Begin

di Vavi_14
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X ***
Capitolo 11: *** XI ***



Capitolo 1
*** I ***


I
 







Jungkook scruta, ancora una volta, l’enorme spazio che ospita la sala in cui il suo gruppo sta provando l’ultima coreografia. Nonostante ormai siano diversi mesi che li hanno trasferiti lì, non riesce a fare a meno di pensare che quel luogo sia grande almeno tre volte il loro dormitorio e, purtroppo, almeno tre volte più freddo.
Fuori dalla finestra, la neve imbianca i tetti di una Seoul congelata e i riscaldamenti, quella mattina, non hanno proprio voluto saperne di partire. Si stringe un poco nella sua felpa nera, quella che un tempo usava per le giornate di ozio passate a giocare ai videogiochi; tira giù entrambi i polsini e saltella sul posto, mentre ascolta attentamente le parole del coreografo. Percepisco il vostro impegno, dice, ma non è ancora abbastanza. Il suo tono è tranquillo, tutti sanno che non vuole spaventarli, né spingerli troppo oltre il loro limite. Ma non è abbastanza: il suono di quelle parole martella nelle tempie di Jungkook tanto quanto il dolore delle dita paralizzate dal freddo. Ha provato e riprovato da solo, anche quando gli altri dormivano, senza mai chiedere consiglio, senza mai interpellare nessuno: mesi e mesi di convivenza con i suoi compagni gli hanno fatto capire che è fortunato ad avere degli amici così, ma questo non lo ha invogliato ad aprirsi con loro, né a condividere i suoi timori.

In quel momento c’è solo lui e i suoi dannatissimi errori.

«Jungkook, i tuoi movimenti vanno bene, ma devi cercare di mantenere la posizione. Presta più attenzione a come si muovono gli altri».

Le parole del coreografo lo risvegliano dal torpore. Annuisce in modo vigoroso, cercando di nascondere la fatica e la frustrazione. Si avvicina ai compagni, pronto per ricominciare, quando la voce di Namjoon lo raggiunge quasi di soppiatto, come un sussurro: «Ce la faremo», gli dice, e accompagna l’incoraggiamento con un debole sorriso. Jungkook piega il capo in segno di assenso, ma non riesce a ricambiare quell’espressione gioviale.
Lancia un’occhiata agli altri e scorge sui loro volti i segni di un’estrema stanchezza. Taehyung si accorge del suo sguardo e anche lui gli sorride. Risponde con la medesima, impercettibile, flessione della testa, poi si guarda le scarpe e attende l’attacco della musica.

Sì, forse ce la faranno.
 
 

 


















______________

Buonasera a tutti!
Quella che vi propongo è una raccolta di flash che prende ispirazione, per l’appunto, dall’ascolto prolungato di Begin e, soprattutto, da una riflessione sul testo che la compone. L’intento è quello di provare a ripercorrere la crescita di Jungkook e, in particolare, i suoi stati d’animo nei momenti difficili, in rapporto all’interazione con i suoi compagni: in poche parole, com’è cambiato dagli esordi fino ad oggi. Non ci sono riferimenti temporali o cronologici specifici: si tratta perlopiù di “missing moments" (inventati di sana pianta, ovviamente XD) che seguono la carriera dei Bangtan.È un percorso che organizzerò pian piano: non so ancora quanti capitoli saranno, ma so già dove voglio arrivare.

Spero che avrete piacere di seguirmi e vi ringrazio per aver letto fin qui.


Alla prossima, se vorrete,


Vavi

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Capitolo 2
*** II ***


II

 
 

 







 
La crepa che ramifica beffarda sul display del suo smartphone provoca in Jungkook un sussulto nervoso, somigliante quasi a uno sbuffo di rabbia.
Osserva ancora una volta lo schermo nero, privo d’ogni segno di vita, mentre maledice se stesso per essere stato così disattento. Quella mattina si era svegliato di soprassalto, tormentato da un orribile incubo: era corso in bagno a rinfrescarsi e, nella fretta di prepararsi, aveva scordato di togliere il cellulare dalla tasca della tuta. Così, durante le prove, quello era volato via indisturbato, schiantandosi sul parquet in legno con un tonfo che lo aveva fatto rabbrividire. Non che tenesse poi così tanto a quel maledetto aggeggio elettronico, ma quelle poche volte che gli era permesso usarlo poteva sentire la sua famiglia, aggiornarli sulle ultime novità riguardanti il loro ormai vicino debutto e, soprattutto, illudersi di essere ancora accanto a loro, in qualche modo.

«Che c’è Jungkookie?»

Jimin si avvicina, vedendolo fermo come una statua in mezzo alla sala, intento a rimuginare su chissà quale questione importante dell’umana esistenza.
Jungkook nasconde velocemente lo smartphone, coprendone le crepe con le dita, e sfoggia l’espressione più tranquilla che ha nel repertorio. Al momento non può permettersi di comprarne uno nuovo e l’idea di doverne parlarne alla produzione non gli piace nemmeno un po’.
«È per il cellulare?»
Il ragazzo lo guarda cercando di capire cosa nasconde dietro quella maschera di falsa indifferenza. In quel momento Jungkook si sente un totale idiota: avrebbe dovuto metterlo via subito e archiviare la questione come l’ultimo dei suoi problemi. Con tutti gli impegni che avevano da sbrigare, come gli era venuto in mente di rammaricarsi per uno stupido cellulare?
«Parlane con il manager, sicuramente troveranno una soluzion-»
«No». Le parole gli escono di bocca senza che abbia il tempo di poterle elaborare. «Non voglio, hyung».
Nel frattempo anche Hoseok li ha raggiunti e corruga le sopracciglia alla vista del cellulare che il più piccolo tiene stretto nella mano destra, ormai inutilizzabile.
«Perché no?» L’espressione di Jimin evidenzia un leggero disappunto.
Jungkook alza le spalle, infilandosi in tasca lo smartphone. «Non è importante». Beh, in un certo senso lo è, ma Jungkook non ha nessuna intenzione di approfittare della cortesia del suo manager: si prenderà la responsabilità di ciò che ha fatto e ne pagherà le conseguenze. Vorrà dire che per un po’ userà il telefono fisso dello studio di registrazione, almeno fin quando non-
«Puoi usare il mio» afferma Hoseok, interrompendo il flusso di pensieri nella testa di Jungkook. «È un po’ scassato ma fa il suo dovere».
Lo dice con quel solito sorriso radioso stampato in volto e Jungkook vorrebbe rifiutare ancora una volta, ma non ci riesce.
«Grazie, hyung».

Tanto sa che non lo userà, eppure questo non gli impedisce di affrontare il resto della giornata con il cuore un po’ più leggero.


















 
 ________

Ok, lo so: questa è davvero una misera chicca nell’universo infinito della carriera deiBangtan, ma qualcosa di più leggero dovevo pur  inserirlo. Al di là della questione legata allo smartphone (ok, magari avrebbe potuto prenderne uno di riserva, anche sgangherato), ho voluto porre l’accento sul fatto che Jungkook è ancora molto legato alla sua famiglia e alle sue cose, ma capisce che è necessario metterle da parte in quella situazione. Decide che la questione è poco importante: chiedere al manager vorrebbe dire essere facilitati  (scommetto che gliene avrebbe procurato uno senza troppi problemi) e non è questo che Jungkook vuole ottenere. Ho immaginato comunque un ambiente ancora un po’ freddo e rigido, in cui non è permesso loro fare ciò che fanno adesso. Non so effettivamente se avessero soldi liquidi da poter spendere o meno ma insomma, al di là di tutto spero che il messaggio sia arrivato, ecco.
Vi ringrazio per aver letto anche questo secondo capitolo. Con la speranza di ritrovarvi anche prossimamente, vi mando un abbraccio!
 
