Mamma Alpha

di ArtistaDiStrada
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Lista capitoli:
Capitolo 2: *** Primo Capitolo ***
Capitolo 3: *** Secondo Capitolo ***
Capitolo 4: *** Terzo Capitolo ***
Capitolo 5: *** Quarto Capitolo ***
Capitolo 6: *** Quinto Capitolo ***
Capitolo 7: *** Sesto Capitolo. Fiducia ***
Capitolo 8: *** Settimo Capitolo. Costanza ***
Capitolo 9: *** Ottavo Capitolo. Attenzioni ***
Capitolo 10: *** Nono Capitolo. Comprensione ***
Capitolo 11: *** Decimo Capitolo. Appoggio ***
Capitolo 12: *** Undicesimo Capitolo ***
Capitolo 13: *** Dodicesimo Capitolo ***
Capitolo 14: *** Tredicesimo Capitolo. Libertà ***
Capitolo 15: *** Epilogo ***
Capitolo 16: *** Epilogo+1. Lottare con se stessi ***



Capitolo 2
*** Primo Capitolo ***


Era stata una giornata estenuante. Il branco si era riunito nel loft dove ormai Derek e Stiles convivevano da diversi mesi nel vano tentativo di trovare un piano di difesa nei confronti di una nuova minaccia: un nuovo branco si era stabilito nei pressi di Beacon Hills e aveva attaccato Isaac e Jackson.

L’assenza di Derek si faceva sentire e tanto. Mancava l’abituale sicurezza dell’Alpha e i ragazzi ancora non riuscivano ad identificare Stiles come altro loro punto di riferimento.

Avevano accettato la sua nuova posizione gerarchica nel branco in quanto Compagno dell’Alpha, ma non il ruolo che per diritto gli spettava.
Era Stiles, Stiles  Stilinski, cavolo. Lo stesso ragazzo che collezionava figuracce con la stessa frequenza con cui respirava. Non poteva essere il loro Alpha. Stiles, dal canto suo, non sembrava intenzionato a comportarsi da capo branco, perciò il branco si trovava beatamente in una situazione di equilibrio.

Da quando Derek si era trasformato in un lupo completo ed era partito con Cora, il branco si era ritrovato senza una guida. Stiles, l’unico che aveva mantenuto un contatto con l’Alpha, li aggiornava ad ogni riunione.

L’umano aveva cercato in ogni modo di sradicare in loro il presentimento che Derek li avesse abbandonati e ormai da tempo il branco aveva accettato la “momentanea” assenza dell’uomo, come ci teneva a precisare sempre Stiles.

Era stato strano per il branco venire a sapere dall’umano, e non dal loro Alpha in persona, che Derek non era lì con loro perché cercava di aiutare il branco di sua sorella con un “problema”. Problema di cui, però, non si sapeva gran che.

Poi erano arrivati i Dottori del Terrore e il branco si era dimenticato delle piccole incongruenze riscontrate dagli aggiornamenti di Stiles.

Adesso si ritrovavano tutti intorno al tavolo, con le mani di Stiles che tenevano aperta una cartina del luogo e un branco più che esausto. Quello stesso giorno era avvenuto l’attacco.

A trovare i due Beta era stato Stiles e quando il ragazzo aveva chiamato gli altri, si era rinvenuto il corpo di un licantropo, la gola tagliata. Alleggiavano ancora gli odori di altri tre Beta, ancora presenti, ma di loro non c’era traccia. Erica e Boyd avevano seguito le tracce fino ai confini della città, dove l’odore sembrava affievolirsi.

Apparentemente se ne erano andati, ma ciò che più preoccupava i ragazzi era: se loro sono riusciti ad avvicinarsi così tanto senza che ce ne accorgessimo, chi altri potrà fare lo stesso? E, cosa più importante, chi aveva ucciso quel Beta?

Si trovavano in quella situazione da ore. Stiles che continuava a guardare la cartina con quello sguardo degli occhi, segno che si trovava nel suo mondo, Scott che si passava la mano sul viso cercando di seguire i ragionamenti della coyote inutilmente, Jackson e Isaac, ancora sotto shock, che venivano consolati da Lydia ed Allison, che al contempo cercavano di carpire ulteriori informazioni, ed Erica e Boys spariti chissà dove.

-Non capisco.- annunciò Scott. Stava ancora cercando di capire chi avesse potuto uccidere quel Beta, la foto del lupo tra le sue mani. Non era così grande da non poter essere ucciso, ma lo era troppo se si considerava che era stato sgozzato.

-Nessuna novità.- commentò Stiles sovrappensiero. Scott aprì la bocca colto sul vivo. L’altro quando si accorse di ciò che aveva detto arrossì violentemente.

-Ho pensato ad alta voce?- chiese e quando Malia annuì si passò una mano sul viso.

-Scusa, amico. Non dicevo sul serio. È che sono stanco.- si scusò guardandosi attorno. -Siamo tutti stanchi.-

Scott gli diede una pacca sulla spalla, segno che avevano risolto.

-Cos’è che non capivi, quindi?-

-Non c’erano tracce di un Alpha. Erano solo quattro Beta, almeno dagli odori presenti, di cui uno morto.- ricapitolò. Malia annuì con veemenza e Stiles si ritrovò a chiedersi come facesse quella ragazza ad avere tante energie dopo una giornata del genere.

-È alquanto improbabile che i tre Beta abbiano ucciso un membro del loro branco e anche se fosse perché sgozzarlo? Cioè sono lupi, non usano le armi.-

Piano piano che Scott ragionava ad alta voce, gli altri avevano iniziato ad ascoltare. Allison gli si era avvicinata e adesso lo guardava attentamente, seguendo il filo logico che stava andando  a creare nella testa del moro un’idea, idea che Stiles temeva fosse rivelata.

-Questo vuol dire che è stata una persona esterna al branco.- Scott annuì, convenendo alle parole di Allison.

-Ma noi non abbiamo sentito altri odori.- si intromise Malia.

-Perciò…-

-Stiles?- lo chiamò Lydia. Il ragazzo sussultò, troppo concentrato a pregare che il branco non arrivasse alla conclusione che temeva.  -Tu non hai visto niente?- tentò per l’ennesima volta, ma quello scosse la testa velocemente, troppo. La ragazza infatti socchiuse gli occhi e lo guardò attentamente, ma non disse nulla.

Ma poi perché Lydia era lì? Si chiese Stiles. Tutti avevano creduto a quello che aveva detto, ma oh, lei no, no signore. Perché doveva continuare a fargli domande?

-Stiles, tutto ok? Puzzi di ansia-  gli disse Malia storcendo il naso dopo averlo annusato. Il ragazzo fece un cenno di assenso poco convinto. 

-Penso sia meglio controllare in giro. Magari la persona che l’ha ucciso si sta nascondendo in città.- ragionò Scott ignorando del tutto lo scambio di battute riguardanti l’amico. Stiles ringraziò mentalmente la distrazione di Scott, dopotutto non era così negativa.

-Dobbiamo andare in ricognizione per tutta Beacon Hills?!- si intromise Jackson.

Allison mise su un cipiglio preoccupato. -E la scuola?-

-Senza un Alpha?- si intromise Malia con una nota di sconcerto. Queste erano cose che avevano sempre fatto con Derek.

La situazione divenne in poco tempo insostenibile. I ragazzi stavano urlando il loro disaccordo da tutti i pori. La testa di Stile stava per scoppiare.

-Non importa. Dobbiamo proteggere la città.- sentenziò Scott.

-Ma chi ci dice che invece non si stia nascondendo nella riserva?- se ne uscì Isaac. Il riccio stava cercando di far morire in Scott la sua stessa idea, ma non fece altro che avvalorarne la causa.

-Hai ragione.- convenne infatti il moro. -Dobbiamo organizzare delle ronde anche nella riserva.-

Gli occhi di tutto il branco ora stavano lanciando occhiatacce ad Isaac che si fece piccolo piccolo, lasciando sospesa la frase “Ma io non intendevo questo…”.

-Io mi rifiuto.- annunciò  all’improvviso Jackson, guadagnandosi delle occhiate sorprese perfino dalla sua ragazza. -Se avesse voluto farci del male, l’avrebbe già fatto. E invece ci ha aiutato. Io non ho alcuna intenzione di perdere tempo per una stupida ricerca.-

Scott snudò le zanne. -Stai contestando le decisioni del branco?-

Jackson reagì alla minaccia facendo brillare gli occhi. -Qui mi pare che tu abbia già preso una decisione senza chiedere niente a nessuno. Cos’è? Vuoi forse fare l’Alpha ora che Derek non c’è?- ringhiò il biondo. 

Stiles si ridestò dal suo mondo alle parole di Jackson e guardò attentamente il suo migliore amico. C’era un istinto dentro di lui che aveva fatto accendere degli allarmi, ma l’umano liquidò il presentimento ricordandosi che quello era Scott, il suo migliore amico, non avrebbe mai fatto del male a Derek.

-Non osare…- iniziò Scott. -Lo sai che non farei mai niente del genere!- Jackson non controbatté, ma alzò un sopracciglio.

-È per il bene del branco se dico che dovremmo cercare…-

-Cazzo, Scott! Sono stato io, va bene?! L’ho ucciso io.- sbottò esasperato Stiles, interrompendolo.

L’amico strabuzzò gli occhi e lo guardò come se fosse appena morto e resuscitato davanti a lui. Stiles non lo avrebbe mai ammesso, ma una piccola parte dentro di lui fu orgogliosa della reazione che aveva provocato.

-Ma… cioè… Come? Perché?- 

Gli sguardi del branco alternavano da lui a Scott. 

-Stava minacciando i miei cuccioli. Nessuno tocca i miei cuccioli.- spiegò il ragazzo scrollando le spalle.

Dal suo comportamento sembrava una semplice constatazione, ma la serietà nei suoi occhi era così sincera da far traballare Scott. 
Senza aspettare una risposta, il ragazzo girò sui tacchi e uscì dal loft. Dopo qualche secondo si sentì il motore della Jeep in sottofondo affievolirsi. Se fosse stato un film, quella sarebbe stata una di quelle uscite epiche di cui Stiles e Scott parlavano sempre.

-Cosa cavolo è successo?- esclamò Lydia alzandosi dal divano di scatto. Tutte le facce dei presenti esprimevano la stessa confusione.  

-Isaac, perché il tuo cuore batte così forte?- fece Malia girandosi verso il riccio.

Quello fece un sorriso imbarazzato. -Perché, a voi non ha scosso quello che è appena successo?- tentò. Non era neanche necessario saper fiutare le emozioni per accorgersi che Isaac aveva mentito.

-Menti.- ci tenne però a ribadire la coyote.

Isaac lanciò uno sguardo supplichevole a Jackson. Il biondo fece un debole cenno col capo, andando poi a stringere Lydia a sé, poggiandole il mento sulla spalla.

-Ecco, non è la prima volta che Stiles ci definisce i suoi…-

-…cuccioli.- terminò Jackson. Isaac annuì, appoggiandosi subito dopo sullo schienale del divano.

-Spiegati.-

I due ragazzi si guardarono e sembrarono prendere una decisione.

-Io e Isaac ci trovavamo dentro il capanno quando è accaduto.-

-Quand’è accaduto cosa?- ribatte esasperata Malia mostrando le zanne. Voleva sapere cosa fosse successo a Stiles. C’era quella sorta di istinto di protezione nei confronti dell’umano che Malia non sapeva spiegarsi, però l’accettava. E adesso voleva aiutarlo, ma non poteva se prima non scopriva cosa fosse accaduto. 

Jackson deglutì rumorosamente. -Isaac era stato appena sbattuto contro il muro. Stiles non lo sentivo più, pensavo fosse svenuto, ma poi ho sentito che ci chiamava cuccioli. Dopo è tutto confuso.- riassunse il biondo.

-Cosa intendi con ‘Ci ha chiamati cuccioli’?- gli domandò Lydia rigirandosi nell’abbraccio.

-Ha detto… ha detto che nessuno tocca i suoi cuccioli.- buttò fuori il ragazzo. Guardò Isaac e capì che provava la stessa cosa: era come se raccontando cosa fosse accaduto, tradissero Stiles. 

-E nessuno ha avuto la decenza di dircelo?- urlò Scott allargando le braccia.

-Pensavo di averlo immaginato.- Jackson annuì vigorosamente a conferma delle parole di Isaac. -Ci siamo resi conto solo poco fa che invece era successo.- Verità.

I ragazzi emanavano preoccupazione. Stiles, Stiles Stilinski, la stessa persona che se ne andava in giro con una mazza da baseball, aveva ucciso una persona, un licantropo, e non sembrava dargli peso. 

-Cosa vuol dire questo?- si intromise Allison. I due ragazzi scossero la testa. -Credo sia meglio chiamare Deaton.- ragionò Scott.

-Già avvisato. Sarà qui a momenti.- annunciò Peter.

Solo allora il resto del branco si accorse della sua presenza. Quanto in profondità quella scoperta aveva segnato il branco, se non riuscivano più neanche ad accorgersi dell’arrivo di qualcuno. 

-E tu da dove spunti fuori?- ringhiò il moro. Peter se ne stava seduto sulla scala a chiocciola e rideva sotto ai baffi. Si stava parlando del suo migliore amico, non di una persona qualunque. L’ilarità dell’uomo lo innervosì più di quanto non sarebbe accaduto in condizioni normali.  

-Calmati McCall. Sono qui da quanto basta per sapere che il nostro Stiles è diventato un assassino.-

Quella frase scatenò il putiferio. Jackson, affiancato da Isaac, si avventò come un fulmine contro Peter. Scott e Malia snudarono le zanne, pronti ad attaccare anche se avevano avuto i riflessi meno pronti dei due ragazzi. Nel frattempo Lydia ed Allison avevano fissato l’uomo con un’espressione oltraggiata la prima e scioccata la seconda.   

-Stiles non è un assassino!- ringhiò Jackson all’uomo sotto di lui. Ormai il biondo era completamente trasformato.

-L’ha fatto per proteggerci!- aggiunse Isaac con uno sguardo omicida negli occhi.

-Bene.- sogghignò Peter, cercando di scrollarsi di dosso Jackson. -Ho avuto la conferma che cercavo. E ora, se non vi spiace, vorrei alzarmi.- Se la stava ridendo, pensò Jackson perplesso, perché rideva? Il ragazzo indietreggiò, anche se titubante. 

-Scott.- si sentì dalla porta. Deaton era appena sopraggiunto nel momento peggiore. Approfittando della situazione, Peter riuscì a mettere una buona distanza tra sé e i due ragazzi e quando Jackson non lo trovò dove lo aveva lasciato, emise un ringhio frustrato. 

-Deaton.- lo chiamò Peter -Abbiamo appena trovato la nostra mamma Alpha!- esclamò battendo le mani.  




Note dell'autrice.
Innanzitutto, dato che siete giunti fin qui, vi ringrazio di aver letto. E' la prima fanfiction che scrivo e spero sia arrivata così come l'avevo immaginata. Chiedo scusa per eventuali errori, l'ho controllata tre volte, ma non si sa mai. Per quanto riguarda il contentuo del racconto devo dire che mi è sempre piaciuta l'idea di uno Stiles più autoritario e di autorià se ne vedrà non poca. Chi è fan Sterek non disperi.
Spero di non aver deluso le aspettative.        

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Capitolo 3
*** Secondo Capitolo ***


-La nostra COSA?- urlò Scott. Peter si appoggiò ad una colonna con ancora un’espressione divertita, mentre Deaton si passava una mano sul viso.

-Peter, ne sei sicuro?- domandò il druido. Il suo tono era serio, ma c’era una scia di dubbio nelle sue parole. 

L’interpellato annuì vigorosamente.

-Qualcuno vuole spiegare?- chiese il moro.

- È complicato, Scott. Non ne abbiamo la prova concreta, Peter.- lo liquidò l’uomo per poi rivolgersi al maggiore degli Hale. 

-Ce l’avremo.- esclamò quello.

-Ma cosa cavolo… Basta. Io mi siedo.- esclamò Scott accasciandosi su una sedia. Allison accorse alle sue spalle, stringendogli una mano ad incoraggiamento.

-Ho mandato Erica e Boyd a recuperare ciò che ci serve.-

Si udì un flebile sbuffo da parte di Scott, ma da tutti gli altri ci fu solo silenzio ed espressioni interdette.

-Ho riconosciuto il capanno dalle vostre descrizioni. So per certo che ci sono delle telecamere di sicurezza.- spiegò, ma allo sguardo indagatore di Lydia si affrettò a sorvolare sulla faccenda.

-Non ho intenzione di spiegarvi come faccio a saperlo, vi basti sapere che risale ai tempi in cui frequentavo periodicamente il gentil sesso.- sghignazzò.

I presenti alzarono gli occhi al cielo, tranne Malia che lo guardò alzando un sopracciglio.

-Scusa, tesoro.- disse alla figlia che rispose snudando le zanne.

Peter borbottò un “Tutta sua madre” prima di prendere un profondo respiro.

-Ad ogni modo- riprese -In questo momento Eria e Boyd staranno già tornando con il video.-

Un altro gemito da parte di Scott e la porta del loft si aprì mostrando un’Erica decisamente soddisfatta, seguita da un Boyd assai curioso.

-Ce l’avete?- chiese loro Peter andandogli incontro. La bionda alzò trionfante un dvd.

-Accendo il registratore!- esclamò Lydia presa dal momento. Jackson sorrise alla frenesia della sua ragazza e si incantò a guardarla. Si ridestò solo quando Isaac gli diede una pacca sulla spalla e gli fece un sorriso di incoraggiamento.

Quando si furono tutti sistemati, la rossa premette play.

 

Partì l’immagine di un capanno di legno e dello spiazzo circostante.


-Ma chi è che mette una telecamera su un albero?- commentò Erica risolvendo l’enigma che tutti stavano cercando di risolvere: dove fosse posizionata la telecamera. Lydia però non parve dello stesso avviso perché le lanciò un’occhiataccia e intimò tutti al silenzio. Se c’era qualcosa che mettesse davvero paura, quella era la rossa. 


Dopo qualche secondo il video mostrò Jackson e Isaac trascinati da tre Beta. Jackson veniva portato dentro il capanno, mentre Isaac, ancora cosciente, cercava di divincolarsi.

I tre licantropi indietreggiano divertiti lasciandolo libero, mentre un nuovo lupo palesa la sua presenza e si avvicina al riccio. L’uomo inizia a lottare con un Isaac decisamente troppo debole; vanno avanti così finché qualche minuto dopo non si vede la Jeep di Stiles frenare bruscamente.

Il ragazzo scende velocemente e rischia quasi di cadere, ma si rialza in fretta e corre in soccorso dell’amico. Come suo solito inizia a parlare a macchinetta, cercando di chiarire qualsiasi malinteso. Stiles non riesce a finire la frase che viene lanciato lontano dal licantropo.


Isaac si irrigidì impercettibilmente e il resto del brancò gli lanciò occhiate preoccupate. Del resto non avevano pensato a come avrebbero potuto reagire i due ragazzi rivedendo quanto accaduto. Scott gli strinse la spalla, cercando di rassicurarlo e quello parve rilassarsi un poco.
   

Quando però il licantropo sta per colpire Isaac, Stiles si frappone tra i due. Il lupo non si ferma e, con quella che a tutti gli effetti può benissimo essere definita una zampata, scaglia Stiles lontano. Il ragazzo fa un volo di tre metri per poi colpire terra e accasciarsi. .


Dalla prospettiva della telecamera il branco non riesce a vedere cosa quell’attacco gli ha causato, ma è quasi sicuro che qualcosa sia successo. Anche si fosse trattato di un qualsiasi schiaffo, sarebbe rimasto il segno, eppure loro avevano visto Stiles fino a poco fa e il ragazzo non sembrava aver riportato nulla, pensò Lydia, il dubbio che le cresceva dentro.  


Stiles sembra svenuto, ma quando il lupo afferra Isaac e lo catapulta contro il capanno, il ragazzo si muove impercettibilmente. Poi, con una lentezza estenuante, si alza in piedi. Una gamba è leggermente piegata, probabilmente per la botta subita e una mano si trova sulla guancia colpita.

Sussurra qualcosa così fievolmente che il lupo non riesce a sentirlo.



Tutto il branco nel loft trattenne il respiro quando Stiles ripeté a voce più alta.  


-Nessuno tocca i miei cuccioli.- dice con voce ferma mentre si avvicina minaccioso al lupo.

Si sentono dei mormorii preoccupati provenienti dai tre Beta rimasti in disparte. Lo stesso lupo esprime sorpresa. Stiles continua ad avanzare, inesorabile. Un’ espressione in volto che nessuno gli aveva mai visto addosso.


Il branco non riusciva a spiegarsi le espressioni sconvolte dei quattro lupi. Il loro amico poteva averli spaventati, cosa improbabile, riprendendosi dall’attacco, ma l’istinto diceva loro che era qualcos’altro, qualcosa che non riuscivano a capire, ma di cui Stiles sembra consapevole. Stiles era consapevole della paura che aveva infuso in tutti loro. Ne era cosciente e la stava sfruttando! Pensò sgomentato Scott.


Stiles si avvicina rapido al lupo e per una frazione di secondo si vede qualcosa luccicargli in mano. Il ragazzo afferra con uno scatto il'uomo per una spalla e mentre sta caricando il braccio, pronto a colpire, dice una sola parola che fa rabbrividire anche il branco nel loft per l’intensità usata.

-Nessuno.- E poi Stiles conficca la lama nello stomaco del licantropo. Stupore e dolore si alternano sul viso dell’uomo, mentre il ragazzo spinge più a fondo.


Scott pensò che in quel momento il suo migliore amico, suo fratello, sembrasse terrificante.

Il viso sporco di terra lì dove si era portato la mano quando era caduto. I muscoli in tensione. Un espressione disgustata sul viso. Ma sono gli occhi che fanno uggiolare il lupo di Scott. Sembrano star lì per liberare le fiamme dell’inferno.


Stiles non irradia paura, né esitazione, ma solo puro potere quando, fatto mettere in ginocchio il licantropo, lo sovrasta. Il ragazzo si trova alle sue spalle, così da far rivolgere l’uomo verso i suoi compagni, ormai trasformati.


Scotto temette per il suo migliore amico. Sapeva che ne sarebbe uscito indenne, avendolo avuto sotto al naso fino a poco prima, ma non poté evitare che un ringhio lasciasse la sua gola quando vide i tre Beta avvicinarglisi.

Come lui, anche gli altri avevano preso a ringhiare contro la televisione, mentre le uniche umane nell’appartamento li guardavano allarmate e Deaton li osservava attentamente, in silenzio.


Eppure bastò un’occhiata di Stiles che i tre licantropi indietreggiano, ritrasformandosi.

-Questo è quello che succede quando qualcuno tocca il mio branco.- urla Stiles portando la lama sotto al collo del lupo e stringendoli al contempo i capelli per fargli reclinare la testa. Con un movimento secco il ragazzo gli taglia la gola. Per tutto il tempo non ha distolto una volta lo sguardo da quello dei tre Beta.


Il branco sussulta sul divano quando Stiles con un calcio fa cadere l’uomo. 


Il ragazzo fa un passo nella direzione dei tre Beta rimasti, che hanno assunto un’espressione terrorizzata.

-Andatevene!- urla loro Stiles. I licantropi indietreggiano, tranne uno.

Stiles piega la testa in modo sinistro e se fosse stato un lupo avrebbe ringhiato, ma Stile è umano e gli era sempre bastato lo sguardo per trasmettere ciò che provava.
Il ragazzo si avvicina repentino al lupo e lo sbatte contro l’albero più vicino.



Scott non si era reso conto di quanto l’amico fosse divenuto muscoloso. Aveva preso ad andare in palestra e di tanto in tanto partecipava ai loro allenamenti, ma le felpe larghe e le tute non avevano fatto notare questi radicati cambiamenti, ma adesso la felpa, strappata sul braccio, lasciava intravedere i muscoli contratti per lo sforzo di mantenere in aria il licantropo.


-Non lo sapevamo. Te lo giuro. Non avremmo mai osato…- si intromise l’unica ragazza del branco di Beta.

-Non voglio più vedervi nella mia città. E non vi avvicinerete mai più al mio branco.- la interrompe Stiles, come se quella non avesse parlato. Il tono era sceso di due ottave.  -Avete capito?!- urla, sbattendo contro il tronco il lupo, che guaì.

Stiles rafforza la presa, aumentando la pressione sul collo del licantropo, finché quello non annuisce. 


In un secondo Stiles lancia via il lupo, che si rimette svelto in piedi, aiutato dagli altri tre.

-Ah…- fa Stiles fermandoli prima che spariscano -Dite al vostro Alpha che, se dovesse ricapitare, la prossima volta non sarò così clemente.- Il suono che esce dalla sua gola è quanto di più simile ad un ringhio. I tre Beta annuiscono energicamente prima di sparire tra gli alberi.

Rimasto solo Stiles rilassa visibilmente le spalle e corre dentro al capanno. Ne esce poco dopo con Jackson appoggiato a lui e insieme si dirigono verso Isaac.

Quando Stiles riesce a farlo riprendere, fa per alzarsi, ma il ragazzo lo trascina a terra, tuffandosi nelle sue braccia e Stiles si ritrova a cullare Isaac e Jackson scossi dal pianto, accarezzando i capelli al primo e facendo cerchi concentrici sulla schiena del secondo, mentre se li stringe al petto.





Note dell'autrice.
Ciaoo. Come sempre, grazie di essere arrivati fin qui. Questo è il secondo capitolo che, personalmente, ritengo più di passaggio nonostante sia importante nell'intreccio della storia. Finalmente si è potuto scoprire come siano andate le cose e spero di non aver deluso le aspettative sul nostro Stiles. Ci sono così tante domande che vi assicuro troveranno una risposta ;) 
 

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Capitolo 4
*** Terzo Capitolo ***


Lydia spense la televisione e tutti rimasero fermi nelle loro posizioni a guardare lo schermo nero, come imbambolati. Nessuno osava muoversi. Nessuno osava respirare. Sobbalzarono tutti infatti quando Deaton ruppe il silenzio.

-Avevi ragione, Peter.- ammise il veterinario. Il maggiore degli Hale non sorrise come suo solito, ma si limitò ad annuire scosso anche lui da quanto aveva appena visto.

-Quello non era Stiles.- sussurrò Scott e, nonostante avesse abbassato la voce, lo sentirono tutti.

-È qui che ti sbagli, Scott. Quello è il vero Stiles.- lo corresse l’uomo puntando l’indice contro la televisione. Agli sguardi esterrefatti dei ragazzi si affrettò a spiegare.

-O meglio, quello è una parte di Stiles. Non dobbiamo dimenticare che Stiles è pur sempre il compagno di un Alpha.- li avvisò.

Il branco continuava ad esprimere dubbio e incertezza, ma era Scott quello che emanava odore di preoccupazione più di tutti. Avrebbero potuto fiutarla lontano un miglio, pensò Peter storcendo il naso.     

-Oh ma è mai possibile che sono circondata da un branco di idioti?- sbuffò la rossa. -In una situazione normale è l’Alpha che si occupa di proteggere il branco. Domanda: chi lo protegge quindi se manca l’Alpha? Risposta: il compagno del Grande Capo.- sentenziò la ragazza, le braccia incrociate e l’espressione di chi ha dovuto spiegare qualcosa di troppo semplice. 

Alla spiegazione spuntarono sui vari visi sguardi consapevoli.

-Lydia ha ragione. Almeno in parte.- confermò il druido. -Infatti, anche se non fosse mai divenuto il Compagno di un Alpha, Stiles avrebbe avuto innata questa tendenza a proteggere il branco.-

-Non sto capendo.- disse Malia, esprimendo il pensiero di tutti.

-È raro, però è già successo. Di norma quando l’Alpha sceglie il suo compagno, quest’ultimo assume un ruolo pari a quello dell’Alpha stesso, divenendo il secondo Alpha all’interno del branco. Che sia umano o lupo, non ha importanza. Può non avere gli stessi poteri fisici, ma ha lo stesso controllo sul branco, così come ha gli stessi doveri. In questo caso, invece, è avvenuto il contrario. Il lupo di Derek ha scelto Stiles perché lui era già…-

-…la mamma Alpha!- lo interruppe Peter con un grido di gioia.

-La mamma Alpha.- ripeterono tutti con la consapevolezza negli occhi.

Deaton sospirò a quel titolo. Non era il più scientifico, certo, ma rendeva l’idea. -In teoria dovreste sentire un senso di benessere quando Stiles vi è vicino. Vi dovreste sentire protetti.-

-Ma Stiles non è un licantropo. Non può proteggerci.- si intromise Erica, fin ora rimasta in silenzio. 

-Non sempre le cose più pericolose da cui ci si deve difendere sono fisiche, Erica. Quante volte eravate giù e Stiles vi è stato vicino, quante vi ha consolato, quante vi ha consigliato. Quante volte vi ha protetto.- la corresse Peter.

-Stiles è la nostra mamma Alpha.- sussurrò Scott come se si fosse appena svegliato da un sonno e avesse aperto gli occhi dopo tanto tempo. Deaton annuì.

-Stiles ha assunto un ruolo più preciso ora che è a tutti gli effetti il compagno dell’Alpha, ma allo stesso tempo i suoi doveri nei vostri confronti sono aumentati, almeno dal punto di vista effettivo. Prima poteva essere una cosa inconsapevole, ma adesso ne è cosciente. Essere la mamma Alpha, come volete chiamarlo voi, non è solo consolare i propri cuccioli per un brutto voto preso a scuola o curarli quando sono feriti. Essere la mamma Alpha vuol dire evitare che i propri cuccioli si feriscano. È proteggerli ad ogni costo. È affrontare un licantropo pur essendo umano e ucciderlo se necessario.-

Deaton aspettò qualche secondo per far assimilare al meglio la notizia al branco, prima di porre la domanda. -Ditemi, come ha reagito Stiles dopo la morte di quel Beta?-

Gli altri guardarono Scott, sarebbe stato lui il portavoce. Quello deglutì ed annuì. -Ha scosso le spalle dicendo che avevano attaccato i suoi cuccioli e… e che nessuno tocca i suoi cuccioli.-

Il veterinario annuì a sé stesso.

-Don, sono preoccupato. Stiles ha ucciso una persona. Può essere quello che vuoi, ma io conosco il mio migliore amico. Quando uccisi io per la prima volta, feci gli incubi per giorni. Stiles non ha battuto ciglio! Ho paura che crolli da un momento all’altro.- Il moro si era confidato al suo mentore con uno sguardo talmente preoccupato che aveva fatto sorridere tra sé e sé il druido, consapevole che il suo pupillo non avrebbe mollato la presa finché non sarebbe stato sicuro che il suo amico non si trovasse in pericolo.

-Scott non preoccuparti. Stiles sta bene, per quanto le condizioni lo permettano. Per lui è stato un istinto come per te può essere ringhiare o snudare le zanne ad un pericolo. Ha protetto i suoi cuccioli. E anzi, è rimasto fin troppo Stiles. Il tuo amico sta benissimo.- lo rassicurò l’uomo.

-Che intendi con ‘è rimasto fin troppo Stiles’?- domandò Allison andando a stringere la mano a Scott. Il ragazzo le sorrise riconoscente. La sua ragazza sapeva sempre cosa fare in qualsiasi momento.

-Una mamma sa quando i suoi cuccioli sono in pericolo e Stiles sapeva che Jackson e Isaac lo erano, ma ha cercato ugualmente di risolvere la questione a parole. Ha dato un’ulteriore possibilità mettendosi davanti ad Isaac e alla fine ha risparmiato gli altri Beta.- ragionò ad alta voce Lydia.

-Cosa sarebbe successo se non si fosse trattato di Stiles? Se fosse stata una qualunque altra mamma Alpha.- domandò curiosa la cacciatrice. Scott sussultò a quella domanda.

-Li avrebbe massacrati tutti.- le rispose Peter provocando un brivido generale. -Mi ricordo quanto mia sorella potesse diventare terrificante e spietata quando i suoi cuccioli erano in pericolo.- disse a mezza voce.

Per quanto Peter potesse essere uno psicopatico, aveva pur sempre perso sua sorella, la sua famiglia, quasi tutto quello che aveva in quel maledetto incendio e la ferita ancora bruciava. Qualsiasi ricordo alimentava quella fiamma che sembrava divertirsi nel ballare sulla carne viva dei sentimenti dell’uomo.

L’unica che sembrava estranea a quanto potesse passare nella mente dell’uomo era Lydia, troppo occupata a concentrarsi sulla propria. Non bisognò aspettare molto infatti prima che la rossa ponesse la domanda che la crucciava più di tutte.

-Deaton, cosa volevi dire dicendo condizioni permettendo? Quali condizioni?- la domanda della ragazza aveva fatto sbocciare nel branco la curiosità. A dirla tutta, non avevano neanche fatto caso a quel particolare, ma dopotutto ci doveva pur essere un motivo per cui Lydia era la più intelligente della scuola, pensò Jackson lanciandole uno sguardo ammirato.

