Home sweet Home

di Chiisana19
(/viewuser.php?uid=66700)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Coinquilini ***
Capitolo 2: *** Il buongiorno si vede dal mattino ***
Capitolo 3: *** Amarsi, accettarsi, rispettarsi.. ***
Capitolo 4: *** La famiglia è per sempre ***
Capitolo 5: *** Casa dolce Casa ***



Capitolo 1
*** Coinquilini ***


Home sweet Home
 
Si lasciano mai le case dell’infanzia? Mai: rimangono sempre dentro di noi, anche quando non esistono più,
anche quando vengono distrutte da ruspe e bulldozer, come succederà a questa.


Ferzan Ozpetek
 
 
Capitolo 1 – Coinquilini
 

Quella mattina avrebbe preso finalmente quel treno che poteva cambiarle la vita. Niente più routine. Certo, avrebbe continuato a vedere la sua famiglia e i suoi amici, ma non come prima. Era grande ormai e quel grande passo ne era la prova.
Uscì di casa col suo zaino giallo portafortuna, che aveva visto anni migliori, e il trolley grigio mentre un leggero vento le colpì il volto fresco e roseo. Respirò a pieni polmoni; intanto l’albero sacro di casa Higurashi mosse le sue foglie, perdendo tanti piccoli petali, segno che l’estate stava finendo.
«Hai preso il portafoglio?» chiese agitato suo nonno, che era uscito di casa insieme a lei. Forse tra tutti era lui quello più in ansia. Beh, forse era normale, infondo la sua nipotina sarebbe andata a vivere per conto suo.
«Si nonno» rispose con un sorriso la ragazza, ma l’uomo, molto più basso di lei, continuò imperterrito.
«E il cellulare?»
«Ce l’ho qui» esclamò radiosa, dandosi due colpetti alla tasca destra dei jeans chiari.
«La ricarica?» proprio non voleva arrendersi. Tipico.
«E’ la prima cosa che ho preso» rispose alzando gli occhi al cielo divertita.
«E il..»
«Papà basta! Kagome sa cavarsela da sola ormai!» intervenne la signora Higurashi, nonché sua madre, una donna dolce e gentile. Esattamente la copia sputata di sua figlia, oh meglio dire il contrario; fatta eccezione dei loro capelli. Quelli di lei erano corti e castani, mentre quelli della ragazza lunghi e mori.
«Volevo solo chiederle se ha con sé il portafortuna che le ho regalato ieri sera!» brontolò infastidito il vecchio, incrociando le braccia, cosa che fece intenerire Kagome, che si avvicinò a lui.
«Tranquillo nonno, l’ho attaccato al mio zaino!» rispose con un sorriso, dandogli le spalle, permettendogli di osservare quel pendaglio rosa a forma sferica che provocava un leggero suono, simile ad un campanellino.
«Ciao sorellona buon viaggio!» esclamò felice l’ultimo membro della famiglia, suo fratello Sota, con in braccio il fedele gatto di casa Buyo, che in quel momento sbadigliò. Oltre ad essere grasso era pure un pigrone, per questo Kagome lo adorava. Peccato che non potesse portarlo via con sé.
«Ciao Sota! Mi raccomando fai il bravo» disse Kagome con un sorriso, piegandosi sulle ginocchia in modo tale da mettersi alla sua altezza «D’ora in avanti sarai tu il signorino della casa perciò ti affido tutte le responsabilità» disse in sussurro per non farsi sentire dagli altri e fintamente seria. Sota annuì energicamente col capo, contento.
«Conta pure su di me sorellona!» rispose incurvando le sopracciglia e gonfiando il petto, mentre Buyo miagolò, forse infastidito. Kagome a quella scena sorrise, scompigliando i capelli del fratello del suo stesso colore.
Facendo pressione si rimise in piedi, prese il suo trolley e seguita dalla sua famiglia, scese dalle lunghe scalinate. La sua casa si trovava in cima ad una collina ed era famosa per via del tempio a cui badava il nonno e l’albero sacro, il Goshinboku. La leggenda diceva che quell’albero risiedeva dall’epoca Sengoku, quindi aveva più di 500 anni. Diverse volte lei e suo fratello avevano aiutato quel vecchio brontolone a gestire il tempietto, peccato che Kagome odiasse svolgere quelle mansioni.
Raggiunto l’ultimo scalino guardò da lontano la fermata dell’autobus, che l’avrebbe portata giù in città, la capitale del loro Paese: Tokyo. Per raggiungerla ci volevano almeno una quarantina di minuti.
«Mi raccomando Kagome, chiamaci non appena arrivi» disse sua madre, unendo le mani al petto. Sicuramente era emozionata, infatti gli occhi le diventarono lucidi.
«Non ti preoccupare mamma, alla fine non è così lontano» mormorò con un leggero sorriso la ragazza. Così le veniva da piangere pure a lei. Con un slancio si buttò tra le sue braccia, abbracciandola con forza. Anche il nonno e suo fratello Sota si unirono, quest’ultimo stringendole la gamba.
Kagome da lontano sentì il mezzo arrivare e con dispiacere si staccò dalla loro presa. Alzò la mano per fermarlo e quando questo si bloccò davanti a lei aprendo le porte si voltò un’ultima volta, osservando quelle persone che tanto amava.
«Buona fortuna tesoro» disse sua madre, ormai con le lacrime che scendevano imperterrite dalle sue guance.
«Ti vogliamo bene Kagome» anche suo nonno tratteneva quei lucciconi trasparenti. Quel vecchio brontolone, sempre duro e serio, ma alla fine aveva un cuore d’oro.
«Vai sorellona!» gridò Sota alzando un pugno in aria, mentre con l’altro braccio teneva Buyo che miagolò, o forse era uno sbadiglio..?
Kagome regalò a tutti un sorriso poi salì sull’autobus, prendendo posto vicino al finestrino. Li salutò con la mano, mentre lentamente diventarono piccole figure nere, fino a scomparire dalla sua vista. Posò la schiena con peso morto, tirando un sospiro triste. Il passo più brutto l’aveva fatto, ora stava a quello più bello! Chiuse gli occhi, sapendo che mancava ancora molto alla sua fermata.
 
 
***
 
 
Un mese prima
 
Anche quella sera aveva sentito sua madre e suo nonno litigare per lo stesso motivo. Era rientrata a casa stanca, ma soddisfatta per la giornata affrontata, ma le loro urla l’avevano buttato subito giù di morale.
«Papà non possiamo continuare così! Sota deve andare a scuola, mentre Kagome sta facendo di tutto per aiutarci» esclamò in una crisi di nervi la donna, mettendosi a sedere esausta.
«Lo so, ma non basta!» le parole di suo nonno le rimbombavano in testa «Siamo in troppi in questa casa, se continueremo così dovremmo spostarci» continuò il vecchio.
Kagome rizzò il capo e la schiena. Trasferirsi? Lasciare la casa di famiglia? No, questo non l’avrebbe mai permesso! A grandi falcate entrò in cucina.
«No nonno, non possiamo!» gridò la ragazza.
«Kagome ma.. da quanto sei qui?» mormorò sua madre. Sicuramente speravano che quei discorsi fossero affrontati da soli.
«Cerca di capire, tesoro!» disse suo nonno, tralasciando la domanda di sua figlia. Sapeva che sua nipote era sveglia quindi meritava di sapere anche lei «Anche per noi è importante questa casa! Ma il tuo lavoro, quello di tua madre e io che gestisco ormai a malapena il tempio non bastano per mantenerci tutti!» a quelle parole Kagome abbassò il capo. Lo sapeva perfettamente, anzi in realtà l’aveva capito da sola già da tempo, ma che poteva fare? Il suo lavoro era a tempo pieno e non le deva la possibilità di gestirne un altro.
Ad un certo punto ripensò alle parole di suo nonno.
«Avete detto che il vero problema sta nel mantenerci tutti, giusto?» disse decisa, rialzando il capo.
«Si» bisbigliò sua mamma, con lo sguardo abbattuto. Quella dura verità doveva ferirla parecchio.
«Bene, quindi basterebbe che qualcuno di noi se ne andasse a vivere da un’altra parte. Le spese migliorerebbero, no?» continuò seria la ragazza facendo alzare a loro il capo di scatto, ma non gli diede tempo di parlare «Posso cercare una casa e condividerla con qualcuno e trovare un nuovo lavoro, magari giù in città!»
La proposta di Kagome riaccese una piccola speranza ai membri della famiglia Higurashi. Non dissero nulla, perché sapevano che forse era la soluzione migliore, ma.. era giusto sacrificare qualcuno per il bene di quel piccolo nucleo familiare? Kagome prese quel silenzio come una conferma.
«Bene, allora mi propongo io» senza aggiungere altro uscì di fretta e furia dalla cucina, per raggiungere la sua camera al piano di sopra. Accese il vecchio pc e attese.
 
 
 
Nulla. Quella era la ventesima casa che guardava e all’inizio sembrava perfetta. Due coinquilini, una camera a disposizione, un bagno e un giardinetto, peccato che.. la paga era tipo il doppio del suo stipendio! Possibile che la gente chiedesse così tanto?
Sbuffò annoiata, scorrendo col mouse su quella pagina internet quando i suoi occhi color cioccolato notarono la foto di una palazzina abbastanza carina e il luogo in cui si trovava: Ikebukuro. Era il quartiere più attivo e importante di Tokyo, e si trovava nella parte nord-ovest, esattamente la zona opposta di dove abitava lei.
Sapeva che il prezzo sarebbe stato alto, ma la curiosità prese il sopravvento e senza pensarci aprì la pagina.
“Cercasi coinquilino di qualsiasi età. L’appartamento è già occupato da quattro persone; è grande e spazioso con 4 vani, 2 bagni, una soffitta, una cucina e una grande terrazza. Sesto piano con tanto di ascensore. Il pagamento mensile richiesto è di…”
Kagome sbarrò gli occhi. Se li strusciò con le mani sperando di aver letto male, ma quando ritornò a leggere quei numeri erano sempre gli stessi. Com’era possibile che un appartamento di Ikebukuro costasse così poco? Curiosa iniziò a vedere le foto. In effetti oltre ad avere molto spazio era pure bella.
Poggiò il mento sulla mano, pensando a cosa fare. In effetti  quella era una grande occasione, però era la scelta giusta? Prese una matita di legno poggiata lì vicino, iniziando a mordicchiarla, mentre qualcuno bussò alla sua porta che subito dopo si aprì.
«Kagome..» la voce di sua madre la risvegliò.
«Ehi mamma! Guarda qui..» esclamò entusiasta la ragazza, indicando lo schermo col dito leccato di smalto color perla «Ho trovato un appartamento niente male nel quartiere di Ikebukuro. Il prezzo è ottimo e anche  l’abitazione promette bene»
«E’ fantastico tesoro, però..» la sua voce triste la bloccò, spostando il suo sguardo verso di lei. Non le pareva molto eccitato.
«Che c’è?» domandò confusa.
Prima di parlare fece un grosso respiro «Kagome, io sono fiera di te, davvero! Ma non voglio che tu ti sacrifichi per la famiglia, non è giusto. Troveremo un’altra soluzione» disse convinta, o almeno ci provò, dato che i suoi occhi si inumidirono subito «Mi dispiace, sono una pessima madre. Te e Sota non meritate di crescere così» esclamò ancora per poi scoppiare a piangere, nascondendo il viso tra le mani.
Quello sfogo non era dovuto per quello che aveva detto, ma per tutto, e Kagome lo sapeva bene. Si alzò dalla sedia di legno raggiungendola, era alta quanto lei; poggiò le sue mani sulle spalle che continuavano a muoversi per via dei singhiozzi che sfuggivano al suo controllo.
«Mamma, ehi..» sussurrò dolce «Io sono già cresciuta e anche bene, solo grazie a te! Non sei affatto una pessima madre. La situazione che ora stiamo affrontando può capitare a tutti e poi..» continuò sorridendo, attirando la sua attenzione facendola smettere di piangere e spostando il suo viso rigato dalle lacrime a quello di sua figlia.
«Ho venticinque anni e prima o poi me ne dovrò andare no? E credo che questa sia l’occasione migliore» concluse con un sorriso. La donna rimase ad osservarla, senza fare una piega. Aveva ragione, era grande ormai. Annuì tirando su col naso. Era così fiera di lei.
«Allora, qual è la casa che ti ha incuriosita di più?» chiese con un sorriso, riportando gioia all’animo di Kagome che la strascinò fino al computer per mostrargli la casa.
 
 
 
Dopo un’ora guardò il messaggio che aveva appena finito di scrivere.
Salve, ho letto il vostro annuncio per la ricerca di un nuovo coinquilino e sarei parecchio interessata. Io abito dall’altra parte di Tokyo e ho già un lavoro fisso, ma credo che per una questione di comodità dovrò trovarne un altro in quelle zone, spero che per voi non sia un problema. Anche se non dovessi trovarlo subito avrei già i soldi per pagare i primi due mesi. Aspetto una vostra risposta.
Cordiali saluti.
 
Lo rilesse altre dieci volte. Alla fine anche suo nonno aveva acconsentito, nonostante i suoi battibecchi e le brontolate. Poggiò la mano sul mouse e lentamente spostò la freccia su ‘invia’ e dopo un attimo di esitazione cliccò col tasto sinistro.
‘Il messaggio è stato inviato’.  Ce l’aveva fatta, ora bastava solo attendere.
 
 
***
 
 
Oggi

Kagome riaprì gli occhi. L’autobus aveva preso una buca, disturbando il suo dormiveglia. Per tutto il viaggio aveva ripensato a quello che era accaduto un mese prima. Dopo aver inviato il messaggio la risposta le era arrivata la sera tardi del giorno dopo.
Avevano spiegato che andava più che bene. Gli avevano pure proposto di fare un visita prima di prendere una decisione, ma Kagome aveva rifiutato, non aveva tempo di cercarne un’altra. Si sarebbe adeguata, punto e basta.
Dopo quasi un’ora finalmente il mezzo raggiunse la sua fermata, la stazione. Per raggiungere il quartiere Ikebukuro doveva prendere un treno e poi la metro. Per giorni aveva studiato la zona e per fortuna la palazzina era vicina ad una delle fermate; a piedi ci metteva solo cinque minuti.
Comprato il biglietto una marea di gente la sommerse, mentre cercava disperatamente di leggere il cartellone degli orari del treno. Partiva alle 16.25, un brivido fastidioso salì lungo la sua schiena. Posò gli occhi nocciola sul grande orologio, le 16.23! Disperata iniziò a correre. Naturalmente il binario era dalla parte opposta rispetto a dove stava lei.
A  fatica fece una serie di slalom tra la folla, sperando di non travolgerla col suo trolley. Odiava i luoghi troppo colmi di gente, era abituata alle zone calme e tranquille di campagna. Col fiatone vide finalmente il suo treno, peccato che.. stesse partendo.
«Ehi, aspetta!» gridò riprendendo a correre, cercando di trattenere la fitta alla milza. Niente da fare, era andato. Portando la testa all’indietro e trattenendo una parola poco consona tornò a vedere il cartellone degli orari, per vedere quando partiva il prossimo.
18.45, maledizione si iniziava bene!
 
 
Il sole stava tramontando dietro gli alti edifici del quartiere. Nonostante il buio fosse pronto ad arrivare le strade erano comunque vive ed illuminate. Kagome non aveva mai visto tanto movimento e vivacità. Era stata diverse volte a Tokyo, ma mai di sera. Per lei tutto quello era nuovo.
Ikebukuro era veramente una bella zona, pulita e ordinata. Quando era uscita alla stazione, prima di prendere la metro aveva intravisto la parte culturale; era così curiosa di visitare il Sunshine 60*. Attorno a lei c’erano molti negozi di ogni tipo, ma soprattutto giovani della sua età vestiti con abiti di alta moda. In effetti quel quartiere di Tokyo era famoso non solo per la cultura, ma anche per il divertimento.
Studiando i cartelli delle vie intravide finalmente il suo obbiettivo. Davanti a lei stava la palazzina che aveva visto diverse volte in foto. Respirò a pieni polmoni, per darsi coraggio, poi si avviò, trascinando il suo trolley. Era parecchio alto, contava dieci piani.
Notò per sua fortuna che il portone era aperto così vi entrò chiamando l’ascensore. Sesto piano, interno 24C. Con la mano tremante pigiò sul bottone numero 6. Era in ansia? Si. Aveva cambiato idea? Forse. E se i suoi nuovi coinquilini fossero state delle ragazze pazze e altezzose, o peggio dei noiosi anziani?
“Ok Kagome, calmati, va tutto bene. Non devi agitarti. Sei abbastanza adulta e vaccinata. Non devi preoccuparti. Si!” si auto convinse. Doveva affrontare la situazione con maturità!
Il suono dell’ascensore che l’avvertiva di essere arrivata la risvegliò, facendole scomparire del tutto il coraggio che aveva accumulato. Uscì dalla grossa scatola metallica guardando a destra e a sinistra notando quattro porte. Quindi ad ogni piano stavano quattro appartamenti? Iniziò a camminare lungo il corridoio notando che per terra c’era una pulita e profumata moquette rossa.
Aguzzò gli occhi notando che l’interno 24C si trovava a destra, esattamente in fondo. Tirò sul col naso e si mise di fronte alla porta, ma prima guardò il suo cellulare: 19.38, era in ritardo di almeno due ore, che figuraccia. Allungò la mano e finalmente suonò il campanello.
Un silenzio irreale fu subito troncato da qualcosa che si rompeva e Kagome constatò che proveniva proprio da lì dentro, subito dopo sentì delle voci e la porta si spalancò improvvisamente, come i suoi occhi.
Davanti a lei era apparso un ragazzo molto più alto che la guardava confuso, ma dopo averla studiata ben presto si trasformò in malizioso. Si poggiò con una spalla allo stipite della porta incrociando le braccia.
«Ciao»
Ok, il tono pareva quello di un pervertito pronto a saltarle addosso, ma non era quello il vero problema: quel tipo era a petto nudo!
«Emh, salve..» bisbigliò Kagome, diventando rossa come la moquette, mentre lui continuava a mangiarla con i suoi occhi affascinanti.
«Non ricordo di aver mai conosciuto prima una deliziosa fanciulla come te, ma sono ben felice di farlo ora. Ti hanno parlato di me e sei venuta a divertirti un po’?»
Kagome sbatté diverse volte gli occhi, ma che stava dicendo? Si portò confusa e imbarazzata la mano dietro la nuca, iniziando a grattarsela nervosamente.
«No, ecco io.. sono la nuova coinquilina»
Detto questo il volto del ragazzo tornò confuso, aprendo leggermente la bocca, forse per dire qualcosa, ma qualcuno lo precedette.
«Chi diavolo è Miroku? Se è il nuovo coinquilino gli spacco la faccia! E’ in ritardo di due ore e io avevo saltato per lui una riunione importante!» sbraitò il nuovo arrivato che spuntò dietro di lui. Kagome notò solamente dei capelli neri e una lunga treccia.
«Si.. è LEI» sottolineò il ragazzo di nome Miroku al nuovo arrivato, che lo guardò stordito. Kagome si ritrovò osservata da due sguardi di un blu scuro e intenso.
«Lei?» domandò, guardandola basito. Kagome voleva scavarsi una fossa. Cosa avevano da fissare a quel modo?
«Oh, cazzo» continuò questo, rientrando nell’appartamento di fretta e furia, iniziando ad urlare qualcosa.
«Emh.. prego entra» disse quello a petto nudo, aprendo del tutto l’uscio della porta bianca, permettendole di entrare. Kagome fece un leggero segno col capo, in segno di ringraziamento per poi entrare trascinando la sua grossa valigia.
Sicuramente l’inizio non era stato dei migliori. Si fermò in mezzo alla stanza e il rumore di un vetro rotto riempì l’aria.
«Ma porca troia Bankotsu, stai più attento!» una nuova voce si fece sentire alla sua sinistra.
«Scusa, ma sei sempre in mezzo!»
Kagome si strinse le spalle, non sapendo che fare mentre il tipo che l’aveva fatta entrare la guardò in difficoltà.
«Smettetela di litigare e venite qui!» urlò questo attirando l’attenzione di tutti.
Kagome diventò ancora più rossa quando nella stanza comparvero altre due persone, ritrovandosi tre paia di occhi bellissimi puntati su di lei. Tutto loro avevano i capelli scuri, ma sistemati con pettinature diverse.
«Chi è lei?» chiese con tono gentile quello con una coda da cavallo.
«E’ la nuova coinquilina» spiegò lo stesso ragazzo vicino a lei, grattandosi la guancia, forse imbarazzato.
«E perché è una ragazza?» continuò ancora, cambiando leggermente il tono.
«E perché è arrivata due ore dopo?» intervenne scocciato quello con la treccia.
«Ecco io..» iniziò imbarazzata Kagome, affondando leggermente il collo tra le spalle «Ho letto un mese fa il vostro annuncio, vi ho persino scritto e voi mi avete risposto, dicendomi che era tutto apposto.. non capisco quale sia il problema» disse innocentemente.
Giusto, qual’era il problema? Sembrava che il fatto fosse una ragazza li infastidisse. Notò i ragazzi osservarla e non appena finì la sua spiegazione guardarono quello che stava ancora a petto nudo.
«Miroku.. che diavolo hai scritto su quell’annuncio?» sbraitò il più basso di tutti, mentre il diretto interessato indietreggiò terrorizzato.
«Ecco io.. ho fatto come avete chiesto» tentò di giustificarsi, ma ormai il danno era fatto.
«Fammi vedere» disse con uno sbuffo quello con la coda, prendendo il cellulare tra le mani «Hai scritto ‘Cercasi coinquilino di qualsiasi età. Ma sei scemo? Avevamo detto età media di 30 anni, maschio!» esclamò frustrato, dopo aver letto il loro annuncio sul sito.
«Sei proprio un idiota» aggiunse l’altro portando una mano sulla fronte e scuotendo la testa..
«Mi dispiace, è che.. quando l’ho fatto era sera ed ero stanc..»
«Risparmiaci le tue stupide giustificazioni, adesso abbiamo un problema peggiore..»
Tutti e tre tornarono a guardare la ragazza. Lei era un problema? Peggiore? Fece un lungo respiro, cercando di calmarsi, sicuramente potevano trovare una soluzione.
«Sentite, io ho bisogno di avere un tetto sopra la testa, non potete mandarmi via così. Mi dispiace per voi che io sia una ragazza, ma vi prometto che non darò noia a nessuno, lo giuro!» Kagome era disperata. Voleva tanto convincerli a farla rimanere altrimenti era un bel casino, non poteva tornare a casa.
«Oh, ma per noi non è un problema avere una ragazza come coinquilina» intervenne subito il ragazzo che aveva scritto l’annuncio, agitando euforico le braccia. Kagome alzò un sopracciglio confusa.
«E’ per te che abbiamo paura sia un problema» spiegò quello con la coda, ma Kagome era sempre più disorientata.
«Perché dovrebbe esserlo?» chiese, non capiva dove volessero arrivare.
«Beh, siamo quattro maschi. E tu sei l’unica femmina, non credo che reggeresti molto qui con noi» spiegò, diventando leggermente rosso. Kagome, dopo aver ascoltato quelle parole, tutta la tensione accumulata in quei minuti scivolò via, come un doccia calda. Un radioso sorriso spuntò sulle sue labbra.
«Ve l’ho detto ho bisogno di un appartamento e non ho il tempo di trovarne un altro. A me sta bene, in realtà mi basta solo..» abbassò leggermente lo sguardo, imbarazzata quel quello che stava per dire «Che ci sia privacy»
Beh, infondo non chiedeva molto no? Per lei non era affatto un problema, le bastava semplicemente che quei ragazzi non invadessero troppo i suoi spazi, anche perché sinceramente, escluso quello che continuava a mostrare in bella vista il petto muscoloso, non gli davano questa impressione.
«Beh allora.. benvenuta nella famiglia!» gridò il ragazzo vicino a lei e solo in quel momento notò che aveva i capelli legati da un buffo e corto codino dietro la nuca «Preparo un po’ di sakè» continuò , sparendo dietro un arco alla sua destra, forse dove stava la cucina.
«Si idiota, ma prima mettiti una cazzo di maglietta!» sbraitò quello con la treccia.
 
 
 
«Ecco qui!»
Dopo dieci minuti il ragazzo col codino fece la sua comparsa in salotto, con in mano un vassoio che poggiò sul tavolino di vetro, davanti al divano. Kagome era seduta su questo, rigida come una corda di violino.
«Grazie» disse, arrossendo appena, mentre lui prese posto sul bracciolo del divano accanto a lei. Per fortuna aveva avuto la decenza di coprirsi.
Kagome prese la tazza rossa, iniziando a sorseggiare la bevanda calda, nel frattempo alla sua sinistra stava il ragazzo che le pareva il più gentile; per terra, seduto a gambe incrociate, si trovava quello con la lunga treccia.
«Ti chiediamo scusa! » disse quello vicino a lei «Ammetto che l’inizio non è stato dei migliori..» continuò imbarazzato, mentre Kagome posò la tazza sul tavolino.
«Oh no, non vi preoccupate, davvero» disse con un tenero sorriso, facendo rassicurare tutti. Sembrava una ragazza abbastanza gentile.
«Beh io cercherei di rimediare iniziando con le presentazioni! Io sono Miroku e lavoro in un officina!» si presentò sorridendo allegramente. Kagome lo osservò. Come aveva già notato aveva i capelli scuri e gli occhi di un bellissimo blu. Le orecchie erano abbellite da anelli color oro, uno in quello destro e due in quello sinistro.
«Io sono Koga. Sono un preparatore atletico» intervenne il ragazzo accanto a lei. I capelli erano legati da un’alta coda di cavalo, mentre gli occhi erano di un bellissimo azzurro cielo, la pelle leggermente olivastra. Indossava una maglietta a maniche corte e Kagome notò i suoi avambracci sviluppati, si vedeva che aveva un fisico molto allenato.
«Il grandissimo Bankotsu presente a rapporto!» esclamò quello  per terra, attirando l’attenzione di tutti «Sono il migliore amico d’infanzia di quel scapestrato accanto a te. Lavoro in un’azienda di famiglia» spiegò, facendole l’occhiolino. A quanto pare lui e Miroku erano quelli più burloni, lo aveva capito nel modo in cui parlavano. Notò anche che il braccio destro di Bankotsu era ricoperto da diversi tatuaggi in bianco e nero. Anche i suoi occhi erano blu, ma con alcune sfumature tendenti al verde.
«Piacere di fare la vostra conoscenza» disse imbarazzata la ragazza «Io mi chiamo Kagome e beh, prima lavoravo in un negozio vicino a dove abitavo, ma dato che mi sono trasferita qui dovrò trovarne un altro» spiegò il più brevemente possibile, parlare di lei la imbarazzava troppo.
«Kagome, è un bellissimo nome» disse con un tono romantico Miroku, afferrando senza timore le sue mani «Vorrei tanto chiederti di dividere il letto con me, ma essendo coinquilini non credo che la cosa funzionerebbe..»
Kagome sgranò gli occhi, mentre un cuscino arrivò dritto in faccia al ragazzo col codino, che iniziò a lamentarsi.
«Idiota! E’ appena arrivata e già la importuni» esclamò adirato Koga, che gliene rilanciò un altro.
«Guarda che scherzavo!»
«Si certo come no! Stai tranquilla lo fa con tutte» sputò Bankotsu, mettendosi i piedi, iniziando a scrocchiarsi la schiena, poi guardò l’orario sull’orologio legato al polso «Ehi, è ora di cena!» esclamò contento.
«A chi sta scegliere oggi?» domandò Koga, alzandosi anche lui.
«A me! E oggi scelgo ramen, vado ad ordinarlo!» disse al settimo cielo Miroku, alzandosi di fretta e furia dal bracciolo, rischiando di ruzzolare per terra dato che il parquet era scivoloso.
«Di nuovo? Ma l’ha scelto l’altro giorno Bankotsu!» fece annoiato Koga, raggiungendolo.
«Beh, io ne ho voglia!» con quel tono Miroku pareva un bambino di nove anni. Kagome sorrise divertita, lui e Sota erano parecchio simili, in effetti anche lui andava matto per il ramen, come lei del resto.
 «Dai ordina i ravioli a vapore, è da tanto che non li mangiamo!» tentò ancora Koga, ma Miroku non voleva sentire ragioni, infatti scosse il capo.
«No, a me fanno schifo! Prendiamo del semplice riso in bianco, a pranzo ho mangiato anche troppo!» sbraitò Bankotsu, portandosi la mano sullo stomaco. 
«Piantiamola e ordiniamo qualcosa!» disse annoiato Koga, passandosi esausto una mano sulla fronte.
«Ok, allora ramen» disse con trentadue denti Miroku, estraendo dalla tasca il cellulare.
«Ti ho detto di no, non mi va quello schifo di.. »
«Scusate..» quando Kagome prese parola tutti si zittirono e si voltarono verso di lei, osservandola curiosi «Spiegatemi bene: voi ordinate sempre la cena?» chiese, corrucciando la fronte, mentre loro si scambiarono un’occhiata confusa.
 «Si» disse tranquillamente Koga, come se quello che avesse detto lei fosse la cosa più naturale del mondo. Kagome lo guardò, piegando lievemente il capo di lato.
«Perché?»
«Tre motivi!» iniziò Bankotsu, mostrando la mano con le tre dita alzate «Uno: non sappiamo cucinare. Due: è più veloce. Tre: non ci toccherebbe pulire la cucina» spiegò soddisfatto, mostrando un sorrisetto furbo.
«In realtà è comunque da pulire» intervenne Koga, alzando gli occhi al cielo.
Kagome scosse il capo. Va bene, quelle rivelazioni erano poco piacevoli per lei. In effetti, ora che ci faceva caso la casa non era esattamente come nelle foto, anzi, era letteralmente un disastro! Ma quando pensavano di pulirla?
«Ok, avete delle regole in questa casa?» chiese la ragazza, alzandosi in piedi, stirandosi con la mano i jeans e la maglietta. Miroku, Koga e Bankotsu la guardarono.
«Si» risposero tutti e tre insieme.
«Bene allora dato che da oggi vivrò anch’io qui vorrei aggiungerne alcune, siete d’accordo?»
«Dipende..» risposte ancora Bankotsu, con un tono poco convinto. Quella ragazza oltre ad essere carina e dolce era pure determinata.
«Molto bene, allora  vi dirò la regola numero uno: da domani niente più cena d’asporto, farò la spesa e cucinerò io» disse decisa «Vi sta bene?»
I ragazzi si guardarono. All’inizio stupiti, poi iniziarono a ridere e ad urlare, battendosi diverse volte il cinque. Kagome li guardò confusa, senza capire. La stavano prendendo in giro per caso?
«Finalmente qualcuno di serio in questa casa» disse contento Miroku «Ci stiamo!» gridò euforico, facendo sorride anche Kagome. Si, forse la sua regola gli andava più che bene.
«Dovevamo chiedere una coinquilina femmina molto tempo fa!» sbraitò Bankotsu, dando un altro cinque a Koga, che rispose con forza.
 
 
 
Ormai era passata un’ora da quando Kagome era arrivata in quella casa. Dopo che i ragazzi avevano accettato la sua piccola norma si erano proposti di farle fare un giro della casa.
Miroku le aveva spiegato che la loro casa era molto più grande rispetto alle altre perché diversi mesi prima i loro vicini se ne erano andati e così avevano deciso di mettere da parte dei soldi e comprare così l’altra casa. Avevano abbattuto il muro che divideva i due appartamenti tirando fuori un nuovo bagno e due camere.
Prima ne avevano solo due e le dividevano. Ora invece avevano finalmente una stanza a testa. La casa era molto bella, Kagome doveva ammetterlo, peccato che era veramente sporca. In giro c’era di tutto, dai vestiti sporchi a scatole di cibo mezze vuote o lattine di birra.
«Tutti noi odiamo pulire» le aveva detto scocciato Bankotsu, quando Kagome aveva notato una grossa macchia di caffè sulla tenda bianca della cucina. Tzè, uomini.
Dopo averle fatto fare un giro la portarono in una stanza, che si trovava nella parte del secondo appartamento.
«Questa sarà la tua camera» era veramente graziosa e grande, tanto che entrava perfettamente un letto matrimoniale, peccato che fosse inutilizzabile. Per terra c’erano diversi vestiti e la scrivania stracolma di oggetti di ogni tipo.
«Questa è del quarto ragazzo che ora non è qui, si sposterà in soffitta. Tanto anche quella è grande» aveva spiegato con un sorriso Koga.
Finito il giro alla fine avevano ordinato la cena, e, per la felicità di Koga, ognuno aveva scelto quello che voleva. Si erano messi a mangiare sul tavolo che stava in cucina, con ancora sopra roba vecchia e forse andata a male.
«Posso farvi una domanda?» chiese Kagome, non appena finì il suo ramen; quanto le piaceva. I ragazzi annuirono, intenti ancora a mangiare con poca grazia.
«Dov’è il quinto coinquilino?» domandò curiosa, alzandosi dal proprio posto per buttare il piatto di plastica, peccato che il cestino fosse pieno, alzi stracolmo. Neanche la spazzatura buttavano?
«Parli di Inuyasha?» chiese Bankotsu con la bocca piena, per poi ingoiare quel grosso boccone «Non so cosa aveva da fare quell’idiota» disse, riprendendo a mangiare come una furia.
«E’ fuori a bere qualcosa con la squadra di basket» spiegò Koga, bevendo da una lattina la birra.
«Ma non giocate insieme?» chiese Miroku, alzando un sopracciglio.
«Si, ma io ho avuto la decenza di saltare l’ennesima uscita dato che oggi veniva il nuovo, o meglio la nuova coinquilina» disse Koga, facendo un occhiolino a Kagome, che arrossì imbarazzata.
«Mi dispiace, non c’era bisogno che tu la saltassi per me» mormorò dispiaciuta, stringendosi le spalle. Se c’era una cosa che non sopportava fare era recare disturbo agli altri.
«No non preoccuparti, anzi mi hai salvato. Ogni volta ce ne andiamo sempre al solito pub, beviamo troppo, torniamo tardi, e la mattina dopo mi ritrovo un terribile e fastidioso mal di testa» sorrise intenerito, osservando lo sguardo poco convinto della ragazza.
Era veramente carina. Gli trasmetteva un’incredibile tenerezza, ma allo stesso tempo forza e tenacia. Sinceramente lo incuriosiva molto e sicuramente non era l’unico a pensarlo. Aveva notato le occhiate di Bankotsu, beh infondo era il suo migliore amico. Anche quelle di Miroku, peccato che alla fine lui le rivolgeva a qualsiasi essere femminile. Era senza speranza!
Kagome, assonnata, si portò una mano alla bocca nascondendo il piccolo sbadiglio. Che giornata lunga, quello di cui aveva bisogno era una bella dormita in un letto comodo.
«Perdonate la mia fretta, ma vado a letto» disse, strizzando gli occhi che si erano leggermente inumiditi. I ragazzi la salutarono allegramente  e strusciando i piedi raggiunse la sua camera.
Dopo essersi chiusa la porta alla spalle non accese la luce e né si cambiò, le faceva troppa fatica aprire la valigia e cercare il pigiama. Si buttò direttamente sul materasso morbido, affondandoci dentro. Il suo corpo si rilassò immediatamente e dopo pochi minuti si addormentò, con un leggero sorriso sulle labbra.
Diverse ore dopo qualcuno entrò in casa, cercando di fare il meno rumore possibile. Gli occhi gli bruciavano terribilmente, così non accese le luci, utilizzando le mani per capire in quale direzione stava andando. Sicuramente i tre bicchieri di birra e i due shot alla frutta non lo aiutavano affatto in quella situazione, dato che non smetteva di traballare.
Finalmente raggiunse la sua meta. Aprì lentamente la porta per poi richiuderla. Era troppo stanco per cambiarsi, si tolse semplicemente la maglia buttandola per terra, poi raggiunse il letto, nascondendo il volto sul cuscino senza neanche accorgersi che qualcun’altro stava dormendo accanto a lui.






Angolo autrice:

Salve! Sincuramente molti di voi non mi conoscono perché fino ad oggi sono stata per otto lunghi anni una semplice lettrice. Amo leggere, è una mia passione e quando ho scoperto questo sito ero al settimo cielo! Col tempo decisi anch'io di scrivere qualcosa, ma sfortunatamente la mia insicurezza mi ha sempre frenato, ma grazie a delle persone molto speciali, che forse molti di voi conoscono, mi hanno aiutata ad uscire da questo piccolo guscio. Per questo motivo ringrazio veramente col cuore il gruppo facebook Takahashi Fanfiction Italia e tutte le ragazze che mi hanno spinta a pubblicare una mia piccola opera, in particolare Miyu87, alias mia beta e informatrice*-*
Parlando della storia, mi pareva giusto iniziare con qualcosa di semplice, infatti questa sarà una mini long di 4/5 capitoli. L'ho scritta circa due anni fa, ma l'ho corretta completamente. Spero veramente vi piaccia, alcune volte la mia mente contorta mi fa venire strambe idee xD 
Ultimo appunto: sono un'amante del Giappone quindi la maggior parte delle volte scriverò cose reali, per esempio il quartiere che ho scritto, Ikebukuro, esiste veramente e lì si trova il Sunshine 60(*) composto da 60 piani. E' un enorme centro commerciale con i più svariati negozi e questo, a Tokyo, è uno dei più grandi.
Direi basta, non voglio annoiarvi più di tanto! Un caloroso abbraccio :*

Marty 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il buongiorno si vede dal mattino ***


Home Sweet Home



 
Casa è dove conosci gli spazi abbastanza bene da riuscire a orientarti anche al buio.
Non funziona poi molto diversamente dentro le persone.


Twitter
 
 



Capitolo 2 – Il buongiorno si vede dal mattino
 


Maledetto raggio di sole. Per la sfortuna di Kagome, nonostante le tapparelle fossero abbassate, un piccolo fascio luminoso era scappato, trovandoselo dritto in faccia. Fece un verso contrariato, stringendo gli occhi. Porca miseria perché proprio sul viso? E poi perché aveva come la sensazione che qualcuno le stesse palpando il seno? Aspetta un attimo.. palpando il seno?
Kagome sgranò gli occhi, abbassando subito il capo, e si trovò ad osservare una mano grande stringere la sua parte intima Senza pensarci urlò come una pazza isterica e immediatamente la mano si ritirò, ma a Kagome non bastò e alla cieca allungò il braccio colpendo lo sconosciuto accanto a lei, forse in piena faccia. Quel brusco movimento la fece ruzzolare per terra, portandosi dietro la coperta.
Il ragazzo si svegliò si soprassalto udendo un urlo provenire proprio vicino al suo orecchio. Ebbe appena il tempo di rendersi conto che la sua testa ancora pulsava per la sbronza della sera prima, che qualcuno gli diede uno schiaffo sul naso, facendolo cadere giù dal letto.
«Ma porca..» esclamò, portandosi la mano sulla faccia che pulsava, proprio come la sua emicrania. Ma cosa cazzo era successo?
«Che è accaduto!?» improvvisamente la porta si spalancò e la luce si accese, mostrando sullo stipite della porta Miroku, con in mano una pentola, Koga e Bankotsu, tutte e tre a petto nudo e in mutande. Solo Koga aveva avuto la decenza di indossare dei pantaloncini.
«Inuyasha! Che diavolo ci fai qui?» domandò Bankotsu confuso, trovando l’amico per terra, che continuava a massaggiarsi la parte lesa. Ma cosa gli era preso a tutti dannazione?
«Come sarebbe a dire che ci faccio?» rispose, guardandoli in cagnesco, mentre il suo naso diventava rosso.
«Kagome stai bene?» esclamò Koga preoccupato.
Sentendosi chiamare la ragazza si mise a sedere, con ancora la coperta in testa, se la spostò di poco, permettendole di vedere tutti. Diventò ancora più rossa, oddio ma perché stavano tutti a petto nudo in quella casa?
«Quella chi è?» domandò il ragazzo per terra, non appena la vide, poi si voltò alterato verso gli amici «Miroku! Che cazzo ci fa una delle tue donne nella mia stanza!?» sbraitò, mettendosi in piedi. Pessima idea dato che, oltre al mal di testa, vide tutto sfocato e un conato di vomito si fece sentire, ma il suo orgoglio in quel momento era più importante.
«Che? Ma cosa farnetichi, lei non è una delle mie donne!» spiegò contrariato Miroku, agitando come un ossesso le braccia, con ancora in mano la pentola. Inuyasha aprì la bocca per parlare, ma Bankotsu lo precedette.
«E’ la nuova coinquilina cretino! Ieri sera ti abbiamo lasciato un biglietto con scritto che d’ora in avanti dormirai in soffitta!» spiegò il ragazzo incrociando le braccia. Inuyasha li guardò ancora stupito. Una ragazza come coinquilina? Devono essere impazziti tutti. Bastava uscire fuori una sera e guarda che casino combinavano.
«Non mi interessa un accidenti di chi sia, la voglio fuori dalla mia stanza, se ne andrà lei in soffitta! E poi ieri sera sono tornato tardi e mezzo ubriaco, come facevo a leggere il vostro stupido messaggio?»
«Chiudi il becco una santa volta. A quest’ora avremo già svegliato tutto il palazzo» schiamazzò Koga, tirando una pacca, abbastanza forte a Inuyasha «Alcune volte sei proprio idiota» sussurrò ancora, prima di uscire dalla stanza.
Inuyasha l’aveva comunque sentito. Strinse i denti e con rabbia prese la maglia per terra e uscì dalla camera, scansando gli altri due in malo modo. Kagome era rimasta a terra, ancora mezza sommersa dalla coperta. Ma cosa diamine era successo?

