La Più Terribile, Più Distruttiva, Più Infernale Faida Apocalittica fra la Classe 77 e la Classe 78

di Walpurgisnacht
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ...e La Più Terribile, Più Distruttiva, Più Infernale Faida Apocalittica fra la Classe 77 e la Classe 78 ***
Capitolo 2: *** ...e il consiglio di guerra, con un contorno di dissidenti e un buon Ultimate Lucky Gastro ***
Capitolo 3: *** ...e l'Operazione Rendiamo Touko Fukawa la Piu' Figa di tutta la Kibougamine ***
Capitolo 4: *** ...e i ribelli che aumentano, la festa che si avvicina e i due di picche ***
Capitolo 5: *** ...e i cuori infranti, e ah! La tauromachia! ***
Capitolo 6: *** ...e tutti pazzi per Sonia Nevermind ***
Capitolo 7: *** ...e io vorrei, non vorrei, ma se vuoi ***
Capitolo 8: *** ...e Byakuya Togami vs the world ***
Capitolo 9: *** ...e l'omino del cervello ***
Capitolo 10: *** ...e la gente che si piace ***
Capitolo 11: *** ...e le dichiarazioni dall'alto di una sedia ***
Capitolo 12: *** ...e i mugolii agghiaccianti da dietro la porta ***
Capitolo 13: *** ...e che noia che barba che barba che noia ***
Capitolo 14: *** ...e le prese di coscienza di personaggi sui generis ***
Capitolo 15: *** ...e la rivincita degli hobbit ***
Capitolo 16: *** ...e le asce di guerra sotterrate ***
Capitolo 17: *** ...e il ritorno in pompa magna degli omini del cervello ***
Capitolo 18: *** ...e Capitan Togami ***
Capitolo 19: *** ...e comunque è sempre colpa della diva bionda ***
Capitolo 20: *** ...e venne il giorno degli esami ***
Capitolo 21: *** Extra - Zozzerie della 77 ***
Capitolo 22: *** Extra - Zozzerie della 78 ***



Capitolo 1
*** ...e La Più Terribile, Più Distruttiva, Più Infernale Faida Apocalittica fra la Classe 77 e la Classe 78 ***


Era una giornata piovosa a Tokyo.

Per i corridoi della rinomata accademia Kibougamine, la scuola per i ragazzi ipertalentuosi del paese, serpeggiava un clima molto strano. Dove normalmente ci sarebbero state frotte di studenti a scambiarsi prese in giro, lì non vi era nulla di tutto questo. Anzi, i pochi coraggiosi che osavano mettere il naso fuori dalla propria aula cercavano di sbrigarsi il più velocemente possibile. Temevano di rimanere coinvolti in quella che ormai era universalmente conosciuta come la Faida.

La Più Terribile, Più Distruttiva, Più Infernale Faida Apocalittica fra la Classe 77 e la Classe 78.

Da qualche tempo l’intero ambiente scolastico era avvolto da questo tremendo avvenimento, che non portava altro che terrore e disperazione nei cuori di chi aveva la sfortuna di rimanerne coinvolto anche solo di striscio.

Persino ai piani alti dell’amministrazione non si sapeva più che pesci pigliare. Alcuni membri del consiglio scolastico pensavano che tutto quel casino avrebbe finito col provocare la chiusura di baracca e burattini, oltre che il crollo fisico dell’intero complesso accademico.

Tutto era cominciato un mese prima, durante il festival scolastico.


*


“Che bella giornata!” disse tutto allegro Makoto Naegi mentre aiutava i suoi compagni di classe ad allestire il loro stand. “Oowada-san, passami il martello per favore”.

“Tieni nanetto”.

“Grazie”.

Erano tutti e sedici lì, chi intento in lavori più manuali e chi invece prestava la propria opera in maniere meno fisiche, come ad esempio le ragazze (con l’eccezione di Sakura Oogami, troppo preziosa da quel punto di vista) che si stavano dedicando al volantinaggio.

Insomma, un bello sforzo di gruppo in cui tutti stavano mettendoci del proprio. Era un bel pensiero per lui, dimostrava che erano un gruppo unito e disposto a sostenersi a vicenda.

“Sì Naegi, hai ragione. Davvero la giornata ideale per vendere dorayaki e takoyaki” gli rispose Leon, seppure in ritardo. Era impegnato nel cercare di tenere in piedi le colonne portanti del loro baracchino, compito forse improbo per uno poco pratico come lui ma al quale si stava dedicando con notevole impegno.

“Meno male che abbiamo scoperto le doti nascoste di Celes. Non avrei scommesso uno yen bucato sulle sue capacità di cuoca” si lasciò andare sarcasticamente lo stesso Oowada, il quale stava spostando delle assi.

“E meno male che la 77 ha deciso di darsi al giardinaggio. Altrimenti, col fatto che fra di loro c’è quel porco pervertito di Hanamura, non avremmo avuto scampo”.

“Per questo dobbiamo ringraziare quella soffiata…”.

La soffiata, già. Naegi sorrise nel ripensare alla scena: erano seduti sconsolati qualche giorno prima in classe, cercando di venire a capo dell’enigma di cosa fare per il festival. Davano per assodato che il tema culinario fosse fuori portata perché nella sezione dei loro senpai più diretti vi era il Super Chef, che ovviamente avrebbe messo a disposizione il proprio talento. Stavano scervellandosi alla ricerca di una soluzione quando Junko Enoshima irruppe dalla porta, giubilante e col sorriso più grande che le avessero mai visto: “Gente, gente! Una bellissima novità! Facciamo il banchetto del cibo!”.

Un coro di stupefatti “Che cosa?” la travolse, togliendole quasi la facoltà di dire quel che aveva da dire. Riuscì a riportare un minimo di ordine solo dopo parecchi minuti: “Va bene, ma lasciatemi spiegare! Una fonte anonima ma affidabile mi ha appena detto che quelli della 77 non si appoggeranno ad Hanamura. Pare vogliano dedicarsi a delle piantine o qualcosa del genere”.

“Fonte anonima? Io non mi fido delle fonti anonime…” borbotto Kyouko Kirigiri, riscuotendo un discreto consenso. Ma lo charme e la voce grossa della Super Modella vinsero la riottosità della maggior parte dei suoi compagni, con poche sacche di resistenza ancora presenti.

“Io continuo a pensare che vendere delle armi non fosse una cattiva idea…”.

“Ikusabaaaaaaaaaaa-san! La vuoi smettere? Ti prego, smettila”

“Naegi-kun, per favore… non aggredirmi così, era solo una proposta…”.

“Ma lo sai che non si può, santo cielo! Il momento che mettiamo qualcosa che assomiglia alla canna di una pistola nella zona d’esposizione delle merci finiamo tutti in galera per direttissima! Io non sono Oowada-san, vorrei non avere un periodo di permanenza in un riformatorio sul mio curriculum”.

Il susseguente ruggito dell’offeso Oowada fece tremare per un attimo i muri. “Scusa” pigolò un atterrito Fortunello.

“Ma siamo sicuri sicuri sicuri? Enoshima-san?” provò ancora Fujisaki, a quanto pareva non troppo convinto dalle pur notevoli doti di imbonitrice di Junko.

“Sicurissima! Ci scommetto sopra la mia intera carriera!”.

“Non farlo, Junko-chan. Ti ricordi cos’è successo l’ultima volta?”.

“Muku-nee, piantala di fare la disfattista! Andremo lisci come l’olio, ve lo prometto!”.

“Sarà…”.

I borbottii si spensero solo dopo ulteriori, reiterate assicurazioni.

“Quindi possiamo… oh, ma aspettate un attimo” si alzò Sayaka Maizono “chi di noi sa cucinare?”. La domanda era legittima, in effetti. Nessuno dei presenti si poteva dire un gran cuoco.

“Kerumph” fece sentire la propria voce Celestia Ludenberg dal fondo della classe “È il vostro giorno fortunato. Si dà il caso che ogni tanto mi diletti fra i fornelli e me la sappia cavare niente male con dolcetti vari”.

Lo stupore che si disegnò sui volti degli altri quindici fu incredibile.

“Naturalmente” proseguì lei “se questa notizia dovesse uscire da qui potete fare che stendere testamento. E dire ai vostri amici più cari che si dovranno preparare ad estrarre la mia unghia metallica da qualche anfratto non in vista del vostro corpo”. L’inquietantissimo sorriso che chiuse questa frase li gelò tutti.

Fu così che decisero di mettere su lo stand con le cibarie: sicuramente non la più originale delle trovate, ma indubbiamente la più semplice. Anche perché, a conti fatti, nessuno di loro aveva un talento che poteva tornar loro utile in un’occasione del genere: certo, si era proposto di far cantare Sayaka, Junko si era persino messa a disposizione per fare foto insieme ai fan per una modica cifra, ma sembravano tutte cose troppo frivole a detta di alcuni di loro. E d’altro canto costringere Fukawa a stare ore seduta a dedicare libri o scrivere storie brevi a chi chiedeva era disumano, lo stesso valeva per Yamada e le sue doujinshi. Togami aveva proposto di sedersi allo stand e permettere ai plebei di pagare per adorarlo, ma tutti preferirono ignorarlo (insieme a Ikusaba e le sue armi di contrabbando).

Makoto si allontanò per ammirare il lavoro, e annuì soddisfatto: lo stand era venuto proprio bene. Un’occhiata all’orologio gli comunicò che mancava meno di un’ora all’inizio del festival: “Ragazzi! Manca un’ora! Dove sono i dolci?”

“Non c’è bisogno che urli come una bertuccia, Naegi-kun” gli rispose un’infastidita Celestia, “io e le mie leccornie siamo qui” disse, sistemando sul tavolo dorayaki, takoyaki e anche qualche dolce più occidentale (dietro insistenza della stessa Celes, e non poterono rifiutarsi pena il piantarli in asso senza una soluzione). Doveva però ammettere che quei macarons colorati erano molto belli a vedersi.

“Lo stand c’è, i dolci anche” annuì Mondo, “mancano solo le nostre ragazze immagine. Dove si sono cacciate?”

“Siamo qui, mio bel gorillone. Una signora deve sempre farsi aspettare, non lo sai?”

Si voltarono e vennero ricompensati dalla visione di Junko e Sayaka, vestite (per modo di dire) con top cortissimi e minigonna altrettanto corta coordinati come le migliori race girls.

“Allora, che ne dite?” chiese la Super Modella, offrendo loro una panoramica completa.

“Oh, io non vedo l’ora di toglier-”
“Oowada-kun!”

“Scusa, è Johnny che parla” chiosò, indicando un punto del suo corpo che per fortuna aveva deciso di non mostrare. Makoto sospirò, chiedendosi cosa ci trovassero quei due nello zomparsi addosso chiusi nello sgabuzzino delle scope (con buona pace di Ishimaru, ormai arreso all’evidenza tanto da non snocciolare più loro ogni punto del regolamento scolastico), ma in fondo che ne sapeva lui, che sognava di appuntamenti romantici con la persona speciale? Persona speciale che probabilmente non sospettava nulla dei suoi sentimenti, nonostante si fregiasse del titolo di Super Detective e fosse capace di elencare tutto ciò che avevi mangiato a colazione basandosi sul tuo alito. Comunque convenne con Mondo che Enoshima e Maizono erano decisamente carine e avrebbero attirato clienti a frotte.

O quantomeno lo credettero, almeno finché…

“QUEI BASTARDI!”

Si voltarono verso Leon, artefice dell’urlo, che indicava lo stand posto proprio di fronte a loro. La mascella di Makoto quasi toccò terra.

La classe 77 aveva preparato uno stand con i dolci di Hanamura.

Kuwata urlò verso Junko: “Maledizione a te, Enoshima! Dicevi che avevi avuto la soffiata da fonti sicure!”

“Ed è così! Me l’ha detto la Super Make-Up Artist della classe 79!” pigolò, indicando una ragazza dai capelli biondi e un’acconciatura eccentrica, perfettamente truccata, che le restituì un’espressione perplessa.

“Ma sì, eri tu… vero? Ti ricordavo un po’ più in carne, però…” ammise, “devi svelarmi il tuo segreto per perdere peso tanto in fretta.”
Una risata proveniente dallo stand di fronte attirò la loro attenzione.

“Ci siete cascati come dei polli!”

A parlare era stato Hajime Hinata, membro speciale della classe 77. Nessuno aveva idea del perché si trovasse alla Kibougamine, non avendo alcun talento, eppure era lì. Makoto soffocò un urlo, visto che in teoria anche lui si trovava lì per pura fortuna.
“Hinata” ringhiò, “lo sapevo che c’eri tu dietro!”

“E io sapevo ci avreste creduto, Naegi” rise l’altro, “è stato fin troppo facile fregarvi. D’altronde Enoshima non è esattamente la stella più brillante del firmamento, e convincerla di star parlando con la vera Super Make-Up Artist è stato un gioco da ragazzi” spiegò, indicando un altro membro della classe 77 accanto a lui: grasso, biondo e impegnato a guardarli con aria di superiorità oltre la coscia di pollo che stava divorando.

“IMPOSTOREEEEEEEEEEEEEEEEEEEH!”

L’urlo belluino apparteneva stavolta a Togami, il quale aveva un lungo conto in sospeso con il Super Impostore: ben prima di entrare alla Kibougamine costui si era spacciato per il vero Byakuya Togami, reclamando come sua l’eredità della Togami Zaibatsu, e al vero Super Erede la cosa non era andata giù. Soprattutto perché, nonostante avesse poi dimostrato di essere lui il vero Byakuya, l’Impostore si era intestardito a mantenere le sue (decisamente più grasse) sembianze, con il solo scopo di infastidirlo. Aveva addirittura deciso di farsi chiamare simpaticamente Twogami dai suoi compagni di classe, perché si era rifiutato di cambiare nome.

Quindi adesso la Kibougamine aveva ben due Byakuya Togami, uno dei quali soffriva di gastrite nervosa.

“Voi… voi schifosi plebei non avete idea di chi vi siete messi contro” li minacciò Togami, e per una volta Makoto si trovò d’accordo con lui: dovevano pagarla cara.

“Ah sì? E cosa vorresti fare?” chiese l’Impostore, sbocconcellando il suo pollo. “Sguinzagliare gli avvocati di papà?”

Makoto sentì lo stomaco dell’Erede (quello vero) emettere inquietanti rumori di digestione, segno che la sua gastrite tornava a farsi sentire. “Naegi” borbottò, camuffando un sonoro rigurgito, “raduna la classe.”
“Per cosa?”

“Consiglio di guerra.”


*


“Bene signore e signori, immagino sappiate perché ci troviamo qui.”

Dopo l’orribile primo giorno di festival (costellato dai momenti più bassi mai visti nella storia dell’accademia, dalle minacce di morte di Celestia ai danni di Hanamura, e le proposte oscene da parte di quest’ultimo che disgustarono chiunque, fino ad arrivare ai tristissimi lanci di torte in faccia) decisero di riunirsi per pensare ad una vendetta adeguata. Junko, per farsi perdonare, scelse il posto più sicuro dell’intera scuola, un posto dove nessuno sarebbe mai entrato di propria spontanea volontà neanche pagato.

“Enoshima, per l’ultima volta: PERCHÉ IN CAMERA MIA?”

“Perché nessuno di noi vorrebbe passare più di mezzo minuto in tua compagnia, Raggio di Sole” chiosò lei. “A parte Fukawa-chan, s’intende.”

Togami inspirò a fondo, sforzandosi di rimanere calmo. Cosa decisamente impossibile, visto che la sua stanza era stata invasa dall’intera classe 78 in pigiama. Aveva creduto che Touko e la sua assurda cotta per lui sarebbero state la sua maggiore preoccupazione, ma non aveva tenuto conto di Oowada e la sua curiosità da scimmia, e soprattutto il divertimento che traeva dall’infastidirlo.
“Gorilla, MOLLA LE MIE NAVI IN BOTTIGLIA.”

“Maddai, voglio solo vederla da vicino” rise il Biker, tenendo in mano con ben poca cura uno dei modellini più grandi, “non te li rompo i tuoi giocattoli, giuro!”

“LASCIA STARE IL MIO GIGANTIC!” pigolò Togami, e sentì chiaramente l’ennesimo rigurgito che risaliva il suo esofago.

Io ci muoio di gastrite, vogliono ammazzarmi e si divertono anche!

“Avanti Mondo-kun, lascia stare le barchette del nostro padrone di casa” si intromise Junko, ignorando i rimarchi di Byakuya sul fatto che non erano barchette ma costosissime riproduzioni in scala, “abbiamo ben altro di cui occuparci adesso.”

“Io voglio lo scalpo di Hinata! Voglio appenderlo sopra il mio letto vicino alla foto di Komaru e dei miei genitori! Aaaaaaaaaaargh, quanto lo odio quello!”.

Il silenzio che seguì questa inaspettata uscita di Naegi perdurò per parecchi minuti. Poi un timido Hagakure azzardò: “Ma… Naegicchi… tu non ami tutti?”.

“Io amo tutti, sì” gli rispose livido in volto “tranne quel bastardo di Hajime Hinata! Quello deve bruciare nelle fiamme infernali! Ha osato definirmi il suo mini-me ma con meno carisma! Lui, che esattamente come me non ha uno straccio di talento decente e non ha manco vinto la mia lotteria! Io, per quanto ridicolo, ho un motivo per essere qui con voi! Lui nemmeno quello! E si permette di fare l’altezzoso. Pezzo di m…”. La caduta nel turpiloquio venne fermata dalla pronta mano di Kirigiri, che andò a tappargli la bocca. Anche se Byakuya notò distintamente come sul viso di lei ci fosse un leggero rossore, e su quello di Ikusaba un leggero istinto omicida.

I plebei e le loro sciocche, patetiche pene d’amore. Non li capirò mai.

“Più seriamente” prese parola la Detective “quanto è successo oggi significa una sola cosa: guerra. La nostra classe è stata umiliata pubblicamente di fronte a tutti i visitatori, ai professori, alle altre classi. È un colpo durissimo alla nostra immagine e al nostro decoro e non può passare impunito”.

“Kirigiri-san” tentò di intervenire Oogami “non starai ingigantendo un po’ la cosa? Capisco che non sia stato piacevole, però addirittura arrivare a parlare di guerra…”.

“Sakura-chan ha ragione! Avanti ragazzi, vi sembra una cosa seria questa? Va bene, abbiamo fatto una pessima figura. Capirai, nella nostra classe ci sono Kuwata-kun e Oowada-kun che sono due serbatoi di figuracce con le gambe. Io ci sono abituata… e anche un po’ rassegnata”.

“ASAHINA! ANCHE SE SEI UNA RAGAZZA TI PICCHIO STAVOLTA!” ululò il Motociclista. Bastò uno sguardo storto di Sakura per metterlo a tacere.

L’altrettanta ovvia obiezione di Leon non arrivò solo perché Maizono lo fece girare verso di lei e gli mise un dito sulla bocca, intimandogli il silenzio.

Sia mai che il nostro prode Giocatore di Baseball dalla testa vuota e gli organi genitali pieni sappia dire di no alla sua “dolce” metà. Puah.

Ben presto una piccola ma vocale fronda di oppositori si schierò dalla parte di Oogami e Asahina, mostrando molta poca dedizione all’onore comune. E questo a Togami non andò giù: d’accordo, è vero che lui come Naegi era più coinvolto a livello personale per via della vaghissima antipatia che nutriva per l’Impostore… ma diamine, ne andava del buon nome della 78! Che branco di codardi.

“Insomma” proruppe di punto in bianco “vi pare un comportamento da tenersi, questo? La 77 ci ha reso i pagliacci di tutta la scuola oggi, e non solo della scuola. Sono venuti da fuori per vederci trattati come pezze da piedi incapaci. E voi volete fargliela passare liscia? Indegni che non siete altro. Vi disprezzo”.

“Oh wow, Togami disprezza qualcuno. Chiamate TV Tokyo, è una notiziona”.

“Ikusaba, devo farti rimuovere di forza da questa stanza?”.

“I pezzi delle tue guardie del corpo li vuoi recapitati per raccomandata o per corriere?”.

“Gnnnnnnné” balbettò l’Erede, rendendosi conto che non avrebbe vinto quella battaglia. Decise di cambiare approccio: “E va bene, non volevo giungere a tanto ma mi ci avete obbligato. Volete sapere perché me la sto prendendo a cuore in questo modo?” chiese alzandosi in piedi.

“Togami, non ci starai facendo un discorso solenne voglio sperare…” disse Junko, ironica.

“In realtà sì, volevo. Qualche problema?”.

“Oh no, figurati. Fai pure. È solo che… la tua vestaglia in raso purissimo… ha un taglio…”.

“CHECCOSA?” sbraitò fuori di sé. Se la tolse svelto e sì, in effetti c’era una lacerazione sul fianco sinistro.

“IO AMMAZZO QUALCUNO!”.

Ci volle l’intervento congiunto di Oogami e Oowada per imbrigliarlo, e persino quei due fecero una fatica assurda per tenerlo a bada. Faceva veramente il diavolo a quattro, posseduto dalla furia demoniaca di fronte al suo povero capo d’abbigliamento così barbaramente rovinato.

Da qualcuno di loro! Era stato sicuramente qualcuno di quei rozzi, sporchi, indecenti proletari a fare questo al suo adoratissimo capo di vestiario.

Quando riuscirono finalmente a farlo calmare un minimo, alla rabbia rovente si sostituì quella gelida: “Andatevene. Fuori. Tutti. Adesso”.

“Ma Togami, la riunione…”.

“Quando mi sarà passata. Ora ho un lutto da affrontare”.

“Pffffff. Sei veramente una diva anni Trenta, Raggio di Sole” si permise di sfotterlo Junko, evitando per puro miracolo il comodino (!) che lui le aveva lanciato addosso mentre usciva.

Uccido. Uccido. Uccido.


*


Mondo camminava svogliato per i corridoi della scuola. Accanto a lui Ishimaru non diceva una parola.

La situazione con la 77 era rimasta in sospeso dopo la pacata reazione di Togami della sera precedente, e lui di certo non era stato uno di quelli che aveva fatto ostruzionismo opponendosi alla giusta lezione che quei sacchi di merda si meritavano di ricevere.

No, sul serio. Mondo Oowada e la prospettiva di una rissa, possibilmente fisica. Cosa c’è di più giusto nell’universo?

Per questo si sentiva un po’ abbacchiato. Kirigiri ed Enoshima erano riuscite a strappare all’Erede una replica del consiglio di guerra per quella sera, ma significava niente ginnastica sessuale con la sua bella Modella.

Beh, possiamo sempre saltare bellamente quella palla di Chimica e imboscarci da qualche parte.

Erano quasi giunti in classe quando…

“OOWADA! BRUTTO BASTARDO DEL CAZZO! FERMATI!”.

Oh. Avrebbe riconosciuto quella vocina stridula fra un miliardo. Apparteneva a quella specie di nano in bottiglia di Fuyuhiko Kuzuryuu, il Super Yakuza.

Era uno della 77.

Un nemico da abbattere, quindi. Un nemico che gli aveva appena urlato brutto bastardo del cazzo.

Poteva essere che non ci sarebbe stato tempo per Junko e le sue notevoli tette. Da una parte sperava di passare il resto della giornata in punizione per aver gonfiato la faccia di Brontolo.

Si voltò lento, sorridendo: “Dimmi Kuzuryuu, c’è qualche problema per caso?”. Naturalmente il tappo più rumoroso del West era fiancheggiato dalla sua (pregevole) bodyguard personale, Peko Pekoyama.

“Ci puoi scommettere che c’è un problema, stronzo!”.

“Kuzuryuu-kun!” lo interruppe Ishimaru “Il linguaggio!”.

“Vaffanculo Ishimaru, non sono dell’umore adatto. Quel sacco di letame del tuo kyoudai del cazzo mi ha rovinato la Kawasaki!”.

“La moto?” rise Mondo “Ma quindi fanno le Kawasaki giocattolo? Maledetto Daiya che non me ne ha mai regalata una quand’ero piccolo!”.

“Non sfottere, pezzente! È un modello pregiato, che uno come te non si potrebbe permettere neanche andando a vendere i suoi polmoni pieni di catrame al mercato nero!”.

“Davvero ho fatto questo? Oh santa polenta, che tragedia. E dimmi, quando e come avrei danneggiato la tua preziosa due ruote mignon?”.

“Alla prossima battuta sulla mia altezza ti faccio ingoiare l’intera dentatura a pugni!”.

“Oooooh, il marmocchietto è furibondo. Che dici Ishimaru, dobbiamo riportarlo dalla mamma per farglielo sgridare?”.

“...”.

“Che c’è, statuetta da giardino? Perso le parole?”.

“...Peko, alzami”.

A quella Oowada scoppiò a ridere come una iena.

“Peko, alzami! Peko, allacciami le scarpe! Peko, fammi i compiti! Peko, svuotami le palle!”. Anzi no, gli piacerebbe farsi quel pezzo di figliola. Scommetto che non gliela darebbe neanche dopo un ordine diretto. Voglio pensare abbia del buon gusto.

Le sue risate vennero interrotte da un diretto che lo centrò in pieno sul naso: “Ridi adesso, cretino”.

Il Motociclista cadde a terra, sinceramente stupito dalla forza che quella specie di ometto tascabile era stato capace di sprigionare. Allora forse è vero che nella botte piccola c’è il vino… com’era quel proverbio? Nella botte piccola c’è il vino… vino.

Sotto gli occhi di uno stupefatto Ishimaru, il pompadour con il coglione attorno (fu il memorabile insulto che una Aoi totalmente fuori di sé gli dedicò durante un epico viaggio di classe) si rialzò tenendosi la parte offesa: “Apperò. Allora qualcosa c’è dentro quella testaccia pelata”.

“Non sono pelato, cazzo! Ti sembro pelato? I capelli li ho. E anche la voglia di ridurti come la mia povera moto!”.

“Ma se hai bisogno del piedistallo perché sennò rischieresti di picchiarmi solo ad altezza pacco? Per favore, sei ridicolo”.

SDONG.

Ahio. Il ragazzino pesta.

“Frodo Baggins io ti avviso” replicò, obbligandosi a mantenere la calma “non fare incazzare i grandi, che poi sono schiaffi sul popò che volano.”

Kuzuryuu gli mollò un altro calcio dritto in faccia (sempre aiutato da Peko), che stavolta Mondo riuscì ad evitare. Il piede del ragazzino però andò a colpire il suo pompadour così abilmente pettinato.

Ishimaru sgranò gli occhi.

Mondo ringhiò.

Pekoyama sussultò.

“...sei un hobbit morto.”

Il corridoio divenne teatro della Più Brutale, Più Violenta, Più Ridicola Rissa tra Super Alunni che l’accademia avesse mai ospitato tra le sue mura. Inutili furono i tentativi di Ishimaru di riportare l’ordine: persino Peko, la Super Spadaccina, dovette farsi da parte e assistere impotente alla furia di Mondo Oowada che si abbatteva sul suo nanico boss.

“MOLLAMI, STRONZO! MOLLAMI!”
“Allora, vuoi berciare ancora per molto, coso?”

La rissa fu inevitabilmente vinta da Mondo, la cui altezza e mole di muscoli lo favorivano su Kuzuryuu (dotato di grande carica aggressiva, ma fisicamente incapace a sostenere anche un braccio di ferro): acchiappò lo Yakuza per la collottola, sollevandolo come fosse un cucciolo troppo agitato e lo avvicinò a sé.

“METTIMI GIÙ MOTOCICLISTA DEL CAZZO!”
“Kami, certo che ne fai di casino per essere così piccolo! Sentimi bene” ringhiò, guardandolo dritto negli occhi: “Io ho involontariamente danneggiato la tua Kawasaki Triciclo, ma tu. TU mi hai rovinato il pompadour di proposito, e NESSUNO rovina il mio pompadour. Considerati già morto, Lego Yakuza.”

Lanciò Kuzuryuu in braccio a Pekoyama, che sembrava combattuta tra il lavare l’onta col sangue e occuparsi del suo boss, e abbandonò Ishimaru per fiondarsi dritto in biblioteca, dove sapeva avrebbe trovato Togami. Arrivato a destinazione quasi buttò giù la porta.

“Scion di ‘Staceppa.”

“Gorilla.”
“Consiglio di guerra. ORA. Quel nano di merda deve morire!”

Togami non distolse lo sguardo dal suo libro, ma inarcò un sopracciglio: “Addirittura, che ti ha fatto Naegi?”

“Non parlo di lui, ma di Kuzuryuu della classe 77.”

Bastò quello a destare l’interesse dell’Erede, che subito si voltò verso Mondo. Quest’ultimo indicò la sua acconciatura rovinata e disse: “DEVONO. MORIRE. TUTTI.”

Togami sfoderò un ghigno degno di un serial killer.

“Facciamoli neri.”

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Capitolo 2
*** ...e il consiglio di guerra, con un contorno di dissidenti e un buon Ultimate Lucky Gastro ***


Hajime Hinata si era alzato di umore splendido, quella mattina.

Il festival del giorno precedente si era rivelato un trionfo su tutta la linea: il piano per far fare una figura barbina alla classe 78 era andato alla perfezione, e lui si era goduto ogni singolo istante della faccia distorta dalla rabbia di quel povero fesso di Naegi.

Quei due si erano stati sulle scatole sin dal primo momento in cui si erano guardati negli occhi. Sapete, quelle antipatie a pelle senza un reale motivo ma che spesso e volentieri diventano le peggiori possibili. Quando devi infastidire e ostacolare qualcuno per il puro gusto di farlo, senza particolari provocazioni o motivi.

Ti sta sul cazzo e lo esterni ogni volta che puoi, nelle parole e nei fatti.

Così funzionava per lui e per Naegi, perché era evidente che l’antipatia fosse reciproca e matura per dare i suoi frutti.

Lui era stato solo più veloce e aveva portato la prima stoccata. In realtà del resto della 78 non gli fregava davvero qualcosa, voleva solo lasciare Naegi in braghe di tela mentre l’universomondo lo derideva come si meritava. Gli altri erano vittime collaterali, su cui però non avrebbe pianto una sola lacrima di dispiacere.

E quindi, avendo ottenuto ciò che si era prefissato, quella sarebbe stata una giornata grandiosa.

Non importava se le lezioni si erano rivelate ancora più mortalmente noiose del solito. Non importava se si era quasi slogato una caviglia cadendo dalle scale. Non importava se si era preso una punizione, quella classica con i secchi fuori dalla porta, per colpa di quel tifone umanoide di Ibuki.

Non importava. Il sole splendeva alto nel cielo, gli uccellini cinguettavano e la natura gli sorrideva tutta, complimentandosi con lui per il successo sul suo nemico personale.

Poi, proprio al termine dell’orario scolastico, successe il patatrac.

Si stava per avviare alla porta, desideroso di andare a sdraiarsi sul letto per la sua consueta lettura dei manga, quando l’occhio gli cadde su Kuzuryuu che parlottava fitto fitto con Saionji.

Uh oh, guai in vista. Se butti un chilo di tritolo sopra a un gatto particolarmente irascibile non ottieni nulla di buono.

Contro il suo stesso giudizio pensò bene di avvicinarsi per sentire cosa si stessero dicendo.

“Hai capito, Saionji? Devi andare a colpire gli elementi più deboli e indifesi della 78. C’è la ragazzina balbettante che si masturba coi computer, il grassone ovale, la quattrocchi che ha paura persino a respirare. Sono quelli i tuoi bersagli”.

“Non ti rimangerai la parola data, vero?”.

“Uno yakuza pone al primo posto il proprio onore. Se ho detto che ti sommergerò di soldi, ti sommergerò di soldi”.

“Tanto lo sai che mi stai sulle palle comunque, no?”.

“Come qualunque essere umano tranne la tua sorellona Koizumi. Sai la novità. Ora smamma, mocciosa”.

“Ma finiscila, nano da giardino malriuscito. E comunque sono più bassa di te solo di qualche centimetro e solo perché ho una deficienza nella crescita”.

“Mi stai convincendo sempre più che la deficienza non ce l’hai solo nella crescita, ed è per questo che sei la persona migliore per questo compito”.

Hinata vide la Super Ballerina Tradizionale sbuffare verso il cielo e accomiatarsi dal loro biondo compagno, il cui sorriso da serial killer non era uno spettacolo proprio rassicurante.

Poteva farsi i fatti suoi, scrollare le spalle e andarsene. Decise invece di immischiarsi.

Gli si avvicinò e gli chiese: “Kuzuryuu, ma… che succede?”.

“Oh, Hinata. Ciao. Nulla, non succede nulla. Ho solo appena scatenato Lady Gioia di Vivere sulla classe 78 per rendere la loro vita impossibile”.

“Sì, quello l’ho sentito. Ma cosa ti ha spinto a farlo? Mi sono perso qualcosa?”.

“Eccome se ti sei perso qualcosa. Non si vede che ho l’occhio gonfio e un dente in meno?”.

“Porca vacca, hai ragione. Non so come ho fatto a non accorgermene”.

“Compensavo con lo charme”.

“Nome della nuova droga che voi brava gente vendete per la strada?”.

“Vaffanculo”.

Risata.

“Ok Kuzuryuu, ma ancora non mi hai raccontato”.

“Giusto. Ecco, il fatto è che stamattina ho avuto un incontro ravvicinato del quarto tipo con le nocche di Oowada”.

“Oowada? Perché?”.

“Sai che a me piace venire a scuola in moto, no?”.

“Ovvio che sì. Il triciclo. Come posso dimenticarlo?”.

“...rivaffanculo. Ok, prima me la sono trovata mezza distrutta per colpa di quel bastardo”.

“Ah, ora capisco. Ti sono saliti i cinque minuti e sei andato ad attaccar briga, prendendoti il tuo solito ripassone. Come accade sempre quando vai a far rissa con quelli più alti di te. Oh, aspetta. Quindi succede sempre”.

“...ricordami perché io e te dovremmo essere amici”.

Di nuovo una risata.

“Battute a parte. Quindi hai deciso di vendicarti per interposta persona di lui”.

“Di lui e di tutti i suoi compagnucci di merende, già. Chi fa un torto a Fuyuhiko Kuzuryuu firma la condanna a morte sua e di tutti coloro che gli stanno attorno”.

Hinata non rispose, limitandosi ad inarcare un sopracciglio: Kuzuryuu sembrava sempre così convinto delle minacce che elargiva in giro come caramelle, che non di rado si era chiesto se si rendesse conto di avere la carica aggressiva di un bassotto. Ok, era pur sempre uno yakuza (il Super Yakuza, ad essere precisi), ma aveva comunque la faccia di un undicenne.

“Avrei davvero voluto vederla la vostra rissa” borbottò sottovoce, attirando l’attenzione dell’altro: “Hm? Detto qualcosa?”

“Niente, niente” sciacquò via la questione, “dicevo che andrò a godermi la mia siesta e i miei manga. Buona continuazione con i tuoi piani di conquista delle moto più grandi.”
“Vaffanculo, Hinata!”

Altra risata.

Però avrei voluto vederla davvero la rissa si disse, scommetto il mio ahoge che Oowada l’ha di nuovo sollevato come un pacco postale.

Si appuntò mentalmente di chiedere a Koizumi se magari non avesse scattato qualche foto dell’evento, oppure avrebbe chiesto al Super Regista della 79.

Chiuse la porta della sua stanza e si buttò sul letto. Era così beato e rilassato che si dimenticò completamente dei manga e prese sonno quasi istantaneamente. Tuttavia un fugace pensiero lo colse: E se la geniale idea di Kuzuryuu mi si ritorcesse contro?

Non escludeva che la 78 avesse già in mente di vendicarsi, ma non voleva rischiare di dargli ulteriori motivazioni a causa di due puffi con troppa rabbia repressa.

Dopo, ci penserò dopo pensò, prima di abbandonarsi alle braccia di Morfeo.


*


Quella, si disse, era una delle giornate peggiori della sua vita.

E ne aveva vissute parecchie prima di entrare alla Kibougamine, quindi aveva abbastanza esperienza per dirlo.

Ma quella… oh, quella era un ritorno in grande stile di tutti i suoi timori più profondi e radicati.

Chihiro tirò su col naso e si appallottolò meglio che poté tra le casse di cibo in scatola nella stanza delle scorte situata di fianco alla caffetteria. Sentiva ancora i passetti veloci di quell’arpia fuori dalla porta, forse intenta a cercarlo in corridoio. Si augurò che le passasse la voglia al più presto, e che soprattutto non le venisse in mente di cercarlo lì.

Quella caccia al topo era cominciata solo un’ora prima, e purtroppo il topo in questione era lui.

Si era appena messo la tuta per raggiungere Oowada e Ishimaru su in palestra, per la consueta sessione di allenamenti che Chihiro aveva personalmente chiesto ai due amici (per diventare più forte, gli aveva detto), e stava per salire il primo scalino quando quella gli si era parata davanti.

“Oh ma buona sera, Fujisaki-san!”

Hiyoko Saionji era ferma sulla prima rampa di scale, avvolta nel suo solito kimono giallo, e a giudicare dall’espressione sembrava stesse aspettando proprio lui.

Chihiro era un po’ intimorito da lei… no, ok, era terrorizzato.

Era risaputo in tutta la scuola che ciò che a Saionji mancava in altezza lo compensava in crudeltà verso il mondo: spargeva cattiverie e battute al vetriolo con la stessa facilità con cui diceva buongiorno e buonasera, roba che persino Ludenberg e Togami in confronto erano due agnellini. Ma almeno a loro due era abituato, mentre lei… lei era una mina vagante.

“B-Buonasera, Saionji-san” balbettò, maledicendosi per aver lasciato il cellulare in camera. Se l’avesse avuto avrebbe potuto avvisare Mondo… poco virile forse, ma per una volta avrebbe saputo conviverci.

La ragazzina scese gli scalini quasi saltellando, fino a ritrovarsi a pochi passi da lui, e sfoderò un sorriso solo all’apparenza gentile: “Ma guarda, credo sia la prima volta che ti vedo in abiti maschili! Perché tu sei un maschio, vero Fujisaki-san?” chiosò, rimarcando ancora su quel -san quasi fosse un insulto.

Il Super Programmatore non rispose, ma quella frase non gli era passata inosservata: Saionji lo aveva colpito dritto nel suo punto debole.

“I-io dovrei andare” disse, e fece per girarle attorno e dirigersi verso le scale, ma lei lo afferrò per un polso: “Oh, già, vai ad allenarti con quel gorilla di Oowada nella speranza di diventare come lui?” ridacchiò. “Che bell’esempio, tutto muscoli e niente cervello… credevo avessi aspirazioni più alte.”

Chihiro decise di risponderle a tono: “N-non parlare male di Oowada-kun! Lui è un mio caro amico, ed è gentile!”

“Bla bla bla, solo sinonimi di stupido scimmione!”

Decise che era ora di dare un taglio a quella discussione e cercò di divincolarsi dalla stretta di Saionji, che però era molto più salda di quanto si fosse aspettato.

“La-lasciami!”

“Perché? Io voglio solo chiacchierare, femminuccia!” sorrise maligna lei, e allora Chihiro si ritrovò a fare qualcosa che non aveva mai fatto in vita sua: le diede uno spintone che la fece ruzzolare per terra, e per pochi secondi allentò la presa sul suo polso consentendogli di scappare.

“E-ehi! Come ti sei permesso! Torna qui!”

Per sua fortuna il kimono rallentava  Hiyoko, abbastanza da farle perdere qualche secondo per rimettersi in piedi e concedere a Chihiro di mettere distanza tra loro. Andare in palestra da Mondo e Ishimaru era ormai fuori questione, quindi optò per tornare verso il dormitorio e chiudersi in camera sua.

“Torna qui, Fujisaki! Devi pagarmela!”

Ma non aveva tenuto conto della testardaggine della Super Ballerina Tradizionale. Probabilmente era a qualche metro da lui e la sua stanza ancora lontana; era vicino alla caffetteria, ma non c’erano posti dove nascondersi nemmeno in cucina, mentre la sauna alla sua sinistra era chiusa.

L’unica idea che gli venne fu quella di chiudersi nella stanza delle provviste, di fianco alla scala che portava al secondo piano dei dormitori: ringraziando tutti i kami per il corridoio deserto, corse verso la porta, tirò fuori due forcine dalla tasca della tuta e le infilò nella serratura.

Tipregotipregoapriti!

Venne ricompensato da un leggero clack.

Sì!

Entrò di corsa e chiuse velocemente la porta, appena in tempo per sentire Hiyoko che urlava ancora il suo nome.

Ed ecco come si era ritrovato lì, nascosto tra un sacco di patate e uno scatolone pieno di barattoli di macedonia. Aveva ancora in mano le forcine piegate che lo avevano salvato: Oowada gli aveva insegnato tempo addietro come scassinare una serratura, “per precauzione” gli aveva detto (di che tipo di precauzione parlasse non ne era sicuro, ma aveva preferito non approfondire). Non ne andava fiero, ma in quel momento ringraziò mentalmente Mondo per averlo iniziato all’arte dello scassinatore.

Alcuni rumori lo distolsero dai suoi pensieri. Si avvicinò con cautela alla porta e vi accostò l’orecchio: sentì di nuovo la sgradevole voce di Saionji, anche se non riuscì a capire nulla di ciò che stava dicendo; sentì poi un’altra voce femminile urlare qualcosa. Per qualche minuto calò di nuovo il silenzio, poi la voce della Ballerina si fece più vicina (ma ancora non abbastanza da distinguere le parole), a cui rispose una voce maschile che riconobbe come quella di Yamada. Dopo altri interminabili minuti sentì la ragazza avvicinarsi alla sala provviste, ma per sua fortuna tirò dritto verso la scala per i dormitori al secondo piano. Attese ancora, giusto per sicurezza, e quando decise che era abbastanza lontana uscì facendo quanto più silenzio possibile. Si disse che la prima cosa da fare era avvisare Mondo e Ishimaru, invece si diresse in caffetteria, dove trovò Touko Fukawa seduta ad uno dei tavoli: ad un’occhiata più attenta notò che la Super Scrittrice stava piangendo.

“Fu… Fukawa-san?”

Touko si voltò di scatto e gli rivolse uno sguardo terrorizzato: “S-Sa-! Oh, F-Fujisaki… sei solo t-tu” disse, sembrando decisamente sollevata. Chihiro si avvicinò a lei e azzardò una domanda: “Q-qualcosa non va, Fukawa-san? Ti ho sentita piangere…”
“N-non c’è niente che non va!” ringhiò, ponendosi sulla difensiva. “E p-poi a nessuno importa di me…” aggiunse sottovoce, ma il Super Programmatore la sentì lo stesso: “Ma a me interessa! O n-non te l’avrei chiesto” annuì.

Touko lo osservò in silenzio, probabilmente incerta se fidarsi delle sue parole o no. Chihiro ritentò: “È stata Saionji a farti piangere, non è vero?”

“C-come fai a…?”

“L’ha fatto anche con me, prima” ammise lui, “ma sono riuscito a nascondermi.”

Passò qualche istante prima che Touko prendesse di nuovo parola: “M-mi ha avvicinata dandomi della pervertita, della pazza furiosa” disse, tirando su col naso, “e c-che Byakuya-sama non potrebbe mai amarmi. E c-che dovrei imparare a lavarmi! L-lei, che non si toglie mai quel d-dannato kimono e si sente!”

Chihiro si innervosì: “C-che persona orribile! Quando mi ha fermato sulle scale m-mi ha preso in giro perché indosso la tuta maschile e… e mi ha chiamato femminuccia, e offeso Oowada-kun” rispose tutto d’un fiato, prima che le lacrime minacciassero di nuovo di scendere.

“A quanto pare ci ha presi di mira…”

Si voltarono verso la porta della cucina, da cui videro uscire un malconcio Yamada.

“Y-Yamada-kun! Anche tu?” chiese Chihiro, e il ragazzo si limitò ad annuire con sguardo rassegnato. Stava per chiedergli cosa fosse successo, ma vennero distratti tutti e tre da qualcuno che li chiamava.
“Finalmente! Dove diamine ti eri cacciato?”

Mondo e Ishimaru gli vennero incontro dall’entrata della caffetteria, seguiti da Togami.

“Oowada-kun, come mi hai trovato?” chiese, e l’altro si limitò a scuotere la testa: “Ti ho cercato ovunque, ecco come ti ho trovato! Quando non ti abbiamo visto arrivare io e Ishimaru ci siamo preoccupati, e nel frattempo abbiamo trovato lo Scion di ‘Staceppa che ci aspettava per la riunione” spiegò. Poi guardò attentamente gli occhi rossi di Chihiro, quelli di Fukawa e l’aria distrutta di Yamada.

“Ragazzi, dovete dirci qualcosa? Sembra vi sia appena passato sopra un tir.”

I tre si scambiarono un’occhiata fugace, poi Fujisaki parlò per tutti e tre: “Più o meno…”

“Un t-tir chiamato S-Saionji” aggiunse Touko, asciugandosi gli occhi ancora umidi col dorso della mano.
“Aspetta, aspetta” intervenne Togami, “Saionji della 77? Quella nana fastidiosa in kimono?”

Gli altri tre annuirono, e Chihiro vide Mondo e l’Erede scambiarsi uno sguardo… d’intesa?

Non sapeva se a preoccuparlo fosse più questa nuova alleanza o Hiyoko a piede libero, ma preferì non chiedere.


*


“Soldati. Compagni. Sapete perché siamo qui.”

“Per finire la riunione di ieri che tu hai interrotto perché sei una regina del melodramma?”

Togami lanciò uno sguardo furioso a Celestia, che lei ignorò completamente. Tornò al suo discorso, e stavolta nessuno l’avrebbe fermato (aveva già nascosto le sue navi in bottiglia, per evitare che Oowada si distraesse… e le distruggesse): “Dicevo, siamo qui per mettere a punto un’azione strategica contro la classe 77” continuò, camminando avanti e indietro come un generale che parla al suo plotone (cosa che sarebbe stata molto più d’effetto se non avesse dovuto scavalcare quelli seduti per terra, ma preferì soprassedere). “Se già lo scherzo dello stand e l’esistenza dell’Impostore - sì Naegi, anche quella di Hinata - sono offese gravissime, ciò che hanno fatto oggi” indicò Fujisaki, Fukawa e Yamada “è un’onta che va lavata col sangue” ringhiò, “perché nessuno, e ripeto nessuno, fa piangere I MIEI plebei.”

“I tuoi… plebei?” inarcò un sopracciglio Junko.

“Non ho capito se devo pestarlo o ringraziarlo” chiese Mondo.
“Anche noi ti vogliamo bene, Togami-kun” sorrise Makoto, e ci mancò poco che a Byakuya venisse un infarto.

“Come scusa? Quella roba lì… era una manifestazione d’affetto?”.

“Perché, Oowada-kun? Non si capiva?”.

“Non direi. A me sembrava solo l’ennesimo gonfiare il petto della diva bionda”.

“Ok, ha il suo modo… peculiare. Però dai, se nessuno fa piangere i suoi plebei… vedila così: siamo una spanna sopra gli altri plebei. È già qualcosa, no?”.

“Ehm” tentò di riottenere l’attenzione la suddetta diva bionda “COME STAVO DICENDO. Nessuno può passare impunito dopo un attacco tanto vile e senza onore”.

“Non per rompere il tuo entusiasmo, Togami” prese la parola Kyouko “ma come hai intenzione di rifarti sulla 77? Vuoi mandare un Oowada d’assalto a lanciare uova marce durante una loro lezione?”. E nonostante fosse una palese uscita ridicola, il Motociclista sembrò piuttosto entusiasta all’idea di presentarsi in territorio nemico vestito come Rambo con uno sparauova sulla schiena.

Lo Scion scrollò le spalle, un sorriso beffardo: “Oh Kirigiri, siamo qui apposta no? Scommetto che fra tutti ci verrà in mente una forma di vendetta efficace e soddisfacente. D’altronde reputo giusto che ogni membro di questa classe ci metta del suo, è uno sforzo collettivo e come tale va preso”. Stava per proseguire, dopo essersi preso i suoi meritati secondi di gloria, quando si accorse di una cosa che non gli piacque per nulla.

Lo sguardo… gli venne quasi da dire pesantemente contrariato di Sakura. La quale, pur essendo seduta come tutti gli altri, lo guardava con le braccia conserte e tutta la serietà di cui era capace.

“C’è qualche problema, Oogami?”.

“Sì, devo dire di sì” rispose quella alzandosi lentamente, al centro dell’attenzione comune dopo un’uscita così baldanzosa; “Se posso permettermi…”.

“Parla”.

“Io sono contraria a questa… stupidaggine”.

Il clamore che seguì quella sprezzante dichiarazione era difficile da descrivere. Togami avrebbe giurato che alcuni, se non si fosse trattato della Super Artista Marziale, si sarebbero addirittura spinti sul fisico pur di esternare il loro disappunto. Oowada in prima fila, ovviamente, ma quello era capace di attaccar briga anche con un comodino pacifista.

Lei non fu per nulla turbata da quest’alone di ostilità creatosi, e anzi si limitò a spiegarsi con voce calma ma risoluta: “Non voglio aver niente a che fare con una bambinata simile. A onor del vero posso dire di capire perché si sia giunti a questo punto, visto che quanto accaduto oggi è stato piuttosto deplorevole. Ma è la situazione nella sua interezza a non farmi voler proseguire con questa pantomima. Ve lo chiedo con la massima schiettezza: credete davvero giusto che noi ora ci si debba trovare qui, come se fossimo nel bel mezzo di un concilio di guerra, a tramare alle spalle della classe 77?”.

“Certo che sì!” irruppe lo stesso Togami, con una furia a dir poco inaspettata per uno come lui “Non mentivo quando ho detto che un fatto del genere è orrendamente lesivo della dignità e del buon nome della nostra classe nella sua interezza, e reputo indispensabile la presenza e l’apporto di ogni suo singolo membro. Non ti vorrai tirare indietro nel momento del bisogno, Oogami? Che figura ci farebbe la tua scuola di arti marziali?”.

“Non è affare che ti riguarda. E comunque prima di tutto viene il mio codice personale, il quale mi vieta di spendermi per una questione così irrisoria. Il vecchio detto vivi e lascia vivere è purtroppo sottovalutato, mi tocca constatare”.

“Oogami, non puoi comportarti così. Vuoi passare per codarda?”.

“Sei libero di avere di me l’opinione che preferisci, la cosa non mi tange. Devo rispondere in prima istanza a me stessa e alla mia etica”.

Ci fu una notevole escalation nel battibecco, con l’Erede che si ritrovò inconsapevolmente ad alzare sempre di più il tono. Arrivando addirittura a insinuare brutte cose nei confronti di Sakura, che per fortuna della sua colonna vertebrale fu saggia e controllata abbastanza da glissare con eleganza.

L’impasse sembrava impossibile da rompere. I due si guardavano fissi, ognuno arroccato sulle proprie posizioni diametralmente opposte.

Poi qualcosa, o meglio qualcuno, decise di intervenire: Chihiro si posizionò a lato di Sakura e si disse d’accordo con quanto aveva espresso.

Non uno, ma due… due traditori. Non ci voglio credere.

Byakuya trattenne a stento un rumore molesto proveniente dal suo stomaco, che in situazioni del genere tendeva a dare in escandescenze.

“Fujisaki!” urlò praticamente tutto il resto della classe.

“Io… io sono d’accordo con Oogami-san! Tutto questo è ridicolo! Io non voglio dover fare la guerra a nessuno!”.

“Ma Fujisaki-kun!” esclamò Ishimaru, a quanto sembrava inorridito dallo sviluppo “Oggi… oggi sei stato aggredito in maniera vile da quella serpe di Saionji! Come puoi non voler fargliela pagare, a quella… screanzata in kimono?”.

Qualcuno rise di fronte al Prefetto che era diventato livido in volto dopo aver osato pronunciare il terribile epiteto screanzata in kimono.

