TWO
BOYS, A DOG AND MANY MESSES
Capitolo
1
~
Non
ci sono cani da combattimento; ma solo proprietari.
(Stefan
Wittlin)
Trafalgar
Law stava passeggiando tranquillamente verso casa. Aveva le mani
affondate nelle tasche per proteggerle dal freddo di novembre, e lo
sguardo perso dritto davanti a sé. Non aveva alcuna fretta
di
arrivare da nessuna parte, tanto nessuno lo stava aspettando. Si
godeva l'aria fredda che gli pungeva il naso, lasciando vagare la sua
mente dove meglio credeva.
Gli
piaceva fare delle lunghe passeggiate, lo rilassava e gli permetteva
di rimettere a posto le idee. La facoltà di medicina gli
rubava
tempo, praticamente tutto quello che aveva a disposizione; ma Law ne
era ben felice. Amava studiare quei tomi che per qualunque altra
persona sarebbero stati eccessivi e addirittura impossibili da
imparare; inoltre lo tenevano occupato tutto il giorno, e anche tutta
la notte, senza che si dovesse preoccupare di pensare ad altro o a
svolgere una qualsiasi altra attività. Non gli riusciva
molto bene,
e poi non ne aveva la minima voglia.
Inoltre
non aveva molti amici, e questo sicuramente aiutava; quasi mai
qualcuno si impicciava della sua vita o gli chiedeva di fare cose
tipiche di un ragazzo della sua età. A ventiquattro anni ci
si
aspetta che si esca, si faccia baldoria e si torni a casa
strisciando, con più alcol in corpo che sangue. Ma Law non
era tipo
da queste cose, affatto. Preferiva la sua monotona vita, che era
sicura e per niente pericolosa.
Dire
però, che non aveva nemmeno un amico, era sbagliato. Uno ce
l'aveva
eccome.
Si
chiamava Penguin, ed era un ragazzo particolarmente loquace, oltre
che ad essere il suo vicino d'appartamento. Strano lo era anche lui,
e Law si era convinto, dopo tutti quegli anni, che era proprio quello
il motivo per cui erano diventati tanto amici. All'inizio Penguin
aveva dovuto faticare per ottenere la sua fiducia, perché
Trafalgar
era restio ad aprirsi con qualsiasi cosa avesse a che fare con il
genere umano; ma poi, poco alla volta, si era sciolto, e aveva deciso
che per una volta poteva fare un'eccezione. Ci aveva visto giusto, e
Penguin si era rivelato un amico fedele e affidabile.
Frequentava
medicina anche lui, ma non ne sembrava particolarmente entusiasta.
Spesso e volentieri si lamentava di tutto quello che doveva studiare,
iniziando monologhi insensati che Law non stava nemmeno più
a
sentire. Si chiedeva perché allora, prolungasse quella
tortura; ma
badava bene dal chiederglielo, consapevole che avrebbe dato inizio ad
un altro monologo con conseguente crisi isterica da parte di Penguin.
E no, non ne aveva decisamente voglia.
Una
nuvoletta di condensa fece la sua comparsa quando Law sbuffò
pesantemente, accortosi di essere arrivato a destinazione.
Viveva
in uno di quei palazzoni dove era rintanata la maggior parte degli
studenti che non avevano abbastanza soldi per permettersi un
appartamento dentro al campus. Non che questa cosa gli dispiacesse,
anzi. Apprezzava la privacy che aveva in quel luogo; di solito
nessuno faceva domande di nessun genere, e la maggiore conversazione
che si poteva avere era un semplice buongiorno o
buonasera, dipendeva
dai casi. Law apprezzava quella tranquillità che gli
permetteva di
studiare, se si escludevano le visite di Penguin, ma quelle erano
sempre gradite, la maggior parte delle volte.
Sbuffò
nuovamente, mentre apriva il portone principale e si lasciava il
freddo alle spalle, pronto a fare le solite tre rampe di scale a
piedi. No, non avevano l'ascensore.
Leggermente
affannato, arrivò davanti alla sua porta, la numero 8;
estrasse la
chiave dalla tasca dei jeans e la aprì, trovando ad
accoglierlo un
caldo piuttosto ben gradito.
Sì,
decisamente si meritava qualche ora di riposo.
