The duke and the duchess

di Kimberly Horan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Cuori di mamma e favori ***
Capitolo 3: *** Military Parade ***
Capitolo 4: *** Jane Mynors Nursery School ***
Capitolo 5: *** Sbucciature e cavalli ***
Capitolo 6: *** Aria di tempesta... ***
Capitolo 7: *** Sono rimasta sempre la stessa ***
Capitolo 8: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


“Mi sento malissimo!” Esclamò Sofia. “Veramente, veramente malissimo!”
“Non per fare il pignolo amore, ma sei in travaglio: è naturale”, intervenne Harry.
“Non sei d’aiuto, credimi!” cercò di tirarsi su con la schiena per stare più comoda, ma una fitta gliela impedì.
Era gennaio, e ormai era in ospedale da tre ore. Tre interminabili ore di dolori allucinanti che la facevano piegare in due, e chissà perché Sofia ebbe la sensazione che non sarebbe finita tanto presto.
Cercò di respirare a fondo per superare al meglio quel momento, ma un’altra fitta la fece urlare dal dolore. Sembravano più forti, e di fatto l’infermiera le confermò che lo erano.
Harry cercò di farla parlare per farla distrarre e per un po’ ci riuscì, ma poi Sofia non ebbe altra forza che per urlare. Il risultato finale? Sette ore di travaglio, una cosa mostruosa che la devastò sia mentalmente che fisicamente.
L’ostetrica le disse di spingere e lei obbedì. Il dolore era assurdo e le venne da piangere, ma non si lasciò scappare nemmeno una lacrima. Era spaventata a morte, ma non poteva farsi prendere dal panico. C’era la vita del suo bambino in gioco. L’istinto materno che si era risvegliato in lei durante i mesi precedenti, prese il sopravvento e si disse che l’unica cosa importante in quel momento era il bene del bambino, il resto non contava.
Al suo fianco Harry le stringeva una mano e le accarezzava la fronte per farle coraggio. “Va tutto bene”, continuò a ripeterle. Nel complesso era stata una gravidanza tranquilla e nonostante tutti i viaggi che avevano fatto in quel periodo, Sofia l’aveva affrontata più che egregiamente. Non aveva avuto quasi per niente nausee e tutte le visite mediche erano andate bene. I dottori dicevano che aveva un organismo molto forte, però vederla su quel lettino mentre urlava lo faceva preoccupare comunque.
“Duchessa, spinga!” Sofia fece un profondo respiro e diede un’ultima spinta. L’unica cosa che sentì dopo fu il pianto di suo figlio.
Con il respiro affannato, guardò prima l’ostetrica e poi Harry. Entrambi piacevolmente sconvolti sorrisero.
“E’ un maschietto”.
Harry baciò Sofia sulla testa, tenendola abbracciata e stando attento a non stringere troppo forte. “Stai bene?” Le chiese.
Lei annuì, si tirò leggermente su e poi un’altra fitta la colse inaspettatamente. Non era ancora finita, lo sapevano entrambi.
“Siamo pronti, sta arrivando l’altro bambino”.
 
 
Stranamente, i primi a recare visita ai nuovi principi, furono la regina e il duca di Edimburgo. E la prima cosa che disse Elizabeth quando vide i bambini fu che non aveva mai visto dei bambini più belli. I genitori di Sofia si trovavano a Vienna per motivi di lavoro e non appena seppero che la figlia era stata ricoverata presero il primo aereo e si recarono a Londra. Stessa cosa fece Enea, che non appena vide i nipoti se ne innamorò subito. Poi fu la volta di William e Kate. George e Charlotte guardarono i nuovi arrivati in famiglia con occhietti curiosi.  
Circa una settimana più tardi, fuori dall’ospedale, una gran folla di fotografi e giornalisti attendeva la coppia reale e i loro bambini, che i giornali avevano chiamato come ‘’royal twins’’. Il fatto che Sofia aspettasse due gemelli era diventato di dominio pubblico, ma il loro sesso non si era saputo fino al momento della nascita.
Lei ed Harry scelsero per i bambini i nomi di David e Philip, il tutto accompagnato da altri secondi nomi di vario genere che avevano dovuto aggiungere obbligatoriamente.
La porta principale si aprì e il duca e la duchessa uscirono portando con sé i due principi, avvolti nelle copertine invernali per evitare che prendessero freddo. Harry teneva Philip con una cura e un’attenzione incredibili. Si sentiva goffo con quel bambino in mano, non sapeva come comportarsi perché tra le sue braccia appariva così piccolo e indifeso. Quando aveva visto George per la prima volta aveva provato una sensazione di tenerezza, ma era nulla in confronto a quello che provava ora. Ora era diverso, perché quei due bambini erano suoi. Suoi e di Sofia. Il perfetto risultato del loro amore.
Sofia invece teneva in braccio David. Erano entrambi bellissimi, semplicemente meravigliosi e lui si sentiva il cuore scoppiare di felicità. All’inizio l’idea di diventare padre l’aveva spaventato, ma ora che poteva vedere i suoi splendidi figli, sentiva che ogni paura era scomparsa nel nulla.  Con occhi lucidi e un sorriso smagliante, Harry guardò Sofia e poi la baciò. “Ti amo”, le disse. “E amo i nostri due bambini”.
Lei guardò prima David e poi Philip. “Qualcosa mi dice che somiglieranno molto al loro papà”. Era emozionata, molto emozionata.
Harry scoppiò a ridere e si ricordò di quando l’aveva vista per la prima volta con George. All’epoca aveva pensato che sarebbe stata una madre eccezionale e ora ne aveva la certezza. La sua Sofia, l’amore della sua vita era la madre dei suoi due splendidi figli.
“Andiamo a casa”, gli disse Sofia dopo aver indugiato per qualche minuto sulla porta dell’ospedale. Era inverno e non era il caso di prendere freddo.
Lui annuì e insieme si diressero verso l’auto. 
 
SPAZIO DELL'AUTRICE
Salve a tutti e ben tornati con una nuova storia! Questa idea era già contenuta nel progetto originale, ma visto che avviene un salto temporale ho pensato bene di creare due diverse storie! Spero che la cosa vi possa interessare!!!

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Capitolo 2
*** Cuori di mamma e favori ***


Sofia aprì gli occhi. Era mattina e si era appena svegliata. La testa era appoggiata sul petto nudo di Harry e ne poteva sentire il respiro regolare mentre lui stava ancora dormendo. Il battito del suo cuore l’aveva cullata per tutta la notte.
Accoccolandosi ancora di più a lui sospirò. La loro vita era sempre piena di impegni, perciò attimi come quello erano quelli che preferiva di più. Solitamente era sempre Harry a svegliarsi per primo. Rimaneva lì a guardarla dormire senza fare rumore, ma per una volta fu il contrario e Sofia provò una certa soddisfazione in questo.
Harry aprì gli occhi e le sorrise ancora mezzo addormentato. “Buongiorno”, le disse.
“Buongiorno a te”, rispose lei baciandolo.
“Dormito bene?”
In realtà non avevano dormito poi molto loro due, però in compenso avevano trascorso una splendida notte insieme. In quel periodo Harry aveva viaggiato parecchio e i momenti di intimità erano stati pochi. Inoltre, dopo la nascita dei gemelli, i pianti notturni e le corse frenetiche nella stanza dei bambini erano state piuttosto frequenti.
“Decisamente”, rispose Sofia con voce dolce.
Lui sorrise e la baciò mentre lei incrociava le gambe con le sue.
Voltandosi verso il comodino lesse l’orario sulla sveglia. “Dovremmo alzarci”, osservò Sofia.
“Giusto. Piuttosto, hai notato?” Harry si guardò intorno, rimanendo in ascolto.
“Sì. I nostri pulcini non si sono ancora svegliati”, rispose Sofia a bassa voce.
“E allora dovremmo svegliarli noi”.
Si vestirono e con molta attenzione a non fare rumori inutili, si diressero verso la stanza dei bambini. Harry aprì delicatamente la porta, che scricchiolò leggermente. Da dietro le sue spalle, Sofia si sporse per vedere i piccoli.
L’interno era tutto buio, la luce tentava di filtrare attraverso le finestre ma le persiane e le tende tirate glielo impedivano. Ad ogni modo le sagome dei due lettini, con le trapuntine a quadrettoni celesti e bianchi, si potevano distinguere chiaramente.
Sempre con molta delicatezza, Harry si avvicinò al letto di David e Sofia a quello di Philip.
“Sveglia, sveglia amore mio”, Sofia sussurrò quelle parole all’orecchio del figlio, massaggiandogli la schiena, e il bambino aprì lentamente gli occhi.
Harry fece lo stesso con David, che mugugnò e si tirò su a fatica. Sembrava che dovesse ricadere addormentato da un momento all’altro, ma il padre lo sostenne per poi prenderlo in braccio. Il piccolo avvolse le braccia intorno al collo di Harry e nascose il volto, ancora assonnato.
Sofia prese in braccio Philip e poi diede un bacio sulla testa a David. Tre anni….avevano già tre anni e la cosa era incredibile. Tralasciando i capelli rossi che avevano preso da Harry, era ancora troppo presto per dire a chi somigliassero di più. Di fatto però, i nasini all’insù e gli occhi grandi, li rendevano comunque bellissimi.
Li portarono fino al bagno, dove gli lavarono il volto con dell’acqua tiepida per farli svegliare del tutto. Era un buon metodo. Non troppo traumatico e comunque a loro sembrava piacere.
La residenza ufficiale del duca e della duchessa di Windsor a Kensington era suntuosa ed elegante. Classica, a sentir molti, ma l’arredamento si trovava già lì quando Sofia ed Harry iniziarono a viverci. C’erano grandi quadri attaccati alle pareti, un pianoforte, mobili in legno scuro, lucidi e antichi; divanetti e tende damascate regnavano sovrani e, ovviamente, questo stile era particolarmente apprezzato da Sofia.
Quando si recarono nella sala, la colazione era già pronta in tavola. Quello era senza alcun dubbio il momento di Harry. Sì, perché solitamente della colazione se ne occupava lui. Sofia rimaneva lì a guardarlo giocare con i due gemellini, facendo facce buffe per farli ridere. E una cosa era certa: i suoi piccoli ridevano tanto con il loro papà.
 