“Non m’importa, Ishimaru-kun! Ci sono… ci sono abituato. E comunque Oogami-san continua ad aver ragione. Ci hanno fregato con la storia dello stand al festival? E allora? Vi pare sano mettersi in testa di voler appendere la loro pelle ai piedi del caminetto? Diavolo, date una regolata alle vostre priorità invece di perdervi in un bicchiere d’acqua!”.

“Non è solo per la faccenda dello stand e lo sai bene, Fujisaki-kun” ribatté un Naegi molto combattivo.

“Naegi-kun, ti prego, non ricominciare con la storia di Hinata. Vi state antipatici, d’accordo… ma vuoi veramente portare la cosa a delle conseguenze così estreme? Sul serio?”.

Un’altra voce di dissenso si alzò, vivace: “Sakura-chan e Fujisaki-kun hanno non ragione, ma ragionissima!”.

...ditelo che mi volete morto, ditelo.

“Asahina-san…” si lasciò sfuggire Makoto a mezza voce.

In breve fu il pandemonio in quella stanza, con Togami che si concesse un meritato sospiro di sollievo interiore per la lungimiranza nell’aver fatto sparire qualunque oggetto fragile.

Alla fine il capannello dei dissidenti si ritrovò composto da Sakura Oogami, Chihiro Fujisaki, Aoi Asahina e Touko Fukawa. Quest’ultima, nonostante fosse come Fujisaki parte lesa in prima linea, trovava davvero eccessiva l’idea di pitturarsi la faccia come una testa di cuoio e cominciare a strisciare verso la 77 col machete in bocca.

“Molto bene” si trovò a decretare Togami “Se voi quattro non tenete in minima considerazione la gravità della situazione… vi devo chiedere di andarvene. Siete di troppo”.

“Se è quello che desideri, Togami” annuì Sakura, avviandosi verso la porta. “Permettimi solo di darti un consiglio” disse, con la mano sul pomello “chi gioca col diavolo finisce bruciato. E ho idea che voi tutti, e anche quelli della 77, finirete per lasciarvi prendere troppo la mano fino a non poter più tornare indietro.”

E con quella profezia nefasta uscì dalla stanza, seguita dalle altre ragazze e Fujisaki. Byakuya notò come Touko si fermò ad osservarlo per qualche istante, con uno sguardo… preoccupato?

Per lui?

Feh. Non ho bisogno di gente che si preoccupa per me, so badare benissimo a me stesso. Un gorgoglio proveniente dallo stomaco gli preannunciò il ritorno della gastrite.

...ho solo bisogno di un gastroprotettore, ecco.

“Bene, signori” si rivolse ai rimanenti. Sciolse il contenuto una bustina di Ultimate Lucky Gastro in un bicchiere d’acqua che mandò giù tutto d’un fiato, e riprese a parlare: “Siamo rimasti solo noi, ma saremo più che sufficienti. Ora ci serve un piano che funzioni.”
“Sì, pestiamoli come le merde che sono!”

“...Enoshima, che ci fai ancora qui?”
“Io? Io voglio vederli morti tanto quanto te!” rispose lei, piccata. “Glielo faccio vedere io a Hinata chi è la stella più brillante del firmamento, Mr. Mi Hanno Ammesso Alla Kibougamine Senza Motivo!”

“Brava piccola, così ti voglio!” chiosò Mondo, e prese in braccio la sua Super Modella (che replicò con una risatina fastidiosamente acuta).

Togami esternò tutto il suo disgusto: “Per favore, voi due, se proprio non riuscite a reprimere i vostri istinti animaleschi prendetevi una camera!”

Junko sorrise: “Oh, ma l’abbiamo già fatto! La tua ci piace parecchio!”

Byakuya sentì di nuovo l’esofago andare a fuoco.

“E comunque dovresti provare anche tu a cedere ai tuoi… istinti animaleschi” chiosò Oowada, “non ti farebbe che bene. E poi lo sa tutta la scuola che tu e Fukawa non aspettate altro!”

Tutti risero alla battuta del Biker. Byakuya aveva l’equivalente di un vulcano al posto dello stomaco. Makoto gli porse misericordiosamente un altro Lucky Gastro che lui accettò senza fiatare.

Morto, mi vogliono morto. Ma li trascinerò tutti all’inferno con me.


*


Se c’era una cosa che Touko pensava non le sarebbe mai accaduta, era di trovarsi a prendere tè e biscotti in caffetteria con le amiche.

Fondamentalmente perché non aveva mai avuto amiche, né aveva provato a farsene.

Le persone fanno tutte schifo si ripeteva continuamente, e di esperienza in materia ne aveva: dagli abusi verbali subiti dalla sua famiglia fino agli scherzi orribili messi in atto da ex compagni delle scuole medie, aveva abbastanza prove a sostegno della sua tesi. Certo, c’era quell’infatuazione per Byakuya-sama che l’aveva colta alla sprovvista, ma… le doleva ammetterlo, a volte persino il suo cavaliere bianco si comportava come tutti gli altri.

Non sempre, magari ma… a volte, si corresse mentalmente, quasi che lui potesse leggerle nel pensiero e la disapprovasse (cosa in cui aveva un talento innato, altro che Super Erede).

“Ancora tè, Fukawa-chan?”

La voce squillante di Asahina la riscosse dai suoi pensieri. Fece un breve cenno affermativo e la Nuotatrice le riempì di nuovo la tazza e le porse una ciambella (che non aveva chiesto, ma insomma, perché rifiutare?). Touko zuccherò la sua bevanda e addentò il dolce, riprendendo ad ascoltare i discorsi delle ragazze.

E di Fujisaki, si corresse. Dopo il Caso Saionji si era ritrovata più comprensiva nei confronti dell’Hacker, persino verso Yamada (con cui aveva una faida personale su chi tra loro due scriveva le storie migliori, e che andava avanti praticamente dal primo giorno alla Kibougamine. Ovviamente lei sapeva di essere la migliore, il titolo di Super Scrittrice non l’aveva certo trovato in un sacchetto di patatine).

“Non credevo davvero si arrivasse a tanto!” borbottò Asahina, divorando la sua ciambella. “Ok, quelli della 77 ci hanno fatto fare una figura del menga, e il modo in cui hanno trattato voi” indicò Touko e Fujisaki (e probabilmente includendo anche l’assente Yamada) “è assolutamente imperdonabile! Ma addirittura organizzare RIUNIONI in camera di Togami come fossero un plotone d’esecuzione? Seriamente?”

Sakura sorseggiò il suo tè e annuì: “Sono perfettamente d’accordo. Se vogliono portare avanti questa… faida e rendersi ridicoli, che facciano pure. Io non ho intenzione di immischiarmi.”

Touko si ritrovò concorde con quella linea di pensiero, seppure non intendesse ammetterlo apertamente. E le dispiaceva vedere Byakuya-sama farsi il sangue amaro (quasi letteralmente) per cose tanto stupide. Però aveva apprezzato il suo volerla difendere… ok, difendere lei, Fujisaki e Yamada e usarli come scusa per alimentare il fuoco di quella baruffa da asilo nido, ma era stato comunque un gesto gentile per i suoi standard.

“Tu cosa ne pensi, Fukawa-chan?”

DI nuovo Asahina la ridestò, e si trovo tre paia di occhi puntati addosso.

“C-Come?”

“Tu cosa ne pensi di quanto sta succedendo? Voglio dire, non lo trovi senza senso?”

Sentì il panico assalirla prepotente: raramente esprimeva le sue opinioni, perché a nessuno interessava saperle e quindi non gliele chiedevano, né lei aveva voglia di mettersi in luce.

Questa era decisamente una situazione nuova e… potenzialmente pericolosa. Esporsi voleva dire dare modo agli altri di conoscerla e, molto probabilmente, diventare il bersaglio dei bulli (com’è sempre stato aggiunse mentalmente). Certo, c’era sicuramente la possibilità che non succedesse, ma valeva la pena rischiare?

Si voltò verso Fujisaki, che le sorrise e le fece un cenno con la testa. Va tutto bene, lanciati.

Inspirò.

“E-Ecco… d-devo ammettere che trovo la loro idea davvero ridicola” disse tutto d’un fiato, “Saionji è stata orribile con me… con noi” si corresse, guardando il Super Hacker di sottecchi “ma reagire getterebbe s-solo altra benzina sul fuoco. E ho i-imparato a mie spese che spesso è m-meglio lasciar perdere.”

Oogami inaspettatamente le sorrise: “Sono d’accordo con te, anche se non del tutto.”

Ovviamente pensò, mordicchiando l’unghia del pollice. Mai una gioia per me.

“Vedi, hai ragione a dire che ribattere allo scherzo della 77 non porterà a nulla di buono, e che a volte bisogna saper ignorare e guardare avanti, ma” si fermò un secondo per prendere un biscotto “ci sono casi in cui bisogna saper alzare la testa e dire la propria. E tu, Fukawa-san, ne avresti davvero bisogno.”

Se si fosse trattato di un’altra persona Touko non si sarebbe fatta problemi a rispondere per le rime. Ma era Oogami, e lei ci teneva a vivere. E poi, in tutta sincerità, l’espressione della Super Lottatrice era tutt’altro che dura o offensiva o chissà quale altra emozione negativa: al contrario, la osservava con uno sguardo dolce, quasi materno, e un sorriso che avrebbe sciolto chiunque, persino una restia al contatto umano come lei.

“C-Che intendi?” si ritrovò a chiedere, e Sakura sorrise ancora: “Sono quasi due anni che siamo nella stessa classe ormai, e ho avuto modo di osservarti spesso. E se posso dire la mia, tu ti lasci mettere i piedi in testa troppo facilmente.”

“Soprattutto da Togami” si intromise Aoi, impegnata a divorare l’ennesima ciambella.

“N-Non parlare così di B-Byakuya-sama!” pigolò, ottenendo l’ennesimo sguardo comprensivo da parte di Sakura: “Vedi, è a questo che mi riferisco. Sappiamo tutti che sei innamorata di Togami-san…”

“Per motivi a noi oscuri” aggiunse Aoi, ignorata da tutti tranne che da una risatina sommessa di Fujisaki.

“...e che hai avuto un’infanzia che definire difficile è un eufemismo” disse, lanciando un’occhiata di rimprovero alla Nuotatrice, che si limitò a fare spallucce “ma non è un buon motivo per subire in silenzio tutte le sue angherie, e di chiunque altro se per questo. Devi imparare a far sentire la tua voce e dire di no quando serve.”

“E d-dovrei dire di no a B-Byakuya-sama?” chiese, e fu Aoi a risponderle: “Beh è la risposta che ottiene più spesso da tutti noi, perché se la merita il 99,9% delle volte. Tu invece sei sempre lì a farti usare come schiavetta, e non è giusto!”

“Asahina-san ha ragione!” intervenne Chihiro. “Togami-san tende a dimenticare che siamo qui tutti per dei meriti, non è l’unico speciale!”

“Che poi, che talento ci vorrà per farsi eleggere Super Erede?” chiese Aoi. “Danno il titolo a chi conta meglio i soldi? O a chi sa essere più snob degli altri?”

Persino Touko si ritrovò a ridere insieme alle altre (in effetti è un talento senza senso aggiunse quella vocina malefica dentro di sé. Le diede corda, sperando di non ritrovarsi a starnutire). Un urlo di dolore, seguito da un rutto tonante (che avrebbero attribuito a Oowada, se non l’avessero sentito sghignazzare come una iena), confermò loro che lo Scion stava cominciando a subire le ire del karma.

“Comunque sul serio, Fukawa-san” riprese Sakura, “imponiti di più. Soprattutto per te stessa. E poi così magari Togami-san capirà di avere a che fare con una sua pari, e non con la schiava di turno.”

Touko abbassò lo sguardo, e rifletté: il suggerimento non era brutto, ed era ormai abbastanza certa che né Oogami né Fujisaki fossero persone capaci di fare del male agli altri a suon di insulti. Non era ancora del tutto certa riguardo Asahina (odio le tue tette, perché tu sì e io no?), ma cominciava a pensare che anche lei fosse tutto sommato una brava persona. Un pochino.

“F-Forse avete ragione” ammise, “m-magari B-Byakuya-sama mi apprezzerebbe di p-più se non balbettassi sempre, o s-se la s-smettessi di prostrarmi ai suoi piedi… o se fossi più carina…”

“Ma che baggianate vai dicendo? Tu sei carina, Fukawa-san.”

Touko inarcò le sopracciglia in maniera quasi comica, restituendo a Oogami un’espressione che diceva Vuoi che ti presti gli occhiali?

Io? Carina? Nemmeno nelle prossime vite, se mai ci saranno.

“Sakura-chan ha ragione! Perché ti butti giù così?” insistette Aoi (e smettila di agitarti, ti ballano le tette e io muoio d’invidia).

“È per quello che ti ha detto Saionji, forse?” chiese Fujisaki, cauto, e Touko sentì gli occhi inumidirsi: ”N-Non aveva torto… ha detto c-che sono pazza, e brutta e p-puzzo… ma è colpa di Kameko!” pigolò, riferendosi alla sua buffa cimice da compagnia.

“Ma poi parla lei, che indossa sempre quel kimono che odora di morte e decomposizione?” sbuffò Aoi, attirando su di sé uno sguardo di Sakura che era un misto di sconcerto e divertimento.

Ci fu un breve istante di silenzio, in cui Touko pensò che forse era il caso di tornare in camera e non imporre più la sua presenza, ma non ebbe tempo di aprire bocca perché fu di nuovo Asahina a parlare: “Ho un’idea! Sai cosa ti ci vuole, Fukawa-chan?”

“C-Cosa?” chiese, spaventata.

La Nuotatrice sfoderò un sorrisone a trentadue denti: “Un bel cambio di look!”

Eh?

“Ma sì, ti sistemiamo i capelli, ti rinnoviamo il guardaroba! Sarà divertente!”

Sono forse finita in una commedia americana degli anni ‘80?

“Non è una brutta idea, sai? Rinfrescare un po’ la tua immagine, senza strafare, ti sarà d’aiuto per risollevare l’autostima” annuì Oogami, e il cuore di Touko si riempì di speranza: “D-Dici che Byakuya-sama mi apprezzerà se cambio look?”

“Chissenefrega dello Scion di ‘Staceppa!” tuonò Aoi, in una involontaria imitazione di Oowada. “Devi farlo per te stessa! Gli uomini credono che noi donne ci facciamo belle per piacere a loro, ma la verità è che lo facciamo per noi! Per sentirci bene con noi stesse, ed essere carine perché ci va di esserlo!” disse, sbandierando una ciambella come il martelletto di un giudice (e spargendo zuccherini ovunque).

“Ma sai che è proprio una bella idea, Asahina-chan? Consideratemi dei vostri!”

Si voltarono verso l’entrata della caffetteria, dove videro Enoshima osservarle a braccia conserte. Alle sue spalle l’immancabile sorella, Kirigiri e Maizono. Ludenberg non era presente e Touko non poté dire di essere dispiaciuta dalla cosa.

“Enoshima-san, la riunione è finita?” chiese Sakura, e la Super Modella annuì: “Dieci minuti fa circa, quando Raggio di Sole ha cominciato a ruttare come uno scaricatore di porto ed è dovuto correre in infermeria perché il gastroprotettore non faceva più effetto. Siamo uscite giusto in tempo per sentire il vostro bel discorso d’incoraggiamento a Fukawa-chan.”

Quest’ultima arrossì violentemente, aspettandosi una pioggia di risate di scherno… che non arrivò.

“Il momento non poteva essere migliore, visto che tra qualche sera c’è il party di chiusura del festival scolastico!” trillò Maizono, battendo le mani. Enoshima prese posto accanto a Touko e le mise un braccio attorno alle spalle: “Vedrai, sarai così bella che Togami dovrà pregarti in aramaico per uscire con te!”

Per quanto la prospettiva la allettasse tantissimo, doveva ammettere che l’entusiasmo di Junko la spaventava. Terrorizzava. E lo sguardo perplesso di Ikusaba non era d’aiuto.

Ma decise di lasciarle fare, per una volta che veniva inclusa in un’attività di gruppo.

Cosa poteva andare storto?

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Capitolo 3
*** ...e l'Operazione Rendiamo Touko Fukawa la Piu' Figa di tutta la Kibougamine ***


Sonia Nevermind percepiva un’aria strana, quel giorno. Normalmente si trovavano nella sala ricreativa alla fine delle lezioni per passare del tempo in compagnia, ma qualcosa stonava. E non perché avessero avuto la giornata libera. Troppo facile.

Si guardò attorno dalla sua poltroncina e vide i suoi compagni in preda come ad una sorta di euforia: continuavano a parlottare e persino i più insospettabili parevano assorbiti da bisbigli e mormorii di natura a lei misteriosa.

Non era mai stata una particolarmente attenta a quel tipo di accadimenti, in parte anche per la sua estraneità ai modi di fare tipicamente giapponesi (e quando non capiva qualcosa tendeva a pensare che fosse una cosa tipica del Sol Levante). Ma era talmente palese nei modi che non poteva proprio ignorarlo.

“Nanami-san” disse voltandosi alla sua sinistra, dove Chiaki Nanami stava a sua volta guardando gli altri membri della classe.

“Sì, Sonia-san?”.

“Sbaglio io o qualcosa bolle nel tegame?”.

Un piccolo sospiro prima di risponderle: “Si dice bolle in pentola… ma sì, lo penso anch’io. Credo”.

“Posso chiederti se sai a cosa si riferisce?”.

“Non lo so. Ho provato a chiedere spiegazioni a Hinata-san, prima in corridoio, ma non ha voluto dirmi nulla. Si è limitato a sorridere come una iena affamata”.

“D-Dici… dici sul serio? Hinata-san?”.

“So che suona assurdo, ma è proprio la sensazione che ho ricevuto. Aveva la faccia di chi sta tramando un piano machiavellico per la distruzione dei suoi nemici, o qualcosa del genere”.

“Pensi che dovremmo preoccuparci?”.

“Onestamente? Non ne ho idea. Magari sta per vincere una scommessa di lunga data con qualcuno di antipatico e si pregusta il momento… o forse la scuola sta per esploderci sotto ai piedi”.

Come quel serial killer che usava la dinamite, Exploder Jack. Jack, che nome stupido per un assassino...

Sonia si portò una mano alla bocca, spaventata. Sentir parlare Chiaki in questi termini la inquietava parecchio e non fece niente per nasconderlo.

Cercò di districarsi in quel labirinto a lei ignoto. Purtroppo i suoi tentativi di sciogliere la matassa fecero tutti cilecca: le sue domande venivano evitate e tutti sembravano vincolati da una consegna del silenzio che non doveva essere rotta per nessun motivo.

Che cavolo stava succedendo? Perché si comportavano come spie senza talento (vedere Souda che tentava con tutte le proprie forze di non cedere alla sua storica cotta per lei aveva un che di patetico) pur di non spiegarle nulla?

Stava ancora arrovellandosi alla ricerca di una spiegazione plausibile quando…

STOCK.

Il forte rumore li scosse tutti. Era provenuto dall’esterno della stanza.

Kuzuryuu si alzò dal proprio posto e andò a controllare. Rientrò con gli occhi iniettati di sangue, nella destra un foglio di carta e una freccia: “Ok gente, abbiamo la guerra che desideravamo. Affilate le spade”. Ovviamente Pekoyama non si fece pregare ed estrasse lo shinai.

Fece in modo che tutti potessero leggere cosa vi era scritto.


Preparatevi, classe 77.

La punizione divina che vi meritate sta per arrivare.


Uh oh.

Che cos’era quella, una maledizione dei kami?

INSOMMA, COSA STAVA SUCCEDENDO?

Hinata prese di polso la situazione e dichiarò, fiero: “Vi voglio tutti in camera mia. Adesso. Nessuna assenza verrà condonata”.

...ok,  a quanto pare siamo appena stati coscritti nell’esercito. Ma a Novoselic le donne non hanno la leva obbligatoria!


*


“M-ma questa roba devo tenerla in faccia ancora per molto?”

“Altri cinque minuti, Fukawa-chan.”
“P-però prude...!”
“Se bella vuoi apparire un poco devi soffrire, mia cara!”

Touko decise di non insistere oltre, rassegnandosi a sopportare quella pappetta sul viso ancora un po’. D’altronde Enoshima era la Super Modella, chi meglio di lei poteva intendersi di make-up e cura del corpo?

In realtà ho anche paura a contraddirla, ma non diciamolo ad alta voce…

L’idea di Asahina di rinnovarle il look (ribattezzata Operazione Rendiamo Touko Fukawa la più Figa di tutta la Kibougamine), saltata fuori la sera prima tra una tazza di tè e l’altra, era stata messa in pratica con successo la mattina seguente: approfittando del giorno libero le ragazze l’avevano trascinata in giro per negozi a fare acquisti di ogni tipo, da abiti nuovi a shampoo adatti ai suoi capelli lunghissimi e persino qualche prodotto per il trucco (come se fossi capace a mettere l’eyeliner senza cavarmi gli occhi, poi). La notizia che le royalties dei suoi libri le consentivano un margine di spesa piuttosto abbondante aveva mandato in brodo di giuggiole Enoshima e Maizono, che si erano auto-elette sue fashion stylists.

“Ok, è il momento della verità!”

Finalmente sentì che la robaccia le veniva scollata dal viso, con sua somma gioia (e la sensazione che le avessero staccato pezzi di pelle).

“Ah lo dicevo io, le creme coreane per il peeling funzionano sempre!” sghignazzò Junko, mostrando a Touko quella specie di pellicola nera: quando finalmente mise a fuoco (era senza occhiali) notò un sacco di schifezze concentrate nella zona naso.
“Eeeew!”

“Esattamente, esattamente. Ma ora il tuo bel faccino è più liscio del culetto di un bimbo!” chiosò la modella, pizzicandole una guancia. “Allora, maschera per il viso: fatta. Spiegazione sull’uso di scrub e creme per il corpo: fatta. Vestiti?”

“Già sistemati” annuì Sayaka, “e ho persino adocchiato qualcosa per la festa di domani sera! È tutto appeso lì” disse, indicando un attaccapanni accanto all’armadio. Touko allungò il collo per vedere il suo outfit: un vestitino nero semplice, con maniche a tre quarti e un colletto bianco. La gonna non era troppo corta (come quelle di qualcuno qui disse, guardando di sbieco la gonnellina inesistente di Enoshima) ma nemmeno esageratamente lunga come quelle che usava abitualmente. In effetti le ragazze erano state irremovibili e le avevano fatto togliere di mezzo tutti i gonnelloni che era solita usare, in favore di qualcosa di più carino ma che allo stesso tempo non fosse troppo “rivelatore”.
Doveva essere onesta: era molto soddisfatta dei suoi acquisti. Quando aveva provato tutti quei capi d’abbigliamento nel camerino in negozio si era sentita carina. Per la prima volta nella sua vita non si era guardata allo specchio con l’esigenza di distogliere lo sguardo dopo venti secondi.

“Oooh, mi piace! Approvo la tua scelta, Sayaka-chan!” trillò Junko, e il resto delle ragazze (e Fujisaki, che aveva chiesto di poter presenziare) annuì. “Certo, se la gonna fosse stata più corta…”
“I-io non porto gonne come… come le tue” replicò Touko, d’istinto. “S-sono così… così…!”
“Così COME?” tuonò la Modella, con uno sguardo che non avrebbe fatto invidia a Oowada nei suoi momenti peggiori.

Mukuro sospirò: “Junko…”
“No no, ora voglio sentire cosa ha da dire! Ti ho rimessa a nuovo e tu mi ringrazi insultandomi?”
“S-Scusa! Scusa non volevo!” pigolò Touko, abbassando la testa e appallottolandosi su se stessa nella speranza di sparire.

Ecco, l’ho fatto di nuovo. Per questo è meglio se sto lontana dalle persone, sono un’idiota!
“Avanti sorellina, abbi pazienza” proseguì Mukuro, “lo sai com’è fatta Fukawa.”

“Sono sicura che non avesse intenzione di offenderti, Enoshima-san” si intromise Oogami. “Devi solo darle tempo, non è abituata ad avere attorno persone che la trattano con gentilezza.”
“E dopo ieri… con quella vipera di Saionji” aggiunse Fujisaki.

Anche Kyouko parlò: “Ma sì, è solo ricaduta nelle vecchie abitudini. Deve ricordarsi che di noi si può fidare, vero Fukawa?”

Alzò lo sguardo e annuì, per poi voltarsi di nuovo verso la Super Modella con occhi supplichevoli. Quest’ultima sbuffò e arricciò una ciocca di capelli attorno a un dito: “...ok, ok. Ma adesso non fate passare me per quella cattiva!”

Il tutto si risolse con una risata, e Touko tirò un sospiro di sollievo. Mukuro le fece addirittura l’occhiolino, sussurrandole: “Perdonala, è quasi ora delle sue medicine. Non ho ancora fatto in tempo a dargliele”

Promemoria per me: mai fare arrabbiare Enoshima.

“A questo punto” disse Sayaka, riportando l’attenzione sull’Operazione Touko La Strafiga “dovremmo occuparci dei capelli. Fukawa-chan, con tutto il rispetto ma quelle trecce sono proprio fuori moda.”
“M-ma sono comode…”

“Esistono tanti altri tipi di trecce!” replicò ancora Junko, che si era evidentemente dimenticata del piccolo alterco di poco prima. “Su su, fammi lavorare!” ordinò, e si piazzò dietro di lei con un pettine e una spazzola.

Ci vollero pochi secondi per mettere in atto una trasformazione che avrebbe fatto sfigurare persino il Brutto Anatroccolo.

“F-Fukawa-chan…”
“Wow.”
“Non ho parole.”
Touko venne assalita dal panico: “C-che c’è? Che hanno i miei capelli che non va? Sono brutti? Sporchi?!”

“Io direi l’esatto opposto” rispose Junko, che la afferrò per le spalle e la fece voltare verso lo specchio. E la Super Scrittrice scoprì di aver commesso per anni un grosso, grossissimo errore.

“Fukawa-chan, stai benissimo con i capelli sciolti! Perché diamine non li porti sempre così?” chiese Asahina, alla quale Touko rispose con un flebile: “N-non lo so…?”

“Ok, da ora in poi GUAI A TE se ti fai vedere ancora in giro con le trecce” la ammonì Junko, “intesi?”

“P-però per dormire sono comode…”
“...ok, per dormire vanno bene. Se sei sola” aggiunse con un occhiolino, facendo avvampare la Scrittrice. “Ma da domani sera in poi capelli sciolti, intesi? E ora ti faccio vedere qualche acconciatura che puoi sfoggiare quando hai voglia di cambiare…” disse Junko, riprendendo i suoi lavori di restauro.

Per la prima volta nella sua vita, Touko Fukawa si sentì carina e coccolata.

E benvoluta.


*

Kyouko Kirigiri era nervosa.

Non sapeva bene il motivo per cui stesse così. La riunione per pianificare la nuclearizzazione della 77 era tutto sommato andata bene, se si escludeva lo spiacevole episodio della fronda dei contrari che aveva platealmente abbandonato il consesso. Coloro rimasti si erano mostrati al meglio dedicati alla missione, al peggio disponibili a parteciparvi. Ad esempio Yamada non aveva fatto le capriole da fermo (col signor peso che si portava appresso era anche difficile pretenderlo) all’idea di radere al suolo quei mucchietti di muschio avariato di Hinata e soci, ma se non altro non si era speso attivamente nel tentare di contrastarli. Si era limitato a un fiacco assenso, che dati i precedenti poteva andare ancora bene.

In realtà una causa poteva esserci, per questo suo malumore. E lei la conosceva. Ma non le faceva per nulla piacere considerarne l’esistenza.

Si trattava del suo peggior nemico: una sensazione senza fondamento.

Annusava qualcosa di strano nell’aria, qualcosa che la portava a sentirsi più agitata del lecito e a presagire brutti eventi all’orizzonte.

Piccolo problema: Kyouko Kirigiri odiava avere sensazioni a pelle. Erano quel tipo di cosa che cozzavano contro le sue più radicate credenze, contro le prove concrete, contro la fredda logica.

Aveva sentito in giro che Akane Oowari, una dei loro bersagli mobili, si vantava a più non posso del proprio intuito e basava la sua vita su di esso. Chiaro esempio di uomo insignificante, donna nel caso specifico, che giustificava il proprio piccolo cervello e la propria inesistente capacità di farlo funzionare scaricando tutta la responsabilità sulla pancia.

Puah. Gente indegna di esistere.

Per quello si sentiva molto infastidita, quel pomeriggio. La sensazione di rovina sembrava intenzionata a pedinarla per tutto il giorno senza lasciarle un attimo di respiro, e quando le capitava il nervoso le montava lento ma inesorabile, fino a portarla a scoppi d’ira così poco caratteristici per lei che per fortuna era sempre riuscita a sfogare in privato.

Qualcuno doveva averle appioppato una maledizione, però. Perché non fu così fortunata in quella circostanza.

Stava passeggiando distrattamente per i corridoi, tentando vanamente di recuperare l’equilibrio perduto che sembrava volerle sfuggire come un leprotto pestifero. Stava per voltare l’angolo quando…

“Naegi-san”.

Uh? Naegi?

Si sporse dal muro cercando di non farsi notare. Colpa della sensazione a pelle. Maledetta sensazione a pelle.

Vide il suddetto Naegi di spalle conversare con una ragazza bionda.

L’aveva riconosciuta. Si trattava di Sonia Nevermind, principessa dello stato mitteleuropeo di Novoselic… e membro della classe 77.

Fece una fatica del diavolo a trattenere l’impulso di coprire il corridoio in quattro falcate, scostare Naegi con uno spintone e strozzarla lì.

Magari è venuta a consegnare la resa sua e del branco di babbuini di cui fa parte.

“Nevermind-san! È sempre un piacere!” disse Naegi, mimando un inchino come se avesse avuto il vestito da ballo da gran dama.

CRICK.

Non fu il rumore di un ramo che si spezza. Fu il rumore di una vena che si gonfiò nella testa di Kyouko.

Ma era ancora abbastanza in controllo di sé da non andarsene dopo averli fatti a pezzi con un’accetta e averne divorato i cuori.

Li lascerò parlare ancora per un po’. Voglio proprio vedere cosa si dicono.

“Oh Naegi-san, sei sempre così cavalleresco. Sono fin troppo rare le occasioni in cui tu e io riusciamo a scambiare quattro chiacchiere, e un po’ me ne rammarico. Sei una compagnia così piacevole!”.

CRICK.

“Gentilissima come sempre. Posso azzardarmi a chiedere per quale motivo sei qui?”.

“Ma certo. Ecco, vedi… qualche ora fa abbiamo rinvenuto questo fuori dalla sala ricreativa”. Tirò fuori dalla tasca della sua divisa scolastica un foglio di carta.

“Ci è stato recapitato tramite freccia infissa nella porta”.

Makoto lo lesse, ma dalla sua posizione svantaggiata Kyouko non seppe dire che tipo di reazione ebbe a livello somatico.

“Volevo…” riprese la Principessa “volevo chiederti… se questa è una dichiarazione di guerra ufficiale nei nostri confronti”.

Kyouko tese le orecchie. Vide Makoto sospirare: “Mi dispiace doverlo ammettere, Nevermind-san, ma è la verità. Dobbiamo lavare l’onta che abbiamo subito dalla tua classe.”
Almeno non aveva perso di vista l'obiettivo, pensò.

“Ciò che mi dici è molto triste, Naegi-san” fu la mogia replica della Super Principessa (che razza di talento è, poi. Fa bella coppia con il Super Erede, ma non diciamolo a Fukawa).
“Me ne rendo conto ma ne va del nostro onore” insistette Makoto, costringendosi a tornare serio (o almeno così sembrò a Kyouko). “Lo scherzo dei dolci è stata una trovata davvero pessima, così come usare il vostro Super Impostore per ingannare Enoshima-san” proseguì, e Kyouko avrebbe potuto giurare di aver visto lo spettro di un “anche se sappiamo bene che non è la stella più brillante del firmamento” sul suo volto (per quei pochi secondi in cui l’aveva intravisto).

Sonia sospirò a sua volta e non sembrò voler negare le colpe dei suoi compagni: “Mi dispiace, quanto accaduto al festival è stato un atto riprovevole e da cui prendo le distanze, così come sono sicura lo faranno anche altri” disse, “è stato davvero imbarazzante. Soprattutto non mi aspettavo nulla del genere da Hinata-san, è sempre così cortese… tra l’altro né lui né gli altri hanno voluto dirmi nulla riguardo le loro prossime mosse, ma è chiaro che non staranno con le mani in mano.”

Kyouko vide chiaramente le mani di Naegi tendersi ad artiglio e poi chiudersi a pugno, così forte che temeva potessero iniziare a sanguinare da un momento all’altro. Ormai il solo nominare il Super Senza Talento gli causava tic nervosi che le ricordavano gli attacchi di gastrite di Togami.

“Quindi dobbiamo considerarci… nemici?” chiese Sonia.

Chiaro che sì, biondina aggiunse Kyouko mentalmente.

“Ma certo che no, Nevermind-san.”
Kyouko, da dietro l’angolo, sgranò gli occhi.
“Hai detto di non essere al corrente dei piani di Hinata, e io ti credo.”

Se avesse avuto la forza di Oowada o di Oogami, Kyouko avrebbe di certo conficcato le dita nel muro fino a spezzarlo. Si accontentò di qualche piccola crepa nell’intonaco.

“Sono lieta di sentirlo, Naegi-san!” sorrise Sonia, e Naegi si prodigò addirittura in un baciamano.

Kyouko soffocò un ringhio, e tornò sui suoi passi.

Non me l’aspettavo da te, Naegi-kun.

Ripensò ai sorrisini della Super Principessa, a come riusciva a farsi benvolere da tutti, e alla quale nessuno faceva l’interrogatorio sul perché ogni tanto spariva, e dove andava e cosa faceva.

Questa è guerra, Nevermind.


*


“Il vento sta cambiando, Kirigiri-san.”
“Hm? Come, Hongou-san?”
“Intendo dire che sta succedendo qualcosa in questa scuola. Gli studenti sono inquieti.”
Jin Kirigiri sorrise: “Sono ragazzi, Hongou-san, a quell’età sono sempre inquieti. Lei non ricorda com’è essere un adolescente?”
Gentarou Hongou cercò di mantenere il contegno: “Mi riferisco ad altri tipi di inquietudine, preside. Tra i corridoi serpeggia ansia, paura per qualcosa. E le classi 77 e 78 non me la contano giusta…”
“Oh, ce l’ha sempre con quelle classi. Davvero, Hongou-san, dovrebbe rilassarsi di più e lasciare che i giovani si comportino da giovani!” concluse il preside Kirigiri, tornando alle sue faccende.
Hongou inspirò, sforzandosi di mantenere la calma.
Se solo avessi accettato il posto in quell’azienda farmaceutica li avrei usati come cavie ‘sti ragazzini indemoniati, altro che “sono ragazzi”!

Obbligandosi a sorridere, fece un breve inchino e uscì dall’ufficio del preside, diretto in infermeria. Sperò che quella spina nel culo di Byakuya Togami non avesse finito di nuovo le scorte di Lucky Gastro.

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Capitolo 4
*** ...e i ribelli che aumentano, la festa che si avvicina e i due di picche ***


Chiaki Nanami sospirò.

Stava camminando per il grande spiazzo principale della Kibougamine, grande abbastanza da poter essere paragonato a una piazza di medie dimensioni. In sua compagnia c’erano Sonia Nevermind, Nekomaru Nidai e Ibuki Mioda.

Gli altri tre non pronunciavano una sola parola, probabilmente condividendo le sue stesse perplessità. Erano difatti freschi reduci dal consiglio di guerra conclusosi da poco in camera di Hinata, dopo la rozza dichiarazione di ostilità da parte della classe 78. Anche il disperato tentativo di Sonia di approcciare Makoto Naegi, uno dei leader del fronte opposto, per disinnescare questa ridicola faida era fallito miseramente. Quando l’aveva comunicato loro Sonia suonava davvero dispiaciuta per lo sviluppo, non del tutto inaspettato ma di sicuro non piacevole.

Loro quattro non si erano proprio potuti esimere dal partecipare al grande meeting in camera di Hajime, altrimenti quest’ultimo li avrebbe probabilmente inseguiti uno per uno per la scuola col battipanni (era serio abbastanza da poterlo fare). Ma era stato subito chiaro che condividevano l’idea che quella era una delle cose più stupide, insensate e deleterie che potessero venire escogitate da una mente umana adolescente.

Non appena quell’assurdo conciliabolo si era concluso, si erano fermati poco lontani dalla porta di Hinata e si erano messi a complottare alle sue spalle.

“Non voglio far parte di una specie di guerra all’arma bianca con la 78, ti prego. È totalmente privo di senso!”.

“Sonia-san ha ragione. Vorrei sapere cosa diavolo sta passando per la testa di Hinata-san…”.

“A Ibuki tutto questo non piace! Non piace per niente!”.

E mentre erano lì, continuando in questo andirivieni, vennero approcciati da Sakura Oogami. Per un breve istante Nekomaru, forse percependo un possibile pericolo, si era posto di fronte a lei cercando di farle capire che sarebbero stati guai se era venuta ad attaccar briga.

Chiaki non lo aveva creduto neanche per un istante; per quanto non fosse amica di nessuno dei suoi kohai sapeva che la Super Artista Marziale era donna d’onore e non una dal pugno facile. E comunque, anche se si fosse sbagliata in proposito, il loro Coach era più che in grado di tenerle testa.

“Nidai-san, per favore. Sono venuta in pace”.

“Che garanzie ci dai di questo?”.

“La mia parola”.

Quest’ultima frase, detta con un’immensa solennità, bastò a sciogliere qualunque dubbio.

“Meglio che mi sbrighi, non vorrei creare ulteriori dissidi facendomi vedere dove non dovrei essere. Per caso ho sentito parte dei vostri discorsi e mi è parso di capire che siate poco convinti di quanto sta avvenendo fra le nostre due classi, esatto?”.

Alle loro risposte affermative riprese: “Bene, sappiate che non siete i soli. Anche nella 78 ci sono dei ribelli, che esattamente come voi non vogliono saperne nulla di questa buffonata. Ci trovate fra mezz’ora al bar vicino al dipartimento di neuroscienze, nel caso voleste parlarne”.

Detto ciò se ne andò, senza manifestare il minimo segno d’ostilità.

E quindi era per quello che si stavano muovendo tutti assieme.

Scoprire che anche al di là della barricata c’era qualcuno disposto a far funzionare il cervello e a riconoscere che gli ultimi sviluppi rasentavano l’idiozia più assoluta… beh, era un bel pensiero. Si sentì un pochino in colpa nel dipingere il resto della 78 in questa pessima luce, ma se la maggioranza era disposta a presentarsi di fronte a loro in assetto da battaglia per farli pentire di essere nati...

“Dite che dobbiamo fidarci? E se fosse una trappola?” chiese a un tratto Sonia, la voce un pochino preoccupata.

“Ho guardato Oogami negli occhi” le rispose Nekomaru con la sua soave vocina da tenore “e sono sicuro che stesse dicendo la verità”.

“Lo pensa anche Ibuki. Era troppo… seria”.

“Quindi credete davvero che non siamo i soli?” cercò ancora conferme la Principessa.

“Io penso proprio di sì” fu la stessa Chiaki a cercare di placare i suoi dubbi “E se i tuoi timori fossero fondati abbiamo Nidai-san a difenderci”.

“Ci puoi scommettere, Nanami. Finché ci sarò io nessuno potrà torcervi un capello. Certo, ci fosse stata anche Akane sarei ancora più tranquillo…”.

La nota triste nella sua voce non passò di certo inosservata. Tutti loro conoscevano lo stretto rapporto che li legava, e il fatto che lei si fosse data anima e corpo alla crociata di Hinata per la distruzione della classe di Naegi e soci gli procurava evidente dolore. Chiaki avrebbe giurato che Oowari-san sarebbe andata dietro al suo amicone (e forse qualcosa di più, se vogliamo dare retta alle malelingue), pertanto la sua totale adesione a quella follia le risultava oscura e immotivata.

Forse è in un periodo di iperattività e vuole menare le mani. Santo cielo, l’ultimo periodo di iperattività di Akane Oowari stava per portare l’intero corpo studentesco della scuola a morir di fame. Speriamo non sia così.

Passeggiavano senza particolare fretta, mancavano ancora circa dieci minuti.

Capitò che passassero accanto a un tizio strano, più strano della già notevole media della Kibougamine: capelli neri corti con un ahoge pronunciato (il che la portò a chiedersi se per caso un ciuffo ribelle in cima alla testa fosse condizione necessaria per farsi ammettere in quella scuola), una camicia bianca sbottonata con la cravatta allentata, ma soprattutto lo sguardo da matto in libertà. Farneticava urlando su come il grande amore della sua vita lo avesse abbandonato per preferirgli un rozzo motociclista con dei capelli arancioni impresentabili. Cercò persino di prendersela con lei nel suo delirio, venendo prontamente placcato da Nekomaru e ricondotto a più miti consigli.

Arrivarono dopo poco. Non ci misero molto a trovare Oogami, seduta a un tavolo piuttosto isolato assieme ad alcuni altri personaggi che Chiaki riconobbe per puro caso come facenti parte della 78. Onestamente, prima di tutta ‘sta bagarre, non si era mai interessata più di tanto.

“Sono lieta di vedere che abbiate accettato la mia proposta, Nidai-san” sorrise la Super Artista Marziale, alzandosi e indicando loro delle sedie vuote; le ragazze che erano con lei si limitarono a osservarli in silenzio, studiandoli con attenzione. Stranamente questo tranquillizzò Chiaki: se avessero voluto tendere loro una trappola, pensò, non avrebbero avuto sguardi tanto sospettosi. Forse.

“Oh, non ringraziarci” tuonò il Super Coach, “è bello sapere che non siamo soli in questa situazione ridicola!” disse, concludendo la frase con una manata sul tavolo che fece morire di paura due ragazze della 78. “S-Scusate, non volevo! Vi giuro che non l’ho fatto apposta!” si scusò in fretta Nidai, cercando di calmare le due poverine.

“Ok, ciancio alle bande! Ibuki vuole sapere perché ci avete convocati qui!”

“Come vi avevo preannunciato” riprese Oogami “noi abbiamo preso le distanze da questa faida. Lo scherzetto al festival è stato sicuramente di pessimo gusto, ma la situazione sta davvero sfuggendo di mano ad entrambe le parti.”

“Mi scuso ancora a nome di tutta la 77” sospirò Sonia, “non avevamo idea di cosa avessero in mente Hinata-san e gli altri. Di solito è così gentile…”

“...ma sembra che detesti il nostro Naegi-kun per motivi oscuri” commentò la ragazza accanto all’Artista Marziale, mangiucchiando una ciambella. “E Naegi-kun ricambia. Il che è assurdo perché è sempre buono e amichevole con chiunque, pure con Togami!”

L’intero gruppo si ritrovò ad annuire, tutti concordi sul fatto che quella situazione fosse veramente stupida. Dopo qualche istante Chiaki decise di rompere il silenzio: “Ma quindi, esattamente, che intenzioni avete?”

“Hm? Prego?”

“Quello che intendo, Oogami-san. Se ci hai convocati qui vuol dire che vuoi fare qualcosa per fermarli. Credo.”

Vide l’altra scambiarsi sguardi perplessi con le amiche prima di darle una risposta: “Sarò sincera, in realtà preferivamo lavarcene del tutto le mani… a meno che non si arrivasse a superare il limite” corresse il tiro. “E dopo la dichiarazione d’intenti da parte della nostra classe temo proprio che il rischio sia alto.”

“Quindi qual è la tua idea?” insistette Nanami.

“Uno scambio d’informazioni.”
Chiaki inclinò la testa, dubbiosa. Fu Sonia a parlare per lei: “Che tipo di informazioni?”

“Qualunque cosa. Magari li avete sentiti parlare tra di loro e avete captato qualche indizio su come hanno intenzione di ribattere…”

Stavolta toccò a Chiaki e i suoi amici scambiarsi uno sguardo perplesso e sospirare mestamente. “Purtroppo non possiamo esservi d’aiuto” rispose la Super Videogiocatrice, “ho provato a parlare ad Hinata-kun prima che arrivasse la provocazione da parte vostra, ma non ha voluto dirmi niente.”

“Esattamente come ha fatto Togami con noi” sospirò la ragazza accanto ad Oogami (che finalmente Chiaki ricordò essere la Super Nuotatrice). “Quando ci siamo messi contro di lui ci ha letteralmente buttati fuori dalla sua stanza!”

“E ho idea che n-non ci dirà nulla nemmeno se glielo chiediamo” balbettò la ragazza con gli occhiali e le trecce, fino a quel momento silenziosa. “Né B-Byakuya-sama né gli altri.”

“Temo anche io” annuì la più piccolina del quartetto, che durante la discussione aveva continuato a fissare con interesse il Nantendo Game Girl Advance di Chiaki.

Nidai sbuffò: “Quindi siamo a un punto morto. Niente informazioni, che merda!” ringhiò, concludendo la frase con la sua parola preferita.

“Beh, sarò ottimista ma non riterrei la nostra chiacchierata del tutto inutile” sorrise Oogami. “Per come la vedo, sapere che qualcuno la pensa come noi su questa storia mi è di conforto. Inoltre non avere informazioni adesso non implica che non potremmo averne in futuro.”
“Cosa intendi?” chiese Sonia, e Oogami sorrise ancora: “Significa che possiamo tendere le orecchie nella speranza si lascino sfuggire dettagli sui loro piani sgangherati, convinti che nessuno li ascolti.”

“E invece ci saremo noi ad ascoltare. Mi piace!” tuonò Nidai, seguito a ruota da Ibuki e Sonia. Chiaki ci pensò su un attimo, poi annuì: “Sì, mi sembra una buona idea. Anche perché al momento non possiamo davvero fare altro. Credo.”

Decisero che quel bar sarebbe stato il loro punto di ritrovo lontano da occhi indiscreti, e si scambiarono le mail per potersi aggiornare alla prima occasione utile.

Mentre tornavano verso il dormitorio, Chiaki pensò distrattamente che non era proprio un piano eccezionale, ma era comunque meglio di niente. Meglio di niente era anche la risposta che dava al professore quando in classe si distraeva con un videogioco e scopriva dopo mezz’ora che le toccava fare l’ennesimo progetto di gruppo con Hinata e quella piaga sociale di Komaeda (che era sempre incollato al primo).

Sbuffò, continuando a giocare a Gala Omega.

Per ora basta e avanza. Forse.


*


“Mi chiedo proprio cosa possa volere da me l’esimio Byakuya Togami.”

“Poche chiacchiere, Chikatilo. Ho un affare da proporti.”

Il Super Pirotecnico inarcò un sopracciglio, ma non si scompose: “Sono tutto orecchie, Togami-san.”

Byakuya sfoderò il suo miglior sorriso da iena. Al suo fianco, Oowada rimase impassibile. Sapeva bene che, in realtà, il gorilla era più che entusiasta all’idea che gli aveva proposto solo qualche ora prima, ma aveva convenuto che fingersi la guardia del corpo cattiva dello Scion potesse essere una buona precauzione: si poteva dire di tutto su Byakuya Togami, ma non che fosse stupido. E andare a cercare Ted Chikatilo da solo sarebbe stata una mossa molto stupida.
Non c’è bisogno di essere delle portinaie come Ludenberg per conoscere le voci che girano sul conto di questo scarto di galera.

Si avvicinò a Ted, intento ad armeggiare con alcuni composti chimici: “Mi servono i tuoi fuochi d’artificio.”

“E per cosa, se posso?”

Byakuya sorrise di nuovo e sfilò una mazzetta di banconote dalla tasca: “Diciamo che ho voglia di… rallegrare l’atmosfera della festa di stasera” disse, porgendo metà del denaro a Ted. “Metà adesso, metà a lavoro ultimato.”

Chikatilo prese i soldi, li contò e poi ricambiò il sorriso: “Ogni tuo desiderio è un ordine, Togami-san” rispose, mimando un inchino.

Il Super Erede annuì soddisfatto.

Classe 77, hai le ore contate.


*


Mukuro odiava le feste. In special modo le feste della Kibougamine.

Troppo sfarzose, troppo appariscenti per i suoi gusti di persona austera e poco abituata a tutte quelle luci, a quel codice comportamentale assurdo e all’obbligo del vestito da sera.

Lei sapeva come maneggiare un AK-47, non camminare con una gonna lunga. Insomma, vi pare? Nella gonna ci si inciampa e non si riesce mica a nascondersi bene dietro le rocce per far esplodere le cervella ai soldati nemici.

Ma c’era un ulteriore motivo, il peggiore, che portava la maggiore delle gemelle Ikusaba/Enoshima a odiare le feste. E quel motivo, per lo stupore di assolutamente nessuno, era sua sorella.

Junko Enoshima diventava letteralmente insopportabile nelle ore precedenti a un appuntamento mondano, e la situazione scalava a livelli di allarmismo totale in occasione del grande ballo primaverile. Sapete, una Super Modella deve essere a dir poco perfetta quando fa il suo trionfale ingresso in scena in una serata di gala.

E chi doveva sorbirsi le infinite paranoie, i continui cambi d’abito, lo shopping compulsivo, le scarpe troppo strette o troppo larghe? Indovinato. Vincete una medaglietta di pollo.

“Avanti Muku-nee, sorridi che la vita è bella!” giunse alle sue orecchie l’irritantissima voce della suddetta Junko. La quale furbescamente, oltre che come punching ball prediletto, la sfruttava pure come facchina e se la scarrozzava in giro per la città facendole reggere borse e borsoni, scatole e scatoloni. Fosse mai che lei si spezzasse un’unghia finta.

Oltre il danno la beffa. Erano quei momenti in cui rimpiangeva di non essersi presa un proiettile in fronte durante il periodo passato in Fenrir.

“Vai a quel paese” mormorò a denti stretti, cercando di evitare il classico tombino infido che ti fa puntualmente finire a gambe all’aria con tutta la mercanzia.

“Scusa, hai detto qualcosa?”.

“...assolutamente nulla”.

“Ah, volevo ben dire. Dai su, fammi vedere il tuo bel faccino felice! Che motivo hai di stare con le pive nel sacco? Stasera c’è la grande festa!”.

“Appunto. Sai che io non sono tagliata per quel tipo di avvenimento”.

“Ma su, ma su. Sei solo timida e poco abituata. Dovresti prendere esempio dalla tua sfolgorante, geniale sorella minore e lasciarti andare un po’ di più, non può che farti bene!”.

Preferì tenersi dentro l’insulto formato famiglia che per un istante rischiò di sfuggirle dalla bocca.

Erano ormai in prossimità della Kibougamine (quindi circa a metà della tortura, perché alle lunghe ore spese in giro per negozi sarebbero seguite le lunghe ore di Junko che si mirava e rimirava allo specchio beandosi della sua strabordante bellezza) quando si sentirono chiamare alle spalle: “Enoshima-san! Ikusaba-san!”.

Quella era la voce di Naegi. Un lievissimo rossore fece capolino sulle guance di Mukuro.

Ecco, ottimo tempismo Makoto. Incontriamoci quando sono al mio peggio, mentre faccio da schiava, portantina e valvola di sfogo tutti assieme a questa pazza isterica di Junko. Va bene che anche normalmente non avrei grandi possibilità con te, però…

Le raggiunse e si fermò ansimando a pochi passi da loro: “Anf anf. Fatto grandi acquisti per stasera, eh?”.

“Lei ha fatto acquisti, io sono solo il braccio” rispose la Super Soldatessa con una malcelata punta di risentimento.

“Oh suvvia, sempre catastrofista la mia cara sorella! In realtà si diverte un sacco, non è vero?”.

“Preferirei un tumore al seno”.

“Urca” disse lui, stupito dalla serietà dell’affermazione “Davvero non ti piacciono le feste, Ikusaba-san?”.

“No Naegi-kun, le odio. Con tutta me stessa”.

“Ah cavolo, non starai mica dicendo che quindi non avremo la tua presenza ad allietarci?”.

