Amore impossibile. di marthiachan (/viewuser.php?uid=61784)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I fantasmi esistono? ***
Capitolo 2: *** Attrazione. ***
Capitolo 3: *** I ritratti. ***
Capitolo 4: *** Il sogno. ***
Capitolo 5: *** Addio o arrivederci? ***
Capitolo 1 *** I fantasmi esistono? ***
Questo racconto è nato 9 anni fa, ed è sempre
stato dedicato alla mia cara amica Valentina. Lei è stata
una delle poche persone che mi hanno sempre incoraggiato a scrivere, ha
sempre creduto in me, anche se nemmeno io ci credevo.
Oggi, il racconto riveduto e corretto è sempre dedicato a
lei e al suo bimbo o bimba che nascerà fra qualche mese. ^_^
Se il racconto vi sembra assurdo o infantile, tenete presente che
quando l'ho scritto avevo appena 17 anni. Ringrazio anticipatamente
chiunque voglia commentare.
Buona lettura.
Amore impossibile.
1 - I fantasmi esistono?
Che sonno! Non ho nessuna voglia di alzarmi. Forse dovrei disintegrare
quella stupida sveglia! No, e poi come farei ad alzarmi per andare a
lavoro? Lavoro. Chiamiamolo così. Ho fatto un sogno davvero
strano. Volavo, libera come un gabbiano e poi una voce calda e dolce,
mi ha sussurrato “Ti voglio bene.”.
Devo essere al limite della pazzia. Faccio certi sogni! Forse
è solo perché mi sento sola. Ormai sono
già quattro mesi che quell'idiota di Carlo mi ha piantato.
L'ho lasciato io, ma è uguale.
Mi alzo dal letto controvoglia e sbadiglio. Mi sopraggiunge di nuovo
quella sensazione angosciante. Ho sempre la tremenda impressione che
qualcuno mi fissi, mi spii, mi osservi, mi segua e mi stia alle spalle.
Eppure sono sola, come sempre. Forse sto solo diventando paranoica.
Anche se... Entro in bagno, mi spoglio ed entro nella doccia. Adoro il
getto d'acqua calda sulla schiena. È così
rilassante. Resterei qui per sempre se non fosse tardi.
Esco dalla doccia e mi asciugo velocemente. Per caso il mio sguardo mi
finisce sullo specchio che riflette il mio corpo nudo. Accidenti, sono
pure ingrassata. Mi mancava solo questa! Sarà per questo che
non trovo uno straccio d'uomo? Non mi piace stare sola, ma forse
è meglio sola che con un deficiente come Carlo.
Siamo stati insieme per più di un anno e poi un giorno, per
caso, gli ho fatto la domanda sbagliata.
“Perché non ti trasferisci qui?” ho
chiesto con noncuranza.
“Che cosa?” ha chiesto allarmato. “E
perché dovrei?”
“Sei sempre qui, torni al tuo appartamento solo una volta
alla settimana. Tanto vale che...”
“Neanche per idea?” mi ha interrotto irritato.
“Io tengo alla mia libertà. Scommetto che la
prossima cosa che mi chiederai sarà di sposarti!”
Era rosso di rabbia e i suoi occhi blu avevano perso la dolcezza che
adoravo, ma forse era solo opera della mia immaginazione. Carlo
continuava a camminare avanti e indietro, mentre io lo osservavo senza
capire.
“Forse un giorno... Ma ora ti ho proposto di venire a vivere
qui per praticità.” ho risposto con calma e
naturalezza.
“No, tu vuoi incastrarmi!” mi ha accusato.
“Mi spieghi perché dovrei sposarti?”
Cominciai a sentirmi strana, il suo atteggiamento mi preoccupava sempre
più.
“Io non voglio incastrarti. E poi ho sempre creduto che un
giorno ci saremo sposati, non vedo cosa ci sia di strano. Anche se non
ho mai pensato di farlo adesso, mi spieghi che male c'è nel
pensare al futuro con l'uomo che amo e che mi ama?”
Mi ha fissato per qualche secondo e poi si è messo a ridere.
“Non ho mai detto di amarti.”
Rimasi a fissarlo impietrita. Non riuscivo a credere alle mie orecchie.
Avevo capito bene?
“Io non ti amo.” ha aggiunto infine.
“E allora, perché stai con me?” ho
chiesto sentendomi sempre più disperata.
“Ilaria, credevo fossi cresciuta. È ovvio che sto
con te solo per il sesso.” ha replicato ridendo con
cattiveria.
Ho annuito con tristezza. Ecco cos'era veramente Carlo. Come avevo
potuto pensare che i suoi occhi fossero dolci? Non c'è
calore, tenerezza o affetto in lui.
“Già, sesso. Tu facevi sesso, io facevo l'amore.
È un po' diverso.” ho sussurrato.
“Vattene. Non voglio più vederti. Porta via le tue
cose e restituiscimi le chiavi di casa.”
Mi ha fissato per qualche istante, impassibile come il ghiaccio. Mi ha
ridato subito le chiavi, come per non dimenticarsene. Ha raccattato le
sue cose in giro e, in meno di mezz'ora, senza dire neanche una parola,
se n'è andato.
Inizialmente sono stata male, ho pianto e mi sono disperata. Dopo un
po' ho capito che quello che mi faceva soffrire era il mio orgoglio
ferito e la solitudine, nient'altro. Forse in realtà non
l'amavo.
Mi piaceva avere un uomo che mi baciava e mi abbracciava, che usciva
con me e mi teneva compagnia, ma dubito che quello che provavo per
Carlo fosse amore. Sono già passati quattro mesi..
Vola il tempo. Non mi sono pentita di averlo lasciato. Non voglio stare
con qualcuno che non mi ama. Io voglio un uomo che viva solo per me,
che mi pensi in continuazione e con cui condividere speranze e sogni di
una vita in comune. Sono proprio un idiota! Come se esistessero uomini
simili!
Infilo l'accappatoio ed esco dal bagno. Mentre faccio colazione ho la
sensazione che ci sia qualcuno alle mie spalle che mi osserva. Pur
sapendo che è impossibile, mi volto a controllare, ma
ovviamente non c'è nessuno. Forse dovrei farmi controllare
da un bravo medico.
Corro a prepararmi prima che sia troppo tardi. Detesto quel lavoro, ma
purtroppo è l'unico che ho. Sino a tre mesi fa lavoravo in
banca come impiegata. Ero lì da due anni e mi trovavo bene.
Poi, un giorno, mi ero appena avvicinata al computer quando
è andato completamente in TILT facendo sparire un migliaio
di dati. Ho provato a spiegare al mio capo che non l'avevo
neanche sfiorato, ma non mi ha creduto e mi ha licenziato. Non ho
trovato altri lavori come impiegata e così ho dovuto
rassegnarmi a farmi assumere in un supermercato come commessa al
reparto ortofrutta. Divertente, vero? Detesto quel posto. Devo stare
sempre in piedi, per non parlare dei clienti che sono una vera
seccatura, visto che cambiano idea in continuazione. Mi trovavo
così bene al mio vecchio lavoro! Ma bisogna pur mangiare e
quell'impiego così odioso mi permette di sopravvivere.
Ormai sono vestita e pronta a uscire. Do un ultimo sguardo in giro. Non
c'è nessuno, eppure...
Esco e mi dirigo all'auto. Spero non ci sia troppo traffico. Per
fortuna ora abito in centro e arrivo quasi sempre in orario.
Mi sono trasferita qui sei mesi fa. Prima vivevo in un appartamento in
periferia e, ogni mattina, per andare a lavoro era un incubo. Poi ho
trovato questo stupendo appartamento, grande, luminoso e spazioso. Ho
saputo che l'ex affittuario è morto, chissà di
cosa. Forse di vecchiaia. Anche se, sinceramente, questo non mi sembra
proprio un appartamento adatto a una persona anziana. Ma, in fondo, a
me cosa importa?
Finalmente ho finito le mie stupide e noiose otto ore di lavoro e posso
tornare a casa. Anche lì sentivo quella sensazione. Forse
sono solo paranoica. Oppure sto impazzendo.
Appena arrivata a casa, mi accascio sulla poltrona socchiudendo gli
occhi. Dolce silenzio. Sento i miei muscoli rilassarsi lentamente, sino
ad arrivare ad una stupenda sensazione di torpore. Sono costretta ad
alzarmi a causa del mio stomaco che brontola rumorosamente. Apro il
frigorifero alla ricerca di qualcosa da preparare velocemente.
È rimasto qualcosa da ieri a cena. È freddo di
frigorifero, ma ho fame e non ci faccio caso.
Mangiare da soli fa schifo! Ma che ci posso fare? Invito il primo che
incontro per strada a cenare con me? Non credo sarebbe il caso.
È presto, non mi va di stare a casa. Mi cambio ed esco a
passeggiare. Fa freddo. L'inverno nominalmente è finito ma i
caratteri della primavera tardano a farsi riconoscere. Il vento
è pungente e penetra fin dentro le ossa ma mi piace guardare
il cielo scuro con la mezza luna che sorride.
Camminando, camminando, è passata un ora. Forse dovrei
tornare a casa, comincio a essere stanca. Appena a casa mi corico il
più presto possibile. La passeggiata ha bruciato le mie
ultime energie. Mi sento così sola e vulnerabile... Il mio
letto è così grande e vuoto e questo peggiora le
cose. Vorrei tanto avere qualcuno che mi abbracci e mi conforti con il
calore del suo corpo e il battito del suo cuore. Che razza di stupida
che sono! Continuo a desiderare cose del genere, eppure non dovrei dopo
la brutta batosta presa con Carlo. E invece continuo a sperare che la
fuori ci sia qualcuno di diverso, che abbia bisogno di me come io di
lui. Spreco il mio tempo a sognare sciocchezze!
Non vorrei alzarmi questa mattina. Ho dormito così bene! Era
come se qualcuno di invisibile mi avesse cullato dolcemente fra le sue
braccia. Probabilmente era solo un sogno. Molto realistico, ma pur
sempre un sogno. In ogni caso mi ha fatto sentire veramente meglio.
Dopo una bella doccia, faccio colazione. Sfortunatamente,
c'è sempre quell'odiosa sensazione che mi fa sentire come se
fossi al centro di uno stadio stracolmo di gente che mi osserva. Che
gran seccatura! Neppure in casa mia posso sentirmi tranquilla! Vorrei
solo avere un po' di pace, non mi pare di pretendere troppo.
Dopo una giornata terribile, rivedere il mio appartamento è
un vero sollievo. Oggi a lavoro non me n'è andata una bene!
Sono arrivata in ritardo e, di conseguenza, sono stata sgridata. Per
non parlare della dozzina di vecchiette arteriosclerotiche con cui ho
discusso. Detesto quel lavoro ogni momento di più.
A completare l'opera, ora mi trovo nel mio salotto a sentirmi impaurita
per quella stupida sensazione. Questa casa deve essere maledetta. Da
quando sono qui è andato tutto storto. Prima con Carlo, poi
a lavoro e ora, probabilmente, sto impazzendo. Cos'altro
potrà succedermi?
Mi raggomitolo nella mia poltrona e comincio a piangere istericamente.
Mi sento così male... Se solo avessi qualcuno accanto che mi
possa consolare. Non deve essere per forza un uomo, ma anche un amica o
mio fratello Davide. O magari mia madre, ma per mettermi in contatto
con lei dovrei fare una seduta spiritica. Con papà non ho
mai avuto un gran rapporto di confidenza e, tanto meno con sua moglie
Francesca. Davide è in America e le amiche... Ci siamo perse
di vista quando ho cominciato a frequentare Carlo. In sintesi, sono
completamente sola. Sola e disperata.
Mi copro il viso con le mani, mentre le lacrime continuano a scendere
copiose. Perché devo essere così sfortunata?
Oltretutto ciò che mi è capitato, ora sto anche
impazzendo.
“Non piangere..” sussurra all'improvviso una voce
maschile.
Rimango immobile, pietrificata dalla paura. Chi può essere?
Alzo lo sguardo lentamente e mi trovo di fronte ad un ragazzo che non
ho mai visto in vita mia. Con uno scatto, scendo subito dalla poltrona
e mi allontano il più possibile da lui.
“Chi sei? Da dove sei entrato? Esci di casa mia o chiamo la
polizia!”
“Io... Non avere paura. Non ti farò del male. Non
sono quello che credi!” afferma tendendomi le mani per
indicarmi di stare calma. Inoltre, la sua voce ha un non so che di
familiare.
“Chi saresti?” domando cercare di apparire
tranquilla, calma e coraggiosa.
“Io sono... Ti sarà difficile crederlo, ma sono un
fantasma.”
Lo guardo incredula e mi metto a ridere fingendomi più
rilassata di quanto in realtà non sia.
“Per chi mi hai preso? Per un idiota? Esci di qui!”
“Non ti sto mentendo!”
Non so perché, ma decido di ascoltare le sue spiegazioni. Ha
un aria sincera e gli occhi più neri che abbia mai visto!
“Io non credo nei fantasmi, ma potrei sbagliarmi. Dammi una
prova.”
Mi guarda esasperato e poi, all'improvviso, scompare davanti ai miei
occhi. Dove diavolo è finito? Mi guardo intorno, ma non lo
vedo più.
“Sono qui!” esclama alle mie spalle facendomi
sussultare. “Ora mi credi?” aggiunge con un sorriso.
Devo essere veramente impazzita. Mi sento così sola che mi
invento persone che non esistono. E devo essere anche grave! Lui sembra
così reale! Devo andare da uno specialista.
“Tu non sei pazza.” sussurra fissandomi. Sgrano gli
occhi stupita.
“Come fai a sapere cosa sto pensando?” chiedo
più irritata che sorpresa. “Oh, è
ovvio... Visto che sei frutto della mia immaginazione.”
“Io non sono frutto della tua immaginazione.” mi
interrompe. “Sono un fantasma.”
“Certo, come no! E io chi sono? Demi Moore?”
domando sarcastica.
“No, tu sei molto più carina.” replica
sorridendo.
Rimango impietrita a osservarlo per qualche istante. Forse è
davvero un fantasma, io non potrei mai pensare di essere meglio di Demi
Moore! Razionalizza Ilaria! I fantasmi non esistono, lo sai!
“Non puoi essere pazza se continui ad essere così
dannatamente razionale.”
“Forse, ma... Figurati, non credo a Dio, perché
dovrei credere ai fantasmi?”
“Fidati di me.” mi implora esasperato.
“Perché dovrei? Non mi fido di persone che conosco
da anni, perché dovrei fidarmi di te, chiunque tu
sia?”
“Sei davvero testarda! Vuoi una prova? Tu vuoi prove per
tutto, non è così?”
Annuisco.
“Tu credi che io sia solo un parto della tua mente, allora io
ti dirò qualcosa che tu non puoi sapere. Se corrisponde a
verità, mi crederai?”
Ha una certa logica, forse dovrei accettare anche se mi chiedo cosa
abbia esattamente in mente.
“D'accordo.”
Fa un sospiro e sorride. Accidenti, chiunque sia ha un sorriso davvero
stupendo!
“In camera tua, sotto la carta da parati, c'è un
piccolissimo ripostiglio. Tu non puoi saperlo perché quando
sei venuta a a stare qui c'era già la carta.” dice
con estrema calma.
“Cosa dovrei fare?”
“Controlla, ti indico il punto.”
Entriamo in camera mia e lui indica un punto accanto all'armadio. Do un
colpetto e suona vuoto. Provo in un altro punto per sentire la
differenza ed, effettivamente, lì non c'è alcun
tipo di rimbombo.
“Ok, è vero. Qui sotto deve esserci un ripostiglio
o qualcosa di simile.”
E adesso, cosa dovrei fare?
“Quindi sei davvero un fantasma. Almeno non sono pazza. Come
ti chiami, o meglio, ti chiamavi? Presumo tu sia morto...”
“Mi chiamo Federico. Sono morto sette mesi fa..”
“Cosa fai qui?”
Abbassa lo sguardo con un sorriso triste.
“Devo riscattarmi vegliando su di te.”
“Vegliando su di me? Sei una specie di angelo
custode?”
“In questo caso, sì.”
“Per cosa devi riscattarti?” chiedo sempre
più incuriosita.
“È una lunga storia.” chiude il discorso.
Mi siedo sul pavimento appoggiando la schiena al muro e lo fisso per un
po' mentre lui non dice più nulla.
“Di cosa sei morto?”
“Ecco io... Preferirei non... D'accordo, mi sono suicidato.
È per questo che devo riscattarmi.”
“Da quanto sei qui?”
Fa un sorriso conciliante.
“Vivevo qui. Quando sei arrivata, io c'ero
già.”
“Allora eri tu quello che è morto!”
esclamo sorpresa.
Annuisce. Resto a fissarlo per qualche secondo. È, o meglio
era, un bel ragazzo. Capelli nerissimi, occhi scuri come la notte e
ciglia folte della stessa tonalità di colore. Un bel tipo.
Mi chiedo perché si sia suicidato. Che problemi
avrà avuto?
Mi sorride nuovamente e si siede accanto a me sul pavimento. I miei
occhi rimangono incollati ai suoi.
“Vuoi davvero saperlo?” domanda in un sussurro.
“Cosa?”
“Perché mi sono suicidato.”
Lo guardo incredula con aria interrogativa.
“Posso sapere cosa pensi, così posso
aiutarti.”
“Quindi sai tutto di me, giusto?”
“Sì, certo.”
Non so se questo mi fa piacere. Non potrò più
avere nessun segreto?
“No, non potrai.” risponde con aria innocente.
“Potresti smettere di rispondere a domande che non ti
faccio?”
“Ma le pensi.”
Comincio proprio a innervosirmi. Forse dovrei cambiare argomento.
Faccio un profondo sospiro chiudendo gli occhi per calmarmi.
“Allora, perché ti sei suicidato?”
chiedo fissandolo nuovamente.
“Ero depresso.”
Continuo a guardarlo. Tutta qui la sua spiegazione?
“Vuoi dirmi perché eri depresso?”
“La mia ragazza.. Mi ha tradito. Un giorno tornando a casa
l'ho trovata a letto non con uno, ma con due tizi. Contemporaneamente.
Proprio in questa stanza.”
Lo invito a continuare con lo sguardo. Lui sembra poco propenso, ma poi
acconsente a continuare.
“Io facevo il pittore. Dopo che l'ho lasciata sono entrata in
una brutta fase depressiva e non riuscivo più a dipingere
come prima. Le cose sono peggiorate sempre più, mi sentivo
un fallito. Così una notte, ero di fronte ad una finestra
e... Sono saltato giù. Sono morto sul colpo.”
Mi spiace molto per lui e rimango a fissarlo con comprensione.
“L'amavi molto?”
“Come un pazzo ma.. Janine non è certo tagliata
per la fedeltà. E poi io non le bastavo. A lei piacciono le
porcherie.”
“Che razza di sgualdrina!” dico senza neanche
pensarci. Mi guarda con stupore. Ho esagerato. “Scusa, non
avrei dovuto permettermi!” aggiungo dispiaciuta.
“Non importa. Lo so che è una sgualdrina. Solo che
non mi aspettavo che lo dicessi.”
Rimaniamo in silenzio per qualche minuto mentre lo guardo incuriosita.
Quella Janine non capisce un tubo di uomini. È proprio
carino, anzi, è proprio bello. Anche più di
Carlo. Lo vedo arrossire. Accidenti! Dimenticavo che può
leggermi nel pensiero. Abbasso lo sguardo e cerco di cambiare discorso.
“In un certo senso, mi ero accorta che qualcuno mi osservava.
Eri tu, vero?”
Annuisce con lo sguardo basso. Che c'è? Si vergogna? Non mi
avrà visto anche nuda? Ora è ancora
più a disagio. Non avrei mai pensato che un fantasma si
potesse imbarazzare.
“Tu sei impalpabile come l'aria?” chiedo per
portare una conversazione meno incriminante tra noi.