Eustass
Kidd stava quasi per addormentarsi ad una noiosissima lezione di
ingegneria meccanica, che gli aveva occupato la fine del pomeriggio
quando avrebbe potuto utilizzarla in attività molto
più divertenti.
Di
tanto in tanto il suo amico Killer, uno strano ragazzo dai lunghi
capelli biondi, gli rifilava qualche gomitata in mezzo alle costole
per impedirgli di addormentarsi sul serio e russare. Sì,
perché
Eustass Kidd russava peggio di un vecchio camionista fumatore.
Non
era molto felice di essere riportato alla realtà a quel
modo, ma in
quel momento non poteva di certo mettere in subbuglio l'aula; Killer
l'avrebbe pagata a lezione finita.
Lo
sapeva che quel bastardo non aspettava altro che quelle occasioni per
prendersi un po' gioco di lui, solo quando era pienamente sicuro che
non avrebbe potuto reagire. In altre circostanze se ne guardava bene
anche solo di tentare un azzardo del genere; avrebbe potuto perdere i
testicoli, in quel caso. Ma sapeva che, anche se Kidd lo aveva
fulminato con un'occhiata truce che avrebbe fatto scappare chiunque,
alla fine della lezione sarebbe sbollito abbastanza per poterlo
perdonare ed evitare di tirargli il collo.
Eustass
Kidd in fondo era una persona misericordiosa.
Però
aveva un sonno fottuto, e riuscire a tenere gli occhi aperti in quel
preciso momento risultava particolarmente difficile. Aveva ancora da
smaltire la sbronza di ieri sera, con conseguente rissa di cui quasi
non ricordava nulla. Spesso si chiedeva come riusciva sempre a finire
in mezzo a qualche zuffa, ma poi rideva e concludeva che la cosa non
gli dispiaceva poi più di tanto.
Finalmente
quel rammollito del professore smise una volta per tutte di parlare,
congedandosi e lasciando la tanto agognata libertà ai suoi
studenti.
“Ti
è andata bene”disse Kidd una volta uscito
dall'aula, rivolto a
Killer.
Quello
lo guardò sorridendo di rimando alle labbra incurvate del
suo amico
dai capelli rossi, che lo guardava strafottente.
“Come
sempre” rispose quello, facendo spallucce.
Kidd
scrollò le spalle leggermente infastidito, ma ogni pensiero
di
prendere a calci il suo amico ormai era svanito, e nella sua testa
c'era solamente il desiderio di tornarsene a casa e svaccarsi una
volta per tutte sul suo divano.
Rimasero
in silenzio finché non arrivarono alla strada principale
appena
fuori dal college, dove le loro strade si dividevano. Purtroppo non
avevano trovato un alloggio vicino, e nemmeno un appartamento dove
vivere insieme; nonostante Killer fosse praticamente sempre in casa
di Kidd. Ma quella sera anche il biondo voleva solamente starsene per
i fatti suoi senza nessuno tra i piedi. Sapeva che Eustass non si
sarebbe offeso per niente.
“Ci
si vede” lo salutò infatti, ricevendo per risposta
il braccio
alzato dell'amico già di spalle.
Killer
rise e scosse la testa prima di prendere la sua strada, sorridendo
alla poca educazione di Kidd.
Non
c'era da stupirsi se tutti ne avevano paura e l'unico amico che mai
avesse avuto al mondo fosse lui. Era dalle superiori che se lo
trascinava dietro, e non gli aveva fatto paura nemmeno per un
secondo, finché non lo aveva visto arrabbiato. Allora, e
solo
allora, si era seriamente ricreduto su quanto potesse essere
pericoloso. Ma nemmeno a quel punto era riuscito ad abbandonarlo. E
mai lo avrebbe fatto.
Kidd
si trascinava con poca voglia verso casa sua. Sarebbe stato meglio
definirla un buco, perché effettivamente lo era, ma a lui
andava
bene così. Gli serviva per dormire, mangiare a volte e,
quando era
ispirato, anche a studiare. Non che fosse un completo imbecille, ma
lo studio non era proprio la sua passione. Teneva però
immensamente
alla sua carriera universitaria, ed era convinto che, una volta
finiti quei quattro anni e presa la specializzazione, sarebbe
diventato qualcuno.