Il druido guardò attentamente le loro espressioni curiose con un cipiglio sorpreso. Era insolito per il veterinario lasciarsi andare ad espressioni diverse dal solito sorriso e questo non fece che mandare in ansia il branco.

-Scusate, ma Stiles non vi ha parlato di Derek?-

Alla domanda posta dal veterinario, Peter aveva iniziato ad indietreggiare verso la porta del loft. 

-Peter?- lo chiamò Jackson che si era accorto della fuga.

-Jackson! Un colpo alle spalle.- fece l’uomo portandosi una mano al cuore, ma fermandosi seppur a malincuore. Lydia alzò un sopracciglio e incrociò le braccia, in attesa. Il maggiore degli Hale sbuffò.

-E va bene. Con Stiles avevamo deciso di non dirvi niente per non farvi preoccupare. E così queste tre settimane di silenzio se ne vanno a benedire.- sbuffò.

-Tre… tre settimane?- chiese Isaac. Il loro Alpha era in pericolo da due settimane e non era stato detto loro niente?!

-Bhe, sì a grandi linee.-

-Peter!- lo richiamò la rossa.

-Che c’è?- sbottò l’uomo. -Sta in fase di stallo. Non si è ancora ripreso.-

Isaac lo guardò male. Derek si era preso cura di lui quando suo padre era morto. Era diventato il suo punto di riferimento, lui avrebbe fatto di tutto per il suo Alpha e invece non sapeva neanche che stesse male. Guardando con la coda dell’occhio Erica, gli sembrò che nella testa della ragazza stesse passando un pensiero molto simile.

-Da cosa non si è ripreso?-

Peter parve pensarci, poi però cedette allo sguardo supplice del ragazzo. Quel dannato ragazzo, pensò l’uomo. -Il giorno dopo in cui si è trasformato in un lupo completo è svenuto. Stiles non riusciva a svegliarlo, così lo abbiamo portato dal branco di Cora che sosteneva di poterlo aiutare. Da quel momento non si è più svegliato. L’emissario del branco sostiene che stia affrontando una specie di percorso interiore, che dentro di lui stia avvenendo una lotta tra il suo lato umano e il suo lupo. Fino a cinque giorni fa c’erano dei miglioramenti, poi ha semplicemente smesso. Non è peggiorato, si è semplicemente fermato poco prima di aver finito quel suo dannato percorso! A quanto pare c’è qualcosa che lo blocca.- rivelò l’uomo tutto d’un fiato.

Il branco emanava preoccupazione, indignazione, stupore. Jackson si strinse Lydia a sé, Scott strinse la presa sulla mano di Allison, Isaac si lasciò semplicemente cadere sul divano, senza parole, mentre Erica e Boyd si guardavano preoccupati.

L’unica che sembrava meno toccata dalla situazione era Malia. Lei aveva già affrontato quel percorso, all’inverso, ma era stata pur sempre una lotta interiore. Non era facile, ma non si ricordava un particolare ostacola da dover superare. Per lei era stato difficile iniziare, ma poi tutto era andato in discesa.

-Perché non ce lo avete detto?- sbottò all’improvviso Isaac, alzandosi di scatto e facendo sobbalzare Allison.

Peter gli lanciò un’occhiataccia. Mancava che dessero la colpa a lui e a quel ragazzino adesso, pensò scioccato.

-Cosa dovevamo dirvi? Mh? Ehilà il vostro Alpha non guarisce, stiamo nella merda fino a tempo indeterminato, ma non preoccupatevi, eh. Andrà tutto bene anche se non potete fare niente e lui odierebbe che voi ne foste al corrente, ma state tranquilli, anzi, perché ora non affrontiamo i mostri di Beacon Hills? Abbiamo così pochi pensieri in testa, tanto.- urlò ironico.

Il branco era furioso, si sentiva messo in disparte, ma dovette ammettere che Peter aveva ragione. C’era stato tutto quel problema con i Dottori del Terrore e il salvataggio di Lydia. Nessuno aveva pensato molto a Derek dovettero ammettere a sé stessi, con un senso di colpa sempre più opprimente.

-Non mi pare di avervi visti così preoccupati delle condizioni di mio nipote.- rimbeccò infatti l’ex Alpha. -E lo so cosa state pensando: perché Stiles non ce l’ha detto? Ve lo dico io! Se quel ragazzino lo avesse fatto si sarebbe tolto quel peso che si sta portando dietro da settimane, ma vi avrebbe solo agitato inutilmente e avrebbe messo Derek in una posizione in cui non voleva stare.-

Il branco adesso aveva riposto l’ascia di guerra per iniziare un percorso di autocommiserazione. Lo sguardo di tutti era stranamente attirato dal pavimento, eccetto quello di Lydia che però aveva la decenza di sembrare dispiaciuta.

-Sapete cosa mi ha detto Stiles quando stavamo cercando il modo per dirvelo? Mi disse che avrebbe sofferto lui e che vi avrebbe risparmiato saperlo.- sbraitò.

Quel ragazzino gli piaceva. Si era fatto in quattro per il suo branco. Peter sorrise tra sé e sé, era ancora strano ritenere il branco come di Derek e Stiles, ma lo era, lo era sempre stato e ora più che mai. Non avrebbe permesso a dei ragazzini con crisi di protagonismo di ferire ulteriormente il ragazzo.

-A volte quando stiamo a casa lo sento chiamare Derek per passargli il telecomando. Un vostro amico si sta esaurendo e l’unica cosa che pensate è che ne siete rimasti fuori?!- Peter sapeva, ne sentiva l’odore, che quei ragazzi, che erano diventati con il tempo parte della sua famiglia, si sentivano in colpa ed erano preoccupati. Sapeva che Stiles non avrebbe mai rinfacciato loro quanto aveva fatto, ma lui non era quel ragazzino e non gli importava.

-Per quanto possa essere uno degli esempi peggiori, però denota quello che cercavo di spiegarvi prima. Stiles vi protegge da sempre e non solo fisicamente. Vi ha privato del dolore di sapere il proprio Alpha in pericolo.- all’occhiata di Peter, Deaton alzò gli occhi al cielo -O almeno ci ha provato.- si corresse. 

-Cosa facciamo adesso?- chiese Malia. Era stanca di rimanere in quella casa e di passare da un’emozione all’altra come se stesse guardando il film della sua vita e non potesse intervenire. Si sentiva inutile.

Deaton la guardò impotente. Non ne aveva idea.

-Io vado dal mio migliore amico. Ha bisogno di me.- esclamò Scott sciogliendosi dall’abbraccio di Allison.

Peter alzò gli occhi al cielo e sbuffò.

-Cosa vuoi tu?- gli urlò contro il moro. Non aveva ancora digerito il fatto che Peter avesse mentito loro. Ne capiva i motivi, ma tutta la preoccupazione provata prima per Stiles e ora per Derek lo stava facendo impazzire.

-McCall, vedi di abbassare il tono quando parli con me. Puoi essere scosso quanto ti pare, ma ricorda che qui, questa faccenda, tu la sei venuta a sapere solo ora. Io me la porto dietro da settimane.- gli intimò Peter abbassando il tono della voce. Scott ebbe un fremito alle mani e le chiuse a pugno cercando di trattenersi.

-Non sarebbe così se qualcuno non avesse deciso di scegliere al mio posto.- gli rispose cercando di ostentare la stessa calma dell’altro, cosa che non dovette riuscire poi così bene data l’occhiata veloce dell’uomo alle sue mani strette a pugno.

-È meglio che vada.- li informò Deaton dirigendosi verso la porta.

-Don.- lo chiamò Scott, cercando con uno sguardo di scusarsi per la sceneggiata e allo stesso di ringraziarlo per quanto aveva fatto. Quello annuì, ma poco prima di chiudersi la porta alle spalle si rivolse un’ultima volta ai ragazzi, guardandoli con serietà e comprensione.

-Se volete farvi un favore, iniziate ad accettare Stiles come vostro Alpha. Quel ragazzo non è così fragile come credete.- asserì chiudendosi poi la porta alle spalle.

Due grandi uscite di scena in un giorno, pensò Scott. Un nuovo record.            





Note dell'autrice.
Ciao di nuovo! Come sempre grazie di star continuando a leggere quello che a tutti gli effetti sta diventando il mio piccolo orgoglio e grazie delle recensioni che state lasciando. Sono tutte bellissime:) Ad ogni modo con questo capitolo spero di aver risolto parte degli interrogativi lasciati in sospeso    

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Capitolo 5
*** Quarto Capitolo ***


-Ehi, venite qui! Credo di aver trovato qualcosa.-

I ragazzi si avvicinarono alla ragazza, speranzosi. Era tutto il giorno che si trovavano piegati sui libri della biblioteca della famiglia Martin nella speranza di trovare qualcosa che li aiutasse a capire appieno la situazione.

Loro, che non avevano mai fatto ricerche prima di allora, perché sempre territorio di Stiles, ora si ritrovavano in casa della banshee tra mille libri letti e riletti e l’unico barlume di speranza nella giornata gli era stato provocato solo ora dal richiamo della ragazza.

Sembrava che, con l’assenza di Derek, si stettero trasformando tutti in piccoli Stiles. Già, Stiles che non sentivano dal giorno prima.
Il branco era riuscito a dissuadere Scott dall’andare a trovare il suo amico, ritenendo che non fosse il momento. Non erano riusciti però ad impedirgli di scrivergli la mattina dopo per sapere se gli andasse di unirsi a loro. Non erano rimasti sorpresi dalla risposta del ragazzo che li aveva informati che sarebbe rimasto ad occuparsi del padre, ancora reduce della caduta in servizio, per essere più tranquillo. 

-Con Derek ci allenavamo almeno.- sbuffò Isaac, poi parve realizzare ciò che aveva appena detto. -Oddio, sto davvero rimpiangendo gli allenamenti di Derek?!-

-Anche questo è un allenamento. Sapete, non guasta mai avere qualche cervello in più in squadra.- lo corresse la rossa portandosi indietro i capelli con un gesto della mano veramente plateale. Se non fosse stata famosa per la sua intelligenza, nessuno avrebbe mai pensato che lei potesse essere quel tipo di ragazza. 

-Bhe, se le dinamiche di un Alpha Stiles sono queste, non sta facendo molti punti il ragazzo.- borbottò Erica lasciandosi cadere malamente sul divano. Boyd sorrise alla frase della sua ragazza, ricordandosi quanto odiasse fare le ricerche di scuola.

-Allora, allora. Sentite questa. Leggo.- li richiamò Lydia con una mano.

- “Il Compagno di un Alpha assume gli stessi obblighi e doveri nei confronti…" sì, questo già lo sappiamo. Avanti, avanti, avanti… ecco! "In caso non si nasca lupi o non si entri a far parte di un branco con un Compagno Alpha già presente, il riconoscimento del ruolo del nuovo Compagno potrebbe non essere immediato. Questo può però avvenire in casi di forte tensione o in situazioni particolari, così come improvvisamente e in qualsiasi momento di quotidianità. Ogni momento sarà caratterizzato da un' intensa emozione.” Continua elencando una serie di situazioni… non trovo l’inizio del nuovo parag- no, eccolo. “In situazioni normali il rapporto tra Beta e Compagno Alpha rimarrà invariato, ma in situazioni di pericolo o di forti emozioni il Beta…”-

Lydia alzò lo sguardo dal libro. La sua espressione era indecifrabile. 

-Bhe? Cosa dice? In caso di pericolo… cosa?- intervenne Jackson.

La ragazza alzò le spalle. -Non continua.-

-Come sarebbe a dire che non continua?- esclamò Scott sporgendosi per poter leggere.

-Guardate.- disse porgendo il libro al moro, scocciata che non le credessero.

Il ragazzo sfogliò un paio di pagine prima di tornare indietro e ricominciare a scatti.

-Credo manchi una pagina.- ipotizzò Allison, indicando un impercettibile pezzetto di carta rimasto attaccato al libro.

-E ora?- chiese Isaac spaesato.

-È stato tutto inutile.- Erica sbuffò dalla frustrazione, mentre stringeva i pugni con forza.

-No, aspettate!- li interruppe Malia emergendo da una pila di fogli sparsi sul pavimento. La ragazza teneva in bocca una manciata di pagine, mentre con le mani reggeva un foglio.

Lydia si schiaffò una mano sul viso, mantenendo però tutta la sua femminilità. -Malia, quante volte ti dovrò ripetere che non si mettono le cose in bocca.- gemette come se stesse ripetendo per la milionesima volta una raccomandazione ad un bambino.

La ragazza si tolse le pagine dalla bocca e porse velocemente il foglio rinvenuto. -Credo sia questo.- bisbigliò soltanto prima di tornare al suo posto.

Il resto del branco le lanciò un’occhiata carica di comprensione. Malia ce la stava mettendo tutta per ambientarsi tra la gente, ma ogni tanto fuoriusciva il suo lato selvatico.

-Bene- esclamò Lydia riappropriandosi del libro. -Dove ero rimasta? Ah sì, ecco. Allora, “Ma in situazioni di pericolo o di forti emozioni il Beta… sentirà l’istinto di proteggere il suo Alpha, come è vero il contrario. Quest’innato istinto verrà manifestato nei massimi delle capacità del Beta… –

-Cioè?- li interruppe per la prima volta Boyd.

In altre condizioni la rossa avrebbe zittito aspramente chiunque avesse osato interromperla, ma era stato Boyd. Non era stata solo la prima volta che il ragazzo aveva interrotto, era stata la prima in cui aveva parlato! Non poteva zittirlo così, si disse la banshee. Gli altri parvero di un avviso simile. Infatti, anche se l’altro avesse avuto la parlantina di Stiles, nessuno avrebbe avuto il coraggio di interromperlo, figuriamoci zittirlo. Insomma, era Boyd!

-Oh, beh, credo si riferisca ai caratteri. Penso voglia dire che in base alla propria indole si manifesti questa sorta di istinto.- provò a spiegare la ragazza.

Era strano parlare con Boyd. Lydia non sapeva a che livello il ragazzo afferrasse le cose, non era abituata e questo la irritava. Sapeva che con Allison a volte bisognava insistere un pochino, che con Scott serviva un bel po’ di più di un pochino, che con Jackson si capivano con un’occhiata, di solito, che con Malia ed Erica era pressoché uguale alla sua migliore amica, ma con Boyd non aveva mai parlato. Lui non parlava mai

Quello annuì, convenendo con lei e tornando al suo mutismo. Il resto del branco si sentì sollevato, avendo evitato quel territorio inesplorato. Troppe novità in così pochi giorni. L’unica che sembrava ridersela era Erica.

-Quindi è per questo che Jackson ed Isaac hanno reagito così quando Peter ha offeso Stiles.- la interruppe nuovamente Scott prima che riprendesse a leggere. 

-Istinto innato, eh? Hai capito Jackson.- aggiunse tra le risate il moro. Jackson lo guardò male.

-Se non vuoi provare il mio istinto omicida, McCall, ti consiglio di tenere la bocca chiusa.- gli ringhiò, snudando le zanne. Scott si zittì, ma solo per un istante prima di ricominciare a ridere più forte.

-Non ci trovo niente di male a voler proteggere Stiles.- commentò Isaac sentendosi chiamare in causa.

Scott si asciugò veloce le lacrime provocate dalle troppe risate prima di rispondere. -No, non intendevo questo, Isaac. Se c’è qualcuno che è felice che Stiles venga protetto da un intero branco di lupi, bhe quello sono io. Ma fino all’altro giorno Stiles per Jackson era ‘Idiota’ e con tutte queste novità ci mancava solo questa. Devo dire che sono contento di avere almeno questo punto fisso.- precisò, prima di scoppiare di nuovo a ridere, vaneggiando parole come “Jackson”, “chiamare” e “mammina Stiles”.

Iniziò presto una sorta di lotta nel bel mezzo del salotto di casa Martin tra le risate generali. Jackson era saltato al collo del lupo e adesso si stavano rotolando sul pavimento con incitamenti per ambo le parti. Come da prassi ad appoggiare Scott c’era solo Allison.

Ad un certo punto Jackson riuscì ad atterrare il lupo e a bloccarlo sotto di sé. -Mi divertirò io quando dovrai salvarlo tu. È anche il tuo Alpha, dopotutto.- ghignò il ragazzo pregustandosi già la scena.

Scott espirò forte dal naso guardandolo con scherno. -Stiles non sarà mai il mio Alpha.- rise scrollandosi Jackson di dosso. Il resto del branco si immobilizzò a quella rivelazione.

-Cosa?- chiese Lydia in un visibile stato di allarme.

Il ragazzo alzò le spalle con un’ espressione ovvia in viso. -È Stiles. Facevamo il bagnetto insieme da piccoli. Non riuscirei mai a vederlo come un’Alpha.- spiegò il ragazzo con una risatina che presto divenne nervosa, perché c’era qualcosa di strano nel modo in cui i suoi amici lo stavano guardando e di più in quello di Lydia, che sembrava quasi… spaventata.  

-Cosa c’è? Perché mi guardate tutti così?- domandò colto dall’esasperazione, ancora però il sorriso che alleggiava sul suo volto.

I ragazzi si lanciarono occhiate preoccupate tra loro e Lydia guardò veloce verso il libro che teneva ancora in mano. Solo allora i ragazzi si accorsero che la ragazza non si era unita a loro, ma che era rimasta sul tappeto, ferma. 

-Cosa non ci stai dicendo, Lydia?- si intromise Allison accortasi dell’immobilità, dettata dal nervosismo, della ragazza. Quella deglutì a vuoto un paio di volte prima di abbassare lo sguardo sulla pagina che teneva aperta con una mano.

-Scott, tu devi accettare Stiles.- disse rivolta al ragazzo in modo preoccupato.

-Perché?-

Il resto del branco lo guardò come se avesse detto una blasfemia in chiesa. Il ragazzo iniziava a sentirsi giudicato e anche pesantemente e questo non gli piaceva. Quando si voltò a guardare Allison, vi percepì la stessa incredulità e ne rimase ferito, anche se cercò di non darlo a vedere. Ma cos’avevano tutti? Si chiese, infastidendosi.

-Perché…-

-Perché…?-

-Perché altrimenti il branco si sfalderà.- annunciò Lydia stringendo la presa sul libro.





 

I respiri di tutti si bloccarono all’unisono. COSA?!

-CHE?!- esclamò il ragazzo correndole a fianco per poter leggere con i suoi occhi quell’assurdità. Lydia doveva essersi sbagliata.

La rossa però annuì. -Dice: “Attenzione: l’accettazione avviene in maniera del tutto naturale e ai suoi ritmi, ma- e qui Lydia calcò la voce -qualora ci si rifiuti a priori di accettare il Compagno come Alpha, si verificherà una rottura del branco. Non riconoscendo la persona come proprio Alpha la si escluderà pertanto da qualsiasi protezione, diventando così un probabile pericolo per l’Alpha agli occhi del resto del branco.- adesso Lydia stava quasi urlando -Si giungerà quindi al momento in cui lo stesso branco attaccherà il Beta, spinti dall’istinto di protezione del proprio Alpha, giungendo alle volte anche…-

-Anche…?- chiese Isaac titubante. Non era sicuro di voler sapere la risposta.

-… alla morte.- terminò la ragazza guardando con aria affranta Scott.




Note dell'autrice.
Ehilà! Come sempre, quando si risolve un problema, ne spunta subito fuori un altro... c'est la vie. Posso solo sperare che con questo capitolo siano state risolte anche le ultime domande. Ne rimane solo una, che sarà un punto importante per la storia: Riuscirà Stiles a farsi accettare da tutti come Alpha?
Non smetterò mai di ringraziarvi per star continuando a leggere e grazie anche per le recensioni, che sono tutte bellissime;)

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Capitolo 6
*** Quinto Capitolo ***


Note dell’autrice.
Ho scritto questo capitolo ascoltando a ripetizione People Help The People. Spero vi piaccia. Vi invito a provare a leggerlo ascoltandola. Per il resto è un capitolo che parla da solo e voglio lasciargli il suo spazio. Buona lettura






Stiles sospirò per la ventesima volta da quando si era disteso sul letto e si era messo ad osservare il soffitto.

Quella mattina Scott lo aveva invitato ad unirsi a loro per passare un pomeriggio insieme e lui aveva rifiutato ricorrendo alla scusa della caduta del padre.
Quella mattina però era andato realmente e con tutti i buoni propositi dal genitore, ma questi era dovuto scappare in centrale per una chiamata. Si era assicurato che stesse bene, lo aveva salutato ed era uscito di corsa, perché dopotutto la caduta non era stata così tragica come invece aveva fatto credere il ragazzo. Stiles non aveva potuto far altro che tornarsene a casa.

Dopo che si era chiuso la porta alle spalle, però si era reso conto di quanto fosse stanco, fisicamente e mentalmente. Si era sentito in qualche modo, se non rifiutato, almeno giudicato il giorno prima. Come se avesse fato qualcosa di sbagliato. Li aveva salvati, li aveva protetti, quel era il problema?

Si era quindi lasciato cadere sul letto e si era messo ad osservare il soffitto. Gli mancava Derek. E gli mancava tanto. Tutta quella situazione era diventata insostenibile soprattutto da quando Peter gli aveva detto che i ragazzi sapevano delle condizioni dell'Alpha. L’uomo si era scusato, dando la colpa agli occhioni di Isaac e a qualcos’altro che Stiles non aveva sentito, troppo occupato a cercare di capire come gestire la situazione.

Stiles ne era certo: se Derek si fosse trovato lì con lui, adesso non ci sarebbe stato nessun problema da risolvere. Avrebbero fatto le solite riunioni noiose, perché si sarebbe occupato lui del branco di Beta e nessuno avrebbe detto niente se ne avesse ucciso uno, perché era normale così, era giusto così. Ma invece Derek non c’era, loro non avevano avuto una riunione noiosa e tutto perché era stato Stiles ad uccidere quel Beta, perché Stiles non poteva fare una cosa del genere, perché Stiles era solo il povero umano.

Il ragazzo desiderò sentire le braccia di Derek sorreggerlo. Non ce l’avrebbe fatta. Non faceva che ripeterselo da settimane. Lui, senza Derek, non era niente.
Eppure era ancora lì, dopo due settimane in cui aveva mentito ai suoi amici per proteggerli, in cui aveva pianto tutte le notti, in cui aveva affrontato gli sguardi compassionevoli di Peter di prima mattina, in cui aveva visto in pericolo due suoi cuccioli. Cuccioli, si ripeté. Dalla prima volta che quella parola gli era balenata in testa, l’aveva trovata giusta e si era sentito morire quando aveva visto quel lupo aggredirne uno.

Stiles non aveva raccontato a nessuno cosa aveva provato, né cosa fosse successo realmente. Sapeva che il branco lo aveva visto, Peter gli aveva raccontato anche quello, ma non sapevano come si fosse sentito. Improvvisamente sentì il bisogno di rivelarsi con qualcuno e l’unica persona con cui si sarebbe voluto aprire non c’era, così fece l’unica cosa che gli era possibile e che ormai era diventata parte della sua routine quotidiana.

Afferrò il cellulare e compose il numero di Derek. Aspettò che partisse la voce dell’Alpha che lo informava che al momento non poteva rispondere, lasciando che una lacrima gli solcasse il viso, e quando sentì il bip fece un profondo respiro e iniziò a parlare.


-Ciao Sourwolf, come stai? Spero meglio, spero che tu stia riuscendo a vincere qualsiasi cosa ti tenga ancorato alla tua mente, perché… perché io ho bisogno di te. Ho bisogno di te forse più che mai adesso. Sai, ultimamente ci sono stati alcuni problemi qui e i ragazzi sentono tanto la tua mancanza. Io sento tanto la tua mancanza.

L’altro giorno Isaac e Jackson sono stati rapiti da un branco di Beta. Ho fatto delle ricerche. Lo sapevi che posso esistere branchi formati da soli Beta, purché il loro Alpha li lasci liberi di andare dopo averli morsi? Mantengono un rapporto a distanza col proprio Alpha. Sono meno forti, certo… e io sto divagando, come sempre.- Stiles si lasciò andare ad una risatina nervosa -Sono sicuro che in questo momento tu avresti alzato le sopracciglia. Ormai sono diventato un esperto a dialogare con loro… mi manca. Mi manchi. Tu e le tue sopracciglia, tu e i tuoi ringhi, tu e i tuoi baci la mattina, tu e le tue braccia la notte.

Sai, credo che mi basterebbe anche solo uno dei tuoi abbracci per poter andare avanti, per poter continuare a credere che tu stia ancora con me, almeno con la mente. Mi basterebbe una tua occhiata per sapere che non ho fatto male a proteggere Isaac e Jackson, perché li ho protetti, sai? Saresti stato fiero di me. Ho provato a difenderli senza usare le mani, ci ho provato, te lo giuro. Ma quel lupo si stava avvicinando ai miei cuccioli, capisci? Ai miei cuccioli. Voleva far loro del male e io… io non potevo permetterglielo. Non potevo.

Ho usato il pugnale che mi hai regalato, quello impregnato di aconito. Non so cosa mi sia preso, ma quando ha colpito Isaac qualcosa in me è scattato. Ti ricordi che avevi iniziato ad insegnarmi come usarlo? Bhe, saresti stato orgoglioso del modo in cui gli ho difesi, nel modo in cui ho difeso i nostri cuccioli. Perché sono i nostri e tu lo sai. Non so come tu faccia quando mi lasci a casa e ti ritrovi da solo con loro a dovertene preoccupare costantemente, a doverli tenere al sicuro, a doverli proteggere. Non so come tu faccia a mantenere il controllo e il sangue freddo e a fare un lavoro così perfetto. Io ci sto provando, ci sto provando con tutte le mie forze, ma non credo che reggerò ancora per molto.

Io sono solo un umano e lo so che tu adesso diresti che non è vero, che sono molto di più, ma alla fine dei conti io rimango un semplice umano.
Non riesco a prendermi cura di un branco che neanche crede in me, Derek.

Sono stanco, sono così stanco e mi manchi. Cavolo quanto mi manchi, Der. Mi sento solo e non soltanto a casa. Mi sento sperduto, spaesato. È come se mi trovassi nel deserto. Non so dove sto andando, non so neanche se quella è la strada giusta, continuo semplicemente a camminare. Prima sembrava facile, sai? Prima credevo di riuscire a raggiungerti, bastava continuare a camminare. Prima o poi ti avrei trovato, non importava quanto tempo avrei impiegato. Ma adesso fare un solo passo è diventato difficilissimo. Mi sembra di avere il mondo sulle spalle e di doverlo trascinare a forza. Se prima pensavo di poterti raggiungere andando semplicemente dritti, ora credo di star girando in tondo.

Ho paura, Der. Ho paura che tu non ti risveglierai più. Ho paura che tu possa rimanere bloccato così per sempre e lo so che è da egoisti, so che tu non avresti mai pensato una cosa del genere, perché tu sei una persona speciale, Derek, ma io ho paura per me. Ho paura di perderti completamente, di averti tra le braccia e non poter far niente per te, di non poter essere più al tuo fianco come ti avevo promesso quella notte.

Te la ricordi quella notte, Der? È stata la più bella della mia vita. Siamo rimasti a parlare per tutto il tempo e poi ti ho promesso che non ti avrei mai lasciato, che non saresti mai più stato solo. Ti sei messo a piangere, Derek. Ti sei messo a piangere perché nessuno ti aveva mai detto quelle parole. E vedere il tuo sorriso dopo è stata la cosa più bella che avessi mai potuto desiderare.

Tu credi che tra noi due sia io quello forte. Non me l’hai mai detto apertamente, ma lo so che lo pensi. Ma io no. Io non lo penso. Credo invece che siamo stati spaccati entrambi in così piccoli frammenti e che molti siano andati persi. Credo che quando ci siamo trovati, per la prima volta dopo tanto, abbiamo visto i frammenti che avevamo perso nell'altro. Perché noi siamo una cosa sola Derek e come tutte le cose, se veniamo divisi dalla nostra metà, soffriamo e ci sentiamo irrimediabilmente soli.

Sappi però che io lotterò per quei frammenti che ti costituiscono, perché ormai sono anche parte di me, amore mio. 

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Capitolo 7
*** Sesto Capitolo. Fiducia ***


La preoccupazione gli montava dentro sempre di più ad ogni parola di Stiles. Era riuscito, dopo che aveva trovato il telefono, a sentire il messaggio che aveva lasciato quello che da tempo era diventato il suo migliore amico.

Alternava momenti di ilarità per le battute del ragazzo a istanti di rabbia per ciò che stava sopportando, tempi di sollievo e orgoglio che Stiles fosse ancora lì a lottare per il suo branco ad attimi di tristezza sapendo che però stava affrontando tutto da solo.   

Più Stiles andava avanti a parlare, più non riusciva a capacitarsi di come quel ragazzo facesse a rimanere in piedi. Le sue parole erano impregnate del dolore peggiore: la paura di perdere qualcuno.

Stiles si era sempre tenuto quei sentimenti per sé, anche con lui. Era raro che si aprisse con altri. Non per un’impossibilità a parlare, ma perché, nonostante quello dovesse essere il momento in cui gli altri si preoccupavano per lui, aiutandolo a superare qualsiasi problema avesse o semplicemente ascoltandolo, era Stiles che continuava a preoccuparsi per loro, a come avrebbero reagito alle sue dichiarazioni.
Il suo metodo era semplice: rivelare in base alla persona che lo stava ascoltando per evitare che questa soffrisse. 

Ormai lo conosceva da diversi anni per capire che quello, che poteva sembrare un piccolo umano, era invece l’ancora di tutto il branco. Loro avevano sempre avuto Stiles, ma Stiles chi aveva? Lui? Ormai non ne era più così sicuro, almeno non dopo che lo aveva lasciato a sé stesso. E si maledisse per questo, stingendo il cellulare con così tanta forza da far sbiancare le nocche ed incrinare la custodia. 

Si erano promessi di guardarsi le spalle l’un l’altro. Stiles lo aveva fatto. Lui, invece, lo aveva lasciato solo. Aveva permesso che questo accadesse ed non se lo sarebbe mai perdonato.

Stiles aveva continuato a parlare, la voce che si incrinava sempre di più. Non stava piangendo, non fuori almeno, pensò con tristezza prima di asciugarsi una lacrima che era scappa al suo controllo.

Quando la voce del ragazzo si interruppe, posò il cellulare di fianco a sé e si ripromise di riprendersi quel ragazzo. Giurò che non lo avrebbe mai più abbandonato, che lo avrebbe protetto fino alla fine.

Stiles con quel sorriso che illuminava le giornate delle persone che amava, Stiles con quella curiosità innata, Stiles il suo piccolo sole. Il suo migliore amico. Il suo confidente. La sua ancora. Il suo Compagno.

-Sto tornando a casa, amore mio. Resisti.-

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-Sta arrivando! Sta arrivando!- li avvisò Allison, sbirciando dietro la tenda.

Non che servisse a molto, dal momento che i lupi avevano sentito la sua presenza già da prima che si potesse intravedere quel rottame che Stiles chiamava macchina, ma la cacciatrice e la banshee erano esenti da questa capacità e il loro cuore iniziò a battere freneticamente nel tentativo di apporre gli ultimi ritocchi.

Dopo le rivelazioni a casa Martin, il branco aveva deciso di accantonare per il momento le nuove scoperte. Di comune accordo avevano scelto anche di non dire nulla al riguardo a Stiles, non volendo che sentisse il peso di una tale rivelazione.

Stiles stava soffrendo da troppo tempo, così avevano provato con l’unica cosa possibile in quel momento: festa a sorpresa con annessa maratona di Star Wars.
Speravano che un po’ di svago avrebbe distolto il ragazzo da tutta quella situazione. Peter era riuscito a portarlo fuori casa per quel tanto che bastava a permettere loro di sistemare come si deve.

-State tutti pronti.- li avvisò Lydia.

Quando Stiles fece il suo ingresso e accese la luce, la sorpresa che ebbe portò ad un risultato diverso a quello a cui i suoi amici avevano aspirato.

-SORPRESA!- avevano gridato andandogli incontro.

Stiles, dal canto suo, era sobbalzato andando a sbattere con la testa alla porta, cadendo poi a terra. Il ragazzo si portò una mano al cuore mentre cercava di regolarizzarne i battiti.

-Mi volete far prendere un accidenti?!- chiese con il fiato corto.

Il resto del branco si immobilizzò, pensando di aver peggiorato la situazione, ma quando Stiles alzò lo sguardo con un sorriso confuso si tranquillizzarono.

-Che succede? Perché sorpresa? È il mio compleanno? È strano, perché mi ricordo di aver già festeggiato quest’anno, ma forse mi confondo con Natale. Possibile. Da piccolo confondevo sempre le feste. Mi ricordo che una volta feci gli auguri alla mia professoressa dell’asilo, peccato però che ci trovavamo al funerale del marito. È stato orribile: papà voleva ammazzarmi. Feci scoppiare a piangere quella poveretta… te la ricordi, Scott?- disse tutto d’un fiato. Senza dubbio la botta non l’aveva tramortito troppo forte.

