Verranno a chiederti del nostro amore

di mors_mordre
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


 



Quando in anticipo sul tuo stupore
verranno a chiederti del nostro amore
a quella gente consumata nel farsi dar retta
un amore così lungo
tu non darglielo in fretta

non spalancare le labbra ad un ingorgo di parole
le tue labbra così frenate nelle fantasie dell'amore
dopo l'amore così sicure a rifugiarsi nei "sempre"
nell'ipocrisia dei "mai"

non sono riuscito a cambiarti
non mi hai cambiato lo sai.

E dietro ai microfoni porteranno uno specchio
per farti più bella e pensarmi già vecchio
tu regalagli un trucco che con me non portavi
e loro si stupiranno
che tu non mi bastavi,

digli pure che il potere io l'ho scagliato dalle mani
dove l'amore non era adulto e ti lasciavo graffi sui seni
per ritornare dopo l'amore
alle carezze dell'amore
era facile ormai

non sei riuscita a cambiarmi
non ti ho cambiata lo sai.

Digli che i tuoi occhi me li han ridati sempre
come fiori regalati a maggio e restituiti in novembre
i tuoi occhi come vuoti a rendere per chi ti ha dato lavoro
i tuoi occhi assunti da tre anni
i tuoi occhi per loro,

ormai buoni per setacciare spiagge con la scusa del corallo
o per buttarsi in un cinema con una pietra al collo
e troppo stanchi per non vergognarsi
di confessarlo nei miei
proprio identici ai tuoi

sono riusciti a cambiarci
ci son riusciti lo sai.

Ma senza che gli altri ne sappiano niente
dimmi senza un programma dimmi come ci si sente
continuerai ad ammirarti tanto da volerti portare al dito
farai l'amore per amore
o per avercelo garantito,

andrai a vivere con Alice che si fa il whisky distillando fiori
o con un Casanova che ti promette di presentarti ai genitori
o resterai più semplicemente
dove un attimo vale un altro
senza chiederti come mai,

continuerai a farti scegliere
o finalmente sceglierai
.
 
Fabrizio De Andrè – Verranno a chiederti del nostro amore

 

 

 

 

 

Prologo

-Bellamy Blake!-
L’urlo passò attraverso l’ingresso e la porta chiusa, arrivando fino alle orecchie del ragazzo steso sul letto.                                –Oh no. – commentò lui, tirandosi il cuscino sulla faccia.
Non passarono cinque minuti che la porta si aprì con decisione, e una ragazza bionda dall’aria piuttosto infuriata marciò all’interno, sventolando una lettera nella mano destra. –Avevi detto di aver pagato le bollette! –
Il moro si tolse il cuscino dalla faccia e alzò un sopracciglio. –E così ho fatt… - commentò, prima di adocchiare il logo della compagnia elettrica sulla busta che l’altra brandiva. –Oh, cazzo. La luce. –
La ragazza alzò gli occhi al cielo, platealmente esasperata: -Ma bravo! Alza quel culo dal letto e vai in posta immediatamente Bell, o giuro che ti uccido. –
Lui afferrò con aria rassegnata una maglietta abbandonata sul pavimento e se la infilò: -Poi dovrei essere costretto ad arrestarti, Clarke. – osservò.
Lei sbuffò: -Ma se hai appena finito l’accademia, uomo vissuto. – fece di rimando, tallonandolo mentre si dirigeva in cucina.
Bellamy aprì il mobiletto sopra al forno ed emise un verso di piacere: -Mi hai comprato i cereali, Principessa? –
Lei per tutta risposta schiaffò la bolletta non pagata sul tavolo e gli tirò contro un paio di pantaloncini da basket appena trovati su una sedia. –Bleah. – commentò. –Quante volte ti ho detto di non lasciare in giro i vestiti dopo che vai a correre? Dannazione al giorno in cui sei diventato il mio coinquilino Blake, sul serio! –
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autrice
Okay dunque, questa era in cantiere da un bel po’ ma causa impegni scolastici vari non sono mai riuscita a pubblicare. Ora che mi devono operare e ho un bel po’ di tempo eccola qua ewe
Un po’ breve perché non è nient’altro che il prologo, ma il resto arriverà presto. L’ ho scritta da convinta Bellarke mentre prego che nella prossima stagione ‘sti due si diano una mossa perché lo sa tutto l’universo che dovrebbero stare insieme ecco
Il nome della storia viene dall’ omonima canzone di De Andrè che ho inserito all’inizio e che vi invito ad andare ad ascoltare!
Detto questo, se lasciaste una recensione mi fareste un enorme piacere, anche se negative perché si impara soprattutto da quelle! Grazie per aver letto :3
Nene

