Not my Happy Ending di Martiverse (/viewuser.php?uid=53638)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ➣ The Bird and the Worm ***
Capitolo 2: *** ➣ Le Bien Qui Fait Mal ***
Capitolo 3: *** ➣ But it’s better if you do ***
Capitolo 4: *** ➣ Going Under ***
Capitolo 5: *** ➣ Disgusting ***
Capitolo 6: *** ➣ Colors ***
Capitolo 7: *** 7 ➣Louder than Thunder ***
Capitolo 1 *** ➣ The Bird and the Worm ***
The bird and the worm
“NOT
MY HAPPY ENDING”
Raccolta
Akuroku, 30 minuti massimo, canzoni casuali
Verso Halloween dello scorso
anno io e Vane ci siamo poste una sfida a tempo: pescata
una canzone casuale dalla nostra cartella di musica dovevamo
tirarci fuori rispettivamente un disegno e una fanfiction in massimo 30 minuti.
Lei
si era posta il tema Halloween, io mi sono obbligata a far finire
tutte le storie male… e quale coppia migliore per
l’angst se non l’akuroku?
Perciò
vi avverto da ora… queste storie non sono destinate
ad un happy ending.
Tutte
le otto storie verranno pubblicate nel mese di Ottobre (Uno, sei,
undici, quindici, diciannove, ventitre, ventisette e l'ultimo capitolo
per Halloween, il trentuno!) e tutte, esclusa la prima, saranno Au.
La prima è anche l'unica flashfic della raccolta, le altre saranno tutte oneshot.
Ovviamente è consigliabile accompagnare la lettura con l'ascolto
delle canzoni. Metterò il link nel titolo di ognuna!
Le
tematiche
delicate di cui si tratta in diversi capitoli si
riferiscono a:
Suicidio,
alcolismo, uso di droghe, violenza e violenza psicologica.
Il rating delle storie varia dall'arancio al rosso ed alcune contengono scene erotiche.
-
Marti
1
➣ The Bird and the Worm (The used)
“Credevi
di potertene andare
dall’organizzazione?”
Roxas
strinse i pugni
sentendo il sapore della terra in bocca. Aveva un gusto terribilmente
acre,
come la liquirizia, come la sconfitta.
Impastava
le labbra
asciugando la bocca e per quanto si sforzasse non riusciva a muovere la
lingua.
Tutte le sillabe rimanevano incastrate nella sua gola come pezzi di
vetro d’un
ampolla rotta.
Riverso
al suolo percepiva il
terreno come una trappola mortale. Avrebbe voluto alzarsi, avrebbe
voluto
gridare, ma ne aveva persa la capacità. Cercò di
far leva sui gomiti e tirarsi
più in alto ma le braccia gli tremarono e capì
che non ce l’avrebbe mai fatta.
Brividi di freddo lo scuotevano, facendolo sentire febbricitante mentre
il
sangue bollente colava dal suo fianco dove ancora la lama del chakram
era
piantata. Tentò di strisciare, invischiandosi ancora di
più tra la terra.
Si
stava seppellendo da solo,
come una ruota impantanata che gira, gira e non riesce a liberarsi.
“Noi siamo migliori
amici…”
non c’era ironia nella sua voce, né rabbia,
né alcun
senso di minaccia. Era la voce che usava per chiedergli
com’era andata la
giornata, come se l’averlo quasi ucciso rientrasse nelle
occupazioni di routine
giornaliere.
Sentì
la mano affilata di
Axel stringersi sul suo cappuccio e sradicarlo da terra, tirandolo via
con una leggerezza
che sembrava quasi senza sforzo. Si sentì piccolo tra le sue
lunghe braccia da
merlo, così fini eppure così
pericolose…
“I
migliori amici... ti conoscono bene, sai? Per questo sanno
sempre dove trovarti…” gli sorrise con la stessa faccia
di sempre.
Solo
adesso gli sembrò un’espressione
falsa da morire, perché Roxas sapeva.
Aveva capito.
Per
questo aveva cercato di
fuggire…non era come loro! Avrebbe voluto gridarlo, ma le
lacrime gli
intasavano la gola bloccando ogni ansito.
Axel
non riusciva a provare
nessuna emozione, tutto quello che faceva era solo imitazione. Era come
una
gazza davanti ad uno specchietto, che osserva ed impara, affina i gesti
e
ripete parole vuote fin quanto non sembrano veramente aver senso nel
suo becco.
“E’
a questo che servono, i migliori amici…”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** ➣ Le Bien Qui Fait Mal ***
Le bien qui fait mal 2 akuroku
“NOT MY HAPPY ENDING”
Raccolta
Akuroku, 30 minuti massimo, canzoni casuali
...ma c'è ancora qualcuno di vivo nella sezione KH di EFP o...? @__@
2 ➣ Le Bien Qui Fait Mal (Mozart Opera Rock)
Dal primo momento in cui l’aveva visto, aveva capito
che quello era il suo obbiettivo della serata.
La sua testa bionda era
sbucata tra una miriade di altri ragazzini impegnati a divincolarsi sulle note
di musica tecno. I capelli aurei come fili d’oro gli si erano tutti incollati
alla fronte sudata mentre muoveva la testa in su e in giù, alzando le braccia a
ritmo di musica come se fosse in uno stato di trance.
Axel aveva ancora una dozzina
di pasticche di acidi in tasca e le altre erano state distribuite con
parsimonia tra la folla in cambio del denaro frusciante che gli gonfiava le
tasche dei pantaloni.
Afferrò un drink abbandonato
sul bancone del bar e lo sorseggiò come se fosse il suo, sentendo l’alcol bruciargli
la gola in modo piacevole e rinvigorente.
Adorava il modo attillato con
cui i giovinastri si conciavano per andare in discoteca. Esponevano il loro
sedere in jeans troppo bassi e boxer troppo alti, ed era come se stessero
implorando di essere toccati! Continuando a fissare il biondino non avrebbe
avuto solo le tasche gonfie, nei pantaloni…
Posò il bicchiere sentendosi assetato e si immerse tra la folla,
sinuoso come uno squalo in un banco di pesci.
Tutto attorno a lui era in
perpetuo movimento, un enorme animale simbionte dalle mille braccia. La testa
bionda compariva e spariva a tratti, a volte coperta da qualcuno di più alto, a
volte illuminata dalle luci stroboscopiche.