...cazzo. Sei un piccolo adorabile bastardo, te l’ha mai detto nessuno?

“Beh, ecco…”.

“Dai, non farti pregare! Non puoi darci buca, sarebbe orribile da parte tua!”.

“Naegi-kun ha ragione, Muku-nee. Ci fai una figuraccia a non presentarti, e la fai fare anche a me!”.

Un attacco incrociato, eh? Vi siete messi d’accordo a mia insaputa?

“No guardate, davvero non me la sento e poi…”.

“Ikusaba-san, ti prego. Ci tengo ad averti alla festa. Non farmi questo sgarbo”. E lì tutta la risoluzione di Mukuro si sciolse come neve al sole, colpita e affondata da quell’insopportabilmente tenero e carino sguardo da cucciolo ferito che implora il tuo aiuto per farsi togliere la zampina dalla tagliola.

Mukuro Ikusaba fece una cosa che in pochissime altre occasioni era stata obbligata a fare, e mai sul campo di battaglia: si arrese. “Va bene, va bene, avete vinto! Coppia di farabutti che non siete altro!”. Quasi fece rovesciare tutto il suo carico, ma il pronto intervento di Makoto in suo aiuto le impedì di combinare un disastro.

“Ci volevano gli occhi dolci di Naegi-kun per farti convincere, eh? Birbantella di una Mukuro, io e te dobbiamo parlare dopo”.

“Di cosa, Enoshima-san?”.

“Cose da donne. Non ti impicciare se alla salute ci tieni, caro”.

Salutarono il Super Fortunello e corsero dritte in camera di Junko, con quest’ultima che blaterava di “situazioni da shoujo manga” e Mukuro che continuava a chiedersi cos’aveva fatto di male nella vita.

“Tieni, ecco qua la tua roba!” disse, quasi lanciando la montagna di pacchi e pacchetti sul letto della gemella. Quest’ultima non disse nulla ma si limitò ad osservarla in silenzio, con un mezzo sorrisetto. Mukuro inarcò un sopracciglio, sospettosa: “Cos’hai da sorridere?”
“Oh niente” chiosò l’altra, arricciando una ciocca di capelli attorno all’indice, “trovo solo così tenera la tua infatuazione per Naegi-kun, sei proprio adorabile.”

Mukuro arrossì e distolse lo sguardo: “Non c’è niente di adorabile.”
“Sarà, ma non è male vederti fare la normale diciassettenne e smettere i panni della Super Soldatessa.”
La suddetta Soldatessa rimase in silenzio.

“Certo, mi spiace che la tua cotta non sia ricambiata…”

A quella frase si voltò nuovamente verso la sorella: “...che vuoi dire?”

Junko sbatté le ciglia, apparentemente sorpresa: “Beh, credevo sapessi che anche Kirigiri gli corre dietro” e la Soldatessa ringhiò: “Sì, lo so purtroppo.”

“E quindi sai anche che Naegi ricambia, pur essendo convinto di no.”

...oh.

L’espressione sul suo viso doveva essere particolarmente eloquente perché quella della Super Modella era piuttosto sconvolta: “Aspetta, non lo sapevi?”

“Non sono una interessata ai gossip, lo sai” fece spallucce, sperando di mostrarsi disinteressata. L’abbraccio improvviso di Junko le provò il contrario: “Mi dispiace sorellina! Non volevo, credevo ne fossi al corrente!”

“Non fa niente, mica è colpa tua” disse, ricambiando l’abbraccio in maniera un po’ fiacca. “E poi sapevo di non avere speranze…” rispose, liberandosi dalla stretta e dirigendosi verso la porta.

“Promettimi che verrai lo stesso alla festa!”

“E che ci vengo a fare?” chiese, inarcando un sopracciglio.

“Ma Muku-nee, il mare è pieno di pesci!” trillò Junko, prendendole la mano. “Dimentica Naegi-kun, sono sicura che c’è una fila di bei maschietti che non vedono l’ora di appartarsi in uno sgabuzzino con te!”

Non riuscì assolutamente a rimanere seria davanti al bizzarro (e assolutamente inappropriato) tentativo di consolazione da parte della sorella: “Vedrò cosa trovo nell’armadio, ma non ti assicuro niente” sorrise.

“Tra mezz’ora vengo in camera tua ad agghindarti come si deve!”

Mukuro annuì e si chiuse la porta alle spalle. Mentre andava verso la sua stanza osservò gli studenti che affollavano i corridoi, chi già tirato a lucido, chi ancora andava in giro con bigodini in testa e accappatoio. Quante stupidaggini pensò, mentre osservava alcune coppiette e sentiva un pizzicore agli occhi. Posò gli occhi su Kuwata e Maizono, intenti a tubare davanti alla stanza di quest’ultima e provò un moto d’invidia nei loro confronti. Perché lei sì e io no si disse, stupendosi da sola per quell’affermazione che mai le aveva attraversato la mente.

Chiuse gli occhi e inspirò, obbligandosi a non piangere.

Forse per una volta sua sorella aveva ragione: non esisteva solo Naegi, al mondo.

O almeno, si obbligò a pensarla così mentre entrava in camera e si apprestava a ravanare nell’armadio.

Sì, però, che schifo di vita.


*


Direi che ci siamo.

Kyouko si osservò ancora una volta allo specchio, facendo una giravolta e controllando che tutto fosse al proprio posto. Le ci erano voluti ben due giorni e dodici negozi diversi per trovare un vestito che le piacesse e non fosse troppo volgare ma nemmeno troppo da educanda (e che possibilmente non fosse una roba inguardabile come certi abiti da prom americano che qualche commessa folle aveva tentato di propinarle), e più volte era stata vicina alla resa, ma alla fine ne era uscita vittoriosa. L’abito che aveva trovato era elegante e non troppo sfarzoso: color vinaccia scuro, senza spalline, con un bustino aderente e una gonna asimmetrica che in movimento rendeva magnificamente. E la scollatura era generosa ma non troppo, requisito importantissimo per la sua personalissima crociata.

Vestito: c’è. Capelli: a posto. Trucco: perfetto.

Sistemò un po’ meglio il davanzale, poi si diresse alla porta pronta a uccidere.

Il regno di Novoselic sta per rimanere senza principessa.


*


Mentre tutti erano impegnati nei preparativi per l’imminente festa, qualcuno piangeva le sue pene d’amore davanti a una finestra.

“Junkooooo perchéééééééé?!”

Una scarpa in faccia mise fine alle sue sofferenze. Almeno per il momento.

“Perchéééé” piagnucolò Yasuke Matsuda, aggrappandosi al suo ahoge con disperazione, “perché mi hai lasciato per quel buzzurroooo?”

“Perché sei una lagna, ecco perché!”

Matsuda tirò su col naso, rivolto alla finestra della sua amata (che lo guardava in cagnesco, ma si disse che era sicuramente colpa della luce soffusa): “Perché, perchééééé!”

Non ottenne risposta, nemmeno l’altra scarpa.

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Capitolo 5
*** ...e i cuori infranti, e ah! La tauromachia! ***


Makoto Naegi entrò in palestra. Era piuttosto eccitato all’idea di partecipare alla grande festa primaverile della Kibougamine.

Naturalmente era vestito di tutto punto, per quanto si sentisse un po’ come un pinguino nel suo smoking. Ma per una volta poteva sopportare, d’altronde c’è di peggio nella vita.

Per un attimo ebbe un flash: nella sua testa vide la palestra vuota e lui col resto della classe che guardava quell’orsetto strano che Junko tiene in camera sua, quello metà bianco e metà nero… come diavolo si chiamava, già? Kuma qualcosa… va beh, quello che sbraita ordini dalla cima di un palchetto.

Uoh. Che trip. Avrò mica mangiato un pezzetto dei brownies speciali di Hagakure?

Si riprese subito, per fortuna.

Si guardò attorno alla ricerca dei suoi compagni, individuandoli quasi subito. Si avvicinò al piccolo capannello composto da Mondo (incredibilmente agghindato in maniera quasi presentabile), Ishimaru (classico assetto da gala), Chihiro (con un tattico kimono perché il vestirsi per un’occasione simile gli creava sempre grattacapi), Celes (cavolo, devo ammettere che fa la sua porca figura) e Yamada (...stendiamo un velo pietoso te ne prego).

“Ragazzi!” li salutò allegramente.

“Naegi-kun, ben arrivato”.

“Sei un po’ in ritardo, lo sai?”.

“...kyoudai, è una cacchio di festa. Devi stare a fargli le pulci anche adesso? Ti pare il caso?”.

“Oowada-kun, la puntualità è la prima dote dell’uomo probo e…”.

“...e c’era la marmotta che confezionava la cioccolata, sì. La cantilena è sempre la stessa”.

“Su ragazzi, non litigate. Il mio ritardo è minimo Ishimaru-kun, per stavolta ti chiedo di farmela passare” gli sorrise facendo l’occhiolino. Il Prefetto, pur sbuffando un po’, preferì lasciar correre.

“Parlando di cose più serie” riprese il Fortunello “Celes-san… lascia che te lo dica: wow. Sei elegantissima, sul serio. Questa gonna nera ti valorizza davvero molto”.

La Super Gambler sembrò quasi sorpresa dal sincero complimento, poi riacquistò l’aplomb e disse: “Beh, mi fa piacere notare che hai del buon gusto Naegi. Forse c’è ancora speranza per te. Al contrario di questi buzzurri”.

“Come? Mi vuoi dire che non ti hanno almeno fatto un apprezzamento di circostanza?”.

“Neanche mezzo. Vero, Ishimaru e Oowada?”.

I due presero a fischiettare, palesemente in colpa per la mancanza.

“E a me i complimenti non li fai, Makoto Naegi-dono?” si inserì di soppiatto Yamada.

Ci fu un momento di gelo. Yamada aveva avuto la brillante idea di venire vestito come una sorta d’incrocio fra un cavaliere medievale e Darth Vader di Star Wars: aveva gli spalloni in lattice di terza mano, una spada in cartongesso che sembrava cadere a pezzi e un elmo che lo faceva ansimare proprio come il signore dei Sith.

Sentiva forte la voglia di dirgli che sembrava appena uscito da un gruppo di cosplayer con pochi mezzi e ancora meno stile, ma decise di non infierire: “Ecco Yamada-kun… come dire… diciamo che non passi inosservato…”.

“È comunque meglio di come mi hanno apostrofato tutti gli altri. Mi ritengo soddisfatto”. E se ne andò, lasciando gli altri cinque con un palmo di naso.

Naegi preferì evitare qualsiasi commento sull’abito di Chihiro, che per carità non gli stava neanche male ma l’argomento era sempre piuttosto delicato e ci voleva molto poco per dire una parola sbagliata. L’altro non sembrò risentirsene, per fortuna.

Però non poté astenersi dal commentare un altro capo di abbigliamento: “Oowada-kun, perdona se mi permetto ma…”.

“Sì?”.

“La tua… cravatta...”.

“Cos’ha che non va la mia cravatta?”.

Eh. Cos’aveva che non andava, la sua cravatta.

A parte il colore giallo stroboscopico che equivaleva a una torcia sparata direttamente negli occhi. Ma quello era ancora il meno.

La cravatta di Mondo Oowada aveva come decorazione dei teschi.

“Posso chiederti dove l’hai rimediata? È… peculiare”.

“Questa? Me l’ha regalata mio fratello Daiya per il mio ultimo compleanno. Ci ha speso tutto il suo stipendio”.

“Che cosa?” non riuscì a trattenersi. Uno stipendio intero per quell’obbrobrio? Urgeva fare una chiacchierata con il maggiore degli Oowada sulle truffe.

“C’è qualche problema per caso?”.

“Nononononononononono, tutto bene. Tutto perfetto. Tutto a posto”. Makoto si sentiva a disagio, perché obiettivamente quella cosa era agghiacciante ma aveva un valore sentimentale per il Motociclista, almeno da come ne parlava. E quindi non voleva star lì a dirgli che avrebbe fatto meglio a gettarla nel tritacarne.

Glissò, lasciando cadere l’argomento con un sospiro interiore. Meglio così per tutti.

Stava chiacchierando amabilmente del più e del meno con loro quando si accorse di Mondo che indicava qualcosa.

“Naegi-kun, voltati”.

Lui si voltò. E rimase fulminato.

Kyouko Kirigiri aveva fatto il suo ingresso. E in quell’istante, i kami lo potevano bruciare vivo se era una bugia, sembrava una divinità della bellezza.

Da che la conosceva, non aveva mai visto Kyouko così bella. Cioè, per lui era sempre bella, sarebbe stata bellissima pure alle 7 del mattino appena sveglia e con l’alito che sapeva di morte, a parer suo. Ma in quel momento era…

“‘Sti gran cazzi, che figa spaziale!”

...ecco, sì. Magari un po’ meno volgare di Oowada-kun, ma il succo era decisamente quello. Mentre la guardava avanzare decisa verso di lui (me? Davvero?!) Makoto pensò che quell’abito sembrava fatto apposta per lei, e non mancò di notare la generosa scollatura (ma la vedo in costume da bagno ad ogni lezione di nuoto! Anche se mi fa effetto anche in quei frangenti, a ben pensarci…).

“Buonasera” sorrise appena lei, mentre lo guardava dritto negli occhi.

Non so perché mi stai fissando, Kirigiri-san, ma un’altra occhiata e mi uccidi. Certo, morirei felice… ma a diciotto anni vorrei arrivarci, ecco. Magari mano nella mano con te…

“Kirigiri, sei uno schianto! Ho idea che vedremo parecchi alzabandiera a causa tua, stasera.”

...Oowada-kun, se la smettessi di interrompere i miei pensieri romantici con le tue uscite da camionista, magari.

La Super Detective (in quel momento senza Super Minigonna) si limitò a ridacchiare, mentre Ishimaru rimproverava il suo kyoudai e Celes e Chihiro si complimentavano per la scelta dell’abito. Makoto invece continuava a fissarla come un pesce lesso, dimenticando persino dove si trovava e chi aveva attorno.
C’era solo la più bella Kyouko Kirigiri che avesse mai visto, davanti a lui, e nient’altro importava.

“Ma come sei elegante, Naegi-kun” disse lei, rivolgendosi di nuovo a Makoto e distogliendolo dalle sue fantasie. “La tua dama di compagnia ne sarà felice.”

“Beh, immagino di sì… se ne avessi una” ridacchiò imbarazzato, ma smise quando vide Kyouko sgranare gli occhi. “Tutto ok, Kirigiri-san?”

“Sì, tutto ok” rispose, “pensavo solo ti avrei trovato in compagnia di qualcuno… Ikusaba, magari. O Nevermind” aggiunse sottovoce, ma abbastanza affinché lui la sentisse e inarcasse un sopracciglio: “Nevermind-san? Ma figurati, non sono certo l’accompagnatore più consono a una principessa come lei! E poi credo di averla vista in giro con qualcun altro” disse, guardandosi attorno alla ricerca di Sonia.

E quando la vide…

“Oh… oh cavolo.”


*


“Dite funyarinpa!”

Funyarinpa!

Touko non era una persona da foto, in genere. Detestava farsi fotografare, si trovava brutta e poco fotogenica, ed era convinta che chiunque le proponesse di farsi una foto assieme lo facesse solo per prenderla in giro.

Ma quella sera era diverso.

Quella sera, per la prima volta in vita sua, si sentiva carina. Molto carina. E quando Asahina aveva proposto loro di fare una foto di gruppo non era proprio riuscita a dire di no.

“Siamo bellissime!” trillò la Nuotatrice, mentre smanettava con il cellulare, probabilmente per inviare la foto a tutte.

E in effetti lo erano davvero, persino Oogami tirata a lucido era notevole (così come furono notevoli i rimarchi della Nuotatrice al fidanzato dell’amica, che la fecero arrossire come mai l’aveva vista da quando la conosceva).

Stasera nulla può andar male, si disse. Si era imposta di non soccombere a nessuna cattiveria da parte di Byakuya-sama, a costo di dovergli stare lontana per tutta la durata della festa. Ok, diciamo che l’opera di convincimento da parte delle altre aveva avuto un peso considerevole sulla sua decisione. Ma in effetti non le sembrava poi un’idea così brutta.

S-se dovesse cercarmi lui deciderò cosa fare… nel frattempo passerò una bella serata con…

Si fermò un attimo ad osservare il gruppo di ragazze davanti a lei, che chiacchieravano e ridevano.

...con le mie amiche?

Non ne era ancora del tutto sicura, perché certi dubbi sono difficili da eradicare. Soprattutto se hai passato la vita circondata da bulli e falsi amici che ti sputtanano alle spalle appendendo la tua lettera d’amore alla bacheca della scuola. E d’altro canto Asahina, Oogami, Kirigiri (che era sparita per una qualche missione personale, aveva detto), Enoshima, Ikusaba, Maizono, tutte si erano comportate con lei come vere amiche.

Trattenne a stento un sorrisetto.

Magari un giorno sarebbe stata capace di esprimere quel pensiero ad alta voce.

Arrivarono in palestra che era già piena di gente, ma avvistarono subito Oowada e gli altri. Touko notò con la coda dell’occhio membri sparsi della classe 77, e fece un breve cenno a Nanami e Mioda che le passarono accanto.

“Finalmente siete arrivate!” le rimproverò Ishimaru, prontamente zittito da Enoshima: “Ishimaru-kun, non sai che una vera diva si fa attendere?” chiosò facendogli un occhiolino, e subito si abbandonò tra le braccia del Biker (cosa ci troverà mai in un tale buzzurro, si chiese la Super Scrittrice, ma magari è gentile con lei…). Ricevette inaspettati complimenti per la sua mise che la buttarono nell’imbarazzo più totale, ma che al contempo le fecero immensamente piacere.

E fu proprio su un: “No, davvero Fukawa, guai a te se ti vediamo di nuovo con le trecce! E mostra di più quelle gambe!” di Mondo che Naegi si rivolse a loro: “Ah, siete qui! Oh… oh cavolo, Fukawa-san…”

“C-cosa c’è che non va? N-non volevi che venissi?” si mise subito sulla difensiva, ma lui la rassicurò e le si piazzò davanti: “No, no! Al contrario, sono felicissimo di vederti! Solo che…”

Mentre Naegi parlava guardò istintivamente oltre la spalla del ragazzo.

No… non ci credo.

Al centro della palestra, Byakuya Togami stava ballando con Sonia Nevermind.

Ditemi che è un incubo.

Se c’era una frase che Touko aveva sempre ritenuto un cliché ma che usava lo stesso nei suoi libri, era cuore spezzato. La odiava, la riteneva stupida e insensata, ma il suo editor insisteva nell’inserirla perché “al tuo pubblico piace”.

Ecco, in quell’istante scoprì che quella frase era davvero stupida e insensata.

Il suo cuore non si era spezzato, non era di vetro. Impossibile si rompesse in mille pezzi. La sensazione che stava provando era più simile al vuoto allo stomaco durante una turbolenza in aereo.

“Ma… cosa…”

“Non ci voglio credere.”

“Ma quel pezzo di merda dello Scion di ‘Staceppa!”

Le voci degli altri le arrivavano ovattate, era troppo concentrata a guardare il suo cavaliere bianco ballare con la Principessa di Novoselic.

In fondo me lo dovevo aspettare.

Faceva male ammetterlo, ma erano uno spettacolo bellissimo. Loro erano bellissimi.

Perché mai dovrebbe interessargli una scrittrice di romanzetti rosa come me?

“Fukawa-chan! Fukawa-chan mi dispiace tanto!” strillò Asahina, azzardando un abbraccio. Notò distrattamente Ikusaba che cercava di tenere la sorella, pronta a saltare al collo dello Scion. Si voltò verso la Nuotatrice, che cercava di consolarla, e pensò che in un’altra situazione probabilmente se la sarebbe presa con lei e le altre, perché sarebbe stato sicuramente uno stupido scherzo ai suoi danni e perché in fondo incolpare gli altri era più facile

Ma non era quello il caso.

“Tu non devi s-scusarti di nulla, Asahina-san” balbettò, “né tu né le altre. V-voi siete state carine con me, m-mi avete fatta sentire benvoluta per la prima volta nella mia vita. E di questo v-vi ringrazio.”

Si liberò dall’abbraccio e si diresse verso l’entrata nella palestra. Naegi e gli altri cercarono di fermarla, ma si limitò a dire che voleva solo prendere una boccata d’aria. Mentre imboccava il corridoio si rese conto che stranamente non aveva voglia di buttarsi per terra a piangere e strapparsi i capelli. Dev’essere lo shock, si disse.

Bere. Voglio bere.

Non era di sicuro una bevitrice accanita, ma aveva scoperto che una birretta ghiacciata la aiutava nella scrittura, soprattutto quando era sotto pressione per l’imminente consegna di un manoscritto.

Si fiondò dritta in caffetteria, cercando di ricordare dove Oowada tenesse le sue personalissime scorte di Asahi.


*


Questa poi!

Di Junko Enoshima se ne dicevano tante: in primis che non era proprio sveglia, probabilmente perché la gente ha sempre ritenuto le modelle delle oche dalla testa vuota, e quindi una Super Modella doveva essere sicuramente super stupida. Non era in realtà il suo caso, visto che aveva anche grandi doti da analista (pfff, Matsuda mi deve talmente tanto credito per certe sue ricerche!), ma nessuno glielo riconosceva e a lei andava anche bene. Fingersi un’oca tutta tette aveva i suoi vantaggi, a volte.

Era anche parecchio distratta, e questo purtroppo non poteva negarlo.

Cosa stavamo dicendo? chiese una vocina acuta nella sua testa, quella più infantile.

Stavamo osservando questa situazione vergognosa che al 90% non porterà nulla di buono alla vita in classe rispose quella più analitica. Junko annuì tra sé e sé.

Tutto ciò è terribile… terribile… terribile piagnucolò quella emo.

La Super Modella inspirò, e si diresse a gamba tesa verso Togami e Nevermind.

“No… no no no, Junko vieni qua, che vuoi fare?!”

Ignorò platealmente Mukuro, continuando a farsi largo tra gli studenti.

Nessuno ricordava mai che Junko Enoshima era anche una fervente femminista che non sopportava i ragazzi che maltrattavano le ragazze.

E Byakuya Togami era un esponente di spicco di quella razza.
Ci avrebbe pensato lei a ricordargli come girava il mondo.

“Senti un po’, diva bionda.”

Sia l’Erede sia la Principessa si voltarono a guardarla e si indicarono.

“No, non tu Nevermind” fece un cenno con la mano verso Sonia, per poi indicare Togami “parlo con te. Cosa stai facendo, esimia testa di cazzo?”

“Prego?” disse lui, apparentemente scandalizzato dall’interruzione e dal turpiloquio rivolto alla sua augusta persona.

“Ti ho chiesto cosa stai facendo, esimia testa di cazzo”.

“Ti ho sentita, Enoshima, e continuo a non capire la domanda. E a non apprezzare l’insulto”.

“Te ne farai una ragione. Adesso tu mi devi spiegare che tipo di microrganismo ti ha annacquato quel poco di cervello che ti ritrovavi prima di rincoglionire del tutto”.

“Ehm. Ho come l’impressione che mi debba fare da parte. Con permesso…” mormorò Sonia, scansandosi e prendendo le distanze. I due la ignorarono, Junko perché concentrata su Byakuya e Byakuya perché concentrato su Junko.

“Per l’ultima volta, Enoshima: esplicati. E soprattutto spiegami perché sei venuta a interrompere il mio ballo”.

La voglia di tirargli un ceffone e stamparlo contro il muro. La voglia.

Naturalmente tutto il resto del mondo aveva smesso di girare e si era focalizzato su loro due, che volenti o nolenti si erano appena trasformati nella cosa più interessante nella storia delle cose interessanti.

“Vuoi che mi esplichi? Molto bene. Ti sei messo a ballare con la principessina di ‘stocazzo”. La quale principessina di ‘stocazzo, che evidentemente era ancora a portata di orecchio, si permise di manifestare il proprio disappunto per la definizione non esattamente signorile.

“Devo venire a chiedere il permesso in carta bollata a te per sapere con chi posso ballare?”.

“Ti pare. Sto solo dicendo che facendo così hai spezzato il cuore di quella poveretta di Fukawa-chan!”.

“Oh…” commentò intelligentemente lui.

Ma porca eva, tutti a me i maschi imbecilli. In un’altra vita forse ero un’amazzone.

“E-Ebbene?” tentò maldestramente di difendersi “Io ballo da solo o con gente di un certo livello”.

“Eccerto. E magari compri anche l’omonima rivista, quella rilegata in pelle di alpaca nano e oro massiccio”.

“Anche se fosse?” guaì in un tono che suonava molto colpevole. Il che poteva solo significare che lo faceva.

Ma non era lì per cazziarlo in merito ai suoi opinabili gusti da snob.

“Allora amante della tauromachia, mettiamo le cose in chiaro: a parte che se balli con Nevermind vieni meno allo spirito della faida che abbiamo con la 77 perché fai comunella col nemico. E va bene, passi. Ma ti rendi conto o no che io, Maizono, Asahina e tutte le altre abbiamo speso un sacco di tempo a far bella e affascinante Fukawa-chan… a vantaggio tuo? Che avrebbe dovuto esserci lei al suo posto? Che dovevi ballare con LEI, maledetto cretino che non sei altro?”.

“Ehm… Enoshima-san, non è per romperti le uova nel paniere” giunse la voce di Sakura da qualche parte non ben definita “ma io avevo pensato che Fukawa-san si fosse fatta bella più per sé che per qualcun altro…”.

“Pinzillacchere! Non è questo il punto!”.

“Oogami, è inutile. In questo momento Junko non sente ragioni. Credimi, non ne vale la pena. Lasciala fare” commentò sconsolata Mukuro con un sospiro.

“Torniamo a noi, divetta con la passione per i tori. Sei stato uno stronzo, ecco!” riprese a ruggire nei confronti di Byakuya, il quale non pareva in grado di montare una difesa efficace. A giudizio di Junko nei suoi occhi c’era solo tanta vergogna per la bastardata che, forse involontariamente o forse no, aveva fatto nei confronti della povera Scrittrice.

Il diverbio divenne un massacro verbale a senso unico, con Enoshima che lo ricopriva di insulti e lui che non riusciva neanche ad abbozzare delle giustificazioni.

A un certo punto…

“Aaaaaaaaaaaaargh! Mi fai veramente girare i coglioni come non mai. Mondoooooooooooooo!”.

Sentendosi chiamare, il Motociclista si avvicinò con estrema cautela alla Modella: “C-Che cosa c’è? Ho fatto qualcosa di male? Mi vuoi a-ammazzare solo perché ho un pene?”.

Lei parve calmarsi, con tanto di respiro scenografico: “No Mondo, anzi. Ti ho chiamato perché, prima di esplodere, ho bisogno di sfogarmi. E in questo momento l’unico tipo di sfogo che mi può dar pace viene dal tuo pacco” concluse indicandolo.

La palestra divenne silenziosa come un cimitero di notte.

Alle sue spalle Junko sentì versi di strana natura, che però aveva imparato a riconoscere come i sommessi latrati di sua sorella quando desiderava essere figlia unica.

“Quindi avanti. Andiamo in camera tua che devo buttar fuori rabbia” esclamò prendendolo per un orecchio e cominciando a trascinarlo come un sacco vuoto “Ah, e ringrazia che passo sopra quella specie di semaforo che stai cercando di spacciare come una cravatta. Anche se i teschi sono belli”.

Nello stupore generale aveva quasi raggiunto l’uscita quando si girò, rischiando di staccare l’orecchio a Mondo, e fulminò un’ultima volta Togami: “Tu. Hai. Finito. Di. Vivere. Le ragazze della 78 avranno il tuo scalpo ancora insanguinato”.

Poi aprì la porta con un gesto da primadonna e marciò fuori, lasciando tutto il resto della Kibougamine con la bocca spalancata e completamente priva di una spiegazione logica sul perché non fosse stata espulsa almeno sedici volte (dato che cose del genere erano abbastanza la norma quando era coinvolta).

“Juuuuuuuuunko!” guaì Mondo mentre lei lo sballottava tipo peluche rotto “Almeno lasciami andare! Non mi sono dimenticato come si cammina!”.

“Fai silenzio, boy toy. Stasera ti apro in due come una cozza, ho tanta di quell’energia da buttar fuori che non ne hai idea”.

“Morte per snu snu? Porca troia, non so se devo essere spaventato o eccitato…”.

“Spaventati. Ho intenzione di mettermi alla prova come mistress sadomaso”.

“...uccidetemi ora”.

“Cosa?”
“Nientenienteniente.”

Lasciò andare l’orecchio di Mondo, tanto sapeva l’avrebbe seguita in ogni caso.

Noi siamo Enoshima, Togami. Noi ti faremo il culo.


*


Mentre tutta la palestra stava ancora a chiedersi cos’era appena successo, e la quota femminile della classe 78 (e deĺla scuola) era impegnata a lanciare maledizioni a Togami con la sola imposizione dello sguardo, Mukuro si chiese quando la sua ora sarebbe finalmente giunta.

Lei odiava partecipare alle feste. Odiava mettersi in tiro. Odiava dover vedere il ragazzo che le piaceva sbavare come un Magikarp sulle grazie di Kirigiri (Junko, maledizione a te e alla tua fissazione per i Pokémon, vivevo bene senza sapere cosa fosse un Magikarp!).

Quella sera aveva fatto tutte e tre le cose insieme e l’unica cosa che ne aveva ricavato era la voglia di scavarsi una fossa e buttarcisi dentro.

Forse dovrei tornare nella Brigata Fenrir. Magari qualcuno mi fa fuori e mi libera da quella piaga di mia sorella. Magari succede, sì. Magari.

Un’esplosione la distolse dai suoi pensieri.

Un attacco terroristico? Kami, fate sia così, ho BISOGNO sia così!

Niente attacco terroristico. In compenso era appena esplosa la torta gigante preparata da Hanamura (che strillava come una bertuccia, a confermare che era effettivamente opera sua), in un tripudio di fuochi d’artificio. Notò in un angolo Ted Chikatilo che se la rideva beatamente. Si chiese brevemente perché mai il Super Pirotecnico avesse sprecato i suoi preziosissimi fuochi artificiali per uno scherzo di così bassa lega, quando sentì un urlo belluino: Togami si era preso in pieno la torta esplosa.

...ok, questo devo fotografarlo e mandarlo a quella pazza di mia sorella.

Si avvicinò all’Erede, ricoperto di crema al burro, con il telefonino in mano e disse: “Ehi Togami, di’ funyarinpa!”

“VAFFANCULO IKUSABA!”

CLICK.

“Oh, come sei volgare. Non molto adatto a uno Scion” ridacchiò, e lo lasciò a lamentarsi e lanciare anatemi all’universo tutto, mentre il resto della classe continuava a fargli il terzo grado sul ballo, e Touko e la faida. Si appuntò mentalmente di mandare la foto anche alla Super Scrittrice, per strapparle una risata.

Sì, ok, ma a me non frega niente di tutto questo.

Si avvicinò al tavolo con le bevande, sbuffando perché non c’era nulla di alcolico. Magari avrebbe potuto fregare una birra dalla scorta privata di Oowada, ma poi chi lo sentiva. Era ancora indecisa se darsi alla perdizione con l’aranciata o la soda al limone (sì ma che schifo di vita eh), quando sentì alle sue spalle una voce conosciuta che borbottava di quanto tutto questo fosse indecente e poco consono ad un ambiente scolastico. Rise fra sé e sé.

“Tutto ok, Ishimaru?”

“Non direi, no” rispose il Prefetto, scuotendo la testa. “Quanto è appena successo è assolutamente deplorevole!”

“Ti riferisci allo show di mia sorella, al tiro mancino di Togami a Fukawa o alla faida con la 77?”
“...tutto il pacchetto” ammise lui, “anche se devo dire che Enoshima-san ha veramente dato il peggio di sé stasera. Con buone intenzioni, sia chiaro, ma è stato-”
“Imbarazzante” concluse Mukuro per lui. “Sì, lo so. Non ho fatto in tempo a darle le medicine, mi spiace.”

Lui inarcò un sopracciglio: “Ma tu non hai nulla di cui scusarti, Ikusaba-san. Anzi, meriteresti una medaglia per la pazienza che hai nell’occuparti di tua sorella e dei suoi… beh…”

“Evidenti problemi comportamentali?”
“Eh” sorrise, “per dirla in maniera gentile. E comunque davvero, tu fai già tanto per lei, anche troppo.”
La Soldatessa fece spallucce: “Ma sì, sono abituata… certo, avrei preferito che non mi avesse rovinato l’unica festa a cui ho deciso di partecipare perché lei mi ha ricattata moralmente…” sospirò. Ishimaru la guardò in silenzio, poi sorrise: “Beh, la festa non è ancora finita, quindi puoi recuperare” le disse, e le tese una mano per invitarla a ballare.

Mukuro sgranò così tanto gli occhi che per un secondo temette le cadessero giù dalle orbite.

“Mi concede questo ballo, signorina Ikusaba?”

Per un attimo, solo per un attimo, pensò di scappare a gambe levate. Insomma, sapeva disinnescare una bomba e uccidere un uomo in sei modi diversi usando un cucchiaio di plastica, ma di ragazzi e cotte adolescenziali non ne sapeva niente, zero.

Quindi aprì la bocca e rispose: “...certamente.”

...perché sto ballando con Ishimaru, avevo deciso di no, cervello che diamine ti prende?

Forse non era esattamente il cervello a comandarla, al momento, almeno stando a quella stranissima sensazione che sentiva alla bocca dello stomaco. Ishimaru sorrise e la sensazione aumentò.

Com’è che la chiama Junko? Farfalle nello stomaco?

Forse non era tardi per imparare a fare l’adolescente, si disse.

E forse era vero pure che il mare era pieno di pesci e non esisteva solo Naegi-kun.

Ad esempio, esisteva anche Ishimaru-kun.

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Capitolo 6
*** ...e tutti pazzi per Sonia Nevermind ***


L’Impostore non amava le feste. Erano perdite di tempo, momenti di ritrovo vacui e privi di reale significato. E poi era troppo grasso per ballare.

Ma sul serio, erano quelli i veri motivi. La vacuità e la carenza di significato. Non di certo il fatto che, se si fosse azzardato a scendere in pista, sarebbe sembrato una specie di bombolone sul punto di esplodere.

Pertanto si era defilato senza fare un rumore dopo aver passato tutto il tempo a rimirare sbavando la gigantesca torta che faceva bella mostra di sé (e ovviamente essersi preso a gomitate con Akane su chi aveva il diritto di azzannarla per primo, perdendo malissimo). Poi un’improvvisa sensazione a pelle l’aveva convinto a levare le tende, lasciando a Oowari l’ambito premio.

Si ritrovò a vagare da solo per la scuola, le mani in tasca e lo sguardo annoiato che rimbalzava da un muro all’altro del corridoio.

Ok che non mi piacciono le feste, ma non è che qui sia poi tanto meglio.

Dopo una miriade di giri a vuoto si ritrovò, abbastanza inconsapevolmente, ad aprire la porta della caffetteria. Si disse che, persa la maestosa torta rimasta in palestra, forse sarebbe riuscito ad arraffare qualcosa dalla dispensa per riempire lo stomaco e l’umore non esattamente stellare.

Si meravigliò molto di non trovarla deserta. Seduta da sola ad un tavolo isolato e al momento non ancora accortasi del suo arrivo, c’era Touko Fukawa. Dalla sua posizione riusciva a vedere sul tavolo un paio di bottiglie di birra vuote, una messa orizzontalmente e lì lì a cadere. La Scrittrice ne stava tracannando una terza, col fare tipico dello sbronzo triste che rimane da solo nella bettola finché il proprietario non lo caccia fuori a calci.

Ohibò. Che le sarà successo? Non mi sembra una particolarmente felice di vivere in questo momento.

“Sia benedetta la scorta di Asahi! Sia benedetta! Dopo la serata di merda che ho avuto non c’è nulla di meglio che una bella sbronza! Fatti bella, dicevano! Quello stronzo di Togami cadrà ai tuoi piedi con un’erezione gigantesca, dicevano! Non si metterà a ballare con quella baldracca di Nevermind, dicevano! Dicevano un sacco di balle, ecco cosa dicevano! Mannaggia a me e al momento che mi sono presa la sbandata per quello zotico bastardo…”.

L’Impostore non poté fare a meno di sentir tutto, anche se aveva disperatamente cercato di lasciarla sola con se stessa. D’altronde sarebbe stato difficile non ascoltare, urlava tipo donna partoriente con un travaglio di sedici ore.

Per un po’ la tattica funzionò. Si diede da fare alla ricerca di qualche rimasuglio da azzannare, purtroppo non trovando niente.

Poi avvenne il patatrac: Fukawa si accorse della sua presenza.

I loro sguardi si incrociarono per una frazione di secondo. Lei gli fece cenno di raggiungerla. Lui rimase fisso a guardarla, chiedendosi se non correva il rischio che lo sbranasse anche solo per il fatto che era vestito come la persona che probabilmente era la causa del suo trovarsi lì, ubriaca, ad ululare alla luna.

Oh beh, non dovrei avere grossi problemi a difendermi contro una povera scrittrice in preda ai fumi dell’alcool.

Pertanto, seppur titubante, le si avvicinò.

Non sapete quanto si pentì di quell’errore.

Non appena fu a portata Touko gli si avvinghiò con tutta la sua forza, che per essere un topo di biblioteca mingherlino era assolutamente stupefacente. Pur con tutto l’impegno non era in grado di divincolarsi.

Quando poi cominciò a parlare fu la fine: “E tu, fotocopia grassa del mio adorabilissimo e stronzissimo cavaliere bianco? Cosa ci fai qui? Sei venuto a deridere la povera, piccola Touko che soffre le pene dell’inferno per amore? Che è gelosa di una splendida principessa bionda che ha ben più diritto di lei di danzare leggiadra e soave con quel bellissimo, maledettissimo esemplare di maschio alpha? Che dopo stasera non vorrà farsi più vedere in classe neanche dipinta?”. E via così, in un fiorire di iperboli e figure retoriche ardite e insulti coloriti verso colui che le aveva spezzato il cuore e ci aveva ballato sopra la rumba con la gentile collaborazione del regno di Novoselic, rappresentato dall’erede al trono.

“Fukawa-san… mi soffochi ti prego aiuto lasciami almeno andare…”.

“Oh no, bel fustaccione adiposo. Tu adesso resti qui a sentire i miei giusti lamenti mentre sfogo il dolore ardente che mi infiamma fin nelle viscere”.

Fu una lunga, lunghissima mezz’ora.

Per sua fortuna l’effetto più deleterio della birra passò prima che le sue vertebre cedessero sotto la pressione. Quel che rimase di quell’uragano di sberleffi, proclamazioni di vendetta e quant’altro… non fu che una povera ragazza distrutta dalla più cocente delusione della sua breve, travagliata vita.

Non ebbe il coraggio di andarsene quando, alla ciucca rabbiosa/violenta, subentrò quella triste e Touko si trovò a piangere tutte le sue lacrime sulla sua corpulenta spalla.

E ora che faccio?

La sua esperienza con le ragazze era abbastanza limitata, nello specifico a quella mina vagante di Ibuki (che era abbastanza sicuro di non aver mai visto piangere). E le lacrime di Mikan ormai non facevano testo perché piangeva con una facilità impressionante per praticamente qualunque cosa.

Per di più si trattava di una ragazza disperata per amore, che diamine ne sapeva lui?

E tuttavia non se la sentì di lasciarla sola, vuoi per spirito cavalleresco (che al suo cosiddetto cavaliere bianco manca, a quanto pare), vuoi perché quella ragazza così minuta scossa dai singhiozzi era uno spettacolo che spezzava il cuore… decise quindi di provare a rendersi utile. La fece accomodare al tavolo a cui l’aveva trovata, tolse di mezzo le birre (soprattutto quelle ancora piene, che non ci teneva proprio a una replica di quella tragedia greca) e andò a cercare qualche tovagliolo per lei. Magari avrebbe fatto anche un caffè, dopo. Peccato non ci fossero più merendine.

Tornò al tavolo e le porse i fazzoletti, che Touko accettò senza neanche guardarlo in faccia: “M-mi dispiace” sussurrò, “ho v-veramente dato il peggio di me…”

“Oh, non preoccuparti” mentì lui, “immagino che pene d’amore e birra non vadano esattamente d’accordo.”
Lei sospirò: “D-direi di no… soprattutto se l’oggetto della mia sofferenza è quello stronzo di Bya… Togami” si corresse. Per qualche istante rimase in silenzio, ed ebbe l’impressione che lei lo stesse studiando. Impressione che si rivelò corretta quando la ragazza parlò di nuovo: “C-come mai vesti ancora i suoi panni? I-insomma, c’è gente migliore di lui…” disse. Sembrò voler aggiungere “Perché non sei semplicemente te stesso?” ma non lo fece, e lui la ringraziò mentalmente per questo.

“Che vuoi che ti dica, mi diverte un sacco vederlo farsi il sangue amaro a causa mia” ghignò, e anche sul viso della Super Scrittrice apparve lo spettro di un sorriso. “Tu piuttosto” le chiese, pulendosi gli occhiali, “come hai fatto a innamorarti di lui?”
Per un attimo temette di aver detto la cosa sbagliata al momento sbagliato (giustamente se devo impersonare Togami tanto vale farlo fino in fondo, figure di merda comprese), ma lei si ricompose quasi subito: “Vuoi la verità? Non ne ho idea… v-voglio dire, è indubbiamente un bel ragazzo, è intelligente, insomma rientra nei miei gusti” disse, alzandosi e camminando attorno al tavolo (e l’Impostore notò stupefatto come, nonostante tutto, Touko non barcollasse nemmeno un po’. Lo reggi bene l’alcol, signorina, pensò). “N-non so cosa mi abbia impedito di vedere quel suo carattere orribile… o meglio, mi sono rifiutata di vederlo. Ho chiuso gli occhi e mi sono aggrappata con disperazione a quelle poche occasioni in cui si è davvero mostrato gentile con me, c-convincendomi che prima o poi sarebbe cambiato, sarebbe diventato il c-cavaliere bianco dei miei sogni… sono proprio un’idiota.”

“Nah, non sei idiota” rispose l’Impostore, tranquillo. “È lui che non ha idea di come ci si comporta con il prossimo. Non lo conosco bene quanto te - e ne sono lieto, da come ne parli - ma mi è bastato averci a che fare un paio di volte per capire di che razza di soggetto si tratta” sbuffò, continuando a guardarsi attorno nella speranza di scovare una scatola di biscotti che prima non aveva notato. Dovette arrendersi. “Può continuare a berciare sul suo titolo e sull’averlo ottenuto per i suoi meriti quanto vuole, ma questo non cambia la sostanza: Togami è solo un viziato figlio di papà convinto di essere superiore a tutti. E finché non prenderà una sonora mazzata sui denti dubito capirà il suo errore.”

Touko lo guardò perplessa, poi annuì: “L-le mie compagne di classe… le mie amiche” si corresse di nuovo, “l-loro mi avevano consigliato di smetterla di essere così r-remissiva nei suoi confronti. S-smetterla di obbedire ad ogni suo ordine o accettare in silenzio ogni suo insulto, ma n-non so se ne sono capace…”
“Oh sì che lo sei” rise l’Impostore, “magari la birra ti ha dato una spinta, ma prima mi hai placcato senza troppi problemi. Sono più che certo che non avrai difficoltà a rispondergli per le rime. Insomma, sei una scrittrice, sarai piena di insulti creativi da usare al momento opportuno, me l’hai dimostrato giusto due minuti fa” disse, e lei arrossì violentemente, scusandosi per quel che aveva detto. Lui si limitò a fare spallucce e imputare il tutto alla sbornia. Stava per aggiungere qualcos’altro quando sentì un tifone piuttosto familiare urlare in corridoio: “BYAKUYA-CHAAAAAAAN! BYAKUYA-CHAN DOVE SEIIIIII? PERCHÉ HAI LASCIATO SOLA IBUKIIII?”

Alzò gli occhi al cielo e decise di raggiungerla prima che facesse qualche danno: “A quanto pare qualcuno sta richiedendo la mia presenza in… maniera discreta” disse, alzandosi dal tavolino. Prima di andare si voltò di nuovo verso Touko: “Ma se dovessi aver voglia di parlare… insomma, sai dove si trova la classe 77. Certo, se il mio abbigliamento non ti turba” aggiunse, ma lei scosse la testa e sorrise: “No, affatto. E… grazie mille. Davvero.”

Sorrise di nuovo e poi si diresse verso il corridoio, dove Ibuki continuava a urlare come una pescivendola impazzita. “ARRIVO, ARRIVO!” rispose con altrettanta discrezione.


*


Kyouko Kirigiri stava tornando in camera sua. Era stata una festa a dir poco… epocale. Il primo, sovrastante motivo per chiamarla così era stata senza alcun ombra di dubbio Junko Enoshima: quella donna era riuscita in un’eccellente imitazione di un ordigno nucleare, sottoponendo tutti gli sfortunati presenti in palestra alle sue mortali radiazioni di… boh, malattia mentale? Non sapeva neanche come definirla, era talmente al di fuori di ogni schema da renderla una specie di punto di domanda semovente (provvisto di un notevole davanzale si trovò a pensare con una punta d’invidia. Però oh, quella sera anche lei faceva decisamente la sua signora figura).

Ma c’era stato un altro evento, infinitamente più trascurabile e infinitamente più importante: Makoto Naegi non si era avvalso della compagnia di Sonia Nevermind come dama. E non solo, ma quando i suoi occhi erano caduti su di lei… diciamo che se non fosse stato lui, cioè un biscottino col cuore di panna avvolto da uno strato di ingenuità, avrebbe potuto temere per la propria purezza.

Sì, insomma. Aveva la faccia di uno che le avrebbe strappato il vestito di dosso con i denti.

Il che poteva significare una e una sola cosa: era una cretina. È vero che si era messa particolarmente in tiro e quindi lo voleva di sicuro inzigare un po’, ma quello sguardo di adorazione totale non poteva essere solo dovuto alla generosità delle forme messe in mostra quella sera.

Era di più. Era lo sguardo… di chi ha una cotta per te.

Maledetta scema che non sei altro. Ti fai chiamare la Super Detective e poi non ti accorgi di una cosa tanto evidente? Complimentoni, il tuo titolo è meritatissimo.

Avrebbe voluto approfondire la cosa, magari prendendolo in disparte e torchiandolo come solo lei sa fare, ma il sopraggiungere del tornado Junko a forza E589 aveva fatto leggermente deragliare i suoi piani. Con il maremoto finito si era trovata a cercarlo con lo sguardo per la palestra, non riuscendo però a trovarlo.

Rassegnata, aveva optato per rimandare la pratica al giorno successivo. Ed era una pratica che aveva tutte le intenzioni di sbrigare il prima possibile, fosse anche solo per mettersi il cuore in pace. Perché, orrore degli orrori, stava contemplando la possibilità di essersi sbagliata e che lui non la ricambiasse come si stava convincendo.

Oh mio dio, sono un’adolescente. Ho dei dubbi. Soffro per una cotta. Perché la mia vita dev’essere una bugia? Perché ho perso le mie basi solide e sicure? Perchéééééééééééééé?

Si sentiva stranamente stanca, fin troppo indebolita da questo inopinato tourbillon emotivo. Ed essendo, o almeno cercando di apparire, sempre fredda e posata era ancora più provata del normale proprio per l’effetto shock della situazione inaspettata.

Sospirò, afferrando un lembo della gonna con la mano sinistra. Era la prima volta che si trovava così incerta di se stessa, dei suoi *glomp* sentimenti e di come gestirli. Di solito era un asso nel gestire, sempre rapida ed efficiente.

E va beh, doveva dare tempo al tempo. Prima o poi avrebbe trovato il metodo perfetto, quello a prova di bomba che le avrebbe sempre assicurato…

“Kirigiri-san?”.

Quella voce, proveniente dalle sue spalle, la fece sudare freddo.

Si voltò lenta.

...avevo detto domani, Makoto. Ti avrei parlato domani. Non mi puoi fare gli agguati così, non sei Ikusaba.

“Oh… Naegi-kun. Ciao”.

“Di nuovo buonasera, Kirigiri-san. So di ripetermi, ma non posso non sottolineare di nuovo quanto sei bella stasera. Il vestito ti calza come un guanto”.

Eccolo, eccolo! È arrossito dicendolo! Allora avevo ragione!

“G-Grazie. Anche tu sei molto elegante”.

Balbettare? Non devi balbettare, Kyouko! No, non va bene! Poi penserà che sono… ossantocielo no ti prego, non può pensare… che sia timida…

“Serata memorabile, eh?”.

“Lo puoi dire forte. Quella pazza furiosa di Enoshima ha lasciato un segno indelebile nella storia della Kibougamine. Gli annali parleranno delle sue gesta per lunghi anni”.

Presero a camminare, una di fianco all’altro.

Sei troppo vicino! Allontanati! O ti accorgerai che in questo momento ho la temperatura esterna del sole!

“Sì, indubbiamente Enoshima-san sa come farsi notare. Non invidio quella povera disgraziata di Ikusaba-san che deve cercare di tenerla a bada. A me non basterebbero otto vite per un compito così infame”.

“Ognuno ha le sorelle che si merita. Ikusaba ha Enoshima, tu hai quel cioccolatino di Komaru. A proposito, quando torna a trovarti? Le devo ancora una rivincita a Cluedo”.

Ecco, ottima tattica! Divaga! Temporeggia! Devia! Non lasciargli la possibilità di premere il grosso pulsante rosso con su scritto Ci Mettiamo Assieme o No?.

“Eh, potrebbe volerci più del previsto. Ultimamente è molto presa dai suoi giri e dalle sue amicizie. Non ha più tempo per il fratellone, specie da quando si è trovata il ragazzo…”.

Pericolo! Pericolo! Ha detto una delle parole proibite! Attuare piano di emergenza! Selezionare opzione: a) fingere un attacco di colite; b) tornare in palestra, prendere un frammento della torta esplosiva e tirarglielo in faccia; c) urlare che sono arrivati gli alieni e vogliono ispezionarci analmente.

“Sul serio? Ma che bella notizia. Peccato però, ci tengo a rivederla. È così carina e simpatica, e poi a Cluedo è davvero brava”.

“Non può essere brava quanto te, però. È impossibile. Sei la miglior miss Scarlet che ci sia. E comunque, se proprio ci tieni, a Cluedo possiamo giocarci io e te… da soli…”.

Doppio attacco! Lecchino e allusivo! La situazione ti sta sfuggendo di mano! Urge dargli una botta in testa, riempirlo di calci quando è al tappeto e scappare alla velocità della luce!

“Vuoi prendere una batosta galattica, quindi?”.

Ecco, fagli vedere chi comanda a ‘sto sbruffone! Sei tu che conduci il gioco, non lui! Nei ritagli di tempo in cui non sei in preda al panico e all’ormone su di giri, almeno.

“Ti dirò, ormai perdere contro di te ai giochi di società non è più un problema per la mia autostima. Ci ho fatto il callo. Sei migliore, punto. Però c’è un’altra cosa in cui ci terrei a non perdere…”.

Si fermò. Si girò verso di lei. Prese le sue mani nelle proprie.

Evacuare! Evacuare! Il nocciolo sta per andare in meltdown! Evacuare tutto il personale, prima le ragazzine innamorate e i tenerissimi cosini con l’ahoge alti come una scatola di scarpe!

“Kirigiri-san… Kyouko-san. Dopo stasera, dopo aver visto quanto sei incantevole, non posso più far finta di nulla, devo sapere. Devo conoscere la tua risposta”.

Allora, vuoi esplodere o no? È la tua unica via di fuga, la tua unica possibilità di salvezza! Scoppia! Scoppia! Scoppia!

“Kyouko-san, stai bene? Mi sembri accaldata”.

Colpo in B6! Portaerei compromessa! Si salvi chi può e si fotta il gatto di bordo che mi soffiava sempre contro!

“N-Non è niente, s-sto bene”.