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


  • Capitolo 1
  • Clarke si era trasferita a Phoenix due anni prima, per frequentare la facoltà di Medicina e per tenersi lontana da New York, con tutto quello che imputata per lei. Se n’era andata senza salutare nessuno, con tutti i suoi risparmi e rifiutando sistematicamente le chiamate della madre. Non voleva i suoi scoldi, e non voleva l’aiuto di nessuno che appartenesse alla sua vecchia vita. Aveva affittato un appartamento vicino al General Hospital e si era cercata un lavoro. L’avevano assunta come commessa in una libreria: a lei piaceva,  e le piaceva il suo appartamento con l’angolo cottura e il divano blu, la vetrata che dava sul balcone e il letto a due piazze, ma si rese conto molto presto di non poterselo permettere. Fu così che si imbattè in Bellamy Blake. Era entrato un giorno dalla porta a vetri della libreria, aveva stropicciato nervosamente il foglio che aveva in mano -lui, tutto muscoli e pelle scura, la linea della mascella decisa,  una spruzzata di lentiggini sul viso e i capelli scompigliati, lui che poteva portarsi a letto una ragazza diversa ogni sera se voleva, ma Clarke poteva giurarlo, era nervoso- e poi si era avvicinato alla cassa.

-Ciao.- le aveva detto squadrandola, e lei aveva pensato fosse una voce arrogante. -Puoi appendere questo?-

La ragazza aveva preso il foglio in mano e ci aveva gettato un’occhiata. Le erano bastate le prime due righe: ‘Cercasi coinquilino/a. Villetta a due piani, fuori dal centro, con giardino retrostante.’. Gettó un’occhiata al prezzo richiesto.  -No.- gli disse poi.

Bellamy si appoggiò coi gomiti alla cassa. -No?- fece, indurendo la mascella. -Senti un po’...- le gettò un’altra occhiata inquisitoria -Senti un po’ Principessa, non so che razza di…-

-Non ti serve che lo appenda.- lo interruppe lei scocciata, spostandosi i capelli biondi dagli occhi. -Ci sto.-

Bellamy ricordava chiaramente di aver pensato di dirle che non se ne parlava nemmeno, ma poi la ragione aveva avuto la meglio: gli servivano soldi, e subito, e una persona valeva l’altra. La casa gli sembrava vuota da quando Octavia,1 la sorella, si era trasferita da Lincoln. All’inizio aveva cercato di opporsi facendo il fratello protettivo come era sempre stato,  ma in fondo lui e O stavano insieme da una vita, e il fratello maggiore ormai adorava Lincoln. 

Bellamy si era sempre preso cura di lei da quando la madre Aurora era morta anni prima, e lui si era fatto dare la custodia della sorella, aveva abbandonato la scuola e preso due lavori, per permetterle di avere tutto. L’aveva cresciuta lui, l’aveva protette lui, ma sapeva che Lincoln era la persona migliore a cui avrebbe potuto affidarla, nonostante le sue reticenze iniziali. 

Quando O si era trasferita Bellamy aveva rifiuto di vendere la casa dove erano sempre vissuti, ma dopo un po’ aveva dovuto arrendersi all’evidenza del fatto che non sarebbe mai riuscito a fronteggiare tutte le spese da solo, soprattutto ora che l’Accademia di Polizia l’aveva costretto a diminuire i turni del suo secondo lavoro. 