A presto,


Vavi

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Capitolo 3
*** III ***


III










Quella è la prima vera cena tutti insieme dopo gli eventi che li hanno portati a conoscere, finalmente, le meraviglie del palcoscenico. Nelle loro vene l’adrenalina si sta affievolendo per lasciare spazio ad una stanchezza che sa di modesta soddisfazione: dopo così tanto tempo speso a chiedersi se davvero quel duro lavoro li avrebbe portati da qualche parte, l’accoglienza dei fan ha dato loro tutte le risposte di cui avevano bisogno.
Jungkook addenta un boccone della carne che Jin ha preparato con tanta premura e osserva i suoi compagni gesticolare e sovrastarsi mentre commentano la performance. Hoseok è quasi salito con i piedi sul tavolo e Jin lo ha fulminato con lo sguardo, ma Jungkook non è riuscito a trattenersi ed è scoppiato a ridere assieme agli altri, beandosi di quel clima festoso.
Ci sono tante cose di cui anche lui vorrebbe parlare, ma un po’ per l’emozione ancora viva, un po’ perché non sa se in quel momento è opportuno, preferisce assecondare il discorso del leader e promettere che quello sarebbe stato solo il primo successo di una lunga serie.
In realtà, se proprio deve essere sincero, Jungkook sa di aver sbagliato di nuovo la posizione sul finale, di aver stonato quel pezzo che in prova gli era uscito bene e di aver quasi rischiato di intruppare Jimin durante il ritornello. Ma più di tutti, lo tormenta il fatto di non esser riuscito a ringraziare come avrebbe voluto quei fan tanto calorosi che non hanno esitato ad urlare e ad applaudire per loro nonostante fossero un gruppo emergente.
Nel vederli lì, davanti ai suoi occhi, in carne ed ossa, ha sentito il cuore esplodere di gioia, ma quelle stesse corde vocali così cariche nel momento della loro canzone, le ha sentite paralizzarsi alla sola vista del microfono del presentatore. Ha invidiato Jimin, che nonostante la sua timidezza è riuscito ad esprimere ciò che provava, così come ha annuito vigorosamente alle parole sincere di Yoongi, cercando di dare, seppur indirettamente, il suo contributo.

A pasto finito, Jungkook si offre di aiutare Seokjin a sistemare la cucina; non ha messo in conto, però, che al più grande raramente sfuggono i cambi d'umore dei suoi compagni.
«Sei andato alla grande Jungkookie. Sei contento?» Gli sorride in modo sincero e il più piccolo ricambia, passandogli l’ultimo piatto da risciacquare.
«Ancora non ci credo», ammette, e le sue labbra si curvano da sole verso l'alto al ricordo della gioia provata nell’istante in cui ha messo piede su quel palco. Capisce che Seokjin sta cercando di distrarlo, perché non è sua attitudine chiedere cosa non va, se non sono prima gli altri a dirglielo.
«Non sono sicuro di aver parlato in coreano quando ho ringraziato i fan» ammette poi Seokjin ridendo di se stesso e trascinandosi dietro anche Jungkook.
«Sempre meglio che non dire niente» si lascia scappare il più piccolo, pentendosi mezzo secondo dopo di aver aperto bocca.
Jin si asciuga sul canovaccio e Jungkook lo osserva, cercando qualche cambio d’espressione sul suo volto che però non trova. Sente la mano del più grande stringergli una spalla e l’altra scompigliargli con affetto i capelli.
«La tua voce è arrivata comunque, Kookie, sta' tranquillo».
Probabilmente vorrebbe dargli altre rassicurazioni, ma un tonfo proveniente dal bagno seguito da un urlo di Taehyung lo convince a rimandare.
Jungkook annuisce e, prima di raggiungere il più grande sul luogo della catastrofe, si lascia andare ad un sospiro liberatorio, promettendo a se stesso che la volta successiva avrebbe dato ai loro fan almeno tre volte di più.
 

 











 













 ____________

Potrebbe sembrare il primo passo verso la lunga salita; ebbene, lo è e non lo è. Io credo che il rafforzarsi dell’amicizia tra i Bangtan abbia portato più volte Jungkook a mettere in discussione sé stesso, trovandosi in situazioni che magari non aveva idea di come gestire. Insomma, questo è solo l’inizio di un lungo percorso di crescita: come ho già preannunciato, non tratterò tutti i momenti della loro carriera, perciò aspettatevi dei salti o comunque dei capitoli che saranno liberamente collocabili dove meglio credete (sempre cercando di rispettare un certo ordine temporale). Niente, mi dileguo: prima però voglio ringraziare di cuore chi ha iniziato a seguire questa storia inserendola nelle varie categorie e chi, ovviamente, mi ha lasciato la propria opinione con una recensione. Lo apprezzo tantissimo! <3
 
Un abbraccio e alla prossima, se vorrete,

 
Vavi

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Capitolo 4
*** IV ***


IV










Un concerto. Non un'esibizione, non un’apparizione televisiva e neanche una delle solite interviste… un concerto. Quando il manager ha comunicato loro la notizia ufficiale, Namjoon ha quasi rischiato di frantumare il tavolinetto della cucina con una mano, mentre Hoseok si è letteralmente catapultato giù dal letto seguito a ruota da Jimin.

Jungkook ricorda ancora come, a un certo punto, le parole del manager abbiano iniziato a volatilizzarsi, come se d’improvviso non riuscisse più a udirle: l’unico eco che rimbombava, incessante, nella sua testa, era concerto, con tutte le implicazioni che ne sarebbero seguite. Aveva cercato di rimanere presente a se stesso per ascoltare i dettagli relativi alle date e ai preparativi, leggendo nell’espressione estasiata dei suoi compagni la medesima eccitazione.

Eppure, a due settimane dall’annuncio ufficiale, le cose non erano andate proprio come aveva immaginato.

Dopo sei estenuanti ore trascorse in sala prove e un pasto veloce sono tutti nel dormitorio a cercare di riprendere un briciolo di energie in modo da poter continuare il lavoro nel pomeriggio.
Jungkook è stravaccato su un letto – non ricorda neanche di chi è e ancora si chiede perché ci debba essere quel misterioso scambio di giacigli durante il giorno – con l’ipod alla mano e una delle classifiche musicali più chiassose che ha nel repertorio. Ha bisogno di isolarsi per un po’, anche se è difficile farlo quando si condividono con altre sei persone pochi metri quadrati. Sdraiato a pancia sotto, divide le sue attenzioni tra una chat con il fratello e il lettore musicale: detesta dover fare zapping tra le canzoni, ma il suo stato d’animo attuale sembra insofferente a qualsiasi melodia se ascoltata per più di un minuto consecutivo.
Proprio quando sembra aver trovato la canzone che fa al caso suo, sente all’improvviso il corpo sprofondare nel materasso e un peso morto adagiarsi sulla schiena. Riconosce le braccia esili di Taehyung rilasciate ai lati e la sua testa poggiata sulle proprie spalle.
«Hyung, che stai-»
«Sei sul mio letto» annuncia tranquillamente Taehyung, senza accennare a muoversi di un millimetro.
«Hanno occupato il mio» si giustifica Jungkook, il tono smorzato dal peso dell’amico. «Hyung, se ti sposti posso andare a reclamarlo».
L’altro gli pianta il mento tra le scapole e nega con la testa. «Prima mi dici cos’hai».
A quelle parole Jungkook ammutolisce e continua a guardare davanti a sé. Il fatto che Taehyung non gli sia di fronte rende più facile sviare l’argomento.
«Ma di che parli, hyung? Sto solo ascoltando un po’ di musica».
«Sono quattro giorni che parli con tuo fratello, di solito non usi così tanto il cellulare».
Jungkook cerca di voltarsi verso l’altro, invano. «E tu come lo sai? Mi spii?» Lo dice senza note di fastidio nella voce, ma è sinceramente sorpreso del fatto che l’amico se ne sia accorto. Eppure aveva cercato di isolarsi il più possibile e con gli altri era stato lo stesso Jungkook di sempre. Oppure no?
«Osservo» replica Taehyung.
A quel punto seguono alcuni secondi di silenzio – se non si considerano gli schiamazzi di Jimin e Hoseok al letto di sopra – dopodiché Jungkook fa pressione sulle braccia e solleva Taehyung, il quale si arrende e si siede al bordo del letto. Anche il più piccolo fa lo stesso, riponendo l’ipod in tasca.
«Mio fratello ha uno stage lontano da Seoul durante le date del concerto» si decide ad ammettere, guardando un punto indefinito della stanza, «e sarà difficile riuscire a rimandarlo». Non aggiunge che tiene molto al fatto che lui possa esserci, perché in fondo è il loro primo concerto e vorrebbe che i suoi familiari fossero lì ad incoraggiarlo.
Taehyung, per tutta risposta, gli sorride. Jungkook lo guarda e, per la prima volta, si accorge che quello non è esattamente lo stesso sorriso rettangolare che sfoggia di solito.
«Anche mio padre ha dei problemi con il lavoro», ammette, giocherellando con le proprie dita, «ma sta facendo il possibile per organizzarsi». Anche se sarà difficile: Taehyung non lo dice, eppure Jungkook lo comprende.
Il più piccolo abbassa il capo, sentendosi un po’ in colpa: sa quanto il suo hyung tenga alla presenza del padre, da sempre suo modello di vita, eppure Taehyung non ha mai mostrato apparenti segni di dispiacere davanti agli altri. Probabilmente anche quella è una confessione esclusiva.
Prima che possa trovare il coraggio di dire qualcosa, è ancora Taehyung a prendere la parola. «Speriamo vada tutto per il verso giusto, Kookie. Nel frattempo, diamo del nostro meglio!»
Gli passa velocemente una mano tra i capelli, dopodiché si alza di scatto e prende di striscio l’inferriata del letto. Jungkook scoppia a ridere e si becca un mezzo calcio sulle ginocchia, al quale risponde con una cuscinata. I coinquilini del letto di sopra impiegano un millisecondo per realizzare che c’è una lotta in corso, così afferrano i loro guanciali e si uniscono senza un motivo preciso allo scambio di colpi, per sommo disappunto di Yoongi che, invece, avrebbe tanto voluto dormire.
















