Not my Happy Ending

di Martiverse
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ➣ The Bird and the Worm ***
Capitolo 2: *** ➣ Le Bien Qui Fait Mal ***
Capitolo 3: *** ➣ But it’s better if you do ***
Capitolo 4: *** ➣ Going Under ***
Capitolo 5: *** ➣ Disgusting ***
Capitolo 6: *** ➣ Colors ***
Capitolo 7: *** 7 ➣Louder than Thunder ***



Capitolo 1
*** ➣ The Bird and the Worm ***


The bird and the worm
NOT MY HAPPY ENDING
Raccolta Akuroku, 30 minuti massimo, canzoni casuali
 
 
Verso Halloween dello scorso anno io e Vane ci siamo poste una sfida a tempo: pescata una canzone casuale dalla nostra cartella di musica dovevamo tirarci fuori rispettivamente un disegno e una fanfiction in massimo 30 minuti.
Lei si era posta il tema Halloween, io mi sono obbligata a far finire tutte le storie male… e quale coppia migliore per l’angst se non l’akuroku?
Perciò vi avverto da ora… queste storie non sono destinate ad un happy ending.

Tutte le otto storie verranno pubblicate nel mese di Ottobre (Uno, sei, undici, quindici, diciannove, ventitre, ventisette e l'ultimo capitolo per Halloween, il trentuno!) e tutte, esclusa la prima, saranno Au.
La prima è anche l'unica flashfic della raccolta, le altre saranno tutte oneshot.
Ovviamente è consigliabile accompagnare la lettura con l'ascolto delle canzoni. Metterò il link nel titolo di ognuna!

Le tematiche delicate di cui si tratta in diversi capitoli si riferiscono a:
Suicidio, alcolismo, uso di droghe, violenza e violenza psicologica.
Il rating delle storie varia dall'arancio al rosso ed alcune contengono scene erotiche.

-         Marti
 
1The Bird and the Worm (The used)
 
Credevi di potertene andare dall’organizzazione?”
Roxas strinse i pugni sentendo il sapore della terra in bocca. Aveva un gusto terribilmente acre, come la liquirizia, come la sconfitta.
Impastava le labbra asciugando la bocca e per quanto si sforzasse non riusciva a muovere la lingua. Tutte le sillabe rimanevano incastrate nella sua gola come pezzi di vetro d’un ampolla rotta.
Riverso al suolo percepiva il terreno come una trappola mortale. Avrebbe voluto alzarsi, avrebbe voluto gridare, ma ne aveva persa la capacità. Cercò di far leva sui gomiti e tirarsi più in alto ma le braccia gli tremarono e capì che non ce l’avrebbe mai fatta.
Brividi di freddo lo scuotevano, facendolo sentire febbricitante mentre il sangue bollente colava dal suo fianco dove ancora la lama del chakram era piantata. Tentò di strisciare, invischiandosi ancora di più tra la terra.

Si stava seppellendo da solo, come una ruota impantanata che gira, gira e non riesce a liberarsi.
“Noi siamo migliori amici…” non c’era ironia nella sua voce, né rabbia, né alcun senso di minaccia. Era la voce che usava per chiedergli com’era andata la giornata, come se l’averlo quasi ucciso rientrasse nelle occupazioni di routine giornaliere.
Sentì la mano affilata di Axel stringersi sul suo cappuccio e sradicarlo da terra, tirandolo via con una leggerezza che sembrava quasi senza sforzo. Si sentì piccolo tra le sue lunghe braccia da merlo, così fini eppure così pericolose…
“I migliori amici... ti conoscono bene, sai? Per questo sanno sempre dove trovarti…” gli sorrise con la stessa faccia di sempre.
Solo adesso gli sembrò un’espressione falsa da morire, perché Roxas sapeva. Aveva capito.
Per questo aveva cercato di fuggire…non era come loro! Avrebbe voluto gridarlo, ma le lacrime gli intasavano la gola bloccando ogni ansito.
Axel non riusciva a provare nessuna emozione, tutto quello che faceva era solo imitazione. Era come una gazza davanti ad uno specchietto, che osserva ed impara, affina i gesti e ripete parole vuote fin quanto non sembrano veramente aver senso nel suo becco.
“E’ a questo che servono, i migliori amici…”

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Capitolo 2
*** ➣ Le Bien Qui Fait Mal ***


Le bien qui fait mal 2 akuroku
NOT MY HAPPY ENDING
Raccolta Akuroku, 30 minuti massimo, canzoni casuali