“Dipende, se puoi vedermi puoi toccarmi.”
Improvvisamente mi sembra di riconoscere la sua voce. Dove l'ho
già sentita. Comincia a sorgermi un dubbio...
“Per caso tu ieri notte mi hai abbracciato?”
“Ecco... Sì.” ammette senza alzare lo
sguardo.
“E la notte prima, mi hai parlato?”
Arrossisce di nuovo. Avevo capito bene. Era lui nel mio sogno! Ecco
perché la sua voce mi era sembrata particolarmente familiare.
“Grazie, mi ha fatto molto piacere.”
Mi avvicino e lo bacio su una guancia. Lui mi guarda tra lo sbalordito
e l'imbarazzato.
“Non avresti dovuto. Lassù... Non sono d'accordo.
Non avrei neanche dovuto farmi vedere ma non potevo lasciarti credere
di essere pazza.”
Gli sorrido, è proprio gentile. Lo abbraccio. Inizialmente
è imbarazzato, ma poi mi stringe anche lui.
“Spero diventeremo amici. Mi sento tanto sola..”
“Lo so.”
Rimaniamo abbracciati ancora per qualche secondo. È
piacevole avere qualcuno a cui appoggiarsi quando ci si sente
giù. È confortante. Lo lascio e mi alzo. Il mio
stomaco comincia a brontolare. Mentre mi preparo qualcosa da mangiare
lui si siede e mi guarda.
“Senti...” mi blocco di colpo. “Cavoli,
stavo per chiederti se hai fame, ma dubito sia possibile.”
“Infatti, ma grazie.” replica sorridendo.
Mi siedo a mangiare e lui è sempre lì che mi
fissa. Non mi sento molto a mio agio. Lui si alza e mi volta le spalle
per guardare fuori dalla finestra. Spero non ci sia rimasto male.
“Non credo sia giusto. Tu sai tutto quello che penso mentre,
invece, io di te non so nulla.”
“Cosa vuoi che ti racconti?”
“Cosa dipingevi?”
“Di tutto. Paesaggi, ritratti e, nell'ultimo periodo, anche
cose piuttosto astratte.”
“Per esempio?” domando incuriosita.
“Ho dipinto sentimenti come rabbia, odio, dolore,
tristezza..”
Accidenti, doveva essere proprio a terra!
“Nessun sentimento positivo come, ad esempio, la
speranza?”
“Forse se l'avessi dipinto, ora non sarei qui.”
Mi sembra giusto. Mi dispiace molto per lui.
“Quanti anni hai, cioè, avevi?”
“Avevo appena compiuto 29 anni. Ho fatto proprio una
stupidaggine, ora me ne rendo conto.”
“Eri così disperato? Nessuno poteva aiutarti? La
tua famiglia? I tuoi amici?”
Cammina nervosamente aventi e indietro e poi si siede abbassando lo
sguardo. Sembra scosso, forse non avrei dovuto immischiarmi.
“Si dice che i veri amici si vedono nel momento del bisogno.
Evidentemente, i miei non dovevano essere veri amici. Per quanto
riguarda la mia famiglia, mia madre è morta qualche anno fa
di cancro e mio padre era troppo occupato a contare i suoi soldi per
preoccuparsi di me.”
“Come ha preso la tua morte?”
“Chi? Mio padre? Al funerale sembrava che l'unica cosa che lo
preoccupasse fosse il prezzo della bara e del funerale. È
venuta anche Janine, ha pure pianto. Dopo la mia morte i miei quadri
valevano più del triplo. Li ha venduti e si è
fatta una bella somma..”
Rimango a osservarlo. Ha uno sguardo veramente triste. Come si
può essere così sfortunati?
“C'è stato qualcuno che non ti ha fatto
soffrire?”
Mi guarda con dolcezza e accenna un sorriso.
“Mia madre, credo. Ma ho sofferto comunque quando
è morta.”
Mi alzo e mi avvicino a lui. Ha lo sguardo basso. Può un
fantasma piangere? Non credo ma forse vorrebbe. Lo abbraccio. Non ho
mai conosciuto nessuno così triste. Anche lui mi stringe.
Rimaniamo abbracciati a lungo e, non so perché, comincio a
piangere, per lui e per me. Dopo un po' lui mi lascia, sorride e mi
asciuga le lacrime.
“Sei fantastica, lo sai?”
Arrossisco e abbasso lo sguardo. Non ho mai pensato neanche
lontanamente di essere fantastica! Mi viene da ridere a pensarci.
“Grazie.” replico un po' imbarazzata. “Si
è fatto tardi. È meglio che mi prepari per andare
a dormire.”
Mi lascia un po' riluttante. Mi allontano dirigendomi in bagno, ma mi
fermo fulminata da un pensiero.
“Ti dispiacerebbe restare visibile e non entrare in bagno
mentre ci sono io?”
“Ti ho già vista nuda.” risponde
candidamente.
“Sì, ma ora è diverso.”
“Va bene, non preoccuparti.”
Entro in bagno sperando che sia uno che mantiene le promesse. Certo che
è proprio carino! Ha, o aveva, un bel fisico, un sorriso
smagliante e poi quegli occhi! Sono veramente stupendi. Inoltre ha un
piccolissimo neo accanto all'occhio destro che fa risaltare il suo
sguardo dolcissimo. È un vero peccato che sia morto.
È il genere di ragazzo che mi sarebbe piaciuto incontrare e
chissà, poteva nascere qualcosa di bello. Accidenti a me e
alla mia fantasia. Non faccio che sognare questo genere di cose. Sono
senza speranza. È meglio tornare alla realtà.
Esco dal bagno e lui è in cucina che guarda fuori dalla
finestra dandomi le spalle. Sarà quella la finestra da dove
è...
“Sì, è questa.” dice
voltandosi. “Ho sentito il fruscio dei tuoi
pensieri.”
Fruscio? Fa uno strano effetto pensare ai propri pensieri che..
Frusciano? Come dei serpenti? È un bel paragone?
“Io mi sto coricando. Tu che farai?”
“Di solito, sto in camera tua e ti osservo dormire.”
“Davvero?” mi stupisco trattenendo a stento una
risata. “Se ti va, puoi farmi compagnia finché non
mi addormento. Poi... Non so. Fai quello che preferisci.”
Mi sorride e per qualche istante rimango a fissarlo pensando a quanto
è ingiusta la vita. Federico mi segue in camera e mi infilo
sotto il mio piumone mentre lui si siede ai piedi del letto. Mi guarda
per qualche istante e poi abbassa lo sguardo.
“Perché ieri notte mi hai abbracciato?”
“Perché sapevo che ti sentivi sola e pensavo ne
avessi bisogno.” ammette senza alzare lo sguardo.
“E se ti dicessi che ne ho bisogno anche ora?”
Alza lo sguardo e mi fissa seriamente per qualche secondo. Ti prego,
accetta... D'improvviso sorride.
“Non c'è problema.”
Si alza e mi raggiunge sdraiandosi accanto a me. Mi piace stare tra le
sue braccia, mi sento così protetta da tutti e da tutto.
“Grazie.” gli sussurro all'orecchio.
“Di nulla. Se solo ti avessi conosciuto un anno fa.”
Rimango sorpresa di sentirgli dire una cosa del genere. Cosa sarebbe
successo se lui non fosse morto e ci fossimo incontrati per caso?
Saremo stati amici o qualcosa di più? Non voglio saperlo,
non voglio pensarci. Voglio solo accoccolarmi fra le sue braccia come
un gattino indifeso.
CONTINUA
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Attrazione. ***
Eccoci al secondo capitolo. Ringrazio infinitamente per tutti i
commenti e per chi ha messo la storia tra le preferite o le seguite.
Gazie! Spero che i prossimi capitoli non vi deludano!
In questo capitolo l'attrazione tra Federico e Ilaria cresce
pericolosamente e il fatto di non poter cedere al desiderio li rende
frustrati e insofferenti.
Buona lettura!
2 - Attrazione.
Come ho dormito bene! Mi sento così.. Non lo so.
È come se fossi rinata. È bello svegliarsi e
trovare accanto a te una persona che dolcemente ti augura
“Buongiorno”.
“..'giorno.” replico tra uno sbadiglio e l'altro.
“Come sono comoda. Non mi va di alzarmi. Che giorno
è oggi?”
“Temo sia solo mercoledì.” risponde
sorridendo.
“Solo mercoledì? Siamo solo a metà
settimana?” chiedo coprendomi gli occhi con la mano in atto
disperato. “Non voglio andare a lavoro, lo detesto.”
“Dai, fatti coraggio!”
“Va bene, ma tu verrai con me?”
“Certamente.” mi rassicura lui con un sorriso.
Anche se di malavoglia, mi alzo e mi dirigo in bagno. Faccio una doccia
veloce e tonificante. Quando esco dal bagno, lui è di nuovo
di fronte a quella finestra a osservare la città mattiniera.
Non mi fermo e torno in camera mia. Mi tolgo l'accappatoio e comincio a
infilarmi la biancheria. Ho già messo gli slip e sto per
prendere il reggiseno quando alzo lo sguardo e, sulla porta, vedo
Federico sbalordito che mi fissa. Il cuore comincia a battermi
furiosamente e rimango paralizzata a guardarlo. Sono imbarazzata,
però lui mi guarda in un modo... Come potrei definirlo?
Lusinghiero? Piacevole? Il disagio sta sparendo e ora sono fiera del
suo sguardo su di me, leggero come una carezza. Arrossisce, si volta e
se ne va. Come devo comportarmi ora? Lui mi aveva già visto
nuda però... Ora è diverso. Forse dovrei fare
finta di nulla o lo imbarazzerò ancora di più.
È inutile pensarci. Supereremo la cosa. Finisco di vestirmi
e poi vado in cucina, lui è sempre di spalle, inchiodato
alla finestra. Mi preparo la colazione in silenzio, non so cosa dire.
Forse è meglio non dire nulla, o no?
“Mi dispiace.” sussurra senza voltarsi.
“Non importa, sono cose che capitano. Eri lì da
molto?”
“No, ero appena arrivato. Non capiterà
più.” afferma voltandosi finalmente. È
veramente dispiaciuto, glielo leggo negli occhi.
“Non preoccuparti. Non è un problema. E poi, hai
detto tu stesso di avermi già visto.”
“Sì, però... Ora che mi vedi
è imbarazzante..”
Mi metto a ridere. Poveretto! È proprio costernato.
“Lo so, ma non pensiamoci più.”
Fa una strana smorfia. Lo guardo con aria interrogativa. Ho detto
qualcosa di particolare?
“Il fatto è che... Per me non sarà
facile non pensarci.” spiega arrossendo sempre più.
“Devo prenderlo come un complimento?” chiedo
sorridendo.
“Credo di sì.”
“Grazie ma, non credevo che tu potessi avere certi...
Pensieri.”
“E' una novità anche per me. Non lo sapevo sino a
che non ti ho incontrata.” sussurra con sguardo basso. Le
cose si complicano. Bisogna battere in ritirata.
“È meglio che vada o farò
tardi..” concludo per salvarmi dall'imbarazzo.
Anche questo stupido lavoro può essere piacevole. So che
Federico è qui che mi osserva. È
divertente e mi rende di buonumore. Riesco persino a sopportare le
vecchie signore arteriosclerotiche che cambiano idea in continuazione.
Evidentemente la sua vicinanza mi fa bene. Mi sento molto meno sola e
il tempo passa più velocemente quando lo trascorro tentando
di indovinare da che punto mi guarda. Non vedo l'ora di tornare a casa.
Voglio parlare con lui e rivolgergli molte domande. Voglio conoscerlo.
Sono a casa e ho appena chiuso la porta di ingresso alle mie spalle.
Lui è ancora invisibile. Dove sarà? Chiudo gli
occhi concentrandomi, poi a un tratto, sento quella sensazione, quella
che mi fa capire da dove lui mi osserva. Riapro gli occhi e fisso un
angolo alla mia destra. Lui è lì, ne sono sicura.
E poi compare proprio in quel punto, con un immenso sorriso.
“Sei davvero brava. Allora, cosa volevi chiedermi?”
Sussulto. Ancora non sono abituata al fatto che può leggere
i miei pensieri.
“Anche lassù sanno tutto quello che mi passa per
la testa?”
“Non proprio. A loro arrivano solo i pensieri...
Proibiti.”
“Proibiti? Cioè?” domando sedendomi
sulla mia poltrona.
“Ad esempio pensieri d'amore o passione verso... Gli
individui sbagliati.”
“Vuoi dire come te?”
Sorride e si siede nella poltrona accanto alla mia.
“Sei fin troppo sveglia.”
“Cosa succederebbe se, ipoteticamente parlando, mi
innamorassi di te?”
“Io dovrei andare via.”
“E se tentassi di sedurti?”
“Io sparirei prima che possa accadere qualsiasi
cosa.”
“E per quanto riguarda te? Anche i tuoi pensieri vengono
filtrati?” chiedo sempre più incuriosita.
“Più o meno. L'importante è che se,
ipoteticamente parlando, mi innamorassi di te, tu non lo
sappia.”
“E se lo sapessi?”
Mi fissa per qualche secondo con sguardo dolce.
“Io non mi riscatterei per un bel po'.”
“Ma dovresti andare via?”
“Non lo so. Non credo.”
Rimaniamo entrambi in silenzio per un po'. È troppo
complicato. Non posso pensare perché loro sanno tutto. Non
mi è di molto aiuto.
A proposito di aiuto...
“Dov'eri quando io e Carlo ci siamo lasciati o quando mi
hanno licenziato?” chiedo dopo aver riflettuto per un po'.
A disagio, si alza e comincia a camminare avanti e indietro per il
salotto. Cosa gli prende?
“Ecco...” comincia. “In quei casi... In
realtà è stata colpa mia.”
Ho capito bene? Mi alzo in piedi di scatto e lo raggiungo piazzandomi
esattamente di fronte a lui fissandolo negli occhi.
“Cosa diavolo... Ma che hai fatto??”
“Ilaria, ho dovuto... Carlo ti tradiva da tempo e a lavoro
volevano incastrarti. L'ho fatto per il tuo bene.”
Non riesco a capire. Ma cosa dice? Lo guardo con aria interrogativa.
Vorrei una spiegazione.
“Carlo ti ha sempre tradito. Lui... Non gli importava niente
di te. E a lavoro due colleghi stavano organizzando un furto e tu
saresti stata il capro espiatorio. Ho fatto l'unica cosa che mi
è venuta in mente per aiutarti.”
Caspita! Poteva avere anche un po' più di fantasia! Non
importa. Le intenzioni erano buone. Ha fatto molto più di
quanto non abbia fatto nessun'altro per me. Voleva solo aiutarmi.
È quello che conta.
“Allora, grazie. E così Carlo mi tradiva?
Interessante. Sapevo che era un bastardo, ma non mi aspettavo che...
Meglio averlo scoperto ora. Se l'avessi saputo quando stavamo insieme
l'avrei ucciso. Ora, in fondo, non me ne importa nulla. Uno
così è meglio perderlo che trovarlo. Spero solo
che prima o poi qualcuno gliela faccia pagare. Se lo
meriterebbe!”
Mi risiedo nella poltrona. Che schifo! Andavo a letto con uno che
andava con chissà quante altre. Mi dispiace solo
di essere stata tanto stupida. Come diavolo ho fatto a non capire che
razza di persona era?
Federico si avvicina e mi abbraccia. Non è giusto. Lui
è così carino e gentile, perché non
possono essere tutti così? E invece, a tutti interessa solo
e sempre la stessa cosa.
“Non pensarci più.” mi sussurra
dolcemente.
“Proverò. Come era la storia che volevano
incastrarmi? Chi?”
“Enrico e Marina. Stavano organizzando tutto in modo che la
colpa ricadesse su di te.”
“Che bastardi! E io che credevo fossimo amici!”
esclamo stupita.
“Forse è meglio che cambiamo argomento, non
credi?”
“Va bene. C'erano altre cose che volevo chiederti, ma ora non
mi viene in mente niente. Raccontami tutto di te. Ogni cosa.”
“Sei così curiosa?”
“Sì, ti prego.”
Lui sorride poi chiude gli occhi e fa un profondo sospiro.
“Che posso dirti? Quando ero piccolo, vivevo in campagna. Mio
padre aveva un allevamento di cani. All'epoca aveva ancora del tempo
per me. Un giorno quando avevo 8 anni mi ha detto “Ti regalo
un cucciolo. Scegli quello che vuoi”. Ne aveva una ventina.
Ne ho visto uno completamente bianco, come la neve, un pastore
maremmano. “Diventerà molto grande, come farai a
badargli?” mi ammoniva mio padre. Io però, non
volevo sentire ragioni. Volevo solo lui e l'ho convinto. L'ho chiamato
Hermes, siamo cresciuti insieme. È morto una decina d'anni
fa. Per molto tempo è stato il mio migliore amico.”
“Ti manca?”
“Mi mancava. Ora mi rendo conto che era vecchio e stanco.
Morire per lui è stata una liberazione.”
“Come lo è stato per te?”
Mi guarda per un attimo molto seriamente.
“No, per me è stata solo una cretinata che non
avrei dovuto fare.”
“E tua madre? Che tipo era?” domando cambiando
argomento.
“Mia madre...” comincia sorridendo. “Era
una persona molto dolce e ho preso la vena artistica da lei. Non c'era
nulla che non sapesse fare. Aveva delle mani magiche. Mi ha insegnato a
dipingere e a lavorare la creta. Ma la cosa che più amava
era scrivere libri per bambini. Era veramente brava. Quando avevo 10
anni è rimasta incinta, ma ha avuto un aborto spontaneo. Da
allora non è stata più la stessa. Credo non abbia
mai superato del tutto questo fatto e ha smesso di scrivere. Ha voluto
trasferirsi in città, diceva di voler cambiare aria, ma non
l'ha aiutata. Quando le hanno diagnosticato il cancro non ha avuto la
forza di reagire e la malattia ha progredito sempre più
rapidamente. È morta sei anni fa.”
“E tuo padre?”
Fa una smorfia. Suo padre non doveva essere molto presente neanche
quando stava male la moglie.
“Aveva aperto una fabbrica di cibo per cani. Gli affari gli
sono sempre migliorati sino a che si è ritrovato ad avere
una decina di fabbriche sparse per tutto il paese. Era sempre impegnato
e quando lei è morta era in viaggio d'affari. Non ha versato
nemmeno una lacrima.”
“Magari l'ha fatto in privato...”
“Non l'ha fatto.”
“Come fai a saperlo?”
“Lo so.”
Sembra un po' scosso. Parlare del padre lo turba.
“E tu come l'hai presa?”
“Le ero molto legato. Ho pianto come un bambino. Siamo sempre
stati molto uniti. Lei era un punto fermo nella mia vita. Mi ha sempre
sostenuto e io sono sempre stato sempre al suo fianco sino a che non
è morta. Mi mancava da impazzire. Sai, l'ho rivista al mio
funerale. O meglio, il suo fantasma. È stato strano, aveva
uno sguardo triste e ha detto solo “Non avresti dovuto
arrenderti” mi ha mandato un bacio ed è
scomparsa.”
“Mi dispiace.” dico abbracciandolo con le lacrime
agli occhi.
Ha sofferto molto e mi chiedo come abbia fatto a resistere tanto a
lungo. Io credo che sarei impazzita prima.
“Scusami, non avrei dovuto chiederti di lei.”
“Non importa, ormai è passato.” dice con
un sorriso malinconico.
“Almeno tu hai potuto conoscerla. La mia è morta
quando sono nata. Quante volte, in mezzo ai problemi, avrei voluto
averla vicina. Sono cresciuta con mio padre e mio fratello, avevo
bisogno di una figura femminile. Però quando mio padre si
è risposato non sono riuscita a legare con sua moglie. Lei
non era come mi aspettavo e non ci siamo mai piaciute. Capita no? Non
tutti possono andare d'accordo. Eppure avevo sempre pensato che se mio
padre si fosse risposato avrebbe scelto qualcuno che piaceva anche a
noi. E invece no. Mi è sempre rimasto il desiderio di avere
una madre vicino. È per questo che ti ho chiesto di parlarmi
della tua. Volevo sapere come ci si sente ad averla.”
