. Ciò che sua madre provava o pensava, inverosimilmente si rifletteva anche nel suo animo, senza per forza dover parlare, senza doverle chiedere spiegazioni, senza dover porre alcuna domanda, senza che lei esprimesse lesue angosce. Soffriva… e lui soffriva doppiamente, conscio del fatto di non poterla aiutare. E in quei momenti odiava la sua impotenza, ma odiava maggiormente l’uomo che l’aveva messo al mondo.
 
 
 
Era una di quelle serate in cui non le sarebbe stato dato il permesso di alzarsi e girovagare per la sala, se su quel tavolo fossero stati seduti i suoi genitori, ma per Arya Stark fortunatamente le cose erano cambiate. L’affermazione migliore sarebbe stata: “le cose erano molto differenti ora…” non era per niente felice di quella situazione… Quanto avrebbe desiderato che loro fossero ancora lì, a controllarla, mantenendo gli occhi su di lei in ogni momento. A rimproverarla per ogni singola cosa sbagliata che commetteva. E a sorriderle quando provava a mostrarsi ubbidiente, perché sapevano che non sarebbe durato molto quella situazione di calma apparente.
Sua madre era stata pienamente vendicata, ne andava ancora fiera e a volte sognava il volto aguzzo di Lord Walder Frey che agonizzante, gorgogliava qualcosa tra i fiotti di sangue che gli fuoriuscivano dallo sfregio sulla gola, con gli zampilli che sputava dalla bocca. Ma per la morte di suo padre era tutt’altra cosa…
Osservò con occhi ostili sua sorella Sansa: parlava con sua zia Lyanna. Era fastidioso notare come quelle due andavano d’accordo. Arya proprio non riusciva a darsene una ragione. Nostra zia Lyanna è molto più simile a me, come può preferire lei? Eppure, dice sempre di essere stata molto legata a mio padre, perché, quindi, dovrebbe perdere il suo tempo con colei che lo ha condannato a morte?
-Vuoi che terminino il porridge? – si sentì trascinare sulla destra. La piccola Lady Mormont le aveva preso un braccio e la conduceva alla tavolata, dove sedeva con gli uomini dell’Isola dell’Orso. Allo stesso tavolo stava anche Meera Reed. I posti li aveva assegnati Sansa, ovviamente, e aveva ben pensato di metterle ad un tavolo con quei lord attempati, grassi e noiosi, come il vecchio Manderly e l’enorme Umber. La piccola orsa l’aveva intercettata tra le file dei tavole, l’aveva chiamata per nome più volte, come le aveva ripetuto, ma evidentemente non l’aveva sentita persa com’era nei suoi pensieri. Arya era certa che sarebbe stata un’ottima opportunità, e sicuramente era preferibile che stare ad ascoltare quelle tediose moine di Sansa. La situazione si è invertita, sorella! Ora non sei più tu ad avere tutte le amiche che ti cercano, ti ammirano e ti acclamano… te ne dovrai stare seduta lì, tutta sola! Sorrise malignamente all’idea che per la prima volta gli dei graziavano la sorella minore, a discapito della maggiore. Ecco perché nostra zia non ti molla un attimo… ti compatisce: povera lupetta fulva! Ghignò, mentre si sedeva al tavolo con le sue amiche.
 
Ci mise meno di un quarto d’ora per rendersi conto che i loro argomenti erano a tutti gli effetti molto intriganti e interessanti. Meera raccontava delle sue terre, l’Incollatura: di come spostavano le loro torri in mezzo alla palude, o delle particolari imbarcazioni che usavano per impedire alle alghe di intrarciare il loro passaggio, o anche del singolare modo di cacciare le rane, forte sostentamento per il suo popolo. Arya aveva espresso il suo disgusto con una smorfia sorridente, al pensiero di mangiare un animale tanto viscido e per niente invitante, eppure una parte di lei era incuriosita all’idea di poterne assaggiare la carne solo per carpirne il gusto o per la soddisfazione di aver catturato una rana impugnando una di quelle lance dei Crannogman.
Lyanna Mormont invece aveva narrato delle abitudini delle sue sorelle a seguire le tracce degli orsi tra le foreste sulle montagne della loro isola, degli allenamenti imposti anche alle donne e della rinomata pelle d’orso che smerciavano per tutto il Nord.
Anche Arya raccontò alcune prodezze compiute durante i suoi viaggi, sviando però in maniera magistrale su molti dettagli riservati, e poco propensa alla diffusione di essi. Si sentiva orgogliosa di poter condividere qualcosa che gli appartenesse, ma soprattutto si sentiva riscattata per una volta.
Lei non era più quella derisa e messa all’angolo dalle stupide amichette di sua sorella! Sperò che fossero morte tutte quelle sciocche… loro e quei modi tutti perfettini che Septa Mordane aveva costretto a insegnare pure a lei. Cacciò indietro quei ricordi, che le avevano provocato un brivido lungo la schiena, tanto era stato impossibile odioso quel periodo, e spostò il capo verso la tavolata dei membri della fratellanza. Vagò annoiata posando lo sguardo prima su Beric, poi su Thoros, non sembravano per niente cambiati, poi continuò il suo studio su Gregor… era ancora più brutto di quello che ricordava, però l’aura che gli aleggiava attorno aveva un non so che di più puro, come se in quel tempo che li aveva visti separati, avesse trovato un qualche modo per espiare le sue colpe. Erano pensieri però quanto mai inopportuni, soprattutto per l’uomo che un tempo era stato Clegane. I suoi occhi poi vennero attirati da un ragazzo del gruppo. Improvvisamente ne riconobbe i tratti. Il taglio di capelli era differente ora, ma il colore dei suoi occhi era indistinguibile anche da lontano.
-Ned!? – Arya si era avvicinata a lui con un largo sorriso sulle labbra. Il giovane si voltò a guardarla scettico, in un primo momento era chiaro che non l’avesse riconosciuta, poi però parve aver ripensato al loro primo incontro. Era cresciuto, si era fatto ancora più alto di quanto ricordasse e più robusto. I capelli biondo pallido erano più lunghi dell’ultima volta che si erano visti, li teneva raccolti in una treccia che partiva dall’attaccatura sulla fronte. La pelle chiara, era bruciata dal gelo sulle guance, sul naso e sulla fronte, ma nell’insieme quel difetto non poteva essere certo chiamato tale. Le sue braccia erano diventate più muscolose, la camicia che indossava era di un color malva sbiadito e ne fasciava le forme come una seconda pelle. Quando la identificò, mostrò un caldo sorriso.
-Lady Stark! – con un aggraziato movimento si alzò e la superò in altezza.
-Sempre quel tono formale? – lo imbeccò lei. Notò che era alto oltremisura rispetto alla sua bassa statura, e davvero fin troppo prestante per la sua età. Provò a misurare la distanza che separava le loro spalle, mettendosi al suo fianco, mentre lui le rispondeva garbato, ignorando il suo modo di fare.
-Ti chiedo perdono, ma vedi… Ora sei addirittura la sorella di un re, che termini dovrei usare per rivolgermi a te? – sembrava aver ancora quel modo allegro e educato di esprimersi, fu felice di constatare che la situazione drammatica che stavano vivendo non lo aveva cambiato sotto quell’aspetto. Si intrattenne piacevolmente a parlare del più e del meno con lui, di quanto tempo era passato dall’ultima volta che si erano visti e di quali avventure avevano vissuto. Era assurdo come le sembrasse di conoscerlo da una vita, come se in realtà esistesse un legame di sangue tra le loro famiglie. Attorno avevano cominciato a spifferare delle voci relative a quel loro dialogo fitto fitto, ma sia Edric che Arya si limitavano a ignorarli o a scherzarci su, rispondendo ai commenti con linguacce o affermazioni ironiche.
-…infine sono arrivata a nord al fianco dei Draghi. Ne ho perfino cavalcato uno, lo sai? – notò i suoi occhi viola farsi più accesi, così aggiunse – ovvio che non tenevo io le redini, ero semplicemente seduta dietro al principe Viserys! – gli aveva sorriso e pure lui si era messo a ridere.
-Mi sembrava strano…! Se tu comandi un drago, allora io sarò la prossima Spada dell’Alba. – rispose raggiante, anche se, un velo di nostalgia, sembrava averlo preso.
-Ti manca la tua terra? – gli chiese, intuendo il suo stato d’animo e la malinconia che nasceva stando lontano dalla propria casa per così tanto tempo. Lei era tornata a Winterfell, lui invece si era distaccato in misura ancor maggiore. Edric le lanciò un sorriso complice e mesto al tempo stesso. Non servivano parole, lei sapeva cosa si provava.
-Se vuoi, intercedo con mio fratello e ti faccio salpare con la prima nave che parte del il sud. Possiamo anche già chiedere a Lord Manderly. È lui che presiede Porto Bianco, la più grande città portuale di tutto il Nord… potrai tornare a casa, anche domani. – gli strinse una spalla incoraggiante, constatando la muscolatura sottostante il suo farsetto.
-Ti ringrazio, è un pensiero gentile – le rispose dolcemente – ma… mi vedo costretto a rifiutare questa generosa offerta. Sono al servizio di Lord Beric, è a lui che spetta la scelta di congedarmi e di permettermi di tornare a Starfall. È ciò che desidero da molto tempo. Rivedere la mia casa, il Torrentine, le distese di lavanda, il profumo dei fiori e del Mare dell’Estate… le stelle… mi capita di sognare a volte di svegliarmi nel mio letto… - sorrise abbassando il capo e guardare un pezzo di osso caduto a terra, già ripulito da qualche cane – Se anche dovesse accadere domani, sarei felicissimo, tuttavia non riuscirei a non considerare un mio eventuale ritorno, se non come un disonore al nome della mia famiglia. Se Beric scegliesse di congedarmi, sarebbe un fallimento e un Dayne non è fatto per perdere e spegnersi nell’ombra, ma… “è fatto per brillare come le stelle sotto le quali è nato.” Mia nonna Seria me lo diceva sempre… e lei è stata la madre dell’ultima Spada dell’Alba, nonché madre di una delle damigelle della principessa Elia… E del lord mio padre che ha saputo prendere in mano il castello dopo la sconfitta dei Targaryen, senza che il nome o il patrimonio di famiglia venissero mai intaccati. Agli occhi di tutti, noi eravamo dei traditori una volta che Robert salì sul trono. La mia famiglia combatteva nella fazione opposta alla sua, eppure non venimmo mai giudicati… probabilmente Re Robert ha pensato che fossero state già sufficienti le nostre perdite. –
Arya rifletté che anche per loro era stato un duro colpo perdere in pratica quasi tutti membri della loro famiglia. Erano rimasti solo loro quattro… e all’epoca della Ribellione di Robert, erano rimasti solo suo padre e zio Benjen… Anche Ned Stark si era rimboccato le maniche, seppur fosse uno dei vincitori della guerra, eppure qualcosa le faceva credere che non si fosse mai sentito in vena di festeggiare questo trionfo. Si ritrovò a riflettere che anche il padre di Edric doveva essere stato un grand’uomo, per essere riuscito in un’impresa ancora più ardua dato che erano tra le schiere dei perdenti. Si prese un momento per ripensare al suo buon vecchio padre… Per un attimo si domandò quali pensieri avesse avuto Ned Stark per lord Dayne… se era sceso a Starfall per riportare Alba, doveva certamente averlo incontrato e avergli parlato…
-Facciamo un gioco… – riprese subito lui, distogliendola in fretta da quei pensieri – qual è stata la prima cosa strampalata che ricordi di quanto sei tornata qui al tuo castello. – Arya lo fissò, aggrottando la fronte. Era una domanda che non si aspettava e alla quale non sapeva nemmeno dare una risposta. Evidentemente Edric se ne accorse così si apprestò a spiegarle – È un gioco che facevo sempre con mia zia Allyria la sera prima di addormentarci: devi pensare alla prima cosa impossibile che faresti e immaginarti qualcosa di ancora più impossibile. – rise allegramente – Figurati che uno dei suoi sogni era viaggiare lungo tutta la strada del re e venire in visita proprio in questo castello. – le sorrise allegro.
-Qui a Grande Inverno? – scosse appena la testa incredula.
-Era fissata col nord… e con tutto ciò che riguardava zia Ashara… sai? Io non l’ho nemmeno mai conosciuta… né lei, né mio zio Arthur. – si rabbuiò appena, ma quando Arya incrociò gli occhi coi suoi, vi scorse uno zampillo svettare come una cometa che attraversava il firmamento di un cielo esotico del sud – vuoi sapere la cosa che maggiormente la incuriosiva una volta raggiunta la sua meta? – Arya era ammaliata dal suo accento morbido e la curiosità era lampante dai suoi occhi – vedere un albero diga reale. –
-Come… reale? – la giovane lupa rimase sconcertata da quell’espressione.
-A Dorne non esistono alberi diga. – gli spiegò lui tranquillo – Gli Andali a loro tempo li fecero sradicare tutti, per cacciare i Figli della Foresta. Ma a Starfall esiste un parco ispirato al vostro. Anche per noi è un luogo di contemplazione e preghiera, ma non è il culto a cui crediamo… più che altro lo usiamo per celebrare i matrimoni… inizialmente però è nato come omaggio per la vostra cultura dedita agli Antichi Dei. –
-Vuoi dirmi che un tempo i Dayne veneravano gli Antichi Dei? – era sempre più basita e incuriosita dal quel discorso.
-No. Chiunque a Starfall, crede nel culto dei Sette, ma la nonna paterna di mio padre pregava gli Antichi Dei. Lei era una Glover. – svelò così che comprendesse meglio. Arya strabuzzò gli occhi al pensiero che una donna del nord fosse stata data in sposa ad un uomo dell’estremo sud. Ebbe un brivido lungo la schiena al pensiero che poteva succederle una cosa simile prima che il fato dei Sette Regni venisse stravolto da quella moltitudine di guerre.
-Suo marito, il mio bisnonno, pensò di farle un dono, costruendole questo giardino appositamente per lei, dato che, povera, non sapeva nemmeno dove volgere le sue preghiere… - sorrise Edric continuando a raccontarle – ma non voglio tediarti con questi inutili discorsi. Dimmi quindi, qual è stata la cosa che ti ha colpito di più al tuo ritorno? –
-Beh… - Arya accantonò tutte quelle nuove informazioni in un angolo remoto della sua mente, gli anni di addestramento presso la Casa del Bianco e del Nero le avevano insegnato ad apprendere e non dimenticare mai nulla di ciò che le veniva detto. Magari in futili frasi dette con superficialità, poteva sempre nascondersi qualcosa di molto più importante. Si ritrovò a riflettere quale fosse stata la prima sensazione che ebbe al suo arrivo… i suoi pensieri andarono immediatamente su una persona, esattamente come i suoi occhi.
-Avevo messo in conto che tante cose potevano essere cambiate. Per alcune ero preparata, per altre proprio no… ma poco prima di essere stata ricondotta a Harrenhall dal principe Viserys, avevo appreso che qui a Grande Inverno erano tornati gli Stark. Ero felice della cosa ovviamente, e quando ho scoperto che Jon era diventato addirittura Re del Nord, proprio come Robb prima di lui, non so cosa mi abbia impedito di urlare la mia gioia ai Sette Venti! – nei suoi occhi grigi ancora lo stesso entusiasmo che aveva provato in quei giorni.
-Devi essere stata fiera di lui! – la interruppe Edric.
-Certo che sì. – sorrise felice – ma non è questa la cosa che mi ha maggiormente stupita. Ammetto che sia stata una bellissima sorpresa, ma il meglio doveva ancora arrivare: penso ora tu sappia che è tornata tra noi la sorella di mio padre – gli svelò, non era sicura che quella fosse una notizia da divulgare in maniera così esplicita, ma d’altro canto Jon aveva presentato i membri della sua famiglia e pure sua madre chiamandola per nome, e quasi tutti ormai in quel castello conoscevano la realtà. Le voci di corridoio giravano in fretta e i nuovi arrivati certamente ne avevano già sentito parlare.
-Avevo udito qualcosa, ma pensavo fossero solamente pettegolezzi… - affermò interdetto.
-Invece è tutto vero. E’ stato scioccante scoprire di avere una zia rediviva e con le mie stesse passioni per giunta! – ghignò, gonfiando il petto – e sono felicissima che Jon ora abbia al suo fianco sua madre! – vide Edric voltare gli occhi verso la tavolata principale.
-Sua… madre…? – chiese turbato il ragazzo. Evidentemente non gli era ancora chiara la situazione. Arya si morse un labbro per essere stata così incauta, cosa che non era avvenuta mai da quando aveva lasciato la prima volta Grande Inverno. Probabilmente la chiacchierata con lord Dayne le aveva in qualche modo fatto abbassare le barriere. Spostando lo sguardo a destra e a sinistra, Edric cercò invano di identificare una donna di un’età congrua per potesse essere la madre del Lupo Bianco. Arya notò il suo disagio, così lo aiutò.
-E’ quella seduta alla sua sinistra, con l’abito blu, la mantella argento e la pelliccia di lupo bianco sulle spalle – gliela indicò con un dito – sono due gocce d’acqua non puoi non notarla. –
-Effettivamente… - rispose vago assottigliando lo sguardo scettico e disarmato – ma è… così giovane… – affermò poi, dalla sua voce traspariva ogni suo turbamento.
-Questa è una cosa che non posso rivelare, mio fratello ha imposto un veto e non mi caverai altro dalla bocca. – cercò di fargli intendere – l’onore per uno Stark, è tutto e io non verrò a meno di un insegnamento di mio padre. –
Edric rimase a fissare quella donna inerme e diffidente, come se qualcosa non gli quadrasse… come se per anni avesse avuto una certezza che proprio in quel momento gli veniva distrutta davanti agli occhi. Ad Arya improvvisamente venne in mente il discorso che avevano fatto la prima volta che si erano incontrati, quando lui le aveva detto di conoscere suo padre Ned e la madre di Jon.
-E’ vero! Come ho fatto a dimenticarmelo? – affermò, tirandosi una manata sulla fronte – tu eri certo di conoscere la donna che partorito Jon! – Edric tornò a guardarla, senza saper cosa risponderle,  con la bocca leggermente aperta. Arya non attese che si riprendesse e lo afferrò per un braccio, intimandolo a seguirla – vieni con me, te li presento. – e senza attendere lo condusse fino al tavolo degli Stark.
 
Jon alzò i suoi occhi grigio scuro non appena si accorse di lei. Suo cugino l’accolse col solito sorriso caloroso e piegò leggermente il capo per guardarla da un’altra angolazione. Parve disorientato quando si accorse che dietro di lei c’era il giovane dai biondi capelli e cambiò subito espressione nel mentre che incrociava i suoi occhi viola, quasi fosse possibile leggervi una gelosia incalzante, ma anche molto altro, e Arya purtroppo intuì facilmente che doveva trattarsi dell’aspetto del suo amico.
-Jon hai di fronte a te Edric Dayne, lord di Starfall. – il Lupo Bianco lo salutò garbato solo con un cenno del capo.
-E’ un piacere averti qui, Lord Dayne. – Arya però venne distratta dalla reazione di sua zia. Stava fissando il nuovo arrivato con occhi spalancati e Arya era certa che stesse pure trattenendo il fiato, come se quel nome avesse risvegliato in lei delle memorie represse. La giovane Stark notò che anche Edric non smetteva di fissarla allibito, ma con vergogna, poi abbassò il capo.
-Al vostro servizio, mio re. – stava per chinare il busto verso di lui in segno di rispetto, ma Arya lo troncò, tirandogli una gomitata sul fianco.
-Ti sei convinto allora, Ned? – gli chiese gaia – la madre di Jon è la donna che ora hai davanti agli occhi e non quella che credevi tu! – sia Jon che Lyanna si scambiarono un’occhiata incerta, quando sentirono su di lui lo stesso soprannome di Eddard Stark.
-Eppure… a Starfall mi hanno sempre raccontato una storia diversa… – disse lui titubate – non capisco… –
-Forse ti hanno preso in giro o hai capito male! – provò lei.
-Non ho capito male! Questa vicenda e ben risaputa al mio castello! – precisò lui stizzito.
-Quale vicenda? – chiese Jon incuriosito da quel loro discorso di cui ignorava l’origine. Il ragazzo tornò a prestare la sua attenzione sul suo interrogatore. Si prese solo pochi istanti per cercare le parole giuste, ma quando le pronunciò, Arya comprese che non ne doveva aver trovato poi molte.
-Noi due siamo fratelli… – affermò il ragazzo biondo. Jon sbarrò gli occhi e cercò aiuto verso sua madre, che scrutava smarrita il giovane Dayne.
-Impossibile. – dichiarò secco il Re del Nord, mettendo subito di fronte a sé uno scudo di difesa per la sua anima.
-Quanti anni hai? – domandò invece Lyanna turbata, tra le sopracciglia ciglia alcune grinze a mostrare che era impensierita dalle sue affermazioni.
-Quattordici, milady – rispose senza esitazione – nacqui quattro anni dopo la fine della Ribellione di Robert. –
-Allora non è possibile che siamo fratelli. – Jon abbandonò quel tono impenitente, per tornare ad usare il suo abituale timbro piatto – sarò anche nato a Dorne, ma sono venuto alla luce alla fine del 283 A.C. – prese la mano di sua madre, stringendogliela con affetto, come a rassicurarla, eppure ad Arya sembrò che fosse più lui bisognoso di conforto – E sono figlio unico. – Jon tornò a fissare il giovane dorniano e si espresse serio e autorevole, quasi a voler scacciare ogni dubbio. Arya pensò però che stesse solo cercando di placare gli incendi che si erano innescati nella sua anima ancora tormentata. Lyanna mosse il capo di lato, abbassando lo sguardo. Pareva invece intenta a farsi dei complicati calcoli mentali. Quando rialzò gli occhi verso quel ragazzo, sua nipote si accorse che erano appena più lucidi di prima.
-Non sto mentendo: noi due siamo fratelli… - insistette il ragazzo – fratelli di latte. – aggiunse.
Jon e Lyanna si scambiarono ancora una seconda occhiata. Suo fratello cercava ancora aiuto da lei, ma sua madre scuoteva la testa impotente… Jon come puoi pensare che possa sapere qualcosa? Il suo spirito aveva già raggiunto gli dei. Arya non mancò di notare che pure il principe Viserys sembrava interessato da quel discorso, perché aveva mosso il busto in avanti per ascoltare meglio. La regina dei Draghi invece aveva spalancato la bocca e si era voltata verso il fratello, che l’aveva ammonita di far silenzio con un semplice gesto della mano, posandole delicato due dita sulle labbra. Arya si premurò di accantonare in fretta quell’immagine e tentò di aiutare la situazione, provando a rammentare il nome che Ned gli aveva suggerito a quel tempo.
-Come avevi detto che si chiamava la donna che pensavi fosse sua madre? – Arya gli chiese tornando a guardare il suo amico incerta, poi si rivolse verso suo cugino – mi ero ripromessa di tenere quel nome a mente, e alla prima occasione di chiederti se avessi mai conosciuto o ricordato una donna con quel nome strano… Eppure mi sfugge completamente… - continuò lei battendosi la tempia con un dito - …era qualcosa tipo: Lilla? O… Mylla? – bofonchiò.
-Wylla! – precisò Edric spazientito come le avesse mancato di rispetto, e riportò lo sguardo verso il Re del Nord, sperando che quel nome risvegliasse in lui qualche ricordo. Jon però non mostrò alcuna reazione. Al contrario l’espressione che fece Lyanna, fu ciò che balzò subito agli occhi di tutti. Arya la vide sbiancare all’improvviso. Le sue mani tremavano leggermente e stava trattenendo il respiro.
-Vi dice qualcosa, milady? – Edric sembrava stranito che lei la conoscesse. La bocca di Lyanna si aprì appena per proferire delle parole che sembravano uscirle di bocca senza quasi controllo.
-Hai detto… che siete… fratelli di latte… – la voce tremava – Com’è possibile? Jon è nato alla Torre della Gioia, ma è poi cresciuto qui a nord… mio fratello lo portò subito a Grande Inverno dopo la guerra. – era chiaro che nella sua mente stava cercando di ricollegare tutti i pezzi.
-Da quello che mi è stato raccontato, finita la Ribellione di Robert, Wylla seguì Ned Stark fino a qui per prendersi cura del… loro figlio, Jon Snow. – e lo indicò, guardandolo perplesso – è risaputo a Starfall che sia lei la sua vera madre. – quelle parole sembrarono essere state per sua zia pari ad una pugnalata in pieno petto. – E’ rimasta qui un annetto; il tempo necessario per vederlo crescere sano e forte. Poi è stata costretta ad abbandonarlo e lasciarlo qui con suo padre. Non mi ha mai spiegato davvero cosa ci fosse dietro a questa sua scelta o se gliela imposero, ma lei mi sempre detto di non aver mai smesso di amarlo. Poi mi ha raccontato che il viaggio di ritorno è stato lungo e di aver fatto numerose tappe mentre scendeva. Ha sostato a Porto Bianco per un po’ di tempo, e da lì ha preso una nave per il sud. È sbarcata a Lancia del Sole, e ha attraversato il deserto su una carrozza dei Martell. E’ arrivata a Starfall poco prima della mia nascita, e avendo allattato altri bambini lungo il viaggio, una volta tornata, aveva ancora latte e così mi ha potuto nutrire lei quando mia madre lo perse. –
Lyanna fece una smorfia indecifrabile e aggrottò le sopracciglia in un’espressione disperata.
-Lei ha quindi lasciato la sua famiglia per… Jon – disse a voce bassissima, tanto che ad Arya arrivò come un soffio di vento appena accennato. Poi la vide portarsi una mano sulla fronte per massaggiarsi le tempie. Rimase così per pochi minuti, nei quali Jon tentò di rassicurarla, mettendole una mano sulla schiena, ma non passò nemmeno una frazione di secondo che lei alzò il capo e sbarrò gli occhi. Si issò in piedi così di fretta che rovesciò il bicchiere di vino… il suo contenuto si riversò sul tavolo imbrattando piatti, tovaglioli e vassoi. La sedia cadde all’indietro, emettendo un sonoro tonfo. Arya la guardò senza comprendere ciò che le stava passando per la testa e si rese conto di non essere l’unica. Nei suoi occhi: stupore, stordimento e sofferenza. Beh, quella non era certo una novità, ma qualcosa sembrava come essersi spezzato proprio lì di fronte a loro, aggravando ulteriormente la debolezza della sua anima.
-No… non può essere… - aveva sussurrato con un flebile respiro – come ho fatto a non capirlo subito… – un singhiozzo le mozzò la voce. Si sostenne il capo e mise l’altra mano sopra la bocca, coprendo le labbra tremolanti, prima di scappare via.
 
 
 
 
Era snervato. Ogni situazione sembrava portare sempre e solo ad un unico finale: le sue lacrime, la sua disperazione, il suo crollo. E con lei cadeva anche lui.
Ora ci mancava anche questo maledetto ragazzino del sud, dagli odiosi tratti valyriani e quell’insensata rivelazione menzognera…
Le sue strane parole l’avevano turbata in un modo così sconvolgente, che Jon non aveva mai pensato potesse accadere. Si era alzato in piedi pure lui e l’aveva seguita, infischiandosene delle proteste di Sansa, che lo ammoniva di non lasciare il banchetto o i suoi ospiti avrebbero potuto pensare male. Non curandosi nemmeno di non aver domandato congedo alla Regina e al Principe dei draghi… che se ne andassero in malora tutti! Tutti loro!! L’etichetta, le regole, gli obblighi, i titoli gerarchici… Valori inutili, quando vedevi le lacrime della donna che ti aveva messo al mondo solcare le sue guance facendole attraversare da quei fiumi perlacei di scompiglio.
Per un attimo ebbe un moto di disprezzo verso se stesso, per aver lanciato quello sguardo di rimprovero verso Sansa, zittendola all’istante… ma lei non poteva capire. Lei non aveva avuto una madre perennemente addolorata e sofferente. Per anni aveva avuto al fianco una donna affettuosa e premurosa; severa il più delle volte, come una madre sapeva e doveva essere, ma quella donna non aveva mai fatto mancare una carezza ai suoi figli, o un abbraccio confortante… Ai suoi figli solo; lui non era compreso in quel cerchio. Lui non aveva avuto nessuna figura materna che ricordasse, men che meno questa fantomatica balia di cui lord Dayne narrava.
Spalancò la porta della sala grande con un impeto di rabbia, le ante sbatterono contro i cardini che scricchiolarono. Proseguì per la sua strada, ignorando il pensiero che si fossero rovinati gli infissi di ferro. Qualcuno ci avrebbe pensato a risistemarli, domani avrebbe incaricato il fabbro per dargli una controllata… ma in quel momento altre erano le sue priorità.
 
Chi fosse quella donna di cui lord Dayne aveva parlato, non ne aveva la più pallida idea. Lylla, Wylla o come cavolo si chiamava…? A lui non gliene importava un accidenti! Lyanna Stark era sua madre, lo aveva visto in quella visione, lo aveva sentito dalle sue labbra quando lo aveva abbracciato stretto al suo petto, dopo che lui le aveva svelato di essere quel bambino che lei aveva consegnato al fratello, cresciuto solo… E se qualcuno aveva ancora qualcosa da ridire, lui avrebbe anche concretizzato nella realtà, ciò che fino ad ora era stata solo un’idea di sfoderare Lungo Artiglio per mostrare a chiunque che si sbagliava.
Non tollerava il pensiero che qualcuno potesse anche solo mettere in discussione quella questione: era stato il figlio di nessuno per troppi anni, ora sapeva che era il figlio di qualcuno. Era carne e sangue della lady sua madre e anche se non aveva ancora accettato completamente l’idea, era anche l’erede dell’Ultimo Drago. Era un avvenimento che pochi potevano esserne a conoscenza, da quanto sua madre gli aveva fatto comprendere, ormai parevano essere tutti passati a miglior vita, ma Jon aveva dalla sua il Corvo a Tre Occhi, semmai qualcuno avesse provato a obbiettare… Solo in quel momento si domandò come mai Bran non fosse intervenuto a quel discorso. Era poco distante da loro per cui doveva aver carpito i loro discorsi, tuttavia non aveva minimamente preso parte alla questione, non aveva provveduto a difendere la verità, né a contestare le parole di quel lord del sud che Arya sembrava conoscere fin troppo bene. Ecco, questa è un'altra questione che provvederò a risolvere e discutere in un secondo momento. Ora ciò che più lo premeva era sua madre.
Non aveva idea di cosa le fosse preso, ma non aveva tergiversato un attimo. L’aveva seguita in quella corsa a capofitto tra i corridoi.
Per un solo frangente, abbandonato nelle sue riflessioni, l’aveva persa di vista, ma poi svoltato l’angolo dell’atrio, aveva scorto la donna aprire lo spesso portone di quercia ed uscire fuori all’aperto. Aveva capito qual era la sua meta: si stava dirigendo al Parco degli Dei: quello era il luogo dove andava a pregare, o così diceva, ma lui aveva già assistito a quella scena troppe volte per non sapere che erano più lacrime che preghiere ciò che offriva loro.
Soffriva. Soffriva terribilmente e lui non poteva farci nulla. Era inerme di fronte a lei. La vedeva spezzarsi, giorno dopo giorno e nasconderlo a tutti, ma lui era suo figlio, lui lo sentiva dentro perché tra loro c’era un legame indissolubile. Viveva un patimento infinito che nessuno sembrava poterle dare conforto o infonderle il coraggio necessario per affrontarlo. Benjen glielo aveva detto un giorno: ciò che aveva unito sua madre al Principe Drago era un sentimento sopra ad ogni limite, tanto da convincerla a scappare con lui. La storia del rapimento era stata tutta una bufala inventata da un uomo che non aveva saputo accettare un “rifiuto”.
Era semplice da capire, eppure per lui tutta quella storia sembrava avere troppe falde. Com’era possibile che un amore così potente, rendesse una donna in questo stato? Perché sua madre non riusciva a trovare uno scopo in lui, un appiglio a cui potersi aggrappare e risollevare? Tutto era cambiato da quella maledetta missione… Se solo non le avessi dato il permesso di andare…
 
Uscì anche lui dalla porta d’ingresso e dovette fermarsi improvvisamente. Non avrebbe mai pensato di trovare sua madre accucciata lì a pochi passi da lui. Forse era caduta, oppure si era semplicemente abbandonata alla disperazione. Era seduta sul terzo gradino, immersa nella neve. Una mano copriva la bocca, per provare a celare i continui singhiozzi, che sembravano avere una base molto profonda. Con poche semplici e silenziose falcate, Jon si accostò a lei, mettendosi in ginocchio e delicatamente le cinse le spalle da dietro con le sue braccia. Lei aveva la testa appoggiata al muro di fredda pietra, le guance rigate da grossi lacrimoni. Quando sentì la sua stretta, provò appena a scansarsi, e dalle sua labbra uscì un lamento indistinto.
-No… -
-Madre… - le sussurrò piano all’orecchio per confortarla e farle intendere che era lui – …vieni qui. – l’aiutò a voltarsi e le strinse la testa sul suo petto. Lei si aggrappò alla sua casacca e sfogò ogni disperazione che provava.
-No… no… no… – provò a dire ad un certo punto tra i singhiozzi – …è tutto sbagliato… – continuò e altre lacrime caddero dai suoi occhi, inzuppando il suo farsetto grigio. Jon non prestò la minima attenzione a quell’insignificante dettaglio. Ogni suo pensiero era rivolto a sua madre e alla sua anima devastata.
-Va tutto bene… – cercò di rassicurarla con voce dolce – …sono qui con te. Ora so la verità, e non ho creduto nemmeno per un istante a quella menzogna, mamma. –
-Jon… - Lyanna sembrò rendersi conto del termine da lui usato e altre lacrime le scesero. Jon sperò che queste almeno fossero di commozione. Le diede un bacio su una tempia. Lei si scostò appena da lui per tornare a guardarlo negli occhi. Gli mise le mani a coppa sul volto – Tu sei l’unico figlio che io abbia avuto. Ti diedi a mio fratello per salvarti la vita… probabilmente lui deve aver diffuso in giro false verità per fondare delle basi sulla credibilità che tu fossi il suo illegittimo. –
-Sì… ha senso. – le disse accarezzandole il capo, la verità era che non gliene importava niente di tutto questo, ma non voleva dirglielo in quel modo – non ho la più pallida idea di chi sia quel ragazzo o di come Arya lo abbia incontrato. Né conosco quella donna di cui parla. Ned Stark è stato colui che mi ha cresciuto. Tu sei mia madre: zio Ben me lo ha confermato, Bran mostrato! –
-Non voglio che tu però gli chiuda le porte in faccia, Jon – si premurò ancora lei con le lacrime agli occhi – tu e Edric siete legati dalla stessa donna che vi ha allattato… e lui è il nipote di uno degli uomini che hanno dato la vita per proteggerti sotto la torre. In qualche modo gli sei debitore, rammentalo, la prossima volta che lo incrocerai. – Jon rifletté qualche istante, ma poi convenne con lei.
-Hai ragione. Provvederò a parlargli non appena mi sarà possibile – le promise, anche se non ne aveva alcuna voglia – ora però desidero solo che le tue sofferenze svaniscano. – le prese il volto tra le mani e le diede un bacio sul naso – voglio vedere un sorriso su questo tenero visino. – Lyanna sorrise tra le lacrime, chiudendo gli occhi e tirando su col naso, come la bambina che non era più da troppo tempo.
-Dovrebbe essere la madre a consolare il proprio figlio, non il contrario. – affermò mortificata, la sua voce tremava per il pianto. Lo guardò con occhi tristi e grigi – Una vera madre è colei che si prende cura ed allatta i figli dell’uomo che ama… - le parole si spensero in un sussurro gravoso.
-Ma quando gli dei la richiamano troppo in fretta, allora subentrano le balie. Ho già visto una cosa simile. La moglie di Mance è morta durante il parto, Gilly si è presa cura del bambino, aveva latte a sufficienza per entrambi i neonati. Quando è andata via lei, ho fatto arrivare altre due balie… Non vederla come una sconfitta, perché non lo è. E soprattutto non voglio che tu ti senta in difetto nei miei confronti. –
-Avresti dovuto crescere in una famiglia vera… con un padre ed una madre che ti amavano. –
-Ma noi siamo una famiglia fuori dal normale… - scherzò. Non sapeva come riusciva a trovare dell’ilarità in un momento simile, eppure stare accanto a sua madre lo rendeva più sicuro di se stesso, meno goffo e taciturno. Lei lo squadrò confusa, una lacrima le pendeva dalla punta del naso – quando mai si è vista una madre addirittura più giovane di suo figlio? – rise, prendendole quella goccia con la punta dell’indice. Si rallegrò un po’ pure lei, ma non disse niente. Jon attese un po’ prima di parlare ancora. Le accarezzò involontariamente la schiena, appoggiando il mento al capo di sua madre.
-Il nome di quella donna non mi ha ricordato proprio nulla. – la sua voce era piatta, mentre le sue mani continuavano a giocare con i capelli scuri e lunghi – ma mi è sembrato di capire che per te invece abbia un significato preciso, o mi sbaglio? – lei si strinse di più a lui, afferrando quasi convulsamente il soprabito. Si accorse solo in quel momento di non indossare il pesante mantello, ma non sentiva alcun freddo. Al contrario lei tremava, ma non sapeva dire se per la temperatura o per la situazione.
-Un’antico timore… speravo di averlo abbandonato per sempre, speravo di essere diventata forte… ma evidentemente ho trascurato dei dettagli… – fu l’unica cosa che le uscì dalle labbra, prima di sentirla scoppiare di nuovo in lacrime e stringersi a lui. Jon l’abbracciò stretta. Sono qui con te, mamma. Io non sono come lui… non ti lascerò mai sola.
 
 
 
 
Aver sentito Edric pronunciare quel nome con quella ferma convinzione, lo aveva decisamente spiazzato. Aveva scorto Dany guardare prima il giovane Dayne  e poi fissare lui. Era chiaro che si stesse già preoccupando di avere un secondo nipote e quindi anche un secondo pretendente al trono con cui battersi, ma si sbagliava. Quegli occhi e quei tratti genetici… li avrebbe riconosciuti dovunque. Quel ragazzo era un figlio di Starfall, non c’era ombra di dubbio. Si era informato su di lui, suo padre era Lord Dominik Dayne, ma gli erano giunte anche voci non proprio felici. Era morto, già da diverso tempo e quindi il titolo era passato al suo unico figlio. Rhaegar si era rattristito a quel pensiero… Dom era il fratello maggiore di Arthur, lo aveva conosciuto molto bene: aveva la passione per l’arte e la pittura e assieme avevano parlato a lungo, nei suoi soggiorni a Starfall. E proprio in quel luogo aveva avuto modo di conoscere la donna che Edric pensava la madre di Jon. Uno strano disagio lo percosse a quella rievocazione. Wyllah
Era una ragazza molto dolce e gentile, ma dal carattere forte e carismatico. Rhaegar era rimasto affascinato dalla sua bellezza e dai suoi modi di fare, non appena l’aveva vista, in occasione del matrimonio tra Dom e Elesta. Aveva trascorso diverse giornate in dolce compagnia con quella donna… al solo ricordo gli parve di percepire quel profumo di lavanda e pervinca che le aleggiava attorno, quando ancora prima che i suoi occhi la inquadrassero, lui sentiva quella fragranza delicata avvicinarsi a lui e diffondersi in ogni ambiente di quel castello etereo e fatato.
Una malinconica sensazione lo pervase percependo quasi nuovamente quella sensazione di calore che aveva ricevuto dalle persone che vi abitavano. Quel ricordo gli fece provare una sensazione di tiepido benessere… ma durò appena un istante. Lyanna si era alzata in piedi. I suoi occhi erano diventate perle di ghiaccio. Appariva atterrita da quella notizia… quella stessa informazione che a lui invece aveva scaldato il cuore, pensando a quanto forte potesse essere stata la lealtà di quella donna nei loro confronti. Purtroppo Lyanna non riusciva a vederla nella stessa maniera.
Più volte anche durante la missione, l’aveva intravvista avvicinarsi con angosciante affetto ai figli di Marlene. Non se ne rendeva conto, ma l’aver tenuto in grembo un figlio che poi non le era stato concesso vederlo crescere, l’aveva enormemente turbata e ora, quando si trovava di fronte ad un infante, inavvertitamente fuoriusciva da lei l’amore che una madre affettuosa non aveva potuto donare al proprio sangue. L’amore per i bambini era una cosa che le aveva visto coltivare in maniera autonoma e spontanea prima con sua figlia Rhaenys, poi con Aegon, e ancora un altro paio di volte durante il loro viaggio verso sud. Ma nessuno di quelli era suo sangue e carne. Lyanna aveva fantasticato a lungo durante la gravidanza di ciò che avrebbe fatto col loro bambino… “Voglio insegnargli a combattere con la spada!” lui l’aveva guardata con aria ironica “Penso che quello sia un compito che spetterà ad Arthur, Ñuho sōpagon azantys!” “Allora gli insegnerò ad andare a cavallo!” aveva continuato lei caparbia “cominceremo con un pony, ma se prenderà da me, passerà in fretta a cavalcare un vero cavallo!” Rhaegar aveva annuito, solleticandole la linea del ventre con una dolce carezza per spostare le mani di lei. Lyanna era solita importunare in maniera quasi ossessiva il riposo del loro bambino. Era in costante apprensione, quando non lo sentiva muovere per più di un’ora consecutiva, quindi iniziava a dare dei colpetti, dove il piccolo era solito accovacciarsi. “Avresti riguardo a dare le tue attenzioni a me e lasciare sonnecchiare il nostro draghetto serenamente?” lei lo fissava con aria imbronciata “E’ anche lupo! E tu lo stai assuefacendo con le tue melodie!” aveva ribattuto “Addirittura? Te lo ha detto lui?” “Lo sento. Ogni volta che ode la tua voce si tranquillizza, troppo! Hai sentito cosa ha detto Elesta? Il bambino si deve muovere almeno una volta ogni ora!” “Convengo con le tue apprensioni, ma stai un tantino esagerando. Il bambino deve anche riposare!” lei aveva messo il broncio “Per quanto tu voglia viziarlo con la musica, cosa che hai già fatto…” “E di cui ne vado fiero!” le diede un bacio sul naso, mentre lei cercava di scansarsi senza riuscirci “…mettiti il cuore in pace, Rhaegar: tuo figlio diventerà anche un ottimo combattente. Gli insegnerò tutto ciò che so. Avrà bisogno di saper camminare nelle valli candide delle mie terre, dovrà imparare a cavalcare nel terreno ghiacciato, a costruire pupazzi di neve e scansarsi dalle palle di neve tirate a tradimento!” gli aveva rivolto un’occhiata allegra, ricordando i loro giochi al Parco degli Dei di Harrenhall “Io ricordo che fosti tu a cominciare!” lei finse di non sentirlo e si accoccolò più comoda sui cuscini, accettando le sue carezze e continuando a fantasticare ad occhi chiusi “Imparerà a conoscere il cielo e le stelle del Nord… e gli basterà osservare le foglie degli alberi-ferro per capire, quando arrivano le nevicate o è prevista una bufera. E poi mi premunirò di coprirlo ben bene, quando i venti freddi rischieranno di irritargli il nasino e le guance. E quando sarà stanco, quasi mai, se prenderà da me, ci metteremo seduti sotto l’Albero Diga e gli racconterò le leggende della Vecchia Nan!” negli occhi la determinazione che l’aveva sempre contraddistinta. “Sì, quelle le conoscerà, ne sono certo!” le aveva sorriso sornione “ma dato che prenderà anche da me, so per certo che adorerà la poesia ed il canto. E penso che toccherà a me narrargli di un valoroso cavaliere che sfidò ben tre cavalieri durante un famoso torneo… e provvederò a incoronare anche la sua testolina scura con le belle rose del tuo Nord.” le aveva preso una ciocca di capelli, e con essa le aveva accarezzato il volto. Lyanna aveva storto il naso “Tu, e la tua maledetta convinzione che prenderà il mio aspetto fisico…” aveva incrociato le braccia sul petto contrariata “Sai bene che i Targaryen non trasmettono le loro caratteristiche fisiche ai propri figli a meno che non ci uniamo tra fratelli o con famiglie dai tratti somatici simili ai nostri!” Rhaegar le aveva preso una delle mani e gliel’aveva appoggiata sopra la pancia, mettendo poi la sua accanto “Ma io voglio che prenda anche qualcosa da te…” aveva mugugnato triste “magari gli occhi… mi basterebbe quello. Desidero che sia nostro e che si senta nostro!” il piccolo, come ad approvare la cosa, aveva tirato un piccolo calcetto, nel punto esatto dove avevano le mani congiunte “E’ già nostro, amore mio dolce. Aegon Targaryen, lo sa già.” Rhaegar aveva posato le labbra sul suo ventre, cantando una delicata ninna-nanna. Lyanna aveva sorriso provando una gioia immensa per averlo sentito muovere. Erano finalmente pronti per riposare tutti e tre.
Erano stati giorni spensierati e allegri… ma sarebbero durati ancora poco.
 
Ogni sogno, ogni progetto si era frantumato. Tutto pareva essere andato perduto. Forse avevano interpretato male ancora una volta quella profezia, c’erano giornate in cui Rhaegar ancora ci pensava, ma non voleva più affidarsi alle parole di un testo scritto centinaia di anni fa. Cosa gli aveva portato ciò? Aveva costretto tutti a seguirlo in una sorte orrenda. Lewyn, Jon, Elia, Rhaenys, Aegon, Oswell, Gerold… Arthur. Lyanna. Se fosse tornato da quella guerra, se fosse sopravvissuto… non ci sarebbe stato nulla o poco a rassicurarlo. Neppure sua madre, che sarebbe morta nel dare alla luca la sua sorellina. Si sarebbe trovato con suo figlio e i suoi fratelli a fuggire in esilio di città in città, perdendo col tempo la forza di lottare, per andare avanti, per vivere. Proprio come stava avvenendo a Lyanna in questo momento.
Trovava la sua unica ancora di salvezza in Jon, ma era ormai un uomo. Ovvio, suo figlio le stava accanto, esattamente come lei faceva con lui, ma il loro rapporto poteva forse considerarsi più quello c’era tra fratelli, vista l’età che entrambi avevano.
Era ironico e crudele al tempo stesso, come il destino avesse deciso di intrecciare certi contesti. Lyanna aveva già sofferto tanto in passato a causa di un’incomprensione legata a quella donna che era poi divenuta la balia del loro erede, e ora stava patendo un’ulteriore dolore. Sentendosi già la causa della morte di tutta la sua famiglia, non poteva tollerare un’ulteriore sconfitta. Perché era questo che Lyanna vedeva: Wylla aveva provveduto a compiere ciò che lei non era riuscita a fare, nutrendo e crescendo suo figlio, fingendosi sua madre. Rhaegar ne era estremamente fiero e grato invece, tuttavia comprendeva lo stato d’animo che la imperversava.
 
Aveva atteso anche troppo. Diede uno sguardo fugace a Bran, i suoi occhi azzurri lo stavano già fissando. Sapeva che poteva leggergli dentro se voleva; che lo facesse, non gli interessava. Lui non aveva nulla da nascondere, non c’erano segreti che tanto non potesse scoprire, e quello forse tra tutti era il meno pericoloso. Il suo cuore non sopportò più l’idea di sentirla lontano. Si alzò e si congedò frettolosamente da sua sorella. Diede ancora un’ultima occhiata al Corvo a Tre Occhi. Stava scuotendo il capo, come per fargli abbandonare quell’idea, ma Rhaegar non poteva permettersi di ignorare ancora quei pianti disperati, quelle frustrazioni recondite e quegli sguardi persi nel vuoto. Lui li aveva già vissuti, molto tempo fa. Li aveva subiti per tutta la sua vita, ritratti nel volto di una donna che gli era stata tanto a cuore. Muna… Non poteva permettere che anche Lyanna cadesse nello stesso baratro di sua madre. Si mosse velocemente, poteva solo immaginare la direzione che aveva preso e si diresse verso la porta d’uscita del castello. Qualcosa però lo bloccò, quando la sua mano stava per spingere il legno verso l’esterno… Una voce. La sua voce.
L’anta era appena scostata e notò inizialmente una figura accucciata vestita di nero e grigio scuro sugli scalini. Accanto ad essa una seconda sagoma ricoperta di un mantello azzurro e argento, più rannicchiata e col volto completamente coperto dalla spalla del giovane. Rimase lì fermo, maledicendosi di non poter attraversare quella porta… di non sentirsi pertinente ad avvicinarsi a loro e di non poterli tenere tra le sue braccia e confortarli. Avrebbe forse trovato le parole adatte? Probabilmente no… nemmeno tutti i manuali che aveva sfogliato da giovane avrebbero contenuto i vocaboli necessari per quel momento.
Udì le dolci parole con cui suo figlio provava ad infonderle coraggio, e i flebili bisbigli di una donna che aveva ricevuto l’ennesimo schiaffo in faccia.
-Non farne un dramma, sono tuo figlio e tu sei mia madre. –
-Mi dispiace, Jon – stava dicendo invece lei. La sua voce era appena percettibile, delicata e colma di un’angoscia che non avrebbe mai voluto sentirle emanare – non sono stata, né sarò la madre che ti meriti. – socchiuse gli occhi, una fitta al cuore lo colse del tutto impreparato.
-Cosa dici, mamma? – le parole di suo figlio lo rincuorarono mamma…? Sorrise all’idea che quel termine, solitamente usato nel gergo del volgo, pronunciato da suo figlio risultava così tenero e questo non lo turbava affatto – tu mi hai donato il tuo amore già quel giorno alla Torre della Gioia, affidandomi alle braccia dell’uomo che sapevi mi avrebbe protetto con la sua stessa vita. Non devi sentirti inadatta, il bene che ti voglio è immenso, dovresti già averlo capito ormai. – il principe quasi non si accorse che una lacrima bagnò la parte interna della maschera.
-Non ho avuto modo di allattarti, né di vederti crescere negli anni. Gli dei me lo hanno negato, ma non incolpo loro… L’unica persona da biasimare sono io. – aveva tirato su col naso e le era sfuggito ancora un singhiozzo – sono stata baciata dalla loro grazia per un tempo così breve… prima che mi fosse portato via tutto. – di nuovo aveva affondato il volto tra le pieghe dell’abito di suo figlio.
-Ed è per merito loro che ho avuto l’opportunità di riaverti con me. – disse prontamente Jon, poi prese un tono ironico – e non ho intenzione di passare tutto il mio tempo a confortarti o vedere le tue lacrime solcare il tuo bel viso. Ma esigo di vedere dei sorrisi. Voglio che mi sfidi, e che mi batti ancora a cavallo. E aspirerei anche a passare dei pomeriggi in tua compagnia, a giocare con la neve… Che ne dici se andassimo a costruire un pupazzo enorme sulle mura del castello? –
-Adesso? – Lyanna si era scansata e lo aveva osservato incredula piegando il volto di lato. Le guance era rigate da numerose discese perlacee – Jon, se senza mantello e guanti, ti si geleranno le mani e il naso e domani non potrai nemmeno impugnare la tua spada! – aveva ribattuto lei testarda.
-La spada! Ma certo! – Jon si era risvegliato come da un lungo sonno – Perché allora non andiamo nella sala d’armi e ci alleniamo un po’? Lì non potrei congelare, mammina! – la derise allegramente. Lyanna gli diede un piccolo colpetto sul petto.
-Stai tanto male qui tra le mie braccia? – Jon si era avvicinato di più a lei, appoggiando le punte dei loro nasi.
-Non so più cosa significhi star soli, da quando ci sei tu con me. – Lyanna aveva sorriso appena, ma in poco tempo aveva spostato lo sguardo di lato. Jon aveva capito e le aveva dato un bacio sulla fronte, cingendo il suo capo con un braccio. Rhaegar non potè sopportare oltre. Uscì dal suo nascondiglio, spalancò la porta e si parò di fronte a loro.
-Alzatevi in piedi, lady Stark. – le aveva ordinato serio, usando un tono secco e irritato – siete di fronte a tutti i vostri sudditi. Come potete lasciarvi consumare dal vostro tormento in questa maniera, costringendo vostro figlio a rimanere seduto per terra a consolarvi? Gli state facendo perdere credibilità sia come uomo, che come re. – non erano le parole che avrebbe usato Rhaegar Targaryen, ma lui doveva mostrarsi con la maschera del principe Viserys. Doveva fingere indifferenza alla scena che gli si parava davanti, ma il suo cuore non riusciva a tollerarlo. Doveva ingannare, mentire alle perone che più amava. Doveva vestire i panni di un altro uomo. Un uomo che lei non poteva amare… un uomo che suo figlio non avrebbe mai potuto chiamare padre.
Jon alzò il capo per guardarlo in faccia. Sul suo volto il disprezzo era chiaramente visibile, ma non proferì parola alcuna nei suoi confronti.
-Avete così poco a cuore la sua reputazione, milady? – Rhaegar sapeva che avrebbe sorto qualche effetto in lei, infatti non mancò un suo reagire a quella provocazione. Si scostò da suo figlio, si alzò in piedi, gli si avvicinò minacciosa e lo guardò con aria di sfida, asciugandosi frettolosamente le lacrime con il dorso della mano. Il volto tirato e distrutto.
-Mi spiegate qual è il vostro problema, Principe Drago? – serrò i pugni contro le cosce, le lacrime non le scendevano più, ma le scie bagnate continuavano a brillare alla luce delle torce – Ho a cuore ogni essenza che riguarda questo luogo, e ho a cuore mio figlio più di ogni altra cosa. Credete di conoscermi, ma non è così! Non sono una debole lady del sud, non ho bisogno di un uomo che mi protegga, né che di nessuno che si interessi a me! –
-Siete solo un’egoista! Se davvero vi interessasse qualcosa di lui non lo costringereste ad una simile farsa! – la umiliò col cuore colmo di sconforto.
-Arriverà il giorno in cui vi dimostrerò quanto vi sbagliate sul mio conto! Andiamo Jon, andiamo ad accertarci che quelle spade siano ben affilate! – aveva ottenuto ciò che voleva. Lei aveva ritrovato il suo temperamento, ma Rhaegar si sentiva avvilito e sconfitto: aveva raggiunto il più basso livello di vergogna.
 
 
Note dell’autore:
 
Bentrovati! Dato il forte afflusso, il vostro continuo interesse, e l’insistenza di alcune (XD), ho il piacere di comunicarvi che, assieme a due amiche lettrici, è stato creato un gruppo su Facebook chiamato “A Tower of Joy”!
Sarà un secondo luogo dove potremmo parlare in qualsiasi momento di entrambe le mie storie, o di qualsiasi altro materiale del mondo di Martin, di teorie, di altre ff lette o da voi pubblicate, dell’attesa per l’8 stagione, e di tanto altro ancora.
Sarà anche un modo per me di rispondere molto più velocemente ad ogni vostro dubbio, in qualunque momento vi venga in mente di qualcosa che non vi è chiaro, o che non avete compreso. E ognuno avrà modo di scrivere idee o pensieri balenati nella mente.
Ci sarà modo per tutti di creare post e condividere informazioni, nonché di sentire anche il parere di tutte voi assieme, che per me è importante anche per comprendere cosa vi aspettate dalla trama e se avete interesse magari per un argomento che ancora magari non ho pensato di sviluppare.
Verranno poi inseriti post in memoria di quei momenti salienti di entrambe le storie, dove potrete anche vedere le immagini a cui mi sono ispirata, ma che per motivi tecnici non sono riuscita a inserire in questo sito. Scoprire anche le musiche che ho usato come sottofondo per le varie scene, le melodie dove Rhaegar e Lyanna hanno ballato, o le canzoni da cui ho tratto i pezzi che ogni tanto leggete tra le righe della trama.
E sarete aggiornate costantemente grazie ad un sistema che ho scoperto da poco su EFP che mi permette di avvisare con un semplice post su FB (perdonate la mia poca familiarità con la tecnologia) la pubblicazione del capitolo, così che abbiate sempre tutto sotto controllo in ogni momento della giornata.
Ovviamente questo non vuole essere un modo per bai passare il sito e le disponibilità che offre. Le recensioni sono sempre bene accette, anzi è un’emozione ogni volta che mi giunge un’email a tal proposito, come anche continuate a inviarmi i messaggi privati nel caso voleste rispondermi o mettervi in contatto con me, diciamo solo che la pagina su FB sarà solo una condivisione secondaria e più approfondita.
Insomma se volete farci un salto, potrete iscrivervi e scoprire cosa ci sta dietro al mondo che ho creato e conoscere questa folle che ha avuto tutto questo buon tempo, impazzendo e maledicendo Martin per non averci presentato la storia al completo!
 
Detto questo spero di avervi esortato a partecipare a questa iniziativa di condivisione più amplia, e spero anche che questo capitolo vi sia piaciuto! Un abbraccio e alla prossima!

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Capitolo 48
*** Sospetti ***


Tornare a servire lady Stark non le pesava affatto, come nemmeno rimettere piede in quel castello. Elanon non aveva faticato a prendere mano delle sue vecchie mansioni. Non provava disturbo nel percorrere quegli stessi corridoi, proprio come avveniva un tempo. Ricordava ogni anfratto, ogni scorciatoia e ogni passaggio segreto su cui era solita svoltare, e riconosceva ancora i luoghi d’incontro che aveva scoperto con Benjen Stark. Il suo Ben… Ora si era fatto uomo, e nel suo volto c’era gran poco della luce splendente che lo aveva caratterizzato da ragazzo. La morte della maggior parte della sua famiglia, lo aveva distrutto di dolore. Elanon non era riuscita a stargli vicino abbastanza in quel periodo… aveva provato a fare ciò che poteva: lo aveva ascoltato, confortato, asciugato le sue lacrime, consigliato… esortato a non commettere azioni di cui poi un giorno si sarebbe pentito. Ma non era bastato a convincerlo a rimanere. Alla fine lui aveva scelto la strada che suo padre fin dalla nascita già aveva stabilito per lui.
Lei era stata costretta ad accettare la cosa, convincendosi negli anni che non fosse un suo fallimento… ripetendosi ad ogni passo che li separava che Benjen Stark sarebbe tornato prima di giungere alla Barriera e che lo avrebbe fatto solo per lei. Ma nulla di tutto questo era successo e i suoi sogni di ragazza erano stati frantumati come un ghiacciolo appeso ad un ramo che cade a terra dopo un sobbalzo causato dallo spiccare in volo di un corvo. L’onore per uno Stark era tutto, ma le promesse che lui le aveva fatto erano state rapite dai venti gelidi. La morte di Rickard, Brandon e Lyanna lo avevano devastato, il ritorno di un Ned completamente diverso dal fratello che era stato un tempo e la presenza di quel neonato dai capelli scuri e quegli occhi strani… avevano distrutto ogni goccia di speranza che ancora poteva esserci stata per loro. Ben, che ti succede? Gli aveva chiesto un pomeriggio mentre il giovane stava ritto sulla porta della stanza del neonato osservando la balia dorniana che lo cullava. Qualcosa in quella scena sembrava tormentarlo, come quando si mette un dito in una piaga ancora dolorante. Non aveva ricevuto risposta, né quella volta, né mai. Se vuoi mantenere i segreti di tuo fratello, mi sta bene, ma ti prego, fammi capire quali sono i tuoi pensieri? Ancora nessuna risposta. Il più delle volte Elanon andava ad aiutare le altre serve del castello, lasciandolo lì, dopo avergli dato un bacio su una guancia. In altre occasioni invece rimaneva, tenendogli una mano e restando con lui in silenzio ad osservare il piccolo Jon nella culla. Quando sarà pronto si aprirà… pensava, o meglio sperava.
Ma ogni parola data, ogni promessa, parve in breve svanita nel nulla. Cosa poteva mai essere lei, rispetto a ciò che aveva perso lui? Solo ora comprendeva il grande dolore e il peso opprimente che poteva averlo colto in quei giorni. Veder tornare il fratello maggiore accompagnato dal figlio della loro sorella morta così giovane… troppo prima del tempo. In quei giorni non lo aveva capito, ma ora era tutto più chiaro. Restava ore e ore ad osservare il piccolo Jon… perché era l’ultimo legame che ancora lo collegava a Lyanna.
 
Il suo destino era alla Barriera e lì è diventato uomo, è diventato un ranger dei Guardiani della Notte. Lei aveva cercato di dimenticarlo, suo padre le aveva trovato un bravo uomo, un fabbro, tanto per cambiare… ed erano andati a vivere in un villaggio nei pressi di Cewyn. Si era sposata, aveva amato suo marito per quanto il suo cuore glielo avesse concesso, ma alla fine le acque nere delle piovre si erano estese fino all’entroterra e lo avevano ucciso, costringendola alla solitudine per l’ennesima volta. Suo padre l’aveva richiama a vivere con lui, dato che ora era vedovo, aveva accettato ed aveva vissuto quegli ultimi anni felicemente. Lei era una donna del nord: forte e tenace, nulla la poteva piegare. Eppure qualcosa si era spezzato, qualcosa si era frantumato ancora nel suo cuore, quando al suo ritorno dalla missione, aveva appreso che Benjen Stark aveva fatto finalmente ritorno a Grande Inverno. Era un corvo ora, era un uomo che aveva visto molte cose al di là di essa… e a quanto pareva si era totalmente dimenticato di lei. Elanon aveva finto di non conoscerlo e non si era lamentata di certo per i suoi silenzi. Averlo visto riallacciare il rapporto con la sua amata sorella era stato dolce e le aveva riempito il cuore di tenerezza, vederli di nuovo passeggiare assieme per i corridoi o farsi qualche dispetto, prima di scoppiare a ridere proprio come facevano un tempo. Non era per niente invidiosa del loro rapporto, né di Lyanna, mei lo era stata. Lei era la più cara amica che avesse mai avuto, per lui sua sorella era sempre stata l’altra metà della sua anima. Avevano condiviso tantissimo fin da bambini, e crescendo avevano celato l’uno i segreti dell’altro. Ma poi era giunta quella grande confidenza inconfessabile… lui l’aveva sostenuta, lei l’aveva aiutata addirittura nella fuga verso sud, e quando poi l’aveva rincontrata a distanza di anni, la lady si era subito premunita di avvicinarla e tenerla al suo fianco.
Ora la differenza di età era notevolmente cambiata. Elanon sembrava la sorella maggiore, Lyanna invece la giovane ragazzina, ma di intelletto erano ancora le stesse. Due donne che in passato avevano condiviso molto e che avevano ora la maturità per poter sostenere un dialogo da persone adulte, tenendo testa ad altri interlocutori senza più alcun pregiudizio o discernimento.
Sorrise al pensiero che mai avrebbe pensato di poter parlare ancora una volta a tu per tu, con un membro della famiglia Targaryen ed invece questo era avvenuto. Il principe Viserys le aveva svelato la sua identità durante quella missione, anche se i suoi sospetti l’avevano già messa in allerta su di lui. Le attenzioni che riservava a Lyanna erano quanto mai famigliari e forse anche fin troppo evidenti, ma era stato bravo a fingere di essere un altro, questo gliene doveva dare atto. La stessa Lyanna ancora ne era all’oscuro e valeva uguale per tutti gli altri. Elanon ora sapeva di essere parte di qualcosa di molto più grande. Serviva la famiglia Stark fedelmente, ma era in segreto anche agli ordini del principe Rhaegar.
-Non tradirò mai Grande Inverno e non tradirò mai gli Stark! – gli aveva detto decisa il giorno che Viserys le aveva proposto di diventare una delle sue libellule.
-Nessuno ti ha mai chiesto di farlo. – le aveva assicurato – il mio fine ultimo è la loro salvaguardia, esattamente come penso sia il tuo. Ho al mio servizio soldati leali e consiglieri validi, draghi in carne ed ossa ed il mio stesso intelletto – aveva allargato le braccia inerme – ma tutto questo mi è inservibile per poterli davvero proteggere. Non si fidano appieno né di me, né tanto meno di mia sorella… E’ un loro limite, del tutto comprensibile, dati gli eventi passati, ma purtroppo circoscrive anche il mio operato, lasciandomi un campo d’azione troppo ristretto. Per tutelarli, devo essere a conoscenza di tutto ciò che li riguarda. E mi serve un informatore all’interno della loro cerchia. –
-Potete rivelare la vostra identità a lady Stark e farvi passare le informazioni direttamente da lei. – aveva provato a ribattere.
-Al momento non è possibile una tale prelazione. – era stato vago, ma la voce era fin troppo ferma. Si erano fissati per diverso tempo.
-Voi siete il padre di Jon, non è così? – non le aveva dato un parere, si era limitato a voltare il capo di lato, ma non servivano parole per avere quella certezza.
Era palese. Se si guardava attentamente Jon si notava che aveva davvero molto del principe Targaryen. Forse ancora nessuno, se ne poteva accorgere, ma quando Elanon veniva chiamata negli alloggi dei draghi e Viserys, le si presentava senza quella maschera in volto, ogni dubbio cadeva come la prima neve d’autunno. Erano due gocce d’acqua, per quanto Jon di aspetto sembrasse un vero uomo del Nord e Rhaegar un chiaro discendente della stirpe di Valyria. C’erano molti tratti in comune tra loro nel volto: come la forma del naso, il taglio triste degli occhi, l’altezza, la corporatura… ma anche tanto del carattere: l’aria taciturna e riflessiva, la passione per i cavalli e la prontezza con la spada. Oppure nei loro atteggiamenti: poco prima di prendere una qualsiasi gravosa decisione, si toccano la fronte in un esatto punto sopra il sopraciglio sinistro; o prima di dare una risposta al loro interlocutore, fissavano insistentemente la persona che avevano di fronte, come a volerne scovare i più remoti segreti all’interno della loro anima. E poi avevano quel tono di voce basso, maturo e seducente… che inequivocabilmente riusciva ad ammutolire qualunque uomo e ad ammaliare una donna anche quando stavano solo ordinando ai propri soldati il sistema disposto per la ronda.
Per quanto tutti a Grande Inverno vedessero somiglianze tra il lupo bianco e Ned Stark, Elanon all'opposto, che aveva avuto modo di passare del tempo con ogni singolo membro di quella famiglia, era certa che Jon avesse più cose in comune con i Draghi che con i Lupi. Ovviamente però aveva preso molto anche da Lyanna.
-Uffa… - si stava lamentando la lady annoiata allungando le gambe sotto al tavolo – oggi avrei proprio voglia di andare a cavalcare per tutta la giornata e fingere di essere solo ospite di questo castello! Sono stanca di restare chiusa tra queste mura. – era una delle consuete frasi mattutine che si potevano ascoltare durante la colazione quando la lady era presente. Ad Elanon erano mancate tanto quelle rimostranze e quegli ansimi. Si ritrovò a sorridere al pensiero che anche Jon fosse dello stesso avviso e che avesse la sua stessa espressione da cucciolo incatenato.
-Come ti capisco… - aveva sbuffato suo figlio, una ciocca dei suoi capelli si era alzata per poi riadagiarsi pigra sulla sua fronte – Una volta uscivo a qualsiasi ora del giorno… non avevo limitazioni, non essendo uno dei legittimi, nessuno mi controllava. Robb invece doveva sempre chiedere il permesso, ma se riusciva a convincere pure Theon, era fatta! –
-Anche tu avresti dovuto chiedere il permesso. – rimarcò Lyanna sorridendogli – ma la tua sfortuna sarebbe stata che sarei venuta con te! –
-Oh, io invece l’avrei vista come una cosa stupenda! – le prese una mano e le donò un bacio sul dorso.
-Con i ragazzi raggiungevamo le cascate di ghiaccio e ci arrampicavamo fino alla cima. Giocavamo tra le lastre di ghiaccio, spesso uno di noi finiva dentro al lago e tornavamo fradici ed infreddoliti. –
-Impavido e sempre alla ricerca di avventure?– aveva riso sorniona Lyanna.
-Non proprio… il mio unico intento era una semplice una cavalcata all’aria aperta; era Robb quello che amava il brivido e Theon gli proponeva sempre cose assurde! Io cercavo di evitare che combinassero troppi guai a dire il vero, ma poi mi sfidavano e mi davano del pappamolle. – mise il broncio – Non lo permettevo e mi trovato coinvolto controvoglia. –
Madre e figlio ridevano spesso quando stavano assieme, ma nella maggior parte dei casi il ricordo delle persone che non c’erano più, aleggiava crudelmente nei loro discorsi, nei loro pensieri e nei loro cuori. Si raccontavano di tutto, quello che amavano fare, ciò che combinavano quando erano ragazzini; le passioni, i segreti, i sogni. Molti nomi venivano pronunciati e la memoria del loro ricordo era onorata nei loro dialoghi. Eppure c’era un nome, un unico nome, che non veniva mai pronunciato. Elanon se n’era accorta e ne comprendeva il motivo.
Per quanto Lyanna volesse parlare di lui, e Jon volesse conoscere più su suo padre, sembrava che entrambi vi avessero imposto un veto. Quando i racconti si avvicinavano troppo in quella direzione, finivano per interrompersi improvvisamente, lasciando il discorso a metà o cambiando improvvisamente argomento. “Risvegliare un drago non è sempre una cosa facile; risvegliare un dolore così grande, ancora più difficile” le aveva detto Lyanna qualche tempo dopo Harrenhall.
-Vorrei anch’io uscire a prendere una boccata d’aria, ma gli impegni mi tengono incatenato qui. – Jon sapeva come mantenere in equilibrio la situazione, impedendo a sua madre di sprofondare nella malinconia del passato – se vuoi, mamma, puoi farti accompagnare da Elanon e da Arya, ma porta con te anche lady Brienne, per favore. Sono più tranquillo se c’è anche lei. – le dava quel piccolo premio di consolazione, nella speranza di sedare ogni sua ribellione, era chiaro che avesse cominciato a conoscerla bene e a capirla. Il sorriso che le lanciava era dolce e caldo e guardarli era un piacere per gli occhi e un tepore per il cuore.
-Mio re, vostra madre penso preferisca la vostra presenza. – aveva suggerito la donna aggiungendo qualche goccia di latte speziato con chiodi di garofano e cannella nel bicchiere del ragazzo contenente tè di zenzero e mela cotta ancora fumante.
Lyanna aveva fatto una faccia eloquente, come in attesa di una risposta positiva, mentre spostava una sedia per concedere a Elanon di sedersi lì assieme a loro. Il solarium dell’ufficio del re del nord era scaldato da un grande camino e illuminato da numerose candele. Due lupi presiedevano i lati della struttura e una spessa architrave di pino sentinella argentato lo sovrastava. Sul legno intagliato era scolpito con precisione meticolosa un paesaggio delle lande del Nord.
Erano soliti ritirarsi lì per consumare un pasto in tutta tranquillità, senza continue interruzioni da parte di lord o capi dell’esercito, sempre pronti ad assillare il giovane re fin dalle prime ore dell’alba sui conflitti, sulle dispute  e sulle problematiche insorte nelle ore che lui si era assentato per riposare. Nei primi tempi, Lyanna scoraggiava ogni lord che si presentava ai piedi della scalinata e comunicava a tutti che aveva urgenza di conferire con suo figlio privatamente. Col tempo avevano preso a fare colazione assieme tutte le mattine; scherzavano allegramente e molte volte capitava anche che si tenessero stretti in un abbraccio lungo e confortante per infondere l’un l’altro il coraggio necessario per affrontare la dura giornata che si presentava loro. Elanon era l’unica inserviente che poteva assistere a quel rituale. In parte era orgogliosa che l’avessero scelta per quei momenti di condivisione intima, ma una piccola fetta di lei non poteva che sentirsi una traditrice. Ogni argomento di cui trattavano, ogni frase, ogni riflessione e ogni preoccupazione che si confidavano, era tenuta a riferirla al principe Rhaegar, ma se anche l’aveva obbligata ad un simile inganno, sapeva che era per una buona causa. Ognuno dei due voleva solo il loro bene, anche se ciò avrebbe dato come conseguenza l’ira funesta di un lupo o di tutto il branco.
-Buongiorno famiglia! – Benjen Stark, come gli altri membri della loro casata, era una delle poche persone che aveva libero accesso agli alloggi del re durante le sue “udienze private con sua madre”. Anche se Jon in realtà sperava sempre che da quella porta non entrassero mai i suoi cugini. Non che non amasse la loro presenza, ma sentiva che qualcosa in loro era cambiato. Bran era diventato alquanto scostante e sempre fonte di pessime notizie, e Jon preferiva conferire con lui solamente dopo aver messo nello stomaco qualcosa di caldo, dato che i suoi comunicati erano più freddi del clima esterno. Il più delle volte però, se ne pentiva e passava le ore seguenti a masticare radici di liquirizia per il mal di stomaco che provava, dopo aver appreso le sue novità. “Una volta erano solamente i corvi a portare le brutte nuove…” aveva espresso sua madre cinica “Beh, lui è un corvo dopotutto… il corvo con Tre Occhi!” rispondeva prontamente suo figlio.
E poi c’erano Arya e Sansa. Due sorelle che si volevano bene in fondo, ma che non riuscivano a dirselo, impegnandosi già nelle prime ore del giorno a scontrarsi tra loro per sciocchezze, come un nastro di capelli rubato, la dimenticanza dell’utilizzo della forchetta per mangiare una semplice fetta di crostata o la scelta dell’abito giusto per un’eventuale occasione mondana. Erano in costante litigio, e Jon non aveva bisogno di fare da paciere anche all’interno della sua stessa famiglia, quindi, quando la cosa diventava un problema, gli bastava scambiare un’occhiata con Lyanna che si apprestava in poco tempo a separarle, elogiando Arya per la sua destrezza con la spada e incitandola ad insegnarle qualche mossa, o portando Sansa a braccetto chiedendole assistenza nella scelta dell’abito o dei gioielli da indossare al prossimo banchetto, fingendosi interessata a non sfigurare di fronte alle altre lady. Era imparziale e giusta, poiché non eccedeva mai esageratamente con una, né faceva trascorrere troppo tempo senza redarguirle entrambe per quelle loro assurde dispute, ma mai permetteva loro di mostrare quella loro debolezza in pubblico.
-Ciao, zio Ben. – Jon aveva alzato lo sguardo su di lui e gli aveva sorriso, assaporando il latte caldo che gli stava scaldando lo stomaco. Teneva sua madre per una mano e talvolta muoveva solamente due dita per accarezzarle il dorso. Il ranger aveva scrutato la scena da lontano per un po’, beandosi di quanto fossero dolci assieme, poi era passato alle spalle di Lyanna che aveva arcuato il collo all’indietro per ricevere il consueto bacio sulla fronte, al quale era solita rispondere con un pugnetto affettuoso sulla spalla. Poi Ben rubava puntualmente una crostatina di frutta o una fetta di pane sulla quale era spalmata la maggior quantità di marmellata o di miele, e si sedeva nel posto più vicino al ragazzo, tenendosi sempre di fronte a sua sorella. Elanon seduta al fianco della lady, abbassava lo sguardo, come di consueto, quindi non sapeva se i suoi occhi si appoggiavano mai su di lei. Il più delle volte preferiva alzarsi e lasciarli soli, tornando poi per raccattare il tutto, ma quella mattina doveva ancora mettere in bocca qualcosa, ed era di cattivo gusto non mostrare riconoscenza, quando venivi invitata a tavola con i tuoi padroni. Così era dovuta restare seduta, assaporando un biscotto di crusca in silenzio, mentre Lyanna le versava del succo di frutta e le passava anche il vasetto di burro.
Benjen non ebbe poi molto da raccontare quel giorno e Jon oramai aveva finito la sua colazione, ed era quindi pronto per affrontare la giornata. Lady Lyanna si era alzata e aveva scoccato un bacio sulla guancia a suo figlio dicendo che l’avrebbe accompagnato nella sala grande. Senza quasi rendersene conto si era trovata sola nella stanza col suo vecchio amico d’infanzia.
Elanon aveva cercato di bere più in fretta che poteva la bevanda per mandare giù il boccone pastoso che aveva in bocca, mentre l’uomo era rimasto in silenzio a consumare il suo pasto, quasi svogliatamente. Di fretta aveva posato il bicchiere sul tavolo e si era alzata pure lei, nel vano tentativo di mettere più distanza possibile tra loro.
-Finite pure di mangiare, milord. Faccio ritirare tutto fra un’ora. – aveva affermato rigida – con il vostro permesso… - si stava per voltare e lasciare quella stanza, quando lui con un gesto secco le aveva preso il polso, costringendola a fermarsi. Era rimasta voltata di spalle, non lo aveva guardato, né aveva osato protestare. Era sorpresa, quello lo doveva ammettere, ma allo stesso tempo una rabbia recondita si stava impossessando di lei.
-Ely… - aveva sussurrato il suo vecchio soprannome, tenendo la testa china con voce bassa come persa in ricordi passati – non mi hai mai chiamato milord. –
-L’antica neve resta sepolta sotto quella fresca. – era un modo di dire che stava a significare che gli anni erano trascorsi e le cose erano cambiate inevitabilmente.
-Non è sempre così… non lo è per me, almeno – non se l’aspettava quella risposta che automaticamente l’aveva costretta a piegare il collo per guardarlo. I suoi occhi azzurro acciaio erano dolci e tristi allo stesso tempo, circondati da un volto provato e vitreo. Provò nel cuore la stessa instabile sensazione di quando appoggi il piede su una lastra di ghiaccio da poco creatasi e la senti scricchiolare sotto lo stivale, rendendo la camminata incerta e traballante.
-Abbiamo preso strade diverse che ci hanno poi riportato qui. Questo è tutto. Non c’è molto altro di cui dobbiamo parlare. –
-Ely… - lo stesso debole mormorio roco invase nuovamente la stanza - …tu lo sai perché ho fatto quella scelta. Sai che non potevo rimanere… ma non è stato per causa tua, che me ne sono andato. – cercò di rassicurarla.
-Me ne sono fatta una ragione – provò a spiegargli – sono andata avanti, mi sono fatta una vita. –
-Lo so. – affermò con tono piatto – la prima volta che scesi dalla Barriera e venni qui a trovare mio fratello e la sua famiglia, chiesi di te. Ned mi disse che ti eri trasferita al castello dei Tallhart. Quando scesi la seconda volta, seppi che ti eri fatta una famiglia tua. –
-Avevo un marito prima che le piovre arrivassero… - precisò – …ma nessun figlio. – rispose abbassando il capo lateralmente. Non erano discorsi che avrebbe voluto fare con lui, né metterlo al corrente di quanto gli dei fossero stati crudeli con la sua persona.
-Mi dispiace… - affermò sinceramente affranto, facendo scorrere le dita lungo tutto l’altro prima di prenderle la mano, stringendogliela con garbo. Vedendo il suo irrigidimento, decise di lasciarla, quasi con dispiacere – per tuo marito. – aggiunse poi serioso.
-Mi basta sapere che è morto con onore – disse fredda, prima di darsi una sistemata all’abito informale che indossava, dato che ora aveva di nuovo possesso di entrambi i suoi arti – ora, se permetti, avrei dei compiti da sbrigare. – e sollevò il suo piatto per avere almeno una scusa effettiva per andarsene.
-Vorrei poterti parlare. – le rivelò serio – ho… delle cose… a dire il vero, c’è molto di cui vorrei parlarti. – i suoi occhi esprimevano la stessa tenerezza nel giovane lord che aveva conosciuto a Harrenhall.
-Magari in un altro momento. – dichiarò sbrigativa lei – Se sono nuovi incarichi che mi vuoi dare, ti prego di informare prima Lyanna, devo rispondere a lei delle mie mansioni. –
-Davvero? – Benjen si alzò in piedi e la fissò dall’alto con aria indagatrice – correggimi, ma… siamo al servizio dello stesso sovrano? – lei si allarmò – perché sai… in quei momenti in cui sparisci e Lyanna non ti trova da nessuna parte, mi è sembrato per caso di scorgerti rispuntare non lontano dall’ala est. – stava alludendo certamente a qualcosa che aveva visto, ma Elanon non voleva far cadere la sua copertura.
-Mi accerto che ai Targaryen non manchi nulla. È uno degli incarichi che Lyanna stessa mi ha disposto. – dichiarò risoluta – Provvedo affinché i suoi voleri vengano rispettati. –
-Questo nessuno lo mette in dubbio… ma toglimi una curiosità; perché mai mia sorella ti manderebbe nella caverna di un pericoloso animale senza assicurarti nemmeno una scorta? – la guardò scettico.
-Sono stata in missione con tua sorella e col principe per mesi. Siamo state ospitate dai Lannister, in casa dei Tallhart, fingendo che la cosa non ci desse fastidio, solamente per non dar modo ai leoni di calpestare ulteriormente l’orgoglio della povera Eddara. – digrignò i denti contrariata – Abbiamo appurato che i Martell hanno un condottiero molto tenace e agguerrito, che non si fa alcuno scrupolo per raggiungere i suoi obbiettivi. Il principe Viserys, se avesse voluto, avrebbe avuto mille occasioni per umiliarci o maltrattarci, e  Jon mai sarebbe venuto a conoscenza della verità. Non descriverei quindi i draghi come belve fameliche, tutto sommato è stato più gentile lui di leoni e serpi messi assieme. Gli unici mostri che ho visto in quel viaggio, sono stati gli Estranei. –
-Elanon! – tuonò improvvisamente – non prendermi per un idiota! – sbattè le mani sulla tavola e divenne improvvisante serio e severo – puoi prendere in giro Lyanna quanto ti pare! Puoi anche fingere di fronte a tutti, ma io ti conosco bene! – la fissò per un lungo istante, ma poi sembrò non riuscire più a sostenere il suo sguardo, e spostò il volto lateralmente. Quando parlò lo fece con una voce glaciale e distaccata, ma bassa – So che ti vedi segretamente col principe Viserys… - ansimò, come fosse un’ammissione difficile da reggere – mi auguro che queste restino delle faccende puramente private tra te e lui. Ti ho sempre reputato una persona intelligente, per cui voglio sperare che tu non stia passando loro delle informazioni, tradendo mio nipote o mia sorella. –
-Sono fedele al nord e al mio re, quanto sono fedele alla mia lady, esattamente come lo ero un tempo! – espose risoluta e infastidita da una simile allusione e si domandò come avesse fatto a scoprire così in fretta una realtà molto vicina alla verità. Ma Ben era sempre stato un ottimo osservatore.
-Mi fido della tua parola. Mai ho avuto modo di dubitarne in passato, non comincerò certo a farlo ora. – le assicurò concedendole un leggero cenno con la testa in segno di rispetto – ma se butti via la tua vita in questo modo, non puoi chiedermi di rimanere indifferente! –
-Non hai alcun motivo per giudicarmi o di intrometterti. – seppur l’avesse sorpresa con quell’affermazione, non potè farglielo recepire in alcun modo, e nemmeno voleva.
-Giudicare te, magari no; immischiarmi, forse sì. – le svelò grave – non posso non pormi delle domande su di lui, dato il suo comportamento altamente ambiguo. Si avvicina a mio nipote in maniera sospetta e fin troppo attinente, come se dovesse quasi recuperare qualcosa nel loro rapporto o ci tenesse a rafforzarlo! E sembra avere anche uno strano interesse pure verso mia sorella… E questa cosa non mi piace affatto, visto com’è andata l’ultima volta che un drago le ha messo gli occhi addosso! – precisò arcigno. Elanon ebbe il ricordo di come aveva reagito Benjen all’epoca – Ciò che mi piace ancora di meno e, che a questo punto potresti rivelarmi il mistero, è l’insano rapporto che ha con sua sorella, nello stesso momento in cui si vede segretamente con te e punta sempre gli occhi anche su Lyanna. – strinse i pugni tornando eretto con la schiena.
-Tra loro c’è un legame profondo, ma non ho mai scorto qualcosa di rilevante che potesse avvalorare quelle voci. – cercò di spiegare lei nel modo meno coinciso che conosceva.
-Ti avviso che se prova a toccare Lya, giuro di fronte agli Antichi Dei che imparerà quanto in profondità possono arrivare le zanne di un lupo! Lo terrò sott’occhio; riferisciglielo pure la prossima volta che gli parli in gran segreto. – detto questo uscì, lasciandola lì sola come una completa idiota.
 
 
 
 
Aveva talmente tanto insistito che alla fine avevano accettato di portarlo con loro. Jon e Dany alla fine non avevano trovato molto da obbiettare, quando Thoros di Myr aveva richiesto di vedere i loro allenamenti. Colui che era stato più difficile da convincere era il principe Viserys. Jon non ne capiva il motivo, ma ultimamente era cambiato. Sembrava suscettibile e fin troppo instabile. Si domandò se non stesse mostrando i chiari segnali di pazzia del padre, ma non aveva potuto chiedere niente a Dany, perché lei sembrava quasi tenerlo a distanza con mille scuse, usando anche quelle più banali. “Non ora, Re del Nord, sto ammirando il paesaggio.” “Ti prego, non pormi domande su mio fratello, ha i suoi momenti no, come tutti noi. Cerca di comprendere.”
Jon in un primo momento aveva pensato che lo stesse evitando per quanto era avvenuto tra di loro, eppure un vago sentore di disagio gli era parso di provare ogni volta che il principe, suo fratello era nei paraggi. E se lo temesse? Se avesse paura di una sua reazione? Ma qualcosa non gli tornava…
A dire il vero, Viserys pareva essere diventato estremamente morboso sia nei riguardi della sorella che anche nei suoi. Forse teneva così tanto a lui, da considerarlo veramente parte della famiglia? In fin dei conti lui era sempre suo nipote… Sono il figlio illegittimo di suo fratello. In noi scorre lo stesso sangue… ebbe un brivido a quel pensiero e preferì puntare gli occhi verso il cielo plumbeo del mattino.
Jon non riusciva a darsi una risposta, anche perché non sapeva come affrontare quell’argomento; e poi sussisteva sempre la questione aperta con sua madre. Viserys, dopo aver viaggiato con lei, appariva essere diventato enormemente protettivo nei suoi confronti, quasi in maniera viscerale. Si prendeva l’ardire di controllarla in ogni suo spostamento, di avvicinarla per un nonnulla, irritandola il più delle volte, questo a Jon non era sfuggito, eppure, seppur sua madre continuasse a rifiutare ogni suo favore o presa di posizione, lui continuava ad avere un occhio di riguardo per lei. Ne aveva provato a parlare anche con Sam, ma lui sembrava non averci fatto caso e aveva cambiato discorso in fretta, convincendosi quasi a sospettare di essere diventato un tantino paranoico. Bran si rintanava sempre più nei sogni dell’oltre ed era raro trovarlo lucido e voglioso di cominciare una conversazione. O riposava, oppure era assorto in qualche suo misterioso pensiero che non voleva condividere col resto del mondo. Arya non era poi molto percettiva, quando si trattava di questioni sentimentali; lei era la tipica donna del nord: forte, decisa a dimostrare la sua superiorità di fronte agli uomini e pronta a sfoggiare il suo enorme coraggio. Al contrario di Sansa che invece rivestiva il titolo di lady, non solo nell’apparenza, ma anche nell’animo, essendo incline in maggior misura a quel genere di argomenti, ma anche fin troppo romantica ed emotiva…
Jon si era già immaginato la sua risposta, se avesse provato a parlarle di ciò che lo tormentava ed era convinto che non gli sarebbe piaciuto sentire la sua opinione a riguardo. Pensare di intavolare il discorso con sua madre poi, era fuori discussione: non voleva certo cominciare una conversazione del quel genere con lei. Che le avrebbe detto, se davvero la lady, sua madre, gli avesse confermato che era sbocciato un tenero sentimento che li univa? “Madre, sono felice per te… e per mio zio!?” Andiamo Jon, non sono cose che ti dovrebbero interessare, né ti dovresti intromettere. Lei è una donna intelligente e matura, sa quello che fa… anche quando agisce d’impulso… tuttavia il passato dovrebbe averle insegnato quali sbagli evitare….
Eppure qualcosa dentro di lui non gli permetteva di dormire tranquillo la notte e di giorno era sempre in allerta a scorgere ogni singolo atteggiamento sconveniente nei confronti di sua madre. La cosa assurda era che lei sembrava attirare i guai come un magnete. La sua testardaggine e il suo senso dell’onore le impedivano di rimanere fuori, perfino nelle questioni che non riguardavano le donne. Lei si sentiva in dovere di proteggerlo, e in fin dei conti, Jon adorava quando si prendeva questi privilegi. Nessuno mai nella sua vita si era battuto per lui. Lei invece non si faceva scrupoli a dimostrarlo apertamente. Purtroppo questo attirava spesso e volentieri anche attenzioni indesiderate, soprattutto degli uomini, che constatavano oltre che la sua audacia, anche la sua bellezza ribelle e selvaggia. Harwin era uno di essi. Era diventato inspiegabilmente la sua ombra: la seguiva ovunque e l’aver scoperto che lei gestiva gli allenamenti delle donne del nord, lo aveva incuriosito ulteriormente. Poi c’era stato anche quell’episodio all’arrivo della Fratellanza senza Vessilli, in cui Tom Settecorde le aveva offerto una canzone in cambio di una notte. Lui non l’aveva sentito in quel momento, altrimenti avrebbe certamente preso le difese di sua madre, e quando suo zio Benjen glielo aveva riferito, per poco non si era soffocato con un pezzo di pane.
Erano passati due giorni dall’arrivo della Fratellanza al Nord, e si erano riuniti a consumare la colazione in una stanza adiacente alla sala grande. Vi erano solo gli Stark, i Targaryen e pochi dei loro uomini più fedeli. Con l’occasione stavano cercando anche di organizzare i turni di guardia e le battute di caccia per le provvigioni del castello dato l’aumento delle bocche da sfamare e la persistente scarsità di cibo. Mance Rayder aveva preso in mano la sua arpa e si era messo a suonare una ballata del popolo libero. Quando aveva concluso si era adagiato più comodamente sulla sedia e aveva lasciato andare la sua lingua.
-Finalmente posso tornare a decantare della musica come si deve. – si era lamentato – senza quel pivello attorno che smette di strozzare le corde di quell’arpa, solo quando ha le mani infilate sotto le sottane di una donna. – molti uomini avevano annuito. Jon aveva cercato di trattenere una risata, ma non ci era riuscito. Sansa aveva storto il naso a quell’affermazione indecorosa per il contesto in cui si trovavano. Arya e Meera Reed invece avevano sghignazzato. Ma sua madre giocava con un cucchiaio immergendolo nella zuppa di cipolle con fare assente e pensoso…
-Da quanto mi risulta pare sia in cerca di una donzella del nord per poterla chiamare la sua personale rosa dell’inverno, poi improvvisamente pare abbia perso tutto il suo iniziale interesse… – affermò Tyrion divertito.
-Aveva già puntato ad una femmina in particolare, se è per questo. – aveva grugnito Tormund indicando con la punta del pugnale un punto preciso della tavolata. Jon aveva seguito la direzione della lama per accorgersi che stava mirando proprio sua madre. Lo aveva allora osservato accigliato, restando in un primo momento allibito e credendo fosse solo uno scherzo.
-Mi spiace per lui, ma penso mia sorella abbia declinato l’invito in maniera molto galante… Se avessi avuto con te una spada, gli avresti tagliato la lingua di netto alla prima strofa! – intervenne Benjen ridente. Jon a quelle parole si era rizzato sulla sedia ed il boccone di pane e stufato gli era andato di traverso. Lyanna invece si era voltata verso il guardiano della notte che le sedeva affianco – eppure mi domando… come fai ad attirare tutti i bardi che incontri? – aveva abbassato la voce e questa volta lo sentirono solo coloro che erano più vicini. Lei lo aveva fissato con aria minacciosa, prima di parlare.
-Invece io mi domando quale castigo preferisci questa volta, fratellino! – Jon vide sua madre portare una mano verso il calice pieno di vino, ma suo zio la fermò in tempo, afferrandole il polso.
-Sorellina, mi è già bastata una volta la doccia di vino freddo addosso. – scherzò ancora lui.
-Quel bifolco pensava davvero di trovare in lady Stark la sua prossima amante? – si era intromesso Mance interrompendoli incredulo – è più probabile che il Re Corvo riesca a sposarsi la nostra bella Val, prima che lei gli tagli l’uccello! – Lyanna si era girata nella direzione dell’uomo ora. Aveva stretto con più forza il coltello che teneva tra le mani. Mance notò il suo stato d’animo e preferì stroncare la cosa sul nascere.
-Mia signora, chiedo venia, non volevo offendere nessuno! – aveva chinato il busto rispettoso – se volete, vi canto io la Fanciulla dell’Inverno, senza chiedervi nulla in cambio, promesso! – rise allegro. Lei gli riservò solo un’occhiataccia, Jon l’aveva sentita anche sbuffare infastidita.
-Preferisco chiedere il vostro congedo e andare a dormire, grazie. – affermò offesa prima di lasciare la stanza. Jon aveva una voglia matta di seguirla, esattamente come era accaduto la sera precedente, ma non poteva lasciare tutti lì ora, e soprattutto aveva compreso che sua madre aveva bisogno dei suoi spazi… E quella sarebbe stata una giornata difficile da affrontare per lei. Ignorò dunque quel macigno nel cuore e finse disinteresse, quando sentì la porta cigolare e chiudersi, e paradossalmente sentì avvenire una cosa simile anche nel suo cuore. Lì in quella stanza come anche nel suo animo non vi sarebbe stata più tanta luce e calore, dal momento che sua madre si era allontanata. Suo zio Benjen gli fece un cenno col capo, facendogli intendere che aveva captato i suoi pensieri.
-Vado io stasera. Mi devo far perdonare! – gli sorrise e si stava per alzare quando Jon lo fermò prendendolo per un braccio.
-Perché Tom non ha più osato infastidirla? – chiese tenendo un tono abbastanza basso perché solo suo zio lo sentisse. Lui aveva alzato gli occhi con uno sguardo fugace verso l’altro lato della tavolata.
-Il principe gli ha puntato la spada alla gola. Pareva deciso a tranciargli di netto la testa, prima che arrivassi io. – gli svelò – è probabile che quel bardo da strapazzo abbia azzardato qualche frecciatina a sua sorella, eppure era presente anche Harwyn e non gli risulta nulla di simile. – aveva fatto una pausa – magari mi sbaglio, ma ho il sentore che gli sia molto a cuore mia sorella, e so che te ne sei accorto pure te. – gli aveva strizzato l’occhio e aveva preso la stessa strada di sua madre. Jon rimase immobile a quella rivelazione. Se anche zio Ben se n’è accorto allora non mi sto immaginando le cose! Riflettè osservando la compostezza e l’eleganza del principe Targaryen.
-Quindi abbiamo un matrimonio in programma, Re del Nord? – Tormund attirò la sua attenzione, esortandolo a dare una risposta.
-Non ho alcuna intenzione di sposarmi. – affermò deciso, con voce roca a causa del boccone andatogli di traverso – con tutto il rispetto, Val, sei una donna attraente, ma al momento ho delle… priorità più urgenti. – aveva involontariamente voltato lo sguardo verso Daenerys che stava fissando la donna dei bruti, con fiamme negli occhi. Suo fratello le aveva messo una mano sopra la sua, ma il suo volto era rivolto alla porta, distratto e assorto in pensieri che Jon non aveva nemmeno voglia di scoprire.
 
In sella a Obsidian, il Re del Nord faceva strada, lungo il sentiero completamente coperto dalla neve. Le orme del giorno precedente sparivano e riapparivano con discontinuità. Il vento aveva sollevato la neve attorno ed il gelo l’aveva impressa nel terreno colmando i solchi che gli zoccoli avevano lasciato precedentemente.
Avanzava lento col volto rivolto verso il basso, le ciocche della criniera del suo purosangue si muovevano come un fiume di inchiostro mescolato al mercurio, ma i suoi occhi quasi non vedevano quella meraviglia che alla luce del sole brillava come un raro metallo antico. Era talmente immerso nei suoi pensieri da non far caso a ciò che gli stava attorno. Alle sue spalle i due Targaryen cavalcavano fianco a fianco e per finire Thoros di Myr chiudeva la breve processione, continuando a bere dalla sua fiaschetta. Jon aveva richiesto anche Tormund; e Dany aveva voluto affiancargli Verme Grigio. Era strano vedere un bruto e un immacolato cavalcare assieme. Quello era stato il primo pensiero che era riuscito a staccarlo dalle sue assillanti preoccupazioni per un po’ di tempo, ma ora quella visione non lo distraeva più…
-Ho quasi il sospetto, vostra maestà, che allungando la mano possa afferrare i vostri pensieri, tanto paiono tangibili e opprimenti. – Viserys aveva affermato quelle parole con aria tranquilla e pacifica – Mi sarebbe difficoltoso ignorarli, anche se solcassi i cieli in groppa a Viserion, dato che si scorgono gli affanni sulla vostra fronte, come profonde e pressanti increspature di un legno pregiato. – aveva portato Ēbrion, il suo stallone nero sulla sua destra, accostandosi a lui, ma rimanendo appena un passo indietro. Jon lo aveva sempre notato. Anche se cavalcava al suo fianco, si manteneva ad una certa distanza, lo stesso faceva quando passeggiavano o stavano seduti vicini alla tavola coi consiglieri di entrambe le fazioni, durante quelle volte che il principe sostituiva la regina, sua sorella, che alcune mattine aveva cominciato a darsi per malata, Viserys non azzardava mai a surclassarlo, né a farlo retrocedere. Si teneva appena quel tanto al suo livello, preoccupandosi quasi di non sormontare per alcun motivo il suo titolo o la sua autorevolezza. Né lo contestava in pubblico o lo umiliava di fronte ai suoi uomini. Ciò nonostante quando aveva qualcosa da obbiettare o da fargli presente, trovava sempre un metodo di persuasione inserendosi nel discorso e facendolo ragionare, quasi senza darlo a vedere, come se a risolvere l’inghippo creatosi, alla fine fosse stato Jon stesso e non lui. Altre volte invece attendeva che terminasse la riunione per suggerirgli consigli o precisazioni sulle varie questioni, ma non gli era mai parso che provasse ad imporsi, all'opposto invece, amava ascoltare anche la sua opinione, sostenendo che un re che non conosceva il proprio popolo non sarebbe mai stato sul trono a lungo, e lo elogiava per essere sempre attento alle problematiche dei suoi sudditi. Successivamente gli mostrava un sorriso circoscritto di incoraggiamento, prima di inchinarsi rispettosamente e prendere congedo, sparendo al primo bivio e lasciando Jon sempre costernato da quello strano disagio e senso di abbandono di cui non riusciva a darsi ancora una risposta. Delle volte si sentiva un completo idiota per non aver pensato a considerare anche quei rischi che lui gli presentava, ed era evidente che invece il principe tenesse bene in considerazione ogni eventualità. Era un abile stratega e un perfezionista prima di ogni altra cosa, sapeva ciò che faceva e quello che diceva, ma soprattutto sapeva come comportarsi di fronte ad un suo superiore e ad una corte, sebbene Winterfell non fosse uno di quei castelli spocchiosi del sud.
Jon non era abituato a questo genere di comportamento, né a essere il principale fulcro di apprezzamento da parte di un alleato, non solo perché non lo aveva mai provato prima, ma perché era molto più diffuso nelle terre del sud che al nord. Ricordava ancora, quando Ned Stark cavalcava coi suoi uomini; tra di loro c’era un rapporto di fedeltà assoluta, ma non vi erano poi dei riguardi per rispettare simili regole. Nemmeno quando era Lord Comandante dei Guardiani della Notte aveva mai avuto una simile devozione dai suoi uomini; ovviamente c’era chi lo stimava, e chi no, ma tra confratelli esisteva più un sentimento di appartenenza e di collaborazione, come fossero tutti componenti della stessa famiglia. Con Viserys la cosa era paradossalmente diversa, ma incredibilmente simile per molti aspetti che ancora non era riuscito a interpretare.
-Se volassimo già coi draghi, potrei usare la scusa di avere la testa fra le nuvole. – scherzò mesto il ragazzo senza avere davvero la voglia di farne dell’ironia, ma ambiguamente quella squallida battuta era stata percepita dal principe in modo spiritoso, perché lo vide portare indietro la testa e ridere di gusto, come raramente gli aveva visto fare. Qualcosa gli rammentò che anche lui era difficilmente abituato a ridere. Si ritrovò a rispondere storcendo il naso, per nascondere il sorriso che inevitabilmente gli era nato sulla labbra, contagiato dalla risata del suo compagno.
-Sarebbe quanto mai difficile portarci appresso delle guardie se fossimo sui draghi. Purtroppo non possiamo contare sulla completa fiducia di quelle creature. Fino ad oggi non ci hanno ancora dato il permesso di cavalcarli, ma voglio essere fiducioso. – affermò con singolare posatezza – perdonatemi se ve lo faccio notare, ma non vedo il vostro fedele uomo del popolo libero, molto propenso a sedere sul dorso di un drago. – Jon trovò strano il modo con aveva chiamato gli uomini nati oltre la Barriera, aveva preso ad usare quel termine dopo averlo sentito mentre rimproverava Tyrion per essersi riferito a Mance Rayder usando il termine “bruto”, aizzandosi involontariamente l’ira degli altri capi clan. Jon aveva sedato gli animi ed il principe si era scusato personalmente con tutti loro, per il poco tatto usato dal suo primo cavaliere, redarguendolo pesantemente pochi istanti dopo.
Rifletté a lungo sulle parole che aveva appena detto, immaginandosi la scena e quando si voltò verso Tormund, già gli era nato un inequivocabile sorriso. Notò che l’uomo guardava con aria torva i cieli sopra le loro teste, scorgendo tra le nuvole le enormi figure che danzavano nelle correnti dei cieli. I tre draghi seguivano il corso dei venti dell’inverno, come melodie suonate in un pentagramma.
-Non l’ho mai visto temere nulla oltre la Barriera, ma con i draghi sembra quasi un cucciolo di lepre di fronte ad una volpe affamata – gli rivelò – cos’è successo quando è sceso al di sotto dell’Incollatura? – domandò impensierito tornando a guardare la maschera del principe. Lui si fece serio e rimase a fissarlo.
-Assolutamente nulla di cui io sia stato messo a conoscenza, mio re. Ma se anche fosse accaduto qualcosa, mia sorella si sarebbe premurata di farmelo sapere. – disse solenne – la prima volta che lo incontrai eravamo alle Torri Gemelle. Ho provveduto ad allontanare Rhaegal poiché il… suo umore era alquanto instabile. – Jon si accorse che la sua voce aveva tremato e lo sentì sospirare – temo ahimè rispecchiasse solo il mio animo interiore… Mostrava segni di intolleranza da alcuni giorni, e temevo facesse diventare quel castello il suo banchetto… -
-Cosa non del tutto sbagliata. – affermò Jon digrignando i denti. Viserys voltò il capo per guardarlo – probabilmente è quello che meritavano. –
-Ero a conoscenza dell’ingiustizia che subirono i membri della vostra famiglia, ma non ero io la persona adatta a vendicare la loro morte, né il mio drago. – precisò, senza dargli torto.
-Un’ingiustizia al quale io non posso chiedere risarcimento. – continuò Jon impettito – niente mi ridarà indietro quanto abbiamo perso io e le mie cugine. – Viserys stava per aprire la bocca e dire qualcosa, ma lui quasi colto da una rabbia inaudita non glielo permise – marciare verso quel castello sarebbe stato fin troppo facile, ma ottenere delle terre non mi interessa. Né ingrandire i miei confini, è già sufficientemente impegnativa la terra che mi è stata conferita. – aggiunse con un sospiro – Non si può calcolare la vita di un fratello, convertendolo in denaro o in altri averi… -
-Parole sagge, mio re. – disse il principe, dopo un momento di pesante silenzio. Jon ebbe quasi la certezza che lo riuscisse a capire perché anche lui aveva perso tanto tempo addietro. Restarono così senza dire niente per ancora diverso tempo, quasi confortati dal battere smorzato degli zoccoli sulla neve e dall’ondeggiante movenza sui dorsi dei cavalli. Poi il giovane re alzò gli occhi quasi a volersi accertare che lui fosse ancora lì accanto. Lo vide guardarlo e una leggera parvenza di un sorriso spuntò sulle sue labbra perfette.
-Quando poi ho condotto i vostri emissari a Harrenhall, i nostri due draghi sono rimasti fuori dalle mura per tutto il tempo. Drogon, invece, si era cocciutamente innamorato della Torre del Terrore. L’aveva presa come sua alcova prediletta. – Jon era rimasto ad osservarlo, ascoltando con interesse quella parte di racconto che gli mancava. Avrebbe tanto voluto essere presente anche lui in quella missione, ma la scelta di rimanere a Winterfell era stata la più saggia.
-So che i Tully lo chiamavano Walder il Ritardatario… – gli era tornato alla mente un discorso che aveva origliato tra lord Stark e la lady sua moglie a suo tempo. Viserys si era voltato di scatto stupido da quella terminologia – non lo sapevate? – lo vide scuotere appena la testa – Lord Tully, a detta di lady Catelyn, cominciò a chiamarlo a quel modo perché attese di conoscere gli esiti della battaglia sul Tridente, prima di schierarsi per la causa dei ribelli. –
-Quella guerra diede notevoli sorprese da entrambi gli schieramenti. – disse lui con voce distante.
-Sfavorevoli, per la vostra famiglia. Dopotutto sarebbe bastato solamente che vostro fratello schermasse il colpo ricevuto in quel frangente da Robert Baratheon, per assicurarsi… -
-La vittoria? – lo anticipò lui. Jon si interruppe improvvisamente, attirato dal modo in cui lo sentì schioccare la lingua infastidito – Vi ritengo abbastanza raziocinante e bene informato riguardo le guerre. – sostenne il volto scrutandolo attentamente – Vi possono essere battaglie infattibili che diventano realizzabili grazie ad un appoggio inatteso, come mi risulta sia avvenuto, quando avete ripreso il castello della vostra famiglia. L’arrivo dei Cavalieri della Valle fu una salvezza per voi, quanto un annientamento per i Bolton che credevano di avere già la vittoria in pugno. Spero solo che l’appoggio di Lord Baelish non vi abbia prosciugato i forzieri e siate riusciti a sostenere il peso del loro intervento. – continuò. Per un attimo Jon sentì un brivido percorrergli la spina dorsale “magari avessimo già saldato il debito…” – altresì esistono guerre che sembrano vinte già in partenza, per il numero o anche solo per il valore dei comandanti e dei singoli soldati… eppure per una serie di sfortunati eventi, diventa una disfatta imperdonabile. – aveva abbassato il volto con aria affranta – Uno dopo l’altro, gli uomini periscono di fronte ai tuoi occhi, poi tocca ai tuoi amici e infine a te… - sentì la sua voce divenire roca e inspiegabilmente debole e tremula, ma fu solo questione di un attimo perché scosse il capo, riprendendo il suo contegno e proseguì con tono più severo – come vedete sono perfettamente al corrente di tutto ciò che è avvenuto in quella guerra… come fossi stato io stesso, e non mio fratello, a combatterla. – affermò con convinzione. A Jon parve che Viserys dovesse avere una grandissima considerazione per il principe ereditario, quasi come una fanciulla innamorata del cavaliere che la corteggiava, e come tale era chiaro che soffriva per la perdita subita.
-Perdonatemi, non volevo farvi tornare alla mente brutti ricordi. – temeva che quelle memorie potessero essere difficili da riaffrontare anche dopo tutto quel tempo. Lui rimase in silenzio per un po’, prima di chiedergli.
-La mia dinastia ha rischiato di morire… ho perso molto a causa di quella guerra. – cercò di spiegargli – ma anche voi dopotutto avere perso qualcosa in quel campo di battaglia… – aveva capito dove voleva arrivare. Jon incitò il cavallo a proseguire verso destra.
-Mia madre può dirvi ciò che davvero si è perduto… ma non me la sento di condividere con lei quel pensiero. – annuì grave – Per anni l’ho creduto uno stupratore e un assassino… lontano leghe dal sangue della mia famiglia… Un uomo malvagio, come spesso ne nascono dagli incesti. – abbassò lo sguardo, arricciando le labbra in una smorfia al pensiero di Joffrey. Chiuse gli occhi e si costrinse a ritornare con la mente sul discorso – scoprire chi era davvero, è stato… falotico… impensato e inverosimile. –
-E adesso che sapete la verità, qual è la vostra opinione? – si era voltato verso di lui ora, il tono della sua voce era tornato calmo, eppure Jon aveva percepito un picco di insicurezza forse, o qualcosa di cui non ne capiva la vera natura.
-Posso essere sincero con voi? – lo osservò con occhi sensibili, il principe fece un cenno del capo in risposta.
-Dovete, ve ne prego. – si prostrò, chinando il busto rispettosamente – Potete fidarvi di me, non amo burlarmi delle persone che rispetto e per voi provo un disarmante legame… probabilmente dovuto dal fatto che condividiamo lo stesso sangue. – gli svelò. Dal timbro di voce che aveva usato gli sembrava sincero, o era bravissimo a celare la verità. Jon aveva imparato a non fidarsi più ciecamente delle persone… Spostò la sua attenzione verso il sentiero di fronte a sé, incerto su che risposta dargli, eppure ciò che gli venne in mente, non pareva essere poi così distante dalla realtà..
-Non so veramente cosa penso di lui… ancora non ho deciso… – rivelò infine – …e preferisco non avere un parere al momento. – ebbe la sensazione che quelle parole avessero colpito in pieno petto il suo compagno di viaggio, come se gli avesse lanciato una freccia dritta al cuore, tanto fu l’irrigidimento che prese la sua postura, ma decise di continuare ugualmente – mi è più facile ignorare la misura del dolore per ciò che avrei realmente perso, piuttosto che sapere e soffrire… vedo mia madre patire per questo ogni istante della sua vita, e non voglio trovarmi nelle sue stesse condizioni, piangendo un uomo che non ha fatto altro che pensare di lasciarla sola in quel posto remoto. – questa volta rimasero in silenzio per tanto tempo. Jon era certo che non avrebbero più parlato per il resto del viaggio, ma Drogon attirò la loro attenzione, quando notò una famiglia di quadrupedi e ne prese uno di mira. Lanciò una fiammata nella direzione della preda più grossa e poi scese a divorare la carcassa in un sol boccone.
-Cervi… - affermò il principe, facendo una smorfia con la bocca. Jon constatò che una ciocca di fili argentei, si mosse al movimento del suo respiro, quasi nella stessa maniera in cui si sarebbero mossi anche i suoi capelli scuri. Il signore dei draghi attese ancora prima di parlare, come se nella sua mente si stesse riproponendo un evento che conosceva fin troppo bene.
-Ha un carattere sempre così ostinato e ribelle. – disse infine il principe, fissando i movimenti dell’immensa creatura nera che spiccava tra il candore del paesaggio. Incitò il suo purosangue nero a tenere il passo; i destrieri di tutti si erano innervositi parecchio, e Jon dovette fare altrettanto col suo. Avvertì che il suo compagno di viaggio aveva rallentato quel tanto da tenersi ancora ad un passo da lui – svelatemi una curiosità: vostra madre non doveva essere presente in quella missione a sud… Mi sbaglio forse? – Jon rimase ad osservarlo e comprese che forse Viserys con la frase precedente non si stava propriamente riferendo al drago nero, ma alla donna protagonista della sua seconda affermazione. Anche lui osservò la strada di fronte a sé.
-Non le avevo dato il permesso di partire per quel viaggio – aveva asserito; se ci pensava, era ancora furioso – ma lei fa sempre di testa sua. – non seppe perché, ma si ritrovò a sfogare quella frustrazione. Non avrebbe dovuto, né tanto meno voluto, confidarsi con lui. Alla fine perché avrebbe dovuto farlo? Ma qualcosa in quell’uomo gli dava una qualche forma di sicurezza, di fiducia e forse anche di protezione. Sapeva che doveva stare attendo e guardarsi da loro, dopotutto si erano portati ai confini delle loro terre, per dichiarargli guerra prima di cambiare decisione e accettare una tregua per aiutarli contro il nemico in comune.
-Potrà anche avere molti difetti agli occhi di molti, ma è una donna molto coraggiosa. – ponderò il principe – se permettete che vi dia un consiglio: non tenetela in catene e lasciate che esprima ogni suo potenziale – poi si voltò di nuovo a fissarlo – datele abbastanza corda affinché si senta libera, ma non mollate mai la presa, richiamatela a voi, fermatela se necessario, appena percepite del pericolo aleggiarle attorno. Vi reputo molto coscienzioso, per cui penso riusciate a comprendere da solo, quando giungerà quel momento. – si interruppe un istante – Purtroppo tende ad esagerare spesso e volentieri ingigantendo la questione e credendo di essere nel giusto. Nella maggior parte dei casi lo è, ma non sempre fare la cosa giusta risolve ogni problema, e lei non lo accetta… Se, e quando, ha a cuore qualcosa, giunge fino alla meta che si è prefissata, indifferente delle conseguenze, perfino mettendo a rischio la sua stessa vita, pur di proteggere quell’unica speranza che le rimane… –
-Sembrate conoscerla molto bene… - affermò scettico e paradossalmente irritato dalla cosa.
-Conosco le persone – puntualizzò lui – e credo di aver compreso il suo modo di agire ormai. Il tempo che ho passato con lei, mi è bastato per notare che si butta a capofitto in ogni attività in maniera del tutto sorprendente… ma anche imprudente. – Jon non seppe il motivo, ma gli venne da associare quella descrizione anche a Arya. Non potè però non pensare che, mentre lui aveva vissuto con sua cugina al fianco per moltissimi anni, Viserys aveva sì e no trascorso appena qualche mese con sua madre. Com’era possibile allora che avesse imparato a comprenderla così a fondo? Un dubbio gli attanagliò il cuore e non potè che esprimere il suo tormento.
-Quindi è solo grazie al vostro spirito di osservazione, che, pochi giorni fa, le avete salvato la vita da quell’arciere? – domandò a bruciapelo. Il principe si voltò a fissarlo. Sembrava dapprima guardingo e sorpreso; la sua bocca era leggermente socchiusa, poi gli angoli delle labbra si sollevarono in un sorriso.
-Se una freccia fosse stata scagliata su mia sorella, scommetto che voi avreste fatto lo stesso. – Jon per un attimo ebbe il timore che li avesse scoperti, si prese alcuni secondi per ragionare l’ipotesi e confutò che fosse impossibile. Dany non poteva avergli detto niente, altrimenti il loro rapporto non sarebbe stato ancora così pacifico. La risposta che doveva dargli era la stessa che ci si aspettava da un uomo d’onore. Non era poi così diverso da uno dei valori di un membro dei Guardiani della Notte… Non ne faceva più parte, ma era stato un percorso della sua vita.
-Certamente, l’avrei protetta a costo della mia stessa vita. Le avrei fatto scudo col mio stesso corpo, se fosse stato necessario… l’avrei fatto per chiunque fosse stato mio ospite a Winterfell. – affermò convinto, mentre la testa del suo interlocutore si abbassava, provando a nascondere la sua vera espressione. Jon era certo di aver scorto un sorriso prima che riportasse il capo verso l’alto, emettendo un lungo sospiro.
-Avete il mio stesso sangue nelle vene, non c’è che dire! – disse solo – Che ne dite di una cavalcata per sgranchirci le ossa, vostra maestà? – per quanto gli avesse detto di non chiamarlo mai con quei termini così riguardosi, Viserys ancora non si degnava di dargli retta, eppure non trovò alcun motivo per sembrare irriverente e negargli quella volontà.




 
Note dell’autore:
 
Ed eccoci anche con questo capitolo finalmente completo! Per chi ha aderito al gruppo su Facebook sapeva in anticipo che era questione di giorni e che lo avrei pubblicato entro il weekend, perché poi per due giorni sarò in trasferta e non avrò più internet sul pc.
Allora avviso già che purtroppo questo capitolo non ha poi molte immagini a cui mi sono ispirata, soprattutto nella seconda parte, ahimè è difficile trovare due uomini a cavallo che parlino assieme uno moro e l’altro biondo con una maschera sul volto. Ma la prima parte invece avrà due immagini che pubblicherò nel gruppo della Torre, così avrete modo di vedere la mia Elanon in versione adulta.
 
Questo capitolo è bello lunghetto eppure tutto sommato è composto da soli due pov: il primo quello di Elanon, una donna che attualmente serve casa Stark, ma che avete anche già scoperto in Tales e lì serviva un’altra casata (gli Hornwood, vi ricordo) capirete meglio il perché lei era lì. Qui in particolare parla di qualcosa che riguarda il suo passato, del suo rapporto con Benjen e con Lyanna, e fa anche delle considerazioni su Jon e sul suo assomigliare al principe Targaryen, che non ci vuole una cima a capire che era il padre del ragazzo.
Ma svela anche ciò che Viserys le ha chiesto di fare per lei. E questo segreto però sembra già essere stato scoperto anche da Benjen che si comporta in modo abbastanza bizzarro, irritandosi pesantemente per come lei si sta comportando. Una situazione di tensione che poi finire quando il ranger se ne va.
 
Il secondo momento invece vede protagonisti Jonny caro e papino che dialogano a cavallo. Viserys si accorge dei pensieri che affliggono la mente di suo figlio e comincia a distrarlo, ma poi il discorso cade sul Tridente ed è un attimo che la situazione si ribalti, ma un uomo empatico come lui non può che trovare ancora un modo per riottenere la sua attenzione.
 
L’unica cosa su cui vi chiedo di riflettere è come reagisce al modo in cui Jon parla di suo padre. Ovviamente essendo pov di Jon, non ho potuto mostrare appieno ciò che ha sentito Rhaegar in quel preciso istante, ma diciamo che se lo uccideva era forse meglio. Eppure col cuore gonfio di dolore il principe continua a stargli affianco e consigliarlo ugualmente. Ricordatevi però questo dettaglio, perché poi Viserys vi tornerà nuovamente alla carica per fargli cambiare idea e cercare di comprendere perchè al ragazzo non sia stato detto qualcosa in più sul padre.
 
Per ora è tutto, ringrazio tutti i miei lettori, coloro che mi recensiscono sono sempre bene accetti, dandomi modo di capire ciò che apprezzano maggiormente del mio operato.
Un saluto particolare alle Ladies della Torre che mi riempiono la giornata di immagini, video e post e chi ancora non l’avesse fatto entri nel gruppo, è un piacere avere tutti i giorni la vostra presenza costante, mi sembra quasi appartene ad una grande famiglia! Ieri è stata una giornata molto attiva e Arthur Dayne ha sbaragliato su tutti da quello che ho capito, distraendomi di continuo sulla storyline di Elanon, quindi se per caso ho scritto che sbavava o che perdeva acqua da rubinetti improvvisati, sappiate che è tutta colpa vostra!

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Capitolo 49
*** Il Concilio Ristretto ***


Daenerys e Rhaegar avevano lasciato Roccia del Drago solcando i cieli con Drogon e Rhaegal due ore dopo l’alba. Fortunatamente quella mattina il tempo sembrava essere migliorato e le nubi avevano lasciato la Baia delle Acque Nere per imperversare nel Golfo dei Naufraghi sulle coste di Capo Tempesta. Rhaegar guardò le nubi spostarsi a sud in quel cielo amaranto che tanto gli rammentava momenti felici assieme alla sua lady e ai suoi amici. Un amaro pensiero lo invase, irritandolo all’idea che la tormenta non fosse ancora passata. Mettiti l’anima in pace Robert, e torna a casa tua! Pensava a lui come ad un demonio dei cieli ormai, se solo lo avesse ascoltato… Non osare opporti ancora a me! E non ti azzardare a seguirmi al nord: questa volta non proverò a rubarti nulla… anzi, andrò solo a riprendermi, ciò che mi appartiene!
Raggiunsero la terra ferma, sorvolando la Fortezza Rossa, ma all’improvviso Dany cambiò direzione, spingendo il drago nero verso nord-ovest, e oltrepassando così l’intera città. Rhaegar portò la sua cavalcatura nella stessa rotta, intuendo quale fosse la sua meta. Conosceva quella città come le sue tasche. Per lunghi anni l’aveva guardata dal Fortino di Maegor, prima di scendere tra quelle strade e cominciare a confondersi tra il popolo, nascosto da un mantello informale e anonimo, armato solo della sua arpa e accompagnato solamente da una delle sue guardie… Tristi pensieri lo colsero e per un solo attimo si pentì di essere tornato. Ma quando i suoi occhi si posarono su quelli speranzosi di sua sorella, ogni più forte dubbio svanì.
 
Erano passate diverse settimane. Si era chiuso ancora in un castello solitario; lo stesso da cui un tempo era fuggito, lasciando lì ciò che più aveva di caro e una parte di sé che non riusciva nemmeno a considerare sua. Erano stati tempi difficili quelli. Il litigio con Arthur ora sembrava non avere alcun solido fondamento, quanto sciocco era stato all’epoca! L’irritazione che l’aveva colto dopo quella prima notte con Elia e il suo continuo umiliarlo nei mesi a seguire, lo aveva abbattuto ulteriormente. Aveva cercato in tutte le maniere di trovare un rimedio, ma le sabbie del tempo scorrevano e la data del parto sarebbe arrivata puntuale come previsto dai maestri. Si era ritrovato ad essere padre, quando ancora non si riusciva ad essere un buon marito. Non era ancora pronto. Tutto quello che negli anni si era prefissato, era andato in fumo in un solo istante; era bastato un nome pronunciato nel momento sbagliato, un’invocazione verso una terza persona che non era con loro in quel frangente, o meglio, lo era perché la sua luce sarebbe rimasta costante e fissa e li continuava a dividere, ma anche ad unirli… Tutto questo però ancora non poteva saperlo. In quel lasso di tempo si era sentiva solo, abbandonato, svilito e furente col suo migliore amico e con sua moglie; un uomo leale e valido che aveva tradito la sua fiducia e una donna che non gli era mai appartenuta, proprio come non sentiva di appartenere a quel piccolo esserino dai capelli neri e dal faccino tondo; un’anima innocente che da sola avrebbe trovato un modo per illuminare le giornate di tutti loro.
Si accorse che stranamente le sensazioni di smarrimento e solitudine che aveva provato allora, erano le stesse di adesso, solo che ora poteva avercela unicamente con se stesso.
 
Non aveva più cavalcato il drago verde da quando era tornato a Dragonstone, ma Rhaegal non sembrava averlo dimenticato la mattina della partenza verso King’s Landing. Si era presentato al suo richiamo atterrando sulla spiaggia dalla rabbia ramata e lo attendeva. Non pareva essere nemmeno sminuita l’intesa tra loro. In volo gli aveva dato una pacca sul collo e lui in tutta risposta aveva alzato il capo e aveva aumentato i battiti delle ali con più foga per accostarsi a Drogon, che si era voltato con irritazione, emettendo un ruggito e scoraggiando così l’idea di superarlo.
Il drago nero era due volte più grosso del suo e sembrava voler dominare sui suoi fratelli con selvaggia ferocia. Nella mente Rhaegar sperò che Daenerys fosse in grado di tenere sempre a bada una bestia del genere, ma in quel momento non gli fece presente quelle riflessioni. Preferì tenere per sé, ogni turbamento: il suo incarico era ripreso, sua sorella aveva bisogno di consigli e di appoggio, e prima di scoraggiarla ulteriormente con altri terrori, voleva conoscere la situazione in cui versava il loro regno. Rhaegal mosse il capo, come ad attirare nuovamente la sua attenzione e ancora il principe si ritrovò a coccolarlo.
Amico mio, fra poco avremmo una missione tutta nostra… Non ho la mia stella fortunata ad illuminare il mio cammino e mai più la luce risplenderà le mie notti… tu sei l’unico sostegno che mi rimane… resterai dunque al fianco di questo misero uomo? Il drago sembrò averlo capito e schioccò le fauci per aumentare la velocità. Rhaegar sentì il vento tornare a sferzargli i capelli e il lungo mantello scarlatto. Indossò la maschera che avrebbe celato il suo volto per un’altra volta, sperando fosse l’ultima. Con essa indossò anche la cosciente constatazione che l’esilio, che si era auto inflitto, era giunto al termine.
 
Di fronte a loro si ergeva l’immensa collina di Rhaenys, con le rovine della Fossa dei Draghi sulla sua sommità. Vi erano alcuni uomini intenti a erigere degli alti pali di legno e numerosi carri di pietre e legname. Rhaegar diede una rapida occhiata a tutto ciò prima di postare la sua attenzione verso sua sorella, con fare interrogativo, ma astutamente sveglio.
-Hai intenzione di far ricostruire la Fossa dei Draghi? – le domandò attonito.
-Quella sarebbe la mia intenzione. – affermò lei con un’amara delusione negli occhi.
-Lo sai vero che questo fu il primo passo per la disfatta della nostra stirpe? – la informò, Dany gli rispose con un’espressione costernata e annuì col capo.
-Il giorno che i Targaryen rinchiusero i loro draghi dentro questa arena, fu l’inizio della fine per noi. –
-Erano le creature più maestose e più pericolose che esistessero. Ogni lord ne aveva timore, ogni lord ne aveva rispetto. Aegon il Conquistatore credette che segregarli qui e mostrarli ai suoi nemici fosse il modo per incutere la paura nei Sette Regni, assicurandosi la fiducia e la lealtà dei suoi vassalli… ma non fu così. I draghi rinchiusi persero la loro peculiarità e la loro ferocia. Divennero sempre più piccoli e sempre più deboli, fino a ridursi alle dimensioni di un banale cane e ad avere artigli e fauci quanto mai inefficaci… forse un gatto randagio poteva addirittura avere la meglio con uno di quei piccoli esemplari. – Rhaegar la guardò profondamente assorta nell’ammirazione di Drogon che si ripuliva un’ala come avrebbe fatto un’innocente fringuello – vuoi che perdano la loro natura? Vuoi tappare loro le ali? –
-Voglio evitare che accada ciò che è successo a Meeren! – sbottò Dany col cuore dolorante. Rhaegar comprese il suo stato emotivo.
-Allora fai comprendere loro chi comanda. – disse perentorio – mostrati superiore, mostrati sicura di te. Drogon ti rispetta, altrimenti non ti avrebbe permesso di respirare ancora. Fagli capire che non deve procacciarsi il cibo, mangiando la gente del tuo popolo, né il loro bestiame. –
-Non posso semplicemente ordinarglielo. Non è un mio suddito. – si lamentò la giovane regina affranta e costernata.
-No. – confermò Rhaegar – non lo è. Drogon per te è un figlio, è un tuo pari, è una parte di te, come tu lo sei di lui. – continuò serio, alzando una mano che il drago verde intercettò col suo muso – Ho instaurato un forte legame con Rhaegal – disse ancora – non so il motivo per cui lui abbia scelto me, né perché io mi senta spinto verso di lui… - si fermò a fissare quegli occhi splendenti come il bronzo liquido – a parte il nome, ovviamente, che condividiamo – sorrise e il drago sembrò emettere un rumore simile alle fusa dei gatti, solamente più profondo e roco – ma a Dragonstone gli ho severamente vietato di andare a procacciarsi il cibo nelle isole limitrofe abitate o nelle coste del continente. L’ho ammonito di non incendiare villaggi, o di mangiare persone o distruggere coltivazioni e mandrie d’allevamento. Probabilmente non è indisciplinato come Drogon, di questo te ne do atto, ma mi ha ascoltato. Si è nutrito esclusivamente di pesci, crostacei e gabbiani. A volte tornava verso il Mare Stretto, spingendosi nuovamente a est, ma sentivo che non era mai troppo lontano. Sono più che certo che non sia mai giunto alle coste di Essos. –
-Sei riuscito ad importi su un drago? – Dany guardò prima lui, poi il suo drago e solo dopo Drogon.
-Non userei quella terminologia. – precisò Rhaegar – direi piuttosto che ho solamente provveduto a consigliarlo, indirizzandolo verso una strada più pacifica per entrambi. – sua sorella rimase a fissarlo, interessata a quel suo discorso. Nei suoi occhi una luce di meraviglia e ammirazione. Rhagear distolse lo sguardo, riconoscendo in lei la stessa stima che troppa gente aveva avuto nei suoi riguardi… nessuno di loro era però sopravvissuto. Non voleva lo stesso destino anche per lei; lei che era riuscita, da sola, a sopravvivere a tutto e ad arrivare fino a lì.
 
Drogon planò senza mostrare il minimo interesse ad una muretta di pietra, che cedette sul suo peso. Rhaegal invece mostrò più prudenza, quando decise di planare in uno spiazzo d’erba al suo fianco.
Dany e Viserys scesero dalle loro cavalcature e raggiunsero la portantina che li attendeva. Sei guerrieri dothraki la scortavano, Ser Barristan in prima fila. Fece loro un cenno col capo appena li vide, sorridendo al ritorno del Principe Drago sulla terra ferma. Un altro sopravvissuto… sentì una fitta al cuore e si portò una mano sul petto Non adesso, Rhaegar! Si impose di cacciare indietro ogni più tetra angoscia. Presero la strada per la collina di Aegon, percorrendo le vie della città che portavano verso le mura di quella fortezza piena di ricordi. Rhaegar cercò di accantonare i brutti pensieri… e di rimembrare solo quelli belli. Eppure una malinconica tristezza lo invase ugualmente. Sua sorella gli mise una mano sulla sua e appoggiò il capo sulla sua spalla. Aveva ancora bisogno di lui, non poteva deluderla.
Entrarono all’interno della Fortezza Rossa, mentre il cortile delle scaglie d’oro si mostrava ai suoi occhi. Era molto simile a come lo rammentava un tempo. Gli alti colonnati di marmo rosa, le siepi sulla destra che li separavano dall’angolo più estremo del giardino purpureo, i portici interrotti dalle vetrate o dalle statue… ora raffiguranti mezzi busti di cervi… o i rosoni con al centro volti felini. Baratheon e Lannister… due tra le casate maggiori esistenti un tempo, erano riuscite a far inginocchiare ed estinguere delle creature tre volte più pericolose… ma anche tre volte più indebolite. I draghi avevano perso credibilità da troppi anni. Aegon V era stato un bravo re, aveva affrontato innumerevoli complicazioni: ribellioni, carestie, un inverno lungo sei anni... la delusione di vedere i suoi figli declinare i matrimoni combinati che lui aveva prefissato per assicurarsi un futuro roseo per la loro casata… ma gli dei si sono beffati di lui. Ogni unione che aveva precedentemente fissato, venne inesorabilmente annullata. Rhaegar annuì mentalmente a quel pensiero. Esattamente come aveva fatto Aegon V, che si era sposato per amore, anche i suoi figli desideravano lo stesso. Dunkan e Jaehaerys avevano scelto delle donne diverse da quelle prefissate, se ne erano innamorati e le avevano sposate. Aegon si era ritrovato ad accettare quei matrimoni controvoglia. Rifugiandosi unicamente nella speranza di sistemare ogni dissenso, ricercando un modo per riportare alla vita i draghi, restituendo anche alla loro casata l’antico splendore di un tempo. Aveva cominciato a fissarsi sulle profezie, facendola diventare quasi un’ossessione e questo aveva portato invece alla disfatta quasi totale del loro nome. Era venuto poi suo nonno Jaehaerys, secondogenito di Aegon V, anche se aveva regnato per poco tempo il suo regno fu armonioso. Alla sua morte gli succedette Aerys II, suo padre… che riuscì a vanificare ogni buon proposito creato prima di lui, sputando in faccia ad ogni vassallo calunnie gratuite, facendosi plagiare dalle lady accattivanti e arriviste, avvilendo ogni uomo al suo servizio. Aveva grandi idee, che però restavano tali, senza mai metterle in pratica, annoiandosi in fretta di ogni sorta di distrazione o passione, e rendendosi sempre più uno zimbello alla luce degli sguardi della gente di tutto il regno. Trascurava perfino la sua stessa famiglia; umiliava sua moglie, disprezzava e ignorava ogni innocente o giusto pensiero di suo figlio… il suo unico erede per ben diciassette anni… prima dell’arrivo di Viserys.
Aerys II era stata la piaga peggiore che i Sette Regni potessero mai pensare di avere e lui non era riuscito a far nulla per evitarlo…
Quelle erano state le riflessioni che gli attraverono la mente, mentre varcava, al fianco di sua sorella, la soglia della sala del consiglio, dove un tempo si teneva il Concilio Ristretto. E a quanto pareva sua sorella stava cercando di mantenere viva quella tradizione. Al lungo tavolo erano già seduti i componenti di quel nuovo regime. Appena li videro entrare, si alzarono tutti in piedi e porsero inchini nella loro direzione.
-Regina Daenerys, siete già qui? – Tyrion Lannister, con un elegante farsetto rosso e oro, mostrò un’espressione felicemente sorpresa – è una gioia rivedervi… entrambi! – aggiunse allargando le braccia e rivolgendosi anche a lui – Avete fatto buon viaggio? Prego, accomodatevi! – li accolse con affetto e, alzandosi, fece posto a sua sorella a capotavola, ma la regina sollevò una mano per declinare l’offerta. Prese invece una sedia accostata alla parete e si sedette nella parte opposta, invitando suo fratello a fare altrettanto. Viserys si sedette al suo fianco.
-Principe Viserys è un piacere riavervi con noi. – gli sorrise il nano. Lui gli rispose con un sorriso tirato, notando la spilla della mano del re sul suo petto. Dany l’aveva investito del titolo di primo cavaliere, ancora quando risiedevano a Meeren, ma fino ad ora, il nano non aveva mai avuto modo di poter sfoggiare quell’emblema ufficialmente, nemmeno a Dorne, anche se non si era limitato a dispensare consigli alla giovane sovrana costantemente.
Ser Barristan Selmy prese posto dopo di lui. Viserys ebbe appena un moto di sollievo nel sentirlo così vicino. Era un piccolo gesto di un uomo che aveva sempre mostrato per lui gentilezza e lealtà, restando ad una garbata distanza. Barristan non era mai stato come il principe Lewyn, né come Jon Darry o Oswell Whent… e nemmeno come Arthur. Nessuno era come Arthur.
Tornò ad osservare l’armatura che lo rivestiva. Sulla spalla placcata di bianco, spiccava la mostreggiatura del Lord Comandante della Guardia Reale, gli era stata riconsegnata quell’investitura meritata nel regno dell’Usurpatore, ma diversamente da com’era stato, al momento mancava una vera e propria guardia reale, sostituita invece dai cavalieri del sangue dothraki e alcuni immacolati. Lo scopo era quello di trovare dei degni cavalieri che prendessero quel ruolo, ma al momento l’onore di quel titolo non era ancora stato preso in considerazione né dalla regina, né da Barristan stesso. Rhaegar non ne era del tutto contrario, fintanto che la situazione nei regni non fosse diventata stabile, sarebbe stato difficile sapere di quali famiglia potersi contare davvero o di chi diffidare.
Barristan non sarebbe mai stato Gerold Hightower, ma era comunque un abile ed eroico guerriero che per anni aveva servito la casa Targaryen. Era stato al servizio di suo nonno Jaehaerys, di suo padre Aerys e avrebbe seguito pure lui, una volta divenuto re, ma così non era stato… eppure quando la situazione glielo aveva permesso era scappato dal malgoverno Baratheon, sopraffatto dai Lannister, per tornare a servire i draghi. Ed eccolo lì, un uomo anziano, un guerriero implacabile che ancora una volta aveva messo la spada al servizio di un sovrano… ma questa volta era stata una sua scelta, non un’imposizione dovuta da un giuramento a vita.
Spostò la sua attenzione sugli altri componenti. Tra essi riconobbe Ellaria Sand. La donna teneva le mani incrociate di fronte a sé, continuando a fissare la sua maschera con aria sottile e implacabile. Lei era tra i pochi che oramai conoscevano il suo segreto, ma sapevano che non potevano svelarlo a terzi, e che non era facile averla vinta coi draghi. Rhaegar riconobbe in quello sguardo tutto l’odio nei suoi confronti. Quegli occhi cercavano vendetta per la morte di Oberyn e anche per quella di Elia e i suoi figli. Ma anche in lui la sete di vendetta non si era ancora placata, a questo punto però, tutti i responsabili erano morti… Non gli rimaneva più niente su cui affondare la lama, se non un fantoccio pieno di paglia. Arthur… se solo ci fossi tu a punzecchiarmi coi tuoi modi arroganti e canzonatori… Avresti perdonato la mia inettitudine? Ti ho deluso: ti avevo promesso che lei sarebbe stata al sicuro lì… si trattenne dal prendere il capo con entrambe le mani, affondando le dita tra i sottili capelli argentei Sarei stato io a chiederti di duellare, o saresti stato tu a sfogare su di me ogni angoscia? Qualcosa gli diceva che era più probabile che fosse la seconda ipotesi e non era nemmeno sicuro di poterne uscire indenne da quell’incontro immaginario.
I suoi occhi indugiarono ancora sui presenti a quella tavola e fu sorpreso di trovare seduto a anche un uomo dai capelli biondo argento… un pensiero involontario andò al giovane che si era finto Aegon Targaryen e si domandò dove fosse in quel momento. Appena usciamo di qui, lo domanderò a Dany. Ho fatto una promessa a suo padre… lo amava più della sua stessa vita, e ha dovuto compiere enormi sacrifici… l’ho già deluso una volta, non lo deluderò ancora…
Daenerys attirò poi la sua attenzione, mettendogli una mano sul braccio e presentandogli coloro che non conosceva.
-Lei è Olenna Tyrell, signora di Alto Giardino. L’ho investita del titolo di Maestro del Conio. È colei che finanzierà il Trono di Spade, fintanto che il mio regno e i miei forzieri non saranno risanati. Fino ad ora è rimasta sempre protetta tra le mura del suo castello, a Highgarden, dato che la precedente regina dei Sette Regni, ha ucciso tutta la sua famiglia. Non potrò mai restituirle quanto le ha privato, ma spero vivamente di essere in grado di ridarle il giusto ruolo che merita. –
-Oh, mia regina penso saranno certo più lungimiranti i miei consigli, piuttosto che le parole uscite dalla bocca di tutti questi bambinetti qui presenti. Ero già una donna adulta, quando loro ancora succhiavano il latte dal seno delle loro madri. – Rhaegar scrutò in quegli occhi porcini e riconobbe la donna che era un tempo. La rammentava molto bene. Era la madre di Mace Tyrell, e veniva anche chiamata Regina di Spine. La regina Rhaella non aveva mai amato la sua troppa acutezza ed il modo in cui spesso si rivolgeva alla gente, ma tutto sommato era una donna che aveva un piccato carattere, un carisma innegabile che sia lui, che sua madre, avevano sempre ammirato e stimato. Era forte, caparbia e dall’animo combattivo, un’abile stratega e una donna che proteggeva la sua stirpe più di ogni altra cosa. Sapeva il fatto suo ed era sempre stata lei a comandare in segreto Highgarden, sia quando era lord marito e pure quando quel titolo lo prese suo figlio. Ora aveva trovato un modo per allungare le sue nodose radici spinose anche fino alla capitale. Per quanto Rhaegar la rispettasse, sentiva che doveva dubitare della sua fiducia e tenersi pronto ad ogni eventualità. Ora aveva molto più lei da perdere che loro, gli mancava una degna successione e gli mancava tempo. Era anziana e non più in età fertile da troppi anni. Chi avrebbe preso Highgarden una volta che gli dei l’avrebbero chiamata nel loro regno? Eppure una parte di lui sapeva che quella donna era comunque in vantaggio. I Sette Regni la conoscevano e lei conosceva ogni lord che li abitava. Né lui, né sua sorella potevano competere con questo appoggio: loro erano visti solamente come degli stranieri. Chi avrebbero seguito i lord e i cavalieri del continente tra una lady nata e vissuta a Westeros, oppure due figli di un folle, esiliati e vissuti lontano per quasi vent’anni?
-Lui invece è Ser Jorah Mormont, il cavaliere che mi ha affiancato nelle lande dothraki e mi è stato molto fedele. – era l’unico uomo che si era tenuto in disparte. Non sedeva con loro alla tavola – è giunto un corvo dalla Cittadella, avevo richiesto un maestro che potesse prendere parte di questo concilio. Ancora non mi hanno dato una risposta, così ho incaricato Ser Jorah di recarsi lì. – Rhaegar non fu tranquillo a quelle parole, ma fece finta di niente. Non amava molto i maestri della Cittadella; avevano per anni boicottato i Sette Regni, convincendo lord a stipulare alleanze o a farle finire, per mantenere un clima di costante tensione nel regno. E il gran Maestro Pycelle si era dimostrato alla fine per quello che era, un uomo corrotto e sleale, proprio come i suoi sospetti lo avevano convinto negli anni che era vissuto alla Fortezza. Il falso era la terminologia che il principe Lewyn era solito usare per riferirsi a lui… niente di più azzeccato, come sempre, Lewyn. Aveva sempre avuto ragione su tante cose… troppe. L’idea di averlo deluso gli strinse il cuore, ma la voce di sua sorella lo destò da quei pensieri.
-Lei la conosci già, ma non sai che ho dato ad Ellaria il titolo di Maestro dei Sussurri. – la dorniana portò lo sguardo verso di lui, ma si rivolse alla sua regina.
-Avrei già qualche sussurro da farvi in proposito… mio astro luminoso. – disse velenosa continuando a fissarlo, inclinando la testa lateralmente da una parte e dall’altra, come fosse un serpente –tradimenti e disonestà sono il vostro forte, mio principe, avreste dovuto prenderlo voi questo titolo. –
-Sono certo che una donna di Dorne abbia maggiori e molteplici possibilità di onorare quel seggio, meglio di chiunque altro in questa stanza. – le rispose a tono, tappandole la bocca.
-Ho invece affidato il ruolo di Maestro della Flotta a lui: il suo nome è Aurane Waters. L’idea me l’ha data proprio la cara Cersei Lannister. Prima di me fu lei a conferirgli questo incarico. – continuò, ignorando le parole di Ellaria – è un illegittimo della casa Velaryon, ma mi risulta che la sua famiglia sia sempre stata al servizio di Roccia del Drago. Credo abbia l’esperienza giusta, per comandare la nostra flotta, sei d’accordo? – Rhaegar annuì, Dany sorrise appena al ragazzo, il quale ricambiò per poi spostare lo sguardo verso il principe, mostrandosi al suo servizio.
-Affido la mia spada e la mia vita a voi. – si era alzato in piedi e aveva abbassato il busto in un inchino.
-Chi sono i tuoi genitori? – gli domandò lui freddo.
-Mia madre era la figlia di un pescatore. Veryon Velaryon era mio padre. Ero il fratellastro di Monford, e sono lo zio di per piccolo Monterys, attuale lord di Drifmark. – rispose gonfiano il petto. I suoi capelli biondo argento brillavano alla luce delle candele, i suoi occhi grigio verde brillavano come perle pregiate dei fondali marini – sono certo ricordiate mia zia Vanya. E’ stata al servizio della regina Rhaella per molto tempo come sua prima damigella. – Rhaegar annuì col capo, rammentava molto bene la donna. Divenne la dama su cui sua madre apponeva maggiore fiducia. Aveva un caro ricordo di lei… di quella splendida donna dai capelli talmente chiari da sembrare rugiada cangiante, ma anche dei continui schiaffi che Lewyn riceveva costantemente da lei.
-Una leale amica, direi piuttosto. Mi chiedo se possiamo fidarci di te alla stessa maniera. –
-Siete libero di dubitare, mio principe, d’altronde non ho potuto dimostrarvi ancora il mio valore. – si rimise eretto e si portò un pugno al petto – Ma sappiate che ho fatto quanto era in mio possesso per impedire a Cersei di impossessarsi di Roccia del Drago, rubandole le navi con aveva fatto costruire, spacciandomi per un pirata e tenendo in pugno la Baia delle Acque Nere, così che nessun’altra nave potesse giungere in loro soccorso. Ho tenuto distante il contingente che Euron Greyjoy le aveva inviato per tenervi testa. Hanno provato a prendere possesso dell’Isola del Drago, piuttosto che vederla in mani loro, avrei preferito insediarmi personalmente. – spostò gli occhi verso Tyrion – senza offesa, mio signore, ma un leone non può fingersi un drago. – il folletto si mostrò accondiscendente e gli riservò un sorriso finto. Il giovane quindi proseguì – sono felice che i Targaryen ne abbiano ripreso possesso. A nome della Casa Velaryon, vi offriamo i nostri servigi e la nostra lealtà. – si inchinò a lui e fece lo stesso verso sua sorella – questa è la lettera firmata da mio nipote, che esplicita quanto vi ho appena detto. –
Per quanto il suo sesto senso lo portava sempre a dubitare delle persone, non trovò alcun motivo per non accettare la sua onestà, lo stesso fece Dany rompendo il sigillo verde acqua col cavalluccio marino al centro, e accertandosi che le parole di quell’uomo fossero veritiere.
Osservandosi ancora attorno individuò anche Theon Greyjoy. Scoprì in seguito che era rimasto a King’s Landing come delegato della regina delle Isole di Pyke, per riferire a sua sorella Yara le decisioni della capitale.
 
L’ordine del giorno era la marcia verso nord, come già gli aveva accennato Dany a Roccia del Drago, ma prima bisognava riorganizzare gli eserciti, il denaro e soprattutto gli armamenti.
-Abbiamo un fabbro che ci possa già vendere la sua merce? – chiese la regina.
-Sua maestà, ho provveduto personalmente ad ordinare ad ogni maniscalco dell’Altopiano affinché si rimbocchi le maniche… - stava cominciando la regina di spine.
-Perdonatemi, se vi interrompo, Lady Olenna, ma la capitale ha già un uomo che fa al caso nostro. – Ser Barristan la bloccò bruscamente. La donna lo guardò accigliata e un ghigno scocciato si formò sulla sua bocca rugosa.
-Verme Grigio, fallo entrare. – ordinò al giovane immacolato.
Il guerriero lasciò la stanza solo per qualche istante prima di ricomparire. Afferrava per un braccio un giovane uomo dalla grossa stazza. Tutti i presenti rimasero a fissarlo con curiosità, senza mostrare nessun particolare interesse. Tutti tranne Rhaegar che si alzò in piedi e lo fissò incredulo. Com’è possibile? Era un ragazzo alto e molto muscoloso. Aveva folti capelli neri e gli occhi azzurri. Per un attimo credette che Robert Baratheon fosse tornato tra di loro, ma sapeva che si stava sbagliando. L’uomo che portava quel nome, e con il quale aveva combattuto sul Tridente per la donna che entrambi amavano, era vissuto ancora una quindicina d’anni e dalle descrizioni di Tyrion e Barristan non aveva più quell’aspetto giovane e aitante da molto tempo ormai. Rhaegar tornò a sedersi, mentre il giovane continuava ad avvicinarsi al tavolo con aria sempre più titubante. Nelle sue mani c’era un pacco tutto accartocciato da cui si intravvedeva dell’acciaio. Dany osservò sorpresa quel suo strano comportamento. “Cosa ti prende?” gli sussurrò preoccupata all’orecchio “Ne parliamo dopo…” mormorò lui di rimando.
Ser Barristan presentò loro quel ragazzo col nome di Gendry. Era stato un apprendista fabbro presso una bottega di King’s Landing, per poi diventare lui stesso un maniscalco. Ora gestiva un emporio tutto suo e si era fatto una certa fama. Quando il lord comandante gli fece cenno, il giovane sciolse il cordino che teneva legato il pacco e liberò le armi che aveva portato, mostrando la raffinata fattura del suo lavoro, ma tenne un’arma ancora celata nella stoffa, conservandola accanto a sé.
Era innegabilmente bravo, non c’era poi molto da criticare. Il principe Lewyn era molto selettivo quando si trattava di arte in ogni sua forma, ma nemmeno lui, col simpatico titolo di demolitore, nella sua giornata peggiore, avrebbe potuto distruggere verbalmente le sue opere.
 
 
 
 
Tutti si passarono le varie lame e le osservarono incuriositi. Poi il giovane si avvicinò alla regina e le consegnò l’arma che ancora non aveva mostrato. Daenerys spostò il suo sguardo dal giovane all’elsa della spada, ancora all’interno del fodero. Vi era un drago attorcigliato attorno all’impugnatura e sul pomo le sue fauci spalancate racchiudevano un grosso rubino come se fossero le fiamme che stava emettendo. La regina era restia a toccare quella spada, lei non aveva mai neanche impugnato un’arma. Non voleva sembrare una completa inesperta, ma quello era ciò che era. Si pentì di non aver mai provato ad imparare a combattere, ma non sapeva se quello fosse mai potuto essere tra i compiti di una regina. Forse un tempo le donne Targaryen erano tutte delle ottime guerriere. Visenya e Rhaenys furono le prime combattenti della loro famiglia. Loro sì che sapevano come si impugnava una spada, Visenya sicuramente. Osservò per un istante la maschera di suo fratello oltre la daga. Lui era ammirato dalla fattura del pomo e notò che aveva anche spostato lo sguardo verso il fodero. Era tutto ricoperto di scaglie argento dorate laccate di rosso. Vi erano anche incisi due draghi d’oro rosso sulla cima proprio dove l’elsa si appoggiava. Gendry continuava a guardare esitante la regina e lei cercò con lo sguardo quello di Viserys, il quale mosse appena il capo come a incitarla ad estrarre quella spada. Daenerys allora mise la mano sull’elsa, curvò le sue dita, seguendo la forma dell’impugnatura dorata e tirò verso di sé l’arma, mostrando la lama perfettamente affilata e lucida. Notò che era abbastanza sottile e molto leggera.
-Vi piace, mia regina? – chiese il giovane con garbo. Aveva una voce molto roca, ma gli uscì come un sussurro.
-E’… magnifica. – disse lei senza sapere se quell’aggettivo poteva davvero descrivere una spada. Rhaegar notò le sue incertezze, oltre che il modo stravagante con cui la stava impugnando, anche nel suo sguardo era palese una notevole perplessità, e volle aiutarla a levarsi da quell’impiccio.
-Lascia che l’ammiri pure io, sorellina! – e gliela prese dalle mani con delicatezza. Dany fu sollevata nel passargliela. Lo vide, mentre provava a osservare la linea della lama e la fattura elegante del pomo.
-Decisamente un lavoro ragguardevole! Avete del talento mastro Gendry. Posso conoscere il nome della vostra famiglia? – gli chiese rimanendo concentrato sul filo della spada. Il ragazzo però rimase un po’ interdetto a quella domanda.
-Mi dispiace mio signore, io sono solo Gendry, mia madre e morta quando ero piccolo. Il nome di mio padre non lo conosco. – tenne lo sguardo basso nel dire quelle parole, ma quando poi riposò lo sguardo sulla sua maschera, Rhaegar scorse un leggero fulmine passargli attraverso. Mi sta mentendo. Lo sa… ma pare che preferisca inchinarsi ad un drago piuttosto che combatterlo. E’ diverso da suo padre. Pensò sospirando mesto.
-Sei bravo anche con le armature? – volle provare a dargli credito ancora. Se avevano perdonato i Lannister, perché non fare altrettanto coi Baratheon, o quello che ne restava?
-Certo, mio signore. – rispose sicuro – E ho maestria anche a forgiare elmi personalizzati. – spiegò il giovane. Il principe lo guardò meravigliato, un maggiore interesse lo colse a quel dire.
-Se ti facessi avere un disegno dell’armatura che ho in mente, provvederai a realizzarla per me? – chiese.
-Con grande piacere, sarà un onore servire la nuova dinastia dei Draghi. – sembrava sincero, nei suoi occhi non vi era la stessa luce che aveva scorto in quelli di Robert. Rhaegar annuì, poi osservò sua sorella. La giovane capì da quello sguardo che lui sarebbe divenuto d’ora in avanti il loro fornitore ufficiale, così lo mise agli atti.




Note dell’autore:
 
Ed eccoci nuovamente a parlare del passato dei Draghi a sud, prima di raggiungere Jon e Lyanna. Come potete capire questo è solo un capitolo di passaggio, ci sono pochi dialoghi importanti, solo più una presentazione dei vari personaggi che stanno alla capitale con Daenerys. Rhaegar li incontra per la prima volta e prende atto della situazione, che tutto sommato è anche ben gestita, anche se non sa di chi fidarsi di tutti loro.
Mi piace lo smacco che da a Ellaria, la zittisce in poche parole…  della serie chi vuole intendere intenda! Ahahahah!
E poi sorpresone finale Gendry entra in scena e si mette al servizio dei draghi. Un fatto molto strano, ma non proprio strano se si pensa che Cersei stava arrivando ad essere talmente pericolosa che l’idea di avere nuovamente i draghi al governo non spaventa più.
 
E niente, nel prossimo vedremo un dialogo tra Rhaegar e Dany, dove il primo le spiegherà meglio la sua strana reazione quando il giovane figlio di Robert è entrato, vi ricordo che Dany non ha mai visto Robert quindi non può sapere chi sia Gendry.
 
Ringrazio chi si è iscritto nell’ultimo periodo al gruppo su FB, al calore che mi continuate a dare coi post (spero che anche i miei vi piacciano) alle discussioni che nascono, alle immagini che condividete e ai nomi dei draghi che hanno fatto ridere questa settimana! Ho deciso di pubblicare oggi perché domani so già che mi scioccherete con qualche immagine compromettente!
Nei prossimi giorni pubblicherò come di consueto le immagini relative ad alcuni pezzi di questo capitolo e andrò avanti anche con le dame di Elia, promesso!

Un caldo abbraccio anche a tutti voi che mi leggete e mi recensite! Mi auguro che questo capitolo vi possa piacere ugualmente anche se non prosegue molto con la storia, ma sappiate che anche quelli del passato ora cominceranno ad avere dei misteri che in futuro verranno svelati!