 

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Capitolo 5
*** V ***


V

 










Jungkook è consapevole che le critiche sono parte integrante della carriera di un Idol.

Le critiche fanno crescere, aiutano a prendere consapevolezza dei propri limiti e costituiscono il giusto stimolo per provare a superarli. Mentre scorre velocemente lo schermo del suo cellulare, però, Jungkook pensa che esistono critche e critiche: ci sono quelle che lo fanno entrare in paranoia e quelle che gli fanno ribollire il sangue nelle vene.
Un giorno ne aveva parlato con Namjoon e lui gli aveva suggerito di lasciar perdere, o avrebbe rischiato di farsene una malattia, uscendo pazzo prima del tempo.

Jungkook aveva imparato che fare tutto da solo non lo avrebbe mai portato molto lontano e così aveva iniziato a prendere in dovuta considerazione il parere degli altri, soprattutto se le parole provenivano dalle labbra dei suoi hyungs. In un primo momento aveva rischiato di prendere troppo sul serio anche le cattiverie gratuite, quelle sentenziate da chi in realtà non sapeva niente di lui, da chi pretendeva di giudicare per il solo gusto di offendere; poi però erano svanite anche quelle e Jungkook aveva imparato a distinguere tra ciò che gli avrebbe posto ostacoli significativi per la sua crescita artistica e ciò che invece lo avrebbe solo buttato giù senza aiutarlo a rialzarsi.

Eppure ci sono ancora delle critiche che, per quanto si sforzi, Jungkook non riesce proprio a sopportare: quelle rivolte ai suoi compagni. Immagina che anche gli altri preferiscano non dar peso a quei giudizi anonimi, eppure passa fin troppo tempo a rimuginarci sopra, chiedendosi da dove certa gente riesca a tirar fuori certe accuse o, addirittura, dove trovi la fantasia e il coraggio per esprimere giudizi così presuntuosi.

Quel giorno è seduto sul divano accanto a Yoongi, il quale è immerso anima e corpo nella creazione di una base musicale per un pezzo che ha scritto qualche giorno avanti. Jungkook è sinceramente colpito dalla concentrazione del suo hyung e ha quasi timore ad interromperlo per esternare i suoi dubbi all’apparenza poco importanti.
«Hyung?» Tenta con un sussurro, decidendo se proseguire o meno in base alla risposta che riceverà.
Yoongi non stacca gli occhi dallo schermo. «Mh» mugugna solo, facendo un debole cenno con il capo.
«Posso chiederti una cosa?»
A quel punto Yoongi alza lo sguardo verso Jungkook, perplesso. Probabilmente vorrebbe lavorare ancora un po’ alla sua creazione, ma percepisce nel tono del più piccolo una necessità che ha bisogno di essere soddisfatta in quell’esatto momento. Torna a guardare lo schermo con il viso più rilassato.
«Ti sento» dice allora, invitandolo a parlare.
«Tu hai mai letto i commenti degli haters
Yoongi è costretto ad alzare un sopracciglio, distogliendo ancora una volta l’attenzione dal computer.
«Certo, perché?»
Jungkook rimane zitto, un po’ sorpreso da quella constatazione: pensava che Yoongi non prestasse troppa attenzione a queste cose. Il fatto che la risposta sia positiva lo invoglia a continuare.
«E che ne pensi?»
Abbassa lo sguardo approfittando del fatto che quello di Yoongi sia di nuovo concentrato sul display. Spera che lo hyung non lo consideri un comportamento infantile, perché lui ha veramente bisogno di sapere.
«Che ognuno può spendere il proprio tempo come preferisce, Jungkook».
A quelle parole il più piccolo si infervora di nuovo, pensando agli insulti immeritati che ha letto sul Web.
«Non denigrando gli altri però, né esprimendo giudizi su cose e persone che non conosce!»
Jungkook è sicuro di aver alzato un po’ la voce e Yoongi non se lo fa sfuggire.
«Stiamo parlando di te, Jungkook?»
 Il più grande vuole vederci chiaro, anche se ha già intuito la natura delle preoccupazioni del maknae.
«No, non di me, hyung. A me non importa cosa dicono gli altri, io... »
«Neanche a me, Jungkook».
Il più piccolo si affretta a serrare la bocca, incerto su come replicare. Yoongi chiude il suo portatile e si sfila gli occhiali che solitamente usa quando deve sforzare lo sguardo.
«Non possiamo piacere a tutti, lo sai vero?»
Jungkook annuisce. «Certo, hyung».
«Dobbiamo cercare di superarci ogni giorno, mostrando il meglio che possiamo a chi ci apprezza per ciò che siamo veramente. Solo quando potremmo dire di aver dato tutti noi stessi, allora quei commenti di cui parli non avranno più nessun valore».
Yoongi si alza e stringe una spalla di Jungkook, perché in fondo sa che il maknae è solo preoccupato per loro e, nonostante tutto, ci tiene a ringraziarlo.
Il più piccolo pondera attentamente le parole del suo hyung, meditando se costituissero effettivamente una risposta alla sua domanda o meno, quando si sente chiamare da Yoongi, ormai in piedi e diretto verso la cucina.
«Un giorno scriveremo una canzone su questi haters» dice, puntandogli un dito contro e sfoggiando un sorriso sghembo. «Sarà divertente».













 
 

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Capitolo 6
*** VI ***


VI










 
Jungkook ha sempre pensato di essere un attore discreto quando si trattava di nascondere il proprio stato d’animo agli altri. Eppure, con il passare degli anni, si è instaurata in lui la consapevolezza dolceamara che i suoi compagni siano effettivamente in grado di leggergli dentro più di quanto sappia fare lui stesso.
Gestire le emozioni, quello sì che era un problema, ma celarle?

Quando Jungkook vede quel 37.8  apparire beffardo sul display del termometro cerca di resistere all’impulso di uscire dal dormitorio e gettarlo direttamente nel secchione dell’immondizia. Tanto lo sapeva, l’aveva percepito dalla leggera confusione che faceva eco nella sua testa e dai brividi che gli scuotevano impercettibilmente in corpo: a che diavolo serviva quell’apparecchio elettronico, se non a sbattergli in faccia una certezza che, almeno ipoteticamente, avrebbe continuato a poter ignorare?