 
“Stavo pensando che magari potremmo portare i bambini con noi alla parata militare di domani”, disse Harry mentre finiva di sistemarsi la cravatta davanti allo specchio.
“Credevo che fossero troppo piccoli per partecipare a questi eventi ufficiali”. Era norma, secondo il protocollo, che i bambini iniziassero a comparire agli eventi ufficiali dai quattro o cinque anni in poi. Probabilmente perché a quell’età erano più controllabili e non avrebbero rischiato di mettere in cattiva luce la famiglia reale.
“Io credo che si divertiranno. Sarebbe un’esperienza nuova per loro, non credi?”.
Che David e Philip si sarebbero divertiti, su questo non c’erano dubbi. Erano molto curiosi e la prima volta che videro Harry indossare una divisa ne furono talmente entusiasti, da stare lì a fare mille domande. Il fascino della divisa era irresistibile, si disse Sofia.
“E poi sono certo che con la divisa starebbero benissimo”
“Come il loro papà?”
“Beh, non so”. Harry cinse i fianchi di Sofia. “Il loro papà è bello con la divisa?”
“Decisamente bello”, lei gli circondò il collo con le braccia e lo baciò.
“Ora devo andare, William mi sta aspettando”. Disse lui staccandosi controvoglia. Era decisamente meglio riprendere quel discorso la sera, altrimenti suo fratello lo avrebbe ucciso se avesse fatto tardi.
La mattina trascorse tranquilla: Sofia rimase nello studio per finire di controllare il discorso che Harry avrebbe dovuto fare alla serata di gala tra qualche settimana, mentre David e Philip erano seduti sul tappeto, proprio davanti alla scrivania.
Philip alzò lo sguardo verso la madre. Lei si portò due dita alle labbra e poi gli lanciò un bacio silenziosamente. Il bambino si mise a ridere e la sua vocina cristallina riecheggiò per la stanza, attirando l’attenzione del fratello, il quale si girò anche lui. Sofia lanciò un bacio anche a lui, che arrossì mentre schioccava un bacio di rimando alla mamma. Vedendolo fare così anche Philip le rimandò un bacio, e questa volta fu Sofia a ridere.
Adorava avere i bambini intorno mentre lavorava. La loro presenza le faceva sentire meno nostalgia, quando Harry non c’era. Nel complesso poi, erano sempre tranquilli quando stavano con lei nello studio. Amavano starsene lì buoni e tranquilli a guardare i libri pieni di figure. A tre anni erano piuttosto precoci e, oltre che a parlare e ad esercitarsi molto in questo, conoscevano già molte parole. La loro curiosità e l’interesse che sembravano avere per lo studio, di certo lo avevano preso da Sofia.
Qualcuno bussò alla porta interrompendo la sua attività.
“Avanti”, disse lei seria. Chissà perché detestava quando qualcuno interrompeva quei momenti con i gemelli.
“Chiedo scusa signora, ma c’è la duchessa di Cambridge che chiede di vederla”
Sofia assunse un’espressione più rilassata. “Certamente, falla entrare”.
Kate le faceva visita spesso, quando si trovava a Kensington. Le due si facevano compagnia a vicenda e in quelle occasioni potevano essere loro stesse in tutta tranquillità, senza dover nascondere i loro stati d’animo. Erano libere di essere felici o tristi, e quel giorno Kate era decisamente triste.
“Scusa se ti ho disturbata”, le disse. Aveva l’aria stanca ed era piuttosto pallida. Le occhiaie intorno agli occhi lasciavano intuire che non riusciva a dormire bene.
Sofia l’abbracciò calorosamente. “Ma no, sai che puoi venire quando vuoi”.
David e Philip si alzarono in piedi e si avvicinarono alle due donne. “Ciao zia Kate!” Salutarono all’unisono.
La duchessa di Cambridge si piegò verso di loro sorridendogli. “Oh, ma come siete cresciuti! Ogni volta che li vedo mi sorprendo sempre di quanto crescano in fretta”.
Sofia abbassò lo sguardo, sorridendo rossa in volto. Era vero: i due crescevano a vista d’occhio e la cosa la rendeva decisamente fiera.
“Ragazzi, perché non andate di là a fare un bel disegno per zia Kate e lo zio William, poi dopo venite a farcelo vedere che ne dite?”
Philip fu il primo ad annuire. “Sì mamma”. Prese David per mano e camminando tranquillamente uscirono dalla stanza. Sofia rimase in attesa, vegliando su di loro finché non li vide entrare nella nursery in fondo al corridoio.
“Sono adorabili”, le disse Kate.
Le duchesse si sedettero sul divanetto che si trovava vicino alla finestra dello studio, e poco più tardi venne servito del thé con i pasticcini.
“C’è qualcosa che non va? Sembri piuttosto preoccupata”, le disse Sofia arrivando subito al sodo.
Kate si rabbuiò e si prese qualche istante prima di parlare. “Io e William…siamo in crisi. Ecco, l’ho ammesso! Ho trascorso gli ultimi mesi a fare finta di niente ma ora diventa sempre più difficile convincersi che vada tutto bene”.
Sofia era sconvolta. Kate e William….in crisi? Loro erano la coppia perfetta per definizione! Una crisi matrimoniale era proprio l’ultima cosa che ci si sarebbe aspettati da loro.
“Aspetta, hai detto crisi? Ma….che succede?”.
“William vuole un terzo figlio, ma io non voglio. La questione era già uscita fuori qualche anno fa e ora ne abbiamo riparlato. Il punto è che io non voglio un altro figlio: sono sempre via e già non riesco a dedicarmi a George e a Charlotte come vorrei, figuriamoci con un altro bambino. Non è che io non lo voglia, però non me la sento di affrontare un’altra gravidanza”.
Sofia poteva capirla. Quando era rimasta in cinta di Philip e David, i nove mesi trascorsero in tutta tranquillità, mentre per Kate la gravidanza di Charlotte fu persino più pesante di quando ebbe George.
“Mi dispiace tanto…”, disse Sofia sincera. Non le piaceva vederla così e soprattutto non le piaceva l’idea di tutta quella faccenda. “Hai provato a parlarne con William?” Domanda idiota: erano sposati se non ne parlava con lui con chi doveva parlare?
“Sì, però non vuole ascoltarmi! Non riusciamo più a dialogare”. Kate tirò su con il naso, ricacciando indietro le lacrime. “Magari potresti provare a convincerlo tu. So che ti sto chiedendo una cosa strana, però a te darà ascolto”.
In questo forse Kate aveva ragione. Sofia e William si erano avvicinati molto negli ultimi anni ed erano piuttosto uniti, perciò avrebbe anche potuto convincerlo a cambiare idea sul terzo figlio.
In fondo era anche merito di Kate se Sofia si trovava lì. Era stata lei a convincerla a restare a Londra e a portare avanti la relazione con Harry, perciò glielo doveva.
Sofia posò la mano su quella di Kate. “Sta tranquilla, ci parlo io con Will”.
 
SPAZIO DELL'AUTRICE
Scusate l'assenza ma in questo epriodo sono piena di cose da fare XD ad ogni modo cercherò di aggiornare quanto prima!! Il capitolo è breve ma spero che lo apprezziate comunque.

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Capitolo 3
*** Military Parade ***


Avete presente quando dicono: tra moglie e marito è meglio non mettere il dito? Ecco, Sofia pensò proprio a quel detto. La questione era piuttosto delicata e lei non aveva la più pallida idea di come prendere il discorso con William senza passare per la classica cognata ficcanaso. Da dove poteva iniziare? Insomma, mica poteva andare lì e dirgli: “Ciao Will, Kate mi ha detto che siete in crisi perché tu vuoi un terzo figlio e lei no”. Andiamo, sarebbe sembrato brutto. Molto brutto. Insomma, se qualcuno si fosse immischiato nel suo matrimonio a lei avrebbe dato parecchio fastidio, però lo aveva promesso a Kate ed era giusto aiutarla.
Il pomeriggio stesso in cui aveva parlato con la cognata, Sofia si recò al club di golf e chiese a William di raggiungerla. Da qualche tempo si erano iscritti ad un club di golf. Erano delle frane in quel gioco, però lo trovavano rilassante. Okay, no la verità è che erano entrambi noiosi come pochi e ci tenevano a rimanere noiosi, come il golf.
Sofia arrivò con mezz’ora di anticipo. Doveva pensare alle parole giuste da dire a William, peccato che lei non fosse mai stata portata per questo genere di cose.
“Sei già qui?” Sofia alzò lo sguardo dal libro che stava facendo finta di leggere mentre aspettava. Non si era nemmeno accorta che William fosse arrivato. Anche lui era in anticipo.
“Ciao”, gli rispose con voce roca. “Sì, non avevo nulla da fare e allora ho deciso di venire prima”.
William sorrise mentre si metteva seduto. Ormai era abituato alle stranezze di Sofia. “Com’è andata la mattinata con i gemelli?”
“Bene, ma d’altronde loro sono sempre calmi quando stanno con me”. Era con Harry che si scatenavano.
Will rise fragorosamente. “Hai ragione”.
“Tu come stai? Come va con Kate?” Gli chiese dopo che Will ebbe ordinato un caffè. Quello era un buon modo per spostare la conversazione nella direzione giusta.
Lui fece spallucce. “Va tutto bene, perché?”
Tutto bene? Insomma, erano in crisi no? Avrebbe quanto meno dovuto essere dispiaciuto! Con questi pensieri Sofia si fece coraggio e decise di passare direttamente al sodo. Sì, era decisamente il momento migliore.
“Ascolta Will”, gli disse in tono serio. “Kate è venuta da me stamattina e mi ha detto che tra voi c’è un po’ di crisi perché lei non vuole un terzo figlio”. Okay, forse era stata un po’ troppo diretta, e magari avrebbe dovuto parlare con un po’ più di dolcezza.
Sofia si aspettò l’arrivo di una risposta del tipo: ‘’senza offesa ma non sono affari tuoi’’, da un momento all’altro. Ma non fu così.
William ne sembrò sorpreso, poi sospirò voltandosi verso i campi da golf. Quel giorno erano deserti e di sicuro perché non era proprio la stagione più adatta per fare una partita.
“Se Harry ti chiedesse di fare un altro figlio, tu cosa gli risponderesti? Sii sincera”.
“Io sono sempre sincera. E onestamente non lo so….noi non avevamo programmato nemmeno la nascita di Philip e di David”. Era successo e basta. Per caso, per amore, per volontà del destino o altro. Non è che quella sera si erano messi a tavolino e avevano deciso di fare dei figli. “Però sinceramente credo che dovresti metterti nei suoi panni”.
“Ti ascolto”.
“Una gravidanza non è uno scherzo e per Kate sarebbe molto pesante. Inoltre soffre perché non riesce a dedicare abbastanza tempo a George e Charlotte e perché ti sente lontano. Prova a capirla Will!”
Lui sembrò rifletterci su per qualche istante. “Il fatto è che ne avevamo già parlato ed eravamo d’accordo entrambi”, tentò di giustificarsi.
“Questo prima che Kate provasse le sue terribili nausee mattutine! Perciò invece di impuntarti sulla questione, dovresti riflettere ed essere comprensivo”. Sofia lo rimproverò con quel suo classico tono di voce duro e impassibile che le veniva così naturale. “Se si trattasse di me, Harry capirebbe di sicuro”, aggiunse abbassando lo sguardo. D’accordo, questo si chiamava giocare sporco però a mali estremi, estremi rimedi.
“Grazie Sofia, tu sì che sai come far sentire in colpa le persone”.
“Allora, visto che ti senti terribilmente in colpa, prometti che cercherai di riavvicinarti a Kate?”
Sofia rimase in attesa, guardando William fisso negli occhi. Poi lui allungò una mano sul tavolo e la posò sulla sua. “D’accordo”.
Lei sorrise e il volto le si illuminò. Poteva decisamente dirsi soddisfatta. “Bene, allora andiamo a fare questa partita!” Si alzò in piedi e prese la borsa con le mazze da golf.
“Sai, non avrei proprio voluto essere io a doverti ricordare i voti nuziali che hai pronunciato al vostro matrimonio”.
William rise divertito e con una mano le accarezzò la testa con fare fraterno. “Duchessa di Windsor, sei tremenda!”
 