 

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Capitolo 50
*** Minacce e Sentimenti ***


Lyanna non era per niente felice che suo figlio trascorresse così tanto tempo con Daenerys e Viserys; solo, in loro compagnia. Ma d’altra parte non poteva certo impedirgli di conoscere anche quel lato del suo essere, quella parte mancante che lei non era mai riuscita a colmare, perché lei era unicamente ghiaccio, suo figlio invece era ghiaccio e fuoco. Non poteva aiutarlo a riempire quella metà con ciò che non le apparteneva. Jon era parte integrale di un qualcosa di molto più grande… ma oramai chi poteva indirizzarlo per la strada giusta?
Emise un sospiro all’idea che evidentemente il fato aveva deciso di posizionarlo già nel luogo più attiguo per cominciare quella battaglia. Non aveva importanza se lui fosse pronto, se lei ne soffrisse… se nessuno fosse lì ad aiutarli. Le pedine ormai era state collocate sulla scacchiera in attesa della prima mossa. E Lyanna sapeva che mancava davvero poco, il tempo che la mano scendesse a far muovere loro un passo… in avanti o in retro, era solo questione di prospettiva.
Ciò che l’affliggeva maggiormente era che lei non poteva stare al suo fianco sempre.
Ad esempio quando si allenava coi draghi: quello era uno dei momenti in cui Jon le aveva severamente vietato di partecipare. Sapeva che con lui c’erano sempre i due Targaryen, e ora più che mai, diffidava del nuovo principe drago, come ormai tutti avevano preso a chiamarlo… Rhaegar se almeno tu fossi qui, sarei più tranquilla. Posso davvero fidarmi dei tuoi fratelli?
Spesso e volentieri notava che Viserys si intratteneva volutamente con suo figlio e questo lo tollerava ancora meno, oltre a ciò vedeva che Jon aveva iniziato a socializzare con loro come se facessero parte della sua stessa famiglia… non che fosse interamente sbagliato, ma sentiva qualcosa di distorto in tutto ciò. E quel sentore se lo era visualizzato nella mente ormai come un chiaro ammonimento: “quei due lo stanno allontanando da me, dal suo essere lupo e dal suo nome di Stark. Combatterà ancora come vuole il suo destino? O i suoi occhi punteranno verso sud? E colpirà anche te, la stessa brama di potere che invase la mente di suo nonno?
Un tremore l’aveva colta, costringendola a stringersi maggiormente nella mantella grigio perla foderata di pelliccia argento sulle spalle. In quel pomeriggio il sole aveva mostrato la sua forza riuscendo a vincere sulle nuvole che lo circondavano. Coni di luce rischiaravano alcuni tratti del castello, ma non le davano fastidio agli occhi, mentre osservava il cortile dove suo figlio si stava allenando con l’arco. Arya era con lui, ridevano al centro della ragazza e Jon le stava tirando una pacca sulla spalla congratulandosi con lei per il bel tiro.
-Fateci vedere se la mira di un drago è letale come dicono. – la giovane aveva allungato un alto arco in direzione di Viserys che invece stava tranquillamente appoggiato ad una colonna di pietra, sotto al porticato. Lyanna non lo aveva potuto scorgere, dato che era esattamente sotto al camminamento dove si trovava lei.
-Non era mia intenzione interrompervi. – aveva affermato uscendo allo scoperto. Lyanna aveva osservato in silenzio i lunghi capelli raccolti in una treccia che gli partiva dal centro della fronte. Altre due laterali più piccole si collegavano a quella centrale. Un laccio univa tutte e tre e poi li lasciava scendere fino al fondoschiena. Altri lacci serravano la chioma in altri tre punti, trattenendo quella colata lunare serrata e composta. Era solito tenerli a quel modo quando doveva montare un drago, intuì quindi che doveva essere tornato da poco da un pattugliamento, e i sedimenti di ghiaccio sulle sue spalle ne erano la prova tangibile.
Facendo altre due falcate raggiunse i due giovani lupi, scrollandosi di dosso il gelo del viaggio. Arya ancora gli tendeva l’arco, guardandolo con aria di sfida. L’uomo le sorrise garbato e lo afferrò, abbassando il capo con fare rispettoso. La piccola lupa allargò gli angoli della bocca mostrando un audace ghigno.
-Due lupi contro un solo drago? –
-Milady, sarei onorato di partecipare… ma mi troverei in netto svantaggio senza il mio arco. – si era voltato, allargando le braccia e mostrando che con sé non c’era nessun altro.
-Vi tirate indietro dunque? – lo aveva provocato ancora lei. Lyanna ebbe un tuffo al cuore nel pensare che anche lei aveva sempre mostrato un carattere simile… anche ora il suo temperamento non era per niente cambiato. Viserys l’aveva fissata istigato e divertito, mentre Jon aveva passato lui un dardo.
-Vi conviene accettare la sfida, principe. – poi si era avvicinato al suo orecchio dicendogli qualcosa che portò Viserys a voltarsi e guardarlo in volto. I due uomini avevano sorriso, poco prima che lui incoccasse la freccia nella corda, tenendo l’arco ancora rivolto verso il basso.
-Aspettate. – Jon aveva portato il suo sguardo sulle braccia tese del principe e qualcosa lo spinse a battere le maniche del soprabito scuro. Diede due semplici pacche per far cadere altre placche di ghiaccio – Il gelo intirizzisce i movimenti… - aveva affermato quasi a volersi giustificare. Viserys lo lasciò fare, senza protestare – l’ho imparato alla Barriera. Se ti entra nelle ossa, perdi l’utilizzo di un arto, e ogni comando diventa faticosamente difficile da eseguire. – suo figlio aveva alzato gli occhi sulla maschera dell’uomo.
-Ecco perché noi andremo coi draghi in quei luoghi gelidi e inospitali. – aveva affermato.
-Già… - Jon aveva cercato di essere convincente, ma un turbamento lo aveva colto impreparato. Aveva osservato per caso la balaustra sopra alla quale lei stava e l’aveva messa a fuoco. Aveva mostrato un’espressione particolarmente sorpresa, ma in meno di una frazione di secondo si era trasformata in qualcosa di più serena e le aveva donato un sorriso, che lei aveva ricambiato. Anche Viserys l’aveva inquadrata alzando il volto, ma non la salutò, né lo fece lei. Restarono a fissarsi per un breve istante senza dire niente, prima che il principe alzasse l’arco e scoccasse la freccia. Un sibilo accompagnò la sua traiettoria prima di conficcarsi nel bersaglio di paglia con un tonfo sordo. Il dardo si era andato a posizionare al centro, affianco a quello lanciato in precedenza da suo figlio che vibrò per il contraccolpo. Due frecce l’una di fianco all’altra, una dal piumaggio chiaro, l’altra scuro… Antichi Dei, cosa state cercando di dirmi? Si chiese con un dolore nel petto.
-Figuriamoci se il principe-sempre-perfetto non sbagliava un colpo! – Arya affermò infastidita, ma si premurò di rispondere con la stessa foga da lui dimostrata, incoccando frettolosamente una freccia e prendendo la mira. Seppur la precisione di sua nipote fosse cosa indiscussa, il suo dardo era distante dagli altri due di almeno una spanna. Jon battè ugualmente le mani.
-Ottima mira, principe… Arya, come sempre non manchi un colpo, devi solo perfezionare la preparazione. –
-Sì, certo… resta il fatto che le mie frecce non sono precise come le tue… o le sue. – protestò – sarà che qualcuno ancora mi riserva il tono formale. – Viserys sorridendo le si avvicinò e le passò un’altra freccia.
-Se insisti tanto… lupetta dispettosa – lei gli mostrò la lingua, ma rise.
-Era anche ora. – convenne. Lui la invitò a riposizionarsi, aiutandola a prendere meglio la mira e correggendo la sua postura.
-Annulla ogni pensiero… ascolta il vento e l’ambiente che ti circonda. – le disse calmo, mentre le passava una mano sul davanti, schiacciandole il ventre – inspira l’aria e diventa parte di essa… - Arya ebbe un sussulto a quel tocco e lo guardò accigliata.
-Ha ragione. – affermò Jon approvando quei suggerimenti. Arya allora annuì e lo lasciò continuare.
-Prendi la mira con un occhio solo… ti aiuterà a concentrarti. – il suo tono di voce era basso e carezzevole. L’istinto di Lyanna le fece riportare alla mente il modo di fare di Rhaegar e le venne da immaginarsi la stessa identica scena, se in quel momento il volto di Viserys non fosse stato nascosto dalla maschera.
-Mi sono abituata troppo spesso ad usare le lame o i bastoni. Con essi però bisogna tenere entrambi gli occhi bene aperti… ma a volte mi allenavo anche con una benda sugli occhi. – la voce di sua nipote la fece distogliere da quei pensieri.
-Una spada è un’arma da attacco ravvicinato… devi scattare e agire senza perdere tempo, altrimenti potrebbe essere troppo tardi, ma anche un attacco improvvisato senza una precisa tecnica a volte risulta essere ugualmente valido. L’arco e le balestre sono invece utili nella distanza, lì hai tutto il tempo a tua disposizione per capire quando è il momento adatto per scoccare, ma la mira e la pazienza sono il tuo unico vantaggio. –
-Capito. – aveva emesso un profondo sospiro e si era impegnata ad eseguire i suoi consigli.
-Ora tendi di più l’arco… brava, così… - le disse piano, prima di fermare il suo movimento con una mano, portandole l’altra sull’altro braccio – senti che la tensione è troppa per le tue braccia? – le fece notare – se è eccessiva la forza che imprimi, le tue braccia verranno costrette a sostenere un stimolo spropositato e inutile. Non angariarle inutilmente, quel tremolio involontario che ne nasce, ti impedirà di imprimere la giusta precisione, col risultato di spostare la traiettoria della freccia. – Arya si lasciò quindi toccare da lui per sistemare la distanze delle braccia tra loro. Jon rimase a fissare il modo elegante e pacato che quell’uomo usava.
-Oltre a ciò che vi circonda, è bene che impari ad ascoltare il tuo stesso corpo. – si chinò, avvicinando il capo a quello della giovane, posizionandosi guancia a guancia.
-Detta così potrebbe essere interpretata in maniera un tantino diversa, mio principe. – Edric Dayne si era avvicinato a loro, salutando i presenti con un inchino rispettoso e facendo un occhiolino ad Arya – mi avevate fatto chiamare, se non erro? – disse poi rivolto direttamente a Viserys – Re Jon… - salutò anche suo figlio, nello sguardo un velo di rammarico. Probabilmente tormentato dal fatto di avere un fratello di latte e non potergli nemmeno parlare alla pari. Lyanna si ripromise di correggere quel suo comportamento: Jon ancora non aveva provveduto a sistemare le cose tra loro. A quella distanza però non potè che convincerti di quanto quella testolina bionda le ricordasse involontariamente l’uomo che era stato l’ultima Spada dell’Alba e che condivideva con quel ragazzo parte del suo sangue.
-Lord Dayne, avrei piacere di conferire privatamente con voi, ma prima vorrei finire la lezione… se non vi dispiace! – disse Viserys, senza mai staccarsi da Arya.
-Sia mai che facciamo attendere una donzella. – sorrise Edric ironico guardando la giovane Stark. Incrociò le braccia al petto e restò quindi in attesa. Jon lo fulminò con lo sguardo, prima di tornare a fissare i due ravvicinati tra loro. La ragazza nel frattempo stava facendo le smorfie al nuovo arrivato. Avevano instaurato un bel rapporto tra loro, a quando pareva e suo figlio non pareva apprezzarlo.
-Non farti distrarre, Arya. – Viserys la prese per le spalle e la costrinse a restare concentrata sulla sua mira – allo scadere del tempo scocca quella freccia e segui tutti i miei consigli. – le sussurrò piano – Tre… due… uno… - il dardo vibrò nell’aria roteando su se stesso e andando ad infilarsi esattamente tra le due frecce accostate tra loro, quella di Jon ebbe un leggero tremolio prima di staccarsi e cadere a terra, mentre quella di Viserys rimase salda.
Gli occhi di Arya si illuminarono, felicemente sorpresa dell’atto appena compiuto. L’euforia che la prese, la fece voltare, abbracciando l’uomo che l’aveva aiutata e provando a dargli addirittura un bacio sulla guancia, ma poi qualcosa la bloccò e tornò a prendere il suo consueto contegno.
-Credo di aver capito ora, principe perfetto, la prossima volta vi sfiderò a dovere, dato che ora voi battete in ritirata! – affermò maligna. Lui si limitò a sorridere, ma non sembrò affatto arrabbiato per quel modo sfacciato che aveva sua nipote, anzi pareva quasi essersi abituato a lei.
Arya si sistemò la casacca maschile che indossava e si girò verso suo cugino.
-Jon tocca a te, ora. – invitò il giovane che la guardava sconcertato. Lyanna era più che cerca che ad incuriosirlo non era tanto l’esito del tiro, ma il modo in cui aveva quasi dimostrato la sua gratitudine verso il principe.
-Tu poi mi spiegherai tante cosette, Arya. – puntualizzò il ragazzo alla cugina. Dal suo tono sembrava decisamente contrariato e forse anche geloso dalla maniera in cui la ragazza aveva preso ad atteggiarsi con la gente dell’altro sesso. Lyanna pensò che dopotutto fosse normale, anche lei aveva sempre avuto amicizie femminili, ma soprattutto maschili.
-Una volta Arya si atteggiava così solo con Jon. – la voce di Sansa l’aveva colta alla sprovvista – gli saltava addosso anche senza una ragione. Lo stuzzicava, lo sfidava e lo inseguiva dovunque. Era lui l’unico che baciava della famiglia. – sua nipote più grande era giunta alle sue spalle silenziosa e solo dopo aver parlato aveva appoggiato le mani sulla ringhiera – lui era il suo fratello preferito. Fin dal quanto era piccola ha sempre avuto una simpatia speciale per nostro… cugino. Quella che io vedevo maggiormente in Robb, era lui il fratello che incarnava il mio ideale di lord che un giorno avrei voluto come marito, ovviamente prima che giungesse la famiglia reale qui. – fece una pausa veloce, quasi si fosse pentita di aver detto quella cosa – Lei invece vedeva tutto ciò in Jon. –
Aveva emesso un lungo soffio dalla bocca, il suo alito si era condensato in una nuvola di vapore.
-Alla fine ha sempre avuto più giudizio di me. Oltre che una valutazione migliore della mia nel capire di quali persona c’era da fidarsi. –
Lyanna appoggiò una mano sopra la sua, ma non disse nulla, c’era un motivo che glielo impediva. Una ragione che ancora le faceva provare un moto di rabbia che avrebbe voluto sfogare con la spada, ma mai si sarebbe mostrata così di fronte a suo figlio. Si limitò a fissare il principe e il giovane lord Dayne, allontanarsi dal cortile, sparendo sotto l’ombra di un porticato.
 
Mancavano ancora diverse ore prima di mezzogiorno, quando si era imbattuta in una situazione del tutto inattesa, ma tutto sommato fin troppo familiare, in un mondo dove oramai ogni giorno poteva essere l’ultimo. Vivere sul filo del rasoio, portava le persone a desiderare ardentemente di soddisfare ogni più banale rimpianto ed era quindi fattibile imbattersi in ciò che le si era mostrato di fronte gratuitamente.
Era appena uscita dalla stanza di Sansa. La maggiore delle sue nipoti, ultimamente dormiva male ed era sempre agitata. Saltava i pasti e trascorreva la maggior parte del tempo libero nelle sue stanche a suo dire affaccendata con dei mestieri di ricamo, ma la verità era che usciva sempre con gli occhi più gonfi del normale. Quella mattina l’aveva fatta chiamare per svelarle alcuni inconfessati timori. La sua chiusura in se stessa era dovuta da un motivo: l’aver rivisto Sandor Clegane, le aveva risvegliato terribili paure del passato, quando ancora era vittima della tirannia dei Lannister. Lyanna inizialmente non aveva capito quale fosse la sua vera intenzione, era entrata nei suoi alloggi credendo di dover scegliere una stoffa per una nuova creazione, oppure per consigliarle quali gioielli indossare quel giorno, solitamente erano quelle le faccende incombenti per Sansa. Ma già quando aveva varcato la soglia e aveva potuto constatare le tende oscuranti non ancora tirate da parte, aveva compreso che qualcosa non andava. Si era inabissata in quella penombra, abituata com’era a quella particolare condizione, in cui versavano abitualmente anche i suoi alloggi.
L’aveva guardata. Seduta sul baule ai piedi del letto, con la testa appoggiata ad una colonna del baldacchino. Le mani a nascondere il volto. Le dava le spalle, ma a Lyanna non occorreva guardarla in faccia per capire quale fosse la sua espressione. Si era seduta al suo fianco e la giovane non aveva nemmeno atteso un istante prima di abbracciarla e cercare il suo conforto.
L’aveva fatta chiamare perché aveva bisogno di sfogarsi. Forse credeva che solo lei in quel castello avrebbe potuto comprenderla, malgrado ciò Lyanna non aveva saputo cosa dirle. In realtà non aveva suggerimenti da darle. Si era quindi limitata ad ascoltarla e ad infonderle il calore che una madre, o meglio una sorella, poteva darle, e che l’unica vera sorella che aveva, in quel momento non riusciva a fare.
Il loro rapporto era uno dei grossi problemi che avrebbe dovuto risolvere. Quando la neve cade e i venti gelidi soffiano, il lupo solitario perisce, ma il branco sopravvive. Ne era consapevole, ne era caduta vittima anche lei, ma non avrebbe permesso che anche la nuova generazione commettesse lo stesso errore. Dovete stare uniti!
Una volta passata la crisi, Lyanna aveva preso congedo, lasciando che le cameriere l’aiutassero a vestirsi solo dopo essersi assicurata che Sansa aveva ritrovato un po’ del suo colorito. Poi si era apprestata a raggiungere l’altra sua nipote, ma Arya non era nelle sue stanze.
Aveva allora sceso le scale a chiocciola, percorrendo la galleria dei riflessi di ghiaccio; una lunga serie di piccole aperture con grossi vetri a proteggere gli interni dal freddo pungente dell’inverno. Dalla parte opposta invece vi era un mosaico che rivestiva tutta la navata. Tra i vari tasselli dai colori freddi ce n’erano anche alcuni madreperlati o metallici che riflettevano la luce che attraversava i piccoli vetri e creava nell’aria una serie infinita di sottili coni di luce che rischiaravano tutto l’androne. Quando erano piccoli lei e Benjen erano soliti fingere che fossero delle spade nemiche da sconfiggere e duellavano, menando mestoli o bastoni finchè la vecchia Nan non arrivava a rimproverarli. Ogni anfratti di quel castello possedeva il suo baule di ricordi, bei ricordi, ma non poteva permettersi distrazioni in quel momento. Doveva trovare Arya e convincerla.
Affacciandosi per caso ad una delle finestre aveva intravisto sua nipote parlare con Harwin e alcuni altri uomini del nord. Si era prefissata quindi di raggiungere in fretta il cortile bianco, avvolgendosi nella sua stola di lana grigia, finemente lavorata con un soffice orlo in pizzo bianco, candido come la neve. Al centro svettavano ad intervalli regolari numerose roselline di fili di varie lane sulle tonalità del blu, cucite solo al centro permettendo ai petali di creare l’effetto tridimensionale. Era un dono semplice che Elanon le aveva fatto con le sue mani tornando al suo servizio. “So che non sarà come le splendide creazioni di Sansa, ma ti vedo spesso aggirarti nelle ore più fredde della notte, e ho pensato che una stola in più, ti potesse servire. Sappiamo entrambe quanto il gelo possa entrare nell’anima a volte, quando anche il fuoco scoppietta dentro di noi.” Quella frase non era detta a caso, Lyanna aveva ben capito a cosa si riferiva e osservando meglio la sua fattura, aveva notato che all’interno vi aveva messo uno strano imbottitura. Era completamente nera. Inizialmente pensava che fosse per coprire i punti delle roselline blu, ma girandola completamente e guardandola meglio, scoprì dei piccoli filamenti in lana rossa e arancione che ricreavano delle fiamme. Al centro esatto vi erano ricamate due lettere in argento. Aveva alzato il capo e sorriso con le lacrime agli occhi. Era stato un pensiero molto carino; Lyanna aveva stretto tra le sue braccia la sua vecchia amica. “Grazie Ela! La terrò sempre vicino a me, te lo prometto.” Le sfuggì un sorriso al pensiero, ma dovette tornare a concentrarsi in fretta su ciò che doveva fare in quel momento.
Per evitare inutili e fastidiosi incontri aveva preferito passare per i corridoi della servitù e vi aveva trovato ciò che mai avrebbe pensato.
Svoltato un angolo, era stata costretta a fermarsi per un fastidioso dolore al piede sinistro. Si era procurata una vescica durante il banchetto della sera precedente. Aveva danzato per due balli consecutivi, prima con Jon e poi col principe Viserys, con addosso quelle scarpette scomode. Il problema sussisteva nel fatto che non le aveva mai indossate prima, per cui non si erano ancora ammorbidite. Sansa l’aveva avvertita che c’era il rischio che accadesse, ma Lyanna non aveva minimamente seguito il suo consiglio di far apporre sul retro un rinforzo di cotone morbido, e a causa di ciò, aveva, com’era da aspettarselo, sfregato ininterrottamente sul bordo della calzatura e si era formata una vescica. Sam le aveva consigliato di apporre un cataplasma di calendula e lavanda, diluite con cinque gocce di consolida. Quella mattina si era cambiata da sola la fasciatura, ma non era riuscita ad apporre nella maniera migliore il bendaggio. Si era quindi seduta per sistemare la calza di lana che premeva sui vari tessuti aggrovigliati sottostanti, nella speranza di far cessare quel fastidio. La gonna era ingombrante e dovette alzare gli strati superiori fin quasi al ginocchio. Aveva appena cominciato a manipolare la stoffa della calza, sul retro della caviglia sopra al tallone, quando una porta a metà corridoio si era aperta di soprassalto facendo emergere due figure: un uomo ed una donna avvinghiati tra loro. La fanciulla in questione emetteva dei gridolini concitati, l’uomo invece sospirava digrignando i denti. Lyanna si era alzata in piedi e stava per lasciarli soli, ma un dettaglio riconducibile ad una sola persona la costrinse a fermarsi e sbarrare gli occhi a quella scena.
Erano entrambi vestiti e non sembravano ancora troppo in atteggiamento intimo, ma era chiaro che qualcosa fosse successo tra loro, dal modo in cui si muovevano. Nessuno di dei due, però si era accorto della sua presenza, difatti stavano continuando nei loro intenti senza il minimo pudore.
-Non provare a sfuggirmi. – la voce dell’uomo era carica di tensione. Lyanna pensò che fosse normale dato il fervore che li stava cogliendo. La donna gemette quando lui la scaraventò contro il muro. Lo teneva per un braccio in maniera convulsiva. Ansimava. L’uomo aveva addossato il corpo slanciato contro quello esile di lei e le aveva preso il polso dell’altra mano portandolo contro la parete di roccia. Aveva poi piegato il volto, seppellendolo sulla chioma scura all’altezza dell’orecchio.
Ai suoi occhi era chiaro l’intento di baciarle il collo e di certo non era sua intenzione restare lì ancora per molto, ma non riusciva a scollarsi da lì, come ipnotizzata da un incantesimo…. Ci aveva messo un po’ per capire chi fosse quella ragazza e quando i lineamenti di Elanon le parvero combaciare in maniera sempre più perfetta, era rimasta scandalizzata e senza fiato.
Ely… ma era inutile rimuginare sui fatti. Valeva per lei, come era successo con molte altre; perché doveva essere diverso per la sua amica?
Esalando un sospiro sdegnato, aveva arricciato il naso, serrato le labbra e gonfiando le guance irata. Infine si era alzata in piedi, non premurandosi nemmeno di far il minimo rumore. La gonna frusciò fino a ricadere sul pavimento e la donna sembrò averlo sentito, perché improvvisamente la vide voltarsi. Dato l’espressione impressionata che le si era dipinta in volto, l’aveva certamente riconosciuta. Aveva sbarrato gli occhi e la sua bocca si era mossa in maniera quasi impercettibile.
-Lyanna… - un debole sussurro le era uscito, ma per l’uomo accanto a sé era bastato come un chiaro ammonimento a fermarsi allarmato.
Se non fosse stato per lui, Lyanna sarebbe già corsa via a gambe levate, ignorando l’imbarazzo che stava provando da qualche momento. Ma l’uomo che si intratteneva con la sua serva, non era altri che il principe Viserys. Lo aveva identificato dal primo istante: non vi era nessuno in quel castello con una cascata di argento lunare simile ai suoi capelli.
Lui si era fermato immediatamente, osservando per una frazione di secondo la serva che teneva il volto puntato sulla sinistra. Incuriosito, o forse allertato, aveva guardato pure lui in quella stessa direzione. Teneva la maschera con la mano sinistra, premendola contro il proprio volto. Le cinghiette erano ancora chiuse, ma non lo stringevano dietro la nuca; al contrario penzolavano poco sotto il cuoio della stessa. Doveva averla levata da poco con un gesto brusco, dato che alcune ciocche di capelli spettinate vi si erano impigliate e nel complesso anche l’intera capigliatura era completamente sciolta e scomposta. Sembrava come se qualcuno gliel’avesse sollevata improvvisamente.
Lo squadrò, modificando la sua espressione da stupita a disgustata, prima di rivolgere ancora il suo volto alla serva con fare di rimprovero. In quel medesimo spostamento del corpo, le ciocche scompigliate si erano assestate, scivolando aggraziate verso il basso, ondeggiando ancora per diverso tempo, come se una leggera brezza di vento li stesse vezzeggiando.
Lyanna aveva esitato ancora un istante, prima di esprimere con una smorfia, che quanto stava vedendo, non era di suo gradimento. Viserys, frustrato, aveva battuto un pugno sul muro ben distante dal capo di Elanon. La donna aveva provato a riparare, spostandosi di fretta dal principe e liberandosi dalla sua stretta. Fece due passi verso di lei e chinò le spalle in avanti, abbassando leggermente il capo, per mostrarle il degno rispetto.
-Mia signora… - ma lei non le permise di proseguire. Sentire la sua voce in quel momento, la disgustava più di ogni altra cosa.
-Ritieniti pure congedata da ogni mansione di cui prima ti avevo incaricato. – la sua voce era fredda e tagliente, l’aveva interrotta ancora prima di sentire la sua banale giustificazione – provvederò affinché nessuno tra gli Stark avrà più bisogno dei tuoi servigi. – Lyanna aveva gonfiato il petto e teneva le spalle rigide. L’espressione della sua serva era un misto di costernazione e rammarico.
-Ti prego, Lya… - disse ancora la donna – lascia che ti provi a spiegarmi. –
-Non azzardarti più a chiamarmi in quel modo! – inveì la lady – Sarai bandita da Winterfell oggi stesso. Prova solo a dire un’altra parola e ti faccio spedire a Lungo Tumulo con le mogli di lancia. – le lanciò addosso la stola che la sua amica con tanto amore le aveva regalato. Non voleva più avere nulla che la legasse a lei.
-Vi proibisco di allontanare questa donna dal castello. – protestò il principe in sua difesa con un timbro di voce secco e rigido. Aveva ripreso la sua elegante posizione eretta e la stava certamente fissando, lei non lo aveva nemmeno guardato, concentrata a fissare la donna sulla quale, fino a pochi istanti fa, pensava di contare.
-Non stavo parlando con voi! – urlò come se la causa di tutto dipendesse da lui – Pensate di avere una qualche opinione al riguardo? – sibilò infastidita la lupa del nord, avanzando di un passo minacciosa. Lui sembrò valutare ogni alternativa prima di rispondere, ma non era avvezzo a accettare quella sfida.
-La richiedo sotto la mia tutela. – si intromise con lo stesso tono duro che lei stava usando – non posso elargire ordini sotto al vostro tetto, ma posso almeno assoldare una serva, quando voi l’avete rifiutata. E dato che senza il consenso di vostro figlio non potete cacciare nessuno da questo castello, sento il dovere di impegnarmi personalmente per la tutela di questa donna. – aveva fatto qualche passo in avanti, superando Elanon e arrivandole a pochi centimetri di distanza. Ora pareva convinto a fronteggiarla.
-Per quanto me ne importa, tenetela pure segregata nelle vostre stanze, così che possa soddisfare i vostri più insani desideri – sbraitò furiosa – ma che non si mostri più alla mia vista, sono stata chiara? – si levò di dosso la stola che lei le aveva regalato e gliela gettò addosso, pestando un piede a terra innervosita. La vescica le mandò uno spillo di dolore acuto. Si morse un labbro, facendo un vezzo che provò in tutte le maniere a nascondere.
-Un castigo quanto mai singolare per una banale effusione… - la derise lui con voce troppo calma – sembrerebbe quasi ne siate gelosa, mia lady? – fece ancora un passo verso di lei.
-Non illudetevi… - lo beffeggiò, ma il principe le prese il mento con le prime due dita della mano libera. L’altra ancora teneva la maschera incollata al volto.
-Ciò che i vostri splendidi occhi possono aver creduto di scorgere, potevano anche essere dei naturali rimproveri per un atto di insolenza gratuita. – provò a rivelarle.
-E’ questo il modo con cui richiamate i vostri servitori? – domandò scettica e iraconda. Spostò il capo di lato visibilmente contrariata – non mi toccate con le vostre sudice mani. – Viserys alzò verso l’alto la mano con cui prima l’aveva sfiorata, tenendola bene aperta.
-Così va meglio? – le domandò con voce pacata – permettere che possa continuare ad esprimermi, ora? –
-Se siete tanto incline al dialogo quest’oggi, parlate pure con lei… - col mento indicò Elanon, che era rimasta ferma dov’era, in silenzio, le braccia strette tra loro – sembra apprezzare molto i vostri discorsi. – Lyanna si era voltata per tornare sui suoi passi, ma il principe la trattenne ancora, questa volta prendendole la treccia di capelli che le scendeva sulla schiena e tirandola a sé. La giovane donna si ritrovò costretta a curvare il collo all’indietro incontrando con il retro della nuca il torace del principe. Era stato talmente tanto imprevisto, che non aveva nemmeno sentito dolore, ma solo stupore per quel gesto improvviso.
-Vedete di portare rispetto a questa donna, milady, se non volete imbattervi nella mia ira. – disse a denti stretti, in un soffio basso e roco.
-Non vi temo. – lo sfidò lei.
-Pessima risposta. – rispose lui – siete di fronte ad un principe, nonché un individuo della nobile famiglia Targaryen… - stava proseguendo lui.
-Ho già avuto a che fare con un drago e so come trattare con quelli come voi! – Lyanna sapeva che mai avrebbe dovuto mostrarsi debole, quindi puntò su una sicurezza che ora come ora, era svanita da troppo tempo, ma mai gli avrebbe permesso di scoprirlo.
-Siete così certa di saperlo? – la derise sfacciato.
-Oh, si! – rise anche lei. Con una delle mani raggiunse il suo braccio e gli diede un pizzicotto.
-Ora vi farò pentire di avermi fatto arrabbiare! E pagherete con un morso di drago! – Viserys girò velocemente l’arto e le prese il polso, poi si avvicinò al suo collo in un movimento ancora più lesto, e aprì la bocca. Lyanna sentì i canini dell’uomo ghermirgli la pelle. Convinta di sentire un forte dolore, si ritrovò ad emettere un rantolo, ma nulla accadde. Lo sentì solamente ridere e soffiare sulla pelle, tergiversando con i denti per alcuni istanti prima di appoggiarvi le labbra e donarle un bacio leggero. Si rialzò lentamente e la fissò dall’alto, serio e riflessivo, prima di curvare le labbra in un sorriso.
-Arriverete a paventare che la mia compagnia vi mancherà più dell’intangibile ricordo che vi assilla ogni notte. – abbassò il volto sul suo, e passò la mano che prima teneva la treccia, attorno al suo collo per prenderle il mento. Le diede un bacio, questa volta sulle labbra. Un vero bacio. Lyanna fu impossibilitata a muovere la mascella dato che lui la teneva con una mano. E bel presto le sue labbra e la sua lingua ebbero la meglio sulla avversione che continuava a tenere. In quella posizione del tutto scomoda, si ritrovò a pensare che dopotutto non era la prima volta che un uomo la baciava così…
Era già avvenuto che Rhaegar facesse lo stesso, proprio quando ogni sera si intestardiva a volerle spazzolare i capelli, districando pazientemente i nodi sulle punte e lei si abbandonava sul suo petto. Per una frazione di secondo confuse quel presente con uno di quei ricordi più dolci del suo passato.
Le sue labbra la stavano divorando e fremeva di desiderio dal tremulo respiro che sentiva uscire dal fondo della maschera direttamente sul mento. Sentiva la lingua del principe rincorrere la sua con circospezione convincente. Era bloccata e non riusciva a muoversi, eppure sapeva che avrebbe dovuto trovare una maniera per reagire… per disfarsi da quell’impiccio… e odiarlo, dannarlo e allontanarlo da sé…
Provò ad alzare le braccia per graffiargli la mano che le teneva il collo, affondò le unghie nella sua carne, ma questo non sembrò smuoverlo. Anzi, Viserys curvò solamente il polso e, con l’indice e il medio, le artigliò il suo mignolo, contorcendolo fino ad un limite controllato e costringendola a rinunciare a quel segno di protesta quando le ginocchia le cedettero, facendola aderire maggiormente a lui. Poi abbassò le loro mani unite e le posizionò sul ventre della donna, aprendole le dita e pressandola verso il fianco e poi in basso, la costrinse ad una doppia carezza che ridiscese su una gamba. Nel frattempo la sua lingua danzava al ritmo della passione, incentivata da quella coccola e, anche se lei provava invano a rifiutarsi, si trovava costretta, suo malgrado, a rispondere a quel bacio, tanto era il fervore con cui lui insisteva. Alzò un ginocchio con tutta l’intenzione di tirargli un calcio, ma lui non appena la sentì ondeggiare per il cambio di sostegno, le infilò una gamba tra le sue e Lyanna si ritrovò a calciare solo la stoffa della propria gonna e l’aria. Il vuoto non la destabilizzò però, perché prontamente Viserys si era premurato di reggerla, togliendo la mano dalla sua e riposizionandogliela sul ventre, con tutta l’intenzione di sostenerla e premerla ancora contro di sé.
Infastidita da tanta intraprendenza, Lyanna imprecò mentalmente, ma ciò che ne emerse fu solo un fiacco lamento che si ripercosse nella bocca di lui. L’aveva in pugno e lei non sapeva come venirne fuori. Aveva solo più un braccio a sua disposizione. Decise di usare l’astuzia questa volta.
Lo lasciò fare ancora un po’, dandogli l’idea che ogni sua ribellione fosse svanita, poi decise di alzare quel braccio libero, per lambire il suo volto con i polpastrelli, illudendolo di essersi finalmente accondiscesa a lui. Gli accarezzò una guancia, scendendo con lentezza sul collo. Arrivò a circondarlo interamente, con la voglia di strangolarlo, ma poi cambiò idea e passò le dita sul retro, infilandogliele tra i suoi capelli sciolti. Colto forse in confusione Viserys allentò un po’ la presa sulla sua mandibola e rilassò anche la pressione delle labbra, arrivando a leccarla con leggerezza negli angoli della bocca, rendendo quel contatto molto dolce e romantico, quasi fin troppo famigliare… Lyanna si sentì morire nell’anima nel considerare una cosa del genere. Decise di agire di scatto. Serrò la mascella, cercando di artigliare un suo labbro, trovò la carne e morse con decisione… ma ciò che le era rimasto tra i denti, fu solo la propria lingua.
Viserys aveva prontamente allontanato il capo all’indietro, ignorando il tirone che lei nel frattempo gli aveva provocato, afferrando i lunghi capelli. Lo sentì emettere uno sbuffo infastidito, che si perse nell’aria, al forte lamento che invece si trovò a reprimere lei.
Anche se il esito non era quello sperato, ebbe comunque la sua soddisfazione, perché alla fine la lasciò andare completamente. Lyanna sentitasi finalmente libera, si allontanò da lui, ma sia la vescica al piede che la lingua stavano emettendo delle pulsazioni sgradevoli e dolorose. Si contorse su se stessa, inginocchiandosi a terra e tenendosi la bocca, imprecando camuffate parole di imprecazioni. Viserys le si accucciò di fronte, estraendo dalla tasca un fazzoletto e porgendoglielo. La fissava da dietro la maschera.
-Vi chiedo perdono, se a causa della mia avventatezza vi siete ferita. – le disse con dolcezza. Lei lo fulminò con gli occhi. Tra le mani rigoli di sangue scendevano sul pavimento.
-Vi odio. – provò a dire, ma appena mosse la lingua vide le stelle.
-Fatemi vedere. – insistette lui, provando a levarle una delle mani. Lei le serrò con più decisione.
-Lasciatemi in pace! – urlò a denti stretti, arrancando all’indietro e incontrando il muro alle sue spalle. Sussultò al contraccolpo, liberò una delle mani per cercare l’equilibrio, non le importò di macchiare le pietre di sangue, non le interessò nemmeno la figura orrenda che aveva fatto. Non guardò il volto di Elanon, preferì solo mostrare il suo disgusto e la sua indignazione a colui che era la causa di tutto questo. Rialzandosi a fatica, fuggì lontano, tra le lacrime che sciacquavano via il sangue sulla dita e ignorando il dolore sempre più forte.
 
 
 
 
 
-Vedete di far ripulire tutto il sangue, milady! – affermò rigido e solenne, guardando le macchie a terra con sdegno. Si era rialzato in tutta la sua altezza.
-Certamente, vostra grazia… io… mi dispiace… - le sfuggì un leggero sospiro affranto. Teneva fra le mani un lembo della stola grigia di Lyanna. Rhaegar si voltò di scatto e le prese il mento con l’indice e il pollice, riportandola di nuovo con le spalle al muro. Premette col palmo della mano sul collo, ma non fu così decisivo, né lo fece con la volontà di farle del male. Anche se ci aveva impresso una forza considerevole, si era però limitato, per permetterle di respirare, tuttavia il gesto fu talmente veloce, che a Elanon mancò lo stesso il fiato. Rhaegar se ne accorse e attese che il suo smarrimento cessasse.
-Non provate mai più a rimuovere la maschera come avete azzardato prima! – l’apostrofò con tono basso, ma deciso – mi auguro che il vostro buon senso vi impedisca la prossima volta di commettere una simile avventatezza! – la fissò intensamente, il suo alito caldo sulle guance era come una vampata di fiamme – non mi interessa, se volete contraddire un mio ordine, né se Benjen Stark vi crede una mia spia, tanto meno se ha dei sospetti su di me! Avete giurato di servirmi, e mi servirete, anche nell’eventualità che Lyanna davvero vi privi delle mansioni che ricoprivate prima. – Elanon aveva compreso che anche se alzava la voce e si mostrava feroce, Rhaegar era un uomo buono e in quel momento era impensierito per Lyanna e per ciò che era appena accaduto tra loro.
Lo guardò in quel volto immutabile: non le avrebbe fatto del male, ma di certo sapeva come incutere paura a chi lo deludeva.
-Cosa volete che faccia? – la sua voce era contrita. Il principe la lasciò andare, abbassando il capo lateralmente e abbandonando il braccio lungo il fianco.
-Andrete da lord Dayne e gli direte che lo attendo verso la quarta ora del sole, per conferire privatamente con lui. Che venga da solo. – disse perentorio – e prendete quante più informazioni sull’uomo alto che indossa il mantello giallo – la vide aggrottare le sopracciglia – lo chiamano Lem, ma a mio avviso non è il suo vero nome – si fermò a riflettere – Arya Stark da quanto ho appreso, li ha incontrati in passato. Al banchetto si è intrattenuta con più di uno di loro. Chiedi a lei, finto a che Lyanna non ti impedirà di conferire con i membri della sua famiglia. Al momento dubito che rivelerà molto, dato il danno che si è malauguratamente inferta. –
-Ha detto che non mi vuole vedere gironzolare per il castello… - bofonchiò lei tristemente. Allungò una mano per dargli la stola della lady, lui la prese istintivamente, come quasi gli fosse appartenuta fin da sempre.
-Sei ora sotto la mia protezione, non ti torcerà un capello… - le disse gentile – la conosci; al massimo ringhierà qualche parola di troppo, ma non ti farà alcun male. In fin dei conti non l’hai ferita tu. – specificò.
-Non è ciò che lei crede. – Elanon serrò le mani in grembo.
-Attualmente è talmente confusa che non sa nemmeno quali siano i pensieri di cui potersi fidare. – piegò il capo verso la macchia di sangue a terra. La fissò pensieroso per un lungo momento.
-Farò come desiderate, vostra maestà. – fece un inchino abbassandosi di poco con le ginocchia. Rhaegar attese ancor un istante prima di decidere sul da farsi. Poi usò una mano per prendere un suo braccio e la sollevò di getto.
-Basta con queste formalità. – affermò deciso – Sia Benjen che Lyanna pensano che siamo amanti, e probabilmente non è nemmeno una cattiva idea. Non dobbiamo far altro che incrementare questi pettegolezzi. – fece una breve pausa – per ciò chiamami come meglio ti aggrada, ma sii più formale possibile. E non inchinarti mai più al mio cospetto. – Elanon lo fissò nei fori di della maschera, che aveva provveduto a riallacciarsi alla nuca. Due pozzi neri che nascondevano un cielo plumbeo e freddo. Le stava dando fiducia.
-Come a voi compiace, principe Rhaegar. – si affrettò a dirigersi verso la sua prima meta, ma non fece nemmeno cinque passi che si fermò e voltandosi gli chiese – come rimedierete con Lyanna? – lo sentì emettere un profondo sospiro.
-Non sono pensieri che dovrebbero angustiare la tua mente. – si espresse dolcemente – Se mi odia, mi eviterà e mi sarà più facile, potermi muovere per il castello indipendentemente. –
-Ma non sarà ugualmente facile per il vostro cuore. – gli disse.
-Niente è mai stato facile per il mio cuore – affermò grave – vederla soffrire, non fa altro che aggravare anche i miei patimenti. Pensavo che tenendola distante avrei aiutato entrambi… ma non è così. Mai è stato così… la lontananza ci indebolisce, solo l’unione ci rafforza… -
-E allora perché non provate ad abbassare tutte queste barriere? Cosa vi impedisce di starle vicino? – gli domandò addolorata – è chiaro che lei sia sconvolta da questa situazione. Rivede nel  fantomatico Viserys, ciò che in realtà conosceva di voi. Non sarebbe quindi più facile indurla ad aprire nuovamente il suo cuore e farla innamorare dell’uomo che siete ora anche se dovete mantenere quest’aspetto? –
 
 
 
 
 
Lyanna rifletteva su quanto era appena accaduto, seduta sulle radici del suo albero cuore. Si era avvolta nel mantello grigio perla, il mento affondato sulla pelliccia di lupo bianco. Indossava un abito blu con decori sulle maniche di una tonalità più chiara. Nella gonna vi erano degli spacchi aperti che mostravano il tessuto color indaco che fuoriuscivano. Aveva scelto personalmente quella stoffa, le ricordava il colore dei suoi occhi…. Nitido. Il suo ricordo era ancora perfettamente reale. Forse troppo, per il suo cuore, ma non avrebbe mai potuto dimenticarlo…
Era strano, eppure quel giorno sentiva maggiormente il gelo attanagliarla nelle ossa. Tuttavia non aveva sintomi di febbre o altre forme di malessere. Si toccò la fronte per accertarsene. Era relativamente fredda, le guance rosse per l’aria intrisa dei venti refrigeri: aliti del lungo inverno che li attendeva. Forse è perché sto dormendo poco, visto che ora sono ricomparsi gli incubi. Rifletté. Da quando era tornata dalla missione tutte le sue più recondite angosce si erano ripresentate. Malgrado ciò rammentava perfettamente che, dopo l’avvelenamento, le sembrava di non aver più avuto brutti sogni. Tutte quelle volte che si era coricata, poi si era svegliata rilassata, con il principe Viserys sempre al suo fianco, ma tornata a Winterfell invece tutto era ricominciato. E’ ovvio, sciocca! È ovvio che a Deepwood Motte non hai più avuto sogni… pensò tetra …l’incubo lo stavi vivendo nella realtà… Non voglio nemmeno immaginare cosa mi ha fatto davvero quell’uomo! Di giorno fingeva di essermi amico e leale, ma non appena perdevo conoscenza…
-Quando non è nella sua stanza, dove mai potrebbe essere la mia adorata sorella? – Benjen si era avvicinato a lei e si era seduto sul masso alla sua sinistra – preferivo quando interrompevo le serenate del tuo bardo del nord! – le sorrise triste, lasciando il discorso a metà.
Lei lo aveva osservato in silenzio, senza dire alcuna parola, c’era gran poco da dire su quell’argomento. Lui nel frattempo si stava sistemando il mantello scuro dietro la schiena, mettendosi più comodo.
-Devo domandarti una cosa, Ben. – nel dire quelle poche parole, il suo cuore sembrava volerle esplodere nel petto. Lo sentiva. Una vecchia ferita, forse la seconda più profonda che aveva. La prima se l’era creata da sola; allontanandosi nella direzione opposta da quella scelta dal proprio cuore. Ma la seconda… quella gliel’aveva fatta lui personalmente… nemmeno un anno dopo.
-Dimmi pure. – aveva capito forse dal tono della sua voce che quella richiesta le costava tanta fatica.
-Sei rimasto ancora qualche tempo a Grande Inverno dopo la fine della ribellione di Robert e l’arrivo di Ned… - era difficoltoso intraprendere quella strada, ma una volta partiti era difficile tornare indietro. E lei doveva conoscere i fatti – …ciò che voglio dire: non sei partito subito per arruolarti tra i Guardiani della Notte. Sei rimasto ancora un po’, non è così? – Ben roteò appena il capo prima di assentire.
-Sono rimasto ancora del tempo, certo. – intrecciò le dita delle mani tra loro – c’era la tua sepoltura… Nostro fratello si era prefissato di farti erigere una statua. – negli occhi azzurro acciaio si rispecchiava ogni sfaccettatura della sua anima, e la grossa sofferenza che sicuramente aveva provato in quei momenti – inizialmente mi sono chiesto il perché, e l’ho chiesto pure a lui. Sai qual è stata la sua risposta? “I Re e le Regine dell’Inverno avevano una statua. Nostra sorella merita una sepoltura degna di un sovrano, e lontano dagli occhi di tutti. Robert non lo dovrà  mai venirlo a sapere.”
-Non la meritavo. – affermò truce.
-Sei stata regina, Lyanna. – lei alzò lo sguardo stupita. Già qualcuno l’aveva chiamata così tanto tempo fa… qualcuno a cui lei voleva molto bene, qualcuno che non aveva usato quell’epiteto solo per denotare un amorevole richiamo, ma era stato un uomo dalle fattezze simili a lui. Un cavaliere che il solo sorriso risplendeva nella notte più nera, esattamente come il suo mantello e la sua armatura. O come la sua spada.
-Col matrimonio che ti legava a Rhaegar sei diventata principessa. – Benjen stava nel frattempo continuando il suo monologo – Ma lui non era solo un principe qualunque, era il principe ereditario. Alla sua morte quel titolo è passato al suo primo erede. La morte di Aerys ha reso quell’erede il futuro re. Aegon Targaryen perì nel Sacco di Approdo del Re, per cui tuo figlio, Jon… Aegon, come dovrebbe essere chiamato, è il vero sovrano. Ma in quell’asso di tempo sei stata regina reggente e questo ti ha dato il diritto di meritarti una statua. – Lyanna osservò le foglie rosse muoversi come se gli dei stessi provassero a darle un suggerimento.
-E Brandon allora… perchè? – lei era stata alle cripte più volte, e non le era sfuggito. Benjen abbassò il capo.
-Morì poco dopo nostro padre. – la sua voce era stata quasi un sussurro – ce lo disse Ethan Glover. Consci di tale fatto, sia io che Ned abbiamo pensato che fosse d’obbligo dargli anche a lui una statua. E’ stato lord di Grande Inverno per… forse qualche secondo o poco più. – Lyanna non ebbe parole da esprimere. Sapeva che sorte era toccata al suo amato fratello, come anche a loro padre.
-Ned ha sofferto tremendamente. Sai quanto era affezionato sia a te che a lui. – prese un bastoncino da terra e lo spezzò in due, poi in tre – ma la nascita dei suoi figli e la premura verso il tuo, lo hanno aiutato a distrarsi. È stato un buon padre. –
-Posso immaginarmi quanto affettuoso deve essere stato con Jon. – provò a dire lei, preferì partire dal dolore meno grande, ma doveva affrontare i fantasmi del suo passato.
-Sì, lo ha sempre tenuto al pari del suo primogenito. – gli assicurò lui con un sorriso triste al pensiero di quel nipote che aveva perso – ma non riusciva a sgridarlo. Robb e Theon si cacciavano sempre nei guai e ne combinavano di tutti i colori, ma Jon è sempre stato un figlio giusto e giudizioso, fin da piccolo. Veniva coinvolto nei loro giochi, esattamente come gli altri bambini, ma se Ned li scopriva e li sgridava, lui non temeva mai la sua ira. Non diceva mai bugie e sapevi che era di parola, quando prometteva una cosa. – Lyanna sorrise, era una qualità che gli aveva passato lei – è inutile che ridi. Ned non poteva rimproverare lui perché sapeva che avrebbe rimproverato te… a volte mi scriveva che Arya era una dannata benedizione degli dei. Era selvaggia e indomabile esattamente come te. Non che siate cambiate poi tanto ora. – risero assieme questa volta.
-Lady Catelyn, invece? – la sua voce era un sospiro, ma glaciale e affilato. Le sue nipoti le avevano detto qualcosa a riguardo, ma lei preferiva il parere esterno di Ben.
-Detta in una sola parola? Una stronza. – si espresse in maniera scurrile, ma Lyanna pensò che fosse il termine più giusto – vedeva in lui il tradimento di Ned, e non glielo ha mai perdonato. Nostro fratello si infuriava, ma lo conoscevi pure te; non era cattivo e non teneva il broncio al lungo. Lei però era molto accanita e rimarcava sempre l’allontanamento del ragazzo. – Ben torturò il bastoncino sulla roccia fino a che si sgretolò tra le sue mani. Era chiaro che fosse una cosa a cui lui invece era stato molto contrario. Lyanna gli sorrise tristemente.
-Non potevi fare niente, Ben. Lo comprendo, e non te ne do una colpa. – sapeva quanto buono era anche il suo animo – forse Ned ha visto nell’atteggiamento di sua moglie, un’ulteriore protezione per Jon. – lei aveva reagito allo stesso modo, quando aveva saputo di Mya Stone. Che avrei fatto se avessi sposato Robert e lui avesse imposto che i suoi bastardi dovessero crescere con noi a Capo Tempesta? Non era mai stata certa di essere una moglie comprensiva e di poter accettare una simile situazione, ma con Rhaegar era diventata una persona migliore e aveva imparato anche ad accettare una circostanza molto simile. Un’altra fitta trafisse il suo cuore, per quel pensiero e anche per la successiva domanda.
-E… - era estremamente gravoso esprimere quel nome adesso – …Wylla? – Benjen corrucciò la fronte a quel nome, si vedeva che era sconcertato da quella domanda.
-Wylla? Intendi… la balia di Jon? – corrucciò la fronte cercando di ricordarla – Perché lo vuoi sapere Lyanna? – incrociò le braccia al petto – Ho notato la tua strana reazione dell’altra sera. Che significato ha per te quel nome? – la osservò con sospetto ora.
-Nulla. – distolse lo sguardo. Avrebbe preferito che lui le rispondesse e basta, d’altronde era una semplice domanda, perché farle un interrogatorio?
-Non mi sembra che tu ne sia proprio indifferente. – continuò lui, ma Lyanna non gli diede modo di aggrapparsi a niente, così Ben provò a ragionarci sopra – era una donna di Dorne, fedele alla casata Dayne. Ned la portò con se a Nord dopo aver fatto sosta a Stelle al Tramonto, quando è andato a riconsegnare Alba alla sua famiglia… Non ho mai capito perché avessero scelto di concedergli quella donna, o se lei lo avesse seguito di sua spontanea volontà… era pur sempre l’uomo che aveva ucciso Ser Arthur Dayne… e ora scopro che il loro erede porta lo stesso soprannome di nostro fratello. Una singolare coincidenza, non trovi? – aveva attirato la sua attenzione, Lyanna si pentì di aver riportato lo sguardo su di lui – perchè Lyanna? – lei riportò l’attenzione verso il laghetto alla sua destra, ciò che lui in realtà voleva sapere, non era il significato di quel soprannome, che sfuggiva pure a lei in quel momento, ma lo strano attaccamento che quella famiglia sembrava avere per le sorti di suo figlio.
-Ti basta sapere che era una delle casate fedeli a Rhaegar. Tutti loro lo appoggiavano. – forse quella frase gli bastò, o più probabilmente comprese che la stava torturando. Non dovette attendere molto prima di avere la risposta tanto attesa.
-E’ stata affettuosa e tenera con lui. Lo ha allevato come fosse figlio suo. So che ha pianto, quando è giunto il momento di partire per tornare a sud. Non voleva lasciarlo, diceva sempre “per una madre è dura abbandonare un figlio… ma lo si fa per un bene superiore”. –
Il suo cuore venne trafitto da mille schegge di ghiaccio senza alcuna schermatura infuocata a proteggerla questa volta.
 
 
 
Benjen non sapeva spiegarsi, perché quella semplice affermazione che voleva essere spontanea e rassicurante, avesse turbato sua sorella in quel modo talmente assurdo.
Osservare, era stato il suo compito per tutti quegli anni. Quasi vent’anni di appostamenti oltre la Barriera. Aveva ispezionato il terreno in cerca di tracce. Aveva seguito, spiato e osservato il comportamento dei bruti. Si era dovuto guardare anche dai suoi stessi compagni. Molti di loro erano dei fuorilegge, altri assassini, ladri, manigoldi. Erano i suoi confratelli, e aveva accettato quella nuova vita con fierezza e aveva imparato a sentirsi a casa su quella barriera di ghiaccio, esattamente come un tempo avveniva a Winterfell, quando la sua famiglia era ancora in vita.
Ora che era tornato al suo castello d’infanzia, aveva ritrovato quel legame nei suoi nipoti… e con sua sorella si era rinforzato. Nulla a levare dal bellissimo rapporto che c’era tra Ned e Lyanna, ma quello che la conosceva meglio di tutti era solamente lui. Ned avendo vissuto dall’età di otto anni a Nido dell’Aquila, non le era potuto stare affianco ogni giorno. Brandon era stato ducato a Barrowton, dai Dustin, ma era stato spesso anche nelle Rills, dov’era cominciata la sua passione per i cavalli… e per le donne; ciò che però lo distanziava maggiormente dai fratelli minori era l’età: sette anni di differenza si facevano sentire quando tu sei ormai un uomo e hai certe esigenze, e gli altri sono ancora dei bambini che vogliono solamente giocare. Oltre al peso dell’eredità del castello, l’orgoglio della famiglia e il lord loro padre che esigeva da lui tanto. Mentre Lyanna era solamente una ragazzina che aveva appena scorto il mondo degli adulti.
Per cui non era mai stato difficile per Benjen comprenderla più di tutti i suoi fratelli. Era diventato per Lyanna il suo unico confidente, anche perché lei era più alta, più forte e più intraprendente. Si era sempre sentito di un passo più inferiore a lei, anche se in realtà sua sorella non si era mai imposta davvero su di lui. Era semplicemente il suo modo di fare, e Ben l’aveva sempre ammirata. La vedeva come uno stimolo a migliorarsi, come un capo da seguire, ma anche come una sorella da proteggere, soprattutto nel periodo che aveva seguito Harrenhall.
Lei era cambiata, qualcosa era successo e lui lo aveva capito. Era stato difficile cavarle qualcosa, ma alla fine un briciolo di verità c’era. Lui le era stato vicino e aveva cercato di aiutarla, ma evidentemente era stata poca cosa, visto che lei aveva preferito fuggire con l’uomo che amava. Ben non l’aveva mai biasimata per quella scelta, anche se a causa di ciò la loro famiglia era stata distrutta. Aveva capito che gli eventi non erano partiti direttamente da loro, c’erano delle falle nel regno che avevano già portato ad un malcontento della centenaria dinastia del drago. Lui era uno di quelli che pensava che la successione dovesse avvenire presto, ma sul trono voleva ancora un drago, non un cervo. Era sempre stato convinto che Rhaegar Targaryen sarebbe stato mille volte meglio di suo padre, al massimo sua sorella gli avrebbe tirato un pugno nello stomaco al primo provvedimento che non le andava a genio. Sorrise al pensiero di vederla vestita come una principessa nella capitale, ma con l’intraprendenza del nord. E rise anche al pensiero del principe drago completamente soggiogato da lei. Certamente il cervo te lo saresti mangiato vivo, Lya. Benjen ne era sempre più consapevole, come ne era certo anche adesso, che aveva avuto l’occasione di vedere i Draghi più da vicino. Aveva conosciuto Maestro Aemon, ma lui era già vecchio e abbattuto. Un Targaryen solo al mondo è una cosa terribile… Ricordava ancora quando glielo aveva detto la prima volta che avevano parlato assieme, ma Ben aveva sempre pensato che assomigliasse molto anche alla frase che la sua famiglia ripeteva sempre sul branco e sul lupo solitario. Si domandò se la tristezza di Jon non fosse dipesa anche dal sangue di Drago che era in lui.
A vederlo in quel periodo però mai ci si sarebbe aspettato che la sua solitudine si trasformasse quasi in ossessione nell’avere nuovamente sua madre in vita. Era diventato premuroso nei suoi confronti, in maniera quasi ossessiva. Ad un primo impatto poteva solo sembrare felice di averla affianco, ma Ben era abituato ad osservare e aveva scorto nei suoi atteggiamenti anche un’imbarazzante morbosità, che tutto sommato era anche tenera per gli occhi. Jon che aveva dimostrato stima per Ned, affetto solo per Robb, Arya, Bran o Rickon, e mai lo si era visto abbracciare una donna… ora che ci pensava aveva sentito qualche voce su un ballo alquanto trattenuto con lady Alys, la figlia di lord Karstark… sorrise al pensiero di quanto impacciato si fosse mostrato, proprio come doveva sembrare lui al quell’età.
Eppure era lo stesso Jon che ora teneva per mano Lyanna e la portava ovunque nel castello. La abbracciava pubblicamente e non smetteva un attimo di puntare gli occhi nella sua direzione, quasi in modo assillante. Era particolarmente dolce notare quel comportamento, se si conosceva Jon fin dall’infanzia. Lui che non aveva mai ricevuto grandi dimostrazioni d’affetto dagli adulti, e che si era sempre  allontanato lui stesso da queste situazioni.
Con suo nipote Robb invece si era instaurato un bellissimo rapporto di amicizia, complicità e di competizione. Quando Ben aveva compreso la sorte del figlio maggiore di suo fratello, aveva anche potuto immaginare il vuoto che ora Jon sentiva dentro. E quasi sicuramente aveva cercato di recuperare quell’affetto mancato per anni, nel momento in cui aveva deciso di rivelarsi a Lyanna. Ma Benjen conosceva bene anche sua sorella. Lei era esuberante, espansiva e affettuosa, ma allo stesso tempo non amava mostrare le sue emozioni per non essere considerata una di quelle femmine fragili, sentimentali e superficiali. Appena qualcuno glielo faceva notare, lei reagiva tirandogli un pugno o rovesciando in testa caraffe di vino al povero malcapitato di turno, come era successo a lui al Grande Torneo di Lord Whent.
Rise ancora a quel ricordo e si domandò come il Principe Drago fosse riuscito a farla sciogliere per farsi mostrare la parte più sensibile che lei difficilmente esibiva. Non gli fu però difficile immaginarlo, perché nel comportamento di Jon c’era un qualcosa che Ben non riconosceva provenire dal Nord, e con semplicità lo aveva ricondotto direttamente al suo vero padre. Il modo in cui si prendeva a cuore la vita di sua madre e la maniera dolce con cui le si rivolgeva non erano caratteristiche del nord e soprattutto nessuno di loro aveva mai avuto un comportamento simile, non poteva nemmeno affermare di aver visto Robb comportarsi così con Catelyn, perché semmai era la donna ad essere più amorevole nei confronti dei suoi figli di quanto non lo fossero loro con lei.
Tuttavia era adorabile vedere Jon e Lyanna assieme. Osservare la maniera gentile che lui aveva quando la invitava a sedersi al suo fianco durante i banchetti o nei consigli. L’attenzione verso ogni cosa che lei diceva o faceva. Prendeva sempre in considerazione il suo punto di vista e ne traeva consigli preziosi. Ridevano assieme, si facevano dispetti giocosi quando nessuno vedeva. E quando poteva, Jon scendeva nel cortile per chiederle di allenarsi assieme, oppure la invitava a cavalcare nelle distese innevate appena fuori le mura. Tornavano sempre sfiniti, ma felici.
Poi c’era stato anche un episodio singolare, nel quale si era trovato costretto a trattenere anche una risata. Un giorno stavano sistemando le serre: dovevano essere riparati i tetti, c’era da piantare le nuove verdure e piante officinali, estirpare erbacce e anche il giardino dei fiori andava riordinato. Jon e Lyanna erano tra coloro che avevano deciso di dare una mano. Ovviamente lei si era premunita di andare a sistemare i roseti; la sua più grande passione. E suo figlio l’aveva seguita per darle una mano. Visto la sua elevata statura, a differenza della madre, sarebbe sicuramente riuscito a raggiungere le estremità superiori. Ecco un’altra delle cose che Jon aveva sicuramente preso da Rhaegar; la sua altezza. Gli Stark avevano sempre vantato di uomini grandi e grossi, la notevole statura ed il corpo robusto di Jon potevano benissimo farlo passare per un uomo del nord, ma se in quel preciso istante il principe drago fosse stato lì con loro, Benjen ne era quasi certo, avrebbe avuto la stessa corporatura del loro giovane re del nord. Ned ha sempre temuto questo particolare. Per questo motivo ha preferito che seguisse me alla Barriera, piuttosto che portarlo con sé a sud.
Sua sorella stava potando alcuni ramoscelli secchi e ne legando altri tra loro, affinché l’arbusto potesse erigersi verso l’alto, come era stato un tempo. Jon si era dovuto arrampicare su una scala per sistemare la parte superiore incastrata su una trave, mentre lei districava i rami inferiori, con cautela, per via delle spine. Inavvertitamente le si era agganciato uno dei nastrini del corpetto su un rovo e ne aveva allentato la tensione, strappando il tessuto. Jon, accortosi del danno, stava per intervenire, e issato sulla scala, mosse sbadatamente l’arbusto superiore. Alcuni petali scesero dalle infiorescenze più estreme e andarono a cadere sulla donna ad di sotto, ricoprendola completamente. Fra i capelli i petali blu avevano ricreato una coroncina disordinata e selvaggia, quasi fosse uno spiritello dei boschi. Avendo levato il mantello, per non rimanere impigliata fra i cespugli del suolo, non aveva alcuna protezione sul davanti, per cui alcune infiorescenze le erano scivolate accidentalmente anche dentro la scollatura. Era stata costretta così a ripulirsi sbattendo i palmi sul decolté, maledicendo quella sua sbadataggine e il nastrino che si era strappato. Lo aveva fatto in maniera del tutto pudica, completamente ignara delle occhiate degli uomini presenti, attratti dal sobbalzo della pelle morbida e generosa del suo seno. Non che fosse immorale quella scena, era pur sempre coperta dal bustino, ma il fatto che fosse in mostra l’attaccatura dei suoi vistosi seni, aveva risvegliato sui presenti un valido desiderio.
Ben non si trovava molto distante da loro e poté notare la scena in silenzio, trattenendo un sorriso. Era già capitato un tempo che il fiore sbocciato di sua sorella attirasse le attenzioni degli uomini. Vista la situazione aveva preferito rimanere in disparte, ma non immaginava certo la reazione di suo nipote. Per un attimo il silenzio era piombato, tutti si erano ammutoliti e avevano interrotto ciò che stavano facendo, forzando Lyanna a guardarsi attorno contrariata.
-Beh, non avete altro da guardare? – aveva brontolato, rivolta a quelle bocche spalancate e quegli sguardi incantati. Jon dal canto suo aveva lanciato un’occhiataccia a tutti loro.
-Tornate al lavoro! – aveva ordinato severo ed era sceso dalla scala con un salto, per soccorrere sua madre. Anche se in vistoso imbarazzo l’aveva aiutata a togliere alcuni petali dai capelli e rosso in volto non aveva potuto non notare il suo petto scoperto e arrossato dove rari ramoscelli e alcune spine l’avevano graffiata. Aveva afferrato il suo mantello di velluto azzurro, e si era premurato di farglielo indossare, coprendola bene sul davanti e stringendole anche il nastro sul collo, come se lei non fosse in grado di farlo. Lyanna lo aveva guardato costernata e sorridendo.
-Pensi non sappia indossarlo da sola? – lui mostrò un sorriso di circostanza, ma non sembrò tanto felice. Quando aveva rialzato gli occhi su di lei, però lo aveva fatto con dolcezza.
-Perdonami madre, non dovevo toccare quel ramo. E’ colpa mia. – si era scusato con le guance infuocate, non certamente per il freddo. Lyanna aveva fissato il suo volto e le sue labbra si erano incurvate ancora. Anche lei aveva constatato il suo disagio, ma anche l’enorme dolcezza di quel gesto e l’istinto di protezione che le dimostrava – torniamo dentro al castello, finiranno gli altri il nostro lavoro. – le aveva consigliato, poi l’aveva accompagnata gentilmente verso l’uscita, mettendole una mano sul fianco.
Passando poi di fronte ai loro uomini, Jon aveva squadrato ogni persona che azzardava alzare lo sguardo su di lei.
-Harwin, affido a te il comando. – aveva detto rivolto all’uomo del nord, il quale era rimasto ancora a bocca aperta e non si era espresso – Harwin, mi stai ascoltando? – gli aveva urlato contro cogliendolo di sorpresa.
-Come comandi, Re Jon. – affermò gaio lui – se la lady esce dalla serra, noi tutti promettiamo di tornare a lavorare diligentemente. – aveva riso, ma Jon lo aveva fissato in modo esageratamente malvagio, mentre riprendeva il proprio mantello e continuava a spingere sua madre fuori da lì.
Benjen li aveva seguiti con lo sguardo impressionato dal comportamento apprensivo del giovane, ma tutto sommato gli aveva scaldato il cuore, nell’appurare il forte legame si era instaurato fra loro. E ne era estremamente felice, sia per Jon, che per Lyanna.
Proprio in quel momento i suoi occhi notarono anche l’irrigidimento della mascella che il principe Viserys aveva rivolto all’uomo che ora aveva il comando.
Riflettendoci meglio, c’era qualcosa di strano. A tutti gli effetti il principe Targaryen non doveva trovarsi lì: prima di tutto quello non era un compito adatto al suo rango, e poi men che meno era un problema che lo riguardava. Eppure si era presentato con un abito modesto e consunto, per dare una mano agli uomini degli Stark nella sistemazione delle serre. Nessuno ci aveva fatto poi tanto caso, era sempre più normale vederlo gironzolare per il castello a controllare ogni cosa. Ben non si era mai fatto troppe domande, né mai aveva posto quel quesito a Jon, né a Sansa, ma ultimamente la cosa cominciava ad insospettirlo. E ciò che lo rendeva ancora più perplesso, era che nella maggior parte dei casi, le attività in cui si premurava a partecipare, riguardavano spesso e volentieri il coinvolgimento di Jon e soprattutto quello di Lyanna. Aveva notato che sua sorella cercava di evitarlo ed in un primo momento aveva pensato che lo facesse perché lui le ricordava Rhaegar; in un secondo luogo perché magari si era accorta pure lei di quelle attenzioni e le aveva interpretate nella maniera più naturale che esistesse.
Benjen però non si era limitato a carpirne l’ovvietà, ma si chiedeva pure il vero significato che ci stava dietro. Non poteva essere solo un semplice interesse verso sua sorella, altrimenti avrebbe certamente affrontato un rifiuto e sarebbe morta lì… Ripensandoci però il passato poteva dare un aiuto. Alla fine nemmeno Robert si era tanto dato per sconfitto con lei, però almeno Viserys non doveva competere con nessuno rivale esistente, ma solo col fantasma di suo fratello maggiore. Certamente non era una cosa da poco. Lo ricordava ancora come fosse ieri; la grazia nei modi, la maniera elegante di camminare, il tono educato della voce, fiero e autorevole, ma ricordava anche la gentilezza che gli aveva visto riservare a sua sorella in più occasioni. Aveva sentito molte lady, addirittura tante tra le donne della servitù descrivere incantate quelle perle scure tendenti all’indaco e quegli argentati e setosi capelli lunghi fino alla vita.
I suoi occhi localizzarono Viserys proprio in quell’istante e non potè che constatare che pure lui portava i capelli molto lunghi ed erano di un biondo leggermente più argentato rispetto a quelli di sua sorella Daenerys. Era solo una leggera sfumatura, ma al suo occhio indagatore non sfuggiva niente. Benjen rimase ad osservare il modo leggiadro che aveva di raccogliere i rami e accarezzare i petali delle rose. Una strana associazione gli fece ricordare quella carezza che lo aveva visto rivolgere a Lyanna nei sotterranei di Harrenhall molti anni addietro.
Le sue mani erano affusolate, la sua carnagione chiara, aveva un tocco delicato ed incredibilmente romantico e nostalgico al tempo stesso. Era normale che si somigliassero, d’altronde erano fratelli, eppure nella regina dei draghi, Benjen non trovata tutta quella somiglianza con Rhaegar come invece ne vedeva in Viserys. E quella maschera era un chiaro segnale che qualcosa doveva essere tenuto segreto. Non era convinto che la scusa che la regina non volesse vedere la sua ustione fosse reale, ora ne avevano la prova tangibile. Anche Sandor Clegane era stato ustionato col fuoco in pieno volto, era oltremodo diverso da una colata di oro fuso, ma tutto sommato di volti brutti se ne vedevano dovunque. E soprattutto Daenerys non aveva mai pensato di mettere una maschera anche a Tyrion Lannister e la sua faccia era già brutta la prima volta che lo aveva visto, ma ora la sua deturpazione era si e no peggio di quella del mastino. Davvero il volto di Viserys la urta terribilmente? Per un solo istante Benjen pensò che il movente di questo atipico comportamento, fosse che lei si sentisse in colpa, magari era accaduto per causa sua, ma le voci che giravano non erano del tutto chiare, per cui poco attendibili. Ciò che però lo metteva in allarme era l’idea che non ci fosse davvero una ferita da nascondere, bensì un’identità diversa da quella che volevano far credere. I figli della Foresta sono in grado di riportare in vita le persone… l’ho appurato personalmente, e mia sorella è la prova che anche un corpo decomposto negli anni può essere richiamato tra i viventi. Ma queste nostre particolari rinascite, non sono l’unica magia esistente. Beric Dondarrion e perfino mio nipote Jon sono stati riportati in vita grazie al Dio della Luce. La regina è stata a Sud per diverso tempo, e durante il suo sbarco non si è mai parlato della presenza di un fratello. È dunque possibile che lo abbia riportato indietro dalla morte, quando era già a terra? E quale dei due fratelli avrebbe poi scelto?
Mille e più pensieri continuavano a vorticargli in testa, mentre i suoi occhi seguivano il principe uscire dalle serre. Come per incanto tutto il suo interesse per le rose blu pareva svanito.
Un sorriso apparve sulle sue labbra secche e screpolate. Se questo non è un segno
-Perché ridete lord Stark? – Harwin lo osservò perplesso. Aveva piegato addirittura la testa per cercare forse di capirlo. Benjen gli si era rivolto con sguardo confuso.
-Harry, non mi chiamare lord, non lo sono più da anni. – rispose alquanto disorientato, ma dentro di lui un’euforia stava prendendo forma – però mi devi lo stesso obbedienza in quanto Stark, giusto? – l’uomo continuò a fissarlo incerto.
-Certamente. – aveva affermato titubante e ancora vistosamente in soggezione.
-Bene, ho bisogno di un favore e tu mi aiuterai. – Ben si era accostato al suo orecchio – ricordi ciò che ti chiesi molto tempo fa su Lyanna? – l’altro annuì – bene riprendi a farlo. Ah, un’altra cosa: ordina una cassa di tessuti nuovi per abiti eleganti da lady. –
-Lady Sansa ne ha ordinata una proprio la settimana scorsa… -
-Ma mia sorella ama anche i colori pacchiani! –



Note dell’autore:
E quest’oggi non mi lascio scoraggiare dal Giovedì Traumatico che sempre sconvolge la mia vita! Pure alle Maldive mi volete far andare scegliendo qualcuno… e come si può scegliere? Guardate anche Lyanna in che stato sta con quel maledetto di un drago birichino che gliene combina davvero di tutti i colori. Ora pure le liaison con le sue serve! Ci mancava questo per la nostra povera cucciolotta. Ovviamente fraintende tutto e non è che Viserys  l’aiuta poi tanto e poi quel bacio… maledetto di un drago! Ma l’intraprendenza di Lyanna che a volte agisce anche troppo avventatamente finisce per essere la causa del suo mutismo momentaneo. Ecco perché non ha mai parlato per tutta la prima parte del capitolo, ma si è limitata ad annuire quando Sansa le si è avvicinata continuando a guardare quel monaco buddista del drago, insegnare alla sua nipotina adorata a mettere più calma nel tiro dell’arco.
Ecco questa a dire il vero è un punto di cui volevo parlarvi per prevenire qualsiasi commento negativo. So che nella serie tv la prima scena di Arya la vede centrare proprio un tabellone al posto di Bran e che pure nella 7 stagione viene rimarcata questa cosa, però nei libri non è così. O almeno non ricordo affatto che si sia mai detto che Arya sappia usare un arco. Ecco perché ho tentato di smorzare un po’ tutta questa bravura che D&D le hanno affibbiato, al fine di mostrarvi un momento, magari anche troppo piccolo, ma di condivisione tra Viserys e Arya. Avete notato che lui ha un modo molto protettivo nei suoi confronti? Questo vi dovrebbe far ricordare i primi capitoli: lui quando si presente era già assieme a Arya, che al tempo si fingeva ancora Nim, quindi il loro legame ha fatto in modo di saldarsi da molto tempo (nell’ultimo capitolo-flashback sul passato di Rhaegar, troverete il loro primo incontro). E vi voglio anche far notare il modo quasi cordiale di Arya nei confronti del principe. Con lui non si mostra rigida, sembra quasi che lo apprezzi, e lo stimi e questo vi fa capire che c’è dietro un passato tra loro.
La scena di gelosia di Jon è bellissima, peccato non averla potuta ampliare, ma decisamente acido il lupo bianco che si vede la sua sorellina preferita civettare con Viserys e pure con Edric… So che una Veronica a caso sta già partendo con le Ship! XD
 
Ultimo pezzo – sì, perdonate la lunghezza di questo capitolo, ma era necessario, se lo avessi tagliato in due non si sarebbe capita la continuità degli eventi – vediamo protagonista Benjen che si pone i primi veri quesiti sull’uomo che più di tutti non vede in quadro. Viserys è fin troppo simile a Rhaegar, ma d’altronde lui non ha mai conosciuto il fratellino del Principe Drago, ma un sesto senso lo spinge a considerare che ciò che Daenerys ha rivelato possa non corrispondere a realtà. E mette in atto un piano. Ovviamente l’ultima parte porta un chiaro riferimento a Tales, il capitolo 24 ha dato la svolta decisiva per due personaggi, ma ha anche raccontato l’opinione che Lyanna ha su due colori in particolare. E pare che Benjen voglia mettere alla prova l’uomo che si finge Viserys… vedremo ciò che ha in mente!

Bene ho detto tutto mi pare, ora vi lascio e vi prometto che non manca molto neppure per sbloccare Tales, forse entro il mese o l’inizio del prossimo potrebbe rivedere una calda luce dorniana parlare un po’ di sé… Nel frattempo vi auguro una buona serata e alle lady della Torre: non fatemi svenire per sera! Vi prego, ci sono già stati momenti bollenti oggi!

Ps: ah che sbadata, quasi dimenticavo! Forse Yuliya ha riconosciuto in parte la sua stola a metà capitolo, quella che ho descritto grigia, col bordo bianco e con le roselline blu. Ecco esiste realmente, l’ha creata con le sue splendide manine una lettrice e l’ha mostrata sul gruppo A Towerof Joy, ma la mia fantasia ha voluto aggiungere una parte, perché mi serviva per un allacciamento poi che farò con Tales 2, sull’interno. Ho scelto che fosse stata Elanon a creargliela, al posto della solita Sansa, per mostrare che anche altre amiche ci tengono a Lyanna, e che come avrete modo di scoprirlo Ela ha avuto modo di stare molto al fianco della sua lady per il tempo che ha seguito il torneo. Ma anche già su Tales 1 avrete modo di scoprire quanto già lei sappia – e soprattutto come lo scopre – della liaison che c’era tra il principe e la sorella di Benjne.
Beh, comunque Yuliya non ti preoccupare, ora sembra abbia fatto una brutta fine quella stola, ma tornerà in uso.

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Capitolo 51
*** Vane Speranze ***


Quella mattina si era svegliata presto, ancora prima dell’alba. Le urla, l’angoscia del sangue fra le mani e delle acque gelide che lambivano i suoi piedi avevano risvegliato timori che sembravano non cessare mai. Si era alzata dal letto ed era andata alla finestra. Aveva cercato conforto appoggiando una mano al freddo vetro di essa, nella speranza che il gelo mitigasse il calore fittizio dei singhiozzi. Vi aveva appoggiato anche la fronte, illudendosi di svegliarsi il più in fretta possibile e cacciare indietro quelle strazianti visioni. Aveva emesso tre profondi sospiri, che si erano condensati sul vetro freddo appannandolo per gran parte della sua superficie.
Si era un poco calmata, in quella visuale lattiginosa e greve. Addossando una mano sul proprio petto, aveva sentito che il suo cuore ancora palpitava. Una lacrima le scese. Quei battiti erano solamente una concessione divina per mantenere il suo corpo in piedi, ma il suo vero cuore non batteva più da anni ormai e la sua anima era persa tra le rive di un fiume impetuoso e avaro di emozioni. Rialzando gli occhi sul cielo aveva visto la luna apparire nella foschia chiara che piano scendeva sulle lande. Si era spogliata della camicia da notte ed aveva indossato un abito pesante. Aveva sentito la lana grigia aderire alla pelle delle sue braccia, fregandola in più punti, ma non sentiva dolore. Quello era tutto concentrato all’interno del suo corpo. Aveva poi indossato il soprabito di velluto blu con dei risvolti in argento sul colletto e alcuni decori sulla chiusura che ricordavano delle rose ovviamente di un colore ceruleo. Ne accarezzò la fattezza di quel filo morbido e sorrise, pensando con quanto amore Sansa lo avesse confezionato, senza minimamente immaginare il tonfo che stava facendo in quel momento il suo cuore.
Prese anche il mantello; sarebbe uscita. La sua meta era sempre la stessa, anche nelle ore più strane della notte. Lì, nessuno la poteva disturbare. Lì, ogni pianto, ogni urlo non sarebbe stato udito da anima viva. Chi poteva mai uscire nel cuore della notte, senza nemmeno il primo accenno della rosea luce albeggiante?
Aveva attraversato il bosco in silenzio e a metà strada un enorme batuffolo chiaro le si era accodato silenzioso e ben mimetizzato. Spettro l’aveva sentita e l’aveva raggiunta. Le aveva spinto il muso contro una gamba, richiedendo una sua attenzione. Lyanna non si era spaventata, era abituata ormai al suo modo di fare e sapeva che non le avrebbe mai fatto del male. Era l’essenza più profonda di suo figlio. Quando lui mancava, sembrava che il lupo lo impersonasse.
Bran durante una cena intima di famiglia aveva rivelato di aver fatto una cosa simile col suo lupo, Jon aveva detto di non aver mai compreso tale potere, ma c’erano delle volte in cui gli era parso di fare sogni da lupo. Anche Arya affermava di aver avuto un’esperienza similare, e non appena aveva capito di essere in contatto con Nymeria, aveva richiesto a Jon di andare a cercarla, convinta di sapere dove fosse, ma suo figlio glielo aveva impedito. “Nessuno Stark lascerà Grande Inverno mai più. Ce ne siamo andati ignari dei pericoli che potevamo correre. Abbiamo perso tutto una volta lasciata casa nostra… Abbiamo poi combattuto per riprenderci il nostro posto, il nostro lignaggio, riaccreditare il nome dei lupi. Non permetterò che nessuno abbandoni ancora le mura di questo castello!”
 
Lyanna si era seduta a terra a ridosso della grande pietra di fronte all’albero diga. Aveva raccolto le ginocchia e si era stretta su se stessa; il metalupo le si era acciambellato al suo fianco. Vi aveva inizialmente immerso solo le dita delle mani nella pelliccia candida. In alcuni punti era fradicia, in altri c’erano dei cristalli di ghiaccio. Deve essere stato a caccia… pensò all’istante, eppure nel suo manto non vi era traccia alcuna di macchie di sangue o fango.
-Vorrei essere come te – gli disse senza quasi neanche pensarci – libero… bianco… immacolato. – sorrise dapprima e poi si ritrovò a ridere di gusto, affondando il volto nella sua pelliccia – ero una ragazzina moralista e credulona… – il lupo alzò il capo e la fissò piegando la testa da un lato – vuoi che ti racconti una favola, Spettro? C’era chi me ne raccontava tante un tempo… poi è stato sostituito da un mio caro amico… e quando pensavo che fosse giunto finalmente il mio turno di raccontare fiabe, gli Dei hanno scelto di negarmelo. Non so più nemmeno in quali dei credere ora come ora… - Spettro non fece alcun rumore, anche se aprì la bocca, ma alla fine le leccò una delle mani.
-C’erano degli uomini un tempo…. – cominciò allora lei, guardandolo, i suoi occhi persi nelle memorie – uomini il cui valore era conosciuto in tutti i Sette Regni. Alcuni di loro avevano dei soprannomi epici, altri invece usavano unicamente il nome della loro famiglia, ma erano valorosi esattamente come gli altri… e poi c’era il più famoso di tutti. La Spada dell’Alba. Lui era qualcosa ì a sé stante. Illuminava qualsiasi cosa sfiorasse… – si fermò solo un attimo a commemorare il suo ricordo – tu credevi che lui fosse il più onorevole uomo che esistesse, dedito solo alla sua missione e alla sua devozione – si zittì ancora, poi scoppiò nuovamente a ridere e a piangere assieme, pronunciando le seguenti parole con lentezza quasi stesse pregando – e invece era un uomo come gli altri. Aveva emozioni, sogni, paure… proprio come tutti noi. Aveva debolezze, esattamente come le avevo io. Si mostrava forte e tenace, per nascondere invece la tenerezza del suo cuore. Avevamo molte passioni in comune. I cavalli, la spada e… -
-Pensavo che fosse mio fratello l’uomo che amavate, ma da come ne parlate sembra che per voi sia stato più importante la Spada dell’Alba. – la regina dei draghi era arrivata camminando silenziosa sulla neve. Spettro aveva drizzato le orecchie e sbarrato gli occhi rossi, ma non sembrava per niente turbato dalla sua presenza. Lyanna si alzò e osservò l’animale di suo figlio per un istante solo, cogliendo l’occasione per ripulirsi il volto dalle lacrime, e solo dopo si voltò a guardarla.
-Cosa ci fate qui? – le domandò – voi non credete negli Antichi Dei. – voleva ribadirle di andarsene, ma qualcosa le diceva che se era sveglia a tale ora, non aveva di certo trovato conforto nelle calde coltri lanose del suo letto. E a quanto pare non ama dividere il fratello con altre donne! Considerò, ma appena nelle sua mente si formò l’immagine di Elanon avvinghiata a Viserys, cacciò indietro quel pensiero fastidioso.
-Non sono cresciuta venerando dei questo è vero, li ho pregati molte volte, senza sapere a chi rivolgermi durante tutto il mio esilio. Non so chi di loro davvero mi abbia risposto, per quel che ne so, possono essere stati anche i vostri dei, Lady Stark. – si era avvicinata ancora e aveva osservato il grande volto inciso sulla corteccia bianca. Era rimasta lì ferma immobile per un istante, Lyanna non potè che pensare a quanto bella fosse. Sembrava una di quelle statue di cera messe al centro di una fontana. I suoi capelli erano setosi ed avevano ancora i boccoli appena più scomposti della sera precedente. In altri punti, dove era solita tenere delle trecce, stavano ondulati, maggiormente sulle punte rispetto alla radice e ora che li osservava un po’ più da vicino, notò che non erano così sottili come quelli dei suoi fratelli. Per un attimo pensò che assomigliavano alle onde che formavano i suoi, ma poi rammentò che Rhaella Targaryen li aveva a boccoli morbidi e vaporosi. Quelli di Rhaegar e Viserys invece erano perfettamente lisci e a fatica, solo se li tenevano legati stretti per tutto il giorno avrebbero poi preso la parvenza di un movimento duraturo… e Jon pareva averli uguali.
Daenerys si voltò a guardarla negli occhi. Le ricordò l’ametista brillante come le gemme di lady Ashara. Ebbe un tuffo al cuore al ricordo di quella fanciulla… di quella amica e ricordò solo in quel momento ciò che prima la regina dei draghi aveva alluso. Abbassò il capo e osservò la neve, il bordo della gonna ne aveva catturato alcuni cristalli.
-Ho memoria di Arthur Dayne, come anche degli altri suoi confratelli, perché hanno dato la vita per proteggermi… – svelò riflessiva – erano amici di vostro fratello, non erano semplici conoscenti e non gli erano fedeli solo per il giuramento che li legava al suo titolo. Con ognuno di loro aveva stretto un rapporto unico. Di Barristan Selmy apprezzava l’affetto e la cura, di Gerold Hightower la fermezza, di Oswell Whent la fiducia incondizionata, di Jon Darry la lealtà, di Lewyn Martell la generosità… e poi c’era Arthur. Lui possedeva la metà dell’anima che non aveva dato a me. –
-Ser Barristan mi ha detto che erano molto legati, ma non pensavo che lui lo tenesse così a cuore. –
-Erano in pratica una cosa sola. Non li potevi dividere… la guerra lo ha fatto, la morte probabilmente li ha riuniti. – abbassò il capo infilando una mano tra la neve e sentendone i cristalli di ghiaccio graffiarle la cute – ma forse è solo una scusa che mi racconto per non dire che sono stata io a dividerli. –
-Pensate di essere la causa della loro separazione? – la squadrò con quegli occhi viola acceso che tra le ombre della foresta sembravano pozzi indaco… quanto le ricordavano quelli di Rhaegar.
-Lui lo costrinse a restare. – affermò atona – gli ha affidato la mia vita e quella di nostro figlio. Arthur ha protestato… ma sapeva che se gli stava dando quel compito era perché si fidava unicamente di lui. Partì una notte, perché dirmi addio era difficile, ma a lui lo disse. Me lo confidò Art. –
-E voi siete quindi rimasta in quella torre con solo tre guardie… tra cui la famosa Spada dell’Alba. – sorrise Dany guardandola sorniosa.
-So a cosa state pensando – rispose meccanicamente – chiunque lo potrebbe pensare. Ma se Rhaegar mi ha lasciata lì, con lui e con gli altri, sapeva che non lo avremmo deluso… né io… né lui… Esattamente come noi contavamo nel suo ritorno. Nulla è andato come avevamo previsto però. –
Spettro alzò il muso di nuovo sentendo la regina avvicinarsi. Il suo intento era quello di sedersi, ma gli occhi rossi del metalupo la bloccarono, come se lo temesse. Lyanna pensò che fosse una cosa quanto mai strana; cavalcava un drago e temeva un lupo di dimensioni enormi, certo, ma pur sempre una creatura minuta rispetto a quelle a cui era abituata. La sentì deglutire.
-A volte mi incute paura. – le rivelò – Voi davvero non avete paura di nulla? – Lyanna strabuzzò lo sguardo incredula, così lei proseguì – vi ho vista ad Harrenhall quando Drogon vi stava scagliando addosso quella palla di fuoco… vi siete abbassata, ma non ho veduto alcun timore nei vostri occhi, né spavento. E vi ho vista qui a nord tra la vostra gente, nel vostro castello, guardare in faccia un drago senza tremare. Mai. – Lyanna sospirò e distolse lo sguardo.
-Ci sono cose che temo pure io – disse riflessiva – ma non sono riconducibili ad animali mitologici o a cose materiali. – si volse a guardare Spettro, che non aveva ancora distolto l’attenzione dalla regina. Gli accarezzò la testa. – a lui piace essere grattato dietro le orecchie. Datemi la mano. – le mise il palmo verso l’alto in attesa che lei le mettesse la mano sopra. Con leggera titubanza, lo fece, restando a fissarla ad intermittenza, solamente quando non controllava ogni sorta di reazione del lupo albino. Lyanna sentì la mano calda della donna toccarla. Il suo cuore tracciò un picco verso l’alto appena riconobbe la stessa temperatura del suo amato, esattamente come accadeva con suo fratello Viserys, ma questa era la prima volta che aveva un contatto diretto con la regina dei draghi.
Gliela girò cautamente e la indirizzò sulla parte posteriore della nuca, e in un secondo momento verso le orecchie. Lei prese a massaggiarne una, mostrandole come fare e Daenerys ripetè i suoi movimenti sull’altra. Il lupo allungò il collo estasiato da simili attenzioni ed entrambe si osservarono scoprendosi a sorridere.
-E’ come un uomo dopotutto – si ritrovò a dire Dany – basta sapere come avvicinarlo e poi renderlo tuo diventa un gioco semplice. –
-A volte non è così facile, mia regina. – affermò Lyanna triste – ci sono rare occasioni in cui il tuo cuore ti porta ad amare la persona sbagliata. L’unica che sai non potrai mai avere. E poi avviene qualcosa, una casualità oppure un segno del destino, che ti fa ricontrare… e tornate assieme. ma se anche crede di essere giunta a destinazione… -
-Poi accade qualcosa che te la porta via. – Daenerys finì la frase per lei – già, ne so qualcosa. – disse infine – ma ciò che mi domando… è quale dio devo ringraziare per questo, lady Stark? –
Lyanna non aveva dato risposta. Non lo sapeva nemmeno lei. Forse nessuno lo sapeva.
 
 
 
 
L’ago era sempre stato l’unico vero strumento appuntito che fosse mai riuscita ad reggere. È sconveniente per una lady, stringere tra le mani armi. Non era certamente come l’Ago di sua sorella Arya; lei era una guerriera, era sempre stata resistente, determinata e coraggiosa. Sansa invece era stata solo una fonte di guai. Per anni si era creduta forte, solamente perché lì tra le mura di quel castello era rispettata e ammirata. Era la figlia maggiore del lord di Winterfell, ma appena fuori dalle loro terre si era rivelata essere una debole. Era rimasta prigioniera ad King’s Landing, perfino all’arrivo dei Tyrell la sua unica speranza era diventata farsi rinchiudere tra le mura di un altro castello; Highgarden. La sua prigionia lì sarebbe stata dolce magari, tra le rose dorate, gli alberi da frutto e i boschetti, i cortili ombrosi e i colonnati di marmo. Willas Tyrell sarebbe potuto essere anche un ottimo partito, tenero, premuroso e gentile, ma ormai le sue fantasticherie su uomini valorosi e onorevoli erano finite da tempo. Il suo cavaliere da amare forse non era mai nato, o apparteneva ad un regno lontano. Ogni sogno di felicità era svanito anni addietro. Ora ciò a cui voleva solo pensare: era ridare valore e onore alla propria casata, a meno che non si sarebbe proposto qualche baldo rampollo, per chiedere al sua mano, o fintanto che Jon non le avrebbe ordinato di sposarsi per stipulare nuove alleanze, proprio come aveva imposto a Alys Karstark. Eppure una parte di lei sapeva che suo cugino non avrebbe mai permesso che uno Stark si allontanasse ancora da Winterfell. Al momento tutto ciò che le restava era all’interno di quella stanza. Lacrime, aghi, fili da cucire, stoffe. E poi c’erano i doveri e gli obblighi di una lady. Era libera di vivere la sua vita tranquilla proprio come un tempo, Una lady non deve mostrare mai le sue angosce in pubblico. Anzi la sua vita ora era decisamente meno tranquilla di un tempo, ma le piaceva così.
A tutti gli effetti Jon le aveva lasciato l’amministrazione di Winterfell, per cui gestiva tutto ciò che era inerente alle sue competenze di quel castello. In teoria i voleri di Jon erano che anche Arya, e sua zia Lyanna, prendesse in mano alcune responsabilità, ma, mentre sua zia si impegnava a soddisfare i voleri di suo figlio, sebbene il suo carattere ribelle la portasse anche a sfogare le sue passioni di tanto in tanto, sua sorella al contrario non aveva alcun interesse di questo genere, o forse più semplicemente non intendeva passare del tempo con lei. Questa era la giustificazione che Sansa aveva designato più ovvia, ma aveva imparato a farci l’abitudine. Una lady che si rispetti non si lascia abbattere da piccoli impedimenti, prosegue sulla sua strada, anche se diventa impervia e pericolosa. Non era una stupida, aveva compreso che sua sorella non la poteva sopportare, proprio com’era un tempo, e questo suo atteggiamento astioso era stato causato dagli anni passati a subire le derisioni e le angherie sue e delle sue amiche. Non poteva biasimarla quindi se non voleva riallacciare i rapporti con lei.
Sansa era stata già graziata una volta dagli dei: Jon, il fratellastro con il quale mai si era comportata bene, l’aveva accolta tra le sue braccia e non poteva sperare che anche Arya facesse uguale. Quando un tempo vivevano tutti a Grande Inverno, Jon era solo il bastardo di Ned Stark, e lei lo ignorava completamente, imitando stupidamente l’atteggiamento scostante della lady sua madre. Con Arya invece la cosa era differente. Vedendola impedita nelle mansioni da lady, invece che aiutarla o confortarla, si era sempre comportata con superbia e egoismo. Lei era la perfezione che Arya non riusciva ad essere. Eppure lei era la sorella maggiore e avrebbe dovuto insegnarle, ma quando le veniva imposto di farlo, Arya si ribellava. Non voleva essere inferiore a nessuna. Era una bambina fin troppo vivace e selvaggia e per questo Sansa l’aveva sempre e solo denigrata, mettendola in un angolo, beffeggiata in pubblico e allontanata con presunzione. Arya non le aveva mai fatto niente per meritarsi tutto questo, qualche dispetto, i capricci, cose da bambine… Che colpa poteva avere se la genetica aveva donato solamente a lei i tratti del lord loro padre? Ora come ora era lei stessa a sentirsi una forestiera in quel luogo. Tutti avevano le caratteristiche del nord, al contrario lei era l’unica ad avere i capelli ramati e gli occhi azzurri dei Tully, l’unica assieme a Bran… ma Bran non sembrava più quello di un tempo… c’era un forte gelo, quando entrava nelle sue stanze a differenza del calore che invece vi era quando era ancora un bambino spensierato che sognava di diventare un cavaliere.
Non c’era più nessuno a condividere quei tratti con lei. Rickon, Robb, sua madre… Nessuno.
Una lacrima solitaria le era scesa velocemente appoggiandosi appena sulla guancia e cadendo sulla stoffa color amaranto che stava cucendo. Con il dorso della mano si asciugò frettolosamente lo zigomo ed estrasse un fazzolettino per tamponare il tessuto prima che potesse macchiarsi.
-Per gli dei! – imprecò sottovoce. Una lady non deve mai perdersi d’animo. Non voleva farsi sentire e soprattutto non voleva farsi vedere piangere – devo fare più attenzione. – disse rivolta a se stessa. Una vera lady non mostra mai le sue debolezze. Una vera lady si mostra forte e rispettabile. A volte si trovava a ripetere le stesse frasi che le diceva sua madre, solo per darsi coraggio. Per non avvertire quella costante sensazione di smarrimento che sentiva dentro.
 
Non aveva alcuna intenzione di rovinare quel tessuto. Glielo aveva consegnato la sera precedente suo zio Benjen facendole una strana richiesta. Si era presentato nelle sue stanze dopo il banchetto serale e le aveva commissionato un abito per sua zia Lyanna. “Sono certo che quanto prima, mia sorella avrà necessario bisogno di abiti con queste tonalità.” Sansa aveva corrucciato la fronte, confusa. Non erano i colori degli Stark… Hawin era andato fino a Porto Bianco per ritirare  il carico richiesto dalle Città Libere. Assieme agli equipaggiamenti, alle lane grezze e al cuoio per le pettorine di guerra, Benjen aveva fatto arrivare da Myr stoffe pregiate per degli abiti da lady. Sansa era sempre ben disposta, quando si trattava di cucire e negli ultimi tempi, aveva trovato uno scopo nel vestire e preparare sua zia. Era stato uno dei primi compiti che le aveva assegnato Jon, far compagnia a sua madre, aiutarla ad integrarsi e prendersi cura della sua anima solitaria, mentre lui doveva ancora capire e decidere se e quando mostrarsi. Jon già all’epoca le voleva bene, ma aveva bisogno del suo tempo. Forse anche ad Arya devo lasciarle del tempo. Rifletté pensierosa.
Prese una delle stoffe antracite e la appoggiò sopra a quella che aveva appena finito di cucire. La piegò più volte e infine ne puntò un’estremità con uno spillo. Osservò abbattuta la cruna dell’ago per infilarci il filo. Non tanto perché quel compito le pesasse, anzi l’aiutava forse a distrarsi, ma quella mattina si era svegliata malinconica. L’aver rivisto Sandor Clegane aveva risvegliato dei terribili ricordi che avrebbe preferito obliare per il resto della sua vita. Le pene che aveva vissuto quei giorni alla capitale erano stati ricordi che aveva preferito lasciarsi alle spalle… Già, se davvero fossi riuscita a farlo! La realtà era che li aveva nascosti dentro un cassetto della sua anima, troppo impaurita per affrontarli ancora. Il Mastino era stato rude nei suoi confronti ma ripensandoci, tutto sommato, era come aveva detto lui, per la maggior parte delle volte era stato il solo che aveva anche provveduto a proteggerla e a ridurre le sue pene come meglio poteva. Non aveva mai apertamente fermato Joffrey e le sue minacce, d’altronde avrebbe voluto dire mettersi contro l’intera famiglia dei Lannister, per lei. E lei non era niente. Non più almeno.
Aveva pensato di rialzarsi affianco a Petyr Baelish, o meglio era lui che glielo continuava a ripetere giorno dopo giorno, ma le aspettative di Sansa si erano spente anni addietro. Con lui sapeva che mai avrebbe potuto avere niente. Lui come tutti gli altri; era solo interessato alla sua eredità, Winterfell. A quella, e alla possibilità che lei potesse o meno generare un figlio. Involontariamente fermò la mano, lasciando l’ago puntato a mezz’aria.
Sposarsi… mettere su famiglia… dare un figlio al proprio marito e vivere felice accanto all’uomo che amava. Famiglia, dovere, onore. Come voleva il motto di casa Tully. Erano bei sogni, ma mere illusioni oramai. Lo aveva compreso, non avrebbe mai trovato un uomo come era stato nei suoi sogni. Non esisteva alcun cavaliere dolce e premuroso che l’avrebbe protetta con la sua spada e tenuta stretta tra le sue braccia. Lo aveva appurato sulla propria pelle… neanche i cavalieri della guardia reale erano dei santi, non si erano fatti scrupoli a picchiarla quando Joffrey lo aveva ordinato. Forse l’unico era stato Ser Arys Oakheart, ma le era stato detto che era morto a Dorne, nel tentativo di proteggere la principessa Myrcella. Non esisteva più nessun valoroso cavaliere che la potesse amare, e se anche era mai nato, o non lo aveva ancora conosciuto, oppure era già morto in qualche guerra…
 
 
 
 
Sua zia assomigliava in un modo incredibile a Arya, eppure in quella donna c’era una profonda aura di inquietudine e sofferenza che sua sorella non presentava. Arya era più una ragazza che soffriva e trasformava quel dolore in vendetta. Lyanna invece sembrava aver perso la voglia di combattere, la grinta che gli aveva visto durante le sue visioni, era stata in gran parte sostituita dalle tremende angosce che l’avevano infine sopraffatta. Eppure, quando da giovane aveva sentito discorsi sulla sua memoria, tutti ne parlavano come di un’audace guerriera, ma Bran conosceva ora ciò che lei cercava di celare. Lui ormai conosceva praticamente ogni cosa. Non doveva fare altro che entrare nei sogni dell’oltre e guardare.
Aveva visto tante cose, alcune estremamente inutili, altre più importanti, ma tutte alla fine essenziali. Aveva visto la verità su Jon, molto tempo fa, e aveva quindi conosciuto il sentimento profondo e insostituibile che legava sua zia al Principe Drago. Ritrovarlo ancora in vita, era stato una cosa davvero fuori dall’ordinario, ma appena aveva appoggiato una mano ad una radice pallida dell’albero diga aveva scorto anche ciò che avrebbe comportato la sua presenza.
Osservò alcune ciocche di capelli cadere sul suo grembo, sembravano foglie dell’albero diga, appena di una tonalità più sbiadita del normale, eppure a lui ricordarono tanto le piume di un corvo. Lyanna era alle sue spalle, silenziosa e impegnata nel suo lavoro. Gli occhi grigi erano tristi, ma lui non poteva darle alcun conforto. Non ora almeno.
Il giorno che lei si era dovuta rivelare a causa della valutazione errata di Arya, Bran aveva avuto una visione. Ali oscure, oscure parole ma nel suo caso non era stato un corvo a portare quelle brutte notizie. Aveva visto delle immagini atroci. Il castello completamente ghiacciato, un uomo seduto sullo scranno dei re del nord, con una corona in testa di ferro, vestito interamente di nero. Il suo volto era ceruleo dal gelo e i suoi occhi di un azzurro brillante. Grande Inverno sarebbe caduta nelle mani degli estranei e la loro avanzata avrebbe proseguito incessantemente verso sud, portando le tenebre in tutti i Sette Regni. Bran non aveva capito in un primo momento ciò che stava vedendo, o meglio la causa che avrebbe comportato questo. Aveva chiesto a Meera e a Davos di condurlo al Parco degli Dei quella sera e provare a trovare una risposta grazie agli spiriti che vivevano ancora all’interno delle cortecce dell’albero cuore. Ciò che gli aveva mostrato era il volto di un uomo, o meglio la maschera che lui portava sul viso. Qualcosa era legato a Viserys Targaryen. Lo aveva capito, lui sarebbe stata la chiave. Poi aveva avvertito un leggero spostamento d’aria, il travestimento era caduto a terra ed i veri lineamenti del principe furono in definitiva svelati.
Nella sua mente un vortice di immagini si susseguirono. Lyanna e quell’uomo assieme tra gli alberi, mentre lui suonava una melodia dolce e romantica. Le loro mani unite e una stoffa bianca intrecciata tra di esse. Un bacio, una promessa, un vincolo di sangue e amore. Di nuovo loro due addormentati, abbracciati assieme tra i cuscini argentei e bianchi su un enorme letto di legno, accanto ad una terrazza dove un sole caldo baciava la loro pelle abbronzata e le stoffe velate delle tende candide danzavano nell’aria tiepida del sud. Poi la neve, un fiume, dei soldati, una battaglia. Un guerriero con un elmo dalle lunghe corna di cervo. Il suo martello. Ed il principe drago a terra morente. Un drago che volava nel cielo, sputando fiamme dalle fauci.
Bran aveva capito. Viserys in realtà era il principe Rhaegar Targaryen. L’uomo che Lyanna aveva amato con tutta se stessa. Il padre di Jon.
Comprese immediatamente ciò che la sua visione gli aveva annunciato. Jon avrebbe avuto un crollo nel sapere che anche suo padre era in vita. Non avrebbe retto il colpo al confronto con lui. Si sarebbe sentito inferiore sotto ogni punto di vista, e non avrebbe accettato il loro legame di sangue, come già stava dimostrando dal momento in cui i draghi erano saliti a nord. Quando erano stati costretti a rivelare la vera identità di Lyanna, Jon aveva provveduto a spiegare alla Regina dei Draghi ciò che realmente era accaduto, nella speranza che lei non prendesse quella menzogna come un affronto personale. Quella stessa sera Bran aveva ordinato a Meera di avvicinare il principe Targaryen e di portarlo da lui. Lo aveva ammonito di non svelarsi, almeno per il momento, finché quella visione sul futuro non sarebbe cambiata.
-Posso chiederti una cosa, Bran? – sua zia aveva aperto la bocca per parlare già un paio di volte, ma poi ci aveva rinunciato. Alla fine si era convinta, ma non esprimeva alcun sentimento positivo.
-Non sono più Bran Stark… - aveva provato ad obbiettare.
-Ai miei occhi resti sempre il figlio di Ned. Ed io ti chiamerò come lui ha scelto, onorando il fratello che tanto amavamo e che abbiamo perso. – la sua voce era affranta e debole, ma decisa.
-So già cosa vuoi chiedermi. – rispose allora, ancora assorto nei suoi pensieri. Gli occhi appannati da una visione. Lyanna si era zittita – tu vuoi che ti mostri ciò che accadde quel giorno. – la sentì annuire grave, attese che le immagini finissero – Non ti sarebbe di alcun aiuto. – terminò mesto il Corvo a Tre Occhi.
-Lascia che sia io a deciderlo! – la donna aveva allontanato le mani dai suoi capelli e la voce aveva cominciato a tremarle.
-Non c’è nulla che tu necessiti di sapere. – Bran era certo che se si fosse voltato avrebbe visto le lacrime sulle sue guance, preferì rimanere così com’era, imperturbabile e distaccato – non c’è nulla che già non sai. Gli esiti non cambiano se anche vedi quanto è avvenuto. –
-Non puoi sapere come mi sento in questo momento… il vuoto che porto dentro mi sta lacerando l’anima… - pianse lei.
-Oh, certo che lo so. Lo vedo… lo sento. – asserì pacato.
-E allora perché vietarmelo? Dimmelo. Bran, perché? – si coprì il colto con una mano – se lo sai… allora sai anche che ho bisogno di vederlo,.. ho bisogno di capire quello che è successo… Ho bisogno di sentirlo ancora con me… – piangeva tormentata da un dolore immenso, quasi palpabile con il tatto.
-Sei distrutta dal dolore, ed è normale che sia così. Devi prima accettarlo e solo poi potrai iniziare il cammino della guarigione del tuo cuore. – si era espresso ancora con mite posatezza.
-Il mio cuore non ha possibilità di guarire, quando la sua esatta metà ha cessato di esistere. – il timbro che aveva usato era flebile e scoraggiato.
-Non è affatto così. – le rispose enigmatico –  e poi Jon è qui. Lui è tuo sangue e carne. – Lyanna si spostò da lui, le labbra le tremavano.
-Lui è l’unica persona che non vedo nei miei sogni… ogni notte vedo morire le persone che ho amato nella mia vita. Tutte: mio padre, i miei fratelli… ma non l’uomo che a cui ero legata da un sentimento profondo. Ti prego Bran… una volta soltanto. – si voltò verso di lui, lo stava supplicando – per favore… -
-Mi risulta che tu lo abbia visto già una volta. – decretò serio lui.
-…Lo sai? Eh, già… ovvio che lo sai… - Lyanna si asciugò le lacrime, sentendosi una stupida, e tornò a sistemargli le ultime ciocche, continuando a piangere col cuore, ma schermando la tristezza del suo volto – ero intossicata dagli effetti del veleno… ho sempre creduto che quella visione non corrispondesse alla realtà dei fatti… -
-Ha poca importanza, se era solo un sogno o i veri momenti di un evento passata. La tua richiesta è stata esaudita; gli dei ti hanno concesso di vederlo un’ultima volta. – puntualizzò.
-Ma lo capisci che non mi basta? – ringhiò la donna.
-C’è una ragione, se non ti permettono di ripetere unicamente quel sogno. Trovala Lyanna, e avrai le tue risposte. – continuò misterioso.
-E che risposta dovrei mai cercare? – si allontanò da lui, questa volta aveva davvero finito. Prese gli angoli dell’asciugamano per farne un fagotto che poi lanciò sul fuoco – …lui non tornerà più da me, questa è l’unica attendibilità che conoscevo prima di morire e che conosco pure ora! Il passato non si può cambiare… – si voltò di scatto i suoi occhi erano lucidi, ma non piangeva come invece aveva creduto. Ebbe la conferma che fosse davvero una donna forte.
-Ma è il presente a mutare. E il futuro, di conseguenza. – Bran fissava quelle perle grigi. Gli ricordavano molto quelli di suo padre, ma anche quelli di Arya.
-Perché mi privi dell’unico desiderio che ti domando? – era doloroso vederla in quella condizione.
-Perché ti porterebbe a precipitare in un baratro da cui mai più torneresti indietro. E con te, pure Jon cadrebbe in ginocchio. Vuoi davvero mettere a rischio l’intero destino dei Sette Regni, solo per vedere ancora il tuo amore perduto? Non credi che sia abbastanza ciò che è avvenuto in passato? Per la tua scelta, ha pagato la tua intera famiglia, ora sei disposta a sacrificare anche questa? Compreso tuo figlio? La nostra unica salvezza, solo per un tuo capriccio personale? –
 
 
 
 
 
In quell’ala del castello faceva decisamente molto caldo. Portò una mano sulla parete nord e sentì un tepore trasmettersi direttamente sul suo palmo. Le sorgenti termali devono passare di qui. Rifletté e sorrise al ricordo di quando lui e Lyanna erano a Harrenhall e nel tentativo di metterlo alla prova, gli aveva raccontato della struttura di Winterfell, rivelandogli della particolarità idrica di quel castello. Memore di quei pensieri, camminò con passo sicuro e silenzioso, fino a raggiungere l’ultima stanza del corridoio.
La luce del sole pallido entrava da una bifora ed andava a riflettersi sulla porta di quercia di fronte a lui. Aveva estratto la mano dal mantello e stava per bussare, quando questa si aprì di scatto e una donna gli rovinò addosso. Batté il capo contro il suo torace, era di fretta e sembrava non essersi accorta che lui fosse lì. Teneva il capo chino e nascosto. Non aveva nemmeno avuto bisogno di guardarla in volto, aveva capito chi fosse, unicamente dall’odore dei suoi splendidi capelli scuri. Lyanna aveva alzato lo sguardo e lo aveva riconosciuto. Aveva gli occhi lucidi e tristi. Con una mano aveva cercato di cacciare via la lacrima che le stava bagnando una guancia. Se non l’avesse incontrato avrebbe effuso tutto il suo pianto in un angolo buio; era chiaramente in cerca di sfogo e di solitudine. Si sentì tremendamente angosciato a dover star lì senza poter far niente, senza poterla consolare, senza poterla stringere forte tra le braccia. Per quale motivo ora stai piangendo, mia adorata? Avrebbe voluto chiederle, ma doveva impedire a se stesso di lasciarsi andare, e di mostrarle chi si celava davvero dietro a quella maschera. Sperò che quella fosse l’ultima volta che doveva succedere. Si concentrò nuovamente sul volto di lei. Aveva messo il broncio, com’era da immaginarselo, eppure qualcosa gli diceva che provava già un forte astio prima di incontrarlo.
-Lasciatemi passare. – decretò fiera e minacciosa. Era diventata estremamente scorbutica e gelida nei suoi confronti, ma non poteva compatirla. Lei non lo avrebbe perdonato facilmente dopo quello che lui le aveva rivelato, e come se il destino lo volesse punire, erano avvenuti altri sgradevoli episodi che avevano solo aumentato il loro distacco. Era la verità dopotutto; non si perdonava lui stesso per ciò che le aveva fatto.
Si accorse che doveva aver tenuto in mano alcune pezze e un catino, che ora erano sparsi per terra ai loro piedi. Vi erano anche un paio di forbici, pettini e folte ciocche di capelli ramati incastrate tra i denti di osso. Davvero ti sei occupata tu, dei capelli di tuo nipote? Una lieve allegria gli scaldò l’animo e abbassò lo sguardo sorridendo. I loro corpi erano veramente vicini, per un attimo pensò di fare un passo indietro per permetterle di allontanarsi, ma la domanda che lei gli pose, lo irritò a tal punto che decise di rimanere fermo dov’era.
-Vi piace, quanto state vedendo? – si lamentò indignata senza muovere nemmeno un muscolo.  Rhaegar per un attimo si chiese a cosa alludesse, poi comprese che lei aveva avvertito il suo sguardo posarsi sulla scollatura che da quell’altezza mostrava gran parte del suo decolté. Se ne vergognò molto, ma decise di lasciarglielo credere. Doveva interpretare quella parte ancora per poco. Bran Stark lo aveva fatto chiamare; era raro che accadesse, ma se doveva parlargli, forse era per dirgli di smettere tutta quella farsa. O almeno era ciò che il suo cuore stava sperando in quel momento.
-Pensavate che il mio interesse per voi, fosse terminato con quella missione, milady? – le disse prendendola per le spalle e addossandola con la schiena contro la parete affianco alla finestra coi due semiarchi – immagino che per voi sia diventata obsoleta la mia presenza. La cosa mi rammarica molto ad essere sincero. – la schiacciò contro il muro con più decisione, facendo aderire gran parte del proprio corpo al suo. Lei non protestò verbalmente, ma non gli permise di averla vinta sul suo corpo. Sentiva la pressione delle sue braccia e la ribellione delle sue gambe, ma la forza della donna era vinta dalla sua presa salda. Lo sguardo di ghiaccio che gli lanciò, lo fece sorridere.
-Ho dovuto trascurarvi un po’ per occuparmi di affari più urgenti, me ne rammarico – si avvicinò pericolosamente alle sue labbra e lei scansò il volto per evitare che la baciasse. Sorrise sentendo il suo profumo penetrare nelle narici, fu invogliato così a prenderle un boccolo, e lo attorcigliò ad un dito, mentre continuava a parlare – d’altro canto mi sembra che voi non abbiate avuto alcuna difficoltà a trovare una nuova compagnia per trascorrere il vostro tempo. –
-Siete spregevole. – gli disse furiosa mantenendo la voce sottile e tagliente
-Non è un aggettivo che hanno mai usato su di me. – affermò convinto alzando appena il capo come a voler mostrare che ci aveva anche pensato.
-Forse perché nessuno vi ha mai conosciuto davvero. – continuò infastidita.
-Siete in errore, lady Stark – la derise lui – più di una persona ha avuto l’opportunità di conoscermi, ma ammetto che non concedo a chiunque di entrarmi dentro. – le sorrise e portò due dita sulla sua guancia; col dorso di queste, gliel’accarezzò gentilmente. Aveva la pelle delicata e morbida proprio come ricordava.
-Perché? Temete che si accorgano del marciume che si cela nella vostra anima? – lo scrutò con i suoi occhi glaciali. Lui appoggiò l’intero avanbraccio sul muro sopra la sua testa, inspirando profondamente prima di parlare ancora.
-Possibile che con voi non si possa mai avere l’ultima parola? – si lamentò frustrato, ma un sorriso gli scappò.
-E’ una cosa che non concedo molto facilmente. – ripeté lei usando lo stesso suo concetto di prima.
Questo lo fece ridere di gusto, ma Lyanna non si unì alla sua contentezza.
-E ditemi cos’è che concedete facilmente, mia lady? – la donna lo guardò minacciosa.
-Provate solo a toccarmi e vi ritroverete a terra agonizzante. –
-Uh, che paura! – la derise con ironia. Lei tentò di colpirlo con un pugno, ma Viserys lo intercettò in tempo con una delle sue mani e tenendo stretto il suo braccio, se lo portò alle labbra. le scoccò un semplice bacio. La sentì digrignare i denti. Era agitata ed aveva il fiato corto. Desistette a farle ulteriore pressione e si allontanò da lei, questo le diede un po’ di più coraggio.
-Non dovete più permettetevi di chiamarmi mia lady! – pestò un piede a terra – Avreste una lama alla gola, se solo fosse qui un mio… - voleva evitare di entrare in quell’argomento, quindi la interruppe mettendole un dito sopra le labbra, ma tenendo bene a mente che era sempre stata in grado di mordere come un lupo azzanna la sua preda.
-Sono certo che mi supplicherete di ripeterlo voi stessa, la prossima volta che ci incontriamo. – rimase ad osservarla per un attimo prima di indietreggiare di qualche altro passo per portarsi di fronte alla porta del giovane Stark – magari potrei venire da voi, con una rosa dell’inverno tra le labbra porgendovi su un vassoio d’argento il mio cuore. – lei lo fissò incredula e decisamente contrariata, ma Rhaegar in quel momento aveva un compito più urgente: il Corvo a Tre Occhi.
Sperò che gli potesse dire qualcosa di positivo, che gli potesse dare una speranza in più e che ogni segreto potesse essere svelato, ma quando entrò e si chiuse la porta alle spalle, gli bastò un’occhiata al giovane per perdere ogni speranza. Osservò i capelli ancora umidi e tagliuzzati maldestramente, quegli occhi azzurri spenti e le spalle basse appoggiate goffamente alla testata del letto.
Comprese che non era ancora giunta l’ora per ringraziare gli dei. Se è rimasto ancora qualcosa per cui ringraziarli… pensò affranto.
 
 
 
 
Note dell’autrice:
 
Salve a tutti e dannati estranei che mi hanno tenuta fuori da internet tutta ieri, facendomi perdere la giornata che avevo scelto per pubblicare questo capitolo.
A dire il vero ho poco da scrivere perché oggi sono un po’ giù di morale. Ho sbirciato tra le altre storie del sito sul Trono e mi sono accorta che la mia non è poi così in alto come pensavo; e addirittura è molto più apprezzata Tales rispetto a Cronache. Vero che sono due storie completamente diverse tra loro, ma dato l’afflusso delle recensioni ero convinta fosse più popolare.
E niente, è evidente che devo ancora migliorare e imparare tante cose e spero di potervelo dimostrare in futuro trovando maggiori escamotage e creando nuovi sviluppi che possano portare anche ad aumentare l’afflusso.
Ringrazio tanto le mie fedelissime che mi hanno seguita anche sul gruppo della Torre e ogni giorno mi dimostrano quanto apprezzino il mio sforzo. Ringrazio loro, ma anche tutti coloro che mi seguono unicamente qui recensendo frequentemente, o sporadicamente, o anche chi è un silenzioso lettore e basta, perché comunque sento il vostro affetto ogni volta che leggo quante visite ricevono i miei capitoli!
 
Non ho assolutamente parlato di questo capitolo, ma che altro vi devo dire? Direi che si spiega già da sé: Lyanna ha dei grossi problemi ad accettare questo senso di solitudine che sente nel suo cuore e Daenerys per la prima volta si trova a passare del tempo con lei, direi quasi volontariamente, come se le parole di suo fratello in qualche modo l’avessero incuriosita all’idea di conoscerla, così da comprendere anche le scelte fatte da lui a suo tempo. Trovarla a parlare di un altro uomo però non le ha fatto piacere.
Poi abbiamo una Sansa pure lei affranta e sola alle prese con un compito imprevisto e persa in mille riflessioni sul suo passato e sui suoi sentimenti.
Un pov di Bran, forse il primo? Non ricordo (perdonatemi ma sto con la testa avanti di 20 capitoli, quindi fatico un po’ a rendermi conto di quelli che ho già pubblicato rispetto a quelli che invece ho ancora in serbo!) Il suo personaggio mi ha sempre irritato, chi ha letto le mie note, sa bene di cosa parlo e ora non mi dilungherò a ripeterlo, però ammetto che nella serie D&D mi hanno irritata ancora di più, rendendolo un automa insensibile oltre che incompetente. Io mi sono basata su come loro lo hanno impostato però dandogli appena un po’ più di sentimento, anche se lo frena ardentemente per non lasciarsi sfuggire nulla.
Ma è dal successivo pov che si capisce forse di più, Rhaegar sta andando a trovarlo e spera che questa sia l’ultima volta che dovrà usare la maschera di Viserys. E incontra Lyanna. Il loro incontro/scontro è diventato ormai obsoleto, e spero che questo non vi annoi, ma se notate in ogni loro scena c’è una piccola briciola di positività che è destinata a lievitare sempre più fino a che tutto non sarà svelato, quindi portate ancora pazienza e vedrete, anzi spero che avremmo tutti la nostra rivincita.
 
Penso di aver terminato, perdonatemi ancora se oggi non sono nella mia giornata migliore, ma vi prometto che cercherò di migliorare sempre più e riscoprire la grinta che avevo un tempo, che vi meritate capitoli sensazionali d’ora in poi!

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Capitolo 52
*** Siamo nati per morire ***


Le stelle erano sfavillanti sopra la coltre di nubi… A cavallo di un drago questa poteva anche essere una bella veduta, ma Lyanna non cavalcava un drago, solamente Whitefog, la sua puledra bianca. Per molte singolarità le ricordava Silvermist, la cavalla che aveva avuto in regalo da suo fratello Brandon, quando era tornato da un viaggio alle Rills. White era caparbia e coraggiosa, ma fin troppo docile e mansueta, al contrario di Silver che aveva sempre avuto un suo temperamento focoso e selvaggio… che rispecchiava molto il carattere della padrona. Bran l’aveva scelta proprio per quel motivo, Jon al contrario aveva basato la sua preferenza unicamente sul colore del suo manto, probabilmente immaginandosi che una donna non fosse in grado gestire una cavalcatura più tenace, ecco perché aveva preferito donare la seconda puledra a Val. Un’esemplare quanto mai scorbutico e indomito, dal manto color miele e le crini bianche come il latte. La bruta non aveva mosso ciglio, l’aveva guardata negli occhi e poco dopo l’aveva montata, sedando in un baleno ogni ritrosia dell’animale. Lyanna non aveva mai visto nessuno domare un cavallo in così poco tempo. White si era limitata ad annusarle la mano sospettosa, attendendo la leccornia che in breve era arrivata, con la delusione negli occhi della sua padrona che si trovava a malincuore a bramare l’altra cavalcatura.
Galoppare era sempre stato il suo passatempo preferito. Lo faceva fin da quando era nata, le avevano detto: sua madre l’aveva issata su una sella, che aveva solo tre anni e lei aveva preso in mano le redini imitando i grandi, mentre coi piedini cercava di istigare il cavallo al trotto, ovviamente non riuscendoci, e convincendo allegramente lady Lyarra a condurre personalmente il pony. Lyanna non ricordava affatto quell’evento, ma sia Brandon che Ned glielo avevano raccontato centinaia volte. Fin da quando la sua memoria però riusciva a risalire, lei rammentava di aver sempre cavalcato. Galoppava nelle giornate di sole, col vento sui capelli, sfidando addirittura i figli dei lord alfieri; ma cavalcava anche nei giorni di pioggia, o quando la neve scendeva, ovviamente pochi la seguivano, restii all’idea di trovarsi fradici e inzuppati, cosa che invece stimolava la giovane all’inverosimile, tornando al castello felicemente soddisfatta. E si ritrovava a cavalcare… pure nei sogni.
Anche ora lo stava facendo, vedeva il piano innevato scorrere sotto di lei, veloce. Sempre più spedito. Nel cielo invece un’incessante bufera imperversava le lande maggiormente esposte tra i picchi delle montagne più alte. Non era visibile nulla all’occhio umano, nemmeno i corvi riuscivano a volare tra quelle intemperie. Gli uomini si erano chiusi nei loro seggi, i cavalli erano stati messi al riparo nelle stalle. I bambini chiusi nelle loro camere. Le governanti avevano smesso di raccontare loro fiabe, al nord non vi erano molte favole a lieto fine e nessuno in quel momento voleva sentir parlare dei mostri di ghiaccio. Il solo nominarli faceva tremare i denti, il gelo si impadroniva delle ossa e la paura del loro imminente arrivo era estenuante e avvilente. L’esercito dei non-morti era pronto a farsi avanti e depredare dell’anima ogni singolo individuo, alzando le loro armi per cancellare fino all’ultimo respiro dei vivi.
Quei volti inespressivi, freddi, deturpati, strappati… erano entrati persino nei suoi incubi. Lyanna cercava di scacciali, ma nelle fredde ore della notte era quasi impossibile trovare la forza per annientarli, e sembrava che persino di giorno avessero trovato il modo per tormentarla.
Si trovava in una distesa spoglia, innevata e immensa. Di fronte a lei l’esercito degli Estranei. Jon e i fratelli Targaryen erano su un’altura poco distante alla sua destra. Suo figlio guardava l’orizzonte, loro due lo stavano imitando. Probabilmente si erano detti qualcosa, ma la notevole distanza non le avrebbe reso possibile nemmeno il riconoscimento del labiale.
Lo vide salire in groppa a Rhaegal, i suoi compagni invece tergiversarono ancora qualche istante prima di salire anche loro sui loro leggendari destrieri. Lyanna aveva compreso che stavano partendo all’attacco; un gelido terrore la devastò da dentro, non aveva modo di fermare suo figlio. Di digli addio… di pregarlo di tornare… Non partire senza salutarmi, come fece tuo padre, Jon!
Salì in groppa a Whitefog, ma era troppo distante per raggiungerli ed il suo cavallo non era certamente veloce come un drago. Sarebbe rimasta indietro al loro primo battito d’ali. Quella era la sconcertante verità, ma doveva provarci, doveva provare a sostenere il passo di un drago.
Vide le altre due creature alate affiancarsi a lui, spiccare il volo e dirigersi tutti assieme verso la battaglia.
-Jooon! – chiamò suo figlio, col cuore in gola – Joooooonnnnn!! – la sua voce si perdeva nell’ululato del vento, mentre lui era sempre più lontano e sempre più piccolo all’orizzonte… Chiamò anche la regina dei Draghi, chiamò perfino il principe Targaryen… ma sembrava nessuno fosse in grado di sentirla. Lei, piccola, nel suo fragile corpo che già un tempo le era venuto meno. Pensò che probabilmente erano già troppo alti in cielo, eppure una parte di lei si trovò a credere che potevano anche aver deciso volutamente di ignorarla. D’altronde lei cos’era alla fine? Se non una semplice lupa del nord che aveva pensato di poter camminare al fianco di un drago…? …Di un essere divino sceso sulla terra che alla fine gli dei avevano richiamato a sé…?
 
 
 
Raod’s long, we carry on                                    La via è lunga, noi continuiamo…
Sometimes love’s not enough                             A volte l’amore non basta
When the road gets tough                                  Quando la via diventa dura…
 
 
 
Le fiamme avvampavano in lontananza in una danza terrificante. Colonne di ghiaccio si innalzavano dal suolo, come evocate da una qualche magia oscura. Un drago cadde e i nemici lo sovrastarono. Lei non riuscì a distinguere quale fosse, avvolti com’erano da lingue di fuoco, fumo e fuliggine. Continua a cavalcare incessantemente. Sia lei che la sua cavalla avevano il fiatone, ma non rallentò nemmeno per un istante. Cercò di identificare un colore mancante in cielo, ma ciò che probabilmente poteva essere bianco, appariva rosso. Ciò che sembrava grigio antracite, poteva essere in realtà nero… come anche verde… Nulla sembrava avere un senso. I colori erano mescolati, mutati e alterati dal pennello della tragica guerra in corso. La luminosità era sparita, il sole si rifiutava di mostrarsi per cui l’unica fonte di luce a sua disposizione erano le fiamme… fiamme rosse, lingue di fuoco che ardevano in ogni dove. Legna, terra, ossa… tutto ne era avvolto. Il fuoco si stava prendendo possesso perfino del ghiaccio.
Il drago a terra non si muoveva. Era riverso in una posizione per tre quarti nascosta e non capì nemmeno, se il suo cavaliere fosse riuscito a sopravvivere. Quelli in cielo continuavano senza sosta a combattere incenerendo, mordendo, graffiando… e sputando ancora fiamme che andavano ad alimentare l’incendio al suolo. Oramai si era trasformato in un liquido fiammeggiante, il ghiaccio e la neve sembravamo bruciare assieme ai cadaveri e alle armature. Ebbe un brivido, ma spronò ancora la sua cavalla.
 
 
 
Feet don’t fail me now                                                  Piedi non abbandonatemi ora
Take me to the finish line                                             Portatemi al traguardo

All my heart, it breaks every step that I take          Tutto il mio cuore, si spezza per ogni passo che faccio
 
 
 
Dopo un’incessante battaglia tutto pareva essere finito. Sembrava che i draghi avessero vinto, ma ciò che Lyanna si domandava era quanto fosse davvero costata quella guerra? I cadaveri dei valorosi uomini erano ammucchiati tra i resti dei demoni di ghiaccio, sparsi nella neve ricoperta di nera fuliggine, frantumati e sciolti. Lyanna cavalcava tra i loro corpi, deviando Whitefog per quei sentieri più percorribili, ma fu costretta a rallentare di molto la sua andatura. La sua meta era il centro di quella scena straziante. Alzando gli occhi li vide: due draghi le stavano venendo incontro o era lei che si avvicinava a loro...
Non aveva importanza… perché erano la concretizzazione di un tormento che l’aveva braccata a lungo, facendole ripercuotere sulla spina dorsale una tremenda agonia.
Il colore delle loro scaglie si rifletté nelle calde lacrime che le rigavano il volto. Uno scuro come la notte, l’altro chiaro come la luce dell’alba. Ne mancava solo uno…
-Dov’è mio figlio? – chiese, quando le si affiancarono. Il cuore in gola. Lei, minuscola nella sua banale cavalcatura argentata; loro fieri e alti, sopra quelle immense bestie leggendarie. Stava di fronte a loro, non li temeva, ma poteva sentire quella sgradevole sensazione di inadeguatezza e di inferiorità.
-Il Re del Nord è nel luogo che gli spetta. Dove doveva stare fin dall’inizio. – sorrise malevola la regina. La sua bocca era incurvata in maniera grottesca. Lyanna la guardò, ma le sue orecchie sembravano quasi cogliere solo a metà ciò che lei le stava dicendo.
-Ora non sarà più una minaccia per il nostro trono. – il principe la fissò con quella maschera terrificante di inespressività crudele. Le loro risate mentre si allontanavano, le fecero gelare il sangue nelle vene.
No, Jon! Spronò il suo cavallo col cuore che batteva all’impazzata, di tanto in tanto le sembrava che mancasse anche qualche colpo.
Vide il corpo inerme del drago verde, accasciato al suolo senza più vita. Le fiamme ancora ardevano tra le sue fauci, e in alcuni punti della sua carcassa, incenerendo pian piano la carne morta, come fosse legna da ardere. Suo figlio era incastrato con le gambe compresse dalla coda dell’animale. Lungo Artiglio, la sua spada, era abbandonata a qualche piede dalla sua portata.
Non ha avuto modo di difendersi… constatò sua madre. Rivide la scena della sala del trono, dove suo fratello Brandon aveva avuto la stessa sorte. Le lacrime le scesero sulle guance, mentre guardava il petto di suo figlio squarciato. Una lama era ancora conficcata nell’armatura nera del suo pettorale. Il sangue del giovane era dovunque; si confondeva con quello del drago e con quello della stoffa del suo mantello, impregnando la neve di un colore scarlatto e vivo… Un dolore al petto le distruggeva l’anima in mille pezzi, frantumandosi come il ghiaccio sotto allo stivale. Si sentì pervadere dalla disperazione e lasciò che questa si sfogasse.
Allungò la mano per raggiunse la spada bastarda, la prese tra le mani tenendola con i palmi verso l’alto. Fece quei pochi passi che la separavano dal corpo inerme del suo adorato bambino, ora uomo… re… e si inginocchiò piano accanto a lui. Gli posizionò l’elsa sul petto e gliela fece stringere con la mano destra. Allineò poi la lama lungo tutto il suo torace. La punta gli arrivava alle ginocchia.
Lo guardò: era regale, nella sua immobile forma… Gli scostò appena una ciocca di capelli scuri, incrostati di sangue ghiacciato. Metà del volto era gonfio, arrossato e bruciato… forse dal ghiaccio, forse dal fuoco. Lo ammirò ancora, agli occhi di una madre, il suo bambino è sempre bellissimo. Gli diede un bacio sulla fronte. Un gusto amaro gli arrivò in gola, lo deglutì a fatica, singhiozzando ancora lacrime silenziose.
Figlio mio, non ti lascerò solo questa volta… e non avverrà nemmeno il contrario. Si accucciò accanto a lui, appoggiando la testa sul suo petto. Gli tenne una mano, mentre con l’altra si slacciò la pettorina di cuoio grigio imbottita di lana e pelliccia. Abbassò appena la maglia di lana grezza, e prese la collana. La tirò fuori e guardò il ciondolo in calcedonio tra le sue dita. La pietra magica sembrava protestare, emettendo un flebile bagliore ad intermittenza. “Trova la risposta…” le aveva detto il Corvo a Tre Occhi, ma lei ora non aveva bisogno di trovare nulla… né aveva la forza per comprendere le parole enigmatiche di suo nipote. Ogni sua frase, ogni espressione che le rivolgeva erano frasi mistiche e premonitrici… ma di presagi ne aveva fin sopra i capelli. La profezia che aveva perseguitato Rhaegar, aveva portato alla morte tutti loro. E ora anche Jon aveva avuto la stessa sorte… lui che era destinato fin dall’inizio a nascere per combattere la battaglia cruciale… era dunque nato per dover morire così?
 
 
 
Choose your last words                                       Scegli le tue ultime parole
This is the last time                                               Questa è l’ultima volta
Cause you and I                                                     Perché tu e io
We were born to die                                              Siamo nati per morire…
 
 
 
Non ho più ragione di restare aggrappata a questo mondo.
Ogni timore sarebbe svanito, ogni tormento dimenticato. Il dolore l’avrebbe abbandonata finalmente… Sarebbe tornata la pace. E il silenzio.
Sfilò la collana dal collo. Ebbe solo il tempo per appoggiare le labbra alla guancia di suo figlio, e poi scivolò nelle tenebre dell’oblio.
 
 
 
 
 
-Questo è quanto mi è stato possibile vedere… - affermò con la sua voce atona, gli occhi ancora appannati dalla precedente visione – quel giovane ragazzo ti deve molto… e lo sa. Te ne sei preso carico. E continui a farlo anche ora. – Rhaegar aveva annuito, con il cuore più caldo nel petto, ma la conoscenza non lo aveva aiutato a scacciare anche il dolore.
-Lei ha cercato di proteggerlo… sapeva che era un rischio, ma anche la sua unica salvezza. – la sua voce era strozzata e bassa.
-Non pensava di certo che dei cavalieri avrebbero mai toccato delle donne… dame o principesse che fossero. Tra cui una bambina. – si soffermò solo per un istante con la sua voce calma – Non è stato così. –
-No… difatti. – confermò tetro il principe.
-Quel bambino aveva un nome pericoloso, un titolo altrettanto rischioso. Era tra tutti, l’unico, o forse il primo a cui probabilmente avrebbero tolto la vita. – Rhaegar aggrottò le sopracciglia e spostò il capo di lato per discostare anche i suoi pensieri, affinché non creassero l’ipotetica immagine di quanto era accaduto. Invano. Si portò una mano al petto, stringendo la stoffa di lana rossa ornata da sottili decori in velluto nero. Ora sapeva che sarebbe giunta l’altra doccia gelata.
-Per quanto riguarda la tua seconda urgenza… - si fermò per qualche istante a contemplare il nulla –non è ancora giunta l’ora e ti consiglio caldamente di attendere ulteriore tempo. – aveva affermato solenne il ragazzo semi disteso nel proprio letto.
-Quanto durerà quest’attesa? – aveva chiesto il suo interlocutore.
-Non ho risposte a questa domanda. – i suoi occhi sbarrati – ma voglio che tu ti senta meno colpevole. Placa il peso che porti dentro. – alzò gli occhi azzurri per incontrare i suoi – sento che a prescindere dal mio consiglio, non reputi giusto dare lo stesso peso anche a Lyanna. Lei è forte e… -
-Lo so questo, ma… -
-E’ il timore dell’eventuale reazione di Jon a preoccuparti. Comprendo la tua apprensione. – fece una pausa per riflettere – Dato che ancora lui non può conoscere la verità, come potrebbe mai reagire nell’eventualità che invece Lyanna la conoscesse, sapendo che, non solo tutti nella sua vita gli hanno sempre mentito, ma ora pure suo padre e sua madre gli hanno taciuto la verità… ? – lasciò quella domanda aleggiare nella stanza per un po’ di tempo, prima di porgliene una anche lui.
-Vivrà, almeno? – pregò ancora che gli desse una risposta.
Il ragazzo entrò in un breve sogno dell’oltre e ne uscì altrettanto velocemente. Lo fissò poi negli occhi con aria assente, come se stesse parlando di una persona a lui sconosciuta. Il principe Rhaegar aveva levato la maschera appena entrato, chiudendo la porta a chiave, nell’eventualità che qualcuno fosse entrato. Sedeva su una sedia tra il letto ed il camino. I gomiti sulle ginocchia, le mani ciondoloni di fronte a lui. Gli occhi persi in tempi remoti.
-Mi dispiace… ciò che ti ho detto finora è tutto ciò che ho visto. – Perché non ti credo? Il principe socchiuse gli occhi con disperazione, si alzò dalla sedia e si allontanò da lui, per posizionarsi di fronte al fuoco. Rimase in piedi fermo lì, ad osservare le lingue delle fiamme che cercavano di innalzarsi sempre più verso l’alto con la vana speranza di raggiungere chissà cosa.
-Comprendo la situazione, anche se mi duole accettarla… gli occulterò ancora la mia identità, ma te ne prego – e si voltò, questa volta con sguardo supplichevole – non dirmi che devo stargli ancora distante… Sono entrambi la mia famiglia. –
Bran Stark serrò le labbra e rimase a fissarlo in silenzio per un lungo momento. L’intera stanza sembrò in attesa di quella risposta. Prima di parlare, sospirò.
-Interagisci pure con lui. Dopotutto Jon ti crede suo zio. Però fai bene attenzione a non portare mai l’argomento sulla persona che sei in realtà. Il vero Principe Drago. Mio cugino teme quel confronto più di ogni altra cosa. È importante per lui non vacillare, fintanto che non saprà domare il suo drago. –
Rhaegar fece un cenno di assenso, si rimise la maschera sul volto e si congedò, senza che dalla sua bocca uscisse più alcun suono. Quando fu fuori dalla stanza, chiuse la porta alle sue spalle. Serrò i pugni talmente forte da conficcarsi le unghie nel palmo della mano, penetrando nella carne ignorando il dolore, fino a farsi diventare le nocche bianche dallo sforzo. In un impeto d’ira, tirò un pugno contro il muro di fredda pietra.
Rialzò gli occhi sentendo nelle narici una fragranza floreale che conosceva bene… Era lo stesso punto dove poche ore prima aveva addossato Lyanna alla parete. Appoggiò entrambi i palmi sul muro e parimenti fece con la fronte. Le rocce erano gelide, quella era la parte del muro confinante con l’esterno, ecco perché era rimasto il suo odore; l’aria fredda l’aveva trattenuto. Col cuore gonfio di dolore si accontentò di quell’unico conforto. Alcune lacrime gli scesero dalle guance, e nello stesso momento qualche goccia di sangue gli colava sui polsi imbrattando il tessuto della sua casacca.
Madre misericordiosa, assolvi la mia colpa… Audace Guerriero, innalza il tuo scudo per proteggerli dove non mi è possibile arrivare… Saggia Vecchia, illumina il loro cammino anche quando le tenebre sembrano più nere… Dolce Fanciulla, fai in modo che gli arrivi il calore del mio amore celato… Benevolo Padre, donami la pazienza per sostenere ancora questa farsa…
 
 
 
Bury all the memories                                    Seppellisci tutti i ricordi
Cover them with dirt                                      Coprili con la sporcizia
Where’s the love we once had?                     Dov’è l’amore che abbiamo avuto una volta?
Our destiny’s unsure                                       Il nostro destino è insicuro

And I still wonder                                            E mi chiedo ancora
Why our heaven has died                               Perchè il nostro paradise sia morto
The skies are all falling                                   I cieli stanno tutti cadendo
I’m breathing but why?                                  Sto respirando, ma perchè?
In silence I hold on                                           In silenzio vado avanti
To you and I                                                      Per te e me



Closer to insanity                                             Più vicino alla follia
Buries me alive                                                 Mi nascondo vivo
Where’s the life we once had?                        Dov’è la vita che abbiamo avuto una volta?

It cannot be denied…                                       Non può essere negata…
 
 
 
 
 
Lyanna era conscia del destino di suo figlio. Lo aveva saputo da subito, non appena Rhaegar le aveva parlato di quella profezia. Lei aveva compreso che un giorno il suo bambino sarebbe cresciuto, sarebbe diventato re e avrebbe dovuto affrontare le tenebre per riportare la luce. Solo non aveva mai previsto che sarebbe stato solo o che il suo finale sarebbe stato amaro come quel sogno…
Non poteva fermare il fato in alcuna maniera, per cui lo aveva suo malgrado accettato. Lui era già morto una volta, lei pure aveva vissuto quella condizione. Non aveva timore che potesse riaccadere. Non più almeno.
Jon era stato il suo scoglio da quando era ritornata in vita. L’aveva richiamata lui dal quel sonno eterno, permettendole così di scoprire l’uomo che già era diventato. Ne era orgogliosa e gli voleva un bene dell’anima, e proprio per questo non poteva pensare di restare ancora in quel mondo, se lui non era con lei. Come hai fatto Jon a vivere senza di me per tutti questi anni? Io non possiedo la forza per resistere tutto quel tempo… Mi dispiace, non sono più la donna forte che ero un tempo. Il mio coraggio è svanito quel giorno che ti ho dato alla luce. Il mio coraggio è dentro di te, ora.
Spettro affondò il muso sulla sua sottana. Lyanna era talmente concentrata nei suoi pensieri che in un primo momento nemmeno se n’era accorta. Accarezzò il metalupo sulla schiena, immergendo le dita nel pelo della sua pelliccia candida. La sua mano quasi si confondeva col suo manto, ma la pietra che teneva al dito sembrava invece spiccare come una goccia di sangue nella neve. Osservava all’anulare l’anello di Rhaegar, quello col grosso rubino e dai decori d’argento. L’anello che le aveva donato dopo la loro prima notte; lo stesso che aveva usato per chiederla in moglie quel lontano giorno in quella buia stanza. Quando era tornata alla vita, se lo era ritrovata al dito. Lo usava però raramente.
Nel periodo che si era finta Arya Stark, non aveva senso tenerlo costantemente con sé, era sconveniente mostrarlo agli estranei per non innescare sospetti o eventuali supposizioni. I rubini non erano certo pietre da associare ai lupi di Winterfell. E dopo l’ascesa dei draghi, la situazione era addirittura peggiorata. Perfino quando la sua identità era stata svelata, non si era sentita libera di metterlo durante il giorno, per paura di rovinarlo mentre si allenava con la spada, o nel caso peggiore di perderlo. Lo indossava la notte, premendoselo al petto o di fronte la bocca, sfregando le labbra sul grosso gioiello, mentre le lacrime scandivano i dolci ricordi del passato.
Era forse l’unica cosa che gli era rimasta di lui, ma vederlo costantemente al dito, glielo ricordava troppo. Il suo cuore non era abbastanza resistente per sostenere quel peso. Tuttavia, da quando era tornata a Winterfell, dopo la missione, aveva necessario bisogno di sentirlo accanto a sé. Per cui, se non lo metteva al dito, lo legava in una collana, proprio come aveva fatto a suo tempo. Come a ammonire a se stessa che non poteva farsi fuorviare da altri pensieri…
Durante quella missione era stata obbligata a lasciarlo nel cofanetto dei suoi gioielli nella sua stanza. Protetto gelosamente da alcuni petali di rose dell’inverno. Temeva di smarrirlo nel viaggio o peggio ancora che glielo rubassero. Le era bastato ciò che era accaduto durante la prima delegazione a sud, quando i briganti l’avevano assalita per far di lei il loro bottino.
Scacciò in fretta quel ricordo, aveva fin troppe memorie nere, non doveva per forza aggiungerne un’altra mai avvenuta dopotutto… L’immagine di Viserys, i suo salvatore le era apparsa immediatamente dopo. Scosse la testa affondandola nel pelo di Spettro che era disteso su un lato, col capo alzato come ad ascoltare i rumori del bosco. Lei gli si rannicchio contro, come se fosse un cucciolo di lupo con la sua mamma. Il metalupo albino spostò il capo verso di lei. Lyanna aveva addosso la sua mantella grigio chiaro e aveva tenuto alzato pure il cappuccio per evitare che i venti dell’inverno le sferzassero il volto, ma poco era servito. Le sue guance erano arrossate dal freddo, il naso gelido e le labbra screpolate. Il tessuto ricadeva morbidamente sui suoi capelli e la pelliccia attorno ad esso era delicata e soffice; la sentiva accarezzarle le guance.
Tenne le mani a contatto col ventre dell’animale, e questo incontro tattile le faceva percepire in maniera maggiore sulle spalle quel gelo che li circondava, paradossalmente inverso al tepore emanato da corpo di Spettro. Si sentì per l’ennesima volta inadatta a quel ruolo e priva di ogni forza vitale.
Il grosso lupo sembrò avvertire il suo pessimo umore e le leccò la fronte, come un fratello protettivo. Quel giorno era talmente abbattuta che aveva solo voglia di stare da sola. In qualche modo sperava che quel rubino le potesse scaldare l’anima, come un tempo aveva fatto Rhaegar col suo fuoco di drago. Osservò l’espressione tetra sulla corteccia dell’albero diga di fronte a loro. E invocò una preghiera ai suoi dei, affinché potessero perdonarle la faticosa decisione che aveva preso dopo quel sogno.
 
 
-Mamma! Sei qui! – Jon arrivò tutto trafelato, arrancando nella neve, i suoi stivali profondavano rendendo la sua camminata incerta, ma lui non sembrava nemmeno farci caso. Era perfettamente in grado di reggersi in piedi in un ambiente congruo al suo stesso essere – Ti ho cercata inutilmente per tutto il castello, ma quando non ti ho trovata nelle tue stanze, né al cortile d’addestramento o alle stalle, ho subito pensato che ti avrei trovato qui. – Lyanna appoggiò gli occhi sul suo volto paonazzo e gli sorrise lievemente. Il suo cuore fu sollevato nel vederlo sano e salvo, almeno i suoi incubi restavano solo immagini tediose nella notte.
Lui le prese una mano e l’aiutò a sollevarsi da terra, sorreggendola poi per scuotersi di dosso la neve rimasta attaccata al tessuto della gonna e del mantello. Gli porse un braccio galantemente, per accompagnarla fuori dal Parco degli Dei. Spettro si alzò pure lui e si addentrò nella foresta prendendo la direzione opposta alla loro. Lyanna si domandò per quale motivo non li seguisse, ma qualcosa le diceva che l’animale preferiva la solitudine in quel momento. Pure Jon gli diede un’occhiata incuriosito, ma non ci badò poi molto, probabilmente era abituato alle sue sparizioni, e reagiva sicuramente a quel senso di abbandono meglio di lei…
Rimasero in silenzio per tutto il tempo, ma quando raggiunsero l’arcata che si apriva sul cortile principale, Jon si fermò e posò la sua attenzione sul roseto che si arrampicava sulla cinta muraria. Lasciò gentilmente il suo braccio e colse uno dei boccioli. Lyanna lo guardò interdetta, mentre osservava il giovane tornare verso di lei con una rosa blu in mano.
-Posso donarti questo fiore nella speranza che attenui le tue sofferenze? – le chiese con una finezza che non era solita vedergli.
-Lo sai vero che i fiori solitamente andrebbero donati alla donna che si vuole corteggiare? – lo rimproverò giocosamente, quel gesto però l’aveva commossa nell’animo ed era certa che i suoi occhi glielo stessero trasmettendo, mal celando un sorriso. Jon non fece caso alle parole di sua madre, perché le mise la rosa tra i suoi capelli.
-Ma io non dono fiori alle donne, per il semplice fatto che non ho nessuna nel cuore. – gli disse. Voleva sembrare tranquillo, eppure Lyanna percepì un filo di malinconica nostalgia che le fece tornare alla mente il nome di quella donna del popolo libero di cui lui le aveva parlato Ygrette – e scelgo di donarlo a te, mamma – le diede un bacio dolce sulla fronte – alla mia prima donna della vita. Gli dei hanno pensato di privarmene, ma io mi sono fatto beffe della loro decisione. Che vengano  ora a dirmi che ho sbagliato. – Lyanna non aveva proteste a quell’affermazione, ma una parte di lei temeva l’ira divina… “Per anni ho creduto che ad ogni sorriso dovesse obbligatoriamente seguire una lacrima… mai avrei pensato che per me i sorrisi potessero coesistere con le lacrime.” le aveva detto Rhaegar un giorno “Quindi tutto ciò non ti rende felice?” gli aveva domandato con aria innocente e turbata “Affatto amor mio, mi rende felice oltre misura…” l’aveva abbracciata da dietro e le aveva appoggiato il mento sulla spalla, annusando l’attaccatura dei suoi capelli, dove il profumo floreale si concentrava maggiormente “…perché questa volta le lacrime sono di felicità.”
-Hai sacrificato tutto pur di permettermi di vivere e io un giorno voglio trovare un modo per ripagare questo tuo gesto. – gli occhi grigio scuro di Jon le riapparvero di fronte, facendola tornare alla realtà. Gli sorrise ripensando a quanto le ricordava suo padre, sia nello sguardo, quanto nelle parole.
-Lo fai già, tesoro mio. – gli aveva accarezzato una guancia – Quando mi cerchi con lo sguardo. Quando le tue mani cercano le mie. Quando mi chiami e girandomi vedo il sorriso che mi indirizzi. –
-Sono semplici cose quelle… - protestò abbassando gli occhi imbarazzato.
-Non per me. – avvicinò il naso al suo, e dolcemente ci giocò sfregandolo.
-Vorrei fare molto di più… vorrei saper fare molto di più… - provò a dire, la voce gli tremava – vorrei renderti fiera di me… vorrei. –
-Sono fiera di te! – gli enunciò seria lei, poi però un frizzo di allegria la pervase - …anche quando ti batto ad una gara di cavallo, sono fiera di te, perché tu sei tra quei pochi eletti che riesce a tenermi testa… per un po’. – rise incoraggiandolo, ciò nonostante lui non sembrò convinto.
-Vorrei saper esprimere i miei sentimenti in modo più diretto. Con più… sentimento. – alzò lo sguardo di nuovo su di lei incerto. Lyanna lo fissò interdetta per qualche istante prima di comprendere ciò che lui gli stava dicendo.
-Mi stai dicendo che ti è forse nata la vena artistica per scrivere versi poetici? – lui la fissò a disagio.
-E’ un discorso patetico… ritiro tutto ciò che ho detto… – si rabbuiò, spostando il capo lateralmente, ma lei non glielo permise. Lo fermò con una mano per riportarglielo di nuovo davanti al suo.
-Solo se ora ti inginocchi diventeresti patetico! – gli disse con tono deciso – Non lo fare mai. Chiunque te lo chieda è un idiota, e tu non devi abbassarti a nessuno. Eri destinato ad essere re ancora prima che nascessi, e quando hai emesso il tuo primo vagito lo sei diventato per diritto di nascita. – Jon la guardava ora aggrottando le sopracciglia, era chiaro che qualcosa non gli tornasse, ma non conosceva i fatti e quello non era certo il momento per narrarglieli – Ora sei Re del Nord, ma non puoi mostrarti debole di fronte alla nostra gente, e se solo oserai fare come Torrhen Stark giuro che sarò la prima a tirarti una pedata nel culo! –
 
 
Poco distante dalla porta nord, un carro era pronto alla partenza. Attorno ad esso si erano radunati alcuni uomini a cavallo. Tra di loro Lyanna notò suo fratello Benjen, entrambe le sue nipoti, il giovane Bran, sorretto da una particolare sella che gli tratteneva le gambe, e c’era pure Harwin. Sopra al carro sedevano il maestro Sam, Gilly e suo figlio. Arrivarono poi sui loro stalloni anche Lord Tyrion, la regina Daenerys ed il principe Viserys.
Lyanna sapeva il motivo che voleva quel gruppo di persone riunite tutte lì. I fratelli Targaryen avevano dato, anche a chi sfortunatamente non possedeva il divino sangue dei draghi, il permesso di assistere agli allenamenti speciali di Jon. La donna sapeva che era stato suo figlio ad insistere, ed evidentemente la regina doveva aver ceduto alle sue numerose richieste, consentendo anche a loro, comuni mortali, di assistere al trionfo dei draghi sulle terre dei lupi… Li squadrò arcigna; quell’aria di supremazia che avevano non la tollerava.
Quel loro comportamento non le era mai piaciuto. Le sembrava come se stessero dando il premio di consolazione a suo figlio, prima della pugnalata al cuore. Ma quando lui le aveva chiesto di partecipare a quella gita fuori programma, non aveva saputo dirgli di no.
Si vedeva che Jon era al settimo cielo. Non lo aveva mai visto così eccitato per qualcosa. Gli aveva ricordato per certi versi suo fratello Brandon, quando il loro padre aveva comunicato che avrebbe mandato lui in sua vece al torneo di Harrenhal, con la responsabilità dei suoi fratelli minori. L’idea di ufficializzare il nord per gli Stark, era stata fin da sempre la sua massima aspirazione, ma ciò che maggiormente gli interessava in quell’evento era dar lustro alla sua armatura, impugnare una lancia e partecipare alla giostra a cavallo. Per tre settimane intere era stato in trepidante attesa della loro partenza, fantasticando con lei oppure con i suoi amici quali epiche imprese lo avrebbero reso noto ai Sette Regni, senza minimamente presupporre che ogni sua più grande aspirazione sarebbe stata schermata da uno scudo laccato in vernice nera con un drago rosso dipinto al centro e la lancia del principe di Roccia del Drago o avrebbe disarcionato perfino dal suo cavallo.
Riflettendo meglio però Lyanna ponderò che Jon non aveva preso alcun che del temperamento di suo fratello Bran, poco aveva pure di suo padre Rickard… forse il suo silenzio e l’espressione riflessiva poteva ricordare invece Ned, di cui già ne rimarcava molto l’aspetto, tuttavia lei aveva sempre scorto l’aria riflessiva e scostante, e quel carattere mite di Rhaegar. Introverso, solitario e malinconico, ma anche audace, giudizioso e forte di spirito. Dolce nei piccoli gesti e dall’animo romantico che mostrava raramente. Si toccò la rosa che gli aveva da poco messo tra i capelli e riguardò suo figlio. In quel momento aveva raggiunto Ben, che gli stava arruffando i capelli come fosse un ancora ragazzino. Jon rideva e protestava, cercando di fuggire dalla sua mano. In automatico gli partì la strana associazione mentale di Rhaegar che si comportava alla stessa maniera, quando Ser Darry lo stuzzicava fastidiosamente tirandogli una ciocca di capelli, innescando la sua immediata ritrosia.
-Non osare più strattonarmi i capelli in questo modo! – stava disapprovando il giovane re, esattamente la frase che ripeteva anche suo padre.
-Tu e questa tua dannata mania sviscerale per i capelli… si può sapere da chi diamine l’hai presa? – rise suo zio, ignaro di quanto il seme potesse trasmettere alla propria prole.
Lyanna abbassò lo sguardo e incrociò gli occhi rossi di Spettro che stranamente le era appena giunto affianco e la osservava incuriosito. Lei involontariamente sorrise al ricordo della stessa peculiarità di cui si lamentavano gli amici di Rhaegar. Pure lui non si faceva toccare i capelli da nessuno. Solo la regina Rhaella, Arthur e lei avevano quel privilegio incondizionato; per quanto riguardava tutti gli altri, non sempre permetteva loro il privilegio di allungare la mano per sfiorargli quella chioma splendente e setosa.
In automatico i suoi occhi cercarono i due Targaryen seduti sui loro cavalli. Si stavano guardando e ridevano sornioni, esattamente come nel suo sogno. Jon salì in groppa al suo Obsidian, e lanciò loro un’occhiata d’affetto dolce, che i due parvero ricambiare. Jon, ti stanno cambiando e ogni giorno trascorso con loro, ti allontani sempre di più da noi pensò lei triste.
Dentro tutto questo non lo poteva accettare, ma il sorriso di suo figlio in qualche maniera attenuava di poco quelle sue paranoie.
Si portò affianco alla propria puledra, mise la mano sinistra sul corno della sella, mentre con l’altra mano alzò il lembo della gonna per appoggiare il piede nella staffa e stava per tirarsi su in groppa, quando dalla parte opposta si posizionò il principe Viserys a cavallo del suo stallone nero. Da sopra la sella, si accorse che stava osservando qualcosa fortemente interessato, ma lei finse di non prestarci attenzione, al fine di demotivarlo a trovare anche il più insignificante pretesto per attaccar bottone. Si accomodò quindi sulla sella con un balzo calcolato. Lui aveva fermato il cavallo, continuando a tenere il volto rivolto su di lei. In silenzio aveva allungato un braccio e lei aveva sentito appena lo spostamento dell’aria che le sue dita avevano prodotto per sfiorarle il dorso della sua mano. Scostò l’arto e si voltò adirata contro di lui, ancora prima che la toccasse davvero. Il principe sembrò ridestarsi e scuotendo il capo, diede di speroni al cavallo che riprese la sua marcia. Ignorando oltre quel tentativo di contatto, si infilò i guanti e prese le briglie in mano. Un nodo alla gola le si era formato, ma decise di ributtarlo giù deglutendo fastidiosamente quel senso di abbandono.
Suo figlio le si accostò, e diede quindi l’ordine di partire. Era chiaramente intenzionato a cavalcare al suo fianco. In quel momento ebbe la strana sensazione che pure Jon si fosse accorto delle attenzioni che Viserys le riservava, dei suoi sguardi o delle sue intromissioni… e non pareva affatto contento di quell’interesse sfacciato.
 


 
 
Note dell’autrice:
 
Ed eccoci qui ancora con un nuovo capitolo. Nel primo pov abbiamo una Lyanna che ci svela qualcosa del suo passato, quando ci racconta come è entrata in possesso della puledra che, se ricordate il nome, è quella che le ho affiancato in Tales, nel frattempo però sta vivendo un sogno alquanto terrificante che conduce alla morte di suo figlio e alla sua decisione di cercare la sua stessa sorte togliendosi la collana (che se ricordate porta la sua immediata dipartita come le era stato detto nel primo capitolo). Senza di lui non ha più alcuno scopo, ripensa anche alle parole di suo nipote Bran, che nello scorso capitolo aveva cercato di farle capire qualcosa, sul ritorno di Rhaegar, ovviamente nei suoi metodi enigmatici, ma non trova alcun senso in quelle parole, d’altronde come potrebbe? Lei è vissuta gli ultimi mesi della sua gravidanza, in quella torre, al fianco delle ultime tre guardie reali. Era arrivata la notizia che la guerra era stata vinta dai ribelli, Rhaegar era morto sul Tridente e non sarebbe mai più tornato. Si svegliava giorno dopo giorno con questa verità che la divorava dentro costantemente, sapendo di essere sola e sapendo che doveva continuare a tener duro per la sua ultima missione: partorire il loro bambino. Ma quella coscienza è la stessa che ha ora. Sa che lui non può tornare da lei, è morto vent’anni prima, e non è mai tornato, perché mai Lyanna dovrebbe pensare che possa farlo ora? Dopo tutto quel tempo trascorso? Ha smesso di credere nelle fiabe il giorno che ha saputo che lui era caduto in guerra. Ogni speranza se n’è andata e ora prega quotidianamente i suoi dei affinché suo figlio non abbia la stessa sorte, ma dentro di lei il timore che questo possa avvenire esiste.
 
Piccola chicca, che qualcuno avrà notato è stata inserito solo per un flash il personaggio di Val (anche precedentemente era sbucata qua e là). Vi dico solo una cosa: tutto ha un suo scopo.
 
Poi abbiamo un pov di Rhaegar, questa volta è lui che parla con il Corvo con Tre Occhi e questo pezzo si allaccia con quello del capitolo precedente dove sapevamo che lui stava entrando nelle stanze del ragazzo. Parlano di qualcuno inizialmente, magari avete anche capito di chi, ma per ora non sapete molto di questo argomento, capirete meglio nei prossimi capitoli sul passato.
E come il buon Martin ci ha preparato, potevamo vere per caso una gioia per il nostro Silverprince? Mi pare giusto di no! Non è ancora ora per svelarsi, ma almeno ora avete chiaro che dietro a questo impedimento ci sta proprio Bran, e una delle sue visioni. Maledetto lui, vede solo quando gli fa comodo!
La scene in cui Rhaegar prega solo nel corridoio è straziante, penso che quando c’è lui presente riesco a rendere molto meglio la sua sofferenza, che non quando la descrivo in Lyanna.
 
E successivamente abbiamo la lupa con Spettro al Parco degli Dei dove viene raggiunta da Jon. Il loro momento è molto dolce, ma la lupa presto gli fa capire che non dovrà mai mettersi in ginocchio di fronte a nessuno, perché lui è il re, e anche se ancora non lo sa, supera di gran lunga anche Daenerys. Purtroppo per Lyanna le mancano ancora dei tasselli, perché se avesse la coscienza che dietro la maschera di Viserys si nasconde Rhaegar, avrebbe anche capito che il principe sta tenendo i due sovrani l’uno alleato dell’altro, senza che ci sia bisogno di minacciare o redarguire.
Nella parte finale abbiamo la partenza di gran parte dei protagonisti di questa mia storia, che si recano in un luogo determinato. In realtà l’ho inventato, non esiste alcuna fortezza abbandonata, ma mi sono ispirata a quel luogo dove Ned decapita il disertore dei GdN, una delle prime volte in cui incontriamo la famiglia Stark. Nella serie è avvenuta in una collina, ma nei libri ricordo che era tra le rovine di un edificio usato come antica vedetta o una cosa simile (potrei anche ricordare male, però ricordo che la strada per arrivarci passava per il bosco del lupo (dove infatti troveranno poi i metalupi che adotteranno) e attraversavano anche un ponte. Ecco figuratevi queste scene perché poi nel prossimo capitolo troverete lo stesso percorso e dato che Martin è stato ben poco descrittivo in quel momento, avrete una mia descrizione completamente inventata su quel luogo antico.
Inoltre vi avviso che questa sarà una vicenda abbastanza lunga, ma comporterà notevoli cambiamenti per tutti loro. Dopo di che torneranno a Winterfell notevolmente cambiati… e chissà… che accadrà ancora!
 
PS: Ancora due cose: come avete notato sono state inserite delle strofe di due canzoni. La prima suddivisa in più punti nel pov di Lyanna è Born to Die di Lana del Rey. L’ho scoperta per caso perché non la conoscevo in un video fan made su Rhaegar e Lyanna e mi hanno colpito molto le sue parole facendomi ispirare per il sogno che ho raccontato in questo capitolo.
La canzone invece che ho introdotto nel pov di Rhaegar invece è Fire and Ice dei Whitin Temptation.  Quando ho scoperto il titolo di questa canzone, che avevo nella mia playlist da una vita, ho avuto un abbaglio, sperando che potesse in qualche modo aiutarmi a trovare un testo per la famosa canzone del ghiaccio e del fuoco, e invece parla solo d’amore. Però c’erano queste strofe che mi piacevano moltissimo perché davano l’idea dell’amore tragico e profondo che aveva unito i miei due amorini. Ecco perché ho deciso di inserirla ugualmente, seppur la delusione iniziale mi avesse fortemente abbattuto.
 