Jungkook era sempre stato sano come un pesce: le volte in cui aveva contratto l’influenza si potevano contare sulle dita di una mano, perciò è fermamente convinto che si tratti solo di stress, o magari di un colpo di freddo, visto che qualche sera prima aveva voluto indossare a tutti i costi un giaccone nuovo, regalo di sua nonna, sebbene fuori non facesse esattamente la temperatura adatta. Gli hyungs lo avevano avvertito, certo, ma lui aveva replicato di non soffrire affatto il freddo e di non aver mai avuto in vita sua un raffreddore o un mal di gola dovuto al tempo atmosferico.
Come si dice, c’è sempre una prima volta.

Si lava il volto leggermente arrossato con l’acqua fredda, sollevando le ciocche davanti e bagnandosi abbondantemente la fronte. Gli altri sono di là a discutere l’organizzazione delle schedules con alcuni manager: hanno ricevuto molte proposte quella settimana e cercare di accontentare tutti sembra un’impresa davvero impossibile. Tornerebbe di là anche abbastanza tranquillo, se non fosse per un problema che lo tormenta da quella mattina, un problema di cognome Park e di nome Jimin.
Quel ragazzo non l’aveva perso d’occhio neanche un momento per tutta la giornata e Jungkook aveva cercato accuratamente di evitarlo, fuggendo via con una scusa ogni volta che gli si avvicinava per scambiare due parole o semplicemente aggirando il suo sguardo. Il fiuto di Jimin per queste cose superava quasi quello di sua madre e a Jungkook questa sua attitudine non andava per niente a genio.

Quando torna in soggiorno trova Namjoon intento a concordare gli ultimi dettagli con i manager, mentre gli altri hanno già cominciato a disperdersi un po’ ovunque, chi in cucina per preparare un pasto decente da mettere sotto i denti, chi in camera a concedersi qualche breve minuto di riposo prima della cena. Si guarda intorno furtivo, optando per la cucina: affiancare Jin e Yoongi ai fornelli gli sarà sicuramente d’aiuto per distrarsi un po’. Peccato che in quel momento passasse per il brevissimo corridoio anche Jimin, probabilmente mosso dalle sue stesse intenzioni; non fa in tempo a raggiungere gli altri, così da evitare una conversazione esclusiva con lui, che Jimin coglie di nuovo l’occasione per braccarlo.
«Jungkook, fermati».
Il più piccolo non si è accorto di aver accelerato il passo in sua presenza ed è costretto a frenare bruscamente per poi voltarsi in direzione del più grande. «Che c’è?»
Cavolo, si era anche scordato quanto la sua irritabilità crescesse a livelli esponenziali di pari passo con la temperatura corporea.
Jimin gli lancia un’occhiataccia per il modo in cui gli ha risposto, ma non molla. «Si può sapere che ti prende? Sei scappato via prima ed è tutto il giorno che mi eviti. Ti ho fatto qualcosa?»
Ecco, ci mancava solo che Jimin la prendesse sul personale. Jungkook si trattiene per non imprecare qualcosa di poco carino verso se stesso, dopodiché continua a perseguire nel suo intento: negare, negare fino alla morte.
«No hyung, è tutto apposto. Sono solo un po’ sovrappensiero oggi».
Jimin inarca un sopracciglio. «Fammi sentire la fronte».
La febbre gli impedisce di reagire nell’immediato, ma Jungkook riesce comunque ad evitare la mano di Jimin, scansandosi da un lato.
«Sto bene hyung, davvero. Non ce n’è bisogno».
«Se stai bene allora fammi sentire».
«Non insistere, hyung».
«Ti stai comportando come un ragazzino».
Jungkook si sente ribollire dalla rabbia, ma non contro Jimin: sarebbe tutto più semplice se dicesse le cose come stanno ma no, una parte di lui gli ordina di non farlo, perché confessare di avere la febbre vorrebbe dire mettere tutti in allarme e non è necessario, poiché lui è convinto che il giorno seguente sarà di nuovo in forma come prima.
Sospira lievemente e fa per allontanarsi. «Vado ad aiutare Jin hyung con la cena».
«Jungkook, se hai un problema devi parlarne! Non puoi sempre evitare il discorso».
«Non ho nessun dannatissimo problema hyung, come te lo devo dire?»
Jimin incrocia le braccia, alzando le spalle. «Forse sono io il problema?»
Jungkook si massaggia le tempie, esasperato. Ha la testa che minaccia di esplodergli da un momento all’altro ed è sicuro che se rimanesse un secondo di più a parlare con Jimin rischierebbe di farsi scoprire.
«Se continui a chiedermelo sì, hyung».
Dall’espressione di Jimin capisce di aver appena fatto l’ennesimo sbaglio. Si sente uno schifo, perché sta effettivamente peggiorando la situazione.
«Come vuoi».
Jimin lo sorpassa, andando a prendere il suo posto in cucina.
Jungkook si volta dal lato opposto e si scompiglia nervosamente i capelli, reprimendo l’impulso di scontrare le nocche con il muro.

Coscienza 1, Jungkook 0.
 
Che giornata di merda.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 









«Jin hyung, Kookie ha la febbre».
Il più grande del gruppo rimane col coltello a mezz’aria e la cipolla tagliata per metà. «Te l’ha detto lui?» domanda un po’ preoccupato.
Jimin scuote la testa, rassegnato. «Più o meno».






















__________

Eh, le giornatacce capitano a tutti, vero o no? Non possiamo mica pensare che vada sempre tutto bene... e stavolta la vittima del capitolo è stato il povero Jimin. Trovavo plausibile il fatto che inizialmente potesse prendere la questione come un fatto personale e rimanere offeso dal comportamento di Kookie: poi però, verso la fine, deve aver sicuramente riflettuto ed essere giunto alla conclusione che i suoi sospetti iniziali fossero esatti. Per quanto riguarda Jungkook, beh... lascio giudicare a voi. XD
Spero tanto che la raccolta stia continuando a piacervi... sono un pò impegnata in questo periodo, ma spero di riuscire a portarla avanti regolarmente.
Nel frattempo vi ringrazio per essere sempre qui a seguirmi!

Un bacio grande,


Vavi

 

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Capitolo 7
*** VII ***


VII
 










Il pavimento della sala prove non è mai stato così umido e scomodo come quella sera. La musica ha cessato di riempire la stanza coi suoi ritmi potenti e la stanchezza si è impossessata di ogni singola cellula del corpo: Jungkook siede a terra assieme ai suoi compagni, gli occhi chiusi e il petto che si muove in modo irregolare, mentre tenta inutilmente di far cessare quei battiti insistenti.
Nell’aria riecheggia solo il flebile soffio dei loro respiri.

«Che ore sono?» Namjoon si passa stancamente una mano sul volto, asciugando il sudore dalle tempie.
Jungkook riapre gli occhi, tornando alla realtà. Non ha mai visto i suoi hyungs così esausti e lui stesso non ricorda quand’è stata l’ultima volta che ha sentito i muscoli intorpiditi a tal punto da non riuscire ad alzarsi. Vorrebbe rispondere alla domanda del leader, ma ha lasciato il cellulare sul tavolo e le sue gambe non sembrano affatto voler collaborare per rispondere ai comandi.
«Le quattro e mezza» biascica Yoongi, gettando una rapida occhiata al suo orologio, per poi rilasciare nuovamente il braccio a contatto con il parquet.
«Merda».
L’imprecazione di Namjoon riflette, prepotentemente, lo stato d’animo di tutti quanti. Jungkook si sente come svuotato, quasi sconfitto: sono ore che provano la stessa maledetta coreografia e non sono ancora riusciti a perfezionarla.
«Tra due ore dovremmo alzarci» commenta Jimin, e tutti lo intendono in senso letterale, visto che non hanno chiuso occhio tutta la notte, nonostante il giorno dopo avessero la sveglia all’alba per un servizio fotografico.

Jungkook comincia a soffrire quell’aria pesante. Vorrebbe parlare, ma non sa che dire: riesce solo a fissare Hoseok, rilasciato a terra con entrambe le braccia a coprirgli un volto esausto e forse anche amareggiato. E’ stato lui ad insistere affinché il coreografo andasse a dormire, dopotutto i passi principali li avevano imparati, si trattava solamente di armonizzare il tutto e trovare la giusta coordinazione: un compito che solitamente il ballerino riusciva a gestire senza troppi problemi, portando nella giusta direzione anche i propri compagni.