“Sono sicuro che tua madre ti osserva da lassù e
ti vuole un mondo di bene. Non essere triste. Mi occupo io di
te.” afferma abbracciandomi come se fossi una bimba piccola.
“Grazie.”
Per fortuna c'è lui. Mi tiene fra le braccia per un po'.
È una bella sensazione avere qualcuno che si preoccupa per
te e ti consola.
“Perché non ci siamo conosciuti
prima?”gli domando.
Lui ride e i suoi occhi risplendono.
“Bella domanda. Me la faccio spesso anche io.”
“Saremo stati grandi amici. Veri amici.”
“Lo siamo già. E poi non credo che saremo stati
solo amici...” suggerisce lui con tono allusivo.
“Ehi, signor Modestia!” replico ironica.
“Chi credi di essere? Richard Gere?”
“No, ma spesso penso che io e te insieme saremo potuti essere
felici.”
È passato per la testa anche a me, ma non avrei mai potuto
ammetterlo.
“Un momento! Mi stai prendendo in giro! Sai che l'ho pensato
e lo dici per prenderti gioco di me..” dico irritata.
Si mette a ridere e il suo sorriso illumina la stanza. Poi diventa
serio di nuovo.
“È vero. Ma lo penso anche io, sul
serio.”
Sembra sincero. Rimango qualche istante stupita. Poi mi riavvicino
lentamente a lui.
“Vorresti venire a letto con me?” gli sussurro
all'orecchio maliziosa. “Sai che non reggeresti il
ritmo?”
“Lo so che scherzi.” mi smentisce sorridendo.
“È vero, ma resta il fatto che se facessimo
l'amore, non potresti più lasciarmi.”
“Interessante. Ora la smetti di atteggiarti a porno
star?”
Ora sono io a ridere. Non posso fingere con lui, neanche per scherzo.
“D'accordo.” concludo.
Mi alzo e mi dirigo in cucina. Comincio ad avere un certo appetito e mi
preparo qualcosa da mangiare.
“Comunque, credo che tu abbia ragione.” esclama
qualche minuto dopo osservandomi.
“Riguardo a cosa?”
“Anche io credo che, se venissi a letto con te, poi mi
sarebbe molto difficile lasciarti.”
“Io scherzavo!” replico stupita.
“Io no, sei proprio il mio tipo.”
Abbasso lo sguardo arrossendo. Anche lui è il mio tipo.
“E Janine? Anche lei lo era?”
“Credevo di sì ma ora so che mi sbagliavo. Siete
molto diverse, anche d'aspetto. È bionda, occhi azzurri. Ti
ho detto che è francese? L'ho incontrata a Parigi, al
Louvre. Io ero incantato a guardare la Monnalisa e poi,
voltandomi, l'ho vista accanto a me. Mi è piaciuta subito,
ma credo che lei si sia messa con me solo per andarsene dalla
Francia.”
“Quanto siete rimasti insieme?”
“Due anni. Sono sicuro che mi ha sempre tradito. Era solo un
caso che non l'avessi ancora colta sul fatto. Per questo quando ho
visto che Carlo si comportava allo stesso modo, ho deciso di fare
qualcosa. Forse ho sbagliato, ma non sapevo cos'altro fare.”
“Hai fatto bene, grazie.” lo rassicuro.
Mi sorride e si siede sul divano rannicchiandosi in un angolo.
“Puoi anche sdraiarti se vuoi.” lo invito.
“Sono più comodo così.”
Strano, solitamente si sta più comodi sdraiati.
Evidentemente lui preferisce stare seduto. Ma allora...
“Sei stato scomodo stanotte?”
“No, anzi.”
“Se non vuoi più dormire con me... Se sei scomodo,
devi solo dirlo.”
“Non preoccuparti. E poi sinché mi vorrai io ti
starò sempre vicino.”
Accidenti, come si fa a resistere a certi frasi così tenere
dette in una maniera così dolce?
“Sei sicuro di non essere un angelo?”
“Sì, certo. Anzi, di questo passo divento un
diavoletto.”
“Perché?” chiedo senza comprendere.
“Per i pensieri che continuo a fare. Gli angeli non
desiderano certe cose.”
“Cioè? Spiegati meglio.”
“Se fossi vivo, vorrei chiudermi con te in una stanza da
letto e non ti farei più uscire per almeno una settimana. Il
resto immaginalo.”
“Effettivamente, non credo che siano pensieri da
angelo.”
Sono stupita, non avrei mai immaginato che lui desiderasse certe cose.
Beh... Siamo in due.
“Chissà che mi prende. Non facevo certi pensieri
neanche da vivo. Sarà perché ti ho sempre
così vicino o forse sarà l'astinenza. Non lo
so.”
“Perché? Lo facevi molto spesso?”
“Con Janine, sì. Poi quando ci siamo lasciati sono
rimasto due mesi senza e poi mi sono suicidato.”
“Allora ti sei ucciso perché eri in
astinenza?” chiedo ironica.
Ridiamo entrambi.
“No, se fosse stato solo per quello non mi sarei mai
suicidato. Mi è capitato di restare senza sesso anche
più a lungo.”
Sesso... Mi ricordo a mala pena cos'è. Sono quattro mesi che
posso solo sognarlo.
“Dovresti trovare qualcuno.” aggiunge Federico
qualche minuto dopo.
“Come se fosse facile! Con chi dovrei provare? Con i
vecchietti che vengono al supermercato?”
“Dovresti uscire più spesso. Svagarti, conoscere
gente nuova.”
“Con chi dovrei svagarmi? Ho perso tutte le mie amiche e sono
sempre sola. Ma adesso ci sei tu.”
Lo vedo cambiare espressione e diventare serio e pensieroso.
“C'è qualcosa che non va?” chiedo
preoccupata.
“Io non resterò a lungo.”
Una doccia gelata o una pugnalata alla schiena mi avrebbero sorpreso
molto meno.
“Cosa? Vuoi dire che mi lascerai? Quando?” domando
con un filo di voce.
“Non lo so esattamente. So solo che prima o poi mi
richiameranno.”
Mi siedo sconvolta. Se ne andrà... E io sarò di
nuovo sola. Gli occhi mi si riempiono di calde lacrime e comincio a
singhiozzare. È possibile che mi sia già
affezionata a lui? Il fatto è che mi sembra di conoscerlo da
sempre. Con lui, dopo tanto tempo, mi sono sentita tranquilla e
allegra. Ho avuto qualcuno con cui confidarmi, ridere e scherzare.
Ormai siamo amici. Non può andarsene così, non
può!
Mi raggiunge e mi prende il viso fra le mani.
“Non piangere piccola.”
“Non voglio che tu te ne vada.”
“Devo, prima o poi. Ma abbiamo ancora tempo.”
“Per cosa? Che fai? Mi porti a ballare?” domando
sarcastica.
“Se potessi, lo farei.” afferma sorridendo prima di
abbracciarmi.
Non è giusto! Sto tanto bene con lui. Perché
è tutto così difficile?
Mi riprendo finalmente e smetto di piangere. La mia cena ormai
è gelata, ma non mi importa. Controvoglia inizio a mangiare
lentamente. Lui continua a starmi accanto osservandomi. Poi fa una
faccia buffa e involontariamente sorrido.
“Devi sorridere più spesso. Sei così
carina.”
“Bugiardo, ma grazie.”
“Non è una bugia.” replica seriamente.
Continuo a mangiare ignorando le mie guance in fiamme.
“Sono stanca, è meglio che mi prepari per andare a
dormire.” esclamo una volta terminato di mangiare.
Quando un quarto d'ora dopo mi infilo sotto le coperte mi sento ancora
così triste! Lui mi raggiunge, si sdraia accanto a me e mi
abbraccia, ma quelle maledette lacrime riprendono a scorrere.
“Ilaria, non piangere, ti prego.”
“Non... Riesco... A... Smettere...” singhiozzo.
“È tutto a posto. Non disperarti.” mi
sussurra dolcemente all'orecchio mentre mi stringe più forte
a sé e mi accarezza i capelli.
“Non è tutto a posto! Che farò? Mi
mancherai da morire...”
Chiudo gli occhi e mi appoggio su di lui, mi fa sentire sicura stare
tra le sue braccia.
È proprio duro svegliarsi quando si è passata una
notte così. Ho dormito come una neonata cullata fra le sue
braccia forti e protettive.
“Dovresti alzarti.” mi sussurra dolcemente.
È passato qualche giorno dalla mia crisi di pianto isterico
e ora sto meglio. Mi rassegno al fatto che la sua presenza è
solo temporanea anche se, ovviamente, non ne sono felice.
“Ti prego, è sabato.”
“Ma tu lavori anche oggi!”
“Mi darò malata!”
“Con quella faccia? Hai l'aspetto più sano che
abbia mai visto!”
Ci mettiamo a ridere entrambi.
“D'accordo, mi alzo.”
Con uno sforzo mi siedo sul letto ma poi mi rituffo sul cuscino con
aria disperata.
“Ti scongiuro, lasciami dormire.” lo imploro.
“Non posso, non puoi perdere il lavoro.”
“E va bene.” acconsento infine.
Mi alzo sbuffando e mi dirigo in bagno. Deve ringraziare di essere
così carino, altrimenti avrei potuto schiaffeggiarlo.
Dormivo così bene!
Poveretto, mi fa certe cortesie e io penso a prenderlo a schiaffi. Sono
proprio maligna.
Esco dal bagno un po' più sveglia e comincio a prepararmi la
colazione.
“Oggi finisci di lavorare prima, vero?” chiede con
noncuranza nonostante sappia già la risposta.
“Sì, faccio solo mezza giornata.
Perché?”
“Dovresti uscire.”
“Per andare dove?”
“Non lo so, ma non puoi stare sempre chiusa in
casa.” dice premurosamente.
“Non ti preoccupare per me.
Sopravviverò.”
Mi guarda in modo strano, poi si alza e si affaccia alla finestra. Mi
preparo per andare a lavoro o farò tardi. Corri Ilaria!
Rientro in casa con un sospiro. Fine settimana! Era ora. Sono esausta.
Mi sdraio sul mio adorato e comodissimo divano. Non mi sembra vero dopo
aver passato tutto il giorno in piedi.
“Pigrona!” mi rimprovera Federico.
“Sono stanca. Raccontami qualcosa, possibilmente di
divertente.” lo imploro.
“Cosa potrei dirti?”
“Non lo so, qualsiasi cosa. So così poco di
te.”
“Mi dispiace, non mi viene in mente niente di
divertente.” replica desolato. “E a te?”
Faccio cenno di no con il capo.
“Siamo proprio messi bene!” esclama ridendo.
Mi alzo e metto su un CD. Sempre meglio del silenzio che spesso
è opprimente.
“Carlo è stato proprio un idiota.”
mormora alle mie spalle.
Mi volto lentamente e mi ritrovo faccia a faccia con lui. Alzo
lievemente il capo per poterlo guardare nei suoi splendidi occhi neri.
“Lo pensi sul serio?”
“Sì, certo. Molte persone non si rendono conto
delle fortune che hanno.”
Lo guardo incredula alzando le sopracciglia.
“Sarei io la fortuna?”
“Naturalmente.”
“Anche Janine ha fatto lo stesso errore. Quei due sono
uguali. Come noi due.”
“Credo che tu abbia ragione.” ammette passando una
mano fra i miei capelli.
Socchiudo gli occhi, è così piacevole sentire le
sue dita giocherellare dolcemente con le mie ciocche castane. Quando
riapro gli occhi, lui mi sta fissando, è vicinissimo. Il
cuore mi batte forte e il respiro si fa affannoso. Lui mi prende fra le
braccia delicatamente e posso appoggiare il capo sulla sua spalla
mentre le sue labbra solleticano la mia fronte.
“Federico... Che ci succede?” chiedo in un momento
di razionalità.
“Non lo so.” sussurra poco prima di fuggire
dall'altro lato della stanza. “Mi spiace Ilaria. Non fuggo da
te, sia chiaro, ma da me stesso. È una situazione assurda.
Non posso fare a meno di desiderarti. Il che, oltre che proibito,
è del tutto innaturale.”
Innaturale per lui, forse. Per me è più che
naturale desiderarlo. Lui è bellissimo, dolcissimo e io non
faccio l'amore da troppo tempo.
“È tutto troppo complicato. Per non parlare dei
famosi pensieri proibiti. Non è colpa mia se penso certe
cose. Il mio subconscio è quello che è. Non posso
farci nulla.” mi giustifico.
“Hai ragione, ma questo non cambia le cose.”
“Lo so.”
“Forse non dovremmo pensarci, o almeno provarci, non
credi?” domanda con un sorriso forzato. “Ehi! Tu
non hai ancora mangiato!” aggiunge subito dopo.
Mi metto a ridere. Si preoccupa sinceramente per me ed è
quasi commovente. Mi dirigo in cucina per prepararmi qualcosa di
veloce, ho voglia di dormire, sono troppo stanca..
“Mi è venuta in mente una cosa
divertente.” esclama mentre mi siedo a tavola. “Un
anno e mezzo fa io e Janine siamo andati allo zoo. Sai lei è
una vegetariana convinta e non faceva che parlare di gruppi animalisti.
Ci siamo fermati alla gabbia delle scimmie e lei non faceva altro che
ripetere “Guarda come sono carine!”, sino a quando
una scimmia non l'ha sputata in faccia. È andata via
esponendo il suo dizionario di imprecazioni in francese. Da quel giorno
non ha più parlato di gruppi animalisti!”
“Quella scimmia ha fatto bene!” commento ridendo.
Riprendo a mangiare immaginando la bellissima e perfettissima Janine
che viene sputata da una scimmia.. Questo sì che
è divertente.
“Hai avuto altre storie importanti prima di lei?”
domando tornando seria. Si siede accanto a me con aria pensierosa.
“Sì, due. La prima quando avevo 21 anni. Si
chiamava Angela. Pensavamo di sposarci, ma poi mia madre è
peggiorata e io stavo perennemente al suo capezzale. Mi sono reso conto
che stavo trascurando Angela. Le ho spiegato le mie motivazioni e l'ho
lasciata.”
“L'hai più rivista?”
“Sì. È sposata e ha un paio di
bambini.”
Chissà perché mi si affaccia alla mente
l'immagine di due bimbi che somigliano in maniera impressionante a
Federico. Sarebbe stato carino come papà...
“E la seconda?”
“Si chiamava Laura. Siamo stati insieme quasi 3 anni, poi lei
si è resa conto di essere lesbica.”
“Sul serio?”
“Sì, certo. Doveva per forza accorgersene solo
dopo essere stata con il sottoscritto!” esclama sarcastico.
Poveretto! Non gliene è andata una dritta! Lo capisco, anche
io ho avuto una serie di ragazzi disastrosi. Uno voleva portarmi in
Amazzonia, un altro pregava Dio di perdonarlo ogni volta che facevamo
l'amore, e un altro a cui piaceva insultarmi nell'intimità.
E poi, ovviamente, c'è stato Carlo. Che posso farci? La
sfortuna fa parte della mia vita.
“Quante donne hai avuto?” continuo a domandargli.
“Come sei curiosa!” mi rimprovera.
“E dai! Tu lo sai quanti uomini ho avuto io.”
“Una decina, mi pare..”
“Solo?” mi stupisco. Ma si è visto?
“In quanto tempo?”
“12 anni. Perché dici solo? Ho avuto storie
abbastanza lunghe e sono un tipo fedele..”
“E sei anche romantico?” chiedo sempre
più curiosa.
“Sì, certo. Quanto è
necessario.”
Faccio un profondo sospiro melodrammatico.
“Ragazzi come te non ne esistono più. Eri l'ultimo
della specie.”
“Se dici così mi fai sentire un panda del
WWF!”
Ridiamo e mi scappa uno sbadiglio. Come sono stanca! Mi alzo e mi
dirigo in camera da letto. Mi sdraio e affondo la testa sul mio morbido
cuscino.
“Riposati piccola.” mi sussurra Federico
all'orecchio.
“Sei gentile.” lo ringrazio con un sorriso.
Mi accoccolo fra le sue braccia come un gattino mentre lui mi accarezza
dolcemente una guancia.
Mi sento scuotere debolmente. A fatica, spalanco gli occhi. Federico
è accanto a me con una strana espressione.
“Che succede?”
“Suonano alla porta.”
“Chi è?”
“Veramente... È Carlo.”
“Che diavolo vuole? Lascialo suonare.”
Mi rituffo nel cuscino, ma il campanello continua a suonare in maniera
irritante. Quel bastardo sa che sono a casa, avrà visto la
mia macchina parcheggiata. Accidenti a lui! Mi alzo sbuffando, quanto
lo odio! Guardo dallo spioncino. È proprio lui, non
è cambiato di una virgola, con i suoi occhi blu che avevo
adorato al primo sguardo, il fisico atletico e le sue pose che fanno
capire a chiunque quanta sfrontata fiducia abbia in se stesso.
Apro la porta solo di pochi centimetri, il tanto necessario per vederlo
in viso. Quanto è disgustoso, ha il coraggio di sorridermi!
“Che vuoi?” domando astiosa.
“Ciao come stai? Posso entrare?”
“No. Te lo ripeto: Che vuoi?”
“Parlarti.”
“Io no. Addio.”
Tento di chiudere la porta, ma lui mi blocca.
“Ti prego Ilaria! Sono qui per chiederti scusa!”
“Davvero? Che è successo? Le tue amichette ti
hanno piantato?”
Sbianca facendo una smorfia. Non poteva immaginare che io sapessi. La
sua espressione è comica, ci vorrebbe una foto.
“Di che parli?” chiede perdendo gran parte della
sua odiosa sicurezza.
“Di quelle con cui mi tradivi.”
“Ma che dici? Io non...” tenta di negare.
“È inutile che menti. Lo so da fonte certa. Ora
sparisci.”
“Chi te l'ha detto?”
“Non importa. L'unica cosa che conta è che non ti
voglio vedere. Non volevo farlo quattro mesi fa, figurati ora! Inoltre
mi hai disturbato, dormivo.”
“Con chi? Scommetto che hai un altro. È per questo
vero?”
La sua insinuazione è così tipica di lui. Vuole
rivoltare la frittata cercando di far ricadere ogni colpa su di me.
Viscido verme. È così nauseante.
“No, e anche se fosse non sarei tenuta a risponderti.
Addio.”
Riesco a chiudere la porta velocemente e questa volta non riesce a
bloccarmi. Dall'altro lato, lui comincia a insultarmi. Lo ignoro e mi
tuffo nuovamente nel mio letto. Finalmente sento i suoi passi
allontanarsi giù per le scale. Federico mi raggiunge subito
dopo.
“Come ti senti?” domanda dolcemente.
“Nauseata. Come facevo a non accorgermi che è
così... Rivoltante! Sono stata una vera idiota a stare con
lui.”
“Capita a tutti di sbagliare.” cerca di consolarmi.
Lo abbraccio, ho bisogno di sentirmi protetta, rassicurata. Federico mi
accarezza lentamente la schiena con la sua grande mano delicata.
“Perché non sono tutti come te?”
sussurro al suo orecchio.
“Sarebbe una vera noia.” replica sorridendo.
“Tu non sei noioso.”
“Ma se fossimo tutti uguali sarebbe davvero molto noioso. La
varietà rende la vita più interessante.”
“Ma sarebbe meglio avere qualcosa su cui contare. Invece
così... È come giocare alla roulette.”
“Lo so.”
“Federico...” mormoro facendo le fusa come una
gatta. “Sai dove vorrei essere ora? In un isola tropicale,
sotto un sole caldo e avvolgente. E tu?”