 
 
“No, aspetta: esattamente, cosa gli hai detto?” Le chiese Harry la mattina seguente, mentre erano seduti in macchina.  
Sofia fece spallucce. “Nulla di particolare, solo quello che pensavo e cioè che doveva mettersi nei suoi panni “. Sistemò il ciuffo di David, che chissà come mai quel giorno aveva una strana piega. Sia lui che Philip avevano i capelli lisci, questo lo avevano ereditato da lei. Dalle foto anche Harry li aveva così da piccolo, però nel crescere iniziarono a tendere al riccio.
Harry sospirò, indossando il basco. “Sei sicura di aver fatto la cosa giusta?”. Lui non approvava, per niente. E Sofia lo sentiva a pelle.
Lei lo guardò di striscio. “Non volevo che loro due si dividessero. E poi non potevo abbandonare Kate”.
“Non si divideranno mai, hanno solo litigato. Anche noi due litighiamo”.
“La questione è leggermente diversa”. Già, perché loro non ci pensavano nemmeno a fare un terzo figlio e anche quando litigavano, Harry sfoderava le sue armi da seduttore e allora addio incazzatura; e se non ci riusciva lui mandava avanti i bambini per farle tenerezza. L’essere padre lo aveva fatto diventare più furbo.
“Allora ragazzi, ripassiamo le regole: non urlate; non fate troppe domande e rimanete sempre vicino a me o alla mamma, d’accordo?” Harry era piuttosto severo sulle regole da seguire. Cioè, lui non aveva mai rispettato una regola che fosse una in tutta la sua vita, però ci teneva al fatto che i suoi figli non facessero come lui.
Per quanto riguarda Sofia, beh lei non aveva bisogno di dire nulla: bastava uno sguardo e sia David che Philip capivano al volo di doversi comportare bene.
Una volta arrivati, il duca e la duchessa di Windsor scesero dall’auto, seguiti dai due principi. Harry tentò di prendere Sofia per mano, ma Philip si aggrappò a lui e David, ovviamente, fece altrettanto. Sono cose che accadono quando si hanno due gemelli; specialmente se, come nel loro caso, questi preferiscono camminare piuttosto che essere presi in braccio, quando si trovano in pubblico.
Comunque sia, padre e figli insieme facevano una gran bella figura: Harry con la sua divisa mimetica e i royal twins con il completino nero composto da giacca e pantaloncini al ginocchio, in netto contrasto con i capelli color carota. Erano carinissimi, tutti e tre.
Vestiti nello stesso modo, nessuno riusciva a distinguere David e Philip. Per fortuna i genitori erano piuttosto bravi in questo, anche perché, nonostante fossero piccoli, avevano già sviluppato due caratteri che si potevano facilmente distinguere. David era più socievole e sorrideva sempre, mentre Philip era più ‘’ombroso’’.
La parata militare fu per i due gemellini un’esperienza indimenticabile, tanto che ad un certo punto Philip chiese a Sofia: “Mamma, anche io diventerò un soldato?” Ah! Cosa rispondere al proprio figlio che chiede una cosa del genere? Capirai, lei era moglie di un militare, aveva studiato guerre per tutta la vita e Harry li chiamava già ‘’i suoi piccoli soldatini’’ perciò, anche se l’idea non le piaceva poi molto, non poteva di certo dirgli di no. “Quando sarai grande, Philip, deciderai tu”. E nel frattempo lei avrebbe cercato di fare l’impossibile pur di convincere il figlio a non seguire le orme del padre.
Il comportamento dei royal twins fu impeccabile. Con la schiena ben dritta e il mento all’insù, come gli aveva insegnato Harry, ascoltarono con attenzione i genitori mentre parlavano con vari rappresentanti.
A fine giornata erano piuttosto esausti e alle sei del pomeriggio iniziarono già a sbadigliare. Nonostante questo, durante il ritorno a casa, continuarono a parlare attivamente. Sofia ed Harry si guardarono con una certa complicità. Era sempre una grande emozione pensare che loro due erano il frutto del loro amore.
La macchina entrò nel vialetto di casa quando il sole stava già tramontando.
“Vostra Altezza, la regina chiede di vedervi”, gli dissero non appena entrarono in casa.
Harry corrugò la fronte, perplesso. “A quest’ora?”
“Sì, Vostra Altezza. E ha chiesto di vedere anche la duchessa di Windsor e i principi David e Philip”.
Lui e Sofia si guardarono. Che cosa mai avrebbe potuto spingere sua nonna a volerli vedere a quell’ora tarda? Harry e Sofia sperarono solo che non fosse nulla di cui preoccuparsi.
Senza fare altre domande inutili, si diressero tutti e quattro verso gli appartamenti privati della regina, che di norma risiede a Buckingham Palace ma che per quella sera si trovava a Kensington.
Furono ricevuti subito, e quando Elizabeth vide David e Philip, li osservò attentamente dalla testa ai piedi. Il modo in cui parlava e l’espressione del suo volto sembravano tranquilli, perciò non sembrava esserci un vero motivo per cui bisognasse preoccuparsi.
“Com’è stata la parata militare?” Chiese Elizabeth ai bambini.
Erano in piedi difronte a lei, che sedeva sul divanetto. Non era mai stata una donna molto calorosa, nemmeno con i suoi figli, ma Sofia sospettò che a Davi e a Philip andasse bene così dal momento che non amavano troppo essere coccolati da altre persone all’infuori di lei e di Harry.
“E’ stata molto bella”, rispose David.
Philip annuì. “Mamma e papà hanno promesso che ci porteranno a vedere altre parate così belle”.
“Bene, è una cosa buona”. La regina alzò lo sguardo verso Harry e Sofia. “Direi che è ora di cena, per voi. Ho già fatto preparare tutto nell’altra stanza”.
I bambini venero portati fuori e la regina rimase da sola con il duca e la duchessa.
“Nonna, perché ci hai fatti venire qui a quest’ora?”
“Volevo parlarvi di una questione, nulla di cui preoccuparsi. Solo stavo riflettendo che Philip e David sono ormai abbastanza grandi per poter entrare in una scuola materna, non credete?”.
“Io ed Harry ne abbiamo già parlato, però dobbiamo ancora decidere quale sia la migliore”, intervenne Sofia.
“A tal proposito ci sarebbe sempre la Jane Mynors”.

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Capitolo 4
*** Jane Mynors Nursery School ***


La Jane Mynors Nursery School era la scuola materna che avevano frequentato William ed Harry da piccoli. L’idea nel complesso era piuttosto buona: era vicino a casa ed era considerata davvero un’ottima scuola materna. Così, alla fine, Harry e Sofia decisero che valeva la pena mandare i gemelli lì.
Come d’abitudine, la direttrice chiese un colloquio preliminare con i genitori e i due principini, giusto per fare la loro conoscenza prima di inserirli definitivamente in una classe.
La cosa in se aveva il suo senso, peccato che Harry l’avvertì più come se fosse una specie di test d’ammissione. Solitamente queste erano cose che facevano le scuole di alto livello per verificare il grado di conoscenza dei nuovi studenti. O meglio, per verificare se fossero abbastanza intelligenti per frequentare le loro lezioni oppure no. Forse era un po’ troppo sospettoso, tuttavia questa idea si fece largo con forza e determinazione nella sua mente, senza che potesse farci nulla. Sofia cercò di tranquillizzarlo dicendogli che era decisamente esagerato e che se anche fosse stato come diceva lui, non c’era da preoccuparsi. Harry comunque non cambiò idea. Era nel suo carattere e alla fine, trascorse i giorni che precedettero il colloquio ad analizzare con cura i depliant e le brochures che presentavano il piano di studi e le attività che la scuola offriva.
Sofia, dal canto suo era emozionata all’idea che i suoi bambini iniziassero la scuola. Si sarebbero decisamente divertiti e avrebbero adorato stare a contatto con altri bimbi della loro età. Inoltre, da quel che le aveva detto Harry, la Jane Mynors organizzava un sacco di recite e i bambini si sa, amano le recite. Già si immaginava di vedere David e Philip mentre interpretavano i loro ruoli magnificamente e lei che gli faceva tante foto. E poi avrebbero di certo adorato studiare. Avrebbero iniziato a leggere del tutto e lei avrebbe potuto regalargli una marea di libri che non fossero solamente illustrati.  
L’istituto, visto dall’esterno, era esattamente come se lo ricordava Harry: un comunissimo palazzo bianco di medie dimensioni. Nulla di speciale, effettivamente, e alla prima occhiata non era poi così tanto diverso da una comunissima casa di Londra. Per entrare occorreva salire una piccola scalinata in mattoncini rossi.
“Che ve ne pare?” Chiese Sofia ai bambini.
David alzò la testa per guardare la cima del palazzo e Philip arricciò il naso.
“Sono certo che farete un sacco di nuove amicizie”, intervenne Harry.
“E che imparerete tantissime cose nuove”, aggiunse Sofia.
Il marito la guardò perplesso. “Tesoro, stiamo parlando di una scuola materna, non dell’università”. Andiamo, cosa avrebbe mai potuto insegnare una scuola materna oltre all’alfabeto e ai nomi degli animali?
“E’ comunque un inizio”.
“D’accordo, allora entriamo?” Chiese Harry ai gemelli. Philip lo guardò male e David si rivolse alla madre con aria quasi implorante.
“Non mi sembrano molto contenti”, osservò Sofia un po’preoccupata.
“Per niente”, concordò Harry. “Non importa, vedrai che poi andrà meglio”.
Harry aprì la porta principale e fece entrare Sofia e i due bambini. All’ingresso li stavano già aspettando e li accolsero fin da subito con profondi inchini e riverenze. Dopotutto si trattava pur sempre della famiglia del duca di Windsor.
La direttrice dell’istituto era una certa Margaret Smith, una donna sulla quarantina, piuttosto alta, con i capelli marroncini e una faccia paffutella piuttosto rassicurante. Aveva la classica espressione da maestra, di quelle amanti dei bambini che tuttavia sapevano essere anche severe all’occorrenza.
“Vostre altezze, siamo molto felici di avervi qui”.
“Grazie mille signora Smith”, disse Sofia stringendole la mano.
“Oh, e questi devono essere Philip e David!” Esclamò avvicinandosi ai bambini. “Io sono la signora Smith, molto piacere”, disse loro parlando lentamente.
“Piacere di conoscerla signora Smith”, risposero i royal twins all’unisono. Sofia sorrise emozionata ed Harry riuscì per un attimo ad abbassare l’ascia di guerra.
La direttrice li fece accomodare tutti nello studio, diede dei colori e dei fogli bianchi ai bambini e disse ai genitori di sedersi sulle sedie poste davanti alla scrivania.
“Allora, avrei bisogno di farvi alcune domande sui bambini”. La signora Smith estrasse alcuni fogli dal cassetto e prese in mano una penna per scrivere degli appunti. La cosa era a dir poco inquietante.
“Certamente”. Harry allungò una mano verso Sofia e lei la strinse forte. Entrambi erano stranamente nervosi, forse perché non capitava tutti i giorni di portare i propri figli a scuola per la prima volta.
“Prima di tutto devo chiedervi se i bambini sanno già leggere”.
“Sì”, rispose Sofia. “Frasi molto semplici, ovviamente, ma in linea di massima possiamo dire di sì”. Le sembrò giusto specificarlo, anche se nessuno si aspettasse che dei bambini di tre anni sapessero già leggere libri da centinaia di pagine.
“Molto bene, e hanno qualche tipo di allergia? E’ importante saperlo per i pasti della mensa”.
“No, mangiano più o meno tutto senza fare storie”, disse Harry.
“Anche le verdure?”
“Sì certamente”. Perché tutti davano sempre per scontato che i bambini piccoli odiassero le verdure?
“Oh molto bene!”
Le domande andarono avanti per un’oretta abbondante, anche se a lato pratico sembrarono appena dieci minuti. La signora Smith chiese se i bambini avessero degli interessi particolari e Sofia rispose che amavano la musica classica, i dinosauri e la storia. Tutte cose piuttosto ovvie per lei. Harry aggiunse che adoravano i cavalli e che facevano sempre tante domande. A questa affermazione però, la direttrice fece fatica a crederci fin da subito. Guardando oltre il duca e la duchessa, vide che David e Philip avevano smesso di disegnare e che ora li stavano ascoltando con interesse.
“Sembrano dei bambini molto tranquilli”, osservò la signora Smith.
“Lo sono”. Beh non era proprio così, ma di certo lo erano quando incontravano qualcuno che non conoscevano. Loro si scatenavano solo con chi conoscevano.
La signora Smith si alzò e si diresse verso di loro. “Allora, qual è la cosa che più vi piacerebbe fare qui?”
Nessuno dei due rispose. Philip aveva l’aria arrabbiata, più che altro, mentre David sembrava perplesso. Nessuno dei due sembrava troppo felice di trovarsi lì.
Sofia ed Harry si guardarono. Nella stanza calò u imbarazzante silenzio e Sofia avvertì che Harry si stava innervosendo.
“Ragazzi, perché non mostriamo alla signora Smith cosa avete imparato quest’estate”, le venne in mente di dire per allentare la tensione. “Signora Smith, le dispiace?”
“Oh no, no, assolutamente! Anzi non vedo l’ora di scoprire cosa sia”.
Harry corrugò la fronte, chiedendosi cosa avesse in mente la moglie.
“Allora, questa ve la faccio facile: qual è il nome del terzo faraone della XIX dinastia? Inizia con la R”.
“Ramses II!” Esclamò David divertito.
Questa era davvero facile, si disse Sofia, ma dall’espressione di Philip capì che forse lo era anche troppo.
“Bravissimo David! E ora una più difficile: qual è il nome del quinto faraone della XVIII dinastia? Inizia con la H”. Questa, per dei bambini di tre anni era davvero pesante come domanda.
“Horemhab?” Buttò lì David.
Sofia sospirò. “Ho detto quinto faraone, non ultimo. E comunque noi sappiamo che con Horemhab è meglio fare un discorso a parte, no?”
“Hatshepsut!” esclamò Philip dopo averci pensato su per qualche istante. La pronuncia non fu delle migliori, ma comunque bastò a lasciare sbalordita la signora Smith, che sgranò gli occhi incredula. Sofia alzò il mento in un gesto involontario che dimostrava quanto fosse orgogliosa di David e di Philip.
Harry si mise una mano davanti alla bocca per evitare di scoppiare a ridere. Chi mai insegnerebbe a dei bambini di tre anni i nomi dei faraoni egizi? Di sicuro la direttrice non sapeva nemmeno di cosa stessero parlando, visto che non lo sapeva nemmeno lui, però una cosa era certa: in quel momento si sentì tremendamente fiero dei suoi bambini. Sì, perché avevano appena dimostrato che erano piuttosto intelligenti e portati per lo studio. Ma dopotutto erano figli di tanta madre.
 
