La magia dei quattro elementi

di Lory221B
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il primo stregone dell'aria ***
Capitolo 3: *** Luci ed ombre ***
Capitolo 4: *** Prima sfida e primi poteri ***
Capitolo 5: *** Training day ***
Capitolo 6: *** Seconda prova ***
Capitolo 7: *** La strega della terra ***
Capitolo 8: *** La profezia ***
Capitolo 9: *** Rivelazioni ***
Capitolo 10: *** Qualcuno arriverà ***
Capitolo 11: *** Non senza di te ***
Capitolo 12: *** Luce e fiamme ***
Capitolo 13: *** Posti onirici ***
Capitolo 14: *** L'anziana strega e la sua profezia ***
Capitolo 15: *** Il destino degli Holmes ***
Capitolo 16: *** Tutti contro tutti ***
Capitolo 17: *** Scelte ***
Capitolo 18: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di sir A.C.Doyle, Moffatt, Gatiss BBC ecc.; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro per il mio puro divertimento e spero che non ne ricordi altre, in tal caso non sarebbe voluto, ma fatemelo sapere!


Prologo





C'era un tempo in cui draghi e stregoni abitavano le terre del Nord. In quell'epoca di magia, ogni cosa era in perfetto equilibrio, grazie al bilanciamento dei quattro elementi.

Gli stregoni erano divisi in quattro ordini, ognuno corrispondente all'elemento che controllavano.

C'erano gli stregoni del fuoco, i più potenti e più saggi tra gli stregoni; rispettati e adorati dal popolo, ma anche temuti per  devastante forza distruttrice dei loro incantesimi. Erano  capaci di magie che richiedevano concentrazione ma anche una certa velocità.

Di solito veniva affidata loro la protezione delle città; per quanto il loro potere fosse devastante, gli incantesimi di protezione e purezza erano la loro specialità. I più esperti tra loro, erano anche capaci di chiaroveggenza.

C'erano gli stregoni dell'aria, che più di tutti sfruttavano l'intelletto e il pensiero per governare incantesimi e rituali che riguardano i viaggi, la ricerca, la libertà, l'acquisizione di conoscenze, il ritrovamento di oggetti perduti e la scoperta di menzogne.

La capacità di controllare determinati tipi di venti, finiva per caratterizzare lo stesso stregone. Chi controllava i venti del nord, ad esempio, era per sua natura freddo e cerebrale, chi controllava i venti del sud invece,  infuocato e caldo, era legato all'elemento del fuoco e la sua magia quindi ricopriva lo stesso ambito: purificazione e protezione.

Gli stregoni dell'aria più esperti erano anche in grado di controllare i venti in modo tale da poter volare, anche se per piccole distanza.

C'erano gli stregoni dell'acqua, elemento per eccellenza della mente subconscia, dell'amore e delle emozioni, e la loro magia era considerata l'elemento primario per l'esistenza, un elemento legato ai sentimenti, all'amicizia, alla guarigione, al sonno ed al sogno.

Erano persone pazienti, come l'acqua, che nel corso dei secoli può distruggere anche la roccia, e a livelli di stregoneria molto avanzata, capaci di mettersi in contatto telepatico con ogni essere presente sul pianeta

C'erano infine, gli stregoni della terra, che traevano la loro forza ed energia dalla natura stessa. Straordinari curatori, la terra era legata a tutti gli incantesimi e i rituali legati al lavoro, alla programmazione e alla stabilità. Generalmente persone di buon cuore, gli stregoni della terra erano in grado di mutare il proprio aspetto.

Ma un giorno qualcosa si ruppe e i quattro ordini, non furono più in grado di controllare i loro poteri; dissidi interni e lotte per il dominio finirono per distruggere il concetto stesso di ordine e il  Re decise di mettere al bando ogni tipo di magia, relegando le pratiche della stregoneria ai peggiori crimini contro lo stato.

In quell'epoca incerta, nuovi stregoni e nuove streghe avevano rinunciato a tutto per vivere in mezzo al resto del popolo, nascondendo i loro straordinari poteri. A volte le loro capacità si rivelavano improvvisamente, lasciando stupefatti gli stessi proprietari dei nuovi doni; altre volte i nuovi stregoni discendevano da famiglie che per generazioni erano state il cardine dei quattro ordini ed avevano vissuto tutta la vita nascondendo i loro poteri.

Qui inizia la nostra storia.


***** *****

John abitava con la sorella in un piccolo villaggio, appena fuori dal bosco e abbastanza lontano dal Palazzo reale, al punto che era quasi del tutto ignaro di quello che accadeva.

Era un onesto lavoratore, sempre d'aiuto per ogni abitante del villaggio e svolgeva diverse mansioni, tra cui forgiare le armi destinare ai cavalieri; purtroppo per lui, passava molto del suo tempo ad immaginare come sarebbe stata diversa la sua vita se fosse nato in un altro posto e non avesse dovuto badare alla sorella.

I loro genitori erano venuti a mancare molte primavere prima, proprio quando John, da poco ventenne, aveva deciso di arruolarsi nell'esercito. Ma l'improvvisa morte dei genitori, lo aveva costretto a rinunciare ai suoi sogni, non potendo lasciare la sorella da sola nel villaggio.

Così, dopo oltre dieci anni, era ancora bloccato lì, ormai quasi assuefatto ad una vita semplice ed ordinaria.

Quella mattina Angelo, il fabbro del paese, aveva chiesto a John di dirigersi a palazzo con le armi appena forgiate, per consegnarle ai cavalieri che avrebbero partecipato ai giochi reali, così  il biondo era alla guida di un carretto lungo la strada che dal paese conduceva verso il borgo.

Era appena uscito dal boschetto, quando scorse una figura incappucciata, correre inseguita da quattro uomini, che John riconobbe subito come il gruppo dei briganti che abitava le zone limitrofe al suo villaggio.

Sicuramente la figura incappucciata era un uomo, per quanto avesse un ché di androgino, le fattezze erano certamente maschili. Nella corsa inciampò e cadde rovinosamente a terra; istintivamente  John fermò il carro, prese una delle spade destinate ai cavalieri del Re e scese in difesa dell'incappucciato. 

I briganti si fermarono e fissarono John  - Nanerottolo, con quell'arma, cosa credi di fare? -

L'uomo incappucciato si era rimesso in piedi ed osservava perplesso le azioni del biondo.

- Venite verso di me e lo saprete - rispose John. Era solo contro quattro, ma nonostante l'inesperienza sentiva che era la cosa giusta da fare.

Gli uomini risero fragorosamente, poi sguainarono a loro volta le spade e si fecero incontro, quando uno dei vessilli reali che erano attaccati al carro di John, si staccò per un colpo di vento e finì in faccia ad uno dei briganti. Nemmeno loro erano così stupidi da attaccare un carro del Re; finché restavano defilati non avevano nulla da temere, ma se iniziavano a dare fastidio al sovrano, allora avrebbero subito pesanti conseguenze.

Gridarono alcuni insulti nei confronti dell'uomo che stavano inseguendo e poi tornarono sui loro passi, lasciando John con la spada in mano e l'espressione risoluta e l'altro fermo e perplesso.

- Tutto bene? - chiese John guardando l'uomo incappucciato, che continuava a fissarlo con curiosità. Sembrava molto giovane, ma doveva essere un coetaneo di John; alto, moro, con la carnagione colore della neve e gli occhi azzurro cielo. Sembrava un nobile decaduto, uno che doveva aver passato parecchi problemi e forse causato altrettanti.

Il biondo non conosceva molte persone al di là degli abitanti del suo villaggio; non si era mai mosso da casa se non per qualche commissione in giro per la contea e non era tipo da stringere amicizia facilmente.

Il moro stava ancora riprendendo fiato, doveva aver corso parecchio e sembrava anche a corto di energia.

- Vuoi dell'acqua? O del pane? - continuò John, avvicinandosi.

Il moro si tolse il cappuccio, rivelando una chioma riccia e disordinata - Come fai a fidarti di me? Per quello che ne sai potrei essere peggio dei briganti che mi inseguivano -

- Non lo so, ma mi fido del mio istinto - rispose  - Io sono John e tu? - fece allungano la mano.

- Sherlock - rispose il moro con un mezzo sorriso, stringendo la mano del biondo - Stai andando a Palazzo? - fece, indicando i vessilli reali.

- Sì,consegna speciale -

- Posso chiederti un passaggio, John? -

Avrebbe dovuto dire di no, doveva portare delle armi a palazzo e quel moro era uno sconosciuto che avrebbe anche potuto tramortirlo e scappare con il carro. Eppure sentiva qualcosa che lo spingeva istintivamente a fidarsi.


***** *****

Qualche ora dopo erano seduti entrambi sul carro diretto a Palazzo, il sole stava cominciando a tramontare e presto avrebbero dovuto accamparsi da qualche parte.

- Perché ti stavano inseguendo comunque? - chiese il biondo.

- Credevano fossi uno stregone e pensavano di consegnarmi alle guardie per guadagnare dei soldi -

John si irrigidì, ma non osò chiedere se il sospetto dei briganti fosse vero.

- E come mai stai andando a Palazzo? - continuò John.

Sherlock sembrò infastidito dalle domande, ma dovendo fare buon viso a cattivo gioco, cercò di trovare la pazienza per conversare  - Vorrei raggiungere mio fratello,  è consigliere reale - rispose con una faccia mezza schifata.

 - E ti fermi per i giochi? - continuò imperterrito il biondo, ignorando il tono strascicato con cui rispondeva Sherlock.

- Quali giochi? - chiese annoiato.

- Per la mano della principessa Mary. Sfide tra cavalieri per sposare la figlia del Re. Competizione aperta a tutto il regno; se non ne sei al corrente, vuol dire che vivi proprio al di fuori da tutto Sherlock, ancora più al di fuori di me - .

Il moro sbuffò ma non disse niente.

- Quindi  parteciperai? - 

- Le principesse non sono esattamente la mia area - rispose sarcastico Sherlock, sperando di chiudere così la conversazione.

Il biondo si immaginava vestito con la sua armatura, pronto a dare battaglia per sposare la principessa ed entrare nella leggenda. Anche solo partecipare sarebbe stato un onore. Era ancora perso nelle sue fantasie, quando Sherlock gli diede un colpo sulla spalla - E' buio ormai, dovremmo fermarci -


***** *****

Si accamparono in una radura vicino agli alberi, dove John approfittò per mangiare qualcosa, mentre Sherlock sembrava potersi nutrire d'aria, dato che non accennava a mettere niente sotto i denti.

John guardò il moro, le mani erano piuttosto rovinate, anche se non sembrava una persona che svolgeva lavori manuali - Cosa fai nella vita, Sherlock? -

- I miei possiedono delle terre - rispose con un certo distacco.

- Oh, allora sei un nobile. Credevo giraste in carrozza - rispose, in maniera un po' ingenua.

- E' una lunga storia, John. Non mi sembra il momento di parlarne -

Il biondo voleva reagire all'indisponenza dell'uomo, che in fin dei conti aveva salvato dall'essere catturato dai briganti, quando sentì un rumore dietro alle sue spalle. Si voltò e vide un enorme orso a meno di due metri da lui. Era troppo vicino e lui era seduto, lontano da ogni arma. Credette che quella sarebbe stata l'ultima cosa che avrebbe fatto, quando sentì il moro pronunciare una frase in latino e vide l'orso venire trasportato lontano, come da una brezza.

Il biondo sgranò gli occhi, Sherlock era davvero uno stregone.


***** ****
Angolo autrice:

Ciao a tutti e grazie per essere arrivati fino a qui.

Spero nei vostri commenti; è un'idea che mi è venuta in questi giorni e ho deciso di metterla su "carta". A volte scrivere è come una droga.
Alla prossima e un grazie a tutti quelli che leggeranno.

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Capitolo 2
*** Il primo stregone dell'aria ***



Il primo stregone dell'aria


William Sherlock Scott Holmes discendeva da una lunga stirpe di stregoni. Nonostante il fatto che i sovrani che si erano susseguiti negli anni dopo l'ultima guerra magica e la distruzione degli ordini, avessero cercato in tutti i modi di debellare gli antichi fondatori dei quattro ordini, molte famiglie erano sopravvissute in clandestinità, cambiando nome e adattandosi ad una vita senza magia. O quasi.

Sherlock era cresciuto in una bella casa, molto lontana da ogni centro abitato. I genitori sapevano che non sarebbero stati in grado di giustificare la magia involontaria dei due figli, che già da piccoli avevano dimostrato doti eccezionali.

Quello che sorprese, però, più di tutto i genitori di Mycroft e Sherlock, non furono le precoci capacità dei figli ma il particolare potere di Sherlock. Tutti i membri della famiglia, sia dalla parte del padre che dalla parte della madre, erano stregoni del fuoco, mentre il piccolo di casa dimostrava di aver sviluppato una magia molto più affine agli stregoni dell'aria.

Inizialmente, siccome il piccolo privilegiava i venti caldi del sud, con incantesimi simili a quelli degli stregoni del fuoco, i genitori non avevano compreso la diversità di Sherlock, ma successivamente, notando le capacità dell'intelletto e lo straordinario potere di capire immediatamente le menzogne, avevano compreso che era il primo stregone dell'aria di casa Holmes.

Raramente accadeva che membri di una stessa, antica, stirpe, possedessero poteri diversi da quelli del capostipite e il fatto aveva destato stupore e non poche perplessità.

Dal canto suo, Sherlock si sentiva quello "diverso" e proprio per evitare commenti da parte degli altri membri della famiglia, avevano sempre evitato di parlare del fatto, incoraggiando il piccolo a padroneggiare i venti caldi, in modo da essere più simile agli altri Holmes.


Inizialmente di indole aperta, il piccolo Sherlock aveva cominciato nel tempo a chiudersi sempre di più in sé stesso, non potendo competere con i poteri comunque superiori degli stregoni del fuoco ed infine, dopo i terribili avvenimenti accaduti l'inverno del secondo anno di regno di Re Trevor, Sherlock aveva abbandonato ogni calore e aveva definitivamente scelto di diventare uno stregone dei venti del nord.

Raramente una scelta del genere era reversibile, se abbracciata in età adulta.


***** *****


Quella mattina Sherlock stava stancamente camminando per la radura appena fuori da un villaggio di cui ignorava il nome, diretto verso il borgo con lo scopo di incontrare suo fratello.

Avrebbe voluto utilizzare i suoi poteri per volare qualche centinaia di metri, giusto per riposare le gambe, ma non mangiava da giorni e aveva bisogno delle poche forze che gli rimanevano per arrivare a destinazione.


Decise comunque di utilizzare una leggera brezza, giusto per velocizzare il suo cammino. Non si era nemmeno reso conto che la leggera brezza lo aveva sollevato da terra, appena pochi centimetri, quel tanto che bastava però per essere visto dagli abitanti dei boschi.

La stanchezza, infatti, non gli aveva fatto notare un gruppo di uomini, briganti quasi sicuramente, accampati appena al di là del ruscello.

Appena si accorse che in quattro si stavano dirigendo verso di lui, affrettò il passo. I venti del nord erano più difficili da controllare rispetto a quelli del sud, soprattutto quando si era stanchi ed affamati e non era di certo in grado di scatenarli contro gli uomini in maniera efficace in quel momento.

- Guardate che nobiluomo abbiamo qui, uno stregone che tenta di nascondersi - gridò uno di loro.

Sherlock iniziò a correre, sempre favorito dalla brezza, quando in lontananza vide un carro con i vessilli reali. Nella foga di raggiungerlo inciampò, nelle orecchie risuonavano i passi dei briganti pronti a catturarlo, quando notò che l'uomo del carro era sceso e sguainava una spada.

I briganti non sembravano molto colpiti, così Sherlock diresse una piccola raffica di vento verso il carro, abbastanza forte da staccare un vessillo reale e farlo finire in faccia agli uomini, in modo che lo notassero.

Come immaginava lo stregone, non avevano intenzione di mettersi contro il Re, così rinunciarono alla loro preda.

- Tutto bene? - chiese il biondo. Aveva un aspetto amichevole, a cui Sherlock non era abituato. I suoi poteri uniti alla sua propensione a non tenere la bocca chiusa e a cacciarsi nei guai, lo avevano sempre tenuto lontano dal resto dell'umanità.

- Vuoi dell'acqua? O del pane? - continuò John, avvicinandosi.

Sherlock si tolse il cappuccio, stupito dal comportamento dell'uomo. Perché aiutava un perfetto estraneo? Se avesse saputo quanto poteva essere pericoloso non lo avrebbe aiutato, eppure quel biondo sembrava disponibile e Sherlock aveva un disperato bisogno di un passaggio.

Per tutto il viaggio, finché non decisero di accamparsi in una radura, John aveva passato il tempo a fare domande inutili. Il moro non capiva se fosse normale per le persone, perdere tempo raccogliendo dati sulla vita degli altri o se fosse una prerogativa del suo compagno di viaggio.

Stava ancora cercando di capire la personalità di quel curioso soggetto che era John, quando un orso li attaccò alle spalle. John stava per essere sbranato ma Sherlock, con gli ultimi sprazzi di energia, invocò il fidato vento del Nord e mandò l'orso lontano, verso le profondità del bosco.

John sgranò gli occhi e fu l'ultima cosa che Sherlock vide, prima di svenire.


***** *****

John aveva sentito parlare degli stregoni e delle leggende che ormai si tramandavano di padre in figlio, ma non gli era mai capitato di incontrarne uno. Credeva che ormai la magia fosse stata quasi del tutto debellata. Avrebbe dovuto averne paura, aveva usato il vento per cui sicuramente era uno stregone dell'aria; subito dopo quelli del fuoco erano i più potenti.

Eppure c'era qualcosa in quel moro che gli ispirava un'incondizionata fiducia.

Si era avvicinato per guardarlo meglio, non era poi diverso da un qualunque essere umano. Alzò leggermente una mano, per provare a toccargli una guancia, giusto per vedere se la pelle di uno stregone era diversa al tatto, da una persona normale.

Aveva le dita sulla guancia, quando Sherlock si svegliò di scatto e John si scansò immediatamente, rimettendosi a sedere al suo posto.

- Cosa stavi facendo? - sbottò Sherlock, la testa gli stava ancora girando.

- Scusa - rispose John imbarazzato - Grazie di avermi salvato -

Sherlock lo guardò storto, temeva lo avrebbe consegnato alle guardie reali appena messo piede nel borgo. Stava già meditando di legarlo da qualche parte e rubargli il carro, quando il biondo riprese a parlare, per nulla preoccupato ma anzi molto sicuro di sé.

- Non dirò niente di quello che hai fatto, se è quello a cui stai pensando. Ti devo la vita, questo conta molto più che ogni Legge del Re -

Il moro notò che non c'era ombra di bugia nelle sue parole, il suo potere glielo avrebbe immediatamente rivelato, nessun uomo poteva ingannarlo, soltanto alcuni stregoni di livello molto elevato.

- Ho ricambiato il favore che mi hai fatto con i briganti, siamo pari adesso - rispose il moro.

- Bene. Per cui non mi farai volare lontano e non mi sacrificherai al dio dei venti o qualcosa di simile? - chiese John, con una leggero sorriso.

Anche Sherlock trovò un lato comico nella domanda, per cui si ritrovò involontariamente a sorridere a sua volta. Non capitava da talmente tanto tempo che aveva dimenticato l'utilizzo dei muscoli della faccia.

- No, John. Non lo farò -


***** ****

Alle prime luci dell'alba erano di nuovo sulla strada che li conduceva verso il palazzo reale.

Sherlock e John, a turno, si sbirciavano di sottecchi, per poi guardare in una direzione diversa, quando  l'altro se ne accorgeva.

Erano entrambi pieni di domande e stupore. Sherlock non aveva mai avuto a che a fare con qualcuno che lo trattasse in maniera gentile ed era davvero incuriosito da John. Voleva sapere com'era vivere in un villaggio e fare tutto senza magia. Non era domande che poteva porre in giro, senza rischiare di essere arrestato o peggio.


Anche il biondo era incuriosito, si chiedeva come fosse poter controllare gli elementi della natura a proprio piacere. John li avrebbe sicuramente usati per il bene. Avrebbe curato e protetto le persone, come già faceva anche senza sfruttare gli elementi magici.

A volte si era trovato a sperare di essere uno stregone, quando era ancora bambino. Voleva dare una vita migliore ai suoi genitori e alla sorella, moltiplicando il cibo e le coperte.

Anche i suoi sogni erano particolari, a volte ne aveva parlato alla sorella che era rimasta molto colpita da quelle che sembravano  il preludio di capacità magiche. A volte, quando era felice, sognava cascate da cui nascevano arcobaleni, altre volte, quando era triste, acquazzoni che sommergevano l'intero villaggio.

Scherzando aveva anche provato a moltiplicare il cibo sulla tavola e agli occhi di un bambino di dieci anni, era persino sembrato di aver aumentato l'acqua raccolta nella brocca, ma la madre si era molto spaventata dei suoi tentativi, temendo che qualcuno lo scambiasse veramente per uno stregone e gli intimò di non provare mai più.

John obbedì e smise anche di sognare.

John stava ancora pensando alle speranze dell'infanzia, quando Sherlock sospirò un po' più forte e gli si rivolse paziente - Andiamo John, inizia con le domande. Cosa vuoi sapere? Se ho sempre saputo di essere uno stregone? Se anche i miei genitori lo erano? Cose del genere? -

Il biondo sembrò rifletterci, ma poi disse soltanto - In realtà vorrei sapere se hai mai paura -

- Scusa? - rispose, credendo di aver capito male. John doveva essere una persona molto più attenta alle emozioni che alla conoscenza, se gli aveva fatto quella domanda.

- Re Trevor ha dato il via ad una caccia agli stregoni, che non avveniva dai tempi dell'ultima guerra magica. Non sei preoccupato di essere scoperto? - si spiegò il biondo.

John sembrava avere una curiosità genuina, ma la domanda riapriva vecchie ferite nel moro. Sherlock abbassò lo sguardo e mantenne un'espressione seria.

- Scusa, non volevo turbarti - fece il biondo, capendo di aver toccato un tasto dolente.

Sherlock non disse niente, ma pensò tra sé "Uccidere persone solo perché hanno dei poteri magici è un'atrocità. Non capisco cosa abbia in mente Re Robert Trevor, ma il suo regno del terrore non sta portando a nulla di buono" ma non disse niente, non gli sembrava il caso di esporre così i propri pensieri, nonostante John sembrasse davvero degno di fiducia.

Non aprì bocca ma al biondo parve come di intercettarne i pensieri, come se quello che stava pensando, fosse passato per la testa anche a lui.

- Aspetta, non mi hai detto che tuo fratello è consigliere del Re? - chiese il biondo.

- Sì, l'ho detto - rispose Sherlock, stupendosi di quanto poco ragionasse quando era senza forze. Si era lasciato scappare un sacco di informazioni con leggerezza, durante il viaggio.

- Quindi lui non è uno stregone? - continuò John.

- No - mentì Sherlock.

Il sentiero curvò e i due poterono intravedere in lontananza le guglie del palazzo reale.


***** *****

Angolo autrice:

Si, lo so, a volte non aggiorno per settimane e poi aggiorno due giorni di fila. Approfitto dell'entusiasmo che mi prende quando inizio una nuova storia e il fatto che mi vortica in testa tutto quello che vorrei scrivere e che ho finito per condensare in questi due capitoli, quasi due prologhi di quello che accadrà.

Ringrazio tanto mikimac, CreepyDoll e Athena_Laufeyson, per aver recensito e tutti quelli che hanno letto e inserito in qualche lista.

Alla prossima!!!

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Capitolo 3
*** Luci ed ombre ***



Luci ed ombre




Victor Trevor stava passeggiando, pigramente, per i corridoi del palazzo reale. I fini e un po' anonimi lineamenti aristocratici erano caratterizzati da due freddi occhi verdi, addolciti soltanto da una cascata di riccioli castani.

Il principe Victor non era felice della sua situazione di secondogenito. Il padre non lo riteneva all'altezza del trono e preferiva di gran lunga la figlia Mary, ribelle ma giudiziosa.

Il Re, in quel momento, era impegnato con i consiglieri, in vista di nuove tasse con cui finanziare la sua sua caccia agli stregoni, per cui Victor stava meditando se uscire per avere qualche avventura con una delle ragazze del borgo o accontentarsi delle cameriere.

Mentre annoiato, rifletteva sulla scelta della futura compagna di una notte, intravide la sorella, camminare furtiva coperta soltanto da un mantello, con l’evidente scopo di lasciare il palazzo di nascosto.

- Sorellina, non vorrai andartene la sera prima dei giochi per la tua mano, sarebbe inappropriato -

La bionda principessa mantenne l'espressione seria - Lo trovi divertente, Victor? -

- Capisco che tu vuoi un matrimonio romantico, ma a nostro padre non importa e setaccerà tutto il regno per ritrovarti. Dovrai nasconderti bene - ribatté il principe.

- Esco a prendere aria, Victor, tu non preoccuparti  - rispose lei, non del tutto sicura di cosa avrebbe fatto una volta messo piede fuori dal palazzo reale.

Mary era sempre stata una figlia devota, fino a quando il padre aveva iniziato la sua crociata contro la magia. Non le era chiaro quale fosse stato il fattore scatenante, ma re Robert aveva iniziato a vedere negli stregoni, la più grande minaccia al suo regno. Forse temeva che prima o dopo gli ordini si sarebbero riuniti di nuovo e voleva evitare una nuova guerra magica.

Mary non aveva idea di cosa fosse capitato al padre, ma di tutte le cose che poteva sopportare, un matrimonio non per amore, non era tra queste.


***** ****

Sherlock e John erano arrivati a destinazione; il biondo aveva iniziato a scaricare le armi, mentre lo stregone si guardava intorno, come in attesa.

Poi lo sentì, i venti non mentivano mai e gli davano la possibilità di rintracciare qualcuno anche a grande distanza.

- John, stavo pensando che potrei fermarmi a questi... giochi. Tu dove dormirai? - fece improvvisamente.

- Di solito mi fermo in una locanda nella via dei panettieri, gestita dalla signora Hudson - rispose sorpreso. Credeva che arrivati al borgo non avrebbe mai più rivisto il moro.

Sherlock sorrise - Ottimo, prenota una stanza anche per me, allora - fece dandogli le spalle e iniziando a camminare a passo spedito.

- Vai a cercare tuo fratello? - gli gridò John, vedendolo sparire in mezzo alle altre casa.

"Esatto" pensò tra sé risoluto.


***** *****

Mycroft Holmes non era al consiglio del Re. Sentiva uno strano fermento, ma non riusciva a vedere con precisione il futuro. Ormai erano due anni che le sue visioni si presentavano sfocate e incomprensibili. Eppure c'era qualcosa di strano, erano giorni ormai che continuava a vedere un'ombra e qualcuno che uccideva il Re.

La chiaroveggenza era una caratteristica degli stregoni del fuoco, ma era molto legata alla concentrazione e alle emozioni, e per quanto Mycroft non volesse ammettere di poter provare dei sentimenti, quello che gli era successo lo aveva profondamente turbato. Qualcosa in lui si era spezzato, inesorabilmente.

La visione dell'ombra e della morte del Re, era talmente pressante che lo aveva costretto a rimanere a letto da giorni, con grande preoccupazione di Re Robert, che lo considerava uno degli uomini più fidati.

Ma quella sera c'era qualcosa di diverso, aveva avvertito un qualcosa che non sentiva da tanto tempo, come un profumo di latte e granturco che lo riportava al passato. Sapeva che era qualcosa di magico, qualcuno o qualcosa era arrivato in città.

Scese dal letto con una speranza nel cuore e si avviò dove l'odore lo stava guidando, lungo le vie del borgo, finché non si trovò vicino al ricovero per malati. Non era esattamente il posto dove pensava avrebbe trovato una risposta alle sensazioni degli ultimi giorni, finché dal buio emerse una testa riccia che non vedeva da tanto tempo.

Aprì la bocca per parlare, ma non ne uscì alcun suono. Sherlock era di fronte a lui, molto più magro dell'ultima volta che lo aveva visto.

Allungò una mano per toccarlo, ma il fratello si ritrasse lanciandogli uno sguardo adirato.

- Sherlock, ti credevo morto - mormorò Mycroft. Temeva fosse soltanto una visione, i suoi poteri che lo prendeva in giro.

- Sì, ti piacerebbe - rispose il moro sprezzante. Non c'era un briciolo di felicità nel rivedere il fratello.

- Non dire sciocchezze, Sherlock - rispose lo stregone del fuoco, riprendendo la solita freddezza.

- Davvero? Quattro anni, Mycroft, pensi che possa dimenticare? Sei il consigliere del Re, dovresti proteggere la nostra gente, invece hai lasciato che uccidessero gran parte di noi, compresi i nostri genitori. -

Mycroft non poté non abbassare lo sguardo, per un attimo soltanto - Ho saputo in ritardo che stavano andando a casa nostra - rispose, cercando di rimettere quel ricordo in un angolo buio.

- Davvero? E hai fatto credere al Re che tu non sei uno stregone? – chiese il moro. Mycroft era l’unico che Sherlock non riusciva a leggere, a capire se mentiva. Era uno stregone troppo potente ed esperto.

- Ho cambiato cognome Sherlock, non sa che sono un Holmes per cui non sa che ho poteri magici. Ho fatto e continuo a fare tutto quello che posso per tutelare la magia. Ma le cose non sono andate come speravo -

Sherlock lo fissò, scuotendo la testa - Dovrei lanciarti contro tutte le maledizioni che mi vengono in mente -

- Lo sai che le respingerei, Sherlock. E da quando ti lasci dominare dai venti del nord fratellino? - Nella sua voce non c'era biasimo, solo tristezza. Era evidente che Sherlock aveva scelto un percorso che lo stava guidando lontano dalla luce e dalla magia buona.

- Fratellino? - sbottò il moro - Non chiamarmi così, non osare. Tu non c’eri quando sono venuti e hanno sorpreso i nostri genitori nel sonno! - gridò.

- Ma so come vi hanno scoperto, Sherlock. Qualcuno è andato al villaggio e ha fatto sfoggio dei suoi poteri - fece piatto Mycroft.

Sherlock trattenne il respiro - Non...Io non.. Mi hanno attaccato, ho reagito d’istinto - mentre lo diceva, una brezza gelida fece sbattere le ante esterne di alcune finestre.

Mycroft alzò lo sguardo pigramente - Ancora non sai controllarti? -

- Sì, invece, i venti del nord sono molto più affini a me -

- No Sherlock, lo sai anche tu che significano solo freddezza, noncuranza degli altri... -

- È una descrizione perfetta per te, eppure usi il fuoco. Cosa dovremmo dedurre da questo? -

- Che ci fai qui? - incalzò Mycroft, cominciando a temere per quello che aveva visto nelle sue visioni.

- Non riesci a vederlo?  Che succede, la chiaroveggenza fa acqua? - lo canzonò il moro.

- Non funziona come dovrebbe, recentemente -

- Sono qui in visita, volevo vedere quanto il mio fratellone aiuta il Re che sta massacrando gli stregoni, e poi ci sono i giochi no? -

- Sherlock, ti prego non... -

- Cosa? Vedremo se tieni tanto a me. Presto potresti trovarti nella spiacevole situazione di scegliere tra me e il tuo prezioso  Re -

Mycroft guardò quegli occhi gelidi, così diversi da quelli che ricordava e si sentì sopraffatto. Sherlock gli lanciò un'ultima occhiata furiosa e poi ritornò da dove era venuto, lasciando il fratello a rimuginare su quanto era accaduto.

Non era sempre stato così, nei ricordi di Mycroft, Sherlock era un bambino brillante e curioso, a tratti troppo sensibile. Aveva sempre temuto che costruisse una corazza attorno a sé per proteggersi dagli altri, ma non pensava che l'oscurità si sarebbe fatta strada in lui.

Eppure non era tanto strano, i loro genitori erano stati massacrati, Sherlock aveva sempre vissuto in solitudine, chiedendosi cosa ci fosse al di là della loro casa. Questo preoccupò ulteriormente lo stregone del fuoco, suo fratello non era abituato alla gente e non aveva idea di come si sarebbe comportato in mezzo a tante persone.

Eppure sentiva che c'era ancora speranza per lui.

***** *****

Quelle poche volte che si era fermato al borgo, John aveva sempre soggiornato dalla signora Hudson; la locandiera aveva vissuto più avventure di quante ne potesse immaginare il biondo; aveva sempre storie interessanti da raccontargli, dai commerci di sostanze magiche del marito a quando si guadagnava da vivere con le fiere di paese.

A causa dei giochi, c'erano pochi posti dove dormire in città; fortunatamente era riuscito a trovare una camera libera, che però avrebbe dovuto dividere con il suo nuovo amico stregone, sperando gli andasse bene quell'accomodamento.

In attesa del ritorno di Sherlock, John era sceso in strada, quando fu attirato da alcune grida: due uomini stavano strattonando una ragazza per il mantello.

- Lasciatela stare - gridò.

I due uomini si girarono a guardare chi aveva osato interrompere le loro pessime intenzioni. Un tanto bastò perché la ragazza assestasse un pugno nello stomaco di uno dei suoi assalitori. John si avvicinò in fretta e sistemò l'altro uomo, slogandogli un braccio.

I due balordi non aspettarono ulteriori azioni, per cui si rimisero in piedi e si dileguarono nella notte.

- Tutto bene, signora? - chiese John, porgendo la propria mano alla bionda.

- Sì, grazie - fece lei, prendendola e sorridendogli.

Il biondo si specchiò negli occhi dolci della ragazza - Sono John, tuttofare del villaggio - scherzò.

- Ehm... Amanda - rispose lei.

- Andrai ai giochi domani? - chiese  John, sperando di poterla accompagnare o di avere una scusa per poterla rivedere.

- Temo di sì. Tu parteciperai? -

- Non credo, non so se mi interessa la principessa - fece, con evidente intento di fare colpo su quella che credeva fosse una popolana.

La bionda non trattenne una risata.

Erano entrambi intenti ad osservarsi, un po' imbarazzati, quando una ragazza arrivò di corsa, provocando un'espressione infastidita nella bionda.

- Vostra altezza, chiedo scusa - esordì la ragazza.

John la guardò stupito. Passò lo sguardo dalla nuova arrivata alla bionda, capendo solo in quel momento che aveva davanti proprio la principessa.

- Molly, non chiamarmi  altezza, lo sai che lo odio. Come mi hai trovato? - fece lei, convinta che la sua damigella non si sarebbe mai avventurata in giro per la città; era una ragazza piuttosto riservata e non incline a violare le regole imposte dal Re.

Molly abbassò lo sguardo timidamente - Tuo padre ti sta cercando Mary, sembra molto arrabbiato -

La bionda  era davvero dispiaciuta di essere stata interrotta, sentiva già una certa affinità con quel John, e avrebbe voluto conoscerlo come una semplice popolana e non come la principessa. Si congedò con un sorriso triste e seguì la damigella.

John non era riuscito a spiaccicare parola, tentò di aprire più volte la bocca per dire qualcosa, ma davanti ad una principessa non sapeva davvero cosa dire di interessante.

Stava ancora fissando la strada dove era sparita la ragazza, quando Sherlock rifece capolino.

- Tutto bene? - chiese John guardando il moro; sembrava sconvolto.

Sherlock si rilassò alla vista del biondo - Diciamo di sì -

- C'è solo una stanza libera: la 221b. Io posso dormire per terra, ci sono abituato - fece John, passandosi le mani nei capelli. Non ne era molto contento in realtà, ma era disposto al sacrificio. Era un lato del suo carattere che lo contraddistingueva.

