The City of the sweet flavors

di Raven_Phoenix
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Ci siamo ci siamo CI SIAMOOOOO *____* sono tornatissima e prontissima a ricomnciare con i miei parti di genialate estreme XDD Non avete la minima idea di quello che sto progettando per voi, mwohohoh u_____u
Vorrei scusarmi se ci ho messo un po' più del previsto a pubblicare, ma mi ero concentrato maggiormente su un'altra ff in cantiere che sto con calma pubblicando (se vi piace Iron Man vi invito a leggerla ^___^) ma ora I'M BAAAAACK è____é
Ovviamente l'ambientazione sarà diverso e spero non dispiaccia a nessuno di voi, ma non mancherà quel tratto tipico che contraddistingueva Chocolate and Smoke on the School^^ spero di non deludere nessuno >___< dal canto mio mi sto divertendo un mondoooo mwahahahahahah! +___+
Bene, posso finalmente augurarvi BUONA LETTURAAAAA! CHE L'ATTO SECONDO COMINCIIII! *___*


Capitolo 1:
 
Ci sono parecchie cose nella vita di un uomo che possono essere un problema, alcune in particolare possono diventare l’incubo ricorrente del 99% della popolazione. Pericoli imminenti che causano complessi d’inferiorità? Una ex moglie che pretende alimenti esorbitanti? Guerre nucleari alle porte? L’inspiegabile ricerca di quello che è sconosciuto per l’umanità? Riuscire a trovare la cura per tutte le malattie?
Oh, no…
PEGGIO.
“BEEP! BEEP! BEEP! BEEP!”
 
Diciamocelo seriamente, come si fa a non odiare quella fottuta radiosveglia?!
Quella mattina avrei voluto volentieri prenderla e chiuderla nel microonde talmente era poca la mia voglia di vivere, un grazioso mal di testa accentuava ulteriormente le mie intenzioni e per poco non cedetti.
Presi un respiro profondo e mi azzardai ad aprire un occhio per controllare la situazione. Il mio cellulare appoggiato sul comodino segnava fedelmente le sette del mattino precise, e anche attraverso le persiane potevo constatare che stava per sorgere un tiepido sole di fine estate.
-Pfh… buongiorno, mondo.- bofonchiai tra me e me per poi riuscire a ricordarmi come si facesse a muovere tutti gli arti del mio corpo.
Rimasi seduto sul bordo del letto per qualche minuto in preda a sbadigli vari cercando di ricordarmi che giorno fosse, sperando che mi fossi sbagliato a puntare la sveglia e che magari fosse domenica, ma le speranze erano vane, decisi perciò di alzare le mie chiappette sode dal mio morbido e caldo giaciglio di malavoglia.
La mia voglia di vivere aumentò notevolmente quando mi ritrovai in bagno a fissarmi allo specchio.
-My God…- mormorai grattandomi la testa abbastanza disgustato.
Vedevo un cadavere ambulante con i capelli peggio di un nido, graziosissime occhiaie profonde quanto il gran canyon, e forse un piccolo residuo di bava calcificata a lato della bocca.
Signore e signori, ecco a voi Mihael Keehl in tutto il suo splendore!
Borbottando frasi incomprensibili anche per me stesso aprii il getto della doccia sperando di riuscire a riprendermi in qualche modo; lo dicevo io che restare alzato fino a tardi a vedermi tutta la maratona di Alien vs. Predator non avrebbe giovato alla mia immagine.
Dopo circa un’ora, grazie ai pochi e semplici passaggi di: una lunga doccia rigeneratrice, crema idratante per il corpo, asciugatura/lisciatura dei capelli, controllo brufoletti, controllo eliminazione di qualunque pelo superfluo sul mio viso, passaggio di cremine energizzanti, un filo di correttore e scelta dei vestiti con obbligo di abbinare la cravatta al colore dei calzini… potevo dire di avere un aspetto presentabile. Sembravo il perfetto uomo d’affari carismatico, il gilet nuovo di pacca che avevo messo era indubbiamente la chicca della giornata.
Ora si poteva dirlo seriamente: Ecco a voi Mihael Keehl in tutto il suo splendore!
Rimasi a guardarmi allo specchio per circa cinque minuti, studiandomi da ogni angolazione, più per ammazzare il tempo che per narcisismo (ok, all’80% era per quello), dopodiché mi diressi sconsolato verso il soggiorno.
Di tutte le parti di casa mia era la parte che preferivo. Ampissimo, con al centro un enorme divano a U nero schifosamente morbido, e in faccia ad esso il mio amatissimo schermo piatto ultima generazione che occupava quasi la metà della parete. Sul folto tappeto rosso rotondo erano ancora disseminati i vari DVD di quello che avevo guardato la sera prima e sul tavolino di vetro giacevano ormai i poveri resti di schifezze varie. Per il resto era tutto impeccabile, abbastanza sobrio ma senza sfociare nel banale. Sulla sinistra c’era la cucina aperta in stile moderno, ed era lì che mi stavo dirigendo trascinando i piedi. Guardai con sofferenza la macchinetta del caffè dimenticata nell’angolino, ma proprio mentre stavo per prendere in mano una capsula di ristretto sentii un movimento sospetto provenire dal fondo della sala. Normalmente se qualcuno avesse sentito la porta di casa propria aprirsi a quell’ora del mattino si sarebbe preso un colpo, io invece esultai riponendo la capsula nella scatola.
-E anche per oggi ti ho fottuto!- sussurrai alzando il dito medio in direzione della macchinetta del caffè.
-Ben svegliato, fiorellino!- sentii urlare dall’entrata.
-Buongiorno, pasticcino!- dissi di rimando mentre già sghignazzavo.
Mi voltai e mi ritrovai faccia a faccia con la persona più citch che avessi mai potuto conoscere in vita mia.
Una ragazza dalla pelle chiarissima, quasi diafana. Portava lunghi capelli neri con vistosi riflessi viola acconciati in vaporosi boccoli, un trucco che sembrava essere appena stato fatto da un makeup artist professionista decorava i suoi occhi azzurri con qualche sfaccettatura gialla al centro dell’iride, il suo immancabile rossetto bordeaux metteva in risalto le labbra carnose. Portava massicci braccialetti e collane dello stesso stampo che tintinnavano ad ogni suo movimento (erano la sua tipica colonna sonora). Indossava un semplice ma elegante vestitino nero e ai piedi delle imponenti pantofole a forma di unicorno (sosteneva fossero la preparazione migliore per un’intera giornata in equilibrio su un tacco dodici).
La mia ragazza? Mioddio NO!
Osservai la mia eccentrica ospite che mi fissava con un ghigno grande quanto una casa.
-Che hai da guardare?- dissi anche se sapevo già quale fosse la risposta.
-Vuoi che ti lasci bere quella sbobba chiamata caffè da due soldi per poi fartela vomitare oppure vieni senza far storie da Starbucks con me?- chiese in un tono che non lasciava spazio alle pretese.
-D’accordo, farò questo sforzo anche stamattina.- dissi ironicamente.
-Come tutte le mattine che vengo a romperti le palle. Aah, cosa faresti se non ci pensassi io al tuo sistema digestivo.- disse fingendo la tipica posa da mamma isterica.
-Ma stai zitta, inizia a prenderti cura del TUO sistema digestivo invece che rompere sempre le palle a me.-
Lei fece una smorfia.
-Bla bla bla, intanto sono io quella ad avere un fisico invidiato.- si batté la mano sul ventre ultrapiatto -Allora, andiamo?- insistette facendo già qualche passo verso la porta.
-Sì, sì! Intanto ti converrebbe andare a cambiare quelle.- ammiccai alle pantofole a unicorno.
-Oh, già!- esclamò lei per poi lanciarsi fuori e zompettare fino alla porta adiacente alla mia.
Scossi la testa mentre prendevo chiavi di casa e portamonete.
 
Quella che avevate appena visto era sua altezza la regina del viola, io la definivo la donna con le palle acide, Roxanne Flow (era categoricamente vietato chiamarla con il suo nome per intero) mia inseparabile collega di lavoro nonché vicina di casa e indiscussamente la mia migliore amica. In gran parte la mia nuova vita era nata grazie a lei, e ringraziavo davvero quell’entità ultraterrena che me l’aveva fatta incontrare.
L’avevo conosciuta proprio la prima sera in cui ero arrivato a Londra, dove mi avevate lasciato, quando ero ancora un ragazzino terrorizzato, solo in mezzo a quei palazzi, con addosso un maglione un po’ troppo largo, il moccolo al naso, alla pari di un topolino in mezzo a un rave party di gatti. 
Potrei soffermarmi su quel momento e raccontarvi tutto per filo e per segno, ma preferisco risparmiarmi i dettagli tragici e imbarazzanti, quindi opto per un riassunto breve.
Avevo deciso di chiedere informazioni al primo passante che mi sembrasse avere l’aria di sapersi muovere in quel labirinto di edifici e chiedergli se sapesse come potessi trovare il mio hotel. Senza un motivo preciso avevo scelto la ragazzina che stava ferma alla fermata dell’autobus in piena ribellione adolescenziale londinese, con l’ipod a tutto volume, i capelli fuxia rasati da un lato, i collant strappati e il trucco alla Marylin Manson, ed ecco che avevo conosciuto una Rox diciassettenne e incazzata.  
Quella fatidica sera, vista la mia situazione di totale smarrimento, ero ben presto precipitato nel panico e gli avevo raccontato a macchinetta tutta la mia storia da telenovelas argentina. Probabilmente dovevo averle fatto talmente tanta pena che quella si era preoccupata di accompagnarmi direttamente all’hotel lasciandomi anche il suo numero di telefono intimandomi di chiamarla per qualunque motivo. Il giorno dopo l’avevo trovata nella hall ad aspettarmi per farmi fare un giro della città, e da quel momento non era stato che l’inizio del grande degenero.
Ora eccoci qui, a camminare tranquillamente per le strade di Londra a braccetto e tenendo in mano due tazze da passeggio fumanti targate Starbucks, pronti per affrontare una nuova e intensa giornata di lavoro.
Sicuramente dopo aver letto di cosa ci occupavamo penserete che qualcuno mi avesse drogato.
-Dunque, oggi tu ti prendi lo strepitoso compito di chiamare per prenotare il set dello spot per Gucci, giusto?- disse lei quando in lontananza era già visibile il palazzo a vetri dove eravamo diretti.
-Assolutamente no.- ribattei dandole un pizzicotto sul braccio –TU oggi ti devi sorbire quel fantastico compito, io ho da revisionare le foto di Givenchy.- risposi con un sorriso maligno.
-Cheeee?! Stai scherzando? Ti prego, possiamo scambiarci di posto? Sai che divento abbastanza suscettibile quando devo parlare con quei cretini per telefono, ricordi l’ultima volta?- disse con una smorfia terribile.
-Come potrei?- esclamai mentre il ricordo di lei che lanciava il suo smartphone nuovo giù dalla tromba delle scale urlando “FATTELO DA SOLO IL TUO SPOT SULLA TUA EAU DE CÙL!” mi passava per la mente -Non se ne parla nemmeno, se mi incazzo io posso essere mille volte peggio.- risposi anche se avrei voluto rivedere una scena simile prima o poi.
-Uff… però domani tu ti prendi i provini per le sfilate!- ribatté a suon di minaccia.
Alzai gli occhi al cielo.
-Va bene, va bene.-
Sì, avevate capito bene: lavoravo nell’ambito della moda.
Eravamo importanti consulenti d’immagine per le grandi marche, dirigevamo cinque interi piani della ditta stilistica di una zia di Rox, (che somigliava terribilmente a Maryl Streep in “Il diavolo veste Prada”, ma le regalavi dei cioccolatini e potevi lavorartela come volevi) ed anche se si doveva avere nervi più che saldi era un compito estremamente appagante (per non parlare della paga da urlo!).
Già, era difficile da questo punto di vista pensare che io fossi veramente quel Mello di cui avete letto le precedenti avventure. Pensavate che mi avreste ritrovato ancora giovane e ingenuo a lavorare per qualche take away indiano con un appartamentino nelle zone trasandate della città con qualche coinquilino strambo? Beh… forse per i primi mesi in cui ero arrivato in quel posto era stato effettivamente così, ma quei tempi erano passati.
Erano passati sette anni da quando avevo preso quell’aereo...
E la mia parte scontrosa si era imbastardita notevolmente.
-Buongiorno signor Kheel. Signorina Flow.- ci salutò cordialmente la receptionista all’entrata dell’enorme palazzo pullulante di donne in tacchi a spillo e signori eleganti che correvano da una parte all’altra.
-Buongiorno, Sarah.- la salutò allegramente Rox, io feci solo un breve cenno con la testa, notando con soddisfazione la povera ragazza chinare la testa velocemente.
Al contrario di come si potesse pensare vedendomi ad una prima occhiata, ero molto distante dall’immagine di un capo buono e comprensibile. Avevo lavorato sodo difendendomi con i denti e con le unghie per arrivare dov’ero ora, e questo era stato uno degli inconvenienti. Se definivo Rox una con le palle acide le mie dovevano essere al cianuro, e detto molto sinceramente avevo iniziato ad apprezzare quel “difetto”, mi aveva insegnato a vivere in una città così grande e piena di gente pronta a rovinarti la vita.
Quando le porte dell’ascensore si fermarono al dodicesimo piano trattenni a stento una risata nel vedere tutte le facce cambiare espressione vedendoci arrivare. Tutta una serie di farfugliati “buongiono” che ci accompagnarono per tutto il corridoio, finché non arrivammo negli ultimi uffici.
-Mandami un messaggio quando vai in pausa.- disse Rox prima di schioccarmi un sonoro bacio sulla guancia e sparire dietro la porta sulla sinistra.
Io proseguii fino all’ultima porta e quando fui nel mio ufficio mi sentii molto più sollevato. Ora che si prospettava una mattinata in cui non avrei messo il naso fuori da lì e nessuno sarebbe venuto a disturbarmi potevo tornare in modalità normale. Allentai il nodo alla cravatta, sbottonai il gilet e sprofondai con un mugolio di soddisfazione nella enorme poltrona dietro alla scrivania di legno scuro. Aprii il primo cassetto e mi brillarono gli occhi quando ne studiai il contenuto.
-Vi è mancato papino?- dissi prendendo una delle tavolette di cioccolato fondente perfettamente allineate che attendevano solo di essere scartate.
Mi misi a gambe incrociate e compii il rito di mandare carta stagnola ovunque lanciando una serie di gridolini preoccupanti.
Ok, dimenticatevi tutto quelle che avevo detto sul Mello freddo e calcolatore, ero sempre il ragazzino sclerotico e con qualche problemino dell’alimentazione, soltanto con qualche anno in più e con una maschera tattica per riuscire a sopravvivere in quella giungla.
Mi lasciavo andare solo quando mi sentivo al sicuro, quando ero da solo o quando ero con i miei amici fidati. Rox sosteneva che io fossi uguale alla protagonista di uno dei suoi manga preferiti, intitolato Switch Girl, e anche se avevo sempre contestato dentro di me sapevo che un bel po’ di somiglianza ci fosse.
La mia giornata in poche parole si poteva riassumere come un inferno di telefonate, fotografie e bozze che volavano ovunque, strilli e ordini lanciati verso i miei dipendenti dicendo che la consegna delle foto che stavo revisionando doveva essere pronta per quella sera stessa quando in realtà avrei dovuto spedirle non prima di lunedì. Non mi andava di lasciare i lavori a metà specialmente se di mezzo c’era un weekend. Per tutto il giorno pensavo soltanto a quella dolce aria del venerdì sera che significava PAUSA.
Avrei voluto intrattenervi ulteriormente sulla mia giornata lavorativa ma probabilmente mi avreste dato dello stronzo senza cuore dopo cinque minuti e avreste smesso di leggere, perciò ora mi ritrovavo di nuovo al piano terra di quel palazzo immenso, lanciando saluti vaghi a chi incrociavo e con un sorriso soddisfatto. Aspettai qualche minuto prima di essere raggiunto da Rox con la mia stessa espressione stampata in faccia, e ciò significava una sola cosa.
Cominciava il weekend.
 
-Aspetta… aspetta… ok, adesso lo vedi?- dissi tenendo in mano il mio macbook ed indirizzandolo verso il quadro che avevo appena attaccato al muro del soggiorno.
In risposta mi arrivò la voce leggermente metallica dal computer del mio “ospite”.
-Ehi, niente male! Dove hai detto che l’hai preso?-
-Su quel sito di quadri strani che ti dicevo, l’ho vinto ad una mini asta e mi è arrivato per posta l’altro ieri.- risposi riappoggiando il mio amato macbook sul tavolino.
Anche se si muoveva a scatti l’immagine pallida sullo schermo era più che riconoscibile.
-Anche se effettivamente hai buon gusto dovresti seriamente disintossicarti dallo shopping online.- disse scuotendo la testa.
-Bah! Chiudi il becco, Near.- risposi seccato facendo una facciaccia in direzione della webcam.
-Tornando a cose meno frivole, com’è il tempo lì? Qualche news?- chiese lui compiendo il solito gesto di arrotolarsi una ciocca di capelli con un dito.
-Mh…niente di insolito. Lavoro, lavoro, lavoro e ancora lavoro. Forse settimana prossima dovrò presenziare a una sfilata di alta moda al posto di Rox, non è una cosa altamente figa?- risposi stravaccandomi sul divano, probabilmente non dando proprio un’immagine composta di me, ma ormai Near mi conosceva anche da troppo e aveva visto nettamente di peggio.
-Non rientra nei miei interessi, però contento tu… a proposito, Rox come sta?-
-Grazie per il tuo entusiasmo.- borbottai guardandolo male –Lei sta bene, credo stia facendo una delle sue docce apocalittiche siccome poco fa è venuta a svuotarmi mezzo bagno alla ricerca di tutti i campioncini di creme varie che mi regalano i clienti.-
-Potresti spedire qualche campioncino anche a noi ogni tanto, che so qualche cremina per pelli irritate. Sai, Light ultimamente è isterico come se avesse un eritema sul cu…-
-Chiudi il becco o CASUALMENTE ti chiuderò a chiave nella serra stanotte!- sentii urlare in lontananza dall’altra parte dello schermo.
Scoppiai inevitabilmente a ridere rotolandomi sul divano.
-Altro che eritema da isterismo! Cos’ha, le sanguisughe attaccate ai testicoli?- dissi con voce stridula.
-Ti ho sentito, Kheel!-
Caddi di nuovo in preda alle risate.
-A proposito di serra, come vanno i vostri esperimenti strani?- chiesi tornando in una posizione umana.
-Oh, molto bene. Ryuzaki l’altro giorno ha avviato una nuova ricerca che sta interessando dei nostri contatti inglesi. Quindi se andasse bene, che so, potremmo venire a trovarti prossimamente.-
Mi si illuminarono gli occhi al sentire quell’ipotesi.
-Siiii! Vi prego, vi prego! Vi ammazzo se cambiate idea anche questa volta! Non esiste che in sette anni non ci siamo riusciti a incontrare nemmeno una volta. Ho un sacco di pugni in arretrato da darti. E poi devo portarvi e vedere tuuuuutte le cose belle!- urlai iniziando a saltellare.
-È tutto precario, però faremo il possibile e appena ci saranno novità te lo faremo sapere.- rispose lui scuotendo la testa dopo aver sentito le mie minacce.
-Near, vuoi finire in fretta la tua riunione di pettegolezzi e venire a darmi una mano o devo venire a prenderti?- sentii di nuovo abbaiare Light.
-Non che tu stia lavorando…- sentii dire da un’altra voce.
Eccolo, quello era Ryuzaki.
-Meglio che ci sentiamo una volta che nessuno di noi è occupato, ti va? Almeno potremmo fare una amabile riunione di famiglia.- disse Near che evidentemente stava trattenendo anche lui le risate.
-Ok, mi arrendo.- risposi avvicinandomi al computer.
-Buona serata mondana, trasgressiva o… qualunque serata strana decidiate di fare. Salutami l’uomo strano quando lo vedi.- disse Near per poi fare un segno di saluto con la mano con l’immancabile manica troppo lunga.
-Bye bye!- dissi io prima di spegnere la videochiamata.
Mi avviai verso la mia stanza con un sorriso, decisamente rallegrato da quella discussione anche se non molto lunga.
Da quando ero partito erano cambiate parecchie cose. Quei tre avevano deciso di iscriversi insieme ad una scuola per super geni a Osaka, perciò una volta pronti armi e bagagli avevano abbandonato anche loro l’Hokkaido e si erano immersi nella zona delle super città. Dopo il diploma avevano deciso di stabilirsi definitivamente da quelle parti mettendo su una sorta di attività per ricerche scientifiche (di cui spesso non capivo nemmeno lo scopo per quanto tentassero di spiegarmi!) e sembrava stesse funzionando più che bene.
Proprio per questo motivo, a causa di tutti i loro e i miei impegni non avevamo mai trovato un momento per ritrovarci. Del resto io non ero mai ritornato in Giappone, nemmeno per le feste di Natale, e la cosa non mi toccava. Era sempre stata mia madre a venire a trovarmi, con il suo lavoro aveva sempre viaggiato spesso, e ora faceva in modo di accettare tutti i viaggi che comprendessero Londra, di modo che bene o male ci vedessimo almeno una volta ogni due mesi se non di più. Ero felicissimo di questo metodo, anche perché rabbrividivo al solo pensiero di dover tornare in quel paesino pieno di ricordi che mi avrebbero fatto male.
Già… perché certe cose non si scordavano in nessun modo… quelle che ti avevano fatto fermare il cuore…
-Meeeeee’! Sei pronto?- sentii urlare Rox mentre frugavo nell’armadio sovrappensiero.
Feci un lungo respiro e buttai fuori tutti quei pensieri tristi e negativi.
Era ora di uscire!
 


Alloraallorallorallora???? *____* Che ne diteeeeeee? Ovviamente questa era solo una bereve introduzione, non si é svelato moltissimo delle news, ma nei prossimi capitoli non rimarrete a bocca asciutta, ve lo assicuro u.u
Un'amica che segue la stesura di questa ff mi ha consigliato, inoltre, di inserire delle "schede informative" per i personaggi nuovi inseriti da me e che non figurano nella trama originale di Death Note, per dare meglio l'idea di come me li immagino io. Quindi ho deciso che in seguito inserirò una breve parentesi informativa per ogni personaggio alla fine di ogni capitolo, con tanto di foto trovate a casaccio su internet di persone che secondo me si avvicinano di più alle mie idee ^^ Vi piace l'idea?? 
Fatemi sapere assolutamente come vi sembra specialmente perché siamo all'inizio e i consigli per me sono sempre mooolto preziosi ^^
Scherzi a parte ci tengo veramente tanto a questa serie visto il grande successo della prima ff e spero davvero di essere all'antezza di un buon seguito! *_*
Vi do appuntamento al prossimo capitolo e mi raccomando, recensite come se non ci fosse un domaniiiii u___u SCIAUUUUU <3 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Ciao a tutti ^^
Lo so, sono in ritardo mostruoso nel postare nuovi capitoli, sia qui che nell'altra ff che sto mandando avanti, chiedo umilmente perdono, potete fustigarmi liberamente!
Purtroppo questo periodo per me non é molto buono per una serie di problemi che mi hanno proprio messa al tappeto, e non ero dell'umore per trascrivere i nuovi capitoli da cartaceo a digitale e chiedo perdono se troverete un po' di errori sparsi, ho dato solo una rilettura veloce e sicuramente mi sarà sfuggito qualcosa. Non so dirvi per quanto potrebbe durare questa situazione e quindi potrebbero esserci ancora dei ritardi, ma spero di poter tornare al più presto con tutta la mia solita energia ^^ vi ringrazio un mondo della pazienza che porterete (SE ne porterete xD)
Vi lascio al capitolo, buona lettura X3




Capitolo 2:
 
 
 
 Ora che ero uscito dai miei rigidi abiti da lavoro, abbandonandoli su una sedia in camera mia, mi sentivo decisamente molto meglio. Avevo sostituito il tutto con degli attillatissimi pantaloni di pelle nera e una t-shirt nera con al centro il disegno di un serpente bianco. Misi in ultimo la mia collana preferita, una fine croce gotica che avevo trovato due anni prima ad un mercato delle pulci, e lanciai un’ultima occhiata allo specchio controllando che sottile linea nera di matita nera sotto ai miei occhi non avesse già iniziato a colare. Mi diressi verso la porta dove c’era già Rox  che mi aspettava, uno schianto come al solito quando usciva la sera. Una mini gonna viola scuro con piccole e vaporose balze, trenta metri di gambe dopo arrivavano le zeppe nere laccate alte minimo dodici centimetri che slanciavano ancora di più la sua figura perfetta, inoltre era pressoché impossibile non posare gli occhi sulla scollatura della sua magliettina con i teschi messicani viola.
-Chi ti vuoi portare a casa stasera?- chiesi fissandola divertito.
-Nessuno in particolare, ma non potevo non esibire la gonna nuova, ti pare?- rispose spostando con un gesto disinvolto un boccolo che le si era posato su una spalla.
Sghignazzai scuotendo la testa mentre recuperavo i miei stivali alla simil-cowboy e il mio giubbino di pelle nero adorato.
-Andiamo dall’omino nero?- chiese lei ignorando la mia risatina canzonatoria.
-Perché no, è da un po’ che non passiamo a trovarlo.- annuii mentre chiudevo la porta alle mie spalle.
Eravamo troppo impegnati a chiacchierare per notare la moltitudine di pacchi e scatoloni vari ammassati vicino al portone d’entrata del palazzo, procedemmo spediti imboccando diretti la strada che portava alla metropolitana.
Scendemmo a Camden Town, in assoluto una delle mie zone preferite di tutta Londra. Il mondo degli eccentrici, dove ovunque ti voltavi vedevi ragazzi con creste colorate, negozi di chiodi e anfibi o studi di tatuaggi. Non ero eccentrico quanto la gente che usava frequentare quel posto (il brivido di vestirmi in maniera trasgressiva l’avevo già provato una volta se ricordavate un certo episodio abominevole in passato) ma mi trovavo comunque sempre molto a mio agio.
Proseguimmo per qualche minuto sullo stradone principale per poi svoltare a sinistra ed entrare in un pub tipicamente inglese dalle pareti nere che faceva angolo ad un incrocio.  Subito fummo investiti dalla chiassosa baraonda tipica di quel posto, fatta di urli, risate, il cocciare delle palle da biliardo, la musica di sottofondo che arrivava dal televisore appeso al muro che trasmetteva un canale musicale, e il tipico odore di whisky che impregnava ogni cosa raggiunse all’istante le mie narici.
-Casa dolce casa.- disse Rox con un sospiro soddisfatto.
Ci dirigemmo subito verso il bancone, e io con lo sguardo cercai una persona che sarebbe stato impossibile non notare.
Magro come un manico di scopa, strizzato in un paio di pantaloni in pvc che a me sarebbero andati bene come polsiera, una canottiera a rete, e degli stivali pieni di fibbie e con una zeppa apocalittica (le famigerate “Demonia”). Aveva lunghi e liscissimi capelli neri, e ad ogni suo movimento la serie di bracciali borchiati, collane, anelli e catene varie attaccate in ogni modo producevano un fracasso metallico allucinante. Quando si voltò mise in mostra il suo trucco estremo con tanto di rossetto nero e lenti a contatto gialle. Appena ci vide la sua bocca si allargò in maniera quasi disumana in quello che sembrava il sorriso di una bambola assassina.
-Buona sera, principini molesti delle mie brame!- disse con voce stridula.
-Ciao, Ryuk.- lo salutammo in coro io e Rox mentre ci sedevamo agli sgabelli alti del bancone.
-Finito di torturare  vostri poveri dipendenti?- chiese lui stendendo le lunghe braccia in avanti stiracchiandosi.
-Sì, grazie al cielo. Ti devo raccontare cosa è successo l’altro ieri.- disse Rox partendo con la sua parlantina veloce e accompagnata da mille gesticolazioni.
Avevate capito bene, non ero stato il solo a trasferirsi a Londra.
Era arrivato più o meno sei mesi dopo di me, con armi e bagagli dopo aver  dedotto che una volta partiti anche Light, Ryuzaky e Near si sarebbe ritrovato da solo. Inizialmente aveva pensato di seguire loro, ma la febbre per le borchie invece l’aveva spinto qui, e si era ambientato più che bene, aveva subito fatto amicizia anche con Rox. Aveva cambiato parecchie volte lavoro riuscendo a rimanere sempre nella zona di Camden Town passando per diversi negozi, tra cui il famigerato Cyberdog, e infine per la nostra gioia aveva optato per fare il barista.
Stavo giusto pensando quanto a volte sembrasse strano che anche lui fosse lì, nella mia nuova vita, quando mi accorsi di cosa stavano trasmettendo sul canale musicale del maxi schermo sulla parete, un clip musicale che negli ultimi anni conoscevo molto bene.
-Toh, guardate, c’è Danielle.- dissi ammiccando alla TV con un sorrisetto un filo amareggiato.
In basso a sinistra erano riportati i dati della band:
Chronic Freaks
Single: Break the chains
Album: Busy
Erano in cinque, e al centro spiccavano i capelli rosso rubino della cantante, una gnocca stratosferica fasciata da provocanti vestiti in pelle, con una voce potente e graffiante che faceva venire la pelle d’oca anche sotto ai piedi.
Sì, quella era proprio Danielle, la nostra amica del negozio strano.
Ryuk lanciò un gemito di disapprovazione.
-Se solo avessi accettato quando mi aveva chiesto di diventare il suo bassista quando stava formando quella dannata band!- mugugnò.
-Se avessero scelto te non sarebbero diventati di certo famosi, avresti fatto scappare tutti i fans.- lo sgonfiai all’istante.
-Guarda che ero bravo!- ribatté additandomi con un dito ossuto.
-Oh certo, come manica a vento forse.- sghignazzai.
In effetti, però, un fondo di ragione c’era. Nessuno era riuscito a mantenere i contatti con Danielle, la fama per lei e la sua band era arrivata di colpo, proprio nel periodo in cui avevo fra le mani un grosso progetto dalla quale dipendeva la mia storica promozione, un lavoraccio che mi aveva tenuto occupato notte e giorno per mesi. Quando avevo potuto di nuovo dedicarmi alla vita normale e avevo provato a contattarla in qualche modo lei ormai aveva già cambiato numero di telefono e chiuso qualunque vecchio contatto per scappare dai fan. Ryuk invece era occupato a trasferirsi qui e nemmeno lui era riuscito a trovare il momento giusto per riuscire a contattarla, e fu così che avevamo perso la nostra amica nello sconfinato mondo della musica.
-Tra qualche mese dovrebbero essere in tour mondiale e sono previste due date a Londra in inverno. Dite che se proviamo ad ammazzare la sicurezza e ci presentiamo con uno striscione con scritto “Ciao Dani, siamo noi!” ci farebbe salire sul palco a cantare con lei?- chiese speranzoso Ryuk.
-Anche se un giorno in cui lo spaziotempo si distorcesse e questa tua visione si avverasse io non salirei comunque su quel palco davanti a migliaia di persone. Lo sai che già di mio odio i concerti.- borbottai
-Eddai, non la fai una eccezione?- chiese cercando di fare gli occhi dolci (il risultato non era molto invitante).
-L’ho già fatta una volta l’eccezione, quando sei riuscito a trascinarmi a vedere i Muse con te.- risposi secco.
-Ma se ti sei divertito un mondo, andiamo!-
-Seeeh, mi stavo divertendo prima di venire schiacciato dalla congrega di ragazzine assatanate che abbiamo avuto addosso per tutto il tempo, le mie costole ricordano ancora le loro gomitate, per non parlare di quando sembrava stessero per uccidermi quando ho provato a prendere al volo un plettro.- precisai ricordando con un brivido quella serata.
-Invece secondo me ti sei immaginato tutto, quel concerto era troppo favoloso.- insistette con lo sguardo perso e un sorriso da ebete.
-Dubito che te ne saresti potuto accorgere, sei stato tutto il tempo a piangere come un idrante abbracciato a quella sconosciuta  che avevamo conosciuto mentre eravamo in coda.-
-Tu non puoi comprendere l’emozione che stavo provando.- fece finta di asciugarsi una lacrimuccia –Mi sentivo come se mi avessero appena regalato un camion di mele.-
Alzai gli occhi al cielo senza speranza. Pensavate che con il tempo i modo di Ryuk fossero migliorati? Beh, forse erano perfino riusciti a peggiorare.
Tornammo tutti con lo sguardo verso il televisore per seguire la fine del clip dei Chronic Freaks, seguito dalla pubblicità del tour mondiale, e come aveva detto poco prima Ryuk troneggiavano le due date a Londra verso la fine di gennaio. In effetti faceva strano vedere quasi tutti i giorni una persona conosciuta alla TV, e ogni tanto la cosa mi faceva abbastanza paura.
Con una carriera come la sua si girava parecchio, in posti che magari prima non si sapeva nemmeno esistessero, e chissà se… per caso da qualche parte le fosse capitato di incontrare… lui.
Scacciai via immediatamente quel pensiero prendendo con entrambe le mani il boccale di birra che Ryuk mi aveva appena servito ed iniziando a bere di gusto.
-Hai voglia di prenderti la sbronza pesantuccia, eh?- chiese Rox divertita dal mio gesto improvviso.
-Può darsi.- risposi dopo averci pensato per un attimo –Dici che è una buona idea?-
-Ehm…- disse lei guardando da qualche parte alle mie spalle –Non credo.-
Ci voltammo tutti e tre e subito inorridii quando compresi cosa intendeva.
Si stava avvicinando a noi un ragazzo più o meno della nostra età, parecchio palestrato, i braccioni piuttosto possenti e tatuati sbucavano dal gilet di pelle con le vene in rilievo, i capelli biondo platino di un riccio quasi perfetto e la carnagione abbronzata di chi almeno tre volte a settimana vedeva le lampade uv.  Teneva lo sguardo fisso su di me con una insistenza quasi maniacale, e quando fu davanti a noi prese con noncuranza una sedia accanto a noi per poi sedersi in “posa figa”.
-Ehi ragazzi, anche voi da queste parti?- disse con la sua voce viscida.
-Ciao, Vince.- disse Rox abbastanza fredda mettendosi tra me e lui.
Io non proferii parola, anche solo l’idea di comunicare con lui mi faceva salire il nervoso.
-State facendo una seratina tranquilla?- chiese preoccupandosi unicamente di mantenere il contatto visivo con me, e io mi stavo assicurando di mantenerlo con la mia birra.
-Stiamo chiacchierando di cose PRIVATE. Sai, il lavoro.- specificò Rox facendo intendere che non era il benvenuto.
Vince sorrise sornione come se la cosa non lo toccasse minimamente e non si mosse di un centimetro.
-Sono piuttosto bravo nelle discussioni su vestiti e gossip.-
Mi ci volle davvero tanto self control per non prendere il posacenere accanto a me e dirigerlo a mo’ di freesbee verso il suo faccione.
-Quindi te ne intendi anche di sindrome pre-mestruale?- dissi di getto lanciandogli un’occhiataccia e un sorriso forzato di proposito.
Lui parve ancora più contento quando sentì la mia reazione.
Posso imparare.-
Cristo, quanto era pesante!
-Io non credo.- rimasi impassibile, non volevo alterarmi e rovinarmi la serata per colpa sua.
Rimase a fissarmi ancora per un attimo.
-D’accordo. Vi lascio ai vostri discorsi per stavolta, ma sappiate che non mi piace essere snobbato troppo a lungo.- disse con quello che voleva essere un tono scherzoso, ma che mi fece venire il latte alle ginocchia. –Alla prossima.- si alzò e si diresse verso i tavoli da biliardo pieno di sé.
Appena fu abbastanza lontano ci abbandonammo tutti in un versaccio simile a un lama in punto di morte.
-Potrei realmente ucciderlo, anche con un tagliaunghie se necessario.- dissi disgustato.
-Devo ammetterlo, mi pento di avertelo presentato.- commentò Rox lanciando un’occhiata torva nella direzione in cui era andato Vince.
-Dovresti pentirti di TUTTI i ragazzi che mi hai presentato, ma questo merita il premio “pattumiera d’oro”.- ribattei acido.
-Non è vero!- squittì lei.
-In effetti…- mormorò Ryuk dietro di noi.
-Insomma! Aiutami una volta tanto, sto solo cercando di trovare il principe azzurro per il nostro piccolo Mello, e sto usando tutte le forze di cui dispongo!- disse convinta.
-Uhm… illuminami, era una buona scelta il ragazzo “ombroso” del mese scorso che si è scoperto essere uno spacciatore di anfetamina?- la punsi sul vivo per sgonfiare le sue teorie.
-Sono tutt’ora convinta che non fosse poi così cattivo, e secondo me una volta felice e contento con te si sarebbe sicuramente disintossicato.-
-Rox… l’hanno portato via in manette dopo che ha tentato di ammazzare un cliente che non voleva pagarlo!- dissi esterrefatto.
-Oh…- arrossì leggermente –Comunque su una cosa siamo d’accordo, che Vince è stato un vero e proprio buco nell’acqua. Giusto?- concluse prima di tapparsi la bocca con la cannuccia del suo drink.
-Su questo chiunque sarebbe d’accordo.- borbottai.
Nessuno di aspettava che dietro all’apparente ragazzo tranquillo che amava alla follia i Guns ‘n’ Roses si nascondesse quello che mi piaceva appellare “troione di prima categoria”. Purtroppo quando ce ne eravamo resi conto lui si era già fissato con me, e non passava giorno in cui non ci provasse.
-Credo che ci berrò su per non sentire la disperazione.- annunciai alzando in aria la mia birra.
-La trovo un’ottima idea.- concordò Rox piuttosto entusiasta.
Ormai era stato deciso che piega avrebbe assunto la serata… e non sapevo se questa fosse una piega buona o cattiva.
 
-E poi gli ho detto, sentimi bene! Gli ho detto, se non fai subito uno sconto da te non comprerò più neanche un calzino!- disse Rox con voce stridula e presa da una ridarella incontrollabile.
-Io avrei detto la stessa cosa, tesoro!- sbiascicai facendo attenzione a non inciampare nei miei stessi piedi.
Avevo quella piacevole nebbiolina che mi imbottiva la testa e la sensazione di essere su una ruota panoramica da ore. Ringraziavo che avessimo trovato con successo la strada di casa, ma eravamo decisamente diventati professionisti in questo.
-Per Dio! Chi ha deciso di allestire un percorso a ostacoli per cavalli proprio qui?!- urlò Rox che appena entrata dal portone a vetri aveva rischiato di andare a finire lunga distesa sul pavimento per colpa di un corpo estraneo sul pavimento.
-Ma quale percorso a ostacoli! Sono scatolini, sciocchina!- risposi io ridendo e indicandone una pila immensa ammassata accanto a me con un gesto teatrale.
-Vuoi dire che è già Natale?- sbuffò lei –Non ho nemmeno fatto in tempo per prendere l’albero!-
-No, credo solo che gli addetti ai traslochi non abbiano nessun ritegno verso le povere persone ubriache come noi lasciando tutto questo casino a quest’ora.- mentre parlavo iniziavo  a sentire il mio corpo che non mi sorreggeva più –Posso suggerire di ritirarci ai piani alti? Credo che il mio fegato voglia riposare.-
Rox sbuffò di nuovo.
-Volevo curiosare solo un po’.-
-Ne avremo tutto il tempo domani… dopo un paio di aspirine magari.- bofonchiai trascinandola verso gli ascensori con la poca forza che mi era rimasta.
Mi annullai completamente appena toccai il letto, con come unico pensiero il desiderio di non svegliarmi con un’emicrania allucinante il mattino dopo.
Feci un sogno parecchio strano di cui ne ricordavo la metà, forse meno, ma bastava quel poco per farmi capire che decisamente dovevo diminuire con l’alcol. Ricordavo di essere in un labirinto fatto solo di scatoloni altissimi, traboccanti di qualsiasi cosa che ad intervalli irregolari mi crollava addosso, e ovunque guardassi non ne vedevo mai la fine. Correvo, ma non sentivo il pavimento sotto ai miei piedi, e per giunta iniziavo a sentire delle voci, anche se non riuscivo a capire in significato di quella frase.
“Ti segue, ti segue! Nella città dei dolci sapori ti segue!”
Poi tutto d’un tratto mi ritrovavo davanti ad una scatolina minuscola, grande quanto un porta anello. L’aprivo curioso, e appena cercavo di capire cosa ci fosse dentro venivo di colpo risucchiato al suo interno. In quel posto nuovo dovevano esserci un sacco di cose strane, ma solo di una avevo un’immagine nitida: un paio di occhiali da aviatore arancioni.
Li fissai forse per cinque secondi, dopodiché mi svegliai di colpo con il cuore che mi martellava nel petto.
Non ci voleva un genio per capire cosa volesse dire, ormai ci avevo fatto l’abitudine. Succedeva periodicamente, quando meno me l’aspettavo, poteva succedere una volta sola in due mesi o per tre notti di fila, non c’era mai un ordine preciso, ma il ricordo di… lui… in qualche modo non mi abbandonava mai.
Con un sospiro mi misi a sedere cercando di allontanare quel pensiero, e mi concentrai nell’ascoltare i postumi della sbronza. Tutto sommato me l’ero cavata bene, un leggero cerchio alla testa e lo stomaco che brontolava, e che io mi ricordassi non avevo avuto bisogno di nessuna incursione in bagno per tornare ad abbracciare l’amorevole water.
Uscii cautamente dalla mia stanza (ero sempre prudente da quando la mattina dopo una festa particolarmente pesante avevo aperto di colpo la porta con la grazia di un bisonte incazzato e avevo centrato in pieno Ryuk che si era addormentato nel corridoio in piedi, e si era conclusa con una visita al pronto soccorso con cinque punti in fronte al malcapitato) e mi diressi con una voglia di vivere pari a una medusa spiaggiata verso il soggiorno.
Tutto a posto, non c’era nessuna presenza preoccupante da nessuna parte. Puntai dritto verso la porta ed uscii sul pianerottolo diretto verso l’appartamento di Rox. Mi accorsi giusto un po’ in ritardo di non essermi nemmeno degnato di vedere come fossi vestito, e lo sguardo abbastanza eloquente della vecchietta vicino alle scale mi fece capire che FORSE uscire in boxer, una canotta con una spallina che penzolava senza voglia di vivere sul mio braccio, e i capelli devastati peggio di un ammasso informe di alghe non era stata proprio una buona idea.
-Oh buongiorno, Mello caro.- disse la signora cercando di non soffermarsi troppo sul mio abbigliamento.
Per fortuna era solo lei.
-‘giorno, Britt.- la salutai piuttosto in imbarazzo –Avevi bisogno di qualcosa?-
-No, tesoro. Volevo solo chiedere se voi ne sapevate qualcosa del nuovo inquilino al quarto piano, siccome sapete sempre tutto.- mi strizzò l’occhiolino con il suo tipico fare da nonna.
-Il… il nuovo inquilino?- balbettai cercando di fare mente locale.
Ah! Giusto, gli scatoloni.
-Ok, deduco che ieri sia stata una giornata finita con lo schioppo, eh?- ridacchiò mimando il gesto di bere da una bottiglia. Annuii facendo del mio meglio per non ridere –Allora gradireste se più tardi vi portassi qualche biscotto? Sono giusto in forno da cinque minuti.-
-Mi si illuminarono gli occhi.
-Quelli con la cioccolata?- chiesi speranzoso.
-Una MAREA di cioccolato.- rispose con sguardo complice.
-Sei unica, Britt!- dissi sorridendo a trentadue denti.
Lei fece un gesto di stizza con la mano.
-Avresti dovuto vedere quando ero giovane!- e detto questo scese le scale con una risata degna da vecchio film in bianco e nero.
Scossi la testa sorridendo.
Brittany Scott, settantanove anni, zitella di classe per scelta, non conoscevo persona più patriottica di lei. Eccentrica come qualunque ex attrice, bastava guardare i suoi capelli arancione acceso alla Vivienne Westwood per accorgersene. Chiunque, io per primo, avrebbe dato un rene per averla come nonna, anche se si poteva dire che io  e Rox eravamo diventati delle sorta di nipotini acquisti.
Oh, giusto! Rox!
Mi diedi una svegliata ed entrai nell’appartamento di Rox. Immediatamente mi resi conto che molto probabilmente a lei non era toccata tanta fortuna con i postumi della sbornia e a confermarlo erano le persiane tutte abbassate e il silenzio di tomba (solitamente teneva sempre accesa la TV o lo stereo). Mi addentrai nel suo appartamento dove il viola e un persistente profumo di incenso indiano dominavano. Il tappeto peloso, il divano con i cuscini zebrati, le innumerevoli cianfrusaglie citch messe in ordine quasi maniacale secondo i suoi canoni, e cercai di non soffermarmi su quello che era il suo vizio più frequente: la miriade di foto incorniciate che riempivano quasi ogni spazio possibile di un armadietto basso nel soggiorno. Inutile dire che il mio faccione idiota compariva in gran parte di quegli scatti a dir poco indecenti, in particolare la foto più grande di tutte che ci ritraeva agli Harry Potter Studios mentre ci infilavamo a vicenda a vicenda una bacchetta magica nel naso. Se uno dei nostri dipendenti o clienti avessero visto una di quelle foto la nostra credibilità sarebbe finita nel cesso in meno di mezzo secondo, ecco perché ci tenevamo alla larga da Facebook, Twitter e cose simili, se non qualche rara volta in cui creavamo un profilo falso per andare a ficcanasare in giro.
Proedetti vero la camera da letto tirando a indovinare in qualche assurda posizione l’avrei trovata. Aprii piano la porta trattenendo a stento un ghigno malefico.
-Rox?- la chiamai cercando di captare qualche grugnito.
Silenzio.
Feci scivolare la mano sulla parete finché non trovai l’interruttore della luce. Contai mentalmente fino a tre e l’accesi di colpo urlando.
-BUONGIORNOOOOO!-
Mi aspettavo di sentire urla e strilli, ma mi ritrovai a fissare il letto a baldacchino vuoto.
-Ma che…- farfugliai.
In quel momento sentii uno scappellotto raggiungere la mia testa facendomi prendere un mezzo infarto.
-Idiota.- sentii brontolare alle mie spalle.
Trovai Rox avvolta in una vestaglia viola, i capelli trattenuti in uno chignon mezzo sfatto e delle occhiaie che toccavano terra.
-Allora sei viva.- dissi massaggiandomi il punto appena colpito.
-Direi anche troppo. Sto percependo ogni mio osso che mi fa male, ho bisogno di cibo ipercalorico e un’aspirina.- disse con voce roca e strascicando i piedi con le sue pantofole-unicorno.
-Ti riprenderai presto quando ti dirò cos’ho appena scoperto, e tra l’altro stanno arrivando i biscotti di Britt.- dissi seguendola.
-Biscotti, gossip e latte caldo, la mia colazione preferita.-
Con altri borbottii incomprensibili alzò tutte le tapparelle mostrando un cielo uggioso, e si appostò sul suo cuscino-poltrona immenso sprofondandoci dentro.
-Cos’hai scoperto?- chiese massaggiandosi le tempie.
-Ce ne è uno nuovo al quarto piano.- dissi sganciando la bomba, sicuro di aver compito nel segno.
-Oddio, e l’hai visto? Quanto è alto? Colore degli occhi? Ha piercing e tatuaggi? Ti prego, dimmi di si!- partì alla carica rianimandosi di colpo.
-Ehi, non sono ancora Detective Conan, come facevo a vederlo se sono appena risorto anch’io?- dissi frenandola il più possibile.
-Allora cosa ci facciamo qui? Forza, forza! Andiamo a vedere se riusciamo a scoprire qualcosa!-
Circa cinque minuti dopo ci stavamo dirigendo verso il quarto piano armati di biscotti di Britt, spargendo briciole per tutto l’ascensore.
-Ok, appena scendiamo facciamo finta di essere qui per chiedere dello zucchero al signor Chap, fai il disinvolto.- disse Rox con la bocca mezza piena.
-Sarebbe stato più facile se tu mi avessi dato il tempo di sistemarmi un minimo.- ribattei sbuffando.
-Ti ho lasciato mettere i pantaloni, è più che sufficiente.-
Sperai con tutto me stesso di non avere davvero un aspetto troppo indecente e mi attenni al piano, sarebbe solo andata meglio se non mi fossi sentito un imbecille.
Prima ancora che capissimo quale fosse l’appartamento del nuovo vicino  fummo presi alla sprovvista da un sacco di urla.
-Signore, si calmi la prego!- stava dicendo un uomo con  una tuta da lavoro di una azienda per traslochi.
-Si calmi? SI CALMI?!- Lo sa che qui dentro ci sono cose che i collezionisti di tutto il mondo per averli venderebbero anche la madre?!-
-Ho detto che non deve preoccuparsi, è tutto in ordine.-
-Non mi sembrava da come stava buttando in giro a caso questi scatoloni!-
Decisamente non ne potevo più di vedere quegli odiosi pacconi marroni.
La voce che stava urlando era indubbiamente da uomo, ma dalla rabbia era stridula oltre l’inverosimile. Ci sporgemmo appena per guardare oltre le spallone del traslocatore per vedere di chi si trattasse, e quando sentii lo stomaco contorcersi e accartocciarsi alla sua vista capii che forse sarebbe stato meglio starmene a casa tranquillo a smaltire la sbronza della sera prima.
Stavo fissando un ragazzo non troppo alto, imballato in una tuta da ginnastica grigia, e i capelli color rame semi lunghi che incorniciavano i suoi occhi.
Verdi.
Erano QUEL verde.
Il suo nome mi rimbalzò in testa, ma avevo perso il dono della parola in una frazione di secondo e rimasi a fissarlo pensando di poter morire da un momento all’altro. Anche lui ora mi fissava, tutti in generale mi stavano fissando, probabilmente non dovevo avere per niente un bell’aspetto, ma a me non importava, era come se il tempo si fosse fermato.
Mi aveva riconosciuto?-
Di tutti i modi in cui avrei potuto ri incontrarlo non pensavo potesse succedere così.
La sua espressione era al limite del terrorizzato quando parlò.
-Ecco, adesso mi tocca anche fare delle figuracce con i nuovi vicini di casa!- sbraitò di nuovo contro l’uomo dei traslochi per poi tornare a guardarmi –Mi dispiace, non volevo assolutamente disturbarvi in nessun modo!- mi bastarono quei pochi gesti per far riavviare lentamente il mio cervello.
Mancava qualcosa…
Non c’era quell’accento leggero americano nella sua voce, era troppo educato perché al posto di dire “fare delle figuracce” avrebbe detto “fare delle figure di merda”, e in ultimo mancava il fattore decisivo: non c’era odore, nemmeno la traccia, del fumo di sigaretta.
Non era lui.
Ci assomigliava soltanto in maniera allucinante, ma non era lui.
Fortunatamente ci pensò Rox a salvarmi.
-Nessun problema! Noi abitiamo in cima al palazzo ed eravamo qui per caso. Sei appena arrivato?- chiese anche lei abbastanza tesa, forse perché aveva paura che stessi per avere un arresto cardiaco.
-D-davvero? Oh, meno male! Scusatemi ancora! A proposito, che maleducato, io sono Ryan Saintrow.- rispose lui visibilmente sollevato mentre mi tendeva la mano.
Seppi solo che per miracolo riuscii a sollevare il braccio come gesto automatico, il resto era il panico più totale. 




Eccoci qui ^^ direi che Mello a questo punto stia progettanto il mio omicidio per tutti i colpi che gli faccio prendere, porello XD
Dunque dunque, nuovi colpi di scena e nuovi particolari che fanno vedere com'é diventata la vita quotidiana del nostro amante del cioccolato, spero che siate soddisfatti, in ogni caso ci sono ancora altri particolari da svelare XD

Come avevo detto nel capitolo precedente, partirò con le "schede personaggio"! Per chi non l'avesse letto ho deciso di fare delle piccole descrizioni dei personaggi da me inventati, di modo che anche voi possiate farvi un'idea di come li vedo. 
Quindi mi sembra a dir poco obbligatorio cominciare coooooon... ROX!

Nome: Roxanne
Cognome: Flow
Soprannomi: Rox, Ultraviolet (soprannome in adolescenza), the Queen (<- piuttosto usato dai suoi dipendenti XD)
Età: 24 anni
Altezza: 1.60
Segno zodiacale: Scoprione
Descrizione: L'amante indiscussa del viola!
Rox é 100% londinese con qualche origine irlandese, ma é sempre vissuta nella grande città con la sua famiglia. Ha una famiglia piuttosto vivace, mamma, papà, una sorella più grande che vive a Bristol sposata e con due pargoli, nonna paterna e zia.
Ama con tutto il cuore il ritmo frenetico, lo shopping, i take away, tutto quello che sbrilluccica e che é appariscente (ovviamente ancor di più se viola!), e ogni cosa per lei deve avere qualcosa di particolare che nessun altro può avere.
Storia: In gioventù finisce gli studi obbligatori e inizia a frequentare il liceo, ma abbandona dopo un anno in piena ribellione adolescenziale. Passa la maggior parte del su tempo nei cosidetti punti di ritrovo per "alternativi", lavorando a caso in negozi di piercing di amici, e si guadagna abbastanza fama per i suoi modi non proprio femminili e abbastanza scontrosi.
Una sera sta aspettando l'autobus per andare ad un ritrovo punk incontra Mello, appena arrivato dal Giappone con furore e abbastanza malconcio. Forse per sesto senso decide di aiutarlo invece di andare all'appuntamento, e grazie a questa coincidenza Rox si vede salvata la faccia, siccome il giorno dopo viene a scoprire che il gruppetto di suoi cosidetti "amici" é stato arrestato per una tentata rapina. Attribuisce il salvataggio a Mello, e da quel momento instaura con lui una forte amicizia che la aiuterà anche ad abbandonare le brutte compagnie.
Proprio in quel periodo la ditta di moda di sua zia raggiunge l'apice del successo, e grata a Mello per aver riportato la amata nipotina sulla buona strada propone ad entrambi un posto di lavoro. Nel corso degli anni Rox subisce una trasformazione. L'essere della femminilità la pevade completamente facendole anche abbandonare (in parte) i suoi modi grezzi, e riesce a trovare addirittura un ragazzo. Sfortunatamente la storia non va a buon fine, finendo con una rottura tragica che lascerà Rox con l'amaro in bocca per molto tempo. Proprio grazie a questo riesce a plasmare il suo carattere glaciale sul posto di lavoro che la manderanno in alto, promozione su promozione, sempre affiancata da Mello.