“Oooook. Beh, volevo chiederti una cosa molto importante”.

“Q-Q-Q-Quale cosa?”.

“Vorresti essere la mia ragazza?”.

Ommiodiolhadettolhadettoeorachefaccioohcielosvengo.

“Io… devoandarecivediamodomattinainclasseciao.”

Girò sui tacchi e corse dritta verso la sua stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Sai mai che quell’adorabile cosino di Naegi la seguisse e suonasse insistentemente al suo campanello.

...ma sarebbe poi così terribile? Voglio dire, era quello su cui fantasticavo poco prima del suo agguato. E mi ha chiesto apertamente di essere la sua ragazza mentre fino a un’ora fa credevo morisse dietro a Sonia Nevermind. Quindi perché sono scappata?

Represse a fatica l’istinto di prendere a testate il muro, dicendosi che avrebbe potuto chiarire la questione il giorno seguente.

...e se ora credesse che non voglio saperne niente di lui? Se credesse che sono scappata perché mi fa ribrezzo?

La seconda volta non represse l’istinto di dare craniate al muro.


*


Wow.

Di tutte le reazioni a cui aveva pensato, quella era sicuramente l’unica di cui non aveva tenuto conto: aveva immaginato Kyouko Kirigiri rifiutare con sdegno la sua proposta, urlare in preda all’orrore, ridergli in faccia. O dirgli sì, nelle sue più timide e rosee speranze. Ma non che scappasse via a gambe levate accampando scuse.

Tuttavia Makoto non si sentiva giù come aveva temuto. Anzi, era piuttosto convinto che quella reazione celasse qualcos’altro. Magari sono solo troppo ottimista, si disse. Ma ormai si era spinto fin là, osando qualcosa che non aveva mai immaginato di fare (tranne che nelle sue più sfrenate fantasie, sempre e solo quelle), era tardi per tornare indietro.

Domani ritenterò.

Il peggio che poteva succedere era un no diretto, e in caso sarebbe stato preparato alla botta. Non una passeggiata di salute, indubbiamente, ma non sarebbe morto solo per questo.

Nel migliore dei casi, invece, sua sorella avrebbe potuto coniare uno stupido nomignolo da otp di fanfiction per loro due.

Sorrise e si avviò verso la sua stanza, sistemandosi la cravatta con fare soddisfatto.

Domani Kyouko Kirigiri, dopodomani il mondo.

Ma in realtà la sola Super Detective andava più che bene, il resto lo avrebbe lasciato volentieri a quella diva di Togami.


*


Voglio morire.

La quale diva, il giorno dopo, si alzò con la peggiore gastrite mai avuta da quando soffriva di gastrite cronica (quindi due anni). Si accorse con orrore che aveva ancora crema al burro tra i capelli e si abbandonò a un urlo che poco aveva di umano e molto di bestiale. Ringraziò le mura insonorizzate dei dormitori, la sua unica gioia in quel momento così nefasto.

La mia vita fa schifo.

Il solo ripensare alla terrificante serata di ieri gli provocava un bruciore di stomaco indicibile (e ovviamente ho finito tutti i Lucky Gastro, ma maledizione a te Enoshima), tuttavia il suo cervello continuava a riproporre i momenti salienti di quella disgraziata festa, soffermandosi in particolare sulla scenata della Super Modella.

Io ancora mi chiedo da quale ospedale psichiatrico è scappata, ‘sta pazza.

Interrompere il suo ballo con Sonia Nevermind, poi. Come aveva osato? E insinuare che ci fosse qualcosa tra lui e la principessa di Novoselic? Ma seriamente?

Il pensiero tipico della plebaglia che non sa come funziona tra gente di un certo livello pensò, soffocando un rutto. Byakuya e Sonia frequentavano gli stessi ambienti, basta. Non c’era altro.

E poi lo sanno tutti che muore dietro a quell’altro soggetto da ricovero di Tanaka.

E se lo sapeva non era certo per interesse nei gossip della Kibougamine, ma perché la Super Principessa non parlava d’altro: o Gundam Tanaka, o l’occulto, o i serial killer. I suoi tre argomenti preferiti.

Ma pensa te se posso avere anche solo un minimo interesse per una che va in brodo di giuggiole pensando a Genocider Syo.

Tale considerazione lo portò al secondo punto del suo dramma personale: Enoshima l’aveva attaccato per... difendere nientemeno che Touko Fukawa? Touko che scriveva romanzi rosa e aveva una cotta per lui che era di dominio pubblico? Non era nemmeno sicuro avesse preso parte alla festa!

Mi chiedo da quando sono diventate amiche, pensò sotto la doccia, mentre cercava disperatamente di rimuovere ogni residuo di torta dalla sua augusta persona (maledizione a me e all’idea dei fuochi d’artificio, maledetto proprio. E ci ho pure perso 60.000 yen, riesco a sentirle le risate di Chikatilo alle mie spalle). In effetti non è che sapesse chissà cosa su Fukawa, a parte le cose fondamentali: era una scrittrice di successo, aveva letto più libri di lui, era ossessionata da lui e non amava troppo fare la doccia. In genere si limitava a stargli attorno in silenzio, al massimo si offriva di portargli un caffè o recuperare libri in biblioteca per lui; in alcuni casi fortuiti erano persino riusciti ad avere delle conversazioni tutto sommato normali, e doveva ammettere che non erano state per nulla spiacevoli, anzi.

Se il suo alter ego non fosse una serial killer fissata con i bei ragazzi aiuterebbe, rimuginò, mentre usciva dalla doccia e cercava a tentoni asciugamano ed occhiali. In fondo non era nemmeno colpa di Touko, non aveva certo chiesto di dividere il corpo con un’assassina di quel calibro… solo, lui non voleva averci troppo a che fare. Soprattutto perché la suddetta assassina si era eletta a sua personalissima stalker.

Ma poi chi ha pensato che darle il titolo di Super Serial Killer e considerarla una studentessa a tutti gli effetti fosse un’idea geniale, eh? La chiamano pure durante l’appello! Si drogano tutti in questa scuola, soprattutto gli insegnanti!

Altro gorgoglio allo stomaco, altro rutto.

...devo ricordarmi di passare in infermeria.

CRACK.

Il rumore di qualcosa che si è rotto, ma soprattutto la sensazione sotto al piede di qualcosa che si è rotto.

VAFFANCULO.

Almeno aveva trovato gli occhiali.


Recuperate un paio di lenti nuove e fatto un viaggio a vuoto in infermeria (spero che il Lucky Gastro ti vada di traverso, Hongou!) si recò in aula, dove ad aspettarlo trovò quattordici paia di occhi che lo scrutavano, alcuni con curiosità morbosa, altri come se volessero scotennarlo.

“Un comitato di benvenuto, quale onore” borbottò, prendendo posto al suo banco.

“Buongiorno Raggio di Sole.”

Sentì nuovamente l’esofago andare a fuoco.

Alla sua destra Enoshima lo osservava divertita, seduta con la grazia di un paracarro su quell’altro gorilla di Oowada. “Sei riuscito a togliere tutti i resti di torta dai capelli?”

A quel rimarco lanciò un’occhiataccia a Ikusaba, che sembrava aver deciso di sputtanarlo con la sorella. Mukuro si limitò a sorridere. Intanto la Modella gli si era avvicinata: “Lasciatelo dire, l’idea dei fuochi d’artificio nella torta era davvero idiota” rise, “ma credo che tu te ne sia reso conto da solo. Il karma te l’ha fatta pagare cara.”
Byakuya sgranò gli occhi: “Tu come…” sussurrò, ma lei lo zittì subito: “Oh per favore, Togami, se vedi dei fuochi d’artificio qui dentro pensi subito a Ted Chikatilo, e stamattina gli ho chiesto personalmente conferma.”

Questo era davvero troppo.

“Enoshima, cosa vuoi dalla mia vita?” ringhiò.

“Rovinartela” rispose lei, incrociando le braccia. “Forse non te ne rendi conto, o più facilmente non ti importa, che il modo in cui tratti tutti quanti è migliore solo di quello di un negriero. In particolare” disse, puntandogli un dito al petto “il modo in cui hai sempre trattato la povera Fukawa-chan è orribile. Quella ragazza ti ama (per motivi a me assolutamente incomprensibili) e tu la tratti come uno scarto della società! E ieri sera” insistette, punzecchiandolo con l’unghia finta “è stata davvero la goccia che ha fatto traboccare il vaso.”

In quello stesso istante la suddetta Fukawa entrò in classe, scusandosi per il ritardo con Ishimaru. “Oh ma buongiorno, Fukawa-chan!” trillò Junko. “Vedo con piacere che hai deciso di seguire i miei consigli sui capelli!”

Byakuya sentì la Super Scrittrice ridacchiare, e quando si voltò si trovò davanti uno spettacolo decisamente insolito: Touko Fukawa senza le sue tipiche trecce. Al contrario, i suoi capelli erano liberi e le ricadevano sulle spalle, ad esclusione di sei fermagli bianchi che tenevano ferma parte della frangia.

...perché mi sto soffermando su questi dettagli? Soprattutto, perché mi sto soffermando su di lei più del dovuto?

Per un attimo, ma solo per un attimo, pensò che era molto più carina senza le trecce.

...da quando la trovo carina?!

L’unica cosa che non era carina in lei, in quell’istante, era il suo sguardo: quegli occhi grigi che di solito lo guardavano con desiderio adesso erano pieni solo di… disprezzo. E schifo, anche.

Touko non gli rivolse la parola, ma si limitò a sedersi al suo banco e tirar fuori i libri dalla borsa.

“Chi semina vento raccoglie tempesta, Togamicchi” sussurrò Junko al suo orecchio, in un’orribile imitazione di Hagakure. “Sono ancora con te per la faida con la 77, ma per il resto… fai attenzione ai tuoi gioielli di famiglia” rise, indicando le sue parti basse.

Sedendosi al suo banco, il Super Erede si chiese cosa diamine stesse succedendo: l’intera quota femminile della classe 78 che voleva la sua testa, Touko che non gli rivolgeva la parola… e tutto per aver ballato con Sonia? Sul serio?

E ho pure dimenticato il portapenne in camera, notò mentre cercava i quaderni. Si voltò verso la Scrittrice e spinto dall’abitudine chiese a lei: “Touko, prestami una penna.”

Lei però lo ignorò.

“Touko, prestami una penna.”

Niente.

Oi, Touko?”

Quando batté ritmicamente le dita sul banco della ragazza, lei alzò lo sguardo. “Era ora” grugnì, “prestami una penna.”

“No.”

“...prego?”

“Ho detto di no. I Kami ti hanno donato due piedi, usali per andare fino allo spaccio, e magari proseguire fin dove ti mando io.”

A quella frase l’intera classe 78 si voltò a guardarli con gli occhi fuori dalle orbite: Touko Fukawa aveva appena mandato a quel paese il suo cavaliere bianco, senza balbettare e riuscendo nel miracoloso intento di lasciarlo senza parole.

“Uuuuh, questo sì che è stile, sorella!” ridacchiò Junko, e accanto a lei Ikusaba aggiunse: “Tutto questo mi ha appena ricordato una cosa” rise, e la vide smanettare col cellulare.

“Ikusaba, non oserai…”

Pirirì.

Dietro di lui Fukawa guardò il cellulare e scoppiò a ridere.

Byakuya ringhiò: “Che tu sia dannata, Ikusaba…”

“Oh, fossi in te non mi spingerei oltre, Togami” sorrise malefica la Super Soldatessa.

“Perché, altrimenti che fai? Chiami i tuoi ex colleghi della Brigata Fenrir?”

Lei non rispose, ma digitò nuovamente qualcosa sul telefono.

Pirirì. Pirirì. Pirirì.

Poco a poco il resto della classe si unì alle risate della Scrittrice osservando sul proprio telefono l’immagine di Byakuya Togami ricoperto di torta e crema al burro.

“Io ti avevo avvisato” disse Mukuro. “Ancora una parola e la invio a tutta la scuola.”

Ogni tentativo di replica da parte sua venne troncato sul nascere dall’arrivo dell’insegnante. Per un attimo accarezzò l’idea di darsi malato e correre in infermeria. Non sarebbe stata nemmeno una bugia visto che il suo stomaco aveva deciso di ballare la para para dance e darsi fuoco.

Questo… questo è un incubo! Non ci credo!

Ennesimo rutto soppresso.

Voglio morire. La mia vita fa schifo.

Oh, ma come sei melodrammatico, Byakuya-chan. Vedrai che ne usciremo vivi!

Corresse il tiro: le ragazze della classe 78 lo volevano morto, Touko lo odiava, e ora aveva fatto la sua comparsa una misteriosa vocina nella sua testa.

Morirò pazzo e solo, e con la gastrite. Ecco cosa.


*


“Etcì!”

“Salute, Sonia-san.”

“Grazie, Chiaki-san.”

“Preso freddo ieri?”

“No, non credo Hinata-san. Sono piuttosto sicura di stare bene.”

“Qualcuno starà parlando di te con insistenza, e in termini poco carini. Forse.”

“Davvero, Chiaki-san?”

“Sì, almeno così si dice in Giappone. Credo.”

“Oh cielo! Mi chiedo chi potrebbe volermi così male…

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Capitolo 7
*** ...e io vorrei, non vorrei, ma se vuoi ***


Celestia Ludenberg osservava distratta il resto della classe. Quella mattina si respirava un’aria a dir poco strana, con tutta una serie di avvenimenti che a un occhio di lince come il suo non potevano proprio sfuggire (a parte ovviamente la figura di merda astronomica di quel povero mentecatto di Togami, talmente grande che persino Hagakure era riuscito ad aggregarsi all’ilarità collettiva): Ikusaba e Ishimaru si scambiavano qualche occhiata furtiva, scostandosi verdi in faccia dopo dieci secondi; al contrario Kirigiri e Naegi non avevano incrociato gli occhi neanche per salutarsi, e anzi quando si erano avvicinati a più di trenta centimetri lei sembrava quasi stesse per prendere fuoco.

Enoshima e Oowada… va beh, quei due erano un caso irrecuperabile e a giudicare dalla loro gestualità si sarebbero buttati per terra a fare sesso furibondo per tutta la durata delle lezioni. Senza neanche usare un velo per coprirsi, quegli svergognati.

Sì insomma, ultimo caso a parte (perché Enoshima e Oowada avevano sempre lo sguardo da lo famo strano?), sembravano esserci un po’ di situazioni… sospette. Intervallate da frizzi e lazzi per Togami, che Celes aveva idea non sarebbero mancati per luuuuuuuuungo tempo.

Doveva ammettere di esserne incuriosita, soprattutto per le accoppiate Ikusaba & Ishimaru e Kirigiri & Naegi. Insomma, fra i primi due non c’era mai stata la minima interazione sociale di nessuna natura, si facevano a malapena un cenno di riconoscimento a inizio e fine orario scolastico e poi ognuno per la sua strada… e adesso stavano lì a rubacchiarsi le occhiate furtive, scostando lo sguardo imbarazzati quando temevano che l’altro se ne potesse accorgere.

Ora che ricordava le pareva che la sera prima, durante la festa, poco dopo che la vulcanica sorella di lei aveva dato spettacolo per i secoli a venire… sì, se non si sbagliava ricordava vagamente un momento in cui quei due avevano parlottato e poi si erano messi a ballare.

Oh. Oh. Oh. Stiamo scherzando? Prefetto e Soldatessa? Ma la castrata delle Enoshima non moriva dietro a quell’altro anonimo ometto di Naegi? E soprattutto, da quando Kiyotaka “scopa in culo” Ishimaru perde tempo con l’arte del corteggiamento delle donzelle? Mondo, e non intendo Oowada: stai cercando di farmi capire che fra quei due ci sarebbe del potenziale tenero?

Ok Celestia, segna nel tuo scomparto mentale dedicato al gossip.

Naegi e Kirigiri presentavano dei sintomi diversi. Lui era sempre il solito ragazzino timido, poco scafato perché non era uno stronzo come lei, sottomesso con tutto e con tutti… tranne che con Kirigiri, verso la quale sembrava lanciare segnali che dicevano “Allora? Io sto aspettando”. E lei, in maniera del tutto fuori dal suo personaggio, invece di farlo rimbalzare con maestria contro il muro di gomma della sua freddezza… era incredibile a dirsi, ma la sensazione che arrivava forte e chiara agli occhi della Super Gambler era quella di una ragazzina persa in un delirio senza via d’uscita, che distoglieva lo sguardo perché non riusciva a vedere in faccia la persona che le scaldava certe zone corporee, che avrebbe preferito una maratona di pallosissimi film di Kurosawa piuttosto che affrontare una volta per tutte l’argomento. Un’adolescente con una cotta mostruosa, ecco cosa le sembrava.

Allora, ricapitoliamo. Anche i cessi della scuola sanno che Naegi coltiva patetici sogni romantici nei confronti dell’algida detective dai capelli sgargianti, e fin qui nulla di strano. La cosa strana è la reazione di lei, completamente inappropriata al suo usuale modo di porsi da iceberg. Il che mi porta a una e una sola conclusione: lo ricambia e il sommovimento emotivo le ha mandato in tilt il cervello, con buona pace della sua reputazione.

Questa è una notizia succulenta forte, eh. E credo che, esattamente come il presunto flirt fra Ikusaba e Ishimaru, io ne sia l’unica consapevole oltre ai diretti interessati.

DRIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIN.

“Ok ragazzi, lezioni finite! Ricordatevi di leggere per domani le pagine…”.

Sì sì, le solite balle. Tanto nessuno lo avrebbe fatto.

Si alzò composta dal suo banco, recuperò i suoi effetti personali e si diresse in corridoio per tornare in camera. Aveva in programma di farsi bella, se possibile più di quanto non lo fosse già, e di puntare verso le solite due o tre bettole nei quartieri non esattamente chic della città. La fase preparativa della festa del giorno prima aveva prosciugato le sue finanze e necessitava dei soldi di qualche pollo.

La scoperta delle tresche, in attuazione o in costruzione che fossero, fra i suoi compagni le aveva migliorato enormemente l’umore. Si sentiva ottimista, pronta a ricattare e sputtanare un po’ tutti secondo il suo sfizio.

Si concesse addirittura un leggero fischiettare mentre si avviava.

Poi il disastro.

Quasi non si accorse di incrociare per il corridoio Hiyoko Saionji, membro della classe 77.

Non le aveva rivolto la parola, non l’aveva guardata, aveva fatto finta che non esistesse. D’altronde era talmente su di giri che non si sarebbe soffermata ad osservare le zecche per terra.

Di punto in bianco la frecciata mortale. Passandole vicino quella disse, senza essere stata minimamente provocata: “Buona giornata, Taeko Yasuhiro”.

Celes si fermò di colpo, come pietrificata. Si voltò lentamente verso la Super Ballerina Tradizionale, che era rimasta ad aspettarla apposta per farle ciao ciao con la manina e poi trotterellare via verso chissà quale destinazione.

LURIDO GNOMO.

Fece dietro front sperando di essere in tempo. I suoi piani per il pomeriggio non erano cambiati di una virgola, erano solo slittati di una mezz’oretta. Prima doveva parlare con qualcuno.

Giuro che ti ci seppellisco in quel kimono puzzolente, Saionji!

Tornata nei pressi dell’aula scoprì che la fortuna era ancora dalla sua. Ovviamente, si disse.

“Togami.”

“No senti, Ludenberg, non è giornata.”

“La farai diventare giornata” ringhiò, placcandolo contro il muro. “La classe 77 deve esplodere.”

“E fin qui c’eravamo” sbuffò l’Erede, “peccato che nessuno di voi stia cooperando.”

“La nostra è una classe di cuori di panna, anche quelli che abbaiano più degli altri. Non sono capaci di mettere a punto una strategia” replicò lei, “quello è un compito che spetta a noi. Poi la spiegheremo anche al resto della marmaglia, ma continueremo a subire i calci in culo da Hinata e compagnia se io e te non azioniamo le rotelline.”

Togami rimase in silenzio, apparentemente indeciso se cedere a quelle lusinghe oppure lavarsene le mani.

Oh avanti, diva bionda, lo so che sotto i rimasugli di torta c’è ancora la pigna in culo che tutti conoscono.

“E sia, Ludenberg. Ma posso chiederti cosa ti ha spinta a prendere la situazione in mano?”

“Saionji. Quella baldracca in kimono ha osato… chiamarmi per nome. Il mio vero nome” ringhiò sottovoce, ma abbastanza affinché il ragazzo la sentisse. Quest’ultimo ghignò: “Aaaah, capisco. Colei Che Non Deve Essere Nominata.

“Non scherzare. Allora, ci stai?”

“Ci sto. Ci vediamo tra un’ora in biblioteca.”

Detto questo Togami se ne andò per la sua strada, e Celes non mancò di notare come continuasse a massaggiarsi lo stomaco.

Vedi di non morire di gastrite proprio adesso, mi servi vivo.

Tornò di nuovo verso i dormitori, riformulando la sua scaletta degli impegni: il poker avrebbe dovuto aspettare il giorno seguente. La sua dignità, invece, non poteva attendere.

Te lo faccio vedere io chi è Celestia Ludenberg, nano da giardino!


*


C’era qualcosa di strano nell’aria, anche se non sapeva dire esattamente cosa.

Ma se lo sentiva sulla punta della lingua.

Era già strano l’essersi svegliata dentro al bagno, posto che in genere Touko frequentava poco. Trovarsi poi dentro la doccia… beh, quella era una novità.

Uuuuh, Lagna ha cambiato le sue abitudini?

Genocider Syo diede una sniffata a braccia, ascelle e capelli: sapeva di agrumi e roba chimica. Touko si era davvero fatta una doccia completa.

Ok, cosa mi sono persa? Da quanti giorni ‘sta stronza non mi lascia scorrazzare in giro?

Afferrò un asciugamano e si guardò attorno: sembrava tutto normale, se non fosse stato per… saponi, bagnoschiuma, shampoo, persino vestiti nuovi e carini. Fece roteare la lingua, rimuginando. Non condividere le memorie era una gran rottura di scatole, quindi Syo doveva affidarsi alle sensazioni e, soprattutto, alle ultime cose successe prima di ogni “blackout”. Cercò il cellulare di Touko, controllò la data e capì che l’ultima sua visita risaliva a circa una settimana prima.

Ah già, quando ho terrorizzato Hongou. Sigh, se solo avesse trent’anni di meno.

Però era piuttosto sicura che allora il bagno della Scrittrice di Lagne avesse giusto una saponetta. Doveva essere successo qualcosa nel frattempo, ed era decisa a scoprirlo.

Si rivestì in fretta e furia ed era pronta a legarsi i capelli nelle solite, tristissime trecce quando notò una foto stampata e appesa al muro tra i vari appunti per i suoi libri. Si avvicinò per guardarla meglio: era Touko insieme alla Nuotatrice Scema (Asahina), la Psicopatica (Enoshima), la Sorella della Psicopatica (Ikusaba), Ogre (Oogami) e la Futura Meteora (Maizono). Tutte agghindate a festa, persino Lagna. Che, sorpresa delle sorprese, aveva lasciato i capelli sciolti.

“Quand’ero io a suggerirtelo però i bigliettini li strappavi, eh idiota?” borbottò. Lasciò quindi i capelli sciolti, esattamente come nella foto, e si fiondò in corridoio.

Vediamo, a chi posso chi posso estorcere informazioni?

La prima opzione era sicuramente Ludenberg, la portinaia della classe (dovrebbe cambiare titolo, è più brava a farsi i fatti degli altri che a giocare a poker), ma non aveva voglia di discutere con una gothic lolita isterica. Magari avrebbe potuto chiedere a quel cosino adorabile di Naegi, che se solo fosse stato più alto… eeeeh, buon per te che non lo sei, Makyutie ridacchiò tra sé e sé.
“Buongiorno Syo-san.”
“Buongiorno!”
Oi, Syo!”

Mentre rifletteva salutò un po’ di gente per i corridoi, compreso un Oowada piuttosto rilassato.

Oh ecco. Potrei chiedere al Pompadour Semovente! O magari… a Byakuya-sama!

La sua eccitazione subì una battuta d’arresto istantanea, portandola a fermarsi fisicamente nel mezzo del corridoio.

...che storia è questa?

L’unico modo che aveva per “comunicare” con Touko, oltre ai bigliettini, erano le emozioni e le sensazioni che condividevano. E in quel momento le emozioni della Scrittrice nei confronti dell’Erede erano tutte negative: odio, rabbia, tristezza, schifo… poteva nominare un qualunque sentimento negativo e di sicuro l’avrebbe trovato là in mezzo.

Ma io e te non eravamo rimaste al fatto che entrambe ci saremmo fatte volentieri Byakuya-sama? Che lo amiamo perdutamente? Che sarebbe bello aprirlo in due con le for… ah no, questa era solo mia, scusa.
Aggrottò la fronte e fece roteare la lingua, riflettendo.
Era successo qualcosa di grave, parecchio. Mai una volta Touko aveva avuto dubbi sui suoi sentimenti per quello che era indubbiamente il ragazzo più bello e stronzo dell’accademia, di conseguenza gli ultimi avvenimenti dovevano essere stati della portata di una bomba atomica.
Cosa hai fatto a Byakuya-sama? Anzi… cosa lui ha fatto a noi?

Girò sui tacchi e si lanciò all’inseguimento di Oowada.
Doveva sapere.

“Ehi, Pompadour Semovente!” si trovò a urlargli contro.

“Uh?” fece quello, sentendosi chiamare con un nomignolo che non sentiva poi così spesso, essendo sua esclusiva. “Syo… che c’è? Fammi indovinare, hai tirato le forbici come se fossero dei dadi e oggi mi trovi bello, quindi vuoi intagliarmi la pancia per vedere di che colore sono fatto dentro”.

“Non dire cazzate, per piacere. Ti ricordo che davanti a te hai Fujisaki, Ishimaru… e Yamada. Yamada”. L’ultima annotazione era volutamente provocatoria, ma tanto bastò a far gonfiare una vena in testa al Biker.

“Senti un po’, Stabby McMurder. Sei venuta fuori dal tuo guscio per prenderti una scarica di pugni?”.

“Avanti ananas andato a male, non prendertela. Si diceva per scherzare. Piuttosto, come sai io non sono qui proprio sempre sempre ed ecco… Lagna mi ha lasciato in eredità dei sentimenti contrastanti nei confronti del nostro comune Lancillotto. Volevo chiederti, ecco… mica è successo qualcosa?”.

Lo sguardo con gli occhi triplicati di dimensione di Oowada le fecero intuire che sì, qualcosa era successo. E qualcosa di molto, molto grosso.

“Ooooooh, ne hai di novità da sapere cara mia” disse gaio prendendola per le spalle “Vieni con me, ti offro una birra. Anche se qualcuno mi ha dimezzato la scorta ieri sera, e non farò nomi”.

L’improvviso senso di colpa che pervase il corpo di Genocider le fece capire che era la sua metà un po’ meno oscura ad essersele scolate. Trovò equo scusarsi in vece sua.

“Fa nulla, fa nulla. Tanto ne ho ancora sei casse piene”.

Giunsero in caffetteria, dopo che la nuova arrivata salutò chi ancora non era a conoscenza della sua attuale venuta. Si sedettero a un tavolo isolato e Mondo, stappando l’Asahi con i denti come solo un vero uomo sa fare, propose un rapido brindisi.

“Per cosa?” chiese lei, non capendo.

“Per il funerale di Togami. Finalmente ce lo leveremo dalle palle”.

“Eh? Perché dovrebbe succedergli qualcosa?”.

“Perché, quando avrò finito qui, andrai a seminare le sue budella in giro per tutta la scuola”.

Provvide a raccontarle di quanto avvenuto la sera prima, con Togami e Nevermind e Junko.

“CHE COSA HAI APPENA DETTO?” eruttò la Serial Killer, alzandosi in piedi e sversando mezza bottiglia per terra “QUELLO STRONZO HA FATTO COSA?”.

“Quel che ti ho detto. Dopo che tutta la parte femminile della classe si era sbattuta come delle maid sottopagate per tirarla a lucido in occasione del ballo, è andato a fare il cascamorto con la principessina di ‘stocazzo”.

“QUEL FIGLIO DELLA MERDA! AH, MA STAVOLTA LO METTO IN PRATICA L’INCONTRO RAVVICINATO DEL TERZO TIPO FRA LE MIE GENOSCISSORS E LA SUA TRACHEA!”.

“Accomodati. Sappi che ti verrà data una medaglia al valore per il grande servizio che farai all’intera società civile giapponese”.

“POSSONO ANCHE IMPICCARMI MA QUEST’ONTA ANDRÀ LAVATA CON IL SANGUE! E NON SARÀ ROSA!”.

Se ne andò, lasciando l’intero corpo studentesco presente attonito di fronte a uno scoppio d’ira del genere.

Bastardobastardobastardobastardobastardobastardobastardobastardobastardo
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bastardobastardobastardobastardobastardobastardobastardobastardobastardo
bastardobastardo.


*


Kiyotaka Ishimaru non si considerava una persona particolarmente sfortunata. Come tutti aveva i suoi alti e bassi, ma in media si manteneva su livelli normali senza particolari picchi in un senso o nell’altro.

Quel giorno dovette ricredersi. E il bello è che non sapeva dire se in meglio o in peggio.

Perché quel giorno si ritrovò a fare il turno di pulizia dell’aula assieme a Mukuro Ikusaba.

I due, una volta saputo che sarebbe toccato a loro fermarsi alla fine delle lezioni, si erano scambiati uno sguardo a dir poco perplesso e, forse si sbagliava ma lui lo credeva in modo abbastanza convinto, carico di qualcosa di molto poco chiaro.

Timore? Vergogna? Libido risvegliatasi all’improvviso dopo diciassette anni di letargo?

Vai a saperlo.

Stavano lì a spolverare in silenzio, evitandosi come se l’altro avesse una malattia terribilmente infettiva. Non parlavano. Non facevano niente di più di quanto era il loro compito, cioè tirare a lucido quella stanza.

A un certo punto l’atmosfera si fece irrespirabile. Era chiaro che ci fosse un argomento in sospeso fra loro, e fino a quel momento nessuno dei due aveva avuto il coraggio di portarlo a galla.

Basta così.

“Ikusaba-san” disse a bruciapelo, vedendola girarsi nella sua direzione. Naturalmente il limite del suo essere uomo con i cosiddetti si fermava lì, pertanto furono parecchi i secondi in cui si limitarono ad osservarsi come due baccalà congelati e belli che serviti al bancone del pesce al mercato rionale.

“Ishimaru-kun… ehm, Ishimaru”.

L’uso dell’onorifico da parte della Super Soldatessa Mukuro Ikusaba, flagello di ogni campo di battaglia, fredda come il ghiaccio, dura come l’acciaio, implacabile come un Predator… eh insomma, non era cosa da sottovalutare.

E Ishimaru non la sottovalutò. Lui e il suo diventare viola.

“I-I-I-I-Ikusaba… Ikusaba-san…”.

“I-I-I-I-Ishimaru…”.

Dai Kiyotaka, sei un uomo o un caporale? Prenditi le palle in mano e mostragliele, come direbbe Mondo.

Deglutì, cercando di combattere la tensione al meglio delle sue forze. Trovò l’ardire nonostante il fiume di sudore che lo faceva sembrare uno appena uscito da una sauna, possibilmente vestito: “Ikusaba-san… io e te dobbiamo parlare”.

“D-D-D-Dobbiamo p-p-p-parlare? E d-di cosa?”.

“Di quello che è… di quello che è successo ieri sera”.

“M-M-Ma ieri sera… n-n-non è mica successo n-nulla…”.

“Non è vero e lo sappiamo entrambi, o non ci saremmo scambiati quelle occhiate furtive per tutta la mattinata. È rimasto ben nascosto sinora, ma ho intenzione di chiarirlo una volta per tutte. Io… io ieri sera sono stato molto bene con te, mi ha fatto piacere scambiare quelle due chiacchiere su tua sorella e su tutto il gran lavoro che fai per impedirle di radere al suolo la scuola. E poi… quando abbiamo ballato…”.

E in quel momento Ishimaru lo vide chiaramente: negli occhi di Mukuro Ikusaba… c’era tenerezza. Sembrava a dir poco evidente che stava richiamando a sé le sensazioni provate in quegli istanti, ed erano sensazioni belle. Lo stesso era valso per lui, aveva trovato davvero piacevoli le loro piroette arruffate di gente poco pratica del tango.

Il suo cuore ebbe un sussulto. E giurò che lo stesso fosse successo a lei.

Abbassarono entrambi la testa. Due peperoni avrebbero potuto essere invidiosi del colore della loro pelle.

“E allora, cosa aspettate a scopare voi due?” risuonò una voce davvero sgradevole, che ruppe la magia da shojo manga.

Junko Enoshima li osservava ridendo.

Ishimaru si sentì morire. E a giudicare dall’espressione di Ikusaba probabilmente valeva lo stesso per lei. Quest’ultima sprintò verso la porta e acchiappò la sorella per la cravatta della divisa: “CHE. COSA. VUOI.”

“In realtà niente” rise l’altra “passavo di qui per caso - giuro, Ishimaru-kun, metti via il bokken! - e vi ho visti lì tutti carini e impacciati… ho solo pensato di darvi una mano!”

“Ah beh, che cara a darmi una mano INTERROMPENDO L’UNICO MOMENTO ROMANTICO CHE HO MAI AVUTO NELLA MIA VITA.”

“Ma che esagerata che sei!” trillò Junko. “La tua sorellina cerca di aiutarti e questo è il ringraziamento? Sei proprio esagerata - Ishimaru-kun, sai dove te lo metto quel bokken? - hai proprio preso da mamma!”

“Ma se non sappiamo nemmeno chi è!”
“Se lo sapessimo sono sicura ti somiglierebbe! E comunque” disse, acchiappando le mani dei due e intrecciando le dita tra loro “sappiate che avete la mia benedizione.”

Non ci voglio credere. Non voglio. Nemmeno Oowada-kun sarebbe arrivato a tanto!

La testa di Junko venne salvata dall’ennesimo colpo di bokken dal provvidenziale aiuto di Kirigiri (senti Kirigiri-san, anche tu, se evitassi di spuntare dal nulla come un dannato ninja!).

“Scusate, mi sono distratta un attimo e mi è sfuggita” replicò la Detective, acchiappando Junko per il colletto e trascinandola via.

“Ti sei distratta per colpa di Naegi, ti ho vista!”

“Un’altra parola e da Matsuda ci vai da sola.”
“Cattiva! Cattiva!”

Kirigiri si scusò ancora e se ne andò, portandosi dietro una riottosa Junko e lasciando indietro due sconvolti Ishimaru e Mukuro.

Quest’ultima aveva l’aria di chi stava seriamente accarezzando l’idea di mollare tutto e tornare nella Brigata Fenrir, dove nessuno le avrebbe teso agguati di quel genere, quando incrociò di nuovo lo sguardo del Super Prefetto che la osservava con un sorrisetto divertito.

“C-cosa c’è?” balbettò lei.

“Momento romantico, eh?”

L’espressione della Soldatessa mutò per un attimo in quella di chi avrebbe voluto morire lì in quell’istante… per poi addolcirsi e ricambiare il sorriso.

Ok, Enoshima. Magari per stavolta la passi liscia. Solo stavolta.


*


“Certo che sei stata veramente ignobile con quella povera anima di tua sorella.”
“Eeeeh come la fate lunga tutti quanti! E poi mi sa che le ho fatto un favore!”

“Come, interrompendola nel bel mezzo di quella che sembrava una dichiarazione a tutti gli effetti?”

“Ma sì, ho solo velocizzato i tempi! Ad aspettare quei due si sarebbero detti il primo ‘Scopiamo?’ a sessant’anni!”
“Magari volevi dire ‘Ti amo’.”

“Va beh, sì, è uguale!”

Kyouko roteò gli occhi: “Ricordami perché ti sto accompagnando da Matsuda.”

“Perché non mi va di andarci da sola, e Muku-nee era impegnata a farsi gli occhi dolci con il nostro Prefetto preferito” trotterellò Junko accanto a lei, “e poi sei passata tu per caso, e sembravi non aver niente da fare…”
“Era una domanda retorica la mia.”
“Mamma mia Kirigiri-san, dovresti lasciarti andare di più sai? Altrimenti come lo accalappi Naegi-kun?”

Si voltò di scatto verso la Super Modella: “Tu come…”

La quale Modella sbuffò: “Oh ti prego, lo sa tutta la scuola che ti muore dietro! Solo tu non lo sapevi, a quanto pare.”

Colpita e affondata pensò, con una punta di fastidio. Difficile dire se a causarlo fosse la consapevolezza che tutti tranne lei sapevano dei sentimenti di Makoto o che Enoshima in un certo senso avesse ragione.

Lasciarmi andare, eh. L’ultima volta infatti è stata un successone.

Scacciò quei pensieri dalla mente, era il momento più sbagliato per rimuginare su una faccenda tanto delicata. Non quando doveva fare da babysitter alla più giovane delle Sorelle Disperazione. “Forse un giorno ne parleremo mentre mi acconci i capelli, ma quel giorno non è oggi. Prima andiamo da Matsuda e prima te lo togli di torno.”
“Ma magari fosse così! Non vuole proprio saperne di dimenticarmi, che piattola d’uomo. Addirittura chiedermi di andare a parlargli un’ultima volta… che non è mai l’ultima” borbottò Junko, che per fortuna aveva lo span di attenzione di un cagnolino assonnato e cambiava argomento alla velocità della luce. La Super Modella stava per aggiungere qualche altra cattiveria gratuita sul conto del suo ex-ragazzo, quando qualcosa la risvegliò dal suo torpore: la Detective la vide scattare verso il bar accanto al dipartimento di neuroscienze e nascondersi dietro uno dei cespugli decorativi.

“Enoshima, cosa-”

“Shh! Guarda!”

Le fece cenno di nascondersi e con un dito le indicò il tavolo oltre il cespuglio: seduti lì c’erano Oogami e Asahina insieme a due membri della 77, che riconobbe come il Super Coach (Nidai) e la Super Gamer (Nanami).

Fece giusto in tempo a inginocchiarsi che i quattro ripresero i loro discorsi.

“Ne siete proprio sicuri, Nidai-san?”

“Assolutamente, Oogami-san. Pare che Hinata-san e il resto della nostra classe vogliano approfittare dell’imminente week-end per usare la piscina di notte, senza il permesso del preside.”

“Però a cosa ci serve saperlo?”

“In pratica a nulla, mia piccola Aoi” rispose la Super Artista Marziale, “ma possiamo fare in modo che il resto della nostra classe non venga a saperlo. Se lo scoprissero…”

“...cercherebbero di vendicarsi di noi. Credo” concluse la Gamer per lei. “Abbiamo pensato fosse il caso di avvisarvi, perché i nostri tentativi di dissuasione sono serviti a ben poco”

“Onestamente non me la sento di fare promesse, Nanami-san. Nella nostra classe c’è fin troppa gente che si diletta nell’arte del farsi i fatti degli altri” spiegò Oogami, e Kyouko non mancò di notare come Junko si fosse sentita chiamata in causa, almeno a giudicare dalla sua espressione. “Tuttavia” riprese Sakura “farò tutto ciò che è in mio potere per impedire che questa notizia giunga alle loro orecchie.”
“Le tue intenzioni mi bastano e avanzano, Oogami-san” tuonò Nidai, “e se dovesse succedere qualcosa stai pur certa che non vi incolperemo di nulla, anzi.”
“Semmai sarà il segnale definitivo di ritirarci, e che se la vedano tra loro” aggiunse Nanami. “Forse.”

Detto questo il gruppo si scambiò altre due parole prima di alzarsi e andare via, quando Kyouko notò Junko pronta a corrergli dietro.

“Enoshima! Che diamine vuoi fare?”
“Come cosa voglio fare? Non hai sentito Oogami e Asahina fare comunella con quelli della 77?”

“Ho sentito sì, ma non mi sembra stiano tramando qualcosa alle nostre spalle.”
“Ah no?”

“No, anzi. Se hai ascoltato attentamente stavano semplicemente scambiandosi informazioni nella speranza di non farle arrivare a noi. Cosa che è successa comunque. E in ogni caso questa loro connivenza con il nemico può tornarci molto, molto utile.”
“E come?”
“Beh, visto che abbiamo in mano questa notizia sfruttiamola a nostro vantaggio.”
Junko ghignò: “Dirò a Raggio di Sole di mettersi l’anima in pace perché organizzeremo l’ennesimo consiglio di guerra in camera sua.”

Kyouko annuì soddisfatta.

Tutto, pur di non pensare al suo problema dotato di ahoge.

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Capitolo 8
*** ...e Byakuya Togami vs the world ***


Hajime Hinata era annoiato. Anzi no, non era lui ad essere annoiato.

C’erano certi momenti in cui nella sua testa compariva una sorta di voce aliena, anche se ormai familiare per il continuo ripresentarsi. Questo intruso prendeva temporaneamente possesso del suo corpo e lo faceva comportare in modo molto diverso dal solito.

Materiale per un team di psichiatri criminali, dite? Nessuno ha intenzione di contraddirvi. Lo stesso Hinata aveva frequentato parecchi psicoterapeuti, ma non si era riusciti a cavare un ragno dal buco e la presunta personalità dissociata/presenza ultraterrena/demone con le lucette non se n’era mai andato.

In quel momento, con la mano appoggiata alla scrivania di camera sua, neanche il pensiero della bravata notturna che era in programma per quel week-end riusciva a smuoverlo dalla sua sfingica impassibilità.

Oh sì, perché Izuru Kamukura (quel qualunquecosafosse si era pure dato un nome, e diceva di avere lunghissimi capelli neri fluenti per farsi beffe del taglio corto di Hajime) aveva una peculiarità molto marcata: si annoiava. Non faceva altro nella vita.

Quando emergeva continuava a sbuffare; era impossibile sostenere una conversazione senza che dopo dieci secondi lui se ne stufasse; guardava il soffitto trovando quasi più interessante l’intonaco scrostato che i suoi amici, o chiunque avesse la sfortuna di essergli attorno in quel momento.

Insomma, una delizia d’uomo.

Quindi potete immaginarvi la sua gioia quando quell’orrida cimice di Nagito Komaeda gli irruppe in stanza, incredibilmente giocondo: “Hinata-san! Che felicità che provo nel venire a trovare un compagno di pattume!”.

“...il cretino ha dimenticato di chiudere a chiave. Strano” commentò con quello che avrebbe voluto essere sarcasmo.

“Oh. Non mi dirai che… Kamukura-san! Bentornato! Era un bel po’ di tempo che non ti facevi vedere! La mia solita fortuna” disse il nuovo arrivato, avvicinandosi a lui per cercare di abbracciarlo. Lo sguardo glaciale che ricevette sul grugno come se fosse un sasso da dieci chili lo fece desistere.

“...che cosa vuoi, Komaeda? Mi stai già annoiando con la tua sola presenza”.

“Volevo solo rendere partecipe Hinata-san del fatto che tutta la classe 77 è d’accordo con l’idea di irrompere questo week-end in piscina per un bagno fuori programma”.

“...ah”.

Incredibilmente l’apatia di Izuru riuscì a smorzare il bambinesco entusiasmo di Komaeda, il quale tentò qualche accenno di discorso ricevendo solo sguardi di compatimento ed esortazioni ad andarsene, che la sua disordinata chioma bianca e l’ahoge storto lo infastidivano a morte.

“Va bene, va bene. Ho capito. Come al solito non sei dell’umore adatto. Non c’è problema. Spero…”.

Ops. Parola sbagliata.

“Oooooooooooh, speranza. Speranza. Che bellissima parola. Che sensazione orgasmica. Ti darebbe fastidio se ti insozzassi il pavimento? Perché credo di stare per raggiungere il climax” cantilenò il Maledettamente Fortunato mentre terribili brividi lo attraversavano come corrente elettrica, costringendolo a rimanere fermo sul posto e a tenersi le spalle per non cadere a terra.

La faccia da pazzo psicopatico certificato che aveva in quel momento avrebbe fatto pisciare addosso anche il più spaventoso degli oni. Ma non Izuru Kamukura.

“...vai via. Mi rubi l’ossigeno”.

L’altro non pareva intenzionato ad eseguire l’ordine, ancora troppo preso dallo strano modo in cui si sentiva sessualmente attivo. Al che l’alter ego del padrone di casa non trattenne un rumore di frustrazione, si alzò dalla sedia e lo spinse fuori con un paio di calci.

Non appena chiuse la porta sentì un urlo animalesco che neanche John Holmes ai tempi d’oro.

“...che tizio patetico”.

Ehi bastardo, perché non te ne torni nella fogna da cui sei uscito e mi lasci il controllo del MIO corpo, grazie tante?

...oh. Buongiorno, Hinata-san. Ben svegliato.

Vaffanculo. Sparisci dalla mia testa, intruso.

...buaaah. L’ometto senza talento frigna, pur sapendo perfettamente di non avere i mezzi per mettere in pratica le sue minacce. Mi si spezza il cuore.

Un errore come te manco ce l’ha il cuore.

I due presero a farsi la guerra, e per qualche minuto il cervello di Hajime Hinata divenne un furiosissimo campo di battaglia. Alla fine, stremato e con la camicia sgualcita, l’avatar di Hinata riuscì a prendere a calci il suo coinquilino non desiderato.

Ben ti sta, sacco di merda. E vedi di non tornare.

...sai che lo farò, invece.

Crepa.

Di nuovo in possesso di sé, Hajime Hinata ricordò improvvisamente di cosa era successo da poco con Komaeda. Doveva essere onesto, non è che quello gli stesse poi così simpatico (a dire il vero non era simpatico praticamente a nessuno, a parte Ibuki che avrebbe saputo far amicizia anche con una colonia di termiti cannibali e Nanami che era troppo innocente per cogliere i suoi lati più inquietanti)... ma lasciarlo lì a venire nel corridoio era una punizione eccessiva persino per lui.

Aprì la porta e lo vide a un paio di metri dalla sua posizione, appoggiato con la mano sinistra al muro (che strano, a vederla da qui sembra abbia le unghie finte… oddio, vedi che è Komaeda, te la senti di escluderlo con certezza?) che si trascinava lento verso un punto non ben definito.

Un secondo. Che cos’era quell’odore rivoltante?

Guardò la parete e… oh merda merda merda.

La mano di Komaeda lasciava dietro di sé una scia uniforme. Bianca.

Glurgh. Mi viene da vomitare.

Corse dentro e andò a rimettere il pranzo di Natale del 1999.


*


“Ah, sono lieta che questa nostra chiacchierata sia stata fruttuosa.”

“Io non direi, visto che attualmente hai trovato soluzione solo alla tua stupida vendetta verso Saionji.”

“Sono sicura che ci verrà in mente qualcosa anche per questo, non dubitarne” sorrise Celestia, in quel modo mellifluo che avrebbe dato i brividi a chiunque. O infastidito a morte, nel caso di Togami.

Stava per dirle di andarsene a bisticciare con Saionji quando sentì squillare il suo cellulare. Bastò un’occhiata allo schermo per fargli risalire la colazione: “Oh, fantastico. Enoshima richiede l’ennesimo consiglio di guerra - in camera mia, ovviamente - perché dice di avere un’informazione che ci tornerà utile.”

Celestia si alzò dalla sedia, e sorrise ancora: “Ottimo. Mi prendo la briga di avvisare gli altri e accordarci per domani sera. Prima ho un nano da giardino di cui occuparmi.”

“Hmph, tanto sarà una perdita di tempo. Anche la soffiata del banchetto dei dolci doveva essere un’informazione utilissima.”

“Beh, visto che io e te non abbiamo cavato un ragno dal buco possiamo comunque starla a sentire e decidere” rispose lei, aprendo la porta della biblioteca “e se dovesse trattarsi di una stupidaggine torneremo ad occuparcene noi. A più tardi.”

Byakuya non sprecò fiato a risponderle, troppo impegnato a rimuginare su quanto successo quella mattina: Touko Fukawa lo aveva, educatamente e con un notevole giro di parole, mandato a quel paese.

E senza balbettare!

Ah già, c’era anche quella fastidiosissima vocina di cui ignorava la provenienza, ma che cominciava a preoccuparlo sul suo stato psicologico.

Ma sì, tanto ormai… Byakuya Togami che muore pazzo, cosa c’è di più esilarante?

Kami, Byakuya-chan, sei proprio una regina del melodramma.

...non usare il -chan con me, sai?

Si appuntò mentalmente di fare una telefonata ad Aloysius, o magari al suo terapista di fiducia, perché parlare da soli e darsi risposte non era esattamente sintomo di una perfetta salute mentale.

Stava per tornare in camera sua quando qualcosa gli passò a due centimetri dalla testa conficcandosi alle sue spalle.

Forbici.

Hola testa di cazzo.”

Evviva. Non solo Hongou si era spazzato via tutta la riserva di Lucky Gastro dell’accademia, lasciandolo in balia della sua gastrite; non solo Ludenberg era venuta a smerigliargli i gioielli di famiglia con la sua cavolo di faida personale con quell’altro scarto di galera di Saionji; non solo si era da poco scoperto capace di parlare con se stesso e di rispondersi con un’altra voce.

Ci voleva pure la serial killer. Che, nonostante le rassicurazioni del preside Kirigiri, aveva appena cercato di farlo a fette.

Incrociò le braccia al petto, come faceva ogni volta che voleva farsi vedere sicuro di sé (e spesso, purtroppo per lui, quella era solo una scena) prima di rivolgerle la parola: “Genocider. Non mi eri mancata, manco un po’. A cosa devo il dispiacere della tua visita? E perché hai cercato di aprirmi un nuovo condotto di ventilazione direttamente in fronte?”.

Lei gli si avvicinò sudando lava, perché era veramente fuori dalla grazia dei kami: “Te lo spiego subito il perché, mio bellissimo stronzo fatto e finito. Sai che non ho particolare simpatia per Lagna, la reputo piatta e scialba e se potessi la estirperei da questo corpo… ma fintanto che siamo costrette a coabitare abbiamo la sfortuna di condividere sensazioni ed emozioni, e sentirmi disgustata da te per quel che le hai fatto ieri sera non è esattamente piacevole”.

La risata di scherno che gli sfuggì poteva significare la sua condanna a morte, e al contrario di tutti gli anatemi lanciati contro la 77 lo si intendeva in senso letterale in quel caso. Ma era stato più forte di lui, non era riuscito proprio a trattenersi: “Sul serio? Sei venuta qui e mi hai aggredito rischiando di decapitarmi… perché ieri sera io ho osato ballare con Sonia Nevermind?”.

Fece fatica a crederci, ma la vide diventare ancora più furiosa: “ALLORA, SACCO DI SPERMA MARCIO. TU NON HAI IL MINIMO DIRITTO DI SCONVOLGERE FINO A QUESTO PUNTO LA MIA COINQUILINA, SONO STATA CHIARA? NON TE LO PUOI PROPRIO PERMETTERE, PATETICO ESSERE PIENO DI BORIA. HAI PISCIATO FUORI DAL VASO E ADESSO LA PAGHI”.

Uno scintillio e le Genoscissors stavano facendo CLACK CLACK. La proboscide che Genocider aveva al posto della lingua sembrò quasi leccarle mentre si muoveva ritmicamente a destra e a sinistra.

Ok, con lei in quelle condizioni non si poteva proprio ragionare.

L’unica era darsi alla fuga, sperando che un rutto con un pessimo tempismo non lo distraesse per troppo.

Il problema era come superarla, dato che gli sbarrava l’unica via percorribile.

Gli si fece sotto a piccoli passi, pareva volersi godere tutto quello che sarebbe stato l’antipasto. Solo che la sua portata principale non era d’accordo ad apparire sul menù, soprattutto considerato il fatto che probabilmente il prezzo sarebbe stato troppo basso.

Pertanto Byakuya fece l’unica cosa che gli venne in mente: prese a correre come un forsennato. Sperava di riuscire in qualche modo a scansarla.