- Non dire assurdità, John, non è un problema dividere un letto - rispose ed entrò nella locanda, senza dire altro.
 

***** *****

La stanza era piccola e piena di spifferi, non era esattamente un luogo idilliaco. C'era un unico letto a due piazze, un vaso con l'acqua per lavarsi al mattino e una sedia. La finestra si affacciava sulla via, ma era abbastanza in alto da dare la visione del borgo, fino a scorgere le guglie del palazzo reale.

John si trovò a chiedersi cosa stesse facendo la principessa e l'idea di partecipare ai giochi si stava facendo sempre più prepotente nella sua testa. Con sorpresa di John, il moro si spogliò davanti ai suoi occhi, lasciando cadere a terra gli indumenti logori e si distese nel letto, sempre in rigoroso silenzio.

Il biondo sembrò incerto sul da farsi, anche lui avrebbe voluto abbandonare a terra i suoi vestiti sporchi, ma l'idea di dormire seminudo, con uno sconosciuto nel letto, non lo convinceva del tutto. La signora Hudson, che poco dopo fece capolino nella loro stanza per chiedere se volevano che lavasse i loro vestiti, gli tolse ogni dubbio. Si spogliò anche lui, lasciò i vestiti alla locandiera e si mise sotto le coperte.

Non erano così calde come sperava, qualche minuto dopo stava già battendo i denti; Sherlock, invece, continuava a fissare il soffitto, immerso nei pensieri che l'incontro con il fratello gli aveva stimolato.

- Hey, tutto bene? - chiese John, ma il moro non rispose. Il biondo si girò su un fianco e gli toccò delicatamente una spalla. Sherlock sentì affiorare un calore che non sentiva da tanto tempo, come quando i venti del sud gli tenevano compagnia nelle fredde giornate invernali. La sensazione di tepore lo avvolse completamente, gli tornarono in mente giornate di sole e giochi nei campi, il granturco dietro casa sua e il caminetto acceso.

- Emh, Sherlock, questa brezza calda è davvero piacevole, ma se aumenta ancora volerà via anche il letto - esclamò John, guardando la sedia tremare.

Lo stregone dell'aria guardò curioso lo strano evento, per poi voltarsi per guardare il biondo in faccia - Perché sei così gentile con me? Di solito le persone non si comportano così  -

- E come si comportano? - chiese John curioso.

- Mi dicono di levarmi dai piedi - rispose, provocando una leggera risata nel biondo - Dico davvero, tu mi hai aiutato con i briganti senza sapere chi ero, stai mantenendo il mio segreto, non hai paura dei miei poteri. Perché? -

- Tu hai incontrato solo persone sbagliate, vero? - rispose sorridendo.

E Sherlock decise di mantenere una leggerissima brezza calda nella stanza, giusto per evitare che John battesse i denti tutta la notte.


***** *****
Angolo autrice:
Grazie a tutti quelli che sono arrivati fino a qui :) Le cose stanno per evolversi, soprattutto per John, restate sintonizzati :-P
Un bacione!

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Capitolo 4
*** Prima sfida e primi poteri ***



Prima sfida e primi poteri


John era seduto sulla riva di un laghetto, il sole era splendente e fissava la piccola cascata davanti a lui. Sentiva la voglia di tuffarsi, ma al contempo ne aveva paura.

Poi, d'improvviso, vide una creatura nuotare nelle fresche acque del lago. Non riusciva a vedere chi o cosa fosse.

La creatura, sembrò notarlo,ed elegantemente nuotò verso John; lui non aveva paura, lo guardava ammirato. Aveva un aspetto familiare, ma non riusciva a capire chi fosse.

Ne rimase incantato, aveva una pelle bianca e pura che rifletteva il sole, gli occhi azzurri come il cielo e come l'acqua del lago. Mentre l'essere usciva dall'acqua, la pelle bagnata scintillava alla luce del sole, rendendolo ancora più perfetto.


John si avvicinò "E' bellissimo", e fece per toccarlo. Non riusciva a guardarlo perché era talmente abbagliante e affascinante, che era come guardare direttamente il Sole.

La creatura gli sorrise - John, hai capito adesso? -

 Il biondo non rispose.

- John, guarda dentro di te. E' sempre stato dentro di te -

Il biondo accolse questa affermazione come un invito e si avvicinò ancora di più, fino a toccare quella pelle perfetta. Alzò lo sguardo e non poté fare a meno di incantarsi su quelle labbra così invitanti, a forma di cuore. Allungò il viso per poterle baciare - Oh, Sherlock -

- John? - fece Sherlock scuotendolo - E' mattina -

Il biondo si svegliò di soprassalto, non era in un laghetto ma era disteso nel letto della Locanda della signora Hudson. Il moro era in piedi, molto vestito a differenza della creatura che aveva sognato e lo fissava incuriosito - Parli nel sonno comunque - aggiunse, con un sorrisetto beffardo.

John arrossì dalle orecchie fino alla punta del naso. Il sogno era piuttosto vivido e ben piantato nella sua mente, ma non aveva idea di come la sua fantasia avesse galoppato fino a quel punto. Assomigliava un po' ai sogni che faceva da piccolo, anche lo scenario era simile ad uno dei luoghi onirici che aveva già visitato.

- Ho deciso di andare a vedere i giochi, vieni con me? - fece il moro, leggero, con noncuranza.

- Vorrei partecipare a dir la verità - rispose John, cercando di non fissare Sherlock per non ripensarlo nudo, come nel sogno.

Il moro gli lanciò una gelida espressione di disgusto - Cosa? Mica per la principessa che mi hai detto di aver incontrato ieri? -

John annuì.

- Esseri umani, che si innamorano di un bel faccino e fanno cose stupide. Hai scambiato due parole con lei e hai deciso che sarebbe piacevole passare la vita insieme? E' solo trasporto John, ti credevo più sveglio -

- Scusa? - fece, non comprendendo perché lo stesse insultando.

- Fai come vuoi, io ho di meglio da fare, buoni giochi - continuò uscendo dalla stanza, lasciando John stranito e ancora scosso dal sogno.


****** *****

Sherlock uscì dalla Locanda infastidito e profondamente deluso. Credeva che John fosse meno ordinario delle altre persone che aveva incontrato, invece alla fine era come tutti gli altri. Il moro non si rendeva nemmeno conto di quanto diventasse gelido, tutto il suo corpo, quando provava sentimenti negativi. Come se i venti del nord gli circolassero dentro.

Continuava a ripetersi che John era solo uno che aveva incontrato, niente di più; non riusciva a capire perché il fatto che John duellasse con altri cavalieri lo rendesse così nervoso. Eppure stava accadendo.

Si sentiva leggermente destabilizzato ogni volta che pensava al biondo. Nella strada verso l'arena, dove si sarebbero svolti i giochi, più volte cercò di pensare ad altro, ad esempio a come vendicare i suoi genitori e tutta la magia, ma nulla gli permetteva di mettere da parte quella sensazione di infelicità che John, inconsapevolmente, gli aveva causato.

Intanto tutto il borgo e molte persone dai villaggi vicini, si stava radunando per assistere alle sfide per la mano della principessa.

Mary aveva presto posto assieme alla sua damigella, sul palco allestito per lei e per il Re. Non aveva alcuna voglia di assistere alle sfide per la sua mano. Il fatto che qualcuno fosse abbastanza forte e valoroso non significava che sarebbe stato anche il suo uomo ideale. Eppure tutti gli sfidanti erano in quella specie di arena.

Molly, invece, sembrava eccitata; di solito non era mai presente a cerimonie ufficiali e le gare sembravano davvero entusiasmanti.

Sorprendentemente si unì a loro anche Victor, che con fare elegante, si sedette accanto alla damigella, che sorrise imbarazzata.

- Mary, pronta a incontrare il tuo futuro marito? - chiese Victor beffardo.

La principessa non lo degnò di una risposta, ma fissava sconsolata i pretendenti.

- Sai Mary, secondo me questi giochi, come li chiama nostro padre, non sono altro che un modo contorto per continuare la sua caccia alla magia - continuò Victor.

- Cosa? - sbottò Molly, causando gli sguardi stupiti di entrambi i Trevor.

- Volevo solo dire che non credo che il Re userebbe sua figlia in questo modo - continuò la damigella abbassando lo sguardo.

- Due piccioni con una fava, miss Hooper - rispose il principe, annoiato.

Le due donne si guardarono perplesse, spesso Victor capiva le cose molto prima degli altri.


***** *****

La prima sfida sarebbe stata di tiro con l'arco, gara abbastanza difficile, così da sfoltire la lunga schiera di pretendenti, ma non così ardua. Inoltre, andando avanti con i giochi, il Re aveva pensato anche a prove di intelligenza ed astuzia, per cui voleva che il primo ostacolo fosse in qualche modo fisico.

John era in fila con gli altri cavalieri. Aveva preso un arco in prestito e continuava a rigirarselo tra le mani, pensando a quando il padre gli aveva insegnato ad usarlo, molti anni prima. Non si sentiva così nervoso come pensava, anzi non si era mai sentito così vivo come in quel momento. Sapeva che era una frana al tiro con l'arco, per cui le sue possibilità erano scarse, ma nonostante ciò era felice di essere lì.

Inoltre, cercava di consolarsi pensando che Sherlock aveva ragione, alla fine Mary poteva anche essere una pazza, per quello che ne sapeva. Però aveva un viso molto dolce. Cercò di soffermarsi sul ricordo dell'incontro della sera prima, quando prepotentemente, la visione di Sherlock nudo che nuotava tra i flutti, lo fece tremare leggermente. Strizzò più volte gli occhi, come a scacciare l'immagine e si concentrò su quello che stava per fare.

Quando fu il suo turno, camminò verso la postazione di tiro sentendosi un gigante.Voleva essere un eroe, anche se la freccia avrebbe centrato un palo invece che il bersaglio non gli importava. Era lì, era al centro dell'attenzione, anche se per un minuto soltanto.

Il Sole brillava alto nel cielo e per un attimo gli tornò in mente l'immagine lucente del suo Sherlock onirico, una creatura quasi irraggiungibile. Le grida della folla lo riportarono alla realtà, impugnò saldamente l'arco, prese la mira e scoccò la freccia.

Sorprendentemente, contro ogni previsione di John, la freccia centrò il bersaglio, come se avesse curvato verso la direzione giusta. Non poté che cercare un certo stregone tra la folla, credendo avesse ricevuto un aiuto, ma non riuscì ad individuare la chioma riccia del suo amico.

Il pubblico si alzò in piedi ad applaudire la prodezza del biondo e John vide anche un'entusiasta principessa salutarlo dagli spalti. Si incamminò verso l'uscita agitando la mano verso il palco d'onore, con un enorme sorriso in faccia.

Mentre usciva percepì qualcosa di strano, improvvisamente sentì tutto amplificato, i suoni, le risate, le chiacchiere. Cadde a terra tenendosi la testa tra le mani, mentre il volume delle voci non faceva che aumentare e poi lo sentì, distinto tra la folla, come se stesse parlando al suo orecchio "Il Re merita di morire, Mycroft non riuscirà a fermarmi ".

Era la voce di Sherlock, chiara e limpida.

Alcuni uomini gli si fecero vicino e cercarono di metterlo in piedi. Il biondo alzò lo sguardo stranito, si aggrappò ad uno di loro e si trascinò verso l'uscita, mentre il pubblico vociferava alle sue spalle.

Cosa gli stava succedendo?

Volevano portarlo in infermeria, dal guaritore del Re, ma riuscì a scrollarsi quegli uomini di dosso e corse furiosamente verso gli spalti, sperando di vedere Sherlock, di fermarlo. Non poteva essersi sbagliato così clamorosamente, lo stregone non era crudele, non avrebbe ucciso una persona.

Non fece in tempo a imboccare la galleria di legno che conduceva agli spalti, che qualcuno lo trascinò via per una manica.

Era Sherlock, che lo teneva per le spalle e sembrava esaminarlo come se avesse qualche strana malattia.

- Stai bene? - chiese il moro, quasi stupefatto della sua stessa domanda. Era la prima volta che mostrava interesse per un altro essere umano.

- Sherlock cosa pensi di fare? - esalò John.

- Che ti prende?  - 

- Ho...capito...quello che stai per fare, vuoi uccidere il re - affermò John, spalancando gli occhi e sperando di aver sentito male. Che quella voce nella sua testa fosse solo una illusione.

- Se lo merita, tu non puoi capire - rispose Sherlock concitato - Aspetta cosa hai detto? In che senso hai capito? -

John non disse niente, ma lo fissava spaventato.

Smettila di fissarmi con quegli occhi blu, mi confondi

John aveva sentito quel pensiero rimbombare nella testa e si staccò da Sherlock,  fissandolo perplesso.

- John? Cosa? -

John tremava incontrollabile, sentiva una strana sensazione di calore e freddo allo stesso tempo. Si accasciò a terra mentre i muri attorno a loro cominciarono a tremare e da tutti i vasi di fiori cominciò a grondare acqua.

- John?  - chiese Sherlock, ora in tono più sorpreso.

Il biondo non disse niente, si passò più volte le mani sulla testa abbassando lo sguardo  - Cosa mi succede? -

- Davvero non lo capisci? Guarda dentro di te John, sei uno stregone dell'acqua! - fece Sherlock con un leggero sorriso.

John si alzò in piedi, furioso. I poteri si stavano scatenando e quella rabbia, causata dall'improvvisa presa di coscienza, sembrò propagarsi in maniera incontrollabile. Il cielo si oscurò improvvisamente e le prime gocce di pioggia caddero dal cielo. John arretrò spaventato da se stesso, ma Sherlock gli tese una mano.

- Vieni con me. Fidati -

I due si guardarono a lungo, in silenzio. Lo sguardo freddo del moro, si fece leggermente più rilassato e calmo.

John afferrò la mano di Sherlock e per un attimo percepì un senso di pace e tranquillità.

Il moro camminava veloce, per timore che i poteri di John continuassero a scatenarsi. Non c'era niente di peggio che qualcuno che scopriva di essere uno stregone solo in età adulta. I poteri scoppiavano in maniera incontrollabile e ci voleva molta disciplina e calma per non causare disastri.

Sherlock continuava a ripetergli di pensare a laghetti calmi, piccoli ruscelli, prati verdi e arcobaleni; John ci provava, ma non riusciva a non pensare al fatto che era uno stregone e che Sherlock aveva afferrato saldamente la sua mano, come se ne andasse della sua vita.

Gli sembrò di camminare per ore, anche se il vento li stava aiutando a raggiungere più velocemente la destinazione che il moro aveva in mente.

Finalmente John capì, c'era un ruscello appena fuori dal borgo. Quando furono vicini, Sherlock mollò la presa e lo invitò a sedersi.

- Calmati John, cerca di percepire l'essenza dell'acqua. E' il tuo elemento, da dove trai l'energia. Ti servirà per calmarti -

Il biondo fissò il lento scorrere del ruscello e gli sembrò di essere come cullato; piano piano il cielo tornò a liberarsi dalle nuvole cariche di pioggia e rispuntò un pallido sole.

Sherlock era sovreccitato, non vedeva uno stregone da tempo, fatta eccezione per Mycroft e che fosse proprio John, gli riscaldò leggermente il cuore, l'organo che non usava da tanto tempo e credeva che ormai fosse stato sostituito da un ghiacciolo.

Sherlock non aveva mai incontrato qualcuno di buono e disinteressato come John. Avrebbe dovuto capire che era uno stregone dell'acqua, aveva tutte le caratteristiche.

Il moro si sedette accanto a lui, alzò una mano con fare consolatorio, ma poi decise di non proseguire toccandolo. Così rimase con la mano paralizzata in aria, in lieve imbarazzo.

 - Stai meglio? - 

John annuì.

- Ok ragazzo, abbiamo un sacco di lavoro da fare - fece Sherlock allegro.

- Che intendi? - chiese John, non del tutto convinto di voler abbracciare questo nuovo lato di se stesso.

- Non posso lasciare uno stregone che ha appena scoperto di avere dei poteri. Saresti un pericolo, per te e per gli altri. Il Re finirebbe per scoprirti -

- Disse l'uomo che ha usato i suoi poteri per aiutarmi con il tiro con l'arco - ribatté John, finalmente sorridendo.

Sherlock arrossì - Non volevo facessi brutta figura - si giustificò, anche se non era certo di perché lo avesse fatto.

Entrambi scoppiarono a ridere; John avrebbe dovuto essere spaventato, impaurito, era uno stregone e scatenava poteri che nemmeno immaginava. Eppure era felice.


***** *****
Angolo autrice:

Ebbene sì, come quasi tutti probabilmente avevate già intuito, John è uno stregone dell'acqua. Ce ne saranno altri  tra le persone che abbiamo già incontrato? Anche qualcuno della terra? Vi lascio con questo dubbio :-P

Grazie mille a tutti :) Spero la storia continui ad appassionarvi.

Alla prossima!


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Capitolo 5
*** Training day ***


Training day


John era ancora seduto sull'erba fresca; le gambe incrociate e le mani appoggiate sulle ginocchia. Sembrava tutto molto strano, fino al giorno prima era il normale e ordinario John Watson ed ecco che improvvisamente era uno stregone.

Non riusciva a non tremare all'idea.

Sherlock, intanto, aspettava paziente che John riprendesse il solito colorito e dicesse qualche parola. Diversamente dal solito, l'attesa non lo stava infastidendo, anzi giocherellava con la magia, facendo ondeggiare i girasoli, come se stesse eseguendo una muta melodia.

Il biondo sembrò sul punto di aprire bocca, quando udirono uno scalpiccio di zoccoli in lontananza, che mano a mano si avvicinava. Il moro smise immediatamente di muovere i fiori e riprese il solito, gelido contegno.

L'uomo a cavallo si rivelò essere Mycroft, con non poca avversione di Sherlock, che strinse gli occhi e commentò all'altro - Scusa, ma non ho ancora avuto modo di presentarti il mio noioso fratello -

Lo stregone del fuoco, nonostante tutta la ritrosia del fratello, era davvero felice di rivederlo, per cui si limitò ad una stanca alzata di sopracciglio.

Scese da cavallo con l'eleganza che contraddistingueva un nobile e prima che Sherlock potesse abbaiargli qualcosa contro, allungò la mano per presentarsi a John.

Il moro fu tentato di spostare di peso il nuovo amico, come se il fratello potesse contaminarlo con il solo tocco, ma Mycroft avrebbe commentato quel gesto con il solito sarcasmo, per cui rimase al proprio posto, guardandolo torvo.


Tuttavia i suoi pensieri possessivi non sfuggirono alla lettura del pensiero di John, che rise leggermente fra sé.

Il nuovo arrivato, era ancora con la mano tesa in avanti, in attesa che John la prendesse - Sono Mycroft, tu invece sei John Watson, il nuovo eroe del tiro con l'arco -

Il biondo strinse la mano, poco convinto - Si, proprio io -

- Inutile che ci giriamo attorno, so che quel centro perfetto è merito di un aiuto  - fece Mycroft, lanciando uno sguardo di rimprovero al fratello - Ma noto anche che hai dei poteri tuoi, Watson-

John si irrigidì e guardò Sherlock, non sapendo bene cosa dire. Mycroft era il consigliere del re, avrebbe fatto la spia? Era in pericolo?

Lo stregone dell'aria sbuffò - Inutile negarlo John, Mycroft nota tutto -

Il fratello annuì, paziente - Ho visto il vostro numero fuori dagli spalti, ringraziate che me ne sono accorto solo io -

Il moro si intromise in maniera sbrigativa, in modo da accelerare quella conversazione, ben sapendo che non avrebbe portato a niente di buono se non qualche ramanzina - Non preoccuparti, fratello, andremo via da qui, John ha appena scoperto di avere dei poteri, è troppo rischioso stare vicino al tuo Re -

- Non potete andarvene, o meglio John non può - ribatté Mycroft.

- Perché? - chiese John.

- Perché il tuo numero ha attirato molta attenzione e non partecipare alle successive sfide sarebbe quantomeno sospetto. Il Re sta cercando di smascherare gli stregoni, si aspetta che molti concorreranno per sposare la principessa e cambiare la condizione della magia. Sa il tuo nome, sa da quale villaggio vieni -

- Mia sorella... - esalò il biondo.

Sherlock non poté non ripensare a quello che era successo ai suoi genitori e fu percorso da un brivido. La sorella di John non avrebbe fatto la stessa fine.

- Sherlock, posso parlarti in privato? - chiese Mycroft, strattonando poco aggraziatamente il fratello minore. John intanto si era di nuovo messo a sedere vicino al ruscello. Non era sicuro se rimpiangeva il momento che aveva messo piede fuori dal villaggio o se ne era incredibilmente felice.

Sherlock si liberò dalla presa del fratello e si allontanò di qualche passo da lui, con il solito atteggiamento scostante e infastidito.

Anche Mycroft iniziava a perdere la pazienza - Smettila di comportarti da bambino! E' uno stregone dell'acqua, vero? -

- E allora? -

- Ricordi la profezia, fratellino? - continuò Mycroft.

- Non vedo uno stregone della terra qui in giro - rispose Sherlock, piroettando su se stesso con fare teatrale.

- Magari già c'è e l'equinozio non è tanto lontano - rispose -  Anzi è terribilmente vicino - sottolineò con un sorrisetto indisponente.

- Ho sempre pensato che i vaneggiamenti di una strega ultra ottantenne, non fossero così affidabili Mycroft - sminuì Sherlock

- Vedremo - rispose soltanto il fratello, causando un leggero sussulto in Sherlock, poi si girò verso il biondo e gli gridò - Partecipa, impegnati e cerca di non farti scoprire. Credo che comunque lo sceriffo Lestrade vorrà parlare con te -

- Fantastico - commentò Sherlock sarcastico - Ora, se vuoi scusarci, avremmo da fare - e si diresse verso John, urtando Mycroft più forte che poteva.

- Qualunque cosa sia, fatelo lontano da qui, siete facilmente individuabili - concluse Mycroft con una nota di apprensione e ritornò al galoppo versò il palazzo reale.

"Come se ti importasse" pensò Sherlock, ma John sentì anche quel pensiero.

- Perché sento i tuoi pensieri, ma non quelli di tuo fratello? - chiese John curioso.

Sherlock non poté non arrossire - Senti proprio tutto? - chiese passandosi la mano tra i capelli, non si era mai esercitato a bloccare le intrusioni altrui, perché era già piuttosto bravo a trincerarsi nel suo palazzo mentale, ma John aveva qualcosa che superava le sue barriere.

- Non sempre, a volte, pezzi di pensieri. A proposito, i tuoi pensieri vero il Re? -

Sherlock non disse niente, così il biondo continuò - Sembra una questione personale. Ha fatto del male a qualcuno a cui tenevi? Alla tua ragazza forse? -

Sherlock rise, in maniera vuota.

- Al tuo ragazzo allora? Andrebbe bene comunque - continuò il biondo.

- Lo so che va bene, John - sbottò il moro, ma quello che pensava, era che in realtà non c'era mai stato nessuno e mai ci sarebbe stato.

John lo guardò, seriamente dispiaciuto  per lui e Sherlock temette che avesse intercettato anche quel pensiero; non poté non rabbuiarsi, lo sguardo era un mare in tempesta - Stai lontano dai miei pensieri, John! -

- Non ho letto i tuoi pensieri, ma il tuo sguardo ha detto tutto - rispose calmo - Comunque, non credi di pretendere troppo da me? Mi chiedi completa fiducia ma non mi dici niente -

Sherlock sembrò riflettere su quello che gli aveva detto - Non sono abituato a fare conversazione -

- Chi lo avrebbe mai detto - rispose ridendo.


****** ******


Mycroft ritornò al Palazzo Reale con un nuovo pensiero nella testa.

Quel John poteva essere la salvezza o la rovina definitiva, il futuro era ancora troppo incerto e non riusciva ad avere una visione chiara. A volte capitava, si mescolavano diversi possibili futuri e lui non sapeva quale si sarebbe avverato.


Comunque, c'era ancora quell'ombra che minacciava la vita del Re, ma non sembrava più essere Sherlock o forse non lo era mai stato. C'era qualcosa di strano ma non riusciva a vederlo.

Percorse i corridoi del palazzo in lungo e in largo, alla ricerca di qualche risposta, qualcosa che richiamasse alla mente quello che aveva visto nel sogno. Ma era tutto nebbioso, come se qualcosa o qualcuno non gli permettesse di vedere le cose con chiarezza.

Svoltò l'angolo e si trovò davanti il principe Victor, il quale sembrava altrettanto sorpreso di imbattersi in lui - Vedo che stai meglio, consigliere reale - fece il ragazzo, con l'accenno di un sorriso, piuttosto finto - Ti stavo giusto cercando, sembra che mio padre abbia preso una qualche influenza e starà un po' nelle sue camere, per qualche giorno, niente di serio ma non vuole vedere nessuno -

Lo stregone non disse niente, ribattere a Victor sarebbe stato inutile, ma era sicuro che ora avrebbe controllato molto più da vicino il ragazzo.



****** *****

- John devi concentrarti su questi tre bicchieri - fece Sherlock, illustrando quanto sarebbero andati a fare - Due sono riempiti di olio, uno di acqua. Tu devi riuscire a isolare l'acqua e farla uscire dal bicchiere -

- Come? - chiese il biondo, perplesso che il suo addestramento iniziasse nella loro camera alla locanda.

- Devi sentirlo da dentro, guarda il bicchiere -

- Non sei un grande insegnante, devo dirtelo - rispose il biondo, appoggiando la testa di traverso, sulla mano chiusa a pugno.

Sherlock non trattenne un sospiro frustrato - E' così che funziona. Tu non stai accettando i tuoi poteri e per questo non fai progressi. Io a cinque anni facevo già volare mio fratello dalla finestra - "e lui bruciava le mie lenzuola per vendetta. Razza di idiota!"

John sollevò lo sguardo confuso - Mi avevi detto che tuo fratello non era uno stregone! -

- Smettila di leggermi la mente. Com'è che quello ti riesce facilmente? - Si lamentò.

- Non lo so, non lo faccio apposta. E tu continui a non dirmi le cose e a non fidarti -

Sherlock fece per ribattere, ma qualcuno bussò alla porta. Non ebbero il tempo di dire "avanti" che un uomo brizzolato entrò nella camera, passando in rassegna i due uomini.

- Sono lo sceriffo Lestrade - si presentò l'uomo. John scattò sull'attenti, mentre il moro sbadigliò annoiato.

- Quindi questo le dà il diritto di  fare irruzione come le pare? - chiese Sherlock.

Lestrade non rispose, ma sollevò impercettibilmente i due angoli della bocca - Il Re ha chiesto espressamente di sapere come sta, sig. Watson, è rimasto molto colpito dalla sua mira -

- Pura fortuna - minimizzò il biondo.

- Spera, anzi conta molto, che lei partecipi anche alle prossime gare - continuò lo sceriffo.

- Farò del mio meglio -

- Bene - rispose e fece un cenno di saluto, uscendo dalla stanza e chiudendo la porta alle sue spalle.

- Breve ma intenso - commentò Sherlock e a John scappò da ridere - Allora, che cosa ha pensato? - chiese il moro, non del tutto sicuro se lo sceriffo fosse un amico di Mycroft o una persona da temere.

- Non lo so, davvero non lo faccio apposta e questa giornata è stata piuttosto lunga ed estenuante, non potremmo iniziare l'addestramento domani? -

Il moro guardò fuori dalla finestra, in effetti era quasi buio, ma non riusciva a non preoccuparsi per John. Se durante i giochi non fosse stato in grado di concentrarsi, si sarebbe rivelato davanti al Re. La velata minaccia riportata da Mycroft prima e da Lestrade poi, lo aveva soltanto convinto di più che quel regno del terrore doveva finire ad ogni costo.


***** *****


Il giorno dopo erano di nuovo fuori dal Borgo, lungo i sentieri che portavano all'interno del bosco. John continuava ad essere stranito, ma almeno non aveva più sognato Sherlock nudo che emergeva dalle acque.


- Dove stiamo andando? - chiese John.

- Invece che fare continuamente domande, perché non ti concentri? E' in mezzo alla natura che troverai l'essenza della magia, non di certo tra le mura dei palazzi! -

- Come faccio se non mi spieghi? Devo solo concentrarmi? Pensare all'acqua? - ribatté

Sherlock fece per rispondere piccato, quando John sgranò gli occhi e balbettò qualcosa di incomprensibile. Erano ancora lontano, ma tra gli alberi si poteva intravedere, illuminata dal sole, una piccola cascata che John non aveva mai visto nella realtà, ma era molto simile a quella che aveva sognato.

- Tutto bene? - chiese il moro, guardandolo perplesso.

- Ho sognato quella cascata -

Sherlock non disse niente, ma lo prese per un braccio, costringendolo a camminare più velocemente. Non erano diretti ai piedi della cascata, come era la visione onirica di John, ma avrebbero sormontato quella piccola discesa d'acqua.

Il biondo lo seguiva in silenzio, aveva capito che tanto non avrebbe ottenuto molto se continuava a fare domande e naturalmente voleva imparare ad usare la magia o rischiava di scatenare una tempesta senza rendersene conto.

In realtà avrebbe voluto chiedere a Sherlock come mai i propri poteri si erano manifestati così tardi, ma il moro non sembrava fonte di grandi conversazioni.


Quando raggiunsero finalmente la cima, John si aspettava qualche esperimento con l'acqua, provare a giocherellare come faceva Sherlock con l'aria. Si avvicinò cauto alla cima e guardò in basso, indeciso sul da farsi.

- E adesso? - chiese John.

- Adesso ti dimostro come funzionano i poteri, stregone dell'acqua - rispose il moro e senza dare il tempo di reagire, lo spinse giù dalla cascata.

Non era alta, non così alta da farsi male, eppure a John sembrò di cadere a lungo, come se il suo volo fosse durato mezz'ora o forse più. Ma non sprofondò nelle acque, non fu completamente travolto dalla cascata.

Si trovò a galleggiare leggiadro sul pelo dell'acqua, come se fosse un ramo di legno o un qualche animale acquatico. Il fluttuare lo accarezzava e si sentiva bene, tranquillo e felice, come se si stesse liberando di ogni energia negativa.


Una nuova forza, qualcosa di mai sentito si impadronì di John, gli sembrava di poter distruggere una montagna solo guardandola. Era tutto semplice e perfetto, fissava il cielo sopra la sua testa, la luce del sole e il vento che muoveva le cime degli alberi.

- Il vento - mormorò - Sherlock - e smise di galleggiare, finendo a fondo.

Per fortuna il fondale non era molto profondo, appoggiò i piedi e tirò la testa fuori dall'acqua, in tempo per vedere il moro in piedi, che gli sorrideva dalla riva - Ecco John, questo succede quando usi la magia e quando smetti di usarla -

Il biondo, che era completamente fradicio, emerse piano, strinse gli occhi in direzione di Sherlock e senza sapere esattamente cosa stava facendo, comandò all'acqua di trascinarlo con lui. Il moro rimase talmente stupito che non fece in tempo a bloccare quell'incantesimo e si ritrovò a sprofondare nel laghetto con John.

- Grazie Sherlock, ho capito - fece allegro lo stregone dell'acqua.

Il moro appoggiò i piedi sul fondale e guardò torvo John; le gocce d'acqua che scendevano dai capelli ricci gli davano l'aspetto di una medusa. Per un attimo il biondo temette in una contromossa, ma Sherlock si limitò a scoppiare a ridere.

Era così bello vedere il suo sorriso, che John si ritrovò a ridere di rimando.

- Bene, fine della prima lezione John -


***** *****

Angolo autrice

Scusate lo hiatus, ma non temete, non lascio storie a metà.

Grazie a tutti quelli che stanno leggendo e recensendo, siete gentilissimi/e.

Alla prossima

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Capitolo 6
*** Seconda prova ***



Seconda prova


Era già passata una settimana da quando John aveva scoperto di essere uno stregone. L'iniziale stato di angoscia e incertezza si era presto trasformato in una forma di consapevolezza. Stava leggermente progredendo, soprattutto da quando Sherlock gli aveva fornito un piccolo libro di iniziazione alla magia o, come lo chiamava il moro, guida alla stregoneria per idioti.


Eppure, nonostante tutti i commenti sarcastici, lo stava aiutando tantissimo e ne era felice.

Aveva approfittato di un carro in partenza per il villaggio per avvisare la sorella che stava bene e che si sarebbe fermato nel Borgo più del previsto, ma che se ci fosse stato qualche problema, di raggiungerlo o quantomeno scrivergli.


John aveva anche scoperto che Sherlock aveva un talento naturale per le deduzioni, un po' merito suo e un po' merito del suo potere di stregone dell'aria. E questo naturalmente comportava una serie di situazioni sconvenienti in cui spiattellava ad ogni persona che incontravano, tutta la loro vita, cosa che ovviamente non faceva piacere a nessuno, anche se John ne sembrava molto ammirato.

Proprio l'ammirazione che dimostrava, sembrava spingere il giovane Holmes a mettersi ancora più in mostra e così John si trovò presto costretto a smettere di fargli i complimenti ed era passato direttamente a dargli una gomitata in pancia. Non solo era scortese, ma rischiava anche che la gente capisse che era uno stregone.

Si era quasi dimenticato dei giochi, troppo concentrato a sviluppare le sue doti magiche; eppure la seconda prova si avvicinava inesorabilmente e come aveva detto Mycroft, non poteva sabotarla, doveva comunque impegnarsi.

I sogni di John non erano mutati da quando aveva sognato la cascata, erano sempre rilassanti e pieni di luce e tranquillità. C'era l'acqua e a volte c'era anche il vento, che trasportava John cullandolo in quel sogno magico. Quando si svegliava trovava sempre Sherlock che passeggiava avanti e indietro per la camera, come se fosse sveglio già da qualche ora. Il biondo era abbastanza sicuro che il suo amico dormisse molto poco e di certo non giovava per la sua salute.

Da quando si erano incontrati aveva messo su, forse un chilo e visto le condizioni in cui lo aveva trovato era già un risultato notevole, ma non si poteva dire che stesse bene. Non che John non cercasse in tutti i modi di dargli una vita regolare. Lo costringeva a pranzare e cenare, sotto minaccia di non impegnarsi con la magia, ma per quanto riguardava il sonno non aveva modo di costringerlo a dormire.

Quella notte però, c'era qualcosa che non andava nel sonno di John. Stava sognando di volare sopra dei villaggi in groppa ad uno splendido unicorno bianco, quando qualcosa lo fece cadere a terra. Non era sicuro di cosa fosse stato, ma non riusciva più a rialzarsi, si sentiva come schiacciato. Poi, senza rendersene conto, era vicino ad un maniero, immerso nel bosco.

Lo scenario mutò e l'oscurità prese il sopravvento, a quel punto John si svegliò di soprassalto per scoprire non solo che Sherlock stava ancora dormendo, ma che gli si era anche rannicchiato addosso. Il biondo evitò di alzarsi, anche se si sentiva ancora scosso dal sogno che sembrava così vivido.

Fece per girarsi, ma l'improvviso spostamento causò solo il conseguente movimento di Sherlock, che finì per abbracciarlo. La situazione stava diventando surreale, così non sarebbe di certo riuscito a dormire, ma non aveva coraggio di svegliare l'amico, per una volta che stava dormendo.


Cercò di dare una qualche utilità alla sveglia anticipata, quantomeno inopportuna dato che quel giorno avrebbe dovuto affrontare la seconda prova dei giochi, e cercò di concentrarsi sulla lettura del pensiero. Era possibile leggere i pensieri di Sherlock mentre sognava?