Quando lo raggiunse il
ragazzino continuò a ballare, il cappuccio della felpa smanicata che gli
rimbalzava sulla schiena e la zip che calava a forza di scossoni, rivelando il
petto immaturo sotto di essa.
“Hey” Axel si chinò di fronte
a lui, schioccandogli le dita davanti agli occhi “Balli bene. Come ti chiami,
ragazzino?”
Il ragazzino si fermò e lo
squadro senza alcuna traccia di confusione nei suoi occhi. Doveva essere già
brillo se non mostrava neanche un minimo di remora rispetto ad uno sconosciuto
che si avvicinava cominciando a fare domande casuali.
Anche troppa fortuna…
“Umh, Roxas” sorrise il
ragazzino. Le sue guance era tinte d’un rossore ubriaco terribilmente carino e
ad Axel venne immediatamente voglia di afferrargli la testa e spingerla tra le
proprie gambe.
“Sei qui da solo?” chiese,
affabile ed indagatore come il migliore dei lupi cattivi.
Roxas annuì scuotendo la
testa un po’ troppo forte, senza perdere il suo sorriso alticcio.
“Tu invece?” chiese ridendo.
“Sono da solo…”
Roxas rise e si attaccò al
braccio di Axel, neanche avesse detto la cosa più divertente del mondo!
“Volevo sapere il tuo nome”
esclamò.
Axel strinse quel braccio
fine con il proprio, serrando la presa sulla propria preda. Ora che era caduto
nella sua rete non l’avrebbe lasciato per niente al mondo.
“Mi chiamo Axel” rispose
rifilandogli un sorriso ferino.
Se c’era una cosa che adorava
era spacciare le droghe per conto degli Oblivion, il sabato sera in discoteca.
Tanti ragazzini con documenti falsi, di quelli che piacevano proprio a lui,
tutti con i sensi inibiti da questo o quell’altro intruglio. Se non erano
abbastanza fuori di loro poteva sempre regalare una dose qua e là, perché
Marluxia gliel’aveva detto: “Incentivare i nuovi clienti è come guadagnare.”
Pensandoci adesso la miglior
scelta della sua vita era stata tradire l’Organizzazione ed attaccarsi agli
Oblivion…erano molto più tranquilli e permissivi per quanto riguardava lo svago
sul lavoro.
Roxas ondeggiò un attimo e si
portò la mano libera alle tempie, l’altra la strinse con più forza sul braccio
di Axel e sembrò sul punto di cadere.
“Non mi sento tanto bene…”
biascicò “…puoi…puoi portarmi in bagno?”
Qualcuno lassù deve volermi bene. Axel ghignò e trascinò via Roxas a braccetto,
cercando di farsi strada tra la folla.
Spinse la porta del bagno con
una mano e poi lo accompagnò in uno dei cubicoli.
La serratura scattò alle sue
spalle, segnando l’occupato.
Vieni Cappuccetto Rosso, passiamo dal bosco…
Roxas aveva le labbra rosse
ed il viso pallido, sembrava accusare male i colpi dell’alcol. Forse di lì a
poco avrebbe potuto vomitare, ma l’ultima cosa che Axel voleva fare quella sera
era reggere i capelli di uno stupido ragazzino troppo sbronzo.
Decise che doveva far alla
svelta quindi gli piantò una mano sotto al collo e lo spinse contro la parete
sudicia del bagno, affondando con voracità la lingua nella sua bocca.
“Cos…” mormorò Roxas piegando
la testa indietro e trovando il muro a bruciargli la ritirata. Piantò entrambe
le mani contro la maglietta di Axel e cercò di spingerlo indietro, poi
l’ubriachezza ebbe la meglio e quelle stesse mani tirarono lo spacciatore in
avanti.
Anche se era su di giri il
ragazzino sapeva baciare proprio bene. Axel riusciva a sentire il calore della
sua lingua e se ne beava da morire, ringraziando mentalmente tutti gli
stupefacenti e gli alcolici della terra. L’eccitazione che aveva cercato di
contenere fino a quel momento divampò in lui come una fiamma, pompando il suo
sangue più in fretta ed accorciandogli il fiato.
Più che affondava con la
lingua nella sua gola, più che avrebbe voluto slacciarsi i pantaloni e vedere
quant’altro di lui sarebbe riuscito ad ficcargli in bocca.
Strinse una mano tra i
capelli di Roxas e li strattonò violentemente all’indietro, facendogli
rovesciare il collo con un singulto lascivo. Voleva divorarlo, assaggiare ogni
singolo centimetro della sua pelle. Solo il pensiero di potersi approfittare di
lui in modo così bieco gli dava una scossa al basso ventre. Morse la sua
giugulare e di nuovo gli catturò le labbra, facendosi sempre più vorace.
Quando sentì l’erezione del
ragazzino premergli contro la gamba Axel sorrise, crogiolandosi nel proprio
potere.
…poi sentì la pressione
solida salire di scatto e premersi contro il suo petto. Non fece neanche in
tempo a capire che cosa non andava…
Roxas gli strinse una mano
tra i capelli come lui aveva fatto, strattonandogli la testa per tirarlo più in
basso.
“L’Organizzazione ti manda i
suoi saluti” gli sussurrò ad un orecchio, più lucido che mai, premendo sul
grilletto della pistola.
La serratura del bagno passò
da rossa a verde e Roxas si lavò le mani dal sangue nel lavandino, sorridendosi
allo specchio.
Dal primo momento in cui l’aveva
visto, aveva capito che quello era il suo obbiettivo della serata.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** ➣ But it’s better if you do ***
Le bien qui fait mal 2 akuroku
“NOT MY HAPPY ENDING”
Raccolta
Akuroku, 30 minuti massimo, canzoni casuali
...sono una bollicina di sodio.
Scusate, fino a mezzanotte ero convinta che oggi fosse il 10 e quindi stavo per saltare l'aggiornamento ahaha
3 ➣ But
it’s better if you do (Panic! At the Disco)
Dopo aver visto Roxas
all’entrata del locale, Axel aveva vomitato.
Si era sentito terribilmente
sporco, così maledettamente orribile che non ce l’aveva fatta neanche a tenersi
il cibo nello stomaco.
Non aveva idea di come avesse
fatto a trovarlo, né del perché avesse deciso di assistere al suo pietoso
spettacolo… fatto sta’ che si era seduto proprio in prima fila.