“Anche a me piacerebbe, ovviamente da vivo.”
Mi stringo più forte a lui poggiando la mia guancia sulla
sua.
“Come avrei voluto incontrarti prima. Non è
giusto!” esclamo seccata.
“Che vuoi farci? Frequentavamo ambienti molto diversi. Forse
era destino.”
Lo guardo sconcertata.
“Tu credi nel destino?”
“Sto cominciando a farlo.”
“Non capisco come puoi. Cioè, se mi investono
è perché non ho guardato bene prima di
attraversare, non perché il destino voleva farmi arrivare al
pronto soccorso per farmi innamorare di un medico.”
Mi sorride con condiscendenza.
“Può darsi. Ma se Janine non mi avesse tradito, io
non mi sarei suicidato e non ci saremmo mai conosciuti.”
“È solo un caso.” insisto testardamente.
“È destino. Ci sono cose che non sempre hanno una
spiegazione. Devi solo crederci.”
“Ma...” tento di protestare.
“Dopotutto sino a pochissimo tempo fa non credevi neanche ai
fantasmi. Ora invece sì.”
“Ma ora ne ho le prove!” esclamo infervorandomi.
Federico comincia a ridere. Che fa? Mi prende in giro? Lo guardo con
aria interrogativa e lievemente irritata. Come si permette?
“Perché ridi?”
“Perché anche io la pensavo come te. Prove, solo
prove. Poi, mio malgrado, ho capito che le prove non sono altro che
punti di vista. Se per te una cosa è ovvia e certa, non lo
è necessariamente per qualcun altro.”
Lo fisso per qualche istante. Ha una sua logica, come sempre. Detesto
ammettere di avere torto ma con lui non posso fare altro. Legge nei
miei pensieri e ha sempre ragione, accidenti!
“Ma tu sei un pittore o un filosofo?” chiedo con
ironia.
“Un po' tutti e due. Tu invece sei un infedele.”
Ci fissiamo seriamente negli occhi per qualche secondo e poi,
contemporaneamente, scoppiamo a ridere come due pazzi.
“Certo che ne abbiamo detto di sproloqui!” commento
quando mi riprendo dalle risate.
Solo ora mi rendo conto di essere letteralmente addosso a lui. Siamo
più appiccicati di una busta e un francobollo. Appoggio il
capo sul suo petto così forte e perfetto e socchiudo gli
occhi. Sento le sue braccia stringermi con dolcezza. Il cuore mi batte
sempre più velocemente, non capisco più nulla.
L'unica cosa che riesco a identificare sono le sue mani che mi
accarezzano la schiena. Come sto bene con lui! Non mi importa nulla di
nient'altro, di nessun'altro. Mi sento come se una musica silenziosa ci
spingesse l'una nelle braccia dell'altro. Alzo leggermente la testa e
vengo catturata dal suo sguardo profondo. Il suo viso, le sue labbra...
Cosa c'è di più bello?
Improvvisamente, lui mi lascia e si allontana dall'altro capo della
stanza. Mi sento invadere da un freddo odioso. Lo guardo con aria
interrogativa. Che gli prende?
“Mi spiace. Non ce la faccio. Finirò per fare una
sciocchezza.”
“Una sciocchezza?” ripeto senza capire.
“Vedi quando ti abbraccio vorrei tanto essere vivo per...
Oddio, ma come si può? Sono morto eppure non mi sono mai
sentito così vivo.”
È nervoso. Non riesce a stare fermo e cammina inutilmente
avanti e indietro.
“Sai, se tu avessi realmente fatto una sciocchezza io... Io
ti avrei lasciato fare.”
“Forse è proprio perché so che anche tu
vorresti... Oppure... Non lo so. Accidenti! Non posso neanche farmi una
doccia fredda!”
Mi viene da sorridere. Chissà come è carino sotto
la doccia. Ma che vado a pensare? Lui mi guarda imbarazzato mentre io
arrossisco. Beccata in pieno in pensieri proibiti.
“Che possiamo fare?” domando senza alzare lo
sguardo.
“Non lo so.” risponde sconsolato uscendo dalla
stanza.
Io mi sdraio nuovamente sul letto esasperata. Che situazione! Entrambi
ci sentiamo così attratti l'uno dall'altra, ma ci sono delle
barriere insormontabili che non potremo mai superare o abbattere.
È davvero frustrante. Non c'è nulla che
possiamo fare. Mi perdo nei pensieri non riuscendo a collegarli
logicamente, sinché le palpebre mi si chiudono pesantemente.
Mi sveglio lentamente con uno sbadiglio. Dalla finestra non filtra
nessuna luce, è buio. Quanto avrò dormito? Mi
alzo e mi dirigo in cucina. Federico è lì, seduto
su una sedia, con aria assorta fissa il pavimento.
“Ben svegliata..” esordisce senza neanche alzare lo
sguardo.
Non ha un tono di voce molto allegro.
“Come va?” chiedo a bassa voce.
“Come deve andare? Sono morto! Forse non l'ho ancora
accettato del tutto. Devo rassegnarmi.”
È così triste. Mi dispiace molto per lui.
È tutta colpa mia, non gli rendo facile il suo compito.
Forse dovrei...
“Non è colpa tua. Ma perché diavolo mi
sono suicidato? Sono proprio un idiota!”
“Tu non sei un idiota.”
“Certo! È stato geniale suicidarmi!”
replica sarcastico alzando finalmente il suo bellissimo e triste
sguardo.
“Non dire così. Avevi ragione tu, è
stato destino.”
“No! Io ho deciso di suicidarmi. Il destino è solo
una stupidaggine come dicevi tu..”
Mi fa male vederlo in questo stato. È disperato. Lo capisco,
ma deve tirarsi su.
“Federico, tu stavi male! Non è stata una
decisione presa lucidamente. Quando si è depressi non si
riesce a pensare in maniera chiara.”
“Questo non mi giustifica.” dice con estrema
amarezza.
“Sì, invece. Infatti ora che ragioni con
lucidità ti rendi conto che non avresti dovuto.”
Si passa le mani fra i capelli in atto disperato.
“Ilaria... Mi sento un fallito!”
“Non lo sei.” replico facendo qualche passo nella
sua direzione.
“Sì, invece. Cosa ho concluso nella mia vita?
Nulla, al primo ostacolo mi sono arreso.”
Mi avvicino ancora sino ad essere proprio di fronte a lui.
“Non devi dire così.”
Alza lo sguardo verso di me come a cercare conferma nel mio viso.
Allunga lentamente le braccia e mi attira più vicino a
sé e poi appoggia il capo sul mio ventre, abbracciandomi
come un bambino.
Rimaniamo fermi in quella posizione per diverso tempo e io non posso
fare a meno di passare le mani fra i suoi capelli corvini per
consolarlo. Lui deve aiutare me, ma io devo aiutare lui.
Quando finalmente alza il viso e mi guarda, sembra molto più
tranquillo e rilassato.
“Ti senti meglio?”
“Sì, grazie.” afferma sorridendo.
“Sei la mia salvatrice.”
Ricambio il sorriso. È così carino! Sembra un
bimbo. Ho quasi voglia di morderlo! Mi siedo accanto a lui e lo prendo
per mano.
“Non voglio più vederti triste. Sei
così carino quando sorridi.”
“Tenterò. Tu mi fai la stessa promessa?”
“Tenterò anch'io.”
Mi abbraccia passandomi il braccio attorno alle spalle.
“Come ho fatto senza di te?”
“Vale anche per me.”
Sorride mentre giocherella con una ciocca dei miei capelli.
“Federico... Siamo due disgraziati.” aggiungo.
“Niente nella nostra vita è andato come sarebbe
dovuto andare, ma non è colpa nostra. Chiamalo destino o
caso, resta il fatto che noi non ne abbiamo colpa. È inutile
esasperarci non credi?”
“Hai ragione. È solo che... Vorrei che ci fossimo
incontrati in una situazione diversa.”
“Lo so. Anche io.”
Appoggio il capo sulla sua spalla e socchiudo gli occhi lasciandomi
trasportare dall'immaginazione. Se lui fosse il mio ragazzo. Se questo,
se quello...
CONTINUA
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** I ritratti. ***
La convivenza è sempre più difficile e una
particolare richiesta di Ilaria mette sempre più in
difficoltà Federico.
Buona lettura.
3 - I ritratti.
Il tempo vola in maniera impressionante. Sembra ieri che ho conosciuto
Federico e, invece, è già passato più
di un mese. La nostra convivenza ha degli aspetti un po' complicati, ma
ce la caviamo. Cerchiamo di evitare di stare troppo vicini e, se
capita, o io o lui ritroviamo la ragione prima che sia troppo tardi.
È una persona stupenda e non voglio correre il rischio di
perderlo per una sciocchezza.
Mi ha raccontato altri aneddoti sulla sua infanzia, i suoi genitori e
Janine. È un ragazzo molto dolce e sensibile e la notte
continua a starmi accanto stringendomi fra le sue braccia. Per evitare
qualsiasi inconveniente, io indosso sempre dei pigiami che di sexy non
hanno proprio niente. Forse li usano anche le suore!
È molto rassicurante svegliarmi accanto a Federico, ma
questa mattina, appena apro gli occhi, mi rendo conto che lui non
è accanto a me. Mi siedo sul letto e lo vedo seduto in terra
dall'altra parte della stanza. Appoggia completamente la testa e le
braccia sulle gambe piegate. Cosa gli prende?
“Ciao.” mi saluta con voce piatta senza muoversi.
“Ciao, ma...”
“Mi sono dovuto allontanare.” mi interrompe alzando
il viso con uno strano sorriso.
“Perché?”
“Tu non te ne sei accorta ma, mentre ti rigiravi nel sonno.
Ti si è spostato il reggiseno.”
“Davvero? Molto?”
“Abbastanza.” risponde con un sorriso malizioso.
“Mi dispiace!”
Sono davvero mortificata. Se si è dovuto allontanare allora
significa che... Mi capitano cose simili di continuo, anche se cerco di
stare attenta!
“Non importa.” conclude lui.
Rimaniamo in silenzio per un po'. È tutto così
difficile. Così vicini eppure così distanti.
Decido di alzarmi. Oggi è domenica e non lavoro. Non so che
farò. Probabilmente resterò come sempre a casa a
chiacchierare con Federico. Non mi dispiace, anzi mi fa molto piacere,
ma ormai ci siamo già detti tutto. Veramente io non ho
bisogno di dire nulla. Lui sa già tutto.
Mi preparo la colazione, ho proprio fame. Devo essere di buon umore
perché mi viene da canticchiare, il che è
piuttosto raro. Accendo la radio, questo posto è troppo
silenzioso. Voltandomi, mi ritrovo di fronte a Federico. Siamo
così vicini che se faccio solo mezzo passo gli sono fra le
braccia.
“Sei comparso all'improvviso.” esclamo per
giustificare il mio cuore dal battito frenetico.
“Ero qui da prima, ma non te ne sei accorta, eri
distratta.”
“Canticchiavo.” replico abbassando lo sguardo.
“Sì, eri carina.”
Arrossisco come un peperone.
“E tu sei un bugiardo, ma grazie.”
Mi sfiora il mento con una mano costringendomi a guardarlo in viso.
“Perché dovrei mentirti?” chiede
seriamente.
Rimango a fissare quegli occhi sinceri e profondi in cui potrei anche
annegare.
“Non lo so.” sussurro emozionata.
Improvvisamente, mi ritrovo fra le sue braccia. Come è
successo? Gli sono caduta addosso o mi ha preso lui? Non potrei dirlo.
È stato un movimento veloce e io ero così presa a
fissarlo che non mi sono accorta di nulla.
“Ti ho preso io.” afferma sorridendo annullando i
miei interrogativi.
“Perché?”
“Perché volevo sentire il tuo profumo e il battito
del tuo cuore.”
Arrossisco di nuovo. Se sente il battito del mio cuore, si rende conto
che è quasi impazzito?
“Forse dovresti lasciarmi.”
“Non mi va.”
Mi stringe più forte affondando il viso nei miei capelli.
Chiudo gli occhi, è così piacevole stare tra le
sue braccia! E poi quando lui mi abbraccia mi fa sentire speciale. Mi
sembra di essere bellissima solo perché lui mi desidera.
Ilaria! Ma cosa vai a pensare?
“Stiamo esagerando, non credi?”
“Hai ragione.” ammette con un sospiro.
“Qualche volta non rifletto.”
Si allontano e sento un grande freddo. È proprio un inferno.
È come essere affamati, essere di fronte ad un banchetto, ma
non poter toccare neanche una briciola. Una vera ingiustizia.
Mentre faccio colazione, lui è sempre ancorato a quella
finestra. Credo la odi. Non fa che ricordargli quello che ha fatto. Se
solo potessi fare qualcosa per lui...
“Federico?” lo chiamo d'impulso. “Ti
manca la pittura?”
Si volta lentamente e mi sorride.
“Ma che domande fai?”
“Sono curiosa. Allora?”
“Sì, un po'.” replica con tono
rassegnato.
“Perché non ti rimetti a dipingere?”
“Scherzi? No, non scherzi. Devi essere impazzita.”
“Se puoi abbracciare me, perché non puoi stringere
tra le dita un pennello?”
Mi guarda con aria pensierosa. Sembra ci stia riflettendo seriamente.
“Ci penserò.”
Si volta di nuovo. È davvero esasperante. Forse non
è giornata. D'accordo, se è di cattivo umore lo
lascerò in pace. Non mi costerà nulla ignorarlo
con tutto quello che ho da fare. Peggio per lui.
Ormai è sera. Ho passato l'intera giornata a ignorarlo come
lui ha fatto con me, ma questa storia non mi piace. Io voglio stare con
lui, perché devo ignorarlo? Comunque se è di
cattivo umore non posso certo costringerlo a stare con me se lui non
vuole. Lo obbligano già da lassù.
Sono un po' stanca. Mi sdraio nel mio lettone e mi copro con una
coperta. Ho appena chiuso gli occhi per riposare, quando mi sento
scuotere lentamente.
“Che c'è?” chiedo riaprendo gli occhi.
“Ti devo parlare. È importante.”
Sembra davvero una cosa seria, ha uno sguardo strano e molto triste. Mi
metto a sedere e lo guardo con aria interrogativa.
“C'è una novità. Ho ancora un mese e
poi andrò via.” mi informa con sguardo basso.
Lo sapevo. Sapevo che questo momento era vicino. Sapevo che avrei
sofferto, ma ancora non immaginavo quanto male avrei provato. Mi sento
come se stessi annegando e nessuno potesse aiutarmi.
“In questo mese,” aggiunge lentamente “Il
mio compito sarà quello di farti conoscere
qualcuno.”
Ci vuole qualche secondo perché riesca a percepire e
assimilare le sue parole.
“Cosa intendi per qualcuno? Un uomo?”
Annuisce. Avrei dovuto immaginarlo. Ora comprendo tutte le sue
esortazioni a uscire e conoscere nuove persone. È sempre
stato il suo compito sin dal principio. Mi chiedo solo
perché abbia aspettato tanto a svolgerlo.
“E se non ci riesci?”
“Dovrò riscattarmi ancora a lungo.”
“E io? Cosa mi succederà?”
Abbassa lo sguardo con aria dispiaciuta.
“Non lo so e, se lo sapessi, non te lo potrei dire.”
“Un mese.” ripeto a bassa voce.
Quando il mese finirà e lui andrà via, come
farò? Difficilmente potrò vivere ancora allo
stesso modo. Non sarò più la stessa. Tutto quanto
sarà diverso. Andando via porterà con
sé una parte di me che non potrò più
recuperare.
“Mi mancherai.” mi dice accennando un sorriso.
Ricambio il sorriso. Anche lui mi mancherà, da morire. Ma
non ho bisogno di dirlo. Tiro su col naso ricacciando indietro le
lacrime che tentano inevitabilmente di sgorgare.
“Spero deciderai di rimetterti a dipingere. Voglio che tu mi
faccia un ritratto, così avrò un tuo
ricordo.” affermo cercando di riprendermi.
“Va bene, ma tu dovrai collaborare.” acconsente.
“Per il ritratto? Certo io...”
“No.” mi interrompe. “Per il mio
compito.”
Il suo compito. Trovare un uomo per me. Ma lassù pensano
davvero che io sia così disperata? Sono tentata di dirgli
“No! Neanche per idea!” ma i suoi occhi mi fissano
imploranti.
“D'accordo, cercherò...”
Sorride e allunga una mano accarezzandomi una guancia. Il suo sguardo
è come un caldo abbraccio e il mio cuore comincia ad
accelerare i battiti.
“Non sarà difficile. Sei così bella..
Chi non ti vorrebbe?”
Inevitabilmente, mi metto a ridere. Non posso credere che pensi davvero
quello che dice. Io sono una ragazza normale, come tante altre.
“Sei troppo gentile, e bugiardo.”
“Perché pensi sempre che io ti stia mentendo? Io
non dico bugie.”
“Perché non credo di essere così bella
come dici tu.”
“Ma lo sei!” esclama esasperato. “I tuoi
occhi, i capelli, il sorriso, il tuo corpo... Sei stupenda.”
Il suo sguardo è sincero, crede davvero in quello che dice.
Ne è assolutamente convinto, ma ciò non significa
che sia vero.
“Ho solo un piccolissimo difetto: Incontro solo uomini
sbagliati. Alcuni sono dei pazzi, altri dei depravati. Ho conosciuto
persino un fantasma!” ci scherzo su.
Sorride ancora con estrema dolcezza facendomi arrossire. Abbasso lo
sguardo.
“Non è colpa tua, ricordi? Caso o destino, non
è colpa nostra.”
“Certo che lo ricordo, ma non è facile.”
Mi sdraio facendo un profondo sospiro e poco dopo, lui si corica
accanto a me.
“Lo so. Ti aiuterò io. Andrà tutto
bene.”
Lo abbraccio. Non andrà tutto bene. Come potrebbe se lui non
ci sarà più? Ormai lui è una parte di
me, come farò a separarmene senza morire dentro?
Bisogna ammetterlo, quando vuole Federico sa essere davvero molto
insistente. Sono a lavoro da poco più di un'ora e mezzo e ha
già fatto in modo che quattro ragazzi mi si presentassero.
Non so proprio come c'è riuscito perché con la
divisa sono proprio penosa. Erano tutti dei ragazzi carini, ma nessuno
di loro mi ha colpito particolarmente. Nessuno ha fatto scoccare la
scintilla come quando ho incontrato Carlo. Quello, però, non
è certo un esempio positivo, visto come è finita.
Ecco che ne arriva un altro che mi sorride..
“Desidera?” chiedo con tono professionale.
“Un chilo di pomodori e un appuntamento.”
Rimane a fissarmi sorridendo con un aria da ebete.
“I pomodori eccoli. Per il resto, mi dispiace, ma
no.”
“Perché? Fidanzata? Sposata? Gay?”
Inevitabilmente mi metto a ridere. Tutto sommato è
divertente ma... Niente. È un ragazzo carino, ma non so come
spiegarlo. Non mi piace e basta.
“Nessuno dei tre.” rispondo infine. “Mi
dispiace ma, se non deve acquistare altro, la saluto.”
“D'accordo, ma tornerò.”
“Certo, per i pomodori.” concludo sperando che
afferri il punto.
“Se preferisce dire così..” insinua
maliziosamente guardandomi il seno mentre va via. Assolutamente
rivoltante. Se per un attimo lo avevo trovato divertente, la sua ultima
affermazione e il suo sguardo lascivo mi hanno fatto cambiare idea.
Uomini!
Federico è proprio impossibile. Tutti quelli che mi si sono
presentati sembravano degli aspiranti modelli con un ego grande come la
Via Lattea. Palestrati, belli, arroganti e vanitosi. Esattamente
ciò che detesto. Io voglio un ragazzo carino che mi faccia
sentire protetta, ma questo non è in relazione all'aspetto
fisico. È una questione di carattere e delle sensazioni che
mi fa provare. Voglio una persona semplice, domando troppo? Forse
sì.