Un abbraccio forte a tutti per il sostegno che continuate a darmi e per la fiducia!

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Capitolo 53
*** Rivincita ***


Ognuno a cavallo dei propri destrieri intrapresero la lunga cavalcata. Lord Tyrion, Sansa, Bran e Arya cavalcavano a coppie in fila indiana. Mance Rayder era al centro della colonna con la sua piccola arpa alla mano. C’erano poi alcuni uomini del nord, oltre agli immacolati della regina. Samwel Tarly, era stato richiesto da Jon, sotto l’insistenza di un irritabile Viserys, che pareva contrario alla scelta di consentire a quel gruppo di persone di assistere ai suoi allenamenti, ma voleva accertarsi che, nell’eventualità fosse accaduto un incidente o servissero delle cure immediate, vi fosse un maestro nei dintorni. Gilly ovviamente non aveva voluto restare al castello, e si era portata dietro anche il piccolo Sam.
Lyanna li osservava ora seduti tutti e tre sulla parte frontale del carro, ripensando a quando sarebbe stata simile l’immagine della sua famiglia per come avrebbe dovuto essere. Rivederla in loro in parte le scaldava il cuore, in parte la faceva soffrire.
Inizialmente il frastuono delle chiacchiere aveva sormontato il debole calpestio degli zoccoli attutito dalla neve, poi il freddo aveva serrato la bocca di molti, ma non degli uomini del nord. Tenaci, forti, resistenti guerrieri, abituati a quel clima e alle avversità di quei luoghi.
Dapprima cominciarono a canticchiare un lungo ronzio indistinto di voci sommesse. Ognuno sembrava invocare gli dei con un canto tutti suo, poi presero tutti a intonare la stessa melodia che pure Lyanna conosceva bene, ma si limitò a seguirla mentalmente senza mai aprire bocca. Jon al suo fianco fece uguale. In breve le parole arrochite e aspre divennero un unico coro.
 
 
 
When winter comes                                                       Quando arriva l’inverno
When life is frozen                                                        Quando la vita è congelata
When the moors they hide away under the snow         Quando le brughiere si nascondono sotto la neve
Fingers of doom                                                            Dita di morte
Will clutch the chosen                                                    Stringeranno il prescelto
All beasts will shiver,                                                    Tutti gli animali rabbrividiscono,

from the lion to the crow                                                Dal leone al corvo

When winter comes                                                       Quando arriva l’inverno
When times are starkest                                                 Quando i tempi sono più duri
When the wailing of the wolves                                      Quando il lamento dei lupi

fades with the sun                                                         Svanisce col sole
The wilds are numb                                                       Le terre selvagge sono assiderate
The days are darkest                                                      I giorni sono più bui
The fates of many cease to rest on                                 I destini di molti cessano di riposare

Wall will not hold the winter                                         La Barriera non terrà l’inverno
Over and under crawl                                                    Sopra e sotto striscia
Wall will not hold the winter                                         La Barriera non terrà l’inverno
All in the way will fall                                                 Tutto a modo suo cadrà

 
When winter comes                                                       Quando arriva l’inverno
When thrones are idol                                                    Quando i troni sono idoli
When the brave they cower under eyes of blue             Quando i coraggiosi si accucciano al blu degli occhi
The rising roar                                                                Il ruggito cresce
The endless cycle                                                            Il ciclo infinito
Turns the darkest myths of yesterday to truth                Trasforma i miti più oscuri di ieri in verità

Wall will not hold the winter                                         La Barriera non terrà l’inverno
Over and under crawl                                                    Sopra e sotto striscia
Wall will not hold the winter                                         La Barriera non terrà l’inverno
All in the way will fall                                                 Tutto a modo suo cadrà

Wall will not hold the winter                                         La Barriera non terrà l’inverno
Over and under crawl                                                    Sopra e sotto striscia
Wall will not hold the winter                                         La Barriera non terrà l’inverno
All in the way will fall                                                  Tutto a suo modo cadrà

 
 
 
Mance stimolato dalla melodia, cominciò a pizzicare le corde della sua arpa, forse conoscendo il motivo, o solo con l’intento di accompagnare quel canto. Successivamente quando il coro terminò, il bardo non smise di suonare, continuando a tener compagnia al gruppo, cadenzando la marcia con la sua musica. Intonò diverse ballate per tutto il tragitto verso la vecchia fortezza abbandonata, così da far passare il tempo.
-Lord Corvo… o forse ora ti dovrei chiamare Re Corvo? – scherzò il bruto – …se il drago ti arrostisce, posso farne una ballata? – mostrò una smorfia di derisione.
-Fai come ti pare, Mance. – rispose seccato Jon, senza nemmeno più voltarsi. Dopo l’ennesima affezionata provocazione aveva deciso di non dargli più molta corda.
-Se la tua graziosa sorella vorrà accompagnare la mia musica, comporrò una favolosa melodia, per ricordare le tue eroiche gesta di oggi. – irrise ancora l’uomo accostandosi al fianco di Sansa e strizzandole l’occhio, ammiccante.
-Non sono sua sorella, ma sua cugina. – precisò la giovane indignata. Stava eretta con la schiena sulla sua docile puledra bruna ramata. Jon si volse verso di lei, donandole un dolce sorriso – Se comporrete una melodia abbastanza decorosa, potrei anche decidere di vocalizzare qualcosa, ma le parole sarò solamente io a sceglierle! – sollevò il mento autorevole e ricambiò il sorriso con il Re del Nord.
-Allora mi dovrò mettere d’impegno. – aggiunge il bruto.
-Se con la tua improvvisazione farai scendere una lacrima sulla guancia di mia sorella, potrei mettere da parte ogni avversità nei tuoi confronti, dato che ora patteggiamo per la stessa causa. E potrei addirittura pagarti anche da bere! – gli comunicò Benjen con un ghigno ironico, ma quando si rivolse a sua nipote cambiò la sua espressione, mostrandosi decisamente più tenero – per te, Sansa, farò giungere a Winterfell un carico di stoffe pregiate di Myr! – la ragazza lo guardò raggiante.
-Un valido incentivo allora per fare del mio meglio! – poi sembrò ragionarci su – Ma non ho alcun interesse ad arrecare ulteriori tormenti alla mia adorata zia. – scambiò un sorriso bendisposto con Lyanna, la quale addolcì gli occhi, ma non rise. Per qualche istante nessuno parlò e solo suono dell’arpa continuò a tener loro compagnia, assieme ai passi felpati degli zoccoli sulla neve e al tintinnio delle briglie.
-Ricordo una vecchia scommessa che Brandon aveva fatto con i suoi amici… – cominciò a raccontare Benjen, facendo un cenno con gli occhi in direzione della sorella – Quei pochi bardi che riuscivano a raggiugere Winterfell cantavano sia ballate allegre che tragiche. Speravano nella seconda ipotesi, usando quello come incentivo per consolare le lacrime delle pulzelle più sensibili… io ridevo a questo, credendolo un gioco, e mi usavano per avvicinarle. Poi, quando loro si ritiravano, io tornavo al mio posto e, al contrario di tutte le altre donne presenti nella sala, Lya era probabilmente l’unica a restare impassibile a quelle canzoni. Girava voce che avesse il cuore gelido e l’anima dell’inverno. Non versava mai una lacrima per nessuna di quelle ballate, quando invece le altre si scioglievano come neve al sole… Solo una volta l’ho vista piangere alla voce di un bardo e non potevo crederci… E me lo ricorderò a vita quel giorno! – precisò mostrando un sguardo da furetto birbante. Notando che Lyanna lo stava fissando, assottigliando gli occhi dispettosamente – Ecco perché ti ho chiesto se erano vere lacrime o se stavi sbavando per il compositore! Non ti avevo mai vista così presa, nemmeno con il buon Domeric Bolton! – Sansa si agitò all’improvviso. Le sue spalle ebbero un sussulto a quel nome e il suo labbro inferiore tremò.
-Bolton…? – chiese.
-L’unico figlio legittimo che ebbe Lord Roose dal suo primo matrimonio. La giovane e bella lady Bethany gli diede solo un erede forte e in salute, ma… non era come lui se lo aspettava. A parte l’aspetto, aveva preso gran poco dei Bolton, e questo era solo che un bene per lui! – specificò l’uomo con gli occhi rivolti al passato – Era un ottimo cavallerizzo; il sangue di sua madre era stato decisamente un valido alleato. I Ryswell sono conosciuti in tutto il Nord per eccellere nell’equitazione. Seppur suo padre andasse fiero di questo, desiderava diventasse un giorno un ottimo lord e un valoroso cavaliere. Così all’età di sette anni lo mandò a Barrotown dai Dustin dove rimase per altri quattro, come paggio di sua zia Barbrey, promessa a quel depravato di William. – sorrise amabilmente al ricordo di quell’uomo – poi lord Roose andò a riprenderlo e lo portò a Winterfell. Fu in quell’occasione che lo conoscemmo pure io e Lya. Lei ovviamente ne approfittò subito per sfidarlo ad una gara equestre e per la prima volta la vedemmo arrivare seconda al traguardo. – lanciò un’occhiata complice a sua sorella che però non colse quel segnale come avrebbe pensato – Roose aveva in mente di presentarlo a mio padre per ottenere la mano della giovane lady di Winterfell, ma i suoi piani non andarono a buon fine e non passò nemmeno un altro anno che decise di spedirlo da Lord Redfort nella Valle, proprio come aveva fatto il lord vostro nonno con vostro padre. Pare quasi che Roose volesse che suo figlio ripetesse gli stessi passi dei miei fratelli, oppure era stato proprio nostro padre ad imporre una simile prova per prendere tempo. Ma come sappiamo poi accettò la proposta di Robert in un baleno. – si grattò il naso con la punta del pollice – Tuttavia Domeric aveva un’indole diversa dal classico uomo del nord. Sebbene eccellesse anche nell’arte della spada e non aveva l’animo da guerriero. Una volta tornato a nord, fece una breve sosta a Winterfell prima di recarsi a Dreatfort, e ricordo che Bran colse l’occasione per sfidarlo a duello per diletto o forse per dargli modo di mostrarsi agli occhi di nostro padre. – sorrise e ammiccò nuovamente in direzione di sua sorella, la quale apparve rammentare pure lei quel momento, alzando gli occhi al cielo e mal celando un sorriso. Benjen continuò allora – Nonostante questo era anche un apprezzabile suonatore d’arpa… forse l’unico vero bardo nato nelle nostre terre negli ultimi cinquant’anni. – arricciò le labbra in un sorriso – Era composto, riservato e di piacevole compagnia; non assomigliava per nulla a quel burbero di suo padre. Amava i libri e la lettura, era portato per la musica, per l’arte e la poesia. Adorava i cavalli e… mia sorella. – le fece una linguaccia – …E lei era follemente innamorata di lui! – concluse sogghignando. Jon aggrottò le sopracciglia attonito, guardando prima lui e poi sua madre.
-Io non sono mai stata innamorata di Dom! – precisò offesa la donna, voltandosi sul cavallo.
-Come no! Lui però amava gli spiritelli dei boschi che vestivano di azzurro e coglievano le rose blu per metterle tra i capelli. – sorrise sornione – Non faceva altro che cantare della loro bellezza… e qualcuno stava ore ad ascoltarlo, segretamente nascosta dietro agli arazzi… Quelle volte che non lo convincevi a suonare per te al Parco degli Dei! –
-E’ successo una sola volta e non era ciò che tu ti ostini ancora a pensare! – Lyanna era sempre più infastidita dalle sue allusioni – E tengo a precisare che era una semplice canzone che ha scritto, al fine di farsi perdonare per la sua vittoria in quella stupida gara coi cavalli che ha preteso suo padre e non io! – espose irritata – Avevamo undici anni, converrai con me, che eravamo solo dei bambini. –
-Se nostro padre non avesse avuto alte aspirazioni, molto probabilmente saresti andata in sposa a lui. Ricordo che lo sentii dire una cosa del genere a maestro Walys… “Non sarebbe una brutta idea unire le casate Stark e Bolton con un matrimonio. Quel ragazzo ha l’aria di essere benedetto dagli dei. Se accettassi la richiesta di suo padre, potrei assicurarmi la fedeltà dei Bolton per gli anni a venire e non temere più quel loro continuo voler primeggiare sul Nord.” – sorrise amaramente – Nostro padre ne sapeva sempre una più del diavolo. E ci aveva azzeccato dopotutto: tu da sempre avevi un debole per i bardi dai capelli lunghi… anche al Principe Drago piacevano le fatine vestite in azzurro? Quindi quella ghirlanda di rose dell’inverno era studiata per completare l’opera? – Lyanna si tolse un guanto e glielo lanciò contro inviperita.
-La vuoi piantare di dire idiozie? – la sua collera fece ridere tutti, tranne Jon che rimase un po’ sulle sue. Sansa provò a distogliere l’attenzione vedendo che la sua zia era notevolmente a disagio.
-Qual era questa canzone che ti ha fatto piangere, zia? – chiese curiosa. Gli occhi della lupa del nord divennero lucidi, era chiaro che non avesse alcuna voglia di ricordare quei momenti, non in quel frangente almeno. Affrettò il cavallo per allontanarsi appena di più da loro.
-Non sono bravo a memorizzare le parole, non conosco il titolo di quella ballata e mai l’ho più sentita da allora, ma ricordo che era un canto di amore e morte… – fu Benjen a riprendere la parola, notando che sua sorella si era nuovamente chiusa in se stessa – Beh, si da il caso che quello fosse il luogo giusto per temi lugubri come quello, dato il suo aspetto tetro e in rovina. Il castello di Harrenhal ha sempre avuto una brutta fama. Si vocifera che l’intera fortezza sia infestata dai fantasmi o sia addirittura maledetta a causa degli orrori avvenuti all’interno delle sue mura per l’arroganza di Harren il Nero. Alcuni sostengono che sia il suo stesso fantasma a presiederlo e a far capitare eventi sfortunati ai proprietari che ne hanno preso possesso. C’è addirittura chi pensa che abbia osato mescolare il sangue umano alla malta per costruirlo… –
-Ci sono stata in quel forte. – si intromise Arya – Il castello è orrendo da ogni prospettiva, ma non credo minimamente a questa assurda storia. –
-Degna erede di tua zia! La pensava nella stessa maniera appena lo ha visto… Ma pare che un argentea figura nascosta fra le fronde degli alberi le abbia mostrato quanta bellezza si celava al suo interno e le ha fatto cambiare idea in meno di una settimana. – fece un ghignetto malvagio – Chissà qual era il nome di questa divina apparizione!? – Lyanna lo fulminò con uno sguardo acido.
-Chi? Dimmelo, zio, sono curiosa! – lo incitò Arya, sottovalutando completamente il discorso come una perfetta figlia dell’estate.
-Shhh, Arya! Possibile che proprio non ci arrivi? – Sansa ottenebrò sua sorella con uno sguardo di rimprovero, e affinché non facesse un’altra gaffe, aggiunse tenendo la voce bassa – Era colui che ha composto quella canzone. E’ semplice da capire. –
-E brava Sansa! L’arguzia l’hai presa da casa Stark e più precisamente da me! – Ben le sorrise, ma si rivolse ad Arya con lo stesso tono dolce e carezzevole – Piccola lupa, il Principe Drago era il più bravo bardo che io avessi mai udito in vita mia. Da quello che si diceva aveva composto più ballate lui di Bael il Bardo. – poi vedendo che suo nipote aveva posato uno sguardo incerto su di lui, chiarì – Sì, Jon, sto parlando del tuo vero padre… – il ragazzo aprì la bocca per dire qualcosa, ma non gli uscì nemmeno una parola. Aggrottò invece le sopracciglia e posò gli occhi su sua madre e comprese quindi il motivo del suo silenzio. Benjen però non lo ritenne un motivo valido per zittirsi – …nonché fratello maggiore dei nostri graditi ospiti. – allargando un braccio, lanciò un sorriso ammiccante anche nella direzione dei due draghi, come a invitarli ad intervenire.
 
 
 
 
 
Dany accostò la sua cavalla dal manto argento chiaro a quello di suo fratello. Entrambi cavalcavano dietro al gruppetto degli Stark e avevano quindi ascoltato senza problemi tutti i loro discorsi.
-Parlano di te, Lekia… E di quella tua splendida canzone. – mormorò fiera e compiaciuta, sicuramente molto più di lui. Un istante dopo i suoi occhi diventarono maliziosi e accattivanti – E anche di un certo amante segreto della tua lady… – rise malevola – Ne eri al corrente? – lo punzecchiò, quasi avesse letto nella sua mente un’incertezza al riguardo. Lui spostò appena il volto dalla donna dal mantello grigio, di spalle, tre file avanti, per posarlo sulla bionda figura al suo fianco.
-Sono estremamente deliziato dal semplice fatto che ti rallegrino taluni diffamatori chiacchiericci. – digrignò a denti stretti, fingendo noncuranza, ma lei lo conosceva fin troppo bene.
-Suvvia, non essere così acido… - sospirò allegramente – Pensavo saresti potuto intervenire nel dialogo, se solo ti fossi svelato. –
-Nostro zio Aemon ti avrebbe rimproverato di non indugiare mai sullo stesso argomento più di tre volte. – ringhiò avverso.
-Qualsiasi cosa che ti riguarda viene sempre moltiplicato per tre… è un caso? – sorrise dispettosa – devo quindi aspettarmi che spunti forse un altro figlio illegittimo? – notò il modo iroso in cui serrò la mascella. Era estremamente furioso e forse era meglio non continuare a stuzzicarlo ulteriormente.
Dany comprese che quello non doveva essere il momento adatto per intrattenere con lui nessun tipo di discorso. Probabilmente per suo fratello quella giornata era partita già male, quando si era svegliato all’alba, di soprassalto, a causa del brutto sogno fatto.
Era entrato in camera sua, senza nemmeno bussare, scombussolato e agitato. I capelli completamente sciolti. Indossava un paio di pantaloni scuri e una camicia sgualcita, grondante di sudore. Lei si era tirata su, scostando le coperte, e, ancora fortemente assonnata, si era seduta sul ciglio del letto. Gli aveva appoggiato una mano sulla schiena, sentendo quella sgradevole sensazione umidiccia del tessuto che si appiccicava alla sua pelle. Se c’era una cosa che la impressionava fortemente era che non aveva mai avvertito neanche un minimo sentore di cattivo odore provenire da lui; nemmeno dopo un duro allenamento con la spada. E anche in quel momento emanava solamente di una strascicata fragranza di vetiver della sua sensuale colonia da barba. Doveva essersi rasato la sera precedente, bene attento a curare il suo aspetto, senza mai trascurarsi. Aveva appoggiato il mento sulla sua spalla, sussurrandogli appena poche parole “Raccontami ciò che affligge la tua anima.”
Non erano servite tante altre suppliche per convincerlo, ma passò comunque diverso tempo prima che lui si decidesse ad esporre quel tremendo incubo. Diceva di aver visto una bufera in agguato, delle figure apparivano nel candore che li circondava. Il loro nemico sembrava aspettarli e ormai erano circondati. Il bianco li avvolgeva, il freddo li attanagliava e nemmeno il fuoco dei draghi bastava a dar calore e far luce. Poi improvvisamente erano  apparsi dei coni di ghiaccio dal suolo. Gli Estranei erano entrati in guerra e pareva conoscessero il loro avversario… e sapessero anche come abbattere un drago. Miravano ai loro punti vitali, alle parti più indifese e con quelle aste cercavano il bersaglio. Era come se lui fosse uno dei draghi. E pensasse non solo alla sua salvezza, ma anche a quella dei suoi fratelli. Drogon aveva intercettato il dardo scagliato e lo aveva preso tra le sue fauci, muovendo lateralmente il collo, per poi frantumarlo in mille pezzi. Rhaegal per poco non era stato colpito ad un’ala, ma prontamente aveva virato, scansandosi da un secondo lancio. Nessuno dei due però aveva più visto Viserion. Lo sentivano, non era distante. Rhaegal si era allora fiondato alla sua ricerca. Lo aveva infine trovato, in estrema difficoltà, e si era prontamente messo a difenderlo da altri attacchi, ma venne colto alla sprovvista da una seconda fonte di lancio. Una lunga picca di ghiaccio giunse alle loro spalle, Viserion sarebbe stato colpito, ma Rhaegal si mise in mezzo, sacrificandosi. Il drago color crema fece in tempo a vedere solo lo spintone acuminato bianco e rosso che fuoriusciva dalle scaglie verdi del collo del fratello. Il ruggito del drago si perse nell’esplosione di fuoco che ne conseguì. Viserion aveva urlato con tutto il fiato che aveva, distrutto dal doloro di non aver salvato il suo compagno… ma per il drago verde non c’era più alcuna speranza. Rhaegal cadde al suolo e con un tremendo boato si spense la sua vita.
Le fiamme avevano avvolto tutto e Rhaegar aveva avvertito la sensazione di essere tornato nelle sembianze umane.
Il drago verde stava ora riverso su un fianco, le zampe inermi, il lungo collo disteso sulla neve imbrattata dal suo sangue che si stava ghiacciando. Le fiamme che ancora fuoriuscivano dalla ferita e si stavano tramutando in ossidiana. Rhaegar, nelle vesti di un fantasma bianco, si era avvicinato a lui in rispettoso silenzio, appoggiando una mano sulla fronte del suo primo destriero e aveva pianto la sua perdita. “Quasi sentivo morire una parte di me…” aveva terminato così il racconto.
Dany era in lacrime. Solo il pensiero di poter mai perdere uno dei suoi figli, la devastava, ma sentiva che sarebbe stato uguale anche se si fosse trattato di Rhaegar o di Jon.
Aveva abbraccio forte suo fratello e lo aveva poi aiutato a levarsi la camicia, inumidendo un asciugamano con dell’acqua per lavargli il petto e asciugargli le lacrime. Quella brutta cicatrice, testimoniava terribilmente, quanto fosse facile uccidere un drago e sperava che le creature che cavalcavano avrebbero avuto una corazza più resistente.
 
-Comprendo che questa per te possa non essere una situazione particolarmente accettabile – cominciò, conscia anche del fatto che era stato estremamente contrario ad accettare la richiesta di Jon di portare anche Lyanna e tutti gli Stark con loro, lasciando Winterfell incustodita – Non so perché ti sia ostinato tanto a far cambiare idea al tuo dōna zaldritsos, quando hai la possibilità di portare la tua famiglia in gita per alcuni giorni. –
-Mi chiedi anche il perché? – aveva sbraitato indispettito – Temo che quest’oggi il tuo vero obbiettivo sia quello di risvegliare il drago, mia cara Headus! – Ebrion aveva nitrito percependo lo stato d’animo del suo padrone – Saremo in balia degli eventi, in un luogo fin troppo esposto e senza la protezione di alte mura di pietra. Abbiamo trascorso lì questi ultimi giorni e abbiamo constatato che razza di posto sia. Abbiamo con noi un numero scarso di uomini e… -
-E tre draghi. – finì lei la frase per lui, con un’aria scocciata e annoiata, guardandosi le unghie di una mano, come per fargli capire che stava nuovamente esagerando.
-Già… tre draghi. – redarguì secco con amarezza – Non sto parlando di profezie, ma di numeri –
-E io di potenza bellica. Credi che sia una sprovveduta? Credi che lo sia Jon? Siamo vissuti senza di te per tutto questo tempo, sappiamo cavarcela! – lo vide zittirsi e serrare le labbra e si pentì di aver usato quelle parole – Ti prego, perdon… -
-Parliamo di potenza bellica allora. – la interruppe lui serio – Se gli Estranei possono ingrandire il loro esercito con i mostri caduti, significa che dovremmo stare molto attenti al numero di uomini che manderemo a combattere. Considerando questo primo punto, dobbiamo provvedere a sferrare in campo forze che loro non possono ipoteticamente battere. Ed è per questo che facciamo entrare in gioco i draghi. Ne possiedi tre. Un valido aiuto e forse una vittoria assicurata, se solo… fossero davvero controllati come quelli dei nostri avi. – Dany lo scrutò accigliata, ma non ebbe il tempo per ribattere, che lui prese nuovamente la parola – Il tuo drago per quanto sia enormemente pauroso, è anche altamente indomabile, volubile e irascibile. Solo se ne ha voglia ti da ascolto e per quanto tu ci abbia provato, lui continua a fare sempre di testa sua – decretò tetro – Il mio attuale drago mi fronteggia costantemente, quasi non mi riconoscesse come suo padrone; è come se si sentisse umiliato di aver preso un avanzo. Sono certo che anche tu lo percepisci indistintamente. – la guardò solo per un istante, poi riprese l’elenco – E infine abbiamo Rhaegal… -
-…Che paradossalmente è divenuto più mansueto da quanto ha cominciato a fare le fusa al tuo zoklītsos, tradendoti palesemente. – provò a cambiare nomignolo, usando l’epiteto del lupo, invece che del drago, nella speranza che avrebbe rallegrato il suo umore nero.
-Resta sempre un drago pericoloso e imprevedibile e Jon ancora non lo gestisce appieno. –
-Jon sa cavarsela molto bene con lui… ha avuto un gran maestro. – avanzò, convinta di toccare un punto debole della sua anima, ma inutilmente.
-Non è la mia unica preoccupazione. – Viserys tornò a fissare di fronte a sé – Lyanna non ha sangue Targaryen nelle vene e dovrò stare costantemente in allerta, impedendole di avvicinarsi ai draghi per nessun motivo. La conosco fin troppo bene e so che niente la ferma! Sarebbe capace anche di andare da loro e a dirgliene quattro, se per una qualche ragione Rhaegal dovesse fare a Jon qualcosa che non apprezza. È capacissima di minacciarlo, o peggio ancora tiragli un pugno sul naso, e temo la reazione di Rhaegal. Drogon ha già provato a fare di lei un antipasto, quando eravamo a Harrenhal; non voglio rischiare che accada una cosa simile. – era impossibile riuscire a calmarlo oggi, ma non sapeva dirsi il motivo. Eppure una vocina dentro di lei le suggeriva che erano tutte scusanti.
-Sii sincero… - azzardò allora – Sei davvero in apprensione per la vita della tua coraggiosa lady, che fronteggia senza paura sia draghi con le ali che quelli a due zampe, o sei solo furioso perché hai appena scoperto che mentre tu eri a bighellonare alla Fortezza Rossa in attesa che la tua dolce fatina dei ghiacci volasse da te, lei invece si faceva una romantica liaison con il suo personale arpista del nord? Musica, cavalli, libri… la tua esatta copia in versione Bolton a quanto pare. – lo vide in procinto di protestare, ma non glielo permise – Ho fatto bene i conti, mio caro. Se lei aveva undici anni, tu non eri ancora sposato e potevi averla… Se solo avessi usato quel tuo prezioso naso da tartufo nella direzione giusta, cogliendo da lontano la sua fragranza floreale, potevi usare la scusante di andare a salutare zio Aemon e chiedere ospitalità ai lupi di Winterfell. – imitò l’annusare di un cane.
-Kydȳptakson sȳz kesos… - Sarebbe bello, essere misurato tradusse mentalmente – hae ñuhor ānogar. – come il mio sangue. Dany sbuffò esasperata. La stava ridimensionando con della pessima ironia, solo per farla zittire. “Il sangue che scorre nelle vene di un drago non si può certo definirsi misurato…” eppure nella sua affermazione sentiva uno strano enigma quasi certamente riconducibile al suo erede. “Mi stai forse ridicolizzando, tirando in ballo Jon?” Assottigliò lo sguardo minacciosa, aspettandosi un secondo assalto, che però non avvenne.
Rhaegar si era limitato a farle un semplice cenno di rispettoso saluto col capo, prima di dare di speroni al proprio cavallo, per allontanarsi da lei e portarsi verso la giumenta pezzata di Arya che stava seduta scomposta sulla sella, annoiata da quella lenta andatura.
Lo sentì cominciare ad intrattenere con lei un dialogo nettamente differente da quello che aveva appena avuto con lei, ma che quasi rivelava una natura completamente nuova di suo fratello. Nell’immediato le nacque quel solito fastidio che provava ogni qual volta una donna lo avvicinava e cominciava a civettare con lui, con eloquenti intenzioni a ricevere sua attenzioni. Seppure con Arya la casistica fosse discordante, non riusciva ad accettarlo comunque e una parte di lei, risvegliava quel sentore di allerta. Già una volta una lupa ha bussato alla porta del suo cuore e lui l’ha lasciata entrare… i suoi occhi d’ametista fissarono la giovane lupa alla sua sinistra, prima di spostare la sua attenzione anche sulla donna più avanti.
Inasprita, spronò il suo cavallo candido inserendosi nel gruppo dei lupi, facendosi spazio in maniera probabilmente arrogante tra Sansa e Tyrion. Il nano la osservò con incredulità, mentre la lupa rossa invece fece fatica a destreggiarsi con la sua puledra ramata. Lei ignorò bellamente l’aria arcigna che Tyrion le lanciò, allungando il passo per accostarsi al fianco dello Stark più anziano.
-Ho intuito da diverso tempo che stavate parlando di mio fratello maggiore; raccontatemi qualcosa di lui. –
Tutti la osservarono basiti: era la prima volta che la regina si mostrava così partecipe in una discussione che non fosse inerente ad Estranei, Draghi o battaglie.
-Mi spiace, regina Daenerys, vorrei potervi essere di maggiore aiuto, ma purtroppo non ho avuto il piacere di conoscere da vicino vostro fratello, se non una sola volta, quando l’ho ammonito di avere riguardo per mia sorella. – affermò Benjen, portando il volto verso Lyanna che cavalcava di fronte a loro. Non si era più voltata nella loro direzione. Jon girò il capo verso Dany per un solo istante, pareva essere stato attratto dalla sua voce, ma poi anche lui pose il suo sguardo verso l’orizzonte di fronte a loro, esattamente come sua madre. Cucciolo di lupo, che segue le direttive di sua madre, per paura di contraddirla. Si ritrovò a pensare innervosita.
-A quanto pare non avete riscosso molto successo nel vostro ammonimento. – gli sorrise amichevole la Targaryen che continuava a voler attirare la sua attenzione.
-Presumibilmente no... – affermò tedioso e riflessivo – ma sono certo che se ora mi si ripresentasse l’occasione avrei un maggiore vantaggio! – continuò assottigliando gli occhi e zittendosi improvvisamente, riflettendo meglio sui suoi pensieri. Dany lo fissò confusa su quelle parole e lo squadrò in volto. L’uomo si prese ancora del tempo prima di continuare – Dovreste andare dal vostro fedele cavaliere: Barristan, il Valoroso. Credo sia la persona più indicata per parlarvi di lui. Era una delle Guardie Reali al servizio di vostro padre, ma prima di lui anche di vostro nonno. Certamente lo ha visto crescere e sono sicuro ricordi molti aneddoti inerenti al Principe Drago. – continuò Benjen disinteressato, lanciando un’occhiata in tralice all’altro principe che stava intrattenendosi con sua nipote – ma anche vostro fratello Viserys dovrebbe rammentare qualcosa su Rhaegar. Era ancora un ragazzino prima che si scatenasse la guerra, ma già abbastanza grande per comprendere il coraggio di un uomo. –
Il volto di suo fratello però rimase nascosto dietro una maschera di indifferenza. Osservava le lande innevate alla loro sinistra e il volo basso di Rhaegal e Viserion che solcavano le pianeggianti coltri bianche che li circondavano. Due fratelli completamente differenti sia nell’aspetto che di carattere, eppure tra di loro enormemente legati. Intuì che Rhaegar sicuramente stata ripensando al sogno fatto quella notte. Dany rifletté che in parte entrambi gli ricordavano due sfaccettature diverse ma appartenenti ugualmente al carattere di suo fratello maggiore: mite, empatico e taciturno, come il drago verde, e riottoso, cauto e veemente come quello chiaro, eppure non c’era verso di separarli. Nati, cresciuti liberi; incarcerati e liberati assieme. Avevano molto in comune, ma erano diversi come il giorno e la notte. Avevano sviluppato uno strano rapporto simbiotico, che incuteva gelosia perfino in Drogon, a volte Dany lo percepiva, e ora si erano pure scambiati lo stesso padrone… “Tutto questo non ha senso… gli antichi libri dicevano che i draghi esigevano un cavaliere per volta.” Le aveva detto Tyrion, quando era venuto a conoscenza del cambio di fedeltà di Rhaegal. Eppure quella era la realtà e Dany sentiva che i mutamenti potevano anche non essere terminati qui.
 
 
 
 
 
Per qualche tempo cavalcarono lentamente, in silenzio. Lyanna si accarezzava distratta l’anello al dito, cercando di ricacciare indietro i ricordi del passato che la tormentavano e concentrandosi unicamente su quelli dolci e allegri. Sotto il cuoio le sue dita distinguevano la forma del grande rubino ovale e liscio, circondato dagli arabeschi in argento a cui era finemente incastrato.
-E’ da un po’ che mi ronza nella testa un pensiero… – disse improvvisamente Jon. Sua madre si destò dalle sue riflessioni e posò lo sguardo su di lui, che si voltò a guardarla con quegli occhi scurissimi, quasi neri – Voglio la rivincita! –
-Adesso? – Lyanna era rimasta colpita da quella tempestività, tanto che aveva sussultato sulla sella e Whitefog si era lamentata con un nitrito sordo. La donna del nord però aveva capito ripreso il suo contegno impeccabile, perfettamente conscia di cosa lui stava alludendo – Perché ritieni che adesso sia il momento adatto? –
-Perché ho appena scoperto che hai perso contro il figlio di Roose Bolton. – sorrise mostrando un volto speranzoso – Quindi si è offuscata tutta quest’aurea di imbattibilità che ti circondava! – scherzò di rimando. Lei assottigliò gli occhi e gonfiò le guance accanita.
-Ero poco più di una bambina! – reagì.
-E ora dimostri avere appena cinque anni in più… - continuò lui, era chiaro che non ammettesse un suo rifiuto.
-Facciamo anche sei. – puntualizzò la donna, mettendo il broncio.
-Che differenza potrebbe mai fare? – la derise – Siamo in definitiva coetanei, e sul piano pratico siamo allo stesso livello; sufficientemente riposati e lo stesso vale per i nostri destrieri. Né Obsidian né White sono ancora stati fatti andare al galoppo quest’oggi. E la strada di fronte a noi è appena stata battuta dalle sentinelle. Non corriamo alcun rischio, per cui non vedo motivo per rinunciare alla mia rivincita. – lei lo fissò scettica, aggrottando la fronte. Stava cercando una giustificazione per sottrarsi e quella sua improvvisata l’aveva presa impreparata. Mentre continuava a studiarla attentamente, lo vide mutare improvvisamente espressione, cambiando anche tattica. Odiava quella peculiarità già in Rhaegar, ma ritrovarla in Jon era paradossalmente rincuorante. Il giovane la osservò allora carezzevole e con un’improbabile aria da furbetto – Devo presupporre mia lady che avete timore di perdere? – pure lo stesso modo di provarmi ha ereditato? Jon, è il sangue di drago che ti sta suggerendo di chiamarmi lady? ma ogni sua domanda rimase senza risposte, dato che il ragazzo stava continuando nella sua sfida – Oppure cominci a risentire degli anni che sono passati, mamma? – la punzecchiava conscio che qualcosa di quelle parole l’avrebbero fatta sbottare.
-Non provare a darmi della vecchia! – gli occhi della donna lo squadrarono di irritazione – Né della codarda! – divennero poi complici – Ho festeggiato meno giorni del nome di te a conti fatti per cui quello che potrebbe risentire dei primi acciacchi di senilità dovresti essere tu, mio caro! –
-A dire il vero, sorellina, per nascita sei la più anziana di tutti gli Stark presenti. – la canzonò Benjen, intromettendosi nelle loro chiacchiere.
-Morditi quella dannata lingua, Ben, se non vuoi che spiattelli a tutti le tue prodi gesta in sella al tuo primo ronzino! –
-Spelacchio era un valido compagno di… sventure. – asserì orgoglioso – Hullen lo dovette sopprimere mio malgrado quando si slogò entrambe le zampe anteriori. –
-Ero presente! – puntualizzò lei – Mentre tu stavi a letto con un bel bernoccolo sulla fronte per quella spettacolare caduta. – rise sorniona.
-Chissà di chi era la colpa! – l’avversò lui – Se non avessi mosso quel fottuto legnetto, mai si sarebbe imbizzarrito e io non sarei caduto. – le lanciò un’occhiataccia.
-L’idea era mia, ma Brandon mi ha dato una mano, quindi non puoi dare a me tutte le colpe! – Lyanna voltò la sua cavalcatura facendo un giro completo su di sé, ma senza arrestare la sua marcia.
-Povera rosellina! Sia mai che tocchiamo il tesoro più prezioso del lupo selvaggio! – la canzonò spavaldo. Lei allora socchiuse gli occhi minacciosa.
-Vuoi che mi metta a raccontare ai tuoi nipoti degli audaci tiri di spada al Parco degli Dei? – gli rivolse un’occhiata in tralice tornando a cavalcare al fianco di Jon che se la rideva sotto ai baffi – Torniamo a noi, lupetto impertinente… -
-Sono tutto orecchie. – la sorprese lui – Facciamo chi arriva primo al ponte? – propose in trepidante attesa.
-Te ne pentirai, piccolo figlio dell’estate. – lo derise Benjen – L’ho imparato a mie spese molto tempo fa – decretò frustrato – Perfino quel cinghiale di Robert avrebbe protestato per lo spreco di vino che tua madre ha osato sciupare sulla mia persona! – fece una linguaccia maligno.
-Quindi ti tieni fuori, zio? – gli chiese il giovane alzando un sopracciglio subdolo, quasi difendendola. Questo la spronò a continuare la predica contro suo fratello.
-Non vedi che ormai è anziano? Non ce la fa più! – lo schernì Lyanna di rimando, muovendo le redini della sua giumenta.
-Lya, non te ne approfittare troppo. Mentre tu riposavi beata nell’ultimo ventennio, io mi sono spaccato il culo al Castello Nero. – schioccò la lingua infastidito – Il Vecchio Corvo mi mandava sempre a cercare questo grattacapi che ora si spaccia per il miglior bardo del nord e che tuo figlio ospita nella casa di nostro padre! – indicò col pollice Mance Rayder che ghignò sentendosi preso in causa.
-Cammini notevolmente infruttuosi per te, corvo ghiacciato. – Ben gli lanciò un’occhiata torva.
-E’ ciò che ti ho sempre lasciato credere, mio caro! – poi tornò a prestare la sua attenzione a madre e figlio – In quanto a te, sorellina, ora ti mostrerò quanto bravo sono diventato! Ma non piangere, quando arriverai al traguardo con la lingua di fuori come una cagnolina da salotti! –
-A chi avresti dato della cagnolina da salotti, randagio pulcioso con la coda mozza? –
-E riserva le lacrime per la canzone di nostra nipote, regina delle nevi! – Lyanna lo fulminò con lo sguardo a quell’epiteto.
-Ti pentirai di quello che hai osato dire… ! – ma suo fratello gli fece una linguaccia, tra l’iralità collettiva. Gli anni potevano anche essere passati, ma dentro erano rimasti i bambini di una volta.
-Io faccio compagnia a Bran. – Sansa adeguò la sua andatura a quella di suo fratello, affiancandolo e rinunciando alla competizione. Non era molto brava a cavalcare, o almeno non a velocità sostenute.
-Io invece ci sto. – disse improvvisamente Daenerys. Sia Jon che Lya si voltarono sbalorditi – Perché tanto stupore? Sono vissuta anni tra i clan Dothraki, so che per voi sono visti solo come dei barbari, ma a Essos sono molto temuti e vengono chiamati anche i signori dei cavalli. –
-Uhm, in pratica Ryswell selvaggi! – la interruppe pensoso Benjen – Lya, ti esorto ad approfondire la conoscenza di questi aitanti guerrieri, sono certo che ti troverai a tuo agio! – la donna gli sferrò un calcio ad uno stinco.
-Ho sposato uno dei loro Khal e ho montato il suo regalo di nozze: una purosangue argentata. – continuò la regina rivolta a Jon, quasi volesse apparire ai suoi occhi – Quindi penso di sapere come si cavalca! – nei suoi occhi c’era la fierezza di una Khaleese. Lyanna non seppe quale motivo la fece pensare che suo figlio avesse preferenza di vederla restare nelle file indietro. C’era sicuramente qualcosa che non le aveva detto, ma quello non era certo il momento per indagare oltre.
-Bene allora siamo in quattro. – Benjen inquadrò i presenti che partecipavano, poi parlò all’altra sua nipote dandole però le spalle – Arya, tu che fai? –
-Vorrei partecipare. – disse atona – Ma Wildbreath non è in estro oggi… - mostrò rassegnazione.
-Lekia, vieni anche tu. – la regina si volse verso suo fratello. Lyanna si mosse nervosa sulla sella udendo quel termine in alto valyriano.
-Preferirei passare... Haedus. – rispose Viserys atono.
-Ti è parso per caso che la frase fosse un interrogativo o che io abbia iniziato la frase con un “se a vostra altezza compiace” ? – ora era diventata seria. Lui rimase in silenzio per alcuni istanti, poi alzò lo sguardo e si impettì furioso, ma lei non parve badarci e solo quando lui si avvicinò a cavallo di Ebrion gli disse ancora – Hai forse timore di farti battere? –
Lyanna notò che aveva usato lo stesso pretesto che Jon aveva adoperato con lei. Il principe sospirando, diede un colpo coi talloni ai fianchi del suo stallone nero, accostandosi però a Jon sulla destra. Il ragazzo lo stava guardando e gli lanciò un sorriso incoraggiante.
-Chiedo venia, vostra maestà, per l’arroganza mostrata da mia sorella, ma temo non abbiano ancora inventato delle museruole per draghi. – affermò con voce ancora infastidita, alzando lo sguardo per fissarla alla fine della frase. Il giovane sorrise a quella battura e cercò di nasconderlo mettendosi una mano sulle labbra.
-Se è per questo esistono quelle per i cani, ma di fatto a mia sorella non sono mai riuscito a metterla. – si antepose Benjen arrivandogli dalla parte opposta – Potrei chiedere il vostro intervento, la prossima volta che ringhia? – Viserys si zittì all’istante e rimase a studiarlo serio.
-Devo raccontare a tutti di quella volta che sei rimasto appeso alle fronde di un abete per tutta la notte, incastrato con la tua cintura ad un ramo, mentre scappavi da quel mostruoso… - enfatizzò Lyanna usando due dita di entrambe le mani per figurare le virgolette – …coniglio? –
-Ero convinto si trattasse della volpe demoniaca con cui la Vecchia Nan continuava a terrorizzarmi! – si giustificò lui.
-Certo… - ghignò lei – Infatti i conigli hanno fattezze molto simili alle volpi, soprattutto nelle dimensioni e nelle lunghe orecchie. – lo derise ridendo.
-Ti sei scordata delle zampe e della coda… te ne do atto, sono diversi come animali, ma… - e mostrò un’aria da birbante, proprio come faceva da giovane – le sorelle sanno essere petulanti come le vecchie che raccontano certe fiabe! – Lyanna lo frustò con le redini.
-Se i due piccioncini hanno finito di battibeccarsi, darei inizio alle danze. – Mance si posizionò poco distante da loro e mosse le dita sull’arpa per dare il via a quella sfida.
Appena le corde emisero il loro usuale suono, i cinque cavalli partirono e sfrecciarono seguendo il sentiero imbiancato, alzando neve al loro passaggio. Lyanna in breve fu in testa, seguita a ruota da Jon. Benjen li rincorreva. Era plausibile che i lupi conoscessero in maniera egregia il loro ambiente, ma nemmeno i draghi si diedero per vinti. Per qualche istante Viserys rimase dietro a sua sorella, controllando la sua postura, correggendola e consigliandola. Quando si accorse che i due in testa si stavano allontanando troppo, allora la lasciò, superandola senza problemi. Arrivò alle spalle del guardiano della notte, che oltrepassò dopo una breve competizione, facendo una finta per poi scartarlo di lato, fino a raggiunse il giovane Re del Nord. I due ben presto si scoprirono alla pari, in alcuni momenti Jon lo superava, in altri perdeva terreno, eppure per quanto tentasse, non riusciva a superarlo né in velocità, né in scaltrezza. Fianco a fianco si trovavano a superare piccoli avvallamenti, tronchi semi sommersi dal candore ghiacciato e collinette di neve che esplodevano in mille cristalli quando uno zoccolo lo calpestava. Lyanna era in vantaggio di due balzi appena, per alcuni istanti, la raggiunsero e cavalcarono tutti e tre alla stessa velocità, guardandosi e sapendo che quella competizione avrebbe dovuto dare un solo vincitore. Poi la donna con un sorrisetto astuto, incitò la sua puledra, abbassando la schiena sulla criniera dell’animale, quasi avesse dato loro la vana speranza di avere una qualche possibilità di batterla. Le sue gonne e il mantello svolazzavano al vento e si ritrovarono a mangiare i cristalli di ghiaccio che si alzavano al suo passaggio.
Alla fine fu lei la prima a superare il ponte e fece ancora un giro del piazzale in attesa che Jon e Viserys sopraggiungessero. Il principe, quando si accorse di una lastra di ghiaccio di fronte a sé, tirò le redini per deviare la direzione di Ebrion, e questo permise a Jon di anticipare l’ostacolo ordinando a Obsidian di saltarlo e vincere così quella loro competizione personale. Il Re del Nord raggiunse sua madre, seguito dal suo avversario che scuoteva la testa per questa insofferente sconfitta.
Poco dopo arrivò anche la regina dei Draghi. Benjen invece aveva mollato a metà strada e procedeva adagio solitario, osservando i suoi avversari e alzando una mano per salutarli da lontano. Arya lo stava raggiungendo, con la lentezza della sua giumenta che non era per niente invogliata a galoppare.
-Voi non siete semplici zokla… ve lo dico io! – disse Dany annaspando. Aveva il fiatone, faticava addirittura a parlare – Dove nascondete le ali sui vostri cavalli? – Jon e Lyanna risero. Il principe Viserys tenne le redini con una mano e si chinò sul collo di Ebrion per accarezzargli la criniera.
-Dopo questa schiacciante sconfitta hai un tantino abbassato la cresta, Haedus? – la provocò. La giovane gli fece una linguaccia.
-Ti credi così imbattibile? Io posso almeno usare la scusante di aver trovato difficoltà a destreggiarmi sulla neve, ma tu sei stato battuto su tutti i fronti da loro che avevi a portata di tiro. – lo apostrofò.
-Mi vedo costretto a onorare la loro superiorità. Uno Stark avrebbe dovuto vincere in un torneo quale miglior cavallerizzo dei Sette Regni. Peccato questo non sia mai avvenuto. – Viserys puntò il volto verso la lady. Lyanna pensò di rispondere con altrettanta sicurezza.
-Non amiamo partecipare ad effimere dimostrazioni di potere, quando possiamo dimostrare il nostro valore in altri modi. –
-Il clima e il territorio in cui viviamo ci temprano, ma non ci rendono inclini a favorire eventi quali tornei o competizioni reali. Come avete visto poco fa, principe Viserys, il terreno è imprevedibile quando la neve e il ghiaccio lo ricoprono. – Jon provò a mostrare la sua vena diplomatica.
-Neve e ghiaccio, hanno distratto un vecchio drago brontolone e sputa fiamme… che sia un caso, lekia? – Dany gli sorrise civettuola e procace.
-Regina Daenerys non intendevo umiliare il principe vostro frat… - provò a spiegare Jon.
-Voi no di certo, ma io sì. – lo interruppe lei senza mezzi termini – Proponetemi qualunque cosa per farmi dimenticare questa pessima performance. – Viserys alzò gli occhi al cielo e si sollevò sulla schiena, spostando il capo lateralmente. Lyanna rimase a fissare la regina dei draghi interdetta.
-Vi posso proporre uno scambio… - suo figlio stava riflettendo serio, tenendo il capo chino – Vi insegnerò a cavalcare nelle terre del Nord, e mentre vostro fratello continuerà ad istruirmi nell’antica lingua, chiedo a voi di insegnatemi a… cavalcare un drago. – si propose Jon spensierato.
Lyanna si voltò a fissarlo sbalordita. Hai certamente preso da me quest’avventatezza, Jon. Sostenne ripensando che quell’identica espressione, assomigliava molto al primo dialogo che aveva intrattenuto col suo principe d’argento mentre danzavano nella Sala dei Cento Focolari e che era poi passata alla storia con: “voglio cavalcare un drago!” Inspiegabilmente incrociò lo sguardo con Viserys che sorrideva senza un vero motivo preciso.
-Detta così, potrei anche pensare che vogliate approfittare della situazione per passare del tempo in privato con me. – gli occhi viola della regina indugiarono su quelli grigi del giovane re. Jon divenne rosso dalla vergogna e cominciò a balbettare. Viserys scosse il capo, le sue labbra si incurvarono ancora di più, irritando Lyanna a dismisura.
-Dany, azzardi a sostenere che ti abbia per caso fatto un’avance? – le domandò con estrema ironia, cercando di tastare il terreno.
-Devo pensare che non lo sia, dunque? – lei giocò alla stessa maniera e Jon sbarrò gli occhi terrorizzato, cercando di incrociare lo sguardo con sua madre. Lyanna gli trasmise tutta la sua determinazione, ma preferì non dire ancora nulla. Voleva prima capire che gioco stavano facendo.
-Temo tu debba passare oltre a questo consueto modo di esprimersi nelle terre del nord. Un tempo una persona a me cara soleva dire che la gente nata e vissuta in questi luoghi ha un dialogo molto meno sibillino di quello dorniano, Haedus, eppure altrettanto diretto e inequivocabile. – la voce profonda del principe era destabilizzante, tuttavia Lyanna si ritrovò a mordersi un labbro perché Rhaegar aveva detto una cosa molto simile in sua presenza molti anni addietro e si domandava come Viserys ne fosse venuto a conoscenza.
-Non era mia intenzione… - cercò di giustificarsi allora il ragazzo – intendevo solo… - ma la regina scoppiò a ridere.
-Vi stavamo prendendo in giro Jelmor Dārys. – affermò con tranquillità – Non mi permetterei mai di fornirvi alcun pretesto per farvi inginocchiare ai miei piedi… qualcuno penso mi morderebbe! –
Lyanna però non prese bene quello scambio di battute.
-Jon non sarà ricordato come un altro re inginocchio! – ringhiò feroce.
-Nessuno mai vi chiederà un simile pegno, milady. – intervenne il principe dei draghi serio.
-E non trattateci come bestie selvatiche che azzannano i propri nemici! –
-La seconda parte della mia asserzione difatti non era riferita a voi, lady Stark! – Daenerys la fissò autoritaria, con quegli occhi ingannevoli.
Lyanna sentiva le lacrime per il nervoso pizzicarle gli occhi. Voltò allora il cavallo e lo incitò a riprendere la corsa verso la fortezza ormai abbandonata da tempo. Non si sarebbe mai mostrata in lacrime di fronte a loro.
Si rincuorò solo di aver usato quelle parole così da rammentare a suo figlio quale atteggiamento avere, ma spettava a lui ora tenere testa ai suoi avversari, e non voleva assistere all’esito finale di quel discorso.
Il terrore che una nuova guerra fosse alle porte la destabilizzava, ma questa battaglia non era quella contro gli estranei, bensì di nuovo ghiaccio e fuoco a combattersi fra loro… oppure uniti tra loro… Possibile che ancora una volta il destino possa mai richiedere un simile danno al regno?
 
 
 
 
 
Note dell’autore:
 
E torno anche con questa storia! Come già vi accennavo nelle note del precedente capitolo siamo sulla strada di questa fortezza abbandonata (altamente inventata da me, seppur presente almeno nei libri, se la mia memoria non mi inganna – sapete, scrivere e leggere in contemporanea a volte mi fa molta confusione e non riesco più a separare le due cose).
 
Per passare il tempo, inizialmente gli uomini del Nord intonano una canzone. Si intitola When Winter Comes dei Miracle of Sound, hanno creato un video fan made in onore lo trovate su YouTube. Adesso io non so se la canzone fosse nata a prescindere da Asoiaf o fosse stata ideata proprio per Asoiaf, però penso che sia azzeccatissima (piccola precisazione in realtà direbbe Walls quindi barriere o muri, io ho modificato mettendola al singolare così da citare la nostra Barriera). La prima volta che l’ho ascoltata mi ha fatto pensare ad una di quelle canzoni che i guerrieri intonano prima di una battaglia, ma ho deciso di inserirla in questo momento perché era carina anche come semplicemente inno del nord che accomuna tutti i vari personaggi. Ovviamente anche Lyanna la conosce, e lo stesso vale per Jon, ma non essendo entrambi portati per la musica, preferiscono non vocalizzare i suoni delle parole (notare che Rhaegar se la ride sotto i baffi, maledetto!). Lo stesso fa Sansa, ma la sua motivazione è differente e incentrata unicamente perché lei è una lady; e questa, se avrete modo di ascoltarla, è una canzone cantata da uomini.
Comunque mi sarebbe piaciuto far cantare madre e figlio solo per creare una scena dove Viserys si metteva una mano sul volto disconoscendo i suoi parenti per essere così stonati, ma avendo la maschera la scenetta non avrebbe reso… chi lo sa che non glielo faccio fare più avanti quando leverà via ogni schermo!?
 
Successivamente abbiamo un Mance che stuzzica Jon e a catena, Benjen che fa uguale con Mance, quasi a protezione del nipote, anche se parte poi a provocare sua sorella intavolando un simpatico discorso che mette in risalto un personaggio completamente nuovo, ma che in Tales aveva fatto già la sua comparsa in alcuni ricordi di Lyanna, se non sbaglio proprio nel primo capitolo.
<Not even Lord Rickard's daughter could outrace him.” Mentre in italiano è stato tradotto con “Neanche la figlia di lord Rickard riuscì a batterlo nella corsa.” La differenza è minimale, ma nella versione inglese sembra più un paragone bello e semplice come quello che si evince tra Arya e Lyanna sempre sulla destrezza dell’equitazione (ovviamente in questo caso noi sappiamo che le due non si sono mai incontrate realmente), invece nella traduzione di Altieri pare più che sia avvenuta una vera e propria sfida tra il Bolton e la Stark, a discapito di Lyanna. Purtroppo mi sono lasciata fuorviare da questa dilettevole competizione, ovviamente fantasie e ship annesse, per creare invece una mia versione dei fatti. Quindi non prendetela per vera, dato che non si conosce la data di nascita di Domeric, e non si sanno tante altre cose a riguardo, ma il fatto che Roose abbia fatto fare a suo figlio tutti gli stessi spostamenti dei figli di Rickard Stark mi ha aiutato a formulare questa mia ipotesi, che però ho scoperto molto presumibilmente sbagliata. Ma ho trovato anche un’immagine in internet su Domeric e Lyanna, che ho già provveduto a pubblicare sul gruppo della Torre, dove un disegnatore, forse delle mie stesse idee, li ha ritratti mentre tengono i loro due cavalli e si guardano. Ecco perché ho deciso di tenere in piedi comunque questa piccola storiella che avrà un suo riscontro anche in Tales 2, dove apparirà proprio Domeric in carne ed ossa. Anche perché poverino, mi piace tanto come personaggio nel suo piccolo è apprezzabile, migliore del fratello e del padre sicuramente e mi ricorda molto Rhaegar in tutto. Buono e gentile con un genitore che invece vuole solo il potere a discapito dei sentimenti del suo stesso figlio, che tutto sommato secondo me se avesse avuto la possibilità di avere Lyanna, mica si sarebbe poi tanto lamentato. E per la brutta fine che poi farà, almeno che gli dia un piccolo spazio nella mia opera, anche se forse la storia risulta forzata.>>
 
Passiamo ora al pov di Daenerys. Comincia subito pure lei con qualche battutina a minimizzare suo fratello, ma scopriamo anche quanto Rhaegar stia mostrando la sua debolezza alla sorella, andando a piangere e sfogarsi per un banale brutto sogno.
 

 
Fraser e bave a parte torniamo a noi; Dany cerca in qualche modo di istigare Rhaegar a farsi partecipe alla vita della sua famiglia, perché non sa davvero quale sia la ragione di questo suo occultamento, rispetta la sua decisione ma non l’accetta del tutto. E lui soprattutto non le ha davvero detto cosa Bran ha visto nella sua visione, ecco perchè lei si ostina a continuare su questa strada. Dopo un piccolo battibecco tra loro, che vede Rhaegar enormemente frustrato per tutta una serie di cose assieme, e Dany che dispettosa gli fa notare una cosuccia poco simpatica, alla fine i due si dividono. Lui cerca la compagnia di Arya, meno incline a prenderlo in giro e da quello che abbiamo potuto notare tra i due pare si sia allacciato una strana sintonia che tutto sommato può anche non essere così strana. Dany invece va alla scoperta di informazioni proprio su quel fratello che tutti pensano morto da decenni, ma si trova un Benjen abbastanza restio a parlargliene, come se avesse qualcosa da tenere nascosto… non sembra anche a voi? Chissà quali sono davvero le sue intenzioni. E infine Dany pone il lettore all’attenzione di un problema su cui mi sono imbattuta fin da subito in questa ff dal momento in cui ho inserito Rhaegar come cavaliere di drago. Ovvero gli ho fatto usare dapprima l’unico drago che avrei poi voluto vedere a Jon, quando poi ho scoperto che i draghi scelgono solo un proprietario per volta e solo alla morte del primo padrone allora posso decidere se farsi cavalcare da un altro… insomma mi sono dovuta ingegnare per dare una spiegazione anche su questo, tanto per non incasinarmi poco la vita!
 
E perché non finire con una bella competizione equestre coinvolgendo sia lupi che draghi? Ovviamente ho spronato i personaggi che più mi servivano a partecipare, inserirne anche altri avrebbe solo rallentato ulteriormente la narrazione e non sarebbe servito a nulla. E’ bello però vedere come si cagnano Lyanna e Benjen prima di cominciare e quasi allo stesso modo anche Dany che in maniera molto singolare costringe Rhaegar a prepararsi, con autorevolezza proprio come una vera regina. Però non prendetemela come arroganza la sua, io la vedo molto signora nell’ordinargli di partecipare, insomma non lo ha minimizzato, né lo ha offeso o nemmeno costretto con minacce. Gli ha solo fatto notare che nella sua frase non vi erano se o ma… un metodo che più avanti vedrete da chi lo ha ereditato. In Tales vi verrà mostrata questa peculiarità in un personaggio da tutti amato, ecco perché prima vi dicevo che non è arroganza la sua, ma solo autorità alla quale Rhaegar può solo arrendersi.

Perdonate se i testi delle canzoni non sono ben delineati ma nel mio file originale sono prefetti, qui invece cambiano completamente e per quanto io cerchi di sistemarli poi una volta pubblicato si spostano ancora. E dato che sono una frana completa con i computer vi prego di oltrepassare a questa imperfezione. Basterebbe solamente che inserissi solo la canzone in lingue originale, ma a me personalmente piace anche poter leggere appieno il suo significa e dato che non mastico bene l'inglese come invece farei con un bel vassioio di bignè, ho sempre bisogno del traduttore sotto mano. Ecco perchè troverete spesso le traduzioni affianco che però risultano un pochettino svolazzanti come la "n" nella firma di Rhaegar Targaryen.
 
Bene penso di aver usato più parole nelle note che in tutta la trama del capitolo, perdonate questa mia prolassi, ma ultimamente tendo a dilungarmi tantissimo anche nel quotidiano. Spero che questa nuova avventura possa piacervi, per il momento non potete ancora immaginarvi cosa vi aspetta, ma entriamo più nel vivo nelle emozioni e nei rapporti di molti.
 
Alla prossima!
Azaliv

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Capitolo 54
*** Appartenere a Qualcosa ***


Si erano radunati tutti nello spiazzo innevato a est della fortezza abbandonata. Daenerys aveva ordinato ai suoi draghi di atterrare nella distesa di neve limitrofa al bosco; Jon e Viserys si erano avvicinati per rasserenarli e farli sentire a loro agio in quel luogo a loro sconosciuto. Ovviamente per nessuno di loro era stato possibile avvicinarsi. Così il resto del gruppo si era recato all’interno del castello semi diroccato, portando viveri e coperte.
Le mura esterne orami erano quasi un tutt’uno con l’ambiente circostante. In parte semi sommerse dalla neve, per l’altra buona parte la natura aveva tentato di appropriarsi del suo impero. I muri principali del forte erano ancora in piedi, ricoperti di muschi e licheni, ora anche di colate d’acqua ghiacciata, dai venti dell’inverno, che scendevano dai cornicioni. Una grande quantità del tetto era crollato, soprattutto nell’ala nord-ovest, ma essendo una struttura di tre piani, vi era tanto spazio ancora abitabile.
Avrebbero dovuto arrangiarsi per tutta la loro permanenza, perché avevano portato con sé pochissimi servitori, ma d’altronde non ce ne sarebbe stato bisogno, erano tutti perfettamente in grado di provvedere a loro stessi e sopravvivere all’aria aperta. Tutti forse tranne Sansa. E Bran, ma nel suo caso era logico che necessitava dell’intervento di qualche terza persona per provvedere ad ogni sua esigenza, ma il fatto di essere sopravvissuto a lungo oltre la Barriera dava ad intendere che non fosse poi così debole come i suoi arti inferiori.
Avevano provveduto ad accendere i candelabri e i camini per illuminare e riscaldare l’ambiente interno. Alcuni uomini si erano prodigati a addentrarsi nella foresta in cerca di legna e di bestiame per sfamarsi. Alcune donne invece a ripulire i vari vani dalla polvere e dalle ragnatele.
Benjen e Lyanna si erano offerti di occuparsi dei cavalli, conducendoli alla stalla nel retro dell’edificio.
Lyanna aveva salutato la sua puledra donandole un bacio sul muso e arruffandogli il ciuffo della criniera posto tra le orecchie. Whitefog aveva nitrito selvaggiamente, ma conosceva il suo tocco e si fidava, tanto che le aveva dato un colpetto sulla schiena col capo, quando la sua padrona si era voltata per andarsene. Sorridendo, soprappensiero aveva dovuto darle anche una grattatina sotto al mento, proprio come lei amava. Aveva poi raggiunto suo fratello all’uscio delle stalle, situate ai piani più bassi del castello. Due uomini e un bruto stavano rastrellando la parte più esposta alle intemperie per consentire anche agli altri cavalli di avere più spazio.
-Ricordi quando venivamo qui? – Benjen era appoggiato allo stipite della porta con la schiena, le braccia nascoste dietro e gli occhi alti a guardare il cielo. Di fronte a lei si ergeva la torre di vedetta che separava le stanze dei servi da quella che doveva essere stata la fortezza principale – Eravamo solo dei bambini, ma nessuno sembrava riuscire a fermarci. – le ricordò sorridendo.
-Come potrei dimenticarlo, Ben. Era uno dei nostri luoghi preferiti! – gioì lei.
-Sì, lo era… prima che nostro padre si incaponisse a farti diventare la lady perfettina e tutta d’un pezzo. – la stuzzicò con un ghigno e tirandole un leggero pugno sulla spalla. Lei ricambiò facendo altrettanto.
-Non è mai riuscito a riforgiare interamente il mio essere. – rispose seria, prima di sorridergli – Lo dovresti sapere… chi è che ti batteva nelle cavalcate segrete che ci facevamo nella foresta del lupo? –
-E chi mi sfidava sempre con la spada? – la risata che fece, ricordava l’abbaiare di un lupo – Ero più piccolo di te all’epoca, ma adesso non sono più così certo che mi sconfiggeresti ancora. – portò le mani sul davanti, mostrando le due spade da allenamento.
-Non vorrai davvero sfidarmi a duello… ora? – la donna lo guardò stupita e piacevolmente invogliata.
-Perché no? – le passò una delle due spade – Solo evita di colpirmi malamente… sai, ci tengo ancora alla mia pellaccia! – e incurvò le labbra. Lyanna accettò la sfida con un sorriso, sfilandosi la mantella e arrotolandosi le maniche dell’abito fino ai gomiti.
Menarono qualche fendente; inizialmente erano semplici colpi mirati, tanto per ritrovare quella sintonia persa negli anni, ma poi cominciarono a prenderci la mano.
-Sei migliorato! – constatò lei entusiasta.
-Beh, se volevo sopravvivere oltre la Barriera, non avevo altra scelta! – le rispose tranquillo.
Attaccarono e pararono, ancora per un po’ di tempo, poi Lyanna parò un suo affondo, mettendo prontamente la spada di traverso come un tempo Arthur le aveva insegnato. Suo fratello ne approfittò per provare a colpirla ad un fianco, ma la donna roteò su se stessa e si abbassò. Lui la precedette, ma con un movimento maldestro, la colpì sulla tempia. Proprio in quel momento sbucarono da dietro la torretta il principe Viserys e Jon con i loro cavalli e si fermarono ad osservare quell’inusuale incontro.
-Scusami, Lya. – cercò di giustificarsi il ranger, ma sua sorella, presa dall’impeto della sfida, non si fermò e, fingendo di non aver sentito dolore, affondò la punta della spada sul petto di suo fratello, fermandosi in tempo, prima che la lama potesse anche solo imprimersi nella sua pettorina. Si bloccò precisa e letale, meravigliandosi quasi di se stessa. Le sue gonne le avvolsero le gambe in quel movimento rotatorio, per poi tornare a ciondolare morbide.
-Devi ancora imparare la lezione più importante! – ritrasse la lama e conficcò la punta sulla neve – Non distrarsi, se il tuo avversario è ancora in piedi. – ripetè ciò che la Spada dell’Alba le aveva impartito un giorno. Lui le sorrise.
-Ai vostri ordini, maestro. – la schernì. Lyanna gli fece una linguaccia e alle loro orecchie giunse un battere di mani. Spostando il capo per guardare oltre la spalla di suo fratello, si accorse di avere degli spettatori. Strabuzzò gli occhi, quando si rese conto chi fossero.
-Possibile che non riesci a stare cinque minuti senza impugnare una spada, madre? – Jon si avvicinò a loro con aria felice – Francamente non potevo sperare che stessi all’interno a sistemare le provviste. –
-Tua madre mi ha sfidato a duello e io da gentiluomo che sono, non potevo certo tirarmi indietro. Le ho anche fatto credere di avermi battuto! – Lyanna lo guardò con un ghigno.
-Raccontala giusta, fratellino! Speravi che gli anni trascorsi, ti avessero reso più forte di me! –
-Si ma ho sottovalutato il tuo ritorno al fior fiore degli anni, e quel tuo soggiorno al sud con tre delle migliori spade esistenti, tra cui la Spada dell’Alba. – denotò – Ho riconosciuto qualcosa della sua tecnica. –
-Sì, lo ammetto – approvò entusiasta – Buona parte è merito suo. – riprese la spada da allenamento e la fece roteare con estrema leggiadria.
-Tiratela di meno, sbruffona. – Benjen le lanciò addosso una manciata di neve – Sappi che al Castello Nero ho compiuto molte missioni e mi sono allenato tutti i giorni! E’ stata dura farmi valere in quel posto! Chiedi a Jon, lui ha dovuto faticare ancor di più. –
-Confermo. – rispose lui, nella sua voce però c’era un lieve accenno di amarezza. Si era avvicinato per aiutare amorevolmente sua madre a liberarsi dei granelli di neve in eccesso. Voltandosi poi nuovamente verso suo zio aveva aggiunto – Soprattutto quando il maestro d’armi ti prende di mira e ti rinfaccia di essere un bastardo ogni volta che ti incrocia. Coglieva anche la minima occasione per deridermi e chiamarmi Lord Snow… –
-Ed è ancora vivo costui? – Lyanna si infervorò, ma suo fratello prese subito la parola.
-Tranquillo, Jon. – Ben gli aveva messo una mano sulla spalla – Ser Alliser Thorne era un pezzo di merda anche con me. Ce l’aveva con tutti gli Stark in generale, e con ogni persona che aveva affiancato Robert durante la ribellione. – affermò certo di quello che diceva – A quanto ho capito, non ha mai accettato la sconfitta dei draghi. Ha servito presso la guardia cittadina di Approdo del Re, era un uomo fedele alla famiglia Targaryen e per questo motivo ha dovuto prendere il nero. – Benjen si volse direttamente al principe Viserys, il quale aveva lo sguardo fisso sul giovane re, soppesando le parole che aveva detto prima – L’aria gelida della Barriera lo deve aver inasprito maggiormente, abituato com’era a scaldarsi al sole della capitale. – mosse il polso per menare dei fendenti nell’aria.
-Se avesse saputo chi eri davvero, non avrebbe mai osato trattarti a quel modo! – Lyanna alzò gli occhi incontrando quelli di suo figlio – E se fossi tornata a Nord con te e Ned, non avrei mai permesso che nessuno dei due partisse per la Barriera! – serrò i pugni riferendosi anche a suo fratello – Né che quella rana gracchiante dalla bocca larga, ti trattasse come la peggiore feccia esistente! – tornò a rivolgersi unicamente a suo figlio. Jon osservò sbigottito sua madre per un lungo istante, poi fece una faccia buffa come se stesse facendo un qualche calcolo complesso, poi parve trovare la risposta ai suoi quesiti. Lanciò quindi uno sguardo minaccioso verso suo zio.
-Gliel’hai detto tu o è stata Arya? – la sua voce era severa e i suoi occhi seri.
-Non incolpare tuo zio, Jon! – protestò la donna portandosi le mani sui fianchi – Avrei voluto sentirlo pronunciare dalla tua bocca! – lo fulminò con aria autorevole – Perché me lo hai taciuto? –
-Non me ne dare una colpa… Non avrei mai parlato male della madre dei miei cugini. – rispose Jon dapprima mortificato, poi mostrò fiera sicurezza – Ad ogni modo poteva sempre andarmi peggio! – continuò lui cercando di mitigare la sua collera.
-Ma anche meglio. – rispose aspra la donna. Ben colpì nuovamente la spada di sua sorella, così da andare in soccorso a suo nipote.
-Rivincita, sorellina? – lei non se lo fece ripetere due volte, ma prima di tornare ad impugnare la spada si sfilò l’anello che aveva al dito.
-Ora farò sul serio. – lo guardò con spavalderia, prima di porgere il monile a suo figlio – Me lo tieni per favore? Devo mostrare a tuo zio di cosa sono davvero capace. – gli sorrise, mentre il giovane soppesava il monile sulla mano tenendo il palmo aperto, osservandolo incuriosito – Poi riprendiamo il discorso noi due. – lo rimbeccò nuovamente.
Jon alzò gli occhi al cielo, ma questa volta non rispose. C’erano volte in cui fare il figlio gli piaceva, anche quando era oggetto di rimproveri e castighi da parte di sua madre. Era tutto ciò che aveva sempre invidiato agli altri bambini con cui era cresciuto.
Si rigirò il gioiello tra le mani e abbassò il capo ad ammirarlo per la prima volta così da vicino. Sapeva bene cosa rappresentasse quell’anello, sua madre non se ne separava mai e questa era una tra le tante ragioni che gli offriva solo un’unica via. Oltre al fatto che non ci voleva certo un maestro per capire che il rubino poteva essere associato alla famiglia dei draghi. Quella pietra scarlatta certamente non rappresentava un colore degli Stark e ora che ci pensava ne aveva viste altre molto simili. Gli venne da fare uno strano collegamento col grosso rubino sulla collana di Lady Melisandre, la donna rossa di Re Stannis, ma inavvertitamente i suoi occhi caddero anche sulla mano di Viserys. Al mignolo sinistro aveva un anello con una gemma molto simile. La pietra del monile che invece teneva lui tra le mani, a differenza di quella della sacerdotessa e del principe, era molto più raffinata e tagliata con una forma precisa e ben levigata. E non emetteva bagliori, anzi sembrava solo raccogliere la luce ed imprimerla unicamente al suo interno scuro come una goccia di sangue. Rimase ad osservarlo a lungo, indietreggiando verso il muro della torretta, dove Viserys Targaryen lo stata attendendo, il quale allungò il collo appena quel tanto per farsi notare e gli mostrò un sorriso tirato prima di parlare, come se stesse attendendo il suo permesso.
-Perdonate la mia impertinenza, ma ero al corrente che l’ordine dei Guardiani della Notte non prendesse in considerazione le origini di provenienza di ogni suo membro. – disse con tono perentorio.
-Quelle sono solo fiabe che vengono raccontate ai bambini, principe. Ho avuto modo di vedere negli anni che non era così. – asserì il Lupo Bianco, non avevano tenuto un tono basso e, seppur le spade cozzassero incessantemente, il loro discorso giunse alle orecchie di suo zio Benjen.
-Se eri fortunato, legavi con qualche amico… - ansimò sotto il tenace attacco di sua sorella – ma il più delle volte, questi morivano durante una missione… e dovevi farti nuovi amici. – poi posò il suo sguardo su suo nipote – poi ci sono i rari casi in cui l’ultimo arrivato, diviene Lord Comandante! – deviò un affondo di della sua avversaria che sembrava non voler partecipare a quella conversazione – Avrei voluto esserci per mettere pure il mio voto! –
-Sono stati i miei amici a complottare quella cosa… ad essere più precisi, Sam è stato l’artefice; gli altri hanno solo seguito la sua idea. Io non mi ero manco proposto tra i candidati e non ci pensavo minimamente a sovraccaricarmi di quel titolo e dei doveri che ne comportavano. – ripensò Jon – d’altro canto se poi è finita con la diserzione di alcuni dei membri anziani, significa che il mio operato non è stato poi così eclatante. – abbassò appena lo sguardo.
-Radi dissensi, non fanno di te un pessimo comandante. – lo confortò Viserys stringendogli una spalla, con fare rassicurante. Benjen osservò attentamente quel gesto e solo quando il principe lasciò suo nipote decise di offrire anche il suo parere.
-Se fossi stato lì con te, non avrei permesso a nessuno di loro di avvicinarsi a te… né di impugnare alcuna arma in tua presenza. – lo avvisò – Seppur la confraternita in nero sia stata istituita per tenere a nord tutto ciò che non deve scendere a sud, hai fatto bene a prendere la decisione di far passare i bruti. Meno vite concediamo al nemico, più braccia ci restano per brandire armi contro di loro. Vivere col popolo libero, ti ha reso conscio che sono persone ed hanno valori e sentimenti esattamente come noi. Abbiamo combattuto per anni contro il nemico sbagliato, ignari che ce ne fosse uno più pericoloso in circolazione, che stava solo aspettando il momento propizio per attaccarci. –
Il principe Viserys osservò Lyanna impegnata nel duello. Era stranamente silenziosa e teneva negli occhi una grinta e una tenacia forti come il ghiaccio, sicuramente per celare l’irruenta bufera che le era esplosa nel petto.
-Re Corvo dal cazzo piccolo. – Tormund arrivò grugnendo come un bue. Jon alzò lo sguardo al cielo, non gli occorreva girarsi per capire chi fosse, né dovette impegnarsi a riconoscerne la voce. Solo un uomo continuava a sostenere quell’affermazione dal giorno in cui era ritornato in vita – Ti vogliono dentro. – gli fece un cenno col pollice nella direzione da cui veniva. Jon annuì col capo. Stava per allontanarsi, quando si ricordò di ciò che teneva in mano e si bloccò dopo nemmeno tre passi, tornando poi indietro incerto.
-Posso lasciarlo a voi, Principe Viserys? – chiese dopo aver dato un’occhiata al duello tra sua madre e suo zio che non sembrava essere sul punto di una svolta. Voleva evitare di perderlo, e sapeva che, finito quell’incontro, sua madre avrebbe certamente voluto rimetterlo subito nella sua perfetta collocazione. Il Targaryen lo osservò per qualche istante prima di fare un lieve cenno col capo. Jon gli sorrise cordiale e se ne andò.
 
 
 
 
 
Quando, esausti, terminarono il loro duello, il ranger prese entrambe le spade e si sedette su una roccia lì affianco per rifare il filo della lama con la cote che teneva in tasca. La donna invece si diresse nella postazione dove prima era collocato suo figlio, ma trovandovi solo il principe, cambiò direzione nel tentativo di superarlo.
-Lady Stark – la fermò Viserys con voce solenne, chinando il busto in segno di rispetto – vostro figlio, il re, ha affidato a me la vostra proprietà. – rialzò il capo per osservarla – Un anello di tale prestigio, non dovrebbe mai separarsi dal vostro dito. – lei lo osservò accigliata.
-Non sono cose che vi riguardano! – rispose secca – Restituitemelo, mi appartiene! – lui ignorò completamente la sua espressione astiosa ed il tono sgarbato che aveva usato.
-Mi permettete, milady? – le chiese gentilmente, facendole segno di farsi dare la mano e posizionando tre dita attorno al metallo. Lei senza spiegarsi il motivo, gli concesse la mano sinistra istintivamente e lasciò che lui facesse. Percepì la delicatezza di lui mentre compiva quel gesto, come una carezza di un petalo di rosa che le passava sulla pelle… Inconsapevole, si ritrovo a chiudere gli occhi, immaginandosi di avere lui accanto; e non suo fratello minore. Ricordò quel giorno, quel momento quando era stato lui a metterle quello stesso anello al dito, e l’emozione indescrivibile di appartenersi finalmente per l’eternità senza più proibizioni.
Quando riaprì gli occhi, però il Targaryen che aveva di fronte non aveva nulla che glielo rammentasse. Assottigliò lo sguardo, gonfiò le guance e serrò le labbra.
-Vedete di non starmi troppo appresso. La vostra presenza comincia a risultarmi assillante! – si allontanò da lui senza voltarsi mai indietro. Le era sembrato di sentirlo sospirare, ma non ci fece caso, continuando per la sua strada, pur sapendo che sarebbe stata irta di protuberanze e ferite molto profonde.
 
 
 
 
 
-Quando lei è tornata… una parte della sua anima è rimasta indietro. – la voce di Benjen Stark era giunta alle sue orecchie roca e bassa, mentre continuava a passare la pietra levigatrice sulla spada. Senza aspettare una sua risposta, continuò a parlare – come penso sia accaduto anche a voi… Principe Rhaegar. – si era poi alzato e ammirava la lama perfettamente liscia, assicurandosi di aver fatto un buon lavoro. La rinfoderò nella sua custodia e si avvicinò al Targaryen – Se volete vi lascio anche la sua spada, così vi do un altro pretesto per avvicinarla. – emise un ghigno.
-Non mi stupisce che tu sia divenuto un ranger dei Guardiani della Notte. – Rhaegar rimase ad osservare la donna allontanarsi, senza degnare di uno sguardo l’uomo che gli si era affiancato. I lunghi capelli scuri di lei, erano raccolti in una treccia che frustava contro la sua schiena per l’andatura sostenuta dei suoi passi, intenta sicuramente a mettere maggior distanza da lui.
-Né a me stupisce che Jon sia diventato Re… - lasciò intendere il significato intrinseco della cosa – per il momento solo di una parte del regno, ma non è detto che non riesca ad ottenere anche il pezzo che gli manca, soprattutto se voi gli starete affianco a consigliarlo. – gli sorrise l’uomo prima di tornare serio e puntare lo sguardo nella stessa sua direzione. Rimasero entrambi in silenzio, finché la figura lontana di Lyanna non sparì dentro le mura della fortezza.
-Perché non glielo avete ancora detto? – gli chiese poi a bruciapelo.
-Perché il Corvo con Tre Occhi mi ha consigliato di non svelarmi. – la voce gli usciva a fatica e manteneva un tono decisamente troppo basso, in modo che solo il suo compagno lo potesse udire – Ne va della stabilità mentale di mio figlio. E’ necessario che tenga la testa libera da ogni più infausto pensiero, se vuole riuscire ad accostarsi alla mente di un drago. Sapere che sono qui lo destabilizzerebbe più di quanto non lo sia già attualmente, ed io non posso permetterlo. –
-Uhm… non approvo, ma capisco. – affermò serio. Ci fu un attimo di silenzio poi riprese la parola – E di lei, che mi dite? – la voce era tagliente come una lama. Rhaegar attese qualche momento prima di rispondergli.
-Penso che tu la conosca abbastanza, per sapere che non è il caso di rivelarle nulla per adesso. –
-La conosco abbastanza per sapere che sta soffrendo e non lo vuole dare a vedere… - ribettè invece, spostando la sua attenzione verso di lui, ma il principe continuò a guardare di fronte a sé. Le mani serrate tra loro dietro la schiena. La postura eretta e regale. Era proprio come ricordava… Per un solo istante gli passò per la mente l’idea che sarebbe stato opportuno inchinarsi, ma quel gesto avrebbe destato troppi sospetti, così preferì continuare ad esprimere il suo punto di vista – non ha mai giovato a nessuno dei due rimanere lontani, ciò che è successo vent’anni anni fa ne è la prova. –
Ancora il principe non sembrò aver motivo di replicare. Benjen allora provò ad istigarlo in un’altra maniera.
-Ma se a voi compiace vederla così, fate pure come credete… – fece un passo in avanti, fingendo di voler prendere la direzione dei suoi famigliari, ma si fermò non appena sentì la sua voce.
-Sia ben chiaro: non amo vederla in questo stato! – era teso, lo sentiva dal timbro che aveva usato – Presumi invero che esulti al penoso archetipo di non poterle stare affianco come invece vorrei? Stringerle una mano o accarezzare una guancia senza che risulti un gesto inopportuno? – le sue mani ora erano serrate a pugno lungo i fianchi. Ben capì ciò che davvero provava solo osservando le estremità dei suoi arti, ma anche il resto del suo corpo denotava la sua sofferenza interna. Una figura indissolubile, intimidatoria ed elegantemente autoritaria.
-Penso che entrambi abbiate sofferto a sufficienza! – gli riferì con tono più tranquillo – Sarebbe ora che diventiate la famiglia che dovevate essere fin dall’inizio. – Rhaegar si rabbuiò a quelle parole. Benjen Stark non conosceva tutti i fatti, eppure continuava dopo tutti quegli anni a non portargli rancore.
-Perché mi dici questo? – si voltò a fissarlo – Tutto considerato, io ho trascinato alla morte la tua famiglia… per quale motivo non dovresti odiarmi? – Benjen rimase ammutolito a contemplare la sua maschera per un lungo istante.
-Non potrei mai odiarvi. – gli sorrise serenamente – Siete il padre di mio nipote. L’uomo che mia sorella ama. E siete il re, che avrei preferito veder seduto su quel trono. – scioccò la lingua infastidito invece dall’esito diverso della storia – E poi vi stimo perché siete l’unico che sia riuscito a tenere bada Lya e a metterle un guinzaglio. – rise allegramente.
-Lyanna non è una donna che si possa incatenare. – Rhaegar non rideva, ma la sua voce era già notevolmente più pacata.
-Allora mi spiegate come siete riuscito a convincerla a non scendere da quella torre e raggiungervi in battaglia sul Tridente? – scherzò lui.
-Era notevolmente impossibilitata a muoversi dato lo stato in cui avanzava… ma sapevo che questo non l’avrebbe fermata. Gli ho messo alla porta inoltre tre tra le mie guardie più forti. – rivelò.
-Quindi non servivano a difesa della torre… ma a trattenere lei dentro. – Benjen rise di gusto.
-Tra i loro obblighi c’era anche l’ordine di controllarla. – ammise lui, ma nessun sorriso parve sul suo volto.
-Ad ogni modo, per qualsiasi ragione, sappiate che avete la mia collaborazione indiscussa. Certo, non fatemi scegliere tra la mia famiglia e l’alleanza con vostra sorella. E non sperate che mi inchini a voi draghi! Se anche il mio ordine me lo vieta, qui lo dico e qui lo nego, sono disposto ad inginocchiarmi solamente ai piedi di Jon. – ammise fiero – E per quanto io possa temere il fuoco dei vostri draghi, che a quanto pare sembra prediligere la pelle dei lupi, mi spaventa enormemente di più l’ira funesta di Lyanna! – nel suo timbro di voce un misto di serietà condito a del sarcasmo. Rhaegar però, sembrò rincuorato e divertito da quella sua espressione. Benjen chinò il capo in segno di devozione prima di incamminarsi, poi si fermò all’improvviso e gli rivelò – Ah, per la cronaca… Ned si è pentito di aver appoggiato Robert in quella battaglia. Per anni non si è dato pace  e ogni sguardo che rivolgeva a Jon lo portava a considerare l’idea di aver sostenuto lo schieramento sbagliato. –
 
 
 
 
 
-Drakarys: Fuoco di Drago… Zaldrīzes: drago… Sōvegon: volare… -
Dany era seduta su di una muretta semi distrutta, con le gambe a cavalcioni ed elencava una serie infinita di vocaboli per istruire Jon alla lingua valyriana. Il giovane confuso recepiva il loro suono e provava  a ripeterli. Sapeva che quelle parole gli avrebbero permesso di impartire dei comandi al suo drago. Il Re del Nord stava in piedi, appoggiato con il bacino alla stessa vecchia cinta muraria dov’era seduta lei, e ripeteva le parole, cercando di apprenderne il significato ed imprimerle nella memoria. Viserys arrivò poco più tardi per mostrargli nella teoria come funzionava la cavalcatura in volo. Gli aveva spiegato come fissare la sella sul dorso del drago, dove mettere le mani per aggrapparsi e tirarsi su, e anche come farsi ubbidire quando la selvaggia veemenza di libertà aveva la meglio sulla disciplina.
Lyanna si era seduta sulla neve, in disparte, sul limitare della foresta, studiando gli allenamenti del figlio, con Spettro sempre al suo fianco, leggermente infastidito per le scarse attenzioni che riceveva ultimamente dal suo padrone. Pochi istanti dopo anche Tyrion si era avvicinato a lei, col suo passetto distorto e ciondolante. Forse per farle compagnia o semplicemente affascinato dai draghi. Buttò un occhio anche al meta lupo ai suoi piedi.
-Mia lady, il vostro è un interesse innato verso le bestie rare, oppure state solo controllando che i draghi non sbranino il vostro prezioso figlioletto? – le chiese ironico il nano.
-Jon sa badare a se stesso… Ma mi perdonerete, se fatico a fidarmi di tutti di voi! – rispose la donna risoluta.
-Credo che abbiate già avuto dimostrazione della nostra fedeltà! – proseguì lui sedendosi e appoggiando la schiena al tronco di un albero poco distante.
-Di questi tempi avere troppa fiducia negli altri, porta alla morte.–
-Avete proprio ragione, mia signora. Ecco come sono sopravissuto fino ad oggi! – le confidò, porgendole la borraccia di vino che aveva in mano, lei declinò l’offerta. Allora lui ne approfittò per berne un breve sorso – sapete, la mia vita non è stata poi diversa da quella di vostro figlio. Anzi credo che lui abbia avuto più gioie di me. –
-Non dite sciocchezze. Lui è stato cresciuto come un bastardo. Non c’è rango più basso all’interno di un castello. Voi invece siete il figlio legittimo del lord di Castel Granito. La vostra famiglia è sempre stata considerata una tra le più ricche, anche prima che vostra sorella sposasse… il re. –
-Non vi posso certo contraddire, mia signora, ma sbagliate a pensare che io sia cresciuto meglio di lui. A Jon sono stati impartiti tutti gli insegnamenti dei suoi fratelli. Mai gli è stato negato qualcosa. ha appreso le lezioni con un maestro della Cittadella, le tecniche della spada da un maestro d’armi, non ha mai dovuto eseguire compiti deplorevoli… a differenza mia che ho dovuto risistemare l’intero sistema fognario del castello di mio padre, ricevere continue calunnie da parte sua per ogni mio passo, per ogni mio respiro, quando invece Jon Snow viveva allegro e spensierato coi figli dell’uomo che lo ha cresciuto. – Lyanna sentì di dover essere grada a suo fratello Ned per questo.
-Probabilmente avete ragione… ha ricevuto molto, a parte il nome di famiglia. Voi il cognome Lannister lo avete avuto dalla nascita, mentre lui è rimasto Snow per tutta la vita. – precisò lei.
-Sì, è vero, ma lui ha potuto muoversi fino alla barriera all’età di quindici anni, io invece alla sua età ero ancora rinchiuso all’interno della nostra rocca e ci rimasi ancora per innumerevoli anni, solamente perché il mio genitore si vergognava di me. – la guardò sorridendo tristemente, Lyanna capì che quell’ammissione per lui era intrisa di vera sofferenza – inoltre il lord, mio padre – e marcò bene quella parola – mi ripeteva fino alla nausea che non ero suo figlio. Non importa se tu sia un bambino o ormai un adulto, quelle parole hanno sempre lo stesso effetto sulla crescita di un uomo. –
-Accennava forse al vostro aspetto? Che colpa ne avevate voi? – chiese la donna incredula.
-La mia colpa, dite? Ne ho avute un paio fin dalla mia nascita, il resto me le sono procurate! – lei lo guardò senza capire, così lui le spiegò – la prima è l’essere nato deforme. I nani sono visti dai propri padri come dei bastardi. – Lyanna stava per dire qualcosa, ma lasciò che lui riprendesse a parlare – la seconda è stata la morte della lady, mia madre, quando mi partorì. – il nano guardò avanti a sé, ma i suoi occhi non stavano davvero guardando i tre draghi – mia sorella mi ha sempre incolpato di questo, anche quando non usava le parole; bastava che mi guardasse perché io vedessi nei suoi occhi tutto il disprezzo che provava per me. Mio fratello Jaime era diverso, lui mi voleva bene, probabilmente me ne vuole anche ora… gli ho salvato la vita, ma forse non era ciò che voleva, magari agognava alla morte già da diverso tempo e io non ho fatto altro che prolungare la sua sofferenza. – Lyanna ripensò all’uomo che aveva incontrato a Piazza di Torren, effettivamente non era stato la vitalità fatta persona e solo la vicinanza di Brienne aveva attenuato le sue incredibili giornate tetre… lei e il principe Viserys. Portò la sua attenzione ora su quest’ultimo, sui suoi lunghi capelli argento intrecciati tra loro e raccolti dietro il capo.
-Vi prego di scusarmi, non ero a conoscenza di tutto questo. – Lyanna era davvero dispiaciuta, adesso comprendeva che per quel piccolo uomo doveva essere stata dura, quanto per suo figlio. Vivere l’intera esistenza senza provare mai l’affetto di una madre, né di un padre…
-Ci sono giorni in cui invidio un po’ vostro figlio – Tyrion riprese a guardarla – ora ha la possibilità di avervi al suo fianco e di ricevere il vostro calore e affetto. Vi ho visti; avete allacciato un rapporto così solido, o almeno migliore di quello che avevo io coi miei fratelli. – Lyanna pensò al legame che aveva avuto lei coi suoi famigliari. A Bran, a Ned, a Ben…
 
 
 
 
 
-Ora, ordinategli di fare un passo verso di voi. – Viserys stava incitando Jon a far muovere il drago verde.
-Jaegòn! – disse a gran voce il ragazzo, il drago rimase però fermo esattamente dov’era – djagon! – urlò ancora innervosito.
-Jagon. – ripeté pacato il principe, correggendo la sua pronuncia, Viserion obbedì mansueto e si avvicinò a lui di un passo – Nessun accento sulla “o”. – specificò ancora, accarezzando il muso della bestia dalle scaglie color crema – E la “j” è dolce, non imprimetegli durezza: il drago altrimenti non comprenderà ciò che state dicendo. –
-Jagon. – riprovò un’altra Jon. Rhaegal allungò il capo esasperato, fino a trovarsi di fronte al suo cavaliere. Aveva l’aria di essere enormemente frustrato. Emise un lungo brontolio di protesta e Jon venne investito dal suo urlo agghiacciante di rimprovero, facendolo capitolare sul fondo schiena.
Lyanna e Tyrion rimasero in silenzio ad osservare Rhaegal che soffiava su Jon una ventata d’aria calda, unicamente per sfogarsi, senza volergli arrecare alcun tipo di danno. Jon imbambolato e contraddetto, tentò di ripararsi il volto con un braccio, ma nel fare quel movimento, non si accorse di aver strattonato le briglie e la bestia non approvò quel gesto, facendo uscire dalle narici un’ampia cortina di fumo che riempì il volto del giovane di fuliggine.
-Erch, Rhaegal! / fermo, Rhaegal! – intervenne prontamente Viserys, appoggiando una mano sul lungo collo del drago verde – umbagus lykemās! Zaldrīzo ānogar, hae jeme / stai calmo! È sangue di drago, proprio come voi! –
Come fosse la creatura più mansueta, la bestia si rivolse al suo precedente padrone, schioccando le fauci ancora contrariato, ma sembrava aver perso del tutto la voglia di attaccarlo. Si allontanò così dal volto da Jon e portò il collo all’indietro. Viserion protestò contro suo fratello, quasi volesse riprenderlo anche lui. Il principe diede un colpetto sotto al mento al suo drago, per farlo tacere. Poi si sporse verso il giovane ragazzo, aiutandolo a rialzarsi.
-Tutto bene? – dalla voce sembrava in ansia, ma traspariva un dolcezza infinita. Jon si scrollò quel nerofumo di dosso, alzando ancora un secondo polverone attorno a sé.
-Ho sempre amato il nero, ma preferisco indossarlo in abiti puliti, non venirne ricoperto per il dispetto di un drago. – Viserys sorrise e scosse la testa a quelle parole.
-Nel sangue e nella audacia vi compensate… - ammise divertito – l’indignazione è una peculiarità che ritrovo sia in voi che in Rhaegal a volte, tende ad essere indisponente come una donna rifiutata, mentre voi non amate essere contraddetto. Brandite altri parallelismi e vedrete che comincerete a capirvi meglio. – prese una pezzuola e gliela passò cosicché potesse darsi una ripulita.
-Basterebbe solo che riuscissi a perfezionare il mio valyriano… - si maledisse Jon abbattuto, cercando di ritrovare il proprio contegno.
-Nessuno ha mai imparato una lingua antica in una sola giornata… – Viserys gli diede sostegno con un caldo sorriso – un re che si rispetti poi, deve imparare ogni giorno qualcosa, se vuole riuscire a gestire tutte le culture di un regno così vasto. Dalla calda Dorne alla Barriera avrete diverse culture da tenere a bada. –
-E se a questo re bastasse solo una piccola parte di tutto quel regno? Magari solamente quella a nord dell’Incollatura? – provò a dire, passandosi lo straccio sul viso, un po’ a casaccio. Alzò poi un sopracciglio indagatore in attesa di un suo responso. Viserys lo osservò interdetto per qualche secondo.
-Quella che voi chiamate piccola parte, sapete che corrisponde quasi alla stessa dimensione degli altri regni messi assieme? –
-Non ho mai viaggiato a sud… posso solo credervi sulla parola, anche se le planimetrie che ho visto fino ad ora, lo dimostrano. Non mi interessa la sua grandezza, se fosse anche solo il perimetro di Grande Inverno mi andrebbe bene ugualmente… anzi forse sarebbe meglio. Meno gente da sfamare, meno terre da spartire… meno problemi. – diede una rapida occhiata al suo compagno, lo guardava con strana ammirazione, o almeno così gli sembrava. Si sentì inopportuno a fissarlo, così distolse lo sguardo e riprese a parlare – di una cosa però sono certo: entro i confini del Nord posso contare sul fatto che ogni uomo, donna o bambino mi vuole come re… non potrei dire lo stesso, se provassi a scendere oltre l’Incollatura. –
-Se mostrerete l’uomo che in realtà siete, sono convinto che anche i lord a sud approveranno la vostra sovranità. – Viserys sembrava non demordere nella sua convinzione.
-Dany non si inchinerà mai a me. – sostenne Jon abbattuto. Appoggiò la stoffa con cui si era ripulito su una roccia.
-Esattamente come voi non vi inginocchierete a lei. – approvò Viserys. Jon non seppe che dire per un lungo istante, soffermando l’attenzione sul muso del suo drago dispettoso.
-No, non ho alcuna intenzione di farlo. – sentenziò – Il Nord ha bisogno di avermi come suo comandante. Hanno scelto me, non si inginocchieranno mai di fronte ad uno straniero… – poi lo guardò dispiaciuto – senza offesa. – Viserys scosse la testa annuendo al suo pensiero, prendendo in mano quel canovaccio abbandonato, lo inumidì con della neve e si avvicinò a lui, per ripulirgli la fronte, scendendo poi su una guancia.
-Sono perfettamente d’accordo con voi – gli passava quella pezzuola con fare sicuro e benevolo –Ecco perché sostengo la vostra causa. È necessario che restiate in piedi e che mai vi prostriate a mia sorella. Oltre al fatto che, per diritto di successione, spetterebbe a voi… -
-Non sono interessato a quel trono. – lo interruppe Jon impedendogli perfino di continuare a tamponarlo. Il principe allora si prese un lungo momento in cui riflettere. Entrambi i draghi cercarono da lui una coccola sul muso. Jon restò a fissare la scena come un bambino contempla l’arrivo del mercante dei balocchi, eppure dentro di sé sentiva la sensazione di essere di troppo…
-Negare ciò che siete, vi allontana da quello che il vostro cuore invece vuole sentire. – affermò con voce profonda il principe, talmente grave che sembrava provenire da un passato sconosciuto – a volte ci sono domande che attendono risposte, ma siamo noi che non vogliamo formularle. –
-Io non ho domande. – si oppose Jon indignato. Viserys gli riservò uno sguardo comprensivo.
-Certo che ne avete. – gli mostrò un sorriso gentile, prima di rivolgere nuovamente la sua attenzione ad entrambi i draghi – solo che temete la risposta, e quindi non proferite il quesito. – gli spiegò calmo – pure io avevo molte domande. Domande che erano celate nella mia anima e che temevo di far uscire; non tanto per una questione di codardia, ma in quanto, una volta articolate, mi spaventava l’idea che avrebbero reso veritieri dei pensieri astratti che non riuscivo a concretizzare nemmeno nella mia mente, figuriamoci nella realtà… Sapevo che irrimediabilmente avrebbero scatenato indicibili terrori… per cui avevo timore che le persone attorno a me non fossero pronte, ignorando invece che quello meno preparato fossi io. – si fermò un istante – Chi ero mai io per aprire quel vaso di fiamme eterne? Cosa celavano gli arcani misteri del mio sangue? – si voltò interamente verso di lui per porgergli le ultime domande – Quale destino mi attende? Sarò degno di tale impresa? O perirò nel vano tentativo di percorrere la mia strada? …Salverò vite, o le condannerò solamente? – gli mise una mano sulla spalla, indicandogli con un movimento del capo i draghi – Loro sono una di quelle risposte – gli portò quella stessa mano al livello del cuore – Qui ne troverai altre. Ascolta dentro di te il quesito che più di tutti vuole avere soluzione. Otterrai il tuo responso; buono o pessimo che sia, sta a te interpretarlo nella giusta formula, solo poi, ti formulerai altre domande, ma nel frattempo avrai il tuo punto di inizio. – Jon si ritrovò a fissare i due fori neri della maschera incerto su cosa dire. Viserys allontanò la mano, riprendendo il suo conforme contengo. Il ragazzo si accorse che il suo palmo si era sporcato di fuliggine e ne ebbe dispiacere, come se averlo toccato lo avesse reso in qualche modo impuro nella sua splendida perfezione divina. Ripensò che non aveva mai provato prima una sensazione simile, nemmeno con Daenerys e provò un senso maggiore di inadeguatezza al pensiero di aver osato sporcare la sua eburnea pelle… sentì un chiaro dolore al petto che ricacciò indietro mordendosi le labbra d’istinto, fingendo che i sentimenti che stavano riaccendendosi venissero ancora repressi dietro alla moralità con cui era cresciuto.
Appena rialzò lo guardo sul principe, le parole uscirono come un fiume.
-E se quella risposta non mi piacesse? E se scoprissi che ciò che sono, non corrisponde per niente con ciò che ho sempre pensato di essere? E se poi non potessi più tornare indietro…? – la sua voce tremava. Nemmeno lui ne comprendeva il motivo. Poteva essere per la rabbia, per la delusione, per il risentimento, per la paura.
-Come potete essere così sicuro che quella risposta non vi aggrada, se prima non provate a comprenderla in tutto il suo significato? – allargò un braccio ripresentandogli la visione dei due draghi accanto a loro – è questo che temete, forse? Un legame con quelle stesse creature mitologiche che mercanti e contrabbandieri ambivano a possedere nella loro forma primordiale, solo per ricavarne un guadagno? –
-Non aspiro a danneggiare in alcun modo i draghi. – rispose prontamente.
-Allora cosa c’è nel vostro sangue che temete? – Viserys parlava con un timbro di voce incredibilmente calmo che in qualche modo lo rassicurava.
-Forse ciò che rappresenta… nel suo complesso. – enunciò incerto, il principe sospirò.
-Avete il freddo ghiaccio nelle vene, e ne siete pienamente consapevole. – gli illustrò – Avete sangue Stark e che sia stato Lord Ned o Lady Lyanna a passarvelo, nella vostra esistenza, vi ha cambiato ben poco. Sapevate già di averlo, non occorreva certo una prova. Avete l’aspetto di un uomo del nord, e nessuno mai potrebbe metterlo in dubbio. per quanto siate fiero di rappresentare questo aspetto, dovete intendere che questa non è l’unica cosa che vi dipinge. – si fermò appena notò che le spalle del giovane ebbero un sussulto – Non è questa la parte che temete… ma da come avete affrontato il nostro arrivo e la presenza dei draghi, sono pronto a mettere la mano sul fuoco che non temete nemmeno l’altro spicchio che è nascosto nel vostro animo. –
-Se lo dite voi… - mugugnò dubbioso, tratteggiando con la punta dello stivale un cerchio ai suoi piedi.
-Credo che voi abbiate paura della paura stessa: il sapere e non conoscere ciò che si cela al suo interno, vi rende insicuro, e l’insicurezza vi porta alla negazione. Tuttavia, così facendo, non fate altro che ignorare una parte di voi stesso, respingendo ciò che siete nell’insieme non solo a voi medesimo, ma anche agli altri. La vostra gente vedrà sempre l’uomo giusto e ponderato che siete, eppure voi vi sentirete perennemente incompleto e a lungo andare, questo vi porterà a sentirvi continuamente inadeguato. – si fermò a guardarlo e gli donò un sorriso tirato, prima di accorgersi evidentemente di un’altra macchia sulla guancia e gliela strofinò con un pollice – Non pensate di doverlo a voi e al vostro popolo? Cominciate a apprendere appieno il vostro essere più profondo. –
-E se scoprissi di avere la stessa indole distruttiva del Re Folle? – Jon espresse uno dei suoi più temibili pensieri – Dopotutto era… mio… nonno, giusto? – Viserys si fermò all’istante nel suo movimento, restando a fissarlo interdetto.
-Avete meno probabilità di me, di avere quel sangue nelle vene. – la sua voce era diventata dolorosamente bassa.
-Perdonate… - ma al suo dispiacere, sembrò riprendere vigore.
-Non dovete. Non è certo vostra la colpa, né io ho la facoltà di criminalizzarvi, bensì voi avete chiaramente il diritto per additarmi a tale paragone. – lo giustificò – ma non pensate per nulla al mondo di essere come lui. Ho avuto modo di vivere nel suo stesso castello per alcuni anni, ma ho anche potuto fare lo stesso qui con voi. E vi posso assicurare che nulla in voi mi ricorda alcunché di Darys. – gli sorrise incoraggiante – Probabilmente il sangue Stark vi ha reso immune o ha ripulito il marcio che anni di incesti hanno continuato a proliferare. – seppur quelle parole lo avessero in qualche modo sollevato, Jon non sembrò però convinto del tutto.
-Eppure ci sono momenti in cui sento di avere quasi una bestia dentro di me… qualcosa che ho paura di far uscire… qualcosa che sento deve restare dentro… incatenata. –
-Quello è solamente il sangue di drago che è in voi, unito in maniera indiscutibile al sangue di lupo. Non confondete il vostro naturale temperamento con l’indole malvagia di alcuni rari casi del passato della nostra famiglia. Siete figlio dell’unione di due spiriti forti e determinati; fieri, indomabili e ribelli, ma che sapevano distinguere il male dal bene e conoscevano valori come l’onore e l’amore. – Jon aggrottò le sopracciglia, ma non espresse il suo disappunto, dando modo al principe drago di proseguire – Rhaegal ha percepito in voi molto del vostro animo. Si è avvicinato e ha deciso di riporre la sua fiducia e lealtà in voi, ciò nonostante ora avete di nuovo oscurato quell’aspetto del vostro essere… e questo ha indignato il vostro drago più di una semplice pronuncia malriuscita o di una brusca tensione delle redini. –
-State quindi cercando di dirmi che Rhaegal non mi riconosce più come suo padrone perché io mi rifiuto di accettare il mio lato Targaryen? –
-Ve lo ripeto una seconda volta: se voi per primo a non accettate voi stesso, come potete pensare che lo facciano gli altri? – Viserys si era rivolto a lui con una voce dolce e carezzevole, che confuse Jon. Non lo stava rimproverando, anzi lo stava solamente facendo ragionare in modo coscienzioso e maturo, quasi come se mirasse a farlo giungere lui stesso ad una conclusione – Può essere che voi non riusciate a trovare le risposte di cui necessitate, ma ho imparato a mie spese, che in alcune situazioni siamo noi equivalenti, i responsi che altri inseguono. E anche quando non ce ne rendiamo conto, le nostre azioni li aiutano a compiere atti o ad imparare qualcosa… c’è chi impara a volare… chi insegue sogni… - gli lanciò un’occhiata molto intensa – e chi ci aiuta a non cadere… - Jon ebbe quasi la sensazione di scivolare in un baratro per quello sguardo che gli aveva lanciato. Gli sembrava di affondare, ma alla fine di quella discesa non vi era alcuna morte. Provò una vampata di calore immenso scaturirgli da un punto imprecisato nel suo petto e gonfiarsi come lo stomaco di una capra quando lo si riempiesi acqua per un viaggio. Ebbe quasi la tremenda percezione che fosse sul punto di esplodere, quando il drago dalle scaglie verdi gli avvicinò il muso al suo orecchio e sbuffò un alitata scottante che assurdamente sentì come affettuosa e non avversa. Spostò il capo nella sua direzione senza averne paura. Rhaegal strusciò le narici sulla sua guancia ricercando da lui una carezza. Sbuffò ancora una seconda ventata calda che mosse i suoi capelli scuri e da essi cadde nuovamente una leggera polvere di fuliggine. Jon rimase fermo, accorgendosi che la bestia di sua iniziativa lo stava pulendo, pentita forse di averlo imbrattato. Rimase incerto sul da farsi, impegnandosi a non muovere nemmeno un muscolo fintanto che il drago non ebbe finito e inconsapevolmente si ritrovò a guardare il principe di fronte a lui. Aveva le braccia conserte e ammirava la scena. Viserion invece era accucciato con le zampe incrociate quasi nella medesima posizione del suo nuovo padrone. Jon penso che tra di loro ci fosse davvero un legame solido e si domandò quando e se tra lui e Rhaegal potesse mai nascere qualcosa di simile… o forse era già nato e lui non se n’era ancora accorto? Ripensò a Spettro e i suoi occhi lo cercarono. Lo percepiva con la mente, era vicino. E poco dopo lo mise a fuoco non distante da sua madre. Ecco ciò che Viserys stava provando a dirgli qualche istanti fa. Lui doveva trovare il modo per essere come Rhaegal e Spettro assieme. Doveva scindere e unire le due cose… Si chiese se sua madre avesse mai dovuto annullare una parte di sé per stare con l’uomo che biologicamente era suo padre. Un’amara sensazione gli salì in gola e la deglutì a fatica.
-Siete pronto a riprendere da dove eravamo rimasti? – Viserys si era avvicinato a lui, spolverandogli una manica e fissandolo in volto. Lo fissava da tempo, forse da sempre in attesa di un suo cenno. Jon annuì convinto, aveva una carica maggiore adesso.
 
 
 
 
 
Dopo un lieve momento di tensione Lyanna e Tyrion si ritrovarono a scoppiare a ridere assieme, constatando lo stato in cui versava il Lupo Bianco completamente annerito. La donna rimase piacevolmente sorpresa dell’ottima compagnia del nano, dopotutto in ogni famiglia c’era sempre una pecora nera.
Anche lei si sentiva quella sbagliata. Tyrion aveva causato la morte involontaria di sua madre e assassinato suo padre, dopo che questo lo aveva imprigionato e accusato ingiustamente della morte di un nipote. Sansa era con lui quel giorno e sapeva che non era stato il suo consorte ad avvelenare il vino di Joffrey. E poi aveva accidentalmente mandato la nipotina a Dorne convinto di allacciare un’alleanza duratura coi Martell, se non fosse accaduto quell’incidente in cui la giovane aveva poi perso la vita…
Forse il nano non era la pessima persona che si era immaginata. Non poteva certo dire l’equivalente di se stessa. Lei aveva portato alla morte la sua famiglia e ancora adesso aveva messo la vita di suo figlio in pericolo raccontandogli la verità sulle sue origini. Delineò inconsciamente le forme dell’anello sull’anulare sinistro, le sapeva a memoria oramai. Rimase ad osservarlo impensierita.
Rhaegar, come hai potuto mai amare una donna tanto malvagia?
Il principe Viserys pose lo sguardo su di lei, mentre la regina sgridava il drago verde per il comportamento maleducato avuto con Jon. Quando la donna del nord tornò a guardare di fronte a sé, per un solo attimo i loro sguardi si incrociarono, ma fu lei che preferì allontanare i suoi occhi per prima, non aveva la forza per continuare quell’ostilità, non in quel momento almeno.
Accarezzò Spettro disteso sulla sua destra. Il meta lupo squadrò il suo padrone con aria attenta, non si era mai mosso da lì, constatò Lyanna in quel momento, nemmeno quando il suo cuore aveva mancato un colpo per l’attacco del drago. Era come se Spettro in qualche maniera avesse percepito che non ci fosse davvero pericolo, evidentemente avvertiva una sicurezza che lei non aveva.
 
 
 
 
 
-Vostra grazia, dovete seguire i movimenti di Rhaegal, non obbligarlo al vostro volere. Non è come andare a cavallo, qui è il drago a decidere. – in sella alle loro creature mitologiche Viserys cercava di mostrare al Re del Nord come muoversi durante una virata. I draghi stavano in piedi sulle loro quattro zampe, che sparivano tra la neve soffice. Le ali erano spiegate come ad imitare la scena, ma non avendo avuto ordine di spiccare il volo, erano costretti a quella dimostrazione fastidiosa. Di tanto in tanto Rhaegal sbatteva le ali, quando Jon si sbilanciava, e Viserion sbuffava infastidito da quel supplizio. Il principe però lo manteneva calmo.
Il giovane si rese conto che era già riuscito ad instaurare col drago color crema un rapporto di fiducia, tanto che la bestia gli aveva già permesso di cavalcarlo. Era un evento alquanto anomalo. Per anni si era saputo che i draghi accettavano solamente un cavaliere, ma in questo caso sembrava che con lui avessero fatto un’eccezione.
-Come faccio a dirigerlo dove voglio io? – chiese il ragazzo interdetto. Il fatto di montare i loro draghi perfettamente ancorati a terra, gli sembrava alquanto assurdo e umiliante, ma l’idea di volare ancora non lo allettava minimamente.
-Provate a usare lo stesso metodo che usate per entrare in contatto col vostro meta lupo. – Jon osservò pensieroso l’uomo di fianco a sé, prima di spostare la sua attenzione verso l’animale dal manto candido accucciato ai piedi di sua madre. Spettro sentì il suo richiamo e alzò il muso solo per un istante. Senza volerlo il ragazzo entrò dentro di lui e potè sentire tutto il suo rammarico. Lo spirito del lupo lo cacciò indietro stizzito e Jon non se la sentì di infierire ulteriormente. Così tornò a concentrarsi sul drago dalle scaglie smeraldine.
-E se non mi volesse nella sua testa? – chiese borbottando quasi fra sé e sé.
-Provate ad accostarvi lentamente alla sua anima, bussate alla sua mente e attendete che vi consenta l’accesso. – lo incoraggiò il principe – Dovete solo fargli capire le vostre intenzioni. Lui farà il resto. – Viserys era un insegnante estremamente paziente e calmo e la sua voce gli incuteva una serenità ed un conforto che non aveva mai provato con nessun’altro, né con Ned Stark, né con il Lord Comandante Mormont.
Fin dal primo istante Jon aveva trovato molto piacevole la compagnia del principe drago. Inizialmente non sapeva come comportarsi in presenza dei Targaryen. Erano i suoi zii dopotutto, ma per lui erano solamente degli estranei. Con la regina Daenerys c’era stato un rapporto abbastanza contrastato all’inizio. Lei temeva per il suo trono e lo scoprire che in realtà la sua successione era minacciata dal suo stesso sangue, non l’aveva certo aiutata ad accettarlo. Jon però aveva trovato in Viserys un fidato consigliere e forse per certi aspetti anche un buon amico. Quando la regina si era chiusa nelle sue stanze, il principe invece era stato maggiormente presente, come a volerne sostituire la mancanza e, spesso e volentieri, aveva cercato la sua compagnia. Si erano allenati con la spada assieme, avevano risolto alcune problematiche riguardanti il Castello Nero o la stessa Winterfell, e lo aveva sempre assistito con ottimi consigli. Alcune volte si era mostrato severo, e ora che ci pensava, aveva modificato il suo atteggiamento ogni volta che sua madre era nelle vicinanze o si era trovata in pericolo. Rimembrò le sue parole dopo che l’aveva salvata dalle fiamme che avevano distrutto le stalle. Lo aveva criticato per non essere riuscito a proteggere i suoi uomini. Jon si era trovato a detestarlo in quel momento, ma poi nei suoi alloggi, aveva masticato il suo orgoglio. Sapeva che aveva perfettamente ragione e alla fine aveva addirittura apprezzato quel suo richiamo, considerandolo come una maniera per rimediare dai suoi errori. Ragionandoci probabilmente il principe lo aveva fatto proprio perché lui lo prendesse come una lezione, poiché il suo atteggiamento nei suoi confronti non si era mai allentato, anzi sembrava quasi cercasse di indirizzarlo su una strada che però gli rimaneva ancora ignota.
Se non ci fosse stato lui ad esempio, non avrebbe forse avuto il coraggio di avvicinarsi a Rhaegal. Eppure dopo tutto quel tempo c’era ancora qualcosa in lui, che non riusciva a comprendere. Da quando era tornato dalla missione con sua madre e le rose dell’inverno, qualcosa sembrava cambiato. Era divenuto per certi versi ancora più taciturno e riflessivo. Trascorreva molto tempo da solo, appartandosi nei luoghi più reconditi del castello. Jon lo vedeva spesso avvolto nel suo mantello rosso sangue, a osservare i draghi volare nei cieli e attendere così in solitaria le prime luci dell’alba… pareva come in preghiera e spesso aveva scorto le sua labbra pronunciare parole silenziose come un’orazione rivolta a qualcuno che non c’era più…
Anche sua madre aveva cambiato atteggiamento nei riguardi del principe. Un tempo era del tutto indifferente alla sua figura, o più precisamente non sembrava avere alcun motivo per evitarlo. Ora invece aveva notato che cercava di tenersi a debita distanza e non provava mai a rimanere sola con lui, e quando questo avveniva poi aveva nel volto un’espressione indecifrabile.
Jon si era ripromesso di chiederle cosa fosse successo, ma sapeva che se lei non voleva parlarne, non le avrebbe mai cavato nulla dalla bocca.
Dal canto suo il principe non appariva avere alcuna intenzione di infastidirla, non del tutto almeno, anche se le parole che usava con lei erano pugnali affilati rivestiti di velluto pregiato. Era come se la conoscesse da tanto tempo e cercasse un modo per farle aprire la sua anima. Continuava a seguire ogni suo movimento con lo sguardo, questo pure Arya lo aveva notato, cosa quanto mai singolare, ma lei diceva che forse lo faceva perché involontariamente Viserys sentiva di dover riparare ai danni di suo fratello maggiore. Magari lui aveva avuto modo di conoscerla vent’anni fa… l’Ultimo Drago chissà, poteva averla presentata alla sua famiglia; per quanto ne sapevano loro poteva essere accaduto qualsiasi cosa in quel periodo: l’unica a conoscere la realtà era sua madre, ma lei non parlava più da tempo di quanto era successo. Sembrava come se qualcosa la bloccasse, celava la sua anima dentro ad una barriera di ghiaccio che accresceva sempre più. Jon lo percepiva; e non sapeva come aiutarla.
Osservò Viserys e notò che il suo volto era in direzione proprio di sua madre. Cosa rappresenta davvero per voi, principe? Jon non poteva che chiederselo di continuo ed un bruciante sospetto aveva cominciato a prendere possesso della sua mente. Sperò di sbagliarsi; sperò che fosse solo una sua paranoia, dovuta dal fatto che era nato un sentimento di gelosa e profonda protezione nei confronti della donna che gli aveva dato la vita. Sperò che mai lei potesse andarsene via da lui. Non una seconda volta…
 
Daenerys atterrò poco distante da loro. Il tonfo di Drogon interruppe il flusso dei pensieri, catapultandolo alla realtà.
-Allora, Re dei Lupi, pensi di saper domare un drago? – rise spergiurata. Viserys scambiò con lui uno sguardo d’intesa – Ho sentito che i bruti ti chiamano, Re Corvo… i corvi sono ottimi volatili, vuoi che proviamo a vedere se spicchi il volo anche tu? – nel suo tono poté scorgere un allegro sarcasmo. Jon si perse nella bellezza della ragazza. I suoi capelli biondo argentato erano legati in delle trecce dietro la nuca, per non farli ricadere sul davanti. I suoi occhi d’ametista brillavano d’impazienza.
-Non saprei… – Jon guardò prima la maschera sul volto di Viserys, che lo incitò con un cenno del capo – ma potrei provare! – si ritrovò a dire rincuorato, mentre un sorriso cominciava a formarsi sul suo volto. Anche i due Targaryen risero con lui e si scambiarono uno sguardo di intesa.
In contemporanea i draghi batterono le loro ali alzando una nube di ghiaccio e vento. Fecero un balzo con le zampe posteriori ed il terreno sotto i loro piedi divenne sempre più lontano. Stavano volando. Jon tenne chiusi gli occhi per qualche istante, e protesse il volto con una manica della maglia grigio scuro che indossava, infastidito dalle schegge di ghiaccio che gli vorticavano addosso. Ora toccava a lui. Ricercò nella mente il vocabolo che gli avrebbe permesso di ordinare al drago di volare. Sōvegon. Lo figurò nella mente. Una, due, tre volte e sentì i muscoli del dorso di Rhaegal tendersi e contrarsi sotto i suoi polpacci. Le possenti ali si distesero e sbatterono ad un ritmo via via più sostenuto. Si sentì proiettato verso l’alto in uno slancio che gli smorzò il fiato. Serrò gli occhi quasi temendo di non poter respirare, e trattenne nello stesso istante la bile che gli era salita in gola. Strinse le mani sulle redini e le gambe ai fianchi della bestia. Sentì i movimenti del drago farsi scostanti e confusi e capì che non era un problema del drago, ma suo. Ordinò quindi a se stesso di calmarsi. Gīda, Jon. Si rese conto solo all’ultimo di aver usato il valyriano anche per formulare quel pensiero, e gli nacque un sorriso spontaneo per quell’assurda riflessione.
Quando percepì l’andatura di Rhaegal farsi più rilassata e distinta, si tranquillizzò, e decise di riaprire gli occhi. Socchiuse appena la palpebra destra e si accorse che erano già numerose leghe sopra il suolo. Vide la Foresta del Lupo, lunga distesa verde e nera punteggiata di bianco. Spalancò quindi entrambi gli occhi ammirandone tutta la sua bellezza selvaggia. In lontananza vedeva un puntino scuro, sua madre, si era alzata in piedi a seguire i suoi spostamenti. Con lei sapeva esserci mimetizzato col manto innevato anche Spettro. Da quell’altezza aveva quasi l’ingannatrice idea di poterla proteggere… di poter salvare ogni cosa.
Per la prima volta in vita sua, si sentì al momento giusto, nel luogo giusto e con le persone giuste al suo fianco. Niente era più ciò che era stato, nulla era inadatto. Una nuova emozione gli stava nascendo e prendeva sempre più il sopravvento su di lui. Per un tempo indefinito non si sentì più quello sbagliato. Non era più uno Snow, ma era come rinato nel corpo di un altro uomo in un’altra epoca. Un giovane principe dei drago che aveva combattuto al fianco dei suoi familiari durante una delle epiche battaglie nella Danza dei Draghi.
Si sentì uno stupido a immaginarsi nella sua mente quegli assurdi e sciocchi pensieri, eppure un’eccitazione mai provata gli faceva tremare le mani e percepire un costante brivido lungo la schiena. Si ritrovò a sorridere e involontariamente scoppiò a ridere.
Era strano, ma aveva la stessa percezione di quando era tornato a varcare le mura di Winterfell: il luogo che per anni aveva chiamato casa… allo stesso tempo avvertiva una sensazione pari ad essa, anche ora… tra i cieli… sverzando i venti dell’inverno… in groppa ad un drago.
Accompagnato dalla gioiosa spensieratezza di Daenerys e lo sguardo vigile e fiero di Viserys costantemente su di lui. Si scambiarono un sorriso tutti e tre e virarono verso destra come fossero un unico esemplare in movimento.
E fu in quel preciso istante che Jon sentì di appartenere finalmente a qualcosa di davvero grande e importante. La stirpe dei draghi cominciava a tratteggiarsi a fuoco nella sua anima.
 
 
 
 
 

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Capitolo 55
*** Di Draghi splendenti e Stelle di Fuoco ***


-Mi vuoi dire cosa ti è preso questa mattina, quando hai visto entrare quel mastro armaiolo nella Sala del Concilio Ristretto? – i lunghi capelli per metà sciolti le ricadevano scompostamente sulla parte destra. Al suo arrivo aveva congedato velocemente Jiqui e Jirry, le sue ancelle – Come si chiamava? – si mise una mano sul mento pensierosa – Peltry? Gimby? No, Gendry… se non rammento male il suo nome… – Dany lo aveva fatto entrare nei suoi alloggi e trascinato in pratica nella sua camera da letto. Rhaegar era certamente rimasto stupito nel varcare la soglia di quelle che un tempo erano state le stanze della loro madre. Lo aveva visto appoggiare lo sguardo un po’ dovunque, come a cercare differenze dal presente alla memoria dolce del suo passato. Lei aveva fatto ciò che aveva potuto, reintegrando i colori dei Targaryen, facendo sparire ogni riferimento alla leonessa di Castel Granito e mettendoci anche un pizzico di propria fantasia. Di tanto in tanto spuntava qualcosa di esotico: piccoli oggetti dothraki, o artefatti di Essos che si era portata dietro, regali dei ricchi signori, o manufatti creati dalle mani di coloro che aveva salvato dalla schiavitù. C’erano addirittura alcuni doni che la principessa Arianne, o suo padre, il principe reggente Doran, le avevano fatto avere.
Aveva avuto la repentina voglia di buttarli, dopo quell’assurdo tentativo di Ribellione Dorniana, sedata ancora prima che sfociasse nella Sala del Trono. L’idea che stessero cospirando alle sue spalle con il finto Aegon, mentre lei credeva di avere il loro appoggio indiscusso, l’aveva oltraggiata oltre misura, se non avesse avuto ancora terre da cui riprendere il controllo e un regno da sanificare, avrebbe cavalcato i suoi draghi e avrebbe raso al suolo i loro castelli, ma suo fratello Rhaegar glielo aveva severamente vietato, rimarcando il fatto che nemmeno Aegon il Conquistatore era mai riuscito a metterli in ginocchio e lei non avrebbe mai commesso lo stesso errore.
Alcune volte Dany si domandava perché suo fratello fosse così restio a scontrarsi con Dorne; era più che certa che dietro ci fosse qualcosa che non sapeva e che doveva riguardare quasi certamente la principessa Elia, sua moglie. Eppure aveva avuto la certezza sia da Viserys che da Barristan che non vi fosse alcun amore a legarli.
Lei però non voleva avere più niente a che fare coi Martell, tuttavia ci si era messo pure Ser Nonno a farla ragionare e Tyrion stesso aveva aggiunto una buona parola. Alla fine aveva cambiato idea e aveva deciso di lasciar loro la gestione del proprio principato rinstaurando un’alleanza solida e tenendo alla capitale Ellaria Sand, quale sua maestra dei sussurri. Era assoldato che fosse un’ottima spia, in quanto come ogni abitante del sud aveva modi singolari per ottenere informazioni, ma non era ugualmente certa che le informazioni da lei ottenute sarebbero state veritiere o comunque unicamente finalizzate ai Draghi, qualcosa le diceva che anche le serpi di Sunspear venivano informate.
Notò Rhaegar posare lo sguardo su un tavolino nella rientranza di fronte la finestra, dove lei vi aveva fatto sistemare quella scacchiera di cyvasse con le statuette in opale bianco con venature rosate e onice nero. Una grossa stola rossa con ricamati fitti reticoli di filo d’oro che disegnavano un drago in volo illuminato da un sole luminoso, ricopriva per intero un enorme separé in legno di ciliegio con un bassorilievo di Giardini dell’Acqua, la loro residenza a Dorne, tutto rifinito di piccole gemme di ossidiana e rubini. Arianne le aveva consigliato di tenere sia il paravento che la scacchiera in prossimità l’uno con l’altro. “Perché mai? Sono due cose completamente separate come il giorno e la notte.” Aveva ribattuto lei. “Ma esattamente come il giorno e la notte sono testimoni dell’eterno inseguimento del sole e della luna, hanno quindi necessità di restare uniti… diciamo, che per noi è considerato di buon auspicio!” le aveva strizzato l’occhio ed era sparita facendo frusciare l’abito in veli rossi e i lunghi capelli corvini sciolti che ricadevano in morbidi ricci sul fondoschiena, inseguendo quasi certamente suo fratello Rhaegar che avevano scorto non poco distante dall’altalena solitaria illuminata completamente dal caldo sole di mezzogiorno…
Ritornò alla realtà scorgendo invece ora suo fratello passare una mano sui portagioie dove numerosi gioielli dorati decorati con rubini, fuoriuscivano. Le erano stati fatti preparare sempre per ordine del principe Doran, che aveva affermato che una regina avrebbe dovuto indossare i gioielli che il suo lignaggio esigeva e che sua madre e suo padre avrebbero certamente voluto vederle addosso.
Ora che ci pensava, le sarebbe dispiaciuto separarsi da tutto ciò. Ogni piccolo oggetto era stato una delle prime cose che in un modo o nell’altro le avevano fatto compagnia durante il suo primo soggiorno a Giardini dell’Acqua; prima ancora che decidesse di far tornare in vita Rhaegar… giorni in cui si era sentita sola, eppure sapeva di non esserlo mai stata. Tyrion le stava sempre affianco; Missandei provvedeva alle sue esigenze quasi come una dama di compagnia del continente… e poi c’era la presenza costante della principessa Arianne. Ora che ci pensava non l’aveva mai abbandonata, trattandola con estremo rispetto come se i Martell avessero sempre servito la sua causa, quasi volendo a tutti i costi esserle amica… Il pensiero di Quentyn si era risvegliato molto presto, e le aveva reso difficile la presenza di sua sorella accanto, quando lei si sentiva la causa della morte del giovane principe dorniano. Le era quindi facile capire per quale ragione loro potessero volerle levare il trono.
Un rumore sordo l’aveva fatta tornare al presente. Suo fratello si era levato la maschera e l’aveva appoggiata sul tavolino di fronte alla grande finestra del solarium.
-Quel ragazzo… - cominciò – mi ha ricordato una persona che conoscevo... – le rivelò guardandola negli occhi. Lei lo esaminò incuriosita mentre si sedeva sul bordo del letto in attesa. Rhaegar prese coraggio e continuò – Robert Baratheon. – affermò con tono piatto, appoggiando la schiena ad una colonna di marmo.
-L’Usurpatore…? – chiese lei incredula. La sua voce era scettica e ritrosa, le era quasi difficoltoso trovare una linea logica nel suo discorso – Mi stai prendendo in giro? – ma nel vedere l’espressione cupa di suo fratello, capì che non era così. Oramai riusciva a decifrare quegli occhi indaco come se fossero un libro aperto, o almeno era quello che sperava – Non ha senso… Tyrion ha detto che aveva riconosciuto solamente tre figli legittimi, ma erano in realtà generati dall’incesto dei gemelli Lannister… Temi forse che possa essere un suo bastardo? Potremmo chiedere a Ser Barristan, lui lo ha servito… –
-Non servono tante elucubrazioni… - affermò stancamente – Se lo avessi conosciuto, capiresti. Perché in quella sala ti saresti trovata di fronte hai la sua esatta copia di un tempo. –
-Quindi quello è uno dei suoi figli naturali… Barristan ci aveva detto che Cersei li aveva fatti uccidere tutti… -
-Era quello che credeva lei. Secondo le mie informazioni era stato preso come apprendista fabbro, nella stessa bottega che ora ha riscattato. Jon Arryn e Ned Stark avevano fatto spesso visita a quell’emporio, senza mai comprare niente. E’ chiaro che sapessero la verità o che quanto meno la sospettassero. –
-E l’hanno quindi aiutato a scappare all’ordine di cattura di Cersei? – Dany cominciò a riflettere come avesse potuto sopravvivere per tutto quel tempo.
-No. Lord Arryn è morto prima di poter attuare qualsiasi azione, e quando Ned Stark ha preso il suo posto di primo cavaliere, ha intrapreso la sua stessa strada, ripercorrendo la stessa ardua via del suo mentore, ma aveva ricavato ben poche informazioni ed era privo di prove esattamente come Lord Jon prima di lui. – Dany ascoltò il suo discorso ignara che suo fratello avesse già così tante spie a suo ordine. Gli stava per chiedere informazioni in merito, ma un pensiero più terrificante la colse impreparata, come una pugnalata in pieno petto.
-Quindi questo garzone potrebbe voler vendetta per suo padre! – era sempre più allarmata – Rivendicare il trono… mettersi contro di noi… sa costruire armi ed equipaggiamenti militari… -
-Hai detto bene, sa costruire, non impugnare. – precisò Rhaegar pacato – Hai notato come teneva in mano le armi? Quello non è lo stile di un cavaliere, né di un qualunque guerriero. Non è stato addestrato al combattimento, né gli è stata impartito alcun insegnamento riguardo la spada. La impugna in maniera grezza e a quanto pare non credo sia nemmeno l’arma più adatta a lui. – Rhaegar aveva parlato con la compostezza e la placidità che sempre lo caratterizzavano.
-Non ha alcuna importanza! Non gli permetterò di impadronirsi del trono! – sentenziò Dany, le braccia le tremavano dal nervoso. Aveva preso a passeggiare per la stanza nervosamente – Ho già dovuto vivere quest’esperienza con Griff, grazie all’appoggio delle serpi dorniane, e non voglio ripeterla! Tanto meno dal figlio di un traditore. – sentenziò ostinata. Notò in Rhaegar una stana reazione, un leggero battito di ciglia non appena lei aveva parlato del giovane che si era finto Aegon VI.
-Ho modo di desumere che Gendry non abbia tali mire. – ammise Rhaegar accennando un lieve sorriso.
-Che intendi dire? – gli chiese lei non capendo, e voltandosi a guardarlo acida.
-Non ho bisogno di prove per sapere che è uno dei figli illegittimi di Robert, mi basta solamente la notevole somiglianza che ha con lui, esattamente come Robert assomigliava a lord Steffon. – le confidò – Il marchio dei Baratheon genera figli dai capelli neri e gli occhi blu e Gendry rientra nel cerchio, oltre ad avere la sua stessa corporatura. – spiegò mantenendo sempre lo stesso tono di voce pacato, Dany invece sentiva i brividi sulla schiena e un sudore freddo cominciò a imperlarle la fronte – Ma sono anche certo che Robert non abbia mai provveduto a lui, come dovrebbe fare un buon padre. – continuò suo fratello. Lei dapprima non capì cosa stava farneticando.
-Che vuoi dire con questo? –
-Lo ha lasciato crescere tra il popolo, privandolo di ogni dottrina che il rango di un principe, impone. Non sa usare le spade, se non come un fabbricante di armi per assicurarsi del loro bilanciamento; non sa parlare, né atteggiarsi di fronte a nobili di alto lignaggio, non hai visto come teneva basso il capo al concilio? Se davvero avesse mira verso il trono, non si sarebbe certo presentato quale mastro armaiolo, vestito di poco più che stracci. E credi davvero che avrebbe continuato a fare quel mestiere, sotto al naso di Cersei, permettendole di sedersi sul trono che gli spettava? – Dany arcuò le sopracciglia sottili e si mise a riflettere. Quelle parole non erano del tutto scorrette.
-Vuoi quindi dirmi che l’Usurpatore non sapeva nemmeno della sua esistenza? –
-Dubito sapesse quanti illegittimi aveva generato. – Rhaegar emise un sospiro angustiato.
-E tu come fai a sapere queste cose? – gli chiese incuriosita, sembrava conoscere molto bene il suo rivale, e allora perché si era fatto sconfiggere da lui sul Tridente?
-Me lo disse Lyanna… - ammise dopo un profondo respiro. Dany allargò i suoi occhioni viola, era raro sentirlo parlare della lupa del nord. Lo vide abbassare il capo rimembrando antichi ricordi – Mi aveva accennato qualcosa riguardo le sue… pessime abitudini. – sorrise mesto – A dire il vero fu il primo degli argomenti con cui avviammo una conversazione il giorno in cui ci sedemmo a parlare in privato. Già all’epoca del Grande Torneo di Lord Whent, il lord di Capo Tempesta aveva concepito un’illegittima. Era nata e cresciuta nella Valle di Arryn, prendendo il cognome di Stone. Era proprio questa sua peculiarità, che Lyanna non apprezzava e si rifiutava di conseguire la volontà di suo padre, che la voleva unita ad un uomo che non avrebbe mai potuto esserle fedele a vita. – Dany ascoltò quel suo discorso in silenzio. L’argomento Lyanna era quasi diventato un veto, come lo erano anche Elia o i bambini morti durante il saccheggio di Approdo del Re. Erano discorsi che lo facevano sempre soffrire troppo e seppur lei non fosse mai sazia di conoscenza, aveva smesso di domandare, sotto anche consiglio di Ser Barristan.
Lo comprendeva: Rhaegar se ne sentiva responsabile… eppure una domanda le vorticava nella testa da molto tempo. Per quanto lui continuasse a parlarle della lady di Grande Inverno come di una donna d’onore e dal forte temperamento, qualcosa non quadrava con ciò che poi lo aveva costretto a fare.
-So che non ti piace entrare in quest’argomento, ma c’è una cosa che ancora non riesco a capire e ti prego, aiutami ad comprendere. – si alzò dal letto e lo raggiunse. Superò però la colonna alla quale lui si era appoggiato, uscendo di due passi sulla terrazza e osservò i vasi di fiori sulla pensilina di marmo. Non sapendo ancora nulla di quelle terre, non li aveva ancora fatti riempire. Vi aveva solo fatto inserire della terra nuova e l’odore di terriccio le arrivò fino alle narici. Sentì suo fratello annuire con un leggero mormorio, per cui capì che aveva il permesso di chiedere – Mi stai facendo capire che la tua lady non voleva un uomo che la tradisse, ma è venuta in cerca di te, che eri già sposato… non credi che il discorso regga poco? – Rhaegar sospirò a fondo e alzò gli occhi fissando un punto impreciso di fronte a sé.
-Non è come può sembrare, Dany. – provò a dire.
-Aiutami a capire allora – insistette lei – Se non mi parli di lei, io non posso indovinare le motivazioni che ti hanno spinto a compiere le strade che hai percorso. Ma se invece mi parli di lei, ho la possibilità di conoscere anche quella parte di te che ti ostini sempre a nascondermi. – Rhaegar rimase in silenzio per alcuni minuti, forse a riflettere, o molto più probabilmente a cercare le parole adatte. Fece qualche passo verso la rientranza della finestra, dove c’era il tavolino del cyvasse. Prese in mano il drago in opale chiaro e se lo rigirò tra le dita, osservandolo attentamente, come se in esso si celasse la sua ragione di vita.
-Ciò che cercava Lyanna era solo un uomo che la potesse amare profondamente e che l’accettasse per quella che davvero era: una guerriera nell’animo, una temeraria lady che non basava la sua esistenza sul proprio titolo nobiliare, né tanto meno su quello degli altri. – le riferì – Per lei non c’era differenza se eri un lord, un principe o un semplice contadino. Se eri onorevole allora potevi camminarle affianco fiero. Se eri sufficientemente coraggioso, la stimolavi ad avvicinarsi sempre più. Se ti dimostravi in grado di capire ogni suo più recondito segreto senza che lei te lo avesse rivelato, allora entravi nel suo cuore. Amava la gente, le spade, i cavalli… l’amore… Era una donna che non si perdeva mai d’animo. A volte ci sono momenti in cui me la ricordi… - le svelò – Lei non cedeva. Mai. Non amava inginocchiarsi, a differenza del suo antenato Cregan Stark! – sorrise – Penso che Aegon il Conquistatore avrebbe quantomeno faticato ad annettere il Nord nel suo regno, se si fosse imbattuto in lei quel giorno. – rise ancora perso nei ricordi – Era la donna più testarda che avessi mai conosciuto, ma anche lo spirito più selvaggio, indomito e in cerca continua di libertà che aspirassi ad incontrare. Quando ci trovammo l’uno di fronte all’altra, sapeva bene chi aveva di fronte, ma non si demotivò. Continuò a tenere in pugno la sua spada ed il suo scudo. Ingaggiò un duello con me, solamente per proteggere le persone che amava: aveva compreso che sia la sua vita, che la loro, potevano essere in pericolo, tuttavia non abbandonò mai le speranze. – serrò le labbra e spostò il capo nuovamente sulla scacchiera del cyvasse, riposizionando il drago sulla sua casella – Furono poche le occasioni in cui si inchinò in mia presenza, per buona parte era il suo carattere ad impedirglielo, le altre volte ero io che glielo vietavo. Era degna di stara alla mia altezza, anche se mi arrivava appena al petto. Era uno scricciolo, ma un concentrato di determinazione e ardimento. Se la vedevi al fianco del principe Lewyn, Arthur, Jon Darry e Oswell Whent sembrava ancora più bassa. Gerold Hightower quando se la vide di fronte la prima volta la osservò incredulo. La vostra temerarietà supera di gran lunga il vostro aspetto, milady… furono le prime parole che le rivolse. –
Dany alzò appena il mento. Barristan le aveva parlato del suo vecchio Lord Comandante proprio quando lei gli aveva fatto riottenere quella carica. Ser Hightower non era tipo da concessioni leggere… se aveva detto una cosa del genere alla giovane Stark, doveva averlo pensato per davvero.
-Non era interessata ad attirare le mie attenzioni per ottenere in cambio dei favoritismi, né per lei, né tanto meno per la sua famiglia. Non ambiva ad impreziosire il suo titolo, né ad alzare il lignaggio degli Stark, come invece provarono a fare i Lannister. A lei piaceva il nord, e tanto. Non aveva la minima voglia di lasciarlo, non sognava di sposare un lord del sud, nemmeno desiderava seguire il principe ereditario fino a Dorne. Alla fine è stata obbligata a farlo; dagli eventi che ci circondavano più presumibilmente, che dalle mie lusinghiere parole, anche se quelle di certo l’hanno smossa a prendere una decisione definitiva. – sorrise amaramente – Robert non è mai riuscito a comprenderla appieno, neppure ha scorto alla lontana l’acciaio che lei celava nel suo essere. – Dany continuò ad osservare le nuvole nel cielo e scosse la testa.
-Non ha comunque senso… Se ti avesse amato davvero non ti avrebbe mai obbligato a lasciare la tua famiglia, il tuo ruolo di marito e di padre. O i tuoi obblighi in quanto principe. – protestò ancora.
-Fu mia la scelta, non sua. – puntualizzò – Ti è difficile comprendere quello che sto dicendo, vero? Capiresti, se solo l’avessi conosciuta… – abbassò lo sguardo verso il pavimento. Capirei se fosse stata la scelta più giusta, ma a quanto pare non lo è stata… anche lei si voltò a guardarlo e trattenne il fiato per quanto era bello, con la tunica scarlatta lunga fino al ginocchio, le maniche in pelle nere come le braghe e i lunghi capelli sciolti che si riversavano fino alla vita. Molto probabilmente però riesco a comprendere le ragioni che l’hanno spinta a scegliere te, invece che l’Usurpatore. Riflettè rammentando le fattezze di Gendry.
-Ciò che non afferro… dato la persona che sei, e che credo tu sia stato anche prima, perché poi hai scelto di scappare con lei? Se davvero Lyanna era questa donna onesta e per niente arrivista come la dipingi, perché ti ha allontanato da tua moglie e dai tuoi figli? –
-Difatti non me lo ha mai imposto. – non seppe dire se lo avesse solo sognato oppure se Rhaegar avesse davvero pronunciato quelle parole, talmente furono basse e mormorate – Era pronta a lasciarmi… anzi a dir la verità lo ha fatto, affinché io non commettessi un gesto così disonorevole. Ma quando gli feci presente quali erano le mie volontà, ha compreso che quella decisione non fosse interamente negativa. Per quanto avrei privato Elia momentaneamente di un marito ufficiale, lei sarebbe poi stata libera di avere ciò che il suo cuore aveva scelto. E per quanto avessi negato ai nostri figli la legittimazione, non avrei mai tolto loro nulla; sarebbero rimasti col titolo di principi quali erano in qualunque caso. – Dany corrugò la fronte. Non aveva senso ciò che lui le stava dicendo, non interamente almeno. Se avesse ripudiato la principessa dorniana avrebbe pure disconosciuto i loro figli, e questo sarebbe andato solo a vantaggio della lady del nord. Era forse per questo che le serpi dorniane continuavano a additarlo come un voltagabbana? Decise però di cambiare argomento prima che suo fratello tornasse a chiudersi in se stesso, già sembrava troppo provato da quel discorso.
-Perché allora… affidare a quel ragazzo l’incarico di costruirti un’armatura? – scrutò nei suoi occhi la verità.
-Ho distinto nel suo sguardo l’onestà e l’umiltà: cose che in Robert non ho mai intravisto. – Rhaegar lasciò quell’insenatura tra le pareti per tornare a raggiungerla, Dany si stava già preparando ad accoglierlo a braccia aperte, ma lo vide fermarsi prima di uscire nella terrazza. Nessuno doveva vederlo senza maschera e lui era molto cauto in questo genere di cose. – Come tu mi hai insegnato, non possiamo incolpare i figli degli atti commessi dai loro padri. – Dany sapeva che si stava riferendo a Tyrion, ma indubbiamente capì che stava parlando anche di loro stessi. Aerys II Targaryen era stato un pessimo marito, un pessimo padre e un pessimo uomo, e un re da dimenticare. Non per niente era ricordato come il Re Folle. Ma questo non voleva dire che anche i suoi figli dovessero essere come lui. Da quando era sbarcata a Westeros non c’era uomo o donna che ne avesse parlato bene, cosa diversa invece quando nel discorso entrava in gioco Rhaegar. Vi erano ancora tanti suoi sostenitori, e questi vedevano in lei la stessa speranza che lui aveva acceso. Daenerys non si sentiva figlia del Re Folle, e ora che aveva suo fratello maggiore al fianco, era certa che quella linea di sangue si fosse estinta con la morte di Viserys. In qualche modo due figli su tre avevano mantenuto la lucidità mentale adatta per regnare.
-Sei quindi soddisfatta, sorellina? – le domandò, facendole cenno di avvinarsi a lui – Credi dunque di aver appreso qualcosa in più su di me? – Dany si lasciò attirare dai suoi occhi magnetici e si ritrovò a stringerlo tra le sue braccia ancora prima di sentire le sue mani calde accarezzarle i capelli.
-Sono felice di averti qui al mio fianco… - staccò il volto dal suo petto e si asciugò una lacrima di felicità – Saremmo dovuti crescere tutti qui. Nostra madre, Viserys, io, tu… i tuoi figli. – sorrise felice all’idea di quell’ipotesi.
-A proposito di figli… - disse Rhaegar prendendole i polsi per sciogliere definitivamente quell’abbraccio – Non ho visto da nessuna parte il giovane Griff. In che ala del castello lo hai fatto alloggiare? – Dany restò a fissarlo imbambolata per alcuni secondi, poi prese parola.
-Non è qui nel Fortino di Maegor se è questo che vuoi sapere. – precisò sospettosa per quel suo bizzarro interessamento.
-Hai provveduto a dargli degli appartamenti privati fuori dalle mura? – lo vide piegare il volto da una parte per cambiare angolazione di veduta – Hai fatto bene, tuttavia pensavo diffidassi di Dorne abbastanza, per non permettere ad alcun lealista Martell di incontrarlo senza che tu ne venga a conoscenza. Entrambi sappiamo che Ellaria è tra i tuoi consiglieri quasi come un tempo si affidava un protetto ad un lord di un altro regno… –
-Tranquillo, so perfettamente che Ellaria Sand è come una serpe nella tana di un coniglio, ma non permetto a nessuno di prendermi in giro per due volte consecutive! Ad ogni modo sappi che non ho mai permesso al giovane Griff di lasciare la Fortezza Rossa. – dichiarò ostinata – Ha provato a prendermi la corona, non mi interessa se le sue intenzioni fossero buone o che fosse stato manipolato da Varys o dai Martell. Un traditore della corona, va punito. – Rhaegar si irritò all’improvviso, scostandosi da lei in modo brusco e tenendola stretta per le spalle.
-Cosa gli hai fatto? – la sua voce divenne sottile come una lama, gli occhi erano fissi nei suoi.
-E’ solo prigioniero nelle celle dei sotterranei. – asserì – Fintanto che non ho un maestro delle leggi, Tyrion mi ha vietato di fare giustizia da me, dice che avrei inasprito i rapporti con Dorne e le Terre della Tempesta e in questo momento non possiamo fronteggiare quelli che sono tra i nostri alleati più stretti. –
-Dove lo hai messo? – sbraitò scandendo bene le parole come se non avesse compreso. Fiamme saettanti nei suoi occhi – Che lo Sconosciuto sedi la mia furia! – Rhaegar tornò sui suoi passi riprendendo il soprabito che aveva appoggiato alla sedia – Ho fatto male ad andarmene, credendo che avessi tutto sotto controllo! Pensavo fossi più giudiziosa! Ringrazio i Sette, che almeno tu abbia ascoltato i buoni consigli del tuo primo cavaliere, a differenza di Darys che non ascoltava nessuno, se non forse le voci che sentiva nella testa! – era fuori di sé.
-Come osi? – si sentì ferita nell’orgoglio. Suo fratello si bloccò sulla porta e tornò verso di lei.
-Come oso? – le ripetè infastidito.
-Perché tanta pena per uno spergiuro? – sostenne il suo sguardo senza paura.
-Non chiamarlo in quel modo… - nei suoi occhi saettò una luce tenebrosa che mai gli aveva veduto – Ho fatto una promessa… suo padre aveva fiducia in me… e io l’ho deluso già una volta. –
-Parli… di Jon Connington? – Dany restò inalterata per alcuni istanti, prima di accorgersi che Rhaegar aveva voltato il capo da una parte. Si avvicinò a lui e con calma gli appoggiò le mani sul petto – So che hai giurato al tuo amico di tenerlo al sicuro e di averne cura… Ma sei partito e lo hai lasciato privo di ogni protezione. La mia incoronazione mi ha costretta a incarcerarlo, se non volevo una sommossa dei miei alleati, che già volevano scoprire cosa fosse davvero accaduto in quella sala. Ho fatto promettere ai presenti di non far mai parola a nessuno della tua vera identità… non so perché, ma questo è bastato perché Ellaria e le serpi mi dessero retta, seppur abbiano una bassa stima di te. – vide Rhaegar voltarsi verso di lei e guardarla fissa negli occhi – Ma ho temuto che volessero riprovarci, o peggio ancora ucciderlo, dato che non gli serviva più. Così ho ritenuto opportuno farlo scortare in un posto più sicuro. Non è un alloggio confortante, questo è vero, ma come potevo dargli degli agi, dopo che mi aveva quasi privato di ciò che mi spetta? Temevo per la ritorsione dei Martell, cosa che invece non è mai avvenuta, ma Tyrion mi ha avvisata che ucciderlo, lo avrebbe reso un martire per la causa. Quindi dovevo tenerlo in vita, così che nessuno potesse mai rivendicare la sua morte. Mi ha pure consigliato di fare molta attenzione con le  serpi Martell, sono subdoli e spietati. –
-Solo quando attaccati, minacciati o senza alternative. – precisò Rhaegar.
-Li difendi, ora? – storse le labbra in una smorfia amara.
-Leggo nelle loro azioni le vere motivazioni, forse meglio di quanto comprenda le tue. – Dany rincarò il colpo.
-È sorvegliato dai miei immacolati. Nessuno ha libero accesso alle segrete, senza che io lo venga prima a sapere. Ser Barristan, Verme Grigio e Tyrion Lannister sono gli unici che possono scendere nelle segrete… Tyrion in realtà va lì per suo fratello Jaime, ma parla spesso anche con Griff. È stato lui a tenermi costantemente al corrente sulla sua salute e delle sue esigenze. –
-Devo assolutamente vederlo. – disse suo fratello prendendo la maschera e assicurandosela dietro la nuca. Dany osservò il sole in cielo, pronto per la sua discesa serale. Le luci del giorno si stavano tinteggiando di arancio.
-Tyrion dovrebbe scendere tra non molto… porta loro i pasti e fa compagnia ad entrambi i prigionieri ogni sera. – gli rivelò accondiscendente.
-Quest’oggi darai il consenso anche a me di scendere assieme a lui. – le ordinò serio. Seppur avesse già addosso la maschera, Dany era praticamente certa di poter vedere l’espressione del suo viso essersi fatta più marcata. Riluttante, annuì col capo, non aveva alcuna voglia di arrabbiarsi con lui, dato che era tornato da non meno di ventiquattro ore – E mi darai libero arbitrio per ogni cosa che lo riguarda da ora in avanti. – non attese nemmeno un secondo la sua risposta e sparì oltre l’uscio, lasciandola completamente sola coi suoi dubbi.
 