Axel fissò la propria
immagine allo specchio, il cerone bianco, le lacrime disegnate sul volto… sembrava
una bambola di porcellana venuta male: troppo magro, troppo alto, come un
quadro di Schiele.
Non si vedevano le sue
occhiaie violacee, perfino le fosse sulle guance erano state mascherate dal
trucco…
…ma restavano là, segno del
suo deperimento fisico e mentale.
Poteva indossare la sua
maschera di carne quanto voleva, sotto la pelle non sarebbe cambiato un bel
niente.
Quanto puoi essere sbagliato?
Quanto puoi essere stato stupido?
Sei sparito per cosa?
Perché due occhi gialli e dei capelli azzurri ti erano
sembrati più interessanti del mix contrario e più consueto?
Forse per questo Roxas era
lì: per punirlo.
Per sbattergli in faccia
quanti anni di fidanzamento aveva buttato a puttane scappando con un ragazzo
incontrato al matrimonio di Larxene.
Per affondare il coltello
nella piaga e far sanguinare fuori tutti quegli errori commessi, gli eventi mai
spiegati, le telefonate perse ed i messaggi mai risposti…
Axel si guardò negli occhi e
non riuscì a sostenere il proprio sguardo.
La bile gli bruciò un'altra
volta nella gola. Strinse la mani contro i braccioli della sedia e si piegò di
lato per vomitare a terra nient’altro che succhi gastrici e tensione.
Quanto cazzo era sbagliato!
Quanti cazzo di errori aveva commesso!!
Come avrebbe potuto spiegare
a Roxas quello che neanche riusciva a spiegare a se stesso?
Come poteva dirgli che
preferiva gli schiaffi alle carezze, che i sorrisi lo mettevano a disagio e che
pensare alla spazzatura da buttare, al figlio del vicino, alla macchina da
lavare era per lui come impiccarsi con le proprie viscere?
Non gli piaceva quando Saïx
riversava la propria ira su di lui, non godeva nel sentir dolore… solo che gli
era più familiare come sensazione. Per tutta la vita era stato male, circondato
da persone abusive e prepotenti. Ci aveva fatto il vizio.
L’essere umano è una creatura
d’abitudine, che teme l’ignoto perché ingrandisce le paure.
Così Axel era diventato
dipendente dalla tristezza, dalla rabbia, dagli scatti di violenza, perché
erano cose che conosceva e sapeva come gestire. Roxas per lui era troppo. Troppo buono, troppo bravo,
troppo sveglio, troppo amorevole… erano tutte qualità a cui non era mai stato
abituato e ad Axel tenersi per mano faceva più paura che ricevere uno schiaffo.
Aveva resistito per anni,
convincendosi che prima o poi sarebbe riuscito ad assuefarsi… che meritava di essere felice…
“Per voi, Soffio di Fiamme Danzanti!” Saïx lo
stava annunciando nella sala accanto.
Axel si passò una mano sulla
bocca e procedette verso il palco, ondeggiando i suoi arti asciutti come
stecchi.
Quando uscì le luci rosse del
club lo stordirono per un attimo, costringendolo a socchiudere gli occhi e
quando li riaprì lui era lì.
Non stava facendo altro che
fissarlo, con quei suoi due occhi grandi come il mare. Non v’era riflesso
d’indignazione in lui, neanche di curiosità. Si limitava a guardarlo come se
non lo conoscesse, ed Axel era sicuro che fosse proprio così.
Aveva mentito, mentito e mentito, fino a che le bugie
non gli erano crollate addosso e non aveva più retto.
Chi voleva ingannare?
Si disegnava lacrime sul viso perché non riusciva a
piangere…
Axel afferrò il palo
metallico per reggersi in piedi più che azzardar una mossa.
Guardando Roxas sentì un nodo
allo stomaco piacevolmente familiare, il dolore a cui era avvezzo e che
conosceva.
Sarebbe scappato con lui
quella sera, perché la sofferenza che avrebbe provato gli era nota. Sapeva
nuotare in questo tipo d’acqua, stare a galla sulle lacrime…poi Saïx sarebbe
venuto a riprenderlo e non l’avrebbe trattato con clemenza.
Ma andava bene, perché Axel
conosceva solo questo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** ➣ Going Under ***
Le bien qui fait mal 2 akuroku
“NOT MY HAPPY ENDING”
Raccolta
Akuroku, 30 minuti massimo, canzoni casuali
...Ciao Liberty89! Grazie mille per la recensione, l'ho apprezzata tantissimo ♥
Ciao anche a voi, lettori silenziosi! (•◡•) / Aumentate
sempre di più e mi fa piacere, anche se non so se il tutto vi
piace o vi fa buttare da un ponte ahahah
Per voi, la vostra dose di depressione settimanale!
Giuro che la prossima sarà meno deprimente...
4 ➣ Going Under (Evanescence)
Roxas mise un piede dopo l’altro.
Prima il sinistro poi il destro, in linea, come un funambolo.
Era una serata come le altre,
il sole iniziava a tramontare all’orizzonte e dietro di lui il traffico di automobili
proseguiva incessante. Già avevano acceso i fari, proiettando sull’asfalto
tenui raggi artificiali attutiti dagli ultimi riflessi di luce solare. Tutti
andavano così di fretta…
Una ventata calda e
appiccicosa, tipica del mare, si levò scompigliandogli i capelli e facendogli
turbinare la felpa legata in vita.
Da là riusciva a vedere tutto
il panorama…
Il fiume che si diramava
sinuoso oltre il cemento, abbandonando la città. Le curve serpentine che
effettuava tra alberi e sassi, superando la diga e poi sfociando nel mare
aperto. I riflessi di luce sull’acqua lo facevano brillare come fosse stato un
enorme pesce dalle scaglie scintillanti. Era così bello, così libero, che a
Roxas venne voglia di toccarlo.
“Faresti tutto per me?”
chiese senza staccare gli occhi dal panorama. Non aveva bisogno di voltarsi,
sapeva che il suo interlocutore era là…
Udì Axel alle sue spalle
muovere un passo, indeciso, e subito fermarsi.
“Ma certo…” piagnucolò
patetico, come ogni volta che veniva messo in discussione il suo amore.
Bugiardo.
Perché a parole erano bravi
tutti, ma quando mai Axel aveva rinunciato a qualcosa per lui?