Oddio, ne arriva un altro!
“Mi scusi signorina.”
“Sì?” chiedo aspettandomi il peggio.
“Lo sa di somigliare alla Venere del Botticelli?”
Questa poi! È proprio il colmo! Come diavolo fa Federico?
Solo con il lavaggio del cervello si possono raggiungere risultati
simili!
“No, non lo so, perché non è vero.
Quindi, a meno che non voglia frutta o verdura...”
“Ho già messo gli occhi su un bel
frutto.” mi interrompe allusivo.
Santo cielo! Che schifo!
“Senta, la smetta o chiamo la sicurezza. Le occorre qualcosa
di acquistabile?”
“D'accordo, ho recepito il messaggio. Me ne vado. Arrivederci
bella scontrosa.”
Scontrosa? Come avrei dovuto reagire, cadendogli fra le braccia?
Neanche per idea! Ma chi si credeva di essere? Federico me la
pagherà..
Rientro in casa sbuffando e veramente alterata. Giuro che se non fosse
già morto lo ammazzerei io! Dopo quei due, se ne sono
presentati altri 11 e tutti dello stesso genere!
“Federico fatti vedere, voglio strozzarti!”
Dopo qualche secondo, lo vedo apparire dall'altro lato della stanza. Ha
un'aria mortificata, proprio come deve, visto quello che ha combinato!
“Sul serio?” chiede con un sorriso dolcissimo.
Accidenti a lui! Come posso essere arrabbiata se lui è
così carino?
“Federico così non può
andare.” inizio esasperata lasciandomi cadere sulla poltrona.
Lui mi si avvicina.
“Lo so che non erano il tuo genere.” comincia a
giustificarsi. “Ma non si sa mai. Spesso una persona che non
pensi ti possa piacere...”
“Non funziona così con me.” lo
interrompo immediatamente. “Ci ho già sbattuto il
muso troppe volte. E quelli appartenevano proprio alla categoria che
detesto. Proprio il genere che crea problemi. Cielo, mi leggi nel
pensiero, dovresti saperlo!”
Annuisce con aria colpevole. Spero non ci sia rimasto male. Faccio un
profondo sospiro esasperato cercando una qualsiasi soluzione.
“Senti, facciamo così: se, e solo se,
c'è qualche ragazzo decente nelle vicinanze, allora tu fai
in modo che lo conosca. Ma, ti prego, evita di farmi incontrare tutti i
narcisisti bastardi che esistono, ok?”
Sorride e si siede accanto a me.
“Narcisisti bastardi? Ci vai pesante..”
“Andiamo! Era evidente che razza di persone
fossero!”
“Mi dispiace.” si scusa ancora con lo sguardo basso.
Gli sorrido. Come faccio a prendermela? In fondo, l'ha fatto a fin di
bene.
“Non importa. Solo, non esagerare o mi mandi in
manicomio!”
“Va bene.”
Mi fissa negli occhi per un lunghissimo istante. Il suo sguardo
è come una dolce e calda carezza. Potrei perdermi nei suoi
occhi ipnotici. Anzi, credo di essermi già persa, da
parecchio. Ritorno in me e abbasso lo sguardo. Lui si alza e si
allontana. Io lo seguo qualche secondo dopo e lo fermo
trattenendolo per un braccio. Prima che possa dire qualsiasi cosa, lo
abbraccio.
“Ti voglio bene.” sussurro contro il suo petto.
“Anch'io te ne voglio. Ho cercato di fare del mio
meglio.” continua a scusarsi.
“Lo so.”
Mi stringo di più a lui, ma tenta di allontanarsi.
“No, ti prego. Abbracciami ancora.” lo supplico.
Si irrigidisce e poi fa un lungo sospiro.
“Ilaria, non posso. Devo lasciarti. Neanche io vorrei, ma
è necessario.”
“Hai ragione.” accetto lasciandolo immediatamente.
Chissà cosa mi è preso. È meglio non
cercare risposte a un interrogativo simile. Lo guardo per qualche
secondo negli occhi e capisco che si sente esattamente come me. La
frustrazione è insostenibile. Riabbasso lo sguardo e mi
dirigo in cucina. Mentre mi preparo da mangiare in silenzio, lo vedo
sedersi su una poltrona tenendo lo sguardo basso.
“Ricordati del mio ritratto.” esclamo
all'improvviso cercando disperatamente qualcosa di cui parlare.
Alza il capo, mi guarda e poi mi si avvicina.
“Certo, contaci. Ma non ho né colori
né...”
“Ci penso io. Dimmi solo che ti serve e lo
procuriamo.”
Sorride riabbassando lo sguardo e quando lo rialza è pieno
di gratitudine.
“Ve bene. Spero di ricordarmi come si fa.”
“Certo che te ne ricordi. Sono sicura che non puoi
dimenticare una cosa simile.”
“Credo che tu abbia ragione.”
Comincia a camminare nervosamente avanti e indietro. Sembra molto
preoccupato e pensieroso.
“Che genere di ritratto vuoi?” chiede
all'improvviso fermandosi.
Non capisco e lo guardo con aria interrogativa.
“Vuoi solo il viso o magari...” comincia a spiegare.
“Decidi tu.” lo interrompo. “Io non me ne
intendo.”
Mi metto a cenare e lo lascio a camminare avanti e indietro
consumandomi il tappeto.
Ok, siamo pronti per il mio ritratto. Mi sento molto emozionata, non
avevo mai posato per un pittore. Ieri sera, secondo le indicazioni di
Federico, sono andata ad acquistare il materiale necessario.
È stato interessante. Solo per scegliere una sfumatura di
giallo ci è voluta mezz'ora!
Oggi, essendo domenica, avremo tutto il giorno per concentrarci
sull'arte. Durante questa settimana Federico ha cercato di essere meno
insistente nel farmi conoscere dei ragazzi. Grazie al cielo!
“Pronta?” mi domanda dopo aver preparato tutto il
materiale necessario e con lo sguardo fisso sulla tela. È
come ipnotizzato. Non parlava da circa un'ora! Credo che la pittura gli
manchi infinitamente e spero che dipingere ancora lo aiuti.
“Sì, sono pronta.”
Mi siedo su una sedia accanto alla finestra in modo da avere la luce
del sole che mi illumina il viso. Lo sguardo di Federico guizza da me
alla tela e viceversa. È così concentrato e serio
che quasi non lo riconosco. La pittura fa parte di lui. L'arte
è l'anima della sua anima. In questo momento esiste solo lui
e la sua tela. Resto immobile per più di un'ora e poi,
all'improvviso, lui alza lo sguardo e mi sorride.
“Pausa?” propone.
“Sì, certo.”
Mi avvicino alla tela. Rimango letteralmente a bocca aperta. Ha gettato
uno schizzo del mio viso ed è bellissimo. Io non me ne
intendo di arte, ma mi somiglia parecchio. Ed è solo uno
schizzo!
“Ti piace?”
“Federico... È fantastico! Cioè, questa
sono io! Mi somiglia tantissimo!”
“Sono contento che ti piaccia.”
“La mia opinione ti interessa così
tanto?” gli chiedo con un sorriso.
“Certo, è fondamentale, perché sei mia
amica, perché ti voglio bene, perché ho fiducia
in te e perché sei tu che hai commissionato il ritratto. Se
non ti piacesse sarebbe inutile.”
Mi viene quasi da piangere. Quello che ha detto è quello che
avrei voluto sentirmi dire da lui e il modo in cui me l'ha detto mi ha
fatto venire i brividi. Se penso che presto lui andrà via...
“Mi piace tantissimo, e grazie per la fiducia e tutto il
resto.”
Torno a sedermi al mio posto e, dopo un sorriso, lui ricomincia a
trafficare con i suoi pennelli e colori. Mi piace guardarlo dipingere.
È un lato di lui che ancora non conoscevo ed è
bello vederlo così motivato e appassionato. Passa parecchio
tempo, due o tre ore almeno, e infine alza lo sguardo e mi sorride.
“Finito.”
“Di già?” mi stupisco.
“Pensavo ci volesse più tempo.”
“Sono sempre stato molto veloce.”
“Spero solo in pittura...” affermo maliziosamente.
Si mette a ridere e non replica, spero di non averci azzeccato.
Quando vedo il ritratto rimango incantata. Mi somiglia molto, ma mi ha
dato un certo fascino. Sembro molto più bella.
“Tu mi vedi così?” chiedo titubante.
“Sì, certo.”
“Mi hai fatto più bella.” sussurro
ancora affascinata.
“È impossibile farti più bella. Anzi,
credo di non averti reso giustizia.”
“Bugiardo, sai benissimo di avermi abbellito.”
Mi fissa negli occhi molto seriamente e io mi sento ipnotizzare da
quello sguardo.
“Non ti sto mentendo.”
Mi volto e continuo a osservare il mio ritratto. Non posso continuare a
guardarlo senza sentirmi la testa in un vortice e il cuore
battere furiosamente.
“Hai mai dipinto nudi?” chiedo per cambiare
argomento.
“Sì, qualche volta.”
“Ne fai uno anche a me?” domando come fulminata da
un'idea.
Non mi risponde. Alzo lo sguardo e lo fisso nei suoi scurissimi occhi.
Mi fissa come se fosse in preda al panico. Che gli prende?
“Ilaria, non puoi chiedermi una cosa del genere!”
“E perché?”
Non capisco quale sia il problema. È solo un quadro. Lui si
volta e comincia a camminare avanti e indietro, decisamente nervoso.
“Ma ti rende conto? È già difficile
così. Se poi mi chiedi anche questo!”
“Ma io pensavo che tu fossi un professionista!”
Abbassa il capo esasperato. Sembra davvero che quel ritratto per lui
possa essere una tortura.
“Lo sono, ma in questa situazione è impossibile.
Non riuscirei a farcela, mi dispiace.”
“D'accordo.” mi arrendo delusa. “Mi
accontenterò di questo.”
Mi dirigo in bagno con tristezza. È un vero peccato, ero
curiosa di vedere come mi avrebbe dipinto, volevo capire come mi vede.
Mi sarebbe piaciuto, ma ha ragione lui, è troppo complicato.
Riuscendo dal bagno me lo ritrovo di fronte, ha un aspetto strano. Mi
fissa negli occhi e non capisco se è arrabbiato, nervoso o
esasperato.
“Va bene.” dice infine. “Lo
farò, ma se... Se non riesco a... Concentrarmi,
interrompiamo.”
“Dici sul serio?” chiedo non riuscendo a credere
alle mie orecchie.
“Sì, certo.”
Lo abbraccio con un urlo di gioia.
“Grazie! Grazie! Grazie!”continuo a ripetere
esultante.
Lui mi sorride con dolcezza.
“Di nulla.”
“Quando cominciamo?” domando impaziente.
“Più tardi. Ora dovresti mangiare.”
“Sì, è vero. Sarò
velocissima.”
“Non c'è fretta.” replica lasciandomi
ancora sorridente.
Mangio più in fretta possibile e poi vado in camera a
prepararmi. Mentre mi spoglio comincio ad avere dei dubbi. Ho fatto
bene a chiederglielo? Sono ancora in tempo per cambiare idea. Non credo
che lui se la prenderebbe per una cosa simile. No, io voglio quel
dipinto. Infilo una lunga maglia e lo raggiungo. Ha appoggiato l'altro
ritratto accanto alla finestra e prepara una nuova tela.
“Come vuoi metterti?”
“Non so.” replico confusa. “Cosa mi
consigli?”
“Siediti su una poltrona.”
Mi tolgo la maglia e mi siedo trasversalmente sulla poltrona.
“Così va bene?”
“Sì. Sei fantastica.” risponde con voce
piatta. Chiude gli occhi per un istante, come per raccogliere la
concentrazione. Da questo momento lui è come assente, perso
tra i suoi pennelli e colori. È carino così serio
e distaccato.
Son passate due ore e mezzo e lui non ha detto neppure una parola. Non
ci sono state interruzioni e e lui ha continuato seriamente da vero
professionista.
“Facciamo una pausa. Copriti.” mi ordina senza
neanche alzare lo sguardo.
Mi rimetto la maglia e mi avvicino alla tela. C'è lo schizzo
ed è stupendo.
“Sei proprio bravissimo.”
Lui si è allontanato e ora sta dall'altra parte della
stanza, appoggiata al muro, con lo sguardo basso.
“Ho una modella splendida.” replica galantemente.
“Vorrei saper dipingere come te.” mormoro con lo
sguardo fisso sulla tela.
Avrei sempre voluto essere capace di tanto, ma il talento non lo puoi
creare. O ce l'hai o non ce l'hai. E Federico ha tantissimo talento.
“È meglio riprendere.” decide
improvvisamente.
E così torno alla mia postazione mentre lui ricomincia a
concentrarsi e le sue magiche mani continuano a dipingere con passione
e dolcezza. Le sue mani così grandi...
Il tempo è passato, ma non saprei esattamente quanto. Mentre
lui era impegnato a ritrarmi, io ho continuato a osservare il suo viso.
Voglio imprimermelo bene in mente perché mi
mancherà mortalmente quando non potrò
più vederlo.
Sono impaziente di vedere il dipinto finito, mi chiedo a che punto sia.
Quando, finalmente alza lo sguardo e mi sorride, faccio un sospiro di
sollievo.
“Puoi rivestirti.”
Mentre lui sistema pennelli e colori, io mi rivesto e mi chiedo cosa
gli passa per la testa mentre dipinge. Impaziente, mi avvicino e guardo
il quadro. È meraviglioso! È proprio un grande
artista.
“Mi hai fatto magra.” commento.
“Perché? Non sei grassa.”
“Ma non sono neanche così magra!”
Ridiamo entrambi. Lui prende la tela e la sistema accanto all'altro,
vicino alla finestra.
“Sei soddisfatta?”
“Sì, certo. Sei così bravo. Ma
perché non lo firmi?”
“Più tardi forse. Non sono sicuro sia il
caso.”
“E perché?” domando senza capire.
“Perché sono morto, che senso ha?”
“Per me ha senso. Dopotutto li hai fatti tu, non importa
quando.”
Rimane in silenzio a osservare pensieroso le due tele. Sembra confuso.
“Dove posso trovare delle cornici?” chiedo per
riportare la conversazione tra noi.
“Puoi andare da Silvio. È un mio amico, o forse
dovrei dire era? Comunque, ha un negozio di cornici. Tu gli porti le
tele e pensa a tutto lui.”
Ritorna il silenzio. Mi mette tristezza vederlo così serio.
Mi fa quasi paura.
“Grazie. Vado a vestirmi.”
Mi allontano lasciandolo serio e pensieroso di fronte alle sue opere.
Esco dal bagno in accappatoio dopo una lunga e rilassante
doccia. Mi dirigo in camera mia e vi trovo Federico seduto
sul mio letto con una strana espressione.
“Che c'è?” gli domando incuriosita.
“Nulla. Cioè, forse non mi sono ancora ripreso del
tutto.”
“Per cosa?”
“Per il ritratto.”
“Deve essere stato bello per te poter dipingere di
nuovo.” commento arrivando all'unica conclusione che mi pare
possibile.
“Non mi riferivo a quello. Eri stupenda su quella poltrona,
avrei fatto l'amore con te lì, subito.”
Mi siedo accanto a lui, anche perché temo che le gambe non
mi reggano.
“Davvero?” chiedo con un fil di voce.
“Sì.” conferma annuendo.
“È stato molto difficile mantenere la
concentrazione. Era una tortura averti così vicino e non
poterti nemmeno sfiorare. Se solo potessi tornare indietro di 10
mesi...” afferma con un sorriso triste.
Anche io gli sorrido e appoggio il capo sulla sua spalla lasciando che
lui mi abbracci. Vorrei anche io che non fosse morto. Vorrei non
doverlo perdere. Vorrei che potesse restare con me.
Lui mi stringe più forte come se avesse paura che possa
fuggire. Come se non volesse più lasciarmi andare via.
Chiudo gli occhi. Quando lui non sarà più con me
probabilmente questo sarà uno dei momenti che
ricorderò con più piacere.
Improvvisamente lui mi lascia, come se fosse tornato alla
lucidità. Lo fisso negli occhi e senza neanche pensarci, gli
appoggio le mani sul petto e le faccio scendere sullo stomaco e poi
più giù, sino all'altezza della cintura. Lui si
allontana definitivamente e attraversa la stanza. Oddio, ma che stavo
facendo?
“Scusami, non so cosa mi sia preso.” mi giustifico
sentendomi mortificata.
“Lo stesso che è preso a me direi. Mi spiace, ma
forse è meglio se stanotte dormi da sola.”
Esce dalla stanza senza guardarmi in viso. Che idiota che sono! Sto
rovinando tutto! Finirà che lo porteranno via in anticipo
solo perché mi sono comportata come una ragazzina. Ma che
cosa stavo per fare? Non posso comportarmi così con lui. Se
voglio sedurre qualcuno, lui è l'unico con cui assolutamente
non devo. Accidenti! Ho 26 anni, dovrei cercare di usare quel poco
cervello che ho!
Mi infilo il pigiama e mi corico in questo letto fin troppo grande e
freddo. Non sono più abituata a dormire da sola. Ormai
Federico è il mio orsacchiotto. Devo riabituarmi a stare
senza di lui. Dopotutto presto se ne andrà. Spero di
prendere sonno velocemente anche se credo che sarà difficile
visto che continuo a pensare a lui.
CONTINUA
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Il sogno. ***
Eccoci al quarto capitolo. Perchè lo sappiate, questo
è il penultimo. A breve saprete come andrà a
finire! ^_^
Un sogno complica la situazione di Ilaria e Federico che finiscono per
litigare e si scopre il vero motivo della presenza di Federico. Inoltre
una visita inattesa riporta Janine nelle loro vite.
4 - Il sogno.
Mi sveglio di soprassalto e guardo la sveglia. Sono le 6 del mattino.
Santo cielo, che sogno! Come farò ora a stare nella stessa
stanza con Federico? Come potrò guardarlo in faccia? Lo
leggerà nei miei pensieri. Quel sogno sembrava
così reale...
Io e lui eravamo in un isola con spiagge bianchissime, acqua
smeraldina, palme e noci di cocco. Sembrava di essere nella copertina
di una rivista di viaggi! E poi, sulla spiaggia dorata, abbiamo fatto
l'amore. Se solo ci ripenso divento paonazza. Sarebbe stato comunque
imbarazzante, ma il fatto che lui conosca i miei pensieri rende il
tutto ancora più complicato. Che cosa posso fare? Forse non
pensandoci... Ma come diavolo potrei non pensarci? È
impossibile! Credo di non avere scelta. Devo affrontarlo. Spero solo
che non lo mandino via per uno stupido sogno. Faccio un profondo
respiro e mi alzo per andare in bagno. Quando esco lui è in
cucina e sta (ancora!) osservando le tele.
“Ilaria!” mi chiama all'improvviso voltandosi.
Mi blocco a metà strada tra il bagno e la camera da letto e
mi volto lentamente.
“Non mi saluti?” prosegue lui con un sorriso.
“Buongiorno! Come va oggi? Vado a vestirmi.” dico
tutto d'un fiato e cercando di apparire tranquilla.
“Ti senti bene? Sei strana. È per ieri
sera?”
“No... Sì... Non lo so.” rispondo
vagamente.
Cerco di allontanarmi, ma lui mi afferra per un braccio. O cielo, no!
Non mi toccare o impazzisco!
“Ilaria, ma... Oh, no.”
Beccata. Sapevo che non sarei riuscita a nasconderglielo.
“Mi dispiace. Non posso farci nulla. Non è colpa
mia se sogno certe cose.” mi giustifico a testa bassa.
“Lo so. Spero solo che da lassù non mi creino
problemi.”