 
 
 
 
Tyrion non si aspettava certo di incontrarlo lì, di fronte alle scale che scendevano nei sotterranei. La sua espressione fu di stupore in un primo istante, seguito da un cauto concerno.
-Mio principe...? – si rivolse a lui facendo un leggero inchino su quelle gambette. Dietro di lui tre immacolati, due soli muniti di lancia, uno invece portava un vassoio con il pasto e due caraffe di vino.
-Quest’oggi scenderò con te per incontrare i prigionieri. – lo informò serio.
-La regina ne è a conoscenza? – si volle informare, ma aveva sbagliato i suoi conti.
-Zaldrīzes buzdari iksos daor. – disse in un rantolo feroce, la sua voce riecheggiò nell’androne. Rhaegar ebbe la certezza che Tyrion avesse capito bene il suo idioma, esattamente come i tre uomini con lui, ma volle ugualmente tradurlo – Un drago non ha padroni. –
-Bene… – rispose incerto e guardingo, studiandolo dal basso – Allora non attardiamoci oltre. Avranno fame. – e gli fece strada.
Le tre guardie stettero dietro di loro a distanza di cinque passi, questo permise a Tyrion di continuare a parlargli, mantenendo un tono di voce adeguatamente basso.
-Non è stato opportuno da parte mia domandarvi se vostra sorella vi avesse dato il suo consenso. Di certo io non ho la facoltà per disapprovare un vostro ordine, né tre guardie possono molto di fronte al vostro braccio armato – sorrise tranquillo, quasi non fosse accaduto niente precedentemente – Vi ho visto durante la battaglia nella Sala del Trono, per un attimo ho creduto che il Guerriero vi avesse ispirato la sua forza proprio come la diede nelle braccia dei quarantaquattro possenti figli di Hugor della Collina. –
-Non amo questo vostro tergiversare. Dove volete arrivare, Lord Tyrion? – lo interruppe. Non amava le chiacchiere quando non servivano.
-Sembra abbiate appreso il leggendario addestramento di uno spadaccino provetto… dove avete imparato una simile tecnica? Mio fratello Jaime ricorda di aver visto solo pochi cavalieri combattere in quel modo, ma oramai sono passati tutti a miglior vita. –
-Ho vissuto quattordici anni tra le Città Libere, e sono stato iniziato all’arte delle spade da Ser Willem Darry. Era maestro d’armi ad Approdo del Re, durante il regno di mio padre, fu lui ad insegnare anche a mio fratello maggiore come impugnare una spada. A Braavos non c’erano poi molti passatempi, per cui, quando mia sorella dormiva, gli chiedevo di allenarmi. – era facile mentire, inventando un’ipotetica vita oltre il Mare Stretto, sapendo ogni singolo movimento dei suoi fratelli appreso da Dany durante i primi giorni a Giardini dell’Acqua.
-A ovest non era giunta la notizia che foste così abile… e nemmeno a est se è per questo. Ho viaggiato anch’io, ma nessuno ricorda la vostra baldanza.  – Tyrion lo guardò in tralice prendendo a scendere per una rampa di scale – E pensare che Robert aveva timore del figlio che vostra sorella portava in grembo. So che Ned Stark gli lanciò dietro un contrassegno da primo cavaliere proprio come questo – si indicò il simbolo sulla spalla – Quando il re gli ordinò di mandare un sicario per ucciderla, Lord Stark si rifiutò di eseguire il suo volere. – fece una pausa ad effetto – Quell’uomo è sempre stato fin troppo giusto e onorevole… Ho quasi paura di chiedere chi davvero abbia provveduto a far fuori quell’assassino che Varys aveva pagato a Essos. – Rhaegar non parlò e Tyrion non chiese altro.
Continuarono a percorrere lunghi corridoi desolati e pieni di fetido odore di escrementi di ratto e muffa. Nei piani più inferiori si trovavano le segrete. La sabbia sotto i loro stivali era morbida e fredda, ovattava il rumore del loro cammino, ma erano le ombre dei fuochi delle torce a svelare la loro presenza. Esse proiettavano nei muri svariate figure danzanti che annunciavano con giochi di luci ed ombre che vi era qualcuno. Ad ogni bivio incontravano uno o due immacolati, posti alla sorveglianza degli altri prigionieri. I due reclusi che interessavano loro, erano stati collocati in celle gemelle separate da uno spesso divisorio di mattoni. La formazione del muro frontale però era a forma semicircolare così da permettere ad entrambi se lo desideravano di potersi guardare in faccia nella parte più estrema. In ambedue le celle vi era una piccola finestra con le sbarre, per far convertire quell’olezzo putrido di umidità, sangue e sudore in aria più fresca a salutare… per quanto la capitale lo permettesse.
Jaime Lannister era sulla sinistra. Disteso per terra in uno stato di apparente semi-incoscienza. Gli abiti logori e sporchi. Una coperta di lana grezza bruna lo copriva solo in parte. Il moncherino esposto all’infuori di essa. Alcuni ratti gli zampettavano attorno, in attesa di poter cominciare il banchetto. Tyrion fece illuminare meglio la fine del corridoio, accendendo una candela da passeggio e ordinando ad un immacolato di accendere anche altre tre torce. L’immacolato con il vassoio, si fermò prima, appoggiandolo su un tavolo posto sulla parete sud, ricolmo di alcuni oggetti appartenuti ai due detenuti.
Rhaegar riconobbe la mano d’oro di Jaime, la sua spada con le teste di leone sul pomello e l’impugnatura decorata in oro, legno di ciliegio e cuoio rosso, mentre il fodero era tempestato di rubini. Era tutto messo perfettamente in ordine, dedusse che fosse stato Tyrion a lasciargli quegli oggetti in bella mostra, come a rammentargli che quella reclusione non fosse definitiva. Scorse anche altri effetti, questa volta appartenenti al secondo prigioniero. Una cintola di cuoio con tutti i suoi pugnali ancora infoderati, dei guanti di pelle rossa, una pettorina con lo stemma del drago rosso tricefalo con tre enormi strappi come un avesse avuto uno scontro con una belva feroce. Rhaegar si era avvicinato ad ogni oggetto, facendoci passare le lunghe dita affusolate, sfiorando l’acciaio e le pelli senza prestare vero interesse a nulla, i pensieri persi in un lontano passato che sembrava riversarsi nel dubbio presente. Solo quando venne attirato da una scatolina di cuoio chiaro, mostrò una più tenace presa. I suoi occhi caddero su di essa come catturati. La sollevò, prendendola tra le mani e l’aprì. Ai suoi occhi apparve una sottile collana dorata ed un ciondolo nel fondo. Con l’indice e il pollice prese un’estremità della cordicella e la sollevò rivelando così tutto il suo contenuto. Il pendaglio aveva la forma di un astro splendente del cielo, che ben conosceva avendoci convissuto al fianco per i più bei anni della sua vita. Al centro una sottile filigrana argentata e sul bordo dell’oro per delinearne meglio il perimetro; una piccola incisione abbozzava la chiusura di un meccanismo segreto. Sorrise nel riconoscere quel monile, non aveva bisogno d’altro. Con un leggero movimento del polso riprese in mano anche la catenella, serrando il pugno fieramente, ghermito da una nuova e forte presa di coscienza, prima di voltarsi finalmente verso la cella che davvero gli interessava.
Con la coda dell’occhio notò che Tyrion stava apprestandosi a nutrire e ripulire suo fratello. Ebbe solo uno sguardo fugace verso Jaime Lannister che un tempo faceva parte delle Guardie Reali di suo padre e aveva però da sempre avuto una predilezione per lui. Ora non era nemmeno l’ombra dell’epico leone bianco che era stato un tempo e che con ogni probabilità sarebbe divenuto ancora più leggendario… Devo ancora decidere come comportarmi con te… ci penserò. Ora ho di nuovo tempo. Si obbligò a spostare la sua attenzione verso il motivo che lo voleva lì in quel momento.
Il ragazzo stava seduto per terra, le ginocchia sollevate, le braccia appoggiate su di esse e la testa ciondoloni nascosta in quella intima alcova. Viserys si posizionò di fronte le sbarre, facendo attenzione a non fare alcun rumore, restando fermo, a fissarlo. Gli abiti erano puliti, a differenza di quelli di Jamie, la sua pelle era candida e lucente alla luce della falce di luna crescente. I capelli biondi tra un dorato e un argento erano completamente sciolti. Li teneva di una lunghezza limitata, non gli raggiungevano le spalle. Solo la frangia era appena più lunga, ma non da arrivargli agli occhi per non intralciarlo nei duelli. Rammentò che li aveva più corti a Dorne, ma evidentemente non li doveva aver più tagliati… magari sotto consiglio di qualche dolce fanciulla. Sorrise tra sé e sé. Per un attimo gli sembrò di vedere un leggero movimento, come se avesse sospirato. Le ciocche sulla frangia si erano spostate, ma di poco, dividendosi appena tra loro. Da quella movenza poteva constatare che la loro consistenza fosse molto più robusta della sua o di quella di Daenerys. Un Targaryen aveva sempre i capelli vellutati e sottili… era una cosa che aveva letto quando era ancora un bambino e solo ora gli era tornato alla mente. Riosservò il ragazzo: le braccia erano forti e muscolose, ma non eccessivamente, seppur fosse chiaro che con quel fisico potesse ambire anche a perfezionarsi ulteriormente.
Fu un lampo inaspettato. Dove prima c’era una chioma bionda, improvvisamente Rhaegar poté incontrare ancora il suo volto, di una bellezza indescrivibile, con caratteristiche tipiche dei tratti riconducibili anche ai Targaryen. Una rada barba chiara gli stava crescendo sulle guance e sul mento, lasciandosi alle spalle ciò che era stato un fanciullo e dando libero spazio all’uomo che sarebbe invece diventato. Il naso affilato e gli zigomi larghi. Le sopracciglia leggermente più scure dei capelli, erano accigliate, proprio come gli occhi. Due perle di un viola scuro, ma di qualche tonalità più chiara della propria. Ciò che prima era astio, si trasformò in stupore e smarrimento, mettendolo a fuoco e riconoscendolo. Rhaegar non seppe cosa stava passando per la testa di quel giovane, sembrava certo che fosse qualcun altro. Rimasero a fissarsi per un lungo momento. Dopo averlo esaminato attentamente, il principe decise di farsi avanti. Aprì le dita e lasciò che il ciondolo della collana penzolasse appena sotto la sua mano. Il giovane sbarrò gli occhi riconoscendo la sua collana. Si mosse agile e scattante, arrivando alle sbarre e serrando tra le sue dita il monile prezioso. Non disse nulla. Rhaegar sentì solo il suo respiro farsi affannoso, e fu certo che non fosse per il movimento appena effettuato, bensì per un tormento che lo stava divorando da dentro. Teneva lo sguardo basso, la fronte appoggiata ad una sbarra di ferro, come se non avesse il coraggio di alzarlo. Rhaegar arricciò gli angoli delle labbra.
-Questo d’ora in avanti lo terrai sempre accanto al tuo cuore. – gli disse in un sussurro dolce. Ne seguì qualche secondo di silenzio.
-L’ho sempre portata con me. – convenne lui con voce bassa e nervosa, quasi se ne vergognasse – Ma me ne avevano privato il giorno in cui sono stato rinchiuso qui. – borbottò contrariato.
-Mi rammarico molto per questa separazione forzata. Avrei dovuto immaginare che un mio allontanamento, ti avrebbe potuto mettere in difficoltà. – si scusò allora.
-Voi non avete alcun debito nei miei confronti. – ribadì il giovane – Io invece vi sono grato… per avermi concesso salva la vita, principe… –
-Sono abituato a mantenere le mie promesse. – ribatté calmo, ma veloce, sovrapponendosi alla sua voce. Poi si avvicinò ancor di più all’inferriata, raggiungendo il suo orecchio – Ti invito a non rivelare la mia vera identità al momento. Coloro che sono oltre quel muro non devono sapere. – gli sussurrò piano. Il ragazzo fece solo un cenno di assenso col capo. Rhaegar allora alzò una mano e gli accarezzò la nuca, affondando le dita tra i suoi capelli spessi. Il giovane ebbe un leggero sussulto a quel gesto e sollevò la testa a guardarlo in volto con fare circospetto.
-Ti va di uscire di qui, ragazzo? – gli propose. L’altro continuava a fissarlo, studiando ogni lineamento della maschera nella speranza di poter interpretare la sua vera espressione.
-Voi… non avete intenzione di usarmi come vostra sorella… - tentennò per un istante – Vero? – la sua voce tremava appena, ma nei suoi occhi una chiara risolutezza e riluttanza.
-Perché? Come ti usa mia sorella? – non era certo di aver capito bene, eppure un leggero sentore gli era parso di capire dal fugace sguardo scettico del giovane. Dany non gli aveva accennato nulla al riguardo, ma ora che ci pensava effettivamente era davvero strano che un prigioniero fosse così pulito e profumato.
Il ragazzo questa volta alzò la schiena e lo guardò dalla sua stessa altezza. Aveva serrato le labbra e negli occhi un lieve luccichio.
-Me lo dirai in altra sede. Vieni con me. – disse infilando la chiave nella serratura e facendola scattare, aprì l’inferriata solo per metà e poi parlò di nuovo – Risiederai nelle stanze adiacenti alle mie, avremmo una porta privata che ci permetterà di comunicare senza nemmeno dover uscire. – gli comunicò severo, poi aprì di più l’uscio e alzò la voce affinchè anche Tyrion potesse sentire il suo decreto – Ti ho fatto preparare un alloggio nel mio stesso piano. Avrai ogni confort e ogni tua necessità verrà esaudita, a patto che tu non avvezzi a desiderare masserizie che non ti appartengono. – ammiccò nella sua direzione, ma si accorse solo in quel momento che il giovane ancora non si era mosso di lì – Dunque che fai? Non esci di lì? –
-Non comprendo… mi liberate per rendermi il vostro schiavo sessuale? – il suo turbamento era evidente e inequivocabile. Rhaegar sorrise e lo trascinò fuori prendendolo per un braccio.
-Non dire assurdità. Nessuno ti sfrutterà mai per un simile impiego sotto la mia tutela. – l’altro però non parve credergli e lo guardò scettico
-Vostra sorella è al corrente dei vostri ordini? – questa domanda sfrontata gli diede la conferma che aspettava.
-Li conoscerà, di questo puoi starne certo. – gli sorrise rincuorante – Non ti chiederò mai di dormire nelle mie stanze, puoi quindi sciogliere la tensione che ti ha assalito, ma se mai dovessi averne bisogno sappi che potrai usare la mia chaise-long. – si porse verso di lui. Il giovane corrucciò le sopracciglia indeciso e pietrificato, finché Rhaegar non gli chiuse al collo quella collana. Rimase fermo, immobile aspettando che si allontanasse e solo quando si scostò da lui, il giovane si prese il ciondolo tra le mani e lo ammirò. Con un movimento abituale aprì la chiusura e ne esibì il misterioso contenuto. Due ciocche di capelli intrecciate tra loro e chiuse con due nastri anch’essi allacciati assieme. I capelli provenivano da due persone distinte, dato che uno era scuro come la notte e l’altro chiaro come la prima luce solare. I fili di raso che li chiudevano alle estremità erano uno bianco e l’altro rosso. Il ragazzo si portò quel tesoro al naso e ne odorò il profumo. Rhaegar sorrise amorevole.
-Un tempo odoravano di una fragranza molto delicata… ma negli anni quel profumo si è affievolito fino a sparire. – gli spiegò affranto il giovanotto – Per me è diventata un’abitudine annusarli, anche ora che non sanno più di niente. Mi rassicura e mi infonde coraggio. – ammise. Era un bravo ragazzo, oppure gli eventi lo avevano reso più umile di quanto mai non lo fosse stato.
Rhaegar prese la cintura con i pugnali, i guanti e gli altri averi del ragazzo, lasciando però la pettorina.
-Immagino che durante il tuo soggiorno a Sunspear ti sia sentito in un ambiente famigliare allora… i gelsomini ricoprono gran parte di quei luoghi. – quegli occhi viola scuro lo fissarono increduli, come se non si aspettasse proprio quell’affermazione.
-Voi come fate a sapere…? – la sua bocca rimase aperta – Io non vi avevo detto che era quello il loro odore. –
-Diciamo… che ho tirato ad indovinare. – si voltò verso il nano ancora intento a medicare suo fratello – Lord Tyrion, porto con me il giovane. Da adesso in poi non è più un prigioniero. Assicuro io sul suo conto. –
-Come voi ordinate, mio principe. – il folletto era stranamente arrendevole, ma non era quello il momento per porsi ulteriori domande. Mise un braccio attorno alle spalle del ragazzo, ma lo sentì scostarsi quasi in imbarazzo.
-Non ho ancora accettato di seguirvi. Cosa mi può convincere del contrario? – sfacciato e irriverente, esattamente come era ovvio immaginarsi.
-Penso che ogni figlio voglia conoscere di più sulla donna che lo ha generato. E io sono colui che meglio conosceva tua madre. – concedette dopo un minuto di riflessivo silenzio. L’altro alzò entrambe le sopracciglia e spalancò la bocca.
-Mi assicurate che una volta acconsentito, non mi imporrete degli obblighi che potrebbero macchiarmi di disonore? – si impuntò inferocito – Altrimenti ritorno nella mia cella e non mi importa se perderò anche tutti gli agi che vostra sorella mi ha riservato fino ad ora, io non mi farò più usare… -
-Ti ha scioccato così tanto la sua compagnia in queste ultime settimane? – si allarmò.
-Beh, dipende dalla prospettiva. – ribattè l’altro con un sogghigno che mostrò una particolarità che scaldò il cuore a Rhaegar in un modo che mai avrebbe pensato – Temo di essere più io quello che ha scioccato lei. –
-La cosa non mi risulta nuova. E qualcosa mi dice che lei non si aspettava un simile… successo. –
-Ne è rimasta molto colpita, questo lo confesso. – ammise divertito e seccato al tempo stesso – Da quella notte mi ha perseguitato; inviandomi doni e attenzioni che non desideravo. Se era qualcosa di materiale, lo passavo a lui. – indicò la cella di Jaime col pollice – Ma quello non era mai dell’umore giusto per condividere niente. – sbuffò, seguendo Rhaegar nel corridoio.
-Non sarò come lei, ma provvederò ugualmente a prendermi cura di te, in un ambiente più consono al tuo rango, Aegon. – avevano superato il primo bivio.
-Al mio rango? – il giovane si fermò improvvisamente – Aegon?? Mi state prendendo in giro? –
-Assolutamente no. Tu resti un principe. – i suoi passi si fecero sconnessi e strascicanti – Ah, e per la cronaca: per mio volere disporrò che tutti la smettano di chiamarti ancora con quel fastidioso nomignolo. Griff farà parte del tuo passato, fatti chiamare così dai tuoi uomini, oppure dalla donne con cui ti intrattieni. Da questo momento tutti torneranno a chiamarti semplicemente Aegon Targaryen, senza conteggiare altri re del passato o eventuali altri nomignoli affibbiati per puro scherno. Questo era il nome con cui sei stato battezzato alla nascita, tuo padre mi taglierebbe la gola con la sua spada, se sapesse che ti fai chiamare Griff. – aveva serrato le labbra e aveva fatto un’espressione singolare, quando aveva detto quella frase. Fu una dolce visione che lo accompagnò e riscaldò il suo cuore e la sua anima per diversi giorni. E pensò che mai lo avrebbe dimenticato.
 
 
 
 
 
-Ti avevo fatto preparare le tue vecchie stanze esattamente come Barristan me le aveva descritte… perché allora sei qui? – gli chiese pacata, temeva di risvegliare in lui i brutti pensieri che lo avrebbero avvolto nuovamente in quella drammatica malinconia. Si avvicinò a suo fratello, conscia che le sue preoccupazioni fossero reali, e gli accarezzò una guancia. – Hai pure il tuo nuovo pupillo… - sorrise tristemente – Quali intenzioni hai su di lui? – Rhaegar serrò la mascella e la guardò severo, ma non le rispose. Si era inoltrato nel castello a lungo quel giorno, con Aegon sempre alle costole. Lei li aveva visti parlare e duellare fino a tarda sera, prima di ritirarsi nei loro alloggi per darsi una ripulita. Quando si erano poi presentati a lei, apparivano come la reincarnazione di due divinità valyriane, un’altezza imponente li accomunava, esattamente come l’eleganza e la raffinatezza nei modi, anche se il più giovane pareva a suo agio anche nelle dimostrazioni più grezze. Suo fratello le aveva imposto la presenza del giovane e l’aveva ammonita di trattarlo come un suo familiare. Ricordi quando mi dicevi che eri certa di andare promessa a mio figlio e di aver sognato mille volte di giocarci assieme? Aveva fatto una pausa ad effetto Ecco, considera Aegon l’amico d’infanzia che non hai mai avuto. Mi auguro che la tua saggezza sappia oltrepassare sulle influenze esterne che ha avuto a cui non lo si può incolpare. Quelle poche parole erano state un chiaro monito. Aegon non doveva essere toccato. Dany aveva visto lo sconcerto nel volto di Tyrion, ma non la sorpresa. Lo sa già. Concluse riflessiva.
A cena Aegon aveva mangiato con compostezza senza mai farsi mancare nulla sul piatto, come se volesse riottenere in breve le forze perse… Dany aveva avuto l’ardire di chiedersi mentalmente se le avrebbe sfruttate durante la notte e chi sarebbe stata la benefattrice di cotanta prestanza, ma non aveva osato riportare i suoi pensieri a voce alta per non turbare suo fratello. Rhaegar infatti pareva scosso, quasi non aveva toccato cibo. Si era limitato a fare a pezzetti un panino all’uvetta e a metterne in bocca appena qualche boccone. Non sembrava avere appetito… a dire il vero non sembrava nemmeno essere presente a quella tavola. Anche Aegon se n’era accorto, ma non aveva provato a smuoverlo, probabilmente intuendo quali fossero le sue angosce e che sarebbe stato quindi tutto inutile. Parevano entrambi scossi, ma ognuno per un suo motivo, o forse per lo stesso, ma reagivano in modo opposto.
-Non ti chiederò di suonarmi qualcosa stasera. – lo fissava in quegli occhi a tratti fuggenti, nelle sue stanze intanto si stava diffondendo l’aroma di spezie esotiche che Missandei aveva precedentemente acceso, prima di congedarsi dopo l’arrivo di suo fratello – So che per te non è il luogo, né il momento adatto. – smise di parlare anche lei, con quegli occhi malinconici non si poteva trovare altro da dire. Lo abbracciò stretto, quasi nella speranza che percepisse quanto lei lo amava. Sentì sulla guancia il battito del suo cuore, calmo, rassicurante. Anche lui la strinse a sé. Le labbra perfette di suo fratello non si mossero però.
-Se ti va puoi restare qui con me stanotte. – gli disse timidamente, aveva cominciato a capire che il problema più grosso da affrontare per lui erano le notti… la sua stanza… il suo letto… il fantasma di Rhaenys lo tormentava. Non serviva che Barristan glielo dicesse, certe cose le si capivano da sé, e lei stessa era stata un genitore che aveva perso un compagno e un figlio, proprio come era avvenuto per suo fratello. Rhaegar ne soffriva ancora proprio perché aveva visto la sua bambina crescere durante i primi anni di vita. Era quindi più difficile staccarsi da quel ricordo, da quei rimorsi, a differenza sua che Rhaego lo aveva visto vivo solo in sogno.
-Dany… non credo sia una buona idea… - ammise lui con voce roca e tetra, come se provenisse da una caverna lontana – Non siamo dei bambini, ma un uomo e una donna. –
-Siamo fratelli. – rispose lei caparbia – Non ti sto chiedendo di rimanere come mio amante! – il suo tono era diventato più autoritario, ma non definitivo – O devo sospettare che in realtà ci sia dell’attrazione nei miei confronti? –
-Solo affetto fraterno. – la rassicurò, accarezzandole il capo.
-Quindi anche gelosia fraterna? – scherzò lei – È per questo che hai allontanato dai miei artigli il mio amante prediletto? – gli sorrise, nella speranza di vedere il suo volto rasserenarsi.
-Aegon non è una bambola da spupazzare… -
-Oh, no, infatti… direi piuttosto che io mi sono sentita molto più bambola tra le sue braccia, che lui tra le mie gam… - suo fratello le tappò la bocca velocemente.
-Assolvimi da altre solerti precisazioni, jehikarys zaldrizes. – riuscì a strappargli un sorriso.
Quella visione paradisiaca fu una beatitudine per i suoi occhi. Si mise in punta dei piedi  e gli strinse le braccia al collo, per baciargli entrambi gli occhi in lacrime. Lui rimase statico nella sua austera posizione eretta, si limitò unicamente a sorreggerla per i fianchi. Solo quando decise che ne aveva a sufficienza di effusioni, la fece scendere. Lei si avvinghiò ad un suo braccio, non accettava ancora l’idea di lasciarlo andare, così indietreggiando, lo invitò a seguirla, conducendolo verso il letto.
-So che prediligi le more nel tuo letto… - si mosse flessuosa – Lo stesso vale per me, anche se ho fatto uno strappo alla regola col tuo bel pupillo biondo. – gli mostrò una linguaccia dispettosa – Ad ogni modo questa notte voglio non voglio che tu torni nelle tue stanze. Desidero dormire con te, Lekia, e chiariamoci, non parlo di consumare un amplesso, parlo di averti al mio fianco quando arriverà l’ora di dormire, di mettere la testa sul tuo petto e mentre siamo lì abbracciati, mi piacerebbe che ci raccontassimo dei nostri sogni. – sospirò speranzosa.
Lui si lasciò condurre e si sedettero sul bordo del letto. Poi Dany entrò sotto le coperte e prendendolo ancora per quel braccio, lo tirò a sé. Rhaegar mansueto e bisognoso di affetto, si sedette con la schiena sulla testata del letto, rimanendo sopra le lenzuola. Lei si accoccolò sul suo torace, proprio come aveva detto e giocò con un laccetto della sua camicia, sentendo ben preso la stanchezza pervaderla. Ma dopo tanto tempo riusciva a chiudere gli occhi nella convinzione di essere a casa, porta rossa o meno.
 
 
 
 
 
Rhaegar le accarezzò i capelli e le spalle, e le raccontò fiabe di draghi splendenti e di stelle di fuoco. La sentì abbandonarsi lentamente alla spossatezza, ma quella notte fu lunga per lui. Una fiaba gli venne alla memoria, e sentì la voce di una donna ripresentarsi alle sue orecchie. Rimembrò i lunghi capelli neri e quegli occhi nocciola, ed il suo scialle dorato sulle spalle. Seduta sul letto di sua figlia Rhaenys, cominciava a narrare la fiaba della sera, con una calma amabile e confortante. E le immagini si confondevano nella nebbia ripercorrendo le scene della storia, dove una cometa alla deriva veniva salvata da un drago splendente. Aveva amato quella favola, ed ora, mentre teneva tra le braccia il suo raggio di sole, ripensò al calore dell’abbraccio di muna… Malgrado ciò le tenebre continuavano a velare i suoi occhi inesorabilmente.
 
 
 
 
 
Note dell’autore:
 
Ed ecco un altro capitolo sul passato di Rhaegar e Daenerys. Ci troviamo ancora a King’s Landing a poche ore dal concilio ristretto a cui aveva assistito Viserys per la prima volta e dove aveva incontrato Gendry, ovviamente i suoi sensi lo portano verso una strada e ne parla con la sorella. Non c’è ancora un vero e proprio confronto fra il principe e il figlio bastardo del suo assassino perché il ragazzo ancora non sa che lui è quell’uomo, ma lo crede il fratello. Ma non vi preoccupate avverrà prima o poi che si parlino… Viserys deve solo levare quella maschera, ma come sappiamo nel presente ancora non lo ha fatto.
 
Abbiamo poi un confronto invece tra Viserys e Tyrion, dove i due cominciano a parlare ma se notate c’è da ambedue le parti della ristrettezza. Il folletto sonda il terreno e il principe è ancora più cauto: si sta preparando una certa situazione tra loro perché come sapete ancora nel presente Tyrion appare estraneo alla vera identità del principe. Ho voluto renderlo così perché seppur egli sia il primo cavaliere di Dany, Rhaegar non penso che si possa fidare ciecamente del figlio dell’uomo che li ha traditi. Esattamente come è scettico per Jaime, è restio a concedere tutti i suoi segreti a Tyrion.
 
E nel finale una sorpresa. Va a prendere il giovane Aegon, ridandogli titolo e nome (a lui se ricordate ha scelto di mostrare il volto). Che motivazione ci sarà dietro? E Dany cosa ne penserà a lungo andare? Ora come ora non è sembrata avere alcuna contrarierà… anzi, ma le cose potrebbero cambiare nel futuro!

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Capitolo 56
*** Rimedi alla Solitudine ***


Lyanna aveva osservato suo figlio spiccare il volo con i draghi, nell’animo un misto di sentimenti contrastanti. Lo sguardo attento e freddo, il cuore gonfio e sofferente. Ogni volta che lo vedeva entrare nel loro mondo, non poteva che provare un senso di smarrimento interiore. Sapeva che era importante per lui sentirsi anche un drago, sentirsi vero fuoco… ma inavvertitamente non poteva che reprimere quei sentimenti e percepire un grosso gelo all’interno del proprio corpo. Un variegato di timore e rammarico per ciò che avrebbe dovuto essere e ciò che non era stato. Un’apprensione constante di perdita che non riusciva a cancellare dalla mente.
Riponeva sempre meno fiducia sui Targaryen, ma paventava ancor di più per le sorti di suo figlio durante la sua ultima battaglia, per cui accettava, suo malgrado quella sua vicinanza a loro, perché sapeva che cavalcare un drago era una sorta di arma in più contro gli Estranei. Almeno questa era l’ultimo baluardo su cui si aggrappava con tutte le sue forze, quando lo vedeva partire come d’abitudine al loro fianco e sentiva quell’ormai famigliare senso di inettitudine pervaderla in ogni sua fibra.
Si era alzata, aveva salutato Tyrion Lannister e si era diretta dentro le mura della fortezza abbandonata. Aveva incontrato Sam, intento a pelare delle patate per la zuppa. Lui le aveva fatto un sorriso gentile, lei aveva ricambiato mostrandosi felice contro voglia, ma subito si era sentita una stupida. Lui non centrava nulla con i suoi patimenti, doveva smetterla di essere sempre così malinconica. Benjen l’aveva già notato, a suo fratello non scappava mai nulla fin da quando era poco più che un bambino…
Spostò la sua attenzione sulla donna accanto al giovane maestro: Gilly stava girando il mestolo in un grosso calderone sul fuoco e di tanto in tanto, assaggiava la pietanza fumante, aggiungendo a seconda del gusto raggiunto un altro ingrediente. Il piccolo Sam, invece giocava a terra con delle piccole bucce e alcuni scarti delle verdure già tagliate in precedenza. Aveva alzato il visino su di lei e aveva mostrati i denti bianchissimi in un largo sorriso. Le guance tonde e quegli occhietti briosi… A Lyanna le si sciolse il cuore per quella duttile e naturale dimostrazione d’affetto. Una tremenda nostalgia le salì in gola e le impedì di trovare una parolina dolce di risposta; nemmeno scovò la forza per alzare un braccio ed accarezzargli una guancia, né riuscì a dargli un buffetto sul naso. Tutte cose che avrebbe voluto fare a suo figlio, ma ogni suo intento era svanito quando quella stanza, dal caldo opprimente, aveva cominciato a odorare di sangue, di rose e di morte.
 
La mente però aveva deciso di privarla di altra sofferenza, facendole riaffiorare ricordi diversi che nel tempo avevano progredito alla sua poi successiva condizione di maternità. La beata solarità del piccolo Sam non aveva fatto altro che risvegliare nel suo inconscio altre espressioni analoghe che i suoi occhi avevano potuto ammirare nel suo passato: faccine dolci, affettive, spontanee… lontano da rancori, ranghi e avversità delle famiglie che loro un giorno avrebbero rappresentato; bambine e bimbi che aveva avuto l’onore di conoscere negli anni della loro più tenera innocenza.
 
Quel sorriso candido e lucente di bimba, tra alberi di agrumi e siepi di buganvillee. Il suo caldo abbraccio, quando si aggrappava ad una sua gamba con quelle braccine paffute e morbide. La sua pelle abbronzata che profumava di limone e gelsomino, mentre la rincorreva tra le fontane, schizzando giocosamente acqua in ogni dove…
 
I gridolini sfavillanti e risoluti, la luce selvaggia e abbagliante delle stelle si rifletteva nei suoi occhi insolitamente chiari, come un raro cristallo di ghiaccio tra le spighe di lavanda. Quei piedini temerari, che sgambettavano, sempre pronti ad intraprendere viaggi audaci e spericolati fra i sentieri dei giardini aulenti…
 
Un’improvvisa dolce melodia di corde… brevi azzardi coraggiosi delle sue piccole manine, prima che le forti braccia affettuose della madre lo strappavano via. I sottili e lunghi capelli castani, intervallati da filamenti di luna, decoravano quel volto chiaro, elegante e grazioso, con quella piccola fossetta sul mento. Cullandolo, mentre dolcemente si rasserenava in quel florido petto, i suoi occhi di un colore scuro indefinito, osservavano attenti ogni persona attorno, ammirando con sorpresa le attenzioni di quello che pareva essere diventato il suo nuovo musico preferito.
 
Al centro di numerose efelidi disseminate in quel visino tondo, sbucavano due occhietti furbi da folletto. Lo sguardo attento e pronto a combinare l’ennesima marachella al suo bianco paladino, per poi scappare e correre giù per le scale della sua torre. Dipingeva di gioia ogni mattone, facendo ondeggiare i suoi lunghi capelli come sete d’oro rosa che fluttuavano al vento caldo del deserto…
 
Il suo cuore mancò un colpo. Erano ricordi così belli e dolorosi al tempo stesso, che non riusciva a contenerli tutti nel medesimo momento, ciò nonostante da qualche parte dentro di lei aveva trovato la forza per non lasciarsi andare alla liberazione del suo sfogo. Provò la solida speranza che tutte e tre quelle bimbe ora fossero nel fiore dei loro anni. In quello stesso momento erano senz’altro diventate delle bellissime donne, nei loro abiti colorati del sud, ornati di veli ricamati, le loro singolari pettinature eleganti e i numerosi gioielli a risaltarne la femminilità. E quel bambino, invece? Che ne era stato di lui? Sapeva… era certa di aver compreso, ma ancora non voleva accettare quella veridicità, anche se ormai era inevitabile che presto lo avrebbe scoperto, volutamente o fatalmente l’autenticità sarebbe nuovamente trapelata, o lei l’avrebbe infine cercata.
Era prestabilito che, dopo di esse, altre memorie colmassero la tenue letizia che aveva provato in quei brevi istanti. E difatti anche altri volti le tornarono alla mente, assieme a tristi e nostalgici riverberi del passato.
 
Le bellezza paradisiaca di un affettuoso sguardo fiducioso e quegli abiti sontuosi da bambolina che frusciavano al ritmo delle sue piccolissime scarpette, mentre rincorreva un batuffolo di pelo nero. Era un incanto ascoltare la sua vocina, mentre fantasticava su enormi creature mitologiche e magiche figure fatate.
 
La stretta della manina di quell’infante era salda e vigorosa. I lunghi capelli biondi gli davano l’aspetto di un angelo strappato dalle braccia degli dei… e quel singolare sorriso che aveva inaspettatamente la sua esatta riproduzione in un volto più maturo che non levava mai lo sguardo dal piccolo. Le grida dispettose poi nel cuore della notte. Gli occhioni attenti di quel viola indescrivibile.
 
Erano anche quelli dei bei ricordi, ma immancabilmente portavano con sé orrende visioni di una cruda realtà ineccepibile. Mani brutali di uomini sanguinari avevano forzatamente privato della solarità quei serafici visini. Lame e urla, sangue e lacrime. E tutto era diventato inesorabilmente silenzio.
Nessuno aveva mosso un dito, nessuno era intervenuto per fermare quell’abominio. Nessuno.  Nessuno.
Abbassò lo sguardo sentendo il gusto acre della bile in bocca. Odiò se stessa, odiò l’uomo che amava e che aveva permesso che accadesse. Odiò gli uomini che avevano commesso il fatto, e pure quelli che avrebbero dovuto impedirlo. Odiò il mondo per essere così nero, quando la vita te lo rendeva colorato, e odiò perfino gli dei… per aver permesso una sorte così orrenda a degli angeli che non avevano colpe.
Le lacrime arrivarono inesorabili, portandola a pensare anche all’unico neonato che non aveva mai visto sorridere, o fare i primi passi, o rialzarsi in piedi dopo una caduta, o dire la prima parola…  Il suo bambino… Aegon… Jon. quello era il nome che suo fratello Ned aveva scelto per lui, quello era ormai il nome e la condizione che lui si era cucito addosso e a cui rispondeva. Ci si era abituato negli anni, senza più considerarlo un patimento e anche se ora sapeva la verità non riusciva a convertire il contesto a suo favore, ma Lyanna era convinta che prima o dopo questo sarebbe accaduto.
Suo figlio si era fatto uomo e aveva intrapreso da solo alla fine quella stessa strada a cui era destinato fin da prima che venisse concepito. E lo aveva fatto senza di lei: privato del suo affetto, delle sue parole di conforto, dei suoi dolci baci e dei suoi calorosi abbracci.
Questa volta si ritrovò a ringraziare gli dei ché almeno le avevano concesso quel breve momento per goderselo anche se già adulto. Era una magra consolazione, ma era pur sempre qualcosa su cui aggrapparsi in quei momenti in cui pensava di non farcela più, quando il dolore e i rimpianti la coglievano improvvisamente…
Sentì il peso nel suo cuore alleggerirsi appena all’idea che gli Antichi Dei le avessero donato del tempo assieme a suo figlio… E fu in quel momento che sentì anche qualcosa strattonarle la sottana. Una manina paffuta, un braccetto robusto e due occhioni castani sorridenti che la stavano fissando dal basso. Gilly sembrò accorgersi e si avvicinò, richiamando a sé il bambino.
-Mia signora, scusate il piccolo Sam. Gli ho detto mille volte di non disturbare. –
-Non ha fatto nulla di male. – disse automaticamente, guardandolo. La donna si era rincuorata di poco e aveva accarezzato il capo di suo figlio. Fu come sentire uno stiletto nel petto, ma ricacciò indietro quella sensazione negativa: era una cosa bella dopotutto e lei non poteva provare rancore per una madre che poteva donare al figlio il proprio amore.
-Vi trova simpatica, milady. Non sorride a tutti, sapete? – Lyanna notò che il suo modo di parlare non era come quello di una lady, ricordava tanto la parlata di Tormund, eppure a suo modo quella di Gilly era estremamente più dolce.
Lyanna l’aveva guardata intensamente per un lungo istante, beandosi di quanto potesse essere profondo un legame tra una madre e un figlio fin dai primi anni, poi i suoi occhi vennero rapiti dal piccolo che continuava a sorriderle.
-Se per te non è un problema, Gilly, lo posso portare un po’ con me fuori. Non ho nulla da fare al momento, e voi potreste restare tranquilli, senza il pensiero costante di badare anche a lui. – gli aveva avvicinato una mano, che lui aveva afferrato prontamente, ignorando completamente la madre come se nemmeno più esistesse. Lyanna aveva scambiato ancora uno sguardo con la donna, accertandosi del suo permesso, prima di condurlo fuori all’aperto e raccogliendo alcuni giochi lungo la strada.
 
 
 
 
 
Cavalcare Drogon era sempre stato incredibilmente rilassante e stimolante. Ogni sua percezione si tendeva proprio come le ali del suo drago e il calore dei raggi del sole le ridavano vigore e voglia di vivere. “Insegnatemi a cavalcare un drago…” le sue parole le rimbalzavano ancora nella testa. Non solo le sue parole, anche i suoi occhi intensi, i suoi capelli fini, le pelle piena di cicatrici del suo petto, il battito del suo cuore… Si sentì avvampare le guance e sperò di non essere diventata rossa fino all’attaccatura dei capelli. Per un attimo si immaginò che pure i capelli avessero preso il colore delle fiamme… Magari gli piacerei di più… pensò mesta.
Già, da quello che le aveva raccontato qualche mese fa, la sua prima donna aveva, usando le sue parole, “il fuoco nei capelli…”
Beh, con me al massimo si può accontentare di vedere la luna nei miei. Si prese una ciocca ribelle, che le era scivolata sul davanti. La guardò con limpido disgusto, odiando la sua tonalità di colore, e la ricacciò indietro con un gesto brusco della mano. Incrociò involontariamente con la maschera di suo fratello che l’aveva appena affiancata. L’aveva certamente vista compiere quel movimento, come aveva anche palesemente capito la sua depressione, e se n’era preoccupato. Se ne accorse per il cenno lieve del capo che le aveva rivolto e dal movimento delle sue labbra quando le domandò: “cosa succede?” Dany aveva risposto con un battito di ciglia e un’alzata di spalle. Poi con entrambe le mani si era sistemata la chioma di capelli allontanandosela dal colletto del soprabito nero, come a volersi scrollare di dosso quel pensiero e tutto il tormento appena provato, cacciarlo indietro in modo che il vento lo portasse lontano… Si concentrò sul volo del proprio drago, percependo le sue emozioni e lasciandosi cullare nella sua mente, come fosse un lontano luogo da esplorare. Poi le venne in mente un luogo dove avrebbe potuto far ordine coi suoi pensieri.
-Lascio a te, fratello, il resto dell’allenamento. – gli disse perentoria, uno scaltro tentativo di sfuggire via da un suo eventuale e prossimo interrogatorio. Aveva avvertito dietro di sé l’approssimarsi di Rhaegal. Ciò significava che Jon ben presto sarebbe entrato nella sua visuale, ed era proprio quello che voleva evitare a tutti i costi, l’avrebbe vista turbata, l’avrebbe vista sofferente e fragile. Non poteva permetterlo. Nello stesso momento in cui lei avrebbe appoggiato lo sguardo in quel volto allungato dai lineamenti regali, quegli scuri capelli sferzati dal vento e quegli occhi incredibilmente belli e profondi. Non erano sicuramente dello stesso colore meraviglioso di suo padre, ma da lui ne avevano preso la tonalità scura, anche se il colore era molto più simile a quelli di sua madre. Un composto perfetto amalgamato dalle mani di un dio che aveva deciso di staccare un pezzo di cielo notturno del nord per cacciarglielo negli occhi. O come quando le onde rapivano i granelli della sabbia sul lungo mare, tingendosi ora d’oro, ora di rosa, ora di rame a seconda del colore che il tramonto dipingeva sulla spiaggia. Rimembrò il momento in cui si era persa nei suoi occhi, in quel grigio scuro si era smarrita per poi venirne catapultata fuori con forza…
Era stato fonte di inesprimibili emozioni fino al giorno prima che suo fratello era tornato da lei, ma di certo non poteva incolpare lui di questo.
-Oh, sono sicuro che fino ad ora ti sia enormemente affaticata a causa di questo oneroso impegno, dona Haedus. – le aveva detto sarcastico, dopo averle fatto un vago cenno con la mano, come a dire: “vai pure!”. Rhaegar lo aveva capito: si stava allontanando appositamente, così che avessero modo di restare soli; padre e figlio. Socializzare, conoscersi, imparare a volersi bene come una famiglia. Così che Jon cominciasse a fidarsi di lui, come lei si fidava di suo fratello, ignorando però che dietro la maschera di Viserys c’era in realtà, Rhaegar, suo padre.
Col cuore gonfio d’amore, gli donò un bacio soffiato, Rhaegar la lasciava andare sempre, senza mai protestare; lui era a conoscenza anche di quanto per lei non fosse facile restare, amando suo figlio e non potendogli stare accanto come voleva. Prima che qualche goccia scendesse dai suoi occhi, aveva dato ordine a Drogon di virare verso destra, allo scopo di raggiungere le grandi cascate gelate che aveva scoperto con Rhaegar durante una loro precedente perlustrazione del luogo, per capire se fosse idoneo all’allenamento con i draghi. Ora che ci pensava suo fratello sembrava quasi conoscere quel posto, come se ci fosse già stato in precedenza… o più probabilmente, come se qualcuno gliene avesse parlato. Non occorreva nemmeno porsi poi molte domande per capire chi fosse questo “qualcuno”.
Colse un sonoro stordimento del drago verde che la chiamava incerto. Rhaegal era indubbiamente combattuto su chi seguire dei due fratelli e per ovvi motivi sembrava più spinto a rincorrere quello grosso e nero, invece di restare con quello chiaro. Dany per un attimo ebbe il dubbio che ad avere quell’incertezza fosse in realtà il padrone e non la sua cavalcatura, ma non osò voltare il capo per accertarsene. Guardarlo negli occhi avrebbe risvegliato ciò che non doveva provare, e non perché non lo volesse lei, ma perché era lui quello che aveva imposto questa condizione… L’aveva respinta, rifiutata… A Dorne aveva udito una conversazione tra Ellara e Arianne. Ti ha respinta, Ary, sai cosa significa. In un primo istante Dany non pensava che volesse poi dire molto, lei era sempre vissuta nella convinzione che un uomo lo si poteva comprare con un bicchiere di vino, col denaro, oppure facendo scivolare l’abito a terra… Ma nelle terre in cui era approdata, si era resa conto che la verità dietro ad un rifiuto era molto più profonda. Bastava che un uomo distogliesse lo sguardo di fronte ad una donna per farle intendere che non c’era nulla che lei potesse fare per ottenere nuovamente la sua attenzione. Alla fine Jon, con me, si è comportato alla stessa maniera. Il risultato era stato il medesimo. Anzi qualcosa dentro di lei le diceva che se fosse accaduto davvero in quel modo si sarebbe sentita meno umiliata, invece lui le aveva detto chiaramente che non potevano più stare assieme, guardandola negli occhi, ferendola nel cuore. Era sincero e non era pentito.
Daenerys si era sentita morire in quel momento, avrebbe preferito che la trafiggesse con la sua spada piuttosto. Se avesse potuto scegliere, avrebbe voluto non averlo mai conosciuto, non essere mai salita così tanto a nord… Tyrion gli aveva consigliato di restare alla capitale e di ricostruire ciò che Cersei aveva distrutto, pensando in un secondo momento alla riunificazione dei Sette Regni; calcolando un’eventuale alleanza politica, o accettando la loro indipendenza, come aveva fatto con le Isole di Ferro, come aveva rispettato la quasi autonomia anche del principato di Dorne, ma lei, cocciuta, non gli aveva dato ascolto. Faceva sempre di testa sua. Voleva riottenere il dominio dell’intero continente di Westeros… avere tutto sotto controllo… come suo padre… Stava quindi diventando come lui? Un giorno avrebbe goduto nella visione di veder bruciare le persone? Si vergognò di aver già compiuto un simile gesto a Meeren… come pure nella Desolazione Rossa. Nei suoi occhi ancora lo spettro di Mirri Maz Durr che urlava agognando la fine dei suoi patimenti. Se l’era cercata. Pensò, ma un attimo dopo si tradì con un singulto nel petto che la costrinse a coprirsi gli occhi con un braccio.
 
Drogon atterrò non molto distante dal precipizio da cui l’acqua avrebbe dovuto scendere, ma che si era cristallizzata in colonne di ghiaccio azzurro. Tra di esse alcuni rivoli scendevano in lievi scrosci, donando alla struttura una lucentezza quasi eterea. Se si osservava più attentamente, quando il sole risplendeva, si poteva notare anche che la forza prorompente della cascata non era del tutto sedata. Le acque del fiume fluivano al di sotto di una spessa crosta, creata dalle numerose stratificazioni del ghiaccio. Sul fondo un voluminoso miscuglio di archi e gobbe bloccati nel tempo davano l’idea di una incredibile cattedrale di beltà creata dalla natura stessa.
Dany si sedette su una protuberanza rocciosa al limitare del precipizio, senza avere alcuna paura del salto che l’avrebbe quasi certamente uccisa, né delle grosse colonne di solido ghiaccio che potevano spaccarle le ossa, se vi fosse andata contro scivolando da quell’altezza. Drogon le diede una lunga occhiata circospetta, come se sospettasse che il suo vero intento fosse quello di porre fine alla sua vita. Lei nel frattempo si stava posizionando nella postazione che aveva adocchiato, un valido appostamento per ammirare lo spettacolo mozzafiato che aveva al di sotto. Con la coda dell’occhio notò che il drago, accertatosi delle sue reali intenzioni, si era acciambellò e si era messo a riposare, restando però vigile ad ogni eventuale pericolo. Si preoccupava; quasi fosse lui quello che aveva il compito di proteggerla, come un genitore apprensivo, come un fratello maggiore, in assenza del suo vero parente. Alzò gli occhi in cerca del suo Lekia…
In lontananza Dany poteva vedere di tanto in tanto i movimenti degli altri suoi due draghi. A volte sbucavano dalle fronde dei pini per salire verso l’alto; altre scendevano dal cielo in picchiata spuntando dalle nuvole che perennemente ormai coprivano i cieli. Viravano a destra, o svoltavano  a sinistra in una danza armoniosa. Rhaegar aveva davvero maestria con i draghi. Viserion sembrava non avere segreti per lui, eppure più di una volta le aveva accennato di compiere un’enorme fatica e di non averne il pieno controllo, come se non lo sentisse interamente suo, ma a guardarlo ora, nessuno avrebbe mai potuto osare fargli una critica. Lui era così… unico, impareggiabile, perfetto, in qualsiasi cosa facesse… a differenza sua.
Erano più le volte che si sentiva inadatta e insicura, che quelle in cui era fiera di se stessa. Cercò di rammentare l’ultima volta in cui si era sentita davvero orgogliosa, potente e viva. Cacciò via ogni momento passato col Re del Nord; persino pronunciare il suo nome era diventato doloroso… Si strinse le ginocchia al petto con entrambe le braccia; sentiva freddo, fin nelle ossa e avvertiva tanta solitudine all’interno del suo cuore. Tornò indietro nella mente di mesi forse anni… a quando finalmente si era seduta su quel trono irto di protuberanze acuminate che tutti ambivano, spasimavano… uccidevano per averlo. “Addirittura!” Si trovò a commentare con un’ironia tetra, abbassando il capo e appoggiando la fronte sulle ginocchia. Era strana quella parola, la sentiva sua eppure non era convinta di averla sentita pronunciare dalla sua bocca o da qualcuno che conosceva. Ponendosi quel quesito mentale, sentì una strana sensazione di calura. Un raggio di sole la stava illuminando, combattendo e sconfiggendo con la sua lama lucente lo strato di nubi che la sovrastava. Ne sentì l’accaloramento scaldarle la nuca, riaccenderle a poco a poco il vigore, partendo dai capelli e arrivando perfino al cuoio capelluto, come se un padre vi avesse appoggiato sopra la sua mano per darle conforto. Trasse forza da quel magico e inaspettato evento. Un’energia scaturì da dentro di lei e la costrinse a rialzare la testa, come se improvvisamente una folgore l’avesse colpita… sorrise. Nella mente le palesò chiaro il volto di un ragazzo. “Sì, una folgore dagli occhi viola e una chioma dorato argento…”
Per una strana associazione mentale e un affine senso si affetto, gli era tornato alla mente Griff… “No, Aegon. Rhaegar ha ordinato che lo si chiami così.” Ricordò quasi rimproverando se stessa. Chissà poi perché suo fratello si era preso così tanto a cuore le sorti di quel giovane. Ancora non glielo aveva spiegato.
Cercò di riportare alla memoria il profilo della sua mascella, la linea decisa del suo naso, la barba rada sul mento che le aveva solleticato la pelle delle spalle e del ventre. I suoi capelli spessi e brillanti… Erano di una consistenza e di una sfumatura diversa da quella sua o di suo fratello, appena uno o due toni più verso il dorato, ma ricordava come le sue dita vi si erano intrecciate tra essi in modo così facile, che era quasi difficile credere che ora preferiva mettere la mani sulla testa di un altro uomo… dalla capigliatura così diversa. Diversa come il giorno e la notte… Basta, Dany! Non tormentarti oltre! Maledì il suo cuore e la sua anima che in ogni momento tornava a pensare a suo nipote. Già… lui è il vero figlio di Rhaegar… Perché non poteva essere tutto più semplice? Perché suo nipote non poteva essere davvero Aegon, il ragazzo dai capelli chiari che avevano lasciato ad Approdo del Re?
Ricordò come si era lasciata incantare dal suo sguardo magnetico di quel viola scuro, ma leggermente più chiaro di quello di suo fratello Rhaegar. Sentiva che era sulla buona strada, il cuore cominciava a scaldarsi… Rammentò quel giorno in cui lo aveva fatto entrare nelle sue stanze; Tyrion l’aveva convinta a concedergli una possibilità.
-Fallo parlare. – le aveva detto – Lascia che ti possa spiegare tutto dal suo punto di vista. Era ignaro dei piani di Varys. Dagli un’occasione. – Dany aveva soppesato a lungo sulle parole del suo Primo Cavaliere. Si fidava di lui, era saggio e sapeva come trattare con le persone, e soprattutto era in grado di sedare le sue terrificanti inclinazioni di potere.
Aveva infine accettato. Aveva fatto preparare la propria stanza, come ricordava fossero quelle a Giardini dell’Acqua. Voleva una ventata di aria nuova, voleva essere una regina diversa da quella che i Sette Regni avevano avuto fino ad ora. Voleva cambiamenti, ma non troppo radicali. Voleva che tutti i suoi popolani si sentissero a casa… Lei voleva sentirsi a casa.
 
Aveva addirittura chiesto a lady Ellaria cosa ne pensava, nell’eventualità di apprendere poi dei cambiamenti o decidere se accettare i suoi eventuali consigli.
-Chi stiamo cercando di accalappiare, vostra grazia? – la donna si era rivolta a lei con quel suo solito tono canzonatorio e quell’espressione melliflua e vellutata, che non era mai riuscita a comprendere se fosse ben sentita o solamente un’accesa provocazione. Indossava un abito color ocra, di una seta particolarmente lucente. I capelli neri come l’ebano erano agghindati come una corona attorno alla sua testa e una tiara dorata le tratteneva i riccioli sulla fronte. Alle braccia numerosi bracciali tondi con pendagli a forma di sole che tintinnavano ogni qual volta muoveva gli arti. A collo e ai lobi delle orecchie minuscole sfere di corniola rivestite di una sottile filigrana dorata.
-Nessuno in particolare. – rispose vaga – Voglio solo cambiare l’aspetto di questa stanza. Cersei aveva gusti orrendi. – Ellaria aveva mosso il capo in segno di approvazione.
-Convengo con voi, astro luminoso. – continuò muovendosi per la stanza, ancheggiando coi fianchi, come stesse danzando una musica che solo lei udiva – Avete fatto bene a non levare queste tende. – aveva detto poi avvicinandosi alle stoffe che cadevano dall’alto – Il rosso è un colore che appatiene alla vostra famiglia. Ricordo che Oberyn adorava molto associarlo con… - si interruppe improvvisamente, stava parlando soprappensiero. Quando se ne accorse, fece un colpo di tosse di circostanza e si diede un maggiore contegno – Ma so che anche i Targaryen lo esibivano con orgoglio. – si corresse subito, riprendendo il suo consueto ondeggiare, muovendosi ritmica con le gambe, mettendone una davanti all’altra e continuando la sua circospezione. Dany l’aveva fissata imbambolata per qualche istante, domandandosi come facesse ad essere così sensuale. La osservò raggiungere l’enorme separé e facendoci passare le dita sul rilievo inciso. Ammirava il suo modo di muoversi lascivo e ipnotico, poi aveva ritrovato se stessa e aveva compreso. Era chiaro che la dorniana avesse difficoltà nell’ammettere che il colore rosso era inevitabilmente sia il colore del suo adorato amato, quanto anche apparteneva a coloro che l’avevano ucciso. Si diede quella di spiegazione; la più semplice probabilmente, prima che lei le chiedesse.
-E quindi necessitate di due calici e due posti apparecchiati sulla tavola, mia regina, o state aspettando un ospite? – si era voltata ancora e le aveva strizzato l’occhio maliziosa. “Sono una stupida” si era ritrovata a pensare “Se l’ho investita del titolo di maestra dei sussurri, non posso pensare che sia una sprovveduta. Avrei dovuto aspettarmelo che mangiasse la foglia!” – Vi lascio, quindi, al vostro appuntamento galante, luminoso raggio di sole. Il vostro innamorato sarà deliziato dal vostro stupendo aspetto. – battè ritmicamente le mani a richiamare una delle sue guardie. Dalla porta Dany vide apparire lady Nym. Indossava un abito color acqua cristallina, velato quanto bastava per scorgere anche il suo corpo al di sotto, ma sufficientemente nascosto con una sottoveste del medesimo colore ma più coprente. Sulle spalle una stola argentata con un fine disegno d’oro che poteva ricordare sia le dune di un deserto, come anche le acque di un mare… e perché no? Anche il vento nei cieli. Pensò un attimo dopo Dany. Calzava dei sandali bassi, con dei lacci che risalivano lungo il suo polpaccio roseo e le punte erano leggermente all’insù. Gli zigomi alti, le labbra piene, il naso piccolo e appuntito. Sulla fronte la pelle era luminosa e l’attaccatura dei capelli a punta faceva risultare il suo volto a forma di cuore. I suoi capelli erano legati in una comoda treccia con un nastro rosso e seguiva le forme degli intrecci che raccoglievano tutta la chioma lucente seta corvina che era solita sempre lasciar cadere sul davanti. Aveva al collo una lunga catena la cui estremità doveva arrivarle fino all’ombelico, ma il ciondolo che nascondeva in realtà celava una sottile lama con la quale uccideva spietatamente i suoi avversari. Dany gliel’aveva vista usare una volta, tra le vie della città quando due ladri stavano cercando di rubare i viveri dei poveri dal loro carro. Raccapricciò al solo pensiero di quella macabra scena e tornò a concentrarsi sulle mani della giovane.
Ai polsi aveva due grossi bracciali di placca d’oro e nessun altro particolare ornamento, ma di certo non si poteva considerare una donna poco attraente. Aveva un aspetto nobile, il volto dai tratti maturi, i capelli sempre ben puliti, gli occhi dalla forma viperina, attenti e selettivi che studiavano ogni minima cosa, e che ora li aveva appoggiati esclusivamente su di lei.
Daenerys ammirava la sua disinvoltura, esattamente come la stimava per la sua innata sicurezza. Aveva fantasticato spesso sull’idea di poterle mai assomigliare, ed era certa che se il destino avesse voluto inviargliela prima, l’avrebbe potuta rendere la sua alleata migliore. Brava nella diplomazia, grande ammaliatrice e di un fascino strepitoso, avrebbe sicuramente sortito effetti impensabili coi suoi rischiosi alleati, e se questi ancora avessero provato ad andarle contro Nymeria sarebbe intervenuta estraendo le lame dalle tasche nascoste del suo abito. Perché sì, quella era la sua particolarità di cui Daenerys era venuta a conoscenza suo malgrado. Durante il processo agli uomini dei Lannister che non avevano voluto inginocchiarsi, quella ragazza era stata tra i sicari che avevano disseminato la sua giustizia. Dany era rimasta seduta sul trono di spade osservando i suoi sudditi con aria di superiorità in attesa della loro prostrazione, che mai era arrivata. I suoi uomini avevano lance e spade, armi che Dothraki e Immacolati prediligevano. Lei invece si era presentata vestita come una lady, nella sua eleganza e sfarzosità dorniana. Aveva guardato negli occhi gli uomini catturati dalla postazione che avevano predisposto per i membri ambasciatori della famiglia dei principi dorniani. Si era alzata in piedi sorprendendo tutti, lei compresa. Aveva sceso quegli ultimi scalini e aveva chiesto di uccidere personalmente alcuni degli uomini dei Lannister. Era stata più veloce di un fulmine, aveva infilato le mani tra i veli del suo abito e vi aveva estratto delle lame con una velocità impressionante. Nell’attimo dopo le loro gole erano lacerate e fluttuavano zampilli di sangue ovunque. Nymeria non aveva mosso un muscolo ulteriore. Li aveva guardati negli occhi mentre la vita li lasciava e i tre si accasciavano al suolo. Quando si era voltata poi, Dany aveva appurato che gocce di sangue le rigavano lungo il volto, le braccia e il collo. Pure il suo abito celeste ne era rimasto imbrattato, ma lei pareva non averci fatto caso, oppure volutamente non ci aveva dato peso. Quando era tornata al suo posto, Ellaria l’aveva guardata di sbieco, come se non approvasse quella sua condotta. Obara si era limitata a fare solo un grugnito sordo nella gola, mentre Tyene pareva essere rimasta l’unica sua spalla, anche se dapprima aveva tirato un lungo sospiro di esasperazione, poi si era prodigata a passarle un fazzoletto affinché si pulisse almeno il volto e le mani. Sua sorella aveva eseguito e solo alla fine le due si erano scambiate un sorriso, tuttavia per quanto la felicità di Tyene pareva quasi più pacata cortesia, a Dany parve che invece la spensieratezza di lady Nym fosse in realtà per celare quella estrema soddisfazione, quasi avesse un conto in sospeso proprio con quegli uomini.
Rimase bloccata quindi quando se la vide arrivare in stanza e camminare con quel suo una sicuro e fiero. Non si poteva mai capire quando giungeva per una confidenza o per determinare la sentenza di morte. Eppure non vi era ragione di credere che in quell’istante quella ragazza le fosse avversa, ma Dany temeva la sua compagnia. Ogni volta che restava solo in sua presenza, avvertiva uno strano formicolio al centro esatto dei palmi delle mani e non si sentiva tranquilla.
La dorniana al contrario appariva a proprio agio nei suoi alloggi, come se sapesse già dove andare, come muoversi, quali ostacoli si frapponevano al suo cammino, come tappeti o mobili bassi, e le bastava scorrere il suo sguardo nell’ambiente circostante per individuare ogni via di fuga. Questo la insospettì parecchio, ma non ebbe modo per darlo a vedere, poiché Ellaria prese subito la parola.
-Nymeria, cara, prepara la nostra regina al suo imminente incontro. –
-Oh…. – disse la ragazza osservando maliziosa e disincantata la donna che aveva appena parlato, e incatenando successivamente lo sguardo al suo. Dany deglutì a fatica. Le pareva di essere diventata la preda di un animale pericoloso – Con molto piacere, mia regina. – fece due passi ancora e la raggiunse, inchinandosi al suo cospetto, con un movimento calcolato ed elegante.
-Vedi di usare la forma più convenzionale che conosci. – la avvisò Ellaria, mettendole una mano sulla spalla. Nymeria tornò a guardarla in un modo strano, fissando amara la dorniana e facendole una smorfia, infine le allontanò la mano da sé disgustata.
-Ho capito. – rispose scontrosa e sbeffeggiatrice – Non occorre la tua precisazione. – dal tono che aveva usato, Dany ebbe la chiara sensazione che tra le due non vi fosse poi tanta simpatia, ma temette di essersi sbagliata nel momento in cui Ellaria appoggiò le labbra sulla guancia della giovane serpe. Eppure quando gli occhi neri di lei incrociarono nuovamente i suoi, fu certa di leggervi anche del risentimento, che svanì nel giro di un secondo, per cui ebbe quasi il timore di esserselo solo immaginato.
-Mia luminosa visione… che cosa potrei mai aggiustare nel vostro divino aspetto, ditemi? – la regina dei draghi ebbe un sussulto sul posto quando la vide allungare le braccia verso di lei. Udì Ser Barristan muoversi nervoso. Qualche placca di metallo scattò, al suo prendere le misure per estrarre la spada – State pure comodo, Valoroso Cavaliere. – affermò invece la bella mora – I miei intenti sono quelli di rendere la vostra amata regina, un bocconcino succulente per il suo innamorato. –
-Non sono innamorata. – rispose a tono lei.
-Nessuno ha detto che lo siete, mia regina. – Nymeria le sorrise benevola e cordiale – Né che lui non lo sia… anche se sarebbe un pazzo a non notarvi. – si umettò le labbra carnose – Noi a Dorne li chiamiamo così i nostri amanti. –
-Non ho nessun amante. – precisò ancora. Non voleva darla vinta a nessuna di loro; non si fidava di nessuna di loro, non dopo quello che era accaduto alla sala del trono, ciononostante doveva comunque intrattenersi del tempo con gli ambasciatori i Doran, anche quando questi si presentavano nelle sue stanze per una questione imminente e poi si concentravano su queste frivolezze. Indietreggiò di un passo, maledicendosi nell’immediato secondo successivo. Un drago non deve aver paura di una serpe… ma averla a pochi centimetri dal suo naso non la rendeva tranquilla.
-Beh… - la lady alzò le spalle – Vedremo a fine serata, quando tornerò per portar via i vassoi, dove vi troverò… – disse sorridente, Dany alzò un sopracciglio non capendo, così la ragazza proseguì – Se ancora seduta su quel grazioso tavolino – e lo indicò con un moderato movimento del mento – O distesa esausta su quel letto. – spostò la testa di lato per osservare le lenzuola del mobilio indicato. Dany sentì le guance imporporarsi, ma non seppe se per vergogna o rabbia per l’affronto. Pensano che faccia entrare nel mio letto ogni uomo che ho al soldo? E’ questo che Dorne crede? E’ questa l’abito che mi hanno cucito addosso? Rimase a pensare incerta se esporre questi suoi quesiti, o fingere indifferenza, ma poi ciò che la donna di fronte a lei fece, la distolse da ogni altro pensiero. Le accarezzò un braccio usando solo il dorso di due falangi, raggiungendo il culmine della sua lunghezza, le aggiustò una spallina del vestito rosso che indossava, abbassandola alla stessa altezza dell’altra. Curvò poi all’indietro la schiena per guardarla nella sua intera figura e parve soddisfatta. Poi si concentrò sul suo viso. Scrutò ogni centimetro del suo volto, la vide esaminare il trucco sui suoi occhi, la terra sulle guance e pure le labbra… quelle a quanto pare non erano di suo completo piacimento perché le sfiorò col polpastrello del pollice quello inferiore. Dany aprì involontariamente le labbra, sentì quello sfregamento come qualcosa di indefinito; non era certa che le piacesse, ma dalla reazione che sentì tra le gambe, fu sorpresa di considerare dilettevole quel tocco. Si dannò per sentire questa feroce mancanza di un uomo nel letto da così tanto tempo. La vide ridere internamente, nei suoi occhi neri il chiaro segnale di aver fatto centro. Questo diede alla Targaryen la conferma di essersi lasciata andare troppo ai sentimenti di fronte a delle possibili nemiche, ma restò confusa quando si sentì pizzicare dolcemente entrambe le guance. Nymeria aveva riattivato con quel semplice gesto la circolazione in quel esatto punto per renderla più affascinante, ora che ricordava anche Irri e Jhiqui le avevano fatto una cosa simile molto tempo fa, quando l’avevano preparata una notte per incontrare il suo Khal. Di nuovo la sua mente l’aveva allontanata da quel momento e si costrinse a tornare in fretta alla realtà. Non voleva farsi cogliere nuovamente impreparata alla prossima sua mossa, e invece accadde ancora. La dorniana avvicinò il volto al suo in modo alquanto pericoloso e equivocabile, rimase ferma così per alcuni istanti. Dany sentiva i suoi occhi neri e liquidi quasi dentro ai suoi e poteva vedervi all’interno il riflesso del viola brillante delle proprie iridi. La ragazza le sorrise ancora prendendole entrambe le mani, intrecciando le dita tra le sue, mentre le alzava verso l’alto così da farle piegare il gomito alle ore tre in punto. Si ritrovò a seguire i suoi movimenti, senza poter in alcun modo esimersi, incollata al suo sguardo come sotto ipnosi. Emise un sospiro che rimbalzò sulla pelle olivastra di lei per poi tornare sulla propria d’alabastro. Nymeria appoggiò la punta del naso al suo e con un movimento lento e ripetuto, lo strofinò per alcuni istanti. Dany potè quindi sentire anche il suo alito profumato. Sapeva di una spezia fresca, forse anice o menta, ma la sua pelle aveva il profumo del melograno.
Quando meno se l’aspettava, la giovane si scostò da lei quel tanto per ammirarla ora nel suo complesso. Le sorrise gaia, mentre Dany la guardava scettica con la bocca ancora semi aperta. Si stupì di quel loro contatto e si vergognò ancor di più per averlo trovato estremamente piacevole.
-Ora siete davvero perfetta. Invidio un po’ il vostro innamorato e spero non vi deluda. – la regina non comprese appieno ciò che lady Nym le aveva appena detto, ma d’altronde come avrebbe potuto saperlo a quel tempo? La vide inchinarsi con raffinatezza e le voltò le spalle per raggiungere un’uscita di servizio, seguita anche da Ellaria che era rimasta a guardarle da un’angolazione di riserbo, chiudendo poi la porta alle sue spalle.
Di nuovo udì un rumore metallico e intuì che Ser Barristan si era finalmente rilassato. Daenerys sapeva che la sua presenza era stata voluta da suo fratello per la sua protezione, ma a volte sentiva quella protratta condizione come una fastidiosa sensazione di essere costantemente e ragionevolmente controllata in ogni cosa, e questo cominciava a pesarle non poco. E come se non bastasse era convinta che vi fosse anche qualche spia dorniana perennemente al suo seguito e questa era una prerogativa che tollerava ancora meno. Quando percorreva il lungo corridoio che precedeva le sue camere, le ombre dietro ad ogni colonna le parevano allungarsi e nascondere al loro interno qualche mistica figura. Ma Barristan le aveva sempre assicurato di sbagliarsi, poiché ai suoi occhi nulla appariva inusuale. Malgrado ciò Dany non riusciva a pensare di essere mai sola, e quella costante presenza quasi aveva cominciato a piacerle. Era certa che Ellaria avesse messo una delle serpi perennemente al suo seguito, anche in quei momenti non ufficiali. Era ininterrottamente sorvegliata da una di loro, lo sapeva. Spesso lo aveva percepito anche prima, ma da quando Rhaegar era tornato, aveva cominciato a notarlo maggiormente, quasi fosse stato lui stesso a darle quell’ulteriore forma di controllo. Spesso Tyene o Nymeria si alternavano per farle da damigelle, preparandosi con vestiti sontuosi, acconciature particolareggiati nella maniera elegante ed esotica di Dorne, si ungevano la pelle di mille profumazioni e si impreziosivano di gioielli, presenziando con lei a banchetti, udienze o affiancavano le serve nelle semplici mansioni da camera, come un abluzione, o il momento davanti alla specchiera per l’acconciatura mattiniera, o serale per scioglierle e pettinarle i capelli prima di coricarsi. Solitamente con Tyene intavolava una chiacchierata anche abbastanza piacevole, parlavano di frivolezze, di ricordi del passato, o di sogni; Dany in realtà stava attenta a esprimere ogni suo pensiero, ma trovava comunque simpatico il suo modo di fare. Con Nymeria invece non vi era mai stato un grande dialogo e quindi aveva sempre creduto di non piacerle. Obara al contrario delle sue sorelle non amava vestire abiti femminili o affaccendarsi in pratiche da lady e quindi aveva scelto di unirsi alle sue guardie personali che avevano l’ordine di accompagnarla quando usciva dalla Fortezza. Era in pratica tenuta sempre sotto controllo da Dorne.
Barristan non ne era mai molto felice, ma non riusciva a impedire ad Ellaria di metterci lo zampino nella scelta delle sue guardie. Pure quando il lord Comandante si mostrava severamente contrario ad un’intromissione dorniana, la donna risoluta gli rispondeva:
-Se voi uomini forti e coraggiosi non foste stati troppo impegnati a combattere tra di voi vi sareste accorti che i leoni stavano arrivando da ovest. La principessa Elia Martell aveva una schiera di dame da compagnia da far invidia quasi alla regina, ma se aveste lasciato ad ognuna di loro una lama, Dorne ora avrebbe ancora la sua principessa. Solo questo le è mancato, e io non commetterò lo stesso errore con la mia regina! –
L’uomo rimaneva zitto e non proferiva più parola. Alcune volte Dany riusciva a sedare tutte quelle apprensioni inspiegabili della dorniana, ordinandole di mandare le sue ragazze in qualche missione, eppure ogni volta che lo faceva aveva un’insoddisfacente senso di abbandono. Si stava forse abituando alla presenza di quelle giovani? Eppure sapeva anche che non poteva assolutamente considerarle delle vere amiche. Avevano appoggiato la ribellione provando a levarle il trono, erano delle potenziali rivoltose e solo la benevolenza di Tyrion aveva permesso loro di non aver fatto la stessa sorte dei suoi nemici. Non poteva fidarsi di loro, né di Ellaria, né del principe Doran. Ecco perché aveva ordinato a Tyrion di usare uno dei passaggi segreti per portare il giovane Griff nelle sue stanze.
Già… a quell’epoca Rhaegar doveva ancora liberarlo e disporre che il suo nome fosse Aegon.
 
Si era presentato a lei con addosso una semplice camicia bianca. Le braghe erano di pelle rossa come anche la casacca che gli fasciava le braccia, ma la teneva semi slacciata sulla parte alta del petto; all’apparenza sembrava un gesto trasandato, ma nel complesso risultava invece studiatamente accurato. I capelli più lunghi sulla nuca erano legati da un sottile laccio, mentre quelli sul davanti, tenuti più corti gli incorniciavano la fronte e gli occhi. Dany era rimasta incantata per un istante a fissarlo, quasi domandandosi se pure suo fratello Rhaegar da giovane avesse avuto un aspetto identico. Sostituendo quei capelli corti biondo chiaro, con una chioma argento che gli scendeva oltre al bacino, certamente poteva assomigliargli come una goccia d’acqua. Convenne.
-Siediti. – lo invitò ad avvicinarsi. Lui aveva obbedito senza la minima protesta, mansueto come un agnellino; non sembrava più esserci in lui traccia alcuna del drago che aveva conosciuto. Nel suo spostamento, sorpassandola silenzioso, Dany aveva percepito un chiaro odore di dopobarba fresco e maschile, di cui non ne conosceva la profumazione, ma che si scoprì intrigata nell’apprezzarlo inspiegabilmente suo malgrado.
-Dato che abbiamo screditato la tua identità quale Aegon VI Targaryen, dimmi, con quale nome ti dovrei chiamare ora? – gli porse uno dei calici che aveva appena riempito.
-Credo che Griff andrà bene. – disse lui con tono piatto – Ad Essos mi facevo chiamavano Griff, il giovane. Griff, era il nome che aveva scelto lord Conninton. L’uomo che mi ha allevato come fossi figlio suo, ingannato in quella falsa causa che aveva appoggiato senza fare domande. – si interruppe, nascondendo un singhiozzo, ma nel suo volto non vi era sentore di alcuna lacrima – Mi è stato vicino come un padre, severo, ma buono.  – aveva negli occhi una luce di estrema gratitudine per la figura che stava illustrando, pur tuttavia Dany riuscì a scorgere anche un forte senso di costernazione, come se si sentisse in colpa per qualcosa. La sua morte probabilmente, eppure qualcosa le diceva che non era solo quello. Le venne in mente il modo superbo che aveva avuto con lei a Dorne, ma che gli aveva visto anche usare contro il lord del Posatoio del Grifone. Probabilmente in quel momento se ne vergognava.
-Parlami ancora di lui. – lo esortò. I ragazzo ubbidì, quasi fosse uno sfogo.
-Quando siamo approdati a Westeros, mi ha ospitato in quello che era il suo castello. Mi donò la stanza migliore, quella che era appartenuta a lui e al di lui padre, prima che morisse. Lo devo a lui se non mi è mai mancato nulla. Mi ha fatto sentire davvero come fossi un principe. –
-Cosa che, abbiamo appurato, non sei. – intervenne rigida, poi però addolcì il suo timbro di voce –Ma rispetto la sua e la tua inconsapevolezza. Tyrion mi ha supplicato di darti una seconda opportunità. – continuò autoritaria, mentre versava un po’ di vino ad entrambi – Te la meriti, dunque? – il ragazzo aveva preso il calice dalla sua mano, l’aveva guardata fissa negli occhi.
-Direi che non puoi accusarmi delle mie azioni in quanto ero in buona fede, non era perciò volontario arrecarti danno alcuno. – aveva cominciato ad esporre in modo elegante ed aggraziato. Sapeva parlare come un principe, questo era indiscutibile, ma nella sua espressione scorse anche una distinguibile insolenza ed un sorriso selvaggio – E direi che mi merito un’opportunità maggiore… -
-Stai forse alludendo a qualcosa in particolare? – stette al suo gioco, alzando un sopracciglio scettica, e aspettando di capire fin dove voleva osare.
-Non mi permetterei mai, mia regina. – aveva chinato il busto, preso la sua mano libera e gli aveva baciato il dorso con fare cortese, malgrado ciò Dany aveva percepito un che di lascivo nel modo in cui aveva stropicciato le labbra sulla sua pelle. Inebriata dal suo profumo e dai troppi bicchieri di vino che già si era sgolata in solitudine prima che la sua stanza fosse riempita dalle dorniane, fu costretta a fare due bei respiri profondi per restare lucida, soprattutto quando i suoi occhi intravidero gli addominali scolpiti del suo petto glabro, mostrarsi dalla scollatura della sua camicia. Fu solo un momento, dopo la lasciò andare come se tra loro ci fosse una netta separazione. Ed effettivamente c’era una netta separazione. Dany cercò di auto-convincersene.
Si erano seduti a mangiare. Avevano parlato a lungo in maniera molto formale della questione di Approdo del Re, scoprendo che il ragazzo era molto informato su tutto ciò che anche lei avrebbe dovuto sapere. La condizione amministrativa dei Sette Regni, il commercio con Essos, le organizzazioni militari da attuare per sedare ogni rivolta che poteva nascere a caso fra i regni; la consumazione del pasto le aveva fatto tornare la mente più lucida, ma il suo corpo fremeva di desiderio, ardore e passione. Ogni gesto che lui compiva, ogni parola che pronunciava con quel suo tono basso e roco, ogni sguardo che le lanciava… erano come gocce costanti di altofuoco che andavano ad alimentare l’incendio che sentiva dentro. Era provocante a dismisura, qualsiasi parte del suo essere sembrava attirarla a sé… Eppure a Dorne non le era apparso così. Era stato molto freddo, distaccato e volubile, come se qualcosa lo innervosisse, e Dany aveva sempre creduto di essere lei a infastidirlo, lei e la sua pretesa al trono, ma ora tutto quello sgarbo era misteriosamente svanito. Forse lo stava facendo apposta, per ingraziarsela, oppure prima era stato lo stesso Connington a obbligarlo a tenere un comportamento scostante nei suoi riguardi, questo non lo poteva sapere, ma in quel momento tutto poteva avere una duplice spiegazione.
Daenerys non era certa di aver sentito passare del tutto quella sensazione di calura sulle guance causata dal vino o dai pizzicotti di Nymeria. Era tutta un bollore e anche se provava di tanto in tanto ad aggiungere un calice d’acqua addolcita con miele e cannella, o intervallava i bocconi a grosse sorsate di idromele, arrivati alla seconda portata di carne, si rese conto che ogni suo più banale tentativo di intiepidirsi era miserabilmente fallito. Aveva quasi la convinzione ferrea di aver nuovamente esagerato col dolce rosso dorniano, tuttavia era stata ben accorta a toccarlo il minimo possibile.
Griff però galantemente non le faceva mai svuotare del tutto il calice che si apprestava nuovamente a riempirglielo con fare gentile; un sorriso seducente ed uno sguardo complice. Erano i suoi punti deboli, l’avvenenza di un bell’uomo mescolata al vino dolce. Avrebbe dovuto stare più attenta. Lo aveva scoperto a Giardini dell’Acqua, chiacchierando allegramente una sera con suo fratello e risvegliandosi la mattina dopo tra le sue braccia, mentre lui la cullava, accarezzandole una ciocca di capelli e cantandole una dolce melodia sulla luna ed un animale notturno che ululava…
Aveva scosso la testa, scacciando in fretta quel pensiero. Concentrarsi era già molto difficile in quel momento, pensare alle carezze di un uomo era decisamente pericoloso. Griff invece non dava segni di aver perso il controllo di sé. No, certo, lui era come Rhaegar in tutto e per tutto. Composto, cordiale, educato… muscoli e carne da assaporare… uno sguardo concentrato e attento, un’ottima educazione… una voce suadente… quelle dita affusolate che avrebbe voluto sentirsi addosso e accarezzare anche nei luoghi dove il sole non poteva toccarla… Dany! Cosa diamine ti sta accadendo?!
-Cosa vi sta accadendo? – la sua voce roca e turbata, le arrivò incredibilmente vicino all’orecchio, in maniera tanto inaspettata che l’aveva colta alla sprovvista. Il suo alito caldo le lambì il collo. Ebbe un brivido – State male, mia regina? Volete che chiami qualcuno? – sembrava sinceramente preoccupato. Dany ebbe il fugace pensiero che Barristan stesse arrivando prima che subito, ma poi si ricordò di avergli ordinato di aspettare fuori. Controvoglia il cavaliere aveva eseguito il suo ordine.
Il giovane si alzò, senza aspettare un suo assenso e stava per dirigersi verso la porta probabilmente per chiamare aiuto… ma ora che ci pensava seriamente, poteva anche essere, che volesse scappare…? Quando lei fece la prima cosa che gli venne in mente, per fermarlo. Fu una risposta ai suoi sensi oppure ai timori: temeva che lui venisse catturato dalle serpi dorniane, ucciso magari, o anche solo arrestato e portato come prigioniero di guerra a Sunspear per chissà quale atroce fine. Aveva appurato che le serpi più e più volte avevano chiesto la locazione del giovane, soprattutto Nymeria, ma lei dapprima si era limitata a tergiversare, in un secondo momento a zittirle con la sua autorità, e da quel momento lei e lady Nym avevano quasi smesso di parlarsi.
Qualcosa in quel momento però le fece intuire che il suo preoccuparsi per lui non era ciò che maggiormente la premeva. Non era per salvare la sua vita che gli aveva afferrato il braccio e lo aveva costretto a voltarsi nuovamente verso di lei, ma era per salvare la propria di vita.
Le era sembrato come se il tempo avesse rallentato il suo corso improvvisamente. Lui si era girato lentamente, l’aveva guardata confuso, poi aveva abbassato gli occhi sulla stretta al suo braccio, una pressione quanto mai decisa in principio, ma poi si era trovata costretta ad allentare di molto la pressione delle dita, accorgendosi di avere delle mani troppo minute per pensare anche solo di avvolgergliele attorno ad un dei suoi avambracci così muscolosi e sodi. Era forse dimagrito in quel periodo di prigionia, ma doveva aver continuato i suoi allenamenti imperterrito, quasi vedendo in essi la sola ragione per restare in vita.
Dany aveva lasciato scorrere quindi le falangi verso la sua mano, incerta sulla sua reazione, ma convinta del proprio desiderio. Gliel’aveva presa e aveva intrecciato le dita con le sue. Poi se l’era avvicinata al volto, vi aveva strofinato la punta del naso sul dorso, tenendo gli occhi chiusi e solo all’ultimo li aveva aperti, scoprendo che la stava guardando, meno sconvolto di prima, e con una luce diversa: incuriosito, istigato, provocatorio ed eccitato. Tanto, a quell’altezza lo vedeva chiaramente. E anche lei lo era; dal primo momento in cui lui era entrato nelle sue stanze.
Non lo avrebbe mai pensato, né creduto possibile. Per una sola frazione di secondo pensò che forse Ellaria le aveva innescato qualcosa di poco ortodosso nel suo “sistemarla per la serata”, ma non poteva davvero averla avvelenata, né chiesto a Nymeria di farlo… o lo avevano fatto senza che me ne accorgessi? Non ebbe nemmeno il tempo per formulare un’eventuale ipotesi che si ritrovò stretta in vita da un suo possente braccio. Con uno scattante colpo della mano, la schiacciò contro il suo corpo. Lo sentì. Un fascio di muscoli, possenti e invoglianti. La loro consistenza sulle gambe, sul ventre e sul petto. Era caldo come il sole bollente dell’estate. Era desiderio puro. Era un uomo e lei era una donna… Era tutto ciò che alla sua mente bastava ed il suo corpo necessitava.
Era questa la vera motivazione che l’aveva portata a compiere quel gesto così avventato. La solitudine… Già, lei si sentiva sola, perennemente. Da quando Rhaegar era tornato a casa sua, in maniera ancora maggiore. Sola… e lei non voleva più sentirsi in quello stato di abbandono.
-Voglio tornare… - si ritrovò a gemere, mentre le labbra di Griff cercavano di darle piacere sul suo collo – …in quella casa… - le mani affusolate e sicure cercavano di farsi spazio tra gli abiti, slacciando e sollevando le stoffe – …dalla porta rossa… - lo sentì fermarsi improvvisamente. Dany aprì gli occhi, credendo di aver rovinato tutto, senza capire perché si fosse bloccato. Lei aveva una mano tra i suoi capelli, lo aveva premuto a sé, mentre l’altra era posizionata sul suo petto, appena sotto la scollatura della camicia. Notò la collana che dondolava poco distante dal suo pollice; una stella era il ciondolo che scendeva, ma vide con la coda dell’occhio anche una strana macchia poco sopra la sua scapola, un leggero segno, che poteva ricordare il tramonto di un sole tagliato dall’orizzonte. Ebbe memoria di qualcosa che le era stato detto… ma in quel momento nulla nella sua testa aveva un senso. Ogni pensiero era un accozzaglia di fuochi fatui sferzati dalla potenza nella combustione dei sensi. Seguì poi la direzione dei suoi occhi indaco; erano fissi verso la porta della loro camera. Temette l’eventualità che qualcuno li avesse visti avvinghiati, ma quando si voltò per accertarsene, ma vide serrata esattamente come prima. Era altamente improbabile che si fosse aperta senza che lei lo avesse sentito. La serratura grattava e il legno cigolava ogni qual volta che qualcuno la oltrepassava. Inoltre Ser Barristan era fuori e per nessuna ragiona sarebbe entrato senza prima annunciarsi o chiederle il permesso, ma se anche lo avesse fatto la sua riservatezza lo avrebbe portato a non dire una parola, né a pronunciarsi in alcun modo. La porta era ancora sbarrata, quando i suoi occhi tornarono a concentrarsi su di lui, conscia che lo spesso legno, impediva in grossa parte a far passare i rumori bassi che avevano emesso fino ad ora. Griff però continuava a cercare in essa una ragione che lei non comprendeva. Gli stava per dire di non porsi problemi, quando lui volse il capo verso di lei e la guardò pensieroso e divertito al tempo stesso.
-Vostra grazia, non vorrei essere scortese, ma la vostra porta è in quercia, bruna e scura… E non mi risulta che né l’entrata del Fortino di Maegor, né della Fortezza Rossa siano fatte con un legno di ciliegio o tendente al rosso… - sembrava scettico, ma i suoi occhi erano ridenti – Oltre al fatto che non chiamerei mai questo edificio semplicemente “casa”… - enfatizzò quella parola ghignando. Le sorrise, un sorriso che illuminò la stanza e tutta lei, portando poi il volto in prossimità del suo - …ma se lo desiderate vi racconto di una casa che ho visto… - avvicinò volutamente anche il proprio bacino al suo, facendole sentire che fremeva di desiderio esattamente come lei, solo che in lui era decisamente molto, ma molto, più distinguibile la cosa – C’è un luogo dove le case hanno le porte rosse… - le sussurrava tenendo le labbra a fior di pelle, passando dalla bocca, allo zigomo, e scendendo nuovamente sul collo, appena sotto l’orecchio.
-Davvero? – ansimò lei.
-Ve lo giuro sul… - forse stava per dire sul suo onore, ma si corresse all’istante – Sulla statua del Guerriero. –
-Non fare giuramenti su dei che potrebbero anche non esistere. – lo vide arcuare le sopracciglia, convinto forse del contrario, così lei gli spiegò – Ho viaggiato a Essos, e ho incontrato migliaia di culti differenti, come penso ti sia capitato anche a te. –
-Ma i nostri dei sono i Sette. – le specificò.
-Non mi sono mai messa a pregare quegli dei. Sono sopravvissuta credendo solo su me stessa e questo mi ha aiutato a rialzarmi ogni volta che cadevo in ginocchio. – il ragazzo la osservò impensierito, infine disse.
-Si vede che non hai mai avuto una septa appresso. Se io avessi osato dire una cosa del genere Lemore mi avrebbe tirato La Stella a Sette Punte in testa per blasfemia. – rise e Dany si sciolse nella sua risata.
-Continua a baciarmi. – gli ordinò. Lui emise un ghigno sagace.
-Credevo che volessi sapere di quelle case che ho visto? – si avvicinò alla sua bocca ma attese una sua risposta. Dany era eccitata, ma anche troppo curiosa.
-Sì… parlami anche di quello… - enfatizzò sulla parola anche e lui recepì il messaggio perché cominciò a leccarle il contorno delle labbra, prima di tornare a raccontarle.
-I muri sono fatti di una malta sabbiosa… - le accarezzò una guancia – Che al sole sembra risplendere di minuscole pepite dorate. – la solleticò il collo usando il dorso di due sole dita – E il vento caldo mi accarezzava il volto la mattina, quando mi affacciavo alla finestra della mia camera.  – assaporò la sua pelle come se avesse necessità di sfamarsi per davvero, Dany credette di svenire dall’emozione – E le narici si riempivano di quel dolce profumo inebriate di agrumi e spezie… - lei sentì il suo alito rasentare la pelle del petto completamente scoperto.
-Mi ci porteresti? – uscì più come una supplica che una vera e propria richiesta. Ma lui fu impeccabile nella risposta, come a non volerle togliere per alcun motivo la corona che simbolicamente restava sulla sua testa.
-Ai vostri ordini, mia regina. – un sorriso splendente lo ravvivò come fosse un sole nascente di un mattino d’estate – Potremmo tornarci quando volete, ma prima, se permettete, opterei per condurvi in un luogo molto più… in alto. Un trono dove sono certo starete a vostro agio. – continuò lui prendendola a cavalcioni e conducendola verso il suo enorme letto a baldacchino.
 
Non gli disse di no, non gli ordinò di fermarsi, né di fare piano. Lei era fervore e passione esattamente come lo era lui. L’alchimia fra loro era stata alta fin dal primo momento a Giardini dell’Acqua, ma era chiaro che lui l’avesse repressa fino a quel momento, ora invece gli stava dando libero sfogo. E Dany aveva avuto per la prima volta nella sua vita la sensazione di una nuova rinascita la mattina seguente. Si sentiva una donna conquistata e conquistatrice, nel suo pieno significato anche se ancora una briciola del suo essere pareva non essere stato saziato, come se mancasse ancora un tassello. Non si era innamorata di Griff, ma per lui provava qualcosa di molto simile a quel sentimento, e più il tempo passava, più era certa di andarci sempre più vicino.
Ecco perché non gli aveva mai concesso la piena libertà, non lo aveva mai lasciato uscire da quella cella; lo aveva tenuto stretto a sé, perché per lei rappresentata la sua personale via di fuga. Sua, esclusivamente sua. Un modo dolce per evadere da tutta quella solitudine che da sempre la perseguitava. Avrebbe tanto desiderato permettergli di muoversi per il palazzo, dargli una stanza personale, consentirgli di indossare abiti più eleganti e presentarlo come sua nuova guardia personale, ma aveva paura. Sapeva come poteva essere considerato, sapeva come gli occhi di tutti lo avrebbero visto nel suo insieme, e non voleva che troppi tentacoli lo raggiungessero. Paventava l’idea che lui guardasse altrove. Temeva che qualcuno si impadronisse di lui, che glielo portassero via o che gli facessero del male… perché poi lei lo sapeva, avrebbe provato il doppio del dolore se la solitudine l’avesse nuovamente pervasa e quella prospettiva era talmente vicina che aveva deciso quindi di chiuderlo nuovamente in quella cella, per tenerlo lontano da ogni eventuale possibilità di distrazione. Così sarebbe stato unicamente suo e a suo piacimento. E lui non si sarebbe mai allontanato del tutto.
Si era convinta così di aver preso quella decisione per il suo bene, ma in realtà dentro di lei non voleva ammettere che non era per proteggere lui che lo aveva fatto, ma per proteggere se stessa.
 
Seduta sulla cima di quella rupe, si ritrovò a pensare che era stata un’egoista. Aegon non l’aveva mai presa in giro dopotutto, non volutamente almeno, mentre lei lo aveva fatto. E cosa ancor peggiore lo aveva fatto intenzionalmente. Rhaegar lo sapeva, Aegon gliene aveva certamente parlato; loro si raccontavano di tutto, ma suo fratello, forse comprendendola, non l’aveva mai rimproverata. In nessuna occasione si era esposto riguardo alla loro relazione. Ci scherzava sottilmente, ogni tanto gli scappava una frecciatina in una o nell’altra direzione; ammonendo lei per le sue eloquenti frasette, e lui per essere inopportuno, ma non aveva mai scoraggiato davvero la loro liaison, anche se Dany non sapeva davvero se chiamarla così. Erano stati amanti alla capitale. Occasionalmente, avevano passato le notte assieme, ma la presenza di suo fratello aveva un po’ smorzato la loro passione. Come se Aegon avesse maggior riguardo verso di lui, che nei confronti di lei e quindi si sentisse a disagio ad andare a letto con sua sorella. E poi Dany sapeva anche qual era l’altro motivo, una ragione per cui entrambi avevano un debole. E lei non si era mai posta la domanda se fosse l’abbagliasse di più quel raggio di sole o quel granello di sabbia dorata, oppure l’idea di venir illuminata da entrambi… ma non voleva considerare invece la cruda realtà di venir invece oscurata dietro di loro.
Alcune volte, quando lei lo cercava per un bisogno immediato o col desiderio di abbandono totale dei sentimenti, si era apprestata a raggiungerlo perfino nei suoi alloggi, anche se sapeva che non potevano far nulla lì. Rhaegar dormiva nella stanza accanto ed aveva severamente vietato che sotto al suo naso, si mostrassero in atteggiamenti succinti. Moralista di un drago!
Si era sentita per un attimo tradita quando, aprendo la porta della camera da letto di Aegon, ci aveva trovato suo fratello, completamente addormentato sulla chaise-long, mentre il giovane, deliziosamente premuroso, lo copriva con una coperta. L’aveva guardata sorpreso e le aveva fatto segno di non fare rumore; l’aveva presa poi per mano e l’aveva condotta fuori dai suoi alloggi, chiudendo piano la porta.
-Penso si senta solo… L’ho soltanto dedotto, non mi racconta tutto. – le aveva rivelato per metà stizzito – …Vorrei che lo facesse. Che si sfogasse per davvero. Magari lo aiuterebbe, ma lui si tiene dentro tutto. È fatto così. Ha un carattere chiuso, però è gentile e si preoccupa per gli altri. – aveva alzato il capo verso il cielo, rincorrendo con lo sguardo un tordo che volava – Credo sia inutile anche dirtelo: tu sicuramente lo conosci meglio di me. – le aveva lanciato uno sguardo allusivo e le aveva portato uno spicchio di albicocca di fronte la bocca, offrendoglielo. Erano distesi, fuori, all’aperto, su una grande coperta di pellicce scure, in quelli che dovevano essere stati i bei giardini reali dei draghi, ma i Baratheon e i Lannister non li avevano curati poi molto. Ora c’era solo una distesa di terra ghiacciata, dove nemmeno era presente un filo d’erba. Neppure quella cresceva nel mondo che Cersei aveva velocemente distrutto.
-Probabilmente è una malattia di tutti coloro che posseggono sangue di drago, quella di sentirsi soli. – aveva sospirato lei – Un po’ come i sogni di drago. – poi si era voltata a guardarlo – Anche tu ti senti solo, proprio come noi, quindi fai parte della famiglia a prescindere dalle tue vere origini. – lo doveva accettare. Non era un Targaryen, ma in quanto Blackfyre restava comunque un drago; un antico ramo cadetto, nato dai discendenti di Daemon, uno dei grandi bastardi che Aegon Il Mediocre legittimò.
-Mi sono sentito solo pure io, quanto tutte le persone che erano giunte con me da Essos sono morte o mi avevano abbandonato. – aveva contestato Aegon, tristemente.
-Avevi tanti amici tra loro immagino… - provò a rincuorarlo lei.
-Colui che mi manca di più è Papero. – disse riflessivo.
-E’ tra quelli che sono fuggiti? – azzardò, sperando che fosse tra questa cerchia.
-No. – rispose meccanicamente lui, la voce un rantolo lontano – E’ stato quel demonio enorme, dall’armatura bianca che combatteva per la regina Lannister. – continuò aggrottando le sopracciglia. Dany fece mente locale su chi mai poteva essere. Poi le tronò alla mente cosa Ser Barristan aveva detto riguardo quell’uomo. “Un tempo era un cavaliere, uno tra i più pessimi esistenti per le atrocità che aveva compiuto. Avrei preferito che venisse mandato alla Barriera, e invece gli venne sempre permesso di continuare a girovagare tranquillo. Si faceva chiamare Gregor Clegane, tuo fratello controvoglia lo investì del titolo di Ser, obbligato dal re.” La regina ricordava solo che ad ucciderlo era stato prima la Vipera Rossa, il fratello più giovane del principe Doran, compagno di Ellaria, ma in qualche modo era sopravvissuto alla sua lama avvelenata, per diventare uno zombie camminante e senziente per opera del piromante Qyburn, al servizio di Cersei Lannister. La seconda volta invece suo fratello Sandor lo abbatté definitivamente. Quel cavaliere si era presentato a loro un mattino, fingendosi un mercenario dalla folta barba e i capelli lunghi, abiti consulti e maleodoranti. Solo in nella battaglia nella Sala del Trono Barristan lo aveva riconosciuto, ma prima che potesse anche solo avvicinarlo, se n’era già andato.
-Ora nessun demonio tornerà a rovinare il mio regno. Puoi stare tranquillo. – gli disse infine speranzosa. Un raggio di sole era uscito dalle nubi colpendolo in volto e accecandolo. Prontamente Aegon aveva alzato un braccio per ripararsi e anche il suo umore era tornato allegro.
-Se osano tornare a darti fastidio, io li ucciderò. – le disse serio, prima di tornare sereno – Perché non voglio che questi momenti di pace finiscano mai. Ora ho altro che tiene lontana la solitudine. Ho te, ho il principe… - le aveva fatto un buffetto sul naso, mentre elencava tutti loro, e Dany stette al suo gioco.
-Hai quella collana di cui non ti separi mai… Non ce l’avevi la prima notte che hai passato con me. – gliel’aveva presa, posizionando i polpastrelli su tre punte della stella. Lui con gentilezza gliel’aveva tolta dalle mani.
-Perché ogni mio avere mi era stato gentilmente sottratto. – enfatizzò molto il gentilmente e Dany si morse un labbro. Lui notò quel suo gesto e vi sovrappose le sue labbra – Non sto dicendo che è colpa tua… ma non toccare le cose che non ti appartengono, curiosa di una zaldritsos. – l’aveva ammonita ora giocosamente, scoccandole un bacio tenero sulla fronte.
-Non chiamarmi così! – si era lamentata, mostrandosi offesa e irritata, ma deliziata da quella dolce attenzione.
-Sei un drago… - le aveva dato un secondo bacio sulla guancia – E sei piccola… - sfiorando appositamente la sua pelle si era spostato fino alla suo naso, dandole un bacio anche lì – Più piccola di me di due anni. – aveva aggiunto sorridendo.
Era strano eppure in qualche modo quella sua maniera per dimostrarle affetto si era come magicamente trasformata in qualcosa di più simile alle effusioni tra fratelli che a veri amanti quali in teoria ancora erano. Però si deliziava ugualmente di tutta quella nuova condizione, perché le faceva tornare alla mente quei sogni che un tempo faceva ad occhi aperti, quando si immaginava una vita senza esilio, in compagnia di tutti i membri della sua famiglia e le relazioni affettive che avrebbe instaurato con i figli di suo fratello, quasi suoi coetanei. Sognavo di sposare Aegon, e ora sono qui con lui, a giocare, ridere e scherzare come se nulla fosse mai accaduto… le comunicava quella vocina dentro di lei. Ma lui è un Blackfyre. Le rispondeva subitaneamente l’altra voce della sua coscienza.
-Sarà… ma a volte mi sento considerata poco o niente. – finse di fare il broncio, incrociando le braccia al petto.
-E’ un pensiero quanto mai bizzarro detto dalla Regina dei Sette Regni. Come fai a non essere considerata? – la schernì.
-Tutte le volte che vengo sostituita da una moretta. – Dany lo punzecchiò, ma lui la osservò con aria scettica cambiò abilmente discorso.
-Non mi puoi dire che ti senti sola e poco considerata: hai uomini che ti hanno seguito fino in capo al mondo. Numerosi uomini di fiducia al tuo seguito. Un fratello che ti ama… E poi hai tre draghi. – si era infine teatralmente rabbuiato, distendendosi al suo fianco, incrociando le braccia dietro la schiena – Pensa invece come starò io fra qualche settimana, quando voi partirete per il nord. -
-Puoi venire con noi. – gli propose. Aegon alzò un sopracciglio esasperato.
-Rhaegar mi ha già dato una missione… - alzò le braccia e con due dita fece le virgolette sopra all’ultima parola – Così l’ha chiamata lui. – Dany lo fissò sapeva qual era la decisione di suo fratello a riguardo, ma non la condivideva appieno – Dovrò starmene solo in quel suo castello a Dragonstone, attendendo paziente il vostro ritorno, mentre a voi tocca la parte più bella. – anche se non era senz’altro felice di separarsi da loro, mostrava comunque un lieve segno di orgoglio nell’aver ricevuto quell’onore.
-Ho provato a convincerlo a farti venire con noi, ma non mi ha voluto ascoltare e mi ha dato delle ragioni per desistere sulla mia iniziativa. – affermò pensosa – Strano. – si portò una mano otto il mento – Ser Nonno mi ha detto non lasciava mai il suo castello a persone di cui non si fidava. E durante le sue assenze lasciò come castellani due guardie reali. Mai nessun’altro ha mai potuto neanche aspirare ad un’analoga considerazione… - lo aveva osservato scettica. Lui si era voltato verso di lei, guardandola intrigato.
-Davvero? Stimolante… - aveva detto con un ghignetto malefico sul volto. Dany aveva messo la punta dell’indice sulla sua guancia, dove un particolare affossamento trasformava quella sua perfezione, in qualcosa di molto accattivante.
-Ritieniti quindi fortunato. – si avvicinò al suo viso con l’intenzione di baciarlo sulle labbra. Giocarono un po’ a sfiorarsi, senza mai toccarsi davvero, ma alla fine su lui a desistere da ogni attrazione.
-Dai, alzati, Dany, che ti porto dalle tue lucertole troppo cresciute. – le porse la mano.
-I miei figli non sono lucertole, ma draghi. – precisò indispettita, prendendogli la mano.
-Si, si, quello che sono… - fece un vago movimento dell’aria con l’altra mano – Solo tu puoi pensare che quelle bestie siano creature partorite dal tuo ventre. – commentò acido.
-Sforzati di considerarli alla pari mia e di mio fratello. – lo rimbeccò.
-Tu e tuo fratello non avete cercato di incenerirmi con una fiammata. – rispose piegando il capo visibilmente contrariato. Dany comprese quindi da cosa derivava la sua avversità.
-Non dirmi che ce l’hai ancora perché Viserion ti stava per staccare una mano? – Aegon si era voltato e le aveva lanciato un’occhiataccia, prima di trasformare quella smorfia in un sorriso malizioso.
-Saresti andata male tu, mia cara. Tu e la tua amichetta! – le aveva cinto la schiena, spingendola verso di sé con calcolata forza – Le mie mani vi piacciono molto, quando le porto dove i vostri desideri agognano… –
 
-Haedus! – un urlo forte la ridestò improvvisamente. Alzò gli occhi al cielo e vide suo fratello che la chiamava a cavallo di Viserion. Era in prossimità della Foresta del Lupo in direzione sud est. Accanto a lui sul drago verde, la scura capigliatura del Lupo Bianco. Aegon, se solo fossi qui… basterebbe una tua battuta, un tuo sorriso, una tua parola sfrontata… Si ritrovò a sorridere controvoglia al suo ricordo.
Drogon,  dietro di lei emise un grugnito, quasi avesse percepito i suoi pensieri e ne fosse notevolmente irritato. Buttò fuori un sospiro e trasse la forza per ritornare dove il suo cuore voleva stare, anche se questo l’avrebbe fatta soffrire. Qualcosa in quelle memorie le aveva fatto capire che non doveva mollare. Forse non c’erano più speranze per lei, ma dovevano esserci per forza aspettative differenti per Rhaegar. Lui era l’unico che aveva al suo fianco l’altra metà del suo cuore, e lei era chiaramente ancora innamorata di lui.
Dany si ripromise di combattere fino alla morte per vedere gli occhi indaco scuro di suo fratello brillare anche solo per una volta soltanto.
 
 
 
 
 
Note dell’autore:
 
Un nuovo capitolo è finalmente giunto. Allora ammetto che non è di svolta e che tutto sommato non sembra far procedere niente, ma devo spiegare dove stanno i singoli personaggi e quello che stanno facendo perché nel prossimo avverrà una cosa che allarmerà un po’ tutti e per capirlo dovevo illustrare il pre.
 
Quindi come avete visto Lyanna ha i suoi classici momenti di tediosa malinconia, ma questa volta ho voluto rimarcare il suo stato di privata maternità. Ha memorie per il figlio che non ha mai potuto tenere tra le braccia, ma ha memorie anche per altri bambini che ha avuto modo di incontrare nel suo passato e di convivere con loro per qualche momento. Immagino che abbiate riconosciuto gli ultimi due che sono Rhaenys e Aegon, i due figli che Elia ha avuto… questo però non sorge un po’ strano? Lyanna ha frequentato la famiglia del principe a Harrenhal e quindi ha potuto conoscere solo la primogenita, non anche il secondogenito… Qualcuna di vuoi ha qualche idea in merito? Una soluzione che spieghi il tutto?
E poi avete qualche sospetto su chi possano essere gli altri bambini ricordati? Se fate mente locale del tempo passato potere arrivare a chi possono essere, altri invece sono più difficili, ma nei prossimi capitoli se cogliete attentamente gli indizi, potreste anche capire chi sono perché esistono nel presente. Sappiate comunque che nell’arco della storia appariranno tutti con l’età che hanno raggiunto ora ovviamente.
 
Passiamo invece adesso a parlare di Daenerys.
La regina dei Draghi si sente ancora scombussolata per gli avvenimenti successi con Jon. Allontanandosi spera di attutire quel dolore che sente e le sue memorie tornano nel passato. Ammetto, questo pezzo avrei voluto inserirlo in uno dei capitoli appositi del passato di Dany e Rhaegar, ma poi non ci avevo trovato alcun riscontro e ormai avevo scritto questo passaggio, così ho deciso di inserirlo subito dopo avervi raccontato che Aegon era stato graziato.
Ci sono molte di voi che pensavano che il suo ruolo fosse concluso con la ribellione nella Sala del Trono, invece vi ho sorpreso non poco nello scorso capitolo quando Rhaegar è andato a riprenderselo. In questo pezzo che avete letto però se notate ho volutamente deciso di allontanare la figura del principe, facendovi invece vedere in quali rapporti sono Aegon e Dany qualche tempo dopo la sua liberazione. Sono molto affiatati e sembrano avere una buona intesa, eppure Dany già a quell’epoca aveva capito che lui non era forse l’uomo adatto a lei. E ora è confusa, col cuore diviso tra un biondo e un moro, senza la possibilità di compararli perché entrambi sono distanti, uno territorialmente, mentre l’altro metaforicamente parlando.
Sappiate che il personaggio di Aegon pian piano comincerà ad emergere, fino ad ottenere un proprio pov. Fatemi sapere cosa ne pensate di lui, ammetto che potrebbe essere un tantino differente da quello descritto da Martin nei libri, perché alla fin fine lo abbiamo intravisto si e no in 5 pov complessivi e sono proprio curiosa di leggere cosa ne penserà Arianne di lui quando e se Wind of Winter uscirà… sì, purtroppo non ho letto quel pov inedito di lei, dato che con l’inglese non sono molto ferrata e al momento ancora non mi è stata passata alcuna traduzione.
 
Vi auguro una buona continuazione e vi saluto con un caloroso affetto,
la vostra Azaliv!

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Capitolo 57
*** Gentilezze inaspettate ***


Giocare col piccolo Sam la distrasse a tal punto che le sembrò quasi che gli dei le avessero permesso di far un viaggio con la mente in un tempo mai esistito, dove lei e suo figlio non si erano mai dovuti separare. Percepì quasi la stessa dolce emozione che l’aveva colta quel giorno in quel castello bianco e profumato del sud, tra l’afoso clima del giorno, a cui non era per niente abituata; il bruciore sul volto, dove il sole l’aveva scottata; le spalle ardenti e anche la pelle del petto che le inviava con discontinuità fastidiose pugnalate, quando l’effetto degli unguenti cessavano; il tutto mescolato alle recenti e improvvise forti nausee dapprima credute essere giunte per la disidratazione, e quindi la conseguente meraviglia di scoprire che erano dipese da altro… Il suo sguardo buio e severo si era acceso di una luce incredibilmente brillante, fino a manifestare la concretizzazione nel sapere che il frutto del loro amore stava crescendo dentro di lei.
Si toccò il ventre, proprio come aveva fatto in quell’occasione, ma questa volta ebbe solo la falsa percezione di avvertirne ancora il leggero gonfiore. Chiuse gli occhi immaginando di provare di nuovo quella gioia profonda mentre lo scopriva muoversi; leggeri vivacizzi del loro bambino al ritmo delle note di un’arpa… E sentì un suono dolce e armonioso colmare la sua memoria. Un ritmo simile la fece tornare alla cruda realtà, osservò svogliata il modo di pizzicare quelle corde… era del tutto diverso da quello che rammentava.
Inquadrò Mance Rayder che stava improvvisando una ballata in onore di Jon e il suo approccio coi draghi. Storse la bocca in una smorfia disgustata e si concentrò sul gioco del piccolo Sam. Il bimbo continuava a impilare dei cubi di legno l’uno sopra l’altro. Quando però la loro altezza superava i cinque blocchi, la struttura perdeva l’equilibrio e lui mostrava segni di irritazione. Decise quindi di intervenire: approfittò di un momento in cui il piccolo non guardava, distratto dal gracchiare di un corvo, accucciata accanto a lui sulla neve, Lyanna si premurò di sistemare l’ultimo cubo leggermente più a destra, usando solo la punta di un dito, senza farsi notare, prima che lui vi appoggiasse il sesto. Come per magia la torre rimase in piedi. Sam osservò l’opera ammirato, poi alzò quegli occhi meravigliati su di lei. La donna non potè che sorridergli amorevole; era un bambino così dolce e allegro. Quanto avrebbe voluto che anche suo figlio l’avesse guardata a quel modo negli anni della sua crescita, che avesse visto in lei un genitore da imitare e su cui porre la sua fiducia…
Il piccolo si alzò in piedi baldanzoso e contento del risultato e coinvolse pure lei in quelle feste. Lyanna si mise in piedi e cominciarono a rincorrersi. La neve rendeva difficile la corsa del bambino, che sgambettava senza premurarsi dell’impaccio, ma non sembrava demordere. Le sue urla gioiose rallegravano la radura e molti uomini si voltarono a fissarli. La lady del nord lo seguiva in una corsa meno convinta, per non demolire così la sua speranza di vittoria. Accorreva quando lo vedeva vacillare, appoggiandogli con leggerezza una mano sulla schiena, o su un fianco, se perdeva stabilità sulle gambe, impegnandosi a mantenere viva la sua finta convinzione di riuscire nella fuga. Era una gioia per gli occhi, vederlo così gioioso e spensierato, rendeva anche lei più serena e spensierata; e le angosce che aveva provato fino a poco prima, sembravano ora così distanti. Le parve di avere pure la sua mente più libera dai cattivi pensieri e dai timori. Si sentiva leggera. Nuova. Diversa. Si sentiva felice… ma poi non sentì più niente.
L’oblio l’aveva colta impreparata questa volta, ed il buio era arrivato inesorabile, cancellando ogni dolore e ogni sorta di pensiero.
 
 
 
 
 
Era corsa alla sala comune, appena le avevano rivelato, quanto fosse accaduto. Con una mano teneva alto un lembo della gonna per evitare di inciampare nella stoffa. Aveva abbandonato le sue mansioni di fretta. Aveva incontrato zio Benjen, impegnato ad intagliare un pezzo di legno su un angolo vicino al camino, e gli aveva detto ciò che le avevano appena comunicato. Assieme si erano precipitati di fuori e l’avevano trovata tra le braccia di Harwin. Gli occhi chiusi, le braccia inermi ed il volto pallido. La collana era uscita dalla scollatura, ma rimaneva ancora salda al suo collo. Era semplicemente svenuta. Sansa tirò un sospiro di sollievo.
-Lya… – aveva sentito suo zio pronunciare quel nomignolo come un leggero soffio di vento, prima di vederlo avvicinarsi preoccupato alla sorella. Lo vide rialzarle la testa con una mano, dolcemente, senza crearle alcun disagio apparente.
Sansa era rimasta più indietro; pietrificata, come una perfetta stupida. Il suo cuore le era salito in gola e le batteva talmente forte che le sembrò persino difficoltoso respirare. Pretendeva di conoscere i fatti, la parte più razionale di lei voleva sapere cosa fosse successo, come era potuto accadere che nessuno si fosse accorto prima che stava male, eppure non aveva nemmeno il coraggio di chiedere o di avvicinarsi. Temeva di perderla, non aveva mai compreso fino a quel momento, quanto il loro legame fosse diventato essenziale per lei. Nemmeno quando era partita per quella missione si era mai sentita in quel modo. Abbandonata, come un lupo solitario lasciato dal branco. Spezzata, come una lastra di ghiaccio che si stacca dal crostone di una montagna. Sola come da tempo ormai immemore era. Sua zia era entrata piano nel suo cuore, con passo cauto e fiducioso, o era avvenuto il contrario? Non sapeva darsi una risposta, ma di una cosa era certa: lei le aveva concesso uno spazio via via sempre più amplio.
Zio Benjen incrociò gli occhi con lei e in maniera autorevole le disse:
-Sansa, vai a chiamare Sam. Sbrigati! –
Lo aveva fatto. Sapeva di averlo fatto. Eppure tutto ciò che aveva compiuto le era parso così confuso. Aveva nella testa solo la tremenda visione di un altro membro della famiglia che li lasciava. Prima il lord suo padre. Poi sua madre e suo fratello Robb. Rickon, il più piccolino, quello da proteggere… Non c’erano riusciti, forse non ci avevano provato abbastanza…
Non ce l’aveva con Jon, lui aveva fatto tutto il possibile, Sansa questo lo sapeva: lui faceva sempre tutto il possibile e ogni azione che compiva era nel giusto. Ma lei invece, cosa aveva fatto? Aveva scritto una lettera, quello sì, per chiedere ai cavalieri della Valle di supportare la loro causa e loro aveva risposto. Petyr aveva risposto, certo che la ricompensa bene presto sarebbe arrivata. Non ci dormiva più la notte, ma sapeva che senza di lui Jon sarebbe morto e Ramsay l’avrebbe ricostretta a quell’agonia e questa volta non l’avrebbe lasciata viva.
Ecco tutto ciò a cui era servita, dare a Petyr un pretesto per ricattare gli Stark. Si strinse lo scialle sulle spalle, guardando suo zio adagiare delicatamente la sorella su un letto improvvisato, con paglia e pellicce in una stanza isolata al primo piano, in modo che se Sam avesse avuto necessità di spogliarla per una visita più accurata, avrebbero potuto apporre delle tende di fronte la porta inesistente. Gilly aveva portato tutto il necessario; due enormi teli scurenti, panni puliti, la borsa con tutte le medicine di Sam. L’aveva poi vista appallottolare il proprio mantello e farne un cuscino che aveva riposto sotto la testa di Lyanna, prima che Benjen la lasciasse andare completamente. Suo zio non si era spostato dal letto. Le stringeva una mano tenendola vicino alla bocca. Non se ne sarebbe andato, a costo di restare e dover chiudere gli occhi per non vedere le nudità della sorella, ma non si sarebbe allontanato da lei nemmeno per un istante. Sembrava stesse pregando, ma i suoi occhi erano fissi nel volto della donna svenuta. Sansa pensò che per lui doveva essere estremamente difficile… Era enormemente preoccupato, si vedeva, quasi stesse rivivendo un dolore passato. Qualcosa le diceva che quella stessa scena era stata vissuta anche da suo padre, ma erano solo sue supposizioni, perché non aveva mai approfondito l’argomento. Si domandò se i due fratelli si assomigliavano in qualche modo nel mostrare i loro patimenti in una analoga situazione. Rivide suo padre sconvolto e distrutto proprio come ora vedeva suo zio, lei che era sempre stata abituata a osservare quel volto serio e ponderato, di pochi sorrisi, ma che incuteva fiducia… Non ce la faceva a immaginarselo completamente distrutto nel suo dolore.
Le tremarono le spalle ed una lacrima le rigò la guancia. Sam cominciò a visitarla, spostava le mani dalla sua gola al petto. Impacciato aveva cominciato ad allentare i lacci frontali del suo corpetto fino a scoprire la pelle del suo petto e provare a farle alcune pressioni sopra i seni ancora ben coperti dalla sottoveste. Aveva scambiato uno sguardo con Gilly e le aveva detto di aiutarlo bagnando la bocca della donna con un unguento. Non c’era nulla di così difficile o indecoroso, eppure Sansa non ce l’aveva fatta. Era dovuta uscire. Aveva incrociato Arya sulla porta. evidentemente era stata avvisata anche lei. Ora che ci pensava era un suo compito avvertirla e non lo aveva fatto. Sua sorella la stava guardando con aria truce, come se avesse letto nei suoi pensieri.
-Non faccio parte della famiglia anch’io? – l’odio nei suoi occhi. Non aveva le forze in quel momento per sostenere un dibattito con lei. Uscì in fretta e sperò di non incrociare nessun’altro.
 
 
 
 
 
-I miei complimenti Timpa Zokla / lupo bianco. – disse fiera Daenerys approdando con Drogon sulla neve compatta del suolo. Nella sua voce era appena percettibile una punta di invidia o di ritrosia, ma tutto sommato era sincera. Viserys scese per secondo non molto distante da lei. Il drago dalle squame color crema aveva sbattuto le ali ancora due volte cercando di mantenere l’equilibrio, il suo cavaliere sembrava invece perfettamente a suo agio. Entrambi i loro draghi avevano mostrato una notevole destrezza, sicurezza ed eleganza nell’atterraggio. Non seppe dire se fu il complimento della regina a distrarre i suoi pensieri, la sua stessa voce, o se il legame col drago fosse già debole in partenza, eppure quando questo toccò il suolo, qualcosa non andò come aveva previsto.
Rhaegal improvvisamente alzò il lungo collo sbilanciandosi e mosse ancora le ali, quasi volesse nuovamente riprendere il volo. L’inclinazione della sua schiena cambiò pericolosamente, prima ancora che Jon avesse l’opportunità di afferrare più saldamente una delle briglie. Era certo di avere ancora chiusa la cintura che lo teneva ancorato alla sella, ma solo in quel momento si rese conto di averla allentata dopo l’ultima virata, perché a causa della pendenza verso destra del volo, si era sentito tirare troppo. Ormai era troppo tardi per rimediare al danno, si sentì scivolare all’infuori. Stava cadendo lateralmente, ma quando sentì tra le sue dita un cinturino, vi si aggrappò con tutta la forza che gli era rimasta. Rimase a cavalcioni di lato, in una posizione non propriamente comoda e con una gamba incastrata tra l’ala e la sella, il piede chiuso nella staffa, e la testa completamente all’ingiù. Di fronte a lui i due Targaryen lo stavano guardando sconcertati. Dany infine si portò una mano alla bocca per velare un sorriso, Viserys invece attenuò di poco i tratti sul volto. Sembrava lievemente divertito, ma lo nascondeva bene simulando allarmismo.
-Temo ci sia da perfezionare un tantino l’arrivo, mio re. – Viserys si era rivolto a lui con un lieve sorriso sulle labbra, ma non sembrava intenzionato a deriderlo – Ma non voglio che vi crucciate per questa banale penuria; per essere stata la prima volta, ve la siete cavata egregiamente in volo! – lo rassicurò. Jon fu compiaciuto da quel elogio, in principio aveva pensato che lo volesse umiliare… invece si sbagliava. Viserys non si era mai comportato in modo così scortese nei suoi confronti. C’erano addirittura volte in cui pensava avesse più rispetto per lui che per sua sorella.
-A quanto pare sembrate proprio nato per grandi imprese… – aggiunse dispotica Dany, prima di scendere dal drago nero con un’abile salto. Indossava delle braghe in pelle scura imbottite di calda pelliccia. Il soprabito in velluto color ossidiana era stretto in vita, e le maniche scarlatte scendevano sfasate. Nella parte sottostante era suddiviso in tre pezzi, due laterali e uno sul retro. In volo le permettevano di muovere le gambe liberamente, senza che la stoffa in eccesso la intralciasse, a terra la ricopriva come un elegante giaccone per restare fuori all’aperto. Si stava levando i guanti e lo guardava sorridendo ironica nel constatare la sua patetica posizione.
-Sì, certo, come no… Grandi imprese che sicuramente non includono il rimanere impigliati in una stupida sella. – ironizzò Jon incrociando le braccia. Rhaegal sbuffò per essere costretto a quell’assurda condizione. Jon sentiva che non azzardava muoversi per paura di farlo cadere. Era umiliante e la cosa peggiore era che non riusciva nemmeno a rialzarsi. Ci aveva provato, non che fosse uno abituato ad arrendersi. Ma le ore di volo lo avevano debilitato come mai avrebbe creduto. Era stanco morto. Avvertiva ogni muscolo dell’addome indolenzito e gonfio; le braccia non sembravano più voler rispondere alle sue richieste. Doveva solo ringraziare il fatto di essere ben allenato, ma ultimamente sapeva di aver esagerato; lo doveva ammettere a se stesso e ne conosceva anche il motivo.
Vedere sua madre spegnersi giorno dopo giorno lo abbatteva, e così si rintanava con Tormund e altri cinque uomini del nord alla base della Torre Spezzata, certo che lì nessuno sarebbe venuto a cercarli. Duellava con loro come fosse l’ultima battaglia della sua vita, sfogando frustrazioni, ansie, timori e sete di vendetta. Quando si riteneva soddisfatto, era oramai sfinito. Si sentiva sudato fin dentro le ossa, e affaticato a tal punto che, molte volte, gli era perfino capitato di addormentarsi nella vasca da bagno. Quando Elanon serviva ancora gli Stark, ed era di servizio, capitava che lo trovasse spesso e volentieri appisolato, con la testa sul bordo della vasca. Si sedeva accanto a lui, e delicatamente gli versava l’acqua sul torace e sui capelli. Faceva piano, era più delicata di una piuma; tanto più che lui nemmeno la sentiva e continuava a dormire. Solo quando l’acqua si raffreddava allora lei si premurava a svegliarlo, come una madre premurosa. La prima volta che era capitata una situazione analoga, e Jon aveva aperto gli occhi vedendola davanti a sé, aveva avuto un colpo, scivolando sul bordo della vasca ferendosi il mento e stramazzando poi al suolo. Si era alzato in completo imbarazzo ed era rimasto in ginocchio sul freddo pavimento, cercando di capire da dove provenissero tutte quelle gocce di sangue. La donna silenziosa lo aveva avvolto in un enorme asciugamano caldo e si era voltata affinché si coprisse le nudità, e ancora senza dire una parola, aveva preso la via della porta, sparendo fuori. Le volte successive si era tenuto preparato, ma lei non aveva mai parlato con lui di quanto era accaduto quella sera, e si era tenuta riservata pure con sua madre… ma poi aveva preso a servire i Targaryen e nessuno gli aveva spiegato la ragione. Si sentiva deluso da se stesso per non aver approfondito l’argomento con nessuno, era suo dovere conoscere tutto, ma aveva troppi oneri da portare a termine e troppo poco tempo… Aveva delle priorità e dopotutto una serva non poteva essere messa ai primi posti, aveva passato quella patata bollente alle donne del castello. Sansa, oppure sua madre Lyanna, dovevano aver preso una decisione a riguardo. Molto probabilmente mia madre ha scelto e Sansa si è limitata a scegliere un sostituto… Già, mia madre… Cosa direbbe lei se ora mi vedesse in questo stato?
 
Sospirò esausto.
-Se fosse presente Mance, ne farebbe sicuramente una ridicola canzone… - Dany lo guardò dal basso ridendo divertita da quella scena. Viserys invece scese dal suo drago senza batter ciglio, con sicura eleganza. I suoi stivali affondarono nelle neve e a Jon ricordò il passo felino di Spettro. Se non lo avesse visto molto probabilmente non se ne sarebbe neppure accorto. Lo vide avvicinarsi, e fermarsi di fronte a Rhaegal, allungò una mano verso il suo muro, con estremo rispetto, come a chiedergli il permesso di salire su di lui. Viserion schioccò le fauci adirato, ma appena il principe si voltò a guardarlo, facendogli intendere che si scusava, il drago color crema prese e si allontanò muovendo le zampe sulla neve e lasciando grossi solchi al suo passaggio. Le ali ripiegate, il collo alto, lo sguardo fisso di fronte a sé. Era estremamente raffinato e per molti versi gli ricordava il suo padrone.
Seguì quindi con lo sguardo i movimenti di Viserys, osservandolo da quella particolare angolazione. Gli sembrava come se stesse per raggiungere il cielo, e sentiva una strana sensazione nello stomaco, come un senso di nausea ed il sangue ormai gli era arrivato alla testa. Un lieve giramento lo colse improvviso, e fu costretto a chiudere gli occhi. Poi si ridestò, avvertì una delle cinghie tirare. Aprì gli occhi e lo vide seduto sul dorso del drago, pacifico, come se nulla fosse. A Jon diede un po’ di fastidio, che stesse a cavallo del suo drago, ma dopotutto quella creatura prima era appartenuta al principe. Lo vide muovere la testa prima verso destra e poi verso sinistra, constatando come fossero ingarbugliate le cinghie e dove fosse impigliata la sua gamba. Estrasse un pugnale dallo stivale sinistro. Jon sentì la bile alla bocca. Che intenzioni ha mai? Riflettè terrorizzato, ma non appena l’uomo gli porse un braccio, ogni suo timore svanì.
-Affidatevi a me. – il ragazzo lo guardò stranito per una sola frazione di secondo, poi comprese ciò che stava per fare e afferrò stretto il suo braccio. Il principe in un colpo secco tagliò con estrema precisione la cinghia che gli bloccava l’arto. Il corpo di Jon scivolò lungo il fianco di Rhaegal, ma la salda presa di Viserys gli permise di ondeggiare quel tanto per afferrare la staffa e aggrapparsi con l’altra mano, facendo presa sull’ala. Tornò ad osservare il suo salvatore, prima di fargli un sorriso per fargli intendere che stava bene e che era tutto a posto. Il principe Targaryen ricambiò il suo sorriso e annuì, lasciandolo lasciò andare cautamente, quasi non si fidasse e avesse timore di farlo cadere. Il Re del Nord con un salto scese a terra atterrando su entrambe le gambe senza vacillare. Era così che avrebbe voluto finire la sua giornata. Viserys gli aveva permesso di realizzare quel suo sogno, Rhaegal un po’ meno.
 
 
 
 
 
Benjen li aveva raggiunti alla radura e aveva atteso, rimanendo in disparte, cercando di scegliere le parole giuste, e sperando che né suo nipote, né l’uomo che gli era sempre accanto negli ultimi tempi, avessero una reazione esagerata o incontenibile a quanto avrebbe riferito loro. Alzando gli occhi al cielo, invocò gli Antichi Dei affinché non se la prendessero con lui. Temeva il Principe Drago, ma forse doveva cominciare a temere alla stessa maniera pure suo nipote; d’altronde i geni erano gli stessi e la comune preoccupazione per Lyanna era motivata dagli stessi sentimenti per entrambi.
Vide il giovane re del nord, ora in piedi di fronte al proprio drago, mentre distendeva i capelli all’indietro, e aspettare che il biondo principe scendesse da Rhaegal. Poco dopo notò che si stringevano la mano e si sorridevano a vicenda. Ben rimase a bearsi di quella visione, ma quando capì che si stavano finalmente dirigendo verso la fortezza, quindi anche nella propria direzione, inalò profondamente due grosse boccate d’aria. Ci siamo, il patibolo sarebbe una morte forse più rapida… ma mia sorella ha scelto fuoco e sangue!
-Jagon nuhor Zaldritsos. – la regina Daenerys nel frattempo si era attardata. Sollevando entrambe le braccia aveva comunicato ai draghi di alzarsi in volo liberi. Probabilmente sarebbero andati a caccia, carne fresca e sangue caldo per recuperare le forze. Ma era evidente che a Drogon avesse dato un ordine differente, perché lo vide volare spedito in direzione sud. Grande Inverno pensò subitaneamente, riconoscendo la rotta. Inspiegabilmente Daenerys Targaryen sembrava essersi rassegnata o aveva semplicemente accettato l’idea che quella al momento fosse anche casa sua e si dava pena per proteggerla perfino da lontano. Quale donna riesce a resistervi, principe? Si stupì a pensare.
-Non sei ancora stanco di appostarti e far la veglia, zio Ben? – scherzò il ragazzo avvicinandosi e allungando un braccio per tirargli una pacca sulla spalla. Il ranger avrebbe voluto rispondere a quella sua dimostrazione d’affetto, o scostarsi, e fargli un dispetto, ma non era in vena di scherzi. Si ritrovò ad osservare intensamente la maschera senza espressione del principe. Solo dopo portò la sua attenzione al ragazzo, che non smetteva di ridere, felice considerevolmente per la fruttuosa giornata appena trascorsa. Al contrario Viserys pur restando indietro di qualche passo, si mostrava aver già mangiato la foglia; un minimo accenno di irrigidimento della mascella, dava a vedere la chiara intuizione che ci fosse qualcosa che non gli tornava. Decise di non tergiversare oltre, ogni momento d’attesa era un’agonia in più nell’istante in cui gli avrebbero inveito contro.
-E’ successa una cosa. – affermò con tono grave. Jon alzò entrambe le sopracciglia e sbarrò gli occhi.
-La Barriera? – si informò terrorizzato.
-No, quella sta lì da migliaia di anni… - rispose tradendosi con un sorriso al ricordo di quanti giorni aveva trascorso su quel muro di ghiaccio. Jon si rasserenò e le sue labbra, tornarono ancora a curvarsi in un sorriso.
-Cosa, allora? Mance ha rotto le corde della sua arpa? – rise allegro. Viserys al contrario si avvicinò di un passo. Aveva i sensi vigili.
-
-Non credo gli dei ci daranno tanta soddisfazione. – il suo tono fu intenso e rassegnato.  Benjen emise un prolungato sbuffo prima di vuotare il sacco.
-Tua madre, Jon. – gli occhi del ragazzo si fecero attenti e si spalancarono: era percettibile il suo terrore ed erano ben visibili tutte le sfumature di grigio esistenti. Per un breve attimo Benjen Stark credette di vederci anche una leggera venatura di indaco scuro al centro. Era la prima volta che ci faceva caso, eppure lui lo aveva sempre saputo chi fosse suo padre, non era mai stato un mistero, ma nonostante questo era certo di non aver mai fatto caso prima d’ora a quel dettaglio.
-No... – disse deglutendo a fatica la saliva, pareva quasi gli fosse andata di traverso. Non aveva nemmeno atteso che lui gli desse una spiegazione più approfondita, che era già corso via in direzione del forte. Viserys fece gli ultimi due passi per piazzarsi di fronte al ranger. Benjen se lo aspettava, ma solo quando se lo vide a pochi centimetri da lui ebbe quasi la sensazione che fosse diventati incredibilmente più alto. La sua ombra lo sovrastava, sebbene lui non si potesse considerare tanto più basso. Sapeva che era solo uno scherzo dei suoi occhi, una percezione fittizia della realtà. L’aria che c’era ora tra loro era carica di tensione, Ben ebbe quasi la certezza che se avesse estratto un pugnale avrebbe anche potuto tagliarla a fette. Era un drago, e come tale, Incuteva davvero soggezione; sperò mai di trovarsi ad affrontarlo in battaglia.
Senza preavviso si sentì prendere per un avambraccio. Aveva usato una forza del tutto inaspettata, eppure avvertiva chiaramente la sua mano tremare.
-Cosa le è accaduto? – non era visibile il suo volto per intero, ma Benjen immaginava che non potesse essere molto diversa dall’espressione sconvolta di suo nipote; ne ebbe la conferma con l’oscillazione del suo timbro di voce.
-E’ solamente svenuta, placa i bollenti spiriti, nessuno gli ha fatto nulla. – dichiarò mostrandosi tranquillo.
-Mi hai appena detto che lei e svenuta e dovrei calmarmi? – parve quasi isterico.
-Certo, se non vuoi cominciare a sbiellare come il tuo genitore! – lo redarguì il ranger. Il biondo parve ponderare sulle sue parole, o più semplicemente sul volerlo tenere in vita.
-Come? – tornò ora più calmo.
-Sam dice che si riposa troppo poco la notte, mentre di giorno si stanca enormemente e non riesce a recuperare le fatiche che compie alla luce del sole. – affermò – Ma questo sarebbe il meno. Mangia appena quel tanto che le permette di stare in piedi, ma quando esagera con gli allenamenti o commette uno sforzo eccessivo… - allargò l’altro braccio con fare simbolico di inevitabilità – Le ha somministrato un decotto di rosmarino, liquirizia, menta e biancospino. Dice che era enormemente indebolita già qualche mese fa, la prima volta che l’ha incontrata, ma pensava dipendesse dalla magia e che entro pochi giorni si ristabilisse. Le aveva comunque prescritto dei rimedi da seguire, farsi preparare quotidianamente degli infusi rivitalizzanti… avrebbero dovuto aiutarla. – digrignò i denti - Ma figuriamoci se quella testona gli ha dato ascolto! – allargò le braccia e le sbattè lungo i fianchi – Dopo la missione è peggiorata, ma nemmeno Sam se n’era accorto, fino ad oggi che l’ha visitata per davvero… – stava ancora parlando, che lo vide indietreggiare di un passo incespicando sulla neve, non ci fece caso; meglio non porre troppi quesiti ad un drago se non vuoi essere incenerito – Afferma di averla trovata ancora più dimagrita ed esageratamente debole… – sentì le dita sul suo braccio perdere tutto il loro vigore, come se anche lui patisse la stessa sorte di sua sorella – L’ha ammonita severamente a sto giro! E le ha disposto di impegnarsi a mangiare maggiormente, soprattutto di seguire alla lettere le sue istruzioni! –
L’uomo di fronte a lui aveva abbassato il capo e si era incamminato verso il forte dapprima lentamente, come un’anima che si trascina sperduto, i suoi passi lasciavano dei segni indelebili sulla neve.
-Mi dovete un favore. Fatela ragionare! A voi darà ascolto! – lo supplicò, ma non ebbe alcuna certezza che lo avesse sentito, dato che prese a camminare più speditamente, ma ebbe comunque la debole speranza che come prima cosa sarebbe andato da lei.
Daenerys arrivò accanto al ranger, continuando a fissare la schiena di suo fratello, esattamente ciò che stava facendo anche lui. Ogni sua aspettativa però si trasformò in breve in illusione, nel momento in cui lo vide oltrepassare la porta del forte, senza entrarvi, superando anche la torretta di vedetta e voltare oltre il muro conico, sparendo dietro dal loro campo visivo.
-In questo momento sono certo di avere la stessa voglia matta di stringergli le mani al collo, che ha avuto la principessa Martell, quando lo ha visto oltrepassare la sua tribuna, per raggiungere la nostra, offrendo quella stramaledetta ghirlanda di rose a mia sorella! – disse tutto di un fiato, infastidito e pestando a terra con uno stivale. Il nervoso lo aveva colto di sorpresa.
La regina dei draghi si era voltata a guardarlo, piccolina nella sua limitata altezza. Lo guardò intrigata con quegli occhi di un viola brillante, si morse un labbro per celare il sorriso che le era nato sulle labbra per quella sua impulsiva esplosione. Poi però si portò una mano a pugno di fronte la bocca e fece due colpi di tosse, tornando seria.
-Dimmi, è grave? – gli domandò interessata. Benjen fu sorpreso, e fu come se tutta la sua frustrazione, scomparve misteriosamente. Forse era la prima volta che la vedeva dimostrare compassione e apprensione per Lyanna. Non era da lei.
-No, non più almeno. – decise di darle un po’ di fiducia – Si è risvegliata da qualche ora e già scalpita. Chiede di scendere dal letto. – le spiegò esasperato – Siamo riusciti a prendere tempo, convincendola ad attendere il permesso di Jon. –
-Non sarebbe lei, altrimenti. – sorrise, ammiccando inaspettatamente appagata, prima di incamminarsi nella stessa direzione di suo fratello.
 
 
 
 
 
Se c’era una cosa che odiava era starsene distesa come fosse malata, quando invece stava bene. Le era già successo una volta, ma all’epoca c’erano tre uomini con lei nella sua stanza. Uno in piedi alla porta con il pudore di fare un ulteriore passo, un altro a ravvivare il fuoco sul caminetto e ghignando qualche commentino lascivo riguardo le attività inerenti ad un letto, mentre l’ultimo era seduto sul bordo sopra le lenzuola bianche, tenendole una mano in estrema apprensione e mugugnando una melodia che sarebbe diventata la sua canzone del loro soggiorno in quel periodo. L’espressione che aveva lei però, era la medesima di quel momento. Annoiata, infastidita e scontrosa, le braccia conserte sul petto.
-Sto bene, quante volte ve lo devo ripetere? – aveva detto ora come allora.
Jon l’aveva guardata severamente. Era seduto su uno sgabello affianco al letto improvvisato con paglia ricoperta da pellicce in una delle poche stanze col camino. Le stringeva una mano, appoggiando la bocca sul suo dorso, dandole di tanto in tanto un bacio. Sam invece stava in piedi a  pestare delle foglie col mortaio, mentre sul un barile in piedi, messo come fosse un comodino, una tisana fumava. Fermò il movimento del braccio, constatò la temperatura dell’acqua e poi aggiunse le foglie in polvere che aveva appena sminuzzato. Lyanna emise uno sbuffo innervosito, per il fatto che stessero ignorando volutamente le sue lamentele.
Suo fratello Benjen era entrato da qualche istante, ma era rimasto con la schiena appoggiata alla parete di fredda pietra adiacente all’uscio. Arya e Sansa erano già passate circa quindici volte a sapere delle sue condizioni. Lo stesso Gilly col piccolo Sam, la bruta si sentiva in colpa per averle affidato il bambino e pensava di essere in parte la causa del suo malessere.
Lyanna non riusciva a starsene lì buona e aveva provato più volte ad alzarsi, ma glielo avevano ripetutamente sconsigliato, i capogiri che l’avevano poi colpa impreparata, erano stati decisamente più convincenti. Da quando però Jon era arrivato al suo capezzale, lei non aveva più avuto il coraggio di disobbedire agli ordini del maestro dei Guardiani della Notte. Ci aveva rinunciato, ma la sua indole selvaggia le impediva di sedare ogni sua iniziativa. Sam le porse l’intruglio da bere e un vassoio con del cibo calorico: formaggio stagionato, nocciole, mandorle e cubetti di zucchero speziato.
-Cosa sono questi? Gli zuccherini per i cavalli? – chiese esasperata, prendendone uno tra le dita.
-Dovete cominciare a riprendere un’alimentazione più corretta, mia signora. Ultimamente avete messo nello stomaco poco o niente. – Lyanna lo sapeva. La fame era rimasta indietro, insieme a tutto ciò che aveva perduto. Come anche il sonno, i bei sogni, le speranze o il suo coraggio. Mangiare non le sembrava importante, eppure sapeva che doveva sforzarsi. Tutta la sua forza dipendeva da quello… e da suo figlio. Lo guardò negli occhi.
-Non permetterai che io rimanga bloccata a letto fino a sera? – gli chiese dubbiosa allargando gli occhi e gonfiando le guance, come quando era una bambina.
-Solo se mangi tutto ciò che c’è nel vassoio, vedrò di cambiare la mia decisione. – replicò con un sorriso suo figlio – E non provare a farmi gli occhioni dolci da gattina, non attacca con me! – si era avvicinato ancora la sua mano alla bocca per darle l’ennesimo bacio. Si era calmato molto vedendola serena e sveglia.
Lyanna passò in rassegna il vassoio e si soffermò sulla frutta, poi sul formaggio ed infine il pane. Sam aggiunse anche un secondo piatto con della salsiccia fumante, aringa affumicata con aggiunta di salsa al melograno e agrumi. Un misto di spezie e ingredienti che provenivano dal sud, e per grazia dei Targaryen venivano serviti nel loro castello. Ma l’odore che emanava quel pesce era rivoltante.
-Se mangio tutta questa roba, allora sì starò male sul serio! – sbottò lei facendolo sorridere ancora – E poi non amo mangiare da sola… - lo cercò con lo sguardo – Non vuoi unirti a me? – gli domandò dolcemente.
-Assaggerò solo un po’ di formaggio, ma nulla di più. – decise di renderla più serena, dopo aver accuratamente controllato le possibilità di scelta. Estrasse il pugnale che portava al fianco e centrò uno dei cubetti di zucchero per apportarlo sopra alla pietanza scelta. Si portò tutto alla bocca e lo degustò. Lyanna lo osservava mangiare, perdendosi per un attimo nei suoi ricordi.
-Sei molto bello. – Jon si bloccò disarmato, i capelli si erano spettinati col vento, ma lo rendevano più concupiscente in un modo particolareggiato.
-Che diamine farnetichi… mamma? – era entrato in uno stato confusionale di vistoso imbarazzo, le sue guance si erano imporporate, gli occhi non riusciva a tenerli sul suo volto e aveva preso a torturarsi un’unghia con il pomolo del pugnale.
-Non sei abituato a ricevere complimenti dalle ragazze? – arcuò le sopracciglia.
-Non negli ultimi tempi… - rispose impacciato, poi parve pensarci su – E nemmeno prima sinceramente. – bofonchiò ancora.
-Sciocche. – concluse lei non riuscendo a staccargli gli occhi di dosso - Mi ricordi molto tuo padre… - gli riferì con voce incrinata, ma l’intenzione era quella di punzecchiarlo – Anche lui mangiava in quel modo… e reagiva a quel modo quando gli facevano delle lusinghe sul suo aspetto! – gli diede un pugno sulla spalla, ravvivandolo.
-Era un principe… - affermò disorientato – Perché mai doveva mangiare con un pugnale? –
-Aveva un concetto più unico che raro per quanto riguardava il lavoro dei paggi e dei coppieri. – Jon rimase a fissare diffidente quel pezzo di formaggio che aveva addentato per metà. Lo staccò dalla lama e con l’altra mano, se lo portò alla bocca. Dava l’aria quasi di non credere alle sue parole, o più semplicemente non le voleva sentire. Decise nell’immediato di cambiare argomento. Una ventata d’aria fresca avrebbe giovato entrambi, piuttosto che perdersi in ricordi del passato dolorosi.
-Dobbiamo dare una sistemata a questi capelli. – gli accarezzò una ciocca e vi fece entrare le dita. Fu questo gesto o la sua frase ad attirare l’attenzione del giovane, come se gli avesse proferito una corbelleria. La guardò allibito e quasi spaventato.
-Avete già tagliato i capelli a Bran… questo non vi ha appagata?– alzò un sopracciglio dubbioso. La voce era incerta. Lyanna gonfiò le guance indignata.
-Jon, non puoi andare via in quello stato. Sembra tu abbia in testa un nido di corvi! – continuò a fissarlo sorridendo all’idea che assomigliava a suo padre più di quanto non volesse ammettere lui stesso. Dall’altra sala si sentirono voci acute urlare. Era insorta una lite tra le due giovani Stark, ormai erano sempre più frequenti. Benjen alzò gli occhi al cielo, cambiò piede d’appoggio e sciolse le braccia fino a poco prima conserte.
-Ci risiamo… - sospirò esausto di quei costanti schiamazzi diurni – Credo sia meglio che tu vada a sedarle. – propose al nipote. Lyanna sapeva che lui era l’unico che riusciva a calmarle e l’unico che loro davvero ascoltavano.
-Il branco ringhia indisponente senza l’autorevolezza del suo alfa! – scherzò ancora il ranger. Il ragazzo si alzò dalla sedia, ma lei ebbe come l’impressione che lo avrebbe fatto in ogni caso, anche se Benjen non glielo avesse suggerito, quasi il suo intento fosse quello di fuggire. Ma Lyanna sapeva anche che dato che lui rappresentava il capofamiglia ora, aveva degli obblighi sul loro branco. Gli stessi che aveva avuto Ned, gli stessi che aveva avuto suo padre; Rickard Stark.
Percepì le labbra secche di suo figlio sulla fronte, dove le scoccò un bacio gentile, prima di dirigersi verso l’uscio. Aveva fatto solo un passo fuori dalla stanza, quando i suoi stivali si erano improvvisamente fermati. Lyanna poteva vedere ancora la schiena del ragazzo ed i suoi capelli scuri ondeggiare leggeri come aliti di vento. Erano sciolti e gli superavano le spalle ormai. Da quando lei si era risvegliata quel giorno alle cripte, non avevano mai visto un maniscalco, o nessuna serva aveva avuto il compito di usare le forbici su di lui.
Un’euforia inaspettata prese il sopravvento nel suo cuore: quella era un’altra caratteristica ereditaria. Ma non erano particolarità che rappresentavano lei, bensì l’uomo che lui tanto cercava di allontanare da se stesso, ma inesorabilmente c’era qualcosa di lui che era andato oltre la semplice concezione umana. Piccoli dettagli che gli aveva trasferito nel sangue. Abitudini che paradossalmente aveva assimilato, e solo gli dei sapevano come. Quel dolce pensiero si spense, quando lo vide sparire completamente dalla sua vista.
 
 
 
 
 
Ormai litigare con sua sorella era diventata una cosa del tutto normale. Non passava un giorno nel quale si non scannassero a vicenda anche sulla più inutile delle discussioni. Sansa ne era sempre più frustrata, non sapeva più in che maniera prenderla. Poteva capitare per sbaglio che usasse un termine consono al contesto, le saltava subito addosso accusandola di essere stata allevata dai leoni. Per non parlare poi dei momenti in cui doveva consigliare Jon in una delle più importanti decisioni. Se lei provava a dire la sua opinione, Arya puntualmente ribatteva il contrario. Non era ancora riuscita a capire se lo facesse apposta oppure se le veniva spontaneo contestarla.
-Arya, Sansa, non esagerate. Siamo un’unica famiglia, cerchiamo di andare d’accordo! –
Jon era intervenuto anche quella volta. Si era posizionato di fronte a loro e le aveva osservate con aria stranamente troppo furiosa. C’era qualcosa nel suo sguardo che a Sansa fece tremare le gambe. Una rabbia accecante e profonda, un odio recondito scaturito dal suo intimo più nascosto. Qualcosa in lui stava cambiando da quando aveva cominciato a frequentare quotidianamente i due Targaryen. Sua zia Lyanna le aveva accennato appena la sua apprensione, ma lei aveva storto il naso, credendola una delle sue paranoie del tutto infondate. Neanche a dirlo, Arya aveva appoggiato sua zia confermando e sostenendo le sue motivazioni senza nemmeno pensarci un attimo.
In quel momento Sansa capì quello che Lyanna stava cercando di dirle quel giorno. “Lo stanno cambiando… lo stanno allontanando dal branco.”
Si allontanò di fretta da suo cugino e soprattutto da sua sorella, proseguì per il corridoio deserto e uscì dalla sala comune. Passando accanto alla Regina dei Draghi, sentì il suo sguardo gelido puntato addosso. Non ce la faceva più. Sembravano tutti contro di lei, come se sapessero, come se la odiassero per ciò che aveva fatto.
Corse fuori velocizzando i passi, pur sapendo che non era rispettoso per una lady comportarsi così. Era diventato tutto fin troppo insopportabile. Arya l’avversava di continuo, con frecciatine e pugnalate, ma comprendeva il motivo di tanto risentimento. Non c’era modo per smorzare il suo rancore. La regina Daenerys parimenti sembrava costantemente in collera con lei, ma in quel caso non ne capiva la ragione. Lei non era una minaccia per il suo regno e tanto meno poteva mai rappresentarlo un giorno. Sansa era una comune lady, non era nemmeno la vera lady di Winterfell e mai lo sarebbe stata. Un giorno Jon si sarebbe sposato e la sua signora avrebbe preso quel titolo.
Sono solo una stupida lady che crede ancora che il mondo possa essere felice e roseo… Grosse lacrime le scendevano lungo le guance.
Continuò a correre nella neve, senza far caso alla gonna che si bagnava, ai capelli che si spettinavano o ai suoi piedi che potevano incespicarsi su rami o sassi nascosti dalla neve. Raggiunse uno steccato, il legno era marcio e per tre quarti era demolito dalle intemperie. Appoggiò entrambe le mani sull’asta superiore, sprofondando nella neve appoggiata ad esso e serrando le dita fino a raggiungere il legno sottostante. Qualche scheggia le si piantò nei polpastrelli. Non patì la fitta, tanto era forte il dolore che sentiva al petto.
L’angoscia che aveva provato per il malessere di sua zia, aveva risvegliato antichi ricordi che sperava di aver serrato nell’angolo più nascosto della sua anima. I singhiozzi si alternarono alle lacrime. Ripensò a suo padre, a suo fratello Robb, a sua madre e al suo fratellino Rickon.
C’erano giorni in cui si sentiva ancora sola come ad Approdo del Re. Il terrore che aveva provato in quei giorni, la sera quando si coricava e anche la mattina quando si destava col cuore già in gola, spaventata all’idea di ciò che le avrebbero riservato i leoni. Quali calunnie avrebbero detto su di lei o sulla sua famiglia. Quali sconvolgenti notizie sarebbero giunte da nord. Quali torture Joffrey si sarebbe inventato per farle morire un altro pezzetto della sua anima.
Le era appena tornato alla mente un solo ricordo positivo di quel periodo. Inizialmente le era apparsa come una terrificante apparizione: Sandor Clegane. Il suo aspetto le aveva sempre fatto tantissima paura, eppure alla visione dei fatti, quell’uomo era stato l’unico ad averle dato un briciolo di affetto e speranza in quella tremenda fase della sua vita. L’averlo rivisto lì a Winterfell l’aveva agitata, rievocando nuovamente il terrore allora motivato. Non le faceva più paura adesso, ma non poteva certamente dimenticare chi fosse in realtà. Aveva visto la sua ferocia, come anche la sua grezza gentilezza, ma seppur il suo aspetto fosse così ripugnante, almeno il suo cuore non sembrava tanto marcio. L’aveva protetta da Joffrey, ovviamente come ci era riuscito, l’aveva salvata durante la ribellione del pane e poi le aveva anche offerto di scappare con lui, per liberarla da quella prigionia. Arya aveva raccontato a Jon e a Sam che l’aveva accompagnata fino alla Valle di Arryn, per cui Clegane aveva protetto sua sorella per tutto il viaggio, fino a che lei non l’aveva lasciato agonizzante ai piedi di un albero. Anche se non si era mai ritenuto un cavaliere, Sansa sapeva che si era comportato con onore e con rispetto, meglio certamente di tanti altri uomini che lei aveva conosciuto. Era sicura che non avesse mai torto un capello a sua sorella, e non poteva averla nemmeno mai toccata, altrimenti non sarebbe stato ancora vivo; Arya non glielo avrebbe mai permesso, ma qualcosa le diceva che lui non era uno di quegli animali che cercavano di possedere una bambina… O era almeno quello che sperava la sua anima.
Si rese conto di essere rimasta in fondo ancora quella ragazzina pateticamente romantica e pura, che cercava del buono in tutto. Altre calde lacrime scesero copiose per quella mancanza che sentiva nel petto. Mai un uomo nella sua vita le aveva dato un bacio trasportato dal sentimento vero e profondo. Mai un abbraccio era stato per raggiungere la sua anima. Né mai una frase d’amore, una canzone o una poesia le era stata dedicata. Lei non aveva avuto la fortuna di sua zia, di incontrare un principe che le scrivesse canzoni e le dedicasse tutto il suo cuore…
C’erano notti in cui sentiva le sue urla disperate; chiamava l’uomo che ancora amava. Un potere immenso doveva unirli, se nemmeno la morte riusciva a separarli. Erano state quelle stesse urla che la scorsa notte l’avevano svegliata da un sogno romantico; dove un cavaliere dall’armatura dorata, era giunto da sud per lei. Per combattere questi fantomatici demoni di ghiaccio. La proteggeva con la sua spada; nell’impugnatura rubini rossi. I suoi capelli illuminati dal sole caldo gli conferivano un’aura angelica. Prima ancora che ne potesse riconoscere il colore di quella folta e fluente chioma si era svegliata, tenendo una mano sollevata a mezz’aria… quella stessa mano che il suo cavaliere le aveva galantemente baciato nella sua visione. Ma in fretta era tornata alla realtà, di nuovo sola nelle sue stanze, la sua famiglia dormiva nelle camere adiacenti. Era tra la neve e i lupi. Era a casa.
Una porta sbatteva piano sui cardini, sua zia forse si era alzata e aveva preferito uscire dalla propria stanza, dai propri incubi, per non disturbare ulteriormente il loro sonno, ma Sansa ormai era sveglia. E nella sua anima ormai era sicura che la debole sensazione di benessere provata poco prima fosse già sparita. Vane speranze che mai si sarebbero avverate. Poi una mano sulla spalla la ridestò. Una gentilezza inaspettata, la sua innaturale ombra si allungava a dismisura su di lei, superandola e raggiungendo una profondità che di giorno non avrebbe mai potuto avere.
 
 
 
 
 
-Hai intenzione di rimanere fermo a sorvegliarmi ancora a lungo? – lo guardò in tralice mentre addentava un pezzo di carne. Non le importò di avere la bocca piena per porgli la domanda successiva, tanto lui era abituato a ben altro – Te l’ha ordinato lui, vero? –
Benjen le sorrise, ma subito dopo sembrò distratto da un rumore appena fuori dalla stanza. Levò le mani da dietro la schiena, spostandosi dal muro.
-Ti rispondo di sì, dal momento che non hai precisato chi era il mittente di questa disposizione. – ghignò e fece per andarsene dalla stanza. Lyanna lo fissò allibita senza capire perché se ne stesse andando… Non sembrava offeso, e per offendere Ben ci voleva molto di più. Poi lo vide bloccarsi, quasi come aveva fatto Jon poco prima. Come se lo spazio non fosse sufficiente lì in quel corridoio e ci fosse qualcosa di ingombrante da superare. O qualcuno…
Sentì che suo fratello stava dicendo qualcosa con voce attutita. Fu certa di aver udito anche un “grazie” ben distinto. Riconobbe la voce ed ebbe un tuffo al cuore. Sgomenta saldò lo sguardo sulla persona che stava entrando da quella porta, in sostituzione di suo fratello, che però non doveva essere andato poi tanto distante perché il suono dei suoi stivali non era più giunto alle sue orecchie.
Viserys Targaryen indossava ancora il pesante soprabito che era solito mettere quando cavalcava i venti gelidi del nord sul suo drago. La maschera a coprire il suo volto dai lineamenti delicati ma maturi, i capelli tenuti stretti in una treccia finemente lavorata che partiva dalla fronte e raccoglieva l’intera matassa argentea dietro al capo. Aveva qualche ciuffo scomposto, dei filamenti argentati lasciati liberi in una appena accennata aria trasandata. Doveva trovare un contegno prima di perdere di nuovo la ragione…
Gli lanciò uno sguardo gelido e volse il volto dalla parte opposta. Lui non sembrò accorgersene, o forse la ignorò volutamente e, senza alcuna remore, si sedette sul bordo del letto. Lei fu indignata da quell’affronto. Come si permette?
Con noncuranza, poi le prese il mento, usando il pollice e l’indice, e la costrinse a voltarsi nuovamente verso di lui. L’espressione che gli mostrò era carica di astio, repulsione e rimprovero; proprio come la sua voce. Ma lui sembrava impossibile da contrastare.
-Non avete la pertinenza di toccarmi! Né potete vantare più alcun diritto su di me ora! – lui rimase a scrutarla per un tempo talmente lungo che credette che non avrebbe risposto. Le spostò il viso da una parte all’altra. Le prese poi il polso e si accertò di sentire che il battito del suo cuore non fosse accelerato. Lei non comprese in un primo momento cosa stesse cercando di fare, ma anche quando lo capì, gonfiò le guance per marcare il suo stato d’animo.
-Quanto vi sbagliate, milady… – disse con un timbro di voce basso e afflitto. Qualcosa lo convinse ad addolcirsi – Ad ogni modo sono felice di constatare che stiate bene. –
-Potete andare, allora. Non è richiesta la vostra presenza qui, a meno che non vogliate dar vita a nuove vaniloqui che ci descrivano in atteggiamenti immorali. – continuava a tenergli il broncio, Viserys si trattenne dal sorridere, ma non gli riuscì molto bene.
-Che parolone accorte che state usando… Avete mangiato un manoscritto per caso? – sorrise, ma lei non capì l’antifona.
-Sia ben chiaro, non vi permetterò di usare la mia persona per screditare l’onore della mia famiglia! –
-Sia mai che qualcuno possa assolutamente disonorare il vostro nome o pensare ad una blasfemia simile… - sorrise amaramente questa volta – D’altro canto si è detto di peggio in passato, e non mi risulta che i vostri famigliari abbiamo avuto maggior riguardo verso il vostro… “rapimento”. – sottolineò l’ultima parola con enfasi.
-Non osate… - era esplosa. Gli stava per dire di non rivolgerle più la parola, di non guardarla neppure più in faccia, ma lui sovrastò la sua voce.
-Mangiate, e smettetela di ringhiare! – piegò il volto di lato infastidito, ma in breve abbassò il capo, come se non riuscisse a tenerle il broncio in quel momento, troppo distratto o forse più… preoccupato? – Avete ascoltato attentamente ciò che vi ha raccomandato il maestro? – si girò a osservare i piatti per metà ancora pieni di cibarie – Non mi sembra vi siate impegnata più di tanto… - sostenne con singolare fastidio.
-Ho mangiato ciò che mi garbava. Il resto non è di mio gradimento. –
-Sforzatevi. – lei si mostrò offesa.
-Non sono tenuta a… -
-Non vi piace il pesce che puzza. Ma c’è ancora tanto altro su quell’altro piatto che potete mangiare. – le passò quindi il vassoio invitandola a prendere con le sue mani un pezzo di formaggio e della pancetta. Prese poi la tazza con l’infuso ancora tiepido e glielo portò di fronte al volto. Le afferrò l’altra mano, quella libera e le fece tenere il recipiente – Inoltre ingoierete questa medicina fino all’ultimo sorso. Solo allora mi alzerò e lascerò questa stanza. –
-Non vedo per quale motivo debba eseguire un vostro ordine! – si alterò lei – O soprattutto non vedo cosa vi riguardi! – lui la invitò con un movimento del capo a eseguire il suo comando. Lyanna irritata si trovò costretta suo malgrado ad obbedire, indotta a pensare a ciò che le aveva appena suggerito. Se avesse terminato quella bevanda lui se ne sarebbe andato ed era quello che voleva…
Ingurgitò a grandi sorsate il liquido fissandolo con la coda dell’occhio. Viserys nel frattempo non sembrò interessato a ciò che lei stava facendo, bensì al contenuto dei due piatti sul tavolino accanto. Ne studiò ogni pietanza, in alcuni casi prese una forchetta e se li portò pure al naso per annusarne la composizione, quasi a cercare di comprendere il motivo per cui lei li avesse scartati. Una volta terminato quel suo esame, lo vide prendere un sacchetto di pelle chiara da una tasca interna della sua giacca. E guardarlo prima con riluttanza. Poi alzò gli occhi verso di lei che stava sorseggiando le ultime gocce del decotto. Posato e riflessivo, allungò una mano affinché lei gli passasse la tazza. Riottosa, Lyanna gli concesse quella gentilezza inaspettata.
-Siete stata brava. – le rivelò con un tono morbido e dolce – Ora vi meritate una leccornia, dopo ciò che siete stata costretta a mangiare. Inaspettati accostamenti di salse acidule e pesce maleodorante, non devono essere state per voi di grosso gradimento. – Lyanna lo guardò perplessa. Come poteva aver dedotto così perfettamente i suoi gusti? Lo vide sorriderle e ringraziò di essere già seduta nel suo giaciglio, perché era quasi certa che le sue gambe avrebbero ceduto a quella visione. Lo vide muovere una mano, lentamente, fino a raggiungere la sua. Gliela strinse con delicatezza e poi allungò anche l’altra mano e gli mise quel sacchetto in grembo.
-Che cos’è? – si era presa diverso tempo prima di esprimere la sua incredulità.
-Apritelo e lo scoprirete da voi. – rispose calmo, un pizzico di giocosità nel suo tono. Le mollò la mano, permettendole così di avere libero movimento, ma non l’allontanò più di tanto, lasciandola ben distesa sulle pellicce. La donna, in un primo momento fissò infastidita il suo arto inerme, accanto alla sua gamba, diffidando delle sue reali intenzioni, ma si concentrò presto sul sacchetto che aveva in grembo, incuriosita del suo contenuto. Slacciò il cordino di cuoio che lo teneva chiuso, curvò la schiena ed il collo e abbassò il capo per osservarvi all’interno.
-Fragole? – chiese dubbiosa, alzando il volto a fissare la sua maschera – Dove le avete trovate? – Viserys sembrò riprendere colorito nel notare questo suo interesse.
-I vostri boschi sono particolarmente eccentrici… – le disse – Oserei dire quasi impressi di magia antica. Per anni sono stato convinto che le piante producessero i loro frutti solo in estate, ma qui sembra si siano adeguate al vostro clima rigido, offrendo i loro doni anche nelle fredde giornate d’inverno. – sorrise abbassando il capo – so che non sono le succulenti bacche che nascono sotto il caldo sole dorniano, ma… - aveva rialzato il capo nel dire quell’ultima frase.
-Grazie. – lo interruppe lei con un filo di voce, dolce e gentile fu inavvertitamente il suono che le usci e lei per prima se ne stupì. Tutta la rabbia era come sparita. Sentiva nato un caldo sentimento nel petto che la pervadeva in ogni fibra del suo essere. Una sensazione che era lì da tempo assopita, reclusa, o ingabbiata. Un brivido lungo la schiena, esattamente dove lui era solito appoggiare le sue labbra con teneri baci sensuali fino a farla impazzire. Una mano dalla temperatura infuocata avvolgeva le sue… credeva ancora di vivere in un momento del passato, eppure provò quella temprata sensazione di ristoro agli arti superiori, come quando, dopo essere stato colta impreparata da una bufera, si accostava ad un braciere e ne traeva conforto. Ma quella non era un’illusione. Socchiuse gli occhi, nemmeno si era accorta di averli chiusi, e ne ebbe conferma. Le aveva appoggiato quella mano, che prima giaceva immobile sulle coperte, sulle sue, che stingevano ora il sacchettino al petto. Si avvicinò ancora, senza fare il minimo rumore. Lyanna non riuscì a impedirglielo, come se qualcosa in lei non volesse allontanarlo.
Viserys appoggiò le sue labbra sulla sua fronte per constatare la temperatura. Rimase fermo così qualche secondo, poi strusciò il mento sulla sua tempia, restando guancia contro guancia. Lyanna percepì il suo respiro sul collo dietro all’orecchio. Come se stesse tergiversando appositamente, per annusarle i capelli e sentisse il bisogno di contatto con lei. Qualcosa, non seppe nemmeno lei dire cosa, le fece perdere il controllo. Si ritrovò a desiderare di baciarlo sulla guancia… vi appoggiò le labbra, ma quando stava per farlo, qualcosa la bloccò e osò solo uno sfregamento frustrante; mente e cuore combattevano tra loro per trovare armonia. Un leggero movimento del suo capo, si era voltato. Ora avevano le labbra che si sfioravano. Trattenne il respiro, e qualcosa gli disse che lui probabilmente stava facendo uguale. Lo sentì poi espirare ed un caldo vento la soggiogò. Richiuse gli occhi, si sentì tremare. Viserys stava indugiato, quasi in attesa che fosse lei a decidere se baciarlo o meno… Sentì il suo petto alzarsi improvvisamente richiedendo aria e si costrinse a dargliene. Aveva il fiatone eppure non aveva fatto nulla. Aprì gli occhi e si accorse che il principe stava muovendo appena la testa come in una muta e lenta forma di diniego. Probabilmente era lui quello a tergiversare per baciarla. Lo guardò corrucciando le sopracciglia e stropicciando le labbra, non seppe cosa le fece nascere ancora quella singolare percezione di avversione. Forse provò quella sgradevole sensazione di essere ancora una bambola di stoffa tra le sue mani o più probabilmente si sentì goffa e sconfitta: il suo corpo era debole a dispetto della sua indole ribelle e selvaggia. Gonfiò le guance, com’era solita fare quando si arrabbiava. Lui sembrò accorgersi del suo radicale cambiamento d’umore, come se ne fosse già abituato, ed emise uno sbuffo dalle narici, posandole la fronte alla sua tempia e poco dopo avvertì anche una pressione sulla guancia sottostante. Le aveva addossato la punta del naso, percepiva la sua impellenza di baciarla e si ritrovava suo malgrado a voler desiderare la stessa cosa. Si sentì premere ancora sullo zigomo, quel tanto che bastò per farle passare la voglia di tenere ancora il broncio. Viserys frizionò di nuovo il naso contro il suo volto, in un ultimo impellente richiamo, prima di allontanarsi definitivamente da lei. Lyanna provò un malessere fisico, quando non sentì più il suo volto accanto ad accarezzarla. E si diede della stupida.
-Mangiate. Vi aiuteranno a riprendere in fretta le forze. – le disse dolcemente e con un dito le pressò lievemente la punta del naso, lasciandola basita da quel suo gesto – E vedete di obbedire questa volta, altrimenti mi costringerete a ripresentarmi qui fra un ora! Se non avete intenzione di farmi morire un’altra volta… Impegnatevi a riprendere le forse e mettetevi in piedi prima di sera. Non siete fatta per stare chiusa in questo tugurio. Dovreste saperlo; un lupo non sta in catene. –
Rimase a fissarlo indisposta dalla gentilezza dimostrata e dalle sue parole forti…
-L’inverno sta arrivando… - era talmente sorpresa che non trovò null’altro da dirgli. Ma restò a guardarlo, mentre lui si alzava con eleganza.
-Con fuoco e sangue questa volta. – le sorrise e, voltandosi, incrociò suo fratello Benjen sull’uscio della porta. Era dentro la stanza, Lyanna non fu certa di quando ci fosse arrivato e quanto avesse visto. Lo vide piegare appena le spalle e la testa, al suo passaggio, il principe gli appoggiò una mano sulla clavicola in modo amichevole, come a ringraziarlo sentitamente, poi li lasciò, sparendo oltre l’angolo del muro.
La Stark ci mise qualche altro minuto per riprendersi completamente da quegli ultimi inspiegabili istanti. Piegò il capo lateralmente, e si portò una mano sulle labbra, mentre suo fratello prendeva posto nello sgabello accanto al letto dove si era seduto pure Jon qualche ora prima.
-Tutto bene? Ti vedo accaldata… è febbre o sei stata troppo vicino al fuoco? – fece un ghignetto malizioso.
-Da quando hai passato la tua fedeltà ai draghi, Ben? – gli domandò, negli occhi un chiaro senso di allerta, la sua voce aveva assunto un tono acuto quasi ai limiti dell’isteria.
-Dal momenti in cui mia sorella è scappata con uno di loro e ha generato un figlio unendo le due casate. – le rispose serio, senza nemmeno attendere un secondo. Poi tornò a fare il solito sorriso burlone – Se stai pensando di fare il bis, accomodati pure, però questa volta non hai alcun motivo di scappare, papino non c’è e se vuoi il mio consenso già lo hai. Al pargolo gliene parliamo con calma domani. – come risposta Lyanna sgranò gli occhi. Stava quasi per protestare quando lo vide farle una linguaccia villana – Povero draghetto, un bacino potevi pure darglielo, se lo meritava! –
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 58
*** Donna impossibile, madre adorabile ***


Lyanna Stark si era alzata da quel letto improvvisato prima del tramonto. Aveva indossato il mantello, superato la guardia incessante di suo fratello minore, e quanto aveva incrociato le sue nipoti, ancora vistosamente preoccupate per le sue condizioni, aveva riferito loro l’estrema necessità di alzansi da quel letto, se voleva digerire quella quantità di cibo che l’avevano costretta a mangiare. Jon aveva provato a convincerla a fare solo una passeggiata fuori, ma sua madre non era una donna facile da convincere. Ormai lo aveva capito da tempo.
-Ziry kivio dārilaros issa, se zȳhon suvio perzō vāedar issa. – gli stava spiegando Viserys, prima di spostare lo sguardo verso di lei. Jon aveva guardato nella sua stessa direzione e l’aveva vista. Aveva interrotto bruscamente la sua seconda lezione di Valyriano della giornata, scusandosi col principe e l’aveva raggiunta trafelato.
-Mamma… - aveva ansimato – Dovresti restare a letto. – l’aveva guardata severo.
-Si sta a letto nelle ore notturne. È ancora giorno, e ci sono tante cose da fare. Non voglio restare a guardare gli altri lavorare, mentre i miei ordini sono quelli di rimpinzarmi di cibo. – Jon aveva emesso un profondo sospiro e controvoglia si era messo a ridere.
-Sei incorreggibile. – si era avvicinato a lei appoggiando la fronte contro quella della donna – Ti faccio compagnia. Aspetta solo che avviso Viserys… - le stava dicendo, ma lei lo interruppe all’istante.
-Resta con loro! A me non serve una balia. – l’aveva guardato seria e risoluta. Lui aveva mostrato un cipiglio sul volto, contrariato soprattutto dal fatto che lo stesse rimproverando poco lontano dal principe, minando alla sua autorità anche di fronte a tutta la sua gente. C’erano bruti, gente del nord, perfino uomini della regina. Chiunque li stesse guardando in quel momento avrebbe indubbiamente sospettato che lei stava contestando un suo ordine. Il suo titolo, il loro rispetto, bastava un nulla per incrinare la fiducia del suo popolo e sua madre non sembrava minimamente preoccupata di esserne la causa. Ne aveva preso atto quella sera sugli scalini che davano alle porte di Winterfell… a dire la verità era stato il principe Viserys a renderlo cosciente della sua debolezza di fronte alle lacrime di sua madre. Nemmeno si era accorto degli sguardi di quella gente su di loro, fintanto che lui non era arrivato e, rimproverando sua madre, lo aveva messo nero su bianco.
Ma la cosa che riteneva peggiore, era che ignorava in tutto il suo significato, la ragione che la spingeva a provare a numerose ore contro la sua volontà, eppure Jon sentiva che sotto sotto non era solo quello ad innervosirla.
Al principio non ci aveva dato peso, ma infine ne aveva dovuto prendere coscienza. Ogni volta che lui trascorreva del tempo con i draghi e con i loro signori, lei diventata suscettibile e scontrosa. Era più o meno lo stesso comportamento che le aveva visto tenere in presenza di Viserys. Non gli era chiaro questo suo cambio d’umore, comprendeva il risentimento che uno Stark poteva avere verso un Targaryen, visto gli esiti avvenuti a King’s Landing coi suoi famigliari, ma sua madre pareva avere un conto in sospeso maggiormente con Viserys, tenendo Daenerys invece in un limbo, come se dovesse ancora decidere se di lei poteva o meno fidarsi. Jon cominciava a sospettare quindi che qualcosa potesse essere avvenuto durante la missione nelle terre occidentali del nord. Qualcosa di cui nessuno dei due sembrava volerne parlare, come un segreto da custodire, da proteggere… Jon si ripromise di far chiamare lady Brienne nel suo studio e chiedere a lei, una volta fatto ritorno a Winterfell; la guerriera non poteva mentirgli, aveva messo la sua spada al servizio delle figlie di Lady Catelyn, ma aveva anche giurato fedeltà al Re del Nord. Qualsiasi cosa sua madre stesse cercando di nascondere, lei poteva saperla, e lui doveva scoprirla.
Una strana sensazione lo stava torturando da tempo: un dubbio… un sospetto…  ma forse era meglio chiamarlo in un’altra maniera: angoscia… terrore… dolore. “E se mia madre avesse cominciato a provare dei sentimenti anche per questo Principe Drago?” No, l’idea che lei potesse innamorarsi ancora non aveva senso… o forse sì?
Sarebbe anche potuto essere felice per lei; dopotutto ogni persona si meritava un po’ di serenità, ma c’era qualcosa che non gli tornava; un sentore profondo che nasceva nel suo intimo, immaginando e concretizzando nella mente la concezione di loro due assieme. “No, ti prego. Non lui, madre!” Aveva riflettuto sull’ipotetica idea che lei potesse trovare conforto in un altro uomo, magari uno del nord… poteva anche starci. Un bruto? Magari anche no. Un cavaliere della Valle? Probabilmente troppo ligi al loro dovere per riuscire a domare un lupo… si sarebbe annoiata. Aveva addirittura provato ad immaginarsi sua madre al fianco di un dothraki, ma subitaneamente aveva anche convenuto che prima che un uomo così le potesse mettere le mani addosso, Lungo Artiglio sarebbe sbucata dal suo petto… Strano… quel pensiero lo stuzzicava con ogni uomo che gli passava per la mente. Nessuno era al livello di sua madre, lui lo sentiva. Nessuno, men che meno Viserys.
Inoltre non poteva dimenticare che era stato, o lo era tutt’ora, l’amante della regina Daenerys. Ecco un’altra questione da accertarsi. Non che la cosa lo riguardasse, certo… “o lo riguardava?” Ponderò ogni alternativa che lo vedeva cosciente del vero rapporto tra i due fratelli Targaryen. “Sono il Re del Nord si ripeteva sono un loro alleato. Devo conoscere ogni attinenza dei miei cobelligeranti, come loro devono sapere le mie… è una questione politica, è una ragione più che sufficiente. E poi sono sulle mie terre, ed io esigo…” ma ogni sua convinzione terminava nel momento in cui rammentava quegli occhi viola brillante che lo osservavano da lontano. “Sono uno sciocco. Uno sciocco moralista e uno sciocco sentimentale. Se voglio essere il re di questa gente, devo mettere da parte ogni debolezza.” Si obbligava quindi ad incatenare nell’oscurità quei pensieri velocemente, optando al fatto che, se anche lo avesse saputo, non gli avrebbe giovato a nulla… se non al risveglio di un dolore e di una sofferenza che lui stesso impediva di uscire. Jon ormai le aveva detto addio; lei era quindi libera di frequentare chi voleva, ed il principe sembrava forse la persona più adatta. La loro unione, avrebbe mantenuto salda la stirpe reale Targaryen, intonsa da altri geni. Avrebbero continuato ad essere draghi purosangue, senza alcun genere di sangue misto… poi rammentò quello che la regina dei draghi gli aveva svelato. “Non posso generare altri eredi.” Gli aveva sussurrato in un momento in cui aveva abbassato ogni difesa “E’ per questo che ho scelto Viserys come mio successore. Io non posso far altro, se non liberare il regno da soprusi e ingiustizie, ma lascio a lui la scelta di continuare la stirpe, dato che le mie possibilità terminano qui.” E Jon non aveva potuto che annuire, comprendendo quanto sofferenza per lei questo volesse dire. E ripensava a sua madre, sola, in quella torre sperduta nel deserto. Alla sua ultima sfida, darlo alla luce, sapendo che tutto era ormai finito, che lui sarebbe stato l’ultimo della sua stirpe… e prendendo coscienza che non avrebbe potuto adempiere a tutte le altre incombenze che una madre dovrebbe portare a termine. E in quel momento aveva pensato che sua madre esattamente come Daenerys, aveva avuto coraggio nel persistere in quella sua convinzione, pur sapendo di non poter terminare il lavoro cominciato. La madre dei draghi passava il testimone al fratello… sua madre aveva fatto uguale. Tutto restava nelle mani del loro stesso sangue, ma quanto sacrificio era stato consumato prima?
“Se Viserys scegliesse mia madre come compagna, le nostre casate potrebbero ottenere un’alleanza salda e duratura.” Riflettè coi pensieri di un re, ma il figlio emerse dalla sua tana”Ma dopo quello che ha passato, mia madre potrebbe ancora mettere al mondo un altro figlio?” Esattamente come Daenerys anche lei aveva sofferto la sua ultima gravidanza, e nessuno ora come ora avrebbe potuto considerare che sarebbe riuscita a portare in grembo un secondo drago… “Possibile che Viserys questo non l’abbia tenuto in conto?” eppure da quanto aveva capito quell’uomo era un astuto stratega, mai avrebbe preso decisioni incerte o non ponderate e questa tuttavia appariva tra queste. “Perché Daenerys non lo scoraggia in questa sua scelta?” Valutò anche l’astinenza della regina in questo suo avvicinamento verso la lady del nord. Ma alla fine non ebbe risposte, e non ne trovò, forse perché non le voleva nemmeno davvero cercare.
Sentiva di avere ancora la lama di un pugnale conficcata nella carne del torace e il suo bruciare freddo rigirarsi nel petto, mentre sangue caldo gli fuoriusciva imbrattando la pettorina… rivedeva anche le nuvolette leggere di fumo quando il calore del suo corpo entrava in contatto con la fredda aria della notte… erano immagini che lo tormentavano durante il sonno o nei momenti di solitudine del giorno; ogni volta che pensava alle sue origini e ogni volta che pensava a lei.
 