Ed armeggiando con un po' di photoshop ho anche creato una Rox "reale" per farvi vedere come più o meno si presenta nella mia testa u_u questa sarebbe la versione "lavorativa" (cliccate il link qui sotto e datemi un parere u_u sperando che riusciate a vederle l'immagine >___<)
Rox

Passiamo ai ringraziamentiii!

loryiloveyou: Wuhuuu grazieee ** ho provveduto immediatamente a correggere l'errore imperdonabile u__u 

Dede_Jeevas: Tadaaaaan u___u visto che Ryuk non l'ho dimenticato per strada?? Anzi, invece di metterlo a fare videochiamate ero talmente affezionata al personaggio che l'ho trascinato sul campo di battaglia u.u ohohohoh!

Bene, anche per oggi é tutto! Ci vediamo nel terzo capitolo, come sempre recensioni come se piovessero mi raccomando! >_< ciauuuuuu!

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Bonjour a tuttiiiii ^___^ eccoci al terzo capitolo, dopo l'apocalittico incontro XD Diciamo che da qui le cose si faranno più movimentate ora che la bomba é stata sganciata é_è Mi sono resa anche conto che automaticamente facendo crescere Mello forse avrei dovuto farlo un minimo più serio, e questa cosa NON MI PIACEVA :°D Quindi ho deciso di darmi seriamente da fare per riportare a galla lo splendore demenziale del passato (grazie Ryuk, senza di te non sarebbe possibile u__u) (NdRyuk: Prego OwO me la dai una mela?) (NdRaven: Sssssseh -.-)
Bene bene, vi lascio a questo nuovo capitolo ^^ BUONA LETTURAAAA!!


Capitolo 3:
 
 
-Oh.santo.fottutissimo.cielo!- esclamò Rox quando fummo entrati in casa mia.
-Fammi riprendere prima di iniziare con l’odissea.- dissi io boccheggiando verso la dispensa in cerca di una delle tavolette di cioccolato per le emergenze serie, quelle al 99% cacao.
Mi sembrava di essere chiuso in un ascensore strettissimo che precipitava per mille piani, con il terrore che mi faceva quasi venire voglia di prendermi a martellate in testa.
-Addirittura quella per le emergenze?- chiese Rox, ma le bastò un mio sguardo cadaverico e il cioccolato fatto a pezzi che schizzava per tutta la cucina per farle capire che la cosa era fin troppo grave.
Una volta ingerita la mia “salvezza” andai a sdraiarmi sul divano in preda ai brividi come un moribondo con l’influenza.
-Voglio morire.- mormorai passandomi una mano sul viso.
-Certo che sei strano, c’è un figo ultrapazzesco che si è appena trasferito otto piani più sotto di noi e tu la vedi come una cosa brutta?- mi fissò scuotendo la testa.
-Fosse solo quello il problema, cretina!- sbraitai lanciandole un cuscino –È solo che…-
-Sì, lo so.- rispose lei alzando gli occhi al cielo.
-Lo sai cosa?- la squadrai –Smettila di inventarti le cose.-
Rox sbuffò assumendo la posa di un poeta che narrava la sua poesia.
-Certo che codesto Ryan si presenta incredibilmente e inverosimilmente identico al tuo amore perduto nel tempo infame, il dannatissimo Matt.- si ricompose –L’avevo già capito dopo mezzo secondo.- alzò le sopracciglia come a dire “ho vinto”.
Dapprima sentir pronunciare il suo nome mi provocò una fitta allo stomaco improvvisa come quando si viene calpestati da un elefante, poi mi resi conto che Rox doveva essere diventata una sorta di veggente.
-Come hai fatto?!- urlai sentendo la mia voce raggiungere un acuto quasi innaturale –Non l’hai mai visto nemmeno in fotografia.- siccome non ne erano mai esistite.
-Oh giusto, fammici pensare…mmh… perché mi hai parlato talmente tanto di lui che pur non avendolo mai visto nemmeno in cartolina lo potrei riconoscere anche ad un raggio di cento metri? In più mi è bastato sommarci insieme la tua adorabile faccina da cadavere quando l’hai visto. Fortuna ho capito in tempo che non si trattava veramente di lui, altrimenti l’avrei fatto a pezzi.- disse con noncuranza andandosi a svaccare poco elegantemente accanto a me.
-Ah…-  riuscii solo a dire totalmente spiazzato.
Non si poteva dire che non mi conoscesse, ora mi veniva solo il dubbio che in tutti quegli anni fossi stato giusto un po’ fissato con tutte le seghe mentali che riguardavano…Matt. Oddio, era da un po’ che mi ero ripromesso di chiamarlo solo lui o ammasso informe, e per un paio d’anni ci ero anche riuscito, ma ora che Rox l’aveva nominato era finita.
-Perché ti disperi? Hai un’occasione irripetibile davanti al naso, non puoi fartela scappare così.- disse come se la cosa non fosse neanche lontanamente grave e io non stessi già pensando di prendere le scale per il resto della mia vita pur di non rischiare di dover incontrare il nuovo inquilino nell’ascensore.
-Occasione irripetibile?! Vorresti dire la volta buona che io tenti il suicidio con una dose estrema di cioccolata?- dissi abbracciando un cuscino.
-Naaah, non fare lo sciocchino! Sai benissimo cosa intendo.-
-Ehm… no.- balbettai anche se stavo iniziando ad intravedere quella luce nei suoi occhi che non prevedeva mai niente di buono, e che significava solo uno dei suoi “piani geniali” in vista.
-Ok, ti farò un disegnino. Dunque, siccome il ragazzuolo di sotto è un gran figo e assomiglia un sacco a Matt, tra l’altro devo dire che hai buon gusto, perché non risvegliare i tuoi ormoni che sono decisamente da troppo tempo in letargo?- Mi guardò con gli occhi luccicanti –Tecnicamente non è Matt, ma potresti fare finta che sia lui dopo aver ricevuto un mattone in testa e che non ricordi nulla.- disse come se fosse la spiegazione più semplice del mondo.
-Oh, ti prego.- imprecai non potendo credere alle mie orecchie. –Non lo conosco nemmeno, e poi mi sembra una cosa troppo meschina.-
-Normalmente potrebbe sembrare così, ma siccome in sette anni non sei mai riuscito a trovare il ragazzo che ti facesse drizzare l’amichetto li sotto perché sei troppo tormentato dal passato non vedo molte alternative.-
Tanto per rigirare il coltello nella piaga e ricordarmi che in tutto quel tempo non ero mai riuscito a trovare la persona giusta con la quale lasciarmi andare, nonostante avessi avuto mille occasioni con ragazzi stupendi, e per alcuni l’intenzione di combinarci qualcosa c’era pure! Ma all’ultimo mi tiravo indietro rintanandomi nel mio guscio fatto di ricordi complessi.
-Rox, apprezzo il tuo impegno, lo sai, ma sai anche come andrebbe a finire. Credo che la questione della somiglianza peggiori soltanto le cose.- dissi sperando di smorzare sul nascere il suo entusiasmo con la carta del povero ragazzo abbattuto.
Lei sospirò sconsolata.
-Io lo uccido.- disse poi improvvisamente.
-C…cosa? Ryan?!- chiesi sconcertato.
-MATT.- rispose lei secca.
-Oh…- mormorai stringendo un po’ di più il cuscino che tenevo ancora tra le braccia.
-Se un giorno dovesse capitarmi di incontrarlo, e non mi importa se sarà il presidente degli Stati Uniti o la nuova Regina trans d’Inghilterra, gli farò passare le mille pene dell’inferno per tutto quello che ti ha fatto patire. Non esiste che rovini la tua vita senza conseguenze, non finché ci sarò io su questo pianeta.- disse usando lo stesso tono intimidatorio che usava sempre per i suoi dipendenti a lavoro.
Rimasi di sasso dinnanzi a quella sorta di giuramento vendicativo, non mi aspettavo che se la fosse presa così tanto.
-Non ti sembra di esagerare?- chiesi notando il suo sguardo infuocato.
-Certo che no!- urlo lei improvvisamente facendomi sobbalzare –Ecco! Lo vedi?- sbraitò poi, tirando un pugno al bracciolo del divano (probabilmente facendosi anche male).
-Eh?- la guardai senza capire.
-Lo difendi ancora, dopo tutto questo tempo. Dovresti incazzarti, dirgli un bel vaffanculo ed inviarglielo tramite messaggio telepatico, e poi iniziare a goderti DAVVERO la vita. Per questo non mi arrenderò con il nostro nuovo vicino, dobbiamo almeno tentare.- proseguì imperterrita e più indemoniata che mai.
-Senti, ti ringrazio infinitamente per questo giuramento per l’omicidio di Matt e non dubito che potresti esserne capace, ma TI PREGO, non cercare di trovarmi marito! Non è poi così terribile rimanere da soli, anche tu del resto non hai più avuto un ragazzo da quando hai rotto con quel tizio qualche anno fa.- dissi sperando di farle calmare gli animi.
-La mia è tutta un’altra storia. Quell’idiota mi ha fatta diventare talmente acida che ora li faccio scappare tutti, non sono io che ho deciso di farmi zitella a vita.- disse storcendo il naso.
-Giusto.- dissi ironicamente –Comunque non credo possa interessarmi, quello li.- indicai verso il basso.
-Questo lo dici tu.- ribatté lei con un sorrisetto che mi fece venire i brividi.
-Al momento preferirei preoccuparmi di farci passare il mal di testa, sei d’accordo con me?- chiesi puntando sull’arma segreta che non falliva mai.
-Cosa proponi?- si fece attenta cambiando atteggiamento.
-Mh… non so. Shopping estremo a Piccadilly Circus e take away giapponese per cena?- dissi anche se il punto interrogativo praticamente non serviva.
Lei si illuminò all’istante facendo sparire ogni traccia di collera ed istinti vendicativi.
-Vado a vestirmi, truccarmi e sono a prova di shopping immediato.- squittì precipitandosi verso la porta.
-Metti il vestito nuovo?- le urlai.
-Certo!- sentii in risposta quando era già nel corridoio.
Mi affrettai a prepararmi anch’io, optando per dei jeans chiari un po’ larghi e strappati sulle ginocchia, una canottiera semplice nera e delle converse nere con un paio di borchie sui lati. Come accessori scelsi due bracciali in cuoio nero, una collana a catenella semplice abbastanza massiccia e in ultimo un orecchino a croce che misi al mio unico foro sul lobo destro. Diedi gli ultimi ritocchi e canticchiando andai verso l’uscita mentre mi stavo già appuntando mentalmente cosa comprare, ma appena aprii la porta tutti i miei pensieri vennero risucchiati in un buco nero all’istante.
Davanti a me c’era Ryan, il dito alzato a mezz’aria a qualche centimetro dal campanello, e quando incrociammo gli sguardi non si seppe chi dei due era più terrorizzato.
-Ah… c-ciao! Scusami!- farfugliò lui ritirando immediatamente il dito –Tu sei… il ragazzo di prima?- chiese guardandomi abbastanza stranito.
Giusto, mi aveva visto nelle mie terribili “vesti da casa”, ero tutta un’altra visione rispetto a quando stavo per uscire di casa, tanto da dubitare che fossi la stessa persona.
Oddio, ora dovevo parlare… parlare con lui! Come si faceva? Che bottone si doveva schiacciare per riattivare il linguaggio?
-Sì…ecco… sì, sono io.- mi uscì dalla bocca come se stessi masticando della sabbia.
Ce l’avevo fatta! E adesso? Forza Mello, sforzati un po’ di più, non puoi arrenderti così!
-Avevi… bisogno di qualcosa?- evvai! Un altro passo avanti!
-Ehm… veramente la signora dell’undicesimo piano mi ha detto che potevate darmi una mano. Sono nuovo di qui, non so niente di Londra, e mi ha detto che forse voi avevate qualche guida per principianti. Se per voi non è un disturbo prestarmene qualcuna.- disse titubante facendo guizzare i suoi occhi verde smeraldo da una parte all’altra.
“Britt… questa me la paghi!” pensai cercando di apparire il più tranquillo possibile.
-Ehm… non saprei, dovrei ricordarmi dove le ho messe e, ecco… stavo per uscire.- farfugliai non avendo la più pallida idea di cosa fare.
-Hai fatto benissimo a venire da noi! Ti aiutiamo più che volentieri, non farti problemi.- trillò Rox che era appena apparsa sulla soglia di casa sua, raggiante come non mai con indosso un vestito rosso rubino con la gonna a sbuffo, la scollatura a barchetta e un foulardi in tinta fasciava il suo lungo collo, il tutto condito con un rossetto rosso fuoco e i suoi consueti “tacchi da shopping” alti qualche centimetro in meno del solito (sai che comodità!). Ebbene sì, ogni tanto le capitava di uscire temporaneamente dalla fase viola.
Mimai con il labiale un “io ti uccido!”, ma lei fece finta di niente.
Ryan la fissava estasiato (e chi non lo faceva?) con l’ombra di un sorriso speranzoso.
-Davvero?- chiese con il tono di un bambino alla quale stavano offrendo delle caramelle… incredibilmente simile a come faceva Matt.
Mi faceva strano vedere quelle movenze così familiari dopo tutto quel tempo, se non fossi stato così puntiglioso avrei potuto dire che fosse Matt fatto e finito con i capelli un po’ slavati, ma mancavano quei piccoli particolari che per me erano tutto. Non sapevo nemmeno dire se quella somiglianza mi attirasse o mi spaventasse, fatto stava, però, che nel giro di un’ora a quella parte mi ritrovai a Piccadilly Circus in compagnia di Rox e Ryan, contrariamente a tutti i segnali che avevo fatto a lei per invitarla a ritirare cortesemente la sua offerta di aiutarlo ad ambientarsi.
Avevo un occhio sulle vetrine e uno fisso su di lui, che si guardava intorno meravigliato, ricordandomi un po’ me quando mi ero appena trasferito.
Fortunatamente Rox parlava senza sosta indicandogli tutto, facendo pause solo per lanciare qualche urletto se vedeva qualcosa di bello nei negozi. Da quel che aveva raccontato quando riusciva ad aprir bocca lui veniva dall’Irlanda, si era trasferito per lavoro e anche un po’ per iniziare a vedere posti nuovi.
-Quindi non hai mai viaggiato in altri posti al di fuori di dove vivevi?- chiese Rox spalancando gli occhi.
-Purtroppo no.- rispose lui grattandosi la testa.
-Beh, nemmeno io prima di arrivare qui avevo mai visto altri posti al di fuori del Giappone.- replicai io abbastanza acido.
-Davvero? Tu vieni dal Giappone?- chiese Ryan quasi estasiato.
Ecco, volevo evitare in tutti i modi di dover intrattenere un discorso con lui, mannaggia alla mia bocca larga!
-Sì, ma vivevo nell’Hokkaido, ben lontano dalle vite frenetiche di Tokyo.- dissi cercando di stare calmo e di apparire estremamente noioso.
-Wow, un bel po’ lontano. Che invidia!- aveva quella espressione così ingenua dipinta in volto, e questa era decisamente troppo angelica, non da Matt, che mi servì per tranquillizzarmi un pochino ma non abbastanza.
-Niente di troppo speciale.- borbottai io affrettando leggermente il passo per scansare un gruppo di turisti che ci stava per investire.
-Certo che qui è tutto incredibile, sembra di vedere tutto ingigantito di trenta volte.- mormorò lui continuando a rimirare tutto quello che ci stava intorno.
-E non hai ancora visto niente. Aspetta di visitare Camden Town e te ne innamorerai.- cinguettò Rox.
La guardai come a dire “vuoi trascinarlo anche li?!”, ma lei fece spallucce e proseguì a chiacchierare mentre procedevamo lungo i negozi del centro commerciale. E dire che l’aveva attirato ad uscire con noi con la scusa di andare a prendere qualche guida dettagliata che potesse servirgli, ma non stavamo facendo altro che guardare vestiti e accessori da quando eravamo arrivati.
-Uh! Fermiamoci un attimo, devo andare in fumetteria.- annunciai quando vidi uno dei negozietti per otaku dove mi rifornivo ogni tanto quando non avevo voglia di prendere la metro fino alla enorme fumetteria che stava leggermente fuori dal centro.
Iniziai a fare il mio solito giro d’ispezione tra gli scaffali in cerca di qualche numero appena uscito tra i manga (quelli rigorosamente in giapponese, era una cosa che avevo mantenuto come “tradizione”), più per non rischiare di incappare in qualche discorso con Ryan. Fortuna ci stava pensando quella lavandaia di rosso vestita ad intrattenere i discorsi a lunga durata, e sembrava stesse riscuotendo più interesse di me. Forse fu per quello che mi accorsi di un particolare che normalmente Rox si sarebbe assicurata di non farmi vedere. Guardai svogliato nelle vetrinette che esponevano vari accessori da cosplay, e inevitabilmente li vidi.
Ce ne erano forse una decina di colori diversi, ma io individuai subito il paio arancione leggermente nascosto dietro agli altri.
Dei dannati e inutili occhiali da aviatore.
Rimasi immobile a fissarli sentendo arrivare quella spiacevole sensazione alla bocca dello stomaco che si faceva sentire ogni volta che vedevo un particolare che apparteneva a lui, era un riflesso spontaneo.
-Oh no.- sentii dire a Rox alle mie spalle, probabilmente si era accorta del problema.
Non feci in tempo a dire neanche mezza parola che già lei mi stava trascinando fuori a forza con Ryan al suo seguito che ci fissava senza capire.
Improvvisamente mi sentivo come uno zerbino calpestato e lasciato fuori sotto a mille intemperie, con come unico desiderio potermi nascondere a tempo indeterminato in uno stanzino aspettando che passasse quel momentaccio.
-Che cos’ha?- sentii chiede a Ryan che doveva essere li da qualche parte, e io speravo solo che sparisse.
Erano troppe cose messe insieme: il sogno, il fatidico incontro con il sosia di Matt, e ora quegli stupidi occhialetti di plastica colorata che non avrebbero potuto fare del male a nessuno… tranne a me.
-Sto bene.- bofonchiai cercando di riacquistare lucidità, ma il mio tentativo doveva essere una sorta di lamento da cefalo in punto di morte arenato su una qualche spiaggia.
-Diciamo che ci sono delle cose che non sopporta di vedere, ad esempio…-
-Fottuti occhiali da aviatore.- borbottai interrompendo Rox, e ancora prima che me ne rendessi conto ero entrato automaticamente nella mia modalità di stronzo sul lavoro, il Mello con la corazza –Odio con tutto il mio cuore sigarette, riviste di elettronica, e inutili, orrendi e obbrobriosi occhiali da aviatore.- spiegai guardando freddamente il vuoto davanti a me mentre mi sistemavo con noncuranza un ciuffo di capelli fuori posto.
-Lunga storia, noiosa e inutile da sentire, credimi.- dissi parlando a scatti tanto da sembrare Jack Sparrow ubriaco.
Stavo quasi per dire anche il resto: “Ehi! Lo sai che sei la fotocopia dell’unico ragazzo che io abbia mai amato e che mi ha spezzato il cuore piantandomi in asso sparendo dalla faccia della terra?”, ma mi curai di non lasciar trapelare nulla.
-Oh… ok. Mi ero solo sorpreso dei riflessi che ha avuto Rox.- disse arrossendo leggermente –Immagino stiate insieme da un sacco di tempo.-
Al suono di quella frase ci fu un attimo di silenzio, e poi inevitabilmente si innescò quella che noi chiamavamo “il lamento dei tacchini senza palle”, una sorta di risata sguaiata collettiva variata tra acuti e raschiamenti di gola gutturali che solo noi due riuscivamo a fare.
-Io… e lei? INSIEME? Ma stiamo scherzando? Rox è troppo stronza.-
-E Mello è troppo ga…- la fulminai all’istante -…androgino!- si corresse, anche se probabilmente dall’espressione allibita di Ryan doveva averlo capito, e in tutto il contesto dello spettacolino che avevamo appena fornito non c’era da stupirsi se di li a qualche secondo sarebbe scappato a gambe levate.
-Scusate… non pensavo foste… solo amici.- mormorò lui in completo stato di shock.
-Se lo conoscessi anche tu da sette anni perfino tu sapresti di che colore ha le mutande ogni giorno della settimana.- rispose Rox dandomi una pacca sulla spalla, e dentro di me stavo maledicendo il fatto che fosse donna, altrimenti avrei iniziato a prenderla a calci come facevo con Near.
-Ok, la devo smettere di fare figuracce.- disse arrossendo più di prima e grattandosi la testa evidentemente a disagio.
-Non devi assolutamente preoccuparti, noi siamo specialisti delle figuracce. Sei capitato nel posto giusto.- lo tranquillizzò lei facendogli l’occhiolino.
Lui si aprì in un timido sorriso bellissimo.
Sembrava così innocente…
Per tutto il resto del nostro “tour guidato” cercai di non pensare a tutti quei deliri che mi rieccheggiavano in testa, ero talmente agitato che alla fine della giornata non avevo comprato assolutamente niente, ed era una cosa più unica che rara, per non dire gravissima.
Cosa mi stava succedendo? Perché appena spuntava qualcosa che mi ricordava anche solo lontanamente Matt tutti i miei castelli di carta che per tanto tempo mi ero impegnato a costruire e fortificare crollavano miseramente? Questo mi ricordava quanto in realtà fossi diverso rispetto a quello che davo a vedere, ma non dovevo assolutamente farlo capire a nessuno, altrimenti sarebbe finita.
-Allora rimaniamo sul sushi take away?- chiese Rox quando fummo usciti definitivamente dai negozi, e lei reggeva almeno quattro o cinque sacchetti diversi.
-Certo.- risposi accorgendomi in quel momento che il mio stomaco brontolava all’inverosimile.
-Ti aggreghi anche tu, caro?- domandò a Ryan di seguito.
-Sushi? Ah… veramente le cose crude non mi hanno mai attirato, e dovrei iniziare a sistemare il mio letto se voglio riuscire a dormire stanotte.- disse lui leggermente dispiaciuto –Non fraintendete, Mi state simpatici, davvero! Oggi mi sono divertito un sacco.- stava parlando esattamente come facevo io quando ero imbarazzato oltre ogni limite.
-Di cosa ti preoccupi? Non hai mica firmato un contratto con noi, e poi penso che ti abbiamo terrorizzato abbastanza per essere il tuo primo giorno qui.- disse Rox allegramente facendolo tranquillizzare un po’.
-Vi ringrazio tantissimo, davvero.- disse sincero sorridendo.
-No problem, sai a chi rivolgerti se hai bisogno di qualcosa, vero Me’?-
-Eh?- sbadigliai io, mi ero completamente eclissato in quel sorriso –Ah, certo certo, meglio noi che il primo tossico che cerca di adescarti in un vicolo buio, no?- mi affrettai a dire.
Rox mi guardò scuotendo la testa esasperata.
-Riformulo, conta pure su di ME, non calcolare questo povero rincoglionito.- si avvicinò di più a Ryan bisbigliando –Credo anch’io che si faccia di qualcosa quando non lo vedo.-
A quella affermazione scattai come una molla arrossendo.
-Ehi! Non farmi passare come la morte in persona!- urlai stizzito.
-Nah, quel ruolo credo appartenga di diritto a Ryuk, ormai.- rispose lei in tutta tranquillità.
Il nostro battibeccare fu interrotto da una sonora risata che ci spiazzò entrambi.
-Scusate, è che mi fate morire.- disse Ryan trattenendosi a stento.
Che espressione… carina!
-Questo è niente, vedrai dopo qualche bicchierino di troppo cosa siamo capaci di fare.-
-Parla per te.- gracchiai io in risposta fulminandola.
Ryan rise di nuovo, ed era un suono talmente bello che contagiò anche me.
-Ok, allora credo che adesso andrò verso casa cercando di non perdermi, prometto che non mi farò raggirare da un tossico in un vicolo buio.- disse allegro.
Ridacchiammo tutti, e quando lo vidi allontanarsi in direzione della metropolitana dopo qualche imbarazzante saluto finalmente potei rilassarmi tirando un sospiro di sollievo. Appena il mio cervello riprese a funzionare normalmente mi voltai verso Rox e iniziai a colpirla istericamente con la mia tracolla. Immaginatevi la scena di una fatina bionda isterica che saltellava impazzita cercando di colpire in qualche modo la sua amica del tutto indifferente, anzi, che se la stava ridendo di tutto gusto.
-Grazie per avermi fatto fare mille e uno figure di merda oggi!- strillai per poi mettere il broncio.
-Cosa dici? Ti ho fatto apparire adorabile e divertente, si deve essere sciolto come un ghiacciolo al sole.- rispose lei facendo fluttuare le ciglia –E poi almeno si è divertito, abbiamo fatto una buona azione.-
-Forse avrei dovuto metterlo in guardia IO su di TE.- borbottai incrociando le braccia.
-Penso che se ne sia reso conto da solo, ma non sembrava gli dispiacesse. Sarebbe stato peggio se ti avesse visto mangiare la cioccolata o se io avessi visto qualcosa di viola in saldo. Siamo stati fortunati.-
In effetti non aveva tutti i torti, e speravo che quelle azioni manicali non le vedesse mai. Oltre a quello avevo appena sentito la parola “cioccolata” il mio stomaco aveva lanciato un ruggito abbastanza eloquente.
-Andiamo a prendere la cena?- chiesi con sguardo supplichevole, desideroso di finire bene quella giornata.


Tantarataaaaan *squillino le trombe* il povero Mello già mi odia abbastanza, dopo questa penso che dovrò aumentargli lo stipendio in cioccolata oppure mi abbandonerà ^___^' *si immagina già a dover improvvisare il cosplay di Mello per sostituirlo* (NdMello: figurati se riesci ad eguagliare la mia bellezza u_u) (NdRaven: Zitto o ti faccio casualmente finire in una vasca di tinta per capelli rosa è_é)
Coooomunque XD Scusate se il capitolo finisce un po' troppo bruscamente, ma in realtà questa sarebbe stata solo la metà di quello che volevo scrivere, soltanto mi ero resa conto fosse un po' troppo lungo XD quindi gioite, il prossimo capitolo arriverà mooolto più in pretta siccome é praticamente finito ^^
Rimando la scheda personaggio per la prossima, altrimenti avrò esaurito i personaggi ancor prima di metà storia, probabilmente le inserirò un capitolo si e un capitolo no (pigraggine :°D)
Che ne dite di questo chappy? *_* come vi sembra il piccolo e sperduto Ryan? Sì, lo so, il vero Matt manca anche a me, ma sel resto dovete perdonare la mia povera testolina che decide di sfornare idee simili *asd* *si picchia da sola con una padella* Volevo inoltre precisare una cosa alla quale tenevo moltissimo XD Quando ho descritto la "risata dei tacchini senza palle" nella mia testa vedevo la risata malvagissima di Jack e Karen di Will e Grace! Per farvi un'idea cliccate il link e andare al minuto 1.27 u__u
Risata da tacchini senza palle
Bene^^ passiamo ai consueti ringraziamenti!

loryiloveyou: Oddio ustioni e spine nei piedi? o_o che ti successe figlia miaaaaaah *abbraccia* spero tu stia meglio adesso ^^ grazie mille per la recensione, spero di soddisfarti ogni volta ^^

Dede_Jeevas: Meheheheh, visto che il buon vecchio Ryuk non poteva mancare? u_u e preparati perché lo spaventapasseri non ne combinerà poche siccome ora l'ho preso come mio segretario personale *lo immagina con un tailleur e gli occhiali* :°D Grazie mille milleeeee ^^

Whiteblood99: Yeeeee sono onorata che tu ti sia sparata tutti i capitoli come overdose ** Mwahahahah, sappi che il periodo Death Note una volta che si insinua in te non ti abbandona mai u___u moriremo tutti di arresto cardiacoooo yeeeeeee *balla* grazie millissimo, spero tu continui a seguire ^^

BellaDN: Non voglio ucciderti, giurooo XD sappi che mentre scrivo sto infierendo anche su me stessa u_u mwahahahah! Bene bene, sono contenta che sia arrivata anche tu tra la schiera dei lettori ** Grazieeeeee!

E ringrazio anche tutti quegli spiritelli satellitanti che leggono e non recensiscono ma che magari mettono la storia tra i preferiti o le seguite u.u ci vediamo nel prossimo capitolo che non tarderà ad arrivare, perciò tenete gli occhi aperti ^^ recensite recensite recensiteeee! SCIAUUUUUUUU <3

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Eccomi eccomi eccomiiiiiii!!!!!! >_______< 
Sono viva, potete rilassarvi XD Lo so, sono sempre irrimediabilmente lenta nel postare ma ho la memoria talmente corta che mi dimentico di fare le cose più importanti e questo capitolo era pronto da forse più di un mese -__- però con mille altre cose che dovevo preparare mi sono sempre bellamente dimenticata di avere già un capitolo ready to post ed ecco il risultato :°D chiedo umilmente perdooooono! é_è
Come avevo forse accennato in passato questo doveva essere ancora parte del capitolo 3 ma mi sembrava mostruosamente lungo e ho deciso di dividere. 
Avete presente i vecchi tempi dove c'erano capitoli al limite della decenza e svarioni indicibili? Ecco, mi sono lasciata trasportare e sono tornata agli albori XDD meheheheheh!
Lascio giudicare a voi ** Buona letturaaaaa!!



Capitolo 4:
 
Circa mezz’ora dopo il mio salotto era disseminato di vaschette d’asporto e salsine varie mentre alla TV stava passando uno di quei film osceni a basso costo di Piranha giganti che assalivano delle automobili.
-Comunque secondo me gli piaci.- disse Rox prima di prendere un Uramaki enorme e riuscire ad ingurgitarlo tutto in un solo boccone.
Cercai di farmi capire agitando le bacchette con fare minaccioso per via della mia bocca strapiena di delizioso e agognato sashimi, ma alla fine mi arresi ed dovetti aspettare di riuscire a mandare giù tutto.
-Stavo dicendo… se ti azzardi di nuovo a dire una cosa del genere ti faccio tornare bionda naturale.- la minacciai spazientito.
-Perché continui a negare l’evidenza?- ribatté lei ancora fermamente convinta –Dovevi vedere come ti guardava, con quel misto di adorazione e desiderio! Scommetto che è di sotto a cercare qualsiasi scusa per poter venire a bussare alla tua porta.-
-Sai… quando dici queste frasi così potenti potresti facilmente fare teatro.-
-Brodway?- chiese illuminandosi e guardandomi con sguardo sognante.
-No, quello delle marionette che fanno ogni domenica ad Hyde Park.- risposi io con un ghigno malefico prima di tornare a concentrarmi sul cibo.
Rox si rabbuiò per poi lanciarmi una vaschetta vuota del take away.
Sentivo che stava per rispondermi a tono quando improvvisamente qualcuno suonò il campanello. Persi come minimo vent’anno di vita, e vidi Rox che si apriva nel suo terrificante sorriso a trentadue denti da “te l’avevo detto”. Non feci in tempo a lanciarmi su di lei per placcarla e mi ritrovai con la faccia sul tappeto mentre la sentivo correre verso la porta. Mi rialzai il più in fretta possibile incespicando nei miei stessi piedi mentre il mio unico pensiero era “NonononononononoNO!”. L’avevo quasi raggiunta quando scivolai su una delle sue odiose pantofole a unicorno e finii splaccicato contro al muro proprio mentre lei apriva la porta. Rimasi a fissare la scena impotente e dolorante, ma dalla espressione di Rox capii che qualcosa non quadrava. Strisciai cautamente di lato per vedere meglio e scorsi un mucchietto d’ossa ammantato di nero.
-Ah… sei solo tu, Ryuk.- disse delusa Rox esibendosi in una smorfia.
Lui la guardò scioccato senza capire, poi si guardò intorno e vide anche me ancora appiattito come un geco al muro.
-Ciaaao.- dissi terribilmente contento di vederlo.
-Aspettavate qualcuno di importante?- chiese lui con gli occhi ancora sgranati.
-Sì, aspettavamo Babbo Natale e ci hanno portato lo spaventapasseri del mago di Oz versione Halloween. Dai, entra.- rispose Rox ancora parecchio amareggiata.
-Ha il ciclo?- mormorò lui avvicinandosi cautamente a me.
-Nah, magari fosse quello. Si è di nuovo messa in testa di volermi trovare un fidanzato.- brontolai mentre mi ricomponevo.
-Davvero? Voglio vederloooo!- urlò con la stessa tonalità di una cornacchia morente mentre entrava e levava con un calcio le sue zeppe.
-Tra l’altro, come mai sei qui?- chiesi chiudendo la carovana stramba nuovamente in direzione del soggiorno.
-Ero libero, e so che solitamente nel weekend fate riunione di pettegolezzi accompagnati da cibo osceno, così ho pensato di cenare in compagnia.-
-Ma a te non piacciono queste cose.- ammiccai al tavolo ancora stracolmo di sushi.
-Infatti mi sono preparato.- rispose tirando fuori dalla sua tracolla un sacchetto di carta –Succo di mele, macedonia di mele formato famiglia, e per finire crostata di mele.- annunciò allegramente mentre trotterellava verso il divano.
Inorridii in silenzio come tutte le volte che lo vedevo mangiare, ma se non era già schiattato in tutti quegli anni  non aveva senso dirgli qualcosa finché era felice e beato.
-Comunque il nuovo spasimante di Mello è proprio un gran figo.- attaccò Rox –Devi darmi una mano anche tu. Sicuramente è già cotto, ha solo bisogno di una spintarella.-
Grugnii qualcosa di incomprensibile anche per me stesso e tornai a mangiare.
-Com’è fatto?- chiese Ryuk mentre iniziava ad aggredire la sua cena alla velocità della luce.
-Sembra appena uscito da Beautiful, un figo pazzesco, e si è appena trasferito in questo palazzo. Credo sia stato un colpo di fulmine, e se il mio occhio non mi inganna sembrava si fosse rizzato qualcosina…-
-ROXANNE!- urlai diventando all’istante di mille colori –Già che stai sparando balle colossali come se non ci fosse un domani almeno evita certe cose!-
-Ehi ehi ehi! Si calmi signor Keehl, vuole farlo sapere a mezzo palazzo?- rispose lei divertita, Ryuk era già in rianimazione da risata estrema.
Passarono altri momenti deliranti in cui mi guardai bene dal distogliere sempre l’attenzione dal “futuro consorte”, e ci stavo anche riuscendo bene finché non arrivammo al “digestivo” (una sfilza di cicchetti disgustosi di un liquore alla mela che aveva portato Ryuk e un po’ di Saké giusto per sciacquarci la bocca). Stavamo per organizzarci ad ingaggiare una bella sfida a Mario Kart già decisamente allegri quando, ironia della sorte, il campanello suonò di nuovo.
-Stavolta è lui, ci scommetto quello che volete.- bisbigliò Rox, ma stavolta giocai d’anticipo e riuscii a bloccarla prima che si catapultasse ad aprire.
-Vado io stavolta, chiunque sia.- sibilai alzandomi, ma sentii comunque la sua presenza alle mie spalle.
Mi prese alla sprovvista un insolito batticuore e sentii le mani sudate. Anch’io avevo la sensazione che si trattasse veramente di Ryan, perciò mi stavo preparando psicologicamente senza riscuotere molto successo. Allungai tremante un braccio verso la maniglia e presi un lunghissimo respiro prima di aprire.
Quello che successe nei successivi trenta secondi mi sembrò di viverlo al rallentatore come in un incubo.
Mi ritrovai effettivamente Ryan davanti, e già lì il mio cuore andò in crisi per un attimo, poi accadde l’inevitabile.
-Ciao. Ehm… scusami se ti disturbo ancora. Volevo chiederti se per caso avevi del latte da prestarmi. Non ho ancora potuto fare una spesa decente da quando sono arrivato.- disse terribilmente in imbarazzo.
Avrei voluto rispondergli “certo, te lo porto subito!” , ma quando mi voltai vidi Ryuk che fissava la scena allibito, quasi fuori di sé, e con il suo sorriso inquietante ancora più ampliato.
-Non ci credo!- urlò prima di correre in direzione di Ryan che era sbiancato di colpo.
Io non capii finché non lo vidi volargli addosso a tutta forza urlando.
-MATT!-
Da quel momento fu solo panico. Ryan urlò terrorizzato cercando di sottrarsi a quella morsa inquietante, Rox che fissava la scena senza capire… mentre io avevo capito benissimo, purtroppo.
Mi lanciai su Ryuk cercando di allontanarlo.
-Ryuk! Non è lui! Non è Matt!- urlai nel panico estremo.
Lui per un attimo guardò il viso in punto di morte di Ryan aggrottando la fronte, poi spalancò la bocca.
-Oh merda.- disse lasciandolo alla svelta anche se ormai il danno era fatto.
Ryan fece tre passi indietro, aveva il fiato corto e tremava visibilmente.
-Oddio, s-sto… per morire?- chiese con voce stridula.
-No no no! Assolutamente no! So che fa una paura assurda ma lui è un nostro amico, è innocuo!- mi affrettai a dire gesticolando nervosamente.
-Un amico… LUI?- lo indicò inorridito, Ryuk dal canto suo era rimasto a fissarlo spiazzato.
-Lo so, è strano, ma ti assicuro che è normalissimo.- esitai un attimo –O quasi.-
A peggiorare le cose fu quando Ryuk quando prese la sua consona posa aliena dello stortare la testa e mettersela sotto al braccio. A quel punto Ryan sembrava tendere verso il grigio.
-Ehi amico, scusami. Ti ho scambiato per Matt.- disse in tono innocente mentre lo fissava ancora sbalordito –Sei davvero identico… tranne che al posto di spaventarsi lui avrebbe riso e mi avrebbe tirato un calcio in culo.-
-Vuoi smetterla di parlare di lui?!- gracchiai piuttosto irritato.
-Oh, giusto! Scusami. Adesso però capisco come mai sei così per aria ultimamente.-
In quel momento avrei voluto prendere una graffatrice per chiudergli la bocca definitivamente, ma dalla espressione di Ryan ormai doveva essere troppo tardi. Avevo il terrore che facesse quella fatidica domanda, sapevo che stava per dirla.
-Chi è questo Matt?- mormorò tremante.
-Matt? Non lo sai? Lui é…- stava dicendo Ryuk prima che Rox si lanciasse su di lui tappandogli la bocca appena in tempo.
-Grazie.- dissi fulminando l’ammasso di stuzzicandenti nero che si dimenava per liberarsi. Tornai a rivolgermi a Ryan –Tranquillo, Matt non è nessuno di importante, é… è solo un vecchio conoscente.-
-Davvero?- disse rimanendo comunque sulla difensiva –E io gli assomiglierei? È per quello che lui mi è saltato addosso?- chiese additando Ryuk scandalizzato.
-Somigliare? Sei U-G-U-A-L-E!- esclamò il diretto interessato che era riuscito a liberarsi dal placcaggio di Rox.
-Va bene, COMUNQUE non cambia nulla, come non cambia che tu rimarrai sempre un idiota.- tagliai corto ringhiando.
Fortunatamente Ryan cambiò punto d’interesse e volle sapere meglio chi (o cosa) fosse Ryuk, e ci furono le presentazioni varie anche se quando strinse la sua man scheletrica lo vidi rabbrividire.
-Ok, credo di iniziare a capire. Anche tu arrivi dal Giappone, dico bene?- chiese un po’ incerto.
-Ci puoi scommettere! Conosco Mello da quando era ancora un angioletto biondo con gli ormoni in subbuglio.- rispose lui dandomi delle piccole pacche amichevoli sulla schiena.
-Grazie per averlo specificato.- grugnii seriamente intenzionato a scuoiarlo vivo.
-Siete tutti così… particolari.- commentò studiando le lunghe unghie nere di Ryuk.
-Non sono proprio tutti così, diciamo che il nostro Ryuk è un po’ eccentrico.-
-Non che Near, Light o Ryuzaki siano tanto da meno.- ribatté lui.
-O Danielle.- aggiunsi io annuendo.
In fin dei conti era vero, della nostra allegra famigliola non se ne salvava nemmeno mezzo.
-A me basta sapere che siete tutti umani.- disse Ryan sforzandosi di apparire scherzoso, ma era palese che fosse teso come una corda di violino.
-Su quello posso giurarti che siamo tutti di questo mondo.-
-In parte.- disse Ryuk facendo scendere il gelo improvviso –Provate voi a convivere con una vita passata da Shinigami.-
-Un che?!- squittì Ryan tornando sulla difensiva.
-Oh cristo.- imrecai –Niente, lascia perdere. Ryuk! Dovrebbero essere rimaste un paio di mele in cucina.- dissi in extremis per farlo allontanare.
Ryuk si lanciò in preda ad urletti e movimenti spastici verso la cucina, e Rox lo seguì per assicurarsi che ci stesse per un po’. Rimanemmo soltanto io e un alquanto disorientato Ryan.
-Scusami, non è assolutamente pericoloso, ha solo un modo complicato di pensare.- dissi con sguardo colpevole.
-Non oso sapere cosa sia uno Shinigami.- disse lui ancora un po’ scettico, ma decisamente più tranquillo di prima.
-Oh, non preoccuparti. È solo una fissazione che é venuta al mio amico strano, non è una cosa comune ce fanno tutti i giapponesi.- ecco, ora avevo appena confermato di avere un amico psicopatico –È una storia un po’ lunga.- mi arresi alla fine.
-Ok. Forse… un giorno potrai raccontarmela, se serve a non farmi venire gli incubi di notte.- si guardò intorno circospetto abbassando un po’ la voce –Anche lui vive qui?-
-Per carità! Assolutamente no.- esclamai immaginandomi per un attimo di avere Ryuk al posto di Rox come vicino di casa.
Lui tirò un sospiro di sollievo.
-Se vuoi la storia degli Shinigami te la raccontiamo anche adesso, la notte è ancora giovane.- annunciò Rox che era apparsa all’improvviso alle mie spalle.
-Cosa ne sai tu?- dissi dandogli una gomitata nel fianco.
-Tsé, l’ho sentita talmente tante volte che verrebbe voglia anche a me di vivere di sole mele.- replicò lei prontamente.
-Veramente… ero qui solo per del latte.- rispose lui titubante.
-Sentito? Non possiamo rapire la gente ogni volta.- dissi vittorioso per poi farle una linguaccia.
-Però dobbiamo sdebitarci per il grosso spavento.- rimase irremovibile –E poi non vorrai mica passarti il sabato sera da solo, dico bene?-
-Giustissimo!- urlò Ryuk dalla cucina facendo trasalire tutti –Ho una gran voglia di raccontare.-
“Brutto idiota, ti annego nel tuo fottuto succo di mele!” imprecai dentro di me.
-Coraggio, non farti problemi.- lo incalzò Rox con quel suo sorriso irresistibile che usava per convincere il mondo intero a darle retta.
-Da quando sei tu la padrona di casa qui? Non vedo ancora centrini e tende viola come prova contraria. Senza contare che Ryuk è già stato orripilante con le sue presentazioni, figurati quando si mette a raccontare le sue stronzate.-
-Per la precisione, i miei sono flashback antichi, devi specificarlo altrimenti perdo tutta la mia credibilità mistica.- precisò Ryuk che spuntò da appena dietro l’angolo con un mano una mela mezza smangiucchiata.
-Ah, lo racconterebbe lui?- chiese Ryan deglutendo.
-Certo, lui è il migliore per queste cose.- cinguettò Rox prendendolo per un braccio ed iniziando a trascinarlo dentro.
-Ehm…io…- balbettò lui ormai senza speranza.
Io esasperato richiusi la porta alle mie spalle, sperando che il nostro spettacolino non si fosse sentito per tutto il resto del palazzo.
-Sicuro che non disturbo?- chiese Ryan quando ci trovammo tutti seduti sul divano, e ci potevo scommettere quello che volevo che in qualche modo si stava studiando un piano per scappare dalla finestra e chiamare la polizia.
Rox aveva ripreso a mangiare quel che rimaneva del sushi allegramente come se niente fosse e io ero in preda ai brividi freddi per quello che sarebbe potuto succedere. Ryuk era intento nei preparativi per la narrazione tutto rannicchiato in un angolino confabulando con se stesso, e io avrei voluto scavare un buco nel pavimento per l’imbarazzo.
-Non preoccuparti. Nel caso tu voglia dartela a gambe non ho chiuso a chiave la porta.- risposi tentando di sdrammatizzare, e lui sorrise debolmente per mia fortuna.
Provai ad immedesimarmi in lui, catapultato in un mondo di matti da un momento all’altro. Forse si sentiva come mi ero sentito io quando avevo conosciuto Light e Ryuzaki nelle docce della scuola, anche se dalla mia avevo già Near e… Matt. Sapevo solo che non doveva essere troppo piacevole, perciò mi sarei impegnato per cercare di non mostrargli i lati peggiori della nostra bizzarra combriccola.
-Bene, sono pronto.- annunciò Ryuk correndo verso gli interruttori della luce mettendo tutto in modalità soffusa. Come ultimo tocco accese un paio di candele che aveva recuperato da casa di Rox e prese una coperta blu che tenevo per le sere fredde usandola come mantello.
-Vedi di non bruciare qualcosa come l’ultima volta.- gli intimai al ricordo di quando si era esibito in una delle visite di mia madre.
-Bene. Per prima cosa immaginate che tanto tempo fa, sopra alle teste dei vostri antenati,  ci fosse un posto segreto lassù nei cieli, un mondo a parte molto particolare che mai nessun uomo avrebbe mai e poi mai potuto visitare. Un luogo fatto di sabbia, rocce e ossa, nulla di più, senza sole e senza luna, come un giorno uggioso che non tramonta mai. Iniziò a raccontare facendo di colpo diventare la sua voce più bassa e misteriosa.
Dovevo ammetterlo, ci sapeva decisamente fare con queste cose.
-Quello non è un posto per gli umani, e nemmeno un luogo di riposo per i morti. È la dimora di creature bizzarre mai viste prima, che in silenzio tessono la ragnatela del destino.- fece una breve pausa –Il mondo degli Shinigami, gli Dei della morte.- iniziò a dondolarsi su una gamba sola.
-Dei della morte…- mormorò Ryan, e non riuscivo a capire se fosse intimidito o affascinato –È questo che vuol dire?-
Io annuii appena con la testa prima che Ryuk riprendesse.
-Ci sono varie leggende che parlano di Shinigami, ma solo una è quella che esprime appieno il loro grande potere. Essi possono decidere di porre fine alla vita di qualunque essere umano, in qualunque modo desiderano, il tutto semplicemente… scrivendo.- prese teatralmente una penna che aveva nascosto in una manica. –Ad ogni Shinigami viene fatto dono di un quaderno molto speciale, dove il chaos più totale si cela tra le semplici pagine bianche. A loro, infatti, basta semplicemente scrivere il nome di una persona specificandone anche le circostanze a loro piacimento, e quella morirà.-  terminò la frase sfoderando uno dei suoi sorrisi inquietanti.
-Soltanto scrivendo su un quaderno?- chiese Ryan che aveva seguito tutta la spiegazione a bocca aperta.
-Non un quaderno qualsiasi. È comunemente chiamato Death Note, il quaderno della morte.- lo corresse Ryuk agitando un dito –E si dia il caso che in quel mondo tetro fatto di nulla la noia sia talmente tanta che l’unico divertimento per gli Shinigami sia uccidere ogni tanto qualche persona per puro divertimento. Loro sono estremamente affascinati dagli umani, e ovviamente amano le mele.- finì la frase con occhi sognanti, al ché io mi battei una mano sulla fronte e me la feci scivolare lungo il viso.
-L’abbiamo perso.- mormorai.
-Non è mai successo che gli Shinigami scendessero sulla terra?- chiese Ryan rapito.
Ryuk alzò le spalle.
-Pare sia capitato un paio di volte che uno di loro avesse “per caso” fatto cadere il suo quaderno sulla terra per vedere cosa sarebbe successo.- fece di nuovo una pausa dove agguantò uno degli spicchi di mera che erano avanzati dalla sua “cena” –Ma queste sono solo leggende mai provate.- finì tornando a parlare con la sua vocetta da gallina strozzata.
-Oddio, vi immaginate cosa potrebbe succedere se davvero lo facessero?- disse Ryan sbalordito con gli occhi quasi fuori dalle orbite per lo stupore.
-Certo sarebbe terribile, se non fosse che sono tutti idiozie, in primis per il fatto che tu dica di essere l’incarnazione di un Dio della morte quando quelli non possono nemmeno schiattare per cambiare corpo.- replicai io alzandomi per andare a riaccendere le luci.
-Dovresti sostenere gli amici ogni tanto, Mello. Non ti sembro una prova inconfutabile vivente della mia teoria?- si difese Ryuk piantandosi le mani sui fianchi.
-Sì, del fatto che esiste gente problematica anche senza droghe.- risposi sciutto.
Ci fu un momento di silenzio imbarazzante.
-Io… lo sono e basta! Capito? Io al contrario tuo ho una buona autostima!- Strillò stizzito peggio di una suocera decrepita.
Rox partì con una delle sue risatine ponendo ufficialmente fine a quel momento mistico, ma ciò non toglieva che Ryan fosse rimasto abbastanza sconvolto dalla storiella.
-Suvvia, rilassati. Anche se tutto questo fosse vero il nostro Ryuk non ha nessun quaderno strano, anzi, detesta scrivere.- disse lei cercando di farlo riprendere.
-Anche perché a mala pena ci riesce.- precisai io incrociando le braccia e tornando a sedermi sul divano con ben poca grazia.
-Però è davvero una storia macabra. Scusate ma non mi sono mai piaciuti gli horror e cose del genere.-
-Molto molto male!- replicò Ryuk.
“Dio ti ringrazio!” pensai dentro di me, perché l’idea di stare a guardarmi fantasmi e budella ovunque in compagnia di Ryan e con Rox in agguato con i suoi piani contorti non si prospettava un bel passatempo.
-Ehm… vi ringrazio un sacco per tutto, ma credo di dover andare.- disse Ryan arrossendo di nuovo.
-Ma certo, anzi, scusami se non ho potuto impedire il tuo rapimento.- risposi io tentando di sorridere il più spontaneamente possibile.
-Almeno adesso sa che sono una creatura piena d’amore e non un serial killer psicopatico che colleziona maschere di pelle umana.- aggiunse Ryuk appendendosi allo schienale del divano.
Ci fu un momento dove tutti lo guardammo inorriditi mentre si lasciava scivolare finendo seduto al contrario facendo ciondolare la testa con i capelli che toccavano il pavimento.
-Seh, pieno d’amore.- commentai per poi scuter la testa.
-Allora io andrei.- disse Ryan, e potei chiaramente sentire i sensori di Rox aprirsi a livelli estremi, stava addirittura trattenendo il respiro. –Ehm… avresti quel latte?-
Cercai di non morire sul colpo quando vidi Rox mutare espressione e ritirarsi in silenzio reprimendo uno sbuffo.
Non appena richiusi la porta salutando un Ryan parecchio assonnato e intontito munito di un litro di latte mi preparai psicologicamente al gallinaio che sarebbe esploso di li a venti secondi.
-Cristo santo, non sapevo che esistessero davvero i sosia.- disse Ryuk tornando a sedersi in una posizione umana.
-Nemmeno io lo pensavo prima di ieri.- dissi io sospirando.
-È davvero così uguale?- chiese Rox ancora abbastanza infastidita per non aver avuto nessun nuovo segnale sulla sua immaginaria cotta di Ryan per me.
-Troppo.- rispondemmo all’unisono io e Ryuk.
-Fantastico. La cosa si sta facendo interessante.- commentò lei sdraiandosi interamente sul divano –Ci sarà ancora più da lavorare.-
In tutta risposta io mi lanciai sopra di lei come un lottatore di wrestling per vendicarmi sull’aver invitato Ryan in casa mia costringendolo ad assistere al degrado estremo.
Dentro di me speravo seriamente che la cosa si facesse talmente difficoltosa per Rox che lasciasse perdere in partenza.
Sì, era bello credere nei miracoli.



Oooooollé! E il nostro Ryuk con le sue figure di merda risolleva gli animi :°D Povero piccino, lui che si impegna e Mello che lo sfotte! Cattivo Mello! *tira i capelli a Mello* *urli demoniaci del diretto interessato*
Il povero Ryan inizierà ad integrarsi oppure scapperà a gambe levate? ^____^''' non so cosa gli convenga!
PROMETTO E GIURO che posterò il prossimo capitolo più in fretta, potesse passarmi sopra un transatlantico u__u
Per farmi perdonare di questo ritardo vi regalo una cosa che spero possa piacervi **
Circa una settimana fa ho fatto una delle mie agoniate e consuete capatine a Londra per andare a trovare degli amici, e quindi come potevo non portarvi dei riferimenti a questa delirante ff?? XDD
Perciò ecco a voiiii *tan tan taaaan*... la foto del Pub dove lavora Ryuk ** O meglio, quello dalla quale ho preso spunto ^^ È realmente situato a Camden Town, ci sarò forse entrata una volta sola (preferisco altri pub XD) ma era il migliore dove ambientare la storia, facile da individuare ^___^ che ne dite?

Pub di Ryuk ^__^

Vorrei aggiungere che ormai Lucca si avvicina *__* yeheeee! Voi ci sarete? Che giorno? Cosplay? Sembro ua povera stalker bwahahahah :°D noooou non fraintendeteeee!
Io ci sarò venerdì 1 ^^ Non so ancora che cosplay portare ma é probabile che io porti Sesshomaru un po' migliorato come l'anno scorso oppure mi inventerò qualcosa a caso se dovesse piovere (perché detto sinceramente Lucca con la fanghiglia ovunque e il vestito di Sesshomaru BIANCO CANDIDO mi fa venire i brividi freddi ç___ç)
Se mi avvistate assalitemi liberamente ** sono un esserino di un metro e 50 pieno d'ammooooore <3
Ehmm... detto questo finisco di importunarvi e torno a giocare a Pokémon X é____è meheheheh addio mondoooo *delirio*
Ringrazio Bella_DN e loryiloveyou per aver recensito *____* grazie millissimoooooo <3<3<3
Ci vediamo con il prossimo capitolo e mi raccomando recensite recensite recensiteeeeeeee *___* SCIAUUUUUU!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Helloooooo ^___^ Sono viva e sopravvissuta anche a questo Lucca Comics (qualcuno pensa di avermi vista? **) e queste settimane di intemperie (non che la cosa mi dispiaccia, mwohohohoh u____u ok potete uccidermi) Ora posso finalmente tornare a dedicarmi nelle nottate buie e mandare avanti questa ff poco malata, soooooolo per voi! E anche per me... cioé... questi ragazzi sono come una droga é_è *sniffa Near... tanto é bianco XDDD* 
Aaaaand we gooooo u__u buona letturaaaa!