 
...ma c'è ancora qualcuno di vivo nella sezione KH di EFP o...? @__@
 

2 Le Bien Qui Fait Mal (Mozart Opera Rock)
 
Dal primo momento in cui l’aveva visto, aveva capito che quello era il suo obbiettivo della serata.
La sua testa bionda era sbucata tra una miriade di altri ragazzini impegnati a divincolarsi sulle note di musica tecno. I capelli aurei come fili d’oro gli si erano tutti incollati alla fronte sudata mentre muoveva la testa in su e in giù, alzando le braccia a ritmo di musica come se fosse in uno stato di trance.
Axel aveva ancora una dozzina di pasticche di acidi in tasca e le altre erano state distribuite con parsimonia tra la folla in cambio del denaro frusciante che gli gonfiava le tasche dei pantaloni.
Afferrò un drink abbandonato sul bancone del bar e lo sorseggiò come se fosse il suo, sentendo l’alcol bruciargli la gola in modo piacevole e rinvigorente.
Adorava il modo attillato con cui i giovinastri si conciavano per andare in discoteca. Esponevano il loro sedere in jeans troppo bassi e boxer troppo alti, ed era come se stessero implorando di essere toccati! Continuando a fissare il biondino non avrebbe avuto solo le tasche gonfie, nei pantaloni…
Posò il bicchiere sentendosi assetato e si immerse tra la folla, sinuoso come uno squalo in un banco di pesci.
Tutto attorno a lui era in perpetuo movimento, un enorme animale simbionte dalle mille braccia. La testa bionda compariva e spariva a tratti, a volte coperta da qualcuno di più alto, a volte illuminata dalle luci stroboscopiche.
Quando lo raggiunse il ragazzino continuò a ballare, il cappuccio della felpa smanicata che gli rimbalzava sulla schiena e la zip che calava a forza di scossoni, rivelando il petto immaturo sotto di essa.
“Hey” Axel si chinò di fronte a lui, schioccandogli le dita davanti agli occhi “Balli bene. Come ti chiami, ragazzino?”
Il ragazzino si fermò e lo squadro senza alcuna traccia di confusione nei suoi occhi. Doveva essere già brillo se non mostrava neanche un minimo di remora rispetto ad uno sconosciuto che si avvicinava cominciando a fare domande casuali.
Anche troppa fortuna…
“Umh, Roxas” sorrise il ragazzino. Le sue guance era tinte d’un rossore ubriaco terribilmente carino e ad Axel venne immediatamente voglia di afferrargli la testa e spingerla tra le proprie gambe.
“Sei qui da solo?” chiese, affabile ed indagatore come il migliore dei lupi cattivi.
Roxas annuì scuotendo la testa un po’ troppo forte, senza perdere il suo sorriso alticcio.
“Tu invece?” chiese ridendo.
“Sono da solo…”
Roxas rise e si attaccò al braccio di Axel, neanche avesse detto la cosa più divertente del mondo!
“Volevo sapere il tuo nome” esclamò.
Axel strinse quel braccio fine con il proprio, serrando la presa sulla propria preda. Ora che era caduto nella sua rete non l’avrebbe lasciato per niente al mondo.
“Mi chiamo Axel” rispose rifilandogli un sorriso ferino.
Se c’era una cosa che adorava era spacciare le droghe per conto degli Oblivion, il sabato sera in discoteca. Tanti ragazzini con documenti falsi, di quelli che piacevano proprio a lui, tutti con i sensi inibiti da questo o quell’altro intruglio. Se non erano abbastanza fuori di loro poteva sempre regalare una dose qua e là, perché Marluxia gliel’aveva detto: “Incentivare i nuovi clienti è come guadagnare.”
Pensandoci adesso la miglior scelta della sua vita era stata tradire l’Organizzazione ed attaccarsi agli Oblivion…erano molto più tranquilli e permissivi per quanto riguardava lo svago sul lavoro.
Roxas ondeggiò un attimo e si portò la mano libera alle tempie, l’altra la strinse con più forza sul braccio di Axel e sembrò sul punto di cadere.
“Non mi sento tanto bene…” biascicò “…puoi…puoi portarmi in bagno?”
Qualcuno lassù deve volermi bene. Axel ghignò e trascinò via Roxas a braccetto, cercando di farsi strada tra la folla.
Spinse la porta del bagno con una mano e poi lo accompagnò in uno dei cubicoli.
La serratura scattò alle sue spalle, segnando l’occupato.
Vieni Cappuccetto Rosso, passiamo dal bosco…
Roxas aveva le labbra rosse ed il viso pallido, sembrava accusare male i colpi dell’alcol. Forse di lì a poco avrebbe potuto vomitare, ma l’ultima cosa che Axel voleva fare quella sera era reggere i capelli di uno stupido ragazzino troppo sbronzo.
Decise che doveva far alla svelta quindi gli piantò una mano sotto al collo e lo spinse contro la parete sudicia del bagno, affondando con voracità la lingua nella sua bocca.
“Cos…” mormorò Roxas piegando la testa indietro e trovando il muro a bruciargli la ritirata. Piantò entrambe le mani contro la maglietta di Axel e cercò di spingerlo indietro, poi l’ubriachezza ebbe la meglio e quelle stesse mani tirarono lo spacciatore in avanti.
Anche se era su di giri il ragazzino sapeva baciare proprio bene. Axel riusciva a sentire il calore della sua lingua e se ne beava da morire, ringraziando mentalmente tutti gli stupefacenti e gli alcolici della terra. L’eccitazione che aveva cercato di contenere fino a quel momento divampò in lui come una fiamma, pompando il suo sangue più in fretta ed accorciandogli il fiato.
Più che affondava con la lingua nella sua gola, più che avrebbe voluto slacciarsi i pantaloni e vedere quant’altro di lui sarebbe riuscito ad ficcargli in bocca.
Strinse una mano tra i capelli di Roxas e li strattonò violentemente all’indietro, facendogli rovesciare il collo con un singulto lascivo. Voleva divorarlo, assaggiare ogni singolo centimetro della sua pelle. Solo il pensiero di potersi approfittare di lui in modo così bieco gli dava una scossa al basso ventre. Morse la sua giugulare e di nuovo gli catturò le labbra, facendosi sempre più vorace.
Quando sentì l’erezione del ragazzino premergli contro la gamba Axel sorrise, crogiolandosi nel proprio potere.
…poi sentì la pressione solida salire di scatto e premersi contro il suo petto. Non fece neanche in tempo a capire che cosa non andava…
Roxas gli strinse una mano tra i capelli come lui aveva fatto, strattonandogli la testa per tirarlo più in basso.
“L’Organizzazione ti manda i suoi saluti” gli sussurrò ad un orecchio, più lucido che mai, premendo sul grilletto della pistola.
La serratura del bagno passò da rossa a verde e Roxas si lavò le mani dal sangue nel lavandino, sorridendosi allo specchio.
Dal primo momento in cui l’aveva visto, aveva capito che quello era il suo obbiettivo della serata.