Poteva essere divertente, non aveva idea di cosa sognasse una mente così complessa come quella del suo amico. Fece alcuni tentativi a vuoto, nel manuale parlavano di svuotare la mente, ma il braccio di Sherlock avvolto attorno alla sua pancia e i capelli che gli solleticavano il collo, erano fonte di distrazione.

Riprovò e come per magia si ritrovò sballottato proprio in quella landa dove si trovava prima, vicino al maniero. Solo che Sherlock era lì, più giovane di qualche anno e fissava il posto con sguardo vuoto. John fece per attirare la sua attenzione, quando un grido disumano si levò dal palazzo e John si ritrovò catapultato fuori dal sogno.

Si ritrovò seduto, sul letto con Sherlock che lo fissava.

- Come hai... Non importa, stai lontano dalla mia testa - fece lo stregone dell'aria, con uno sguardo gelido e una voce talmente dura che John si trovò a sussultare - Mentre tu studi da apprendista stregone, io dovrò studiare per schermare i miei pensieri da te, come se avessi tempo - bofonchiò tra sé.

- Cos'era quello? - chiese il biondo, mentre l'altro si alzava in piedi e apriva una finestra, incurante del freddo.

Non ricevette risposta, per cui continuò - Sai, io non sono come te, posso sentire quello che pensi, a volte, ma non posso dedurre tutta la tua vita. Tu invece si, sai praticamente tutto di me -

- E' rilevante che tu mi conosca John? - chiese Sherlock tagliente.

- Sì, se vuoi che continuiamo questa specie di amicizia -

Sherlock si voltò, smettendo di guardare il nulla fuori dalla finestra. John era sincero, eppure lui non aveva mai pensato a come catalogare il rapporto che avevano. Questa era amicizia? Non sapeva dirlo, mai stato amico di nessuno.

- "Quello" era dove abitavo con la mia famiglia - rispose asciutto, riprendendo a fissare fuori dalla finestra  - E per rispondere a una tua vecchia domanda, il Re ha fatto uccidere i miei genitori. Ma non è semplice vendetta la mia, voglio fermarlo perché non devono più accadere omicidi di massa. Gli ordini mantenevano il corretto equilibrio delle cose, è per questo che adesso non funziona niente -

John stava lottando contro la voglia di alzarsi ed abbracciarlo, non era un sentimentale e men che meno lo era il suo amico. Per una volta che gli stava dicendo qualcosa di personale, non voleva rovinare tutto irritandolo.

- Sherlock, mi dispiace - si ritrovò a mormorare il biondo.

- Non essere banale, John -

- Ma mi dispiace davvero - rispose, mordendosi un labbro e abbandonando il letto dove era ancora seduto, per avvicinarsi al moro - A volte le frasi fatte e banali, corrispondo a verità -

Sherlock sorrise per un attimo, poi si ricompose subito, scostandosi dal biondo - Devi prepararti, oggi è il gran giorno, vorrai pavoneggiarti per la principessa, no? -

John a tutto stava pensando, fuorché alla principessa.


***** *****


- La prossima prova consisterà nel risolvere indovinelli - annunciò John, leggendo uno dei manifesti appesi lungo le strade.

- Visto il quoziente intellettivo medio, saranno delle sciocchezze - commentò sarcasticamente Sherlock - Per me ovviamente, non per voi altri -

- Noi altri? - chiese John, leggermente piccato.

- Rischi di perderla questa sfida - constatò Sherlock - Almeno potremo andarcene di qui in tranquillità -

Il biondo gli lanciò un'occhiataccia, non era stupido e glielo avrebbe dimostrato.

I partecipanti sopravvissuti alla prova di tiro con l'arco, furono divisi a gruppi di tre. Ad ognuno di loro sarebbero stati esposti degli indovinelli e chi avrebbe dato più risposte positive, sarebbe passato alla prova successiva.

John era nel primo gruppo ed entrando nell'arena non poté non sentirsi un po' orgoglioso della folla che lo applaudiva, anche se in effetti aveva passato la prima prova non per merito suo. Questo pensiero gli fece venire ancora più voglia di dimostrare a Sherlock che si sbagliava, che era intelligente. Non quanto lui, ma che non era un ordinario popolano.

Il primo indovinello toccò proprio a lui e per l'occasione era stato chiamato lo sceriffo Lestrade per porre le domande ai partecipanti .

Lo sceriffo srotolò una pergamenta e recitò a voce alta:

Trenta bianchi destrier

su un colle rosso

battono e mordono,

ma nessuno si è mosso (1)

John rimase qualche secondo a pensare e poi rispose sicuro "I denti". La folla lo applaudì e lui non poté non cercare tra il pubblico, la testa riccia del suo amico, strizzando l'occhio nella sua direzione.

Seguirono altri indovinelli, che John risolse brillantemente, solo all'ultimo giro sembrò in difficoltà. Poteva essere la sua occasione per perdere e ritirarsi dai giochi, ma aveva troppa voglia di dimostrare a Sherlock che si sbagliava, per cui si concentrò e ripeté nella sua testa l'indovinello di Lestrade.

Questa cosa ogni cosa divora,

ciò che ha vita, la fauna e la flora;

i re abbatte, e così le città,

rode il ferro, la calce già dura;

e dei monti pianure farà


I secondi nella clessidra stavano per scadere, quando, all'ultimo granello John gridò "Il tempo".


Lestrade gli sorrise, inchinando la testa come a complimentarsi e John uscì dall'arena nuovamente vittorioso, sta volta senza bisogno di aiuti.

Si arrampicò per le gradinate, dove continuò a ricevere applausi, diretto verso la testa riccia che continuava a fissarlo sorridente.

- Non dovrei essere io quello a cui piace mettersi in mostra? - chiese pigramente Sherlock, appena John lo raggiunse sugli spalti.

John rise - Sono più intelligente di quello che credi -

- Non ho mai detto che sei stupido John. Sei tu che non ti rendi conto di quanto sei sveglio - rispose.

Il biondo lo prese come un enorme complimenti e decise di non dire altro, per evitare che Sherlock potesse aggiungere qualcosa di spiacevole, come al suo solito. 


***** *****

La sera dopo i giochi, Molly era intenta a scrivere alcune pagine del suo diario. Amava riversare i suoi pensieri su quei fogli che custodiva gelosamente. Si sentiva spesso sola, essere la damigella della principessa non era così emozionante come molti pensavano.

Forse l'eccessiva timidezza non la aiutava in questo frangente.

Verso mezzanotte decise di spegnere la candela per rimettersi a dormire, ma la principessa, evidentemente non era d'accordo. Aprì la porta silenziosamente, probabilmente per non farsi sentire dal resto della Corte. Aveva un abbigliamento tipicamente maschile: pantaloni, mantello, capelli nascosti nel cappuccio e un pugnale. Poteva essere scambiata per un giovane uomo del borgo.

- Principessa, dove sta andando? - chiese la damigella, già temendo le folli idee della bionda.

- Nel villaggio e tu con me. Voglio rivedere quel John -

- Mary, non mi sembra il caso - rispose la ragazza.

- Per l'amore del Cielo Molly, vivi la vita e cogli il momento. Ti piaceva, no? quel ragazzo con cui stava chiacchierando John sugli spalti. Magari li ritroviamo assieme -

Molly si morse un labbro, guardò le sue amate carte, dove era riversata tutta la sua vita e guardò la principessa che era pronta ad arrampicarsi fuori dal palazzo. Era vero, non viveva mai nessuna avventura, sempre troppo preoccupata di farsi qualcosa di sbagliato. Ma la principessa le stava proponendo qualcosa di nuovo.

- D'accordo - rispose sospirando.

Mary sorrise allegra, le prese la mano e la trascinò nell'oscurità della sera, dirette dove avano incontrato il biondo tempo prma. A Mary era sembrata un'eternità, chiusa nella sua gabbia dorata.

Non aveva sbagliato, in effetti John era proprio con il moro che aveva attirato l'attenzione di Molly e stavano mangiando nella Locanda della signora Hudson. 

Mary entrò ostentando sicurezza, seguita da Molly che cercava di nascondersi dietro di lei. Quando arrivarono al tavolo dei due stregoni, la principessa diede un colpo di tosse per palesare la sua presenza.

John alzò lo sguardo stupito, sorpreso di trovarsi davanti la principessa in persona. Anche se era abbigliata come un uomo, per lui era abbastanza riconoscibile.

- Possiamo accomodarci? - chiese lei.

Sherlock sbuffò e lanciò un'occhiataccia frustrata a John, che stava già facendo posto per farle sedere.

- Devo chiamarti Amanda o Mary? - fece lui sottovoce.

La bionda rise - Devi perdonare se non ti ho detto la mia vera identità, non sapevo se potevo fidarmi -

- E adesso ti fidi? - chiese lui.

Si fissarono a lungo, finché Sherlock non imitò il colpo di tosse di Mary, richiamando la loro attenzione - E' tipico di una principessa aggirarsi per il borgo, come niente fosse? -

- Voi non potete capire, a volte si ha bisogno di distrazioni -

Sherlock rise tra sé, capiva benissimo il bisogno di distrazioni, ma non il fatto che li importunasse - Si, deve essere davvero drammatico avere ricchezza, servitù, cibo ... -

John cercò di dare a Sherlock la solita gomitata da "stai esagerando", quando Molly prese la parola - Siamo venute fino a qui, con tutti i rischi connessi, potreste essere un po' più gentili! -

Sherlock sembrò notare solo in quel momento la presenza della damigella e quello che dedusse dopo averla guardata attentamente, lo convinse a non dire altro.

John approfittò del suo silenzio, per riprendere la conversazione in maniera più leggera, ma Mary lo anticipò.


- Mi avevi detto che non volevi partecipare ai giochi -

- Lo fa per hobby - intervenne nuovamente Sherlock e John lo guardò storto.

- Sherlock, posso parlarti un attimo, in privato? - sbottò e senza aspettare una risposta di assenso si alzò e lo strattonò per un braccio, finendo a parlare vicino al bancone dove si trovava la signora Hudson.

- Cosa combini? - chiese il biondo.

- Niente, faccio conversazione - rispose.

John provò a leggere i suoi pensieri, ma Sherlock era riuscito a schermarli, proprio come aveva minacciato l'ultima volta.

La signora Hudson riempì a entrambi un boccale di birra e li guardò teneramente - Ragazzi, non bisticciate, non è carino - li rimproverò.

- Noi non stiamo "bisticciando" - scandì John, quando vide Mary e Molly che abbandonavano la locanda di fretta. Il biondo le rincorse, seguito da Sherlock che trascinava i piedi dietro di lui, non capendo perché fosse tanto attirato dalla compagnia di quelle ragazze.

Le raggiunse fuori la locanda, mentre si allontanavano parlottando tra loro - Mary, aspetta -

- John, scusa ma dobbiamo andare - rispose piccata.

- Mi dispiace se ti abbiamo offeso ma... -

- John, sono offesa dal fatto che non mi hai detto che hai già un ragazzo -

Il biondo sgranò gli occhi - Cosa? Non è come pensi -

- Credo proprio di si - rispose lei - Peccato però, mi piacevi. Ma capisco subito quando uno è impegnato -

Molly si trovò ad annuire dietro di lei.

Sherlock intanto se ne stava in mezzo alla via; aveva notato qualcosa di sospetto e non riusciva a capire di cosa si trattasse. Continuava a passare lo sguardo tra i tetti, scrutando in giro. L'aria improvvisamente si fece come rarefatta, qualcosa sibilò alle sue spalle, ma fortunatamente lo mancò.

Sherlock gridò agli altri di nascondersi e si preparò ad un altro attacco. John agì come d'istinto, quando vide un bagliore seguito da una raffica di palle infuocate dirette verso l'amico.

Non rifletté nemmeno per un secondo, non usò nemmeno la magia, si gettò sul moro per spostarlo da quella pioggia di palle infuocate, ma una lo prese su un fianco.


Si accasciò a terra, con Sherlock che subito gli si inginocchiava accanto.

Lo stregone dell'aria si rimise in piedi furente e si trovò a lanciare di rimando un vento che man mano aumentava di forza, al punto che i muri di tutte le case della via, si misero a tremare. Quando sembrava stesse per scatenare una tempesta, di una forza che avrebbe sradicato l'intero borgo, si ritrovò colpito da qualcosa, di molto più leggero di una palla di fuoco ma abbastanza forte da farlo desistere.


Si voltò con gli occhi ridotti a una fessura e vide suo fratello, con lo sguardo di rimprovero e la mano con cui aveva scagliato l'incantesimo ancora tesa verso di lui.

- Non è uccidendo tutti che curerai il tuo amico - affermò calmo, osservando il povero John a terra, in fin di vita.

Mary e Molly, che si erano appiattite al muro durante tutta la scena, avevano la bocca aperta.

- Chiunque fosse l'autore dell'attacco, deve essere sparito - fece Mycroft piatto, prima di voltarsi verso le due ragazze - Signorina Hooper, penso che avremo bisogno del suo aiuto -

La ragazza fissò il Consigliere reale, che mai avrebbe pensato fosse uno stregone come lei, ed annuì.


****** ******
(1) Indovinelli tratti da  "Lo Hobbit"

Angolo autrice:
Scusate il ritardo, spero ci siate ancora tutte/i
Come qualcuno aveva intuito, diamo il benvenuto a Molly tra gli stegoni ;)
Grazie mille a chi leggerà questo capitolo, spero che la storia continui ad appassionarvi.
Un abbraccio!

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Capitolo 7
*** La strega della terra ***



La strega della terra

Il gruppo si nascose in un edificio abbandonato, dove nessuno avrebbe notato  l’uso della magia da parte di Molly.  Gli incantesimi di guarigione erano la specialità degli stregoni della terra, proprio perché la loro magia traeva potere dalla natura stessa, oltre alla loro naturale inclinazione ad aiutare il prossimo.

Mary era sorpresa di trovarsi improvvisamente circondata da tanti stregoni. Sapeva dei poteri di Molly, l’aveva sempre nascosta dai folli progetti del padre. Erano amiche da quando erano bambine e la piccola strega le aveva addirittura salvato la vita, la volta che la principessa si era ferita gravemente cadendo da cavallo. Mary, a differenza del padre, non temeva la magia.

La principessa cercò subito di rendersi utile, cercando di rendere più confortevole il giaciglio di John, adagiato sopra un “letto” di paglia.

- Per fortuna porto sempre con me alcune erbe curative – fece Molly, cercando di dimostrare una certa sicurezza, anche se si sentiva a disagio, trovandosi al cospetto di due stregoni così potenti.

Sherlock passeggiava nervosamente avanti e indietro, sforzandosi di non pensare alla più nera delle previsioni, la morte di John. Faceva difficoltà ad ammettere che provava qualcosa per quello stregone, uno strano attaccamento, eppure non poteva fingere di non curarsi del suo stato di salute.

- Per favore – sbottò Molly – Ho bisogno di calma, concentrazione e positività – fece fissando Sherlock, che per un attimo vacillò.

- Vieni, fratellino, sarà meglio che usciamo – fece Mycroft, prendendo Sherlock per un braccio. Ma il moro non si mosse di un millimetro.

- Non lascio John nelle mani di due sconosciute – affermò duro, incurante di quanto suonasse offensivo nei confronti delle due ragazze che stavano cercando di aiutare John.

- Ti assicuro che puoi fidarti di loro – rispose Mycroft, serio. Aveva capito da subito che Molly era degna di fiducia e non aveva niente da recriminare alla principessa, che a differenza del padre e del fratello, si era sempre comportata in maniera generosa e anche aperta nei confronti della magia.

- Non farò del male al tuo amico –  affermò Molly, certa che lo stregone dell’aria avrebbe usato il suo potere per capire se la strega stesse mentendo o meno.

Sherlock si rese conto che la strega stava dicendo la verità e nonostante non fosse per niente contendo di lasciare John, si lasciò trascinare fuori dall’edifico.

L’aria della notte sembrava molto fredda, ma Sherlock non era sicuro che lo fosse davvero. Magari era soltanto la sensazione di calore che svaniva e subentrava nuovamente la presenza dei venti freddi del nord.

Sherlock era turbato, ma non voleva dimostrarlo al fratello.

Mycroft tirò fuori del tabacco dalla sua tasca e lo offrì al fratello, in modo da rilassarsi in attesa che la strega compisse la sua magia. Sherlock accettò l’offerta, continuando a riserbare un totale mutismo nei confronti del fratello, che stufo di quell’atteggiamento, cercò almeno di farlo ragionare su quello che stava accadendo  - Inutile che sottolinei, Sherlock, che ora abbiamo anche una strega della terra –

- Mycroft, non sono dell’umore per profezie e affini – rispose, infastidito.

Il fratello fu sorpreso da quello che si poteva dedurre dall’atteggiamento del moro - Tieni davvero a quel villico – affermò, con una punta di stupore.

- Lasciami in pace! – sbottò.

- E’ una cosa positiva Sherlock, temevo ti stessi perdendo –  continuò il fratello, sperando di rivedere gli occhi buoni del suo fratellino, in quell’ammasso di rabbia e frustrazione che era diventato Sherlock.

Lo stregone dell’aria non voleva sentire, non voleva nemmeno prendere in considerazione che potesse provare dei sentimenti.

- Chi è stato ad attaccarmi e perché? – chiese soltanto, ignorando la precedente conversazione.

- Un problema alla volta – rispose semplicemente Mycroft.

Sherlock gli rivolse uno sguardo penetrante ma Mycroft non si mosse di un millimetro, né si fece impressionare da tanta veemenza.

- Ti odio – fece soltanto Sherlock.

- Va bene, Sherlock. Odiami pure, ma non cedere ai poteri oscuri –

Sherlock scosse il capo. Si sentiva in colpa, avrebbe dovuto proteggere John, non il contrario. Era un novizio, stava ancora imparando. Era una persona buona, come lui non si sentiva di essere. Sapeva che la propria anima era in qualche modo sul punto di spezzarsi, mentre John era così generoso e puro. Avrebbe dovuto essere lui in fin di vita, non l’uomo che lo aveva trattato come un essere umano.

Si strinse nel mantello, capendo che le sue prossime azioni sarebbero state inevitabile conseguenza della sorte di John.

- Io entro Mycroft, magari hanno bisogno di una mano – E senza aspettare un commento del fratello, raggiunse il giaciglio dove Molly stava praticando un incantesimo curativo dopo l’altro. Niente sembrava funzionare.

Maty era leggermente più bianca e quando il suo sguardo incontrò quello di Sherlock, si morse un labbro, incapace di nascondere una certa apprensione.

- Vi posso aiutare? – chiese Sherlock a Molly.

- Sì, stavo giusto per farti chiamare, vieni qui. Ho bisogno di un aiuto. Serve un sentimento potente come l’amore. Il sentimento che provi per lui lo aiuterà, renderà più forte l’incantesimo –

- Che cosa? – chiese stupito, credendo di aver capito male, che non stessero sottintendendo quello che pensava.

- Oh cielo, sei uno stregone o cosa? Conoscerai l’importanza dei sentimenti in certi incantesimi – fece Molly, con un inaspettato piglio sicuro.

Sherlock si passò una mano nei capelli, nervosamente - Sì, credo. Ma io cosa c’entro? Potremmo far arrivare sua sorella –

Le due donne si guardarono smarrite.

 - Che problema hai? Non vuoi salvarlo? – fece Mary accigliata.

- Sì, ma… non credo che … -

Sherlock non finì la frase. Avrebbe voluto elencare i mille motivi per cui non era possibile che provasse quello che loro definivano amore. Non era in grado, il suo cuore si era raffreddato tanto tempo prima, al punto che quasi non lo sentiva più battere. Eccetto, in effetti, quando si avvicinava a John, allora era diverso, tutto era diverso, era più bello e luminoso.

Stava ancora riflettendo su quello che poteva provare o non provare per John, quando Mycroft lo spinse verso lo stregone dell’acqua – Ti rendi conto che non abbiamo tanto tempo? – fece, capendo la lotta interiore del fratello.

Sherlock si chinò sull’amico e solo allora Molly percepì tutta la tristezza che quel ragazzo dagli occhi chiari portava con sé.

- Prendigli la mano – fece la strega e lui ubbidì silenzioso, mentre lei ripeteva la formula magica. Sherlock non aveva coraggio di guardare lo stato di John, la palla di fuoco aveva fatto parecchi danni, ma effettivamente la ragazza sapeva il fatto suo. Molte ferite si erano già rimarginate, solo il respiro restava debole.

Sherlock strinse più forte la mano di John e chiuse gli occhi, sperando che la magia fosse abbastanza potente da permettere all’amico di leggere i suoi pensieri.

“John, ti prego, torna da me. Resisti” ripeteva nella sua testa “Razza di idiota, non dovevi sacrificarti per me”

E in un attimo era dentro ad un sogno, sembrava come se fosse entrato nella testa di John. Mai provata una magia del genere, John era quello che poteva leggere il pensiero, non lui.

John era lì, nel sogno, seduto sulla riva di un fiume, intento a fissare un ramo che veniva trasportato dalla corrente. Non era un luogo qualsiasi, era il fiume vicino al villaggio dove era cresciuto Sherlock.

“John, cosa ci fai qui?” chiese Sherlock, attirando la sua attenzione. Sperando che così si sarebbe svegliato.

“Sherlock?” fece il biondo. Lo stregone non aveva idea che il moro fosse veramente in quel sogno, credeva di avere davanti, una delle sue incantevoli visioni, come la creatura fantastica che era uscita dalla cascata. John si alzò in piedi e corse verso il moro, senza esitazioni.

Sherlock stava per iniziare una lunghissima spiegazione sul significato di quel luogo, teorizzando sul perché la magia avesse aperto un simile canale magico, ma non fece in tempo perché John si avvicinò come per studiarlo meglio.

Il moro sembrò spiazzato dal comportamento e solo allora capì che John non si rendeva conto che in realtà era in stato di incoscienza, mezzo morto.

Sherlock fece per dire qualcosa ma il cuore, quello che non sentiva tanto spesso, gli stava rimbombando in tutta la cassa toracica, fino a sentirlo nelle orecchie. John lo fissò negli occhi e Sherlock, senza rendersi conto di quello che faceva, si avvicinò per baciarlo.

Nel momento in cui le loro labbra si incontrarono, Sherlock fu scaraventato fuori dal sogno, con un impeto tale che si ritrovò disteso a metri di distanza da John, col fratello che lo fissava incuriosito. Il moro voltò lo sguardo verso John e vide che aveva gli occhi aperti e sembrava essere molto confuso.

Il biondo cercò di alzarsi, disorientato, cercando Sherlock con lo sguardo, ma Molly lo rimise disteso.

- Cos'è successo?  - chiese Mary, affascinata dalle strane conseguenze della stregoneria.

- La magia ha funzionato – rispose solamente Molly, strizzando l’occhio in direzione di Sherlock.


***** *****


Mycroft consigliò a Molly e alla principessa, di ritornare a Palazzo, prima che qualcuno si accorgesse della loro assenza. Le due donne ringraziarono e sparirono nella notte, non prima che Molly e lo stregone del fuoco si scambiassero un muto segno di complicità.

Sherlock intanto, stava valutando maniacalmente lo stato di salute di John, troppo debole per protestare per l’eccesso di zelo dell’amico.

- Ti giuro che sto bene – commentò, mentre Sherlock controllava che tutte le ferite si fossero rimarginate.

- Voglio essere sicuro –

- Allora, Molly è una strega, interessante. Cosa ne pensi? – chiese John, cercando di mettersi seduto – Le devo la vita –

- E io la devo a te – rispose il moro, accennando un sorriso –Ti ricordi qualcosa? –

- L’ultima cosa che ricordo? Mi gettavo verso di te per salvarti, non ricordo altro –

Sherlock ripensò al sogno in cui era entrato e per un attimo si bloccò, una frazione di secondo, il tempo di chiedersi se fosse il caso di parlarne. Ma poi decise d ignorare la cosa, quello strano senso di calore che sentiva ogni volta che si avvicinava a John, perché per lui poteva anche essere così, ma per John? Nessuno poteva amare Sherlock Holmes.

Il moro riprese il solito contegno e smise di controllare lo stato di salute dell’amico, con una leggera nota di tristezza sul viso, che non sfuggì al fratello.

Anche John notò il cambiamento nel comportamento di Sherlock e cercò, inutilmente, di leggerne i pensieri. Sherlock aveva imparato a nasconderli  bene, cosa che lasciò a John un senso di vuoto, gli sembrava l’unico modo per avere una vera connessione con il moro.

Mycroft guardò il fratello distanziarsi da John e sedersi in un angolo di quella casa diroccata. Poi rivolse lo sguardo a John, con un accenno di sorriso allo stregone che poteva salvare Sherlock e al contempo la magia, aiutando a realizzare la profezia.

Il maggiore degli Holmes iniziò a camminare circolarmente, ripetendo una formula che a John sembrava quasi una filastrocca. Il biondo fissò Sherlock, interrogativo, come a chiedere cosa stesse facendo il fratello, ma Sherlock non lo stava guardando, troppo preoccupato da quello che era successo. Non riusciva a decidere se era più sconvolto dall’attacco inaspettato o da quello che era successo nel sogno di John.

Quando Mycroft finì di roteate su se stesso, si rivolse a entrambi – Ora questo posto è stregato, nessuno può vederlo e nessuno può entrarvi. Passerete la notte qui, finché non saremo sicuri di cosa sta accadendo –

John ringraziò lo stregone del fuoco, mentre Sherlock non accennò a commentare quello che aveva fatto Mycroft. Non credeva che bastasse qualche magia per farsi perdonare. Il fratello si aspettava che l’ostilità non sarebbe cessata, per cui fece un cenno di saluto a John e lasciò l’edificio.

- Sherlock, vieni qui, non puoi dormire per terra – commentò stancamente John.

- Non è un problema e non credo dormirò –

- Hey, hai detto che mi devi la vita, fammi il favore di venire a dormire qui – riprovò John.

- Perché? –

- Perché ormai sono abituato a dividere il letto con te e sono stanco, ferito, e sicuramente farò qualche incubo, per cui ho bisogno del mio amico –

Sherlock tremò impercettibilmente alla parola “amico”. John non faceva che parlare di amicizia, ma i recenti pensieri del moro erano andati abbondantemente oltre. Tutto stava accadendo troppo in fretta. Un giorno prima progettava di rovesciare il Re, senza nessuna remora e il giorno dopo era perso in un sogno in cui baciava John.

Non era esattamente quello che si sarebbe aspettato, quando aveva fatto volare via il vessillo reale dal carro di John .

John continuava a battere la mano sul giaciglio di paglia, nonostante ogni mossa gli costasse una fitta di dolore, così Sherlock finì per distendersi accanto a lui, sperando che John non entrasse in altri suoi sogni.

Il biondo sorrise, stanco stravolto. Era davvero preoccupato che Sherlock non dormisse, conoscendo le pessime abitudini del moro. Inoltre, quasi sperava che la vicinanza lo riportasse all’ultimo sogno che aveva fatto, dove un Sherlock molto simile all’originale, lo aveva baciato in maniera impacciata ma credibile.

Peccato che John non sapesse che quello non era propriamente un sogno, ma qualcosa di molto reale.


***** *****

Angolo autrice:

Ciao a tutti!
Capitolo breve, ma era da parecchio che non pubblicava per cui ho preferito aggiornare, sperando di andare più veloce con il prossimo.
Ringrazio CreepyDoll, Emerenziano, Mikimac e Atena_Laufeyson per la costanza delle recensioni, soprattutto perchè credo che la storia non sia seguitissima, basandomi sulla quantità calante di visite ai capitoli. Spero che la storia non vi stia deludendo, nel caso mi dispiace davvero.
Grazie a tutti quelli che leggeranno e alla prossima!


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Capitolo 8
*** La profezia ***



La profezia



Mycroft aveva appena lasciato il fratello in quell’edificio diroccato assieme a John, per dirigersi dall’unica persona che lo avrebbe aiutato.  Avrebbe voluto che quella persona fosse Sherlock, ma il fratello ormai credeva fermamente che Mycroft non avesse alcun tipo di sentimenti, si era talmente convinto che non provasse nulla, che nemmeno si preoccupava per lui.

Lo stregone del fuoco non voleva tornare subito a Palazzo, doveva prima cercare di scoprire cos’ era accaduto in quella via e perché qualcuno aveva attaccato Sherlock.

Fortunatamente era riuscito ad intervenire in tempo, i suoi poteri non avevano fatto le bizze e gli avevano dato modo di vedere una previsione futura, ossia l’attacco al fratello.

Quello che lo confondeva del suo potere, era che la chiaroveggenza spesso gli mostrava solo uno dei possibili futuri e non quello che sarebbe davvero accaduto. Aveva visto l’attacco ma aveva anche visto il fratello morire, l’intervento di John era del tutto inaspettato e quanto mai gradito.

Bussò alla porta dell’unica persona che sarebbe stata dalla sua parte, quella dello sceriffo Lestrade.

L’uomo non fece entrare lo stregone in casa, non voleva che la moglie sentisse la loro conversazione. Tenuto conto dell’ora e dell’espressione di Mycroft, aveva subito capito che si trattava di guai.

Uscì da casa e camminarono in silenzio fin fuori alle mura del Borgo, dove potevano avere più intimità.

- Cosa succede? –chiese Lestrade, quando finalmente poté parlare, senza la paura di essere sentito da orecchi indiscreti.

- Mio fratello, è stato attaccato da uno stregone del fuoco. Le cose stanno precipitando, sceriffo – rispose Mycroft, mantenendo una certa formalità e un certo distacco.

- Lui sta bene? –chiese con apprensione. Mycroft apprezzava davvero quell’uomo, non aveva  straordinarie capacità mentali né magiche, ma era buono, onesto e leale.

- Sì, mio fratello sta bene. John è ferito ma non c’è da preoccuparsi, è stato curato – rispose.

Greg sembrò turbato dalla notizia, di solito le battaglie si combattevano fuori dal suo piccolo borgo, non aveva mai dovuto affrontare problemi di questo tipo, non sapeva nemmeno come fronteggiare gli stregoni.

- Non capisco, perché una lotta magica? – chiese, timidamente, non capendo davvero le ragioni che potevano spingere uno stregone ad attaccare Sherlock.

- Forse non siamo gli unici a sapere della profezia, forse qualcuno teme che se si verificasse quanto previsto, il proprio status quo cambierebbe – commentò Mycroft, pensieroso.

- Ha già un sospetto, intuisco –

- Dovremo studiare un piano sceriffo, mi posso fidare soltanto di lei –


******  *******


John si svegliò di soprassalto, l’immagine delle palle di fuoco che venivano lanciate addosso a Sherlock, ancora ben piantata nella mente. Istintivamente cercò il moro nella stanza poco illuminata; per un attimo gli era sembrato di essere ancora in mezzo a quella strada, invece erano al sicuro e lo stregone dell’aria era lì sano e salvo, ancora addormentato accanto a lui.

Il biondo si mise a sedere a fatica, controllando quanti danni avesse provocato quella stregoneria. In realtà, sembrava tutto a posto, Molly era stata davvero brava, aveva solo un leggero senso di nausea.

Anche Sherlock si svegliò, poco dopo, iniziando a stropicciarsi gli occhi, come stranito, finché non si ricordò dov’era e cos’era successo. Si girò di scatto, cercando John e quando lo vide seduto, intento a massaggiarsi il fianco indolenzito, tirò un sospiro di sollievo.

- Buongiorno – esclamò Sherlock.

John si voltò per guardarlo e scoppiò a ridere. Sherlock sembrò offeso, non capendo cosa ci fosse di così divertente nella sua persona, appena sveglio.

- Hai della paglia nei capelli – spiegò gentilmente John, osservando l’oro che si era infilzato tra i riccioli, dandogli un aspetto piuttosto buffo –Se stai fermo, te la tolgo – continuò, mentre Sherlock scuoteva la testa per farla cadere.

John avvicinò la mano ai suoi capelli, quasi una carezza, e tolse ogni pezzetto di paglia dalla chioma ribelle dell’amico, che seguiva il movimento di John abbandonando la testa nella sua mano. Un gesto involontario, quasi un riflesso condizionato a quel tocco e più passava il tempo più John sentiva che le cose gli stavano letteralmente sfuggendo di mano: prima i sogni erotici, poi il salvataggio, il bacio onirico, lui che spontaneamente lo convinceva a dormire accanto a lui e adesso lo stava accarezzando in maniera dannatamente romantica e sensuale.

Quando si rese conto che aveva tolto ogni più piccolo rimasuglio di paglia, indugiò ancora qualche secondo tra i capelli dello stregone, finché non abbassò la mano, rendendosi conto che aveva il respiro e il battito accelerato, cosa che non sarebbe sfuggita allo stregone “noto tutto” Sherlock.

Ma Sherlock non sembrava così attento a quello che accadeva attorno a lui, con il biondo che lo accarezzava, al punto che quando John aveva tolto la mano, al moro era sfuggito un mugugno insoddisfatto.

John simulò un colpo di tosse e scacciò per un attimo, le ultime vibrazioni nate tra loro - Sherlock, chi ti ha attaccato e perché? -

Anche Sherlock ci mise qualche secondo per raffreddare le ultime sensazioni ed anche lui si trovò a tossire, quasi imbarazzato  - Non lo so, ma sono sicuro che Mycroft è già qualche passo avanti -

- La smetterai di tenere questo comportamento da ragazzino con tuo fratello? E’ la tua famiglia, lui sembra voler riallacciare i rapporti, ti vuole bene -

 - Vuole che la profezia si realizzi, gli importa il potere più di ogni altra cosa -

John fece una faccia stupita e Sherlock continuò nel racconto, era arrivato il momento di mettere al corrente anche John, nonostante non credesse minimamente alla possibilità che la profezia si realizzasse - Quando gli Ordini furono destituiti, una degli anziani tra gli stregoni del fuoco, la più esperta nella chiaroveggenze, affermò con certezza che quella non era la fine della magia, che gli Ordini si sarebbero ricostituiti, grazie a quattro stregoni, uno per ogni Ordine -

- Non dà molti elementi questa profezia - commentò John, perplesso.

- Ovviamente non finisce così - commentò sarcasticamente Sherlock -Si è soffermata anche sulle peculiarità di questi quattro stregoni: due di loro sarebbero stati legati dal sangue, due sarebbero stati legati dall’amore -

- Legati dal sangue come tu e Mycroft. E gli altri due saremmo Molly ed io? - chiese John, adesso più attento e curioso.

Sherlock annuì, annoiato – E’ stata pronunciata tanto tempo fa, John. Nessuno può vedere così lontano nel futuro -

- E i due legati dall’amore devono per forza essere i due non parenti, o possono comprendere anche uno dei due legati dal sangue? – chiese John, stranamente preoccupato.

- Non ha lasciato un libro con le istruzioni per decifrare la sua profezia, John – rispose, spazientito – Comunque, tranquillo, mio fratello non ti costringerà ad innamorarti di Molly -
- Non stavo pensando a questo – sussurrò – Comunque, come faranno i quattro della profezia a riunire la magia? -

- Un incantesimo durante l’equinozio. Un incantesimo che nessuno conosce ovviamente, che la strega pazza ha nascosto da qualche parte – Concluse, con una risata sprezzante rivolta all’assurdità di credere a una previsione così generica.

- E se fosse vero, Sherlock? – chiese John, preoccupato ed eccitato allo stesso tempo.