Non aveva fatto i conti con l’oste, che si piccò della poca collaborazione: “Ah, fai il figo e cerchi di andartene? E meno male che in quanto Togami dovresti essere il più fulgido esemplare di educazione e bon-ton!”.

Per corroborare quelle sue stizzite parole gli tirò un fendente verticale.

Il ragazzo ebbe fortuna e tutto il danno che ne ricevette si risolse in un lembo della sua giacca che venne tagliato via.

La spintonò e riuscì a farsi largo.

Diede fondo a ogni sua scarsa risorsa atletica cominciando i diecimila metri piani per i corridoi della Kibougamine, con la pazza dietro di lui che urlava di stare fermo e farsi aprire come un capretto senza tutto questo inutile dispendio di energie.

Oh, ma fattelo dire col cuore: vaffanculo.

“Togami-san, senti, scusa un sec…” cercò di dire qualcuno che lui ignorò platealmente, avendo delle leggerissime priorità diverse in quell’istante. Probabilmente gli scompigliò anche i capelli.

Che faccio adesso? Come me la scollo di dosso? Uh, idea.

Tirò fuori il suo cellulare, un MonoPhone ultimissimo modello (talmente ultimissimo che doveva ancora essere ufficialmente lanciato sul mercato, ma in quanto rampollo di una delle famiglie più influenti del paese non era per lui un problema avere accesso in anteprima a quelle piccole perle tecnologiche), e con due tocchi del dito fece partire una chiamata verso l’ufficio del preside, che per ogni precauzione aveva in autocall.

Era una trovata un po’ del cavolo, se ne rendeva conto, ma non gli era venuto in mente niente di meglio.

TUUUUUU… TUUUUUU… TUUUUUU… TUUUUUU…

E rispondi, dannazione!

“Salve, questa è la segreteria telefonica del preside della Kibougamine Jin Kirigiri. Mi spiace comunicarvi che in questo momento non sono reperibile, probabilmente perché impegnato in una partita di golf con Hongou-san. Vi prego di lasciare un messaggio, mi metterò in contatto con voi non appena mi sarà possibile”.

Il mondo lo odiava, ora ne era convinto. Si immaginò anche quel bastardo di Hongou che gli rideva in faccia dicendogli “Tranquillo piccolo Togami, mi prenderò cura con amore del tuo adorato Lucky Gastro. Buon decesso”.

“Al diavolo *anf* tutti, plebei di *anf* merda!” si lasciò sfuggire, lanciando il MonoPhone contro il muro.

“TOGAMI, FERMATI CHE TI DEVO INSEGNARE LE BUONE MANIERE” ruggì Genocider dietro di lui.

Sembrava aver ridotto la distanza che li separava.

Poi il lampo di genio: doveva farla starnutire.

Si diresse verso la caffetteria, le gambe che gli facevano sempre più male e il fiato sempre più corto.

Rischiò quasi di crollare al suolo e per poco un colpo di forbice non gli staccò l’intero braccio (...abbiate pazienza, è una storia comica).

Con non si sa quale forza la spintonò via, riprendendo un minuscolo vantaggio.

Finalmente, spompato all’inverosimile, arrivò dove doveva. Ignorando tutti i presenti prese in mano il primo contenitore di pepe che vide, si girò e lo fece uscire.

Come aveva saggiamente previsto lei gli era già addosso e se lo prese in pieno.

“E-e-e-e-etciùùùùùùùùùùùù”.

Ce l’ho fatta. Sono vivo.

“Eh uh ah cosa? Dove sono? Perché… oh, le Genoscissors” disse Touko, di nuovo in controllo del proprio corpo.

“Hai appena *anf* cercato di eviscerarmi *anf*” le fece presente.

Lei ha appena c-cercato di eviscerarti. E ha tutta la mia approvazione” sentenziò gelida, dandogli immediatamente le spalle e andandosene.

L’unica cosa che riuscì a fare fu guardare Touko sparire oltre la porta della caffetteria, con un’espressione sconvolta da triglia.

L’universo mi odia. L’universo mi odia e a nessuno frega niente.

Eh, chiediti perché, Byakuya-chan.

Soffocò l’ennesimo rutto.

Voglio morire.

Beh allora ti bastava lasciar fare Syo senza interromperla.

Altro rutto.

Odio l’universo, odio il mondo, odio L’UNIVERSOMONDO.


*


“Ma dai, s-sei un Corvonero anche tu?”

“E orgoglioso di esserlo.”

L’essersi svegliata in caffetteria con un paio di Genoscissors in mano e in procinto di sviscerare Togami aveva messo Touko di cattivo umore, così aveva deciso di provare a fare due chiacchiere con il Super Impostore: aveva preso alla lettera la sua proposta di andare a trovarlo se aveva voglia di sfogarsi, e lui era stato lieto di vederla (il resto della 77 un po’ meno, ma la Scrittrice era brava ad ignorare buona parte del mondo, figurarsi gli alunni di quella classe). Scoprire poi che anche lui aveva letto Harry Potter e si riteneva un Corvonero come lei… cosa c’era di meglio?

“Peccato solo che la Rowling non abbia dato più spazio alle altre case” proseguì lui, sgranocchiando dei Pocky, “è tutto un Grifondoro, Serpeverde, Grifondoro… la prossima volta solo due case e via, grazie!”

“C-concordo! E non è nemmeno l’unica cosa che ha tralasciato… le m-morti di Remus, Tonks e Fred appena accennate in due righe non gliele perdonerò mai!” annuì lei, che per quanto amasse la serie non mancava mai di sottolineare certe gravi mancanze da parte della Rowling (o di qualsivoglia autore stesse parlando). Alle volte più che la Super Scrittrice si sentiva la Super Beta Reader. O la Super Grammar Nazi.

Continuarono a passeggiare per il corridoio, parlando ancora dei loro personaggi preferiti della serie (Harry per Touko, Luna per l’Impostore), quando passarono davanti alla sala audiovisivi e lo sguardo della ragazza finì casualmente all’interno della stanza: davanti ad uno dei monitor notò il più triste e sconsolato Makoto Naegi che avesse mai visto.

N-Naegi-kun tutto solo e depresso?

Istintivamente si avvicinò alla porta, seguita da un perplesso Impostore. In genere non era una che badava ai problemi degli altri, troppo concentrata sui suoi (e poi perché dovrei preoccuparmi di gente che per me non ha mai fatto nulla?), ma d’altronde il Super Fortunello era uno dei pochi che aveva sempre cercato di essere amichevole con lei e farla sentire benvoluta in classe… e dopo i recenti avvenimenti Touko aveva deciso di provare ad essere un po’ più disponibile, almeno con chi riteneva meritevole della sua attenzione.

“N-Naegi-kun?”

Il ragazzo saltò letteralmente sulla sedia, così immerso nella visione di un film (o nei suoi pensieri) da non accorgersi di qualcuno alle sue spalle.

“Fu-Fukawa-san, mi hai fatto prendere un colpo!”

“S-scusami! N-non volevo spaventarti, ma ti ho visto mentre p-passavo qui davanti e s-sembravi così triste…”

Naegi sorrise: “Sì, in effetti oggi non è proprio una bella giornata. Sei stata gentile a notarlo… come mai da queste parti?” provò a cambiare argomento, quando notò una seconda presenza nella stanza. “T-tu sei il Super Impostore della 77!” lo indicò “C-che ci fai qui?”

“N-non preoccuparti, lui è con me!” si intromise subito la Scrittrice, peggiorando la situazione: “Ma… Fukawa-san! So che non vedevi di buon occhio la nostra faida, ma addirittura schierarti dalla loro parte?”

“N-non mi sono schierata con nessuno! T-ti prego, lasciami spiegare” balbettò, lanciando un’occhiata di scuse all’Impostore, che da parte sua non fece una piega, limitandosi a inarcare un sopracciglio e mangiucchiare un altro Pocky.

“V-vedi… quando l’altra sera sono andata via dalla festa, lui mi ha trovata in caffetteria” disse Touko, cercando di riassumere. “Ero triste e ubriaca, e lui… lui mi ha ascoltata. Tutto qua. E poi non gli interessa nulla della faida” aggiunse, e l’altro ragazzo annuì: “Confermo. Ho partecipato solo perché Hinata è mio amico… e mi ha pagato. E poi mi diverte infastidire Togami” sorrise.

L’espressione di Naegi sembrò rilassarsi: “Sì beh, infastidirlo è un po’ lo sport ufficiale della nostra classe” ammise. “Scusa se ti ho aggredito.”

L’impostore si limitò a sciacquar via la questione facendo spallucce, cosa che tranquillizzò Touko. Non aveva intenzione di trovarsi in mezzo ad altri litigi, non tra due persone che a modo loro e in tempi diversi avevano cercato di esserle amiche, quantomeno. Stava per dire qualcosa, ma il Super Fortunello la precedette: “Sembra che la festa abbia fatto parecchi danni a livello sentimentale, eh? Tu e Togami, io e Kirigiri” disse, sospirando, e la Scrittrice si preoccupò: “È s-successo qualcosa tra voi due?”

“Diciamo che… ho raccolto tutto il coraggio che avevo e le ho chiesto di diventare la mia ragazza.”

Touko sgranò gli occhi, immaginando scenari degni dei suoi romanzi: “E lei?”
“...è scappata a gambe levate.”

“Oh” rispose, mentre i suoi scenari da sogno si sgretolavano.

Naegi fece spallucce nella speranza di sembrare disinteressato, ovviamente fallendo.

Rimasero qualche minuto in silenzio, con lui che cercava di non incrociare lo sguardo della Scrittrice o dell’Impostore, e questi ultimi due che si lanciavano occhiate perplesse. Dopo averci riflettuto, Touko decise che non aveva cuore di lasciarlo lì a piangersi addosso.

“S-senti Naegi-kun… che ne dici di venire a fare due passi con noi?”

“Uh?”

“M-ma sì, sempre meglio che stare chiuso qui da solo a guardare… uh” sbirciò il monitor alle spalle del Fortunello “Sweet November? Davvero?”

“M-mi piace Charlize Theron, ok?” balbettò lui, ma lei continuò a sorridere e lo acchiappò per un braccio: “Su, l-lascia che provi a tirarti su. E poi Togami sa dare ottimi consigli.”
“Eh?!”

“No, n-non il nostro Togami” chiarì lei, indicando l’Impostore “Togami lui.”
“Oooh” annuì Naegi, “scusa, tende a confondermi questa cosa.”

“Normale amministrazione” chiosò l’Impostore, offrendogli un Pocky. “Vieni, mi sa che abbiamo parecchio di cui parlare…”


*


“Come diamine ci sono finita qui…”

“Perché hai detto che volevi ti acconciassi i capelli e parlare di Naegi-kun!”

“Era una domanda retorica anche questa.”

“Oh beh, ormai ci sei!”

Kyouko sospirò.

Non era del tutto certa di come Enoshima fosse riuscita di nuovo a fregarla, fatto sta che si trovava davvero in camera sua a farle da Barbie personale e parlare (controvoglia) dei suoi problemi sentimentali. Non le era chiaro nemmeno come avesse fatto a chiamare a rapporto anche Maizono, Asahina e Oogami (alle quali non dissero nulla sull’averle origliate), trasformando un momento per lei imbarazzante in qualcosa di possibilmente più surreale.

Erano belli i tempi in cui mi consideravo solo una detective, senza distinzioni di sesso, età e orientamento sessuale.

“Ma davvero sei scappata senza rispondere al povero Naegi-kun?” chiese Asahina, perché ovviamente l’improvvisato pubblico aveva preteso spiegazioni e lei era inchiodata ad una sedia, e i suoi capelli in mano ad Enoshima. E non aveva voglia di ritrovarsi calva.

“Non sapevo cos’altro fare” ammise, distogliendo lo sguardo. Sayaka scosse la testa: “Avresti dovuto rispondere subito invece. O almeno chiedergli del tempo per pensare… così crederà che non lo ritenevi nemmeno degno di un rifiuto!” la rimproverò, e Kyouko non poté fare a meno di sbuffare. Maizono, non dovresti parlare, gli correvi dietro anche tu prima che ti venisse la mania del baseball borbottò tra sé e sé, evitando di darle una risposta.

Per sua fortuna Oogami le venne in soccorso: “Non siate così dure, suvvia. Naegi l’ha colta alla sprovvista ed è andata nel panico. È stata una reazione umana.”

Si risentì un po’ per quel rimarco sull’essere stata colta di sorpresa, cosa che mai le era capitata in anni di lavoro come detective, ma incassò il colpo: come adolescente alla prima cotta era un fallimento su tutta la linea.

“Io continuo a dire che lasciarsi andare sarebbe la cosa migliore” sentenziò Junko, impegnata a impiastricciarle i capelli con una qualche crema di cui aveva dimenticato i portentosi benefici, “deve cogliere la palla al balzo prima che Naegi-kun decida di cambiare bersaglio!”

...ok, ora hai la mia attenzione, Enoshima.

“Cosa intendi, esattamente?” chiese con finta noncuranza. La Super Modella sghignazzò: “Semplice: Maizono qui aveva una cotta per lui, e anche mia sorella prima che scoprisse l’esistenza di Ishimaru. Nonostante le apparenze da cucciolo indifeso il nostro Super Fortunello riscuote successo tra le ragazze! Anzi, forse è proprio quell’aria innocente a fare colpo” rifletté ad alta voce, e Kyouko si irrigidì appena.

E se avesse ragione? Insomma, io sto qui a farmi pettinare come una bambola mentre lui potrebbe aver già trovato un’altra?

Senza rendersene conto si stava di nuovo lasciando andare ai pensieri catastrofici, e nemmeno provava a frenarsi o guardare il problema da un altro punto di vista, come avrebbe fatto per un caso da risolvere.

“Suvvia Enoshima, Naegi ti sembra il tipo che cambia una ragazza al giorno?”

Per sua fortuna la provvidenza l’aveva in simpatia, e aveva di nuovo le rassicuranti fattezze di Sakura Oogami. “La sua infatuazione per Kirigiri-san è storica, e di certo non gli passerà da un giorno all’altro.”

Sì, ma magari la smettiamo di sottolineare il fatto che sono l’unica pigna che non se ne era accorta?

“Hm sì, anche questo è vero” commentò la sua improvvisata parrucchiera, “Naegi-kun è troppo candido. Donnina fortunata che sei, Kirigiri!” chiosò, mentre le appuntava i capelli con pinze e pinzette. “Comunque davvero, la cosa migliore che puoi fare è affrontarlo. Insomma, alla festa non ti sarai mica tirata a lucido solo perché ti andava…”

“Perché per Fukawa valeva e per me no?”

“Perché tu non sei lei, e la nostra povera Scrittrice necessitava di una pompata all’autostima. Tu invece sei partita alla carica con l’intento di stendere quel poveretto, e ci sei pure riuscita. E poi, ottenuto l’effetto desiderato sei scappata con la coda tra le gambe!”

Si lasciò sfuggire un grugnito che scatenò l’ilarità di tutte… ma, doveva ammetterlo, Junko non aveva torto: l’idea che che l’aveva mossa prima e durante la festa era stata proprio quella di far colpo su Naegi e scatenare in lui una qualche reazione, riuscendo nel suo intento. E poi se l’era fatta sfuggire di mano perché non aveva la minima idea di cosa farci e come comportarsi.

Sfotto tanto Togami, ma io non sono poi meglio quando si tratta di socializzare col prossimo. Almeno non sono stronza e fiera di esserlo, ecco.

“Mi rode un po’ ammetterlo, Enoshima, ma hai ragione” sorrise. La Super Modella si limitò a ridacchiare: “Oh, lo so che ho ragione, mia cara. Sembro scema, ma non la sono. Non troppo, almeno.”

“Quindi qual è la prossima mossa?” intervenne di nuovo Sayaka. “Andrai a parlare con lui?”

“Lo sbatterai sul letto e gli salterai addosso?” sorrise Aoi, attirandosi quattro paia d’occhi sconvolti. “Che c’è, sono una donna anche io!”

“Magari mi limiterò a parlare con lui” rispose Kyouko.
“Per ora” aggiunse Junko. “Per ora.”

Le guance arrossate della Detective non sfuggirono a nessuno, e stavolta purtroppo ne era cosciente.


*


E quindi hai lanciato il cellulare contro il muro.”

“Sì…”

Sei veramente un cretino.”

Byakuya si sforzò di non lanciare via anche il telefono della sua camera. Aveva chiamato casa per parlare con Aloysius, il suo fidato maggiordomo personale, ma il karma aveva deciso che a rispondere dovesse essere Shinobu, sua sorella maggiore.

“È stato un incidente” cercò di giustificarsi, ma lei mantenne la sua posizione: “L’unico incidente è quello che ti ha reso così idiota. Probabilmente spingerti giù dal seggiolone a tre anni ha lasciato strascichi…

“Ti prego, ricordami perché ti rivolgo ancora la parola.”

Perché sono la tua sorellona adorata, Byakky.

“Chiamami ancora Byakky e giuro che-”

Ops, devo andare. Papà chiama. Ciao!

“NO NO ASPETTA, PASSAMI ALOYSIUS! DEVE MANDARMI I-”

TU TU TU TU.

“...i Lucky Gastro” piagnucolò, osservando la cornetta impotente.

Non so se l’ho detto, ma la mia vita fa schifo.

Sei così emo, Byakuya-chan. Non l’avrei mai detto da quel tuo look elegante, magari stai sbocciando tardi…

Vaffanculo, anche.

Mamma mia che permaloso. Dovremo lavorare parecchio sul tuo carattere così aperto e solare.

Si obbligò ad ignorarlo, mentre navigava su Darazon.jp e inseriva nel carrello due nuovi MonoPhone. E centoottanta scatole di Ultimate Lucky Gastro.

La mia vita fa schifo, vi odio tutti.

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Capitolo 9
*** ...e l'omino del cervello ***


Hiyoko Saionji entrò in classe, sebbene non ne avesse nessuna voglia. Come sempre d’altronde.

Ma era il supplizio giornaliero che le toccava per il fatto di essere ancora imprigionata in quella gabbia di dolore volgarmente denominata scuola. Sarebbe stato bellissimo se la Kibougamine avesse concesso ai suoi studenti più prestigiosi la facoltà di disertare secondo le loro preferenze, ma purtroppo per lei non funzionava in quel modo.

Pertanto, pur depressa dal tedio più oscuro, si avviò verso… ohibò.

Perché tutti la stavano guardando in quel modo?

Tutti, e intendo proprio tutti tranne la sua sorellona Koizumi, la osservavano con uno sguardo… disgustato.

E soprattutto Hanamura aveva una faccia da porco. Cioè, era Hanamura e aveva sempre la faccia da porco… ma in quel momento era più porco del solito, e la cosa peggiore è che stava guardando proprio lei con quella faccia. Il che le fece passare un brivido freddissimo lungo la schiena.

“Che… che cavolo succede?” si ritrovò a mormorare all’aria.

“Oh Hiyoko-chan, ben arrivata!” la salutò allegra Koizumi mentre le andava incontro, evidentemente all’oscuro della situazione surreale appena creatasi.

“Buongiorno, Mahiru-chan. Senti, si può sapere cosa sta succedendo qui?”.

“Eh? Cosa dici? Non credo di seguirti…”.

“Guarda”. E indicò il resto della classe.

Quando la Fotografa vide a cosa si riferiva sgranò gli occhi, a dir poco perplessa: “Hiyoko-chan… non ho idea del perché tutti ti fissino in questo modo strano…”.

“Ce l’avessi io”.

“Saionji!” tuonò imperiosa la voce di Gundam, il quale si era alzato in piedi e le stava puntando un dito contro “Quale stregoneria si è impossessata del tuo esile corpo? Per quale arcano, inenarrabile motivo ti sei prestata ai malefici piani del Re dell’Altromondo, il Distruttore degli Universi?”.

Tanaka, sei sempre stato un coglione ma questo va oltre persino per te.

“Insomma, che sta succedendo qui? E tu piantala di spogliarmi con gli occhi, cuoco pervertito!”.

“Ma Saionji-san! Saresti uno spettacolo bellissimo come natura ti ha fatta!”.

“...vaffanculo”.

Ci furono alcuni istanti in cui non successe nulla e le posizioni dei personaggi si cristallizzarono: una Hiyoko furiosa con Hanamura che non pareva voler scostare lo sguardo, un Tanaka perso nei suoi deliri da chuunibyou sclerotico, il resto della 77 che guardava la Ballerina Tradizionale come se fosse appena uscita da un’astronave.

Poi Sonia Nevermind ruppe l’impasse. Si alzò, avvicinandosi a Saionji e Koizumi, e disse: “Saionji-san, non hai ricevuto le news sul circuito interno della scuola?”.

“No. Cosa dovrei aver ricevuto?”.

“Se volessi seguirmi te lo posso mostrare sul mio terminale”.

“Volentieri” chiuse lei, determinata a capire.

Nel frattempo Teruteru tentò di mettere in pratica le minacce di cose indicibili che aveva borbottato per tutto il tempo, salvo venire placcato da Peko che a quanto pareva non ci teneva poi troppo ad assistere a uno stupro in diretta: “Maledizione, certo che per essere un nanetto ne hai di energia…”.

“È tutto ardore sessuale sanissimo, Pekoyama-san! Non c’è nulla di cui preoccuparsi! Anzi, se volessi essere gentile e prestarti al posto di Saionji-san…”.

“Toccala anche solo con un pelo e ti disatomizzo, vibratore umano” sentenziò gelido Kuzuryuu. Si attirò fischi di approvazione da un po’ tutti, che stranamente riuscì a ignorare con grande stoicismo.

Peccato. Vedere l’hobbit arrossire mi avrebbe dato una piccola gioia in questa giornata partita malissimo.

Quando finalmente giunse al banco di Sonia il mondo le crollò addosso.

A tutto schermo c’era quello che appariva come il layout di una doujinshi, con il titolo scritto grossolanamente: “Alla Ballerina Piace tanto Danzare col Cuoco”.

I contenuti ve li risparmiamo, ma potete facilmente immaginarveli. Per fortuna c’era una misericordiosa strisciolina nera, davvero minuscola, a coprire gli occhi dei due protagonisti e quindi l’umiliazione non era proprio totale totale. Ovviamente, per compensare, le suddette striscioline coprivano appunto solo gli occhi e non altre… parti del corpo.

Per un minuto buono perse completamente l’uso della parola, quindi toccò a Koizumi esprimersi in sua vece: “Nevermind-san, quanto ci stai mostrando…”.

“È giunto a tutti noi, sì. Tranne che a te e alla diretta interessata, parrebbe”.

“Ma chi può…”.

“Non lo so, il mittente è anonimo. Ma ho un forte sospetto sull’autore materiale di questa opera”, calcando particolarmente sull’ultima parola per far intendere che non la credeva degna di quel nome.

Per un nome? Mi hai sputtanata a vita… per un nome?

Ti faccio mangiare i tuoi cazzo di codini.

E lo faccio adesso.

Nessuno poté fermarla mentre schizzava come un missile intercontinentale fuori dall’aula e si dirigeva verso la 78, lasciandosi dietro la scia di fiamme.

SBRAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAM.

Sperò che prima di lei fosse entrata la vampata di calore sprigionata dalla sua aura furiosa.

“LUDENBERG”.

Quando mise a fuoco la vide sorridere, quel sorriso da mantide religiosa che a lei era sempre mancato: “Oh, ma che fantastica sorpresa Saionji-san. Deduco che il mio regalo sia arrivato a destinazione”.

“Oddio, è lei!”.

“Eccola, la baldracca mignon!”.

“Che situazione degenerata”.

Eh?

“Se ti stai chiedendo come ho potuto mettere in atto questa cosa, ti farà piacere sapere che mi sono avvalsa della preziosa collaborazione di Yamada e delle sue indubbie doti artistiche” proseguì nella spiegazione la Super Gambler, alzandosi e andando a porsi accanto al fuoco artificiale col kimono.

Ebbe una voglia matta di metterle le mani al collo. E quasi lo fece.

Si bloccò solo quando l’altra aprì di nuovo la bocca: “Prima di strangolarmi c’è un’altra cosa che devi sapere”.

“E cosa?” riuscì a bofonchiare, non sapendo bene come aveva raccattato sufficiente materia grigia per comporre una seppur breve frase di senso compiuto.

“Che non mi è sembrato giusto donare quel piccolo tesoro alla sola classe 77”.

“Il pulsante di invio è stato premuto per l’intera scuola. Compresi il preside Kirigiri e il suo fidato vice Hongou, l’intero corpo insegnanti e chiunque abbia accesso al nostro network”.

La pentola a pressione che da qualche minuto aveva preso il posto di Hiyoko Saionji cominciò a fischiare, ormai prossima al punto di ebollizione.

“E adesso, se volessi scusarci, noi avremmo una lezione da seguire” disse serafica spingendola fuori. Nonostante tutta la sua rabbia non seppe opporsi, il suo cervello stava cominciando a registrare le conseguenze di questo bassissimo tiro mancino.

L’intera Kibougamine… ha visto quella roba… tutti… anche i bidelli… anche i muri dei cessi… anche i cessi stessi…

La sua carica combattiva si squagliò come neve al sole, abbandonandola in fretta e furia e lasciandola lì impalata in mezzo al corridoio di fronte alla porta sfondata della 78.

“Oh, prima che me ne dimentichi” aggiunse ancora Celes avvicinandosi al suo orecchio “Questo è ciò che succede a chi mi chiama col mio vero nome. Segnatelo, così magari nella tua prossima vita sarai un po’ più accorta e non verrai a pestarmi i piedi gratuitamente”. Poi rientrò nell’aula, non prima di averle ricordato che uno fra Togami ed Enoshima sarebbe venuto a presentarle il conto del danno che aveva procurato.

Hiyoko Saionji non trovò niente di meglio che correre in camera sua, buttarsi sul letto e piangere.



*


“Enoshima, per l’ultima volta: tu sei sicura di quest’informazione?”

“Certo che ne sono sicura, Kuwata-kun!”

“Peccato che l’hai detto anche del banchetto dei dolci!”

“Ancora con questa storia?!”
“Per favore, diamoci tutti una calmata. Ero presente, e confermo quanto è stato detto: la classe 77 progetta di usare la piscina questo week-end.”

Per una volta nella vita Togami ringraziò la capacità di Kirigiri di stemperare gli animi con una sola frase (cosa che a lui, chissà come mai, non riusciva per niente). Neanche a dirlo, Ludenberg si era presa la briga non solo di avvisare tutti che Enoshima aveva notizie importanti, ma anche di eseguire l’ordine della Super Modella e organizzare l’ennesima riunione in camera del Super Erede.

Ovviamente.

Si massaggiò una tempia, osservando per l’ennesima volta buona parte della classe 78 stipata nella sua stanza, in pigiama. Ormai conosceva così bene il loro abbigliamento da notte da sentirsi in dovere di regalare a ognuno di loro qualcosa di vagamente decente.

“E con Oogami e Asahina che facciamo?” chiese Mukuro, ma la Detective rispose semplicemente di tenerle fuori da questa storia. D’altronde non le erano sembrate intenzionate a intralciarli, le avrebbero affrontate solo se fosse stato necessario. Togami si trovò a sperare incoscientemente che si presentasse tale occasione.

“Quindi qual è il piano?” ghignò Oowada, facendo scrocchiare le nocche. “Irrompiamo e li affoghiamo tutti?”

“Certo, così ci facciamo espellere per tentato omicidio” sbottò Togami, stufo di tante chiacchiere inutili. “Se vogliamo sfruttare al massimo questa situazione dobbiamo essere cauti, agire come ninja. Non ci ricapiterà mai più un’occasione del genere.”

Kyouko annuì: “Sono d’accordo. Agire d’impulso, come qualcuno ha suggerito” la vide lanciare un’occhiata eloquente ad Oowada “potrebbe essere controproducente, oltre che farci rischiare una sospensione o peggio. Bisogna escogitare qualcosa che ci permetta di muoverci indisturbati e senza farci scoprire.”

“E se andassimo a rubargli i vestiti mentre sguazzano in piscina?”

L’idea era chiaramente del Biker, e Togami roteò gli occhi, scocciato. Stava per ricordargli quanto fosse microcefalo, ma venne zittito da Kirigiri: “Sai che non è una brutta idea?”
L’Erede inarcò un sopracciglio: “Sei seria?”
“Serissima. Abbiamo appena detto di volerli mettere in ridicolo senza rischiare l’espulsione, no?” rispose lei, pacata, e in effetti non poteva ribattere. Continuava a trovarla un’idea infantile e stupida ma…

Questa faida È infantile e stupida, Byakuya-chan.

Taci, nessuno ti ha interpellato.

Anche io sono contento di sentirti, Byakuya-chan.

Soppresse un insulto e un rutto all’unisono, continuando a maledire Hongou per aver finito tutte le scorte di Lucky Gastro dell’infermeria. Per fortuna il suo ordine da Darazon.jp era una consegna speciale in 24 ore, doveva resistere solo fino al giorno dopo. Poteva farcela.

Forse.

“Fantastico, ma come vogliamo muoverci?” chiese, silenziando l’ennesimo rutto (che comunque non passò inosservato). “Abbiamo idea di come entreranno in piscina?”

“Hanno Souda e Kuzuryuu in classe, tra il Super Meccanico e lo Yakuza Chibi il modo di aprire la porta lo troveranno” commentò Oowada, “semmai dobbiamo riuscire a nasconderci nei pressi della piscina per essere sicuri di vederli arrivare.”
“Per quello non c’è problema” lo tranquillizzò Kyouko, “possiamo sfruttare la biblioteca, o la classe 2-A che è esattamente di fronte l’entrata della piscina.”

“Suggerirei anche di muoverci in pochi” aggiunse Togami, “se andassimo tutti e dodici il rischio di farci scoprire sarebbe troppo alto.”
“Undici.”
“Eh?”
“Siamo undici, non dodici” lo corresse Kuwata, “Hagakure ha deciso di tirarsene fuori.”

Questa poi!

“E perché, di grazia?” ringhiò, sentendo il suo stomaco ribollire quasi letteralmente. Il Super Giocatore di Baseball fece spallucce: “Dice che è già sul filo del rasoio con gli insegnanti a causa dei suoi voti, farsi coinvolgere dalla faida sarebbe troppo persino per lui…”

Byakuya inspirò, obbligandosi a non urlare.

Una decisione da adulto che prende in vent’anni di esistenza ed è quella sbagliata, imbecille che non è altro!

In realtà è stata una scelta saggia, la sua. Non si può dire lo stesso del tuo comportamento degli ultimi giorni.

Tappati la bocca che non hai.

Ignorò altre lamentele da parte del suo omino del cervello e si rivolse di nuovo ai compagni: “Si fotta Hagakure, bastiamo noi” annunciò, attirandosi parecchie occhiate divertite a causa del suo turpiloquio. “Come ho già detto meno siamo meglio è. Io questa volta voglio scendere in campo, chi è disposto a seguirmi?” chiese.

Come prevedibile Oowada si offrì volontario, seguito da Kirigiri. A Junko venne letteralmente impedito di alzare la mano con la scusa dell’essere “troppo chiassosa per un’operazione stealth”, lasciando invece che Mukuro si facesse avanti. Le intenzioni di Kuwata vennero invece bocciate sul nascere da Sayaka.

Ma guardalo come si lascia tenere al guinzaglio… uomo senza spina dorsale.

L’ultimo a proporsi fu Naegi.

“Ne sei sicuro?” chiese Byakuya, e il Super Fortunello annuì: “Se non posso avere la testa di Hinata avrò le sue mutande. Per nascondergliele e fare in modo che venga trovato dai professori con le braghe calate, letteralmente” si affrettò ad aggiungere, rendendosi conto che quell’uscita risultava piuttosto equivoca.

Togami ghignò. Finalmente un po’ di spirito combattivo, pensò. Per un attimo si sentì persino fiero dei suoi compagni di classe, ma non lo avrebbe ammesso nemmeno se da quello fosse dipesa l’esistenza stessa del suo fondo fiduciario.

Finirono di accordarsi sugli ultimi dettagli, dopodiché li invitò a lasciare la sua stanza perché aveva cose ancora più importanti di cui occuparsi.

Tipo parlare con me.

Ma neanche per idea.

Intanto mi hai appena risposto.

Ennesimo rutto, che non si preoccupò di trattenere. Le mura insonorizzate della sua stanza lo fecero per lui. Accarezzò brevemente l’idea di buttarsi a letto e dormire fino all’indomani, quando avrebbe aperto la porta solo al corriere di Darazon.jp con i suoi due MonoPhone nuovi e il Lucky Gastro. Ma Byakuya Togami non era tipo da vegetare in attesa di qualcosa, piuttosto che stare con le mani in mano si sarebbe inventato qualcosa da fare. Si disse che poteva tornare in biblioteca e finire quel libro di Dostoevskij…

Quale, L’Idiota?

La voglia che aveva di pestare a sangue quella voce maledetta, se non si fosse trattato appunto di una voce senza un corpo fisico. A parte il suo, e non ci teneva proprio a rovinarlo. Cercò ancora di ignorarla, invano.

Non puoi sfuggirmi per sempre, Byakuya-chan. Anzi, non puoi sfuggirmi e basta.

Guardami mentre ti ignoro, ti sfido.

Quindi hai già perso in partenza.

Leggere mentre quella maledetta voce continuava a infastidirlo era letteralmente impossibile, decise quindi di andare in caffetteria per uno spuntino serale.

Un earl grey è la panacea a tutti mali, se lo dice Aloysius ci credo.

Ah, quel sant’uomo di Pennyworth. Mi chiedo se passi le sue notti sveglio a fissare il soffitto, chiedendosi dove ha sbagliato con il signorino Byakuya…

Non nominare Aloysius invano, sai?

Infatti l’hai nominato tu, io ti ho solo seguito a ruota!

Aprì di scatto la porta della sua stanza e se la chiuse con violenza alle spalle. Magari poteva fare un salto anche in infermeria e cercare un sonnifero, per zittire quella voce dannata.

Se speri che basti quello a farmi tacere sei proprio fuori strada, Byakky. Posso continuare a chiacchierare anche mentre dormi, anzi in sogno mi riesce meglio.

Quanto è vero che il mio cognome è Togami, piantala.

Scherzi? Non ho nemmeno cominciato! Sai cosa? Visto che non vuoi ascoltare le cose importanti che ho da dirti ti canterò qualcosa, magari cambi idea.

Non ti azzardare!

Sono Enrico VIII il re Enrico VIII chi più re di me! Voglio impalmar una vedova sconsolata che sette volte s'è già sposata! Ogni marito è Enrico Enrico! Non vuole William o Sam per Signor! Son il suo ottavo Enrico! Enrico VIII chi più re di me, Enrico VIII il re dei re!

Voglio morire…

Seconda strofa tale e quale alla prima! Sono Enrico VIII il re Enrico VIII chi più re di me! Voglio impalmar una vedova sconsolata che sette volte s'è già sposata! Ogni marito è Enrico Enrico! Non vuole William o Sam per Signor! Son il suo ottavo Enrico! Enrico VIII chi più re di me, Enrico VIII il re dei re!

Gli ci volle tutta la sua forza di volontà per non mettersi a urlare in corridoio.

Terza strofa tale e quale alla seconda! Sono Enrico VIII il re…

“PIANTALA!”

La sua flemma crollò pochi secondi dopo, vittima del fastidio provocato da quell’orribile filastrocca cantata in maniera altrettanto orribile da quell’ancor più orribile voce. Un paio di studenti che si erano attardati fuori dalle proprie stanze lo guardarono preoccupati, ma non si azzardarono a fare domande. Lui era pur sempre Byakuya Togami, e loro evidentemente ci tenevano a vivere.

Sai, se solo accettassi di ascoltarmi e la smettessi di dare spettacolo ora mezza scuola non ti crederebbe uno squilibrato.

Io non ho assolutamente NIENTE di cui discutere con te.

Ne sei proprio convinto?

Certo che sì annuì mentalmente, ormai di fronte alla caffetteria. Stava per aprire la porta quando oltre le porte a vetri scorse qualcosa che lo lasciò di sasso.

Se solo mi avessi dato retta...

Seduta ad uno dei tavoli c’era Touko, in compagnia del Super Impostore.

Non voglio crederci.

I due non sembravano essersi accorti di lui, presi com’erano dai loro discorsi: l’Impostore era avvolto in una vestaglia di raso simile alla sua (la sua defunta vestaglia di raso), solo due volte più grande; Touko indossava un buffo pigiama rosa e una vestaglia lilla ricamata, i capelli legati in un’unica treccia, e stranamente non aveva gli occhiali.

Ma soprattutto rideva.

Non aveva idea di cosa si stessero dicendo lei e quell’altro soggetto, ma Byakuya era più che sicuro di non aver mai visto Touko Fukawa ridere così, non in sua presenza almeno. Non era uno di quei sorrisetti sbilenchi e imbarazzati che gli rivolgeva di solito: era una risata genuina, di cuore. Una risata sincera che illuminava quel viso di solito cupo e triste.

Per essere uno che dice di non avere alcun interesse nella Super Scrittrice hai notato parecchi dettagli su di lei...

Non si premurò di rispondere alla provocazione e fece dietrofront verso il dormitorio, per evitare di venire scoperto. Non che me ne importi niente, si disse.

Ovviamente.

Ma una domanda continuava a torturarlo: perché Touko era insieme all’Impostore? Che tipo di rapporto poteva avere lei con un tipo del genere?

Non avevi detto che non t’importava?

Sentì lo stomaco andare a fuoco.

E niente Lucky Gastro fino a domani.

Mentre il suo povero esofago bruciava come le fiamme dell’inferno, Togami tornò mestamente in camera e si sedette davanti al computer, alla ricerca di alternative naturali per calmare il bruciore di stomaco. Pure una qualche stupida tecnica di rilassamento sarebbe andata bene.

Ormai ho toccato il fondo, tanto vale continuare a scavare.

Sei proprio una regina del melodramma. Comunque, se ci tieni, ci sono tecniche di rilassamento yoga o giù di lì che possono fare al caso tuo.

Perché ricordi le informazioni inutili che Shinobu tirava fuori da Erede 2000?

Perché sono la parte migliore di te, Raggio di Sole.

...pure il soprannome di Enoshima. Senti, c’è mica un modo per separarti dal mio cervelletto e prenderti a calci in faccia?

Lol nope. Mi dovrai sopportare per tuuuuuuuuuuuuuutto il tempo che mi andrà.

“Lucky Gastro, vieni a me!” urlò disperato, neanche rendendosi conto di aver appena involontariamente imitato una famosa maghetta dei manga.


*


Mancava poco all’orario notturno. Di solito Makoto Naegi se ne sarebbe stato in camera sua, più che altro per evitarsi ramanzine assortite da un Ishimaru in assetto da battaglia che passa per i corridoi col bokken in mano e la voglia di punire i trasgressori.

Ma non quella sera.

Quella sera Naegi aveva una missione.

Oh sì, al diavolo i dubbi esistenziali. Al diavolo la gente balbettante. Al diavolo i patemi d’animo.

Al diavolo.

Non lo avrebbe mai detto prima, ma doveva ringraziare Togami… no, non il loro Togami ma quello della 77. Al fortuito incontro con lui e Fukawa-san era seguita un’approfondita seduta psicologica, in cui l’emulo più in carne del Super Erede aveva sviscerato il problema che in quel momento stava scavando un solco fra lui e Kirigiri (e il suo appetito e il suo sonno). Il consiglio che gli era stato dato era uno e molto semplice: buttati. Buttati a peso morto e pretendi da lei una risposta, di qualunque genere sia. Nel migliore dei casi ci hai visto giusto e presto potrai invitarla in camera tua per farvi le effusioni romantiche, nel peggiore dei casi ti stamperà un No formato famiglia sul grugno ma almeno non continuerai a galleggiare nel limbo dell’incertezza.

Insomma, prenditi i coglioni in mano e carica come un toro.

Pertanto, animato da questa rocciosa volontà, si stava avventurando con estremo sprezzo del pericolo per i bui meandri dell’accademia nera e cattiva.

Naturalmente non fu fortunato, a dispetto del suo titolo.

“Naegi-kun! Cosa ci fai in giro a quest’ora?” sentì ululare alle sue spalle.

Mannaggia, mancava così poco.

“Ishimaru-kun” mormorò imbarazzato voltandosi nella sua direzione, una mano a grattarsi la nuca “che sorpresa!”.

“Non prendermi in giro, sai che faccio la ronda ogni giorno! Piuttosto, perché non stai rispettando le consegne dell’orario?”.

“Ehm, ecco… ho un piccolo problema e mi serve una consulenza… specifica…”.

“Problema? Che genere di problema? Posso aiutarti?”.

È incredibile come basta fare cenno a un problema e il rigidissimo Super Prefetto si intenerisce di colpo. Ma oh, d’altronde non ho mica detto una bugia.

“Guarda, sei gentile a offrirti ma non è cosa… che ti compete, diciamo…”.

“Non mi compete?” squittì quello, offeso “Cosa stai insinuando, Naegi-kun?”.

Il Fortunello si prese un paio di secondi prima di rispondergli, non voleva rischiare di farlo imbizzarrire ancora di più: “Beh, correggimi se sbaglio ma non credo che una questione di natura… romantica ti sia proprio affine, ecco”.

Successe una cosa che Naegi mai si sarebbe aspettato: Ishimaru arrossì di colpo. Prese a guardarlo parecchio stupito, e proprio mentre stava per dirgli qualcosa l’altro lo anticipò: “In condizioni normali avresti anche ragione, ma… come spiegarmi, ultimamente… credo di poter dire che… sì, è complicato... “. Era talmente preso dall’imbarazzo che non riuscì neanche a completare la frase, ma Makoto capì lo stesso: “Ishimaru, non mi starai mica dicendo… che… ti sei preso una sbandata?”.

“Ehm… non so come dirlo ma sìforseèpossibile…”.

“Scusa?”.

“Ho detto che sìforseèpossibileconIkusaba…”.

“Che cosa hai detto? Non ho capito!”.

“SìforseèpossibileconIkusabaabbiamoballatoassiemeèstatobelloeleiètantocarina…”.

“Ishimaru-kun, non capisco!”.

“MIPIACEIKUSABAOK?”.

“Uooooooh! Ci sento ancora, sai? E non ho capito lo stesso, ma ti ringrazio per avermi sfracellato i timpani”.

“P-Prego”.

Guarda che era un ringraziamento sarcastico. Ehi, c’è qualcuno dietro di lui?

Si scansò lateralmente e gli parve di vedere un’ombra che si defilava da dietro l’angolo. Ma era poco illuminato e lui non aveva una vista esattamente da gufo, pertanto pensò di essersi preso un abbaglio.

Anche se, conoscendo Ikusaba-san, non sarebbe poi così strano saperla a girovagare di notte per i corridoi. Chissà.

Madonna, che stress. Si risolse nel lasciare Ishimaru lì a sproloquiare all’aria nella sua lingua incomprensibile.

Makoto Naegi aveva una missione quella sera, e niente al mondo gli avrebbe impedito di portarla a termine.

Riprese il cammino e giunse davanti alla porta con su scritto Kyouko Kirigiri pochi minuti dopo.

“Ci siamo, coso. Vai e fatti valere” disse a voce bassa per darsi forza.

Bussò.

Non successe nulla.

Bussò di nuovo.

Non successe di nuovo nulla.

Bussò una terza volta.

Lei arrivò ad aprire.

“Buonasera, Kyouko-san” esordì, cercando di mantenere una facciata di sicumera che non gli apparteneva affatto “Ti disturbo?”.

La Detective non aveva detto una sola parola, limitandosi a guardarlo boccheggiando.

“Kyouko-san… ci sei?”.

“...”.

“Kyouko-san…”.

“...”.

Makoto non sapeva cosa dire e stava perdendo il coraggio. Per sua fortuna lei gli venne in soccorso, lo afferrò per un braccio e lo trascinò dentro.

Accidenti. Da zero a cento in meno di quattro secondi, ragazzi.

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Capitolo 10
*** ...e la gente che si piace ***


Che cosa diavolo mi è saltato in testa?

Cinque minuti prima, Makoto Naegi aveva bussato alla porta di Kyouko Kirigiri.

Quattro minuti prima, lei l’aveva afferrato per un braccio e tirato dentro la sua stanza.

Dieci minuti dopo, erano ancora lì in silenzio a scambiarsi sguardi allarmati.

Lasciati andare, dicevano. Sarà divertente, dicevano.

Pensò inevitabilmente alle parole di Enoshima (e Maizono, Oogami e Asahina), pronunciate solo un giorno prima dalla Super Modella mentre le acconciava i capelli. Le era sembrata una buona idea, soprattutto sensata, ma evidentemente qualcosa doveva essersi perso nella trasmissione dell’informazione, o non si spiegava perché adesso si trovasse lì a fissare Naegi senza spiccicare parola. Certo, nemmeno lui sembrava avere intenzione di fare la prima mossa…

...però è quello che ha bussato alla mia porta in piena notte, non il contrario.

E soprattutto era già il secondo tentativo che faceva per aggiustare le cose tra loro. Di sicuro non poteva accusarlo di non averci provato.

Stavolta tocca a me.

Raccolse tutto il suo coraggio da diciassettenne alla prima cotta e si avvicinò a Naegi, che dal canto suo sembrava nervoso ma non pronto allo svenimento. Ottimo segno.

“Naegi-kun, io… devo scusarmi con te.”

Lo vide aprire la bocca per risponderle, ma lo zittì: “Ti prego, lasciami finire. Non è facile per me, sto cercando di non mettermi a gridare come una scimmia urlatrice o scappare di nuovo a gambe levate, e se tu dovessi interrompermi temo perderei tutta la mia sicurezza e finirei per non concludere nulla. Quindi, per favore… posso parlare per prima?”

Il Super Fortunello sembrò piacevolmente sorpreso dalla sua reazione, e si limitò a sorridere e annuire. Kyouko lo ringraziò, poi riprese il suo discorso: “Dicevo… devo scusarmi con te. La sera della festa, quando mi hai… mi hai chiesto di diventare la tua ragazza” distolse lo sguardo, arrossendo “sono scappata via come una furia, e ti ho evitato come la peste. Non è stato bello da parte mia.”

Lui non rispose a parole, ma il cenno che fece con la testa le comunicò che sì, non era stata una cosa carina, ma non era poi troppo arrabbiato. Lei ridacchiò: “Ecco, voglio che sia chiaro questo: non l’ho fatto perché volevo rifiutarti” disse, e l’improvviso sorrisetto malizioso di Naegi la destabilizzò un attimo. “M-ma” cercò di riprendersi, “sai bene che… questo non è esattamente il mio campo. Sono una detective, sono brava con le deduzioni logiche e so risolvere i casi di omicidio. Però ho poca esperienza come adolescente… al primo amore” ammise, e il rossore sulle guance di lui non le sfuggì, “e quando ti sei dichiarato… sono andata in tilt. Kyouko.exe ha smesso di funzionare” sorrise, e Makoto scoppiò a ridere nel sentirla parlare a suon di meme.

“Quindi” le si avvicinò, mani in tasca e un atteggiamento da figo che decisamente non era adatto a lui “mi corregga se sbaglio, signorina detective, ma devo forse dedurre che non aveva alcuna intenzione di rifiutarmi? Era solo panico?”

“Era panico, sì” ammise lei, “e no, non avevo alcuna intenzione di rifiutarti. Deduzione esatta, signor Naegi.”
“Elementare, Kirigiri.”
“Ora non fare il pavone come Togami.”

“Non mi permetterei mai. Ma c’è una cosa che invece voglio fare da un po’ di tempo” disse, e senza lasciarle tempo di rispondere la attirò a sé e la baciò.

Chicosacomedoveperchéquandoeh?

Kyouko venne di nuovo colta dal panico, ma stavolta c’erano le braccia di Makoto Naegi a impedirle di scappare.

E tutto sommato non è che ne avesse poi l’intenzione.

Ti devo un favore, Enoshima.


*


Era una mattinata tranquilla, il tempo era piacevole e soprattutto aveva la giornata libera.

Cosa c’era di meglio?

Una ciambella! Anzi due. Facciamo tre.

Aoi uscì dalla piscina fischiettando, diretta in camera sua: il suo programma del giorno prevedeva piscina (fatto) e yoga insieme a Sakura-chan, e aveva tutte le intenzioni di rispettarlo. Arrivata nella sua stanza si cambiò di fretta, indossò la sua tenuta da yoga e si diresse in camera di Sakura.

Quando quest’ultima le aprì la porta…

“E lui che ci fa qui?!”. Di fronte a lei si stagliava la non troppo fiera figura di Byakuya Togami in shorts e maglietta della salute, un tappetino sotto al braccio e la faccia di chi avrebbe preferito farsi mangiare vivo da dei piranha.

“Per favore Asahina evita qualsiasi commento non richiesto che per me è già difficile così” cercò di tagliar corto lui.

“Sì, ok. Ma non hai risposto alla mia domanda” ribatté scocciata.

“Vedi Aoi, Togami-san si è presentato da me mendicando un sistema per combattere i suoi problemi gastro-intestinali, in attesa della sua scorta personale di Lucky Gastro… e io ho pensato che un po’ di yoga potrebbe aiutarlo”.

Lei lo guardò piegando la testa, mostrando palese incredulità: “Togami? Yoga? Sakura-chan, io ti voglio bene ma ti rendi conto che queste due parole nella stessa frase creano un paradosso spazio-temporale? E poi, credi davvero se lo meriti dopo il tiro mancino alla povera Fukawa-chan?”.

GROOOOOOARGH.

“Tutti hanno il diritto di sbagliare, Aoi. E non sta a noi giudicare, criticare o imporci in qualsivoglia maniera”.

“Sì, ok. Ma devo ricordarti che il signorino qua sembrava quasi voler venire alle mani con te la sera della prima riunione… se non fosse stato che si cagava sotto perché con una carezza gli faresti finire le tonsille dietro al pancreas? Insomma, è stato davvero maleducato e…”.

“Shush, Aoi. Non serve che mi ricordi cose che so perfettamente, anche se ti ringrazio della premura. Il fatto è che ho capito da molto tempo una cosa importante: essere superiori alle cattiverie”.

RUUUUUUUUUUUUUUUUUUUARGH.

“Inoltre non vedo nulla di male nel farlo partecipare alle nostre sedute giornaliere. E poi su, guardalo. Gli serve come il pane un po’ di autocontrollo. O vuoi forse avere il suo apparato digestivo sulla coscienza?”.

La Nuotatrice non riuscì a trattenere una risata, cogliendo molto bene il velato umorismo di Sakura. Non riusciva a capire da dove la sua amica tirasse fuori quell’infinita scorta di pazienza, buona volontà e amore per un prossimo che tutto ‘sto amore non se lo meritava neanche nei suoi giorni migliori. L’ennesimo rumore molesto proveniente dalla ricchissima pancia del loro compagno maschio non fece che confermarle quest’ultimo pensiero.

Però oh, alla fine era lei a decidere e tutto sommato la sua presenza non le dava poi così tanto fastidio da non volerlo a prescindere. Sapeva bene che si sarebbe pentita di quest’affermazione più prima che poi, ma almeno per il momento il dubbio voleva concederglielo.

“Allora siamo tutti d’accordo?” chiese l’Artista Marziale sorridendo “Possiamo procedere?”.

“Mi fiderò del tuo giudizio, Sakura-chan. Ma tu” si voltò in direzione di Togami “sappi questo: alla prima parola di troppo ti faccio correre la maratona su una gamba sola”.

“Pfff” rispose lui, gonfio di sé (e anche di qualcos’altro, giudicando dalla pancia) “ho già dato con Genocider, peggio non potrai essere”.

“Mettimi alla prova” concluse lei, trucida.

“Per favore, finitela. Non abbiamo ancora cominciato e siete già dietro a tirarvi le trecce come i bimbi dell’asilo” li ammonì Sakura, tentando di mantenere l’aria del venerabile maestro. Gli altri due sbuffarono, inchinandosi virtualmente all’autorità superiore.

“Molto bene. Possiamo procedere”. Dicendo ciò li fece uscire entrambi dalla sua stanza, portandoli in palestra.