 

 
Diversi minuti più tardi Kagome raggiunse la cucina con addosso dei pantaloni della tuta grigi e una maglietta a maniche corte nera. Tutti, a parte il ragazzo di nome Inuyasha, erano intenti a fare colazione.
«Caffè?» propose Koga alla ragazza, non appena varcò la soglia. Lei annuì grata. Prese una tazza, stranamente pulita, e vi verso il poco caffè rimasto, prendendo poi posto tra Koga e Miroku. Fortunatamente si erano tutti vestiti. Solo ripensare che li aveva visti mezzi nudi la fece arrossire come un pomodoro.. che imbarazzo.
«Scusa per prima. Inuyasha la mattina è parecchio irrequieto» sbuffò Bankotsu, portandosi in bocca un biscotto intero. Ma come faceva a non soffocare?
«Oh no, non vi preoccupate. Non è stata colpa sua, infondo non lo sapeva» disse imbarazzata agitando le mani, facendo intenerire tutti.
«Secondo me sei troppo buona» annuì convinto Miroku, finendo la sua bevanda calda. In quello stesso istante entrò in cucina il protagonista dei loro discorsi. A Kagome venne un colpo quando vide che questo aveva un piccolo cerotto sul naso. Tutti iniziarono a ridere.
«Inuyasha mi meraviglio di te. Ti sei fatto battere da una ragazza» esclamò con le lacrime agli occhi Bankotsu, portandosi una mano sulla pancia per il troppo ridere. Anche gli altri erano sul punto di piangere.
«Taci dannato!» sbraitò brusco, muovendo una mano infastidito e raggiungendo il piano cottura «Chi diavolo ha finito il caffè!?» gridò, trovando il contenuto completamente vuoto. A quelle parole Kagome arrossì ancora di più, cercando di diventare più piccola possibile.
Inuyasha lo notò, infuriandosi ancora di più, ma si trattenne, iniziando a prepararne dell’altro. Maledetta ragazzina.
«Io vado. Stasera ho un incontro importante perciò farò tardi» disse Bankotsu, non appena finì di mangiare, o meglio, di abbuffarsi. Si alzò, raggiungendo l’arco che portava al salotto, senza neanche rimettere a posto il piatto usato.
«Si anche io farò tardi, stasera devo fermarmi in palestra» spiegò brevemente Koga prendendo sia il suo piatto che quello dell’amico, posandoli dentro l’acquaio, che era già stracolmo di stoviglie sporche.
«Sei vuoi quando esco ti raggiungo, così torniamo insieme» propose il ragazzo con la treccia, che era rimasto lì in piedi. Koga annuì con un sorriso riconoscente.
«Anche io e Inuyasha faremo tardi, facciamo la chiusura stasera» disse Miroku, stiracchiandosi sulla sedia, poi si voltò verso Kagome «Tu che farai oggi Kagome?»
Sentendosi chiamare in causa la ragazza lo guardò «Oh, credo che farò un giro per conoscere meglio la zona e forse anche per trovare un lavoro» spiegò brevemente. Miroku le sorrise.
«Non vedo l’ora che sia stasera. Oggi sta a me scegliere la cena» esclamò per la prima volta contento Inuyasha, ma la cosa non durò molto.
«Mi dispiace amico, ma d’ora in avanti sarà Kagome la nostra cuoca» sghignazzo Bankotsu, posando entrambe le mani sulle spalle della ragazza che era ancora seduta. Inuyasha lo guardò confuso, poi infuriato. Il naso, la camera, il caffè e ora pure la cena?
«State scherzando?» sbraitò, posando con forza la tazza sul tavolo, rischiando di romperla in mille pezzi. A quel gesto Kagome fece un piccolo balzo, non aspettandosi quella reazione. Quel tipo soffriva di crisi di rabbia.
«Non fare il brontolone, dobbiamo essere contenti che una deliziosa fanciulla cucini per noi» disse Miroku facendogli l’occhiolino, per poi uscire dalla cucina, seguito dalle risate divertite di Koga e Bankotsu, mentre Inuyasha sbuffò.
In cucina erano rimasti solo lui e lei. E adesso? Kagome voleva tanto scusarsi, non avevano iniziato nel migliore dei modi. Nervosa, prese la ciotola dello zucchero iniziando a metterlo in grande quantità dentro il caffè. Inuyasha alzò un sopracciglio.
«Ma quando zucchero metti?» Kagome si bloccò col cucchiaino pieno in aria, guardandolo.
Rispetto gli altri ragazzi era completamente diverso; i suoi capelli erano lunghi con riflessi argentei, mentre gli occhi di un bellissimo color ambra. Era anche lui parecchio alto e pure allenato, lo aveva notato quando l’aveva visto quella mattina a petto nudo. A quel pensiero arrossì, distogliendo lo sguardo.
«Mi piace lo zucchero» mormorò brevemente. Quando era nervosa le bastava un po’ di zucchero per calmarla, era sempre stato un suo vizio, fin da piccola.
Intanto anche Inuyasha la stava studiando. Doveva ammettere che, nonostante tutto quello che era successo in meno di un’ora, era molto carina. I capelli lunghi e mossi le cadevano dietro la schiena e gli occhi avevano lo stesso colore della bevanda che stavano sorseggiando entrambi. Il corpo, notò, era piccolo e minuto. Storse il naso; lui preferiva le ragazze allenate e formose, e poi non aveva neanche un po’ di tette.
«Mi dispiace» Inuyasha si svegliò, smettendo di farle i raggi x, osservandola curioso. Lei teneva lo guardo abbassato «Non volevo recarti alcun disturbo, io non ho problemi a dormire in soffitta. E non volevo colpirti il naso, e poi il caffè, se avessi saputo che lo prendevi anche te..»
«Ehi, ehi datti una calmata!» la bloccò Inuyasha, forse anche lui in difficoltà. Non era abituato a ricevere così tante scuse tutte insieme «Non farti troppi problemi» borbottò, girando dall’altra parte il viso, per non guardarla. Lei lo osservò, piegando lievemente il capo.
«E poi.. che razza di forza hai?» sbottò con uno sbuffo, tornando a guardarla con un’espressione annoiata «Al naso non mi hai neanche fatto il solletico» sghignazzò, incrociando le braccia e alzando di poco il mento.
«Cosa?» chiese confusa Kagome. Ma, oltre a crisi di nervi soffriva anche di sbalzi d’umore per caso?
«Per non parlare delle tue tette» continuò lui, indicandole con la testa «Per caso hai avuto problemi durante la crescita? Sono così piccole» istintivamente sgranò gli occhi e aprì la bocca, portandosi le mani al seno, come se fosse nuda. Ma chi si credeva di essere?
«Ehi! Chi.. chi ti da il diritto di commentare il mio corpo?» balbettò, ancora frastornata da tanta tranquillità da parte di quel buzzurro nel parlare di argomenti così.. intimi.
Lui ridacchiò, aspettandosi una reazione simile. Aveva già capito che tipo di ragazza aveva di fronte: vergine e polemica.
«Inuyasha muoviti o faremo tardi!» gridò ad un certo punto Miroku dal soggiorno, mentre Inuyasha soddisfatto si alzò, regalandole un sorriso strafottente.
«Ci vediamo stasera zuccherino»
Detto questo uscì dalla cucina, lasciandola sola. Poco dopo sentì la porta chiudersi e capì di essere rimasta sola.
Brutto villano depravato. Lei aveva cercato di scusarsi  e lui che faceva? Commentava le dimensioni delle sue tette? Maledetto buzzurro maschilista! Quella sera gli avrebbe servito roba avariata, anzi avvelenata! Si alzò con rabbia, posando la tazza ormai vuota dentro l’acquaio, poi si bloccò.
Aspetta.. come l’aveva chiamata? Zuccherino?
Infuriata uscì dalla cucina cercando di non pensarci, doveva darsi una calmata. Iniziò a guardarsi intorno. Il soggiorno era semibuio dato che le tende erano chiuse, così decise di aprirle. Sfortunatamente il sole era coperto da minacciose nuvole grigie. Si voltò e studiò l’ambiente che la circondava. Mamma che disastro..
«Ok, ho deciso!» disse a se stessa convita, battendo le mani. Avrebbe ripulito tutta la casa da capo a piedi, questo l’avrebbe sicuramente calmata. Poi sarebbe andata a fare un giro, cercare un lavoro e infine la spesa. Era perfetto!
Iniziò a correre, raggiungendo la sua camera. Aprì la valigia e prese la sua bandana azzurra, legandosela in testa. Fece un giro della casa, scoprendo un piccolo sgabuzzino e per la sua immensa gioia e fortuna vi trovò tutto l’occorrente per pulire. Sembravano nuovi di zecca; in effetti non dovevano averli usati molto.
Tornò in salotto con in mano tutto il necessario, con addosso dei guanti gialli.
«Ma chi voglio prendere in giro. Non so neanche da dove iniziare..» mormorò affranta la ragazza.
«No, ce la farò! Kagome Higurashi non si arrende mai!» esclamò decisa, prendendo in mano la scopa, iniziando a pulire per terra motivata.
 
 

 
Le 15.30

Ci aveva messo almeno sette ore per pulire tutta la casa, contando la pausa pranzo, composto solo da un sacchetto di patatine che sarebbe scaduto due giorni dopo, dato che in cucina non aveva trovato altro. Vicino all’ingresso c’erano cinque grossi sacchi neri da buttare. Aveva fatto tre volte la lavastoviglie, mentre in altri due sacchi di plastica aveva messo tutti i vestiti sporchi che aveva trovato in giro.
Guardò il suo operato soddisfatta, ora si che si ragionava. Per prima cosa aveva pulito tutta la cucina, successivamente il salotto e i due bagni che erano veramente in uno stato pietoso. Poi era andata in soffitta, piena di polvere e ragnatele. Era molto bella e usarla come camera non sarebbe stato male, doveva solo abbellirla con alcuni mobili, dato che era vuota. Sinceramente aveva avuto intenzione di sistemare anche le camere, ma dato che non voleva invadere troppo la privacy dei suoi coinquilini aveva semplicemente aperto le finestre per far cambiare aria e aveva preso i vestiti da lavare. Non avevano una lavatrice, così li avrebbe portati in qualche lavanderia a gettoni quando sarebbe uscita.
Leggermente sudata raggiunse uno dei due bagni, con l’obbiettivo di farsi una doccia rilassante. Dopo una mezzoretta buona era pronta ad uscire. Aveva indossato dei jeans scuri, una maglia verde militare con sopra un cappotto di pelle e  infine una leggera sciarpa nera. Fortunatamente Miroku le aveva lasciato un mazzo di chiavi, che mise in borsa, insieme ad un ombrello. Quelle nuvole non promettevano nulla di buono.
Portò con fatica tutti i sacchi dentro l’ascensore con l’obbiettivo di buttarli. I cassonetti non erano lontani e dopo essersi finalmente liberata di quel peso iniziò a girarsi intorno, notando che alla sua destra iniziava una zona pedonale ricca di negozi.
Cavolo c’era di tutto! Da negozi di alta moda a piccoli ristoranti dal quale uscivano profumi di ogni tipo, facendole venire l’acquolina in bocca. Ad un certo punto Kagome notò addirittura un piccolo negozio dove facevano il bucato. Senza esitare entrò; per fortuna aveva portato con sé i sacchi. Una donna stava dietro al bancone a leggere un giornale.
«Salve» disse la ragazza attirando l’attenzione della commessa. Con un po’ di fatica Kagome poggiò le tre buste sul tavolo. A quella vista la signora alzò un sopracciglio, guardandola confusa. Imbarazzata di grattò il capo.
«Mi dispiace. Coinquilini pasticcioni» di giustificò con un sorriso, cercando di mettere sul ridere quella situazione, ma a quanto pare aveva fallito miseramente.
«Puoi tornare qui fra due ore» disse semplicemente con tono scocciato, mentre Kagome le fece un leggero inchino per poi uscire velocemente. Poverina, quanta roba le toccava pulire, in quel momento non voleva essere nei suoi panni. Beh, in realtà lo era già stata dato che aveva pulito tutta la casa.
Riprese a camminare lungo la via, circondata da persone di diverse età. Lì era tutto così diverso rispetto a casa sua. A quel pensiero la sua mente tornò alla sua famiglia, già.. chissà come stavano: sua mamma, il nonno, Sota.. quanto le mancavano. Con ancora la testa abbassata non si rese conto che qualcuno stava correndo nella sua direzione e senza accorgersene la urtò, buttandola a terra in malo modo.
«Oh cielo, scusami!» gridò mortificata, aiutandola ad alzarsi, prendendola per un braccio. Kagome ancora confusa si portò una mano alla testa.
«Oh no, non preoccuparti, è stata colpa mia.. non guardavo dove stavo andando» disse con un sorriso rassicurante, osservando la ragazza che le stava di fronte. Sicuramente aveva più o meno la sua età. Indossava una divisa, forse quella di una cameriera, lasciandole scoperte le gambe bianche e magre dalle ginocchia in giù. I capelli erano di un bellissimo rosso acceso, legati da due buffe codine, gli occhi le ricordavano le foglie brillanti dell’albero sacro che aveva nel giardino della sua vecchia casa. Le sue guance erano leggermente arrossate, forse per via della corsa. Sembrava una bambina.
«Vorrei tanto sdebitarmi per questo brutto incidente, ma devo scappare sono in ritardo!» esclamò agitata. Kagome annuì cordiale.
«Tranquilla, vai pure!»
La ragazza le sorrise, ricominciando a correre «Grazie, ciao!» urlò, agitando il braccio per poi sparire tra la folla. Che stramba ragazza, però era simpatica. Kagome, continuando a guardare nella direzione da cui era sparita, riprese a camminare, sotto lo sguardo curioso dei passanti che avevano assistito alla scena.
Nelle successive due ore aveva trovato un enorme centro commerciale, all’interno di una palazzina. In ogni piano c’erano diversi negozi di ogni tipo, ma per fortuna il market si trovava al piano terra. Aveva comprato di tutto. Infondo, oltre a lei avrebbe dovuto sfamare dei grossi e affamati maschi. In totale erano quattro buste, voleva proprio vedere come avrebbe fatto a portare anche il bucato pulito.
Raggiunse il negozio dove la stessa donna di prima stava ancora dietro il bancone, masticando annoiata una gomma in bocca rumorosamente. Quando la vide entrare sbuffò annoiata, sparendo dentro una stanza. Pochi secondi dopo riuscì con in mano due scatole. Notò che la ragazza aveva altra roba in mano.
«Come farai a portare tutto?» domandò, alzando un sopracciglio. Kagome non trovando risposta alzò le spalle, mentre la signora alzò lo sguardo al cielo.
«Aspetta qui» disse scocciata, sparendo di nuovo dalla stessa porta. Kagome sentì un leggero chiasso e finalmente la commessa tornò, con in mano una grande cesta rossa.
«Tieni, metti tutto qui» disse, poggiando sul bancone l’oggetto che aveva portato.
«Oh, la ringrazio molto. Domani gliela riporterò» disse con un sorriso raggiante la ragazza, poi dopo aver pagato il conto uscì contenta. Meno male, così avrebbe fatto meno fatica.
Quando raggiunse la palazzina il sole stava tramontando, guardò l’orario sul telefono: le 18.38, giusto in tempo per sistemare la spesa e iniziare a preparare qualcosa. Entrò nell’ascensore. Vediamo, cosa avrebbe preparato? Si portò pensierosa un dito sul mento, poi una lampadina si accese. Trovato!
 
 

 
Inuyasha sbuffò, tirando un calcio alla lattina vuota che si era ritrovato di fronte. Pochi minuti prima, lui e Miroku, avevano chiuso l’officina e Koga e Bankotsu si erano presentati, dicendo che si sarebbero fermati a comprare alcuni dolci da portare a Kagome, chiedendogli di unirsi a loro. E così gli toccava tornare a casa più tardi, che scocciatura.
Non solo, lo avevano pure costretto ad assaggiare quei cosi schifosi e colorati. Tutto per cosa? Per quella stupida ragazzina.
Aveva pensato a lei diverse volte. Sicuramente era rimasta tutto il tempo sdraiata sul divano a non fare nulla, a differenza loro. Non aveva neanche un lavoro! Finalmente intravide il palazzo. Non vedeva l’ora di farsi una doccia e una bella dormita.
«Secondo voi a Kagome piacerà il cioccolato?» chiese contento Koga, muovendo leggermente il sacchetto incartato, con attorno un fiocco rosa arricciolato.
«Ne dubito, hai visto quant’è magra?» sghignazzò Inuyasha, prendendola in giro. Pessima mossa dato che ricevette un piccolo schiaffo dietro la nuca.
«Smettila di fare l’antipatico! Guarda che ho sentito quello che le hai detto stamattina» sbraitò Miroku, bloccando Inuyasha, che rizzò la schiena teso «E devo contraddirti: il fisico di Kagome è stupendo, alla fine le tette piccole mi piacciono, in certe situazioni sono molto comode» ammise con un sorriso da ebete, portandosi le braccia dietro la testa.
«Piantala Miroku. Quando dici certe cose mi fai paura» sbottò Bankotsu, alzando gli occhi al cielo, che in quel momento era del tutto scuro. Il sole era tramontato da un bel pezzo.
«Perché a te non piace?» chiese ingenuamente il ragazzo col codino, facendolo arrossire.
«Certo! Mi pare una ragazza molto intelligente e con la testa sulle spalle, ma.. non è il mio tipo» concluse, guardando altrove. Odiava Miroku in quei momenti, perché sapeva perfettamente che lo faceva apposta, solo per metterlo in imbarazzo.
Entrarono finalmente dentro l’edificio e una volta chiamato l’ascensore raggiunsero il famoso interno 24C. Koga aprì la porta con il suo mazzo di chiavi, ma una volta fatto si bloccò, senza permettere agli altri di entrare.
«Ehi Koga, perché ti sei fermato?» chiese confuso Miroku, mentre una vampata di profumo di pulito e cibo colpì tutti. Il giovane ragazzo entrò lentamente in casa, seguito dagli altri che si bloccarono stupiti.
La casa era.. pulita? Anzi, quel termine si non addiceva: splendeva! Il pavimento era talmente lucido che ci si potevano specchiare. Ogni cosa era al suo posto, niente residui di vestiti o roba da mangiare, per non parlare di quel piacevole odore di arancia e limone.
«Ma.. abbiamo sbagliato casa?» chiese stupito Bankotsu, guardandosi attorno. Si avvicinò ad una mensola, posandoci sopra un dito; neanche un granello di polvere.
«..Kagome?» la chiamò insicuro Koga.
La ragazza, sentendo le loro voci, spuntò dalla cucina con in mano un mestolo e un grembiule addosso, leggermente sporco.
«Ciao ragazzi! Bentornati» esclamò contenta, raggiungendoli. Parevano parecchio irrequieti.
«Hai.. hai pulito tutto tu?» domandò ancora turbato Miroku. Kagome sorrise radiosa, annuendo col capo.
«Si! Spero non vi dispiaccia.. Ah lì ci sono i vostri vestiti puliti. Dato non sapevo di chi fossero li ho lasciati lì così potete prenderli liberamente» spiegò felice, indicando col dito le due scatole vicino al divano. Loro sgranarono gli occhi.
«C-ci hai fatto il bucato?» mormorò ancora Miroku.
«Non esattamente, li ho portati in una lavanderia. Però tranquilli, le vostre camere non le ho toccate ho solo preso gli abiti e aperto le finestre per cambiare un po’ d’aria» spiegò sbrigativa, grattandosi una guancia, con ancora in mano il mestolo.
I suoi coinquilini si guardarono tra di loro, ancora frastornati.
«Kagome noi.. non sappiamo che dire» iniziò in difficoltà Koga.
«Dopo ti ridaremo tutti i soldi» aggiunse Bankotsu. Kagome li guardò, piegando il capo.
«No, non ce n’è bisogno davvero» disse imbarazzata, agitando le mani e chiudendo gli occhi. Non aveva mica fatto tutto quello per ricevere dei soldi o altro. I ragazzi non sapevano cosa aggiungere così Bankotsu  strappò dalle mani di Koga il pacchettino, porgendoglielo.
«Tieni. Questo è per te» disse incerto, facendolo dondolare a pochi centimetri dal suo viso. Emozionata la ragazza lo prese tra le mani iniziando a scartarlo.
«Che bello grazie! Adoro il cioccolato» urlò contenta, saltellando come una bambina, per poi scomparire dentro lo cucina «Su, venite!» gridò, obbligando tutti a raggiungerla. Cavolo, anche la cucina brillava come un diamante grezzo. Il tavolo era  apparecchiato nel migliore dei modi.
«Questo tavolo era così spazioso?» domandò ingenuamente Bankotsu, sedendosi al suo posto, seguito dagli altri, mentre Kagome li servì, porgendogli un piatto ricco e colorato.
«E’ pronto! Spero vi piaccia l’udon» mormorò, prendendo anche lei posto, mentre Miroku ridacchiò.
«Non ci crederai mai, ma è il piatto preferito di Inuyasha» a Kagome brillarono gli occhi, osservando il ragazzo che assaggiò il primo boccone. Lo vide irrigidirsi e la cosa la preoccupò, non gli piaceva?
«E’ davvero squisito!» gridò entusiasta Bankotsu, prendendo di fretta e furia un altro boccone, rischiando di bruciarsi la lingua. Kagome tirò un sospiro di sollievo.
«Diavolo, le mie papille gustative stanno impazzendo» esclamò al settimo cielo Miroku.
«Nah, dovreste sentire quelli che fa mia mamma. Sono molto più buoni» disse imbarazzata, iniziando anche lei a mangiare. In effetti era stata lei ad insegnarle come cucinarlo, così come tutti i piatti del resto.
«Ma che vai dicendo, altro che cibo d’asporto. Dovevamo conoscerti molto tempo fa!» aggiunse Koga, senza guardarla, intendo a godersi come gli altri quella deliziosa pietanza.
Inuyasha per tutto il tempo era rimasto zitto, era veramente buono cavolo! Quando lo aveva assaggiato quasi non ci credeva. Aveva pulito la casa, fatto il bucato e cucinato benissimo. Ok, doveva ammetterlo, quella tipa non era male, ma non l’avrebbe mai ammesso.
Dopo poche ore Kagome stava sparecchiando la tavola, mentre gli altri si trovavano in salotto a chiacchierare.
«Ragazzi, non so voi, ma io mi sento in debito con lei» disse Koga. Gli altri annuirono, concordando quello che aveva detto l’amico.
«Dovremo farle qualcosa..» propose Miroku, portandosi una mano sul mento con fare pensieroso.
«Le abbiamo già fatto i dolci! Non vedo perché insistere» sbuffò Inuyasha, incrociando le braccia. Koga prese il cuscino che si trovava sul divano, tirandoglielo con rabbia in testa «Ahia! Ma che ti prende?» gridò, portandosi una mano sulla parte colpita.
«Sei proprio senza speranza» sussurrò il ragazzo con la coda, scuotendo leggermente il capo.
«Ci sono!» esclamò improvvisamente Bankotsu, spaventando tutti «Domani è sabato giusto? Nessuno di noi lavora. Andiamo a festeggiare allo Yagura!» a sentire il nome proposto dall’amico Koga si congelò sul posto.
«Si perché no? Là si trovano sempre un mucchio di ragazze..» aggiunse Miroku con un sorriso ebete.
«N-non credo sia una buona idea, insomma.. io, lei..» iniziò a balbettare Koga, senza sapere cosa dire. Era solo convinto che in quel posto non voleva andarci.
«Su non fare il solito guastafeste!» esclamò scettico Bankotsu, che abbracciò le sue spalle muscolose con un braccio, con una certa difficoltà dato che era molto più basso.
«Che bello, non vedo l’ora!» un radioso Miroku abbracciò i tre amici attorno al collo, avvicinandoli al suo viso. Quando adorava uscire! E poi così stanotte avrebbe avuto sicuramente un po’ di compagnia..
«Ehi e chi ti ha detto che io voglio andarci? Perché non posso saltare almeno una volta?» disse contrariato Inuyasha, sciogliendosi da quell’abbraccio.
«Perché oggi è per un’occasione speciale» continuò entusiasta Miroku, facendo borbottare ancora di più Inuyasha «Vado a dirglielo, voi andate a prepararvi!» gridò, raggiungendo di corsa la cucina.
 
 