Capitolo 5:
 
 
-Signor Keehl, c’è il signor Armani in attesa sulla linea 2.- mi annunciò Melanie, la mia segretaria personale.
-Fallo attendere ancora un attimo, perfavore.- dissi io con voce oltretombale mentre fissavo lo schermo del mio pc.
-Ma… è sicuro?-
-SI!- risposi secco fulminandola, e lei fece in fretta a ritirarsi in silenzio abbastanza turbata.
Rimasi a guardare l’email che avevo appena ricevuto e stavo volutamente ignorando il mio cellulare che vibrava ininterrottamente da mille messaggi di Rox su Line. Non mi serviva leggere tutto il testo che mi ritrovavo davanti, mi era bastato solo il titolo.
“GALA AUTUNNALE AZIENDALE”
Tre parole per descrivere l’inferno terreno per me, tre parole per descrivere il paradiso per Rox. Ogni anno cercavo di saltare quell’appuntamento in ogni modo, ma inevitabilmente finivo sempre in un vestito ultra elegante passando tutta la sera a conversare con persone che odiavo dal profondo del mio cuore solo per come parlavano o come storcevano il naso.
Bene, ora avevo ufficialmente un mese per cercare una scusa abbastanza plausibile che però non sarebbe servita a niente nemmeno se avessi avuto realmente una caviglia rotta o qualche tipo di sfogo sulle natiche orripilante che sparavano pus come pistole ad acqua.
Avevo decisamente iniziato “straordinariamente” la mia giornata, e dopo aver sostenuto una serie di chiamate pesantissime con vari clienti, la preparazione di un set fotografico per un nuovo mascara, una sfuriata all’art director minacciandolo di far diventare il suo appariscente ciuffo rosa un tappetino per criceti, fatto volare fuori dal mio ufficio il campionario di colori per tessuti centrando in pieno l’inutile apprendista che era in pausa da troppo tempo per i miei gusti, e tante altre piccole cose inutili da sbrigare perché altra gente non ne era stata capace mi ci vollero tre tavolette e mezzo di cioccolata per riprendermi riflettendo sul punto della situazione.
Sicuramente Rox avrebbe fatto il diavolo a quattro per invitare a quello stupido Gala anche Ryan nella speranza di riuscire a far scattare la scintilla tra di noi, e mi venne l’emicrania peggio di quella volta in cui Near si era messo in testa di voler diventare un cantante lirico (ritenetevi fortunati che questa sia solo una storia scritta, se avesse avuto l’audio non avreste idea di cosa le mie orecchie abbiano dovuto percepire!).
Già… Ryan.
Erano circa due settimane che si era trasferito qui, e i tentativi di farlo aderire alla nostra compagnia da parte della regina del viola andavano aumentando. A volte funzionavano, a volte no. Era perfino riuscita a farlo uscire con noi il weekend scorso, anche se gli esiti non erano stati molto poisitivi, in primis perché il nostro genere di locali non era proprio il massimo per una persona tranquilla e discreta… in secondo piano aveva assistito all’ennesimo tentativo d’abbordaggio da parte di Vincent che si era concluso con una Rox  abbastanza alticcia che gli intimava urlando di “scoparsi qualche Drag Queen del locale in fondo alla strada se mai uno di loro avesse acconsentito a vederlo nudo senza farsi venire un’influenza intestinale”.  Non era esattamente il metodo migliore per dare un’idea amichevole di se stessi, ma in fin dei conti speravo di aver almeno lasciato qualcosa di positivo nei confronti di Ryan siccome ancora non mi aveva tolto il saluto.
 
Uscii da lavoro con la testa che mi stava letteralmente per esplodere per la serie di sfuriate che avevo dovuto fare ai miei dipendenti quel giorno, perciò mi serviva un buon aperitivo per non passare il resto della serata all’insegna del malumore. Aspettai Rox e la trascinai letteralmente fino a Camden senza voler sentire scuse di caviglie gonfie e occhiaie mostruose.
-Giornata piena, eh?- chiese Ryuk quando servì i nostri cocktail.
-Non me ne parlare.- dissi io massaggiandomi le tempie.
-Ci hanno anche mandato l’annuncio del Gala autunnale di ques’anno.- aggiunse Rox allegra che già stava smanettando su youtube con il cellulare alla ricerca di qualche tutorial interessante per un trucco elegante secondo la moda di quest’anno.
-Oddio, quella dove ti danno gli asciugamani caldi per pulirti le mani che profumano di caviale?- chiese Ryuk sgranando gli occhi.
-Seh.- mugugnai rabbrividendo anche solo all’idea.
-Riuscirete a trovare un invito speciale anche per il vostro amico Ryuk, vero?- disse appollaiandosi al bancone.
-Basta che tu non ti presenti con il boa di piume come l’anno scorso.- risposi io glaciale prima di dare il primo agognato sorso al mio drink.
-Dobbiamo iniziare a decidere gli accessori coordinati, quelli dell’ultima volta ormai sono diventati troppo pacchiani.- disse Rox senza distogliere lo sguardo dal cellulare.
-Gesù…- mugugnai chiedendomi cosa avevo fatto di male.
-Cos’hai contro a quella serata, insomma? Anche a te piace apparire, solo perché devi essere meno stronzo del solito non devi farne un dramma.-
-È una questione di facce che proprio non voglio vedere, come se tu rivedessi il tuo ex.-
-E se ci andassimo vestiti in tema Halloween?- propose Ryuk speranzoso.
-NO!- rispondemmo all’unisono io e Rox.
Ryuk abbassò la testa sconsolato.
-Era solo un’idea carina.-
-Caro Ryuk, dobbiamo iniziare a lavorare anche su di te, altrimenti non troverai mai una ragazza.- disse Rox serissima.
-Non è vero! Ce l’avevo la ragazza, due anni fa.- cercò di replicare poco convinto.
-Parli di quella satanista, come si chiamava? Ariel? Che ti voleva usare in un rituale contorto semi-erotico con maschere e frustini dove tu saresti stato legato ad un palo in un campo? Non mi dire.- dissi ricordando con un brivido quella ragazza psicopatica.
Ryuk si mise a fare i cerchietti sul bancone.
-Forse avete ragione, di questo passo non riuscirò mai a condividere i divanetti del cinema con nessuno. Che cosa triste.- mugugnò.
Eh sì… i dispiaceri della vita di Ryuk…
-Se tu fossi meno… inquietante.- lo guardai da capo a piedi, quel giorno indossava una maglietta sbrindellata, dei pantaloni tempestati di borchie, e ai piedi aveva le zeppe speciali con disegnateci sopra delle ragnatele metallizzate. Il suo viso era come sempre quasi alla pari della bambola assassina.
-Sono fatto così, è la mia natura.- si giustificò alzando le mani come se avesse detto delle parole sacre.
Scuotemmo tutti la testa (compresa un’altra barista che passando aveva notato la scena). Forse in quel momento qualcuno da qualche parte aveva fatto un rito propiziatorio o qualcosa del genere, oppure era quella coincidenza sfacciata che ci perseguitava da sempre, ma quando sentimmo trillare il campanello sulla porta del pub e vedemmo l’espressione di Ryuk prendere la piega di un pesce palla sotto shock capimmo che qualcosa non andava. Ci voltammo appena in tempo per assistere all’entrata in scena più sbalorditiva del secolo.
Era appena entrata una ragazza che di sicuro non passava inosservata: altissima e quasi trasparente da quanto era magra, e soprattutto PALLIDA, se possibile ancora più di Ryuk. Aveva i capelli biondo platino corti in un taglio simile a quello di Pink, ed era pesantemente truccata di nero e viola. Indossava una canotta e dei leggings grigi, per terminare il tutto con degli anfibi semplici neri. In faccia era un tripudio di piercing e il suo braccio destro era interamente tatuato in stile giapponese.
Rimanemmo a fissarla tutti a bocca aperta mentre si avvicinava al bancone, e il mio pensiero era che qualcuno stava decisamente facendo apposta per mandare tutte le persone più strambe del mondo sul nostro cammino. Quando si rivolse a Ryuk per ordinare qualcosa da bere fui certo di averlo visto iniziare a tremare per l’agitazione.
-Una birra, perfavore.- disse con la voce bassa e roca tipica da fumatrice.
Ryuk non disse niente, rimase a fissarla come se fosse in punto di morte. Fui svelto a prendere il mio sottobicchiere e lanciarglielo come un freesbee colpendolo a una tempia, facendolo riprendere per tempo.
-Subito!- disse con la voce se possibile venti volte ancora più stridula del solito.
Si girò inciampando in un altro barista finendo spianato per terra con un rantolo poco rassicurante.
Io e Rox ci prendemmo entrambi la testa fra le mani. La ragazza rimase impassibile alzando quasi impercettibilmente un sopracciglio. Dopo qualche secondo Ryuk riemerse da dietro al bancone e prese ad armeggiare con la spina della birra fornendo uno spettacolo piuttosto imbarazzante, ma alla fine riuscì nell’impresa anche se inondò di schiuma una sua collega.
-Grazie.- disse lei senza aggiungere altro.
-D-di niente! Anzi, ci mancherebbe! Eheheh…eh. Se hai bisogno io beh cioè sono qui!- balbettò lui gesticolando a più non posso.
Io a quel punto stavo cercando di nascondermi dietro a Rox per non assistere oltre a quello strazio.
Lì avvenne il secondo punto più tragico della situazione: arrivò Vincent con i suoi ricci fastidiosamente perfetti e la camminata studiata al millimetro, me ne accorsi dal tanfo della sua terribile acqua di colonia che aveva dato un pugno alle mie narici.
-Salve ragazzi, che succede?- ci salutò con il suo solito fare da gigolo della preistoria.
-Le solite cose.- risposi lavativo.
-Si sente bene il nostro Ryuk?- chiese poi notando l’espressione da triglia sulle montagne russe del diretto interessato.
-Infinitamente.- rispose lui come in trance, incapace di distogliere lo sguardo dalla nuova arrivata.
-Ah! Vedo che avete già fatto amicizia con la mia adorata cuginetta.- disse poi appoggiando le mani sulle spalle di lei.
-CUGINA?!- sbraitammo tutti a volumi indicibili.
-Certo. È arrivata qui tre giorni fa dalla Svezia e starà qui per un bel po’.- si rivolse a lei con un sorriso -Questi sono i miei amici di cui ti parlavo.- disse facendo un cenno con il braccio verso di noi.
“Amici?” pensai con l’impeto di stampargli le mie nocche sulla fronte.
-Ciao. Sono Rem.- disse lei con lo stesso tono piatto di prima.
Ryuk non disse niente, io ero troppo impegnato a non vomitare per la presenza di Vincent, e l’unica che fu capace di reagire fu Rox, come sempre.
-Piacere! Io sono Roxanne, chiamami Rox. Lui è Mihael, chiamalo Mello. E lui è Ryuk, puoi chiamarlo Ryuk.- disse indicandoci uno alla volta soffermandosi in ultimo sullo spaventapasseri ancora imbambolato –Ehm…sì. Comunque! Ti trovi bene qui?-
-Sì, abbastanza. C’è un sacco di gente… strana.- chissà perché ammiccò brevemente sullo stordito che stavo cercando di far riprendere schioccandogli le dita davanti agli occhi.
-Ormai Londra è una città particolare, ti ci abituerai presto. Sei qui per degli studi scommetto, vero?- proseguì Rox allegramente.
-Veramente sono qui per una terapia speciale sulla gestione della rabbia.- rispose rimanendo sempre calma e pacata.
-Sì, é… un caso un po’ particolare.- disse Vincent leggermente teso.
-Ho cercato di uccidere un collega e mio fratello.- finì lei come se niente fosse, e per una frazione di secondo ebbe come un tic isterico a un occhio –Io ODIO le persone prepotenti.-
Ci fu un momento di silenzio parecchio pesante dove l’unica tranquilla e a suo agio sembrava essere Rem.
-Bene, ehm… perché non andiamo a conoscere gli altri miei amici che sono laggiù?- intervenne Vincent con un sorriso falso lungo due chilometri –Scusate ragazzi, ci vediamo presto.- l’ultima frase fui sicuro fosse rivolta a me.
Rem alzò la mano in segno di saluto e seguì il viscido lasciandoci da soli e perplessi.
-Adesso capisco, la sanità mentale non deve essere di famiglia.- dissi rabbrividendo.
Sobbalzammo quando Ryuk sospirò rumorosamente.
-È perfetta.-
Sia io che Rox lo guardammo esterrefatti. Ryuk… vittima di un colpo di fulmine?
-Ti senti bene?- chiesi allungandomi sopra al bancone per prenderlo e scrollarlo.
-Benissimo. È come se mi trovassi su una pianta stracarica di mele mature.- rispose lui sempre sognante.
-Oddio.- mormorai non potendo credere a cosa stavo assistendo.
 
-Io non ci credo ancora, sembra fatto apposta anche se è alquanto macabra la cosa.- dissi mentre entravo in casa e già mi stavo allentando il nodo della cravatta.
-Non me lo dire, è la prima volta che vedo Ryuk “innamorato”.- commentò Rox dietro di me che aveva aperto la porta di casa sua solo per lanciarci dentro i suoi tacchi a spillo per poi richiuderla e venire da me.
-È una cosa nuova anche per me, credevo che potesse fare scene simili solo per le sue fottute mele.- scossi la testa cercando di togliermi dalla testa quella bizzarra situazione.
-Dici che ce la farà con lei?-
-Chi può dirlo, sembra bella strana anche lei.- tolsi la giacca con un sospiro di sollievo e mi lanciai sul divano soddisfatto. –Forse anche lei avrà qualche “vita passata da Shinigami”.- dissi ironicamente facendo il segno delle virgolette con le mani.
Rox proseguì verso il bagno e la sentii iniziare a trafficare con i vari cassetti.
-Se ce la fa lui ce la puoi fare anche te con Ryan.- la sentii dire.
-Ecco che ricomincia.- borbottai coprendomi il viso con le mani. –Perché tu devi sempre usare il mio bagno, tra l’altro?- dissi cambiando argomento.
-Perché sono  tre settimane che ti sei impossessato della mia piastra e la mia maschera idratante per il viso.- rispose lei guardandomi male facendo capolino solo con la testa.
-Ops…- mi grattai la testa.
Accesi il pc svogliatamente con l’idea di controllare brevemente solo qualche news sui giornali giapponesi online, ma appena iniziai a trafficare con link vari l’icona di skype si illuminò.
-C’è Near.- avvertii Rox mentre attivavo la videocamera.
Attesi i primi secondi di schermata buia, poi comparvero due occhi enormi cerchiati da profonde occhiaie a distanza ultra ravvicinata.
-Hellooooo.-
Mi tirai indietro di scatto per lo spavento.
-Ah, ciao Ryuzaki.- dissi quando decifrai quel nido di capelli neri.
-Ti trovo bene, Mello.- sorrise come se fosse su un altro mondo, come suo solito.
-Più o meno.- sfuggì anche a me un sorriso, era da un bel po’ che non lo vedevo –Near non c’è?-
-Tra poco lo vedrai passare.- rispose lui tranquillo.
-Eh?- rimasi con un punto di domanda sospeso sulla testa.
-Aspetta.-
In sottofondo iniziai a sentire alcuni tonfi con qualche urlo sommesso.
-Che cazz…- fissai perplesso lo schermo mentre sentivo quei rantoli crescere d’intensità.
Ad un certo punto vidi l’immagine vibrare leggermente come se stesse per irrompere una mandria di elefanti in groppa a dei balenotteri, e alle spalle di Ryuzaki vidi passare una saetta bianca urlante.
-AAAAAGH! FERMALO! FERMALO! FERMALOOOOO!-
-Near?- o almeno presumevo fosse lui.
Mezzo secondo dopo vidi entrare nel campo visivo Light con il fiatone.
-Quanto corre quella cosa?!- disse cercando di riprendersi.
Stavo per chiedere cosa stesse succedendo quando la risposta mi si parò davanti alla videocamera spingendo via perfino Ryuzaki. Stavo fissando un naso nero e umido accompagnato da una rosea e lunghissima lingua lunga.
-Un… un…CANE?!- strillai mettendomi le mani nei capelli.
-Visto Keehl? Biondo e stupido come te.- sentii dire da Light.
-Cosa… da dove arriva lui?- sbraitai additando il golden retriver color champagne che mi fissava come a dire “Amami! Coccolami! Dammi del cibo!”
-È una lei, si chiama Misa.- spiegò Ryuzaki –L’abbiamo trovata abbandonata qualche giorno fa e Light l’ha praticamente adottata, lo seguiva ovunque.-
-L’hai fatta calmare?- sentii dire a Near che doveva essere li da qualche parte totalmente nel panico.
-Già… Near non si è ancora abituato completamente.- precisò Ryuzaki cercando di impadronirsi di nuovo della videocamera spostando la nuova arrivata che prese a fargli le feste.
-Non ci voglio credere.- dissi scuotendo la testa.
-Cosa succede?- chiese Rox arrivando di corsa e buttandosi sopra di me per vedere cosa stesse succedendo.
-Ehi, ma quello? Oddio che amoreee!- iniziò ad urlare iniziando a fare mille moine altamente idiote per attirare l’attenzione di Misa.
-Sono felice di vedere che anche tu stai bene, Rox.- disse Near quando riuscì a riappropriarsi del suo computer –È una storia che ha quasi dell’incredibile ma sembra che Light si stia dimostrano umano. Riesci a crederci?- disse iniziando a giocare con una ciocca di capelli e lanciando ogni tanto delle occhiate circospette alle sue spalle per paura che la palla di pelo gli saltasse addosso.
-Abbastanza, specie se scopro che la tratta meglio di una principessa.- dissi ghignando.
-Più o meno.- rispose Near con un sorrisetto –Beh, direi che le nostre news le avete appena viste. Voi avete qualche novità?-
-Niente di importante.- dissi sforzandomi di rimanere calmissimo e neutro.
Almeno ci avevo provato.
-Stai scherzando? Vuoi tenergli segreto tutto su Ryan?- si intromise Rox cercando di spingermi via dal campo visivo della videochiamata –Mello ha trovato un nuovo possibile spasimante!-
-Chi sarebbe questo Ryan?- chiese Near che ovviamente aveva sempre l’udito pronto a captare qualsiasi informazione interessante.
-È il nostro nuovo vicino di casa, vuoi vedere?- Rox iniziò ad armeggiare con il cellulare per qualche secondo per poi mostrare una foto di Ryan fatta a tradimento la sera in cui era venuto ad assistere alla storiella sugli Shinigami.
-Sei una viscida stalker.- dissi guardandola male, e lei in risposta ridacchiò soddisfatta.
Near spalancò occhi e bocca ed iniziò a chiamare istericamente Light e Ryuzaki che accorsero subito. Ci fu la stessa reazione per entrambi.
-No, non è lui.- dissi prontamente ancora prima che potessero proferire parola.
-Sei scuro?- chiese Near socchiudendo gli occhi per vedere meglio.
-Penso di poter riconoscere se questo è o non è Matt, ti pare?- dissi sperando che quell’argomento si esaurisse alla svelta.
-Adesso che lo guardo bene gli manca quel certo non so ché.- mormorò Near socchiudendo appena gli occhi.
-Senza contare che lui non si siederebbe mai così composto su un divano.- aggiunse Light con una smorfia –Dio, come facevo ad essere amico di una persona così grezza?-
-Frase piuttosto ipocrita detto da te che come migliore amico hai Ryuk da tempi immemori.- risposi guardandolo male.
-Oooooh, colpo basso di Mello!- disse Near con il tono di un tronista di baseball.
-Stai zitto, vuoi che faccia rientrare Misa?- si difese con tono minaccioso.
-Nooo! Non osare!-
-E anche se fosse? Anzi, le farei fare un bel giretto in una pozza di fango prima, tanto per dare un po’ di colore al tuo look quando ti si butterà addosso.-
-Tu vuoi ritrovarti con una cane nudo, lo sai questo?-
In tutto quel battibecco Ryuzaki si era incantato a fissare chissà che cosa con un sorrisetto ambiguo.
Erano quelli i momenti a dir poco deliranti in cui mi dispiaceva essere praticamente dall’altra parte del mondo, e la nostalgia dei vecchi tempi si faceva sentire.
-Ehi, vedete di tenere a bada quello che mette Near nella lista dei preferiti sul computer fisso, è pieno di collegamenti ad ebay per quei puzzle strani monocromatici.- disse Ryuzaki fissando perplesso lo schermo.
Ok… forse non mi mancava proprio TUTTO.
Passammo ancora un’oretta a chiacchierare del più e del meno assistendo a scene alquanto preoccupanti da parte di Near che fuggiva ogni volta che Misa trotterellava in giro spargendo litri di bava ovunque (a detta sua), poi iniziai a sentire le palpebre pesanti seguite da una serie infinita di sbadigli.
Ci salutammo per almeno cinque minuti prima di riuscire a chiudere la conversazione, e il mio mal di testa grazie a qualche cazzata si era miracolosamente attenuato.
-Sai una cosa?- disse improvvisamente Rox mentre stavamo sorseggiando una camomilla per conciliare meglio il sonno.
-Mh?-
-Devo dire di essere quasi invidiosa.- sorrise ammiccando al mio pc ormai spento sul tavolino.
-Questa non me la voglio perdere, tu che dici cose del genere del tutto sobria.- dissi abbastanza sorpreso.
-Posso provare ad essere seria per una volta?- mi lanciò una zolletta di zucchero.
-Va bene, procedi.- cercai di difendermi nascondendomi dietro alla mia tazza.
-Sono invidiosa perché nonostante non mi possa lamentare della mia infanzia credo di non poterla neanche minimamente paragonare alla tua. Dubito che se io mi fossi trasferita avrei ancora ricevuto videochiamate dopo anni e anni come se fossero appena passati due giorni dalla mia partenza. Basta soltanto uscire con Ryuk per rendersi conto che devi essere stato circondato da un sacco di belle persone… stronzi senza cuore con i capelli rossi a parte.- disse con un sorriso leggermente triste.
-In effetti credo che se dovessi mettermi a scrivere tutto quello che abbiamo combinato ne uscirebbe una di quelle fanfictions assurde che scrivono gli otaku senza speranza alle tre del mattino, magari con quelle feple gigantesche, gli occhiali a fondo di bottiglia e con un chilo di gelato accanto al computer, hai in mente?- risposi sorridendo a mia volta sentendo di nuovo quella lieve nostalgia che mi prendeva sempre quando pensavo ai bei momenti, seppur ai limiti della decenza.
-Non vi verrebbe voglia di fare una rimpatriata?- chiese mentre si sedeva sul bordo del bancone della cucina.
-Sono sette anni che ci proviamo, ma con i tempi stretti per il lavoro e con il fatto che alcune persone sono… praticamente irraggiungibili a causa di tour e incisioni di disch- feci una piccola smorfia –ci vorrebbe un miracolo perché succedesse.-
Vidi Rox riflettere sovrappensiero per qualche istante.
-Sappiamo cosa chiedere come desiderio ogni volta che mi cade una ciglia.- disse quasi seria.
-Ma a te al 99% cadono quelle finte.- ribattei.
-Non mi contraddire!-
Sbuffai alzando gli occhi al cielo.
-Devo dire che anche quello che sto vivendo qui varrebbe la pena di essere scritto.-
-Dici davvero? Potremmo diventare famosi!- disse animandosi.
-In una dimensione parallela forse.- borbottai tornando a sorseggiare la mia camomilla –e sempre scritta da quella otaku oscena.-
Salutai Rox che ancora borbottava di stranezze varie da sola, e finalmente potei dirigermi verso il letto. Mi sentivo un po’ strano, forse tutto lo stress della giornata mi si stava riversando addosso, ma ero talmente stanco che qualunque cosa fosse, pensai, sarebbe passata dopo una bella dormita.
Non pensavo che di li a poco avrei fatto la dormita più angosciante della mia vita, e che di li a poco l’idea della rimpatriata non sarebbe stata più così impossibile… anche se avrei voluto che lo fosse in quel caso.
 
Non seppi esattamente come mi ritrovai in quella situazione, ma la cosa non mi piacque per niente già solo tre secondi dopo aver aperto gli occhi.
Non ero più nel mio amato appartamento pulito e perfetto, ero in una stanzetta spoglia, con la carta da parati sbiadita che si staccava qua e là, con tutte le persiane abbassate e un alone maleodorante che permeava ogni cosa. Mi accorsi di essere sdraiato su un letto che cigolava anche solo mentre respiravo, probabilmente zeppo di acari per la polvere, e mi tirai immediatamente su a sedere senza poter trattenere un urlo.
Dov’ero? Perché ero li? Chi cazzo mi aveva rapito?!
Non c’era niente a parte quel lurido letto e un divano logoro con davanti mille monitor che sembravano essere un pugno nell’occhio in mezzo a tutto quel sudiciume.
Mi alzai misurando cautamente il pavimento che sembrava volesse creparsi da un momento all’altro, e mi diressi verso una porta scardinata che stava sulla sinistra della stanza. Sbirciai dentro trattenendo il respiro e constatai con orrore che si trattasse del bagno, malconcio e con un tanfo mai sentito prima, non ebbi il coraggio di vedere in che condizioni fosse il water. Provai ad accendere la luce, e una unica lampadina appesa a un cavo elettrico fissata sul soffitto si accese ad intermittenza.
-Cosa ci faccio qui?- mormorai tra me e me guardandomi attorno e massaggiandomi da solo le braccia, pervaso dai brividi freddi e da un improvviso capogiro.
Quel posto emanava malessere da ogni centimetro quadrato tanto da poter iniziare a vomitare da un momento all’altro. Il peggio, però, fu quando mi guardai allo specchio mezzo rotto appeso alla parete di fianco a me.
-Oh…mio dio.- mi uscì dalle labbra in un unico suono strozzato.
Cosa cazzo mi era successo?!
Ero completamente vestito di lattice, dovevo essere stato talmente scandalizzato dal mio scomodo risveglio da non essermene nemmeno accorto. Dei pantaloni aderenti come una seconda pelle e con la vita bassissima insieme ad una sorta di maglietta che mi lasciava interamente scoperta la pancia, infine un coprispalle con alcune piume attorno al collo, il tutto totalmente nero. I miei capelli erano irriconoscibili, crespi come se qualcuno avesse tentato di bruciarmeli, la mia pelle era pallida come un lenzuolo e tendeva quasi al grigio, ma il particolare più terrificante era il mio viso.
La mia cicatrice sembrava essere stata messa in risalto, come se qualcuno me l’avesse appena procurata. Aprii immediatamente il lavandino che ci mise dieci secondi buoni per iniziare a far uscire un rugginoso rivoletto d’acqua, e provai a sciacquarmi la faccia, cercando di togliermi qualunque trucco sofisticato mi avessero messo addosso, ma nulla si mosse.
-Oddio…oddio…oddio… ODDIO! Cosa faccio adesso?- dissi allontanandomi a quella immagine che sembrava non appartenermi, ed uscii in fretta e furia dal bagno con il respiro corto.
Visto il vestiario succinto qualcuno doveva avermi rapito per qualche losco giro di prostituzione o qualcosa del genere, era l’unica cosa che mi era venuta in mente in quei pochi minuti di totale smarrimento in cui non osavo toccare niente in quel posto.
Non c’era nemmeno un telefono, inutile pensare che in quei vestiti pressoché inesistenti ci fosse una tasca dove avrei potuto tenere nascosto un cellulare, e io dovevo urgentemente chiamare Rox o la polizia, qualsiasi persona sana di mente che conoscessi e che potesse aiutarmi.
Mi avvicinai ai monitor che trasmettevano probabilmente parecchie telecamere di sicurezza che riprendevano dei punti mai visti, capendoci ancora meno.
Improvvisamente udii una serratura scattare rumorosamente, e la porta principale si aprì facendomi cadere nel terrore più totale. Rimasi immobile, non sapendo se nascondermi o cercare di scappare, ma quando vidi la persona che era appena entrata disinvoltamente sentii il mio cuore strizzarsi come in una centrifuga e iniziare a battere talmente forte da volermi sfondare il petto. Stavo per vomitare seriamente, non potevo reggere una cosa del genere, non così all’improvviso, non in quel posto.
Perché quello non era uno sconosciuto.
Era l’ultima persona che mi sarei aspettato di vedere normalmente, ci sarei rimasto meno male se fosse stato il Porco Rosso in persona con il suo aereo, e ancora meno in una situazione del genere.
C’era solo una persona al mondo capace di farmi un effetto così divestante.
Quella maglietta a righe, il giubbino di pelle, gli occhiali da aviatore arancioni calati sugli occhi e la sigaretta che gli pendeva dalle labbra appena accesa, il suo accendino rosso ancora in mano… il suo preferito, riuscivo ancora a ricordamelo.
Ricordavo ancora tutto di lui, ogni singolo centimetro del suo corpo, ogni singolo accessorio che aveva addosso, ogni singolo movimento.
-Matt…-  



E questo si che é un TAAAAANTAAAANTAAAAAN! è_é 
Cosa sarà mai successo a quel povero sfigatello di Mello che dal pigiamino caldo si é ritrovato vestito da battona? *non che normalmente in DN stesse con vestitini casual -__-'''* 
Ok, ho diversi punti da discutere:
Punto primo: ammettetelo, quando avete letto della nuova bionda di Light avete potuto sentire la mia risata sadica che si levava spontanea da quelle parole :°°DD E che oh, ragazzi non c'é niente da fare u_u a me Misa poteva stare simpatica solo in questo modo é____è *rotola rotola rotola*
Punto secondo: Parliamo della famosa otaku che scrive fanfictions... ehm ehm ehm... mi sento VAGAMENTE presa in causa u_u''' (NdMello: ma se ti sei auto-presa per il culo?! o.ò) (NdRaven: Eeeeestazzitto è_é *sguinzaglia Misa*)
Punto terzo: Dite che ho reso abbastanza per far capire quanto mi immagino in decomposizione quella stanza? XDD vi prego ditemi di si, ci ho speso dietro ore e ore ricancellando mille volte perché non ero mai soddisfatta ç___ç

Oooook, ho finito la mia rubrica delle cazzate X°D 
Passiamo ai ringraziamenti **

loryiloveyou: Grazie mille della tua vista da falco per individuare gli errori che sfuggono al mio occhio attent*coff* u___u' grazie milleeee **

lawlietismine: Lasciamo perdere, Ryuk potessi farlo in carne e ossa me lo trascinerei dietro tutti i giorni a fare le peggio cazzate *_* lo amo troppo! Per quanto riguarda l'astinenza da Matt spero di accontentarti almeno un po' con questo finale di capitolo e per quello che succederà nel prossimo ^^ grazie mille millissimoooo!

Whiteblood99: Vedi che Matt in qualche modo si fa sempre vivo?? XD anche se non sempre nel migliore dei modi per il povero Melluccio é_è Spero che le mie idiozie stiano alleviando il tuo stress per la scuola (sperando che non facciano precpitare la tua media mwahahahahahahah :°D grazieeee ^____^

Benissssssimo, nel prossimo capitolo credo che tutti, ma proprio TUTTI, lettori e personaggi vorranno ammazzarmi, perciò non arrabbiatevi se ci metterò un po' per postare il prossimo capitolo, sarò in giro a cercare di reperire l'armatura di Iron Man per proteggermi quando avrete finito di leggerlo u______u  ma suvviiiiia che mi volete beneeee! *inizia a correre*
Spero di avervi incuriosito é__è 
Al prossimo capitolo, mi raccomando recensite e tanti baci bavosi *___* CIAUUUUUUUU <3

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Eccomi eccomi eccomi >____< sono uscita indenne dal Natale *rotola per la stanza* potere della palestra vieni a meeee è____é (con calma però u_u') 
Pardon, avrei voluto postare questo capitolo prima dell'inizio delle feste come "regalino" e anche per augurare a tutti buone feste, ma tra una decorazione e l'altra mi sono un po' persa u_u vi faccio quindi in ritardo gli auguri di buoniiiissime feste e a breve buon anno nuovo ^^ Spero che a Natale abbiate ricevuto tante belle cose ma che soprattutto abbiate potuto ingozzarvi felicemente fino a star male u__u 
Il mio regalino di Natale lo trovate in fondo ^__^ buona letturaaaaaa!



Capitolo 6:
 
 
 Era lì, davanti a me come se niente fosse, come se non fosse passato un giorno. Mi guardava attraverso i suoi occhiali da aviatore accigliato, come se non mi vedesse da cinque minuti.
Era lì.
Con me.
-Tutto ok?- mi disse alzando un sopracciglio.
La sua voce… aveva investito le mie orecchie come uno tsunami, e non capivo se mi stesse facendo male oppure no.
-Sei qui…- mormorai incredulo sentendo e mie labbra muoversi anche contro il mio volere.
-Certo che sono qui, dove vuoi che sia?- rispose lui anche piuttosto irritato lanciando con malagrazia il sacchetto di carta che teneva in mano fino a poco prima –La tua cioccolata.- disse in ultimo borbottio prima fare la stessa fine del sacchetto, facendo cigolare le molle del divano quando si stese scomposto.
Sembrava una cosa irreale, come se mi aspettassi da un momento all’altro che sparisse come una visione o un’immagine ologramma. Una parte di me avrebbe voluto abbracciarlo, un’altra insultarlo per tutto quello che mi aveva fatto passare, ma non feci niente. C’erano troppe cose in quella scena oltre a lui che non riuscivo a capire. Dove eravamo, ma soprattutto PERCHÉ eravamo in un posto simile? A Matt non sembrava per niente strano tutto questo?
-Che palle- disse improvvisamente lui dopo aver spento la sua sigaretta incurante sul pavimento aggiungendo un cerchio annerito di moquette bruciacchiata alla serie già presente tutt’intorno –qui non si muove nessuno, quel fottuto Kira ci tiene veramente tanto al suo culetto.-
Lo guardai senza capire mentre lui con aria disinvolta estraeva una console portatile da una tasca del suo giubbino ed iniziava a pigiare freneticamente i tasti.
-Kira?- chiesi avvicinandomi titubante e sbirciando sugli schermi sperando di vederci scritto sopra “sei su candid camera!”, ma le immagini erano sempre quelle: alcuni incroci, la porta di quello che sembrava un albergo, una stanza con un letto matrimoniale.
-Ti sei ubriacato mentre non c’ero?- chiese Matt guardandomi appena mentre era intento in chissà quale gioco vecchio stile –Kira, quello che dobbiamo trovare prima che ammazzi tutti con quel quaderno, ricordi?-
Quelle parole mi avevano gettato ancor di più nel panico, ma decisi di non darlo a vedere e provai un approccio diverso.
-Ah… sì, sì. Scusa, mi sono appena svegliato.- farfugliai non avendo nemmeno il coraggio di sedermi su quel divano in semi-decomposizione.
-Certo che quel Yagami è furbo, eh?- borbottò Matt parecchio contrariato.
Yagami? Cosa c’entrava Light? C’era anche lui da qualche parte?
-Strano che tu faccia un complimento proprio a lui.- mi uscì spontaneo tentando di mantenere un po’ di autocontrollo, ma sentivo ogni centimetro del mio corpo tremare incontrollabilmente.
-Spiritoso- disse ironicamente –come se tu non fossi la persona con più odio sulla faccia della terra verso di lui.-
-Già…- mormorai passandomi una mano sul viso e inorridendo sentendo sotto alle dita il crostone della mia cicatrice.
-Oh fantasico!- imprecò improvvisamente Matt –Si sono scaricate di nuovo le batterie e ho dimenticato di comprarle.- agitò il videogioco.
Feci una prova, deglutii due volte prima di riuscire a trovare il coraggio di parlare.
-Vado a prenderle io, tanto volevo uscire lo stesso per una cioccolata calda.- dissi cercando di essere il più disinvolto possibile.
-Ma ti ho appena comprato cinque tavolette.- rispose lui ammiccando al sacchetto di carta.
-Sì, lo so… è che… ho freddo, credo di starmi per prendere un raffreddore quindi meglio che io beva qualcosa di caldo.- dissi sentendomi come se stessi cercando di scalare una montagna fatta di vetri e specchi.
Lui rimase a fissarmi accigliato attraverso le lenti arancioni degli occhiali da aviatore.
Avrei tanto voluto vedere quegli occhi…
Mi si chiuse lo stomaco e la gola mi si seccò completamente lasciandomi muto e angosciato.
Se non fosse stato per tutta quella paura avrei voluto piangere.
-Come vuoi.- concluse lui sdraiandosi completamente sul divano –Io intanto mi faccio una dormita. Attento a non dare troppo… nell’occhio.- ammiccò ai miei vestiti.
-Credimi, è l’ultima cosa che voglio.- mormorai facendo alla svelta ad imboccare la porta.
Dovetti ringraziare di essere talmente turbato da quell’incontro inaspettato da non dare troppo peso allo stato del corridoio che stavo percorrendo come tutto il resto dell’edificio, altrimenti avrei vomitato di getto.
Mi ritrovai in una strada affollatissima piena di negozietti stretti tra loro, e in quel momento mi resi conto di non trovarmi più decisamente a Londra, nemmeno in Inghilterra.
Ero in Giappone.
Come avevo fatto ad attraversare mezzo mondo in una notte? Dovevano avermi drogato per bene, a meno che io non fossi stato in coma per anni e mi fossi risvegliato di colpo, non sapevo come trovare un’altra spiegazione più plausibile.
Mi guardai intorno smarrito, non ero più abituato a scenari del genere, e sinceramente non lo ero mai stato, quella doveva essere una grande metropoli, forse Tokyo.
Controllai cosa avevo nelle tasche e ci trovai qualche soldo, quel che mi serviva per il mio “piano”. Individuai un internet point e schizzai attraversando la strada dritto verso la mia meta coprendomi quel che riuscivo con l’ampio cappuccio del mio “giacchino-coprispalle” o qualunque nome potesse avere. Mi sentivo largamente una puttana vestito in quel modo, rimpiangevo perfino gli smoking ingessati che Rox mi costringeva a mettere per gli avvenimenti speciali.
Chissà dov’era Rox…
Entrai nell’internet point e mi sistemai al computer più nascosto che trovai libero, già in quel modo parecchi mi guardavano male. Cercai di prendere fiato quell’attimo per riuscire a far smettere di tremare le mie mani e poter digitare qualche parola chiave nei motori di ricerca.
La prima cosa che mi era venuta in mente era “Kira”.
Fui sorpreso di veder comparire così tante voci, talmente tante da non sapere quale scegliere. Decisi di prendere il primo, un articolo di quei giornali online tenuti da un disoccupato asociale scontenti delle loro monotone vite. Iniziai a leggere:
“Prosegue ormai ininterrotta da anni la marcia che volge inesorabile verso il nuovo mondo capitanato dal presunto Dio che sta muovendo la sua mano sulle teste del mondo: Kira.
La storia ormai è conosciuta ovunque: inizia con alcune strane morti naturali di criminali o carcerati, ma talmente inspiegabili da far insospettire chiunque. L’idea che dietro a tutto questo ci sia un serial killer di nuova generazione spazia lentamente tra la popolazione, fino a comprendere che deve esserci sotto qualcosa di più grosso: un’entità sovrumana ben oltre le nostre competenze sta giustiziando chiunque abbia fatto qualcosa di male.
Da assurdità infondata a una quasi realtà.”
-Che cavolo…- sussurrai mentre mi avvicinavo di più allo schermo sperando che quello scritto cambiasse magicamente.
Stavano impazzendo tutti?!
Continuai a leggere sperando di trovare di meglio, o che tutto fosse una bufala, anche perché non capivo cosa potessimo avere a che fare con questa storia io e Matt.
“Nemmeno la squadra speciale incaricata di trovare un colpevole sembra avere concluso qualcosa, per quanto stiano cercando di smentirlo. Sembra infatti che il loro grande capo, il cervellone che stava dietro a tutte le operazioni, un detective di fama mondiale conosciuto come “L” o per i più intimi con lo pseudonimo di “Ryuzaki” sia stato ucciso dalla mano di Kira.”
Dovetti tapparmi la bocca con entrambe le mani per non mettermi a urlare. Sentivo le lacrime rigarmi silenziosamente le guance mentre rileggevo quella frase non potendo credere ai miei occhi. Poteva essere benissimo un’altra persona, ma tutto quello che stava succedendo intorno a me sembrava troppo assurdo per non comprendere una cosa simile.
Ryuzaki… morto.
Così, mi ero svegliato in un posto che non conoscevo con il mio ex ragazzo, e ora scoprivo che uno dei miei amici più cari era stato ucciso da un serial killer che stava condizionando non solo una nazione ma il mondo intero.
Una mano mi si appoggiò sulla spalla tirandomi indietro bruscamente.
-Sei pazzo?! Cosa ci fai qui allo scoperto?! Non ti è bastato rischiare di farti ammazzare per un pelo un mese fa?!- sibilò Matt mentre si guardava attorno circospetto.
-Cosa?- riuscii solo a dire spaesato non capendo tutto quel nervosismo.
Lui scosse la testa prendendomi per un braccio e costringendomi ad alzarmi per seguirlo.
-Non so di cosa tu ti sia fatto mentre ero via ma devi riprenderti alla svelta se non vuoi farci condannare tutti e due dalla penna di Yagami.-
Mi strattonò fuori in direzione del palazzo osceno come se fossimo inseguiti da qualcuno. Non volevo tornare in quel posto, non dopo quello che avevo appena saputo.
-Matt, lasciami ti prego!- piagnucolai anche se non sapevo dove sarei potuto andare conciato in quello stato.
Non riuscivo nemmeno a connettere il fatto che stessi avendo un contatto fisico con lui, seppur brusco. Avevo ripreso a piangere senza nemmeno rendermene conto, e quando mi ritrovai di nuovo in quella stanzetta che odorava di muffa e di vomito mi accasciai a terra tremante. Era come se il mio corpo volesse implodere, andarsene da quella situazione lasciandosi alle spalle tutti quei sentimenti devastanti che mi stavano divorando.
-Mello mi vuoi spiegare cosa cazzo ti prende?!- sbraitò Matt abbassandosi e prendendomi abbastanza grezzamente il mento fra le mani.
Rimasi a fissarlo totalmente inebetito. Volevo che si togliesse quei dannati occhiali per potermi perdere in quell’angolo di paradiso, volevo che mi dicesse che era tutto ok ora che era li con me, ma l’unica cosa che vedevo attraverso quelle lenti era l’assenza più totale di sentimenti. Piangevo ancora? Non riuscivo a capire, non sapevo nemmeno quale espressione improponibile dovevo aver assunto.
Quella durezza che era rimasta ancorata al viso di Matt fino ad allora se ne stava lentamente andando, lasciando spazio a quella che sembrava compassione.
-Matty… cosa mi sta succedendo?- riuscii a sussurrare allungando le braccia verso di lui e stringendo convulsamente il suo giubbino.
Lui lentamente si era avvicinato e mi aveva stretto in un abbraccio legnoso, come se dovesse farlo per forza.
Non era la stessa cosa…ma era pur sempre un abbraccio di Matt, ed era meglio di qualunque tavoletta di cioccolato.
-Senti, Mel…- mi chiamava ancora Mel, come solo lui poteva fare –so che è tutto terribilmente difficile, anch’io credo di stare impazzendo man mano che questa storia sta andando avanti. Forse non avremmo mai dovuto accettare.-
-Accettare cosa?- chiesi totalmente assuefatto da quell’abbraccio.
Matt sospirò.
-Vuoi fare il gioco del ragazzo con l’amnesia?- si staccò brevemente da me ma tenendo le mani bel salde sulle mie spalle –Ok. Dunque… noi siamo qui per porre fine allo sterminio di Kira. Non dobbiamo preoccuparci, sappiamo chi è, Light Yagami, l’insopportabile ragazzino figlio di papà che sta dall’altro capo delle indagini, nascosto perfettamente. Tu e Near, il tuo rivale storico, state cercando di scovarlo per decidere chi di voi due sia il degno erede di Ryuzaki, e anche per rivendicare la sua morte. Ok? Per impazzire ci sarà tempo dopo, ora devi solo tenere a mente il concetto di base.-
Mi fermai un attimo a pensare…
Era tutto al contrario!
Light… Light non avrebbe mai ucciso la persona che più amava al mondo! Così come io non mi sarei potuto ritrovare il Giappone così di colpo e così come Matt non poteva essere realmente lì con me.
Cos’altro poteva esserci di “contrario?”
-Come ha fatto Yagami a uccidere Ryuzaki?- chiesi non potendo credere che quelle parole stessero uscendo dalla mia bocca.
-Mel…lo sai.- disse Matt mordendosi il labbro inferiore e soffocando una imprecazione –Il quaderno, dannazione, il quaderno!-
Quaderno? Cosa poteva c’entrare un quaderno con la morte di…
-Aspetta…- dissi pensando velocemente, sapevo di poter conoscere da solo la risposta, ce l’avevo sulla punta della lingua.
In quel momento, da qualche parte nella stanza, un cellulare iniziò a suonare disperdendo le note della chiassosa suoneria insopportabile.
-Deve essere Near.- disse Matt alzandosi e recuperando un cellulare malandatissimo da sotto alla brandina dove poco prima mi ero svegliato entrando in quel mondo angoscioso.
Me lo porse con un gesto secco.
-Fallo nero.- mi disse sorridendomi leggermente.
Presi il cellulare con mani tremanti e dopo qualche secondo di smarrimento riuscii a trovare il tasto per rispondere alla chiamata.
-Mello?- sentii subito dall’altro capo del filo.
Lo riconobbi all’istante. Era proprio Near. Aveva un tono di voce estremamente serio, ancora più assente del solito, e avrei potuto immaginarlo chissà dove accovacciato e intento ad arricciarsi i capelli con un dito.
-Sì.- dissi con voce tremante.
-C’è un problema.-
Il cuore mi schizzò in gola a quelle parole.
Non era già un problema essere lì?!
-Che tipo di problema?- chiesi sentendo il mio respiro farsi pesante, come se non ci fosse abbastanza ossigeno per me in quella stanza.
Improvvisamente sentii il cellulare iniziare a tremare tra le mie mani come se stesse per esplodere da un momento all’altro. Quello che vidi in seguito non sarebbe stato possibile replicarlo nemmeno se avessi preso la droga più potente del mondo.
La testa di Near uscì di colpo dallo schermo del cellulare iniziando ad urlarmi in faccia, con i suoi occhi quasi bianchi spalancati che mi fissavano quasi maniacalmente.
-Vogliono te, Mello! Gli Shinigami vogliono TE!- urlava con un ghigno psicopatico stampato in faccia –Stanno vendendo a prenderti! Morirai come Ryzaki! Sul quaderno… SUL QUADERNO!-
Iniziai a sentire altre voci che gridavano tutte la stessa cosa: Sul quaderno.
Indietreggiai iniziando a strisciare sul pavimento.
-Matt? MATT!- iniziai ad urlare cercandolo disperatamente, ma tutta la stanza era diventata buia, vedevo solo facce distorte che gridavano e voci una sopra all’altra.
-Il piccolo Mello sta per finire sul quaderno!- sentii dire da una voce stridula che conoscevo bene.
-Ryuk! Aiutami!- mi voltai convinto di trovarlo, ma quello che vidi mi fece capovolgere letteralmente le interiora.
Era Ryuk ma… era spaventoso! Enorme e altissimo, con la pelle grigia, gli occhi iniettati di sangue di un giallo cadaverico che schizzavano quasi fuori dalle orbite, e una fila inverosimile di denti acuminati che rendevano il suo sorriso cento volte più terrificante. Due enormi ali nere spuntavano dalle sue spalle e sembrava si volessero protendere verso di me.
Mi coprii la bocca con le mani e mi rannicchiai quasi su me stesso.
-Cosa dici, Rem? Scriviamo?- disse spalancando la sua bocca enorme.
-Oh sì.- sentii dire ad un’altra voce femminile.
Apparve un altro mostro orripilante, grigio e rachitico come una statua di sale, le labbra cianotiche e gli occhi gialli, con l’espressione persa nel vuoto.
Un’altra risata, stavolta più umana, e anche Light apparve nel mio campo visivo, con in mano un quaderno nero semplicissimo, ma con con la scritta “Death Note” in bianco sulla copertina. Ghignava crudele anche lui, accarezzando la testa di una ragazzina bionda abbigliata in stile goth-sadomaso, avvinghiata morbosamente al suo braccio.
-Scrivi Light, tesoruccio mio!- starnazzò lei guardandomi desiderosa.
-No, Misa… non lo farò io.- rispose Light come se stesse parlando ad un animaletto domestico –Lasciamolo fare a lui.-
Ammiccò in un punto imprecisato alle mie spalle. Mi girai di scatto e finalmente riuscii a ritrovare Matt, ma non pronto ad aiutarmi come speravo.
Aveva la stessa espressione maniacale di tutti gli altri, e ora era lui a tenere in mano il quaderno. Con orrore notai che il suo giubbino era intriso di sangue, ed erano visibili molteplici fori di proiettile freschi che zampillavano rivoli rossi.
-Hai presente, Mel? Uno Shinigami una volta aveva lasciato cadere il suo quaderno della morte sulla terra.- mi guardò carico di odio tutto nei miei confronti –Sarebbe un peccato non provare il brivido di usarlo. E poi… guarda cosa mi è successo per colpa TUA.- Si indicò il petto, dal nulla nella sua mano arrivò una penna d’oca bianca che intinse nel suo sangue. –Tu mi hai fatto del male, non sei venuto a salvarmi! E ora ti trascinerò con me.-
-Matty… ti prego…io non avrei mai lasciato che ti facessero del male.- dissi con voce strozzata cercando di gattonare fin da lui, ma i due Shinigami comparvero ai miei lati e mi tennero fermo, come un condannato al patibolo.
-Certo che l’hai fatto. Tu mi stai abbandonando, non lo vedi? E io non intendo lasciarti andare per nessun motivo. Non potrai mai liberarti di me, non esiste sostituto che tenga.- picchiettò un dito guantato sulla plastica dei suoi occhiali da aviatore, e mai come prima avevo desiderato che se li togliesse per poter guardare i suoi occhi.
-Guardami, ti prego!- supplicai sentendo lacrime bollenti rigarmi le lacrime.
-È troppo tardi.- rispose crudele lui -È ora, mio amato Mihael Keehl.- e mentre pronunciava il mio nome lo scrisse sul quaderno.
-No! NO! Matty!- iniziai ad urlare a disco rotto per poi non riuscire più a formulare una parola, strillavo a squarciagola, intrappolato nel bozzolo della paura.
Mi dimenai per scappare alle zampe artigliate dei due Shinigami, ma mi tenevano sempre più strette e mi trascinavano via, lontano da Light, Misa, Ryuzaki, Near, altre persone dalle forme storpie che mi additavano, e in ultimo Matt che si accasciava al suolo in una pozza di sangue.
Mi ha ammazzato… Matt mi ha ammazzato… pensavo mentre spariva tutto e io mi trovavo in caduta libera.
-Matt… perché?- sussurrai singhiozzando –MATT PERCHÉ?!-
 
Sentii di colpo come la sensazione di venire imbottigliato e separato da tutto quel chaos, risucchiato in un altro mondo, e di colpo mi ritrovai seduto nel mio letto ansimante.
Rimasi per qualche secondo a fissare la parete davanti a me con affisso un poster locandina della sfilata di Alexander McQueen. La riconoscevo, era la MIA parete, della MIA stanza, nel MIO mondo reale.
Era stato tutto un sogno…
-Solo… un sogno.- dissi portandomi le mani al viso e sentendo i capelli appiccicati alle guance dal sudore –Grazie a Dio.-
Mi venne da sorridere, improvvisamente grato di essere lì, trovando bello anche il solo respirare aria pulita e di essere disteso in morbide coperte immacolate. Mi sentivo congelare dalla paura, vedevo ancora quelle immagini agghiaccianti passarmi davanti agli occhi, e per poco non scoppiai a ridere.
-Non mi dire.-
Mi voltai di scatto con la paura di ritrovarmi di nuovo davanti quel Ryuk mostruoso o Matt che mi uccideva, ma trovai soltanto Rox seduta sul mio comodino abbastanza in ansia. Era in pigiama, i capelli scompigliati, il viso totalmente struccato e lo sguardo di chi poco prima era stato destato da un sonno profondo.
-Cosa cristo ci fai qui?!- dissi additandola anche se non immaginava quanto fossi felice di vederla.
-Diciamo che quando hai iniziato ad urlare facendoti sentire anche da quelli del piano di sotto mi sono sentita in dovere di venire a controllare cosa stessi facendo. Stavo quasi iniziando a credere nei miracoli e pensare che te la stessi finalmente spassando con qualcuno.- disse scrutandomi attentamente –Stai bene?-
-Oddio…io… credo di si.- risposi balbettando accorgendomi solo allora di avere la gola in fiamme come se avessi gridato per due ore di seguito. –Ho fatto il sogno più assurdo della mia vita.-
I seguenti venti minuti passarono con io che raccontavo tutto per filo e per segno mentre Rox era sdraiata nel letto con me sempre più allibita mentre attentavamo ad un pacchetto gigante di M&M’s.
-Angosciante.- disse stupefatta rabbrividendo lei stessa.
-Figurati viverlo.- scossi la testa come per scacciare via quelle scene ancora vivide nella mia mente –Credo che la parte peggiore sia stato vedere… Matt che mi “ammazzava”.-
Rox sbuffò.
-Non avevo dubbi.- disse ironicamente –Questo non fa che aumentare il mio desiderio di ammazzarlo se un giorno dovessi incontrarlo.-
Riuscii a rilassarmi e mi lasciai andare in un sorriso affondando la testa nel cuscino esausto.
-Credo di averne tirato fuori un significato, però.-
-Ci dovrebbe essere anche un significato in questo delirio?- chiese lei guardandomi di traverso.
-Non smontare subito le mie teorie!- le lanciai un cuscino –Credo… che il ricordo di Matt stia lentamente sparendo. Per tutto il sogno lui ha tenuto gli occhiali da aviatore, e…penso sia perché non riesco più a ricordare i suoi occhi.- mormorai leggermente abbattuto.
-Erano verdi, no?-
-Non in quel senso. Sì, ricordo che erano verdi e stupendi, ma non riesco più a ricordarli con precisione, e non ricordo più cosa provavo guardandoli.- ero giunto a quella conclusione circa cinque minuti prima, e ne ero sempre più convinto.
-E ne hai talmente paura che il tuo subconscio ha pensato bene di farti ammazzare proprio dal ricordo incazzato di Matt che non vuole essere dimenticato. Mh… sì, direi che così ha senso.- aggiunse Rox illuminandomi ulteriormente.
-Forse è proprio così.- annuii sospirando –Devo proprio essere un idiota se perfino quando dormo cerco di autoconvincermi a non lasciarlo andare.-
-Sì, però il fatto che tu te ne stia dimenticando è un passo avanti. Certo… esistono modi meno truculenti per rendersene conto, però la tua testolina bionda è abituata a fare le cose in modo diverso dalla gente comune, dico bene?- mi scompigliò i capelli, e per stavolta non mi opposi, meglio quello che essere uccisi in uno squallido hotel.
-Ho quasi paura di dormire. Mi sento un cretino.-
-Tranquillo, ho già capito che non mi muoverò da qui fino a domani mattina.- rispose Rox che già si era accoccolata sotto alle lenzuola tra mille sbadigli, si era presa anche il disturbo di portare uno dei suoi cuscini zebrati.
-Grazie.- bofonchiai soltanto prima di chiudere gli occhi sentendo le palpebre bruciare quando riuscii a chiuderle.
Mi sentii improvvisamente il ragazzo più fortunato del mondo, non solo perché stavo bene e tutto il resto, ma avevo anche un’amica che volendo avrebbe potuto combattere a mani nude i miei incubi pur di aiutarmi. Se avessi dovuto fare un sogno del genere quando ero ancora in Giappone come minimo non avrei messo il naso fori di casa per giorni e mi ci sarebbe voluta qualche seduta psichiatrica.
Amavo Londra sempre di più.
E poi dopotutto era stato un sogno totalmente infondato. Chi avrebbe mai creduto all’esistenza di Shinigami, quaderni della morte e nuovi pseudo-dei? Non avrebbe venduto nemmeno come storia in un manga!
-Me’, solo una cosa non mi quadra ancora.-
-Cosa?-
-Parlami ancora dei vestiti da puttana che indossavi…-
-Rox… non fare troppe domande, zitta e dormi.-



Eeeeeh si, nemmeno in un manga é__è (NdMello: non fai ridere -.-) (NdRaven: Zitto, puttanella u__ù)
Spero vi sia piaciuto questo brusco "ritorno alla realtà" Deathnotesco, volevo inserirlo già da un po' XD Ma il nostro Melluccio davvero si sta dimenticando di Matt?? Mah u_u 
Ringrazio tutti i miei lettori, in particolare DarkSoul10, loryiloveyou e Crookshanks_2000 per aver recensito ^^
Ed ecco il mio piccolo regalo *tatatataaaaan* una nuova scheda personaggiooooo ** spero vi piaccia anche se io questo viscidone lo odio u.u
Nel frattempo alla prossimaaaaa ^^

Nome: Vincent
Cognome: Belletti
Soprannomi: Vince, ameba (<- dato amorevolmente da Mello XD)
Età: 26 anni
Altezza: 1.79
Segno zodiacale: Bilancia
Descrizione: Il tipico capellone vecchio stile sex 'n' drugs 'n' rock 'n' roll.
È metà inglese e metà italiano, questa l'origine del suo essere irrimediabilmente un gigolo. È un amante indiscusso dei Guns 'n' Roses e tutto quello che abbia un assolo di chitarra. 
Ha vissuto in Italia fino a dieci anni per poi trasferirsi a Londra a causa del divorzio dei suoi genitori, e questo lo ha sempre reso un ragazzino particolarmente scontroso, viziato fino alla nausea dalla madre e dalla nonna, essendo anche figlio unico, che facevano di tutto per farlo stare bene (fin troppo), instaurando il suo vizio di insistere fino ad ottenere quello che vuole. Tutta la sua arroganza in famiglia non é mai stata presa molto in considerazione siccome tutta la famiglia é sempre stata concentrata sulla problematica cugina, Rem.
Passa la sua adolescenza facendosi conoscere per "quello che colleziona", per il suo innato talento di ammaliare ragazzi e ragazze a suo piacimento... o perlomeno prima di incontrare un giovane e affascinante Mello appena ventenne che si era addentrato nel suo "territorio" insieme a "Ultraviolet" Rox lasciando a bocca aperta tutti. Lo vede subito come una sua preda ideale, e inizia a tentare qualunque manovra pur di riuscire ad inserirlo nella sua lista delle conquiste senza sapere con chi stesse facendo i conti. Col tempo pare che la sua ossessione si sia trasformata in amore vero.