All’inizio, la convivenza fra lui e Clarke era stata un inferno: entrambi erano testardi e competitivi,con caratteri talmente simili che finivano sempre per scontrarsi. Piano piano però avevano finito per abituarsi agli spigoli dell’altro,  prima a sopportarsi e poi a capirsi. Il moro stava giusto pensando a quanto la ragazza ultimamente gli risultasse stranamente  sopportabile e comprensiva mentre parcheggiava davanti a casa, di ritorno dalla posta.  Notò subito il SUV grigio di Jasper, uno dei migliori amici di Clarke, che ingombrava il vialetto,e borbottò esasperato al suo indirizzo mentre cercava di non rifargli la fiancata. Appena mise piede in casa lo accolse una voce ben nota : -Ehi Bell, ho sentito che hai tentato di tornare a vivere alla luce delle candele in un nostalgico salto nel tempo!- esclamò una ragazza bruna stravaccata sul divano, un librone abbandonato in bilico sullo stomaco.

-Grazie mille Principessa.- fece lui all’indirizzo di Clarke, che a pancia in giù sul pavimento fece spallucce e tornò agli appunti di Anatomia. -Ho pagato tutto O, niente luce staccata e niente candele.- rispose poi alla sorella, lasciandole la busta della bolletta. 

Lei arricciò il naso e la prese al volo: -Peccato. Sarebbe stato COSÌ divertente vedere Clarke che tentava di ucciderti.-

-Non…- iniziò lui, ma si interruppe. -Ehi! Giù le zampe!- fece all’indirizzo di due ragazzi che si stavano contenendo la sua coperta preferita.

-Eddai.- lo supplicò il primo,bruno e dai tratti asiatici -Guardaci, siamo sommersi dallo studio, abbi un po’ di pietà!-

-Molla l’osso Monty.- rispose il maggiore dei Blake.

-Non ne abbiamo nessuna intenzione.- chiosò Jasper, dando manforte all’amico.

Bellamy si lanciò sui due,creando un groviglio di braccia e gambe e ridendo.

-Insomma!- esplose Clarke lanciando loro un cuscino. -Stiamo studiando! Fuori dalle scatole Blake!-

Lui si alzò sghignazzando. -Ringrazio di dover andare al lavoro.- disse, facendo un mezzo inchino. -Buono studio. Rientro con delle pizze?- 

-Sarà meglio.- borbottò la sorella, guardandolo aprire il cassetto dove teneva pistola e distintivo. 

Lincoln alzò gli occhi dal Master in Storia dell’Arte che stava preparando per lanciare al moro le chiavi della macchina, cadute sul pavimento.

-A dopo!- fece lui chiudendosi la porta alle spalle, inseguito da grugniti di assenso.

 

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Quando Bellamy rincasò, sei pizze in equilibrio precario sulle braccia, la prima cosa che vide fu sua sorella in lacrime. -Ma che diavolo…- esclamò, mollando i cartoni fra le braccia di Jasper e correndo al suo fianco. 

-Fottuti codicilli!- faceva Octavia aggrappata alla bottiglia di birra come se fosse l’ultima spiaggia.  -Io questo esame non lo passerò m…-

-Okay O.- il fratello roteò gli occhi e la spinse verso Lincoln, che la fece alzare con pazienza. -Odio le tue sbronza tristi. Di là c’è la pizza. Io vado a farmi una doccia.-

-As…- cercò di avvertirlo Monty , ma lui era già entrato in bagno.

Clarke era appena uscita dalla doccia, e stava gettando all’indietro i lunghi capelli bagnati. 

Il suo coinquilino rimase immobile, le mani bloccate nel gesto di togliersi la maglietta, gli occhi sgranati.

-Mio Dio Bellamy!- esclamò la ragazza arrossendo, mentre cercava di afferrare l’asciugamano per coprirsi e gli tirava i propri pantaloni contro allo stesso tempo. -Vuoi voltarti?- 

-Eh?- rispose lui, la testa leggermente annebbiata. -Ah! Si, scusa…- si riprese dandole le spalle. 

-Ma perché non bussi mai?- si lamentò lei legandosi l’asciugamano sopra al seno.

-Venivo a vedere se mi avevi aspettato, Principessa.- fece lui con un ghigno che le fu facile immaginare anche se non poteva vederlo.

-Spiacente, sarà per la prossima volta.- rispose raccogliendo i suoi vestiti e superandolo per uscire.