La frase che gli aveva rivolto sua madre però gli aveva acceso un piccolo fiammifero nella mente. Le sue parole non sembravano essere state pronunciate con banale superficialità, ma una meticolosità ben indirizzata. Quando lei aveva detto quel vocabolo, Jon aveva scorto nei suoi occhi un luccichio sinistro. “Non ho bisogno di una balia…” Già, la balia… Wylla, era il suo nome, se non ricordava male. Era chiaro che quella frase l’aveva detta per sfogare in qualche modo un risentimento antico, o più probabilmente per ferire se stessa; per accusarsi di essere stata una madre manchevole e inadatta. Cosa che lui non aveva mai considerato.
Dalla sua reazione alla notizia uscita dalla bocca di Edric Dayne quella sera, sua madre non sembrava più se stessa. Come se avesse in qualche modo difficoltà ad accettare quel fatto. Jon non era ancora riuscito a comprendere cosa significasse quella donna per Lyanna Stark, o se fosse solamente l’idea che lei, in quanto madre, si sentiva fallita, non avendo potuto provvedere alle prime esigenze di un figlio, come se lei in qualche maniera si fosse sentita sostituita da quella sconosciuta.
In realtà per lui quelle erano tutte sciocchezze. Jon non aveva ricordi di questa Wylla. Sapeva che aveva avuto una balia solamente perché dava per scontato che Lady Catelyn si fosse rifiutata di provvedere a lui, come del resto aveva sempre fatto anche negli anni successivi. Non era mai stata una donna amorevole nei suoi confronti. Ora comprendeva che in quanto infante, aveva obbligatoriamente costretto Ned Stark a far arrivare una nutrice per sfamarlo; che fosse stata una donna del nord, del sud o delle Terre dei Fiumi, Jon non aveva desiderio saperlo. Lui aveva sempre creduto che fosse stata sua madre a provvedere a lui e che in un secondo momento lo avesse affidato alle cure del padre, impossibilitata a proseguire ancora nel suo ruolo… Ebbe un rigurgito di bile al pensiero di quanto fosse lontano dalla verità a quei tempi, ma ora aveva una certezza: l’unica persona che aveva potuto chiamare madre era solo Lyanna Stark. Anche se l’aveva conosciuta da pochi mesi, aveva trovato in lei la figura da sempre ricercata. Lei si era premurata di dargli affetto e sostegno fin dal quel primo momento che lui si era rivelato. Gli tornò alla mente la cucciolata di metalupi che avevano raccolto ormai tre anni addietro. Spettro era solo, in un angolo, abbandonato dalla stessa madre. Per anni lui si era sentito alla stessa maniera, ma ora era diverso. Quando Lyanna lo abbracciava, Jon si sentiva come uno di quei cuccioli della nidiata, smarriti e infreddoliti in cerca di calore, appallottolati tra le zampe inermi della madre, che con la sua carcassa ancora li proteggeva dai freddi climi del nord. Non era più il recluso, bensì ora apparteneva al branco.
Aveva goduto del torpore emanato da quel pensiero, per diversi mesi, solo ultimamente le cose parevano modificate… lei sembrava cambiata; e ricordava anche quando questo era avvenuto.
Tutto in lei era mutato, quanto Rhaegal lo aveva salvato da quell’estraneo. Il drago si era mosso eludendo ogni precedente comando, agendo inaspettatamente di sua iniziativa. Sia la regina che il principe erano rimasti perplessi e disorientati, e solo successivamente avevano reagito con stupore e convinta accettazione. Sua madre invece aveva eretto una barriera invalicabile, cercando di ignorare il fatto, e coinvolgendolo poco dopo in una gara a cavallo, quasi a voler accantonare una triste paura. Era come se lei temesse qualcosa, qualcosa che non gli aveva rivelato. Quella era il suo timore più grande. Jon temeva che ci fosse ancora tanto che lei non riusciva a dirgli, eventi dei quali lei ne era inspiegabilmente al corrente, ma che lui ignorava completamente.
Provò una scarica di rancore represso nell’anima, un incendio indomabile sovrastato da una bufera impenetrabile sembrava averlo posseduto. Era frustrante. Odiava quando qualcuno gli teneva dei segreti: ora più che mai, visto quanto accaduto recentemente. E ciò che detestava ancor di più era che fossero le persone che amava a mentirgli. Era vissuto nella menzogna per tutta la sua vita, le persone che credeva sincere, lo avevano solo riempito di bugie… ne comprendeva tutte le ragioni adesso, però non riusciva ad accettare la cosa con naturalezza e superficialità. Era stanco di frasi criptiche, di segreti celati e di identità false. Voleva chiarezza, voleva sicurezza, voleva luce: voleva la verità.
 
Guardò negli occhi di sua madre. Dietro al ghiaccio, una sofferenza infinita. Emise un sospiro e rinunciò a reagire a quella sua provocazione. Non era il momento adatto, forse mai lo sarebbe stato… Lei era stata male fisicamente e l’idea di vederla crollare anche mentalmente non lo allettava neanche alla lontana. Le avrebbe parlato uno dei prossimi giorni, le avrebbe fatto intendere che non poteva permettersi di dargli contro di fronte ai suoi uomini, o di sminuirlo e farlo sembrare un re fragile davanti al suo popolo… ma in quel momento, riuscì solo a prenderle la mano, attirarla a sé e stringerla in un abbraccio.
-Ti voglio bene, mamma. – non vi era traccia alcuna di rimprovero in quelle parole – Cominciamo quindi? – nemmeno i suoi occhi espressero indignazione, ma la guardarono con aria rassegnata e leggermente divertita.
 
 
 
 
 
C’erano situazioni che davvero non comprendeva, ma la scena che aveva di fronte ai suoi occhi era talmente ridicola che non si fece ulteriori domande. Mancava circa un’ora all’imbrunire. Il sole rifletteva ancora la sua luce nella neve ed illuminava in maniera spettrale il cortile esterno, dove poche ore prima sua zia era svenuta. Ora invece era lì in piedi sana come un pesce… un lupo a dire il vero, pensò Arya. Lyanna aveva nelle vene solo sangue Stark; non come lei che era per metà Tully.
Di fronte alla donna era seduto Jon. Le natiche appoggiate ad una roccia che a quanto pareva non doveva nemmeno essere poi tanto comoda, perché non faceva altro che cambiare posizione continuamente.
-Per tutti i corvi starnazzanti, Jon, vuoi provare a stare un po’ fermo? – disse infastidita la lady – I tuoi capelli sono più aggrovigliati di un mucchio di paglia! –
-Ahi, mi stai scuoiando vivo! – si lamentò il giovane, scansandosi dal suo braccio – Sei sicura di non avere sangue Bolton nelle vene, madre? – scosse la testa mostrando un’aria arcigna che si dissolse all’istante.  Suo cugino era mansueto come un agnellino quando si trattava di sua madre, ma manteneva una certa dignità, seppur il suo atteggiamento avesse un non so che di compostezza e rigidità.
-Ah, di questo puoi starne certo, tesoro. I mie avi erano Stark al cento per cento, con qualche goccia di sangue Flint, dal ramo materno. Nessun Bolton si unì mai in matrimonio con la casata principale dei lupi di Winterfell, non per un valido vincolo, diciamo che più semplicemente si evitò questo legame indissolubile… ora che ci penso non ho mai chiesto nemmeno a maestro Walys il vero motivo. – precisò facendo una smorfia contrariata. Zio Benjen stava passando di lì con Harwin e alcuni altri uomini di Grande Inverno per portare ceppi di legna al forte. Arya aveva notato crearsi un sorriso nelle sue labbra blu, chiaro segnale che aveva udito i loro discorsi e quasi certamente era pronto ad inserirsi.
-Hai rischiato grosso però, Jon! – si voltò a fissare suo nipote – Ti potevi trovare lord Roose come nonno! – ghignò sadico.
-Lo sai che sono armata, vero Ben? – Lyanna mostrò le forbici che teneva in una mano. Non aveva nemmeno alzato gli occhi verso suo fratello per impartirgli quella minaccia, continuando intenta nel suo lavoro. Arya sorrise nel vedere quello scambio di battute.
-Uhu, meglio che me la filo allora. Non voglio rischiare di trovarmi rapato come una pecora dopo la tosatura! – Ben aveva strizzato l’occhiolino a suo nipote – Auguri, Jon! – ed aveva ripreso la sua strada con la sua solita andatura veloce.
-A volte vorrei tanto tagliargli la lingua… – brontolò la donna, tagliando nettamente una grossa ciocca che il ragazzo si vide scivolare di fronte e cadere sulla neve.
-Invece ti ricordo che stai maneggiando i miei capelli… non lame d’acciaio! – reclamò lui risoluto.
-Prima con la barba sei stato più docile! – protestò lei guardandolo con sufficienza – Ora smettila di muoverti, se non vuoi che ti recida un orecchio! – sua zia non si lasciò affatto sopraffare. Era strepitosa come riusciva a tenere testa a tutti gli uomini che le si presentavano di fronte. Da un ranger dei guardiani della notte, ad un re del nord, ma qui andava sul facile perché erano suoi parenti. Ma la giovane lupa aveva notato anche come sua zia non veniva affatto intimorita da lord, guerrieri dothraki, immacolati o addirittura i due membri della famiglia Targaryen, che spesso incutevano negli altri riguardoso rispetto.
-L’orecchio di un lupo… - intonò Mance Rayder – …cadde con un tonfo muto… ma ebbi il pregio di cantarlo col mio liuto… prima di finire oltre il dirupo… - Arya scoppiò a ridere nel vedere l’espressione di suo cugino. Jon aveva voltato il capo per guardare il bruto di traverso, con aria minacciosa e inasprita. Piegò le labbra in un’espressione del tutto seccata e scioccò la lingua con fare contrariato. La cosa buffa fu che sua madre aveva avuto la medesima reazione, raccapricciata da quei versi improvvisati e irritata che l’uomo avesse osato deridere suo figlio con una composizione musicale. Arya si era divertita maggiormente per i loro grugni che per le assurde rime che aveva appena composto quel bardo improvvisato.
-A volte mi domando perché non gli vieti di disonorare quello strumento… – si lamentò sua madre, poi alzò la voce in modo che anche Mance la sentisse – Che per la cronaca è un’arpa, non un liuto, razza di caprone. –
-Perdono, mia rosa dell’inverno. – si scusò lui, usando il nomignolo che ormai molti avevano preso a chiamarla. Lei lo fulminò con lo sguardo. Non permetteva a quei molti di chiamarla così, ma loro ormai ci avevano fatto l’abitudine e Arya sentiva spesso usare il nomignolo lady rosa dell’inverno soprattutto tra le camerieri o gli inservienti del castello, per distinguerla da Sansa che chiamavano invece lady Stark o lady di Winterfell.
-Gli avrei già fatto tagliare entrambe le mani se non fosse un abile combattente. – cercò di giustificare il bruto – E solo quando impegna la bocca nel canto, evita di parlare. –
-Non so quale tra le due sia peggio. – affermò la donna.
-Oh, ti assicuro che invece io lo so! – le domandò alzando un sopracciglio seccato, ma non attese che sua madre gli rispondesse – Tra le due, preferisco la prima. –
Arya si dovette tenere la pancia, ridendo a crepapelle. Erano una lo specchio dell’altro; e guardarli assieme erano una visione appagante e spassosa. Riuscivano a rendere ironica anche una scena come quella, e la cosa più assurda era che non stavano nemmeno improvvisando una manifestazione da guitti. Erano invece seri e credevano fermamente in ciò che avevano detto. Arya si ritrovò costretta a voltare lo sguardo di lato per asciugarsi una lacrima dovuta dalle troppe risate e fu proprio in quel mentre che nel suo campo visivo apparve il principe Targaryen. Stava in piedi a braccia conserte appoggiando una spalla al muro della fortezza. Al suo fianco si era fermato Benjen Stark. quest’ultimo si abbassò solo per appoggiare una pila di rami che mantenne composti tenendoli tra le gambe, poi tornò in posizione eretta.
Arya aggrottò le sopracciglia incuriosita. Era stranissimo vederli parlare assieme; non si poteva certo dire che suo zio non fosse loquace, era uno che faceva presto amicizia con chiunque… ma dato i trascorsi del passato, né lei, né nessun altro si sarebbe aspettato che scambiasse nemmeno due parole con un Targaryen. Dopotutto era stato proprio re Aerys II ad uccidere il nonno e quell’unico zio che lei non aveva mai conosciuto… Eppure la stravaganza di quella scena, Arya non riusciva a convogliarla solo in zio Benjen, ma la direzionava soprattutto verso Viserys.
La giovane aveva avuto modo di incontrarlo per puro caso in quella raduna, e di imparare a conoscerlo nei giorni successivi, quando si era prefissato lo scopo di tenerla al sicuro. L’aveva protetta, tenuta nascosta e spacciata per la sua serva/amante, quando erano stati ospiti dei Frey. Era certa che lui sapesse anche più di quello che diceva, ma non le aveva mai posto domande; quando se n’erano andati da quel castello, aveva fatto strada al contingente del nord, allontanando così tutti, ma non l’aveva lasciata troppo indietro; l’aveva aspettata, con sorpresa Arya si era trovata ancora una volta con un tutore, esattamente come era avvenuto col mastino… ma questa volta al fianco aveva un uomo che celava solo il volto, mai i sentimenti. Con lei non aveva mai finto, o quanto meno aveva cercato di mostrarsi per la brava persona che era. Ecco perché anche durante il suo soggiorno a Harrenhal non aveva mai creduto a quelle assurde voci che lo volevano amante di sua sorella, la regina certo tra loro c’era davvero un bel rapporto che Arya aveva in qualche modo riconosciuto simile al legame che anche lei aveva con Jon… ecco, non sapeva come spiegarlo, eppure Viserys le aveva sempre trasmesso la stessa sensazione che prova affianco a Jon. E questo era il motivo per cui quell’uomo aveva ottenuto il suo pieno rispetto fin da subito. E seppur avesse una valida stima in lui, doveva però ammettere che non era una persona facile. Non era un uomo aperto, uno tanto propenso al dialogo, né a fare amicizia velocemente, tanto meno incline alla risata. Malgrado ciò, ora stava ridendo tranquillamente, probabilmente ad una battuta di suo zio Ben. La sua ragione le diceva di diffidare di quelle persone che celavano anche solo una parte di sé, ma il suo istinto le dicevano il contrario. A quale dei due devo credere?
 
 
 
 
 
-Deduco che sia un’eredità che ha preso interamente da voi. – Benjen Stark aveva rallentato l’andatura e, con un cenno del capo, aveva ordinato ai suoi amici di proseguire, fermandosi a pochi passi dal principe drago – Mia sorella non è mai stata avvezza a questo genere fissazioni. – il Targaryen era rimasto a fissare la scena da lontano, in silenzio, sentiva a stento il proprio respiro uscire… si rese conto solo in quell’istante di aver trattenuto il fiato. Arthur mi avrebbe dato dell’imbecille… quel pensiero sfuggì dal suo controllo e gli provocò una fitta al petto.
-Acuta osservazione, Primo Ranger. – aveva curvato appena le labbra perfette, nel tentativo di dimenticare il dolore e di accogliere invece solo i momenti migliori che quella seconda vita gli stava donando – Sono stato deriso a lungo per questa mia ossessione. – continuò, ben sapendo che l’avrebbe poi pagata… durante la notte, quando le stelle avrebbero brillato sopra la sua testa e rischiarato i lunghi capelli argentati.
Lo Stark aveva appoggiato la gerla di legna a terra. Era chiaramente intenzionato a fargli compagnia. A dire il vero non aveva alcuna voglia di intavolare una chiacchierata, ma non ebbe la forza per cacciarlo via.
-Deve essere meraviglioso scoprire nel proprio sangue una caratteristica che si è sempre riscontrati solo in se stessi… - rifletté pensieroso il ranger, mentre si rialzava col busto – Non qualcosa che si può vedere allo specchio, ma un banale tratto genetico che supera sia l’aspetto che l’indole della stessa stirpe. – Viserys si rabbuiò a quelle parole. Il passato non era un argomento facile da affrontare; la sua famiglia, i legami di sangue ancora meno.
-Parli come se avessi avuto dei figli… - provò a dire. Cambiò punto d’appoggio e lo guardò negli occhi.
-Li avrei voluti… forse. Non lo potrò mai sapere con esattezza… non era il primo pensiero con cui mi svegliavo la mattina, né l’ultimo con cui mi addormentavo la sera… - ammise – Avevo solo quattordici anni quando scelsi questa strada. – si indicò la pelliccia sulle spalle con un pollice.
Viserys soffiò fuori l’aria non sapendo che altro dire. E’ un’accettazione, oppure una punizione?
-Ho detto qualcosa che non va? – domandò Benjen accorgendosi del suo silenzio.
-Considerazioni mediocri e futili che mi hanno accompagnato per anni. Non mi aspetto che tu capisca… - aveva risposto lui secco, ma non aveva usato un tono di voce imperativo.
-Beh… posso solo immaginare che vi stiate riferendo a vostro padre. – Benjen aveva cominciato probabilmente a intuire ogni suo silenzio, interpretando i suoi pensieri, precedendo anche le sue risposte. Forse era allenato dal tempo trascorso con Jon – Insomma… non vorrei essere scortese, ma sicuramente non era un desiderabile modello di genitore. –
-Posso essere solo che d’accordo. – ammise funesto. Si rese conto presto che lo Stark si aspettava qualcosa di più – Per la mia intera esistenza ho nutrito la speranza di non commettere gli stessi suoi errori… - provò a dire. Nulla a togliere al suo vano tentativo, ma parlare col fratello della sua lady era diverso che conversare col suo Kepa. O col suo Lekia… Per quanto Benjen ci provasse, non avrebbe compreso per intero quanto gli stava per dire – A quell’epoca ero certo che niente di lui mi avesse mai nemmeno sfiorato. Mi ritenevo un uomo migliore, diverso … mi impegnavo ad esserlo… Ma, col senno di poi, non sono sicuro di essere riuscito nel mio intento… Di questi tempi ho solo compreso quanto mi sia illuso in quegli anni. – fissò un punto imprecisato tra la neve e un rametto di pino – Ho il suo sangue: sono esattamente come lui. – rialzò il capo abbattuto, ma non sconfitto – Ferisco le persone che dovrei invece proteggere. E ci sono momenti in cui addirittura credo di trarne pure piacere… Esattamente come gli vedevo fare a lui. – ci fu un lungo momento di silenzio. In parte lo aveva ricercato, ed era convinto di aver scoraggiato ogni sua più mera iniziativa.
-Stronzate, voi non siete affatto come lui! – quelle parole gli arrivarono come una lama in pieno petto. Gli parve incredibile, come se lì con lui ci fosse Arthur… L’espressione strafottente, il linguaggio scurrile, il tono di voce infastidito e contrariato, ma la convinzione di dire la verità, la trasparenza e la sincerità nello sguardo erano simili a quelle di Lyanna. Lo fissò stupito e le sue labbra si socchiusero appena, mentre il ranger lo scrutava dall’alto al basso – E non gli assomigliate per niente; né di aspetto, né tanto meno di carattere! Nessuno lo ha mai creduto! Vi adoravano a quei tempi, me lo ricordo bene, a prescindere dall’influenza che posso aver avuto grazie a mia sorella, o la mia conoscenza sul vostro segreto! – fece una breve pausa – Eravate venerato in tutti i Sette Regni come una salvezza, un unguento balsamico su una piaga… ecco cos’era vostro padre. –
-Non tutti la pensavano uguale… - disse amaramente il principe, tagliando corto – Dovevo evitare quella guerra, non avrei dovuto permettere che scoppiasse. Gli esiti sarebbero dovuti essere differenti… Dopotutto il male eravamo noi draghi se poi il regno è prosperato per ben quindici anni. –
-Ditemi che non state davvero considerando vere quelle assurde falsità raccontate da Robert! – lo guardò di sbieco – Nessuno ci ha mai creduto davvero! Stavano zitti forse, perché era lui il re; era lui che aveva fatto scrivere le memorie storiche della sua ribellione. La ribellione di Robert, viene ricordata, ma nessuno ha raccontato mai che quel bisonte puzzolente se n’è stato nascosto a Riverrun, quando mio padre e mio fratello erano andati alla capitale. E poi il nostro grande salvatore se n’è rimasto nascosto in un bordello, pur di sfuggire all’esercito di vostro padre che lo cercava per tutta Stoney Sept, aspettando che mio fratello arrivasse a liberarlo. Tutte quelle grandi parole, quei valori morali e quegli ideali pacifici… ci sputo sopra! – lo fece davvero, espettorò un globo di saliva a due passi da loro. Rhaegar non mostrò disturbo nemmeno per quello e lo lasciò continuare nel suo discorso – Dico solo una cosa: se ora siete giunto fino a qui, con tutti questi alleati… - anche se non aveva concluso la frase, Viserys lo interruppe ugualmente.
-Non è a me che hanno giurato fedeltà questa volta. – rispose con tono secco, ma equo. Indicò col mento sua sorella che stava seduta in disparte, con lord Tyrion e alcuni membri della sua guardia personale – Il merito è suo. Lei è riuscita risvegliare i draghi dalla roccia. Lei si è impadronita di un esercito. Lei ha ottenuto degli alleati e ha riunificato i Sette Regni. Il mio è stato un lavoro di poco conto. – raccolse le braccia al petto, incrociandole tra loro – Se poniamo a confronto i nostri due operati, lei ha compiuto molto più di in questi ultimi vent’anni, di quanto abbia fatto io nello stesso tempo. –
-Potrei anche darvi ragione… Però non posso pensare che quando è sbarcata sul nostro continente si possa essere sentita a casa sua. Ricordo il primo giorno, quando entrai a Black Castel… mi sentivo spaesato, confuso e per nulla in pace con me stesso… Sì, lo ammetto avevo appena subito tutti quei lutti in famiglia, ma ciò che voglio dire… avevo solo che cambiato castello, non certo continente. E solo dopo diverso tempo ho imparato ad accettare questo cambiamento. Per cui non posso pensare che una ragazza così giovane quando ha messo piede sulla sabbia dorata dorniana, possa essersi sentita a casa propria, sicura e soddisfatta. Non ha nemmeno sedici anni… e a quell’età se non hai una famiglia che ti sostiene per le spalle, non puoi sentirti protetto. – si zittì. Viserys ne assorbì tutta la verità che stava dietro a quella confessione – A differenza di mia sorella che quando scese a Dorne, aveva voi al suo fianco, vostra sorella invece era sola. Si sarà sentita perduta, impaurita…  Era un’estranea in una terra dove invece sarebbe dovuta cresce rispettata e stimata. In qualche maniera ha trovato il modo per farvi tornare e, da quanto ho capito, non mi sembra abbia poi tanto tergiversato. I tempi sono troppo stretti per pensare che abbia ponderato a lungo sulla persona da riportare alla vita. Non certo suo padre, non sua madre… nemmeno il fratello che aveva avuto con sé nell’esilio. Mi domando la ragione, ma qualcosa mi dice che non lo riteneva degno. Ha scelto voi, l’altro fratello, quello che non aveva nemmeno mai conosciuto. E voi l’avete aiutata, guidata, sostenuta. E da quel poco che vi conosco, non mi stupirei che abbiate evitato, con tutte le vostre forze, inutili spargimenti di sangue, quando i suoi occhi hanno puntato verso il Nord… Da quanto mi ha raccontato Sam, gli arrivavano spesso lettere dalla Cittadella e parlavano della vostra conquista. Sembrava quasi che vi bastasse sorvolare un territorio per averlo già annesso al vostro regno… Conoscendo mio nipote dubito che sia per timore che la gente vi seguisse, più che altro per la vostra attinenza alle doti oratorie. Ma una volta giunti qui le cose si sono inasprite: all’inizio vostra sorella era molto scettica e diffidava del Re del Nord – gli lanciò un’occhiata ammiccante – Avevate capito al primo sguardo chi era davvero Jon… Per questo lo avete appoggiato sempre. Gli avete insegnato a cavalcare un drago, a credere in se stesso, a conoscere quella parte di sé che noi lupi non potevamo dargli. E vi devo ringraziare: questa volta avete addirittura riportato a casa mia sorella, sana e salva. – sorrise amaramente. Viserys inspirò a pieni polmoni.
-E’ mio compito provvedere a lei. – disse solamente, così lo Stark continuò.
-Jon è mio nipote, ma è anche vostro figlio… – precisò, usando un tono di voce come a volergli far intendere qualcosa, che doveva già essere considerato ovvio.
-Mio figlio… Certo che lo è… ma cosa posso offrirgli ad un figlio che è già adulto e sa già alzarsi con le sue stesse gambe? – si espresse triste – Cosa sa mio figlio di me? – Benjen stava per rispondere, ma qualcosa lo trattenne, tenendo la bocca semiaperta indeciso. Viserys allora proseguì ignorando ogni sua effimera iniziativa – Non è mia prerogativa giudicare nessuno. Per quanto inesatti siano i suoi pensieri sul mio conto, ritengo non sia colpa di chi lo ha cresciuto. – abbassò il capo rassegnato – Per lui sono il codardo che si è nascosto ai confini meridionali dei Sette Regni, abbandonando al proprio destino la sua stessa famiglia. Sono il mancato re che ha acceso la miccia di una  guerra sanguinaria coinvolgendo tutti i popoli che in realtà avrei dovuto proteggere. E sono un sequestratore, un  violento, uno stupratore e perfino un assassino! – chiuse gli occhi, impossibilitato a tenerli ancora aperti per il rimorso di essere conscio di ciò, la voce intrisa di rabbia. Ne seguì un lungo momento di silenzio – Non lo biasimo, se non ha alcun interesse a comprendere le ragioni che mi hanno spinto a tutto questo… né posso disapprovare il suo non voler conoscere l’uomo da cui ha ereditato il sangue… La fortuna ha voluto che abbia preso tanto da voi Stark; questo gli permetterà di valutare meglio ogni azione, prima di prendere una decisione, e gli eviterà di commettere i miei stessi sbagli. –
-Ne dubito fortemente. – rispose convinto l’altro – Voi avete avuto modo di conoscere mia sorella, e già questo mi fa dubitare fortemente sulle vostre parole… - lo guardò in cagnesco per alcuni secondi – E’ evidente che non avete vissuto abbastanza con lei, e certamente non avete conosciuto mio fratello Brandon… Loro di certo non riflettevano prima di agire. E nemmeno io se era per questo. Non siamo gente che ama avere padroni. – Viserys convenne con lui, ma rifletté anche che per sua fortuna, Jon aveva infatti vissuto con Ned Stark, l’unico lupo che venne ricordato come mansueto – Ciò che avete detto sul vostro conto è indubbiamente quanto Jon ha saputo nel corso degli anni – Benjen lo fissava austero – Non so quali siano però i veri pensieri di mio nipote, né se abbia mai avuto un’opinione diversa o se l’abbia cambiata ora, ma so di certo che aveva una certa ammirazione per il Giovane Drago. Ricordo di averlo personalmente scoraggiato per evitare che a quella stessa età si mettesse nei guai… Ovviamente non mi ha ascoltato, perché poco dopo ha deciso di entrare tra i Guardiani della Notte. Ora che sapete questo, considerate ancora il sangue di lupo così poco influente? – sorrise furbamente, Viserys scosse il capo e provò dentro l’accendersi di un lumino, una piccola fiaccola di calore per il fatto che suo figlio avesse in qualche modo venerato la storia dei draghi, ma subitaneamente si sentì in colpa. “Gli racconterò delle gesta degli Stark e amerà Brandon il Costruttore, più di Aegon il Conquistatore!” I desideri di Lyanna parevano non essere stati soddisfatti.
-Ciononostante permettetemi di darvi un consiglio: infischiatevene di quello che può aver pensato o che può o potrà pensare. Mostrategli invece l’uomo che siete davvero. Riprendetevi ciò che vi è stato sottratto e riaccreditate il vostro nome, se non altro ai suoi occhi. – Viserys alzò il capo e lo guardò dapprima sorpreso, poi conscio di una convinzione.
-Voi lupi proprio non vi arrendete mai. – sorrise scuotendo il capo.
-Per quanto vi siate abituato a mia sorella, non sapete cosa sia un vero branco. E se pensate che lei sia l’unica ad avere un caratterino tenace, allora vi sbagliate di grosso! – gli sorrise cordiale – Il sangue selvaggio e indomabile discende dalla stirpe di nostra madre, e seppur quelli che lo mostravano maggiormente fossero Brandon e Lyanna, neppure io e Ned ne eravamo tanto immuni, anche se era meno facile individuarlo in noi. –
-Sì… Lyanna me ne aveva parlato. – abbassò il capo solo per un istante, poi voltò completamente l’intero suo corpo verso di lui e gli mise una mano sulla spalla – Temo di averti sottovalutato quella sera in cui abbiamo parlato per la prima volta a Harrenhal. – cominciò il principe. Benjen tornò serio – …Ti avevo offerto un posto nella guardia reale, considerando solamente il tuo coraggio e il tuo valore, ma avrei fatto meglio a valutare invece la tua arguzia e sagacia, e metterti nel mio consiglio ristretto. –
-Io, un consigliere? – strabuzzò gli occhi – Lyanna vi avrebbe preso in giro a vita, se lo aveste anche solo considerato. – rise di gusto l’altro.
-Credo invece che ne sarebbe stata orgogliosa. – Ben dopo un primo momento di imbarazzo, gonfiò il petto fiero.
-Meglio far scendere me alla capitale, piuttosto che Brandon… Poteva pure essere adatto a diventare Primo Cavaliere del re, come diceva sempre mio padre, ma ho idea che vi sareste trovati nel giro di un anno con troppe piccole Snow che sgambettavano per la sala del trono… -
-Ogni piccola principessa sarebbe stata accolta nel mio palazzo indistintamente dalle sue origini. – Viserys si espresse tranquillo, Ben ghignò.
-A vostro rischio e pericolo! Avrebbero avuto il carattere colorito di Lyanna… – lasciò intendere – Non avreste avuto vita facile! Con Jon, contrariamente, vi è andata di lusso! – e si mise a braccia conserte, facendogli cenno di guardare verso il cortile. Entrambi portarono per l’ultima volta lo sguardo sulla coppia al centro. Jon stava spostando la testa di lato e Lyanna ancora protestava.
-Stai fermo, altrimenti ti incateno! – lo minacciò drastica. Videro il ragazzo fermarle il polso.
-No! – urlò, poi sembrò pentirsene e usò un tono meno autoritario – Per favore madre, basta così… sono apposto, ora. – l’espressione che aveva fatto, dava la stessa idea di un uomo sconfitto in una battaglia.
-Oh, avanti Jon, non fare lo scorbutico, ti ho solo che tagliato qualche ciuffo… Non ti ho mica sminuito della tua virilità! – quell’affermazione diede al giovane il colpo di grazia. Lo videro diventare rosso come un pomodoro, alzarsi in piedi e allontanarsi di fretta da lì – Suvvia, Jon, che mai avrò detto? – rise la donna, riprendendo in mano tutti i suoi attrezzi e voltandosi a fissare i presenti. L’intero cortile era scoppiato a ridere, assistendo a quella scena. Lyanna lanciò un’occhiataccia furente agli uomini attorno – Se osate ridere ancora di mio figlio, continuerete le vostre mansioni senza abiti addosso così vi si gelerà l’uccello! –
Benjen alzò le sopracciglia e gli fece uno sguardo d’intesa.
-Che vi avevo detto? –
 
 
 
 
 
Mangiarono riuniti davanti al grande camino nella sala più grande. Gli Stark erano seduti vicini e Benjen ne approfittava per tenere accesa la serata con battute e scherzi, quasi sempre rivolti a Lyanna.
-Quindi quanti uomini si sono spogliati per te, Lya? –
Voleva evitare che sprofondasse nel baratro della malinconia. Aveva capito che anche il principe se n’era accorto e a suo modo cercava di aiutarla. Per ordine di Bran doveva starle ancora lontano, ma Ben aveva trovato uno stratagemma almeno per farlo avvicinare a sua sorella, eludendo eventuali rimproveri dal Corvo con Tre Occhi, evitando l’irritabilità di Lady Stark e cercando anche di sedare al minimo ogni sospetto di Jon. Eppure, sebbene molte carte ora fossero anche a suo favore, il principe Drago sembrava restio ad avvicinarla; lo aveva in pratica dovuto costringere ad entrare nelle sue stanze quasi di forza.
-Consegnale questo. – Viserys si era avvicinato alla porta della camera, dove Lyanna giaceva e aveva attirato la sua attenzione silenziosamente, per non essere notato né dalla donna, né dal ragazzo. Ben era uscito in corridoio e aveva guardato il sacchetto che gli stava porgendo. Aveva poi rispostato lo sguardo sulla sua maschera.
-Glielo darete voi.  – non gli permise di contestarlo – Non appena Jon se ne andrà, vi farò entrare. Promesso. –
Aveva compreso che dietro a questa sua finta indifferenza, in realtà si celava una grande preoccupazione che non poteva trascurare. Benjen sapeva che era Brandon il motivo che costringeva Rhaegar a continuare ad indossare la maschera di Viserys, non gli servivano altre certezze. Bran sapeva la sua identità e lo stava limitando nelle azioni, ma era pur sempre un ragazzo, un ragazzo cresciuto durante un viaggio, non poteva comprendere il desiderio di un uomo di stare accanto a suo figlio, né la voglia di un amante di fare una carezza alla donna che amava.
Lo esprimeva dagli sguardi che lanciava a Lyanna e a Jon in ogni momento, come un padre e un compagno che rimaneva costantemente a tutelare sulla sua famiglia. Lo si palesava dall’apprensione che provava, quando uno dei due stava male od era ferito, o in pericolo di vita. Ma Ben aveva anche letto nei suoi gesti, all’apparenza freddi o distaccati nei loro confronti, un profondo sentimento. Lui cercava di proteggere ciò che di più caro al mondo gli restava, ma era costretto a farlo da lontano, e questo non faceva altro che aumentare la sua convinzione di quanto bene volesse loro. Se fosse stato un uomo insensibile e negligente, li avrebbe lasciati al suo destino, facendosi un baffo di ciò che davvero provavano, esigevano o pativano. Invece lui era sempre presente, quando non poteva fisicamente, col cuore era vicino ad entrambi.
Sperò che prima o dopo arrivasse il momento in cui Jon avrebbe finalmente potuto riabbracciare anche l’uomo che l’aveva messo al mondo e poter finalmente chiamare padre la persona giusta.
 
Sua sorella Lyanna quella sera sembrava rinata. Chissà che conteneva quel sacchettino che gli ha portato. Qualunque cosa racchiudesse, aveva svolto in lei una cura migliore di qualsiasi intruglio di Sam. Certamente quelle effusioni che gli aveva poi fatto sfiorandole il volto, erano state un incentivo maggiore…
-Sorellina, stasera sei così euforica che potresti ululare alla luna! –
-Piantala con queste tue velate allusioni, Ben. – gli colpì una spalla e gli fece un male cane. Era tornata forte e piena di carattere, esattamente come la ricordava. Decise di prendere di mira anche gli altri suoi nipoti. Voleva tornare a sentire le voci festose della famiglia dei lupi… quanto gli mancavano i bei tempi passati.
-Ricordi quando septa Cosce.di.pollo si prefissò lo scopo di insegnarti a cantare? –
-Sei stata istruita da una septa? – Sansa esordì incuriosita. Lyanna però schioccò la lingua.
-Niente di così eclatante, Sansa. Ebbe vita difficile con me. – si lamentò la donna.
-Quindi non sono stata l’unica pessima allieva! – trionfò Arya. Sansa si ricompose e guardò di traverso la sorella che stava gioendo di felicità.
-Se Lyanna canta, voglio vedere Arya danzare. – continuò Benjen. Sua nipote gli lanciò un’occhiataccia, ma poi lo fissò con aria furbesca.
-Nessun problema! – rise maligna – Ad Approdo del Re, mio padre mi ha fatto prendere delle lezioni di danza molto… particolari. Se volete vi posso mostrare qualche passo. – ed estrasse Ago. Lyanna applaudì.
-Siii, fammi vedere qualche altra tecnica dei Danzatori dell’Acqua! – gioì.
-Arya torna a sedere… avrai tempo per sguainare una spada. – la rabbonì Bran con aria grave.
La ragazza sbuffò contrariata e Lyanna le scompigliò i capelli.
-Domani ci mettiamo in un cantuccio e mi insegni tutto. – le sussurrò all’orecchio lanciandole uno sguardo complice che la ragazza ricambiò.
 
Come promesso Mance compose una ballata per il Re del Nord, includendo la scena in cui Rhageal lo aveva investito in quella nuvola di fumo. Fortunatamente non aveva visto anche l’atterraggio altrimenti sarebbe stata la sua fine. Evidentemente anche il principe Viserys e la regina Daenerys pensarono la stessa cosa, perché si guardarono, quando notarono che il bruto aveva posato la sua arpa e si era sgolato un boccale di birra tutto di un fiato. L’intera sala rise, Lyanna e Sansa però lo squadrarono per niente divertite.
-Ora vedete di suonare qualcosa di lento e cercate di accompagnare la mia voce. – disse perentoria la giovane lupa, alzandosi in piedi – Ho intenzione di riconoscere al re, mio cugino, il giusto omaggio che merita! – i suoi occhi turchesi incrociarono quelli grigio scuro di Jon. I due si scambiarono un sorriso molto dolce. Benjen fu convinto di vedere le guance di sua nipote arrossire.
 
Dark the stars and dark the moon,                                    Scure le stelle e scura la luna,
hush the night and the morning loon,                               Tace la notte e la sciocca mattina,
Tell the horses and beat on your drum,                             Dillo ai cavalli e batti sul tuo tamburo,
Gone their master, gone their son.                                    Sono andati via i loro padroni e via i loro figli,
 
Dark the oceans, dark the sky,                                          Bui gli oceani, buio il cielo
Hush the whales and the ocean tide,                                Tacciono le balene e la corrente dell'oceano,
Tell the salt marsh and beat ou your drum,                      Dillo alla palude salata e batti sul tuo tamburo,
Gone their master, gone their son.                                    Sono andati via i loro padroni e via i loro figli,
 
Dark to light and light to dark,                                          Buio alla luce e luce al buio,
Three black carriages, three white carts,                           Tre carrozze nere e tre carri bianchi,
What brings us together is what pulls usa part,                 Ciò che ci fa stare insieme è ciò che ci separa,
Gone our brother, gone our heart.                                      Sono andati via i nostri fratelli e via i nostri cuori.
 
Dark the oceans, dark the sky,                                           Bui gli oceani, buio il cielo
Hush the whales and the ocean tide,                                 Tacciono le balene e la corrente dell'oceano,
Tell the salt marsh and beat ou your drum,                       Dillo alla palude salata e batti sul tuo tamburo,
Gone their master, gone their son.                                     Sono andati via i loro padroni e via i loro figli.

 
La voce soave della fanciulla fece rimanere a bocca aperta tutti. Era dolce, leggiadra e aggraziata. Sansa era davvero un’ottima cantante e quando ebbe finito la sua breve composizione, la sala applaudì festosa. Per l’emozione le guance della ragazza tornarono rosse, quasi quanto i suoi capelli. Tornò in fretta al suo posto, ma Jon la prese per una mano, fermandola, mentre ancora gli altri battevano le mani.
-Grazie. Era bellissima, Sansa – le sorrise grato. La giovane non aprì più bocca per tutta la sera.
 
 
 
 
 
Mance aggiunse altra legna nel fuoco e decretò che fosse arrivato il momento per dormire. Ognuno si cercò un giaciglio comodo dove coricarsi. Arya si accucciò accanto a Bran, nella speranza che non la mettessero a dormire assieme alla sorella. Viserys e Daenerys si avvolsero nei loro mantelli, abbastanza lontani dal fuoco, per permettere a coloro che soffrivano maggiormente il freddo di stare più accostati al camino. Il principe abbracciò la giovane Targaryen che si accoccolò sul suo petto come una gattina, ma rimasero svegli ancora per diverso tempo sussurrandosi parole nell’antica lingua di Valyria. Quel suono appariva alle sue orecchie come un canto o una poesia. Jon non comprese il pieno senso dell’intero componimento, nessuna frase gli era famigliare, ma ogni tanto credeva di individuare una parola, un singolo vocabolo che riconosceva. “Nuhor prumio anogar” “mio cuore e sangue” tradusse quasi all’istante “ōños”luce”, “laes”occhi” e così via.
Provava a formulare nelle mente qualche annessione tra quei vocaboli, rammentando gli insegnamenti di Viserys. Non era certo di aver inteso il senso di ciò che lui le stava dicendo… provò solo un amaro senso di disagio e avvertì il cuore trafitto da mille schegge di ghiaccio, che al contatto con la calda carne si scioglievano bruciando come lava.
Era uno dei pochi ancora in piedi, aveva deciso di coricarsi per ultimo, accertandosi che nessun altro avesse bisogno di nulla. Fissava ogni singola persona che si sistemava a terra, cercando di capire se mancava qualcosa. Una coperta, altra legna per il camino, qualche mantello in più per le guardie. La sala era enorme durante il giorno, eppure la notte, riempita da tutti loro, pareva piccola e angusta. Individuò sua madre anche lei era in piedi, intenta a bere un’ultima sorsata di infuso alle erbe. Incredibilmente si era messa in testa che doveva impegnarsi ad ingurgitarne almeno tre tazze al giorno. Dall’odore non era nemmeno disgustoso: la menta e la liquirizia lo rendevano gradevole e fresco, il rosmarino ne smorzava un po’ quel gusto forte ed il biancospino nemmeno si notava. Ricordava ciò che era stato costretto a prendere lui, quando Sam faceva i suoi tentativi al Black Castel e non voleva che Maestro Aemon lo rimproverasse. Chissà cosa diamine ci metteva dentro!
-Hai già trovato un posto per dormire? – le domandò passandole le mani sulle braccia dolcemente.
-No, attendo che prima di sistemino gli altri. – disse la donna mettendogli una mano sopra ad una delle sue e voltandosi a guardarlo negli occhi.
-Ti andrebbe di dormire con me, stanotte? – fu un sussurro lieve, la voce era bassa quasi come se ne vergognasse. La donna strabuzzò lo guardo dapprima stranita.
-Non sei un po’ troppo cresciuto per desiderare di dormire ancora con tua madre? – gli scompigliò i capelli – Va bene, per stavolta mammina ti proteggerà dagli incubi e da Macumber! – solo alla sua espressione contrariata e atterrita, scoppiò a ridere, attirando involontariamente l’attenzione di coloro che ancora non si erano addormentati. Jon si sarebbe voluto scavare una fossa non appena si accorse che tra di essi vi erano pure i due signori dei draghi.
Abbassò gli occhi furiosi su sua madre, maledicendola e amandola assieme. Gli appoggiò la punta dell’indice sulla sua fronte, ammonendola con lo sguardo. Era notevolmente più bassa di lui. Jon si limitò a fissarla dalla sua altezza e a lasciarsi incantare dalla sua selvaggia bellezza. Coi capelli sciolti ben oltre le spalle e che tendevano a curvarsi sulle punte, la pelliccia di lupo bianco che avvolgeva il suo collo, la pelle olivastra e appena più arrossata sulle guance… Era ancora più bella di quanto si fosse mai immaginato… ma era visibile tuttavia la debolezza che internamente celava e questo lo innervosiva, oltre che angustiarlo enormemente. Eppure scorgeva in essa anche la sua forza ed il suo temperamento e non poteva che sentirsi fiero di condividere con lei lo stesso sangue. Quegli occhi argentati, parevano quasi brillare come ghiaccio allo stato puro.
-Potrei decidere di sfidarti con la spada domani. – la minacciò con dolcezza. Accarezzandole una gote.
-Prima devi battermi a cavallo. – lo punzecchiò lei di rimando, per niente intimorita. Gli fece uno sbuffo sulla fronte, usando due sole dita. La cosa buffa fu che fu costretta a mettersi in punta dei piedi per raggiungere la sua testa, allungando il braccio ben oltre la propria. Jon percepì il movimento della frangia, dove i sottili capelli scuri tendevano a coprirgli gli occhi.
-Dì la verità, vuoi che dorma con te, perché hai paura del buio? – lo derise sorniona.
-Affatto. – lui le afferrò il polso e la fece voltare, arrivando poi ad abbracciarla da dietro teneramente – Quello che aveva paura delle fiabe della Vecchia Nan era Robb, non io. Non lo dava a vedere, ma restava traumatizzato per giorni. Se avesse saputo che i giganti un giorno avrebbero varcato le porte di Winterfell, sarebbe sceso oltre l’Incollatura ben prima! – sorrise al pensiero, cercando di ricacciare indietro tutto il dolore che tornava. Camminando con lei, la diresse verso il giaciglio che aveva preparato pochi minuti prima. Lyanna si lasciò condurre arrendevole.
-Allora era proprio il figlio di Ned. Anche lui aveva gli incubi quando la Vecchia Nan ci raccontava del gigante dagli occhi blu. – rise allegramente – Mentre io e Ben ci sfidavamo a chi dovesse essere l’Ultimo Eroe che sconfiggeva i demoni di ghiaccio. – Jon fece un leggero sbuffo, per sorridere, ma ciò che provava quando si rivangava nel passato e soprattutto quando entravano in argomento Estranei, era difficile da digerire. Decise però di tergiversare su un altro discorso e le mostrò quindi il letto che aveva sistemato con paglia morbida e pellicce di lupo nell’angolo ovest della sala, abbastanza appartato rispetto alla calca di gente che cercava maggiore conforto vicino al fuoco del camino o il calore che proveniva dalle cucine.
-Ti può soddisfare il nostro giaciglio? –
-E lo vuoi veramente condividere con me questo angolo di paradiso? – lo guardò perplessa, voltando il capo verso di lui – Davvero non c’è nessun’altra donna con cui vorresti passare la notte? – Jon restò immobile a fissarla, cercando le parole per farle comprendere ciò che sentiva nel proprio animo, ma la sua determinazione lo precedette – Una delle cuoche magari… o perché no, una delle tue cugine? – sulla bocca della donna un sorrisetto malizioso.
-No… per carità! – rispose scioccato, qualcosa gli diceva che sua madre aveva frainteso il modo in cui aveva ringraziato Sansa. Sperò di sbagliarsi.
-Non ci sarebbe nulla di male! Lo sai che i miei genitori erano cugini di primo grado? Entrambi figli di due fratelli Stark. –
-Ne ero a conoscenza… Ero presente quando maestro Luwin ne parlò a Robb… - la sua voce però era malferma ed incerta – Ma non erano cresciuti qui a Winterfell, credendosi fratelli per due decenni. – spiegò al quel bellissimo volto che aveva di fronte agli occhi – Sì… insomma… con Arya potrei anche dormirci… intendo dormire dormire. Però ormai è cresciuta, e anche se la considero ancora mia sorella, mi farei un certo riguardo. – si umettò le labbra timidamente – Con Sansa le cose sarebbero completamente differenti. – Lyanna allargò gli occhi e si morse un labbro.
-Ah, non mi dire. – come pensava, lei aveva frainteso.
-Io e Sansa non siamo mai stati molto legati in passato… ora c’è rispetto e affetto, molto più di prima lo ammetto, ma non esiste tra di noi un rapporto… come dire? …intimo. L’ho vista che era bambina… sarebbe… immorale. – sentiva le guance avvampare dall’imbarazzo.
-Uhm… ho capito. Pur essendo rossa non è il tuo tipo. – semplificò lei con poche parole.
-Ma che centra? – domandò interdetto.
-Ti chiedo perdono, mi sono lasciata fuorviare dal rame nei suoi capelli. – chiarì in un secondo momento, mentre slacciava il mantello e lo posizionava per terra.
-Solo perché ho amato una rossa, non significa che cerco unicamente quel dettaglio in una donna. – sorrise timoroso, inginocchiandosi per lisciare le pellicce dove erano ancora stropicciate. Lyanna con un po’ di ritardo, si bloccò improvvisamente e arcuò le sopracciglia disturbata dalle sue parole.
-Mi stai forse confermando che hai già un’altra donna nel tuo cuore? – le sue labbra erano curvate in un sorriso accattivante, ma nei suoi occhi un lieve sentore di spavento – Chi è? La conosco? –
-Forse… - le fece un cenno d’intesa scherzoso, fingendo di stare al suo gioco – E’ bellissima… – la vide voltarsi e puntare gli occhi proprio nella direzione della regina dei draghi. Provò terrore e un brivido lungo la schiena nello stesso istante. Per evitare il disagio che si stava formando dentro, aggiunse in fretta – E’ testarda, agguerrita e mi batte sempre nelle gare di equitazione… - la vide allora tornare a fissarlo indispettita. Rifletteva per cercare di capire se la stava prendendo in giro, lui le sorrise e continuò – E questa notte voglio dormire con lei, ma sto ancora aspettando che risponda a questo mio invito. – a quella frase la vide comprendere e mise il broncio contrariata.
-Sei un… - cominciò lei piacevolmente irritata, ma lui divertito la interruppe, mettendole un dito sulle labbra.
-E questa incantevole bellezza, potrebbe ancora sentirsi male e io impazzirei di dolore, se dovesse riaccadere quando sono lontano. Ma se la tengo stretta al mio cuore, avrei la possibilità di tenerla al caldo. – lei aveva storto il naso in un primo momento, con un chiaro fastidio, ma poi si era sciolta alle sue parole.
-Oh, tesoro, detta così non posso che acconsentire. – si era inginocchiata accanto a lui e lo aveva abbracciato forte.
-Non ci è mai stato permesso… vorrei dormire con la mia mamma, anche se sono ormai grande. –
-Anch’io desidero dormire con te. – gli sussurrò all’orecchio – Come una madre, intendo. – si scansò per guardarlo seriamente, ma nei suoi occhi un pizzico di malizia – Però non voglio che per causa mia ti privi di altro… -
-Gli dei mi hanno privato di ciò che avevo più di bisogno per un sacco di tempo. Ora che ne ho la possibilità, voglio riprendermi tutto con gli interessi, senza che pensi male… – le appoggiò la fronte contro la sua per perdersi ancora in quello sguardo cristallino.
-Sei mio figlio. Hai tutto il diritto di pretendere un abbraccio o anche mille baci da me. – gliene diede due proprio sugli occhi. In un primo momento Jon stava quasi pensando di scansarsi, non abituato a quel genere di dimostrazioni d’affetto, soprattutto in pubblico, ma non appena gli giunse chiaro e forte il calore spontaneo di quel gesto, si lasciò andare completamente all’abbraccio di sua madre, sperando che lei non smettesse mai di baciarlo per tutta la notte. Aveva addirittura trattenuto il respiro e quando sentì di essere in carenza d’aria, fece un lungo sospiro, seguito ovviamente da uno spossante soffio. Non si aspettava che l’aria gli tornasse sulla faccia quasi subito e aprì gli occhi stupito. Ciò che vi trovò di fronte fu spiazzante. Senza rendersene conto, probabilmente, aveva abbassato il capo per permettere che sua madre arrivasse ad appoggiare le labbra sul suo volto facendo meno sforzo possibile. Poi lei lo aveva stretto a sé, e Jon si era abbassato ulteriormente, portando il suo volto praticamente poco sopra al petto di sua madre. Sentiva l’odore dolce e floreale della sua cute, la pelle liscia e morbida si muoveva ritmica al suo respiro. Era certo di sentire pure il battito del suo cuore: forte, deciso e temerario, quasi quanto il suo, ma ebbe la sgradevole sensazione che in lui mancasse qualcosa, qualcosa che invece in sua madre c’era…
In imbarazzo si staccò con gentilezza da lei e, guardandola di nuovo negli occhi, le donò un sorriso tenero, che lei ricambiò. Non pensò nemmeno per un attimo se qualcuno in quella sala li avesse visti, e decise che non gli interessava minimamente il giudizio degli altri.
Si era quindi coricato in quel cantuccio, abbastanza lontano dal fuoco, ma astutamente calcolato affinché almeno da un lato vi giungesse un lieve tepore.
Fece distendere sua madre, in quella direzione, così che avesse modo di mantenere la temperatura corporea invariata, tra il calore del fuoco e quello del proprio corpo. Jon aveva messo un braccio sotto il suo soprabito appositamente appallottolato per creare un cuscino, e aveva alzato il proprio mantello per farle spazio. Sua madre si era distesa accanto a lui, mettendo una delle mani sul suo petto, con iniziale timidezza, poi resasi conto del tepore che emanava, si era avvicinata ulteriormente e aveva affondato il capo sul suo collo. Jon aveva percepito la punta del naso fredda e istintivamente l’aveva stretta ancora di più contro di sé. Rimasero così per dei lunghi istanti. Era strano… l’ultima volta che ricordava essersi messo in una posizione simile era con Ygrette e certamente le sensazioni che aveva avuto all’epoca non erano le stesse di ora, ma stare lì disteso affianco a sua madre, in parte glielo ricordava. Dopo un primo momento di quiete la sentì muoversi bruscamente, fino che non trovò una posizione più comoda. Ripeté quei movimenti almeno un altro paio di volte, e lui rimase fermo a guardarla, in silenzio e sorridendole. Man mano il torpore che li circondava la stavano rendendo sempre più assonnata e quelle stesse movenze si rallentarono. Infine la vide alzarsi sulle braccia e gonfiare il cuscino improvvisato con entrambe le mani. Si voltò a cercare un suo braccio, lo tirò verso di lei, mettendolo lungo disteso sotto di sé. Vi appoggiò sopra la testa, tirò le coperte fino al collo di entrambi e si acciambellò rannicchiata, con la schiena contro il suo petto. La posizione che aveva assunto gli ricordò il modo in cui Spettro da cucciolo attingeva al calore del suo petto, quando nelle notti di temporale lo faceva dormire nel letto con lui.
La testa di sua madre era appena un po’ più bassa della sua. Poteva sentire il debole calore emanato dal suo corpo, il profumo di rose tra i suoi capelli e anche il calmo respiro che aveva. Si rese conto che lo rilassava e risvegliava in lui una remota memoria di un tempo talmente lontano che i ricordi vagavano senza una meta in un deserto mai conosciuto… Sorrise e le diede un bacio sulla nuca, prendendo ad accarezzarle i capelli. La sentì muovere la testa per spingersi ancora di più verso di lui, con dolcezza gli diede un bacio anche sul collo.
-Buona notte, mamma. – le sussurrò.
-Buona notte, mio cucciolo. – era emozionata quanto lui, perché le poteva sentire il cuore martellare nel petto allo stesso ritmo del suo – Non provare a chiedermi di cantarti la ninna-nanna, ma se vuoi posso raccontarti una fiaba. –
-Sono stanco di sentire canzoni  per oggi. – le disse lambendo il suo orecchio e continuando a tenere gli occhi chiusi – Ma una fiaba mi piacerebbe sentirla. –
-Si dice che un giorno un bel lupo dal manto scuro giunse ad un castello dalle mura bianche e le vette color lavanda. Le stelle gli avevano illuminato la strada ed ogni angolo di quel luogo. C’erano sentieri di sassolini candidi, tra cespugli di pervinche profumate. Le rose assumevano le varie tonalità dall’amaranto al lilla e quando giunse alla fine della sua strada, vide che di fronte si staglia un grande acero dalla corteccia bianca e dalle foglie rosse. C’erano dei pavoni bianchi e un’altalena… Ma era il canto di un usignolo a rendere quel paradiso ancora più bello… -
Ben presto la stanchezza però li colse, lasciando il racconto a metà. E i sogni bussarono alla porta di entrambi. Jon sognò quello stesso lupo della fiaba che, ferito, si accucciava solitario nella notte, convinto che presto sarebbe giunta la sua ora. Proprio come in quella favola le cose però cambiarono quando la luce della luna baciò il suo manto… sentiva calore in ogni dove, sentiva le fiamme e la neve attorno a sé sciogliersi improvvisamente, facendo spazio a lingue di fuoco che stranamente non bruciavano. Non rammentò quale fu il cambiamento, ma ricordò solo qualche rara immagine… era convinto di volare, era  convinto di cavalcare un drago, ma quando puntò gli occhi sotto di sé, vide solo il terreno e le foreste che correvano veloci. Provò allora a guardare alle sue spalle. Una lunga cresta dorsale bianca che terminava in una coda a tre punte dove la sua colorazione sfumava sul rosso porpora. Notò che le scaglie ai lati della schiena erano nere come il piumaggio di un corvo, ma alla luce del sole prendevano una gradazione madreperlata azzurra. Confuso portò la sua attenzione a destra e a sinistra. Al posto delle braccia aveva due ali possenti che sbattevano e viravano a seconda delle correnti del vento. Erano di un rosso acceso che sfumava verso l’azzurro nella parte centrale e sul finale invece sembravano mutare in un bianco argentato… Non stava cavalcando un drago… Lui era il drago. Assurdamente questa constatazione non lo spaventò affatto, anzi lo fece desiderare di volare ancora più forte e di raggiungere la luna in cielo superando ogni nube.
 
 
 
 
NdA:
 
Anche questa pagnotta è stata sfornata! Scusate ma ci ho messo di più del previsto perché la mia collaboratrice ha avuto da ridire col titolo e abbiamo dovuto quindi cercarne uno diverso… effettivamente era orrendo, lo ammetto!
Ma eccomi qui. Certo non siamo andati avanti molto con la trama in questo capitolo. Ci sono solo che attimi di quotidianità tra i personaggi. La cosa che ho preferito scrivere è stata Lyanna che tagliava i capelli a Jon, ma essendo un pov di Arya non l’ho potuto rendere nel suo complesso, ma lei sola sarebbe stata l’unica che avrebbe potuto accorgersi di suo zio Benjen che si era avvicinava a Viserys, e quindi spostare la visione di su loro. Tuttavia però una come Arya non può analizzare nel dettaglio un taglio di capelli come invece avrebbe potuto fare Sansa ( ad esempio in Tales avrei scelto Ashara! ). È vero che lei ha imparato a osservare presso la Casa del Bianco e del Nero, però non la vedo avvezza ad un genere di frivolezze come questa. Quindi magari ci butta un occhio, controlla ciò che sua zia fa a suo cugino, ma poi viene attratta da altro, qualcosa che attira maggiormente la sua attenzione, perché come le hanno insegnato, deve puntare lo sguardo su quello che meno si nota: in questo caso due uomini che parlano.
 
La scena successiva invece volevo mostrare un altro momento dolce, con Lyanna e Jon che dormono assieme. Ma prima di questa scena dovevo un po’ preparare la serata. Non ho idea se Sansa sappia o meno cantare, so di per certa che una qualche lady nella storia originale di Martin le ha insegnato a usare un po’ l’arpa alta, e che non se la cava, male, così mi sono immaginata che da perfetta lady qual è sappia anche intonare delle canzoni (certo sappiamo che cantava per Sandor nei primi capitoli, ma non siamo certi che sappia intonare bene la melodia… e l’opinione di Clegane non penso sia attendibile, dato che ne è invaghito!). Comunque sappiate che in questa mia ff lei sa cantare, benino, non benissimo, ma avrà modo di perfezionarsi.
Per ora è ancora una cantante acerba e alle prime armi, di solito intona solo canzoni che già conosce, come questa, che voglio sia intesa come una specie di inno del nord. Il vero titolo è Gone ed è cantata da Karliene. Se volete ascoltarla, ve la consiglio, così vi darà l’idea di stare proprio in questo caldo ambiente in cui sono anche i protagonisti di questa scena… oddio forse quindi farei meglio a mettere le note ad inizio capitolo, ma non posso perché spoilerei forse troppo! Va beh, fa niente. Se lo vorrete rileggere, col sottofondo sapete che musica mettere.
 
Detto questo, penso di avervi detto tutto… nel senso che effettivamente nemmeno io ho poi tanto da aggiungere, almeno non mi sembra, quindi aspetto vostre considerazioni. Voglio farvi sapere che questi momenti alla fortezza abbandonata avvengono in un arco di tempo breve, solo 3 giorni, ma se sono riuscita a creare ben 50 capitolo per una sola giornata in Tales, potete capire che questi 3 giorni saranno ben analizzati nel dettaglio. Tranquilli però non saranno 150 capitoli però, altrimenti la mia collaboratrici mi ammazzava se continuavo a parlare del Nord ancora per tutto questo tempo!
 
Buona lettura e buon proseguimento di serata, sempre onorata di avermi tra i miei lettori!

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Capitolo 59
*** Verso l'Ultima Speranza ***


La città era esattamente come la ricordava. Le alte e maestose case dei lord in duro marmo color panna coi tetti dai coppi rossi, che riparavano dai raggi fastidiosamente afosi del sole della capitale, poco più avanti si scorgevano le abitazioni dei mercanti in muratura a secco coi tetti in legno e ancora più in fondo le baracche delle vie più povere, dove qualche mendicante riprendeva possesso della sua postazione. La tiepida brezza che arrivava dal mare, smuoveva le sue vesti occidentali e gli scompigliava i capelli chiarissimi, mentre osservava coi suoi occhi eterocromatici quel panorama con aria riflessiva.
Tyrion Lannister stava mirando il risveglio di quella stessa città che un tempo lo aveva visto come primo cavaliere del re: un re bambino, viziato e megalomane. Suo nipote Joeffry non era mai stato un ragazzo facile, per cui era chiaro che sarebbe diventato un re pessimo, se non avesse avuto qualcuno fermo di polso che lo tenesse a freno. E se avesse regnato più a lungo, magari avrebbe potuto eguagliare anche il Re Folle. Fortuna ha voluto che il suo regno sia finito presto. Tyrion non andava fiero di quel pensiero, ma almeno il popolo non aveva subito danni irreparabili per la sua incompetenza. La sua morte improvvisa e astutamente calcolata, però aveva anche significato la disfatta della sua carica e della sua libertà. Era stato costretto alla fuga… e alla fine era tornato di nuovo al punto di partenza.
Il destino lo aveva voluto far giungere al cospetto della sua attuale regina: Daenerys Targaryen. In lei non sembrava esserci minimamente i segni di pazzia di suo padre. E di nuovo lui era divenuto primo cavaliere… della regina questa volta. Lei lo aveva investito di quel titolo a Meeren, ancora prima di salpare per il continente occidentale. Lei aveva posto la fiducia in lui, ma ora sembrava che quella fiducia fosse venuta meno, non che avesse il sospetto che Daenerys non considerasse più la sua parola, solo che ascoltava prima i consigli di qualcun altro… sembrava quasi pendere dalle sue labbra.
La madre dei draghi aveva avuto l’opportunità di riportare in vita con la magia del fuoco un qualunque valoroso comandante di eserciti, per conquistare Approdo del Re e diventare così Regina dei Sette Regni… Indubbiamente non aveva perso occasione, e aveva accettato questo inaspettato aiuto. “E’ un segno. Il mio regno mi vuole, mi aspetta, e questo ne è la prova” gli aveva detto la mattina stessa in cui aveva convocato il suo primo concilio sul suolo dorniano.
Aveva chiesto a tutti i presenti di proporle un nome: l’impavido uomo che l’avrebbe appoggiata nella sua conquista… un guerriero carismatico e leale alla sua causa… ma di nominativi ce n'erano stati davvero pochi. Varys era scettico riguardo la magia di quella strega; Ellaria e la principessa Arianne si erano scambiate sguardi sospetti, ma non ebbero alcun nome da proporre, nemmeno sembrò balenare nella loro testa, l’idea di riavere indietro Quentyn Martell, il principe dorniano bruciato vivo da Viserion.
-Mia regina, potrei proporti Maekar I Targaryen. – Tyrion provò a elencare le peculiarità del suo suggerimento – Era conosciuto per il grande valore che dimostrò nelle Ribellioni Blackfire. Viene inoltre ricordato per essere un guerriero forte e inflessibile come la roccia… – ma gli occhi di Daenerys non si erano illuminati affatto. Sembrava non sentir necessità alcuna nel far tornare in vita un uomo che avesse già portato la corona. E chi poteva darle torto? Una volta divenuti re e regine difficilmente si restava coi piedi per terra, ma Tyrion cominciava anche a dubitare della strana forma di nociva possessione che Daenerys aveva verso quel pesante fardello e sembrava non avere alcuna intenzione di accettare tregue neanche momentanee. Il Folletto aveva già appurato quanto poteva essere corrosivo e distruttivo quel potere: prima Aerys II Targaryen, poi Robert Baratheon, suo nipote Joeffry, il dolce Tommen ed infine sua sorella Cersei. Tutti loro avevano regnato, con tempi sempre più ravvicinati tra loro, ma erano anche morti in modo atroce e veloce, e dimenticati altrettanto facilmente.
Perciò quando la strega rossa tornò pochi giorni dopo, Tyrion si era sorpreso nel vedere Daenerys così sicura di sé. La regina aveva preso la sua decisione, era chiaro a tutti. Tyrion lo aveva inteso perché aveva intravisto nel suo sguardo la stessa determinazione che le vedeva quando cavalcava Drogon. Il suo drago… uno dei tre…
 
Il Primo Cavaliere era rimasto molto affascinato da quelle splendide creature fin dal primo momento in cui le aveva viste; erano magnifiche in ogni loro maestosa forma. Si era trovato senza parole, quando, nella sua bassa statura, era stato di fronte alla loro imponente presenza, eppure, nonostante ci fossero stati rari momenti nella sua esistenza in cui si era ritrovato senza parole, ricordava perfettamente la strana sensazione allo stomaco che aveva provato quando, qualche giorno dopo l’ultima visita delle Strega Rossa, era entrato nella sala ricevimenti di Water Gardens, il principe Viserys Targaryen; il secondogenito di Aerys II, nonché fratello maggiore della regina dei draghi, con il quale aveva condiviso la prima parte del suo esilio. Quello era l’uomo che Daenerys aveva deciso di far tornare in vita… Da quel momento in avanti, avrebbe presenziato con lei in ogni momento della giornata.
Tyrion era riuscito a stento a trovarla sola e poterle parlare privatamente, quasi come se ora fossero diventati un unico essere vivente. Dove andava l’uno, l’altro lo seguiva. Se Daenerys diceva di essere stanca e si ritirava nelle proprie stanze, chiamava il ritrovato fratello a farle compagnia, e questo non usciva di lì, se non la mattina seguente.
Tyrion fin da subito aveva trovato strana l’assonanza a valido spadaccino, perché da ciò che gli era sempre giunto alle orecchie Viserys Targaryen non pareva mai essere stato un guerriero formidabile, né aveva mai comandato un esercito e neppure si era distinto in epiche battaglie. Dalle notizie che arrivavano da Essos, sembrava essere uno sbarbato spavaldo, addirittura ribattezzato col nome di principe mendicante; era deriso e umiliato da tutti i loro ospiti, da quello che sarebbe dvuto essere il suo esercito per riconquistare il Continente Occidentale. A detta di Jorah Mormont, non aveva forse neanche mai impugnato una vera spada contro qualcuno, se non per minacciare invano un’orda di dothaki nel loro luogo più sacro, arrivando così a mettere a rischio solamente la sua vita e salutando per sempre il regno dei vivi, con una finta corona d’oro che gli aveva sciolto il cranio. Inoltre da quello che diceva il vecchio orso, non c’era così buon sangue tra i due fratelli, dal primo giorno in cui li aveva conosciuti, all’ultimo in cui Viserys era passato a miglior vita con la sua avvolgente corona dorata sulla testa, Viserys non aveva fatto altro che avvilire, intimorire e contravvenire alle parole della sorella minore. Ricordava anche come i termini usati da Illyrio Mopatis sul principe Targaryen, non fossero propriamente incoraggianti a pensare a lui come ad un amorevole fratello o un uomo d’onore, dato che il magistro di Pentos era stato costretto a chiuderlo a chiave la sera prima del matrimonio di sua sorella col Khal, per evitare che la privasse della sua virtù, innescando così l’ira di tutta l’orda.
Per cui la domanda sul perché la regina avesse pensato di rivolerlo al suo fianco, era quanto mai lecita.
Tyrion aveva inoltre finto di credere alle voci, che le sue ancelle avevano diligentemente diffuso, riguardo alla fantomatica relazione incestuosa tra i due fratelli. Di nuovo un incesto? Era stato il suo primo pensiero, rammentando bene ciò che aveva unito Cersei e Jaime per tutti quegli anni. Mia regina, questa volta potevi anche trovare uno scandalo più originale! Il popolo si stanca facilmente delle ridette tiritere… Alla fine però aveva avuto validi motivi a suo sostegno, per trarre la conclusione che quelle notizie non fossero per nulla veritiere, anche se doveva ammetterlo, il legame tra Viserys e Daenerys poteva, agli occhi di molti, risultare equivocabile. Lei indubbiamente sentiva la mancanza di un uomo nel proprio letto, non era difficile da immaginarselo. Aveva sofferto a lasciare Meeren, quella che era divenuta la sua casa, ma non l’aveva mai sentita tale. I liberti la amavano, ma i padroni la odiavano. Eppure lei aveva lasciato una parte del suo cuore lì. L’abbandonare Daario Naharis, il suo amante, l’aveva inavvertitamente resa insicura, come Tyrion non era certo di averla vista mai prima d’ora. Tuttavia, come lei, sapeva che Daario non era l’uomo adatto per stare al fianco di una regina, e se lei era riuscita a prendere quella decisione e a far sopravvivere la sua anima, significava che non fosse stato amore vero. Ma l’idea che Viserys, potesse in qualche modo pareggiare con il mercenario era paradossale, se non inattendibile.
Però c’era anche da sottolineare che l’uomo che indossava quella maschera era caratterialmente differente dai resoconti sul Viserys Targaryen conosciuto. Era troppo taciturno, eccessivamente riflessivo e alquanto cauto per il ragazzino viziato che era stato al tempo e di cui Barristan rammentava ancora qualcosa, ma non era neppure lontanamente vicino al nervoso, arrogante, iracondo e irritabile uomo che, a detta di Jorah, era diventato durante l’esilio.
Effettivamente la morte aveva potuto adempiere su di lui un drastico cambiamento sulla sua indole, ma qualcosa gli aveva fatto avere dei dubbi molto più marcati, fin dal primo istante in cui lo aveva visto. E anche ora che lo osservava, appoggiato alla balaustra della terrazza del solarium che dava sui giardini reali, poteva solo constatare che i suoi timori fossero fondati. Era raro vederlo uscire dalle sue stanze private, se non in compagnia di Daenerys, e ultimamente pure di Aegon, il giovane di cui Varys si era servito per ingannare tutti loro… Fatto quanto mai curioso che prima il principe ne avesse svelato l’inganno, togliendogli quindi ogni possibilità di ottenere la corona, per poi prenderlo sotto la sua ala, obbligando tutti a chiamarlo ancora allo stesso modo, e dandogli gli stessi agi che avrebbe avuto un principe… Aveva però deciso di accantonare per qualche tempo quei ragionamenti sul giovane Griff, promettendosi di riprenderli non appena avrebbe ottenuto una risposta alla domanda che insistentemente gli martellava nella mente.
Dove ero rimasto? Ah sì, Viserys che non lascia mai le sue stanze… Restava rintanato lì come se qualcosa al di fuori potesse danneggiarlo. Aveva avuto la stessa sensazione quando erano entrati nella Sala del Trono per far scendere dallo scranno sua sorella, la Leonessa di Casterly Rock… eppure c’era in lui un vago sentore di nostalgico e dannatamente tragico che non riusciva a comprendere.
Viserys Targaryen indossava una casacca di lino nera, sormontata da un farsetto granata in seta senza maniche, con dei draghi decorati con fili dorati che risalivano dal bordo inferiore e vorticavano in spirali  fino a fermare la loro danza appoggiandosi sulle spalle dell’uomo; il terzo invece gli girava attorno al collo finendo quasi per appisolare la sua testa sul petto dell’uomo. I lunghi capelli argentei si muovevano leggeri nell’aria. Erano legati al centro della loro lunghezza con un semplice fermaglio d’osso di drago lavorato. Se non fosse stata per quella particolare maschera in cuoio che gli ricopriva la parte alta del volto, avrebbe quasi pensato che i Targaryen avessero nel sangue qualcosa di magico che li rendeva perfetti e immortali, come alcune creature che trovava spesso nei libri sulle leggende.
Tyrion lo aveva raggiunto con passo lento e incerto. Non si era ancora ripreso pienamente dalla ferita riportata durante la riconquista dei draghi. In silenzio aveva preso posto non lontano da lui. Lì in quel punto la balaustra era molto alta, ma poteva vedere ugualmente la città dalle feritoie romboidali della ringhiera finemente decorata.
Quello un tempo erano stato il solarium di sua sorella. In quegli ambienti Cersei si era scopata suo fratello Jaime, e tanti altri dopo di lui. Ma diverso tempo prima erano anche appartenute alla regina Rhaella, la madre di Daenerys e di... Viserys.
-Una città quanto mai incantevole, non trovare, mio principe? – la voce morbida e altisonante. Tyrion cominciò quel discorso senza sapere bene come continuare. Aveva solo un pensiero in testa e voleva vedere se i suoi dubbi partivano da solide basi o erano solo sprazzi di cielo limpido tra le nuvole – E’ sempre stato il sogno di ogni ragazzo proveniente da ogni angolo dei Sette Regni, raggiungere la capitale. Io sognavo di vederla per poter entrare nella magnifica biblioteca reale, ed immergere il mio naso nei tomi che ancora non conoscevo… ahimè, ora il naso nemmeno ce l’ho più. – osservò l’alto uomo accanto a lui, sorridendo sarcastico a quella pessima battuta. Viserys non mosse nemmeno un muscolo, così continuò.
-Oppure per conoscere le leggendarie Guardie Reali dal candido onore e dal singolare valore. Indossare l’armatura bianca era un privilegio riservato a pochi, devo ritenermi fortunato ad avere in famiglia un fratello che ha rivestito tale carica. Si diceva che i migliori uomini fossero esistiti durante il regno di vostro padre… - lasciò aperto il discorso per vedere se avrebbe illustrato un suo pensiero, ma ancora nulla.
-E non posso mentire a me stesso, si decanta in tutto il regno pure dei generosi e vari bordelli... Diciamo che in questo ambito volevo averne conferma. – questa volta non si aspettava una sua reazione, per cui riprese a parlare senza attendere oltre – Ciò che ho trovato invece sono stati solo consiglieri corrotti e dalle lingue biforcute; un re troppo grasso da non riuscire nemmeno a trovarsi l'uccello per pisciare... non mi sorprende che mia sorella preferisse altre bionde compagnie... – rise tra sé e sé, ammiccando nuovamente nella sua direzione. Se i suoi sospetti erano fondati avrebbe colto nel segno anche quella piccola allusione. Invece non fu così.
-Delle guardie reali forse il devoto Barristan era quello che si salvava, ma degli altri non so... Incluso perfino mio fratello; tanto forte all’epoca, ma ora non è nemmeno l’ombra del leone che era un tempo. Una grossa delusione… non posso dire altrettanto delle puttane però. Erano davvero soddisfacenti, quando non ti pugnalavano alle spalle, tradendoti pure col tuo stesso padre. – rise ancora, ma questa volta amaramente, la visione di Shae sul letto di Tywin Lannister con addosso la collana del Primo Cavaliere, lo perseguitava ancora. Dove vanno le puttane?
Viserys era rimasto in silenzio per tutto il tempo, continuando a fissare la città sotto al suo sguardo, fu solo quando raggiunse quel discorso che volse la sua attenzione verso di lui, come se si fosse accorto solo in quel frangente che lui fosse lì.
-Non saprei, mio lord. Ero solo un bambino, quando vivevo qui. I miei interessi non erano ancora cosi maturi. – lo aveva sorpreso. Proprio quando pensava che fosse persa ogni speranza, lui aveva deciso di conversare.
-Oh, avete ragione, chiedo la vostra clemenza, principe Viserys. Devo aver sbadatamente confuso un po’ le date... Tendo sempre a ricondurre la vostra regale figura a quella del vostro defunto fratello… Quando invece io e voi, ci passiamo pochi anni di differenza, se i miei calcoli non sono errati. –
-No, vi do conferma di questo. Voi siete nato l’anno prima del torneo indetto da vostro padre  per festeggiare la… mia nascita. – confermò il principe sovrappensiero. Era scaltro, non sarebbe stato facile da cogliere un suo cedimento.
-Già... Com'è cambiata da allora questa città. E' variata pure in quest’ultimo anno che sono stato esiliato... Eppure puzza nella stessa nauseante maniera. – rise guardandolo in tralice.
-Onestamente è una cosa a cui ho sempre pensato pure io. – non sorrise e Tyrion non comprese se quella fosse una battuta o meno. Visto il suo rinnovato interesse per i dialoghi, decise che era il momento opportuno per affondare la lama.
-Dite che è per questo che Rhaegar scelse l’assolata Dorne per la sua algida lady? – il principe sembrò rabbuiarsi e si richiuse a riccio – Oppure pensate che vi sia un motivo più recondito dietro? –
Viserys voltò lo sguardo nuovamente su di lui, bloccandolo con quell’espressione imperscrutabile.
-Non ho idea di ciò che passasse per la testa di mio fratello maggiore… non ci parlavamo poi molto. – affermò più abbattuto che adirato. E la cosa gli sembrò alquanto strana.
-Ammiravo i vessilli del drago, sventolare sulle mura della città… dominando di nuovo… esattamente come fu all’epoca di vostro padre… al che mi interrogavo sul vostro antico sangue… e al significato di quello stemma. –
-Rappresentano metaforicamente i tre draghi che fondarono tutto questo: Aegon, Visenya e Rhaenys; i primi re Targaryen della storia dei Sette Regni. – Viserys sembrava essere molto informato sull’argomento e Tyrion si finse invece volutamente più umile.
-Le Tre Teste del Drago, come ho fatto a non pensarci… ho letto qualcosa al riguardo. –
-Già, così vengono chiamate. – sembrò essere tornato ombroso e ancora Tyrion si scervellò per dargli un impulso e arrivare alla meta prefissata.
-Deduco quindi che voi e vostra sorella rappresentiate i loro adeguati discendenti… ma ne mancherebbe ancora una… - un'altra volta guardò verso l’alto per incrociare il suo volto, che però il principe volse oltre il parapetto.
-Per quanto riguarda Dany, vi posso dare pienamente ragione. Lei è certamente una delle Tre Teste del Drago. Ha risvegliato le uova ridotte ormai a semplici pietre, ha attraversato le lande conosciute per tornare a riprendersi le terre appartenute per secoli alla nostra famiglia. Si dice sia immune al fuoco e cavalca Drogon… Ed è riuscita a sopravvivere indenne fino ad ora. – fece una pausa calcolata – Per quanto riguarda me… beh, con ogni probabilità era già segnata la mia disfatta, prima ancora che si posizionassero le pedine sulla scacchiera. – emise un sospiro dal naso.
-Quindi pensate di non essere uno degli eletti? – Tyrion rimase attonito da quella sua visione pessimista di se stesso. Appariva sotto ogni aspetto insicuro e inadatto; cosa che fino a quel momento non era mai trasparito dalla sua figura.
-Potrei affermarlo con esattezza. Sono morto e solo la benevolenza di mia sorella mi ha ridato la vita. Non posso credere di avere anche un ruolo oltre a quello che già lei mi ha affidato. I discendenti delle Tre Teste del Drago devono essere altri. – appoggiò entrambe le braccia sulla balaustra e giunse le mani tra loro.
-Poniamo di escludere voi dall’eredità… chi sono allora le altre due? – quel discorso aveva involontariamente preso una strana piega, ma ciò lo intrigava in maggior misura. Viserys non rispose e si fece ombroso, perciò Tyrion riprese la parola.
-Se permettete, vorrei esporvi una teoria, magari sciocca, lo ammetto, ma è da un po’ che mi gira per la testa… – quelle parole attirarono la sua attenzione, tanto che gli fece un cenno con le mani perché la presentasse.
-Sappiamo che dopo pochi anni dalla tragedia di Sala dell’Estate, rimasero solo tre Targaryen in vita. Aerys, vostro padre, meglio conosciuto come il Re Folle; Rhaella, la sua delicata e bellissima moglie e… Rhaegar, vostro fratello maggiore. Potremmo dire che le tre teste del drago da quel momento in avanti fossero loro. – Viserys si umettò le labbra come contrariato da qualcosa, ma continuò ad ascoltarlo concentrato, Tyrion prese coraggio e si cimentò nel mostrare al sua idea – Dunque, il mio pensiero è questo: sappiamo che Aerys e Rhaella ebbero solo tre figli che sopravvissero fino alla maggiore età, escludendo i ripetuti aborti della regina, vostra madre, o le morti in culla dei vostri fratelli. Per cui torniamo al numero tre. Avremmo avuto Rhaegar, voi e per terza vostra sorella Daenerys; da qui sembra logico pensare che foste destinati ad essere voi i tre discendenti. Ma la notevole differenza d’età, e, ahimè, la prematura morte di vostro fratello durante la battaglia sul Tridente, cambiò forse le carte in gioco. Eppure in quel momento Rhaegar aveva generato già due eredi, per cui avrebbero potuto essere vagliati anche loro nell’ipotetica lista… Ripescando come papabili attendenti, solo gli ultimi nati torniamo al numero tre; dove una nuova dinastia vedeva in voi e nei figli di Rhaegar il riflesso degli antichi avi, che guarda caso avevano gli stessi nomi. Probabilmente uno scherzo degli dei, volle che voi nasceste maschio invece che femmina, e quindi questo poteva anche portare a pensare che i più adatti fossero coloro che erano in pratica coetanei tra loro; pertanto i giovani Rhaenys, Aegon e Daenerys sembravano essere esattamente le tre presumibili nuove teste del drago. – gli fece un’espressione eloquente – Solo in questo caso vi avrei escluso, dato che avevate già un’età superiore rispetto a loro e a quanto pare avevo ragione a non prendervi in considerazione dato che avete raggiunto i vostri avi durante l’esilio. –
-Come già vi dicevo precedentemente. – annuì col capo – Ma sono costretto ad esporvi che già in partenza la vostra ipotesi ha una falla: dopo la Tragedia di Sala dell’Estate non restarono solo tre Targaryen in vita. – gli rivelò.
-Maestro Aemon, certo… alla Barriera. – convenne prontamente Tyrion – Ma, mi risulta, avesse già rinunciato al suo retaggio il giorno in cui gli venne proposto di tornare per indossare la corona del padre; corona che poi andò al fratello minore Aegon, conosciuto come il Quinto del suo nome. –
-E sostanzialmente troppo anziano. – Viserys aggiunse – Tuttavia la sua saggezza era di grande valore sia tra i Guardiani della Notte, sia anche… nelle lettere che spediva alla capitale sotto forma di consigli… Come fate a sapere di lui? – Viserys sembrò cambiare all’ultimo il finale della frase, Tyrion non se lo lasciò sfuggire.
-Ho avuto modo di conoscerlo quando andai alla Barriera per diletto. – specificò – Era molto avanti con l’età. Pieno di rughe, coi capelli bianchi, cieco e curvo, ma la sua mente era ancora forte e salda. Mi spiace sia morto di recente. I Guardiani della Notte hanno perso un grande pilastro… come anche i Sette Regni, quando persero il loro principe. Rhaegar era beneamato dal popolo. –
-Lo sarebbero stati anche i suoi figli, ma non venne dato loro alcuna possibilità di salvezza, seppur fossero solo dei bambini innocenti. – si rabbuiò caparbio, le dita serrarono la balaustra come artigli di una belva – Seguirono invece il destino dei loro genitori. – affermò quelle parole con difficoltà, la voce gli divenne roca e adirata, come se in lui si fosse svegliato un antico dolore represso. Tyrion ebbe quasi conferma dei suoi sospetti e inumidendosi le labbra, continuò l’esposizione dei suoi pensieri.
-Nulla a levare alla sua nobiltà d’animo, al suo onore e al suo valore. Vostro fratello era un uomo che aveva la fedeltà ed il rispetto di molti a corte, compreso quello di mio fratello Jaime. L’ho sempre sentito nominare il precedente Principe Drago con velata angoscia e placido riserbo. Aveva grande considerazione per lui, me lo disse sempre… eppure la mia teoria purtroppo avrebbe una seconda falla, se lo calcolassi pure io un uomo perfetto come tutti sembrano raffigurarlo. –
-A cosa alludete? – Viserys sembrò sospettoso e quanto mai interessato, voltò interamente il capo per guardarlo dalla sua tremenda altezza.
-Dico solo che… non è forse possibile che vostro fratello avesse generato un terzo figlio… un bastardo magari? – notò che si era immobilizzato e capì che forse aveva colto nel segno – Se le mie supposizioni fossero esatte, allora anche vostro fratello generò tre eredi… Rhaenys, Aegon e questo presumibile bastardo. – si costrinse a nascondere un ghigno appena lo vide riportare lo sguardo oltre la ringhiera.
-Non lo credo ad ogni modo… possibile. – la sua voce era affilata, quasi stesse facendo menzione di un abominio – Le fondamenta su cui basate questa ipostesi sono quanto mai deboli. –
-Deboli? – domandò sbigottito allargando i suoi braccetti – E’ stato più di un anno alla Torre della Gioia con la bella Lyanna Stark per farci cosa, secondo voi? Intonare melodiose composizioni con la sua arpa e parlare della fugacità della vita di fronte ad un caminetto acceso? – fece una pausa calcolata – Non siate così moralista, ampliate di più la vostra mente e capirete che non sto dicendo fesserie. – portò in alto un indice e se lo prese con le due dita dell’altra mano – Umilia pubblicamente la propria moglie ad un torneo. – alzò ora anche il dito medio e prese anche questo alla stessa maniera – Attende quasi un anno per tornare a cercare la sua giovane fiamma, la rapisce e… dove porta la sua amante? Nel regno dove esercita il potere la famiglia di sua moglie… Per favore, non sono un pivello, né un credulone. Possono anche darla a bere ai fessi della corte di Robert, ma non certo a me. – rise sarcastico – E sempre che lui non fosse uno scellerato, come lo era di certo vostro padre, dubito che abbia agito senza pensare, né che sia stato graziato dalla sfacciata fortuna degli dei! Tra le guardie al suo servizio aveva il principe Lewyn Martell, nonché zio di sua moglie, che non mosse un muscolo quando seppe delle sue azioni, e dubito fortemente che non sapeva dove fosse diretto… chi credete gli abbia offerto un lasciapassare per Dorne? Per non parlare di Arthur Dayne. Pure lui sembra non avesse avuto alcuna reazione ai comportamenti improvvisamente imprevedibili e azzardati del principe drago, e, seppur fosse dorniano, anche la Spada dell’Alba non sembrò avere alcun riserbo per il comportamento che ebbe al torneo il suo signore. Per quanto avessero giurato fedeltà al re e dovessero a lui tutta la loro lealtà, temo che avrebbero quanto meno provato a minacciare il principe ereditario, o comunque provato a difendere in qualche modo la loro principessa. – fece una seconda pausa ad effetto – Ho avuto il piacere di conoscere il principe Oberyn Martell. Credeteci, se vi dico che serbava ancora forte rancore per la morte di Elia e dei suoi nipoti. Dubito quindi che Lewyn Martell potesse lasciar correre la cosa e dubito ancor di più che seguì vostro fratello Rhaegar in battaglia morendo al suo fianco, se pensava che avesse fatto un danno così grave a sua nipote. –
-Le spade bianche da sempre non hanno alcuna facoltà di giudicare le azioni dei membri della famiglia reale. Se anche avessero avuto da obbiettare relativamente al loro operato, dovevano mordersi la lingua e rispettare le volontà del re. – sostenne le sue parole muovendosi dalla balaustra e camminando verso il centro del solarium. Si voltò improvvisamente e lo fissò in volto – Mi sembrava stessimo parlando delle tre teste del drago, non della lealtà delle guardie reali! – Viserys digrignò i denti e Tyrion preferì tornare sul precedente argomento. Aveva già capito che non era mai bene far innescare la miccia di un drago.
-A dire il vero, stavo riflettendo sul presunto rapimento che Rhaegar attuò ai danni della giovane Stark. Se l’avessi rapita io, per portata nelle terre più remote del continente, torturarla e stuprarla, non avrei certo rinominato quel luogo in un modo tanto grazioso e raffinato, non pensate? – Viserys rimase sbigottito dal suo acume, ma volle comunque far cadere il castello di sabbia.
-Magari era folle proprio come sua maestà. – azzardò, ma quando affermò l’epiteto riferito al proprio padre, qualcosa in Tyrion gli fece fare una strana associazione con l’astio che pure lui aveva sempre provato per l’uomo che lo aveva generato.
-Tuttavia non state ipotizzando che sia un’idea del tutto folle, ma intelligentemente cominciate a supportare il pensiero che vostro fratello potesse aver generato un bastardo. – schioccò la lingua compiaciuto del risultato – Dopotutto non sembrava avere difficoltà a procreare eredi; nel giro di due anni la gracile principessa Elia, gli aveva sfornato già due figli; e se le voci sono corrette, e pare proprio che lo siano, rimase diverso tempo con la lupa del nord. Uno stupro, se davvero di questo si trattava, porta nella maggior parte dei casi al concepimento di un figlio, e dimostrazione vuole che i lupi non abbiamo mai avuto problemi a figliare. Guardate Ned Stark, ha avuto cinque figli da lady Catelyn Tully, e prima di lui Rickard Stark ne ebbe quattro legittimi. –
-Potrei anche concordare con voi, non ho certezze del contrario; ma dalle parole di Ser Barristan, mio fratello non sembrava un uomo di simile fattura. Se esistesse un suo erede illegittimo, potrebbe aver avuto la stessa sorte dei figli che al contrario portavano il suo nome. –
-I due figli avuti dalla principessa Elia Martell morirono, questo è un dato di fatto… il dubbio che almeno uno dei due fosse scampato a quell’orribile sorte è giunto anche a me, quando venni mandato nell’imbarcazione del giovane Griff, che puntigliosamente voi avete salvato e ora pretendete che tutti lo chiamino Aegon… fatto quanto mai strano dato che non viene però anteposto alla legittimazione rispetto a vostra sorella. Inoltre Dorne ci ha voluto far credere che fosse davvero il figlio di Elia… mi domando che interesse poteva mai avere Doran Martell nel far diventare re un impostore? – andò al tavolino e si versò del vino – Mi è stato detto che è merito vostro se è stata sventrata questa minaccia interna, eppure nessuno ancora mi ha rivelato come abbiate fatto a smascherarlo… - quello era ancora un dubbio a cui non aveva avuto risposta; quello e gli interessi dei Martell su quel giovane.
-Chiedete alla regina. Lei ha dato ordine che non trapelasse alcuna parola delle vicende. – rispose brusco il principe – Per quanto indagherete, non avrete altra delucidazione, né da parte mia, né da tutti gli altri testimoni. E non pensate di poter corrompere un dorniano. Ellaria Sand vi tiene d’occhio. – Tyrion rimase ad osservarlo dubbioso per un lungo istante.
-Quella mi vuole morto, in quanto Oberyn è stato ammazzato per difendere la mia causa, e ha trovato lui stesso la morte. Potete star tranquillo che non mi aizzerò contro una vipera del deserto. – non dovette nemmeno fingere che il suo interesse per quella questione era sedato dentro un’oscura caverna che non aveva alcun attrattiva ad aprire. Ma era certo che prima o poi, avrebbe trovato qualcuno che gli avesse parlato di quell’evento, e della verità che si celava dietro. Con un bel gruzzolo di denaro in mano tutti svuotano il sacco! – Ma torniamo a noi. Parlavamo del bastardo di vostro fratello… -
-Ipotetico, opinabile e irreversibilmente morto. – lo corresse lui nervoso.
-E se invece il suo terzo erede fosse vivo e vegeto, nascosto in qualche parte del continente occidentale? – Viserys lo scrutò in silenzio versandosi da bere e assaporando il vino speziato. Volteggiò il calice, creando un turbine di liquido rosso e rimase ad osservarlo ruotare impensierito per lungo tempo, tanto che Tyrion considerò che non avrebbe più parlato.
-Se anche fosse come dite… sarebbe come cercare un ago in un pagliaio. – sembrava calcolare bene le parole come valutando che la sua ipotesi potesse anche avere un minimo di credito. Alla fine però abbassò il capo e lo scosse in segno di rassegnazione.
-Ne siete davvero convinto? –
-Il seme Targaryen è recessivo. – rispose il principe riflessivo. Tyrion non si lasciò demordere.
-Ragioniamo un attimo sulla genetica della vostra famiglia. Pare che solo se vi unite tra consanguinei i tratti dell’antica Valyria rimangano intatti, lo stesso avviene se unite la vostra stirpe con i Velaryon, i Dayne, o qualche altra famiglia il cui sangue valyriano scorre ancore forte. Tuttavia se vi accoppiate ad altre casate dei Sette Regni, pare chiaro che il vostro seme desista. Anche se questa legge non sembrerebbe essere supportata dalla nascita di Aegon, a detta degli annali aveva stranamente i tratti dell’antica Valyria… – Tyrion ghignò maligno; avrebbe voluto porre una seconda domanda, forse più piccante di quella che davvero stava per fare, ma non voleva ampliare ulteriormente quel discorso – Poniamo dunque che quello sia stato un caso isolato e non tergiversiamo oltre; il bastardo in questione però dovrebbe avere i tratti della madre. Degli Stark quindi. – attese paziente un suo responso che non tardò ad arrivare.
-Come voi dite. Per cui sarà quasi impossibile da trovare, dato che il suo aspetto differenzia dal classico aspetto di un discendente di Valyria e potrebbe essere un anonimo ragazzo, sperduto dovunque nei Sette Regni. – dalla sua voce si denotava un certo fastidio per quell’argomento.
-Potrebbe… oppure no. – attirò nuovamente la sua attenzione, pendeva dalle sue labbra, sorrise sornione – Non vi sembra strano che a Winterfell esista proprio un bastardo che guarda caso è nato esattamente nello stesso anno in cui morì Lyanna Stark? E destino vuole che terminata la guerra, sia stato portato a nord da Ned Stark con una donna delle terre di Dorne… – Viserys sembrò riflettere su quell’argomento per qualche istante – Da dove veniva quel bambino? Possibile che Ned lo avesse concepito in una tenda con una puttana tra una battaglia e l’altra? I più direbbero che è così… Ma se davvero così fosse stato, sarebbe accaduto a inizio guerra, e lui si trovava alle terre dei fiumi, non tanto distante da dove aveva lasciato la sua sposa che in grembo portava il suo erede legittimo… Perché quindi portarsi dietro quella puttana fino a Dorne, dove pare avesse usato solo un manipolo di uomini per liberare sua sorella? Altri dicono che è da Dorne che torna col cadavere della sorella e con un bimbo in fasce… se è così, quando mai ci è stato lui a sud se non nelle ultime settimane e a guerra finita? – notò che Viserys si era portato l’indice a coprire la bocca di traverso, e giocava col pollice passandoselo sotto al mento. Stava riflettendo sulle varie ipotesi.
-Pensate quindi che il Lupo Bianco possa essere il figlio di mio fratello…? – Tyrion si strinse nelle spalle e sorrise con aria compiaciuta.
-Ho conosciuto Ned Stark e non mi sembrava proprio uno che andasse a puttane… né che avesse il fegato di tradire la moglie e mettere al mondo dei bastardi. Eppure ho avuto modo di parlare col giovane Snow, gli assomiglia molto fisicamente, ma il temperamento che ha, non sembra lo abbia ereditato da lui. All’epoca non mi feci domande, ma ora… direi che anche un piccolo ed inutile dettaglio come quello, sembra carico di significato. – fece dietro front e prese congedo da lui, sapendo di aver innescato il tarlo del dubbio nel principe drago. Quello vero però.
 
 
 
 
 
Il dubbio era fatalmente nato, e accostato alla mistica frase di Lady Melisandre, poteva anche rivelarsi realtà effettiva. Rhaegar strinse i pugni sulla balaustra di marmo del terrazzo esterno, i suoi occhi puntarono a Nord, come se nel suo campo visivo oltre i tetti e le mura di Approdo del Re, potessero mostrarsi le bianche distese e le vette delle torri di Winterfell, come spesso la sua lady gli raccontava prima di addormentarsi tra le sue braccia. Lyanna…
-Ancora a pensare alla vostra milady dolce? –
Milady dolce…” era il vezzeggiativo che Aegon usava per riferirsi a Lyanna al fine di non svelare la vera identità del principe… Da quando aveva scoperto che la sua amata lo aveva tenuto in braccio e cullato quando era ancora in fasce, amava chiamarla con quel termine quasi la considerasse una sua seconda mamma.
La voce del ragazzo lo risvegliò da quei pensieri. Rhaegar sentì quella tipica puntura sul petto, dove Robert aveva colpito con forza. Quando si voltò vide quegli occhi viola intenso brillare alla luce del sole. Vestiva una camicia bianca ed un paio di brache rosso mattone; sembrava un angelo sceso in terra. I capelli della frangia sorretti da una fascia sulla fronte, sulla pelle chiara era abbozzata una lieve tintarella, ma l’olio ai lamponi, che vi aveva spalmato sopra, evitava qualunque scottatura. Quasi certamente aveva chiesto l’intervento di una serpe delle sabbie; non doveva nemmeno domandarsi quale… In mano aveva due spade da allenamento
-Dany mi ha detto che ti avrei trovato qui… - gliene lanciò una e Viserys la prese al volo. Aegon lo guardò circospetto e valutò ogni alternativa – Ho incrociato il nano Lannister che usciva… -
-Chiamalo col suo nome, Aegon. – lo ammonì, ma non con voce grave. Non riusciva ad essere duro con lui, nemmeno quando osava troppo. Si tolse il soprabito e volteggiò l’arma per constatarne l’equilibrio.
-E va bene, per lui posso fare un’eccezione visto che mi ha sempre trattato bene. Scusami. – l’espressione mortificata sul suo volto durò tre secondi esatti, prima di mutare in un sorriso smagliante che deformò ineluttabilmente la sua guancia. Nello stesso istante si spogliò della camicia, restando con addosso solo i pantaloni di pelle rossa scura; tipico comportamento sfacciato e superbo che aveva visto fare anche agli uomini dorniani. Rhaegar fu costretto a distogliere lo sguardo per non soffrire troppo – Non dirmi che ti stia intrattenendo con lui ora, per compensare alla solitudine… ti manca forse il denaro per andare in un bordello? – il tono malizioso del giovane lasciava trasparire benissimo l’allusione reale che stava balenando nella sua mente. Rhaegar scosse il capo e abbassò gli occhi. I muscoli del suo petto erano ben definiti, come anche quelli delle spalle e delle braccia. Per l’altezza che aveva, sembrava non aver ancora completato la sua crescita.
-Se osi ancora insinuare una simile inesattezza, da domani ti chiuderò nelle tue stanze sotto serrata sorveglianza e non ti permetterò più di accedere a quelle di mia sorella. – lo ammonì con un sorriso dolce – Né a quelle delle serpi. – lo vide spalancare gli occhi, incredulo.
-Te lo ha detto Dany…? – si preoccupò il giovane, ogni baldanza era fatalmente sparita.
-No, Daenerys per fortuna non sa nulla e mi premunirei per la tua incolumità che non lo venga mai a scoprire. – gli suggerì – E’ fortemente possessiva e non credo ami condividere le sue cose, nemmeno con quelle che ora si fingono essere semplicemente delle sue damigelle. –
-Beh, sono brave a fingere… e poi la bionda dagli occhi azzurri ha un insano uso di veleni che potrebbero sempre tornare utili… - stava per argomentare, ma bloccò sul nascere ogni sua idea.
-Aegon. – questa volta usò un tono più intimidatorio e si trattenne a stento dall’alzare gli occhi al cielo – Spero tu non stia programmando una vendetta personale… te lo proibisco categoricamente! – ingrandì gli occhi per imporre la sua parola – Né mi auguro che tu voglia narcotizzare mia sorella al fine di permetterti momenti con la tua serpe prediletta. –
-Possibile che a te non sfugga mai nulla? – Aegon esasperato, aveva portato una mano dietro il capo e si era ravvivato i capelli, impensierito dal suo acume.
-Non sei il primo con l’ardore nel sangue che devo ammansire. – gli sorrise. Decisamente non riusciva a tenere il broncio con lui – L’altra notte sei stato nelle stanze di mia sorella. – Aegon aprì la bocca per dire qualcosa, ma lui lo anticipò – Non riuscivo a dormire e sapevo che ti avrei trovato da qualche parte per i corridoi del castello. Data l’ora, pensavo fossi di ritorno, così ti sono venuto incontro. Ero dietro una colonna, quando ti ho visto uscire dagli alloggi di Daenerys, con lei… di solito torni nelle tue stanze prima che il sole sorga, ma questa volta non l’hai fatto. –
-Impressionate… - lo guardò ammirato portandosi le braccia conserte al petto – Ma come fai? –
-Ero nel luogo sbagliato, al momento sbagliato. Ma era da giorni che avevo intuito qualcosa… per tua sfortuna sono fin troppo empatico. – sorrise appena e si sedette sul gradino della fontana, facendogli cenno di fare altrettanto. Lui ubbidì come un cucciolo mansueto – Vuoi parlarne? –
-Cosa dovrei raccontarti? – si adombrò – Sono discorsi che si dovrebbero fare tra padre e figlio, ma… -
-Ma Jon non era un padre capace di tali efficienze, immagino. – il ragazzo alzò le spalle per annuire – Posso provare ad essere quel padre che ti è mancato… anche se attualmente, per l’età che ci differenzia, ti posso apparire unicamente come un fratello maggiore. – fu la sua risposta e a quanto pare fece breccia nel suo intimo.
-Ora sono adulto, dovrei sapere quello che faccio… ma non è così.  – scrollò le spalle abbattuto.
-Sei cresciuto esteriormente e intellettualmente, ma la vera crescita spirituale di un uomo è anche in ambito sessuale; e a quanto pare hai trovato la tua strada. – Rhaegar in molti versi rivedeva se stesso in lui; Jon aveva fatto tanto per quel ragazzo, per farlo assomigliare al ricordo del principe d’argento che aveva; come esattamente lui era un tempo. Ma aveva commesso lo stesso errore che le persone dell’epoca avevano fatto con lui; l’aveva tenuto preservato per un lungo periodo di anni, e invece di recargli un bene, ne aveva fatto un danno al quale Rhaegar ora voleva rimediare.
-Sì, sono un uomo a cui piacciono le donne… - farfugliò il ragazzo prendendo coscienza di sé – E ho alcune necessità… che lei soddisfa appieno. – ammise infine.
-Non è solo quello, Aegon. Per quel genere di esigenze ci sono i bordelli. – gli mise una mano sulla sua per incoraggiarlo a far uscire i suoi sentimenti – Hai atteso appositamente l’alba per averla accanto al tuo cuore… - gli passò un braccio attorno alle spalle, ed il giovane appoggiò allora la testa sulla sua spalla.
-Hanno fatto venire lei nelle mie stanze a Dorne, per accertarsi chi fossi realmente: me lo ha svelato ieri sera. Lei sapeva… tutti sapevano, l’unico all’oscuro ero io. – la voce tremante.
-Ma lei da quel momento ha portato il sole ed ha illuminato la tua vita… non è forse così? – vide i suoi occhi illuminarsi. Sentì nel cuore un lieve tepore a quella tenera visione – Ama, Aegon. Fallo intensamente, con ogni fibra del tuo essere. Dille ciò che provi e rendila tua. Hai tutti i diritti per poterlo fare. – gli consigliò.
-A lei non importa diventare principessa… lo è già in parte… e lo è ai miei occhi. – la sua voce era un’ammissione di dolore.
-E allora falla diventare tua regina. – furono parole che gli uscirono senza quasi nemmeno pensarci. Aegon si scostò da lui, strabuzzò lo sguardo studiando la sua maschera e manifestando sconcerto nella sua espressione.
-Ma erano queste cazzate che dicevi a milady dolce? –
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autore:
Sto quasi pensando che qualcuno mi stia facendo il malocchio, tante sono le cose che mi sono capitate in quest’ultimo periodo e che mi hanno quindi rallentata nella pubblicazione di questo capitolo. Prima la sinusite che mai ho avuto in tutta la mia vita e che mi ha bloccata in pratica mezzo volto dandomi poi anche un mal di testa atroce che mi pareva essere Oberyn Martell tra le mani della Montagna, tanta era la pressione che avevo attorno agli occhi e che quindi non mi permetteva di stare al pc per troppo tempo. Poi mi è arrivata una tendinite alle prime due dita della mano destra, che uso per tutto, perciò sono stata costretta a riposo con una benda (come vi ho mostrato in foto alla Torre) che oltretutto mi faceva più male che bene perché sì ok mi teneva ferme le due dita dolenti, ma mi stringeva anche le altre e alla fine mi svegliavo la notte per le fitte che sentivo un po’ dovunque. Seppur non sia ancora passata e periodicamente torna più acuta al risveglio del periodo freddo, mi sono pure subita una perdita della voce a causa di una laringite… e diciamo meno male a sto giro era la gola ed ero quindi libera di scrivere più tranquillamente, peccato che per scrivere (o correggere in questo caso) mi devo isolare mettendomi gli auricolari… il problema è che senza voce stavo proprio isolata completamente e con una famiglia e una casa da mandare avanti dovevo puntualmente alzarmi per andare a sistemare qualcosa, o semplicemente farmi capire a chi di dovere con i gesti, quasi fossi un mimo (anche se a volte mi figuravo in testa più l’idea di essere un ninja!).
 
Ma torniamo a noi e parliamo di questo capitolo. Innanzitutto sono molto contenta di questo episodio, rispetto al precedente mostra un momento del passato dei Targaryen anche se Daenerys non appare per niente, quindi dovremmo dire solo di Rhaegar. Ma a presentarcelo è Tyrion che fino ad ora non mi ero mai sentita di usare perché seppur io lo ami molto come personaggio non ero certa di saperlo rendere, per cui la prima cosa che vi chiedo è: sono riuscita appieno? Ho reso la sua persona?
Dato che per far emergere Rhaeagr dal finto Viserys si deve parlare di profezie o di sentimenti, Tyrion approfitta della prima argomentazione per innescare la seconda al fine di interagire con lui. Ah, come avete letto il folletto non conosce la vera identità del principe perché quando questo si era svelato nella sala del trono, lui era assente per le ferite riportate durante il combattimento con Jaime e Cersei. E come ha espresso anche in questo capitolo non è riuscito a trovare, né pagare, nessuno per farsi passare informazioni. Non saprei darvi una ragione valida di questa scelta, ho fatto così, punto e basta, e oramai era impossibile tornare indietro, quindi ho dovuto solo che adeguarmi, ma ovviamente come avevamo già visto in Dance of Dragon, se è riuscito a scoprire la (presunta) vera identità di Young Griff, non poteva farsi scappare anche la vera identità dell’uomo che si finge Viserys, solo che da bravo stratega il nano non svela tutte le sue carte e gioca d’astuzia, ponendo prima dei quesiti e facendo ragionare il principe su concetti filosofici e profetici, ricordando un po’ lo stesso modo in cui ha dato dei consigli a fAegon per conquistare il cuore di Daenerys offrendole su un piatto d’argento già molte terre annesse, piuttosto che presentarsi da lei a mani vuote.
 
Ovviamente il discorso non può non cadere anche su un ipotetico terzo figlio e vi dirò in realtà questa ipotesi è stata la prima che mi era sorta quando Robert affermava che Lyanna era stata stuprata chissà quante volte da Rhaegar Targaryen… insomma in automatico ti sei dato del ramoso! Ed è quindi logico pensare che se sta poveretta (si poveretta proprio! :-P ) è stata per tutto questo tempo in simili circostanze con un uomo… e poi Ned sale a nord con un pargolo… possibile che nessuno mai abbia presunto chi fosse realmente Jon? Ora io non mi reputo certo Sherlock Holmes ma diciamo che è stata la prima cosa che ho ipotizzato sulla morte di sta donna e caso strano a Jon mancava la madre… sapete: 1+1=2 … R+L=J.
Quindi ora capite che Rhaegar già era titubante a schierare un esercito ai confini del regno del Nord per non volersi inimicare gli Stark attuali, ora ha pure il sospetto che il Re del Nord possa essere quindi suo figlio. Ma ovviamente non ha alcuna certezza, e questa certezza l’avrà in uno dei primi capitoli che avete già letto (sempre di Cronache) in cui parlava con Lyanna a Harrenhal (che in quel periodo ancora si fingeva Arya Stark) e le chiede di parlargli di Jon Snow. Insomma ora si capisce perché in quel momento era così interessato a sapere dell’altro monarca.
 
Ma arriviamo anche all’ultimo pezzo, forse quello che mi ha maggiormente intenerita e divertita di più. Ero partita con l’idea di inserire un'altra scenetta con Daenerys che da brava sorella andava a coccolarsi il fratellone, ma presa dal momento le dita sono andate per i fatti loro e hanno invece inserito Aegon. Che notiamo ha una certa baldanza e sicurezza di sé, maggiore di quella che avevate visto in precedenza o che avete potuto leggere dai libri (dove però Jon Conninton faceva notare il caratterino del ragazzo). E’ certo che ora lui sappia qualcosa in più sul suo passato, questo probabilmente appare ovvio, ma ancora non è stato svelato cosa. Ha instaurato un rapporto molto profondo con Rhaegar quasi da considerarlo lui stesso un fratello maggiore o forse qualcosa di più. Mi piacciono loro due assieme perché in qualche modo rivedo forse quel rapporto che poteva anche esserci tra Jon Connington e il principe ereditario, un qualcosa nato tra le mura di quel castello che celava atrocità e malefatte, ma che ora invece i draghi superstiti stanno cercando di evitare in tutti i modi. E Aegon sente quasi che in quelle stesse mura, dove sua madre morì, lui riesca a vederci dell luce positiva e possa arrivare a considerarle casa sua, ma non tanto per l’edificio che rappresentano (perché ricordiamoci se Elia è sua madre, lì ci è morta, stuprata e violentata e poi uccisa, come ben ci fa ricordare Oberyn! Quindi per lui quel luogo non è il massimo della gioia) però sono le persone che ci vivono a renderlo un luogo accogliente e ospitale. Come abbiamo già visto ha con Dany un bel rapporto, con Rhaegar lo vediamo spontaneo e pure spiritoso… ma proprio dal loro discorso traspare dell’interesse verso una giovane dama… Chissà di chi stanno parlando? E se ve lo dicessi ora sarebbe troppo semplice!
 
Quindi appuntamento alla prossima puntata, che se funziona come Benjen in Tales che è rimasto appeso a quel balcone per 5 capitoli possiamo stare anche belli freschi visto le rigide temperature di sto periodo!
 
Grazie a tutti per esserci ancora, grazie per avermi aspettata e a chi mia ha messo tra i preferiti e mi recensisce! Grazie alle belle parole che mi rivolgete alla Torre! E grazie soprattutto per l’affetto che continuate a darmi!

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Capitolo 60
*** La Mela della Tentazione ***


La neve cadeva e si abbandonava all’abbraccio dell’inverno, tra i sospiri di venti gelidi e perenni. Lyanna conosceva quel luogo. Lo aveva già visto in sogno, era l’incubo che ultimamente la perseguitava con maggior insistenza.
Non scorgeva null’altro. Solo lui, disteso tra il candore del ghiaccio intriso di un liquido sinistro. Il sangue si mescolava alle sfumature del suo mantello. Scarlatto era il colore del tessuto e non se ne riusciva a distinguere l’orlo, celato dalla neve intrisa del suo stesso fluido vitale. La sua armatura spiccava come le piume di un corvo tra le pagine di un libro. Era nera, pareva ossidiana scolpita. Un colore che a lui inspiegabilmente piaceva fin dalla nascita e ci era ormai affezionato da tempo. Glielo avevano detto le sue nipoti. Jon, anche prima di divenire un Guardiano della Notte, vestiva spesso di quella tonalità scura… eredità che il suo subconscio pareva aver carpito e reso sua.
Lyanna si era avvicinata a lui silenziosa come un fantasma. Si era presa tempo per mirarlo, quelle sfumature negli abiti che indossava erano una concretezza di fronte ai suoi occhi, reale, vera, definitiva. “I colori pacchiani di tuo padre… Sarebbe stato fiero di te, vedendo che come li hai indossati con orgoglio…” Ma di soddisfazione in quello spettacolo, ce n’era davvero poco.
Il suo petto non dava alcun segno di vita. Sotto al suo naso non vi era alcuna nuvola di vapore. Gli arti erano piegati in angolazioni inusuali. Ci fu un attimo in cui non vide altro che un fiume d’acqua, poi impetuoso inondò i suoi occhi e superò le palpebre.
Notò brillare qualcosa di lato; la spada di suo figlio. Lungo Artiglio giaceva poco distante; l’impugnatura era per metà confusa nella neve, l’altra metà invece era macchiata di sangue. L’acciaio di Valyria risaltava nella coltre bianca come venature del vetro di drago messe di fronte alla fiamma di una candela. Le tre profonde scanalature sull’acciaio erano intrise di croste di sangue e ghiaccio. Sul pomo la testa di un lupo inciso nella pietra pallida, gli occhi granati scintillanti.
Si accucciò e la raccolse, sentendo un brivido lungo la schiena per l’accostamento bizzarro di quei colori, che si rispecchiavano in quelli del suo metalupo. “Bianco e rosso… erano i colori miei e di Rhaegar.”
Prese coscienza del suo peso, non era pesante come Ghiaccio, ma nemmeno come si era immaginata. Era decisamente molto più leggera di qualsiasi altra spada avesse mai impugnato e ben bilanciata. Accarezzò con pochi passi la distanza che la separava da suo figlio. La sottana del leggero abito che indossava era zuppa di sangue e di neve. Una fiacca brezza le mosse i capelli completamente sciolti che le ricadevano lungo la schiena. Lanciò solo uno sguardo veloce al tessuto che la ricopriva. Ricordava bene il momento in cui l’aveva già vista. Era la stessa veste di quel giorno lontano dove, alla Torre della Gioia, la sua vita l’aveva abbandonata per farne dono a suo figlio. Le braccia erano completamente scoperte, ma non sentiva freddo. Le spalline erano sottilissime e mostravano interamente le sue spalle, il bordo superiore era rifinito con sottili nastri argentati e azzurri, delineando le forme del suo petto rigoglioso e scendevano come la parte sottostante di un ventaglio fino al centro dei suoi seni. Sotto ad essi un comodo elastico stringeva appena i veli che poi cadevano liberi fino a terra, ondeggiando ad ogni suo movimento…
Quello era un chiaro segnale. Era tutto finito. Per lei e per suo figlio. Erano di nuovo assieme, ma questa volta lui l’aveva preceduta, lui se n’era andato lontano da lei.
Istintivamente si portò una mano al petto. Le sue dita incontrarono la pietra magica che aveva al collo.
Lo guardò ancora una volta. Il suo volto era bellissimo. Gli ripulì una guancia dal sangue incrostato e scostò alcuni capelli dalla fronte con delicatezza, “lui e la sua maledetta fissazione per i capelli, proprio come suo padre”. Sorrise triste e prese la sua decisione definitiva. Impugnò Lungo Artiglio e gliela mise sopra al corpo. Afferrò una delle sue mani e serrò le dita forti del ragazzo attorno all’elsa. Era morto, ma era morto da eroe e lei, sua madre, lo avrebbe onorato come si confà ad un uomo di valore. Era il principe promesso, ma era anche un re. Era il suo sangue, era la sua vita. Era la loro ultima speranza… ed ora non ce ne sarebbe più stata per nessuno.
Udì il rumore alle sue spalle di zoccoli e grida agghiaccianti. “Fermati! Aspetta!” Sembravano urlare. “Non è ancora finita!”
Non si voltò nemmeno. Non le interessava, non sentiva più nulla. Avvertiva solo il richiamo dolce della morte, e di suo figlio che l’aspettava.
Gli mise una mano sopra la sua stringendo appena quelle dita impotenti sul pomo dell’elsa. Gli diede un dolce bacio sulla fronte. Alcune lacrime si adagiarono sulla sua cute olivastra, priva di essenza vitale. Non le dava alcun fastidio sporcarsi del suo sangue, né sentiva l’attanagliante gelo della neve sotto le piante dei piedi nudi o nell’aria attorno. Ogni estremità del suo corpo era rossa per il freddo pungente, ma non percepiva alcun fastidio al riguardo, né avvertiva dolore… quello era tutto concentrato nel petto… e ora sarebbe finalmente cessato. “Afferra la mia mano!” Ancora quella voce, ancora le sue suppliche… “Sto arrivando, amore mio” gli rispose, ma non era certa che questo lo avrebbe reso felice…
Non proseguire oltre” fu certa di sentire la sua voce contraria, ma la sua debole coscienza le impedì di eseguire quel comando.
Si accovacciò accanto a suo figlio, tra la neve ed il sangue. Rosso e bianco, uniti assieme, come le piume di due frecce… un ricordo lontano… un amore mai dimenticato…
Fermati, ti supplico!” Lasciò la sua mano spaventata, il corpo del ragazzo si mosse inerme, fece fatica a rimetterlo a fuoco; le lacrime erano scomparse, ma la vista continuava ad essere annebbiata “Sono qui con te, tesoro, ora ti raggiungo.” Gli rispose in un ultimo sussurro disperato. Diede uno strattone alla collana e le tenebre avvolsero ogni suo pensiero.
Lyannaaaaa!!!!!” Un urlo agghiacciante e tremendamente vicino accompagnò quel suo viaggio conclusivo.
 
 
 
 
 
Le tenebre avevano invaso ogni dove. Coltri di nubi cariche di tempesta sembrava aver riempito il cielo in maniera definitiva. Cercava con lo sguardo qualcuno, o qualcosa… Un minimo segnale di vita in quella vasta terra ghiacciata. Non c’era nessuno. Alcun uomo, alcun corvo, alcun lupo, alcun drago. Era solo, completamente solo, eppure qualcosa gli diceva che doveva proseguire.
Camminò dapprima adagio, indugiando su piccole montagnole di neve. Gli stivali affondavano e il suolo sotto di sé scricchiolava rivelando la sua presenza. Era buio pesto non riusciva a distinguere nulla di ciò che lo circondava, il rumore ovattato dei suoi passi come unica compagnia. Qualcosa però non gli era famigliare… una strana convinzione che quel luogo non fosse il nord, non quello che conosceva almeno. Percepiva l’aria gelida, probabilmente si trovava oltre la Barriera e pure oltre il Pugno dei Primi Uomini. Non era nemmeno Aspra Dimora, ma aveva la sensazione di essere comunque in un luogo attiguo.
Molto più avanti scorse una flebile luce. Qualcosa lo attirava verso quella direzione. Un richiamo lo stava richiamando a sé, usando delle assonanze e dei vocalizzi melodici che non comprendeva “Aaaeee… eeeeg … goooo… oooon…” come quando un uomo chiama qualcuno e quel nome viene distorto dall’eco del vento. Anche se non riconosceva quel rumore con un vero invito a procedere, continuò la sua marcia inesorabile, curioso di conoscere la fonte di quella convocazione. Improvvisamente una voce profonda, roca e intensa, di un vero maschio dalla forte virilità. “Aegon.” lo sentì limpido nella mente questa volta. Non c’era nessun altro in quel luogo se non lui e quella presenza, per cui chi diamine stava chiamando? Possibile che si riferisse a lui? Ma chi era costui davvero? Ebbe la sgradevole impressione di possedere qualcosa che non gli apparteneva e mai avrebbe potuto diventare suo.
Aegon Targaryen.” Insistette quella voce. Ancora quel nome; provò quasi rabbia questa volta e quasi gli venne la voglia di urlare che non era la persona che cercava, ma quella luce continuava a richiamarlo a sé con una tale insistenza che si trovò a seguire quell’invocazione.
Raggiunse lo sperone di roccia sull’altura collinare e notò che quel globo di luce bianchissima era piccolo come una noce e pulsava. Jon si prese un lungo tempo per osservarlo attentamente, sembrava una sfera indefinita luminescente che fluttuava nel nulla, come une stella nel cielo scesa sulla terra.
Ne era fatalmente sedotto. Voleva toccarla, ma il timore che si potesse trattare di qualcosa di pericoloso, lo fece demordere, ma poi pensò anche che doveva farlo, prima che sparisse del tutto. Prese coraggio e allungò una mano. Le sue dita sfiorarono appena la stilla chiara e luminosa e un’esplosione di luce irradiò da essa scacciando lontano ogni cosa. L’onda d’urto costrinse Jon a portare un braccio a ripararsi gli occhi. Il mantello sulle spalle venne sollevato e lo sentì sventolare come uno stendardo. Una sottile polvere simile a talco venne alzata al cielo e con estrema lentezza ridiscese, scendendo come cristalli di neve pigri, ma talmente luminosi che a Jon parvero lacrime degli angeli, o polvere di stelle, la stessa che la Vecchia Nan si divertiva ad associare allo svolazzare delle fate dei boschi.
La luminosità improvvisa lo aveva accecato completamente, ma i suoi occhi a poco a poco ripresero a vedere. Quel bagliore aveva spazzato via ogni tenebra e con essa anche tutta la coltre di neve che ricopriva le terre circostanti. Jon stordito non poté vedere nel dettaglio la distesa che ora lo circondava, ma riusciva a percepirne il cambiamento.
Un sole caldo riscaldava ora la pelle del suo viso, impreziosendola di baci sensuali come quelli di una amante che lo vezzeggiava dolcemente. I profumi erano del tutto nuovi, l’aria era arida e salata, ma arricchita di spezie sconosciute e forti, oltre che di fragranze floreali che gli ricordavano le serre di Winterfell.
Sotto di lui una bruciante sensazione di morbidezza, alcune piccole insenature sotto la pianta dei piedi nudi davano come l’idea di camminare tra le onde del mare solidificate. Appena mosse le dita dei piedi una sottile rena gliele ricoprì. Non capiva cosa fosse, sembrava… la sabbia, come quella nel suolo dei luoghi esterni d’allenamenti. “Un deserto quindi?” faticò a realizzare quel pensiero. Non ne aveva la certezza, perché i suoi occhi non potevano più vedere, ma riprese a camminare scalzo. Avvertì meno peso anche addosso: i suoi abiti pesanti si erano alleggeriti notevolmente. Provò a chiudere e riaprire le palpebre, ma anche dopo numerosi sforzi, il risultato non cambiò. Si portò le mani sul volto e una sensazione di panico e smarrimento lo colsero impreparato. Era diventato cieco. “Tu non sai niente, Jon Snow.” Ancora quella maledetta frase gli tornò alla mente. Odiò Ygrette, odiò lady Melisandre… e infine odiò sé stesso.
Si muoveva in cerca di un appiglio, non sapeva come mettere i piedi in quella distesa densa come miele. Le sue gambe vacillarono e cadde carponi. Con le mani cercò di tastare il terreno, le sue dita affondarono in quei granelli sottilissimi e cocenti: questo gli bastò per constatare che quella doveva essere proprio sabbia, proprio come quella presente nel cortile d’allenamento di Wintefell. Ma non si trovava certamente nell’antica residenza degli Stark; doveva trattarsi del vero deserto. “Possibile che quella fosse Dorne?” Almeno era quanto di più simile a ciò che rammentava nei racconti letti, durante la sua infanzia, su Daeron Targaryen. Si domandò il perché si trovasse lì, in una terra lontana da casa, completamente solo… ma qualcosa lo destò da quei pensieri.
Una mano calda sulla spalla. Non ebbe paura. Affetto e sicurezza furono le sensazioni che gli trasmetteva quel tocco inaspettato. Spostò lo sguardo di lato sbigottito, per capire chi fosse lì con lui.
-Non temere. – una voce maschile calda, forte e roca. Non riusciva ad identificarlo con nessuna delle persone che conosceva; il sole nascente alle sue spalle ne camuffava i tratti del volto. I capelli sembravano raggi stessi del sole. Fatti d’oro e rame fuso, una criniera di fuoco e la sua pelle non aveva alcuna colorazione precisa, ma notò la mascella volitiva e l’espressione bonaria che aveva. Sentì che gli stava mettendo una mano sotto un’ascella e con un solo braccio lo sollevò, come se non avesse alcun peso. In un baleno era di nuovo in piedi, ma ancora i suoi occhi accecati non riuscivano ad inquadrare alcun particolare distinto: né del panorama attorno, né tanto meno dell’uomo che lo aveva aiutato a rialzarsi.
Lo vide che vestiva una raffinata armatura tutta bianca, nel petto delle gemme di un colore freddo che parevano brillare però come le stelle. La corazza e l’elmo riflettevano il riverbero del sole come se avesse una luce propria. Era magnifico e dava l’impressione di essere un valoroso guerriero, un eroe delle leggende.
Poi nel suo campo visivo apparve una nuova luce. Dapprima appannata e a stento percettibile, tuttavia man mano che si concentrava su di essa, prendeva sempre più consistenza e forma. Affusolata, lunga e incredibilmente realistica. Era una spada dalla fattura indescrivibile. Non riusciva a formulare parole adatte per esprimere la bellezza che emanava: dalla lama traslucida e luminosa, al pomo di acciaio satinato. Sulla guardia crociata era raffigurata una stella stilizzata che spuntava dall’orizzonte, ma osservando più attentamente si accorse che poteva sembrare anche il risveglio del giorno.
Un ricordo gli balenò nella mente. Aveva sentito Ned Stark descrivere una spada simile a Bran, quando il ragazzo gli aveva chiesto di parlare della Spada dell’Alba. “Non è possibile… non può davvero essere quell’arma. Se così però fosse, significa che l’uomo che ho di fronte deve trattarsi di…” Come se l’incantesimo fosse svanito, i suoi occhi improvvisamente tornarono a vedere, cogliendolo di sorpresa. Il velo di cecità era stato tolto. La luce aveva cacciato le tenebre. Ser Arthur Dayne era ora di fronte a lui. Le iridi attorno alle pupille erano di un viola brillante che mai aveva veduto prima d’ora, lo stesso colore delle pietre sulla sua pettorina che ora vedeva chiaramente e rispecchiava il simbolo della sua antica casata. I capelli erano composti da fili dorati e argentati assieme ed erano legati sulla nuca da tre trecce, una grossa centrale e due più piccole laterali, raccogliendo i ciuffi e ricreando un’accurata lavorazione del tutto inusuale ai suoi occhi.
La pelle leggermente dorata dal sole rendeva il suo volto adeguato a quel corpo statuario. Le sue labbra serie, gli zigomi marcati, i lineamenti pronunciati del mento, la fronte alta, l’espressione austera. Le sue braccia erano forti e possenti. L’armatura d’acciaio placcata di bianco, ne ingraziava le forme. Un fazzoletto viola sul collo, con arabeschi bianchi e neri. Il candido mantello oltre le sue spalle che sventolava alla tiepida brezza proveniente dalle montagne.
Era impossibile non provare immediata soggezione e rispetto di fronte a lui. Jon si sentì in clamoroso imbarazzo a stare alla sua stessa altezza. Era davvero alto, maestoso e imponente. Lui invece provava un senso di inadeguatezza e venerazione assoluta. Abbassò lo sguardo e si inginocchiò ai suoi piedi, dedito alle sue prodezze. Sentiva di trovarsi come davanti ad un dio, ed il rimorso per quanto avvenuto nel passato lo atterriva ancora di più. Era stato suo zio Ned a togliergli la vita; lo aveva fatto per raggiungere lui, un infante all’epoca, ma già investito di un titolo considerevole. Se ne sentiva responsabile.
Il cavaliere piegò la testa di lato e lo guardò sorridendo. Una fossetta gli apparve su una guancia, ma Jon abbassò nuovamente il capo. Aveva un aspetto nobile anche quando semplicemente rideva.
-Alzati. – disse con tono greve. La sua era la voce di un uomo maturo che ne aveva passate tante – Tu sei il re. Ed io sono al tuo servizio. – Jon sollevò il volto fissandolo basito, gli si aprì la bocca per lo stupore. “Ma che diamine sta dicendo?” Non ebbe nemmeno il tempo per finire quel pensiero che nuovamente si ritrovò in piedi, sospinto da una delle sue potenti mani.
Lo guardò come un cretino, barcollando su quel suolo instabile. Solo in quel momento si ritrovò a constatare quello che stava indossando. Alzò le braccia osservando le proprie maniche avvolte in una tunica argentata con piccole rifiniture amaranto scuro e oro, proprio come i pantaloni. Si portò una mano in testa, sentiva che i suoi capelli erano tirati in una qualche strana acconciatura esotica.
-Immagino sia opera di tuo fratello. – disse il cavaliere. “Robb? Cosa c’entra?” Jon non capiva.
Le sue dita percepirono degli intrecci, finemente lavorati, giungere fino alla nuca e fermarsi dietro, chiudendosi in una treccia sottile. Ad occhio e croce gli sembrava qualcosa di molto simile alla pettinatura del cavaliere di fronte a sé.
-Perché hai detto questo? – provò a chiedergli, ma notò che era lui ora quello che stava ai suoi piedi; un ginocchio a terra, l’altro a 90 gradi rispetto il suolo. Lo fissò sconnesso. L’uomo aveva sollevato la sua spada in orizzontale fra loro. Una mano sotto l’elsa, una sotto la lama affilata. Ser Dayne stava lì, fermo, i secondi passavano e lui non accennava alcun movimento, quasi in attesa di un suo ordine, tenendo lo sguardo abbassato sulla sabbia dorata.
Non sentendo alcuna sua controproposta rialzò il volto su di lui e con aria irrequieta gli chiese.
-Il lupo ti ha mangiato la lingua, o il tuo uccello è tra le sue fauci? – rise, un ghigno irriverente e malizioso. Jon era sempre più sconcertato da quel suo modo di fare, ma non riusciva a spiccicare mezza parola. Non comprendeva il suo comportamento così reverente nei suoi confronti, quando le sue parole era molto più simili a quelle di un bruto oltre la barriera.
Un rumore alla loro destra giunse alle loro orecchie. Entrambi allarmati, voltarono lo sguardo in quella direzione. Ser Arthur Dayne serio in volto si alzò in piedi ed impugnò la spada con la mano sinistra, mettendo l’altro braccio a protezione del giovane.
-Fatti da parte, cucciolotto. – “Cucciolotto? Ma con chi crede di avere a che fare?” Jon stava per ribadire ciò che i suoi pensieri avevano appena formulato, quando intravvide da oltre la sua spalla ciò che lo aveva fatto mettere in allerta. Sette uomini a cavallo stavano avanzando verso di loro. Considerò che, a differenza di loro che si trovavano in piena luce del sole, quei cavalieri erranti erano invece all’ombra. Jon ripercorse all’indietro i bordi di quella imponente zona buia che ricopriva gran parte del suolo alla loro destra. Si dovette voltare completamente e quando lo fece finalmente la vide.
Una torre massiccia e dalla base tondeggiante. Una struttura di mattoni di sabbia non propriamente ben rifinita, abbastanza grezza e senza una minima linea raffinata o particolarmente elegante. Sembrava più un rudere abbandonato e non allietava nemmeno il più arduo mendicante a fermarvisi. “Non è possibile… allora non mi sbagliavo, quando prima ho pensato che questa fosse Dorne. Quella dunque è la… Torre della Gioia?” Ser Arthur si voltò a guardarlo.
-Hai intenzione di andarci davvero? – gli chiese l’uomo dai biondi capelli – Non lasciarmi qui, non lasciarmi indietro. – sembrava stesse parlando ad un'altra persona, come se i suoi occhi vedessero in lui un altro uomo. Un velo ocra apparve davanti ai suoi occhi, come fosse un ricordo lontano nella mente.
-Non so dove potrei andare… - rispose senza comprendere quel suo allarmismo. L’altro apparve tornare nuovamente nella luce del giorno, ogni ombra giallognola era sparita.
-Non voglio che tu stia qui. Dovresti salire e confortare tua madre. – gli rivelò con serietà. Accanto a loro apparvero altre due figure bianche, ma che Jon non riconobbe e non distinse nei tratti – Se hai preso da tuo padre compiacerai le femmine coi tuoi canti melodrammatici e chissà che l’aria calda di Dorne non ti aiuti a deliziare anche i tuoi sensi. – rise ancora e puntò gli occhi verso l’alto – Ma se hai preso da tua madre combatterai in prima linea. – nel suo sguardo la tristezza apparve – Non rendere vano ogni loro sforzo. –
In un primo momento Jon pensò che avesse semplicemente alzato il capo verso il cielo, ma vide chiaramente i suoi occhi individuare qualcosa in alto. Si accorse che stava facendo una lieve riverenza col mento. Seguì la direzione dei suoi occhi e incrociò lo sguardo con due figure apparse solo in quel momento alla finestra di un piano centrale. Il primo era in abiti scarlatti, l’altro in un velo azzurro e bianco. Erano un uomo ed una donna, in un abbraccio armonioso, nelle loro espressioni dapprima serene, si intravvedeva una forte angoscia. L’uomo abbracciava la lady da dietro, come per infonderle coraggio, aveva abbassato il mento su una delle sue spalle. Lei appoggiò una mano su quella di lui, stringendogliela. Avevano qualcosa di vagamente famigliare e quando la donna abbassò il capo e incrociò il suo sguardo, Jon riconobbe il suo volto. “È mia madre…” non ci voleva un maestro della Cittadella quindi per capire chi fosse colui che le stava affianco.
Ser Dayne fece loro un ultimo saluto affettuoso. Nella sua mente percepì tutti i suoi pensieri. Valonquar. Haedus. Yn aderī, mōrī, aōt māzīli se hēnkirī īlvi biarvī manaerili. Come se fosse stata la sua lingua Jon riuscì a tradurre ogni parola. Fratellino… Sorellina… Presto, quando sarà finita, verrà a voi e celebrerete insieme.
Osservò ancora le due persone sopra la torre. Lo stavano ammirando e gli sorridevano, ma i loro volti sembravano comunque tesi di apprensione.
I cavalieri erranti li stavano raggiungendo e man mano che si avvicinavano, Jon poté accertarsi che non si trattava di suo zio e del gruppo di valorosi uomini del nord volontari… in un primo momento aveva erroneamente pensato che quello fosse l’attimo in cui la morte avrebbe richiamato ser Arthur e le altre due guardie reali poste alla sua protezione. Ma attorno a loro tutto gelò, un vento improvviso raggiunse i loro piedi.
Ser Dayne si voltò e gli porse Alba con un gesto lesto. Jon rimase interdetto ad osservare quell’arma che non sentiva sua.
-Prendila, forza! – gli ordinò.
-E tu? Cosa userai? – si ritrovò a domandargli incredulo mentre prendeva la spada leggendaria in mano, sentendola pesante. Il cavaliere sorrise tristemente.
-La mia vita. – la sua voce era stranamente pacata, come se avesse sempre saputo che avrebbe dovuto offrire quel pegno e ne fosse quasi sollevato – Lei ha provato a dirmelo più volte… - “Lei?” si domandò il ragazzo “Mia madre…?” non comprendeva bene quelle sue parole, ma una forza gli scaturì dal petto.
-No! – si impose serio, riporgendogli la spada che non riconosceva. Lui però mise il palmo piatto di fronte a loro. Non pareva acconsentire un rifiuto. Jon sentì qualcosa di pesante al fianco muoversi, dondolando, in risposta al suo passo. Abbassò lo sguardo era Lungo Artiglio. Un lampo gli balenò nella testa e trovò la soluzione.
-Ho già la mia spada… - stava per dirgli che gli avrebbe ridato la sua, ma il cavaliere lo anticipò.
-Non basta con loro. – il suo tono era fermo e sicuro di sé, sapeva ciò che stava dicendo. Continuava a respingere Alba e questo obbligò il giovane del nord a cambiare strategia. Estrasse allora la propria spada e gliela propose come scambio.
-Usa la mia. – Ser Arthur lo fissò cercando di capire il significato delle sue parole. Poi sorrise e assottigliò lo sguardo. Ancora un pensiero gli attraversò la mente, era antico valyriano: “zaldritsos hēnka zoklītsos?” subitanea fu la sua traduzione “Draghetto o lupetto?” Jon non comprese il senso, ma lui continuava a sorridere felice di trasporto.
Prese, quindi, la spada, la soppesò un attimo, controllò la filatura della lama, se la passò da una mano all’altra facendola roteare in aria e quanto la riprese affondò il primo letale colpo contro un estraneo che era arrivato alle sue spalle. Lo colpì con un fendente e gli tranciò di netto il costato. Il cavallo continuava a procedere con la parte inferiore del colpo ancora in sella che si liquefaceva in una cascata d’acqua ghiacciata. Il resto del corpo esplose lì tra loro ricadendo sulla sabbia che fumò a quel contatto.
Era impressionante il modo in cui la propria arma era stata dannosa tra le sue mani. Aveva una tecnica eccezionale, nemmeno Ser Rodrick avrebbe potuto mai pensare di metterlo in difficoltà. Non lo aveva visto combattere con Alba, ma dato che già con la sua spada era stato così veloce e spietato, non osava neppure immaginare come avrebbe maneggiato la spada che gli era appartenuta per anni. Jon non si sentiva minimamente pari alla sua bravura. “Essere ai suoi livelli… Tsé, nemmeno se mi allenassi per mille anni raggiungerei la sua destrezza e la sua sicurezza.”
Ripensò alle parole che Ned Stark aveva usato per descriverlo e considerò che era tutto vero. Tutti coloro che ne parlavano avevano ragione a considerarlo forse il più forte cavaliere dei Sette Regni. Per poco non si accorse che un Estraneo gli era arrivato alle spalle, si abbassò in fretta, per evitare che lo ferisse, ma ser Arthur Dayne arrivò prontamente, calcolando mentalmente la giusta angolazione per bloccare la sua avanzata e metterlo fuori gioco con un colpo netto. Rapidamente un terzo avanzò da dietro e il cavaliere, quasi aspettandoselo, trafisse al petto portando indietro la spada da sotto l’ascella.
-Tutto bene, figliolo? – Jon si ridestò udendo la sua voce dall’accento morbido e rassicurante. Gli bastò solo un cenno del capo per fargli intendere che era a posto. “Figliolo… Nemmeno Ned Stark è mai stato così diretto con me.” Non era abituato a ricevere una così alta considerazione, né era avvezzo alle lusinghe o alla famigliarità che Arthur Dayne pareva avere con lui.
Lo vide chiudere le palpebre per un solo istante, schermo di quegli occhi viola brillante, ma non appena le riaprì, di nuovo quelle stelle si mostrarono di fronte a sé. La sua determinazione ed il suo volto marcato, lo aiutarono a riprendere il controllo della situazione. Strinse il pugno sull’impugnatura di Alba e si concentrò sul suo avversario. Il Re della Notte lo aspettava in sella al suo stallone di ghiaccio. Deglutì e si preparò allo scontro. Entrambi si avvicinavano l’un l’altro. Trenta passi… quindici… dieci… cinque… Improvvisamente, alla sua destra, Arthur cadde in ginocchio al colpo inferto da uno di loro. Il suo sangue sgorgò dalla ferita andando a macchiare il terreno. Alcune gocce sporcarono pure la lama di Alba che cominciò a reagire in un modo del tutto anormale. La sentì emanare una vibrazione sempre più importante, ed il sangue che le era caduto addosso avviò un processo di non ritorno che non sembrava avere alcun senso. Erano solo una piccola quantità all’inizio, ma queste isolate gocce si ingrandirono inspiegabilmente su tutta la lama e la luce emanata da essa divenne cremisi, poi rosso fiammante. Gli tornarono alla mente gli occhi di Spettro. Brillava lucente, come se bruciasse al suo interno una fiamma ed emetteva calore. Tanto calore.
Il re della Notte si bloccò, nel suo volto sgomento e terrore, come se avesse riconosciuto il suo vero avversario. Jon rimase stupito da quel cambiamento e cercò con lo sguardo ser Arthur Dayne. Stava in piedi ora, la punta della lama di Lungo Artiglio era appoggiata al suolo, lui si sorreggeva al pomo di essa. Sembrava provato dal combattimento. Degli avversari nessuna traccia, a parte qualche alone bagnato sulla sabbia attorno alla sua figura. Appena si accorse del suo sguardo, un ghigno divertito gli apparve sulle labbra.
-Nuho Darys. – gli fece un cenno di saluto con la mano portandosela alla fronte e facendola volteggiare un paio di volte, chinando appena il busto. Di nuovo una luca bianca avvolse tutto e Jon ancora non vide altro attorno a sé che tenebre.
 
Quando riaprì gli occhi si ritrovò in quell’angolo del salone principale del forte abbandonato, appena poco distante dal camino ormai spento, in quel giaciglio improvvisato che aveva preparato per distendersi con sua madre. Ma ovviamente di lei nessuna traccia.
 