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Capitolo 3
*** ➣ But it’s better if you do ***


Le bien qui fait mal 2 akuroku
NOT MY HAPPY ENDING
Raccolta Akuroku, 30 minuti massimo, canzoni casuali

 ...sono una bollicina di sodio.
Scusate, fino a mezzanotte ero convinta che oggi fosse il 10 e quindi stavo per saltare l'aggiornamento ahaha
 

3But it’s better if you do (Panic! At the Disco)
 
Dopo aver visto Roxas all’entrata del locale, Axel aveva vomitato.
Si era sentito terribilmente sporco, così maledettamente orribile che non ce l’aveva fatta neanche a tenersi il cibo nello stomaco.
Non aveva idea di come avesse fatto a trovarlo, né del perché avesse deciso di assistere al suo pietoso spettacolo… fatto sta’ che si era seduto proprio in prima fila.
Axel fissò la propria immagine allo specchio, il cerone bianco, le lacrime disegnate sul volto… sembrava una bambola di porcellana venuta male: troppo magro, troppo alto, come un quadro di Schiele.
Non si vedevano le sue occhiaie violacee, perfino le fosse sulle guance erano state mascherate dal trucco…
…ma restavano là, segno del suo deperimento fisico e mentale.
Poteva indossare la sua maschera di carne quanto voleva, sotto la pelle non sarebbe cambiato un bel niente.
Quanto puoi essere sbagliato?
Quanto puoi essere stato stupido?
Sei sparito per cosa?
Perché due occhi gialli e dei capelli azzurri ti erano sembrati più interessanti del mix contrario e più consueto?
Forse per questo Roxas era lì: per punirlo.
Per sbattergli in faccia quanti anni di fidanzamento aveva buttato a puttane scappando con un ragazzo incontrato al matrimonio di Larxene.
Per affondare il coltello nella piaga e far sanguinare fuori tutti quegli errori commessi, gli eventi mai spiegati, le telefonate perse ed i messaggi mai risposti…
Axel si guardò negli occhi e non riuscì a sostenere il proprio sguardo.
La bile gli bruciò un'altra volta nella gola. Strinse la mani contro i braccioli della sedia e si piegò di lato per vomitare a terra nient’altro che succhi gastrici e tensione.
Quanto cazzo era sbagliato!
Quanti cazzo di errori aveva commesso!!
Come avrebbe potuto spiegare a Roxas quello che neanche riusciva a spiegare a se stesso?
Come poteva dirgli che preferiva gli schiaffi alle carezze, che i sorrisi lo mettevano a disagio e che pensare alla spazzatura da buttare, al figlio del vicino, alla macchina da lavare era per lui come impiccarsi con le proprie viscere?
Non gli piaceva quando Saïx riversava la propria ira su di lui, non godeva nel sentir dolore… solo che gli era più familiare come sensazione. Per tutta la vita era stato male, circondato da persone abusive e prepotenti. Ci aveva fatto il vizio.
L’essere umano è una creatura d’abitudine, che teme l’ignoto perché ingrandisce le paure.
Così Axel era diventato dipendente dalla tristezza, dalla rabbia, dagli scatti di violenza, perché erano cose che conosceva e sapeva come gestire. Roxas per lui era troppo. Troppo buono, troppo bravo, troppo sveglio, troppo amorevole… erano tutte qualità a cui non era mai stato abituato e ad Axel tenersi per mano faceva più paura che ricevere uno schiaffo.
Aveva resistito per anni, convincendosi che prima o poi sarebbe riuscito ad assuefarsi… che meritava di essere felice
 “Per voi, Soffio di Fiamme Danzanti!” Saïx lo stava annunciando nella sala accanto.
Axel si passò una mano sulla bocca e procedette verso il palco, ondeggiando i suoi arti asciutti come stecchi.
Quando uscì le luci rosse del club lo stordirono per un attimo, costringendolo a socchiudere gli occhi e quando li riaprì lui era lì.
Non stava facendo altro che fissarlo, con quei suoi due occhi grandi come il mare. Non v’era riflesso d’indignazione in lui, neanche di curiosità. Si limitava a guardarlo come se non lo conoscesse, ed Axel era sicuro che fosse proprio così.
Aveva mentito, mentito e mentito, fino a che le bugie non gli erano crollate addosso e non aveva più retto.
Chi voleva ingannare?
Si disegnava lacrime sul viso perché non riusciva a piangere…
Axel afferrò il palo metallico per reggersi in piedi più che azzardar una mossa.
Guardando Roxas sentì un nodo allo stomaco piacevolmente familiare, il dolore a cui era avvezzo e che conosceva.
Sarebbe scappato con lui quella sera, perché la sofferenza che avrebbe provato gli era nota. Sapeva nuotare in questo tipo d’acqua, stare a galla sulle lacrime…poi Saïx sarebbe venuto a riprenderlo e non l’avrebbe trattato con clemenza.
Ma andava bene, perché Axel conosceva solo questo.

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Capitolo 4
*** ➣ Going Under ***


Le bien qui fait mal 2 akuroku
NOT MY HAPPY ENDING
Raccolta Akuroku, 30 minuti massimo, canzoni casuali

 ...Ciao Liberty89! Grazie mille per la recensione, l'ho apprezzata tantissimo  
Ciao anche a voi, lettori silenziosi! (•◡•) / Aumentate sempre di più e mi fa piacere, anche se non so se il tutto vi piace o vi fa buttare da un ponte ahahah
Per voi, la vostra dose di depressione settimanale!
Giuro che la prossima sarà meno deprimente...
 

4Going Under (Evanescence)
 