-Sicura di non voler restare?- fece l’altro, ironico.

-Nossignore. Se tu sei qua la pizza è in tavola. Faresti meglio a sbrigarti!- disse Clarke, e dopo avergli tolto i suoi jeans di mano si chiuse la porta alle spalle.

Il ragazzo scosse la testa e si spogliò velocemente, poi si mise sotto al getto e sospirò. Aveva la mente occupata da tutto ciò che i suoi occhi erano riusciti a carpire in quei pochi secondi, come se inconsapevolmente avesse cercato di tenere a mente più particolari possibili: la pelle candida di Clarke, una cicatrice sullo sterno, il tatuaggio in greco di cui gli aveva parlato che recitava ‘Αλλά παν τολματον επειδή1 ‘ appena sotto al seno, la vita troppo sottile, le clavicole pronunciate, le lunghe gambe slanciate…

Bellamy si strofinò il volto con un po’ troppa energia, cercando di scacciare dalla mente quelle immagini: la sua coinquilina era una bella ragazza, su di questo non c’erano mai stati dubbi. 

Chiuse il getto dell’acqua e si strofinò i capelli bagnati, poi legò l’asciugamano attorno ai fianchi, gettò i suoi vestiti nel cestello della lavatrice e attraversò il corridoio fino a camera sua. Raccolse dei pantaloni della tuta gettati su una sedia e prese una maglietta pulita dal cassetto, se li infilò velocemente e gettò l’asciugamano sulla scrivania, colpendo qualcosa che rotolò a terra. Si chinò a raccoglierla: era un orecchino, con un pendente elegante. Sospirò. Doveva essere della rossa che si era portato a casa due sere prima, ma non ricordava se avesse o no il suo numero. Con una scollata di spalle si diresse in cucina.

-Oh no!- esclamò sua sorella delusa. -Stavo già pensando di mangiare anche la tua!-

-Non ci provare.- la ammonì lui, lasciandosi sedere su uno sgabello che aveva trascinato al tavolo di formica verde dove erano seduti gli altri.

-Dobbiamo comprare le birre.- lo informò Clarke, seduta di fronte a lui.

Bellamy quasi si strozzò con la pizza con le patatine. -Stai scherzando.- fece, alzando un sopracciglio.  -Avevamo abbastanza birra per un esercito.-

-Scusa,amico.- fece Monty alzando una bottiglia al suo indirizzo. 

-Studiare può essere stressante, sai.- si giustificò Jasper, già piuttosto brillo, rubandola di mano all’amico e scolandosela tutta.

Il padrone di casa alzò lo sguardo verso Lincoln, il più grande del gruppo. -Potevi tenerli sotto controllo. – disse con un gemito.

L’altro alzò le mani. -Ehi, sono in minoranza!- esclamò facendo balenare un sorriso allegro. -E poi Jas era così triste e bisognoso d’ alcool…-

-Cosa?- chiese Bellamy, divertito.

Jasper arrossì abbassando lo sguardo. -Niente.- borbottò.

-E diglielo!- fece Clarke sporgendo le labbra e facendo finta di schiacciare baci all’aria.

Il moro puntò divertito il dito contro l’amico. -Non hai ancora chiesto a Maya di uscire?-

La bionda si alzò in piedi sulla sedia, con la birra in mano. -Esatto! Dieci punti a Grifondoro! Abbiamo un vincitore! Dovresti…- strinse gli occhi come faceva quando non era più tanto sobria. -Dovresti dichiaraaaaarti e portarla a una bella mostra d’arte di quelle che piacciono a lei, ECCO!-

-Va bene, Cupido.- rise Lincoln alzandosi in piedi. Era alto tanto quanto Clarke sulla sedia, e le tolse la bottiglia di mano senza difficoltà, costringendola a sedersi. -Direi che hai bevuto abbastanza.-

Lei mise il broncio a incrociò le braccia, sporgendosi verso Monty con fare cospiratorio per poi dirgli qualcosa all’orecchio. Non appena Jasper si voltò per rispondere alle battute di Bellamy, l’amico con fate innocente gli rubò il telefono che era appoggiato sulla tavola, e lo passò alla ragazza alla sua sinistra.