-Ehm, più o meno, amico, più o meno.- gli rispose il ragazzo, mettendogli un braccio intorno alle spalle e trascinandolo verso il tavolo stracolmo delle schifezze di cui Stiles tanto andava matto.
In sottofondo si sentiva Jackson che cercava ancora di dare un senso alle parole del giovane, mormorando cose come  “Professoressa dell’asilo?” e “Natale? Cosa c’entra il Natale adesso?”

-Allora? Qualcuno vuole spiegare?- chiese Stiles poco prima di perdere concentrazione e puntare pericolosamente una torta al cioccolato.

- Allison?- la chiamò Scott in imbarazzo, ma la ragazza gli lanciò un’occhiata impotente.

Non avevano pensato che Stiles avrebbe fatto domande. Perché non ci avevano pensato? Si stava maledicendo Scott. Era Stiles, dopotutto, cavolo.

-Niente di che. Volevamo solo passare una riunione diversa dal solito.- li salvò Lydia.

Stiles, con ancora un pezzo di torta in bocca, la guardò confuso. -C’era una riunione oggi? Non me lo ricordavo.-

-Stilinski! Chiudi quella bocca, per l’amor del cielo!- esclamò Jackson con una faccia schifata.

-Gne, gne.- gli fece, però, eco Stiles masticando a bocca aperta in sua direzione, per poi scoppiare a ridere e finire quasi per strozzarsi.

-Tieni.- Scott gli stava porgendo un fazzoletto ad occhi chiusi.

-Grazie. Ma perché la sorpresa? Se c’era una riunione -cosa di cui io ancora dubito, solo per essere chiari- non sarebbe dovuta essere una sorpresa. E se invece non c’è mai stata -cosa più ovvia-, rimane sempre la domanda: perché doveva essere una sorpresa?- farneticò il ragazzo, mentre si versava una dose abbondante di patatine in una ciotola.

-Stai perdendo colpi, amico.- rise nervoso Scott. Visibile segno che stava mentendo, pensò Stiles.

-L’hai scritto tu stesso. Non te lo ricordi? Guarda.- provò Isaac, porgendoli un post-it. Stiles lo guardò confuso e Scott ne approfittò per trascinarlo verso il divano e lanciare per aria il foglietto.

-Ma cosa…? E poi era la tua calligrafia, Isaac. Mi dite cosa sta succedendo?-

Ma Scott lo aveva già spinto per le spalle sul divano, bloccandolo seduto.

-Maratona!- esclamò Allison facendo segno ad Erica di accendere il registratore nel tentativo di distrarre il ragazzo.

Stiles stava continuando a muoversi agitato, ma quando partì la sigla di Star Wars si fermò di colpo, come incantato. Si sistemò meglio sul divano, la ciotola di patatine davanti al viso. Aveva cessato di colpo di porre domande e aveva iniziato a guardare la televisione calmo come solo un bambino con il suo cartone preferito può essere.
Il branco si lasciò andare ad un profondo sospiro, per aver evitato la bufera. E ne aggiunsero un'altro giusto per prepararsi a quello che sarebbe stato un lungo pomeriggio.

-Poi però mi dirai cosa succede, Isaac.- sussurrò il ragazzo, consapevole che il lupo lo avrebbe sentito ugualmente. 
     
Quello, infatti, sussultò e lo guardò interrogativo. -Perché io?-

-Perché tu non sai mentire.- gli rispose Stiles sorridendogli bonariamente.


 

Il branco passò le due ore più noiose della sua vita, ma il sorriso sul volto di Stiles bastò per farli rimanere seduti. Quando però stava per partire la sigla del secondo capitolo della serie, Lydia si sporse in avanti spegnendo la televisione.  -Basta così.-

-Perché?- esclamò immediatamente il giovane Stilinski.

La rossa, però, si affrettò a farlo alzare trascinandolo a forza verso la cucina. Il resto del branco li seguì quasi trotterellando, contento di poter cambiare scenario.
Stiles dopo qualche iniziale commento di disappunto, iniziò ad ingozzarsi come se fosse a digiuno da giorni, dimenticandosi del film.

I ragazzi, una volta che avevano saputo quanto il loro amico non stesse bene, avevano iniziato a riconoscere nel ragazzo le differenze tra rilassato e felice. Stiles non era più felice da tempo. Quella scoperta li aveva scioccati, non ricordandosi un solo momento in cui il ragazzo non gli era parso in pace con sé stesso.
Eppure vedendolo ora mangiare la pizza impiastricciandosi il viso con la salsa, non potevano non sorridere, dimenticandosi dei reali sentimenti di Stiles.

-Aspetta. Ti aiuto io.- gli disse Lydia avvicinandoglisi con un tovagliolo tra le risate del branco.

Stiles, troppo preso a mangiare, non si era reso conto che la rossa si era avvicinata, così sussultò quando quella gli strofinò il fazzoletto sulla guancia, allontanandosi di scatto.

-Sta fermo.- gli intimò la ragazza ridendo alla disattenzione del giovane, ma Stiles si allontanò di nuovo.

-Stiles.- lo richiamò lei.

-Amico, fallo tu, ma almeno pulisciti.- lo rassicurò Scott, accortosi della rigidità del ragazzo.

-Sto bene così- biascicò Stiles, riavvicinandosi al tavolo ad occhi bassi per evitare gli sguardi dei presenti.

-Che vuol dire stai bene così? Non fare l’idiota, Stiles.- lo rimbeccò Lydia pulendogli il viso con un movimento rapido.

-Lydia!- si arrabbiò quello guardandola male, ma la ragazza era troppo presa a fissare un punto sul suo viso.

-Ma cosa…- sussurrò, avvicinandoglisi pericolosamente.

-Lydia, ti avverto. Stammi lontana.-

Ma a niente servirono le intimidazioni del ragazzo, perché la rossa gli lanciò letteralmente un bicchiere d’acqua in pieno viso.

-LYDIA!- urlò Stiles, alzandosi di colpo, facendo così cadere la sedia dietro di sé. I ragazzi erano rimasti interdetti all'azione della rossa. 

-Ci avrei giurato che era trucco.- mormorò la ragazza, guardandolo sconvolta.

Stiles sbiancò. Il suo odore cambiò repentinamente, passando da rabbia a timore e preoccupazione. Il ragazzo si girò di scatto verso Isaac e vi trovò l’unica cosa che avrebbe voluto evitare.

Quando l’acqua l’aveva bagnato, sapeva che il trucco si sarebbe sciolto. Lo aveva scoperto la prima volta quando subito dopo esserselo messo si era sciacquato il viso sovrappensiero e quella dopo in cui si era passato la manica della felpa sugli occhi, colto dalla stanchezza.
Si ricordava chiaramente che aveva pensato a come facessero le ragazze, se un minimo sfregamento cancellava il lavoro di ore. All’inizio non ci aveva neanche pensato, tanto era sporco di fango, ma quando, dopo, al loft si era fatto la doccia, per cercare di alleviare la tensione, aveva visto.

Sapeva che il Beta, che lo aveva colpito, aveva lasciato un segno, ma non si aspettava di ritrovarsi il viso sfregiato da tre lunghi solchi equidistanti. Inizialmente era stato preso dal panico, poi però guardandosi gli era venuto alla mente quando da piccolo si truccava da zombie. Lì aveva avuto l’illuminazione. Aveva rinvenuto i vecchi trucchi che si era portato dietro da casa sua nella “valigia dei ricordi” -alla faccia di Scott che lo aveva preso in giro- e aveva cercato di nascondere come meglio poteva i graffi.

Aveva precedentemente appurato che non erano così profondi da poterlo trasformare e dopo essere riuscito ad allontanarsi dal loft, era corso subito a comprare il necessario per poter continuare fino a quando avrebbe potuto. Non sapeva quanto quella farsa avrebbe retto, ma non si aspettava decisamente così poco.

Quando l’acqua lo aveva investito, il suo primo pensiero era stato per Isaac. Lo conosceva abbastanza da sapere che se ne sarebbe addossata la colpa. E infatti…

-Isaac…- provò, quando lo vide tremare impercettibilmente.

Il resto del branco si voltò verso il ragazzo, confuso. Ci volle qualche secondo prima che collegassero Isaac a Stiles e Stiles al video dell’aggressione. Stiles, di nuovo un passo avanti a loro.

Isaac però indietreggiò come se avesse appena ricevuto un pugno, finché non toccò con la schiena la grande vetrata. Li guardava, ma non li vedeva realmente.

-Isaac, non è stata colpa tua.- Stiles gli si era avvicinato, piano, cercando di non turbare il ragazzo più del dovuto. Sapeva che il suo viso non era un bello spettacolo.

Quando il ragazzo alzò lo sguardo su di lui, nel loft l’odore del senso di colpa invase ogni particella d’aria. Isaac scoppiò a piangere, prima che Stiles riuscisse a dire altro. Quello si voltò verso Lydia e le lanciò l’occhiata più truce che gli altri avevano mai visto su di lui.

-Isaac, ti prego. Non è stata minimamente colpa tua.- mormorò riferendosi nuovamente al riccio. -Mi capisci?- aggiunse poco dopo, quando si accorse che il ragazzo non lo stava ascoltando.

Si era lasciato scivolare fino a terra, le gambe portate al petto, le braccia a circondarle. Stiles si abbassò al suo livello, appoggiandogli delicatamente una mano sul ginocchio.

-Annusami.- Un comando.

Stiles alzò il mento, lasciando così scoperto il collo. Isaac aveva alzato la testa a quell’inaspettata richiesta, ma dopo un attimo di esitazione, fece come gli era stato detto.

-Senti rabbia?- gli chiese Stiles fissando i suoi occhi in quelli del ragazzo. -Risentimento?-

Quello scosse impercettibilmente la testa. Le lacrime che ancora gli solcavano il viso e le spalle scosse dai singhiozzi.

-Delusione?- terminò alla fine Stiles, poggiandoli una mano sul viso asciugandogli una lacrima. Il ragazzo alzò la testa di scatto. Stiles sapeva cosa stava passando nella sua testa: come aveva fatto a capire cosa temeva più di qualunque altra cosa.

Stiles era diventato bravo, ormai, a saper leggere il suo branco. Li aveva potuti vedere nei loro momenti peggiori ed è in quei momenti che le persone si mettono a nudo senza riserve. Puoi conoscere realmente qualcuno, solo quando lo si è visto anche nei suoi attimi più bui. E il destino aveva voluto che ognuno di loro ne avesse affrontato almeno uno nella loro vita.

Stiles aveva visto Scott cedere al dolore. Aveva assistito agli attacchi di Erica. Aveva potuto osservare quanto il padre avesse lasciato danni irreparabili in Isaac. Aveva saggiato quanto Lydia si fosse sentita persa quando si era trova rinchiusa all’ Eichen House. Aveva visto Boyd dopo che non si era potuto trasformare per settimane a causa del branco degli Alpha. Si era rispecchiato nel dolore di Allison per la perdita della madre. Aveva affrontato passo dopo passo la trasformazione con Malia. Si era accorto di quanto fosse debole Jackson quando ancora era un Kanima. Lottava ancora tutti i giorni con il senso di colpa di Derek.

Quei ragazzi erano diventati in fretta la sua seconda famiglia e ci era voluto poco prima che memorizzasse i comportamenti di ognuno di loro, capire come trattarli in base a come si sentivano. Poteva non avere sensi super-sviluppati, ma era capace di leggerli benissimo anche senza.

Ed era così che adesso si ritrovava a stringere Isaac a sè, nel tentativo di calmarlo.

Quando capì che il ragazzo era tornato abbastanza lucido da capire le sue parole e percepire il suo odore, si staccò impercettibilmente, quanto bastava per guardarlo in viso.

-Isaac, voglio che mi ascolti attentamente adesso.- Il suo sguardo era serio. Sapeva che il licantropo poteva sentire che stava dicendo il vero. -Non è stata colpa tua.-

Quelle parole, così vere, fecero trattenere il respiro al ragazzo. Stiles ci credeva e ci credeva davvero. Il giovane Stilinski provava rabbia, sì, e riteneva responsabile di quello qualcuno, ma non Isaac, bensì il Beta.

Il ragazzo annuì impercettibilmente e poi si lasciò accompagnare nella stanza degli ospiti per riposare.
 
Quando Stiles tornò, Erica gli diede una pacca sulla spalla, sorridendogli riconoscente. La ragazza sapeva quanto Isaac avesse bisogno di sentirsi dire quelle parole da qualcuno che per lui corrispondeva al suo punto di riferimento. -Ben fatto.-

La bionda si avvicinò al suo ragazzo, che le fece un sorriso tutto loro, prima di guardare Stiles con il rispetto negli occhi.

-Alpha.- aggiunse poi Erica, ammiccandogli timidamente, mentre solo i lupi poterono sentire un odore forte e sicuro emesso dai due licantropi: fiducia.  







Note dell'autrice. 
Eccoci di nuovo! La situazione, anche se più chiara, sta diventando sempre più contorta: è un grande intreccio di dubbi, rivelazioni e sentimenti. 
Vi ringrazio come sempre di essere arrivati fin qui in questo viaggio a BH con me. Sterek sempre più vicina. Branco sempre più unito... forse;)          

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Capitolo 8
*** Settimo Capitolo. Costanza ***


Stiles era rimasto imbambolato per una buona mezz’ora alle parole di Erica. Boyd non aveva parlato, ma sapeva pensasse lo stesso. Glielo aveva letto negli occhi.

Alpha. Derek gli aveva detto che essere il suo Compagno, lo aveva fatto divenire automaticamente l’altro Alpha del branco, ma non aveva mai preteso quel ruolo. Lo aveva accettato ed era pronto a prendersene le responsabilità, ma il branco era stato restio.

Non gliene faceva una colpa, probabilmente si sarebbe comportato allo stesso modo, ma non poteva giurare che una parte di lui ne fosse rimasta del tutto indifferente. Però, nonostante tutto, si era deciso a non mettere loro alcuna pressione, evitando di rivendicare il suo ruolo e scongiurando pertanto ogni possibile attrito nel branco.

Ma Erica e Boyd ora lo avevano chiamato Alpha, riconoscendolo. Il branco se ne era andato via poco dopo, ritenendo fosse meglio lasciargli il suo spazio e Stiles non aveva avuto modo di chiedere niente.

Rivide nella sua mente ogni istante di quella serata, cercando un momento in qui avesse potuto far cambiare idea ai due ragazzi, ma alla fine tornava sempre allo sguardo che i due gli avevano lanciato dopo essere tornato dalla camera degli ospiti, dove aveva lasciato Isaac dormire serenamente. Isaac. La mente di Stiles iniziò a ragionare freneticamente.

Erica, Boyd ed Isaac. Loro si conoscevano da più tempo, erano stati i primi Beta di Derek. Un’immagine: Erica, Boyd e Isaac insieme. Un’altra: Erica che si stringe al riccio. Una sensazione: si sentiva tirato fuori, quei tre insieme sembravano conoscersi da una vita. Una frase di Derek: “Isaac ormai ha solo il branco.”

Solo all’ora Stiles capì. Erica e Boyd lo avevano riconosciuto quando si erano accorti che si era preoccupato per il riccio e se ne era preso cura. In quell’istante i due ragazzi avevano capito che potevano fidarsi di lui.

Un sentimento, che dal primo giorno Stiles aveva capito essere essenziale all’interno di un branco, era proprio la fiducia. Aveva sempre provato a conquistarsi quella dei due Beta, perché, nonostante Derek insistesse dicendogli che loro si fidavano, Stiles sapeva che non era del tutto vero.  

Si ritrovò a sorridere da solo, seduto sul divano. Quando alzò lo sguardo sull’orologio, che era riuscito a far comprare a Derek con non poco sforzo, provò due forti sensazioni: sorpresa e tristezza. Sorpresa nello scoprire che era rimasto a pensare più di quanto immaginasse e tristezza al ricordo del suo Compagno.

Il sorriso si spense lentamente, mentre si dirigeva nella loro camera da letto.

Tutto lì dentro gli ricordava Derek e si sentiva terribilmente in colpa nel realizzare che quel pomeriggio non aveva pensato a lui. Pianse una sola lacrima. Al giorno ne lasciava libera solo una. Se si fosse permesso di piangere di nuovo, come aveva fatto nelle ultime settimane, sospettava che non si sarebbe più rialzato.

Si addormentò così, il cuscino dell’Alpha stretto al petto che lo inondava dell’odore del suo proprietario, l’ultimo pensiero rivolto a Derek.

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Derek stringeva il voltante con così tanta forza da far contrarre i muscoli delle braccia. Guidava ininterrottamente da ore. Era stanco, spossato, si poteva pensare di definirlo esausto se non si fosse trattato dell’Hale. L’unica cosa che lo mandava avanti, che lo spingeva a mantenere gli occhi aperti e a premere sull’acceleratore, era la voce di Stiles.

Da quando era partito, la voce del suo Compagno era padrona. Aveva preso il telefono e si era messo ad ascoltare tutti i messaggi che il ragazzo gli aveva lasciato. Il primo che aveva sentito era stato l’ultimo, gli altri gli stava ascoltando, invece, in ordine cronologico, sorprendendosi di quanto fosse rimasto incosciente.

Non si era accorto di quanto quel ragazzino logorroico gli fosse mancato, finché non ne aveva sentito la voce. Era stata come una boccata d’acqua fresca.

Dopo il primo messaggio aveva fatto partire immediatamente il secondo. Non ne aveva mai abbastanza. Ascoltava le parole dell’umano, ma non le ascoltava veramente. Ascoltava la sua voce e fingeva di averlo lì, di fianco a lui. Immaginava di poter far scorrere i suoi occhi sul viso di Stiles, di poterne  delineare i contorni, di poter contare i nei a lato del suo viso, di potersi perdere nei suoi occhi d’ambra e di poter sentire il battito frenetico del suo cuore.

E lì si bloccava sempre. La prima volta, quando non aveva sentito niente, la paura si era impossessata di lui, ma poi si era trasformata in frustrazione quando aveva realizzato che il suo umano, benché non fosse in pericolo, non era lì realmente. Era stato uno shock.
Aveva dato un pugno sul cruscotto dell’auto che aveva affittato, provocandole una rientranza non poco notevole. Al diavolo, aveva pensato, provando a calmare i battiti del suo cuore.

Da quel momento non faceva che focalizzare la sua ancora, cercando di calmarsi.

Una sola parola, un solo nome. All’infinito.

Stiles. Stiles. Stiles.       

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-Non avevamo deciso di non dirgli niente?!- ruggì Scott verso i due ragazzi.

Erica si limitò a scrollare le spalle. -Non voglio nascondere al mio Alpha la mia gratitudine.- asserì con decisione. Boyd invece lo guardò di rimando con sguardo deciso. Scott deglutì e alla fine lasciò perdere.

Checché se ne potesse dire, la rabbia, che Scott provava dentro, era dettata dalla preoccupazione di come il suo migliore amico avesse reagito a quella rivelazione. Nessuno fin ora lo aveva chiamato Alpha. Conosceva Stiles da sufficiente tempo da sapere che sarebbe rimasto a scervellarsi per ore, cercando almeno una soluzione alle mille domande che gli stavano invadendo la testa. 

-Bene. Ora che la questione è risolta, dire di fare un punto della situazione.- suggerì la rossa.

Era la seconda riunione senza Stiles. La seconda per cercare di sistemare le cose.

Tutti i ragazzi annuirono, concordando. Era inutile far finta di niente: alcuni di loro stavano iniziando ad accettare Stiles come Alpha.

-Direi di partire da chi ha già accettato Stiles.- propose timidamente Allison.

-Credo anche io.- convenne Lydia. -Sappiamo già che Jackson e Isaac l’hanno riconosciuto.-

Il biondo annuì. Sapeva che Isaac aveva provato le sue stesse sensazioni. Lo aveva visto nei suoi occhi in più di un’occasione.   

-E ora anche Erica e Boyd.- concluse la ragazza, ricevendo un segno d’assenso dai due.

-Quattro su otto.- annunciò Scott.

-Ehi! E io non conto?.- si intromise Malia offesa.

Tutti si girarono a guardarla sorpresi. -Tu?- sembrava più un’accusa da come Scott si era posto.

Malia lasciò che il ringhio, che le era nato in gola, fuoriuscisse. Se avevano qualcosa da ridire, che lo dicessero, pensò la ragazza.
-Ehi, ehi, ehi. Frena.- Lydia si era frapposta fra i due. -Scott non intendeva essere scortese.- la rassicurò la rossa, lanciando un’occhiataccia al ragazzo, che borbottò uno “Scusa” veloce.

-Siamo solo sorpresi. Non ce lo avevi detto.- le spiegò Allison con dolcezza.    

Malia scosse le spalle come se fosse una cosa scontata. -Pensavo fosse ovvio.-

Scott strabuzzò gli occhi. -Ovvio?-

Il ragazzo si voltò a guardare i presenti. -Allora, facciamo così: qui niente è più ovvio ormai, perciò- disse prendendo fiato -se qualcuno ha qualcosa da dire parli ora. Sono stanco delle sorprese.-

Come da copione nessuno parlò. Scott quasi ci aveva sperato. Quando incontrò lo sguardo di Allison, vi lesse comprensione e amore, amore che gli diede la forza di annuire al silenzio e lasciarsi cadere sulla poltrona. Ok, forse non gli diede poi così tanta forza, ma lo trattenne dall’urlare per la frustrazione.

-Puoi spiegarci, Malia? Devo ammettere che non me ne ero accorta neanche io.- ammise Lydia con un pizzico di irritazione. Com’era possibile? Si chiese la banshee. Lei si accorgeva sempre di tutto, a volte prima ancora che i diretti interessati lo sapessero. Ad esempio lei sapeva già che Stiles e Derek erano innamorati l’uno dell’altro e aveva avuto ragione, pensò cercando di rialzare la sua autostima. 

-È sempre stato così, credo.- Malia ci pensò un attimo, prima di annuire convinta. -Stiles c’è sempre stato per me. Mi ha aiutata con la trasformazione e mi è stato vicino durante il mio “inserimento” nella società.- sbuffò, facendo le virgolette con le dita, quando parlò del suo rientro tra la gente.

-È stato la mia ancora. È la mia ancora. E quando è diventato il Compagno di Derek, non mi è sembrato strano. Era giusto così. È stato come una liberazione, sinceramente.- rivelò la coyote. -Mi sembrava strano prima, quando ancora non era un Alpha. Non riuscivo a spiegarmi perché provassi tutto ciò per un umano, poi però è come se le cose siano andate come dovevano già essere.-     

Malia doveva aver fatto un notevole sforzo. Tutti sapevano quanto per la nuova Hale fosse difficile esprimere quello che provava. Sembrava una prerogative degli Hale, a dir la verità. Beh magari tranne Peter, lui esprimeva fin troppo. Ad ogni modo, quel discorso, se pur contorto, sembrava avere un senso, almeno per alcuni di loro.

-Era questo, quindi, quello di cui parlava Deaton.- mormorò Lydia assorta nei suoi pensieri. Non seguirono altro che sguardi interrogativi.

La rossa alzò gli occhi al cielo. -Prestate davvero poca attenzione, voi altri, eh.- disse scocciata, ma contenta dentro si sé di poter prendere di nuovo in mano la situazione. -Deaton ha detto che Stiles era già un Alpha prima ancora che diventasse il Compagno di Derek. Malia l’aveva capito o meglio, non proprio lei, però…-

-Il suo lupo.- finì Jackson.

Malia storse il naso. -Coyote, prego.-

Quella precisazione scatenò le risate del branco.
Da quanto non ridevano di cuore in quel modo? Ne avevano passate tante, davvero tante. E ne erano usciti sempre più uniti. Erano diventati realmente una famiglia, pensò Scott sorridendo tra sé e sé. Con tanto di zio psicopatico, aggiunse la sue mente e si ritrovò a ridere come uno sciocco ad una battuta detta solo nella sua testa. Ringraziò la confusione generale che riuscì a coprirlo.

-Stiles non mi ha mai abbandonata. Quando non riuscivo con un esercizio rimaneva anche ore intere con me, finché non ci riuscivo. Giorno dopo giorno mi ha salvata.- mormorò la coyote, lo sguardo perso nei suoi ricordi.
 

-Non ci riesco, Stiles. Basta. È inutile.- esclamò Malia alzandosi dalla frustrazione. Erano ore che ci stava provando e ancora non riusciva a sfoderare quei cavolo di artigli a comando. Stiles le si avvicinò e ricominciò ad elencarle i passaggi da seguire. Tre ore dopo si trovarono nella stessa situazione.

Una settimana e ogni suo pomeriggio dopo, si trovava ancora in camera del ragazzo, questa volta per imparare a controllare le zanne. -Non puoi continuare così, Malia. L’altra volta sono riuscito a coprirti, ma non posso mica far sempre scoppiare il laboratorio di chimica. Metti che si troviamo a letteratura, che faccio? Tiro il libro al professore? Nono, assolutamente. Devi imparare a controllarti.-

Un mese dopo. -Ottimo! Hai visto? Ce l’hai fatta. E tu che non mi credevi.- esclamò Stiles con un sorriso sornione in volto. Malia alzò un sopracciglio. -Hai detto che sarei riuscita a controllare gli artigli. Queste sono le zanne.- lo corresse la coyote. -Dettagli, dettagli. Sono appuntite, no? Sono lunghe e aguzze. Non c’è molta differenza. Zanne, artigli… a chi importa. Rimane il fatto che io avevo ragione e che tu sei riuscita a controllarti. Festa! Chiamo i ragazzi!- iniziò ad urlare saltando per tutta la stanza e facendo ondeggiare le braccia.

Malia sorrise a quei ricordi. Troppi ce ne erano stati, pensò rabbrividendo agli insuccessi collezionati. Se era riuscita a raggiungere quei risultati, lo doveva solo a Stiles.     

-Stiles ha tante qualità.- disse Scott avvicinandosi e rivolgendole il sorriso di chi sa di cosa sta parlando. -Una di queste è la costanza.-





Note dell'autrice.
Ciao! Scusate il ritardo, ma ci sono stati dei problemi in famiglia. Tutto risolto, per fortuna. Ad ogni modo ecco qui il settimo capitolo. Stiles non sta capendo molto, ma è sulla buona strada. La strada di Derek è senza dubbio quella giusta: direzione BH! Il branco, che dire, rimane il branco.
Grazie come sempre di essere arrivati fin qui:)

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Capitolo 9
*** Ottavo Capitolo. Attenzioni ***


-Allora, com’è stato?-

Allison era seduta sul divano, le gambe sotto di sé, la testa appoggiata alla mano e lo sguardo assorto.

Si erano trovati il giorno dopo di nuovo al loft. Isaac si era ripreso alla grande ed Allison, approfittando dell’assenza di Stiles che stava cucinando, lo aveva braccato per farsi raccontare come fosse avvenuto il riconoscimento.

Il riccio sorrise imbarazzato. -È stato abbastanza naturale, a dire la verità. E se devo essere sincero non ricordo molto. Credo… credo di essere svenuto.- ammise grattandosi la nuca.

Allison, però non si muoveva. Aspettava il suo racconto come una bambina la favola della buona notte. Il ragazzo sospirò.

-Quando Stiles è arrivato da solo ho pensato che fossimo spacciati, ma ho provato un po’ di conforto, di sicurezza in più. Poi è stato colpito e ho pensato solo ad attaccare. Quando si è messo davanti a me e il Beta l’ha ferito, credevo realmente fosse morto o quasi. Dopo ricordo di essere stato scaraventato contro il muro e poi il buio. Quando mi sono svegliato, ho visto Stiles che cercava di farmi riprendere.- prese un profondo respiro e chiuse gli occhi, nel tentativo di rendere vivo quel ricordo.

-Mi ricordo di aver provato sollievo. Di essermi sentito al sicuro.- sussurrò piegando leggermente la testa di lato, gli occhi socchiusi. -Era come se, ora che Stiles era lì, con me, tutto il resto fosse diventato solo un ricordo lontano. E… no, è stupido.- finì alla fine, scuotendo la testa.

-No. Cosa? Continua, Isaac.- lo incoraggiò la cacciatrice, facendosi più vicina.

Il ragazzo la guardò dubbioso. Era in evidente imbarazzo e sembrava star valutando se confidare o meno un segreto molto privato, troppo. Poi, però, annuì.

-È stupido e impossibile, non so cosa mi fosse preso, veramente, ma… ma ricordo di aver pensato che con Stiles lì, non ci fosse più bisogno di combattere, che se ne sarebbe occupato lui. Che lui si sarebbe occupato…-

-Di te.- terminò Allison, lo sguardo dolce. Isaac annuì. -Non è stupido, Isaac. È bellissimo.-    

Quello alzò lo sguardo velocemente. La sua paura di essere sbeffeggiato era stata veramente tanta e la comprensione che aveva ricevuto, invece, dalla ragazza lo aveva stupito.
 
-Lo so.- mormorò con un sorriso.

Poco dopo, però, il ragazzo saltò in piedi.

-Che succede?- chiese Allison allarmata. Isaac rimase in ascolto per un attimo, prima di rilassarsi e rimettersi seduto, scuotendo la testa divertito.

-Niente. Stiles si è bruciato con la pentola e a Jackson è quasi venuto un infarto, quando ha urlato.- rise.

-Io non ho sentito niente.- mormorò la ragazza, ma prima che Isaac potesse risponderle, fu interrotto dalle urla di Jackson dal piano superiore. 

-Lahey! Se dici un’altra parola, giuro che ti ammazzo!-

Allison rimase interdetta, mentre intanto solo Isaac poteva sentire Lydia.

-Jackson ma con chi stai parlando? Non è che per correre qui hai sbattuto da qualche parte?-

-Hai corso? Per venire da me?- sentì chiedere da Stiles.

Allison continuava a guardarlo confusa. Lui, dal canto suo, era piegato in due dalle risate.

-Oh, sì. È scattato come se avesse una molla sotto al sedere. Neanche quando lo chiamo che ho casa libera…-

-Lydia!- la richiamò Jackson sgomentato. -E poi non è vero che ho corso…- borbottò con le orecchie in fiamme.

-Come no!- urlò Erica da un’altra stanza.

-Beh, sto bene. Non preoccuparti.- lo rassicurò Stiles come se nulla fosse. Isaac non seppe cosa fece effettivamente il ragazzo, ma l’imbarazzo di Jackson si propagò fino a loro.

-È pronto, comunque. Isaac, avvisa anche Allison.- continuò Stiles come se nulla fosse. Il ragazzo smise di ridere immediatamente, come colto in fallo.

-Dobbiamo salire.- l’avvisò.

Lei assunse uno sguardo stupito. In effetti Allison non aveva sentito tutta la conversazione. -Come lo sai?-

Il riccio si toccò un orecchio e quella aprì la bocca, ricordandosi solo all’ora del super-udito dei licantropi.

Quando arrivarono di sopra trovarono uno Stiles ignaro e intento a fare i piatti, un Jackson decisamente scioccato e il resto del branco piegato in due dalle risate.

-Cosa sta succedendo qui?- domandò Allison andando a sedersi accanto a Scott. Il ragazzo la baciò sulla guancia velocemente, prima di tornare a ridere una volta posato di nuovo lo sguardo sul biondo. La ragazza si girò allora verso Erica, che si piegò in avanti, come a raccontarle un segreto.

-Stiles ha preso Jackson per una guancia, stropicciandolo- iniziò, imitando il gesto -E lui- aggiunse poi facendo segno con la testa in direzione del biondo, cercando nel frattempo di trattenere le risate -si trova in quella posizione da allora.- terminò, ridendo all’occhiataccia di Jackson.

-Ma è mai possibile che mi giro un attimo e vi ritrovo sempre a ridere?- commentò Stiles passando lo sguardo su ognuno di loro e scuotendo la testa divertito. Quando lo posò su Jackson, erò si fermò accigliato.

-Avanti, Jackson, non puoi restare tutto il giorno così. Sto bene.- lo riprese Stiles, dandogli una pacca sulla spalla, mal interpretando la situazione. O forse no, pensò Isaac quando all’arrossire del biondo, Stiles sorrise sotto ai baffi, cercando di sembrare serio. Questo ragazzo è un grande, pensò il riccio, dandogli il cinque.

-È un complotto.- borbotto Jackson sistemandosi sulla sedia.

-Cosa è un complotto?-

Peter era appena entrato nella stanza, il solito sorriso furbo in viso.

-Peter, finalmente.- esclamò Scott. -Ti aspettavamo un’ora fa.-

-Scusate. Ma non vi siete annoiati, vedo.- ribatté osservando il branco ancora scosso dalle risate.

-Prima che tu chieda: fai attenzione. Parlare con Jackson adesso è come camminare sulle uova.- lo avvisò Isaac. Peter si avvicinò al biondo, dandogli una pacca sulla spalla. Quello sussultò e provocò un’altra ondata di risate.

-Mamma mia, ragazzo. Dicevano sul serio, allora.- esclamò prendendolo in giro.