Ed ecco più o meno come me lo sono immaginata (anche se sono stata fin troppo buona u___u)

Vincent

Spero vi sia piaciuto ^^ ciauuuuuu!

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Hello a tuttiiiiii ^^
Il nuovo e tanto temuto capitolo é arrivato, mannaggetta é_è
Voglio scusarmi in anticipo se vi sembrerà un po' vuotino, ma come mi é successo precedentemente questa sarebbe la prima metà del capitolo che avevo in mente, mi stava venendo decisamente troppo lungo ^^' 
Potremo notare il nostro povero piccolo Mello sbroccare giusto un attimino, spero che vi piaccia come io mi sono divertita a scrivere quelle parti u___u (Ok, ora Mello mi odia sul serio).
Non mi resta che augurarvi buona letturaaaaaa ^^


Capitolo 7:
 
 
-Questo?-
-Ahem… io penso…-
-Lo so, hai ragione. Mi fa piatta come una tavola e con un culo grande come una cisterna.-
-Non avevo ancora detto nient…- mi arresi con un sospiro mentre Rox tornava con passo marziale nel camerino per la millesima volta negli ultimi venti minuti.
Ecco, ora iniziate a capire perché odiavo tanto il famigerato Gala autunnale?
Era straziante anche per me che non dicevo mai di no allo shopping: letteralmente CENTINAIA di dentro e fuori dai negozi, ogni vestito da sera esposto veniva provato e immancabilmente bocciato fino a trovare quello che calzava a pennello, coordinato con orecchini, collane, anelli, soprabito, trucco e acconciatura che frullavano in quella testolina viola già da mesi.
-Ti prego, possiamo mangiare?- ululai accasciandomi sulla poltroncina sentendo il mio stomaco insultarmi pesantemente in ogni lingua del mondo.
-Ancora questo e poi, GIURO, andiamo a imbottirci di schifezze! Sento di essere sulla strada giusta!-
-Seh, per farmi venire un cancro ai testicoli.- borbottai con l’irrefrenabile voglia di mettermi a mangiare la tendina del camerino.
Io il mio vestiario l’avevo scelto velocemente per fortuna (SOLO due ore e tre quarti! Ero fiero di me!), anche se sinceramente avrei voluto optare per una comoda tuta anti-stupro e bidonare bellamente quella festa inutile, ma ormai era inevitabile.
-Hai già chiesto a Ryan se vuole venire?- chiese mentre la sentivo trafficare con strati di tessuto fruscianti.
-Perché dovrei invitarlo?!- gracchiai andando direttamente sulla difensiva.
-Perché altrimenti dovrei tirarti un pugno.- fu la risposta di Rox come se si trattasse di una legge del codice penale.
-Non farmi ridere, tu che hai la forza di una abatjour in corpo.- borbottai aspettandomi qualche gorgoglio di disapprovazione –Non lo inviterò in nessun caso, il mio piano è presentarmi, stringere qualche mano, afferrare più champagne possibile, e quando le cose inizieranno ad assumere forme strane e di colori simili al vomito chiamerò un Taxi prima di dare spettacolo. Non figura la presenza di nessun accompagnatore, stonerebbe con la mia tradizione.-
Rox uscì in quel momento dal camerino con indosso un vestito blu notte aderente e con qualche disegno di paillettes sugli orli.
-Tu stai male.- disse squadrandomi.
-Chi, io? Naaah! Non potrei mai battere te!-
-Ecco, lo sapevo che anche questo faceva schifo.- disse sconsolata facendo marcia indietro e richiudendosi nel camerino.
-Veramente non…era… riferito al… come non detto.- mi lasciai ricadere di nuovo sulla poltroncina chiedendomi perché non avessi potuto scegliere una scimmietta da compagnia come vicina d’appartamento.
 
L’odissea dei vestiti proseguì imperterrita per tutta la settimana, cambiando di centro commerciale in centro commerciale, in ogni boutique esistente che avesse in catalogo dei vestiti da sera eleganti, tanto che la fatidica sera mi ritrovai con delle occhiaie che avrebbero potuto far concorrenza perfino a due valige vintage di Louis Vuitton. Ero talmente sfiancato da non concedermi nemmeno un agognato riposino ristoratore per paura di incappare di nuovo in sogni al limite della percezione umana che mi avrebbero impedito per almeno una settimana di guardare Ryuk senza avere il terrore che da un momento all’altro gli spuntassero delle ali da dietro la schiena e che iniziasse a sputacchiarmi torsoli di mela in faccia.
Quel sogno terrificante mi aveva scombussolato completamente tanto che avevo paura di bere un millilitro di cocacola prima di andare a letto o qualunque altra cosa fosse famosa per favorire gli incubi. Mi sentivo un pazzo senza speranze, più che altro perché oltre ad essermi spaventato a morte per le varie minacce di morte, shinigami orripilanti e camere d’albergo invivibili, la cosa che mi aveva lasciato più sconvolto era una sola, inutile ma per me devastante.
Mi era capitato davvero poche volte di riuscire a sognare Matt “total body”, solitamente vedevo solo qualche suo particolare o al massimo la sua sfuggente figura di spalle, niente di più. Ora l’avevo visto in tutto il suo splendore, l’avevo toccato, avevo risentito la sua voce… tutte cose incredibili a ripensarci perché coincidevano perfettamente con i miei ricordi, ma i suoi occhi perennemente celati dietro ai googles…possibile che mi stessi dimenticando di come fossero i suoi occhi?
Di Matt era la cosa che avevo amato di più in assoluto, me li ricordavo come gli smeraldi più belli che avessi mai visto in vita mia, capaci di farmi cedere su qualunque cosa, per me era sempre stato impossibile dire di no quando mi puntava addosso quelle iridi stupende, ma era rimasta più che altro la sensazione di come mi sentissi quando li vedevo, non avevo più un’immagine nitida di tutte le sfumature che un tempo mi ricordavo perfettamente come in una fotografia.
Era un bene o un male? Sinceramente non sapevo darmi una risposta, non sapevo che parte ascoltare. Era come tentare di smettere di fumare, sapevo che era una cosa che fino a quel momento mi aveva fatto del male e che la scelta più sensata sarebbe stata smettere il prima possibile, ma in un certo senso non volevo. I suoi erano pur sempre ricordi di una parte meravigliosa del mio passato, li avevo sempre custoditi gelosamente nel più profondo del mio cuore e ogni tanto gli ridavo una sbirciatina per ricordarmi com’era, ne sentivo il bisogno irrefrenabile e cedevo irrimediabilmente ogni volta anche se sapevo che mi sarei trovato insonne o in lacrime con tutta probabilità.
Uscii dalla doccia talmente immerso in questi pensieri da non accorgermi nemmeno del trambusto che c’era in soggiorno. Mi avvolsi nell’accappatoio borbottando da solo e uscii spedito, con tutta l’intenzione di andare in cucina a divorare mezza tavoletta di cioccolato per schiarirmi le idee, e mi ritrovai a un palmo di naso da Rox che mi attendeva fuori dalla porta.
-YEEK!- urlai facendo un balzo indietro nel bagno, e per poco non scivolai sulle piastrelle ancora umide –Volevi uccidermi?!- strillai mentre mi assicuravo che il turbante con l’asciugamano che avevo in testa non si fosse mezzo smontato.
-No, volevo controllare che non te la stessi svignando. Che cazzo ci fai ancora in questo stato?- disse fulminandomi con sguardo omicida –Fila a vestirti IMMEDIATAMENTE! Ci ho messo di meno io a fare tutto e tu giri ancora per casa con quell’accappatoio da pappone.- mi rimproverò incrociando le braccia.
In effetti Rox era già agghindata da capo a piedi: un elegantissimo vestito di seta viola scuro (strano, non trovate?) leggermente più lungo dietro e con una ampia scollatura a V che accentuava le sue forme prorompenti. Portava i capelli semi raccolti di lato rifiniti con piccoli boccoli appena accennati sulle punte, il trucco perfetto come sempre, forse un pochino più elaborato del solito, con un vistoso rossetto borgogna. Come accessori portava una collana con un ciondolo swarovski a cuore che mandava tenui riflessi ovunque, combinati con i fini braccialetti e gli orecchini dello stesso stampo.
-Ok, il tuo ex sarà alla festa. – sentenziai guardandola, avrebbe fatto appassire d’invidia chiunque così, fossi stato donna l’avrei probabilmente odiata.
-Può essere- arricciò il naso –e comunque non l’ho fatto assolutamente per lui.- incrociò le braccia mettendo il broncio.
-Ceeeeerto.- annusai velocemente l’aria con un ghigno –Sbaglio o ti sei messa quel profumo che gli piaceva e che di solito non metti mai?- la punzecchiai.
-Non sei ancora andato a farti fottere?- rispose lei ancora più adirata –Voglio vederti vestito e perfetto tra meno di un quarto d’ora.- mi diede uno spintone cacciandomi direttamente in camera mia peggio di mia madre quando da piccolo gli riempivo di bagnoschiuma la lavastoviglie.
Puntualmente quindici minuti dopo mi stavo sistemando il papillon bianco svogliatamente mentre Rox finiva di sistemarmi i capelli. Avevo optato per uno smoking nero gessato bianco che mi stava a pennello, se non fosse stato per il tipo di occasione ne sarei stato quasi compiaciuto.
-Come siamo sexy.- disse lei mentre estraeva ormai come consuetudine il suo iphone per scattarci una foto.
-Perfetto, questa la invio alla mamma.- disse entusiasta.
-E come ogni anno ti risponderà dicendo quanto sei bella e quanto io potrei sforzarmi di più a sorridere con il mio bel faccino d’angelo.- ribattei caustico cercando di darmi un contegno; per qualche lunga ora avrei dovuto trattenermi dallo scimmiottare frasi senza senso e costringermi a mantenere una posa elegante senza lasciarmi andare alle mie solite gesticolazioni parecchio colorite.
-Possiamo andare?- dissi ormai stufo di vedermi allo specchio conciato come un pinguino.
Rox assunse per mezzo secondo il suo sorriso di quando aveva escogitato qualcosa che sicuramente non mi sarebbe piaciuto, ma fu abbastanza per farmene accorgere.
-Quasi.-
La incenerii all’istante puntandole un dito contro.
-COS’HAI FATTO.- tuonai con l’impellente desiderio di avere in mano qualcosa di estremamente pericoloso con cui minacciarla.
Lei totalmente incurante di ciò mi guardò ingenua.
-Assolutamente niente.- fece fluttuare le sue ciglia finte chilometriche già pronta a darsela a gambe nonostante i suoi tacchi apocalittici.
In quel momento dall’uscio della mia porta sentii gli inconfondibili rantoli di Ryuk e poco dopo il mio povero campanello fu letteralmente stuprato.
-Ryuk, hai rotto il cazzo!- urlai mentre istericamente andavo verso la cucina a recuperare il mio cioccolato del “self control”.
-Scusate il ritardo, mi si è rotto l’orologio.- lo sentii dire allegramente.
-Tu non hai un orologio, troglodita col mascara!- ribattei ancora più acido rovistando freneticamente nella dispensa –spero che tu non ti sia vestito da Jack Skeleton altrimenti non hai idea di quanto grande diventerà il tuo culo.-
Seguirono altre numerose bestemmie a raffica del mio repertorio migliore, incurante di poter incappare in una figura di merda memorabile.
Ryuk fece il suo ingresso con addosso uno smoking forse un po’ troppo vecchio stile ma ancora salvabile (le mie minacce stavolta sembravano aver fatto effetto), con il trucco giusto l’essenziale che gli dava quasi un’espressione umana salvo le sopracciglia disegnate un po’ troppo in alto per un comune mortale, e i lunghi capelli legati in una treccia che teneva appoggiata sulla spalla.
-Woa… messo così potresti fare una strage.- disse Rox guardandolo ammirato, forse anch’io non l’avevo mai visto più normale di così.
-Non sono interessato, ormai la mia mente è altrove.- rispose lui con sguardo sognante, e ci mancò poco che gli si stampasse in fronte “REM” a caratteri cubitali di un qualche colore fluorescente.
-Gesù… che ho fatto di male per avere un circo al posto di amici normali.- imprecai sedendomi a gambe incrociate sul piano della cucina ed iniziando a tritare la stagnola della mia cioccolata.
-Comunque- richiamò l’attenzione Ryuk riprendendosi dal suo stato meditativo temporaneo –guardate chi ho raccattato in ascensore.- fece segno a qualcuno di venire avanti.
Ricomparve il sorriso di Rox, e in mezzo secondo improvvisamente capii.
Sentii ogni fluido del mio corpo ghiacciarsi, e spalancai la bocca guardando Rox come a dirle “non puoi averlo fatto davvero”.
Ryan entrò nel soggiorno… vestito elegante.
Per una lunghissima manciata di secondi presi seriamente in considerazione l’idea di annegarmi ficcando la testa sotto al lavandino accanto a me, ma ero talmente pietrificato da non poter nemmeno battere ciglio.
-Eccoti qui, caro! Sei perfetto!- lo salutò entusiasta Rox mettendosi quasi a saltellare.
“Roxanne Flow, hai appena firmato la tua condanna alla peggiore delle pene dell’inferno.” inveii dentro di me desiderando ardentemente di poterla prendere, legarla e distruggere sotto ai suoi occhi la sua intera collezione di borse.
Grazie a lei ora Ryan aveva appena sentito il peggior scaricatore di porto biondo presente a Londra, e per di più con molta probabilità sarebbe stato trascinato in mezzo ad un covo di serpi che non vedeva l’ora di scovare ogni mio minimo particolare per poter finalmente spettegolare su di me, mandando in fumo tutti quegli anni passati a nascondere ogni minimo dettaglio della mia vita privata.
-Bene, direi che siamo tutti pronti. Vogliamo andare?- annunciò lei euforica recuperando la sua pochette dal divano.
-Siiiii!- trillò Ryuk battendo le mani, e dovetti mordermi la lingua a sangue per non urlargli “che cazzo applaudi come una scimmietta epilettica?!”.
Mandai giù l’ultimo boccone di cioccolata come per dire addio alla mia vita e scesi dalla cucina, convinto che di li a poco i miei capelli si sarebbero incendiati a mo’ di Ade.
-Continua a camminare Mello, continua a camminare… per la vendetta ci sarà tempo domani, adesso escogita solo un modo per uscirne indenne.- sibilai a denti stretti procedendo rigido come una colonna di marmo.
-Non sei felice, Me’? Quest’anno possiamo fare un bel gruppetto.- disse Rox quando fummo entrati nell’ascensore.
-Taci, zoccola.- risposi a bassa voce con un sorriso tirato mentre Ryuk copriva il tutto con uno dei suoi aneddoti idioti a gran voce.
-Sì, anch’io ti voglio tanto bene.- mi schioccò un bacio sulla guancia lasciandomi l’impronta del suo rossetto.
L’avrei davvero uccisa un giorno di quelli.
Salimmo sul Taxi che ci avevano mandato già appositamente sotto casa, e mi ritrovai seduto accanto a Ryan che si torceva le mani in agitazione.
-Tutto bene?- chiesi formalmente senza sembrare troppo invadente, ma non sembrava avere una bella cera. Ci mancava solo che quella decerebrata l’avesse costretto a uscire anche se era malato o qualcosa del genere.
-Sì, certo!- si riprese lui alla svelta sorridendomi.
“Carino!” pensò dentro di me la mia parte in astinenza che però zittii subito.
-Ok.- dissi con un sorrisino, anche se ormai sapevo che nessuna bella faccia avrebbe potuto coprire il mostro bestemmiatore che aveva sentito un attimo prima.
-Mello, senti…- disse dopo qualche minuto di silenzio dove si potevano sentire solo Rox e Ryuk che cantavano “Eye of the Tiger” di Katy Perry nei sedili davanti scandalizzando il povero taxista.
-Dimmi.- risposi temendo che mi ponesse qualcosa come “di cosa ti fai normalmente?” o qualcosa di simile.
-Ecco… non sono mai stato ad una festa del genere, anzi, già normalmente non sono una persona che ama uscire.- mi guardò con i suoi occhi così simili a quelli di Matt –Di’ la verità, sono inguardabile conciato così, vero?- chiese con rassegnazione.
Aggrottai la fronte sbalordito di quello che aveva appena detto, sinceramente non mi era nemmeno passato per l’anticamera del cervello che lui non potesse sentirsi proprio a suo agio vestito così bene, io ormai la vedevo come una cosa più che naturale apparire elegante, ma a pensarci bene non mi pareva di averlo mai visto nemmeno con un camicia normale, sempre imbottito in felpe voluminose e t-shirt un po’ troppo grandi per lui.
-N-no! No! No, assolutamente! Stai benissimo.- mi affrettai a rincuorarlo convinto, ed era vero. Non sarebbe di certo passato inosservato in mezzo alla gente, ed era proprio questo che mi preoccupava, avrebbero iniziato a domandarsi “chi fosse quel ragazzo tanto carino arrivato con quello stronzo di Keehl”.
-Lo dici solo per farmi stare tranquillo.- disse lui sospirando.
-Non è vero, credimi! Sei perfetto così, è quell’elegante giusto ma non troppo vistoso che piacerà sicuramente a tutti. Ti farò vedere chi davvero si veste in maniera oscena, ti do la mia parola io che sono un art director della moda.- dissi sorridendo spontaneamente, volevo assolutamente cancellare quell’espressione dal suo viso.
Alle mie parole improvvisamente Ryan arrossì fino alla punta delle orecchie e sorrise imbarazzato.
Oddio, cos’avevo fatto?! Ero talmente andato nel panico per tranquillizzarlo e non mi ero posto limiti e forse gli avevo fatto un qualche complimento di troppo. Chissà cosa pensava ora! Volevo quasi urlargli “non sono un sadico stupratore sadomaso, te lo giuro!”, ma forse non sarebbe stata una buona idea.
-È che vedo te… ti vedo sempre uscire di casa così elegante anche se devi andare a fare la spesa… forse dovrei  curarmi un po’ di più.-
Stavolta fui io ad arrossire sforzandomi di guardare altrove, mi passavano davanti agli occhi le mie mise della domenica inguardabili, troppo imbarazzanti da nominare.
-La mia è quasi un’esagerazione. Ormai mi sono abituato con il lavoro, se non fosse per quello probabilmente non sarei così.- beh, meglio tralasciare che già da ragazzino fossi abbastanza ossessionato soprattutto per i miei capelli…
-Davvero?- chiese lui abbastanza spiazzato.
-Certo! Una volta mi sono addirittura vestito come Ryuk, riesci a crederci?- dissi non potendo trovare esempio più estremo, anche se irrimediabilmente alcuni ricordi vennero inevitabilmente a galla.
Anche quella sera dove mi ero vestito come Ryuk stavamo andando a una festa…
Poteva forse essere un segno del destino? La storia che si ripeteva con un sosia fin troppo carino?
-Vuoi dire… con tutte quelle…- gesticolò indicando i vari punti dove di solito Ryuk aveva gli accessori peggiori.
-Già.- dissi io con espressione grave –Anche le scarpe.-
Ryan spalancò la bocca.
-Non ci credo! Hai una foto?-
Scossi la testa con un certo dispiacere.
-Purtroppo neanche una, e forse è meglio così.-
Ryan rise pensando che la mia fosse una battuta. In realtà nascondeva una certa verità, anche senche se… poter rivedere uno di quei momenti passati, anche solo per dirgli addio… no, no! Non era quello il momento giusto per pensarci! Andare al Gala autunnale con brutti pensieri per la testa era la peggior combinazione possibile che potesse esistere.
-Comunque, non te l’ho mai detto ma devo ringraziarti.- disse Ryan quando fummo in dirittura d’arrivo.
-Mh? Per cosa?- mi voltai verso di lui accigliato.
-Per avermi accolto così, senza nessuna pretesa. Mi avete portato su e giù per tutta Londra e mi avete fatto sperimentare cose che non mi sarei mai aspettato di poter fare, o almeno non così presto. Mi sono sentito subito… a casa.- disse aprendosi in un sorriso a dir poco adorabile.
-Oh… di niente. Puoi dare la maggior parte della colpa a Rox.- dissi cercando di sviare il discorso; ero pervaso da una strana sensazione. Da un lato ero contento che Ryan fosse lì, e potevo sentire le farfalle nello stomaco, ma dall’altra parte… qualcosa mi tratteneva e mi faceva male.
-E tu perché sei venuto qui?- mi chiese a tradimento proprio nel bel mezzo della mia crisi sentimentale che stavo disputando nel mio angusto cervellino.
-B-beh, te l’avevo già detto. Ho fatto uno scambio culturale e mi sono trovato bene.- risposi alla svelta gesticolando forse un po’ troppo.
-Intendo… perché sei venuto qui veramente.- rispose lui guardandomi con quella che sembrava comprensione –Nessuno se ne va di casa così lontano senza tornare nemmeno per una breve vacanza se non c’è un motivo che lo spinge dal profondo.-
-Ecco, io… non sono mai tornato perché con il lavoro non ne avevo mai la possibilità, ed è molto più facile incontrare mia madre qui.- provai a difendermi, ma ormai avevo fatto una scena fin troppo patetica per sembrare credibile.
-Hai anche quello sguardo…- mormorò.
-Quale sguardo dovrei avere? Ti giuro che non mi fumo niente…o quasi.- dissi cercando di far cadere il discorso altrove.
-Vedevo quello sguardo in mio zio.- rispose Ryan facendo una piccola smorfia –Se ne andò quando scoprì che mia zia lo tradiva da anni, perciò lui ha preso la prima scusa valida per trasferirsi in Australia. Non è mai tornato a casa, nemmeno per Natale o capodanno, e le poche volte in cui lo vedevo tramite le videochiamate ogni volta che si parlava di qualcosa del passato faceva quello sguardo affranto che hai anche tu.-
-Oh…- fu l’unica cosa che riuscii a dire chiudendomi in un imbarazzante silenzio.
-Non che io voglia farmi gli affari tuoi, assolutamente!- disse immediatamente lui arrossendo di nuovo in agitazione.
-No, no! Non preoccuparti, è solo che… che…- cosa potevo dire? Non potevo inventarmi un’altra più che patetica scusa, ma allo stesso tempo non volevo aprire il cassetto dei ricordi per condividere le mie sofferenze con lui –A volte basta un solo brutto ricordo per condizionare tutto quello che fai, e anche se alla fine la tua vita diventa meravigliosa avrai sempre quel piccolo puntino che ti collega in modo negativo al passato. Ti spaventa, e cerchi di cancellarlo o tenerlo rinchiuso da qualche parte.- dissi sperando che quella futile metafora potesse bastare e non andasse ad indagare più a fondo.
-Però non è forse meglio affrontare queste cose negative per vivere ancora meglio il presente?- rispose lui che per un attimo era apparso estremamente serio.
Non riuscii a rispondergli, anche se avrei voluto, perché subito dopo un bodyguard aprì la portiera dell’auto e ci invitò a scendere.
Ci sarebbe stato un tempo anche per raccontargli la mia storia, in un momento più calmo, magari.
Ora c’erano cose più impellenti da sbrigare.
-Si va in scena.- dissi prima di prendere un lungo respiro ed entrare nella parte di Mihael Keehl il capo stronzo mentre scendevo dal taxi e venivo investito dal vociare del Gala.

 

Laaaalalalaaaaaa! Poveri noi, gli incubi di Mello stanno diventando poco a poco realtà u_u' *schiva oggetti non identificati lanciati da Mello*.
Ah! Colgo anche l'occasione per chiedervi chi per caso ha intenzione di andare alla fiera del fumetto di Novegro domenica ** Io sarò in giro, se in cosplay o in versone "anonima" ancora non lo so u.u' 
Ringrazio come sempre le meravigliose creature che hanno recensito, lawlietismine, loryiloveyou e Crookshanks ^^ 
Ci vedremo presto con il prossimo capitolo/l'altra metà del capitolo troppo lungo che in teoria dovrei riuscire a postare prima del solito *w*
Come sempre recensite recensite recensite *___* Ciauuuuuu <3

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Helloooooou!!
Sì, lo so, sono in super ritardo, vi ho fatto tanto male e mi ammazzerete sempre di più, ma vi mo hai detto che vi amo tutti?? *__*
Mi scuso in anticipo se non scriverò molte preview qui né molte precisazioni a fine capitolo ma sto postando di fretta prima di addormentarmi sulla tastiera, e se trovate qualche errore specialmente verso la fine don't worry it's normal XD non ce la facevo a rileggerla come si deve, spero sia venuto bene lo stesso ^^ buona letturaaaaa!



Capitolo 8:
 
 
Fummo subito accolti da un sacco di sorrisi falsi incipriati da pesanti trucchi da makeup artist di scarsa qualità, come sempre non imparavano mai la lezione e pur di apparire più degli altri si assisteva a vere e proprie maschere di Halloween in anticipo. Ryuk gongolava passeggiando a braccetto con Rox e andava a salutare le facce che si ricordava dall’anno scorso (e a giudicare dalle loro espressioni purtroppo anche loro dovevano ricordarsi di lui), mentre io cercavo di individuare il momento giusto per imboccare l’entrata senza incontrare nessuno di troppo spiacevole. Ryan seguiva ogni mio movimento, e questo mi mandava nel panico più totale. Non volevo che vedesse il peggio di me, ma allo stesso tempo non volevo mostrarmi troppo vulnerabile davanti a quelle adorabili serpi che non aspettavano altro di vedere qualcosa su cui spettegolare. Sarebbe bastato un attimo per compiere un passo falso.
-Oh, Mihael!-
Troppo tardi, per l’appunto.
Mi voltai riconoscendo la voce nasale all’istante, e il mio volto divenne una maschera di cera in automatico, era come l’effetto collaterale di un antibiotico che ti induceva a vomitare per tre ore di fila.
-Jasmine.- la salutai sentendo la mia mascella contrarsi e scricchiolare nello sforzo di sorridere.
Eccola, magra come il manico di un ombrello storto, camminata come se avesse un abete con tutte le decorazioni natalizie ficcato su per il culo, vestito di Valentino che sicuramente aveva comprato solo perché era il più costoso del negozio siccome per il resto con la sua silouette pressoché inesistente aveva poco a che fare, tacchi su cui camminava a stento, e come tocco finale una acconciatura che sembrava una impalcatura edilizia.
-Ti trovo bene! E… in compagnia.- disse lei posando subito lo sguardo su Ryan come un avvoltoio, allargando ancora di più la sua bocca larga, e il rossetto rosa pink (di cui un po’ sui denti) accentuava ancora di più la mia orrenda visione.
-Già, mentre tu sola come al solito.- risposi senza riuscire a tenere a freno la lingua, mi era impossibile non risponderle per le rime.
Vidi con la coda dell’occhio Ryan che spalancava gli occhi.
“Ecco, sono un idiota.” Pensai dentro di me dandomi dello stupido per non essere riuscito a trattenermi.
-Che sciocchino che sei!- esclamò alzando di qualche ottava la voce, somigliando ad un cancello arrugginito. –Il mio ragazzo è più indietro. Sai, è un modello che ha posato per noi qualche mese fa, è parecchio apprezzato e devo fare a gara con i paparazzi per potermelo godere un po’.- gongolò recitando le parole a memoria che sicuramente moriva dalla voglia di dire.
-Chissà quanto l’hai pagato per farlo venire qui con te.- mormorai a denti stretti sfruttando il momento in cui Randal, un grosso omone che lavorava nel campo pubblicitario, scoppiò in una sonora risata accanto a noi, che coprì in parte le mie parole.
-Come, caro?- chiese lei avvicinandosi per sentire.
-Oh, niente! Ci vediamo dopo, ok?- dissi mentre stavo già facendo dietrofront afferrando Ryan per un braccio e dileguandomi ancora prima di poter sentire la sua risposta.
-Avete avuto dei problemi in passato?- chiese Ryan quando fummo riusciti ad allontanarci.
-No, ho questo rapporto con più o meno l’80% della gente che vedi qui.- risposi grattandomi la testa in imbarazzo.
-Wow… non ti avevo mai visto così.-
-Purtroppo in questo mondo è meglio diffidare dal primo sguardo se non vuoi che ti distruggano.-
-Allora è forse meglio che lasci sempre parlare te, non sono bravo in queste cose.- arrossì per almeno la milionesima volta.
-Forse sì, non perdiamoci di vista per nessun motivo.- risposi pentendomi all’istante delle mie parole.
“Mello cosa cristo stai dicendo?! Queste sono cose che direbbe quell’ameba di Vincent!” pensai tirandomi mentalmente dei cazzotti al cervello.
Non riuscii ad inventarmi in tempo qualcosa per smorzare la frase precedente, venni spiazzato dalla risposta spontanea di Ryan.
-Non ho la minima intenzione di scappare, tranquillo.- disse sereno, probabilmente senza rendersi conto del senso che avrebbe potuto avere la sua frase… o forse si?
Io sbiancai mordendomi il labbro inferiore mentre sentivo le farfalle nello stomaco che sembravano aver organizzato un pigiama party.
-Uh, ci siamo!- annunciò Rox che nel frattempo si era impossessata di una flute di champagne da uno dei mille camerieri di passaggio –C’è già il primo discorso da ubriaco.- indicò un ragazzo giovane quanto me che avevo visto si e no due volte, e che stava sbraitando rovesciando vino ovunque.
-Ti prego, dimmi che lo rovescerà su Amanda Press, stasera ha il vestito bianco.- dissi mettendomi comodo per godermi lo spettacolo, appoggiandomi alla ringhiera di una scalinata accanto a me.
-Renderebbe bene l’idea, siccome sembra che quella abbia il ciclo perenne.- enfatizzò Rox, e questo fece partire la temuta risata dei tacchini strozzati alla quale si aggiunse anche Ryuk senza un apparente motivo, come suo solito.
Era più forte di me, per quanto tentassi di trattenere la mia bastardaggine in presenza di Ryan non potevo non reagire davanti a scene del genere, era diventato parte del mio codice genetico. Sentivo il suo sguardo addosso, e di sicuro non mi stava adulando. Secondo i miei calcoli di li a poco avrebbe iniziato con i primi tentativi di fuga più che giustificati, e io non avrei potuto fare altro che lasciarlo andare rassegnandomi all’idea che non mi avrebbe mai più rivolto la parola.
Lui però, con mio grande e crescente stupore, non si mosse. Mi guardava male, questo sicuramente si, ma non accennò mai di voler togliere il disturbo, anzi. Mi seguiva ovunque, in primo luogo per non incappare in spiacevoli conversazioni, e successivamente teneva sott’occhio il mio livello di alcol che trangugiavo.
-Hai deciso di essere il mio etilometro personale stasera?- chiesi quando mi fece presente il numero di bicchieri che avevo svuotato fino a quel momento.
-No, non è quello. È che… stai diventando piuttosto molesto.- rispose lui guardandosi intorno con circostanza.
-Ed è proprio questo il mio scopo. Sbronza gratis, rinnovo della mia patente da stronzo, e più felicità per tutti.- dissi sentendo i miei occhi iniziare a vagare per i fatti loro come palline da flipper.
-È proprio necessario che tu debba far vedere la tua cosiddetta stronzaggine?- mormorò avvicinandosi di più per potermi parlare di modo che non tutti potessero sentire.
-Tsk…- borbottai soffermandomi per un secondo sul suo viso così carino –se non lo facessi hai idea di quanta gente tenterebbe di liquidarmi? Penserebbero che io sia la tipica checca isterica che potrebbero mettere a tacere con una scatola di cioccolatini.- risposi gesticolando ampiamente con il braccio libero che non reggeva il bicchiere.
Mi accorsi soltanto a frase compiuta di come Ryan mi stava fissando.
“Oh, merda” pensai sentendomi un’incudine atterrarmi sulla mia inutile testolina bionda. Ora avevo il terrore che lo capisse, e probabilmente dalla sua espressione doveva già averlo fatto.
-N… non stavo insinuando niente! Colpa dell’alcol!- mi abbandonai in una risatina isterica che servì soltanto a peggiorare la situazione.
-Ahem… non preoccuparti, penso che tu stia parlando talmente veloce che non riuscirò mai a capire nemmeno la metà di quello che tu stia dicendo.- disse lui, e io speravo che stesse dicendo la verità e non giusto per non farmi sentire uno schifo.
Quella serata doveva finire il prima possibile, ero troppo vulnerabile in mezzo a troppi pericoli, non ne sarei uscito indenne tanto facilmente. In quel caso Ryuk si dimostrò il mio salvatore. Fortunatamente riuscimmo a ritrovare subito lui e Rox nel salone principale della villa, e di proposito per le ore successive non provai a fermare nemmeno una volta lo spaventapasseri elegante nei suoi monologhi fuori dal mondo che mi fornirono la perfetta copertura. Per star sicuro mi gettai su ogni flute di champagne che mi passasse davanti per tenere la bocca occupata.
Inutile dirvi come fu, qualche ora dopo, il nostro ritorno a casa (dopo aver insultato nell’ordine: Gabriella la insistente fashion designer, Christian il bodyguard, Pablo il parcheggiatore che ci chiese mille volte se potesse andare a prenderci l’auto che non avevamo, Miro il taxista che ci portò fino a casa in preda ai deliri, e in ultimo Paul il portiere del palazzo che ormai ci era abituato).
-DIO, grazie!- esclamò Rox quando finalmente fummo nell’ascensore –Me’, esci dalla modalità vecchia megera con seri problemi con l’alcol.- mi intimò.
-Fossi matto! Mi sento un tutt’uno con me stesso in questo momento, perché dovrei smettere ora quando sicuramente tra qualche ora lo farà prontamente una bella emicrania?- risposi mentre gettavo via il papillon che in quel momento mi sembrava una vipera avvinghiata al mio collo, facendolo finire in testa a Ryuk.
Ryan intanto faceva finta di essere disinvolto quanto Rox, ma si vedeva lontano un miglio che non vedesse l’ora che l’ascensore arrivasse al suo piano per rifugiarsi lontano da me. Prontamente pochi istanti dopo le porte si aprirono sul quarto piano.
-Ding dong! Al signore vestito da provocante elegantone è intimato di scendere, altrimenti si recherà al party-inferno dell’attico!- strillai rischiando anche di finire lungo disteso mentre improvvisavo dei segnali da hostess.
-Sicura che non ti serva un aiuto?- chiese lui.
-Nah, è così tutti gli anni.- rispose Rox prendendomi sottobraccio.
-Ehi, ehi! Facciamo progressi! Non è arrossito quando gli ha detto “provocante elegantone”!- ci pensò Ryuk che fino a quel momento era stato fin troppo zitto.
-Provoche?! Io non l’ho mai detto!- protestai.
-Sì, l’hai detto.- infierì Rox.
Mi voltai verso Ryan e potei dedurre in base al suo colorito quasi violetto per l’imbarazzo che dovevo DAVVERO aver detto quelle parole.
-POSSIAMO ANDARE?!- tuonai infischiandomene di aver probabilmente svegliato la metà del palazzo.
-Sì, sì! La tua cioccolata e la tua aspirina ti attendono.- rispose Rox scaricandomi addosso a Ryuk che immancabilmente non fu capace di reggermi in piedi con quei ramoscelli secchi che si ritrovava come braccia con la conseguenza di trovarci entrambi spalmati contro al fondo dell’ascensore.
Vidi i due scambiarsi qualche parola che non riuscii a sentire per via degli strilli dello struzzo anoressico, poi Ryan ci salutò con la mano e uscì dall’ascensore riservandomi uno sguardo che lasciava poco spazio per i fraintendimenti: ero uno psicopatico, e per di più gay.
 
-Ditemi che non ho detto davvero quello che ho detto.- biascicai mentre mi contorcevo sul divano zebrato di Rox.
-Oh, sì che l’hai detto.- rispose Rox che intanto stava tranquillamente mettendo l’acqua nel bollitore per un tè.
-Voglio morire qui.-
-Se vuoi fallo pure, ma non vomitare sul tappeto mentre lo fai.-
Ero completamente a pezzi, il solo essere riuscito a trasferirmi dal mio letto nella quale ero stato parcheggiato la sera prima ancora vestito di tutto punto al divano di Rox aveva già sfiorato il miracolo.
-Merda, merda, merda, MERDA.- dissi coprendomi il viso con entrambe le mani.
-E piantala! Non è andata così male come sembra.-
-Certo! Non sarai tu ad essere etichettata come “gay alcolista e mentalmente instabile da tenere alla larga” a vita.-
-Non lo sarai neanche tu.-
-Che ne sai? Hai visto la sua faccia quando mi ha guardato prima di darsela a gambe?-
-Veramente io ho solo visto preoccupazione.-
-Che?!-
-Sì, brutto idiota! Era preoccupato che tu potessi farti del male in qualche modo nello stato in cui eri. Dio, si vede proprio che ogni tanto ragioni da biondo.- borbottò Rox mentre versava il tè in due tazze orribilmente rosa shocking con sopra dei cupcakes.
-L’hai espressamente sentito dire queste parole?- chiesi cercando di mettermi seduto ma rinunciandoci dopo mezzo secondo in cui vidi le stelle.
-Certo! Dopo essersi offerto volontario per darmi una mano a portarti di sopra mi ha anche detto esattamente “Sicura che sia ok? Non vorrei che iniziasse a stare male sul serio”.- disse mimando la voce di Ryan.
-Non è esattamente traducibile come “sono preoccupato”.- scimmiottai a mia volta.
-Io insisto a dire che è così.- si sedette sull’altro divano lanciando via uno dei cuscini a forma di sushi –Scommettiamo?-
Oddio… no, non poteva farmi questo con i postumi della sbornia in atto.
-Sentiamo.- dissi tastando cautamente in terreno prima di addentrarmi in un possibile inferno.
-Tu andrai di sotto da Ryan per vedere che reazione avrà.-
Scoppiai in una risatina isterica.
-Questa è bella! E credi anche che io accetti?- chiesi ancora con la vocina stridula.
-Certo, se metto in palio una fondue al cioccolato da “Les petites rêves”.- rispose lei senza pietà alzando un sopracciglio.
Dio… NO! Non poteva corrompermi con il mio tea-room preferito, CON UNA FONDUE AL CIOCCOLATO! Se si contava che eravamo nella stagione perfetta… le fettine di frutta schifosamente immerse dalle onde di quel nettare degli dei…
-Quando devo andarci?- dissi decretando la mia condanna a morte.
-Appena non rischierai più di dover correre e vomitare a getto nel cesso.- sentenziò.
-Dammi venti minuti.-
Rox lanciò un gridolino soddisfatto battendo le mani, e io non potevo fare a meno di mandare a fanculo il paradisiaco premio che mi aspettava.
Mi sentivo una donna ai corsi pre-parto, mentre scendevo in ascensore, ontinuavo a ripetermi di fare lunghi respiri profondi per non svenire direttamente davanti a Ryan.
-Di cosa ti preoccupi, deficiente? Sono solo due parole, nulla di più.- mi dissi mentre mi guardavo nella parete a specchio cercando di darmi una sistemata e non dare a vedere quanto fossi devastato.
Quando le porte si aprirono, improvvisamente mi sembrò che quel corridoio fosse il miglio verde, e io stavo rischiando seriamente di andare sulla sedia elettrica senza spugnetta in testa.
Rimasi a fissare quella porta per quasi un minuto intero con il terrore puro che mi faceva tremare anche le ossa, ma alla fine una forza sovrannaturale mi fece suonare il campanello.
Ecco, era fatta. Potevo solo sperare che non fosse in casa, ma pochi istanti dopo sentii del trambusto provenire dall’interno dell’appartamento. Al millesimo “calmati” nella mia testa la porta si spalancò rivelando un Ryan abbastanza assonnato in tipica tenuta da casa.
-C…ciaaaao.- dissi cercando di far collaborare le mie corde vocali.
-Ehi!- disse lui guardandomi un po’ stranito, ma sembrava sollevato –Sei ancora tutto intero, allora.-
-Diciamo di sì, forse mi manca una parte di cervello ma per quello ormai non posso farci più molto.- dissi nervosamente  torcendomi le mani dietro alla schiena.
Lui ridacchiò.
-Sono contento che tu stia meglio, comunque.- disse con un sorriso smagliante.
Ok, mi stava parlando, mi stava perfino sorridendo! Non mi disprezzava come pensavo.
-Ehm… in ogni caso volevo chiederti scusa. Non ho dato esattamente un bello spettacolo ieri sera.- dissi correndo alla svelta ai ripari.
-Ma figurati, è lecito prendersi una sbronza ogni tanto.- rispose lui tranquillo mentre si appoggiava contro allo stipite della porta.
“Ogni tanto…” pensai cercando di non mettermi a contare le serate in cui negli ultimi mesi mi ero ritrovato ad entrare in casa rotolando.
-Perfetto, e tu… tu stai bene?- non sapevo nemmeno perché stavo cercando di allungare quel discorso.
-Sì, un po’ assonnato ma tutto bene.- rispose lui senza smettere di sorridere.
Forse era il cerchio alla testa che avevo, ma avvertivo una strana sensazione. Ero terrorizzato, ma per cosa? Aveva detto che non c’era nessun problema…
-Allora io vado.- dissi facendo già un passo indietro –Se hai bisogno di qualcosa sai dove trovarmi.-
Lui annuì e mi salutò, e molto velocemente mi voltai per andarmene.
-Ti andrebbe di uscire una di queste sere?-
La domanda mi arrivò a bruciapelo facendomi venire la pelle d’oca all’istante. Il terrore irruppe come un fiume in piena.
-Uscire?- chiesi voltandomi nuovamente e trovandolo ancora nella stessa posizione di prima. Aveva uno strano sguardo, e forse fu proprio quello a farmi venire i brividi freddi.
Avevo paura quasi quanto la prima volta in cui l’avevo visto e l’avevo scambiato in tutto e per tutto con Matt.
-Sì, non so… per mangiare qualcosa in quei posti di cui parli sempre, oppure non sono ancora stato al cinema da quando sono stato qui.- disse senza riuscire a nascondere un certo imbarazzo.
Realizzai.
Realizzai ed ebbi ancora più paura.
Ieri sera aveva capito… e la cosa non gli era dispiaciuta.
Un appuntamento… un semplice appuntamento con un ragazzo carino che sembrava seriamente interessato a me, non c’era assolutamente niente di male. Allora perché ero così in preda al panico? Non era quell’imbarazzo più totale da innamoramento, sentivo che dire di sì, anche se per logica sarebbe stato da idioti rifiutare, avrebbe portato delle spiacevoli conseguenze. Conseguenze per cosa? Ero single, da fin troppo tempo, e necessitavo di voltare definitivamente pagina. Mi immaginai Rox e agli insulti che mi avrebbe tirato dietro se avessi rifiutato, e per una volta decisi di mettere a tacere il mio sesto senso.
-Perché no, mi… mi piacerebbe.- risposi reprimendo l’ondata di imbarazzo che mi avrebbe fatto diventare un peperone.
Ryan si aprì in un sorriso ancora più smagliante.
-Davvero?- chiese per poi ricomporsi alla svelta –Bene, ehm… allora ci sentiamo?-
-Certo.- risposi desideroso di fuggire il più presto possibile –Ci sentiamo.-
Lui mi salutò con la mano, e appena lo vidi dare segni di voler rientrare nel suo appartamento girai i tacchi e proseguii a passo di marcia lungo il corridoio per poi chiudermi in ascensore e sentirmi come se fossi appena uscito da una apnea lunga un secolo.
Avevo un appuntamento con Ryan.
Avevo un appuntamento con Ryan e lui me l’aveva proposto.
Avevo un appuntamento con Ryan e mi sentivo il più idiota sulla faccia della terra.
Avevo un appuntamento con Ryan e mi sentivo il più idiota sulla faccia della terra perché stavo rischiando di scoppiare in lacrime senza un vero e proprio motivo invece di essere felice.