- Vuol dire che Molly e Mycroft dovranno mettersi assieme – commentò, con una finta risata. Non diede il tempo a John di ribattere, ma si alzò per andare a controllare che fuori dall’edificio non ci fosse nessuno, in modo da poter abbandonare quel luogo, almeno per prendere da mangiare per il suo paziente.

- Già, Molly e Mycroft – borbottò John e si rimise disteso, cercando di riposare il fisico e la mente. Ogni giorno accadeva qualcosa di nuovo ed imprevedibile; quando aveva pensato che scoprire di essere uno stregone poteva essere la cosa più assurda che gli sarebbe capitata nella vita, ecco che saltava fuori il poter far parte di una profezia antica e misteriosa.


***** *****

Sherlock ritornò un’ora dopo, con  un sacco con dentro del cibo preparato dalla signora Hudson. Appoggiò le pietanze calde vicino al letto di John, senza dire un parola.

Lo stregone dell’acqua era abituato al comportamento bizzarro dell’amico, ma in questo caso, dopo l’attacco e tutto quello che avevano subito, gli sembrava quantomeno fuori luogo.

Sherlock si spostò verso una delle piccole finestre di quell’edificio che ormai fungeva da rifugio sicuro ed estrasse dalla tasca una misteriosa busta.

- Che cosè? -chiese John, con tono indagatore, sperando non fosse quello che credeva.

- Erbe magiche - liquidò Sherlock.

Il biondo sapeva perfettamente che esistevano particolari erbe che davano effetti molto simili ad un sogno lucido, un viaggio per distaccarsi dalla realtà. Molte persone che ne avevano fatto uso, erano morte o avevano perso la ragione.

Nonostante John fosse ancora debilitato dagli ultimi eventi, non contò fino a cinque prima di lanciare una palla d’acqua sulle erbe magiche di Sherlock, rendendole inutilizzabili.

- Mi servono solo per concentrarmi, John! - sbottò Sherlock, cercando di radunare le foglie bagnate, in modo da poterle asciugare.

John fece per rispondere, ma l’utilizzo della magia gli era costata cara: si trovò improvvisamente in preda ai conati e finì per vomitare tutto quello che aveva appena mangiato.

Sherlock in un attimo era seduto accanto a lui e gli teneva la testa, massaggiandogli delicatamente la schiena - Tutto bene? -

John annuì silenziosamente.

- Comunque, la prossima volta che mi lanciano delle palle di fuoco, usa l’acqua come hai fatto adesso, non il tuo corpo - commentò Sherlock, strappandogli una risata.

- Scusa, ho agito d’istinto -

- Dovremo correggerlo questo istinto, dovresti pensare prima alla magia che al resto - fece, aiutandolo a rimettersi disteso su un fianco - Comunque c’è di positivo che lo stregone che mi ha attaccato non ti ha visto usare la magia, non sa che sei uno stregone anche tu -

Sherlock indugiò ancora un po’ con la mano sulla schiena dell’amico. Era così vicino che avrebbe voluto abbracciarlo e tenerlo stretto. Non si era ancora ben ripreso dalla quasi morte di John.

Al biondo non occorreva la lettura del pensiero per sentire che Sherlock si stava sempre più affezionando a lui: nonostante all’apparenza sembrasse freddo e senza sentimenti, John sentiva che il moro era molto più di quello che esternava, solo che non condivideva il suo mondo con il resto delle persone e questo  lo feriva, voleva che Sherlock sentisse di potersi fidare di lui.

Quando il moro smise di accarezzargli la schiena, John si voltò piano, per poterlo guardare in faccia. Tante erano le cose che gli passavano per la testa ma in quel momento, la sua preoccupazione più grande, era l’attentato alla vita dell’amico.

- Senti, mi chiedevo, ma come fanno i soldati del Re a catturare gli stregoni? Siete così potenti tu e Mycroft, che mi sembra impossibile -

- Questa è la parte ironica, usano la magia - rispose - Un antico incantesimo, una polvere che chiunque con un po’ d’esperienza può preparare, che priva gli stregoni dei poteri magici, giusto il tempo di catturarli e tagliarli la testa -

John si passò nervosamente una mano sul collo. Le nere previsioni di morte, furono però interrotte dal ritorno di Mycroft, sta volta accompagnato dallo sceriffo Lestrade.

Sherlock si alzò istintivamente in piedi, a scudo di John, non capendo perché Mycroft avesse portato con se quell’uomo, anch’egli un suddito fedele del Re, visto il ruolo che ricopriva nel Borgo.

- Tranquillo, fratellino. Greg è dalla nostra parte. L’ho portato qui perché sappia dove siete nascosti, nel caso mi succedesse qualcosa -

Lestrade sembrò turbato dall’ultima affermazione, ma non commentò.

- Cioè, ci proteggerà uno sceriffo che non ha mai messo piede fuori da questo buco di cittadella? Allora siamo salvi - commentò Sherlock.

Mycroft trattenne ogni imprecazione, mentre Lestrade accennò un mezzo sorriso, come la prima volta che aveva incontrato Sherlock e aveva subito pensato che era molto simile al fratello.

John intervenne per spezzare la tensione - E’ il suo modo di dire grazie, lo apprezziamo entrambi - fece, scambiando uno sguardo ironico con lo sceriffo. Lestrade salutò il gruppetto e si congedò velocemente, capendo che i fratelli Holmes avevano decisamente bisogno di parlare.

Mycroft salutò a sua volta lo sceriffo e poi, furente, si rivolse a Sherlock - Cerco di aiutarti, Greg vuole aiutarci. Sai quanto rischia? E il tuo modo di rispondere è questo? - sbottò, nervoso e stufo oltre ogni limite per il comportamento del fratello.

Sherlock sorrise, in maniera indisponente - Ecco finalmente svelato perché sei rimasto qui. Conoscendoti era impossibile da intuire -

- Di cosa stai parlando? - chiese Mycroft, scrutandolo perplesso.

- Tu e lo sceriffo - commentò semplicemente.

- Non c’è nessun noi - ribatté, ostentando una sicurezza che iniziava a vacillare.

- Ma lo vorresti, ecco perché sei qui. Hai unito l’utile al dilettevole. La tua brama di potere e la cotta per lo sceriffo brizzolato. Detto dall’uomo che mi consigliava di non farmi coinvolgere dai sentimenti,  fa quasi ridere -

Mycroft scosse il capo, capendo quanto aveva sbagliato con il fratellino. Non poteva immaginare che lasciarlo a casa, nel loro maniero solitario, equivaleva a lasciarlo solo con il suo peggior nemico: se stesso.

- Ti ho dato quel consiglio quando ho visto che tutto ti feriva, non potevo immaginare che ti avrebbe portato a questo -

- Non puoi commentare il mio comportamento, tu che stai qui con il Re fregandotene di tutti -

- Sherlock, sono davvero stufo, non hai cinque anni, ne hai trentadue -

- Non sono io che giro per la corte del Re, lasciando che la gente muoia per stare accanto all’amore non corrisposto - rispose, alzando il tono di voce.

- Sherlock, io non ero a casa quando hanno ucciso i nostri genitori. Tu che c’eri, cosa hai fatto per impedirlo?  Continui a scaricare la responsabilità su di me, ma in realtà ti senti in colpa perché tu non li hai salvati, ma anzi li hai messi in pericolo - ora anche il tono di Mycroft si era fatto più concitato.

- Non osare dare la colpa a me - gridò Sherlock, con gli occhi freddi,  fissi in quelli del fratello.  

Le parole erano diventate troppo pesanti e dalle reciproche accuse, entrambi erano passati ai fatti: Sherlock aveva creato una sfera d’aria fredda, che volteggiava nella sua mano, pronta a scagliarsi contro il fratello.  Mycroft  aveva fatto altrettanto, con una sfera di fuoco.

Sembravano entrambi sul punto di scattare, quando una palla d’acqua colpi entrambi in piena faccia, raffreddando per un attimo la loro voglia di scatenarsi uno contro l’altro.

- Avete finito? -  Chiese John, guardando torvo entrambi. Sembrava sul punto di alzarsi e schiaffeggiarli, come se avesse a che fare con due bambini, ma prima che potesse fare qualche sciocchezza che lo avrebbe nuovamente indebolito, Sherlock corse verso di lui e lo fece nuovamente distendere  - Abbiamo finito - commentò, sedendosi accanto a John e dando la schiena al fratello, che uscì dalla stanza senza dire altro.

Il moro sembrava sul punto di prendere a pugni il muro o di scoppiare a piangere, John non era sicuro di cosa stesse trattenendo dentro. Respirava più velocemente, come se stesse cercando di calmarsi, ma non riuscisse a smorzare la scarica di adrenalina derivante dall’alterco con Mycroft.

- Sherlock, mi spieghi com’è andata? Con tuo fratello, con i tuoi genitori… - fece John, puntandosi sui gomiti, per poterlo guardare in faccia.

- Sai perché te lo chiedo?  - continuò - Perché sono l’unico con cui parli. Se tieni tutto dentro è normale che tu finisca per esplodere. Non so da quanto tempo ti sei chiuso in te stesso, ma di certo, non ti fa bene. Tu puoi insegnarmi la magia, io posso insegnarti tante altre cose –

Lo stregone dell’aria non disse niente, per cui John si sentì libero di parlare ancora - Ok, azzardo un’ipotesi. Quanti anni avevi quando tuo fratello è andato via di casa? –

- Undici - fece Sherlock, incolore, ma come costretto a rispondere per non esplodere.

- Era il tuo unico amico? - incalzò John.

Sherlock fece una smorfia con la bocca e  il biondo capì quanto era difficile per lui ammettere di provare dei sentimenti, come se lo rendessero debole.

John gli sfiorò una mano, per incoraggiarlo a parlare e il moro, come sotto una stregoneria, iniziò il suo racconto - Un giorno è andato via, dicendo che voleva fare qualcosa per cambiare il Mondo. Diciamo che era un idealista. Ogni tanto scriveva delle lettere, per farci sapere come stava, ma ad un certo punto ha smesso, finché non si è presentato a casa nostra di notte, di nascosto. Ci ha spiegato che aveva cambiato cognome, che non poteva scriverci per non rischiare che venisse associato a noi altrimenti, se fosse stato scoperto, saremmo stati in pericolo, e che stava lavorando dall’interno per riportare la magia degli Ordini. Come un idiota, io gli credetti. Non avevo idea che fosse proprio il Consigliere del Re -

John si mise seduto, per avvicinarsi di più.

- Quattro anni fa, mia madre si ammalò ed io scesi in paese per prendere le erbe che le servivano. Non andavo mai nel centro abitato, mi tenevo sempre lontano, preferivo stare da solo con i miei libri, ma quel giorno era necessario. Neanche a dirlo, ho avuto subito problemi con i gentiluomini del paese. Ho cercato di cavarmela senza magia ma le cose si stavano mettendo male – Fece una pausa, cercando di mantenere un tono neutrale nel racconto, come se non fossero accadute a lui quelle cose - Ho solo fatto cadere un vaso in testa ad uno di loro, non credevo avessero capito che ero stato io. Sono tornato a casa di corsa con le erbe, ma non ho raccontato dell’incidente, mi sentivo già abbastanza stupito. Il giorno dopo sarei andato a cercare quegli uomini e li avrei pagati per “scusarmi” di averli offesi, in modo da farmi benvolere in qualche modo e mettere a tacere possibili chiacchiere -

- Ti avevano già denunciato? - chiese John, capendo quello che era successo.

- Sì. Li ho cercati al villaggio ma non li ho trovati. Ho provato per i boschi ma niente. Sono tornato al maniero a sera tarda e quando sono arrivato, la mia casa era in fiamme. Evidentemente avevano bloccato i poteri dei miei genitori con quella polvere che ti dicevo prima o semplicemente dormivano quando… -Sherlock si interruppe, gli occhi che si facevano leggermente più umidi, mentre una lacrima cercava di scendere prepotentemente dall’occhio destro.

John gli sorrise, anche se in maniera triste, pensando al fardello di emozioni negative che Sherlock trascinava con sé, e lo abbracciò stretto,  finché non si accorse che tutta la sua spalla era umida delle lacrime del suo amico.

- Comunque vada, Sherlock, sarò con te contro il resto del Mondo, profezia o meno - gli sussurrò nell’orecchio e il moro si rilassò nel suo tenero abbraccio.


****** *****
Angolo autrice
Ciao a tutti, un aggiornamento più rapido del previsto.
Un po’ di risposte in questo capitolo, mentre i nostri due testoni preferiti sono sempre più vicini a capire cosa provano… forse.
Grazie a tutti, come sempre e alla prossima.

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Capitolo 9
*** Rivelazioni ***



Rivelazioni


Ormai da mesi, nessun servitore era ammesso nella stanza del Sovrano, durante la notte e alle prime luci dell’alba. Finché Re Robert non usciva dalla propria camera, non era consentito nemmeno avvicinarsi alla porta della stanza.

Nemmeno al consigliere reale era concesso varcare la soglia, salvo emergenza e solo dopo aver bussato e ricevuto il consenso del Re.

La cosa non aveva stupito i più, sapendo che re Robert aveva dei vezzi e delle fissazioni particolari; nemmeno Mycroft era rimasto particolarmente sorpreso, credendo che il Re stesse nascondendo qualche relazione amorosa, con una delle dame di corte.

Quello che nessuno sapeva, era cosa si avveniva dietro quella porta.

Due figure, quella mattina, stavano passeggiando nella camera reale.

L’uno, dai capelli neri, pettinati all’indietro, sorrideva guardando fuori dalla finestra. Il borgo era tranquillo e animato dalla solita routine di villici che aspettavano con impazienza la terza prova dei giochi, per la mano della principessa.

L’uomo era più giovane del re, molto più giovane. Aveva gli occhi scuri, ma segnati da anni di sotterfugi ed espedienti.

L’altra figura era Il principe Victor, anch’egli soddisfatto delle vicende e di come si stava compiendo quanto da loro sperato.

Avevano dovuto cambiare celermente i loro piani, ma erano così vicini alla meta, che non potevano rischiare di sbagliare proprio in quel momento.

Si guardarono e a entrambi sfuggì un sorriso complice, di due che avevano tramato nell’ombra per tanto tempo, senza che nessuno se ne accorgesse.

L’uomo dai capelli neri era uno stregone della terra, un potere minore rispetto all’ego gigantesco che si trascinava dietro. Eppure aveva un cervello che gli aveva permesso di ingannare anche uno stregone potente come Mycroft. Una tale intelligenza era riuscita a nascondere le trame più sordide ed ora, grazie all’aiuto di Victor, era ad un passo dalla meta finale, il potere sul Regno.

Lo stesso Regno che lo aveva sempre escluso e sbeffeggiato: l’uomo dai capelli neri non era mai stato abbastanza per i suoi genitori e per gli altri abitanti del suo villaggio. Nemmeno tra i raminghi del sud, aveva trovato un posto dove vivere in pace o semplicemente essere accettato.

Alla fine, stanco di dover essere quello che non era, aveva elaborato la sua personale vendetta: odiava gli altri stregoni, per non esseri ribellati alla follia omicida di Re Robert e odiava lo stesso Re. Ma ora, finalmente, le cose stavano per cambiare.

Tuttavia, il sorriso dei due venne presto interrotto dalla porta che si apriva: la principessa Mary fece in tempo a vedere soltanto un uomo giovane, che si trasformava nel Re, suo padre, e poi cadde a terra, addormentata.

« Questa non ci voleva » disse il principe, correndo verso la sorella, controllando subito che l’altro stregone l’avesse solo addormentata.

« Non cambia niente, se lei ci ostacolasse, sapremmo  cosa fare, Victor » rispose, freddamente, l’altro uomo.

Il principe mantenne una mano sulla nuca della sorella, ma si sentì turbato dall’affermazione: eliminare Mary non era mai stata un’opzione, infondo era sempre stata dalla sua parte,  l’unica persona del palazzo.


***** *****


Sherlock aveva lasciato un addormentato John, per indagare sull’attacco subito due notti prima. Il fratello aveva fatto il misterioso, ma lo stregone dell’aria era sicuro che qualcuno stesse tramando qualcosa di grave.

La città era immotivatamente in festa, o meglio, erano allegri per l’approssimarsi della terza prova, ma il moro non riusciva a capire cosa ci fosse di tanto allegro, oltre ad essere preoccupato del fatto che John, non avrebbe potuto partecipare, vista la sua situazione di salute.

Ritornò nel luogo dell’attacco, si arrampicò fino sul tetto della casa dove si trovava l’assalitore, ma a parte qualche segno di bruciatura nel legno, non c’erano altri indizi. Sconsolato ritornò nel vicolo, meditando sul da farsi.

Passo dopo passo, si ritrovò nella piazza del mercato. C’erano tante bancherelle e Sherlock non poté non incuriosirsi. Non era masi stato in un posto simile, i suoi genitori si erano sempre fatti arrivare le cose a casa, non aveva mai visto dal vivo un fiera di paese. Passò in rassegna i particolari manufatti in legno e rise vedendo una strana casacca dagli improbabili abbinamenti di colore, che tanto ricordava gli indumenti che di solito indossava John.

Si avvicinò ad un piccolo unicorno in legno, ricordando che spesso il suo biondo amico aveva fatto cenno a sogni che avevano per protagonista, magici cavalli alati. Prese qualche moneta che aveva in tasca e comprò quel piccolo manufatto, sorridendo leggermente.

Fece per tornare nel nascondiglio, dove aveva lasciato John, quando quattro guardie gli vennero in contro, con intenzioni per niente amichevoli.

Era solito essere sospettoso, quando vedeva le guardie del Re e anche questa volta aveva avuto ragione. Le guardie fecero per attaccarlo a spade sguainate. Lui fu più veloce, ruotò la mano e i quattro finirono a sbattere contro il muro.

Sherlock sorrise soddisfatto, prima di venir colpito alle spalle da una polvere bianca, che ben conosceva in teoria, ma mai aveva visto nella pratica: la tremenda mistura che toglieva il potere agli stregoni.

Il moro tossì due volte, prima di ricevere un colpo in testa e cadere a terra, svenuto.


***** *****


John si svegliò con una brutta sensazione. Non si ricordava nemmeno, di essersi addormentato. Si stropicciò gli occhi, cercando di mettere a fuoco la stanza.

Gli sembrava che Sherlock gli avesse detto che era uscito a controllare la situazione, ma era un ricordo vago. Le recenti emozioni, la ferita profonda e l’uso della magia, lo avevano fatto cadere profondamente addormentato.

Ormai era buio, la stanza era illuminata solo dalla pallida luce della luna e delle stelle, e di Sherlock non vi era traccia. Tentò di alzarsi, stentatamente, fece leva sul braccio del fianco sano e si mise in piedi. Percorse qualche passo, era quasi a metà del tragitto per l’uscita, quando la porta si aprì lentamente.

Per un attimo, John aveva dimenticato che il luogo era protetto dalla magia e solo le persone fidate potevano entrare in quel luogo. Sentì una leggera ondata di panico, non sarebbe stato in grado di fronteggiare un attacco.

La porta si aprì del tutto e rivelò l’identità dello sconosciuto. Fortunatamente per John, si trattava di Lestrade.

L’uomo brizzolato chiuse velocemente la porta dietro di sé. Non aveva un bell’aspetto.

« Cosa succede, sceriffo? »

Lestrade sospirò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli « Li hanno catturati » affermò semplicemente.

John lo fissò, con espressione stupita e preoccupata. Lo sceriffo si morse un labbro, cercando di calmarsi « E’ successo di tutto, sta mattina. Il Re ha ordinato di catturare Mycroft e Sherlock. Non so come, ma li ha scoperti. Ha teso un agguato a entrambi. Sapeva tutto, John. Sapeva che sono fratelli, che tipo di stregoni sono… »

Più Lestrade parlava, più John sentiva le proprie gambe cedere. Aveva il terrore di come sarebbe finito quel dialogo. Sapeva cosa accadeva a chi praticava la magia, venivano giustiziati, senza possibilità di salvezza.

Lo sceriffo sembrò intuire i pensieri di John, lo prese per le spalle per evitare che crollasse. Era ancora troppo debole dopo l’attacco  « Stanno bene, John. Sono in prigione ma la testa è ancora sul loro collo. Il Re vuole una dimostrazione, domani, al tramonto, nella pubblica piazza »

« Cosa possiamo fare? » Esalò soltanto, il biondo.

« Tutto quello che è in nostro potere »


***** *****


Sherlock era disteso a terra, su un fianco, la testa che girava. Sentiva che era su un pavimento molto umido e sporco « John? » chiamò con voce flebile.

« No, Sherlock. Ci sono soltanto io, mi dispiace » rispose il fratello, in piedi con lo sguardo triste di uno che si era fatto incastrare.

Sherlock si alzò di scatto, iniziando a massaggiarsi la testa, cercando di ricordare come era finito lì. Era uscito per indagare sul misterioso assalitore, aveva messo fuori gioco quattro guardie e poi il nulla. Evidentemente gli era arrivata una botta in testa. Era sicuro di essere stato colpito dall’incantesimo di privazione dei poteri, ma provò comunque  a vedere se disponeva di qualche scintilla di magia.

« Inutile che ti sforzi » commentò pigramente Mycroft « ci hanno lanciato una quantità di polvere tale, che non riavremo i poteri fino al tramonto di domani, in tempo per la nostra impiccagione »

« Cosa è successo, Mycroft? »

« E’ successo che sono stato lento, che non ho capito. Mi dispiace Sherlock » affermò, mesto.

« Non è da te, darti per sconfitto » commentò il moro, spazientito.

« Credevo di avere più tempo » rispose, laconicamente.

Il moro si avvicinò al fratello, abbastanza per notare un’espressione affranta. « Senti, visto che ci non ci rimangono molte ore di vita, perché non mi racconti quale era il tuo geniale piano per salvare la magia? Lavorare per il Re che ti ha incarcerato, non mi sembra una delle tue idee migliori »

« La formula magica, Sherlock. L’incantesimo che riunirà la magia, secondo la profezia, si trova nascosto qui, nel castello » borbottò Mycroft.

Sherlock  lo guardò con fare interrogativo « Come fai a saperlo? »

« Ho fatto lunghe ricerche. Non hai notato la particolarità del Palazzo reale? È a forma di pentagono ma ha solo quattro torri »

« Ammettiamo che tu abbia ragione, perché sei così convinto che la profezia parli di noi? »

« Sherlock, è una stranezza che tu sia uno stregone dell’aria »

« Grazie per avermelo ricordato » si lamentò il moro.

Mycroft sollevò lo sguardo al soffitto, scuotendo leggermente il capo « Nostra madre discendeva dalla prima famiglia di stregoni del fuoco, che aveva fondato l’Ordine. Nostro padre discendeva da una famiglia di stregoni del fuoco, che faceva parte dell’Alto Consiglio. Non c’è mai stato uno stregone dell’aria, nemmeno a cercare nei rami più esterni del nostro albero genealogico. Dovevamo essere per forza noi, i parenti della profezia »

« Per cui sei rimasto qui, per questo? Per la profezia? Sei un idiota, Mycroft. Moriremo e questo dimostrerà che ti sbagliavi » sbottò Sherlock.

Mycroft abbassò lo sguardo, sapeva che c’era una remota speranza che qualcuno rischiasse la vita per loro, Ci avrebbero sicuramente provato. Lestrade gli doveva la vita, era un amico onesto e sincero e altrettanto sembrava esserlo John.

« Come ti hanno scoperto, comunque´? » chiese il moro, appoggiando la schiena al muro e nascondendo le mani nelle tasche, quando, con la punta delle dita, avvertì la presenza dell’unicorno di legno che aveva appena acquistato. Com’era ironica la situazione, aveva appena scoperto che esisteva tutto un mondo e aveva una remota possibilità di essere felice, ed ecco che veniva incarcerato e presto impiccato.

« Sherlock? Sei qui con me o nel tuo palazzo mentale? » Chiese Mycroft, guadagnandosi un’occhiataccia da parte del fratello « Per rispondere alla tua domanda, credo lo sapessero da tempo, che sono uno stregone e da quale famiglia provengo. Non mi sono reso conto che il vero nemico non era il Re, ma chi si nasconde dietro il Re »

« Di chi stai parlando? » chiese perplesso.

Il rumore della porta delle prigioni che si apriva, fece volare entrambi. Il principe Victor e suo padre entrarono nel corridoio buio, camminando con passo sicuro fino alla cella dei due prigionieri.

Sherlock strinse gli occhi, pronto per riversare addosso ad entrambi, tutto quello che pensava, almeno a parole. Ma prima che potesse aprire bocca, il Re cambiò aspetto davanti ai suoi occhi, trasformandosi in un uomo più giovane e più basso del Re.

« Uno stregone della terra? » chiese stupito il moro.

« Che fine ha fatto il Re? » intervenne Mycroft.

Victor rise « Lo abbiamo ucciso qualche mese fa, stregone del fuoco »

 « Non sono l’unico stregone del fuoco, qui, non è vero? » ribatté Mycroft, e Victor fece apparire una sfera di fuoco, con il sorrisetto sadico di uno che aveva beffato il grande consigliere reale.

L’altro uomo, scosse il capo « Non siamo qui per vantarci dei nostri poteri, Victor. Ma per far capire a Sherlock che ha scelto la parte sbagliata. La magia risorgerà, ma questa volta ci assicureremo che nessuno la distrugga nuovamente ».


***** *****
Angolo autrice:
Ciao a tutti, come mia promessa dell’estate, cercherò di riprendere con aggiornamenti settimanali, in modo da non lasciarvi troppo tempo sulle spine.
Grazie a tutti per continuare a seguire e un particolare grazie per le recensioni.
Alla prossima!!!



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Capitolo 10
*** Qualcuno arriverà ***



Qualcuno arriverà


Il finto Re sorrise malignamente verso Mycroft, che lo fissava incerto « Vedi, Consigliere del Re, hai fatto tanti errori, nella convinzione di avere tutto sotto controllo. O forse, una volta morti i tuoi genitori e ritenuto che il fratellino avesse fatto la stessa fine,  ti eri lasciato prendere dallo sconforto? » lo sbeffeggiò l’uomo dai capelli neri.

Aveva un’aura di mistero e di arroganza, che tradiva però un passato triste e turbolento.  Mycroft notò il disperato bisogno di attenzione dell’uomo con cui stava parlando e sperò potesse essere usato in qualche modo, a proprio vantaggio.

«Con chi ho il piacere di parlare? » chiese Mycroft, senza tradire alcun timore, anzi quasi annoiato.

Il moro sorrise, beffardo « James Moriarty, fratellastro del principe » rispose, godendosi lo stupore dei due Holmes.

« Cosa? » chiese Sherlock, improvvisamente ridestandosi dai suoi pensieri.

Victor si avvicinò alle sbarre, mantenendo un tono di voce più basso, quasi stesse confabulando con i prigionieri « Anni fa, non solo ho scoperto che non ero figlio della Regina, ma di una delle dame di corte con cui mio padre aveva avuto una relazione, ma ho scoperto anche che la suddetta dama, aveva avuto un altro figlio »

Gli sguardi degli Holmes si spostarono verso lo stregone della terra « Nostra madre era una strega e il nostro caro padre l’ha fatta uccidere. Non ha avuto il coraggio di fare altrettanto con il figlio bastardo »

Sherlock osservava freneticamente i due uomini, registrando ogni dettaglio, catalogando i loro difetti, in particolare quando potevano essere egocentrici e vanesi. Stavano spiattellando tutto, solo per il gusto di vantarsi, di dimostrare quanto fossero intelligenti.

« Così » continuò Mycroft, pigramente, dimostrandosi per niente impressionato dai due « Avete ucciso il Re e vi siete sostituiti a lui? Uccidete stregoni come voi? Perché? »

Moriarty strinse gli occhi, infastidito « Niente affatto, nessun stregone è morto da quando abbiamo eliminato quel trucidatore »

« Quindi, qual è il vostro scopo? » incalzò Mycroft.

« La profezia, mio caro » rispose Moriarty, avvicinandosi alle sbarre per vedere meglio il giovane Holmes, che lo fissava interrogativo « Mi sembra evidente che Victor ed io siamo gli stregoni legati dal sangue. Abbiamo una strega dell’acqua e ci manca proprio uno stregone dell’aria » concluse, continuando a tenere lo sguardo fisso su Sherlock.

Il moro dapprima sembrò sorpreso, poi scoppiò semplicemente a ridere « Perché dovrei partecipare a questo piano, con voi due oltretutto? »

Jim si aspettava una reazione del genere. Non conosceva bene il piccolo Holmes, ma aveva avuto modo di studiarlo nei pochi giorni che aveva soggiornato nel borgo. Era stato piuttosto sfuggente, lo aveva visto andare in giro con un inutile villico, ma dopo l’attacco aveva avuto la conferma di cui aveva bisogno: Sherlock aveva un lato oscuro pronto ad emergere.

Jim si fece fintamente serio e si rivolse direttamente allo stregone dell’aria. « Onestamente, pensavo avresti finto di darci corda per scappare, devo dire che sono sorpreso. Te lo spiego subito perché dovresti unirti a noi. Lo so benissimo che non ti dispiace nemmeno un po’ la morte de Re, probabilmente lo avresti ucciso tu, se non ce ne fossimo occupati noi. Non hai motivo di essere leale a tuo fratello, ha lasciato che uccidessero i tuoi genitori e tanti altri stregoni »

Sherlock non era per niente dispiaciuto della morte del Re, proprio come aveva detto Jim. Mentre rifletteva sui suoi sentimenti di avversione per il Re, per Mycroft e per tutti quelli che lo avevano deriso ed umiliato nel corso della vita, sentì un qualcosa smuoversi, un sentimento di rabbia repressa. Per farla tacere rimise subito le mani in tasca, solo per sentire di nuovo il piccolo unicorno di legno. Troppe cose erano cambiate, non era più lo stregone dalla furia omicida che voleva scatenarsi nel borgo. Aveva incontrato chi gli aveva insegnato che poteva avere degli amici, poteva aprirsi al mondo, apprezzare la compagnia di un’altra persona. Non era più uno stregone dell’aria, dedito soltanto ai venti freddi, qualcosa stava mutando. Si prese qualche secondo e poi rispose calmo « Anch’io sono stupito, credevo mi avreste minacciato per costringermi ad unirmi a voi »

Moriarty rise « Anche, uccideremo tuo fratello, la simpatica locandiera che ti ha accolto, ma prima di tutti quell’inutile villico che ti ha fatto da scudo nel vicolo, se non collaborerai. In fin dei conti, partecipando all’incantesimo della profezia, diventerai uno dei fondatori del nuovo ordine, sei lo stregone dell’aria che abbiamo scelto, dovresti esserci grato »

Lo sguardo di Sherlock si assottigliò, non appena Jim aveva fatto riferimento a John e alla sua quasi morte « Perché mi avete attaccato, se volevate facessi parte del piano? »

« Dovevamo essere sicuri che tu fossi uno stregone dell’aria. Poi, il nostro Victor, si è fatto un po’ prendere la mano, sai non usa spesso la magia »

Victor arricciò le labbra, fintamente offeso dal commento  « Basta convenevoli, sarebbe ora che ci seguissi, Sherlock. Sei ancora senza magia, non tentare inutili fughe »

Il finto Re e il principe Victor, trascinarono Sherlock fuori dalla sua cella. Il moro fece in tempo a lanciare un’occhiata al fratello, sottintendendo che non si sarebbe piegato ai loro voleri, ma che per il momento conveniva assecondarli.

Quando i tre furono usciti dalle prigioni, Mycroft liberò un sospiro di sconforto. Aveva ragione Moriarty, dopo la morte dei suoi familiari era stato meno attento, aveva disperatamente cercato altri stregoni che potessero realizzare la profezia, finché non era riapparso suo fratello, sano e salvo, distraendolo completamente dalle vicende di palazzo.

Si sentiva alquanto stupido, l’eccesso di sicurezza da una parte e la distrazione del ritorno di Sherlock dall’altra, lo avevano completamente annebbiato. A questo si aggiungeva anche, che ora era decisamente preoccupato per il fratello. Sarebbe rimasto dalla parte della magia chiara o avrebbe ceduto definitivamente all’oscurità?


***** *****


Sherlock camminava dietro ai due uomini in silenzio, sentendosi anche lui alquanto stupido. Era stato ingenuo e presuntuoso, credeva avrebbe saputo cavarsela da solo, nel borgo, senza bisogno di qualcuno che gli guardasse le spalle.

Sherlock mantenne il sangue freddo e seguì i due stregoni fino  alla sala del trono. Gridare alle guardie sarebbe stato inutile, nessuno avrebbe creduto che il Re, non era tale, ma era uno stregone che aveva preso il suo posto; inoltre, le guardie erano state opportunamente collocate in modo da non trovarsi nella strada tra le prigioni e la loro destinazione.

Sherlock attendeva con ansia il momento in cui sarebbe stato nuovamente in possesso dei suoi poteri, in modo da fermare quella follia e mettere ogni cosa al suo posto. In ogni caso, non era sicuro che il popolo avrebbe preso positivamente l’assassinio del Re da parte di due stregoni, e temeva che nemmeno l’incantesimo di Mycroft avrebbe risolto il problema.

La sala del trono era enorme e sfarzosa, il chè infastidì non poco lo stregone dell’aria, trovandosi ad immaginare il Re immerso nel lusso, mentre decideva della vita a e della morte di altre persone.

« Si, un vero schifo » commentò Jim, immaginando esattamente i pensieri del moro. Non erano tanto diversi Moriarty e Sherlock: erano entrambi reietti ed emarginati per i loro poteri. E proprio su questo contava Moriarty, far leva sulle loro similitudini.

« Cosa pensate accadrà, quando pronunceremo l’incantesimo? » chiese Sherlock, intento a distrarli per poter studiare meglio la stanza.

« Ritornerà la magia e gli stregoni si riuniranno » rispose semplicemente Victor.

« Come? »

Jim sorrise, fissando un punto nel vuoto, come se potesse vedere quello che sarebbe successo « Tanto per cominciare, torneranno i draghi, gli unicorni, i centauri e tutte le creature che sono man mano scomparse a causa della caduta degli Ordini »

Anche Sherlock sorrise, per un attimo, pensando a quanto lo incuriosissero le creature leggendarie che una volta abitavano le terre del nord.

« Questo riunirà gli stregoni in una causa comune, scacceremo tutti gli essere privi di magia, così non potranno metterci di nuovo in un angolo! » concluse Moriarty.

Sherlock sembrò come scosso da quell’affermazione, come se due secondi prima si fosse trovato in un mondo ideale e subito dopo fosse stato rovinato dalla stupidità della brama di potere del moro « La magia protegge, non distrugge » commentò e si stupì lui stesso di quella frase. Era qualcosa che ripeteva sempre sua madre, solitamente quando lui o Mycroft facevano saltare per aria qualche mobile della casa.

« La magia non distrugge? » ribatté Victor « E se lo dice lo stregone che stava per sradicare il borgo… »

« Suvvia Victor, è solo un po’ impulsivo » commentò una voce calda e femminile alle loro spalle. La proprietaria della voce entrò sinuosamente della sala del trono. Aveva lunghi capelli castani e freddi occhi azzurri, che teneva fissi sul nuovo arrivato.

Sherlock non indietreggiò di un passo, non aveva mai provato interesse per chi usava il proprio aspetto fisico per sedurre e di certo la cosa non lo sconvolgeva, non era così che funzionava il suo cervello.  La donna, molto probabilmente, era la strega dell’acqua di cui avevano parlato i due cospiratori.