Roxas mise un piede dopo l’altro. Prima il sinistro poi il destro, in linea, come un funambolo.
Era una serata come le altre, il sole iniziava a tramontare all’orizzonte e dietro di lui il traffico di automobili proseguiva incessante. Già avevano acceso i fari, proiettando sull’asfalto tenui raggi artificiali attutiti dagli ultimi riflessi di luce solare. Tutti andavano così di fretta…
Una ventata calda e appiccicosa, tipica del mare, si levò scompigliandogli i capelli e facendogli turbinare la felpa legata in vita.
Da là riusciva a vedere tutto il panorama…
Il fiume che si diramava sinuoso oltre il cemento, abbandonando la città. Le curve serpentine che effettuava tra alberi e sassi, superando la diga e poi sfociando nel mare aperto. I riflessi di luce sull’acqua lo facevano brillare come fosse stato un enorme pesce dalle scaglie scintillanti. Era così bello, così libero, che a Roxas venne voglia di toccarlo.
“Faresti tutto per me?” chiese senza staccare gli occhi dal panorama. Non aveva bisogno di voltarsi, sapeva che il suo interlocutore era là…
Udì Axel alle sue spalle muovere un passo, indeciso, e subito fermarsi.
“Ma certo…” piagnucolò patetico, come ogni volta che veniva messo in discussione il suo amore.
Bugiardo.
Perché a parole erano bravi tutti, ma quando mai Axel aveva rinunciato a qualcosa per lui?
Se gli chiedeva di rimanere a casa, lui usciva. Se lo implorava di non andare in un tour, lui partiva. Non buttava neanche la spazzatura sotto sua richiesta, come poteva dirgli con tanta leggerezza che avrebbe fatto ogni cosa per lui?!
Qualcuno suonò il clacson, ma il rumore dell’acqua era più forte.
“Sono davvero la cosa più importante nella tua vita?” chiese Roxas atono.
Conosceva la risposta a memoria, sperava solo che per una volta Axel dicesse di no.
Gli avrebbe fatto male, terribilmente male… ma sarebbe stato comunque meglio di dover sorbire tutte quelle bugie.
Se gliel’avesse detto avrebbe potuto fare di più per lui, stargli più vicino, supportarlo! …ma Axel gli aveva nascosto tutto.
“Ma certo, Roxas!”
Bugiardo. Bugiardo!
Come si ostinava, il maledetto serpente! Quanto lo credeva stupido per trattarlo in quel modo?
Ogni menzogna che vomitava si conficcava nel cuore di Roxas facendolo sanguinare nell’anima, portandolo alla disperazione!
“Mi hai mai tradito?” chiese, e mosse un passo.
“Roxas…” mugolò Axel alle sue spalle “Ti prego, Roxas…”
“Rispondimi.” Il tono di Roxas si era fatto tagliente, esattamente come le parole con cui lo stava ferendo.
Axel tirò un lungo sospiro. L’aria uscì dalla sua bocca come un sibilo, assieme alla sua risposta.
“No...”
Bugiardo! BUGIARDO!
“So tutto di te, Axel Flurry!” Roxas si voltò di scatto, con le lacrime che gli finivano tra le labbra “Credi che sia l’unico su questa terra a non conoscerti?! Io dovrei conoscerti meglio di chiunque altro… ed invece le riviste sanno sempre tutto prima di me! Ed una volta scopro che te ne andrai con quella tua stupida band in un altro Stato, un'altra volta che eri finito in overdose, Axel! Ed io, il tuo maledetto fidanzato, l’ho saputo dai giornali!”
Lo scrosciare del fiume era potente quanto le lacrime sulle sue guance, sentiva solo il rombare dell’acqua… così forte, così libero, copriva perfino il pietoso balbettare di Axel.
“Roxas ti prego… ti prego… non farmi questo…”
“POI!” gridò Roxas “Torni da me, tutte le volte! E dici bugie, bugie, bugie! Mi saturi di bugie, sono così stanco di sentirti parlare! E mi dici che mi ami-”
“Ma ti amo!”
“-e che sono tutto per te! Che per me faresti qualsiasi cosa! Che sono l’unico, maledizione! Ma menti ancora, perché tu non sai fare altro! E dai giornali ti vedo a scopare con quel tuo maledetto chitarrista biondo del cazzo!”
“…Roxas ti prego… non fare così… non era mia intenzione ferirti…”
Ed è questo il problema dei bugiardi… mentono così tanto che nessuno gli crede più quando dicono la verità.
Bugiardo…” soffiò Roxas, poi mosse un ultimo passo e si sbilanciò all’indietro sul corrimano del ponte.
L’acqua era così libera, l’acqua era così forte.
Quasi non sentì Axel gridare il suo nome quando il dolore dell’impatto gli scrosciò nelle orecchie e tutto diventò buio, trascinandolo a fondo nella corrente…
Era così libero, adesso.
Non era più il suo turno di soffrire.

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Capitolo 5
*** ➣ Disgusting ***


Le bien qui fait mal 2 akuroku
NOT MY HAPPY ENDING
Raccolta Akuroku, 30 minuti massimo, canzoni casuali

 ...Hello there ≧◉◡◉≦
Ecco qua il nuovo capitolo, come promesso... e stavolta in orario, non è neanche notte ahahah
Per una volta possiamo assistere ad un raro caso di Axel figo nelle mie storie, auguri x°D
...e come nella maggior parte delle mie storie... eeeeeeeeeeh (͠≖ ͜ʖ͠≖)👌
Plus, grazie per la recensione Libery89 ;w; E' bello sentire un parere <3
 

5 ➣ Disgusting (Kesha)
 