“No, fammi capire bene: hai insegnato ai nostri figli i nomi di tutti i faraoni egizi?” Chiese a Sofia una volta fuori dall’istituto. Stava cercando ancora di trattenersi dal ridere.
“Sì, certo. Anche se in realtà non abbiamo lavorato proprio su tutti i faraoni di tutte le dinastie: sarebbe stato troppo”, rispose lei come se fosse la cosa più ovvia del mondo. “All’inizio Enea mi aveva suggerito di iniziare con i nomi degli imperatori romani ma…”.
“A noi piace più l’Egitto!” Intervenne David con determinazione.
Harry lo guardò sorpreso. “Ma dai! E a te Philip? Anche tu preferisci i faraoni?”
“Sì, sono più belli!”
Il padre scoppiò a ridere e Sofia non ne capì il motivo. “Scusa, ma cosa c’è di tanto divertente?”
Lui le prese il volto tra le mani e la baciò. “Perché nessuno insegna a dei bambini i nomi dei faraoni! Non so se ti sei accorta dell’espressione della direttrice”.
Sofia inarcò un sopracciglio. “Io alla loro età sapevo già a memoria nomi e date di tutta la dinastia Tolemaica”, rifletté. “E non c’è nulla di geniale in tutto questo: si tratta solo di studio e di interesse. Anche se la dinastia Tolemaica è relativamente semplice, considerando che gli uomini si chiamano tutti Tolemeo e le regine tutte Arsinoe, Berenice o Cleopatra”.
Harry scosse la testa e l’abbracciò tenendola per la vita. “Non ho idea di cosa tu stia parlando ma una cosa è certa: sei meravigliosa!”
Sofia arrossì violentemente. David e Philip sorrisero contenti ed Harry li prese in braccio entrambi e li baciò. La barba gli solleticò i volti e i due si misero a ridere.
“Siamo stati bravi papà?” chiese Philip.
“Bravi? Siete stati fantastici, miei piccoli soldatini!”
 
Il primo giorno di scuola Harry e Sofia accompagnarono i gemelli insieme. Sofia continuò a guardarli finché non li vide sparire all’interno della loro classe. Si sentiva decisamente emozionata e se fosse stata meno orgogliosa si sarebbe messa volentieri a piangere. La maternità aveva tirato fuori un lato tenero del suo carattere che non avrebbe mai creduto di possedere.
“Allora, duchessa di Windsor, che programmi hai per questa mattina?” Le chiese Harry con un tono di voce che la fece preoccupare.
“Sono libera”, disse lei prestando molta attenzione alle parole da usare.
Lui le sorrise maliziosamente. “Bene, perché si dia il caso che anche io sia libero. E che abbia una sorpresa”.
“Devo preoccuparmi?” Chiese cercando di nascondere un sorriso. Cominciava ad amarle le sorprese di Harry.
Lui le aprì la portiera dell’auto. “Aspetta e vedrai, ti piacerà!”
Cosa avesse in mente, Sofia non poteva nemmeno immaginarlo e non tentò nemmeno di scoprirlo.
Harry guidò fino al Piccadilly, parcheggiò la macchina e poi decise che da lì in poi era meglio proseguire a piedi. Aveva sempre desiderato passeggiare con Sofia per le vie di Londra, ma per un motivo o per un altro non c’era mai riuscito. Lui non era proprio il tipo di uomo che faceva quelle cose, però con lei era decisamente tutta un’altra storia.
“E’ per questo che stamattina mi hai praticamente imposto di indossare degli stivali comodi?”
“Ebbene sì. Dovevi stare comoda per camminare!”
Era inverno e il freddo di Londra entrava nelle ossa senza pietà.  Harry le mise un braccio intorno alle spalle, stringendola forte per riscaldarla. Adorava farlo, perché sentiva sempre il forte bisogno di tenerla il più vicino possibile.
“Allora, si può sapere dove stiamo andando?” Sofia era curiosa, davvero molto curiosa, ed entusiasta perché amava trascorrere del tempo con Harry in quel modo.
Harry, visibilmente divertito, la prese per mano e iniziò a camminare più svelto, finché non arrivarono al bordo del marciapiede. “Guarda tu stessa”, le indicò l’altro lato della strada, dove c’era un negozietto in stile inglese con gli esterni in quel colore verde bosco scuro. In alto, proprio sulla porta d’ingresso, si stagliava la scritta in oro che recitava: ‘’Hatchards’’.
“Che cos’è?” Chiese Sofia incuriosita.
“Ecco qualcosa che non sai! Quella, è la più antica libreria di Londra. Risale al 1797”.
Lei si morse un labbro. “Mi hai portata in una libreria?”
Harry fece spallucce. “Conosco i gusti di mia moglie”. Si sporse in avanti e la baciò dolcemente. “Ho pensato che una giornata rilassante te la meritassi”. La loro frenetica vita era devastante e quello era il suo modo per ringraziarla di aver scelto di stare con lui, nonostante tutto.
Sofia sorrise emozionata e lo abbracciò forte. Dannazione quanto amava quell’uomo.
Hatchards era una vera e propria meraviglia per gli amanti dei libri. La luce soffusa e le piccole e suggestive gallerie di scaffali pieni zeppi di volumi, le conferivano un aspetto magico. Portare una donna come Sofia in un posto del genere, per un primo appuntamento, sarebbe stata la mossa peggiore che qualcuno potesse fare, perché in una libreria come quella che importanza avrebbe più avuto il proprio accompagnatore?
Per sua fortuna, Harry e Sofia erano già sposati e, invece di ignorarlo brutalmente, lei lo coinvolse con grande gioia nella sua ricerca che alla fine diede degli ottimi risultati.
“Non trovavo libri così interessanti da quando ho comprato quella Bibbia in gaelico alla fiera dell’antiquariato a Parma, dieci anni fa!” Esclamò Sofia una volta usciti dalla libreria.
“Cosa te ne fai di una Bibbia in Gaelico?” Volle sapere Harry.
“Assolutamente niente”, ammise ridendo lei. “Ma aveva delle incisioni stupende”. Il pezzo in questione poi aveva deciso di lasciarlo a suo padre, solo perché nella teca del suo studio stava meglio.
“Ma come ti è venuto in mente di portarmi qui?” Sofia si sentiva leggermente in colpa perché lui faceva l’impossibile pur di renderla felice, quando a lei, in verità, bastava il semplice fatto che lui continuasse ad amarla, sempre.
“Beh, avevo pensato di portarti in quella graziosa libreria di Parigi, ma poi ho pensato che era meglio essere a casa per sentire come era andato il primo giorno di scuola di Philip e David”.
“Ancora con Parigi eh? E il nostro famoso appuntamento a San Pietroburgo quando sarà?”
Harry la guardò con ari colpevole. “Perché San Pietroburgo? Non te l’ho mai chiesto”.
Sofia si liberò dal suo abbraccio e si fermò proprio davanti a lui. “Perché quando ero piccola vidi una foto della Cattedrale di San Nicola del Mare e ho sempre desiderato andare a vederla”, gli spiegò.
Lui la guardò confuso. “Ma tu non sei mai stata un’amante delle chiese”, osservò.
“Lo so, non mi interessa l’interno infatti. Però c’è qualcosa di magico nell’accostamento del bianco e dell’azzurro, con le cupole dorate che ricordano la vecchia Russia, che mi ha sempre affascinato. In verità ho sempre creduto che l’inverno fosse il periodo migliore per visitare quel posto. Con la neve sembra quasi di trovarsi in una vecchia favola”.
Harry fece un profondo respiro e studiò Sofia dalla testa ai piedi. “A volte mi chiedo proprio come tu abbia fatto ad innamorarti di uno come me”. Lei era semplicemente fantastica.
Sofia gli accarezzò il volto e lui le baciò la mano mentre lo faceva. “Non provare nemmeno a sminuirti Harry. Io ti amo e voglio te al mio fianco, per sempre”. Non era poi così speciale come voleva sempre dipingerla. Non lo era mai stata e non ci teneva nemmeno ad esserlo. Lei era semplicemente se stessa.
 