Mi irrigidisco. Il mio sogno potrebbe creargli dei problemi? Non ne
capisco il motivo. Se qualcuno deve essere incolpato sono io, o al
massimo il mio inconscio, ma non lui di certo.
“E perché? Se non è colpa mia,
perché dovrebbe essere colpa tua?”
“Lassù la pensano in maniera diversa.
“Diversa? Vuoi dire illogica!” replico adirata.
“Non esagerare.”
Ma come? Non riesce a capire?
“Non esagero. Chiunque ci sia lassù, Dio, angeli,
santi, dalla loro posizione giudicano noi comuni mortali. Ma se li
preghi per una cosa che per loro è insignificante, ma per te
è immensa, non hai nessuna risposta, nessun aiuto.
È ovvio che le persone perdono fiducia e non credono
più in loro!”
Rimane a fissarmi con aria triste e dispiaciuta. Forse l'ho offeso?
“Tu sei molto religioso?” chiedo infine.
“Abbastanza. Capisco le tue ragioni, ma non credi di essere
troppo drastica?”
“No. Non quando hai passato tutta la vita a convincerti che
non sei stata tu la causa della morte di tua madre e della conseguente
infelicità collettiva della famiglia. Ci ho messo 20 anni
per capire che è stata colpa loro e non mia.”
Rimaniamo a fissarci in silenzio per qualche secondo, poi mi volto e mi
dirigo in camera a cambiarmi. Ho esagerato? No, ho solo detto la mia
opinione e se da lassù se la prendono non mi importa.
È già troppo per me dover ammettere che Dio
esiste. Sapere che c'è e che non muove un dito per aiutarci
mi rende ancora più inviperita verso di lui. È
sempre stata una cosa che mi faceva imbestialire, fin da quando ero
bambina e mi portavano alla tomba di mia madre e mi sentivo in colpa.
Quando, però, qualcuno diceva “Dio l'ha voluta con
sé.” allora il mio senso di colpa passava e odiavo
Dio con tutte le mie forze. Ho trascorso l'intera adolescenza su questa
altalena di emozioni. Solo con grande sforzo sono riuscita a
convincermi che non è stata colpa mia. Ma non facevo che
chiedermi se realmente Dio esisteva come poteva permettere cose simili.
Come poteva essere così crudele? Alla fine mi sono convinta
che Dio non esisteva e che mia madre era morta per caso. Ora
però... La situazione è diversa. A quanto pare
esiste davvero.
Ormai ho finito di vestirmi e torno in cucina a fare colazione.
Federico è poggiato al muro con lo sguardo basso.
“Te la sei presa?” domando senza guardarlo.
“No, sono solo dispiaciuto per te. Sei così...
Arrabbiata.”
“Tu non lo sei?”
“No.”
Questa è bella! Dopo tutto quello che gli è
successo lui non se la prende!
“Con quello che hai passato non sei neanche un po'
arrabbiato?” chiedo stupita.
“No, non con loro.”
“Neanche per tua madre, per Janine e per la tua
morte?”
“No.”
“Tu devi essere pazzo.”
Esco di casa sbattendo la porta. Come fa ad essere così
dannatamente tranquillo? Non riesco proprio a capirlo.
Sono a lavoro e mi sento frastornata. Non mi era mai capitato di
prendermela con Federico. So che mi ha raggiunto qui a lavoro e so che
mi osserva da un angolo. Forse dovrei chiedergli perdono. Dopotutto non
mi ha fatto nulla e non ce l'ho con lui. E poi c'è la storia
del mio sogno, sarebbe assurdo se passasse guai per una cosa simile.
“Signorina, si ricorda di me?” mi chiede
all'improvviso un ragazzo.
Ha un'aria familiare, ma non vuol dire nulla. Con tutte le persone che
passano di qui ogni giorno, dovrei essere un genio per ricordarmi tutti.
“Non credo.”
Fa una strana espressione di delusione. Ma che vuole?
“La settimana scorsa le ho chiesto un appuntamento. Mi
chiedevo, ha cambiato idea?”
“No, le serve altro?”
Si irrigidisce come punto nell'orgoglio. Spiacente bello, ma non cado
ai piedi del primo che mi chiede un appuntamento. Non sono
così disperata.
“No, grazie.” replica andando finalmente via.
Credo di averlo offeso nel suo amor proprio. Certo che ne esiste di
gente strana! Perché avrei dovuto cambiare idea? Ovviamente
in tutto questo c'è lo zampino di Federico. Quando
capirà che deve smetterla?
Appena tornata a casa mi dirigo subito nella mia camera e mi butto sul
letto affondando la faccia sul cuscino. Mi sento così
strana, come se fossi distrutta, eppure oggi non mi sono stancata
particolarmente.
“Ilaria, ti senti bene?” mi chiede la sua voce
calda e premurosa.
“No.”
Federico si sdraia accanto a me e comincia a giocherellare con i miei
capelli. Io mi volto leggermente per poterlo guardare i viso.
“Cosa ti succede?” mi domanda dolcemente.
“Mi spiace per stamattina.”
“Non importa.” replica sorridendo.
Rimango a fissarlo per qualche secondo e non posso fare a meno di
pensare al mio sogno. Abbasso lo sguardo per non incontrare i suoi
occhi.
“Passerai guai per il mio sogno?”
“Non preoccuparti, andrà tutto bene.”
“Sei sicuro?”
Annuisce. Mi sento più tranquilla. Non voglio che i miei
sogni causino problemi a qualcuno, a parte me, naturalmente.
“Era un bel sogno, sai? Eravamo in un isola tropicale.
Peccato per la situazione in cui ci troviamo.”
Sorride e i suoi occhi luccicano come due perle nere rarissime.
“Eri magnifico.” aggiungo con un po' di imbarazzo.
“Era solo un sogno.”
“Cosa vuol dire? Che nella realtà sei una
frana?”
“Credo di no, ma ad essere magnifico ce ne vuole.”
“Non ci credo.” replico mettendomi a ridere.
“Credi a quello che vuoi. Mi piacerebbe poter avere la tua
opinione.”
“Mi piacerebbe potertela dare.”
Chiudo gli occhi mentre la sua mano mi sfiora delicatamente una
guancia. Non so il perché, ma mi appoggio a lui e comincio a
piangere senza freni. Forse perché lui presto se ne
andrà, o forse perché vorrei che fosse il mio
ragazzo, o forse sono solo un po' stanca e depressa. Federico mi
abbraccia, sussurrandomi parole dolci all'orecchio per consolarmi.
Quando finalmente, smetto di piangere mi sento molto meglio.
Chissà cosa mi è preso.
“Perdonami.”
“Non è nulla. È tutto a
posto.” mi tranquillizza con la sua voce suadente.
Mi alzo e vado in bagno a sistemarmi. Mi bagno il viso e mi guardo allo
specchio, ho un aspetto orribile.
“Sei bellissima.”
“Bugiardo, ma grazie.”
“Devi fidarti di me. Non ti mentirai mai.”
Mi volto a guardarlo. Sembra sincero, come sempre, ma non so mai se
credergli o no.
“Lo dici sempre.” commento cercando di sorridere.
“Perché tu lo dimentichi sempre.”
Continuo a lavarmi il viso, pensando a quanto è ingiusta la
vita. Una persona come Federico così buono, gentile e
carino, è morto mentre tanti bastardi, che meriterebbero di
morire sotto atroci torture, fanno la bella vita. Morire...
“Come è morire?” chiedo all'improvviso
mentre mi asciugo il viso.
“Che razza di domanda è?” si allarma
immediatamente.
“Sono curiosa.”
Mi guarda seriamente per qualche istante come a cercare di capire le
mie intenzioni e pensa alle parole giuste per esprimersi.
“È una sensazione dolorosa molto forte. Aumenta
rapidamente sino a esplodere e a darti un profondo senso di
liberazione. Inizialmente ti senti meglio, ma poi cominciano a mancarti
gli aspetti della tua vita terrena. Se poi, come me, sei causa del tuo
male, te ne pentirai in eterno.”
“Morire, dormire...” così diceva Amleto.
Preferisco dormire, anche se mi chiedo se morendo non starei meglio.
No, mi basta guardare Federico. Lui si pente ogni giorno di
più di quello che ha fatto.
Lo abbraccio tristemente. Mi sento così debole e melanconica
che se non avessi lui potrei fare davvero una sciocchezza.
“Piccola, devo assolutamente trovarti qualcuno.”
“No.” tento di protestare.
“Devo.” insiste premurosamente. “Presto
me ne andrò e voglio lasciarti in buone mani.”
“Io non voglio nessun'altro.”
Ma come può non capire? C'è solo una persona che
voglio al mio fianco, ed è lui. Gli altri sono tutti dei
bastardi incivili, lui invece è così dolce e
sensibile.
“Ilaria non posso lasciarti sola!”
“Ho detto di no!” mi metto a urlare allontanandomi
seccata da lui. “Perché continui a insistere? Cosa
mi succederà se non trovo qualcuno? Mi suiciderò
come te?”
Lui sbarra gli occhi, sbianca e abbassa lo sguardo. Che gli prende?
Oddio, non avrò... Ho indovinato?
“È così?” aggiungo con un
filo di voce.
“Non me lo chiedere, non posso risponderti.”
Allora è vero. Farò lo stesso atto disperato?
Potrei davvero? Ne avrei il coraggio?
Completamente sconvolta, mi allontano da lui e torno nel mio letto dove
mi accascio in lacrime.
“Dai, non fare così.” mi sussurra appena
mi raggiunge.
“Cosa dovrei fare? Esultare?”
“Non pensarci.”
Come diavolo si può non pensare a una cosa simile?
“Non risolverei nulla. Se è destino che mi
suicidi, mi suiciderò.”
“Non dire sciocchezze!” mi rimprovera.
“Tu non credi nel destino e se anche fosse non puoi
accettarlo così!”
“E perché non dovrei?” lo interrompo
bruscamente.
Rimaniamo a fissarci per qualche secondo. Io sono arrabbiata, depressa,
sconvolta e penso di non ragionare più molto lucidamente.
Lui mi guarda con aria dispiaciuta e comprensiva.
“Oggi hai detto che Dio non aiuta mai i comuni mortali. In
questa occasione ha mandato me per aiutarti e impedirti di fare una
sciocchezza. Se questo non ti basta, te lo chiedo come favore
personale: non arrenderti, non fare il mio stesso errore. Tu fai il tuo
destino, ricordalo.”
Mi sento così stupida. Ha ragione lui, come sempre. Ho
paura. Mi sento indifesa e sola come non mai. Lo abbraccio con forza.
Ti prego aiutami.
“Ti giuro che non lo farò. Ti voglio
bene.”
Mi stringe a lungo fra le sue braccia. Nessuno dei due vuole lasciare
l'altro. Lassù possono pensare ciò che vogliono,
ma io sono sicura che Federico sia la mia Anima Gemella. Se si fossero
dati una mossa prima, ora non dovrei accontentarmi della sua amicizia.
In ogni caso, so che lo amerò e lo ricorderò per
sempre.
Cammino per strada, lo sguardo attento per non lasciarmi sfuggire il
negozio di cornici che cerco. Deve essere qui vicino.
Finalmente lo trovo e, tele alla mano, entro silenziosamente.
All'interno si possono trovare cornici di tutti i tipi, antiche e
moderne, belle e passabili. Dietro ad un bancone c'è un
ragazzone ben piantato sulla trentina, occhi azzurri e pizzetto ben
curato.
“Posso aiutarla?” domanda con un sorriso esagerato.
“Sì, grazie. Mi servono delle cornici per queste
tele.”
Sorride ancora. Carino, ma... Non è il mio tipo.
“Certo, sono qui per questo.”
Gli consegno le tele e lui comincia, sempre con lo stesso sorriso
stampato in viso, a pormi diverse domande sul tipo di cornici che
voglio. Infine, da un'occhiata alle tele e lo vedo sussultare notando
la firma. Il sorriso gli scompariva dal viso.
“Questo è... Come ha avuto queste tele?”
“Qualche tempo fa un mio amico pittore mi ha fatto questi
ritratti. Perché me lo chiede?” domando pur
sapendo già la risposta.
“Lo conoscevo anche io. Povero ragazzo.” commenta
con aria triste.
“Io ero fuori città quando è
successo. Ho saputo della sua morte solo qualche mese dopo.
Lo conosceva bene?”
Ho mentito, ma non importa. Non posso certo dire la verità,
ma voglio sapere in che modo conosceva Federico.
“Certo. Quella donna l'ha proprio rovinato. Era una persona
così allegra e positiva una volta! Quando lei lo ha tradito
però... La depressione non l'ha più abbandonato e
non ce l'ha fatta. E lei? Lo conosceva da molto tempo?” mi
chiede infine.
La sua domanda mi stupisce un po' e ho bisogno di qualche secondo per
trovare le parole migliori per rispondere.
“Non da molto, ma abbastanza per capire quanto fosse
speciale. Era un ottimo pittore e una persona meravigliosa.”
Forse sto esagerando. Non devo certo lasciarmi andare in simili
commenti di fronte a uno sconosciuto.
“Si fa tardi. Devo andare. Per quando saranno
pronti?” aggiungo riprendendomi.
“Una settimana circa.”
“Bene, allora tornerò la prossima
settimana.”
Mi sorride di nuovo, ma questa volta ricambio. Un amico di Federico. Mi
fa uno strano effetto. Forse perché lo conosco solo nella
“versione” fantasma e mi è difficile
immaginarlo con qualcuno che non sia io. A volte riesco a immaginarlo
con sua madre o con Janine, ma non con gli amici. Forse
perché non me ne ha mai parlato. Ha solo detto che non erano
veri amici. Mi chiedo se questo Silvio faccia eccezione. Rientro a casa
e mi verso da bere. Chiudo gli occhi per un istante e li riapro solo
quando sento una mano accarezzarmi i capelli. Federico.
“Allora, ti piace Silvio?”
“Non lo so. È carino, ma... Non mi fa nessun
effetto.”
Mi allontano da lui e cammino verso la camera da letto.
“Strano, solitamente tutte si innamorano di lui.”
“Ma io non sono come le altre.” sottolineo con un
sorriso.
Mi raggiunge e mi prende per le spalle sorridendo.
“Certo che non lo sei.”
Ricambio il sorriso e rimango a fissare i suoi occhi così
dolci. Rimarrei a guardarlo in eterno. Mi riprendo e abbasso lo
sguardo. Non è il caso di lasciarmi andare in questo modo.
“Abbiamo parlato di te.” dico infine riferendomi a
Silvio.
“Lo so.” replica con aria turbata.
“Che genere di amico è stato per te?”
Fa spallucce e si siede.
“Ci conoscevamo da molto tempo, ma in modo piuttosto
superficiale. Era quello che si può definire un conoscente,
ma è una brava persona. Sei sicura che non ti
piaccia?”
Ecco che ogni tanto ci riprova. Appena può, insiste.
“Sì, sono sicura!” replico esasperata.
Gli sorrido, non sono arrabbiata. Dopotutto lo fa per me. È
passato qualche giorno e la mia piccola crisi isterica è
stata superata. Pare che se non trovassi qualcuno potrei suicidarmi. Io
credo che questa possibilità sia già esclusa. Non
potrei mai farlo. Non dopo aver conosciuto Federico.
“Ma tu mi ci vedresti con uno come quello?”
aggiungo incredula.
“No, non ti vedrei con nessuno, ma con qualcuno devi
stare.”
“Allora mi metto con il primo che passa solo per non stare
sola?”
Suona il campanello. Io e Federico ci scambiamo un ultimo sguardo e poi
lo lascio per andare ad aprire la porta. Per un attimo rimango senza
parole.
“Davide!” esulto saltando in braccio a mio fratello
non appena mi riprendo. Non riesco a credere che sia qui!
“Ciao bella, come stai?” mi chiede stringendomi con
affetto.
“Bene, ma quando sei tornato?”
“Ieri. Oh, dimenticavo. Questo è il mio amico
Peter.” mi indica un ragazzo accanto a lui che non avevo
ancora notato.
“Piacere! Accomodatevi.” li invito con un sorriso.
“Sei sola?” domanda mio fratello stupito.
“Sì perché?” chiedo senza
capire.
“Mi sembrava di averti sentito parlare con qualcuno poco
fa.”
Abbasso lo sguardo cercando una scusa valida.
“Lo sai che parlo sempre da sola! E poi avevo la tv
accesa.” mento facendogli l'occhiolino. “Sei andato
da papà?” cambio argomento.
“Sì, ieri appena arrivato. Voleva telefonarti, ma
gliel'ho proibito. Volevo farti una sorpresa.”
“E ci sei riuscito! Volete qualcosa da bere?”
Accettano e mentre gli verso della bibita fresca comincio a osservare
quel Peter di sottecchi. È un bel ragazzo. Deve essere
americano. Mio fratello vive a New York da qualche anno, è
probabile che l'abbia conosciuto lì.
“Allora? Che mi racconti? Novità?” mi
domanda Davide appena mi siedo accanto a loro. “È
più di un anno che non ci vediamo. Ti sei fidanzata con
quel... Come si chiama?”
Ha un aria curiosa, indagatrice e divertita, come sempre.
“Carlo. Ci siamo lasciati, e sono sicura che papà
te l'aveva già detto.” lo accuso con sguardo
severo.
“Effettivamente...” confessa con un sorriso.
“E tu? Che mi racconti?” replico infine.
Il suo viso si illumina e gli brillano gli occhi. Deve essere
innamorato.
“Ho una fidanzata. Stiamo insieme da poco ma... Ci
sposeremo.”
“Ma è fantastico!” esclamo entusiasta.
“Parlami di lei!”
Mio fratello non aspettava altro. Muore dalla voglia di parlare di lei.
Glielo leggo negli occhi.
“È bellissima, bionda con gli occhi azzurri.
È talmente bella che mi sembra irreale che stia con me...
È francese e, tu non ci crederai, ma sino a poco tempo fa
viveva qui, in questa città!”
“Davvero?” mi stupisco. Un'altra biondina francese
in questa città. Ho uno stranissimo presentimento.
“Come si chiama?” aggiungo incuriosita.
“Janine.”
Ecco lo sapevo. È lei! Ma devo esserne sicura.
“E cosa faceva qui?”
“Viveva con il suo fidanzato, un pittore, ma lui è
morto.”
Impossibile sbagliarsi. È proprio lei. Come faccio ora a
dirgli una cosa del genere?
“Davide, se è la stessa Janine di cui ho sentito
parlare io, e credo lo sia, conoscevo il suo ex-fidanzato.”
“Davvero?” si sorprende.
“Sì, lui mi ha parlato di lei. Si erano
già lasciati prima che lui morisse. Sai
perché?”
“No.” risponde esitante.
Conosco mio fratello. Quello che sto per dirgli lo ucciderà.
Probabilmente vede in lei un angelo sceso in terra. Deve averla
idealizzata, come fa spesso. Non vorrei rovinare i suoi sogni, le sue
speranze e le sue illusioni, ma devo dirglielo. È per il suo
bene. Non posso permettere che passi quello che ha passato Federico.
“Lui l'ha trovata a letto con due uomini.
Contemporaneamente.”
Ho parlato tutto d'un fiato. Se avessi fatto una pausa non avrei mai
potuto continuare. Davide mi guarda esterrefatto, bianco come un
lenzuolo, è incredulo.
“Non può essere.” mormora sconvolto.
Lo sapevo, è scioccato, ma cosa potevo fare? Lasciare che
quella donnaccia gli rovinasse la vita?
“Mi spiace ma è così. Non potevo non
dirtelo. Lo sai che ti voglio bene e che non potrei mai
mentirti.”
“Sei stata informata male. Lei non fa queste cose.”
Continua a rifiutarsi di credere, ma penso che in fondo sappia che sto
dicendo la verità.
“Hai detto tu stesso che la conosci da poco. Come puoi essere
sicuro che...”
“So che non può essere!” mi interrompe
rabbioso.