Ok, uccidetemi, impalatemi, trucidatemi, I KNOOOOW! Ma vi giuuuuro che ogni azione é studiata e ha un perché u____u
Posso solo anticiparvi che dal prossimo capitolo le cose inizieranno a farsi serie ed arriveranno i colpi di scena alla TANTANTAAAAAAAAAAAN OMG!
Ok, sono le 1.15 e mi devo svegliare alle 6.30... zia Raven non connette più bene *w*/
Come sempre importuno molto amorevolmente tutti voi, specialmente chi mi ha recensito (ma anche chi legge in silenzio posso palpeggiarlo un po' comunque u_u) I looooove you **
Al prossimo capitolooooo, sciauuuuuu >___<
Raven :3

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Eccomiiiiii >_______<
Dall'altura di fiorellini colorati e odiosi pollini in ogni dove mi manifesto di nuovo, finalmente u___u
Per farmi perdonare della mia lentezza sovrumana nel pubblicare stavolta vi avverto che questo capitolo potrebbe risultare parecchio lunghetto, e spero che per voi sia una cosa buona ^_____^'''' 
Per non parlare delle cose che stanno per farsi mooooooolto movimentate ** mwahahahah!
Buona letturaaaa ^^



Capitolo 9:
 
 
Lo specchio stava diventando il mio incubo quella sera. Avevo provato ogni singolo vestito, ogni singola scarpa e ogni singola felpa presente nel mio armadio, ma niente sembrava volermi stare bene addosso per chissà quale motivo. Mi sentivo come Rox quando cercava il vestito per il gala, o forse anche peggio, erano anni che non provavo tutta quell'ansia per dei vestiti.
-Perché... DIO PERCHÉ!- urlai lanciando una camicia che andó a finire quasi fuori dalla finestra. -É tutta colpa TUA!-
-Pardon?- rispose tranquilla Rox che si stava pacificamente mettendo uno smalto per le unghie bordeaux.
-Tu mi hai detto che dovevo putare su qualcosa di sofisticato ma allo stesso tempo semplice. Io NON HO qualcosa di semplice, o meglio, il mio semplice non é il semplice della gente comune. Mi spieghi cosa dovrei fare?!-
-Ti prego, stai calmo. Te l'ho detto, é già cotto di te, non hai bisogno di stupirlo con nessun completino firmato o una lingerie sexy.-
-Hai forse voglia di scherzare? Se io non mi fossi fatto influenzare dalle tue idiozie non starei qui a curarmi di tutto questo. Sarebbe solo un sosia di Ryan che vive qualche piano più sotto e che saluterei se lo incrociassi casualmente da qualche parte.-
-Io ho solo fatto da consulente, tutte queste cose le hai pensate tu con la tua bella testolina. Non ti sto dicendo io di fare le scenate da adolescente con la prima cotta, no?-
Quando faceva la finta tonta avevo seriamente voglia di ucciderla, perché in fin dei conti i suoi discorsi reggevano sempre.
-Fanculo, tanto è solo un cinema.- dissi dopo ancora una mezz’ora buona di deliri.
Mi imposi un aoutfit casual e quando lo misi marciai diretto fuori dalla stanza per evitare di guardarmi troppo allo specchio e per non vedere tutti gli altri vestiti sparsi in giro che mi avrebbero solamente confuso le idee. Avevo optato per un paio di jeans skinny neri, una t-shirt bianca con una croce nera e sopra una felpa grigia di quelle con quel goduriosissimo simil pelo morbidoso tempestata qua e là da qualche teschio.
-Dopo questa potremmo tranquillamente aprire uno di quei canali su youtube per consigli su makeup e outfit, diventeremmo famosi in meno di un mese se includiamo le tue scene deliranti.- disse Rox che se la rideva nel vedere il mio nervosismo salire alle stelle.
-Certo, potremmo anche mettere un video di te a caccia di scarpe nei saldi quando trovi degli stivali stupendi ma non hanno il tuo numero, mh?- risposi lanciandogli l’incudine a colpo sicuro.
-Quelli erano stivali DI MCQUEEN!- precisò lei incendiandosi di punto in bianco.
-Yess.- esultai io alzando un pugno al cielo vittorioso.
-Su, su! Non cercare di perdere tempo. Vai a ritirare il tuo cavaliere e non dimenticare le tue scarpette di cristallo.- disse mentre si metteva a frugare nella mia scarpiera e tirava fuori un paio di Ash nere.
Ok, dovevo ritirare tutto. Avrei dovuto fare un monumento al suo gusto per l’accessoristica, altrimenti io ci avrei messo ancora minimo un quarto d’ora per scegliere le scarpe.
-Non è che mi aiuteresti anche a trovare una sciarpetta carina?- gli feci gli occhioni dolci indicandole l’attaccapanni strabordante.
Rox sospirò, si avvicinò e dopo aver dato un’occhiata in generale tirò fuori dal mucchio una sciarpa ad anello a maglie larghe e un giubbino di pelle nero.
-La giacca considerala un regalo di buon auspicio.- disse porgendomele, e io in tutta risposta da buon ruffiano quale ero le schioccai un bacio sulla punta del naso.
-L’ho sempre detto che se avessi amato le tette saresti potuta essere la donna della mia vita.- pigolai per poi uscire di corsa di casa per evitare che mi lanciasse qualcosa.
-Idiota, scappi da casa tua senza nemmeno chiudere?!-
Le lanciai le chiavi.
-Fatti un bagno, e usa pure i miei sali giapponesi, CON PARSIMONIA!- le urlai prima di sparire nell’ascensore.
Dalla risata che ricevetti in lontananza come risposta capii che la parsimonia non avrebbe fatto parte del suo dizionario per quelle cose.
Sospirai cercando di tenermi attaccato il più possibile quell’euforia schiacciando il nervosismo che premeva per uscire allo scoperto e farmi commettere mille e una figure di merda.
Mi ero autoconvinto che quella era la scelta giusta, non dovevo più stare a discutere, che andasse bene o un disastro totale.
Mi ritrovai nell’atrio del palazzo dove avevamo appuntamento.
Paul mi guardò alzando un sopracciglio.
-Robin che esce senza Batman?- chiese posando la rivista che stava sfogliando.
-Perché io dovrei essere Robin?- ribattei squadrandolo.
-Gesù, il tuo essere permaloso ha raggiunto perfino questi livelli.- scosse il capo sconsolato tornando a leggere la sua rivista, poi poco dopo alzò di nuovo lo sguardo –E poi non puoi competere con l’ego smisurato alla Bruce Wayne di Roxanne.-
-Ti è dato di volta il cervello?! Dire il suo nome per intero è peggio che nominare Lord Voldemort!- dissi di riflesso guardandomi intorno per paura che potesse spuntare fuori da un momento all’altro.
Paul rimase a fissarmi con l’espressione da “povero idiota, come ti sei rovinato” senza aggiungere altro.
-Comunque non capisco perché ti sembra strano che io esca da solo.- sbuffai incrociando le braccia.
Un’altra occhiataccia.
-Perché non avresti qualcuno che ti finisca le frasi.- rispose senza battere ciglio.
-Bah, zitto!
-Lei avrebbe aggiunto “idiota in giacchetta”.- precisò.
Stavo per ribattere quando l’ascensore si aprì e vidi Ryan sbucare con passo incerto.
“Non arrossire, non arrossire, non arr…oh, ecco! Merda!” pensai cercando di nascondermi dagli sguardi indagatori di Paul, ma servì a poco.
-Aaah, stasera Robin esce con Joker.- lo sentii mormorare.
Lo fulminai mimando con il labiale un “RINCOGLIONITO!” per poi ricompormi appena Ryan ci raggiunse.
-Buonasera, Paul.- lo salutò cordialmente, non immaginava neanche per idea cosa si nascondesse dietro alla figura del tenero portiere sapeva essere peggio di me e Rox messi insieme a volte.
Cercai di non soffermarmi per troppo sull’abbigliamento di Ryan, casual come al solito ma che faceva il suo dannato effetto: dei pantaloni neri un po’ larghi con All Star rosse e una felpa cremisi. I capelli erano un po’ più spettinati del solito, come se si fosse appena svegliato, ci mancava solo il segno del cuscino sulla guancia.
-Non aspettarmi alzata, mamma!- dissi a Paul prima che ci dirigessimo verso l’uscita.
-Tranquillo, Robin. La Bat Caverna resta aperta.- sentii in risposta accompagnato da una risatina.
-Che cavolo sta dicendo?- mi sussurrò Ryan.
-Niente, niente.- mi affrettai a rispondere per poi sviare l’attenzione su altro –Allora, che film volevi vedere?-
-Non saprei, tu cosa consigli?- chiese come se fosse appena cascato dalle nuvole.
-Mi sa che è meglio vedere direttamente al cinema cos’hanno in programma, che dici?- in effetti ero andato talmente nel panico da non andare nemmeno a vedere su qualche sito internet quali fossero i film attuali nei cinema del Regno Unito, con la conseguenza che avremmo potuto trovarci soltanto una ventina di film smielati o splatter improponibili. Che bella prospettiva!
Fortunatamente riuscimmo a parlare del più e del meno per la maggior parte del tragitto senza cadere in silenzi imbarazzanti, e tutto sommato potevo dire di sentirmi molto più a mio agio del solito con lui. Sperai che quello fosse un segnale positivo.
Se non fosse stato per un piccolo inconveniente.
-Oh cristo! Ma è neve?!- esclamai quando fummo usciti dalla metro e mi ritrovai a fissare tanti piccoli orridi fiocchi bianchi che mi turbinavano davanti agli occhi e che rischiavano di andare ad arricciare i miei poveri capelli con i loro micro-braccini ghiacciati.
-Non mi ero accorto che fosse COSÌ freddo!- mi fece eco Ryan che si guardava attorno con un sorrisetto ebete stampato in faccia.
-Come fa a piacerti la neve? Specialmente se è così in anticipo e soprattutto se non hai un ombrello a portata di mano?!- gracchiai cercando di coprirmi più che potevo con il cappuccio della mia felpa.
-Teoricamente non è troppo in anticipo, é il due di dicembre. E poi è così bello! Tutti i suoni ovattati, l’atmosfera natalizia che inizia a farsi sentire, le battaglie a palle di neve…-
-I mocciosi che ti prendono come bersaglio, il traffico congestionato, gente bagnaticcia che inzuppa la metro, troppa gente che boicotta le scorte di cioccolato nei tea-room rischiando di lasciare me a bocca asciutta…- dissi di rimando cercando di stare sotto ogni cornicione o protezione che potessi trovare lungo la strada.
Ryan si lasciò andare ad una risatina simile a quella di un bambino.
-Sto imparando a capire che per certi lati sei pienamente irrecuperabile. Dovresti mangiarti una zolletta di zucchero alla mattina per addolcirti.-
-Mi basta la cioccolata, credimi.- risposi mentre con lo sguardo vagavo alla ricerca di uno di quei venditori ambulanti che solitamente vendevano mille ombrelli, ma caso voglia in quel momento sembravano essere tutti in pausa, e perciò a Ryan toccò sorbirsi tutti i miei strilletti ogni qualvolta che mi ritrovavo senza ripari. Mai la strada per il cinema mi era sembrata tanto lunga e tortuosa.
-Dunque… vediamo le proiezioni di stasera. Oh, eccole qui, venerdì 2 dicembre.-
2 dicembre… perché quella data sembrava volermi dire qualcosa? Eppure oltre al turno del bucato non riuscivo a ricordare niente di importante quel giorno. Eppure sentivo che c’era qualcosa che mi sfuggiva.
-Che ne dici di questo?- chiese Ryan indicando uno dei film in lista sullo schermo.
Oh beh, aveva appena scelto Catching Fire, che avevo già visto due volte con Rox, ma dissi che andava bene comunque facendo finta di niente, non volevo iniziare a fare il difficile anche sui film dopo lo spettacolino ridicolo che avevo appena dato per strada.
Entrammo in sala, io per sicurezza mi imbottii di popcorn per tenere occupata la bocca, sperando di strozzarmi nei momenti giusti per sopprimere qualche mi idiozia.
In fin dei conti non andò neanche male, dietro di noi si erano messi un gruppetto di ragazzini strafatti che avevano iniziato a fare battute su ogni scena, degno argomento che distoglieva l’attenzione quel che bastava per impedirmi di commettere cretinate, e in mezzo a tutto quel trambusto il film era anche piaciuto a Ryan.
Inutile a dirlo, quando uscimmo dal cinema nevicava ancora, e per giunta la metro era già chiusa, quindi ci sarebbe toccato tornare in autobus fino a casa, non volevo fare lo snob e chiamare un taxi.
-La meteo deve essere proprio contro di me, stasera.- borbottai quando finalmente l’autobus rosso a due piani arrivò, e schivando ragazzini imbronciati e madri stanche riuscimmo a trovare due posti liberi.
-Ha reso tutto più divertente, però.- replicò Ryan che sorrideva pacifico accanto a me e guardava fuori dal finestrino.
-Potrei mollare il mio lavoro e diventare uno di quei comici isterici, che ne dici?-
-Mh… nah. Altrimenti saresti sempre in tour e non ti vedrei mai.-
Mi ci volle un enorme sforzo per non arrossire sul colpo e fare finta di niente.
Mi sentivo strano. Amavo le lusinghe anche se non lo davo a vedere, ma non riuscivo a capire perché in quel momento fossi tanto a disagio, e non era solo per via dell’imbarazzo, c’era decisamente qualcosa che non andava.
Quando arrivammo a casa il cuore mi batteva inspiegabilmente a mille e non accennavo a darmi una calmata, riuscivo solo a blaterare frasi sconnesse fuori luogo che non c’entravano niente, ma lui non sembrava farci caso.
-Non riesco a capire se la serata ti sia piaciuta o no.- disse improvvisamente mentre aspettavamo l’ascensore che, ironia della sorte, era bloccato da un’eternità al sesto piano per chissà quale motivo.
-S-Sì, certo che mi è piaciuta!- risposi alla svelta, anche se a dirla tutta ero talmente agitato da non ricordarmene nemmeno la metà.
“Calmati, per Dio!”  imprecai mordendomi l’interno della guancia fino a farmela andare a sangue.
Arrivò l’ascensore.
-Il finale devo dire che non me l’aspettavo.- continuava a parlare come se niente fosse, e io avevo il terrore di cosa sarebbe potuto succedere quando saremmo arrivati al quarto piano e avremmo dovuto salutarci.
-Già…- dissi stringendo convulsamente i pugni.  
-Sono davvero contento, credevo che non avrei mai visto giorni in cui sarei riuscito ad uscire di nuovo, mi sentivo così solo in questa città enorme.-
-So cosa provi.- rispondevo quasi a monosillabi, la mascella mi si era praticamente bloccata del tutto.
Quarto piano.
-Beh… allora non mi resta che ringraziarti per la serata. Significava molto per me.- disse arrossendo leggermente mentre lo diceva.
-Fi…figurati. Scusa, io… non sono del tutto in me, forse sono troppo stanco.- dissi costringendomi a pensare che di li a poco sarebbe tutto finito.
Eravamo ancora vicini, troppo vicini, e lui non si decideva ad uscire da quel dannato ascensore nonostante la porta fosse aperta da quella che mi sembrava un’eternità.
-Ti andrebbe se lo rifacessimo?- chiese guardandomi speranzoso, sempre più vicino.
-S-sì…- 
No.
No.
NO!
-Bene, perfetto!- disse lui a voce bassa.
Avevo i suoi occhi verdissimi davanti, e vedevo che si avvicinavano ancora.
Coraggio, Mello! Era arrivato il tuo momento! Potevo avere una possibilità di cancellare tutto il passato e ricominciare a rivivere una vita normale, riuscendo a provare dei sentimenti e venire ricambiato. Essere felice! Addio alla mia esistenza solitaria.
“Non fare il coniglio!” urlò una voce dentro di me, e con orrore constatai che non era la mia. Era una voce che conoscevo fin troppo bene, e anche se mi stava incitando ad andare avanti la sua sola presenza all’interno della mia testa mi diceva che c’era qualcosa di terribilmente sbagliato.
Sperai che fosse solo una mia fissazione, lo sperai fino all’ultimo… ma quando potei sentire quasi il respiro di Ryan sul mio viso fu troppo.
Mello il corazzato andò k.o.
Mello il piccolo ragazzino complessato uscì.
-Non posso!- rotolò fuori dalla mia bocca come un sospiro liberatorio...anzi no, lo urlai letteralmente! Tanto da far indietreggiare Ryan di colpo colto alla sprovvista.
Ansimavo visibilmente, mi sentivo ribollire come se avessi la febbre e notai che le mie mani tremavano quando le alzai per ficcarmele nei capelli. –Io…io… scusami…scusami davvero!- iniziai a farfugliare totalmente sperduto, sentendomi prossimo alle lacrime.
-Ehi, ehi! Stai male?- disse Ryan guardandomi visibilmente preoccupato.
-Io non…non lo so. Però non posso, davvero non posso!- continuavo a ripetere con quella voce che mi rimbombava in ogni angolo della testa.
Non riuscivo a respirare, sentivo i polmoni pesanti come due incudini e la gola mi era diventata stretta come una cannuccia da cocktail. Pochi istanti dopo mi assalì anche una nausea improvvisa e tutto prese a girare leggermente.
-Aspetta, è meglio che usciamo dall’ascensore, credo che tu stia avendo un attacco di panico o qualcosa di simile.- disse Ryan cercando di mantenere la calma e prendendomi delicatamente per un braccio invitandomi ad uscire.
Oh…già. Ecco cosa doveva essere, un attacco di panico! Ne avevo già avuto quando lui se ne era andato, me lo ricordavo. E anche stavolta la colpa non poteva essere che sua. 
Continuavo a ripetere a disco rotto quanto mi dispiacesse perdendo il controllo della mia bocca, potevo star recitando un salmo in ucraino, non riuscivo a capire nemmeno io cosa stessi dicendo.
-Ok, non sono un genio per queste cose ma devi cercare di calmarti. Cerca di fare dei respiri profondi e… non so, fai qualunque cosa ti possa far calmare. Fai come se non ci fossi.- disse Ryan che cercava di apparire tranquillo per non farmi peggiorare, anche se si vedeva lontano un miglio quanto fosse nervoso.
L’unica cosa confortante fu sedermi di botto in mezzo al corridoio, sul marmo freddo che mi aiutò a tornare lucido. Mi ci vollero almeno cinque o sei infiniti minuti di respiri affannosi prima che mi calmassi abbastanza da parlare normalmente.
-Ok, ce la posso fare.- sussurrai tutto d’un fiato come se mi fosse appena costato uno sforzo sovrumano.
-Cosa ti è successo? Cioè… non nel senso della parola, insomma, hai capito.- chiese Ryan che nel frattempo si era seduto accanto a me in silenzio fissandomi in pensiero. –Oh! Se ti va di dirlo ovviamente! Non vorrei farti stare peggio.- farfugliò.
Per qualche istante soppesa la possibilità di fare finta di niente e inventare qualche scusa idiota per defilarmi velocemente, però in fin dei conti Ryan era stato carino con me, non aveva colpe. Doveva essersi preso anche lui un bello spavento nel vedermi crollare così, e forse si sentiva pienamente responsabile. No, non volevo che si sentisse addosso tutto il peso del mio attacco isterico.
-Beh… hai qualche minuto di tempo per sentire una storia altamente patetica?- dissi lentamente sentendo come una diga che stava per essere aperta.
-Certo.- rispose lui abbastanza sorpreso, ma comunque lo vidi aprire le orecchie e farsi attento.
Fu così che iniziai dal principio. Gli raccontai tutto, da quel fatidico primo giorno di scuola dove incontrai quella testa rossa di Matt, di tutto quello che successe dopo. Raccontai anche delle mille idiozie fatte insieme a Ryuk, Light e Ryuzaki, fino alla fatidica partenza di Matt e subito dopo della mia. A inframezzo aggiungevo dei particolari totalmente inutili ma che ero incapace di omettere semplicemente perché per me erano i frammenti più belli e sigificativi che avessi avuto, ricordavo perfettamente le sensazioni che avevo provato in quei momenti, cose che prima di allora mi ero rigidamente sforzato di tenere rinchiuse in un baule in fondo alla mia mente per evitare che mi facessero male. Sì, forse Ryan mi guardò un po’ storto quando gli raccontai perfino della volta in cui Ryuzaki per cercare di convincermi a studiare matematica si era ingegnato nel nascondere dei pezzi di cioccolata in una piccola cassaforte per bambini mettendo come codice l’apertura il risultato di alcuni lunghissimi ed estenuanti calcoli, e io come soluzione avevo tentato di investire la suddetta cassaforte con il tosaerba, in piena crisi d’astinenza da cacao.
Più volte fui anche sul punto di piangere, ma appena un nuovo ricordo si faceva spazio nella mia testa dimenticavo quella brutta sensazione e andavo avanti.
-E quando ero sull’aereo per venire qui, mi vergogno a dirlo, non avevo fatto altro che ascoltare solo e unicamente quella canzone che Matt mi aveva fatto sentire in camera sua.-
-Ah, aspetta… Break In degli Halestorm, vero?- disse Ryan cercando di fare mente locale.
-Esatto! Riesci a crederci? Ore e ore finché non mi si era scaricata la batteria dell’i-pod. E ancora adesso se mi capita raramente di sentirla mi sento… non so. È una cosa così stupida…-
-No, invece non lo é.- rispose lui –Fa tutto parte di un ricordo che ti ha cambiato sia dentro che fuori.-
-Però non è normale che dopo tutto questo tempo mi succedano ancora queste cose.- borbottai appoggiando il mento alle ginocchia.
-Purtroppo in questo caso posso solo provare ad immaginare cosa si provi. Io non sono ancora stato perdutamente innamorato di qualcuno.- arrossì violentemente –È che tu mi piaci davvero, però… dopo quello che mi hai raccontato non credo che potrò mai essere all’altezza di questo Matt per te.- da un lato vedevo quanto fosse dispiaciuto, però intravedevo anche comprensione. Forse ero davvero riuscito ad esprimermi bene per una volta tanto,  e fargli capire come mi sentissi davvero.
-Mi dispiace davvero. Vorrei poterti dire che col tempo potrebbe migliorare, ma non credo che ormai ci siano molte speranze che io cambi idea. Lo so che è stupido pensare che io mi voglia rovinare l’intera vita per un’unica vicenda, ma in fondo credo mi vada bene così, e non voglio rischiare di rovinare l’esistenza a qualcun altro come lui ha fatto con me.-
Ryan sorrise.
-Non ti preoccupare, lo capisco.- fece una breve pausa –Però grazie a questo ho capito che in fondo sei una bella persona, capace di provare dei veri sentimenti. Ti devo confessare che in un certo senso vorrei imparare anch’io ad essere sensibile quanto te, a volte le mie azioni mi fanno sembrare un vero stronzo, mi è già capitato. Tu invece non riesci proprio a farti odiare da nessuno. Scommetto che anche i tuoi dipendenti, per quanto tu li strapazzi, non ti vedano come l’orco cattivo.-
-Tu dici?- chiesi abbastanza spaesato, nessuno mi aveva mai detto una cosa simile.
-Certo! E non credere che io inizi ad odiarti perché mi hai respinto. Probabilmente me ne farò una ragione, ma spero comunque di rimanere in buoni rapporti con te.-
Trovai il coraggio di sorridere anch’io, e quando mi sembrò più appropriato farlo mi alzai lentamente in piedi.
-Grazie di tutto, davvero.- dissi sinceramente riconoscente per quella chiacchierata.
-Figurati. Se avessi bisogno di un qualsiasi aiuto sai dove trovarmi.-
Ci salutammo senza ulteriori giri di parole e mi diressi verso l’ascensore con il cuore decisamente più leggero, come se quella chiacchierata fosse stata un sonnellino ristoratore.
Non avevo calcolato di ritrovarmi Rox che mi saltò addosso piombando fuori dal suo appartamento appena sentì il rumore delle mie chiavi.
-ALLORA?- urlò saltellando istericamente con le sue pantofole a unicorno che perdevano lustrini ovunque –Avete parlato? Vi siete divertiti? Ti ha offerto una cena? Ti ha aperto la porta? Vi fidanzerete presto?- blaterava trascinandomi verso casa sua.
-Vuoi smetterla di sniffare coriandoli quando non ci sono?!- sbraitai quando finalmente mi lasciò andare.
Si bloccò e mi squadrò da capo a piedi.
-Non è successo niente, vero?-
-No… cioè, sì.- farfugliai non sapendo da dove iniziare.
-COSA?!- tuonò lei talmente acuta da sembrare un fischietto per i cani.
Gli spiegai quello che era appena successo, e mentre andavo avanti ebbi un brivido nel notare l’inespressività di Rox. Non stava commentando niente, e non era mai un buon segno quando non lo faceva. Quando terminai sembrava furente.
-Beh? C’è, c’è?- dissi guardandola spaesato, senza riuscire a capire cosa avessi potuto dire per averla fatta arrabbiare.
Rox storse il naso e incrociò le braccia.
-Sai, non credevo tu potessi essere così idiota da poter rovinare l’unica possibilità perfetta per poter vivere finalmente felice.- disse a denti stretti. –Credi davvero che Matt possa tornare un giorno?-
-Non ho mai detto questo.- risposi non capendo dove volesse arrivare.
-SVEGLIATI!- urlò improvvisamente allargando le braccia –Tu lo stai credendo eccome! È per quello che respingi sempre tutti, anche un ragazzo perfetto come Ryan! Devi capire che non puoi sperare di ritrovare Matt o il suo sosia perfetto sotto ogni punto di vista, perché è questo che hai cercato per tutto questo tempo. Hai dato una possibilità a Ryan solo perché fisicamente gli somiglia, e ho davvero sperato che questa volta potesse andare bene. Ma tu devi sempre trovare il pelo nell’uovo e ritirarti all’ultimo.- disse fuori di se.
-Stai dicendo solo un mucchio di stronzate!- iniziai ad urlare anch’io, andando direttamente sulla difensiva –E poi anche se fosse? Anche tu continui a ripensare al tuo ex ed ogni occasione, se davvero la tua teoria fosse giusta non avresti il diritto di aprir bocca.-
-Pensi davvero che se incontrassi una persona molto migliore di lui e in grado di farmi diventare felice lo respingerei solo perché non gli somiglia?- ribatté prontamente –Io sto cercando davvero di aiutarti in tutti i modi, tu stesso mi hai chiesto più volte di farlo, e allora perché alla fine neghi sempre le possibilità che ti si danno?-
Sentii la collera montare, forse perché dentro di me sapevo che le sue accuse erano fondate, ma non potevo sopportare di sentirmele gridare in faccia in quel modo mirando al mio orgoglio, era purtroppo un riflesso incondizionato che era diventato parte di me.
-Beh, la sai una cosa? Mi sono stufato sentirmi la tua bambolina, sono stanco di vedere i tuoi tentativi di abbinarmi a qualcuno che piacerà forse a te ma che non piace a me.-
-Io non ho mai fatto una cosa simile! Non ti ho mai obbligato ad uscire con qualcuno, l’ultima decisione spetta sempre a te. Mi credi davvero così meschina?- sbraitò visibilmente offesa dalle mie parole.
Lo sapevo… sapevo di essere nel torto più profondo, ma non avrei mai e poi mai voluto ammetterlo, non con tutta quella rabbia in corpo. Feci così l’unica cosa che sapevo fare.
-Continua a pensarla come vuoi, io intanto me ne andrò da qualche parte dove sapranno apprezzare e rispettare le mie scelte.- tagliai corto per poi voltarmi e puntare direttamente alla porta, infuriato e allo stesso tempo impaurito di poter sentire qualunque altra parola da Rox che mi avrebbe fatto vacillare.
Sbattei la porta alle mie spalle e mi diressi verso l’ascensore, non potevo sopportare di rimanere chiuso in casa con tutta quella umiliazione in corpo.
Rox mi aveva sempre trattato con rispetto, non si era mai permessa di dirmi cose del genere, e sapevo perfettamente che se l’aveva fatto era per il mio bene, per farmi reagire. Ero semplicemente troppo arrabbiato più con me stesso, incapace di dirmi da solo quelle parole e non riuscendo a trovarle giuste quando me le aveva dette lei per puro orgoglio.
 
Camminavo senza una meta precisa, sapevo solo che faceva un gran freddo e tra poco il mio ombrello avrebbe ceduto sotto il peso della neve che si era accumulata. Volevo solo trovare un posto dove nessuno mi dicesse che ero un cretino, o qualunque altra cosa. Avevo preso la metro finché non ero arrivato a Westminster, ed ora mi ritrovavo a vagare in posti che forse prima non avevo nemmeno esplorato in quella grande città. Mi sembrava di essere tornato a sette anni prima, la prima notte in cui ero arrivato in quel posto: anche se quella volta sapevo di dovermi affrettare ad entrare nel primo albergo a caso per passare la notte e il giorno dopo iniziare a cercare un appartamento avevo lo stesso vagato per quel posto, come se stessi cercando qualcosa che però non esisteva. Quanto avevo sperato che d’un tratto dal nulla spuntassero quei capelli rossi… e lo speravo ancora adesso, da bravo idiota quale ero.
Sentii qualche lacrima rigarmi le guance e me le asciugai con gesto nervoso.
Non dovevo piangere, cazzo!
Mi ritrovai a fissare il cielo grigio scuro che rifletteva tutte le luci della città, e la neve che non voleva smettere di cadere, quasi come se facesse apposta a rallentarmi. In fin dei conti, però, non avevo nessuna fretta, dove stavo andando? L’idea di tornare a casa mi faceva venire la nausea, non avevo il coraggio di riaffrontare Rox.
Perché? Perché non potevo fare a meno di ripensare a lui, quando probabilmente era diventato un uomo totalmente diverso, che magari non avrei nemmeno riconosciuto se mi fosse passato da parte? No… io l’avrei riconosciuto, ma lui non avrebbe fatto altrettanto con me.
Rallenatai la camminata finché non mi fermai completamente, vicino all’entrata di un parco. Guardai dall’altra parte della strada, disturbato dal vociare di un gruppetto di ragazzi che usciva da un hotel. Provai invidia per loro, dovevano essere i tipici amici che decidevano di fare una vacanza insieme, senza problemi, pensando che quella fosse una città meravigliosa, dove tutti erano felici.
Non era vero, e nessun posto avrebbe potuto rendermi felice, ero intrappolato. Avevo l’intenzione di voltarmi, entrare nel parco e sedermi su una panchina ad aspettare che facesse giorno, facendo scommesse con qualche barbone su chi si sarebbe congelato prima…
Ma poi… inspiegabilmente…
Guardai un’ultima volta, una sola, e fu allora che vidi qualcosa che prima non avevo notato in quel gruppetto, qualcosa che mi fece tornare indietro… molto indietro. Prima mi sembrò solo una sensazione, ma lentamente si trasformò in qualcosa di concreto. Qualcosa che… era davvero davanti a me.
Sentivo la sua risata limpida, una bella voce femminile. Mi accorsi dei lunghi capelli che uscivano da sotto alla cuffia.
Rosso fuoco.
Poteva essere una qualunque ragazza vista dal dietro, ma qualcosa forse nei suoi gesti mi catturò, e restai a fissarla finché non si voltò e la vidi in volto.
No…
Mi sembrò quasi irreale, era come se una fotografia o qualcosa di intangibile diventasse reale di colpo. Il cuore perse un battito mentre mi accertavo che fosse tutto reale.
E lo era.
-Danielle…-




Ed eccoci qui ** Questo capitolo é stato un vero parto, non ero mai soddisfatta, e poi ero emozionata per l'apparizione della mia Danielle *___* (NdMello: Ok, avete ufficialmente perso l'autrice -___-)
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, ci ho messo sudore e sangue, sappiatelo è___é 
Come sempre ringrazio tutti i miei lettori, chi ha inserito questa ff nei preferiti o nei seguiti e soprattutto per chi ha recensito^^ grazie mille a tutti, siete tantissimiii! Davvero non avete idea ç___ç
Prometto che nel prossimo capitolo aggiungerò un qualche extra siccome é da parecchio che non lo faccio, mi farò perdonare u___u
Restate sintonizzati e abbiate un po' di pazienza come al solito, sappiate che vi amo tutti **
Ciauuuuuu :3

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Hello a tuttiiiiiiii!!!!! >___________< 
Sì, lo so benissimo, avete tutto il diritto di linciarmi sedutastante per essere stata assente così tanto tempo nonostante vi avessi promesso che non l'avrei mai più rifatto, ma ho una buona scusa, lo giuro! 
Purtroppo, siccome le mie ricerche quasi inutili di trovare un buon lavoro non hanno portato risultati in questo ultimo periodo sono stata impegnata in una impresa per me mooooolto ardua. TORNARE A SCUOLA!
Ebbene sì, sono di nuovo una studentella ahimé u.u' ma non una scuola normale, bensì una di sartoria, cosa che mi tiene comunque lontana da qualunque computer salvo rare occasioni, e la sera giungo a casa distrutta e con qualche ago conficcato nelle dita u_____u''''' 
Mi scuso in anticipo per altri futuri ritardi, spero di evitarli ma non riesco a promettere niente, l'unica cosa che posso assicurarvi é che questa ff é comunque in lavorazione, quindi continuate a gettare un occhio alla mia pagina e siate misericordiosi ç__ç
Ehm... direi che possiamo chiudere questa patetica introduzione personale e vi lascio alla lettura del capitolo, e siamo arrivati miracolosamente a 10 *____* wuuuuhuuuuu!
Buona lettura  ^^




Capitolo 10:
 
 
Non stavo per niente sognando, di quello ne ero certo, in un sogno non poteva fare un freddo così fottuto, eppure la visione che avevo davanti sembrava a dir poco irreale. Esprimeva familiarità, quella sensazione di calore come quando raccontavo qualche avventura passata, ma allo stesso tempo era come se un personaggio della tv fosse appena saltato fuori dallo schermo, qualcosa che ormai mi ero prefissato di non poter mai e poi mai vedere dal vivo.
Prima ancora che il mio cervello si mettesse in moto, prima ancora di capire se sarei risultato un perfetto idiota, prima ancora che la mia coscienza mi dicesse di entrare nel parco e fare finta di niente, le mie gambe erano partite in automatico, camminando sempre  più veloce fino a correre, attraversando la strada. Mi stavo avvicinando ma tutto d’un tratto mi mancava il respiro, avevo paura che ricordando il passato sarei stato male di nuovo, ma dovevo farcela.
-Danielle…- sussurrai con una voce che non pareva nemmeno la mia, ma loro se ne stavano andando senza neanche avermi notato.
Forse era un segno che non mi sentissero, dovevo ritirarmi nell’ombra e fare finta che non fosse mai successo nulla.
No, no, no!
NO!
-Danielle!- dissi finalmente a voce alta in un impeto di coraggio che partì dal profondo della mia gola, e stavolta mi sentirono, eccome se mi sentirono! Un paio del gruppo si voltarono verso di me, ma lei si girò di scatto dalla parte opposta come per non farsi vedere. Riconoscevo anche gli altri, erano i membri dei Chronic Freaks.
Ma certo! Erano li per una delle tappe del loro tour, e io nemmeno mi ero reso conto che il tempo era volato.
Non appena mi videro meglio iniziarono a camminare veloci.
-Ehi… ehi! Aspetta un attimo, Danielle!- iniziai ad urlare letteralmente, non facendo caso alla voce stridula che avevo per l’agitazione.
Vidi due uomini del gruppo, abbastanza grossi, stagliarsi davanti a me come una barriera. Due Bodyguard? Oddio… credevano fossi un fan! No, no, non poteva succedere!
-Un attimo! Fermatevi! Porca puttana, fermatevi!- iniziai ad urlare in preda alla disperazione, era come se quel momento caldo e di familiarità che avevo provato qualche istante prima mi stesse scivolando via dalle dita. Avevo perso tutta la calma e la compostezza che negli anni mi ero guadagnato grazie al lavoro, ero tornato un inutile ragazzino piagnucolone che come unico modo per farsi notare usava parolacce e crisi isteriche.
Mi scontrai contro ai due bodyguard iniziando a divincolarmi e tentando di superarli. Continuavo ad urlare il suo nome e qualche altro insulto, pronto ad usare anche le unghie e i denti per riuscire a raggiungerla.
Non potevo lasciarla andare, non potevo fare finta di niente, era un segno del destino e non dovevo sprecarlo così miseramente.
-Amico, domani c’è la sessione di autografi, aspetta fino a li per vederli come fanno tutti, ok?- disse uno dei due che mi stavano trattenendo.
-No! Non capite, io sono suo amico! DANIELLE!- urlai di nuovo mentre vedevo la sua schiena sempre più lontana.
-Sì, dicono tutti così.- commentò l’altro con un sorrisetto.
A quel punto esplosi, sentii anche gli ultimi bricioli di dignità abbandonarmi. Nessuno poteva permettersi di prendersi gioco di me o non prendermi sul serio. NESSUNO.
-Brutti coglioni pompati d’elio scadente, lasciatemi! Vi dico che la conosco sul serio, parlate la mia stessa lingua oppure siete così ignoranti?! EH?! VE LO DICO IO DOVE POTETE FICCARVI QUEGLI AURICOLARI OSCENI! CHE UNO SHINIGAMI VI FULMINI, STRONZI!-
Quando per la disperazione stavo per rimettermi a piangere (due volte in un giorno, non ero un bel risultato), completamente sfinito, la vidi fermarsi. Si voltò cautamente tenendo mezza faccia coperta dalla sua sciarpa, vedevo solo i suoi occhi puntati su di me, dapprima sospettosi, ma che poi lentamente gradarono sul sorpreso e lo spaesato. Tornò indietro sui suoi passi finchè non fu a pochi metri da me. Ora anche i bodyguard mi avevano lasciato andare, e io senza più nessun sostegno mi ero ritrovato in ginocchiato sul marciapiede.
Era sempre lei eppure era cambiata tantissimo: ogni sprazzo di adolescenza l’aveva abbandonata, ora era una donna ancora più stupenda di prima, bastava guardarla per riuscire a sentire l’energia e la forza che emanava, una di quelle persone che sicuramente non erano nate per rimanere nell’ombra.
Restammo a fissarci imbambolati… oh cristo, mi ero totalmente dimenticato che avrebbe anche potuto non riconoscermi, anzi, sicuramente doveva essere così. Stavo già pensando a come cercare di farle capire chi fossi, sperando che la cosa potesse ancora importarle dopo tutto quel tempo, ma non fu necesario.
Vidi le sue sopracciglia inarcarsi, e dalle sue labbra uscì l’ultima parola che mi sarei aspettata di sentire.
-Mello?-
L’aveva detto davvero, vedevo ancora la nuvoletta di condensa che era uscita dalla sua bocca.
Si avvicinò ulteriormente per vedermi meglio.
-Sì… sì!- dissi con un filo di voce da tanto ero terrorizzato, sentivo di stare tremando, ma non per il freddo.
Si abbassò anche lei alla mia altezza, e dopo qualche istante si portò una mano alla bocca, gli occhi le si fecero lucidi all’istante.
Rimanemmo in quella posizione per un tempo che mi sembrò essere infinito.
-Cristo santo… MELLO!- urlò lanciandosi in avanti e gettandomi le braccia al collo facendomi prendere un mezzo infarto.
Nonostante in quel momento stessi pensando di non avere mai avuto un grande feeling con lei, anzi, per un periodo ero arrivato ad odiarla ciecamente quando la credevo mia “rivale in amore”, ricambiai quell’abbraccio come se fosse stata mia sorella.
-Non sai quanto sono felice di vederti.- dissi istantaneamente, mandando a fanculo anche la mia anima fredda e calcolata.
-Oh piccolo! non dirlo a me!- si allontanò per guardarmi meglio. –Sei davvero tu? Sei… diventato… così grande.- disse con un sorriso asciugandosi una lacrimuccia.
Sorrisi automaticamente anch’io.
-Invece tu non sei cambiata, o… forse sì, sarà perché ti vedo sempre alla TV.- risposi imbarazzato.
-Bah, ti prego non me ne parlare, a queste cose non mi ci sono mai abituata.- borbottò rabbrividendo.
-Dani, non so cosa stia succedendo ma dobbiamo andare o faremo aspettare tutti.- disse uno degli addetti alla sicurezza spezzando quel momento perfetto.
Mi ci volle qualche secondo per rendermi conto che il resto dei Chronic Freaks ci guardava abbastanza basiti.
-Ah… scusate.- farfugliai arrossendo violentemente –Ecco… posso lasciarti il mio numero o il mio indirizzo per sentirci, e…- non riuscii a finire la frase che Danielle si era già rialzata prendendomi per un braccio.
-Non se ne parla nemmeno, tu vieni con me.- disse con un tono che non ammetteva repliche.
-Eh? D…dove?- la guardai allibito mentre la vedevo puntare dritta verso un bus di quelli che si vedevano nelle tournee di varie band, parcheggiato poco più avanti.
-Hai da fare ora?-
-Beh…n-no.-
-Perfetto, allora non hai scuse!-
Le uniche cose che riuscì a dirmi in seguito Danielle furono che stavamo andando al Koko Club per il concerto di quella sera, e che erano anche in stra ritardo, in più mi disse di non preoccuparmi, mi avrebbe affibbiato due bodyguard personali, per il resto si perse in gorgheggi per scaldare la voce e insulti vari tra i componenti della band. Io rimasi nel mio cantuccio guardandoli allibito, pensando che forse avrebbero anche potuto rapirmi, portarmi in Russia e svendermi in qualche Love Hotel, poi però lentamente distinsi la strada e constatai che stavamo andando veramente al Koko Club, ci ero stato una volta o due. Ancora prima che potessi iniziare a farmi domande mi ritrovai inseguito perennemente da due omoni che sembravano essere usciti dallo stesso stampo dei bodyguard che mi avevano trattenuto in strada, mentre sentivo distintamente la folla urlante che stava entrando lentamente nell’edificio.
Danielle mi guardò, attorniata da truccatrici e parrucchiere, mi ero accorto solo allora che sotto al cappotto indossava già gli abiti di scena.
-Scusami Mello, non volevo sequestrarti ma non volevo perderti chissà dove, questa città è veramente enorme e non staremo qui per molto.- disse compiendo qualche smorfia mentre una ragazza alta un metro e un tappo di bottiglia gli stringeva l’imponente massa di capelli in una strettissima coda di cavallo.
-Figurati…- dissi abbastanza perplesso. –Ma… ora che faccio? Mi scortano in prima fila o qualcosa del genere?-
Lei mi guardò con un sorriso sghembo.
-Certo che no.- si voltò verso una serie di teloni dove nel mezzo si intravedevano passare mille luci colorate e alcuni operatori sbirciavano dall’altra parte. –Tu ti metti comodo lassù.-
-C…cosa?!- strillai preso dal panico.
In quel momento le luci di fuori si spensero completamente e le urla divennero un boato unico, facendomi venire i brividi.
Danielle mi prese di nuovo per un braccio e mi guidò verso quella che avevo capito essere l’entrata per il palco.
-Mettiti comodo e stai a vedere, prometto che ti divertirai.- mi strinse la mano affettuosamente prima di voltarsi e lanciarsi sul palco mentre il tripudio di luci si riaccendevano come in un’esplosione.
Mi sentii male al posto suo mentre vedevo tutta quella gente andare in visibilio appena era entrata in scena accompagnata dalla musica a livelli improponibili. Come cristo faceva ad essere così tranquilla e a suo agio in tutto quel chaos?! Io al posto suo sarei letteralmente morto di arresto cardiaco per l’emozione.
Poi però lentamente iniziai a capirla. Una volta fatta l’abitudine probabilmente quel momento doveva essere appagante come nessun’altra cosa al mondo.
Non avevo mai visto un concerto dietro alle quinte, e ora potevo vagamente sapere come si sentivano gli artisti nel vedere tutta quella massa di gente cantare le loro canzoni e urlare ad ogni loro minima mossa. Ti faceva sentire… come… come se si stesse mangiando la cioccolata migliore del mondo.
Oltre a me c’erano anche un paio di altre persone che avevano avuto il privilegio di vedere il concerto da quella prospettiva, e tra tutti vidi una cresta blu familiare che si stava avvicinando. Il ragazzo mi si accostò con il fiatone guardando anche lui verso il palco.
Zack, il ragazzo di Danielle.
-Fiu! Ce l’ho fatta per un pelo! È inziato adesso, vero?- mi chiese lanciandomi dapprima un’occhiata di sbieco, poi strabuzzò gli occhi.
-E tu chi ti sei lavorato per trovarti qui?- chiese con un sorriso sornione –Sei uno dei boys di Hiro, eh?-
Spalancai la bocca arrossendo oltre la punta dei capelli mentre la visione dell’androgino chitarrista dei Chronic Freaks mi passava davanti agli occhi in una posa parecchio osé con la camicia leggermente sbottonata e lo sguardo languido.
-Ehm… a dire il vero… la tua ragazza mi ha trascinato qui.- dissi convinto di avere una goccia enorme sulla fronte sperando non capisse male e non mi spaccasse la testa all’istante.
Mi guardò corrucciando le sopracciglia e mi scandagliò da cima a fondo per poi strozzarsi probabilmente con la sua stessa saliva.
-Cos…Mello?!-
-Ehi, Zack.- dissi abbastanza in imbarazzo (non pensavo che dopo tutti quegli anni, la fama e tutto il resto lui e Danielle stessero ancora insieme).
-Amico, da dove sei piovuto?- disse dandomi una rapida serie di poderose pacche sulla schiena rischiando di farmi cadere diretto sul palco.
-Diciamo piuttosto che siete stati voi a piovermi addosso.- risposi grattandomi la testa.
Lui scoppiò in una fragorosa risata che per un attimo mi assordò più dei bassi allucinanti.
A quel punto mi sentivo decisamente meglio, almeno conoscevo qualcuno li dietro oltre a Danielle che mi aveva abbandonato li come uno stoccafisso. Potei godermi al meglio il concerto, per la prima volta mi piacque vedere un live, forse perché non ero strizzato in mezzo a tutta la gente e riuscivo a vedere tutto, non solo delle teste da lontano a intermittenza.
Il concerto proseguì per quasi due ore, riconobbi con mio grande stupore la maggior parte delle canzoni rendendomi conto, ma per me sembrarono essere passati due minuti, avrei voluto  stare li per sempre. E dire che se avessi deciso di fare finta di niente e andarmene in quel parco non avrei mai visto niente di simile. Per una volta tuffarsi nel passato mi aveva fatto più che bene.
E ancora non potevo immaginare quanto.
 
-Assurdo! Quindi è qui che sei stato tutto questo tempo! Credevo stessi girando il mondo o qualcosa di simile.- disse Danielle appoggiando l’ennesimo boccale di birra vuoto sul tavolo.
-Nah, ti pare che io sia una persona da zaino in spalla?- risposi facendo un gesto di stizza con la mano.
Fummo interrotti da un nuovo assalto di Ryuk che si era lanciato forse per la triliardesima volta a strizzare Danielle in un abbraccio ossuto.
-Wiiiiiii, io non ci credo ancoraaa!- strillò facendo sfregaguancia con lei rischiando probabilmente di scarparle via la pelle.
-Neanch’io, pastrocchietto!- rispose lei con altrettanto entusiasmo; avevo dimenticato perfino che i due fossero amici del cuore fin da piccoli, avrei forse dovuto calcolarlo prima di dire a Danielle che anche Ryuk era li e proporre di andare a bere al suo pub. Facendo questo era stato praticamente impossibile far passare inosservata la presenza dei Chronic Freaks nel pub (benedissi i bodyguard che ci facevano praticamente da paravento con le loro spallone), ora praticamente tutta Camden Town lo sapeva.
-Eeeeh? E quindi adesso sei un pezzo grosso della moda?!- strillò ancora di più Danielle dopo averle raccontato cosa avevo fatto in quegli anni.
-Qualcosa del genere.- risposi nascondendomi il più possibile e cercando di non diventare viola.
-Allora voglio assolutamente lavorare con te! Mi hanno proposto una collaborazione con una linea di makeup ma sono tutti dei totali imbecilli, sicuramente puoi fare un lavoro miliardi di volte più bello!-
-Ma se non hai mai visto nessuno dei miei lavori!- gracchiai sentendo montare il panico.
Se avessi accettato di lavorare per lei avrei dato fuori di matto, avrei voluto che tutto fosse assolutamente perfetto dall’inizio alla fine rischiando di far dimettere tutto il mio staff!
E la cosa mi piaceva immensamente.
-Sciocchezze! Qualunque cosa esca dalla tua testolina bionda è fantastico, hai sempre avuto tante di quelle idee favolose.- picchiò un pugno sul tavolo –Qui bisogna festeggiare! Ryuk, un altro giro! E stavolta che sia qualcosa di pesante!- urlò facendo scattare all’istante lo spaventapasseri che con un sorriso a settantasette denti iniziò a trafficare con varie bottiglie di alcolici con nomi a me sconosciuti.
-Ma non staremo esageran…-
-STRONZATE!- strillò lei nell’impeto di salire in piedi sul tavolo, ma fortunatamente Jeno, il bassista, l’aveva prontamente trattenuta con le sue braccia muscolose.
-Inizio a ringraziare che domani sia domenica.- commentai cercando di non scoppiare a ridere, sentendo già la testa leggera.
-Anche se fosse non avresti cambiato idea.- borbottò esasperato Hiro per poi lanciarmi un’occhiatina maliziosa, una delle tante che mi aveva riservato per tutta la sera.
“Ci mancava Vincent numero 2.” pensai per poi gettarmi sul mio drink per cercare di non pensarci.
-Cin ciiiin!- urlammo tutti insieme.
Di brindisi ce ne furono ancora parecchi, ma già dopo il terzo tutto iniziò a prendere una piega piuttosto sfocata e distorta, tanto che non riuscii più a distinguere chiaramente una persona dall’altra. Sapevo solo che stavo ridendo fino allo sfinimento, non mi sentivo così da tantissimo tempo. Per un attimo mi sembrò di sognare, e mi ero ritrovato in Giappone, in un piccolo bar, a dire idiozie con i miei vecchi amici.
Ed era bello…
Talmente bello da farmi desiderare di rimanere per sempre in quel sogno.
 
Fu difficile capire esattamente cosa mi svegliò il mattino dopo, se una poderosa gomitata che mi arrivò tra le quarta e la quinta vertebra oppure il fracasso assordante del mio cellulare che aveva misteriosamente cambiato suoneria, da un rilassante assolo di pianoforte stile jazz al motivetto metallico vecchio stile di Legend of Zelda.
Rimasi a fissare con un occhio solo il nome “Rox” che lampeggiava sullo schermo, cosa ancora più strana: quando litigavamo non era MAI lei a farsi sentire per prima.
-‘onto…?- fu l’unica cosa che riuscii a dire in quanto la mia testa aveva preso a girare come una giostra nello stesso istante in cui avevo iniziato a formulare un pensiero.
Dall’altra parte la voce di Rox sembrava un martello penumatico arrugginito che si abbatteva sul mio cervello.
-Dove cazzo sei?! Qualcuno è in casa tua, e dal rumore sembra che la stiano svaligiando!- urlò come impazzita.
-Casa mia… COSA?!- mi risvegliai di colpo quando appresi il significato di quello che stava dicendo, ma capii che qualcosa non andava in quello che stava dicendo quando mi accorsi di essere nel mio letto, e di ladri non c’era assolutamente l’ombra. Era anche vero, però, che dal soggiorno sembrava provenissero rumori simili ad un branco di rinoceronti impegnati nel ballo dello schiaccianoci.
-Io sono a casa mia, non c’è nessun ladro! Credo…-
Mi voltai verso l’altro lato del letto appena in tempo per notare una figura muoversi sotto le coperte.
La mia mascella cedette e fui sicuro di aver raggiunto velocemente una rassicurante carnagione grigiastra.
-Ti richiamo io.- furono le uniche parole che riuscii a dire prima di chiudere la chiamata ed abbandonare il telefono.
Chi diavolo avevo portato nel mio letto?! E PERCHÉ?!
Pochi istanti dopo una testa scarmigliata fece capolino da sotto le lenzuola, esibendosi in un portentoso sbadiglio, e con mio estremissimo sollievo in primis notai che era una persona conosciuta, e in secondo luogo era rigorosamente VESTITA.
Danielle, in tutto il suo splendore nella versione postumi della sbornia.
-Oh, god! Questo letto è troppo comodo.- disse prima di rituffarsi tra le coperte con un sorrisetto soddisfatto.
-Ah…ehm…già.- bofonchiai non riuscendo a capacitarmi che quella visione fosse vera –Ok, riassumi brevemente cos’è successo stanotte.- chiesi anche a costo di passare per banale, ma non ne avevo assolutamente la minima idea per davvero, ed era forse meglio iniziare da lì.
-Oh, non preoccuparti, tra non molto inizierai a ricordarti.- rispose lei con noncuranza per poi fissarmi con gli occhi che le brillavano –Non credevo che potessi diventare così con un po’ d’alcol in corpo.-
-Così COME?!- esclamai sentendomi il sangue raggelarmisi nelle vene.
-Eri fantastico, sembravi uno di quei veterani del metal che vedi ai festival germanici intenti a bere da un corno da birra e che insultano tutti spaccando anche qualche sedia!- sembrava divertita ed esaltata oltre ogni dire, e questo mi faceva sempre più paura.
-Io…ho fatto questo?- sussurrai.
-Anche di peggio! Hai quasi preso a pugni un tizio!-
-Cosaaaa?!-
-Non ti ricordi? Quel ragazzo ultra viscido con i capelli che sembravano le orecchie di un cocker spaniel che ad un certo punto non si staccava più da te. Giuro, quando ha cercato di palparti il culo credevo volessi portarlo fuori e farlo investire da un autobus a due piani!-
-Aaaah- tirai un sospiro di sollievo –era solo Vince.-
Ciò non toglieva il fatto che dovevo aver combinato mille e uno casini, e il bello era che non me ne ricordavo neanche mezzo.
Un improvviso tonfo dall’altra parte del muro mi fece ricordare la chiamata di Rox, e scattai in piedi in preda al panico.
-Deduco di avere anche offerto casa mia come after party.-
-Mh, non proprio. Quando hai iniziato a vomitare volevamo portarti a casa, ma Ryuk non riusciva a spiegarcelo quindi ci ha accompagnati fin qui. Dopo che hai divorato forse tre chili di cioccolata ti sei ripreso un minimo e hai ricominciato a sbraitare. Eri talmente divertente che ci siamo fermati nel caso che avessi una ricaduta.-
-Oddio, oddio, oddio… che cosa ho mai fatto.- mi presi la testa tra le mani nella speranza che smettesse di girare ma non c’era niente da fare.
Quando uscii nel corridoio con Danielle alle calcagna che ancora mi stava raccontando qualche particolare della sera prima, oltre al vociare degli altri componenti dei Chronic Freaks, Ryuk e Rem (particolare parecchio inquietante) udii un suono ancora più agghiacciante: la serratura della porta che scattava.
Rox.
-DIO NO!- urlai gettandomi a perdifiato in soggiorno inciampando in Ryuk che si era steso a mo’ di pelle d’orso per terra.
Feci appena in tempo a rialzarmi per vedere Rox fare capolino dalla porta, ancora in veste da casa e con in mano un giornale.
Dapprima il suo sguardo si posò su di me, ed aprì bocca per dire qualcosa (a giudicare dall’espressione dovevano essere insulti), ma qualunque parola le morì in gola quando si accorse chi erano i miei ospiti improvvisati.
Si portò una mano tremante al viso sbirciando attraverso le dita.
-Me’…?- squittì quasi sul punto di svenire.
-Ehm… ti presento i Chronic Freaks.-
Stavo per aggiungere qualcosa, ma mi dimenticai immediatamente quello che volevo dire quando Rox automaticamente alzò il braccio per farmi vedere l’immagine in prima pagina.
Ora eravamo in due ad aver bisogno di una rianimazione urgente.



Aaaaah... i miracoli dell'alcol u___u cosa ci sarà mai sulla prima pagina di quel giornale? Curiosi eeeeeeh? é___è vi toccherà penare un po', ma sappiate che é tuuuuuutto calcolato, BELIEVE ME! *convinta*
So che vi avevo promesso un extra ma per forza di cose sono costretta a rimandarlo al prossimo capitolo (spero XD) vogliate perdonarmi T___T
Spero che continuiate sempre a seguire questa ff, vecchi e nuovi lettori, e ringrazio tutti quelli che hanno letto fino adesso, non avete idea di quanti siete, sono felicissima ** grazie millissime in particolare a quei temerari che hanno donato un po' del loro tempo per una recensione, vi amo immensamente e vi sbaciucchio *^* 
Spero di tornare il più presto possibile, vi ringrazo in anticipo per la vostra pazienza e ricordate... WINTER IS COMING! è___é armatevi di pazienza, miei prodi Stark!
Al prossimo capitoloooooo, ciauuuuuuu *___*

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Ehm ehm... salve a tutti ^__^'' *schiva i consueti oggetti contundenti dai lettori per il mostruoso ritardo*
Ci sono, sono qui, ancora viva e vegeta dopo le feste, e mostruosamente in ritardo u_u' lo si può notare anche dall'ambientazione di questo e dei prossimi capitoli. Pensavo di riuscire a pubblicare pari passo con i tempo reale ma chiedo perdono ancora più di prima, non ce la faccio proprio XD ogni volta mi dico di voler recuperare un po' ma inevitabilmente mi perdo crollando sul divano appena rientro a casa o davanti alla wii u :'D 
Anche se in ritardo voglio augurarvi buon Natale e felice anno nuovo XD (N.d. Mello: Cosa vuoi che serva fare gli auguri in ritardo -___-)
Riprendiamo da dove eravamo rimasti e pregate per me che io possa andare avanti più velocemente a scrivere questa fanfic >___< 
Scherzi a parte chiedo per la milionesima volta scusa per i ritardi, il tempo libero che ho e che posso dedicare alla scrittura ultimamente lo sto dedicando ad un altro progetto, un po' più consistente di una fanfiction, if you know what I mean u___ù 
Vi lascio al capitolo ** Buona letturaaa!