« Questa è madame Adler, la mia fidanzata » fece Victor, presentandola.

Il moro trattenne a stento una risata. Se credevano ciecamente nella profezia, allora non avrebbe mai funzionato. Servivano due persone legate dall’amore e madame Adler e il principe non lo erano. Si vedeva lontano ad un miglio che quella donna era un’opportunista e non era innamorata di Victor. Probabilmente non lo era nemmeno il principe, ma non sembrava abbastanza intelligente da distinguere l’amore dal concetto di possesso. Quella Adler era una bella donna e il principe poteva averla, altro non sembrava interessargli.


***** *****

Qualche ora dopo, Sherlock era ancora senza poteri, anche se sentiva che man mano, l’energia riprendeva a scorrere nelle sue vene. Non sapeva bene come funzionava tutto il processo, ma era parte di lui e senza poteri magici si sentiva come se gli fosse stata amputata una parte.

L’avevano chiuso in una stanza della torre est, con le sbarre alle finestre. Si sentiva come quando era a casa, nel maniero, una prigione dorata dove non poteva rischiare di usare la magia e farsi scoprire. Se solo i suoi genitori non lo avessero tenuto sotto una campana di vetro, sarebbe stato meno ingenuo e un po’ più capace nelle relazioni sociali. Invece era lì, in trappola, attendendo la prossima mossa dei suoi carcerieri.

Guardò sconsolato fuori dalla finestra, sperando almeno che John fosse al sicuro, che si fosse ripreso e fosse fuggito.

Come aveva immaginato, i loro assalitori non avevano capito che era uno stregone dell’acqua. Era così arroganti da essere ciechi davanti a un uomo dall'aspetto ordinario come John; non avevano capito quanto fosse speciale, quello che per loro era un banale villico.

Era ancora appoggiato al muro, fissando il borgo dall'alta torre, quando Irene Adler fece il suo ingresso nella stanza. Era bella e affascinante, oggettivamente Sherlock non poteva negarlo, ma quello sguardo freddo e ammaliatore lo disturbava, ormai era troppo abituato ad occhi dolci e comprensivi, per lasciarli ammaliare dalla strega.

« Ho pensato che dovremmo conoscerci meglio » affermò la donna, percorrendo la distanza che li separava, non dimenticando di ancheggiare « Presto saremo a capo degli Ordini e della magia, sarà il caso che andiamo d’accordo »

Sherlock emise una leggera risata, incolore « Devo credere che tu sia così stupida? Pensi davvero che basterà prenderci per mano e recitare un incantesimo e tutto si sistemerà? »

« Non hai fede nelle profezie, signor Holmes? » fece lei, avvicinandosi pian piano, godendosi l’effetto che la sua camminata provocava su ogni uomo.

Quando fu a un passo da lui, Sherlock abbassò leggermente lo sguardo, per guardarla negli occhi « Lo fai per il potere? »

« Tutti agiamo per il potere e il controllo » rispose lei.

Il moro scosse leggermente il capo, conosceva almeno una persona che non si comportava così, che aveva dimostrato che le cose più importanti erano generosità e altruismo e del potere non aveva mai avuto interesse. Ma sapeva che non doveva insospettire la Adler, che doveva almeno provare a stare al loro gioco, altrimenti poteva mettere in pericolo le persone a lui care.

Mantenne il contatto visivo con la donna, era un gioco di potere e non voleva perdere « Anche se non ho i miei poteri, so leggere bene le persone »

« Davvero? » rispose lei, ammiccante.

« Miri al potere, vuoi diventare la donna più potente del regno, perché non vuoi più essere sfruttata. Sei nata povera, hai lottato per vivere e per emergere. Ti sei abbassata a fare cose indicibili, ma i tuoi poteri ti hanno sempre sostenuto e permesso di arrivare fino a qui, ad essere una dama di corte »

« Molto bravo » fece lei, leggermente titubante, quasi temendo che stesse riprendendo i poteri. Alzò una mano e gli accarezzò un braccio, il moro spostò lo sguardo per seguirne il gesto, un po’ stranito, quando, ritornando al viso della donna, notò le pupille dilatate. Si scansò di scatto e bruscamente, causando una leggera risata in Irene « Sei mai stato con una donna, Sherlock? »

Si voltò infastidito, sbuffò, ma non disse niente.

« Chiedo scusa, volevo dire, sei mai stato con qualcuno? » continuò, leggermente divertita.

Sherlock le diede le spalle e ritornò a fissare fuori dalla finestra, ignorandola completamente. La donna rimase ancora qualche secondo, ma poi, uscì dalla stanza, contenta di aver trovato un’interessante preda.


***** *****

John si reggeva a stento in piedi, ma era più risoluto che mai. Seguiva Lestrade per i vicoli più nascosti, cercando di stare attento ad ogni movimento, ad ogni suono, per evitare di farsi sorprendere nuovamente impreparato. Si sentiva ancora sciocco per come si era comportato durante l’attacco davanti la locanda della signora Hudson.

« Sceriffo, dove stiamo andando? » sussurrò John.

« Ho lasciato un messaggio, qualcuno arriverà »

« Ora è tutto chiaro » rispose il biondo, sarcastico.

« Dovrai fidarti di me. Ti sei fidato di Sherlock e lo avevi appena conosciuto, fidati anche di me »

« Con Sherlock  è stato diverso » affermò semplicemente. Ed era vero, si era istintivamente fidato di lui.

Lestrade si bloccò di scatto e John gli finì addosso, pestandogli un piede. Si voltò subito, temendo che lo sceriffo avesse visto le guardie o qualche altro stregone, pronto a lanciargli palle di fuoco.

« John, Mycroft mi ha parlato molto di Sherlock » fece lo sceriffo, dubbioso.

« Quindi? »

« Era preoccupato che decidesse di lasciarsi dominare dai venti freddi, che passasse dal lato sbagliato »

Il biondo si infastidì. Non poteva credere che il suo amico, l’uomo che aveva dormito accanto a lui, che gli aveva insegnato i segreti della magia, che lo aveva incoraggiato - a modo suo - potesse diventare uno stregone di magia oscura.

Lestrade capì di non essere stato chiaro
« Mi chiedevo solo, come fossi riuscito a cambiarlo »

« Io non ho fatto niente, sono solo stato dalla sua parte » rispose.

Lo sceriffo non disse niente, annuì, poco convinto. Non era esperto di magia e stregoneria, ma sapeva che i venti freddi del nord erano molto pericolosi, nessun stregone che li padroneggiasse era immune dal lato oscuro della magia. John doveva essere speciale, se era riuscito a far emergere la parte chiara del fratello di Mycroft.

« Lestrade » incalzò John « Dobbiamo sbrigarci a salvarli, stiamo perdendo tempo! »

Lo sceriffo accelerò il passo, seguito da John, che faceva di tutto per non crollare a terra esausto. Rimettersi in moto così presto, dopo l'attacco, non era di certo quello che gli avrebbe consigliato la guaritrice Molly.

« Eccoci, siamo arrivati! » fece finalmente Lestrade, indicando una piccola taverna.

I due entrarono, John alquanto incerto, e si sedettero ad un tavolo, in attesa di quel qualcuno che sarebbe arrivato.



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Capitolo 11
*** Non senza di te ***



Non senza di te


Irene Adler era ritornata nella sua stanza, dopo la conversazione con lo stregone dell’aria. Di due cose era certa: la prima era che Moriarty e Victor non avevano compreso per niente la personalità del moro e di conseguenza, come seconda cosa, doveva suggerire lei il modo per far passare Sherlock dalla loro parte, un modo più efficace di puntare sul rancore o il potere, era evidente che a quello stregone non interessavano affatto.

La strega era preoccupata e eccitata allo stesso tempo. Era preoccupata che la profezia non si realizzasse, che tutta la fatica che aveva fatto per entrare nelle grazie del  Principe, naufragassero miseramente. Non era pronta a tornare tra la plebe, non dopo che si era adattata a tutto per arrivare a Corte.

 Non aveva avuto una bella vita Irene Adler, ma era stata una sua scelta.

Da piccola viveva con i genitori mugnai, la sua vita era semplice, ma era molto amata. Non aveva subito nessuna angheria, era piena di corteggiatori e qualche ricco signore da sposare l’avrebbe trovato, se il suo scopo fosse stato quello. Ma Irene Adler non si accontentava così facilmente.

Quando aveva capito di essere una strega, poteva continuare la sua vita, rendendosi utile al prossimo, come aveva fatto Molly; invece aveva deciso che la magia era la sua unica occasione per non essere più una popolana e abbandonare l’ambiente che non riteneva alla sua altezza. Era ambiziosa, ma in maniera negativa, un’arrampicatrice sociale che era passata sopra a chiunque l’avesse ostacolata. Purtroppo per lei, nessuno poteva nascondere troppo a lungo di avere dei sentimenti, non era la fredda strega che voleva dimostrare di essere, era  la Donna che portava la maschera per necessità, per arrivare dove aveva sempre voluto arrivare.

Era nata per essere una Regina e non si sarebbe fermata davanti a niente, ma a volte, quando rimaneva da sola, con la sua anima triste e un po’ vuota, si chiedeva come sarebbe stata una vita diversa, una in cui occuparsi di qualcosa che non fosse soltanto se stessa.

Aveva capito subito che Sherlock non era come lei, era intelligente ma ingenuo, era stato troppo solo per troppo tempo, non sarebbe mai passato dalla loro parte, non senza un’ottima ragione. E questo la eccitava: la sfida, trascinarlo nel loro baratro, manipolarlo perché diventasse lo stregone di cui lei e i suoi complici avevano bisogno, era solo questione di tempo.


***** *****

John tamburellava nervosamente le dita sul tavolo della taverna. Il proprietario aveva già portato due birre, ma nessuno dei due avventori, né John né lo sceriffo, le aveva toccate, troppo preoccupati ad osservare la porta d’ingresso.

Il biondo continuava a sospirare e la gamba aveva iniziato a tremare sul posto, come se sentisse l’impellente bisogno di alzarsi. John, nel profondo, era sempre stato un uomo d’azione, non uno stratega paziente che attendeva ad un tavolo, l’arrivo di qualcuno.

Qualche nervoso minuto dopo, la porta si aprì, inondando la piccola stanza, con il vento freddo che soffiava forte nel borgo; nonostante l’inverno stesse per lasciare posto alla primavera, il clima non era dei più confortevoli.

Una figura incappucciata, da cui spuntavano lunghi capelli castani, si avvicinò guardinga al tavolo di Lestrade e John, a passi misurati e controllati.

Si sedette, annuendo impercettibilmente verso il proprietario della taverna, che subito andò a bloccare la porta, per evitare l’ingresso di curiosi.

John fece per chiedere chi fosse la donna del mistero, ma fu anticipato dalla presentazione di Lestrade « Lei è Anthea, una delle consigliere del Re »

John sgranò gli occhi, stupito che ci fossero tante persone pronte a tradire il sovrano « Puoi aiutarci? » chiese semplicemente il biondo.

« Le cose sono più complicate di come sembrano. Il Re ha fatto incarcerare Mycroft e Sherlock, ma non ha intenzione di procedere con l’impiccagione. Il principe Victor sta manovrando le cose, ho cercato di scendere nelle prigioni per parlare con Mycroft, ma non ci sono riuscita. Da quel che so, Sherlock è stato trasferito nella torre est, non so perché »

« Cosa? Nella torre est, non è esattamente un luogo di prigionia! » fece Lestrade, alzando leggermente il tono della voce »

La donna si morse leggermente le labbra, come trattenendo qualcosa che temeva terribilmente, ma sperava non accadesse.

John seguì i muti sguardi tra Anthea e Lestrade, sperando in una spiegazione che non arrivò « Ci sono anch’io qui, potete dirmi cosa succede? »

« John, come ti ho già detto, i venti freddi sono pericolosi e… »

John era incredulo « Cosa stai insinuando Lestrade? Qualunque cosa accada non me ne andrò senza Sherlock, è chiaro? E poi, perché dovrebbe allearsi con un Re che vuole uccidere gli stregoni? »

« Forse non è così » rispose Anthea « C’è qualcosa di strano nel Re »

John sbatté forte il bicchiere sul tavolo, per nessun motivo avrebbe lasciato Sherlock nelle mani di un trucidatore di stregoni, indipendentemente da quello che pensavano Anthea e Lestrade. Dopo che il moro gli aveva fatto conoscere un mondo più bello e luminoso, come potevano pensare che Sherlock rinnegasse tutto?

« Anthea, dimmi come entrare e come farli uscire, non mi serve altro e non mi interessa altro » sbottò John, senza mezze misure.


****** *****


La principessa Mary stava per buttare giù la porta della sua camera. Era stata chiusa dentro - le avevano detto per la sua sicurezza - e si erano materializzate delle sbarre alla finestra da dove era solita scappare, quando la vita di Palazzo le andava stretta.

Continuava a passeggiare nervosamente avanti e indietro, cercando di carpire le chiacchiere delle guardie, al di là della porta chiusa.

Aveva visto un uomo, dai capelli neri, trasformarsi in suo padre, ne era certa. Non era stata una visione, non era vero che era stressata come le aveva detto il guaritore di suo padre.

Iniziava ad essere davvero preoccupata.

Improvvisamente la porta si aprì, ma prima che Mary potesse chiedere qualunque cosa, il Re entrò nella stanza. Mary non si scomodò nemmeno a fare un cenno di saluto, stava per avventarsi con forza contro suo padre, per essere stata trattata come una prigioniera nel suo stesso palazzo.

Prima che potesse aprire bocca, accadde, però, una cosa inaspettata. I tratti ruvidi e anziani del padre mutarono, diventando più gentili, si allungarono i capelli e l’altezza diminuì. Suo padre era scomparso e ora aveva la sua damigella davanti a se.

« Molly? »

La damigella si avvicinò concitata a Mary, prendendola per una mano e cercando di mantenere un tono sicuro, nonostante stesse tremando da capo a piede « Principessa, dobbiamo fuggire il prima possibile. Sta succedendo qualcosa di strano, hanno catturato Mycroft e Sherlock. Il consigliere è nelle segrete, mentre Sherlock è nella torre est »

Mary fissò la damigella, cercando di elaborare quello che le era stato appena riferito. Aveva appena accettato che il Consigliere Reale era uno stregone. Aveva appena conosciuto altri due, tra cui quel John che sembrava essere un potenziale fidanzato, invece aveva occhi solo per il freddo stregone moro, e adesso si trovava coinvolta in una qualche congiura di palazzo.

« Mio padre non è mio padre, quindi » fece Mary, sempre più certa di aver visto uno stregone trasformarsi nel Re, come aveva fatto Molly « E mio fratello sta tramando qualcosa » aggiunse, incolore, temendo che prima o dopo avrebbe dovuto affrontare la realtà, che Victor agognava il trono più di ogni altra cosa.

« Mary, cosa facciamo? »

La principessa era sempre stata calma e misurata nei momenti difficili, per questo suo padre riteneva che sarebbe stata una perfetta regina. Rifletté un attimo sul da farsi e poi espose il piano, semplice e lineare « Io scendo nelle segrete a liberare Mycroft, conosco un passaggio nascosto che mi porterà direttamente lì. Tu pensi di riuscire ad arrivare fino alla torre est? Non sanno che sei una strega e che puoi trasformarti in una guardia o in chi vuoi »

« Certo » rispose la damigella, anche se la sua faccia tradiva molte emozioni, tranne la certezza « Ce la farò »


***** *****


Sherlock era ancora chiuso nella torre est, intento ad osservare l’arrivo dell’imbrunire e l’abbandono della luce solare e del calore, per far posto a quella che poteva essere la notte più lunga della sua vita.

Sentì un leggero brivido che continuava a percorrergli il corpo, forse era un segnale che la magia stava tornando, o forse era solo preoccupato per il destino di John. Sherlock sapeva di essere necessario per Jim e Victor, ma John non lo era. Se avesse tentato di salvarlo, sarebbe stato ucciso. Non voleva dubitare di lui, ma temeva che la magia del suo amico fosse ancora ben lontana da permettergli di fronteggiare i tre stregoni appena incontrati.

Se la magia gli stava ritornando, lo stesso doveva essere per Mycroft, ma probabilmente avevano usato altra polvere sul fratello. La cosa lo infastidì, quella polvere che toglieva i poteri non era una pozione difficile da preparare, ma gli ingredienti erano talmente rari da essersi persi nella notte dei tempi e il fatto che il Re e ora Moriarty avesse una scorta a disposizione, era alquanto fastidioso. Forse non era così, forse erano gli ultimi colpi, prima di restare senza l’incantesimo che privava dei poteri magici.

Passeggiò avanti e indietro, in attesa che succedesse qualcosa o che la magia tornasse. Si verificò la prima ipotesi. La porta si aprì lentamente e, inaspettatamente, Sherlock si trovò davanti la damigella Molly « Dobbiamo andare via, Sherlock. Questo è un salvataggio » sottolineò.

Il moro rise, per l’evidente contrasto tra le parole di Molly e il suo atteggiamento intimorito.

« Sherlock, ascoltami, so che sei senza poteri ma presto torneranno. Può essere un’esperienza spiacevole, non facile da controllare »

« Non credo abbiamo tempo per le lezioni di magia » rispose il moro, cercando di valutare se Molly sapeva davvero quello che stava facendo o se si stavano buttando nell'ennesima trappola.

« Ti chiedo solo di non agitarti » rispose lei, più risoluta.

Sherlock rispose con un pigro cenno si assenso e seguì la ragazza lungo le scale, apparentemente abbandonate, percorrendo i gradini adagio, cercando di non fare rumore. Le fiamme delle torce appese lungo i corridoi, rendevano l’ambiente più tetro, invece che luminoso. Non era un posto accogliente, non era come casa sua, non era come la locanda della signora Hudson; Sherlock avvertiva un senso di estraniazione tra quelle mura.

Quando arrivarono ai piedi della torre, Molly bloccò il moro con un braccio « Da qui in poi, ci potrebbero essere le guardie. Mi trasformerò in Victor per distrarli, ok? » fece, mutando man mano il proprio aspetto. Sherlock la seguì ammirato, suggerendole di rallentare il passo, aveva visto il principe e non era uno che camminava nervosamente.

Quando voltarono l’angolo, si trovarono davanti una schiera di guardie. Sherlock rimase nascondo, confidando che la damigella recitasse bene la parte.

Molly camminò lentamente, con quel passo annoiato e strascicato che caratterizzava Victor. Cercò di imitare l’espressione glaciale e snob del principe, ma le guardie sembravano sapere esattamente chi avevano davanti.

« Andate nella torre ovest » ordinò Molly/Victor, con il tono più duro che potesse uscire dalla sua bocca.

« Il principe Victor è appena andato nel salone, voi chi siete? » chiese una guardia, con un sorrisetto compiaciuto. Sherlock uscì allo scoperto e vide che le guardie non erano armate solo di spade e odio per gli stregoni, ma anche di sacchetti che sicuramente contenevano l’odiata pozione che avrebbe tolto i poteri ad entrambi.

Gli uomini fissarono il nuovo arrivato, con una punta di preoccupazione.

« Il Re odia gli stregoni » continuò la guardia « cosa vi fa pensare di andare in giro per il palazzo? »

Il moro sapeva che dietro a quell’ostentata sicurezza, c’era il terrore. La guardia stava prendendo tempo, per trovare il coraggio di affrontare due stregoni. Molly aveva accennato ad una risposta, ma ogni parola era morta subito, non era una grande bugiarda.

Una delle guardie si mosse bruscamente e senza rendersene conto, Sherlock aveva già lanciato una sfera contro di lui. Non aveva ancora abbastanza magia, per cui la sferetta si limitò a schiaffeggiare l’uomo, provocando le risate di tutte le guardie.

Gli uomini passarono subito al contrattacco, sguainando le spade. Molly, scansò Sherlock e si mise davanti a lui, inspirò profondamente, lo sguardo fisso e le mani congiunte. Allargò le braccia, quasi a compiere un cerchio e tenne i palmi davanti a sé, nel tentativo di sprigionare uno dei poteri più forti che disponeva. Fece tremare il pavimento, ma non era abbastanza allenata con gli incantesimi d’attacco, per cui si limitò ad una piccola scossa che spaventò leggermente gli uomini che li stavano attaccando, ma non li fece retrocedere di un passo.

« Scappa! » gridò Sherlock, sapendo che lei sarebbe stata in pericolo se fosse stata catturata. Gli occhi dolci di Molly rimasero fissi sul moro, mentre scuoteva la testa. Non lo avrebbe abbandonato in quel momento. Sherlock emise uno sbuffo infastidito, le prese la mano e la trascinò via.

Lui sentiva che man mano i poteri stavano riemergendo, dovevano resistere ancora qualche minuto, il tempo di poter far vedere a quelle guardie, cosa significa mettersi contro uno stregone dell’aria. Nel panico, Molly si accorse che avevano sbagliato strada, sarebbe stato più utile scendere verso le segrete, sperando di trovare la principessa, ma erano andati dall’altra parte, verso le cucine.

Svoltarono ancora un angolo, e si trovarono davanti altre guardie. I due si guardarono, Sherlock cercava di elaborare un modo per togliersi dall’impaccio.

« A morte gli stregoni! » gridò uno degli uomini.

Il moro sentiva una leggera rabbia, crescergli dentro; i poteri stavano tornando ed era una sensazione strana, come qualcosa che stava per esplodere, come passare da uno stato di quiete e improvvisamente sentire qualcosa di incontrollabile che gli montava dentro.

«Ve lo dirò una sola volta, andatevene o sarà peggio per voi » fece Sherlock, certo che no sarebbe riuscito a controllarsi da lì a poco, ma nessuno si mosse.

Non riusciva a capire se era dovuto all’adrenalina o se era normale sentirsi così, a seguito dell’incantesimo di perdita dei poteri. In ogni caso aveva di nuovo il controllo del suo elemento, lo sentiva,  improvvisamente non c’era più il caos: vide la situazione come immobile e in stasi mentre lui era freddo e controllato. Gli bastò allargare le braccia per far sbattere contro il muro, la metà degli uomini.

Una guardia lanciò un pugnale contro Molly, prendendola di striscio. Sherlock si voltò di scatto, il gesto gli fece rompere gli argini e senza riflettere, senza pensare alle parole di Molly “Ti chiedo solo di non agitarti” creò un tornado attorno a sé. Era pronto a scagliarlo, quando gli parve di sentire una voce, dolce e amichevole, ma anche disperata, che gridava il suo nome.

Fu una distrazione, quella frazione di secondo che gli impedì di concertarsi su quello che stava facendo e i poteri sfuggirono dal suo controllo, riversandosi nel corridoio del palazzo.

Quando riaprì gli occhi, le guardie erano a terra, apparentemente senza vita. Si voltò verso Molly, che stava tremando incontrollabilmente, mentre con lo sguardo terrorizzato, fissava la scena.

« Sherlock » fece lei soltanto, con voce rotta, indicando qualcosa davanti a sé.

Lo vide solo in quel momento, un corpo familiare accasciato ai piedi delle scale. Il cuore iniziò a martellargli nel petto, al punto che lo sentiva fino nelle orecchie. Corse verso l’origine del turbamento, capendo solo in quel momento che la voce che aveva sentito, era vera e non era solo nella sua testa. Si buttò in ginocchio, in evidente panico, voltando piano il corpo davanti a sé. “Non può essere morto” ripeteva tra sé irrazionalmente, mentre gli occhi vuoti di John lo fissavano.

La damigella si avvicinò piano, appoggiandogli una mano sulla spalla, che subito tolse infastidito « Fai qualcosa Molly, curalo »

La ragazza abbassò lo sguardo, incapace di formulare un pensiero.

« Molly? » ripeté, meno aggressivo « Ti prego »

« Sherlock, è tardi, non posso fare niente » rispose lei, la voce quasi un sussurro.


***** *****

Angolo autrice

Vero che mi conoscente abbastanza da sapere che non finisce così?
Grazie a chi continua a seguire, un abbraccio!

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Capitolo 12
*** Luce e fiamme ***



Luce e fiamme



27 anni prima

« Sherlock, smettila! » Imprecò Mycroft, guardando il fratellino, che a braccia conserte, aspettava che gli dedicasse cinque minuti del suo tempo.

« Sherlock, vorrei studiare » continuò il giovane stregone, appena dodicenne.

« Non fai altro che studiare! » Si lamentò il piccolo di casa.

« Dovresti farlo anche tu, visto che sei molto indietro con i tuoi poteri »

Sherlock sgranò gli occhioni azzurri, la frase del fratello lo aveva colpito, come se gli avesse gettato una sfera di fuoco in pieno petto. Allo stupore si sostituì l’espressione offesa, di un bimbo che si sentiva più lento e più stupido del genio di casa Holmes.

«Ti ho chiesto solo di aiutarmi a trovare Barbarossa e non sono indietro! » sbottò Sherlock.

« Non sai fare la metà delle cose che facevo io alla tua età, questo come lo definisci? » Rispose pigramente, senza curarsi dell’effetto che quelle parole aveva sul fratellino, ma pensando solo ad allontanarlo per studiare in pace.

Sherlock prese in mano uno dei volumi del fratello e glielo lanciò con tutta la forza che aveva; Mycroft si limitò ad alzare leggermente la mano destra e far cadere il libro a terra, con naturalezza e senza sforzo, senza mai staccare gli occhi da quello che stava leggendo.

Capito che non avrebbe mai avuto l’attenzione del fratello, ma solo frasi di biasimo, Sherlock lasciò la stanza e corse in giardino alla ricerca del suo cane.

Dopo aver a lungo camminato, nella speranza di veder sputare la chioma rossa del suo cucciolo e unico amico, Sherlock sentì un guaito provenire da un albero.

« Barbarossa?  » Fece il piccolo, stupito « Saresti un cane, come diavolo sei arrivato lì? » chiese, guardando il cucciolo, curiosamente appollaiato sopra un ramo.

Barbarossa non sembrava avere nessuna intenzione di scendere dall’albero, anzi tremava preoccupato dall’altezza, per cui al piccolo stregone non restò altro che arrampicarsi sulla grande quercia, per portare in salvo il compagno fedele.

Sherlock mise un piede dopo l’altro sulla corteccia, facendo attenzione a non scivolare. Quando finalmente fu a un passo dal ramo dove era nascosto Barbarossa, sentì un grido per niente amichevole che proveniva dalla base della quercia.

« Scendi, subito! »

Guardò in basso e vide il fratello con la faccia verso l’alto e  l’espressione arrabbiata che gli riservava quando si cacciava nei guai; almeno, così li definiva Mycroft, per Sherlock erano solo avventure.

« Un attimo, prendo Barbarossa e scendo » rispose Sherlock. Il cucciolo sembrò ritrovare un po’ di coraggio nel vedere il suo padrone e iniziò a spostarsi « Fermo Barbarossa! » intimò il moro, ma il cucciolo non lo ascoltò. Fu un attimo, il ramo su cui aveva messo la zampa si spezzò e si trovò a cadere. Ma il tonfo non arrivò mai, una leggera brezza trattenne il cucciolo dal precipitare e lo posò delicatamente a terra.

« Mycroft? Hai visto? » gridò Sherlock entusiasta « Questo sapevi farlo a cinque anni? » chiese il piccolo con aria divertita.

Ma il fratello non era divertito per niente, anzi si accigliò e Sherlock non capì cosa stesse accadendo. Scese dall’albero, mentre Mycroft continuava a non esternare alcun pensiero.

« Mycroft? »

« Non ho mai fatto una cosa del genere, Sherlock » rispose piano, meditando su quello che era accaduto.

Il moro rise fra sé, non capendo che in realtà c’era preoccupazione e non ammirazione nel tono del fratello.

« Sherlock, non è un potere da stregone del fuoco, questo. E’ da stregone dell’aria » affermò soltanto.

Qualche ora dopo, Sherlock era seduto in camera sua, le gambe incrociate e il musetto di Barbarossa appoggiato su un ginocchio. Continuava a fissarsi le mani, non capendo perché doveva essere sempre quello diverso.

Aveva percepito qualche stralcio di conversazione tra i suoi genitori e Mycroft, sembrava dicessero che lo sospettavano da tempo, che era troppo abile nel riconoscere le bugie mentre era completamente incapace nelle magie spontanee degli stregoni del fuoco.

Solo dopo ampia discussione, i familiari decisero di renderlo partecipe alle loro considerazioni, rivelandogli che nonostante anni di discendenza rendevano praticamente impossibile l’evento, lui non era uno stregone del fuoco ma dell’aria.


21 anni prima

« Così, te ne vai? » chiese Sherlock, fissando il fratello più grande che riponeva con cura i propri abiti in una grossa valigia di pelle. Dietro il moro, uno stanco Barbarossa si era adagiato ai piedi del letto.

Mycroft annuì, senza spiegare, ancora una volta il motivo della sua partenza.

Sherlock aprì la bocca per gridare il suo disappunto, ma non uscì alcun suono, tanto sapeva che protestare non sarebbe servito a niente, nessuno lo ascoltava mai.

« Sherlock, promettimi di fare il bravo mentre sono via »

« Sarò come sono sempre » ribatté.

«Sherlock, davvero, è pericoloso, gli eventi stanno precipiteranno, temo che presto dovremo fare i conti con qualcosa di oscuro »

« Hai visto qualcosa? Mamma e Papà non mi dicono mai le loro profezie » rispose attento e curioso, com’era sempre il piccolo Holmes.

Mycroft sorrise al fratellino, un sorriso fiducioso, di uno che ancora credeva che il futuro poteva essere roseo, nonostante le previsioni negative.

« Come ti ho già detto, parto proprio in cerca di risposte. Continuo a vedere strani eventi e non riesco a collegarli. Un castello, una cascata, un uomo brizzolato. E’ tutto molto confuso »

« Vorrei vedere anch’io il futuro » esalò l’undicenne.

« E io vorrei volare, ma dobbiamo tenerci i poteri che abbiamo » rispose serio, ma al contempo cercando di rassicurare Sherlock che non c’era niente di male ad avere poteri diversi dal resto della famiglia.

Sherlock si sedette sul letto del fratello e per una volta Mycroft non lo sgridò perché stava invadendo un suo spazio.

Il maggiore degli Holmes sospirò, riponendo l’ultimo libro nel suo pesante bagaglio e poi si rivolse al fratellino, che non avrebbe rivisto per molto, molto tempo  « Sherlock, davvero, stai attento. Cerca di imparare a stare in mezzo alle persone, ok? »

Sherlock annuì, senza capire del tutto il significato di quella richiesta.

«Ma cerca anche di non farti coinvolgere, i sentimenti non sono importanti  »


10 anni prima

Sherlock continuava a rigirarsi nel letto, era molto tardi ma non riusciva a spegnere la testa dai pensieri.

Continuava a pensare che fuori dalla sua magione, c’era tutto un mondo che non conosceva e da cui non sapeva cosa aspettarsi. Amava i suoi libri e i suoi esperimenti magici, ma dopo  che suo fratello era partito e Barbarossa lo aveva lasciato, cominciava a sentirsi come rinchiuso in una prigione.

Ogni tanto si recava nei villaggi vicini, per risolvere qualche banale disputa, riguardante per lo più ladri di polli, niente che una mente come la sua potesse trovare interessante. Stava chiedendosi se fosse il caso, anche per lui, di partire e di visitare altri luoghi.

Un rumore proveniente dal piano inferiore, come uno scricchiolio, lo destò improvvisamente dai suoi pensieri. Uscì dalla stanza, incurante del pericolo che poteva paventarsi, anzi sperando in una qualche tipo di distrazione. Scese le scale a passi felpati, furtivi, derivati da anni di esperienza nell’aggirarsi per la casa senza farsi sorprendere dai suoi genitori. Voltò l’angolo e si trovò davanti la persona che aveva fatto scricchiolare il pavimento, visibilmente dimagrito e con l’espressione stanca di uno che aveva sopportato un lungo viaggio.

« Mycroft? »

Il fratello maggiore, per un attimo, un’impercettibile frazione di secondo, lasciò trapelare un’emozione nell’essere di nuovo a casa. Non fecero in tempo a dirsi niente perché, poco dopo, i due furono raggiunti dai genitori che chiesero tutti i dettagli del suo viaggio, di dove fosse andato, del perché non avesse più scritto per tanto tempo.

Mycroft spiegò la sua teoria sulla profezia, su come fosse certo di essere molto vicino a capire quello che aveva detto la strega, sul fatto che aveva dovuto celare la propria identità per la sicurezza di tutti e questo era il motivo per cui non aveva più scritto.

I genitori furono molto contenti e entusiasti di rivederlo, mentre Sherlock abbandonò la conversazione, annoiato, dopo l’ennesima affermazione del fratello che era a un passo dal far risorgere la magia.

Qualche ora dopo, poco prima dell’alba, Mycroft raggiunse il fratello nella sua camera. Sherlock era disteso nel letto, ancora sveglio, intento a leggere un trattato di erbologia o quantomeno a far finta di leggere.

« Sherlock, io vado via  » esordì Mycroft.

«Buon viaggio » rispose soltanto, senza accennare interesse.

Mycroft scosse il capo « Sherlock, nostra madre mi hai detto che stai molto sulle tue, che a mala pena le rispondi quando ti parla, cos’è successo? »

« Ho fatto quello che mi hi detto, non mi faccio coinvolgere » rispose, con una punta di sarcasmo.

« Nostra madre dice anche che hai cambiato magie, c’è qualcosa di più freddo in te »

« Sei tornato da qualche ora e mamma si è gia lamentata di me? » chiese Sherlock, mettendosi seduto.

« Non si lamenta, è preoccupata. Sherlock, cosa ti prende? »

« Niente, sono solo stufo di stare qui »

« Quindi, il fatto che il figlio dei vicini ti abbia definito uno psicopatico, non riguarda qualcosa che hai fatto?  »

Sherlock si rabbuiò leggermente, ma non gli diede la soddisfazione di far vedere che aveva colpito nel segno.

«Stai attento, d’accordo? Sono tempi sempre più bui » fece Mycroft, l’espressione seria e preoccupata. Sherlock, come tanti anni prima, annuì distratto, senza comprendere davvero quali pericoli ci fossero oltre le mura di casa.


Quattro anni prima

Sherlock corse veloce come il vento verso casa, sentiva che era successo qualcosa, gli uomini del villaggio dovevano aver parlato e averlo denunciato per stregoneria. Dovevano abbandonare velocemente la magione e scappare lontano, magari dagli zii che abitavano oltre la montagna.

Nella foga inciampò più volte, era buio e non vedeva dove stava mettendo i piedi. Seguì il rumore del ruscello che costeggiava la propria casa finché non vide una luce, come uno squarcio nell’oscurità della notte.

Erano fiamme, alte, devastanti, che bruciavano vive, diffuse per tutta la magione degli Holmes. Sherlock si bloccò sul posto, immobile, fissando quello spettacolo straziante e sperando che i suoi genitori fossero riusciti a scappare prima dell’incendio. Sapeva che non era probabile, erano stregoni del fuoco, avrebbero bloccato le fiamme, c’era un’unica soluzione razionale ipotizzabile: erano già morti quando era stato appiccato l’incendio.

Sherlock crollò in ginocchio, quando il peso di quello che era accaduto lo travolse. Era stata colpa sua, aveva usato la magia nel villaggio e li avevano scoperti.


Oggi

Sherlock aveva gli occhi sbarrati e respirava affannosamente, ancora inginocchiato tremante vicino al corpo immobile di John; quel John che lo aveva accolto come un amico, da subito, che si era fidato di lui, che lo aveva aiutato e difeso, giaceva senza vita, per colpa sua.