 
 
 
 
Quell’angoscioso incubo l’aveva svegliata malamente. Era stanca di soffrire. Giorno o notte che fosse, i tormenti continuavano a perseguitarla e più il tempo passava, più il terrore che potessero diventare reali le stava dilaniando l’anima. Suo figlio stava dormendo ancora beato accanto a lei, assopito in qualche bel sogno appagante. “Quale fatina guerriera giova alla tua anima, mio cucciolo?” si domandò.
Non voleva svegliarlo. Pian piano si allontanò da lui, cercando di non compiere movimenti bruschi e di non far troppo rumore. Si alzò cautamente e si allontanò in punta dei piedi. Vide suo fratello Benjen appostato a guardia, seduto sul bordo della finestra di pietra, lo sguardo fisso all’esterno. Provò ancora un forte rancore per il suo comportamento da ipocrita voltagabbana nei confronti della sua stessa famiglia. Se Jon avesse scoperto che il suo zio prediletto ora passava informazioni al principe Viserys si sarebbe arrabbiato molto. Lei aveva già scoperto il tradimento di Elanon, e glielo aveva risparmiato, congedandola prima che Jon si rendesse conto di avere tra i suoi, gente che continuava a voltargli le spalle. Se, con la sua serva, però non le era importato il motivo, questa volta invece voleva assolutamente conoscerne la ragione, ma quello non era certo il momento adatto. Lei non era dell’umore giusto e senz'altro avrebbero alzato la voce, svegliando poi tutti. Era una cosa che preferiva evitare. Ovviamente una volta tornati a Winterfell sarebbe stato difficile contenere il vociare dei pettegolezzi su un ipotetico litigio fra i lupi.
Preferì quindi sottrarsi all’istinto di raggiungere suo fratello e si diresse invece verso l’ala opposta. Salì le scale di pietra e raggiunse una delle stanze sopraelevate. Quella che prediligeva, quando erano ancora dei ragazzini e soggiornavano lì, se una nevicata improvvisa li coglieva impreparati. Erano soliti andare a ripararsi in qualche edificio simile, ma quella struttura era la più gettonata. Lei e Benjen la raggiungevano spesso, e subito si andavano ad accertare che la loro stanza prediletta era rimasta intoccata. Si lasciavano baciare dai fiocchi di neve che imbrattavano le loro casacche, scendendo direttamente dal cielo, poiché la stanza a ovest al secondo piano era priva di tetto. Si diceva che fosse crollato negli anni addietro a causa di un tronco di pino che poi era stato usato per risistemare le stalle, ma il tetto della camera era rimasto aperto, non avendo più necessità di usare quella fortezza, se non come riparo per cacciatori o viandanti.
Le piaceva sempre andare lassù. I venti dell’inverno le solleticavano il volto, sembrava poter toccare le stelle con una mano, quando il cielo era limpido. Le venne in mente un altro luogo dove aveva provato una sensazione molto simile di libertà e di spensieratezza… ma lì vi era un’aria più calda e carica di affetto che profumava di lavande e la colonna sonora di ogni giorno era il leggero scrociare delle cascatelle di un fiume impensabilmente ghiacciato.
Aveva chiuso gli occhi solo per un istante, tornando in quel posto da favola, rimanendo ferma in piedi sul primo scalino dell’ultima rampa di scale. La mano appoggiata alla fredda pietra della parete. Sorrise mesta e proseguì. Quando raggiunse la meta prefissata, però la trovò già occupata.
Il principe Viserys stava seduto sul bordo della parete crollata, avvolto nel suo mantello, con una gamba ciondoloni nel vuoto e l’altra invece sollevata, un braccio sopra al ginocchio che teneva un pugnale con conficcato lo spicchio di una mela… Esattamente come avrebbe fatto Rhaegar. “E’ una delle innumerevoli cose che mi ha passato il mio Kepa” le aveva detto un sacco di volte. Una fitta al cuore la costrinse a cambiare il piede d’appoggio.
Lui si accorse della sua presenza a causa di quello spostamento dell’aria quando aveva aperto l’ingresso, o forse per il frusciare della gonna, o il grattare del legno della porta… Ciò nonostante lei aveva la vaga sensazione che lui probabilmente fosse lì per aspettarla. O era il suo cuore a volerlo sperare?
-Perdonatemi, non volevo disturbarvi. – gli disse, ma senza darsene una spiegazione non tornò indietro. Lui la osservò con quella sua maschera inespressiva. Non disse nulla, ma le fece appena un cenno con le dita della mano che teneva il frutto per invitarla a restare.
Come se l’invito fosse stato un ordine, lei obbedì. Si avvicinò a lui e si inginocchiò poco distante. Il principe tagliò un altro spicchio di mela e glielo passò, rimanendo ancora in silenzio.
-No, vi ringrazio. – disse lei alzando una mano – Temo di non avere altro spazio ancora nel mio stomaco. Questa volta potrei sentirmi male per il motivo opposto. – gli sorrise appena, ma quanto i loro sguardi si incrociano, lei abbassò il capo innervosita. Lui ancora non si espresse, sembrava non avesse alcuna voglia di intavolare un dialogo. Lyanna così si sentì costretta a prendere in mano ciò che gli stava offrendo per non risultare offensiva.
-È un ottimo posto questo, quando si cerca la solitudine… - cominciò lei, cercando di ignorare l’ansia che continuava a perseguitarla – C’è solo il vento a farti compagnia… I rumori della foresta scandiscono il tempo che passa e le stelle rischiarano i cieli cupi del nord. Quando la luna si mostra in tutta la sua grandezza, da qui è possibile vedere anche la cima della cascata ghiacciata. – illustrò ogni bellezza che lei vedeva con la mente. Viserys si mise più comodo, appoggiando la schiena contro il muro alle sue spalle. Piegò la testa di lato per osservare gli alberi, ma ancora non si espresse. Questo la irritò profondamente
-C’è una cosa che ancora non mi è chiara e vorrei che voi, una volta per tutte, siate sincero e mi togliate questa curiosità. – gli domandò indirettamente. Ancora silenzio da parte sua – Prima mi avvelenate, poi vi prodigate per rimettermi in piedi e riportarmi a casa. Indi mi togliete il saluto, evitate di parlarmi, rifiutate la mia presenza, ma siete in ansia, ogni qual volta mi accade qualcosa. E ora che ci siamo incontrati per puro caso, non volete che me ne vada, ma non vi degnate nemmeno di parlarmi. Perché tutto questo? O siete la persona più lunatica che io conosca, oppure siete in contraddizione coi vostri sentimenti e non volete darvene una ragione. – Viserys si concesse un tempo infinito per risponderle, tanto che lei temette di non ricevere ancora alcun responso.
-Ora ne ho abbastanza. – disse con tono acido, stava per rialzarsi e andarsene quando lui prese parola.
-Aōhon iksan, se ñuhon iksā- disse tranquillamente tornando a guardarla. Ultimamente aveva scoperto che amava parlare in valyriano, tanto quanto suo fratello maggiore. Lyanna però non era mai stata molto brava con quella lingua antica, alcune parole le rammentava ancora, tuttavia quella frase… aveva qualcosa di famigliare. Era certa di averla già sentita, ma non ritrovava nella mente alcun suono riconducibile alla lingua comune. Evidentemente Viserys intuì la sua difficoltà, perché tradusse all’istante – Appartengo a voi, quanto voi a me. –
-Io non appartengo a nessuno! – puntualizzò cocciuta – Non sono un cane e soprattutto non sono di vostra proprietà! –
-Ho urtato per caso la vostra sensibilità? Me ne dispiaccio molto. Non ho mai pensato che voi siate quel genere di quadrupede che collettivamente si crede possa essere l’animale più fedele dell’uomo. Ma se vogliamo trascendere nel gergo fantasioso, come la mia famiglia è legata ai draghi, la vostra è paragonata ad una forma di canide primitiva e mitologica: i metalupi. Per cui questo fa di voi una lupa – concesse lui – E per figlio avete invece un drago. – la sua voce era pacata.
-Jon non è… - le venne in automatico criticare quell’affermazione, ma si sentì una stupida. Corrucciò la fronte innervosita e pronta a dirgli altro, ma Viserys la interruppe, come se nemmeno l’avesse ascoltata.
-Oggi ha cavalcato Rhaegal con estremo coraggio e nobiltà, dovreste essere orgogliosa di lui. – il modo in cui si pronunciò denotava anche un proprio vanto.
-Lo sono, infatti. – rispose acida, abbassando lo sguardo a terra, prima di riposizionarlo sulla sua maschera. Non le piaceva che lui provasse dei sentimenti così forti per suo figlio. Era suo zio d’altronde e non poteva certo impedirgli di apprezzare il tempo che trascorreva con suo nipote, eppure…
-State mentendo. – quella frase la disarmò. Viserys riusciva sempre ad intuire, quando dissimulava un discorso, esattamente come Rhaegar – Ora vi pongo io un’interpellanza: per quale ragione non siete a favore dei suoi allenamenti coi draghi? – era serio, ma non pareva alterato, solo curioso di scoprirne il motivo.
-Perché dovrei rispondervi, dato che voi avete completamente ignorato il mio quesito? – gonfiò le guance in contrapposizione.
-Avete pienamente ragione… - le accordò sorridendo mestamente – Tuttalpiù traspare che per voi possa essere più importante un mediocre aspetto del mio carattere, piuttosto della salvezza di vostro figlio. –
-Non avete alcun diritto di insinuare una simile nefandezza. – ribatté a denti stretti, serrando i pugni – E comunque non sono affari che vi riguardano. Ciò che penso dei vostri insegnamenti o del tempo che vi vedo trascorrere con lui, è una mia opinione! – decretò acida, issando la solda barriera di ghiaccio. Non voleva dargli altra soddisfazione di annoverare ciò che nascondeva dentro di sé.
-Un’opinione che mi interessa conoscere. Comprendo appieno l’astio che provate nei miei confronti, e sono dell’idea che sia fin troppo modico, rispetto a quanto davvero siano state ignobili le mie colpe fino ad ora, ma vi chiedo una cortesia: non frenate la volontà e l’istinto di vostro figlio. Non impeditegli di aprire la sua anima al sangue di drago; la nostra famiglia per anni ha cercato di riportarli in vita non per una qualche malsana fissazione, ma per pura necessità. Nell’antica Valyria si sono svolti sacrifici indicibili e il sangue di quell’antico popolo che la fondò è mutato, diventando in poco tempo dei cavalieri di drago. La nostra discendenza ha ben poco di quel sangue nelle vene, ma la magia in esso si è risvegliata. Avvertiamo un richiamo verso queste creature leggendarie, non come un’ape in cerca del fiore migliore per nutrirsi del suo succulento polline, ma più come un naufrago che tenta di aggrapparsi ad uno scoglio per la propria salvezza. – spiegò – Se la grande battaglia avrà luogo a breve, domare un drago potrebbe essergli di enorme sostegno, se non anche fondamentale per la sua sopravvivenza. – lei lo guardò piegando il capo di lato e pensando intensamente a quello che aveva detto. Ricordava vagamente un vecchio discorso che Rhaegar le aveva fatto su Valyria e sulle origini della sua famiglia.
-Perché vi dovreste preoccupare per la sua sorte? – gli domandò prudente – Dopotutto si antepone a voi nella linea di successione. La sua prematura morte potrebbe essere un grande sollievo, per una persona ambiziosa come voi. È facile recepire dal vostro comportamento quale abile stratega voi siate ed è assolutamente impossibile che non abbiate tenuto in considerazione questa eventualità. – Lyanna non poteva tollerare altre menzogne, voleva capire il suo ruolo in quella storia a tutti i costi. Viserys rimase ad osservarla senza parlare per un lungo tempo. Inspirò profondamente e le porse l’ultimo pezzo di mela, prima di manifestare sbuffando un concetto che per lui doveva essere anche fin troppo scontato.
-Perché in lui scorre il mio stesso sangue. –
Lyanna rimase colpita da quell’affermazione; non se l’aspettava. Si portò il pezzo di mela alla bocca e lo morse, pensierosa, senza neppure pensare a ciò che stava facendo. Viserys riportò la sua attenzione al panorama al di fuori. Quando proseguì nel suo discorso, però la lady del nord sentì il gelo pervaderla come durante una bufera.
-Avrei preferito che Lady Melisandre non avesse commesso quell’avventatezza… affrontare guerre, morire, tornare di nuovo alla vita… cambia drasticamente una persona. Muta la sua anima in modo inesorabile. I sentimenti non trovano pace e si perdono molteplici qualità… valori che un tempo erano insegnamenti svaniscono… gli amici più cari muoiono… la propria famiglia si dissolve nell’oblio…  – prese il fiasco che stava alla sua destra e se lo portò alla bocca. Ne bevve un sorso con eleganza. Anche se le sue prime parole l’aveva scioccata, Lyanna non poté ignorare quanto i suoi modi continuassero a ricordargli Rhaegar.
-Osate… forse dire… che doveva… lasciarlo morire? – rimase sulla sua linea di pensiero, anche se il fiato le era divenuto corto per l’angoscia che cominciava a solleticarle l’anima – Siete spregevole! Non avete un briciolo di umanità! In voi non posso che continuare a vedere la pazzia di… - ma non fece in tempo a finire la frase che lui le afferrò un polso con una presa salda e l’avvicinò a sé con un gesto deciso, mettendole un dito sulle labbra.
-Voi volevate sapere cosa stavo pensando! – si rivolse iroso – E non vi azzardate più a paragonarmi ancora a quell’uomo! – pronunciò quelle ultime parole con tono basso, ma furioso.
I loro volti erano vicinissimi, Lyanna poteva sentire l’intimidazione della minaccia anche dal soffio caldo sulla pelle nel suo viso. Non ebbe alcuna reazione visiva a quella diffida, forse per la prima volta, sentì il tormento del panico pizzicarle la schiena, non tanto dovuto dal timore per le sorti di suo figlio, ma più per la vicinanza con Viserys. Da quella notte a Deepwood Motte in cui aveva appoggiato le labbra su quelle del principe, qualcosa in lei era mutato. Aveva cercato di disinteressarsene con tutta sé stessa, di tergiversare, di nascondere e ignorare ciò che stava crescendo nel suo intimo, ma era stato tutto inutile, perché lui era costantemente presente in ogni momento delle sue giornate, anche quando lei aveva cercato di evitarlo o perfino nell’istante in cui l’avversava… ne sentiva la presenza quasi soffocante addosso, eppure anche tanto desiderata.
Rimase lì, ferma, senza nemmeno comprendere il motivo che le impediva di reagire. Lui la lasciò andare, come se fosse ritornato in sé. Lyanna si ritrovò a buttar fuori l’aria nel petto in un lungo estenuante respiro. Una nuvoletta di vapore le circondò il volto. Aveva trattenuto involontariamente il fiato fino a quel frangente e si dannò l’anima per l’insano pensiero che le era appena balenato nella mente. Un’afflizione straziante la stava dilaniando da dentro solo per quell’allontanamento.
-Perdonate la mia scellerata condotta. – le disse, rivolgendo lo sguardo verso il vuoto sotto di sé. Lyanna si sistemò un po’ meglio, ma non tentò in alcun modo di spostarsi da lui. Qualcosa le diceva di non farlo. E pur odiandosi per questo, volle ascoltare quel suo istinto. Titubante, osservò il fiasco che poco prima il principe aveva appoggiato di fronte a lei.
-È birra? – gli chiese. Lo sentì annuire, si prese coraggio e ne bevve un sorso per mandare giù il boccone. “Almeno la birra non mi crea lo stesso effetto del vino…” rifletté. Continuava a sentirsi ancora troppo piena, eppure quelle fette di mela, che lui le aveva tagliato, erano state come un toccasana per la pesantezza che sentiva nello stomaco. Per ciò che invece provava nel suo cuore, non pareva esserci rimedio.
Il principe la osservò con attenzione, mentre trangugiava il liquido con la migliore compostezza che riusciva ad avere. Gli insegnamenti della septa li rammentava ancora, seppur in lei non avessero trovato basi solide su cui attecchire. Riabbassò le braccia con la bottiglia in mano, si mise a carponi per posizionarla accanto al muro cosicché nessuno dei due avesse modo di urtarla e rovesciarne quindi il contenuto. Nel frattempo si ripulì la bocca con il lembo della manica, piegando leggermente il collo di lato, e imprudentemente la matassa di capelli sciolti le ricadde davanti. Lyanna si accorse di aver attirato senza volerlo l’attenzione dell’uomo, dal momento che percepì una lieve tensione sul cuoio capelluto dalla parte sinistra. Spostò il volto in quella direzione, pensando di aver accidentalmente imbrigliato i capelli in qualche cinturino del mantello, ma si rese presto conto che non era affatto così. Viserys aveva afferrato una ciocca della sua chioma con una mano e se l’era portata alle narici. Ne stava annusando la fragranza, con fare estasiato e paradisiaco, quasi si fosse immerso in un luogo distante e etereo. Lo udì, inspirare a pieni polmoni, come una bestia feroce annusa la sua preda e si convince ad attaccarla. Lei lo guardò stupita e quasi ammaliata. “Perché… perché continua a comportarsi come lui?” Si ritrovò a non sapere più che fare, il cuore le martellava nel petto, come volesse uscirle. Rimbombava nei suoi timpani come tamburi. Temeva che Viserys si potesse accorgere da un momento all’altro quale direzione avevano preso i suoi pensieri, ma non riuscì a trovare alcun modo per sviarlo.
Quello era un altro degli atteggiamenti che le faceva tornare alla mente il suo principe d’argento. Il modo in cui le prendeva i capelli e ne annusava la fragranza, nei posti e negli istanti meno probabili del breve periodo che li aveva visti vivere assieme il loro immenso amore. Il cuore mancò un colpo, quando si accorse che l’uomo di fronte a lei stava allungando una mano per farle una carezza sulla guancia. La lady ebbe un leggero fremito e lo scrutò disarmata. Avrebbe dovuto combatterlo, cacciarlo via, invece la sua volontà lo ambiva a stringerlo a sé, baciandolo e abbandonarsi ad ogni sua carezza. Si disprezzò per quanto immorali fossero quei suoi desideri, ma non era in grado di fermarli. Il cuore le martellava nel petto ad un ritmo serrato, le labbra le sentiva secche, come anche la lingua. Il suo respiro era diventato affannoso. Bramava la sua bocca, ardeva per le sue mani, fremeva per il suo corpo…
Come se gli Antichi Dei avessero potuto udire le sue necessità, ebbe la remota sensazione che furono sempre loro a spingere Viserys ad agire. Le infilò le dita tra i capelli e strinse a pugno, avvinghiandole il capo con decisione. In un istante l’attrasse a sé con forza calcolata, per non farle male, sembrava conoscere il peso di ogni parte del suo corpo. Avevano le fronti appoggiate l’una all’altra; le loro bocche erano a pochi millimetri, tanto che Lyanna riconobbe sulle sue labbra il gusto dolciastro di mela mischiato all’aroma amaro della birra. Le socchiuse, accarezzando già l’idea di un bacio, prima ancora che lui prendesse l’ardire di accarezzare quella superflua distanza. Le loro bocche sapevano già come muoversi, le loro lingue si sfiorarono dapprima incerte, si studiarono e impararono a conoscersi ed infine entrarono, ispezionarono e presero possesso degli spazi altrui, partendo in breve a comporre una danza infuocata e bramosa… E nulla ebbe più un senso.
Tutto sembrava limitarsi a quell’attimo. Una scarica di emozioni e sentimenti riaffiorò dal profondo del suo animo. Lyanna chiuse gli occhi e sentì Rhaegar lì con lei. La sua anima glielo confermava, la sua mente lo percepiva. Sembrava proprio lui, lo riconosceva nei modi, nel tocco, nel respiro, nella profondità del suo essere. Si ritrovò a volere di più, a struggersi per la lontananza che sentiva e che doveva essere colmata da qualcosa. Lo baciò con la stessa passione che pure lui mostrava e gli mise una mano sul petto, artigliando la sua casacca con vigore e determinazione. Con l’altra mano invece gli strinse l’avambraccio, con frenesia, affondando le unghie nella stoffa e tirandolo verso di sé. Era ciò che più voleva, ma era anche ciò che più detestava.
Viserys le mise un braccio attorno ai fianchi e la sollevò, facendola sedere tra le sue gambe aperte. Continuò a stringersela addosso, accarezzando spalle, schiena, capelli, in modo conciso, ma studiato. Poi giunse al collo e al viso, proprio come se ascoltasse il richiamo del suo stesso corpo; quel bisogno che lei stessa nemmeno riusciva a comprendere, lui magicamente traduceva in gesti. Conosceva ogni sua fantasia repressa come le stesse leggendo nella mente. Il bacio divenne sempre più insistente e fu chiaro che anche lui la desiderasse con ardore.
Si staccarono appena per riprendere fiato. Lyanna aveva le palpitazioni e si sentiva assuefatta da un veleno potente, eppure una parte di lei stava appagando quel capriccio che la sua giusta moralità l’aveva costretta a celare in quell’angolo remoto. Come era accaduto dopo Harrenhal in quei mesi che l’aveva vista separata dal suo principe d’argento.
Viserys sospirò e nonostante apparisse sufficientemente soddisfatto, riprese a sfiorarle il volto con le labbra, baciando e leccando, suggendo la carne e mordicchiandola nei punti più morbidi. Iniziò dal mento, prese a percorrere ogni curva del collo, scendendo poi lungo una spalla. Lei incautamente si lasciò sfuggire un gemito ed alcune rare lacrime le scesero dagli occhi che teneva ancora chiusi. Non voleva più riaprirli. Temeva che se lo avesse fatto, tutta la magia sarebbe svanita. Lui se ne sarebbe andato… di nuovo… per mai più tornare.
Viserys sembrò accorgersi di questo fatto, ma non provò a respingerla, né ad offendere quella sua debolezza. Riportò il capo verso il suo volto e le baciò quelle perle di malinconia che uscivano dai suoi occhi. Lyanna sentì la sua lingua calda leccare il loro percorso e indugiare maggiormente tra le ciglia folte.
-Dona zokla. – sussurrò piano. Questa frase la comprese: l’aveva chiamata dolce lupa. Si sentì scaldare il cuore. Poi lui la strinse ancora più a sé, costringendo ora i loro corpi ad una pressione quasi asfissiante, ma per entrambi essenziale. Ricominciò a baciarla sulle labbra socchiuse, spingendo la lingua sul loro contorno per poi immergerla all’interno alla ricerca della sua. Gemette ancora nella bocca di lui, incredula lei stessa di poter emettere quei versi famelici.
Percepì la propria eccitazione tra le gambe, chiara reazione dei suoi istinti e probabilmente anche delle vere brame che non voleva svelare nemmeno a sé stessa. E rispecchiando pressoché il suo stesso imbarazzo, distinse chiara anche la tensione di lui contro una sua coscia. Viserys al contrario di ciò che si aspettava, non provò a cercare altro da lei, né a richiederle attenzioni maggiori. Si limitò a concentrare il suo interesse solo sul volto, cambiando angolazione del capo e tornando a baciarle il collo, questa volta sulla destra, senza mai osare scendere oltre il leggero spiraglio di pelle che si intravvedeva dal mantello. Lyanna nel trasporto prese a baciargli l’angolo tra il mento e il collo, appena sotto l’orecchio, assaporandone il gusto della sua pelle e respirandone il profumo raffinato e ricercato. Viserys ebbe un sussulto e le trasmise il brivido che provò, mordendole dolcemente la pelle e suggendola veemente nel tentativo di crearle un bacio del fuoco. In risposta lei lo addentò avida. Mille scintille scoppiarono sotto le sue palpebre, quando lo sentì mugugnare un lamento tormentato ed estremamente passionale, ma si scansò prima che l’alone potesse diventare difficile da nascondere. Viserys ascoltò silenzioso quella sua muta richiesta, le riprese il volto solo con una mano e ricercò le sue labbra, ma Lyanna spinse la sua fronte contro la guancia dell’uomo, quasi a supplicarlo di fermarsi. Allora lui ricominciò a darle piccoli baci sulla tempia, inumidendo la sua pelle con la punta della lingua per poi sfiorarla con le labbra. Raggiunse il suo padiglione auricolare e ne delineò la circonferenza superiore per poi suggerle il lobo, indugiando, succhiando in maniera giocosa, prima di ridiscendere sul suo collo. Le fiamme avvamparono anche in lei, proprio come accadeva quando era Rhaegar a farla andare in delirio. Si sentiva eccitata oltre misura e lo desiderava senza più freni o intralci. Cercò con le mani si slacciargli la casacca, ma le sue mani la raggiunsero, come se quello che lui voleva, fosse altro.
-No. – disse in un soffio. Lyanna si accorse che aveva anche lui il fiato corto. Le mise una mano sulla guancia, aderendo perfettamente con tutto il palmo – Torna a baciarmi… è ciò che più necessito. – le sussurrò piano all’orecchio. Forse Lyanna aveva deciso di assecondarlo, o forse avvertiva lo stesso bisogno, perché lui non riuscì quasi neanche a finire la frase, che lei si era già impossessata della sua bocca, determinata a soddisfare entrambe le loro voglie. Viserys abbassò una mano sul fianco della donna, scese ancora curvando su un lombo e delineando la forma della gamba. Le dita scivolarono sulle rientranze della gonna di velluto pesante, fino a giungere alla coscia, fermandosi prima del ginocchio, per poi risalire ancora. Lei inarcò la schiena e si schiacciò contro il suo torace, strusciandosi lasciva e premendo i seni contro di lui. Anche se i vestiti li separavano, percepì il bollore del suo corpo. Il sangue di drago era attirato da quello di lupo che lei possedeva.
Viserys si staccò dalle sue labbra, solleticandole ancora un istante con la lingua e serrandole con le proprie in modo scherzoso. Lei non ebbe più alcuna percezione del presente, era in completo abbandono tra le sue braccia e si sentiva al sicuro, protetta e divinizzata. Avvertì uno spostamento della sua mano sulla schiena, la stava sorreggendo con un solo braccio, tenendola addossata al suo petto. Lyanna captò i suoi canini lambire la cute del collo e tratteggiarne tutta la sua lunghezza, salendo verso la sua guancia, per poi ridiscendere sulla spalla, azzannando dolcemente e alternando anche labbra e lingua. Spostò appena il tessuto del mantello con le dita per avere più spazio, ma non provò alcun interesse a sfiorarle il petto, ma insisteva con l’altra mano sulla gamba, perseverando sul fianco e spingendosi poi verso l’inguine, ma senza mai raggiungerlo davvero. Ebbe un fremito e glielo rispedì, arcuando la schiena e emettendo un lamento di piacere; per quanto sussurrato le sembrò rimbombare in quella stanza vuota come un urlo. Il calore del suo respiro era tangibile e le fece venire i brividi. Era presa da lui in modo patetico e incoerente, come se la sua mente ed il suo corpo cogliessero in Viserys, l’uomo che in realtà amava. Ancora una lacrima le scese, e abbassò affranta il capo sulla sua spalla. Lo stava rifacendo. Si stava lasciando andare tra le braccia di un altro uomo, quando ancora pensava a lui. Era ignobile e vergognoso questo comportamento. Si stava ingannando e la cosa peggiore era che stava illudendo anche la persona che era con lei. Non era giusto.
-Torna da me… - lo sentì dire. Anche lui aveva percepito i suoi tormenti – Non allontanarti da me… non questa notte. –
-Non posso… Sto commettendo un errore… - si lasciò sfuggire quel pensiero a voce bassissima.
-Non c’è alcuno sbaglio… - disse trafelato – Solo io e te come deve essere… -
-No. – affermò lei, puntando entrambe le mani sul suo petto e distanziando i loro corpi. Ora le lacrime erano come un fiume in piena – Sono qui con voi fisicamente, ma la mia mente è con un altro uomo… - piangeva, era preda della disperazione che era tornata a tormentarla. Viserys asciugò le scie salate coi pollici, seguendo il loro percorso fino a giungere agli occhi. Le diede un bacio delicato sulle palpebre. Lyanna sentì le sue labbra infuocate, sfiorarle le lunghe ciglia. Era più forte di lei non riusciva a sciogliersi da quell’abbraccio, anzi si ritrovò ad accarezzargli il torace salendo sulle sue spalle e a serrargli le unghie sulla schiena, come se si rifiutasse di fuggire da lui. Inevitabile. Doveva lasciarlo andare.
-Le nostre anime si appartengono… - le disse premendo le labbra contro la sua guancia – Sentilo… Concentrati su questo e liberati da ogni dubbio... – era arrivato a parlarle con un tono formale e questo la destabilizzò maggiormente. Questa volta scese con la bocca sulla pelle del suo petto. Non riusciva a dirgli di smettere, ma quando sentì la sua lingua indugiare poco sopra l’attaccatura dei suoi seni, ebbe un sussulto.
-Non possiamo. Io non funziono così… - protestò cercando di allontanarlo, tuttavia lo premette ancora più verso di sé – Voi siete voi… - singhiozzò ancora e solo questo sembrò fermare la sua avanzata.
-Ma posso essere lui, se lo volete davvero. – tornò a baciarle una spalla, lei allora proseguì.
-Se mai avessi fatto una cosa del genere, lui mi avrebbe respinta… per sempre. – lasciò la sua presa e si spostò all’indietro, comandata dalla paura che aveva preso possesso di lei. Le braccia di lui non la trattennero oltre, allargandosi, immobilizzato e demotivato, permettendole quel movimento. Quando si trovò di nuovo padrona di sé stessa, arrivò anche subitaneamente il terrore di essere di nuovo sola. Ebbe un tremolio nelle spalle, che si protrasse fino alle mani. Cercò di chiuderle e se le portò al petto. Rialzò gli occhi su di lui, grosse lacrime le scendevano senza sosta – Ho deluso me stessa. Ho deluso lui… ho violato la regola più importante… si sarebbe arrabbiato tanto… -
-Non si arrabbierà questa volta… – la consolò dolcemente, prendendole il mento e tornando ad avvicinare le labbra alle sue. Lei però indietreggiò appena, così lui la accarezzò la una guancia.
-Sono io che non me lo perdono… - non sapeva più come fermare il pianto – Non posso approfittare della vostra disponibilità, per assecondare questa mia gravosa debolezza. Perdonatemi. – spostò il capo verso il dirupo alla sua sinistra.
Viserys tenne solo il braccio tra lei e la profondità al loro fianco, proteggendola forse più da sé stessa e rimase ad osservarla, senza dirle nulla, mentre anche il suo respiro tornava a farsi più regolare.
-Comprendo quello che dite. – le disse tristemente, serrando delicato le dita sul suo braccio – Attenderò il giorno in cui tutto questo vi arrecherà meno dolore. – Lyanna si voltò a fissarlo distrutta, con enormi goccioloni che le scendevano sul naso.
-Proprio non riuscite a capire? – la sua voce era completamente rotta dal pianto – È assolutamente inutile che voi indugiate ancora su di me. Non potrò mai ricambiarvi. – si coprì gli occhi con le mani chiuse a pugno. Lo sentì muoversi e si convinse che avrebbe reagito in un modo imprevedibile. Si aspettava che la oltraggiasse, la percuotesse e magari la picchiasse anche, ma per tutta risposta Viserys invece le prese teneramente una mano, portandosela alla bocca e gliela baciò, prima sul dorso e poi sul palmo, indugiando con le labbra su ogni anfratto dei suoi polpastrelli e dei lievi calli.
-Discolpo il vostro esitare; i vostri sentimenti per me sono vivi e non vi sarà facile controllarli… Credetemi se vi dico che ne sono infinitamente onorato. Non auspicavo per me alcun lieto fine. Mai dopo quello che ho fatto, avrei pensato di poter ricevere così tanto dagli dei… Avrei mille cose da raccontarvi questa sera, ma convengo con voi, che non sia appropriato, voi siete scossa ed io stanco, ma domani spero mi dedichiate un po’ del vostro prezioso tempo… –
Lyanna ebbe un brivido di timore. Ricordò che Rhaegar le aveva detto una cosa molto simile anche a Harrenhal.
No, non poteva permettere al suo cuore di provare sentimenti simili anche per lui. Aveva già avuto provato l’amore un tempo ed era ancora lui che riempiva il suo cuore; era stata convinta che non vi fosse spazio per nessun altro per tutto quel tempo, ma ora… Viserys non le avrebbe mai potuto dare tutto ciò che Rhaegar le aveva offerto. Non sarebbe mai stato come lui, era solo una patetica copia di una perfezione irraggiungibile. Provò disgusto per sé stessa. Si sentiva deplorevole, sporca, marcia dentro, per aver ceduto così.
Scappò via da lui e da quella stanza, ma i sentimenti che provava la seguirono inesorabili.
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice:
 
E sono tornata anche qui a narrarvi le vicende di Cronache.
Indubbiamente mi sono resa conto di aver una mole di lavoro ancora da fare con questa storia, ma sto procedendo cauta, per non dimenticare passaggi e far capitare eventi a caso. Mi trovo però ad ammettere che la lentezza della pubblicazione è dovuta purtroppo dall’indolenza che inevitabilmente ho negli ultimi tempi nello scrivere questo proseguito, ma l’opera è in via di produzione continua, quindi non pensate mai che abbia abbandonato il lavoro.
 
In questo capitolo, ammetto non siamo andati molto avanti, ma converrete con me che è stato abbastanza intenso coi feel. Lyanna sogna la morte di Jon e la sua definitiva decisione di porre fine alla sua vita se mai questo dovesse accadere. Era lo stesso motivo che l’aveva fatta trovare di fronte l’albero diga quando prima di partire per questo forte abbandonato, Jon l’aveva raggiunta, dandole poi quella rosa blu.
In pratica nello stesso momento pure Jon sogna e l’incontro che fa penso vi abbia spiazzato. Ebbene sì, Arthur Dayne approda in cronache, seppur sia solo per un sogno, ma ovviamente non poteva mancare. Il nostro bel dorniano invece di apparire in sogno a qualche bella giovane lady, disturba per così dire le notti del re del nord che si sente in pratica agli stessi livelli di Ned Stark, inetto e impacciato di fronte ad una leggenda simile, ma notate che ho differenziato parecchio la reazione del ragazzo rispetto a quella dello zio. D’altronde Jon è un drago, e non ha certo paura di una stellina!
In ultima, abbiamo questo momento tra Viserys e Lyanna che, lo ammetto, lo scrissi dopo un dialogo avvenuto con una mia lettrice, la cara Emily, che non sento da tempo e che le dissi però che le avevo fatto dono di un desiderio che aveva espresso. Non era previsto nella mia storia, devo essere sincera, ma mi ha sviluppato tutta una situazione che ho deciso di inserire in ultima, proprio perché diventava molto intrigante come evoluzione nel momento in cui… beh, non vi anticipo nulla, ma sappiate che ancora non è finita qui. Nel prossimo capitolo vedrete col sorgere del sole come questa notte avrà i suoi esiti diurni.
 
Un ringraziamento speciale a tutti coloro che pazientano un mio aggiornamento, siete la mia fonte di ispirazione e il mio stimolo sempre!
E come direbbero Lucio e Vittorio, gli you-tuber del Mondo del Ghiaccio e del Fuoco: Valar Dohaeris.

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Capitolo 61
*** Tenebre nei cuori ***


Le tenebre fredde e angosciose di quella stanza gli erano penetrate fin nelle ossa. Il temporale era rimasto fuori, ma l’umidità si era invece fatta strada tra le venature della pietra. Il grande camino acceso scoppiettava, mantenendo l’ambiente interno temperato e piacevole, ma i roboanti tuoni facevano rabbrividire anche il più coraggioso dei suoi comandanti e tutte le guardie si erano trattenute in un silenzio tombale al suo passaggio quando si era diretto nelle stanze per riposare. Non aveva potuto che dar loro ragione, dato che anche per lui quella circostanza non era per assolutamente gradevole. Era come se da un momento all’altro l’imponente montagna potesse spezzarsi e una grossa valanga potesse finire proprio sopra di loro, o peggio che si formasse un enorme crepaccio nelle profondità marine e potesse inghiottire l’intera isola nella notte, senza che nessuno di loro potesse nemmeno accorgersene.
Aveva camminato avanzando lentamente su quel lungo corridoio, senza osservare nessuno in volto. Non era stata una giornata particolarmente impegnativa, ma noiosa e monotona esattamente come tutte le altre. Era stanco, stanco di questa pressante impotenza a cui era obbligato, ma cosciente di non poter mutare in alcuna maniera questa condizione, se non voleva istigarsi l’ira dalla regina su di lui: cosa che era altamente sconsigliabile già quando era felice, figuriamoci ora che si trovava in delle terre al di fuori della sua giurisdizione da così tanto tempo. Se ancora non tornano, significa che il re del nord non si è ancora inchinato a lei. Aveva pensato quella sera durante la cena, che aveva appena assaggiato, per poi chiamare la cameriera per togliere via tutto… compresi i suoi abiti.
Era stata una piacevole compagnia, ma non abbastanza appagante, era convenuto con sé stesso che doveva trovare al più presto una soluzione.
Entrato nelle sue stanze, si era tolto il soprabito appoggiandolo allo schienale di una sedia e aveva avanzato nella penombra di quel vasto ambiente, come alla ricerca di qualcosa, qualcosa che sapeva non avrebbe trovato.
Ombre spettrali avevano preso forme dapprima innocue per poi divenire sempre più pressanti e confondersi con le tenebre della notte. Lui gli aveva raccontato di una notte dove l’oscurità sarebbe giunta per imperversare su un’intera generazione, portando con sé paura, fame e morte; nulla di così difficile da immaginare in quel momento, rifletté portandosi un calice di vino alle labbra. Un grande eroe sarebbe risorto per affrontare dei mostri demoniaci che le tenebre avrebbero accompagnato. Questa figura leggendaria avrebbe sollevato gli animi degli uomini, guidando la guerra contro questi demoni e impugnando una fiammeggiante spada magica avrebbe sconfitto le tenebre. Molte volte aveva considerato che quella potesse essere solo una fiaba che le madri raccontavano nel continente per spaventare i bambini più curiosi; lui di sciocchezze del genere non ne aveva mai sentite, ma d’altronde era cresciuto lontano, oltre il Mare Stretto, per cui non poteva averne davvero la certezza. Ma una parte di lui sapeva che non poteva essere tutta una fantasticheria di quell’uomo. Lui non era persona che raccontava bugie, o capace di celargli segreti. Era sincero, onesto e sofferente. Gli aveva trasmesso fiducia al primo sguardo ed era carico di carisma. Sapeva inoltre come farsi amare, anche se non mirava affatto a questo. Era stato comprensivo con lui, aveva sempre intuito i suoi momenti di difficoltà e gli era stato vicino. Si considerò fortunato ad averlo incontrato nel suo cammino. Era ciò che di più vicino aveva ad un amico o ad un padre… non sapeva nemmeno lui come considerarlo, ma comprendeva che ormai gli ci era ormai già troppo affezionato. “Resta qui, bada al mio castello.” Lo figurò nella mente, tra quelle nere pareti di roccia vulcanica, e riavvolse indietro la matassa dei suoi pensieri per trovare una qualche ragione che lo avesse spinto a fargli prendere questa decisione. Valutò delusioni, rincrescimenti, perdite e sconforti. Ogni evento negativo che potesse essere ricondotto ad un suo cattivo operato. L’aveva forse amareggiato compiendo un suo ordine? Doveva esserci una motivazione se lo aveva lasciato indietro. Temeva solo la verità: “mi ritiene inutile.” Abbassò lo sguardo sulla chioma scura della compagnia che aveva scelto per quella sera, mentre percepiva le sue morbidezze scendere su di lui e prendere nella sua bocca ciò che ultimamente esigeva sempre più attenzione nel suo corpo. Si lasciò andare tra le lenzuola di quel letto, profondando nei cuscini di seta e beandosi del piacevole conforto di quelle pellicce ramate, mentre socchiudeva gli occhi e inspirò a pieni polmoni quell’aria intrisa di umidità, dal pungente odore di zolfo confuso però dal sapore di donna che aveva ancora nelle labbra. Prima che la stanchezza prendesse il sopravvento, pensò ancora una volta a lei.
 
Non si rese nemmeno conto di essersi addormentato ad atto compiuto, poiché quando riaprì gli occhi era ancora buio. Una sensazione sgradevole di gelo lo colse fin dentro le viscere. Si stropicciò gli occhi stanchi e gonfi. La bocca impiastricciata e secca. Allungò una mano per raggiungere il tavolino e afferrare il calice della sera precedente. Forse conteneva ancora un sorso di quel buon vino che lo aveva tanto deliziato. Quando serrò tra le dita il bicchiere, avvertì uno sgradevole senso di freddo. Quel bicchiere pareva provenire da un'altra dimensione, dove il sole mai allungava i suoi raggi. Anche la stanza aveva una strana nebbiolina che aleggiata tutt’attorno, ora che controllava meglio. Si alzò a sedere meglio sul letto e tirò le coperte, scoprendo di essere solo in quel grande materasso matrimoniale. Un’amara sensazione di solitudine lo invase, ma la ricacciò indietro, prima che lo cogliesse alla sprovvista. Pensò che la serva probabilmente si era assentata per andare a darsi una sistemata in bagno, oppure era scesa per preparargli la colazione, o chiamare un’altra delle sue amiche a soddisfarlo, visto che non era stata poi in grado di offrirgli ciò di cui aveva bisogno. Ma forse questo lo sapeva solo lui…
Si portò il calice alla bocca e cercò di bere, ma il liquido si era condensato in un’unica forma rigida, che aveva occupato tutta la sezione inferiore della coppa.
-Ma cos…? – domandò a sé stesso, senza comprendere bene come potesse essere possibile una simile condizione. Cercò un acciaino per accendere lo stoppino di una candela e illuminare la stanza. Era talmente impacciato dal sonno arretrato di quegli ultimi giorni, che dovette provare e riprovare più volte. Le mani parevano rallentate da uno strano torpore che non riusciva a comprendere. Rialzò gli occhi, sbattendo le palpebre ripetutamente per concentrarsi meglio e comprese che quella patina che aveva prima scambiato per semplice stanchezza degli occhi altro non era che ghiaccio; ghiaccio ovunque.
Il suo respiro tiepido si condensava in nuvolette di vapore. Fece per scendere dal letto, ma i suoi piedi si fermarono nell’istante in cui avvertì qualcosa pungergli le piante. Un’intera lastra di ghiaccio ricopriva il pavimento e sopra di essa, ai piedi del letto vi erano dei cristalli bianchi che brillava alla fioca luce dell’unica candela accesa. Decise di camminarvi ugualmente sopra, per capire meglio da dove potesse essere entrato tutto ciò. Il marmo d’onice nera era congelato e completamente nascosto dalla neve, i suoi piedi arrancavano sempre più con difficoltà.
Abbassò gli occhi su quella una coltre bianca soffice in superficie e dura sul fondo. Vi penetrava a piedi nudi, sentendo degli spilli fastidiosi e aguzzi graffiarlo con prepotenza. Era la cosa peggiore che avesse mai affrontato, pensò, in un primo momento, ma quando arrivò alla terrazza, realizzò che quello era niente a confronto del tremendo spettacolo che infuriava al di fuori. L’enorme montagna sputava fiamme dalla sua estremità superiore, riversando sui pendii un liquido magmatico e fiammeggiante che lentamente stava distruggendo ogni cosa al suo passaggio. Arbusti e piante venivano divorati, le rocce si scioglievano, l’aria sembrava venisse inghiottita da quel demone che trasformava l’atmosfera nel suo inferno personale. Il ragazzo rimase immobile, sbalordito e inerme di fronte a tutto ciò. Non aveva alcuna speranza; non vi era nessuna via di fuga, se non salire ancora più in alto. Ma una volta lì che cosa avrebbe fatto? Si accorse che le mura esterne erano state sormontate e alcune delle torri stavano crollando. Mentre le pareti si sgretolavano, mostrando le sale prima celate. Le stoffe degli arazzi, delle tende e dei tappeti prendevano fuoco ancora prima che il magma li toccasse, quasi preferissero l’autocombustione al suo mortale bacio. “Il suo castello… Mi ucciderà, me lo sento. Centinaia di anni che sta in piedi… Me lo ha affidato e nel giro di neanche una luna viene distrutto.”
Udì un frastuono alle sue spalle. La porta era avvolta nelle fiamme e le pietre dell’uscio si erano sciolte riversando all’interno della sua stanza lava e calore che stava fondendo ogni oggetto, inglobandolo nella sua avanzata, lenta ma inesorabile. Era la fine.
Fu immediata la sua reazione. L’istinto lo portò ad arrampicarsi inevitabilmente verso l’alto. Le maniche della camicia si impigliavano sugli speroni delle cupole e le viverne lo osservavano astiose. Il ragazzo non ci fece caso, ignorò le statue, preso com’era a mettere in salvo la propria vita. Raggiunse la vetta della torretta con un balzo e si tenne allo spuntone della coda di un gargoyle. La scena da quell’altezza era anche peggiore. Tutto il castello era completamente circondato dal magma. Il suo colore rosso vivo spiccava come sangue brillante tra le nere rocce lisce in cui era stata intagliata tutta la struttura. Scendeva poi per il pendio, formando una cascata brillante e letale. Quando le lingue infuocate si riversavano sul mare emettevano un fumo denso e maleodorante che si alzava verso l’alto. L’aria era intrisa di esso e di calore. Troppo. Non sarebbe resistito a lungo. La pietra a cui era aggrappato si stava scaldando, fra non molto avrebbe dovuto lasciare la presa. Non seppe dire se era meglio una mano ustionata o finire tra quelle fiamme liquide. Una terrificante disperazione lo colse… “Ho vissuto fino ad oggi per morire in questo modo? Davvero è questo il mio destino?”
Quando sentì che non ce l’avrebbe più fatta, udì un tuono sopra la propria testa. Alzò lo sguardo spaventato e lo vide. Era venuto a salvarlo sulla sua creatura maestosa di bronzo e giada. L’armatura nera riluceva, assorbendo il colore delle fiamme attorno. Il lungo mantello rosso sventolava come una bandiera di salvezza, l’elmo con le ali di drago ai lati e le lunghe strisce di tessuto i caldi colori che scendevano dal retro. Si avvicinò a lui e gli porse il braccio. Il giovane non ci pensò due volte. Afferrò quell’unica speranza e si issò sulla bestia sedendosi a cavalcioni alle spalle del suo salvatore.
-Non so come sia successo… Non ho potuto far nulla. – provò a dire demoralizzato, con gli occhi bassi, ma l’uomo non gli rispose e si concentrò a dare comandi alla sua cavalcatura per uscire indenni da quelle nubi tossiche che riflettevano le fiamme scarlatte colorandosi di un grigio aranciato.
Il giovane le vide scorrere tutt’attorno, mentre le attraversavano. Gli sembrò quasi di immergersi in un bicchiere di succo d’arancia, solo che invece di quella dolce sensazione di piacere e freschezza, che disseta nelle calde giornate di sole, quando il sudore imperla la fronte, quelle coltri erano secche e irrespirabili. Il suo salvatore si posizionò un fazzoletto fino al naso, sollevandolo dal coletto e si coprì bocca e naso, ma rimase celato ancora da quell’elmo nero come l’ossidiana. Sulle spalle notò una folta pelliccia bianca appena tendente all’argento, solitamente usava coprirsi con colori scuri, ma pensò che al nord probabilmente aveva scelto tonalità differenti.
Deciso ad imitarlo, ma sprovvisto di una stoffa da poter usare sul viso, mise una mano a coppa sul volto e nascose così la bocca, mentre con l’indice e il pollice si tappò il naso, nel tentativo di evitare di respirare quella nube. Per lo sbalzo che la creatura alata fece, sbattendo le ali, fu costretto a tenersi con l’altra mano al mantello scarlatto del suo soccorritore, quasi come un bambino afferra le sottane della madre dopo che ha combinato una marachella… una sensazione che non ricordava di aver mai provato. Serrò le labbra con forte irritazione e cacciò indietro quella triste consapevolezza. Verità che avrebbe tanto desiderato quasi non sapere. Chiuse gli occhi maledicendosi per non essere all’altezza del suo ruolo… un ruolo che ancora non riusciva a comprendere.
In tutti quegli anni era cresciuto, costretto a mutare il suo nome, fidandosi di menzogne, beandosi del suo lignaggio… che troppo tardi aveva scoperto d’essere soltanto che nebbia inafferrabile. La benevolenza di pochi era stata l’unico scoglio su cui aggrapparsi… poi una luce era apparsa. Una luce di luna… silenziosa e delicata che non acceca né irrompe con la forza come fa invece quella solare, ma che è altrettanto piacevole e confortevole per chi ama ascoltare i lunghi racconti prima di addormentarsi.
Era giunto una sera da lui e gli aveva socchiuso le porte per farlo entrare nella sua vita… Non sapendo dove altro andare, il giovane aveva accettato quell’offerta ben gradita, certo, ma con educata riservatezza, anche se aveva posto quelle assurde domande imbarazzanti. Ma invece di riceve rimproveri, si era ritrovato ad aver di fronte il più bel sorriso che potesse aver mai visto in un uomo.
 
Si erano fermati. Lo percepì, prima di averne la certezza, riaprendo gli occhi. Non se n’era nemmeno reso conto di averli chiusi per tutto il viaggio, impaurito senza volerlo nemmeno ammettere con sé stesso, di aver spiccato il volo per la prima volta a dorso di un drago. Ed io che credevo di essere un domatore di draghi un tempo! Sono convinto che se anche il drago chiaro mi avesse permesso di avvicinarmi a lui, sarebbe poi stato il mio stomaco ad avvertirmi che non ero di sangue Targaryen.
Constatò quell’arresto improvviso suo malgrado, quando sentì potente il contraccolpo dell’atterraggio rimbalzare sulla sua colonna vertebrale ed i muscoli del dorso della bestia tra le sue cosce distendersi dopo tanta tensione. L’uomo di fronte a lui si spostò di lato, scavalcò la sella e scese a terra. Il ragazzo fece altrettanto, impacciato, confuso e ancora giù di morale. Quando mise i piedi sul nuovo suolo provò una fastidiosa percezione soffice, fredda e avvolgente.
-Dove mi hai portato? – gli chiese, ma quando si voltò a fissarlo vide l’immensa muraglia di ghiaccio. Quella doveva essere la Barriera di cui aveva sentito parlare. Si prese del tempo per ammirarla in tutta la sua infinta grandezza. Il ghiaccio trasudava una patina di umidità che respiravi del gelido respiro dell’inverno. Alcuni barlumi notturni provavano a riflettersi, ma l’immensa struttura pareva uno specchio tetro di onice pronta ad inghiottirlo. Angosciato, deglutì infastidito e riluttante: era dura accettarlo, ma quello che provava era una tremenda paura.
Venne però distratto da una forte pressione sulla spalla. Si abbassò a fissare ciò che lo stava serrando: una mano gliela stringeva. Provò quell’inevitabile acre sensazione di fastidio; non amava che gli altri lo toccassero, ma dopotutto a lui era concesso. Si voltò a guardare il suo salvatore, convinto di ricevere indietro la solita visione di guardarsi allo specchio, ma invece…
L’uomo si era tolto l’elmo che lo ricopriva e aveva aperto maggiormente la pelliccia sul mento per poter avere maggior movimento col collo. Aveva addirittura sciolto il nodo del fazzoletto che aveva usato prima per coprire naso e bocca. Era ovvio che non avesse addosso quella consueta maschera per celare la sua identità, dopotutto non poteva indossarla sotto ad un elmo, quindi non si era stranito nel vedere pian piano il suo volto emergere, eppure… quello che emergeva non gli ricordava nulla di famigliare. Non era l’uomo che si aspettava, non era quello dell’uomo che conosceva.
Si mise subito sulla difensiva, aggrottando le sopracciglia e fissandolo con diffidenza. Lo studiò in ogni suo dettaglio. Aveva i capelli scuri di un colore che non riusciva nemmeno ben ad identificare tanta era soffusa la luce in quel punto. La sua altezza era però la medesima del principe, pure la corporatura era abbastanza simile, ma con l’armatura ancora addosso, anche un bambino poteva sembrare un uomo. Notò però che il collo era tonico, la mascella era tagliata in maniera armoniosa ma virile. E dalla barba scura sul suo mento e sulle sue guance dedusse che era un giovane che doveva avere probabilmente la sua stessa età…
Percepì una stretta sul suo braccio destro. Le dita olivastre del ragazzo gli serravano l’avambraccio con forza e decisione. Provò una fastidiosa sensazione in risposta, e si accorse che le tenebre attorno a loro parevano essersene andate, come se una torcia fosse stata accesa sopra le loro teste.
-E tu chi cazzo sei? – gli domandò, spostando il braccio e cercando di usare un tono fermo e avverso. Dietro di lui il drago verde ottenne l’attenzione del suo cavaliere, portando poi il verde muso verso il basso e attendendo una carezza sotto al mento. Il giovane bruno gliela donò ed il drago emise un gorgoglio interno simile alle fusa di un gatto. Come poteva quella bestia essere così mansueta con un estraneo? Che fine aveva fatto il principe? Lo scrutò con i suoi occhi in modo sempre meno convinto.
-Come chi sono? – il giovane rise e aprì le braccia, disinvolto e facendo un’espressione incredula – L’ultima volta mi hai detto che siamo come fratelli… – staccò però la presa da lui e il buio ripiombò su di loro.
-Mi prendi per il culo? – gli domandò acido. Non si era mai esposto così con nessuno, nemmeno con Ser Rolly Duckfield, di cui aveva una grande considerazione e per lungo tempo aveva considerato al pari di un fratello, pur sapendo che lui era stato ingaggiato per la sua protezione.
-Perché mai dovrei farlo? – gli domandò confuso. Nei suoi occhi prevalse una tristezza infinita che lo fece pure sentire in difetto. Si prese del tempo per guardarlo attentamente, ricercando nella sua memoria l’istante che in quel momento gli sfuggiva, eppure non ricordava di essersi mai comportato in maniera così mansueta con nessuno che avesse quell’aspetto. Nemmeno col principe a dire la verità… Chi è costui quindi?
I lineamenti erano simili a quelli dell’uomo che ricordava, eppure più marcati. Non vi era tutta l’eleganza dei tratti antichi della sua stirpe; ebbe il sospetto che quella carenza non fosse riconducibile unicamente dalle fattezze del volto, ma dipendesse piuttosto anche dai toni che lo caratterizzavano… tonalità che in qualche modo nascondevano quello che invece con altri colori appariva più armonioso. Dove dovevano esserci sottili capelli chiari come l’argento, si presentava una chioma bruna, ma di eguale consistenza, come fili di sottile seta color cioccolata. Il vento li soffiava in aria come fossero accarezzati dalle mani di un’amante, in una vorticosa danza per ogni movenza. La pelle non era chiara come l’avorio, ma olivastra e segnata da numerose cicatrici sul volto e sulle mani. E quegli occhi… erano scuri, vero, ma non della sfumatura giusta. Un profondo grigio che da lontano avrebbe potuto benissimo confondere con nero, ma la gradazione al loro interno mutava in un colore indefinita che per un istante gli ricordò quella fusione di blu e viola, eppure troppo difficile da notare se non eri a pochi centimetri dal suo naso. E di certo non aveva mai avuto motivo di avvicinarsi così ad un uomo.
La persona di fronte a lui non parlò, e lui rimase ancora più sbigottito, fissandolo, senza esprimere nessuno dei suoi dubbi a parole. Pur tuttavia era certo che i suoi occhi trasmettevano tutto quel suo turbamento. Anche il ragazzo lo guardava, ma con un’espressione del tutto pacifica, quasi di ammirazione, e appariva completamente a suo agio; esattamente come aveva detto, pareva aver di fronte uno di famiglia.
Lo sentì trarre un profondo sospiro prima di riprendere a parlare.
-Credevi che io avessi più onore, vero? – cominciò a dirgli con un timbro di voce roco e dispiaciuto. Dal modo in cui si rivolgeva a lui, sembrava stesse parlando di qualcosa che lui doveva sapere, ma continuava a non afferrare i suoi discorsi. Non solo l’aspetto di quel giovane gli era del tutto sconosciuto, ma anche ciò che gli stava dicendo non aveva alcun senso – E’ evidente che ti ho deluso. – ammise affranto abbassando il capo, malinconico e rassegnato
“Deluso? Perché dovrebbe mai pensare una cosa del genere.” Non riusciva a capacitarsi di quello che le sue orecchie continuavano a udire. Dal modo in cui gli stava parlando però era chiaro che per lui esisteva un senso ed era molto profondo.
-Dovresti combattere per questo. Dovresti tentare almeno! – si sentì pronunciare quelle parole in modo molto persuasivo e iroso. Eppure non capiva per quale ragione dovesse avercela con lui. O dovesse importargli così tanto.
-Prendila tu. Non sono l’uomo adatto ad averla. – terminò la frase porgendogli una spada, che aveva sempre tenuto in un fodero avvolto in una pelliccia di alce. Confuso, abbassò gli occhi e automaticamente allungò le braccia per prenderla, quasi si sentisse obbligato a farlo da un richiamo che non riconosceva. Non rammentò di aver mai visto prima d’ora un’arma tanto bella, ma il tempo per mirarla fu interrotto dalla frase che si sentì pronunciare e involontariamente i suoi occhi tornarono a fissare quelli grigi del giovane.
-Non spetta a me. Non è… - “mia.” Stava per dirgli, ma il ragazzo non gli diede tempo di terminare.
-Sei tu che lei vuole. – rimarcò autoritario. Nello sguardo fiamme che non ammettevano repliche. Lei? Si domandò nella mente. Una donna?
Lo vide allungare di nuovo una mano verso di lui, ma questa volta il suo obbiettivo era più in basso. Avvolse le dita sull’elsa della spada che gli pendeva dal fianco. Ma non posso indossare una cintura, ero… Era convinto di essere ancora con gli abiti della notte e invece si scoprì vestito di tutto punto; una casacca bianca dai bordi vermigli e un paio di brache scarlatte sormontate dal ginocchio in giù da degli stivali con una pelliccia lucida di visone chiaro. Come se quello non fosse nemmeno lui e la sua coscienza si fosse distaccata dal corpo, osservò quella scena al rallentatore da un’angolazione che i suoi occhi non potevano vedere. Si vide in posizione eretta, di fronte a quello che sconosciuto che estraeva la spada con una lentezza calcolata. Continuò a fissare i suoi movimenti, inerme; gli pareva di essere privo di ogni cognizione temporale e percezione, come se si trovasse di fronte ad un teatrino dei guitti. Il cavaliere di drago portò la punta di quell’arma verso l’alto e l’ammirò compiaciuto. Tornò dentro al suo corpo, più che altro gli sembrò di precipitare nel vuoto e venir spinto improvvisamente di lato. Sconvolto e frastornato annaspò in cerca d’aria e concentrò ogni suo senso su quanto gli stava davanti agli occhi. Il ragazzo di fronte a lui era completamente assorto in un profondo pensiero, tanto che aveva messo la lama di fronte alla sua fronte e chiuso gli occhi. Non poté esimersi dal notare che anche quella lama non gli diceva nulla. Era una spada bastarda, più lunga di una spada tradizionale. Come potevo essere in possesso di un’arma simile? Controllò il fodero ormai vuoto al proprio fianco. Non c’era nulla che gli tornava. Possibile che i suoi ricordi fossero così confusi? Forse era caduto e aveva battuto la testa…
Ne ammirò la fattura, mentre il ragazzo se la rigirava tra le mani, con fare disinvolto, come se ne conoscesse già il peso e il bilanciamento. Pareva fatta su misura per lui infatti. Era in acciaio di Valyria, sul pomo era scolpita la testa di un lupo in pietra bianca, i cui occhi erano composti da granati rossi. Sembrava una spada che verosimilmente si poteva impugnare sia con una che con due mani. Dal modo in cui la padroneggiava sembrava vi fosse appartenenza. Lo vide tornare a sorridere alzandola verso il cielo. Lo osservò con meraviglia, rendendosi conto forse per la prima volta di quanta regalità traspariva da quel giovane. Infine i suoi occhi grigi si spostarono su di lui e lo invitarono a prendere coscienza dell’arma che aveva ancora tra le mani. Questa volta fu lui ad abbassare gli occhi e girare il polso della mano, lasciandola scivolare per poi serrare l’impugnatura tra le dita con una manualità che non si aspettava. Il cuoio sembrò avere già la forma della sua presa; il peso, che si aspettava ben più maggiore, risultò invece molto bilanciato e lieve. Comprese che anche quella pareva una spada da due mani, ma non escludeva che poteva facilmente essere impugnata anche solo da una. Scrutò la lama, sembrava vetro temprato con la luce delle stelle talmente era chiaro e brillante. Il pomo era in acciaio satinato e sopra la sua mano, sulla guardia incrociata, una stella sorgeva sulla linea dell’orizzonte.
Rialzò gli occhi convinto di incontrare ancora quel grigiore d’ossidiana argentata nel volto del ragazzo, invece vide due perle nere circondare da folte ciglia di donna. Questa nuova figura vestiva con un abito dorniano arancio, una fascia di tessuto di seta le passava diametralmente dalla spalla sinistra verso il fianco destro. D’oro erano i gioielli che le impreziosivano braccia e mani. Sul capo un velo color sabbia, con diaspri che brillavano alla luce del sole. Alzò le braccia per spostare la stoffa che le copriva il volto, erano esili e i numerosi bracciali tintinnarono al movimento. Il tessuto scese sulla sua nuca, mostrando al centro della sua fronte una grossa gemma di corniola rossa a forma di sole. I capelli sembravano ebano scuro e li teneva intrecciati in un’elaborata acconciatura. Aveva già visto donne usare quel tipo di abbigliamento, era tradizione di Sunspear, la stessa principessa Arianne si era presentata con vestiti simili nelle occasioni formali.
Quella donna gliela ricordava in parte, ma aveva un’aria più emaciata e la carnagione molto più pallida. Aveva inoltre dei fermagli laterali con lunghe fettuccine di nastri e catenelle di varie dimensioni ad impreziosire la chioma. I suoi occhi neri lo fissavano con solenne affettuosità; la pelle spenta del suo viso, sembrò illuminarsi; le sue labbra piene in quella bocca piccola si curvarono in un sorriso spontaneo. Protese verso di lui una delle sue mani smunte e gli accarezzò una guancia.
Si ritrovò a restare fermo, quasi terrorizzato di spaventare quella donna, nella speranza che non sparisse. La sua mano era profumata e vellutata, fu una carezza debole, ma intrisa di tanta amorevole attenzione. Durò solo una frazione di secondo, prima che da quella donna cominciasse a stillare una luce immensa che in breve lo accecò come la luce del sole nei caldi mezzogiorni del deserto. Alzò in fretta una mano per non distogliere il contato visivo da lei, temeva di chiudere gli occhi e di riaprirli e scoprire che se n’era andata. Ma la luce era troppa e gli fu impossibile distinguere le forme di ciò che aveva di fronte agli occhi.
La spada che aveva tra le mani cominciò a pulsare e pian piano assorbì quella luminosità, come se da essa nascesse la sua sostanza vitale.
In pochi attimi tutto finì. La donna non c’era più ed era comparso un uomo vestito interamente di un’armatura bianca. Dietro a lui altre figure maschili, ma che non indossavano lo stesso suo vestiario, ma parevano comunque tutti vestire abiti dorniani.
-Dov’è? Dov’è andata lei? – domandò, la voce gli tremava, le guance erano umide e gli occhi gli pizzicavano – Dov’è? – ripetè ancora sconvolto.
-È tornata a casa. Nel luogo che tanto amava. – l’uomo che aveva di fronte parlò con voce roca e autoritaria. Il giovane non seppe dire se quella verità gli avesse fatto più bene o più male, ma gli lasciò ugualmente una sgradevole sensazione di vuoto e solitudine.
Poi anche quelle figure cominciano a brillare, come stelle nel firmamento, mentre la spada continuava ad assorbire quella luce dovunque essa provenisse. Le immagini vorticarono di fronte ai suoi occhi in maniera sempre più confusa, la voce di quelle persone si persero nei ricordi e nelle ere, lasciando un buco nella sua anima che non riusciva a comprendere. Si trovò a chiudere gli occhi cercando di tenere in mano quell’arma che aveva preso a vibrare sempre di più. Le braccia sussultarono per lo sforzo, i muscoli erano vittime di spasmi continui, perfino dietro le palpebre vedere il chiarore che gli saettava di fronte agli occhi come una battaglia di folgori e stelle.
Urlò nel tentativo di far smettere tutto questo e sentì nelle labbra l’umidità di lacrime salate.
 
Aprì gli occhi e si tirò su di soprassalto. Le tenebre erano ancora attorno a lui.
Questa volta però era tornato nelle stanze dove ricordava essersi coricato la sera precedente. La tenue luce soffusa prima dell’alba stava cominciando a smorzare l’oscurità fuori dalla finestra. Si portò una mano sulla fronte, numerose perle d’acqua la ricoprivano. Si mise a sedere, portando le mani sulle lenzuola dietro di lui per sostenere la schiena; il tessuto sotto i suoi palmi era in un lago di sudore. Sentiva quella pessima sensazione di appiccicaticcio addosso e i capelli erano cordelle umide sulla fronte e sul collo. Era solo. Probabilmente la ragazza che era stata con lui se ne doveva già essere andata… o lui le aveva ordinato di andarsene; non lo ricordava e nemmeno gliene importava. Ne avrebbe trovata un’altra per la notte successiva. Da solo non voleva stare nelle ore più buie.
Si portò una mano al petto e le sue dita cercarono e trovarono il pendaglio al suo collo. Tra i polpastrelli sentì le cinque punte della stella e la piccola protuberanza tra due di esse che ricordava essere il meccanismo di chiusura per il suo contenuto interno. Non l’aprì questa volta, si limitò a portarla alle labbra e dargli un bacio.
Istintivamente spostò l’altra mano alla ricerca della stola azzurra che lei aveva lasciato nei suoi alloggi a King’s Landing, quando era corsa via da lui e da sua quella stupida affermazione che le aveva sbadatamente rivelato. In quell’unica notte in cui si era preso la briga di aspettarla, riservandole un momento unicamente per lei, stanco di doverla sempre condividere con altri.
Accarezzò la liscia sensazione fresca e delicata che gli ricordava tanto la sua pelle. Avvicinandosela al volto ne inspirò ancora l’odore di fiordalisi e ciliegia. Ripensò alla donna del suo sogno, un po’ gliela ricordava nei colori… Qualche lacrima gli scese a tradimento e con quei due soli tesori stretti al cuore, si rannicchiò nuovamente tra le lenzuola, vittima di nuovo quella solitudine che provava dentro e che, da quando era entrato in quel castello tetro e spettrale, era diventata sua compagna inseparabile.
 
 
 
 
 
Si era svegliato agitato da quel sogno. Un senso di esaustivo appagamento lo aveva accompagnato, destandolo dalla stanchezza di quella dura giornata. Era strano, ma sognare quel cavaliere gli aveva trasmesso speranza ed un senso di tranquillità e fiducia che non si spiegava. Voleva saperne di più sul suo conto, voleva scoprire se quel senso di rispettosa devozione era sorta in lui solamente nel sogno o se davvero era il suo aspetto a incutere quel medesimo sentimento nell’animo di chi gli stava vicino… ma a chi poteva porre quelle domande? Sua madre? Forse era meglio non aumentarle le sofferenze rammentandole il passato. Probabilmente Ser Barristan era l’uomo che faceva al caso suo, ma ora era a Winterfell, avrebbe dovuto attendere il solo ritorno per soddisfare quella sua curiosità.
Aveva aperto gli occhi e si era accorto di essere ancora disteso lateralmente, proprio come ricordava di essersi addormentato. Una particolarità più unica che rara, dato che di notte si muoveva molto. Aveva cercato con le braccia il corpo di sua madre, che ricordava aver stretto per addormentarsi, ma lei ora non c’era. Doveva aver lasciato il loro giaciglio già da ore, dato che il suo posto era freddo ormai. Lo constatò coi polpastrelli e si sentì uno sciocco per non essersene accorto.
Sapeva che le sue notti erano molto scosse da continui incubi, ma aveva sperato che dormendo con lui un po’ di quei suoi turbamenti si placassero; convenne che quelle erano state vane speranze a cui nemmeno lui ci aveva davvero creduto.
I suoi occhi si abituarono alle tenebre del salone e riconobbero il chiarore dei capelli di Daenerys. Mosse il capo da un lato all’altro, per impedire a sé stesso di soffermarsi troppo su di lei. Si alzò a sedere stropicciandosi gli occhi. Sansa era ancora appisolata avvolta nel suo mantello, seduta nell’angolo e con la testa appoggiata al muro. Arya era rannicchiata assieme a Bran. Stavano ancora tutti dormendo. Tormund russava come un orso in letargo. Tyrion dormiva in una posizione scomodissima, tenendo il collo all’indietro; sarebbe bastato far passare una lama sulla sua carotide e sarebbe morto sgozzato come una capra in un sacrificio, soffocando nel proprio sangue.
Lontano da tutto questo una figura nera svettava nell’angolo della sala più estremo. Suo zio Benjen era in piedi di fronte alla finestra e osservava il biancore esterno in riguardoso silenzio, proprio come una sentinella dei guardiani della notte sopra la Barriera, in attesa di scorgere dal profilo della foresta qualche invasore.
Prima di decidere cosa fare, si concesse un altro sguardo verso la regina dei draghi e, da quella nuova angolazione, comprese che pure lei era sola nel suo giaciglio. A quanto pareva neanche il principe Viserys non riusciva a dormire quella notte e, come sua madre, era sparito. Non volle continuare a pensarci ulteriormente, sua madre probabilmente era andata alle stalle, spesso l’aveva vista accarezzare la criniera chiara di Whitefog e rilassare ogni tensione, curandosi della pulizia del suo manto. Per un breve momento provò a considerare la nuova ubicazione del principe, ma subito ricacciò indietro quel pensiero; che fosse o meno andato a trastullarsi con qualche donna a discapito di sua sorella, non doveva essere di suo giudizio. Che facesse pure quello che più preferiva, Jon non poteva entrare in meriti che non gli riguardavano.
Si alzò in piedi e per un solo istante valutò l’idea di andare a fare compagnia a Dany: di scaldarla, come lei gli aveva chiesto quella sera quando si erano trovati soli. Poi però ripensò a ciò che lo aveva convinto a rinunciare a tutte le dolcezze della vita in sua compagnia. Non era fatto per quel genere di cose… il suo destino era combattere contro gli estranei, trovare un modo per salvare tutte quelle vite. Si doveva concentrare nella battaglia finale e proteggere i suoi sudditi, i suoi cugini, sua madre. Provò a cercarla ancora con lo sguardo, per accertarsi di non averla scorta altrove, distratto com’era da altre persone. Doveva rivolgere tutti i suoi pensieri su di lei, se voleva scacciare dalla testa ogni desiderio che lo portava inesorabilmente a sognare di lunghi boccoli argentati e di splendenti occhi viola. Ripensò alla sofferenza che provava sua madre… Anche per te è lo stesso, mamma? Neanche tu riesci a dimenticare la diafana bellezza di un angelo strappato dalle mani degli dei?
Col cuore gonfio di sconforto, costrinse i suoi piedi nella direzione di suo zio Benjen, qualcosa gli diceva che era una valida opportunità per sapere dirgli la locazione in cui sua madre aveva deciso di nascondere le sue lacrime per questa volta, ma una parte di lui richiedeva anche il conforto paterno di una persona che per quanto era stato il più vicino all’uomo che lo aveva cresciuto.
Lo raggiunse, esimendosi di un vero saluto e mise le braccia sulla dura pietra del poggiolo interno. Benjen Stark lo aveva sentito arrivare, ma non aveva distolto l’attenzione da quel manto bianco che copriva ogni cosa, gli bastava percepire il mutamento del suo respiro per sapere che era felice di averlo al fianco. Rimasero in silenzio per un lungo momento: entrambi non avevano nulla da dirsi, oppure non sapevano che parole usare, ma dopotutto non sempre si doveva dialogare per stare bene con un'altra persona. Si guardarono. Benjen gli dedicò un sorriso affettuoso.
-Mio re. – gli disse ironico, accennando un leggero inchino.
-Falla finita. – gli rispose lui, sorridendo e abbassando il capo, vergognandosi di quel titolo; non accettava che lui lo usasse – Mi sento re, tanto quanto mi sento un vero Stark. –
-Tu però sei sempre stato anche uno Stark. Io lo sapevo dall’inizio. – fu la sua risposta, la calma fatta persona – Che ti sapessero il bastardo di mio fratello o che tu fossi in realtà il figlio di Lya, resta comunque il fatto che hai sempre avuto sangue di lupo nelle vene. – i suoi occhi trasmettevano la sicurezza e la fierezza di quelle parole.
-Se lo hai sempre saputo… perché non me ne hai mai parlato? – gli chiese osservandolo incuriosito.
Benjen si riservò qualche minuto per riflettere prima di dargli una spiegazione.
-A differenza di tuo zio Ned, che lo scoprì troppo tardi, io venni a conoscenza della relazione tra tua madre ed il principe drago già dai tempi di Harrenhal. Lo scoprii pochi giorni dopo la fine del torneo. – gli stava raccontando. A Jon però venne in mente una domanda e non fece nemmeno in tempo a formularla nella testa che si ritrovò a dar già fiato alle sue parole.
-Perché non lo hai messo al corrente, dato che lo sapevi da così tanto tempo. –
-Ho mantenuto il segreto, perché lei me lo ha fatto promettere. Tua madre non è una a cui riesci dire di no… Se cerchi qualche sopravvissuto che viveva ai nostri tempi, vedrai che te lo direbbero anche loro. – storse le labbra in un sorriso – Le giurai che non avrei spifferato nulla a nessuno, per nessuna ragione. – si fece serio – E io non sono uno che tradisce un fratello. Ho tenuto la bocca cucita con i nostri fratelli maggiori e con nostro padre, ma se avessi saputo l’evolversi degli eventi… beh, non so se avrei mantenuto la parola. Ma questo non significa che l’avrei aiutata; infrangendo quella promessa, rivelando quindi la verità, con ogni probabilità invece di risolvere un problema, avrei peggiorato solo le cose… e le avrei donato solo tenebre… Dopotutto chi ero io per condannarla alla vita che non voleva, costretta a stare con l’uomo con non amava per il resto dei suoi giorni? – continuò nel suo monologo. Per quanto Jon non fosse del tutto d’accordo, soppesò l’eventualità di trovarsi nella sua stessa situazione con Arya. Era capitata qualche volta una situazione simile, ma si trattava di marachelle che tutto sommato non avevano esodi così drastici e spesso e volentieri era riuscito a farla ragionare e a scoraggiare le sue iniziative; come quella volta che voleva mettere nel cassetto della biancheria di Sansa un rospo trovato nel canale di scolo delle fogne. Puzzava terribilmente e Jon l’aveva intercettata poco prima che lei aprisse la porta delle stanze di sua sorella, prendendola per il coppino e sollevandola come si fa con i gatti. L’aveva tenuta in quella posizione per tutto il tempo scendendo pure le scale, tanto era piccola ed il suo peso era effimero, portandola fuori in cortile e buttandola nella tinozza in cui alcune serve stavano lavando i panni. I nuvoli di vapore gli avevano indicato in anticipo che quell’acqua era calda, quindi non si sarebbe certo presa un malanno, ma non era stato lo stesso pensiero di lady Catelyn che lo aveva fatto mettere in punizione per un mese, per aver compiuto uno scempio simile. Fortunatamente Ned Stark aveva trovato un modo per placare le ire di sua moglie, anche se l’astio che provava nei suoi confronti non era certamente migliorato.
-Non è sempre facile capire qual è la migliore decisione da prendere. – provò a dire, infondendo a sé stesso il coraggio per continuare ad ascoltare. Voleva scoprire anche il resto della storia, conoscere ogni dettaglio, dopotutto gli era sempre stato negato conoscere la verità, ma ora che ogni barriera era stata sormontata, c’era una parte di lui che desiderava tanto tornare indietro a quando ancora non c’era una madre nella sua esistenza e non vedeva il suo volto ad ogni ora del giorno rigato dalla malinconia, soffrendone a sua volta.
-Soprattutto se si ha solo quindici anni e si ha messo il naso fuori dal proprio castello solo un paio di volte. – alzò le sopracciglia e trasse un lungo sospiro di esasperazione, quasi a giustificarsi, ma in realtà Jon sapeva che si stava autocondannando. I suoi occhi azzurro acciaio trovarono i suoi a metà strada – Ma tu vuoi sapere per quale ragione non ti ho mai svelato che mia sorella era in realtà tua madre… – lo vide tornare serio ed i suoi occhi si fecero severi ora, riguardando il panorama oltre il vetro di quella finestra, anche se la memoria era rivolta al passato – Quando Ned la trovò in quella torre del sud, lei gli chiese di proteggerti e di prendersi cura di te. Perciò spettava a lui dirti delle tue vere origini. – sbuffò affranto e indignato – Ma secondo lui la tua protezione non era solo esterna, ma anche interiore ed è stato solo per quella sua dannata cocciutaggine che non ti ha mai detto nulla nemmeno lui. –
-Potevi farlo tu, prima di andare in missione a nord della Barriera. – gli suggerì con tono piatto.
-Potevo, ma non ero obbligato a farlo… - Jon aggrottò la fronte per obbiettare, ma suo zio continuò a parlare – Ned mi aveva implorato di attendere che tu fossi certo di prendere la tua decisione definitiva. Se il tuo desiderio era davvero diventare un guardiano della notte, nessuno ti avrebbe fermato. Mio fratello pensava che forse era il destino che ti voleva proteggere lui stesso e collocarti in un campo neutrale, così che Robert non ti potesse mai toccare. – Jon non seppe che dire a quell’affermazione. Ripensava a quel imponente uomo dai grandi appetiti che era giunto a Winterfell qualche anno addietro. Gli pareva fosse passata un’eternità da quei giorni spensierati… Ma un gravoso timore gli saettò nella mente al pensiero che quello ora avrebbe dovuto essere stato al fianco di sua madre. Spostò il capo di lato, raccapricciandosi di quell’immagine.
Suo zio si accorse della sua disattenzione e parve voler riattirarlo a sé.
-Mi ha consigliato di farti restare alla Barriera, di certo non ti voleva lasciarti con Lady Catelyn. Ha insistito lui sul fatto di darti la possibilità di parlare con Maestro Aemon. Era un Targaryen pure lui, lo hai saputo? –
-Sì. Me lo ha rivelato. – Benjen annuì col capo.
-Speravo che ti parlasse di tuo padre. Aveva molto a cuore suo nipote, lo scoprii per caso un giorno quando entrai nel suo studio e trovai nel suo scrittoio una lettera con un sigillo nero e le sue iniziali, dapprima non compresi, ma poi vidi la sua firma vergata a fine della pagina. –
-Mi disse solo di lui e che quando la sua famiglia perì, era troppo tardi per lui per poter fare qualcosa. –
-Già… - convenne – Fu l’unico a darmi conforto, trovando le giuste parole, quando giunsi al Castello Nero. Capiva quello che stavo passando perché erano le stesse angosce che stava vivendo lui. –
-Quindi avresti preferito che fosse un altro a dirmi chi ero? –
-Non avrebbe avuto importanza. –
-Per te, forse. – si stava alterando, non capiva perché suo zio non stesse capendo la gravità di quelle affermazioni.
-Se anche ti avessi rivelato tutto, cosa ti avrebbe spinto a non considerarmi un pazzo? Che prove avevo io, per portarti a credere alle mie parole? Non avevo alcuna intenzione di disonorare il ricordo di mia sorella. Non volevo che tutti la pensassero la sgualdrina del principe ereditario. – sospirò affranto serrando un pugno di fronte al proprio costato – Le ultime volontà di Lyanna erano che fossi tenuto nascosto a Robert, la sua insana inclinazione omicida verso tutta la progenie del drago era ormai diventata leggenda. Se anche solo un sussurro sulla sopravvivenza di un erede di Rhaegar si fosse diffusa, certamente avrebbe mandato qualcuno ad ucciderti. Come penso hai saputo, non si è limitato ad aspettare il ritorno di Daenerys, le ha mandato sicari sperando che avessero successo. – lo sentì digrignare i denti, non solo per il disonore di quel gesto, ma anche perché se avesse potuto, avrebbe chiaramente impugnato un’arma contro di lui. Nei suoi occhi pareva esistere una sorta di vendetta o debito personale che suo zio avrebbe voluto tanto saldare. Lo capì, dopotutto gli era parso di capire quanto fosse legato a sua madre, per cui non gli era difficile capire anche l’astio che doveva provare verso l’uomo che avrebbe dovuto possederla un giorno. Un uomo di cui non aveva grande stima.
-Prova a pensare anche a Ned, in quanto lord protettore del nord e amico del re, la sua posizione sarebbe stata messa a rischio se Robert avesse scoperto che gli aveva mentito per tutti questi anni. Penso che la mia scelta di entrare nei Guardiani della Notte sia stata un quasi una soluzione per entrambi. Non sarei rimasto a interferire con le sue decisioni sulla tua vita, e nel caso la verità fosse un giorno venuta a galla, e Robert lo avesse scoperto, avrebbe di certo chiesto la morte del suo amico… non era uno che guardava in faccia nessuno quando si trattata di ripicca. Ma almeno io mi sarei salvato, perché il mio voto mi avrebbe tenuto a nord del Dono… – fece un altro profondo respiro, prima di curvare le labbra cerulee in un sorriso nostalgico – lo stesso voto che ti avrebbe salvato, proprio come aveva salvato Maestro Aemon prima di te. – Jon rifletté attentamente su quelle parole, era bello pensare che Ned Stark avesse pensato a tutto, certo, ma qualcosa gli diceva che nei suoi silenzi più che calcoli ci fossero invece dubbi e domande: “Sto facendo la cosa giusta? Sarà la soluzione migliore?” le stesse domande che spesso lo avevano accompagnato anche lui nella presa di coscienza delle decisioni più impervie.
-Credi che Maestro Aemon avesse qualche sospetto su chi fossi davvero? – era una titubanza che gli era sorta solo in quel momento.
-Non saprei dirti, Jon. Il tuo aspetto non lascia sorta di dubbio, hai sangue del nord e nessun particolare segno che possa ricondurre agli antichi canoni valyriani. Ma resta il fatto che conoscesse molto bene il tuo vero padre, purtroppo però solo per corrispondenza. Non mi risulta che Rhaegar abbia mai viaggiato fino alla Barriera e se lo avesse fatto, noi Stark di sicuro lo avremmo saputo e ospitato. Se la sua cecità non lo avesse privato della vista però, sono certo che avrebbe comunque trovato qualcosa che gli facesse sospettare una qualche parentela… un particolare che gli ricordava suo nipote. –
-Io non sono affatto come mio padre. – affermò tetro, non celando un certo rammarico nella voce.
-Perché dici così? – suo zio lo guardò in modo bizzarro – Mi era parso di capire che cominciavi ad apprezzare la compagnia dei draghi. – Jon soppesò le sue parole per diversi istanti, sentendo nascere dentro di sé sdegno.
-La regina ed il principe sono miei alleati, tutto qui. Non li considero niente di più… -
-Non mi trattare come un sempliciotto, Jon – lo rimproverò rude – E soprattutto non dirmi stronzate! – si adombrò – Non mi è sfuggita la forte intesa che hai con la regina. – lo fissò intensamente negli occhi e Jon dovette sforzarsi per non cedere di fronte a quell’analisi – Inoltre mi sembra che ultimamente tu e il principe Viserys siate sulla buona strada per instaurare un bel rapporto di fiducia, rispetto e lealtà. Sono entrambi dei Targaryen, il passato non deve per forza ritorcersi sul presente. – affermò saccente – Quindi spiegami: perché ti ostini a provare rancore verso il tuo vero padre? Dopotutto nelle loro vene scorre lo stesso suo sangue. Lo stesso tuo. – si interruppe come in attesa di una sua tacita risposta. Il silenzio però li avvolse. Un silenzio interrotto dal russare di alcuni uomini nella sala e dal respiro grosso di Tormund che dormiva poco distante dalla porta, con la sua ascia in mano. Nello stesso frangente anche un altro suono comparve inaspettato: un rumore di passi che scendevano le scale dell’ala est. Jon puntò lo sguardo in quella direzione allarmato, credendo potesse essere una guardia di vedetta che li avvertiva di un pericolo, dimentico ormai del vero motivo per cui si era avvicinato a suo zio. Sua madre, era lei a fare quel rumore. Ed eccola lì infatti, apparire, mentre scendeva frettolosamente l’ultima rampa di scale. Era lontano, eppure poteva vedere che teneva una mano sul volto, a nascondere gli occhi. Era chiaro che non volesse mostrare le lacrime che stava versando. Qualcosa l’aveva scossa. Qualcosa di cui non era ancora certo, ma poteva intuire dove andasse a colpire.
-Ecco il motivo… - ammise tetro, indicando la donna col mento e incupendosi ulteriormente. Suo zio voltò il capo per guardare nella sua stessa direzione. La videro sgattaiolare in una delle stanze vuote, quella adibita alla dispensa dei viveri e sparire nelle tenebre, chiudendosi la porta alle spalle. Il colpo dei cardini della porta si protrasse nella sala, ma fortunatamente non svegliò nessuno.
Jon ebbe l’amara sensazione che il suo cuore avesse emesso il medesimo acuto rumore prima di portarsi una mano sul petto, riaccendendo involontariamente dolori che appartenevano al passato.
 
 
 
 
 
Venir dissuasi a pensare che la tua vita non era come pensavi, è estremamente difficile da accettare. Non è un boccone amaro che difficilmente si riesce ad inghiottire. Benjen Stark non poteva dire di riuscire a comprendere quello che suo nipote provava, ma ci stava provando. Provava a capire per quale ragione gli fosse così facile pensare che Lyanna era sua madre, ma cercava anche di scoprire la ragione per cui non riusciva a staccarsi dall’idea che Ned non fosse suo padre e ora stava cominciando ad abbracciare l’idea che non fosse davvero quello il vero problema. O meglio, lo era, ma solo in parte. Ned Stark sarebbe sempre stato per lui la figura paterna che lo aveva cresciuto e gli aveva dato sicurezze per quindici anni. I ricordi che aveva di lui sarebbero rimasti e lo avrebbero confortato ancora per molte notti. Il posto di Ned ricopriva gran parte dello spazio che Jon aveva nel cuore, posto che per lunghissimo tempo era stato unicamente ricoperto da lui e non da altre persone. Non aveva un esempio pratico di madre, nessuna donna aveva ricoperto quel ruolo, lady Catelyn non ci aveva nemmeno mai provato, per cui era rimasto un posto vuoto, che il ragazzo non aveva mai colmato. Suo fratello gli aveva detto che era sempre stato un bambino molto dolce e buono e che spesso aveva dovuto allontanare le serve, cameriere e domestiche da lui, quando queste si affezionavano troppo a lui. Ben non era stato d’accordo, un bambino ha bisogno anche di una donna che lo coccoli, ma per esperienza personale nessuno di loro aveva avuto questa fortuna. La lady loro madre era morta quando erano ancora troppo piccoli e lord Rickard aveva pensato bene di crescerli nella completa lontananza da altre figure materne. L’unica che aveva il compito di occuparsi di loro era la vecchia Nan, che per quanto fosse sempre presente, sapeva però restare al suo posto quando si trattava di esternare i propri sentimenti. E così sia Ned che Benjen non avevano mai avuto un abbraccio materno, e suo fratello aveva scelto lo stesso insegnamento per Jon, convinto di fare il suo bene. Non gli aveva mai fatto mancare nulla a livello materiale, ma a livello affettivo Jon aveva grosse lacune e la più importante era proprio verso la figura di sua madre, che ora essendo riapparsa nella sua vita, dopo aver persino pensato che potesse essere morta o che lo avesse abbandonato, il ragazzo non aveva dovuto faticare a dipingere i tratti di quella donna, con le fattezze di Lyanna. Il posto nel suo cuore era vuoto e facile da colmare, e Lyanna era riuscita senza troppo complimenti a posizionarvisi e completare quella mancanza di cui il giovane ora non risentiva più.
Diversamente era con la figura paterna. Il posto di Ned Stark era imponente, pieno e difficile da sostituire, soprattutto se la persona con cui doveva farlo era il principe Rhaegar, altra figura egualmente smisurata e scomoda. Le opinioni su di lui differenziavano seppur gli anni fossero stati ottimi medicamenti per risanare le vecchie ferite. La gente del sud che era salita con l’esercito dei draghi aveva idee che ancora non confluivano in un'unica direzione; c’erano i vecchi lealisti dei Targaryen che ovviamente parlavano del principe drago come l’ottimo rimedio alla meschinità e alla pazzia del padre, e che vedevano in Daenerys la degna succeditrice. Poi c’erano quelli che avevano combattuto per i ribelli che si dividevano in due schieramenti: quelli che lo stimavano per sentito dire, e quelli che lo avversavano convinti che i suoi ultimi comportamenti stessero portando verso la stessa follia del padre. Infine c’erano gli uomini del nord che avevano una bassa considerazione di ogni drago, ritenendoli un nemico da quando lord Stark e suo figlio erano stati assassinati a quel modo alla capitale. Quei pochi che stavano nel mezzo senza una vera opinione non facevano testo, ma Benjen avrebbe tanto voluto che Jon facesse parte di quest’ultima schiera, invece si ostinava a maledire quel suo legame con ogni sua forza, impossibilitato ad accettarla solamente perché questo significava dargli il posto che già era occupato di Ned, senza capire che poteva pian piano creare uno spazio anche per il nuovo arrivato.
Dopo un lungo momento di calma apparente, suo nipote riprese a parlare: la sua voce era mutata e piena di frustrazione.
-Non posso vederla soffrire a quel modo. – aveva mostrato una smorfia di isterismo – Piange, è disperata, è tormentata… gli incubi la perseguitano e io non ho alcun potere per aiutarla. Non posso far altro che restare a guardare, mentre sento riflesso dentro di me ciò che sta vivendo. Mi sento impotente. – abbassò lo sguardo mortificato e distrutti – Quando sono in compagnia dei due fratelli Targaryen è come se tutto questo dolore sparisse; mi sento a mio agio, mi sento a casa. – perché lo sei, figliolo. Si ritrovò a pensare Benjen, ma preferì non dirglielo e lasciarlo parlare, senza interromperlo.
-Quell’angoscia che provo costantemente, quel senso di incompletezza e di inettitudine mi abbandonano. Ma quando torno da lei, ho come l’impressione di averla tradita. –
-Jon, non puoi davvero crederlo. Se passi con loro parte del tuo tempo è naturale, perché fanno parte della tua famigli: sono pur sempre i tuoi zii, esattamente come lo sono io. – sorrise con lieve ironia, per infondergli coraggio, poi però tornò serio – E non sono d’accordo su quando dici della tua incapacità: non è vero che non la puoi aiutare, perché non è assolutamente vero. Sei suo figlio, e come tale la riesci a capire e sai come starle vicino. A lei bastano cose semplici, dimostrazioni d’affetto, anche le più banali. Un abbraccio, un fiore in regalo, una sfida con la spada o una corsa equestre. In ogni piccola cosa puoi dimostrarle quanto le vuoi bene. – lo osservò con uno sguardo tenero – Questo l’aiuta molto… lo vedrebbe anche un cieco. –
-Ma non la posso aiutare per quanto riguarda il suo cuore spezzato. – protestò il ragazzo – Io so come si sente. – la sua voce divenne tremula, ma la tenne abbastanza bassa perché lo potesse sentire solamente lui. Congiunse le mani e incrociò le dita tra loro, poggiò tutto il suo peso sugli avambracci e si chinò in avanti – Ho amato e ho perso la persona che amavo. – Benjen ebbe il sentore che quello a cui lui si stava riferendo non fosse realmente riconducibile alla donna di cui aveva sentito, quella bruta dai capelli color del fuoco, ma non gli chiese altro al riguardo, decise di restare più sul vago.
-E credi di essere l’unico? – lo guardò in tralice – Se chiedi a qualsiasi dei presenti, ti può dire la stessa identica cosa! Tutti noi abbiamo amato e perduto qualcuno: chi un figlio, chi un fratello, chi un padre, chi una madre… o la donna che si amava un tempo… Credi che io non abbia dovuto fare qualche sacrificio per entrare nella confraternita in nero? – il ragazzo rimase interdetto. Per la prima volta notò che lo guardava con occhi diversi. Lui, come tutti i figli di Ned, lo aveva sempre considerato un guerriero onesto, giusto e temerario. L’idea che facesse parte dei Guardiani della Notte era un vanto per l’intera casata degli Stark di Winterfell, che avesse raggiunto il rango di ranger, non faceva altro che aumentare la sua stima. Ma esattamente come ogni suo nipote, Jon non si era mai davvero spiegato la ragione che lo avesse spinto a scegliere quella vita, né gli avevano posto la domanda propizia. Ed era certo che nemmeno Ned ne avesse mai parlato.
-Amavi una donna? – gli chiese Jon, sul volto lo stupore di un bambino che per la prima volta vede i bucaneve nascere tra la distesa innevata e capisce che la primavera è vicina. L’uomo inspirò dal naso e tornò a scrutare le distese innevate fuori dalla finestra.
-Era la ragazza più bella che avessi mai visto. La più intelligente, acuta, scaltra e cocciuta, ma anche la più coraggiosa… Ovviamente dopo tua madre. – gli strizzò l’occhio. Jon ebbe un sussulto, era palese che non si aspettasse una rivelazione così franca. Si fece più serio, al pensiero di quanto sforzo gli fosse costato lasciare indietro un simile peso per così tanto tempo.
-Non ne avevo idea… – disse istintivamente. Cercò le parole giuste per continuare a formulare altre domande inerenti – Di lei che ne è stato? –
-So che si è sposata, ma che non ha avuto figli… - cominciò a dire – Ma se vuoi qualche dettaglio in più, credo che tu faccia meglio a chiederglielo direttamente a lei, quando torniamo al castello. – non lo guardò, lasciandolo crogiolare nel dubbio da solo. Era già difficile da esternare tutto quel dolore lasciato per anni nel suo dimenticatoio privato. Jon aprì leggermente la bocca incredulo.
-Vive a Winterfell? –
-È tornata negli ultimi tempi. – lo guardò di sbieco vedendolo brancolare nel buio – E sì, la conosci, se la prossima domanda che vuoi farmi è questa. – gli rivelò, annuendo col capo.
Il giovane mostrò un’espressione imperscrutabile, mentre faceva mente locale sulle donne presenti a Winterfell; era facile intuire i suoi pensieri. Era come se una miriade di volti gli si parasse di fronte, li esaminava e cercava di trovare un collegamento con lui, ma non aveva idea di quale scegliere perché non lo aveva mai visto avvinare nessuna donna in pubblico. Non poteva sapere quale fosse il canone di bellezza che preferiva, perché non aveva basi di paragone.
-È stato bello rivederla ancora una volta tra le mura di casa dopo tutto il tempo che è trascorso, non mi sarei mai aspettato che le nostre strade si potessero rincrociare. – gli sorrise e allo sguardo perplesso del giovane continuò – Ha riottenuto lo stesso ruolo di un tempo e sembra fiera e soddisfatta… eppure io avrei potuto renderla una lady, ma si è dovuta accontentare di restare invece la sua serva personale. Beh, sono vie che non si possono più prendere. Tanto vale non rimuginarci troppo sopra, non farebbe del bene a nessuno. – gli occhi grigio scuro di suo nipote erano sbarrati, qualcosa nel suo discorso gli stava fornendo indizi per rintracciare questa donna.
-Elanon…? – domandò cauto Jon, quasi temendo di potergli arrecare dolore nel pronunciare quel nome. Benjen stropicciò il naso e represse un sorriso quando finalmente giunse all’ovvia conclusione. Non potè reprimere i ricordi e si trovò ancora a sognare ad occhi chiusi di appoggiare le sue labbra sul quelle rosee di lei… Quegli occhi vispi di un colore grigio dei cieli del nord mescolato alla verde foresta, ai suoi lunghi capelli scuri che profumavano di muschio e more e della pelle morbida delle sue mani.
-Quando mia madre la vide per la prima volta mi disse che sembrava di conoscerla. Difatti poi me la presentò come una sua vecchia amica d’infanzia. – enunciò il giovane tornando indietro nei suoi ricordi.
-La conobbi io prima di lei, proprio a Harrenhal… tua madre era leggermente distratta in quei giorni. Elanon serviva lady Hornwood, prima che questa si unisse in matrimonio con Leobald Tallhart. Quando tornammo a Winterfell e Marlene, la precedente serva di Lyanna dovette allontanarsi dalle sue mansioni, insistetti affinchè Lyanna avesse lei. –
-Ecco scoperto come si sono conosciute. – enfatizzò Jon con un sorriso.
-Sapevo che sarebbero andate d’accordo. Hanno un carattere simile e rispetto alle altre ragazze era l’unica che avrebbe potuto stare al passo col suo spirito di ribellione sempre più crescente. – il ragazzo sorrise compiaciuto delle incredibili qualità di sua madre. Benjen si chiese se non fosse il caso di cercare anche qualcuno che potesse fare altrettanto per raccontargli invece del principe Rhaegar, così che avesse una equa conoscenza di entrambi.
 -Ricordo fu una tra le prima a proporsi per partecipare agli allenamenti delle Rose dell’Inverno. Lei e mia madre hanno passato intere ore chiuse in camera, il primo giorno che si sono riviste. Penso a rivangare i vecchi tempi e, quando sono uscite, lei è diventata la sua ombra. Sapeva quando mia madre aveva bisogno di stare sola o quando necessitava di compagnia. Le faceva preparare gli abiti adatti, in base alla giornata che si annunciava, intuendo prima ancora che mamma si alzasse dal letto, quali sarebbero state le sue attività quotidiane. Non è mai stata invadente, ma efficiente e presente, quando la situazione lo richiedeva… mi sono domandato spesso cosa sia successo negli ultimi tempi. – si fece meditativo – Mamma l’ha congedata da ogni mansione, l’ha allontana in maniera definitiva. Non si parlano più e Elanon la si vede girare per il castello di rado ormai… ma so che è andata ad offrire i suoi servigi al principe Viserys. – il broncio che mostrò era un chiaro segnale che il suo intervento fosse necessario. Anche a lui non era ancora chiara questa nuova situazione: non aveva chiesto delucidazioni a sua sorella, ma non gli era difficile da capire che dietro ci potesse essere qualcosa di veramente grave. Voleva però fidarsi del principe Targaryen, a differenza di altri, sapeva che non aveva mai avuto una cattiva reputazione in fatto di donne.
-Evidentemente ha avuto le sue buone ragioni per essergli fedele. – provò a giustificarla – Con ogni probabilità l’ha protetta durante la missione, o le ha salvato la vita ed ora, lei è in debito con lui. – ipotizzò per farlo distogliere da certe supposizioni.
-Credi realmente a questo ipotesi? – gli chiese scettico, ma pareva davvero in cerca della sua certezza, come se ne potesse tranne beneficio. Benjen annuì pacato.
-Comunque si siano svolti gli eventi che l’hanno portata in quella direzione, so per certo che rimarrà fedele anche a Lyanna e a te. – concluse fiducioso.
-Ah, sì? E perché non riesco a crederti? – Jon aveva detto quelle parole, studiando attentamente una seconda figura che scendeva dalle stesse scale che aveva prima usato sua sorella. Gli abiti scuri, il mantello scarlatto, i lunghi capelli argentati… “Ti pareva mai?” Rise mentalmente. “Tempismo perfetto per entrare in scena dopo tutta la fatica che sto facendo per dirottare oltre l’astio di tuo figlio contro di te.” Farfugliò, ma un altro pensiero gli fece nascere un sorriso sulle labbra. “Chissà cos’hanno fatto quei due, appartati di sopra, soli soletti!” Con quella malizia girò gli occhi verso Jon che però non sembrò propenso a cogliere alcuna ironia. Era chiaramente contrariato e innervosito. I nervi del collo sembravano tendersi come corde di un’arpa… “Uhuhu” fu solleticato da quella strana associazione che gli era balenata in testa “Potrei domandargli se ha mai avuto inclinazioni musicali… Ned si sarebbe strappato tutti i peli della barba se così fosse stato. Avrebbe cercato di reprimere ogni suo avvicinamento all’arte, prima ancora che provasse a pensarlo… Oppure, se ha preso da Lya, è facile pensare che mai gli sia nemmeno balenato nel cervello suonare uno strumento!” Rifletté sorridendo.
Notò che suo nipote stava stringendo le dita sul poggiolo di pietra con forza, tanto che le nocche delle mani erano diventate bianche. Gli mise una delle sue sopra per placare quel nervosismo.
-È una questione che non ti riguarda in prima persona, Jon. – la sua voce era piatta e adulta – Restane fuori. – gli consigliò.
-Mi riguarda eccome, visto che lui continua a starle addosso quando lei cerca invece di evitarlo. – Benjen aggrottò le sopracciglia confuso.
-E questo quindi cosa ti fa pensare? – sperava che il giovane riuscisse a interpretare quel comportamento in ciò che davvero palesava, ma non ebbe fortuna.
-Lui è l’amante della regina, lo sanno tutti. Hanno un rapporto che va ben oltre alla semplice affettuosità da fratelli, non penso che sia ormai difficile da vedere… – era convinto di quello che diceva, aveva dovuto considerare quella bugia la verità, probabilmente per evitare a sé stesso di patire altre sofferenze – Hanno cercato di nasconderlo, da quando sono giunti qui al nord, ma so che era consuetudine per la loro famiglia avere simili atteggiamenti tra fratelli. – “E la cosa perché ti dovrebbe infastidire così tanto? Forse perché tu sei suo nipote e pensi di avere meno privilegi di un fratello?” ragionò se l’ipotesi potesse essere valida. Non era certo dei sentimenti di Jon, perché nemmeno lui ne era davvero consapevole, ma qualcosa gli diceva che tra il ragazzo e la regina c’era stato qualcosa.
-Non sarebbe poi così strano che un Targaryen volga lo sguardo verso altri orizzonti. E a quanto pare Viserys non è poi tanto diverso da suo fratello: non si fa problemi a rubare le donne altrui, per infilarsele nel proprio letto! Lo ha fatto con Elanon perché tu non eri lì pronto a riprendertela, e ora pensa di poterlo fare anche con mia madre. – era sbottato, ma teneva un tono abbastanza basso e riservato, per non essere sentito anche da altri. Sicuramente non era per screditare la reputazione del principe, quanto invece considerava di estrema importanza quella di sua madre, già macchiata dagli eventi del passato.
-Primo: Elanon non è la mia donna. In passato io ho fatto le mie scelte e lei di conseguenza ha preso la sua strada. – aveva alzato l’indice della mano sinistra prima di parlare e ora stava sollevando anche il medio afferrandoselo con le dita dell’altra mano – Secondo: non mi risulta che il principe abbia tutta questa grande nomea da donnaiolo come gli ho sentito attribuire. –
-Vuoi dire che…? – stava per domandargli il ragazzo, ma il ranger lo bloccò con uno sguardo truce.
-Sì, le ho sentite quelle opinioni. E lo ammetto, in un primo momento le ho anche considerate vere, solamente perché non le avevo ancora considerate secondo un altro punto di vista. Ma quei mormorii che lo vogliono intimo con sua sorella li ritengo solo delle pessime bugie. La regina non mi sembra una che si lascia mettere da parte così facilmente o che permette ad un suo inferiore di mancarle di rispetto.  – affermò restando vago. Jon soppesò le sue parole, come se stesse convincendosene, però il fulcro del suo discorso non era concentrato solamente su Daenerys.
-Vuoi quindi dirmi che non ti sei accorto di come guarda mamma? Non vedi come la perseguita? Gli è sempre appresso, la rende inquieta e la fa piangere. – disse furibondo – O mi vuoi far credere che anche con lei abbia un debito da saldare? –
-Stai parlando seriamente o ti stai prendendo gioco di me, ragazzo? – Benjen non credeva alle sue orecchie e alla sua ottusità.
-I Targaryen erano poligami o mi sbaglio? – era incontenibile ormai la sua ostinazione, ma conservò comunque un tono basso, sebbene molto teso – L’uomo che dovrei considerare mio padre, mi sembra abbia fatto la stessa cosa: aveva già una moglie, ma non si è fatto scrupoli a sedurre anche mia madre. Per cui non venirmi più a dire che non deve riguardarmi. Se lei soffre, non è solo per il passato, ma anche per il presente. E temo di essere a conoscenza dei motivi che la portano ad avere ora questi nuovi tormenti! – si allontanò da lui per raggiungere la stanza dove Lyanna si era nascosta.
-Provo quasi pena per te, giovane figlio dell’estate. – affermò Benjen deluso. Guardò le sue spalle con severità. Jon si voltò bruscamente, nell’immediato dopo, al suono di quelle parole che non dovevano essergli piaciute dall’espressione corrucciata che aveva nel volto. Fu palese che qualcosa fosse esploso definitivamente dentro di lui e, tornando sui suoi passi, gli afferrò il collo tra le dita.
-Non mi considerare un lattante! – lo aggredì brusco – Non lo sono più da tanto tempo ormai! – i suoi occhi grigio scuro erano puntati in quelli azzurro acciaio di suo zio – Sei stato assente durante tutti questi anni, sebbene io ti abbia sempre considerato un buon esempio da seguire. Ma in tutto questo tempo sono diventato uomo e non per merito tuo certamente! –
Benjen rimase ammutolito a quello sfogo, non se lo aspettava proprio. Vide quattro dita eburnee spuntare improvvisamente tra i peli vaporosi del manto sulle spalle di Jon e la pressione degli artigli del ragazzo di affievolì notevolmente. Lo vide voltarsi stupito e mettere a fuoco l’uomo che era giunto, mentre Ben riprendeva fiato.
-Se deconcentri la nostra sentinella, come possiamo sperare che ci avvisi dei pericoli nella notte? – Jon abbassò quindi la mano e fissò la maschera del principe Viserys con un’espressione che mostrava tutta la frustrazione e la rabbia che ancora aveva in corpo. Aveva il fiato corto e le spalle sussultavano per la tensione. Lo vide mordersi un labbro, prima di tornare a fissarlo direttamente negli occhi.
-Non mi mancare mai più di rispetto, zio. – lo minacciò scuro in volto.
-Sicuro. – gli rispose lui, massaggiandosi la parte frontale del collo. Il ragazzo ruotò interamente il suo corpo e cacciò la mano del principe con un gesto scontroso del braccio.
-E voi, tenetevi lontano da me. E da mia madre. – non ebbe riguardo neanche per lui – Se la vedrò piangere ancora per causa vostra, non mi limiterò ad un semplice ammonimento la prossima volta. – detto questo se ne andò per davvero.
 
 
 
 
 
Lo sentì chiaramente sbuffare infastidito, ma scelse di non contestare il suo convincimento. Scosse solamente il capo, si spostò di lato e lo lasciò passare. Non rimproverò il ragazzo in alcun modo, non era necessario e non pensava nemmeno di averne la facoltà. Non con quella maschera addosso almeno. Imparare a stare al suo posto era stato difficile, ma si era allenato; e doveva solo biasimare sé stesso per non aver ancora avuto il coraggio di mostrarsi per chi era davvero. Quindi se suo figlio aveva una bassa considerazione dell’uomo che si presentava di fronte a lui lo doveva unicamente dal suo continuo esserci per poi sparire. Jon era uno che necessitava di avere accanto persone di cui poteva fidarsi sempre, non gente che incoerente.
Benjen nel frattempo continuava a toccarsi il collo dove prima aveva ricevuto quella stretta micidiale. Quell’atteggiamento non gli era piaciuto in alcun modo, comprendeva cosa significava sedare per anni i propri istinti per paura che gli altri potessero pensare male di te, ma sapeva anche quanto questo faceva male al suo inconscio e alla sua persona.
-Mai mettersi contro un drago, dicevano un tempo. – la sua voce del ranger era roca, per la troppa pressione che il ragazzo aveva esercitato, Viserys voltò lo sguardo su di lui, le labbra serrate, aveva poco nulla da dirgli – Mi spiegate perché non avete reagito alla sua provocazione? – gli chiese stupito di non aver visto alcuna reazione.
-Perché in fin dei conti è una sua difesa personale per reagire ai cambiamenti. – fu il primo pensiero che gli venne da esprimere – E sta cercando unicamente a proteggere sua madre da ogni eventuale vicenda che possa rappresentare un pericolo per lei, o per entrambi – chiarì pacato – Posso mai rimproverarlo per questo? –
-Quindi è meglio restare passivo, lasciare che creda di avervi intimorito e tenere le orecchie basse e la coda fra le gambe? – lo guardò di sottecchi.
-Non è questo ciò che ho detto. – affermò selettivo.
-Ma gli avete comunque permesso di mettervi dei limiti con mia sorella. – ghignò – Se avessi osato dirvi una cosa simile ad Harrenhal mi sguinzagliavate addosso la Spada dell’Alba all’istante, che avrebbe fatto di me polpette da dare ai cani. – questa immagine, seppur considerevolmente invera, gli strappò un sorriso divertito, ma l’amaro che sgorgò dal suo cuore in breve lo fece tronare posato e riflessivo.
-Ho bisogno che tu mi faccia un favore, Benjen Stark. Non te lo chiederei se non fosse necessario. – aggiunse poi, spostando la sua attenzione verso la distesa di neve fuori.
-Immagino che mi diciate di tenerlo sotto controllo. – chiese tranquillamente – E vi rispondo che lo sto già facendo, senza che lo consideriate un favore personale. – rispose allegro – Sono suo zio e al momento attuale non mi ha ancora messo al comando di alcun contingente, per cui mi resta del tempo da colmare con qualche intrattenimento. – sorrise.
-La mia richiesta però non è solamente questa. – il Targaryen non si scompose – Voglio che ti accerti di altre eventuali sue reazioni sconsiderate. – gli ordinò, quasi ignorando la sua affermazione – Se dovessi vedere anche solo un piccolo accenno, dovesse trattarsi anche di un banale zolfanello acceso, fammelo sapere nell’immediato. – non era discorso che ammettesse repliche e il ranger considerò che fosse quindi il caso di fare il serio – Lo farei di persona, ma temo che la mia presenza, sia un’avvisaglia di questo suo nervosismo. –
-Temete che diventi come… - ma il principe non lo lasciò terminare, come se pronunciarlo ad alta voce potesse avverarlo.
-So cosa comporta risvegliare un drago in tarda età e quanto possa essere difficile domare la bestia che cova al proprio interno. – precisò senza mezzi termini – Se dovesse avere altri sfoghi simili, devo saperlo. Nel peggiore dei casi se dovesse diventare pericoloso per Lyanna, devo provvedere di conseguenza. –
-Non credo possa mai arrivare a farle del male. – cercò di esprimersi il ranger nel modo più delicato possibile.
-Chi ha idea di cosa passi per la mente di un folle? Quello che per altri è scempio, per lui è giustizia. – disse saggiamente – Al momento non mi è possibile sfogliare ogni composita eventualità, ma ti posso assicurare che situazioni analoghe hanno dato il via a conseguenze ben peggiori, Benjen Stark. Purtroppo sono il solo a comprendere la pericolosità del mio sangue. Un tempo ho commesso un grave errore di valutazione… - disse stringendo un pugno a mezz’aria – La vostra famiglia ne ha pagato il prezzo più alto purtroppo, non ho agito quando potevo per arrestare l’inevitabile. –
-Sono certo che abbiate fatto ciò che vi era possibile. Dopotutto avete tenuto al sicuro mia sorella, e per me è quanto basta. – il ranger fece un sorriso calcolato e Rhaegar sentì il suo animo scoppiare.
-Non abbastanza… Anch’io ho subito le mie perdite, fin dalla tenera età e credo che siano state queste a farmi tentennare fino alla fine. – i suoi occhi si assottigliarono – Convinto mio malgrado che potesse esserci ancora una possibilità di riavere quello che un tempo c’era. – chiuse gli occhi solo un breve istante prima di riaprirli verso un nuovo e importante obbiettivo – Ma questa volta ho l’obbligo di impedire che la storia si ripeta. –
 
 
 
 
 
-Jon, ti prego, lasciami sola altri due minuti. Ora mi passa. – gli assicurò lei. Era evidente che stesse sforzando di usare la voce più convincente che riusciva fare.
-Madre… - cercò di dire il ragazzo – Se ti ha detto qualcosa di sgarbato, o ti ha toccata, pretendo di saperlo. – i suoi occhi erano spietatamente fissi su quelli di lei.
-Affatto. – mentì, abbassando appena il capo a terra. Avrebbe voluto dirle che oramai aveva compreso che quel segno era un chiaro segnale della menzogna che stava per dire, ma non ebbe il coraggio di rivelarglielo, era talmente abbattuta e stanca e che le avrebbe dato il colpo di grazia, e con lei sarebbe crollato anche lui, lo sentiva.
-Lui non ha nulla a che fare con questo… - continuò sua madre sbattendo lentamente le palpebre e respirando con affanno – Sono solo i tormenti del passato che mi assillano… come sempre. – Madre, non donarmi solo menzogne. Già troppe persone lo hanno fatto, non commettere anche tu lo stesso errore.
Un suono musicale angelico lo fuorviò da quei tristi pensieri. Mance Rayder aveva preso tra le mani la sua arpa e aveva cominciato a pizzicare le corde, dando il buongiorno a tutta la sala, nel chiaro tentativo di svegliarli e offrire loro un motivo per alzarsi. Era consuetudine per la gente del nord essere già in piedi per le prime luci del mattino, per avere più ore di luce in cui compiere le mansioni. I bruti vivendo ancora più a nord, dovevano aver conseguito la stessa metodologia, dopotutto non li si poteva considerare disorganizzati. Di questo se n’era già reso conto al Craster di Craster, dove le sue mogli e figlie avevano precisi compiti ad ogni ora del giorno e della notte, in seguito con Ygrette aveva appreso anche altre loro usanze e abitudini. Ma preferiva non ricordare troppo quel periodo per evitare la sofferenza che portava con sé e che vedeva chiaramente nel volto di sua madre in quel momento.
Considerò quindi quali sarebbero stati i vari impegni per la giornata. Se fosse iniziata presto, avrebbero inoltre avuto modo di tornare a Winterfell prima, magari già in quello stesso pomeriggio. Così facendo avrebbe però dovuto mettere in primo piano i doveri di un re, rispetto a quelli di un figlio, e una parte di lui, forse quella più egoistica, quasi sperava che questi istanti con sua madre non terminassero mai… ma erano pensieri futili e inopportuni. Era indispensabile che si concentrasse nei suoi allenamenti coi draghi, questa era la vera ragione per cui erano lì ora.
-Ti prego, ora vai a prepararti per l’allenamento. – gli consigliò sua madre, come se gli avesse letto nella mente – Non voglio che pensi più a questa sciocca madre che continua solo a piangere sul latte versato. – si asciugò una lacrima con il bordo del palmo e gli sorrise coraggiosamente. Jon si avvicinò a lei e l’abbracciò stretta, proprio come gli aveva consigliato suo zio poco prima. “Dovrò chiedergli scusa per il mio comportamento.” Si ritrovò a pensare combattuto.
Non sapeva cosa gli fosse preso; lui non era mai stato scontroso o propenso alla lotta, il suo animo era sempre stato calmo, ponderato e riflessivo, eppure in quel momento qualcosa in lui era scattato e aveva perso il controllo della sua coscienza. Si ripromise di non permettere più a sé stesso una simile condotta, né con suo zio, né con nessun altro. Non se lo meritavano… Lui doveva essere migliore, migliore di tanti altri che si erano fatti chiamare re in passato.
Ripensò a Robb e a come si sarebbe comportato lui. Al suo carisma, al suo intrepido desiderio di fama e di rivincita che aveva anche quando duellavano nel cortile interno di Winterfell. Si domandò se aveva mai perso le staffe quando era stato incoronato re del nord; se era sbottato contro i suoi consiglieri, contro i suoi sottoposti. O contro sua madre…
Poi senza preavviso gli apparve l’immagine dell’uomo che gli aveva fatto visita in sogno. L’aria rilassata, solenne e solare; vivida nella sua mente la luce che emanava il suo volto. Il senso di fiducia e di protezione che gli aveva trasmesso quando lo aveva toccato; il coraggio che gli aveva trasmesso, quanto gli aveva fatto impugnare quella spada leggendaria. Il sorriso lusinghiero e accattivante, con quel ghigno inconfondibile. Si trovò a chiedersi se davvero Ser Arthur Dayne fosse come l’uomo che aveva sognato. Rare erano state le volte in cui aveva sentito parlare di lui. A Winterfell il nome dei Dayne era stato bandito per qualche ragione che non conosceva, anche se inizialmente aveva pensato che fosse perché quel nome poteva essere ricondotto al suo passato, aveva poi capito che non doveva essere così, dal momento in cui mai uno di loro era salito per rivendicarlo e Ned Stark gli aveva fatto capire che non aveva nessun legame di sangue con loro. C’erano state però delle rare occasioni in cui il lord di Winterfell aveva raccontato loro del duello che aveva ingaggiato contro la Spada dell’Alba, ma Jon non lo aveva mai sentito accennare ad altro se non alla spietata e letale bravura come spadaccino e da quel punto di vista la sua immaginazione non lo aveva tratto in inganno. “Ma il resto?” Continuò a domandare quella vocina dentro di lui. Sua madre non gli aveva mai accennato alla sua persona, eppure, da quello che aveva capito, era rimasta con lui alla torre fino alla fine… Questo voleva significa che per quanto non lo ammettesse doveva aver trascorso con lui le loro ultime giornate, consci o meno degli eventi che stavano imperversando alla capitale e sul tridente. Doveva averlo conosciuto almeno un pochino. “Perché, madre, non ti sei innamorata di un uomo come lui?” Considerò quell’ipotesi come fosse una fanciulla amante delle ballate romantiche. Figurò nella sua mente la figura imponente di quel cavaliere e di fianco sua madre, minuta ma combattiva. Tutto sommato apparivano bene l’uno accanto all’altra. “Due caratteri forti e ben delineati. Due cuori impavidi e determinati. Due anime che avrebbero potuto amarsi, ma non stare assieme…” si rabbuiò nel pensare che fossero anche andate così le cose, sua madre non avrebbe potuto essere felice nemmeno con lui, visto che una guardia reale mette la sua vita a disposizione del re e della sua famiglia, fino a che la morte non sopraggiunge, esattamente come fa un guardiano della notte.
Ma inevitabilmente quel pensiero sconsiderato e inappropriato cominciò a creare nel suo animo una lieve speranza: “sarei stato felice di sapere che mio padre era un valoroso e invincibile spadaccino.” Sarebbe mai riuscito a esporre quella domanda a sua madre? A chiederle di lui? A chiederle come mai non aveva visto in lui ciò che aveva invece scorto nel principe Targaryen? Ancora non gli era chiaro ciò che poteva aver spinto una donna come Lyanna Stark a perdere la testa per un… Come lo avrebbe potuto definire? Non lo sapeva nemmeno lui. Se pensava a Daenerys e considerava la sua eloquenza e la sua bellezza, poteva anche intuire quali erano state le possibili attenuanti, ma sua madre non era una che si sarebbe soffermata all’aspetto esteriore, ciò nonostante non credeva per niente al mondo che il principe drago potesse avere caratteristiche che lei poteva apprezzare. “Non come Arthur Dayne; com’è che con lui non mi è difficile invece pensare a quante cose potessero avere in comune? La spada ad esempio… chissà se lei lo ha mai sfidato a duello!” sorrise a quell’idea del tutto realistica.
In un frangente gli tornò alla mente che suo zio Ned era riuscito realmente a batterlo… Jon aveva visto Ned duellare poche volte a Winterfell, non amava usare la spada, ma c’erano state rare occasioni in cui aveva impugnato un’arma e aveva potuto constatare la sua tecnica. Era bravo, ma se da giovane davvero era stato ai livelli della famosa Spada dell’Alba, significava che nel tempo aveva dimenticato molto della sua abilità.
Jon però si rendeva conto che non poteva valutare davvero Arthur Dayne per il modo in cui lo aveva visto combattere in sogno, eppure era stata un’immagine così concreta che quasi pensava potesse davvero essere successa. Lo aveva visto affrontare quegli estranei con coraggio, sfoggiando una tecnica singolare e invidiabile. Maestria e armonia fuse assieme, quasi fosse una danza. Ser Dayne non era ai livelli di nessuna delle persone che aveva conosciuto fino ad ora. Ipotizzò un duello con altre famose spade del re. I suoi esempi però potevano contare solo di due persone davvero valide: Jamie Lannister  e Barristan Selmi.
Il primo avrebbe potuto sconfiggerlo, certo, ma quando la Spada dell’Alba faceva parte della guarda reale, il leone di Lannister doveva essere molto più giovane di quando non fosse lui ora. Forse quindici o sedici anni, e per quanto un ragazzo non poteva certo avere la stessa conoscenza e bravura di un uomo maturo, ma non era solo per la maestria con la spada che stava considerando quel confronto, doveva valutare anche la prestanza fisica, e per quanto Jaime lo ricordasse con un torace grande non poteva minimamente essere paragonato a quello di Dayne.
Lo stesso valeva a dire con Barristan Selmi, eppure l’essere chiamato con l’appellativo di “Il Valoroso” gli attribuiva un particolare tassello in più.
Di una cosa però era certo: per quanto potessero essere i più validi cavalieri che avesse mai avuto il piacere di conoscere e avessero partecipato a numerose guerre in passato, non potevano avere il suo stesso sangue freddo. Jon sapeva che di fronte ad un non morto o ad un estraneo le cose erano molto diverse. Eppure se anche questo gli poteva infondere coraggio, sapeva che nemmeno lui poteva ritenere neanche lontanamente vicino alla disinvoltura che aveva la Spada dell’Alba quando aveva un’arma in mano.
E fu proprio con quella riflessione che nei suoi pensieri entrò di prepotenza l’immutabile espressione della maschera circondata da una matassa di fini capelli argentati: Viserys Targaryen. Era innegabile, anche lui poteva benissimo avvicinarsi ad una simile destrezza, aveva una tecnica invidiabile, non lo poteva discreditare in alcun modo e riflettendoci attentamente aveva anche molte similitudini con l’abilità che aveva la Spada dell’Alba nel suo sogno, solo appena più lente e più prevedibili.
Emise un lungo sospiro, stanco di tutti quei pensieri. Considerare Viserys più di quello che finora era stato, gli provocava una confusione incredibile e un senso di nausea gli si rivoltava nello stomaco. Non ne capiva il motivo, ma tutto ciò che fino adesso aveva considerato con cautela un iniziale rapporto basato sulla fiducia e sul rispetto poteva davvero essere cancellata via solo per un banale sospetto? Gli sembrava un completo paradosso; eppure doveva mettere sua madre prima di ogni altra cosa, altrimenti sentiva il terrore di poterla perdere di nuovo.
Quella paura lo faceva agire come l’uomo che non era mai stato, capace di diffidare di tutti, di considerare i suoi alleati dei possibili rivali o traditori… No quello non era lui.
Qualcosa si stava sfaldando nelle sue certezze, qualcosa che malauguratamente aveva cominciato a colorare la sua anima di nero ogni volta che quei pensieri lo attraversavano. E ogni volta che pensava al tempo che sua madre aveva trascorso lontano da Winterfell in compagnia proprio del principe Viserys. Jon aveva intuito che c’era qualcosa sotto che lei non gli aveva detto; non ne aveva le prove, ma prima o dopo avrebbe scoperto ciò che nascondevano quei due. Durante quella missione è accaduto qualcosa, me lo sento. E qualcosa mi dice che Elanon sa più di quanto voglia mostrare. Decise che una volta tornato a Winterfell le sue ricerche sarebbero partite con lei.

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Capitolo 62
*** Mattinata Alternativa ***


Lyanna Stark aveva frugato in quell’angusto locale adibito occasionalmente come una dispensa. Erano stati riposti viveri e provviste per alcuni giorni, troppo pochi per sfamare tutti, ecco la ragione per cui Jon aveva ordinato agli uomini di cacciare e pescare, sempre che lo strato di ghiaccio dei fiumi e dei laghetti, lo permetteva ovviamente. Era stato tutto raccolto in cinque grandi ceste e tre casse di legna. Per scaldarsi avrebbero usato la legna degli alberi, se fosse stata troppo umida avrebbero provveduto a farla asciugare dal respiro dei draghi. Lyanna dubitava che questa idea fosse venuta alla regina, semmai era più una speranza che aveva suo figlio, ma dopotutto gli uomini del nord avrebbero comunque trovato un modo per scaldarsi; quelli meno attrezzati erano i loro alleati, ma certamente i Targaryen avrebbero trovato un modo per dar loro un valido aiuto.
Si concentrò su quello che si era oramai prefissata di fare. I suoi occhi abituati alla penombra di quella stanza e asciutti di tutte le lacrime, vagavano cauti alla ricerca di ciò che le serviva. Non vi era nulla appeso, se non qualche ramoscello di spezie secche, che alcune cuoche avevano legato tra loro e messo lì in attesa di dar loro uno scopo. Il resto dei materiali erano tenuti però sul pavimento. Le mensole erano inutilizzabili poiché la cattiva conservazione aveva reso il legno marcio e la calce tra la roccia delle pareti era friabile. Dovevano quindi fare attenzione ai topi o a qualsiasi altro roditore che poteva sopraggiungere dal bosco, ecco perché avevano portato con loro anche un gatto. Furor era il suo nome. Una creatura enorme dal pelo grigio striato. Sulle orecchie aveva dei peletti più lunghi di colore nero. I suoi occhi erano gialli. A Winterfell era conosciuto come il più letale tra i felini presenti. Lyanna lo aveva visto in azione qualche volta, quando arrampicata tra le balaustre superiori delle mura assieme ad Arya perlustravano il perimetro del castello. Ora invece stava gironzolando pigramente tra le casse con la coda di un roditore tra le fauci. Evidentemente aveva appena soddisfatto la sua sete di predatore.
Le era poi passato di fianco guardandola con sfida e soffiandole, quasi la temesse come un rivale nel suo harem. La lady lo aveva fissato con disinteresse, senza nemmeno calcolarlo, superandolo veloce ed evitando con un piccolo balzo, la sua zampata micidiale, che mirava alla sua gamba.
-Non osare provarci di nuovo, se non vuoi che ti faccia tagliare le unghie delle zampe! – esplose con ira la donna, tirandogli contro un sacco, ma lo mancò mentre la creatura spariva beffarda dietro un baule in fondo alla stanza.
Libera da ogni altro intralcio, passò quindi in rassegna i vari recipienti per avere qualcosa su cui impegnare la giornata che sarebbe venuta in maniera del tutto diversa. La sua speranza era quella di coinvolgere anche altre persone a lei vicine.
Si accucciò su una gerla e vi guardò dentro. Vi trovò alcuni vasetti, li sollevò e li voltò per cercare di capire cosa contenessero. Ne ripose uno e ne tenne in mano gli altri due.
-Jon mi passi quella sacca? – gli disse senza levare la propria concentrazione dalla cesta di vimine sotto di sé. Il ragazzo eseguì quanto gli era stato richiesto senza porre ulteriori domande.
Lyanna la prese allungando una mano e vi ripose i vari ingredienti che le servivano. Suo figlio, che era rimasto in disparte fino a quel momento, lasciandola fare indisturbata, preso l’audacia di affiancarla e guardare meglio quanto stava per fare.
-A cosa ti serve questa roba, mamma? – le domandò buttando un occhio sul contenuto della sacca e del cesto.
 
Quando Lyanna gli aveva spiegato quali erano i suoi intenti, era rimasta meravigliata del suo scetticismo, ma non si era demoralizzata, anzi, questo l’aveva incentivata a continuare sulla sua idea. Era tornata poi, seguita diligentemente da suo figlio, nella grande sala presidenziale, dove stavano anche gli altri, che assaporavano pigri e taciturni un caldo e banale latte di capra, inzuppando di tanto in tanto dell’insipido pane raffermo.
-Ragazzi, perché questo silenzio tombale? – chiese lei euforica. Sembrava aver ritrovato la carica di un tempo. Lei per prima si domandava da dove le scaturisse tutta quell’allegria e voleva considerare di averla assimilata dall’abbraccio affettuoso scambiatosi con suo figlio, piuttosto che da altro – Un tempo i cortili di Winterfell era silenziosi solamente quando io e vostro zio Benjen sgattaiolavamo fuori dalle mura, all’oscuro da nostro padre. – raccontò, ricordando quelle loro briose scappatelle. I giovani alzarono i loro volti e la fissarono incuriositi.
-Anche noi ne abbiamo combinate di marachelle! – affermò orgogliosa Arya tirando una gomitata a Bran, il quale non parve non volersi scomporre dal suo torpore. Sansa reagì in maniera più composta sorseggiando la sua tazza con schiena dritta e preferendo non dire la sua. Daenerys accese i suoi occhi viola, puntandoli sui giovani Stark e passandoli in rassegna uno ad uno, tenendo per ultimo Jon. Lo sguardo che gli lanciò fu del tutto indecifrabile, Lyanna si chiese cosa stesse cercando in suo figlio, ma ogni sua aspettativa venne delusa, poiché la regina non si azzardò ad aprire bocca e Jon non voltò mai la sua attenzione alla madre dei draghi, tenendosi invece ombroso e riflessivo come al suo solito. La Stark per un attimo si domandò come avesse fatto a relazionarsi così bene coi figli di suo fratello dato che non sembrava avere quella selvaggia curiosità di avventura che invece aveva sua nipote Arya.
-Cosa sono tutte queste cose? – chiese Sansa interessata dalle cibarie che stava esponendo sul tavolo di fronte a loro, svuotando man mano la sacca – Quali sono le tue intenzioni, zia? –
-Che domande sono, Sansa? Questa notte è stata la più lunga dell’anno, la cerimonia del Sole Bianco. – vedendo la nipote completamente in panne aggiunse – Non fate mai la veglia dal tramonto all’alba successiva per il ritorno del sole? –
-La mia amica Jeyne Pool la faceva, ricordo. – mormorò con tono dapprima lieve, prima di trovare la sicurezza nella voce – Ma noi no, mai da che ne ho memoria. –
-Io ricordo di aver visto i falò dalla finestra della mia stanza. – Jon prese parola – Qualche volta vi ho anche partecipato con Robb, prima che Theon facesse la spia. –
-Ricordo che la vecchia Nan diceva che eravamo bambini del nord e dovevamo festeggiare gli alberi… – Arya rievocò alla mente qualche vecchia memoria.
-La vecchia Nan era forse la donna più saggia che avevate affianco. – disse dolcemente la lady – Anche ai nostri tempi amava terrorizzarci coi suoi racconti. In questo periodo ci diceva sempre se che non onoravamo questa festività, il sole non sarebbe sorto l’indomani e le tenebre sarebbero quindi venute a prenderci coi loro artigli di ghiaccio. Maestro Walys insisteva nel dire che erano solamente delle stupide credenze del popolino, screditava di fronte a nostro padre le parole della balia, ma a quei tempi l’influenza delle tradizioni del nord era forte. – soffiò forte dal naso mostrando risentimento per come poi tutto ciò fosse andato a rotoli quando suo fratello aveva preso le redini di Winterfell – Ad ogni modo, visto che a quanto pare non avete nemmeno idea di cosa rappresenti questo giorno, ve lo narrerò io. Le sue origini sono andate perdute, ma possiamo andare a ricercare qualche analoga verità tra le storie che si tramanda una casata a noi legata per vincoli antichi di sangue, più precisamente i Karstark. – udì Sansa sussurrare il nome di Alys, la lady sposata ad un bruto per volere di Jon, quando ancora era il Lord Comandante dei Guardiani della Notte.
-Nella loro famiglia si conserva una leggenda non del tutto dissimile da ciò che la Vecchia Nan amava raccontarci. Penso che sappiate che il fondatore di Karhold era uno Stark di nome Karlon, figlio cadetto di un antico re del nord, ma non penso sappiate il motivo per cui abbandonò il simbolo del lupo per prendere quello del sole dell’inverno. – i quattro ragazzi si fece attenti, anche se Bran apparve per un attimo smarrito tra i suoi pensieri – Quando era ancora un aitante giovane lord che vagava nella foresta del lupo, si diresse oltre Lago Lungo con alcuni suoi amici, per perlustrare quelle terre. Durante una battuta di caccia incontrò una strana donna tra i boschi. Il suo nome era Soraya che nell’antica lingua significa… –
-Luminosa come la luce del sole e della luna. – finì per lei Bran. Lyanna lo guardò per alcuni istanti incerta se prendersela per essere stata interrotta o fiera di avere almeno uno spettatore preparato. Il ragazzo le fece un cenno col capo per invitarla a proseguire.
-Si dice che fosse una strega dei boschi, alcuni pensano addirittura una figlia della foresta, altri che fosse solo una pazza, ma su una cosa tutti concordano: lei diceva di discendere direttamente dagli antichi re degli alberi. Karlon la portò con sé al suo ritorno e la fece diventare la sua sposa. Fu infatti lei a far conoscere questa tradizione alla nostra famiglia e da quel giorno divenne uso comune festeggiare quando il sole è nel suo declino la morte del vecchio re Agrifoglio per mano del suo successore Re Quercia che invece simboleggia l’anno nuovo ed il sole che inizia la sua ascesa. Quando poi Karlon venne onorato del titolo di lord e di terre, prese anche la donna dei boschi come sua sposa. I festeggiamenti della loro unione si dice siano avvenuti la notte che precedeva il solstizio d’inverno, e che lei fosse vestita di bianco come vuole la tradizione. Ecco quindi che Karlon scelse questi colori e il simbolo del sole dell’inverno come stemma. Il banchetto che si celebrò la mattina successiva ebbe però qualcosa di particolare. Fu Soraya a preparare il cibo che il suo sposo doveva mangiare, ecco perché noi donne, di qualunque rango apparteniamo, la mattina successiva alla notte più lunga prepariamo la colazione. – affermò con convinzione la donna, prima di scrutare nei volti dei suoi nipoti una certa perplessità. Anche la regina la osservò allibita prima di voltarsi verso suo fratello che stava in fondo alla stanza in completa solitudine – Non avete mai cucinato prima d’ora? – a Lyanna sembrava molto strana come cosa, così cercò con lo sguardo aiuto da suo fratello.
-Mi spiace deluderti, Lya, ma Ned non ha continuato le nostre vecchie abitudini. – affermò serafico.
-Per quale assurdo motivo? – si voltò ancora verso i giovani ragazzi delusa e amareggiata – Volete dirmi quindi che non siete mai scesi nelle cucine con vostra madre e i vostri fratelli a preparare i biscotti? – i giovani si guardarono con facce stranite, ma non espressero alcun pensiero.
-Diciamo che Lady Catelyn non era consona a certe attività, né propensa a inserirsi completamente nelle usanze del nord. – intervenne ancora il ranger con un leggero sorriso sulle labbra. Lyanna aprì la bocca stupefatta.
-Nostra madre era una seccatura sotto questo profilo. – assicurò Arya – Non ci faceva fare nulla di divertente, solo attività noiose e statiche. –
-Non dire assurdità, Arya. – protestò Sansa – Se nostra madre non ha mai continuato le tradizioni degli Stark, può essere anche dipeso dal fatto che nostro padre glielo potesse aver impedito. D’altronde come afferma nostra zia, se era una cosa che faceva con i suoi fratelli, magari non voleva rivangare passate sofferenze. – la ragazza cercò di trarre una deduzione logica ed effettivamente nessuno ebbe da protestare.
-Può anche essere come dici. – concluse Lyanna – Effettivamente noi scendevamo con nostra madre nelle cucine e passavamo l’intera giornata a ridere, prenderci in giro e lanciarci farina. Alla fine era più il macello che combinavamo sul pavimento che quello che riuscivamo davvero a preparare. –
-E qui si spiega perché quando Brandon fu mandato dai Dustin e Ned nella Valle, e restammo solo io e te, le cuoche ci hanno espressamente vietato di toccare le farine nelle dispense. – concluse Ben.
-Ma cucinavamo lo stesso. – rispose ostinata.
-Anche nostro padre? – chiese Sansa trasognata, già immaginandosi lo Stark con le mani tutte sporche.
-Prima che partisse per Nido dell’Aquila ricordo che mi aiutava ad impastare. Nostra madre diceva che era molto bravo, paziente e disciplinato. La pazienza fatta persona. –
-Cosa che a te è sempre mancata. – si espresse Ben, tirandole un’uvetta passita sulla guancia.
-Io non amavo perdere tempo, è diverso. –
-Ecco perché lavoravi il composto prima che ancora avesse lievitato del tutto. – spiegò lui. Lyanna lo guardò poco convinta, poi si rivolse ancora verso le sue nipoti che parevano essere molto interessate all’argomento.
-Quando tornava da Borrowtown, anche Brandon ci dava una mano. – disse snervata, scansando un secondo lancio di Ben e appoggiando un sacco di farina al centro del tavolo. Prese una tazza vuota e versò delle piccole montagnole di fronte ad ognuno di loro. Bran come c’era da aspettarselo declinò l’invito non appena lei gli si avvicinò.
-Era anche bravo sotto certi aspetti, ma si distraeva… E poi preferiva infornare altri tipi di pagnotte. – alla battuta di Benjen risero sia Jon che Arya. Lyanna gli lanciò addosso una manciata di farina, per farlo stare zitto. Sansa divenne rossa per l’imbarazzo per ciò che aveva appena sentito. Il guardiano della notte continuò ad esprimersi, scuotendosi la polvere bianca di dosso – Invece vostra zia realizzava pietanze dalle forme più bizzarre e finivi per rischiare la vita se ti capitava di assaggiarle. –
-Tu invece non eri di grande aiuto, dato che scambiavi i barattoli o mi passavi gli ingredienti sbagliati! – lo rimproverò giocosa.
-E, spiegami, dove stava il divertimento altrimenti? – scherzò lui facendo scorrere un uovo sul tavolo che lei prontamente prese prima che ruzzolasse dalla parte opposta. Fu obbligata a stendere mezzo busto sul legno, appoggiando i seni sulla montagnola di farina che aveva preparato precedentemente di fronte a sé. Ovviamente questa compressa dal suo soffice peso esplose attorno alla donna facendo alzare la polvere su di lei come fosse una nuvola che l’avvolgeva. I ragazzi attorno a lei scoppiarono a ridere.
-Oh, sorellina, come ti dona il bianco! – lei alzò il capo e lo guardò indispettita. Un po’ di farina le era entrata anche nel naso, facendola starnutire con fastidio. Questo produsse un’altra nuvola di pulviscolo. Quando si rialzò era piena di polvere candida ovunque: sull’abito, sulle guance, sul naso e sui capelli.
-Sei più fastidioso di quanto ricordassi, fratellino. – lanciò uno sguardo furioso verso di lui, che si stava sbellicando dalle risate. Anche le sue nipoti ridevano per quella scenetta comica e Jon prese le sue difese.
-Zio, abbi pietà. Non infierire così, non è onorevole schernire una donna in questa maniera. – si era accorta che gli occhi di suo figlio involontariamente avevano puntato sul suo corpetto, che ora era imbiancato e gran parte della farina le si era anche appoggiata sulla pelle del petto. Si era sentita le guance infuocarsi e aveva prontamente cercato di rimediare, battendoci le mani sopra. Il ragazzo aveva subito spostato il volto in un’altra direzione. Non seppe spiegarsi il motivo, ma pareva come in cerca di qualcuno. Lo vide poi puntare gli occhi in un’unica direzione e fermarsi ad esaminare una figura alle sue spalle. Questo la incuriosì e la convinse a voltarsi, portando anche lei la sua attenzione verso quella stessa direzione, scoprendo che quello che stava guardando suo figlio altri non era che il principe drago.
Le sue guance si arrossarono ripensando ai precedenti momenti trascorsi con lui e finse di non averlo visto. Viserys stava seduto di fronte al camino ed era tutto intento a ravvivare il fuoco. Una scheggia fastidiosa le si piantò nel cuore conscia che mai si sarebbe avvicinato a lei per quella giornata. Era certa che non le avrebbe rivolto la parola facilmente, magari l’avrebbe evitata di nuovo per giorni interi, dopo quanto era successo poche ore prima ed il modo in cui era scappata via, senza nemmeno dargli una valida motivazione.
In automatico i suoi occhi individuarono anche l’altra chioma biondo argento in quella stanza. La regina era abbastanza vicina alla tavola dove stavano loro e sembrava notevolmente incuriosita da quell’atmosfera calorosa che si era creata tra i lupi. La vide alzarsi e raggiungere suo fratello, mettendogli una mano sulla schiena con fare affettuoso e notando la consueta reazione di lui, che arcuando il collo verso l’alto, non troppo, perché anche da seduto non era poi tanto inferiore all’altezza di lei. Lo vide accettare docile il bacio sulla guancia che sua sorella gli offriva. Quell’istante soave e affettuoso tra di loro, le fece risvegliare conosciute emozioni di estrema dolcezza… Poi Daenerys gli prese una mano e gliela strinse, portandosela al viso e con essa si fece una carezza, riaprendo gli occhi. Viserys le dedicò uno dei suoi sorrisi seri ed enigmistici, dato che i suoi occhi restavano celati dietro alla maschera, era difficile capire quale sentimento stesse provando, eppure dai suoi gesti Lyanna comprese che era sinceramente attaccato alla giovane regina. Lo vide cingerle la vita con l’altro braccio e stringersela addosso. Il bacio casto che le diede ad una mano fu per lei l’inevitabile concretezza di quanto già aveva immaginato. E senza che se ne rendesse conto, fu catapultata nel passato.
Rivide Rhaegar, seduto nella medesima posizione di Viserys… ah, dei quanto si somigliano… compiere quello stesso abbraccio con lei, mentre le poggiava l’intero lato del volto al suo ventre, l’orecchio aperto ad ogni minimo sentore, tenendo gli occhi chiusi, intonando una melodia, o semplicemente parlando col loro bambino dei progetti e del futuro… Il suo cuore mancò un colpo quando il suo sguardo vacillò pieno di lacrime e ritornò al presente. Non ebbe più il coraggio di affrontare quella visione e, spostando l’attenzione su Jon, lo vide mostrare una denota sofferenza e abbassare gli occhi. Pativa quasi anche lei quella stessa realtà, ma di certo non poteva ricordare… né nessuno poteva avergli raccontato di quei magici momenti trascorsi alla torre.
Capì che per suo figlio doveva esserci altro. Qualcos’altro lo turbava, qualcosa che non doveva per forza essere lo stesso che faceva male anche a lei. Era per Lyanna un sentimento nuovo, ma le piacque avvertire quel legame con suo figlio. Era sinonimo di empatia, una madre sapeva sempre quando suo figlio stava male. Non lo aveva potuto tenere tra le braccia quando era un bambino, ma ora che era adulto non significava che non avesse più bisogno delle cure di una madre.
Non sapeva dire con esattezza cosa lo preoccupasse, una parte di lei le fece dubitare di essere in grado di scoprirlo… e fu proprio riflettendo su questo pensiero che l’orgoglio si risvegliò, caparbio e ostinato: se anche non lo sapeva, doveva comunque cercare di scoprirlo.
E ancora una volta sentì la paura farsi breccia tra le sue membra per qualcosa che riguardava suo figlio. Ma stavolta non era paura di lasciarlo, no, mai più. Lo aveva promesso, inginocchiata di fronte all’albero cuore nel parco degli dei di Winterfell. Non avrebbe più permesso che nessuno la allontanasse mai da Jon. Tuttavia ciò che la rendeva inquieta era vederlo soffrire internamente, esattamente come lei… Sente la mancanza della bruta dai capelli rossi. E comprese che quello sguardo era quello di un uomo innamorato che aveva perduto l’amore. Jon pativa una sofferenza molto simile a quella che anche lei sentiva.
Ricercò quindi la forza che in quell’ultimo periodo le era mancata; doveva trovare il modo per superare le sue debolezze. Doveva farlo per Jon. Lui non avrebbe mai dovuto essere neanche lontanamente toccato da quella stessa logora sensazione di solitudine che aveva vissuto Rhaegar, lui non lo avrebbe permesso. Quello stato di abbandono che lo aveva accompagnato nella gioventù doveva essere qualcosa che non avrebbe mai dovuto nemmeno conoscere, eppure… Certo, Jon non era più un ragazzo, ormai era un uomo, un re; ciononostante quell’aria malinconica che gli si era cucita addosso, era un forte marcatura che suo padre gli aveva lasciato in dono, volente o nolente. Era parte del suo stesso sangue, ma purtroppo era anche parte di ciò che gli dei lo avevano obbligato ad essere, rendendolo assuefatto di quell’amara e nefanda realtà fin dal primo giorno in cui aveva emesso il suo primo vagito.
 
 
 
 
 
Raccolse da terra quella carota smilza e floscia che era stata scartata da una delle cuoche. Keitha era il suo nome, se non ricordava male. Keitha, la senza collo, l’avevano sopranominata alcuni uomini del castello. Era talmente grossa che il suo collo spariva tra il mento e le grosse tette, infossandole la cervice in un numero infinito di pieghe di grasso. Aveva le guance paffute e perennemente arrossate; se Elanon non avesse conosciuto le sue mansioni, avrebbe pensato che fosse dovuto dall’alcool più che dal freddo, ma forse molto dipendeva dalla fatica che era costretta a fare nel muovere tutti quei chili di lardo tra le cucine e la sala grande.
Data la sua approfondita conoscenza nell’arte culinaria, Keitha aveva scartato quella carota dal cesto che un garzone le aveva consegnato quella mattina stessa trovandola inadatta alla sua cucina. Al giovano ragazzo erano pure state tirare le orecchie e questo se l’era svignata, non appena era riuscito a liberarsi dalla sua presa. Nessuno avrebbe mai accusato la donna per averlo schiaffeggiato o tormentato un po', ma di certo sarebbe stato diverso se l’avessero vista lanciare quell’ortaggio, o se la notizia fosse giunta alle orecchie di lady Sansa. La lupa fulva avrebbe decretato il suo licenziamento immediato, tuttavia, se Jon fosse intervenuto con la sua clemenza, molto probabilmente la sua sorte sarebbe stata meno nefasta, subendo solo un declassamento di mansioni. Certo era che in entrambi i casi si sarebbe presto ritrovata ben lontana dalle cucine o da qualunque altro ambiente riscaldato dai forni.
Pur tuttavia poteva comprendere, da un lato, la scelta di quella donna. Mettere sui piatti dei suoi signori un ortaggio di scarsa qualità, avrebbe compromesso il gusto delle pietanze e tutte le sue fatiche avrebbero ottenuto un cattivo esito. Nondimeno, coi tempi che correvano, nulla doveva essere buttato. Una carota di così brutto aspetto, piuttosto che essere scartata via così, avrebbe potuto essere usata per sfamare i cavalli da traino o gli asini da soma.
Ma Keitha non ci aveva pensato. Non era sua mansione. Lei doveva provvedere alle cucine, ai pasti del re del nord e della sua famiglia, dei principi e di tutte le persone più influenti loro ospiti. Con lei lavoravano anche altre donne, ma erano tutte ai suoi ordini. Un solo alimento marcio poteva contagiare e compromettere tutto il cesto. Questo compito era stato affidato direttamente a coloro che accettavano le consegne e quel giorno era toccato a lei. Di solito se ne occupava un vecchio, ma era scivolato nel ghiaccio, rompendosi una gamba e non sapevano se avrebbe superato la notte.
Keitha non era decisamente abituata a fare la cernita nella maniera più corretta, o meglio a lei interessava unicamente la sua mansione, per cui portava nelle cucine tutto ciò che avrebbe potuto diventare alimento adatto a sfamare palati sopraffini. Al resto non dava proprio alcuna importanza. Si poteva dire che la sua intelligenza fosse limitata solo all’arte culinaria, ma c’era anche da darle credito dato che, da quando lei aveva preso possesso delle cucine, non si erano più verificati casi di cibo avariato o piatti poco salutari. Non avevano più dovuto buttare un cesto di verdura andato a male, e non avevano nemmeno mai mangiato un piatto poco saporito o nutriente. Gli uomini del sud si lamentavano per l’eccessivo sapore di cipolla o aglio, quelli dell’estremo sud per la mancanza di spezie, ma c’era anche da dire che ultimamente era calato di molto il tasso di infiammazioni respiratorie, polmoniti e malnutrizione tra i soldati del castello.
Elanon si rese conto che analizzare gli eventi guardando in maniera oggettiva ogni fattore, ogni situazione e ogni risultato, era diventato per lei abitudinario. Provvedere alla salute dei loro padroni le rendeva in qualche modo simili, lei e Keitha, poiché la vita di una serva era tutto ciò che conoscevano. Le nostre funzioni sono votate alla felicità dei nostri lord e lady, esattamente come i cavalieri lo sono di quegli dei che venerano tanto a sud. Pensò cupa. Lasciamo che alla guerra ci pensino i comandanti degli eserciti… e continuiamo a vivere nel nostro nord dove nessuno ci disturberà. Spesso aveva sentito i nordici lavarsi le mani dei problemi del reame, per poi lamentarsi di essere lasciati soli durante le incursioni dei kraken o dei bruti. Come il lupo che si morde la coda, quando ha già la pancia piena e non è più interessato ad attaccare altre prede succulente.
Considerò se fosse stato o meno idoneo dar voce alla propria opinione quel giorno, ma aveva seguito la sua natura di sottoposta, anche se continuava a pensarci e ripensarci. E non poteva che pensare che avessero sottovalutato il loro nemico. Gli Estranei non sono come la gente delle Isole di ferro, e non sono nemmeno disorganizzati come i bruti che attraversano la Barriera. Lei aveva visto in azione quei demoni di ghiaccio e non era certa che i provvedimenti scelti dai capitani degli eserciti alleati avrebbero fatto la differenza.
Prima di prendere in mano quella carota, si era incantata ad osservarla nella sua posizione di taglio, per metà infossata nella neve con la punta all’infuori minacciosa. Questo le aveva fatto ripensare alla fortificazione che circondava il castello. Una sorta di palizzata con gli spuntoni, le cui punte aguzze uscivano dalla neve, pronte ad infilarsi nelle carni delle prede che avanzavano. Animali, uomini o qualunque altra cosa che avesse provato ad avvicinarsi al castello. Si sarebbero fermati per evitare di essere infilzati come pollo allo spiedo… Avrebbero però fermato un esercito di esseri morti che non provavano dolore, fame o fatica?
Era stato rinforzato tutto il perimetro delle mura esterne in questa maniera. Seppur Winterfell fosse già provvista di ben due cinte murarie di pietra, quella interna più alta di quella esterna, Jon aveva ordinato che venissero aggiunte delle ulteriori sicurezze. Era stato scavato un secondo fossato a cento piedi dalla palizzata di legno. Da quello che aveva sentito dire dagli scavatori, era stato svuotato più a fondo questa volta, rendendolo molto più profondo del primo. Le sue sponde però erano irregolari. Avevano adoperato poi la conoscenza dei maestri e del sacerdote rosso arrivato con la Fratellanza di lord Dondarion per creare una formula alchemica e metterla sul fondo. Dopo di che era stato tutto ricoperto di fogliame e resti di legna inutilizzabile per i fuochi all’aperto e per i camini all’interno. Quella legna un tempo che aveva rivestito le stalle, bruciate qualche mese addietro, e anche quelle travi ritrovate qua e là dopo le incursioni dei Greyjoy e dei Bolton. Ma ora, a causa delle incessanti nevicate ogni avvallamento scavato era stato interamente colmato da una coltre bianca e successivamente, a causa delle rigide temperature, si era impaccata, rendendo così ogni sforzo inutile, facendo risultare ogni cosa allo stesso livello. Un fossato coperto di neve… dei pali di legno esterni… un’altra buca piena di fango ghiacciato… e due muri di pietra… Se la Grande Barriera non è riuscita a contenere gli Estranei, come possiamo sperare di aver la meglio con delle banalità simili? Si era domandata un giorno, ma non aveva mai osato porre quella domanda a voce alta. Lei era una donna, per di più una serva. Nessuno l’avrebbe ascoltata. Si morse la lingua per questo. Se fossi nata maschio molto probabilmente la mia vita sarebbe stata differente… e ora almeno avrebbero una ragione in più per ascoltarmi! Un pensiero dolce però la scoraggiò. Ma lui non mi avrebbe nemmeno degnata di uno sguardo. Invece un altro pensiero la fece sorridere: Lya invece sa come farsi sentire, anche se è solo una donna. Ed era certa che la lady si farebbe ascoltare anche se il suo retaggio non le avesse permesso di partecipare alle riunioni. Lyanna, se anche non fosse stata la madre del re, non avrebbe avuto remore alcuna ad aprir bocca di fronte ad una qualsiasi faccenda che non avrebbe considerato corretta. Che questo avesse compromesso la decisione del consiglio del re del nord o meno. Le era giunta voce che la lady avesse davvero sollevato obbiezioni proprio a tal proposito, ma era stata costretta a lasciare la sala quando si era scaraventata contro un uomo dothraky che l’aveva definita “cagna ruspante” non sapendo come tradurre nella lingua comune un concetto molto più simile a lupa feroce.
La Stark non era una donna che s’intendeva di tattiche da guerra, ma aveva delle buone idee e sapeva analizzare concretamente ogni situazione, soprattutto quelle in campo bellico… anche se poi perdeva la pazienza nell’ascoltare tutti i pareri discordanti e agiva d’impulso.
Teneva ancora in mano quella carota. Era rigida per via del freddo composto che l’aveva conservata e congelata, però se premeva abbastanza, poteva sentire sotto ai suoi polpastrelli la mollezza di quell’ortaggio maturano male. Osservò il compimento della sua opera. Una punta acuminata… era proprio ciò che le serviva. Beh, in realtà era leggermente storta e non stava nemmeno bene impiantata, ma d’altro canto lei non aveva intenzioni belliche, anzi… i suoi intenti in quel momento erano tutt’altro.
Attendere. Osservare. Raccogliere informazioni. A dir la verità era pressoché inutile ora come ora dato che la maggior parte delle persone che doveva sorvegliare erano partiti al fianco di milady o dei signori dei draghi, ma il compito che lui le aveva assegnato era proprio questo.
C’erano altri che potevano cercare informazioni, approfittando proprio dell’assenza dei più influenti e lei doveva fare attenzione e captare proprio questo genere di piccoli informatori che si potevano nascondere dietro al volto di un ingenuo bambino, o di uno storpio, oppure di un mendicante che fingeva di esserlo. I suoi occhi dovevano analizzare ogni persona che entrava ed usciva.
Ogni persona che entrava ed usciva da quel portale di legno avrebbe dovuto essere perquisita fin nelle mutande, ma gli ordini di Jon differivano notevolmente dai consigli che il principe gli aveva suggerito. Elanon non poteva biasimare il suo re. Lui stava facendo ciò che ogni signore di Winterfell aveva sempre fatto durante l’inverno: aprire le porte per ospitare chi aveva bisogno di un riparo e quello pareva essere un inverno che non avrebbe avuto un epilogo a breve.
 
Si sentì soddisfatta e batté i palmi delle mani tra loro per scacciare via i cristalli di ghiaccio incastrati tra le pieghe dei guanti. Piegò appena le labbra in un sorriso e si mostrò compiaciuta. Posso dirmi soddisfatta per quest’oggi. Aveva ottenuto il risultato sperato e poteva tornare dentro a scaldarsi di fronte al fuoco di un caminetto. Quel pupazzo di neve era stato un ottimo passatempo. Con i pezzi di corteccia aveva creato gli occhi e la bocca; con sassolini e muschio, i bottoni del farsetto. Gli aveva messo in testa dei pezzi di cuoio, scartati dal fabbro per le armature, cercando di ricreare un cappuccio e aveva modellato le braccia e le mani affinché sembrasse impugnare un bastone come una forca. Sorrise triste al pensiero che dopo tutti quegli anni lei era rimasta ancora quella bambina nell’animo che il destino aveva deciso di far crescere in fretta. La stessa fanciulla che anni addietro venne scelta dal figlio cadetto del lord di Winterfell per farla entrare tra la servitù della corte di del più grande castello del nord. Mai nella vita aveva sperato di lavorare presso gli Stark, ed il suo sogno non finiva qui… Avrebbe potuto diventare anche una lady un giorno… una vera lady questa volta, senza se e senza ma. Involontariamente addolcì i tratti del viso ed il suo cuore si sciolse al pensiero che avrebbe potuto essere la sua lady. Scosse velocemente il capo, scacciando via ogni immagine che le era tornata alla mente. Quelli erano stati solo sogni onirici di un giovane fantasioso e di una giovinetta innamorata. La realtà era stata loro sbattuta in faccia con crudeltà; i loro destini li avevano separati.
Elanon non lo aveva mai incolpato, né aveva incolpato sé stessa. Dopotutto avevano solo creduto che l’amore potesse vincere ogni cosa, ma erano giovani, impacciati e inesperti. Ed il mondo stava cambiando di fronte ai loro occhi. Eppure ricordare quanto erano stati belli quei momenti, era pure piacevole. L’amore era un sentimento che poteva modificare la vita di ogni singola persona; bastava prendere una decisione. Una volta soltanto. Bastava che uno di loro scegliesse di fare la mossa giusta… E c’era stata una persona che aveva mosso i piedi in una direzione. Avuto il coraggio di fare la cosa giusta, anche se pochi erano di questa opinione. Ai loro tempi seguire il proprio cuore poteva voler dire sbagliare… non che ora le cose fossero diverse.
Lyanna però era stata più scaltra di loro, ma ne aveva anche pagato il prezzo. E loro con lei. Eppure ancora adesso Elanon, non riusciva a condannarla. Al contrario, la riteneva temeraria esattamente come il primo giorno in cui l’aveva conosciuta. Lei aveva avuto la forza per cambiare la sua vita, cosa che né Elanon, né nessun’altra donna vissuta ai loro tempi aveva mai fatto. L’amore ci dona una forza incredibile Ele, il cuore ci indica la strada, bisogna solo avere orecchie per ascoltarlo. L’amore… negli anni, Elanon aveva appurato che quel sentimento non bastava per far sì che due persone potessero vivere il resto dei loro giorni assieme. E questa certezza ancora adesso non era riuscita a frantumarla.
 