Il tempo, però, non è dalla loro parte, e dietro quegli avambracci che gli fanno da scudo, Jungkook riesce a percepire tutta la delusione di Hoseok per non essere stato all’altezza della situazione. Vederlo abbandonare l’impresa lo fa sentire perso, non può credere che il suo hyung e abbia deciso di rinunciare, pensando di addossarsi tutta la colpa.
«Vado a prendere un po’ d’aria».
«Taehyung-ah!» Jimin chiama il coetaneo, pensando che stia cercando di tagliare la corda.
L’altro gli fa un gesto con la mano. «Sono qui fuori» dice, chiudendosi la porta della sala alle spalle.
Jungkook sospira, avvicinando le ginocchia al petto. Sa esattamente ciò che stanno pensando i suoi compagni: continuare ad allenarsi per essere pronti ad esibirsi nel pomeriggio, oppure concedersi qualche ora di sonno per apparire al meglio in fotografia,  rischiando però di inficiare sulla performance?

«Hyung?»

In realtà, Jungkook non riesce ancora a capacitarsi del fatto che Hoseok non abbia aperto bocca da quando hanno smesso di ballare. «Hoseok hyung». Non sa neanche lui cosa vorrebbe dirgli di preciso, ma ha bisogno di vedere il suo volto, di capire.
Alle parole del più piccolo, Hoseok  si alza a sedere con uno slancio, tenendosi stretta la caviglia. Neanche il tempo di lamentarsi e già Seokjin si è allungato verso di lui, afferrandogli la parte dolorante e massaggiandogliela in un discreto tentativo di imitare i fisioterapisti.
«Che si fa?» Jimin guarda Namjoon e poi Hoseok, confuso tanto quanto loro.
Nel frattempo, Yoongi si è addormentato con una mano sul petto e Jungkook pensa che se Hoseok non si decide a rispondergli nel giro di due minuti rischierà di uscire fuori di testa.

«Non lo so».

Tre semplici parole che arrivano alle orecchie di Jungkook come un appiglio vacuo: non era ciò che voleva sentirsi dire, non da Hoseok hyung, non da quello stesso Hoseok con cui avevano provato ininterrottamente per cinque ore di seguito. Ma cosa si aspettava, dopotutto? Che suoi hyungs non soffrissero come lui, che non provassero le sue stesse frustrazioni? Voleva per caso essere spronato e affiancato in ogni singola cosa che faceva?

In quel preciso momento, Jungkook decide che non vuole più vedere quell’espressione amareggiata sul volto di Hoseok, né su quello di nessun altro dei suoi compagni. Sa che parlare non servirebbe, neanche se li convincesse facendo leva sul supporto dei loro fan: tutti quanti tengono sempre bene a mente chi li ha spinti fino a quel punto e per chi stanno facendo quei sacrifici, Jungkook ci pensa ogni notte prima di dormire ed ogni mattina prima di alzarsi, ma in quel frangente capisce che esternarlo non migliorerebbe le cose.

«Io continuo a provare».

Il più piccolo raccoglie tutta la sua forza di volontà e decide di farsi avanti. Nessuna domanda, nessun lamento, nessuna frase consolatoria. Solo una certezza: continuare.
Hoseok lo guarda, stupito, e non riesce a trattenere un sospiro stanco. «Hai ragione, Kookie. Scusami. Scusatemi tutti».
Batte una mano sulla spalla di Jin per ringraziarlo dell’aiuto, poi raggiunge a fatica Jungkook al centro della sala.
«La caviglia, hyung?» Jungkook lancia a Hoseok un’occhiata un po’ preoccupata e in risposta l’altro gli dà un buffetto sulla schiena, ritrovando pian piano il sorriso di sempre.
«Jin hyung dovrebbe pensare alla possibilità di cambiare mestiere» butta lì Hoseok, alludendo al netto miglioramento che ha percepito dopo il massaggio del più grande.
Il diretto interessato emette un ghigno di disapprovazione e li raggiunge, seguito da Namjoon, che sveglia Yoongi scuotendogli un fianco.
Jungkook osserva i suoi hyungs unirsi a lui uno dopo l’altro, come se un singolo gesto fosse bastato ad assorbire dal loro corpo tutta la fatica delle ore precedenti. La felicità che sta provando è immensa, ma un secondo dopo è quasi costretto a pentirsi di ciò che ha fatto.
«Guidaci tu, Jungkook-sshi».
Hoseok gli lascia il passo, andando a raggiungere la sua posizione nella coreografia.
«Cosa? Perché io?! Ma il coreografo ha detto che-»
«Al momento non riesco a poggiare del tutto il piede, perciò è meglio che gli altri guardino i movimenti da te. Sei quello che li ha capiti meglio».
Jungkook si sente investire di una responsabilità che non desidera: è stato Hoseok a dirigerli fino a quel momento, perché ora lasciare le redini a lui?
«Jimin hyung, forse tu-»
«No Kookie, devi farlo tu».
Jimin ha le braccia incrociate ma l’espressione fiduciosa. Jungkook capisce che, in quel momento, i suoi hyungs hanno bisogno di lui, della sua forza di volontà e della sua determinazione: non può deluderli, per una volta che sono loro a dover contare su di lui, deve dimostrare di poter essere all’altezza.

«Ho portato la colazioneeeee!»

In quell’esatto momento la porta si spalanca e Taehyung sventola più festoso che mai una busta bianca contenente chissà quali prelibatezze.
Yoongi si massaggia le palpebre, ancora mezzo addormentato, mentre Hoseok e Jimin gli mostrano due pollici in su. Jungkook, nel frattempo, va ad accendere la musica.
«Grazie hyung… le mangeremo dopo» concede, con un sorriso.
Taehyung lascia cadere le braccia lungo il corpo. «No… non me lo dire».
«Se non ti muovi mangerò anche la tua brioche» lo rimprovera stancamente Jimin, invitandolo a raggiungerli.
Taehyung posa la busta sul tavolino, storcendo il naso. «Aish! Ma non stavi a dieta?»
«Farò un’eccezione».
Jungkook si concede un ultimo istante per accertarsi che tutti i suoi hyungs siano pronti a cominciare, ricambia lievemente il sorriso rassicurante di Hoseok, dopodiché prende un bel respiro e spinge play.

 
 



















___________

Aiuto
. Questo capitolo è stato un parto… lo stile è quasi più semplice dei precedenti, eppure mi ha dato comunque del filo da torcere.
Sì insomma, mi sono rattristata anch’io, ma spero abbiate capito il senso.
Non voglio dilungarmi oltre: ringrazio, come sempre, chi mi sta seguendo e chi ha iniziato da poco a farlo. Una menzione speciale va a chi dedica un po’ del proprio tempo per lasciarmi un pensiero. Lo apprezzo tanto! ♥

Ps. Lo so che questa non è una flash... lo so. Avrei dovuto avvertire prima che non ho un buon rapporto con i limiti di parole, sigh. Mi sa che dovrò cambiare in "raccolta di OS" XD
 
Auguro un buon week end a tutti!

Fighting!

Vavi

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Capitolo 8
*** VIII ***


VIII










 

Sua nonna sta male.

Taehyung lo ha saputo diversi giorni fa e tutti, in qualche modo, hanno cercato di rassicurarlo. Jungkook ricorda ancora di come si sia ritrovato a spiare la telefonata del suo hyung con il padre da dietro la porta del bagno: in realtà lo aveva mandato Namjoon per intimare a Jimin di non origliare poiché non era rispettoso nei confronti di Taehyung, ma dopo averci discusso un po’ Jungkook aveva finito per unirsi a lui, con sommo disappunto del leader, il quale li aveva rimproverati, decidendo però di non infierire oltre.