 
Pochi minuti più tardi Kagome varcò la porta della soffitta pronta e felice. Miroku le aveva proposto di andare a bere qualcosa quella sera stessa e lei aveva accettato più che volentieri. Era la prima volta che usciva a quell’ora per Tokyo. Aveva indossato una gonna semplice nera, non troppo corta, ma neanche lunga, lasciando libere le sue gambe magre. La canottiera era aderente e scollata, permettendo di mostrare le sue poche forme, con sopra il suo solito cappotto di pelle. Ai piedi delle semplici scarpe col tacco non troppo alto con il cinturino alla caviglia; gliel’avevano regalate le sue amiche per il suo ventitreesimo compleanno. Infine del trucco leggero. Raggiunse emozionata il salotto dove i suoi coinquilini l’attendevano. Rimase sbigottita: cavolo erano tutti bellissimi. Un fischio di approvazione uscì dalle labbra di Miroku, che studiò attentamente il suo corpo.
«E chi se l‘aspettava?» esclamò, senza smettere di studiarla. Kagome abbassò lo sguardo imbarazzata, mentre Koga aprì la porta.
«Grazie» mormorò. Miroku le sorrise, stirandosi la camicia blu scura con i primi tre bottoni sbottonati, sicuramente per mostrare il petto e attirare qualche ragazza.
«Mai visitata Tokyo di notte?» le chiese Koga. Lei negò col capo, fissandolo. Era vestito con un semplice jeans, scarpe da ginnastica bianche e una felpa di marca, con le maniche alzate fino ai gomiti, ma non bastava per nascondere i suoi muscoli.
«No, mai. Questa è la prima volta» ammise con un sorriso, varcando il portone.
«Ma dove sei stata tutto questo tempo?» domandò divertito Bankotsu, mettendosi le mani dietro la testa, gonfiando il petto coperto da una semplice canottiera, mettendo in bella vista i muscoli e il braccio tatuato. Ma non aveva freddo?
Ridendo e scherzando in soli dieci minuti raggiunsero un delizioso locale vicino al centro. Era molto grande e colma di gente, tanto che che la maggior parte se ne stava fuori a parlare e a bere la bevanda ordinata. Il nome del locale era in bella mostra grande e luminoso. Kagome, circondata dai suoi coinquilini entrò dentro, dopo una serie di gomitate e spinte.
«Ehi Byakuya!» gridò Miroku, alzando la mano, attirando l’attenzione di un barman con i capelli legati in una coda simile a quella di Koga, che ricambiò il saluto.
«E’ un caro amico, prima l’ho chiamato per chiedergli di tenerci un posto libero» spiegò Miroku, guardando la ragazza leggermente in difficoltà, si vedeva che stare in mezzo a tanta gente la turbava.
«Ciao Miroku! Sempre il solito tavolo!» disse, senza neanche chiedere informazioni. Miroku gli fece il segno dell’ok con il pollice.
«Grazie mille!»
Il gruppo si spostò come era stato detto, mettendosi a sedere sull’unico tavolo libero vicino al muro con sopra scritto ‘riservato’. Kagome si sedette sul divanetto di tessuto rosso tra Koga e Miroku, mentre di fronte a lei stavano Inuyasha e Bankotsu. Solo lei prese il menù in mano. Dannazione, servivano solo bevande alcoliche lì?
«Hai già in mente cosa prend..»
«Ciao ragazzi!» a quella voce Koga si bloccò di colpo, girando immediatamente il capo dall’altra parte, mentre la ragazza frizzante li osservava contenta. Solo Kagome notò lo strano comportamento del coinquilino.
«Ciao Ayame come va?» domandò Bankotsu alla nuova arrivata, che le sorrise allegramente.
«Tutto bene grazie» rispose, poi spostò il suo sguardo verde su Koga, che cercava un qualsiasi modo per evitarla. La cosa le fece dispiacere, ma non lo diede a vedere, poi guardò Kagome «Ma.. tu sei la ragazza con cui mi sono scontrata oggi pomeriggio!» gridò all’improvviso, indicandola col dito leccato di uno smalto rosso scuro.
Kagome sgranò leggermente gli occhi mentre i ragazzi le osservarono curiosi. Aspetta un attimo, quelle codine.. «E’ vero! Che coincidenza» esclamò, riconoscendola solo in quel momento. Cavolo che memoria di ferro aveva quella ragazza.
«Che bello, allora per sdebitarmi posso offrirti qualcosa, che desideri?» domandò con uno smagliante sorriso, munendosi di taccuino e penna. Kagome ritrovandosi contropiede per la proposta improvvisa iniziò a balbettare.
«Oh, ma no.. non importa, davvero!» tentò imbarazzata, ma la rossa scosse il capo energicamente.
«Mi dispiace, ma quando Ayame ha in testa qualcosa nessuno la ferma» intervenne divertito Miroku, scoraggiando ancora di più Kagome, che leggeva di fretta il menù.
«Allora gradirei.. una coca con ghiaccio, senza limone» disse con un timido sorriso, mentre Ayame si appuntò quella piccola richiesta, con la lingua leggermente di fuori.
«Perfetto, a voi ragazzi non chiedo niente, tanto sempre il solito»
«Ormai ci conosci troppo bene!» ridacchiò Bankotsu alzando la mano in aria, permettendo alla cameriera di dargli il cinque divertita, per poi sparire tra la folla.
«Kagome scherzi, una coca? Siamo qui per festeggiare e divertirci, non puoi ordinare una schifosa bevanda americana, non alcolica per giunta!» Miroku alzò sconsolato le braccia al cielo.
In effetti il ragazzo col codino non aveva tutti i torti, peccato che Kagome non reggesse affatto l’alcool. L’ultima volta che aveva bevuto come un lupo fu durante la festa dei suoi venti anni. Le sue amiche l’avevano praticamente obbligata e a fine serata si era ritrovata in mezzo alla pista a ballare con uno sconosciuto con cui aveva slinguazzato per tutto il tempo. Solo a ripensarci le veniva la pelle d’oca.
Dopo quel terribile episodio si era ripromessa di stare più attenta, fermandosi nel momento in cui sentiva di essere un po’ troppo allegra del solito.
«Eccomi qui!» la voce vivace di Ayame la fece risvegliare, mentre questa poggiava un vassoio rotondo sul tavolo «Allora.. le birre chiare per Bankotsu e Inuyasha. Un negroni per Miroku. La coca con ghiaccio e senza limone per..»
«Kagome» dissero tutti insieme.
«Kagome!» ripeté lei allegra, facendo scappare un sorriso divertito alla ragazza «E infine il solito midori per Koga..» aggiunse, guardando intensamente il ragazzo che manteneva lo sguardo abbassato, ringraziandola con un cenno del capo «Ti ho fatto mettere anche un ombrellino» tentò ancora la ragazza, ma Koga continuava a evitarla. Sospirò silenziosamente riacquistando subito il solito sorriso.
«Bene, buona serata ragazzi. Per qualsiasi cosa mi troverete al balcone o in giro a servire!»
Kagome la guardò allontanarsi, fino a quando sparì dalla loro vista. Perché Koga la evitava? Che ci fosse del tenero tra i due? In effetti da come la rossa lo guardava la cosa sembrava abbastanza scontata, peccato che oltre a lei nessuno se ne fosse accorto.
«Allora, io propongo un brindisi!» gridò improvvisamente Miroku, alzando in aria il suo negroni «Un brindisi alla nuova bellissima e dolcissima coinquilina, alla sua deliziosa cena, ma soprattutto per quella fantastica bionda che stasera scalderà il mio letto» concluse indicando col capo la ragazza poco distante, che lo guardò in modo malizioso.
«Miroku!» esclamarono all’unisono Koga e Bankotsu per poi battere i bicchieri e bere le loro bevande. Miroku, sorseggiando quel liquido rossastro studiò la ragazza che fece un cenno col capo, indicando i bagni del locale.
«Vado! A dopo..»
Come una scheggia il ragazzo si alzò, prendendo la bionda ossigenata per una mano, sparendo dentro i bagni, senza neanche dare il tempo agli altri di dire qualcosa.
«Bah, quello ha dei seri problemi di dipendenza sessuale» sbuffò il ragazzo con la treccia, portandosi alla bocca il boccale di birra.
«Parla quello che guarda ogni sera i film porno» disse con noncuranza Inuyasha facendo sbarrare gli occhi a Bankotsu e sputando fuori tutta la birra.. su Kagome.
«Maledizione Ban, sei il solito sbadato!» Koga prese dei fazzolettini di carta, tentando di asciugare la canottiera di Kagome, ma non bastavano.
«Mi dispiace, è colpa di questo credito!» sbraitò, indicando col dito l’amico accanto, che alzò consolato gli occhi al cielo.
«Ehi, guarda che sono io quello che non riesce a dormire dato che sento tutto!» sbuffò, bevendo tranquillamente la sua birra schiumosa.
«Non ti preoccupare Bankotsu, vado in bagno a darmi una sistemata» disse con un sorriso Kagome, mettendosi in piedi.
Cercò con lo sguardo la porta dei bagni che fortunatamente erano vicini. Facendo zigzag tra la gente e mormorando degli ‘scusa’ la raggiunse entrando in quella col simbolo delle donne. Si guardò allo specchio, dandosi una sistemata ai capelli leggermente arruffati. Prese un po’ di carta, inumidendola con l’acqua e iniziò a pulirsi la canottiera, ma ad un certo punto sentì dei rumori, o meglio.. dei gemiti.
Sbarrò gli occhi, guardando le porte chiuse dei water. Si, quei versi arrivavano da lì dentro, poi un pensiero le balenò in testa.
“No, ti prego! Fa che non sia Miroku, fa che non sia Miroku..”
Il gemito strozzato di un ragazzo gli diede conferma: era Miroku.
Imbarazzata corse fuori dal bagno, forse aveva sentito abbastanza. Aguzzò gli occhi, osservando il loro tavolo notando che anche Inuyasha era sparito. Koga e Bankotsu stavano parlando allegramente di qualcosa. Decise di fare un giro per studiare quel posto. Era parecchio grande e la musica non troppo alta, permettendo ai clienti di parlare tranquillamente.
Il lungo balcone del bar era illuminato da diverse luci a neon. C’erano almeno tre baristi a servire le persone. Ad un certo punto i suoi occhi scuri notarono un cartello attaccato li vicino. Curiosa si avvicinò:
Cercasi personale
Una piccola idea si accese nella sua testa. Perché non chiedere di lavorare lì? Era vicino, aveva già esperienza di questo tipo e poi c’era..
«Ayame!» gridò la ragazza, alzando il braccio in aria quando vide la rossa passarle vicino. Lei si voltò curiosa, poi le sorrise.
«Ciao Kagome!» la salutò, tenendo un vassoio vuoto in mano «Hai bisogno di qualcosa?»
«No.. cioè si!» si corresse subito la mora, facendo incuriosire la ragazza con i codini «Ho notato quel cartello. State cercando cameriere?» domandò titubate indicandolo col dito, mentre Ayame annuì, regalandole un sorriso.
«Mh, mh. Due giorni fa una ragazza si è licenziata così stiamo cercando qualcuno che faccia mattina e pomeriggio. Sei interessata?» domandò, piegando leggermente il capo di lato.
«Beh ecco.. si, cioè naturalmente se al tuo capo va bene o..»
«E’ fantastico!» urlò contenta, alzando al cielo le braccia, rischiando di colpire con il vassoio la faccia di un cliente vicino, che la guardò male, ma lei non vi badò, anzi.. forse non se n’era pure accorta.
«Vieni domani mattina alle nove. Porta un curriculum. Lo avverto io Byakuya» spiegò velocemente la rossa, per poi abbracciarla «Sono così felice! »
«Ma, non lavoro ancora qui» disse divertita, ricambiando in maniera impacciata l’abbraccio.
«Tranquilla, so già che ti prenderanno. Sei carina e gentile, basta questo. Tanto portare un po’ di bevande si impara col tempo, proprio come ho fatto io» spiegò, portandosi un indice sotto l’occhio destro «Ora scusa, ma un tavolo ha bisogno di me. Ci vediamo domani!» la salutò, sparendo subito. Kagome aveva giurato di aver visto del fumo una volta corsa via.
Emozionata raggiunse il bancone, trovando miracolosamente uno sgabello libero, sedendosi. Iniziò a muoversi a destra e a sinistra, tenendo le mani poggiate sul tavolo. Certo che quella era stata veramente una grossa botta di fortuna! E lei che pensava di metterci almeno una settimana a trovare un nuovo lavoro. Meno male che aveva già fatto esperienza nel ristorante del padre di Ayumi, sua vecchia compagna delle medie.
«Ciao!» si risvegliò. Improvvisamente un ragazzo si era avvicinato a lei, forse anche troppo, e Kagome odiava i tipi che cercavano di rimorchiare in quel modo.
«Salve» rispose con un sorriso tirato, mentre questo poggiò un gomito sul bancone per vederla meglio in viso.
«Cosa ci fa una ragazza così carina tutta sola?» classica frase. Che noia, possibile che qualcuno non trovasse niente di meglio da dire?
«Non sono sola. Ci sono i miei coinquilini qui in giro» spiegò brevemente, voltando il capo, sperando che il tipo si arrendesse, ma niente da fare.
«Ma ora non ci sono..» ridacchiò divertito «Comunque sono Hojo» si presentò, senza porgerle la mano. Ora doveva presentarsi lei? Sospirò, dandosi una risposta da sola.
«Kagome» “Ti prego vattene, vattene, vattene!” pensò in preda al panico.
Intanto, poco distante, Inuyasha studiava attento la scena. Per tutta la sera non le aveva staccato gli occhi di dosso per un attimo, naturalmente senza farsi beccare da nessuno. Quando era apparsa in salotto vestita in quel modo dentro di lui qualcosa si era mosso, e non parlava solo nel suo amico lì sotto.
Le gambe nude erano un toccasana per i suoi occhi; certo ne aveva viste parecchie, ma le sue erano un qualcosa di unico. Il poco seno era leggermente in mostra e anche quello bastava per farlo impazzire. Era una bellezza semplice, eppure qualcosa lo attirava come una calamita. Forse era il culo? Doveva ammettere che non era niente male, o forse erano le cosce? Aveva una voglia matta di accarezzarle.. affondare le mani in quei capelli lunghi scuramente profumati, e gli occhi...
No! Stop! Alt! Che diavolo stava pensando? Da quando faceva certi pensieri sconci come Miroku? Ok che anche a lui era capitata qualche scappatella, ma forse stare troppo in compagnia dell’amico gli faceva male! Quella era semplicemente la sua coinquilina. Punto! Ma allora perché gli dava fastidio vederla parlare con quell’idiota di Hojo? Qualcosa scattò in lui quando il tipo le toccò volontariamente la gamba nuda, facendola tremare, forse di paura. Poggiò il boccale di birra e li raggiunse con lunghe falcate.
«Ehi imbranato!» entrambi i ragazzi si voltarono verso di lui. Kagome sollevata, Hojo terrorizzato.
«I-Inuyasha.. ciao» balbettò agitato, mentre il nuovo arrivato lo guardò in cagnesco, potandosi le mani dentro le tasche dei jeans strappati.
«Sai, non mi piace quando qualcuno importuna una ragazza, soprattutto se questa è la mia coinquilina» mormorò assottigliando gli occhi e avvicinandosi al castano, che era molto più basso rispetto a lui.
«Lei è la tua.. scusa mi dispiace, non lo sapevo!» disse allontanandosi di un passo «Perdonatemi, ma.. ora devo andare. Ciao!» aggiunse sbrigativo, correndo via con la coda tra le gambe. Inuyasha scosse il capo, mentre Kagome lo guardò.
«Grazie! Quel tizio non si staccava più» sospirò, portandosi una mano sulla fronte sollevata, mentre Inuyasha si voltò a guardarla con un sopracciglio alzato.
«Sai, è normale che attiri idioti come quelli se ti vesti così» la schernì, indicandola con il mento. Kagome rimase sgomenta, aprendo leggermente la bocca.
«Stai dicendo che sono vestita male?» borbottò, portandosi le mani sui fianchi. Quella scena fece ancora di più divertire Inuyasha. Era uno spasso farla arrabbiare.
«Esatto, zuccherino. Sei davvero perspicace»
Kagome gonfiò innervosita le guance, diventando rossa come una bambina «Sei proprio un cafone! E io mi chiamo Kagome, non zuccherino!» protestò, mettendosi in piedi e avvicinandosi a lui. Pessima mossa dato che era almeno quindici centimetri più alto, col risultato che batteva il naso sul suo petto muscoloso. Eppure aveva i tacchi!
«Va bene zuccherino» la provocò ancora, ridacchiando. Kagome frustata si girò, muovendo apposta la sua lunga chioma per poi andarsene, senza avere una meta precisa.
«E ora dove vai?» domandò divertito seguendola, senza togliere le mani dalle tasche.
«Lontano da te!» sbraitò senza voltarsi, con i pugni stretti e i tacchi che calpestavano con forza il pavimento.
«Ma dai scherzavo.. oltre ad essere polemica sei pure permalosa vedo» oddio quando gli piaceva stuzzicarla! «Vieni zuccherino, per di là c’è l’armadio delle scope» Inuyasha l’afferrò piano per un braccio, per non farle male, bloccando la sua camminata simile alla marcia di un soldato.
Kagome non aspettandosi quella presa, si fece trasportare dalla forza del ragazzo e quei trampoli ai piedi non l’aiutarono, facendole perdere l’equilibrio. Inuyasha però bloccò la sua caduta, portandosela al petto. Kagome poggiò i palmi delle mani sulle sue ampie spalle.
«Ah, pure imbranata. Ce le hai tutte eh?» oddio non lo sopportava! E poi era vicino, troppo vicino! Imbarazzata si staccò da lui, guardando distratta la sua maglia nera col logo dei Red Hot Chili Peppers con sopra il cappotto di pelle.
«Dai non te la prendere. Vieni, ti offro qualcosa da bere» disse Inuyasha, prendendola per mano. Era talmente grande che la sua quasi scompariva. Era calda e piena di calli. Ora che ci faceva caso la presenza di Inuyasha non le dava fastidio come quella Hojo, anzi si sentiva.. protetta.
«Ehi Byakuya due birre!» gridò il ragazzo, attirando l’attenzione del barman che gli sorrise.
«Arrivano!»
Entrambi presero posto su uno sgabello. Inuyasha poggiò il gomito sul balcone, guardandola col solito sorriso a schiaffi, mentre lei incrociò le braccia sotto il piccolo seno, sbuffando.
«Guarda che io non bevo»
«Dai non fare la rompipalle. Un bicchiere di birra non ha mai fatto del male a nessuno sai?» Kagome alzò gli occhi al cielo. Come faceva ad avere sempre la battuta pronta? Rassegnata soffiò un po’ d’aria dalla bocca, smuovendo la frangia che le copriva la fronte. Iniziava a fare caldo lì dentro.
«Ecco a voi ragazzi» i due boccali strapieni che perdevano un po’ di schiuma arrivarono rapidi sotto i loro nasi. Inuyasha senza pensarci iniziò a bere con grosse sorsate, mentre Kagome la prese con entrambe le mani. Odiava la birra, non sapeva di nulla e gonfiava la pancia. Iniziò a berla piano e distante dal corpo con la paura di bagnare ancora la maglietta. Il ragazzo al suo fianco iniziò a ridere.
«Che c’è?» domandò, mantenendo la solita posizione.
«Mai visto qualcuno bere così!» si asciugò una piccola lacrima, tornando a guardarla «Sei veramente piena di sorprese zuccherino»
«Kagome!» lo corresse, rischiano di rovesciare quel liquido giallastro. Era talmente nervosa che senza pensarci iniziò a bere più velocemente, risultato? Le era venuto il singhiozzo.
«Ehi vacci piano!» scherzò, allontanando il boccale dalle sue labbra, dal quale scappò immediatamente un singhiozzo rumoroso che la fece saltare sul posto «Sei veramente un impiastro e poi..»
«Ehi Inuyasha!»
Entrambi i ragazzi si voltarono, trovando davanti a loro una ragazza che lo guardava in modo.. provocante? Le labbra erano macchiate da un accesso rossetto rosso fuoco, mentre i capelli perfettamente lisci erano tagliati da un preciso caschetto. L’abitino nero metteva in bella vista le gambe e il seno, sicuramente rifatto. 
«Ciao Yura» mormorò in difficoltà il ragazzo, muovendosi agitato sullo sgabello. Oddio lei no! Uno dei suoi più grandi errori.. per colpa di Miroku mesi fa aveva perso una scommessa che lo aveva fatto completamente sballare per via del troppo alcool ingerito e quella tipa se ne era approfittata portandoselo a letto. Lui in realtà non ricordava nulla, ma la seconda volta si, per questo aveva preferito evitarla. Quando quella sera aveva tirato fuori delle manette dalla borsa pensava di morire.
«E’ da un po’ che non ci si vede..» affermò con voce seducente, afferrando tra le lunghe dita una sua ciocca argentea «Quanto adoro i tuoi capelli» già, si era dimenticato che quella pazza era pure una fanatica dei capelli, soprattutto dei suoi. Forse il suo più grande desiderio era quello di tagliargli la testa e prenderseli tutti, probabilmente per farci una parrucca.
«Eh già! Senti, mi piacerebbe moltissimo parlare con te, ma sono occupato adesso..» lasciò in sospeso la frase, facendo intuire a Yura che era già impegnato con la ragazza che aveva affianco.  Kagome sentì un brivido quando il suo sguardo carico di odio si posò su di lei. Qualcosa le diceva che non era molto contenta.
«Te la fai con lei adesso? Mi ha sostituita?»
Eh? Cosa? Entrambi sbarrarono gli occhi. Che stava dicendo quella scema?
Inuyasha piegò disperato la testa all’indietro, stringendosi gli occhi con le dita «No Yura non ti ho sostituita, è la mia nuova coinquilina!» borbottò, il tono della sua voce era lo stesso che aveva usato quella mattina.
«Non ha nemmeno le tette ed è tutta secca! So che non è il tuo tipo perciò forza, vieni!» dacché era arrabbiata, era tornata col solito tono malizioso, mentre afferrava il braccio di Inuyasha per portarselo via con la forza, ma questo con uno strattone le fece mollare la presa, per poi guardarla serio.
«Ti ho detto di no Yura, e non ti azzardare ad offendere ancora Kagome, capito?» a quella minaccia entrambe le ragazze sgranarono gli occhi. Kagome sorpresa, Yura sconvolta. Come si era permesso di rifiutarla?
«Vaffanculo, ok? E non provare a cercarmi perché né te e né i tuoi amici vedrete ancora le mie tette, nemmeno se mi pagherete!» strillò inviperita, indicandosi col dito la scollatura che mostrava quelle rotondità finte. Inuyasha per tutta risposta fece un gesto con la mano, come a voler scacciare una mosca fastidiosa, mentre Yura si allontanava fuori di sé, ma senza smettere di sculettare.
Sparita dalla loro vista Inuyasha mollò un sospiro di sollievo, abbandonandosi completamente sullo sgabello, mentre Kagome lo osservò ancora stupita, ma allo stesso tempo divertita «Wow..» le scappò, attirando l’attenzione del ragazzo che aprì un occhio, guardandola.
«Che c’è?» sputò.
«Mi hai chiamata per nome. Dovrei farti arrabbiare più spesso» ridacchiò, nascondendo le labbra dal calice di birra, bevendone un sorso.
Anche Inuyasha sorrise, era vero. L’aveva chiamata per nome e non ci aveva fatto neanche caso «Non farci l’abitudine zuccherino» chiuse di nuovo gli occhi.
«Quindi sei uno sciupa femmine come Miroku, eh?» la sua non era una domanda. Continuava a guardarlo con un ghigno, mentre lui rizzò la schiena, come se avesse ricevuto una scossa elettrica. Ora era a lei divertirsi.. com’è che si dice? Occhio per occhio, dente per dente.
«No! Ma ogni tanto qualche scappatella mi ci vuole» rispose con un occhiolino, facendole scappare una risata, mentre finiva la sua birra.
Forse per colpa del leggero alcool, della musica o delle forti luci la sua testa cominciò a pulsare. Si portò una mano sulla tempia iniziando a massaggiarla, chiudendo lentamente gli occhi, mentre l’altro braccio, poggiato sul balcone, si teneva la testa.
«Sei stanca?» sentì sussurrarle Inuyasha. Lei sempre con gli occhi chiusi annuì.
«Ad essere sincera si» rispose, mentre un piccolo sbadiglio le scappò, nascondendolo con entrambe le mani e costringendola ad aprire gli occhi «Tutto il lavoro a cui mi sono dedicata oggi alla casa si sta facendo sentire..»
Inuyasha la guardò intensamente per qualche secondo, poi spostò lo sguardo ambrato sulla sua destra, osservando l’orologio appeso «In effetti è tardi..»
Finì con pochi sorsi la birra rimasta e poi si mise in piedi, tirandosi su i pantaloni, dato che erano leggermente calati «Bya.. mettile sul mio conto!» gridò improvvisamente all’amico barista che gli fece il segno dell’ok con la mano «Andiamo zuccherino» mormorò, incitandola ad alzarsi, cosa che fece, guardandolo confusa.
«Dove andiamo?» domandò, seguendolo tra la folla. Era la sua impressione o c’erano molte più persone?
«Che domande.. a casa»
Uscirono dal locale. Anche lì fuori era stracolma di sconosciuti come quando erano arrivati.
Finalmente un po’ d’aria fresca! Kagome respirò a pieni polmoni; lì dentro ci stava facendo la sauna. Riaprì i suoi occhi color cioccolato, notando che Inuyasha si era già incamminato di una decina di metri, con le solite mani dentro le tasche. Con una leggera corsetta lo raggiunse, mettendosi al suo fianco, mentre i piedi pulsavano. Non vedeva l’ora di togliersi quei dannati trampoli.
«E.. gli altri?» domandò, tentando di stare al suo passo.
«Tranquilla torneranno per conto loro. Non è la prima volta che ci dividiamo»
In realtà con Miroku capitava sempre, dato che tornava con una tipa e lui, così come gli altri, non voleva di certo fare il terzo incomodo! Guardò con la coda dell’occhio la ragazza al suo fianco, senza farsi notare. Si vedeva che aveva un po’ di difficoltà a camminare con quei cosi. Perché le donne rischiavano sempre di distruggersi i piedi con quegli affari appuntiti? Mah.
Ad un certo punto Kagome si bloccò improvvisamente, facendo arrestare anche la sua camminata, e  lui la guardò confuso.
«Che fai?» domandò studiandola, mentre lei tentava di massaggiarsi i piedi, senza togliersi le scarpe, poggiando la sua piccola mano sul suo braccio, per restare in equilibrio
«Mi fanno male i piedi!» il suo tono lamentoso gli ricordò quello di una bambina. Gli scappò un sorriso divertito, mentre lei continuava in qualche modo ad alleviare il dolore. Facendo un piccolo sbuffo Inuyasha staccò la sua mano dal suo braccio, dandole le spalle e piegandosi sulla ginocchia.
«Su vieni» esclamò annoiato, mentre Kagome piegò il capo. Voleva portarla a cavalluccio? Che gesto carino. Era veramente gentile da parte sua.
«Muoviti prima che cambi idea» come non detto.. la galanteria non era il suo forte. Leggermente imbarazzata allargò le gambe, mettendosi poi a sedere sulla sua schiena. Sentendo il leggero peso, Inuyasha afferrò saldamente le sue cosce con le mani, per poi rimettersi in piedi come se nulla fosse.
«Cavolo zuccherino la tua costituzione fisica inganna, ma quanto cavolo pesi?!» scherzò, iniziando a camminare. Kagome gli tirò una leggera sberla sul capo «Ahia! Scherzavo..» si giustificò, mentre lei corrucciava la fronte.
«Cafone» mormorò infastidita, poggiandosi completamente su di lui «Comunque.. grazie»
Il suo era solo un sussurro, Inuyasha lo percepì perfettamente ma non rispose, non aspettandosi un ringraziamento da parte sua. In fondo non stava facendo nulla di che; improvvisamente un profumo mai sentito gli colpì le narici e per sua immensa sfortuna si rese conto che erano i capelli di Kagome che si erano leggermente mossi dal vento. Quando si era completamente appoggiata a lui, aderendo il suo piccolo seno sulla sua schiena, il suo cuore aveva fatto una specie di capriola, esattamente come quella che aveva sentito nel momento in cui aveva percepito le braccia della ragazza circondare il suo collo, forse per stare più comoda.
Intanto anche Kagome si sentiva strana. Le piaceva così tanto sentire la sua presa calda sulle gambe, proprio come quando l’aveva afferrata per mano. I suoi bellissimi filamenti argentei le colpivano ogni tanto il viso, facendole sentire un piacevole profumo da maschio misto a schiuma da barba. Rilassata dalla camminata leggera chiuse gli occhi, beandosi completamente di quel tepore così piacevole.
Quanto Inuyasha raggiunse il portone del palazzo percepì il respiro pensate della ragazza sul suo orecchio, segno che si era addormentata. Con qualche difficoltà entrò dentro prendendo l’ascensore. Anche aprire la porta di casa non fu facile, ma alla fine ce l’aveva fatta; con un calcio chiuse l’uscio, provocando un leggero rumore che fece muovere leggermente la ragazza sulle spalle. Senza accendere la luce imboccò il corridoio, raggiungendo la sua camera, ma proprio in quel momento Kagome aprì lievemente gli occhi.
«Tranquillo, dormirò in soffitta» sussurrò, per poi riaddormentarsi di nuovo. Inuyasha sorrise intenerito; sembrava che si fosse svegliata proprio in quel momento solo per dirle quello. Sempre usando il piede aprì la porta già socchiusa per poi entrare, poggiando la ragazza sul suo letto morbido. Le tolse semplicemente le scarpe e il cappotto di pelle, coprendola poi con la coperta. Rimase a guardarla per diversi minuti, seduto sul materasso.
La luce della luna filtrava dalla finestra baciandole quel viso di porcellana, rendendola ancora più bella. Inuyasha, senza rendersene conto, allungò il braccio, scostando lievemente la sua frangia scura, per poi avvicinare le labbra al suo orecchio.
«Dormirai qui per questa notte»





Angolo autrice:

Buon pomeriggio a tutte carissime! Innanzitutto ho una cosa da dire...
10!! Dico DIECI recensioni? Ok, che speravo in qualcosa, ma tipo neanche la metà xD Dire che sono lusingata ed emozionata non basta!! Mi avete fatto una magnifica sorpresa perciò non smetterò mai di ringraziarvi tutte! Ho anche notato che è già pure tra le seguite e preferite di alcune, che naturalmente ringrazio con tutto il cuore^^
Quando le ho lette tutte mi sono impegnata al massimo e ho riguardato tutto il secondo capitolo da cima a fondo sperando di renderlo perfetto, soprattutto grazie all'aiuto della mia magnifica beta Miyu87, che naturalmente non smetterò mai di ringraziare♥♥.
Riguardo al capitolo.. eh, la nostra Kagome è troppo fortunata! Anche se il nostro Inuyasha non ha esitato un attimo di mostrare il suo solito carattere, ma alla fine lo sappiamo che è un tenerone :3 Sinceramente l'ho reso un pochino occ, ma per un semplice motivo: ricordo che la storia rappresenta una semplice avventura che molti giovani devono o dovranno affrontare perciò mi sono detta "ragiona Martina, come si comportano i ragazzi/giovani uomini in una casa da soli?", fortunatamente ho il mio migliore amico che sta affrontando questa bellissima esperienza quindi molte idee le ho prese da lui e dai suoi pazzi coinquilini (che sfortunatamente non sono fighi T.T). 
Ultimo appunto. Io AMO Ayame. La venero quindi l'ho resa letteralmente mia, mi sono divertita tantissimo! La vedo come una specie di Harley Quinn (naturalmente scartate la personalità omicida xD), soprattutto per la sua vivacità e pazzia, e anche le codine eheh, quindi spero che vi sia piaciuta^^
Bene detto questo vi saluto e mi auguro che il capitolo sia stato di vostro gradimento, soprattutto l'inizio, dato che molte di voi erano curiose xP 
Ci sentiamo nel prossimo capitolo fanciulle! Statemi bene e buona Domenica, un bacione
Marty♥
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Amarsi, accettarsi, rispettarsi.. ***


Home Sweet Home


 
Una casa non è una questione di mattoni, ma di amore.
Anche uno scantinato può essere meraviglioso.

Christian Bobin



 
 
Capitolo 3 – Amarsi, accettarsi, rispettarsi..
 


Era passato un mese da quando Kagome si era trasferita in quella casa. Dopo quella famosa uscita lei e Inuyasha avevano ripreso a battibeccare continuamente, come due amici d’infanzia, mentre con gli altri ragazzi aveva legato molto, soprattutto con Koga, forse grazie al suo animo buono e gentile.
Chiamava la sua famiglia ogni sera e per sua immensa gioia la situazione economica era migliorata e non solo, l’avevano pure assunta nel bar dove lavorava Ayame, che la sera si trasformava in un pub. Lei aveva il turno la mattina e il pomeriggio, mentre la sua nuova amica e collega pomeriggio e sera. Il loro titolare, Byakuya era un ragazzo un po’ inquietante, ma una brava persona.
Fortunatamente era arrivato sabato quindi il giorno dopo si sarebbe riposata a dovere, il che consisteva nel: sistemare un po’ la casa e fare la spesa per quei buzzurri. Mancavano solo due ore alla fine del suo turno pomeridiano e Kagome si decise a sistemare i piatti, mentre Ayame spolverava con uno straccio il bancone.
Ad un certo punto il campanello le avvertì che un cliente era appena entrato e quando alzarono lo sguardo trovarono delle persone di loro conoscenza.
«Ciao ragazze!» il sorriso di Miroku le contagiò.
«Ehi là, rabbit! Cosa ci fate qui?» domandò raggiante la rossa, mentre i quattro ragazzi raggiunsero il ripiano color beige, dove Miroku vi poggiò i gomiti. Rabbit era il nomignolo che Ayame aveva dato a Miroku, il quale non poteva chiedere spiegazioni perché chi lo conosceva capiva perfettamente; in effetti era parecchio azzeccato. Ogni tre per due cambiava donna e subito dopo se ne la dava a gambe levate.
«Siamo venuti a farvi un saluto dato che noi oggi abbiamo le giornate libere» spiegò allegro, scompigliando quell’ammasso di capelli sempre legati con le solite code. Ayame, contrariata, gli diede un leggero schiaffo sulla mano.
«Metti giù le mani e vai a posto, tra poco vi porto le birre» esclamò con un sorriso, mentre i ragazzi fecero come richiesto. Mentre Ayame iniziava e riempire i calici a Kagome non sfuggì lo sguardo strano di Koga rivolto a Miroku. Che fosse geloso? Si avvicinò all’amica, sussurrandole all’orecchio.
«Ayame posso farti una domanda?»
La ragazza annuì col capo, senza togliere lo sguardo dal suo lavoro «Certo!»
Kagome esitò un attimo, poi chiese «Per caso tra te e Koga.. c’è qualcosa?»
A quelle parole Ayame fece cadere il boccale, rompendolo in mille pezzi e bagnando tutto il pavimento. La poca clientela, compresi i ragazzi, si voltarono curiosi verso di loro.
«Tutto bene ragazze?» domandò Bankotsu. Ayame si mise a raccogliere i grossi cocci con le mani, piegandosi sulle ginocchia, mentre Kagome intervenne agitata.
«Si si, tutto apposto!» esclamò, nascondendosi insieme ad Ayame sotto il bancone, raccattando anche lei i pezzi.
«Scusa Kagome, ma.. non mi va molto di parlarne» sussurrò Ayame. A Kagome venne il magone, sentendosi in colpa; non aveva mai visto la sua collega così triste, di solito era sempre frizzante e piena di energia.
«Certo, scusa. Non volevo farmi i gli affari tua Ayame» le dispiaceva davvero tanto, al tal punto che piegò completamente il capo, smettendo di aiutarla. Non voleva di certo far star male la sua amica.
«Tranquilla, non potevi saperlo» la rassicurò col solito sorriso, poi si rimise in piedi.
«Le birre arrivano maschioni!» esclamò euforica, prendendo un altro bicchiere e ricominciando il suo lavoro. Kagome la stava osservando e si rese conto solo in quel momento che lei era così brava.. a fingere. Aveva sempre nascosto la sua sofferenza con quella spensieratezza? Ancora scoraggiata Kagome prese una scopa, per togliere le schegge più piccole e quando le birre furono pronte le mise su un vassoio, raggiungendo il tavolo con i suoi coinquilini.
«Eccomi qui» sorrise la ragazza una volta raggiunti, porgendo uno ad uno quei grossi bicchieri pieni.
«Ah, che gioia per i miei occhi ricevere una deliziosa bevanda da una signorina così bella» ammise Miroku, ormai nel suo mondo dei sogni perversi. In effetti la gonna della loro divisa scopriva le gambe fin sopra il ginocchio. Miroku era il solito guardone.
Nonostante ricevesse dal ragazzo col codino quelle continue frasi ogni giorno Kagome arrossì imbarazzata, portandosi il vassoio vuoto dietro la schiena con entrambe le mani.
«Credo che Kagome non si abituerà mai alle tue stupide frasi Miroku» borbottò Bankotsu, buttando giù con solo due sorsate metà del liquido appena servito. Prima o poi sarebbe davvero morto soffocato, ne era sicura.
«Ci credo, solo uno scemo glielo direbbe!» naturalmente Inuyasha non aveva esitato un attimo a fare una delle sue solite battutine per far innervosire Kagome, che diventò rossa.
«Sei il solito buzzurro!»
«Ho semplicemente detto la verità zuccherino» rispose a tono, facendole l’occhiolino. Basta, ci rinunciava. Alzando le braccia al cielo e mollando un sorriso affranto si allontanò dal tavolo, non prima di aver sentito un bercio di Miroku.
«Stai dicendo che sono scemo?!»
 
 

 
Ormai mancava solo un’ora alla fine del suo torno, ma i ragazzi erano comunque rimasti lì. Ayame, nonostante quello che era successo, era ritornata la solita allegra cameriera, come se non fosse successo nulla e forse a Kagome andava bene così. Mentre osservava i suoi coinquilini chiacchierare tra di loro il campanello suonò, risvegliando lei e Ayame.
Immediatamente due ragazze si sedettero sugli  sgabelli, di fronte al bancone. Kagome le studiò, erano veramente bellissime e vestite elegantemente. Ad un certo punto la ragazza con la coda di cavallo si tolse con uno sbuffo gli occhiali da sole, rivelando delle profonde occhiaie che non si addicevano al suo aspetto.
«Ciao Sango! Da quando tempo» esclamò contenta Ayame, alzando una mano a mo’ di saluto, mentre lei fece un verso infastidito.
«Ti prego Aya, non urlare. Ho la testa che scoppia» sussurrò, massaggiandosi disperata le tempie, mentre l’altra ragazza guardò la rossa con un sorriso divertito.
«Ieri sera come al solito ha esagerato con l’alcool, per poi dividere il letto col suo amico» bisbigliò ridacchiando, ricevendo in cambio una gomitata sulle coste da parte della castana. Ayame si grattò in difficoltà la guancia.
«Emh.. forse non dovrei dirtelo, ma lui è qui»
A quelle parole la ragazza di nome Sango si irrigidì sul posto come una corda di violino «Miroku è qui?» scoppiò, ma a bassa voce, affondando il più possibile il viso dentro la sciarpa scura e le spalle.
«Si, al tavolo lì infondo, ma tranquilla non credo che ti abbia vista» la rassicurò Ayame con un sorriso, controllando il tavolo dei ragazzi che continuavano allegramente a chiacchierare e scherzare. Intanto Kagome la guardò; lei andava a letto con Miroku? Oh cavolo..
Beh, alla fine Miroku era un bel ragazzo ed anche lei non era da meno. Le sue lunghe gambe erano coperte da aderentissimi jeans scuri, con ai piedi degli stivaletti col tacco. Maglietta bianca di Coco Chanel e cappotto di pelle. Gli occhiali da sole che teneva sul capo erano di Gucci. Il viso era molto maturo e privo di imperfezioni, a parte le occhiaie.
Anche l’altra ragazza era veramente molto bella. I capelli lunghi e lisci cadevano dietro le spalle, mentre i pantaloncini a vita alta e la canottiera mostravano perfettamente la pelle bianca e liscia della pancia e delle gambe.  Kagome notò che quest'ultima aveva una certa somiglianza con lei, alcuni lineamenti del viso erano analoghi, anche se quello della nuova venuta era molto più spigoloso mentre il suo più morbido e dolce. Beh, in sostanza erano tutte e due bellissime, forse erano delle modelle.
Ayame, notando lo sguardo pensieroso di Kagome si riscosse.
«Oh giusto voi non vi conoscete! Kagome loro sono due mie amiche, Sango e Kikyo. Ragazze lei è Kagome alias la nuova coinquilina di quei mascalzoni» le presentò allegra, mentre le nuove arrivate sbarrarono gli occhi.
«Oh poveri Kami, e come fai a sopportarli?» domandò Kikyo, osservandola stupita «So che negli ultimi tre mesi hanno cambiato almeno quattro persone perché scappavano tutti a gambe levate!»
Kagome imbarazzata si grattò la nuca «Beh si, devo ammettere che l’inizio non è stato dei migliori, soprattutto con Inuyasha, ma.. ora è tutto risolto. Infondo sono simpatici»
«E bravi a letto» aggiunse Sango facendole l’occhiolino. Ehm no, questo non lo sapeva con esattezza. Notando lo sguardo scioccato della ragazza Sango cercò di rimediare «Cioè, io sono andata solo diverse volte col maniaco, ma mai con gli altri. Ho semplicemente saputo da diverse voci che tutti non sono niente male. Kikyo può confermalo..» la indicò con la testa.
Lei annuì, guardando l’amica «Si. Io sono stata a letto con Inuyasha»
A quelle parole Kagome si sbloccò sul posto, come se qualcuno le avesse appena tirato una secchiata d’acqua fredda, anzi congelata.
Era stata a letto con Inuyasha.
Perché più ci pensava e più faceva male? Forse perché si era affezionata a lui, o forse perché non avrebbe mai avuto una speranza, infondo non era così bella come Kikyo o quella Yura. Era inutile, a Inuyasha non sarebbe mai piaciuta. Anche lui stesso aveva detto che le sue tette erano piccole.
Ma aspetta un momento, le piaceva Inuyasha? No, impossibile, lo conosceva da solo un mese, eppure.. quello che sentiva ogni volta che la guardava. No! Solo attrazione fisica, nient’altro.
«Comunque vorrei andare a parlare con lui» continuò la ragazza dai capelli scuri, guardandolo di sottecchi. Un altro dannato colpo al cuore.
«E’ da tanto che non lo vedo» la sua voce sembrava così.. dispiaciuta.
«Scusami tanto.. ma ci vai da sola» sputò velenosa Sango mangiando delle patatine messe su un piattino lì vicino, sotto lo sguardo divertito di Ayame.
«Va bene. Kagome vieni con me!» le propose la ragazza con un sorriso, prendendola in contropiede, non aspettandosi quella proposta improvvisa.
«Eh, cosa?»
«Su dai, non farti pregare!» allungò la sua mano afferrandole il polso, con le unghie curate laccate di bianco e con le dita piene di anelli, iniziando a trascinarla. Ayame e Sango guardarono la scena divertite, quest’ultima sempre rimanendo comunque nascosta.
«Ciao ragazzi!» esclamò alzando la mano, una volta raggiunto il tavolo, senza lasciare Kagome che in quel momento non sapeva che fare o dire.
«Kikyo?» dissero tutti stupiti, osservando la ragazza appena arrivata. Cavolo, era sempre più bella.
«Ciao Inuyasha» mormorò questa, lasciando la presa su Kagome e portandosi una ciocca dei lunghi capelli dietro l’orecchio, mentre lui si agitò leggermente sul posto.
«Che ci fai qui?» sibilò questo. Kagome lo notò; che a lui piacesse Kikyo? Infondo era bella, non c’era da stupirsi e quel dannato cuore continuava a farle male. Perché dannazione?
«Sono qui con Sango» spiegò brevemente, con un sorriso raggiante da far invidia ad una modella per dentifricio.
«Sango? E dov’è?» sbraitò subito Miroku, alzandosi in piedi, come se si fosse scottato. La sua dolce Sango, quanto le era mancata, eppure aveva passato tutta la notte in sua compagnia, ma non gli bastava, quella ragazza era troppo bella e incredibile da godersi solo una volta. Infatti era la sua preferita, tanto che alla fine si era affezionato a lei.
Intanto Kikyo sorrise, indicandola col pollice alle sue spalle «Laggiù!» Miroku seguì lo sguardo, osservandola, per poi salutarla con la mano seguito da un occhiolino.
La castana si schiaffeggiò la fronte “Ma io l’ammazzo!” pensò, per poi guardare l’amica con un sguardo che diceva solo una cosa: ‘sei morta’. Miroku non perse l’occasione e la raggiunse, mentre Kagome era rimasta in silenzio e con lo sguardo abbassato. Tutta quella situazione, senza neanche sapere il motivo, le faceva male. Voleva andare via, quando finiva il suo turno?
Inuyasha la studiò, non capendo il suo comportamento; sembrava così abbattuta e giù di morale. Osservare il suo sguardo triste lo feriva e sperava con tutto il cuore che l’artefice non fosse proprio lui; si era offesa per quello che le aveva detto prima? Eppure stava scherzando e lei doveva saperlo bene. Aprì la bocca per dirle qualcosa, ma Kikyo lo bloccò.
«Inuyasha, puoi venire a parlare con me un attimo?» Inuyasha rimase a guardare Kagome, che in quel momento alzò lo sguardo di scatto. Una pugnalata, si, non poteva descrivere meglio quello che aveva appena provato quando aveva visto i suoi occhi umidi. Ma cosa poteva fare? Se fossero stati soli forse..
«Emh.. si certo» bisbigliò, seguendo la ragazza, uscendo dal locale, sotto lo sguardo mogio di Kagome. Sospirò. Raggiunse col morale a pezzi il bancone, mentre Ayame si gustava quello spettacolo in prima fila.
«Oh, mia cara Sango! La tua inconfutabile bellezza mi abbaglia» recitò Miroku, stringendole la mano. Sembrava di assistere alle prove di uno spettacolo teatrale.
«Piantala! Stiamo dando spettacolo» sbuffò, imbarazzata, liberandosi con uno strattone. Peccato che subito dopo l’altra si posò sul suo fondoschiena, come se nulla fosse, massaggiandolo.
«Ah, quanto mi mancava questa sensazione» mormorò sollevato, mentre lei tremò di rabbia, come la sua mano, che colpì con forza la guancia del ragazzo, facendola diventare immediatamente rossa «Ah, quando mi mancava questo dolore» continuò con lo stesso tono, posando la stessa mano sulla sua guancia, mentre Sango lo guardava infuriata, con le braccia incrociate.
Kagome ridacchiò leggermente, insieme ad Ayame. Con la coda dell’occhio vide che il sacchetto nero dei rifiuti era pieno, così decise di chiuderlo con un nodo e buttarlo dentro il cassonetto che si trovava sul retro.
«Torno subito Ayame» mormorò, aprendo la porta dal quale solo il personale aveva l’accesso. Con un po’ di fatica buttò il sacchetto, spolverandosi le mani e il grembiule, ma delle voci la bloccarono. Si nascose dietro il muro per non farsi vedere, osservando le ombre delle sue persone.
«Allora, come stai?» domandò Kikyo con un sorriso, tenendo le mani dietro la schiena, al contrario di Inuyasha che come al solito le teneva dentro le tasche, dondolandosi lievemente con i piedi.
«Abbastanza bene e tu?» lei rispose con un cenno del capo. Il ragazzo prese un bel respiro «E.. Naraku?» domandò ancora, mettendo questa volta lei in imbarazzo.
«Anche lui sta bene» mormorò con lo sguardo abbassato, che poi rialzò subito, guardandolo negli occhi «Senti Inuyasha io.. ecco, mi dispiace che tra di noi, cioè..» balbettò, ma il ragazzo la bloccò.
«Ehi frena! Va tutto bene» la rassicurò col solito sorriso «Non devi dispiacerti, lo sai» sussurrò avvicinandosi di un passo, mentre lei gli sorrise grata, ormai la conosceva troppo bene.
«Senti avrei una notizia per te, che se vuoi puoi riferirlo ai tuoi amici» propose, riacquistando un po’ di allegria. Lui rimase zitto, in attesa di sapere cosa aveva da dargli «Domani daremo a casa mia la festa per annunciare la notizia e beh.. siete tutti invitati»
Inuyasha le sorrise tenero, forse con una leggera ombra di malinconia «E’ fantastico..»
«C’è solo un piccolo problema» aggiunse con un tono meno euforico rispetto a prima. Ecco, quella era la parte difficile.
«Cioè?»
«Mi dispiace, ma non ho potuto fare altrimenti: ho invitato anche la tua famiglia»
A quelle parole Inuyasha si immobilizzò immediatamente sul posto. La sua famiglia. Da quanto non li sentiva? Boh, ormai aveva perso il conto. Suo padre, sua madre, Sesshomaru. L’ultima volta che li aveva visti fu per il matrimonio di quest’ultimo. Quel ghiacciolo vivente di sue fratello alla fine aveva trovato la sua anima gemella..beato lui. Scosse il capo, riportando l’attenzione su Kikyo, che continua ad osservarlo dispiaciuta.
«Non devi dispiacerti. In fondo il mio vecchio è un caro amico del tuo, mi pare giusto invitarli»
«Oh, Inuyasha..» mormorò, allungando una mano verso di lui, accarezzandogli una guancia dolcemente «Sei diventato ancora più bello e maturo» aggiunse avvicinandosi a lui, abbracciandolo e lui ricambiò. Peccato che Kagome non potesse vederli.
Osservò l’ombra dei due ragazzi che si erano avvicinati e non le sembrava solo quello di un abbraccio. Si stavano baciando? Col cuore in mille pezzi raggiunse il più silenziosamente possibile la porta, rientrando dentro. Non ci teneva a vedere o sentire altro.
Intanto Kikyo sciolse all’abbraccio «Allora verrai con tutti gli altri?» domandò speranzosa e lui annuì.
«Certo, vai tranquilla» lei rimase ad osservarlo, fino a quando la sua espressione non diventò più maliziosa.
«Mi raccomando ti voglio bello domani sera» lo minacciò, puntandogli un dito «Devi riuscire a fare colpo su di lei»
Inuyasha strabuzzò gli occhi, chiudendoli diverse volte e guardandola confuso «Lei chi?»
Kikyo alzò gli occhi al cielo, facendo uno sbuffò contrariata e rumoroso; gli uomini! «Inuyasha mi hai preso per una sciocca? Ho visto come guardi Kagome! Ti piace?» lo provocò, toccandogli diverse volte il petto con l’indice.
«Ma che vai dicendo ragazza? Certo che non mi piace» sbraitò nel panico, diventando rosso come un pomodoro. Oddio, era sempre stato così attento.. perché Kikyo doveva avere l’occhio di falco?
Lei si portò fintamente pensierosa un dito sul mento «Mh, va bene. Allora vorrà dire che inviterò alcuni miei amici single per farglieli conoscere..»
«Cosa?» tuonò improvvisamente. Cos’era quello? Un tono di gelosia? Ma alla fine  non aveva importanza dato che sapeva perfettamente di essersi fregato da solo. Infatti Kikyo iniziò a ridere a crepapelle. Lui sbuffò, colto sul fatto, incrociando le braccia scocciato «E va bene, forse un pochino»
«Togli il pochino» disse a trentadue denti, irritando ancora di più il ragazzo che si allontanò, dandole le spalle.
«E piantala!» sbraitò, seguito dalla ragazza che continuava a ridacchiare.
Nel frattempo Miroku aveva appena ricevuto il terzo schiaffo da parte della castana, che ormai non me poteva più. Quel tipo era peggio di una sanguisuga! Quando vide l’amica rientrare si alzò di scatto, indicandola col dito.
«Tu!» Kikyo, leggermente turbata si indicò «Con te farò i conto dopo! E ora muovi il culo, ce ne andiamo» sbraitò Sango, raggiungendo a grandi falcate l’amica, mentre Inuyasha cercava con lo sguardo Kagome, ma non la vedeva da nessuna parte.
«Aspetta Sango» mormorò Kikyo all’amica che tentava in tutti i modi di uscire da quel posto «Voglio avvisarvi che domani siete tutti  invitati alla mia festa» gridò entusiasta.
«No!» gridò Sango, diventando di marmo.
«Si!» urlò in contemporanea Miroku, alzando i pugni al cielo. Una serata elegante con la sua splendida Sango? Non se lo sarebbe perso per nulla al mondo! La ragazza invece si schiaffeggiò la mano sul viso. Oddio, prima o poi l’avrebbe ucciso!
«Io ci sto!» saltellò contenta Ayame, battendo in contemporanea le mani, muovendo le sue codine.
«Anche noi!» alzò la mano Bankotsu indicando se stesso e Koga. Kikyo sorrise a tutti riconoscente. Bene, ora mancava solo..
«Kagome..» il tono preoccupato di Ayame fece voltare tutti verso la porta del bagno. Kagome era appena uscita da questo, con uno sguardo avvilito. Inuyasha a quello visione sudò freddo; perché stava così? Era triste per colpa sua? Non era abituato a vederla in quello stato. Mosse un passo per raggiungerla, insieme a tutti gli altri.
«Tesoro che è successo?» domandò Ayame, posandole le mani sulle spalle, scuotendola un po’. Lei negò col capo, regalandogli un sorriso forzato.
«No, niente. Non vi preoccupate» il suo tono non era affatto rassicurante, dato che tremava appena. A Sango non piaceva vedere una ragazza in quel modo. Decisa si avvicinò, cingendole le spalle con un braccio.
«Sai quale sarebbe la cura perfetta? Un po’ di compagnia di sole ragazze. Manda un attimo a cagare questi maschiacci!»
«Ehi!» sbraitarono all’unisono Miroku, Koga e Bankotsu.
«Giusto, anzi! Perché non restate a dormire da noi? Domani faremo del sano shopping e poi andiamo direttamente alla mia festa!» propose Kikyo, facendo brillare gli occhi ad Ayame e Sango non appena udirono la parola ‘shopping’.
«Vado a chiedere a Byakuya di lasciarmi la serata libera!» gridò al settimo cielo la rossa, sparendo nelle cucine.
Kagome sorrise appena, accettando anche lei quella proposta. Forse allontanarsi da quella casa, ma soprattutto da Inuyasha era quello che ci voleva per distrarsi un po’, e poi anche lei amava fare compere.
Inuyasha continuava a guardarla senza sapere che fare o dire. Mosse un passo verso si lei «Kagome..»
«Ha detto di si!» gridò fuori di sé Ayame, lanciando in aria il grembiule, raggiungendo le amiche.
«Perfetto! Voi ragazzi presentatevi domani alle 21.00. mi raccomando, puntuali!» li minacciò Kikyo, trascinando Kagome insieme e Sango fuori dal bar, mentre i ragazzi rimasero lì impalati. Inuyasha tirò un sospiro abbassando il capo, col morale a mezzi.
 