Axel aveva spezzato almeno un centinaio di cuori.
Non importava che fossero di donne o uomini, puntualmente riusciva ad entrargli sottopelle e farli innamorare.
Forse era qualcosa nel suo aspetto eccentrico che attirava le prede, come il colore sulle foglie d’una pianta carnivora… o forse era il suo atteggiamento così dannatamente sicuro di sé a far colpo.
Aveva l’incredibile capacità di saper parlare ed ascoltare in maniera equa, memorizzando tutti i dettagli con una precisione chirurgica. Così sembrava sempre attento e partecipe, uno che ci tiene davvero! Perché non è da tutti ricordarsi la data di compleanno della Zia Adelina, o quale corso di danza ha frequentato il cugino di secondo grado che si è trasferito a Sidney.
Sapeva sempre cosa dire in ogni situazione e non c’era il verso che un appuntamento potesse andar storto quando l’interlocutore ride sempre al momento giusto o ti fissa con due occhi verdi maledettamente ipnotici…
Non aveva neanche bisogno di sforzarsi più di tanto, era una di quelle persone che nasce già con la camicia!
Elegante nei modi e curato nell’aspetto, aveva anche ricevuto il dono divino di poter mangiare come una scrofa senza metter su neanche un filo di grasso.
Aveva un unico, gigantesco, difetto.
Si annoiava alla svelta.
Non era mai riuscito a stare con nessuno per più di una settimana. Così, mentre la controparte già pensava al matrimonio con il principe dei sogni, Axel se la svignava dalla finestra e cambiava scheda al cellulare.
Il primo giorno era una sfida adrenalinica, un incontro in cui doveva concentrarsi al cento per cento per capire ogni cosa del suo interlocutore. Di solito offriva una cena in un locale costoso e stava a chiacchierare davanti ad un bicchiere di champagne, cosa che faceva sempre colpo.
Amava scoprire il vero essere delle persone in poco tempo. Gli pareva di aver tra le mani un enorme cubo di Rubick e di doverlo sbrogliare alla svelta… ma sempre un tassello per volta.
Allora girava, spostava le caselle, faceva domande e dava risposte, si esponeva quanto bastava a farsi rivelare dell’altro.
Il secondo giorno era una pausa. Spegneva il cellulare ed elaborava tutte le informazioni che era riuscito a ricavare.
Gli piaceva sparire per far sì che l’altro si riempisse la testa della sua mancanza, che lo percepisse come vuoto ricordando la serata che avevano passato insieme, della mano che aveva cautamente allungato sulla sua, dello champagne nei bicchieri…
Il terzo giorno Axel accendeva il cellulare e trovava un paio di chiamate perse dalla sua preda. Non erano mai mancate e tutte le volte lo facevano sorridere dandogli la conferma del proprio fascino.
In realtà lo trovava un gesto pietoso…sottomettersi così tanto fin da subito, dare una conferma così elargita della dipendenza dal suo charme… ma visto che non era stato lui a chiamare lo poteva catalogare solo come un complimento per se stesso.
Rispondeva con un messaggio, per far desiderare ancora un po’ la propria voce.
Poi, il quarto giorno, vi era il fatidico appuntamento… ed Axel non aveva mai sbagliato una meta. Sapeva sempre dove portare le sue prede, quali erano i loro interessi e i loro hobby.
Axel offriva un passaggio fin sotto casa perché era un vero galantuomo ed i due si salutavano sulla soglia in modo così intimo che sembrava quasi si conoscessero da una vita…
Non entrava mai, nonostante gli inviti.
Li lasciava a pensare a lui per tutta la notte, a quello che sarebbe potuto succedere se invece avesse accettato quella tazza di thè serale…
Il quinto giorno era il preferito di Axel.
Era quello in cui si svegliava con una colazione bella proteica, buttava giù un succo d’arancia e si avviava alla casa della sua vittima come se fosse la sua.
Bussava alla porta e si presentava con un sorriso di quelli che solo lui sapeva fare.
Le fini sopracciglia appena un poco sollevate, le labbra dischiuse senza però mostrare i denti…
Era un maledetto magnete, dannato il momento in cui si finiva nel suo cerchio d’attrazione…
Per un attimo sul viso delle sue vittime c’era un'ombra di sorpresa… ma bastava che lo guardassero negli occhi per allacciarsi al suo collo a cercare le sue labbra.
Che il letto fosse al primo o al secondo piano non importava. Che volessero farlo in cucina, in sala, sul divano... era assolutamente identico. Negli anni aveva accumulato così tanta esperienza da non aver timore di nessun luogo e nessuna cosa.
Sapeva dove mettere le dita, quanta pressione esercitare sulla pelle.
Aveva esplorato decine e decine di bocche e la mappa era ormai ben impressa nel suo cervello. Non poteva sbagliare strada, non era assolutamente possibile. E sempre, sempre, maledettamente sempre tutti quanti cedevano come burro sotto il calore delle sue mani esperte. Qualsiasi cosa volesse fare, poteva.
Perché sapeva come fargli dire di sì.
Il sesto giorno di svegliava in quel letto che non era suo, dopo una giornata da acrobati.
A volte gli offrivano la colazione a letto, ogni tanto trovava un biglietto che gli segnalava l’orario di ritorno con consequenziale invito a pranzo.
In soli sei giorni entrava così profondamente nel cuore delle persone che veniva automaticamente inglobato nella loro routine giornaliera. Era una maledetta spina infetta, di quelle che più cerchi di tirarle fuori, più scivolano in profondità.
Così Axel iniziava a convivere con la sua vittima una lunga giornata di ruotine. A volte faceva la spesa, a volte andavano al parco, ognuno aveva i suoi rituali giornalieri e i suoi orari.
La sera si ritiravano in camera e finivano di nuovo uno tra le braccia dell’altro.
…e tutto era già diventato così noioso, ora che non c’era niente da conquistare.
Così il settimo giorno Axel scappava dalla finestra, dalla porta di servizio, da qualsiasi cosa gli consentisse di prendere una boccata di libertà.
E la spina era ormai così profondamente infilata nel cuore delle vittime che il suo addio le spezzava… quanti cuori aveva infranto?
Axel rimase sdraiato sul letto, fissando il soffitto con le mani riunite sul torace.
Sinceramente non gli era mai importato di ferire le persone… ma il problema era un altro.
Il problema era un ragazzino biondo che doveva avere almeno quattro anni meno di lui… un maledetto studentello universitario che ancora odorava di diploma.
Era un casino il modo in cui si era presentato… il modo in cui l’aveva guardato mentre si erano trovati a parlare davanti ad un caffè.
Aveva questi due occhi blu profondi come l’oceano… e quando il loro sguardo si era incrociato Axel si era sentito come se quel tipetto sapesse già tutto di lui. Avrebbe potuto confessargli qualsiasi cosa!
Non si aspettava di rivederlo ancora. Quasi per scaramanzia era tornato nei giorni successivi nella biblioteca dove l’aveva incontrato… ed il terzo giorno? Eccolo là.
Il suo cardigan a scacchi da secchione e quegli occhietti maliziosi che lo spiavano da dietro la copertina d’un libro.
L’aveva invitato a cenare in un ristorante costoso ed Axel aveva accettato senza pensare... per essere chiari: non è che gli piacesse così tanto da fargli spezzare il suo normale rituale di corteggiamento… solo che gli piaceva il ristorante, ecco. Mica il tipetto.
La cena era andata bene. Axel si era automaticamente offerto di riaccompagnarlo a casa, così abituato a rispettare la propria routine di corteggiamento… ma lui non si era fatto riaccompagnare, se n’era andato salendo su autobus come un normale studente senza patente… ed Axel aveva desiderato dannatamente sbatterlo sul proprio letto e premergli un polso dietro la schiena, metterlo sotto per punirlo di un voto andato male e dargli ripetizioni speciali di anatomia…
Con la testa piena di lui non era neanche riuscito a tornare a casa; com’era salito in auto si era sganciato i pantaloni ed aveva seguito le sue fantasie fino a dimenticare ogni cosa.
Aveva dormito male, dannatamente male!
...e la mattina seguente era tornato subito alla biblioteca, sorseggiando un orribile caffè d’asporto preso a pochi centesimi.
Lui era di nuovo lì, con quei suoi occhi grandi.
Gli sembrava ancora più malizioso… anche se non stava facendo assolutamente niente per tentarlo. Credeva di intravederlo a leccarsi le labbra, che lo facesse apposta a far cadere le pile di volumi solo per piegarsi e mostrargli il suo sedere maledettamente troppo perfetto sotto quei pantaloni qualunque!
“Ehi, ciao. Mi daresti una mano a rimettere a posto questi libri? Ultimamente con tutti questi esami non so più dove ho la testa…”
Certo che sì, cazzo! Come lo capiva, anche lui aveva la mente ancorata da un'altra parte…
Sollevò la pila di libri e seguì Roxas tra gli scaffali, lasciandone uno di qua, uno di là…
Poi Roxas aprì una porta e lo aiutò a scaricare gli ultimi volumi nella sala dei libri di medicina.
Quelle lezioni di anatomia. Quelle dannate lezioni di anatomia.
Affondargli la testa tra i libri e sentirlo suo mentre si aggrappa agli scaffali.
Axel fissò Roxas ed i due rimasero in silenzio…
…poi Roxas alzò una sedia e la puntò contro la porta. Scosse la maniglia per vedere se la sua chiusura reggeva e quando si ritenne soddisfatto tornò a girarsi verso Axel.
Subito le mani lunghe di lui gli affondarono tra i capelli dorati. Gli carezzò il collo, gli baciò la giugulare.
Axel non aveva mai fatto una cosa del genere prima d’ora. Non perché fossero in una stramaledetta biblioteca pubblica, ma perché aveva mandato completamente a puttane il suo calendario di corteggiamento.
Febbrilmente slacciò la cintura del ragazzino, mentre le mani di lui andavano ad abbassargli i pantaloni.
Sentirlo mugolare fu un afrodisiaco per le sue orecchie. Axel aveva ancora i pantaloni alle caviglie quando si chinò sul ragazzino e gli strinse i fianchi premendo con forza le dita sulla sua pelle chiara.