Dopo quella chiamata, Taehyung aveva continuato a lavorare con i soliti ritmi, mantenendosi sempre un passo avanti a tutti. O almeno, questo era ciò che Taehyung aveva cercato di far credere ai suoi compagni; Jungkook, dal canto suo, conosceva bene l’arte del celare emozioni non gradite e così lo aveva segretamente tenuto d’occhio per tutta l’intensa settimana di prove. Non si era fatto sfuggire i sospiri rassegnati e stanchi, le pause a volte troppo frequenti durante le coreografie e le volte in cui Jimin lo prendeva da parte e iniziava a parlare, parlare e parlare: Taehyung annuiva, spesso guardava altrove, qualche volta sorrideva mestamente e altre ancora negava con la testa.
Jungkook non gli aveva mai chiesto niente, semplicemente desiderava che Taehyung non rimanesse solo con i propri pensieri e il fatto che Jimin o gli altri ragazzi riuscissero in qualche modo a tirarlo su di morale lo rendeva più tranquillo.

In realtà, presto Jungkook si rende conto che delegare agli altri ciò che lui non si ritiene in grado di fare è solo indice di codardia ed egoismo. Taehyung è uno dei suoi amici più cari e per paura di ferirlo o di dire la cosa sbagliata sta rischiando di allontanarsi da lui, proprio nel momento in cui avrebbe più bisogno della sua presenza. Così, quella sera, durante un’intervista radio, l’ultima di una lunga serie, Jungkook cerca il suo sguardo: si accorge di essere stato interpellato quando Namjoon lo scuote per una spalla, allora inventa abilmente una scusa per giustificare la sua distrazione e si occupa di dedicare gli ultimi ringraziamenti ai fan. Jungkook si sente in colpa per non essere stato molto presente quella sera, ma è deciso a risolvere la questione una volta per tutte.

Una volta usciti dalla sala registrazioni si dirigono tutti alla macchina: Namjoon concorda con Jin e Yoongi il posto davanti, mentre Jimin cammina vicino ad Hoseok e Taehyung, probabilmente intenzionato ad appropriarsi del sedile centrale. Jungkook, però, è più veloce, e riesce ad entrare prima di Jimin, sedendosi accanto a Taehyung. Il più grande gli lancia qualche improperio per averlo intruppato e Jungkook si scusa con un gesto della mano, invitandolo ad accomodarsi vicino a lui.
Taehyung non partecipa alle conversazioni: se ne sta col volto chino sullo schermo del suo cellulare e Jungkook ha un blocco… di nuovo. Perché ogni volta succede così? Sente Jimin dargli accidentalmente una gomitata, ma non ci fa molto caso, troppo intento ad elaborare nella sua testa le parole giuste. Poi gli viene un’idea: non è ciò che aveva in mente di fare, ma può comunque andar bene. Tira fuori il suo ipod e cerca una canzone tra le migliaia che compongono le sue playlsist: non gliene serve una strappalacrime, né un inno alla gioia. Vuole trovare qualcosa che lo leghi a Taehyung, una melodia che hanno condiviso e che riporti alla memoria dei bei ricordi: una volta scelta, il più piccolo infila una cuffietta nell’orecchio del più grande e l’altra la tiene per sè. Senza rispondere all’occhiata interrogativa di Taehyung fa partire la musica.
Negli occhi grandi del suo hyung legge prima stupore, poi tenerezza e infine gratitudine. Restano un attimo così, a condividere uno sguardo che in quel momento è solo loro, fin quando Taehyung non gli sorride in modo sincero e gli avvolge un braccio dietro al collo, arruffandogli i capelli dietro la nuca.

Avrebbero continuato il viaggio di ritorno in quel modo, se Jungkook non si fosse ritrovato sulle gambe un Jimin intento ad evitare qualche manata da Hoseok, alla ricerca disperata del suo aiuto e di quello di Taehyung. Mette via l’ipod e si accerta che il suo hyung non gli frantumi le ginocchia, dopodiché lancia un’occhiata esasperata a Taehyung per poi sentire, finalmente, la sua risata genuina in risposta.

È solo un inizio, ma a Jungkook può bastare.
 

 
 
 


















_________

Lo so, lo so: chi si è fregato i dialoghi? Spero che questa piccola eccezione non via dia fastidio e non risulti noiosa, ma è stata concepita in questo modo, quasi come un flusso di pensieri, emozioni, azioni… non me la sono sentita di spezzarla con il discorso diretto.
Spero abbiate avuto modo di apprezzarla comunque ♥

Siamo tutte vicine a Tae per la sua perdita.

Vi mando un grosso bacio e alla prossima,

 
Vavi

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Capitolo 9
*** IX ***


IX










Sono ormai più di tre ore che Jimin è chiuso in sala registrazione. Jungkook guarda l’orologio: l’una e mezza passata. Il soggiorno del loro dormitorio è immerso nella penombra, quasi tutti sono già nei loro letti, qualcuno russa anche - probabilmente è Namjoon, pensa Jungkook. Taehyung ha il cellulare in mano e Jungkook è quasi sicuro che stia messaggiando con Jimin, il quale, probabilmente, gli ha intimato di andare a dormire perché è tardi e avrebbero parlato della canzone il giorno successivo.

Jungkook, però, quella sera è irrequieto: sarà perche anche lui, a breve, dovrà iniziare a incidere il suo primo singolo, sarà perché ha visto Jimin particolarmente nervoso e sovrappensiero il pomeriggio precedente, che ora l’idea di sdraiarsi sul materasso e chiudere gli occhi non lo attira neanche un po’. Dal divanetto dell’ingresso riesce a scorgere la camera di Taehyung: lo vede rigirarsi su un fianco e spegnere il display del cellulare, pronto per lasciarsi cullare dalle braccia di Morfeo. Forse sarà anche perché condivide la stanza con Jimin ed è sicuro che il suo hyung voglia scambiare almeno due parole prima di chiudere le palpebre: di solito non gli dà molta corda quand’è così tardi o finisce per ascoltarlo senza replicare granché, ma stavolta è diverso… sa che è diverso.

Dà la buonanotte a Yoongi, che in quell’esatto momento afferra il suo portatile e si ritira in stanza, e raggiunge anche lui il proprio giaciglio, ritrovandolo esattamente come lo aveva lasciato: stropicciato e pieno di vestiti buttati a caso sul lenzuolo. Si strofina gli occhi e decide di mettere un poco in ordine prima dell’arrivo di Jimin – anche perché l’alternativa sarebbe stata dormire sui propri abiti, perciò Jungkook decide che non è il caso.

Dopo appena quindici minuti sente la porta di casa aprirsi e in automatico afferra l’ipod, gettandosi sul letto. Farà ovviamente finta di fare altro, quando Jimin lo raggiungerà.

«Jungkookie, perché sei ancora sveglio?»

Il più grande entra in camera cercando di fare meno rumore possibile, accende una piccola luce al lato del letto e posa la sua tracolla sul pavimento, stirando entrambe le braccia verso l’alto.
Jungkook si toglie una cuffietta. «Hai detto qualcosa, hyung?» Ma neanche aveva avuto il tempo di farla partire, la playlist.
Jimin sospira e si butta a peso morto sul materasso, passandosi entrambe le mani tra i capelli.
«Perché non dormi?» ripete ancora, e il suo tono è davvero esausto.
Jungkook cerca di carpire l’espressione sul volto del suo hyung, ma la stanza è troppo buia. «Non ho sonno» risponde semplicemente, alzando le spalle in un gesto noncurante.
«Vuoi che te ne dia un po’ del mio?»
Il più grande allunga una mano, raggiungendo la gamba di Jungkook sull’altro letto, per poi cercare di mollargli un pizzicotto che il maknae anticipa abilmente bloccandogli il polso.
«Com’è andata, hyung
Di solito Jungkook evita di fare domande così dirette perché è sempre Jimin a prendere l’iniziativa, ma adesso che l'altro sembra voler evitare il discorso, il maknae decide di fare uno sforzo e palesare davanti a lui le sue preoccupazioni.
Jimin ritira la mano e si alza di nuovo a sedere, un po’ stupito da quella richiesta. Rimane per un po’ in silenzio, forse per elaborare mentalmente la parole di Jungkook, dopodiché abbozza un piccolo sorriso stanco.
«Bene, direi».
Jungkook lo guarda e capisce che c’è dell’altro; Jimin fa fatica a nascondere il proprio stato d’animo e lui ha imparato da tempo ad interpretare  i comportamenti dei suoi hyungs, così come i loro pensieri e le loro emozioni: a volte pensa che queste gli entrino dentro come per osmosi e finiscano per coinvolgerlo sempre più di quanto vorrebbe.