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Capitolo 5
*** Sbucciature e cavalli ***


I fine settimana nella casa fuori città erano i giorni che Sofia ed Harry preferivano di più. Lì la vita aveva un’aria decisamente diversa e sembravano una famiglia normale.
La bella stagione era ormai alle porte, ma nonostante questo il clima non era dei migliori. Il vento era ancora freddo, il cielo grigio e la pioggerellina umida bagnava la terra a tutte le ore del giorno.
Sofia posò la tazza di thé sull’isola della cucina, quando si voltò, vide Harry sulla soglia della porta che riprendeva fiato.
“Hai fatto una corsa?” Gli chiese lei.
“Non è facile stare dietro a David e Philip”, rispose lui entrando e dirigendosi verso di lei.
Sofia lo abbracciò calorosamente. “Lo so, in questo hanno preso dal loro papà”.
“E dalla loro mamma”, aggiunse Harry. Si sporse in avanti per baciarla, ma in quel momento sentirono il pianto di qualcuno provenire dal retro della casa.
Senza aspettare nemmeno un secondo Sofia ed Harry si fiondarono fuori per vedere cos’era accaduto.
“David!” Sofia lo esaminò attentamente per vedere se si fosse fatto male, ma sembrava stare bene.
“David, cos’è successo? Dov’è Philip?” Chiese Harry preoccupato.
“Sono qua, papà”. Da dietro un cespuglio sbucò Philip che si stava asciugando il naso sanguinante.
“Tesoro, ma che è successo?” Sofia corse da lui immediatamente e lo prese in braccio.
“Sono caduto”, rispose con tranquillità. David si era messo a piangere non perché si fosse fatto male, ma perché si era ferito il fratello.
Lei fece un profondo respiro e poi esaminò il naso di Philip, mentre Harry asciugava le lacrime di David, visibilmente più tranquillo per la presenza dei genitori.
“Harry, forse è il caso di portarlo in ospedale”, disse Sofia vedendo che il naso continuava a sanguinare. Inoltre si era fatto male anche al ginocchio sinistro.
“No, possiamo cavarcela senza l’aiuto di un medico. Ci penso io”. Sofia diede Philip in braccio ad Harry, che lo portò in casa.
David si strinse forte alla madre spaventato. “Sta tranquillo amore mio, non è successo nulla”, gli sussurrò lei baciandogli la testa. “Adesso ci pensa papà”.
E difatti fu così. Harry prese la cassetta del primo soccorso e si occupò di Philip. Tamponò il naso, che smise di sanguinare poco dopo, e poi gli medicò il ginocchio. Le poche cose imparate durante gli anni di servizio militare si dimostrarono sufficienti a sistemare la sbucciatura. Lavò la ferita con dell’acqua, la disinfettò e poi la fasciò a dovere con una benda. La cosa che sorprese di più Harry fu il modo in cui Philip aveva reagito. Per lui era come se non fosse accaduto niente. E vedendolo così, non seppe se ammirare il comportamento del figlio o esserne semplicemente sorpreso.
Sofia rimase incantata nel vedere con quanta cura Harry si prese cura del loro bambino. Ogni gesto, ogni singolo movimento, venne fatto con la massima attenzione e con la massima delicatezza. Nonostante fosse concentrato nella medicazione, Harry trovò comunque il tempo di dedicarsi anche a David, con il quale rideva e scherzava per farlo tranquillizzare. Era davvero un padre meraviglioso.
“Ecco fatto!” Esclamò una volta che ebbe finito. Prese i bambini uno ad uno e li mise giù dall’isola della cucina. “Ora torniamo fuori: ho una bella sorpresa per voi!”
I gemelli esultarono, avendo già dimenticato quello che era appena accaduto, e tornarono in giardino. “Non correte!” Gli disse Sofia apprensiva.
“Avrei dovuto essere lì a controllarli”, rifletté a voce alta. “Sono troppo piccoli per giocare da soli”.
“Ma loro non erano soli, c’ero io. E poi non possiamo controllarli in ogni momento”. Harry l’abbracciò da dietro e la tenne stretta, impedendole di raggiungere Philip e David. “Allora, dove eravamo rimasti?” Le prese il mento e la fece voltare quel tanto che bastava per baciarla.
La sorpresa che avevano progettato Harry e Sofia per i bambini fu probabilmente qualcosa che i due avrebbero ricordato per il resto della loro vita, perché quella fu la prima volta che salirono su un pony. Qualche settimana prima Harry ne aveva acquistati due appositamente per loro. Forse avevano appena tre anni, ma non era mai troppo presto per imparare a cavalcare. D’altra parte i royal twins avevano ereditato la stessa passione del padre per i cavalli, rifletté Sofia. La stessa passione e la stessa bravura, visto che a sentir Harry, i loro figli erano dei cavallerizzi nati! Ma dopotutto Harry era un bravo insegnate, dal momento che era merito suo se Sofia aveva imparato ad andare a cavallo.
SPAZIO DELL'AUTRICE
Questo capitolo è corto, lo so, ma all'inizio era stato programmato come parte integrante del capitolo successivo che però sarebbe stato davvero troppo lungo, perciò ho deciso di dedicare uno spazio tutto suo a questo piccolo scorcio di vita quotidiana, spero che la cosa possa piacervi!

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Capitolo 6
*** Aria di tempesta... ***


Con l’arrivo delle belle giornate iniziarono anche le partite di polo. Harry e Sofia si trovavano in Scozia per un torneo e il destino volle che lì si trovasse, del tutto inaspettatamente, anche un amico di Harry, un certo Jake con cui lui era andato a scuola ai tempi di Eton. Negli anni della giovinezza fu anche il suo migliore amico, ma col crescere i rapporti si erano un po’ allentati, tanto che ora si frequentavano solamente durante occasioni come quella.
Sofia non provava per Jake nessuna particolare simpatia e anzi, i suoi modi le davano sui nervi la maggior parte delle volte.
“Sofia, so di essere ripetitivo ma la maternità ti ha resa davvero splendida”, le disse Jake quando la vide.
Lei si sentiva sempre a disagio quando riceveva quel tipo di complimenti. Un po’ perché era convinta che fossero solo frasi di convenienza, e quindi false come non mai, e un po’ perché le dava fastidio sentirsi gli occhi di Jake addosso. Diventava un po’ viscido quando faceva così.
“Jake, tieni giù le mani da mia moglie”, intervenne subito Harry mentre finiva di sistemarsi le protezioni sulle ginocchia.
“Sta tranquillo, non ho nessuna intenzione di rubartela”.
Lui inarcò un sopracciglio, scettico. Jake era sempre stato un inguaribile rubacuori, nonostante l’aria da bravo ragazzo, e se lei non fosse stata sua moglie di sicuro c’avrebbe spudoratamente provato. Questo lo sapevano tutti.
Sofia era sempre stata apprezzata dagli amici di Harry e questo perché era semplicemente diversa da tutte le altre ragazze con cui erano abituati a rapportarsi. Era bella ed intelligente, una di quelle persone con cui puoi fare una conversazione sui più svariati argomenti senza andare a finire in frasi che riguardano gioielli e vestiti. In pratica era una donna talmente desiderabile che tutti avrebbero voluto sposarla, ed Harry era piuttosto geloso. Sfortunatamente per lui, lei non c’aveva mai creduto veramente a questa storia. Quella donna non si rendeva conto dell’effetto che aveva sugli uomini.
Harry terminò di fare gli esercizi di stretching e poi indossò il caschetto. “Ci siamo, augurami buona fortuna e guardami attentamente”.
“Avrò occhi solo per te”, lo rassicurò lei dandogli un bacio.
“Sta tranquillo, terrò compagnia io alla tua splendida moglie”, intervenne Jake, assolutamente fuori luogo.
Sofia alzò gli occhi al cielo e Harry lo guardò male prima di montare in sella per raggiungere il resto dei giocatori.
La partita fu piuttosto interessante, anche se Sofia non poté prestarle tutta l’attenzione che avrebbe voluto. Se fosse stata una qualsiasi spettatrice come tutte le altre, avrebbe potuto sedersi in tutta tranquillità e guardare Harry con aria sognante all’infinito, però questo non era più possibile dal momento che era la duchessa di Windsor. Inoltre, quel giorno, la consegna dei premi sarebbe spettata a lei, e questo fece sì che una gran quantità di personaggi illustri, famosi e meno famosi, le si fiondassero addosso senza darle tregua, il tutto appesantito dalla presenza costante di Jake, che diventava sempre più irritante col passare dei minuti.
“Sai, ho conosciuto una persona molto interessante qualche settimana fa a Londra”.
“Non sono certa di voler sentire il resto della storia, Jake”, rispose distrattamente lei mentre cercava di capire a che punto era la partita.
“E invece dovresti! Allora ti stavo dicendo, questa persona insegna ad Oxford e indovina un po’ è un italiano, come te! Magari lo conosci”.
Sofia lo guardò perplessa. “Non è che conosco tutti gli italiani che vivono a Londra”, gli fece notare.
“Questo magari sì, visto che si intende di storia. Il suo nome è Lucas, però faccio fatica a ricordarmi del cognome”.
Sofia si bloccò. Aveva detto Lucas?
Jake corrugò la fronte concentrandosi per ricordare quel cognome e dopo alcuni tentativi se ne uscì fuori dicendo: “Minganti! Ecco, Lucas Minganti”.
Sì, era decisamente lui.
“Lo conosci?” Insistette Jake.
“No”. Mentì spudoratamente. D’accordo, Lucas era a Londra, di nuovo, e allora? Bastava evitare di andare ad Oxford.
Jake sembrò deluso della sua risposta, ma si riprese quasi immediatamente. “Non importa, te lo presenterò alla serata di gala tra qualche giorno”.
Ecco, quello sarebbe stato un problema. Un vero ed enorme problema. Come diavolo glielo avrebbe spiegato ad Harry?
 
 
Nel frattempo Harry fece un punto semplicemente eccezionale che fece aggiudicare l’intero chukker alla sua squadra. Decisamente soddisfatto guardò verso la tribuna, sicuro che Sofia lo stesse guardando, ma si accorse che era troppo impegnata a parlare con Jake per prestargli attenzione. Corrugò la fronte infastidito, anche se si disse che magari si trattava solo di un caso. Nei minuti successivi fu così concentrato nel vedere cosa stavano combinando quei due che alla fine cadde da cavallo.
A fine partita avevano vinto, ma Harry era completamente fuori di sé dalla rabbia. Fortuna che avrebbe avuto occhi solo per lui eh!
Il suo istinto gli diceva di andare lì e sentire cosa avevano di così tanto interessante da dirsi quei due. Dal campo alzò una mano verso la tribuna ma lei non lo notò minimamente. D’accordo: avrebbe attirato la sua attenzione in un altro modo.
Nel momento delle premiazioni, Harry si mise in fondo alla fila in modo da essere ultimo. Sofia salì sul podio, e consegnò i trofei ad ogni giocatore, sorridendo e dando un bacio sulla guancia ciascuno, come era solito fare in queste occasioni. Era radiosa come al solito e in alcuni casi si soffermò maggiormente per congratularsi.
Finalmente arrivò il turno di Harry, che le sorrise come se nulla fosse. Lei gli consegnò il trofeo e si avvicinò per baciargli la guancia ma proprio in quel momento, lui si voltò e la baciò sulle labbra con sentimento, davanti agli occhi di tutti.
Sofia si staccò non appena le fu possibile e lo guardò incredula, arrossendo violentemente. Un atteggiamento simile non era decoroso in certe occasioni, lo sapevano entrambi, ma ad Harry non interessava. La guardò con aria soddisfatta alzando il mento in segno di trionfo.
 