Il moro aveva preso a stringerlo forte, come se potesse in qualche modo rianimarlo o cancellare quello che era successo.

« Sherlock » mormorò nuovamente Molly, ma lo stregone non sembrava sentirla. « Dobbiamo andare »

« Non mi muovo da qui » rispose, scandendo le parole, senza togliere gli occhi dal biondo.

Molly trattenne una lacrima e si inginocchiò accanto a lui « Non posso immaginare cosa tu stia provando, ma restare qui non servirà a niente, se non a farti catturare di nuovo »

« Dovevo morire io, capisci? E’ la seconda volta che… » disse, con voce rotta, sentendosi in colpa per tutto, per non essere uno stregone capace come il fratello, per cacciarsi sempre in situazioni che mettevano in pericolo altre persone, per aver indirettamente causato la fine dei suoi genitori, per aver trascinato John in un mondo che lo aveva condotto alla morte. Ripensò a quando John aveva eroicamente fatto scudo con il suo corpo, in un gesto di altruismo e bontà, come nessuno aveva mai per lui, per difenderlo dalle sfere di fuoco, senza riflettere sulle conseguenze e procurandosi notevoli cicatrici.

Fu un attimo, Molly notò che per una frazione di secondo, qualcosa nello sguardo di Sherlock cambiò, come se improvvisamente fosse diventato un’altra persona.

Strinse gli occhi, rivolse lo sguardo verso Molly, ritraendo le mani dal corpo, che poco prima stava stringendo come se ne andasse della sua stessa vita « Vattene, hai ragione, non c’è più niente che tu possa fare »

« Sh… » tentò la damigella.

« Vattene, ho detto » ribadì lui, mentre dei passi in lontananza, evidenziavano che qualcuno si stava avvicinando,  probabilmente Moriarty e i suoi complici.

Molly era indecisa su come comportarsi, ma Sherlock sembrava inamovibile e i passi erano sempre più vicini. Si trasformò in una guardia e corse via, lasciando lo stregone dell’aria inginocchiato a terra, con una strana espressione negli occhi.

La damigella corse nei corridoi vuoti, pensando soltanto a raggiungere le segrete, sperando di trovarvi ancora Marye  Mycroft che l’attendevano per uscire  da palazzo.

Si sentiva triste e svuotata, non aveva mia visto così da vicino la morte, la devastazione, sentimenti così forti da far perdere il raziocinio. Rallentò  il passo ogni volta che incontrava altre guardie, finché riuscì a prendere il corridoio per le prigioni.

Fece le scale a gruppi di due, per arrivare il prima possibile, ma quando fu davanti alla cella di Mycroft, la trovò aperta e vuota, dovevano essere già andati via. Si fermò un attimo per respirare e pensare, finché non sentì un rumore, vicino una delle nicchie che dava verso il ruscello.

Si avvicinò piano, quando il muro letteralmente ruotò davanti ai suoi occhi e rivelò l’esistenza di un tunnel segreto, da dove apparve la principessa accompagnata dal Consigliere Reale.

« Ti stavamo aspettando » fece Mary.

« Dov’è Sherlock? » intervenne Mycroft, temendo subito il peggio.

Molly si morse un labbro, era successo troppo per riassumere tutto in poche parole. Fece per rispondere, quando sentì altri passi provenire dal buio tunnel. Tre figure stavano avanzando, non troppo silenziosamente, nonostante la situazione lo richiedesse.

Mycroft si tenne pronto ad agire, ma poi riconobbe la sagoma rassicurante di Lestrade « Vedo che avete avuto la nostra stessa idea » affermò allegro lo sceriffo. Dietro di lui Anthea sorrise, felice di rivedere vivo il Consigliere, e subito dietro di lei, apparve John.

Molly sgranò gli occhi, portandosi una mano alla bocca e arretrando, come se avesse visto un fantasma. Tutti si girarono a guardarlo, non capendo cosa potesse essere successo. « Mi sono perso qualcosa? » chiese soltanto lo stregone dell’acqua.

« Tu, eri morto » mormorò la damigella.

« Direi di no »fece lui, guardando gli altri e attendendo una qualche spiegazione, almeno da Mycroft, che sembrava sapere sempre tutto. Molly continuava a non parlare, per cui John si fece strada fuori dal tunnel e prese gentilmente la damigella per le spalle « Sono davanti a te, cos’è successo e soprattutto, dov’è Sherlock? »

« Hanno trasfigurato un corpo, in te » rispose lei, sentendosi tanto stupida per non averlo capito « Sherlock crede che tu sia morto, che ti abbia ucciso »

Nessuno parlò, ma tutti temettero che il qualcosa che poteva strappare Sherlock dalla luce, fosse appena accaduto.


***** *****
Angolo autrice:
Ciao a tutti, lo so, se non metto almeno un flashback non sono io, abbiate pazienza.
Grazie come sempre per leggere e recensire, alla prossima!



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Capitolo 13
*** Posti onirici ***



Posti onirici


Sherlock volse lo sguardo verso il corpo morto di John un’ultima volta, prima di farlo sparire pronunciando una formula magica, che mai pensava avrebbe dovuto usare in una circostanza del genere. Non era in grado di guardare ancora quell’immagine del suo amico senza vita e non voleva diventasse argomento di conversazione con Jim e la sua banda.

Si rimise in piedi, in fremente attesa dell’arrivo degli altri stregoni. L’equinozio era alle porte e dovevano prepararsi alla famosa profezia, il momento della verità era vicino e il gioco era iniziato.

Quando le figure di Moriarty e Victor apparvero alle sue spalle, Sherlock si limitò ad un sorrisetto sghembo nella loro direzione, non disse niente, il suo sguardo era freddo e indecifrabile. I due stregoni fecero per parlare ma lo stregone dell’aria non li degnò di altro tempo, si diresse a passo spedito verso la torre est, meditando sul da farsi e lasciando i due a chiedersi se avessero ottenuto quello che volevano o meno.

Anche Irene si fece strada, in mezzo ai corpi dei soldati che erano stati sapientemente uccisi da Moriarty, la messa in scena era stata incredibile.

La strega si avvicinò ai suoi due complici, con lo sguardo insolente di una che aveva avuto ragione, Sherlock Holmes non era come loro credevano, non era attratto dal potere o altre cose frivole, era molto più umano di quello che lui stesso credeva.

Una volta che Irene aveva intuito il contrasto interiore  del moro e percepito i suoi pensieri, come un lievissimo sussurro nella testa dello stregone, che rimandavano costantemente al biondo, era stato facile architettare un piano che portasse alla finta morte dell’amico di Sherlock. Irene Adler non si era mai sentita così vittoriosa come in quel momento. Eppure, c’era qualcosa che la tormentava, in un piccolissimo e remoto angolo della sua coscienza.

« Vado a vedere se il piano ha funzionato » affermò la strega, guadagnandosi un’occhiata infastidita di Victor, che non vedeva di buon occhio l’eccessivo interesse della sua fidanzata, per quel Sherlock. Anche Moriarty sembrò contrariato dalle attenzioni della donna.

« Vengo con te, Irene. Dopotutto, è uno stregone potente, meglio che tu non vada da sola » commentò Jim, non attendendo una risposta di consenso dalla donna  « Victor, dai disposizioni di cercare quel villico, non possiamo permettere che spunti fuori, vivo e  vegeto »

Sherlock, intanto, era salito nella sua camera nella torre est. Il respiro si era fatto più controllato e lo sguardo più vigile. Sapeva che avrebbe presto ricevuto la visita dei suoi nuovi compagni d’avventura. Guardò un’ultima volta fuori dalla finestra, il silenzioso Borgo che non aveva la più pallida idea di quello che sarebbe successo il giorno dopo e non poté non volgere lo sguardo oltre le mura, lontano, dove tutta la vicenda era iniziata, quando stava fuggendo dai briganti.

La porta si aprì, non dovette nemmeno voltarsi per riconoscere i passi dei due stregoni; gli inconfondibili tacchi di Irene e la camminata marcata di Jim, come a compensare la sua altezza con dei passi che avrebbero dovuto incutere qualche timore, ma che lo facevano solamente sorridere.

« Sherlock, possiamo pensare che domani al tramonto ti unirai a noi? Al rituale? » chiese Moriarty, avvicinandosi.

Lo stregone dell’aria continuò a dare le spalle ai due « Non vedo altra soluzione » commentò, ancora buttando un occhio fuori dalla finestra, seguendo le ombre che sparivano nell’oscurità della sera.

« Bene » commentò Moriarty « Sapevo che avresti capito, siamo uguali noi due, messi in disparte, esiliati, senza alcun interesse per le persone comuni » provocò Jim, per mettere alla prova la fedeltà del nuovo arrivato.

« Non credere di conoscermi » sbottò Sherlock, voltandosi con rabbia e per un attimo Jim e Irene temettero di venir attaccati e si misero in posizione di guardia.

Moriarty abbassò la mano, non appena capì che Sherlock non aveva alcuna intenzione bellicosa « Non trattarci con sufficienza, Sherlock Holmes. Non sei più il figlio di una famiglia di nobili, con il suo maniero e i suoi servitori. Sei come noi, stregoni rifiutati che voglio prendersi la loro rivincita »

Sherlock scoppiò in un risata sprezzante e si avvicinò a Jim, fissandolo negli occhi, con un gelo che fece indietreggiare Irene « Siete solo due stregoni di serie B rispetto a me, potrei eliminarvi in qualunque momento e nemmeno ve ne accorgereste. I tuoi poteri, Moriarty, sono gli ultimi della scala degli elementi. Potrai anche essere intelligente, ma in un corpo a corpo magico chi credi avrebbe la meglio? » affermò senza mai staccare gli occhi da lui.

Moriarty fu infastidito e al contempo ammirato dalla persona che aveva davanti, fece un cenno con il mento, non di resa ma di vittoria, per averlo portato dalla sua parte e si diresse verso la porta. Quando fu sull’uscio le ultime parole dello stregone dell’aria lo accompagnarono fuori dalla camera « Non osare mai più rivolgerti a me con quel tono » concluse Sherlock, prima di voltarsi e tornare a guardare il Borgo.

Irene era rimasta pietrificata, da un lato era colpita dal nuovo lato che era emerso da Sherlock, ma d’altra parte sentiva come un sentimento di dispiacere, quasi provasse un po’ di colpa. Cercò di sentire i pensieri dello stregone, ma erano completamente schermati da lei. Fece un passo nella sua direzione, Sherlock Holmes era una creatura da ammirare, ma lui non le diede il tempo di essere raggiunto « Vattene Irene, ho finalmente capito cosa intendeva mio fratello e non è una strada da cui intendo tornare indietro. Ora, se vuoi scusarmi, credo mi riposerò, ci attende una lunga giornata »


***** *****

John aveva appena appreso, come un pugno nello stomaco, che Sherlock credeva che lui fosse morto.  Spostò Molly, per correre dal moro e urlargli che era vivo e che non doveva temere niente, ma Mycroft bloccò, trattenendolo per un braccio.

« Lasciami, sto andando da Sherlock » gridò lo stregone dell’acqua.

« Lo so, ma ti farai ammazzare prima di trovarlo e dopo non avremo davvero modo di salvarlo »

John si liberò dalla presa, adirato e fece per correre via, ma qualcosa lo colpì e perse i sensi.

« Sceriffo, doveva proprio? » chiese Mary accigliata, guardando il povero John a terra, dopo tutto quello che aveva sopportato, e Lestrade con in mano un bastone, che aveva appena sbattuto sulla testa del biondo.

« Mi sembra di capire che non abbiamo tempo per discutere » commentò lo sceriffo, fidandosi ciecamente del giudizio di Mycroft. Lo stregone del fuoco sorrise all’amico e tutti insieme trascinarono John dentro il tunnel, in modo da abbandonare velocemente il castello, prima di essere nuovamente catturati.

Quando John si svegliò, era nuovamente nel casolare disastrato, dove era stato ricoverato qualche notte prima. Si alzò di scatto, guardandosi attorno, furente.

« Lo abbiamo lasciato da solo, ottimo piano! » sbraitò, in direzione di Mycroft. Lo stregone del fuoco cercò di mantenere la calma, che vacillava di minuto in minuto e si avvicinò a John, che in risposta gli lanciò una sfera d’acqua in piena faccia.

Gli altri si guardarono smarriti, la tensione era palpabile, capivano perfettamente che John aveva bisogno di sfogarsi, ma lo stregone del fuoco stava davvero cercando di fare del suo meglio.

« John » affermò duramente Mycroft, avvicinandosi a lui « Prima che tu dica o faccia qualcosa di stupido, era necessario andare via dal castello. Dobbiamo elaborare un piano ed evitare che tu muoia prima di aver recuperato mio fratello, sei la sua unica salvezza a questo punto. E per inciso, sono abbastanza stanco di dover giustificare ogni mia mossa, mi preoccupo di mio fratello da sempre, questo è un punto fermo »

Watson aveva ancora un’espressione omicida negli occhi, ma ormai erano lontani dal palazzo reale, non aveva senso continuare a lottare con gli unici alleati che aveva.

« Bene  » continuò Mycroft « Vedo che hai capito, ti spiace seguirmi nell’altra stanza? Vorrei parlarti in privato »

John si alzò di malavoglia, scrutando gli altri compagni che sembravano intenti a mettere in atto qualche pozione magica, o stavano facendo finta per cercare di stemperare il clima già teso.

Lo stregone dell’acqua seguì Mycroft in un luogo ancora più angusto ma appartato, sbuffò più volte non trattenendo il fastidio e l’insoddisfazione. Non voleva essere lì, voleva tornare di corsa nel palazzo e gridare a Sherlock che era vivo, che non aveva fatto niente di male, che erano ancora insieme contro il resto del Mondo.

Mycroft, nonostante riuscisse a capire l’attaccamento di John, ne era sorpreso. Non credeva che suo fratello sarebbe riuscito a trovare qualcuno che lo capisse e tenesse così tanto a lui. Quello stregone era davvero particolare e aveva avuto ragione a definirlo come possibile salvezza o rovina finale, la vita di Sherlock era appesa ad un filo, grazie e per colpa proprio dei suoi sentimenti per John.

Mycroft rimediò due sedie, che sembravano abbastanza robuste da reggerli e iniziò a parlare, raccontando al biondo tutto quello che ancora non sapeva, di Moriarty, di Trevor che aveva sostituito il legittimo Re, del loro piano di realizzare la profezia.

John ascoltò tutto stringendo i pugni, ancora più scontento di aver lasciato Sherlock da solo « Perché volevi parlarmi in privato? »

« Immagino che mio fratello non si sia disturbato a spiegarti le basi della magia, credo le dia per scontate o comunque lo annoino »

« Non mi sembra il momento per delle lezioni private »

« Invece sì, dobbiamo essere tutti pronti, niente deve essere lasciato al caso » rispose risoluto.

John smise di passeggiare nervosamente avanti e indietro e si mise a sedere sulla sedia che il maggiore degli Holmes aveva preparato, in attesa delle rivelazioni di Mycroft.

« Gli stregoni del fuoco e dell’aria sfruttano principalmente l’intelletto per le proprie magie, gli stregoni dell’acqua come te e della terra, si basano principalmente sui sentimenti. Cervello contro cuore, per dirla con parole semplici » e sottolineò con un’espressione schifata le parole “cuore” e “semplici”.

« Grazie per la considerazione » rispose John, capendo che non lo riteneva abbastanza sveglio da comprendere una spiegazione complessa.

« Lo stregone migliore, sa padroneggiare entrambi i lati della magia, usa cervello e cuore. Curiosamente deve essere quello che fa Jim Moriarty, altrimenti come stregone della terra sarebbe un incapace se usasse solo l’intelletto. Ho scambiato due parole con lui, ma è evidente che ci troviamo davanti ad una mente superiore alla media »

«Fantastico » commentò John « Quindi? »

« Se mi lasciassi finire, invece che abbaiarmi contro! » rispose lo stregone del fuoco « Comunque, non è il solo a coordinare intelletto e sentimenti. Anche Sherlock lo fa, solo che non ne è conscio, per questo le cose gli sfuggono di mano. L’ho capito subito, da piccolo reagiva spesso tramite le emozioni, per questo gli avevo consigliato di non farsi coinvolgere, volevo che usasse la magia in maniera più corretta »

« Sherlock potrebbe essere più potente di tutti, quindi? » chiese John, senza stupore, dato che riponeva in lui ogni fiducia.

« Sì, se non si deconcentra. E qui entri in gioco tu, avete un collegamento speciale »

John arricciò le labbra, meditando su quell’ultimo concetto. “Collegamento” ripeté a fior di labbra, ripensando a quando era entrato nel sogno di Sherlock, a tutte le volte che aveva letto i suoi pensieri, alle visioni oniriche spesso popolavano le sue fantasie.

« John, mi stai ascoltando? » chiese Mycroft.

« Posso comunicare con Sherlock » sentenziò « Sono entrato spesso nella sua testa, nei suoi sogni persino, in una specie di luogo onirico »

« Come quando eri incosciente? » chiese Mycroft dubbioso « Quando ti ha preso la mano ed è entrato nel tuo sogno? »

« Lui era lì davvero? » chiese lo stregone, portandosi istintivamente la mano sulle labbra, ricordando in maniera piacevole quel bacio che si erano scambiati e non riteneva fosse reale.

« Può funzionare » rispose il maggiore degli Holmes, parlando più tra sé che con John « Siete lontani ma Molly ed io ti aiuteremo, potenziando i tuoi poteri. Ci servono candele e acquamarina, speriamo che Molly abbia l’occorrente in quella sacca che porta sempre con sé »


**** **** 

Poco dopo, John era disteso nel centro di un cerchio disegnato con l’incenso, in maniera un po’ imbarazzata, non era abituato a cercare di addormentarsi mentre un gruppo di persone lo fissava speranzoso. Molly e Mycroft si  sistemarono rispettivamente vicino al cuore e alla testa, mentre Anthea, Greg e Molly si unirono a loro, sedendosi nelle restanti parti del cerchio. Si presero tutti per mano e recitarono una formula che Molly aveva elaborato per l’occasione “Acqua, terra e fuoco, il potere dell’aria io evoco; Portami lontano dove inizia il sogno, portami dove John ha bisogno

John si concentrò a lungo, chiuse gli occhi, e pensò al maniero nel bosco, quello che aveva visto nel sogno di Sherlock, lugubre e triste, come doveva essere l’anima del suo amico, quando ripensava alla morte dei genitori.

Fu un attimo e si trovò di nuovo lì. Percepiva distintamente l’umidità della sera, l’odore dell’erba bagnata e in lontananza qualcosa che gli ricordava il granturco. Aveva freddo, ma non era solo la temperatura dell’aria, era proprio quel luogo, così oscuro.

Fece qualche passo, ma era difficile distinguere le sagome in quel sogno. Poi finalmente, o purtroppo, le fiamme nel maniero, quelle che avevano messo fine alla vita dei signori Holmes e devastato Sherlock, illuminarono quasi a giorno quel posto onirico, e poté scorgere l’inconfondibile profilo del suo amico.

« Sherloooooock » gridò forte John, con tutto il fiato che aveva.

Sherlock si voltò, con un mezzo sorriso e a passi sicuri si diresse verso John, che stava correndo nella sua direzione. Quando furono a un passo, John allargò le braccia e lo strinse più forte che poteva « Sono vivo, sono vivo, non ero io, ti prego credimi, non è un semplice sogno »

Nel momento in cui si strinsero, lo scenario mutò, si fece improvvisamente giorno, l’aria si fece calda e si trovarono accanto al tranquillo ruscello che scorreva nei pressi del villaggio del moro.

« Ti stavo aspettando, John. Ce ne hai messo di tempo » commentò Sherlock, sorridendo felice. L’unico pensiero che passò per la testa di John fu “è bellissimo”. Per un attimo dimenticò completamente perché si trovava lì, voleva solo restare ad ammirare i capelli ricci del moro, mossi dal vento, gli occhi azzurri come il cielo e quello sguardo colmo di speranza.

John cercò di tornare in sé, si scostò, guardandosi attorno, molto colpito dal legame che c’era tra loro, capace di farli incontrare anche nei sogni. John era certo che quello fosse Sherlock, era entrato nel suo sogno, non vi erano dubbi, ma non era sicuro che Sherlock lo sapesse.

« Amico, ascoltami, io sono davvero qui. Sono entrato nel tuo sogno, sono vivo, hanno trasfigurato un corpo in me » parlava concitato, temendo che uno dei due si svegliasse, senza avere il tempo di finire il discorso.

Sherlock gli mise una mano sulle labbra, bloccandolo « Credi davvero che io non sia in grado di distinguere un corpo finto dal tuo? » chiese lo stregone, fintamente indignato dall’essere sottovalutato « Il mio potere mi permette di capire le menzogne, superato lo shock mi sono reso conto che qualcosa non andava »

« Cosa? » chiese John, colpito e meravigliato dalla rivelazione « Come? » esalò, quasi commosso.

« Non eri tu, qualcosa stonava, i capelli non erano morbidi come i tuoi » commentò arrossendo e abbassando lo guardo e il biondo lo trovò ancora più dolce e meraviglioso  « Poi, quando Molly è andata via, ho controllato le cicatrici sul fianco del corpo, non c’erano. Nessuna magia può imitare perfettamente un altro corpo, non eri tu »

John sorrise, felice, riprendendo ad abbracciandolo « Veniamo a liberarti »

Sherlock riprese ad accarezzargli i capelli, certo che anche nel sogno sarebbero stati come nella realtà « Tranquillo, l’allegra banda di stregoni crede che stia dalla loro parte. Domani, evocheremo l’incantesimo della profezia, e lì dovrete intervenire »

John lo guardò, accennando uno sguardo di finto biasimo « Sherlock Holmes, adesso credi nella profezia? »

« Non lo so, ma vorrei evitare che risorga la magia oscura »

« Non accadrà, a loro manca una parte importante della profezia » ribatté John, adesso vedeva finalmente tutto chiaramente.

« Quale? » chiese Sherlock, non capendo cosa gli stesse sfuggendo.

« Noi » rispose semplicemente e così dicendo si avvicinò per baciarlo, appoggiò teneramente le labbra e fu di nuovo come nei suoi sogni più vividi, anzi meglio, non aveva idea che baciare il moro potesse essere così meraviglioso.

Sherlock sarebbe rimasto lì per sempre, in quel sogno magico, ma la notte prima o dopo doveva finire e John doveva avvisare Mycroft di quello che stava per accadere. Si staccò da lui a fatica, mentre il biondo continuava a posargli piccoli baci sul collo.

« John è davvero necessario che mi ascolti » fece, con non poca difficoltà, cercando di rimettere le sinapsi insieme « Devi dire a Mycroft che aveva ragione, le quattro torri del palazzo corrispondono ai quattro elementi: fuoco a sud, aria ad est, acqua ad ovest e terra a nord. La base del castello è a pentagono per indirizzare meglio la magia. Ognuno di loro porterà una pietra: Ambra, Cristallo di roccia, Ametista, Smeraldo, e un’erba: alloro, agrimonia, gelsomino e artemisia. Dovrete fare altrettanto »

John annuì, cercando di memorizzare ogni dettaglio. Si baciarono un’ultima volta, perché sapevano che il loro tempo nel sonno si stava esaurendo « Vai John, ci vediamo tra poco »

« Certo, io e te contro il resto del Mondo » Rispose sorridendo « Un’ultima cosa, tuo fratello vuole che impari a usare testa e cuore per le tue magie, solo così controllerai i tuoi poteri al meglio »

« Mio fratello ha usato la parola “cuore”? » chiese perplesso.

« A dopo, Sherlock »

***** *****
Angolo autrice:
Colpo di scena (spero), Sherlock è pur sempre Sherlock, mica si può ingannarlo ;)
Vi ringrazio delle meravigliose recensioni, alla prossima!

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Capitolo 14
*** L'anziana strega e la sua profezia ***



L'anziana strega e la sua profezia




Tanto, tanto tempo fa

La strega dai capelli bianchi attendeva l’arrivo degli altri stregoni, con soltanto una vecchia candela a farle compagnia. Le segrete erano umide e scure e in lontananza poteva sentire il rumore della guerra magica che stava imperversando, al di là delle mura del castello.

Un rumore sordo, seguito da dei passi frenetici, annunciò l’arrivo dei suoi amici. Erano quattro stregoni, tre rappresentanti dell’Ordine e uno dei Consiglieri.

« Madame, abbiamo fatto come avevate detto, abbiamo preso le pietre e le erbe che ci ha indicato » fece un uomo alto, dagli occhi azzurri »

« Molto bene, datemi tutto  e preparatevi, non sarà facile nascondere queste sacche di energia magica » commentò l’anziana strega, prendendo gli ingredienti che le erano stati portati e disponendoli su di un tavolo. I tre uomini che l’avevano raggiunta, la fissavano speranzosi, mentre continuavano a sentire grida ed urla in lontananza.

« Ci aspettano tempi bui » fece la strega « Ma sfortunatamente, non credo che alcuni di noi vivranno abbastanza per vederli »

I quattro uomini tremarono, alla pallida luce della candela. Uno di loro intervenne, risoluto  « Madame, credevo agissimo per salvare la magia »

« Certo, la stiamo salvando. Metteremo fine alla guerra tra gli Ordini, grazie a questo antico incantesimo. Imbriglieremo la magia di ogni singolo Ordine all’interno delle sacche magiche e seppelliremo ognuna di esse sotto le torri di questo palazzo »

« Non ci sarà più la magia? » chiese uno di loro, preoccupato.

« Sarà molto attenuata, fino a scomparire quasi del tutto. Ci saranno sempre meno stregoni e per un po’ tornerà l’antica pace » rispose l’anziana strega del fuoco.

« E poi? »

« Molto tempo avanti, molto lontano da adesso, quattro stregoni si troveranno qui e faranno risorgere la magia, quando i tempi saranno maturi »

« Ha avuto una visione? » chiese il Consigliere dagli occhi azzurri.

« E’ troppo lontano nel tempo, vedo diversi possibili futuri, ma quello che preferisco ha per protagonisti quattro stregoni, due legati dal sangue, due legali dall’amore. Tutti gli altri futuri, porteranno alla rovina. Soltanto questo deve esaudirsi. Chi di voi vivrà deve narrare questa storia, anche se andrà persa nel tempo, purtroppo »

I quattro uomini tacquero, sconsolati di dover mettere fine alla magia, quando credevano che l’avrebbero salvata. La strega compì il rituale velocemente, in silenzio, mentre le figure attorno a sé, guardavano per l’ultima volta l’incanto davanti ai loro occhi. Non avrebbero più visto scintille, avrebbero dovuto nascondersi, non sarebbero più stati un tutt’uno con il loro elemento, ma solo un triste spettro di quelli che una volta erano i loro poteri.

La strega consegnò una sacca magica ad ognuno dei tre stregoni rappresentanti dei rispettivi Ordini « Andate sotto le torri che rappresentano il vostro elemento, io mi occuperò di quella del fuoco » I tre annuirono e scomparirono nei sotterranei, sperando di riuscire a portare a compimenti la loro impresa. Il Consigliere dagli occhi azzurri rimase con l’anziana strega, in attesa di istruzioni.

« Augustus, tu avrai un compito molto importante, perché so per certo che tu resterai vivo per raccontare questi fatti » fece l’anziana strega, sorridendo amabilmente.

« Madame? »

« Su ogni sacca magica ho impresso la formula per liberare l’elemento, ma serve ancora un incantesimo e voglio che solo tu lo sappia » fece lei, estraendo un minuscolo foglio di pergamena « Lo nasconderò all’interno di queste segrete »

« Perché proprio io? » chiese l’uomo.

« Perché un giorno, molto lontano, un tuo pronipote si metterà alla ricerca di questa formula e questo castello. Come ti dicevo è tutto molto nebuloso, ma il futuro che voglio che si realizzi ha per protagonisti due Holmes. Questa seconda parte devi tenertela per te, ancora troppo oscuro è il loro futuro e non voglio che i tuoi eredi vadano avanti per secoli a cercare la profezia, quando i tempi saranno maturi, accadrà. Ma è necessario che la tua famiglia sappia dell’esistenza di questa formula, sarà il segreto degli Holmes »

Augustus restò spiazzato dalla rivelazione della strega, ma si limitò ad inchinare il capo e l’aiutò a nascondere la pergamena all’interno delle segrete.


***** *****
Oggi

Irene era distesa nel letto, accanto al principe, tremante al bagliore della luna che si affacciava dalla finestra. Continuava a chiedersi se avesse fatto la scelta giusta, se presto, davvero, avrebbe avuto tutto quello che aveva sempre desiderato. Si avvolse di più nel lenzuolo, tentando di cancellare l’espressione gelida che lo stregone dell’aria le aveva riservato, duro e implacabile, come se avesse potuto schiacciarla senza pietà.

« Stai tremando » constatò Victor, la voce squillante di uno che non riusciva a chiudere occhio, troppo emozionato per prendere sonno, la notte prima dell’equinozio « Funzionerà, non devi essere preoccupata »

« Perché abbiamo lasciato scappare Mycroft e la principessa? »

« Quello è stato un effetto collaterale, non credevo che Mary conoscesse quel passaggio segreto. Moriarty aveva previsto che la damigella Molly sarebbe andata a salvare Sherlock, non che mia sorella sarebbe scesa nelle segrete. Comunque non ha importanza, abbiamo bloccato ogni passaggio, non ha modo di interrompere quello che accadrà e le nostre guardie lo stanno già cercando »

« Sei sicuro? O Jim si diverte a fare questi giochetti? Se tutto fila liscio si annoia, se invece ci può essere qualche interessante colpo di scena, si eccita »

Victor sapeva che la strega non aveva tutti i torti, ma non voleva confermare a voce alta i suoi dubbi sui piani di Moriarty.

«E se Mycroft lo avesse previsto? Ha le visioni del futuro a differenza di te » sbottò lei, mentre Victor si irrigidiva. Se c’era una cosa che non sopportava, era che qualcuno mettesse in dubbio i suoi poteri.

« Secondo te, si sarebbe fatto catturare? Avrebbe davvero lasciato che Sherlock passasse dalla nostra parte? »

« Magari non ha visioni così nitide, ma sa come andrà a finire. Non dimenticare che, per lui, la cosa più importante è che risorga la magia » commentò lei.

« Cosa ti prende, Irene? » chiese il principe, guardandola come se la vedesse per la prima volta.

La strega dell’acqua sostenette il suo sguardo, abbozzando un sorriso di scuse « Sono solo nervosa per domani »

Victor non sembrò del tutto convinto ma lasciò cadere la questione. Erano a un passo dall’ottenere quello che avevano sempre desiderato e così vicini a perderlo per i folli giochi di potere di Moriarty.


***** *****


John si svegliò stranito, mentre tutti lo fissavano, ancora seduti a cerchio attorno a lui. Percepì un senso di freddo, era strano perché sembrava quasi più reale la vita nel sogno che quel momento nella stanza; si sentì come strappato da una vita perfetta, semplicemente gli mancava Sherlock.

Si mise seduto, provò a parlare ma gli sembrò che la voce fosse come bloccata. Provò a dare due colpi di tosse mentre gli altri aspettavano notizie, preoccupati, al punto che Molly stava per prenderlo per il colletto della maglia e scuoterlo, per sapere cosa era accaduto.

Nessuno osò parlare, finché John li guardò sorridendo, stemperando la tensione « Sapeva che non ero morto, sta usando il piano dei nostri nemici contro di loro »

Mycroft sorrise impercettibilmente, meno di una frazione di secondo, prima di invitare lo stregone dell’acqua, a raccontare tutto quello che era accaduto.

John spiegò il sogno, il cambio di scenario, i dettagli per realizzare la profezia, omettendo ogni dettaglio più privato; non era di certo il momento ideale per  raccontare i fatti suoi, anche se Molly e Mary già lo ritenevano il ragazzo di Sherlock e probabilmente anche Mycroft e Lestrade avevano capito i sottintesi tra loro.

Lo stregone del fuoco ascoltò tutto attentamente, già sapeva degli ingredienti magici corrispondenti agli ordini, li aveva nascosti da tempo nell’edificio diroccato dove era ricoverati in quel momento, mancava così poco all’equinozio. Si alzò silenziosamente in piedi, con aria serafica, non ascoltando alcun commento degli altri compagni di avventure e si ritirò nella stanza vicina, a riflettere sui futuri eventi.

Poco dopo fu raggiunto dallo sceriffo, che entrò a piccoli passi nella stanza, come era solito fare nel loro rapporto,  temendo di disturbarlo. Solo quando fu certo che Mycroft avesse notato la sua presenza, iniziò a parlare.

« L’ho capito, sai? Speravi andasse così, ci contavi addirittura »

«Vedo il futuro, Gregory. A volte è più chiaro, altre meno » commentò, sbrigativamente.

« Sai, nessuno può convincermi che uno stregone intelligente come te, si sia fatto mettere all’angolo da quei due damerini. Volevi farti catturare »

Lo stregone sorrise « Beh, era un azzardo, non ero sicuro di come sarebbe andata a finire, ma era l’unico modo per esaminare le segrete e scoprire i piani del Principe. Non sapevo di Moriarty e non avevo idea che avrebbero finto la morte di Watson »

« Il Mycroft che conosco io, non azzarda mai, ha già previsto tutto se deve agire, anzi di solito non agisce mai in prima persona »

« Le cose cambiano e avevo bisogno che mio fratello capisse da che parte stare, volevo che mi aiutasse e nel futuro che ho visto, Sherlock sceglieva la parte giusta, proprio come è avvenuto. Solo non conoscevo il percorso. Non dirlo a John, darebbe di matto se sapesse che ho messo Sherlock coscientemente in pericolo »

« Diciamo pure che hai rischiato tutto, puntando su tuo fratello »

Glielo dovevo”, commentò tra sé. Si preoccupava per suo fratello da sempre, anche se Sherlock non sembrava capirlo. Non era riuscito ad entrare nel suo mondo mentre John ce l’aveva fatta in qualche settimana. Era contento che si fossero trovati, ma c’era una piccola parte di lui che non sopportava la capacità di quello stregone dell’acqua, di far crollare ogni difesa del fratello.

Lestrade si fece più vicino, non abbastanza da essere intimi, nessuno arrivava mai così vicino allo stregone del fuoco, ma comunque più vicino di chiunque altro. Era una distanza abbastanza emblematica: abbastanza lontani da non toccarsi, ma sarebbe bastato che entrambi allungassero un braccio per farlo. Greg abbassò la voce, quasi un sussurro, cosicché  nemmeno per sbaglio potessero sentirlo nell’altra stanza « Come finirà, Mycroft? Cosa hai visto? »

« Ho diverse visioni, in una finiamo tutti impiccati » fece leggero, mentre Lestrade si massaggiava preoccupato il collo « Ma nella migliore delle ipotesi, il bene trionfa » fece molto riassuntivo.

« E restiamo tutti vivi per prenderne parte? »

Mycroft si fece cupo ed incrociò, per un attimo, gli occhi dello sceriffo « Non posso assicurartelo, Gregory. Sei ancora in tempo per tornare dalla tua famiglia, non è la tua guerra questa »

« Sì, invece. E’ la battaglia finale, attendiamo da troppo tempo di risolvere le cose » esclamò risoluto.


***** *****

Sherlock si svegliò, rannicchiato su un fianco del letto. Tirò un lungo sospiro, già sentendo il vuoto causato della presenza rassicurante di John. Si voltò sulla schiena, contemplando il soffitto, provando a immaginare cosa sarebbe accaduto da lì a poche ore, proprio sopra la sua testa.