Lydia fece finta di sbuffare dall’irritazione, anche se sorrideva. -Lasciate stare il mio Jackson.- intimò stropicciando una guancia al ragazzo in questione, facendo così aumentare le risa. Il biondo la guardò come tradito e la rossa scoppiò a ridere.

-Sì, però adesso smettila. La mia cena sta iniziando a puzzare di imbarazzo.- commentò il maggiore degli Hale, volontariamente ad alta voce. Se c’era da mettere in imbarazzo, Peter era nel suo habitat. Infatti, Jackson non fece che arrossire di più.

Nessuno si accorse di Stiles con un bicchiere d’acqua in mano, finché non ne gettò il contenuto in volto a Jackson.

-Stilinski!- urlò quello grondando acqua dai capelli.

Il ragazzo lo guardò con un’espressione tra il divertito e lo scioccato, come se la mano avesse agito di propria iniziativa, e alzò le spalle. -Dovevo pur vendicarmi di Lydia, ma lei è una ragazza. Per forza di cose è toccato a te.- si spiegò, facendo scoppiare a ridere tutti, fuorché la rossa che lo guardò allarmata.

Mentre tutti erano distratti, Stiles fece l’occhiolino al biondo, in segno di complicità e quello si immobilizzò, permettendosi un sorriso alla fine. Quel ragazzino…, pensò tra sé e sé, prendendo consapevolezza che il rossore era fluito dalle sue guance grazie a quella doccia gelata. … non era poi così male, terminò unendosi alle risate del branco. 

Quando finirono di cenare, Stiles e Scott uscirono alla ricerca di un dolce, mentre il resto del branco restò a casa, stravaccato sul divano.

-Mi stava raccontando Scott prima… Benvenuti nel club mamma Alpha!- esclamò Peter arrivando loro da dietro e abracciando Erica e Boyd a tradimento. -Raccontate allo zio Peter, come mai avete riconosciuto la mamma?- chiese buttandosi sul divano.

Erica scosse le spalle e si ravvivò i capelli. -Non saprei. Semplicemente è successo.-

L’uomo alzò gli occhi al cielo. -Amo le persone di molte parole. Non c’è da stupirsi che Derek abbia morso proprio voi due.- sospirò annoiato. Quando però posò lo sguardo su Jackson i suoi occhi si accesero di vitalità. -Jackson!-

-Che vuoi, Peter?-

-Che freddezza, ragazzo. Comunque, racconta avanti.-

Il biondo gli lanciò un’occhiataccia. -Perché io?-

-Perché io mi sto annoiando: questi due non spiccicano parola, Isaac è… Isaac e gli altri non sono interpellabili, perciò vedi di iniziare a parlare.- gli rispose ignorando il broncio che aveva messo il ragazzo.

-Sì, Jackson. Non hai mai parlato apertamente di questo. Avanti.- lo incoraggiò Lydia

-Ma da che parte stai, tu?- le domandò accigliato quello.

-Dobbiamo per caso farti i grattini dietro le orecchie per farti parlare? Mi offro volontario.- lo “minacciò” Peter.

Jackson deglutì rumorosamente. L’ultima volta che Peter aveva minacciato qualcuno, Scott si era ritrovato a correre per tutto il loft in mutande. La cosa spaventosa era che Peter era partito parlando di preparare pancake per una settimana e nessuno sapeva come fossero arrivati a quel punto. Fece un rapido calcolo e si decise a non rischiare la sorte: non aveva alcuna intenzione di finire in mutande.

-Ok, ok.- si arrese alzando le mani. 

Allison guardò sbalordita Peter. -Come hai fatto?-

Quello le lanciò uno sguardo di chi la sa lunga, ma poi disse tutt’altro. -Non ne ho la più pallida idea. Credo che le mie minacce siano degenerate dall’ “esperienza McCall”.- La cacciatrice annuì lentamente, ancora confusa. -Comunque… parla, Whittemore.-

-Da dove parto?- chiese irritato il ragazzo. Peter non gli era mai andato a genio.

-Cos’è successo dentro al capanno? Quando è arrivato Stiles.-

Jackson prese un profondo respiro. La domanda di Allison era scontata, perché allora gli sembrava che gli fosse stato chiesto qualcosa di estremamente personale?

-Mentre ero legato, ero incosciente, ma in sottofondo sentivo lo stesso Stiles parlare. Quando poi smise, fu come se qualcuno mi avesse svegliato di colpo. È tutto abbastanza confuso, ad ogni modo. Sono sicuro, però, che prima che Stiles si rialzasse, il suo battito abbia rallentato. Credevo fosse morto, poi però ha ripreso a battere normalmente.-

Si passò una mano tra i capelli, guardando in imbarazzo Isaac. Il ragazzo annuì. Jackson si morse il labbro inferiore prima di riprendere. -Mi sono sentito morire. Realmente. È come se avessi perso tutta… tutta la speranza.- mormorò. 

Isaac annuì alle sue parole, avendo condiviso la stessa sensazione.

-Ho pensato di essere perduto. Che poi Stilinski cosa avrebbe mai potuto fare, non lo so, ma allora ho pensato questo.- aggiunse, cercando di riprendersi quella poca dignità che pensava di aver perso.

-Non avevo mai provato un’emozione simile. È stato come trovare qualcosa che cercavo da tempo e perderla un istante dopo. O forse prima l’ho persa e poi ho capito che era quello che cercavo. Non lo so, ma sono abbastanza sicuro da sapere che non mi era mai capitato.- si intromise Isaac, venendo in soccorso del biondo.

Il ragazzo lo guardò riconoscente, annuendo alle sue parole. Non aveva problemi, o quasi, ad ammettere quello che aveva provato, era raccontarlo in prima persona che gli dava la sensazione di starsi scoprendo troppo.   

-Quando ho sentito la voce di Stiles, di nuovo, è stato come riprendere a respirare dopo tanto tempo in cui si è trattenuto il fiato.- si sforzò Jackson. -Quando poi è corso dentro ed è venuto a liberarmi senza esitazione, sono rimasto sorpreso.-

Lydia gli strinse la mano. -Chi l’avrebbe detto che Stiles fosse capace di fronteggiare un licantropo, eh.- commentò Allison sovrappensiero. Jackson però scosse la testa.

-No, non ero sorpreso che fosse vivo. Ero sorpreso che fosse lì per me.- rivelò il ragazzo. Tutti gli sguardi nella stanza saettarono nella sua direzione.

-Ma non è la prima volta che Stiles si preoccupa per il branco.- esclamò Malia.

-Ma è stata la prima volta che si preoccupava solo di me.- la corresse Jackson. -Pensavo fosse venuto pensando di trovarci Scott o qualcun altro del branco, ma quando non è rimasto sorpreso di vedere solo me ed è venuto dritto a liberarmi, mi sono accorto che era lì non per Il Branco, ma per me.- buttò fuori Jackson, l’imbarazzo e l’inadeguatezza nella voce.  

-È questo che pensi di noi? Di me?- domandò Lydia prendendogli il mento per farlo girare e guardarlo negli occhi. Occhi che si abbassarono per il senso di colpa.

-E tu, Isaac? Pensi lo stesso?- fece Allison girandosi verso il riccio. Il ragazzo aveva uno sguardo triste.

-Nessuno si è mai preoccupato per me. Neanche mio padre.- ammise sottovoce.

-Vedere Stiles lì, ci ha dato la certezza che contiamo qualcosa.- annunciò il biondo, parlando per entrambi.

Il resto del branco era rimasto di stucco. Non pensavano che i due ragazzi potessero pensare una cosa simile. Ma, oggettivamente, era scontato, ragionò Lydia, se pur offesa che il suo ragazzo pensasse questo di lei. Se ne sarebbe dovuta rendere conto prima. Dopotutto Jackson era diventato un Kanima, all’inizio: una creatura bisognosa di affetto e attenzioni ed Isaac era stato cresciuto da un padre che lo picchiava. Nessuno dei due effettivamente aveva mai avuto la rassicurazione che qualcuno si preoccupasse solo ed esclusivamente per loro.

-Avete ricevuto da Stiles ciò che non vi ha mai dato nessun'altro: attenzioni.- ragionò ad alta voce Peter. 







Note dell'autrice.
Ciaoo. Lo so, a grandi linee l'avevo già affrontato questo tema, ma non si era mai parlato di cosa avessero provato Isaac e Jackson, che, a parer mio, si assomigliano davvero tanto. Volevo mettere un punto alla loro situazione, lasciando loro il proprio spazio.
Spero vi sia piaicuto e come sempre, grazie di aver letto e delle belle recensioni che state lasciando. Recensioni positive --> Me felice;)

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Capitolo 10
*** Nono Capitolo. Comprensione ***


-Eccoci qui!- urlò Stiles, seguito da Scott. Reggevano una busta ciascuno. Isaac si alzò svelto trotterellando dietro all’odore del gelato. -Cos’avete preso?- chiese sbattendo gli occhioni.

Stiles lo guardò, alzando un sopracciglio. -È inutile che fai così, Isaac. Lo so che sai già che abbiamo preso il gelato. Scott lo fiutava da un isolato prima e mi vuoi dire che tu, qui, adesso, non lo senti?-

Isaac lo guardò male. Stiles per tutto il tempo in cui aveva parlato aveva fatto ondeggiare la scatola sotto al naso del riccio, per poi allontanarla prima che questo potesse afferrarla. -Ti odio.-

-Mh-mh, credici Lahey. Tanto lo so che mi ami.- gli fece eco Stiles, mentre prendeva i cucchiaini. -Chi vuole il gelato?- esclamò alzando un cucchiaio come fosse una pistola.   

***

-Cosa fai di qua, Lydia?- la chiamò Stiles.

La rossa scosse la testa, rimanendo seduta. Stiles le si avvicinò, sedendole accanto. -Tutto ok? È successo qualcosa? Qualcuno sta male? Tu stai bene? Rispondi, ti prego, mi sto preoccupando.- Come suo solito, Stiles si era lanciato in una conversazione a senso unico con troppa poca aria nei polmoni, visto il modo in cui prese fiato dopo aver finito di parlare.

-Sto bene, Stiles. Anzi, andiamo a mangiare. Mi è venuta voglia di gelato.- lo rassicurò la ragazza alzandosi e lisciandosi la gonna con le mani.

-Mh.-

***

“Lyds, tutto ok?”

“Stiles, perché mi mandi messaggi se sono seduta di fronte a te?”

“Non volevo che gli altri mi sentissero. Allora?”

“Allora cosa?”

“Allora cos’hai.”

“Non ho niente, Stiles. Sul serio e piantala di lanciarmi quelle occhiate!”

“Tieni lo sguardo basso, ti torturi le mani, sono quasi sicuro che la gamba che sta facendo muovere il tavolo sia la tua e non la mia, dato che Scott me l’ha fermata cinque minuti fa. Che poi, il tavolo mi pareva fermissimo prima. Ah, e sei così da quando io e l’amico che mi sta ignorando per sbaciucchiare la sua ragazza siamo tornati. Avanti. Parla.”

“Hai scritto un poema, Stiles, comunque non adesso. Ci stanno fissando tutti.”



-Stilinski, cos’hai tanto da guardare la mia ragazza?- si intromise Jackson, prima che il ragazzo potesse rispondere al messaggio.

-Quanto sei prevedibile.- lo rimbeccò Stiles con aria annoiata.

Quello lo guardò stupito. -Come scusa?-

-Certo. Sei sempre uno Stilinski di qua, guai a chi guarda la mia ragazza, Stilinski di là, guai a chi guarda la mia ragazza, idiota uno, due e tre e indovina? Guai a chi guarda la mia ragazza. Sgancia, Lyds.-

Jackson lo guardò spesato, per poi girarsi verso la rossa. -Sgancia, Lyds?- 

Prima che Lydia potesse dire qualsiasi cosa, Stiles la precedette. -Oh, sì. Abbiamo fatto una scommessa: io dicevo che ti saresti ingelosito, lei no. E ho vinto io. Dieci bellissimi bigliettoni.-

La ragazza quasi si strozzò alle parole di Stiles. Lo avrebbe ammazzato, prima o poi. Più prima che poi se continuava così, però Jackson la stava guardando, non poteva mettere nei guai Stiles. O forse, sì?

-Ehm, sì. Ha ragione Stiles. Scusa tesoro, è stato solo un gioco cretino. E comunque te li do domani i soldi, Stiles.- Alla fine aveva deciso di salvarlo, dopotutto quante altre persone si sarebbero lasciate vestire da lei come faceva Stiles, ma i soldi proprio no.

-Oh no, Lyds. Li conoscevi i patti: pagamento istantaneo.- le fece, allungando una mano in sua direzione. La rossa lo guardò male, ma alla fine cedette. Il resto del branco non si era accorto di nulla, eccetto Jackson che l’aveva stretta a sé e Stiles che non la smetteva di sogghignare.

Un’ora dopo, con tutto il branco sdraiato in salone, Stiles ancora se la rideva quando si avvicinò a Lydia.

-Andiamo. Conosco un posto dove possiamo parlare indisturbati.- le bisbigliò, lanciando un’occhiata al resto del branco. Sembravano incantati dalla televisione. Che attori, pensò Stiles scuotendo il capo.

La rossa gli lanciò un’occhiataccia, ma non osava schiodarsi dal divano. -Me la pagherai. E poi dove dovremmo andare?-

Stiles alzò gli occhi al cielo. -Se te lo dico ora, lo sapranno anche gli altri. Perciò…- disse indicandole la porta con le braccia, invitandola a seguirlo.

-Sono distratti dalla televisione, non sentiranno. Non mi muovo, finché non mi dici dove mi porti.-

Stiles sbuffò. -Va beene. Stiamo andando a casa mia per prendere un libro.- le sussurrò, prima di dirigersi verso la porta, trascinandosi Lydia al seguito. Si fermò poco prima di abbassare la maniglia, lanciando un’occhiata al resto del branco. Apparentemente non sembravano essersi accorti della loro uscita di scena. Tsè, come se fosse possibile fregarlo, pensò il giovane Stilinski con la vittoria già in tasca.

-Isaac, avvisi tu il resto del branco? Ti ricordi dove andiamo o te lo dimentichi?- sussurrò ancora Stiles. Sapeva che il licantropo lo avrebbe sentito ugualmente. 
  
-No, me lo ricordo. Casa tua. Un libro.- gli rispose il ragazzo sovrappensiero.

Subito dopo si sentì un “Isaac!” arrabbiato da parte del branco, che era intento ad ascoltare, e il riccio si riscosse, arrossendo una volta accortosi quella che aveva fatto. Stiles sorrise compiaciuto allo sguardo scioccato di Lydia.

-Cosa ti avevo detto? Se te lo dico, lo sapranno anche loro.-



Stavano camminando nella riserva, quando Lydia gli chiese: -Come facevi a saperlo?-

Stiles, non la guardò, occupato a vedere dove metteva i piedi. -Intendi come facevo a sapere che stavano origliando? Passo praticamente tutti i miei pomeriggio con un branco di lupi, considero uno di loro mio fratello. È logico che ho dovuto industriarmi. Senza dimenticare che vivo con un licantropo.- Improvvisamente si rabbuiò. -O meglio, vivevo.- 

Lydia gli strinse la mano. -Mi dispiace.-
-Oh anche a me. Non sai quanto.- mormorò Stiles, ma quando incontrò gli occhi della ragazza velati dalla tristezza, sbatté velocemente le palpebre per scacciare le lacrime che si erano affacciate e assunse il solito sorriso spensierato, gli occhi che sprizzavano vivacità. -Comuuunque, siamo abbastanza lontani da non farci sentire. Quindi… spara, qual è il problema?-

Stiles si era sdraiato sull’erba e dopo un attimo di esitazione, colpevole la salvaguardia dei suoi abiti, Lydia lo aveva imitato.

-Sono io il problema. O almeno quello che non sono più.-

-Non riesco ad afferrare il concetto.-

-È difficile da credere, ma la grande Lydia Martin, non si sente più così tanto grande.-

Stiles aprì la bocca, scioccato. E quello cosa diavolo voleva dire, si chiese il ragazzo confuso. Ragazze, beato chi le capiva.

-Ecco, oggi quando tu e Scott siete usciti, ho approfittato per parlare con Jackson.- gli spiegò una volta visto lo sguardo del ragazzo. Non era una bugia, non del tutto, pensò la rossa. -E mi ha detto che prima del rapimento da parte dei Beta, non aveva mai capito di importare a qualcuno. E in quel nessuno, che non si era mai preoccupato per lui, ci sono anch’io. E poi in questi giorni c’è tutta una situazione strana e io non ci sto capendo nulla, capisci? Io, Lydia Martin, non capisco cosa mi stia succedendo intorno!-

Cosa diamine era successo in quei giorni tra il branco, pensò Stiles. Se Lydia è ridotta così, gli altri in che condizioni saranno?

-Lydia, per quanto la mia totale mancanza di informazioni me lo permettano, perché qui a quanto pare c’è un fratello che non svolge le sue funzioni da fratello e a cui dovrò fare un discorsetto, io non credo affatto che Jackson pensi questo di te, né che tu abbia smesso di… ehm, capire le cose. Credo. Cioè, l’hai detto tu, non io. Io non lo penso minimamente. Tu sei la persona più intelligente della scuola, di Beacon Hills! Sei Lydia Martin, la ragazza a cui andavo dietro fino a poco…-

-Stiles.- lo richiamò lei alzando le mani, come se si potesse frenare un fiume in piena con un paio di mani, ceerto, pensò Stiles. Ormai era partito.

-Oddio, no che tu non mi piaccia più perché sei meno e oddio, no, non volevo dire neanche questo. Resetta. Io adesso sono innamorato di Derek, perciò non mi piaci più, ma non c’entra assolutamente niente quello di cui parlavi poco fa, ma sai Derek è così… interessante, dolce e o mamma, no, così sembra ancora peggio. E perché ti sto parlando di Derek?- snocciolò tutto d’un fiato finendo col prendersi la testa tra le mani.

Lydia non lo sapeva, ma non era solo per la confusione che aveva in testa che nascondeva il viso. E no, così sarebbe stato troppo bello, per la vita di Stiles Stilinski. No, lui ne stava approfittando per cercare di scacciare le lacrime che gli erano salite al pensiero del suo Compagno.

-Stiles, non ho capito niente di quello che hai detto. Ma sono sicura che non lo pensi sul serio.-

Il ragazzo alzò la testa di scatto, ringraziando il buio che sembrava essersi avvolto intorno a loro, e la guardò stupito. Per una che aveva tutti quei dubbi in testa, era sicura di troppe cose. Ad esempio Stiles in quelle settimane non era sicuro di niente. Già avere un punto fisso sarebbe stato mille volte meglio: sarebbe stato la sua ancora.

-Quando ti perdi a parlare non ci sono filtri tra la tua mente e la tua bocca. Se lo avessi pensato, lo avresti detto. E fidati, so di cosa sto parlando. Troppi momenti imbarazzanti.- gli spiegò la rossa.

-Ma lo vedi? Mi hai appena detto qualcosa che non sapevo. Ok, no, magari che non c’erano filtri lo sapevo già. C’ero anche io alle figuracce che questa- disse indicandosi la bocca –mi ha fatto fare. In effetti erano le mie quindi come potevo non esserci? Comunque, sto divagando. Quella che volevo dirti e che per esempio tu sai questo particolare, quello parlantina-bugia, che non credo sappia nessuno.- provò a tirarla su di morale.

Lydia, però, sbuffò, come frustrata. -Ma non così, Stiles. È diverso, non puoi capire.-

Il ragazzo la guardò, fingendosi offeso. -Lo vedi? Tu capisci qualcosa che io non posso capire.- La rossa alzò gli occhi al cielo.

-Io che devo dire, scusa? Sono io quello che viene lasciato all’oscuro, perché ho capito cara mia che ormai qui c’è qualcosa sotto. Spiegami come faccio a capire se non mi dite cosa sta succedendo.- borbottò. -È perché sono umano? Ma parliamoci chiaro, anche tu lo sei. È vero che sei una banshee, ma anche io ho aiutato un sacco di volte.-

-Ma cosa vai farneticando, Stiles. Non è perché sei un umano, né per qualsiasi altro motivo. Vuoi la verità? Non ti diciamo niente, perché non c’è niente.- Stiles non le credette e borbottò un “Certo, come no e io sono il lupo cattivo, ma dai.” Che  Lydia accolse alzando lo sguardo.

-Ok, ok. Se non me lo vuoi dire, va bene, ma devo sapere di più per poterti aiutare.-

Lydia però non dava cenni di volersi aprire e Stiles sospirò preoccupato quando quella sollevò lo sguardo sul cielo. La imitò. Si vedevano chiaramente le stelle. Era bellissimo. 

-È bellissimo, non trovi?- commentò Stiles, provando un nuovo approccio e sdraiandosi completamente, lo sguardo ancora perso tra le stelle.

La ragazza lo imitò quasi subito, mormorando un “Sì” decisamente troppo fiacco per trattarsi di Lydia Martin, pensò Stiles guardandola con la coda dell’occhio.

-Sai, conosco una leggenda. Riguarda una stella.- Lydia voltò la testa nella sua direzione, un sopracciglio alzato. -Stiles…-

-No, è vero. Me la raccontava sempre mamma.- si affrettò a spiegarle. Al nominare la madre, gli occhi gli si erano inumiditi e la ragazza non poté non annuire.

-Allora, lei aveva un modo tutto suo di iniziare questa storia, vediamo se me lo ricordo. Mh… oh, sì. Ok, si parte. Nel grande manto blu, tra le sorelle: una rossa, una gialla, una blu, c’era una stella, che credeva di non brillare più.-

Stiles le lanciò un’occhiata veloce, prima di continuare. Pareva tranquilla.  

-Era una stella bellissima, la più luminosa che ci fosse nella notte e tutti l’amavano e la ringraziavano per la sua luce. Era la guida dei marinai, la confidente di tutti coloro che la notte si rivolgevano al cielo, quella sempre presente, qualsiasi parte dell’anno fosse. Una volta, però, si trattenne più del solito, nonostante le fosse stato detto di non farlo, ed incontrò il Sole. Curiosità, credo. Chi non vorrebbe vedere il Sole dopotutto, no? Ad ogni modo, aveva sentito gli umani parlare di questo fantomatico Sole, che sembrava brillare più di lei e dare cibo e vita ad ogni cosa. Era giovane ed inesperta, perciò non diede retta alle altre stelle e si trattenne.

Il sole fu abbagliante, quando arrivò e quando la stella si guardò, non vide altro che una massa spenta: non brillava più. Gli umani avevano smesso di rivolgersi a lei per dare spazio al Sole e quello la sbeffeggiò, sai? Devo dire che l’ho sempre trovato antipatico in questa storia. Comunque, la derise. Era piccola in confronto a lui ed era spenta. Quale stelle non brilla, le aveva detto ridendo.

Ma anche quando il Sole se ne andò, però, la nostra stella continuò a vedersi spenta in confronto alla maestosità del Sole. Le sue sorelle quando chiesero spiegazioni ricevettero la risposta che lei non serviva, che bastava il Sole per coprire anche la sua luce e tanto valeva smettere di brillare.

Eppure, quella stessa notte, nonostante lei fosse spenta, qualcuno dalla Terra le parlò. Una bambina la ringraziava della sua luce e che la pregava di continuare a brillare. La stella pensò di essere stata confusa con il Sole molto probabilmente, ma ogni notte quella bambina continuava ad esserle riconoscente, finché la stella non si fece coraggio e le chiese perché mai la ringraziasse tanto. Era spenta, inutile, quale aiuto avrebbe mai potuto darle? Sai quella bambina cosa rispose?- le chiese Stiles, guardandola furtivamente. Lydia scosse la testa, rapita dalla storia e il ragazzo sorrise.

-Le disse che lei, invece, brillava e brillava tanto. Le spiegò che era solo grazie a lei se suo padre era in grado di tornare a casa. Perché quando tutto si faceva buio e il mare cominciava ad agitarsi, quando lui si sentiva perso e non poteva trovare la strada di casa con le sue sole forze, si affidava proprio a lei, alla sua stella, che lo guidava fino a casa. Viaggio dopo viaggio, ogni volta.

E allora la stella capì, sai? Capì che il Sole seppur brillasse più di lei, non era lei. Capì che ne era stata accecata, impossibilitata a vedere sé stessa come era realmente: una stella luminosa. Capì che per quanto potesse essere piccola, c’erano persone che si affidavano a lei, che sempre l’avevano fatto e sempre avrebbero continuato a fare. Questa è la storia di una stella che scoprì di non essersi mai spenta.   

Nel grande manto blu, tra le sorelle: una rossa, una gialla, una blu, c’era una stella, che non si sarebbe spenta mai più.-

Lydia rimase a fissalo per qualche secondo, senza fiato, prima di sorridergli. -È bellissima, Stiles.- 

-Lo so. Era la preferita della mamma.- mormorò voltandosi verso di lei. -Non te la devo spiegare, vero Lyds?-

La rossa si lasciò andare ad una risata. -No, Stiles, non me lo devi spiegare.-

-Bene. Ora che hai capito… Cosa diavolo ti passa in quella testa rossa?! Ma ti pare mai possibile che qualcuno, nell’intero piante, no, universo, potrebbe mai crederti sopravvalutata? Lydia, a volte mi stupisci sul serio. Ma… ma come puoi pensare anche solo una cosa del genere?-

Stiles si era messo a sedere e la stava guardando malissimo, mentre le braccia continuavano a muoversi, frenetiche. Ora che aveva parlato con lui, tutto quello che aveva pensato le sembrava sciocco. Mai racconto era stato più vero, pensò. Eppure c’era qualcosa che continuava a tormentarla.

-Stiles?- Il ragazzo la guardò, ancora infervorato dalle proprie parole, ma le fece cenno ugualmente di continuare a parlare. La rossa deglutì a vuoto. -Mi dispiace. Per tutto, ma soprattutto per l’altro giorno.- gli confessò. -Non volevo in alcun modo che Isaac soffrisse e non volevo metterti nei guai.-

Lo sguardo negli occhi di Stiles cambiò, divenne più dolce e allo stesso tempo più sicuro. -Lydia, non è stata colpa tua. Tu hai fatto quello che credevi giusto al momento. Non sapevi cosa ci fosse dietro ed è anche mia la colpa, in parte, ma non avevo idea di cosa fare e quella è stata la prima cosa a cui ho pensato. Stai tranquilla, però, se ti dico che è normale sentirsi inadeguati a volte. È normale pensare di non poter fare tutto, perché è così: siamo essere umani, chi più chi meno nel nostro caso, ma ad ogni modo possiamo solo dare il massimo. E tu lo stai facendo.- 

Per tutto il tragitto di ritorno, Stiles provò a carpirle le informazioni che prima non aveva avuto e che continuava a non avere, ma la mente di Lydia era altrove. Non si aspettava una simile reazione da parte di Stiles, in realtà non se la sarebbe aspettata da nessuno. Eppure Stiles l’aveva compresa, non aveva riso di lei e l’aveva rassicurata. Sorrise tra sé e sé, fiera del ragazzo che Stiles era diventato, fiera dell’Alpha che aveva.


 

Quando entrarono nel loft non ci fu tempo per le domande. Lydia si era da poco stretta a Jackson che l’aveva abbracciata protettivo, bisbigliandole un “Voglio sapere tutto, dopo” troppo deciso perché la rossa non annuisse e Stiles si era appena seduto sul pavimento accanto a Scott e che gli aveva sorriso, incoraggiante, quando i visi nei licantropi avevano assunto un’espressione spaventata.

Scott prese ad annusare l’aria, cercando un odore, mentre gli altri si erano rizzati in piedi. Isaac si mise di fronte al giovane Stilinski, ma in poco tempo le posizioni si invertirono. Stiles era in posizione d’allerta. Aveva fatto un solo passo avanti, lo sguardo fisso sulla porta.

Se i suoi amici si comportavano così, c’era solo una spiegazione: stava arrivando qualcuno di non gradito.

Stiles era pronto a difendere il branco. Se occorrerà, li proteggerai. L’hai già fatto, lo rifarai, si ripeteva in testa. Ma quando i volti dei suoi amici mutarono, da minacciosi a sorpresi, non li servì nessun super-senso per sapere chi si trovasse dall’altra parte della porta.

-Derek…- sussurrò ed ebbe un fremito quando la porta iniziò ad aprirsi. Sperava di non essersi illuso, sperava con tutto sé stesso che non fosse solo uno stupido sogno.

Ma Stiles non si era sbagliato. Quando la porta si aprì del tutto, rivelò Derek. Il mio Derek, pensò Stiles. Il ragazzo non si accorse di essersi mosso, finché non si ritrovò tra le braccia del Compagno. Tutto in quella stanza scomparve, ogni suono venne attutito, ogni odore sparì. Non rimase altro che l’odore di Derek, pioggia ed erba, e il battito del suo cuore. Vivo, pensò Stiles, le lacrime che gli solcavano il viso.

Derek se lo strinse al petto. Le lacrime gli bagnavano le guance, quando sussurrò: -Non ti lascerò mai più, Stiles. Te lo prometto.-  






Note dell'autrice.
Ehilà! Derek finalmente è tornato e sono sempre di più le persone che lo riconoscono. E' un capitolo più lungo degli altri, ma non riuscivo a pensarlo in maniera diversa. Come si comporterà il nostro Stiles ora che l'Alpha è tornato? Come si comporterà il branco? Non resta che scoprirlo;)
Grazie di starmi seguendo in questo percorso, che devo dire migliora sempre di più, e grazie anche a tutte le persone che mi lasciano recensioni, a quelle che seguono la storia e anche solo a chi legge il titolo:)  

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Capitolo 11
*** Decimo Capitolo. Appoggio ***


-Derek!- si sentì chiamare dall’ingresso. Peter era sull’uscio e quando vide il nipote, stretto a Stiles, rilasciò un sospiro sollevato.

-Peter.-

Derek si alzò andandogli incontro, se pur lasciando Stiles libero dal suo abbraccio a malincuore. Il ragazzo, dal canto suo, era scattato in piedi, ma non lo aveva seguito, concedendogli i suoi spazzi. Quando i due Hale furono abbastanza vicini, Peter lo abbracciò, rilasciando tutta la tensione degli ultimi tempi. A sorpresa Derek non si scansò e ricambiò l'abbraccio.

-Non credevo di poter mai dire una cosa del genere in tutta la mia vita, ma mi sono mancati i tuoi ringhi.- gli rivelò, dandogli una pacca sulla spalla. -Non che quei due lì non abbiano colmato l’assenza, però, eh.- ci tenne ad aggiungere Peter, lanciando un’occhiata ad Erica e Boyd.

Derek alzò gli occhi al cielo. Non lo avrebbe mai ammesso, ma anche a lui era mancato Peter. Peter che ora si era buttato sul suo divano. Certe cose non cambiano, pensò, mentre si voltava verso la sua poltrona dove vide Stiles, in piedi, ad aspettarlo. L’umano non aveva staccato gli occhi dalla sua schiena neanche per un secondo, lo aveva percepito, e si stava torturando le mani da quando si era alzato. Era come se, se non lo avesse avuto presto vicino a lui, Derek avesse potuto sparire da un momento all’altro.

L’uomo lo raggiunse in poche falcate e lo fece sedere sulle sue gambe, le mani intrecciate. Stiles parve calmarsi improvvisamente e un sorriso sollevato si formò sul suo viso. Il ragazzo ed il lupo avrebbero potuto stare in quella posizione per sempre. Stiles appoggiò la testa alla spalla del suo Compagno, mentre gli altri si affrettavano a raccontare a Peter quanto accaduto dal ritorno dell’Alpha.


Flashback
Stiles era appena corso tra le sue braccia e Derek aveva preso a sussurrargli parole dolci cercando di calmare il cuore del più piccolo, che pareva come impazzito. Il resto del branco era rimasto a bocca aperta vedendolo entrare. I mannari ne avevano sentito la presenza e Stiles ancora non si sapeva come avesse fatto a capire che era Derek, ma ad ogni modo vederselo davanti agli occhi, dopo tutto quel tempo di assenza, avendo finalmente la certezza che il loro Alpha stesse bene, li aveva colti impreparati.

Allison era scattata di fianco a Scott, Erica e Boyd si erano lanciati un’occhiata sollevata, Isaac aveva fatto un passo nella sua direzione, ma poi si era fermato, quasi temesse di esserselo immaginato, Jackson si era stretto a Lydia e Malia aveva sorriso. Il sollievo generato da quella vista aveva impregnato l'intero abitacolo.
Quando Derek si staccò da Stiles, quanto bastava per poterli guardare, fu come se il tempo avesse ripreso a scorrere: tutti i ragazzi si mossero all’unisono andando incontro al proprio Alpha. Derek salutò ognuno senza mai separare, però, le sue mani da quelle di Stiles.

-Amico, come stai?- gli chiese Scott. Derek annuì, stanco. Era quanto bastava al branco per capire che stesse bene.

-Derek, come hai fatto a tornare?- Isaac voleva sapere cosa diamine fosse successo in quelle settimane, ma si era promesso di andare per gradi.