Capitolo 11:
 
 
 
Era difficile riuscire a capire se la cosa che mi sconvolgeva di più fosse la foto che occupava quasi tutta la prima pagina o il titolo a caratteri piuttosto imponenti.
C’eravamo io, Danielle e gli altri componenti del gruppo in piedi sul bancone del pub di Ryuk intenti in un brindisi parecchio aggressivo, e GIURO, mai e poi mai pensavo sarei riuscito ad assumere una espressione così deformata dall’alcol o da qualunque altra cosa avessi trangugiato la sera prima.
Chronic Freaks animano Camden Town con gli amici, linee di trasporto intasate dai fan”
Questo era quello che troneggiava poco sopra alla fotografia.
Prima che potessi dire altro Danielle mi diede una gomitata e mi prese dalle mani in giornale.
-Ah!- esclamò soddisfatta –Questo me lo voglio incorniciare insieme agli altri, è decisamente uno dei migliori.- si avvicinò di più strizzando leggermente gli occhi per leggere –Sentite un po’. “Il Party improvvisato della celebre band giapponese di passaggio a Londra in occasione di una delle date del loro nuovo tour ha animato le strade di Camden Town questa notte. Il gruppo è stato subito avvistato in uno dei pub più in vista del quartiere, i loro festeggiamenti infatti si sono distinti per la loro vivacità, e in un breve lasso di tempo diversi fan hanno sparso la voce della loro presenza all’interno del locale. In men che non si dica una piccola folla di ammiratori e semplici curiosi si è raggruppata riempiendo i marciapiedi e una buona parte della strada principale, causando qualche disagio al traffico. Ulteriori problemi sono sopraggiunti quando la giovane band è uscita all’esterno del pub per spostare i festeggiamenti altrove lasciando vivaci segni del loro passaggio, e dando il via ad una simpatica “parata improvvisata” tra fan e addetti alla sicurezza che si sono messi ad inseguire i loro taxi per le vie della città fino ad orario inoltrato. Le tracce della band si sono poi disperse attorno alle 3.30 di questa mattina in zona Victora Station.”- scoppiò in una risatina come se avesse appena letto una barzelletta particolarmente divertente.
-Tsk, non batte la volta in cui Kenzo ha rotto quella statua a Parigi.- borbottò Hiro dal divano.
-Vero, ma questa foto è la migliore. Guardate la faccia di Mello!- si rivolse di colpo a Rox che fino a quel momento era rimasta muta e assolutamente immobile –Potrei tenerlo, cara? Oh! A proposito, tu devi essere Rox. Scusami, non volevo fare la parte della maleducata. Piacere, io sono Danielle. Mello mi ha parlato di te per tutta la sera!-
-P…piacere.- rispose alle presentazioni con un filo di voce.
Non era decisamente da Rox reagire in quel modo, aveva già incontrato più volte persone di un certo calibro durante viaggi di lavoro, ma con Danielle era diverso. Forse in fin dei conti non era poi così convinta che in passato fossimo stati così tanto amici da potersela ritrovare davanti in carne e ossa un giorno, specialmente non a casa mia, in un ambiente molto più familiare di un ufficio o uno studio fotografico.  E poi… se avesse saputo della presenza di “vips” in casa mia non si sarebbe di sicuro presentata pressoché in pigiama.
-Bene! Chi vuole aggiudicarselo?- annunciò a gran voce Danielle girandosi verso gli altri dando il via ad una sorta di piccola asta.
-Mi spieghi cosa cazzo è successo?- bisbigliò Rox a denti stretti.
Io alzai le spalle sconsolato, e non avevo idea del perché, ma da qualche minuto non riuscivo a togliermi dalla faccia un sorrisetto soddisfatto.
-Quello che c’era scritto. Abbiamo litigato, sono uscito, li ho visti, ho quasi fatto a pugni con un paio di bodyguard per farmi riconoscere, mi hanno portato al loro concerto, siamo andati a trovare Ryuk, e da li…-
-Da li…?!- mi incalzò impaziente.
-Nebbia.- risposi semplicemente con il mio sorrisino da ebete.
-Ti hanno drogato?-
-Oh, no. Mi sento… incredibilmente bene.- nonostante stessi assistendo alla demolizione di casa mia non ero capace di arrabbiarmi, ero pacifico.
-Sì, ti hanno drogato.- concluse lei scuotendo la testa e passandosi una mano tra i capelli scompigliati.
-Nah, fidati di me, sono innoqui.-
-E Rem? Lei da dove esce? É...cosí... Inquietante.- bisbigliò Rox guardandola di sottecchi mentre lei noncurante sfogliava le mie riviste Nintendo spostando le pagine con movimenti che sfioravano il chirurgico per non sgualcirle.
-Credo sia stata inevitabilmente trascinata qui da Ryuk... Se solo potessi ricordare quando é arrivata ieri sera.-
-E se fosse una sorta di maniaca psicopatica che si introduce in casa degli altri?-
-Oh, no! Vi sbagliate!-
Entrambi sobbalzammo accorgendoci solo in quel momento che Ryuk dalla sua postazione era strisciato fino alle nostre spalle.
-L'hai portata tu?-
-Più o meno. Diciamo che quando l'ho vista ho avuto una sorta di collasso, e l'unico modo per tenermi cosciente di modo che indicassi agli altri la via per casa di Mello, perché lui era pressoché allo stadio di un vegetale urlante, era che lei mi stesse accanto guardandomi con quello sguardo disgustato.- spiegò con occhi sognanti -Solo lei può fare quello sguardo.-
Restammo a fissarlo per almeno un minuto buono cercando di capire come potesse essere il mondo visto con gli occhi di Ryuk… e certi particolari meglio che li escluda.
Non feci in tempo a formulare qualche battuta sgradevole perché improvvisamente in mezzo a tutto quel fracasso arrivò una imprecisata voce che catturò l’attenzione di tutti.
-Maaaa… io ho fame!-
 
Non pensavo che quelle uniche tre insignificanti e innocenti parole potessero costituire l'inizio di un chaos mai visto prima, che forse batteva addirittura le serate videogiochi a casa di Matt nei tempi passati.
Nel giro di venti minuti mi toccò telefonare in giusto ordine a: la pizzeria d'asporto in fondo alla strada, il take away thailandese, il take away cinese, il take away messicano, il take away indiano, in tale away giapponese, e in ultimo ma non meno importante la "gran pasticceria dolce panna consegne a domicilio". Il mio salotto era stato letteralmente invaso dal cibo che stava venendo consumato con la grazia di trenta amorevoli iene a digiuno da un mese.
Urla, strilli, pezzi di cibo che volavano, e nel mezzo c’ero io, seduto sul divano a contribuire ulteriormente a quel circo, felice come una pasqua. L’unica che sembrava non capire realmente quello che stava succedendo sembrava Rox… o almeno per i primi dieci minuti. Erano bastate due o tre uscite alla vecchio stile di Danielle e Ryuk coalizzati e l’atmosfera l’aveva già inesorabilmente trascinata nel giro, facendole quasi dimenticare di stare sfoggiando in pubblico le sue fantastiche pantofole-unicorno.
Forse ero così felice proprio perché tutto quel chaos mi ricordava quello di un tempo. Magari era per i volti conosciuti che da troppo tempo non vedevo, forse per le voci familiari o per l’ambiente che si era creato, ma da tempo non mi capitava di sentirmi “a casa”, anche se in tutto l’insieme mancavano gli elementi fondamentali.
Non mi capitava molto spesso di soffrire la mancanza di Light, Ryuzaki e Near (escludendo a priori Matt da quella categoria), avevo sempre la rumorosa compagnia di Rox che colmava il vuoto, e poi sapevo quanto fossero felici quei tre a condurre esperimenti di chissà cosa, peró... In quel momento avrei davvero voluto che fossero li con me.
Proprio mentre ero assorto in quei pensieri e fingevo di ascoltare uno dei resoconti di Kenzo su come aveva distrutto un non si sa cosa nell’ultimo tour, quasi  non mi accorsi della suoneria del mio cellulare.
-Ehi, Mello! Credo che il tuo telefono sia posseduto!- urlò improvvisamente Hiro indicando il colpevole che stava vibrando camminando sul tavolino.
Lo afferrai sperando non fosse qualcuno dall'ufficio che si divertiva a chiamarmi di domenica. Aggrottai la fronte mentre leggevo "Mamma" sullo schermo.
Mi alzai velocemente schivando con un salto Ryuk che stava rotolando sul pavimento per una ragione a me sconosciuta (ma ero convinto che l’espressione omicida di Rem l’avrebbe fatto smettere molto presto) e mi infilai nel corridoio chiudendo la porta a vetri.
-Linea erotica, buonasera?- risposi alla chiamata come sempre in modo molto originale.
-Buongiorno, vorrei parlare con Mihael la zozza, è in linea?- …e se non altro anche le risposte di mia madre non stavano indietro.
Ridacchiai.
-Ciao ma’, come stai?-
-Non c'é male, tesoro. Come si sta nella grande città?- chiese allegramente.
-Al solito. Sempre tutto...- gettai una rapida occhiata al marasma di persone dalla soglia della porta -...frenetico.-
-Tutto normale, insomma.-
Feci una breve pausa mentre Ryuk si Metteva in piedi sul divano lanciando in aria un pezzo di crostatina alle mele cercando di prenderlo al volo in bocca, ma facendo finire inesorabilmente tutto in faccia a Zack.
-Già...normale.- mi schiarii la gola cercando di cambiare argomento -Come mai mi chiami? É successo qualcosa?-
-Oh sí, giusto!- si fece leggermente seria -Senti, ho un problema. Quegli idioti dei miei capi mi vogliono assolutamente a una conferenza in azienda proprio nei giorni tra Natale e Capodanno, e quindi non mi é proprio possibile venire da te.-
-Cosa?! Stai scherzando?- strillai mettendomi una mano tra i capelli.
-Purtroppo no, e non é possibile farmi sostituire, hanno bisogno per forza di me.- rispose dispiaciuta, ma dal tono di voce non sembrava essere troppo preoccupata.
-Uffa! É da tanto che non ci vediamo! Non c'é proprio nessuna soluzione?- chiesi amareggiato.
Era da agosto che non vedevo mia madre e già non vedevo l'ora della cena natalizia insieme a lei e a Rox nel solito ristorante che ci piaceva tanto dove ero già riuscito a prenotare un tavolo perfetto.
-Beh, in effetti un'idea ce l'avrei.- disse fin troppo tranquilla, e la cosa non mi piaceva per niente.
-Sarebbe?-
-E se… questa volta tornassi tu qui a casa?-
La domanda ebbe l'effetto di un fulmine a cielo sereno e per poco non mi soffocai con la mia stessa saliva. Rimasi a boccheggiare per qualche secondo rantolando parole incomprensibili.
-IO tornare A CASA?!- sbottai iniziando a camminare nervosamente avanti e indietro lungo il corridoio -Sei IMPAZZITA?!-
-Oh, adesso piantala di fare il difficile! Ci sei stato per diciotto anni, cosa vuoi che succeda per qualche giorno? Inizio a dubitare che tu ti ricordi ancora com'é fatta questa casa!-
-Adesso sei tu che stai facendo la tragica. In fin dei conti non é da tanto che sono qui... giusto...qualche annetto...-
-Sette anni, caro.-
-Va bene, va bene! É un sacco di tempo, e con questo? Noi ci siamo sempre visti! Cosa pensi? Che quando tornerò le poltrone e i divano si faranno spuntare le braccine e mi stringeranno in un abbraccio coccoloso?- sbottai preso dalla voglia di iniziare a prendere a testate un muro.
-Non dico questo, é solo che tutti in generale sono sempre contenti di tornare nel loro luogo d'origine, a parte te ovviamente.-
-Che vuoi che ti dica? Ormai io sto bene qui, non ho più niente di importante da vedere. Credo che rischierei di impazzire con tutta quella calma ora che sono abituato al chaos di una grande città.- non volevo assolutamente ammettere il vero motivo per il quale non volevo tornare a casa, o mia madre sicuramente mi avrebbe dato una lavata di capo ripetendomi quanto ormai dovessi lasciarmi quel problema alle spalle, bla bla bla...
-E poi... Non posso lasciare Rox da sola, i suoi parenti ormai hanno già prenotato le loro vacanze ai Caraibi pensando che lei passasse le feste con noi. Hai idea di quanto si arrabbierebbe?-
Inutile sperare che mia madre non avesse una risposta pronta a tutto.
-Ovviamente io avevo già calcolato che ti portassi dietro anche lei.- rispose come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
-ROX IN GIAPPONE? Ti é dato di volta il cervello?!-
In quel momento la porta del soggiorno si aprí e Rox mi atterrò quasi in braccio con gli occhi grandi come due padelle.
-SI VA IN GIAPPONE? QUANDO?!- urlò prendendomi per le spalle.
-Aspetta, aspetta! Ne–stavo-solo-discutendo-con-mia-madre-e-e-e!- cercai di tenerla ferma mentre mi scrollava.
-C'é tua madre al telefono?-
Non riuscii nemmeno a vedere la sua mano saettava veloce verso il mio orecchio strappandomi il cellulare dalle dita.
-Ciao Vicky! Ommioddio, da quanto tempo! Come stai? Oh, io benissimo! Ma certo che te lo tengo d'occhio, mangiare sempre come un maiale, non preoccuparti!-
"É finita..." pensai mentre iniziavo a sudare freddo.
-Ma davvero?! Proprio tra Natale e Capodanno? Accidenti, che sfortuna!-
Le balzai davanti cercando di mimare a gesti un "dammi-quel-TELEFONOOOO!", ma fu tutto inutile.
-Come dici? Venire da te? sarebbe una cosa MERAVIGLIOSA! Scherzi? Ho sempre voluto vedere il Giappone!-
- Da quando?!- gracchiai guardandola esterrefatto.
-Shht! Me', non urlare o non sentirò niente!- mi scacciò con un gesto di stizza della mano -Puoi ripetere, scusa? Oh, ma certo, sarebbe una splendida idea.-
A peggiorare ulteriormente la situazione fu Ryuk che apparve di colpo dal soggiorno.
-Anch'io per le feste torno a casa per trovare i parenti!-
Per un attimo ci fu un vuoto dove entrambi lo guardammo come per dire "TU HAI DEI PARENTI?!", ma poco dopo Rox si animò ancora più di prima.
-Allora é deciso! Alla vigilia? perfetto! prenotiamo i voli già stasera.-
Cercai di impadronirmi di nuovo del cellulare ma lei mi tenne fermo piantandomi una mano in faccia per tenermi lontano.
-Un grande abbraccio, ci vediamo presto! Ciaoooo!-
*Click*
Solo a quel punto mi restituí il telefono, e io lo guardai inerme.
-Cos'hai fatto...-
Lei mi piantò addosso uno sguardo sognante.
-Ma come? Non sei elettrizzato dal tornare a casa? IO sicuramente lo sono! Potrai farmi vedere tutte le cose tipiche, il cibo, i templi…- iniziò a sciorinare mentre si metteva a zompettare ovunque entusiasta.
-Dalle mie parti non ci sono templi, idiota!- urlai inseguendola, ma ormai non mi stava più ascoltando già da un bel po’.
-Eh? Torni il Giappone? Che fortuna, sapessi da quanto tempo io non posso tornare a casa per colpa del tour! Mi sembrano secoli, ormai.-
-Non è detto che io torni in Giappone sul serio.-
-Certo che è detto, invece! Credi che io ti lasci sfuggire un’occasione del genere?- replicò Rox che stava già guardando un po’ troppo assiduamente il cellulare, con molta probabilità stava già spulciando i siti per prenotare voli last minute o cose del genere.
-Rox, ancora un tieni molto da conto un fattore più che importante: che succede se succede qualcosa in ufficio e hanno bisogno per forza di noi? Almeno uno dei due deve essere sempre presente, non mi fido a lasciare in mano tutto a quegli incompetenti neanche per un giorno.- stavo passando tutte le scuse più plausibili per cercare di smorzare l’entusiasmo.
Certo che però non vedere mia madre per le feste e abbandonarla a casa era una cosa oltre il crudele… ma che stavo dicendo?! Stavo cadendo direttamente nella trappola di quelle serpi infami! Dovevo assolutamente resistere, magari bastava una chiamata veloce all’ufficio di mia madre… ero sempre stato molto simpatico al suo capo quando ero un piccolo mostriciattolo con il caschetto biondo.
-Me’? Prontoooo? Non ti viene in mente che se noi non siamo presenti e nemmeno la maggior parte dei responsabili dei piani alti chiuderanno direttamente l’ufficio per tutta la durata delle feste? Faremmo soltanto un favore a noi e a tutti quegli stronzi che stanno organizzando il capodanno a Dubai.-
In quel momento l’idea di passare le feste in uno sfarzoso hotel nel bel mezzo degli emirati, proposta che avevo ampiamente rifiutato mesi prima, non mi sembrava più così tanto male…
-Insomma, Mello! Di che ti preoccupi? Se non calcoli il lo scombussolo del fuso orario non sarebbe niente male!- si intromise Hiro.
-Dubai?- dissi sperando di passarla liscia in extremis con la figura del finto tonto.
-Il Giappone. Rammenti? Quel posto dove siamo nati? Dove le nostre infanzie hanno preso a formarsi tra i mille ormoni dell’adolescenza e poi… AGH!-
-Alla fine se non ti senti pronto a lasciare casa e lavoro nessuno può convincerti totalmente se non te stesso. Ti conviene prenderti un po’ di tempo per riflettere.- entrò nel discorso Jeno dopo aver tirato una bacchetta da batteria in testa a Hiro per stoppare il suo monologo.
-Nessuno può convincerlo? AH!- replicò Rox con quello sguardo semi-posseduto che prendeva sempre quando era determinata in qualcosa.
-Apprezzo il tentativo di salvataggio, Jeno. Lo sai che ti amerò per sempre.- dissi ironicamente abbassando la testa sconsolato; dovevo iniziare a prepararmi psicologicamente per le pressioni che Rox mi avrebbe messo addosso nelle prossime ore (ebbene sì, parlavo di ORE, non giorni, perché quando una cosa le interessava VERAMENTE diventava peggio di una mamma casalinga particolarmente maniaca dell’igiene che dava guerra ad ogni germe presente in casa).
 
La giornata passò all’insegna delle urla e le discipline ginniche più disparate come il corsa e riporto di Ryuk con una mela ed altre idiozie inimmaginabili, ma purtroppo a rompere l’atmosfera fu l’agente dei Chronic Freaks che dopo venti chiamate a vuoto aveva iniziato ad allarmarsi e quando riuscì a mettersi in contatto con un membro dei gruppo ordinò loro di alzare i tacchi sedutastante ovunque fossero.
-Uff, mi dispiace di dover andare via così presto.- brontolò Danielle mentre mi aiutava a sistemare un minimo il soggiorno.
-Dispiace anche a me, però l’importante è che siamo riusciti a ritrovarci in un modo o nell’altro, no? Aspetta che lo dica a Near, Light e Ryuzaki, si mangeranno il fegato.-
-Che meraviglia, sei riuscito a mantenere i contatti con tutti! Mi sento un verme per avervi persi per strada, non sai quante volte mi sono dannata per questo.-
-Beh, il destino voleva farci riunire per conquistare il mondo.- dissi mettendomi in posa da supereroe; scoppiammo entrambi a ridere.
-Senti… - disse abbassando la voce e dondolandosi sui tallone -non vorrei essere invadente o altro, ma… hai mai più sentito…-
Capii subito e scossi velocemente la testa.
-No. Il nulla più totale.-
Danielle scrollò le spalle sospirando.
-Che peccato…-
-E tu? Non è mai venuto a cercarti, che so a qualche concerto?-
Fu il suo turno a scuotere la testa.
-Niente di niente. –
-Capirai. Sarà da qualche parte a spassarsela con i soldi di mamma e papà.- borbottai riprendendo a fare ordine.
-Non so, io in qualche inspiegabile modo ci credo ancora. Sai… quando mi sono resa conto di avervi persi di vista tutti ho sempre lasciato una lista con i vostri nomi, compreso il suo, di modo che se uno di voi si fosse mai presentato a qualche concerto e avesse chiesto di me a qualsiasi membro dello staff concerti vi avrebbe dato un lasciapassare per il dietro le quinte per potervi incontrare dopo.
-Davvero?- ero incredulo, dopo tutto quel tempo era ancora capace di fare una cosa simile. Io non ci sarei mai e poi mai arrivato. –E non si è mai presentato nessuno, immagino.-
Lei fece una breve pausa che per un attimo mi fece gelare il sangue nelle vene.
-Beh… non sono sicura, ma è possibile.- rimasi in silenzio incitandola con lo sguardo, le mani presero a tremarmi e le nascosi nelle tasche dei pantaloni –Nello scorso tour eravamo in Australia, e uno degli scimmioni della sicurezza dopo un concerto mi aveva detto che un tizio parecchio strano dai capelli rossi si era momentaneamente avvicinato ad una delle entrate vip del locale dove stavamo suonando. Quando però gli hanno chiesto come si chiamasse lui ha lasciato perdere e se ne è andato, come se avesse avuto un ripensamento.
Deglutii a fatica e sentii l’impulso di sedermi, ma mi controllai. Non voleva dire  niente.
-Poteva essere qualunque idiota con i capelli rossi che stava cercando di scroccarvi un autografo.- dissi nervosamente.
-Non lo so- si strinse nelle spalle pensierosa –questa cosa della sparizione inspiegabile non mi è mai andata giù. E se ci fosse stato qualche motivo, o qualcuno, che l’abbia obbligato a sparire? E magari una volta libero non aveva più il coraggio di venire a cercarci perché era passato troppo tempo?-
Anch’io in effetti ero arrivato più volte a pensare una cosa del genere… ma io ero sempre rimasto lì, ero facilmente rintracciabile, bastava digitare il mio nome su google per vedere uscire il mio profilo sul sito ufficiale della mia azienda. Avrebbe potuto farsi avanti quando voleva… eppure…
-Io credo solo che ci abbia presi in giro dall’inizio alla fine.-
Danielle rimase a fissarmi con una espressione che sembrava volesse dire “invece hai torto”, ma non aggiunse altro per mia fortuna. Erano bastate solo quelle poche parole a gettarmi nel panico.
No, dovevo in ogni caso lasciarmi tutto alle spalle, e poi, perché no, dovevo dare retta a Rox per una volta e decidermi davvero a tornare in Giappone. Ero maturato, ero più forte, ce l’avrei fatta.
I saluti durarono almeno venti minuti, e stavolta mi assicurai di aver preso numero di telefono ed email private di Danielle, di modo da non perderci di vista. Non vedevo l’ora di farlo sapere agli altri, ma prima c’era una cosa più importante da fare.
 
-Ok, fatto.- dissi prendendo un lungo respiro e rimettendo la mia VISA nel portamonete –Voli prenotati.-
-Oddio, che emozione!- strillò Rox abbracciandomi.
-Fortuna che ce l’avevi con me.- bofonchiai cercando di non ingoiare capelli viola ad ogni saltello.
-Dettagli, dettagli! È comunque servito, no?-
-Mh… già.- dissi decidendo che forse per il bene di tutti era meglio chiudere li il discorso.
Rimasi a contemplare il mio soggiorno, ora totalmente vuoto e silenzioso (a parte gli schiamazzi di Rox), chiedendomi se sarei davvero riuscito a schiodare le chiappe da li.
“Concentrati su qualcosa che assolutamente di mancava del Giappone, una cosa essenziale.” cercai di spremermi le meningi, ma oltre a ricordarmi il mio cioccolato preferito che non mangiavo da secoli non mi venne in mente niente.
“Ok… vada per il cioccolato. Ce ne vorrà una tonnellata per tenermi calmo.”
Dovevo rimanere fermamente convinto… e non sarebbe stato facile.



Ding dooooong! Santa is coming to toooown! Vi avevo promesso da tempo un piccolo extra/ scheda personaggio, e finalmente eccola qui! E sul mio personaggio preferito ** (prima o poi dovevo arrivarci XDD) A voi la descrizione di Danielle *__*



Nome: Danielle
Cognome: Hizusu
Soprannomi: Dani, fire alert (<- usato dai fan)
Età: 27 anni
Altezza: 1.71
Segno zodiacale: Sagittario
Descrizione: Nonostante i suoi tratti tipicamente occidentali il padre é giapponese, e ad appena sei mesi di vita dalla California la sua famiglia si trasferisce nell' Hokkaido. 
fin da piccola ha sempre sviluppato una personalità molto creativa e particolare, tenta inizialmente con un liceo artistico dove però ritiene di non riuscire ad esprimere appieno quello che vuole comunicare. Si iscrive successivamente al conservatorio locale dove eccelle nel canto ma riscontra problemi caratteriali con gli insegnanti. Dopo seri litigi il direttore e i suddetti docenti le propongono un'ultima occasione: Danielle dovrà seguire alla lettera le rigide regole dell'istituto, facendo esattamente tutto quello che le verrà detto di fare, sostenendo che senza il prezioso diploma rilasciato alla fine del percorso non sarà mai capace di intraprendere la volta del successo, destinata a fallire miseramente. Senza farselo ripetere due volte lascia gli studi giurando che un giorno riuscirà a diventare qualcuno senza l'aiuto di nessuno, facendo solo vedere quanto vale.
Senza un diploma non le resta altro che cercare un lavoro comune, iniziando come barista, lavoro che le porterà diverse amicizie molto utili, tra le quali Hiro. Successivamente riesce tenere da parte qualche risparmio per aprire con un'amica un piccolo negozio di articoli alternativi, alternandolo ad un lavoro part time in una carrozzeria dove é incaricata di decorare diverse moto molto particolari. 
In quel periodo i Chronic Freaks nascono lentamente, dapprima con delle prove improvvisate nel garage di casa sua, infine ben presto si inizieranno a presentare ad alcuni contest locali con il loro primo EP.
Dopo le vicende di Chocolate and Smoke on the School rimane per un periodo in Giappone, per poi trasferirsi insieme al suo ragazzo, Zack, e il resto dei Chronic Freaks in California, sua terra d'origine, per iniziare il primo vero progetto professionale, incidendo il primo sudato album della sua band. Incredibilmente le canzoni piacciono, iniziano a passare alla radio e ben presto il gruppo prende il volo, diventando conosciuto in gran parte del mondo, e pubblicando successivamente altri due album, tutti in cima alle classifiche mondiali.

Ecco qui ** avevo anche trovato una foto di qualcuno che le somigliasse ma purtroppo é andata persa T_T dovessi ritrovarla ve la posterò u__u
Dunque dunque, cosa credete che possano combinare Mello e Danielle in Giappone? Ho già paura al solo pensarci XDDD Intanto qualche nuova ombra sulla sparizione di Matt potrebbero rivelarsi u.u chi lo sa? u.u

Bene ** ce l'abbiamo fatta, e un altro capitolo é concluso! Spero davvero di postare più in fretta i prossimi ^^
Grazie millissimo a tutti i letto e quelli che hanno recensito! Vi auguro di nuovo un buon anno nuovo,  che sia pieno di ispirazione per tutto voi ^^ al prossimo capitolooooo *___*
Raven :3

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Ciao a tuttiiiiii! 
Vi avverto, non s come sono in potere di essere qui, alle 02.32 del mattino, intenta a smaltire una sbronza particolarmente selvaggia, ma volevo farlo per voi.
(P.S. sono poi successivamente passata a sistemare un po' l'obbrobrio indecente XDD)
Le ultime righe credo di averle scritte in preda ai deliri, era forse l'unica speranza per dire a me stessa che potevo riprendermi, e già che c'ero, avevo trovato il pc aperto su EFP u.u
Un capitolo a dir poco nostalgico, non troppo lungo ma ha i suoi contenuti essenziali, ed é quello che conta, no? XD
(davvero ragazzi, non ho la minima idea di come io stia arrivando a scrivere tutto questo XD jin tonic  e vodka-orange non aiutano PER NIENTE XD chiedo perdono XDDD) 
Spero che il capitolo vi piaccia, come sempre! Buona letturaaaaaa! 



Capitolo 11:
 
 
Erano le 11.30 di una freddissima domenica mattina, e io, incredibilmente, ero sveglio dalle 6.30. Era una cosa che non succedeva praticamente mai, e in effetti se non ci fosse stata Rox, che era piombata a piedi pari nel mio letto strillando in stile Chewbecca, questa eccezione sarebbe rimasta ben lontana dal mio essere. La sera prima ero rimasto in piedi fino a tardi, ricontrollando per la milionesima volta se avessi messo veramente tutto nella valigia, cambiando disposizione a mille volte e sentendomi al livello di qualche psicopatico maniaco dell’ordine.
-Meeeeee’! Ti muovi? Ho già detto a Paul di chiamare il taxi dieci minuti fa, sarà qui a momenti e io non ho intenzione di pagare una tassa extra per l’attesa, mi aspettano duri giorni di shopping!- urlò Rox dal corridoio del pianerottolo mentre si trascinava dietro un immenso trolley lilla e un’altra borsa da viaggio in tinta.
-Quanto rompi, ragazza.- borbottai mentre gettavo un’ultima occhiata all’appartamento, e per poco non andai ad abbracciare il frigorifero dicendogli “mi mancherai, fai il bravo!”.
Con un ultimo, lungo sospiro spinsi fuori dalla porta il mio trolley nero (non tanto più piccolo di quello di Rox) e mi avviai verso l’ascensore.
-Preso tutto?- chiese lei mentre pigiava il tasto del pian terreno.
-Si spera, se ho dimenticato qualcosa sono morto.- risposi scostandomi nervosamente un ciuffo di capelli dal viso.
Quando uscimmo nella hall del palazzo ci trovammo una insolita sorpresa.
-Oh… Ciao, Ryan.- dissi abbastanza nervoso.
Non l’avevo più visto da quando avevo avuto il mio sfogo sentimentale con annesso attacco di panico, e sicuramente oltre a farsi chissà quali pensieri doveva aver letto qualche giornale (e tra l’altro Danielle mia aveva fatto sapere che la notizia era uscita dall’Inghilterra ed era apparsa su parecchi giornali o quotidiani online di diverse nazioni).
Appena ci vide sorrise, il suo solito sorriso ampio e luminoso. Era in tuta da ginnastica e con i capelli scompigliati, doveva essere appena rientrato da una corsa mattutina.
-Ehi, ragazzi!- ci salutò allegro, poi notò le valigie –Siete in partenza?-
-Eh già. Si torna a casa per un po’.- annuii sollevato dal fatto che almeno mi parlasse come prima.
-Grandioso! Andate… ehm… dai vostri amici Chronic Freaks?- disse con fare confidenziale.
-Ecco, lo sapevo che aveva letto.- grugnii picchiandomi una mano in fronte.
Ryan alzò le spalle.
-Beh… era in prima pagina.- disse con aria innocente.
Lanciai un urletto isterico accasciandomi sul trolley.
-Hai visto quanto si preoccupa il ragazzetto? Pazzesco, non ti pare? Vorrei finire io in prima pagina, in qualunque modo.- replicò Rox scuotendo la testa.
-Ma sì, non preoccuparti, non credo che molta gente se lo ricordi ancora, sono quelle notizie che fanno sorridere e il giorno dopo sono già svanite.-
-Lo spero vivamente.- gorgogliai cercando di riacquistare un minimo di dignità.
-La prego si ricomponga, piccola star. Il vostro taxi è arrivato.- annunciò dalla portineria Paul che ci fissava con un ghigno. Era così da quando si era consumata la fatidica notte da leoni. Qualcuno doveva avergli detto o fatto qualcosa di particolare quando dovevamo essere passati dalla hall in preda a visioni mistiche, prima era più che raro vedere quell’uomo sereno e dall’aria di chi amava il suo lavoro.
-Bene, se non ci vedi tornare tra una settimana vuol dire che devono averci arrestati da qualche parte. In caso ti chiameremo per andare ad innaffiare le piante di plastica in balcone.- dissi con fare teatrale mentre inforcavo i miei occhiali da sole e mi stringevo nel cappotto, pronto ad uscire al freddo gelido.
-Ehm… d’accordo, allora è meglio che io continui a tenere d’occhio i giornali.- rispose Ryan cercando di trattenersi dal ridere –Allora buone feste in anticipo, fate buon viaggio.- ci salutò prima di avviarsi verso l’ascensore.
 
Circa dopo un’oretta di traffico finalmente mettemmo piede all’aeroporto, immenso e incredibilmente trafficato, ma cosa ancora più pericolosa… i temibili duty free.
-OMMIODDIO! Guarda questa palette! La devo troppo prendere, e costa COSÌ POCO!-
-Hai detto la stessa identica cosa per tutto quello che hai preso in mano qui dentro.- la frenai per l’ennesima volta da quando eravamo entrati in quel negozio di cosmetica.
Sperai che in qualche modo anticipassero il nostro volo, perché avevo idea che se fossimo rimasti li ancora per molto Rox avrebbe esaurito le sue finanze ancora prima di mettere piede in Giappone, e conoscendo i negozi che si potevano trovare come minimo si sarebbe comprata perfino gli slip della commessa.
Fortunatamente non ci furono ritardi, e quando mi ritrovai finalmente seduto sui comodi sedili della business class la mia mente improvvisamente si mise a vagare. Cos’avrei fatto quando sarei arrivato? Cosa avrei cercato di vedere come prima cosa? Dovevo fare attenzione e aspettarmi qualche crollo psicologico o sarebbe andato tutti liscio? Probabilmente non avrei realizzato davvero dove stavo andando solo quando mi ci sarei ritrovato, nello stesso posto dove sette anni prima avevo salutato tutti, inconsolabile e terrorizzato.
Rox non fu molto di compagnia, solitamente quando ci ritrovavamo a fare viaggi lunghi prendeva una dose da cavallo di tranquillante (altrimenti dopo qualche ora di volo iniziava a diventare ingestibile quanto un adorabile serial killer squartatore) e dormiva praticamente per quasi tutto il tempo, svegliandosi solo per mangiare, ovviamente.
-Ehi, hai sentito Ryuk?- le chiesi nel breve periodo in cui era ancora sveglia, tutta intenta a leggersi mille depliant.
-Sì, ha detto che fa parecchio freddo rispetto a Londra, ma che è tutto tranquillo.- disse con un sorrisetto soddisfatto.
-Mh…- non mi sentivo tranquillo, avevo la netta sensazione che mi sarebbero spettate parecchie sorprese, e non riuscivo a capire se potessero essere positive o negative.
“Coraggio Mello, è solo una settimana, che vuoi che sia?” pensai appoggiando la testa al finestrino ed osservando gli immensi palazzi sparire lentamente sotto di me lasciando spazio alla campagna, è più in là il mare piatto e immenso. Saremmo atterrati di sera, più o meno lo stesso orario in cui sette anni fa ero partito. Chissà se mi sarebbe parso di tornare indietro nel tempo, oppure nel frattempo era cambiato tutto. In fin dei conti, anche se l’Okkaido era un posto tranquillo era pur sempre Giappone, l’ innovazione era dietro l’angolo ogni giorno. Ci speravo davvero…
Mi addormentai e risvegliai più volte, sempre con il fastidiosissimo fischio di sottofondo dell’aereo, alleggerito soltanto da una musichetta d’ambiente e le rare comunicazioni di servizio che ci indicavano l’ora, la nostra altitudine, in che punto preciso eravamo e quanto mancava alla destinazione. Iniziavo a pensare che prendere il volo diretto non era stata una grandissima idea, non c’era modo di sgranchirsi per bene o prendere una boccata d’aria fresca, e la cosa non mi aiutava per niente.
Ripescai il mio vecchio i-pod; l’avevo abbandonato quasi del tutto da quando avevano inventato quella cosina chiamata smartphone con una alta capacità di memoria o quella cosa infernale chiamata Spotify, che puntualmente non funzionava in metropolitana. Non ricordavo nemmeno che canzoni ci fossero perciò azionai shuffle e decisi di lasciarmi stupire. Le prime due o tre canzoni erano di un paio di artisti giapponesi che ascoltai di malavoglia, le seguenti furono scartate dopo aver ascoltato nemmeno mezzo secondo.
Poi accadde.
Nel mio zapping musicale sentii le note iniziali di un pianoforte, e mi soffermai cercando di ricordare che canzone fosse. La melodia mi era familiare ma non ricordavo proprio a chi appartenesse. La voce decisa di una donna accompagnava gli accordi di pianoforte.
Mi ero messo da solo la pulce nell’orecchio e sbirciai lo schermo.
Subito mi diedi dell’idiota per non aver capito subito di cosa si trattasse.
Break In, Halestorm.
Era la canzone che una volta mi aveva fatto ascoltare Matt, e che aveva insistito scaricassi di modo da poterla ascoltare anche quando il suo i-pod era scarico ed usufruiva bellamente del mio.
L’unica occasione in cui l’avevo ascoltata era stata precisamente sette anni prima, e un sorriso incredulo, seppur velato di tristezza, mi incurvò automaticamente le labbra.
L’avevo ascoltata a disco rotto, mentre affrontavo il volo dal Giappone all’Inghilterra. Ore e ore finché la batteria non si era scaricata del tutto, e da quel momento in poi non l’avevo più sentita, nemmeno per caso alla radio o in qualche locale. Mi ero totalmente dimenticato della sua esistenza, e forse era stato meglio così.
Eppure era una canzone così bella… ma così piena di ricordi.
Forse era destino che fosse saltata fuori proprio in quel momento, era come se stessi tornando indietro nel tempo, e non sapevo assolutamente cosa vi avrei trovato.
Le note della canzone in qualche modo mi tranquillizzarono e mi cullarono in un sonno profondo, in un sogno che in sé non aveva un senso, ma che mi ispirava pace e serenità.
Stavo volando, ma non più sull’aereoplano, io stavo volando, non sapevo dove, non sapevo perché. Mi lasciavo trasportare dal vento, pronto ad affrontare qualunque cosa alla quale stessi andando incontro.
 
Venni svegliato da un tocco gentile sulla spalla, e con qualche grugnito poco decoroso aprii un occhio. Una Hostess dall’aria visibilmente stanca mi sorrideva.
-Signore, tra pochi minuti atterreremo, potrebbe gentilmente allacciare la cintura di sicurezza?-
-Che?! Di già?- di colpo ero sveglissimo –Ho dormito per tutto questo tempo?-
-Ci mancava solo che iniziassi a sbavare e saresti potuto essere la copia umana del carlino di Britt.- commentò Rox al mio fianco che nel frattempo rimetteva il suo libro nella borsa (di cui doveva aver letto in tutto mezzo capitolo conoscendola, era tutto per fare la scena dell'intellettuale che dormiva con un mattone sulle ginocchia) e si allacciava la cintura.
Per un attimo sentii il panico montare. Non mi sentivo pronto, credevo di avere più tempo per riflettere su come prepararmi psicologicamente all’atterraggio, e adesso?
Guardai fuori dal finestrino chiedendomi come avessi fatto a dormire davvero così tanto. Eravamo partiti di primo pomeriggio ed ora il sole stava già lentamente tramontando, complice anche del fuso orario della quale avrei nettamente risentito per minimo tre giorni.
Poi guardai in basso, e non riuscii a descrivere cosa provai: ero meravigliato come se vedessi quel paesaggio sottostante per la prima volta, nonostante invece lo conoscessi benissimo. Decisamente più verdeggiante e collinoso rispetto alla pianura sconfinata di Londra, e quasi mi sembrava di poter distinguere diversi posti.
-E insomma, fatti più in là!- sgomitò Rox con la sua solita grazia per poter vedere anche lei –Ommioddio, che emozione!-
-Sì, sì, meraviglioso.- dissi nervosamente facendomi da parte.
Eravamo stati fortunati, giusto il giorno prima una consistente nevicata aveva imbiancato tutto a regola d’arte, tanto che mi chiesi se mi sarei riabituato al gelo pungente invernale. Dovevo andare a ripescare da qualche parte i miei guanti termici, ma poi pensai che molto probabilmente mia madre doveva averci già comprato un completo, sia a me che a Rox, di quelli che nemmeno con meno cinquanta gradi avremmo potuto avvertire il minimo spiffero, premurosa come sempre.
Trattenni il respiro quando le ruote dell’aereo toccarono terra avvertendo una sorta i scossa, un brivido che mi percorse tutta la schiena.
E così alla fine ero tornato davvero. Ora che risentivo la terra ferma sotto i piedi me ne rendevo conto del tutto.
Mi lancia fuori dall’aereo ringraziando di poter finalmente camminare, correre in cerchio, o fare qualunque movimento che nelle ultime ore mi era stato impossibile fare.
-Non riesco a leggere nienteeeee!- fu la prima cosa che disse Rox quando fummo all’interno dell’aeroporto, in attesa dei bagagli. Guardava i mille cartelloni pubblicitari tutti scritti il giapponese smarrita.
-Vorrei ben dire, ho idea che se non avessi continuato a leggere manga in giapponese a quest’ora sarei nella tua stessa situazione.- dissi effettivamente parecchio frastornato.
Recuperammo alla svelta le nostre imponenti valigie, e nel frattempo mia madre mi aveva già chiamato tre volte, ripetendomi che era fuori ad aspettarci.
Passammo tutti i controlli, e io cercai di  fare del mio meglio traducendo per Rox ( e lei mi guardava alienata ogni volta che tiravo fuori una qualsiasi parola in giapponese guardandomi come un fenomeno da baraccone. Effettivamente ora che ci pensavo quando chiamavo mia madre o gli altri parlavamo sempre in inglese, inizialmente prendendolo come un esercizio, successivamente per comodità).
Quando vedemmo finalmente le porte a vetri che davano sull’esterno ero esausto e irrimediabilmente affamato, le mie scorte di cioccolata le avevo finite ore e ore prima.
Individuai subito mia madre che si sbracciava.
-Tesori miei!- esclamò stringendoci entrambi in un vaporoso abbraccio.
-Ciao, ma’.- la salutai venendo però sovrastato dai mille urletti di Rox.
Salimmo in macchina blaterando di tutto e di più, e di tanto in tanto guardavo fuori dal finestrino per controllare che tutto fosse rimasto come sempre. A parte qualche minimo cambiamento ogni cosa era al suo posto. Il chiosco dove prendevo la mia cioccolata, in lontananza avevo intravisto il centro commerciale dove Danielle un tempo aveva il suo negozio, il parco giochi dove andavo da piccolo…
Se per me era tutto perfettamente normale Rox sembrava essere appena atterrata direttamente nel paese delle meraviglie. Era un continuo di “ooooh!” “cos’è quello?” e “fantastico!” mentre schiacciava il naso contro al finestrino.
E finalmente arrivammo a casa. Percorsi lentamente il vialetto, calpestando ogni mattonella, e accarezzando la maniglia della porta.
Casa.
Dopo aver disfato i bagagli e fatto una doccia, bellamente pulito e profumato mi sentivo come se fossi tornato piccolo. Mi ero appostato sulla mia poltrona preferita con una cioccolata calda alla mano. Armeggiando un po’ con i vari canali ero riuscito a trovare un notiziario britannico e stavamo guardando se era successo qualcosa di interessante da quando eravamo partiti. Rox chiacchierava animatamente con mia madre facendo avanti e indietro dalla cucina.
-Avete già qualche programma per cena, ragazzi?- chiese mia madre che inevitabilmente stava studiando quanto potessi essere deperito (se solo avesse saputo quante porcate ultra fritte mi mangiavo normalmente…).
-Non saprei, Ryuk ti ha detto qualcosa?-
-Oh, gesù. Anche Ryuk è tornato a casa?- si sapeva che mia madre aveva sempre nutrito una certa inquietudine verso lo spaventapasseri (ma nonostante tutto ai tempi teneva sempre una riserva di mele in casa).
-Sì, mi ha chiamata prima quando eri i bagno. Ha detto che sarebbe passato tra qualche ora con Babbo Natale.- disse con un sorrisetto enigmatico, e stranamente anche mia madre assunse momentaneamente la stessa espressione.
Le fulminai entrambe.
-Cosa sapete che io non so?-
-Di cosa stai parlando?- chiese Rox nel modo più innocente possibile.
Entrambe alzarono allo stesso modo le sopracciglia.
-Ommioddio, state tramando qualcosa. VOI malefici esseri femminili!- le additai saltando in piedi immediatamente.
-Da quando Ryuk è una… ok, lasciamo perdere.- borbottò mia madre facendo finta di niente dileguandosi in cucina.
-Cosa sta succedendo? Cosa sono tutte queste frasi di circostanza?- bisbigliai a denti stretti.
Rox si esibì nella sua tipica espressione da finta bionda.
-Non ne ho idea!-
-Ti piacerebbe. Con me non attacca, stronzetta.-
-Quanto sei complessato.- mi liquidò fingendo interesse per una notizia alla tv.
Chissà perché ma mi aspettavo che Ryuk si presentasse vestito da Babbo Natale con dei regali improponibili presi al sexy shop giusto per mettermi in imbarazzo, e scuotendo la testa cercai di non pensarci per la successiva mezz’ora che mancava al fattaccio.
Mi ero quasi dimenticato del presunto complotto finché non suonò il campanello.
-Eccolo.- dissi alzando gli occhi al cielo sentendo già parecchio trambusto fuori dalla porta.
Non sembrava solo dalle urla.
-Non ditemi che si è portato dietro tutta la sua famiglia.-
-Beh, potremmo appurare se è lui quello strano o è un gene tramandato nelle generazioni.- commentò Rox sporgendosi dal divano in direzione della porta.
Scossi la testa borbottando.
-Arrivo, arrivo! Vuoi distruggermi tutto il giardino, brutto rincoglionito di lattice?!- dissi mentre armeggiavo con la serratura, che come sempre si inceppava venti volte prima di aprirsi.
Ryuk era sulla soglia della porta, inquietante come al solito. Sorrideva e basta.
-Beh?- alzai un sopracciglio cercando di sbirciare chi stesse facendo tutto quel fracasso dietro alle sue spalle.
Vidi tre distinte figure che sembrava si stessero ammazzando l’un l’altro.
-Giuro, io non ne sapevo niente.- disse Ryuk mentre facevo qualche passo.
Di colpo mi bloccai, certo di poter avere un attacco di cuore all’istante. Non sapevo chi avrei voluto insultare per primo, se Ryuk, Rox, mia madre, l’idiota vestito di bianco che era inciampato e che sembrava si stesse mimetizzando con la neve, il secondo idiota che accovacciato da parte al primo lo fissava senza fare assolutamente nulla oppure il terzo irrimediabile idiota che cercava di non farsi trascinare via dal gigantesco golden retriver che teneva al guinzaglio.
Fu comese mi sentssi ubriaco, barcollai verso di loro, e tutti e tre all’unisono mi videro. Ci corremmo incontro come sopravvissuti a una guerra e in un modo o nell’altro di abbracciammo in mezzo alla neve. Non riuscivo a calcolare i giorni che avevo passato senza quel contatto così particolare, così raro ma che allo stesso tempo sapeva di casa. Erano loro, eravamo tornati ad essere noi, nonostante queste cose non succedessero mai, contavo una volta sola in cui avevo abbracciato tutti, era erano sette anni prima, quando avevo lasciato il Giappone, credendo che fosse per sempre. 
Probabilmente piansi, non riuscivo a comprendere che quel momento fosse reale, e in circostanze diverse mi sarei dato da solo della mammoletta, pronto a piangere alla minima sciocchezza, ma dopotutto non mi importava.
Ero a casa, in Giappone, con Near, Light e Ryuzaki, i migliori amici che si potessero avere, a parte Rox ovviamente.
Forse era proprio il fatto che non me l’aspettassi, ma ero felice oltre ogni limite. Piangevo, e piangevano anche. Eravamo lì, insieme, di nuovo. Anche Light sembrava in procinto di piangere, ma giuro, in quel momento avrei perfino giurato di coprirlo. Io e Near, come sempre, avevamo il tacito accordo di abbracciarci una volta all’anno, ma per una vola, mi dissi, avevamo parecchi anni in arretrato, e una eccezione era ben accetta.
Ora era perfetto.
Non mi importava se Matt non era presente, e non mi importava se mai sarebbe riapparso da qualche parte. Loro erano una cosa diversa, loro erano amici, quelli che nonostante la distanza e il tempo non si sarebbero mai tirati indietro. Quelli che sarebbero rimasti con me.
Ero davvero, finalmente, a casa.





Odiatemi** é da emeriti stronzi lasciarvi così, ma che devo dirvi, l'autrice é ufficialmente ubriaca u___u (GIURO NON STO SCHERZANDO)!!!
Cosa potra mai succedere??
Ragazzi, vi scongiuro, chiedo venia, per stavolta non badate ad errori di battitura o monologhi senza senso XD mi farò perdonare una volta sobria!
Grazie come sempre a tutti, un'infinità di baci **
Raven Sparrow (in questo momento mi sento moooooolto Sparrow, al diavolo Phoenix!)
 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


*Esce di soppiatto dalla tana dell'orso su per le montagne*
SONO IN VACANZAAAAAAAAAA ç______ç sia lodato il cielooooo!
E come primissima cosa ho pensato a voi, che non ricevete miei segnali di vita da un bel po', ma ora ci sono, ce la posso fare XD
Diciamo che questo capitolo pre-natalizio non é proprio azzeccato siccome in questi giorni si fa fatica anche solo a respirare per il caldo o_o spero di rinfrescarvi u.u
Non aggiungo altre chiacchiere (se non che, come sempre, mi scuso della mia lunga assenza, chiedo perdono T__T) e vi anticipo solo che questo capitolo avrà un finale abbastanza interessante u.u
Buona lettura ^__^



Capitolo 13:
 