La schiena di Roxas sbatté contro la libreria. Cercò di aggrapparsi allo scaffale ma finì solo per rovesciare a terra qualche libro.
Axel passò la lingua tra le sue gambe, bagnandogli la pelle. Voleva tutto di lui, percepiva un legame che mai aveva sentito prima d’ora. Ci aveva parlato per così pochi giorni… eppure gli sembrava di conoscerlo da tutta la vita!
I suoi modi sbarazzini e gioviali, il suo aspetto da angioletto… se si sforzava abbastanza poteva anche fingere d’averlo incontrato tanto tempo addietro, inventarsi qualche storiella che giustificasse il fatto per cui era finito in una biblioteca pubblica a fargli un pompino.
Roxas gli piantò le mani tra i capelli e mosse le dita sulla sua testa, stringendo ed allentando la presa in modo adorabile.
Non capiva quanta esperienza avesse quel benedetto ragazzino. Gemeva come fosse la sua prima volta, ma sembrava che ogni sua mossa fosse misurata apposta per lui, ritagliata appositamente per fargli perdere la testa.
Axel lo assaporò ingordamente, mandando a quel paese ogni pensiero coerente. Si riempì ancora una volta la testa di fantasie su quel corpicino… quante cose avrebbe potuto fargli! Si alzò e ne cercò le labbra.
Roxas mugolò, insoddisfatto, e gli strinse una mano tra i capelli per tirarlo più verso di sé nel loro bacio.
“Girati…” ansimò Axel al suo orecchio.
Si sorprese di scoprire la propria voce a vibrare dall’eccitazione. Se non si fosse dato una mossa sarebbe venuto come un principiante.
…ma tutta quella situazione paradossale lo faceva ammattire! Quel ragazzino così serafico… e la biblioteca! Potevano bussare alla porta da un momento all’altro! Cazzo, l’adrenalina gli scorreva nelle vene come non mai.
Come aveva fantasticato, Roxas strinse le mani su uno scaffale più alto e premette la fronte sudata contro le dorsali dei dizionari di medicina mentre Axel gli stringeva i fianchi e si calcava dentro di lui.
Li avrebbero sentiti di certo.
Bastava che qualcuno passasse davanti alla porta e non avrebbe potuto ignorare il suo ansimare roco ed gemiti alti del ragazzino, per non parlare del rumore secco e viscido delle proprie spinte!
Eppure quello che sarebbe dovuto essere un sentore di pericolo nella mente di Axel non serviva ad altro che amplificare il piacere, facendogli perdere il controllo sempre di più.
Quando venne disse il suo nome come facevano sempre tutti gli amanti a cui aveva strappato il cuore.
Ed era questo il problema.
Lui, Axel, il donnaiolo, il Don Giovanni per eccellenza… aveva finito per ritrovarsi con una scheggia nel cuore.
Una scheggia ch’era d’amore, un amore insopportabile che non riusciva a gestire!
Il cellulare posato accanto al suo orecchio gli faceva compagnia nel suo muto momento di silenzio… la scheggia si era piegata di lato e gli aveva spezzato il cuore a metà.
Adesso capiva come si sentivano le vittime.
L’aveva chiamato come un cane patetico almeno tredici volte... ed il numero che gli aveva dato Roxas non esisteva neanche.