-In macchina.- fu tutto ciò che disse l’Alpha prima di stringere a sé Stiles e di ispirare il suo odore. Il riccio indietreggiò imbarazzato, ma felice che quei due si fossero ritrovati.

-Prendo da… da bere.- balbettò Lydia, ancora scossa da quell’inaspettato arrivo.

Si erano ritrovati, quindi, tutti seduti nel soggiorno. Derek sulla sua poltrona e Stiles sulle sue gambe. Le loro mani ancora intrecciate. Il resto del branco si accontentò di stargli vicino.

-Credo dovremmo avvisare Peter. E Deaton. E mio padre e Melissa e…-

-Stiles, calmati. Avviseremo tutti, solo… non ora.- sospirò Derek rilassando i muscoli. Quanto gli era mancata la voce di quel ragazzino, non lo potevano immaginare. L’Hale chiuse gli occhi concentrandosi sul battito rapido dell’umano e si lasciò cullare da quel suono costante.
Fine Flashback


-Derek?-

-Mh-

-Ti va di raccontarci cos’è successo in queste ultime settimane?- L’uomo alzò un sopracciglio in direzione di Allison per poi guardare Stiles e Peter. Il ragazzo deglutì a vuoto.

-Ci ho provato. Seriamente…- incominciò Stiles, emanando l’odore chiaro del senso di colpa e questo Derek non poté sopportarlo.

-Non fa niente, Stiles.- provò a rassicurarlo, invano. Il ragazzo annuì, ma l’odore non cambiava e questo fece guaire il lupo di Derek. L’Hale si sentiva impotente e, anche se non avrebbe voluto parlarne, sapeva che l’unico modo di rassicurare l’umano fosse rispondere a quella domanda troppo scomoda, ma naturale.

-Dopo la trasformazione, sono finito in una specie di limbo.- si decise a parlare, lanciando subito dopo un’occhiata rapida al Compagno. Stiles era sorpreso che lui, Derek-non parlo dei miei sentimenti-Hale si stesse aprendo, ma almeno il senso di colpa era svanito. -La mia parte umana lottava con il mio lupo per decidere chi avrebbe avuto il controllo.- terminò poi, lasciando intendere che se si trovasse lì evidentemente aveva primeggiato la sua parte umana.
Il branco avrebbe capito. Beh, forse McCall ci arriverà più tardi, ragionò guardando con la coda dell’occhio Allison che si affrettava a spiegare la cosa al ragazzo.

Lydia stava per porre altre domande, ma Jackson le mise una mano sul braccio, scuotendo la testa. Nessun Alpha vorrebbe mostrarsi inferiore davanti ai propri Beta e se si aggiungeva che quell’Alpha era Derek, il resto del branco era quasi sicuro che non avrebbe mai saputo più di quello che gli era stato già detto.

-Mi piace il tuo lupo, ma quando fa il prepotente proprio non lo sopporto.- borbottò Stiles, rompendo il silenzio che si era venuto a creare. -Cosa cavolo gli costava farsi da parte? Io dico, non solo devo avere a che fare con uno Sourwolf, no, anche con il suo lupo interiore. Perché tutte a me?-

Il branco si lasciò andare a qualche risatina nervosa e lo stesso Derek accennò ad un sorriso.

-Vado a prendere qualche snak.- annunciò l’umano alzandosi. Lanciò un’occhiata a Derek, quasi restio ad allontanarsi, poi però fece un respiro e si incamminò verso la cucina.

Stiles stava sistemando dei salatini nelle ciotole, quando sentì due braccia avvolgerlo da dietro. Derek strofinò il naso contro il suo collo, ispirandone il profumo. Il profumo di Stiles. Il profumo del suo Compagno. Mio, pensò Derek. Il ragazzo chiuse gli occhi, poggiando la testa sul petto del lupo, ma quando i baci che l’uomo gli lasciava si fecero più feroci, li riaprì.

-Derek…?-

-Mh?-

-C’è il branco di sotto.- Stiles si era rigirato nell’abbraccio e adesso lo guardava tra l’imbarazzato e il dolce. Sentì chiaramente le labbra dell’uomo distendersi sul suo collo. -No.-

-No? Che vuol dire “no”, Derek?-

-Se ne sono andati.- spiegò il mannaro prima di lasciargli un bacio a fior di labbra. Il giovane Stilinski rispose al bacio, ma poi si staccò, lo sguardo interrogativo. Derek sbuffò. -Vengono domani. È tutto già organizzato.-

-Derek!- lo rimproverò Stiles. -Scommetto anche che se ne sono andati di propria iniziativa.- lo rimbeccò, non cercando, però, di nascondere il sorriso che gli era spuntato.   

-Certo.-

L’umano alzò gli occhi al cielo divertito. Già lo so che Lydia non smetterà di farmi domande su domande domani, pensò con l’ultimo briciolo di lucidità prima che Derek lo baciasse.

-Ora, vuoi continuare a parlare del branco… o vieni con me di là?- gli chiese l’Hale, lasciandogli piccoli baci lungo la mascella.

-Ooh, te tutta la vita, Sourwolf.- gli rispose Stile, allacciandogli le braccia dietro al collo. -Te tutta la vita.- ripeté più seriamente.
 
***
 
-Giorno, giorno.- esclamò la rossa entrando nel loft.

-Ciao, Lyds. Arrivo subito.- le urlò Stiles da un’altra stanza. Derek, invece, le fece solo un cenno col capo, prima di tornare al libro che teneva fra le mani.

-Pronta ad andare?- le domandò l’umano una volta palesatosi. La ragazza annuì. I due si stavano già dirigendo verso la porta quando Derek li richiamò.

-Stiles?-

-Non torniamo prima questa volta. Te lo giuro, Sourwolf. Parola di scout.-

L’ultima volta che erano usciti per lasciar spazio ai mannari di potersi allenare risaliva, erano tornati prima di una mezz’oretta e Stiles si era quasi rotto una gamba, mentre Lydia aveva rischiato di ricevere un morso. A dispetto di tutto, Stiles aveva rischiato di ferirsi non per uno dei lupi, bensì perché era inciampato in una buca. Derek si era arrabbiato davvero tanto, borbottando di “protezione” e “incosciente” per tutto il tragitto fino all’ospedale.

-No, non volevo dire quello. E poi tu non sei uno scout.-

-Dettagli.- minimizzò l’umano con aria non curante.

-Ecco, stavo pensando…- esitò il lupo guardandolo dubbioso.

Stiles si girò verso Lydia fingendosi allarmato. -Aspetta qui, Lyds. Sourwolf che balbetta vuol dire solo una cosa: c’è una nuova malattia mannara!-

Derek alzò gli occhi al cielo, così come la banshee. -Idiota.-

-Non chiamarmi idiota! Poteva essere vero. Tu non balbetti mai. Sei tutto un ringhio di qua e un sopracciglio alzato di là. Mi sarei sorpreso anche se tu avessi parlato e basta.-

-Stiles.-  

-Ok. Sto zitto.-

-Bravo. Allora, stavo pensando, invece di uscire, perché… perché non venite ad allenarvi anche voi?-

Derek sapeva che se ne sarebbe pentito. Lo sapeva quando aveva pensato quell’idea malsana, lo sapeva quando aveva richiamato Stiles, lo sapeva quando glielo aveva proposto e lo sapeva quando quel ragazzino gli saltò letteralmente in braccio. Derek lo sapeva, ma decise di ignorare quel presentimento. Alzò le sopracciglia sorpreso quando Stiles afferrò il libro che stava leggendo fino a poco prima e lo lanciò lontano, prendendo a tempestargli il viso di baci.

-Sul serio, Sourwulf?- Derek non aveva potuto non annuire. Stiles sembrava così felice.

-Ma ci sarà una novità.- Stiles, a cavalcioni sulle sue gambe, lo guardò perplesso. -Sarai tu a decidere come impostarlo.-

L’umano aveva aperto la bocca in un’espressione davvero buffa e Derek gli sorrise sicuro.
 
***
 
-Quindi sarà Stilinski a decidere cosa fare oggi?- Derek annuì alle parole di Jackson.

Il branco era rimasto sorpreso quando aveva visto scendere dalla Camaro di Derek anche Stiles e Lydia e di più quando avevano scoperto che a gestire quell’allenamento sarebbe stato Stiles. Da una parte però avevano gioito. Gli allenamenti dell’Hale erano tosti, troppo, e loro non è che si fossero potuti allenare poi molto. Con Stiles sarebbe stato tutto più facile.

-Intanto che aspettiamo l’Argent, io inizio a farli riscaldare.-

Stiles annuì alle parole dell’Alpha, ma prima di lasciarli andare, afferrò Derek e gli scoccò un bacio. Persino Jackson si astenne dal commentare questa volta.
 
***
 
-Cos’hai intenzione di far fare loro, Stiles?- gli domandò Allison.

-Ora lo scoprirai.- fu tutto ciò che le rispose il ragazzo, andando incontro ai lupi appena tornati.

I mannari sembravano esausti, tutti tranne Derek. Ovviamente, pensò Stiles.
Anche durante la corsa sembravano crearsi le stesse coppie, si accorse guardando i Beta. Erica al fianco di Boyd, Isaac appena dietro Scott e quei due scontrosi di Jackson e Malia a chiudere la fila. Nel corpo a corpo era pressoché la stessa cosa.  

-Oggi vi allenerete diversamente dalle altre volte.- incominciò Stiles, guadagnandosi occhiate preoccupate. Lo stesso Derek lo guardava incuriosito. -Ho notato che nel corpo a corpo tendete ad allenarvi sempre con lo stesso compagno. Questo andava bene all’inizio, ma non ora. Ora avete imparato a conoscere i punti di forza dell’altro, così come i punti di debolezza. Sapete quanta forza il vostro compagno metterà in un determinato calcio o pugno. Riuscite a riconoscerne le finte.- Stiles fece un profondo respiro, sempre più convinto della propria idea. -Ma lì fuori non potrete combattere i mostri in base alle vostre preferenze. Domani potrebbe arrivare qualcosa di cui non conosciamo la più piccola cosa e voi non sareste in grado di combattere al cento per cento con ogni membro del branco. Perciò… oggi cambierete il vostro compagno.-

Il branco lo guardò allarmato, segno che Stiles avesse centrato il problema. Derek, invece, lo guardò orgoglioso. Lui non ci aveva mai pensato. Stiles, invece, sì. Il lupo si maledisse di non avergli permesso prima di partecipare agli allenamenti.

-Erica starà con Scott, Malia con Isaac, Boyd con Jackson, Lydia tu starai con Allison: ti insegnerà come usare una pistola.-

Le coppie chiamate si andarono a creare rapidamente. Si vedeva già a primo impatto quanto quella situazione fosse insolita per i Beta.

-E io?-

Derek gli si era parato di fronte, le braccia conserte, un sopracciglio alzato. Stiles gli sorrise sornione. -Tu, Sourwolf, starai con me.- 
 

 
I Beta avevano già iniziato a lottare, non con poche difficoltà. Scott era già finito bello che disteso a terra, così come Malia era stata bloccata in poche mosse da Boyd. Jackson, invece, non riusciva ad individuare dove la guardia di Isaac fosse più debole.
Derek, invece, dopo aver spiegato a Stiles i punti deboli dove poter colpire un licantropo, evitava con una facilità innata gli affondi del ragazzo. Solo una volta Stiles era riuscito a ferirlo con il coltello, ma era stata una ferita superficiale, che si era subito rimarginata.

Dopo un’estenuante sessione di ben due ore, Derek aveva deciso di concedere al branco una pausa. Stiles ne aveva approfittato per avvicinarsi alle due ragazze, rimaste vicino alle armi. -Come sta procedendo?-

Lydia sbuffò, scostandosi una ciocca di capelli dal viso. -Le pistole mi annoiano.-

Allison scosse la testa sorridendo. -E ti salvano la vita.- puntualizzò. La rossa minimizzò la faccenda con un gesto della mano prima di avvicinarsi al suo ragazzo.

-Stiles?-

-Sì?-

-Credo dovremmo provare qualcosa di diverso.- suggerì la ragazza timidamente. Stiles le lanciò uno sguardo curioso. -Pensavo, sai, magari di potermi allenare anche io con i ragazzi.-

Stiles sorrise a quella proposta, ma qualcuno del branco quasi si strozzò. -E come pensavi di combattere?- le chiese scettico Jackson. Si ricordava di come fosse Gerard: spietato. Allison era un cacciatore ed era stata pur sempre addestrata da lui.

-Con la mia frusta.-

-Hai una frusta? Sul serio? La voglio vedere, Allison. Ti preego…- esclamò Stiles.

-Sul serio? Con una frusta?- Scott lanciò un’occhiataccia a Jackson, ma sembrava restio anche lui.

-Le tue armi sono impregnate di strozzalupo, Argent.- le ricordò Derek, osservandola attentamente.

La cacciatrice deglutì. -Lo so.-
Stiles, che non si era perso nessuna delle occhiate del branco, si intromise. Un’espressione di rimprovero sul viso. -Allison non vi farebbe mai del male. Che razza di domande sono.-

Ma tutto il branco continuava ad essere recalcitrante.

-Scott, tu lo sai che sono capace di controllare le mie armi.-

-Sì, lo so, Allison, ma…- Scott lanciò un’occhiata veloce al proprio Alpha che non sembrava per niente d’accordo con quella proposta. -Non credi potrebbe essere pericoloso?-

La ragazza si guardò intorno, in cerca di un appoggio, ma non lo trovò da nessuna parte. Del resto sono una cacciatrice. La mia famiglia uccide i licantropi, perciò lo devo fare anche io, pensò con maligna ironia.

-Allenati con me.-

Gli sguardi di tutti i presenti erano slittati su Stiles. Cos’ha intenzione di fare quel ragazzino? Ammazzarsi, forse? Derek sprigionava ondate di rabbia e preoccupazione, che fecero allarmare di riflesso anche gli altri.

-Stiles, potrei ferirti. Tu non sei un licantropo, potresti farti male. Non ce n’è bisogno, sul serio.- lo rassicurò la mora.

-Insisto. Mi fido di te, so che non mi faresti mai del male.-

Lo sguardo del ragazzo era fisso negli occhi della cacciatrice. La ragazza ci lesse fiducia e qualcos’altro che non riusciva a distinguere. -Stiles, non devi sentirti obbligato…-

-È una tua decisione. Non è insensata, altrimenti non mi sarei offerto volontario. Non ti alleni quasi mai e le poche volte sono per insegnare a qualcuno di noi qualcosa. Hai bisogno anche tu di esercitarti. Perciò, se vuoi, puoi addestrarti con me. Considerami la tua vittima personale.-

Allison stringeva la presa sulla sua frusta. Sapeva che gli altri non l’avrebbero fermata, ma era ancora indecisa. Non voleva correre il rischio di ferirlo.

-Qualunque sia la tua decisione, sappi che io ti appoggerò.- 

E lì era scattata la scintilla. Allison aveva fatto cadere la frusta, rimanendo immobile.
Stiles, lo stesso umano privo di poteri rigenerativi, si era offerto di allenarsi con lei quando sei licantropi si erano rifiutati. Quel ragazzo non aveva esitato un attimo e all’inizio aveva creduto si fosse lasciato prendere dall’esuberanza, ma poi aveva dovuto ricredersi. Stiles aveva espresso le sue paure, capendola con una facilità sorprendente.
Lei era terrorizzata all’idea di non riuscire più a scoccare correttamente una freccia in battaglia o di dimenticarsi come impugnare un coltello o ricaricare una pistola. Aveva provato a parlarne con Scott che aveva liquidato la faccenda con un “Sei bravissima, non preoccuparti.” Ma lei si preoccupava eccome, invece. Prima era con suo nonno che si allenava o con sua zia. Adesso che non c’erano più -non che però li rimpiangesse- non si allenava più. Perdere il controllo era troppo facile. Farsi prendere dalla paura ancora di più.
        
Dopo tanto si era fatta coraggio e aveva chiesto di potersi esercitare. Pensava che avrebbe suscitato un po’ di ritorsione, ma non nelle dimensioni del rifiuto che aveva ricevuto. E poi c’era stato Stiles, che a prescindere da quale fosse il pericolo, l’aveva appoggiata. Nella sua famiglia nessuno aveva mai fatto una cosa del genere in battaglia. Erano solo ordini, comandi da eseguire. Nel branco era stato qualcosa di simile. Veniva chiesto l’aiuto suo e di suo padre, ma non il loro parere, o almeno non il suo.
Stiles non le aveva chiesto un’opinione, l’aveva appoggiata incondizionatamente.

Allison aveva fatto cadere la frusta e quando quella toccò terra, la consapevolezza si era già fatta spazio dentro di lei. Si esibì in un sorriso.

-Non importa.-

Stiles l’aveva guardata confuso, ma le aveva sorriso di rimando e aveva raggiunto Derek. Il resto del branco aveva emesso un sospiro sollevato, avendo evitato una lite interna, seguendo poi i due ragazzi. Lydia solo era rimasta un po’ indietro per affiancarla.

-A Scott dispiace davvero tanto. Jackson si lamentava della puzza di tristezza e senso di colpa che emanava.- le riferì la rossa.

La cacciatrice annuì, conoscendo già lo stato d’animo del suo ragazzo. Per tutto il tempo il mannaro non aveva fatto altro che lanciarle occhiate cariche di rimorso, ma Allison lo sapeva: Derek era il suo Alpha. Sapeva quanto Scott fosse stato male per l’assenza dell’Hale e non gliene faceva una colpa. Quella nuova situazione l’aveva messa di buon umore.

-Cos’hai da sorridere tanto?- le domandò Lydia curiosa.

Allison scosse le spalle, il sorriso che continuava ad alleggiare sul suo viso. -Stavo solo pensando. Se qualcuno due anni fa mi avesse detto che io, una cacciatrice, avrei seguito a casa i miei due Alpha, sarei scoppiata a ridere.-

Lydia sgranò gli occhi dalla felicità ed Allison non riuscì a smettere di ridere per tutto il tragitto.  






Note dell'autrice.
Scusate, scusate, scusate. So che sono in ritardo, ma questi sono i giorni prima di partire e il tempo libero si è ridotto. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto:)  

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Capitolo 12
*** Undicesimo Capitolo ***


-Stiles?-

-Sì, Sourwolf?-

-Non credi sia ora di parlare?-

-Parlare? Ti lamenti sempre che chiacchiero troppo -e poi questo non mi sembra il momento adatto-, però se proprio ci tieni… mio padre è caduto la settimana scorsa. Melissa si è occupata di lui tutto il tempo. Credo ci sia del tenero fra quei due, tu che dici?-

Derek si fece forza con il braccio per potersi sporgere oltre la spalla del ragazzo e guardarlo in volto. L’altro si girò leggermente verso di lui, i raggi della luna che lo illuminavano parzialmente.

-Sul serio? Qui, ora, con me, tu ti metti a parlare di tuo padre?-

Stiles alzò le spalle. -Abbiamo appurato che parlare non sia opportuno, allora. Torno a dormire.-

Il mannaro alzò un sopracciglio, sorpreso dal modo in cui quel ragazzino avesse sviato l’argomento e dal fatto che, adesso, quello stesso ragazzino si fosse accoccolato contro la sua schiena come se non avesse detto nulla. No, così non andava bene.

-Stiles.-

-Stiles non è al momento raggiungibile. Lasciare un messaggio dopo il beep.-

-Stiles.- Derek aveva sempre la capacità di riuscire a far apparire terrificante qualsiasi cosa dicesse. Quel nome poteva essere spaventoso per chiunque, ma non per il diretto interessato. 

-Ho detto dopo il beep, Sourwolf. Tu hai sentito qualche beep? Beh, io no, quindi torna a dormiree.- si lamentò ad occhi chiusi.

-Non mi importa di nessun beep, Stiles. Mi importa di te. Ora noi parliamo. Non si discute.-

Il licantropo, dopo qualche protesta del ragazzo, era riuscito a girarlo a pancia in su e ora lo osservava in attesta. -È ridicolo, Sourwolf. Tu non parli, io non ho niente da dire…-

-Oh, eccome se hai qualcosa da dire, tu. Parla, Stiles.- ringhiò interrompendolo prima che si potesse perdere nel mare di parole dell’altro. Quello gli lanciò un’occhiata supplice. Sembra così piccolo, pensò osservando i suoi occhi farsi lucidi. Derek gli strinse la mano, cercando di fargli forza e al contempo dimostrandogli che lui non lo lasciava, che era lì.

Stiles si fissò ad osservare il soffitto, una lacrima gli scese lenta lungo la sua guancia. A quella vista, a Derek si strinse il cuore. Il ragazzo però l’asciugò in fretta con il dorso della mano. -Cosa devo dirti, Derek? Che ho ucciso una persona? O che ogni giorno che tu seguitavi a rimanere incosciente una parte di me moriva? Devo parlarti di quante responsabilità io senta? Di quanto mi stiano tormentando? Che non credo di riuscire a reggere ancora a lungo? Che ero terrorizzato di perdere quello per cui mi spingevo a vivere ogni giorno? Devo dirti questo, Derek?-

L’Hale aveva mantenuto il respiro fino a quel momento. Stiles aveva sofferto e continuava a soffrire. Da solo. -Stiles…-

-Cosa, Derek? Solo raccontandoti queste cose mi sento male. Perché tu ti senti in colpa e non importa quante volte ti dirò che tu non c’entri, tu continuerai. L’ultima cosa che mi manca in questo momento è aggiungere qualcosa alla tua lista di sensi di colpa, Derek. Perché per quanto tu possa stare male, non sei tu che ti vedi ogni giorno smettere all’improvviso di parlare o anche solo di sorridere. Non sei tu che ti senti morire dentro perché sei impotente davanti al tuo dolore. No. Sono io. E non ti permetterò di avere un motivo in più per soffrire. Perché tu sei un cavolo di lupo masochista, ecco perché!-

Stiles prese fiato. Si era sfogato e non ricordava da quanto non lo facesse. Temeva solo che Derek potesse non aver sentito niente del suo discorso, soffermandosi solo sul fatto che fosse colpa sua.

Stiles lo odiava quando faceva così. Se ti dicono bianco è bianco, se ti dicono nero è nero e se ti dicono che non è colpa tua, non è colpa tua, dannazione! Sembrava di dover ripetere le cose ad un bambino a volte, e non ad un bambino qualsiasi, perché altrimenti lui non si sarebbe chiamato Stiles Stilinski, no, ad un bambino che non ti ascoltava. Mai. Derek era questo: un bambino cocciuto che credeva di meritarsi il dolore. E Stiles chi poteva essere se non l’adulto responsabile?! 
      
-Stiles, non smetterò di credere di averti lasciato solo e non me lo perdonerò mai…- Lo sapevo, pensò il ragazzo colto dallo sconforto. -…ma non lascerò che tu ti tenga tutto dentro solo perché hai paura di ferirmi.-

Il giovane Stilinski voltò la testa nella sua direzione. Derek lo stava guardando deciso. I suoi occhi… dannazione, lui e i suoi occhi!

-Se penso di aver ucciso quel Beta, non sento… non sento niente, Derek. Vuoto. Anzi, se ci penso mi sento quasi orgoglioso. Ti rendi conto?! Orgoglio. Come puoi provare orgoglio ad aver ucciso qualcuno?- Stiles si copre il viso con le mani. Non può più vedere quegli occhi. La paura di leggerci orrore e ribrezzo è troppa.

-Stiles…- lo richiama Derek, allontanandoli le  mani dal viso. -Hai detto che stava per fare male ad Isaac e Jackson.-

-Stava facendo male ad Isaac e Jackson.-

-E allora ti è permesso sentirti orgoglioso. Ma tu non lo provi perché hai ucciso qualcuno.- Stiles lo guarda triste. -E allora perché?-

-Lo provi perché hai protetto qualcuno.- terminò cingendogli la vita con un braccio. Stiles gli si accoccolò contro, piangendo silenziosamente e Derek non poté altro che ritenersi in parte colpevole, mentre appoggiava il proprio mento sulla testa del ragazzo. Poco prima che però Stiles si addormentasse, il licantropo non poté non riascoltare nella sua testa la conversazione appena avuta.

-Stiles? Cosa intendevi con le responsabilità che ti tormentano? Quali responsabilità?-

Stiles tirò su col naso. -Oggi hai proprio vogli di farmi piangere, eh, Sourwolf?-

Questa volta il mannaro non parlò, aspettando che l’umano si prendesse il suo tempo. Non ne prese molto.

-Innanzitutto sappi che i tuoi Beta non hanno intenzione di sostituirti o altre cose simili.- incominciò preoccupato della reazione che il Compagno avrebbe potuto avere.

-Cosa? Che c’entrano i miei Beta?-

-Beh, ecco il branco non mi ha mai visto come Alpha, no? Ecco, solo che ultimamente, si potrebbe dire che qualcuno… ecco, sì, insomma, che qualcuno mi abbia diciamo chiamato Alpha.- rivelò tutto d’un fiato. L’umano aveva chiuso gli occhi appena finito di parlare, non volendo vedere l’espressione del lupo, ma quando non seguitò altro che silenzio aprì cautamente un occhio. Trovò Derek con un’espressione estremamente neutrale, come se gli avesse rivelato la lista della spesa.

-Non sei… arrabbiato?- tentò, la voce sottile. Derek lo guardò confuso.

-Perché dovrei essere arrabbiato?-

Il ragazzo strabuzzò gli occhi, sorpreso. -E che ne so io. Fin ora l’unica mia certezza era che non ti avrebbe fatto piacere.- esclamò muovendo scompostamente le braccia per aria.

-Perché mai hai pensato una cosa del genere? Te l’ho detto io stesso che facendo parte della Coppia Alpha saresti diventato un Alpha. Cosa della parte “Alpha” non hai capito?- ringhiò scocciato.

-Ehi, ehi. Fermi tutti! Derek Hale, quella era ironia?- lo prese in giro l’umano. L’altro sbuffò semplicemente, guardandolo minaccioso. -Ok, ok. Lupo scorbutico. Comunque non è che io sappia altro, eh. Non mi hai detto niente di più.- borbottò, prima di rendersi conto di quello che aveva appena detto. -Non hai avuto modo.- si corresse, rattristandosi pensando alle ultime settimane.

Derek assunse un’aria consapevole e allo stesso tempo colpevole. Non si era reso conto fin ora che per tutto quel tempo aveva lasciato Stiles a fare da Alpha ad un branco che non lo riconosceva, senza per giunta contare che Stiles non sapeva assolutamente nulla su cosa fare né su come comportarsi. O mio dio, fu il suo unico pensiero concreto. Come cavolo sono arrivati fin qui?, pensò subito dopo.

 -Quindi l’attacco al Beta di cui parlavi…?- Stiles lo guardò confuso. -Cosa?-

-Sei andato lì senza sapere niente?!- lo sgridò colto da un lampo di terrore. Si sarebbe potuto ammazzare! Pensò con raccapriccio. 

-Eh? Sourwolf, ma di cosa stai parlando? Ti ho detto prima che ero andato in soccorso di Isaac e Jackson. Ma si può sapere dove sei con la testa quando io parlo? Sentiamo, cos’altro non hai ascoltato? Però no, se non mi ascoltavi come fai a sapere cosa dicevo… mh… dimmi quello che hai sentito, facciamo prima, così.- si infervorò il ragazzo, mettendosi a sedere. Derek lo imitò poco dopo, massaggiandosi l’attaccatura del naso. Come fa ad essere attivo anche a quest’ora. Come?!

-Frena. Ti ho ascoltato, solo ho letto le tue parole in modo diverso.- Il ragazzo assunse un’espressione perplessa e stava quasi per commentare le sue parole quando Derek lo precedette. -E non dire che non si possono leggere le parole in una conversazione. Io posso.-

-Però è strano.- commentò in fretta Stiles prima che il lupo potesse impedirglielo. Quello sbuffò.

-Comunque, quello che avevo intenzione di dirti prima che… insomma hai capito, è che hai acquisito delle “capacità” entrando a far parte della Coppia Alpha.-

-Forte! Potevi dirmelo prima, però, Sourwolf. Che poi quando dici “entrare a far parte” sembra il benvenuto che danno nei film i capi ai propri dipendenti. “Siete entrati a far parte della nostra famiglia, ora. Benvenuti.”-

-Stiles.-

-Cosa?-

Derek sospirò. Non ce la posso fare. -Non sono super poteri come pensi tu. E lo so che hai pensato a questo. È più simile all’acquisizione di una maggiore autorità. Sia Beta interni al tuo branco, sia esterni proveranno un senso di reverenza nei tuoi confronti. Che tu sia umano o meno, qualora tu volessi, saresti più forte di loro. Così come avresti un controllo su ogni lupo di rango inferiore al tuo. Mettiamola così, se tu dovessi minacciare dei Beta, questi ti ascolterebbero. Sempre che non siano in cerca di guai.-

Stiles rimase a bocca aperta. Perché cavolo non aveva saputo prima quelle cose!

-Ma… come? Come potrei far paura a qualcuno? Io? Se dovessi combattere contro un lupo, non credo che il mio sarcasmo e la mia innegabile bellezza potrebbero molto contro zanne e artigli.-

Derek lo guardò alzando un sopracciglio. -Sei sicuro?-

Stiles quasi si strozzò con la sua stessa saliva. -Ch-Che? Io penso proprio di sì.- Il mannaro alzò le spalle. -Come credi.-

-Derek Hale, non prendermi in giro!-

L’uomo si lasciò andare ad una risata. -Combatteresti con qualsiasi cosa ti possa capitare sottomano. Anche a mani nude, in casi estremi. La tua forza non sarebbe più solo umana. Racchiuderebbe tutta quella del branco. E poi non mi hai detto che hai ucciso quel Beta con un pugnale?-

-Ma era impregnato di aconito.- ribatté il ragazzo.

Derek scosse la testa. -Non importa. Poteva essere anche un bastoncino di legno e non avrebbe fatto differenza.-

Stiles boccheggiò in cerca di una risposta, ma non venendogli in mente niente chiuse la bocca e si sdraiò supino. Derek sorrise a quell’immagine. -Domani, andremo da Deaton.- Stiles annuì, già nel mondo dei sogni.
 

***
 


Passarono la mattina dopo ad allenarsi con il branco. Era stato il primo allenamento di Stiles e l’umano era stanco, ma felice quando arrivarono alla clinica di Deaton.

-Derek! Mi fa piacere vedere che ti sei ripreso.- lo salutò il veterinario. -Anche se ho il presentimento che questa non sia solo una visita di cortesia. Cosa posso fare per voi?- 

Derek lanciò un’occhiata a Stiles. -Mi devi aiutare a spiegare a Stiles cosa comporta essere un Alpha. Mia madre mi aveva accennato a qualcosa, ma ci sono cose che neanche io conosco.-

L’uomo annuì, sorridendo al ragazzo che si stava martoriando le mani, nervoso. -Dovrei prima sapere cosa sai già.-

Stiles prese un profondo respiro. -Derek mi ha detto che posso tener testa ad un licantropo, che assumo lo stesso potere dell’Alpha e qualcosa a che fare con il poter del branco che è anche il mio. Nient’altro.-

-Bene. La domanda che vuoi farmi qual è?-

-Ma come…?- Stiles rimase sorpreso per un secondo per poi riscuotersi. -Beh, ecco, stavo pensando, se la forza di un Alpha deriva dal suo branco e io ora sono un Alpha, ma senza un… branco, diciamo, come ho fatto ad uccidere il Beta?-

Il druido alzò le spalle. Era un movimento così naturale e Deaton era così… innaturale, si ritrovò a pensare il ragazzo. -Semplicemente perché eri stato già riconosciuto.-

Stiles alzò le sopracciglia alla Hale e il licantropo si ritrovò a chiedersi se non lo stesse prendendo in giro. -È impossibile. Il branco non mi vede come un Alpha. Beh, tranne Erica e Boyd a quanto pare, ma non sono neanche così sicuro fossero sinceri ora che ci penso.- ribatté freneticamente.

L’uomo, invece di dargli ragione, era sorpreso. -Anche Erica e Boyd ti hanno riconosciuto?-

-Anche?- chiesero all’unisono Derek e Stiles.

-Oltre ad Isaac e Jackson. Certo.-

-Isaac e chi?- Stiles non poteva credere alle sue orecchie. Era impossibile.

-Non so, ora, se anche gli altri ti hanno già riconosciuto. Non li sento da qualche giorno. Quando me ne sono andato dal loft, l’altro giorno, solo per i due ragazzi era avvenuto il riconoscimento.- rivelò il veterinario, con una semplicità scioccante.

-Tu lo sapevi?!- esclamò Stiles scioccato e l’uomo annuì confuso, poi parve capire. -Non te lo hanno detto. Prevedibile. Sono spaventati.-

-Io credo di dovermi sedere.- mormorò Stiles, cercando un appiglio con le mani. Derek venne in suo soccorso sorreggendolo per un braccio, mentre gli avvicinava una sedia.

-Stiles, quando hai attaccato il Beta e minacciato il resto del branco, hai usufruito inconsciamente del potere di Alpha.-

-E tu come fai a saperlo?- gemette il ragazzo portandosi una mano al viso.   