Arrivato
davanti a casa, sbuffò. Viveva in uno di quei palazzoni dove
era
rintanata la maggior parte degli studenti che non avevano abbastanza
soldi per permettersi un appartamento dentro al campus. Odiava fare i
due piani che lo separavano dal suo appartamento, e più di
tutto,
detestava dover incontrare qualcuno su per le scale o peggio, dalla
porta accanto.
Ma
quello fu un giorno fortunato, perché nell'edificio pareva
non
esserci anima viva.
Si
era palesemente addormentato sul divano, e ciò che lo aveva
svegliato era stato il rumore del suo stomaco che gli ricordava che,
se voleva vivere ancora per un lasso ragionevole di tempo, allora
avrebbe dovuto mangiare qualcosa.
Non
era strano che Law saltasse i pasti, troppo concentrato com'era sui
suoi libri per dar retta a stupidi bisogni fisiologici; eppure doveva
ben sapere che non sarebbe arrivato molto lontano, se avesse
continuato così.
Si
alzò di malavoglia dal suo comodo giaciglio per raggiungere
il frigo
e trovarlo miseramente vuoto. Un moto di stizza lo pervase, tanto che
chiuse con uno scatto poco gentile l'anta del povero
elettrodomestico. Si era pure dimenticato di andare a fare la spesa,
dannazione.
Lanciò
uno sguardo veloce all'orologio appeso al muro, che segnava le sei e
cinque, e si decise a mettersi scarpe e giubbotto per andare a
comprare qualcosa da mettere sotto i denti.
Non
che ne fosse entusiasta, ma doveva pur sopravvivere in qualche modo.
L'aria
che lo accolse era decisamente più fredda di quella di due
ore prima
e molto più buia, così Law si strinse
maggiormente nel cappotto e
maledisse quel freddo umido. Gli piaceva, il freddo, ma decisamente
in quel momento avrebbe odiato qualunque cosa e chiunque.
E,
decisamente, quello era il giorno meno adatto per avercela col mondo;
ma lo avrebbe scoperto solo più tardi.
Uscendo
dal supermercato con un numero ragionevole di buste che facevano
presupporre che ne avesse abbastanza per almeno una settimana, si
avviò nuovamente verso casa, ancora di umore nero.
Quel
giorno, però, evidentemente l'Universo doveva avercela con
lui,
perché decise che no, non poteva rimanersene in santa pace a
pensare
agli affari suoi.
Sentì
un rumore strano provenire alla sua sinistra, poco più
avanti di
lui; inizialmente non ci fece molto caso, ma quando un cane di taglia
abbastanza grossa sbucò da una via secondaria, i suoi occhi
ne
furono catturati e si dovette fermare per contemplare quella scena
ambigua.
Un
cane di per sé non è qualcosa di così
eclatante, ma quello aveva
qualcosa di diverso. Decisamente. Law sapeva che era un cane
perché
la morfologia era quella, ma quel povero animale era quasi
irriconoscibile da quante ferite e sangue aveva addosso. Si chiese
come diavolo facesse a rimanere in piedi in quelle condizioni.
Fece
per avvicinarsi, ma una gamba spuntata dallo stesso vicolo,
colpì
l'animale, che rotolò di lato guaendo dolorosamente.
“Cane
bastardo!” sentì ruggire dal proprietario di
quell'arto che non
poteva vedere in faccia, complice il buio ormai della sera.
Law
rimase spiazzato per un momento davanti a quella scena; solitamente
era indifferente a tutto, ma mai si sarebbe aspettato una cosa del
genere.
Intanto
il cane emetteva dei lamenti atroci, accartocciato lì per
terra sul
ciglio del marciapiede. Era una scena penosa, davvero penosa.
Trafalgar
Law non era un grande animalista, nonostante amasse particolarmente
gli orsi polari; ma quel teatrino era qualcosa che non poteva
sopportare nemmeno lui.
“Prenditela
con qualcuno della tua stazza, idiota” disse ad alta voce,
mentre
si avvicinava al povero animale, notando che era messo peggio di
quanto non avesse visto poco prima.
Per
risposta ricevette una risata roca, gutturale e molto sinistra. A
dirla tutta, non sembrava nemmeno una risata del tutto umana. Avrebbe
fatto paura a chiunque, ma Trafalgar Law non era chiunque.