 

 
«Dimmi un po’ Kagome, hai mai avuto un ragazzo?» domandò Sango, mentre le metteva accuratamente lo smalto rosso fuoco sulle unghie dei piedi, mentre se ne stavano sdraiate sul letto.
Dopo che erano uscite dal bar erano corse nell’appartamento di Ayame e poi in quello di Kikyo, per prendere tutto l’occorrente per passare la notte fuori. Per cena si erano fermate a mangiare del semplice sushi, poi avevano raggiunto la casa di Sango, la quale era tutto l’ultimo piano di un palazzo che si trovava in centro. Quel posto era enorme, ma soprattutto tutto suo; solo suo fratello ogni tanto veniva a farle compagnia.
Il padre di Sango era l’amministratore delegato di tantissime aziende, tra queste una delle più famose era il Sunshine 60, mentre il padre di Kikyo, beh.. era il proprietario, anche se non possedeva solo quella. Infatti entrambe lavoravano lì dentro; Sango al quindicesimo piano, dedicato all’estetica, mentre Kikyo al quarantatreesimo, dove teneva sotto controllo i negozi; era una specie di direttrice.
Alla fine Kagome dovette ammettere che si trovava davvero bene in loro compagnia; non l’avrebbe mai detto. In poco tempo l’immagine di Kikyo e Inuyasha era svanita del tutto.
«Solo uno, ma è durata poco» spiegò, osservando rapita il lavoro della ragazza. Sango era davvero brava.
«Niente scappatella?» domandò, sempre concentrata. Kagome negò, col capo, mentre Ayame salì sul letto, con in testa dei ridicoli bigodini che le aveva messo Kikyo.
«Nessuna»
«Quanto vorrei essere come te: dolce, tranquilla, seria..» iniziò ad elencare Kikyo, sedendosi sulla poltrona vicina e abbracciando un cuscino rosa.
«Fatto!» esclamò la mora, osservando soddisfatta il suo lavoro «Dagli qualche minuto per asciugarsi» le sorrise. Kagome ricambiò grata.
«Ora sta a me!» alzò la mano Ayame, come una liceale che conosce la risposta della domanda che aveva fatto la professoressa durante la lezione.
«Bene, io ti consiglio il verde. Si intona perfettamente ai tuoi occhi» le propose Sango, mentre la rossa iniziò ad agitarsi emozionata. A quella vista Kagome ridacchiò; Ayame era veramente una bambina, ma era impossibile non volerle bene.
«Hai idea di cosa comprarti domani?» le domandò Kikyo, mentre si legava i lunghi capelli in una coda bassa. Lei la guardò, alzando le spalle.
«Sinceramente no, forse qualcosa di semplice» ammise la mora con un sorriso.
«Mi pare giusto. La semplicità è sempre la scelta migliore!» apostrofò la ragazza seduta sulla poltrona, mentre incrociava le gambe scoperte, con addosso una canottiera da notte chiara, proprio come la sua pelle. Anche Kagome aveva indosso una canottiera, prestata da Sango, peccato che le stesse grande, sia per l’altezza che la forma del seno. Possibile che tutte fossero così prosperose? Infatti anche Kikyo e Ayame non scherzavano.
«A proposito Kikyo. Non ti ho ancora perdonato per quello che hai fatto» sibilò con tono minaccioso Sango, senza lasciare il pennellino tinto di verde.
Kikyo si alzò, raggiungendola «Dai Sango non te la prendere» scherzò abbracciandole con forza la vita, rischiando di soffocarla.
«Ferma, così mi fai sbagliare!» sbottò, anche lei con un mezzo sorriso.
«Guarda che l’ho fatto solo per te! Vuoi capirlo o no che Miroku ti muore dietro?»
Sango alzò gli occhi al cielo «No, io sono solo una delle tante, e forse è meglio così» mormorò, tingendo l’ultima unghia rimasta.
«Io la penso come Kikyo» intervenne Ayame, che fino a quel momento era rimasta in ascolto «Di solito non è così.. aperto con le altre. Credimi, lo vedo quasi tutte le sere» ridacchiò, pensando a rabbit e a tutte le sue conquiste che iniziavano e finivano nel bagno del locale.
«Beh sarà anche così, ma a me non piace. E’ solo bravo a letto!» sbottò allontanandosi dai piedi di Ayame, cercando di trovare qualche imperfezione. Meno male era tutto apposto.
«Si certo. Non ti crede nessuno» sibilò Kikyo facendo ridere sia Ayame che Kagome «Comunque si è fatto tardi perciò me ne vado a letto. Non voglio ritrovarmi due grosse occhiaie alla mia festa»
Si stiracchiò, raggiungendo il materasso per terra, che condivideva insieme ad Ayame, mentre Kagome stava insieme a Sango nel lettone con le lenzuola rosa pastello.
«Non vedo l’ora che sia domani!» disse elettrizzata la rossa, facendo scappare un sorriso alle altre «Buonanotte a tutte!»
«Buonanotte!» risposero insieme, subito dopo Sango spense la luce.
Il rumore del traffico e la luce dei lampioni illuminavano comunque la stanza. Kagome si girò di lato, rilassata. Era stata veramente bene con loro e anche lei non vedeva l’ora di fare shopping e partecipare alla festa; peccato che avrebbe rivisto Inuyasha. Come si sarebbe comportata? Infondo non aveva fatto nulla di male, non era il suo ragazzo, eppure..
Il suo magnetico sguardo ambrato le tornò in mente, provocandole un piccolo brivido, come se lui in quel momento la stesse guardando. Chiuse gli occhi, dato che la stanchezza stava prendendo la meglio e in poco tempo si addormentò senza sogni.
Intanto, da un’altra parte, Inuyasha osservava da ore pensieroso il soffitto, mentre quegli occhi rossi e pieni di lacrime continuavano a riempire la sua mente, facendogli venire solo un gran mal di testa. Si coprì frustato la faccia col cuscino; basta pensare a lei adesso. Peccato che stesse continuando a farlo da un mese ormai.
 
 

 
Kagome si stirò il vestito nuovo, mirandosi al grande specchio della cabina armadio di Kikyo.
Quella mattina avevano dormito fino a tardi, saltando la colazione e andando direttamente a pranzo, esattamente al secondo piano del Sunshine 60. Una volta soddisfatte le loro papille gustative Sango e Kikyo le avevano fatto fare una piccola gita turista, mostrandole quel magnifico grattacielo, anche se Ayame l’aveva già visto. Le avevano mostrato dove lavorava Sango e poi Kikyo, che poteva essere perfettamente definito paradiso. In quel piano stavano solamente negozi di ogni tipo per donna; da scarpe a intimo. Da trucchi a prodotti per la casa.
Kagome era rimasta affascinata, quel posto era magnifico! Per tutto il pomeriggio avevano girato alla ricerca di un abito per quella sera. Kikyo l’aveva comprato una settimana prima e anche Sango, però durante le loro scampagnate tra i numerosi negozi aveva cambiato idea, così decise di comprarne uno nuovo, insieme alle scarpe naturalmente.
Non solo.. dato che Kikyo gestiva quel piano aveva praticamente offerto loro un sconto assurdo. Convincere Kagome era stata un’avventura, dato che le scocciava parecchio; alla fine era roba molto costosa.
«Kagome sei stupenda!» esclamò Kikyo, entrando nella stanza illuminate dalle luci incassate nel soffitto. Il vestito che indossava la rendevano ancora più perfetta di quando già non lo fosse: era di un bellissimo rosa pastello, con lo scollo a cuore privo di spalline. Al collo aveva una collana luccicante, come gli orecchini che pendevano, i capelli raccolti in uno perfetto chignon. Completamente aderente, dando così la possibilità agli sguardi maschili di osservare le sue perfette forme.
«Siete pronte?» esclamò Ayame sbucando dalla porta, con addosso un vestito verde, con dei bellissimi brillantini sul petto e sullo strascico di seta. I capelli erano legati da una treccia messa di lato, che partiva dalla parte opposta sul capo.
Kikyo e Kagome annuirono.
«Veloce Kikyo, la maggior parte degli invitati sono arrivati!» borbottò Sango, battendo nervosamente il piede coperto da un tacco a spillo nero, mentre il tubino rosso Valentino aderiva perfettamente al suo bellissimo corpo allenato. I capelli sempre legati da una coda alta.
«Si eccoci! Allora, voi passate dalla cucina. A me toccherà fare l’entrata trionfale con la mia famiglia e Naraku» sbuffò contrariata, mentre le sue amiche annuirono, facendo come le era stato detto.
Kagome ci pensò un attimo. Chi era Naraku? In effetti ora che ci pensava l’aveva sentito pronunciare da Inuyasha nel vicolo il giorno prima. Che fosse il suo ragazzo? Nah, lei e Inuyasha si erano baciati quindi era impossibile.
Si erano baciati. Kagome scosse la testa. “No! Piantala di fare la bambina, Inuyasha non è il tuo ragazzo e io non gli piacerò mai!” con quei pensieri raggiunsero finalmente la sala principale abbellita di diversi fiori e fiocchi. Tutti gli ospiti stavano in piedi a chiacchierare, mentre alcuni camerieri passavano in mezzo a loro per servire dei bicchieri su un vassoio, forse champagne.
«Conoscete qualcuno?» domandò Ayame, guardandosi attorno curiosa, mentre i suoi occhi erano accecati dal lusso che possedeva quella casa.
«Ehilà ragazze!» si voltarono improvvisamente alla loro destra, così come altri ospiti, non abituati a tale sgarbo, mentre Miroku si avvicinava a loro con ancora la mano alzata. Indossava una semplice camicia blu chiara e pantaloni. Il suo sguardo cadde immediatamente su Sango, ma soprattutto sul suo magnifico corpo ricoperto da quel tessuto rosso, come se fosse una seconda pelle.
«Sango sei così.. ecco sei..» balbettò per la prima volta impacciato, ma la castana alzò di scatto una mano, per bloccarlo.
«Risparmia il fiato maniaco» sputò acida, ma non bastò per allontanarlo, anche se quel suo quasi complimento le fece stranamente piacere. In quel momento anche Koga e Bankotsu raggiunsero il gruppo, erano vestiti uguali con giacca nera e camicia bianca, solo che il primo aveva un farfallino nero, il secondo una cravatta.
«Inuyasha dov’è?» domandò curiosa Ayame, non notando il quarto ragazzo. Anche Kagome l’aveva notato, ma non era riuscita a domandarlo.
«Oh, lui arriverà più tardi. Ha avuto un’emergenza a lavoro» spiegò Miroku, afferrando un bicchiere su un vassoio che portava il cameriere, che il quel momento passò vicino a loro.
«Povero Inuyasha» Miroku sorrise a Sango e subito dopo alle altre.
«Tranquille, non è la prima volta che il nostro capo ci chiama il giorno libero per fare qualche ora extra» alzò le spalle tranquillamente, iniziando a bere quella bevanda frizzantina. Ad un certo punto i suoi occhi blu caddero su un groppo poco distante, che in quel momento stringevano la mano di alcune persone, forse per salutarle.
«Ehi Ban! Non mi avevi detto che Kikyo ha invitato anche la tua famiglia!» buttò contento, dando una gomitata all’amico, ma lui si rabbuiò improvvisamente, scansando in malo modo Miroku e allontanandosi dall’altra parte infuriato.
«Non scocciarmi!» i ragazzi lo guardarono confusi, poi ripresero a chiacchierare.
Dopo una decina di minuti buoni, Kikyo ed i suoi genitori fecero l'ingresso assieme ad un giovane dai lunghi capelli ondulati sotto un piacevole applauso e dopo un ringraziamento veloce ognuno tornò ai propri affari. Kagome notò che Kikyo continuava a girare per la stanza, ringraziando uno ad uno la presenza dei loro ospiti. Forse essere la figlia di una persona così importante non era così entusiasmante come pensava.
Iniziava ad avere fame, così si staccò dal gruppo, alla ricerca di qualche buffet, peccato che quel posto fosse immenso e non avesse idea di dove andare. 
Finalmente con un colpo di fortuna individuò il suo obbiettivo, ma i suoi occhi si spostarono subito da una’altra parte, quando vide Bankotsu poco distante seduto su una sedia con la schiena curva e la cravatta al collo allentata. Guardava pensieroso il bicchiere mezzo vuoto di una bevanda a lei sconosciuta, muovendola leggermente con movimenti circolari.
Ad un certo punto un urlo abbastanza strano e poco consono all’ambiente la fece sussultare. Guardò alle sue spalle, notando un ragazzo abbastanza strano, con i capelli conciati in una pettinatura leggermente spettinata e.. cos’era quello, del trucco? Rimase a guardarlo, ma poi scosse la testa, dedicando nuovamente la sua attenzione su Bankotsu che non aveva cambiato posizione.
Con un grosso respiro si avvicinò con calma, come se nulla fosse, per poi sedersi accanto a lui. Lo spiò con la coda dell’occhio, ma lui non si era mosso, forse non si era neanche accorto della sua presenza. Tossicchiò leggermente.
«Bankotsu.. tutto bene?»
Questo ridacchiò, ma in maniera ironico, senza smettere di guardare e muovere il drink «No»
Lei si voltò verso di lui, guardandolo dispiaciuta «Posso aiutarti in qualche modo?» non sopportava di vederlo in quello stato. Dove era finito quel Bankotsu che non smetteva di ingozzarsi e a scherzare o battibeccare con Inuyasha?
«Si.. fai sparire dalla mia vista quell’orribile spettacolo» mormorò, indicando con la testa un gruppo di persone poco distante, finendo poi tutto il contenitore dentro il bicchiere con foga.
Kagome seguì la sua indicazione, scoprendo che il coinquilino parlava di quelle persone che aveva visto pocanzi, con lo strano ragazzo «Perché? Qual è il problema?» domandò curiosa.
«Il problema è mio fratello Jakotsu» il suo tono era parecchio arrabbiato e nervoso, tanto che la mano dove stringeva il bicchiere iniziò a tremare. Kagome lo guardò curiosa, piegando di lato il capo.
«Quello è tuo fratello?» non le aveva mai detto di averne uno.
«Si e.. lo odio» a quello parole Kagome si bloccò di colpo, non aspettandosi una rivelazione del genere. Odiare suo fratello? Come poteva provare un simile sentimento verso una persona col quale avrebbe dovuto avere in realtà un approccio totalmente diverso?
«Perché?» mormorò appena, forse per non sapere davvero la risposta, perché già sapeva che le avrebbe fatto male.
«Basta vederlo» spiegò frustato, alzando finalmente il suo viso abbattuto verso di lei «Ormai ho perso il conto di quante volte mi abbia messo in imbarazzo e poi..» guardò di nuovo a terra, forse in difficoltà per quello che le stava per dire «.. è gay»
Ad udire quella semplice parola Kagome rizzo la schiena, bloccata, senza sapere cosa pensare. Lui odiava suo fratello perché era omosessuale? Cacciò via tutti i pensieri negativi che in quel momento sfiorarono la sua mente e rilassò completamente i muscoli facciali, regalandogli un sorriso dolce.
«Beh, non vedo perché questo possa centrare con il fatto che tu lo odi» disse tranquillamente, mentre Bankotsu la osservò allarmato, iniziando a balbettare.
«No, non è quello è che..» iniziò in difficoltà, portandosi una mano sulla fronte «E’ difficile da spiegare dannazione!» trattenne una volgarità tra i denti, tentando nuovamente di spiegare alla ragazza quello che provava «So solo che quando sto con lui sto bene, però poi.. vedo la reazione delle persone e improvvisamente tutto l’amore che provo svanisce del tutto» si alzò, raggiungendo a pochi passi il buffet e prendendo una fetta di torta al cioccolato, iniziando a mangiarla come suo solito. Mangiare lo aiutava a rilassarsi.
Kagome ridacchiò a quella scena; ecco il Bankotsu che conosceva, gli era bastato sputare fuori quello che pensava per farlo stare meglio. Si portò una ciocca ribelle dietro l’orecchio, abbellito da orecchini neri.
«Beh sai, questo è un argomento delicato e io non ho il diritto di metterci bocca..» iniziò indecisa «Però se vuoi un consiglio sarei libera di dartelo» gli sorrise, e lui annuì.
«Pavla!» bofonchiò con la bocca piena, ma ascoltando attentamente la ragazza.
«Sai anch’io ho un fratello, ed è molto più piccolo di me» iniziò con un sorriso dolce, iniziando a pensare a Sota «Ha 11 anni, quasi dodici ed è un bambino bellissimo, sempre sorridente e pieno di energia. Un giorno quando io ne avevo ventidue e lui otto stavo cercando un lavoro, ma dato che mia mamma e mio nonno erano partiti dovetti portalo con me al colloquio. Per tutto il giorno gli dissi di fare il bravo e comportarsi adeguatamente, ma naturalmente non mi ascoltò» ridacchiò leggermente ripensando a quel ricordo.
«Stavo facendo un incontro col titolare di un mini market e mentre stavamo parlando Sota si era alzato iniziando a curiosare in giro. Vide qualcosa su uno scaffale alto e incuriosito si avvicinò per prenderlo, peccato che.. fece cadere tutto quanto per terra» si portò una mano sulla fronte e scuotendo il capo divertita «Io credo di essere diventata rossa e dissi addio a quel lavoro, ma quello che proprio non accettai fu il modo in cui quell’uomo trattò in malo modo mio fratello, definendolo uno ‘stupido marmocchio pestifero’. Io a quelle parole non ci vidi più e risposi a tono per difenderlo» disse decisa, guardando il pavimento distratta, mentre Bankotsu ingoiò il boccone e la guardò serio.
«Naturalmente ho dovuto ripagare i danni e quel lavoro non l’ho mai ottenuto, ma non me ne fregava niente perché nessuno aveva il diritto di offendere mio fratello. Mi aveva pure messa un po’ nei casini e in imbarazzo, ma non mi importava » continuò, osservando Bankotsu che allo stesso tempo ricambiava «So che la tua situazione è diversa però devi pensarla in questo modo: non permettere che l’immagine di tuo fratello diventi odio, anche se il realtà è più vergogna» affermò decisa.
Bankotsu, smise di guardarla, ma lei continuò «L’amore che provi per lui è sicuramente molto forte e tu non devi lasciarti abbattere da qualche sguardo o commento perché alla fine quelle persone non conteranno mai nulla rispetto al bene che te e Jakotsu proverete l’uno per l’altro» Bankotsu si irrigidì a quelle parole «Perciò fai scivolare via tutto e pensa solo al vostro bellissimo rapporto. Sono sicura che lui darebbe la vita per te e sicuramente anche tu»
Kagome non distoglieva i suoi occhi marroni dall’amico che continuava ad essere fermo come una statua. Forse aveva smosso dentro di lui qualcosa, lo sperava con tutto il cuore. Accennando un sorriso si mise in piedi tranquillamente.
«Io vado a prendere una fetta di torta. Tu intanto pensa a quello che ti ho detto» aggiunse la ragazza, portandosi una mano sullo stomaco che reclamava cibo. Mosse due passi, ma la voce di Bankotsu la bloccò. Si voltò a guardarlo. Il ragazzo ancora seduto, continuava a scrutarla, ma il suo sorriso e le sue parole uscirono da sole. 
«Grazie»
Kagome, stupita rimase impalata, mentre Bankotsu si alzò, raggiungendo suo fratello e forse il resto della famiglia. Sorrise anche lei, soddisfatta per essere riuscita nel suo intento. Trattenendo un sorriso la ragazza raggiunse il tavolo del buffet, osservando estasiata le innumerevoli torte esposte.
Dopo un’attenta decisione decise di prendere quella al limone meringata. Amava le meringhe, erano così dolciastre. Il cameriere tagliò una fetta, per poi porgergliela su un piattino e una forchetta. Senza smuoversi addentò il primo pezzo con estasi, facendo piccoli versi con la bocca; sembrava una bambina.
«Sempre a prendere zuccheri eh?»
Una risata familiare arrivò alle sue orecchie, bloccandola sul posto, facendole dimenticare quella pietanza che stava mangiando. Inuyasha la guardava divertito, con una mano dentro la tasca dei pantaloni scuri eleganti. Lei si voltò lentamente col cuore a mille e lui sorrise appena.
«Ciao zuccherino»





Angolo autrice:

Eccomi qui come promesso! Che dire? Spero che lo sbalzo temporale non sia stato un dramma.. volevo far passare un po’ di tempo così che i rapporti tra Kagome e gli altri personaggi si rafforzasse, ma soprattutto per far entrare in scena due nuovi personaggi.. Sango e Kikyo!
Partiamo dalla prima; volevo fare una cosa diversa, invece della solita ragazza semplice che alla fine colpisce il cuore di Miroku l’ho resa una delle tante, o almeno è quello che lei pensa eheh, spero che questo nuovo lato di Sango sia stato apprezzato, sinceramente sono un po’ in ansia xD
Mentre Kikyo.. premetto che io non odio il suo personaggio, anzi, l’ammiro molto e quindi non ho voluto etichettarla come la solita ragazza che “cerca di rubare Inuyasha a Kagome”,  così  l’ho resa una ragazza simpatica e onesta.
Un altro punto molto importate che vorrei spiegare: Bankotsu. Prima che le fan di questo e Jakotsu mi stacchino la testa vorrei giustificarmi xD
Noi tutte sappiamo la vera personalità di quest’ultimo quindi l’ho sfruttata. Quello che prova Bankotsu è alla fine una realtà che colpisce molti ragazzi (e che nessuno si rende conto), ma il bello sta proprio in Kagome perché finalmente abbiamo avuto una piccola anteprima della sua vera importanza e ruolo nella storia; si perché non aiuterà solo Bankotsu, ma non voglio dilungarmi troppo eheh xP
Bene, credo che possa bastare. Prima di salutarvi ringrazio ancora la mia magnifica beta Miyu87. Spero con tutto il cuore che il capitolo non sia stato deludente, ma soprattutto che vi abbia messo curiosità il finale :)
Ci sentiamo presto mie carissime lettrici, statemi bene. Un bacione grosso :*
Marty

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** La famiglia è per sempre ***


Home Sweet Home
 

 
Uscire di casa, tornare a casa:
sono due gesti quotidiani in apparenza banali;
invece hanno un formidabile senso simbolico.
Se non esci ti avveleni, se non torni ti perdi.

Fausto Gianfranceschi
 
 
 
Capitolo 4 – La famiglia è per sempre
 


Kagome.
Era stato il suo primo pensiero quando era uscito dall’ascensore del tredicesimo piano per poi entrare in quella casa che già conosceva bene. Non rimase stupito più di tanto quando vide l’esagerazione di quegli addobbi e il numero degli ospiti. I genitori di Kikyo erano sempre stati così, proprio come i suoi; non a caso andavano d’accordo.
I loro padri si erano conosciuti quando entrambi non erano ancora nati perché il suo vecchio, grande avvocato, aveva praticamente tirato fuori dai guai il padre di Kikyo, diventando così cari amici. Che dire.. Famiglie ricche, benestanti e sicure, cosa c’era di meglio se non provare a fare un matrimonio combinato? Suo fratello, per sua fortuna, era troppo grande, perciò era toccato a lui quel ‘sacrificio’, però dovette ammettere che Kikyo alla fine non era male; era una bella ragazza, ma non la solita altezzosa che giudicava dalla testa ai piedi, così alla fine avevano legato, diventando amici.
Ci avevano anche provato a stare insieme, ma nulla. Il loro era più un legame affettivo e raro tra amici. Erano durati solo due anni, esattamente sino alla fine delle superiori, poi presero la decisione. Con immensa fatica avevano radunato le loro famiglie rivelando loro che non erano d’accordo di quell’unione; Kikyo voleva semplicemente trovare qualcuno che l’amasse davvero, mentre lui non intendeva seguire le orme di suo padre e Sesshomaru, ma di rincorrere il suo sogno: i motori.
Era sempre stato fissato per quelle cose, peccato che il suo caro paparino non fosse d’accordo e fu lì che dovette ammettere che di lui aveva preso sicuramente una cosa: la testardaggine. Non voleva sentire ragioni, così se ne andò di casa. Fece la gavetta da un meccanico serio e allo stesso tempo studiò, fino a quando, esattamente due anni dopo, l’avevano preso come dipendente in un’officina abbastanza famosa e grande di Ikebukuro.
Fu lì che conobbe Miroku e suo padre si fece di nuovo vivo con una lettera. Non era d’accordo certo, ma non avrebbe mai abbandonato suo figlio, per questo in quella carta scrisse che gli aveva comprato un appartamento, che decise di condividere subito con Miroku e successivamente con Koga e Bankotsu. Un anno dopo suo fratello si era sposato, permettendogli di rivedere finalmente i suoi cari dopo tre lunghi anni. Si perché nonostante gli avesse comprato casa suo padre non si era mai fatto vedere.
Suo fratello ormai viveva con la sua sposina, mentre i suoi genitori, durante le feste, andavano nella loro casa sull’isola di Okinawa, dato che sua madre andava pazza per il mare.
Quindi, dopo tutti questi anni li avrebbe rivisti, ma non era troppo turbato, anzi era tranquillo. In realtà un altro problema martellava dentro la sua testa, esattamente quello di incontrare la sua coinquilina che non smetteva di cercare continuamente. Notò poco distante Bankotsu, stranamente con suo fratello, scherzare allegramente. Gli salì un brivido; ricordava perfettamente il modo in cui Jakotsu si era infatuato di lui. Si allontanò immediatamente, rischiando di travolgere una signora truccata anche troppo eccessivamente per la sua età.
«Ehi Inuyasha!» sentendosi chiamare si voltò alla sua destra, trovando il solito Miroku chiamarlo con il braccio alzato, con accanto una stanca e stravolta Sango. Poverina, aveva sicuramente stressata per tutta la serata.
«Ciao amico» lo salutò con un colpo di mano una volta raggiunto «Dove sono gli altri?» domandò subito.
«Bankotsu è laggiù con la sua famiglia, mentre Ayame e Koga non so dove si siano cacciati» rispose pensieroso, in effetti quei due erano spariti improvvisamente, non se ne era neanche accorto. Beh, non era colpa sua se aveva una Dea accanto che continuava a distrarlo.
«.. e Kagome?» mormorò, cercando di usare comunque un tono sicuro e menefreghista.
«Ah già. E’ andata a prendere qualcosa al buffet»
Inuyasha annuì distratto e senza aggiungere altro fece un gesto con la mano, simile ad un saluto, per poi allontanarsi nella direzione dei tavoli dove servivano da mangiare. Sango, assottigliò gli occhi, poi ridacchiò, attirando l’attenzione di Miroku.
«Ora ho capito» disse divertita tra se e se.
«Cosa?» Miroku la osservò, mentre lei afferrava un bicchiere su un vassoio, iniziando a bere.
«No, niente. Anche perché non capiresti» lo prese in giro, per poi avviarsi da qualche parte, anche se non sapeva dove.
Miroku la raggiunse con una piccola corsetta, mettendosi al suo fianco e unendo le mani pregandola «E dai, per favore!»
Sango alzò gli occhi al cielo. Quando Miroku faceva così aveva sempre la meglio, soprattutto quando addolciva quei bellissimi occhi blu che per diverse volte l’avevano incantata «A Inuyasha piace Kagome» disse tranquillamente finendo il suo drink.
«Ma che stai dicendo?» domandò confuso Miroku, mentre osservava la ragazza posare il bicchiere di vetro su un piccolo ripiano. Lo guardò sconsolata, scuotendo il capo.
«Sapevo che non avresti capito» subito dopo riprese a camminare e Miroku a correre.
«Aspettami Sanguccia!»
 
 
 

Inuyasha scansò l’ennesimo damerino da quattro soldi, senza spostare lo sguardo sulla sua meta. Una volta arrivato si bloccò sul posto. Kagome era lì davanti a lui più bella che mai. Indossava un semplice vestito nero lungo. Le braccia, fino ai gomiti, erano coperte interamente di pizzo, mentre il vestito cadeva libero fino in fondo, mostrando lievemente la punta dei piedi smaltati di rosso dentro un paio di scarpe, sempre dello stesso colore, col tacco.
I capelli erano sciolti e leggermente mossi, coprendole così l’intera schiena, solo le ciocche laterali erano raccolte dietro la testa, da una simpatica piccola crocchia. Sottobraccio aveva una pochette, sempre nera e con diversi brillantini. La gola gli si seccò a quella vista.
Era semplice, ma bellissima.
In quel momento si stava facendo servire dal cameriere una fetta di torta e notò che aveva preso quella con la meringa. Sorrise, forse perché si aspettava da lei quella scelta. Mise una mano dentro la tasca, poi parlò.
«Sempre a prendere zuccheri eh?» ridacchiò, mentre lei drizzò improvvisamente la schiena. Si voltò lentamente verso di lui, con un’espressione stupida, ma lui continuò «Ciao zuccherino»
Rimasero a guardarsi per chissà quanto tempo. Kagome non aveva intenzione di muoversi e Inuyasha non sapeva che fare, iniziò a sudare freddo; che fosse ancora triste per quello che era successo ieri? Mosse un passo verso di lei. Kagome rimase nella stessa posizione.
Era così bello. Era vestito in maniera elegante, ma allo stesso tempo un modo casual. Indossava dei semplici pantaloni scuri, con addosso delle scarpe eleganti, sopra una camicia nera con i primi bottoni sganciati e le maniche arrotolate fino al gomito, con al polso un orologio. Molto diverso dagli altri uomini presenti in quella festa. Unico.
Kagome tossì leggermente, mentre lui si avvicinò ancora, risvegliandola del tutto.
«Ciao» mormorò la ragazza, osservando interessata la sua fetta di torta «Ne vuoi una anche tu?» tentò di fare conversazione. Lui scosse la testa, ridacchiando.
«No grazie. Non sono mica come te!»
Lei strabuzzò gli occhi, fissandolo rossa in viso «Che cosa?»
«Come hai fatto a sopravvivere fino ad oggi senza operarti all’appendice?» la prese in giro, godendosi quello spettacolo che tanto adorava. Quando Kagome si arrabbiava era uno spasso.
«Se sei venuto qui solo per prendermi in giro posso anche andarmene» sbottò frustata. Perché non riusciva ad essere serio per una volta? Iniziò a camminare verso di lui, superandolo, ma una presa ferrea sul suo polso la bloccò.
«Aspetta..» sussurrò, facendole provare dei piacevoli brividi lungo la schiena e sulle braccia «Mi dispiace..» continuò, mormorandolo vicino al suo orecchio. Kagome si fece attenta, osservandolo confusa con i suoi occhi color cioccolato.
«Per cosa?»
Inuyasha era incantato. Era ancora più bella da vicino «Per..»
«Ragazzi!» Inuyasha staccò immediatamente la presa sul suo polso ed entrambi si allontanarono di un passo, mentre Kikyo si avvicinò contenta, mentre trascinava un giovane uomo per un braccio.
«Inuyasha cosa ti costa indossare una giacca e una cravatta ogni tanto?» borbottò la nuova arrivata, fissando l’amico truce. Lui alzò le spalle noncurante.
«Lo sai che non sono il tipo»
Kikyo sospirò, spostando la sua attenzione sulla ragazza vicino a lui «Comunque.. Kagome,  voglio presentarti il mio fidanzato, Naraku!» disse emozionata, appoggiando la testa sulla spalla di questo che la osservava in maniera abbastanza.. inquietante? I suoi occhi erano piccoli e magnetici, con particolare sfumature rossastre.
Kagome, leggermente turbata, allungò la mano, stringendo quella dell’uomo fredda e decisa. Era il suo fidanzato?
«Piacere mio» mormorò con un sorriso tirato, ma questo non disse nulla. Piegò leggermente il capo; certo che quel tipo era veramente ‘allegro’.
«Mi ha chiesto la mano una settimana fa e ci sposeremo tra un anno! Per questo i miei genitori ci hanno costretti a fare questa stupida festa» raccontò Kikyo esausta, mentre Inuyasha sorrise, conoscendo perfettamente che l’amica odiava svolgere quel tipo di formalità.
Kagome rimase ad osservarla, ancora più confusa «Congratulazioni» sorrise, cercando di essere più elettrizzata possibile. Fortunatamente Kikyo ci cascò.
«Grazie! Naturalmente sei invitata» detto questo una donna poco distante la chiamò, facendola sbuffare «Scusate, ma devo andare. Mia zia è veramente insopportabile..» si allontanò dai due ragazzi, continuando a trascinarsi dietro il futuro marito, che pareva calmo e tranquillo rispetto alla neosposina.
Kagome li vide sparire tra la folla, mentre una strana rabbia mista a delusione si impadronì completamente di lei. Con la vista leggermente appannata per colpa delle lacrime se ne andò, non voleva più stare lì dentro.
«Ehi, dove vai?» domandò Inuyasha, seguendola. Raggiunse una parte della sala meno frequentata, diventando sempre più nervosa. Ma come diavolo si usciva da lì? Sentiva la presenza di Inuyasha dietro di lei e senza pensarci si voltò verso di lui, con i pugni delle mani strette lungo la vita.
«Ma non ti vergogni?»
Alla vista dei suoi occhi umidi Inuyasha si bloccò di colpo, non capendo il comportamento della ragazza «Cosa?» mormorò confuso.
Kagome alzò gli occhi al cielo, seguito da una risatina isterica «Ora fai pure il finto tonto?!»
«Ma di che cosa stai parlando?» doveva aver sbattuto la testa, ne era sicuro!
«Ti ho visto ieri con Kikyo, sul retro» si calmò improvvisamente, abbassando il capo verso il pavimento. In realtà non li aveva proprio visti, però aveva udito la loro chiacchierata. Inuyasha invece sgranò gli occhi, facendosi prendere dall’ansia.
«Hai.. sentito tutto?» domandò nel panico, sperando vivamente che Kagome non avesse assistito a tutta la loro conversazione.
«No, però.. Inuyasha, tu l’hai baciata e lei fra un anno si sposerà!»
Ok, qui la cosa non tornava, ricapitoliamo: lei ieri improvvisamente si era fatta mogia, e lui pensava di esserne la causa. Poi si comporta in modo impacciato, e subito dopo arrabbiata, contando anche le lacrime. E ora di cosa lo stava accusando? 
«L’ho baciata?» domandò ancora più confuso, poi riordinò le idee «Ma sei scema? Non l’ho baciata, l’ho semplicemente abbracciata! Si è vero siamo stati insieme, ma molto tempo fa!» sbraitò furioso, forse un po’ troppo. Kagome indietreggiò di un passo, non aspettandosi tanta rabbia.
Inuyasha tentò di calmarsi, immergendo una mano tra i suoi capelli, scompigliandoli appena «Senti Kagome..»
«Inuyasha» una voce fredda lo fece bloccare sul posto. Era da tanto che non sentiva quel richiamo. Lentamente si voltò, trovandosi davanti quattro persone.
«Padre..» sussurrò, mentre l’uomo si avvicinò a lui, sotto lo sguardo curioso di Kagome, che stava poco distante.
«Tesoro!» la donna dai lunghi capelli raggiunse i due, abbracciando il collo di Inuyasha. Kagome doveva ammettere, nonostante l’età, che quella signora era veramente bella «Fatti vedere. Oh, ma quanto ti sei fatto bello, e ti sei ancora alzato! Hai quasi raggiunto Sesshomaru!» continuò questa emozionata, stringendo tra le mani il viso del figlio, mentre la terza persona si avvicinò del tutto priva di enfasi.
«Fratello» disse questo glaciale, mentre Inuyasha mosse di poco il capo, ricambiando lo sguardo e il saluto. Intanto una ragazza molto più bassa e con un grosso sorriso, con addosso un vestito arancione prese parola.
«Ciao Inuyasha!» strepitò allegra, muovendo la mano. A Kagome ricordò tanto la sua amica Ayame.
«Ciao Rin..» la salutò lui privo di gioia, mentre sua madre spostò lo sguardo alle sue spalle, notando solo in quel momento una deliziosa ragazza, che osservava imbarazzata quel ritrovo familiare.
«Chi è la tua amica tesoro?» domandò con un sorriso, senza staccare i suoi occhi da lei. Inuyasha sbuffò, alzando gli occhi al cielo. Ecco che sua madre ricominciava a fare l’impicciona.
«Lei è Kagome. Una mia nuova coinquilina» spiegò velocemente, sperando che la storia finisse lì, peccato che la donna la raggiunse con due grosse falcate, mettendosi di fronte a lei, con un sorriso smagliante.
«Ma davvero? Che bello, l’ho sempre detto che quei buzzurri avevano bisogno di una presenza femminile» affermò decisa, facendo leggermente arrossire Inuyasha «Piacere di conoscerti cara, io sono Izayoi la madre di Inuyasha, mentre lui è mio marito Inu No Taisho» si presentò allegramente, indicando con la mano l’uomo simile ai due ragazzi, che ogni tanto si scambiavano un’occhiata tutt’altro che amichevole. Kagome sorrise  dolcemente, pensando che oltre ad essere bella Izayoi fosse anche molto allegra e gentile.
«Piacere di conoscerla signora» disse con un sorriso, ma lei portò la mano curata al petto.
«Cosa mi tocca sentire! Ti prego dammi del tu» la corresse immediatamente, forse con un leggero tono minaccioso, facendo divertire ancora di più Kagome. Inuyasha intanto, si portò sconsolato la mano sulla fronte. Sua madre era una causa persa.
«Io invece sono Rin, la moglie di Sesshomaru-Sama, nonché il fratello di Inu-Chan» a sentire quei nomignoli Kagome trattenne una risata, mentre i due ragazzi si bloccarono sul posto, imbarazzati. In quel momento erano veramente uguali.
«Rin, ti prego..» borbottò a bassa voce Sesshomaru, mentre Rin continuava a sorridere a Kagome, come se non le avesse detto nulla. Ormai era abituata al comportamento timido e freddo di suo marito.
«Bene, ora che abbiamo fatto le presentazioni è meglio andare. Io e Kagome abbiamo un’emergenza e..» Inuyasha tentò di dileguarsi, stringendo con una mano il piccolo bicipite di Kagome, ma naturalmente sua madre intervenne prima che lui riuscisse a finire la frase.
«Ma come, la festa è appena iniziata!» si lamentò, guardando in cagnesco il figlio «Inuyasha ti proibisco di andartene, finalmente dopo tanti anni abbiamo la possibilità di stare un po’ insieme, perché non approfittarne?» disse con un tono più dolce e malinconico.
Kagome notò il volto di Izayoi, accorgendosi che questa soffriva terribilmente; anche il padre, nonostante cercasse di nasconderlo, ma gli occhi non mentivano mai. Si staccò dalla presa di Inuyasha, mentre lui la guardò confuso.
«Inuyasha credo che sia meglio che tu stia almeno per questa sera con la tua famiglia. Da quello che ho capito non vi vedete da tanto perciò stai pure con loro, mi pare più che giusto» affermò con un sorriso deciso la ragazza, mentre Izayoi la ringraziò con lo sguardo e anche il padre di Inuyasha, anche se lei non lo vide.
«Sono lieta di avervi.. averti conosciuta Izayoi» si corresse immediatamente Kagome con un sorriso, seguito da un leggero inchino, ricambiato dalla donna «Signor Taisho..» si rivolse poi all’uomo, anche lui ricambiando con un leggero sorriso. Osservò anche i giovani sposi «Lo stesso vale anche per voi Rin e Sesshomaru» la ragazzina la salutò allegramente, mentre il giovane uomo rimase fermo, ad osservarla.
«Buon proseguimento» detto questo Kagome si allontanò il più velocemente possibile, mettendosi a sedere su degli scalini che portavano ad un piano superiore.
I piedi cominciavano a farle male, perché erano così sensibili? Maledetti tacchi. Tentò di distrarsi per non pensare al dolore quando ad un certo punto si sedette di fianco a lei qualcuno.
«Ciao Koga» gli sorrise, mentre lui fece un gesto col capo «Come procedere la serata?» domandò allegra, osservando distratta la sua lunga coda di cavallo che cadeva dietro le spalle muscolose.
Lui alzò leggermente le spalle noncurante «Non molto bene, e a te?»
«Potrebbe andare meglio..» ridacchiò, anche se era privo di allegria. In effetti quella serata peggiorava ad ogni minuto «Dove sei stato fino ad ora?» chiese, per fare un po’ di conversazione, mentre stendeva leggermente le gambe.
«In giro. Bankotsu è insieme alla sua famiglia, mentre Miroku con Sango»
Kagome piegò il capo, azzardando una domanda «Non sei stato in compagnia di Ayame?»
Koga indurì improvvisamente lo sguardo, rispondendo in modo secco e forse arrabbiato: «No!»
La ragazza si stupì dal tono che aveva usato, in effetti non era da lui. Abbassò il capo dispiaciuta ripesando che anche Ayame aveva avuto una reazione simile. In effetti non erano affari suoi però, se un suo amico era in difficoltà lei non riusciva a mettersi da parte. Iniziò a stuzzicarsi le dita delle mani, tenendole poggiate sulle cosce.
«..tu cosa pensi di me?»
Kagome, sorpresa da quella domanda improvvisa, si voltò verso Koga, lanciandogli un’occhiata interrogativa.
«Beh, sei un bel ragazzo, gentile ed educato» rispose con un sorriso. Lui annuì comunque con aria amareggiata, mantenendo il suo sguardo turchese verso il basso. 
Kagome rimase ferma, ma dopo alcuni secondi decise di pendere parola di nuovo «Perché mi hai fatto questa domanda Koga?» lui sospirò appena, aspettandosi un interrogativo simile da parte della ragazza.
«Nulla di importante..» rispose, senza guardarla «E’ che.. ogni tanto mi dimentico di esserlo» confessò tristemente. Kagome rimase interdetta, non capendo l’amico «Anzi in realtà.. non credo proprio di esserlo» continuò Koga, ricordandosi della risposta che lei gli aveva dato poco prima. 
Kagome non sapeva che dire. Sicuramente Koga in quel momento stava affrontando un qualcosa che lo turbava parecchio, ma non sapeva che cosa e come fare per aiutarlo. Abbassò lo sguardo anche lei, sperando di non essere troppo impicciona.
«..non ti va di parlarne?»
Rimasero in silenzio, senza neanche guardarsi, per vari minuti. La ragazza rimase immobile, senza muovere un muscolo, fissando le proprie mani, esattamente come il ragazzo accanto a lei. Quell’atmosfera era così pesante da toglierle il fiato. Anche il sonno cominciava a farsi risentire, e non vedeva l’ora di tornarsene a casa il più presto possibile. In quel posto si sentiva terribilmente fuori luogo.
«Ecco io..»
La voce bassa del ragazzo la fece distogliere dai suoi pensieri. Alzò lo sguardo per vedere meglio il viso del suo coinquilino. Lui continuava a mantenere la solita posizione, con gli occhi incollati su un punto impreciso del pavimento di marmo bianco.
«Ho conosciuto Ayame esattamente quando iniziò a lavorare allo Yagura» iniziò indeciso, mentre le sue mani tremarono appena «Si è subito mostrata aperta e gentile, soprattutto con me» sospirò, portandosi una mano sulla fronte e chiudendo gli occhi «Non l’ho mai apertamente ammesso, ma in poco tempo mi sono affezionato a lei e al suo comportamento unico e sincero»
Si fermò un attimo, prima di poter finire la frase, mentre Kagome, incuriosita, continuava ad ascoltarlo, senza interromperlo. 
«Un giorno però, esattamente un anno fa io, Inuyasha e la nostra squadra di basket siamo andati lì, per festeggiare una vittoria e come al solito abbiamo alzato un po’ troppo il gomito» riprese a parlare, stringendo per un attimo gli occhi, per poi riaprirli «Inuyasha, bene o male, controllava comunque le sue azioni, mentre io ero completamente andato» A sentire quelle parole Kagome sorrise appena, non immaginandosi Koga ubriaco. Ma smise immediatamente, quando il ragazzo si fece improvvisamente serio.
«Quando Ayame si avvicinò al nostro tavolo non ci vidi più..» si mise una mano sul viso, nascondendolo «Io.. ecco, non ho un’immagine chiara di quello che accadde. So solo che la portai sul retro e.. se non fosse stato per Inuyasha io..»
Kagome impallidì mentre il suo respiro si bloccò, sbarrando gli occhi terrorizzata; aveva tentato di abusare di Ayame?
«Il giorno dopo Inuyasha mi ha raccontato tutto e io mi sono sentito morire. Quando quella sera tornai al locale per chiederle scusa notai un livido sul suo braccio e sullo zigomo. L’avevo pure picchiata, ma nonostante tutto lei mi sorrise e lo fa ancora oggi, ma io.. non ce la faccio. Le ho già fatto del male e non voglio che accada d nuovo» si rigirò verso la ragazza che per tutto il tempo era rimasta zitta.
«Mi dispiace Kagome, se ora tu mi odi ti posso capire, ma credimi, io non volevo farlo!» le disse con un tono abbattuto, ma lei, a quella frase, si alterò leggermente.
«Ma cosa dici?» esclamò improvvisamente «Non provare mai più a dire una cosa del genere. Non potrei mai odiarti Koga!» portò dolcemente una mano sulla sua, stringendola decisa «E’ vero, quello che hai fatto è sbagliato e grave, ma.. questo non fa di te un cattivo ragazzo» continuò, questa volta con voce gentile.
«E poi da quello che ho visto Ayame non ti odia! Perché non le parli?» domandò, mentre a lui scappò l’ennesimo sospiro.
«Perché non voglio farla ancora soffrire»
Kagome lo guardò dispiaciuta «Mi dispiace dirtelo Koga ma.. l’hai già fatto» a quelle parole il moro si paralizzò, mentre Kagome riprese a parlare «Ayame muore per te, e ogni volta che lei tenta un approccio e tu la rifiuti le spezzi il cuore, forse molto di più rispetto a quella volta, perché lì non eri veramente in te» spiegò sicura. Quello che diceva era vero, e forse anche lui lo sapeva.
«Lei è brava a fingere. Nasconde sempre la sua sofferenza sotto quel sorriso, facendo credere a tutti di stare bene, ma non è così, secondo me non è mai stata realmente felice» la voce di Kagome era lievemente triste. Guardò dritto davanti a se, mentre lui restò a fissarla pensieroso «E neanche ora lo è, anche se dice o cerca di esserlo. Basta leggerlo nel suo sguardo sempre un po' malinconico.. come ha adesso» continuò la ragazza posando con delicatezza la mano sul suo viso, facendoglielo voltare. Koga notò immediatamente quel vestito verde che le stava d’incanto, mentre la rossa si guardava attorno spaesata, sola e.. dannatamente triste.
Il ragazzo sentì il proprio cuore scoppiare, mentre Kagome tolse la mano dalla sua guancia, guardando anche lei l’amica «Forse tu sei la persona adatta a far sì che quelle labbra si curvino verso l'alto con sincerità, che dici?» Koga non rispose; semplicemente registrò quelle parole.
Guardò per un attimo la mora e senza dire nulla si alzò di scatto, camminando nella direzione in cui stava Ayame. Kagome sorrise quando vide la rossa sobbalzare leggermente alla presenza del ragazzo. Koga si avvicinò a lei, sussurrandole qualcosa all’orecchio e senza attendere oltre la prese per mano, portandola via.
Kagome li seguì con lo sguardo, fino a quando non sparirono dalla sua vista. Portò la testa all’indietro, ridacchiando appena. Certo che era l’assistente perfetta di Cupido! Rimanendo nella solita posizione per diversi minuti decise di alzarsi, stirandosi il vestito, dato che si erano formate delle piccole pieghe. Tirò fuori dalla pochette il cellulare, guardando l’ora: erano solo le 23.46, ma era a pezzi.
Decise di andarsene da quel posto. Avrebbe salutato Kikyo e via. Iniziò a cercarla, ma non la trovava, mentre gruppi di persone parlavano allegramente tra di loro, ma non si annoiavano mai a stare lì?
«Ehiii! Kagomeeeeee!» un urlo improvviso e privo di tatto la richiamò, facendola voltare, mentre un allegro Bankotsu, abbracciato con un altro ragazzo più o meno nella sua stessa situazione la raggiunsero. In una mano teneva un drink «Vo-io presentarti ‘io fffratello!» biascicò con difficoltà, mentre Kagome ridacchiò.
Il ragazzo vicino a lui si staccò, prendendo, senza smettere di traballare, la mano della ragazza, baciandola «Lieto di conosciiierla milady! Sono Jakotsu!» si presentò, mentre Bankotsu non smetteva di ridere. Kagome rimase ad osservarli, erano completamente andati, ma almeno il ragazzo con la treccia aveva seguito il suo consiglio.
«Piacere mio. Non credete di aver esagerato ragazzi?» ipotizzò, mentre loro scossero energicamente il capo. Bankotsu si portò alle labbra il drink, mentre Jakotsu riprese a parlare.
«No, non siam-biachi» specificò, senza smettere di ridere «Siamo.. felici!» sbraitò entusiasta, portando le braccia al cielo, mentre alcuni ospiti li gelarono con lo sguardo, ma loro non se ne rendevano neanche conto. Jakotsu traballò ancora, riprendendo a parlare «Graie a te Baki mi vuoie ancora.. bene!» Kagome rimase sorpresa, non aspettandosi quel ringraziamento. Sorrise intenerita, mentre Bankotsu si avvicinò.
«Si è vero!» esclamò, abbracciando il collo del fratello, per poi guardare Kagome confuso «Per-ché ti muovi in quel modo stiiano?» chiese, portandosi un indice al mento, pensieroso. Kagome scoppiò a ridere.
«Non sono io Ban, ma tu» spiegò allegra «Sentite come pensate di tornare a casa?» domandò, non poteva mica lasciarli soli in quello stato.
«Oh.. Mami e papi ci polteano a casa, Baki staraaaai con noi. Verrro?» disse Jakotsu, osservando il fratello, che annuì allegro, stringendo la presa al collo.
«Vero!» rispose, poi senza aggiungere altro lo trascinò via, alzando in aria la mano con il bicchiere mezzo vuoto «Iaoooo!»
Kagome sorrise divertita, mentre i due ragazzi continuavano a ridere e a traballare tra le persone abbastanza sconvolte. Voltò lo sguardo sulla sua destra, notando Kikyo che chiacchierava allegramente con alcuni ospiti insieme a Naraku. Non voleva disturbarla, così decise di raggiungere l’uscita.
 