“In palestra? Sakura-chan, ma siamo sempre rimaste in camera tua quando eravamo tu e io”.

“Tutto ha un perché, piccola Aoi” rispose sibillina.

“Eh? Mi sono perso qualcosa?” chiese Byakuya, col tono che potrebbe avere un bambino un po’ scemo che non capisce la sesta spiegazione sulle addizioni.

“Va tutto bene, Togami-san. Va tutto bene”.

Oddio, a sentirla cantilenare così io me la starei facendo addosso fossi in lui. Uhm, fammelo guardare in faccia un attimo… sì, non ha capito una ceppa. Strano eh.

Il motivo dello spostamento fu chiaro nella mente di Asahina quando vide il loro nuovo luogo di esercizio frequentato da altre persone: era un’umiliazione plateale.

Crocefisso in pubblica piazza, e ringrazia che non sia la sala mensa. Sì, ti sta proprio bene Raggio di Sole.

“Pronto a sudare come un maialino, Togami caro?” gli lanciò l’ultima frecciata. Perché era l’ultima, giurin giuretta.

“Mpf. Non sottovalutare il mio cognome”.

Avrebbe voluto rispondergli a tono, ma quel che è giusto è giusto e si impose il silenzio.

“Avanti perditempo, stendete i tappetini e cominciamo” arrivò il marziale ordine di Sakura.

Ora vi delizierò con un raffronto molto comico: le posizioni corrette fatte da Oogami e Asahina e quelle a dir poco ridicole dell’elasticissimo Byakuya Togami.

Paschimottanasana, ovvero piegamento in avanti da seduti: Sakura e Aoi si sedettero con le gambe davanti a sé, allungarono le braccia ed entrambe arrivarono agilmente a toccarsi le punte dei piedi; Byakuya si accartocciò su se stesso, facendo una fatica indicibile in primis a non spezzarsi la schiena e in secundis a far solo finta di arrivare con le dita all’altezza delle ginocchia.

Cane con la testa in giù: Sakura e Aoi si misero a quattro zampe poggiandosi sulle mani e sulle ginocchia, si alzarono sulle punte dei piedi e portarono le orecchie fra le braccia; Byakuya cominciò a tirare testate sul pavimento, non riuscendo a muoversi in maniera corretta neanche a pagarlo in rodio purissimo.

Bambino: Sakura e Aoi si posizionarono con le braccia e le ginocchia a terra e scivolarono all’indietro, portandosi verso il bordo del tappetino; Byakuya non si sa come prese a rotolarsi sui fianchi sembrando una specie di ghiro che non riusciva a trovare la posizione adatta per dormire.

Non parliamo poi dei ritmi respiratori, con lo Scion che assomigliava a una ruspa guasta funzionante a intermittenza.

A fine sessione, accaldata come sempre, Aoi decise che doveva proprio farlo. Si avvicinò a Togami e gli chiese: “Senti, scusa ma devo proprio. Erano posizioni molto semplici e sei riuscito a farti ridere dietro dall’intera scuola in mondovisione. Sei vero? Come sei sopravvissuto a due anni di educazione fisica?”.

L’altro, con la lingua penzolante e le ginocchia che sembravano volersi sciogliere, non ebbe neanche la forza di alzarsi dalla sua posizione supina. La guardò dritta negli occhi e ansimò: “E… dimmi… un po’... io… avrei fatto… educazione… fisica… quando?”.

“...cretina io che chiedo. Non lo farò più”.

“Senti… voce del menga… non è davvero il momento…”.

Nota mentale: lo yoga può fare impazzire la gente. Potrei voler riconsiderare l’abitudine.

Poi si ricordò con chi aveva a che fare, e corresse il tiro: il problema non era lo yoga, ma Togami in quanto tale. Sempre lui, che nel frattempo rotolò su un fianco con la grazia di una balena spiaggiata e piagnucolò (sì, piagnucolò): “Basta… io ci… ci rinuncio! Non sono... tagliato per l’attività… fisica! Sono… sono una macchina da soldi, io… non una macchina da guerra” ansimò, atterrando sullo stomaco e nascondendo la faccia ai presenti.

“Quante storie per un po’ di fatica!” sbuffò Aoi. “Dici che non devo sottovalutare il tuo cognome, ma al momento mi sembra fiacco tanto quanto te.”

Se ne avesse avuto la forza, probabilmente Togami avrebbe alzato la testa di scatto e l’avrebbe minacciata di atroci sofferenze come solo lui sapeva fare, ma date le condizioni disastrose si limitò a girare la testa quel tanto che bastava per lanciarle un’occhiataccia.

“Suvvia, Togami-san, non c’è bisogno di essere così catastrofisti” chiosò Sakura, avvicinandosi a loro. “Era solo la prima lezione, non mi aspettavo certo grandi cose da te” sorrise, e Aoi sentì un flebile grugnito provenire dall’Erede, “ma non è proprio il caso di buttarsi giù.”

“Anche perché più giù di così non posso andare” borbottò lui, “sono spalmato per terra.”

“Se riesci a fare dell’ironia significa che non sei messo poi così male” rise lei, tirandolo su per un braccio e aiutandolo a rimettersi in piedi. “Vedrai che migliorerai in men che non si dica. Ne va del tuo cognome” gli fece l’occhiolino, e lui, sorpresa delle sorprese, arrossì e distolse lo sguardo.

Punto sul vivo, eh?

“Direi che ci siamo meritati una pausa con una bibita fresca” trillò Sakura, facendo strada verso l’uscita della palestra, “non c’è niente di meglio delle proteine per rimettersi in sesto.”

“Assolutamente!”

“Io voglio solo morire…”

“Mamma mia, Togami-san, ti vedo proprio male” gli si rivolse l’Artista Marziale, con un tono sinceramente preoccupato, “credo di non averti mai visto con una cera così pessima…”

“La gastrite mi sta divorando vivo” pigolò lui, “probabilmente sto anche impazzendo… parlo da solo…”

Per un attimo Aoi si sentì quasi in colpa per le battutacce che aveva rivolto all’Erede. Quasi.

Lanciò uno sguardo all’amica, che sembrava persa in una qualche riflessione. Giunte nei pressi della caffetteria Sakura parlò di nuovo: “Sai, Togami-san, credo di avere qualcos’altro che può aiutarti, assieme allo yoga.”
Lui sembrò guardarla con lo sguardo di chi cercava disperatamente aiuto: “Davvero…?”
“Davvero. Avanti, vieni con me. Beviamo qualcosa e poi ti illuminerò al riguardo.”

La Super Nuotatrice rimase un attimo sull’uscio a guardare la sua migliore amica prendersi a cuore il ragazzo più antipatico che avesse mai conosciuto… e che ora sembrava solo cadere a pezzi.

Scosse la testa, ridendo tra sé e sé.

Sei proprio una santa, Sakura-chan.


*


Peko Pekoyama non si poneva spesso domande.

Lei era una che obbediva agli ordini del suo bocchan senza fiatare o stare a sindacare le sue decisioni. Peko Pekoyama era la spada e lo scudo di Fuyuhiko Kuzuryuu e tanto le bastava.

O almeno, le era bastato finché il giorno prima non era successa una cosa.


“Toccala anche solo con un pelo e ti disatomizzo, vibratore umano.”


Bocchan l’aveva difesa dalle disgustose avances di Hanamura.

Non che fosse esattamente una novità, sia chiaro. Ma era la prima volta che, dopo averlo fatto, non cambiava colore cercando di giustificarsi. No. Aveva semplicemente minacciato il Super Chef e ignorato platealmente fischi e battutine da parte degli altri, senza battere ciglio.

Ecco, quello era strano. E davvero, non voleva mettere in dubbio le azioni del suo boss, ma non poteva fare a meno di continuare a pensarci: si sentiva quasi sporca ad avere certi dubbi, eppure… eppure era un’idea che in classe girava da ormai tre anni.

Io… piaccio a bocchan?

Per com’era cresciuta, quello era un quesito veramente stupido. Lei era un oggetto, un’arma al servizio del Clan Kuzuryuu. Non aveva alcuna volontà se non quella di servire i suoi capi e difendere Fuyuhiko a costo della sua stessa vita. Certo, lui aveva sempre cercato di farle capire che non la considerava un oggetto ma una persona, ma era difficile cambiare modo di vivere da un giorno all’altro.

E tuttavia...

Tuttavia il tarlo del dubbio stava scavando più a fondo, impedendole di pensare ad altro. Si voltò verso Kuzuryuu, seduto sul prato in cortile ed apparentemente impegnato a scrivere una lettera minatoria (per Oowada, ci avrebbe scommesso lo shinai) e ridacchiare da solo.

Che faccio?

Poteva lasciar perdere, tenersi tutto dentro come aveva sempre fatto e continuare la sua vita. Era brava a imbottigliare le emozioni e metterle da parte. Ma aveva la sensazione che quel caso sarebbe stato diverso, che se non le avesse lasciate uscire le sarebbe stato impossibile continuare a stare vicino a Kuzuryuu.

Inspirò e si avvicinò al ragazzo.

“Bocchan?”

Lo vide sospirare: “Peko, quante volte ti ho detto di non chiamarmi bocchan?”

“Scusa” si corresse, e rimase in silenzio. Lui inarcò un sopracciglio: “C’è qualcosa che vuoi dirmi?”

“Ecco… in effetti sì, se posso.”

“Certo che puoi, spara.”

La Spadaccina rimase un attimo in silenzio, cercando disperatamente le parole più giuste per porre quella difficilissima domanda. Si arrese all’idea che non ne esistevano, e quindi si buttò: “Kuzuryuu, io… ti piaccio?”

Il modo quasi violento in cui il suo bocchan arrossì violentemente e sgranò gli occhi le fece temere per la salute del ragazzo.


*


E quindi piaccio a Kiyotaka Ishimaru?

Mukuro non faceva che pensare a questo dalla scorsa notte, quando lo aveva beccato per caso in corridoio a parlare con Naegi (ah, l’ironia!).

Siano lodate le crisi esistenziali notturne di Junko.

Non aveva ancora avuto il coraggio di affrontarlo, ma a sua difesa stava solo cercando di trovare le parole giuste. Insomma, non si va mica in guerra disarmati.

E quindi aveva passato la mattinata ascoltando le lagne della sorella (che dalla sera prima continuava a chiedersi quale fosse lo scopo della sua esistenza sulla Terra. Mukuro le aveva suggerito che probabilmente era di rovinare la vita a lei, ma Junko l’aveva ignorata), assistendo alla ridicola sessione di yoga di Togami (di cui aveva video e foto sul cellulare), e persino giocando a freccette con Genocider Syo (apparsa brevemente perché qualcuno aveva soffiato via la polvere da un libro troppo vicino alla povera Fukawa. Però erano stati dieci minuti divertenti). Da circa venti minuti era tornata in stanza in attesa del pranzo e si era dedicata alle sue pistole preferite, smontandole, pulendole e rimontandole. E poi di nuovo dall’inizio, per almeno tre volte.

Sì però, non è che posso andare avanti così.

Nella posizione sdraiata sul letto stava ovviamente osservando il soffitto, sospirando come non le capitava praticamente mai e sentendo davvero tanto l’assenza di qualcuno nella posizione di darle degli ordini. Si rese dolorosamente conto che era sin troppo assuefatta a quel modo di vivere: committente/colonnello/tizio X a caso dice cosa fare e lei svolge, pulita e precisa come si confà a un Super Soldato.

Ma quella situazione non prevedeva un capo che le togliesse la facoltà di decidere. Stava a lei, solo a lei. Per quello si sentiva inquieta, incapace, debole. Non sapeva bene come muoversi, e neppure la peggior palude della Louisiana le sembrava così densa e difficile da guadare.

All’ennesimo sospiro si impose di smettere. Non poteva proprio proseguire con quell’andazzo, non era fattibile.

Si disse che forse valeva la pena provare a pensare come Kirigiri. Non vi sto a dire quanto non sapeva che il suo volersi immedesimare in lei, in questa particolare situazione, non era esattamente un’idea vincente. Non vi sto neanche a dire che paradossalmente avrebbe fatto meglio a guardare la cosa con gli occhi di Junko, sicuramente molto più instabile e inaffidabile della Detective ma che sull’argomento ci vedeva assai meglio.

Va bene, ragiona.

Ieri sera, complice l’ennesima paranoia sui massimi sistemi di quella delizia di tua sorella, eri a spasso a orari non esattamente ortodossi. È stata una coincidenza fortuita a farti finire... nel posto sbagliato al momento sbagliato? O forse dovresti dire al posto giusto nel momento giusto? Eh, cominciamo con le certezze inossidabili.

Va beh, poco importa.

Quel che importa è che hai sentito quel carinissimo ometto di Kiyotaka Ishimaru vomitare parole a raffica, fra cui hai però distintamente colto un “mi piace Ikusaba, ok?”. Il poveretto ha rischiato di mangiarsi la lingua per la velocità, ma il tuo udito allenato non si fa fregare per così poco.

Ne sei certa. Certissima.

Ora si pone il vero problema: e tu? A te Ishimaru piace?

Tu sei Mukuro Ikusaba. Sei il Terminator dei campi di battaglia. La Full Metal Bitch. Non ti sei mai fermata a chiederti se potevi avere qualcosa di più dalla vita. Se forse potevi osare sperare in un rapporto umano che non fosse passarsi il fucile sotto il fuoco dei talebani.

E ora sei qui, sdraiata sul letto di camera tua in un’accademia per super geni, con il cuore in subbuglio e un principio di infarto che sta lentamente facendo capolino.

Patetica. Suoni patetica.

Nonostante questo sei decisa a sufficienza da voler porre fine alla tua angoscia da ragazzina da fumetto. Vuoi tracciare una linea e decidere se attraversarla o meno.

Quindi mimetica pronta, pittura di guerra spalmata sulla faccia, mitra a tracolla.

Risponditi. Ora.

La risposta è: sì, forse.

Abbi pazienza, non sei attrezzata per comprendere senza il minimo dubbio una situazione in cui non ti sei mai trovata prima.

Va bene così, va bene anche così. Non sei nella giungla del Borneo, dove il minimo passo falso significa una morte atroce e un cadavere ingoiato dalla voracità della natura e mai più recuperato.

È una questione di sentimenti. Ci vuole tempo.

Accontentati di una risposta parziale, per ora.

Ma non poteva accontentarsi di una risposta parziale. L’insoddisfazione di fondo, del non essere riuscita a stilare un piano d’azione ben delineato, non cessò di far sentire la propria presenza picchiettandole la base del collo.

Era frustrante.

“Oh insomma, anche basta” mugolò alzandosi.

Aveva bisogno di un parere esterno. E sapeva a chi rivolgersi.

Saettò per i corridoi, evitando chi non era nel suo mirino. Quando invece il suo bersaglio si palesò di fronte ai suoi occhi…

“Oowada! Ti offro una birra in cambio di una chiacchierata, vuoi?”.

Il Biker fece spallucce: “Chi sono io per rifiutare una birra offerta da una bella signorina?” rispose lui. “Ma non dirlo a tua sorella, ci tengo a vivere.”

“Tranquillo, sarò una tomba” annuì lei, e lo trascinò in caffetteria. Recuperate due birre si accomodarono a un tavolino lontano da occhi e orecchie indiscrete.
“Allora, a cosa devo la tua visita?” chiese Mondo. “Ho idea che la Super Soldatessa non volesse solo offrire una birra allo scopamico di sua sorella.”

“In effetti” fu l’incerta risposta di Mukuro “vorrei chiederti una cosa… molto specifica.”

“Senti, se vuoi sapere cosa combiniamo io e Junko da soli-”
“No ti prego, lo so già” piagnucolò lei. “Non volevo saperlo, ma lo so.”

Mondo si limitò ad annuire, comprensivo. Se Junko decideva di raccontarti una cosa lo faceva e basta, che tu volessi saperlo o no.

Tentennò un attimo, e ritentò: “Ecco, quello che volevo chiederti è… tu sei molto amico di Ishimaru, vero?”

Lui scoppiò a ridere: “Ikusaba, è come chiedermi se il sole sorge ogni giorno!”

“Sì, ok, ma dico… siete molto amici. Molto.”

Mondo arrossì: “G-guarda che è se è per la storia della sauna ti giuro che è tutto un equivoco! Era una prova di forza e io ero vestito! Ok?”

“N-no non era nemmeno questo” balbettò lei, “oddio forse non è stata una grande idea…”

Poggiò la testa sul tavolino, esausta. Questa storia dell’adolescenza era veramente impossibile.

“Ikusaba ma… per caso a te piace Ishimaru?”

Alzò lentamente la testa e gli rivolse uno sguardo sconvolto. Mondo dal canto suo sorrideva con l’espressione tipica di chi la sa lunga: “Chiariamoci, io ero già in altre faccende affaccendato con tua sorella ma… più di un uccellino mi ha raccontato del vostro ballo, alla festa.”
“Davvero?”
“Quello e… che lui ti ha quasi fatto una dichiarazione mentre stavate pulendo l’aula. Se Junko non vi avesse interrotti, ecco.”
“...maledetta” ringhiò la Soldatessa, “se solo fosse capace di farsi i fatti suoi!”

“È come chiedere a Togami di essere simpatico e gentile. Praticamente un’utopia.”

Non poteva che concordare.

“Quindi fammi capire… mi hai offerto una birra per avere informazioni sul mio kyoudai?”

Mukuro avvampò: “E-ecco…” balbettò, ma la risata del Biker la interruppe di nuovo: “Ah, lo sapevo! Tu e Ishimaru siete veramente fatti l’uno per l’altra! Glielo dicevo io!”

“Aspetta, aspetta! Quindi ti ha parlato di me?”

“Chiaro che sì. A che serve avere un kyoudai, sennò?”

Era un’occasione troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire.

“E… cosa gli avresti detto, esattamente? No così, per sapere…”

Mondo ghignò: “Di comportarsi da uomo e affrontare la situazione di petto” annuì. Nello stesso istante Mukuro vide il Biker guardare oltre la sua spalla: “E parli del diavolo…”

Si voltò e vide Ishimaru all’entrata della caffetteria.

E… uh. Doveva aver appena finito un allenamento di kendo, a giudicare da quella giacca aperta e il bokken legato alla cintura.

...oh.

Anche i primi bollori della Super Soldatessa erano pacati e composti.

“Allora, Ikusaba. Cosa vuoi fare?” la provocò Mondo, sorseggiando la sua birra.

E questo le diede un’idea. Quel tipo di idea di cui forse si sarebbe pentita poco dopo, ma al momento le sembrava geniale: afferrò la sua birra e la mandò giù tutta d’un fiato, poi si voltò e andò incontro al Super Prefetto.

“Ikusaba-san, proprio te cercavo!”

Non gli diede tempo di finire la frase: lo acchiappò per il colletto della giacca (sbottonata, mamma che caldo che fa, chi ha alzato il termostato?) e lo baciò con tutto il trasporto di cui era capace.

Un coro di fischi e applausi le confermò che aveva fatto la mossa giusta.

“VAI COSÌ, KYOUDAI! FALLA TUA!”

Quando si staccò da lui, Ishimaru aveva gli occhi sgranati e l’espressione più fessa che avesse mai visto.

“I-Ishimaru-kun…?”

Stavolta toccò a lei venire interrotta.

Non aveva idea che il Super Prefetto fosse capace di tanto… ardore.

Grazie, Oowada. Ti devo sei casse di Asahi.


*


“La vita è bella e io sono felice e i coniglietti saltellano nei campi…”.

“Muku-neeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!”.

“...Junko. Dovevi proprio sradicarmi la porta? Hanno inventato l’arte del bussare per un motivo, sai?”.

“Eeeeeeeeeeeeeeh, è che sono troppo su di giri! Ho scoperto il senso della vita!”.

“Senti, oggi è stata una giornata eccezionale ma terribilmente stancante. Ho gli occhi che mi si chiudono da soli e sono esaurita, emotivamente e mentalmente. Stanotte i tuoi deliri non li reggo”.

“Stammi a sentire, dai!”.

“...datemi la forza. E va bene, va bene. Ma patti chiari e sorellanza lunga: dici la tua e te ne vai a dormire”.

“Allora, seguimi attentamente perché è un discorso complesso!”.

“Chiaro, è il senso della vita. Non lo trovi sulle pagine gialle”.

“Vedi Mukuro, noi siamo… degli arcobaleni”.

“Eh?”.

“Siamo degli arcobaleni! Ci apriamo alla luce del sole, cambiamo i colori come dei camaleonti e…”.

“Perfetto Junko, illuminante. Buonanotte”.

SBAM.

“Ok, ho una sorella pazza… e da oggi una storia romantica. Mi so accontentare del bello che mi è stato concesso".

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Capitolo 11
*** ...e le dichiarazioni dall'alto di una sedia ***


Nella mia vita precedente devo essere stata Saionji, altrimenti non mi spiego tutta questa sfiga!

Quella che per Touko era iniziata come una normale giornata scolastica, si era presto trasformata nella carrellata delle cose che più la infastidivano al mondo.

Coppiette. Coppiette ovunque!

All’inizio erano solo Naegi-kun e Kirigiri, e dopotutto era contenta per loro: le era dispiaciuto vedere il Super Fortunello così giù di morale, ed era bello sapere che le parole del Super Impostore avevano aiutato anche lui. Gli aveva persino rivolto un sorriso d’incoraggiamento quando aveva incrociato il suo sguardo.

E fin lì tutto bene.

Poi fu il turno di Ikusaba e Ishimaru, e quella fu una sorpresa. Aveva sentito voci su di loro (nello specifico le aveva sentite da Enoshima, ma raramente prestava attenzione ai pettegolezzi della Modella), solo non credeva fossero realtà. Un po’ la infastidiva ammetterlo, però erano carini a modo loro.

Archiviò anche quei due e cercò di concentrarsi sul plot del suo nuovo romanzo, ma l’universo aveva deciso diversamente.

E quindi ecco che Kuwata e Maizono, i piccioncini storici della classe, avevano iniziato a tubare ferocemente in classe. Nulla di esplicito, sia chiaro, quella era prerogativa di Oowada ed Enoshima, ma erano riusciti a oltrepassare quella linea sottile che andava da “Aw, che carini!” ad “Abbiate rispetto per noi zitelle!”.

E a proposito di Mondo e Junko, potevano mica esimersi dallo scambiarsi effusioni? Dove effusioni per loro voleva dire arrivare a un passo dal chiudersi nello sgabuzzino e lasciare che il resto della classe fosse obbligato a sentirli?

È la stagione degli accoppiamenti tra Super Alunni e nessuno mi ha avvisata?

Solo una settimana prima se ne sarebbe fregata (quasi) del tutto, perché si sarebbe accontentata di sedere in silenzio dietro Togami, e magari raggiungerlo in biblioteca dopo le lezioni. Con un po’ di fortuna le avrebbe persino rivolto la parola e, chissà, magari avrebbero parlato di libri normalmente, senza figuracce da parte sua e offese da parte del ragazzo.

Ma ora le cose erano diverse, e il suo white knight era diventato il suo dark enemy.

Ok, magari nemico era esagerato, ma di certo non trovava piacevole averlo attorno da dopo quella disgraziata festa.

Sono così… idiota.

Grazie anche alle parole del Super Impostore aveva cominciato a riflettere sulla natura del suo rapporto con Togami prima di quella sera, e… beh, affrontare la verità aveva fatto molto male: si era resa conto di quanto fosse sbagliato il modo in cui la trattava, ma soprattutto il modo in cui lei si era lasciata trattare senza mai reagire. Si era adeguata al modo di Togami di vedere la vita, aveva accettato in silenzio la sua presunta superiorità sociale e si era accontentata di quelle rare volte in cui lui era stato capace di offrirle qualcosa di più umano di un insulto.

Touko Fukawa amava ancora Byakuya Togami, ma ne valeva la pena? Aspettare che il ragazzo aprisse gli occhi e capisse che il suo modo di trattare le persone era sbagliato?

Proprio mentre formulava quel pensiero vide il Super Erede parlare con Oogami e Asahina.

Fatemi capire, io sono la vittima e lui fa amicizia?

Non riusciva a sentire i loro discorsi, ma le due ragazze sembravano piuttosto di buon umore e lui… beh, era sempre lui ma meno odioso. Che diamine stava succedendo? Soprattutto dopo che era quasi venuto alle mani con la Super Artista Marziale (cioè, nei suoi sogni, Oogami l’avrebbe defenestrato con lo sguardo) durante una delle prime riunioni in camera sua… e Asahina, Asahina gli aveva sempre risposto per le rime! E poi con lei si era comportata da amica, e…

In fondo è la solita storia, nessuno è davvero amico. Di che mi stupisco?

Sospirò. Era così stanca che non aveva nemmeno voglia di litigare con la Nuotatrice (per cosa, poi? Non so nemmeno di cosa parlavano, e in ogni caso sto provando a stare lontana da lui, no?), o guardare Togami in cagnesco, niente.

Meglio dedicarmi all’unica cosa che so fare bene.

Tornò al suo romanzo e cercò di sistemare l’idea che aveva abbozzato il giorno prima, ma i kami continuavano a prendersi gioco di lei.
Certo, anche la penna non deve funzionare.

Visto che il professore non era ancora arrivato decise di fare un salto allo spaccio e prendere una penna nuova, e nel farlo notò distrattamente Aoi e Sakura al proprio posto e l’assenza di Togami.

I kami glielo fecero ritrovare in corridoio, intento a parlare con Sonia Nevermind.

E allora ditelo che mi odiate, maledetti!

Fece ricorso a tutto il suo autocontrollo per non correre e tirare dritto verso lo spaccio, fingendo di non vederli. Ignorò platealmente i cortesi saluti della Principessa, aiutata anche dal cellulare che aveva deciso di suonare al momento giusto.

“Ho ritrovato delle vecchie fanfiction su Harry Potter sul mio portatile. Non proprio alta letteratura, ma ho pensato potessero piacerti. Ci vediamo dopo in caffetteria?”

Touko sorrise. In mezzo a tanta sfiga, c’era ancora una faccia amica e cicciotta per lei.


*


“Che strano, Fukawa-san non deve avermi sentita…”

“Non credo sia esattamente così.”
“Eh?”
“Niente, niente. Lascia stare.”
Sonia sbuffò. Odiava quando la trattavano con sufficienza, soprattutto se a farlo era quel borioso di Byakuya Togami. Se gli rivolgeva la parola era solo perché frequentavano gli stessi ambienti, e non di rado avevano presenziato agli stessi party.

“Certe volte sei davvero scortese, Togami-san. Shinobu-san ha proprio ragione sul tuo conto.”
“Non nominare mia sorella” ringhiò lui. “Sono abbastanza sicuro che se ripeti il suo nome tre volte spunta dal nulla per rovinarmi la giornata.”

“Come Bloody Mary!” rise la Super Principessa, con sommo ed evidente fastidio dell’Erede: “Ti prego, non ricominciare a parlare di occulto. Non lo sopporterei.”

“Da come la metti sembra che io non parli d’altro!”

“Perché tu davvero non parli d’altro, Sonia” rispose lui, pacato. “Se non parli di occulto parli di serial killer. E se non parli di serial killer parli di Tanaka. Ormai lo conosco così bene da sentirmi in dovere di rivolgergli la parola.”

“Oh, ma dovresti! È una persona deliziosa!”

“Abbiamo già un fattucchiere ottuso in classe, passo.”

Sonia stava per rispondergli come meritava (perché nessuno doveva osare offendere Gundam Tanaka in sua presenza), quando l’oggetto dei suoi desideri passò vicino a loro.

“Fai come preferisci, Togami-san, non sarò io a salvarti dal tuo pantano fatto di antipatia gratuita. Ho appena trovato di meglio da fare, buona giornata!” chiosò, per poi trotterellare via: “Tanaka-saaaaaan!”



*


Fuyuhiko Kuzuryuu era nel pallone. E non inteso come dimensioni, cioè che poteva entrarci comodamente tappo com’era.

Erano ore che girava come una trottola per camera sua, rischiando seriamente di lasciare il solco dietro di sé.

Da quando Peko gli aveva fatto QUELLA domanda aveva praticamente smesso di vivere.


“Kuzuryuu, io... ti piaccio?”.


Santi kami come ti è venuto in mente di farmi quella domanda ti rendi conto che qualunque possa essere una mia eventuale risposta che comunque non ti darò neanche nel 3050 hai fatto un danno gigantesco io cosa devo dire a mio padre e a mia sorella e a tutto il clan quelli sono capaci di cacciarmi e farmi diventare un trovatello verranno a tirarmi i sassi all’orfanotrofio oh porca di quella puttana lurida Peko sei impazzita del tutto-

Questo pensiero, e pensieri simili, affollavano la sua mente dandogli severi problemi nel mantenere un normale ritmo respiratorio, oltre a riempirlo di adrenalina e tensione nervosa e farlo sembrare un pochino più alto (tutta illusione ottica, ma non diteglielo che poi si offende).

Sul serio, sarebbe stato meno complicato per lui sentirsi chiedere il valore di pi greco alla ottocentonovantaduesima cifra.

Dopo averla sentita pronunciare quelle quattro parole il mondo intorno a lui era improvvisamente diventato un peso, un fastidio, qualcosa che gli impediva di esistere. O forse no e il tutto si riduceva a QUELLA domanda, ma per il suo cervello era più semplice vederla così.

Insomma, era uno straccio.

Girò e girò e girò e girò e girò e girò.

Poi, con le suole delle scarpe che rischiavano di prendere fuoco, si decise ad arginare la situazione. Difatti, in un momento di inopinata lucidità, capì che non poteva proprio restare in quella impossibile impasse, assaltato da un attacco epilettico a sinistra e da uno di panico a destra.

Basta cazzo. Basta. Sei Fuyuhiko Kuzuryuu, non un marmocchietto a cui hanno rubato le caramelle.

L’impeto di determinazione rischiò però di svanire subito non appena si rese conto che ok, era bene mettersi nella condizione mentale per trovare una soluzione… solo se però una soluzione la si aveva. E non era il suo caso.

Lui non sapeva nulla di nulla sull’argomento. È vero, da qualche tempo aveva preso a vedere la sua fidatissima guardia del corpo con occhi diversi (lui e la parte del suo corpo che, per sua somma sfortuna, non rispettava la fantomatica legge della L) e ogni tanto aveva colpevolmente lasciato trasparire questo suo diverso approccio, ma restava comunque a digiuno di esperienza reale nel campo.

Urge un aiuto esterno se non vogliono trovarmi cadavere con la bava alla bocca. Chissà poi quella stronza di Natsumi quanto riderebbe.

Riuscì a fermare il suo infinito moto, prese un respiro profondo, si diresse alla porta e la aprì.

Doveva trovare un confidente.

Ma chi? Bella domanda. La sua classe era composta da elementi tutto sommato simpatici, ma che non gli davano l’idea di brillare come stelle di prima categoria (tranne forse Sonia e Gundam, che però erano rispettivamente troppo presa dai serial killer e troppo chuuni per sapersi guardare negli occhi e dichiararsi i reciproci sentimenti): Hinata aveva quell’esserino delizioso di Nanami che ogni due per tre lo cercava per una partita in cooperativa al Nantendo, solo che probabilmente il vero intento era tutt’altro… e lui, scafato com’era, non aveva mai saputo guardare al di là del proprio naso; Hanamura escludiamolo a prescindere, era un maiale impenitente che ragionava con l’inguine e non con qualcosa di più nobile; Ibuki aveva forse un debole forse ricambiato per l’Impostore, ma in quel momento della sua vita dava priorità alla propria musica e non al romanticismo; Saionji non citiamola nemmeno, specialmente da quando Ludenberg aveva distrutto la sua vita sociale con la gentile collaborazione del disegnatore panzone.

Sì, scommetto che saprebbero spingermi nella direzione giusta. Probabilmente quella del suicidio.

Ma allora… chi?

Non sapeva ancora che la sua ancora di salvezza stava uscendo proprio in quel momento dalla caffetteria.

Che era dalla parte sbagliata della barricata nella faida fra la 77 e la 78.

Che portava i capelli arancioni acconciati in maniera a dir poco teatrale.

E che, sovrappensiero com’era, ci era andato addosso franando per terra come un sacco di patate.

“Ahio! E chi cazzo… oh, ma guarda se non è il turbo-nano!” disse Mondo Oowada squadrandolo dall’alto in basso.

Lo prese per la collottola e lo sollevò di trenta centimetri buoni.

“Che minchia fai, motociclista della domenica?”.

“Io ti devo ancora gonfiare di botte, mica te ne sarai scordato spero”.

Ecco, magari una sana scazzottata era ciò di cui aveva bisogno per rilassarsi e sfogare i nervi. C’è chi pensa meglio a pancia piena, chi invece dopo una rissa.

“Certo che no, belli capelli!” ringhiò, pronto a tirare calci per aria nella speranza di beccare di nuovo il ridicolo pompadour del Biker (il che avrebbe voluto dire perdere un altro dente, ma al momento gliene importava ben poco).

Era in procinto di piantare il piede destro su quella testaccia vuota quando qualcosa oltre la spalla di Oowada attirò la sua attenzione.

No no nonono cazzo cazzo cazzissimo cazzo!

Cominciò ad agitarsi ringhiando sottovoce “Mollami! Fammi scendere, gorilla!”, e quando ci riuscì si nascose sotto l’ampia giacca da bosozoku di Mondo, che evidentemente non prese bene la cosa: “Che cazzo stai facendo? Esci da lì, Frodo Baggings!”

“Shhh! Tappati la bocca un attimo!”
“Ti piace così tanto il mio culo?”
“Ma sparati! Piuttosto stai zitto e nascondimi per i prossimi cinque minuti!”

Mondo tentò di carpire altre informazioni  senza successo (ad esclusione di un pizzicotto al polpaccio, che regalò al Gangster una pedata fin troppo vicina al naso), poi finalmente si zittì.

“Buongiorno, Oowada-san. So che la domanda ti sembrerà strana, ma hai mica visto bocchan in giro?”

“Oh, Pekoyama! Il tuo bocchan, eh? Ecco…”

L’ennesimo pizzicotto funzionò alla perfezione.

Ahiabruttostronzo. Ehm, dicevo, no non ne ho idea. Oggi sono stato ben lontano dalla sua Kawasaki Triciclo.”
Sentì Peko sospirare: “Capisco. Ti prego di informarmi se dovessi incontrarlo.”
“A-assolutamente, ci mancherebbe.”

Li sentì scambiarsi altri saluti, poi vide Peko (o meglio, i suoi piedi) svoltare l’angolo e presumibilmente salire ai dormitori del secondo piano. Quando ebbe la certezza che non sarebbe tornata uscì dal suo nascondiglio (con sommo piacere, la vicinanza del culo di Oowada non era esattamente piacevole).

“In fuga dalla tua pregevolissima guardia del corpo? Questa mi è nuova.”

“Fatti i cazzi tuoi, Oowada?”

“Trovo solo strano questo tuo evitarla, al punto di nasconderti sotto la mia giacca” chiosò il Biker, “di solito siete inseparabili come Frodo e Sam.”

“Senti, intanto piantala con i riferimenti al Signore degli Anelli” ringhiò Kuzuryuu, “e secondo, continuano a non essere cazzi tuoi. Che ne sai tu di relazioni” aggiunse a bassa voce, ma non abbastanza: “Ah beh, se lo dici tu… però tra me e te chi è che sta con la Super Modella?”

Questo era punto di Oowada, doveva ammetterlo. Ma non ad alta voce: “Beh, onestamente non augurerei a nessuno una storia con quella spostata” disse, a bassa voce perché non si sa mai, “e in ogni caso non mi sembra che siate proprio Romeo e Giulietta.”
“Perché nessuno di noi ha intenzione di crepare per l’altro” fu la sconvolgente replica del Biker (che dimostrò di aver prestato attenzione a qualche lezione di letteratura), “e perché a noi va bene così. Ma comunque tranquillo, ti lascio a girare in tondo in preda a una crisi di nervi” rise l’altro, pronto ad andare via, “ho già spinto il mio kyoudai tra le braccia di Ikusaba, la mia dose di buone azioni mensili è completa.”

Palo in culo Ishimaru con la Full Metal Bitch? Non ci credo.

“Pft, non ti ci vedo a fare Cupido” sputò Kuzuryuu, senza nemmeno riflettere. Mondo non si scompose: “Liberissimo di non crederci, tanto ti capiterà di incrociarli da qualche parte e beccarli mentre tubano come i piccioncini che sono” rincarò la dose, cosa che colpì il Gangster in pieno. Perché in fondo in fondo (molto in fondo) un po’ invidiava chiunque avesse il coraggio di ammettere i propri sentimenti, senza doversi nascondere dietro a un qualsivoglia codice degli yakuza. O dietro al culo di Oowada.

“Ma esattamente cosa ti impedisce di essere sincero con te stesso? E con Pekoyama, chiaramente.”

La sua faccia doveva essere particolarmente espressiva, o non si sarebbe spiegato altrimenti questa domanda da parte di Mondo, che non aveva più la sua solita aria sbruffona ma un’espressione più… comprensiva? Kuzuryuu non ne era del tutto sicuro, ma al momento non era sicuro di molte cose.

“Tu… non capiresti” fu la sua risposta, meno aggressiva di quanto aveva sperato.

“Forse no. Ma so per certo che continuare a mentire a te stesso non ti gioverà per niente, o ti ritroverai dipendente dal Lucky Gastro come lo Scion di Staceppa” ghignò l’altro. Lo vide dargli le spalle e incamminarsi verso i dormitori della 78, ma non prima di avergli dispensato un’altra inaspettata perla di saggezza: “Credi a me, per una volta: buttati. Non tenerti tutto dentro solo perché intaccherebbe la tua reputazione da duro. Preferisci vivere col rimorso di non averlo fatto o rischiare di essere felice?”

E se ne andò, lasciando Kuzuryuu che lo fissava a bocca aperta.

Davvero quel gorilla mi ha appena dato un consiglio sensato?

E sensato lo era sul serio.

Fuyuhiko Kuzuryuu ci teneva al suo ruolo di capo yakuza… ma non abbastanza da doversi negare le amicizie e l’amore di qualcuno che, almeno apparentemente, lo ricambiava. Forse.

Al diavolo il clan. Alla peggio Natsumi sarà contenta di avere il mio posto!

Corse al piano di sopra a cercare Peko, convinto di aver appena preso la decisione migliore della sua giovane vita (aiutato da un Biker sui generis).


*


“Bo-bocchan! Ti ho cercato dappertutto, dov’eri finito?”.

“Peko, quante volte ti ho detto di non chiamarmi in quel modo? E comunque è possibile che presto non potrai più usarlo…”.

“C-Cosa vuol dire? È successo qualcosa? Mi stai preoccupando”.

“No, non è successo niente. Non ancora. Ma potrebbe”.

“Per la miseria Kuzuryuu, non mettermi in tensione in questo modo! Cosa stai cercando di dirmi?”.

“Non ho niente da dirti, Peko. In compenso ho una cosa da fare”.

“E cosa? Cosa?”.

“Per favore, calmati. Sei viola”.

“Hai parlato del tuo ruolo al passato, è il minimo che mi venga un colpo! È tutta la vita che lotti con le unghie e con i denti per preservarlo e rimanerne degno, ora non puoi spuntare dal nulla e suonare così… così... “.

“Peko, taci un secondo. Ci sono cose più importanti nella vita che essere un gangster di periferia con il fedora e la benda sull’occhio. E tu… sei una di queste”.

“I-I-I-I-I-Io?”.

“Tu, proprio tu. Sei la mia più cara compagna e amica, mi sei vicina fin da quando eravamo nella culla, mi hai sempre protetto e difeso con un senso del sacrificio encomiabile. Tutta questa dedizione va premiata”.

“P-Premiata?”.

“Premiata, sì. Stai qui ferma, non muoverti. È un ordine”.

“Va bene…”.

...

“Kuzuryuu? Perché… hai una sedia?”.

“Lo so io perché ho una sedia”.

“Ma cosa stai…”.

“Mi sto arrampicando sulla sedia perché sennò non arrivo a fare quel che voglio fare”.

“E… e cosa…”.

“Questo”.

SMACK.

“Io ti amo, Peko Pekoyama”.

“T-T-Tu…”.

“Volevi una risposta a QUELLA domanda, no? Eccotela, questa è la mia risposta”.

“K-K-K-Kuzuryuu… io… non so… non so cosa… cosa dire…”.

“E chi dice che tu debba dire qualcosa? Parlare è sopravvalutato. Io non ho più voglia di nascondermi dietro un dito e non riconoscere, con te e con il mondo intero, i miei veri sentimenti. Se questo mi costerà il posto di erede del clan ben venga, non ho problemi. Mia sorella sarà un sostituto più che degno, anzi probabilmente migliore di me. Ora quel che conta sei tu”.

Peko sorrise, e Kuzuryuu quasi rischiò di cadere dal suo rialzo improvvisato.

“Questa tua dichiarazione è adorabile… ma fatta su una sedia perde un po’ di charme”.

“...porca troia”.


*


Makoto Naegi si stava sfregando le mani.

Era sabato sera e la 77 stava per commettere la sua bravata. Un gruppetto di prodi (composto da lui, Togami, Ikusaba, Oowada e Kirigiri) era riuscito a imboscarsi nella biblioteca, proprio accanto all’ingresso della piscina, per colpirli quando avrebbero avuto le braghe calate. Letteralmente.

“Oh insomma Oowada, stattene zitto. Vuoi che ci becchino per caso?” sussurrò Mukuro rivolta al Motociclista, il quale stava esternando con sin troppo ardore l’eccitazione per il loro malefico piano.

“Ti devo forse ricordare che è grazie a me se adesso ti puoi definire fidanzata?”.

“...i colpi bassi non valgono. E comunque sai che ho ragione, taci”.

“Consiglierei di seguire le direttive di Ikusaba in merito, è lei quella che si intende di agguati” suggerì saggiamente Kyouko, acquattata contro il muro assieme a Naegi. A cui stava stringendo la mano.

Devo restare calmo, calmo e zen. Non devo cedere agli impulsi animaleschi, anche perché di Junko e Mondo ce ne basta una di coppia in classe.

“Ssssh! Sento dei rumori! Silenzio, fate silenzio” sentenziò la Soldatessa, facendo cenno di ammutolirsi. Tutti le obbedirono.

In effetti Kyouko aveva ragione, nessuno meglio di lei poteva guidarli in quest’impresa.

Il loro leader si avvicinò alla porta e guardò dallo spioncino, sempre intimando la massima cautela. Lasciò trascorrere una manciata di secondi, poi si rimise in piedi e dopo aver radunato la truppa attorno a sé disse: “Ok, erano loro. Dovrebbero essere passati tutti. Per pura precauzione ripassiamo il piano: attendiamo una decina di minuti, giusto per essere sicuri che quelli si diano alla pazza gioia. Poi penetriamo negli spogliatoi, io e Kirigiri in quello delle ragazze e Naegi e Togami in quello dei maschi, e razziamo tutti i loro vestiti e soprattutto le loro ID card mentre Oowada rimane fuori a fare da palo. Infine prendiamo i loro stracci e li gettiamo nei cessi dei bagni di questo piano”.

“Naturalmente questo include gli ID, esatto?”.

“Gli ID? Addirittura? Non sarà un po’ troppo così, Togami?”.

“Non direi. Tanto rimarranno intrappolati per ore in quel posto, chissenefrega se le loro povere piccole schede faranno una brutta fine”.

“Io sto con Togami-san” disse Naegi “Si meritano questo ed altro!”.

“Mi pare francamente eccessivo arrivare a tanto. I vestiti bastano e avanzano”.

“Uh? Kyouko-san, ma come?”.

“Sei troppo crudele con loro, Makoto-kun. Non serve spingersi a tanto. Ti rendi conto che renderesti la loro vita un vero inferno perché li priveresti dell’unico strumento veramente necessario per funzionare normalmente in questa accademia? Senza considerare i casini burocratici, e probabilmente anche disciplinari, a cui andrebbero incontro di fronte a mio padre. Va bene lo scherzo, sono la prima a volermi fare due ghignate alle loro spalle… ma il troppo stroppia”.

Ebbero un piccolo battibecco (il mio primo battibecco da ometto impegnato! Mi sento come uno sposato da cinquant’anni!) ma alla fine la linea morbida della Detective ebbe la meglio, supportata dall’inusuale bontà d’animo di Mukuro. È proprio vero, si trovò a constatare il ragazzo con una punta di risentimento, che le donne fanno comunella contro noi poveri maschietti.

“Va bene, va bene” concesse alla fine, sconfitto “ci limiteremo ai vestiti. E va beh, sarà divertente comunque”.

“Oh sì, lo sarà” confermò Byakuya col suo migliore sorriso da bello e stronzo come la morte, come lo avrebbe definito Touko.

Aspettarono. Lui voleva approfittarne per darsi un po’ alla pazza gioia con la sua bella, ma lei era in modalità lavorativa e non voleva saperne di distrazioni. Inoltre il suo maldestro tentativo di trascinarla più in disparte non mancò di indispettire Ikusaba e Oowada, che lamentarono entrambi le assenze dei rispettivi partner. D’altronde Ishimaru era sin troppo impegnato con la sua usuale ronda notturna (e Makoto non mancò di notare una certa aria… estasiata in lei mentre lo descriveva con la camicia leggermente aperta e il bokken agganciato alla cintura) e figurati se ci si poteva portare Junko, la persona più caciarona dell’intero Giappone che li avrebbe fatti beccare ancora prima di appostarsi.

“Ok” sentenziò Mukuro consultando l’orologio del cellulare “direi che possiamo muoverci. Ah, vi devo chiedere di avere pazienza quando saremo dentro, ho promesso a quella disgrazia ambulante di mia sorella che le avrei fatto la fotostoria della nostra azione via chat”.

“Fammi indovinare: è la contropartita che hai contrattato per convincerla a restarsene in camera”.

“Non ti chiamano la Super Detective per nulla, Kirigiri. Avanti, abbiamo cianciato abbastanza”. Dicendo questo aprì loro la strada, muovendosi furtiva come un espertissimo ladro che stava irrompendo a Fort Knox.

Diavolo, è… quasi ipnotica. Si muove con una tale grazia e una tale sicurezza. Non mi meraviglia che sia tornata a casa senza neanche un graffio dopo aver combattuto in giro per il mondo.

Giunti davanti agli ingressi alzò il braccio per imporre l’alt, poi con due rapidi gesti delle dita provvide a dividere il gruppo.

Lui e Togami entrarono nello spogliatoio maschile.

“Per la miseria, che casinisti” commentò il Fortunello osservando lo scempio di fronte a lui: calzini gettati negli angoli, pantaloni arrotolati come se fossero palle da calcio, camicie ormai buone per lo sfasciacarrozze.

“Sono un branco di buzziconi senza speranza, altroché. Guarda come si riducono se lasciati liberi di scorrazzare in giro”.

“Vorrei poterti dire che come al solito tranci giudizi gratuiti, ma per una volta darò retta alla vocina malefica nella mia testa che ti dà sempre ragione. Su, ora diamoci da fare. Ah Togami-san, una cosa importante: Hinata è mio”.

“Non ne dubitavo Naegi, tranquillo. Non era di certo mia intenzione privarti delle tue piccole vittorie da plebeo”.

“Grrrrrrrazie”.

Cominciarono a ramazzare tutto, trovandosi obbligati a fare più viaggi perché la quantità di vestiti era davvero eccessiva per un unico trasporto. Certo, oltre a questo non aiutò il fatto che Togami continuava a frignare come una femminuccia sibilando “Cheschifocheschifocheschifo!” ogniqualvolta prendeva in mano qualcosa.

“Senti, per tanto così potevi rimanere fuori a far finta di fare la guardia. Stai raccogliendo una cravatta, mica del letame”.

“Ma… ma sono i vestiti di gentaglia con un pessimo gusto e un ancora più pessimo odore!”.

“È roba che deve finire in una tazza del cesso, ha davvero tutta questa importanza?”.

“Sì maledizione, sì!”.

“...rinuncio a capirti”.

Quando tornò dentro per l’ultimo carico, a Makoto venne un’idea stramba.

Voleva spiarli.

Per fortuna c’era una piccola finestrella sulla porta che dava direttamente sulla piscina. Fece una fatica immensa a trovare qualcosa che gli fungesse da supporto, dato che la sua ridicola altezza non gli permetteva di farcela da solo.

E fu un errore.

O meglio, fu una coincidenza sfortunata.

Quando riuscì a inquadrare qualcosa ebbe un giramento di testa e una perdita di un paio di litri di sangue dal naso. Questo perché quel dannato spirito libero e un po’ folle di Ibuki Mioda aveva ben pensato di fare il bagno completamente nuda.

Cadde all’indietro, semi-svenuto. Solo un colpo di fortuna permise a Togami di afferrarlo al volo e di non fargli sbattere la testa sul pavimento.

“Ma si può sapere che ti prende? Perdi tempo a spiarli mentre dovremmo andarcene senza farci scoprire?”

“Scusa, non so cosa mi è preso” ammise Makoto, “ero… curioso, ecco. E trovarmi Mioda-san come mamma l’ha fatta praticamente davanti agli occhi non ha aiutato. Non il mio equilibrio, almeno” ammise, con un colpo di tosse a camuffare il suo imbarazzo.

“Voi plebei e i vostri istinti animaleschi, incapaci di trattenervi.”

“Quindi stai sbirciando da quella stessa finestrella perché sai come tenere a bada i tuoi istinti, immagino.”

“...un’altra parola e la tua storia con Kirigiri è finita.”
“Fallo e Syo verrà a saperlo.”
“NON OSERAI.”

“Mettimi alla prova, Togami-san” sorrise Makoto, con quell’aria innocente che lo avrebbe tirato fuori da quasi qualunque guaio. Lo Scion ovviamente lo sapeva, per questo dovette capitolare: “Facciamo che ciò che è successo in questo spogliatoio rimane nello spogliatoio. Intesi?”

“Intesi.”

Dopo essersi accordati sul segreto da portare nella tomba uscirono, incrociando Ikusaba e Kirigiri che aprivano la porta dell’altro spogliatoio allo stesso momento: “Fatto?” chiese la Soldatessa, e lui e Togami risposero con un cenno affermativo.

“Bene, i loro vestiti sono finiti nei water, e le loro schede elettroniche le abbiamo lasciate accanto ai lavandini… esatto?” chiese Kyouko, lanciando un’occhiata eloquente agli altri due, i quali assicurarono che sì, le ID card della 77 erano sane e salve. Makoto aveva avuto la tentazione di buttare nel cesso quella di Hinata fino all’ultimo, ma alla fine la sua indole da bravo ragazzo gli aveva impedito di farlo. Quella da prole di Satana di Togami ci aveva provato al posto suo, ma era riuscito a fermarlo in tempo.

“Direi che possiamo andare” annunciò Mukuro, “metti caso decidano di uscire adesso. Meglio non ci sentano. Oowada, c’è nessuno fuori?”

“Via libera.”
Uscirono in silenzio e corsero verso le scale che portavano ai dormitori al primo piano, separandosi e andando ognuno nella propria stanza. O meglio… Mondo e Togami andarono nelle rispettive camere, la Soldatessa invece andò a cercare il Prefetto, che probabilmente era ancora di ronda (e il fatto che quest’ultimo fosse assolutamente pro-faida aveva aiutato parecchio nell’assicurare i corridoi liberi, quella sera).

Erano rimasti solo lui e Kyouko.

Che faccio? Le chiedo di venire in camera mia? Però magari pensa male, e oddio è ancora presto per darci alla pazza gioia come Oowada-kun ed Enoshima-san e io non ho il coraggio e non voglio che mi creda quel tipo di ragazzo perché non lo sono però voglio rimanere ancora un po’ con lei e-

“Hai sonno, Makoto-kun?”
“E-Eh?”

“Chiedevo solo se sei già stanco.”
“N-no, non ancora… anzi, il nostro piano mi ha lasciato addosso un po’ di adrenalina” rise lui, per nascondere l’imbarazzo.