La torre est, era la sua torre, quella dell’aria. Sarebbe salito sulla cima della torre, avrebbe recitato il rituale e poi, forse, sarebbe accaduto quello in cui Mycroft sperava. Non credeva ancora nella profezia che avrebbe risolto ogni cosa. Per farlo dovevano mettere fuori uso  gli altri tre stregoni e non aveva idea di cosa aveva in mente Mycroft. Non poteva allontanarsi dal castello senza destare sospetti e a quel punto, ormai, non vedeva altra soluzione per eliminare Moriarty e la sua banda: era evidente che il falso Re andava fermato, con ogni mezzo. Durante la profezia sarebbero stati più vulnerabili e per evitare che scoppiassero nuove guerre, dopo che il popolo avrebbe appreso la morte del vero Re, si rendeva più necessario che mai il ritorno degli Ordini.

Forse i tempi erano davvero maturi.

Agitò le mani in aria, lentamente e chiuse gli occhi. John gli aveva fatto quel discorso sull’usare testa e cuore, nonostante Mycroft gli avesse sempre detto di reprimere le emozioni e concentrarsi sulla sua parte razionale.

« Grande Myc, ho giusto diciotto ore prima dell’equinozio per fare progressi » commentò sarcastico, il tempismo del fratello.

 Le emozioni erano devastanti, quando le sperimentava si sentiva travolto e soffocato, non ne combinava una giusta quando provava qualcosa: dolore, amore, paura, solitudine. Aveva sempre pensato che il controllo fosse la via per i suoi poteri, ora gli veniva detto che non era così, doveva imparare a incanalare entrambi.

Si ricordò di quanto creava piccole creature d’aria, che gli tenevano compagnia quando si sentiva solo. Provò a farlo di nuovo, con la naturalezza che aveva nell’infanzia e che aveva represso nel tempo. Un piccolo cucciolo di cane apparve davanti a lui. Lo stregone lo fece danzare attorno alla stanza, poi prese fiato, si concentrò e pensò semplicemente a quello che provava per John, quando era vicino a lui, quando gli diceva che era straordinario, quando i suoi capelli danzavano al vento, quando gli sorrideva. Il cucciolo divenne presto più grande, mutò forma, divenne una sorta di tritone con l’aspetto di John e lo stregone scoppiò a ridere. Poi mutò ancora e divenne un meraviglioso unicorno. Un giorno avrebbe spiegato al biondo stregone, l’importanza degli spiriti guida e delle creature associate agli elementi e di come l’unicorno, che tanto prediligeva John, era una creatura dell’aria.

Smise di fare esperimenti, appena sentì dei rumori in lontananza. Magari non era niente, ma venire sorpreso mentre evocava unicorni, gli avrebbe fatto perdere punti nella scala della magia oscura. La figura che stava salendo le scale della torre est, non si disturbò a bussare, ma spalancò la porta della stanza di Sherlock, senza preoccuparsi della reazione dello stregone.

« Sei sonnambula, Irene? »

La donna entrò a passi leggeri, furtivi, facendogli cenno di tenere la voce bassa « Devo parlarti »

« Sentiamo »

La strega sembrava combattuta rispetto a quello che voleva dire. Avrebbe voluto confessare che John era vivo, farlo scappare e mettere fine a quello che stava per accadere, sentiva che le cose sarebbero andate storte. Irene Adler era stata tante cose e aveva ricevuto tanti appellativi, ma si era resa conto, soltanto nelle ultime ore, di quante scelte sbagliate avesse fatto. Ma la strega dell’acqua non era coraggiosa, non avrebbe mai messo in pericolo la propria vita senza certezza, non avrebbe mai confessato niente a Sherlock, senza sapere come avrebbe reagito.

« Irene? » fece lui « Non dovresti essere qui, torna da Victor »

« Tu, perché sei qui? » fece lei, aggrappandosi al suo braccio « Hai una scelta, tu hai un fratello, hai… » non disse John, non era sicura che confessare che avevano finto la morte, non lo avrebbe trasformato in una furia.

« Anche tu, Irene. Nessuno ti ha obbligato a partecipare a questo piano »

« So che volevi uccidere il Re, ti ho sentito quel giorno dell’arena, rimbombava dappertutto il tuo pensiero, tanto era forte. Poi, non sono più riuscita a sentire i tuoi pensieri, ma quel giorno erano più vivi che mai. Non avevi scelta all’epoca, dovresti capire perché sono qui »

Sherlock avrebbe voluto gridare al mondo che non era più quell’uomo, che si odiava per quello che era stato nei momenti di sconforto. Se all’epoca della prima sfida fosse stato in sé, avrebbe trovato una maniera brillante per destituire il Re, non lo avrebbe mai ucciso e del resto, non era nemmeno sicuro che sarebbe arrivato a tanto. Aveva passato quattro anni di inferno, vagando per le contee, fuggendo dai briganti, mangiando quando riusciva, con la coscienza che pesava come un macigno e la convinzione che suo fratello fosse passato dalla parte di quelli che avevano ucciso i suoi genitori.

Avrebbe voluto gridare che John lo aveva reso migliore, senza alcun dubbio. Ma ora aveva davanti una strega in crisi, che poteva anche essere lì per testare un’altra volta la sua fedeltà.

« Irene, torna a dormire, ci aspetta una lunga giornata e non credo che Moriarty e Trevor sarebbero contenti di sapere che non sei quella che si aspettano » rispose glaciale.


La strega chinò il capo e se ne andò, verso la strada che aveva scelto e non riusciva più ad abbandonare
.


***** *****
Angolo autrice
Grazie ancora per essere così appassionati nel seguire l’evolversi delle vicende. Buon ferragosto in anticipo!

 

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Capitolo 15
*** Il destino degli Holmes ***



Il destino degli Holmes




Le prime luci dell’alba, con il tiepido tepore appena accennato di un equinozio che avrebbe cambiato, nel bene o nel male, ogni equilibrio del mondo così com’ era conosciuto, colse John nel mezzo di un tentativo di mettere a frutto le proprie capacità magiche.

Aveva provato e riprovato, tutta la notte, a controllare al meglio i propri poteri, ma non aveva ancora ottenuto il risultato sperato. Era lo stregone più indietro di tutti, inevitabilmente, perché aveva scoperto da troppo poco tempo l’essenza di ciò che lui stesso era e aveva sempre represso.

Troppe cose erano in gioco, non si trattava soltanto di salvare Sherlock, di sopravvivere, di fermare tre stregoni squilibrati e la loro sete di potere; c’era in gioco tutto il loro mondo, i loro affetti, la libertà e qualunque altra cosa meritasse di essere preservata. Se fosse davvero risorta la magia per mano di Moriarty, quest'ultimo non avrebbe fatto l’uso sperato e niente sarebbe stato più come prima.

Sospirò, stranito, perché sapeva che in ogni caso le cose sarebbero cambiate, indipendentemente da chi avrebbe avuto la meglio, e non sapeva cosa aspettarsi. Non era come gli Holmes, non era cresciuto in una famiglia di stregoni che tramandavano leggende di padre in figlio, era soltanto l’umile John Watson, che sognava vite avventurose non mettendo mai il naso fuori dal proprio villaggio.

Com’era strano soffermarsi sulla casetta dove aveva vissuto, su Harriet che probabilmente stava continuando la sua vita di ogni giorno, ignara che non molto lontano da lei stava per essere combattuta la più grande battaglia dai tempi dell’ultima guerra magica e suo fratello ne era protagonista.

Qualcosa evidentemente si era mosso perché lui scoprisse la magia: che fosse il destino o in qualunque altro modo si volesse chiamarlo, tanto tempo prima il fato aveva fatto in modo che lui, ordinario villico, incontrasse, salvasse e a sua volta venisse salvato, da uno stregone perduto, che lottava contro se stesso e il mondo.

Era seduto per terra, le ginocchia cominciavano a fargli male e sentiva anche un leggero indolenzimento al resto del corpo. Un fruscio alle sue spalle annunciò l’arrivo di Mary, che altrettanto stanca dagli ultimi eventi, si sedette accanto a lui.

« Sembrano lontani i giochi per avere la mia mano, non trovi? »

John rise, effettivamente non ricordava più nemmeno l’esistenza di quella sfida « Immagino l’avessero organizzata per trovare uno stregone dell’aria, il quarto membro che mancava »

« Probabile » commentò Mary, distante, cercando di riordinare le idee, prima di confidare i suoi pensieri allo stregone « Voglio parlare con Victor » affermò soltanto, risoluta. John si voltò a guardarla, notando l’espressione distrutta della principessa e sentendosi sciocco per non essersi mai preoccupato del fatto che, nonostante tutto, era sempre suo fratello.

« Non credo che Mycroft sarà d’accordo » commentò John, sussurrando.

« Non ho bisogno del suo permesso. Lui ha potuto aiutare suo fratello a passare dal lato giusto, voglio poter fare altrettanto »

« Non ho detto che non ti appoggio, dico solo devi essere cosciente che forse, tuo fratello, non è quello che credi »

« Da quello che vi ho sentito confabulare, Sherlock era a un passo dall’uccidere mio padre, eppure adesso è dalla nostra parte e combatte con noi. Devo solo fargli capire che sta sbagliando, che le cose possono essere diverse »

John sorrise amaramente, non conosceva Victor ma non gli sembrava una persona ragionevole.

« Quando vorresti incontrarlo? Rischi di venire catturata da Moriarty e non credo sarebbe così gentile »

« Aspetterò, vi seguirò nel palazzo ma poi, quello che farò, non dipenderà dal piano di Mycroft »

« Perché me lo stai dicendo? »

« Perché so che tu faresti lo stesso per Sherlock e mi puoi capire ed aiutare »

Molly, intanto, stava nervosamente riempendo e svuotando la sacca dove aveva riposto tutte le sue erbe e le sue pietre. Era preoccupata di non avere tutto l’occorrente e continuava a cercare cose che non trovava, finché non le disponeva tutte sul tavolo per poi riporle nuovamente.

Mycroft la fissava preoccupato, non tanto per la manifestazione di un disturbo ossessivo compulsivo o quantomeno ansiogeno, quanto perché aveva bisogno di un esercito di persone concentrate, non una strega in preda all’ansia, uno stregone alle prime armi, in balia delle proprie emozioni, due validi assistenti senza poteri magici e una principessa in evidente crisi.

Ripassò un’ultima volta il piano nella sua testa, ripercorse tutte le tappe che lo avevano portato a quell’equinozio: anni sotto copertura, accattivandosi la simpatia del Re, fino a farsi nominare Consigliere. Boicottare segretamente le missioni di repressione degli stregoni, fino al momento in cui gli si era spezzato il cuore, quando i suoi genitori erano stati trucidati. La convinzione che anche il fratello avesse seguito lo stesso destino e la resa di fronte ad un fato che gli remava conto, al punto che pensava non sarebbe più riuscito a realizzare la profezia che la famiglia aveva gelosamente custodito. Poi, la scoperta che Sherlock era vivo, che c’era ancora speranza e la veloce riorganizzazione dei suoi piani, per poter portare a termine la sua missione.

No, non aveva idea se sarebbe riuscito nell’intento, se sarebbe rimasto vivo per vedere tanta fatica prendere forma in un nuovo magico mondo. Sapeva solo che doveva tentare, che era più importante che mai, perché, nonostante tutto quello di cui lo aveva accusato Sherlock, non si era mai davvero ripreso dall’aver abbandonato la famiglia e avrebbe sempre portato sulle proprie spalle quell’enorme fallimento. Il fatto di dover condividere quel dolore con il fratello, non lo faceva sentire meglio, né più leggero, ma la prospettiva che tutto non fosse stato vano, gli concedeva ancora un barlume di lucidità.


**** ****

Anche nello schieramento rivale si avvertiva una certa tensione. Irene, per tutta la notte, non aveva mai smesso di fissare la porta della propria camera, chiedendosi se la cosa più intelligente da fare fosse scappare e non voltarsi più indietro, ma non era sicura che fosse possibile lasciare il castello senza farsi sorprendere da Moriarty.

Aveva fatto quell’incursione nella camera di Sherlock, perché credeva ci fosse ancora un briciolo di speranza di farlo ragionare e scappare via assieme, in due ce l’avrebbero fatta a fronteggiare le guardie e Jim stesso, ma lo stregone dell’aria l’aveva bruscamente rifiutata.

Anche Victor non si sentiva del tutto tranquillo, la dualità con il fratellastro sarebbe inevitabilmente emersa una volta ristabiliti gli Ordini, ma lui non aveva mai pensato a un sistema armonico, il suo scopo principale era diventare Re, non obbedire a qualcun altro che si fingeva Re. D’altra parte, si era unito anche Sherlock e nemmeno lui sembrava tanto mansueto.

Non sapeva cosa pensare e temeva che il piano finisse per rivoltarsi contro di lui.

Sherlock, invece, era quasi tranquillo. Ancora poche ore e il destino si sarebbe compiuto: se c’era una cosa che odiava era attendere e sapere che ben presto, in un modo o nell’altro, tutto si sarebbe risolto, gli dava un qualche conforto.

Pensando a tutti i rischi verso cui andavano incontro, non poteva non porre fiducia nel fratello: se la profezia doveva realizzarsi, se Mycroft aveva ragione e lui non sbagliava mai, allora tutto sarebbe andato a posto. Non era solito riporre le sue speranze in qualcosa di tanto intangibile come il destino, ma non poteva negare che incontrare John, per caso, nel mezzo di una radura, proprio nel momento in cui aveva bisogno, era per forza un qualcosa che prescindeva dal caso.

Era decisamente l’alba di un nuovo giorno.

**** ****

Anthea salutò velocemente il resto del gruppetto, per poi uscire dal loro nascondiglio e disperdersi nel Borgo.

« Dove sta andando? » chiese John perplesso, non avendo ancora ben inquadrato la figura della ragazza.

« Confidiamo che i nostri nemici non siano al corrente del suo doppio gioco, per cui sta tornando a palazzo per scoprire come hanno provveduto per il sistema di sicurezza » rispose Mycroft. Lo stregone percepì un leggero segno di inquietudine nello sguardo dello sceriffo e non poté esimersi dal rassicurarlo « Gregory, vai a controllare la tua famiglia, falli andare via »

Lo sceriffo fece per ribattere ma venne interrotto da Mycroft « Non so cosa sanno, potrebbero essere a conoscenza del fatto che sei dalla nostra parte. Saremo ancora qui al tuo ritorno ».

Lestrade sembrò indeciso su come comportarsi, temeva quello che poteva accadere a sua moglie e ai suoi figli se fossero stati catturati, ma voleva restare fino alla fine, per troppo tempo aveva chiuso gli occhi davanti alle nefandezze del Re.

« Gregory…» riprovò spazientito lo stregone del fuoco e Lestrade, con lungo sospiro, decise di abbandonare anche lui il gruppo « Tornerò il prima possibile » fece, soprattutto rivolto a Mycroft.

Quando la porta si chiuse dietro allo sceriffo, i rimanenti quattro si guardarono con l’espressione di un gruppo che stava assottigliando di minuto in minuto.

« L’hai mandato via apposta, non è vero? » chiese la principessa, che fra tutti sembrava essere la più intuitiva.

Lo stregone non rispose, ma nemmeno smentì quella teoria.

« Mycroft, mi ricordi perché non facciamo irruzione adesso, ma aspettiamo che si dirigano sulle torri? » chiese improvvisamente John, che stava diventando più impaziente e scontroso di minuto in minuto.

Lo stregone del fuoco lanciò uno sguardo infastidito, non perché non volesse spiegarsi ma perché, nonostante non lo avrebbe mai ammesso davanti agli altri, in alcuni momenti gli pesava dover essere la mente dell’operazione. Se qualcosa fosse andato storto, se avesse sbagliato, allora sarebbe stata unicamente colpa sua e di errori fatali ne aveva già commessi. Aveva mandato via Lestrade, perché non voleva avere anche lui sulla coscienza. John, Molly e Sherlock era necessario che partecipassero, era la loro battaglia, ma Greg aveva fatto fin troppo e si era già esposto, non sarebbe stato giusto trascinarlo con loro.

« Fare irruzione adesso significherebbe superare le guardie, che saranno sicuramente dotate della simpatica polvere che ci toglierebbe i poteri, rendendo vano ogni nostro successivo tentativo. Inoltre, se riuscissimo ad avere la meglio sui tre stregoni, dovremmo comunque spiegare alle guardie che non siamo stati noi ad uccidere il Re. Aspettando pazienti sarà tutto più “semplice”, se così possiamo definirlo. Sulle torri saranno da soli, perché di certo non vorranno che le guardie sappiano che il Re non c’è più e che li vedano usare la magia. Non sono proprio così svegli, ma qualcuno dei soldati potrebbe collegare i puntini, decidere di usare la polvere su di loro, non possono rischiare » concluse, sperando di essere stato esauriente.

John elaborò tutte le informazioni che aveva ricevuto, pensando anche  che avrebbe preferito rischiare e portare in salvo Sherlock, piuttosto che rimandare ancora il momento.

Mary, che era stata fin troppo zitta durante tutta la fase del salvataggio di Mycroft e le successive discussioni, si alzò in piedi, fronteggiando lo stregone del fuoco.

« Mycroft, se sai come andranno le cose devi dircelo, nessuno si tirerà indietro » affermò dura la principessa, causando una reazione di ammirazione sia in Molly che in John. La principessa, a quel punto, era l’unica rimasta nella stanza senza poteri, quella che stava passando per l’ingenua che non si era accorta che suo padre era stato sostituito da Moriarty, eppure niente sembrava farle perdere la sicurezza « E’ il mio regno, se mi dicessi che per salvarlo devo morire lo accetterò, ma voglio saperlo! » continuò

« Non lo so, Mary. Come dico spesso, capita che riesca a vedere il risultato ma non il percorso e a volte impercettibili variazioni portano a futuri diversi. So che in un futuro riusciremo a realizzare la profezia e a portare pace ma non riesco a vedere nessun volto delle persone che sopravvivranno »

Molly e John si guardarono con un misto di rassegnazione e complicità, perché fra tutti erano  gli unici che erano finiti in mezzo quasi per caso. Ma ora avevano scelto di essere lì, consapevoli che poteva essere l’ultima grande cosa che avrebbero fatto nella loro vita.

**** ****

Emblematico l’equinozio, giorno in cui le ore di luce e di oscurità erano equivalenti, proprio come le forze che si stavano muovendo in quella giornata.

Sherlock aveva smesso di comportarsi da eremita altezzoso e si era unito agli altri tre stregoni, mantenendo l’atteggiamento freddo e scostante con cui era riuscito ad ingannare così bene i suoi nemici.

Quello che notava spiccare più di ogni altra cosa, tra i suoi momentanei compari, era la falsità. Non si riteneva così esperto di relazioni sentimentali da poter giudicare cosa fosse amore e cosa non lo era, ma aveva ragione John, se c’era una coppia innamorata, quella erano loro due, non di certo Irene e Victor.

Lei era confusa, spaventata e Sherlock sperava, nonostante tutto, di poterla aiutare, perché sapeva che nella vita poteva capitare di sbagliare rotta, ma non tutto era perduto per lei, non aveva ancora commesso qualcosa di irreparabile.

Victor e Moriarty, per quanto riguardava i rapporti fraterni, erano messi peggio di lui e Mycroft. SI vedeva che Victor temeva il fratellastro, temeva quello che sarebbe accaduto se i loro piani si sarebbero realizzati. Victor era uno stregone più forte ma non sembrava brillante e subdolo come Moriarty.

Lo stesso Jim sfuggiva un po’ alla logica comprensione di Sherlock. Era emerso dalle macerie di una vita che non lo aveva voluto, era riuscito ad arrivare molto in alto, con un piano machiavellico che poteva tranquillamente realizzarsi, se non fosse apparso John sul cammino di Sherlock, in un giorno qualunque che invece aveva segnato il confine di non ritorno. Eppure non riusciva a decifrarlo, non sembrava gli interessasse davvero il potere, nonostante quello che affermava; sembrava più una sorta di rivincita verso tutti, stregoni e non, per dimostrare che alla fine lui che era stato scartato era più il più intelligente. Al contempo, quello che stava portando avanti, sembrava un modo per non annoiarsi, cosa che Sherlock aveva sperimentato nel corso della vita: la noia di una vita ripetitiva priva di stimoli.

Si chiese se Moriarty non fosse altro che quello che sarebbe diventato lui stesso se non avesse avuto una famiglia amorevole.

Per lui, comunque, era sicuramente troppo tardi per scegliere la strada giusta.

« L’equinozio si avvicina » sottolineò Victor, come se gli altri non stessero ossessivamente fissando la clessidra che Moriarty aveva fatto sistemare nella sala del trono, per essere sicuri di presentarsi al momento esatto all’appuntamento con la profezia.

« Dovremmo iniziare a prepararci » continuò il principe, prendendo alcune casacche che erano state preparate per l’occasione. Passò ad Irene una color blu e a Moriarty una verde.

« Fammi indovinare, la mia è azzurra? » chiese Sherlock, con un sorrisetto indisponente.

Victor gliela lanciò addosso con poca grazia, tenendo per sé una rossa.

« Non vi sembra di essere fin troppo teatrali? » chiese lo stregone dell’aria, fissando l’indumento di seta e sentendo un’insolita mancanza per le buffe casacche di John.

Jim rise « Perché rinunciare ad un tocco di teatralità? Stiamo per conquistare tutte le terre di questo regno, preferisco che queste gesta vengano narrate evidenziando ogni dettaglio. Non c’è niente che faccia più presa sul popolo stolto, che qualcosa che venga raccontato nei particolari, anche narrando come gli stregoni che scacciarono l’infido Re, erano vestiti di seta colorata e salvarono la magia »

Sherlock trattenne una smorfia, che avrebbe espresso ogni perplessità sulla necessità di mettere lo stile davanti al risultato, ma si era riproposto di non calcare troppo la mano, per non farli insospettire, così tenne per sé il commento sarcastico sul fatto che stavano realizzando una profezia di cui si sapeva poco niente e di certo nessuno ricordava com’era vestita la strega pazza. Inoltre, Moriarty non sapeva che c’era un Consigliere della famiglia Holmes il giorno in cui venne pronunciata la profezia. Quello che nemmeno lo stregone dell’acqua sapeva era che gli Holmes trasmettevano ai figli la parte mancante della profezia, l’esistenza della formula conclusiva. Mycroft era stato informato in quanto primogenito e stregone del fuoco, mentre Sherlock ne era rimasto all’oscuro, per un eccesso di prudenza dei genitori. Sicuramente sapeva qualche dettaglio in più di quelli che normalmente giravano in ambiente magico, ma non era a conoscenza di questo asso nella manica custodito gelosamente dalla famiglia.

Stava iniziando ad infilarsi la veste, quando sentirono i passi pesanti di alcune guardie che stavano correndo nella direzione della Sala del Trono.

Jim si trasformò prontamente nel Re, mentre Irene e Sherlock si ritirarono in disparte, dietro una delle tende. Una delle guardie bussò e solo dopo la regale concessione di Moriarty, entrarono nella sala.

Sherlock ebbe un leggero tremito, temendo che qualcosa fosse andato storto e avessero catturato qualcuno dei suoi amici.

« Sire » esordì la guardia « La Principessa si è presentata all’ingresso e chiede di parlare con suo fratello »

Victor e Jim si scambiarono uno sguardo stupito, poteva essere vero come essere un’idea dell’ex Consigliere Reale.

« Fatela entrare » ordinò Moriarty, senza aspettare il consenso del Principe. Le guardie obbedirono e sparirono dalla sala, pronte a scortare la principessa al cospetto del loro Re.

« Non pensi sia pericoloso? Se non fosse sola? » chiese Victor.

« Stiamo parlando di tua sorella, dimmelo tu »

« Non credo complotterebbe per uccidermi, ma non penso nemmeno sia molto felice della scomparsa di nostro padre »

« Vorrà convincerti a desistere, mi sembra ovvio » rispose Jim, quasi annoiato.

Il Principe si morse un labbro, non era un’idea tanto sbagliata, era credibile che Mary potesse cecare di portarlo da quella che lei credeva essere la parte giusta. La perfetta principessa Mary, l’unica degna al trono secondo suo padre, non si lasciava comandare da nessuno, nemmeno da Mycroft. Era più che probabile che avesse deciso di venire a parlare con lui.

« In ogni caso » aggiunse Moriarty « Teniamoci pronti ad eventuali attacchi »

« Le guardie hanno abbondanti scorte di polvere per togliere i poteri, noi pure. E’ impossibile che Mycroft possa riuscire a riprendere il controllo del Palazzo. Aiutato da chi, poi? La piccola damigella Molly e lo sceriffo che non arresterebbe un ladro nemmeno se glielo indicassero? Hai ragione, sono tranquillo » rispose il Principe, riprendendo un’immotivata baldanza.

Dal suo angolo Sherlock osservava la scena, attento a mascherare ogni pensiero, temendo che la strega dell’acqua potesse leggere quello che gli passava per la testa.

L’arrivo di Mary era un piano di Mycroft o una scelta sconsiderata? Nel caso le cose iniziassero a precipitare, doveva rischiare la copertura per salvarla o abbandonarla al suo destino?

Odiava non sapere, ma sperava vivamente che avrebbe capito tutto non appena la ragazza avrebbe messo piede nella stanza.


***** *****
Angolo autrice:
Ciao a tutti, questo è un capitolo più “riflessivo” diciamo, prima della battaglia finale.
Un grazie per la pazienza, non riesco ad aggiornarla con la frequenza che vorrei, ma spero si riesca comunque a seguirla.
Un abbraccio,
alla prossima!


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Capitolo 16
*** Tutti contro tutti ***



Tutti contro tutti


La Principessa avanzò fiera, a passi regali, fino a raggiungere il trono. Due soldati vigilavano al suo fianco a spade sguainate, per scortarla davanti al finto Re. Gli uomini credevano che Mary si fosse alleata con degli stregoni, o almeno così era stato riferito dal Principe, e nessuno aveva osato chiedere chiarimenti.

La ragazza mantenne lo sguardo fisso verso Victor, non aveva paura e non sarebbe ritornata sui suoi passi; era lì per tentare di far ragionare suo fratello, per fargli capire quanto fosse assurdo quello che stava portando avanti.

Abbozzò un leggero sorriso, col proposito di ricordare a Victor tutti gli anni che avevano vissuto assieme. Non era sua nemica, era sua sorella, l’unica persona che era sempre stata dalla sua parte.

« Potete andare » intimò il Principe alle guardie, che subito si voltarono e lasciarono la Principessa al centro della sala.

« Corri un bel rischio ragazza » commentò il finto Re, che aveva ripreso le sembianza meno regali di Moriarty, non appena la scorta si era congedata.

« Non è la mia guerra questa, voglio solo parlare con Victor » ribatté prontamente, scandendo ogni parola.

Moriarty abbozzò un sorriso « Prima vorrei sapere che fine ha fatto il Consigliere Reale, poi potrai portare avanti il tuo patetico tentativo di convertire Victor »

«L’ho abbandonato appena uscito dal palazzo. Come ho detto, questa non è la mia guerra »

« Davvero? » chiese Victor duro, facendo ricredere Mary sul poter convincere quell’uomo, così diverso dal fratello con cui era cresciuta, a tornare dalla sua parte. Si ritrovò a chiedersi se fosse mai stato dalla parte giusta. « Irene, potresti venire qui e dare un’occhiata alla mente della Principessa? » chiese lui, voltandosi verso l’angolo dove erano nascosti Sherlock e la strega.

Il moro mantenne la calma, non aveva idea di quanto fosse brava Irene a sentire i pensieri altrui e quanto potesse essere capace Mary di evitare le intrusioni magiche, ma se era in moto un qualche piano, non poteva rischiare che tutto venisse rovinato. Prese Irene per il polso, un tocco leggero che la fece sussultare. La strega si voltò verso Sherlock, giusto il tempo di sentire rimbombare nella sua testa “Volevi un’occasione per redimerti? Eccola qui, non capita a tutti una seconda possibilità”.

La strega boccheggiò per un attimo e poi abbandonò il luogo dove erano nascosti e si avviò al fianco del Principe.

Mary mantenne la calma, non era debole e poteva vedere quanto Irene fosse spaventata, anche da quella distanza. Si fissarono negli occhi, l’una sfidando l’altra, in un confronto che poteva rivelarsi fatale per la Principessa o per la buona riuscita del piano.

Sherlock osservava in silenzio la scena, nell’ombra della sua postazione. Era tutto un gioco di sguardi: Victor che osservava cauto la sorella, Moriarty che vigilava attento, Irene e Mary che si studiavano a vicenda.

Irene fu tentata di voltarsi verso lo stregone dell’aria, non del tutto sicura di cosa avesse voluto significare l’ultima frase che gli aveva rivolto. Le stava davvero chiedendo di mentire? Di boicottare il piano di Jim? Poteva essere l’unica occasione che aveva per liberarsi da quel gioco diventato troppo grande di lei.

Sorprendentemente non dovette del tutto mentire, la mente della principessa sembrava vuota, probabilmente aveva preso qualche infuso di artemisia e assenzio che impediva di rivelare quello che stava pensando.

« Dice la verità » sentenziò la strega dell’acqua « E’ qui solo per suo fratello »

Moriarty non apparve stupito, anzi un leggero lampo di trionfo attraversò l’iride scura dello stregone e con un gesto acconsentì che Mary e Victor si ritirassero a parlare in privato. I due si allontanarono dalla sala, seguiti dallo sguardo indagatore di Sherlock e quello nervoso di Irene.

« Bene » fece Moriarty, alzandosi di scatto dal trono « Sarà meglio che iniziamo a prepararci e che ognuno prenda posto sulla  propria torre »


***** *****


Tutto taceva per i corridoi del Palazzo, un silenzio quasi irreale, come se anche le mura fossero in attesa degli eventi che avrebbero per sempre cambiato il mondo conosciuto.

Le guardie erano nervose, sentivano che c’era qualcosa che non capivano, qualcosa che stonava nel Re e nel Principe. Ancora più folle era sembrato che la Principessa si fosse alleata con degli stregoni per complottare contro il proprio padre, ma nessuno dei soldati aveva avuto il coraggio di ribellarsi a quanto stava accadendo o quantomeno aveva avuto l’ardire di chiedere spiegazioni.

Le segrete erano ben presidiate, sapevano che vi era l’accesso nascosto, che era già stato usato dai presunti cospiratori, ed era l’unica via per entrare nel Palazzo, escludendo, ovviamente, la porta principale.

Due delle guardie stavano parlottando tra loro, quando la porta d’accesso alle segrete di aprì, rivelando il Principe Victor, che scese le scale un gradino alla volta fino a raggiungere i due uomini. Entrambi deglutirono e portarono le mani alle spade e al sacchetto di polvere magica: gli era stato intimato di diffidare di chiunque, c’era una strega capace di trasformarsi in giro e aveva già impersonato il Principe poche ore prima.

« Vostra Altezza » iniziò l’uomo, balbettando « Dobbiamo chiedervi la parola d’ordine »

« In realtà » rispose con sdegno «Dovreste dirmi una frase in codice e io dovrei completarla, altrimenti come faccio a sapere che voi siete davvero le mie guardie? » concluse, con evidente fastidio per la stupidità dei sue soldati. I due si fissarono tra loro prima di porre il quesito, un secondo di distrazione che costò alla prima guardia una botta in testa e all’altra un incantesimo che lo spedì a sbattere contro il muro.

« Anthea! » gridò la figura del principe Victor, che magicamente si stava abbassando e smussando i lineamenti,  riprendendo le sembianza  femminili della strega Molly « Il tuo piano ha funzionato, le informazioni che ci hai dato sono state preziose, sono entrata assieme a Mary come guardia e… »

La consigliera scosse il capo, poggiando una mano sulla bocca della damigella per zittirla « Prima che tu dica qualcosa di allegro, ti avviso che è stato tutto troppo facile. Non va bene. Il fatto che tu sia riuscita a mimetizzarti tra le guardie ed entrare con Mary era una cosa, il fatto che ci fossero soltanto due sodati idioti a presidio delle segrete e che non si siano accorti che ero nascosta qui, è ben più strano »

« Quindi? » rispose la strega, guardandosi alle spalle preoccupata.

« Non lo so. Diamo il segnale di via libera, lasciamo che ci pensi Mycroft »


***** *****


Non molto lontano dal Palazzo e dagli eventi che stavano accadendo in rapida successione, lo sceriffo Lestrade stava salutando un carro che si stava avviando lungo il sentiero che dal Borgo portava al villaggio più vicino; aveva da poco messo la sua famiglia su quel carro ed era pronto a tornare al nascondiglio sicuro, dove Mycroft gli aveva detto che avrebbe ritrovato tutti.

Aveva visto nello sguardo dello stregone, che Mycroft gli stava nascondendo qualcosa, ed era abbastanza sicuro che ad attenderlo avrebbe trovato soltanto una stanza vuota, ma confidava di sbagliarsi e che lo avrebbero atteso per mettere in atto il piano. Era certo che Anthea avrebbe trovato il modo di farli entrare e le capacità trasformiste di Molly gli avrebbero permesso di ingannare le difese nemiche, e lui voleva essere con loro, combattere, aiutarli, fino alla fine.

Ogni speranza fu distrutta dal constatare che la stanza dove poco prima i suoi compagni erano nascosti, era, appunto, vuota. Non poteva i correre a Palazzo, non conosceva il piano e rischiava di rischiava di mandare tutto all’aria. Trattenne un verso di fastidio e biasimo nei confronti di Mycroft, per averlo lasciato indietro ma capì che anche se era bloccato al di là dell’azione, poteva comunque essere utile.

C’era il popolo, gli onesti uomini del Borgo, che da troppo tempo vivevano una realtà ovattata, costretti a perdere valorosi figli in giro per la contea a caccia di stregoni che non avevano alcuna intenzione di nuocere alle loro esistenze. Vivevano da sempre nel timore del Re, ma era giunto il momento che anche loro facessero la loro parte e aiutassero chi li voleva proteggere e difendere: gli stregoni che  nonostante le cose atroci che le persone non magiche avevano fatto nei loro confronti, erano pronti a combattere per loro.

Radunò alcuni degli uomini più fidati che aveva e gli disse di chiamare tutti a raccolta alla Locanda della Signora Hudson; prima del tramonto avrebbero dato battaglia.


***** *****


Mary e Victor da alcuni minuti si stavano studiano, in silenzio, nella stanza del Principe. La ragazza sperava che il fratello avrebbe dato qualche segno di cedimento, qualcosa che rendesse evidente che aveva imboccato una strada sbagliata per colpa di quel Moriarty, che fosse ancora il ragazzino con cui era cresciuta.

« Victor » iniziò cauta « Perché non me lo hai mai detto che sei uno stregone? Credevi che non ti avrei capito? » chiese lei, con una leggera disperazione che trapelava dagli occhi e dal labbro inferiore, tremante di aspettative.

« Nostro padre uccideva gli stregoni » rispose il Principe, senza battere ciglio.

« Nostra madre… »

« Tua madre » la interruppe con fastidio e sdegno, perché lui non era il figlio della Regina ma di una scappatella del Re.

La Principessa sembrò ferita. Mycroft gli aveva raccontato la verità sulle origini del fratello, ma non credeva che lui potesse essere così ingrato da rinnegare la donna che lo aveva accudito «Ti ha cresciuto come fossi suo figlio, ed è stata uccisa da una strega » ribatté lei, più concitata.