Se gli chiedeva di rimanere a
casa, lui usciva. Se lo implorava di non andare in un tour, lui partiva. Non
buttava neanche la spazzatura sotto sua richiesta, come poteva dirgli con tanta
leggerezza che avrebbe fatto ogni cosa per lui?!
Qualcuno suonò il clacson, ma
il rumore dell’acqua era più forte.
“Sono davvero la cosa più
importante nella tua vita?” chiese Roxas atono.
Conosceva la risposta a
memoria, sperava solo che per una volta Axel dicesse di no.
Gli avrebbe fatto male,
terribilmente male… ma sarebbe stato comunque meglio di dover sorbire tutte
quelle bugie.
Se gliel’avesse detto avrebbe
potuto fare di più per lui, stargli più vicino, supportarlo! …ma Axel gli aveva
nascosto tutto.
“Ma certo, Roxas!”
Bugiardo. Bugiardo!
Come si ostinava, il
maledetto serpente! Quanto lo credeva stupido per trattarlo in quel modo?
Ogni menzogna che vomitava si
conficcava nel cuore di Roxas facendolo sanguinare nell’anima, portandolo alla
disperazione!
“Mi hai mai tradito?” chiese,
e mosse un passo.
“Roxas…” mugolò Axel alle sue
spalle “Ti prego, Roxas…”
“Rispondimi.” Il tono di
Roxas si era fatto tagliente, esattamente come le parole con cui lo stava
ferendo.
Axel tirò un lungo sospiro.
L’aria uscì dalla sua bocca come un sibilo, assieme alla sua risposta.
“No...”
Bugiardo! BUGIARDO!
“So tutto di te, Axel
Flurry!” Roxas si voltò di scatto, con le lacrime che gli finivano tra le
labbra “Credi che sia l’unico su questa terra a non conoscerti?! Io dovrei
conoscerti meglio di chiunque altro… ed invece le riviste sanno sempre tutto
prima di me! Ed una volta scopro che te ne andrai con quella tua stupida band
in un altro Stato, un'altra volta che eri finito in overdose, Axel! Ed io, il
tuo maledetto fidanzato, l’ho saputo dai giornali!”
Lo scrosciare del fiume era
potente quanto le lacrime sulle sue guance, sentiva solo il rombare dell’acqua…
così forte, così libero, copriva perfino il pietoso balbettare di Axel.
“Roxas ti prego… ti prego… non
farmi questo…”
“POI!” gridò Roxas “Torni da
me, tutte le volte! E dici bugie, bugie, bugie! Mi saturi di bugie, sono così
stanco di sentirti parlare! E mi dici che mi ami-”
“Ma ti amo!”
“-e che sono tutto per te!
Che per me faresti qualsiasi cosa! Che sono l’unico, maledizione! Ma menti
ancora, perché tu non sai fare altro! E dai
giornali ti vedo a scopare con quel tuo maledetto chitarrista biondo del
cazzo!”
“…Roxas ti prego… non fare
così… non era mia intenzione ferirti…”
Ed è questo il problema dei
bugiardi… mentono così tanto che nessuno gli crede più quando dicono la verità.
“Bugiardo…” soffiò Roxas, poi mosse un ultimo passo e si sbilanciò
all’indietro sul corrimano del ponte.
L’acqua era così libera,
l’acqua era così forte.
Quasi non sentì Axel gridare
il suo nome quando il dolore dell’impatto gli scrosciò nelle orecchie e tutto
diventò buio, trascinandolo a fondo nella corrente…
Era così libero, adesso.
Non era più il suo turno di
soffrire.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** ➣ Disgusting ***
Le bien qui fait mal 2 akuroku
“NOT MY HAPPY ENDING”
Raccolta
Akuroku, 30 minuti massimo, canzoni casuali
...Hello there ≧◉◡◉≦
Ecco qua il nuovo capitolo, come promesso... e stavolta in orario, non è neanche notte ahahah
Per una volta possiamo assistere ad un raro caso di Axel figo nelle mie storie, auguri x°D
...e come nella maggior parte delle mie storie... eeeeeeeeeeh (͠≖ ͜ʖ͠≖)👌
Plus, grazie per la recensione Libery89 ;w; E' bello sentire un parere <3
5 ➣ Disgusting (Kesha)
Axel aveva spezzato almeno un
centinaio di cuori.
Non importava che fossero di
donne o uomini, puntualmente riusciva ad entrargli sottopelle e farli
innamorare.
Forse era qualcosa nel suo
aspetto eccentrico che attirava le prede, come il colore sulle foglie d’una
pianta carnivora… o forse era il suo atteggiamento così dannatamente sicuro di
sé a far colpo.
Aveva l’incredibile capacità
di saper parlare ed ascoltare in maniera equa, memorizzando tutti i dettagli con una precisione chirurgica. Così
sembrava sempre attento e partecipe, uno che ci tiene davvero! Perché non è da
tutti ricordarsi la data di compleanno della Zia Adelina, o quale corso di
danza ha frequentato il cugino di secondo grado che si è trasferito a Sidney.
Sapeva sempre cosa dire in
ogni situazione e non c’era il verso che un appuntamento potesse andar storto
quando l’interlocutore ride sempre al momento giusto o ti fissa con due occhi
verdi maledettamente ipnotici…
Non aveva neanche bisogno di
sforzarsi più di tanto, era una di quelle persone che nasce già con la camicia!
Elegante nei modi e curato
nell’aspetto, aveva anche ricevuto il dono divino di poter mangiare come una
scrofa senza metter su neanche un filo di grasso.
Aveva un unico, gigantesco,
difetto.
Si annoiava alla svelta.
Non era mai riuscito a stare
con nessuno per più di una settimana. Così, mentre la controparte già pensava
al matrimonio con il principe dei sogni, Axel se la svignava dalla finestra e
cambiava scheda al cellulare.
Il primo giorno era una sfida
adrenalinica, un incontro in cui doveva concentrarsi al cento per cento per
capire ogni cosa del suo interlocutore. Di solito offriva una cena in un locale
costoso e stava a chiacchierare davanti ad un bicchiere di champagne, cosa che
faceva sempre colpo.
Amava scoprire il vero essere
delle persone in poco tempo. Gli pareva di aver tra le mani un enorme cubo di Rubick
e di doverlo sbrogliare alla svelta… ma sempre un tassello per volta.