“Bene, allora… posso proporti di non tornare in camera? Non subito, almeno.”

Oddio vuole fare lei la proposta indecente? Potrei morire in un tripudio di miccette se lo facesse, ti prego Kyouko abbi pietà della mia anima non proprio candida-

“Potremmo andare in sala audiovisivi a guardare un film, solo io e te… ti va?” sorrise lei, quel sorriso che aveva il potere di mandargli in pappa il cervello.

“C-certo, perché no?”

Lei lo prese per mano e lo trascinò verso il corridoio opposto.

Era ancora troppo presto per certe cose, si disse. E un po’ si diede dello stupido perché era davvero troppo ingenuo.

Ma magari va bene così.


*


Il loro piano era riuscito perfettamente.

Mentre guardava i suoi compagni sguazzare felici in piscina (e non poteva negare di aver lanciato più di un’occhiata a quella pazza di Ibuki, che aveva mantenuto la parola presentandosi nuda), Hinata si complimentò con se stesso: erano riusciti a intrufolarsi in piscina in piena notte e nessuno li aveva scoperti.

Sono un genio.

Certo, un po’ lo rammaricava che la classe non fosse lì al completo, ma il gruppetto di dissidenti si era categoricamente rifiutato di prendere parte a quella bravata (eccetto Ibuki, ma va beh, figurati se non si aggrega quando si tratta di far casino); nemmeno Saionji si era fatta viva, ancora chiusa nella sua stanza con la sola Koizumi a farle compagnia (perché è l’unica che non vuole vedere morta), Tanaka e Sonia erano impegnati in… qualunque cosa facesse la gente dedita all’occulto, e Togami odiava mettersi in costume da bagno. Hanamura invece era stato legato e chiuso nella sua stanza, perché metterlo in una situazione del genere era semplicemente un no grosso quanto una casa. Hinata rabbrividì al solo pensiero.

Inoltre… non lo avrebbe ammesso ad alta voce, ma avrebbe voluto Chiaki lì con loro. Con lui. Ma la ragazza non aveva voluto saperne, ritenendo quella faida un’idiozia e rinunciando persino a farlo ragionare.

Magari dovrei parlarle…

Beh, al momento non poteva farlo.

“Ok ragazzi, fare i tuffi a bomba è una figata ma dobbiamo andare” annunciò, “meglio non sfidare la sorte.”

“Però magari abbiamo fortuna e non ci trovano” chiosò Komaeda, ma preferì ignorarlo: “Avanti, fuori. E Ibuki, per favore, copriti!” disse, fingendo un minimo di decenza.

Si avviarono verso i rispettivi spogliatoi, quando sentì Mikan urlare da quello femminile: “I VESTITI! I NOSTRI VESTITI SONO SPARITI!”
“Cosa?!”
“Non può essere!”

Entrò di corsa nello spogliatoio maschile insieme agli altri ragazzi, trovandosi di fronte lo stesso spettacolo: tutte le loro cose erano scomparse.

“Le… le nostre carte elettroniche” pigolò Souda “erano nelle tasche dei vestiti…”

Hinata sbiancò.

“E ora cosa facciamo? Siamo bloccati qui fino a domattina…” disse Akane.

“...quando verranno a pulire la piscina. E ci troveranno qui” concluse Kuzuryuu, ringhiando.

Erano intrappolati e mezzi nudi (totalmente nudi, nel caso di Ibuki), e c’era una sola ragione che gli veniva in mente.

“La 78… è stata la 78…” borbottò, per poi lasciarsi andare ad un urlo disumano: “NAEEEEEGIIIIIIIIIIII!”

*


“Hai sentito anche tu, Tanaka-san?”

“I nostri compagni staranno divertendosi in piscina, come avevano già annunciato.”

“Hm sì, probabile. Oh, questo incantesimo per evocare Belial sembra interessante!” chiosò Sonia, sfogliando l’ultimo numero di L’Occulto per Te che le era arrivato per posta. Gundam la osservò in silenzio, poi sospirò e le prese la rivista dalle mani: “Questa è una lettura per principianti, mentre ritengo sia finalmente giunto per te il momento di passare a magie di livello superiore.”
A Sonia si illuminarono gli occhi: “Dici sul serio?”
“Assolutamente sì” sorrise lui, porgendole un numero de L’Occulto 24 Ore. “Tieni, lascia che ti illumini…”

“Oh Tanaka-san, sai sempre come stupirmi!”

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Capitolo 12
*** ...e i mugolii agghiaccianti da dietro la porta ***


Jin Kirigiri era soggetto a emicrania. Quella mattina stava avendo la peggiore, più insistente, più fastidiosa emicrania della sua esistenza.

Era seduto alla sua scrivania da preside della Kibougamine. Al suo fianco, ritto come un fusto, il fidato Gentarou Hongou che, probabilmente credendosi furbo, ogni tanto gli lanciava un’occhiata di sottecchi come a dirgli “Allora Jin caro, avevo ragione o no?”. Come se non se ne fosse accorto istantaneamente.

E di fronte a lui… sigh. Di fronte a lui erano schierati, come condannati di fronte a un plotone d’esecuzione, certi elementi della classe 77.

Assonnati, in costume da bagno e con lo sguardo di chi sa che non uscirà vivo da quella stanza. Tranne Mioda, coperta solo da un asciugamano e senza il minimo segno di rimorso… e anzi, ancora stava lì a strepitare su quanto era stata figa la notte appena trascorsa.

“Yuhuuuuuuuuuuu! Ibuki adora fare il bagno nuda! Con tanto di poliziotti che la vengono ad arrestare per atti osceni!”.

“Mioda-san, non muoverti in maniera scomposta o ti cade lo straccio” la rimproverò Pekoyama con fare severo.

Sigh.

Hajime Hinata, Kazuichi Souda, Fuyuhiko Kuzuryuu, Peko Pekoyama, Akane Oowari, Ibuki Mioda, Nagito Komaeda, Mikan Tsumiki.

Mezza classe di fronte a lui, a rispondere di quella folle nottata.

“Allora” si alzò Jin, portandosi di fronte ai rei “Qualcuno di voi vuole avere la gentilezza di spiegarmi cosa ci facevate chiusi in piscina? Perché eravate in piscina? E soprattutto perché Mioda è nuda come un verme?”.

Le sue legittime domande vennero accolte solo da un silenzio imbarazzato. E da versi non identificabili della Super Musicista, ancora terribilmente su di giri.

“Lo sapete che il non parlare peggiora solo la vostra posizione, vero?”.

“...”.

“Va bene, non siete in vena di chiacchiere. Vorrà dire che vi divertirete a passeggiare così come siete per i corridoi, e domani frequenterete le lezioni e starete in temuta quasi adamitica per tutto il giorno. Se uno di voi si azzarderà a mettersi addosso anche solo un calzino verrete espulsi tutti in blocco. Ora, volete riconsiderare?”.

Gli otto imputati si agitarono un attimo, a quanto pareva non troppo estasiati dalla prospettiva di un’intera giornata in costume da bagno ancora umido.

“Allora, qualcuno ha qualcosa da dirmi?”.

“Sì, in effetti sì…” rispose Kuzuryuu, il quale sembrava aver finalmente trovato il coraggio di confessare.

“Prego Gangster, sono tutto orecchi”.

L’altro si schiarì la voce e prese a parlare: “Dunque, io e i presenti avevamo in programma un fuoriprogramma per allietarci il week-end. Una nuotatina a sbafo, niente di pericoloso o distruttivo. D’altronde è un peccato non sfruttare un’olimpionica così ben attrezzata al di fuori dell’orario scolastico, non crede? Ecco, ci siamo organizzati appunto per ieri sera, siamo andati e abbiamo fatto quel che si può immaginare essere successo. Fra l’altro le chiedo scusa per tutto il casino che gli inservienti hanno trovato, ma quando Ibuki si tuffa a bomba… beh, le assicuro che si tuffa davvero a bomba. E al contrario nostro, una volta appurato che non potevamo andarcene, ha proseguito imperterrita per tutta la notte. Credo che i miei capelli rimarranno bagnati per sempre”.

“Ibuki fa solo le cose più matte e impossibili! Non si accontenta di nulla di meno!”.

“...grazie per la precisazione, era fondamentale. Dicevo. Quando poi abbiamo deciso di andarcene ci siamo accorti che i nostri vestiti e le nostre ID card erano sparite, tutto trafugato dagli spogliatoi. E quindi non abbiamo avuto altra scelta se non sederci per terra, mogi mogi, ad aspettare l’arrivo dei soccorsi”.

“Tranne Ibuki! Ibuki voleva continuare a nuotare!”.

“Mioda, ma vuoi stare zitta un secondo per favore?” la apostrofò acidamente Hinata.

“Bleeeeeeeeh! Hajime, sei brutto e cattivo e a Ibuki non piaci!”.

Sigh.

Chiese conferma della storia agli altri, e ovviamente le versioni corrispondevano. Quando fu il turno di Hinata, Jin notò che nei suoi occhi c’era un velo di rabbia furibonda: “Hinata, il tuo sguardo ti tradisce. Cosa sai che non mi hai detto?”.

“Vede signore, credo di sapere perché ci è successa questa disavventura e chi dobbiamo ringraziare”.

“E sarebbe?”.

“La 78. E in particolare Naegi…” rispose, e forse giusto le poltrone dell’ufficio non si accorsero della quantità d’odio intrisa in quella parola.

Orpo. Stai a vedere che quel mattacchione di Hongou… e sì caro mio, lo so che mi stai osservando mentre gongoli… ci aveva azzeccato con ‘sta cosa.

“Ne sei sicuro?” disse prendendo dei fogli dalla sua scrivania “Perché si dà il caso che, non appena mi è giunta notizia della vostra presenza abusiva in piscina, ho fatto controllare l’ordine delle strisciate delle schede per gli spogliatoi. E stando ai tabulati le ultime risultano essere quelle di Souda per i maschi e di Mioda per le femmine”.

“Lo sapevo che non dovevo farmi fregare dalla promessa di una foto di Sonia-san in costume, che neanche c’era in piscina…” borbottò il Meccanico, beccandosi un coretto di “Pirla! Pirla!”.

Sigh.

“Ne è sicuro, preside? È impossibile che non ci sia altro, a meno che ai nostri vestiti non siano cresciute le gambe e se ne siano andati da soli!” contestò Hinata. Nella sua testa Jin gli diede ragione, qualcosa doveva ben essere successo… e forse sospettava anche cosa.

Nella classe di mia figlia c’è Fujisaki, Super Programmatore. Capace di penetrare nel sito dell’FBI con un 386, probabilmente. Quindi vai a sapere che danni è potenzialmente in grado di fare con dell’attrezzatura adeguata.

Ciononostante non aveva reali prove della sua colpevolezza, anche perché lo conosceva abbastanza da sapere che non era assolutamente il tipo di persona da commettere una simile infrazione: “Può darsi, Hinata. Ma allo stato attuale i fatti dicono questo. E comunque ciò non toglie che quelli ad aver agito come dei teppisti siate state voi e non di certo loro. Pertanto è il momento della vostra punizione”.

“Ooooh, finalmente il preside usa il pugno di ferro” commentò sornione da dietro Hongou, beccandosi un rimprovero mentale da parte di Jin.

“La vostra punizione, miei ribelli studenti, consiste in un intero mese di detenzione dopo le lezioni. Andrete in classe e seguirete da bravi alunni coscienziosi, poi qualcuno verrà a prendere voi otto e vi porterà in un’altra aula fino all’ora di cena. Da lì non mi muoverete, salvo in caso di necessità di lavoro manuale come pulire i pavimenti o riordinare gli archivi. A seconda delle esigenze, ecco”.

“Ma davvero? Tutto qui? Questi irrompono in maniera del tutto illegale in una proprietà dell’accademia e gli diamo solo una pacca sulla schiena come premio? Almeno l’anno scorso, quando è esplosa la palestra in diretta TV nazionale, tre espulsioni sono state comminate”.

Jin si voltò verso Hongou, l’autore della frecciata, e calmo e pacifico gli disse “Hongou-san, si è trattato di una bravata innocua alla fine. Nessuno si è fatto male e la piscina è intatta. E comunque, cosa le dice che sarà una passeggiata di salute per questi otto scavezzacollo?”.

Uno sguardo d’intesa fece nascere un sorriso malvagio sul volto di entrambi gli uomini.

Il preside tirò fuori il suo cellulare, ebbe una rapidissima conversazione e dopo pochi minuti il nuovo incubo degli studenti lì presenti si materializzò dalla porta d’ingresso.

“Vi presento Juzo Sakakura, membro del corpo di sicurezza della scuola e vostro carceriere durante le ore di punizione”.

Le espressioni dei ragazzi erano più che eloquenti: di fronte a Sakakura e alla sua stazza da armadio, le loro mascelle quasi toccarono terra. Ad eccezione di Kuzuryuu, che doveva mostrarsi stoico sempre e comunque (pur arrivando al ginocchio dell’uomo). Juzo si limitò a sorridere, un sorriso che voleva dire “Dimenticatevi della vostra esistenza per come la conoscete.”

“Ah però, scelta peculiare” chiosò Hongou, “reciteremo una preghiera per voi.”
“C-che vuol dire?” osò Hinata, ma venne interrotto da qualcosa che lo sollevava per un braccio: “Andiamo, signorina” ghignò Sakakura, trascinando il ragazzo e facendosi seguire in silenzio dal resto della classe.

Jin e Hongou rimasero in silenzio, che venne rotto da quest’ultimo: “Magari ha un po’ esagerato.”
“Me lo dice proprio lei, Hongou-san? Domani pioveranno rane.”

“Sono un bastardo, ma non voglio che gli alunni ci rimettano fisicamente… non tutti” ringhiò il suo vice, probabilmente pensando a tutti i Lucky Gastro che Togami gli aveva fregato sotto al naso. “E Sakakura ha una nomea di picchiatore impenitente fin dai tempi in cui era nostro alunno.”
“Non ottieni il titolo di Super Pugile mica per caso” sorrise il preside, “e comunque gli ho detto di non lasciarsi prendere la mano. Se dovesse succedere lo farò affiancare da Munakata.”
“Munakata? Tra lui e Sakakura non so cosa sia peggio.”

“Ma sì, sono ragazzi, se la caveranno.”

Jin Kirigiri sentì chiaramente lo stomaco di Hongou gorgogliare in maniera sospetta. Unita alla faccia infastidita che aveva appena fatto, la considerò una piccola vittoria.

Quello che ti meriti per avere ragione.


*


“Grazie per averci coperti, Fujisaki-kun.”
“Non so di cosa tu stia parlando, Naegi-kun.”
“Beh, in ogni caso grazie a nome di tutti. Anche di Togami, che ha preso il muro a testate per mezz’ora quando si è ricordato di aver aperto lo spogliatoio maschile con la sua carta magnetica.”

Chihiro non poté trattenere un mezzo sorriso: sapeva della loro bravata della scorsa notte, perché Mondo era coinvolto e ovviamente glielo aveva riferito. Ma soprattutto gli aveva chiesto praticamente in ginocchio se poteva cancellare ogni traccia del passaggio delle loro schede dai sistemi di riconoscimento degli spogliatoi (perché Ikusaba era indubbiamente la Super Soldatessa e Kirigiri e Togami gli intelligentoni del gruppetto, ma Mondo, parole sue, era uno stronzo scafato che stava in una gang dall’età di dodici anni e sapeva come funzionavano queste cose. “Perché credi mi sia offerto di fare solo da palo?” gli aveva detto, ridendo). E lui, buono com’era, alla fine aveva ceduto.

“Questa è la prima e ultima volta che vi aiuto per questa stupida faida, intesi?” disse, guardando Naegi oltre lo schermo del suo pc portatile. Il Fortunello sorrise: “Assolutamente sì! Anzi, se posso fare qualcosa per sdebitarmi non esitare a chiedere!”

Il Programmatore si ritrovò a riflettere seriamente su quell’offerta… e forse sapeva anche cosa chiedere.

“In effetti qualcosa ci sarebbe.”


Qualche minuto dopo era in camera di Naegi che si guardava allo specchio, con addosso una delle sue felpe.

“Di tutte le cose che potevi chiedermi questa è di sicuro la più inaspettata.”

Chihiro si voltò a guardare il Super Fortunello, che lo osservava con un sorriso stampato in faccia.

“Beh, al momento gli allenamenti di Oowada-kun e Ishimaru-kun non hanno sortito grandi effetti su di me” arrossì, “cercare di diventare un vero uomo è più faticoso del previsto…”

“Dipende sempre da cosa si intende per vero uomo” replicò Naegi, “non credo esista una definizione univoca. Un vero uomo può esserlo Oowada-kun come possiamo esserlo io e te. Non è certo una mera questione di muscoli.”

Il Super Programmatore annuì: “Per questo ho pensato che cominciare a piccoli passi potesse essere la cosa migliore, come variare un po’ il mio abbigliamento… ma i vestiti di Oowada-kun sono troppo larghi per me.”
Naegi ghignò: “È una bella fortuna che io sia alto come una scatola di scarpe, vero?”

Entrambi scoppiarono a ridere.


*


Che… che cosa diamine sto sentendo…

I dormitori della Kibougamine erano famosi per essere attrezzatissimi e, soprattutto, insonorizzati. Questo spiegava perché nessuno aveva mai sentito Oowada ed Enoshima all’opera nelle ore notturne, cosa di cui erano tutti molto grati.

Ma in quel momento le pareti insonorizzate delle stanze sembravano venir meno al loro compito, o non si spiegava perché Aoi stesse sentendo quei versi così… strani.

Versi che provenivano dalla stanza di Sakura Oogami.

Un altro mugolio la raggiunse. Erano piuttosto attutiti dalla porta, unica area non del tutto insonorizzata, ma trovandosi lei a pochi centimetri di distanza li udiva abbastanza bene da voler scappare e dimenticare tutto con una delle Asahi di Oowada.

A-allora, ragioniamo. Questi sono versi di… oddio, mi fa senso dirlo, ma sono versi di piacere. Ed è una voce MASCHILE. Ora, sono abbastanza certa che Kenichiro non sia passato a trovare Sakura-chan, e in ogni caso non sono tipi da fare zozzerie in bella vista, figurati se lei accetterebbe. Ma se non è Kenichiro… allora chi è?

La sola idea che la sua migliore amica stesse tradendo il fidanzato era ridicola per i più svariati motivi, primo fra tutti perché la Super Artista Marziale era una persona dai sani principi morali che mai e poi mai avrebbe commesso un atto così deplorevole. E poi perché la reazione di Kenichiro era qualcosa a cui nessuno avrebbe voluto assistere.

Soprattutto perché non sopravviverebbe per raccontarlo.

Tuttavia non poteva continuare a rimanere lì ferma a fissare la porta, ed era già in ritardo di dieci minuti. E non le piaceva fare aspettare Sakura.

Però non mi piacerebbe nemmeno vedere cosa sta succedendo là dentro, ugh…

Si rassegnò ad affrontare il suo destino e suonò il campanello, augurandosi mentalmente che chiunque si trovasse in stanza con Sakura fosse anche vestito.

“Aoi, mia cara, finalmente.”
“S-scusa l’attesa, ho avuto un… contrattempo.”

“È successo qualcosa di grave? Stai bene? In effetti stai sudando…”

“No no no, sto benissimo! Almeno fisicamente” aggiunse sottovoce, perché al momento non poteva dire lo stesso del suo cervello. “Solo che…”
“Solo che?”

No ok, non ce la faccio. Devo sapere.

“Ecco, io ho… sentito rumori strani attraverso la tua porta.”
“Addirittura? Erano così forti?”

Ah, quindi lo ammetti?!

“S-sì, effettivamente… credevo ci fosse Kenichiro e non volevo disturbarvi” confessò, e Sakura arrossì di colpo: “M-ma che dici! Lo sai che non farei mai certe cose qui a scuola” aggiunse l’Artista Marziale sottovoce, preda dell’imbarazzo. “E comunque non c’è Kenichiro in camera con me…”
Aoi sgranò gli occhi: “Allora c’è davvero un altro ragazzo con te?! Ommioddio, Sakura-chan!” strillò, e a quel punto l’amica la trascinò dentro, giusto per evitare che qualcuno in corridoio le sentisse.

“Ok, sarà meglio che ti spieghi.”
“Sì, credo sia meglio…”
“Ciao, Asahina.”

La Nuotatrice si bloccò di colpo.

No. Non ci credo.

Si voltò lentamente, fino a posare gli occhi sul letto dell’amica… dov’era sdraiato Byakuya Togami.
A petto nudo.

Rivolse la sua più sconvolta espressione a Sakura, senza dire nulla ma semplicemente indicando lo Scion (che di contro si limitava ad osservarla con la sua solita faccia da Gente Annoiata di un Certo Livello).

Oddio oddio oddio ma sul serio sul serio Togami con Togami Sakura io non approvo che tu metta le corna a Kenichiro ma se proprio devi farlo almeno trovatene uno migliore santo cielo ma davvero io non ci posso credere è impossibile ma lui mezzo nudo non dà molto spazio a dubbi e se lo viene a scoprire Fukawa-chan e Syo e Kenichiro ma soprattutto Kenichiro quello arriva e rade al suolo la scuola con la sola imposizione dell’aura siamo morti siamo tutti morti Sakura davvero se ci volevi morti potevi davvero fartene uno migliore-

“Asahina, stai bene? Vuoi sederti e riprenderti mentre noi continuiamo?”.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Il cervello di Aoi trovò caritatevole spegnersi e farla crollare a terra svenuta.

“Aoi, stai bene?”.

Ooooooh. Quale TIR mi ha investito? Oh già…

“OH GIÀ! L’incubo se n’è andato, vero?” urlò schizzando in piedi, pur fra le proteste di Sakura che le diceva di prendersela comoda.

“Incubo? Che incubo?”.

“Quell’incubo a forma di Togami mezzo nudo. Se n’è… oh no! È ancora qui!”.

Il quale incubo se la rideva sotto ai baffi.

“Vuoi calmarti e lasciarmi spiegare, per favore?”.

“Cosa mi devi spiegare? Mugolii, un maschio poco vestito… avevate finito da poco, per caso?”.

“Aoi! Cosa ti ho detto prima? E poi con Togami, ti pare? Me ne sceglierei uno migliore”.

GROOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOARGH.

“Salute, incubo realistico che ha la gastrite come l’originale”.

Allora… non è vero? Ma gli indizi puntavano tutti a quello...

“Aoi, ti prego. Prendi un respirone profondo e permettimi di chiarire la situazione” tentò ancora Sakura, e in quel caso ebbe fortuna perché lei la ascoltò e cercò di darsi una calmata.

“Ok, ora che il colorito violaceo se n’è andato dal tuo viso forse posso farti capire meglio. Vedi, quelli che tu hai equivocato come… atti impropri non erano altro che il mio applicare un massaggio alla povera schiena di Togami-san. Oh, se lo toccassi te ne accorgeresti anche tu quant’è stressato, con tutti i muscoli tesi”.

“Se posso evitare di toccarlo sarebbe meglio. Mi fido sulla parola”.

“Guarda che non ho la lebbra!”.

“Magari sei di un tipo ancora da catalogare. Comunque… i versacci a cos’erano dovuti se non stavate facendo quella cosa?”.

“A quanto pare sono brava abbastanza da saper riscaldare anche i pezzi di pietra. Non è vero, Togami-san?”.

“Mpf”.

“Inutile che fai l’altezzoso, Raggio di Sole. A sentirti da fuori sembrava tu stessi scoprendo le gioie della prima, della seconda, della terza base e dell’home-run tutte assieme”.

“Ma mica stavo giocando a baseball…”.

“...mi chiedo perché ogni tanto ancora ci tento a farti provare l’ebbrezza di uno scorcio di vita reale. Quindi non dobbiamo aspettarci la venuta di Kenichiro in versione Conan il Barbaro che si deve vendicare di Thulsa Doom?”.

“Oh beh, come sai è comunque un tipetto geloso. Sarà meglio che questa cosa, anche se totalmente priva di malizia, non esca da questa stanza. Ci siamo capiti, Togami-san?”.

“Figurati se vado in giro a sbandierare ai quattro venti una cosa tanto degradante e priva di valore”.

“No, non per altro Togami-san. È che l’ultima volta che Kenichiro-san ha sospettato qualcosa di poco chiaro fra me e un ragazzo, e pure in quel caso vorrei sottolineare come la cosa fosse assolutamente innocente, il ragazzo in questione si è ritrovato tutte le ossa del braccio sinistro rotte. Tutte”.

E la faccia da cencio sbiancato di Togami ripagò Asahina degli ultimi cinque minuti da brivido.

“Va bene Aoi” disse Sakura “a questo punto puoi fare come ti aveva suggerito Togami-san prima e sederti mentre noi concludiamo. Cosa ne dici?”. Nel frattempo riprese a massaggiare la schiena dello Scion.

“Urgh. Mi stai chiedendo un grosso sacrificio, lo sai vero?”.

“No, ma fate come se io non esistessi” si permise di inserirsi lui.

“Tranquillo, lo avremmo fatto anche se non ce l’avessi fatto presente”.

“Avanti, non è nulla di tragico ora che sai l’amara verità”.

“...Sakura, ti prego evita. Io ho rischiato di rimanerci secca”.

“Che esagerata - ahio! -, ma d’altronde è una reazione comprensibile visto che ti sei trovata me davanti…”
“Ciccio, sono una nuotatrice. Ho a che fare giornalmente con nuotatori maschi. Tu hai idea del fisico di un nuotatore, sì? Ecco, decisamente tu ci perdi.”

Era piuttosto sicura che se non avesse avuto addosso le mani di Sakura-chan (kami che espressione orribile, ew!) lo Scion avrebbe cercato di risponderle per le rime, stando alle occhiatacce che le stava lanciando. Ma evidentemente alla sua spina dorsale ci teneva ancora.

“Suvvia bambini, smettetela di litigare” chiosò Sakura, “che poi mi distraggo e rischio di spezzare un osso a Togami-san.”
“EH?!”
“Scherzavo, scherzavo. Ora rilassati…”
“Hmpf…”

Aoi rimase in silenzio ad osservare il più assurdo, più agghiacciante, più ributtante spettacolo su cui aveva mai posato gli occhi.

Spero che tutto questo abbia uno scopo, a parte farmi avere incubi per i prossimi mesi.

Comunque gli occasionali gemiti di dolore di Togami erano una ricompensa adeguata.

Quasi.  


*


“Ahia.”

“Kami, Togami-san, sei fatto di pasta di mochi per caso? Eppure poco fa sembravi apprezzare le mie mani.”
“...se non sapessi cosa state facendo giuro che scapperei di qui a gambe levate.”

“Asahina, non infierire” ringhiò lo Scion, con la faccia semi nascosta da un cuscino. “E comunque è colpa tua se mi sono innervosito, ecco.”

Sakura sospirò all’ennesimo battibecco tra Aoi e Togami, ma non disse nulla. Non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma in effetti li trovava dei siparietti divertenti. Benché estenuanti, dopo un po'.

“Allora respira e cerca di rilassarti di nuovo” disse, “altrimenti ti faccio male. E tu non vuoi che ti faccia male.”
“Effettivamente vorrei uscirne vivo…”

“Mamma mia, ha ragione Kirigiri-san a chiamarti Regina del Melodramma, sai?” rise. “Dovresti imparare a prendere la vita con più leggerezza.”

“Impossibile. Non è così che sono stato cresciuto.”

Quella frase fece suonare un campanello nella testa di Sakura. Forse, pensò, poteva essergli d’aiuto molto più che con lo yoga e i massaggi.

“Sì, parli spesso del modo di vivere dei Togami” rispose lei, frizionando i muscoli della schiena di lui “e sembra davvero… faticoso, in mancanza di un termine migliore.”
“Non è per i deboli, indubbiamente - ahi.”

“Cosa ti ho detto riguardo al rilassarti?”
“Non ci riesco, va bene?” borbottò lui. “Non è una cosa che faccio tutti i giorni…” aggiunse quasi sottovoce.

“Si nota, sì. Avanti, allora: prendi un bel respiro e lasciati andare, fallo più volte finché non ti senti completamente rilassato. Ok?”

“Hmm” mugugnò lui, ma fece quanto detto. Quando si convinse di esserci riuscito Sakura riprese il suo massaggio, ripartendo dalle spalle: “Adesso va meglio, decisamente” confermò lei, e il mugolio di piacere di lui confermò ulteriormente: “Oh sì, molto meglio…”

Decise di osare un pelo di più: “Immagino che dopo l’ultima settimana ne avessi più che bisogno, eh?”

Togami non rispose, non con un sì o un no diretti quantomeno: “Sono stati giorni infernali… tra la faida e la gastrite non dormo bene da un pezzo” ammise lui, forse senza nemmeno rendersene conto. Sakura lanciò un’occhiata soddisfatta ad Aoi, che sembrava finalmente aver capito il perché di quella situazione bizzarra e si limitò ad annuire.

Dopo un momento di silenzio Sakura osò di nuovo: “Beh, se ritieni di averne bisogno puoi venire a fare yoga con me e Aoi quando vuoi” disse, scendendo con le mani verso la zona lombare “e lo stesso vale per i massaggi. Se ti va, chiaramente.”

Un altro mugolio da parte dello Scion le confermò di aver toccato i punti giusti, in tutti i sensi: “Potrebbe… potrebbe non essere una cattiva idea” rispose lui, inarcando leggermente la schiena e rilassandosi di nuovo. “Soprattutto se le mie giornate continueranno ad essere come queste…”

“Come mai sono state così pesanti, se posso?” chiese lei. Byakuya rispose con una risatina che era un misto di fastidio e stanchezza: “Vuoi dire che non sai le news? Credevo che Ikusaba avesse informato chiunque ormai.”

“So qualcosa, sì” mentì lei, che ovviamente sapeva quasi tutto “ma tendo ad ignorare i pettegolezzi e le voci di corridoio.”

“Strano, la voce di Syo in corridoio l’hanno sentita fino al dipartimento di neuroscienze.”

Sia Sakura che Aoi risero di quell’improbabile attacco d’ironia di Togami, e incredibilmente anche lui si lasciò andare ad una (sempre molto composta) risatina.

“Sì, quello in effetti non mi è passato inosservato” ammise Sakura, “credo anche di avervi visti schizzare verso la caffetteria” disse, fermandosi un attimo per cercare le parole più adatte per formulare quella domanda: “È stato preoccupante sentire Syo-san urlare in quel modo, sembrava così fuori di sé… non credo di averla mai vista così.”

“Nemmeno io, e prego non ricapiti mai più. Ho rischiato veramente grosso” borbottò, e Sakura quasi provò tenerezza quando lo vide abbracciare il cuscino.

“Beh, è stato surreale… insomma, Syo-san ti adora. Sei l’unico bel ragazzo a cui non torcerebbe un capello.”
Altra risata amara da parte di Togami: “Credo che quei giorni siano finiti. Ora devo augurarmi che il preside la pianti di usare la segreteria telefonica quando Genocider è in libertà” sospirò. “E tutto per uno stupido ballo, non ci posso credere.”

Ah, ecco che i nodi vengono al pettine.

Si voltò verso Aoi e con un cenno le fece capire di non dire nulla o fare commenti sulla festa. Sarebbe stato un peccato, ora che il Super Erede si stava confidando senza nemmeno rendersene conto. Aoi sbuffò ma acconsentì a rimanere ancora in silenzio.

“Ti riferisci al ballo con Nevermind-san?” indagò, e lui annuì: “A quanto pare ho scatenato le ire di tutte le ragazze, e nessuna di loro si è ancora degnata di spiegarmene il motivo.”

“Veramente Enoshima l’ha fatto” intervenne Aoi, e Sakura dovette lanciarle un’occhiataccia per farla tacere. Togami però sembrò non esserne infastidito: “Il discorso di Enoshima era totalmente sconclusionato, continuava a dire che tratto la gente come un negriero tratta gli schiavi e - oh sì, più giù - e che ho fatto soffrire Touko. Ma se non era nemmeno alla festa…”
“Sì che c’era!”

“Aoi.”
“Scusa, non parlo più.”

La ragazza colse la palla al balzo: “Comunque sì, Fukawa-san c’era alla festa.”

“...oh.”

“Era molto carina, devo dire.”
“Ah sì?”

“Oh sì, molto.”

“Hmm” fu la risposta che ricevette da Togami. Non ne era sicura, ma dalla sua posizione le sembrava di vedere sul viso di lui un’espressione… pensierosa.

“Però è strano.”

“Cosa?”

“Voglio dire” soppesò le parole (cielo, farei meno fatica a saltare su un campo minato che a parlare con Togami), “non trovi quantomeno curioso che tutte le ragazze credano tu ti sia comportato male?”

“Perché?”

Sospirò: “Beh, otto persone sono convinte di un tuo errore, mentre tu pensi di essere nel giusto. Qualcosa non torna.”

“Non c’è nulla di strano, Oogami. Semplicemente so di aver ragione.”
“E in base a cosa lo dici?” chiese, insistendo di più coi massaggi e applicando una pressione più forte (un po’ perché necessaria, un po’ per far capire a lui in maniera indiretta di non dare in escandescenze. La prudenza non era mai troppa).

Togami sembrò doverci riflettere qualche istante prima di formulare una risposta: “Perché è così. I Togami non sbagliano e non perdono. Conoscono solo la vittoria.”

“Mi sembra un modo piuttosto estremo di vedere la vita, a mio parere.”

“È il modo in cui un Togami deve vederla” insistette lui, “la certezza di riuscire a vincere è il segreto per ottenere quello che vuoi.”

Kami, adesso si spiegano tante cose sui suoi modi di fare.

“Sai, non vorrei sembrare irrispettosa ma” disse “mi sembra un modo poco sano di approcciarsi a… praticamente qualunque cosa” spiegò, temendo una risposta acida da parte del ragazzo, che si sarebbe di nuovo chiuso a riccio. Risposta che però non arrivò: “E perché? Sono curioso, sentiamo.”

Sakura sorrise, e scambiò l’ennesima occhiata complice con Aoi, che probabilmente intuiva il discorso che l’altra stava per fare: “Vedi, Togami-san, in teoria il tuo modo di vivere sembra perfetto: l’obiettivo è vincere, pensi solo a quello senza lasciarti intaccare dai pensieri negativi o distrarre dalle cose futili, e raggiungi la meta. Corretto?”

“Corretto.”

“Ecco. Però… forse è qualcosa che può funzionare nel mondo degli affari, credo. Non me ne intendo abbastanza. Ma so per certo che non funziona nella vita di tutti i giorni.”

Togami non rispose. Non subito, almeno, e quando lo fece la stupì ancora: “Come fai a dirlo?”

Lei sorrise: “Perché gli imprevisti capitano. Solo perché sai di poter raggiungere uno scopo non significa riuscirci al primo colpo. È un po’ come nello sport: ci sarà sempre quel torneo di arti marziali che non vincerai, o quella gara di nuoto in cui arriverai al terzo posto invece del primo” spiegò, usando piccoli aneddoti che ben conosceva. “Ed è normale e umano. Senza gli errori non possiamo migliorarci.”

“Gli errori sono per i deboli.”

“No, gli errori sono per chi ha la forza di ammettere i propri limiti e rialzarsi per riprovarci” rispose lei, pacata ma ferma sulle sue posizioni. “Sai, mi è capitato di osservarti in classe, quando il professore organizza i finti processi di classe. Le tue deduzioni logiche sono sempre inoppugnabili, ma quando ti capita di sbagliare… cerchi di non darlo a vedere, ma sembra quasi tu muoia dentro ogni volta.”

L’unica risposta che ricevette da lui fu un grugnito attutito dal cuscino.

Punto sul vivo, eh?

“Mi rendo conto che essendo cresciuto in un determinato modo tu non possa che vivere seguendo quei principi” proseguì, scendendo giù dal letto e lasciando che Togami si rimettesse a sedere (tenendo ancora il cuscino tra le braccia, notò) “ma… perdonami se te lo dico, ti sta davvero rovinando.”
“Che vuoi dire?”

“Quando ti parlavo di rilassamento non mi riferivo solo ai tuoi muscoli. Tu affronti ogni cosa con una rigidità fisica e mentale spaventosa, e alla lunga sembra ti stia logorando” spiegò lei, “a cominciare da quella gastrite nervosa che ti porti dietro da non so quanto tempo. Sei così bloccato in determinati schemi mentali da non capire quando è ora di fermarsi e fare un passo indietro.”

L’espressione di Togami le confermò che forse aveva toccato le corde giuste.

Magari c’è speranza anche per te, Togami-san


*


“Quindi tu e i tuoi compagni non ne sapreste niente della bravata di ieri notte della 77, vero?”

“Assolutamente no, papà. Perché dovremmo?”

“Oh, non saprei figlia mia, magari perché avete una specie di faida in corso con quella classe?”

“Faida? Quale faida? Ci ritieni capaci di tanto?”

“Quando fai così sei identica a tuo nonno.”

“Piuttosto, a te come va? Tutto bene con tuo marito?”

“...confermo, sei impossibile come lui. E comunque va tutto bene, grazie simpaticona.”

Un rutto tonante dal corridoio del quarto piano confermò a Kyouko e Jin che Hongou li stava effettivamente ascoltando.

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Capitolo 13
*** ...e che noia che barba che barba che noia ***


Chiaki Nanami seguiva la lezione, come aveva sempre fatto perché era un’alunna giudiziosa. Ok, era una cosa noiosissima che si sarebbe dimenticata a breve se non avesse preso appunti, ma il dovere chiama ed è giusto rispondere “Presente!”.

Era un po’ di malumore quel giorno, ma niente di grave. Si era semplicemente alzata dal letto col piede sbagliato. Niente che un po’ di ottimismo e una partitina a Gala Omega non potessero risollevare.

D’altronde era quasi ora di staccare, fra non molto si sarebbe potuta dedicare ai suoi passatempi preferiti.

Oh sì, ci siamo quasi. Fra poco avremo il trasferimento dei prigionieri.

Da una settimana, difatti, puntuale come un plico delle tasse svizzero, alla loro porta si presentava il signor Sakakura per prelevare in maniere non esattamente gentili gli otto carcerati messi sotto la sua giurisdizione. E ogni volta era un profluvio di lamenti, richieste di aiuto o di pietà puntualmente disattese dal loro orco personale, tentativi di aggrapparsi ai tavoli pur di non farsi trascinare via.

Uno spettacolo francamente poco edificante.

Oh beh, hanno voluto fare i galletti sfidando l’ordine costituito e andando a fare il bagno di notte? Ora la pagano.

La cosa che di tutta questa situazione la faceva arrabbiare di più è che Hinata e compagnia non mostravano il minimo segno di pentimento. Sopportavano la punizione perché erano obbligati (e perché altrimenti Sakakura avrebbe scoperto il piacere di avere dei sacchi da allenamento senzienti) ma non una sola volta avevano manifestato rimorso per quella stupidaggine che ora stava avendo conseguenze tanto nefaste. Poi per carità, non è che avessero cercato di far esplodere la scuola con una tonnellata di C4, si parlava sempre di una bravata da ragazzi scalmanati… ma cosa ci voleva a dire che sì, avevano sbagliato? Ma figurati, era il sistema brutto e cattivo ad avercela con loro. Il sistema e la 78.

Non è che se lo aspettasse da una come Ibuki per esempio, che non ci pensava neppure e anzi pareva averci riprovato con risultati non proprio fortunatissimi (...voglio chiedere a Ludenberg-san se è vero che ha un video di lei che corre per i corridoi ancora più nuda, e non mi si chieda cosa voglia dire perché non lo so e non lo voglio sapere. Sai, curiosità scientifica). Neanche da uno come Kuzuryuu, che guai se il Gangster si fa vedere timido e dimesso ammettere un proprio errore.

Ma Hinata, per l’amor del cielo. Hinata.

Ancora pochi mesi prima Hajime Hinata… ok, non era perfetto. Nessuno è perfetto. Ma era comunque una persona ragionevole, di buon senso, con cui si poteva intavolare un discorso con un capo e una coda.

Da quando era scoppiata ‘sta cosa della faida, invece, stavano venendo a galla i lati peggiori del suo carattere: collerico, vendicativo, sordo ai consigli degli amici e di chi gli voleva bene. Si stava lasciando trascinare sin troppo.

E a Chiaki questo non piaceva. Non piaceva per niente.

Perché… eh, perché aveva… aveva avuto?... sì insomma, a lei Hinata… non era indifferente, ecco. Era il suo secondo giocatore preferito.

Solo che nell’ultimo periodo, proprio a causa di ‘sta storia, fra di loro si era creato un solco piuttosto profondo. Lei aveva provato a lanciargli qualche ormeggio per tirarlo a riva e cercato di mettergli del sale in zucca, ma lui aveva sdegnosamente rifiutato appellandosi a un non ben precisato onore di classe e al voler spaccare la testa di Naegi-san a vangate.

Porca miseria, che situazione del cavolo. Come faccio a rimetterlo in carreggiata? Sento di stare per perderlo… no, non in quel senso! Mi piacerebbe fosse in quel senso, ma non lo è… mannaggia Chiaki, datti una calmata che starai diventando rossa…

Un richiamo alla sua sinistra, fattole da Sonia, le confermò quest’ultimo timore.

DRIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIN.

SBRAAAM.

“Voi otto. Alzate il culo”.

“Apperò. Sempre fine come un minatore ubriaco” ebbe l’ardire di apostrofarlo Kuzuryuu, prendendosi una sberla gratuita.

Ouch. Saranno in torto, ma non vorrei essere al loro posto neanche se mi regalassero la Playstashun 6.

Ebbe un moto di pietà, Chiaki. Si alzò e, invece di tornarsene in camera sua come aveva sempre fatto dall’inizio di questa storia, li seguì. Immaginava di non poter poi entrare nell’aula dove quell’energumeno li avrebbe torturati fin quasi a sera, ma era curiosa di vedere sin dove poteva spingersi.

Quando il piccolo drappello passò davanti alla 78…

“Ohohohohohoh. Anche oggi Babbo Natale ci porta i regali!”.

“Ciao Hinata-kun. Spero che anche oggi ti divertirai fra le amorevoli braccia di Sakakura-san!”.

“Che bello, che bello! La 77 va a friggere all’inferno!”.

“...Enoshima, ti prego. Risparmiaci le tue doti di Saffo fallita”.

“Ma se non ha neanche fatto rima, Scion di ‘Staceppa!”.

“Senti Gorilla, ti devo far ficcare una banana giù in gola?”.

“Ma fallo da te, se proprio! Lavativo del cazzo!”.

Juzo provvide, dopo uno sbuffo, a far star zitti gli spettatori del loro corteo della vergogna. I quali, non volendo attaccar briga con quella specie di ominide, si dispersero uscendo dalla classe. Chiaki si affiancò a Peko e le chiese: “Pekoyama-san, ma questo… non succederà mica tutte le volte?”.

“Tutte le volte” confermò l’altra, sconsolatissima “Mi sento come se ci stessero tirando le arance marce addosso…”.

“Oh. Che cosa antipatica. Mi spiace”.

“Pensa a noi quanto dispiace”.

Giunsero a destinazione. L’ex Pugile intimò alla Gamer di non seguirli che non c’entrava niente con il loro periodo di detenzione coatta.

Lei se ne andò, il suo malumore decisamente peggiorato. Non prima di aver sentito Hinata promettere vendetta tremenda vendetta, con gli occhi iniettati di sangue e l’ahoge che sembrava aver preso vita propria come una frusta.

Allora. Quel che è giusto è giusto: una piccola sculacciata sul sedere se la meritano. Hanno sgarrato. Però questo è troppo. Da una parte e dell’altra.

Urge prendere provvedimenti. Questa scemenza deve finire.

Tirò fuori il cellulare dalla tasca e cominciò a digitare velocemente alcuni messaggi.

Era ora che il gruppo di ribelli si riunisse nuovamente.


*


Non solo stavano scontando la loro bravata notturna in piscina (non che me ne penta, sia chiaro.).

Non solo erano caduti come dei polli nella trappola della 78 (e mannaggia a loro, non li facevo mica così scafati).

Non solo erano costretti a passare un mese in detenzione dopo le lezioni, usati per le mansioni più imbarazzanti (ma Oowada e Kuwata sono capaci di centrare il water o la fanno fuori apposta? No, forse lo fanno davvero apposta… anzi, togliamo il forse).

Non solo.
Hinata inspirò.

Oltre il danno, la beffa.
Beffa che rispondeva al nome di Juzo Sakakura, ex studente della Kibougamine e ora capo della sicurezza dell’accademia. Diplomatosi con il titolo di Super Pugile (nel caso la stazza da armadio a due ante con letto a scomparsa lasciasse dubbi in merito), Sakakura era fin troppo noto per i suoi modi violenti e poco affabili.

Diciamo le cose come stanno: ha un carattere di merda.

L’ex Super Pugile sembrava non aspettare altro che una scusa per dimostrare anche ai sassi che il suo titolo se l’era guadagnato, e se non poteva farlo si divertiva a punzecchiarli facendo del sarcasmo di bassa lega: e se Kuzuryuu si era ormai rassegnato a quel “nano da giardino” (a furia di sentirlo da Oowada sarà diventato quasi immune… o se la fa sotto. E non me la sento di dargli torto), a Hinata il suo nuovo soprannome di “Super Boh” non andava giù.

Fanculo, Sakakura, meglio essere senza talento che un troglodita come te.

“Qualcosa non va, Super Boh?”

L’odiato nomignolo lo ridestò di colpo.

“N-no, assolutamente no.”
“Assolutamente no… come?”
“Assolutamente no… signore.”

“Ecco, mi sembrava” ghignò l’altro, sollevando i piedi e poggiandoli sulla cattedra.

Uno scaricatore di porto. Siamo in mano a uno scaricatore di porto e al preside va bene.

Guardò di sfuggita l’orologio sulla parete: altre cinque ore di nulla, o di pulizia dei cessi se avessero avuto particolarmente sfiga. I suoi compagni sembravano infastiditi quanto lui… più o meno. La faccia di Souda lasciava intendere che la faccenda della foto di Sonia se la sarebbe legata al dito per l’eternità (mica è colpa nostra se sei una pigna), mentre Akane e Ibuki erano impegnate a… infastidire Sakakura, a giudicare dalla sua espressione incazzata.

“Ibuki si annoooooia!”

“Io ho fame, potrei mangiare un bue vivo al momento!”

“Ma voi due zecche funzionate ad energia solare?”
“A Ibuki piace stare al sole!”

“Oh sì, stendersi sul prato… a mangiare…”

“...meno male che mi pagano per sopportarvi.”

Il tuo fastidio mi ripaga, Rocky Joe dei poveri. Non del tutto, ma abbastanza.

Un’occhiata al resto della classe gli confermò che Mikan si era come al solito raggomitolata su se stessa nella speranza di rendersi invisibile agli occhi del loro carceriere, Komaeda… era Komaeda, con tutte le implicazioni che ciò comportava; Kuzuryuu e Peko invece sembravano tranquilli, nonostante tutto. In effetti da quando il Gangster era sceso a patti con se stesso e si era dichiarato alla sua fidata guardia del corpo sembrava più rilassato e meno propenso agli scoppi d’ira.

Ma beato te, Kuzuryuu. Beato te, guarda.

Sbuffò.

Era dura da ammettere, ma un po’ li invidiava. Hinata non era mai stato uno particolarmente fissato con l’idea di avere una ragazza: non che non gli interessassero, ma non la riteneva una priorità nella sua vita, ecco. Quando arriverà arriverà si ripeteva, e gli andava bene.

Peccato che in queste settimane sembra ci sia stato il risveglio ormonale dell’accademia e la cosa cominci a diventare insostenibile.

Da dopo la festa era stato tutto un fiorire di coppiette, non solo nella 77: Ishimaru e Ikusaba prima, Kirigiri e quel maledetto di Naegi poi (dio pure Naegi si è trovato la ragazza, ma si può? E non posso nemmeno dire che è cessa perché… cacchio, è Kirigiri, mica pizza e fichi), e adesso pure Kuzuryuu e Peko. Poi beh, nella sua classe c’erano ancora Togami e Ibuki che non era ben chiaro dove volessero andare a parare, Sonia che moriva dietro a Tanaka (e Souda che a sua volta moriva inutilmente dietro a lei), e c’erano quelle strane voci su Akane e Nidai che lasciavano intendere cose strane… però ecco, prima di quei giorni era stata una situazione tutto sommato sopportabile. Sonia e Gundam che facevano le scenette in sincrono erano uno spettacolo comico, e Ibuki che saltava addosso a Togami era una piacevole distrazione tra una lezione e l’altra.

Ma ora sembra che tutta la scuola cerchi uno sgabuzzino dove appartarsi e accoppiarsi! Sempre se non è occupato da Oowada ed Enoshima… anche lui, maledetto, come fa a stare con quella gran figa? Ok, è sveglia come un criceto, ma fisicamente non le si può dire nulla. Maledetto teppista del menga.

E lui? Lui era solo. Nessuna a fargli il filo, o a mostrare un minimo di interesse per lui (e invece quello stronzo di Naegi aveva la corte di ragazze, ma dio brando com’è possibile? Davvero alle donne piacciono i mini uomini? Oddio, anche Kuzuryuu è nano… ma porca vacca…). E quel che era peggio è che persino Chiaki aveva smesso di rivolgergli la parola. Le loro diverse opinioni sulla faida li avevano lentamente allontanati, fino a che la Gamer non lo aveva più cercato nemmeno per giocare a Gala Omega.
Non era più il secondo giocatore di Chiaki Nanami.

La mia vita attualmente fa schifo.

I suoi pensieri tristi e cupi vennero interrotti dal rumore della porta che si apriva, e qualcuno che entrava in aula.

No. No no no per favore, anche questo no!

“Buongiorno a tutti.”
Oi, Kyosuke-kun!”

“Ancora alle prese con questi scavezzacollo, Juzo-kun?”

Un coro discreto ma compatto di sospiri si levò dalla classe.

Ma cosa abbiamo fatto di male nella vita?

Ecco, l’unica cosa peggiore di un violento come Juzo Sakakura a far loro da balia era l’occasionale presenza di Kyosuke Munakata.

Se esiste un dio, Brando o no che sia, spero mi uccida adesso.

Ex Super Presidente del Consiglio Studentesco, Munakata era l’incarnazione della perfezione: non un capello fuori posto, non una piega sul vestito, mai un’espressione troppo contenta o troppo corrucciata. Tutto in lui era controllato, dalle parole agli abiti apparentemente fatti su misura fino al tono di voce neutrale.

Kyosuke Munakata era davvero l’incarnazione della perfezione, ma soprattutto della noia.

...la mia parola preferita. Nevvero, Hinata-san?

Oh porco boia, non ti ci mettere anche tu che proprio non è il momento.

...vedi che alla fine sono tornato?

Ma crepa, sgorbio.

“Allora, Kyosuke-kun, come va la costruzione della nuova sede della Kibougamine?” ghignò Sakakura, ben sapendo come sarebbe andata a finire.

Munakata ricambiò con un sorriso discreto: “Oh, molto bene. Lascia che ti aggiorni…”

Peggio degli insulti di Sakakura c’erano solo gli infiniti, noiosi, soporiferi resoconti di Munakata sul suo lavoro.

Naegi, quanto è vero che il vostro Togami è uno stronzo, tu me la pagherai. Fosse l’ultima cosa che faccio.

“Ah, che bello! I racconti di Munakata sono così affascinanti, non trovi, Hinata-kun?” gli si rivolse Komaeda, e persino lui riuscì a capire che in quel momento Hajime sarebbe stato capace di uccidere.

Sei un mini-me morto, Naegi.


*


“Muku-neeeeeeee, mi annoio!”.

“E qual è la novità, Junko-chan?”.

“Aiutami a trovare qualcosa di divertente, allora!”.

“Vai a cercare Mondo”.

“Ma c’è suo fraaaaaaaaaaatello. Non possiamo scopare in santa pace!”.

“...la tua finezza mi fa venire la nausea, lo sai?”.