Questa ridacchiò e qualche secondo dopo esclamò soddisfatta: -Ecco qui!- mostrando fiera il display.

-Monty! Clarke!- protestò Jas lanciando loro occhiate assassine. 

Octavia afferrò il dispositivo e lesse l’ SMS ad alta voce. ‘Ehy, ho visto che c’è una mostra di pittura alla National in questi giorni. Il mio amico Lincoln sta lavorando lì per la sua tesi e potrebbe farci fare un giro speciale! Che ne dici? J.’ -Oh, vedrai che ti dirà di sì!- commentò poi intenerita.

-Sarà meglio per loro.- commentò cupo l’interessato, occhieggiando ai due che, dopo avergli rubato il telefono,  avevano iniziato a ridacchiare senza alcun ritegno.

Il suono di un messaggio in arrivo fece scatenare una lotta per accaparrarsi il dispositivo, sotto gli occhi divertiti di due decisamente più sobri Bellamy e Lincoln. Alla fine la ebbe vinta Monty, che si alzò per declamare il responso. -Udite udite. Cinque parole.- disse.

-Non se ne parla nemmeno?- provò ad indovinare Jasper disperato, abbandonando la testa sul tavolo.

L’altro gli fece una pernacchia. ‘Certamente, mi farebbe molto piacere!’ lesse poi con tono soddisfatto. 

Gli altri si misero ad esultare e spintonare l’amico, che dalla disperazione era rapidamente passato alla più sfrenata euforia e si era postato ai piedi di Clarke, profondendosi in ringraziamenti e dichiarazioni di eterna amicizia tra le risate.

Lincoln diede un’occhiata all’ora e iniziò a raccogliere i cartoni vuoti. -Ok ragazzi, scusate ma dobbiamo andare, entro in turno tra mezz’ora.-

Il ragazzo condivideva con Bellamy il suo secondo lavoro, quello di buttafuori a un club, il Grounders: in un certo senso, era merito del moretto se Lincoln aveva conosciuto Octavia, che era venuta una sera a portargli le chiavi dimenticate sul tavolo.

-Per fortuna io stasera non devo venire.- fece l’altro stiracchiandosi.

I quattro si rimisero le giacche, raccolsero i cartoni da buttare e salutarono gli amici, poi si stiparono nel SUV con Lincoln alla guida e schizzarono via, lasciandosi dietro l’eco delle loro risate.

Bellamy rimase ancora un po’ appoggiato allo stipite della porta, guardandoli andare via con un sorriso. 

Quando rientrò in casa, trovò Clarke seduta sul pano cottura, gli occhi lucidi e un sorriso furbo sul volto. Stringeva in mano una bottiglia: finita la birra, aveva dato fondo alla tequila. -Eccoti qua.- gli disse, facendogli cenno col capo di avvicinarsi.

‘Oh,cavolo.’ si ritrovò a pensare lui mentre le andava incontro.

 

 

 

1 È un verso della cosiddetta ‘Ode della gelosia’ di Saffo. Significa ‘ma tutto si può sopportare,  perché…’. Il frammento termina qua, quindi non sapremo mai cosa c’è dopo. Mi è sempre piaciuta molto l’idea di mettere dopo quel perché ciò che vogliamo noi, è come se ognuno potesse inserire ciò che lo rende forte ma lei ci volesse rendere certi che quel qualcosa ci sia. Lo trovo molto coerente col personaggio di Clarke.

 

Angolo autrice

Dunque, come promesso ho aggiornato abbastanza presto ewe

Questo è un capitolo un po’ introduttivo, per spiegare perché Bellamy e Clarke sono finiti nella stessa casa e le loro rispettive storie, e per farci entrare nel mondo della loro quotidianità.

Comincia a trasparire la tensione fra i due, anche se come si può notare dall’accenno alla ragazza che Bell si è portato a letto voglio rendere anche i tempi della prima stagione, quando si faceva chiunque respirasse ehm non era molto monogamo, quindi sarà un luuungo percorso.

Grazie a chi ha recensito/ seguito, vi prego continuate a farlo, e grazie ai lettori silenziosi!

A presto, 

Nene

 

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