Non aveva alcun ricordo dei suoi genitori, non ricordava il volto di sua madre, né la sua voce, tuttavia aveva avuto modo di rincontrare suo padre. Ma se avesse saputo l’esito finale, avrebbe preferito non averlo mai fatto.
Aveva appreso la storia delle sue origini un po' qua e un po' là, e alla fine aveva collegato le varie parti ottenendo pressappoco una realista versione dei fatti. Negli anni della sua infanzia aveva assorbito l’influenza di svariate persone: la donna che l’aveva adottata non le aveva mai tenuto segreto nulla, i suoi fratellastri l’avevano messa al corrente dell’aspetto ruvido del loro genitore in comune, e la loro madre non si era mai risparmiata di dimostrare un forte sdegno sia per lei che per la donna che l’aveva partorita.
Elery. Questo era il nome di sua madre. Era una semplice popolana proveniente da uno dei villaggi limitrofi al castello di Torrhen’s Square. All’età di dodici anni, venne assunta assieme ad altre ragazze per servire presso le cucine del forte. Lì ebbe modo di fare la conoscenza del giovane lord Benford, il primogenito della famiglia Tallhart, più grande di lei di quasi dieci anni. Essendo quindi l’erede diretto era stato promesso a Adelle Slate, una sua coetanea, figlia del lord di Blackpool. Elery nel tempo era poi divenuta la serva personale della lady. Metteva tutto il suo impegno nelle faccende che le venivano commissionate e girovagando per i corridoi presto si imbatté in lord Benford, che cominciò a notarla, anche se in un primo periodo rimase discreto nei suoi riguardi. Lady Adelle venne costretta a letto ad ogni gravidanza e Benford cercò appagamento verso altre strade. Nei cinque anni a seguire, frustrato per il lungo tempo di distacco da un corpo caldo nel suo letto, Benford cercò infine anche le attenzioni di Elery già fortemente invaghita del suo signore, e presto si convinse che i suoi sentimenti erano ricambiati. E non fu quindi una sorpresa, quando mise al mondo una bambina di nome Elanon. Ella venne alla luce nell’ora più buia della notte, l’ora chiamata del lupo… probabilmente il mio destino era segnato fin dal primo giorno in cui emisi il primo vagito, ma all’epoca ancora non lo potevo sapere.
Tutti sapevano chi fosse il padre. La bambina crebbe nelle cucine del palazzo e spesso i suoi fratelli maggiori, Helman e Leopold giocavano con lei, con forte ripugnanza di lady Adelle. Nessuno seppe la ragione per cui Benford però non sentì mai il bisogno di riconoscere quella bambina quale sua figlia. Per cui Elanon non ebbe mai modo di sfoggiare il cognome dei bastardi del nord.
Lord Harman, il padre di Benford non usò mai interferire nelle scelte di suo figlio, troppo occupato a piangere la tragica e prematura morte della moglie, lady Ilyria Stark, caduta malamente da cavallo qualche anno prima.
Lady Adelle però non poteva tollerare questa situazione ed escogitò un modo per liberarsi sia di lei che della piccola bastarda. Ingannò Elery dicendole che Benford voleva riconoscere Elanon durante un sontuoso banchetto in onore del giorno del nome di lord Harman. Le disse inoltre che non poteva presentarsi con gli abiti strappati e logori di una comune serva, altrimenti avrebbe fatto sfigurare tutti loro. Così la portò nelle stanze di lady Ilyria, dopotutto Elery aveva la stessa taglia della precedente lady, essendo di costituzione minuta, e “nessun capo d’abbigliamento serve ad una morta.” Fece vestire Elery con l’abito più bello, le mise addosso anche i gioielli, la fece pettinare e la convinse che Benford sarebbe venuto a prenderla e avrebbe molto apprezzato questo suo nuovo aspetto, tanto da farle sempre indossare abiti simili. L’ingenua serva quindi rimase in quelle stanze in attesa che egli arrivasse, ma si presentò invece lord Harman che vedendola disonorare così la memoria della moglie, ordinò che venisse immediatamente cacciata dal castello.
Lord Benford arrivato di lì a poco coi suoi figli non mosse un dito per difenderla, rimase inerme perfino quando suo padre prese per un orecchio la piccola Elanon e la strappasse dall’affetto dei suoi fratelli. Che spariscano entrambe dalla mia vista! Ordinò. Gli unici a compiangere la sua partenza furono i suoi due fratelli maggiori che all’età di 8 e 6 anni si erano ormai già fortemente legati alla sorellastra.
Elery fu costretta a tornare al villaggio dov’era nata, ma la sua famiglia non la riaccolse a braccia aperte; altre due bocche da sfamare erano troppe e l’idea di avere un bastardo in casa non li rese più tolleranti. Elery privata di un lavoro e di una casa, e con una bambina di tre anni da accudire, fu costretta a mendicare per un pezzo di pane. Trovò un tetto e delle cure presso una casa del piacere; una prostituta dal buon cuore ebbe pietà di lei e la nascose per qualche mese, ma il proprietario di quella residenza scoprì l’accaduto e la ricattò: le avrebbe permesso di restare, solo se gli avesse ripagato in denaro tutto ciò che gli aveva rubato. La giovane donna, senza altra possibilità, dovette accettare quando lui le offrì un lavoro in quello stabile.
Ebbe però notevoli difficoltà ad ambientarsi in quel nuovo posto di lavoro, pativa la situazione e questo comprometteva i suoi guadagni perché gli uomini si rifiutano di pagare quando il servizio non è dei migliori. Inoltre l’inverno cominciò a mietere le sue vittime coi suoi pericolosi artigli e con esso portò anche forti sciagure. Vi fu una brutta epidemia di vaiolo ed Elanon contrasse la malattia. Sua madre fu obbligata a impegnarsi con più convinzione per racimolare maggior denaro per le sue cure. Non potendo più tenere la bambina con sé, Elery la affidò alle cure di Leara, una guaritrice di sua conoscenza. La donna si prese cura di Elanon e dopo numerosi giorni la bambina finalmente guarì. Fece quindi chiamare sua madre per riportarla a casa, ma colei che bussò alla porta fu una donna irriconoscibile. Elery era piena di brutti lividi sul collo e sulle braccia. Il volto era talmente gonfio e tumefatto che Leara la riconobbe solo per il colore degli occhi. Scoprì che il proprietario del bordello non era intervenuto per difenderla, quando un mercenario di passaggio l’aveva aggredita. Elery morì tra le braccia di Leara. Sei giunta a toccare la mano di tua madre, ma era troppo tardi per lei. Le aveva raccontato quando Elanon aveva ormai dieci anni.
Leara si prese cura di lei ed Elanon crebbe al fianco di Ulliam, il figlio della donna. Imparò presto ad occuparsi di una casa, a cucinare, a rammendare gli abiti, ma anche a destreggiarsi nelle cure mediche e a pulire gli attrezzi delle fucine dei maniscalchi, dove il ragazzo faceva da garzone. A volte, quando gli adulti dormivano, lei e Ulliam, erano soliti scendere nella fucina e impugnare arpioni o spade ancora da bilanciare, fingendosi dei veri cavalieri e inscenando epici duelli. Ully, fin da ragazzo, era sempre stato forte fisicamente, coraggioso e intrepido, tanto che nel tempo divenne uno dei soldati della guardia cittadini di Torrhen’s Square. Quando Leara morì, Ully prese residenza fissa presso la guarnigione di Talltree, la torre dei Tallhart, ed Elanon decise di seguirlo. Ully la presentò inizialmente come sua sorella, ma quando gli occhi di Helman Tallhart si posarono su di lei disse queste parole: Potrà anche essere cresciuta con te, ma riconosco chi ha il mio stesso sangue nelle vene. Helman era divenuto un ragazzo saggio, comprensibile e ragionevole. Vivere a Seagard lo aveva non solo reso un cavaliere, ma anche gli aveva permesso di capire quanto rilevante fosse l’importanza di tenersi stretti i membri della propria famiglia. Aveva sempre avuto buona memoria del passato e non si era mai dimenticato di quella sorella che suo nonno fece cacciare dal castello. E per questa ragione la condusse immediatamente nella sala grande. Fratello, lei è la sorella che nostro nonno allontanò. Elanon ricordava ancora gli occhi blu pallido di Leobald fissarla incuriosito, era chiaro che la sua memoria non fosse buona come quella di Helman, ma non per questo le voleva meno bene. I due fratelli l’accolsero con gioia e le diedero una stanza tutta sua. Elanon ebbe quindi modo di vivere tra le mura di quell’alta torre, prendendo a compiere le mansioni da serva per non restare con le mani in mano, anche se i suoi fratelli le ripetevano sempre che non era necessario che lo facesse. Imparò ad andare a cavallo grazie a loro e si allenò col tiro dell’arco, dimostrandosi una vera Tallhart.
Lord Benford però non si dimostrò altrettanto entusiasta di averla sotto lo stesso tetto. Avrà anche il mio aspetto, ma gli occhi li ha ereditati da quella serva. Affermò con tono sprezzante. Helman prese le difese della sorella. Esattamente come io ho i ricci di mia madre e mio fratello ha l’altezza degli Slate. Siamo pur sempre i vostri figli però, non è così padre? Il ragazzo lo zittì, d’altronde era facile ora per lui avere la meglio, dato che il vecchio lord era costretto a letto. Durante un’incursione di bruti nelle terre del Nord, il vecchio lord si era messo a cavallo e fosse stato però disarcionato. Tuttavia era sopravvissuto alla caduta, anche una delle sue gambe era rimasta per troppo tempo sotto al pesante cadavere del suo stallone. Era stato ritrovato in quelle condizioni, molte ore dopo. I maestri avevano fatto quanto era in loro potere, ma avevano dovuto amputargli una gamba ormai già in fase di forte cancrena. I lunghi mesi successivi lo avevano ulteriormente indebolito, tanto che non era nemmeno più riuscito a sorreggersi da solo col bastone. Ogni mansione del palazzo era così caduta nelle mani di Helman, che si era rivelato essere un ottimo lord.
La freddezza di lord Benford però non fu l’unica difficoltà che Elanon incontrò. La madre di Helman e Leobald, lady Adelle, non si mostrò per nulla accondiscendente. Non appena la vide ordinò il suo allontanamento immediato. Gli anni l’avevano resa ancora più acida, arrogante e scontrosa, e vedere il seme del tradimento di suo marito ridere e scherzare coi suoi figli era qualcosa che non tollerava. Non voglio che questa sudicia servetta viva qui sotto il nostro stesso tetto. Parla come una volgare popolana ed è senza alcuna educazione. Ci metterà in imbarazzo con la nostra corte! Helman ancora una volta si oppose caparbio. È mia sorella. Già una volta siamo stati privati di averla qui. Fu però suo fratello Leobald, a proporre una soluzione alternativa. Se il problema è davvero la sua educazione, fratello, allora diamole la possibilità di imparare. La prossima settimana andrò a Hornwood. Chiederò a lord Rogar se una delle sue figlie può prenderla come sua damigella.
Elanon partì quindi col più giovane dei suoi fratellastri, e gli Hornwood l’accolsero senza alcuna apparente protesta; la trattarono sempre con gentilezza. Sei arrivata giusto in tempo. Ci è appena giunta notizia di un grande torneo nelle terre dei fiumi. Accompagnerai mia figlia Berena!
E fu così che divenne coppiera presso quella famiglia, mentre la giovane lady Hornwood la considerò come la sorella che mai aveva avuto. Elanon ci mise poco ad ambientarsi, scoprendo quanto le piacesse la vita del castello. Non era mai stata ambiziosa, non si era mai illusa di diventare qualcosa di più di quello che era. Per quanto Helman sottoponesse costantemente suo padre alla solita domanda, lord Benford si rifiutava di riconoscere la sorella come sua figlia naturale. Per cui lei non adottò mai il cognome dei bastardi del nord. Ciò che ora aveva le bastava e non osava chiedere di più. Berena invece era una ragazza che amava fantasticare senza freni.
Durante il torneo di Harrenhal affermò che il giovane Lannister appena investito della nomina di guardia reale l’avesse notata e volesse rinunciare ai suoi voti. Per due giorni continuò a dire di aver ricevuto le attenzioni di un dorniano e addirittura sostenne che il principe drago ebbe un tentennamento su chi scegliere da incoronare e per diversi secondi si fermò di fronte a lei, prima di preferire Lyanna Stark.
Elanon sapeva che nessuna di quelle cose fosse vera, ma conosceva la giovane Hornwood e sapeva di quanta fantasia era dotata. Fantasie che lei invece non aveva mai avuto; non aveva mai fantasticato ad occhi aperti, ecco perché quando Benjen Stark era letteralmente piombato nella sua vita aveva faticato a credere alle sue parole. Ma non ci aveva messo molto a convincersi del fatto che finalmente fosse giunto per lei il suo riscatto. L’amore forse questa volta avrebbe vinto sopra ogni altra cosa e non avrebbe avuto importanza se lei era di un rango ancora inferiore ad una Snow, o se Ben era il quarto figlio del Lord di Winterfell: loro si sarebbero amati sempre e avrebbero trovato il modo perché la vita non li dividesse. Purtroppo però il primo giorno in cui mise piede in questo grande castello, prese coscienza per la seconda volta che l’alto lignaggio, il sangue nobile e la ricchezza non facevano la felicità del lord che li possedeva.
Lord Rickard era un uomo molto freddo che dimostrava affetto solo in rari momenti della giornata. Doveva aver amato molto sua moglie, perché dal giorno in cui l’aveva persa non aveva più pensato a sposarsi, crescendo da solo i suoi quattro figli, senza dar loro nessun’altra figura materna. Ma per quanto avesse amato sua moglie in passato, era palese che non avesse mai smesso di ambire alla sua vendetta personale. Dal momento in cui l’aveva perduta, si era prefissato come unico scopo della vita il soddisfare quelle che lui chiamava le ultime volontà della sua amata madre. Dogmi che aveva succhiato assieme al latte, quando lei lo teneva al seno.
Da quello che Elanon aveva potuto capire dalle logorroiche chiacchiere di Marlene, e dagli sporadici discorsi di Brandon, i fatti non erano proprio come il lord li enunciava. Benjen poi le aveva narrato ciò che aveva appreso. Essendo quasi coetaneo di Lyanna, non aveva molti ricordi di sua madre, o del suo rapporto col lord loro padre, e i loro fratelli maggiori avevano in qualche modo cercato di evitare l’argomento, preferendo preservare la memoria della donna, quasi cercando di convincerli che non vi fossero mai stati problemi a tormentarla. Ma Elanon aveva avvertito un chiaro cerchio di segretezza che avrebbe trovato riposta altrove. La Vecchia Nan e gli altri servi più anziani avevano aggiunto altre notizie, che l’avevano aiutata a comprendere meglio tutta la situazione.
Lord Rickard non era un uomo cattivo, ma esattamente come il lord suo padre, avrebbe potuto essere un genitore migliore.
Nel presente che adesso si presentava ai suoi occhi, Elanon aveva potuto constatare i pessimi risultati del suo operato. Brandon Stark era morto e non da eroe: tutto il suo coraggio, il suo ardore, la sua brama, erano stati strozzati da un folle tentativo di presunzione e vendetta, mentre suo padre era arso vivo nella sua stessa armatura, credendosi probabilmente invincibile con essa. Ned Stark aveva valorosamente mantenuto il seggio con rispettabilità e devozione, sedendosi su una sedia più grande di lui, sposando una donna che non amava e tacendo al suo stesso migliore amico un segreto scomodo per quasi due decenni. Benjen infine aveva scelto la segregazione in una confraternita che lo avrebbe allontanato per sempre dalla sua famiglia… e da lei.
Ne valeva davvero la pena Lord Stark? Sacrificare la vita di ognuno dei tuoi figli per la tua personale vendetta? Aveva chiesto di fronte alla sua statua quella medesima mattina. La fredda rigidità di quel volto scolpito nella pietra ed il silenzio tombale delle cripte erano stati l’unica risposta che aveva ricevuto. Sapeva che la cappella sotterranea non era un luogo accessibile a chiunque, ma ci era stata talmente tante volte con Benjen e Lyanna che in qualche modo si sentiva di appartenere a quella famiglia… se solo si fosse impegnato di più ad ascoltare le parole dei suoi figli, non li avrebbe mai persi. Non sono certa che Lyanna sia stata l’unica a cercare di fuggire… Brandon non era molto distante dal fare una scelta simile e Ned… beh, non pareva amare la sua vita qui a Winterfell. Benjen poi cercava l’avventura e il modo per andarsene lontano da queste mura. Lyanna perché non ci hai portato con te quel giorno?
Già… Lyanna aveva preso molto dell’ostinazione di suo padre. Dopo averla vista in atteggiamenti equivocabili con Viserys, la sua amica le aveva tolto ogni cosa: il saluto, il lavoro, la rispettabilità e la libertà. Non poteva affatto biasimarla, il comportamento e le bugie del principe Targaryen la stavano confondendo ed esasperando. Proprio per questo motivo si era sentita di prendere le sue difese quel giorno, ma era accaduto l’impensabile. Per quanto Elanon avesse provato a convincerlo a mostrare il suo vero volto, lui pareva non sentirne il bisogno, ma inevitabilmente, lo aveva capito, ne soffriva. Dentro di lei qualcosa era scattato quando il principe le aveva chiesto l’ennesimo favore. Non ci aveva più visto; aveva scorto nella vita troppe persone amarsi e allontanarsi, era stata vittima di questi eventi fin da quando era nata e non poteva sopportare di vedere ancora patimenti d’amore. Con Lyanna poi, proprio non ce la faceva. L’aveva sempre stimata per la forza di ribellarsi ed il coraggio di non mollare mai. L’aveva appoggiata, quando aveva scoperto del suo segreto e l’aveva coperta durante la sua fuga col figlio del re. E non si era mai pentita di averlo fatto. E ora toccava a lei combattere per far sì che i due riuscissero ad avere un posto sereno a cui tornare. Doveva trovare il modo per sedare ogni malumore creatosi. Doveva dar loro un ambiente pacifico che facesse da sfondo alle difficoltà di un chiarimento di quella portata.
 
Si era alzata da terra, aveva mosso la gonna per scacciare la polvere di cristallo che le si era appiccicata addosso e aveva percorso il Grande Cortile dell’Inverno, dopotutto non era ancora il momento del suo appuntamento e non essendoci nemmeno uno Stark presente a Winterfell era libera di muoversi senza problemi. Un tempo non sarebbe mai accaduta una cosa del genere. “Uno Stark deve sempre stare a Winterfell…” Era stata proprio questa la frase di saluto di Lord Rickard Stark quando era sceso alla capitale, vestendo la sua grigia armatura per andare a liberare il suo primogenito e obbligando quindi Benjen a rimanere a presiedere il seggio della loro casata; impreparato, pieno di rimorsi, impaurito e solo. Stava con la mente rivolta al passato, quando si sentì strattonare per un braccio e portare in disparte sotto le arcate del corridoio riparato.
-Perdonami, Elanon, ma ultimamente è diventato molto difficile riuscire a comunicare con te, se prima non si chiede udienza al principe Targaryen. – la voce di lady Brienne era tesa e minacciosa – Abbiamo forse pochi istanti di libertà e voglio usarli alla meglio! – la fissò negli occhi con quel volto enorme e squadrato – Dimmi, hai portato la tua fedeltà interamente a quell’uomo perfido e senza scrupolo? –
-Oh, Brienne, quanto sei lontana dalla verità. – le disse sbuffando stancamente.
-Se è così allora illuminami. Avanti! – le strinse il tessuto dell’abito all’altezza del petto e la schiacciò contro il muro – Quale aggettivo per descriverlo avrei sbagliato? –
-Nessuno. O forse tutti… non posso saperlo con esattezza. – affermò ostinata – Ma mi fido del mio sesto senso. E mi dice che non è la persona che tu credi possa essere. – si mosse con decisione – E levami le mani di dosso. Non sei la lady a cui devo dare spiegazioni! – si scansò da lei con fare irritante. Le si mise di spalle e si aggiustò l’abito tutto stropicciato, constatando se aveva o meno strappato parte del tessuto.
-Ho giurato di proteggere le giovani figlie di Catelyn Stark. Ho diritto di sapere se qualcuno sta voltando loro le spalle. E mi sento obbligata anche nei confronti di lady Lyanna. Ha la mia stima dato che mi ha sempre trattato con cortesia e rispetto. – Brienne rispose risoluta con quella voce gracchiante e fastidiosamente grossa.
-E non verrai meno dei tuoi impegni, se non ti impicci dei miei affari. – continuò Elanon guardandola in tralice.
-Ti chiedo scusa, se le mie parole ti hanno forse offesa, ma devi un tantino comprendere che il tuo atteggiamento lascia poca fantasia al riguardo. Ho fatto ricerche su di te e non è stato difficile scoprire il tuo passato. – fece una pausa ad effetto. Elanon serrò le labbra infastidita, ancora prima che lei continuasse – Cosa ti ha offerto? – la vergine di Tarth incrociò le braccia al petto, la pettorina di pelle e acciaio scricchiolò a quel gesto – Denaro? Un titolo, magari? O più semplicemente il suo letto? –
-Per chi mi hai preso? – Elanon si era voltata di scatto e le si era parata di fronte. A ridosso dell’imponenza di quella donna si sentiva una bambina, ma non le avrebbe mai permesso di additarla come una poco di buono – Credi che basti così poco per comprarmi? O credi che una donna del Nord sia così facile da mettere in ginocchio? Forse sarai anche venuta a scoprire ciò che ho passato nella mia vita, ma non pensare minimamente di conoscermi! Io non mi abbasso a tanto, solo per una manciata di soldi, il nome di un lignaggio, o per aprire le gambe ad un uomo! –
-E allora fammi capire per quale motivo saresti ora al suo servizio dato che ha attentato la vita della tua lady! – Elanon la sentì digrignare i denti inferocita. Era chiaramente convinta di ciò che stava dicendo, al contrario di lei che si stava domandando di cosa stesse parlando. Probabilmente Brienne se ne accorse perché pensò di metterla subito al corrente – Non te lo ha detto, vero? – sembrò stupita, ma tutta la sua meraviglia svanì in un istante – È stato lui ad avvelenare lady Stark, quando invece ci aveva fatto credere che fosse tutta opera di ser Dayne. È stato fin troppo facile per noi pensarlo; il dorniano ha fatto di tutto per averla, quasi fosse il premio in palio di una sfida… eppure era innocente. Il vero mostro lo abbiamo sempre avuto affianco! – sbottò alzando di un tono la voce.
Elanon rimase a fissarla per qualche secondo, pensando che fosse meglio non cambiare la sua opinione senza il permesso del principe. Che credesse pure che era stato lui l’artefice di quel veleno, in parte era davvero così, da quello che aveva carpito nei suoi discorsi con Tyene durante il loro soggiorno a Deepwood Motte, ma certamente non aveva previsto quell’esito per Lyanna, altrimenti mai avrebbe messo a repentaglio in quel modo la sua vita.
-È una cosa alquanto discutibile. Tu puoi avere questo parere, io ne posso avere un altro… non sappiamo dove sta la realtà, ma io penso stia nel mezzo. –
-La visione della mia realtà è basata da ciò che esce dalla bocca di Lyanna Stark. E dovrebbe essere anche la tua. – la bionda tornò astiosa e accusatoria – Ed è stata lei a dirmelo, poco dopo che il tuo bel principe le aveva svelato l’artefice di tutto quell’imbroglio. Quindi Elanon, dimmi, quale sarebbe il “mezzo” di cui tanto parli? – Elanon decise di darle un piccolo aiuto, sperando che lei in qualche modo si calmasse.
-Viserys ha dei… piani riguardanti il Nord, Re Jon e Lyanna stessa. Non vuole far loro alcun male. Ti basta sapere questo. Non osare interferire nella sua condotta: tutto ciò che fa, è per il loro bene! –
-Per il loro bene? Ma ti senti quando parli? – sbottò incredula – Ti ho sempre reputata una donna intelligente, come puoi credere che sia stato un bene attentare alla vita di Lady Stark in quella maniera? – proprio non voleva comprendere, ma Elanon aveva già detto troppo, non poteva svelare altro.
La donnona la fissò attentamente rimuginando sulle parole che lei le aveva appena detto.
-Dei piani hai detto? Cosa ha in mente quel pazzo? – invece che esserle in qualche modo d’aiuto, sembrò che quell’ammissione l’avesse solo che messa in allerta – E tu hai intenzione di appoggiare una follia simile? –
-Lui non è folle. – esclamò secca. Elanon però stava perdendo la pazienza. E stava perdendo tempo con lei.
-Dimmi, Elanon… - Brienne la guardò selettiva e spazientita – Credi davvero nella sua sincera bontà? Sei consapevole del vero animo che cela quell’uomo? – quella domanda la mise in trambusto. Elanon non aveva mai compreso davvero chi fosse Rhaegar Targaryen, ma ne aveva avuto un’ampia descrizione da Lyanna quando l’aveva servita a Winterfell nella loro giovinezza. Non era un visionario paranoico, né un uomo malvagio e non aveva scatti impulsivi come suo padre. Era un principe nell’animo, buono, gentile, empatico, dolce e romantico… Aveva fantasticato molto coi racconti di Lyanna… per gli antichi dèi, se l’aveva invidiata benevolmente! Ma di certo non era l’uomo spietato che Brienne continuava a voler vedere.
-Credo in lui, sì. E continuerò a farlo, perché so che è nel giusto e quando Lyanna se ne accorgerà, torneremo ad essere amiche come un tempo. – detto questo si voltò e fece per andarsene, ma la donna guerriera le prese ancora un braccio e la strattonò contro una colonna.
-Non ho finito con te! – le disse avvicinandosi e mosse il braccio destro per estrarre l’arma che portava al fianco – Queste erano solo parole, ora cominciano le vere minacce… -
-Non credo proprio, milady! – una voce dura e marcata maschile la interruppe. Elanon fu costretta ad alzare lo sguardo per incontrare il volto feroce del suo salvatore. Individuò il suo viso squadrato da soldato: era il suo appuntamento.
-E voi chi siete? Il suo protettore per caso? – Brienne si girò a fissare il nuovo arrivato assottigliando lo sguardo.
-A dire il vero è stata questa donna a darmi un appuntamento… io mi sono limitato ad accettare il suo invito. Quali siano davvero le sue intenzioni ancora non ne sono certo, ma sarei ben onorato a prendere tutto ciò che ha da offrire. – affermò con voce rauca e profonda. Elanon si domandò se avesse fatto bene a cominciare proprio da lui.
Brienne si voltò a guardarla negli occhi con un’espressione di ironico quesito.
-A quanto pare non sono l’unica che oggi ti da della sgualdrina. –
-A quanto pare siete in due ad aver sbagliato. – rispose a tono.
-Sono in anticipo, lo so, ma vi prego non litigate. – l’uomo alzò entrambe le mani di fronte a sé – Però dato che tu sei stata la prima a chiedere la mia presenza, penso che ti concederò la priorità. – le fece l’occhiolino – Perdonateci quindi, milady, ma la signora qui ha qualcosa da dirmi in privato. Vi prego, quindi, lasciatela e fatela conferire con me e solo dopo che ve l’avrò riconsegnata deciderete le sue sorti. – seppur il suo tono fosse duro, le sue parole erano gentili, ma in qualche modo autoritarie. Anche se sottilmente le stava dando della puttana, la sua astuzia le permetteva di comprendere che era una tattica per sviare Brienne e calmare i suoi intenti bellici.
-Chi siete voi, Ser? – la guerriera lo apostrofò poco convinta.
-Solo Lem, mia signora. O se preferite, Lem, mantello di limone. – fece un riverente inchino – Al vostro servizio. – Elanon però ebbe il sentore che volesse nascondere la sua vera identità dietro a quel semplice nomignolo. La donna scrutò la sua folta barba castana e i suoi denti marroni. La muscolatura del petto e delle spalle era mastodontica, gli abiti che indossava erano di fattura molto ricercata e l’ampio mantello giallo con cappuccio risaltava in quella penombra quasi fosse l’unica fonte di illuminazione. Allungò un braccio e convinse Brienne a lasciarla. Elanon vide la donna guerriera arrendersi controvoglia e permetterle di allontanarsi, non prima di averle lanciato uno sguardo relativamente ambiguo.
-E anche al vostro servizio, milady. – l’uomo le si inchinò di fronte, Elanon rimase interdetta e spostò al sua attenzione su di lui.
-Non sono una lady… - provò a contestare.
-In un'altra vita un uomo mi insegnò che ogni donna è una lady, di dovunque fossero le sue origini. – continuò la sua riverenza, prima di rialzare il busto e porgerle il braccio – Vogliamo andare in un posto più appartato per parlare? Sono curioso di sapere quali argomentazioni avete da pormi. –
Elanon accettò la sua proposta lanciando un’ultima occhiata a Brienne che la fissava appoggiando un braccio alla colonna alla sua destra, mentre lei seguiva Lem nel cortile esterno. Lo sguardo cristallino della lady di Tarth lasciava poco ad intendere i suoi veri pensieri. Sei libera di credere che vendo il mio corpo agli uomini… ma ti ricrederai, quando scoprirai il segreto del principe e quanto ha a cuore le sorti della sua famiglia!
 
 
 
 
 
Vedere i lupi ridere e scherzare allegramente tra di loro, le aveva in grossa parte scaldato il cuore al pensiero che esistessero ancora famiglie così unite, sinceramente affettuose e pronte a condividere ogni momento, cercando il lato positivo di tutto. Ma un’altra parte della sua anima, quella simpatica scenetta, non aveva potuto che risvegliare anche un senso di inadeguatezza verso il passato che lei aveva avuto ed il legame che si era via via incrinato nel tempo col vero Viserys. Una lacrima amara le graffiò il cuore a quel pensiero. L’unica persona che le era rimasta della sua famiglia, si era trasformata in un demone violento e tiranno, privandola di quella calda sensazione di protezione di cui una bambina orfana aveva bisogno. Ma da quando Rhaegar era entrato nella sua vita, una lieve fiammella aveva ripreso a scaldare e riempire quella mancanza… c’era solo un problema: purtroppo suo fratello non riusciva a sciogliersi completamente con lei, da quanto erano saliti a nord. A dire il vero nemmeno prima le era sembrato tanto a suo agio con le dimostrazioni d’affetto; non era uno che tendesse a cercare, al contrario di lei, che non appena scorgeva la sua chioma argentata e la sua alta figura, gli piombava addosso come la marea su uno scoglio richiamata dalla luna.
Certo, almeno le era apparso leggermente più sereno a Dorne; taciturno e solitario, come sempre, ma conscio probabilmente di essere solo e di dover cercare in altro una roccia salda a cui aggrapparsi, per rifarsi una vita senza gli affetti che un tempo aveva avuto. Ci aveva impiegato giorni per accettare quell’idea… lei lo aveva riempito di aneddoti della sua vita, alcuni tristi, altri però divertenti e simpatici, o meglio, così glieli aveva voluti raffigurare. Una volta a King’s Landing si era incupito maggiormente e la sua anima sembrava come essere rapita da un passato ancora più angoscioso, eppure la presenza di Aegon lo aveva aiutato a restare sano e intatto nella mente. Sapeva che anche Tyrion e Ser Barristan ci avevano messo del loro per attenuare leggermente ciò che gli occhi di suo fratello continuavano meschini a rammentargli memorie orribili tra i corridoi e le stanze del Fortino di Maegor. Si era sempre chiesta dove avesse trovato la forza per andare avanti; e ora che erano ospiti di Winterfell già da qualche mese, poteva dire di comprendere i suoi tormenti appieno.
Per quanto l’amore fosse ancora forte tra lui e la sua lady, era un sentimento così intenso e profondo da far addirittura provare un male fisico, sia a lui che a lei. Come se quel impulso fosse in qualche modo nocivo per entrambi, ma allo stesso tempo essenziale. In un primo periodo si era rifiutata di volerlo riconoscere, vedendo solo la negatività che da esso scaturiva, ma ormai, ne aveva anche cominciato ad apprezzare la bellezza interiore che stava alla base. Era talmente forte e sincero che la lady di Winterfell nel suo piccolo aveva cercato di nasconderlo e segregarlo il più lontano possibile, quando finalmente aveva compreso di provare dei sentimenti per quell’uomo dal volto celato, ignara che si trattasse della stessa persona che un tempo amava.
Agli occhi di Daenerys tutto questo pareva quasi un paradosso: quella donna per la seconda volta si era innamorata del compagno già scelto in passato, seppur Rhaegar avesse avuto un atteggiamento con lei scostante e ambiguo. Ciò nonostante lady Lyanna si era ritrovata, contro la sua volontà, nuovamente attratta verso di lui. Se non è destino questo, cosa lo è allora? Solo che poi le bastava guardare gli atteggiamenti di suo fratello per capire che quell’ultima barriera non sarebbe stata molto facile da abbattere. Per lui essere così vicino alla donna che amava e al figlio creduto morto, era una grande sofferenza. Era ad un passo da loro, ma anche allungando la mano per sfiorare i loro volti, non poteva raggiungerli. Lyanna lo evitava e lo cercava senza una reale logica, combattuta tra ragione e sentimento e senza sapere se ascoltare il cuore e la mente; Jon negli ultimi tempi pareva addirittura essere diventato geloso di lui per le ovvie attenzioni che mostrava verso sua madre, ma che chiaramente aveva frainteso non conoscendo tutti i fatti…
-Potremmo essere lì con loro in questo momento. – Dany aveva sussurrato all’orecchio di suo fratello quei bisbigli, prima di scoccargli un dolce bacio sul collo. Viserys, che teneva il capo abbassato lo alzò per guardarla. Si prese del tempo prima di parlare.
-Puoi unirti a loro, se lo desideri… – la voce era carica di tediosa sofferenza. Cominciava ad essere stanca di vederlo patire a quel modo, ed era chiaramente successo qualcosa quella mattina alle prime luci dell’alba. Si sentì stringere una mano e lo vide, portarsela alle labbra – Non sei obbligata a stare qui a compatire il tuo misero fratello. –
-Seppur ti abbia reputato nell’ultimo periodo alquanto triste, preferisco restare qui con te. Non c’è posto lì per me. – i suoi occhi si rabbuiarono – Io non sono un lupo, non appartengo a quella famiglia e non sono ben voluta tra loro. Tu sei l’unica persona che ho al mondo. – in risposta Viserys le appoggiò la fronte ad un braccio e strusciò la maschera contro la stoffa della manica, quasi come a farle intendere che erano gli stessi sentimenti che provava anche lui, anche se nella realtà doveva essere il contrario. Avvertì la sua ricerca del confortevole calore del proprio petto, come fosse un bambino bisognoso di un abbraccio. Dany non glielo negò e lo strinse tra le sue braccia. Rimasero lì per qualche istante, lei sovrappose il mento sul capo di lui e cominciò ad accarezzargli alcune punte di capelli, ben sapendo che avrebbe provato a scansarsi, dopo qualche minuto. Nel cuore provò la speranza che non lo facesse, ma le sue aspettative purtroppo si avverarono. Non aveva ancora raggiunto il fondo e una leggera forza di volontà lo portò a spostarsi inesorabilmente da lei al primo tocco. C’era stato un tempo in cui ti facevi toccare da me… quando credevi che tutto fosse perduto, quando credevi che il tuo cuore non appartenesse a nessuno più.
-Sei una regina e puoi sedere dove meglio ti aggrada. – le accarezzò una guancia dolcemente – Puoi scegliere di restare qui con me, come anche chiedere una sedia affianco al loro re. – la sua voce era fredda e distante. Lei però tornò a guardarlo con fare malizioso.
-Dove mi aggrada, dici? – la sua dentatura impeccabile illuminò la stanza – Penso tu sappia che sempre mi diletta sedergli affianco… - sorrise smaliziata – Purtroppo, dato l’evolversi dei fatti, mi è stato negato il privilegio di posare i miei regali glutei sulle forti gambe del tuo aitante erede. Inoltre rischio di venir sbranata viva sia dalle sue adorabili cuginette, che dalla tua dolce metà. E a dirla tutta vorrei evitare di trovarmi a fronteggiare quella donna: quando si arrabbia mette i brividi. L’hai mai fatta arrabbiare davvero? – sorrise, istigandolo con una leggera spallata.
-Io stavo argomentando discussioni serie… - cercò di dire lui, mostrandosi infastidito. Dany sentì un caldo piacere di esultazione, notando che sulle sue labbra era apparso un sorriso tirato – Hai assorbito forse troppo dell’ironia dorniana, mi domando se sia stato un bene permettere a Doran di lasciare che le sue nipoti ti gironzolassero attorno così tanto! – scosse il capo combattuto, Dany mostrò un sorriso vispo – Ad ogni modo dubito che i lupi ti cacceranno via. Sia Lyanna che Jon apprezzano la tua presenza, anche se ti appaiono freddi e distaccati, non ti avversano in alcun modo, e questo significa solamente… -
-Che mi temono? – propose lei.
-Che ti stimano. – precisò, ma lei puntò gli occhi in direzione della tavola, dove la lady dai capelli scuri cercava di darsi una ripulita per la farina che ancora la ricopriva. Dany si ritrovò ad ammirarla in quella bellezza genuina e selvaggia che forse nemmeno era conscia di avere. Tutto ciò che la lady faceva, era fine a sé stesso, non come la maggior parte delle donne che l’avevano circondata durante tutto il suo esilio e la riconquista di Westeros. Nella maggior parte dei casi ogni femmina mirava ad uno scopo: conquistare le sue grazie, servirla, emularla, avere la sua approvazione… ma Lyanna Stark sotto quel punto di vista era diversa. I suoi movimenti non erano finalizzati ad attirare l’attenzione di un superiore. Né chiedeva favoreggiamenti. Non cercava di assoggettare gli uomini ai suoi voleri, anche se inevitabilmente molti sguardi maschili si incollavano al suo fascino. O come in quel caso non potevano che venir attirati dalla pelle liscia e gonfia dei suoi seni che sporgeva dall’abito, sulle lunghissime ciocche brune ondulate che le scendevano oltre la schiena, oppure restavano incantati dai suoi occhi chiari come i cristalli di ghiaccio.
Non le servì molto per entrare nei pensieri di suo fratello e comprendere ciò che lui aveva scorto molto tempo addietro.
-Uhm… dimmi che ora non vorresti andare a pulire personalmente il corpetto della tua lei? – ammiccò sensuale, accostandosi maggiormente a lui.
-Non ritengo di doverti dare simili delucidazioni, Haedar. – Viserys si limitò a muovere un bastoncino per dare maggiore aria al fuoco.
-Non mi servono, difatti, per leggere ciò che ti passa nella mente. È sufficiente sentire il tuo respiro farsi grosso. E immagino che non sia differente quanto accade al momento sotto la tua cintura, bānior Lekia / caldo fratellone. – lo vide spostare lo sguardo di lato agitato, quando pronunciò quell’epiteto. Spesso le era capitato di accorgersi che diveniva freddo e rigido quando lei lo chiamava con quel termine valyriano. Doveva trattarsi di qualcosa riguardante il suo passato, qualcosa che evidentemente lo faceva soffrire. Provò a tornare indietro nella sua memoria, a qualcosa che magari Viserys le aveva accennato a tal proposito, ma nulla le sovvenne d’aiuto. L’apprendimento delle lingue straniere era uso comune per tutti i principi del continente occidentale e non solo; anche molti figli di lord, soprattutto quelli che frequentavano la corte reale apprendevano tali materie, ma c’erano anche altre famiglie che impartivano tale dottrina ai loro eredi soprattutto se pensavano potrebbe essere utile per il loro futuro o per i commerci con le terre oltre il mare stretto. Per cui non era stato una sorpresa scoprire che anche Rhaegar, esattamente come lei e Viserys conosceva e parlava fluidamente la lingua dell’Antica Valyria. Lekia significava fratello maggiore, ma Rhaegar era stato il primogenito e la regina Rhaella non aveva mai avuto altri figli prima di lui. Lo aveva partorito all’età di 14 anni, a nemmeno un anno dal suo matrimonio con Aerys. Perciò quale ragione suo fratello provava sofferenza nel sentire quel termine? Proprio non riusciva a capirlo. Aveva provato ad avere qualche delucidazione da Ser Nonno. Da quello che aveva appreso, doveva aveva a che fare la Spada dell’Alba. Ser Arthur Dayne, il più grande amico di Rhaegar. Danerys forse aveva dato una valutazione fin troppo quando aveva espresso il suo punto di vista. Era pur sempre un membro della guardia reale, non c’era alcun vero legame di sangue tra mio fratello e quell’uomo. Lui stesso me lo disse a Dorne. Barristan non aveva obbiettato, anzi le aveva dato ragione, ma Dany aveva scorto un’ombra passare sui suoi occhi azzurri.
Tuttavia ancora non capiva la ragione per cui suo fratello si irrigidisse in quella maniera.
-Perché lo fai? – gli domandò allora, arcuando le sopracciglia e accarezzandogli una guancia.
-Sai bene che non posso ancora rivelarmi… - disse quelle parole con tono freddo e distaccato, lo stesso fu la sua reazione per la sua carezza. Apparentemente non parve aver compreso davvero quale fosse la vera questione a cui lei lo stava sottoponendo, o probabilmente, se lo aveva capito, non lo voleva dar a vedere. Dany scosse la testa, chiedendosi se aveva frainteso la sua domanda, o se aveva preferito evitarla. Ma era giunto per il momento di sapere.
-Non intendevo quello… - la sua voce si fece bassa e irresoluta – Sembra… come se ti infastidisce il termine Lekia. – lo vide accentuare la sua attenzione sulle fiamme del camino, dietro a quella maschera sicuramente la sua fronte si era aggrottata e gli si era formata quella consueta ruga tra le sopracciglia che lo rendeva ancora più sexy nello sguardo serio che faceva. Dany notò che la sua concentrazione seriosa e zelante lo facevano tanto assomigliare all’espressione che Melisandre faceva quando osservava le fiamme. Seguì quindi lo sguardo di suo fratello e vide che i suoi occhi erano fissi sul fuoco del camino e si domandò se mai ci vedesse delle immagini come era consueto tra i sacerdoti rossi. Dovette attendere un po’ perché lui si aprisse.
-È nato tutto per banale caso. Da principio fu un gioco, sciocco e infantile. Ero affascinato dal titolo che aveva appena ottenuto, ammiravo la sua compostezza… che scoprii essere una sorta di maschera. Ma continuai a vederlo come un modello da seguire, un idolo che mai avrei potuto raggiungere e invece lui mi dimostrò che altri non era che un semplice uomo. Il suo atteggiamento, il suo aspetto, la sua solarità, il suo sorriso… furono come il bagliore di un lampo in una notte buia. Il resto venne spontaneo, come un’abitudine diffusa col tempo. – posò l’attenzione sulla curiosità che traspariva dal suo volto – Non voglio che tu fraintenda le mie parole: tra noi non c’è mai stato nulla di più che una forte amicizia. Entrambi non abbiamo mai cercato attenzioni particolari nell’altro. – Dany annuì, così lui continuò – Lui era il mio Lekia e il suo Valonqar, tutto qui. Arrivò a me come un dono di compleanno inaspettato. Ero vissuto solo per troppo tempo, patendo quella mia avversa condizione, mentre osservavo nostra madre uccidersi di dolore ogniqualvolta le speranze le si scioglievano con le lacrime… e inevitabilmente perdevo un fratello o una sorella. – Dany aveva saputo degli insuccessi di sua madre nel generare un altro erede, ma era la prima volta che comprendeva anche ciò che questo poteva aver comportato per suo fratello. Diciassette anni continuando a restare solo dovevano essere stati lunghi. Troppo lunghi.
-Per quanto quell’epiteto mi rammenti gai momenti del mio passato, tuttavia non posso che pensare che ora quella persona non ci sia più. E la sua morte indirettamente è stata causata dalla mia inadeguatezza. – ammise tetro con voce appena percettibile.
-La Spada dell’Alba. – fu ciò che sfuggì dalle labbra di Daenerys. Rhaegar ebbe appena un sussulto nelle spalle e si voltò a fissarla. Non se l’aspettava. Era chiaro che si domandasse come lei facesse a saperlo, così lo aiutò a capire – Ser Barristan mi ha detto quanto gli eri legato... ma sciocca io a non aver compreso quando fosse forte la vostra amicizia. –
-Ero legato a diverse persone un tempo… – affermò triste – La maggior parte di loro vive solo nelle memorie nella mente. –
-Hai me. E hai loro. – gli accarezzò una guancia, non ce la faceva proprio a vederlo abbattersi così – Anche se probabilmente ti sembra contenuto, trova la forza in questo. – lui la guardò e le donò un sorriso amaro, prima di prenderle il capo e portandoselo sul petto.
-È proprio in voi che trovo il vigore per restare in piedi. – le rivelò dandole un bacio affettuoso sulla fronte – E prego i Sette affinché un giorno, il prima possibile, anche il nostro buon Aegon possa congiungersi con noi. Come doveva essere. –
E fu in quel momento che un armonico suono raggiunse le loro orecchie e si diffuse nell’intera sala.
 
 
 
 
 
Le dita dell’uomo stavano pizzicando le corde dell’arpa, ricercando nella mente le parole d’inizio della canzone pensata apposta per l’occasione, quando fu costretto ad interrompersi. Non aveva nemmeno fatto in tempo ad aprire bocca per intonare la prima strofa che si ritrovò inzuppato d’acqua dalla testa ai piedi. Lyanna stava di fronte a lui con una caraffa ormai vuota tra le mani.
-Ti sfido a non muovere più un dito su quello strumento. Sono stanca di sentir disonorare così la bella melodia che potrebbe uscirne! – aveva gonfiato le guance e mostrato un’espressione minacciosa. Tutta la sala si era ammutolita di fronte a quella scena comica – Ti impedirò di comporre un’altra delle tue pietose canzoni su mio figlio, fosse l’ultima cosa che faccio! – Mance Rayder la stava osservando stuzzicato e accettò la sfida.
-Volevo infatti decantare la maestria delle vostre mani, milady – lei lo fulminò con espressione torva, ma il bruto non si fece intimidire – Potrei dedicarvi una ballata intera sui movimenti delicati delle vostre splendide dita, mentre impastano la pagnotta… – le dedicò un bacio da lontano, soffiandoselo dal palmo della mano con fare provocatorio. Gli occhi della donna si fecero di ghiaccio e serrò le labbra indignata.
-Ti conviene cominciare allora, perché dal momento in cui assaggerai la sua focaccia, te ne pentirai amaramente di aver composto versi in suo onore. – Benjen intervenne, e si ritrovò ad evitare un canovaccio che lei gli aveva appena lanciato – Comunque mi devi spiegare dove li vedi delicati i suoi movimenti. – continuò il ranger ridendo.
-Più di uno considerò le movenze di quel misterioso cavaliere incredibili per essere compiute da una persona di così bassa statura. Uomini che si facevano chiamare cavalieri, furono sconfitti dal suo braccio impavido. Temuti spadaccini, ne apprezzarono le gesta. Il popolino esultò declamando a gran voce il nome con cui venne ricordato. Ma tutto fu vano, dato che sparì lasciando solo il suo scudo appeso ad un ramo. Ed un nobile figlio dell’estate capì che avrebbe anche potuto rinunciare a tutti i suoi privilegi pur di ottenere la sua mano. – a sorpresa aveva parlato Bran, con la voce ed il tono che usava il Corvo con Tre Occhi. Lyanna si voltò a fissarlo ben sapendo a cosa si stava riferendo e dentro di lei maledì quel ragazzo per avere sempre la parola sbagliata al momento sbagliato. Ci aveva impiegato ore per ritrovare un certo contegno, eppure bastava una sua frase per far crollare quella fortezza di ghiaccio come semplice neve al sole. Si scambiò un’occhiata con suo fratello, che le donò un sorriso dolce, intuendo le sue angosce. L’unico ad aver inteso cosa davvero significavano le parole di Bran. Probabilmente anche altri avevano capito, ma nessuno lo diede a vedere.
Quando si voltò per tornare al tavolo dove aveva lasciato le sue nipoti e suo figlio, i suoi occhi incrociarono la traiettoria della maschera del principe Viserys. Si stava alzando in piedi e, prendendo sua sorella per una mano, stava uscendo fuori dalla stanza. Disinteressato apparentemente ai loro passatempi. Una fitta al cuore l’attraversò provocandole un dolore che nemmeno lei si spiegava.
-Pure i draghi scappano a gambe levate… - Mance notò quella loro strana fuga – Mi volete far credere che anche nella loro famiglia è ben risaputo che le vostre focacce sono così pessime? – scoppiò a ridere.
-Penso sia più istinto di sopravvivenza. – Benjen nascose la bocca con una mano quando si accorse di avere sua sorella di fronte a sé con uno sguardo omicida.
-La Barriera ha ancora numerosi castelli vuoti. Se non volete che vi spedisca in uno di essi a morire congelati, vi consiglio caldamente di non cercare la mia ira. E ora fuori tutti e due! – urlò acida – Vedete di approfittare di questa libera uscita andando a procacciare qualcosa da mettere sotto i denti per stasera, perché non vi farò entrare se prima non avrete trovato uno scopo migliore nella giornata! –
 
 
 
 
 
Le mani di Sam erano piccole e paffute, ma sapevano come muoversi tra i composti di farina e acqua. Lyanna passando tra loro con una ciotola che continuava a mescolare, si era complimentata con lui.
-Bravo Sam, hai una dote. – il ragazzo arrossì e si scambiò uno sguardo con Jon che rise abbassando gli occhi sul suo lavoro. Il giovane Tarly si era unito a loro aiutandoli a preparare focacce e biscotti. Gilly invece aveva messo sul fuoco del camino un paiolo e lo aveva riempito di verdura tagliata a tocchetti per preparare uno stufato, mentre il piccolo Sam stava dormendo su una cesta di vimini non lontano da Spettro che ogni tanto alzava un orecchio o muoveva il naso annusando i profumi che giungevano da quella parte.
Sua madre tornò al suo posto per impastato la farina con le uova appena sbattute. Aggiunse del sale, qualche goccio d’acqua, unì poi olive, semi di zucca e sesamo. Non aveva un bell’aspetto ma dall’odore prometteva bene ed il suo stomaco già stava emettendo i brontolii per la voglia di assaggiarlo. Avevano anche provato a fare una variante dolce con l’uvetta passita, quando sua madre aveva scoperto scioccata che lui non aveva mai assaggiato quel tipo di pane. “Ho sempre pensato che ci fosse qualcosa di sbagliato; un pane deve avere un gusto salato. Non potrei mai mangiare dello stufato zuccherato.” “Oh, invece io ho assaggiato il cervo cucinato con cioccolato fondente e servito con glassa al mirtillo rosso. E ti posso assicurare che è delizioso!” Jon si era domandato se nell’entusiasmo nel decantare tanto quel piatto non ci fosse anche nascosta una piccola soddisfazione sua personale come se sotto sotto sua madre volesse dire: quella è la giusta fine per un cervo. L’avversione che sua madre provava per i Baratheon era ancora molto accesa. Si domandò cosa avesse mai potuto pensare di Stannis, ma non ebbe il coraggio di domandarglielo.
 
Era stata una mattinata diversa dal solito, Jon si era sentito per la seconda volta parte di qualcosa di eternamente potente e indissolubile. Stare con sua madre e i suoi cugini, trascorrere il tempo a cucinare assieme, ridere, scherzare, lanciarsi addosso la farina… gli aveva alleggerito il cuore. Lo aveva distratto da tutto il peso che sentiva sempre sulle spalle e nell’anima. Aveva ancora nella mente il sorriso di sua madre, di Sansa e di Arya. Gli occhi sereni di Bran, per una volta non si erano posizionati né sul passato, né sul futuro. Erano rimasti fissi sul presente per ore intere, come se anche lui sentisse la mancanza di momenti come quello.
Quando era stato messo tutto il loro lavoro in forno, Jon aveva scoccato un bacio sulla guancia a sua madre e aveva chiesto congedo. Aveva lasciato la fortezza e si era diretto verso la piana dove il giorno precedente era diventato tutt’uno col suo drago. Ancora non ci credeva… Ancora non gli sembrava vero di sentire ogni parte del suo essere finalmente bilanciata.
Il suo cuore già batteva all’impazzata quando sentì sopra la sua testa il tuono delle possenti ali di Drogon, il fischiettio aggraziato di Rhaegal e lo schioccare delle fauci di Viserion. Agognava il momento in cui avrebbe solcati i cieli nuovamente, superando la coltre di nubi perenni e raggiungendo il sole, ma un sole ancora più splendente era ora proprio di fronte a lui… Sole e luna assieme.
I suoi boccoli biondo-argentato erano sciolti e le ricadevano sulle spalle. Teneva la testa alzata e osservava i suoi draghi volteggiare sopra di loro, cullata da quell’atmosfera rilassante. Era appoggiata ad una roccia, nella medesima posizione che anche lui aveva tenuto quando sua madre, il giorno precedente, gli aveva dato una sistemata ai suoi capelli indisciplinati. Il principe Viserys prendeva una ciocca alla volta e la intrecciava alle altre, dando una forma composta e uniforme, ma per nulla banale. Aveva una dote straordinaria. Una maestria che denotava sicuramente un’istruzione di base. Jon si domandò se tra le mansioni di un principe ci fosse mai stata la professione di acconciatore e involontariamente si ritrovò a ridere pensando che quello non poteva certo essere credibile. Tuttavia ciò che aveva di fronte agli occhi smentiva quel suo pensiero. Probabilmente è una sua passione. Pensò, mentre continuava a guardarli di nascosto, da dietro il tronco di una quercia.
Essendo il principe di spalle, Jon ebbe la possibilità di constatare anche la sua capigliatura. Aveva provveduto ad intrecciare in maniera molto ricercata la sua chioma liscia, unendola in un’unica treccia che man mano diveniva sempre più sottile sulla punta, nella quale si inserivano a intervalli regolari altre piccole treccine così da darle più corpo e volume. Ai lati della fronte poi aveva legati i ciuffi ribelli unendoli dietro la nuca. Jon aveva sempre pensato che i capelli lunghi fossero una cosa da femmine, intrecciarseli o comunque averne cura in maniera simile non rendesse virile un uomo. Ma guardando il principe Viserys, non gli era mai passato per la mente un simile pensiero. Era un uomo maturo e responsabile, carismatico e elegante nei modi, per quanto avesse dubbi sulla sua onesta a volte, non poteva però non provare un senso di riverenza nei suoi riguardi. Capitava più spesso di quanto non lo volesse ammettere di sentirsi di molto inferiore a lui e questo lo metteva fortemente in crisi.
Un soave canto giunse alle sue orecchie. In un primo momento voltò il capo credendo arrivasse dalla fortezza. Mance ha di nuovo messo le mani sull’arpa? Ma la voce non era quella del re oltre la barriera. Era stranamente più tenue, cristallina, pura. Quasi provenisse da un’evanescente figura dei boschi. Le vennero alla mente tutte quelle creature che la Vecchia Nan raccontava loro. Si domandò se anche i due Targaryen l’avessero udita o fosse solamente frutto della sua fantasia. Non si erano nemmeno scomposti. Impossibile, per forza devono averlo sentito. Lo udì ancora. E questa volta le sue orecchie lo convinsero che la direzione era la stessa dove i suoi occhi stavano guardando. Non proviene dalla fortezza. Capì. Vedeva abbastanza bene il profilo di Daenerys per dedurre che la sua mandibola non stava facendo alcun movimento. Il principe diversamente gli dava le spalle, per cui il suo volto non gli era accessibile. È Viserys, quindi? Di nuovo quella cantilena. E questa volta lo vide chiaramente dal momento che spostò il torace seguendo la musica in una specie di danza, e gli occhi di Jon videro una parte del suo volto che gli permise di notare un piccolo spostamento delle sue labbra. Il principe le stava cantando qualcosa, usando parole in Antico Valyriano. Questa scoperta lo lasciò senza fiato. Anche lui come… ? Ma la sua mente continuava a giocargli quel brutto scherzo. Non riusciva a formulare alcuna frase che avesse Rhaegar Targaryen come soggetto. Tuttavia ciò che lo destabilizzò fu scoprire che anche Viserys fosse portato per la musica. La sua voce era leggera, delicata, ma arrivava all’anima, per chi riusciva a comprendere le sue parole. Jon non conosceva bene l’antico valyriano, ma riconobbe comunque qualche parola: gelenka hura, luna argentata; qeldlior vezos, sole dorato… poi lo sentì intonare il ritornello nella lingua comune.
 
You are sunlight                               Sei luce solare
And I moon                                       E io luna
Joined here                                      Siamo qui
Brightening the sky                          Illuminando il cielo
With the flame of love                      Con la fiamma dell'amore
Made of                                            Fatto di
Sunlight                                            Luce del sole
Moonlight                                         Al chiaro di luna
 
Le sue labbra si strinsero in una smorfia di fastidio. Le sta dedicando una canzone solo per loro. Era chiaro. Lei rappresentava la luna e lui il sole. Jon si dannò per non aver mai avuto dimestichezza con nell’arte della poesia e del canto, altrimenti avrebbe potuto dedicarle anche lui alcuni versi… magari nelle sere che avevano trascorso assieme. Si colpì la fronte con un pugno. Non devo pensarci. Rimproverò sé stesso. Evidentemente aveva fatto troppo rumore con quel colpo perché si sentì chiamare.
-Jon, vieni fuori. Sappiamo che sei lì. – affermò Viserys, continuando a dargli le spalle. L’espressione però sul volto di Daenerys dava l’impressione di non aspettarsi affatto la presenza del ragazzo.
Jon uscì dal suo nascondiglio, sentendosi un completo imbranato. Avanzò nella neve, senza preoccuparsi di interrompere quel loro idillio, dopotutto gli era stato detto di farsi avanti e lui lo stava facendo. Una vocina dentro di lui, gli diceva che avrebbe dovuto allontanarsi, ma preferì assecondare le volontà del principe. E troncare quel momento era proprio ciò che voleva fare. Con passo deciso li raggiunse e si portò proprio di fronte al duo. Rimase in silenzio a fissarli attendendo un loro riscontro, osservandoli accigliato. Dany spostò lo sguardo su di lui con aria di sufficienza. Mai lo aveva guardato in quella maniera. Jon avvertì addosso le fiamme nei suoi occhi, ma altre fiamme si formarono dentro di lui. E si fecero ancora più spietate di quanto non lo fossero pochi istanti fa. Viserys non si degnò nemmeno di torcere il busto per guardarlo in faccia, si concentrò invece a finire in fretta il suo lavoro, restando in silenzio. Dannazione! Imprecò nella mente È talmente odiosa questa situazione. Una parte di lui avrebbe voluto un confronto con lui, ma un’altra non riusciva a provare alcun rancore. Era frustrante restare nel mezzo.
-Tornatevene pure a impiegare il vostro tempo nell’arte culinaria, Lupo Bianco. – affermò lei indifferente al suo cambio di espressione – Questa mattina non cavalcheremo i draghi. Più tardi vedremo se sarà possibile. –
-Per quale motivo? Li ho sentiti tornare… Abbiamo poco tempo. Gli Estranei potrebbero anche aver già valicato la Barriera ed essere sulla strada del re. Devo ricominciare il mio allenamento al più presto. – affermò con risoluzione.
-Non posso dire che abbiate torto. Avete da imparare ancora molto… - disse la regina, passando in rassegna su tutto il suo aspetto, stava criticando il suo vestiario – Ad esempio quel mantello è troppo spesso ed ingombrante. L’ultima volta avete perso l’equilibrio a causa di esso… oltre che ad una esigua conoscenza dell’atterraggio. –
-E questa dovrebbe essere la ragione per cui non posso più cavalcare un drago? – Jon si slacciò il mantello e lo lasciò cadere a terra. Il tessuto pensate fece un sonoro tonfo quando atterrò sulla neve, quasi fosse della stessa opinione della regina. Daenerys parve soddisfatta e guardò con sarcasmo il manto a terra, quasi stesse accrescendo la sua critica. Jon si sentì ferito, ma ingoiò la rabbia e la frustrazione – Ora non credo di avere altri impedimenti, vostra grazia. –
-A parte il tuo atteggiamento irriguardoso. – commentò lei ostinata a volersi scontrare con lui – Credi il mio sia solo un capriccio? –
-Re Jon, il consiglio di mia sorella voleva solo essere un suggerimento. Suvvia, cerchiamo di restare calmi e parlare in modo civile. – Viserys intervenne per calmare entrambi.
-Ad ogni modo potete pure rimetterlo addosso. Quest’oggi non useremo i draghi. –
-E cosa faremo allora? – continuava ostinata ad usare il modo informale e questo gli provocava una furia che lo devastava dentro. Viserys aprì la bocca per parlare, ma sua sorella lo anticipò.
-Un bel niente. –
-Un bel niente? È questo che pensate di fare quando verremo attaccati? Un bel niente? – ripeté esasperato – Pensavo aveste capito la gravità ed il pericolo in cui stiamo vivendo. Ogni arma, ogni creatura, ogni abilità… ogni cosa è indispensabile. –
-Se credi che salendo su un drago puoi batterli, ti sbagli di grosso. –
-Hai visto come sono organizzati? Fanno tutto ciò che gli viene comandato, senza un briciolo di tentennamento. I nostri uomini per quanto coraggiosi possano essere, saranno sempre tentati alla fuga. –
-Ciò che ho visto e mi ha preoccupato è la tua inesperienza! –
-Che non potrà certo migliorare se non mi viene concesso di allenarmi. – Jon ebbe l’ultima parola finalmente.
-Quest’oggi siamo tutti nervosi a quanto pare. Vogliate scusarci, vostra maestà, ma preferiremo evitare altre discussioni. – Viserys provò a placare i loro bollenti spiriti – I draghi non possono essere cavalcati al momento. Trovatevi altri da fare. –
Il volto della regina era una maschera di fastidio e irrequietudine. Il principe la prese per mano e, preoccupato, la convinse a seguirlo.
-Cosa è cambiato? Non faccio più parte della vostra famiglia adesso? – Jon era indispettito e non permise loro di allontanarsi ulteriormente – Mi state escludendo per qualcosa che ho fatto? Qualcosa che ho detto? – portò la sua attenzione direttamente alla maschera sul volto di Viserys che ora si era portato di fronte a lui.
-Posso parlarvi con franchezza? – la voce del principe si fece sottile e pungente. Jon annuì per dargli il permesso di continuare – Ebbene in questo momento mi sembrate un bambino viziato a cui sono stati tolti i suoi giocattoli preferiti e pesta i piedi per riottenerli. – disse risoluto il principe con una calma esemplare. Jon sentì il fuoco salirgli fino in gola. Se fosse stato lui stesso un drago avrebbe potuto sputare fiamme in quel momento.
-Come osat…? – provò a chiedere, ma il suo interlocutore lo interruppe.
-Mi avete concesso voi di parlare francamente. – gli ricordo pacato – E io mi sono attenuto a dire ciò che appare. – spiegò – C’è ancora tanto che voi dovete comprendere sull’addomesticare un drago. Avete già avuto una buona esperienza col vostro metalupo, ma dovete scindere le due creature. I draghi per quanto possano sembrare esseri maestosi, forti e resistenti, hanno comunque dei loro punti deboli. Possono essere feriti, uccisi, e possono non avere… voglia. Nei primi due casi il più delle volte reagiscono divenendo irritabili e insubordinati, nel terzo caso invece scelgono volutamente di non eseguire gli ordini. Avete pienamente ragione. Sono tornati dalla loro battuta di caccia, ma non sono dell’umore adatto per farsi cavalcare. Ora che abbiamo appurato che Rhaegal ha preso a considerarvi degno per essere il suo cavaliere, possiamo anche svelarvi cosa siamo riusciti a capire restando qui nelle vostre terre per così lungo tempo. –
-Ancora segreti? – Jon si lasciò sfuggire.
-Preferivamo non diffondere questa faccenda, poiché manifesta una grossa debolezza nella nostra forza bellica. – spiegò ancora, restando di una compostezza irreale – I draghi non sembrano a loro agio in questa regione. Probabilmente è solo colpa del clima, troppo rigido per delle creature di fuoco, ma stanno mangiando poco. La loro alimentazione è indispensabile perché siano sempre in perfetta forma. –
-Farò cacciare alci e orsi. Manderò uomini a stanare mammut oltre la Barriera se sarà necessario. – si propose Jon.
-Credi che da soli tre draghi non riescano a procacciarsi del cibo? – fu la domanda pacata che gli fece Viserys, ma non vi era alcuna critica, né avversione nella voce. Pareva più un maestro durante l’interrogazione dell’argomento spiegato nel mese – Non è la quantità di cibo che trovano ad essere scarsa; è proprio la loro voglia di mangiare che si è ridotta e questo è sinonimo di qualcosa che non va. – lo fissò per alcuni istanti – Ora capisci per quale motivo non lo potevamo dire? – Jon mandò giù un po’ di saliva.
-Questo indebolisce il vostro esercito, portandovi ad essere nient’altro che un'altra semplice famiglia al pari di tante altre. – Viserys annuì.
-È questa la ragione per cui mia sorella è così irritabile. – diede un’occhiata alla ragazza alle sue spalle – Se ne sente in parte responsabile perché la decisione di restare è stata data da lei, ma sono i suoi figli a star male. E ora che ha dato la sua parola non può rimangiarsela. –
-Non siete obbligati a… -
-Lo siamo invece. Se restassimo entro la linea dell’incollatura, dove l’inverno ancora non pare aver allungato le sue grinfie e vi lasciassimo soli in questa guerra, risulteremo insensibili di fronte ad un regno in difficoltà. Ma se restiamo, presto sarà facile individuare i nostri punti deboli e basterebbe un gruppo di estremisti che ancora rammenta i torti subiti da nostro padre, per assestare una lancia ben piantata nell’occhio di uno dei nostri draghi. Esattamente come avvenne con Meraxes a Hellholt. – Jon serrò un pugno.
-Se mai uno dei miei uomini dovesse fare una cosa simile, lo giustizierò. Ho già tagliato la testa a coloro che hanno… attentato alla mia vita. Non esiterò a fare ciò che va fatto. – Viserys gli mise una mano sulla spalla.
-Ma potrebbe essere troppo tardi e noi potremmo aver perso un drago nel frattempo. – spiegò – E non parlo sono dei vostri uomini, vostra grazia. La testa da tagliare potrebbe anche essere nostra. Sfortunatamente il re folle riuscì a inimicarsi anche molti dei suoi alleati che ora ci hanno dato la loro fedeltà, ma domani… - lasciò intendere alla sua fantasia il continuo della frase.
-Credo di non capire, però. Mi state dicendo che non posso cavalcare Rhaegal perché non è abbastanza forte, oppure perché credete che questo possa in qualche modo compromettere la vostra superiorità di comando nei vostri alleati. –
Viserys si limitò a scuotere il capo.
-Forse non mi sono spiegato sufficientemente. Voi siete parte della nostra famiglia ed è vostro dovere cavalcare uno dei nostri draghi, ma è anche vostro dovere imparare a conoscerli e averne cura quando non sono in forze. Per quanto invece riguarda eventuali minacce da parte dei nostri eserciti, questa è una questione che andremo a sottoporre nel prossimo consiglio che terremo. È mia premura che tutti comprendano che la nostra non è una semplice alleanza di due regni, ma sono due regni alleati per legami di sangue che finalmente si sono ricongiunti. –
Jon rimase a guardarlo sbigottito dell’ammissione che il principe gli aveva appena fatto. Non poteva credere alle sue orecchie. Ci provava, impiegava tutte la sua forza di volontà, ma ogni volta che credeva di arrivare al culmine Viserys lo sorprendeva facendolo ritornare al punto di partenza. Era maledettamente perfetto, difficile da odiare, sempre con la giusta parola da dire. Fastidiosamente apprezzabile. Si sentì in difetto per avergli parlato con sgarbo quella mattina. Jon sentiva una minaccia provenire dal su continuo avvicinamento con sua madre, eppure quando gli era di fronte poi bastava che gli dicesse una sola cosa e tutto l’astio prima provato spariva come per miracolo. Avrebbe voluto scusarsi per le parole che gli aveva detto, ma non voleva far sapere a Daenerys quanto era accaduto. Gli sarebbe nuovamente saltata contro, vomitandogli addosso altre calunnie. Dopotutto ne aveva tutti i diritti. L’aveva illusa, probabilmente sedotta e lei ora si comportava di conseguenza. A dire il vero era un atteggiamento molto ambiguo, passava dalla felicità alla rabbia in poco tempo… cosa che aveva in comune con suo padre forse, ma Jon aveva conosciuto anche il suo lato buono. Aveva visto in lei la donna che era nel profondo, e non era quella che voleva mostrare a vedere in pubblico.
Con un’espressione truce, capì che era meglio se ad andarsene fosse lui. Quindi annuì col capo, fissando intensamente il principe e poi voltò le spalle per tornare alla fortezza abbandonata, conscio che ancora una volta era impreparato a quello che stava vivendo. E ancora una volta non aveva scelta su che direzione posare i suoi piedi. Il Lord Comandante Mormont lo aveva scelto come suo attendente, obbligandolo a servirlo e poi gli aveva ordinare di seguire i voleri di Torin il Monco. Poi Sam aveva convinto i Guardiani della Notte a votare per lui, affinché divenisse il nuovo Lord Comandante. A Winterfell erano stati i lord a eleggerlo Re del Nord. E ora Rhaegal lo aveva scelto come suo cavaliere. Quando sarò libero di scegliere ciò che voglio davvero io? Pensò a Viserys e alle sue parole. Lui riusciva a metterlo sempre a suo agio, ma il più delle volte Jon usciva da un loro dialogo con l’amara sensazione che lo avesse in qualche modo plagiato a suo piacimento, facendogli però credere di aver preso lui la decisione definitiva. Possibile che fosse di indole così malvagia? Secondo molti suoi consiglieri poteva anche essere così, per questo rimaneva sempre vigile e attento. E fu con un’espressione che mostrava quella battaglia di sentimenti che varcò la porta della fortezza abbandonata.
-Cosa succede, Jon? – sua madre preoccupata gli era subito corsa incontro. Non l’aveva nemmeno sentita avvinarsi. Era difficile nasconderle qualcosa. La donna gli aveva preso entrambe le mani e gliele aveva strette per farlo distogliere dai suoi pensieri.
-Nulla. – mentì lui, ma era visibilmente scosso. Guardò l’intera sala. C’erano troppe persone presenti, non poteva dirle nulla. E poi sarebbe stato giusto metterla al corrente di tali segreti? Jon considerò l’idea che anche sua madre sapesse. Si preoccuperebbe ancora più di quanto già non fa. Non volle sobbarcarle anche quel peso sulle sue spalle. Decise quindi di non dirglielo mai. Per non dar a vedere i crucci che aveva in testa, provò a scuotere, come a scacciar via il freddo. Controllando il movimento per non farle male, staccò quindi le mani dalle sue.
-Vuoi dirmi perché sei così agitato? – Jon puntò gli occhi grigio scuro i quelli chiari di lei che non aveva smesso di fissarlo assillata. Emise un lungo sospiro per calmarsi.
-Nulla di che, madre. Devo prendere la mai spada. – alzò gli occhi in cerca di qualcuno con cui duellare – Zio Ben, ti va di fare due tiri di spada con me? – l’uomo lasciò il suo precedente lavoro, si alzò e si incamminò a prendere la spada del ragazzo posta poco distante dalla sua.
-Sempre pronto. –
-Non dovevi allenarti coi draghi stamattina? – a sua madre non sfuggiva nulla.
-Non sono ancora tornati dalla caccia. – gli mentì – Viserys mi ha detto che provveda quindi a impiegare il mio tempo in altro modo. – le voltò le spalle ed estrasse la spada dal fodero per guardare l’affilatura della spada. Era impeccabile come al solito. Il taglio netto del filo, le incanalature centrali e la sfumatura grigio scuro dell’acciaio di Valyria. Era di una bellezza indescrivibile quella spada. Beh, ce ne saranno state anche di più belle, ma per lui Lungo Artiglio era qualcosa di insostituibile.
SBANG!
Un rumore sinistro lo colse del tutto impreparato, tanto che la spada quasi gli cadde dalle mani. Si voltò per cercare di capire cosa era avvento. Forse qualcuno aveva fatto cadere qualcosa, ma nessuno parve in impasse. Notò però che molti volti, compresi quelli delle sue due cugine erano rivolti verso la porta, da dove lui un attimo prima era entrato. Non comprese in un primo istante cosa fosse davvero successo, pensò che un colpo di vento l’avesse chiusa, ma i suoi occhi individuarono un grembiule a terra sporco di farina. Un’illuminazione improvvisa gli fece comprendere a chi apparteneva. Mia madre. Doveva essersi spogliata dell’indumento in fretta e furia per uscire. Ma non gli pareva avesse urgente necessità di lasciare quella stanza. Poi un brivido lungo la schiena lo fece trasalire. Lasciò la spada sopra la cassapanca, ma nel tornare sui suoi passi si sentì tirare all’indietro.
-Jon… so cosa stai pensando di fare, ma ti consiglio di non seguirla. –
-Se sta andando dai Targaryen, devo fermarla! – affermò ostinato.
-Credi davvero che ti ascolterà? – Benjen Stark lo fissò scettico.
-Non so cosa abbia in testa, ma deve aver travisato le mie parole. –
-Ma di cosa stai parlando? – suo zio non poteva aver sentito di cosa avevano parlato. Era abbastanza distante e loro avevano usato un tono così basso che difficilmente avrebbe potuto arrivargli qualcosa all’orecchio.
-Non posso cavalcare il mio drago oggi, ma non per la ragione che lei crede. O penso che lei creda. – cercò di spiegargli.
-Nascondi qualche segreto a tua madre, Jon? – gli disse con tono di rimprovero.
-È qualcosa che riguarda i Targaryen. E ho promesso loro di non diffondere questa notizia. –
-Ascoltami, Jon. Capisco che per te sia difficile stare con due piedi in una scarpa. Sei Stark quanto sei Targaryen; tua madre lo sa, io lo so. I tuoi cugini lo sanno, e pure i signori dei draghi lo sanno. Ma ciò che mi domando è: tu sai cosa questo comporta? – Jon si ritrovò a non sapere cosa rispondergli. Certo che sapeva di essere parte di entrambe le famiglie, ma cosa significava davvero? – Devi imparare a trovare un tuo equilibrio. Non puoi oggi tenere i segreti degli Stark e domani quelli dei Targaryen. Prima o poi compirai qualcosa di stupido. Prima o poi ti troverai costretto a prendere una decisione che comporterà per forza di cosa a tradire uno dei due schieramenti. È questo che vuoi? –
-Assolutamente no. –
-Bene, allora impara a tenere unita questa famiglia. Porta i lupi e i draghi sullo stesso piano.
-Ci proverò. – promise – Ma ora, cosa facciamo con mia madre? –
-Beh… - sorrise – È stata da sola con un drago per quasi un anno… - gli ricordò – Sa come trattare con loro. Vedrai che non le faranno alcun male. –
-Posso sapere cosa ti rende tanto sicuro? – era bizzarro, ma ogni volta che c’erano di mezzo i Targaryen suo zio sembrava remissivo e fin troppo docile – Mi sembra di ricordare che i draghi abbiano mostrato ai lupi chi comanda durante la Ribellione. –
-Fu un solo drago a compiere scempi nei nostri confronti, non farne di tutta un’erba un fascio! – lo rimproverò. Viserys mi ha detto più o meno la stessa cosa pochi minuti fa – Vuoi davvero sapere ciò che mi rende così sicuro? – gli chiese pacifico – Il legame affettivo che unisce tutti voi a quell’unica persona che ebbe il coraggio di mettersi in gioco per rompere la catena che fa girare quella ruota corrotta e ingiusta. – gli strizzò l’occhio – E per farlo ha scelto tua madre come compagna. Non è facile fermare una donna come lei. Se ci fosse Howland Reed, il padre di Meera ti direbbe che è anche impossibile dirle di no. – sorrise.
Jon però non era del suo stesso avviso e non riteneva nemmeno che Rhaegar Targaryen, dovesse avere ancora seguaci che lo sostenevano. Se solo avessi la certezza che valeva anche solo la metà di suo fratello Viserys…
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice:
 
Ola! Tranquilli, non vi ho abbandonato! Né ho abbandonato questa storia, anzi, sto lavorando assiduamente alla sua realizzazione, quando mi è possibile prendere in mano il pc e dedicarmi un po' di tempo per me.
Sì, lo ammetto l’ottava stagione è stata quello che è stata, molti voi mi hanno chiesto un mio parere, ma ora non mi metterò di certo a dare le mie valutazioni, ma vi dirò che se in un primo momento mi ero fortemente scoraggiata per determinate situazioni, ora mi sento molto meno preoccupata.
Vero ci sono stati momenti, soprattutto nelle prime due puntate che mi avevano messa in forte crisi. Sansa e la sua trasformazione simile ad una crisalide che fa emergere la vera farfalla, mi era molto piaciuta e mi sono sentita molto in difetto per aver mantenuto in cronache una Sansa ancora troppo immatura (ma non è detto che non tirerà fuori gli artigli più avanti).
Poi c’era Jon che pur avendo appreso la notizia della reale identità di sua madre e di suo padre, e ovviamente quindi del suo retaggio, pareva avesse accettato la cosa senza alcuna conseguenza per la sua personalità… cosa che invece ben sapete io in cronache l’ho molto più elaborata come un trauma questa situazione.
Insomma queste e altre piccole cosucce mi avevano un attimo destabilizzata, ma non bloccata. Ormai la mia strada l’ho presa, ho deciso di percorrere delle vie magari più contorte e altre più semplici, ma non ho intenzione di tornare indietro o fermarmi per questo.
Lo faccio per me stessa, per darmi uno scopo, la possibilità di dire che posso terminare qualcosa. Ma lo faccio anche per coloro che continuano a dirmi che solo Cronache darà loro una vera soddisfazione, dato che la serie vi ha delusi in parecchi. E io vi sono grata per la fiducia e spero sempre di non scontentare nessuno, ma sappiate che comunque ciò che ho in mente si discosterà molto dall’idea che Martin potrà avere anche per i libri.
Innanzitutto, fermo restando che nella mia ff io continuo ad avere Rhaegar e Lyanna redivivi, quindi per forza di cose non la mia storia non potrà mai avere un finale simile alla trama dei libri, a meno che Martin non scelga di farli tornare dal regno dei morti pure lui, ma ne dubito fortemente. Ma anche togliendo loro due, la mia storia più andrà avanti (e vi assicuro che andrà ancora molto avanti; nel frattempo siamo ancora a Winterfell, ma ci sposteremo a Dragonstone, alla capitale e anche in alcune delle città di Dorne) più seguirà una strada che si basa su teorie esistenti del fandom inglese, però diciamo che è più una mia rivisitazione di tante cose assieme. In parte è stato anche grazie al Profeta che alcune idee mi sono venute, allacciandomi a fili di pensiero che già mi piacevano o sogni che avevo sempre avuto nel caso in cui Jon avesse avuto modo di conoscere molto più del passato che ignora.
 
Bene, detto tutto questo, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che continuate a seguirmi!
Un forte abbraccio, mi farò viva di nuovo dopo le ferie, ma nel frattempo continueremo a sentirci nella chat e sul gruppo della Torre.

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Capitolo 63
*** Anima Pura ***


La vide giungere nella loro direzione a passo spedito, pesante e aggressivo. I suoi stivali profondavano nella neve, ma lei incurante procedeva senza indugio, cadenzando un ritmo sostenuto. La sua lunga gonna di velluto blu raschiava sul terreno, raccogliendo sul bordo innumerevoli cristalli di ghiaccio, che alla fioca luce del sole brillavano come preziose gemme, sfumando così la tonalità scura verso un azzurrognolo più tenue. I suoi occhi erano fissi verso la sua meta, come un predatore quando focalizza la preda. Non nascondeva affatto il suo stato d’animo; ostilità e collera facevano da padroni. Le labbra serrate in una smorfia di disprezzo, le guance leggermente gonfiate d’irritazione. Per la Fanciulla… Rhaegar fece un’espressione truce; disarmato, esasperato, amareggiato. Paventava l’idea dello spettacolino che gli sarebbe toccato assistere di lì a poco. Cos’altro non le è andato a genio questa volta? Prese una boccata d’aria, cercando di ripercorrere ogni istante per trovare già una risposta, ma nulla gli venne in aiuto. Stai cominciando a diventare lunatica e volubile, tesoro mio. Dovrò trovare un modo per rasserenarti. Per quanto la sua selvaggia bellezza aumentasse quando mostrava la sua temerarietà, c’erano aspetti del suo carattere che a volte rasentavano i limiti della sua pazienza. Possibile che ti lasci sempre asservire da testardaggine e impulsività? Una dea della guerra, coraggiosa ed audace, dal fascino ribelle e fiero, rinchiuso in un guscio antropico, e come tutti gli esseri umani, soggetta a difetti e malintesi, cocciutaggine ed egoismo. Per quanto le sue intenzioni fossero spinte da una motivazione altruistica, dietro vi era comunque un pensiero dispotico che la faceva muovere. Per favore, Lyanna, conta fino a dieci prima di decretare sentenza. E ricorda con chi hai a che fare.
La donna teneva le mani serrate in pugni, le braccia allungate lungo i fianchi frustavano sulla gonna ad ogni passo. Giunse da loro in un battito di ciglia e si fermò ad osservarli in silenzio, incrociando le braccia al petto con fare minaccioso. Il corpetto dell’abito era ancora ricoperto di un sottile velo di farina, aveva pezzetti d’impasto incollati alla pelle delle braccia, dove le maniche erano state sollevate: non si era nemmeno premurata di ricomporsi, nella fretta di arrivare da loro e dimostrare la sua indignazione; perché questo era venuta a fare.
Tornò quindi ad ammirare nuovamente il volto della sua lady, con sguardo cupo e freddo, provando a distaccarsi anche sentimentalmente da lei, e da ciò che lei rappresentava per lui. La studiò a fondo e notò qualche traccia di impasto sulle guance e tra le ciocche dei capelli; considerò l’idea di dirglielo, ma lasciò perdere, avrebbe solo alterato il suo malumore, peggiorando sicuramente la situazione. Se solo ad avvicinarsi a lei fosse stato il vero sé stesso, spogliato di ogni inutile maschera, lei avrebbe anche potuto allentare quella fastidiosa avversità nei loro confronti. Allentare; non di certo soffocare, non si illudeva minimamente che la estinguesse del tutto. La conosceva abbastanza per sapere che non avrebbe mitigato interamente quell’atteggiamento scontroso e sconsiderato, perennemente costante nel rendere palese ogni suo pensiero. Era sempre stata una donna impulsiva, feroce e irremovibile; per quanto le sue intenzioni potessero anche essere buone, il più delle volte agiva in maniera irriflessiva e precipitosa. Amava questa sua determinazione e convinzione, un aspetto che ben poche donne sapevano dimostravano, dava segno di avere una forte personalità e un concetto di libertà indiscutibile e indissolubile, tuttavia c’erano dei limiti a cui tutti dovevano far fronte prima o dopo. Lyanna aveva frantumato in fretta quelle catene che l’avevano vista crescere e maturare come una donna forte e combattiva, suo padre aveva tentato di tenerla a freno, scegliendole un destino a lei favorevole sotto molteplici punti di vista, ma erroneamente l’aveva anche segregata in una voliera, impedendole di spiccare il volo. E uno spirito come lei, indomito e ribelle doveva essere frenato in altre maniere.
Anche nella sua vita si era ritrovato a vivere all’interno di una gabbia dorata, ma pur sempre una gabbia. Credeva di sapere come uscirne, credeva di potercela fare, credeva di aver trovato il modo… Quella tormentosa sensazione di sentirsi perennemente braccato e controllato… Aveva compreso in fretta che per raggiungere la felicità non si poteva ricercare sempre lo scontro. Il più delle volte era bastata una moderata diplomazia. Questa era stata da sempre la sua filosofia di vita, una filosofia che Lyanna aveva accondisceso, ma lei come molti, aveva pagato le conseguenze più atroci. Quando suo padre e suo fratello erano stati uccidi dal re folle, ogni loro speranza era stata schiacciata. Brandon Stark aveva quel suo stesso temperamento imprevedibile e guerresco. Mio padre dice sempre che io e lui abbiamo ereditato il sangue di lupo da nostra madre. Anche lei era difficile da domare. Gli aveva detto un giorno di tanto tempo fa, lo sguardo fiero rivolto verso una volta stellata. Per quanto avesse potuto vedere coi propri occhi la reazione bellicosa di Brandon al torneo, prese quella frase forse troppo alla leggera. Troppo tardi si rese conto di quanto invece avrebbe dovuto invece vagliare maggior riguardo alla questione. Aveva capito con largo ritardo che quando uno Stark ha qualcosa da perdere, si erge impavido per salvare l’onore di un proprio famigliare. Brandon lo fece con lei a suo tempo e per questo morì. Lyanna lo stava facendo ora per suo figlio. Non vi era ombra di dubbio, agivano alla stessa maniera. Incauti si buttavano nella mischia, mettendo a rischio la loro stessa vita per quell’ideale. Per quanto Rhaegar potesse anche accettare e giustificare la premura di una madre a favore della propria prole, non poteva però sperare una completa indulgenza da parte di sua sorella. Daenerys non sarebbe rimasta inerme ad osservare chiunque avanzasse pretese. Non sarebbe stato facile fare da conciliatore a due donne agguerrite come loro. Che la Vecchia mi infonda la saggezza necessaria per sedare ogni avversa dimostranza.
Percepì alle proprie spalle il sospiro di Rhaegal e il digrignare le zanne di Drogon, accucciati l’uno affianco all’altro, come due gatti con le zampe nascoste sotto al corpo. Il loro respiro era una dolce coltre calda e rassicurante. Sembrava che volessero scaldarli col loro fiato e proteggerli da quel clima rigido non adatto ad un drago, che fosse a quattro zampe o a due. Viserion invece si era accucciato poco lontano, privilegiando la solitudine e il distacco dai suoi fratelli. Il principe ne percepiva la sua ritrosità, una cupidigia ripicca e un sentore di sfida nei confronti di Drogon; Sembra quasi si stia ribellando per qualche ragione. Ma quale? Rhaegar e Daenerys stavano proprio cercando di capire dove fosse il problema prima che Jon venisse ad interromperli. Doveva essere sorta una qualche forma di rivalità tra i due draghi nel procacciarsi del cibo. Probabilmente la bestia dalle squame nere doveva aver rubato al fratello una preda da sotto il naso, rinnovando la sua autorità, come spesso faceva. Rhaegal non appariva subire o sentirsi vittima di quel comportamento, ma Viserion ultimamente pareva in costante nervosismo. Rhaegar dapprima si era convinto di essere fautore indiretto di quel suo scostante comportamento, tuttavia si era reso presto conto che non mostrava alcuna resistenza al suo padroneggiare le redini del comando. Il drago verde aveva trovato in Jon un secondo padrone, cosa che mai prima d’ora era avvenuta e lui aveva acconsentito a sostituire la sua cavalcatura mancante. Rhaegar non era uno stolto, aveva capito da subito che Viserion non si accontentava di essere una seconda scelta, accettava quella situazione forse per gioco o forse per una questione di altruismo, ma sentiva che non gli era davvero assoggettato.
Dai suoi studi aveva sempre dedotto che i draghi sceglievano un unico padrone per tutta la vita, a volte però sceglievano di farsi assoggettare una seconda volta, solo e soltanto se il primo padrone era venuto a mancare, e lasciando passare del tempo, quasi avessero bisogno di un periodo di lutto. Ma quella situazione andava a disintegrare ogni sua precedente convinzione. Forse un tempo i maestri non avevano abbastanza basi per conoscere la vera natura di un drago e basarsi solo sugli scritti del passato non era giusto. Ciò che era stato doveva solo aiutarli a comprendere una parte del loro presente, ma sarebbe stato differente vivere al fianco di quelle creature. Avrebbe permesso loro di conoscerli appieno e di scrivere una seconda storia.
Il cambiamento di Rhaegal, aveva comunque obbligato il principe Targaryen a cercare un avvicinamento con Viserion, che tutto sommato non si era mostrato recalcitrante, almeno non in un primo momento. Il drago bianco però si era da subito accorto di essere stato considerato un sostituto e questo aveva alterato la sua apparente placida serenità. Seppur avesse in parte accettato di farsi montare da lui, continuava ad avere un comportamento dispotico per la maggior parte del tempo non solo col suo padrone, ma anche coi suoi fratelli. Rhaegar se n’era accorto e non insisteva quando lo sentiva eccessivamente nervoso; bastava un attimo che perdesse la calma, i draghi non sono mansueti come i cani, sotto questo aspetto assomigliano molto più ai gatti, che graffiano la mano del padrone che li nutre. Seppur riuscisse a dominare i suoi istinti, cercava comunque di non esercitare sul drago alcuna imposizione. Sapeva come ci si sentiva ad essere continuamente calpestati da una figura più potente… Darys lo aveva addestrato molto bene in quella disciplina.
Anche Dany aveva percepito la contrarietà che il drago mostrava alcune volte, aveva anche provato ad adoperarsi per ammansirlo, e seppur Viserion ascoltasse le sue preghiere, restava una creatura del tutto capace di prendere iniziative proprie. Piuttosto che ingaggiare battaglia, dispiacendo così colei che vedeva come una madre, il drago preferiva isolarsi per cercare in solitudine la propria quiete. Un comportamento che tutto sommato gli faceva tornare alla mente anche la ricerca di isolamento di Jon.
In quel momento si poteva udire il suo livore dai colpi secchi che emetteva con la coda sul terreno. Rhaegar, inspirò profondamente e, con la mente in ascolto, continuò a fissare la sua donna pararsi di fronte a loro. Per prima cosa Lyanna rivolse lo sguardo direttamente su di lui, assottigliando gli occhi con fare minaccioso. Per quanto d’aspetto potesse anche apparire come una visione seducente e intrigante, Rhaegar non poté che provare un forte disturbo. Amava vedere la sua determinazione ed il coraggio traboccare dai suoi occhi e dalle sue espressioni dure e rigide; una vera donna del nord. Tuttavia vi erano luoghi e ragioni dove tutto ciò sarebbe stato inaccettabile, era ora che lei ne assimilasse il concetto una volta per tutte.
La vide portare la sua attenzione verso sua sorella ancora seduta sulla roccia. Daenerys si voltò a lanciargli un’occhiata sospetta. Quelle perle d’ametista brillante erano un libro aperto ormai e seppur vi fosse appena una venatura di dubbio e preoccupazione, traspariva maggiormente un sentore malizioso e irriverente. Gli bastò solo un lieve cenno col capo per farle intendere che non si aspettava alcuna ingerenza della sua lady in quel preciso istante, così Daenerys si alzò in piedi e lo sorprese, precedendolo nel darle il benvenuto.
-Lady Stark qual buon vento vi porta qui da noi? – le sorrise educatamente, Lyanna al contrario non mostrò alcun sentore di alleggerire quello sguardo glaciale e diffidente.
-Regina Daenerys. – mostrò una riverenza formale, abbassando la schiena in avanti e piegando le ginocchia in un profondo inchino. Appagata per tale riservo sua sorella continuò.
-Suvvia, non siate così rigida. – le concesse di rimettersi comoda – Vogliate perdonate il nostro iniziale disorientamento, ma non ci aspettavamo una vostra visita ora. Avevate per caso bisogno di conferire noi? – poi le sue labbra si incurvarono in un sorrisetto sfacciato – O magari con uno di noi in particolare? – Viserys a quella sua aggiunta si irrigidì, sperando che questo non facesse scattare la sua lady. Era chiaro che ancora non la conoscesse, perché con Lyanna quello non era il modo migliore per tentare un approccio. Difatti la donna la studiò per qualche istante con aria di sufficienza e come c’era da aspettarselo non la degnò di una risposta coincisa.
-Pretendo di conoscere il motivo per cui negate a mio figlio di cavalcare il suo drago quest’oggi. – chiese ad entrambi. Fece scorrere i suoi diamanti di cristallo prima sul volto di sua sorella e poi sulla maschera che ricopriva il suo, senza tergiversare troppo né su uno né sull’altro. Dany andò ad accarezzare il muso del drago verde.
-Tengo a precisare che Rhaegal non appartiene a vostro figlio. – cominciò, puntigliosa – E in questo preciso momento non è possibile effettuare alcun allenamento nemmeno per noi che, come vedete, siamo qui a bighellonare in questo posto dimenticato dagli dei. – affermò solenne – Un drago non è come un cavallo! Ha delle esigenze che bisogna rispettare e comprendere. Certe cose non potete avvertirle, magari, ma dovreste comprenderle. Non mi sembra di avervi mai visti mettere quell’inconsueto animale da compagnia nei canili assieme ai mastini da caccia. – Daenerys diede una rapida occhiata a terra, accanto alla lady. Spettro aveva fatto la sua comparsa, affiancando la Stark. Viserys l’aveva visto arrivare dalla foresta, accostarsi alla donna e ruffianare il proprio muso alla sua gonna. Lei accortasi aveva allungato una mano per dargli un buffetto sulla testa.
-Se è per questo neanche i vostri animali sono così ordinari, Regina dei Draghi. – Lyanna diede solo un’occhiata alle due maestose creature alle loro spalle, prima di ripuntare l’attenzione su sua sorella. Viserys quasi sperò che in quel momento lo degnasse di uno sguardo, era talmente intenta a incriminare le loro azioni da non prenderlo nemmeno in considerazione. Questo lo innervosì molto – E mi spiace contraddirvi, vostra grazia, ma ritengo di essere più informata di voi sui cavalli! È strano, dato che avete ripetutamente rimarcato di essere stata a contatto coi Dothraki durante il vostro esilio… eppure sembra che non siate affine per nulla ad alcuna loro peculiarità. Esistono troppe varietà di cavalli per poterne fare un paragone unico. È possibile distinguere un purosangue per la sua corporatura o in base al suo temperamento, ma un vero appassionato non potrà mai confondersi. – Viserys rimase interdetto a sentirla parlare a quella maniera. Se da una parte si poteva ritenere fiero di averle trasmesso la scrupolosità nel precisare concetti e chiarimento, da un altro sentiva di essere al limite della sopportazione. Stava letteralmente esplodendo dentro per l’arroganza e la sfacciataggine che stava dimostrando di avere nei loro riguardi – Un autentico stallone di razza non ha di certo la stessa utilità di un comune cavallo da tiro e sarebbe assurdo considerarlo unicamente come cavallo da riproduzione, fintato che la sua età gli consente di accompagnare un cavaliere. Come un palafreno non è adatto alla vera battaglia, seppur sia un ottimo cavallo da sella, è decisamente più portato per i lunghi viaggi o per le parate. Inoltre un esemplare maschio è diverso sia per resistenza che forza fisica da una giumenta o da una brenna di alcun pregio. Pensate veramente che io non conosca la differenza tra un ronzino e un cavallo nobile, mia regina, o il paragone che prima avete fatto sui draghi e cavalli era solo per distogliere la mia attenzione sull’effettiva faccenda a cui vi ho sottoposto pocanzi? – aveva mostrato in modo coinciso, quanto Daenerys l’avesse sottovalutata. Purtroppo però questo era anche un tangibile segnale che nemmeno lei conoscesse la persona che aveva di fronte.
-Come osate parlare così alla Regina dei Sette Regni? –
-Regina dei Sei Regni. O avete dimenticato che il Nord ancora non si è inginocchiato? – Viserys alzò un braccio per intervenire, doveva evitare che la situazione degenerasse o presto le avrebbe viste scannarsi ognuna coi propri artigli. Il metalupo bianco sollevò il muso e digrignò i denti, come se avesse avvertito le sue intenzioni. In quegli occhi rossi liquidi e infuocati una minaccia, nelle sue zanne l’arma letale l’aspettava. Viserys rimase a fissarlo immobile valutando quale effettivamente fosse la sua intenzione. Nel frattempo questo tentennamento permise alle due di continuare indisturbate.
-Vi consiglio di portatemi più rispetto, lady Stark. O mi vedrò costretta a ordinarvelo. – Daenerys gonfiò il petto orgogliosa, ignara del fatto che il metalupo pareva pronto ad attaccare.
-Potete tentare, ma sarà tutto inutile. Quello che vi fa parlare è solo la paura. Paura che mio foglio possa avere maggiore influenza col vostro popolo e magari pure sui vostri draghi. Invidiate la sua dote innata al comando e in qualche modo vi sentite minacciata da lui. Se è questo che vi impensierisce, sono felice, vi reputo una donna perspicace e giudiziosa. Al contrario, se pensate di avere a che fare con sempliciotti disposti a lasciarvi fare i vostri comodi nelle nostre terre, vi sbagliate di grosso! I lupi non si piegheranno una seconda volta! –
-Parlate proprio voi… - Dany alzò il capo indignata – …Mi sembra non disdegnate l’idea di farvi assoggettare ancora una volta ad un drago. – Viserys si voltò a guardare sua sorella. Quella situazione doveva terminare al più presto o non ci sarebbe stata assoluzione per entrambe.
-Badate a quello che dite. – la minacciò Lyanna, rispondendole con un’occhiata severa.
-Non ammettete quindi di aver tenuto compagnia a mio fratello la scorsa notte? – nel porle quella domanda, lo indicò con un gesto elegante della mano – Avete dei sentimenti piuttosto volubili, mia cara. O non fa alcuna differenza? Dopotutto una bella chioma argentata ed un corpo caldo… –
Spettro ringhiò accrescendo l’indignazione della Stark che reagì socchiudendo gli occhi fino a farle diventare due fessure.
-Provate ad insinuare un’altra volta una cosa del genere e vi… -
-Alle minacce dovrebbero conseguire dei fatti reali, altrimenti si perde di autorità. – Viserys parlò con voce importante, scandendo bene le parole. Non si rivolse unicamente a Lyanna, ma mantenne una forma neutrale apposta per far capire anche a sua sorella l’intenzione di redarguirla. Usò però quelle parole con precisione, difatti quando posò gli occhi su di lei la vide corrucciare la fronte confusa e attonita. La bocca leggermente aperta dallo stupore. Avanti, tesoro mio, chiedimi come conosco questa frase. Quell’espressione era la preferita di Arthur. La sua filosofia di vita lo aveva sempre portato ad odiare l’assolutismo, l’arroganza e le persone che predicavano avvisaglie, non avendo poi il fegato di metterle in pratica. Usava quella frase ogni volta che sentiva una persona affermare il proprio potere, passando però agli altri il compito di sporcarsi le mani. Aerys Targaryen aveva avuto la fortuna di averlo nella sua guardia reale, altrimenti quella frase l’avrebbe udita tanto quanto lui l’aveva sentita. Riconoscimi, per la Madre!
-Sorella, mi sembra che la preoccupazione maggiore di lady Stark sia suo figlio. Sarebbe da stupidi pensare che sia venuta nel covo dei draghi con la primaria intenzione di insultarci… sono certo che sia solo venuta a chiederci delle umili spiegazioni. Enuncia dunque la vera ragione per cui non è possibile iniziare l’allenamento e torniamo in fretta alle nostre faccende. –
-È forse una vostra vendetta, principe? – la lady aveva atteso solo una frazione di secondo per arrivare a quella deduzione, giungendo erroneamente a intuire dalla sua intromissione, che il vero problema partisse da lui. Lo sfidò con uno sguardo carico di risentimento.
-Siete libera di credere a ciò che volete, lady Stark, ma a decidere per i miei draghi sono unicamente io. E se ritengo che non sia il momento adatto per cavalcarli, allora non lo è. – Dany fu irremovibile, proprio come una regina deve essere. Lyanna però non si lasciava intimorire facilmente, e continuò a rivolgersi espressamente a lui, ignorando completamente le parole di sua sorella. Se avesse avuto quello stesso atteggiamento anche alla corte del Re Folle, quell’affronto le sarebbe costato la vita.
-Se dietro a tutto questo, scopro che ci siete voi, giuro che ve la farò pagare! – non demordeva, proprio come era sua consuetudine. Ma lui non era suo padre, e mai lo sarebbe stato.
-Quando minacciate un uomo dovreste avvicinarvi a lui con decisione. – quello era stato un altro insegnamento di Arthur. Di nuovo vide nel volto di Lyanna del tentennamento. La stava mettendo in forte disagio, ma era quella la sua intenzione. Non preoccuparti, anima mia. Arriverò a piegarti, senza però spezzarti. Conosco i tuoi limiti, ma tu intanto, impegnati a capire il messaggio che sto cercando di passarti.
-Perché mai dovrei farmi dare ordini da mio fratello? – Dany cercò di riprendere la sua attenzione, ridestando Lya e facendola diventare rabbiosa.
-Vostra grazia, con tutto il rispetto ma non stavo parlando con voi. Piuttosto ho delle questioni irrisolte con vostro fratello e voglio premurarmi che non sia una conseguenza a ciò che è successo. O non è successo. – continuò a fissarlo in attesa di una sua risposta – Ditemi, principe Viserys, probabilmente non avete digerito il mio rifiuto? – si avvicinò a lui di un passo – So come minacciare un uomo. – puntualizzò fiera. I loro volti, anche se ad altezze separate, erano saldi – Non vi permetterò di ritorcere su mio figlio, la vostra frustrazione. Non avete avuto il mio corpo stanotte, e non lo avrete mai. – aveva scoperto ogni carta, senza mostrare vergogna o imbarazzo alcuno.
-Oh… - Dany al contrario era stupita da quell’ammissione – Questo non me l’avevi detto, fratello. – si voltò a fissarlo con un leggero sorriso di derisione sulle labbra – Seratina in bianco, quindi? –
-Risolviamo questa questione una volta per tutte. – Viserys prese per un braccio Lyanna – Vogliate seguirmi in un luogo più appartato, milady. Preferirei conferire con voi di tali argomenti in privato. – e la condusse appena fuori portata dalle orecchie di sua sorella – Ad ogni modo mi pareva di essere stato chiaro; non è il vostro corpo che voglio. – rispose risoluto, una leggera vena di rammarico nella voce – Credevo oramai fossi riuscito a farvi intendere quali fossero le ragioni che muovono le mie azioni. – lady Stark assottigliò lo sguardo fissandolo con aria scettica.
-Come posso capire le vostre ragioni se vi ostinate a tener segreti con ogni persona che vi circonda? – Viserys si fermò a guardarla impensierito.
-È necessario che per ora io non sveli le mie carte. Provate a mettervi nella mia situazione, milady. Non posso in alcuna maniera venir meno alle promesse fatte a mia sorella. È sangue del mio sangue; sarebbe disdicevole voltarle le spalle. –
-Il male minore, per cui, è relegare mio figlio ad un appestato fingendo che non sia anche lui sangue del vostro sangue? – Viserys schioccò la lingua con irritante fastidio.
-Non dite assurdità. – usò un tono molto freddo.
-Ma è quello che state facendo. Riversate su di lui questa assurda personale vendetta. – tornò a rivolgersi a lui adirata – Solo se voi otterrete ciò che bramate, allora Jon potrà rimontare sul drago? –
-Avete ascoltato quanto vi ho appena detto? – le domandò seccato – Non è affatto una punizione quella che gli ha impedito di cavalcare Rhaegal quest’oggi. Mi rattrista pensare che abbiate anche solo formulato questo pensiero. – si decise a parlarle seriamente – E se me lo concedete, avrei anche un altro consiglio da darvi: ritengo che vostro figlio sia grande abbastanza perché sua madre non intervenga nelle questioni che lo riguardano di persona. Jon ha tutte le capacità per chiedere delucidazioni in merito di sua iniziativa. –
-Ma lui non ha idea di come trattare con voi draghi. –
-È lui stesso un drago, quindi la vostra asserzione è inesatta. – la rimproverò – Piuttosto mi sembrate voi quella che ha dimenticato come parlare ad un membro della famiglia reale. Non era certo quello il modo di trattare con mia sorella. Vi devo ricordare che è una regina? Vi dissuado dal rivolgervi ancora a lei a quel modo. –
-Questo dipenderà dalla sua arroganza. –
-No, questo dipenderà solo dalla vostra impudenza. E da quanto io vi permetterò di mostrarla! – la sua ira era esplosa. Drogon mostrò qualche segno di disagio al suo alzare la voce. Si mosse nervoso spalancando le fauci ed emettendo uno stridio fastidioso, mentre apriva le ali in tutta la loro apertura. Viserys si voltò percependo il suo animo tormentato. Dany si affrettò per smorzare l’isteria del suo drago, dedicandogli un po’ di attenzioni. Viserys controllò con la coda dell’occhio anche gli altri due draghi. Parevano invece non aver risentito. Viserion aveva sollevato pigramente le palpebre, ma non aveva accennato altra reazione.
-A quanto pare, lady Stark, quello di creare tensioni tra due famiglie è proprio un vostro vizio. – sua sorella si voltò a guardarla con aria truce – Un tempo non foste forse voi la causa scatenante di una diatriba che vide coinvolte tre tra le famiglie più importanti dei Sette Regni? – Dany aveva riacceso la fiamma della battaglia nei suoi occhi. Viserys scosse il capo sfiancato. “Quando due femmine litigano, l’unica è tappar loro la bocca ad entrambe nello stesso momento.” Gli aveva detto un giorno Arthur. “E come può un uomo solo riuscirci?” Era stata la sua ingenua domanda. “Ce ne sono tanti di modi… Quante cose ti devo insegnare ancora?” Aveva ribattuto il suo amico. Col cuore increspato ritornò al presente. Arthur avrebbe già risolto la questione.
-Il cervo vi desiderava, ma voi avete rifiutato il suo corteggiamento, per concedervi invece a mio fratello maggiore. Un drago era forse decisamente una preda più ambita rispetto ad un cervo!? – Lyanna si bloccò nella posizione in cui si trovava. Lo sguardo triste e negli occhi una luce spenta.  Daenerys sembrava soddisfatta della reazione che aveva ottenuto e sorrise compiaciuta.
-Se vostro fratello fosse ancora qui tra noi, proverebbe compassione per questa vostra affermazione. – nell’udire quelle parole ed il tono deluso usato dalla lady, Viserys non poté che rimanerne toccato. Allungò una mano per prendere una delle sue, ma alla fine vi rinunciò.
-Credete davvero, milady? – domandò Daenerys sfacciata. Sì, sorella. Da questa prospettiva, mi conosce meglio Lyanna, che non tu.
-Suggerirebbe a vostra maestà di non confondere effimere parole uscite dalla bocca di quel piccolo uomo borioso e superficiale, coi puri e concreti sentimenti con cui vostro fratello mi ricambiava. – era stata stranamente quieta nel darle questa risposta, ma era palese che soffrisse terribilmente. Fu quasi tentato di dire a sua sorella di montare su Drogon e andarsene, per lasciargli così la possibilità di stringere la sua donna tra le braccia. I tempi non sono ancora maturi… le parole del Corvo con Tre Occhi gli rimbombarono nella mente e si costrinse a chiudere gli occhi con grande rammarico Aspettami, Lyanna, arriverà il giorno in cui potrò di nuovo tornare da te.
-Sono costernata, mia regina e provo per voi una profonda pena. – non parlava con derisione, ma con rammarico e profonda tristezza – Non avete avuto la possibilità di conoscere la magnificenza di vostro fratello. Di assistere alla sua grandezza, di venire ammaliata dalle sue parole e vedere l’effetto che la sua voce aveva sul popolo. Ogni uomo donna o bambino si rallegrava al suo passaggio, lo adulavano come se già sulla sua testa vi fosse una corona… Che destino beffardo… Ha concesso a me di conoscerlo, privandolo a voi. Se non fosse così impegnata a farvi odiare, sareste molto simile a lui. –
-Illuminatemi, quindi… – la istigò lei – Cosa mi sarei persa del mio amato fratello? – continuava a sorridere schernendola. Viserys sentì le fiamme ardere dentro di lui. L’aveva ammonita già una volta, non voleva ripetere la scena una seconda.
-La purezza della sua anima. – affermò la lady sicura delle sue parole – E potreste trovarla anche in vostro nipote, se solo non vi ostinaste a vederlo unicamente come uno scomodo pretendente al trono. – rimase a fissare sua sorella con convinta ritrosia, ma Viserys poteva vedere come in realtà quegli occhi argentati stessero trattenendo delle lacrime.
Dany spostò il piede d’appoggio, ondeggiando pigramente di lato e osservandola in tralice. Viserys le diede solo una fugace occhiata, prima di tornare a fissare la donna dai capelli scuri. Inspirando a pieni polmoni, si costrinse nel celare ogni sentimento e si impose di intervenire a difesa di sua sorella questa volta.
-Milady, vi siete mai posta il quesito che possa invece essere vostro figlio, quello ostile nei nostri confronti? – mantenne un tono freddo e autoritario, ignorando il tremore delle proprie mani e del proprio cuore.
-Mio figlio vi ha ospitati nel suo castello. Ha condiviso con voi il suo cibo. Vi ha riservato gli alloggi più confortevoli e caldi. Vi ha sempre portato rispetto e non vi ha mai tenuto nascosti i suoi piani di guerra, coinvolgendovi nei consigli al fianco dei suoi alleati. – aveva messo le mani sui fianchi e si era sporta in avanti a contraddirlo.
-Non mi riferivo a ciò che riguarda l’operato o dei doveri che gli impone il suo titolo. – la interruppe acido – Ma ai suoi sentimenti. Siamo suoi parenti dopotutto, dovrebbe provare piacere nel passare del tempo in nostra compagnia, invece ogni volta che si presenta da noi pare dubitare, come se fosse obbligato da forze superiori. –
-Forse sono io la causa di questo… – ammise abbassando gli occhi a terra.
-Per cui avevo convenite con me nel pensare che sono le vostre paure insensate a impedire a vostro figlio di mostrare la sua stessa natura al proprio drago. – Viserys tornò nell’argomento proposto quella mattina.
-Avevate detto che ieri aveva cavalcato bene… – Lyanna storse il naso infastidita e scettica.
-Cavalcare un drago non è tutto. – puntualizzò. Una nota di dolore increspò il suo cuore. Era lei quella che aveva il sogno di cavalcare un drago… glielo aveva detto proprio la prima volta, era stato il primo argomento che avevano accinto e che misteriosamente già aveva intrecciato le loro anime, e la malizia di Arthur aveva anticipato ciò che sarebbe accaduto di lì a due giorni. Erano ricordi talmente dolorosi che d’istinto si premette il petto col palmo della mano, quasi certo che di lì a poco il suo torace sarebbe esploso in mille pezzi.
-Jon deve sentirsi appartenere ad un’unica anima con Rhaegal. Deve fondere la sua mente e le emozioni con lui. Entrare nel corpo del drago e percepirne l’essenza come se fosse la propria. – le spiegò serio – Se vostro figlio non provvede a sciogliere almeno un po’ il ghiaccio che ha nel suo cuore, come potrà la fiamma del drago bruciare in lui? –
-Se è questo il problema, perché non glielo avete detto voi stesso? – era caparbia, ma ammetteva che aveva ragione. Dovette trovare un giro di parole tortuoso per riprendere il coltello dalla parte del manico.
-Perché non è più un bambino, ma un uomo adulto, nonché un re. E da un re ci sia aspetta saggezza e comprensione, non certo il comportamento traviato, insolente e collerico che mostra da ieri. –
Lyanna rimase in silenzio. Dai suoi occhi capì che le sue parole avevano colto nel segno. Aveva capito perfettamente i suoi timori, il paragone con il Re Folle era inequivocabile e forse anche lei paventava l’idea che nel suo temperamento potesse esserci una goccia della sua pazzia.
-Nelle sue vene scorre anche il sangue degli antichi re del nord: questo lo porterà sempre a prendere la decisione giusta. – garantì lei, ma nella sua voce vi trovò un certo tremore. Daenerys dopo essere stata in silenzio per un lungo momento, fece due passi verso di loro.
-Quindi ritenete questa una salvezza per vostro figlio, ma reputate noi dannati solamente perché discendiamo dal Re Folle? –
-Non necessariamente. La pazzia non è genetica, ma una forma di malfunzionamento mentale che può insorgere in casi deboli o alterati. – spiegò fiera la donna del nord – Vostro fratello maggiore ne era la prova vivente. È vissuto in quel castello per più di vent’anni, ma la sua anima non è mai stata contaminata da vostro padre. Il merito era delle persone che gli volevano bene; di vostra madre, delle guardie reali, dei suoi amici più cari… ma cosa potete mai capire voi? – abbassò lo sguardo socchiudendo gli occhi per nascondere le lacrime che stavano uscendo. Viserys sentì le braccia tremargli e una frenica voglia di stringerla tra a sé, rincuorarla e tenerla accanto al suo cuore, ma si obbligò a mostrarsi ancora freddo e distaccato.
-Ad ogni modo le questioni di mio fratello non ci riguardano in questo preciso istante. Mi sembrava stessimo parlando del Lupo Bianco e del suo ruolo di cavaliere di drago. – la vide alzare nuovamente lo sguardo su di lui, gli occhi lucidi e bagnati. Ma non era ancora sconfitta.
-Lui è più di un semplice cavaliere di drago. – era tenace e questo lo fece sorridere, ma lei intuì quel suo gesto come una minaccia – Se provate a prendervi gioco di lui, ad illuderlo, a farlo sentire parte della vostra famiglia, a dargli false speranze prima di… - la sua voce tremò impercettibilmente, ma al suo orecchio attento non sfuggì quell’incertezza. Poi la sua determinazione riebbe la meglio – Prima di sferrargli il colpo di grazia, sappiate che ve ne farò pentire! – li avvertì, osservando entrambi i due fratelli.
-Oh, davvero? E come, se mi è lecito sapere? – la derise Dany – Sguinzaglierete i vostri boccioli di rosa brandendo aghi da cucito e spille da balia? – gli occhi di Lyanna divennero ghiaccio cristallino dalla rabbia. Aprì leggermente le labbra ed emise uno sbuffo di risentimento.
-Sottovalutare delle donne armate, potrebbe esservi fatale un giorno. – fece due passi verso la regina dei draghi, per niente intimorita dal fatto che Drogon aveva alzato il muso per controllare ogni sua mossa – Innalzerò i vessilli del Nord, richiamerò a me tutti gli alfieri fedeli a noi Stark, marcerò verso sud e raderò al suolo la Fortezza Rossa. – minacciò astiosa. La sua voce era ferma e determinata. Dany la osservò sorridendo maligna e alzando un sopracciglio.
-È forse una minaccia? – la beffeggiò – Mio padre vi risparmiò la sorte che invece toccò ai vostri cari, ma io… - la intimidì. Viserys piegò il capo contrariato per ciò che aveva detto, nella speranza che lei si scusasse, ma non lo fece.
-Mai più sangue Stark sporcherà le nostre mani, sorella. – un ruggito furente gli uscì assieme a quelle parole. Dany lo guardò allarmata. Lyanna aggrottò le sopracciglia disarmata dal modo in cui l’aveva difesa. Tutti e tre i loro draghi si mossero nello stesso istante. Viserion si alzò in piedi, Rhaegal scosse il capo e Drogon batté nuovamente le ali.
-Vogliate scusare l’arroganza di mia sorella, lady Stark. Posso chiedervi cortesemente di lasciarci parlare in privato, per la vostra sicurezza preferisco che vi assentiate da questa radura il più in fretta possibile. – le prese una mano e se la portò alle labbra, scoccandole un delicato bacio sul dorso.
-Come volete. Ma ricordate che il Nord non dimentica. – nell’esprimere quelle parole non ebbe né timore, né esitazione. Dopotutto la sua lady restava sempre la donna forte e combattiva di cui si era innamorato. Non aveva paura dei draghi veri, figuriamoci di semplici persone che si definivano signori dei draghi.
 
 
 
 
 
Quell’antipatica sbruffona del nord s’era finalmente tolta dai piedi. Daenerys non aveva mai pensato di arrivare a non tollerare la sua presenza a quella maniera, ma sapeva di doversi sforzare, doveva tenere a freno la lingua. È che lei riusciva spontaneamente a risvegliarle il drago sopito dentro. Lyanna Stark aveva osato voltare loro le spalle, dopo aver proferito quel loro strano motto. Il Nord non dimentica. I loro modi di dire erano così lugubri e poco coloriti da metterle spesso la depressione addosso. Ma era meglio se teneva per sé quei pensieri. L’aveva così guardata marciare decisa verso la fortezza, allontanandosi in modo definitivo probabilmente anche dal cuore di suo fratello. Viserys aveva il volto concentrato sulla sua figura lontana, era affranto e spezzato, come ultimamente appariva nella gran parte della giornata. Per quanto lei lo comprendesse, non poteva però accettare l’idea di dover assecondare i capricci della sua lady. Lei era un drago, un drago vero, non si sarebbe inginocchiata facilmente ad un lupo. Suo fratello aveva ceduto a Lyanna l’ardire ed il coraggio. Daenerys però non si era mai piegata a Jon, per quanto il suo cuore lo desiderasse, lei era rimasta la creatura forte, fiera e determinata che le difficoltà l’avevano aiutata a forgiarsi.
-Posso sapere perché non dovevo risponderle? Ci ha minacciati! – era furibonda.
-Mi sembrava di essere stato chiaro. Non minacciare mai più la donna che amo, a meno che tu non sti volutamente cercando una nuova danza dei draghi. – affermò Viserys irritato.
-Non era mia intenzione, ma lei… -
-Lei ha sofferto abbastanza, senza che tu vada a risvegliare i fantasmi del suo passato. – la fissò arcigno – Tu non eri nemmeno nata. Non sei a conoscenza degli errori commessi dai nostri antenati. Non sai cosa è realmente accaduto. – stava sulla difensiva. Lo faceva sempre quando soffriva e non lo voleva dare a vedere.
-Non serve indovino per capire ciò che è successo! – non sembrava comprendere quello che lei cercava di dirgli – Nostro padre ha ucciso due lupi; quattro regni si sono alleati per affrontarlo; e due famiglie hanno tradito i nostri uomini. Esito: esilio per i sopravvissuti. Io e Viserys siamo quelli che sono rimasti e hanno dovuto combattere con gli artigli per mantenere una certa dignità. Mentre tu e la tua bella ve n’eravate andati. – si era messa di fronte a lui con fare intimidatorio. Per quanto fosse più bassa di suo fratello, non temeva alcuno scontro.
-Continui a vedere solo una parte della vicenda. – si espresse amaro distogliendo lo sguardo da lei, si sentiva la causa di tutto ciò – Questa è la tua storia. – abbassò lo sguardo afflitto – Non puoi comprendere i fatti, se non conosci le persone coinvolte. Non sai com’erano davvero i lupi del nord a quel tempo. Ned Stark, lo reputi solo uno dei cani dell’usurpatore, ma per quelli che lo conoscevano era un ragazzo timido e dal cuore grande e gentile. Per Lyanna era un caro fratello. Per Jon è stato un padre meraviglioso. Lyanna amava ogni membro della sua famiglia, con loro aveva lo stesso legame che oggi ha con i suoi nipoti, quando ci è giunta la notizia della morte di suo padre e di suo fratello maggiore, ha avuto un crollo fisico ed emotivo molto grave. Sono stati giorni difficili, per lei, ma anche per me che non sapevo come aiutarla. E mi sentivo responsabile per quanto nostro padre stava facendo. Non dovevi farglielo ricordare; lei si mostra forte, ma in questo momento non lo è. – si fermò attendendo che lei comprendesse bene le sue parole – Sta precipitando sempre più in un baratro, dove difficilmente troverà una luce confortante. Brandon Stark mi ha comunicato che non la vede bene; non sta cercando appigli per rialzarsi. Il futuro incerto di Jon non fa che aumentare questa sua paura. Io sto provando di dare a mio figlio ogni aiuto possibile, per tornare vivo da quella battaglia… per tornare da lei… per darle una speranza. Ma ogni mio sforzo sarà vano, se la storia si ripeterà. Ha già perduto la persona più importante durante una guerra, non vuole rivivere quei momenti ancora. E nemmeno io lo voglio per lei… Ma ci sono giorni in cui non so come agire. – le rivelò.
-Rhaegar, tu stai facendo anche più di quello che dovresti. – Dany cercò di incoraggiarlo, accarezzandogli un braccio.
-Non sembra essere sufficiente però, e tu non mi aiuti comportandoti così. –
 
 
 
 
 
Zia Lyanna era tornata all’interno della sala, chiaramente infastidita e oltraggiata. Aveva sbattuto la porta alle spalle, attirando involontariamente l’attenzione su di sé di tutti i presenti, ma non aveva alzato lo guardo su nessuno. Si era diretta al suo posto sulla tavola centrale della stanza, in silenzio e con passo svelto. Aveva preso ad impastare una pagnotta, precedentemente avvolta in un panno a lievitare. Si era premunita di ridarle vigore, sostenendo che aveva ancora bisogno di essere manipolata per garantire un impasto migliore. Gli altri la imitarono poco convinti, ma non osarono contraddirla. Le bastarono solo poche rotazioni di polso per avere tra le mani un composto morbido, visto la spietatezza con cui lo stava rimpastando. Jon aveva abbandonato il suo lavoro, senza dire nulla e si era posizionato accanto al camino con aria imbronciata. Stava in piedi, le braccia conserte in petto, appoggiando solo una spalla alla trave orizzontale e gli occhi persi nelle fiamme. Una gamba era dritta, mentre l’altra era piegata all’indietro e continuava a battere la punta dello stivale a terra. Lo conosceva fin troppo bene, per sapere che stava cercando di attenuare la rabbia. Sua madre sfogava la frustrazione sull’impasto del pane; lui isolandosi in un angolo della sala.
Anche Sam pareva conoscere le sue abitudini, infatti abbandonò il suo libro. Cautamente si affiancò al suo amico e provò a distrarlo, ricordandogli i bei momenti passati, il loro primo incontro, gli allenamenti assieme… Prese addirittura a riferirgli alcuni racconti che diceva essergli stati trasmessi da un certo maestro Aemon. Jon ascoltava, o almeno era quello che appariva in esterno, ma la sua espressione dura non era affatto cambiata. Era chiaro che la sua mente, fosse concentrata altrove. Quando Jon mosse il volto, i loro occhi si incrociarono per una frazione di secondo, ma lui fu lesto, e distolse in fretta lo sguardo. Arya fece altrettanto e postò la sua attenzione verso la sua sinistra.
Sansa stava rigirando maldestramente le focacce nel forno di pietra nella stanzetta laterale che un tempo era adibita a cucina del forte. Si vedeva lontano un miglio che quello non era il lavoro adatto a lei. Una lady non si deve mai abbassare a compiere mansioni abitualmente fatte da servi! Sorrise Arya. Ora che mi dici, sorellona? Zia Lyanna ti ha mostrato che una lady del nord è anche altro, e non sarà certo una mansione da serva che abbasserà il tuo rango! Accanto a lei Gilly l’aiutava. Arya scrutò attentamente sulla cappa del forno e notò una grossa crepa sulla parte superiore che disperdeva il calore nell’ambiente e intuì che la cottura sarebbe sicuramente avvenuta non uniforme.
Fortunatamente, alcuni uomini avevano provato a richiuderla alla meglio con delle pietre trovate nei dintorni del forte, inserendole e incastrandole nella fessura. Se si poneva la giusta attenzione, rigirando accuratamente e spesso le pietanze, avrebbero mantenuto una cottura tuttavia omogenea a detta dei più. Arya non si intendeva dell’argomento, ma conosceva qualcuno che sarebbe sicuramente riuscito a sfornare pagnotte e focacce favolose, certo migliori delle ultime che lei aveva fatto, ma certamente più soddisfacenti sotto altri aspetti. Ci vorrebbe Frittella, lui saprebbe che fare…
Tuttavia aveva preferito rimanere in disparte, l’idea di aiutare sua sorella non l’allettava minimamente, anzi stava aspettando solo l’occasione per deriderla, nel caso si fosse scottata o sporcata l’abito, ma doveva fare attenzione. Sua zia Lyanna l’aveva già ammonita due volte con lo sguardo e una sola volta pronunciando il suo nome, nella vana speranza di placare ogni sua avversione nei confronti di Sansa. Arya però non riusciva ad ascoltare quei suoi consigli.
 
Le aveva parlato quando ancora erano a Winterfell, era entrata nella sua stanza una sera, dopo che Jon l’aveva messa in punizione, come accadeva quando era una bambina e combinava un guaio.
-Arya, hai avuto la possibilità di tornare a casa e ritrovare solamente alcuni dei tuoi fratelli ancora vivi. Possibile che non riesci a cogliere questa fortuna? – si era seduta sul letto con lei e la stava guardando seria, proprio come un tempo aveva fatto anche suo padre.
-Ma lei… - aveva provato ad obbiettare.
-Nessun ma, Arya. Sei l’unica sorella che le rimane. Sansa è sola. Non lo capisci? – gli occhi di sua zia erano di un magnifico argento brillante, il volto allungato e malinconico.
-Non è sola. – ribatté arcigna – Ha Bran. Ha Jon. Ha te… -
-Bran sappiamo entrambe che non si fa neppure più chiamare con il suo nome… Lo consideri ancora lo stesso bambino che hai lasciato a Winterfell anni fa? – dovette darle ragione e scosse la testa, sentì sua zia annuire e metterle una mano sulla spalla – Jon, per quanto vi voglia bene, ha molti doveri che lo tengono occupato, e ha poco tempo a sua disposizione da dedicarvi. E ne avrà sempre meno, dal momento in cui intraprenderà la strada di cavaliere di drago. – la sentì interrompersi improvvisamente, ma poi tornò con la mente in quella stanza, accorgendosi di essere andata lontano. Le sorrise tristemente prima di riprendere a parlare – Sansa ha solo te, e tu hai solo lei. Avete lo stesso sangue, dovete solo ricordarvelo. –
-Ma ha anche te… E io sono invidiosa del vostro legame. – brontolò ancora, costringendosi ad ammettere quel sentimento. Non era da lei esternare così le sue emozioni, non dopo essere stata per così tanto tempo nella casa del bianco e del nero a Braavos. Ma ora era a casa, non doveva più fingere di essere nessuno. Chi sei? Nessuno. Una frusta le colpì l’anima. Chi sei davvero tu? Arya rifletté restando in silenzio per un minuto intero, poi trovò il coraggio di affermare la risposta che da sempre aveva tenuto nascosta. Arya, figlia di Ned Stark. E la mia casa è Winterfell.
Lyanna le sorrise dolcemente. Anche se aveva quasi la sua stessa età, qualcosa in lei le trasmetteva quell’affetto, come se provenisse da una madre. C’era molto di Ned Stark in lei, ecco perché provava quella sensazione di sicurezza e di famiglia in sua compagnia.
-Voglio bene ad entrambe, siete le figlie di mio fratello. – ammise la donna con voce morbida.
-Ma preferisci lei. – mise il muso Arya, abbassando gli occhi sulle proprie mani. Si stava torturando una pellicina e per spezzarla, se la portò alla bocca e la staccò coi denti.
-Questo non è assolutamente vero. – sua zia le prese la mano e constatò una piccola goccia di sangue accanto all’unghia. Estrasse un fazzoletto da una piega interna della sua mantella e prendendolo per un lembo le tamponò con accurata delicatezza la parte lesa – Provo ad essere imparziale. Con lei ho un rapporto, con te ne ho un altro. Tutto qui. In te vedo molto di me, quando ero piccola tendevo a reagire come fai tu. In lei invece vedo la persona che mio padre voleva diventassi: la lady perfetta… ma non mi sento di biasimarla, dopotutto ha trascorso molto del suo tempo alla corte reale di King’s Landing. – le spiegò.
-Tu non hai mai apprezzato quel genere di donne, proprio come non le sopporto io! Come puoi accettarla? Come puoi capirla? Come puoi apprezzarla? O devo pensare che mi hai sempre mentito? – Arya tornò a guardarla torva.
-Non ho mai odiato le lady del sud, ho avuto delle amiche sincere tra di loro… - parlò con convinzione, eppure si sentiva il dolore che stava provando a rimembrare quei ricordi – Ti mentirei se ti dicessi però che non ho mai desiderato quella vita. Ero impaurita forse, temevo di non essere al loro stesso livello. Le invidiavo in un certo senso, però di una cosa sono sempre stata sicura. Non mi piaceva l’idea di restare inerme e guardare gli altri decidere per me. La mia indole ribelle mi costringeva a oppormi a determinate dottrine e insegnamenti restrittivi che una lady deve tenere, ma non significa che ne sia stata risparmiata, né che abbia detestato quelle donne che invece ne erano adeguate – le svelò – mio padre, tuo nonno, ebbe molto riguardo perché io diventassi la lady che lui desiderava. Mi rivoltai, provai a protestare molte volte. Più infrangevo regole e più duramente venivo punita. Fu un periodo tremendo, se avessi avuto solo una briciola del carattere mite e placido di Sansa, avrei patito meno, bensì ero come te: testarda, orgogliosa e caparbia. – le sorrise incoraggiandola. Arya pensò che se in quel momento ci fosse stata presente sua madre, l’avrebbe invece rimproverata – Ma diversamente da te, non avevo un padre comprensivo ed empatico. Ci misi del tempo, ma un giorno compresi che la mia unica via d’uscita, era assecondarlo, renderlo fiero di me e non fare più in modo che sospettasse nulla. Ci riuscii, ma inevitabilmente il tempo scorreva e gli anelli della catena diventavano sempre più stretti sul mio collo. Fu proprio in quel momento che tornò alla carica il mio lato selvaggio e desideroso di libertà. –
-E scappasti. – finì Arya per lei. Lyanna la osservò negli occhi e sospirò.
-Tu e Sansa avete vissuto vite diverse, ma d’altronde siete completamente differenti e nessuna delle due è disposta a comprendere l’altra, perché non avete mai provato ad indossare i panni l’una dell’altra. Io ho modo di comprendervi entrambe, perché sono stata sia una giovane ribelle che una perfetta lady. Tu non hai la minima idea di quanto possano essere pesanti le regole da rispettare in determinate situazioni, soprattutto quando hai a che fare con la famiglia reale, che siano leoni, cervi o draghi. Esistono dettami adeguati a certi momenti e totalmente irrispettosi per altri, atteggiamenti da avere di fronte ad un tuo superiore, rigidi principi che una comune lady non può minimamente sperare di soverchiare… soprattutto se è sola, figlia di un traditore e sorella di un re impostore. – era chiara l’allusione di sua zia, ora si stava riferendo a Sansa.
-Poteva combattere. – convenne lei.
-Sarebbe morta. – rispose prontamente Lyanna – e Winterfell a chi sarebbe andato? Dimmi? – le domandò – puoi credere che tua sorella possa anche aver pensato per prima cosa a sé stessa, ma se davvero fosse stato così, avrebbe accettato la prima opportunità per levarsi dalle grinfie dei Lannister. Un matrimonio con Wyllas Tyrell era un’astuta opportunità. Una fuga verso est assieme a Tyrion suo marito, sarebbe stata certamente un passo difficoltoso, tuttavia logico… Eppure lei ha rinunciato ad entrambi, accettando invece l’aiuto di Petyr. Un uomo infimo, per i miei gusti, ma questo che resti tra noi due – le rivelò portando una mano di fronte la bocca per dirglielo in segreto e facendo una smorfia. Arya fece un ghigno per assentire – ad ogni modo è stato l’unico uomo ad impegnarsi nel riportarla a Winterfell. Quali fossero le sue vere intenzioni, magari non lo sapremmo mai, oppure, più probabilmente, svelerà le sue carte non appena farà ritorno dalle Terre dei Fiumi. Sta di fatto comunque che Sansa ha tenuto stretto nel suo cuore l’unica cosa che le restava: il suo titolo di lady di Winterfell, e quindi la sua rivendicazione su questo castello, in quanto unica figlia di mio fratello ancora in vita. Robb era morto. Bran e Rickon si credevano essere stati uccisi da Theon Greyjoy. Di te nessuno aveva notizia… se anche consideravate Jon, lui restava ancora un bastardo e oltretutto era Guardiano della Notte. Chi restava quindi per poter reclamare Winterfell? –
-È ciò che ha sempre voluto alla fine. Un castello tutto per lei. – sua zia era ostinata, ma lei lo era di più.
-I sogni di un’innocente bambina, probabilmente anche tanto viziata, di certo non si avvicinavano minimamente alla realtà che poi ha vissuto. Sansa si è forgiata nella sua solitudine, convinta di essere rimasta l’unica della sua famiglia. Poteva fare conto solo sulle sue forze, ogni persona su cui si appoggiava, si rivelava un impostore o un arrivista. Avrà anche accettato l’aiuto di persone spietate, ma se lo ha fatto è per riuscire a tornare qui. Perché gli Stark potessero tornare a vivere nel castello dove per anni erano vissuti. Mio padre era solito dire sempre: uno Stark deve sempre rimanere a Winterfell. –
-Sì, anche papà lo diceva. – contorse la bocca con svenevolezza. Il silenzio aleggiò nella stanza per alcuni istanti.
-Dov’eri tu per tutto quel tempo? – Lyanna interruppe quell’assenza di suoni, guardandola dritta negli occhi.
-Ad allenarmi. – rispose rigida Arya, sostenendo il suo sguardo inflessibile e agguerrito.
-Ti riformulo la domanda allora: mentre tua sorella cercava di tornare a casa, tu perché invece ti allontanavi sempre più? – Arya stava per aprire bocca e ribattere, ma lei l’anticipò – dove dovevi andare di così urgente, piuttosto che restare e combattere qui? –
-Sono andata lontano per aver modo di tornare e vendicare tutti i torti che i miei genitori e i miei fratelli hanno subito! – si era alzata in piedi e aveva stretto un pugno con forza, fino a farsi diventare le nocche bianche.
-E cosa mi dici dei torti subiti da tua sorella? Hai intenzione di vendicarli, oppure confidi che Jon lo faccia per te? –
-Può arrangiarsi lei, è forte ed è più grande di me. –
-E a differenza tua che hai una spada e sai maneggiare ogni arma – puntò il mento verso Ago che stava disteso sopra il baule – lei ha come unica armatura la sua educazione. –
-Bastava solo che imparasse ad usare un’arma. Io l’ho fatto e… - stava per dire, ma sua zia si alzò dal letto e la superò per raggiungere la porta.
-Non è stata una spada a proteggerla fino ad ora, ma solo l’unica arma di cui disponeva. La sua intelligenza l’ha portata fino a dove è ora. Ricordalo Arya. È grazie al nome Stark che lei porta che Jon ha rimesso ordine tra le casate del nord ed è ancora grazie a lei che i Bolton non hanno scuoiato tutti vivi. – le disse ancora appoggiando una mano allo stipite della porta – fatti un esame di coscienza: pensa a dove stavi tu, quando loro erano qui a combattere. Quando tua sorella veniva stuprata da quell’abominio vivente, mordendosi le labbra e ricacciando indietro le urla di dolore. –
 
Lo aveva fatto un esame quella sera. Si era messa seduta sul bordo della sedia, restando in equilibrio, tenendo la spada sulle gambe e gli occhi chiusi. Aveva riflettuto a lungo su quanto Lyanna le aveva detto, ma sua zia non era presente quando il lord loro padre era stato ucciso. Riaprì gli occhi e guardò ancora sua zia che massacrava una seconda pagnotta, quella dimenticata da Jon. La conosceva abbastanza per capire che quello non era il momento per avvicinarla, né per aiutarla. Emise un sospiro annoiato. Senza Lyanna Mormont, Meera Reed o qualche altra rosa dell’inverno, lei non sapeva che fare. Decise di uscire fuori all’aperto, sapeva che avrebbe trovato i due Targaryen, erano gli unici a mancare all’appello, ma non le importava. Si era chiesta il motivo per cui non volessero allenare Jon quest’oggi, ma dopotutto quelli non erano affari suoi, né tanto meno qualcosa che avrebbe potuto comprendere.
Quando varcò la soglia il suo sguardo passò in rassegna ogni anfratto di quella desolata distesa bianca. Poi li vide. Due figure nere avvolte in mantelli rossi e quei lunghi capelli argentati che sembravano confondersi col panorama attorno. Erano abbracciati e sorridevano. Ebbe uno strano presentimento, come se non fosse normale la loro contentezza in quel preciso istante, ma rinvenne anche il bel rapporto che lei aveva con Jon. Fu più forte di lei, non riuscì a restare zitta.
-Si sono invertite le parti a quanto pare. – disse mesta – ora il divertimento è fuori coi draghi tra le neve e non più di fronte al focolare con i lupi. – si andò a sedere sulla staccionata, osservandoli inacidita. Viserys lasciò andare sua sorella e si rivolse alla giovane lupa.
-Non vi siamo ostili. Tu più di tutti dovresti averlo imparato. – affermò avvicinandosi a lei con passo tranquillo e mettendole un dito sulla punta del naso. Era uno strano e fastidioso giochetto che anche Jon le faceva spesso. Ebbe stranezza di ritrovarlo in lui, ma dopotutto condividevano parte dello stesso sangue, non doveva stupirsi poi molto.
-E perché mai dovrei credere che non mentivi? – lo sfidò.
-Perché ti ho portato con me, ti ho dato ospitalità e non ti ho mai vietato la tua libertà. – le rivelò. Pensò a quando si erano incontrati e agli avvenimenti successivi. Era vero; lui sapeva, ma non parlava. – Avrei potuto farti prigioniera, usandoti come merce di scambio, e minacciando il tuo re di inginocchiarsi pur di vedere salvo un membro della sua famiglia. Avrei anche potuto ucciderti, per quanto maldisposta poteva essere la sua pessima avanzata; il suo esercito non era nemmeno la metà del nostro. Per cui dimmi, dopo tutto questo tempo, sei ancora convinta che noi siamo il vero nemico? – era rimasta incantata ad ascoltarlo. A volte accadeva e non ne comprendeva il motivo. Certò un certo contegno, quando sentì la regina Daenerys mal celare un risolino.
-Non mi hai mai detto perché mi hai presa con te quel giorno. – Arya scrutò in quella maschera, come se potesse riuscire in qualche modo ad identificarlo. Ogni suo tentativo era vano.
-Perché mi hai ricordato qualcuno a cui tengo particolarmente. – rispose enigmatico. Non seppe dire perché ma si trovò a identificare con quella frase sua zia Lyanna, ma riflettendoci più attentamente comprese che era su una via errata. Loro si era incontrati prima che la delegazione di Jon, scendesse alle Torri Gemelle. Non poteva quindi in alcun modo trattarsi di lei.
-Lady Stark, non abbiamo mai avuto modo di parlare noi due, ma so che con mio fratello hai instaurato un bel rapporto di fiducia e mi auguro presto potremmo cominciare a dialogare apertamente pure noi due. – la regina Daenerys si avvicinò a lei – vorrei offrirti una mozione: metti a nostra disposizione le tue doti. –
 
 
 
 
-Se il tuo adorato figlioletto e la sua avvenente madre credono che gli siamo ostili, allora forse è il caso che cominciamo a mostrargli le nostre vere intenzioni. – Dany lo stava trascinando dentro al forte.
-Sai bene che non mi posso avvicinare alla mia lady, se non voglio risvegliare l’ira del cucciolo di drago. – gli lanciò un’occhiata quasi per ammonirla, lei invece mostrò un’aria complice.
-Difatti, questa volta invertiremo le nostre vere mete – affermò sorridendo speranzosa – tu passerai ancora un po’ di tempo col tuo zaldritsos, mentre io starò con la tua dōna zokla. – Viserys si fermò all’istante.
-Spero tu stia scherzando? – le domandò allibito.
-Cos’è non ti fidi ora della tua cara sorellina? – finse costernazione – potrei anche offendermi. –
-No, a dire il vero, stavo pensando ad altro. – rispose e gli scappò un sorriso – lo sai vero, che non puoi contare sulla protezione di Barristan dato che lo hai lasciato a Winterfell? – lei lo osservò corrucciando la fronte, non capendo – Lyanna sta cucinando… e tiene in mano un coltello. – la redarguì, rammentando un momento del passato. Aveva ancora il segno della punta di quel coltello sul palmo della mano.
-Correrò quel rischio – si espresse tranquilla e spensierata sua sorella, poi tornò a guardarlo seriamente – a lei piacevi perché ti riteneva un’anima pura, ha detto… o mi sbaglio? – gli domandò.
-Ha detto proprio così. – ammise ma c’era anche molto altro, solo non voleva dirtelo.
-Quindi, dici che se mi mostro anch’io un’anima pura mi accetterà? – rise canzonatoria.
 

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Capitolo 64
*** Fantasmi del Passato ***


Era trascorso ormai un mese, ma per Rhaegar era stato più che sufficiente. Non aveva intenzione di rimanere tra quegli spazi ancora a lungo. Le giornate si susseguivano in maniera anche abbastanza veloce, ma era le notti a creargli problemi. Se n’era reso conto già a Dorne, oramai gli bastava chiudere gli occhi per pochissimo tempo; un paio di ore, a volte tre. L’alba sembrava non arrivare mai. Mi stai davvero chiedendo cosa facciamo noi a Starfall la notte, Rhaegar? Te lo devo proprio dire? Le parole di Arthur gli avevano martellato nella testa per giorni, e sorridendo con l’amaro in bocca, aveva ceduto a quell’abitudine che nella sua vita precedente non avrebbe mai pensato sua. A Sunspear Arianne Martell lo aveva stuzzicato fino all’esaurimento, facendosi addirittura trovare nuda sul suo letto… Daenerys per questo era andata su tutte le furie. Gelosa e possessiva, lo reclamava tutto per sé. Era addirittura arrivata a proporglielo, ma lui educatamente aveva declinato l’offerta. Molte cose in lui erano cambiate, sentiva di aver perduto parti della sua anima, ma l’idea di un’unione tra consanguinei restava ancora qualcosa di sgradito ai suoi occhi.
Sua sorella non si era più preoccupata ulteriormente della sua vita privata, tuttavia negli ultimi tempi aveva forse cominciato a capire quale rimedio palliativo avrebbe mitigato i tormenti della sua anima. Aveva preso a mandargli ogni sera una serva diversa nelle sue stanze, quasi indagando, per soddisfare i suoi gusti. Lo aiutavano nelle abluzioni, gli portavano i pasti, gli abiti puliti e i rapporti di guerra. A volte le congedava subito, altre chiedeva loro di restare. E le notti insonni vennero sfruttate in altro modo. Ma ogni volta che questo accadeva, la mattina dietro, faceva recapitare loro profumati ringraziamenti con fiori e fazzoletti di seta. Tentativi che superficialmente gli davano un lieve appagamento, e gli fecero riscoprire in sé stesso un lato dissoluto che in precedenza aveva represso con tutte le sue forze. Ma lo aiutavano a rimuovere solo una leggera patina della scorza esterna della sua sofferenza, il residuo dentro restava.
Sua sorella e Aegon, erano stati un altro balsamo, quando nemmeno l’arpa più lo aiutava. Gli era capitato di bussare alla loro porta, sentendosene in colpa nell’attimo successivo, ma entrambi gli aprivano con una faccia assonnata, mugugnando a stento qualche parola e facendolo entrare senza alcun disturbo. Sua sorella era solita prenderlo per una mano e trascinarlo verso il letto, dove lo invitava a sedersi per poi accoccolarsi contro il suo petto e nel giro di pochi secondi riprendeva a perdersi nel mondo dei suoi sogni, mentre lui le canticchiava qualcosa o le accarezzava i capelli. Quando invece disturbava le agitate notti di Aegon, prima di bussare si premurava ad origliare la porta per non interrompere qualche incontro romantico; se non vi era alcun rumore sospetto allora batteva tre colpi, per avvisarlo che sarebbe entrato di lì a poco. Attendeva però sempre il suo consenso, prima di accedere nelle sue stanze. Lui lo accoglieva, con gli occhi stropicciati dal sonno, coi capelli spettinati e indossando unicamente un paio di braghe… o nemmeno quelle. Si metteva presentabile e gli permetteva di entrare. A volte gli faceva domande, altre prendeva solo un fiasco di vino e si sedeva con lui sul tappeto di fronte al camino. Restavano lì, anche per tutta la notte. Poi lui crollava, mentre Rhaegar restava a fissare le fiamme, e lo copriva con una coperta.
Quei momenti lo aiutavano a non sentirsi così solo, tuttavia non facevano altro che incrementare la sua malinconia. Daenerys e Aegon gli ricordavano troppo Elia e Arthur ed il loro modo di passare il tempo assieme.
Si era sforzato di passeggiare per i corridoi del Fortino di Maegor, più di una volta. In solitaria, vagava senza una meta ben precisa. C’erano zone del castello dove i suoi piedi lo conducevano più che altro per abitudine, ma non appena la sua mente si rendeva conto di dove lo avevano portato, bloccava ogni muscolo. Il suo stesso cuore mancava un colpo e restava immobile di fronte ad un corridoio o una via di accesso, senza provare mai ad avvicinarsi. Daenerys aveva fatto cambiare gli arredi di tutte gli alloggi della famiglia reale, inutilmente. Rhaegar continuava a preferire le stanze degli ospiti; le più lontane dai corridoi che un tempo erano stati tutta la sua vita: troppi ricordi, troppo dolore. Il suo cuore non poteva riattraversare quei momenti ed entrare negli ambienti dove Elia e i bambini erano stati massacrati spietatamente; come animali da macello. Elia non se lo meritava, così come quell’innocente bambino che aveva preso il posto di Aegon… e poi c’era la sua Rhaenys. Quello era il fantasma che più di tutti temeva.
Aveva provato ad attraversare quell’androne, ma si era fermato tutte le volte. Aveva appoggiato una mano sulla maniglia di quelle che un tempo erano state le stanze del principe ereditario, ma il pensiero lo spettro di sua figlia nascosta dietro a qualche arazzo della stanza, pronta a saltargli addosso giocosa, lo destabilizzava. La sua mente andava inevitabilmente a ricreare l’immagine atroce di quegli che dovevano essere stati gli ultimi istanti di vita della sua adorabile principessina… la bambina aveva cercato riparo sotto al suo letto, nella speranza che suo padre fosse lì a salvarla. Non era presente nessuno, tranne che lo Straniero. Ti stava tendendo le braccia, proprio come era già venuto a prendere me. Rabbrividiva… Quello era il suo fantasma personale che lo svegliava nelle ore più buie della notte. Mentre dormiva, la sentiva ridere e parlare al suo gattino… Mio piccolo draghetto, non sono stato in grado di proteggerti… Si svegliava di soprassalto, guardava ansioso sotto al letto, ma non trovava altro che un tappeto impolverato e un vaso da notte vuoto. Nessuna traccia del suo angioletto dai capelli neri… Come poteva essere lì? Si dava del folle e si ributtava sul letto prono, ignorando il conforto delle lenzuola e delle coperte, che erano cadute ai lati del letto. Si portava una mano sugli occhi, tenendola col palmo all’insù e restava lì per qualche momento, in attesa che i battiti del suo cuore tornassero regolari. Era ricoperto di sudore e sentiva la gola arsa. Probabilmente, come tante altre notti, aveva urlato nel sonno, aveva sempre la crudele inquietudine di aver svegliato Aegon… Attendeva allora quei sette secondi esatti che solitamente il ragazzo ci impiegava ad entrare trafelato dalla porta comunicante.
Ma non accadde nulla, quella notte. Quella notte il suo pupillo era altrove…
Si era quindi alzato, aveva percorso gallerie che un tempo erano state spettatrici dei piaceri e dei terrori del suo passato. Ad ogni passo la fitta al petto sembrava lacerargli il cuore in maniera irreversibile. Aveva raggiunto il cortile esterno, neppure lui sapeva il motivo che lo aveva spinto a recarsi lì. Di fronte a lui l’immensa arcata in pietra calcarea che conduceva al Parco degli Dei. Era entrato raramente in quel luogo, quando ancora viveva tra le mura di quel castello, ma all’epoca non ne conosceva tutte le sue più recondite sfaccettature… era stata Lyanna ad illustrargliele. Quello era il culto del nord, non il suo… ma quella notte comprese che forse era l’unico luogo che lo avrebbe fatto sentire in qualche modo più in pace col mondo, e con sé stesso. Si addentrò seguendo un sentiero che si disperdeva remoto all’interno del bosco. Vagò per interi minuti annusando ogni nuovo odore, provando ad assimilare ciascuna immagine, affinché respingessero quelle tremende visioni del suo passato che tanto lo affliggevano. Gli olmi, gli ontani e i pioppi neri lo osservavano dalle loro postazioni, come guardie di quel giardino buio. Poi la vide: un enorme quercia si stagliava di fronte a sé. Non era un Albero Diga, a differenza di quelli presenti nel Nord, e dei Parchi degli Dei di altri castelli dei Sette Regni. Eppure anche questo immenso albero metteva soggezione e rispetto. Era ricoperto da numerosi viticci di una pianta rampicante che produceva bacche scure composte da numerose piccole drupe lisce e lucide. Lyanna, penso avresti apprezzato ugualmente questo luogo. Non era il tuo ordinario Parco degli Dei, ma hai amato anche quello di Starfall, trovandolo orinale e unico. Se fossimo venuti a vivere qui, ci avresti pure portato nostro figlio, per insegnargli anche ad apprezzare i tuoi dei. Avevi immaginato tantissime cose da fare con lui… Eri già pazza del tuo cucciolo di lupo. esattamente come lo ero io. Sorrise triste a quel dolce pensiero.
Fece ancora qualche passo e raggiunse l’albero dalla corteccia scura rivestita dal rampicante. Vi appoggiò una mano sulla ruvida scorza esterna, dove la pianta infestante aveva lasciato un piccolo spazio libero. Ricordava aver visto Lyanna fare un simile gesto ad Harrenhal. Sentì una goccia d’acqua scivolargli sul mento. Stava piangendo e non se n’era nemmeno accorto. Gli mancavano quei momenti, gli mancava la sua lady, gli mancavano i suoi figli, gli mancavano i suoi amici più cari… tutti loro: la sua famiglia. Appoggiò la fronte al tronco, la maschera gli impedì di ferirsi con le spine dei viticci, ma quelle che aveva nel cuore penetrarono molto più in profondità.
 
Col cuore in frantumi e l’anima devastata, si era accucciato ai piedi di quell’albero. Era rimasto per ore seduto a terra, tra le foglie e l’erba in decomposizione, la neve imbrattata dal fango e alcuni cespugli di iresine amaranto. Si era talmente concentrato su quel fogliame che risaliva dal terreno aspro e congelato, tanto da credere di essersi perso in un’altra dimensione. Il colore rosso cupo svettava nell’immacolato candore che lo circondava. Ricordava che quella stessa immagine l’aveva veduta a Harrenhal quando per la prima volta aveva veduto da vicino un albero diga…
Tenne il capo basso e gli occhi chiusi. Quando li riaprì, notò che il sole non era ancora sorto, ma una luce velata delineava appena i rami degli alberi che lo circondavano, quasi fossero artigli di spettri terrificanti. Alzò la testa e notò tra le fronde vari spicchi di cielo, ricoperti però da grosse nubi che oscuravano la luce del giorno. Una strana associazione mentale gli fece ricordare una frase che era solito udire. A Dorne è raro vedere nuvole nel cielo. Lo aveva constatato lui stesso quando vi si era recato. Lì il sole splendeva per gran parte dell’anno; era sempre bel tempo, e la vita scorreva felice e piena di gioia… Realtà che, quella città invece, non conosceva affatto. Si asciugò le guance con entrambe i palmi delle mani, forse era il caso di tornare alla Fortezza, Daenerys al risveglio poteva aver bisogno di lui e lui doveva darsi una ripulita. Sapeva bene dove l’avrebbe trovava. Gli aveva detto che in piena mattinata voleva consultare il suo piccolo concilio. Aurane Waters gli aveva detto che la regina voleva disporre delle navi d’assedio, pronte a raggiungere il Nord su due fronti, in caso le trattative pacifiche con re Snow fossero fallite miseramente…
Tuttavia quella mattina qualcosa gli diceva che sua sorella avrebbe fatto tardi. Avrebbe trovato le scuse più banali; “ho dormito male, avevo i capelli tutti annodati… Tyene ci ha impiegato ore prima di scioglierli.” “Ero indecisa su che abito mettere. Per non parlare dei gioielli… dovrò farmene confezionare altri.” Dany non era vanitosa, l’esilio le aveva insegnato cosa fosse l’umiltà e il possedere poco e niente, per cui alle orecchie di Rhaegar quelle erano banali scuse. Fingeva di non essere interessato alla cosa, sua sorella era libera di fare ciò che meglio credeva: era una donna determinata adulta e sapeva quello che voleva, assomigliava molto alla loro dolce madre in questo. Muna… Anche nell’inventare giustificazioni per tenere gli altri all’oscuro di piccoli e intimi segreti. “Potrei suggerirle la scusante delle lezioni del Cyvasse…” Scosse la testa al pensiero di non aver carpito la verità all’epoca. Per anni aveva ignorato un fatto talmente ovvio… eppure era tutto sotto al suo naso. Ma se aveva compreso una cosa, era che si impara sempre dal passato, e nel presente stava scrupolosamente attento ad ogni minimo dettaglio. Gli sguardi che sua sorella lanciava a Aegon erano trasparenti come l’acqua di una sorgente cristallina; i suoi occhi cercavano quelli del suo amante, il suo corpo agognava le sue carezze… Aveva visto quello stesso gioco di sguardi e sofferenza repressa sia in sua madre, che in sua moglie. Sperava non doverlo rivedere anche con sua sorella per questo motivo non provava in alcun modo a scoraggiare la cosa. Dopotutto non si poteva parlare d’incesto… Per quanto riguardava il suo punto di vista Dany poteva anche non nascondersi, ma i loro alleati non avrebbero apprezzato saperla intimamente legata a quello stesso ragazzo che aveva cercato di rubarle il trono. I Tyrell avrebbero provato repulsione nell’appoggiare una sovrana che si lasciava sedurre con così poca frivolezza da un quasi usurpatore, e tanto meno i Dorniani avrebbero continuato a sostenerla se avessero scoperto in che maniera seviziava un suo prigioniero… o magari non ne avrebbero fatto un dramma, dato il modo in cui avvenivano queste torture…
Ser Barristan al contrario, aveva preso a scoraggiare severamente questa loro relazione. Il lord comandante, sempre con estremo rispetto, le faceva spesso notare che lì non erano a Meeren e che avrebbe dovuto mostrare maggior attenzione alle faccende di cuore, se non voleva che venissero spiattellate per i sette venti, ma lei era solita ribadire di essere la regina e di avere l’appoggio di grandi casate che mai gli avrebbe voltato le spalle. Barristan non si fidava di Aegon, questo era risaputo, Rhaegar non aveva voluto metterlo al corrente dei suoi sospetti. A dire la verità non li aveva traditi nemmeno quando Dorne si era schierata nella sua causa, raggirando la loro fiducia. Il ragazzo si era solo ritrovato coinvolto suo malgrado nei piani di Doran Martell e delle sue lunghe mire verso la vendetta tanto desiderata contro i Lannister e tutti coloro che sono rimasti zitti e fermi a guardare, mentre sua sorella e i suoi figli venivano macellati come bestie. Ma aveva sbagliato i suoi calcoli, ignorando incautamente chi in realtà di celava dietro la maschera di Viserys. Gli era bastata una cauta intimidazione per tranquillizzarlo e farlo strisciare nuovamente nella sua tana. Ora non c’era più nulla da temere. I Martell li avrebbero sostenuti come un tempo. Non c’erano nemici da sud. Dorne non avrebbe mai potuto imbracciare armi contro Daenerys, e mai avrebbero permesso che venisse versata anche solo una goccia del suo prezioso sangue…
Individuò la bianca armatura di Ser Barristan rientrare a palazzo, affidando il cavallo ad un giovane stalliere. Era stato di pattuglia sulle mura quella notte, quale lord Comandante il suo ruolo gli imponeva di sorvegliare ogni caserma della guardia e ultimamente si era ripromesso di rifornir loro più uomini possibili per ripristinare un numero sufficientemente buono per proteggere ogni porta della città.
Considerò che per lui quell’uomo gli era sempre apparso come un devoto servitore della sua famiglia, ma per quanto fedele, il suo integerrimo portamento non gli aveva mai ispirato troppa fiducia. Sul suo onore e sulla sua abilità di spada, nulla da ridire, anzi, ma non era uno che si fosse mai esposto troppo. Era una lealtà fredda, senza veri sentimenti, diametralmente opposta a quella invece che il principe Lewyn Martell gli aveva sempre offerto. Tuttavia per Daenerys quell’uomo aveva rappresentato l’unico collegamento con Westeros rimanente, dopo che Viserys era morto e che Ser Jorah Mormont era stato accusato di tradimento e cacciato dalla sua guardia. Inconsciamente sua sorella aveva trovato in lui una figura quasi paterna, richiedendogli consigli a volte anche non inerenti al ruolo di guardia reale. Con ogni probabilità Ser Barristan rivedeva in lei una forma più giovane della regina Rhaella. Per qualche assurda ragione però gli venne da pensare anche ad Ashara Dayne. Arthur aveva notato all’epoca gli sguardi che quell’uomo le lanciava, ma non aveva mai avuto il coraggio di farsi avanti né di dichiarare i suoi sentimenti se davvero li aveva mai provati. Che quindi dietro ci fosse una ragione o un’altra quell’uomo aveva preso a cuore la vita di sua sorella in maniera quasi paterna, prendendosi in alcune occasioni la responsabilità del padre che lei non aveva mai potuto conoscere, ma di cui indubbiamente aveva bisogno. A differenza sua, invece, Rhaegar era stato più fortunato. Quel che non aveva avuto da Aerys aveva poi ritrovato in altri. Un inatteso surrogato paterno era arrivato quando non era più un bambino, ma neppure un uomo… Gli era stato accanto nei momenti dove la luce del sole non filtrava dalle tende. Lo aveva aiutato a crescere, lo aveva stimolato ed incentivato a migliorarsi, e con estrema pazienza si era ritagliato un posto nella sua quotidianità. Mai però aveva cercato di sforzarlo contro la sua volontà, era piuttosto riservato e sapeva come prendere il suo difficile carattere solitario e diffidente. Un leggero raggio di sole che faceva breccia tra gli spessi tendoni di velluto scuro. Passava appena sulle fenditure, dolcemente, senza privare a primeggiare, una delicatezza modesta che però era presente, e stava a lui decidere se precludere la sua venuta, o se aprirgli la strada e far entrare quella luce abbagliante. Lewyn Martell era stato un esempio da seguire e da ammirare… E in quei momenti avrebbe tanto voluto che fosse lì con loro, a consigliarli, coi suoi modi morbidi ed eleganti. A puntare quegli occhi nocciola rassicuranti sia su di lui che sulla sua dolce sorella… l’avrebbe amata con tutto sé stesso, esattamente come l’amava lui. Sorrise gradevolmente a quell’idea. Lewyn avrebbe, come sempre aveva fatto d’altronde, trovato la maniera adatta per fare di necessità, virtù. Lo stesso era avvenuto sia con muna, che con Viserys. E col suo spirito dorniano, avrebbe sicuramente trovato un modo per rendere l’utile al dilettevole… Era un maestro in questo, sperò di aver acquisito i giusti insegnamenti per poter essere la spalla di cui Daenerys aveva bisogno.
 
Avvertì una fastidiosa fitta al petto. Da quanto era tornato ad King’s Landing, quella sgradevole sensazione sembrava tormentarlo in ogni momento. C’erano giorni in cui sentiva ancora il martello infrangere le placche di metallo e le ossa dello sterno scricchiolare e frantumarsi, il sangue traboccare e imbrattarlo, mentre i battiti del suo cuore rallentavano fino a quasi scomparire ed il suo fiato divenire un anelito debolissimo… Chiuse gli occhi e si premette una mano al petto. Anche in quel momento gli mancava il respiro, ma non per un problema respiratorio o cardiaco, i suoi patimenti erano nell’animo, non nel corpo. Rammentava di aver penato simili affanni anche in passato; quando era ancora un fanciulletto e soffriva di frequenti attacchi di panico soprattutto la notte, quando le tenebre prendevano possesso di tutto ciò che lo circondava e gli incubi diventavano visioni talmente vivide e angoscianti da svegliarlo in terrorizzato. Il gigante di ghiaccio mi sta inseguendo! Sua madre era solita entrare nelle sue stanze, tenerlo tra le braccia e cullarlo, cantandogli di racconti di fate ed elfi che danzavano nei boschi. Alcune volte si ispirava a favole conosciute, altre inventava al momento inserendo anche personaggi che successivamente comprese essere stati ispirati a molti dei loro famigliari deceduti. Rhaegar aveva poche memorie di quei vecchi momenti, eppure rammentava la sicurezza che trasmettevano le sue parole, la sua voce calma e dolce e le sue mani delicate.
Gli mancava tutto quello, una lacrima amara gli scese al pensiero che sua madre non era più con loro. Muna se n’era andata, e anche la donna che aveva amato. Nessuno più lo avrebbe potuto rincuorare. Lyanna…
Una strana brezza mosse le foglie dell’albero sopra la sua testa. Rhaegar si stava alzando proprio in quel preciso istante e porse la sua attenzione verso le fronde scure. Suonavano una melodia che solo lui poteva udire. Un canto, una canzone antica in una lingua dimenticata. Era così somigliante alla sua risata. Lyanna
Un secondo fruscio del fogliame lo fece trasalire. Non era il vento, qualcosa sembrava muoversi davvero all’interno di quei rami. Rimase a fissare incuriosito quella sagoma ombrosa muoversi da una ramificazione all’altra. Saltava, si arrampicava e sgusciava via per poi riapparire su un altro ramo. Poi improvvisamente scivolò al suolo, con un salto ben calcolato e un tonfo ovattato. Era accerchiato di numerose foglie che scendevano come in una pioggia torrenziale. A prima vista non gli riuscì facile capire che animale fosse. Era un batuffolo spelacchiato di pelo nero che in alcuni punti sfumava di grigio antracite. Aveva le orecchie tutte masticate e numerose cicatrici sul muso, la coda storta, sicuramente rotta in più punti, le zampe sottili, agili e lunghe, il ventre magro… Ne devi aver passate tante in qualche maniera si sentì affine a quella creatura, stava per curvare le labbra in un tenero sorriso, accucciandosi per richiamare la sua attenzione allungando una mano verso di lui per accarezzarlo, ma fu lo sguardo che gli lanciò, a dargli quella consapevolezza che i suoi occhi ad di primo acchito non riconobbero. Ed una seconda fitta al petto lo fece cadere in ginocchio il suo cuore non riuscì a tollerare.
-Balerion… – sussurrò quasi senza volerlo. Il gatto piegò la testa di lato, come se quel suono gli avesse portato alla memoria vecchi ricordi di un remoto passato. Le iridi gialle circondavano le pupille rese due sfere liquide. Si avvicinò a lui titubante, con le zampe che affondavano appena sulla neve, le foglie secche e il fango. Rhaegar rimase immobile, ogni muscolo sembrava non avere più la facoltà di movimento. Era paralizzato. Neppure i suoi polmoni parvero intenti a compiere il loro compito. Trattenne il respiro, col terrore che se si fosse mosso, avrebbe potuto allontanare per sempre quel lieve attaccamento al passato. A lei… al suo draghetto… alla sua riñītsos/piccola bimba. Calde e grosse lacrime ripresero a scorrere sulle sue guance, unimidendo ancora l’interno della maschera. Balerion dopo aver annusato cautamente un suo stivale destro e presosi un po’ di più audacia si avvicinò anche alla sua gamba sinistra annusando il bordo del pantalone. Finalmente sembrò avere preso la sua decisione, e cominciò a strusciarsi contro di lui miagolando. Rhaegar non aveva però l’ardore di sollevare la mano per accarezzarlo, ma fu quel gatto a prendersi la libertà di far passare il muso sotto il suo palmo, prendendosi probabilmente la prima carezza umana dopo chissà quanti anni. Lo lasciò fare. Lo vide ruffianarsi sulla sua gamba, strofinando dapprima solo il muso, strusciandosi poi con tutta la schiena, con un leggero balzo elevato verso l’alto. Restò solo sulle zampe posteriori per poi riatterrare. Gli sfiorò con la punta del naso le dita della mano, e Rhaegar sentì il formicolio provocato dai suoi baffi. Mosse appena le falangi, quasi ridestato da un qualche misterioso incantesimo, ricordando la medesima sensazione di quei giorni in cui sua figlia giocava con lui. Non trovò il coraggio per distaccarsi da quel ricordo. La sofferenza era tanta, tuttavia quel contatto, in qualche modo era come se stesse riportando in vita Rhaenys. Chiuse gli occhi cercando di rievocare nella mente ogni tratto del suo visino, dei suoi sorrisi solari, dei suoi dispetti irruenti, delle sue manine calde…
Poi, com’era arrivato, Balerion se ne andò, lasciando un’impronta leggera del suo passaggio sul suolo, ma nel suo animo si ricreò una voragine insanabile. Riaprì gli occhi e vide solo i piccoli avvallamenti sulla neve dei suoi polpastrelli. Una spaventosa disperazione lo colse impreparato. Per un attimo, un solo attimo aveva quasi pensato di essere tornato indietro nel tempo, di avere ancora tutti loro lì accanto a sé; ma la realtà era bruciante e avversa. Era solo. Irrimediabilmente solo, come mai era stato in tutta la sua vita. Uno stato di abbandono peggiore di quando, da adolescente, soffriva in silenzio chiuso nelle proprie stanze… in quel intervallo di tempo almeno sapeva che erano presenti sua madre, Jon Darry o Lewyn Martell a dargli un dolce conforto al di là di un muro o di una porta… si sentiva più solo di quando, poche ore dopo il matrimonio al tempio di Baelor aveva patito quell’amara delusione, ritrovandosi ad odiare la donna che suo padre gli aveva imposto di sposare; a maledire il suo migliore amico per avergli sempre celato dei segreti, e a detestare anche se stesso per non aver compreso la verità prima. Ma neanche in quel periodo era davvero solo, perché un’anima pia era giunta da lui e lo aveva accolto tra le sue braccia confortanti, curando le sue ferite, aiutandolo a tornare il romantico sognatore che era un tempo…
Si sentiva più solo perfino di quando, finito il torneo di Harrenhal, la sua strada si era separata da quella di Lyanna. Anche in quel frangente aveva avuto l’intera sua famiglia a sostenerlo e a sanare le cicatrici del cuore, seppur la sua anima fosse irrimediabilmente spezzata.
Ma ora non c’era nessuno, nessuno di loro. Nessuno in grado di comprenderlo. Nessuno in grado di capire cosa stava passando perché era l’unico ad essere tornato indietro, mentre il passato continuava a scorticare le pareti del suo animo come una bestia in gabbia.
Con quella tragica realtà nel cuore, corse via da lì, come un infante che cerca consolazione tra le braccia della madre. Corse senza voltarsi addietro. Le lacrime gli scendevano inesorabili sulle guance e solo quando raggiunse il piano degli alloggi della Torre delle Spade Bianche si fermò incredulo di aver preso quella strada. Non sapeva nemmeno lui il perché si era diretto lì. Appoggiò la fronte ai mattoni del muro, e poco dopo tirò un pugno contro di essi. Un rumore sordo, un dolore profondo che non avvertiva dall’esterno della mano, piuttosto dentro di sé. Una volta era consueto per lui recarsi in quel luogo, in cerca del suo migliore amico, quando questo stranamente non si era già messo al suo fianco. Bussava piano alla sua porta, col timore di poterlo disturbare, se fosse stato in dolce compagnia, ben sapendo che i confratelli non potevano portare nessuno nelle loro stanze. Mentre una parte di lui subiva quella spiacevole sensazione di gelosia e possessività scaturita dalla nostalgia della separazione… il terrore di perdere un amico, di perdere un fratello, di perdere parte di sé stesso. Il suo abbandono, gli pesava nel cuore sempre, se restavano a distanza per troppo tempo, ecco perché aveva preso ad invitarlo a dormire nelle sue stanze private, concedendogli la sua chaise long. Ma non c’era più nessuno ora lì ad accoglierlo con un caloroso abbraccio e una pacca sulla spalla. Sei un idiota. Ora come allora… Cazzo, Rhaegar datti una svegliata! disapprovò sé stesso e la sua stupidità Chi pensavi di trovare? Arthur, forse? Magari Oswell o Jon? Oppure Lewyn? Li hai visti morire di fronte ai tuoi occhi e quelli che non erano con te, hanno avuto la loro medesima sorte alla Torre della Gioia per causa tua. Tu ce li hai messi lì. E ora sono sepolti sotto terra. Sono tutti maledettamente morti. Hanno dato la loro preziosa vita per la tua assurda causa, e per la tua stolta inadeguatezza. “Fottiti Rhaeg, il sentimentalismo non si addice ad un vero drago dal cazzo duro.” Arthur mi prenderebbe a schiaffi se mi vedesse così.
Altre lacrime gli erano scese. La sua anima stava esplodendo di sofferenza. Ogni fibra del suo essere sembrava tremare di rabbia e di disperazione. Fuoco. Sangue. Il suo corpo reclamava nuovamente la morte. Fissò l’anello che aveva al mignolo. Strinse il pugno con forza e se lo portò alla bocca, prima di lasciarsi andare completamente ad un urlo gutturale di sfogo, amarezza e sconforto.
 