Allora girava, spostava le
caselle, faceva domande e dava risposte, si esponeva quanto bastava a farsi
rivelare dell’altro.
Il secondo giorno era una
pausa. Spegneva il cellulare ed elaborava tutte le informazioni che era
riuscito a ricavare.
Gli piaceva sparire per far
sì che l’altro si riempisse la testa della sua mancanza, che lo percepisse come
vuoto ricordando la serata che avevano passato insieme, della mano che aveva
cautamente allungato sulla sua, dello champagne nei bicchieri…
Il terzo giorno Axel
accendeva il cellulare e trovava un paio di chiamate perse dalla sua preda. Non
erano mai mancate e tutte le volte lo facevano sorridere dandogli la conferma
del proprio fascino.
In realtà lo trovava un gesto
pietoso…sottomettersi così tanto fin da subito, dare una conferma così elargita
della dipendenza dal suo charme… ma visto che non era stato lui a chiamare lo
poteva catalogare solo come un complimento per se stesso.
Rispondeva con un messaggio,
per far desiderare ancora un po’ la propria voce.
Poi, il quarto giorno, vi era
il fatidico appuntamento… ed Axel non aveva mai sbagliato una meta. Sapeva
sempre dove portare le sue prede, quali erano i loro interessi e i loro hobby.
Axel offriva un passaggio fin
sotto casa perché era un vero galantuomo ed i due si salutavano sulla soglia in
modo così intimo che sembrava quasi si conoscessero da una vita…
Non entrava mai, nonostante
gli inviti.
Li lasciava a pensare a lui
per tutta la notte, a quello che sarebbe potuto succedere se invece avesse accettato
quella tazza di thè serale…
Il quinto giorno era il
preferito di Axel.
Era quello in cui si
svegliava con una colazione bella proteica, buttava giù un succo d’arancia e si
avviava alla casa della sua vittima come se fosse la sua.
Bussava alla porta e si
presentava con un sorriso di quelli che solo lui sapeva fare.
Le fini sopracciglia appena
un poco sollevate, le labbra dischiuse senza però mostrare i denti…
Era un maledetto magnete,
dannato il momento in cui si finiva nel suo cerchio d’attrazione…
Per un attimo sul viso delle
sue vittime c’era un'ombra di sorpresa… ma bastava che lo guardassero negli
occhi per allacciarsi al suo collo a cercare le sue labbra.
Che il letto fosse al primo o
al secondo piano non importava. Che volessero farlo in cucina, in sala, sul
divano... era assolutamente identico. Negli anni aveva accumulato così tanta
esperienza da non aver timore di nessun luogo e nessuna cosa.
Sapeva dove mettere le dita,
quanta pressione esercitare sulla pelle.
Aveva esplorato decine e decine
di bocche e la mappa era ormai ben impressa nel suo cervello. Non poteva
sbagliare strada, non era assolutamente possibile. E sempre, sempre, maledettamente sempre tutti
quanti cedevano come burro sotto il calore delle sue mani esperte. Qualsiasi
cosa volesse fare, poteva.
Perché sapeva come fargli dire di sì.
Il sesto giorno di svegliava
in quel letto che non era suo, dopo una giornata da acrobati.
A volte gli offrivano la
colazione a letto, ogni tanto trovava un biglietto che gli segnalava l’orario
di ritorno con consequenziale invito a pranzo.
In soli sei giorni entrava
così profondamente nel cuore delle persone che veniva automaticamente inglobato
nella loro routine giornaliera. Era una maledetta spina infetta, di quelle che
più cerchi di tirarle fuori, più scivolano in profondità.
Così Axel iniziava a
convivere con la sua vittima una lunga giornata di ruotine. A volte faceva la
spesa, a volte andavano al parco, ognuno aveva i suoi rituali giornalieri e i
suoi orari.
La sera si ritiravano in
camera e finivano di nuovo uno tra le braccia dell’altro.
…e tutto era già diventato
così noioso, ora che non c’era niente
da conquistare.
Così il settimo giorno Axel
scappava dalla finestra, dalla porta di servizio, da qualsiasi cosa gli consentisse
di prendere una boccata di libertà.
E la spina era ormai così
profondamente infilata nel cuore delle vittime che il suo addio le spezzava… quanti
cuori aveva infranto?
Axel rimase sdraiato sul
letto, fissando il soffitto con le mani riunite sul torace.
Sinceramente non gli era mai
importato di ferire le persone… ma il problema era un altro.
Il problema era un ragazzino
biondo che doveva avere almeno quattro anni meno di lui… un maledetto
studentello universitario che ancora odorava di diploma.
Era un casino il modo in cui
si era presentato… il modo in cui l’aveva guardato mentre si erano trovati a
parlare davanti ad un caffè.
Aveva questi due occhi blu
profondi come l’oceano… e quando il loro sguardo si era incrociato Axel si era
sentito come se quel tipetto sapesse già tutto di lui. Avrebbe potuto confessargli
qualsiasi cosa!
Non si aspettava di rivederlo
ancora. Quasi per scaramanzia era tornato nei giorni successivi nella
biblioteca dove l’aveva incontrato… ed il terzo giorno? Eccolo là.
Il suo cardigan a scacchi da
secchione e quegli occhietti maliziosi che lo spiavano da dietro la copertina
d’un libro.
L’aveva invitato a cenare in
un ristorante costoso ed Axel aveva accettato senza pensare... per essere
chiari: non è che gli piacesse così tanto da fargli spezzare il suo normale
rituale di corteggiamento… solo che gli piaceva il ristorante, ecco. Mica il
tipetto.
La cena era andata bene. Axel
si era automaticamente offerto di riaccompagnarlo a casa, così abituato a
rispettare la propria routine di corteggiamento… ma lui non si era fatto
riaccompagnare, se n’era andato salendo su autobus come un normale studente
senza patente… ed Axel aveva desiderato dannatamente sbatterlo sul proprio letto
e premergli un polso dietro la schiena, metterlo sotto per punirlo di un voto
andato male e dargli ripetizioni speciali di anatomia…
Con la testa piena di lui non
era neanche riuscito a tornare a casa; com’era salito in auto si era sganciato
i pantaloni ed aveva seguito le sue fantasie fino a dimenticare ogni cosa.
Aveva dormito male,
dannatamente male!