 
Sofia entrò nella tenda riservata agli atleti e diede ad Harry uno schiaffo sulla schiena così forte che il suono sordo del colpo si sentì forte e chiaro.
“Ma che diavolo ti è saltato in mente!” Esclamò.
“A te che ti salta in mente! Mi hai fatto sputare un polmone”, rispose lui massaggiandosi il punto in cui l’aveva colpito.
“Scusa non volevo farti male”, disse lei con dolcezza. “Ma comunque che diamine ti è preso?” Continuò tornando al tono di voce arrabbiato.
“Ho attirato la tua attenzione, visto che non mi hai degnato di uno sguardo durante la partita. Che diamine avevate da confabulare tu e Jake?”
Sofia iniziò a sudare freddo ricordandosi della storia di Lucas. Avrebbe dovuto dirlo ad Harry, ma non ne aveva il coraggio.
“Stavamo parlando di cose importanti”, gli disse rimanendo sul vago. Non poteva dirglielo, era già arrabbiato e saperlo lo avrebbe mandato ancora di più su tutte le furie.
“Cose importanti?” Ripeté lui scettico. “Tu non lo sopporti nemmeno Jake!”
“Questo non ti autorizza a fare come ti pare, Harry!” Tentò di riportare il discorso sulla questione del bacio. Che tra le altre cose era stato anche un bel bacio, ma assolutamente fuori luogo.
Harry sbuffò, si mise la borsa del cambio in spalla e poi prese Sofia per mano, praticamente trascinandola fuori fino alla macchina. Non aveva proprio nessuna voglia di vedere nessuno in quel momento e l’unica cosa che voleva era tornare in hotel.
Durante il tragitto nessuno dei due parlò, poi Harry svoltò in una stradina di campagna, stretta e contornata da fitti alberi. “Dove stai andando, l’hotel è dall’altra parte”, gli fece notare lei.
“Lo so, ma questa è una scorciatoia”, rispose lui scocciato.
“Ne sei sicuro? Tu non conosci queste strade, ci perderemo”, ribatté Sofia con un tono di voce altrettanto brusco.
Harry la ignorò, ma dopo tre quarti d’ora dovette darle decisamente ragione. “D’accordo, ci siamo persi”. Alzò le mani dal volante dopo aver accostato.
Sofia sospirò spazientita. “Te l’avevo detto. Dobbiamo tornare indietro”.
“Lo so.” Harry fece per rimettere in moto la macchina, che invece decise di non partire. “Non ci credo”.
Sofia si abbandonò sul sedile. Quella giornata stava prendendo una piega orribile. Si slacciò la cintura di sicurezza ed uscì dall’auto sentendo il bisogno di prendere una boccata d’aria. Harry fece lo stesso.
“Ora chiamo per farci venire a prendere”, le disse.
Lei annuì e rimase in attesa con le braccia conserte, dondolandosi sulle punte dei piedi per scaricare la tensione. Erano più o meno le cinque del pomeriggio e il tempo era quanto di più minaccioso ci fosse. Gli enormi nuvoloni neri e il vento freddo sembravano rispecchiare perfettamente i loro pessimi umori. In quel momento Sofia provò una profonda ed insolita nostalgia per il clima assolato che caratterizzava solitamente l’Italia in quella stagione.
“Non c’è campo”, sentenziò Harry alla fine, dopo aver provato due o tre volte.
Sofia lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi. “E adesso che facciamo?”
Harry guardò il cielo. “Poco fa ho visto un cartello che indicava una specie di hotel locale”. E quella era l’unica indicazione che avevano trovato in quella stradina. “Potremmo andare fino a lì a piedi e magari bere qualcosa”, propose guardando Sofia negli occhi per vedere se fosse ancora arrabbiata oppure no.
“Bere qualcosa in questo momento è una pessima idea”, sussurrò lei abbassando lo sguardo.
“Scusa, perché?”
“Perché devo fare la pipì. Ho bevuto tanti quei cocktail alla partita che ora non ce la faccio più”. Sarebbe andata tranquillamente in bagno, se lui non fosse scappato via in quel modo.
“E allora? Ce l’avranno un bagno lì!” Esclamò lui.
 
Camminarono seguendo la strada per circa un altro quarto d’ora, poi finalmente arrivarono alla locanda segnata sulle indicazioni. Dall’esterno era somigliante ad un normalissimo cottage di campagna, piuttosto carino. Fecero appena in tempo ad entrare dentro prima che iniziasse il diluvio universale.
Sofia chiese subito indicazioni per il bagno e poi raggiunse Harry nella saletta con i tavolini al piano terra. Ordinarono qualcosa da bere e rimasero in attesa che smettesse di piovere almeno un po’. Inutile, perché l’acqua continuò a scendere dal cielo senza tregua, battendo violentemente contro le finestre.
“Ci conviene rimanere qui per la notte”. Harry si alzò e andò al bancone dell’entrata per prendere una stanza.
“Mi dispiace, ma abbiamo libera solamente una matrimoniale”, gli disse il signore grassottello alla reception.
Harry inarcò un sopracciglio e gli mostrò la fede matrimoniale. “Non è un problema: siamo sposati”. D’accordo che Sofia sembrava più giovane di quello che era in realtà, ma se erano in quel posto da soli c’era un motivo.
“Oh!” Esclamò il tizio prendendo le chiavi della stanza. “Ultima porta a sinistra, in cima alle scale”.
“Grazie tante.” Harry lo guardò malissimo.
La stanza in cu pernottarono era piuttosto piccola, una specie di mansarda, ma nel complesso era piuttosto carina. La carta da parati era bianca con piccoli fiorellini viola stampati sopra, esattamente come le tendine della finestra. Il letto matrimoniale aveva una struttura in legno scuro, piuttosto classica, e il copriletto bianco.
Harry ci appoggiò il borsone sopra con un po’ troppa forza e il letto scricchiolò. Lo aprì e cercò il cambio pulito degli abiti.
Sofia si accorse che aveva qualcosa sulla schiena, così gli tirò su la maglia e vide il cerotto che aveva sulla schiena, nella zona lombare.
“Che ti sai fatto alla schiena?”
Lui rise amaramente. “Sono caduto da cavallo. Lo sapresti se avessi guardato la partita”.
Ancora con quella storia? Quando si impuntava così sulle cose sembrava proprio un ragazzino.
“Vado a farmi una doccia”, gli disse lei irritata.
“Accomodati pure!”
Sofia entrò in bagno e chiuse la porta dietro di se. La prima cosa che fece fu togliersi quelle maledettissime scarpe. Il tacco era medio, ma tenerle tutto il giorno era stato semplicemente un suicidio. Si massaggiò le caviglie doloranti, poi fece scorrere l’acqua della doccia. Lei aveva sempre odiato i box doccia, preferiva di gran lunga le vasche da bagno, ma in quelle circostanze non poteva permettersi di fare tanto la schizzinosa.
Un tuono squarciò l’aria con un rumore tremendo e lei sobbalzò per la sorpresa. Fece un profondo respiro e, dopo essersi spogliata, entrò nella doccia. Il getto d’acqua calda la investì totalmente e quel poco di trucco che aveva le scivolò via dal volto in meno di un minuto, provocandole un leggero fastidio sugli occhi che fortunatamente svanì quasi immediatamente. Si passò una mano sul volto mentre l’acqua le scivolava sulla pelle e ripensando a tuono di poco prima, le vennero in mente i suoi bambini.
Philip e David avevano paura dei tuoni e una sera erano usciti dalla loro stanza per correre a ripararsi da lei ed Harry. Quella volta entrarono in camera ed Harry gli chiese se fossero lì perché avevano paura. Philip allora aveva scosso la testa negando l’evidenza, mentre David lo teneva per mano, poi, nell’udire l’ennesimo tuono, avevano sgranato gli occhi impauriti ed erano corsi da loro nel lettone.
Sofia sorrise a quel ricordo, poi tornò alla realtà e si disse che doveva far pace con Harry. In fin dei conti non aveva tutti i torti: se lui l’avesse ignorata, lei ci sarebbe rimasta malissimo e se la sarebbe presa a morte. Sapeva di avere torto e doveva rimediare.
 
 
Harry si tolse la maglietta. Si sentiva esausto e aveva decisamente bisogno di farsi una doccia.
La porta del bagno si aprì ed uscì Sofia, con solo l’asciugamano avvolto intorno al corpo. Lui rimase a fissarla, mentre lei sistemava ordinatamente gli indumenti sul mobiletto vicino alla finestra, e pensò che quel corpo era veramente una cosa da capogiro.
Senza nemmeno accorgersene le si avvicinò e la sfiorò con un dito. Lei inarcò leggermente la schiena, in un gesto involontario che faceva ogni volta che lui la toccava in quel punto. Era dannatamente sensuale quando lo faceva.
Sofia si girò tenendosi l’asciugamano ben stretto sul corpo. Non sapeva bene il perché d quella reazione così stupida. Era suo marito, con lui aveva fatto due figli, eppure ogni volta che la toccava si sentiva nervosa come la prima volta che erano stati insieme.
Harry l’attirò a sé e poggiò la fronte contro la sua, poi la baciò dolcemente. La prese in braccio e l’adagiò sul letto. Con una mano saggiò le forme femminili del suo corpo, accarezzandole le cosce e i fianchi, fino ad arrivare al seno. Le tolse l’asciugamano quasi strappandoglielo di dosso e sentendo di non potersi più trattenere, la fece sua.
Sofia gemette involontariamente sentendolo entrare dentro di lei. Gli circondò i fianchi con le gambe ed affondò le mani tra i suoi capelli rossi mentre lo baciava, travolta dalla passione. Fare l’amore con quell’uomo era qualcosa di incredibile.
 
Il mattino dopo erano ancora stretti l’uno all’altra. Il cattivo tempo era passato e il sole splendeva alto nel cielo.
“Però seriamente, cosa vi siete detti tu e Jake ieri?” Le chiese Harry.
Sofia si ricordò di Lucas e decise che non poteva più nascondergli la cosa. Si mise a sedere sul letto. “Mi ha detto che ha conosciuto un certo Lucas”, gli spiegò con voce incerta.
Harry le accarezzò la schiena. “Lucas non era anche il nome di un tuo ex?” Le chiese con tranquillità. Sofia arricciò il naso, facendo una smorfia preoccupata e lui si tirò su, sedendosi vicino a lei. “Non è di quel Lucas che stiamo parlando vero? Ti prego Sofia, ho assolutamente bisogno di sentirti dire queste parole”.
 
SPAZIO DELL'AUTRICE
Harry e Sofia continuano ad avere dei pessimi caratteri e mi rendo perfettamente conto che litigano per delle cose assurde, però ormai non ci possiamo fare nulla, visto che sono fatti così! XD Lucas spunta fuori come le margherite, sempre e comunque, che succederà adesso? Che questa volta Harry riesca ad incontrare direttamente l'amore giovanile di Sofia?

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Capitolo 7
*** Sono rimasta sempre la stessa ***