“Cosa
diavolo vuoi ragazzino?” aggiunse poi l'uomo, ancora nascosto
nell'ombra. Si potevano vedere solo i suoi occhi maligni brillare
nell'oscurità.
Law
lo ignorò volutamente, continuando a studiare quel cane
riverso a
terra che a stento riusciva a respirare.
“Cerchi
rogne, eh?” lo provocò la figura, non volendo
comunque saperne di
uscire allo scoperto.
Probabilmente,
pensò il ragazzo, era uno di quei classici personaggi che
sapevano
solo sputare parole velenose senza avere il coraggio, o la forza di
agire. Vigliacco, in poche parole.
Ma
Law aveva fatto male i suoi conti.
“Dannato
ragazzino insolente, chi ti credi di essere?”
ringhiò, lasciando
la penombra del vicolo per scagliarsi su di lui come un leone
rabbioso. Le buste della spesa caddero rovinosamente a terra
spargendo tutto il loro contentuto.
Law
non ebbe nemmeno il tempo di reagire; quell'uomo era stato fulmineo
che quasi non era riuscito a cogliere quel movimento né
tanto meno
lo spostamento d'aria che aveva provocato.
Si
ritrovò schiacciato contro la parete dell'edificio
più vicino,
mentre quell'uomo sconosciuto gli bloccava le braccia all'altezza del
gomito e, come se non bastasse, aveva un ginocchio puntato proprio in
mezzo alle sue gambe.
Il
ragazzo dovette trattenere un gemito di dolore; non gli avrebbe dato
la soddisfazione di essere visto sofferente.
“Che
c'è, hai perso la lingua?” disse ancora quello in
modo tagliente,
ghignando e avvicinandosi al viso del ragazzo che teneva prigioniero.
Ancora una volta Law dovette trattenere un gemito, ma questa volta di
disgusto: quell'uomo puzzava terribilmente. Sembrava quasi una specie
di gas velenoso.
Rise
di nuovo, aumentando la pressione del ginocchio. Questa volta il
ragazzo, nonostante tutta la sua buona volontà, non
riuscì a
reprimere una smorfia di dolore, ma riuscì ancora a
controllare la
sua voce, che ricacciò in gola in maniera violenta.
Improvvisamente
il cane guaì di nuovo, spostando l'attenzione dell'uomo su
di lui.
Senza un apparente motivo, quello lasciò andare Law, il
quale si
accasciò a terra dolorante, per occuparsi del cane.
“Stai
zitto, bastardo!” gli urlò contro, tirandogli
l'ennesimo calcio
che lo fece finire in mezzo alla strada.
“Ma
che cazzo stai facendo?” chiese una voce sconosciuta, poco
distante
da lui.
L'uomo
non parve per nulla spaventato, pronto a fare nuovamente lo spavaldo,
ma cambiò idea quando spostò lo sguardo su un
ragazzo molto alto,
con degli strani occhiali da pilota a trattenergli la massa di
capelli rossi sparata in aria, e uno sguardo assassino.
Rimase
senza parole, come se quegli occhi lo avessero paralizzato e piantato
per terra.
“Non
lo sai che i codardi come te andrebbero cancellati dalla faccia delle
terra?” il suo tono era duro e aggressivo, uno di quelli che
non
ammette repliche.
“Cos'è,
sei un animalista convinto?” chiese ironico, sperando che la
sua
lingua tagliente lo salvasse anche questa volta.
Di
rimando il ragazzo scoppiò a ridere, facendogli venire i
brividi.
“Non
sono cazzi tuoi” rispose sgarbatamente, avvicinandosi a lui e
prendendolo per il colletto della giacca.
“E
comunque no” terminò, portandoselo all'altezza del
proprio viso,
lasciando venti centimetri buoni tra i piedi dell'uomo e il
marciapiede.
Quello
deglutì sonoramente, il che provocò un sorriso
assai sinistro sulla
bocca tinta di rossetto di quel tale dall'aria inquietante. Aveva
ottenuto esattamente ciò che voleva: l'uomo non riusciva ad
articolare nemmeno una parola.
“È
solo che detesto quando mi rubano tutto il divertimento”
sibilò
tra i denti, e nel mentre scaraventò l'uomo dall'altra parte
della
strada.
“E
adesso levati dai piedi!” ordinò seccato, senza
mai staccargli gli
occhi di dosso.