Così in quel momento riesce a percepire l’ansia e la frustrazione di Jimin senza neanche conoscerne il vero motivo.

«Solo che ho dovuto provare tante volte. C’era un pezzo in cui continuavo a sbagliare tonalità…».
«Cioè?»
«Cioè cosa?»
«Fammi sentire»
«Adesso?!»
«Adesso».
Jungkook non ha paura di risultare arrogante: immagina che la gola di Jimin reclami soltanto un po’ di riposo, ma sa quanto il suo hyung tenga a quella canzone e probabilmente lui sarà il primo a poter sentire una strofa con la melodia definitiva. Gli era già capitato di leggere il testo e confrontarsi con lui su qualche nota, ma non aveva mai ascoltato il pezzo completo.
«Dai, hyung. Per favore».
«Ma è tardi, sveglieremo qualcuno».
«Daaaaii».
Jungkook ha sfoderato una delle sue espressioni più convincenti e Jimin è atterrito da tutta quell’insistenza. Dopotutto il più piccolo è veramente curioso e pensa che lo hyung abbia davvero lavorato sodo per creare quel prodotto unico nel suo genere.
«Oh, d’accordo» cede infatti Jimin, e intona brevemente l’inizio della sua Lie, provocando la nascita di un sorriso aperto sul volto di Jungkook.
«Perché ridi?» chiede il più grande, una volta finito di cantare.
Jungkook scuote la testa, stavolta è un po’ imbarazzato. «Non sto ridendo… è che mi piace. E’ uscita bene». Ovviamente non aveva dubbi al riguardo; conosce le insicurezze di Jimin e sa quanto queste lo limitino nel giudicare le proprie performance. Dopotuttuo anche lui sa di avere le proprie asticelle posizionate sempre a un livello più alto rispetto a ciò che in un determinato momento può chiedere a se stesso.
Jimin allora abbassa il capo e ricambia il sorriso. «Grazie, ma ci devo ancora lavorare parecchio».
«La canti di nuovo?»
Un po’ la vuole risentire veramente, un po’ è arrivato il momento di sciogliere la tensione.
«Hyung, per favo-»
Ma stavolta non riesce a terminare la frase poiché Jimin si alza e gli spalma un cuscino sulla faccia.
«Basta con quell’espressione, Kookie!» si lamenta, al metà tra il divertito e l’esasperato. «Vai a dormire, ne riparleremo domani».
Jungkook cerca di divincolarsi e lo allontana con una gamba, sghignazzando. Quando finalmente riesce a liberarsene e lo vede incamminarsi in direzione del bagno allora cerca di intonare anche lui quel pezzo di Lie, riuscendo ad attirare l’attenzione del più grande e beccandosi un altro cuscino in faccia.

Di una cosa è certo: quella sera Jimin si addormenterà con il sorriso sulle labbra.

 
 





















 ____________

Non so bene come funzioni la disposizione nelle camere nel dormitorio, né in che modo Jimin abbia pensato, scritto e inciso Lie: lasciatemi un po’ di spazio per immaginare XD. E poi dovevo a Chim Chim un capitolo di “riconciliazione” con Jungkook; l’avevo un po’ maltrattato ultimamente.
Spero come sempre che vi sia piaciuto!♥
 
Un bacione grande e alla prossima,
 

Vavi

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Capitolo 10
*** X ***


X







 


Gli sembra quasi di assistere ad una specie di déjà-vu.

Quante volte, da quando si conoscono, hanno cercato di condividere le proprie paure, le incertezze, tutto ciò che li avrebbe aiutati a rafforzare il loro legame e a crescere artisticamente come gruppo. Anche il loro manager li ha sempre incoraggiati ad aprirsi gli uni con gli altri, ad essere sinceri con lui e con i membri dello staff qualora non fossero a loro agio o qualcosa li turbasse.

Così ora sono di nuovo lì, durante una pausa rubata al lavoro sul nuovo album, per fare il punto della situazione: per cercare di alleggerire il clima di tensione che negli ultimi giorni li ha messi duramente alla prova. Sono tutti emozionati all’idea di portare sul palco un concept completamente nuovo e stanno lavorando duramente per offrire ai loro fan un’immagine rinnovata e ormai “adulta” dei Bangtan.

Ma non è tutto così semplice. Jungkook li osserva uno ad uno, i suoi compagni, e nell’arco di un secondo gli sembra di rivivere sulla propria pelle tutte le fatiche dei giorni precedenti. Vede Yoongi, stranamente propenso alle chiacchiere quella sera, ma vede anche le occhiaie dipinte sul suo volto stanco; ricorda le nottate in cui non staccava mai gli occhi dal suo portatile o quando si immergeva con le sue cuffie nella creazione di una melodia perfetta, che il giorno dopo proponeva al gruppo con soddisfazione e orgoglio. Guarda Hoseok, le sopracciglia corrucciate e una lieve ruga che prende forma tra esse a suggerire una profonda concentrazione; non dimenticherà mai con quanta determinazione provava quella coreografia che era stata creata appositamente per lu
i. È un ono
re, diceva, e sarebbe stato compito suo saperle rendere giustizia: così lo trovava ad allenarsi in palestra o in sala prove fino allo sfinimento, con le fasciature improvvisate ai polsi e alle caviglie, dovute al troppo sforzo muscolare. In quel periodo aveva visto più raramente l’Hoseok festoso e combina guai di sempre, anche se mai si dimenticava di fargli un sorriso o di rassicurarlo quando ne aveva bisogno.
Seduto accanto a lui c’è Seokjin: ha una mano poggiata sul suo ginocchio, in un certo senso sembra intuire la tensione di Jungkook e il suo essere restio ad aprirsi davanti al manager; dopotutto, nonostante anche lui abbia investito anima e corpo nella produzione dell’album, non si è mai scordato di cucinare un pasto o di affiancare uno dei membri nei momenti più difficili, tirandoli su con qualche sua solita battuta datata che alla fine, in un modo o nell’altro, portava sempre tutti alla risata. Poi, d’altra parte del soggiorno, c’è Jimin. Si accorge dell’occhiata del maknae e la ricambia di sfuggita, per poi tornare ad osservare Namjoon, che in quel momento ha preso la parola. Non si pente di averlo aspettato sveglio tutte le volte o di averlo spinto a parlare con lui a proposito di Lie; Jimin ha vissuto, in quei giorni, uno dei periodi più difficili dall’inizio del loro debutto. Si è scontrato prepotentemente con i suoi timori, con i suoi limiti, Jungkook ha visto la sua autostima crollare più volte, ma non l’ha lasciato da solo. A modo suo gli è stato vicino, si è mostrato forte, forse anche troppo, perché tutta quella forza in realtà non l’ha mai posseduta. E poi c’è Taehyung. Deve ingoiare la saliva più volte e prendere un respiro profondo quando pensa a lui. Perché, inevitabilmente, gli tornano alla memoria le volte in cui l’ha sentito piangere silenziosamente nel letto, i singhiozzi smorzati dalle coperte, o quelle in cui faceva finta di accettare quel suo sorriso rettangolare come fosse quello di sempre, quando in realtà sapeva che Taehyung cercava solo di difendersi dal dolore. Ricorda i giorni in cui l’ha visto spento e demotivato, ricorda quando il terrore che non sarebbe riuscito a riprendersi in breve tempo gli aveva attanagliato lo stomaco facendogli salire la nausea per settimane intere.
Infine, il suo sguardo si posa su Kim Namjoon, il leader: quanta sofferenza, quante cose non dette ha dovuto ingoiare, quante critiche ha affrontato di petto per difendere il proprio gruppo, quanti dubbi ai quali non ha voluto trovare risposta perché quelli dei suoi compagni erano più importanti. Namjoon, pensa Jungkook, è la colla indispensabile che li tiene uniti, quella che li fa stare in piedi anche quando le cose non vanno sempre per il verso giusto.
Ed è proprio Namjoon a rivolgergli la parola in quel momento, distraendolo dai pensieri che l’hanno investito come fossero un fiume in piena.
«Jungkookie».
Posa i gomiti sulle ginocchia e lo guarda apprensivo. Jungkook si rende conto che le iridi di tutti sono puntate su di lui.
«Se c’è qualcosa che ti turba, devi dircelo. Abbiamo sempre cercato di condividere tutto, lo sai».
Jungkook alza lo sguardo dalle proprie mani per incrociare quello del leader. Nel frattempo, il manager è uscito dal dormitorio per lasciarli conversare da soli. Vorrebbe parlare, vorrebbe davvero, ma una morsa gli ha intrappolato il petto e le corde vocali.
«Ultimamente siamo tutti molto provati, ma stiamo anche facendo del nostro meglio. Le schedules sono pienissime, posso capire-»
«Non mi importa delle schedules».
Namjoon viene interrotto bruscamente e Jungkook non sa nemmeno dove abbia trovato la forza per replicare. I suoi compagni lo guardano, l’aria è come congelata: il più piccolo si pente quasi subito di aver esternato quel pensiero, ma ormai non può più tornare indietro. Deve andare fino in fondo.
«Non mi importa degli orari, posso anche non dormire, non mi interessa, ce la faccio».
Jungkook non ha più il controllo sui propri pensieri: ha deciso che li lascerà andare così come vengono, perché non ce la fa a tenersi tutto dentro. Non più.
Sente di nuovo quella morsa aggrapparsi alla gola come volesse impedirgli di andare avanti.
«Però…»
Eccola, la voce che comincia a incrinarsi. Sapeva sarebbe successo e aveva cercato di evitarlo con tutto se stesso. La mano di Jin gli stinge una spalla e lo invita a proseguire.
Le sente sfiorargli le guance e bagnargli la pelle sin sotto il mento, prima una, poi due, tre, quattro, ha perso il conto di quante lacrime i suoi occhi stanno riversando fuori assieme a quel dolore che ha tanto cercato di reprimere.
«Vedervi così mi far star male» sussurra, asciugandosi gli occhi, già colmi di lacrime un secondo dopo. «Più di ogni altra cosa».
Nello stato in cui è ora non può scorgere le espressioni stupite dei suoi compagni trasformarsi in breve tempo in un riflesso della sua.
«A volte vorrei poter star male per voi, pur di non vedervi così» lo dice tra i singhiozzi, ma tutti lo capiscono.
Taheyung si alza di scatto dal divano e in un attimo ha già fatto aderire le loro teste. «Mi dispiace tanto, Kookie» dice, mentre piange quasi quanto lui.
Jungkook abbassa le palpebre e scuote impercettibilmente la testa. Non ha mai detto niente perché sapeva che li avrebbe fatti sentire in colpa e quella era l’ultima cosa che desiderava.
Nel frattempo, Jin ha avvolto le braccia sulle spalle di Jungkook e di Taehyung, mentre Jimin li ha già raggiunti assieme ad Hoseok, che scompiglia bonariamente i capelli dei più piccoli e caccia via una lacrima, o forse anche di più, dal proprio volto. Namjoon e Yoongi sono da loro subito dopo e si uniscono a quell’abbraccio di gruppo restando in silenzio finché anche l’ultima goccia di dolore e frustrazione non ha lasciato le iridi dei presenti.
«Sapevamo che non sarebbe stato facile» dice Namjoon, a voce bassa. «Sono successe alcune cose che non avevamo previsto, altre ancora ce le aspettavamo, ma in ogni caso non è mai stato facile».
Jungkook si asciuga di nuovo il volto e sente gli altri allentare la presa.
«Però siamo ancora qui, tutti insieme… e ne usciremo più forti di prima». Sebbene anche il timbro di Namjoon vacilli per quel momento di debolezza, le sue parole sembrano aver aperto un nuovo spiraglio nel cuore di tutti.