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Capitolo 6
*** ➣ Colors ***


Le bien qui fait mal 2 akuroku
NOT MY HAPPY ENDING
Raccolta Akuroku, 30 minuti massimo, canzoni casuali

 ...Diciamocelo, non è una vera storia della Marti se almeno un capitolo non arriva in ritardo (͠≖ ͜ʖ͠≖)👌
Ieri mi sono completamente dimenticata di postare, sorry! Ma ecco per voi la vostra dose di depressione quotidiana! ❤
Al solito... grazie per la recensione, Libery! (っ◔◡◔)っ ♥

 
Colors (Crossfade)
 
La loro storia era di colore rosso.
Si erano incontrati un giorno di autunno, quando le foglie degli alberi erano ormai secche e svettavano contro il cielo ingrigito dal freddo.
Risaltavano terribilmente sui rami magri e spogli, come macchie di colore puro colate su una manciata di pennelli. A volte il vento ne afferrava qualcuna e la trascinava in una danza elegante fatta tutta di piroette e curve fino a depositarla sul prato brullo del parco cittadino.
Era un Novembre gelido, di quelli che fanno arrossare le punte del naso e sfiatare nuvolette di vapore.  
Le guance di Roxas avevano preso una tinta scarlatta quando Axel l’aveva aiutato a rimettere in piedi la sua bicicletta.
“Come ti chiami?” aveva chiesto con un sorriso che niente aveva d’invernale.
Rispondendo, Roxas aveva capito che con lui sarebbe stata sempre estate.
Non è forse rosso il colore dell’amore romantico?
Quello era sbocciato, come i tulipani fuori stagione che Axel aveva iniziato a portargli al mattino.
La sua chioma vermiglia avanzava nei corridoi fino alla sua porta.
Non era uno che bussava, piuttosto si intrufolava di nascosto e si compiaceva di non aver dovuto chiedere il permesso.
Era un tipo irruento, sempre allegro. Quando parlava muoveva le braccia e le mani, si picchiettava la fronte ed a volte si soffermava anche a fare lo spelling di alcune parole.
Quando gli aveva dato l’indirizzo per farsi ritrovare, Roxas non aveva davvero creduto che Axel si sarebbe ripresentato.

…ed invece l’aveva trovato là tutte le mattine, fiori in mano e mille cose da raccontagli sulla lingua.
Non aveva mai conosciuto nessuno come lui, prima d’ora.
La prima volta che l’aveva visto arrivare era andato nel pallone.
Rossi i suoi capelli, quel colore che fa salire il battito cardiaco e mette al lavoro tutto il sistema nervoso. Non riusciva neanche a capacitarsi che fosse arrivato realmente fino alla sua porta, che quei tulipani fossero per lui, che l’avesse davvero considerato così importante da tornare a cercarlo.
Cosa poteva aver visto di speciale in uno come lui, che non brillava di alcun colore?
Eppure eccolo là, attirato come un toro dal drappo…
Si erano trovati mescolandosi come toni caldi, abbracciandosi sotto le coperte e sussurrandosi dolci parole.
Rosso era il colore della passione, quella che li univa con quella dolcezza segreta che solo loro sapevano di condividere.
Pian piano, ogni giorno, Roxas si rendeva conto di non aver sbagliato su di lui:
Axel davvero portava l’estate.
Aveva quel profumo di fresco, la pelle sempre bollente… sembrava fatto di fuoco vivo, vista la vivacità che sprizzava!
Era così forte, così intenso, che contagiava tutto quello con cui veniva a contatto! Tingeva il mondo al suo passaggio, mutava le cose perché si accostassero al suo tono.
Più passava del tempo con lui, più Roxas si rendeva conto di non essere più grigio. Lentamente, giorno dopo giorno… ci voleva del tempo, tanto tempo…ma quando sorrideva sentiva del calore nel proprio petto. Stava lentamente diventano rosso anche lui.
Anche se finora era più un arancione.
La loro storia non era solo scarlatta, ma era anche composta di piccoli particolari dello stesso colore… eppure tanto più freddi.
Quale vuoto nel petto gli si era creato leggendo le parole scritte in rosso su quel foglio, quanto terrore aveva assalito Roxas in quel momento!
…tuttavia Axel era di nuovo accanto a lui e l’aveva abbracciato facendogli percepire l’estate. Mancavano ancora due mesi a Giugno, ma con lui pareva sempre che la bella stagione avesse già inondato la loro stanza.
Quant’era rosso il suo amore… e quant’era rosso il sangue che Roxas si tossì tra le mani.
Rosso gelido, come la luce accesa del pronto soccorso.
Rossi come gli occhi di Axel, pitturati dal pianto.
Quando Roxas aveva lasciato l’indirizzo dell’ospedale, non credeva che quel ragazzo sarebbe mai venuto a trovarlo.
L’avrebbe preso per uno scherzo, perché avrebbe dovuto credergli? Ed anche allora che interesse poteva avere a frequentare uno che stava andando a farsi ricoverare?
Ma Axel era passato ogni giorno riempiendo il vaso sul suo comodino… come se non vedesse il suo malore.
Aveva riso con lui, avevano scherzato assieme. Solo a parole l’aveva trasportato in mille e mille luoghi diversi…
Non l’aveva mai trattato come se fosse malato, neanche una volta. Aveva apparecchiato sul letto d’ospedale quando avevano mangiato assieme al loro primo appuntamento… e quanto avevano riso le infermiere quando aveva fatto la sua proposta di fidanzamento riempiendo la stanza di palloncini scarlatti.
Axel aveva portato il calore nel suo cuore, l’aveva aiutato a tornare a sorridere e dimenticare quanto grigia fosse ormai la sua esistenza… gli fece assaggiare quei giorni caldi a cui sapeva di non poter arrivare.
Era ancora Maggio ma Roxas aveva vissuto tutta l’estate.
A Giugno non arrivò mai.

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Capitolo 7
*** 7 ➣Louder than Thunder ***


Le bien qui fait mal 2 akuroku
NOT MY HAPPY ENDING
Raccolta Akuroku, 30 minuti massimo, canzoni casuali

 ...Nuovo capitolo pubblicato in fretta e furia perchè devo partire tra dieci minuti e starò via per tre giorni. La depressione è forte in questo capitolo.
Grazie mille per la recensione, Liberty! Ancora non ho avuto il tempo di rispondere ma l'ho apprezzata tanto. Se ho internet all'Elba ti rispondo da laggiù 
 

 
Louder than Thunder (The Devil Wears Prada)
 