L'uomo
si alzò in tutta fretta, si rassettò gli abiti e
i lunghi capelli
blu in meno di mezzo secondo e se la diede a gambe.
Quel
fottuto ragazzo dai capelli rossi gliel'avrebbe pagata, e anche molto
cara.
Intanto
Law, ancora seduto per terra con la schiena appoggiata al muro, aveva
assistito a tutta la scena, attento a non perdersi nemmeno il
più
piccolo particolare. Un sorrisetto compiaciuto era nato sulle sue
labbra, ma era scomparso non appena aveva provato a muoversi.
“Hai
intenzione di rimanere lì come un coglione?” gli
chiese quello
strano ragazzo dai capelli rossi, guardandolo a braccia incrociate
con uno sguardo di sufficienza.
“Fatti
i cazzi tuoi” gli rispose gentilmente Law, tirandosi in piedi
a
fatica.
Non
appena ebbe riacquistato un minimo di stabilità, si
avvicinò al
cane, che nel frattempo sembrava essere svenuto.
Respirava
a fatica e aveva sangue che colava da ogni parte del corpo. Per
quanto Law fosse bravo al corso di medicina, e probabilmente sarebbe
stato uno dei dottori migliori in circolazione una volta laureatosi,
non se ne intendeva per niente di cani.
“Dobbiamo
portarlo da un veterinario” fu tutto quello che disse.
ANGOLO
DELLA DEMENZA
Salve
salvino miei cari tortini alla frutta arrivati sin qui!
Eccomi,
in tempo record aggiungerei, con il nuovo capitolo. Credetemi che per
me, aggiornare una volta alla settimana è davvero un'impresa
ardua!
Ma ogni tanto ce la posso fare anche io ad essere una persona
puntuale.
Giusto
due precisazioni.
Stando
ai miei (errati e sconclusionati. Non sono mai stata brava in
matematica, nemmeno nelle operazioni più elementari)
calcoli, in
teoria se Law ha ventiquattro anni, dovrebbe frequentare il secondo
anno di specializzazione, o dottorato. Kidd, che invece ne ha
ventuno, è al terzo anno di college; i due hanno tre anni di
differenza, e quindi anche gli anni dell'università sono
tre.
Premettendo che in America il college comincia a diciotto anni e ne
dura quattro, e il dottorato dovrebbe durarne o due o tre, siamo a
cavallo! E anche se non fosse esattamente così, concedetemi
questa
licenza poetica. Questo solo perché io odio dover cambiare
le cose
dello zio Oda, e quindi cerco di essere più fedele possibile
a ciò
che ha creato lui. Perdonatemi, è una mia fissazione.
Se
avete notato una frase ripetuta sia nella parte di Law, che in quella
di Kidd, non preoccupatevi, non sono impazzita, ma era voluta.
Un'altra
cosa. Adesso io non so se al college funzioni davvero così
per gli
appartamenti, ma mi piaceva questa cosa, e quindi ho preso un'altra
licenza poetica in questo senso. Mi piace sapere quei due
squattrinati e senza ascensore. Si è capito no, che abitano
nello
stesso palazzo? Ops, ho fatto spoiler!
E
invece, avete capito chi è il gran bastardo che picchia
quella
povera bestia? *gongola*, è capibilissimo, lo so.
Ancora
una piccola cosa. Spero di non aver ucciso letteralmente tutti i
personaggi che qui appaiono, in tal caso, sono graditi commenti a
riguardo, giusto per capire se sto andando nella direzione giusta
oppure no. Sicuramente è un no, ma vorrei proprio sentirlo
da voi.
Specialmente da chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite e
ricordate, che tra l'altro ringrazio davvero, ma il vostro parere
vorrei sentirlo, anche solo per dirmi che questa storia è
una cagata
pazzesca e che fa schifo al mondo.
Comunque,
vi dico solo che Kidd non è diventato amorevole e animalista
di
punto in bianco. È sempre inquietante e senza sopracciglia.
L'unica
cosa che gli invidio sono i capelli rossi. Maledetto.
Detto
ciò, ringrazio con tutto il mio piccolo cuore l'anima pia
che ha
recensito lo scorso, misero, capitolo! Grazie!
A
presto miei tortini!
Peace!
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