 
 

«Quella Kagome è veramente un tesoro»
Inuyasha alzò gli occhi al cielo. Sua madre non aveva smesso un attimo di parlare della ragazza, era tipo la trentesima volta che lo diceva.
«Ed è pure carina, vero Inuyasha?» continuò ancora la donna, mentre aspettava un piatto ricco d’insalata da parte del cameriere. Tutta la famiglia si era radunata al tavolo che serviva i primi e i secondi piatti, solo Inu No Taisho, qualche minuto prima, si era assentato.
Izayoi prese il piatto, mentre Inuyasha indicò al cameriere un piatto di yakitori «Te lo già detto siamo solo amici» sbuffò, scorrendo alla sua destra, mentre Izayoi sorrise, iniziando a mangiare vicino ad una colonna.
«Va bene, come vuoi» mormorò, lasciando in sospeso l’argomento e facendo tirare un sospiro di sollievo al figlio, poi si guardò attorno frustrata, portando una mano sul fianco «E ora dov’è finito quell’uomo?» sicuramente si riferiva a suo marito.
Intanto anche Inuyasha continuava a studiarsi intorno, allungando di poco il collo, anche se era molto alto c’era comunque tanta gente ed era difficile distinguere le persone.
«Cerchi la tua bella fratellino?» sussultò, mentre Sesshomaru mangiava tranquillamente il suo piatto con i suoi soliti modi calmi e ordinati. I capelli lunghi e lisci cadevano dietro le spalle, ricoprendo l’intera schiena coperta da una camicia bianca ed abbellita da una cravatta nera.
«Non rompere Sesshomaru! Tu piuttosto, tieni a bada la tua» rispose frustrato Inuyasha, indicando col mento la deliziosa fanciulla poco distante, intenta a parlare con Izayoi e altri ospiti. Quando la ragazza si voltò leggermente verso di loro e notò di essere osservata li salutò con la mano ed un sorriso a trentadue denti. Inuyasha aggrottò la fronte, mentre Sesshomaru ridacchiò. La sua piccola Rin..
«Rin sa cavarsela benissimo da sola» disse calmo. Ed era vero, ormai la ragazza si era fatta il callo di quelle formalità. All’inizio era stata dura perché era sempre stata una ragazza frizzante e dato non era di famiglia benestante non aveva idea di come ci si dovesse comportare.
La prima volta che la portò a casa fu durante una festa. Ricordò che strinse la mano energicamente, come se fosse un semplice coetaneo, al signor Takeo Fujisawa,, un cliente di loro padre, nonché proprietario dell’Honda. Quella fu la scena più imbarazzante, ma anche più divertente della sua vita.
Tornò a guardare seriamente Inuyasha, che allo stesso tempo ricambiava lo sguardo. Con un ghigno poggiò su un ripiano il piatto mezzo vuoto, portando poi le mani dentro le tasche «Sai puoi anche ingannare tua madre, ma non me» commentò freddo, studiando la reazione del fratello. Questo alzò scettico un sopracciglio.
«Cos’è, ti preoccupi dei problemi sentimentali del tuo caro fratellastro?» domandò Inuyasha, incrociando le braccia, mentre Sesshomaru chiuse in due fessure gli occhi così simili ai suoi.
Già, fratellastri. Inu No Taisho, quando era solo un giovane spensierato, si era innamorato di una ragazza magnifica, tantoché decise subito di sposarla, ma sfortunatamente era venuta a mancare pochi mesi dopo la nascita del loro primogenito; così suo padre l’aveva cresciuto da solo cercando di non fargli mancare mai nulla, ma in realtà sapeva che soffriva.
Fin da piccolo Sesshomaru si era rivelato perfetto e attento, però, e qui dovette ammettere per fortuna, tutto cambiò il giorno in cui suo padre conobbe Izayoi e finalmente Sesshomaru ebbe il privilegio di vedere un sincero sorriso di suo padre, ma soprattutto l’onore di essere fratello maggiore, peccato che i due non si fossero mai sopportati, anche se Inu No Taisho era sempre stato un uomo molto attaccato alla famiglia.
«Mai fatto e mai lo farò. E smettila di usare quell’appellativo, lo sai che nostro padre non lo accetta, altrimenti sarei il primo a farlo» lo minacciò.
Inuyasha sbuffò. Quando Sesshomaru faceva il santarellino gli veniva una voglia matta di strozzarlo «Chiedo scusa figlio perfetto, ma sai non sono come te io» sputò, guardando da un’altra parte.
«Piantala di fare il bambino Inuyasha» Sesshomaru era rimasto fermo, mentre il fratello tornò a guardarlo con sfida.
«E tu di farmi la morale, ormai anch’io sono un uomo, anche se nostro padre non l’ha ancora capito..» l’ultima frase l’aveva detta in un sussurro, perché ripeterlo ad alta voce, più che farlo infuriare, gli faceva male.
«..che vive in una casa comprata dai soldi del proprio paparino insieme ad altri ragazzi incompetenti e nullafacenti» Sesshomaru continuava a guardarlo serio, incrociando anche lui le braccia, pronto a ricevere la furia di suo fratello. Questo infatti diventò rosso di rabbia.
«Io non gli ho mai chiesto niente, e non ti azzardare ad offendere i miei amici Sesshomaru!»
«E te nostro padre!» rispose a tono, avvinandosi al suo viso così simile, ma allo stesso tempo, diverso dal suo «Sei così cieco e stupido.. quando inizierai ad aprire gli occhi?»
Anche se non andavano d’accordo a lui non era andato tanto a genio la scelta di Inuyasha, semplicemente perché vide di nuovo il volto ferito di quell’uomo che l’aveva cresciuto con tutto l’amore possibile, peccato che suo fratello non se ne fosse neppure accorto. Quello stupito.
«Di che stai parlando?» domandò infatti confuso il minore, corrugando la fronte.
Sesshomaru scosse lentamente il capo «Lascia perdere. Comunque, anche se va contro la mia politica, vorrei darti un consiglio» aggiunse subito, per poi riafferrare il piatto.
«Su forza, illuminami maestro» esclamò ironico Inuyasha, allargando le braccia, mentre Sesshomaru trattenne un ringhio di rabbia.
«Non farti scappare quella donna» disse in fretta e furia, guardando, forse imbarazzato, da un’altra parte.
«Parli di Kagome?» domandò confuso Inuyasha.
«In lei ci vedo molto Rin..» disse seriamente il maggiore, che era tornato a guardare quella piccola creatura che in qualche modo aveva scaldato il suo gelido cuore. La sua dolce Rin era così pura e innocente.. e quelle sensazioni le aveva percepite anche da quella ragazza.
«Non fare niente di stupido fratellino» disse ancora e senza degnarlo neanche di uno sguardo raggiunse la fanciulla col vestito arancione, posandole un lieve bacio sulle labbra, mentre lei strinse emozionata con entrambe le mani quella grande e calda di lui.
Inuyasha rimase a guardarli stupito, sia per il gesto romantico appena visto in diretta da parte del fratello che per le ultime frasi dette. A lui era piaciuta Kagome? Sorrise.. quella ragazza era talmente speciale da aver fatto breccia anche nel cuore di Sesshomaru in pochissimi minuti, dove fino a quel momento c’era riuscita solo Rin.
Ad un certo punto quei pensieri furono rotti da sua madre, che afferrò con forza il suo braccio «Inuyasha guarda! C’è la famiglia Kobayashi, forza andiamo a salutarli!» esclamò entusiasta, mentre lui sbuffò, non prima di aver guardato con un’ultima occhiata Sesshomaru, che allo stesso tempo ricambiò.
Per la prima volta nella sua vita, Inuyasha gli regalò in timido sorriso.
“Grazie fratello”
 
 
 

Una volta raggiunta la porta, Kagome iniziò a scendere le scale, dato che l’ascensore era occupato, ma una voce attirò la sua attenzione.
«Sta andando via?» Kagome si bloccò di colpo, notando solo in quel momento che aveva superato un uomo che se ne stava seduto sul primo gradito, con la cravatta leggermente sciolta e un bicchiere in mano. Sembrava parecchio abbattuto.
«Oh, salve signor Taisho» mormorò con un sorriso «Ecco io.. si» rispose imbarazzata, dato che era stata colta sul fatto.
«E’ un po’ pericoloso andare in giro da sola a quest’ora» continuò, guardandola appena, svuotando poi il bicchiere, ma senza lasciarlo.
«Non si preoccupi, chiamerò un taxi» lo rassicurò lei, pronta ad andarsene, ma quando i suoi occhi scuri osservarono il volto dell'uomo abbassato e privo di gioia si avvicinò insicura, salendo uno scalino «C’è qualcosa che non va signore?» domandò incerta.
Ora che l’osservava bene era veramente la copia sputata di Inuyasha, come Sesshomaru del resto. Lunghi capelli d’argento legati da una coda e occhi ambra. La carnagione era leggermente più scura, ma nonostante l’età era comunque affascinante.
L’uomo iniziò a giocare col bicchiere vuoto, muovendo il ghiaccio rimasto «Inuyasha mi odia..» sussurrò con voce affranta. Kagome sbatté diverse volte gli occhi, pensando di aver capito male.
«Mi scusi?»
Il signor Taisho chiuse gli occhi, tirando un sospiro «Mio figlio non vuole avere niente a che fare con me» spiegò l’uomo «Ho fallito come padre» quelle parole fecero ricordare a Kagome sua madre due mesi prima, quando erano in camera sua. Le si strinse il cuore; si mise a sedere anche lei, vicino a lui, guardandolo dispiaciuta.
«Il mio unico obbiettivo era quello di renderlo felice e pensavo di riuscirci, così come ho fatto con suo fratello, ma non ce l’ho fatta» continuò, come se in quel momento stesse sfogando tutto quel dolore dopo troppo tempo «Quando se ne è andato di casa sua madre ha sofferto molto, solo per colpa mia. Pensavo di riuscire a farmi perdonare comprandogli quella casa, ma non è servito»
Kagome distolse lo sguardo, pensando alle sue parole. Davvero Inuyasha odiava suo padre?
«Io voglio solo.. che mio figlio sia felice» Kagome riportò la sua attenzione su di lui, mentre questo strinse con forza il bicchiere con la mano e la mandibola si irrigidì.
Kagome piegò lievemente il capo e senza pensarci prese parola «Cosa le fa credere che non lo sia?» l’uomo accanto a lei aprì gli occhi, osservandola, mentre la ragazza continuò «Fa un lavoro che gli piace, ha ottimi amici, una casa.. non contano queste cose?»
Inu No Taisho sgranò lievemente gli occhi, ma senza dire nulla. Kagome sorrise lievemente, poggiando i gomiti sul gradino dietro di lei.
«Sa mio padre è morto un mese dopo che era nato mio fratello» sorrise malinconica, posando l’indice sulla tempia «Avevo solo quattordici anni, ma è ancora qui, nella mia mente. Ricordo che due giorni prima lui aveva una riunione importante a lavoro, ma mi aveva comunque promesso di venire a vedere alla recita scolastica al quale tenevo tanto»
Il padre di Inuyasha rimase in silenzio, ascoltando attento. 
«Ma lui non venne e mi arrabbiai tantissimo e nonostante lui si fosse scusato tante volte io gli tenni il muso» Kagome sospirò appena, mentre un lieve dolore ormai conosciuto si fece strada nel suo petto, ma non ci badò.
«Quando venne a mancare mi sentii terribilmente in colpa, perché ho ripensato a tutte quelle cose che avrei voluto dirgli ma che non ho potuto fare, in particolar modo che in realtà l’avevo già perdonato» non appena finito di parlare, lei si girò di nuovo verso di lui, sorridendogli appena. Il signor Taisho, che la guardava in maniera seria, non disse nulla. In quel momento le ricordò il fratello più grande di Inuyasha, Sesshomaru, anche se l’aveva visto per pochi minuti.
«Perciò credo che lei non si debba scoraggiare! Provi a parlargli perché da quello che ho visto vuole molto bene a Inuyasha e spera solo che abbia una vita serena» spiegò Kagome «E io sono sicura che anche lui le vuole bene, solo che ogni tanto, vi dimenticate di dirvelo»
L’uomo guardò dritto davanti a se, riflettendo su quelle parole, ma Kagome continuò ancora «La prego lo faccia. Non voglio che commettiate il mio stesso errore..» detto questo la ragazza si alzò, stirandosi il vestito.
«Forse è meglio che vada, inizio ad essere stanca» disse, stiracchiandosi «Buonanotte signor Taisho» iniziò a scendere le scale lentamente, ma per la terza volta la voce di lui la fece fermare. Si voltò a guardarlo. Si era alzato.. e le sorrideva.
Riconoscente. Timorosamente. Amabilmente.
Kagome ricambiò, per poi riprendere a scendere le scale, mentre il signor Taisho entrò in fretta e furia dentro la sala, cercando con lo sguardo suo figlio. Lo notò poco distante; anche lui sembrava alla ricerca di qualcosa. Lo raggiunse velocemente, mandando al diavolo la formalità, osservandolo con uno sguardo serio.
«Inuyasha» il ragazzo si voltò verso di lui, non aspettandosi la sua presenza.
«Padre..» mormorò, ma si risvegliò subito, scuotendo il capo frettolosamente «Scusa, ma ora non ho tempo, mi sono appena liberato della mamma. Hai visto Kagome?» gli domandò e per sua immensa gioia annuì.
«Si. E’ appena uscita»
Il ragazzo si bloccò sul posto, osservandolo truce «E tu l’hai lasciata andare da sola?» esclamò adirato. Scosse il capo, superandolo, con l’intenzione di raggiungerla, ma la presa ferrea sul braccio lo fermò.
«Aspetta Inuyasha» continuò l’uomo, mentre Inuyasha sbuffò «.. io sono fiero di te»
Sgranò lievemente gli occhi, non aspettandosi quella frase. Si voltò verso di lui, mentre lo lasciava lentamente «Come?» sussurrò.
«Da quando tu hai deciso di andartene e di seguire il tuo sogno, sono sempre stato orgoglioso, ma il mio timore più grande era che tu non ce la facessi. Ma mi sbagliavo» Inuyasha era sconvolto, e ora che gli prendeva? Perché gli parlava in quel modo, non l’aveva mai fatto.. neanche con Sesshomaru.
Suo padre abbassò il capo, chiudendo gli occhi «Ti voglio bene Inuyasha» ammise, forse timidamente «Ti prego, dopo stasera non sparire di nuovo, tua madre ne soffrirebbe.. io ne soffrirei. So che mi odi però..» disse insicuro, senza guardalo perché non sapeva più cosa dire.
Inuyasha a quelle parole ghignò appena, mettendosi in difficoltà una mano tra i capelli «Io non ti odio papà» disse Inuyasha, utilizzando quell’appellativo dopo tanto tempo «Non potrei mai farlo. Siete sempre nei miei pensieri, ogni giorno.. e anch’io ti voglio bene»
Entrambi rimasero fermi ad osservarsi. Erano così uguali, l’unica cosa che li distingueva era l’età. Inu No Taisho osservò gli occhi del figlio, leggendo la verità delle sue parole appena pronunciate. Quella ragazza aveva ragione.
«Kagome ti piace molto vero?» domandò sicuro, mentre Inuyasha, non troppo sorpreso annuì; suo padre era sempre stato un ottimo osservatore «Anche a me..» ammise l’uomo, sorridendogli appena, quando tornò a guardarlo «..e credo che sia una brava ragazza»
Inuyasha sorrise, correggendolo «Non crederlo, perché lo è»
Suo padre annuì, posandogli una mano sulla spalla «Su vai da lei, ma prima.. devo dirti una cosa»
Inuyasha si fece attento.
 
 
 

Kagome infilò le chiavi dentro la serratura per poi aprire la porta. Strano, non era chiusa a chiave. Una volta entrata si tolse immediatamente i tacchi, permettendo così ai piedi di tirare un sospiro di sollievo. Si sciolse la piccola crocchia, liberando quei pochi capelli legati. Aveva un sonno tremendo.
Alzò la mano per accendere l’interruttore, ma in quel momento notò che in cucina la luce era accesa. Oh cavolo, c’erano dei ladri? In effetti la porta non era chiusa a chiave, forse l’avevano scassata. Si guardò attorno nel panico, prendendo la prima cosa che trovò; l’ombrello. Poggiò i tacchi per terra e, cercando di fare il meno rumore possibile, si avvicinò quatta.
Poggiò la schiena sulla parete, mentre dalla cucina non usciva nessuno suono. Prese un enorme respiro e alzando sulla testa con entrambe le mani la sua arma entrò sicura con un urlo. In quel momento anche Miroku urlò contemporaneamente nel panico. Sicuramente con quell’uscita avevano svegliato tutta la palazzina.
«Kagome ma che stai facendo?! Mi hai fatto venire un colpo!» sbraitò Miroku, portandosi un mano sul cuore, mentre Kagome tirò un sospiro di sollievo, abbassando l’oggetto rimasto in aria.
«Scusami! Pensavo ci fossero dei ladri» disse con un sospiro, portandosi una mano sulla fronte leggermente sudata, forse per via della tensione accumulata.
Miroku ridacchiò divertito «Si, perché i ladri rubano in cucina» disse, prendendola in giro.
Anche Kagome si mise a ridere. Le sue battute erano completamente diverse da quelle di Inuyasha, lui non faceva altro che innervosirla «Mi dispiace. Da quanto sei tornato?» domandò con un sorriso, poggiando l’ombrello sul tavolo.
«Da un bel po’» rispose il ragazzo, grattandosi la nuca. Kagome annuì notando solo in quel momento che Miroku, seduto sulla sedia, era in mutande.
«Miroku, va bene che ormai mi sono abituata ai vostri modi, ma ti prego, potresti almeno metterti dei pantaloni?» disse paonazza, portandosi le mani davanti agli occhi, per vedere il meno possibile quello che madre natura gli aveva donato.
«Non posso» mormorò appena il ragazzo «C’è Sango in camera mia e sta dormendo, sperando che le nostre urla non l’abbiano svegliata» spiegò con un sorriso.
«Non credo, altrimenti sarebbe già uscita allarmata» in effetti, da quello che aveva capito, Sango era una ragazza abbastanza estroversa e forte. Se avesse sentito veramente le loro grida sarebbe uscita dalla stanza, anche nuda, pur di capire cosa fosse successo.
Si portò una mano sullo stomaco, costatando che durante la festa aveva mangiato solo una fetta di torta e la pancia reclamava ancora cibo «Hai per caso fame?»
Miroku annuì, alzando le spalle «Un po’»
«Perfetto anch’io, ti va bene se preparo dei pancake?» gli chiese con un grosso sorriso e senza attendere risposta, aprì la credenza, tirando fuori tutti gli ingredienti necessari.
«Panc-che?» domandò confuso, forse alzando un po’ troppo la voce, mentre Kagome prese due ciotole grandi.
«Sono delle specie di frittelle americane» spiegò allegra, prendendo due uova e dividendo il tuorlo, versandolo dentro il contenitore arancione e mettendo poi l'albume in un altro verde.
«Certo che tu vai pazza per questa roba grassa e americana eh?» in effetti era vero, doveva ammetterlo, ma che poteva farci? Era troppo buona e sicuramente, dopo aver assaggiato una delle sue specialità, avrebbe sicuramente cambiato idea.
Senza pesare lo zucchero, lo mise nel contenitore arancione, insieme al burro che aveva sciolto dentro un pentolino col fuoco basso. Era talmente concentrata che non si accorse che Miroku si era improvvisamente innervosito, stuzzicandosi le dita delle mani.
«Sai Kagome stasera.. è stata la mia prima volta con Sango» ammise improvvisamente. Kagome, che teneva in mano la busta della farina, la poggiò sul ripiano, voltandosi verso di lui.
«Come? Ma se vai ogni giorno sia con lei che con altre ragazze! Non eri mica vergine!»
Miroku strabuzzò gli occhi, rimanendo impalato come un baccalà. Lui vergine? Scherzava? «Ma che hai capito! Intendevo dire che è stata la prima volta.. che ho fatto l’amore» concluse in un sussurro, abbassando imbarazzato il capo «Alla festa ci stavamo annoiando così siamo rientrati a casa, ma non volevo che la storia si ripetesse. E’ da parecchio tempo che ho capito di amarla, per questo volevo sfruttare questa occasione per dichiararmi a lei e beh.. credo sia andata bene»
Kagome, a sentire quelle parole, le si illuminarono gli occhi, emozionata «E’ fantastico Miroku, sono felicissima per te! Quindi inizierai a mettere la testa a posto?» ridacchiò divertita, versando un po’ di farina insieme allo zucchero, iniziando a mescolare il tutto, mescendo ogni tanto del latte fresco.
«Per lei farei di tutto» disse serio e deciso il ragazzo, poi guardò la sua coinquilina, che le deva le spalle. Il vestito che indossava era molto carino e metteva in evidenzia le sue leggere forme, completamente opposte a quelle di Sango «Posso continuare però a palparti il culo?»
Kagome si voltò di scatto, rossa come un peperone, mentre Miroku ridacchiò, alzando le mani innocentemente «Scherzavo»
Kagome scosse il capo divertita; era sempre il solito. Dopo aver preparato l’impasto montò la chiara unendo poi tutti gli ingredienti in un’unica ciotola. Il composto era giallastro e liquido, ma allo stesso tempo denso e appiccicoso. Perfetto!
Prese una pentola, mettendola sul fuoco e una volta scaldata iniziò a preparare quelle pietanze rotonde. Una volta finito tutto il composto spense il fuoco e si girò, mentre nell'aria si diffondeva un profumo caldo e dolcissimo che faceva venire l'acquolina in bocca ad entrambi i ragazzi. Ne mise in due piatti diversi, per poi sedersi di fronte a Miroku, porgendogli la sua porzione.
Kagome iniziò a mangiarle subito, mentre lui, ancora titubante, osservava quella strana roba gialla. Ne staccò un pezzo, e dopo un attimo di esitazione lo assaggiò.
«Allora?» chiese ansiosa Kagome, mangiando un’altra fetta, mentre Miroku la guardò estasiato.
«E’ la cosa più buona che abbia mai mangiato!» esclamò euforico, iniziando ad abbuffarsi, ricordandogli per un attimo Bankotsu.
«Te l’avevo detto!» ridacchiò divertita.
Rimasero a parlare per altri dieci minuti, ridendo e scherzando. Una volta finita la sua porzione Kagome prese entrambi i piatti, poggiandoli dentro l’acquaio, insieme alle ciotole. Le avrebbe sistemate domani, ora era troppo stanca.
«Io vado a letto Miroku» lo salutò la ragazza, poggiando una mano sulla sua spalla, mentre lui annuì.
«Tranquilla, tra poco andrò anch’io» la ragazza gli sorrise un’ultima volta prima di uscire dalla stanza, lasciandolo solo. Non vedeva l’ora di tornare a letto e abbracciare il corpo nudo e perfetto di Sango, quella notte era stata speciale e doveva continuare ad esserla. Si alzò poco dopo anche lui, con un sorriso ebete sulla faccia. Spense la luce della cucina e contemporaneamente accese quella del salotto, quando ad un certo punto la porta d’ingresso si aprì con furia.
«Ehi Inuyasha» lo salutò il ragazzo col codino, mentre questo lo guardò , aveva il fiatone e le guance arrossate, sembrava avesse corso come un pazzo.
«Ciao Miroku. C’è Kagome?» domandò in fretta e non poco preoccupato, mentre l’amico gli sorrise, indicando con la testa il corridoio.
«Si, è andata proprio ora a letto, perché?» piegò il capo, incuriosito, mentre Inuyasha a quelle parole tirò un sospiro di sollievo, ma allo stesso tempo si maledisse, per non aver fatto prima. Maledetta vecchiaccia che all’una di notte chiedeva una mano per attraversare la strada priva di macchine.
«No niente.. ero preoccupato perché era andata via da sola» mentì, anche se in realtà da una parte era vero. Quella incosciente era tornata per conto suo, nonostante la città fosse pericolosa a quell’ora.
«Tranquillo, è una ragazza in gamba. Ah! Quando puoi chiedile di prepararti dei pancache o come si chiamano, sono pazzeschi!» esclamò entusiasta Miroku, dandogli una pacca sulle spalle «Buonanotte amico!» senza attendere risposta imboccò il corridoio, mentre Inuyasha abbassò il capo.
«Notte» mormorò appena, raggiungendo anche lui la sua camera, non prima di aver lanciato un’occhiata alla porta chiusa della soffitta.
Doveva parlarle il prima possibile.





Angolo autrice:

Finalmente ce l'ho fatta! Chiedo umilmente perdono, ma gli impegni cominciano a farsi sentire e il tempo a disposizione diminuisce ogni giorno T.T
Che dire.. finalmente sono entrati in scena gli ultimi personaggi rimasti: la famiglia Taisho! Compreso il grande e sommo Sesshomaru (per la gioia di  Sara xD). Lo ammetto: per me non è stato molto facile scrivere la parte dedicata a lui e Inuyasha, anche perché all'inizio non c'era, l'ho aggiunta solamente ieri^^' Non sono molto abituata a trattare con questo personaggio, quindi spero di non aver miseramente fallito >.<
Mentre Koga e Ayame eheh, ve l'aspettavate? Il discorso tra Kagome e Koga l'ho scritto praticamente in cinque minuti, avevo in testa un'idea, poi iniziando a scrivere mi è uscito questo, boh la mia mente è strana, non è la prima volta che succede xD
E infine Miroku e Sango.. la parte in cui Miroku rivela i suoi sentimenti l'ho diciamo 'rubata' dal mio migliore amico (lo stesso che convive con altri ragazzi, si xD). E' praticamente una scena reale che è successa davvero tra noi due, perciò ho deciso di dedicare la parte finale del capitolo a lui♥ 
Bene, detto questo annuncio che il prossimo capitolo sarà l'ultimo, spero che per voi non sia un dramma ahah. Sicuramente la mia magnifica beta Miyu87, che naturalmente ringrazio con tutto il cuore, sarà più che contenta dato che non dovrà più sopportare le mie noie xP
Un bacione a tutti ragazzi e buona Domenica, ci sentiamo presto, o almeno spero xD
Marty♥
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Casa dolce Casa ***


Home Sweet Home


 
La casa è il luogo dove risiede l’amore,
vengono creati i ricordi, arrivano gli amici
e la famiglia è per sempre.
 