 
 
 
Ser Barristan Selmy stava uscendo dalla Sala Rotonda proprio in quel momento quando lo vide. Aveva indetto quella mattina presto una riunione con alcuni cavalieri che si erano candidati per entrare a far parte della nuova Guardia della Regina. Erano solo in prova. Quell’appuntamento di prima mattina doveva determinare la puntualità e quanta attenzione avrebbero messo nel suo annuncio. Gli sarebbe servito come base per la sua ultima valutazione… ancora non lo convincevano, ma doveva darsi una mossa a scegliere qualcuno di valido. Non sarebbero mai stati come i membri della guardia di Aerys II… di quello non aveva ombra di dubbio. A quei tempi erano la più forte e la più fedele squadra di cavalieri mai vista nella storia. Ma rivangare il passato era solo cosa da vecchi. Doveva formare una nuova guardia, Daenerys contava su di lui. In quel giorno aveva fatto convocare sei cavalieri promettenti, provenienti da casate di tutto rispetto. Valorosi guerrieri che erano appartenuti fino a pochi anni fa all’esercito fedele ai Baratheon, ai Lannister o ai Tyrell. Tra di loro c’era chi aveva appoggiato Renly, chi era poi passato a combattere per Stannis, chi si era tenuto in disparte nascosto nel proprio castello, chi aveva combattuto al fianco di Tywin Lannister contro le casate dei Tully o il contrario. Tutti loro si erano inginocchiati a quelli che un tempo erano stati definiti ribelli, lui stesso si era visto costretto ad inginocchiarsi all’usurpatore. Avrebbe dovuto scegliere la Barriera o la morte, ma i Sette aveva scelto diversamente e ora forse ne cominciava a capire la ragione.
A volte sentiva di non essere mai stato all’altezza del titolo di Lord Comandante. Provava dentro di sé una sana inadeguatezza nel ripensare che Gerold Hightower aveva investito quel titolo con maggior solerzia e probabilmente il Principe Lewyn Martell avrebbe saputo ricoprire quel ruolo ocn la stessa devozione… ma qualcosa gli diceva che avrebbe preferito prendere anche lui altre strade. Al contrario quando pensava a Ser Gerold, non lo vedeva con altre vesti se non l’armatura bianca della guardia reale. Era stato un Lord Comandante migliore di lui, di questo non aveva dubbi. Conviveva con la speranza costante di valere almeno la metà di ciò che era stato il suo mentore. Aveva scritto lui le ultime gesta eroiche sul Libro Bianco dei tutti i suoi confratelli morti durante la ribellione. Quando era toccata la pagina del Toro Bianco aveva versato una lacrima. Paragonate alle sue sembravano niente eppure per assurdo c’erano più pagine dedicate a sé stesso che non al vecchio Lord Comandante. Lui alla fine ha protetto con la vita il suo re. Restava in lui la cocente   e gravosa coscienza di non aver protetto il proprio re… mai. E ne aveva serviti molti. Pochi erano i cavalieri che potevano vantare di essere sopravvissuti al proprio re, ma di questo non c’era affatto da bearsene, di certo lui non si sentiva euforico quando ripensava a queste cose. Non era riuscito a sottrarre alla morte l’Ultimo Drago, permettendo invece a Robert di ottenere la corona che spettava a Rhaegar.  Era sua di diritto a quel tempo, aveva preso finalmente coscienza della sua vera natura. Le fiamme del drago avrebbero bruciato solo per motivare la sua determinazione ed il sangue sarebbe continuato a scorrere solo nelle vene dei suoi discendenti, non bollendo sopra i roghi nella Sala del Trono. Rhaegar sarebbe stato un buon re, Rhaegar era già il re per molti…
 Come se il Padre avesse udito i suoi pensieri, si accorse del principe fermo a metà corridoio. La schiena addossata alla parete, la nuca interamente premuta contro i mattoni ed il volto rivolto verso l’alto come in segno di preghiera. Un cristallo di luce gli vide scendere sulla mandibola. Stava piangendo. Era palesemente stravolto. Non gli occorreva vederlo in volto. Ricordava ancora molto bene la sua discrezione e riservatezza, il modo in cui nascondeva i sentimenti alle persone… tutto quello adesso non era affatto cambiato, ma Barristan sapeva ora leggerlo.
Il Lord Comandante congedò velocemente le nuove reclute e ordinò a Scarafaggio Verde di scortarli fino al cortile per l’allenamento con la spada. L’immacolato fece come gli era stato ordinato e lasciò la torre senza dire una parola seguito a ruota dai sei cavalieri.
Rhaegar si spostò, accostando una spalla al muro, nel vano e assurdo tentativo di passare inosservato, ma era praticamente impossibile non notarlo non solo per il mantello scuro che indossava ma anche per via della sua imponente altezza. Barristan attese di udire il rumore dei cardini della porta, e il dissolversi dei passi dei sette uomini.
Rimase a fissarlo da lontano per alcuni istanti, quella maschera era imperscrutabile e fredda, in modo illogico non sembrava cambiare poi dall’impressione che sempre gli aveva visto.
-Conosco la ragione per la quale siete venuto fino a qui, principe Rhaegar. Perdonate la mia insolenza, mi addolora dovervelo dire ma questa volta non troverete quello che cercate negli alloggi della guardia reale… – tenne aperta la porta della sala rotonda – Ma se volete seguirmi oltre questa porta… - gli fece cenno col capo di seguirlo.
Rhaegar lo guardò con diffida, non tanto perché non si fidasse, più che altro perché non credeva alle sue parole. Barristan però non attese che capisse le sue intenzioni e lo precedette. Attendendolo poi dentro. Raggiunse il tavolo di marmo bianco al centro della grande sala di forma tonda. Spostò una delle sedie di legno di albero diga con l’alto schienale intagliato e lavorato raffigurante una corona e vi si sedette. Con una mano tirò a sé il Libro dei fratelli e cominciò a sfogliarlo dalle prime pagine. Quando il principe Rhaegar fece capolino alla porta Barristan aveva tra le mani le pagine riguardanti Ser Criston Cole, un cavaliere che servì nel regno di Viserys I. Barristan prese allora una grossa quantità di pagine sulle dita per raggiungere i tempi più recenti. Scartò la pagina dedicata a Ser Duncan l’Alto, lui aveva avuto il piacere di conoscerlo almeno, per Rhaegar era solo uno dei tanti nomi citati tra le vittime di Summerhall. Proseguì di un’altra mezza dozzina di pagine, nel frattempo il principe gli arrivò alle spalle col suo solito incedere silenzioso e lento. Quando infine Barristan trovò ciò che cercava, spinse il libro in modo che fosse di fronte alla vista di Rhaegar. Sentì il principe trattenere il fiato.
-Non credo di esserne capace… - affermò con voce strozzata dal dolore. Tremava, lo vedeva chiaramente da come teneva lo schienale della sedia che aveva di fronte. Non occorreva chiedere, Barristan sapeva già a cosa si stava riferendo. Il fatto di essere tornato, ma di aver lasciato indietro tutto il resto era arduo da sopportare. Era difficile anche per lui che aveva continuato a servire un re usurpatore, costretto a cancellare dalla mente ciò che sapeva quei corridoi avevano vissuto.
-Dentro di voi c’è ancora molta forza e coraggio, mio principe. – cercò di rassicurarlo, azzardando un accennato sorriso e allungando una mano sulle sue. Lo sentì irrigidirsi all’istante, ebbe il terrore che si scansasse da un momento all’altro, ma si accorse che stava quasi cercando di tenere a freno a quel rigetto naturale. Il bisogno di ritrovare sé stesso lo costringeva ad accettare quel compromesso. Barristan capiva cosa gli costava quella sottomissione, per cui non si fidò nemmeno per un momento di insistere oltre, né ebbe l’ardire di aumentare la stretta – Spero troviate questa lettura sufficientemente appagante per quanto so sia impossibile sanare le ferite che portate dentro. Questa sala è solo per i cavalieri della guardia reale. Restate il tempo che vi serve. Nessuno vi disturberà. – fece per alzarsi e lasciarlo alla sua triste lettura. I caratteri elaborati ad inizio pagina citavano il nome di Ser Arthur Dayne. Con tristezza Barristan sapeva che quella sarebbe stata una magra consolazione, ma era tutto ciò che il principe avrebbe trovato della Spada dell’Alba in quel luogo.
-Restate, Ser. –
-Credevo voleste restar solo. –
-Lo credevo anch’io. Ora non è più così. – la voce che gli uscì era molto simile ad un richiamo d’affetto. Ma Barristan sapeva quanto era giusto spingersi. Non avrebbe stretto tra le braccia un principe della famiglia reale. Non era un dorniano, spesso aveva veduto Arthur ed il principe Lewyn stringerlo in un abbraccio e addirittura toccargli i capelli. La sua fissazione per i capelli… Con amarezza ripensò a quella triste storia.
 
Ricordava ancora quel pomeriggio molto lontano, Rhaegar doveva avere sì e no sei o sette anni. Aveva chiesto di vedere sua madre, doveva mostrarle ciò che aveva appena preparato per lei. Era stato affidato a lui quel giorno e Barristan era orgoglioso di poter trascorrere un’intera giornata con quel prodigio di bimbo. Parlava già come un adulto; era sveglio, sagace e brillante. Non c’era un libro alla biblioteca reale che non avesse letto. Anche quella mattina si era recato lì alla ricerca di un tomo antico che era certo di aver sfogliato nemmeno un mese prima. Diceva che vi era un’accurata spiegazione di un concetto poetico quasi dimenticato e voleva confrontarlo con una sua recente composizione. Aveva scritto da poco una poesia in antico valyriano e voleva leggergliela a sua madre, lei sapeva apprezzare quel genere di cose, nella speranza che lo aiutasse a renderla in note musicali.
Si erano incamminati quindi per i corridoi del castello, mentre la voce del principe faceva il resoconto fiero di come quegli androni pittoreschi fossero stati studiati appositamente da Maegor I detto il Crudele, per atterrire quegli ospiti che ancora non si erano impressionati dalla sua enorme figura. Una volta svoltato a destra invece prese a narrargli di Jaehaerys I e della sua buona consorte che contrariamente fecero abbellire le pareti con pietre preziose e figure meno intimidatorie, sostituendo quadri e aggiungendo molto più oro alle rifiniture. Barristan ascoltava paziente, stupendosi che un bambino di tale età potesse mai conoscere già così tanti aneddoti di storia e architettura assieme. Forse la diceria faceta sui libri e le candele ingurgitate dalla regina Rhaella era dunque vera? Aveva riflettuto scherzosamente, non pensando che ben presto ogni sorriso si sarebbe presto spento.
Avevano raggiunto le loro maestà nella sala adiacente a quella dei ricevimenti. Nel giro di un’ora avrebbero avuto ospiti illustri a pranzo ed indossavano già gli abiti migliori.
-Non avrai intenzione di deludermi ancora, sorella? – il re stava criticando la moglie. Barristan era certo di aver udito anche altre parole ben poco ortodosse uscire dalla bocca del re, poco prima che la porta venisse loro aperta.
-Sono cose naturali, Aerys. Guarda che la delusione è anche mia. – obbiettò Rhaella Targaryen provando a dargli le spalle, ma lui non glielo permise.
-Non provare a fingere con me, Rhaella. – la prese maldestramente ad un braccio e la fece voltare – Cos’è venuto a dirti Lord Velarion prima nelle tue stanze? –
-Era venuto per parlare con Vanya, non certo con me. –
-Non mentirmi, a meno che tu non voglia vedere risvegliarsi il drago. –
-Le tue minacce non mi intimidiscono, marito. – questa volta la regina lo stava affrontando guardandolo negli occhi.
-Allora minaccerò il tuo amante. –
-A differenza tua, io sono fedele al mio giuramento che feci quel giorno al tempio di Baelor. – questa volta fu Aerys a indietreggiare e a distogliere per un attimo lo sguardo da lei – Quella che potrebbe usare questa minaccia dovrei essere io, e avrei pure l’imbarazzo della scelta. –
-Sono sicuro che loro non avrebbero problemi a generare dei figli sani e vivi. – provò a mostrarsi potente attaccandola nella sua debolezza.
-Illegittimi, quanti ne desideri. – gli rispose a tono.
Barristan rammentava solamente di due aborti dalla nascita di Rhaegar, uno proprio l’anno precedente, e dopotutto un erede già ce lo avevano… ma comprendeva la necessità di incrementare il numero per dare una sicura successione al trono, nonché magari anche una sorella per Rhaegar che un giorno avrebbe sposato. Dopotutto Aerys e Rhaella erano così giovani, sarebbe presto arrivato un altro figlio. Barristan ne era certo.
-Trova un modo per concepire un figlio come si deve! Steffon ha già avuto due figli sani e robusti e la tua amica Joanna ha sfornato in un colpo solo due gemelli biondissimi a Tywin. Gli unici ad essere ancora indietro siamo noi, fermi ad uno… malaticcio e noioso per giunta. – affermò con sdegno, Barristan non seppe dire se quelle parole le disse di proposito oppure se non si fosse accorto che anche Rhaegar era presente in quella sala.
-Non è una gara Aerys. Possibile che tu prenda sul personale una cosa che dipende dalla natura? –
-La verità è che sei una donna inutile! E io non so che farmene di una moglie che non è nemmeno più in grado di dare un erede al proprio marito. – aveva preso a urlare.
-Nostra madre sarebbe rattristata nel sentirti parlare così. –
-Nostra madre era una sciocca sentimentalista. Nostro padre un mentecatto senza spina dorsale. E il peggiore di tutti era nonno Aegon. Lui che non faceva altro che dartela sempre vinta e… – Rhaella si accorse del bambino proprio alle spalle del marito e si affrettò a raggiungerlo, fingendo che quel discorso non la riguardasse.
-Dona Zaldritsos, Skorkydoso glaesā? / Dolce draghetto, come stai? – lo aveva accolto teneramente, mostrandogli un dolce sorriso. Quello era l’epiteto con cui amava chiamarlo. La rapidità con cui quella donna riuscita a mutare il suo umore era impressionante. Riusciva a nascondere i suoi sentimenti saggiamente. Barristan però scorse nascoste tra le ciglia alcune lacrime di risentimento, costretta a trattenere dall’arrivo del figlio.
-Syrī glaesan, kirimvose Muna. – abbassò il capo mostrandosi rispettoso e dolce verso di lei – Guardate, l’ho composta per voi. – il principe mostrò alla madre la pergamena su cui aveva scritto la poesia e prese a recitarla col candore della sua vocina bianca – Gēlenkon, Hūrenka glaeson, Dōnon ynot. / Come l’argento, la vita nella luna, è dolce per me. -
-È meravigliosa, Rhaegar. Sei stato bravissimo. – stava per chinarsi su di lui per dargli un bacio sulla fronte, quando Aerys era apparso loro accanto, prendendo il figlio dalle mani della moglie e guardando innervosito il suo breve componimento.
-E questo sarebbe il passatempo di un principe Targaryen? – guardò il figlio con sdegno, arroganza e presunzione, nel volto un’aria inspiegabilmente arcigna. L’espressione di Rhaegar da allegra si tramutò in funesta.
-Ti avevo detto di smetterla con queste idiozie. – gli sbraitò contro guardandolo dall’alto in basso – Sei solo un incapace! Esattamente come tua madre! – accartocciò la pergamena e usando anche l’altra mano la strappò di netto in due, prima di avvicinarla ad una candela.
-No, Kepa… - cercò di dire, ma Aerys gli tirò un ceffone.
-Non mi chiamare a quel modo. Ora non sono più tuo padre, ma il re. Devi comprendere la differenza. –
-Scusatemi Darys. – rispose il principino tenendo il capo chino. Le palpebre erano semichiuse, ma gli occhi erano puntati unicamente sulla disfatta del suo lavoro. La pergamena ci mise meno di un secondo a prendere fuoco ed il re rimase a osservarla ammirato ardersi completamente, prima di lasciarla cadere a terra.
-Cosa me ne faccio di un discendente abulico come te? Ho bisogno di un erede vigoroso, non di una mammoletta sempre china sui libri a scrivere e parlare per rime. Cosa sei figlio di un re o di un bardo dorniano? – gli aveva inveito contro inferocito senza motivo, afferrandolo duramente per i capelli e strattonandolo malamente.
-Ahi… darys… mi fate male! – il bambino sorpreso e spaventato aveva urlato di dolore. Barristan non aveva mai visto sua grazia comportarsi in maniera così incontrollata e alienata. Aveva indugiato interdetto, insicuro e ammutolito, non sapendo come agire: i suoi doveri lo volevano a proteggere quelle persone che aveva di fronte da attacchi esterni… ma quando il pericolo era tra di loro, qual era il suo dovere? Non puoi contestare la parola del tuo sovrano, non puoi giudicare le sue azioni…
La regina era impallidita per quel gesto avventato, ma a differenza sua, aveva trovato il coraggio per difendere ciò che aveva di più caro; probabilmente l’istinto materno aveva prevalso, o forse già allora aveva compreso quale dei due era l’uomo che andava salvato.
Si era intromessa per fermarlo, decisa e risoluta, aveva messo una mano sul braccio del marito, guardandolo con irritata supplica.
-Fratello, no! – gli aveva detto con voce risoluta – Lascialo! – ma il re aveva alzato quello stesso braccio, per allontanarla.
-Smettila di intrometterti, quando gli impartisco un insegnamento! – l’aveva spostata, senza alcuna intenzione di fermare la corsa del suo arto – Se si è ridotto in questo stato, è solo per colpa tua! Tua e della tua patetica passione con la musica. – infierì ancora più collerico. La colpì al volto con un pesante manrovescio, facendola volgere il capo scompostamente. A Barristan si gelò il sangue nelle vene, quando la vide perdere l’equilibrio e rovinare a terra. Immobile, zitto e al suo posto, come il suo giuramento imponeva, fissò quella scena fingendo che non stesse davvero accadendo. Non poteva intervenire, non poteva bilanciare… non poteva impedire che tutto ciò avvenisse.
-Tu e quella tua dannata fissazione per le frivolezze! Non è una principessina da coccolare come lo eri tu per nostro nonno! Deve crescere come un uomo! Come un principe! Sono il re, pretendo che sia così! – continuò urlando e sputando saliva acida dalla bocca. Muoveva il braccio per enfatizzare la sua rabbia, quello stesso braccio la cui mano continuava a tenere i capelli del figlio. La testa del principino veniva percossa da strattoni continui. Rhaegar aveva allungato le braccine, nel vano tentativo di afferrare le dita di suo padre e allentarle, ma l’uomo continuava a stringerle sempre più tra i suoi capelli.
-Lascia andare nostro figlio, Aerys! – la donna, ferita ad un labbro e con la guancia gonfia e pulsante, si rimise a fatica in piedi. La sua acconciatura aveva perso consistenza nella caduta e da un lato qualche ciocca fuoriusciva scomposta e libera.
-Nostro figlio… è quello che spero che sia. Non mi avrai mentito su quel tuo spasimante pusillanime che avevi fino a qualche anno fa? –
-Non l’ho più rivisto dopo che nostro padre lo fece esiliare dalla corte reale. Non sfogare su Rhaegar la tua frustrazione. –
-Allora la devo sfogare su di te? –
-Sì. – questa volta la regina lo contrastò con la schiena dritta e il portamento fiero e coraggioso. Se aveva paura non lo dava a vedere.
-Come mi hai chiamato prima… Aerys, per caso? – la voce del re era sarcasmo velenoso. Lo vide afferrarle con l’altra mano il mento, stringendoglielo con le dita come fossero artigli – Mi devi rispetto, moglie, più rispetto di quanto me ne hai dato fino ad ora! Sono il tuo re, mettitelo bene in testa! – usò maggiore forza, tirando in alto il braccio che teneva i capelli del figlio che urlò ancora più forte. Barristan scorse alcuni fili argentati che si afflosciavano tra le dita del re. Si sono strappati nella foga del gesto… Nello stesso istante dalle labbra distorte della regina, delimitate dall’altra mano, uscì un gemito e qualche goccia di sangue zampillò per la forte pressione andando a ricadere verso il basso. La tristezza prese dominio del suo cuore, quando il cavaliere si accorse che sugli argentei capelli di Rhaegar quelle gocce rosse brillavano vivide come rubini accostati alla seta più pregiata. Il sangue di una madre, sul capo di un figlio, dovrebbe esserci solo nel momento in cui lei lo sta mettendo al mondo… non anche dopo. Per un attimo pensò che assomigliavano al famoso detto: è un monito per gli sciocchi credere che l’inverno sia finito solo perché qualche petalo di rosa è caduto tra la neve. Era un modo di dire, che aveva sentito in una taverna da un mercante di lana proveniente da nord. Non seppe capire perché gli tornò in mente in quel momento, eppure nella sua fantasia quelle gocce di sangue apparivano come i petali di rose rosse appassite.
Rhaella Targaryen era irrigidita e furente, come se mai qualcuno potesse metterla in ginocchio. Nel suo sguardo una fervida determinazione. Aerys non sembrò per niente intimorito, al contrario semmai, pareva unicamente infastidito e seccato di quella situazione.
-Andatevi a dare una ripulita! Non voglio che mi mettiate in imbarazzo di fronte agli ospiti di questa sera. – la lasciò andare, allontanandola maldestramente, ma la regina questa volta non cadde a terra. Barristan lo vide poi lanciare il bambino dalla parte opposta, con tutta l’intenzione di tenerli separati. Dalle sue dita caddero quei sottili fili d’argento che aveva strappato dalla cute del figlio. Se ne liberò con due battiti di mano, non s’era minimamente preoccupato di avergli arrecato danno. Rhaegar preso alla sprovvista, protese le braccia per attenuare la caduta, rimase a carponi, la schiena sussultava, le mani gli tremavano. Doveva provare ancora molto dolore al capo.
-M… mu… muna… - sussurrò terrorizzato, ma non sembrava un’invocazione per il timore provato, piuttosto un impellente desiderio di saperla illesa – State bene, muna? Il vostro labbro sanguina. – lei reagì a quella sua preoccupazione come una madre apprensiva e corse da lui, fingendo di non vedere lo sguardo minaccioso di suo marito. Gli mise dolcemente le mani sulle spalle e lo invitò a rialzarsi. Il bambino tremava, ma era apparentemente incolume. Altre gocce di sangue caddero dalla bocca della donna, quando si abbassò sulle ginocchia per osservarlo meglio in volto. Barristan si accorse che sulla fronte del giovane principe c’erano delle piccole goccioline rosse che scendevano fin sulle guance, per il resto erano asciutte, così come i suoi occhi. In tutto quel tempo, nell’orrore che aveva appena vissuto, non aveva versato una sola lacrima.
-Sparite dalla mia vista, prima che mi si risvegli nuovamente il drago. – il re si voltò furioso, il mantello sulle sue spalle schioccò al frettoloso movimento e mosse le braccia per cacciarli via.
Rhaella Targaryen prese per una mano il figlio e si avvicinarono al cavaliere. Bastò un semplice cenno col capo, per convincerlo a seguirli. Quando furono fuori, incontrarono Ser Gwayne, non aveva assistito alla scena, ma poteva aver sentito la discussione da dietro la porta. Barristan lo guardò, ma nei suoi occhi non traspariva alcuna emozione. Superarono di qualche passe il suo confratello giurato e solo dopo la regina si fermò, si voltò verso di lui e a voce bassa disse.
-Mi auguro, Ser Selmy, che abbiate riguardo a non far trapelare mai di quanto è avvenuto. – nei suoi occhi un chiaro ammonimento.
-Come ben sapete il giuramento stesso me lo vieta, vostra grazia. – aveva risposto lui, mantenendo lo stesso tono.
-Bene. – affermò poi la donna seria, dirigendo lo sguardo verso il suo confratello e lo interpellò – Ser Gaunt, fate chiamare lady Velaryon: che mi sostituisca al ricevimento che si terrà fra poco nella sala ricevimenti. – ordinò – E provvedete a mandare al più presto dei servi nelle mie stanze con un catino di acqua calda, dei panni di lino, uova, farina di ceci, aceto e cenere. – se anche fosse stato sorpreso di udire quelle richieste particolari o di vedere del sangue sui volti della regina o del principino, il suo confratello non lo diede a vedere e, ligio al suo dovere, prese congedo con un veloce inchino e un altrettanto rapida occhiata nei suoi riguardi.
-Come ordinate, mia regina. – rispose solo.
Nessuno di loro avrebbe mai posto domande, ma i servi erano di una pasta differente. Quando poi furono nel solarium della regina, e questi entrarono, rimasero un po’ spiazzati per la scena che si mostrava di fronte ai loro occhi.
-Vostra maestà, perdonate la sfacciataggine, ma che a cosa vi serve tutto questo? –
-Ho intenzione di far tornare al primitivo stato di nitidezza la chioma d’angelo del principe, mio figlio, per quanto mi sarà possibile… ma non lo ripulirò mai completamente dello sudiciume che lo ha ricoperto quest’oggi – rispose risoluta, una lieve ruga si era formata tra le sue sopracciglia perfette. Il volto di Rhaegar sbucava da una grande vasca da bagno in marmo. Aveva versato una prima brocca d’acqua per inumidirgli il capo. Numerosi rigagnoli rossi imbrattavano i capelli argentei e la pelle chiara della fronte, superando anche le sopracciglia chiare e scendendogli sugli occhi.
-Mia regina, dovrebbero essere le serve stesse a provvedere alle abluzioni di vostro figlio. – propose Barristan, allontanando la serva invadente.
-Nessuna serva non potrà essermi d’aiuto oggi, Ser Barristan. A meno che voi non ne conosciate una che sappia amare mio figlio più della sua stessa madre. – il suo tono era gentile, ma fermo. Per quanto il re la stesse abituando in quegli ultimi giorni a ricevere solo onte e umiliazioni, lei era particolarmente calma e riflessiva, come se avesse cominciato a creare uno scherno alla sua anima. Le sarebbe servito per il futuro, perché quelli erano solo gli inizi di un’agognante situazione che per anni l’avrebbe vista vittima di esperienze che nessun uomo avrebbe mai saputo raccontare.
 
Non seppe perché in quel momento aveva rievocato quel ricordo, ma rammentava che da quel giorno Rhaegar era divenuto sempre più taciturno. Non permise più a nessuno di toccargli la testa o i capelli, se non a sua madre. Gli bastarono pochi mesi per imparare e provvedere lui stesso alla pulizia completa del proprio corpo, senza mai più chiedere aiuto a servi nemmeno per le abluzioni complete. Barristan era certo che anche la particolare emofobia di cui fu soggetto negli anni a seguire divenne per lui qualcosa di ossessivo diniego. Avrebbe tollerato sempre meno la vista del sangue, soprattutto se e quando proveniva dalle ferite inferte ad una donna. Qualcosa dentro gli rievocava immediatamente quella sgradevole sensazione che lo aveva visto protagonista indiretto di quella pessima giornata. Il mondo era divenuto rosso, quando i suoi occhi si erano ricoperti del sangue di sua madre. E mai più avrebbe permesso che questo riaccadesse, ma per quanto ferme fossero le sue volontà, restava pur sempre un principe. Ed un principe, esattamente come tutti gli altri sudditi, doveva sottostare alle imposizioni del suo re.
-Perché…? Perché c’è sempre così tanto dolore attorno a me? –
-Perché è nel sangue e nel dolore che gli uomini nascono, mio principe. – gli rispose sperando di apparire saggio e non negativo – Se lo desiderate, vi posso accompagnare tra le vie delle città. Ricordate? Come facevamo un tempo… – sussurrò queste ultime parole quasi fosse un segreto tra loro – Ci camuffiamo e ci sparpagliamo tra la folla. Troveremo pure un mercante di strumenti musicali da cui comprare una piccola arpa informale, così potrete suonare nuovamente al popolo, e donare il ricavato ai poveri. –
-Mia sorella si aspetta che vada a trovarla prima di pranzo. – affermò tetro con una voce che sembrava provenire da un luogo lontano.
-Sono certo che torneremo in tempo. – il tono che usò fu quello di un padre, cosa che nella sua vita mai era stato, ma che in quel momento era ciò che sentiva di poter offrire al suo principe: l’affetto che nessun altro più poteva dargli – E se posso permettermi, dubito che questa mattina sarà presentabile non prima di mezzodì. – argomentò con una singolare stizza nella voce.
-Aegon non ti piace. – non era una domanda. Barristan non gli rispose, ma rimase a guardarlo. Uno sguardo che voleva dire molte parole – Ci possiamo fidare di lui, di questo ti posso assicurare. Non è ancora pronto per incontrare la sua vera famiglia. Ho la facoltà di decidere per il suo bene, probabilmente è una forma di mio egoismo che mi fa parlare, ma è una promessa che voglio mantenere. – Barristan si era domandato di cosa stesse parlando, però capì dallo sguardo che il principe gli lanciò che non avrebbe detto altro – E ciò che lui e mia sorella fanno nel privato non ci riguarda. Non è amore ciò che li unisce, di questo se ne sono accorti anche loro. Ma se è ciò che in questo momento necessitano, chi siamo noi per dividerli? –
-Avete ragione… come sempre. – accordò diligente, rialzandosi in piedi – Sarà meglio che prima asciughiamo questa maschera, se non volete che rimanga umida per tutta la giornata. Il cuoio bagnato è un fastidioso compagno se lo si indossa a stretto contatto sulla pelle. –
Sebbene avesse molti impegni ancora da sbrigare, non si pentì mai di aver dedicato quelle successive ore al principe Rhaegar, ma dentro di sé la redenzione ai suoi passati insuccessi nei suoi confronti, non svanì mai.
 

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Capitolo 65
*** Somiglianze e Paragoni ***


Viserys era estremamente nervoso e prima di raggiungere Jon deviò verso Benjen, nella speranza di ottenere il suo sostegno. Non temeva certamente la figura di suo figlio in quanto tale, ma sperava che con un viso più famigliare, rendesse la sua presenza meno dannosa, ed era certo che il modo spigliato del ranger potesse dargli un notevole sostegno. Gli bastò solo un’occhiata e un cenno del mento per farsi raggiungere da lui. L’uomo alzò entrambe le folte sopracciglia stupito, indicò con un indice sé stesso e al suo annuire si alzò dalla sedia e si apprestò a prendere parte al tutto.
-Ho lasciato il compito di cacciare del cibo ai bruti. Erano inquieti, quelli non sanno restar fermi. Un po' come la mia dolce sorellina. Volevo starmene un po' tranquillo con lei, ma mi ha gentilmente chiesto di starmene fuori dalle scatole. – rise. Aveva fatto il gesto delle virgolette abbassando ripetutamente gli indici e i medi alla parola gentilmente.
-Sono convinto che non lo abbia detto con cattiveria. – convenne il principe giudizioso.
-Negli ultimi tempi è un tantino suscettibile. Troppo direi. Dite che se me ne resto tra due draghi ho forse più speranza di vivere più a lungo? – finì Benjen sorridendo – Dunque cosa propone vostra signoria per passare il tempo? – Viserys lo scrutò per qualche istante, meditando se dirgli la verità o tacere, ed inevitabilmente le sue labbra si curvarono per il modo irriverente che aveva di rivolgersi ad un reale, proprio come un tempo permetteva di fare alla cerchia ristretta dei suoi amici. Quanto gli mancavano…
-Desidererei poter trascorrere alcuni momenti in compagnia di mio figlio. – disse lui cercando di mostrare un certo contegno e facendogli allo stesso modo intendere che non era ancora il momento di svelare il tutto. Benjen allargò le braccia verso l’esterno.
-Ho capito quindi, vi lascio sol… -
-A dire il vero voglio che anche tu sia presente. – lo bloccò prima che potesse andarsene.
-Io? – il ranger si indicò con un pollice e strabuzzò lo sguardo stupefatto.
-La tua presenza lo farà sentire più a suo agio, ne sono certo. Ha molta stima in te… ma credo di essere il solo a poter placare il suo animo tormentato. – Ben puntò la sua attenzione sul ragazzo accanto al camino.
-Sì, decisamente concorde con voi… - acconsentì – Ha sempre avuto quest’animo cupo che credevo avesse assimilato da Ned, ma ora che ho avuto il piacere di frequentarvi più da vicino… non ci sono dubbi su chi sia la linea genetica da cui ha ereditato quel tratto. – ammise serio, poi inspirò a pieni polmoni e ingrossò il petto – Vi apro la strada allora, ma per il resto vi chiedo di vedervela da solo. Dovete cominciare ad avvicinarvi a lui… in maniera più naturale e spontanea. Jon non è difficile da prendere, quando si capisce come farlo. – ebbe pure l’ardire di fargli quella ramanzina prima di incamminarsi. Viserys alzò gli occhi al cielo. Se le cose fossero andate diversamente, sarebbe stata ardua la mia vita coi lupi sempre appresso alla capitale… ma avrei volentieri patito questo tormento, piuttosto che scegliere altra alternativa.
Il primo ranger dei Guardiani della Notte raggiunse Jon alle spalle e gli diede una sonora pacca sulla schiena. Il giovane non parve prenderla bene in un primo momento, ma quando vide di chi si trattava sorrise timidamente. Cambiò espressione quando vide che c’era anche lui. Si irrigidì e serrò la bocca in una smorfia. Non seppe dire se era più contrariato o se quello fosse solo ritegno dettato da discrezione o timidezza. Stava di fronte ad un camino e rigirava tra le dita un bastoncino alla cui estremità era incastrato un pezzo di carne che abbrustoliva sulle fiamme.
-Da quando ti dai alla cucina improvvisata, nipote? Se il Vecchio Corvo avesse saputo di questa tua inclinazione, ti avrebbe messo a lavorare nella mensa, altro che prenderti come suo attendente. – si sedette accanto a lui, mettendo le braccia in mezzo alle gambe.
-Avrei dovuto trovare anche te lì, allora. – puntualizzò Jon alzando un sopracciglio scettico – A detta di mia madre, pare che tu abbia delle doti garantite. – ringhiò astutamente.
-Se hai ascoltato bene, io ero quello che non distingueva il sale dallo zucchero. – sorrise Benjen alzando appena lo guardo sul ragazzo. Aveva preso due boccali, li aveva avvicinati ad una botte posizionata in orizzontale su una panca e li aveva riempiti di birra fino all’orlo. Jon senza spostarsi dal suo posto aveva estratto un coltello dalla lama grossa e aveva tagliato via la schiuma in eccesso sia dal primo che dal secondo, quando suo zio glieli aveva passati – Jeor Momont mi avrebbe spedito a calci in culo oltre la Barriera, se avessi provato a portargli un porridge salato a colazione. – riuscì a farlo sorridere.
-Penso che nulla sia peggiore della birra cruda che si beve al Castello Nero. – Jon si tenne un boccale per sé e uno lo ripassò al ranger.
-Prendetene una anche voi, principe Viserys. E venite a sedervi con noi. Vi sarete congelato lì fuori. – Benjen lo invitò offrendogli il proprio boccale, sotto lo sguardo attonito di Jon. Era chiaro che non se l’aspettasse. Viserys si sedette cauto al suo fianco, elegante e silenzioso, ammirando il cucciolo di lupo distendere le gambe in tutta la loro lunghezza per mettersi più comodo.
-Nostra madre invece era incredibilmente portata. – continuò Benjen con voce profonda e lontana, la mente rivolta al passato – Ho rare memorie di lei. Con gli anni ho preso a confondere la sua figura con quella di tua madre. Ci passiamo mesi… nemmeno un anno è trascorso dalla sua nascita alla mia, ciononostante lei la ricorda meglio di me. I miei fratelli maggiori dicevano che da piccola Lya era la sua ombra.  detta di Brandon oltre che d’aspetto si assomigliavano tanto anche nel carattere. Anche Ned la ricordava bene, ma lui era più tipo da tenersi tutto dentro e soffrire in silenzio. – si zittì. Jon attese qualche momento ancora prima di esprimersi.
-Già, lord Eddard… mi manca. – la voce gli tremava e sembrò faticare nel pronunciare il suo nome – Ora che me lo fai notare, non amava parlare di sua sorella. Sono stato uno sciocco a non collegare che questo sentimento di doloroso disagio era il medesimo di quando gli chiedevo qualcosa su mia madre. – argomentò poi. Si vedeva che metteva impegno a non chiamarlo più padre, eppure questo pareva anche costargli molto.
-Questo perché era dannatamente simile a nostro padre. – spiegò Benjen mettendo le mani dietro la schiena e appoggiandosi ad esse – L’inflessibile e l’integerrimo Lord Rickard Stark amava la sua lady Lyarra… erano vissuti separati, facendo parte di due rami della famiglia diversi, ma così simili da non riuscire a stare separati nemmeno per un anno dopo il loro matrimonio. Lo sai che erano cugini tra loro? Un po' come te e Arya. O Sansa. – non voleva alludere a nulla, eppure Viserys notò che Jon venne colto da un profondo disagio. Benjen non sembrò accorgersene, oppure ignorò volutamente la cosa – Fu la Vecchia Nan a raccontarmi di come si erano conosciuti. Secondo lei gli elfi maligni avevano mandato un mostro che disseminava terrore nella Foresta del Lupo. In qualche modo si sono incontrati lì e si sono salvati la pelle a vicenda uccidendo quel demonio. – usò una mano per nascondere la bocca mentre gli sussurrava con voce bassa e grave – Mia sorella dice che quella non era tutta la verità, ma noi sappiamo che quella vecchiaccia non era contenta se non metteva qualche creatura maligna nelle sue storie. – gli strizzò un occhio con fare complice.
-Io preferivo quando inseriva nei suoi racconti i giganti. – concordò il ragazzo ridendo.
-Aveva il dono di rendere storie noiose molto più avvincenti. –
-Non ricordo che ci abbia mai raccontato di come si sono conosciuti i miei nonni. – il ragazzo pendeva dalle sue labbra. Benjen si sedette più comodo e cominciò allora a narrargli la storia.
-Tua nonna, mia madre, era ancora una bambina, ma era coraggiosa e intrepida. Amava le leggende e voleva seguire l’esempio dell’Ultimo Eroe. Si era intestardita di scovare tracce dei Figli della Foresta. Aveva seguito una pista, molto più probabilmente di una lepre o di una volpe… fatto sta che si imbatté però in una banalissima caccia al cervo, dove alcuni lord stavano braccando coi loro cani una cerbiatta ed il suo cucciolo. Il suo senso di giustizia la costrinse ad intervenire e scoccò una freccia per depistarli, che per poco non colpì il lord mio padre ad un occhio. – Viserys pensò che vagamente assomigliasse al suo primo approccio con Lyanna.
-Mia nonna quindi sapeva usare un arco? – Jon era felice di quella notizia. Sicuramente nelle mente stava cercando di ricreare l’immagine di questa donna molto somigliante a sua madre.
-Era un’arciere eccezionale… oltre che un’ottima cavallerizza, da quale ramo pensi abbia preso mia sorella? – Jon guardò con ammirazione suo zio, prima di lanciare una rapida occhiata anche a Lyanna intenta ancora ad impastare qualche focaccia.
-E cosa successe dopo? – era letteralmente preso da quella storia, chiaramente si attaccava a ciò che più gli poteva sembrare un racconto delle sue origini, dato che non aveva il coraggio di chiedere espressamente dei suoi genitori a chi di dovere.
-Pare che mio padre non si fosse accorto che fosse una semplice ragazzina, piuttosto l’aveva confusa con qualche creatura mitologica. La Vecchia Nan tendeva a cambiare la storia ogni volta che la raccontava. Alcune volte parlava di crannogmen, altre di Figli della Foresta… una volta disse addirittura uno spirito del piccolo popolo. Sai, come le fatine… Qualunque cosa avesse pensato mio padre sta di fatto che si era intestardito a catturarla per non tornare a casa a mani vuote. – storse il naso – Non molto onorevole da parte sua se si pensa che spesso la carcassa veniva macellata al momento, mentre la testa veniva conservata per esibirla come trofeo di caccia… Ma non so quanto valide fossero le parole della Vecchia Nan. Non bisognava mai credere alla lettera a tutto ciò che diceva. – gli sorrise.
-Vero. – esclamò Jon spensierato – Robb rimase traumatizzato per anni da una fiaba che ci aveva raccontato quando eravamo ancora molto piccoli. Ci aveva detto che il cielo era blu perché vivevamo nell’occhio di un gigante dagli occhi blu. – il ranger rise portando indietro la testa.
-E ci avete creduto davvero? –
-Io no. Era chiaro che fosse una scemenza, ma lui non ci ha dormito per settimane. Veniva a svegliarmi tutte le notti, convinto che Macumber lo volesse mangiare. –
Sembravo io all’epoca in cui Arthur era appena arrivato alla capitale… ironizzò Viserys …ed era lui a prendermi in giro, come Jon faceva col figlio di Ned Stark.
-Questa mi mancava! Dovevi dirmela tempo fa. – rise Benjen, emettendo un suono molto simile al latrato di un cane.
-È stato meglio che non l’abbia fatto – Jon lo guardò in tralice – Lo avresti preso in giro, e avrebbe scoperto che te lo avevo detto io. –
-Questo è poco, ma sicuro! – gli tirò un pugno sulla spalla e Jon si voltò verso di lui grugnendo un lamento – E voi, principe, che rapporto avevate con vostro fratello? – Benjen lo guardò stimolandolo ad entrare nel discorso. Il suo momento era dunque arrivato.
 
 
 
 
 
Abbandonare la mano del suo Lekia in quel frangente le era sembrata la cosa migliore da fare, eppure nello stesso istante in cui aveva compiuto quel gesto, tutto il suo coraggio si era come volatilizzato. Il suo corpo aveva tremato, ma non per una questione di freddo o improvviso cambio di temperatura, quello che provò fu un brivido di smarrimento e solitudine. Tuttavia doveva resistere; era stata proprio lei a proporre quello scambio ed era inoltre la Regina dei Sette Regni: non poteva farsi intimorire da una semplice lupa del nord.
La vide. Era impegnata a stimolare manualmente un impasto composto da uova, acqua, burro e farina, o almeno così le era sembrato di scorgere tra i rimasugli degli ingredienti ancora semi dismessi sopra la tavola. Un malizioso pensiero le era balenato subito nella mente, ma aveva preferito ricacciarlo indietro all’istante. Si avvicinò cauta, continuando ad ammirare la sua ostinata concentrazione in quel lavoro da servi. Suo fratello l’aveva avvisata di non superare alcuni limiti: con Lyanna Stark non si poteva mai sapere.
Riflettendo sul suo aspetto era davvero una donna particolare; i tratti del volto erano allungati e non certamente armoniosi, ma doveva ammettere che risultavano tutto sommato apprezzabili. Detestava la poca cura che metteva nel tenere i capelli in ordine, erano per lo più spettinati, annodati sulle punte e poco curati. Quando Elanon, la sua serva glieli pettinava e lavava, erano già più accettabili, ma in quei giorni, la Stark aveva deciso di non portarsi dietro la sua serva. Avrebbe potuto occuparsene lady Sansa, ma non vedeva la giovane Stark così altruista da condividere le sue arti tra le altre donne della famiglia, l’altruismo non sembrava appartenerle. Nemmeno ad Arya Stark importava altro se non allenarsi con la spada e ottenere informazioni, di cosa se ne facesse però nessuno lo sapeva. Al contrario Lyanna era invece più impegnata ad aiutare e risolvere i problemi degli altri.
L’energia che ci stava mettendo in quella mansione era il chiaro segnale che le sue mani piccole e incerte in ogni altro impiego femminile, diventavano invece molto precise e controllate per quelle attività manuali in cui amava maggiormente occuparsi. Poteva trattarsi di una spada, di un arco, o anche di un impasto per dolci. Si trovò a rivalutare quella donna per la seconda volta o forse era la terza? Non ne era sicura. In lei era contenuto tutto ciò che suo fratello aveva amato; tutto quello per cui aveva combattuto, tutto ciò per cui si era votato. E fissandola di certo non poteva contraddirlo né biasimarlo in alcuna maniera. Qualcosa in quella donna lasciava molto spazio alle fantasie più erotiche di qualsiasi maschio. Aveva quel non so cosa, che attirava i loro sguardi e li legava a sé probabilmente senza nemmeno accorgersene. Dall’apparenza poteva anche apparire una giovane donna, risoluta e combattiva, ma innegabilmente simile a molte altre, era di modeste dimensioni e di fragile resistenza. Le braccia e le gambe erano magre, come anche i suoi fianchi ed il suo ventre, al contrario invece del suo seno pieno e florido. Rari dovevano essere gli uomini che potevano ignorare questo dettaglio, ma di certo non l’avrebbero mai potuta considerare tra le più eccellenti avvenenze in tutti i Sette Regni; le mancava quella grazia e quell’eleganza che invece sua nipote Sansa possedeva. Aveva avuto modo di scorgere donne anche più attraenti di lei, ma inesorabilmente tra tutte quelle presenti a Winterfell, Sansa rappresentava la più bella e raffinata, probabilmente perché era l’unica ad aver vissuto alla corte reale. Però anche Lyanna aveva vissuto un anno affianco a suo fratello Rhaegar, possibile che davvero non avesse assimilato nulla del suo regale portamento? Dany non poteva certo valutare Lyanna tra le ultime della lista, ma nemmeno tra le prime. Aveva forse più charme di lei, persino quella selvaggia di Val, la principessa dei bruti, come molti osannavano chiamarla quando lei non poteva sentirli.
Quei capelli biondissimi e quegli occhi azzurro limpido erano nauseanti e rivoltanti. Non sopportava il modo in cui quella selvaggia si mostrava fedele al Re del Nord. Passeggiava al suo fianco, scherzava e lo prendeva in giro, in quegli ultimi tempi sembrava fossero divenuti anche più intimi. Si ritrovò a riflettere che un rapporto simile anche lei lo aveva vissuto con una ragazza che aveva più o meno quello stesso suo aspetto, ma aveva in essa anche l’eleganza di una lady per sua fortuna. Il suo nome era Tyene Sand, la nipote del principe Doran. Anche lei era particolarmente diversa da tutto quel canone di bellezza che la circondava. A dispetto delle altre dorniane che Dany aveva avuto modo di conoscere, dalla mascolina Obara, alla placida Ellaria, o perfino all’elegante Nymeria, Tyene spiccava come un gioiello ben più pregiato. Era l’antitesi della principessa Arianne, seppur avessero la stessa età e fossero inseparabili a Dorne, si differenziavano in tutto e per tutto nell’aspetto. Una rappresentava la notte, nella carnagione, negli occhi e nei capelli, quanto l’altra invece pareva il giorno.
Le era capitato di incontrare per la prima volta dei dorniani già quando si faceva chiamare la regina di Meereen. A quei tempi credeva che tutti i dorniani fossero bassi, di pelle olivastra, coi capelli scuri e gli occhi altrettanto scuri. Non avrebbe mai detto che gente di questo tipo potesse mai suscitare in lei alcun fascino né attrattiva. E questo le sembrò venir accreditato proprio dall’aspetto del principe Quentyn Martell. Aveva lasciato la sua bella e assolata Dorne, per attraversare il Mare Stretto e morire tra le fiamme di Rhaegal. Offrendole quell’assurda proposta di matrimonio quando ormai aveva già impegnato la sua vita al fianco di Hizdahr zo Loraq. Il principe Martell incarnava perfettamente l’aspetto che lei conosceva dei dorniani: aveva con un viso semplice e squadrato, arrotondato da guance piene, occhi e capelli castani, fronte alta, naso e mascella quadrate. Non aveva alcuna particolare bellezza, gli mancava poi nello sguardo quella malizia che invece aveva ritrovato negli uomini che l’accompagnavano. Ricordava ancora la bellezza del viso di lord Cletus Yronwood al suo fianco non faticava a brillare coi suoi splendidi capelli dorati e gli occhi azzurri. Perfino Ser Gerris Drink-qualcosa poteva dirsi molto più avvenente di quel principe rospo.
Tuttavia quando era approdata sulle rive di Dorne aveva avuto modo di constatare coi suoi occhi la diversità di etnie che convivevano pacificamente in quel territorio. A dire il vero per un patto stipulato col principe Doran, non aveva potuto allontanarsi da Watergardens. A detta del Martell era per evitare che altri facessero la stessa sorte del suo amato figlio. Dorne non aveva festeggiato l’arrivo della sua regina, di colei che li avrebbe liberati dalla regina impostora… questo l’aveva fatta infuriare in un primo momento, ma ser Barristan le aveva spiegato che il lutto a Dorne erano capaci di farlo durare un anno, e se si considerava che il principe Oberyn era morto nemmeno dodici mesi prima e ora lei li aveva informati della perdita del giovane Quentyn si doveva dar loro una parvenza di comprensione. A quell’epoca le uniche nobili che le avevano permesso di incontrare erano state Ellaria e la principessa Arianne. Successivamente a King’s Landing Ellaria aveva portato con sé le tre maggiori serpi delle sabbie; le figlie del suo amante, il principe Oberyn. E la vista di quelle tre ragazze l’aveva fortemente stupita. Obara aveva un aspetto mascolino, alta e robusta, aveva polpacci grossi e vestiva come un uomo, l’atteggiamento e il modo di fare erano quelli grossolani da guerriero. Nymeria invece il suo esatto opposto; slanciata, snella ed elegante, possedeva un gusto raffinato nel vestire, gesticolava e parlava come una nobildonna ed aveva un fascino invidiabile, ma era letale come le sue lame. Tyene a differenza delle sue sorelle aveva l’apparenza di una bambolina di porcellana. Dai colori chiari, i tratti armoniosi e le movenze deliziose, si sarebbe potuto dire tutto di lei, ma non che fosse pericolosa, tuttavia si era dovuta ricredere quando aveva scoperto che una buona parte dei soldati di Cersei Lannister quella mattina della conquista non si era mai alzata dalla sala mensa, morendo con atroci crampi addominali per via di un veleno fatale e consentendo a loro di passare inosservati da quel passaggio segreto.
Quando aveva visto Tyene per la prima volta, aveva pensato che si trattasse di una schiava di origine Lyseniana al servizio della principessa Arianne. Mai avrebbe pensato che in quel regno esistessero popoli completamente discostanti tra loro, e che in Tyene, Obara, Nymeria e Arianne scorresse addirittura lo stesso sangue. Per cui non si era stupita, quando a Winterfell aveva notato lord Edric Dayne avvicinarsi al loro tavolo, annunciando di avere origini dorniane. E aveva gli occhi viola… La cosa le era sembrava molto bizzarra e quando poi quel giovane ragazzo si era presentato come fratello di Jon Snow non aveva potuto che sentirsi gelare il sangue nelle vene. Ed il pensiero che fratello le avesse nascosto un altro figlio illegittimo l’aveva nuovamente colta impreparata.
-Sicuro che non discenda dai tuoi lombi, anche questo? – aveva sussurrato all’orecchio di Viserys, lanciando un’occhiata anche a Lyanna Stark che pareva forse più sconvolta di lei. Suo fratello aveva scosso il capo serio e categorico.
-Il casato Dayne porta apparentemente le nostre stesse caratteristiche genetiche, ma non provengono dalla stirpe Valyriana. Sicuramente in passato facevano parte dello stesso ceppo che poi si insidiò a sud di Essos, fondando la Libera Fortezza, ma quando questo avvenne i Dayne si erano già staccati e avevano già stabilito la loro stirpe a Starfall. Questo mi ha fatto presupporre che i nostri antenati in comune erano dei nomadi e viaggiavano lungo i mari. Si insediavano poi nelle terre che meglio preferivano seguendo le stelle, o grandi aspirazioni. –
-Quindi anche quel tuo amico… quello col titolo di Spada dell’Alba aveva pure lui gli occhi viola e i capelli argentati? – era riuscita a domandargli, prima che lui si chiudesse nel suo solito silenzio. L’aveva capito ormai, ogni volta che gli chiedeva qualcosa del suo passato lui evitava l’argomento.
Venendo successivamente a conoscenza del fatto che Edric Dayne era nato ben quattro anni dopo la morte di suo fratello, era stato assurdo anche solo pensare che potesse essere figlio di Rhaegar e si era scusata con lui. E ragionando sulla genetica Targaryen era difficile che dei figli perdessero i tratti peculiari che contraddistinguevano la stirpe valyriana. Suo fratello le aveva spiegato che ogni qual volta che si univano a famiglie con sangue non conducente alla stirpe di Valyria i loro geni sparivano, sopraffatti dagli altri, proprio come era accaduto con Jon.
Riposò quindi gli occhi su Lady Lyanna, che ancora impastava il composto. Si stava portando una mano sulla fronte, per spostare una ciocca ribelle. Con non curanza si premunì di ricacciarla indietro, sporcandola con alcuni granelli di farina. Anche le sue guance erano imbrattate della medesima polvere bianca, ma non sembrava essersene accorta, oppure non le importava. La vide portarsi un dito sulle labbra per assaggiare un pezzo di pasta. Lyanna ignara dei suoi occhi addosso, aveva alzato lo sguardo fissando un punto impreciso del soffitto e cercando di capire quale ingrediente mancasse. Aveva fatto una faccia buffa ed aveva alzato le spalle, probabilmente non era sicura di ciò che davvero stava facendo, ma non era intenzionata a fermarsi. Con l’altra mano prese un barattolo e aggiunse un pizzico di un granulato grosso color caramello, quasi certamente zucchero grezzo e riprese a lavorare il tutto. Dany era rimasta incantata dalla sua determinazione e dalla sua voglia di fare, seppur non vi fosse più nessuno ad aiutarla.
Notò il coltello, non era molto distante dalla donna; lo avrebbe raggiunto facilmente allungando una mano, e Dany non avrebbe mai potuto impedirle di brandirlo: non sarebbe stata abbastanza svelta, né preparata, se mai gliel’avesse puntato alla gola. Suo fratello era assorto nei discorsi tra il Lupo Bianco e al guardiano della notte, e comunque era troppo distante per poterla soccorrere. Un uomo del nord stava accanto a Sansa Stark e l’aiutata a non combinare guai col piccolo forno: era proprio impedita sotto questo aspetto e Dany si ritrovò a sorridere al pensiero che finalmente le aveva trovato quantomeno un difetto. La giovane Arya doveva essere ancora fuori, mentre Tyrion si era rintanato in un mondo immaginario, leggendo un grosso tomo sulle vicende di Aegon il Conquistatore. Sam e Gilly stavano giocando allegramente con il piccolo Sam. Fece ancora un passo e raggiunse il tavolo, appoggiando incerta una mano sul legno e mettendosi proprio di fronte alla donna intenta ad impastare. La vide alzare lo sguardo fiero su di lei e guardarla con un’espressione stupita e confusa al tempo stesso. Dany rimase lì senza sapere bene che fare, cosa dire o come comportarsi. Fu la Stark sorprendentemente a parlare.
 
 
 
 
 
-Raccontateci prima com’era la vostra di madre, principe Viserys! – anche se non si sentiva ancora pronto, Benjen gli aveva ormai passato il testimone con la sua spavalda naturalezza.
-Muna? – alzò il capo a fissarli interdetto, e involontariamente i suoi occhi andarono a cercare sua sorella ferma in mezzo alla stanza mentre osservava Lyanna da lontano. Non s’aspettava minimamente una domanda del genere. C’erano tante, troppe cose da dire, ma anche da tenere segrete. Pensò un attimo a cosa poter raccontare, un dettaglio magari inerente al discorso del ranger. Faticò a trovare qualcosa di adatto, poi gli tornò alla mente un particolare che molti ritenevano stravagante, ma che lui aveva sempre visto come innovativo.
-Muna aveva un portamento molto aristocratico, per certi versi di vecchio stile, ma sapeva adeguarsi ai tempi moderni con facilità. Amava ricamare, danzare, cantare. Aveva una bellissima voce, e amava accompagnarla col suono soave del clavicorno, prima che… Beh, prima di smettere. – non era il caso di dir loro la verità, far sapere a tutti che Aerys l’aveva umiliata così tante volte durante i ricevimenti, dopo averla invitata a suonare qualcosa per i suoi ospiti e infine averle privato di suonare quello strumento, distruggendolo con la sua stessa spada era qualcosa di poco adatto per una conversazione tranquilla e spensierata come quella – Ma oltre a tutto questo aveva una peculiarità molto rara; per una regina era profondamente singolare, ma questa era un concetto che aveva sempre avuto anche quando era una semplice principessa. Amava arrangiarsi da sé per ogni faccenda sua personale, anche per quelle piccole cose che le lady preferiscono venir supportate dalle loro damigelle o da qualche serva. Temo che questa particolarità le sia rimasta impressa con suo nonno e assimilando le sue abitudini. Re Aegon V, l’Improbabile, durante la sua giovinezza viaggiò in compagnia di un valoroso cavaliere, divenuto poi Ser Duncan l’Alto, ma in gioventù era soltanto un cavaliere errante di nome Dunk. E il mio bisnonno volle divenire suo scudiero a tutti i costi. Vissero a stretto contatto col popolino, dormendo spesso anche in ricoveri di fortuna e rifocillandosi con bacche selvatiche, radici o cacciando selvaggina. Si lavavano in fiumi e laghi e sopravvivevano con quanto guadagnavano… – cominciò a narrare pacato con voce allegra, rammentando i racconti che muna gli narrava le sere per addormentarlo. Jon si voltò verso di lui, stranamente non lo stava guardando in maniera sinistra, come quella mattina; né adirata, come poche ore prima, questo gli diede il coraggio di proseguire – Ovviamente non pensate che mia madre facesse simili cose… lei era una la principessa dei Sette Regni, nata come secondogenita del futuro re. Le erano state impresse le dottrine dell’alta aristocrazia, parlava solo quando era opportuno, si accerchiava di damigelle di alto lignaggio, era caritatevole coi bisognosi, tanto da frequentare orfanotrofi e distribuire il pane ai poveri, ma nel suo piccolo preferiva far da sé per quanto riguardava le sue abluzioni o altre mansioni private e intime. Congedava non solo le sue dame, ma anche ogni ancella o cameriera. Diceva che non amava essere circondata da serve o da chi che era obbligato a servirla a causa di un voto o dall’etichetta, preferiva che fosse piuttosto una decisione dettata dalla moralità e dalla vera amicizia. Non fu sempre favorita dalla sorte, per anni coloro che cercavano la sua compagnia erano arrivisti o con secondi fini. Ebbe però la fortuna di incontrare persone negli anni che crebbero su questi principi e riuscì a crearsi una schiera di sue fedelissime. Pur tuttavia preferiva circondarsi da pochissime persone quando si ritrovava nelle sue stanze. Congedava paggi, cameriere e altri inservienti, e provvedeva da sé per le incombenze che non riteneva giusto affidare ad altri. Erano davvero pochi coloro che avevano il permesso di starle accanto quando consumava un pasto o si immergeva in una vasca d’acqua calda. – raccontò. Sapeva di aver attirato la sua attenzione perché il respiro di suo figlio si era notevolmente calmato – Detestava farsi servire, quando poteva evitarlo, e questa sua caratteristica la passò anche ai suoi figli. Sia io che mio fratello abbiamo imparato a tenerci distanti dai troppi vizi a cui i nobili spesso si abituano, divenendo degli inetti incapaci a risolvere ogni più piccola difficoltà. –
-Vostra madre era la regina Rhaella… – Jon si espresse incerto dopo qualche secondo di silenzio. Aveva socchiuso appena gli occhi, nel pronunciare quelle parole, quasi fosse un ricordo lontano e costretto. Viserys pensò che per lui quel nome fosse apparso solamente in qualche volume che il maestro di Winterfell lo aveva obbligato a memorizzare. Se c’era una cosa che aveva compreso da altri era che quando venivi obbligato ad apprendere delle nozioni di storia, queste poi non restavano nella mente in tempo indelebile, ma venivano presto sostituite con nuovi ricordi che maggiormente allettavano i tuoi pensieri. Tuttavia, anche se non te ne rendevi conto, restavano impresse in qualche angolo remoto del proprio inconscio e si risvegliavano appena la situazione sembrava permetterlo. Era proprio quello che stava avvenendo in Jon in questo momento – Non si è mai parlato molto di lei. Sansa certamente conoscerà qualche aneddoto, avendo vissuto alla capitale… e poi a lei piacciono molto argomenti come questi: corti reali, buon costume, etichetta… Se Robert non avesse sovvertito la vostra stirpe probabilmente avrebbe fatto carte false per entrare nella corte Targaryen e sposare uno dei principi. –
-Magari avrebbe sposato te. – gli fece notare Benjen – Dopotutto eravate già cugini e le età corrispondono. – Jon lo fissò con cruccio.
-Sarebbe stato meglio che l’avessero promessa a me piuttosto che a quell’idiota di Joffrey. Se penso a ciò che le hanno fatto, a come l’hanno trattata, io… -
-Ogni famiglia cela insidie e segreti… la storia della famiglia Targaryen non ne è di certo immune, come credo tu abbia saputo. – commentò severo Viserys, ma se ne pentì nell’immediato, osservando come quelle parole avevano reso tenebroso il volto di suo figlio. Fortunatamente Benjen intervenne per alleggerire la tensione.
-Sansa è una lady, è ovvio che come tante ambisse alla vita di corte, però ciò non esclude che dovresti essere tu a conoscere più cose sulla precedente regina Targaryen, Jon. In fin dei conti era tua nonna. – il ranger lanciò uno sguardo d’intesa col principe, per motivarlo a continuare.
-Vero… - il ragazzo sembrò trovare di nuovo la voglia di dialogare – Peccato che ne sia stato messo al corrente da pochi mesi… e riflettendoci non ho mai avuto accanto qualcuno che l’avesse conosciuta. – ammise sconfortato.
-Ora ce l’hai. – Benjen allargò gli occhi e gli fece cenno di guardare alla sua destra – E come si dice a Nord; approfitta ora che la neve è fresca e la puoi raccogliere con le mani, domani sarà già compatta e ti servirà un piccone. – Jon sembrò cogliere il suo invito e inspirando profondamente, si rivolse nuovamente a lui.
-Vi andrebbe di descrivermela, principe Viserys? – chiese infine. Il Targaryen sentì nascere una calda emozione che in fretta prese possesso della sua anima più recondita. Suo figlio cominciava a sciogliersi; quello spesso muro di ghiaccio che aveva eretto contro la parte che lo univa al suo sangue di drago si stava sgretolando. Pensò rispettoso che la Madre avesse deciso di trovare un dolce modo per far sì che quel momento diventasse una condivisione per entrambi, e muna era quel legame che li avrebbe avvicinati. Prendendo coraggio, dopo un attimo di esitazione, cominciò il suo discorso.
-Era di una bellezza eterea e indiscussa… E non lo dico perché sono suo figlio – si corresse subito – Ogni uomo o donna che posava lo sguardo su di lei, non poteva fare a meno di rimanere incantato dalla sua eleganza, dal portamento leggiadro e delicato, dai suoi sorrisi raffinati e dalla regalità del suo animo, oltre che dal suo aspetto – affermò, osservando le fiamme danzare – Aveva la pelle molto chiara, quasi fosse una statua di alabastro dei più pregiati. La sua chioma era argentata con qualche tenue sfumatura dorata, brillava come rugiada quando il sole li illuminava… non amava troppo nasconderli; era un peccato costringere i suoi naturali boccoli in acconciature complesse. I lineamenti del volto erano simili a quelli di un’eterna bambina; anche negli anni non si presentava alcuna traccia del corso del tempo. Le labbra erano a forma di cuore; rosee, piene e morbide. E gli occhi… avevano un taglio vivace e attento, ed erano di una colorazione viola molto brillante. Nessun Targaryen mai li aveva avuti di quella tonalità, prima che Maekar I sposasse lady Dyanna Dayne. Fu grazie alla loro unione che la nostra casata acquistò quella particolare sfumatura brillante nello sguardo, ma non tutti ereditammo quella proprietà. –
-Li aveva quindi simili a lord Edric? – domandò il ragazzo abbassando di un tono la voce ad ogni parola, quasi si fosse pentito di averlo interrotto. Viserys gli sorrise garbato.
-In qualche modo gli occhi del giovane di Starfall sono simili a quelli di mio fratello maggiore. Hanno quella sfumatura bluastra, tendente all’indaco che solitamente contraddistingue le unioni miste. Se cerchi il vero colore Dayne, lo trovi negli occhi di mia sorella Dany. – Benjen emise un colpo di tosse che interruppe Viserys quasi in allarme, pure Jon distolse l’attenzione da lui per passarla allo zio. Il ranger però li guardò quasi stupito.
-Oh, perdonate, mi stavo solo strozzando con la saliva. – sbuffò sorridendo e facendo loro l’occhiolino. Viserys allora continuò.
-La medesima sfumatura l’aveva anche mia madre. Un viola lavanda acceso che pareva tempestato di stelle luminose al suo interno. Dany le somiglia molto sotto quest’aspetto. –
-E le somiglia anche nel carattere? – il ragazzo piegò lo sguardo lateralmente per osservare il profilo della giovane regina alla stessa tavola dove stava Lyanna. Viserys si voltò a guardarlo intrigato da quel quesito.
-Effettivamente no… - sorrise, con un peso grande nel cuore, quanto doveva esserlo anche quello nel cuore di suo figlio. Guardò le due donne: stavano l’una di fronte all’altra e parlavano. Nel volto di entrambe nessun segno di astio. Viserys si beò di quell’immagine e rifletté sulle parole di Jon: per quanto Dany ricordasse molto muna, aveva però preso sfaccettature di un altro carattere che conosceva molto bene. Sia per facezia che per saggezza, e la cosa era lieta e apprezzabile ai suoi occhi – Lei temo abbia preso da un ramo… diverso. – tagliò corto. Si portò una mano sulla bocca e si morse l’unghia del pollice, riflettendo attentamente sul passato e provando a crearsi mentalmente dei calcoli matematici, ma la seguente domanda del ragazzo lo spiazzò completamente.
-So che all’epoca eravate solamente un bambino… ma… - il ragazzo avviò il nuovo discorso con voce tremante, stringendosi le mani tra le ginocchia e abbassando il capo su di esse – Non ho la forza d'animo di fare questa domanda a mia madre… Ecco perché la pongo a voi. So che lei scoppierebbe subito a piangere e io non sopporterei vederla in quello stato. Ma… - si fermò ancora – Forse voi siete l’unica altra persona a cui posso chiedere… Mi potreste parlare del principe Rhaegar? –
 
 
 
 
 
-Non state lì con le mani in mano… Mi innervosite, vostra maestà. – affermò rigida la donna, osservandola di sbieco – Siete una regina e capisco che abbiate poca dimestichezza coi lavori domestici, ma qui dobbiamo darci tutti una mano. – continuò mantenendo lo stesso tono e impastando ancora il composto tra le mani.
-Sarò pure la sovrana dei Sette Regni, ma sono partita che ero solamente una principessa esiliata in una terra lontana… - iniziò lei usando un timbro di voce autorevole. Poi però parve pentirsene – Mi sono procurata del cibo tra la sterpaglia di un prato una volta… Ero stanca di mangiare carne abbrustolita da Drogon. – raccontò ricacciando indietro il sapore orrendo di ciò che si era ritrovata ad ingurgitare. Questo non lo avrebbe raccontato a lady Stark, anche se qualcosa le diceva che quella donna non l’avrebbe giudicata, né l’avrebbe derisa.
Non sapeva spiegarsi il motivo, eppure ciò che le aveva appena detto non l’aveva stranamente messa in allarme. Non aveva minimamente considerato le sue parole come una minaccia, né come un’offesa, bensì l’avevano quasi stimolata a dimostrarle che anche lei dopotutto avrebbe potuto essere d’aiuto. Lyanna puntò quei suoi occhi chiari su di lei e la fissò per qualche istante. Poi sembrò scuotersi e riprese il lavoro, cercando di ricordare quali altri ingredienti doveva aggiungere.
-Mi passate quel barattolo di frutta candita… per favore? – le chiese in modo stranamente gentile.
Dany collaborò e si portò dalla parte della tavola dove stava la donna. Osservò solo in quel momento che avevano la stessa altezza.
-Ho sentito che eravate solita fare queste occupazioni con vostra madre… - cominciò rigirandosi il barattolo tra le mani – Io la mia non l’ho mai conosciuta. – non seppe dire perché glielo stava riferendo, d’altronde da lei che poteva sperare di sentirsi dire? Rhaegar le aveva già parlato di muna, quanto bastava. Lui aveva vissuto molti anni alla capitale e aveva con lei un rapporto stretto, morboso, aveva ammesso lui stesso. Per un attimo pensò all’attaccamento che anche Jon aveva cominciato ad avere con Lyanna di quei tempi. A quanto pare è genetico! Sorrise mentalmente.
-Era gentile, affettuosa e molto dolce. – ammise la donna senza nemmeno guardarla.
-Voi… quando? L’avete conosciuta davvero? – Dany non poteva credere alle sue orecchie.
-Sì, ho avuto modo di incontrarla… una sola volta. – disse la donna alzando lo sguardo verso un punto impreciso del soffitto, come se stesse ricordando un momento lontano nel tempo, poi portò gli occhi su di lei – Quando vostro fratello mi portò nel suo castello a Dragonstone. Fu una sosta fugace, dovevamo solo prendere alcune cose e poi ripartire, tuttavia lei si trovava lì. – fece una breve pausa, Dany la guardò confusa, così la donna le spiegò – Vostra madre voleva festeggiare il giorno del nome di suo figlio, ma Rhaegar si mostrò contrario: non aveva mai amato celebrarlo. – Dany era sbigottita. Non aveva mai saputo questa particolarità di suo fratello e lui non aveva mai menzionato a questo fatto. Non aveva potuto ignorare l’ombra scura negli occhi della lady e il tremore quasi impercettibile della sua voce, quando aveva pronunciato il nome di suo fratello maggiore. Lo ama ancora così tanto da soffrire al solo suono del suo nome?
-Perché mai non voleva festeggiare il giorno della sua nascita? – le chiese puntando gli occhi verso l’uomo con la maschera sul volto. Lyanna abbassò il capo sull’impasto, poi la guardò con aria triste.
-Beh, è comprensibile, vostra grazia… quel giorno morì quasi tutta la sua famiglia. – disse abbattuta – Penso vi siano già stata menzionati gli eventi di Summerhall… Lui se n’è sempre sentito responsabile in qualche modo. – Dany si bloccò e il barattolo per poco non le cadde dalle mani. Che stupida che sono… Come ho fatto a non pensarci? Ser Nonno mi aveva accennato qualcosa a Watergarden…
-È proprio da lui… - si lasciò sfuggire quella frase e un sorriso dolce, poi vide l’espressione contraddittoria di Lyanna e fu costretta a rimediare – Barristan Selmy, colui che voi conoscete come il Valoroso, mi ha parlato spesso di mio rimpianto fratello. Diceva che si prendeva colpe non sue e cercava sempre di… trovare soluzioni per tutto. – per un attimo aveva temuto il peggio, ma l’attenzione della donna era tornata sull’impasto, per cui trasse un sospiro di sollievo.
-Già. – affermò tetra Lyanna. Era chiaro che parlare di lui la metteva a disagio e Dany voleva evitarle ulteriori sofferenze, dato che queste innescavano patimenti anche in Jon e in Rhaegar. Glielo doveva a suo fratello. Aveva usato delle parole sbagliate prima, lui glielo aveva fatto notare, era giusto che ora lei le chiedesse scusa.
-Ho mostrato arroganza e crudeltà gratuita, prima. Contro di voi, intento. – disse rattristata. Lyanna aveva preso il barattolo dalle sue mani e lo aveva svuotato nell’impasto, restando in silenzio. Sembrava fingesse di non averla sentita, oppure era persa nei suoi ricordi – Non dovevo rivangare il passato. Le nostre famiglie erano in guerra e a conti fatti ho modo di credere che se dopotutto così tanti regni si sono rivoltati contro mio padre, un fondamento di verità doveva pur esserci… e se mio padre veniva chiamato Re Folle... – considerò con fatica. Dalla donna ancora silenzio, si sentì snervata – In sostanza… sto cercando di dire è ho esag… -
-Il vento che soffia nella bufera spazza via le fragili foglie. Qui a Nord non diamo peso alle parole, ma ai fatti e alle azioni. – sentenziò categorica la Stark con voce tagliante come una lama – Voi volete proteggere ciò che un tempo vi venne sottratto con la forza. Io sto facendo esattamente la stessa cosa. – alzò gli occhi su di lei, Daenerys si sentì penetrare fin nell’animo da quel ghiaccio eterno che erano le sue iridi. Le parve di sentirsi vulnerabile e in automatico corrucciò la fronte per provare ad impressionarla con uno sguardo minaccioso, che non parve scalfirla minimamente – Tenete al vostro regno, al potere che vi siete riconquistata e al trono. Io tengo alla mia casa, a ciò che resta della mia famiglia… e soprattutto a mio figlio; è l’unica cosa che mi resta di quello per cui un tempo mi ha fatto combattere fino allo stremo delle forze… Sono conscia che apparentemente possano sembrare due cose completamente diverse, ma inevitabilmente questo ci lega ad una persona in comune. E ora abbiamo perduto. – si incupì mesta – Comprendo le vostre motivazioni, perché assomigliano alle mie. Per cui non ritengo opportuno che voi vi sentiate in obbligo di scusarvi per delle parole espresse in un momento di indignazione. Io non sono stata da meno, vi ho intimidita e vi ho mancato di rispetto. Per cui ritengo, che se entrambe ci sentiamo in difetto, possiamo evitare scuse dirette e considerare che quell’episodio non sia mai avvenuto. – si fermò, Dany non sapeva cosa dirle. Non se l’aspettava, no di certo, e soprattutto non si immaginava quel paragone. Si sentì così stupida… davvero era questo ciò che la sua gente pensava di lei? Credono che l’unica cosa che mi interessi sia quello scomodo seggio di spade? Da un lato era così… ma dall’altro desiderava essere accettata dal proprio popolo, amata, applaudita… Ma il mio desiderio più grande è sempre anche stato avere una famiglia… Sono una donna, sono una regina; perché non posso aspirare a ciò anch’io?
-È sempre stato un mio grosso difetto considerare tutti allo stesso modo e non tenere a mente che ad un reale bisogna portare maggiore considerazione. – riprese Lyanna pensierosa – Non è per giustificarmi, ma qui a nord, come potete ben vedere, funziona diversamente. I titoli non fanno poi molta differenza, quando il gelo ti attanaglia le viscere e vedi la tua gente, i tuoi amici, i tuoi famigliari morire di freddo e di fame. – a Dany venne in mente che aveva patito la stessa condanna durante la traversata del mare dothraky prima di giungere a Qarth.
-Mio fratello mi ha parlato del vostro altruismo… Avete cercato di aiutare dei popolani a scappare e trovare rifugio presso il castello di alcuni vostri vassalli. –
-Il principe Viserys ha dato il suo contributo. Senza di lui temo mi sarebbe stato difficile… -
-Ma ancora non vi fidate di lui… Lo avversate in continuazione. –
-Ho le mie buone ragioni. – controbatté caparbia.
-Avete dubitato in questa maniera anche di Rhaegar? –
-No… lui mi era parso diverso dal primo momento. – si rabbuiò un istante – Però ho mantenuto la mia dignità ogni qual volta tentava di manipolare la mia vita. –
-Volete dire che… - Daenerys allargò occhi e orecchie in attesa che le venissero le parole giuste – Lo avete sfidato? – la donna cercò di nascondere un sorriso.
-Beh, durante la nostra prima vera chiacchierata mi sono trovata costretta ad intimidirlo per proteggere la mia famiglia. – ammise – Sfidandolo a duello. –
-Avete impugnato una spada contro di lui? – Dany era sbigottita. Rhaegar non le aveva mai svelato come si erano conosciuti.
-Custodivo un segreto. Che poteva mettere fine alla mia vita e a quelle dei miei stessi famigliari. Ma non avevo fatto nulla di male… solo che avevo agito contro le leggi del re. La mia identità però stava per essere smascherata, ma vostro fratello decise di intervenire per evitare il peggio prima che lo scoprissero. – le raccontò – Rhaegar mi aveva scoperta grazie alla sua innata intelligenza. E io ero incauta e avventata. Cercò di fermarmi, dapprima solo usando le parole, ma io non glielo permisi. Estrassi la spada e lui fu costretto a difendersi… Mi sconfisse, dovetti arrendermi e fare a suo modo. – c’era ancora una vena di risentimento dolce nel suo tono.
Uuuhh, immagino come possa essere stato difficile adempiere alle volontà del mio bel fratello… si morse il labbro inferiore, ma non espresse quel suo pensiero osceno.
-A questo punto mi domando se anche con mia madre vi siete mostrata così agguerrita! – alzò un sopracciglio e le sorrise. Lyanna la guardò confusa.
-Nient’affatto. – desistette un attimo, si notava una certa perplessità – A dire il vero in sua presenza mi sono sentita del tutto inadatta. – Dany non comprendeva il motivo di questa sua insicurezza – Era una donna estremamente aggraziata, raffinata ed elegante, bella oltre ogni dire… purezza allo stato puro… e inavvicinabile per una come me. – abbassò lo sguardo – Non credevo potesse mai esistere una donna di simile bellezza, ma d’altronde Rhaegar doveva pur aver preso da qualcuno… come anche voi: avete il suo viso. – le sorrise, riguardandola in volto, prendendo coraggio – Fui destabilizzata quando lei… una regina… La regina dei Sette Regni si avvicinò a me e mostrò una rispettosa riverenza nei mei riguardi. Tuo fratello mi tenne per le spalle, prima che il tremore fosse troppo evidente, o peggio ancora decidessi di scappare via. Mi sentivo in totale soggestione… accerchiata da persone di rango così alto che mi sembrava quasi di esserne schiacciata. Tuttavia nessuno in quel castello ebbe un atteggiamento arrogante e presuntuoso nei miei confronti. Mi trattarono tutti con estrema considerazione, quasi fossi io quella da venerare. Tua madre fu colei che mi stupì più di tutti, ebbe da rimproverare Rhaegar, ma non mostrò mai ostilità per me. Continuava a sorridermi, a parlarmi con garbo e a tenermi una mano. Io mi dovevo ancora abituare a quelle sue gentili parole, mentre lei mi colse ulteriormente alla sprovvista, quando… – sorrise al ricordo – mi ha abbracciò, chiamandomi… - si fermò improvvisamente, cambiando espressione e guardando altrove – Non è così importante, lasciamo stare. – concluse con tono duro, rimettendosi ad impastare con energia.
-No, vi prego! Continuate! So così poco di lei. – le mise una mano sul suo avambraccio, Lyanna si volse a fissare quel loro contatto – Vi prego, ditemi come vi ha chiamata? – insistette ancora. La donna strizzò gli occhi e fece un’espressione dispiaciuta, come se capisse quando dolore le avrebbe provocato.
-Mi chiamò tala. Fu Rhaegar a dirmi il significato di quella parola, io non lo conoscevo. – si espresse col rimorso nel cuore. “Figlia” tradusse in fretta Dany – All’inizio guardava suo figlio con amarezza. Credevo dipendesse dalla mia presenza e dalle scelte che aveva fatto Rhaegar per tenermi accanto… Pensavo non ci volesse vedere assieme, ma mi sbagliavo. Lei ci dava la sua approvazione, ma ci intimava di fare molta attenzione. Mi parlò di alcuni sogni che aveva fatto e di non pungermi con le spine delle rose… disse di aver sentito il loro odore mescolato a quello del sangue… forse lei già lo sapeva, o forse era solo un presentimento. –
-Anche lei aveva sogni di drago? –
-Questa domanda temo voi lo dobbiate porre a vostro fratello. Io non vi sarei di alcun aiuto. Quella fu l’unica volta che parlammo da sole… - si vedeva l’emozione che lei aveva provato quel giorno, perché i suoi occhi luccicavano ancora al ricordo.
-Ora che me lo fate venire in mente, in quell’occasione mi ha fatto dono anche di una tiara in oro bianco con zaffiri, piccole perle e diamanti. Diceva che desiderava donarla a me perché rappresentavo la figlia che gli dei non le avevano mai concesso di avere… Se l’avessi ancora qui con me, ve la restituirei. Non mi appartiene più ormai. – si osservò le mani, come se in quel momento ricordasse anche di un’altra cosa. La vide tentennare incerta se infilare una mano nella tasca del grembiule, ma Daenerys le mise una mano sull’avambraccio e la Stark si fermò a metà di quel movimento.
-Se lei l’ha donata a voi, significa che la voleva sul vostro capo. – disse saggiamente – E poi gli zaffiri non mi si addicono. A me probabilmente avrebbe regalato qualcosa con rubini e ossidiane. –
-Ametiste e rubini. – affermò riflessiva – Amava anche il diaspro, i topazi gialli e l’oro. – sorrise – Quello soprattutto. Diceva che le ricordava la luce del sole. – la osservò più serena – Vi va di provare voi ad impastare? – le offrì il suo posto con un’espressione gioviale.
-Non credo di essere in grado… - Dany fece una smorfia con la bocca. Non voleva sembrare impacciata. Lei non si era mai davvero preparata del cibo da sola.
-Oh, suvvia, regina Daenerys! – le mise addosso il grembiule che Jon aveva lasciato sul tavolo, legandoglielo alla vita – Questo impedirà che il vostro abito si imbratti, per cui non vi preoccupate. E poi non vorrete farmi credere che siete così temeraria a cavalcare un drago, ma paventate l’idea di unire pochi semplici ingredienti per fare un dolce? –
 
 
 
 
 
Viserys rimase in silenzio per un breve istante, osservando il giovane al proprio fianco e cercando di ignorare la faccia compiaciuta di Benjen Stark che era in attesa di quale risposta avrebbe fornito.
-Cosa volete sapere di preciso su… mio fratello? – usò un tono secco, per evitare di sentirsi in imbarazzo e tornò a fissare le fiamme.
-Non so… quali erano le sue abitudini, cosa amava fare… Che genere di persona era, insomma. – nemmeno Jon sembrava voler puntare lo sguardo su di lui, forse era in imbarazzo – Voglio dire, non poteva assomigliare a suo padre, no? – si bloccò ancora, ma poi proseguì – Non me la vedo mia madre stare al fianco di un uomo spietato, né con uno arrogante ed ubriacone, ma nemmeno con uno debole e stupido. –
-Queste che hai elencato sono tutte le sfaccettature adatte a descrivere il grande re Robert nei suoi tempi migliori. E sia chiaro, per quante cercassero di ingraziarsi i suoi favori, riuscendoci pure il più delle volte, con tua madre non c’era storia. – il ranger si era messo una mano sulla bocca e lo aveva sentito tossire, per nascondere sicuramente una risata – Lei evitava pezzenti del genere come il morbo grigio. –
-Per cui ho ragione a pensare che vostro fratello fosse diverso? –
-Lui era… - cominciò Viserys, ma non trovò parole per esprimersi. Cosa doveva dirgli? Cosa voleva davvero sapere? Una fitta al cuore lo fece trasalire. Si portò una mano al petto toccandosi il punto in cui Robert aveva sferrato il suo letale colpo. Pensò a quale descrizione potergli dare. Se avesse finto di non sapere niente di lui, avrebbe fatto prima, ma Jon aveva diritto di poterlo conoscere anche solo un po’, perché ciò che gli era stato detto del suo vero padre era completamente sbagliato. Nel sentire quei pareri discordanti era ovvio che Jon avesse una forte confusione in testa e chi se non lui, poteva aiutarlo a mettere ordine? Le parole riportare dai maestri lo volevano un folle rapitore di fanciulle indifese, uno stupratore violento e malvagio. Ciò che Lyanna aveva potuto raccontargli invece, sarebbe stato completamente differente. Lei avrebbe sicuramente narrato del suo romanticismo, della sua bontà, del fatto che fosse un compagno favoloso, che mai ti faceva mancare niente, eppure lui le aveva fatto mancare tanto, forse troppo, ma lei sembrava non averci mai fatto troppo caso. Chiunque altro avrebbe pensato contrariamente visto la catastrofe che aveva generato, la morte della sua famiglia, la disfatta della sua dinastia e la guerra scatenata per una motivazione del tutto errata, ma a chi glielo poteva spiegare ormai?
C’era ancora qualche uomo che gli mostrava fedeltà, ma chi un tempo aveva visto in lui il balsamo alla corruzione del Re Folle, ora doveva ritrovare la sua nuova salvezza in Daenerys. Cosa poteva quindi dire a Jon? Che era un uomo fallito? Che era un valoroso cavaliere morto in battaglia? Scosse il capo sconsolato. Non si sentiva né eroe, né tanto meno onorevole. Arthur invece lo era sempre stato. Anche ora che era morto, la gente lo ricordava per la sua abilità con la spada, per il suo valore, per la sua precisione nei colpi, benché pure lui era stato sconfitto e ucciso in battaglia. Un pensiero sciocco gli venne in mente; cosa avrebbe detto ora Arthur al mio posto? Senza accorgersene si ritrovò a parlare, ripetendo quelle che un tempo erano state le sue parole.
-Era un uomo che valeva la pena di seguire, anche solo per andare a bere una brocca di birra in una locanda. Sentirlo parlare in difesa dei deboli e rispondere a tono agli oppressori era stimolante tanto quanto risvegliarsi con una donna nel letto. Non temeva il confronto coi lord consiglieri di suo padre, ma quando doveva trattare con le donne era a volte imbarazzante o sfuggente. Era uno giusto, voleva sempre vivere seguendo le regole, ma aveva anche molte idee innovative per migliorare la vita di tutti, purtroppo però in quel mondo non era possibile attuare simili cambiamenti. – rimase stordito per essersi espresso a voce alta, così cercò di rimediare – Voleva trasformare il sistema corrotto della capitale, in qualcosa di meno nocivo, ma non gli è stato possibile: aveva il suo stesso padre contro, i suoi consiglieri marciavano per far in modo che il re gli levasse il titolo di principe ereditario e lo passasse a… a me. E per una serie di strane coincidenze che lo hanno colto alla sprovvista, alla fine si è ritrovato ad infrangere praticamente tutte le sue sciocche convinzioni e le leggi che aveva sempre ritenuto di vitale importanza. – sperò che il discorso fosse chiuso, che Benjen trovasse un modo per cambiare argomento. Aveva commesso errori di valutazione che aveva poi pagato caro. Tutti loro avevano pagato caro quella sua mancanza. Era stato uno stupido, aveva troppi sbagli. Fin da ragazzino era stato consapevole di dover fare grandi cose. Si era convinto di questo, invece era stato un completo fallimento in tutto. Alzò lo sguardo e vide due grandi occhi grigio scuro fissarlo con aria innocente e incuriosita. Jon pareva capire la sua sofferenza interna. Avvertì un caldo sentimento confortante nel petto. Forse non tutto è stato un fallimento. Tu sicuramente sei la cosa più meravigliosa che tua madre mi abbia mai donato. Stava per fargli una carezza sulla guancia, ma poi ci ripensò e si portò quella mano che aveva alzato, sulla propria nuca, fingendo di spostare una ciocca che lo infastidiva.
-E voi? Credevate nelle sue idee? – di nuovo non seppe che rispondergli, ora nemmeno pensare con la testa di Arthur lo avrebbe aiutato, perché sì, Arthur credeva fermamente in lui e in tutto ciò che faceva. Era suo amico, la sua spalla. Suo fratello.
-Speravo che riuscisse a salvare anche di poco la situazione – ammise tetro – Ma mi sbagliavo. – corrucciò la fronte. Ne seguì un lungo silenzio. Solo lo strepitio del fuoco che faceva schioccare la legna giungeva alle loro orecchie scandendo il tempo che passava. Ogni altro chiacchiericcio all’interno di quel grande salone, pareva qualcosa di lontano e distante da loro.
-Temo di essere proprio uguale a lui allora. – Jon si concedette quell’affermazione con lo stesso tono pietoso che aveva usato anche lui. Viserys lo guardò basito.
-Perché dite questo? –
-Perché sto portando tutte queste persone alla morte. Andremo contro dei nemici che non sappiamo nemmeno come sconfiggere. Abbiamo blande informazioni, poche armi efficaci e uomini che sono abituati a combattere contro altri uomini, ma non contro demoni che utilizzano la magia. Fallirò, me lo sento… sto andando per tentativi… - aprì i palmi delle mani rassegnato e appoggiò il mento sulle ginocchia, chiudendosi come un riccio. Viserys osservò quel suo atteggiamento, tenero e sconsolato, e rifletté sull’ultima frase che aveva appena pronunciato. Ironicamente l’aveva usata anche lui, in un momento del tutto diverso e in compagnia proprio di Lyanna. Era la prima notte che avevano passato assieme, in quelle che erano state le sue stanze private a Harrenhal.
Abbassò il capo e sorrise prima di rivelargli quella che era stata la sua meravigliosa risposta.
-Un tempo anch’io affermai una frase molto simile, ed una persona importante sapete cosa mi rispose? – Jon lo osservò incuriosito, scuotendo appena il capo con le labbra leggermente aperte – Mi disse: “ti assicuro, stai andando benissimo”. – Jon increspò le labbra e fece un’espressione vaga, puntando gli occhi in un punto preciso all’altezza della sua spalla. Viserys in un primo momento non ci fece molto caso.
-Probabilmente voi non stavate nella mia stessa situazione. –
-Non è il contesto a dover essere uguale, bensì un concetto ben più importante. Anche quando credete di non farcela, provate sempre a guardare con un’altra prospettiva. Come venite visto agli occhi degli altri? Chi volete proteggere? Quale scopo hanno i vostri sforzi? Fintanto che avrete gente che crederà in voi, che vi sosterrà e vi incentiverà a mettercela tutta, non potrete mai fallire. Quando avrete dei tentennamenti, chiedete il loro parere. È normale vacillare di tanto in tanto, la vostra prospettiva si può discostare dalla retta via, ma vi basterà una sola parola, pronunciata dalla persona giusta, per capire che sbagliavate a perdere fiducia in voi stesso. Tutto comincerà a sembrarvi più facile, se smetterete di sentirvi solo. E qualcuno che vi sostiene e che vi incoraggia, ci sarà sempre. –
-Intendete mia madre? – chiese tornando a fissare quello stesso punto di prima. Questa volta Viserys decise di soddisfare la sua curiosità e abbassò il capo per controllare. Gli occhi di Jon erano fissi sulla spilla col drago tricefalo in argento sulla propria spalla.
-Intendo lei, intendo i tuoi cugini, intendo i tuoi amici, intendo tuo zio…– affermò alzando lo sguardo sul ranger che fingeva non curanza e si era messo entrambe le mani dietro la nuca, dondolando annoiato avanti e indietro. Si bloccò improvvisamente e li fissò inerme.
-Oh, non vorrei intromettermi, rovinando i vostri bei discorsi. – Viserys fece una smorfia con la bocca per rimproverarlo, mentre Jon non lo vedeva.
-Non rovini niente, sei mio zio. – rise Jon – E sei l’unico che non mi ha mentito su quella che è sempre stata la nostra parentela. – serrò le labbra in un sorriso tirato.
-Vero… E a tal proposito… - cercò di dire, ma Viserys si irrigidì e serrò le labbra pronto ad intervenire – Anche lui è tuo zio. – disse indicandolo – E a quanto mi sembra di capire è uno zio anche più saggio di me. – quando il capo di Jon si voltò interamente verso il Targaryen, Benjen fece una linguaccia nella sua direzione. Viserys decise di non rispondere a quella provocazione.
-Voi però siete più anziano, dovreste avere più esperienza di me. – rimarcò con ostinazione.
-Uhm… si può dire anche così, anche se da quel che ho capito avete perso parecchi anni nell’aldilà e questo vi ha svantaggiato. – si alzò improvvisamente – Entrambi a dire il vero avete avuto la medesima sorte, tornando poi alla vita… quanto a me, mi è stata impedito sia il privilegio di crepare che quello di vivere come prima. Quello che sono ora, è qualcosa di molto più simile a ciò che dobbiamo annientare. Jon, ti auguro una buona serata e ti lascio in buona compagnia, la mia ronda è cominciata. Principe Viserys abbiate cura di vostro… nipote. – enfatizzò quelle due ultime parole e li lasciò soli.
 
 
 
 
 
-Cosa dovrebbe diventare questa… cosa? – chiese turbata Dany, cercando di punzecchiare con un dito la pagnotta appena creata.
-Una torta soffice e saporita che preparava mia madre. – Lyanna le arrivò da dietro, sollevandole meglio le maniche e posando le mani su quelle della regina. Dany sussultò presa contropiede. No provò disagio, quello non più, solo le sembrava strano che la Stark avesse abbassato così presto le difese con lei. Avvertì le sue mani, erano fredde, molto fredde, ma anche più forti. Non certo come quelle di un uomo, ma la pressione che metteva nei movimenti era decisa e risoluta. Aveva dei calli sui polpastrelli e sul palmo, negli stessi punti dove anche Ser Jorah o suo fratello Rhaegar li avevano, chiaro segnale che imbracciava spade e tendeva le redini dei cavalli. Non indugiava e non sembrava neanche lontanamente interessata a mostrarsi servizievole nei suoi confronti. Le stava mostrando solamente come muovere le mani su quell’impasto, senza denigrarla o rimproverarla. Poco prima era successo un pasticcio, a Dany erano cadute delle scorze di guscio d’uovo proprio nell’impasto. Lyanna era intervenuta, senza dire una parola, raccogliendo i pezzettini con parsimonia.
-Credevo che con le uova ci sapeste fare. – le sorrise con ironia.
-Le uova di drago sono tutta un’altra faccenda. – spiegò – Vanno maneggiate con cura e con amore… -
-Se queste sono le premesse allora penso che potreste diventare una cuoca meravigliosa… – sembrò su punto di aggiungere dell’altro, ma improvvisamente si interruppe, tornando ad abbassare il capo, tanto che alcuni ciuffi di capelli le nascosero il volto. Quell’atteggiamento le ricordò in qualche modo Jon, quando si chiudeva a guscio per non lasciar trasparire altro della sua anima più profonda. In quegli ultimi tempi si stava allontanando sempre più da lei. A volte si domandava se davvero tra loro ci fosse stato qualcosa o se si fosse trattato solo di un sogno. C’erano istanti in cui le era più facile ricordare le notti con Aegon, piuttosto di quelle con Jon…
-Dubito fortemente di essere in grado di preparare qualcosa di commestibile. – le sfuggì sovrappensiero. Che stai dicendo, Dany? Sei una regina, e le regine non devono badare a simili faccende.
-Mia madre diceva sempre che gli ingredienti di un piatto sono come i cavalli: bisogna saperli domare. Voi domate i draghi, per cui penso che siate più che adatta. – la incoraggiò la Stark senza batter ciglio. In quel momento i suoi occhi tornarono a brillare come stelle nel cielo invernale. Quella donna sapeva mostrare una tenacia ed una sicurezza che riusciva ad incantare. Ora cominciava a capire cosa Rhaegar ci avesse visto, e si domandò per quale motivo avesse scelto al suo fianco una donna così difficile quando poteva avere qualsiasi altra molto più mansueta. Una vocina dentro di lei protestò. Ti poni domande a cui sai già le risposte. Daenerys ricordò come fosse ieri il desiderio e l’ardore che Daario le faceva provare, a confronto di Hizdaar e del tedio che le faceva provare. Per mio fratello non dev’essere stato diverso. Ora cominciò a comprendere per quale motivo tutte le serve che lei gli mandava nelle sue stanze restavano il tempo di una notte, alcune solo appena qualche ora. Le formiche non fanno altro che annoiare un drago. Provò enorme rimorso per aver aggravato la tenebra nel cuore di Rhaegar, senza mai comprendere di cosa davvero avesse bisogno.
-Probabilmente vi sarete chiesta per quale ragione abbia così insistito di impegnare il mio tempo e quello dei miei famigliari quest’oggi in un’attività tanto sciocca… - cominciò a dire, distogliendola dai suoi pensieri – E ammetto che con tutto ciò che stiamo vivendo questo sia utile quanto un perdigiorno con in mano la miglior spada di Valyria… Però volevo un momento da condividere con la mia famiglia, esattamente come avveniva nella mia infanzia. Mia madre mi ha insegnato che non c’è cosa più appagante di vedere qualcuno che si ama, mangiare un piatto cucinato con le proprie mani. Se si cucina con amore, questo si riflette nel sapore di quel piatto. – quest’idea le piacque molto, sebbene fosse lontana dalle sue abitudini, prese a considerare che avrebbe voluto però provare il compiacimento di cui lei tanto parlava.
-Avete mai cucinato per mio fratello? – domandò incuriosita Dany.
-A volte mi è capitato, perlopiù mi cimentavo in qualcosa di molto banale, come arrostire della selvaggina appena catturata, ma c’era chi era più bravo di me. – cominciò a raccontare la Stark fermando ciò che stava facendo, per tornare indietro con la mente a quei giorni lontani – Ma quando tentavo di sorprenderlo, con qualcosa di più ricercato, fallendo miseramente, Rhaegar non… -
-In verità non parlavo di lui. – la interruppe subito la regina dei draghi. Lyanna voltò lo sguardo su di lei aggrottando le sopracciglia e capendo chi era l’altro fratello a cui lei si era riferendo. Parlare di Rhaegar o di quel Viserys per lei non faceva alcuna differenza, per la ragazza lupo invece sembrava esserci una netta differenza e questo in un primo momento l’aveva enormemente messa a disagio. Non poteva credere che la donna per cui suo fratello aveva combattuto a discapito della propria vita, portando alla distruzione la loro casata era una donna che nemmeno riusciva a guardare oltre una maschera e riconoscere il principe che tanto aveva amato. Dany si era convinta, tramite deduzioni del tutto infondate, che quella donna avesse ammaliato suo fratello con subdole tecniche di seduzione, rendendolo cieco e debole, privandolo del suo orgoglio. Era riuscita ad addomesticare un drago. Dapprima l’aveva vista come un qualcosa di estremamente pericoloso, ma ora… non le sembrava più così. Lyanna Stark era follemente innamorata di Rhaegar, tanto da continuare ad amare il suo fantasma, tenendo lontano quel falso Viserys. Non vedeva in lui lo stesso uomo con cui aveva condiviso un letto. E questa era la prova inconfutabile per rispondere alla domanda che si era posta da qualche tempo: in quella nuova vita suo fratello era cambiato. Pareva come se avesse lasciato indietro una parte di sé stesso, come se un pezzo della sua anima non fosse tornato con lui. Daenerys non poteva averne certezza, ma Ser Barristan era stato il primo ad accorgersene e a farglielo notare. E proprio lì di fronte a lei c’era la testimonianza tangibile che i sospetti del suo Lord Comandante erano fondati. Se Lyanna, che ha amato mio fratello, non riesce a riconoscerlo in Viserys, allora è davvero cambiato. Questo pensiero la tormentava giorno e notte, e la faceva sentire sola. Ecco perché voleva a tutti i costi riuscire ad accorciare quella distanza che sentiva allontanarli sempre di più – Avete viaggiato con Viserys, avete condiviso pasti improvvisati per strada e so che avete anche dormito nelle sue stanze… Mi chiedevo se aveste mai cucinato qualcosa per lui? –
-No. – sentenziò rabbuiandosi – Tra di noi non… -
-Non voglio insinuare nulla. – alzò le mani facendole capire che non la stava criticando – È solo che… È il mio unico famigliare rimasto… Voi prima avete detto che cucinare per le persone che si ama fa sentire meglio… volevo cucinare qualcosa per lui. Tutto qui. –
Gli occhi della Stark presero ad esaminarla attentamente.
-Voi lo amate? – gli domandò assottigliando lo sguardo perplessa – Intendo che forse i sentimenti che provate per lui vanno al di là del semplice legame tra fratello e sorella. –
-Da quando è tornato in vita, ne sono… attratta fisicamente, questo non posso negarlo. Sono sua sorella e mi ritengo fortunata di appartenere ad un casato dove i matrimoni tra consanguinei non erano visti con dissenso… –
-Da quando è tornato in vita? – ripeté la donna del nord cercando di comprendere meglio le sue parole – Volete dire che prima non era così? –
-Beh, no. – ebbe un brivido nelle spalle – Non so dirvi la ragione, ma da quando ne ho memoria, sono sempre vissuta nella convinzione che un giorno sarei dovuta divenire sua sposa. Viserys era l’unico mio parente rimasto. I nostri genitori erano fratelli e lo erano pure i miei nonni… Siamo l’eredità della nostra stirpe, lui me lo ripeteva sempre siamo quel che resta del vero sangue di Valyria… - cercò di spiegare, ma era meglio per lei cambiare argomento prima che quel discorso prendesse una piega pericolosa – Ma poi mi ha venduta ad un Khal dothraky e da quel momento ho capito che per lui non era davvero necessaria la conservazione del nostro sangue puro. A lui interessava solo formare un esercito e riconquistare ciò che era nostro. Non ve lo nascondo; sono giaciuta con uomini per dovere coniugale, con altri per soddisfare la passione carnale. Alcuni li ho amati, altri li ho solo desiderati, altri… nemmeno quello. Ma gli Dèi, di qualunque culto facciano parte, mi hanno punita privandomi della facoltà di darmi degli eredi. Ho perso un figlio, dopodiché il mio grembo non è più stato fertile. Mi ero rassegnata all’idea di essere ormai l’ultima rimasta, ma raggiunta Dorne, mi è stata data la possibilità di far tornare qualcuno col quale condivido il mio sangue. –
-Vi è stata data la possibilità? – chiese interessata – Da chi? –
-La strega rossa, lady Melisandre. – spiegò la regina con calma – La stessa donna che ha fatto tornare in vita anche di vostro figlio. – gli occhi della Stark si ingrandirono perplessi, come se stesse cercando di comprendere un nesso tra la resurrezione di Jon e quella di Viserys. Ma ai suoi occhi non poteva esserci nulla che li legasse, al contrario della verità che Daenerys conosceva. Padre e figlio erano stati riportati indietro dalla stessa donna. Ora che ci rifletteva, quella faccenda cominciava a diventare davvero inquietante. Che piani aveva quella donna? Il suo dio cosa voleva da Rhaegar e da Jon?
-Tra tutti i possibili candidati, ho scelto lui. – enunciò – E ora che è tornato, involontariamente anche i miei pensieri sulla conservazione del nostro sangue hanno ripreso fastidiosamente a farsi vivi. – sostenne lo sguardo della Stark senza paura, provando ad intuire quale sarebbe stata la sua reazione.
-Se è questo ciò che davvero desiderate… - affermò distogliendo lo sguardo disinteressata. Quasi delusa e rammaricata. Dany credette di averci visto giusto.
-Qualcosa di ciò che ho appena detto vi rende inquieta, lady Stark? –
-Oh, no. Siete libera di fare quel che meglio credete giusto per voi e la vostra stirpe. Nessuno vi negherà la possibilità di unirvi in matrimonio se è l’amore che vi unisce… ma ricordate che il vostro popolo ha da poco vissuto gli esiti peggiori proprio a causa di un incesto. –
-Io non sono come Cersei. –
-No. A quel che vedo non lo siete. Mio figlio ha stima in voi e… beh, probabilmente sarò la persona meno indicata per dirvelo, ma per quanto so quanto sia indispensabile continuare una stirpe e la premura di dare al regno un erede, dovete agire con cautela. I bisogni del popolo devono essere messi in primo piano e una festa sfarzosa a corte non verrebbe ben vista dal popolino che ha patito la fame fino all’altro giorno. Siate meglio degli ultimi re che hanno governato. Da quel che mi è stato riferito Joffrey è stato ritenuto un re ben peggiore di vostro padre. Alcuni addirittura ritenevano il Re Folle migliore di Robert. –
-E Cersei s’è dimostrata una tiranna disinteressata al benessere del suo popolo che bramava unicamente il potere. – Dany sospirò – Secondo voi qual è il modo migliore per farmi conoscere dal popolo? –
-Questo. – la Stark la indicò con un dito. Dany la guardò con sospetto senza capire. Così la donna di fronte a lei si avvicinò mostrandole lentamente ciò che stava annunciando.
-Un ciuffo di capelli in disordine. Una manica dell’abito sporca. Una guancia imbrattata di farina e la punta del naso imbiancata. – Dany avvampò vergognandosi per lo stato in cui si ritrovava.
-Dovrei forse scusarmi per l’aspetto che ho in questo momento. – fece per lasciare la sua postazione, ma venne fermata dalla Stark che la prese per un polso.
-Assolutamente no, non dovete né scusarvi, né tanto meno vergognarvene. Mostrate al popolo chi siete davvero. Scendete tra di loro, imparate a conoscerli, capite le loro esigenze e cercate per quanto vi sia possibile di rendere la loro vita migliore. Ovviamente non potrete soddisfare tutti, ma se otterrete la maggior parte dei loro sorrisi, avrete già ottenuto molto più di quello che vostro padre abbia mai avuto. Più di quanto anche Robert abbia mai davvero avuto. – la vide rabbuiarsi, ma tentò di simulare quella sua tristezza con un sorriso che gli dovette costare molto.
-Perché non provate risentimento nei miei confronti? – le chiese all’improvviso. La sentì abbandonare le sue mani e si sentì una stupida per averle fatto quella domanda – Non mi sono mai mostrata dalla vostra parte, vi ho fronteggiato per più della metà del tempo e quando non l’ho fatto è perché vi evitavo. Ora però voi mi state incoraggiando… – Lyanna concentrò la sua attenzione su un piccolo dettaglio del legno – Invece dovreste odiarmi. Perché non è così? –
-Serbo rabbia solo per coloro che hanno ucciso i membri della mia famiglia. I Lannister, i Greyjoy, i Bolton… e i Baratheon, Robert soprattutto. Ma a quanto pare i miei Dèi hanno già dato loro la giusta punizione. – disse con espressione fiera.
-Nella vostra lista avete scordato di mettere i Targaryen. Ciò che mio padre ha fatto… – Dany non riuscì a proseguire, pentita di quanto le aveva detto nemmeno qualche ora prima.
Lyanna Stark la guardò con un triste, ma dolce sguardo.
-Ditemi, posso mai odiare il vostro casato, quando l’uomo che amavo ne faceva parte e mio figlio condivide metà del vostro stesso sangue? –

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Capitolo 66
*** Fiocchi di neve e zucchero filato ***


Il principe trattenne il fiato, dannando suo cognato all’inverosimile, dannando pure sé stesso per aver pensato di farselo complice in quel momento, ma non appena Jon rispostò lo sguardo su di lui non seppe più che pensare.
-Mi dispiace per il comportamento sconsiderato che ho tenuto con voi questa mattina. – ammise dolente il giovane, abbassando gli occhi su un punto ben preciso del suo farsetto – Solo... – distese le gambe di fronte a sé e mise le braccia dietro la schiena appoggiando i palmi a terra – Credevo che standole accanto stanotte, non avrebbe avuto quei dannati incubi. E soprattutto speravo di non vederle versare lacrime anche oggi. – sospirò Jon angustiato, distogliendo infine lo sguardo dal suo petto. Viserys emise un rantolo col naso, comprendendo il suo stato d’animo.
-Non hai nulla di cui scusarti. – gli disse con tono affettuoso – Avevo compreso. – si rilassò pure lui, allungando le braccia di fronte a sé e stiracchiandosi – Siamo stati strappati alla vita d’improvviso, e poi siamo tornati. Ma credo che ti sia accorto che qualcosa è rimasto indietro. E lo stesso vale per me, così come per tua madre. Quando ti lasci troppo alle spalle, risulta poi difficile tenere lo sguardo in avanti. – fissò le fiamme.
-Già. – Jon si fece pensieroso, ma attese qualche istante prima di parlare – Se l’uomo che mia madre ha amato, avesse assomigliato a voi, anche solo di poco, sarei stato felice. – Jon gli fece un sorriso fugace, i suoi occhi si riposarono sulla parte alta del suo torace, forse più in direzione della spalla questa volta, ma quando scoprì di essere guardato, abbassò lo sguardo timoroso.
-Che idee vi siete fatto di m… mio fratello? – gli chiese il principe con tono serio.
-Vaghe. Le nozioni che ho su di lui sono troppo discordanti tra loro. – disse sincero – Se ascolto voi, vostra sorella o mia madre, quell’uomo mi appare come il più grande uomo mai esistito… Ma i fatti e le azioni sono quelle parlano, almeno qui al Nord. E le sue gesta non sono così onorevoli. –
Viserys decise di non rispondere. Contemplò suo figlio, la sua espressione triste e afflitta, non riuscendo a nascondere il dolore che gli aveva procurato quella frase. Ancora una volta gli occhi del ragazzo si erano posati sul suo vestiario come fossero interessati ad un particolare. Spostò la sua attenzione verso il basso e capì cosa stesse continuando a fissare. Una delle due spille che portava alla spalla sinistra. L’unica in quel momento visibile, dato che l’altra era coperta dalla chioma argentata. Con una delle mani afferrò lo spillone e lo slacciò. Il mantello gli ricadde scomposto verso il lato destro della schiena, andando a posarsi adagio sul pavimento di fredda pietra d’artemisia, trattenuto solamente dall’altra spilla. Si rigirò quel monile tra le mani, scrutandolo soprappensiero per un lungo momento mentre il silenzio si insidiava tra loro. L’oro bianco del gioiello brillava alle danze delle fiamme del camino, creando dei giochi di luce sul muro accanto.
-Mi è sembrato di notare che questa abbia attirato il vostro interesse, o sbaglio? – gli domandò e lo guardò con convinzione, allungando un braccio per porgergliela. Jon parve non sapere bene come reagire e indietreggiò con la schiena.
-Non è come pensate… – rispose, nella voce ansia – Io non… - stava per dire, ma il principe lo interruppe.
-Tenetela voi. Io ne ho un’altra – Viserys mosse la testa in modo da indicare la seconda spilla col mento. Il ragazzo tornò a squadrarlo imbambolato, scuotendo il capo incredulo.
-No, è vostra… altrimenti come farete col vostro mantello… - allungò le mani mostrandogli il palmo e respingendo così il dono. Era palesemente disarmato, come se gli avesse donato un oggetto di fattura antica e leggendaria. Jon, non è mica una spada di Valyria, anche se te la donerei molto volentieri.
-Non preoccupatevi di questo. Lo sistemerò su un lato. Un tempo lo portavo sempre così. – gli sorrise placidamente – Su, avanti. Prendetela. A conti fatti appartiene a me quanto a voi. –
-Ma rispetto a voi, io non sono un drago completo. – si rabbuiò, ma afferrò la spilla titubante. Viserys sentì il tocco leggero dei suoi polpastrelli induriti dall’impugnatura della spada, solleticargli il palmo della mano e poi lo guardò, mentre fissava quell’oggetto, delineando ogni sua forma con i pollici. Partì dalla coda, per poi passare al corpo, fino a toccare tutte e tre le teste, soffermandosi poi sull’ultima in alto.
-Lo siete invece. – confermò il principe – Appartenete alla dinastia del drago. Avete abbracciato lo stemma dei bastardi Stark quando pensavate che fosse solo quello il vostro casato di appartenenza, ma ora che conoscete la verità, potreste decidere di cambiarlo. –
-Il Nord non sarà felice di farsi comandare da un re che ha come simbolo il drago. – dichiarò senza mai alzare gli occhi da quella spilla – Il drago a tre teste incute timore da sempre. –
-Era uno degli intenti di Aegon e delle sue sorelle. Ma secondo la mia modica opinione ha scelto di mettergli tre teste proprio per sottolineare che ci sono tre teste, appartenenti a tre persone diverse a detenere il potere. –
-Tre teste… Quando voi eravate in missione con mia madre, Daenerys mi ha parlato delle tre teste del drago. – disse sovrappensiero – Credete che possa essere una delle tre teste del drago? – Viserys serrò le labbra e questo permise a Jon di continuare il suo discorso – Vostra sorella ha scoperto quella profezia tramite una sorta di sogno dove ha visto vostro fratello maggiore affermare una cosa simile. Le è rimasto impresso nella mente, dapprima forse sperando che da qualche parte vi fosse qualcun altro con cui condividere lo stesso sangue ma a lungo andare ha perso ogni speranza. Poi voi siete tornato, e così si è riaccesa quella speranza. Due delle teste di drago erano presenti, ma fintanto che non siete giunti qui non sapevate che c’ero anch’io. L’ultimo erede in vita di Rhaegar Targaryen. Lei è convinta che non sia un caso che siamo rimasti proprio in tre. – Viserys annuì, ma continuò ad osservare le fiamme ragionando bene su quale risposta suo figlio voleva sentirsi dire – Io gli ho fatto notare che sebbene voi siate di sangue puro e degni eredi di questo titolo, io invece non ho affatto questa prerogativa. – alzò il capo concentrandosi sulla trave orizzontale del camino – Alla fine non sarò un bastardo del nord, ma sono comunque nato bastardo… -
-Non è… - Viserys stava per tradirsi, ma riuscì a stento a trattenersi cambiando leggermente discorso - …obbligatorio essere Targaryen per poter cavalcare un drago. Nelle ere ci sono stati anche altri cavalieri di drago. Alcuni che avevano una blanda relazione con la nostra casata, altri non sembra avessero nemmeno sangue del drago nelle vene, anche se io comunque ho forti dubbi al riguardo. – puntando gli occhi poi su Daenerys per un istante – E poi c’erano gli illegittimi. I semi di drago… – all’improvviso decise che era ora di prendere il toro per le corna e vedere che succedeva – Ma ora basta perderci in chiacchiere, credo sia arrivato il momento per constatare quanta determinazione ci sia in voi. – disse alzandosi in piedi e porgendogli una mano – Venite con me. –
-Dove? –
-Per sentirvi più drago, quale miglior posto se non in sella? –
-Intendete di un drago? – Jon sgranò gli occhi incredulo – Dany… ehm, volevo dire la Regina Daenerys ha detto che oggi non è possibile. – Viserys sorrise per l’incertezza delle sue parole, rendendo così veri i suoi sospetti.
-Dany… – ripetè volutamente, sorridendogli complice – Con lei me la vedrò io. – e la indicò con un pollice alzato – Se dovesse arrabbiarsi, vi prometto che mi assumerò personalmente tutte le colpe. – si mise una mano sul cuore. Poi si avvicinò al suo orecchio – E per la cronaca: non penso si possa mai arrabbiare davvero con voi, mio re. Salvo che non gli offrirete un motivo valido, sono certo che attenuerà ogni diverbio per la stima che pone in voi. – si fermò solo un istante, poi continuò – Però vi sconsiglio caldamente di darle ogni eventuale motivo di arrabbiarsi. Un drago quando perde il controllo è molto pericoloso. – Jon lo osservò con serietà, ma Viserys non aggiunse altro, lasciandolo porgersi nella mente un’infinità di quesiti che trasparivano dalle pieghe della sua fronte. Prendendolo per le spalle lo spinse fuori dalla fortezza, continuando a sorridergli ogni volta che provava ad opporsi.
 
 
 
 
 
Entrambe in trepidante attesa, si erano sedute a terra proprio di fronte all’apertura semicircolare del forno per osservare la torta lievitare e indorarsi. Dopo poco più di un’ora passata a chiacchierare come fossero amiche da sempre, Lyanna si era avvolta un canovaccio su una mano usandolo come guanto per estrarre la teglia dal fuoco. Il calore del forno però la colse impreparata, bruciacchiandole il polso e per poco non fece cadere la torta. Dany intervenne prontamente nel tentativo di aiutarla.
-No, mia regina! Vi bruceret… – cercò di scoraggiarla, ma la regina dei draghi afferrò al volo il vassoio a mani nude senza mostrare alcun patimento sotto gli occhi stupiti della Stark. Sorridendole garbata, la Targaryen decretò.
-Salvato all’ultimo. – mostrò appena la punta della lingua con fare vispo e spiritoso, che le fece avere un’espressione dolcissima. Lyanna rimase stupita e si risedette sui talloni, emettendo un sospiro di sollievo e frustrazione assieme.
-Già… dimenticavo il sangue di drago. Vi dispensa dal forte calore. – arricciò le labbra.
-A volte può tornare utile questa peculiarità. – la giovane regina ricambiò la sua espressione con un moto di impensata allegria, poi chiuse gli occhi e annusò la torta. L’odore che si era diffuso nella piccola stanza sembrava buono ed invitante. Si sentiva il gusto del miele e del burro, mischiato anche all’aroma di cannella e mele. Daenerys guardava fiera il dolce che aveva ancora tra le mani e si avvicinò ad essa col naso per riempirsene le narici. Lyanna rimase ad ammirarla nella sua pura bellezza. Una visione simile aveva avuto la fortuna di viverla in un altro tempo, un tempo dove le notti erano sempre illuminate dalla soffice e romantica luce di numerose candele e stelle, ed il buio non faceva paura. Era ricapitato. Ancora una volta a contatto con un membro della famiglia reale, lei si trovava a suo agio. Non tutti sono mostri… Daenerys aveva tanto della regina Rhaella, ma anche tanto di Rhaegar, e seppur le avesse fatto piacere ritrovare in lei simili affinità, non poteva che sentirne anche un’amara malinconia nel cuore. Parlare con lei per quel breve tempo era stato memorabile; non avrebbe mai pensato che bastasse così poco perché quella ragazza si aprisse. Aveva tanta necessità d’affetto, e tanto bisogno d’amore, ma non come era successo per Rhaegar, che ne era stato privato pur avendo entrambi i genitori vivi e presenti, seppur distanti nelle dimostrazioni d’affetto, per sua sorella era l’esatto contrario. Lei non aveva avuto nulla di tutto ciò, ma chiaramente era ciò che più desiderava e probabilmente era questo che l’aveva anche resa così dispotica, scostante e insopportabile nei confronti di tutti loro. Lyanna si rese conto solo in quel momento che per lei non doveva essere stato facile accettare quelli che un tempo erano stati nemici giurati della sua casata, nella realtà erano affettuosi gli uni con gli altri proprio come una vera famiglia unita e disposti ad accogliere ogni persona varcasse i loro confini.
-Per tutta la mia vita ho pensato che gli Stark fossero solo i cani dell’Usurpatore, mai avrei pensato che il branco potesse essere invece così leale e fedele tra i suoi propri membri. – le aveva detto pochi istanti prima – Voi vi prendete cura di tutti, indipendentemente se sono vostri nemici o vostri alleati. – Lyanna aveva girato il vassoio aiutandosi con un bastone e un mestolo e provando a darle una risposta sodisfacente.
-Proviamo a fare tutto ciò che è in nostro potere, ma non sempre questo basta. A volte, se il capo alfa ha mire troppo alte, ci possiamo anche trovare a dissentire le sue scelte. E in quel caso restiamo soli. –
-Con vostro figlio però al potere, chi lo farà sarà un pazzo. – le aveva risposto infine.
Aveva una grande stima in Jon, e Lyanna aveva cominciato a pensare che forse in lei davvero si era spenta ogni fiamma contraria. Non pareva più volerlo ostacolare, né avversare in alcun modo. Per un attimo pensò che dovesse essere partito tutto da quando Jon aveva cominciato gli allenamenti coi draghi, ma qualcosa le fece ricordare che già dal ritorno alla sua ultima missione la regina e suo figlio parevano aver raggiunto un’inaspettata sintonia tanto salda quanto sospetta, ma nulla le dava il sentore di credere che sotto ci fosse per forza del marcio.
I suoi occhi si soffermarono ad apprezzare la sua perfetta ed elaborata pettinatura che aveva: una serie intrica di treccioline che andavano e venivano da un laccio all’altro, creando meravigliose opere d’arte. Abbassò lo sguardo sui propri capelli, una ciocca le scese sul volto e la prese con due dita, constatandone la trascuratezza. Quando era Rhaegar a prendersi cura dei miei capelli, non c’era un giorno che fossero fuori posto… rifletté sconsolata Mi avrebbe rimproverata severamente, se avesse visto come sono rovinati adesso… lo scoraggiamento le penetrò nell’animo, portandola a deprimersi ulteriormente Mi avrebbe rimproverata per tutto.
-Se vi piace così tanto l’intreccio, posso chiedere a mio fratello di farvelo uguale. – come se le avesse letto nella mente, Daenerys si era rivolta a lei con cortesia e dolcezza – Sarebbe per lui una piacevole novità, doversi destreggiare con una chioma di un colore completamente differente, e visto quanto indisciplinati appaiono i vostri capelli, sono certa che accetterebbe la sfida senza problemi. –
-Siete gentile, vostra grazia, ma declino l’offerta. – ringraziò la donna lupo con un sorriso triste – Negli ultimi tempi è stata Sansa ad occuparsi del mio aspetto. – affermò sovrappensiero – Se, e quando, glielo permetto, ovvio. Non amo che mi si obblighi a simili inerzie, e lei tende a rammentarmi fin troppo spesso che per il ruolo che copro, dovrei avere più riguardo per il mio aspetto. So che ha ragione, ma non ne vedo l’utilità vista la situazione precaria in cui siamo. – ansimò affranta e poi mostrò un’aria dispiaciuta – Vi prego non abbiatene a male. Solo non vorrei darle un dispiacere… e poi, sono un pessimo soggetto per simili facezie. Devono legarmi per costringermi a star ferma per ore e ore, e quando nessuno mi vede allento gli intrecci che maggiormente sento tirare… e ovviamente alla fine si scioglie tutto. Io amo sentirmi libera, libera in ogni parte di me. Non sopporto avere catene o impedimenti di alcun genere. –
-Ecco perché vi vedo sempre coi capelli pressoché sciolti. – confermò la giovane regina – Ma ditemi, nemmeno mio fratello riusciva a convincermi? – Lyanna corrucciò la fronte a quella domanda indecisa su come risponderle – Rhaegar, intendo. Ovvio, no? –
-Oh, lui… beh, usava i suoi metodi. Ma era tra i pochi che mi convinceva ad acconciarli. –
-Ma anche lui preferiva quando li avevate sciolti, non è così? – le sorrise teneramente.
-Come fate a saperlo? – ebbe un sussulto nelle spalle.
-Uh… semplice deduzione. Credo. – ammiccò – Di solito gli uomini sono abbastanza prevedibili. –
-Non tutti. – ribadì lei mesta – Lui sapeva sempre sorprendermi. – evidentemente la regina notò quanto la sua voce si era contratta, perché sentì una mano sulla spalla e la vide avvicinarsi a lei ancora di più.
-Vediamo se anche noi riusciamo a sorprenderci! – alzò la torta per offrirle il primo assaggio, e lei stessa ne staccò un pezzo e se lo portò alla bocca. Lyanna accettò di buon grado quel gesto e la imitò. Quando sentì il gusto di quel boccone in bocca per poco non glielo sputò in faccia. Era disgustosamente agghiacciante e Daenerys cercava di nascondere un’espressione molto simile alla sua.
-È questo… il sapore che dovrebbe avere il dolce di vostra madre? – le chiese faticando a masticarlo. Oltre al gusto anche la composizione aveva uno strano effetto in bocca. Sembravano granelli di sabbia amalgamati a fango a tratti secco e a tratti melmoso. Tra essi poi vi erano anche piccoli agglomerati che sotto i denti esplodevano dando un sapore piccante e acido al contempo che impastavano la lingua in un’amarezza acidula che celava alterava completamente il gusto dolce del miele, del burro e della frutta candita.
-Benjen, che gli Estranei ti portino alla dannazione! – protestò Lyanna furente – Sono più che certa che abbia cambiato qualche barattolo quando non lo vedevo per farmi fare brutta figura. – commentò, sputando il globo sul canovaccio, per poi passarle anche a lei un fazzoletto pulito – Sputatelo anche voi. Non vorrei avervi sulla coscienza, né che vostro fratello pensi che abbia tentato alla vostra vita. –
-Oh credo di averci fatto il callo ormai. Hanno cercato di avvelenarmi almeno due volte a Essos e qui a Westeros… non ne ho idea a dir la verità. Mio fratello si è assicurato di mettermi una delle Serpi delle Sabbie a controllare i cibi che mi venivano portati. –
-Tyene, quella che mi ha avvelenata a Deepwood Motte, per poi curarmi. –
-Non vedetela come una persona meschina. Tyene ha solo che ubbidito agli ordini di mio fratello. – rispose la regina guardandola intensamente – Ma se avesse saputo le vostre doti culinarie credo che avrebbe rinunciato all’aiuto di Tyene. –
Lyanna si voltò ora a guardarla negli occhi per un lungo momento. Poi le sue labbra si curvarono in una specie di smorfia che sfociò in una risata liberatoria. Scoppiarono entrambe a ridere e sentendo quegli schiamazzi Benjen Stark fece capolino alla porta.
-È successo qualcosa di divertente e io non sono stato invitato? – rise beffardo, poi notando la regina, si diede un certo contegno.
-Niente che tu già non sappia. – decretò amareggiata Lyanna, prendendo la torta e buttandola direttamente nel fuoco.
-Un’altra delle tue saporite imprese, Lya? – la derise, lei gli rispose con una linguaccia.
-Tu non eri con Jon? – dichiarò offesa, battendo le mani per scacciare ogni residuo di torta dalle dita.
-Fino a poco fa, ho fatto da balia al tuo cucciolo, ma ora il principe Viserys se l’è portato fuori con sé. – disse incrociando le braccia dietro alla testa – Penso abbiano preso i draghi e stiano sorvolando i dintorni; qui fuori c’è solo quello grosso e nero. – Lyanna guardò Daenerys che ricambiò il suo volto allibito.
-Ci sono stati degli avvistamenti di cui non sono stata informata? –
-Nessuno. –
-Allora chi ha dato loro il permesso di prendere i draghi? – sbraitò la regina. Benjen la guardò con semplicità.
-Temo vostro fratello se lo sia preso senza tanto porsi il dilemma. – sorrise sornione – Dubito che Jon abbia avuto titolo in capitolo. –
-Quando tornano mi sentiranno entrambi. – affermò indignata. Lyanna non ebbe nulla da aggiungere, dopotutto quell’idea non piaceva nemmeno a lei, incrociò solamente le braccia mostrando il broncio.
-Lasciate che trascorra del tempo assieme a Jon, regina Daenerys. – Benjen si intromise con aria pacifica e appena un po’ seccata – Hanno bisogno di legare.  – enunciò.
-Da quel che avevo capito mio figlio ha legato già tanto col suo drago. – affermò Lyanna indignata, ma non appena pronunciò quella frase, ebbe il sentore di aver detto qualcosa di sbagliato. Stavano parlando del legame tra Jon e Rhaegal o di altro? Benjen per la prima volta da sempre, ignorò quel che lei aveva detto, rivolgendosi ancora a Daenerys.
-Con tutto il rispetto, sono maschi e si devono comportare da tali. Non stanno di certo facendo a gara per capire chi ce l’ha più lungo, ma non sono nemmeno tipi da frequentare bordelli quei due, per cui state tranquilla, torneranno: hanno un valido motivo per tornare. – solo in quel momento si voltò a guardare sua sorella. Lyanna si sentì confusa, cercando invece di dare un senso alla frase che aveva appena detto suo fratello.
 
 
 
 
 
Era ormai tardo pomeriggio quando atterrarono sulla distesa innevata a pochi passi dalla fortezza abbandonata. Ad attenderli c’era Dany: con le mani sui fianchi e un’aria infuriata. Batteva la punta di uno stivale a terra, allargando sempre più il solco sulla neve. Rhaegal, percependo forse la ritrosità della giovane regina, tentò all’ultimo di deviare lateralmente rifiutandosi di atterrare e restando in volo, batté un paio di volte le ali per risalire di quota. Jon percepì il suo stato d’animo disturbato e lo accarezzò al collo per calmarlo, ma capì in ritardo che in realtà era lui stesso a provare un certo disagio. Decise comunque di affrontare quello che gli spettava di petto, incoraggiando il suo drago a scendere di nuovo. Senza muovere le mani sulle briglie, comunicò a Rhaegal immagini ed emozioni rassicuranti affinché perdesse quell’insana voglia di cambiare traiettoria. Ci riuscì, con estrema facilità anche, e Viserys, accortosi di tutto, gli lanciò uno sguardo ammirato e orgoglioso.
-Impari in fretta, timpys zaldrīzes / drago bianco. – dopo aver detto quelle parole, il principe abbassò appena il capo in segno di rispetto. Jon gonfiò il petto fiero e gli mostrò uno dei suoi sorrisi più sinceri, felice anche del fatto di aver in qualche modo rotto ulteriormente il ghiaccio con Viserys che tendeva sempre a trattarlo con una referenzialità disumana che il più delle volte lo metteva a disagio. Durante il volo lo aveva supplicato di smettere di essere così ossequioso e di trattarlo come suo pari, seppur per i titoli suo zio gli fosse inferiore e l’etichetta volesse che per la prima volta il suo rango lo mettesse in una situazione di favorito vantaggio sopra a chiunque. Viserys coscienzioso e composto, aveva provato a ribattere.
-Non sono sicuro di potervi accordare questo vostro desiderio, seppur vedo che lo cerchiate ardentemente. – ed eccolo che ricomincia a parlare come un manoscritto! Fu la prima cosa che pensò, appena lo sentì aprir bocca – Fare uso di un tono così confidenziale con voi… comporterebbe anche avere un determinato legame che, probabilmente in un contesto differente, sarebbe tuttavia nato spontaneo, ma, per come si sono evoluti gli eventi, temo mi sia stato negato molto tempo fa… – lo aveva guardato intensamente, tanto che Jon si era quasi sentito scavare dentro dai fori di quella maschera statica e non era riuscito a ribattere nulla in quel frangente, dando così la possibilità al suo compagno di continuare – Siete un re, amato e rispettato. Io un semplice principe. Il vostro titolo vi rende superiore a me, sotto ogni aspetto. Questo, oltre alla grande stima che provo per voi, gioca palesemente a mio sfavore – aveva spostato una mano per indicargli di muoversi a destra seguendo una traiettoria obliqua. Lo vide tirare le redini di Viserion per sfruttare una corrente favorevole. Data la notevole distanza ora che si era creata tra i due, fu costretto ad alzare la voce di due o tre toni per farsi sentire da lui – Perdonatemi, dunque, ma non mi sarà possibile compiacere il vostro desiderio. – Jon aveva seguito il suo consiglio e si era portato nella direzione consigliata, restando per un attimo in silenzio, e sentendosi un imbecille. Parlare con lui a volte lo metteva in estrema agitazione e gli dava spesso quella sgradevole sensazione di sentirsi inferiore. Si morse un labbro e decise di infischiarsene. Poi incitò Rhaegal e lo affiancò di proposito.
-E se io invece vi costringessi, allora, cambiereste idea? – scherzò – Dopotutto l’avete detto voi; sono un re e posso ordinarvelo. – nella voce però fece attenzione a non metterci arroganza ma solo ironia e gentilezza. Viserys probabilmente se ne accorse perché sotto i bordi della maschera Jon vide le sue labbra incurvarsi in un sorriso.
-Non sarebbe più una cosa spontanea, piuttosto un asservimento al vostro potere. – stava al suo gioco, senza mostrare risentimento, né alcun tipo di offesa.
-Vero. Ma prima ve l’ho chiesto con gentilezza e voi vi siete rifiutato. – rise ancora per non mostrare che quelle sue parole fossero davvero una disposizione.
-E anche questa è vero. – acconsentì Viserys pensieroso.
-E questo vostro rifiuto può avermi rattristato. – aggiunse allora Jon coraggiosamente – Quindi ho pensato… Se al contrario ve lo ordinassi, voi sareste costretto ad obbedire, e alla fine otterrei ciò che volevo. –
-E questo vi renderebbe felice? –
-Mhm… Felice magari è una parola grossa, ma mi consentirà di dimenticarmi del vostro precedente rifiuto e del mio successivo ordine, così sembrerà che voi abbiate accettato per vostro volere. – Viserys ci pensò un po’ su.
-Somiglia tanto ad un raggiro… - storse la bocca in un sorriso quasi liberatorio – E sembra che alla fine io sia vincolato a cedere in ogni caso. – si arrese – Un’abitudine a cui dovrei anche essere assuefatto con la famiglia dei lupi… - asserì enigmatico. Jon aggrottò le sopracciglia confuso, ma ciò che gli chiese dopo lo destò da quei pensieri – Ma permettimi di patteggiare alla pari. Così come mi costringete ad usare il tono formale con voi, voi dovrete fare altrettanto. –
-E sia. – si voltò Jon sorridendogli. Viserys però sembrò ancora titubante.
-Allora avrete da me ciò che desiderate. Ma posso sodisfare la vostra richiesta solamente in privato. Non credo sia corretto omettere il titolo di sovrano di fronte ai vostri sudditi. – suggerì ancora.
-Con vostra sorella però lo fate! – s’impuntò il ragazzo.
-Non sempre, in certe circostanze mi sono attenuto a rispettare l’etichetta, sebbene sia sangue del mio sangue. – precisò solerte il principe drago.
-Allora fai altrettanto con me. – concordò, accentando quel compromesso – Anche se preferirei mi chiamassi soltanto Jon. – sorridendo, sfruttò il vigore di Rhaegal e lo incoraggiò a superare Viserion, felice della sua parziale vittoria.
 
 
 
 
 
Viserys lo osservò volare di fronte a sé. La schiena fasciata da quel pesante giaccone in montone con la pelliccia sul collo. I capelli scompigliati che sferzavano per l’impetuosità dei venti, scompigliandosi e intrecciandosi tra loro. Sarebbe rimasto a guardarlo per ore… il suo bambino, oramai uomo. E lui si era perso ogni attimo della sua crescita. Sospirò scorato.
-E così il mio cucciolo di drago vuole che lo chiami solo Jon. – affermò ad alta voce, ma non abbastanza da farsi udire dalle orecchie di suo figlio che volava diverse leghe avanti. Viserion grugnì in risposta, come se avesse davvero capito i sentimenti del suo padrone. In momenti come quelli Viserys si domandava ancora per quale ragione quel drago bianco avesse accettato di farsi cavalcare da lui – Tu sei un’incognita esattamente come lo è Jon. – serrò le labbra e gli venne da sorridere – Corriamo dietro a Jon, che dici? – il drago parve essere d’accordo e battè ripetutamente le ali per raggiungere suo fratello dalle squame verdi.
 
Jon… un nome che usai anch’io quando ero solo un semplice ragazzo anche più giovane di te. Lo facevo per fingermi un’altra persona, un anonimo bardo di origine lyseniana, che suonava tra le rovine di un castello antico, perché l’uomo che si stava avvicinando a me, uomo che già stimavo da tempo immemore, e che si presentava per la prima volta di fronte ai miei occhi, era giunto in quel luogo inaspettatamente. Un uomo che da estraneo divenne in breve parte della mia vita, della anima. Ci siamo fermati ad una locanda durante il viaggio di ritorno verso la capitale, attendendo che il mio seguito mi raggiungesse. Per precauzione quel leggendario cavaliere mi consigliò di lasciar indietro i nostri veri nomi. Io scelsi quel nome di uso comune. Era facile da ricordare, dato che uno dei suoi amici a corte portava quello stesso nome, ma mai si sarebbe osato dirgli che lo aveva scelto in suo onore… Era sufficientemente corto e poteva facilmente essere un diminutivo, esattamente come era avvenuto per il buon Jonnothor Darry, la sua guardia giurata fin dai tempi in cui era un bambino. Un amico che avrei voluto tanto farti conoscere… ma che purtroppo, così come per molti altri del passato, non avrai mai la possibilità di udirne la voce, di sentirne l’affetto, di imparare da loro.”
Jon… Viserys rifletté ancora un momento su chi poteva essere stata la persona che aveva scelto quel nome per suo figlio. Lyanna sapeva come doveva essere chiamato, lei non avrebbe mai voltato le spalle ad una scelta del destino. Perché lui un nome ce l’aveva già, ancor prima di nascere a die il vero. Era stato pensato per lui fin prima della sua venuta. Era un bel nome, adatto a colui che un tempo sarebbe diventato. Quello che è diventato. E completamente diverso da quello con cui tutti lo chiamavano ora. È stata una tua idea, Lyanna, o una scelta di Ned? O di entrambi? Pensavate forse di proteggerlo da Robert e dalla sua ira? Guardando la schiena del ragazzo in sella al drago verde, Viserys non poteva che porsi tutte quelle domande. “Preferirei mi chiamassi soltanto Jon” gli aveva detto serafico, senza considerare che per lui quello era un pegno gravoso. Doveva sorvolare sul vero nome di suo figlio senza saperne la ragione. Doveva attribuirgli un nome che gli avrebbe risvegliato orrori del passato, fantasmi di coloro che erano morti per proteggerlo. Gli dei ancora una volta lo stavano mettendo alla prova e sospirando accettò anche quel compromesso.
-Dopotutto fatico più a chiamarti con quel comune nome, che a riservarti un banale tono informale, figliolo. – asserì, dando di speroni sui fianchi di Viserion e buttandosi in picchiata per raggiungere il suo cucciolo di drago.
 
 
 
 
 
Jon si era sentito vivo, felice, completo. Esattamente come il giorno prima. Una parte del suo essere sentiva che i cieli erano la sua casa, esattamente come le distese innevate lo erano sempre state fino a poco tempo prima. Viserys si era dimostrato un compagno valido e leale. Pareva sinceramente affezionato a lui. E seppur quella bella sensazione gli avesse scaldato il cuore per un po’ di tempo, una parte di sé non poteva che guardare la faccenda in maniera probabilmente più obbiettiva. Viserys non era attaccato a lui in quanto tale, ma stava solo cercando di colmare la mancanza del fratello che aveva perso anni addietro; in lui vedeva l’ultimo spiraglio di quel legame di sangue che lo aveva unito al principe Rhaegar. E si domandò se non stesse facendo anche lui lo stesso. Considerò che quella dovesse essere una visiona quanto mai illusoria e vaneggiante, dato che non sentiva di aver ereditato poi così tanti tratti dal quell’uomo. Da quello che aveva appreso era una persona difficile da capire, non condivideva i suoi pensieri con chiunque, restava per lo più avvolto dal mistero, le sue azioni erano totalmente incoerenti tra loro. Era instabile e incomprensibile. Era davvero questo l’uomo di cui mia madre si è innamorata?
Pareva che il suo unico scopo fosse stato quello di fare dei cambiamenti nel regno; troppe persone convenivano su questa linea di pensiero, ciononostante le sue azioni avventate avevano portato allo sfacelo della sua stessa stirpe, oltre che ad aver innescato un serie infinita di eventi che avevano portato alla distruzione del continente. Era stato ligio al dovere e fedele alle leggi per i primi anni della sua vita, assecondando l’etichetta della corte senza mai far troppo parlare di sé, ma poi aveva lo spirito ribelle dei draghi si era acceso e aveva deciso di trasgredire con un solo gesto tutti gli insegnamenti conferiti. Ad un torneo, gli animi si scaldano ed il suo aveva raggiunto le temperature di un vulcano. Aveva scelto di incoronare la donna sbagliata, durante quell’evento pubblico dove vi avevano preso parte i maggiori esponenti esistenti del Continente Occidentale. Ci voleva coraggio per compiere un simile atto e ce ne era voluto anche al principe Rhaegar per prendere le decisioni che aveva preso. Jon pensò con tetro sarcasmo che, nell’ipotetica fantasia di essere vissuto in quello stesso lasco di tempo, avrebbe ritenuto quell’uomo uno spregevole arrogante per aver umiliato pubblicamente la propria moglie, preferendo al suo posto una ragazzina sconosciuta. E tutto ciò di fronte a lord e cavalieri che avrebbero un giorno dovuto inchinarsi a lui, quale erede al trono; il cui supporto era necessario per deporre il Re Folle. Quello sicuramente non era stato il modo più opportuno per presentarsi, dal momento che il precedente sovrano era dispotico e instabile mentalmente, e i Sette Regni in quel periodo avevano bisogno di una guida salda e giusta, che avrebbe messo fine per sempre alle follie di Aerys II Targaryen. Quali assurdi pensieri mai potevano aver spinto un uomo, già sposato e con un titolo che gli permetteva un futuro garantito, ad insultare apertamente ben tre tra le famiglie più importanti del continente e mettersi contro quella a cui sua moglie apparteneva? In un solo gesto Stark, Tully, Arryn e Baratheon si erano ritrovati con le spalle al muro, mentre i Martell avevano ricevuto quella pugnalata al petto solamente perché il principe ereditario aveva scelto di posare una banale corona di fiori sul grembo di una donna su cui non avrebbe mai neanche lontanamente dovuto posare lo sguardo. Era soltanto stupido, oppure questi erano i primi segni della classica follia Targaryen?
Perché mai il principe dei Sette Regni, un uomo apparentemente diligente e maturo, sano di mente, giudizioso e onorevole, con una moglie in grado di dargli ancora dei figli, avrebbe dovuto incoronare una ragazzina di soli quattordici anni, appena conosciuta, pur sapendo che era promessa sposa a Robert Baratheon, lord di Capo Tempesta? Possibile che non avesse previsto le conseguenze? Possibile che non fosse consapevole di agire incautamente e che tutto ciò avrebbe acceso la furia dei Baratheon, oltraggiato l’onore degli Stark e provocato l’umiliazione nei Martell? Questa visione cinica e negativa gli martellava nella mente ogni volta che gli ripetevano di avere molto in comune col suo vero padre biologico. Quanta follia c’era anche nel suo stesso sangue?
Non avendo mai partecipato ad eventi tanto importanti come un torneo del sud, era svantaggiato da questo punto di vista, poiché non poteva comprendere e giustificare certe simpatie e attrazioni che a quanto pare nascevano e fiorivano durante i fagocitanti momenti di vittoria. La cosa più simile che riusciva a paragonare a tutto ciò era il suo periodo di convivenza col popolo libero. In quei giorni aveva incontrato Ygrette, si era scontrato con la sua testardaggine e con la sua dolcezza. Poteva facilmente immaginarsi come lo stare a stretto contatto con gente nuova, chiuso tra le mura di un castello, potesse risvegliare gli stessi istinti che si erano risvegliati in lui nelle tende di pelle dei mammut, quando quella donna baciata dal fuoco aveva carpito la sua verginità tanto preservata. Ygrette… Quel dolce pensiero lo deconcentrò e per un solo istante dirottò anche la mente del drago verso altri orizzonti. Rhaegal si ritrovò a roteare su sé stesso e Jon, preso alla sprovvista, si aggrappò con tale forza alle redini da tagliarsi pure i guanti e ferirsi ai palmi con le unghie. Serrò le gambe sui fianchi della bestia e chiuse gli occhi in un primo momento terrorizzato. Passò qualche istante prima di ritrovare il controllo di sé e della situazione. Istanti di panico puro, ma anche di adrenalina e trepidazione. Ritrovò il coraggio per aprirne solo uno. Fu un movimento incerto, cauto, tentennante. La palpebra salì lentamente, i capelli a quanto pare erano completamente sollevati perché non gli ostacolavano la vista. Vide sotto i suoi piedi il cielo plumbeo e sopra la sua testa una distesa bianca, punteggiata da rocce e alberi. Era tutto messo al contrario pensò, ma poi capì che era lui al contrario. Non ebbe però alcuna paura di cadere. Le cinghie sulle gambe lo trattenevano saldamente, la cintura era bloccata alla sella e non poteva sganciarsi in alcuna maniera. Staccò le braccia dalle redini e le aprì verso l’esterno, sentendosi libero e capace di ogni cosa. Una scarica di eccitazione lo pervase, facendogli formicolare tutta la spina dorsale ed il cuoio capelluto. Emise un urlo di gioia e sfogò una risata felice, che il vento portò via con sé. Alla sua destra apparve il drago chiaro con Viserys che lo fissava, composto ed elegante come sempre.
-Tutto bene? –
-Magnificamente. – rispose Jon con un sorriso spontaneo.
-Sarà meglio che mia sorella non scopra quanto sei migliorato, altrimenti mi metterà alla gogna e non mi permetterà mai più di cavalcare un drago. – ironizzò pacato suo zio.
-Glielo impedirò. – lo assicurò lui con determinazione, restando ancora in quella posizione – Tu sei il mio spirito guida. Senza di te, non ne sarei mai stato capace. – c’era convinzione nelle sue parole e in quel momento gli piaceva l’idea di condividere quei momenti con suo zio dal ramo paterno – E non rinuncerò facilmente ad avervi al mio fianco. – gli sembrò strana la reazione di Viserys, come se si sentisse a disagio. Lo vide spostare lo sguardo puntando verso l’orizzonte, serrando le labbra in una smorfia mesta.
-Si sta facendo tardi. Torniamo indietro ora. – disse con voce sommessa, dopo alcuni minuti di silenzio – Ci siamo allontanati troppo dall’accampamento. – ordinò Viserion di deviare sulla sinistra. Gli fece cenno di seguirlo con un solo gesto della mano. Il drago color crema ubbidiente aveva teso le possenti ali dorate e con calma aveva fatto manovra. Jon sentendosi abbattuto dispose a Rhaegal di fare altrettanto, il drago verde fece un ulteriore giro su sé stesso per tornare alla posizione di base. A poco a poco aveva sentito il sangue scendere dalla sua testa e tornare a circolare anche sul resto del corpo, mentre fissava la schiena di suo zio. Perché ogni volta che mi sembra di rompere quella barriera che crei, poi mi ritrovo nuovamente dall’altra parte? Cosa ti obbliga a sbattermi fuori ogni volta? Viserys era un enigma per lui, ma voleva a tutti i costi instaurare con lui un rapporto stabile e solido, anche se una vera ragione dietro non riusciva a darsela.
 
 
 
 
 
Lei era lì, di fronte a loro. Non era necessario guardarla in volto per capire che era preoccupata. Ma Viserys si costrinse a tenere a bada ancora una volta i sentimenti per concentrarsi su ciò che era più importante. Ciò che gli premeva maggiormente era mostrare a suo figlio come atterrare col proprio drago per evitargli un altro atterraggio disdicevole. Aveva percepito la sua incertezza, ormai era diventato bravo ad ascoltare i suoi timori anche quando non glieli esprimeva verbalmente. Ogni movimento dubbio dei piedi, il respiro contratto del suo fiato, la silenziosità che lo pervadeva in alcuni momenti; suo figlio era diventato un libro aperto, era così facile interpretare ogni sua perplessità, ma così difficile aiutarlo senza le giuste armi tra le mani… Buona parte di questi presentimenti derivavano dal fatto che era sempre stato abituato ad osservare e studiare le persone fin da quando era un bambino, ma il comportamento di Jon erano anche tanto facile da interpretare, dato che era uguale al suo quando era stato un giovane solitario principe ereditario. Si conosceva fin troppo bene, sia nei suoi momenti migliori, che in quelli peggiori. E sapeva come far bilanciare il bianco col nero.
Ma buona parte del carattere di Jon derivava anche da Lyanna. E lui era forse l’uomo che la conosceva meglio di chiunque lì attorno. La giovane Stark non era mai stata brava a mentire o a nascondergli qualcosa, e anche quando l’aveva fatto, si era sentita talmente scorretta che alla fine non era mai riuscita a mantenere alcuna bugia troppo a lungo. Guardò Jon e sorrise vedendolo mordersi un labbro agitato. Si accostò al suo drago con garbatezza.
-Pensa solo a ciò che devi fare ora, Jon. – gli suggerì – Vado avanti e ti faccio vedere. Imita i miei movimenti e vedrai che questa volta Rhaegal atterrerà con maggior leggiadria. – fece per partire, ma preferì desistere ancora un momento per voltarsi ancora verso suo figlio – E non farti distrarre da mia sorella. La terrò impegnata su di me, fintanto che ti sentirai pronto per scendere. – sul volto aveva stampato un ghignetto malefico, prima di ordinare a Viserion di planare.
Scese con calma, alzando un nuvolone di piccole perle di ghiaccio che si sparsero tutt’attorno. Alcune colpirono Dany in volto che si portò una mano sulla fronte a riparare gli occhi. Non appena riposò lo sguardo su di lui, non sembrò per nulla contenta.
-Lekia! – nemmeno la piega triste delle sue labbra la deconcentrò – Cosa avevo espressamente sancito per quest’oggi riguardo gli allenamenti? – tagliente, dura e selettiva, come una regina.
-So bene quale direttive avevi decretato, sorella, ma i draghi erano inquieti, lo avevamo avvertito dalle prime ore dell’alba. Siamo giunti alla soluzione sbagliata. i venti dell’inverno soffiavano avversi – gli rispose scendendo dal drago con un abile balzò e atterrando sul suolo abbassando le ginocchia e portando una mano sulla neve. Batté entrambi i palmi per scacciare via le croste ghiacciate dai guanti, formatesi durante il volo – Era da ore che non ci giungevano più notizie dal fronte nord. Mi sembrava doveroso accertarmi coi miei occhi della situazione, sarei partito da solo, ma Re Jon mi ha fatto notare che nel qual caso mi fossi trovato in pericolo, mi sarei trovato da solo e senza possibilità di chiedere aiuto. – le sorrise gioviale – È stato gentile da parte sua accompagnarmi, non credi? – lei assottigliò lo sguardo e lo fissò con insistenza, incrociando le braccia al petto.
-Gentile… sì, forse. – rispose arcigna, osservando solo in quell’istante Jon su Rhaegal, che girava ancora in tondo sopra le loro teste, titubante se atterrare o meno.
-Non prendertela con lui. – le si avvicinò e con le mani le sciolse l’incrocio al petto – Semmai è la mia impulsività che devi condannare. – le raccomandò serio, fissandola negli occhi.
-Sai che non riesco ad avercela con te. – si lamentò la regina – Soprattutto se mi guardi così. – Viserys si limitò a sorriderle e involontariamente i suoi occhi andarono a posarsi su Lyanna che stava fissando suo figlio a dorso del drago verde.
-Invece tu, come hai passato queste ore? –
-È una brava persona la tua lupa. – gli mormorò – Ma non è altrettanto brava come cuoca. – rise e fece ridere anche lui.
-È una lady, cucinare non era tra le sue mansioni. – la difese e le lasciò le mani per raggiungere la Stark che non aveva ancora abbassato il volto, che continuava a restare fisso nei cieli.
-Mia lady, vedo angoscia nel vostro sguardo… – si portò le mani dietro la schiena e le congiunse, fermandosi accanto alla donna con premura – Non avete motivo di preoccuparvi. Anzi ritengo sia un atteggiamento tedioso e pleonastico date le doti innate di vostro figlio. Spero troviate la mia testimonianza rassicurante se vi dico che vostro figlio è un allievo da encomiare. È scrupoloso e svelto ad imparare. –
La donna non mosse nemmeno un muscolo, e gli rispose, senza nemmeno guardarlo in volto – Credete che io sia preoccupata per questo? Vi sbagliate. Al momento non è la apprensione per lui ad angosciarmi. – affermò ferma nella voce, restando a fissare suo figlio in aria.
-Se posso permettervi, qual è la ragione del vostro turbamento? – le chiese, sforzandosi di non lasciar trasparire altri sentimenti – Il fatto che non stacchiate mai gli occhi da lui, temo sia un chiaro segnale. –
-Lo faccio, è vero. Ma non per nervosismo. La mia è ammirazione. – spiegò perentoria, ma con voce gentile – Non voglio perdermi alcun istante della sua gloria… nessun istante che mi viene permesso di ammirare. –
-Siete una donna saggia. –
-Nient’affatto. Sono solo fortunata. – dichiarò questa volta guardandolo di sfuggita per un frangente di secondo – Altri non lo sono stati. – Viserys credette che il tempo si fosse fermato, quando i loro occhi si incrociarono. Sebbene indossasse la maschera, fu quasi sul punto di credere che Lyanna fosse riuscita a scorgere la verità dietro la menzogna. L’ombra di Rhaegal li coprì in quell’preciso istante, come se il drago avesse avvertito quella perdita di attenzione e la volesse riottenere. La Stark perse ovviamente interesse per la creta che ricopriva il suo volto e cercò nuovamente suo figlio rialzando il mento verso l’alto.
Viserys seguì gli occhi argentati della sua lady e ritrovò in fretta la sagoma di Jon in sella al drago smeraldino in quel cielo plumbeo. Rhaegal si stava preparando per atterrare, lo si capiva dall’angolazione che avevano assunto le ali ed il collo allungato in avanti. Stava planando sulla loro sinistra. Jon era concentrato, la fronte aggrottata, lo sguardo fisso e le mani serrate sulle redini. L’atterraggio questa volta eseguì perfettamente.
Viserys fu l’unico a battere le mani e decise di avvicinarsi al ragazzo per rendergli omaggio. Arrivò a toccare il muso di Rhaegal, che socchiuse gli occhi e mostrò di acconsentire ancora al suo tocco come se tra loro vi fosse ancora il medesimo legame di un tempo. Sorridendo piacevolmente di constatare quell’atteggiamento ancora senza una spiegazione plausibile, ammirò dal basso compiaciuto il giovane che sorrideva e realizzava quanto era appena stato in grado di compiere. Sembrava ancora incredulo.
-Se continui così, avrò ancora gran poco da insegnarti, Jon. – il re del Nord gli sorrise e alzò una gamba per portarla sulla sinistra, accanto all’altra. Saltò giù con un balzo calcolato e preciso. Non si dovette nemmeno accucciare a terra, raddrizzando appena la schiena fino a trovarsi alla stessa sua altezza.
-Invece ho ancora molto da imparare, Viserys. – affermò, appoggiandogli una mano sulla spalla. Poi sporse il volto per guardare anche Daenerys – E ho la fortuna di avere al mio fianco delle persone speciali come voi. Mai avrei creduto di instaurare un rapporto così solido anche coi parenti appartenenti al ramo paterno. – gli strinse un braccio come a suggellare l’inizio di un qualcosa di nuovo – Madre, mi avete visto? Siete felice? – le andò incontro col sorriso sulle labbra, come un bambino. Viserys invece vide sua sorella raggiungerlo con passo silenzioso.
-Jon… Viserys… Avete fatto progressi a quanto vedo. Ora vi date pure del tu. – affermò con voce debole, in modo da farsi sentire unicamente da lui.
-È un inizio. – affermò usando lo stesso tono di Daenerys.
-Per quanto sia felice per te, non ti nego che avrei preferito gli avessi detto la verità. – dichiarò affranta – Lì nei cieli. Padroni di ogni cosa. Quale dovrebbe essere il luogo migliore? –
-Non è ancora pronto. – tagliò corto il Targaryen – Non è ancora il momento. –
-E quando lo sarà? – nei suoi occhi adirati poteva scorgere anche un’altra verità – Non ti sei ancora stancato di sentirti chiamare zio da tuo figlio? –
È davvero questo che ti disturba, Dany? Il fatto che chiami me, zio, o che chiami te, zia?
Zia, non era certo il termine con cui avrebbe voluto essere chiamata da lui, né tanto meno il grado di parentela che voleva continuare ad avere con Jon. Pensò che dopotutto neanche per lui era appagante farsi chiamare zio. Non sono tuo zio, Jon. Sono tuo padre e vorrei urlare l’orgoglio che ne deriva ai sette venti! Ma ancora non posso…

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