« Mia madre. Quella strega era mia madre »

La verità colpì Mary come una spada « Oh, ora è tutto chiaro » affermò, parlando più a se stessa che con Victor. Il fratello che credeva di avere non era mai esistito, era solo una finzione, il loro legame di sangue contava poco o niente per lui. Aveva sperato, aveva creduto che per lui ci fosse ancora una possibilità, ma ogni secondo che passava in quella stanza con lui, capiva che la fiducia che aveva riposto nel fratellino andava sgretolandosi  « Sei già andato molto oltre, ma sei ancora in tempo per fermarti » tentò Mary, un’ultima volta.

« Perché dovrei farlo? »

« Perché se non lo fai da solo, verrai fermato »

« Riponi troppa fiducia in quello stregone, Mary » ribatté lui, leggermente più nervoso.

« Non è da solo, e sono molto più uniti e motivati di voi »

Victor scrutò negli occhi chiari di Mary, ma lo sguardo non era quello di chi stava mentendo o stava per crollare  « Se tu fossi potente come Mycroft, avresti previsto quello che sta per accadere » continuò lei, gettando lo sguardo verso la finestra.

Victor rivolse l’attenzione verso l’unica apertura sulla vita del Borgo che aveva avuto durante la sua vita. Per un attimo le sue sicurezze vacillarono e la principessa pensò davvero che sarebbe bastata quella distrazione per poterlo colpire e mettere a riposo,  ma Victor era comunque uno stregone potente, vissuto per anni nel rancore e nella diffidenza. Un gesto della mano e Mary si ritrovò a terra stordita. « Non ti credevo così stupida »

La Principessa si toccò il capo, temendo di aver sbattuto da qualche parte, ma non c’era sangue sulle sua mano. Victor non indugiò oltre, lasciò la sorella a terra e si diresse filato alla porta, per avvisare Moriarty che Mycroft stava per attaccare in qualche modo, la aprì ma fece in tempo soltanto a vedere una strana luce e cadde all'indietro.


***** *****


Sherlock e Irene si divisero, ognuno diretto verso la propria torre. La strega dell’acqua appoggiò una mano sullo stipite della porta che l’avrebbe portata verso il suo destino. Lanciò un ultimo sguardo alla sala del Trono e lasciò andare un profondo respiro, mentre osservava quello che credeva aver sempre voluto. Cercò con lo sguardo Sherlock dall’altra parte della sala e per un attimo pensò di gridare qualcosa, voleva che le dicesse esattamente cosa fare, perché lei non sapeva come comportarsi, lei che aveva sempre avuto la situazione sotto controllo.

Lo stregone non ricambiò lo sguardo, perché Jim li stava guardando e non voleva tradirsi in alcun modo, mostrando anche una piccola emozione che non avrebbe dovuto avere. Anche lui non aveva la situazione sotto controllo, non era così chiaro il piano di Mycroft, da permettergli di capire come comportarsi, per cui si limitò a seguire le direttive di Moriarty, confidando negli altri, cosa davvero difficile per lui, che per tanto tempo era stato solo, affidandosi soltanto a se stesso.

Quando giunse nel corridoio che lo avrebbe portato alla scala a chiocciola, sentì il rumore di passi felpati, qualcuno si stava dirigendo nella sua direzione. Erano passi leggeri e veloci, che sembravano essere proprio quelli di John, del suo John che non vedeva da quella che gli sembrava essere stata un’eternità. L’ultima volta si erano baciati in sogno e da allora aveva contato le ore che mancavano all'equinozio, soltanto perchè sapeva che lo avrebbe rivisto. Voltò l’angolo allegro e nervoso e accolse con un sorriso la vista dello stregone dell’acqua.

« John » esclamò abbracciandolo d’istinto « Dove sono gli altri? » chiese, leggermente stranito. C’era qualcosa di diverso nello stregone dell’acqua.

« Sherlock, ti stavo cercando » rispose il biondo, con una curiosa espressione che per un attimo destabilizzò lo stregone.

“Sta mentendo” pensò il moro tra sé, la felicità di un attimo prima lo travolse per quanto era stato ingenuo.

« Oh, Sherlock, dovresti vedere la tua faccia delusa » commentò John, un attimo prima che i capelli cambiassero colore, diventando più scuri come gli occhi, e prendesse le vere sembianze di Moriarty.

Lo stregone della terra non riusiciva a trattenersi dal ridere « Sei stato lento, Sherlock. Così lento. Credevi davvero che io potessi essere così stupido e manovrabile? »

Il moro si allontanò dallo stregone della terra, che in risposta si mise a passeggiare teatralmente in cerchio.

« Ho dovuto fare un po' di teatro. Non avevo una parte della profezia, quella che viene tramandata di Holmes in Holmes. Dal tuo sguardo, vedo che non ne sapevi niente » aggiunse ridendo.

Sherlock indugiò un attimo di troppo su quel pensiero. Tanto per cambiare, Mycroft gli aveva tenuto nascosto qualcosa di importante.

Moriarty notò l'espressione confusa dipinta sul volto del suo interlocutore e non poté che gioire nel sapere che ancora una volta era stato il più intelligente di tutti « Victor non aspettava altro che un fratello che lo capisse e che gli potesse promettere il potere; Irene era solo una pedina, una donna disillusa che puntava alla posizione sociale. E’ stato facile manovrarli e lo è stato anche con te e Mycroft; avete fatto tutto quello che mi aspettavo, ho dovuto soltanto guardarvi danzare » aggiunse con un sorrisetto e simulando una piroetta «Quasi tutto, a dire la verità. Speravo davvero di portarti dalla mia parte, ma a quanto pare ti sei accorto che il tuo cucciolo non era morto per davvero »

« Cosa credi di fare, adesso? » chiese lo stregone, preparandosi a caricare una sfera d'aria per la battaglia che si aspettava sarebe seguita a quella rivelazione.

« Questo » rispose pigramente Jim, lanciando un incantesimo che lo fece evaporare in una nuvola di fumo.


**** ****
Angolo autrice
Il mio ritardo è ancora una volta imperdonabile, ma questa parte si sta rivelando un po’ difficile da scrivere. Spero di essere stata chiara e con il ritmo giusto. Ho deciso di fare qui il taglio del capitolo perché mi sembra di aver già messo troppa carne al fuoco (e altrimenti rischiavo di non aggiornare nemmeno oggi).
Grazie a chi continua a seguire, un grande abbraccio!

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Capitolo 17
*** Scelte ***


SCELTE



Le scelte determinano il futuro, quale bivio della vita prendere: scegliere di perdonare invece che coltivare il rancore, scegliere di combattere invece di fuggire o nascondersi. Non ci sono scelte per forza giuste o sbagliate, e nessuno potrà dirti la strada da seguire”. Queste parole, pronunciate dolcemente, ritornavano nella testa di Mycroft Holmes, come un consiglio e un supporto. La madre dei due Holmes era sempre stata da esempio e da incoraggiamento, sapeva che un giorno i suoi figli sarebbero stati determinanti nella lotta tra bene e male, lo sentiva, come sapeva che non sarebbe più stata in vita per vedere il loro destino compiersi.

Mycroft si sentiva come l’anziana strega della profezia, che aveva messo da parte ogni ambizione personale e facendo leva soltanto sul proprio coraggio e sprazzi di visioni del futuro, aveva corso il rischio di privare il mondo della magia, relegandola a un eco lontano, per evitare che tutti piombassero nell’oscurità che la guerra magica stava provocando. Lui stava per fare l'esatto opposto: aveva sacrificato tutto per poter donare al mondo, nuovamente, la magia. I tempi erano maturi e gli Ordini avrebbero ristabilito la naturale armonia che mancava da troppo tempo.

Il maggiore degli Holmes aveva fatto tante scelte discutibili, guardando indietro non riusciva ad assolversi per molti degli avvenimenti che non era riuscito ad impedire, nella convinzione che ristabiliti gli Ordini ogni cosa sarebbe andata al proprio posto.  

Luci ed ombre, bianco e nero, la partita non era così netta, ma sentiva che ogni cosa sarebbe stata superata, una volta compiuto il suo percorso.

Mycroft e John apparvero dalla nicchia nascosta nelle segrete, dove Anthea e Molly attendevano istruzioni dallo stregone su come comportarsi. Era evidente che i nemici li avevano lasciati entrare senza opporsi e speravano che lo stregone del fuoco avesse già in mente un ulteriore piano per far fronte all’imprevisto.

« Temevo ci stessero aspettando » commentò, una volta che le due donne ebbero spiegato l’accaduto « O meglio, sapevo che Moriarty ci avrebbe fatto passare, non temete » commentò senza dare la possibilità che il panico si impadronisse dei presenti.

« Quando pensavi di dircelo? » sbottò John, non rivelando però ansia o preoccupazione, ma solo determinazione.

John Watson per trentaquattro anni della propria vita, aveva scelto di essere quello che gli altri si aspettavano: un bravo figlio, un fratello coscienzioso, un instancabile lavoratore. Aveva messo da parte i primi timidi sprazzi di magia per non spaventare la madre, non si era arruolato nell’esercito per non abbandonare la sorella e non aveva mai lasciato il villaggio. Fortunatamente, un giorno come tanti, aveva scelto di aiutare Sherlock Holmes; avrebbe potuto tirare dritto o rifiutarsi di accompagnarlo al Borgo. Avrebbe potuto lasciare che si arrangiasse da solo, invece lo aveva aiutato in tutti i modi possibili.

Non era più John Watson, villico tuttofare, era John Watson stregone dell’acqua che combatteva per la parte chiara della magia e, naturalmente, per l’unica persona che lo aveva completamente travolto senza dargli il tempo di pensare a quello che stava accadendo.

Mycroft esibì un mezzo sorriso, che voleva essere una sorta di approvazione per John e quello che rappresentava, la salvezza del fratello, ma non esternò nessun sentimento a voce alta « E’ tempo che affrontiamo i tre stregoni » esclamò soltanto, lasciando la domanda dello stregone dell’acqua sospesa in aria.

« Se posso » intervenne Anthea « Hanno già depositato le sacche magiche sopra le torri, dobbiamo sbrigarci »

« Quindi cosa stiamo aspettando? » chiese John.

« Un diversivo » rispose Mycroft, come se fosse la cosa più ovvia.


***** *****


Lestrade era stato, per tanto tempo, un uomo lontano dalle vicende politiche e sociali. Aveva vissuto la sua vita in maniera ordinaria. Si era arruolato, aveva sposato una delle ragazze più belle del Borgo e avevano avuto due splendidi figli. Non aveva mai dato importanza alle leggende, né al pericolo che gli stregoni potevano causare. Non gli importava perché non erano cose che lo riguardavano. Era un uomo pratico, pragmatico, finché un giorno capì che aveva non aveva mai vissuto davvero la sua vita e che c’era qualcosa di più importante che condurre pigramente la propria esistenza, passando da casa alle taverne e di nuovo a casa.

In quel preciso momento, lo sceriffo Lestrade era in piedi su un tavolo della Locanda di via dei Panettieri, con estremo disappunto della signora Hudson che avrebbe dovuto pulire tutta la confusione che le persone che si erano radunate stava provocando.

« E’ tempo che il Borgo reagisca, è tempo che combattiamo per il nostro futuro, i nostri figli o semplicemente perché le cose come sono non ci vanno più bene » gridò Greg, alla fine di un lungo discorso.

Non erano soltanto onesti lavoratori, erano persone che negli anni si erano fidati e affidati allo sceriffo, erano persone di valore che lo avrebbero seguito in battaglia, perché sapevano che era giusto, che non bastavano i Giochi per distrarli dalle tasse, dai loro figli mandati in guerra senza più fare ritorno, dalla minaccia sempre più tangibile dei briganti che si stavano radunando a sud.

Mezz’ora dopo erano sotto le mura del Palazzo Reale, tremanti ma risoluti. Spade, lance, fiaccole, ogni arma che erano riusciti a recuperare era nelle loro mani. Persino un ariete per buttare giù le porte, o più che altro per distrarre il grosso delle guardie reali, mentre gli altri entravano per i passaggi segreti o scalavano le alte mura.

Il diversivo di cui Mycroft aveva bisogno era in atto e le guardie erano distratte, raggiungere le torri senza grossi spargimenti di sangue ora sarebbe stato possibile.


***** *****


Mary fece leva sui gomiti per alzarsi, prima che la persona che aveva gettato l’incantesimo che aveva sbattuto sul pavimento Victor, con poca grazia, le riservasse lo stesso trattamento.

« Non temete principessa, sono qui per rimediare » Le parole uscirono al contempo fredde e cariche di emozione dalla bocca di Irene Adler, come se volesse mantenere la sua altezzosa superiorità ma non riuscisse più a celare quello che stava provando.

Irene Adler aveva fatto tante scelte sbagliate, aveva determinato in minima parte gli eventi sfavorevoli che avevano portato al confronto tra la magia chiara e la magia oscura, ma adesso poteva fare la differenza, poteva scegliere da sola la strada giusta, senza aspettarsi niente in cambio; alla fine, aveva trovato il coraggio di seguire quelle che sembravano essere le scelte giuste.

Mary prese la mano che la strega le stava porgendo per aiutare ad alzarsi; si trovarono faccia a faccia e le due donne si fissarono a lungo negli occhi, finché Mary ruppe il silenzio « Perché lo fai? Prima hai mentito per aiutarmi e ora questo » fece indicando il corpo svenuto del fratello « Perché? »

« Perché non avevo mai incontrato qualcuno che riponesse una vera fiducia in me » rispose, tradendo quell’emozione che cercava di nascondere. Mary sorrise leggermente « Sarà meglio legare Victor allora, con qualche magia, vorrei evitare di ritrovarmelo tra i piedi ».


***** *****


Jim Moriarty e Sherlock Holmes erano due uomini che si erano trovati ad affrontare un destino avverso e per qualche tempo avevano anche condiviso delle scelte simili. Entrambi avevano passato una vita solitaria, incompresi, diversi, a volte derisi. Entrambi si erano trovati a vivere alla giornata, girando nei boschi, con il rancore a fargli da compagnia.

Jim Moriarty aveva fatto soltanto scelte sbagliate, perché non era stato capace di vedere quello che di buono la vita poteva offrire. Sherlock Holmes aveva solo sbagliato un bivio nel percorso della propria esistenza ma era prontamente rientrato in careggiata quando il primo raggio di sole, nelle vesti del buon John Watson, avevano aperto uno spiraglio di luce nell’altrimenti grigia vita che stava conducendo.

I venti del Nord non erano mai riusciti a dominarlo del tutto.

« Cosa credi di fare, adesso? » fece Sherlock.

« Questo » disse pigramente Jim Moriarty, lanciando un incantesimo che lo fece evaporare in una nuvola di fumo.

Sherlock tossì ripetutamente, fissando il punto in cui lo stregone era sparito. Non aveva tempo per imprecare contro Mycroft che gli aveva tenuta segreta l’ennesima informazione, poteva però usare la logica ed evitare le conseguenze negative del piano che Moriarty aveva messo in atto,  in modo da fare in tempo per l’equinozio.

Chiuse gli occhi, svuotò la mente e si concentrò soltanto sulle sensazioni. La sua magia non derivava soltanto dall’intelletto, c’erano le emozioni che gli permettevano di andare oltre all’ordinario. Non aveva mai conosciuto uno stregone dell’aria al di fuori di se stesso e non sapeva tutto quello che avrebbe potuto fare, ma sentiva che se si fosse lasciato andare, se fosse stato in grado liberare la propria energia mantenendo il controllo, allora sarebbe stato finalmente uno stregone completo.

Pensò a John, pensò a tutto quello che di buono c’era stato nella propria vita, pensò a Barbarossa che gli correva incontro, pensò a tutto quello che di buona avrebbe potuto fare se fosse rimasto vivo. E la magia accadde: lo stregone dell’aria riuscì a percepire dove si era materializzato Jim. Era nella sala principale e stava recuperando un antico manufatto che aveva nascosto sotto il trono del Re. Sherlock si librò in aria sicuro e volò per i corridoi, liberi dalle guardie troppo occupate a far fronte alla rivoluzione popolare. Sentiva la magia scorrere fluente e armoniosa in lui. Avrebbe bloccato Moriarty e avrebbe realizzato la profezia, sentiva che poteva farlo, i venti del Sud erano di nuovo suoi amici.

Spalancò le porte della sala del Trono con un gesto dalla mano e planò dolcemente, con le vesti che ancora ondeggiavano in aria.

« Scusa, non so resistere a un tocco di teatralità » fece il moro.

« Non ho tempo per queste sciocchezze » commentò Moriarty, brandendo qualcosa che sembrava una spada con impresso il marchio della terra « Devo recuperare una formula magica dal cadavere di tuo fratello » concluse.

« Non puoi realizzare la profezia. Non hai uno stregone dell’aria, Moriarty. E credo tu abbia perso altri pezzi per strada »

« Tra sei mesi ci sarà un altro equinozio, piccolo Holmes »

Sherlock lanciò una serie di sfere d’aria che Jim evitò, lanciando a sua volta sfere di roccia. Lo stregone dell’aria lanciò un incantesimo per immobilizzare il suo nemico, ma la magia venne bloccata dalla spada che Moriarty brandiva con fare compiaciuto.

« Spada magica, degli antichi maestri dell’Ordine della terra. Arrenditi, non sei in grado di uccidermi. Credevo avessi qualcosa di oscuro, invece sei solo un altro burattino della magia chiara » affermò sprigionando dalla spada una stregoneria che avrebbe investito Sherlock senza dargli la possibilità di salvarsi.

Ma una voce gridò e qualcuno si gettò a fare da scudo tra la maledizione e lo stregone dell’aria.

Il corpo di Irene Adler volò all’indietro, finendo tra le braccia di uno sconvolto Sherlock.

« Che noia » commentò Moriarty alzando gli occhi al cielo « Ma ora so cosa fare » fece, sparendo in uno dei corridoi dietro al trono.

Mary era rimasta in piedi, con una mano a coprire la bocca e gli occhi verso il corpo senza vita di Irene, finché non li alzò per incontrare quelli di Sherlock.

« Ha scelto di aiutarci » fece la bionda, ammirata dal gesto estremo della strega. Sherlock annuì, ma lo sguardo era fisso verso il corridoio dove era scomparso Moriarty.


***** *****


Come in una lunga ed estenuante partita a scacchi, i pezzi si stavano sistemando sulla scacchiera per la mossa finale.

Jim Moriarty aveva calcolato tutto, ogni mossa, ogni magia, ogni reazione. Solo il comportamento di Sherlock era sfuggito alle sue previsioni. Sarebbe stato più facile se il minore degli Holmes fosse stato dalla sua parte, ma era fin troppo imprevedibile lo stregone dell’aria, mutevole com’erano i venti che comandava. Ora aveva capito cosa fare, non poteva ancora eliminarlo, aveva bisogno di lui, era l’unico stregone dell’aria presente, non aveva delle riserve per realizzare l’incantesimo.

Lo stregone della terra sapeva quale sarebbe stato il teatro dello scontro finale, non poteva essere altro luogo che le torri del Palazzo. Gli altri sarebbero andati lì, nella speranza di compiere il rituale prima del suo arrivo. Erano fin troppo prevedibili e con le guardie distratte dal fragore al di là delle mura del Palazzo, non c’era altra ragione per non cercare di compiere il rituale.

L’aria era elettrica, gli eventi che avevano condotto a quel preciso momento si erano mossi perché le figure in gioco realizzassero quello che era stato predetto tanto tempo prima, ma nemmeno la vecchia strega sapeva quale previsione si sarebbe realizzata.

Molly, John e Mycroft avevano salito ogni singolo gradino con trepidante attesa, senza sapere quello che sarebbe accaduto. A disposizione avevano soltanto la loro magia, ancora rudimentale per John, pietre e piante magiche e delle misteriose sacche.

Arrivati in cima alle torri sentivano che l’aria stava cambiando, l’umidità della sera era appena percepibile. John si voltò verso la torre est, nella speranza di vedere due occhi chiari e una chioma corvina ma restò deluso, Sherlock non era ancora arrivato. Nemmeno per un secondo la sua preoccupazione si rivolse verso l’impossibilità di realizzare la profezia senza uno stregone dell’aria, pensò soltanto che ogni secondo di ritardo poteva voler dire che gli era successo qualcosa.

Si voltò allora verso Mcycroft, che sembrava condividere la stessa preoccupazione e poi verso Molly, che era appena giunta in cima alla propria torre. Anche lei sembrò smarrita, quando notò l’assenza dello stregone dell’aria.

« Arriverà » gridò Mycroft « Ama essere teatrale »

John alzò un sopracciglio di preoccupato assenso, finché sentì un urlo provenire dalla torre Nord, a presidio dell’elemento terra. Qualcuno era in cima alla torre con Molly e dopo pochi scambi di incantesimi, la ragazza aveva avuto la peggio ed era stata scaraventata giù dalla torre. Iniziava ad essere buio, erano troppo vicini al crepuscolo e lo stregone dell’acqua non riuscì a scorgere dove fosse caduto il corpo della strega della terra.

« Allora, Mycroft » gridò la voce dell’uomo che aveva gettato Molly dalla torre, la voce di Jim Moriarty « Adesso cosa farai? Ti sono rimasto solo io come stregone della terra. Farai risorgere la magia o lascerai che il tuo mondo crolli in rovina? »

« Progettavi questo fin dall’inizio? » chiese John, tremante di rabbia.

« Non ho mai riposto fiducia in Irene e Victor e avevo bisogno degli Holmes, a quanto pare. Senza la parte segreta dell’incantesimo, niente era realizzabile. Speravo che Sherlock sarebbe stato dalla mia parte, ma quando ho capito che non sarei riuscito a piegarlo ho capito anche che non sarei riuscito a entrare in possesso dell' incantesimo degli Holmes. Tu, Mycroft, non me lo daresti mai spontaneamente. Immagino tu abbia già distrutto la formula e senza la possibilità di fare leva sul tuo rapporto fraterno non mi resta altro che cambiare la squadra.

Mycroft non disse una parola e non mosse un muscolo, per cui John si sentì in obbligo di rispondere « Penso di poter parlare anche a nome di Sherlock affermando che non parteciperemo mai a qualcosa che coinvolga te »

« Davvero piccolo John? Il mondo come noi lo conosciamo sta collassando: guerre, lotte, briganti. I raminghi del Sud invadono quotidianamente nuovi villaggi. Come sta tua sorella? »

« Questo non c’entra » urlò, mentre una piccola brezza gli scompigliava i capelli. 

« Tre quarti di magia bianca è meglio di niente, non vuoi mettere le cose a posto? Lo sa anche Mycroft che questo è il luogo e il momento, non ci sarà una seconda opportunità per far risorgere la magia. E’ per questo che l’ex Consigliere Reale non apre bocca, sa che è così »

John si voltò, orripilato. Moriarty non poteva parlare sul serio e di certo non vi avrebbe preso parte, anche se il pensiero di sua sorella al villaggio e di quello che era accaduto ai genitori d Sherlock e tutti gli episodi di brigantaggio e violenza a cui aveva accennato Jim, causarono in lui una crisi di coscienza. Qual era la scelta giusta?  Lasciare le cose come stavano, con un Regno indebolito dalla morte del Re e dalle ribellioni interne o portare a compimento la profezia con Moriarty, preoccupandosi in futuro del ruolo che uno stregone oscuro poteva avere? Non poteva contare su Mycroft, lo riteneva troppo fissato sulla profezia per fare la scelta giusta; forse avrebbe preso la decisione più logica, portando a termine il loro destino e confidando che sarebbero riusciti ad arginare in futuro Jim Moriarty. Ma se poi non fosse stato così?

Una figura volò attorno alla torre est, portando qualcosa in braccio. John non fece fatica a riconoscere Sherlock e la dolce Molly aggrappata a lui, ancora viva.

« Uuuuh, hai imparato a volare molto bene, piccolo stregone » gridò Moriarty.

« Molly è viva e tu sei inutile, arrenditi Moriarty » ribatté lo stregone dell’aria dall'alto della propria torre.

Jim non si sarebbe mai arreso così; con un rapido gesto di entrambe le mani, si preparò a scatenare un terremoto che avrebbe distrutto il Palazzo. Se non poteva far parte della profezia, allora nessuno l’avrebbe realizzata e sarebbe morto anche lui tra le macerie del Palazzo e del sogno degli Holmes.

L’arrivo contemporaneo di sfere di fuoco, acqua, aria e roccia nella direzione dello stregone, posero definitivamente fine ad ogni suo tentativo. Il corpo di Moriarty volò all’indietro e questa volta nessuno stregone dell’aria avrebbe frenato la sua caduta.

« Molly, ti porto sulla tua torre » fece Sherlock sbrigativo, prendendola con poca grazia per un fianco, spiccando il volo e lasciandola cadere sulla cima della torre Nord.

Il momento  che sembrava non arrivare mai, finalmente era giunto. I quattro stregoni presero un profondo respiro e  rivolsero i palmi delle mani verso la torre corrispondente al punto cardinale opposto al proprio; Sherlock non poté evitare un mezzo sorrisetto nel rivolgerle verso John.

Ancora un respiro e poi ognuno di loro iniziò a recitare la formula magica impressa sulle sacche magiche lasciate tanto tempo prima dall’anziana strega. Quando finirono di ripeterla tre volte, lo stregone del fuoco sussurrò alcune parole apparentemente prive di significato ma che erano state per secoli custodite nelle segrete di quel Castello.

Quando finì, dalle sacche si sprigionò una luce talmente forte da costringere gli stregoni a guardare da un’altra parte o coprirsi gli occhi, tranne Mycroft, che non si sarebbe perso quello spettacolo per nessun motivo al mondo.

Il cielo assunse tutte le tonalità dell’arcobaleno. Lestrade che era uscito dal Palazzo, richiamato dai rumori provenienti dalla cima delle Torri, ebbe un sussulto nel vedere che erano riusciti nella loro impresa. Non sapeva dire se fosse solo suggestione, ma sentì come se la magia fosse nell’aria e tutta attorno a lui. Poi, da uno squarcio delle nuvole, vide correre al galoppo, se così si poteva dire, un branco di splendidi unicorni bianchi.

Sorrise, con gli occhi leggermente velati di lacrime di felicità. Gli anni bui erano finalmente finiti.

Quando le sacche smisero di produrre energia, il ritorno della magia poteva finalmente considerarsi concluso. Molly scoppiò in un applauso spontaneo, saltellando sul posto con fare allegro. Mycroft si sedette sul freddo pavimento della Torre Sud a gambe incrociate, non smettendo un attimo di fissare il cielo, ancora cangiante di colori mai visti.

John sentiva il cuore batter forte come non capitava da quando aveva avuto Sherlock vicino. Continuava a fissarlo, così lontano per poterlo toccare ma così vicino per ammirarlo di nuovo, dopo tanto tempo che erano rimasti separati. La lontananza, anche se di metri, pesava enormemente anche a Sherlock, che infischiandosene della stanchezza spiccò il volo dalla propria Torre fino a planare dolcemente su quella opposta.

John osservò tutto il volo trattenendo il fiato, non era ancora abituato a simili prodezze, e non poté fare a meno di saltargli al collo ed abbracciarlo, tenendolo stretto come mai aveva fatto prima.

« Ritardatario » commentò John, prima di baciarlo finalmente nella realtà, circondati dai meravigliosi colori di quel cielo magico.

« E’ proprio come nei nostri sogni » fece alla fine Sherlock, ispirando il profumo di John, come per imprimerlo per sempre nella memoria.

« Io direi che è anche meglio » rispose lo stregone dell’acqua.





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Angolo autrice
Eccomi, spero che questo capitolo più corposo faccia perdonare il ritardo. Siamo praticamente alla fine (lo so che sembra stia per finire da almeno tre capitoli, stile Signore degli Anelli, ma stavolta davvero, il prossimo capitolo sarà l’epilogo).
Grazie a chi è arrivato fino a qui, le vostre recensioni sono state preziose ;)
Il disegno qui sopra è mio, non ho ancora raggiunto il livello che vorrei ma vi dedico lo stesso questi Sherlock e John fantasyAu . Non so come vi eravate immaginati i vestiti ma io mi sono divertita molto a disegnarli.
Alla prossima, ultima, volta.

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Capitolo 18
*** Epilogo ***


EPILOGO

 

Un tiepido raggio di sole penetrava dalla finestra, attraverso la tenda lasciata leggermente aperta, giusto uno spiraglio sul nuovo mondo che qualche settimana prima i quattro stregoni avevano creato.

John continuava a ripeterlo con orgoglio, ”un nuovo mondo”, “un nuovo inizio” e Sherlock sapeva perfettamente che non si riferiva solo al dettaglio che avevano evocato un incantesimo secolare, riportando ordine e armonia a una civiltà altrimenti in preda al caos. Quando il biondo stregone dell’acqua parlava di nuovo inizio, intendeva soprattutto loro due, insieme.

Sherlock infilò la testa sotto al lenzuolo, per nascondere il viso da quel primo raggio di sole che era venuto a disturbare il suo sonno quella  mattina; nel trascinare il lenzuolo sopra la sua chioma elegantemente adagiata sul cuscino, notò, con fastidio, che non trovò alcuna resistenza, capendo solo in quel momento che John si era già alzato e aveva abbandonato il loro letto.

Mycroft, nelle settimane precedenti, aveva inutilmente insistito affinché occupassero una delle stanze del castello, soprattutto per tenere d’occhio il fratellino finalmente ritrovato, ma Sherlock aveva trascinato prontamente John nella pensione della signora Hudson; per tutto quello che aveva in mente non aveva alcun interesse ad avere suo fratello a distanza di un muro.

Sherlock sentì il rumore della porta del bagno che si apriva e i passi inconfondibili di John che si avvicinava al letto.

«Sherlock? » mormorò piano il biondo  « Vedo che sei sveglio, alzati »

Lo stregone dell’acqua non mosse alcun muscolo.

«Sherlock, faremo tardi! » affermò John, più deciso, allontanandosi dal letto in direzione della finestra.

« SHERLOCK » gridò spazientito, aprendo di scatto le tende, sperando che la luce lo avrebbe svegliato del tutto e convinto ad alzarsi. Vedendo che nulla cambiava, aprì la finestra in modo che l’aria fresca rimettesse in piedi il suo cocciuto ragazzo.

Sherlock rimase stoicamente immobile, segno che non avrebbe preso parte a quello che riteneva essere un comportamento infantile di John.

Lo stregone dell’acqua riprovò con una diversa tecnica, si sedette sul bordo del letto, trascinando via piano il lenzuolo, con un leggero tremito nel trovarsi davanti la schiena bianca, liscia e perfetta del moro. Sherlock trattenne il respiro, non era sicuro di dove John volesse andare a parare e nonostante l’aria del mattino fosse abbastanza fresca, cominciò a sentire sempre più caldo quando le dita delicate del biondo iniziarono ad accarezzargli la pelle.

« Se fai questa cosa, poi torniamo subito a casa » mormorò, continuando la lenta tortura.

« Non vedo perché dovrei acconsentire a un simile patto » rispose, con voce incerta.

« Credevo che ieri sera avessi chiaramente manifestato un notevole interesse relativamente alle mie capacità in ambito non magico, ma se non è così, vorrà dire che andrò da solo all’incoronazione di Mary e poi prenderò parte al banchetto in suo onore e infine mi tratterrò alla festa a casa di Lestrade e non mi rivedrai prima di domani »

Sherlock sbuffò per le ancora più infantili minacce di John, che però sapeva, perfettamente, avrebbe messo in atto pur di averla vinta « Non voglio venire »

« Solo questa cosa, nessuno ti chiede di far parte dell’Alto Consiglio o cose simili. Cosa su cui tra l’altro non sono stato nemmeno interpellato » affermò fintamente oltraggiato «  Magari io ho interesse ad essere Consigliere dell’Ordine e non soltanto un fondatore »

« Non dire sciocchezze » sbottò Sherlock  « Come me odi la burocrazia che mio fratello tanto ama e non vedi l’ora che ci mandino in missione per la contea a sistemare i Briganti »

John sorrise, abbracciandolo « Signor Stregone dell’aria, abbiamo tutta la vita davanti per vivere le nostre avventure, ma oggi abbiamo promesso di andare all’incoronazione, quindi muovi il culo » concluse, prima di far cadere sulla testa del moro tutto il contenuto della brocca d’acqua che era appoggiata sul comodino, cosa che fece alzare Sherlock di scatto per trascinarsi di malavoglia in bagno. Dal canto suo il biondo stregone, dopo essere sonoramente scoppiato a ridere per l’espressione imbronciata di uno Sherlock costretto a partecipare ad un evento sociale, non poteva che sentirsi felice.

Dopo che avevano realizzato l’incantesimo che aveva riportato in vita la magia, sembrava davvero che fosse iniziata una nuova epoca felice. Il popolo aveva presto accettato la morte del Re ed erano stati ben contenti di apprendere che la figlia Mary sarebbe diventata la nuova Regina. Molti stregoni, rimasti nascosti per anni, erano accorsi al Borgo, richiamati dall’incantesimo e dalla magia che si era sprigionata.

Mycroft iniziò da subito a radunare streghe e stregoni, in modo da riformare un Alto Consiglio della Magia, di cui fu prontamente eletto Presidente.

Le varie procedure per eleggere i Consiglieri dovevano ancora essere messe in atto, ma Molly era naturalmente la più quotata per diventare Consigliera dell’Ordine degli Stregoni della Terra.

Molti avevano richiesto che anche Sherlock e John assumessero quella carica, ma lo stregone dell’aria aveva sfoggiato un’espressione disgustata e John, per quanto onorato, non poteva che essere d’accordo che con tutte le meraviglie che c’erano da vedere era insensato restarsene chiusi in un Palazzo a prendere decisioni.

No, non era quello che John Watson voleva, adesso che la sua vita era stata colorata di luce ed emozioni, non vi avrebbe rinunciato. Aveva chiesto a sua sorella di raggiungerlo al Borgo, per poi scoprire che Harriet aveva incontrato un’interessante ragazza di nome Clara e avevano deciso  andare a vivere assieme.

Improvvisamente tutte le cose si erano rimesse a posto.

Sherlock uscì dal bagno vestito di tutto punto, godendosi l’effetto che ben sapeva di avere su John che lo guardava ammirato ogni volta che credeva di non essere visto dagli occhi color cielo dello stregone dell’aria.

« Quanto durerà l’incoronazione? Una cosa di minuti, vero? » chiese, lisciandosi pigramente il mantello.

« Certo, come no » risposte alzando gli occhi al cielo e stringendo la mano di Sherlock.

Sì, ora tutto aveva un senso.

The End

***** *****

Angolo autrice:

Grazie a tutti per essere stati con Sherlock e John proprio fino alla fine.

Sono stati otto lunghi mesi (!!!) per cui devo davvero ringraziare chi è rimasto pazientemente a seguire questa storia. Mi dispiace un po’ abbandonare questo mondo, forse per questo ci ho messo tanto a finirla :)

Un grazie particolare va a mikimac, CreepyDoll, Athena_Laufeyson, Emerenziano per esserci state dall’inizio alla fine, ho apprezzato tanto le vostre belle parole, siete state fantastiche; un altro grazie a Koa_ e ArwenDurin, sempre meravigliose, che si sono gettatecon entusiasmo in questa avventura circa a metà, facendomi anche capire che la storia era ancora seguita; un ultimo grazie a multifandomiana e GiuiJ, giococcinella, alwaysJohnlock, le vostre parole  mi hanno fatto davvero piacere.

Un bacione e alla prossima!


 

 

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