Anonimo
 
 

Capitolo 5 – Casa dolce Casa

 

Quella mattina Kagome si svegliò abbastanza presto. Il sole stava ancora sorgendo, ma non riusciva a prendere sonno, così, dopo essersi messa una felpa sopra la canottiera che usava come pigiama, uscì scalza dalla camera, raggiungendo silenziosamente la cucina.
Mise a posto tutti gli attrezzi che aveva utilizzato il giorno prima per preparare i pancake a Miroku. Sorrise intenerita, ripensando a quello che era successo tra lui e Sango. Era veramente felice per entrambi.
Iniziò a preparare il caffè, quella mattina non c’era Bankotsu, dato che era rimasto a dormire dalla sua famiglia, ma mise comunque i suoi biscotti preferiti sul tavolo, insieme alle tazze e le posate. Si mise a sedere, addentando uno di quei biscotti alla vaniglia, mentre aspettava che il caffè fosse pronto.
Diede un altro morso, quando ad un certo punto uno stanco Inuyasha sbucò dalla soglia della cucina, scompigliandosi ancora di più i suoi bellissimi capelli d’argento per poi bloccarsi non appena vide Kagome seduta. Si guardarono intensamente. Inuyasha non si aspettava di certo di trovare qualcuno sveglio a quell’ora, soprattutto lei. Quella notte non aveva chiuso occhio per colpa di quella ragazza.
«Buongiorno zuccherino» la salutò lui, versandosi un po’ di caffè dentro la tazza poggiata sul tavolo.
«Buongiorno anche a te» sorrise timida, riprendendo a mangiare il suo biscotto. Il ragazzo si sedette davanti a lei e un imbarazzante silenzio fece da padrone. Kagome teneva lo sguardo abbassato, mentre Inuyasha la osservava di sottecchi; la sera prima si erano separati in malo modo e lui non aveva intenzione di lasciare in sospeso quell’episodio. E poi, doveva parlarle..
«Senti Kagome, riguardo a ieri sera.. » iniziò con difficoltà il ragazzo, ma lei lo bloccò subito.
«Non devi dire niente, la colpa è solo mia. Ti ho giudicato senza neanche conoscere i fatti, contando anche che io non sono nessuno per valutare le tue scelte, perciò.. mi dispiace» riprese a respirare, ma non aveva il coraggio di guardarlo, col timore di vedere quei bellissimi occhi provare odio verso di lei.
Inuyasha, dal canto suo, era sorpreso. Quella ragazza era incredibile, ogni giorno lo stupiva sempre di più. Lui non voleva delle scuse, anzi, non capiva neanche perché gliele avesse fatte, ma non disse nulla. La guardò e basta.
«La mia famiglia e quella di Kikyo sono sempre stati in buoni rapporti, per questo hanno cercato di farci sposare» spiegò con un sospiro, mentre Kagome alzò di scattò il volto, osservandolo, mentre lui si portò una mano tra i lunghi capelli «Naturalmente non eravamo d’accordo, però, quando abbiamo iniziato a conoscerci, ci abbiamo provato. Siamo stati due anni insieme» a quelle parole il cuore di Kagome scoppiò.
«Devo dire che in quegli anni sono stato veramente felice, però..»
“Però?” pensò ansiosa la ragazza, senza staccare i suoi occhi scuri dalla sua bellissima figura.
«Il mio non era amore, ero semplicemente affezionato, così come lei del resto» spiegò, accennando un sorriso, guardandola timido «Così, dopo averne parlato ai nostri genitori ci siamo lasciati, ma in buoni rapporti. Kikyo la considero una cara amica e non voglio che tu mi consideri un approfittatore»
Kagome non sapeva che fare. No, lei non pensava affatto quello.
«Kikyo non ha mai tradito Naraku, né con me e né con nessun’altro, perché lo ama davvero. Credimi Kagome» mormorò Inuyasha, posando la sua mano sulla sua più piccola, stringendola lievemente. A quelle parole la ragazza gli regalò un sorriso dolce, ricambiando la presa.
«Ti credo» sussurrò contenta, facendo sorridere anche lui. Kagome era veramente una ragazza speciale.
«Buongiorno!» esclamò un euforico Koga, entrando in cucina, mentre Inuyasha, con uno scatto, lasciò la mano della mora, osservando confuso l’amico.
«Come mai così attivo? Ti ricordo che è lunedì» borbottò infastidito, mentre lui gli scompigliò allegramente i capelli, prendendo un biscotto.
«Si, si Inuyasha, lo so!» rispose. Inuyasha alzò un sopracciglio. Ok, era completamente andato e non capiva perché, mentre Kagome era più che convinta di saperlo. Ridacchiò divertita.
«Kagome, io e Inuyasha stasera abbiamo una partita e Ayame verrà a vederci, vuoi unirti a noi?»
Sia lei che il ragazzo di fronte sgranarono gli occhi per quella richiesta. Kagome a vedere una partita di basket? Inuyasha lo guardò impaurito, aggrottando la fronte «Koga, sei sicuro di stare bene?»
Il ragazzo dagli occhi azzurri annuì energicamente, prendendo un altro biscotto «Sicurissimo» rispose, uscendo dalla cucina sotto lo sguardo divertito di Kagome e quello confuso di Inuyasha, che la guardò preoccupato. Kagome gli sorrise, alzando le spalle.
«Credo sia l’amore»
 
 
 

Erano le 19.30 e la partita era iniziata da mezz’ora. Kagome aveva finito il suo turno al bar alle 17, mentre per Ayame era il suo giorno libero. Se ne stavano sedute sugli spalti della grande palestra coperta, osservando ogni tanto i ragazzi in campo, dato che per tutto il tempo non facevano che parlare. Infondo era normale: non ci capivano nulla di basket.
Ad un certo punto Koga le guardò, regalando un sorriso malizioso e sexy alla rossa, che gli sorrise a sua volta, salutandolo con la mano. Kagome ridacchiò, osservandola.
«Vedo che tra te e Koga procede bene»
Ayame continuò a schernire  il ragazzo, ma ascoltando l’amica, infatti annuì «Già, ieri sera è venuto da me, chiedendomi di accompagnarlo fuori e abbiamo parlato» spiegò con gli occhi che brillavano emozionati.
«Poi ci siamo baciati e stanotte, beh..» lasciò in sospeso la frase, arrossendo leggermente. Kagome la colpì lievemente con la sua spalla, per incoraggiarla. In realtà l’aveva già capito quella mattina per il modo in cui Koga si era svegliato in estati, alla fine non era difficile capire gli uomini. Rimasero a guardare i ragazzi rincorrere quella palla arancione, quando ad un tratto, Ayame si voltò a guardarla.
«Kagome, lui mi ha spiegato tutto» disse leggermente seria, allarmandola. Era arrabbiata?
«Io non so come ringraziarti, davvero» tirò un sospiro di sollievo, meno male!
«Non devi, sono molto felice per voi» ed era vero, loro due erano una coppia bellissima, nessuno poteva pensare il contrario.
«Sai, io credo di essermi presa subito una cotta per lui, nel momento in cui l’ho visto la prima volta allo Yagura» raccontò la rossa, ricordando quel giorno come se fosse ieri «E dopo quell’episodio non l’ho affatto odiato, anzi, sono stata io l’incosciente, perché sapevo che lui non era in sé, ma ho voluto comunque seguirlo»
Kagome annuì, senza dire nulla. Forse era meglio non parlare di quel tasto dolente, anche perché era acqua passata, contava il presente adesso. Senza neanche accorgersene il sul sguardo volò su Inuyasha, che in quel momento aveva lanciano la palla ad un suo compagno, per poi ricominciare a correre. La divisa nera gli stava divinamente, aderendo perfettamente al suo corpo allenato. La sua fronte era sudata, ma era comunque affascinante. I capelli legati in una coda alta.
«Tu invece?» continuò la amica, usando un tono malizioso, che la fece preoccupare. Staccò immediatamente gli occhi dalla figura del ragazzo.
«Cosa?»
«Quando hai intenzione di parlare con Inuyasha?» per poco non si strozzò con la sua stessa saliva, infatti iniziò leggermente a tossire, mentre la ragazza con le codine le tirò due pacche sulla schiena.
«M-ma.. che stai dicendo Ayame?» domandò turbata, con gli occhi umidi e il viso arrossito, sia per la tosse che per la vergogna.
Ayame incrociò le braccia, osservandola in modo serio «Guarda che non mi freghi, ho visto come lo guardi, proprio come hai fatto in questo momento» colta sul fatto Kagome sospirò, abbassando il capo.
Si portò una mano sulla fronte, scompigliandosi la frangia sbarazzina «Non potrà mai funzionare Ayame. Lui è il mio coinquilino e poi.. non sono il suo tipo, credimi» mormorò abbattuta.
«Secondo me sbagli» le sorrise, ma quelle tre semplici parole non le bastarono.
Ad un certo punto il fischio che segnalava l’inizio dell’ultimo tempo le risvegliò, mentre le due squadre si radunarono nelle rispettive panchine. Mancavano solo dieci minuti alla fine della partita e la squadra di Inuyasha e Koga era avanti di due punti.
Dopo aver parlato e tirato un urlo tutti insieme i cinque giocatori rientrarono in campo, mentre un gruppo di ragazzine, vicino alle due fanciulle, iniziarono a gridare come pazze.
«Galline» mormorò divertita Ayame, facendo ridere Kagome, non aspettandosi un’uscita simile dalla sua amica.
Cinque minuti dopo le due squadre erano in pareggio. Le grida di incitamento riempivano tutta la palestra, insieme ai cori dei tifosi. Molti di loro tenevano in mano striscioni, agitandoli energicamente. Sia gli allenatori che i giocatori in campo gridavano, per darsi indicazioni.
Inuyasha guardò per un attimo il pubblico intorno a sé, soffermandosi su Kagome, che guardava confusa la partita. Sicuramente non ci stava capendo nulla, lo sapeva che quella era stata una pessima idea, però non gli dispiaceva la sua presenza.
Ad un certo punto un suo compagno braccato gli passò la palla e lui, facendola  ribalzare tre volte a terra raggiunse il canestro avversario, ma due sfidanti si misero davanti a lui, non permettendogli così di provare a lanciare la palla; mancavano pochi secondi e non poteva rischiare. Con la coda dell’occhio vide Koga muovere le braccia, così, con una finta, si liberò di quei due, ma prima che fosse bloccato nuovamente passò la palla all’amico.
Koga osservò concentrato per un attimo quella piccola cesta, per poi spiccare un balzo e lanciare la palla in aria. Questa volò dritta in quella posizione togliendo il fiato a tutti. La palla entrò perfettamente dentro il canestro e l’arbitro soffiò il fischietto, segnando il punto valido. Forti grida partirono per tutta la palestra, quando la squadra di casa fece punto. Dopo neanche dieci secondi ci fu un secondo fischio, era finita e avevano vinto.
«Il mio Koga ha fatto canestro, ha fatto canestro!» gridò come una pazza Ayame, iniziando a saltare, toccandosi con i talloni il fondoschiena, mentre Kagome, rimasta seduta, ridacchiò.
«Chi è ora la gallina?» Ayame la incenerì con lo sguardo.
Dopo soli trenta minuti dalla fine della partita la squadra era andata a festeggiare la vittoria, recandosi come al solito allo Yagura. Ayame e Kagome si erano unite a loro, anche se quest’ultima non era molto entusiasta, ma non aveva avuto scelta, Ayame l’aveva praticamente minacciata.
«Che bello, questa è la mia prima volta come cliente e non come cameriera» esclamò felice la rossa, mentre Koga circondò le sue spalle con un braccio, posandole un lieve bacio sulla tempia. Kagome li guardava con un lieve sorriso, erano così dolci.
«Un brindisi a questa vittoria!» urlò uno dei ragazzi, alzando in aria la sua bevanda, seguito subito dopo da tutti gli altri. Anche Kagome alzò leggermente la sua coca. Quella sera non aveva tanta voglia di bere, anche perché non aveva intenzione di stare lì fino a tardi. Inuyasha, seduto davanti a lei, la guardò, avvertendo chiaramente il suo disagio.
«Vado un attimo in bagno» mormorò la corvina alla sua amica, che annuì soltanto. Una volta sparita dentro il bagno delle ragazze Inuyasha si alzò, aspettandola fuori e poggiandosi al muro.
Kagome uscì da dentro una cabina, iniziando a pulirsi le mani col sapone, per poi asciugarle con della carta. Si guardò allo specchio e tentò di sistemarsi un ciuffo ribelle. Sbuffò, perché non aveva intenzione di stare al suo posto. Uscì dal bagno, con l’intenzione di tornare al tavolo, ma una figura lì accanto la bloccò.
«Inuyasha» mormorò, osservandolo confusa «Non stai insieme alla tua squadra?»
Lui scosse il capo, staccandosi dalla parete, raggiungendola «Nah, alla fine usciamo quasi tutte le sere, quindi non credo che mi perderò molto e poi Koga è occupato in questo momento» indicò col capo il tavolo, mentre i due ragazzi continuavano ad abbracciarsi.
Kagome li osservò, mentre Inuyasha guardava il profilo di lei, incantato «Come ci sei riuscita?» sussurrò, attirando l’attenzione della ragazza, che non capì «Solo io sapevo il suo segreto. Non l’ha mai raccontato a nessuno» spiegò soltanto, facendo intendere a Kagome la storia dei due ragazzi.
«Beh, io non l’ho di certo costretto» disse con un sorriso e alzando le spalle innocentemente, ma lui continuava a fissarla serio.
«E so anche che Bankotsu ha fatto la pace con suo fratello» Kagome lo guardò, rimanendo ferma sul posto, dove voleva arrivare? «E mio padre ieri è venuto a parlarmi»
Il suo respirò le si mozzò per un instate, lui sapeva della chiacchierata tra lei e suo padre? Agitata iniziò a stuzzicarsi le mani in difficoltà, mentre Inuyasha si avvicinò di un passo «Me l’ha detto lui» disse soltanto.
«Kagome da quando tu sei qui con noi non hai fatto altro che aiutarci» continuò il ragazzo, senza staccare i suoi occhi da quelli di lei «Sei sempre così allegra, sincera e te ne vai per la tua strada fregandotene delle opinioni degli altri. Io ti ammiro..»
Era vero, l’ammirava, forse dal primo giorno che l’aveva conosciuta. Non era come le altre, era semplicemente se stessa, senza vergognarsi di fare scenate simili a quelle dei bambini o a mettere, anche in sua presenza, una grande quantità di zucchero dentro il caffè, nonostante fosse una cosa decisamente assurda.
«E in questo mese, stando accanto a te, mi sono sentito finalmente.. sereno» concluse, avvicinandosi ancora di più, permettendogli di percepire quel buonissimo profumo «Perciò, grazie» allungò una mano, sfiorando lievemente la pelle chiara e perfetta della sua guancia.
Kagome ebbe come l’istinto di chiudere gli occhi, per bearsi ancora di più di quel tocco, ma si trattenne. I soliti brividi si fecero sentire, ma questa volta non solo lunga la schiena, ma su tutto il corpo. Le dita del ragazzo erano così calde, aveva una voglia matta di stringere quella mano grande..
 «Inu..»
«Ragazzi venite?» urlò Koga. Li risvegliò, ma Inuyasha non tolse la mano come aveva fatto quella mattina, semplicemente le sorrise, per la prima volta dolcemente, per poi fare un gesto con la testa, indicando l’uscita.
«Andiamo»
 
 
 

I quattro ragazzi entrarono dentro l’appartamento che era vuoto. Sia Miroku che Bankotsu avevano lasciato un biglietto, con scritto che quella sera avrebbero dormito fuori, quindi casa libera per loro. Koga prese Ayame per mano, trascinandola via con sé.
«Buonanotte ragazzi!» li salutò Koga, mentre Ayame lanciò uno sguardo emozionato all’amica, sorridendo a trentadue denti, subito dopo sentirono una porta sbattere, rimanendo così soli. Kagome imboccò il corridoio, mentre Inuyasha spense le luci, ma grazie ai riflessi della luna ci vedevano comunque. La ragazza arrivò infondo, con la porta della soffitta chiusa, abbassò la maniglia per aprirla, non prima di essersi voltata verso il ragazzo.
«Buonanotte Inuyasha» mormorò timida, mentre lui si avvicinò a lei con le mani dentro le tasche e il solito sorriso altezzoso.
«Buonanotte»
Bene, ora doveva semplicemente aprire la porta e iniziare a salire le scale per raggiungere la sua camera, perfetto! Ma allora perché non lo faceva? Quel silenzio era troppo imbarazzante, iniziò a sudare freddo, mentre lui pareva tranquillo.
Dopo aver ingoiato un po’ di saliva Kagome si decise; si alzò sulle punte, posando un lieve bacio sulla guancia del ragazzo per poi sparire come un fulmine dentro, chiudendo la porta. Inuyasha rimase impalato, non aspettandosi quel gesto; sorrise come un ebete, posando una mano sulla parte appena sfiorata e si allontanò, entrando nella sua camera.
Intanto Kagome stava ancora appoggiata con la schiena sulla porta, mentre il cuore batteva a mille. Vi posò sopra la mano, cercando di calmarlo. Tirò un sospiro, per poi salire con la stessa velocità di un bradipo quelle poche scale, raggiungendo la soffitta, iniziando a spogliarsi per mettersi il pigiama.
2.46
Inuyasha si girò per l’ennesima volta sul letto, non riusciva a dormire e non era solo per quei versi che aveva sentito provenire dalla camera di Koga, anche se oramai si erano placati. No, era sempre per lei: Kagome. Quel semplice bacio l’aveva completante stordito. Ma che diamine, era un uomo! E si faceva abbattere da un semplice bacio sulla guancia?
Si mise con uno sbuffo a pancia in su, coprendosi gli occhi col braccio. La parte sfiorata da quelle soffici labbra bruciava ancora. Chissà se Kagome dormiva..
Con uno scatto si tolse le coperte di dosso, mettendosi a sedere. Stava pure morendo di caldo, togliersi la maglia non era bastato, aveva quasi l’intenzione di togliersi anche i pantaloni neri, ma un altro pensiero gli balenò in testa. Mordendosi le labbra si alzò, sapendo che quello che stava facendo era sbagliato.
Uscì dalla sua camera, raggiungendo la porta che portava su in soffitta. Poggiò la fronte, chiuse gli occhi e rimase in ascolto. Nulla, da lì dentro non proveniva neanche il rumore di una mosca. Ma che stava facendo, era naturale che Kagome stesse dormendo! Che idiota..
Sospirò appena, tornando abbattuto in camera.
Intanto anche Kagome era sveglia e non smetteva di osservare il soffitto. Si alzò di scatto, scese dal letto e uscì dalla sua camera, ma prima di poterlo fare del tutto si guardò attorno, sperando che non ci fosse nessuno. Con addosso la canottiera verde chiaro, i pantaloni del pigiama dello stesso colore, con riquadri bianchi e piedi scalzi, camminò in modo felpato, cercando di fare meno rumore possibile.
Raggiunse la porta della stanza di Inuyasha, mentre la sua testa continuava a ripetergli che quella era una pessima idea. Posò sopra l’orecchio, per capire se il ragazzo fosse sveglio. Poggiò pure le mani sulla porta, bussando lievemente con l’indice, ma era quasi impossibile sentirlo, però Inuyasha, che in quel momento stava guardando fuori dalla finestra lo percepì, girandosi improvvisamente verso l’uscio.
Kagome si staccò, abbassando la testa. Girò i tacchi e si allontanò, con l’intenzione di raggiungere la sua camera, ma ad un certo punto sentì lo scatto della maniglia, bloccandola sul posto. Inuyasha la guardava serio, mentre lei si voltò verso di lui, senza sapere cosa fare.
Rimasero a fissarsi. Kagome era talmente agitata che non si era neppure accorta che lui era col petto scoperto. Aprì la bocca per parlare, ma non uscì alcun suono. Inuyasha, stufo di quel gioco di sguardi la raggiunse e afferrò il suo polso, trascinandola dentro la sua camera, per poi chiuderla a chiave.
Kagome rimase in trappola, tra la porta e il corpo di Inuyasha, solo in quel momento si rese conto che era senza la maglietta. Iniziò a tremare lievemente e lui lo notò. Si avvicinò ancora, posando come qualche ora prima, la mano sulla sua guancia, ma questa volta accarezzandola.
Kagome era al settimo cielo, quel tocco era così bello, surreale. Inuyasha invece continuava ad osservarla, senza battere ciglio. La stanza era buia, ma la lieve luce che filtrava dalla finestra permetteva ai due ragazzi di vedersi comunque in viso. Per Inuyasha quella fisionomia era angelica, bellissima.
Con quei pensieri non ci pensò e lentamente si avvicinò al suo volto, percependone il respiro agitato sulle labbra e dopo un attimo di esitazione annullò la distanza. Era un bacio dolce, sincero, semplice. Inuyasha chiuse gli occhi, ma senza togliere la mano sulla guancia, mentre l’altra strinse la piccola vita della ragazza.
Kagome invece ebbe una reazione contraria. Gli occhi erano aperti, sgranati. Il corpo teso e rigido, come le sue mani lungo vita, strette in un pugno. Quando Inuyasha mosse leggermente le sue labbra per chiedere un contatto più intimo però chiuse anche lei gli occhi, rilassandosi a quelle carezze.
Le loro lingue si sfiorarono timide e subito dopo con più foga. Kagome abbracciò il collo dl ragazzo, mentre lui fece scendere la mano dalla guancia sul collo, mentre l’altra si insinuò dentro la canottiera, accarezzando la pelle liscia della pancia piatta.
Continuarono a baciarsi a lungo quando Inuyasha, senza staccarsi un attimo, la prese in braccio senza difficoltà, sdraiandola poi delicatamente su quel letto dove l’aveva vista la prima volta. Si mise sopra di lei, senza smettere di baciarla, alzando lievemente la sua canottiera fin sopra l’ombelico.
Kagome aveva il cuore a mille; nessuno l’aveva mai trattata così dolcemente, nessuno l’aveva mai accarezzata così rispettosamente, nessuno l’aveva baciata così passionalmente; nessuno, tranne Inuyasha. Portò le mani sulle sue spalle muscolose, mentre lui si incastrava tra le sue gambe, stando attento a non schiacciarla col suo peso. Kagome alzò lievemente una gamba e finalmente il ragazzo ebbe l’emozione di accarezzarla, anche se avrebbe preferito farlo senza i pantaloni che la coprivano.
Sentì una lieve pressione sul basso ventre, diventato improvvisamente troppo stretto; si avvicinò istintivamente ancora di più a lei e quando Kagome sentì la sua erezione si bloccò di colpo, agitata. Il loro respiri erano affannati e le labbra rosse e gonfie.
«Inu..» mormorò, ma lui la zittì con un bacio a fior di labbra. Sapeva cosa stava per dirgli, ma la bloccò lo stesso.  La voleva. Voleva farla sua, voleva sentire la sua pelle sotto le sue mani, sotto le sue labbra, voleva dimostrarle che quello che provava, era estremamente vero.
«Tranquilla» sussurrò al suo orecchio «Fidati di me»
Le sue parole la incantarono del tutto. Si lasciò completamente andare, permettendo al ragazzo di toglierle la canottiera, mostrandogli quelle piccole rotondità che per diverse volte aveva preso in giro. Voleva credergli. Voleva fidarsi di lui. Iniziò a giocare con i suoi capezzoli, mentre delle nuove sensazioni la pervasero. Istintivamente portò le sue piccole mani sull’orlo dei pantaloni neri, abbassandoli. Inuyasha l’aiutò, dato che era molto più alto, rimanendo con i boxer.
Iniziò a togliere anche a lei la parte inferiore, permettendogli finalmente di accarezzare quelle gambe perfette. Kagome lo baciò sul collo, facendogli scappare un piccolo gemito. Strinse con forza la sua coscia, mentre il basso ventre bruciava terribilmente. Solo il loro intimo li separava.
«Se vuoi fermarmi, fallo ora» mormorò al suo orecchio. Kagome lo guardò, lievemente rossa in viso e gli sorrise con sicurezza; Inuyasha liberò entrambi dagli ultimi tessuti rimasti e la osservò in tutto il suo splendore. Kagome, imbarazzata, distolse lo sguardo facendolo sorridere. Baciò la sua guancia con dolcezza, per poi posarle di nuovo sulle sue labbra.
«Sei stupenda»
Quella notte si amarono. Nessuno dei due lo aveva ammesso, perché ormai lo sapevano entrambi e per la prima volta nella loro vita si sentirono completi, provando un piacere mai sperimentato. Per tutta la notte non si lasciarono neanche per un istante, perché stavano bene. Finalmente, si sentirono veramente a casa, l’uno tra le braccia dell’altra. 
 
 
 

La stanza era poco illuminata dai lievi raggi che filtravano dalla finestra, chiusa dalle tapparelle.
Kagome, con la pancia rivolta verso il basso e le braccia aperte, si mosse un poco, scoprendo di avere il volto nascosto nel cuscino. Strinse gli occhi e istintivamente allungò la mano sinistra, che toccò il freddo e vuoto materasso. Alzò di poco il capo, constatando di essere sola.
Si girò, ma rimanendo sdraiata, mentre il lenzuolo bianco le copriva il corpo nudo. Sorrise. Quella notte lei e Inuyasha avevano fatto l’amore. Si portò emozionata le mani al petto, mentre i piedi si muovevano agitati sotto le coperte, come una bambina. Richiuse gli occhi, beandosi delle immagini di quei momenti che aveva condiviso con il ragazzo, ma proprio in quel momento la porta si aprì e istintivamente si portò fino al naso il lenzuolo, cercando di coprirsi il più possibile.
Un sorridente Inuyasha entrò nella stanza, con in mano un vassoio e con addosso solo dei pantaloncini. Quando vide la ragazza in quella posizione ridacchiò, accese la luce e chiuse con un calcio la porta, per poi avvicinarsi al letto, non prima di aver posato il vassoio pieno sulla scrivania accanto. Si sedette sul materasso, mentre questo, per colpa del suo peso, affondò appena, mentre Kagome lo guardava abbastanza imbarazzata.
«Buongiorno» sussurrò Inuyasha, scompigliando ancora di più la frangia di lei, che non si mosse, disse semplicemente un qualcosa di incomprensibile.
Inuyasha sorrise divertito, notando che la ragazza era a disagio «Che fai, ti vergogni?» domandò, sdraiandosi di fianco a lei, ma sopra le coperte. Abbracciò la sua vita, avvicinandola così a lui, mentre Kagome scosse il capo energicamente.
«No che non mi vergogno!» sbraitò, cercando di non alzare troppo la voce, ma a Inuyasha non bastò, perché non smetteva di ridere sotto i baffi.
«A me sembra il contrario» commentò, indicando col mento quel tessuto bianco che li divideva. Kagome  si liberò fino al collo, girando il capo da un’altra parte.
«E’ che.. devo ancora abituarmi. E poi ieri sera era buio» tentò di giustificarsi. In effetti era vero, era così presa dalla passione che la vergogna era del tutto scomparsa. Arrossì ancora, ricordando nuovamente quello che era successo.
Inuyasha sorrise, avvicinando le sue labbra al suo collo, annusandolo «Ieri sera è stato bellissimo» sussurrò, stringendo istintivamente la sua presa intorno al suo corpo. La voglia di riaverla si accese improvvisamente dentro di lui, mentre il suo profumo lo drogava completamente. Vi posò un lieve bacio, semplice, mentre Kagome rabbrividì e per sua sfortuna il ragazzo si ritirò.
«Hai fame? Ti ho portato la colazione. Mi sembrava il minimo dato che l’hai sempre preparata tu» disse contento, afferrando il vassoio rosso e posandolo sotto il naso della corvina, che lo guardò stupida, ma anche emozionata. Gli occhi le brillavano; nessuno, tranne sua madre quando stava male, le aveva portato la colazione a letto.
«Hai cucinato?» domandò sorpresa, con un grosso sorriso, ma lui scosse la testa.
«Certo che no, ho solo rubato tutto quello che c’era» ammise con un sorriso, alzando le spalle. In effetti non gli sembrava il tipo che si metteva alle sei di mattina a preparare qualcosa tra i fornelli, anche se a Kagome quelle immagini non dispiacevano.
Si mise a sedere, per riuscire a mangiare meglio. Addentò un biscotto, ma solo in quel momento si rese conte che il lenzuolo bianco era lievemente calato, mostrando quasi del tutto le due piccole rotondità. Kagome se le coprì immediatamente, mentre Inuyasha, che era rimasto incantato da quella visione, sbuffò.
«Smettila di coprirti zuccherino» mormorò, avvicinandosi pericolosamente a lei. Strinse il suo polso, che teneva con forza il tessuto, mentre l’altra accarezzò il fianco «Sei così bella..»
Senza neanche darle il tempo il ragazzo si mise sopra di lei, rischiando di far cadere per terra il vassoio. Iniziò a baciare il suo collo, mentre il suo amico lì sotto si risvegliò. Kagome rimase ferma, ma poi si rilassò del tutto a quei baci, poggiando le mani sulle sue spalle muscolose.
«Però non è giusto» sussurrò divertita, obbligando il ragazzo a staccarsi da lei, per vederla in viso.
«Cosa?» domandò curioso, per poi ricominciare a torturarle quel collo da cigno, lasciando lungo la scia qualche lieve morso, mentre scendeva sempre di più.
«Io sono tutta nuda e te no» Kagome arrossì immediatamente, quando si rese conto di quello che aveva appena detto, mentre Inuyasha non smetteva quel suo giochino, anche se una lieve risata sfuggì dalle sue labbra.
«Beh, per questo possiamo rimediare..» disse di rimando, prendendo il lembo del lenzuolo, iniziando ad abbassarlo lentamente.
«Scemo!»
 Inuyasha si sistemò meglio tra le sue gambe, mentre la liberava del tutto da quel maledetto tessuto bianco e allo stesso tempo si spogliava «Kagome..» sussurrò, non appena avvertì il disagio della ragazza. Le accarezzò le gambe nude, avvicinandola ancora di più al suo corpo eccitato «Per me tu sei, la persona più bella e speciale che abbia mai incontrato.. perciò, non vergognarti» disse con gli occhi chiusi, ormai ipnotizzato da quella situazione.
A quelle parole Kagome sorrise intenerita, mentre i suoi occhi si inumidirono, forse emozionati da quelle parole che non si aspettava di ascoltare. Inuyasha aprì le sue palpebre color oro, specchiandosi nelle sue.
«Fidati ancora di me» mormorò, baciando con una dolcezza surreale un suo occhio umettato, provocando alla ragazza ancora più piacere e felicità.
Sorrise «Non ho mai smesso di farlo»
Anche quella mattina fecero di nuovo l’amore, mentre fuori dalla stanza un Koga curioso e mezzo nudo teneva poggiato l’orecchio sulla porta.
«Dai Koga lasciali stare!» mormorò Ayame, osservando il ragazzo che aveva portato un dito sulle labbra, per intimarle di fare silenzio. La sera prima aveva sentito che l’amico era entrato nella sua stanza, sbattendo forte la porta e chiudendola a chiave, perciò c’era un’unica ipotesi: quei due stavano combinando qualcosa! E come se non bastasse, quando era andato in bagno quella mattina, lo aveva beccato a preparare la colazione, per di più fischiettando! 
«Non sento più nulla» sussurrò il ragazzo, guardando di sottecchi la rossa, che scosse sconsolata il capo. Indossava una sua maglietta nera e le stava talmente grande da coprirla fino a metà coscia. Oh Kami quanto lo eccitava quella visuale..
«Credo abbiano finito..» continuò, ma senza smettere di guardarla, mentre Ayame si avvicinò a lui, trascinandolo via imperterrita.
«Su avanti impiccione, vieni!» esclamò divertita, raggiungendo il salotto, con l’intenzione di andare in cucina e fare colazione, ma ad un certo punto la porta si aprì improvvisamente, seguita da un grido euforico.
«Jakotsu! Ridammi le chiavi» sbraitò Bankotsu, tentando di acciuffare quel mazzetto che teneva in mano il ragazzo, che rise divertito; tanto ormai era entrato.
«Perdonami fratellone, ma odio le entrate professionali!» disse divertito, sotto lo sguardo scioccato dei due fidanzatini. Jakotsu li guardò tranquillamente, ma quando vide il coinquilino del fratello impazzì «Koga!» gridò come una ragazzina, alzando le braccia in aria e facendo volare le chiavi, che Bankotsu, fortunatamente, prese al volo.
Koga rabbrividì, afferrando terrorizzato la mano della rossa, che non capiva. In effetti il nuovo arrivato era un po’ troppo.. effeminato? Il suo stile era di un total black, compresi gli anfibi, l’unico colore che indossava era un leggero rosso sulle labbra.
«Certo che così mi provochi» continuò lui, regalando un occhiolino alla sua vittima. Si guardò, in effetti era senza maglietta; forse doveva iniziare ad ascoltare Kagome che, quando era lì con loro, aveva sempre detto che andare in giro in quel modo era esagerato.
Intanto Bankotsu si portò sconsolato la mano sulla fronte. Suo fratello era sempre il solito.
«Salve a tutti, siamo tornati!» un pimpante Miroku entrò in casa, dato che la porta era rimasta aperta, seguito da Sango. Si ritrovarono tutti in salotto, sembrava un ritrovo di qualche club da strapazzo.
«Dato che Jakotsu non aveva avuto modo di salutarvi alla festa mi ha praticamente obbligato a farlo venire qui» sbuffò il ragazzo con la treccia, mentre l’interessato alzò un indice, seguito da un brillante sorriso.
«Esatto! Mi mancava la presenza di voi bei maschioni, soprattutto di..»
«Ehi, ma che succede qui?»
Inuyasha e Kagome, completamente vestiti, erano appena sbucati dal corridoio, osservando tutti i presenti confusi. 
«Inuyasha!» gridò euforico Jakotsu, alzando per la seconda volta le braccia al cielo, spaventando tutti i presenti. Il ragazzo, dal canto suo, sbiancò, sgranando terrorizzato gli occhi.
«Ja-Jakotsu?» mormorò, mentre il moro si avvicinò velocemente a lui, fermandosi a pochi centimetri e guardandolo incantato. I suoi occhi sembravano piccoli diamanti.
«Mio bel sogno, da quanto non ti vedevo, sei sempre più affascinante!» Tutti i presenti ridacchiarono, compresa Kagome, che tentò di nasconderlo con una mano e attirando l’attenzione di Jakotsu.
«Kagome! Speravo di vedere anche te» continuò ancora con lo stesso tono di voce, afferrando felice le sue mani. Inuyasha spalancò la bocca scioccato.
«Da quando Jakotsu è contento di vedere una femmina?» sussurrò scandalizzato Koga al suo amico d’infanzia, che divertito, alzò le spalle.
«E’ una lunga storia..» rispose divertito. Anche se lui e Jakotsu durante la festa si erano completamente ubriacati si ricordavano perfettamente la seria chiacchierata, soprattutto di quando gli aveva raccontato di come Kagome gli avesse fatto aprire gli occhi. Quando quella sera erano tornati a casa non smetteva di ripetere il nome della ragazza.
Intanto Jakotsu non aveva lasciato le mani di Kagome, che iniziò a guardare attentamente, poi osservò il ragazzo di fianco a lei per poi piegare il capo da un lato «Ma.. avete fatto sesso?»
A quelle parole Inuyasha e Kagome arrossirono immediatamente, bloccandoli sul posto. Inuyasha agitò le mani nel panico, cercando di rimediare «Cos.. No! Noi..»
«Non mi fregate!» lo bloccò Jakotsu divertito, facendogli la linguaccia. Intanto anche gli altri ragazzi si fecero attenti e quando videro la reazione dei due ragazzi ridacchiarono tra di loro.
«Io l’avevo già sospettato!» ammise Bankotsu, incrociando le braccia.
«Inuyasha, mi meraviglio di te!» affermò Miroku, che continuava a stringere con un braccio Sango, che sorrideva felice alla mora.
«Volete piantarla? Siete insopportabili!» esclamò Inuyasha. La cosa cominciava ad essere troppo imbarazzante, così si allontanò, sedendosi sul divano e accendendo la televisione, tanto era ancora presto per andare a lavoro, così come per tutti.
Koga, Bankotsu e Miroku lo seguirono, mentre le ragazze, compreso Jakotsu raggiunsero la cucina, iniziando a chiacchierare. Naturalmente l’unico uomo non perse l’occasione per raccontare loro come aveva conosciuto i coinquilini di suo fratello.
«.. e quindi quando l’ho visto non ho fatto a meno di dirgli quanto era fico!»
Le ragazze iniziarono a ridere, soprattutto Kagome, immaginandosi la faccia di Inuyasha quando Jakotsu gli disse quelle parole.
«Kagome cerca di capirmi: era in mutande!» si giustificò con un sospiro il ragazzo, che si portò una mano sul cuore. Ripensare a certe immagini lo emoziona«E comunque ho tentato di costringere mio fratello a farmi venire a vivere qui, ma quei mascalzoni hanno avuto da ridire!»
Loro ridacchiarono ancora «Lasciali stare Jakotsu, gli uomini sono ignoranti» commentò come al solito acida Sango, facendogli l’occhiolino. Ayame intanto aveva finito di bere il tè, così posò la tazza sul tavolo.
«Stasera vi va di fare un’uscita tutti insieme?» propose all’improvviso la rossa, guardando dall’arco della cucina i ragazzi che guardavano scocciati la tv. Odiavano essere messi da parte, mentre quel maledetto di un Jakotsu riceveva tutte le attenzioni che voleva. Brutta bestia la gelosia.
«A me va bene» rispose Koga.
«Anche a me! Un po’ di sano alcool» aggiunse Miroku, alzando contento una mano, mentre Sango assottigliò gli occhi.
«Occhio alla cresta Miroku» lo minacciò, mentre lui come un fulmine raggiunse la cucina, afferrando le sue mani e accarezzandole con la sua guancia.
«Stai tranquilla mia Sanguccia, non hai niente di cui preoccuparti»
Intanto anche gli altri entrarono in cucina «E invece mi preoccupo!» esclamò ancora Sango rossa di vergogna, non era abituata a mostrare certe scene in pubblico.
Kagome sorrise divertita e allo stesso tempo intenerita da quella scena. Il gruppo che col tempo si era formato era veramente unico, speciale. Sembravano proprio una grandissima famiglia felice. Intanto Inuyasha la guadava di sottecchi, con un leggero sorriso sulle labbra.
Ad un certo punto, mentre Jakotsu riprese a raccontare qualche altro inedito legato ai ragazzi, un cellulare iniziò a squillare. Kagome, dopo averlo tirato fuori si mise in piedi e raggiungense il salotto, scoprendo con piacere che era sua madre. Strano, di solito la chiamava la sera.
Con un sorriso accettò la chiamata «Pronto?»
Rimase in ascolto, prestando attenzione alla voce di sua madre, ma lentamente il suo sorriso mutò, mentre uno sguardo di terrore e panico si impossessò completamente di lei. In quel momento solo Inuyasha se ne accorse, che si avvicinò preoccupato di un passo.
«Che c’è Kagome?»
Lei alzò gli occhi umidi verso di lui.
 

 
 
Correva trafelata lungo quell’infinito corridoio. Le pareti erano bianche, mentre il fastidioso odore di disinfettante le colpiva le narici. Intanto, dietro di lei, i suoi amici la seguivano con difficoltà. Girò l’angolo, rischiando di scivolare per terra, ma quando vide il cartello che indicava il reparto di pediatria riprese comunque a correre. Aprì con forza la porta, simile a quella dell’antincendio, trovando a pochi metri sua madre seduta su una sedia e suo nonno che camminava avanti e indietro, con le mani dietro la schiena.
«Mamma!» la donna, sentendosi chiamare, si mise in piedi, guardando la figlia con gli occhi lucidi.
«Kagome..» sussurrò, spostando subito dopo la sguardo, dato che diversi ragazzi si erano fermati dietro la figlia col fiatone. Kagome, si voltò a guardarli, per poi riportare la sua attenzione sulla donna.
«Sono miei amici.. che è successo?» disse in fretta, portando entrambe le mani sulle sue braccia, scuotendola un poco. Sua madre abbassò il capo, mentre una silenziosa lacrima rigò la sua guancia pallida.
«Sota ecco, stava andando a scuola e una macchina.. oddio» non riuscì a terminare la frase, ma a Kagome quelle parole bastarono. Senza volerlo cominciò a ripetere nella sua mente di essere forte, ma i suoi occhi si inumidirono lo stesso.
«Come sta ora?» chiederlo le faceva dannatamente male.
«Non lo sappiamo» rispose suo nonno, che tra tutti, era quello più agitato «Quando siamo arrivati il medico ci ha detto che lo stavano già controllando» aggiunse, per poi tornare a camminare nervosamente.
Intanto i suoi amici non sapevano cosa fare o dire. Quando Kagome aveva rivelato loro che una persona a lei cara si trovava in ospedale non ci avevano pensato due volte. Sango aveva chiamato subito due dei suoi autisti personali, portando tutto il gruppo al Kuritsutaitō Hospital, che si trovava vicino al quartiere Asakusa, la zona in cui prima viveva Kagome con la sua famiglia.
Ayame aveva subito avvertito Byakuya, mentre Bankotsu, Jakotsu e Koga avevano decisero di entrare più tardi a lavoro.  
Inuyasha si morse il labbro. Forse non era stata una buona idea andare lì tutti, infondo loro che cosa centravano? In quel momento si sentì così in colpa, un peso..
Si voltò serio verso i suoi amici, facendo capire loro che era meglio lasciare sola Kagome con la sua famiglia. Il gruppo annuì, per poi sedersi poco distante, occupando tutti i posti, solo Inuyasha era rimasto a guardare un’ultima volta la schiena di Kagome, che continuava a parlare con sua madre, poi raggiunse gli altri.
Jakotsu si abbandonò completamente su quella scomodissima sedia di plastica con uno sbuffo. Povera Kagome, chissà in quel momento come si sentiva. Intanto un’anziana, che si trovava di fianco a lui, lo osservò abbastanza scandalizzata, sicuramente per il suo abbigliamento poco raccomandabile. Il ragazzo, sentendosi scrutare, girò lo guardo, studiando quegli occhi piccoli e scuri. Sorrise a trentadue denti.
«Salve. Giornataccia anche a lei vero?» domandò, utilizzando il suo solito tono allegro ed esuberante. La signora annuì soltanto, mentre Jakotsu gli diede una pacca dietro la spalla, rischiando di farla cadere.
«Non si preoccupi nonna! Tutto si aggiusterà» esclamò facendole un occhiolino, ma questa, aprì scioccata la bocca, per poi alzarsi e andarsene, sotto lo sguardo confuso di Jakotsu.
«Ma che ho detto?» si domandò, mentre sue fratello, che sedeva vicino a lui, scosse il capo, schiaffeggiandosi la fronte.
«Lascia perdere..» commentò.
 