-Quindi Stiles ha usato inconsciamente il suo lato Alpha. Quattro miei Beta l’hanno riconosciuto...- ricapitolò Derek.

-Per quello che ne sappiamo.- precisò l’uomo.

Derek lo guardò male. -Per quello che ne sappiamo. Ma perché non l’hanno detto? E perché non l’hanno riconosciuto subito?-

Deaton non abbassò lo sguardo, mantenendolo fermo in quello del licantropo. -Non so perché non abbiano deciso di dirlo, ma posso dirvi perché Stiles non è stato subito riconosciuto come Alpha.-

Il veterinario prese un libro da dentro un cassetto e lo appoggiò aperto sul tavolo. Indicò un paragrafo e i due ragazzi si fecero vicini per poter leggere.

-Abitudine. Si può dire che sia l’abitudine ad impedire che un membro venga visto come altro Alpha. Semplicemente il branco non è abituato a vedere Stiles come un punto di riferimento così importante con la conseguenza del mancato riconoscimento.-

Stiles osservò la pagina affianco. Cinque semplici parole.

-Queste cosa sono?- domandò. Deaton seguì il suo sguardo.

-Le cinque basi di in un branco: fiducia, costanza, attenzioni, comprensione, appoggio. La fiducia reciproca tra Beta ed Alpha, la costanza del capo nei confronti dei propri Beta, le attenzioni che i membri del branco ricevono dall’Alpha, la comprensione del capo branco verso i Beta, l’appoggio di un Alpha ai propri Beta.- spiegò.

Stiles però continuava ad osservare la pagina. -E questa “X”?-

-Nessuno ha mai scoperto cosa indicasse. Tutti i branchi si fondano su questi cinque punti, ma una leggenda racconta che quando arriverà un branco basato su sei basi, sarà il più potente. Ma è solo una vecchia storia che si tramanda.-




 


Note dell'autrice.
E capitolo fu! Scusate il ritardo, ma oramai credo che non riuscirò ad aggiornare quotidianamente:( Ad ogni modo... Stiles si è aperto e finalmente sta scoprendo qualcosa. Ovviamente Derek è con lui. Spero vi sia piaciuto e mi scuso ancora.

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Capitolo 13
*** Dodicesimo Capitolo ***


-Allison, oggi facciamo un corpo a corpo.- annunciò decisa Lydia.

-Derek, le coppie?- chiese Scott avvicinandosi al proprio Alpha. L’uomo si voltò verso il suo Compagno.-Stiles?-

-Boyd e Scott, Erica e Jackson, Isaac e Malia. Lydia ha già deciso, perciò, Sourwolf, tu starai di nuovo con me.-

Derek sorrise, fiero del proprio Compagno, ma quando si voltò  e vide i suoi Beta fermi, alla ricerca di fiato, ringhiò: -Allora! Avete sentito, no?! Muovetevi.-

Stiles se la rideva, mentre si dirigeva sotto l’ombra di un albero. Villa Hale era sempre stata il luogo migliore per allenarsi per i mannari: spazio e la possibilità di lasciarsi andare erano fondamentali.

-Sourwolf, ma si può sapere cosa gli fai nel bosco, quando te li porti?-

Il lupo alzò le spalle, fingendo innocenza. -Tu non hai idea di cosa voglia dire ascoltare per interi pomeriggi Scott lamentarsi per i dolori. Neanche i primi tempi quando ancora non stava con Allison, mi sorbivo certe cose: i capelli di Allison, il profumo di Allison, la pelle di Allison. Conosco quasi più cose di lei che di mio fratello.-

-Cosa conosci, tu?- gli chiese Derek a braccia incrociate, un sopracciglio alzato. Chissà per quale motivo il mannaro stava iniziando a nutrire un odio profondo nei confronti della cacciatrice. 

-È gelosia quella, Sourwolf?-

Derek ringhiò al sorriso allusivo di Stiles. -Tu sei mio.- gli sussurrò all’orecchio. Al ragazzo si rizzarono i peli del collo.

-Oh, lo so Sourwolf. Lo so.- riuscì a dirgli prima di lasciargli un bacio a fior di labbra. -Ora…al lavoro!- aggiunse subito dopo strofinandosi le mani tra di loro.

Questa volta Derek gli aveva insegnato ad assestare correttamente calci e pugni e Stiles, come ovvio che fosse, nonostante a colpire fosse lui, si era fatto più male del Compagno.

-Derek, non funziona. Non va bene così. Io colpisco, tu soffri, no io colpisco e sempre io soffro. È ingiusto!- borbottò massaggiandosi per l’ennesima volta le nocche della mano.
        
-Stiles, io sono un licantropo, non mi hai fatto neanche il solletico, ma se tu dovessi combattere con un umano, avresti buone probabilità di uscirne vincitore.- provò a consolarlo l’uomo.

-Lo credi sul serio?- gli chiese Stiles speranzoso.

-No.- fu tutto ciò che riuscì a dire Derek prima di scoppiare a ridere. Stiles lo guardò offesso.

-Non sei divertente, Derek Hale.- piagnucolò.

Il mannaro cercò di sembrare serio, se pur con scarsi risultati. -Tu dici?-

Stiles si tirò su le maniche della felpa e Derek si ritrovò a pensare che fosse veramente tenero così tutto deciso. -Adesso ti faccio vedere io.- lo “minacciò” il ragazzo.

-Oh, voglio proprio vedere… Stiles! Ma che diamine…-

L’umano gli aveva appena tirato un pugno sullo zigomo. Non fosse stato un licantropo, tra qualche ora avrebbe avuto un bel livido.

-Allora? Vuoi parlare o combattere?- lo sbeffeggiò l’umano poco prima di assestargli un calcio ben piazzato. Lo sguardo del mannaro passò dallo stupito al deciso. Avrebbe fatto capitolare il suo Compagno: ecco il suo obbiettivo per quel giorno.

La riuscita dell’obbiettivo risultò più ardua del previsto. L’Alpha era riuscito ad evitare quasi tutti i colpi, ma Stiles non demordeva, anzi. Sembrava che più colpi Derek parasse, più Stiles ne aumentasse la potenza. L’umano aveva incassato sufficientemente da poter essere compreso se si fosse tirato indietro, ma con sorpresa di tutti, questo non era ancora accaduto.

Il resto del branco si era fermato ad osservarli. Lo spettacolo era tanto inverosimile quanto affascinante. L’Alpha e il Compagno sembravano star ballando una danza. Quando uno attaccava, l’altro si abbassava repentinamente. Indietreggiavano e avanzavano quasi a ritmo. Erano perfettamente coordinati.

La luce del pomeriggio illuminava il sorriso sul viso di Stiles, mentre l’ombra che avanzava sempre di più circondava Derek quasi ad abbracciarlo. A volte il volto dell’umano si oscurava per qualche secondo, così come quello del lupo che sembrava risplendere quando, avanzando, veniva colpito dal sole.

Stiles aveva iniziato ad attaccare a distanza sempre più ravvicinata e Derek stava via via indietreggiando. Con un balzo Stiles fu addosso all’Alpha e lo fece cadere a terra di schiena, lui sopra a cavalcioni che lo spingeva a terra.

Il branco trattenne il fiato. Avevano visto Derek combattere veramente, in maniera diversa rispetto a quando si allenava con loro, ma comunque non ci era andato leggero. E Stiles lo aveva atterrato.

-Atterrami.-

Solo un sussurro. Era stato talmente fievole che i lupi non lo avevano sentito. Tutti tranne uno. Derek lo guardò confuso.

-Sei l’Alpha, Derek. Tu non puoi essere battuto. Non davanti a loro.- gli sussurrò, prima di fargli un leggero cenno d’assenso con la testa, deciso.

L’Hale, capì e lo afferrò. Lo guardò un’ultima volta prima di catapultarlo lontano. Derek gli aveva insegnato come cadere e pregò che Stiles se lo ricordasse. Il giovane Stilinski fece una capriola appena toccata terra e l’uomo poté trarre un sospiro sollevato.

Lo guardò massaggiarsi la testa con non troppa convinzione e fu fiero dell’uomo che il suo Compagno era diventato. Quella semplice spiegazione, gli aveva dato l’ennesima sicurezza di aver riposto il proprio branco nelle mani migliori che potessero esistere. 

Il branco, nel frattempo, aveva ripreso a respirare, stranamente sollevato, e Scott si avvicinò all’amico, porgendoli una mano per aiutarlo ad alzarsi.

-Ce l’avevi quasi fatta, amico.- provò a consolarlo con un sorriso.

-Già.-

-È pur sempre un lupo, dopotutto. Vedrai che la prossima riuscirai ad atterrarlo.-

Stiles finse scettiscismo. -Scott, siete licantropi con super-sensi super-sviluppati e chissà cos’altro di super. Io non riuscirò mai ad atterrarvi.- gli disse allontanandosi, mentre si massaggiava la schiena. Derek lo affiancò poco dopo.

-Tu sei riuscito ad atterrarmi.- gli sussurrò.

Con il tempo Stiles aveva rinunciato alla sua privacy e aveva iniziato, anzi, a sfruttare l’udito sviluppato di quei lupi impiccioni. Sapeva che Derek stava ascoltando la sua conversazione e sapeva che si sarebbe avvicinato.

-Lo so.- gli rispose guardandolo preoccupato.
 

***
 

-Stiels, stai calmo. Mi stai facendo venire il mal di testa: il tuo cuore batte troppo velocemente.-

-Calmo? Calmo?! Derek, ti ho atterrato! Dannazione, avrei potuto farlo nella metà del tempo che ho impiegato.-

Derek si portò due dita alla base del naso. I battiti di quel ragazzino gli stavano facendo scoppiare la testa. Stiles, dal canto suo, stava camminando avanti e indietro da due ore, ormai. L’umano aveva insistito per chiamare Deaton, ma l’avevano trovato impegnato. L’uomo aveva, però, promesso di chiamarli appena si fosse liberato.

Stiles non faceva che fissare quel dannato telefono e Derek si era ritrovato più di una volta a ringhiare. Non contro il ragazzo, bensì contro quell’ orribile apparecchio che aveva monopolizzato l’attenzione del suo umano su di sè.

-Deaton ci chiamerà a breve, Stiles. Ora, siediti.- ringhiò. Quello però non sembrò curarsene.

-Cosa mi sta succedendo? Com’è possibile che io, io, Stiles Stilinski, sia riuscito ad atterrare Derek-sono un Alpha- Hale? Come?!-

Il mannaro alzò gli occhi al cielo. Quanti animali potevano star male a quell’ora di sera? Derek aveva appena formulato quel pensiero che Stiles saltò. Tanto era il battito assordante di quel ragazzino che non aveva neanche sentito il telefono squillare.

-Derek!-

-Cosa? Rispondi.-

Stiles annuì e afferrò il cellulare, le mani che tremavano. -Deaton? Finalmente. È successo una cosa orribile!-

Alle parole del ragazzo, Derek si alzò di scatto dal divano e gli strappò di mano il telefono. -No, Deaton. Niente di importante. Stiles è solo agitato.- spiegò, mentre lanciava un’occhiataccia al ragazzo.

-Stiles, lo metto in vivavoce. Ti sei calmato, adesso?- gli chiese con voce ammonitrice.

Il ragazzo annuì, poco convinto. -Sono calmo.-

Derek lo squadrò ancora per un secondo, poi si arrese e mise in vivavoce. -Ragazzi, cos’è successo?-

Il mannaro stava per rispondere, ma Stiles lo batté sul tempo. -Un disastro!-

-Avevi detto di esserti calmato.- ringhiò Derek nella sua direzione.

Stiles lo guardò tra il sorpreso e lo scocciato. -Andiamo, Sourwolf, lo poteva capire anche Scott con Allison nei paraggi che mentivo.- Un ringhio basso fu tutto ciò che ebbe come risposta. -Stai perdendo colpi.- aggiunse poi, come un dato di fatto, dimenticandosi per un momento del druido in vivavoce.

-Stiles, cosa intendi per disastro?- si sentì infatti dal cellulare poco dopo.

-Un problema, una brutta situazione, orribile oserei dire…-

-Stiles, non credo che Deaton intendesse quello.- gli mormorò il Compagno al limite della sopportazione.

L’umano parve ragionarci su e poi iniziò a puzzare di imbarazzo, ma questo lo poteva sapere solo Derek.

-Ho atterrato Derek.- disse tutto d’un fiato, aspettandosi una reazione almeno sorpresa. Niente di tutto ciò accadde.

-E poi? Cos’è successo? Qual è il problema?-

Stiles era rimasto interdetto alle parole dell’uomo, mentre Derek era scoppiato a ridere.

-Come qual è il problema? Forse mi sono spiegato male: io ho atterrato Derek mentre ci stavamo allenando.- ripeté scandendo le parole. -Io sono Stiles, eh.- aggiunse subito dopo, colto da un dubbio.

Dal telefono si sentì Deaton sospirare. -Lo so chi sei, Stiles. Quello che intendevo era che non ci vedo alcun problema.-

-No, voi non capite. L’altro giorno, Derek mi ha distrutto -e a proposito di questo, grazie tante, neanche un po’ di riguardo per il tuo povero Compagno umano- e invece, oggi, mi sentivo più… più forte. Era come se avessi potuto batterlo. E l’ho fatto!-

-Quindi ti sei sentito più forte.-

-Sì, no, più o meno. Cioè non era solo la forza: era tutto. Sapevo di poter essere più veloce, più forte, più scattante, più attento ai dettagli. È stata una sensazione…- provò a spiegarsi, non riuscendo però alla fine a terminare la frase.

-Brutta?- provò per lui Derek. L’espressione del lupo era quasi timorosa di ottenere una conferma.

-No. Tutt’altro. Era troppo bella. Troppo per essere normale.- ammise, l’espressione preoccupata. Derek, d’altro canto, rilassò i muscoli.

-So cos’è successo.-

Stiles fissò sgomentato il cellulare come ad incitarlo a continuare. -Hai usufruito del tuo potere da Alpha.-

L’umano scosse la testa, come se Deaton potesse vederlo. -No, non è stato come l’altra volta. Era più forte.-

-Questo perché il tuo potere si è ampliato.-

-Il mio potere ha fatto cosa?- Stiles guardò Derek confuso, ma l’altro indossava la stessa espressione, seppure alla Hale: viso neutrale, sopracciglia corrucciate.

-Vedi, Stiles, quando sei stato riconosciuto da Isaac e Jackson hai avuto la forza di fronteggiare quel Beta. Con il tempo anche gli altri hanno iniziato a riconoscerti. Più persone ti vedranno come un Alpha, più il tuo potere crescerà. Questo cambiamento che hai riscontrato può significare una cosa sola: sei stato riconosciuto almeno da un altro membro del vostro branco.-

Stiles aveva trattenuto il respiro per tutta la spiegazione. Era rabbrividito per l’emozione quando il veterinario aveva usato la parola “vostro” per indicare il branco di Derek. Il loro branco. Non ci si sarebbe mai abituato.

-Grazie, Deaton.- Derek aveva preso in mano il cellulare, vista l’immobilità del suo Compagno. -Ciao.-

Il lupo si avvicinò al suo umano e lo guardò preoccupato. Stiles in silenzio non era mai un buon segno. -Stai bene?-

Quello alzò lo sguardo su di lui, perdendosi in quegli occhi verdi. -Dobbiamo chiamare il branco.-
 

***
 

-Ehi, amico, tutto ok?-

-Qualche minaccia?-

-È successo qualcosa, Stiles?- Allison gli aveva poggiato una mano sul braccio, preoccupata dall’espressione di Stiles. Sembrava assente.

-Dobbiamo parlare.- fu tutto ciò che disse loro Derek, prima di affiancarsi a Stiles, ancora distratto.

Una volta che tutto il branco si fu sistemato, l’Alpha lanciò un’occhiata incoraggiante al Compagno. Quello parve ridestarsi solo allora. -Alcuni di voi mi hanno riconosciuto come Alpha.-

Diretto. Un dato di fatto. Stiles sapeva.

-Come…?-

-Come l’ho scoperto, dici Lydia? L’ho sentito. Ho parlato anche con Deaton dopo, che mi ha accennato a qualcosa, ma non ne sapeva molto più di me.- rispose squadrandoli uno per uno.

-Volevamo dirtelo.- provò Allison, lo sguardo dolce.

-Sul serio? E quando pensavate di farlo? Tra un mese? O forse quando fossi stato “abbastanza pronto per la verità”- rincarò la dose con maligna ironia.

I ragazzi si guardarono tra di loro con sguardi colpevoli.

-Lo facevamo solo per proteggerti, amico.- Scott gli si era avvicinato, ma Stiles inarcò un sopracciglio. Il tempo passato in compagnia dell’Hale si faceva vedere. -Stiles, non puoi capire come ci siamo sentiti a non dirtelo…-

-Ah, voi! Come vi siete sentite voi. Io credevo di star impazzendo! Pensavo che una qualche dannata cosa sovrannaturale mi avesse colpito.- lo aggredì l’umano.

Non sono stati loro ad averlo percepito, si ripeteva in testa Stiles. Era arrabbiato, ma non così tanto. Voleva, però, farla pagare loro. Non potevano decidere al posto suo senza aspettarsi delle conseguenze. 

-Ci dispiace, Stiles. Non pensavamo che potesse avere delle ripercussioni su di te.- mormorò Malia guardandolo triste. Il ragazzo scosse la testa, lasciando intravedere l’ombra di un sorriso.

-Come?- chiese alla fine, rivolgendosi all’intero branco. Una domanda legittima.

I presenti si guardarono e annuirono. -Io e Jackson ti abbiamo riconosciuto quel giorno al capanno.- rivelò timidamente Isaac, accompagnato da un sorriso tenero, mentre Jackson si portava una mano alla nuca, cercando di evitare il suo sguardo.

-Tu lo sei sempre stato per me.- gli disse Malia, guardandolo orgogliosa e lì il cuore di Stiles mancò un battito.

-Io quella notte.- si aggiunse Lydia, sapendo che il ragazzo avrebbe capito.

-Noi, però, siamo stati sinceri.- esclamò Erica alzando le mani in segno di resa. -Te lo abbiamo detto chiaro e tondo.- La ragazza si guadagnò l’occhiataccia di tutto il branco, tranne che di Stiles che rise, colpevole il ricordo di quella sera e il nervosismo.    

Allison gli lanciò uno sguardo affettuoso. -Io, ecco, lo scorzo pomeriggio.- mormorò imbarazzata.

Solo allora Stiles comprese quella nuova sensazione che aveva provato. Era stata Allison. Il ragazzo la perdonò seduta stante per lo spavento che gli aveva fatto prendere appena la vide arrossire. -Ragazzi, non so che dire.- ammise a mezza voce guardandoli.

-Stilinski senza parole. A saperlo glielo avrei detto prima.- Jackson era tornato il solito Jackson. Senza dubbio, pensò Stiles dopo aver visto il sorriso trionfante del biondo.

Non sembrava vero. Stiles ancora faceva fatica a credere a quello che era appena successo. Se gli avessero detto due settimane prima, che sarebbe stato riconosciuto dal suo branco, suo, oddio che modo strano di pensarla, si sarebbe messo a ridere. Si era addirittura già preparato una battuta in caso gli avessero rivelato si trattasse di un scherzo. E invece il branco stava in silenzio, con dei sorrisetti soddisfatti. Stiles si stava sentendo orgoglioso come mai era successo nella sua vita. Eppure c’era qualcosa che mancava.

Il ragazzo notò Scott cercare di ignorare il suo sguardo. Si era posizionato subito dietro Allison, una volta che tutti si erano alzati. L’umano ebbe una strana sensazione. Intuiva già la risposta alla domanda che stava per porre, ne poteva immaginare quasi già le motivazioni, ma per una volta voleva fingere di non sapere. Voleva credere di starsi sbagliando, perché non poteva essere come pensava.

-Scott?- lo chiamò cercando di incrociare i suoi occhi. Lo chiamò una seconda volta e alla fine quello cedette, alzando il viso. Senso di colpa, tristezza, paura di aver deluso, ma anche fermezza. Questi erano gli odori che emanava. Derek dovette trattenere un ringhio, nato quando aveva capito cosa comportassero le sensazioni del moro.

-Tu… tu perché non hai parlato?- gli chiese Stiles con un sorriso nervoso appena accennato. Tutti sapevano, ma ognuno faceva finta di niente.

Il moro distolse lo sguardo in una frazione di secondo. -Perché non ho niente da dire.-

Stiles deglutì a vuoto. -Oh.-

-Non mi guardare così, Stiles. Vuoi sentirtelo dire? Ok, non ti ho riconosciuto. Va bene?-

Il resto del branco trattenne il respiro. Il cuore dell’umano, invece, rallentò. Lo sapeva, l’aveva capito, l’aveva sempre saputo dopotutto e allora perché faceva così… così male?

-Scott!- Stiles sentì un ringhio provenire dalle sue spalle. Derek. Derek era arrabbiato. Il ragazzo sapeva cosa suo fratello avrebbe rischiato se lui non fosse intervenuto, ma Scott lo precedette.

-Cosa, Derek? Vuoi litigare?!- ringhiò di rimando, snudando le zanne. Stiles, però, questa volta fu più veloce e si frappose fra i due.

-No. Fermi! Va bene così.-

Derek si fermò, ancora trasformato, e lo guardò dubbioso. -Stiles…-

Quello scosse la testa, avvilito. -Va bene così. Sul serio.-

Derek, allora, tornò umano, continuando, però, ugualmente a guardare male il moro, anch’esso ritrasformato. Il branco trasse un sospiro di sollievo, ma nessuno osò muoversi: anche per le due umane la tensione era palpabile. Stiles, dal canto suo, aveva accettato la cosa. Non era cambiato niente dopotutto. Una piccola delusione e mille domande in testa senza risposta con cui convivere. Poco male. Hai passato di peggio, Stiles. No? Si ritrovò a pensare, mentre si dirigeva verso il divano. Aveva bisogno di sedersi.

Nella sua testa stava già archiviando quella “piacevole” conversazione, ma si bloccò quando Scott parlò.

-Non riconoscerò mai Stiles come Alpha. Non voglio. Quindi vedi di fartene una ragione, Derek.-

Stiles si immobilizzò, poco prima di sedersi. Si rialzò lentamente, la testa bassa. Il branco si sorprese della quantità di rabbia che aveva preso ad irradiarsi dal suo corpo. Malia si scambiò un’occhiata preoccupata con Isaac, mentre persino Jackson stava guardando male il giovane mannaro.

Quando Stiles si voltò, per un momento i ragazzi rividero l’espressione che l’umano aveva assunto poco prima di attaccare il Beta che aveva colpito Isaac. Il lupo di Scott uggiolò, percependo un pericolo imminente, ma il suo lato umano lo costrinse a rimanere dov’era. Stiles era suo fratello, non gli avrebbe mai fatto del male. Giusto? Quella piccola certezza venne meno, quando Stiles fece un passo nella sua direzione.

-Sono stanco. Stanco di tutto questo. Sono stanco di essere trattato come se io non fossi presente o non contassi niente! Derek se ne deve fare una ragione?! E io? Non sono io il problema?- lo sbeffeggiò con un’espressione tra lo schifato e il deluso.

Scott si fece piccolo piccolo. -Non intendevo quello, Stiles. Tu lo sai…-

-So cosa? È quello che hai detto, però. Non me ne frega niente se mi riconosci o meno, Scott! Lo volete capire tutti quanti?- urlò, allargando le braccia, esasperato.

-Stiles, non ti arrabbiare.- lo pregò Allison, spaventata, guadagnandosi però un’occhiataccia.

-Oh, ma io non sono arrabbiato. Sono furioso!- esplose. Poi riportò la sua attenzione di nuovo su Scott. -Pensi che non sappia perché non mi vuoi come Alpha? Perché è così che hai detto: tu non vuoi. Sono solo uno stupido umano, incapace di difendersi. Come potrei proteggere voi? Dannazione, Scott, io ci ho provato! Ci provo da sempre.-

Il moro si riscosse dal suo torpore alle parole di Stiles. -Tu pensi che sia per questo?!- lo aggredì, incredulo.

Il ragazzo alzò le spalle, lo sguardo, che se avesse potuto, avrebbe lanciato fiamme. -Non lo so. A quanto pare non ti conosco così bene come credevo.-               

Scott lo guardò ferito. -Non hai capito niente, Stiles! Da quando è iniziata tutta questa storia ci siamo sempre guardati le spalle a vicenda. Cosa succederebbe se ti riconoscessi? Non sono pronto a lasciarti andare! Non posso, sapendo che dopo, là fuori, te la vedresti da solo. Che ti piaccia o meno sei umano, sì: non guarisci come noi, non sai combattere come noi.- Scott prese fiato. Quella rivelazione era troppo. -Ogni giorno mi sveglio e prego che per quel giorno non succeda niente a mia madre, a te. Non posso riconoscerti, sapendo che potrei perderti da un momento all’altro. Perdere un Alpha è una delle cose più dolorose che si possa provare. Non sopravvivrei se sapessi che quell’Alpha sei tu, mio fratello.-

Stiles era rimasto in silenzio. La rabbia che piano era scemata, fino a sparire.

Scott si diresse verso la porta del loft, lo sguardo basso, distrutto da quella conversazione. Esporre tutte le sue paure più grandi era stato devastante.

Sapeva che Stiles aveva sofferto alle sue parole, prima, ma sperava che potesse, se non perdonarlo, almeno capirlo, adesso. Deglutì e sospirò, voltandosi verso il suo amico, l’unico che gli era sempre rimasto vicino. L’unico che c’era sempre stato e che, sperava, sempre ci sarebbe stato. L’unica persona che si fosse buttata a capofitto in un mondo che non era il suo, senza una reale motivazione se non lui e che lo aveva accompagnato in quel tortuoso percorso. Scott si voltò verso suo fratello, fiero che fosse lui ad avere quel titolo.  

-Non puoi chiedermi questo.- fu tutto ciò che disse prima di uscire, lasciando che la porta si chiudesse con un leggero tonfo dietro di lui.






Note dell'autrice.
Ciao! Rieccomi. Non immaginate la fatica per riuscire ad incastare tutti gli impegni per pubblicare questo capitolo. Spero vi sia piaciuto. 
Finalmente una conversazione dove tutti sanno tutto. E per la prima volta conosciamo le reale motivazioni si Scott che lo spingono a rifiutare Stiles. Non di poco conto.
Come sempre grazie di aver letto :)

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Capitolo 14
*** Tredicesimo Capitolo. Libertà ***


-Stiles?-

Derek gli si era avvicinato. Aveva lanciato poco prima un’occhiataccia al resto del branco che si era mosso in direzione dell’umano. Cos’era tutto quell’affetto improvviso? Il suo Compagno era lui: spettava a lui accertarsi che stesse bene. L’Hale lo abbracciò per i fianchi da dietro, facendo aderire la schiena del ragazzo al suo petto. Lo voleva far sentire protetto, come mai era stato veramente.

-Io non volevo forzarlo, Der. Non voglio. Ero solo arrabbiato e ora… ora l’ho perso.- balbettò fra i singhiozzi.

-Non l’hai perso, Stiles. Tu e Scott siete fratelli, giusto? Non lo dici sempre anche tu? Vedrai che si risolverà tutto.-  gli sussurrò, lo sguardo preoccupato. Se Stiles stava male, se il suo Sole stava male, allora lui non si sentiva da meno.

-St-Stiles?- lo chiamò Isaac, lanciando un’occhiata nella direzione di Derek. Aspettò che l’uomo facesse un passo indietro e gli desse il permesso con un cenno del capo, prima di avvicinarsi al ragazzo. -Per quanto possa valere, per me non sei uno stupido umano.-

Stiles alzò impercettibilmente il capo, le lacrime che gli rigavano il volto, e lo guardò attentamente. -Sei riuscito a proteggerci, invece.-

-E lo fai tutti i giorni.- aggiunse Lydia guardandolo incoraggiante.

-Vedrai che con Scott si sistemerà tutto. Ci parlerò io.- lo rassicurò Allison con un sorriso.

-McCall ha fatto solo la prima donna. Appena si renderà conto della cazz…-

-Jackson!-

-Cosa c’è? Che ho detto?-

Lydia chiuse gli occhi ed espirò profondamente. -È meglio che andiamo.- annunciò trascinandosi dietro il biondo, perplesso: Se lo prendo in giro, si arrabbiano. Se provo a dire qualcosa di carino, si arrabbiano. Ma cosa cavolo devo fare, io?  Lydia si voltò poco prima di uscire per guardare Stiles e sorridergli.

-Sistemerai le cose, Stiles. Solo tu puoi farlo.- gli mormorò Malia, mentre nel frattempo anche gli altri si preparavano per andare.

Il ragazzo stava per ribattere, quando si sentì Lydia urlare dal pianerottolo: -Ma ti pare il modo di parlare, quello?-

-Ma cos’ho detto?-

-Cos’hai detto? Cos’hai detto?! Ma io ti picchio!-

-E io ti cred- Ahi! Lydia, smettila. Così mi fai male…-

Stiles si lasciò andare ad un sorriso, se pur con vita breve. -Grazie, ragazzi.-

Quelli annuirono e gli sorrisero incoraggianti. Quando Stiles e Derek rimasero soli, il maggiore lo prese in braccio e lo portò in camera. Lo appoggiò sul letto e lo coprì con le lenzuola, seguendolo subito dopo. Il lupo lo abbracciò da dietro, premendo il proprio naso sul collo dell’umano.

Tristezza. Troppa tristezza. Derek odiava quell’odore. Era quello che emanava sempre lui. Non Stiles. Stiles era piccolo, innocente. Stiles non si meritava alcun tipo di dolore. Stiles era quello che si preoccupava sempre per tutti, che preferiva mettere da parte i suoi successi per il bene comune, pensò, riportando alla mente quel pomeriggio in cui, per non turbare il branco, si era arreso.

Cavolo, questo era il suo Stiles! E il suo Stiles, il suo Sole, non poteva emanare tristezza. La tristezza era dolore e quel ragazzino era vita, sorrisi, risate, affetto, amore. Non rimpianti e sensi di colpa: quello era lui. Ma se il suo Compagno adesso stava provando le sue quotidiane emozioni, c’era solo una cosa da poter fare. L’unica che Derek aveva sempre voluto sentirsi dire e l’unica che il suo Compagno gli ripeteva ogni giorno.

-Non sei solo, Stiles.-

 

***
 

Stiles aprì lentamente un occhio, poi l’altro. La luce del giorno illuminava tutto il letto. Le lenzuola bianche sfatte e il cuscino stropicciato dalla parte di Derek. Derek. Dove diavolo è Derek? Si chiese all’improvviso, alzandosi a sedere di scatto.

-Buongio- Ehi, Stiles, ma cosa…-

Subito dopo essere entrato nella stanza, Derek era stato “aggredito”: Stiles gli era saltato letteralmente in braccio e lo aveva zittito con un bacio.

-Fammi almeno poggiare il vassoio.- gli mormorò a fior di labbra poggiando la colazione sulla prima superficie piana. Appena liberate le mani, afferrò il Compagno e si buttò sul letto con lui. Gli baciò l’angolo della bocca, ma quando il bacio di Stiles divenne più profondo si staccò, issandosi per poterlo guardare.

-Lo so che lo sai.- gli mormorò guardandolo con dolcezza.

Stiles sfoderò la sua migliore espressione da innocente confuso del suo repertorio. -Non ti capisco, Sourwolf. Cosa dovrei sapere?-

-Che giorno è oggi.-

Il ragazzo si fece serio in un niente. -Ah. Come fai a saperlo?-

-Hai pianto tutta la notte nel sonno chiamando i nomi di Scott e… di tua madre. Ho impiegato poco per capire.-

Il ragazzo abbassò lo sguardo, mortificato. -Scusa.-

Derek lo baciò. -Non c’è niente di cui tu ti debba scusare. Ora, cosa fai di solito in questo giorno?-

L’umano sospirò. -Normalmente vado con papà al cimitero a trovarla e le portiamo un mazzo di margherite. Le piacevano tanto le margherite, sai? Diceva che sembravano sorridere. Mamma sorrideva sempre.- mormorò perdendosi nei ricordi. -Quando, però, papà ha qualche impegno importante vado con…-

-Scott.- terminò per lui Derek. Stiles annuì.

-Perciò saresti dovuto andare con lui oggi. Tuo padre non è fuori?-

-È fuori Beacon, sì. Però torna questa sera prima della mezzanotte per poter salutare mamma.- gli spiegò con un sorriso triste. A Derek si strinse il cuore.

-Bene. Allora fai colazione, vestiti e andiamo insieme a comprare il mazzo di margherite più bello che ci sia.-

Stiles si sciolse al sorriso che il Compagno gli rivolse. Era fortunato ad avere lui. Era tanto fortunato.

 

***
 

-Eccola. È lì.-

Stiles guidò Derek fino ad una lapide all’ombra di un albero. Il ragazzo si inginocchiò, imitato subito dopo dal licantropo, e scostò le vecchie margherite appassite per posare quelle nuove, comprate da poco.