“Allora lascia che ti tradisca con tutti gli uomini che
incontra! Ma se poi ti ritrovi disperato ricordati che ti avevo
avvertito!” lo rimprovero irritata.
“Devo andare.”esclama dirigendosi alla porta
d'ingresso e uscendo.
“Davide, aspetta!” tento di fermarlo, ma
è troppo tardi.
È inutile, ormai è già per le scale.
Non avrei voluto che avesse questa reazione, ma era inevitabile. Cosa
posso fare?
“C'è rimasto male.” afferma Peter che
non si è mosso dal suo posto.
“Io gli ho solo detto la verità.”
sospiro esasperata. “Quella è una sgualdrina, lo
so per certo. Non potrei inventarmi una cosa simile!”
“Ne sono sicuro, si vede che vuoi bene a tuo
fratello.” replica con il suo strano accento mentre mi
sorride. Non riesco a evitarlo e ricambio il suo sorriso. È
proprio carino.
“Allora a presto. Mi ha fatto piacere conoscerti.”
aggiunge poco prima di allontanarsi verso la porta.
Lo saluto con un gesto della mano mentre richiude la porta dietro di
sé.
Entro nella mia camera e mi sdraio supina sul mio letto. Mi dispiace
così tanto per Davide. Spero riesca a capire che non gli ho
mentito e che l'ho fatto solo perché voglio la sua
felicità.
“Era lei, vero?” chiedo rivolgendomi a Federico.
So che è nella stanza, accanto a me. Compare all'improvviso
e si siede al mio fianco.
“Sì, è proprio la stessa Janine.
Vorrà accasarsi. Dopotutto tuo fratello ha un lavoro
promettente, giusto?”
“Sì, computer e simili. Guadagna bene.”
“I soldi le sono sempre piaciuti.” afferma con tono
gelido.
“Spero che Davide capisca che non volevo ferirlo.”
“Lo capirà. Ti piace quel Peter, vero?”
Mi volto a guardarlo, ha un'aria strana e lo sguardo basso. Inoltre, mi
è sembrato che abbia pronunciato la domanda con tono di
rimprovero.
“Sì, perché?”
“Credo abbia brutte intenzioni.”
“Brutte intenzioni?” domando senza capire.
“Faceva degli strani pensieri su di te.”
Mi metto a sedere per poterlo guardare bene in viso. Sembra molto
geloso!
“Cioè? Voleva venire a letto con me?”
“Sì.” ammette con un sospiro.
Mi metto a ridere. Credo che sia veramente geloso.
“Capirai!” minimizzo. “Perché
tutti gli altri cosa pensano? Lo pensi anche tu.”
“Hai ragione.” confessa con sguardo basso.
“Ma lui ci pensava in maniera insistente, morbosa direi. Come
se ti volesse a tutti i costi.”
Lo guardo negli occhi. È sincero, ma credo stia ingigantendo
la questione.
“Non esagerare, ok? È amico di mio fratello, non
può essere cattivo. E poi, finalmente ho incontrato un
ragazzo che mi piace.”
“Ma non è quello giusto!” urla lui con
tono esasperato.
Bella scoperta! Abbasso lo sguardo per non incontrare i suoi occhi.
“Nessuno è quello giusto. La mia Anima Gemella, se
così la vogliamo definire, non è
disponibile.”
Quando rialzo il viso, lui mi sta fissando negli occhi. Sa bene cosa
intendo ed è d'accordo con me, lo so. Mi alzo e mi allontano
in cucina, ho fame. E comunque non posso continuare a sostenere il suo
sguardo. Lui mi segue e d'improvviso me lo trovo di fronte. Non dice
nulla, ci guardiamo negli occhi per degli interminabili secondi. In una
situazione diversa crederei che voglia baciarmi. Solo all'idea mi
vengono i brividi. Chissà come bacia. Abbasso lo sguardo,
non voglio incontrare i suoi occhi quando mi becca in Pensieri Proibiti.
“Ilaria, io... Volevo dirti che anche secondo me tu sei la
mia Anima Gemella.
E, inoltre, anche io vorrei sapere come baci.”
Mi viene da ridere mentre cerco di ignorare i brividi che le sue parole
mi hanno provocato. Rialzo lo sguardo e incontro il suo sorriso. Passa
qualche istante e poi, finalmente, mi prende fra le braccia. Mi stringo
a lui il più possibile, chiudo gli occhi e assaporo questo
istante così magico. Se solo lo avessi conosciuto prima.
“Non è giusto. Lassù si prendono gioco
di noi! Sapevano benissimo che io e te siamo fatti l'uno per l'altra e
ci fanno incontrare solo quando è troppo tardi!”
Federico mi posa due dita sulle labbra per indicarmi di fare silenzio.
“Non dire nulla, non prendertela con loro, è solo
colpa mia.”
“No, non è vero!” protesto tristemente.
“Tu non hai nulla di cui rimproverarti!”
“Sai bene che non è così, ma non
parliamone. Restiamo in silenzio. Non c'è niente da
dire.”
Affondo il viso sul suo petto. È vero non c'è
nulla da dire che non sia già stato detto. Dobbiamo solo
approfittare di questo momento carico di triste dolcezza.
CONTINUA
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Addio o arrivederci? ***
Eccoci al capitolo finale.
Ringrazio infinitamente tutti coloro che hanno letto e commentato
questo racconto. Sono felice che sia piaciuto.
Inoltre, rinnovo la mia dedica alla mia cara Valentina e al suo bimbo,
che ho appena saputo si chiamerà Federico. ^_^ Questo
racconto e i miei migliori auguri sono per loro.
Buona lettura.
Ilaria si trova in una brutta situazione e solo Federico può
aiutarla. Inoltre, la loro separazione si avvicina ed entrambi
soffriranno molto, ma sarà realmente la fine?
5 - Addio o arrivederci?
Il tempo è così ambiguo! Quando Federico mi aveva
detto che sarebbe andato via dopo un mese, mi sembrava che avessimo
ancora molto tempo e invece... Manca meno di una settimana alla sua
partenza e ho paura. Paura di stare da sola, paura di perderlo, paura
che mi mancherà da impazzire. Mi sono innamorata di lui? Non
dovrei nemmeno chiedermelo, la risposta potrebbe essere affermativa. In
ogni caso ancora non lo so. Gli voglio bene e mi mancherà da
impazzire, ma non so se lo amo o no.
Negli ultimi giorni siamo entrambi depressi. Il tempo scorre e nessuno
dei due sa come affrontare la separazione. Ora mi trovo sdraiata nel
mio lettone mentre lui, quando l'ho lasciato, era affacciato a quella
dannata finestra con aria pensierosa. Mi chiedo cosa gli passa per la
testa. Forse lo stesso che passa per la mia.
Suona il campanello. Chi diavolo può essere? Mi alzo
sbadigliando e mi avvio alla porta. Guardo dallo spioncino e vedo
Peter, e sembra essere solo. Apro la porta sorridendo e mi trovo di
fronte all'unico ragazzo che ho conosciuto ultimamente che mi piace un
po'.
“Ciao, come stai?” chiede gentilmente ricambiando
il sorriso.
“Bene, e tu? Accomodati.”
“Bene, grazie. Ti ho disturbato?”
“No, figurati. Vuoi qualcosa da bere?” domando
mentre lo guido in cucina.
“Sì, grazie.”
Cavoli, è più carino di quanto ricordassi! Ha un
bel sorriso e degli splendidi occhi verdi. Non è
paragonabile a Federico, ma almeno è vivo!
“Come sta Davide?” chiedo mentre gli verso da bere
una bibita fresca.
“Bene, credo abbia parlato con Janine, ma non so che
intenzioni abbia.”
Speriamo bene, non voglio che mio fratello soffra. È un
bravo ragazzo, non lo merita.
“Non ti chiedi perché sono qui?”
aggiunge dopo qualche secondo Peter.
“In effetti me lo domandavo. Non è una semplice
visita di cortesia?”
“Anche, però volevo chiederti se ti andava di
uscire con me.”
Rimango a fissarlo stupita. Speravo che mi invitasse, ma non pensavo lo
avrebbe fatto ora mentre sono in disordine e in pantofole.
“Va bene.” acconsento cercando di sembrare
rilassata.
Mi sorride, si alza e mi raggiunge. È così
vicino. Mi guarda negli occhi e mi bacia. Quanto tempo era che nessuno
mi baciava?
“Mi piaci molto.”sussurra mentre mi stringe a
sé.
Mi gira la testa, è come se stessi cadendo da un altissimo
grattacielo. Ci sediamo sul divano e rimaniamo a baciarci a lungo. Le
sue mani mi accarezzano dolcemente anche se cominciano a essere troppo
audaci. Non riesco a controllarle.
“Peter, basta. Ora non mi va.”
Mi alzo dal divano e mi allontano. È troppo presto, non
voglio andarci a letto. E sicuramente non qui. Mi sembrerebbe di fare
un torto a Federico.
“E perché?” replica irritato.
“Non mi va. Non devo darti altre spiegazioni.”
Di colpo si alza dal divano e mi raggiunge afferrandomi per le braccia
con forza e baciandomi con violenza. Non riesco a divincolarmi e, prima
che me ne possa rendere conto, mi ha buttato a terra mettendosi sopra
di me.
“Lasciami!”
“Non puoi dirmi di sì a
metà!” mi urla contro con rabbia.
Cerco di liberarmi, ma non ci riesco. Mi rendo conto che tenta di
spogliarmi. Vuole violentarmi! Cosa posso fare?
“Aiuto!” grido sperando che Federico possa sentirmi.
Peter si mette a ridere, come se la mia richiesta di aiuto fosse
inutile e patetica. Mi sta levando i pantaloni e io ancora sono
bloccata e non riesco a liberarmi. Federico! Dove sei?
Finalmente lo vedo apparire alle sue spalle e dargli un pugno e poi
sparisce di nuovo. Peter rimane destabilizzato e riesco con fatica a
togliermelo di dosso. Mi allontano il più possibile da lui e
afferro la prima cosa che trovo, una padella.
“Vattene subito!” gli ordino ancora scossa.
“Sei solo una puttana!” mi insulta con un sorriso
meschino mentre finalmente se ne va.
Chiudo immediatamente la porta a chiave e mi lascio scivolare
lentamente a terra piangendo. Federico mi raggiunge e mi abbraccia per
consolarmi.
“Ma dov'eri?” chiedo fra le lacrime.
Se fosse arrivato solo due minuti più tardi...
“Perdonami, ma non ce la facevo a vederti con quel tipo e mi
sono allontanato. Non avrei dovuto.”
“Se tu non fossi arrivato... Avevi ragione su
Peter.” continuo piangendo.
Affondo il viso sul suo petto, mi sento completamente senza forze. Lui
mi stringe a sé coccolandomi. Non è giusto! Ma
è possibile che non me ne vada una dritta? Una sola!
Pretendo tanto?
È passato qualche giorno e, con l'aiuto di Federico, mi sono
ripresa dallo shock. In qualsiasi momento io mi senta triste, lui
è lì che mi conforta. Peccato che fra pochi
giorni dovrà andare via. Solo al pensiero mi sento
così triste, arrabbiata, delusa, depressa, frustrata... I
sentimenti che provo si presentano tutti insieme e non riesco nemmeno a
distinguerli. Non faccio che pensare al Dopo. Cosa farò
quando lui mi sarà portato via? Come potrò
sopportare una cosa simile senza sentirmi scoppiare il cuore?
Avrà per ricordo solo i suoi ritratti. Una magra
consolazione.
Li ho ritirati ieri ma ancora non ho deciso dove appenderli. Quel
ragazzo, Silvio, mi sorrideva in modo ancora più nauseante.
Forse a causa del nudo. Sinceramente non mi importa.
Ho freddo e mi tolgo la t-shirt per indossare un maglione. Mi chiedo
quando il tempo migliorerà e inizierà a fare un
po' più caldo. Qui si gela.
“Ilaria?” mi chiama Federico entrando nella stanza,
ma si volta immediatamente. “Oh, scusami. Pensavo fossi
vestita.”
“Non importa.” replico indifferente mentre finisco
di infilare il maglione.
“D'accordo. Comunque, ero affacciato alla finestra e ho visto
arrivare tuo fratello. Con Peter.”
Rimango a fissarla incredula. Peter? Come si permette quel bastardo di
tornare qui? Con quale coraggio? Che faccia tosta! Non
entrerà un'altra volta in questa casa.
Suona il campanello. Guardo dallo spioncino e vedo Davide che sembra
arrabbiato, mentre quel porco ride come un ebete. Apro la porta
lentamente. Non oserà toccarmi con mio fratello presente.
“Ciao Davide.” saluto mio fratello mentre lancio
uno sguardo carico di disprezzo nella direzione di Peter.
“Ciao. Possiamo entrare?” domanda impaziente mio
fratello.
“Tu puoi, lui no.” rispondo lapidaria.
“O tutti e due o me ne vado.”
“Allora vattene pure, ma quello non rientrerà in
questa casa.”
Silenzio carico di tensione. Entrambi mi guardano con astio. Non
capisco cosa abbia Davide. È ancora arrabbiato per quello
che gli ho detto la volta scorsa? Mi sembra strano, è sempre
stato una persona ragionevole.
“D'accordo.” acconsente infine.
“Aspettami qui.” conclude rivolgendosi a Peter che
annuisce e mi guarda con odio. Bastardo!
Davide entra in casa e chiudo la porta. Ci sediamo in salotto e mi
sembra teso, come se stesse per esplodere. Cosa gli succede?
“Cosa c'è Davide?” domando spazientita.
“Ho parlato con Janine. Dice che ti sei inventata tutto e
Peter lo ha confermato, visto che a lui lo hai confessato.
Perché mi fai questo?”
Lo guardo sbalordita. Che fine ha fatto mio fratello? È
completamente annullato. Non riesce a capire che lo prendono in giro?
“Davide, da quando sei così stupido? Io non ho
mentito e tu ti fidi più di loro che di tua sorella. E
lascia che ti dica una cosa sul tuo caro amico Peter.”
aggiungo infervorandomi sempre più. “Qualche
giorno fa è venuto qui e ci ha provato con me. Quando ho
rifiutato, ha tentato di violentarmi. Per fortuna sono riuscita a
difendermi. Ho deciso di non denunciarlo solo per te.”
Mi guarda sbalordito, è bianco come un lenzuolo.
Probabilmente si fida molto di Peter.
“Non ci credo.”
“Allora chiediglielo di fronte a me. Voglio vedere se ha il
coraggio di mentire.”
Mi alzo e mi dirigo verso la porta. Non volevo farlo entrare, ma
stavolta è necessario. Apro ed è ancora
lì.
“Entra verme.”
Mi lancia uno sguardo eloquente su quello che pensa di me e si dirige
verso mio fratello. Lo seguo e raggiungiamo Davide.
“Peter, è vero quello che mi ha detto
Ilaria?” lo interroga subito Davide.
“E cosa ti avrebbe detto?”
“Che hai tentato di abusare di lei.”
Peter comincia a ridere come se avesse appena sentito l'affermazione
più ridicola di questo mondo.
“Assolutamente no.”
“Quindi neghi che quando ti ho rifiutato mi hai sbattuto a
terra saltandomi addosso?” domando al limite della pazienza.
“Lo nego.”
Che razza di bastardo!
“Maledetto bugiardo! Davide, se credi a lui, io e te non
abbiamo più niente da dirci.”
Mio fratello rimane in silenzio, pallido e confuso, passando lo sguardo
da me a Peter.
“Davide non vorrai credere a questa puttana!”
esclama quell'essere spregevole.
Mio fratello spalanca la bocca stupito. In pochi secondi raggiunge
l'amico e lo prende a pugni. Non riesco a crederci! Mio fratello che fa
a pugni? Per me?
“Davide lascialo! Non ne vale la pena!” grido
tentando di separarli.
Quando finalmente ci riesco entrambi sono paonazzi per la collera.
“Vattene o giuro che ti ammazzo!” sibila mio
fratello furioso.
Non l'ho mai visto così. Finalmente quel fetente di Peter se
ne va e Davide si accascia sulla poltrona tenendosi la testa fra le
mani.
“Mi dispiace Ilaria. Avrei dovuto crederti. E se è
capace di dire cose simili significa che non è mio amico.
Inoltre, se ha mentito su questo... Mi fidavo di lui. Non avrei dovuto
portarlo qui. Ti ha fatto del male?” chiede preoccupato.
“No, sono riuscita a difendermi. E tu come stai?”
Alza viso e il suo sguardo è sconsolato e deluso. Deve
esserglisi spezzato il cuore.
“Male. Devo lasciare Janine, non posso sposare una... Tu sei
sicura di quello che mi hai detto?”
“Vorrei sbagliarmi.”
Si alza e se ne va lentamente dopo avermi salutato tristemente. Faccio
un profondo sospiro. Sto male per lui, per non parlare del fatto che
ero già abbastanza giù per conto mio. Federico mi
appare davanti. Senza neanche pensarci, lo abbraccio. Non voglio dire
nulla, voglio solo che lui mi stringa a sé. Ne ho bisogno.
Il conto alla rovescia è arrivato a -3. Solo tre giorni e
sarò di nuovo sola e disperata. Se ci penso mi sento un
relitto. Sono appena tornata da lavoro e, dopo aver messo un po' di
musica, entro nella doccia, desiderando solo di potermi rilassare. Dopo
voglio stare con Federico. Presto se ne andrà e voglio
approfittare di tutto il tempo che ci resta.
Esco dal bagno e sussulto trovandomelo di fronte. Ha una faccia
stranissima.
“Qualcosa non va?” domando preoccupata.
“Hai un messaggio in segreteria... Di Janine.”
Rimango a fissarlo a bocca aperta. Che cosa vuole da me quella?
Perché mi ha cercato? Mi avvicino alla segreteria e ascolto
il messaggio.
“Allò,
Ilaria? Sono Janine. Ho bisogno di parlarti. Vorrei sapere
perché hai deciso di raccontare tante bugie su di me!
Richiamerò più tardi.”
La sua vocina con la “R” moscia mi risuona ancora
nelle orecchie.
“Bugie? Io non ho detto bugie.” mi stupisco.
“È il suo modo di difendersi. Nega sempre, anche
l'evidenza. Per poco non negava anche quando l'ho colta sul
fatto.” afferma Federico con sguardo triste.
Lo osservo. Sembra teso e ha lo sguardo basso. Soffre ancora per lei,
è chiaro.
“Ti fa ancora male, vero?”
“Effettivamente brucia ancora un po'. Se non altro
perché sono stato un idiota e a causa sua mi sono
rovinato.”
“La ami ancora?”
“No, non è più lei quella che
amo.” dichiara rialzando finalmente lo sguardo e fissandomi
con i suoi profondi occhi scuri.
Rimango pietrificata. Non voglio sapere o sentire altro. Lui continua a
guardarmi in maniera dolce...
Non può farmi questo. Mi ritrovo impegolata in questa
situazione senza via di scampo. Lui è così...
Sarebbe perfetto, se solo fosse vivo!
Quasi senza rendermene conto, sto piangendo e calde lacrime bagnano il
mio viso. Federico fa due passi verso di me.
“Non piangere.”
“Sì, invece! Io piango! Tu non puoi dire
così! Accidenti, non posso neanche baciarti...”
Fa un altro passo verso di me, tentando di abbracciarmi, ma lo fermo
immediatamente.
“Ti prego, non farlo. Non toccarmi, non ora. A meno che da
lassù non ti abbiano dato il permesso di fare l'amore con
me.”
Lo guardo con dentro la misera, microscopica speranza che dica
“Sì, me lo permettono”. Invece non dice
nulla, mi guarda con tristezza e accenna un sorriso.
“Purtroppo no.” conclude infine.
“Allora, ti prego, stammi lontano.”
Rimango a guardarlo negli occhi ancora per qualche istante e poi vado a
rifugiarmi nel mio letto e continuo a piangere. Ho bisogno di sfogare
il dolore che provo...