 «Inuyasha smettila di agitarti»
La voce di Miroku lo colse alla sprovvista, risvegliandolo dai suoi pensieri, dal momento in cui si era seduto.
Scostò lo sguardo dal muro bianco  e si voltò alla sua sinistra, verso il suo amico, il quale lo osservava con la fronte corrugata, mentre Sango, teneva poggiata la testa sulla sua spalla e gli stringeva la mano.
«Cosa?» domandò confuso Inuyasha. Dal tono si capiva che era abbastanza smarrito.
«Continui a muovere la gamba come uno psicopatico» spiegò il moro, provando ad utilizzare un tono ironico, ma fallì miseramente, infatti Inuyasha sollevò un sopracciglio.
«Per caso è proibito?» borbottò, tornando ad osservare quel dannatissimo muro.
Gli ospedali non gli erano mai piaciuti; l’odore, l’ambiente.. qualsiasi cosa fosse gli faceva nascere dentro quel lieve senso di vertigine che gli attanagliava lo stomaco, rendendolo piuttosto vulnerabile. Ma quella volta non ci aveva pensato, non avrebbe mai abbandonato Kagome in una situazione simile.
«So cosa ti rende così nervoso, ma così non aiuti Kagome»
Quella frase l'aveva preso in contro piede. Dannazione, era così facile capire cosa in quel momento provava? Irrigidì la mandibola, trattenendo la rabbia.
«Non sono nervoso Miroku » rispose il ragazzo, cercando di apparire abbastanza convinto di ciò che aveva appena detto.
«Sì che lo sei, e anche preoccupato.. vero?» chiese convinto l’amico, con un sorriso triste in volto, piegando lievemente il capo. Inuyasha lo fulminò con lo sguardo, mostrando una smorfia contrariata, e successivamente sbuffò, segno che si era arreso. Miroku aveva ragione, cavolo.
«D'accordo lo sono perché io..» disse con difficoltà Inuyasha «Non sopporto di vederla così» ammise infine in un sussurro, guardando abbattuto le sue scarpe.
Miroku lo osservava con una tangibile comprensione sul volto. Annuì pensieroso, per poi tornare a guardarlo tristemente, ma sempre con un lieve sorriso.
«Ti sei innamorato di Kagome, vero?»
Quelle parole lo irrigidirono sul posto, facendolo tremare appena. Ormai aveva capito perfettamente che si era affezionato alla loro coinquilina, per non parlare dell’attrazione fisica, ma sinceramente a quello non ci aveva mai pensato. Lui si era.. innamorato?
Strinse gli occhi più confuso di prima, per poi scuotere il capo. Non era il momento di pensare a quelle cose «Può essere..» concluse con una lieve alzata di spalle, poggiandosi poi contro lo schienale di quella sedia e tornando a guardare distratto davanti a sé.
Kagome in questo momento stava male e lui non poteva abbandonarla, questo era la cosa più importante.
Qualche secondo più tardi, percepì la mano del suo amico posarsi sulla sua gamba con un tocco gentile, ma allo stesso tempo forte, con l'intento non solo di tenergliela ferma, ma anche di fargli capire che per qualsiasi cosa lui c’era. Sorrise riconoscente.
 
Kagome trattenne l’ennesima lacrima. Quanto tempo era passato? Un’ora? Forse anche di più.. l’unica cosa certa era che non ne poteva più di aspettare. Alla fine suo nonno, forse a causa dei dolori alle gambe, si era finalmente messo a sedere, mentre lei e sua madre continuavano a stringersi e ad accarezzarsi le mani, per darsi forza.
Perché Sota? Perché tra tutte le persone a cui poteva capitare doveva essere proprio suo fratello? Se avesse avuto la possibilità di scegliere avrebbe preferito essere lei al suo posto. Alzò gli occhi stanchi alla sua sinistra, osservando i suoi amici poco distanti seduti. Sorrise triste. Erano stati così carini ad accompagnarla, avevano addirittura saltato il lavoro per lei.
Staccò la schiena dalla sedia con l’intenzione di raggiungerli e ringraziarli a dovere, ma ad un certo punto una porta si aprì, seguita da un uomo con addosso un camice bianco. Sua madre e suo nonno si alzarono improvvisamente costringendo sia lei che i suoi amici a farlo. Il medico, abbastanza confuso, guardò i presenti.
«Chi sono i familiari?» domandò.
«Noi!» esclamarono all’unisono la famiglia Higurashi «Come sta il mio bambino?» domandò preoccupata la donna, con le lacrime agli occhi.
«Ho diverse notizie, sia buone che cattive» disse, mantenendo un tono piatto.
«La buona notizia è che attraverso l’anamnesi fatta, il bambino è fuori pericolo da contusioni celebrali, nonostante l’incidente sia stato molto grave ed abbia battuto la testa sull’asfalto» spiegò brevemente, facendo tirare un sospiro di sollievo a tutti presenti «In più durante la visita si è svegliato, ma abbiamo dovuto sedarlo perché il dolore della botta era insopportabile. Ha la gamba destra fratturata, ma il vero problema è un altro..»
Kagome tremò appena, stringendo istintivamente la mano di sua madre, senza staccare gli occhi dal dottore «Abbiamo paura che il bambino abbia un collasso al polmone destro. Questo si chiama pneumotorace, che solitamente è dovuta ad una contusione»
Il nonno di Kagome fece un passo verso di lui, timoroso «E.. che cosa significa?»
Lui lo guardò dispiaciuto «È praticamente una patologia, dove il polmone perde la capacità di distendersi e collassa a causa dell’entrata di un gas nella cavità pleurica. Perciò dobbiamo fargli una tac, sperando che la nostra teoria sia sbagliata»
Kagome a quelle parole chiuse terrorizzata gli occhi, permettendo così a due lacrime di scappare al suo controllo, mentre la donna al suo fianco traballò appena. Il medico riprese subito parola.
«Ci metteremo pochissimi minuti, ma sfortunatamente le macchine sono occupate da altri pazienti, quindi dovrete aspettare ancora un po’» posò una mano sulla spalla della madre, che era rimasta ferma, con gli occhi sbarrati «Mi dispiace » detto questo si allontanò, lasciando tutto il gruppo in silenzio. In quel momento nessuno sapeva cosa dire.
 
Era passata un’altra ora e ancora non sapevano niente. Diverso tempo dopo i ragazzi se ne erano andati, perché alla fine avevano i loro impegni e a Kagome andava bene così, per lei era già tanto se loro l’avevano accompagnata e addirittura perso un’intera mattinata.
L’unico che era rimasto era Inuyasha, che era sparito pochi minuti prima. Kagome invece, sicuramente per la pressione, si era addormentata sdraiata in posizione fetale su due sedie, mentre sua madre le accarezzava amorevolmente i capelli lunghi e scuri.
Inuyasha, quando tornò con in mano un bicchiere di plastica fumante sorrise lievemente a quella scena. Si vedeva che tra loro c’era un rapporto speciale. Indeciso raggiunse le due, mentre il nonno sedeva poco distante, anche lui addormentato con le braccia incrociate.
Il ragazzo si mise al fianco di quella donna simile a Kagome, fatta eccezione per i capelli, per poi allungare timidamente la mano.
«Questo è per lei signora» mormorò trepidamente «Un po’ di tè fa sempre bene» sorrise appena, mentre la donna accettò volentieri quel piccolo pensiero.
«Ti ringrazio caro» disse con voce dolce e riconoscente, smettendo di accarezzare i lunghi filamenti della figlia, iniziando a sorseggiare quella bevanda calda che piano, piano la rilassarono un pochino. Poi si voltò verso di lui.
«Sei uno dei coinquilini di Kagome?» in quel momento Inuyasha rivide nel suo volto quello di Kagome, erano veramente affini. Annuì, guardando distratto da un’altra parte «Inuyasha, giusto?»
A quella domanda si irrigidì come una corda di violino. Lei lo conosceva? Impacciato acconsentì, muovendosi continuamente sulla sedia, mentre lei ridacchiò, percependo il suo imbarazzo.
«Ti ho riconosciuto dal colore dei tuoi capelli. Mia figlia mi ha molto parlato di voi e sono felice che si sia integrata bene» ammise, finalmente con un sincero sorriso «Comunque non c’era bisogno che tu rimanessi»
Inuyasha la guardò serio per poi spostare lo sguardo sul corpo addormentato della ragazza «Non volevo lasciare sola Kagome» disse, senza smettere di guardarla.
«Grazie» seguita da quella parola una mano si posò su quella di lui, costringendolo ad osservare la signora accanto a lui. Era così diversa da sua madre. Così timida, riconoscente, amorevole. Kagome era veramente fortunata, anche se alla fine Izayoi non gli dispiaceva.
«Non si preoccupi. Sono sicuro che Sota si riprenderà» disse, anche se per un attimo si morse la lingua, dato che lo sguardo della signora Higurashi tornò nuovamente triste. Maledetto lui e la sua bocca.
«Si, però non è solo quello che mi preoccupa» Inuyasha smise immediatamente di offendere la sua persona, osservando curioso la donna.
«E cos’è? Se posso saperlo..»
Lei sospirò, poggiando la schiena sulla sedia e osservando la bevanda fumante dentro il bicchiere «La persona che ha investito Sota ci ha fatto causa» ammise. Inuyasha sgranò gli occhi «Dice che è entrato improvvisamente in mezzo alla strada e lui, cercando di evitarlo, oltre a distruggersi la macchina si è pure rotto il naso, ma.. io non ci credo» spiegò ancora.
«Ma è assurdo!» esclamò infuriato, alzando leggermente la voce. Cioè, questo tizio, oltre ad aver investito un bambino che ora sta lottando e soffrendo, li aveva pure denunciati?
“Che testa di cazzo” pensò con rabbia.
La madre di Kagome annuì, capendo perfettamente la reazione del ragazzo «Il problema è che noi non abbiamo i soldi per permetterci un avvocato» si portò affranta la mano libera sul volto, coprendolo. Inuyasha, a quella visione, si calmò del tutto. Indeciso alzò la mano, per poi posarla sulla schiena della donna.
Ad un certo punto un pensiero balenò nella sua testa. Ma certo..
«Non si deve preoccupare» disse deciso, attirando l’attenzione della donna, che tornò a guardarlo. Gli occhi color ambra di Inuyasha erano duri e decisi «Mio padre e mio fratello sono avvocati. Basterà chiamarli e sicuramente sarebbero più che felici di aiutarvi, mi creda»
A quelle parole un lume di speranza riempì il petto della donna, però allo stesso tempo, non voleva essere un’approfittatrice «Io non so se..» iniziò a dire, ma Inuyasha la bloccò.
«Si fidi di me»
Quello sguardo. Quelle parole. Ora capiva perché Kagome si era affezionata a lui.
E poi c’è Inuyasha.. mamma credimi all’inizio pensavo fosse un buzzurro arrogante e forse lo è davvero, ma in realtà è pure buono, timido e determinato.. e forse anche un po’ testone, ma c’è qualcosa nel suo guardo che mi trasmette protezione e sicurezza. Secondo te è strano?
Quelle furono le parole di sua figlia al telefono qualche giorno dopo che se ne andata.. e aveva ragione. In quel momento lo sguardo magnetico di Inuyasha la rassicurò all’istante. Posò la mano su quella di lui, stringendola appena.
«Grazie»
 
19.03
Ormai erano passate diverse ore da quando Kagome era svegliata. Pochi minuti dopo aver riaperto gli occhi il medico era tornato con un grosso sorriso, rivelando loro che la tac aveva confermato che i polmoni stavano bene, compreso il bambino. Alla fine aveva solo riportato una ferita alla testa e una frattura alla gamba destra.
Cinque minuti dopo lo avevano portando in una stanza permettendo così alla famiglia di stargli accanto, ma sfortunatamente era ancora sotto anestesia.
Quando si sveglierà dategli un po’ di tempo, sarà sicuramente molto confuso aveva detto il medico, per poi lasciarli da soli. Kagome continuava a stringere quella piccola manina con la sua, accarezzandola col pollice. Suo nonno e sua madre stavano seduti dietro di lei.
«Ti somiglia molto, sai?» Kagome guardò Inuyasha, che se ne stava seduto vicino a lei, e guardava attentamente il ragazzino addormentato. Lei sorrise, senza lasciare la mano del fratello.
«Non sei il primo che lo dice» sussurrò con un sorriso, per poi portare l’altra su quella di lui e guardandolo dritto negli occhi «Grazie per essermi rimasto accanto Inuyasha» a quelle parole lui arrossì leggermente, posandole un lieve bacio sulla fronte e abbracciando le sue spalle minute con un braccio.
Intanto, dietro di loro la donna sorrise, dando una leggera gomitata alla persona mezza addormentata di fianco a lei «Ehi papà» questo saltò sul posto.
«Mh..» biascicò
«Guarda» lui seguì lo sguardo di lei, trovando, vicino a letto di Sota, i due ragazzi che si abbracciavano  amorevolmente. A quella visione scattò sul posto e aprì la bocca per urlare, ma la signora Higurashi lo incenerì con lo sguardo, costringendolo a farlo rimanere in silenzio, per non rompere quel momento.
Tornò a guardare Kagome e un lieve sorriso spuntò sulle sue labbra «La mia nipotina è davvero cresciuta» ammise con i luccichii agli occhi, che scomparirono quasi subito «Ma i capelli di quel tipo non mi piacciono» borbottò, incrociando le braccia e facendo ridacchiare la figlia.
«Sorellona..?» a quel sussurro tutti i presenti si voltarono velocemente.
Sota si era svegliato. Tutti si misero in piedi, avvicinandosi al letto.
«Ciao Sota» sussurrò Kagome, trattenendo le lacrime di gioia, così come il resto della sua famiglia. Inuyasha decise di allontanarsi, per lasciare loro quel momento emozionante.
«Ci hai fatto spaventare sai? Piccola peste» scherzò Kagome, scompigliandogli lievemente i capelli e facendolo sorridere appena.
«Mi dispiace, ma io prima di attraversare avevo guardato. Proprio come mi hai insegnato tu» si giustificò il moro, facendo ancora di più sorridere i presenti. Senza pensarci la famiglia si abbracciò, esattamente come quando Kagome se ne era andata. Il peggio era passato ormai.
A quella visione Inuyasha sorrise, ma ad un certo punto un’infermiera entrò dentro la stanza, interrompendo dispiaciuta quel momento.
«Mi dispiace, ma l’orario delle visite è finito» disse, stringendosi nelle spalle «Ma dato che il paziente è minorenne un membro della famiglia deve comunque restare durante la notte» continuò, mentre la famiglia Higurashi si scambiò sguardi indecisi.
«Ci resto io» disse subito la madre risoluta, ma l’anziano posò la sua mano piena di rughe sul suo braccio.
«Cosa dici cara? Sia te che Kagome dovete lavorare domani. Resterò io con Sota» si propose lui. In effetti non aveva tutti i torti, non potevano permettersi di saltare un altro giorno.
«Grazie nonno» disse Kagome, abbracciandolo, per poi spostare l’ attenzione su suo fratello.
«Non ti preoccupare Sota, domani tornerò, promesso»
«Tranquilla sorellona» mormorò con difficoltà suo fratello, dato che era ancora intontito per colpa dell’anestesia.
Cinque minuti dopo Inuyasha, Kagome e sua madre uscirono dal grande edificio grigio. Ormai il sole era calato, scomparendo dietro gli alti edifici, permettendo così alla luna di prendere il suo posto in compagnia delle stelle. I lampioni erano accesi e illuminavano l’enorme parcheggio e le strade.
«Ehi ragazzi!» al quel richiamo tutti e tre si voltarono, mentre Koga continuava a tenere un braccio alzato, per poi raggiungerli «Dato che a lavoro ho finito prima sono venuto a prendervi» disse.
«Grazie Koga» sorrise Kagome, regalandogli un lieve bacio sulla guancia facendolo arrossire. Tossì imbarazzato, tornando a guardarla.
«Come sta tuo fratello?» domandò.
«Molto meglio di quanto si pensasse» spiegò con un sorriso, per poi voltarsi verso sua madre.
«Sei sicura ti voler tornare da sola a casa?» chiese a sua madre, che annuì dolcemente.
«Certo, non ti preoccupare» dopo essersi abbracciate le due si separarono, andando rispettivamente nella direzione opposta. Per tornare a Ikebukuro avrebbero dovuto prendere la metro, che per fortuna stava a pochi metri. Inuyasha però era rimasto fermo, infatti Kagome e Koga si voltarono a guardarlo confusi.
«Inuyasha vieni?» urlò Koga all’amico. Questo si risvegliò, per poi grattarsi imbarazzato la nuca.
«Emh.. scusate ragazzi, ma mi sono dimenticato di una cosa. Andate senza di me!» e senza dar loro risposta prese a correre. Girò velocemente l’angolo, giusto in tempo di vedere la signora Higurashi salire sull’autobus.
«Aspetti!» gridò. Lei, che aveva appena messo un piede dentro si sbloccò, osservando Inuyasha che aveva il fiatone.
«Che ci fai qui Inuyasha?» domandò confusa la donna, mentre il ragazzo la incitò a salire sul mezzo, seguita subito dopo da lui, che gli sorrise.
«La voglio accompagnare a casa»
 
In meno di un’ora Inuyasha si ritrovò in una zona che non aveva mai visto. Stava leggermente fuori dalla città e in un punto abbastanza alto da permettergli di vedere quasi tutta Tokyo, che di notte regalava un magnifico gioco di colori. Una volta accompagnata la donna lo aveva praticamente obbligato ad entrare in casa e così eccolo lì, che finalmente aveva raggiunto la cima di quelle numerose e dannate scale.
Mentre la mamma di Kagome apriva la porta, Inuyasha guardò quasi ipnotizzato il grande albero che abbelliva il giardino, era così bello e maestoso.
«Entra pure» la voce della donna lo richiamò, seguendola timidamente «Fai come se fossi a casa tua caro. Intanto preparo un po’ di tè, ne vuoi?» disse, accendendo le luci, permettendo così al ragazzo di osservare quel piccolo salotto semplice, ma accogliente.
«Si, grazie» annuì timido, mentre lei sparì dietro una porta, che sicuramente portava alla cucina.
Iniziò a guardarsi attorno curioso;  il divano ospitava massimo tre persone e davanti a questo era posta una piccola televisione sopra un tavolino di vetro, mentre per terra il pavimento era abbellito da un delizioso tappeto; infondo alla stanza si trovava una porta e una rampa di scale che portava sicuramente al piano superiore dove si trovavano le camere da letto.
Inuyasha rimase in piedi in mezzo alla stanza, senza sapere cosa fare, poi la sua attenzione fu attirata da una credenza bianca con diverse fotografie incorniciate. Si avvicinò cauto per poi osservarle con attenzione. Tutte quante rappresentavano i membri della famiglia Higurashi.
Ad Inuyasha scappò un sorriso quando vide una piccola Kagome osservare verso l’obbiettivo con un’espressione sorpresa, come colta sul fatto, infatti una sua mano era dentro un barattolo, mentre l’altra portava alla bocca un biscotto al cioccolato. Scosse il capo, pensando a quanto fosse assurda la sua mania per i dolci.
Spostò i suoi occhi color miele sulle altre cornici, trovandone una molto graziosa, dove Kagome, molto più grande rispetto a quella di prima, teneva in braccio un piccolo fagottino, coperto da una coperta blu, sicuramente era Sota, ma quella che veramente lo colpì fu di una Kagome che spegneva con allegria le candeline con in testa un cappellino, mentre un uomo, vicino a lei, sorrideva e batteva le mani. I capelli erano scuri e leggermente mossi, mentre la pelle era quasi olivastra.
«Ecco il tè»
Inuyasha saltò sul posto, allontanandosi istintivamente di un passo dalla credenza, mentre la madre di Kagome gli sorrideva e teneva in mano due tazze rosse e fumanti.
Inuyasha, ancora imbarazzato, accettò la bevanda «Grazie mille»
La donna come risposta piegò lievemente il capo, per poi osservare malinconica dietro le spalle del ragazzo «Stavi guardando le fotografie?» domandò con un sorriso, avvicinandosi di un passo.
«Mi dispiace, non volevo essere impiccione» si scusò Inuyasha, ma la donna scosse il capo, accarezzando il vetro della fotografia che prima stava studiando con attenzione.
«Qui Kagome compieva 14 anni e l’uomo accanto a lei è suo padre» spiegò tristemente «E’ stato l’ultimo compleanno che ha festeggiato con lui» sospirò, mentre Inuyasha, impacciato, si morse le labbra.
«Mi dispiace» lei si voltò verso di lui, bevendo lievemente quella piacevole bevanda calda e profumata.
«Kagome ha sofferto molto, ma fortunatamente col tempo si è ripresa. E’ sempre stata una persona forte» continuò ancora, raggiungendo il divano e sedendosi lentamente «Sai fra due giorni è il suo compleanno»
A quelle parole Inuyasha si risvegliò di colpo, osservandola confuso «Non ce l’ha detto» sussurrò.
La signora Higurashi ridacchiò, forse perché si aspettava una reazione del genere «Beh perché dopo quel giorno non ha più voluto festeggiarlo. L’hanno obbligata a farlo solo quando ha raggiunto la maggiore età, ma da quello che ho capito non era andata molto bene»
Sospirò appena, finendo con un sorso l’intero bicchiere di porcellana «E poi, dopo quello che è successo a Sota, non credo sia il suo primo pensiero»
Inuyasha annuì distratto. Aveva ragione, Kagome era una ragazza che non amava attirare l’attenzione, in più odiava stare in mezzo alle folle, lo aveva capito nel modo impacciato con cui si era mossa la sera in cui erano andati allo Yagura.
Con gli ultimi due sorsi finì anche lui il tè «Mi scusi signora, potrei sapere dove si trova il bagno?» domandò impacciato, mentre la donna con un caloroso sorriso indicò alla sua destra.
«Certo. Sali le scale, la seconda porta a destra» spiegò, per poi sparire nuovamente dentro la cucina.
«Grazie» Inuyasha fece come spiegato, trovando davanti a lui un corridoio non troppo lungo, ma spazioso. C’erano cinque porte marroni, due a destra e due a sinistra. Iniziò a camminare e allungò la mano abbassando verso il basso la maniglia per poi entrare in bagno e sedersi sopra il gabinetto chiuso, non prima di aver tirato fuori il cellulare dalla tasca.
Dopo aver trovato il numero che cercava in rubrica esitò un attimo, poi con un sospiro, pigiò sul tasto verde, dando il via alla telefonata. Solo dopo tre squilli il proprietario dall’altra parte accettò la chiamata, ma senza dire nulla, così prese parola Inuyasha.
«Ehi Sesshomaru» mormorò impacciato, mentre questo rimase come al solito in silenzio. Già immaginava lo sguardo freddo e scocciato di suo fratello.
«Hai sbattuto la testa?» disse improvvisamente, facendogli corrugare la fronte confuso.
«No. Perché?» domandò.
«Da quando chiami così all’improvviso tuo fratello?» Inuyasha alzò gli occhi al cielo, alla fine si aspettava un’uscita simile da parte di quel ghiacciolo, anche se alla fine non aveva tutti i torti, era già tanto se aveva il suo numero salvato.
«Piantala di rompere, ho bisogno di un favore» tagliò corto il ragazzo, osservando con poco interesse fuori dalla finestra il cielo notturno.
«Dipende dal favore» come al solito il suo tono era glaciale e distaccato. Inuyasha strinse gli occhi, per farsi coraggio, quello che stava per fare non l’avrebbe mai creduto, ma alla fine non aveva scelta. In quel momento era l’unico sul quale poteva contare.
«Puoi venirmi a prendere? Mi trovo ad Asakusa, verso le campagne» spiegò velocemente, sperando che il fratello non gli facesse troppe domandò, ma si sbagliò.
«Che diavolo ci fai laggiù?» tuonò, sicuramente si aspettava tutto tranne quello.
«Sono a casa di Kagome» mormorò il minore, abbassando il capo. Per diversi secondi nessun suono uscì dall’altra parte del telefono, facendolo preoccupare: era morto per caso? Inuyasha giurò di aver addirittura sentito qualcosa rompersi.
«Inuyasha, quando ti ho detto di non fartela scappare non intendevo ‘vai dalla famiglia per chiederle la mano’»
A quelle parole Inuyasha diventò paonazzo, mettendosi in piedi con rabbia. Ma proprio quella sera doveva essere così ironico? Che cavolo, quando faceva così era fastidioso «Ma la pianti? Sei insopportabile!» sbottò adirato, tenendo chiusa la mano libera in un pugno «Se proprio lo vuoi sapere suo fratello stamattina è stato investito e sono stato tutto il giorno in ospedale insieme a lei» spiegò con rabbia, ma stando ben attento a non alzare la voce.
Per la seconda volta il silenzio fece di nuovo da padrone, permettendo così ad Inuyasha di calmarsi «..e ora come sta?» il tono di suo fratello era tornato serio e freddo.
«Chi?» domandò scocciato Inuyasha, scompigliandosi nervosamente i capelli.
«Suo fratello,idiota!» esplose Sesshomaru, obbligandolo ad allontanare il telefono dal suo orecchio.
«Bene! Per fortuna ha solo una gamba rotta. Comunque, vieni a prendermi o no?» domandò ancora, aveva una voglia matta di riattaccargli in faccia.
«Si, dammi quindici minuti» rispose infine il maggiore.
«Perfetto, a tra poco»
Senza attendere risposta Inuyasha chiuse la chiamata, per poi tirare un sospiro. Bene, la parte più facile era passata, ora gli toccava solo sopportare in uno spazio ristretto quel dannato iceberg umano. Uscì dal bagno, con l’intenzione di tornare al piano terra, ma una porta di legno scuro leggermente socchiusa attirò la sua attenzione.
Sapeva che era sbagliato, ma fu più forte di lui. Con passi felpati raggiunse l’uscio, aprendo lentamente la porta, senza fare il minimo rumore, per poi entrare. La stanza naturalmente era buia, solo la lieve luce della luna illuminava una piccola parte. Il ragazzo pigiò l’interruttore della luce scoprendo che quella era una camera da letto. Quella di Kagome.
La scrutò attentamente; aveva proprio il tocco di Kagome: il letto singolo era ricoperto di una federa di un tenue color panna con il disegno di un gatto tigrato, che dormiva accovacciato.
La scrivania era piccola ed ordinata, con sopra diversi pupazzi e libri. Era dannatamente accogliente quel piccolo spazio, così caldo ed in ordine che Inuyasha provò l'improvviso impulso di sdraiarsi sul quel letto, anche solamente per sentire quel buon profumo che diverse volte lo aveva ammaliato.
Sorrise appena a quei pensieri, rendendosi conto di quanto quella ragazza l'avesse cambiato in così poco tempo. Fino a pochi mesi prima non avrebbe mai fatto tali ragionamenti su una donna. Ora era un qualcosa di automatico, di piacevolmente naturale.
Voltò lo sguardo e notò che accanto al letto vi era un comodino di legno, con sopra una lampada semplice e una foto che ritraeva la famiglia di Kagome, con ancora suo padre. Erano seduti sopra un telo azzurro, mentre dietro di loro, come paesaggio, stava un bellissimo lago. La signora Higurashi, teneva in braccio un piccolo Sota in fasce e sorrideva al marito, che scherzoso, faceva il solletico alla figlia maggiore, con la bocca aperta e gli occhi chiusi per il troppo ridere. Sicuramente la foto era stata scattata dal nonno, infatti nell’angolo sinistro della fotografia c’era un’ombra, sicuramente il dito dell’anziano, quindi, bene o male, ritraeva tutti.
Senza smettere di sorridere Inuyasha uscì dalla stanza, ripensando al compleanno della ragazza che sicuramente non avrebbe festeggiato. Ad un certo punto una piccola idea prese forma dentro la sua testa. Ci pensò a lungo, fino a quando la vibrazione del suo cellulare non lo richiamò. Suo fratello era arrivato.
Dopo aver salutato e ringraziato la madre di Kagome, uscì da quella piccola casa, scendendo poi da quella lunga scalinata in fretta e furia, rischiando più volte di cadere e sbattere il sedere. Vide la macchina sportiva di Sesshomaru poco distante ed entrò velocemente.
«Che sia chiaro. Questa sarà la mia prima e unica volta» borbottò Sesshomaru, per poi partire. Inuyasha annuì distratto, continuando a pensare, poi improvvisamente si ricordò di un qualcosa di importante.
«Mi dispiace Sesshomaru, ma ho da chiederti un altro favore» disse convinto, mettendosi la cintura di sicurezza e guardando il profilo di suo fratello, che indurì immediatamente la mandibola.
«Scordatelo» tuonò col solito tono autoritario.
Ma questa volta Inuyasha non si arrabbiò, perché aveva già in mente un modo per attirare l’attenzione «Bene, vorrà dire che chiederò a nostro padre..» lasciò in sospeso la frase. Se c’era una cosa che sapeva bene era che Sesshomaru amava mettersi in competizione con Inu No Taisho. Infatti il maggiore sospirò.
«Di cosa si tratta?» domandò stanco, senza staccare gli occhi dalla strada. Inuyasha esultò mentalmente, era stato troppo facile. 1 a 0 per Inuyasha!
«La madre di Kagome mi ha detto che il tizio che ha investito Sota gli ha fatto causa» spiegò velocemente.
«Che coglione..» commentò in un sussurro Sesshomaru.
«Quindi volevo chiederti se tu, o papà, ecco..» continuò, questa volta in modo impacciato, ma suo fratello lo interruppe prima di poter anche solo dire cosa stava in quel momento pensando.
«Non hai da aggiungere altro fratellino» per fortuna suo fratello era sempre stato un tipo sveglio e sicuramente gli faceva piacere aiutare Kagome, anche se non l’avrebbe mai ammesso.
Bene, fase uno fatta, ora toccava alla fase due. Velocemente tirò fuori dalla tasca il cellulare compilando il numero telefonico di Miroku, tanto lo sapeva a memoria. Dopo neanche uno squillo questo rispose trafelato.
«Inuyasha! Ma si può sapere dove sei? Per un attimo ci siamo preoccupati» la voce assordante di Miroku obbligò il ragazzo ad allontanare il telefono, per la seconda volta, dal suo orecchio; a fine giornata avrebbe sicuramente perso l’udito.
«Tranquillo sto bene e sto tornando a casa» sbuffò, alcune volte sembrava sua madre «Piuttosto, Kagome è lì?» domandò subito dopo seriamente.
Miroku intanto, guardò la ragazza che stava iniziando a sparecchiare la tavola «Si perché?»
«Bene, allora chiuditi in bagno» disse sbrigativo, facendo strabuzzare gli occhi a Miroku; anche suo fratello, che ascoltava curioso la conversazione, alzò un sopracciglio. Inuyasha si era sicuramente ammattito.
«Cosa?» domandò confuso il ragazzo col codino, facendo sbuffare ancora di più Inuyasha.
«Tu zitto e fallo!»
Guardando un’ultima volta la ragazza, Miroku uscì dalla cucina, trovando Bankotsu che, incazzato, colpiva con un cuscino Koga, facendo cadere per terra tutte le carte da gioco. Non era mai stato un tipo sportivo, sicuramente Koga gli aveva fatto il culo, come al solito. Raggiunse il bagno, per poi chiudersi dietro le spalle la porta.
«Va bene, fatto. Ho pure chiuso a chiave, contento?» lo prese in giro, iniziando a guardarsi allo specchio; mamma, quanto era bello «Cosa devi dirmi?» domandò distratto, sistemandosi una ciocca ribelle.
Inuyasha sorrise «Ho in mente un’idea, ma ho bisogno del vostro aiuto..»
Miroku smise di specchiarsi e si fece attento.
 
 