-Ciao mamma.- mormorò sfiorando l’immagine sorridente di Claudia con le dita. -Lui è Derek. Ti ricordi di Derek? Te ne ho parlato…- Stiles lanciò uno sguardo preoccupato al lupo, ma poi, come accertatosi che lui ci fosse ancora, si rivolse di nuovo alla madre -…la settimana scorsa.-

Derek sentì un groppo formarglisi in gola, ma si sforzò di parlare senza darlo a vedere. -Salve, signora Stilinski.-

Il suo umano sorrise come se la donna avesse risposto. O come se conoscesse già la risposta, pensò l’uomo rivolgendo al ragazzo uno sguardo dolce, quando quello si voltò nella direzione opposta.

-È tornato, hai visto? Sono successe tante cose dall’ultima volta che sono venuto. Ci avresti mai creduto che io potessi divenire un Alpha? Beh, credici, mamma, perché tuo figlio lo è.- disse con una punta di orgoglio.

-È successo però qualcosa di brutto: io e Scott abbiamo litigato. Non è però una di quelle litigate che facciamo a volte per i videogiochi o al cinema. È diversa, è… seria.- rivelò, lo sguardo triste rivolto verso terra. Si voltò poi verso Derek come se si fosse ricordato qualcosa. -Derek, non so quanto tempo ci vorrà. Se tu hai un impegno, possiamo…-, ma l’uomo lo bloccò alzando una mano.

-Non ho nessun impegno, Stiles. Possiamo stare tutto il tempo che vuoi.-

Il ragazzo si illuminò e Derek si incantò ad osservarlo. Il suo piccolo altruista. Come poteva credere che Derek lo avrebbe potuto abbandonare per un impegno proprio in quel giorno? O in un giorno qualunque.

-Allora, è successo, mamma, che abbiamo litigato perché Scott crede che, riconoscendomi come suo Alpha, mi metterebbe doppiamente in pericolo… Si dice “doppiamente”, Sourwolf?- all’annuire divertito dell’altro, si sistemò meglio, sedendosi sull’erba a gambe incrociate, e riprese a parlare. -Quindi, stavo dicendo, Scott non vuole riconoscermi perché non vuole perdermi, ma non vuole capire che, anche se non dovessi mai divenire il suo Alpha, io gli guarderò sempre le spalle. Non so cosa fare.-

Derek, che aveva assistito a tutta la conversazione, adesso stava fissando Stiles confuso e dubbioso. Il giovane Stilinski si era zittito e guardava la foto della madre come se si aspettasse una risposta. Dopo cinque minuti buoni di silenzio, il mannaro si era deciso ad intervenire, ma mentre lui stava per aprire bocca per parlare, Stiles si riscosse, entrando nel suo mondo.

-Allora, sintetizziamo. Causa: Scott è un fifone e si preoccupa per me. Mia reazione: mi sono arrabbiato, perché mi considera di cristallo e io al massimo posso essere di un vetro molto spesso. Ah, e conclusione: io e Scott abbiamo litigato.-

Derek lo guardava come se l’umano si fosse messo a parlare di fatine di marzapane. Stiles era sicuro fosse quella l’espressione, perché l’aveva fatta realmente quando lui gli aveva parlato di quelle fatine trovate in un libro. -Stiles…-

-No, Sourwolf, non mi deconcentrare. Allora, Scott preoccupato per me, noi litighiamo. Scott preoccupato per me… preoccupato per me…ah! Ok, ci sono.-

-Stiles…-

-Sourwolf, non mi guardare con quella faccia. Mi deconcentri. Allora dicevamo, ah sì: la festa di Halloween! Sono un genio, eh, Sourwolf?- qualunque cosa avesse scoperto si vedeva che era orgoglioso di sé stesso.

L’altro lo guardò seriamente preoccupato e anche leggermente stizzito, essendone rimasto fuori. -Stiles, non ho la più pallida idea di quello di cui tu stia parlando.-

-Ma come?! Ti spiego. Allora, quando eravamo piccoli, sette - otto anni, per Halloween volevamo vestirci da zombie. Avevo un costume super, Sourwolf! Tu non puoi capire quanto mi era costato: quindici dollari! Ho impiegato la paghetta di un anno per poterlo comprare. E devo dire che considerando le dimensioni del costume, sono stati dei ladri ora che ci penso.- snocciolò con una velocità disumana. -Dicevo, avevo questo costume super fichissimo e con Scott avevamo intenzione di andare ad una festa, che poi credo fosse proprio di Matt. Oddio quanto è piccolo il mondo! Non lo pensi anche tu, Sour… Ok! Stai calmo, non c’è bisogno di ringhiare. Fatto sta, ad ogni modo, che un gruppo di ragazzi più grandi ci… diciamo… ce le dessero, volendo essere gli unici con quel costume. Ma io dico, e allora le bambine che avrebbero dovuto fare? Ammazzarsi fra di loro, perché il vestito da principessa era l’unico che vendevano?-

Derek sbatté più volte le palpebre cercando di seguire, anzi, cercando e basta, il filo logico dell’umano, perché era sicuro ci fosse. Stiles poteva parlarti di una ricerca scientifica e allo stesso tempo del regalo ricevuto a Natale sei anni prima, ma potevi star certo che c’era un collegamento. Perciò il mannaro si mise ad aspettare pazientemente, o quasi, che l’umano concludesse.

-Un disastro, Sourwolf. Non dicemmo niente ai nostri genitori… scusa mamma.- si affrettò ad aggiungere diventando rosso fino alla punta delle orecchie -Papà non mi avrebbe mai mandato se avesse saputo, lo sai anche tu. Comunque il giorno dopo quei ragazzi vennero per accertarsi che avessimo abbandonato l’idea degli zombie… mi picchiarono di nuovo. Io ci avevo provato, ma non sapevo ancora mentire bene come ora.-

Derek si lasciò andare ad un ringhio. Sapeva che ormai erano passati anni, ma gli era nato un istinto omicida nei confronti di quei ragazzi che avevano osato picchiare il suo umano.

-Oh, Sourwolf, non preoccuparti. Non fu la prima, né l’ultima volta. Ci avevo fatto un po’ l’abitudin- e perché mi guardi così?- Stiles si era allarmato quando il mannaro aveva fatto lampeggiare gli occhi di rosso.

-Tu sei mio. Nessuno può toccarti, eccetto me.-

Il ragazzo rise e Derek mise su un broncio degno del Compagno. Come osava prenderlo in giro quando l’unica cosa che voleva fosse che nessuno lo ferisse? -Derek, hai capito, sì, che non mi hanno baciato, ma che mi hanno pestato?-

Il mannaro si limitò a ringhiare. -Dicevo, Scott non la prese bene e, per evitare di farli arrabbiare di nuovo, mi disse che avremmo dovuto travestirci da qualcos’altro. Col cavolo! Quel costume mi era costato una fortuna e io non mi faccio mettere i piedi in testa da nessuno. Ok, forse fisicamente sì, ma non era questo il punto. Quel traditore, allora, mi disse che non mi avrebbe accompagnato. I mei non mi avrebbero mai permesso di andare da solo, capisci? È stata una mossa meschina! Inevitabilmente litigammo.-

-Inevitabilmente.- sospirò Derek divertito.

-Mi ricordo che quando ne parlai con mamma, lei mi consigliò di andarci a parlare. Mi disse che non avrei dovuto forzare Scott ad accompagnarmi se era questo che voleva, ma che al contempo gli avrei dovuto dimostrare quanto fosse importante per me andarci. La decisione finale sarebbe toccata a lui, ma io ci avrei provato lo stesso.-

Gli occhi di Stiles brillavano al sole per le lacrime non versate. Sbatté più volte le palpebre nel tentativo di scacciarle, ma Derek lo bloccò, lasciandogli un bacio al fior di labbra.

-Quindi è questo che fai quando non sai come comportarti: chiedi aiuto a tua madre, ai suoi ricordi.-

Nessuna accusa nella sua voce. Nessun rimprovero e nessuna delusione, come, invece, aveva temuto per un istante Stiles. Solo tanta tenerezza e amore.

L’umano annuì. -Trovo una situazione simile e provo a ricordare i consigli di mia madre. Mi sembra di averla più vicino in questo modo.-

Il lupo gli avvolse le spalle con un braccio e il più piccolo appoggiò la testa sulla sua spalla.

-Ricordi quando tu rinunciasti ai tuoi poteri da Alpha per salvare Cora?- Derek annuì. -Io avrei fatto la stessa cosa per Scott. Lo farei e lo farò.-

 

***
 

-Posso?-

-Stiles?-

Il ragazzo si passò una mano tra i capelli, imbarazzato. -Già. Solo un giorno che non ci vediamo e ti sei già dimenticato di me?- scherzò, lasciandosi poi cadere di fianco al moro.

Scott stava seduto per terra, la schiena appoggiata al bordo del letto. La luce, che invadeva la stanza, faceva risaltare ancora di più le due grosse occhiaie, che già da tempo l’umano aveva notato. Aveva lanciato una sola occhiata all’amico, prima di tornare a fissare il muro.

-Cosa fai?-

-Pensavo.-

-Quindi stai qui da molto.- L’umano lo guardò con la coda dell’occhio, per osservare la sua reazione.

-Cretino.-

Stiles rise, dandogli delle pacche sulla spalla per consolarlo, seguito subito dopo dal mannaro.

-Sai, è stato strano oggi, senza di te.-

Scott si voltò a guardarlo serio, anche se un sorriso dolce gli era spuntato sul viso. -Ma io c’ero.- e rise, quando Stiles strabuzzò gli occhi.

-Tu cosa?! Ma com’è possibile? Io non ti ho visto e…-

-Stavo poco distante, ma abbastanza da non essere notato. Tu non mi hai visto, ma Derek si è accorto di me.-

-Cosa?! Derek sapeva che c’eri e non mi ha detto niente?! Oh, quello Sourwolf me la pagherà. Oh, eccome se me la pagherà.-

-Credo non volesse… turbarti.- aveva esitato Scott, abbassando lo sguardo subito dopo.

-Scott, ehi. Amico, guardami.- Stiles gli si avvicinò e lo scosse per una spalla. Quando il moro alzò lo sguardo, l’umano si esibì in uno dei suoi sorrisi più comprensivi e teneri e, sì, a questo punto poteva anche ammetterlo, da mamma che aveva.

-Mi sei mancato.-

A quelle parole lo sguardo del licantropo si illuminò. -Vuoi dire che non mi odi?-

-Cosa? Odiarti? Perché dovrei odiarti?-

-Per quella faccenda del…-

-Dell’Alpha?- terminò per lui l’umano e Scott annuì, tristezza e dispiacere padroni sul suo viso.

Stiles sospirò passandosi una mano sul viso. Era stanco, davvero stanco. Anche se gli era sembrato difficile all’epoca, parlare con Scott della festa di Halloween non era stato nulla paragonato a quello. Lì, adesso, doveva dirgli che non lo rifiutava, che continuava ad amarlo esattamente come prima. Ma come? Come dimostrarglielo? Mamma, fu il suo pensiero finale prima di riappoggiare la schiena al letto. La testa appoggiata all’indietro.

-Non importa.- annunciò all’improvviso, fissando un punto indistinto del muro.

-Cosa?- si riscosse il moro, guardandolo confuso.

-Non mi importa.- asserì deciso l’umano, la sicurezza che piano si impadroniva sempre più di lui.

-Stiles?-

-No. Sono serio, Scott.- Ora avevo spostato lo sguardo sull’amico, su suo fratello. Adesso sapeva cosa fare.

-Tutta questa faccenda del riconoscimento. Non mi importa. E vuoi sapere perché non mi importa?- il mannaro lo guardò confuso -Perché non è importante. Non è importante che tu mi chiami con un nome diverso dal mio. Già lo fai! E ti ringrazio per questo. Non voglio che Derek scopra il mio vero nome.-

-Stiles, non credo…-

-No. È questo il punto, capisci? Alpha o non Alpha non è cambiato niente. Io ci sono ancora. Tu ci sei ancora. Noi stiamo nella tua stanza a parlare e domani tu verrai a casa mia per una partita ai videogiochi.-

Scott lo guardò riluttante. -Non riesco a seguirti.-

Stiles respirò pesante, la sua mente che si poteva quasi vedere stesse pensando a mille cose contemporaneamente.

-Credi che se tu mi riconoscessi, sarei in pericolo, che dovrei preoccuparmi per tutti voi, che dovrei rinunciare alla mia vita normale, se così si può definire, per voi.-
Scott lo guardò sorpreso. -Come fai a saperlo?-, ma Stiles ignorò la sua domanda continuando a parlare.

-Ma non è così! Io mi caccio nei guai il novantanove virgola nove percento delle volte e il restante zero virgola uno sono i guai a cercare me. Sono anni, Scott, anni, che mi preoccupo per voi, per te e non smetterò di certo adesso. E la mia vecchia vita… ma chi la rivuole! Adesso ho un motivo per svegliarmi tutti i giorni, per tutti gli anni a venire, e vivere. Vivere sul serio. Sono il ragazzo più fortunato del mondo. Ho un padre che mi vuole bene, un uomo, anche se un po’ scorbutico, che mi ama, amici fantastici e un fratello lupo mannaro con super sensi super. No, ma io dico: che cosa assurda è!-

-Hai detto “super” due volte.- bisbigliò Scott divertito, una sensazione che si faceva spazio in lui.

-Sì, ho detto due volte super, perché una non rendeva l’idea! Scott, ho provato cosa significa non poter decidere per sé stessi.-

Il sorriso del mannaro scomparve così come era nato. Il senso di colpa che invadeva la stanza.

-So cosa vuol dire. E non lo farò per te.- annunciò sicuro. Lo stupore apparve sul viso del moro, che si aspettava tutt’altro.

-Cosa?-

-Hai capito perfettamente. Non voglio essere il tuo Alpha. O meglio, io vorrei, cioè mi farebbe piacere. No, cancella, dimentica.-

-Stiles.-

-No. Quello che voglio dirti è che qualunque sia la tua scelta, qualunque siano le motivazione che ti spingono verso di essa, io sarò con te.-

E lì il tempo si fermò o accadde tutto velocemente. Questo il mannaro non lo sapeva, ma era più che sicuro di aver capito il significato nascosto nelle parole dell’amico. Scott, da quando tutta quella faccenda era iniziata, si era sempre sentito pressato, costretto ad accettare Stiles come Alpha. Non che l’umano avesse fatto niente, anzi, era quello che sapeva di meno, ma il branco, quel dannato libro e la dimostrazione che sentiva doveva dare al suo migliore amico, tutto era sembrato così… soffocante. Nessuno si era mai fermato a pensare “e se qualcuno non volesse?”. Per gli altri era stato spontaneo, ovvio, naturale.
Scott non faceva che pensare a quanto avevano scoperto. Secondo il volume di Lydia, chiunque si fosse rifiutato di accettare il nuovo Alpha, sarebbe incorso nel senso di protezione del branco. Ormai era un pensiero fisso nella sua mente. Martellante, quasi. Un’eterna presenza nella sua testa con cui stava imparando a convivere ed ad accettare. Sapeva che il giorno in cui sarebbe stato visto come un pericolo, sarebbe stato il segno di inizio per una nuova vita o quello della fine. Non sapeva solo quando ciò sarebbe successo.

E ora, invece, Stiles gli aveva appena dato l’unica cosa che desiderava da tempo: la libertà.

La libertà di scelta. Qualcosa che Scott non credeva possibile ricevere, benché meno da Stiles. E invece eccolo là, ad ottenere qualcosa che era così fondamentale, così importante, ma che adesso, seduto di fianco a suo fratello, dopo sentito come la pensasse quel ragazzo fantastico che era il suo migliore amico, sembrava semplicemente… inutile.  

-Non sarò il tuo Alpha.- concluse Stiles, fiero di sé stesso e dopo tanto tempo felice.

Scott lo guardò per qualche secondo, sorridendo per qualcosa che solo chi aveva provato poteva sapere.

-Ma tu sei già il mio Alpha.-







Note dell'autrice.
Non immaginate la difficoltà nell'aggiornare. Tra il poco tempo e la connessione che va e viene non so come ci sia riuscita. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Per me era molto importante.
Scott e Stiles hanno chiarito ed è proprio vero: quando ami qualcuno lascialo libero e se ti ama davvero tornerà da te.
La libertà è importante. Sempre. 
Grazie di aver letto e grazie a tutte quelle persone che mi seguono e che mi hanno seguito in questo percorso che sta giungendo al termine. Al prossimo capitolo, spero presto ;)  

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Capitolo 15
*** Epilogo ***


-Dereeeek!-

Il mannaro per poco non cadde dalla sedia all’urlo. Fino a poco fa stava beatamente leggendo il suo libro, mentre adesso Stiles lo guardava orripilato, ansimando come se stesse per avere un attacco di panico.

-Cos…-

-Cosa, Derek? Sul serio?! Sono le quattro e cinque!-

-E allora?- Derek si pentì quasi subito di aver parlato. Stiles lo stava fissando con uno sguardo omicida.

-E allora?!- sussurrò isterico prima di ricominciare ad urlare: -E allora sono uscito due ore fa, due ore, Derek, lasciandoti così e adesso ritorno e ti ritrovo ancora seduto su quella sedia a leggere! La spesa, oddio… chi farà la spesa adesso? Io non posso, devo preparare qui. O mio dio. Dannato, Sourwolf.-

Il mannaro era rimasto in silenzio, aspettando che l’umano finisse. -Stiles.-

-Stiles cosa? Cosa mangeremo? Cosa dirò? Posso inventarmi qualcosa, certo che posso. Sourwolf, da oggi siamo ebrei. Sì, potrebbe funzionare. Erano loro che non mangiavano per un mese, no?-

-Quelli sono i musulmani.- lo corresse il lupo scocciato.

-Cosa?! E adesso? Potremmo… potremmo…-

-Stiles.-

-Fammi pensare! Non solo mi tocca risolvere i tuoi casini, ci manca che mi interrompi quando cerco una soluzione.-

-Stiles.- ringhiò questa volta Derek.

-E non ringhiare con me, signorino. Guarda te questo… Pensa, Stiles. Pensa.-

-Stiles!-

-Cosa?!-

-La spesa è nel frigo!- ringhiò esasperato il lupo.

Il ragazzo andò ad aprire di corsa il frigo e vi trovò tutto ciò che aveva chiesto fosse comprato. -Oh.-

-Già. Oh.-

L’umano si voltò e lo guardo arrabbiato. -E perché non l’hai detto prima?! Farmi preoccupare per niente.-

-Cos’ho fatto di male? Cosa? Giuro che non era mia intenzione.- mormorò il lupo ad occhi chiusi.

La testa di Stiles fece capolino dalla porta. -Hai detto qualcosa?-

-No.- si affrettò a rispondere spalancando gli occhi di colpo. Il lupo lanciò un’occhiata al libro abbandonato sul tavolo. Stava per prenderlo, aveva appena sfiorato la copertina che sentì Stiles urlare dal piano di sotto.

-Dannati piatti! Dannate posate! Dannati voi e chi vi ha inventati! Ma non possiamo mangiare con le mani? Era così bello...- stava gemendo saltellando su un piede quando Derek raggiunse gli ultimi scalini della scala.

-Cos’è successo?- chiese guardando con un sopracciglio alzato le stoviglie cadute a terra con tutto il vassoio.

-Sourwolf, salvami. Mi vogliono morto, lo so. Lo sento.- piagnucolò saltandogli in braccio.

Quel ragazzino si era abituato troppo ai suoi riflessi da lupo.

-E io cosa dovrei fare?- chiese paziente, continuando a reggerlo. Teneva una mano dietro la schiena dell’umano, mentre l’altra passava sotto le sue gambe. Le braccia di Stiles, invece, gli circondavano il collo.

-Picchiale.-

Derek alzò un sopracciglio nella sua direzione. -Non posso picchiare delle posate, Stiles.-

Il ragazzo parve pensarci su. -Allora sgridale. Usa il tuo fascino Alpha.-

-Il mio fascino cosa? No, lascia perdere. Non rispondere. Piuttosto non pensi che adesso dovresti scendere?-

-No! Loro sono cattive.- si lamentò puntando un dito contro le stoviglie a terra.

Derek chiuse gli occhi e respirò profondamente. Pazienza. Tanta pazienza. -Ma con te in braccio non mi prenderanno sul serio.-

Stiles convenne con lui dato che scese. Il mannaro pensava di aver risolto lì, ma allo sguardo insistente dell’umano, assunse un’espressione terrorizzata. Non può fare sul serio… ma Stiles lo guardava in attesa. Fa sul serio, pensò con orrore.

-Cattive posate.- disse puntando loro contro un dito. La sua dignità era finita sotto terra, dove avrebbe mandato chiunque gli avesse chiesto una cosa del genere, ma Stiles era… Stiles. E sempre il suo Stiles si indicò impaziente. Derek sospirò, gemendo. -E non fate più del male a Stiles…?- provò guardandolo. Cosa mi sono ridotto a fare.

Il ragazzo parve, però, soddisfatto.

-Ora che abbiamo risolto… Prova a raccontare questa cosa a qualcuno e giuro che ti strapperò la gola, con i miei denti.- lo minacciò più terrorizzato del ragazzo. Quello annuì diligente prima di scoccargli un bacio sulla guancia e correre di sopra. Il ragazzo era a metà scala quando Derek si rese conto che era stato lasciato a lui il compito di raccogliere tutto.

-Stiles!-

-Sbrigati, Sourwolf, che è tardi. Qualcuno dovrà pur occuparsene. O vuoi che metta in disordine casa cercando altre posate…-

Il mannaro si lasciò andare ad un ringhio di frustrazione, seguito dalla risata allegra del Compagno.

-Sì, ma calmati: non siamo in ritardo.- lo ammonì preoccupato della sorte della cucina e, non così in fondo, anche di quella del ragazzo.

-Come non è tardi? È tardissimo! Verranno tutti qui…-

-Alle otto e mezza, Stiles!- esplose, mentre la sua mente veniva invasa dai possibili disastri che sarebbero potuti avvenire nelle successive quattro ore.

-Dettagli.- fu tutto ciò che l’umano disse prima di sparire definitivamente in cucina.

 

***



-Peter. Vedo che ti sei degnato di unirti a noi.- commentò Derek con una smorfia di disappunto.

Stiles lanciò un’occhiataccia al Compagno. Peter nell’ultimo periodo non era stato molto presente. Appariva ogni tanto di punto in bianco per poi sparire per lunghi periodi. Il branco ne aveva parlato e a nessuno sembrava andar giù questo nuovo stile di vita dell’uomo. A nessuno eccetto che per Stiles. L’umano stranamente aveva accettato la cosa senza porre domande o buttarsi in ricerche dal dubbio risultato.

Derek sapeva per esperienza che se Stiles, apparentemente all’oscuro di un mistero, si esentava dal cercare una soluzione, voleva dire una cosa soltanto: il ragazzo sapeva già tutto.

-Scusalo. Siamo contenti che tu sia riuscito a venire.-

-È quello che ho detto.- borbottò Derek mal celando una nota di stizza.   

Peter sorrise cordiale, ma appena Stiles gli diede le spalle, si rivolse al nipote con un sussurro. Troppo poco perché l’umano lo potesse sentire, sufficiente invece per il mannaro. -Dovresti prendere spunto dal tuo Compagno, nipote. Sei troppo poco educat… Ahi!-     

-Derek!- Quando Stiles si era girato all’urlo dell’uomo, aveva visto Derek, trasformato completamente in lupo, azzannare la gamba dello zio.

Il resto del branco era rimasto immobile non sapendo quanto in fondo gli convenisse ridere con il loro Alpha trasformato. Stiles, d’altro canto, dopo l’iniziale sorpresa, si era fermato a guardare il proprio Compagno. Il mio lupo coccoloso.

-Il tuo… cosa?- esclamò Scott riscuotendosi. Stiles distolse lo sguardo dal quel quadro surreale, cercando di non prestare attenzione alle urla di Peter sul tessuto dei pantaloni, e si concentrò sul viso divertito dell’amico. Allison stava cercando di nascondere un sorriso con la mano, mentre Lydia ed Erica si stavano lanciando occhiate complici.

-Ho pensato ad alta voce?- capì, tingendosi di rosso alla pacca sulla spalla di Isaac. -Devo… Io devo vedere a che punto sta… Devo vedere. Tanto cosa ne capite voi di cucina, no?- esclamò di getto con una risatina nervosa prima di incamminarsi a passo spedito verso la cucina, ma dopo qualche passo venne, però, affiancato da due vipere di sua conoscenza in cerca di notizie piccanti. Poco, ma sicuro.

-Aspetta, aspetta. Sentiamo, com’è che l’hai chiamato proprio… “coccoloso”, giusto, Erica? Era questa la parola?-

-Ti sbagli, Lyds. Io… io non ho detto proprio niente.- borbottò l’umano, sbiancando.

-Oh, invece era proprio quella la parola.- incalzò la bionda, afferrando Stiles per un braccio. Lydia la imitò subito dopo, prendendolo a braccetto.

-No, sai ci domandiamo questo perché…- iniziò la perfidia in persona guardando per aria.

-Non… non mi interessa.- la interruppe Stiles accelerando. Le due ragazze, però, lo fecero rallentare.

-Il fatto è che ogni volta che Derek si trasformava in un lupo completo…-

-… la situazione non lo rendeva esattamente “coccoloso”. Era coccoloso, giusto?- terminò Erica con un sorrisetto divertito al sussulto che l’umano faceva ogni volta al suono di quella parola.

-Pertanto… in quali altre situazioni hai visto Derek trasformato?- chiesero all’unisono, in trepidante attesa della risposta. Si erano entrambe appese alle sue braccia e lo stavano guardando fameliche. A Stiles sembrava di essere diventato una vittima sacrificale.

-… aiuto.- gemette, guardandosi alle spalle in cerca di supporto.

-Avanti, Stiles. Non lo verrà a sapere nessuno.- lo pregò la rossa, ma Stiles la guardo scettico.

-Lyds, sul serio? Non lo verrà a sapere nessuno? Risparmiati.-

-Oh, avanti. Non fare il guastafeste!- si intromise la bionda facendo pressione con le proprie unghie sul suo braccio.

Il ragazzo sussultò al contatto e lanciò una seconda occhiata al resto del branco. -Ragazzi, vi prego…- gemette con sguardo supplice.

-Amico, sei tu l’Alpha.- gli ricordò Scott alzando le mani.

-Io sono un Alpha.- si ripeté Stiles.

Lydia, a cui se lui fosse o meno l’Alpha poco interessava, lo scosse, richiamandone l’attenzione. -Cosa c’entra adesso questo. Stiles, rispondi alla domanda: in quali altre circostanze hai visto Derek trasformato?-

Queste due sono tremende, pensò riscuotendosi. Stiles, sei l’Alpha. Ma a cosa mi serve, se non riesco neanche a farmi lasciare in pace da queste du… E invece io posso. -Io posso!- Alla sua esclamazione le ragazze si guardarono confuse. -Basta domande.-

Lydia ed Erica però non parve d’accordo. -Ti piacerebbe! Stiles, non costringerci ad essere più dirette. Te ne pentiresti sicuramente.- lo avvisò la bionda divertita.

Il ragazzo, però, chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. Ce la posso fare, ce la posso fare, ce la posso fare! -Basta domande.-

Il tono leggermente più basso, una nuova sicurezza nella voce, l’orgoglio che sprizzava da ogni poro per il risultato. Quello era un ordine da Alpha. Nessuno poteva disubbidire a quel tipo di comando.

-Stiles! Che modi sono questi!-

-Mi dispiace, Lyds, ma adesso devo proprio andare.- si liquidò, lasciando impietrite le due ragazze.

Il resto del branco aveva assistito divertito alla scena e Scott lo accolse con un abbraccio. -Grande, fratello!-

-Se proverai a farlo con me, Stilinski… Sei morto.- commentò Jackson con una smorfia e facendo ridere il diretto interessato.

-Tò, guarda. Persino un umano, Alpha da poco, dà ordini migliori dei tuoi.- si sentì dire da Peter e non si fece attendere il ringhio di Derek. -Ancora che parli, tu?!-

Il branco esplose in una risata liberatoria, sapendo che ormai, qualsiasi sarebbe stata la vendetta di Derek, Stiles li avrebbe protetti.

-Derek, non di nuovo… No! Le scarpe, no! DEREEK!-

 

***



-Non me lo vuoi proprio dire?-

-Dirti cosa, Sourwolf?-

Derek si passò una mano sul viso, stanco. Era tutto il giorno che provava a carpire a Stiles cosa combinasse Peter, ma non era giunto a niente.

-Da quando tu e mio zio siete diventati tanto amici?- ringhiò frustato.

-Geloso?-

Derek sbuffò. La cosa che più lo infastidiva era la totale indifferenza con cui Stiles stava rispondendo alle sue domande. Chino sul suo libro, non lo aveva degnato di uno sguardo. -Ti sto odiando.-

-Anche io ti amo, Sourwolf.-

-Stiles!-

-Derek.-

Il mannaro strinse le mani a pugno lasciando che gli artigli perforassero la carne del palmo. Quel dannato ragazzino continuava imperterrito a leggere. Come faceva a starsene tranquillo, mentre lui ribolliva di… gelosia? No, era mera preoccupazione per un membro del suo branco. Non era mica geloso del segreto che tanto accuratamente il suo Compagno stava mantenendo con quel pazzo di suo zio.

-Era un ringhio quello, Sourwolf?-

In risposta il mannaro accentuò il raschiare che aveva preso ad uscire dalla sua gola. -Davvero, Sourwolf? Stai ringhiando?- lo schernì divertito Stiles.

Il ringhio seguente gli morì in gola alle parole del ragazzo. -Perché mi fai questo?-

Stiles sospirò. Quel giorno avevano affrontato quel punto per l’esattezza cinque volte. -Te l’ho già detto. La risposta è la stessa delle quattro precedenti. Davvero, Sourwolf, ti dobbiamo trovare un hobby. Comunque, io non sto facendo niente. Sei tu che continui a chiedere anche se conosci già la risposta.-

-E va bene. Evidentemente non ti fidi di me, se non vuoi dirmelo.-

-Derek…-

-No, va bene. Sul serio. Va tutto splendidamente.-

-Ma smettila! Sembri il personaggio di una delle soap che si vede Melissa. Piuttosto, perché non ti rilassi leggendo un po’? C’è quel libro lì…-

Derek ringhiò. -Non la smetto, invece. E piantala di dirmi che sono nervoso! Sono tranquillissimo e non ho bisogno di leggere uno stupido libro. È tutto il giorno che me lo proponi. Non ti libererai tanto facilmente di me.- esplose, dirigendosi a passo spedito verso la sbarra per iniziare a fare delle flessioni. Stiles sospirò, rassegnato.  


 


-Stiles, ti vedo un po’ preoccupato. Va tutto bene? C’è qualcosa che vorresti dirmi? Un peso… un segreto…-

L’umano cercò di soffocare una risata, ma il risultato non fu altro che grandi scoppi improvvisi d’ilarità, al che il mannaro mise il broncio, guardandolo male. -Scusa… scusa, Sourwolf. Non volevo offenderti. Mi fa piacere anche quest’interesse nei miei confronti, ma lasciati dire che questo è stato il tentativo peggiore della giornata.- riuscì a dire prima di scoppiare a ridere. -Sul serio. Almeno impegnati.-  

-Ti sto odiando.-

-Ma quanto puoi essere romantico.- scherzò il ragazzo, chiudendo il libro che teneva fra le mani e posandolo di fianco. Neanche mezz’ora prima avevano fatto una conversazione identica. Quella storia doveva finire. -Der, leggi un libro. Intanto ti preparo una camomilla, ok?-

-Stiles, non ho intenzione di leggere quello stupido libro! E non ho bisogno di nessuna camomilla…-

-Derek Hale, leggi immediatamente quel libro!- lo interruppe Stiles, esasperato.

L’uomo parve colto di sorpresa dall’ondata di impazienza proveniente dal Compagno, ma fu solo per quella piccola nota di tenerezza che afferrò quel maledetto libro e l’aprì. Quello che vi lesse lo lasciò senza parole e quando alzò lo sguardo vide il sollievo sul viso di Stiles. -Io vado a prepararti una camomilla. Tu leggi.-
 

Tonto di uno Sourwolf. È tutto il giorno che sto cercando di farti capire che non ti posso dire niente, ma questo non vuol dire che non possa scrivertelo. Renditi conto però che, mentre tu eri occupato a fare l’offeso, io ho avuto modo di scriverti questo. Sul serio, la gelosia ti fa male. Sono sicuro che non ti sarai neanche accorto che ho scritto a tua sorella. Sourwolf, abbiamo avuto una conversazione di quasi un’ora!

Cooomunque, priva che mi svieni dalla curiosità, ho deciso di dirti cosa sta succedendo a Peter.