“Quindi lui e Sofia stavano insieme?” Chiese William.
“Sì.” Rispose Harry fissando la ghiaia del viale.
“Quando erano ragazzi?”
“Sì.” Ripeté Harry. Ormai erano ore che rispondeva a monosillabi.
“Non capisco”, ammise William dopo averci riflettuto per un po’.
Harry alzò gli occhi al cielo. “Cosa non capisci? Non è tanto complicato!”
“Non capisco perché sei così…” William non riuscì a trovare la parola adatta per descrivere lo stato in cui era il fratello. Semplicemente lo indicò tutto con la mano, con un’espressione del volto che diceva più di mille parole. “Insomma, erano dei ragazzini. Sono anni che non si vedono, lei è tua moglie e avete due figli, davvero credi che Sofia possa provare ancora interesse per lui?”.
“Cosa?” Harry lo guardò indignato. “No! No e assolutamente no! Non penso nulla del genere!” Sapeva che Sofia lo amava e non aveva il minimo dubbio su questo.
“E allora cosa c’è che non va?”
Harry alzò le mani in segno d’arresa. “Non…non lo so”. Scuotendo la testa si mise seduto sulla panchina in ferro battuto. Si passò una mano fra i capelli e fece un respiro profondo.
“Senti, non devi permettere che questa cosa ti mandi in crisi”. William si sedette al suo fianco e gli diede una pacca sulla spalla.
“Sì, lo so. Però non è facile io….è come se avessi paura di non reggere il confronto”, spiegò.
“Ma dai Harry, che sciocchezza!” Esclamò William.
“Tu non puoi capire”.
“Magari dovresti parlarne con Sofia”.
Quella era stata la prima cosa che aveva fatto, peccato che non fosse servita poi a molto. Il ballo di gala era quella sera e lui non si sentiva minimamente pronto ad incontrare Lucas.
Harry sospirò per scaricare la tensione e guardando il cespuglio di rose rosse che aveva davanti ebbe un’idea. Forse c’era qualcuno in grado di aiutarlo.
“Ho trovato!” Si alzò in piedi di scatto e iniziò a correre, diretto verso casa.
“Hey! Ma dove stai andando?” Gli urlò dietro William.
“Dopo te lo spiego!” Gli rispose lui di rimando, continuando a correre.
Salì in tutta fretta la scale e percorse il corridoio con grandi passi fino ad arrivare in camera. Prese il suo cellulare dal comodino, dove lo aveva lasciato, e chiamò.
Il telefono squillò per tre volte. “Spero per te che sia una cosa importante”, rispose Enea con il suo solito tono di voce.
I rapporti tra lui ed Harry erano notevolmente migliorati da quando erano nati i gemelli, anche se Enea continuava a non volerlo ammettere. Era un tipo troppo orgoglioso per riconoscere che Sofia aveva fatto bene a sposarlo.
“Ho bisogno di un favore”, gli disse Harry.
“E lo vieni a chiedere proprio a me? Non per essere scortese, credimi, ma siamo piuttosto lontani. Comunque che ti serve?”.
“Lucas”. Disse quel nome quasi con disgusto. “Che tipo è?” Se c’era qualcuno in grado di dargli delle informazioni su di lui, questo era Enea. I due avevano lavorato insieme e si conoscevano piuttosto bene.
“Intendi dire caratterialmente?”
“Sì. Ha ottenuto una cattedra ad Oxford e questa sera parteciperà al ballo di gala e…”
“E tu vuoi sapere che razza di persona ti ritroverai di fronte, dico bene?” Enea lo precedette prima che potesse terminare al frase. Harry rimase in attesa impaziente.
“Beh, è complicato da spiegare…Su di Lucas ci sarebbero da dire tantissime cose, però non aiuterebbero la tua autostima”.
“La cosa non è molto incoraggiante”, ammise Harry. Abbassò lo sguardo sulla foto incorniciata che ritraeva lui e Sofia il giorno delle loro nozze. “Il fatto è che…non so come comportarmi. Insomma, lui è stato il suo grande amore…”, pronunciò le ultime due parole con un tremendo nodo alla gola.
Dall’altro capo del telefono Enea scoppiò a ridere e in quel momento Harry si pentì di averlo chiamato. Era decisamente insopportabile, il più delle volte. “Chi è il grande amore di chi? Ascoltami bene Harry, l’unico vero grande amore di mia sorella, un po’ per sfortuna e un po’ per fortuna, sei tu. Quello che c’è stato con Lucas era un amore giovanile e tale è destinato a rimanere, grazie al cielo.”
“Come sarebbe a dire grazie al cielo? Tu e Lucas non siete amici?” La cosa non avrebbe dovuto stupirlo dal momento che, come gli aveva detto Sofia, ad Enea non piaceva veramente nessuno.
“Per quanto mi riguarda io Lucas l’ho sempre detestato. Certamente sa fare bene il suo lavoro, ma non è né il primo e né l’ultimo. Aveva un brutto carattere all’epoca e ce l’ha anche adesso, te lo dimostra il fatto che tra lui e Sofia non è durata”, fece una breve pausa. “Certo, è carismatico oltre ogni misura e lei ne era rimasta affascinata. Lo adorava, in tutti i sensi!”
Harry alzò gli occhi al cielo, esasperato. “Sì, ho capito il concetto, grazie. Va avanti!” Gli disse scocciato.
“Il punto è che poi, non appena è cresciuta abbastanza, si è inevitabilmente contrata con lui. Il consiglio migliore che posso darti Harry è questo: non lasciare che ti metta i piedi in testa. Cercherà di fare l’impossibile per sembrare migliore, perciò spetta a te dimostrargli il contrario, hai capito bene?”
“D’accordo. Grazie mille”.
Harry riagganciò il telefono e si buttò sul letto.
 
 
Sofia si stava finendo di preparare. Seduti sul lettone i bambini la guardavano con i loro grandi occhi, mentre finiva di indossare gli orecchini. Si girò verso di loro e gli mostrò l’abito color cipria che aveva scelto per l’occasione. “Vi piace?”
I due annuirono con convinzione. Sofia sorrise e finì di indossare gli orecchini di diamanti.
“Mamma, dove andate tu e papà?” Le chiese curioso Philip.
“Dobbiamo partecipare ad un evento importante” gli spiegò.
“Possiamo venire anche noi?”
“Lo vorrei tanto amore, ma faremo tardi e voi dovete andare a dormire presto”
David, che era rimasto insolitamente silenzioso fino a quel momento, tossì mentre si strofinava gli occhi con una mano. Sofia lo guardò attraverso il riflesso dello specchio e si accorse che aveva le guance rosse, così si avvicinò e gli appoggiò una mano sulla fronte. Scottava parecchio, come se avesse la febbre.
“David, ti senti bene?” Gli chiese preoccupata.
“Mi fa male la testa”, le rispose lui con voce flebile.
Sicuramente era solo influenza, ma Sofia era piuttosto apprensiva verso i bambini perciò fece chiamare lo stesso un medico. Nel frattempo riportò David in camera e lo mise al caldo nel letto. Nel giro di mezz’ora anche Philip accusò gli stessi sintomi e fortunatamente, dopo averli visitati, il dottore le confermò che era semplicemente un po’ di febbre.
“Poveri tesori miei”, gli disse Sofia. “So che state poco bene ma state tranquilli, vedrete che domani mattina, dopo una bella dormita, vi sentirete meglio”.
“Mamma non andare via, stai qui”, David allungò le braccia verso di lei e Sofia lo abbracciò forte, dandogli un bacio sulla testa.
“Sì mamma, stai qui”, ripeté Philip.
Sofia guardò verso la porta della stanza, dove Harry la stava aspettando.
“Cercate di dormire ora. Io torno subito”, sussurrò dolcemente. Si alzò e si diresse verso di lui.
“Sofia, dobbiamo andare o faremo tardi”, le disse Harry sottovoce, in mood che i bambini non sentissero.
“Harry non posso lasciarli da soli”. In verità non sarebbero rimasti da soli, considerando la presenza della tata, che sarebbe rimasta con loro per tutta la notte, però non era la stessa cosa.
“Nemmeno io vorrei lasciarli, ma è una cosa importante”.
Lo sapeva, ma i suoi bambini stavano poco bene ed erano spaventati per questo. Volevano la loro mamma e lei doveva restare al loro fianco. “Ascolta, tu intanto vai. Io rimarrò solo finché non si addormentano, poi ti raggiungo. Va bene?” Gli domandò implorante.
Philip tossì di nuovo e Harry non se la sentì proprio di insistere affinché lei lo seguisse fin da subito. “D’accordo”.
“Grazie”. Visibilmente sollevata lo baciò e poi tornò nella stanza dei bambini.
 
 
Harry arrivò al ballo di gala, dove tutti furono sorpresi nel vederlo da solo, e ripetere che Sofia avrebbe semplicemente tardato per via dei bambini fu decisamente snervante.
Per tutto il tempo continuò a guardarsi intorno. Sapeva che da un momento all’altro si sarebbe ritrovato Lucas davanti agli occhi e in un certo senso fu proprio così. Lo intravide da lontano, mentre era intento a parlare con altri ospiti. Da principio non era sciuro che fosse lui, poi ripensò a quando lo aveva visto in quel pub e allora non ebbe più dubbi. I capelli rossi tendenti al biondo e quegli occhi blu, della stessa colorazione che assume l’acqua nei punti più profondi e freddi, erano inconfondibili.
Fece un profondo respiro e poi iniziò a camminare nella sua direzione. Avrebbe semplicemente potuto fare finta di nulla. Avrebbe potuto ignorarlo, dal momento che lui non lo stava nemmeno guardando, ma Harry si disse che invece doveva affrontarlo. La presenza di Lucas lo mandava in crisi e se fosse scappato come un codardo, non avrebbe mai superato la paura di non essere abbastanza. L’altra volta si era voltato e se ne era andato, Sofia gli era corsa dietro, ma questa volta sarebbe andato tutto in modo differente.
“Harry!” Jake lo chiamò e Lucas indirizzò lo sguardo verso di lui. Dal modo in cui si guardarono i due si intuì subito che provavano una certa antipatia reciproca.
“Harry, questo è Lucas Minganti”.
I due si strinsero la mano in un gesto di cortesia che entrambi avrebbero volentieri evitato.
“Sai Harry, se tu avessi conosciuto Sofia solo qualche tempo prima, Lucas sarebbe stato il tuo rivale in amore”, disse Jake ridacchiando. Che diamine aveva da ridere lo sapeva solo lui. Non si ricordava nemmeno che Sofia gli aveva detto di non conoscere Lucas.
Harry lo guardò male. “Non credo proprio, dal momento che la loro storia era finita da anni”. Quella frase fu l’equivalente di una dichiarazione di guerra, lo sapeva e non aveva potuto trattenersi. Al diavolo la diplomazia!
“Non è detto, non si sa mai cosa può succedere quando ci si conosce da tanti anni”, rispose in tono freddo Lucas, raccogliendo la sfida di Harry.
“Si beh, Lucas insegnerà ad Oxford dal prossimo semestre. E per fortuna, perché a quel che ho sentito il professore che c’era prima di lui era un vero idiota”. Jake cambiò improvvisamente discorso. Come faceva ad essere così fuori luogo? Se anche pensava una cosa del genere avrebbe dovuto come minimo tenersela per se.
“L’intelligenza non si misura sui banchi di scuola”.
“Di sicuro non su quelli di un’accademia militare”, rispose Lucas con il suo tono di voce irritante, prima di bere un sorso di champagne.
Harry provò l’irrefrenabile impulso di spaccargli la faccia. Chi si credeva di essere? Solo perché aveva studiato all’università non significava che era meglio di lui, che invece aveva scelto la carriera militare.
“In accademia ci insegnano come essere dei bravi soldati, non come stare seduti tutto il giorno ad una scrivania senza fare nulla”.
Lucas lo guardò con aria di sfida. “E immagino che voi siate un bravo soldato. Anche se si potrebbe dire che siete stato fortunato anche su quello dal momento che vi hanno fatto rientrare in patria per motivi di sicurezza. Se tutti i soldati godessero dei vostri privilegi, ci sarebbero molte più persone che sceglierebbero di arruolarsi nell’esercito”.
Quella frase era pesante perché in pratica gli stava dando del codardo. Harry si era opposto fino in ultimo al suo rientro. Era un soldato e lasciare i suoi uomini lì da soli, mentre lui tornava sano e salvo a casa, lo aveva devastato al punto che ancora oggi era una questione che gli bruciava dentro.
Non gli rispose, ma lo guardò con profondo disprezzo. Quanto avrebbe voluto dargli un pugno.
“Harry, dov’è Sofia?” Chiese Jake. Persino lui aveva intuito la tensione che c’era tra i due.
“Sta arrivando, si è trattenuta con i nostri figli”. Lo fece apposta a sottolineare la cosa e Lucas ne sembrò infastidito.
“Beh, anche le principesse sono delle mamme, dopo tutto”, commentò Jake.
“E Sofia in particolare è una mamma meravigliosa”, continuò lui.
Lucas sorrise amaramente. Stava per rispondergli, Harry ne era certo e non aspettava altro, però in quel momento annunciarono l’entrata di Sofia.
“Sua Altezza Reale Sofia, Duchessa di Windsor”.
Harry si voltò verso l’entrata e vide che lei lo stava cercando in mezzo alla folla. Quando incrociò il suo sguardo gli sorrise e si diresse verso di lui. Harry le andò in contro, lasciandosi alle spalle gli altri.
Guardandola con occhi pieni d’amore le baciò la mano e lei gli regalò un altro dei suoi splendidi sorrisi. “Sembra che tu abbia il fiatone. I nostri pulcini come stanno?”
“Sono crollati per la stanchezza. Ho fatto più in fretta che ho potuto”, disse Sofia riprendendo fiato.
Harry era felice che fosse lì. Non sapeva bene il perché ma non era sicuro di poter continuare a tenere testa a Lucas da solo, e la sua presenza gli avrebbe dato la forza necessaria.
Sofia scrutò Harry in volto ed intuì subito il suo stato d’animo. Gli accarezzò una guancia con la mano, poi spostò lo sguardo alle sue spalle e vide Lucas. Fece scivolare la mano lungo il braccio di Harry fino alla sua mano, che stinse con delicatezza mentre tornavano dagli altri.
“Sofia, è bello vederti!” Jake la salutò calorosamente, ma lei rimase un po’ sulle sue.
“Lucas”, gli fece un cenno con la testa.
“Ti trovo bene”, le disse. “Harry ci ha detto che eri con i tuoi figli”.
“Sì, hanno la febbre”.
“Non riesco ad immaginarti in un ruolo del genere, ad essere onesto”, le disse con il sorriso sulle labbra. “Tempo fa dicevi che non avresti mai abbandonato la tua carriera, ed ora eccoti qua”.
“Sì, ma è questo il bello del crescere: il cambiare idea su tante cose stupide”.
“E poi quale ragazza non avrebbe sposato il proprio principe azzurro?” Si intromise Jake.
“Giusto”, le disse Lucas sempre sorridendo. “Avrai anche rinunciato alla tua famiglia, al tuo nome e a tutti i tuoi sogni, ma in compenso hai sposato un principe. La domanda che mi sorge spontanea ora è: e voi a cosa avete rinunciato per sposare Sofia, Vostra Altezza?” Chiese poi rivolto ad Harry.
Ora basta. Era decisamente troppo. Sofia non poteva lasciare che trattasse Harry in quel modo, facendolo sentire in colpa. Non si meritava per niente una cattiveria simile.  Improvvisamente provò un irrefrenabile istinto di protezione nei confronti dell’uomo che amava.
Fredda, impassibile e spietata, Sofia rispose prima che potesse farlo Harry. “E’ una questione di scelte. Ricordi cosa diceva sempre tuo nonno, Lucas? ‘ L’amore è una cosa importante, vedi di farlo rientrare nei tuoi piani, ragazzino ‘. Se tu non avessi una così alta opinione di te stesso e lo avessi ascoltato, magari ora non saresti così tremendamente infelice”.
Lo colpì in pieno e lui rimase in silenzio, abbassando lo sguardo. A quel punto la tensione era arrivata ad un punto tale che quando l’orchestra annunciò l’inizio del valzer, Jake le chiese di ballare, non sapendo in quale altro modo cambiare discorso.
“No grazie”, gli rispose lei. “Sono sempre stata dell’opinione che il valzer fosse una cosa molto intima e personalmente l’unico uomo con cui vorrò ballare per il resto della mia vita è mio marito”, si rivolse ad Harry, che le sorrise fiero.
Il duca e la duchessa di Windsor si incamminarono verso il centro della sala, dove stavano per iniziare le danze, ma prima Sofia si voltò per un’ultima volta verso di Lucas e gli disse: “Come vedi, nonostante tutto, sono rimasta sempre la stessa, e non ho intenzione di cambiare: io difenderò sempre le persone che amo”. Detto ciò lei ed Harry se lo lasciarono alle spalle chiudendo la questione.
Harry le mise una mano sul fianco e quando la musica iniziò la tenne stretta mentre ballavano il valzer. Quella sera era stata la principessa a salvare il principe.
 