 
-Potrei avere un orgasmo in questo preciso momento, sono seria.- disse una Rox totalmente in extasi, circondata da almeno una decina di piatti diversi.
-Potrebbe essere una reazione abbastanza esagerata, seppur interessante.- commentò Ryuzaki, che a sua volta era sommerso dal cibo… rigorosamente dolci, ovviamente.
-Non preoccupatevi, lo fa ogni volta che scopre un nuovo ristorante che le piace.- intervenni tempestivo concedendomi di alzare per un secondo la testa dalla mia immensa ciotola di udon in brodo, una delle cose che forse mi erano più mancate.
Dopo la simpatica reunion, che aveva come minimo destato l’interesse di tutto il vicinato, avevamo optato per andare a cena nel nostro ristorante tipicamente giapponese preferito, dopo una LEGGERA insistenza da parte di Rox che sembrava avere un buco nero nello stomaco.
-Di che ti preoccupi? Ormai qui ci conoscono e a distanza di anni si ricordano perfettamente delle nostre comande ai limiti dell’umano.- disse Light alzando gli occhi al cielo.
-È vero! Pensa che hanno addirittura inserito nel menù gli Apple-maki in mio onore.- fece eco Ryuk adorante.
-E io che pensavo lo dicessi sempre per scherzo.- commentò Rox che aveva già accuratamente fatto una foto alla famigerata pietanza segnata tra la lista dei piatti principali.
-Fidati, Ryuk non smette mai di sorprendere.- disse allegramente Near che da tutto il tempo aveva un sorrisetto pacifico, quasi inquietante.
-Tornando a parlare di cose serie, da quando avevate in mente di tornare qui per Natale, e soprattutto PERCHÉ non mi avete fatto sapere assolutamente niente? Vi diverte così tanto farmi fare figure imbarazzanti tanto per distruggere il mio orgoglio?- non avevo ancora fatto in tempo a chiederglielo, eravamo stati tutti troppo impegnati ad insultarci amorevolmente a vicenda fino a pochi minuti prima siccome avevamo parecchi anni di arretrati. Aaaah, i bei vecchi tempi!
-Beh, in realtà ne avevamo già tutte le intenzioni già da un po’, ma eravamo indecisi. Quando però Ryuk ci ha avvertiti in anticipo delle tue intenzioni non abbiamo esitato, e per tutto il tempo abbiamo sfruttato la nostra inquietante spia per sapere il tuo itinerario.- spiegò pacificamente Ryuzaki come se fosse la cosa più naturale e logica possibile.
Mi voltai verso Ryuk esterrefatto.
-Quindi volete darmi a bere che questo qui è riuscito per una volta a mantenere un segreto e ha saputo essere discreto senza farmi presagire assolutamente niente?! Di che nuova e misteriosa droga ti fai?!- urlai additandolo.
-Te l’ho detto, non smette mai di stupire.- ripeté Near prima di accanirsi violentemente su un piatto di spaghettini di soia con frutti di mare.
-E pensa che ha anche avuto l’accortezza di non far sapere assolutamente niente nemmeno a me fino a quando non eravamo in aeroporto.- aggiunse Rox.
-Beh, non ci vuole un genio per capire che se si vuole tenere qualcosa segreto a Mello non si deve andare a raccontarlo a te che sei come una parte integrante del suo organismo.- rispose Ryuk orgoglioso.
-Che ci vuoi fare.- ridacchiò lei, e io effettivamente non potevo che essere d’accordo con quella affermazione.
La cena andò avanti come una “normalissima” serata vecchio stile (valeva a dire che nonostante il separé dove ci avevano quasi rinchiuso non avevamo mancato di turbare qualche altro cliente e fummo costretti a lasciare una lauta mancia per scusarci), discutendo di cosa avremmo potuto fare nei giorni successivi.
Ci lasciammo concordando di sentirci il mattino dopo per decidere insieme cosa fare il giorno della vigilia.
Io e Rox arrivammo a casa mia leggermente brilli, e mi accorsi di non avere nemmeno preso le chiavi di casa.
-E adesso?- chiese Rox accigliata.
-Mpf… mia madre non sentirà il campanello nemmeno se avesse il suono di una sirena anti incendio, e tiene sempre il cellulare spento di notte.- ci pensai per una manciata di secondi –Dovrò usare il solito vecchio metodo.-
Mi avvicinai alla porta del garage e mi abbassai. Avevo rotto la serratura quando avevo otto anni, e l’unico modo per tenere chiusa la porta era mettere un vecchio e instabile moschettone da arrampicata dall’interno come soluzione temporanea, ma ovviamente mia madre aveva sempre rimandato per ripararlo.
Guardai sotto al vaso di fiori vuoto che stava sempre li accanto e vi trovai il solito ferro ricurvo. Lo infilai sotto alla porta e armeggiai per un po’, finché non riuscii ad agganciarmi al moschettone, e tirando un paio di volte lo sentii sganciarsi e cadere a terra.
-L’ho sempre detto che la mia famiglia discende da Mcgyver.- dissi sollevando soddisfatto il portone cigolante.
-Hai idea che se tu facessi una cosa simile a Londra nel giro di tre giorni ti ritroveresti la casa senza neanche più l’asse del cesso?- commentò Rox divertita.
-Certo, ma chi vuoi che rubi il sensazionale asse del cesso con i fiorellini di mia madre?- risposi con una smorfia.
Ridendo e scherzando gettai l’occhio verso l’angolino del garage, e notai qualcosa di piuttosto voluminoso coperto da varie plastiche. Mi fermai fissando quell’unico punto, e improvvisamente fu come se qualcuno si stesse divertendo ad annodarmi l’intestino.
Sapevo esattamente cosa c’era li sotto, mi ero praticamente dimenticato della sua esistenza, pensando che prima o poi mia madre se ne sarebbe liberata in qualche modo.
-Me’? Che fai?- disse Rox che già aveva aperto la porta che dava sul corridoio di casa.
-Niente, ho solo visto una cosa. Ti raggiungo tra un attimo.- risposi facendo finta di interessarmi ad una fila di scaffali traballanti pieni di vecchie cianfrusaglie.
Forse leggermente inibita dai brindisi con il saké non obiettò ed entrò in casa canticchiando a bassa voce. Aspettai ancora qualche istante prima di muovermi.
Trafficai per un po’ con gli strati di plastica incrostata di polvere, infine vidi qualcosa luccicare alla fioca luce della lampada a neon del garage.
Era lì, esattamente dove l’avevo lasciata. Il suo corpo nero e imponente sembrava darmi il bentornato.
Ginger, la moto che mi aveva regalato Matt.
Incredibilmente non aveva un aspetto troppo trascurato; probabilmente mia madre la faceva controllare e sistemare regolarmente nell’evenienza che tornassi e avessi bisogno di usarla per spostarmi, ma sinceramente non ero nemmeno sicuro di ricordarmi ancora perfettamente come si guidasse. Avevo noleggiato una moto o una macchina raramente negli ultimi anni, la metropolitana e i treni erano di gran lunga più comodi.
Ma forse mi stavo facendo tutte quelle domande solo per allontanarmi il più possibile da quel ricordo, per quanto avessi voglia di sedermici sopra. I primi periodi in cui ero a Londra avevo fatto una sorta di patto con me stesso: mi ero detto di riuscire a mettere da parte la somma esatta di quanto era costata Ginger, per poi ridare tutto a Matt, per disfarmi di quel pesante fardello, e ci ero riuscito, ma con il tempo avevo capito che molto probabilmente non l’avrei mai più rivisto, e infine avevo usato i soldi usati per pagarmi una bella vacanza alle Maldive.
Ricoprii Ginger con cautela ed entrai in casa cercando di non dare nell’occhio, e Rox non sospettò assolutamente niente.
Quella notte, però, non riuscii a chiudere occhio. Ero felice di essere tornato a casa, ma c’era ancora qualcosa che non mi faceva stare tranquillo. Era come se avessi paura di essere catapultato nel passato ed essere costretto a rivivere tutto, anche se sapevo benissimo che era solo il delirio del mio piccolo e inutile cervello da biondo.
Mi ripromisi di dover tornare a visitare i posti principali dove era successo tutto, e convincermi che ormai di quei ricordi non era rimasto niente, che il mondo era andato avanti, che io ero andato avanti.
La mattina dopo fui buttato giù dal letto con le mie orecchie che recepivano soltanto “centro commerciale”, “regali”, “shopping”, “vestiti”, e chiamatemi indovino, capii subito dove intendevano andare gli altri.
-Di tutti i posti che si possono vedere volete proprio andare a fare compere natalizie il giorno della vigilia?- dissi mentre mi appiattivo contro al finestrino della macchina che aveva noleggiato Light, in modo da non ritrovarmi gli spigolosi gomiti di Rox tra le costole.
-Certo che sì! è inammissibile non andare a prendere gli ultimi regali all’ultimo momento. È una tradizione, e tu dovresti saperlo benissimo.- urlò lei sconvolta con una delle sue note particolarmente acute, come se avessi appena bestemmiato.
-Aah, è questa la “voce del demonio” di cui ci hai sempre parlato, Mello.- disse pacifico Near che con quella corta ed apparentemente insignificante frase era riuscito a mettermi nella merda.
-Voce del demonio… VUOI SCHERZARE?!- strillò Rox iniziando a prendermi a pugni sulle braccia.
-ARGH! AAAAAAH! SMETTILA!-
-WRESTLING IN AUTO, YA-HUUUUUU!- urlò Ryuk iniziando a dondolarsi sul suo sedile come se gli avessimo appena detto che saremmo andati al Luna Park.
-Fatela finita! Quest’auto è a noleggio e devo riportarla indietro ancora intera, cretini!- si aggiunse anche Light che aveva quasi il volante in bocca per quanto aveva tirato in avanti il sedile per evitare di prendere colpi da noi.
A mettere la ciliegina sulla torta su quella scena delirante fu Ryuzaki, che improvvisamente alzò il volume dell’autoradio e si mise a cantare Eye of the Tiger senza riuscire ad azzeccare neanche una nota.
Fare shopping pre-natalizio con “la grande famiglia allargata” non fu cosa per niente semplice. Rox, che non aveva mai visto un centro commerciale così zeppo di roba scontata, correva strillando da un reparto all’altro, sparendo nei camerini con pile inimmaginabili di vestiti, mentre gli altri, che in fin dei conti conoscevano quel posto come le loro tasche, si fermavano a commentare qualsiasi cambiamento, curiosando tra i nuovi negozi. Il loro entusiasmo per il nuovo, però, non durò tanto siccome poco dopo si piantarono irremovibili nell’enorme negozio di elettronica, come sempre.
Con una fitta di nostalgia mi accorsi che il negozio di Danielle era stato sostituito da una graziosa profumeria, e vedere le pareti rosa chiaro luminose al posto degli scaffali pieni di corsetti, anfibi e borse tempestate di borchie faceva un certo effetto. Senza dare troppo nell’occhio scattai una foto e la mandai a Danielle.
“Che abominioooooo T__T” scrissi velocemente in allegato.
Non passarono nemmeno cinque minuti che il cellulare squillò e sullo schermo apparve “1 notifica whatsapp: Dani <3”
“Che bellooo, siete tornati a casa? *___* Comunque aspetta e vedrai, prima o poi riuscirò a riappropriarmi di quel negozio u.u metterò dei commessi belli quando Khal Drogo solo per voi XD”
Mi ritrovai a ridere come un coglione da solo immaginandomi Danielle che diceva quelle parole con la sua solita enfasi, e forse con l’aggiunta di qualche imprecazione.
“Sì, stiamo qui per le feste. Tu non torni? Manchi solo tu *_* (e l’idiota =__=)”
Vidi che stava subito scrivendo una risposta, e attesi trepidante. Mi sentivo uno stupido bambinetto, stavo scrivendo messaggi come se niente fosse con una persona famosa che sicuro tre quarti delle persone attorno a me idolatravano e mi sentivo la persona più figa del mondo. Eppure in fin dei conti avrei dovuto pensare che si trattava “solo” di Danielle, se gli altri avessero saputo che mi inalberavo così tanto ogni volta che la sentivo mi avrebbero preso in giro per tutto il resto della vita e anche oltre.
Arrivò la risposta.
“Spero di riuscire a tornare almeno per capodanno ç__ç ti farò sapere al più presto! Godetevi le vacanze, salutami tutti <3 ^___^”
Sarebbe stato davvero meraviglio se anche lei fosse potuta tornare, anche se chiaramente con lei non avremmo potuto fare neanche mezzo metro per strada senza che mi fermassero.
“Speriamo *_* buon tour <3”
Digitai velocemente la risposta e rimisi il cellulare in tasca per poi preoccuparmi di controllare dove fossero finiti tutti, ma non dovetti andare troppo distante.
Verso le tre del pomeriggio finalmente uscimmo dal centro commerciale con sacchi e sacchettini che rischiavano di far esplodere il bagagliaio, ma ce la cavammo lo stesso.
-Vi siete divertiti, tesoro?- chiese mia madre quando rientrammo.
-Sì, tutto a posto, come una “normale” giornata di shopping.- risposi mentre controllavo i miei acquisti con soddisfazione, e facendo attenzione a nascondere per bene il foulard che avevo preso per lei e che avevo tempestivamente già fatto incartare.
-Povera cara, è esausta.-
Mi voltai notando che Rox si era addormentata di botto appena aveva toccato il divano, non aveva nemmeno avuto il tempo di prendere un sorso dalla tazza di tè che aveva abbandonato sul tavolino.
-È incredibile la sua capacità di addormentarsi ovunque e in qualunque momento.- borbottai alzando gli occhi al cielo.
-Lasciala riposare, meglio che recuperi un po’ di energie per la cena di stasera.- disse mia madre ammiccando verso la cucina dove sentivo il borbottio di mille pentole e padelle in previsione della famigerata cena della vigilia. Sarebbero arrivati anche gli altri, mentre il pranzo di Natale l’avremmo passato tutti con le rispettive famiglie.
Ci pensai su un attimo, e decisi di prendere la palla al balzo.
-Io allora esco un attimo, ok?- dissi ricacciando tutti gli acquisti nei sacchetti e trascinandoli di sopra facendo meno rumore possibile per non svegliare Rox.
Lanciai tutto sulla scrivania e cercai di fare mente locale.
Avrei potuto prendere tranquillamente la macchina di mia madre e sperare di ricordarmi come si faceva a cambiare le marce.
Anche se… un altro modo c’era.
Ridiscesi di nuovo le scale e andai verso il garage combattuto. Una volta dentro feci passare lo sguardo tra la macchina e Ginger ancora imballata nelle plastiche.
-Ma si… se vado piano e la strada non è ghiacciata non faccio niente di male.- dissi fra me e me iniziando a togliere tutte le coperture.
Controllai che nel serbatoio ci fosse un po’ di benzina e la trovai perfettamente pronta a partire. Iniziai a rovistare nell’armadio dove solitamente tenevamo i vestiti pesanti e riuscii a ripescare un mio vecchio giaccone in pelle imbottito e un paio di guanti, e in cima sull’ultimo scaffale vidi il mio casco luccicare, quasi come se mi stesse salutando.
Aprii il portone del garage e portai fuori Ginger, sentendo piacevolmente il suo “dolce peso”, e quando montai in sella fu come se il mio culo avesse ritrovato la sua forma perfetta. Sorrisi come un ebete dentro il casco, e quando la accesi e mi salutò con un rompo profondo ero scoppiato a ridere in preda alla felicità.
Seguivo dolcemente ogni curva della strada riconoscendole ancora a memoria, cercando tutti i particolari che fino a qualche anno fa vedevo quasi tutti i giorni.
Volevo vedere quel posto ancora una volta, nemmeno io sapevo il perché, ma ne sentivo l’assoluto bisogno. Il sole era già basso ormai, e gettava sfumature arancioni o rossastre laddove le nuvole non coprivano il cielo, minacciando una nuova dose abbondante di neve.
I piccoli parcheggi per moto e motorini ora erano provvisti di una tettoia, ma erano sempre gli stessi. Esitai per un attimo davanti a quei cancelli mentre mi toglievo il casco, ma dopo essermi fatto coraggio ed essermi detto che li dentro non poteva esserci un mostro verde dai mille tentacoli mossi i primi passi.
La scuola era esattamente come l’avevo lasciata, sempre grigia e azzurra, con quegli orribili mattoni di cemento armato a vista e le finestre più alte a oblò. Era completamente deserta, tutti gli studenti dovevano essere a casa a godersi le vacanze natalizie che ricordavo di aver sempre aspettato con ansia.
Mi sembrava di rivivere quei momenti: preso dall’eccitazione, con lo sguardo sempre rivolto verso l’orologio appeso al muro che sembrava andasse all’indietro da tanto il tempo non sembrava passare. Le gomitate a Near o gli scarabocchi che ci facevamo a vicenda sulle agende per ingannare il tempo, e poi infine, finalmente, la campanella che ci faceva schizzare tutti in piedi, e allora iniziava la corsa disperata verso l’agognata libertà.
Passo dopo passo mi ritrovai nel cortile interno, immaginandomelo ancora pieno di persone che conoscevo, miei compagni di classe o semplici conoscenti, individuando i miei posti preferiti.
Le panchine di sasso, la piccola scalinata che portava allo stagno artificiale costruito nelle lezioni di scienze, l’angolino dove si facevano gli scambi clandestini di figurine, il prato leggermente in pendenza con gli alberi ombrosi.
Quel prato.
Era come guardare un film, i ricordi si sovrapponevano alla realtà, e non riuscivo a trovare il tasto “pausa”.
Vedevo il giovane Mello correre con la macchia bianca di Near alle calcagna, si gettavano all’ombra del loro albero preferito. Si spintonavano e stuzzicavano continuamente nell’attesa che venissero chiamati insieme agli altri per il solito discorso d’inizio anno.
Sapevo cosa avrei visto di li a poco, mi opposi con tutte le mie forze a quel ricordo, ma non riuscii a fermarmi.
Ecco che mi voltavo causalmente verso il piazzale, ed ecco i miei occhi spalancarsi, pieni di puro stupore. Un lampo rosso a pochi metri di distanza, accerchiato dal fumo di una sigaretta.
I nostri sguardi che si incrociavano.
Ecco che appariva il suo sorriso, ed ecco che io andavo nel panico come un deficiente.
Sbattei le palpebre e mi ritrovai di nuovo solo nel freddo cortile, a fissare come un ebete il punto in cui avevo appena rivisto Matt.
Sorrisi amaramente, dandomi dello stupido per essermi fatto soggiogare dai ricordi, ma non mi scomposi più di tanto, in fin dei conti me l’aspettavo.
-Così è questo è il teatro della tua tragedia greca.- sentii improvvisamente una voce alle mie spalle che mi fece saltare per aria quasi meglio di una cheerleader.
-Rox!- imprecai, chiedendomi subito dopo cosa ci facesse li.
Lei decifrò la mia espressione e alzò le spalle.
-Mi sono svegliata e tua madre mi ha detto dove potevo trovarti, così mi sono fatta prestare la macchina.- Si guardava intorno incuriosita –Mi sembra di essere a visitare una di quelle rovine che si studiano e si vedono sempre alla tv. Ne senti parlare talmente tanto che quando le vedi dal vivo hai addosso l’ansia.-
-Sensibile come pochi.- borbottai continuando a passeggiare.
In un certo senso vedere Rox che curiosava nel cortile delle mie ex scuole mi suscitava una certa stranezza. Il vecchio e il nuovo si mescolavano lasciandomi come stordito, era come vedere un personaggio di Super Mario all’interno di un film di Star Wars, non so se mi spiego!
Improvvisamente mi chiesi cosa ci facevamo lì, a guardare una semplice scuola che aveva ospitato mille altre storie disastrose come la mia, c’erano posti peggiori che potevano evocare quei ricordi. Eppure cosa mi aveva spinto proprio li?
Andai a sedermi proprio sul prato, al mio solito posto, su un cumulo di neve, e di nuovo fui sopraffatto dai ricordi.
Rox doveva aver notato il mio sguardo perso e si sedette accanto a me, ero talmente assorto da non calcolare nemmeno che non l’avrei mai e poi mai rivista sedersi per terra e sulla neve.
-Ero qui la prima volta che ho visto Matt.- dissi improvvisamente.
-Proprio qui?- chiese Rox guardandosi attorno meravigliata.
-Sì, ero qui con Near, e lui era appoggiato lì.- gli indicai l’albero –È come se… lo potessi vedere.-
-Sto cercando di immaginare un piccolo Mello che sbavava seduto su questo prato.- disse ridacchiando.
-Sì, non nascondo che fosse abbastanza patetico.- risposi ridendoci su anch’io.
-A volte vorrei sapere anch’io cosa si prova.-
-Non credo che tu lo voglia veramente sapere.- risposi per poi voltarmi e trovarla seria, con il mento appoggiato sulle ginocchia.
-Invece sì.- replicò lei –Credo che queste cose in qualche modo ti facciano sentire davvero vivo. Credevo che con gli anni ti dimenticassi qualche particolare o gonfiassi le cose, invece qui tutto è esattamente come me l’hai raccontato. È… incredibile.-
-Certo, ma… a che prezzo? Non poter più vivere a casa tua per il terrore di andare nel panico per la minima cosa che mi ricorda quello che è successo… Dio, mi sento come la sfigatella di Twilight.-
Stavamo ridendo entrambi quando un improvviso rumore ci fece prendere un mezzo infarto. Una delle porte secondarie si era aperta, e stava uscendo qualcuno.
-Chi cazzo ci può essere in una scuola alla vigilia di Natale?!- disse Rox che si era messa una mano sul cuore per lo spavento.
Mi fermai come se avessi appena ricevuto un’ incudine in testa quando capii di chi si trattava.
-Me’?- mi chiamò Rox non capendo.
-Aspettami qui.- risposi mentre mi alzavo e correvo nella direzione del nuovo arrivato.
Non mi ero sbagliato, e nonostante gli anni l’avessero incartapecorita ancora di più (e non pensavo potesse essere umanamente possibile) preservava sempre quella espressione che avrebbe potuto far scappare anche Arnold Schwarzenegger.
-Signora Hikari.- dissi avvicinandomi, e fu più forte di me, ma istintivamente mi preparai ad assumere la mia posizione da difesa convinto che da un momento all’altro mi avesse lanciato una spugna o un gessetto.
Sì, lei. La megera.
Lei mi guardò con aria arcigna facendomi una scansione totalbody da farmi venire i brividi, finché non mutò progressivamente espressione rimanendo a fissarmi con gli occhi sgranati.
-Mihael?- dissi con tono incerto, quasi “umano” e non gracchiante con volumi spaccatimpani.
-Sì.- dissi sorridendo timidamente.
-Che mi venga un colpo.- mormorò avvicinandosi per guardarmi meglio.
Per tutti gli anni in cui l’avevo odiata e temuta mi era sembrata peggio di Isma delle Follie dell’imperatore, ora invece vedevo solo una signora in là con gli anni un po’ irrigidita (anche se a dirla tutta era sempre e comunque brutta come la morte!).
-S…Sì, é…passato un po’ di tempo.- dissi titubante senza ancora escludere che potesse colpirmi con qualcosa. –Lei cosa ci fa qui?-
-Oh, ho dimenticato nel mio ufficio i miei occhiali. Ormai la vecchiaia e i nervi distrutti dagli strilli dei miei allievi mi fanno fare queste cose. Credevo che non ti avrei mai più rivisto. Ho saputo da tua madre che ti sei trovato più che bene in Inghilterra.- disse con aria compiaciuta e… oddio, era un sorriso quello?!
-Già, questa è la prima volta che ritorno in Giappone da quando sono partito.- risposi abbastanza spiazzato ma cercando di non darlo a vedere.
-Facciamo quattro chiacchiere se hai tempo, sono proprio curiosa.- disse battendo le mani facendomi sobbalzare.
Guardai verso Rox che se la stava ridendo bellamente sotto i baffi e mi fece cenno di andare per poi prendere in mano il cellulare e chiamare con tutta probabilità sua madre.
Iniziammo a passeggiare per il cortile.
Iniziai a raccontare come erano stati i primi periodi a Londra, spiegandogli poi che lavoro facessi e che piega avessero preso le mie giornate.
-Non posso nascondere di essere molto contenta, è raro che uno dei miei studenti faccia carriera.- disse convinta guardandomi come un sergente orgoglioso della sua recluta.
-Grazie… beh, il merito è anche suo se mi ha spinto a voler stare meglio.- dissi cercando di non arrossire; non ero decisamente abituato a sentirmi rivolgere belle parole da lei, ma del resto era vero. Se non mi avesse spronato anche lei non sarei arrivato a combinare nulla della mia vita.
-A proposito, Mihael- disse con circospezione –hai mai più rivisto…- da come parlava capii subito di chi stava parlando.
Scossi la testa.
-No, io… non ho più rivisto…Matt.- risposi aprendomi spontaneamente in un sorriso triste.
Colsi comprensione nello sguardo della signora Hikari.
-Non ho mai indagato, ma… ho sempre avuto il presentimento che il vostro fosse un legame speciale.-
-Già.- ammisi chiedendomi quanto agli occhi di tutti fosse stato visibile, e forse molta gente era arrivata prima di me a capirlo.
-Non voglio sembrarti invadente.-
-Non lo é. Non si preoccupi.- la tranquillizzai, in fin dei conti un parere in più non mi avrebbe fatto male.
-Proprio non hai più avuto sue notizie?-
-Nessuna.-
-Mh…- corrucciò la fronte –ci sono sempre state delle cose che non ho mai capito fino ad oggi su quella faccenda.-
-Quali?- chiesi accigliato.
Lei rimase per una manciata di secondi in silenzio, come combattuta sul da farsi.
-Ascolta Mihael, non voglio turbarti più di quanto tu non lo sia già stato in passato.-
-Cosa? N-no… io voglio sapere, davvero. La prego, se sa qualcosa me lo dica! Anche se non servirà a niente é… è sempre qualcosa in più.- la implorai per poi pentirmene amaramente subito dopo, dovevo essere sembrato stupido e debole.
Rimase a scrutarmi ancora per qualche istante per poi sospirare.
-Vieni con me.-
Feci cenno a Rox che sarei tornato subito e lei annuì con un cenno del capo mentre blaterava al telefono con il suo pesante accento britannico.
Seguii la signora Hikari all’interno della scuola, avvertendo quell’odore di matita temperata tipico di ogni scuola, e che non sentivo da un sacco di tempo. Ci dirigemmo verso la sala insegnanti, e ad ogni passo il cuore iniziò a battermi forte inspiegabilmente; avevo la sensazione che di li a poco sarebbe successo qualcosa.
-Per tutti questi anni non ho mai voluto dire niente nemmeno quando incontravo per caso tua madre, proprio perché non sapevo in che rapporti foste rimasti tu e Hikinori.- disse mentre trafficava con il lucchetto del suo armadio personale.
-Che vuol dire?- chiesi con la voce che mi tremava.
-Beh… forse lui era convinto che saresti tornato a scuola nei giorni dopo la sua partenza. Non credo che li avesse dimenticati per caso. Perciò credo che…- mi si avvicinò con un piccolo sacchettino tra le mani –li avesse lasciati per te.-
Mi si chiuse la gola quando presi tra le mani quel fagotto di plastica bianco leggermente macchiato dal tempo, e contai mentalmente fino a tre prima di aprirlo e sbirciarci dentro, quasi avessi paura che ne uscisse una qualche nube tossica.
Fu anche peggio quando vidi il contenuto.
Li feci scivolare fuori esterrefatto, e li soppesai con delicatezza estrema come se fossero di cristallo.
Gli occhiali da aviatore di Matt.
Non erano altri occhialini simili, erano proprio i suoi.
L’arancione sui bordi era un po’ sbiadito e gli angoli leggermente usurati, ma erano loro.
Mi si fermò il cuore e per un momento, non sto scherzando, mi sentii morire.
Perché li aveva lasciati a me? Cosa voleva dire? E io ero andato avanti senza nemmeno immaginarmi una cosa simile.
Me li strinsi al petto come se non volessi farli vedere a nessuno.
-Gra…grazie.- sussurrai.
-Tutto sommato ho fatto bene a non buttarli via.- disse tutta compiaciuta la signora Hikari.
-I-io credo che… dovrei andare.- balbettai impaziente di levare le tende.
-Certo, certo. Tra poco si inizierà a festeggiare la vigilia.-
-Beh… allora arrivederci.-
Lei sorrise.
-Arrivederci, Mihael. E buon ritorno in Inghilterra.-
-Grazie.- dissi quando era già praticamente sulla porta della sala insegnanti.
Scappai letteralmente, correndo a perdifiato lungo i corridoi e mi lanciai fuori, nel cortile, raggiungendo Rox.
Appena mi vide sbarrò gli occhi.
-Me’… perché piangi?-
Non mi ero nemmeno reso conto di avere iniziato a piangere. Non dissi niente, le diedi gli occhialini e mi misi le mani tra i capelli raggomitolandomi su una delle panchine di sasso.
-Sono i suoi?- la sentii chiedere, e io annuii in silenzio.
Erano sempre stati lì, e io non l’avevo mai saputo. Per anni mi ero dannato  e avevo desiderato avere qualcosa di suo,  una minima cosa, ed ora mi ero ritrovato fra le mani il ricordo che pesava più di tutti.
Soffocai i singhiozzi nascondendomi il viso, pensando di non essermi mai sentito così male da quando mi ero reso conto che non avrei mai più rivisto Matt sette anni prima.
-Ehi.- mi arrivò improvvisamente alle orecchie la voce di Rox.
-S-sto bene… passerà. Passera…- singhiozzai.
-No, non intendevo quello!- alzai appena la testa, e la vidi studiare gli occhialini di Matt da vicino, sembrava essere oltremodo stupita. Spostò lo sguardo su di me –C’è un biglietto incastrato in una lente.- sussurrò.
-COSA?!- mi alzai di scatto e per andare a vedere.
Non era vero, non poteva essere vero.
Rox me li porse con mani quasi tremanti, e fu quando ne studiai l’interno che notai un piccolissimo pezzetto di carta ripiegato più volte e incastrato sotto una lente. Con qualche difficoltà lo staccai e lo aprii.
Poche parole.
La sua scrittura.
Il mondo si raggelò, e io non capii più niente.
 
“Scusami, Mel. Verrò a cercarti appena potrò, te lo giuro.
Matty”




Ohohohohohohohohoh, lo so, sono una persona tanto cattiva XD
E quindi forse si può iniziare a farsi qualche domanda concreta su cosa sia successo al povero e disperso Matt, si accettano ipotesi, sono curiosa di sentire come la pensate ** 
E il povero Mello in crisi riuscirà ad indagare oppure rimarrà chiuso in casa con un pacco famiglia di fazzolettini? u.u' 
Ringrazio tanto tanto tutti i miei lettori che mi seguono sempre e che resistono all'impulso di uccidermi ogni volta che passano mesi da un capitolo all'altro, siete fantastici <3
Appuntamento al prossimo capitolo, dove, chissà, ci potrebbero essere altri chiarimenti é_è
Ciauuuuu
Raven :3

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


*Parte un applauso da stadio*
Mioddio o___o erano secoli che non pubblicavo regolarmente qualcosa! Merito delle vacanze o il tempo perso a far nulla, siccome il mio lavoretto estivo mi permette di starmene per 7 ore incollata al pc a fare tutto quello che mi pare e senza un wifi u.u quale occasione migliore per andare avanti con qualche ff? **
Mi mancava avere tutto questo tempo da poter dedicare alle disavventure dei nostri adorati protagonisti, sempre ammesso che non decidano di scioperare nel giro di qualche capitolo piantandomi in asso ^___^'''' 
Diciamo che sto cercando di darmi da fare per sbloccare la situazione facendo accadere cose indicibili XD e mi sto impegnando per lasciare dei piccoli indizi tra le righe che lascino presagire qualcosina in più, quindi vi consiglio di stare moooolto attenti u_u
Bene, mentre vado a tuffarmi in piscina prima che muoio con questo caldo assurdo vi lascio al capitolo ^^ buona letturaaaaaaa!





Capitolo 14:
 
 
Fissavo quel bigliettino ormai da ore, per tutto il viaggio di ritorno l’avevo tenuto al sicuro dentro a uno dei guanti da moto, e appena ero arrivato a casa l’avevo dispiegato con cura, mettendomi a studiarlo.
La calligrafia era indubbiamente la sua, la più sbilenca e disordinata che avessi mai visto, e oltretutto sembrava avesse scritto con una gran fretta.
Perché mi aveva lasciato un messaggio del genere? Se ci fosse stato qualcosa che non andava avrebbe potuto dirmelo prima che partisse, avevamo passato l’ultima notte insieme, e non ci eravamo separati finché non si era imbarcato per il suo volo. Cercai di ricordarmi per filo e per segno il giorno della sua partenza, ed arrivai alla conclusione che effettivamente Matt quel giorno non portava i suoi occhialini. Doveva averli già lasciati a scuola per me.
-Questa storia per me non ha senso.- disse Rox dopo aver riguardato anche lei per la millesima volta il biglietto –A che scopo lasciarti un biglietto per genere, senza nessun tipo di numero di telefono provvisorio o una mail? Sembra quasi uno scherzo.-
-Non è uno scherzo, ti posso assicurare che quella è la sua calligrafia.- risposi tamburellando nervosamente con le dita sul bordo del tavolo della cucina.
-C’è scritto che sarebbe venuto a cercarti, possibile che in sette anni non ne abbia mai avuto la possibilità?-
-Non lo so, potrebbe essere andato ovunque. Ufficialmente è salito su un volo diretto per la California, ma nessuno può escludere che una volta là la sua famiglia abbia deciso di muoversi ulteriormente da qualche altra parte. Forse la loro era tutta una facciata, sono stati carini con me ma in realtà non approvavano e allora gli ha fatto in modo che non rimanessimo in contatto.- dissi anche se non ero per niente convinto delle mie parole. Matt era sempre stato uno spirito libero, anche se gli si diceva di non fare una cosa lui la faceva lo stesso in un modo o nell’altro, non ci avrebbe dovuto mettere tanto a prendere di nascosto un cellulare usa e getta per chiamarmi oppure mandare una mail da un internet point.
Dalla espressione di Rox sembrava pensarla esattamente allo stesso modo, anche se probabilmente non osava dirmelo per mandarmi ancora di più nel panico.
Poco dopo arrivarono anche gli altri, che avevo preventivamente avvertito sul fattaccio, e subito si gettarono sul biglietto.
-Stiamo scherzando?!- disse Near guardandolo da più angolazioni e in controluce come se si aspettasse di trovare un’altra scritta segreta.
-A quanto pare no.- risposi massaggiandomi le tempie.
-È indubbiamente la sua scrittura.- precisò Ryuzaki.
-È quello che ho detto.- ripetei per l’ennesima volta –Ritentate con qualcosa che ancora non so, altrimenti dovremo prendere una di quelle lavagnette per fare un elenco in stile CSI.-
-Posso aggiungere che da un idiota come lui un comportamento del genere me lo sarei potuto aspettare.- commentò Light che sedeva svogliato sulla sua sedia guardando desideroso l’arrosto che ribolliva in forno.
-Non è assolutamente un comportamento da lui!- lo incenerii all’istante, ma lui come sempre non sembrò preoccuparsene troppo.
-Va bene, va bene! Ciò non toglie che è stato un modo non proprio carino per togliere il disturbo.-
Ci fu un attimo di silenzio che evidentemente doveva voler dire che la maggior parte dei presenti era d’accordo con le parole di Light, e non potevo nascondere che se avessi da subito scoperto il messaggio mi sarei arrabbiato e non poco.
-Io credo che abbia avuto i suoi buoni motivi per farlo.- disse improvvisamente Ryuk, facendo cascare tutti dal pero. Sembrava estremamente serio  sotto al suo strato di trucco inquietante.
-Perché ne sei così sicuro?- chiese Near
Lui alzò le spalle.
-Intuizione da ex-Shinigami.-
Ci fu un urlo in generale e parecchie cose che volarono verso quell’imbecille di uno spaventapasseri.
-Complimenti bambola assassina, ti sei guadagnato anche il premio per ex-Shinigami più cerebroleso dell’universo. Non mi sorprende che ti abbiano voluto spedire sulla terra, inutile come sei.- disse acidamente Light con una espressione degna del più arcigno insegnante che si divertiva a far deprimere i suoi studenti.
-Beh, almeno sono sicuro che non sia morto.- replicò lui offeso.
Partì un nuovo lancio di oggetti verso Ryuk che stavolta si arrese del tutto e non tirò più fuori nessuna delle sue improbabili predizioni.
La discussione andrò avanti dove si fecero le più disparate ipotesi, compresa l’ipotesi che in realtà Matt fosse un agente sotto copertura e che in realtà si chiamasse con un nome improbabile come Frank Marazza (e in quel momento iniziai davvero a considerare l’idea che i miei amici avessero bisogno tutti una qualche seduta da un buon analista).
Appena mia madre fu di ritorno iniziammo a prepararci per la cena, tirammo fuori il servizio buono (ma non troppo, in vista di possibili lanci di piatti) e l’orribile tovaglia rossa con gli agrifogli ricamati che aveva fatto mia zia. Quando fu tutto pronto e anche il cibo fu messo in tavola scattammo un veloce selfie di gruppo per Danielle, dove mi costrinsero a mettermi delle discutibili corna da renna con tanto di led colorati e un naso rosso intermittente da Rudolf.
La cena da subito prese la piega di una battaglia navale: Ryuk, che immancabilmente cercava di cacciare la sua salsa alle mele, appositamente preparata per lui, su qualunque cosa, che fosse dolce o salato. Ryuzaki che mangiò il menù praticamente al contrario partendo dalla torta al cioccolato con panna che cercò di spalmare per ogni centimetro quadrato di Light, che ricambiava cacciando urli degni di un animale scuoiato. Rox a un certo punto si mise a raccontare di quando ci ritrovammo come clienti i System of a Down, descrivendo ogni minimo particolare di come erano vestiti, cosa avevano chiesto e anche di come avevamo chiesto moooooolto discretamente di farci una foto con loro e autografarla (schiavizzando una povera impiegata incaricata di stampare le cartoline da autografo in meno di dieci secondi), e Near a quel punto iniziò a ricoprirci di insulti siccome era una delle sue band preferite e non avevamo pensato di far autografare neanche un tovagliolino di carta per lui.
-Sei impazzito? Eravamo già patetici di nostro, figurati se avessimo iniziato a chiedere autografi per i parenti, gli amici, gli amici dei parenti e i parenti degli amici.- ribatté Rox.
-Parenti degli amici?- disse Ryuk.
-Amici dei parenti?- fece eco Ryuzaki.
-E gli amici dei parenti che però hanno altri amici?-
-E gli amici dei parenti che hanno altri amici e che hanno parenti?-
-E se invece ci fossero dei parenti che però hanno degli altri parenti?-
-Sarebbero sempre parenti.-
-Non se i parenti principali non sono ancora sposati.-
I due proseguirono con questo discorso per almeno una buona decina di minuti dove noi altri restammo a guardarli esterrefatti, chiedendoci se lo stessero facendo apposta o se davvero stessero discutendo di una vera e propria teoria.
-Vi lascio immaginare come trascorro la maggior parte delle giornate.- mormorò a denti stretti Light cercando di non farsi sentire.
-La prossima volta che provo a parlare e a fare una frase così complessa ricordami di darmi un colpo in mezzo agli occhi prima che sia troppo tardi.- mi disse Rox sottovoce quando arrivarono a parlare dei cugini di terzo grado dei cugini di quinto.
-Non preoccupatevi, se dovesse minacciare di ripetersi una cosa simile vedrò di mettere qualche sonnifero nei loro bicchieri.- si unì alla conversazione bisbigliata mia madre che poi si voltò a sorridere da perfetta innocente quando Ryuk le chiese un parere sul fatto che dopo il ventesimo grado di parentela si potesse iniziare a parlare di conoscenti o “conoscenti parentali”.
Era quasi l’una quando gli altri se ne andarono, Near leggermente brillo.
-E ti possssso giurare che un giornoooo vedrò anch’io incontrerò i Systerm of a Down e mi farò autografaaaaaaare… le mutande!- disse convinto crollandomi addosso.
-Sì, sì, little N. Hai ragione tu.- dissi dandogli qualche colpetto sulla schiena senza riuscire a smettere di ridergli in faccia, Rox dal canto suo piangeva da tanto si stava sbellicando.
Mi chiusi la porta alla spalle per poi scoppiare definitivamente sentendo ancora i rantoli di Near che veniva trascinato in macchina.
-Pagherei milioni per averli tutti a Londra.- disse Rox asciugandosi le ultime lacrimucce.
-Ti ricordo che ritrovarteli in casa praticamente tutti i giorni è un lavoro a tempo pieno.- replicai –Però ne sarei ben felice.- aggiunsi alla fine, pensando che forse avrei potuto pentirmene nel caso un giorno avessi dovuto trovarmi il mio amato e ordinatissimo appartamento saccheggiato.
-Certo che però girare con loro è stancante.- si esibì in un potente sbadiglio –Credo che andrò a fare la nanna come una brava bimba, altrimenti Babbo Natale non passerà.-
-Non vuoi lasciargli latte e biscotti sotto l’albero?- la canzonai.
-Col cavolo, quelli me li mangio io prima di dormire! A Babbo lascio una bottiglia di wodka, quello si che lo metterà in sesto!- rispose ghignando.
-D’accordo, brava bambina dei miei stivali. Io rimango ancora un po’, ok?-
-Agli ordini, capo.- mi schioccò un bacio sulla guancia e si avviò verso il piano di sopra.
Prima di andare a dormire mi sembrava giusto dover avvertire anche mia madre del biglietto di Matt, prima che me ne dimenticassi.
La trovai in cucina, a ripassare la ricetta del tacchino arrosto per il giorno dopo. Sosteneva di essere un po’ arrugginita siccome era qualche anno che non lo preparava.
-Vedrai che ti uscirà benissimo.- dissi andando a rovistare nella dispensa recuperando una mezza tavoletta di cioccolato che avevo lasciato in giro prima.
-Lo spero, tesoro.- disse lei con espressione corrucciata mentre faceva scorrere la ricetta.
-Non farti paranoie.- mi sedetti in faccia a lei, e aspettai.
Lei subito alzò gli occhi.
-Va tutto bene?- chiese quando mi vide un po’ indeciso sul da farsi, non sapevo bene come spiegarglielo né sapevo che reazione avrebbe avuto lei.
-Più o meno. Volevo farti vedere una cosa.-
Tirai fuori dalla tasca il bigliettino e lo allungai sul tavolo.
-Cos’è?- chiese lei incuriosita.
-Ti ricordi di Matt, vero?-
-Beh, certo che me lo ricordo. perché l’hai…-
-No, non l’ho più incontrato- risposi velocemente –Però…-
Dopo aver preso un lungo respiro le raccontai tutta la situazione, e quando mia madre prese il biglietto notai che la mano gli tremava leggermente.
-Oh…- disse per poi passarsi una mano sul viso. Sembrava essere appena caduta nel panico. –Oh…io….no.-
-Che c’è, ma’?- chiesi iniziando a sentirmi leggermente ansioso anch’io, non capendo la sua reazione.
Rimase lì, a boccheggiare ancora per un po’, e infine quando stavo iniziano a pensare che si stesse sentendo male prese un lunghissimo respiro e parlò.
-Io…non credevo che ci pensassi ancora dopo tutto questo tempo.- disse con voce tremante.
-Sì, lo so che è da stupidi, però almeno con questo sappiamo che non mi ha piantato in asso da completo stronzo, no?-
A quel punto mia madre impallidì ancora di più.
-Quindi… non ce l’hai con lui?-
-Più o meno, cioè… sinceramente non lo so. Adesso vedo la cosa da una prospettiva un po’ più diversa, so che almeno ha cercato di avvertirmi.-
Di nuovo il silenzio.
-Credevo lo odiassi, che ti avesse abbandonato e che non l’avresti mai più voluto rivedere. I-io… non mi immaginavo che…- continuò a farfugliare in preda al panico, sembrava quasi essere sull’orlo della disperazione.
Mi alzai e la presi per le spalle, cercando di capire cosa stesse succedendo.
-Mamma, vuoi calmarti e dirmi cos…- la guardai negli occhi.
Improvvisamente fu come se le leggessi nel pensiero, e finalmente capii.
Rimasi a guardarla non sapendo nemmeno io che razza di espressione dovevo avere in quel momento.
Semplicemente… sapevo.
-Lui è stato qui.-
Vidi gli occhi di mia madre riempirsi di lacrime, e quella fu una conferma.
La lasciai andare e rimasi per un momento nello smarrimento più totale. Rimasi in piedi fissando il vuoto, cercando di immaginarmi la scena di Matt che suonava il campanello di casa mia come quando mi veniva a prendere la mattina prima di andare a scuola.
-Si è presentato qui una sera, circa tre anni fa.- iniziò a spiegare mia madre dopo aver riacquistato un po’ di stabilità.
-Cos’è successo?- chiesi lentamente, come se le parole fossero dense e difficili da espellere dalla mia bocca.
-Mi ha chiesto se eri in casa, e io gli ho detto di no, che eri andato via.- tirò su col naso –Ho pensato che se l’avessi rivisto ci saresti stato ancora più male, e lui non ha accennato nemmeno un istante a quel bigliettino.-
-Non gli hai detto che ero a Londra, vero?-
Scosse la testa.
-Gli ho solo detto che eri andato via, ha voluto sapere dove, ma gli ho detto che mai e poi mai avrei detto dove si trovava mio figlio alla persona che gli aveva spezzato il cuore. Non ha aggiunto altro e se n’è andato.- si nascose il volto tra le mani –Se solo avessi saputo…-
Era venuto per me… e io non c’ero.
Mi sentii come se fossi stato trascinato in un limbo. Mi immaginavo Matt sulla porta di casa con mia madre, lui che chiedeva di me e lei che lo cacciava, e io assistevo senza sapere cosa fare.
Una parte di me sarebbe corsa immediatamente a fermare mia madre, urlando “sono qui!” e si sarebbe gettata tra le braccia di Matt, l’altra invece si sarebbe messa a fianco di mia madre e avrebbe insistito per mandarlo via a calci in culo.
-Mi dispiace così tanto.- disse mia madre che sembrava volersi nascondere dal mio sguardo.
-Non è stata colpa tua.- risposi improvvisamente calmo –L’hai fatto per una buona ragione. Forse… è meglio così.-
Improvvisamente avevo iniziato a pensare che probabilmente era il destino a volere che non ci incontrassimo più, non sentivo il bisogno di piangere o disperarmi. Ero calmo e quasi pacifico.
Mia madre farfugliò almeno altre mille scuse e io gli ripetei che era tutto a posto, la convinsi a bere un tè caldo e ad andare a letto in vista della giornata che si prospettava la mattina dopo e mi ritirai anch’io al piano di sopra.
Mi buttai sul letto fissando il soffitto, e rimasi in quella posizione, completamente vestito per uno, due, tre, cinque, dieci minuti. L’unica cosa che riuscivo a sentire era un peso incredibile sullo stomaco, ma per il resto tutto taceva. Mi aspettavo le lacrime da un momento all’altro, un qualunque segno di cedimento che mi facesse sprofondare nel panico, ma non successe nulla di tutto ciò, e quasi mi spaventai.
Mi alzai dal letto e mi diressi spedito verso la camera degli ospiti, dove trovai Rox profondamente addormentata con il suo solito e orrendo paraocchi notturno tempestato di paillettes viola.
La scrollai provocando diversi suoni che sembravano appartenere a una creatura degli inferi.
-Dammi-un-solo-motivo.- scandì parola per parola fissandomi come se volesse staccarmi un braccio a morsi.
-Matt.- dissi semplicemente.
-Oh, CH CAZZO, TI PREGO!- rantolò ributtandosi indietro sul letto esasperata –Cosa c’è ANCORA?!-
-È stato qui.-
Tutto d’un tratto ogni traccia della sua furia omicida parve dissiparsi in meno di mezzo secondo, e seppi di avere tutta la sua attenzione.
-Adesso?!- chiese con tutta l’intenzione di alzarsi e andare a scandagliare la casa.
-Ti pare che se fosse qui in questo momento sarei così tranquillo?!- gli lanciai un cuscino in faccia –È stato qui tre anni fa, ma mia madre non sapendo del bigliettino l’ha mandato via. Non me l’ha mai detto perché pensava che ci sarei stato male di nuovo.- dissi quasi tutto d’un fiato, senza riuscire a credere che quelle fossero davvero le mie parole.
-Oddio- iniziò a scandagliarmi da capo a piedi, e lentamente iniziai a veder comparire una certa sorpresa nei suoi occhi –E tu… stai bene.- non me l’aveva chiesto, era una constatazione.
-Già.- dissi ancora più stupito di lei –Sono… calmo.-
-Possibile che…ormai non ti importi più?-
-Altroché se mi importa! È questa la cosa più strana. Quando ho trovato il bigliettino pensavo di dover morire da un momento all’altro, ricordi? Mi hai dovuto mettere in sella alla moto di peso!- replicai –Possibile che Near, Light e Ryuzaki mi abbiano drogato durante la cena per testare qualche loro nuova invenzione?-
-Non essere stupido, se avessero voluto testare qualcosa su di te avrebbero sicuramente scelto qualcosa di molto più stupido che ci avrebbe portati a ridere come dei cretini, che so, una sostanza che avrebbe iniziato a farti venire la erre moscia.-
-Mh… effettivamente non hai tutti i torti.- concordai –Ma allora cosa mi sta succedendo?-
Rimuginammo entrambi per un po’, ma io più che altro mi stavo facendo una veloce analisi fisica, cercando qualche sintomo che mi facesse capire che in realtà stavo male anche se non sembrava.
-Forse…- disse improvvisamente Rox come se avesse appena avuto una illuminazione.
-Cosa?- la incalzai spalmandomi su di lei dall’impazienza.
-Ehi, non invadere la mia riserva personale d’ossigeno e stammi a sentire!- replicò lei spingendomi via –Potrebbe essere possibile che tu non ti stia disperando perché ora hai la convinzione che non ti abbia mai abbandonato del tutto? Riflettiamo, hai sempre vissuto nel dubbio, non sapevi che fine avesse fatto, se stesse bene, addirittura se fosse ancora vivo, e soprattutto non  sapevi se ti avesse lasciato di sua spontanea volontà o perché doveva esserci un problema di fondo che non dipendeva da lui. Non sapevi assolutamente niente, invece ora hai ricevuto parzialmente delle risposte, e diciamocelo, da un lato potresti essere felice perché è venuto a cercarti, quindi vuol dire che non ti ha dimenticato, anzi.-
Assimilai le informazioni cercando di capire se combaciavano con il mio stato d’animo, ed effettivamente avrebbe potuto funzionare perfettamente.
-Potresti essere un genio.- dissi dopo la mia attenta riflessione –Però ciò non toglie che dovrei essere almeno un minimo arrabbiato, che so, con mia madre per avermelo tenuto nascosto. Anche se a dire il vero mi sembrava così dispiaciuta da non poter credere che l’abbia fatto per cattiveria nei miei confronti.-
-È ovvio che non l’ha fatto con quello scopo. Sei suo figlio! Ti proteggerebbe a tutti i costi in qualsiasi situazione. Ricordati che ti ha visto partire e andare lontano da lei anche per colpa di Matt. Anche se è felice per la tua nuova vita sarà sempre in pensiero per te perché lei non può essere lì. Se te l’avesse mandato a Londra e tu avessi fatto una nuova crisi per colpa sua senza che lei potesse essere d’aiuto? Non se lo sarebbe mai e poi mai perdonato.-
Annuii.
-È incredibile come la mia mente riesca a fare questi pensieri inconsciamente, da solo non ci sarei mai arrivato.-
-Modesto anche in queste situazioni, come sempre.- disse ironicamente Rox guardandomi di traverso.
-Non ho detto che tu non mi abbia aiutato.- risposi alla svelta.
-Perciò… adesso che farai?- chiese lei ritornando un po’ più seria.
-Cosa vuoi che faccia? Non ha lasciato una mappa con una bandierina sulla posizione in cui si trova ora.-
-Ma se tu lo sapessi?-
La guardai alzando un sopracciglio.
-Mi stai chiedendo cosa farei?-
-Cavoli, da quando sei diventato così intelligente?- replicò tirandomi una ciocca di capelli.
-Ehi, i capelli no!- strillai allontanandomi e rischiando di cadere dal letto di faccia.
-Non girare in giro alla domanda, idiota!- mi minacciò lei spingendomi ulteriormente per farmi cadere.
-NON LO SO, VA BENE?!- gracchiai poco prima di cadere definitivamente, ma mi riguardai bene dal trascinare anche Rox con me.
Mi ritrovai con una guancia dolorante contro al freddo pavimento, e sentii lei imprecare alle mie spalle.
-Cosa vorrebbe dire “non lo so”? Come minimo dopo tutti questi anni passati a fracassare le palle a tutti con questa storia dovresti provare a cercarlo anche tu, o perlomeno metterti un po’ più in mostra. Potremmo sacrificarci e crearci un profilo facebook anche se va contro ai nostri voti anti-social.-
-Nemmeno lui sarebbe persona da social network, gli unici posti dove si iscriveva online e con nomi falsi erano i tornei online di videogiochi di cui io non ci ho mai capito e mai ci capitò una sega. Possiamo scartare questa possibilità.-
-Ecco, lo vedi? È ovvio che vuoi cercarlo! Sai già mentalmente pensando a un piano escludendo a priori le cose più inutili.-
Tipico, mi aveva incastrato e io come sempre ci ero caduto in pieno.
-Tu dici?- chiesi abbastanza scettico.
-Non voglio neanche sentire le tue inutili scuse. Anche se io sono convinta che lui non ti meriterebbe dopo essere sparito così e che se ti ama veramente sarebbe riuscito a trovare un modo per trovarti invece di fare quella scenetta con tua madre, voglio anche che tu sia felice e che questa faccenda si chiuda una volta per tutte ora che il caso è stato riaperto.-
-Mi sembri uno di quegli investigatori con la faccia da Bulldog di NCIS quando parli così.- commentai alzando un sopracciglio, ma lei parve non accorgersene nemmeno.
-Molto bene, da domani inizieremo ad elaborare una strategia, e voglio andare a fondo di questa faccenda. Oh sì, mio caro, non sai ancora con chi hai a che fare.- disse convinta rialzandosi raggiante.
-So benissimo con chi ho a che fare.- mormorai facendomi scivolare una mano lungo il viso; avevo già paura.
Non aveva mai dato segno di volermi aiutare a ritrovare Matt prima d’ora, aveva sempre riservato un comportamento ostile verso di lui, sempre con la convinzione che non avrei dovuto farmi condizionare così tanto da lui. Non avevo idea se avrebbe indotto delle ricerche con dei segugi o avesse chiamato un qualche investigatore privato, ma potevo aspettarmi qualcosa di simile da lei.
-Allora posso dormire tranquilla? Non tenterai il suicidio proprio nella notte di Natale, vero?- disse dopo che mi fui tolto aggraziatamente dal suo letto, iniziando a sentire le palpebre leggermente pesanti.
-Non preoccuparti, credo che mi mangerò qualche tavoletta di cioccolata e andrò a dormire felice e spensierato come una bambino.- risposi mentre già avevo aperto la porta.
Feci una rapida deviazione di nuovo in cucina, raccattai un po’ di cioccolata e tornai in camera mia.
Rimasi pensieroso ancora per un po’, facendo passare il tempo leggendo qualche giornale britannico online, e alla fine crollai sprofondando in un sonno pesante, fatto di sogni poco definiti.
 
Il mattino dopo mi svegliai con la luce stranamente bianca e ovattata che entrava dalla finestra, e subito mi resi conto che stava di nuovo nevicando. Enormi fiocchi cadevano talmente fitti da non riuscire quasi a distinguere lo steccato di casa mia, e la strada semi-deserta confermava che era finalmente arrivato il Natale.
Rabbrividii appena scesi dal letto e andai subito alla ricerca di un maglione pesante che avevo messo sul fondo della valigia.
Trovai mia madre che praticamente non aveva chiuso occhio tra l’ansia di non riuscire a far venire perfetto il tacchino e l’idea persistente che adesso la odiassi. Ci misi almeno una buona mezz’ora per convincerla che non avessi assolutamente la minima briciola d’odio nei suoi riguardi, dopodiché ci pensò Rox a rialzare gli animi arrivando come un turbine con lo spirito natalizio a mille.
Inspiegabilmente i poteri sovrannaturali della mia amica violetta si estesero ulteriormente quando arrivò mia zia: riuscì a guadagnarsi subito la sua simpatia e il pranzo passò senza nessun genere di intoppo, concludendosi con pance piene e sorrisi soddisfatti.
Dopo il caffè scartammo i regali, e io ricevetti una collana di dvd horror che cercavo da tempo da mia madre, un paio di immancabili calzini di lana riempiti con delle tavolette di cioccolata da parte di mia zia e una giacca in pelle nuova da Rox. In compenso io avevo recapitato nel giuso ordine un foulard a mia madre, una bottiglia di vino pregiato a mia zia (ormai era il suo punto debole, lo sapevano tutti) e una palette di ombretti Lancome a Rox. Modestamente mi era diventato facile fare regali alle donne, merito del mio lavoro.
Quando finalmente ci alzammo da tavola era già pomeriggio inoltrato, e dopo essere rimasti a chiacchierare in salotto iniziai a scrivere agli altri per trovarci in serata.
-Credo sia il Natale più tranquillo e tradizionale che io abbia mai fatto in vita mia. Sicuramente meglio di quando avevamo deciso di fare quel pranzo in quel locale a tema piratesco qualche anno fa.- disse Rox che si era appena seduta comodamente sulla poltrona che aveva rivendicato come sua preferita, tenendo in grembo una tazza di tè alle spezie fumante.
-Già, era da un po’ che non ce ne stavamo alla larga dal casino estremo della “big city”.- mi immaginavo come dovesse essere Londra in quel momento, con un tripudio di luci e la gente che passeggiava per strada per smaltire il pesantissimo pranzo o che si stava preparando psicologicamente a una cena.
Da una parte un po’ mi dispiaceva, era uno dei momenti che mi piacevano di più, forse per l’atmosfera portata ai limiti dell’immaginabile, il tutto avvolto in quel gelo pungente che ti autorizzava a bere cioccolata calda a tutte le ore del mattino e della notte.
Era strano, ma nonostante fossi a casa sentivo che c’era qualcosa che non andava.
-Credo di avere nostalgia di casa. Casa mia.- dissi improvvisamente guardando fuori dalla finestra per osservare i giganteschi fiocchi di neve che non accennavano a diminuire, sperando che mia madre non fosse a portata d’orecchio.
-Certo che sei strano.- disse Rox sghignazzando sotto ai baffi –Dovrei essere io a dire una cosa simile.
-Lo so, però… è come se sentissi di dover essere lì.- alzai le spalle, non sapendo nemmeno come poter descrivere in un altro modo quello che provavo.
-Per il momento goditi le vacanze, abbiamo tutto il tempo per tornare a terrorizzare la nostra Londra.-  si accoccolò in una delle sue pose contorte che solo lei poteva trovare comode e tirò fuori il suo cellulare, iniziando a mandare messaggi a destra e a manca.
-Gli altri hanno chiesto se ci va di fare un giro più tardi.- dissi dopo aver consultato anch’io il mio povero iphone che era stato preso in ostaggio da una terribile cover natalizia.
Notai solo allora un altro messaggio che mi era sfuggito mentre mandavo insulti in contemporanea a Near e a Light.
Danielle.
Lo aprii aspettandomi un semplice “buon natale”, ma trovai un messaggio piuttosto strano.
“Ehi, tesoro! *_* spero tu stia passando un bellissimo Natale! Mi dispiace ma non credo di potervi raggiungere nemmeno per capodanno ç__ç però mi voglio far perdonare! Appena leggi questo messaggio scrivimi se sei a casa tua, non te ne pentirai u_u”
Aggrottai le sopracciglia e risposi digitando la risposta alla velocità della luce.
“Ehiiii, buon Natale anche a te ** che peccato per capodanno T-T al momento sono a casa, vuoi farmi cadere in testa un meteorite per caso? o.o”
Attesi una nuova risposta, ma lei si limitò solo a visualizzare il mio messaggio poco dopo.
Pensai che dovesse avere da fare e non rimasi a pensarci troppo sopra, anche se avevo il presentimento che di li a poco sarebbe successo qualcosa.
Qualche ora dopo, mentre stavamo guardando Polar Express (eravamo senza speranza, quel film era diventata quasi un’ossessione) il campanello suonò, facendoci saltare tutti per aria.
-Non possono essere già qui, Ryuk ha appena mandato una foto di lui e suo fratello che si stavano ancora ingozzando, non chiedermi di cosa, so solo che era con le mele.- disse Rox guardando con sospetto la porta.
-Ma’? Aspettavi qualcuno?- urlai verso la cucina dove si sentiva arrivare il chiacchiericcio tra lei e mia zia.
-No, tesoro!- rispose lei ridacchiando; dovevano aver aperto il vino che avevo portato.
Sospirai alzandomi, sperando di non trovarmi davanti qualcosa di altamente imbarazzante come qualche spogliarellista vestito da pacco regalo inviato da Near, giusto per farmi morire d’imbarazzo.
Guardai attraverso lo spioncino, e inquadrai solo un ometto calvo che tremava dal freddo, tutto intabarrato in una sciarpa enorme e una orribile cuffia arancione.
Incuriosito aprii la porta, rabbrividendo per il freddo assurdo che faceva fuori, e appena l’uomo mi vide tirò un sospiro di sollievo.
-Oh, bene. Non ho sbagliato casa allora.- disse aprendosi in un sorriso rubicondo –Buonasera, lei dovrebbe essere Mello, vero?-
Strabuzzai gli occhi. Come faceva quello a sapere chi ero?
-Bu-buonasera. Sì, sono io.- risposi spiazzato.
-Molto bene!- esclamò rincuorato –Mi scusi per il disturbo, sono Takashi Yzawa, sono della Rush Production. Devo consegnarle questa con la massima urgenza.- frugò con una mano nel giaccone e estrasse una lettera piuttosto voluminosa, porgendomela con il braccio che tremava per il freddo.
-Oh…ehm… grazie. Di cosa si tratta?- chiesi con una certa diffidenza mentre la prendevo tra le mani titubante.
-Ho ricevuto l’ordine categorico di non dire nient’altro, mi dispiace.- rispose lui alzando le spalle –Ora mi scusi, ma è proprio meglio che vada prima che mi si congelino anche le sopracciglia. Tu guarda, mandarmi fuori! Sono un uomo d’ufficio e stufetta sotto alla scrivania per scaldarmi i piedi, io!- borbottò a bassa voce, come se non lo sentissi da quella distanza ravvicinata.
-Certo. Allora… arrivederci.-
L’uomo si aprì in un ampio sorriso, come a ringraziarmi infintamente di averlo congedato.
-Arrivederci, e Buon Natale!- disse mentre già stava percorrendo goffamente il vialetto verso una macchina nera parcheggiata a bordo strada.
-Buon Natale anche a te, buffa imitazione giapponese di un Hobbit…- dissi sommessamente sapendo che ormai non poteva più sentirmi, guardandolo con sospetto mentre si allontanava.
Richiusi la porta massaggiandomi velocemente le braccia per scacciare il freddo che si era insinuato fin nelle ossa e raggiunsi Rox in soggiorno.
-Chi era?- chiese lei con gli occhi che luccicavano d’interesse.
-Un tizio parecchio strano.- risposi mentre prendevo una copertina e mi lanciavo sul divano –Mi ha dato questa.-
Si buttò accanto a me, rubandomi immancabilmente metà coperta, facendo uno scanner alla busta.
La guardai meglio anch’io, ma oltre a riportare l’intestazione “Rush! Production Record” non c’era scritto altro.
-Beh? Cosa aspetti?- mi incitò Rox che fremeva dalla curiosità.
Sbuffando aprii la busta con delicatezza e tirai fuori un plico di cartoncini colorati.
-Che cazzo…- individuai un foglio più grande bianco su sui c’erano scritte poche righe a computer, e lessi velocemente.
 