E Jungkook si fida delle parole del leader. Lo ha sempre fatto e continuerà a farlo.
 












 
 
 
 
 
 


 _________


Ciao a tutti! ^^
Avevo deciso che questo sarebbe stato l’ultimo capitolo della raccolta, ma devo rettificare: è il penultimo. Ho pensato di dover scrivere assolutamente qualcosa sui MAMA… capitemi. E colgo l’occasione per complimentarmi con i Bangtan: sono orgogliosa di loro e di far parte di questo fandom. Si meritano tutti i riconoscimenti che stanno avendo e anche di più. Bravi ragazzi! :’)

Ovviamente, come sempre, ringrazio tutti voi che state leggendo questa raccolta ♥ Grazie, grazie, grazie! ^^

Alla prossima allora!


Vavi

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Capitolo 11
*** XI ***


XI









 
Se Jungkook dovesse descrivere il suo stato d’animo con una parola, probabilmente userebbe pienezza, perché è esattamente così che si sente: un susseguirsi frenetico di emozioni che quasi fa fatica a contenere tutte insieme, tanto sono intense.

Ma non è come agli inizi, quando da solo credeva di non poter stare al passo del mondo; no, adesso sa che è proprio lì che dovrebbe essere, su quel palco, assieme ai suoi compagni.

Quando la presentatrice ha pronunciato il loro nome, dopo secondi di attesa sembrati anni interi, l’incredulità di Jungkook ha lasciato il posto ad una gioia euforica che per un attimo ha portato i suoi battiti a raggiungere cifre stratosferiche.

Tum. Non è un sogno. Tum. Sta succedendo sul serio. Tum. Sta succedendo a noi.

Dopo aver abbracciato i suoi compagni, lo sguardo del maknae non può far a meno di perdersi in quelle sfere di luce bianca che mai prima di allora gli erano sembrate così abbaglianti. Forse loro credono di passare inosservate, ma Jungkook le vede, tutte quante, e dietro esse scorge dei volti, quelli di migliaia di fan che urlano i loro nomi e gioiscono per l’annunciata vittoria.

Nel momento in cui sente la voce di Namjoon rotta dall’emozione, finalmente riceve l’attesa conferma: è tutto vero.
«ARMY» scandisce il leader, e Jungkook percepisce il significato di quell’unica, breve parola in tutta la sua potenza. 
Basta quello, assieme agli sguardi attoniti e grati dei suoi compagni, a convincerlo che nascondersi, ormai, non serve più a nulla. Stavolta non ha nessun foglio dietro il quale proteggersi, né un panno per asciugare le sue debolezze, non sente nemmeno la necessità di un contatto fraterno che lo consoli: stavolta non vuole trattenerle perché sa, finalmente, che ciò che sta mostrando è il vero Jungkook. Sa che quelle lacrime sono per i suoi compagni, per ogni singola giornata passata a provare, esibirsi, scherzare e soffrire, per quelle persone di cui parla Namjoon, che non diedero importanza ai loro sogni, per i fan e per tutti coloro che li hanno sempre sostenuti e accompagnati donando loro la forza e la determinazione necessaria a raggiungere la vetta.

Spiegare le ali e volare in alto è ciò che non smetteranno mai di fare; è ciò in cui non cesseranno mai di credere.

Jungkook ora può mettere insieme i pezzi e accogliere finalmente la nuova persona che è diventato.

Questo, per lui - per loro - è davvero un nuovo inizio.





 


You made me again.




 
 
 






 





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Buonsalve a tutti! ^^
All’inizio di questa raccolta mi ero prefissata di scrivere solamente flash, ma, come avete potuto notare, non sono riuscita nell’intento; tuttavia, ho voluto comunque chiudere con un capitolo che rientrasse nelle 500 parole, così come ho fatto nell’incipit.
Jeon Jungkook non ha una personalità “comune” ed entrare nella sua testa è tutt’altro che semplice. Qui avete letto ciò che io ho percepito, pensato e provato osservando i suoi comportamenti e interpretandoli nel modo più oggettivo possibile.
Spero di avervi strappato un sorriso e, perché no, di avervi fatto riflettere. Non esitate a farmi sapere qualsiasi cosa vi passi per la testa.
Io vi lascio ringraziandovi di cuore per aver seguito questa storia; come sempre, una menzione speciale a Blue Poison e bridgetvonblanche che mi hanno sostenuta lasciandomi le loro impressioni ad ogni capitolo.

Probabilmente non vi liberete presto di me… spero di ritrovarvi anche altrove! ♥

Un bacio grande,

Vavi

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