Il liquore aveva lo stesso colore dorato del miele.
Scendeva nella gola di Axel senza attrito, intasandogli le vene e il cervello… era amaro come una medicina ma rendeva schiavo coma la peggiore delle droghe. Ogni sorso legava le dita al successivo tirandone un altro alla bocca, versando ulteriore veleno giù per la trachea, facendolo tossire e scivolare sempre di più nell’inibizione.
Aveva perso il conto delle bottiglie, perso il conto delle bugie e delle delusioni. Tutto si riduceva al nettare nel suo bicchiere, all’ambrosia degli Dei.
Si beve per dimenticare.
Axel increspò le labbra in un sorriso tirato con la bocca già posata sul bicchiere, poi buttò giù un altro sorso.
La casa era così silenziosa e vuota… gli occhi gli bruciavano da morire. Sentiva le lacrime premere nel retro degli occhi e fargli frizzare le palpebre.
Solo che era stanco di piangere… ed ancora non ci era riuscito.
Avrebbe voluto dannatamente gridare, spaccare tutte le bottiglie e lasciarsi trasportare dalla rabbia più cieca.
Oh, come sarebbe stato meglio se solo fosse stata una di quelle persone che di fronte alle avversità riescono a lasciarsi andare al pianto e smettono di soffrire quando il dolore si acquieta.
Il suo problema era questo: Non riusciva a farselo passare.
Con il tempo avrebbe dimenticato, tutto sarebbe tornato alla normalità.
Sarebbe riuscito a lasciarsi alle spalle la pelle morbida di Roxas, il suo sorriso la mattina, il modo in cui gli preparava il caffè.
Il ricordo delle sue cene speziate sarebbe svanito assieme alle loro vacanze, al giorno in cui si erano conosciuti… il tocco delle sue mani sarebbe andato perso, i suoi baci, le sue carezze. Perché è così che va’, no?
Il tempo guarisce, il tempo fortifica, no?!
La bottiglia era quasi vuota. Axel ne afferrò il collo ed indugiò facendola traballare tra le proprie mani, indeciso se versarsi un altro bicchiere o attaccarsi direttamente ad essa. Con gli occhi appannati riuscì a leggere l’etichetta ed il suo stomaco si annodò…
La bottiglia che gli aveva regalato Reno alla festa di fidanzamento. Quella che avevano promesso di conservare, quella che erano sicuri che non avrebbero mai bevuto, perché gli alcolici che regalava suo cugino erano sempre troppo forti per i normali esseri umani…
Stava mandando a puttane il passato.
Si attaccò al collo della bottiglia e buttò giù sorsate ingorde, cercando di finirla in fretta.
Si beve per dimenticare… e lasciarsi tutto alle spalle era quello che avrebbe dovuto fare. Sarebbe mai potuto esserci un altro come Roxas, nella sua vita?
Non voleva pensare a come avevano litigato. L’ultima immagine che conservava di lui era un ragazzino con gli occhi gonfi di lacrime che se ne andava sbattendo la porta di casa loro. Un attimo prima era là, nel loro nido, il rifugio che si erano costruiti insieme… ed un secondo dopo il vuoto e il silenzio avevano accoltellato Axel con dannatamente troppa forza.
Era colpa sua? Certo che era colpa sua!
Il liquore gli andò di traverso ed Axel tossì. Si sollevò dallo sgabello e si piegò in avanti sul bancone da cucina, tossendo con forza sulla miriade di pacchetti di medicinali vuoti.
Roxas era uno di quelli che sapeva piangere. Lui riusciva sempre ad esprimere le proprie emozioni. Se si arrabbiava gridava, quando era triste i suoi occhi si riempivano di lacrime e tirava su con il naso in modo adorabile… e quand’era felice… il suo sorriso… che splendido sorriso.
Per questo Axel era sicuro del fatto che fosse stato colto di sorpresa.
Non c’era paura sul suo viso… era pacato, come se si fosse addormentato con gli occhi aperti.
Si beve per dimenticare, ma Axel lo faceva per una ragione diversa.
Aveva guardato mille e mille volte quell’articolo di giornale, aveva visto le foto, identificato il cadavere. Non avrebbe mai potuto dimenticare, non sarebbe bastato tutto l’alcol del mondo. E il rimorso… oh, il rimorso! Quale incredibile tenia era nella sua pancia!
Se solo non avessero litigato, se solo non gli avesse permesso di uscire, se solo l’avesse seguito, l’avesse trattenuto…
Se solo avesse saputo che sarebbe morto due ore dopo il loro litigio, colpito dal proiettile di qualcuno ancora non identificato che era solo interessato alla sua valigia…
Avrebbe preferito non sapere che Roxas non gliel’aveva voluta consegnare perché dentro vi aveva messo l’anello del loro fidanzamento, quello che si toglieva sempre dopo che litigavano... ma da cui non si separava mai, perché ogni volta finiva con il rimetterlo.
L’aveva ucciso.
L’aveva assassinato con il proprio amore e condannato con la sua disattenzione. Se solo l’avesse amato di più! Se solo l’avesse amato di meno…
Forse era il rimorso, forse era tutto quello che aveva ingerito… Axel si accasciò a terra e tossì di nuovo.
Se avesse potuto tornare indietro nel tempo avrebbe strappato via la valigia dalla mano di Roxas, l’avrebbe stretto tra le braccia e gli avrebbe sussurrato di non piangere ad un orecchio. Gli avrebbe fatto capire quanto lo amava, perché era così ingiusto che le ultime parole che aveva potuto rivolgergli fossero insulti.
Non beveva per dimenticare.
Beveva per ricordare.
Sorrise ed allungò una mano verso il viso di Roxas, chino su di lui.
Era bello come nella sua mente, con i capelli biondi ad incorniciargli il viso e le guance appena arrossate. Riusciva di nuovo a vedere il suo piccolo naso appuntito, il colore delle sue iridi… solo un pazzo avrebbe voluto lasciarsi alle spalle tutto questo.
Come poteva voler dimenticare?!
Non avrebbe mai permesso alla sua immagine di affievolirsi ed ai ricordi di confondersi. Voleva rivederlo, glielo doveva.
Allungò una mano tremante e posò una carezza sulla guancia di Roxas. Riusciva quasi ad avvertire il suo calore sotto i polpastrelli, il bagnato delle lacrime sul viso.
“Non piangere” disse, o forse solo lo pensò. Roxas gli strinse la mano tra le sue e ne baciò il dorso, sorridendogli a sua volta tra le lacrime…
Quando Axel chiuse gli occhi lo fece con gioia, conservando come ultimo pensiero l’immagine di Roxas e del suo splendido sorriso.

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