“Ciao ragazzi! Mi sarebbe piaciuto tantissimo rivedervi di nuovo tutti, ma forze maggiori purtroppo non me l’hanno permesso, ma non intendo arrendermi, perciò ho deciso di farvi avere il mio regalo di Natale! Fate buone vacanze, a presto!
                     Danielle & Cronic Freaks”
 
-Ah, è Danielle!- esclamai sorridendo.
Mi voltai verso Rox e la trovai impietrita.
-Ci credo che è lei, guarda!- disse alzando quelli che credevo fossero dei comuni bigliettini d’auguri –Sono dei biglietti per la loro prossima data a Londra, platea vip!- squittì mostrandomi sei biglietti su cui troneggiava “V.I.P” in oro al centro, in tutto sei.
Oltre allo stupore per quel regalo inaspettato una sola domanda mi frullava per la testa.
-E adesso come lo dico agli altri senza che abbiano un attacco di cuore?!- 




Ooooooooh, cm'ooooon Mello! Ammettilo che lo spogliarellista vestito da pacco regalo l'avresti apprezzato u_____ù 
A parte che mi sento una completa idiota a scrivere capitoli natalizi a luglio-agosto sperando che pensare alla neve mi porti un po' di refrigerio, a causa del caldo sto ideando cose talmente allucinanti da vergognarmene quasi XD devo decidere se mantenerle oppure essere caritatevole con voi e risparmiarvele! 
E quindi sembrerebbe che Matt non sia uscito del tutto di scena come certi pensavano, ma cosa sarà mai successo al nostro piccolo grande maniaco? Continuerà a restare su un secondo piano senza mai degnarci della sua presenza o in qualche modo potrebbe decidere di rifare la sua comparsa? E cosa potrebbe succedere in entrambi i casi? Mello rischierà una volta per tutte un crollo psicologico? (NdMello: Chessimpatica -_____-)
Rimanete sintonzzati u__u cercherò di aggiornare di nuovo a breve!
Grazie mille come sempre a tutti quelli che seguono la storia, e noto piacevolmente dalle statistiche che diventano sempre di più *__* davvero, io e la mia autostima che si rialza ogni volta che posto un nuovo capitolo non sappiamo come ringraziarvi <3 
Come sempre se avete dubbi o domande non esitate a chiedere e cercherò di rispondervi senza creare spoilers u_u anzi, potrei anche scegliere le domande migliori e fare uno speciale a fine capitolo approfondendo meglio ** mwohohoh
Appuntamento al prossimo capitolo!
Ciauuuuuu <3
Raven :3

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Buonsalve a tutti, miei lord e mie lady u___u 
Se pensavate che sarei sparita di nuovo per mesi e mesi...avreste avuto tutte le vostre buone ragioni per farlo ^___^''' ma CE L'HO FATTA!
Diciamo che questo periodo no é proprio dei miei migliori, però ho fatto il possibile per essere qui di nuovo con voi siccome una delle cose che mi fa sollevare di più il morale e vedervi sempre così appassionati e pronti a leggere un nuovo capitolo ** vi amo <3 
Diciamo che adesso con il freschetto che aumenta la tematica feste natalizie é un po' più vivibile rispetto allo scorso capitolo postato in pieno agosto XD (così tanto per dirvi, da me si vedono già le montagne innevate o__o e io sono felice come una bimba *__*).
Sto già pensando ai regali di Natale u___u'' pardon, che volete farci. Del resto vedere Mello che trangugia cioccolata calda anche con 40 gradi all'ombra non é d'aiuto é__è *colpa suaaaa*
Bene, vi lascio al capitolo, buona letturaaa ^__^/



Capitolo 15:
 
 
-Tesoro, mi raccomando! Chiamami appena arrivi e fammi sapere se non ti hanno svaligiato l’appartamento!-
-MAMMA!- urlai esasperato cercando di divincolarmi dalle sue piccole manine che cercavano di sistemarmi la sciarpa rossa chilometrica che mi ero messo.
-Non si sa mai.- rispose lei per niente preoccupata del fatto che suo figlio stesse per avere una crisi omicida nei suoi confronti.
-Tanto fra due settimane, quando verrai per quella conferenza, te ne potrai accorgere da sola se mi hanno rubato tutte le mutande!- gracchiai gesticolando istericamente e mancando di poco il trolley viola di Rox.
-Tu chiamami comunque, hai capito?-
-SEEEH MAMMA!- tuonai facendo voltare parecchia gente vicino a noi.
-Che adorabile famigliola.- commentò Ryuk che sosteneva Rox intenta a piangere dal ridere.
-E voi siete degli adorabili grattaculo!- ribattei guardandoli di traverso.
-Tsé, noi facciamo dei complimenti e lui ci insulta. Sei peggiorato con la nostra lontananza.- disse Light, si stava difficilmente trattenendo anche lui dal ridere esibendo soltanto un ampio ghigno mentre accarezzava innocentemente il pelo arruffato di Misa.
-Io non mi lamento, con me ha diminuito notevolmente gli insulti.- si aggiunse Near che se ne stava accovacciato su una delle poltroncine di plastica, con accanto Ryuzaki nella stessa identica posizione.
-Potrei recuperare i tempi perduti anche da adesso, sai?!- gli tirai una gomitata all’altezza delle tempie.
-Beh, avrai tempo un mese per escogitare le battute più cattive di cui sei capace.- disse Ryuzaki con un sorrisetto.
Sorridemmo tutti quanti a trentadue denti.
-Allora fatemi sapere a che ora dovrò venire a prendervi e a che aeroporto atterrerete.- dissi allegramente trattenendomi dal saltellare come un bambino iperattivo dopo aver ingurgitato dosi massicce di zucchero.
Non solo Danielle ci  aveva fatto un regalo immenso con quei biglietti, ma ci aveva dato una scusa irrevocabile per porteci riunire di nuovo tutti insieme, stavolta sotto i cieli britannici.
Near, Light e Ryuzaki non avevano esitato a chiamare subito la loro ditta, comunicando che avevano deciso di prolungare le loro vacanze per tutto il mese. Avevano optato per fare un breve tour per l’Europa, terminando con la tappa a Londra.
-Inizia a preparare le difese anti-sommossa per questi qui.- disse Light indicando Near e Ryuzaki che dondolavano entrambi pericolosamente, intenti in chissà quale crisi mistica.
-Come minimo dovrò noleggiare un esorcista.- risposi guardandoli alquanto preoccupato.
Non avevo idea di come avrebbero potuto reagire in una città tanto grande e con così tanti spunti per commettere idiozie perfettamente in loro stile, però, mi dissi, se Ryuk era riuscito a non farsi arrestare neanche una volta per atti osceni in luoghi pubblici potevo nutrire ancora un po’ di speranza.-
Mia madre ci salutò tutti e dovette scappare; aveva lasciato a casa mia zia ancora immersa nella perenne sbronza in cui era caduta dalla sera di capodanno (ricordavo solo vagamente il momento in cui lei e Ryuzaki si erano messi a cantare Frozen di Madonna al karaoke tenendosi a braccetto), e restammo soltanto noi, con ancora qualche ora a disposizione per dire le ultime idiozie prima si separarci.
-Ricordati di portarmi qualche souvenir dalla Germania.- intimai a Near con un’occhiata eloquente.
-Mello, ti ho già detto che non mi faranno passare alla dogana con quella tavoletta di cioccolata da un chilo che mi hai chiesto.-  ribatté lui con una nota di disperazione nella voce.
-Non mi interessa, tu la farai passare anche a costo di ficcartela su per il cu…-
-OH, GUARDA! Andiamo a comprare la settimana enigmistica per il viaggio!- censurò la mia minaccia Ryuzaki che ci prese tutti a braccetto, trascinandoci verso il piccolo chioschetto in mezzo a tutti i duty free (dove avevamo perso Rox e Ryuk circa una ventina di minuti prima).
Aspettammo Light, che era andato a consegnare una riluttante Misa per farla imbarcare, assicurandosi che ci fossero tutti i mille e uno servizi per lei che avevano descritto nel depliant del loro volo “animal-friendly”, inutile dirvi quanto mi ero ammazzato dalle risate quando avevo sentito i suoi piagnistei, insistendo per volersela portare dietro per tutto il loro tour, e risi altrettanto per vedere i mille tentativi di Near e Ryuzaki che cercavano di convincerlo a lasciarla ad un dog-sitter quando sarebbero rientrati brevemente a Tokyo per rimpolpare le valigie.
-Fatemi un fischio quando quell’idiota inizierà ad incatenarsi nelle piazze per qualche protesta animalista.- dissi sottovoce a Near quando lo vedemmo tornare con aria affranta.
-Fidati, non credo che gli lasceremo mettere piede fuori di casa se anche solo minacciasse di fare una cosa simile.- disse allungandomi un pugno che feci scontrare con il mio.
Chiamarono prima il nostro volo, e grazie alla mezz’ora di saluti per poco non arrivammo in ritardo all’imbarco.
-E mi raccomando, ricordati di prenotare già al ristorante di Gordon Ramsey appena arrivi, o giuro che potrei decapitarti!- mi urlò Light mentre ci allontanavamo.
Sentivo come un mattone sullo stomaco, anche se sapevo che ci saremmo rivisti prestissimo. In quei pochi giorni mi ero riabituato alla loro presenza, e mi sembrava di essere ritornato indietro nel passato a quando ci eravamo salutati prima della mia partenza.
-Quanto vorrei che si trasferissero tutti a Londra.- sospirai mentre eravamo in fila per prendere posto sull’aereo.
-Suvvia, non disperarti! Ci sono sempre io!- disse Ryuk prendendomi sottobraccio con quello che per lui doveva essere un sorriso convincente.
-Che fortuna, eh!- ribattei estremamente ironico mentre arrancavo verso i posti che aveva già individuato Rox, sventolando una mano verso di noi.
Probabilmente l’unico momento tranquillo fu il momento del decollo, dove tutti e tre restammo a guardare il Giappone farsi sempre più piccolo sotto di noi… poi fu l’inferno.
Non riuscii a chiudere praticamente occhio grazie a quei due idioti che continuavano a farneticare di tutto lo shopping che avevano fatto e ridendo come indemoniati dopo che ebbero ordinato qualche bicchiere di champagne.
-Non vedo l’ora di dare il mio regalo di Natale in ritardo a Rem!- disse a un certo punto Ryuk che si agitava peggio di un bambino su una giostra.
-Cosa le hai preso?- fece eco Rox che lo guardava con occhi sgranati.
-Ero indeciso tra un teschio di serpente e uno scorpione essiccato, e poi…-
Rabbrividii non volendo ascoltare oltre quella conversazione, e mi infilai con decisione le cuffiette del mio i-pod nelle orecchie alzando il massimo il volume, infischiandomene di spaccarmi i timpani a costo di non sentire i particolari macabri della contorta relazione di amore e odio tra Ryuk e Rem.
 
Quando finalmente toccammo di nuovo terra mi lanciai in ginocchio sull’asfalto fuori dall’aeroporto urlando mille ringraziamenti a chiunque mi stesse ascoltando, grato di potermi finalmente muovere liberamente.
Avvertii l’impercettibile cambiamento nell’aria, accogliendo con gioia il tipico odore indescrivibile che per me caratterizzava Londra.
La prima cosa che feci fu infilarmi in uno Starbucks a prendere una cioccolata calda gigantesca e un panino al bacon (il mio accostamento preferito), lanciando una lode al cibo d’asporto. Non che la cucina di mia madre facesse schifo, ma potevo dire di aver fatto il pieno di “tradizione” che probabilmente mi avrebbe tenuto lontano da qualsiasi ristorante giapponese per un bel po’… ok, diciamo una settimana al massimo!
-Allora ci vediamo dopodomani se venite a bere qualcosa da me dopo lavoro.- disse stancamente Ryuk reprimendo uno sbadiglio epico mentre si apprestava a scendere verso la metro.
-Non nominare la parola LAVORO, grazie.- ribatté Rox che sembrava in procinto di addormentarsi sopra alle sue valigie mentre aspettavamo il taxi.
In risposta sentimmo solo la sua risatina stridula prima che sparisse oltre le scale mobili.
Nonostante sentissi anch’io la stanchezza del viaggio mi sentivo inspiegabilmente attivo. Salutavo con lo sguardo tutti i monumenti che vedevo attraverso il finestrino, e quando finalmente arrivammo davanti al nostro palazzo ci mancò poco che andassi ad abbracciare Paul, che ci aspettava già davanti alla porta per aiutarci con i bagagli.
-Oh! Ma guarda chi si vede!- sentimmo appena le porte dell’ascensore si aprirono sul secondo piano ed entrò Britt.
-Ehi, Britt! Ti trovo bene. Come sono andate le feste?- la salutai allegramente.
-Favolose! Non avete idea delle partite di poker che si organizzano da Albert! Sono appena andata a controllare se non avesse scommesso anche le mutande con quella coppia del decimo piano.-
-Ma tu guarda, fate apposta ad organizzare queste cose proprio quando non ci siamo!- esclamò Rox, che dopo aver trangugiato una tazza gigantesca di caffè sembrava essersi ripresa.
-Beh, se volete siete in tempo ad aggiungervi a una delle partite stasera.- rispose lei con uno dei suoi sorrisi complici.
-Prima è meglio se andiamo a sistemare le nostre cose. Ti chiamo più tardi, ok?- dissi mentre psicologicamente mi preparavo a dover disfare le mie valigie stracolme.
Salutammo Britt che si fermò al piano sotto di noi, e quando mi ritrovai davanti il mio amato appartamento mi sentii in paradiso.
-CASAAAAA!- urlai al nulla mentre correvo ad alzare tutte le tapparelle e spalancare le finestre, lasciando entrare gli ultimi sprazzi di luce prima del tramonto. Nonostante il freddo aspettai che l’odore di chiuso uscisse del tutto prima di mettermi a sistemare tutto. Sentii attraverso i muri un urlo simile che proveniva dall’appartamento di Rox, e sogghignai mentre iniziavo a tirare fuori i vestiti, riponendo quelli ancora puliti nell’armadio.
Per ultimo lasciai il piccolo involucro di sacchetti riciclati che contenevano gli occhialini di Matt, e rimasi a fissarlo indeciso sul da farsi.
In un primo momento mi ero detto di non aprirlo e metterlo in fondo all’armadio, ma dopo vari ripensamenti li adagiai delicatamente dentro al cassetto del mio comodino, senza escludere che con il tempo avrei potuto cambiare nuovamente loro posto.
-Devo essere matto.- borbottai tra me e me chiudendo alla svelta il cassetto e uscendo dalla mia stanza, con l’idea di farmi una bella doccia calda con il mio doccia schiuma al cioccolato bianco preferito di cui avevo fatto abbondante scorta.
Dopo tre quarti d’ora sotto l’acqua con i Linkin Park a volumi improponibili uscii tutto imbaccuccato e soddisfatto, dimenticando già la presenza di quei malefici occhialini, e andai ad infilarmi nella mia tuta nera preferita, talmente morbida da far venire un orgasmo all’epidermide ogni volta che entrava in contatto con il tessuto.
Mi stavo asciugando i capelli quando ecco Rox che già si aggirava per il mio appartamento, anche lei in versione casalinga (con alcuni accorgimenti chic ovviamente).
-Dai, ti pregoooo!- miagolò girandomi intorno.
-Sono sconquassato dal viaggio e dal fuso orario, non puoi davvero pensare che io voglia scendere ben OTTO piani per andare a cercare di giocare a poker, anzi, guardare TE che giochi a poker siccome sono totalmente negato. Ricordi quanto ho perso quella volta che siamo andati al casinò?- dissi mentre sistemavo le ultime ciocche bionde ed annusando soddisfatto il profumo dell’olio d’argan.
-Se non ci sei tu a portarmi fortuna di sicuro finirà male, vuoi davvero lasciarmi in balia di quegli infimi giocatori d’azzardo improvvisati assetati di sangue e di vittoria?-
-Anche tu rientri in questa categoria, lo sai?- dissi squadrandola e andando a riporre spazzola e phon in bagno con lei che mi seguiva come un’ombra.
Mi chiedevo quando tempo ci avrebbe messo ad utilizzare la sua ultima arma a colpo sicuro, e io mi stavo chiedendo perché stessi facendo tutta quella resistenza nonostante sapessi benissimo che avrebbe funzionato e io avrei inesorabilmente ceduto.
-Ci sarà un sacco di cioccolata e i biscotti di Britt, lo sai vero?-
Eccola.
Sbuffai e alzai le mani in segno di resa.
-Ci sarà un giorno in cui mi lascerai in pace e poltrire sul divano in santa pace?- replicai mentre andavo a recuperare il cellulare.
-Ovviamente no.- rispose lei con un sorriso soddisfatto e già pronta sulla soglia della porta.
Mi trascinai fino all’ascensore e mi appoggiai svogliato contro la parete di metallo, sperando di riprendermi e di non cadere addormentato su una qualche poltrona nel giro un’ora.
Ancora prima di aprire la porta dell’appartamento di Albert, il signore di mezz’età con il vizio del gioco d’azzardo che organizzava sempre questi tornei (leggermente abusivi), si sentiva già imprecare qualcuno. Quando aprimmo la porta ci si presentò davanti uno spettacolo a dir poco esilarante di un litigio con tanto di roba che volava in giro per la stanza. Nell’occhio del ciclone stavano il tizio del terzo piano che lavorava come somelier e…
-Ryan?!- esclamammo in coro io e Rox.
L’unica volta in cui l’avevo visto così alterato era stato al nostro primo incontro, quando sbraitava conto agli uomini dei traslochi.
-Ti avevo detto che non avrei mai e poi mai scommesso la mia collezione di soldatini di piombo! Come te la sei inventata questa?!- stava urlando fuori di sé in piedi su una sedia cercando di prendere di mira l’altro con un biscotto.
-Ieri sera hai detto che se avessi di nuovo vinto tre volte di fila me li avresti dati! È inutile che ti incazzi come una checca isterica, ci sono testimoni!- ribatté imperterrito l’altro che si stava nascondendo dietro a un divano.
-Ma quali testimoni!- ringhiò Ryan scendendo dalla sedia e lanciandosi all’inseguimento.
Fummo gli unici a fissare esterrefatti la scena, gli altri continuavano a chiacchierare tranquillamente o disputavano altre partite seduti ai vari tavoli disposti per tutto l’ampio salotto.
-Chi ha ragione?- sibilai a denti stretti a Britt che si stava avvicinando con un vassoio stracarico dei suoi biscotti con extra cioccolato.
-In teoria ieri sera erano entrambi abbastanza alticci e comunicavano a gesti, nessuno sa esattamente cosa abbiano concordato, e credo non lo sappiano nemmeno loro. So solo che giravano parecchi diti medi.- rispose a bassa voce trattenendo a stento un risolino.
Scossi la testa mentre agguantavo un paio di biscotti.
-Devo dedurre che si sia ambientato più che bene dentro a questa gabbia di matti.- commentai girandomi verso Rox e ritrovandomi a parlare al nulla. Si era già seduta a un tavolo e guardava con aria di sfida Albert.
-Cosa stai aspettando? Paura, Alby?- stava dicendo con il suo solito tono intimidatorio che usava anche a lavoro, con la lieve differenza che lo stipendio di nessuno era legato al suo umore, e quindi nessuno si preoccupava troppo di farla imbestialire.
Sospirai andando a cercare un posto libero, ed andai a sedermi sul divano in compagnia di Meg, una ragazza molto particolare che stava al settimo piano e che aveva il tic isterico di fare il bucato ogni giorno assillando quelli della lavanderia dall’altra parte della strada.
-Ehi! Si può sapere dove eravate finiti? Aspettavano tutti voi per avere un po’ di movimento.- disse passandomi un bicchiere di carta pieno di quello che doveva essere vin brulé non più tanto caldo.
-Vacanze.- risposi senza divagare troppo; se avessi iniziato a raccontare tutto proprio a lei come minimo avrebbe spettegolato gonfiando tutto in una maniera inimmaginabile. L’ultima volta in cui gli avevo raccontato del mio breve soggiorno a Parigi per lavoro, dove l’unica cosa che avevo visto oltre alle riunioni erano stati la sfilata, la mia camera d’albergo e la Tour Eiffel in lontananza, era andata in giro a dire che avevo passato un intero weekend romantico con un misterioso parigino che amava i giochini erotici con la nutella.
Fortunatamente a salvarmi fu Ryan, che si lanciò accanto a me rosso in viso e ansimante dopo l’inseguimento.
-Col cazzo che avrei lasciato la mia collezione a quello stronzo alcolizzato.- borbottò prendendo anche lui un bicchiere di carta e riempendoselo generosamente.
-Grave errore fare scommesse con lui.- commentai ghignando.
-Lo sto imparando a mie spese, ma ha trovato pane per i suoi denti.- disse talmente collerico che probabilmente non doveva nemmeno avermi riconosciuto.
-Basta che tu non sbagli piano quando andrai in cerca di vendetta.- replicai sorseggiando divertito il mio vino.
Solo allora parve rendersi conto con chi stesse parlando e strabuzzò gli occhi.
-Mello?! Ma allora siete tornati!-
-Chi credi che stia prendendo in ostaggio tutto il fondo pensione di Albert in questo momento?- ammiccai verso il tavolo dove Rox era appena entrata in piena modalità giocatrice accanita e senza pietà.
-Cavoli, non me ne ero accorto, scusami.- disse grattandosi la testa imbarazzato –Questi tornei mi stanno ammazzando. Sono giorni che non esco di casa se non per andare a prendere qualcosa da mangiare al take away quando è il mio turno.-
-L’avete presa sul serio, allora.- dissi piacevolmente sorpreso, potendo solo immaginare come si fossero svolte le vicende nei giorni in cui non c’eravamo. Perché non avevo comprato quella GoPro scontata?! Avrei potuto montarla di nascosto per poi divertirmi a riguardare tutto!
-Non me ne parlare. Qualche giorno fa ho iniziato a sentire dei rumori strani e per caso ho incontrato Britt. Non ho fatto in tempo a chiederle cosa stesse succedendo che mi aveva già trascinato qui, e le cose non si sono messe meglio quando hanno scoperto che so giocare a qualunque gioco che preveda l’uso delle carte. Credo di essere riuscito a prendermi una sbronza continua per due giorni di fila.- raccontò passandosi stancamente una mano tra i capelli.
Commentai con un fischio.
-Se non altro ti sei ambientato completamente.-
-Potrei quasi pentirmene se continuo così.-
-E dai, non è poi così male. Basta abituarsi ai ritmi e a dire di no a qualche giro, specialmente se Monica inizia a tirare fuori le sue grappe italiane.- ammiccai verso la donna corpulenta che stava preparando alcuni caffè in cucina, correggendoli di nascosto con qualche liquore.
-NON ME NE PARLARE!- urlò lui facendosi il segno della croce, e io scoppiai a ridere.
-Allora hai già sperimentato anche quelle!- dissi mentre cercavo di darmi inutilmente un contegno.
-Quella donna è PAZZA! Non so cosa ci metta in quella roba, ma l’altra sera quando sono entrato in ascensore mi sono visto allo specchio e giuro di avere intrattenuto una conversazione con il mio riflesso, capisci? MI RISPONDEVA!-
A quel punto rotolai giù dal divano invocando pietà.
-Giuro, pagherei per aver potuto vedere una scena simile!- ululai mentre mi sbellicavo.
-Non ridere, era inquietante!- replicò lui diventando paonazzo.
-Ci credo, non preoccuparti. Quando ci sono passato io per la prima volta sono stato saldamente convinto per tre giorni che ci fossero dei draghi dentro al mio forno, e che fossero loro a cuocere il cibo.-
-Che cosa?!- esclamò, e stavolta fu lui a cadere in preda alle risate –Amico, a me avrà anche fatto un effetto strano, ma tu mi batti!-
-Naah, Rox ha fatto di peggio. Mi aveva chiamato nel cuore della notte sostenendo che i suoi cuscini zebrati avessero iniziato a galoppare nel suo salotto, e che la incitassero a puntare sul più veloce.-
Ben presto Ryan mi fece compagnia sul pavimento, cercando di asciugarsi le lacrime inutilmente.
Ero inspiegabilmente felice del fatto che finalmente avesse fatto altre amicizie oltre a noi, forse da un lato perché non avrei più dovuto sentirmi in colpa per non inviarlo ad uscire con noi ogni volta, o forse perché mi faceva piacere nel vederlo solare e perfettamente a proprio agio. Mi ricordava quando mi ero appena ambientato io, e potevo sentire perfettamente la stessa sensazione che avevo provato quando per la prima volta mi ero sentito veramente a casa.
Uscimmo ad orario inoltrato da casa di Albert, e io dovetti sorreggere Rox che aveva alzato leggermente troppo il gomito, e quando ci trovammo nell’ascensore non potei fare a meno di fissare il mio riflesso nello specchio sulla parete, e scoppiare nuovamente a ridere.




Capitolo apparentemente tranquillo u____u ma ne siete poi così sicuri?? é____è 
Spero leggiate in tantissimi, scusate ma necessito d'affetto ç___ç *picchia il suo ragazzo e lo spedisce a prenderle della cioccolata*
Come sempre grazie mille millissimo a tutti quelli che mi seguono e che bramano che i nostri eroi copulino a non finire riempiendo il mondo d'ammooooore *^* 
Quasi inutile ripeterlo ma lo faccio lo stesso *tsé*, se avete domande di qualunque tipo scrivetemi tuuuuutto quello che volete e sarò felicissima di rispondervi ^___^ TRANNE dirvi dove si trova Matt ovviamente MWAHAHAHAHAHAHAHAHAH! 
Detto questo torno nel mio mondo a fare una serie imprecisata di amigurumi e vi saluto sommersa dai gomitoli *_* 
Ciauuuuu <3
Raven :3 
 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


BUONGIORGIOOOOO!
Ehm...sì, so che avevo promesso di non sparire mai più per così tanto tempo, siete autorizzati a giustiziarmi pubblicmente in piazza XD
Scherzi a parte, come già preannunciavo nei capitoli precedenti non stavo vivendo proprio un bellissimo momento, e la cosa si é protratta per un bel po' (diciamo che non é ancora pienamente risolta adesso ma sono dettagli XD), sommato ad una totale fuga di creatività dal mio cervello, o meglio, forse sarebbe più corretto dire che era scappata la voglia di mettermi a scrivere siccome le idee nella mia testa sono lì da un bel po' XD
Mi scuso immensamente con tutti voi <3 
Per farmi perdonare sono tornata con quello che doveva essere un capitolo BOMBA, e forse era anche per quello che ci ho messo così tanto, volevo che rendesse al massimo, anche se il peggio deve ancora venire u.u MA... NON VI ANTICIPO ALTRO! è_é 
Detto questo, buona letturaaaaa  ^^
(P.S. ero talmente galvanizzata all'idea di postare di nuovo qualcosa che non ho riletto proprio tutto, potreste trovare qualche errore stupido da qualche parte XD pardon)



Capitolo 16:
 
 
Sbadigliai per la centesima volta, chiedendomi se quella mattina avessero messo della polvere soporifera sulla tastiera del mio macbook. Tutti in ufficio sembravano essere mille volte più attivi di me, il ché non mi ispirava una di quelle ramanzine senza motivo ad uno degli apprendisti giusto per ravvivare la giornata. Speravo di non essere in procinto di ammalarmi, ora che mancava così poco all’arrivo degli altri… e al concerto, chiaramente.
Non avevo mai aspettato così ansiosamente qualcosa in vita mia, come un ragazzino di otto anni che non vedeva l’ora di andare al parco giochi dopo scuola... oppure quando Ryuk aspettava che al negozietto da parte al suo pub arrivassero le mele.
Eppure quella mattina mi sembrava di aver dimenticato tutte le mie energie tra le coperte. Forse non mi ero ancora ripreso totalmente dal fuso orario con il Giappone (non ero minimamente convinto che la partita a Tekken online che mi aveva tenuto in piedi fino alle due del mattino fosse responsabile).
Qualche ora dopo, quando avevo capito che in quello stato non sarei stato capace di tirare fuori niente di buono, uscii dal mio ufficio e mi diressi verso la macchinetta dell’automatico per prendermi una cioccolata calda.
-Potevi dirmelo che ti serviva un correttore per coprire le occhiaie, stamattina.- commentò Rox che come sempre in qualche inspiegabile motivo se lo sentiva nelle ossa quando decidevo di fare una pausa, e mi raggiungeva puntualmente.
-Non sono messo poi così male.- risposi mentre inserivo la chiavetta elettronica e digitavo ormai a memoria senza guardare il numero per la cioccolata calda iper zuccherata.
-Se lo dici tu. Penso che se IT passasse di qui ti chiederebbe dove hai comprato il cerone così pallido.-
Mi uscì un misto tra un ringhio e un colpo di tosse dalla gola per esprimere il mio disappunto.
-Non lo so, Rox. Mi sento terribilmente inquieto di notte, faccio di tutto per prendere sonno ma non ci riesco.- dissi un po’ più tranquillo quando non c’era nessuno a portata d’orecchio.
-Potresti provare quella tisana che uso io per dormire quando sono… particolarmente poco trattabile.- si riferiva decorosamente a quei cinque giorni in cui il ciclo la trasformava in una delle creature più spietate degli inferi.
-A differenza tua non devo avere a che fare con i miei ormoni fuori controllo.- dissi rabbrividendo all’idea di quel concentrato di erbe dall’odore terrificante -Comunque non credo sia una buona idea di principio. Molto meglio questa.- conclusi soffiando sulla mia cioccolata calda.
Rox sembrava stesse per ribattere ma si bloccò quando vide passare uno dei suoi dipendenti.
-Aspetta un attimo.- disse fissandolo con uno sguardo che conoscevo fin troppo bene.
Un ragazzo giovane, con tutta probabilità assunto da meno di due settimane, con una espressione troppo rilassata per essere nel pieno del progetto della settimana, con una camminata troppo tranquilla di chi si stava godendo un minuto di pausa, e soprattutto senza nessuna bozza o materiale in mano.
-Senti, TU.- partì spedita Rox facendo schioccare i suoi tacchi sul pavimento nel suo passo di guerra.
La malasorte… povera creatura.
Sorseggiai la mia cioccolata godendomi da lontano la mia migliore amica implodere letteralmente facendo diventare quel povero ragazzo più piccolo di un moscerino, per poi tornare nel mio ufficio un po’ più motivato di prima.
L’euforia durò poco, quando arrivarono almeno una trentina di chiamate una dietro l’altra che mi tennero impegnato fino a sera, un susseguirsi di gente che pretendeva cose assurde per il budget che disponevano, e io ogni volta facevo gentilmente intendere che potevano andare a quel paese e rompere i coglioni a qualcuno che aveva più tempo da perdere.
I giorni seguenti furono un inferno terreno, e in quel caso mi dilettai in quello che sapevo fare meglio: rendere quei giorni un inferno anche ai miei dipendenti.
Ero come la morte nera, appena vedevano spuntare anche solo una ciocca di capelli biondi alla porta di un reparto tutte le teste si chinavano, i telefoni squillavano costantemente e la gente correva ovunque stracarica di appunti o dossier. Quando mi avvicinavo per chiedere come stesse andando il lavoro potevo vedere il loro sudore freddo scendere sotto al colletto delle loro camice, e giurai di aver intravisto delle sorta di appunti microscopici sui post-it su cosa era meglio dirmi o cosa assolutamente non dirmi.
Sì, amavo il mio lavoro. Portava sempre incredibili soddisfazioni.
Alla sera quando arrivavo a casa mi capitava spesso di incrociare Ryan con cui ora potevo chiacchierare tranquillamente, oltretutto mi aveva lasciato intuire che ultimamente passava parecchio tempo in compagnia di Alberto, il somelier con cui stava litigando alla serata poker.
-Potremmo fare una serata film tutti insieme il prossimo weekend, che ne dite? Alberto dice che sembrate persone simpatiche per quel poco che vi ha visti.- propose una sera mentre ci eravamo incrociati in lavanderia.
-Il prossimo weekend? Cavoli, mi piacerebbe ma arriveranno gli altri.- risposi mentre ripiegavo alla buona un paio di lenzuola.
-È già arrivato il grande giorno? Così presto?- esultò.
-Già, sembra che il tempo sia volato, eh?-
-Davvero!- prese un paio di magliette e le lanciò direttamente nell’asciugatrice.
-Forse possiamo rimediare dei pass anche per voi, che dici?- proposi già pronto a far scattare la chiamata a Danielle.
-Naah, tranquillo. Credo che rimarremo focalizzati sulla serata film, con o senza di voi.-
-Adesso non vorrai dirmi che siete arrivati allo stadio di coppia segregata in casa ancora prima di dire ufficialmente in giro che state insieme.- lo punzecchiai senza mezzi termini.
-Ehi!- mi lanciò a mo’ di frisbee un campioncino di ammorbidente –Non fare il so tutto io della situazione.-
-Era solo un consiglio spassionato.- me la risi di gusto mentre prendevo le mie ultime cose.
Mi sentivo strano, e quando dico strano intendo più strano del solito. Momenti come quelli mi facevano divertire, mi sentivo splendidamente bene, eppure appena mi ritrovavo da solo con i miei pensieri una stranissima sensazione si impadroniva di me.
Era come se… avvertissi l’avvicinarsi di una tempesta.
Questi pensieri non migliorarono nei giorni a seguire, e più il tempo passava più si facevano presenti.
Perché?
 
-Tu li vedi?- dissi nervosamente scandagliando per l’ennesima volta la strada fuori dal nostro palazzo.
-Non vedo nessun taxi in procinto di esplodere.- replicò Rox che controllava ogni auto che passava.
Era il grande giorno, finalmente.
Sfortunatamente gli altri avevano deciso di arrivare venerdì nel tardo pomeriggio, mentre noi eravamo ancora a lavoro, quindi non potevamo andare a prenderli direttamente all’aeroporto, ma ci eravamo curati di fargli avere un taxi il prima possibile che li avrebbe portati direttamente da noi.
Era passato relativamente poco tempo da quando ci eravamo separati di nuovo, ma mi sembrava comunque essere passata un’eternità.
D’un tratto sentii qualcosa, un suono acuto e distante che cresceva d’intensità. Capii appena in tempo per scansarmi ed evitare Ryuk che correva a perdifiato verso di noi con le braccia alzate e che si spalmò sul marciapiede nel punto dove poco prima stavo io.
-Sono in ritardo?-
-Nah.- rispondemmo all’unisono io e Rox mentre tornavamo a pattugliare la strada.
-Forse si sono fermati ad uno di quei bugigattoli per prenderci un regalo e sono in ritardo. Magari… mi hanno preso delle mele.-
-Ti piacerebbe.- borbottai senza nemmeno guardarlo ma immaginandomi la sua faccia da spaventapasseri sognante che si immaginava una fila di mele con le ali che gli svolazzava davanti.
-ECCOLI!- urlò improvvisamente Rox ad un volume tale da riuscire a prendere in ostaggio i miei timpani e violentarli brutalmente.
In fondo alla strada si vedeva distintamente uno dei tipici taxi voluminosi da aeroporto, e a giudicare da come sbandava leggermente a destra e a sinistra si poteva capire che gli ospiti a bordo non dovevano essere estremamente calmi e ben composti.
Quando l’auto parcheggiò davanti a noi e le porte si aprirono mi vidi volare addosso un ammasso bianco urlante.
-QUESTA CITTÀ È UNA FIGATA PAZZESCA!-
-NEAR, SCENDIIIII!- urlai cercando di scrollarmelo di dosso peggiorando soltanto la situazione perché poco dopo ci schiantammo entrambi a terra.
-Quando imparerete che non si gioca per strada?- disse Light scendendo dal taxi scavalcandoci con disinvoltura.
-Aiutarmi mai?!- ringhiai schiacciato da Near che stava letteralmente facendo le fusa strusciandosi sulla mia maglietta.
-Sono già straziato dal viaggio, non vorrai che mi si blocchi la schiena prima del concerto.-
-In realtà per la maggior parte dormiva oppure rubava il Nintendo3DS a Near facendolo andare in crisi.- precisò Ryuzaki che si palesò accovacciato accanto a me, fissandomi come suo solito.
-Quasi come a casa.- borbottai capendo che non avrei ricevuto nessun genere d’aiuto e mi apprestai a scrollarmi di dosso Near.
Dopo aver lasciato una lauta mancia al taxista, che probabilmente dopo il viaggio con quei tre si sarebbe preso un weekend libero per riprendersi, iniziammo a portare i loro bagagli di sopra, e inevitabilmente conobbero Paul.
-Ogni tanto mi chiedo se frequentiate qualcuno di normale.- disse mentre assisteva alla ridicola scena del ficcare le valigie nell’ascensore cercando di evitare che Near e Ryuzaki si mettessero a schiacciare tutti i pulsanti.
-Che domane inutili.- rispose Rox con un sorrisetto soddisfatto senza alzare bellamente un dito per aiutarmi, più faticavo nel tenerli fermi più si divertiva.
Paul abbassò la testa sul suo tablet continuando a leggere il giornale online scuotendo leggermente la testa, poi poco dopo si illuminò.
-Oh, adesso ho capito! Andate a vedere loro, vero?- chiese voltando il tablet verso di noi mostrando un articolo con Danielle che sembrava ruggire dentro a un microfono. –Quelli che sono stati qui l’altra volta.-
-Eh già! Posti VIP, ti rendi conto?- cinguettò Rox.
-Non avevo dubbi. E per precisazione, arriverà qualche altro amico strano, che so, con colori di capelli improponibili e talmente tanti piercing che se dovesse entrare in un negozio di magneti farebbe una brutta fine?-
-Naah, questi bastano e avanzano.- rispose lei indicandoci proprio nel momento in cui placcavo pesantemente Ryuzaki dal premere il pulsante d’emergenza solo perché “era curioso di vedere come fosse la tempistica di salvataggio in Inghilterra”.
 
La situazione non migliorò di certo quando sguinzagliai quei tre nel mio appartamento.
-È trenta volte più enorme di come sembrava nelle videochiamate!- urlò Near iniziando a camminare continuamente attorno al divano e al tavolino, facendomi venire la nausea.
-Dopo un po’ ti ci abitui.- risposi mentre mi accasciavo su una sedia, esausto.
-Cavoli, però devo dire che il tuo frigorifero sembra quello di un povero pensionato.-
Mi voltai in tempo per vedere quello che temevo: Ryuzaki per metà infilato nel mio frigorifero, intento a frugare ovunque per trovare qualcosa di dolce da mangiare.
-Lascia stare le mie scorte!- gli ululai dietro lanciandogli una scarpa.
-“Scorte”.- esclamò ironico Light appoggiandosi al bancone della cucina.
-Sentite, ora chiamiamo un bel take away e risolviamo tutto, ok?- tentai di rimediare.
Pessima idea.
-MESSICANO!- urlò Near alzando le braccia come un bambino esaltato.
-Non se ne parla, l’ultima volta sono dovuto rimanere chiuso nel cesso due ore. Non sarebbe male provare il famoso fish&chips già che siamo qui.- replicò Light liquidando in mezzo secondo la proposta.
-Tu rimani inchiodato al cesso il 99% delle volte. Io voglio il thailandese.- disse Ryuzaki emergendo dal frigorifero (ci era appena entrato completamente… e non era una metafora. Era con i piedi nel vano per le verdure).
-Allora già che ci siamo possiamo anche ordinare qualche apple pie dalla pasticceria all’angolo, tanto è di strada.- aggiunse Ryuk che nel frattempo si era accasciato sul divano occupandolo per tutta la lunghezza.
-Ehi, credevo volessi portarli da Nando’s!- fece eco Rox arrivando alle mie spalle.
In un impeto di disperazione aprii un cassetto del mobile vicino al tavolo tirando fuori tutti i menù take away che conservavo e glieli lanciai insieme al cellulare.
-FAI TU.- dissi con una certa enfasi e andando diretto verso Ryuzaki con tutta l’intenzione di debellarlo dal frigorifero e qualsiasi cosa facesse parte della cucina.
Mancavano esattamente ventiquattrore al concerto mentre ci stavamo strafogando di qualunque cosa possibile immaginabile, ciò voleva dire ancora una luuuuuunga giornata con quei tre che volevano esplorare ogni centimetro quadrato della città. Come se non bastasse la notte non fecero chiudere occhio pressoché a tutto il palazzo. Vollero conoscere Britt, e ovviamente Ryan, e inevitabilmente conobbero anche Alberto e un altro paio di coinquilini che erano usciti di casa per capire cosa fosse tutto quel trambusto.
Inutile dire quanto rimasero scioccati tutti nel vedere la somiglianza di Ryan con Matt, ma nessuno si divulgò troppo oltre appena lo sentirono aprir bocca.
La mattina dopo riuscire a trascinarli tutti fuori di casa fu abbastanza facile, anzi, dovetti frenarli per non farli correre in giro per le strade e rischiare di farsi investire.
-Mio dio, qui è tutto così… così British!- esclamò Near quando ci trovammo a Westminster e per poco non si fece arrestare da due (grazie al cielo) amichevoli poliziotti che probabilmente dovevano averlo scambiato per uno con qualche problema dopo aver tentato di andare ad abbracciare le fondamenta del Big Ben.
Non sapevo se essere più in ansia per i continui tentativi di dare spettacolo dei miei amici oppure per quella spiacevole sensazione che sentivo crescere dentro di me ogni secondo di più. Forse era l’agitazione pre-concerto, oppure stavo davvero diventando matto.
Danielle mi scrisse per avvertirmi che loro erano arrivati e che stavano facendo il soundcheck al locale dove avrebbero suonato, e la cosa mi mandò ancora più in fibrillazione.
-Ragazzi, credo sia ora che iniziamo a prepararci, non manca molto.- dissi quando il cielo iniziò ad imbrunire.
-È già ora?- disse con una certa agitazione Ryuzaki.
-No che non è ora, ma al signorino ci vorranno sicuro le sue consuete tre ore e mezza per rendere impeccabili i suoi capelli d’angelo.-  disse Light guardandomi di traverso.
-Non ci metto tre ore.- ribattei stizzito mettendo su il broncio –Solo un’ora e mezza.- borbottai infine, facendo partire una risata generale.
-Ehi, tutto bene?- chiese Rox mentre eravamo sulla metro –Sembra che tu stia per avere un attacco di cuore o qualcosa del genere.-
-Sì, sì… sono solo stanco.- risposi pensieroso.
-Hai ancora quel presentimento?-
Come cazzo faceva quella ragazza a leggermi nel pensiero ogni fottuta volta?
-Più o meno. Ho paura che qualcosa in qualche modo possa andare storto o… non so che altro.-
Lei sorrise e mi diede un buffetto sulla guancia.
-Non ti preoccupare, devono passare sul mio cadavere per farti andare storta questa serata.- disse facendomi poi l’occhiolino –Mi occupo io di questi qui mentre ti prepari.- ammiccò a Ryuk che stava di nuovo litigando chiassosamente con Light mentre Near e Ryuzaki continuavano a oscillare sui sedili della metro appena c’era una piccola curva, come se fossero su un ottovolante.
 
Mi diedi l’ultima sistemata ai capelli controllai che la maglietta cadesse bene prima di vietarmi di fissare di nuovo lo specchio.
-Bene, direi che si può partire. Avverto Danielle.- annunciai mentre assistevo alla patetica visione di Rox che cercava di pettinare senza successo i capelli selvaggi di Near.
-E dai! Non sono messi poi così tanto male!- stava protestando lui.
Prendemmo giacconi e sciarpe e mentre cercavo di indirizzare disciplinatamente tutti verso l’ascensore udii Rox lanciare un urlo disumano.
-Che c’è?!- chiesi affacciandomi alla porta del suo appartamento.
-Mi si è rotto un tacco delle mie scarpe preferite!- strillò lei facendomi vedere le decolté nere opache con laccetto che metteva sempre per le occasioni speciali, una delle quali con il tacco praticamente staccato di netto –Ora devo rivedere del tutto il mio outfit!- sembrava essere sul punto di una crisi isterica.
-Ma stiamo andando via adesso!- replicai allibito –Non puoi scegliere un paio di scarpe a caso?-
Mi fulminò con il suo sguardo simile a quello del Basilisco di Harry Potter.
-Ok, non puoi.- mi risposi da solo alzando le mani in segno di resa.
-Sentite…- si passò una mano fra i capelli viola –Voi iniziate ad andare, lasciami il mio Vip-pass e vi raggiungo appena sono pronta, ok? Prenderò un Taxi per fare più veloce.-
-Sei sicura?- dissi nervosamente.
-Giuro che ce la farò in tempo. Abbiamo calcolato le tempistiche con un po’ di anticipo.-
Presi un lungo respiro per poi frugare nella tasca della mia giacca tirando fuori uno dei pass.
-Se arrivi in ritardo ti uccido.- dissi porgendoglielo e facendo presa per qualche secondo con uno sguardo che non ammetteva repliche.
-Ci vediamo dopo.- disse schioccandomi un bacio sulla guancia per poi chiudere la porta, mentre mi avviavo verso l’ascensore potevo sentire tonfi vari; probabilmente stava mettendo sottosopra ogni armadio di casa sua.
Ecco, forse quello fu il primo campanello d’allarme che avrebbe dovuto farmi capire qualcosa. La brutta sensazione era ancora più presente ora che Rox era rimasta “indietro”, ma dovetti concentrarmi a fare del mio meglio per contenere gli altri quattro che sembrava stessero delirando.
-Non vedo l’ora di rivedere Danielle. E dire che pensavamo non l’avremmo mai più rivista se non alla tv o sulle riviste.- disse Near oltre l’esaltato mentre aspettavamo la metro –Com’è lei?-
-Sempre la stessa.- risposi con un mezzo sorriso.
-Anzi, ancora meglio!- mi fece eco Ryuk adorante come al solito.
-Spero che stasera non vogliate finire di nuovo sui giornali.- disse Light guardandomi abbastanza esplicito.
-In caso ricordati di bere una considerevole quantità d’alcol per non pensarci.- replicò Ryuzaki, e dovetti trattenermi seriamente dall’accasciarmi dal ridere, tutti avevano ricordi più che vividi di Light ubriaco, cosa più unica che rara ma epica.
Più ci avvicinavamo alla fermata giusta più la metro si riempiva di persone che stavano palesemente andando al concerto, e quando uscimmo nonostante il posto distasse qualche minuto a piedi dalla stazione si sentiva già il vociare della gente in coda fuori dall’edificio.
-Mi sento quasi in colpa.- commentò Light mentre passavamo con disinvoltura accanto a tutta la fila verso l’entrata.
Appena ci presentammo all’entrata mostrammo i nostri pass agli addetti della sicurezza che vigilavano sulle porte ancora chiuse.
-Ehi, ma è il ma quello è il biondo amico dei Cronic Freks!- sentii dire a qualcuno dalla folla, e io d’istinto cercai di nascondermi il più possibile dietro agli altri.
-Quale? Dici quello delle foto?!- si unì un’altra voce.
-Ma sì! C’è anche l’altro, quello che sembra morto!- ecco, avevano notato anche Ryuk.
-Ehiii! Fateci entrare con voi!- iniziò a urlare qualcuno, e pregai che quello della sicurezza si muovesse a controllare quei maledetti pass.
Dopo quella che mi sembrò essere un’eternità ce li restituì con un timbro aggiuntivo.
-Da questa parte.- disse l’uomo scortandoci verso una piccola porta secondaria posta a lato dell’entrata principale.
Sentimmo ancora qualche urlo di protesta, poi tutto divenne ovattato. Il posto era parecchio grande, e di li a poco si sarebbe riempito di tutta quella gente che strepitava fuori al freddo.
Ci condussero dietro al palco, dove ci attendeva una raggiante e assolutamente fantastica Danielle.
I suoi capelli rosso fuoco erano raccolti in una coda alta semi-arruffata e piena di treccine, piume, dred finti e altri gingilli. Indossava un completo di pelle da urlo con dei pantaloni talmente attillati da poter quasi far fare un pensierino anche a me per mezzo secondo.
-OH.MIO.DIOOOO!- urlò appena ci vide e ci venne incontro di corsa.
Ci abbracciò tutti tra mille urli in generale, poco ci mancava che si mettesse a piangere di nuovo… ecco, come non detto. Piangeva di nuovo.
-Smettila o ti rovini tutto questo capolavoro e la tua makeup artist ti vorrà morta.- dissi ammiccando al sofisticatissimo trucco nero e rosso che portava.
-Chi cazzo se ne frega!- urlò lei abbracciando di nuovo Ryuzaki e schioccandogli un bacio sulla fronte lasciando uno stampo perfetto del suo rossetto rosso cupo.
-Come lei comanda, sua maestà.- risposi scherzosamente alzando le braccia in segno di resa.
Per un momento l’ansia venne messa da parte e mi sentii come a casa, più del solito ancora.
-Ehi, e la vostra amica Rox dov’è?- chiese poi Danielle guardandosi intorno.
-Arriverà, ha avuto un piccolo imprevisto ma spero arrivi a momenti.- risposi io sentendo di nuovo una stretta allo stomaco.
-Oh, grazie al cielo! Iniziavo ad aver paura di non averti spedito abbastanza pass.- disse lei rincuorata –Tanto manca ancora un po’ all’inizio, ha tutto il tempo.- sorrise ottimista.
-Lo spero…-  mormorai sperando che nessuno mi sentisse. Quella brutta sensazione non voleva lasciarmi in pace.
-Allora, voglio che mi raccontiate cosa diavolo avete combinato.- proseguì Danielle prendendo Ryuk e Near sottobraccio ed invitandoci a seguirci nella saletta privé.
“Rox ti prego, muoviti.” pensai tra me e me scrollando le spalle per cercare di alleviare un po’ la tensione.
 
Se solo avessi saputo cosa stava succedendo a qualche chilometro di distanza…
 
-Rox-
 
Era sempre la solita dannatissima storia.
Quando ami alla follia una cosa quella è destinata a distruggersi.
Più guardavo quelle scarpe, così perfette ed esclusive, con quel tacco penzolante più mi veniva da piangere.
Scossi la testa imponendomi di fare in fretta, non potevo permettermi nemmeno i canonici dieci minuti di ritardo che una donna usa per farsi attendere, era una questione di vita o di morte. Avevo trovato un abbinamento che mi convinceva, era da tanto tempo effettivamente che volevo provare il vestito nuovo che avevo preso a Camden Town, quello rivestito di pizzo e con un’unica lunghissima cerniera che partiva dalla scollatura e finiva all’orlo della gonna. Per un concerto dei Cronic Freak andava più che bene, e poi si abbinava perfettamente agli stivali che avevo ordinato da Parigi, quelli alti fino al ginocchio.
-Gesù! Dove cavolo ho messo la collana con la mezzaluna?!- imprecai tra me e me iniziando a mettere sottosopra il portagioie.
Dovevo assolutamente trovare quella maledettissima collana, sapevo che ci sarebbe stata perfettamente. DOVEVO, era questione di vita o di morte. Poi mi mancava solo cambiare il colore del rossetto e sarei potuta partire.
-Eccoti qui, disgraziata!- esultai districando la maledetta da altre tre o quattro collane.
Ovviamente, come immaginavo, ci stava perfettamente.
Alla fine decisi di non cambiare il rossetto, come minimo avrei sbavato tutto il fondotinta vicino alle labbra e non era decisamente il caso di rifare anche metà del trucco.
Presi il cappotto dall’appendiabiti e corsi verso il piano della cucina per recuperare il cellulare in carica.
In quel momento sentii suonare il campanello di casa.
-E adesso cosa cazzo c’è?!- borbottai a denti stretti.
Valutai la situazione, aspettare che chiunque fosse se ne andasse per evitarmi una possibile chiacchierata troppo lunga… nah, avevo sbattuto ante di armadi fino a due secondi prima, era evidente che fossi in casa.
Sospirai prendendo borsa e cellulare ed andando a passo deciso verso la porta.
-Chiunque tu sia sappi che devo uscire e sono un ritardi, quindi o hai una borsa di Chanel da regalarmi oppure levati da…-
Questa era una cosa strana.
Avete in mente quando avete sempre sentito parlare di una persona per talmente tante volte che nonostante voi non l’abbiate mai vista in vita vostra sapreste riconoscerla ovunque, anche in mezzo a una folla di ventimila persone?
Ecco, la sensazione in quel momento era pressappoco quella.
Sentii la mia bocca spalancarsi senza controllo e tutti gli insulti che avevo intenzione di dire per andarmene il più in fretta possibile dissolversi.
Rimasi lì, completamente pietrificata sulla soglia di casa mia, senza riuscire a muovere un solo muscolo nonostante il cervello continuasse a dirmi di sbrigarmi, ma il mio cuore batteva talmente forte da non riuscire nemmeno più a sentire i rimproveri della mia coscienza.
-Ehm…scusa- disse il mio “ospite improvvisato” –tu sei Rox per caso?-
Feci appena cenno di sì con la testa.
-Allora tu sapresti dirmi dov’è Mel?- 



EEEEEEHEHEHEHEHEHEHEHEHEHEH é_____è 
Lo ammetto, far finire così il capitolo é da persone senza cuore u.u ma del resto se non lo facessi non sarei io *ride sguaiatamente*
Beh, traete voi le vostre conclusioni! Credo che il 99% di voi avrà capito chi possa essere l'ospite inaspettato di Rox (no dai, dici?? XD) Cosa potrebbe mai succedere adesso?
Ammetto che ero dubbiosa sul cambio di punto di vista della narrazione, ma alla fine per rendere appieno quello che mi sono immaginata era l'unica soluzione. Inoltre avete avuto un breve scorcio della mente tutta fronzoli di Rox XD fore questa cosa potrei aggiungerla ancora se vi piace il cambio di punti di vista, per cambiare giusto un po', ditemi voi ^^
Bene! Piccini miei, é giunto il momento di salutarci! Giuro, prometto di impegnarmi al massimo per cercare di non fare più assenze così prolungate >___< il prossimo capitolo in teoria é già in lavorazione quindi non dovreste preoccuparvi troppo (NdMello: preoccupatevi lo stesso -___-'')
Mi raccomando, recensite recensite recensite e soprattutto non fate i bravi u__u 
Ringrazio chi ancora ha la pazienza di seguirmi dopo tutto questo tempo <3 
Raven :3
 

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