...e la mattina seguente era
tornato subito alla biblioteca, sorseggiando un orribile caffè d’asporto preso
a pochi centesimi.
Lui era di nuovo lì, con quei
suoi occhi grandi.
Gli sembrava ancora più
malizioso… anche se non stava facendo assolutamente niente per tentarlo. Credeva
di intravederlo a leccarsi le labbra, che lo facesse apposta a far cadere le
pile di volumi solo per piegarsi e mostrargli il suo sedere maledettamente
troppo perfetto sotto quei pantaloni qualunque!
“Ehi, ciao. Mi daresti una
mano a rimettere a posto questi libri? Ultimamente con tutti questi esami non
so più dove ho la testa…”
Certo che sì, cazzo! Come lo
capiva, anche lui aveva la mente ancorata da un'altra parte…
Sollevò la pila di libri e
seguì Roxas tra gli scaffali, lasciandone uno di qua, uno di là…
Poi Roxas aprì una porta e lo
aiutò a scaricare gli ultimi volumi nella sala dei libri di medicina.
Quelle lezioni di anatomia. Quelle dannate lezioni di
anatomia.
Affondargli la testa tra i libri e sentirlo suo mentre
si aggrappa agli scaffali.
Axel fissò Roxas ed i due
rimasero in silenzio…
…poi Roxas alzò una sedia e
la puntò contro la porta. Scosse la maniglia per vedere se la sua chiusura
reggeva e quando si ritenne soddisfatto tornò a girarsi verso Axel.
Subito le mani lunghe di lui gli
affondarono tra i capelli dorati. Gli carezzò il collo, gli baciò la giugulare.
Axel non aveva mai fatto una
cosa del genere prima d’ora. Non perché fossero in una stramaledetta biblioteca
pubblica, ma perché aveva mandato completamente a puttane il suo calendario di
corteggiamento.
Febbrilmente slacciò la
cintura del ragazzino, mentre le mani di lui andavano ad abbassargli i
pantaloni.
Sentirlo mugolare fu un afrodisiaco per le sue orecchie. Axel aveva ancora i
pantaloni alle caviglie quando si chinò sul ragazzino e gli strinse i fianchi
premendo con forza le dita sulla sua pelle chiara.
La schiena di Roxas sbatté
contro la libreria. Cercò di aggrapparsi allo scaffale ma finì solo per
rovesciare a terra qualche libro.
Axel passò la lingua tra le
sue gambe, bagnandogli la pelle. Voleva tutto di lui, percepiva un legame che
mai aveva sentito prima d’ora. Ci aveva parlato per così pochi giorni… eppure
gli sembrava di conoscerlo da tutta la vita!
I suoi modi sbarazzini e
gioviali, il suo aspetto da angioletto… se si sforzava abbastanza poteva anche
fingere d’averlo incontrato tanto tempo addietro, inventarsi qualche storiella
che giustificasse il fatto per cui era finito in una biblioteca pubblica a
fargli un pompino.
Roxas gli piantò le mani tra
i capelli e mosse le dita sulla sua testa, stringendo ed allentando la presa in
modo adorabile.
Non capiva quanta esperienza
avesse quel benedetto ragazzino. Gemeva come fosse la sua prima volta, ma
sembrava che ogni sua mossa fosse misurata apposta per lui, ritagliata
appositamente per fargli perdere la testa.
Axel lo assaporò
ingordamente, mandando a quel paese ogni pensiero coerente. Si riempì ancora
una volta la testa di fantasie su quel corpicino… quante cose avrebbe potuto
fargli! Si alzò e ne cercò le labbra.
Roxas mugolò, insoddisfatto,
e gli strinse una mano tra i capelli per tirarlo più verso di sé nel loro
bacio.
“Girati…” ansimò Axel al suo
orecchio.
Si sorprese di scoprire la
propria voce a vibrare dall’eccitazione. Se non si fosse dato una mossa sarebbe
venuto come un principiante.
…ma tutta quella situazione
paradossale lo faceva ammattire! Quel ragazzino così serafico… e la biblioteca!
Potevano bussare alla porta da un momento all’altro! Cazzo, l’adrenalina gli
scorreva nelle vene come non mai.
Come aveva fantasticato,
Roxas strinse le mani su uno scaffale più alto e premette la fronte sudata
contro le dorsali dei dizionari di medicina mentre Axel gli stringeva i fianchi
e si calcava dentro di lui.
Li avrebbero sentiti di
certo.
Bastava che qualcuno passasse
davanti alla porta e non avrebbe potuto ignorare il suo ansimare roco ed gemiti
alti del ragazzino, per non parlare del rumore secco e viscido delle proprie
spinte!
Eppure quello che sarebbe
dovuto essere un sentore di pericolo nella mente di Axel non serviva ad altro
che amplificare il piacere, facendogli perdere il controllo sempre di più.
Quando venne disse il suo
nome come facevano sempre tutti gli amanti a cui aveva strappato il cuore.
Ed era questo il problema.
Lui, Axel, il donnaiolo, il
Don Giovanni per eccellenza… aveva finito per ritrovarsi con una scheggia nel
cuore.
Una scheggia ch’era d’amore,
un amore insopportabile che non riusciva a gestire!
Il cellulare posato accanto
al suo orecchio gli faceva compagnia nel suo muto momento di silenzio… la
scheggia si era piegata di lato e gli aveva spezzato il cuore a metà.
Adesso capiva come si
sentivano le vittime.
L’aveva chiamato come un cane
patetico almeno tredici volte... ed il numero che gli aveva dato Roxas non
esisteva neanche.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** ➣ Colors ***
Le bien qui fait mal 2 akuroku
“NOT MY HAPPY ENDING”
Raccolta
Akuroku, 30 minuti massimo, canzoni casuali
...Diciamocelo, non è una vera storia della Marti se almeno un capitolo non arriva in ritardo (͠≖ ͜ʖ͠≖)👌
Ieri mi sono completamente dimenticata di postare, sorry! Ma ecco per voi la vostra dose di depressione quotidiana! ❤
Al solito... grazie per la recensione, Libery! (っ◔◡◔)っ ♥
6 ➣ Colors (Crossfade)
La loro storia era di colore
rosso.
Si erano incontrati un giorno di autunno, quando le
foglie degli alberi erano ormai secche e svettavano contro il cielo ingrigito
dal freddo.