Quando torno in cucina, lui è seduto con lo sguardo basso.
Forse si sente in colpa per avermi fatto piangere.
“Vorrei sapere dove sei sepolto.” esordisco
dandogli le spalle di proposito. Non voglio e non posso guardarlo in
viso.
“No!” replica deciso.
“Perché? Vorrei andarci ogni tanto.”
“Non voglio che tu lo faccia. Non servirebbe a
nulla.”
“A te forse non servirebbe, ma a me sì!”
insisto sottolineando l'ovvietà della frase.
“No, neanche a te.”
Scuoto la testa. Come può non capire? Per me sarebbe di
grande sollievo, mi aiuterebbe a rassegnarmi.
“È già abbastanza doloroso sapere che
tra poco andrai via, devi anche impedirmi di soffrire per la tua
partenza?”
Non risponde. Forse è meglio così. Mi sento
così vuota e stanca. Che gli costa dirmi dove è
sepolto? Andare alla sua lapide riuscirebbe in qualche modo a farmi
sentire più vicina a lui.
“Non hai bisogno di una lapide per pensare a me.”
dice alle mie spalle, vicinissimo a me. “Ti ricorderebbe solo
quanto sono stato stupido. Se devi pensare a me, preferisco che ricordi
i momenti passati insieme. E poi, anche se non mi vedrai, io ti
starò sempre vicino.”
Continuo a dargli le spalle, almeno così non mi vede
piangere ancora. Se solo potessi baciarlo... Se solo potessimo fare
l'amore... No, rimpiangerò sempre di non esser potuta stare
con lui. Baratterei il resto della mia vita per un suo bacio, la mia
anima per una notte con lui.
“Ilaria, non dovresti pensare queste cose..”
“Lo so che non dovrei.” replico con un sospiro.
“Ma non posso farci nulla. Lassù possono pensare
quello che vogliono, non mi importa. Non possono farmi nulla che non mi
abbiano già fatto, o che comunque mi farebbero.”
Poggia le mani sulle mie spalle e si avvicina al mio orecchio.
“Ti riferisci a me?” sussurra dolcemente.
Sento percorrermi la schiena dai brividi e socchiudo gli occhi. Certo
che mi riferisco a lui, e lo sa bene. Mi legge nel pensiero dopotutto.
“Sì” ammetto abbassando il capo.
“Tanto te ne andrai comunque. Non ho nulla da
perdere.”
Mi abbraccia e mi culla con dolcezza. Continuo a tenere gli occhi
chiusi, non voglio pensare né reagire. Voglio solo
continuare a percepire la sensazione di calore e protezione che riesce
a farmi provare solo lui. Le sue braccia che mi circondano, le sue mani
che mi accarezzano, le sue labbra sul mio collo...
Il suono del telefono mi riporta alla realtà e mi ci vuole
qualche secondo per riprendermi. Mentre mi avvicino all'apparecchio,
rammento che deve essere Janine.
“Pronto?” rispondo titubante.
“Allò?
Ilaria?”
“Sì. Tu devi essere Janine.” presumo con
un sospiro di malcelata sopportazione.
“Oui, c'est moi. Ho saputo che hai raccontato delle cose
orribili su di me.”
Povera vittima!
“Orribili? Sì, è vero, ma non ho
mentito.”
“Chiunque ti ha informato si è
sbagliato.”
“Dubito che Federico possa essersi sbagliato.”
La sento sussultare. Non credo che si aspettasse una cosa simile. E ora
che mi dici bella?
“Federico? Come... Cioè, quando lo hai
conosciuto?” balbetta in preda al panico.
“Dopo che vi siete lasciati.”
“E cosa ti ha detto?” domanda in ansia.
“Che sei una sgualdrina. Puoi anche discolparti quanto vuoi,
ma sono sicura che sai bene di essere la vera responsabile della sua
morte.”
“No! Non puoi dire così! Non è
vero!”
È disperata. Povera piccola!
“Se tu non gli avessi spezzato il cuore, lui non si sarebbe
mai suicidato.”
Cala il silenzio e poi la sento singhiozzare. Piange? Possibile? Mi
volto a guardare Federico, ma il suo volto è inespressivo.
“Io... Sì, l'ho tradito.” racconta lei
sempre in lacrime. “Ma gli volevo bene, non volevo morisse! Mon Dieu! Lo so che
è colpa mia, ma sto cercando di cambiare, di farmi una nuova
vita. Tu, non solo riapri questa ferita, ma hai anche annullato ogni
mia possibilità con Davide. Puoi anche non crederci, ma io
lo amo davvero!”
Devo credergli? Cosa posso fare? Mi fa quasi pena, ma non posso
dimenticare quello che ha fatto. Guardo Federico, ma lui non alza
nemmeno lo sguardo.
“Senti Janine, voglio crederti.” dichiaro infine
con un sospiro. “Ma ora devi dire tutta la verità
a Davide. Lui ti ama e probabilmente ti vorrà ancora, ma se
hai intenzione di spezzargli il cuore, non cercarlo più. Ha
un carattere molto simile a quello di Federico. Se fai del male anche a
lui, giuro che ti vengo a cercare e ti ammazzo con le mie
mani!”
Devo essere stata molto convincente perché rimane in
silenzio per un po'. La sento solo singhiozzare.
“D'accordo. Adieu.”
mi saluta infine.
“Addio.”
Chiudo il telefono e mi volto verso Federico che mi sta osservando.
“Cosa ne pensi?” domando in un sussurro.
“Se lui la rivorrà, lei lo tradirà
comunque, e tu non avresti mai il coraggio di ucciderla.”
Sorrido. Ha ragione, purtroppo, come sempre.
“Cosa avrei dovuto dire? Spezzagli
pure il cuore, per me va bene?”
Sorride divertito. Rimango a fissarlo. I suoi occhi sembrano quasi
brillare.
“Quanto ti vorrei adesso...” ammetto mentre le
lacrime mi bagnano ancora gli occhi.
Lui abbassa lo sguardo senza dire nulla. La mia frase rimane sospesa
nell'aria riempendo lo spazio che ci separa. Non riesco a stare nella
stessa stanza con lui, mi fa troppo male. Mi volto e mi allontano
rinchiudendomi in camera mia.
Apro gli occhi lentamente. Oggi sarà il giorno
più triste della mia vita, non so se sono pronta ad
affrontarlo. Lui se ne andrà e io non saprò come
continuare a vivere. Mi siedo sul letto di scatto con la paura che se
sia già andato. No, non può essere. Non andrebbe
mai via senza dirmi addio. Mi alzo e lo cerco per casa. Lo trovo seduto
sulla mia poltrona con sguardo basso.
“Ciao.” esordisco con un leggero sussurro. La mia
voce fatica a uscire.
“Ciao.” ricambia un sorriso melanconico.
“Come ti senti?”
“Male. Non vorrei andarmene, ma devo proprio
rassegnarmi.”
Mi perdo nei suoi scurissimi occhi per l'ultima volta. Cosa darei
perché possa restare...
“Tra quanto dovrai...”
“Tra poco.”
Il mio cuore si sta frantumando. Non voglio che se ne vada. Si alza e
mi raggiunge.
“Ilaria, io...”
“Ti amo.” esclamo d'improvviso interrompendolo.
Rimane a fissarmi con i suoi dolci occhioni e l'aria incredula. L'ho
detto senza pensarci, in modo spontaneo. Persino io mi sono stupita.
Abbasso lo sguardo sentendomi colpevole.
“Non avrei dovuto dirtelo, ma non ho potuto farne a meno e
poi stai per andare via...”
Federico fa un altro passo verso di me e con una mano mi tira su il
viso dolcemente, in modo che i nostri sguardi si incontrino. Inutile
dirlo, sto piangendo.
“Anche io ti amo piccola.”
Lo abbraccio e piango sempre più disperatamente. Mi stringo
a lui più che posso. Non possono, non devono portarlo via da
me! Non riesco neanche spiegarmi quello che provo. Il mio cuore si sta
lacerando.
“Shh... Non fare così.” mi sussurra
dolcemente cercando di calmarmi.
“Come farò senza di te?” domando fra i
singhiozzi.
Lui mi lascia e con un sorriso mi asciuga le lacrime che continuano a
scorrere.
“Ce la farai perché sei forte. Ricordarti di non
arrenderti mai. C'è sempre una
possibilità.”
Mi guarda ancora per qualche istante e poi abbassa il viso.
“Devo andare, ma ho una piccola concessione.”
Non capisco e lo guardo con aria interrogativa. Si china su di me e mi
bacia lentamente, dolcemente e appassionatamente. Meglio di come lo
avevo immaginato e sperato nei miei sogni! Troppo presto lui si
allontana da me.
“Devo...”
“No, ti prego!” lo supplico stringendomi a lui
più che posso.
“Lo sai che non vorrei, ma devo.”
Mi da un rapido bacio e poi mi lascia del tutto. Si allontana da me
qualche passo e mi sorride. Fa un cenno di saluto e scompare. Crollo a
terra lanciando un grido disperato e mi lascio andare a un pianto senza
freni.
Mi trovo al cimitero. Ho camminato per circa due ore alla ricerca della
sua lapide. Non sapevo nemmeno il suo cognome! Ho guardato lentamente
ogni lapide, ogni foto. E alla fine l'ho trovato. Federico Madeo 20
luglio 1970 – 2 agosto 1999. non posso reprimere una lacrima
rivedendo quegli occhi, quel sorriso. Osservo la sua foto per diverso
tempo. Lui non voleva che venissi, ma ne ho bisogno. Devo sfogare il
mio dolore, la mia infinita sofferenza. Posiziono i fiori che gli ho
portato e gli mando un bacio.
“Addio amore mio.”
Dopo un profondo sospiro, mi allontano lentamente, ma faccio pochi
passi. A pochi metri da quella di Federico, c'è la lapide
della madre, una donna molto bella. So che è lei
perché si somigliano in maniera impressionante. Gli stessi
occhi, lo stesso sorriso.
Li lascio e mi dirigo alla tomba di mia madre. È molto tempo
che non vengo. Ci sono dei fiori secchi, probabilmente portati da
Davide o da papà. Li tolgo e li sostituisco con i tulipani
che le ho comprato.
“Ciao mamma. Non so perché ti sto parlando, ma
devo pur sfogarmi. Sono certa che da lassù sai tutta la
storia. E sono altrettanto sicura che capisci
perché lo amo. Se solo potessi aiutarmi... Vorrei che ci
fosse una soluzione, ma sfortunatamente non c'è. Devo solo
rassegnarmi. Ora vado. Ti voglio bene mamma.”
Mi allontano riluttante. Rassegnarmi sarà difficile, se non
impossibile, ma devo tentare.
Apro svogliatamente gli occhi. La prima cosa che vedo è la
mia sveglia, segna le 9. Cosa? Dovrei essere a lavoro! Mi alzo di
scatto e subito dopo rimango stupita. Non sono a casa mia. O meglio,
sono nella mia ex casa, e tutto è come quando ci vivevo. Mi
guardo attorno, le mie cose sono ovunque. E nel letto, accanto a dove
ero io, c'è Carlo che dorme. Che diavolo succede?
È un sogno?
Il mio sguardo si posa su un calendario. 25 luglio 1999. Non
è possibile! Era maggio 2000!
Mi siedo e cerco di calmarmi. Forse sto impazzendo oppure è
solo un sogno. Mi pizzico un braccio. Ahi! No, sembra tutto vero. Cosa
sta succedendo?
Giro per casa e mi guardo attorno. È tutto così
strano. Mi siedo di nuovo e mi prendo la testa fra le mani, con lo
sguardo basso. Quando rialzo il capo rimango a bocca aperta. Di fronte
a me, bella come l'ho sempre immaginata, luminosa come una stella,
c'è mia madre. Le lacrime mi offuscano la vista. Non posso
crederci! Io non l'ho mai conosciuta, ma quante volte ho passato ore ad
osservarla nelle fotografie.
“Mamma...” riesco a sussurrare a fatica.
“Sapevo che mi avresti riconosciuto.”
“Cosa... Perché... Che succede?”
balbetto confusa.
Mi sorride. In lei rivedo Davide e me stessa, ma lei ha una grazia, una
luminosità, una dolcezza nei lineamenti che non ho mai visto
in nessuno. È bellissima.
“Avevi ragione. Da lassù ho seguito,
tutta la storia. Ho conosciuto Federico e, assieme a sua madre, abbiamo
chiesto un'altra possibilità. Erano tutti commossi e hanno
deciso di riportarvi a un tempo in cui tutto è ancora
possibile. Lui è ancora vivo, ricorda tutto ed è
ancora incredulo per ciò che è capitato. Corri da
lui!”
“Davvero? Lui è vivo?”
“Sì. Siete fortunati. Seconde occasioni come
questa raramente vengono concesse.”
Una seconda possibilità, è fantastico! Dopo
qualche secondo di esitazione, raggiungo mia madre e l'abbraccio. Mai
avrei potuto immaginare che un giorno sarei stata fra le sue braccia!
“Ora corri da lui!” mi incita con un sorriso
lasciandomi.
“Grazie, a tutti quanti.”
“Di nulla. Addio piccola, sii felice.”
Come è arrivata, se n'è andata in un battito di
ciglia. Rimango impietrita a guardare lo spazio vuoto in cui sino a un
secondo fa c'era lei.
“Addio mamma.”
Non c'è molto traffico, ma sembra che proprio oggi i
semafori abbiano deciso di allearsi contro di me. Sono sempre rossi e
durano un'infinità. Finalmente ci sono, devo solo trovare un
parcheggio. Il cuore comincia a battermi all'impazzata. Per un attimo
mi avvolge il panico. E se non è in casa? Forse dovevo
telefonargli prima, ma per dirgli cosa? E poi dove altro potrebbe
essere? Scendo dall'auto ed entro nel palazzo. E se lui non volesse
vedermi? Basta con i “ma” e con i
“se”! Con tutti questi dubbi non
risolverò nulla. Devo solo decidermi a salire queste dannate
scale.
Salgo di corsa e arrivo al piano con il fiatone. Faccio un profondo
respiro e poi suono il campanello.
Sento solo silenzio. Dov'è? Sembra passare
un'eternità prima che possa sentire dei rumori, dei passi.
Trattengo il respiro, cosa dovrò fare quando lo
vedrò di fronte a me vivo?
La porta si apre e non riesco a dire nulla. Gli occhi mi si inondano di
lacrime.
“Ilaria!” esclama lui piacevolmente sorpreso.
Non mi trattengo più e lo abbraccio e lo bacio.
“Stavo per venire a cercarti, ma non trovavo
l'indirizzo!” aggiunge felice.
Senza lasciarmi, mi fa entrare in casa e chiude la porta.
“Non posso credere che tu sia vivo!”
“Anche a me sembra impossibile.” replica
asciugandomi le lacrime di gioia che continuano a sgorgare dai miei
occhi. “E mi sembra ancora più irreale essere
libero di abbracciarti, baciarti e accarezzarti senza sentirmi in
colpa!”
Lo guardo nei suoi profondi occhi scuri e mi sembra di non essere mai
stata così felice. Federico mi prende in braccio, mi porta
nella sua stanza e mi adagia sul suo letto. È inutile
rimandare, non ha senso. Io e lui ci apparteniamo e le nostre vite
saranno legate fra loro in eterno, qualunque cosa succeda.
“Ti amo.” dico infine.
“Anche io ti amo piccola.”
Mi osserva ancora il viso, come se avesse paura che io possa sparire da
un momento all'altro, e poi mi bacia con passione trasportandomi con
lui fino al paradiso.
Lo avevo sognato e desiderato, ma spesso la realtà supera la
fantasia. Sono sdraiata fra le sue braccia e Federico mi sta
accarezzando dolcemente il braccio. Guardo il soffitto e mi chiedo
perché siamo stati graziati. Una seconda
possibilità! Quanti hanno questo privilegio?
“Ti rendi conto di quanto siamo fortunati?” chiedo
sorridendo.
La sua mano mi solletica affettuosamente alla base del collo.
“Certo che me ne rendo conto. Spero solo che non sia un
sogno.”
Mi avvicino di più a lui e lo bacio. Qualsiasi cosa sia,
spero non finisca mai più.
Di colpo mi ricordo di quel fetente di Carlo. L'ho lasciato a casa
addormentato quasi due ore fa. Mi siedo di scatto sul letto.
“Devo andare.”
“Dove?” chiede con aria delusa sedendosi anche lui
accanto a me trattenendomi per un braccio.
Non posso trattenere un sorriso. Ero abituata al fatto che lui sapesse
tutto quello che mi passa per la testa. Ora che non può mi
sembra molto strano.
“Devo andare a lasciare Carlo.”
“Ora? Proprio ora?”
“Sì, ora. Si chiederà che fine ho
fatto.”
Lui mi abbraccia costringendomi a sdraiarmi di nuovo.
“Lo farai più tardi.”
“Ma...”
“Niente “ma”. Non ho intenzione di
lasciarti andare via facilmente.” mi interrompe sorridendo.
“Davvero?”
“Sì. Trasferisciti qui. Conosci la casa, conosci
me e le tue abitudini mi stanno bene.”
Mi vien da ridere. È proprio carino. In effetti sarebbe una
cosa naturale.
“E se dicessi di no?” lo provoco divertita.
“Non accetterò un no. Ti prego.”
Come potrei mai dire di no quando mi implora con i suoi grandi e dolci
occhi scuri? Lo bacio e non serve altro per rimandare il discorso e
dedicarci a occupazioni più interessanti.
Lasciare Carlo per la seconda volta è stato indolore. Ha
fatto un mucchio di scenate e mi ha insultato poi, finalmente, se
n'è andato. Ho raccolto la maggior parte delle mie cose e le
ho caricate in macchina. Prenderò solo i mobili a cui sono
affezionata, gli altri li venderò. Ebbene sì, ho
accettato di andare a vivere con Federico e non sto più
nella pelle. La verità è che non riesco a stare
senza di lui. Non lo vedo da appena due ore e muoio dalla voglia di
poterlo riabbracciare.
Finalmente salgo in macchina per tornare da lui. Sto facendo tutto
troppo in fretta? Probabile, ma lo conosco bene, non è un
salto nel vuoto. Sono sicura che andrà tutto bene.
Il traffico a quest'ora è praticamente inesistente, ma anche
stavolta i semafori si sono coalizzati contro di me, per fortuna ora
sono meno ansiosa.
Svolto un angolo e sono praticamente arrivata quando, di fronte al
portone, vedo un ambulanza. Mi sbianco in volto e comincio a sudare
freddo. Il panico mi assale e scendo dall'auto prima possibile. Ho una
bruttissima, orribile sensazione. Cerco di rifiutare l'unico pensiero
che mi si affaccia alla mente, ma non ci riesco, e ogni volta
è più terribile. Non può, non deve
essergli qualcosa di brutto! Non potrei sopportare di perderlo! Non di
nuovo!
Salgo le scale di corsa e suono il campanello ripetutamente con
impazienza. Ho lo stomaco chiuso in una morsa, sinché la
porta non si apre e mi trovo di fronte a Federico. Senza pensarci due
volte, gli getto le braccia al collo.
“Ho avuto tanta paura!”
“Che succede?” domanda senza capire.
Faccio un profondo respiro cercando di calmarmi. Lui sta bene,
è tutto a posto.
“Di sotto c'è un ambulanza e ho avuto paura che ti
fosse successo qualcosa.”
Sorride stringendomi di più a sé e mi bacia in
fronte.
“Non devi preoccuparti, non mi succederà
nulla.”
Rimango abbracciata a lui mentre attendo che il mio cuore smetta di
battere furiosamente per la paura. Infine, dopo un lungo sospiro, lo
bacio.
“Per un attimo... Ma ora sto bene.”
Mi porta dentro casa sempre tenendomi fra le sue braccia. Ed
è lì che io vorrò restare. Per sempre.
FINE
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=354218
|