Il tuo caro zietto sta partecipando… rullo di tamburi… a diversi convegni di poesia!! Sorpresa!!!! Chi l’avrebbe mai detto, eh? Un po’ ce lo vedo, però, con quell’aria tormentata. Ad ogni modo mi aveva fatto promettere di non dirlo a nessuno dopo avermi chiesto il permesso di andare. Ma ti rendi conto? Peter- non guardo in faccia a nessuno nei giorni dispari- pezzo di pane in quelli pari- Hale ha chiesto a me, Stiles Stilinski, il permesso. Non mi abituerò mai a questa faccenda dell’Alpha.

Pertanto per farti perdonare (al momento stai facendo le flessioni con un braccio solo… ho perso due chili solo a guardarti… comunque dicevo, ah sì, al momento hai fatto solo questo, non so cosa accadrà più tardi, ma sicuramente ti dovrai far perdonare per qualcosa quindi…) porterai il tuo bel Compagno a cena fuori. Considerando l’andazzo che sta prendendo tutta questa faccenda mi convinco sempre di più che usciremo da casa in ritardo. Ah già, tu non lo sai: ho prenotato io! Perciò vedi di alzare quel tuo sedere lupesco e portarmi a mangiare perché sto morendo di fame ora, pensa a quando leggerai questa lettera… oddio non so se resisterò.

Beh, ho finito. Ricordati di prendere il dolce al ristornate, così da farti perdonare appieno. Io mi fingerò sorpreso.

Il tuo Compagno moolto affamato.

P.S. Sono andato a prepararmi proprio adesso, che poi questo adesso sarebbe l’adesso del tuo tempo. La camomilla non ti farebbe nessun effetto, tanto vale approfittarne per vestirmi. Prendi le chiavi che si trovano nella tasca destra della tua giacca (neanche ti sei accorto che te le ho messe… non farmici pensare), dirigiti verso la porta e aprila. Arriverò subito
.
 

 

***
 


-E quindi come ti ha riconosciuto Peter?-

Stiles prese una buona forchettata di spaghetti prima di rispondere. -Diciamo che non è stata un vero e proprio riconoscimento…-

Il ragazzo si tinse di rosso. Imbarazzo. Cos’è questa storia? Si chiese Derek perplesso. -Stiles.-

-Non farmelo dire, Der.-, ma il mannaro scosse la testa. L’umano sbuffò.

-Ok, ma non dire che ti avevo avvertito… e per favore, non dare di matto.- preannunciò facendo allarmare ancora di più l’uomo, che però si costrinse ad annuire.

-Ecco, allora… erano le prime settimane di convivenza e tu eri fuori ad allenarti. A scuola mancava un professore, perciò siamo usciti prima. Quando sono arrivato a casa, possiamo dire che non fossi in me: ero stanco, avevo avuto pure un test. Volevo farmi un sonnellino…-

-Eh?- lo incoraggiò Derek, terrorizzato dal seguito.

-E fatto sta che entrai nella camera da letto sbagliata!-

-Non capisco.- 

Stiles sospirò. -Nella camera degli ospiti si trovava Peter con… con una … signora.-

-Peter porta spesso ospiti a casa. Per quanto non sopporti questa cosa, però non è una novità.-

L’umano si passò una mano sul viso. Alle volte pensava che Derek passasse troppo tempo con Scott…

-O mamma, Derek! Li ho beccati mentre… insomma, hai capito, no?- sbuffò coprendosi il viso con le mani. Quando scostò un dito per vedere la reazione del Compagno, vide un Derek perfettamente immobile… troppo. Colto da un presentimento, spostò la testa di lato, guardando sotto al tavolo. Strabuzzò gli occhi quando vide la base che sorreggeva il tavolo completamente spaccata.

-Derek!- sussurrò spaventato che qualcuno potesse accorgersene. -Come hai fatto?-

-Cosa ti fa pensare che sia stato io?-

Stiles alzò un sopracciglio. -E va bene. Mi è partito un calcio. Cosa ci posso fare? Tu mi dici certe cose!-

-E adesso?-

-Non mi interessa. Finisci di parlare.-

Il ragazzo deglutì rumorosamente. -Dicevo, dopo averli visti sono uscito subito. Dopo un tempo, che personalmente ritengo eccessivo data la mia presenza in casa e l’incidente avvenuto, la ragazza è andata via. Mi sono subito scusato, ma Peter invece ha detto: “Non mi era mai successo. Per tutto il tempo non ho fatto che rimuginare su cosa tu potessi pensare di me dopo avermi visto in dolce compagnia. Ho capito quindi che per me è importante la tua opinione. Bel modo di riconoscere un Alpha…”-

-Cosa non mi stai dicendo?-

-Dopo tutto quello che ti ho detto, tu pensi solo a cosa ho omesso?!-

-Sto cercando di contenermi. Ti pregherei di finire di parlare.- sussurrò il mannaro tenendo lo sguardo fisso sul bicchiere che aveva in mano. Stiles annuì, ma prima di parlare con uno scatto levò il bicchiere dalla mano del Compagno.

-Dopo ha detto… ha detto. “Peccato che tu non sia rimasto. Avremmo potuto fare una cosa a tre…”-

-COSA?!-

-Derek…- gemette Stiles preoccupato, dopo che quello era saltato in piedi.  

-Io lo ammazzo!-

L’umano gli mise una mano sul braccio nel tentativo di calmarlo. -Derek, calmati. Non è successo niente…-

-Oh, ma io sono calmissimo, Stiles. È con tutta calma infatti che ora andiamo a casa. Ed è sempre con tutta calma che darò fuoco a mio zio, di nuovo! Andiamo.- ringhiò, lasciando sul tavolo i soldi e avviandosi verso l’uscita.

Stiles era rimasto seduto, impietrito. Vedeva il cameriere dirigersi verso di lui con un vassoio. Un vassoio reso ancora più bello dal grande pezzo di torta glassata riposto sul piatto…

-Stiles!- si sentì dal parcheggiò. L’umano sbiancò.

-Arrivo!-


 

***



-Sei uno Sourwolf veramente geloso.-

-Fiero di esserlo.- dichiarò il mannaro baciandolo velocemente prima di scendere dal letto.

Stiles lo seguì poco dopo, pensieroso. -Dico solo che non è stata una cosa molto carina.-

L’Alpha si bloccò nel mezzo del salone. -Neanche quello che ti aveva proposto lui è stata una cosa molto carina.-

-Lo so, ma dovevi per forza fargli a pezzetti tutti i pantaloni che aveva? Non ci tengo a vederlo andare in giro con una gonna…-

Il mannaro si avvicinò al ragazzo e lo abbracciò. -Impossibile.- gli sussurrò ad un orecchio. Allo sguardo confuso dell’umano aggiunse: -Ho distrutto anche quelle.-

Stiles spalancò gli occhi. -Peter ha delle gonne?-

-Aveva. Però non voglio parlare delle gonne di mio zio adesso.-

Gli occhi di Stiles si illuminarono. -Giusto! Abbiamo un argomento più importante: devi smetterla di distruggere le cose con i denti!-

Derek, che tutto si aspettava, tutto tranne quello ovviamente, rimase di sasso. Stiles si trovava ancora tra le sue braccia e sembrava avere molto a cuore quel discorso.

-E si può sapere perché?-

-Beh, perché fin ora erano magliette e pantaloni quelle che mettevi in bocca, ma prima o poi finiranno e quindi…-

Il mannaro alzò un sopracciglio. -Quindi?-

-E quindi non ho voglia di baciare le mutande di Peter! Solo al pensiero che tu potresti tenerle in bocca…- esplose disgustato Stiles.

-Mio dio, Stiles, sei disgustoso.- disse l’uomo prima di iniziare a ridere.

L’umano gli sorrise. -Lo so.-

Derek scosse la testa prima di stringerlo a sè e baciarlo.

Stiles, in mutande, stava ancora baciando Derek quando Jackson fece irruzione nel loft.

-Stilinski! Che schifo!- esclamò Jackson coprendosi gli occhi con una mano.

-Ehi, vedi di moderare i toni. È del tuo Alpha che stai parlando.- gli intimò con fare scherzoso il ragazzo, dirigendosi poi verso la cucina.

-Io non sono in mutande.- gli fece notare Derek, incrociando le braccia al petto per mascherare l’irritazione di non avere più il suo Compagno a portata di mano.

Stiles gli lanciò uno sguardo complice. -Lo so.-

Con l’umano sparito in cucina, Derek poté permettersi di guardare confuso il biondo. Non avrebbe mai dato la soddisfazione a Stiles di sapere di essere riuscito a confonderlo.

-Da quando è iniziata questa storia dell’Alpha non fa che divertirsi, a modo suo.- gli spiegò Jackson alzando gli occhi al cielo, ma sorridendo sotto ai baffi.   

 

***



-Stiles!-

-Arrivo. Un attimo.- urlò prendendo al volo una penna. Aveva le mani che tremavano. Quello che stava per fare non era cosa da poco. Avrebbe riscritto letteralmente la storia, o quasi.

Aprì svelto il libro e iniziò a sfogliarlo alla ricerca della pagina che gli serviva.

-Stiles, il dolce! Ma cosa stai facendo?-

-Niente, Lyds. Arrivo subito.-

Il ragazzo si fermò quando riconobbe l’illustrazione. Quelle cinque parole affiancate da un albero che correva lungo tutta la lunghezza della pagina. E poi quella "X".

Un po’ gli dispiaceva rovinare quella che a tutti gli effetti era un’opera d’arte. Le parole sembravano dipinte sulle pagine e Stiles sapeva che l’inchiostro della sua penna non avrebbe mai potuto reggere il paragone, ma nonostante tutto si mise di impegno, provando ad abbellire la sua grafia e cercando di renderla quanto più simile a quella del libro, mentre di fianco a quella "X", che tanto lo aveva spaventato, scriveva una singola parola. Importante come le altre, perché quelle sei piccole parole erano, seppur così diverse tra loro, incatenate le une alle altre. L’inizio e la fine reciproca.

Stiles chiuse il libro, mentre un sorriso alleggiava sul suo viso, sovrappensiero. Perso nei ricordi di come fosse riuscito ad arrivare a quel punto.

-Stiles?- chiamò Lydia.

L’umano sorrise. -Eccomi.- rispose avviandosi verso la porta, perché quando i cuccioli chiamano, la mamma risponde sempre, gli aveva detto una volta Peter. Quanto era vero, neanche se lo poteva immaginare.

Poco prima di chiudersi la porta alle spalle, però, lanciò un’occhiata al tomo sulla scrivania.

 

-Finalmente!-

-Sono così richiesto?- scherzò l’umano.

-Tu no, ma il dolce sì. Avanti, Stilinski, tira fuori la torta.-

-Jackson, la tua delicatezza mi commuove.-

 

Nell’altra stanza, il libro conteneva anche quello: quelle strane combinazioni, quei particolari intrecci, quelle relazioni uniche. Tutto racchiuso in sei piccole parole, che solo insieme potevano coesistere.  Non esisteva l’una senza l’altra.

Chissà cosa penserà Deaton quando se ne accorgerà…

Libertà. Non male come enigma irrisolto. Stiles, rimani sempre il migliore!









Note dell'autrice.
Finalmente dopo quasi un mese sono riuscita ad aggiornare. Perdonate il ritardo, ma ci sono stati problemi tecnici per buona parte del tempo.
Per quanto riguarda il capitolo... nuovo stile! (o quasi)
Credo non serva un unico lungo capitolo, ma tanti piccoli frammenti per testimoniare la vita degli Sterek e dei lupacchiotti. Un po' come le sei parole, alla fine: tanti piccoli episodi capaci di rendere unico il nostro branco.
Spero vi sia piaciuto questo penultimo capitolo. Penultimo perchè seguira un extra ;) 
Grazie come sempre di stare leggendo e delle bellissime recensioni.
Al prossimo aggiornamento :)
 

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Capitolo 16
*** Epilogo+1. Lottare con se stessi ***


-Derek?-

-Mh.- mugugnò quello, stringendosi il ragazzo contro. Si trovavano sul divano a coccolarsi, cosa che non facevano da tempo a causa della lontananza del lupo. Quei pochi momenti erano mancati ad entrambi.

-Non vuoi proprio dirmi cosa ti è successo in Messico?- avanzò Stiles, alzando il capo per poter guardare il lupo. Quello grugnì in risposta, contrariato dal dover abbandonare il rilassante silenzio in nome di qualcosa di così sgradevole. -Sono stato in coma.-

L’umano alzò gli occhi al cielo. -Grazie tante. Intendevo cosa succedeva nella tua testa. So com’è ritrovarsi a lottare contro la propria mente, Der. Non devi avere paura di aprirti. Non con me.-

Il tono del ragazzo era andato via via ad addolcirsi, mentre lo guardava negli occhi, un muto invito a parlarne. Derek, seppur considerava il solo pensiero di rivelare quanto successo come permettere a qualcuno di toccargli un nervo scoperto, si ritrovò a ricordare quella che, era sicuro, sarebbe stata la battaglia più difficile che aveva e che avrebbe combattuto mai, ragionando sull’invito di Stiles.



Flashback

Annusava l’aria, cercando di distinguere le varie componenti degli odori che sentiva. Cerchava di smantellare la struttura di quel profumo che lo faceva impazzire; che è tutto e niente allo stesso tempo; che gli è estraneo, ma che il suo istinto, dentro di lui, chiama casa.

Inizia a correre. Sempre più veloce, sempre più forte. Sente il terreno sotto le zampe, che accompagna ogni suo balzo e che ammortizza ogni suo atterraggio. E accelera, senza sapere dove stia andando. Corre e schiva solo all’ultimo minuto gli alberi. Il verde delle foglie gioca con la luce, creando un’aura magica, mentre i raggi del sole, piccoli fasci di luce, riescono ad infiltrarsi in quell’intrico. Riesce a percepirli uno ad uno, mentre gli solleticano la schiena, le spalle, il capo. Non gli danno fastidio, nonostante abbia la pelliccia, perché fanno parte di lui.

Spinge con le zampe e sente la terra sotto gli artigli. Contrae per un secondo i muscoli, quasi a prepararsi per un balzo, ma all’ultimo accelera soltanto. E poi c’è il vento... lo stesso vento che gli smuove il pelo e che gli sferza il muso, mentre corre. Si sente libero e prova gioia ed esuberanza e anche un pizzico d’orgoglio, quando capisce che quello non è il vento reale, oh no, quello lo sta generando lui. Lui gli ha dato vita, quando ha iniziato a correre. E lo sente… è così forte. Si sorprende, perché sta ottenendo quello che ama facendo qualcosa che adora, sentendosi così fortunato, perché non sta faticando per avere nessuno dei due.

Continua a correre per tutto il giorno e per tutta la notte. Corre, perché correre è parte di lui, perché gli sembra di volare, le zampe che quasi sfiorano la terra. Esulta, quando si accorge di riuscire a distinguere gli odori come se avessero una consistenza. Riesce a librarsi in aria, sentendo il vento sul muso. È felice, perché anche se ormai è buio, la sua fedele compagna corre con lui, non lo perde, illumina tutto con la luce che gli è necessaria: niente di più, niente di meno. E anche se non ci fosse, lui sorpasserebbe lo stesso con un balzo quel tronco caduto, devierebbe lo stesso all’ultimo minuto prima di colpire l’albero che ha di fronte. Perché correre è parte di lui. Tutto quello è parte di lui.

All’improvviso una fitta gli attraversa il cuore. È piccola, insignificante. Quasi non la sente, troppo preso come è ad inseguire il vento. La ignora, pensando che svanisca e così fa, ma poco dopo ritorna, sempre lì: piccola e insistente crepa nel suo cuore. Conosce quella sensazione, l’hai provata tante volte. Troppe volte.

Non vuole rivivere quel dolore, non vuole di nuovo quella sofferenza, così la soffoca. Affonda gli artigli nel terreno e spinge con le zampe. Sente i muscoli tendersi e contrarsi. Li spinge al massimo, cercando di distrarsi. Sa che non funzionerà, sa che quel dolore continuerà a crescere senza che lui possa impedirlo, ma mente a sè stesso e si illude che invece questa volta possa funzionare. Che questa volta lui possa resistere al dolore, che possa ignorarlo. Ci spera, ci spera con tutto sè stesso che alla fine non fa altro che pensare a quella sofferenza crescente: cercando di ignorarla l’asseconda solo di più, la percepisce solo di più. E lui non vuole. Cavolo, lui non vuole nemmeno lontanamente fermarsi a pensare. È così bello lì. È così bello sentirsi di nuovo a casa. Avere una casa. Nessun dolore, nessuna tristezza, nessun rimpianto. È un lupo. I lupi non hanno rimpianti, ma allora perché gli sembra di star tradendo qualcuno? Perché sente che in quel meraviglioso quadro manca qualcosa… o forse qualcuno?

Derek arrestò la sua corsa, assumendo la sua forma umana. Al suo gesto seguì subito l’arrivo di un grosso lupo nero dagli occhi rossi che gli si parò davanti. Derek Hale stava guardando il suo lupo.

Concentrati! Dimentica tutto questo: la sofferenza e il dolore. Non vuoi, non vuoi più provarlo. Fa male. Troppo.

Derek però sapeva che, per qualsiasi motivo lui stesse provando quel senso di vuoto, ne vale la pena. Non ricordava per cosa stesse cercando di combattere contro sè stesso, ma sapeva che era importante. Che per lui era importante. Importante come non lo era nessuno da tempo.
In quell’istante prese consapevolezza che quella sofferenza era dettata da una persona. Era un passo avanti, giusto?

Ma se fosse così importante come credi, non pensi che te ne ricorderesti? Si intromise la voce del lupo, senza che questo avesse aperto bocca.

-Non è vero! È importante. Lo so. Solo … non so perché.-

Può essere, ma allora perché non è qui?

-Io… io non lo so.- sussurrò Derek confuso. -Perché non sei qui?- chiese in una supplica alla fonte della sua sofferenza. Sentiva di avere bisogno di quel qualcuno, un bisogno fisico. 

Andiamo! Stai soffrendo per qualcuno che non ti ritiene così importante da essere con te adesso. Non sai neanche chi sia, ma ti stai facendo del male lo stesso in nome di uno sconosciuto. Qui stai bene, perché soffermarsi a soffrire? A pensare?

La voce del lupo era partita aspra e carica di risentimento, ma era terminata con una nota dolce. Quasi ammaliatrice, pensò l’uomo, scacciando però subito dopo quel pensiero assurdo. Quelle parole continuavano a risuonare nell’aria. -Hai detto che è uno sconosciuto. Uno sconosciuto... Come fai a sapere che è un ragazzo?-

Non lo so. E tu come fai a sapere che non è un uomo? O un bambino?

-Non lo so. Lo so e basta.-

Non crederai mica che metta la nostra felicità nelle mani di un ragazzino di cui non sappiamo niente, vero? Chiese con scherno il lupo, ringhiando all’ultimo un avvertimento.

-Un ragazzino...-

Smettila di pensare! Se pensi, ricordi. Se ricordi, soffri. Non voglio soffrire ancora. Tu non vuoi soffrire ancora. Lo aggredì, mal celando la paura, ma Derek lo guardò impotente. -Non ci riesco.- 
 

                         Derek, svegliati. Derek? … Derek. Derek, svegliati! DEREEEK! Oh mio dio. Peter! Peter, vieni qui!

 
La voce era incorporea come quella del lupo, ma più calda e giovanile. Era lontana, sebbene la si potesse udire distintamente. Per Derek, però, non aveva un apparente proprietario. Lì si trovavano solo loro due, ne era certo. -Chi è? Perché ci sta chiamando?-

Non lo so, ma non sta chiamando noi. Sta chiamando te. Dimenticalo. Se non chiama anche me è perché non mi vuole. Se non accetta me, non accetta neanche te. Non davvero.

Alle parole del lupo, Derek sentì il forte impulso di proteggere quella voce. -Non è vero! Non lo senti com’è disperato?!-

Ti devo forse ricordare dell’ultima persona che non ti ha accettato? Soffiò il lupo, raschiando con gli artigli la terra sotto di sé. 

-Cosa vuoi dire?-

Vuoi ricordare? Allora ricordiamo. Ma dovrai ricordare tutto.

Derek non aveva ancora compreso appieno le intenzioni dell’altro, che un ricordo riaffiorò con forza nella sua mente: stringeva tra le braccia Paige, che sanguinava copiosamente, il viso sempre più spento. La rabbia per sé stesso lo stava divorando. Se non fosse stato per quella sua stupida paura di essere respinto se lei avesse saputo... La paura di perderla l’aveva appena portato a scegliere di ucciderla pur di non vederla soffrire ulteriormente. 

-Ti prego, fallo smettere! Fa male…- esplose Derek riemergendo dai suoi pensieri con forza.

Lo so.

Derek si strinse le tempie con i palmi delle mani quando iniziò ad udire le voci strillare. Quelle voci. Donne, bambini. Licantropi ed umani. L’immagine di lui e Kate insieme lo colse talmente alla sprovvista da farlo cadere in ginocchio. Derek rivide, rivide ogni momento passato con l’Argent. Rivide i baci, le carezze, le confessioni… Rivide lui che le raccontava le abitudini della sua famiglia, lui che si fidava completamente di lei, che le apriva il suo cuore. E poi rivide l’incendio. Sentì di nuovo le grida. Grida di paura, di dolore.

Quando anche l’ultima voce si assopì, Derek si portò le mani al viso, cercando inutilmente di scacciare quelle immagini per cui non aveva mai smesso di incolparsi. Ogni tentativo, però, sembrava vano e quando tutte le sensazioni provate in cui ricordi lo colsero in contemporanea, un gemito uscì dalla sua gola. Il dolore lo stava letteralmente uccidendo. -Fallo smettere!-

Hai capito ora? Non permetterò a nessun altro di farci del male.
 

***
 

Sembrava passato solo un istante, sebbene il sole fosse già tramontato due volte, quando Derek riassunse la sua forma umana a causa di una voce che lo chiamava. Era come la prima volta, solo che la voce non era la stessa. Come da prassi, poco dopo si materializzò anche il lupo.

                         Derek Hale, ora devi concentrarti sulla mia voce. Sarà difficile, forse anche doloroso, ma necessario. Devi permettermi di entrare nella tua testa, di accedere alla tua mente. Non opporre resistenza e non proverai troppo dolore.

Non farlo entrare. Gli intimò il lupo, ringhiando contro la voce e Derek sentiva di potersi fidare del grande animale, ma appena fece come gli era stato consigliato sentì una fitta lancinante allo stomaco che lo fece piegare in due. -Dice che se lo aiuterò smetterà di fare così male.- mormorò l’uomo in preda agli spasmi del corpo. 

Mente! Non fidarti. Vuole solo entrare e portarci via da qui. Vuole farci soffrire! Lo avvisò il lupo girandogli attorno come a proteggerlo da un attacco imminente. 

                          No, Derek, permettimi di entrare. Non opporre resistenza. No, Derek, no!

Derek, però, strinse i denti e a forza riuscì ad alzarsi.

                         Allora?

                         Mi dispiace, Cora. Non mi ha permesso di entrare. La sua mente sta cercando di proteggerlo chiudendo tutto fuori. 


-Cora?- domandò Derek confuso. Lo sguardo del lupo parve vacillare. -Cora non è…?-

Non è nessuno.  Provò a liquidarlo il lupo girando in tondo con le orecchie che si muovevano a scatti. -No, invece. Cora è mia sorella! Mia sorella minore.- esclamò l’uomo. 

Ma Cora fa parte dei tuoi ricordi. Ti sei già dimenticato? I ricordi fanno male.

-Cora non mi farebbe mai del male.- obbiettò lui, ma il lupo non parve dello stesso avviso, perché quando ringhiò, e questa volta nella sua direzione, fece riaffiorare tutti i ricordi dall’inizio. Dopo che questi furono spariti, Derek si trovò appoggiato ad un albero, ansante e dimentico di qualsiasi cosa non fosse il dolore. 

Ti avevo avvertito che i ricordi sono pericolosi. Ora vieni con me, Derek. Andiamo a correre. Ti aiuterà. 
 

***
 

Il sole ormai tramontava inesorabilmente da giorni e Derek ne aveva perso il conto, quando la voce a loro estranea ruppe di nuovo la quiete.
 

                         Derek, mi devi ascoltare attentamente. Siamo riusciti ad assopire il tuo lupo, ma non durerà allungo. Abbiamo poco tempo. Devi tornare alla realtà, Derek. Devi tornare indietro o rischierai di rimanere imprigionato nella tua stessa mente per sempre.

Derek vide in lontananza una nuvola nera prendere man mano forma: il lupo stava tornando.

                         Devi riuscire ad unirti al tuo lupo, Derek. Solo quando ci sarai riuscito potrai scinderti da esso. Ricorda, Derek, unirsi non vuol dire sottomettersi…

L’uomo si riscosse improvvisamente. Quella frase era la stessa che aveva detto lui a qualcuno una volta. A quel qualcuno! Ne era certo. Non si curò neanche del basso ringhiare del lupo troppo preso com’era a concentrarsi nel tentativo di ricordare.

Perché ci fai questo? Perché vuoi soffrire? Pensavo che avessi capito ormai…

-Voglio ricordare.-

Cosa?!

-Voglio ricordare. Anche se sarà doloroso.- asserì Derek prima di concentrarsi sulle poche informazioni che aveva. Rimase così per un tempo interminabile. Il lupo non aveva smesso di latrare e lui stava quasi per rinunciare, quando una leggera brezza aveva portato con sé un odore diverso dal solito: avvolgente, dolce e in qualche modo rassicurante. Derek spalancò gli occhi quando riconobbe quel profumo. Era suo! L’uomo chiuse di nuovo gli occhi, provando a ricordare di più, ma tutto quello che ottenne fu un dolore lancinante alla testa.
 
                         Cosa gli sta succedendo? Perché perde sangue dal naso?

                         Credo si stia sforzando di ricordare, ma se continua così finirà solo per uccidersi. Deve capire che tutto quello che gli serve lo sa già. Deve capire solo questo…


Ti conviene ascoltare. La tua mente è troppo debole per resistere ancora. Si spezzerà.

Derek scosse la testa aprendo gli occhi, sconfitto. Poi lo colse un’illuminazione. -Allora mi servirà una mente in grado di rigenerarsi da sola.-

Non sei un lupo. Lo sbeffeggiò l’altro, ma Derek si aprì in un sorriso pericoloso. -Sì, invece. Tu stesso mi hai mostrato i nostri ricordi. Io sono questo, ma sono anche te. Ho sofferto troppo a lungo per la mia condizione, non ho intenzione di continuare a farlo.- e con un balzo assunse la sua forma completa: un grande e maestoso lupo nero dagli occhi rossi.

In quel momento iniziò a percepire tutto in maniera diversa. Tutti i sensi erano amplificati. Adesso quell’odore era così forte che non si sarebbe sorpreso a vedere sbucare il proprietario fuori da un cespuglio. Derek si concentrò, cercando di focalizzare davanti a sé quel ragazzo. Quel ragazzino che gli aveva rubato il cuore; il proprietario di quel profumo così buono, inebriante.

Con una velocità assurda un fiore lì vicino prese a sbocciare, rivelando i suoi petali scarlatti ed improvvisamente nella mente di Derek balenò l’immagine di una felpa rossa. Quante volte aveva invidiato quella felpa per avere l’opportunità di poter stringersi al corpo snello del ragazzo... Solo quando il nato lupo terminò quel pensiero si accorse di aver ricordato qualcosa, così provò ad aggrapparsi a qualsiasi cosa gli venisse in mente.

Si concentrò sulle parole che lo avevano risvegliato dal suo torpore: unirsi non vuol dire sottomettersi. Lui stesso aveva rivolto quelle parole a quel ragazzino logorroico una sera. Si erano da poco legati e lui era terrorizzato all’idea che il ragazzo potesse cambiare per lui o peggio a causa sua. Aveva visto così tante persone assecondare ogni sua più piccola scelta nel tentativo di trarsi in posizioni di vantaggio che quando il ragazzo gli aveva dato ragione ad una riunione, lo aveva colto il panico. Era corso da lui la sera stessa e gli aveva detto quelle esatte parole. Derek voleva fargli capire che lui non doveva smettere di essere sé stesso solo perché ora erano Compagni.
L’uomo avrebbe ricordato per sempre la paura che aveva avuto di perderlo, ma anche il modo in cui il ragazzo gli aveva lasciato un bacio a fior di labbra prima di scoppiare a ridere. Aveva chiuso gli occhi e portato il viso in alto lasciandosi andare ad una risata cristallina. Il lupo era rimasto interdetto davanti a quella reazione, esigendo una spiegazione.

-Semplice, Sourwolf. Per quanto le tue parole mi abbiano colpito, e non immagini quanto questo significhi per me, oggi ti ho appoggio per il semplice fatto che avevi ragione.- gli aveva rivelato il ragazzo, circondandogli il viso con le mani e guardandolo negli occhi. -Non preoccuparti, non ti libererai così facilmente dei miei commenti ai tuoi, devi ammettere, orribili piani. Del resto, saresti perso senza di me, ma questo lo sapevamo già.- aggiunse, soffiandogli sulle labbra prima di baciarlo. Le labbra di Stiles non erano mai state così rassicuranti.

-Stiles!- gridò l’uomo ritrasformandosi quando la figura del ragazzo sbucò da dietro un albero. Indossava la solita felpa rossa e d’istinto Derek si voltò verso il fiore color cremisi, che curiosamente era però sparito. Quando riportò l’attenzione sul ragazzo, questo lo guardava con un sorriso ad illuminarli il volto e quando aprì le braccia, Derek vi si fiondò contro, finalmente libero di stringerlo e di percepire il suo profumo direttamente dalla sua pelle. Casa.

Stiles gli accarezzò delicatamente i capelli, prima di sussurrargli le parole decisive. -Sono fiero di te, Sourwolf. Adesso muoviti, però. Ti sto aspettando.-         



Fine flashback

-Derek? Tutto ok?- lo richiamò Stiles, districandosi dall’abbraccio per poterlo guardare adesso preoccupato.

Il lupo si prese un momento per guardare il suo Compagno e annuire sorridendo appena, perso nei ricordi. -Mi hai salvato, Stiles. Continui a farlo.-

Quello lo guardò confuso, forse anche un po’ preoccupato dal modo enigmatico di parlare dell’altro, ma non poté evitare di aprirsi in un sorriso e di stringersi maggiormente a lui. -E non smetterò mai.- gli sussurrò cercando di far arrivare al lupo anche tutta la verità e la sicurezza di quelle parole. Un mix che stordì l’uomo, facendolo poi sorridere di riflesso. 



-Me lo dirai mai?- domandò il ragazzo all’improvviso. Ormai si erano trasferiti sul letto, vinti dal sonno, e Derek dovette ridestarsi a malincuore da quel torpore così rilassante.

-Mh… Stiles- mormorò assonnato, avvolgendo il ragazzo con un braccio e tirandoselo contro. -Dormi.-

-Ma… - insistette il ragazzo con le ultime forze che aveva. Sapeva che se Derek non avesse risposto, non avrebbe avuto le forze per replicare, lasciandosi andare al sonno. Non ci sperava neanche più, quando Derek mugugnò qualcosa di incomprensibile sul suo collo. -Cosa?- chiese voltandosi leggermente.

L’altro sbuffò appena. -Ho detto che ho visto la mia ancora.- e stringendoselo maggiormente contro mise fine alla conversazione.

E Stiles si addormentò così, con un sorriso ad adornargli il volto e beandosi di quella sensazione, la mano stretta sul ciondolo che Derek gli aveva regalato solo quella mattina: un’ancora.







Note dell'autrice.
Finalmente sono riuscita ad aggiornare! Chiedo scusa per quello che ormai non è neanche più un ritardo: è proprio un incontro mancato. Imperdonabile, lo so, ma se dico che mi mancava il tempo materiale persino per dormire dovete credermi.
Ad ogni modo, non sono così sentimentale, ma cliccando su completa una lacrima è scesa...
Questa è la fine sul serio e lasciare questa ff mi è davvero difficile. Un po' perchè è la prima e un po' per questi ragazzi che ci hanno fatto penare fino alla fine. E' come averli visti crescere ed ora sia il momento di lasciarli andare (un po' insolito visto che l'ho scitta io, ma che ci volete fare...)
In questo capitolo si è visto Derek e la sua lotta interiore per poter tornare dal suo Stiles. (Sterek sovrana!) E passatemi la chicca finale della collana. Ci ho provato, ma se non l'avessi messa me ne sarei pentita, lo so.
Per finire, vorrei ringraziare chi mi ha accompagnata in questo pazzo viaggio. Quindi grazie a tutte le persone che hanno messo questa storia tra le loro preferite, grazie a chi l'ha messa tra le ricordate, grazie a chi l'ha seguita passo passo e grazie a tutti quelli che hanno recensito, spingendomi (almeno per il primo periodo, scusate ancora) a fare notte per poter aggiornare il giorno dopo.
Spero che questa storia vi sia piaciuta, che vi abbia fatto sorridere e perchè no, anche riflettere.
Un bacio   
 

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