 
Due giorni dopo

Kagome puliva distratta con uno straccio il tavolo che si era appena svuotato. Erano passati due giorni da quando Sota aveva avuto l’incidente. Il giorno prima, quando aveva finito di lavorare, aveva preso la metro e raggiunto l’ospedale, trovando suo nonno, che aveva fatto la notte, e sua madre, riferendole che il dottore aveva dato altri tre giorni a Sota, quindi aveva deciso: fino a quando suo fratello si trovava in ospedale lei sarebbe andata sempre a trovarlo quando staccava da lavoro.
Quel giorno, tanto per rendere le cose più semplici, Ayame non c’era. Byakuya quella mattina le aveva detto che era malata, perciò si era ritrovata a fare il doppio del lavoro. Che stanchezza.
“Buon compleanno Kagome” pensò, mentre con un sospiro tornò al bancone per pulire i piatti usati. Non aveva intenzione di festeggiare i suoi ventisei anni, per questo non aveva detto niente ai suoi coinquilini. In realtà non lo celebrava da anni, ma a lei bastava vedere semplicemente quella peste di suo fratello con la gamba ingessata e un grosso sorriso che le urlava ‘auguri sorellona’. Per lei quello era il regalo più bello del mondo.
Con un lieve sorriso mise due bicchieri al suo posto, per poi guardare l’orologio. Finalmente il suo turno era finito. Non vedeva l’ora di stare in compagnia di Sota. Si tolse il grembiule, posandolo dentro l’armadietto del personale, ma prima di raggiungere le cucine per salutare gli altri Byakuya fece la sua comparsa.
«Stai andando via Kagome?» domandò. La ragazza annuì, sorridendogli.
«Oggi sei stata bravissima, nonostante l’assenza di Ayame» si congratulò il ragazzo, facendo arrossire la fanciulla, che si strinse le spalle imbarazzata.
«Ho solo fatto il mio lavoro» mormorò, mentre lui ridacchiò, aprendo con una mano la porta da cui era entrato.
«La solita modesta» commentò, ma prima di sparire, le fece l’occhiolino «Divertiti stasera»
Kagome rimase impalata, corrugando la fronte confusa. Divertirsi? Scosse il capo, forse aveva sbagliato persona. Velocemente prese il cappotto pesante che le arrivava fino alle cosce e la sciarpa, ormai era Novembre e il freddo cominciava a farsi sentire, ma non aveva tempo di cambiarsi, così decise di tenersi la divisa da lavoro, un vestito rosso e nero. Per fortuna aveva messo le calze e le scarpe comode, chissà come faceva Ayame a lavorare con i tacchi.
Cercando di farsi calore alle mani con l’alito aspettava il semaforo verde e nel momento in cui questo scattò il suo cellulare prese a squillare. Lo prese tra le mani, leggendo il nome dell’interlocutore: Miroku.
Con un sorriso e senza smettere di camminare accettò la chiamata, mentre il cartello che indicava la metro era poco distante.
«Pronto?»
«Ciao Kagome! Per caso sei uscita da lavoro?» chiese pimpante il ragazzo dall’altra parte della cornetta.
«Giusto cinque minuti fa, hai bisogno di qualcosa?» domandò cordiale, iniziando a scendere le scale per prendere il mezzo, mentre una folla trafelata la investì, sicuramente era appena arrivato un treno.
«Emh, in verità si» disse impacciato, facendo sorridere la ragazza. Miroku era veramente un tipo assurdo, non provava la minima vergogna nel parlare di argomenti intimi e invece, se si trattava di sciocchezze come queste, lo mettevano in difficoltà.
«Dimmi tutto» rispose, pronta a salire sul treno che in pochi secondi avrebbe chiuso le porte.
«Ecco sono bloccato a lavoro e stasera avevo promesso a Sango che sarei andato da lei per vedere un film e mi ha chiesto di comprare degli snack, ma non ho tempo. Potresti prenderli tu per me?»
A quella richiesta Kagome si bloccò. Allontanò l’apparecchio dal suo telefono, controllando l’ora «Certo, nessun problema!» disse, mentre il mezzo partì.
«Grazie mille! Scusa, ma devo andare, a dopo» senza aspettare risposta riattaccò, mentre Kagome riprese nuovamente le scale, tornando in superficie.
Per fortuna c’era un piccolo market lì vicino, gestito da una deliziosa vecchietta che stava dietro la cassa. Ora che ci pensava Miroku non le aveva detto cosa prendere di preciso, così decise di comprare delle semplici patatine e rape secche. Una volta, lui e Inuyasha, avevano finito un sacchetto intero in pochissimi minuti; avevano addirittura litigato.
Mentre pensava divertita a quel ricordo, riprese nuovamente la strada di prima, con in mano il sacchetto di plastica. Il vento gelido le scompigliò i capelli e la sciarpa bordeaux, provocandole fastidiosi brividi lungo le gambe che erano a malapena coperte. Non vedeva l’ora di mettersi al riparo, ma ad un certo punto il telefono suonò nuovamente. Alzò gli occhi al cielo, immaginando che era nuovamente Miroku perché si era dimenticato qualcosa, conoscendolo.. ma questa volta si sbagliò: era Bankotsu. Sorrise.
«Ciao Ban» disse, dando la precedenza a una vecchietta con in mano diverse buste della spesa, che stava attraversare la strada.
«Ehi Kagome. Tutto bene?» domandò il ragazzo, da come parlava sembrava distratto e impacciato, ma non vi badò.
«Si certo, te?»
«Diciamo di si. Senti avrei un favore da chiederti, se per te è possibile naturalmente» anche lui? Scosse il capo divertita, i suoi coinquilini non smettevano mai di stupirla.
«Tranquillo, di cosa hai bisogno?» chiese con tono gentile, fermandosi in mezzo al marciapiede, mentre diverse persone camminavano avanti e dietro in fretta e furia. Ormai il sole stava iniziando a tramontare e di conseguenza il freddo stava aumentando. La mano di Kagome, che teneva il cellulare cominciava ad essere bianca e gelida.
«Potresti fermarti alla lavanderia del viale principale?» Kagome sbatté diverse volte gli occhi, scombussolata. Perché parlava così velocemente, ma soprattutto meccanicamente? Non era di certo da lui.. forse perché si vergognava. Leggermente preoccupata guardò dietro di lei il vialone poco distante, poi sospirò.
«Tranquillo, tanto era di strada» bugia. Si perché in realtà le toccava tornare indietro, dato che si trovava vicino allo Yagura, ma non le piaceva rifiutare una piccola richiesta d’aiuto da parte di un amico, era più forte di lei.
«Grazie. Dille il mio nome. Sono tutte mutande. Non puoi sbagliare. Ho già pagato»
Kagome corrugò la fonte «Bankotsu.. sicuro di stare bene? Hai rotto cinque volte una frase» dopo aver formulato la domanda sentì un borbottio dall’altra parte del telefono, subito dopo seguito da un lamento da parte del ragazzo. Ma che stava combinando?
«Benissimo!.. eh, eh. Ci vediamo dopo!» tagliò corto, sperando che Kagome non aggiungesse altro, anche perché non le diede il tempo. Infatti riattaccò rapidamente.
«Ma..» guardò sbalordita lo schermo nero di quel maledetto marchingegno elettronico. Le aveva chiuso la chiamata in faccia? Alzò le spalle; chissà cosa gli era preso.. forse era ancora a lavoro.
Si portò la mano in tasca, sperando di scaldarla nel miglior modo possibile, per poi iniziare a camminare velocemente. Ci mise una quindicina di minuti per arrivare, dato che le strade erano terribilmente affollate. Entrò velocemente dentro la lavanderia, trovando come sempre, la solita signora con in bocca una gomma da masticare.
La squadrò, mantenendo come sempre il volto freddo ed annoiato. Kagome si avvicinò con un sorriso, poggiando una mano sul ripiano bianco «Salve, sono qui per..»
Ma la donna alzò la mano, facendola chetare. Senza dire nulla se ne andò sul retro per poi ricomparire subito dopo con una busta bianca con attaccato sopra un bigliettino, con su scritto sopra in una calligrafia frettolosa e disordinata ‘pazzo trecciato’.
«Tieni» mai una volta un sorriso, ma come faceva a vivere?
Kagome, che era rimasta un pochino interdetta, prese la busta, ma prima di uscire lei parlò ancora.
«Divertiti stasera» Kagome si voltò, tenendo la porta aperta, dando così la possibilità al freddo di entrare in quella piccola stanza riscaldata.
«Emh, si.. grazie» disse confusa, ma abbellendo le labbra con un sorriso forzato. Uscì fuori, scuotendo il capo. Ma cosa prendeva a tutti? Con la mano libera si grattò la fronte, ma ad un certo punto il suo sguardo cadde su un grosso orologio. Cavolo era in ritardo!
Senza pensarci iniziò a correre, anche se il cappotto e le buste la intralciavano parecchio. Attraversò in tempo le strisce pedonali, prima che il colore del semaforo diventasse rosso. Scese le scale della metro, rischiando più volte di cadere e scontrarsi con qualcuno,  ma proprio in quel momento il lungo mezzo, pieno di gente, chiuse le porte e partì. Tirò un sospiro, sia si frustrazione che stanchezza. Nonostante sentisse caldo, il naso e le orecchie erano congelate, mentre le guance tinte di rosso.
Si guardò attorno affranta, notando un posto libero su una sedia d’attesa. Si mise subito a sedere, dandole così la possibilità di riprendere fiato e riposare le gambE; fortunatamente il treno passava ogni due minuti.
Chiuse gli occhi, cercando di far calmare il respiro e i battiti del cuore, era veramente fuori forma. Ad un certo punto aprì di scatto gli occhi, terrorizzata. Il telefono.. quel maledetto aggeggio stava suonando per la terza volta. Incerta, lo prese tra le mani: Koga.
Si morse le labbra. Cosa doveva fare? Non poteva di certo evitare la sua chiamata. Forse stava cercando qualcosa in casa perché non la trovava, e in effetti ci stava. Ieri sera aveva dato una leggera sistemata e non era la prima volta che il ragazzo la chiamava perché aveva smarrito qualcosa per colpa delle pulizie; e poi Koga non è uno di quelli che chiede agli altri di fare qualcosa al suo posto.
Il suo viso si illuminò da un radioso sorriso. Sicura poggiò l’indice sul disegno del telefono verde, accettando la chiamata «Ehi Koga!» esclamò, cercando di nascondere il fiatone.
«Kagome!» gridò, facendola immediatamente allarmare «Meno male che hai risposto, ho bisogno di te!»
Kagome si pentì immediatamente di aver risposto anche a lui «Ho già provato a chiamare gli altri, ma nessuno mi risponde, sei la mia unica speranza!»
Rizzò la schiena allarmata, cosa era successo? In casa era scoppiato un incendio? Si era allagata perché Bankotsu aveva nuovamente dimenticato di chiudere il rubinetto? O peggio, Koga aveva avuto un incidente mentre tornava a casa? Questo ultimo pensiero la fece tremare appena.
«E’ successo qualcosa di grave?» domandò allarmata.
«Si cavolo! Sono uscito prima da lavoro per fare compagnia ad Ayame dato che sta male, ma mi sono accordo di aver dimenticato dei test importarti!» Kagome, per un secondo, rimase impalata, trattenendo una parola poco consona, ma soprattutto trattenendosi dal mandarlo a quel paese «Se non li finisco entro stasera domani sarò nei guai. Avevo intenzione di andare subito, ma Ayame è peggiorata perciò devo fermarmi prima in farmacia, ma così non ce la farò mai a tornare alla palestra perché chiude fra mezz’ora!»
Cioè, aveva quasi rischiato un infarto perché si era immaginata le cose peggiori che potessero esistere per poi scoprire che Koga aveva semplicemente dimenticato dei dannatissimi fogli? Il problema, però, era un altro.. se lui non ce la faceva ad andare e aveva cercato disperatamente qualcuno, questo significava..
«Quindi, mi stai chiedendo..» iniziò incerta, sperando di sbagliarsi.
«Ti prego Kagome! So che è lontano, me ne rendo conto, ma è molto importante!» se era lontano? Ci volevano almeno venti minuti di autobus e poi era da tutt’altra parte rispetto all’ospedale. Così avrebbe perso più di mezz’ora e lei.. ci teneva a vedere suo fratello.
«Ecco, io..»
“Forza Kagome diglielo, puoi farcela: ‘Koga, mi dispiace, ma ho un impegno importante anch’io’. Su avanti fallo!”.
«Ti prego! Potrebbero anche licenziarmi» sospirò, chiudendo gli occhi. No, non ce la faceva.
«.. va bene» sussurrò abbattuta, mentre dall’altra parte Koga risposte con un tono decisamente opposto.
«Grazie Kagome! Mi stai salvando la vita, giuro che mi sdebiterò, promesso!» gridò entusiasta, mentre lei sorrise triste e senza dire altro lo salutò, chiudendo la chiamata.
Portò la testa all’indietro, proprio mentre in quel momento la folla si radunò per salire sul treno, che lei non avrebbe più preso. Guardò nuovamente la schermata del cellulare scoprendo che le diciotto erano già passate. Ormai era tardi.
Iniziò a scrivere il numero di sua madre, che sapeva a memoria, e dopo pochi squilli accettò la chiamata.
«Ehi mamma» sussurrò, poggiando abbattuta la schiena sulla sedia, osservando distratta il pavimento grigio sporco.
«Ciao tesoro, dove sei? Tra meno di un’ora finirà l’orario delle visite» domandò subito la donna allegra.
Kagome chiuse istintivamente gli occhi, nel momento in cui li sentì inumidirsi, se lì coprì anche con la mano, cercando di mantenere comunque una voce piatta e decisa «Non ce la faccio ad arrivare» tremò appena, mentre la gola bruciò, dato che trattenne un singhiozzo «Pu-puoi dire a Sota che mi dispiace?»
La signora Higurashi rimase un attimo in silenzio e Kagome immaginò nella sua mente il suo sguardo triste e deluso, nascondendolo subito dopo da un sorriso, infatti quando riprese a parlare, il tono era dolce e amorevole «Stai tranquilla, capirà»
In quel momento Kagome sentì dei rumori in sottofondo. Assottigliò gli occhi sospettosa «C’è qualcuno lì con te?» domandò seria.
«Si, emh.. il nonno. E’ sempre il solito bisbetico» disse impacciata. Kagome ridacchiò appena, quel vecchio brontolone! Sicuramente non aveva gradito molto la notizia della sua assenza, soprattutto il giorno del suo compleanno, ma alla fine non era colpa sua.. anzi in realtà si, perché non aveva avuto il coraggio di dire a nessuno un dannatissimo ‘no’ secco.
Il senso di colpa tornò nuovamente a galla, facendola agitare sul posto. Si scompigliò i capelli e abbassò la testa dispiaciuta «Sul serio mamma, non volevo..» sussurrò, rischiando per la seconda volta, si far scappare le lacrime.
«Su Kagome non abbatterti, può capitare»
Kagome tirò su col naso, annuendo, anche se lei non poteva vederla «Ci vediamo domani allora»
«Si.. ah tesoro, buon compleanno» disse con dolcezza la donna, facendola sorridere appena.
«Grazie» mormorò.
Mise il cellulare in borsa, ma prima di portelo fare lo spense. Non aveva voglia di sentire nessun’altro e poi i suoi coinquilini erano quattro e ne mancava uno all’appello. Non voleva rischiare di fare da fattorino anche ad Inuyasha, però doveva ammettere che in quel momento le sarebbe piaciuto ascoltare, anche solo per un istante, la sua calda voce. Avrebbe avuto sicuramente il potere di calmarla in quel momento.
Dopo essere uscita dalla metro con in mano le buste prese l’autobus, che fortunatamente era passato subito e in venticinque minuti, per colpa del traffico, arrivò alla palestra dove lavorava Koga. Il sole era quasi del tutto scomparso, lasciando comunque in cielo delle lievi sfumature arancioni e rossastre, che si mischiavano con il tenue colore della notte, dando vita ad un’infinità di gradazioni.
Entrò dentro il grande edificio che aveva ancora le luci accese. Nessuno stava usando gli attrezzi e Kagome non trovò neanche il personale. Un odore di spogliatoi, sudore e cloro, dato che c’era anche la piscina, colpì le sue narici, non molto abituate a questo tipo di ambiente.
«Mi dispiace, ma stiamo chiudendo» una voce femminile la fece voltare improvvisamente. Una ragazza bionda la guardò con un lieve sorriso mentre in mano teneva un cappotto, pronta a metterselo e coprire così le braccia nude, dato che indossava la t-shirt rossa e blu del personale.
«Salve, emh.. sono un’amica di Koga. Ha lasciato dei test importanti, così sono venuta a prenderli» spiegò Kagome imbarazzata, mentre lei, poco più alta, piegò di lato il capo, portandosi pensierosa un dito sul mento.
«Parli dei risultati ottenuti dalle visite mediche?» domandò. Ecco, e adesso? Koga non le aveva detto cosa fossero di preciso e poi non ci capiva niente con tutta quella roba sportiva.
«Ecco.. credo di si» mormorò, mordendosi il labbro inferiore indecisa
La bionda sorrise allegra, indicando una porta di legno chiaro con l’indice alla loro destra «Allora li troverai dentro il suo ufficio sulla scrivania. Si trova dietro quella porta lì» spiegò, per poi arricciare il naso «Che strano, non capisco a cosa gli possano servire..» disse più a se stessa che a Kagome, che naturalmente la sentì.
Confusa, raggiunse la piccola stanza, trovando gli innumerevoli fogli messi in ordine e legati stretti da un nastro bianco. Forse quella tipa si sbagliava; Koga al telefono era veramente agitato e preoccupato e poi si trattava di roba sua perciò, chi meglio di lui poteva sapere se servivano o meno?
Dopo aver ringraziato la ragazza uscì dalla palestra, raggiungendo, piena di roba in mano, la fermata del bus. Non c’era neanche una panchina dove sedersi, mentre i lampioni si accesero dato che del sole non c’era più traccia, mentre il vento e di conseguenza il freddo, aumentarono, facendola terribilmente tremare. Sospirò, quella sera le sarebbe venuto un bel raffreddore.
 
 
 
Ormai non sentiva più le gambe, le mani e il viso.
“Che giornataccia” pensò affranta la ragazza, iniziando a cercare con le mani tremanti le chiavi del portone dentro la borsa. Sbuffò, dato che non le trovava; i Kami ce l’avevano proprio con lei quel giorno.. con un gesto secco suonò il campanello del suo appartamento sperando che almeno uno dei suoi coinquilini fosse in casa. Erano le otto di sera passate, doveva esserci per forza qualcuno!
Nel momento in cui sentì lo scatto della porta aprirsi portò la testa all’indietro, tirando un sospiro di sollievo. Non vedeva l’ora di farsi una doccia calda e mettersi il pigiama per una bella dormita.
Raggiunto il famoso interno 24C trovò l’uscio socchiuso così, con una leggera spinta con la mano l’aprì, entrando nel salotto completamente circondato dall’oscurità. Confusa aggrottò le sopracciglia.
«C’è qualcuno?» domandò, iniziando a tastare il muro per cercare l’interruttore della luce «Ragazzi sono tornata..»
Quando finalmente le sue dita riconobbero il pulsate non ci pensò due volte. Nel momento in cui la luce l’accecò per quel millesimo di secondo il suo cuore fece non uno, non due, ma tre rimbalzi.
Davanti a lei il salotto era completamente ornato di colori accesi e brillanti. Una serie di coriandoli da carnevale colpirono il suo viso ancora freddo e bianco, mentre l’urlo dei suoi coinquilini, compreso quello di altre persone ricoprì l’aria.
«Auguri!»
Ancora scombussolata Kagome sentì diverse braccia circondarla, riconoscendo immediatamente i capelli di Ayame, la forte stretta di Sango, le morbide labbra di Kikyo posate sulla testa e una carezza sulla sua guancia da.. sua madre. Con la bocca spalancata guardò tutti i presenti.
«Ma.. che sta succedendo?»
«E’ il tuo compleanno sciocchina! Tanti auguri!» gridò euforica Ayame, abbracciando con forza il suo collo, rischiando di farle cadere entrambe.
«Ma voi come..» fate a saperlo? Voleva chiedere, ma le sue parole morirono ancora prima di finirle nel momento in cui vide una piccola figura sorridente vicino a lei, che non smetteva di muoversi con movimenti scoordinati.
«Sota!» esclamò sorpresa, buttandosi letteralmente sul fratello, che si reggeva con due vecchie stampelle, mentre la gamba era completamente gessata fino al ginocchio. Senza pensarci si mise in ginocchio abbracciandolo, mentre gli occhi cominciarono a bruciare per colpa del liquido salato pronto ad uscire.
«Buon compleanno sorellona!» strepitò il bambino, ricambiando con difficoltà l’abbraccio, mentre i presenti osservavano emozionati la scena. Cercando di ingoiare il nodo formatosi sulla gola Kagome si rimise in piedi osservando tutti.
«Ci dispiace Kagome, ma dovevamo trovare un modo per farti arrivare tardi, ma soprattutto per non farti raggiungere l’ospedale» disse Koga, grattandosi imbarazzato la nuca, mentre con l’altro abbracciò le spalle di Ayame «In realtà tuo fratello è stato dimesso ieri, ma volevamo farti una sorpresa» continuò il ragazzo.
Kagome lo guardò sbalordita, percependo subito dopo un tocco gentile.
«Mi dispiace tesoro, ma anch’io faccio parte dell’inganno» disse sua madre colpevole, mentre un dolce sorriso decorava il suo volto. Kagome si voltò stupita verso di lei, per poi iniziare a ridere, così come tutti gli altri.
«E come sapevate che io..» iniziò la ragazza, che fu subito interrotta da Bankotsu, che poggiò spavaldo il suo gomito sulla spalla.
«Ormai ti conosciamo Kagome. Sapevamo che ad ogni nostro aiuto e richiesta non ti saresti rifiutata» spiegò allietato, mentre gli altri annuirono convinti. Kagome, divertita e allo stesso tempo imbarazzata, si portò una mano sul volto.
«Quindi significa che i test di Koga, la biancheria di Bankotsu e gli snack per Miroku erano tutti finti?»
«No, questa è vera!» schiamazzò Jakotsu, strappandole di mano il sacchetto «Ci sono anche le mie mutande lì dentro!»
Kagome ridacchiò.
«E comunque, dopo oggi, abbiamo scoperto che Bankotsu fa schifo come attore!» ammise Miroku, avvicinandosi ai due ragazzi. A quell’affermazione Kagome ripesò alla telefonata avuta con il ragazzo con la treccia, ricordando perfettamente il suo strano comportamento. Ora si spiegava tutto.
«Non è vero!» borbottò l’interessato, incrociando le braccia, mentre il viso diventò rosso, sia dalla rabbia che dalla vergogna.
«Abbiamo dovuto scriverti la battuta su un foglio e hai fatto comunque pena!» continuò Miroku, scuotendo il capo «Per un attimo avevamo paura che ci sgamasse»
«E’ troppo ingenua per rendersene conto» a quelle parole Kagome si voltò alla sua destra, trovando un Inuyasha divertito, con le braccia incrociate e il suo solito ghigno sulle labbra. Per la prima volta Kagome non si arrabbiò, anzi sorrise, perché doveva ammettere che aveva ragione.
«Ehi sbaglio o è una festa? Devi aprire i regali» esclamò entusiasta Kikyo, raggiungendo il divano dove erano posti una serie di pacchetti di diverse dimensioni e colori. La ragazza ne afferrò uno rettangolare, di un rosa pastello e con un fiocco fucsia. Senza pensarci lo porse alla mora, che, imbarazzata, lo accettò.
«Ma.. non ce n’era bisogno ragazzi» mormorò imbarazzata la festeggiata. Si mise a sedere sulla poltrona, seguita da suo fratello che osservava curioso la scatola incartata, mentre tutti gli altri se ne stavano in piedi, a differenza di Bankotsu, seduto per terra a gambe incrociate, Jakotsu sul bracciolo e suo nonno sulla poltrona.
Kagome iniziò a strappare con calma la carta, per poi scoprire che si trattava di una confezione di scarpe. Curiosa l’aprì, tirando fuori un bellissimo tacco a spillo color argento, guarnito da tantissimi brillantini, mentre l’interno era rosso. Non era proprio il suo stile, però doveva ammettere che erano bellissime, e poi cavolo.. erano di Louis Vuitton!
«Kikyo.. sono bellissime!» esclamò affascinata, così come Ayame e Sango del resto, infatti quest’ultima afferrò l'altra scarpa ancora nella confezione per osservarla meglio.
«Una sciocchezza. Se poi non ti sta o vuoi cambiare colore vieni tranquillamente a trovami al Sunshine» disse la ragazza, facendole l’occhiolino. Kagome annuì grata, per poi poggiare la scatola per terra.
«Sta a me!» gridò Bankotsu, lanciando con semplice pacchetto, che Kagome afferrò al volo per miracolo. L’aprì curiosa e quando vide di cosa si trattava iniziò a ridere: una scatola di biscotti alla vaniglia
«Dato che anche a te piacciono i miei biscotti preferiti ne ho comprato una confezione tutta per te» spiegò soddisfatto il ragazzo, mentre Kagome, senza attendere oltre, lo aprì, addentandone uno.
«Grazie Ban» lo ringraziò. Nello stesso istante la confezione di quelle pietanze poggiata sulle sue gambe fu sostituita da un piccolo sacchetto rosso sberluccicante.
«Mettiti da parte fratellone! Kagome butta nell’immondizia questa roba e apri il mio regalo!» esclamò Jakotsu, dondolando ,con la mano, sdegnato il regalo del fratello. Questo lo incenerì con lo sguardo.
Kagome, dopo aver ingoiato l’ultimo boccone, lo aprì con facilità e senza pensarci tirò fuori quello che conteneva. Si ritrovò tra le mani un tessuto rosso e nero. Kagome, confusa, aggrottò le sopracciglia, aprendolo con entrambe le mani, ma quando capì di cosa si trattava, arrossì immediatamente.
«Oh, emh.. grazie Jakotsu» lo ringraziò in difficoltà, rimettendo il tanga al suo posto, nel momento in cui vide gli occhi di suo nonno dilatarsi. Oh, cavolo.
«Sapevo che ti sarebbero piaciute, soprattutto ad Inu.. mpf!» l’interessato, sudando freddo, tappò con la mano la bocca del ragazzo, che lo guardò confuso. Bankotsu scosse il capo.
Tossendo leggermente posò il piccolo pensiero insieme agli altri, mentre Sango si  avvicinò con il suo regalo, che era incartato in maniera abbastanza confusa e disordinata.
«Miroku ha fatto questa schifezza, non guardare me» spiegò la castana, facendo sorridere la festeggiata, che accettò contenta. Quando lo prese tra le mani constatò che, nonostante fosse di media grandezza, era molto pesante; chissà che cos’era..
Con difficoltà tolse tutti i pezzi di scotch messi a caso per poi scoprire che era un libro. Curiosa lesse il titolo.
Ricette americane in giapponese
Sconvolta sbarrò gli occhi, osservando i due ragazzi, che sorridevano, sicuramente soddisfatti per la sua reazione.
«Ma.. dove lo avete trovato?» strillò fuori di sé. Quel libro era introvabile. Anche sua madre si era avvicinata con gli occhi fuori dalle orbite, osservando quasi incantata quell’insieme di pagine.
«L’idea è stata mia, però devi ringraziare Sango. E’ lei quella ricca e raccomandata» spiegò il moro con un sorriso, mentre Sango gli diede un leggero pugno sulla spalla.
«Grazie è bellissimo! Da domani proverò qualcosa»  Kagome poggiò il libro sul tavolino di vetro di fronte a lei, mentre una saltellante Ayame si avvicinò a lei.
«Tieni Kagome! Questo è da parte mia e di Koga» enfatizzò, porgendole un foglio bianco e piegato. Kagome, dopo averle regalato un sorriso gratificante, lo accettò, per poi aprirlo, trovando un annuncio dove veniva confermata una prenotazione per due persone in un ristorante.. e che ristorante!
«Dato che continui a preparare la cena a questi sfacciati e a lavorare in un luogo dove non fai altro che stare dietro un bancone e servire ragazzi ubriachi e vecchi arrapati, ho pensato ad un regalo dove finalmente qualcuno serve te» spiegò la rossa, facendo sorridere Kagome.
Senza pensarci la ragazza si mise in piedi, abbracciandola.
«Grazie Ayame, anche se non dovevi» sussurrò al suo orecchio, per poi allontanarsi «Deve essere costato una fortuna» disse dispiaciuta.
Ayame tagliò l’aria con un colpo secco della mano, sbuffando spazientita.
«Per un attimo non pensare agli altri Kagome» disse Koga «E’ la tua festa. Goditela» continuò, rimproverandola con un sorriso.
La ragazza, dopo essere rimasta un attimo sorpresa, annuì. Jakotsu, improvvisamente si mise in piedi, pestando euforico il pavimento con i suoi anfibi neri.
«Forza ragazzi, è il momento di scatenarsi!» senza attendere risposta si avvicinò al suo stereo, portato personalmente da lui, dove collegò il suo iphone, facendo partire a tutto volume una canzone a tutti agli altri sconosciuta, ma molto incalzante.
Senza attendere oltre tutti iniziarono a ballare, o meglio saltare, mentre un preoccupato Koga continuava ad intimare a tutti di fare più piano. Sicuramente il giorno dopo avrebbero ricevuto una bella strillata da parte della signora Hayashi, che abitava nell’appartamento sotto di loro.
Kagome guardò divertita Ayame prendere Koga per le mani, senza smettere di saltare. Miroku invece posò una mano sul fondoschiena di Sango, che si bloccò sul posto e senza pensarci la sua mano si posò tutt’altro che leggiadra sulla sua sguancia, che diventò subito rossa. La mora scosse il capo divertita, mentre Bankotsu alzò in aria una lattina di birra facendole l’occhiolino.
«Kagome» la ragazza si voltò, trovando sua madre e suo nonno sorridenti «Questo è per te» continuò la donna, porgendole una busta bianca, con sopra scritto con una elegante e precisa calligrafia ‘Per Kagome’.
La ragazza, sorpresa, la prese tra le mani e dopo averla attentamente studiata l’aprì, sbirciando quello che c’era al suo interno. Quando vide il numero elevato delle banconote sbarrò sconvolta gli occhi, osservando la signora Higurashi e suo nonno a disagio.
«Mamma.. io no-non posso accettare» balbettò. Le mani tremarono appena, ma furono subito fermate da quelle calde e rassicuranti della madre.
«Vai tranquilla. E poi, dobbiamo festeggiare, non solo per il tuo compleanno, ma anche per la causa vinta» ammise con un sorriso, mentre suo nonno annuì. Kagome la guardò accigliata, per poi dimenticare del tutto i soldi eccessivi che le avevano regalato.
«Che cosa?»
La donna annuì, mentre i suoi occhi diventarono lucidi «E’ stato il fratello di Inuyasha ad aiutarci»
A quelle parole Kagome alzò in aria le sopracciglia. Sesshomaru, quell’uomo freddo e distaccato così simile, ma allo stesso tempo diverso da Inuyasha li aveva difesi? Aprì la bocca per parlare e saperne di più di questo avvenimento assurdo, ma qualcuno la precedette.
«Tieni sorellona!» la ragazza guardò suo fratello avvicinarsi con difficoltà per colpa delle stampelle per poi porgerle un foglio disegnato a mano «Mi dispiace, ma è l’unica cosa che sono riuscito a farti» confessò imbarazzato.
Kagome guardò il disegno che raffigurava lui sul letto d’ospedale, con il resto della famiglia in compagnia. In alto stava scritto la data dei giorni in cui era stato in cura, mentre nella parte bassa c’era una frase: La nostra prima esperienza. Buon compleanno sorellona. Kagome non poté fare a meno di sorridere intenerita «E’ bellissimo Sota» disse.
Poggiò le ginocchia per terra per riuscire così ad abbracciare quella piccola peste, che ricambiò felice «La festa è stata un’idea del fratellone Inuyasha, però non dirgli che te l’ho detto» sussurrò al suo orecchio. Kagome sbarrò gli occhi sorpresa e si allontanò, per guardarlo negli occhi color cioccolato.
«L’ha chiesto a tutti. Forse perché è timido» ipotizzò lui, mantenendo sempre un tono basso, forse con la paura che qualcuno lo sentisse, nonostante la musica continuasse a rimbombare nella stanza. Kagome guardò alle spalle di Sota, trovando il protagonista dei loro discorsi poco distante con un bicchiere in mano e l’altra dentro la tasca dei jeans strappati, mentre parlava animatamente con Kikyo.
In quel momento il ragazzo tirò fuori dalla tasca il cellulare, osservando annoiato l’oggetto, per poi poggiarlo sul ripiano poco distante. Kagome ridacchiò e dopo aver spettinato i capelli del fratello si rimise in piedi.
Senza farsi vedere afferrò il telefono appena posto, per poi uscire in terrazza e socchiudendo la porta scorrevole a vetri, mentre la musica diventò un flebile brusio. Senza pensarci cliccò sull’elenco telefonico del ragazzo e quando vide il nome interessato fece partire la chiamata. Dopo neanche due squilli la persona risposte.
«Finalmente ti degni di rispondere, fratello idiota» a quelle parole Kagome ridacchiò appena.
«Mi dispiace Sesshomaru, ma non sono Inuyasha, ma Kagome» disse. Dall’altra parte della cornetta Sesshomaru rimase in silenzio, forse sorpreso e sperò con tutto il cuore che la ragazza non lo percepì «Scusa l’orario e spero di non disturbarti, ma ho rubato il cellulare di tuo fratello perché ci tenevo a ringraziarti» continuò la mora, guardando distratta il cielo notturno, dove le stelle erano difficili da individuare per colpa dell’eccessiva luce della metropoli.
«Non ce n’è bisogno. Ho solo fatto il mio lavoro» la sua voce era come al solito fredda e seria. Kagome sorrise comunque.
«E invece si. Io non ho fatto nulla e invece tu..»
«Ti sbagli. Tu hai aiutato mio padre e quello stolto» la interruppe lui bruscamente, stupendola non poco. Cos’era quello che aveva appena sentito, una punta di dolcezza? Scosse il capo, forse se l’era immaginata.
«Comunque grazie, davvero» disse, poggiando un gomito sulla ringhiera, mentre il leggero vento fresco le scompigliò i suoi filamenti scuri «Senti, potresti..»
Voleva chiedergli di salutare Rin, Izayoi e in particolar modo il signor No Taisho, ma improvvisamente sentì il telefono che le veniva strappato di mano. Indignata si voltò, ma quando vide Inuyasha sbiancò. Il ragazzo, con un sorriso divertito si portò l’oggetto all’orecchio.
«Scusami fratello, ma lo stolto ti deve riattaccare in faccia. Ciao!» poco prima di chiudere la chiamata, Kagome percepì quello che sembrava un insulto, ma Inuyasha rimase comunque tranquillo. Si mise il cellulare in tasca e guardò curioso la ragazza.
«Non l’avrei mai detto che tu fossi una ladra, zuccherino» disse spavaldo. Una mano stava dentro la tasca, mentre l’altra dietro la schiena. Kagome iniziò a torturarsi in difficoltà le mani, guardando con un certo interesse il pavimento.
«Mi dispiace. Volevo solo ringraziare Sesshomaru» mormorò. Inuyasha rimase ad osservarla, senza smettere di sorridere. Kagome, mantenendo lo sguardo basso, vide le scarpe sportive del ragazzo avvicinarsi a lei.
«Guarda che non sono arrabbiato, eh» ridacchiò e finalmente la fanciulla alzò lo sguardo, permettendo così ad Inuyasha di osservare il suo volto bello e angelico.
Dal giorno in cui avevano fatto l’amore non avevano più trovato modo di stare insieme, di parlare, di baciarsi.. erano passati solo tre giorni, ma per Inuyasha sembravano anni.  Gli mancavano terribilmente quelle labbra e il tocco gentile delle sue mani sulla sua pelle. Kagome le mancava. Ma per colpa di sfortunati eventi che avevano colpito l’ animo della ragazza aveva preferito mettersi da parte, per darle spazio; alla fine non era mai stato una persona egoista.
Senza staccare i suoi occhi da quelli belli e luccicanti di lei, mosse il braccio, mostrando così la mano dietro la schiena, scoprendo che questa teneva in mano un pacchettino quadrato, avvolto con della carta verde e un fiocco blu.
«Anch’io ho un regalo per te» sussurrò imbarazzato, spostando da un’altra parte lo sguardo. Kagome lo guardò sorpresa. Pensava che il suo regalo fosse la festa, ma decise di non dire nulla.. infondo l’aveva promesso a Sota. Sorridente ed emozionata accettò quel piccolo pensiero.
Strappò con lentezza la carta, anche se se in realtà aveva una voglia matta di distruggerla in mille pezzi, dato che stava morendo dalla curiosità. Una volta liberato l’oggetto, sbarrò gli occhi.
Tra le mani aveva una fotografia a lei molto famigliare. La cornice era d'argento, con semplici decorazioni. Le sue labbra tremarono appena, mentre i suoi occhi studiavano quell’immagine che ormai conosceva a memoria.
«Il giorno dell’incidente ho accompagnato tua mamma a casa e..» iniziò in difficoltà, senza smettere di guardare alla sua destra, mentre le gote diventarono fredde, e non era colpa del freddo «Lo ammetto ho spiato nella tua camera. E quando ho visto questa foto ho capito solo in quel momento quanto la tua famiglia ti mancasse e dato che ho avuto l’onore di conoscerla, ti posso capire..»
Kagome accarezzò col pollice il vetro, volutamente proprio sull’immagine di sue padre. Ricordava perfettamente quel giorno; uno dei suoi momenti più belli. Amava quel lago e proprio per quel motivo suo padre aveva deciso di festeggiare la nascita di Sota dopo pochi giorni lì e, come al solito, suo nonno aveva mostrato la sua poca dote di fotografo, ma per lei era speciale.
«Così le ho fatto una fotocopia e l’ho incorniciata» finì Inuyasha. Non aveva il coraggio di guardala; aveva una paura matta di una sua reazione. Si morse ancora più nel panico l’interno guancia, dato che Kagome non accennava a parlare, ma nel momento in cui decise di guardarla sentì due fragili braccia cingergli il collo con difficoltà, data la sua elevata altezza.
La ragazza, stando in punta di piedi, teneva il volto nascosto nell’incavo del suo collo, stringendo con forza la piccola cornice. Inuyasha, che non aveva ancora realizzato la cosa, rimase fermo, con le braccia leggermente alzate.
Kagome strinse ancora di più la presa, mentre le lacrime venivano assorbite dalla sua felpa rossa «Grazie» sussurrò. A quelle parole il cuore di Inuyasha fece una capriola e istintivamente ricambiò l’abbraccio, circondando con le sue braccia muscolose quell’esile corpicino che all’inizio aveva disprezzato.
Si staccò lievemente da lei e Kagome si asciugò frettolosamente la lacrime con la mano libera, scoprendo che aveva bagnato tutta la spalla del ragazzo.
«Scusa» mormorò con un sorriso. Inuyasha scosse il capo, per poi guardare intensamente i suoi occhi.
Spinto forse dall’istinto, dalla voglia di sfiorare di nuovo quelle labbra profumate, posò una mano sul suo collo, per poi spingerla con dolcezza verso di lui. Nel momento in cui Inuyasha percepì di nuovo le sue gustose e morbide labbra tirò un sospiro di sollievo. Cavolo, quanto le erano mancate.
Kagome posò la mano sul suo petto, forse per sorreggersi. Troppe emozioni in quel momento. Era un bacio semplice, casto, affettuoso, ma allo stesso tempo ricco di sentimenti che solo loro conoscevamo. Rimasero altri secondi attaccati fino a quando non percepirono entrambi che la musica all’interno del lotto era cessata. Entrambi aprirono gli occhi, per poi voltarsi verso la porta scorrevole.
Tutti i presenti osservavano divertiti la scena. Kagome e Inuyasha arrossirono immediatamente, per poi staccarsi imbarazzati.
Sota, che teneva la bocca spalancata, fece un gesto di disgusto «Che schifo, sorellona!»
 
 

 
Un anno dopo

Kagome, dopo un lungo e rumoroso sbadiglio, raggiunse la porta d’ingresso, per poi aprirla. Ai piedi dell’uscio trovò una serie di giornali pubblicitari e buste. Annoiata iniziò a guardarli fino a quando i suoi occhi non si illuminarono.
«Inuyasha!» gridò contenta. Buttò per terra tutte le cartacce inutili, alzando in aria quella che sembrava una cartolina.
Correndo, raggiunse il corridoio, per poi entrare trafelata nella camera da letto semibuia «Inuyasha guarda! Ci hanno inviato una cartolina» esclamò, saltando sul letto, mettendosi in ginocchio e leggendo le parole scritte a mano «A quanto pare si stanno divertendo» ipotizzò.
Da quasi una settimana la sua famiglia e i genitori di Inuyasha avevano deciso di passare una vacanza nella casa di quest’ultimi dell’isola di Okinawa , uno dei sogni proibiti di sua madre. Si erano conosciuti pochi mesi prima e per fortuna andavano d’accordo, in particolar modo Izayoi e la signora Higurashi.
«Mh, mh..» la voce di Inuyasha, oltre ad essere impastata dal sonno, era pure coperta dal grosso piumone invernale. Kagome incrociò indignata le braccia, iniziando a spostare quelle pesanti coperte, cercando di liberare il ragazzo dalla sua tana.
«Inuyasha sei ancora a dormire? Fra meno di tre ore ci sarà il matrimonio di Kikyo!» lo apostrofò.
«Sta zitta e vieni qui» non ebbe il tempo di dire nulla che la presa ferrea del ragazzo circondò il suo polso, costringendola a cadere come un salame sul letto, mentre lui la sovrastò con il suo corpo e la sua.. nudità. Senza volerlo arrossì, mentre lui iniziò a baciarle sensualmente il collo. Oh, no.. aveva capito perfettamente cosa voleva fare quel furbo.
Ormai erano quattro mesi che convivevano insieme. Dopo il giorno del suo compleanno il loro rapporto si era sempre di più rafforzato, come quello degli altri del resto. Un mese dopo Koga aveva annunciato che lui e Ayame avevano messo i soldi da parte per comprarsi un appartamento e dopo neanche due mesi anche Miroku lì abbandonò, rivelando loro che sarebbe andato a vivere nella grande abitazione di Sango.
Erano rimasti solo in tre e da una parte gli dispiaceva, ma non potevano farci nulla; com’è che si dice.. La vita va avanti!
Quando il signor No Taisho scoprì la relazione dei due ragazzi, naturalmente per colpa di Sesshomaru, aveva proposto loro un nuovo appartamento che già possedeva. Dopo lunghe riflessioni alla fine avevano deciso di provarci e con dispiacere, Bankotsu era rimasto da solo, ma per fortuna si era consolato in fretta perché lì con lui andarono a vivere suo fratello e altri cinque cugini, uno più pazzo dell’altro. Che famiglia stramba..
Ed ora eccoli lì, nella loro piccola casa sempre ad Ikebukuro.
Kagome posò le mani sulle spalle possenti del ragazzo tentando inutilmente di allontanarlo «Inuyasha.. faremo tardi» mormorò, assottigliando lievemente gli occhi.
«Tanto non se ne accorgerà» disse spavaldo, allontanandosi appena per guardarla dritta negli occhi «Sei troppo ansiosa zuccherino»
Senza pensarci Kagome prese il cuscino, colpendolo dritto in faccia e costringendolo a spostarsi. Veloce come un’anguilla Kagome scappò dalla sua presa, prendendo i suoi boxer e buttandoglieli in testa.
«Muoviti a vestirti buzzurro» a quelle parole Inuyasha, dopo essersi coperto le parti intime, la guardò truce.
«Buzzurro a chi, ragazzina?» con un movimento veloce scese dal letto, caricandosela sulla spalla come un sacco di patate. Nonostante la ragazza urlasse e sbraitasse, rischiando di rompergli il naso con una pedata, Inuyasha raggiunse il salotto, buttando la ragazza malamente sul divano.
«Ehi!» gridò indignata, mentre lui incrociò soddisfatto le braccia.
«Questo è per aver disturbato il mio sonno» disse divertito, per poi guardarla intensamente «E questo perché ti perdono» lentamente si avvicinò a lei, posando un lieve bacio sulla sua fronte. A quelle parole Kagome sorrise intenerita, chiudendo istintivamente gli occhi.
«Non ho voglia di sentire le noiose lamentele di Kikyo» ammise lui, tenendo comunque il viso vicino a quello d lei. Il profumo dei suoi capelli colpì piacevolmente le sue narici, facendolo sospirare. Allungò la mano, invitando la ragazza ad afferrarla, cosa che fece immediatamente. Senza fatica la rimise in piedi.
«Andiamo?» domandò. Kagome, con uno smagliante sorriso annuì, per poi abbracciare con entrambe le braccia la sua vita, come se fosse una bambina. Inuyasha sorrise intenerito, accarezzando con amore i suoi capelli.
Ogni volta che quella ragazza lo abbracciava, l’emozioni che provava erano indescrivibili. Il suo cuore non smetteva mai di battere forte e le sue mani si muovevano sempre da sole, vogliose di accarezzare quel piccolo corpo.
Grazie a Kagome aveva scoperto una nuova emozione. Grazie a lei aveva veramente capito il vero significato di sentirsi a casa.





Angolo autrice:

Cof cof.. emh, salve!
Lo so cosa state pensando: “ma perché questa ci ha messo così tanto a postare l’ultimo capitolo se aveva già scritto metà?”
Eh, eh.. cari miei lettori, mi dispiace, ma questa volta è stata davvero dura! E se volete sapere tutta la verità in realtà il capitolo era pronto tipo da più di un mese! Solo che dopo averlo finito non avevo neanche il tempo di accendere il pc per fare la solita revisione sia da me che dalla mia beta, che anche questa volta non è mancata.
Comunque ragazzi, so che è stata dura, ma alla fine ce l’ho fatta e come avrete notato il capitolo è venuto bello lunghetto rispetto ai precedenti e spero con tutto il cuore che abbia rispecchiato appieno le vostre aspettative o almeno non vi abbia deluso, che è il mio timore più grande. Mi scuso anche se non ho risposto a nessun commento, ma il tempo che ho è davvero pochissimo, non a caso ho postato il capitolo alle 2 di notte xD
Bene, dopo aver sbraitato ai quattro venti le mie inutili e ridicole scuse vorrei cominciare con i ringraziamenti più doverosi:
1. Primo tra tutti il gruppo facebook Takahashi Fanfiction Forum e tutte le persone che vi fanno parte. Senza di loro non avrei mai fatto questo grande balzo che sognavo da anni, certo, la paura e l’insicurezza non è del tutto scemata, ma si può sempre migliorare.
2. La mia magnifica Beta che ormai conoscete molto bene: Miyu87 alias Manu! Senza di lei quelle mie poche sperante si sarebbero del tutto sgretolate come polvere; costruire una statua in suo onore non basterebbe per dimostrarle quanto sia grata e felice di averla conosciuta. Vi informo anche che ha postato recentemente una piccola OS che vi consiglio di leggere, è troppo bella♥
3. Tutte le persone che hanno commentato la storia, anche solo un capitolo. Cioè ragazzi, non so voi, ma siete tantissimi e sinceramente non me l’ero minimamente sognato! Grazie, mille grazie, davvero.
4. Tutti quelli che hanno aggiunto la storia tra le preferite, seguite e ricordate. Anche qui ragazzi avete nettamente superato il numero che mi ero immaginata o.o
5. Il mio ragazzo e il mio migliore amico, anche se sono all’insaputa di tutto (non leggeranno MAI le mie storie!! xD ), ma senza di loro questa piccola storiella non sarebbe mai nata♥
Bene, credo di aver finito, vi ho annoiato anche troppo. Vi dico soltanto che è stata una bellissima esperienza e spero di tornare in futuro ancora più carica e motivata di prima, ma soprattutto migliorata!
Un bacione grosso a tutti quanti e a presto!
Marty♥

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3540755