 
Sofia ed Harry lasciarono il ballo prima del previsto. Nessuno dei due aveva più voglia di stare lì e così andarono al campo di polo.
Si sedettero sull’erba bagnata a causa dell’umidità notturna, con le gambe incrociate come se fossero due adolescenti. Sofia stava disegnando sul palmo della mano di Harry dei cerchi con la punta dell’indice.
“A cosa pensi?” Gli chiese.
Lui impiegò qualche attimo per rispondere. “Stavo pensando a quando ci siamo conosciuti. All’epoca cercavo una persona con cui condividere tutto questo….e l’ho trovata in te. Però Lucas aveva ragione, prima: io non ho rinunciato a nulla per stare con te”. Mentre lei, in pratica aveva rinunciato a tutto. Diventare sua moglie aveva significato dimenticare quello che era stata fino a quel momento. Harry si sentì un egoista, perché in fondo lo era stato fin dal principio, ma lo aveva fatto per amore.
Sofia sospirò. “Tutti amano la favola della ragazza normale che sposa il principe”. Gli prese il volto fra le mani e lo costrinse a guardarla negli occhi. “Ma questa è la vita reale. E nella vita reale bisogna rinunciare per forza a qualcosa per avere qualcos’altro di ancora più grande”.
“E non te ne penti?” Le chiese Harry con gli occhi lucidi. Sofia e i loro bambini erano tutta la sua vita, senza di loro non era nulla. E se un giorno lei se ne fosse andata perché lui non era stato in grado di renderla felice, non se lo sarebbe mai e poi mai perdonato.
Lei scosse la testa. “Io ho scelto te Harry. Io sceglierò sempre te, perché ti amo”.
Harry tirò su con il naso, sorridendo felice nel sentirla dire quelle parole. Il leggero venticello della sera si fece più pungente e vedendo rabbrividire Sofia l’abbracciò. Poggiò la fronte contro la sua per poi baciarla, mentre lei si accoccolava a lui.
  
SPAZIO DELL'AUTRICE
Sofia ha messo al suo posto Lucas, e direi che era anche ora! Harry ha avuto un momento di crisi, povero, ma per fortuna la sua principessa ha sistemato il cattivo della situazione! Spero che questo capitolo sia venuto bene e soprattutto che possa piacervi!

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Capitolo 8
*** Epilogo ***


“Allora, vuoi dirmi dove stiamo andando?” Chiese Harry trattenendo a stento una risata.
“E’ una sorpresa”.
“Aspetta, questa frase è mia. Com’è che i ruoli si sono invertiti?”
Sofia sbuffò scherzosamente, mentre si trascinava dietro Harry per tutta casa. “Allora, vuoi camminare più svelto!” Esclamò vedendo che lui lo faceva apposta a rallentare tutti e due.
“Se non mi dici dove stiamo andando non posso mettermi a correre”.
“Questa è casa nostra, dovresti conoscerla. Comunque non importa, chiudi gli occhi. Ci siamo quasi.”
“Così?” Harry chiuse gli occhi e fece finta di andare a sbattere contro un muro. Sofia venne praticamente strattonata quando lui fece finta di fermarsi.
“Ma che fai? Muoviti!” Continuò a ripetergli lei, ridendo.
“Va bene, va bene. Ora faccio il serio, lo giuro”.
Lei scosse la testa, controllò che lui avesse ancora gli occhi chiusi e poi svoltarono l’angolo.
“Ci siamo! Apri gli occhi!” Esclamò entusiasta Sofia, battendo le mani.
Harry obbedì docilmente. “Tanti auguri papà!” Urlarono David e Philip.
Lui sorrise diventando rosso. Sofia e i bambini gli avevano organizzato una bella festicciola a sorpresa nella sala, che era stata addobbata con uno striscione colorato. Sul tavolo c’era una torta al cioccolato dall’aspetto molto invitante.
Philip e David gli corsero incontro, praticamente saltandogli addosso contemporaneamente lo abbracciarono con forza, stringendosi tutti e due a lui. Harry li prese in braccio e gli diede un bacio ciascuno. “Grazie miei piccoli soldatini”.
Sofia rimase a guardare la scena, mentre i bambini gli sussurravano qualcosa all’orecchio. Sentì un misto tra tenerezza e commozione crescerle dentro. Harry se ne accorse e prese a fissarla con uno strano sorriso dipinto in volto. Lei allora distolse lo sguardo, altrimenti si sarebbe messa a piangere per l’emozione. Accidentaccio quanto era diventata sentimentale.
“Bambini, chi ha fatto quella splendida torta?” Chiese Harry.
“L’abbiamo fatta noi con la mamma”, disse David. Se si voleva sapere la verità su qualcosa, bastava chiedere a lui.
 Sofia arricciò il naso. Non avrebbe voluto che Harry lo sapesse, perché era la prima volta che cucinava una torta e non aveva la più pallida idea di come fosse venuta. Sperò solo che non fosse troppo tremenda.
“E così, mi hai cucinato una torna eh?” La punzecchiò Harry mentre i bambini tiravano fuori le candeline dalla confezione. Con l’indice della mano destra prese a darle piccoli e delicati colpettini sulla pancia e lei si irrigidì perché soffriva il solletico.
“Ci abbiamo provato”.
“E com’è stata questa nuova esperienza?” le si avvicinò, sfiorandole il ventre con la mano. Harry era l’unica persona da cui Sofia si faceva toccare in quel punto.
Lei rifletté per qualche istante. “Piuttosto devastante. Abbiamo fatte tre esperimenti prima di raggiungere un risultato decente e puoi solo immaginare in che condizioni fosse la cucina dopo che avevamo finito tutto.” Avevano usato la cucina della casa in campagna proprio per quello. Cercare di cucinare una torta non era proprio una cosa che si poteva fare nella casa di Kensington, altrimenti tutti l’avrebbero guardata male.
Harry si mise a ridere. “Con tutto quel cioccolato poi, posso solo immaginare come sei riuscita a gestirli entrambi!”
“Sono stati più bravi di quanto tu possa immaginare”. I loro figli non erano delle pesti e li ascoltavano sempre. Erano esuberanti e pieni di vita, ma quale bambino a quell’età non lo è? E in un certo senso Sofia sperò che rimanessero così anche una volta cresciuti. Lei era stata sempre troppo seria e questo le aveva precluso la possibilità di divertirsi in molti momenti.
Harry si morse un labbro, poi si sfilò il braccialetto di legno che aveva al polso della mano destra.
“Che fai?” Gli chiese Sofia. Quel bracciale Harry lo aveva da sempre, da quando era piccolo. Lo aveva sempre portato e ci teneva moltissimo.
“Voglio che lo tenga tu. E’ un regalo”, le sussurrò abbracciandola.
“Ma questo…”
“Lo so, ce l’ho da una vita. Ora è tuo, così avrai sempre una parte di me con te”.
Lei lo guardò sorpresa da quelle parole. “Oggi in teoria i regali dovresti riceverli, non farli”.
Harry fece spallucce. “Dettagli”. Sofia osservò il braccialetto che le aveva appena dato. Era ovviamente largo, posto sul suo polso sottile, ma non aveva importanza. Si alzò in punta di piedi e baciò Harry con tutto l’amore che provava per lui. “Tanti auguri”, gli disse strofinando delicatamente il naso contro il suo.
Lui la baciò di nuovo. “Lo prendo come un grazie”, commentò lei ed entrambi scoppiarono a ridere.
“Abbiamo finito!” Annunciò Philip.
I bambini avevano messo le candeline al centro della torta, ficcandocele dentro con decisione. Sofia prese l’accendino e con la fiamma le accese.
“Esprimi un desiderio papà!” Gridarono battendo le mani i royal twins.
Harry se li guardò per bene, poi guardò Sofia, che gli sorrise mentre accarezzava i capelli dei bimbi. Aveva già tutto quello che desirava, lì, in quel momento, ma visto che era la tradizione, chiuse gli occhi e soffiando sulla torta spense le candeline.
 
 
 
 SPAZIO DELL'AUTRICE
E siamo giunti alla fine anche di questa storia. Una bella scenetta di famiglia mi sembrava il modo migliore per chiudere ancora una volta il sipario. Spero che vi sia piaciuta e vorrei ringraziare tutte le persone che hanno letto, seguito e inserito nei preferiti questa storia. Un grazie speciale va anche a Lady Jackie, i cui commenti mi hanno davvero fatto piacere!! Grazie ancora una volta a tutti!
 

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