Risaltavano terribilmente sui rami magri e spogli,
come macchie di colore puro colate su una manciata di pennelli. A volte il
vento ne afferrava qualcuna e la trascinava in una danza elegante fatta tutta
di piroette e curve fino a depositarla sul prato brullo del parco cittadino.
Era un Novembre gelido, di quelli che fanno arrossare
le punte del naso e sfiatare nuvolette di vapore.
Le guance di Roxas avevano preso una tinta scarlatta
quando Axel l’aveva aiutato a rimettere in piedi la sua bicicletta.
“Come ti chiami?” aveva chiesto con un sorriso che
niente aveva d’invernale.
Rispondendo, Roxas aveva capito che con lui sarebbe
stata sempre estate.
Non è forse rosso il colore dell’amore romantico?
Quello era sbocciato, come i tulipani fuori stagione
che Axel aveva iniziato a portargli al mattino.
La sua chioma vermiglia avanzava nei corridoi fino
alla sua porta.
Non era uno che bussava, piuttosto si intrufolava di
nascosto e si compiaceva di non aver dovuto chiedere il permesso.
Era un tipo irruento, sempre allegro. Quando parlava
muoveva le braccia e le mani, si picchiettava la fronte ed a volte si
soffermava anche a fare lo spelling di alcune parole.
Quando gli aveva dato l’indirizzo per farsi ritrovare, Roxas non aveva davvero creduto
che Axel si sarebbe ripresentato.
…ed invece l’aveva trovato là tutte le mattine, fiori
in mano e mille cose da raccontagli sulla lingua.
Non aveva mai conosciuto nessuno come lui, prima
d’ora.
La prima volta che l’aveva visto arrivare era andato
nel pallone.
Rossi i suoi capelli, quel colore che fa salire il
battito cardiaco e mette al lavoro tutto il sistema nervoso. Non riusciva
neanche a capacitarsi che fosse arrivato realmente fino alla sua porta, che
quei tulipani fossero per lui, che l’avesse davvero
considerato così importante da tornare a cercarlo.
Cosa poteva aver visto di speciale in uno come lui,
che non brillava di alcun colore?
Eppure eccolo là, attirato come un toro dal drappo…
Si erano trovati mescolandosi come toni caldi,
abbracciandosi sotto le coperte e sussurrandosi dolci parole.
Rosso era il colore della passione, quella che li
univa con quella dolcezza segreta che solo loro sapevano di condividere.
Pian piano, ogni giorno, Roxas si rendeva conto di non
aver sbagliato su di lui:
Axel davvero portava l’estate.
Aveva quel profumo di fresco, la pelle sempre
bollente… sembrava fatto di fuoco vivo, vista la vivacità che sprizzava!
Era così forte, così intenso, che contagiava tutto
quello con cui veniva a contatto! Tingeva il mondo al suo passaggio, mutava le
cose perché si accostassero al suo tono.
Più passava del tempo con lui, più Roxas si rendeva
conto di non essere più grigio. Lentamente,
giorno dopo giorno… ci voleva del tempo, tanto tempo…ma quando sorrideva
sentiva del calore nel proprio petto. Stava lentamente diventano rosso anche
lui.
Anche se finora
era più un arancione.
La loro storia non era solo scarlatta, ma era anche
composta di piccoli particolari dello stesso colore… eppure tanto più freddi.
Quale vuoto nel petto gli si era creato leggendo le
parole scritte in rosso su quel foglio, quanto terrore aveva assalito Roxas in quel
momento!
…tuttavia Axel era di nuovo accanto a lui e l’aveva
abbracciato facendogli percepire l’estate. Mancavano ancora due mesi a Giugno,
ma con lui pareva sempre che la bella stagione avesse già inondato la loro
stanza.
Quant’era rosso il suo amore… e quant’era rosso il
sangue che Roxas si tossì tra le mani.
Rosso gelido, come la luce accesa del pronto soccorso.
Rossi come gli occhi di Axel, pitturati dal pianto.
Quando Roxas aveva lasciato l’indirizzo dell’ospedale,
non credeva che quel ragazzo sarebbe mai venuto a trovarlo.
L’avrebbe preso per uno scherzo, perché avrebbe dovuto
credergli? Ed anche allora che interesse poteva avere a frequentare uno che stava
andando a farsi ricoverare?
Ma Axel era passato ogni giorno riempiendo il vaso sul
suo comodino… come se non vedesse il suo malore.
Aveva riso con lui, avevano scherzato assieme. Solo a
parole l’aveva trasportato in mille e mille luoghi diversi…
Non l’aveva mai trattato come se fosse malato, neanche
una volta. Aveva apparecchiato sul letto d’ospedale quando avevano mangiato
assieme al loro primo appuntamento… e quanto avevano riso le infermiere quando
aveva fatto la sua proposta di fidanzamento riempiendo la stanza di palloncini scarlatti.
Axel aveva portato il calore nel suo cuore, l’aveva
aiutato a tornare a sorridere e dimenticare quanto grigia fosse ormai la sua
esistenza… gli fece assaggiare quei giorni caldi a cui sapeva di non poter
arrivare.
Era ancora Maggio ma Roxas aveva vissuto tutta
l’estate.
A Giugno non arrivò mai.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** 7 ➣Louder than Thunder ***
Le bien qui fait mal 2 akuroku
“NOT MY HAPPY ENDING”
Raccolta
Akuroku, 30 minuti massimo, canzoni casuali
...Nuovo
capitolo pubblicato in fretta e furia perchè devo partire tra
dieci minuti e starò via per tre giorni. La depressione è
forte in questo capitolo.
Grazie mille per la recensione, Liberty! Ancora non ho avuto il tempo
di rispondere ma l'ho apprezzata tanto. Se ho internet all'Elba ti
rispondo da laggiù ♥
7 ➣Louder than Thunder (The Devil
Wears Prada)
Il liquore aveva lo stesso colore dorato del miele.
Scendeva nella gola di Axel senza attrito,
intasandogli le vene e il cervello… era amaro come una medicina ma rendeva
schiavo coma la peggiore delle droghe. Ogni sorso legava le dita al successivo
tirandone un altro alla bocca, versando ulteriore veleno giù per la trachea, facendolo
tossire e scivolare sempre di più nell’inibizione.
Aveva perso il conto delle bottiglie, perso il conto
delle bugie e delle delusioni. Tutto si riduceva al nettare nel suo bicchiere,
all’ambrosia degli Dei.
Si beve per dimenticare.
Axel increspò le labbra in un sorriso tirato con la
bocca già posata sul bicchiere, poi buttò giù un altro sorso.
La casa era così silenziosa e vuota… gli occhi gli
bruciavano da morire. Sentiva le lacrime premere nel retro degli occhi e fargli
frizzare le palpebre.
Solo che era stanco di piangere… ed ancora non ci era
riuscito.
Avrebbe voluto dannatamente gridare, spaccare tutte le
bottiglie e lasciarsi trasportare dalla rabbia più cieca.
Oh, come sarebbe stato meglio se solo fosse stata una
di quelle persone che di fronte alle avversità riescono a lasciarsi andare al
pianto e smettono di soffrire quando il dolore si acquieta.
Il suo problema era questo: Non riusciva a farselo
passare.
Con il tempo avrebbe dimenticato, tutto sarebbe
tornato alla normalità.
Sarebbe riuscito a lasciarsi alle spalle la pelle
morbida di Roxas, il suo sorriso la mattina, il modo in cui gli preparava il
caffè.
Il ricordo delle sue cene speziate sarebbe svanito
assieme alle loro vacanze, al giorno in cui si erano conosciuti… il tocco delle
sue mani sarebbe andato perso, i suoi baci, le sue carezze. Perché è così che
va’, no?
Il tempo guarisce, il tempo fortifica, no?!
La bottiglia era quasi vuota. Axel ne afferrò il collo
ed indugiò facendola traballare tra le proprie mani, indeciso se versarsi un
altro bicchiere o attaccarsi direttamente ad essa. Con gli occhi appannati
riuscì a leggere l’etichetta ed il suo stomaco si annodò…
La bottiglia che gli aveva regalato Reno alla festa di
fidanzamento. Quella che avevano promesso di conservare, quella che erano
sicuri che non avrebbero mai bevuto, perché gli alcolici che regalava suo cugino
erano sempre troppo forti per i normali esseri umani…
Stava mandando a puttane il passato.
Si attaccò al collo della bottiglia e buttò giù
sorsate ingorde, cercando di finirla in fretta.
Si beve per dimenticare… e lasciarsi tutto alle spalle
era quello che avrebbe dovuto fare. Sarebbe mai potuto esserci un altro come
Roxas, nella sua vita?
Non voleva pensare a come avevano litigato. L’ultima
immagine che conservava di lui era un ragazzino con gli occhi gonfi di lacrime
che se ne andava sbattendo la porta di casa loro.
Un attimo prima era là, nel loro nido, il rifugio che si erano costruiti
insieme… ed un secondo dopo il vuoto e il silenzio avevano accoltellato Axel
con dannatamente troppa forza.
Era colpa sua? Certo che era colpa sua!
Il liquore gli andò di traverso ed Axel tossì. Si
sollevò dallo sgabello e si piegò in avanti sul bancone da cucina, tossendo con
forza sulla miriade di pacchetti di medicinali vuoti.
Roxas era uno di quelli che sapeva piangere. Lui
riusciva sempre ad esprimere le proprie emozioni. Se si arrabbiava gridava,
quando era triste i suoi occhi si riempivano di lacrime e tirava su con il naso
in modo adorabile… e quand’era felice… il suo sorriso… che splendido sorriso.
Per questo Axel era sicuro del fatto che fosse stato
colto di sorpresa.
Non c’era paura sul suo viso… era pacato, come se si
fosse addormentato con gli occhi aperti.
Si beve per dimenticare, ma Axel lo faceva per una
ragione diversa.
Aveva guardato mille e mille volte quell’articolo di
giornale, aveva visto le foto, identificato il cadavere. Non avrebbe mai potuto
dimenticare, non sarebbe bastato tutto l’alcol del mondo. E il rimorso… oh, il
rimorso! Quale incredibile tenia era nella sua pancia!
Se solo non avessero litigato, se solo non gli avesse
permesso di uscire, se solo l’avesse seguito, l’avesse trattenuto…
Se solo avesse saputo che sarebbe morto due ore dopo
il loro litigio, colpito dal proiettile di qualcuno ancora non identificato che
era solo interessato alla sua valigia…
Avrebbe preferito non
sapere che Roxas non gliel’aveva voluta consegnare perché dentro vi aveva
messo l’anello del loro fidanzamento, quello che si toglieva sempre dopo che
litigavano... ma da cui non si separava mai, perché ogni volta finiva con il
rimetterlo.
L’aveva ucciso.
L’aveva assassinato con il proprio amore e condannato
con la sua disattenzione. Se solo l’avesse amato di più! Se solo l’avesse amato
di meno…
Forse era il rimorso, forse era tutto quello che aveva
ingerito… Axel si accasciò a terra e tossì di nuovo.
Se avesse potuto tornare indietro nel tempo avrebbe
strappato via la valigia dalla mano di Roxas, l’avrebbe stretto tra le braccia
e gli avrebbe sussurrato di non piangere ad un orecchio. Gli avrebbe fatto
capire quanto lo amava, perché era così ingiusto che le ultime parole che aveva
potuto rivolgergli fossero insulti.
Non beveva per dimenticare.
Beveva per ricordare.
Sorrise ed allungò una mano verso il viso di Roxas,
chino su di lui.
Era bello come nella sua mente, con i capelli biondi
ad incorniciargli il viso e le guance appena arrossate. Riusciva di nuovo a
vedere il suo piccolo naso appuntito, il colore delle sue iridi… solo un pazzo
avrebbe voluto lasciarsi alle spalle tutto questo.
Come poteva voler
dimenticare?!
Non avrebbe mai permesso alla sua immagine di
affievolirsi ed ai ricordi di confondersi. Voleva rivederlo, glielo doveva.
Allungò una mano tremante e posò una carezza sulla
guancia di Roxas. Riusciva quasi ad avvertire il suo calore sotto i
polpastrelli, il bagnato delle lacrime sul viso.
“Non piangere” disse, o forse solo lo pensò. Roxas gli
strinse la mano tra le sue e ne baciò il dorso, sorridendogli a sua volta tra
le lacrime…
Quando Axel chiuse gli occhi lo fece con gioia, conservando
come ultimo pensiero l’immagine di Roxas e del suo splendido sorriso.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=3544981
|