Junko le fece un gestaccio. Non sopportava quando sua sorella non la prendeva sul serio. Quindi sempre. Quindi non la sopportava mai. Quindi il processo di Norimberga era una salsa rosa di quelle pregiate, pagate un fottiliardo di zeny all’oncia.

Ops. Cervello, fermati che poi sai finisce male.

Ma no, è tutto sotto controllo. Le mie ultime stime prevedono una crescita neurale del 3,17% e una prospettiva di miglioramento complessivo del…

Non frega un cazzo a nessuno dei tuoi dati, sciocca mortale! Qua dentro sono io l’unica che conta! Leccatemi le scarpe! Ora!

Non posso, sono troppo triste e con i funghetti in testa per farlo. Tutti mi odiano, la mia stessa sorella mi odia. La mia vita è disperazione.

Ragazze. Ragazze! Calmatevi, per favore calmatevi! Mi fate un rimbombo che la metà basta. Poi mi viene mal di testa. E lo sapete cosa succede quando mi viene mal di testa, no?

Sì che lo sappiamo. Un casino che al confronto il carnevale di Rio de Janeiro sembra la balera sotto casa.

Ecco. Allora buone e zitte.

Madonna se era difficile tenere quelle cavalle imbizzarrite a bada. Sgomitavano, scalciavano, si tiravano i capelli cercando di predominare sulle altre. Ed erano anche tante, persino troppe.

In momenti come quello Junko si chiedeva se forse non era il caso di fare un saltino da uno strizzacervelli. O meglio, tornare dal suo strizzacervelli di fiducia… sempre che lui non la accogliesse tirando fuori la carabina e sparandole a vista.

Sì, la sua ultima visita in quello studio non era stata proprio tutta rose e fiori.

Oppure poteva fare un piacere alla povera Mukuro non sputando nel vaso della piantina tutte le medicine che lei si premurava di darle con tanto affetto e tanta dedizione.

“Beh senti, io vado a vedere Ishimaru che suda con un bokken” disse la suddetta Mukuro, afferrando la borsa e facendo per uscire di lì.

“Aspetta un secondo” riuscì a placcarla per un braccio “Mukuro, io… io non sto bene, vero? Ho bisogno di cure, vero?”.

Uh? Cos’era quella vocina da pulcino che le era uscita?

L’altra la guardò stranita, un’espressione a metà fra il guardingo e il turbato: “Junko, cosa stai tramando?”.

“Niente. Ho avuto un lampo di lucidità. Cos’è, non posso?”.

“No no, ci mancherebbe. È che non succede quasi mai…”.

“Ora è successo. Rispondimi, per favore”.

Calò il gelo.

La Soldatessa si limitava a guardarla senza riuscire a spiccicare parola. A giudicare dal suo volto non si aspettava lo sviluppo, e nel contempo non pareva avere la forza di divincolarsi e lasciarla lì a macerare nel dubbio.

“Junko” riuscì poi a dire dopo un paio di minuti “sappi solo che se mi sbatto a inseguirti per i corridoi di mezza scuola con una confezione di compresse in mano un motivo ci sarà…”.

Ecco. Lo sapevo.

Smettila di compatirti, cialtrona! Stai benissimo!

Vuoi tacere? Per una volta in vita mia sono seria.

Tu… seria? Sei una mortale ancora più patetica di…

Ti ho detto di stare zitta, voce del cazzo. Lo intendo davvero.

Mollò il braccio di Mukuro: “Vai, vai pure a vedere il tuo fustaccione e i suoi addominali”.

“Junko-chan…” mormorò quella, che pur libera non sembrava particolarmente propensa a lasciarla lì da sola.

“Vai Mukuro, davvero. Io me la caverò in qualche modo”. Per dar peso alle parole la spintonò via, senza metterci eccessiva forza.

“Ma come faccio a…”.

“Tu fai già troppo per me. Pensa un po’ a te stessa e al tuo uomo”.

Le chiuse la porta in faccia, lasciandola per una quindicina buona di minuti a battere coi pugni mentre la implorava di aprire.

Guardala. Io la tratto sempre come uno scopettone del cesso e lei non si fa mai una domanda, non si scosta dal mio fianco, non retrocede in nessun caso. Non sono sicura di meritarmi un tale tesoro di sorella.

“Mukuro!” urlò, si sperava abbastanza forte per sovrastare tutto il rumore “Vai via. Ti meriti di essere libera”.

“Non voglio essere libera!” la sentì strepitare dall’altro lato.

C-Cosa?

Le andò ad aprire. Se la ritrovò davanti con gli occhi lucidi.

“Mukuro…”.

“Junko!” disse la Soldatessa abbracciandola “Non farmi mai più di questi scherzi! Mi fai venire un infarto!”.

“Un infarto alla Full Metal Bitch? Che morte disonorevole”.

“Non sei divertente”. Buffetto sulla testa.

“Io…”.

“Non devi dire nulla. Io ti sopporto volentieri. Va bene, a volte ti metterei con piacere le mani al collo perché esageri e non hai la minima idea del significato della parola autocontrollo. Ma resti mia sorella. Sei la mia unica parente e ti voglio un bene dell’anima. Ti assicuro che non sarei disposta a stare dietro ai tuoi sbalzi d’umore, alle tue paturnie, alle sveglie alle quattro di mattina perché avresti scoperto il senso della vita se… se non ne valesse la pena”.

No ehi che succede? Cos’è ‘sto fiume in piena?

Si chiama “piangere”, cretina.

Junko Enoshima, sulla soglia della porta di camera sua, con sua sorella avvinghiata a lei in un abbraccio molto stretto… esplose in un mare di lacrime.

“Junko! Oh santo cielo, oh santo cielo!”.

“Buaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah! Ti voglio bene anch’io Muku-neeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!”. Non riuscì più a reggersi in piedi, cadendo sulle ginocchia.

PAT PAT.

“Su su, ora basta. Mi hai dimostrato che a me ci tieni e questo mi ha fatto tanto piacere. Ma non vorrai allagare tutto il corridoio, spero. Poi la senti tu Fukawa se le bagni gli appunti, mh?”.

E in mezzo a quel mare di lacrime si fece largo un piccolo sorriso.


*


“Signori, scusate il poco preavviso ma non abbiamo più tempo. Credo.”

Chiaki, seduta al solito tavolo del bar vicino al dipartimento di neuroscienze, guardò il resto del gruppo di dissidenti: Nekomaru Nidai, Sonia Nevermind, Ibuki Mioda, Sakura Oogami, Chihiro Fujisaki, Aoi Asahina e Touko Fukawa. Tutti ricambiarono con un cenno d’assenso.
“La situazione sta davvero sfuggendo di mano” continuò, “e dopo la storia della piscina sta peggiorando a vista d’occhio. Non so gli altri, ma Hinata-kun ha quasi toccato il fondo. Se si nomina la faida, o Naegi, diventa idrofobo.”
“Di contro il nostro Naegi-kun è molto più tranquillo adesso” commentò Asahina, mangiucchiando una ciambella. “Sia chiaro, ogni giorno alle due si fionda fuori dall’aula per veder passare i vostri compagni insieme a quell’energumeno di Sakakura ma… a parte questo credo si senta realizzato in merito alla faida. Come se avesse raggiunto il suo scopo.”
“Quello e il fatto che ora s-sta con Kirigiri” aggiunse Fukawa, e le due si scambiarono un sorrisetto compiaciuto.

Oogami incrociò le braccia al petto, pensierosa: “Temi possa vendicarsi dello scherzo in piscina? Tra l’altro, scusateci se non siamo riusciti a intercettarli, ma ormai si rifiutano di dirci qualunque cosa riguardi la faida.”

“Uh… in realtà…”

Tutti si voltarono verso Fujisaki, paonazzo in viso e con gli occhi sgranati.
“Fujisaki-kun, qualcosa non va?” chiese Aoi.

Chiaki lo guardò dritto in faccia: “Tu sapevi?”
“M-mi dispiace!” piagnucolò. “Oowada-kun me l’ha riferito c-chiedendomi di cancellare le strisciate delle loro schede elettroniche dal database! Io non volevo, ma è mio amico…. scusatemi tanto!”

“Oh, Fujisaki-san” sospirò Sakura, ma Nidai la interruppe: “Non hai nulla di cui scusarti, Fujisaki. In fondo Hinata e gli altri la punizione se la meritavano in ogni caso, l’idea di usare la piscina era comunque loro.”
Chihiro tirò su col naso: “M-ma anche Naegi-kun e gli altri la meritavano… e io li ho protetti…”

“Credo che a questo punto sia il caso di intervenire” tuonò Sakura, “anche se cerchiamo di starne fuori finiamo per venire coinvolti, come abbiamo appena sentito.”
“Cosa suggerisci?” chiese Sonia. “Denunciarli al preside?”
L’Artista Marziale rifletté per qualche istante: “Sarebbe la cosa giusta da fare, devono pagare per quello che hanno fatto” disse, “ma sinceramente non me la sento di denunciarli facendo tutto alle loro spalle. Sono miei amici e voglio che capiscano che hanno sbagliato, non consegnarli ai piani alti a loro insaputa. Lo trovo meschino.”

Nidai annuì: “Sono d’accordo, sarebbe un comportamento scorretto. Provare a farli ragionare tutti quanti è la mossa migliore, e magari confesseranno i loro errori di persona.”
“Secondo me siete troppo ottimisti” sospirò Sonia, seguita a ruota da Fukawa, Asahina e un mogio Fujisaki.

“Forse, Nevermind-san, ma ritengo valga la pena tentare” sorrise Oogami, e tutti annuirono.
Chiaki sorrise: “Allora è deciso. Si dia inizio al Più Grande, Più Complesso, Più Difficile Piano per Risolvere la Faida tra la Classe 77 e la Classe 78.”

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Capitolo 14
*** ...e le prese di coscienza di personaggi sui generis ***


“Dai, questa fanfiction era pessima!”

“Non essere così implacabile, o Super Grammar Nazi. Probabilmente chi l’ha scritta avrà avuto quindici anni!”

Touko rise e l’Impostore la seguì a ruota.

Doveva ammettere che quei pomeriggi passati in compagnia della Super Scrittrice erano piacevoli, non era facile trovare qualcuno che amasse i libri tanto quanto lui.

A parte Togami. Ma lui non lo tengo in considerazione.

Era contento di vederla sorridere dopo che l’aveva trovata ubriaca e a pezzi durante la festa. Per uno abituato a vivere rubando identità altrui era bello poter fare qualcosa di buono senza tornaconto personale, solo perché aveva voglia di farlo.

E perché farà incazzare Togami. Ma è secondario.

“Ibuki si annooooooooiaaaaaaaaa!”

“Ibuki, PIANTALA. Non ti è bastata l’ennesima giornata di punizione con quel pazzo di Sakakura?”
“Hajime-chan sei insopportabile e a Ibuki non piaci!”

“Me ne farò una ragione.”
E poi, ecco, da quando i suoi compagni di classe avevano deciso di usare la piscina di notte ed erano costretti a stare in punizione, riusciva a vederli solo a cena.
O meglio, riusciva a vedere Ibuki solo a cena.

Non l’avrebbe detto mai e poi mai ad alta voce, ma si era pentito mortalmente di non avervi preso parte. Sarebbe stato disposto a farsi chiamare Super Ciccione da Sakakura pur di vedere Ibuki… ecco… nuda.

È pazza, totalmente pazza. E io mi sono preso una sbandata per lei come un fesso.

“Tutto bene?”
“Eh? Cosa?”

“S-sei arrossito di colpo, stai bene?”

Si sistemò gli occhiali, sforzandosi di apparire calmo: “Benissimo, sì. Tutto ok.”

“Ibuki ha famissimaaaaa! Akaneeeee andiamo a mangiaaaaareeeeee?”

L’ennesimo urlo della Super Musicista (che arrivava forte e chiaro dal piano di sopra) riuscì a distrarlo di nuovo, ma la risatina di Touko lo ridestò: “Perché ridi, adesso?”

“Perché è chiaro che in questo momento vorresti essere altrove… magari con Mioda” sorrise sorniona, e lui avvampò di nuovo: “C-COME PUOI INSINUARE UNA COSA-”
“Oh, ti prego” fu il turno di lei di aggiustarsi gli occhiali “scrivo romanzi rosa. E gli sguardi che le lanci quando viene a trovarci sono eloquenti.”

Colpito e affondato.

“N-non è come pensi” balbettò, distogliendo lo sguardo.
“A-ah” annuì lei.
“Dico sul serio.”
“E allora com’è?”

“È che… che” incespicò, per poi aggirare la domanda e andare all’attacco: “Ma non era dei tuoi problemi di cuore che dovevamo parlare?”

Touko tuttavia non si lasciò confondere: “Oh ma l’abbiamo fatto. E non è che ci sia più molto da sviscerare, io e quello stronzo siamo in stallo e basta” sputò, “e poi voglio ricambiare il favore.”

“Che intendi?”

“Mi hai aiutata quando stavo male, e s-sei riuscito ad aprirmi gli occhi e farmi capire i miei errori” sorrise lei, “lascia che adesso ti aiuti io.”

L’Impostore la osservò in silenzio, sbigottito. Non se l’aspettava mica una svolta del genere.
Però…

“E come pensi di aiutarmi?” sospirò, togliendosi gli occhiali. “Non sono esattamente l’uomo dei sogni di nessuno.”
“E perché mai?” chiese lei.

“Oh per favore, Fukawa-chan. Pure tu parli sempre di Togami come il tuo ideale di ragazzo” sbuffò, “bello, alto, MAGRO.”

Lei inarcò le sopracciglia: “Ma appunto sono i miei gusti, non quelli di tutte le donne del mondo. E di sicuro non quelli di Mioda” aggiunse con un sorrisetto bastardo, “anzi, mi sembra proprio che tu le piaccia così come sei. Tra l’altro ti credevo piuttosto sicuro di te stesso, senza alcuna paranoia sul tuo aspetto.”

“E lo sono, in genere” arrossì lui, “ma Ibuki mi ha mandato in crisi.”

“Beh, come ho già detto a lei sembri piacere indipendentemente dal tuo peso, quindi non hai nulla di cui preoccuparti” sorrise Touko, stavolta in maniera più dolce.

L’Impostore rimase in silenzio, e la Scrittrice rincarò la dose: “E p-poi non sempre ci si innamora della propria persona ideale, su. Guarda me, innamorata persa dell’uomo dei miei sogni all’esterno, ma che all’interno fa schifo.”

L’Impostore non riuscì a non trattenere una risata, seguito a ruota da Touko.

“E quindi cosa mi suggerisci, o somma?” chiese.

“Semplice: buttati.”

“Se mi butto su di lei probabilmente la uccido.”

“Non in quel senso, scemo” ridacchiò. “Però smettila di f-farti problemi e parlale. Sei una persona meravigliosa, e sono sicura che s-sei bravo a dichiararti tanto quanto a dare consigli alle povere derelitte ubriache.”

Nello stesso momento il ciclone Ibuki fece irruzione in caffetteria, dove si trovavano.
“BYAKUYA-CHAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAN!” urlò, saltando addosso all’Impostore e abbracciandolo: “A Ibuki manchi tanto! Non le sopporto più queste punizioni!”
“Mi stai soffocando” borbottò lui, “e comunque colpa tua che hai seguito gli altri pecoroni in quella bravata.”

Lei non si lasciò distrarre: “Ma è stato divertente! E se ci fossi stato anche tu Ibuki sarebbe stata molto più contenta!”

Non poté che arrossire come un peperone.

“S-sarà meglio che vada, devo finire di studiare.”

No ehi, dove vai, vuoi piantarmi in asso PROPRIO ORA?

“Oh ma no, rimani con noi, Fukawa-chan! A Ibuki fa piacere!” piagnucolò la Super Musicista, ma Touko fu irremovibile: “T-ti ringrazio, ma i miei compiti purtroppo non si finiranno da soli. Ma voi divertitevi, eh? Buona serata!”

E mentre andava via fece gesti all’Impostore che lui interpretò come “Fatti avanti, amico ciccio!”

Che tu sia dannata, Touko Fukawa.

Ma in realtà non lo pensava. Anzi, gli aveva dato un buon consiglio.

“Ibuki.”
“Hm?”

“Siediti, per favore. Devo parlarti.”
“Uh? Ibuki ha fatto qualcosa di male?”

“No no, al contrario.”
“E allora cosa? Cosa? Cosa?”
“Se magari mi lasciassi parlare…”
“Ops. Scusa.”
“Ok. Allora, ecco…”


*


Sai che sei bravo a mandare all’aria tutti gli sforzi di Oogami?

Taci. Non è il momento.

Col cavolo che sto zitto. Io e te dobbiamo parlare.

Lanciò un urlo, soffocato dal cuscino e dalle pareti insonorizzate della sua stanza.

Era la seconda volta che Togami sgattaiolava in caffetteria in orari lontani dai pasti, e la seconda in cui ci trovava Touko in compagnia dell’Impostore.

Ma che cosa diamine avranno da dirsi, poi!

Evidentemente è un ascoltatore migliore di te, Byakuya-chan.

Sentì di nuovo il bruciore risalirgli l’esofago, non forte come le altre volte (lo yoga aveva aiutato sul serio, strano ma vero), però non accennava nemmeno a lasciarlo in pace.

E non se ne andrà finché non verrai a patti con te stesso, mi ci gioco la testa.

Tu non hai una testa.

Intendevo la tua.

Ennesimo rutto che minacciava di uscire dalla sua bocca. Decise di correre ai ripari prendendo un Lucky Gastro (centoottanta scatole nuove di zecca arrivate tramite corriere da Darazon.jp giusto una settimana prima, insieme a due nuovi MonoPhone), quando cambiò idea di colpo. In fondo imbottirsi di farmaci non era esattamente salutare, e già una volta il suo gastroprotettore di fiducia l’aveva tradito non facendo effetto.

Potrei provare con lo yoga…

Oogami al momento era impegnata con il fidanzato Kenichiro, in visita in accademia (e dopo averlo visto di sfuggita Togami aveva capito perché Asahina aveva dato di matto quando l’aveva trovato in camera dell’amica. Nemmeno un borioso come lui avrebbe voluto mettersi contro un simile armadio), ma dopo le prime, disastrose lezioni, aveva cominciato a prendere la mano almeno con le posizioni più semplici. Tirò fuori il tappetino da sotto il letto e vi si sedette sopra.

Male non può fare… se non prendo di nuovo a testate il pavimento.

Aw, che carino che sei! Ti approcci timido timido allo yoga, non vuoi inimicarti Kenichiro…

Implodi.

Tsè, ecco. Ora ti riconosco. Non poteva mica durare.

Si obbligò a ignorare la voce e si concentrò sugli esercizi, cercando di rilassarsi e non pensare a nulla. Ma più si sforzava di non pensare a nulla, più la sua mente gli riproponeva l’immagine di Touko Fukawa che rideva e scherzava con l’Impostore.

Ma maledizione!

E la cosa peggiore era che ormai non pensava ad altro da quando lei l’aveva mandato a quel paese davanti all’intera classe. Da quel giorno nella sua testa c’era solo Touko, Touko, Touko, e lui non lo sopportava.

Nell’ultimo periodo aveva pensato alla Super Scrittrice più di quanto ritenesse lecito fare, cosa che lo stava mandando in bestia: da quando si meritava tanto? Cosa aveva fatto per lui, in fondo?

Ti sopportava?

Chissenefrega. Voglio solo togliermela dalla testa.

Ah beh, auguri. Fammi sapere se ci riesci.

Il tuo “dobbiamo parlare” era forse “Infastidiamo Byakuya fino a farlo internare”?

Può darsi, chissà.

Ignorò il fatto che ormai conversava con la voce nella sua testa senza più farsi domande sullo stato della sua salute mentale. L’unico lusso che non posso più permettermi, apparentemente, aggiunse scocciato.

Ma pur divagando la sua mente non si spostava dall’argomento principe delle sue ultime giornate.

Touko Fukawa.

Perché quella situazione lo infastidiva così tanto? Perché pensare a lei lo infastidiva così tanto?

Lo sai bene perché, così come lo so io. Solo che ti rifiuti di ammetterlo perché andrebbe contro ad ogni principio che ti è stato inculcato in testa fin da quando avevi sei anni.

Byakuya non rispose, ma sapeva che quella frase in parte era vera: da quando esisteva la famiglia Togami, ai suoi eredi era stato insegnato che il nome e la posizione sociale erano l’unica cosa che contava; l’amore, l’amicizia, i sentimenti in genere erano visti come un estremo segno di debolezza. E ovviamente un Togami non deve mostrarsi debole, mai.

E che cosa ne hai ottenuto? Un’infanzia asettica in cui l’unico a mostrarti affetto è stato il tuo maggiordomo Aloysius, una sorella pazza che se la gioca con Natsumi Kuzuryuu e genitori che non sono stati genitori nel senso più stretto del termine. E, ovviamente, nessun amico.

A me è sempre andato bene. A parte la follia di Shinobu, s’intende. È così che sono stato cresciuto, non avevo motivo di desiderare qualcosa di diverso. Per me era normale.

Ma ora sai che non è così.

Solo perché i miei compagni di classe hanno avuto vite diverse? Mi sembra poco per cambiare idea.

Beh, non tutti hanno avuto un’infanzia felice, se ci pensi.

Senza nemmeno chiedersi perché, pensò di nuovo a Touko. La sua famiglia disfunzionale e abusiva era cosa nota in classe, ma di cui non si discuteva mai come per un tacito accordo. Se lei rimaneva in accademia per le vacanze invece di tornare a casa nessuno faceva domande, a meno che non volesse sfogarsi (cosa che accadeva molto ma molto di rado). Tutti sapevano ma nessuno parlava, per non buttare altro sale sulle ferite della ragazza.

Persino Byakuya si era adeguato, senza volerlo.

In questo vi siete comportati da amici, bisogna dirlo. Persino tu.

Non è stato sempre così.

Ma te ne sei reso conto. Mi pare un ottimo inizio.


“Sei così bloccato in determinati schemi mentali da non capire quando è ora di fermarsi e fare un passo indietro.”


Improvvisamente gli tornarono in mente le parole di Oogami durante la sua prima, imbarazzante seduta di massaggi. In una situazione normale avrebbe sciacquato via le sue parole con noncuranza, ritenendole prive di significato, ma in quel momento avevano toccato qualcosa dentro di lui… qualcosa che sapeva essere lì da tanto tempo, ma che aveva preferito ignorare.

Perché l’amore è una forma di debolezza, e i Togami non possono mostrarsi deboli.

Io ho… sbagliato. Ho sbagliato con tutti.

Ho sbagliato con Touko.

Era ora che ci arrivassi, Byakuya-chan. E come vedi sei ancora intero.

Per una volta la voce sembrò non volersi prendere gioco di lui, parlando invece con un tono più comprensivo.
Ti assicuro che adesso è tutta discesa.

Lo sai, vero, che troppa discesa può romperti i freni e farti finire schiantato contro un muretto?

Catastrofista. Andrà tutto bene. Devi solo pensare a cosa correggere nel tuo comportamento.

E… e cosa?

Hai capito di aver sbagliato, no? Capirai anche in che modo. E saprai rimediare, perché stupido non lo sei.

Rimase fermo come un imbecille a guardare il soffitto, chiedendosi cosa aveva fatto di male per meritarsi la vocina saccente (più di lui in certi momenti, e non era impresa facile) che gli snocciolava pastiglie di saggezza o presunta tale.


*


Gundam Tanaka era in camera sua. Aveva consumato la solita cena frugale, come si confà a ogni buon Signore Oscuro, e si stava dedicando ai suoi Dodici Generali dello Zodiaco. Come ogni sera si stava adoperando per costruire l’Impero Tanaka che un giorno avrebbe regnato incontrastato sulle rovine fumanti del mondo civilizzato. Patetici umani.

O meglio, questo è quanto avrebbe detto ad alta voce. Nella sua mente stava semplicemente dando da mangiare ai suoi adorati criceti.

Sì, erano criceti e non deva della distruzione. Lo sapeva benissimo. Solo che lo divertiva troppo fare il chuunibyou a spese dei poveri sfortunati che erano obbligati a starlo a sentire delirare su re dell’oltretomba, punizioni celesti e tutto il carrozzone della follia con cui era solito sommergerli.

Lo divertiva… e gli serviva.

Era un eccellente schermo per non doversi mostrare solo. Poteva millantare amicizie con oni infernali, entità soprannaturali e criceti maestri di kung-fu. Meglio della sua triste realtà di persona estremamente solitaria, no?

Oh beh. Non era neanche del tutto vero, in realtà. Non era così solo.

C’era Sonia.

È vero, si frequentavano solo perché lei era completamente assorbita dal suo alter-ego demoniaco e voleva imparare sortilegi, maledizioni e formule magiche assortite. Ma, di riffa o di raffa che fosse, passavano molto tempo assieme e questo non lo qualificava davvero per l’aggettivo solo.

E poi, ora che il suo flusso di pensieri ce lo aveva condotto… beh sì, poteva dire di… ecco, non era semplice per un timido come lui… ma…

Scosse la testa, cercando di non pensarci. Non era il momento, né il posto adatto.

“Ecco Jum-P, mangia. Ultimamente sei rimasto un po’ troppo a dieta e non sei più grassottello come piace a me. Dai, non è veleno. Usa quelle zampotte per…”.

TOC TOC.

Ohibò. Non aspettavo nessuno.

“Finisci la pappa, animaletto pestifero” lo rimproverò bonariamente mentre si alzava e andava ad aprire. Nel farlo si aggiustò la sciarpa che gli stava cadendo. Non fosse mai che Tanaka il Proibito si facesse vedere in disordine da uno sciocco mortale.

Davanti alla porta si prese mezzo secondo per assicurarsi di essere presentabile. Poi la spalancò.

“Tanaka-san!”.

“N-Nevermind-san! Cosa ci fai qui?”.

“Eh? Ti sei dimenticato che era stasera l’ora propizia per introdurmi alla stregoneria di alto livello? Me l’avevi detto tu!”.

Oh, sì, certo. Come poteva averlo dimenticato?

“Kerumph. Sì Nevermind-san, hai perfettamente ragione. A quanto pare i miei sigilli protettivi hanno perso un po’ del loro potere e qualche spirito dispettoso è riuscito a rimuovere un ricordo così importante. Non succederà più, hai la mia parola”.

La frase gettò la Principessa in un apparente terrore: “Oh per l’amor del cielo, Tanaka-san! Hai corso un pericolo estremo! Potevi venire attaccato da Belberith in persona!”.

Questa ragazza ha giocato un po’ troppo a Devil Survivor, mi sa.

“Pah. Quel demone da strapazzo può solo impallidire di fronte alla furia distruttiva di Gundam Tanaka!”. La posa da fiero conquistatore dei mondi non fece altro che aumentare il brillare degli occhi di lei.

“Ora, mia cara discepola, i tempi sono maturi” riprese mentre si scostava per farla entrare “Sei potente a sufficienza da poter cominciare ad esplorare gli antri davvero oscuri delle arti mistiche. Te la senti? È un compito difficile, arduo, periglioso oltre ogni dire. Potresti dover pagare il fio con la tua stessa anima, siine consapevole”.

“Non ho paura” ribatté baldanzosa mentre la porta alle loro spalle veniva richiusa “Non se mi resterai accanto per guidarmi”.

“Siamo qui per questo, no?”.

Il sorriso di Sonia gli fece mancare un battito, ma fece del suo meglio per non darlo a vedere.

“Molto bene. Lasciami recuperare il mio grimorio e…”. Si interruppe bruscamente.

Io… ho appena avuto una rivelazione. Mi sono accorto che…

“Tanaka-san, tutto bene?” gli chiese la sua ospite, osservandolo con una faccia piuttosto perplessa.

“Nevermind-san, io… ho una confessione da farti. Vuoi stare a sentirmi?”. La mortale serietà che aveva messo in queste poche parole bastarono ad agitarla.

Per qualche secondo le loro pose non mutarono: uno di fronte all’altra, si guardavano in silenzio. Lei non esattamente tranquilla e lui nemmeno, anche se per motivi completamente diversi.

“Tanaka-san… mi stai facendo preoccupare…”.

Ancora un po’ di silenzio. Era difficile, tremendamente difficile. Ben più difficile di una invocazione al Terrore Cosmico Tentacoluto che Suona al Centro dell’Universo.

“Se ti dicessi… che tutti quei discorsi sull’occultismo, la magia nera e bianca e gialla e a pois… sono tutte balle?”.

“Eh? Credo di non riuscire a seguirti, Tanaka-san.”
Ovviamente una risposta del genere se l’aspettava. Se passi tre anni ad atteggiarti a Signore Oscuro va da sé che quando cominci a parlare come un essere umano normale nessuno ti capisce.
Sospirò e si sedette sul suo letto: “Pensi davvero che io mi creda un potente mago oscuro? Che i miei criceti siano la reincarnazione di demoni degli abissi, o che un giorno dominerò il mondo?”
Sonia gli restituì uno sguardo ancora più confuso.
“Intendiamoci, l’occulto mi piace, mi incuriosisce, tutto molto bello ma” gesticolò, “Tanaka il Proibito non è altro che un personaggio… che non c’entra nulla con il vero Gundam” ammise, abbassando la testa. Sentì il materasso affossarsi leggermente, e quando si voltò vide la Super Principessa seduta accanto a lui, abbastanza vicina da potersi accorgere che aveva fatto lo shampoo di recente.

...torna in carreggiata, Proibito del cavolo.

“Ma… perché il motivo di questa sceneggiata?” chiese lei, e il Super Allevatore si incupì ancora di più: “Perché fingermi un potente mago nero che non ha bisogno di nessuno e allontana da sé la gente è sempre meglio che dover sopportare la solitudine.”
“Oh, Tanaka-san…”
Ecco, l’aveva detto. E ora Sonia avrebbe probabilmente provato pietà per lui e ne avrebbe preso le distanze, d’altronde alle ragazze come lei piacciono i tipi snob come Togami (quello vero, non quello simpatico della loro classe). Si diede mentalmente dell’idiota. Poi sentì le mani di Sonia afferrare le sue: “Mi dispiace tanto, Tanaka-san! Non credevo soffrissi tanto!”
Gundam sgranò gli occhi. Ancora una volta la sua mente aveva galoppato e creato scenari apocalittici che non esistevano.
“Tu non… non mi credi un perdente?” chiese, ammettendo ad alta voce ciò che pensava di se stesso. Sonia evidentemente non condivideva quel pensiero: “Perché dovrei? Ognuno affronta la solitudine a modo suo, e tu… hai scelto un modo bizzarro, ma non hai mai fatto nulla di male, no? E niente ti vieta di cominciare a comportarti diversamente da ora in poi. Almeno con me, se ti va” sorrise, e di nuovo Gundam si sentì mancare la terra sotto i piedi.
“Quindi mi accetti per come sono?”
“Certo! E se vuoi possiamo continuare a fare i chuunibyou assieme! È questo il termine giusto, sì?”
Lui sorrise e annuì.
E in quel momento decise che, se doveva cominciare a far crollare i muri che si era costruito attorno, tanto valeva buttarli giù tutti.
“Se è questo che desideri, mia discepola, sarai accontentata” disse, tornando all’usuale tono di voce da Tanaka il Proibito, e Sonia rise. “E visto che siamo in tema di grandi rivelazioni” si alzò dal letto solo per piazzarsi davanti a lei e inginocchiarsi, “Sonia Nevermind. Accetteresti di diventare la compagna delle tenebre del Signore Oscuro?”
“T-Tanaka-san… mi stai chiedendo di diventare la tua ragazza?!” strillò lei, con un sorrisino che non lasciava dubbi sulla sua risposta.
Gundam arrossì e si coprì il volto con la sciarpa, annuendo.

Nello stesso momento, da qualche parte nell’accademia, un Super Meccanico a caso cadde a terra svenuto senza alcun motivo.

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Capitolo 15
*** ...e la rivincita degli hobbit ***


Nidai sentiva un’impellente necessità, come gli capitava pressapoco dodici volte al giorno. Ma in quell’istante doveva trattenersi, c’era in ballo qualcosa di potenzialmente grosso ed era richiesta la sua presenza.

Lui, Sonia, Chiaki e Ibuki erano seduti al solito tavolo del solito bar del solito dipartimento di neuroscienze, ormai loro usuale ritrovo con gli altri sovversivi della 78. Anzi, li stavano proprio aspettando.

Il suo problema più pressante, però, si stava facendo sentire perché Chiaki stava sorseggiando con grazia una squisita cioccolata calda. Il che lo… stimolava.

Potrei riuscire a battere il mio record, stavolta. Quattro dormitori disintegrati.

“Oh, ma insomma. Quanto ci mettono quegli altri ad arrivare? Ibuki si rompe ad aspettare!”.

“Abbi pazienza, Mioda-san. Saranno qui a momenti. Credo”.

E figurati se quel mortaretto inestinguibile di Ibuki non avrebbe avuto da ridire per un piccolo ritardo. Va beh, è sempre stata così e probabilmente neanche una lobotomia totale sarebbe stata in grado di spegnere la sua inesauribile carica.

“In effetti sarebbe meglio se si spicciassero. Dovrei vedere Tanaka-san…” disse Sonia con uno sguardo… trasognato.

Eh? È successo qualcosa? Io devo cagare.

“Oooooooooooooooooooooooooooh! Finalmente tu e il nostro stregone malefico avete ufficializzato?” prese a strepitare Ibuki, se possibile ancora più su di giri.

“Eh? Cosa? Dici sul serio?”.

“Beh” fu l’imbarazzata risposta della Principessa “in effetti ieri sera ci siamo visti e sapete, da cosa nasce cosa e…”.

“Chebellochebellochebellochebello! Sono così felice per voi! Anche io e Byakuya-chan ora stiamo insieme, lo sapete vero?”.

I versi di sorpresa generalizzati si sprecarono.

La mia estasi tocca punte inenarrabili. Ma devo comunque cagare.

Finalmente, dopo ulteriori minuti di attesa (e ulteriori discorsi su amorazzi vari e infatuazioni che trovavano il loro giusto sbocco), giunsero quelli della 78. A ranghi completi, a quanto pareva.

Con un’eccezione forse non particolarmente importante, ma comunque degna di nota: Fujisaki indossava un paio di pantaloni lunghi e una felpa con cappuccio.

“...”. Il silenzio con cui lui e i suoi compagni accolsero la novità si fece sentire.

“Fujisaki-san è un maschio, sì” si affrettò a precisare Oogami “Scusate se non ve lo abbiamo detto prima, è una faccenda… delicata”. Il quale Fujisaki arrossì violentemente, ma non proferì parola.

“Non c’è problema” rispose pronta Chiaki “Rispettiamo la sua privacy e il suo desiderio di non averne voluto parlarne prima. Ora, se voleste accomodarvi dovremmo discutere di quello che sapete”.

Si sedettero assieme a loro.

Devo cagare.

“Molto bene signori” fu ancora Sakura a farsi portavoce per tutti i presenti “credo sia davvero giunta l’ora di prendere provvedimenti pratici. Non so come intendiate agire voi, ma da parte nostra vi posso assicurare che metteremo in pratica quanto verrà deciso qui non appena ci alzeremo da questo tavolo. Ho la ferma intenzione di porre fine a questa pagliacciata il prima possibile”.

Sonia chiese e ottenne di poter parlare: “Oogami-san, apprezziamo l’impegno. Purtroppo mi duole comunicarvi che la situazione nella nostra classe è immutata. Non c’è la minima intenzione di interrompere la faida in nessuna maniera, e i colpevoli della bravata in piscina preferiscono passare i loro pomeriggi nelle mani di quel bruto di Sakakura piuttosto che retrocedere di un solo passo. Non vedo possibili sbocchi”.

“In tal caso ci vorrà un’azione più di forza. Non lo pensi anche tu, Nidai-san?”.

Si sforzò di mantenere un contegno e fece un cenno affermativo con la testa, ma…

DEVO cagare.

“Tutto bene, Nidai-san?”.

“S-Sì, tutto b-benissimo…”.

Sperò di riuscire ad ingannare i presenti, se non altro quelli non a conoscenza dei suoi sani modi di depurarsi dalle scorie solide. Anche se pareva non aver sortito l’effetto desiderato, poiché sentiva su di sé più di uno sguardo curioso.

“Un momento, Sakura-chan! Cosa intendi con azione di forza?”.

“Non temere, non è nulla di quello che potresti pensare. Si tratta solamente di costringerli a giungere a una pace duratura. In maniera pacifica, te lo assicuro”.

“Sì, ma se ci dovete pensare tu e Nidai-san…”.

“Oh suvvia” si inserì ancora Sonia “Nidai-san può forse dare un’impressione sbagliata a causa della sua notevole stazza, ma non è affatto una persona violenta”.

“Sì sì sì sì sì! Nekomaru-chan è grande e grosso ma non saprebbe far realmente del male neanche a un moschino! Non ha mai picchiato Ibuki, nemmeno nei suoi momenti più insensati!”.

“N-Non è una gran rassicurazione, eh…” mormorò Fukawa a mezza voce. Ma a parte lei nessuno sembrò avere da ridire in proposito.

“Quindi in pratica stiamo dicendo di prenderli di peso e obbligarli a confrontarsi per dirimere la questione?”.

“Sostanzialmente sì, Fujisaki-san. Soprattutto direi che questo deve valere per Naegi-san e per Hinata-san, che funzionano un po’ da capoccia delle rispettive gang… meno male che Kuzuryuu-san non mi può sentire o se la prenderebbe a morte…”.

“Sono d’accordo. Sono i primi da convincere. E una volta convinti loro, i bollenti spiriti degli altri si spegneranno come fiaccole consumate”.

“Santo cielo Sonia-san, frequentare così tanto Tanaka-san ti fa male…”.

“E comunque tanta fortuna a pensare che basti così poco a domare l’animo da regina del melodramma di Togami” rimarcò sarcastica Asahina, ricevendo un paio di sconsolate conferme.

DEVO CAGARE.

“Su, non fasciamoci la testa prima di essercela rotta. E comunque negli ultimi giorni ho notato un leggero cambiamento in lui, l’impresa potrebbe essere meno impossibile di quanto sospettate”.

“Stai scherzando Sakura-chan, non è vero?”.

“Affatto. Sono seria”.

“E dimmi, che magico cambiamento avrebbe subito? Gli è cresciuto un ahoge invisibile?”.

“No, ovviamente no. Facci caso la prossima volta che andremo a fare yoga, Aoi. Te ne accorgerai anche tu”.

“Ho i miei dubbi…”.

“Pessimista”.

La conversazione proseguì su questi binari, con i due gruppetti che si misero d’accordo sul quando e sul dove. Tutta questa idea però, per esplicita richiesta di Sakura, si doveva basare sull’essere onesti con loro e spiegare bene i motivi che li spingevano a comportarsi in tale maniera. Nessun trucco, nessun inganno. Il che, chiaramente, complicava molto le cose.

Ma in quell’istante nulla di tutto ciò, per quanto importante, interessava a Nekomaru.

Il colpo di grazia giunse quando, al termine della discussione, Asahina alzò la mano per ordinare: “Per favore, ci può portare due cioccolate? Anche tu, Fukawa-chan? Tre cioccolate allora. Grazie”.

Al solo sentire la parola il Super Coach prese a tremare. Assomigliava pericolosamente a un nocciolo nucleare prossimo alla fusione.

“OK, ADESSO NON CE LA FACCIO PIÙ. DEVO CAGARE!” tuonò, per il terrore dei membri della 78 e il malcelato divertimento di quelli della 77.

Si alzò, lasciando dietro di sé una scia di fiamme.


*


Chiaki osservò Nidai darsela a gambe ad una velocità pari solo a quella di Sonic. Qualche istante dopo sentirono un boato provenire dai bagni del dipartimento di neuroscienze, con esplosione annessa.
“Che… che cosa è stato…?” balbettò Fukawa. Chiaki sospirò: “Nulla di che, Nidai-san doveva solo andare in bagno.”
“Solo...” mormorò la Scrittrice, gli occhi sgranati resi ancora più enormi dalle lenti rotonde.
“...mi è improvvisamente passata la voglia di bere la cioccolata” aggiunse Asahina, visibilmente disgustata.
“Oggi era una giornata buona” specificò Ibuki, “non mi sembra di vedere grossi danni alle pareti, da qui!”
“Confermo, quelli che fece l’anno scorso quando Yukizome-san andò a cercarlo furono ben peggiori” sospirò Sonia.
A giudicare dalle espressioni delle ragazze della 78, Chiaki pensò che li ritenevano tutti pazzi. Non se la sentì di dar loro torto.

Circa venti minuti dopo il gruppo si separò, e la Gamer si limitò a seguire in silenzio Sonia e Ibuki immerse nei loro discorsi da donnine finalmente impegnate.
Sbuffò. Era contenta per loro, sia chiaro, ma non poteva non provare un pizzico di invidia. Insomma, se persino Tanaka aveva finalmente gettato via la maschera da chuuni per dichiararsi alla Principessa, perché Hinata non poteva riuscirci?
Invece nulla. E dire che lei di indizi gliene aveva lasciati diversi, come in una vecchia avventura punta e clicca. Ma Hinata proprio non ci arrivava.

Certo, potrei pure non piacergli, pensò. Era una cosa di cui aveva tenuto conto, però era difficile assicurarsene quando l’unico pensiero fisso del suo secondo giocatore erano Naegi e quella stupidissima faida. A quel punto era persino lecito credere a quelle strane voci di corridoio che volevano Komaeda infatuato (e ricambiato) di Hinata.

Più ci pensava più si innervosiva. Decise quindi di distrarsi e tirò fuori il fidato Nantendo dallo zaino.

Una partita a Gala Omega e passa la paura. Forse.

Appena il gioco si avviò Chiaki si perse totalmente in esso come le succedeva sempre, dimenticando ciò che la circondava. Era piuttosto abituata a camminare e giocare al contempo, ma questo non le impediva, di quando in quando, di andare a sbattere contro qualche malcapitato passante; e impegnata com’era a far fuori navicelle spaziali aliene non si era accorta che Sonia e Ibuki erano sparite, lasciandola sola a girovagare per il cortile. Girovagare che si interruppe quando andò davvero a sbattere contro qualcuno. Lo scontro la riportò alla realtà, e quando finalmente sollevò gli occhi si trovò davanti proprio Hajime Hinata.

Parli del diavolo ed ecco che ne spunta l‘ahoge.

“Nanami-san… era un po’ che non ti vedevo” disse lui, accennando un mezzo sorriso. Lei però non si lasciò incantare: “Sei tu quello troppo impegnato con la stupidissima faida…”

Hinata sbuffò: “Ancora con questa storia…”

“Dovrei essere io a dirlo a te, non il contrario.”
“Ne abbiamo già parlato…”
“No, io ho parlato, tu ti sei solo arrampicato sugli specchi aggrappandoti a un misterioso onore di classe per mascherare la tua antipatia verso Naegi!” sbottò Chiaki. Era inusuale per lei perdere la calma, ma Hinata si era rivelato particolarmente bravo a mettere alla prova la sua pazienza. E poi, onestamente, se l’era cercata.

“M-ma non è vero!” osò lui, ma la Gamer era già pronta al contrattacco: “Ah no? Eppure mi sembra che lo scherzetto del festival sia stata opera tua!”
“Naegi mi ha sempre provocato!”
“E come? Esistendo? Perché avete un taglio di capelli simile e ridicolo?”

“Ehi, questo era un colpo basso!” pigolò lui, con un’espressione dispiaciuta che quasi fece tentennare Chiaki. Quasi.
“Sai cosa? Sono stufa. Ci ho provato a farti ragionare, ma tu ti rifiuti di ascoltarmi” disse, pronta a sferrare la combo finale. “Se non ci sono riuscita io spero ci riescano Nidai e le altre, io ho chiuso” annunciò, seria, voltandogli le spalle. “Mi cercherò un altro secondo giocatore.”
Fatality.

Detto questo si diresse verso i dormitori, obbligandosi a non girarsi. Perché sapeva che se avesse visto di nuovo quell’espressione da cane bastonato si sarebbe rimangiata quasi tutto.

Ma Hinata doveva capire, e se le buone non avevano funzionato... sperava lo avrebbero fatto le cattive.


*


No.

Chiaki non poteva averlo detto.

No nononono no.

Chiaki Nanami non poteva avergli detto di voler cercare un altro secondo giocatore ed essere seria.

NONONONONONONONONONO.

Cioè, era un pensiero che Hinata aveva già formulato visto l’andazzo, ma sperava di sbagliarsi. E invece…

NONONONONONONO CHIAKI PERCHÉÉÉÉ?!

La sua vita non aveva più senso. Poteva convivere con l’assenza di un qualsivoglia talento, col dubbio sul perché si trovasse alla Kibougamine o con Sakakura che lo chiamava “Super Boh”.

Ma l’odio di Chiaki Nanami… quello non poteva affrontarlo. Sapere che la ragazza che gli piaceva adesso lo odiava era un dolore insopportabile.
Rimase lì a fissare il nulla per momenti che a lui sembrarono interminabili.

Quando Komaeda lo trovò, Hajime gli si buttò tra le braccia e scoppiò a piangere.


*


Chihiro seguiva Aoi e Sakura, pochi passi davanti a lui.

Come aveva detto l’Artista Marziale stavano andando a trovare Naegi, che data l’ora probabilmente era nella propria camera, per esporgli il problema e convincerlo a porvi fine.

L’idea era meritevole, ma una brutta sensazione di fondo lo inquietava. Non era del tutto sicuro che non ci sarebbero stati intoppi nell’operazione, non di fronte all’inusuale ma enorme testardaggine del Fortunello. L’antipatia che sentiva nei confronti di Hinata sembrava quasi invalicabile, almeno giudicando da tutte le volte in cui lo aveva maledetto fino alla terza o quarta generazione.

Era incredibile a dirsi, ma Makoto Naegi sapeva provare odio. E pure tanto.

Assurdo. Era una delle persone più disponibili, solari e comprensive che avesse mai conosciuto. E nel novero includeva persino quel sant’uomo di suo padre, biologicamente incapace di alzare la voce.

Eppure…

Venne ridestato da questi pensieri sentendo Asahina esclamare, con voce squillante: “Oh porca miseria, ma sono quasi le quattro! Dannazione, ho gli allenamenti di nuoto!”.

“Cosa?” chiese timidamente lui “Vuol dire… che ci dai buca?”.

“Mi spiace Fujisaki-san, non ci ho proprio fatto caso. Ma fra poco più di una settimana ho una gara piuttosto importante e non voglio arrivare impreparata. Devo proprio scappare!”.

“Vai tranquilla, Aoi. Ci penseremo noi a Naegi”.

“Sei sicura, Sakura-chan? Già Fukawa-chan è sparita chissà dove…”.

“Ma sì, non ti preoccupare. Io e Fujisaki-san bastiamo e avanziamo”.

“Va bene allora. Scusatemi ancora. E buona fortuna!” li salutò allontanandosi a tutta birra.

Ecco, quello che ci voleva. Perdiamo i pezzi per strada ancora prima di cominciare.

Si impose la calma. Era fiancheggiato da Sakura Oogami, sarebbe andato tutto bene. Naturalmente non pensava che la cosa potesse degenerare in qualche modo, anche perché nel caso sarebbe bastata una manata all’aria da parte di lei per ridurlo a un brodino sul pavimento. E poi figurati, va bene tutto… ma Naegi non si azzarderebbe mai a contraddirla su un fatto tanto importante, in primis perché non è quel tipo di persona.

Anche se aveva già scoperto un lato di lui che non sospettava potesse esistere. Temeva di scoprirne altri.

Oh beh. Non mi resta che appurarlo. E sperare di uscirne intero.

I due si diressero quindi nei dormitori e, dopo una breve passeggiata, si trovarono di fronte alla porta su cui stava affisso un ritratto chibi del suo proprietario. Chiunque fosse l’autore aveva ritenuto opportuno rappresentare l’ahoge del Fortunello.

Chissà se è vero quanto ha detto Celes-san qualche tempo fa, sul fatto che tutti quegli affarini siano opera di Hongou-san…

DRIIIIIIIIIIIIIIIIIIIN.

“Chi è che dist… oh, Oogami-san! E Fujisaki-san! A cosa devo la visita?”.

Sul serio stava dicendo chi è che disturba? Naegi? Makoto Naegi?

“Possiamo entrare, per piacere? Ci sarebbe una cosa di cui dovremmo parlarti”.

“Non si può rimandare, Oogami-san? Io sarei… impegnato”.

“In realtà no, sarebbe meglio di no. È davvero importante”.

“Sì, ma io sono… impegnato”.

“Mi tocca insistere”.

“Impegnato”.

“Insisto”.

Sono impegnato. Quale parte non ti è chiara?”.

Un fulmine colpì Chihiro direttamente sulla testa. Naegi non stava facendo, o non aveva intenzione di fare, quello che aveva appena pensato… vero? Qualcosa che implicava la sua … uh, gli faceva un po’ senso pensare a quei due come fidanzati.

La bega proseguì ancora per un po’, mentre il Programmatore vagava nel suo mondo mentale e si immaginava scenari sempre più estremi e poco fraintendibili.

Poi accadde proprio quello che paventava: l’inconfondibile chioma lilla di Kyouko Kirigiri fece capolino da dietro l’angolo.

Ohperlamiserialadraliabbiamointerrottimentrechissàchefacevanoporcaevaperònonsembranosvestitisìmacisiamomessiinmezzocomunqueohdiohdioohdio.

“Qualche problema, Oogami? Io e Naegi saremmo… impegnati, se non ti scoccia”.

“Veramente avrei bisogno di parlargli. Anzi, di parlarvi. Un colpo di fortuna che ci sia anche tu”.

“Qualunque cosa sia aspetterà un paio d’ore. Dobbiamo… studiare, sì. Studiare”.

Mondo-kun direbbe “Ah, adesso la si chiama studiare quella roba lì?”.

Sakura fece per ribattere ma l’unica cosa che ottenne fu la porta sbattuta senza tante cerimonie.

“Cavolo, dev’essere una materia particolarmente difficile” si lasciò sfuggire Chihiro in una delle sue rare uscite sarcastiche.

“Fin troppo” concordò sconsolata.

Rimasero un paio di minuti a fissarsi ammutoliti, chiedendosi senza parole cosa dovessero fare.

A un certo momento Fujisaki prese una decisione: erano andati lì per parlare con Naegi e avrebbero parlato con Naegi. E per la miseria.

Con un rapido gesto suonò di nuovo il campanello.
“Che c’è?!” fu la risposta piuttosto irritata di Kirigiri, che aprì la porta al posto di Naegi.
“Mi spiace ma dobbiamo insistere” ribatté pronto Chihiro, scansandola e intrufolandosi in camera del Super Fortunello. Il quale lo guardava con occhi sgranati, perché evidentemente non si aspettava una presa di posizione tanto ferma da parte sua.
Nemmeno io in effetti.

Ma doveva ammettere che mostrarsi così risoluto aveva… il suo fascino, per così dire. Ora capiva perché a Mondo e Ishimaru piaceva tanto fare la voce grossa.

Quando vide Oogami chiudersi la porta alle spalle (e piazzarcisi davanti per precauzione) tornò a concentrarsi sulla coppietta.

“...Fujisaki mi hai appena spinta via?”
“E sei… entrato a forza nella mia stanza?”
Il Programmatore sentì le sue guance avvampare, ma si impose di mantenere il controllo: era ora che anche Chihiro Fujisaki imparasse ad alzare la voce e farsi ascoltare. Senza esagerare.
“Mi spiace essere stato così scortese, ma come vi abbiamo detto è una questione importante” rispose, deciso a far valere le sue ragioni. “Naegi-kun, vorresti essere così gentile da ascoltare me e Oogami? Non ti ruberemo molto tempo, tra qualche minuto potrete tornare a… studiare.”

Il suo rimarco velato di sarcasmo non sfuggì a Naegi e Kirigiri, che si scambiarono un’occhiata divertita prima acconsentire alla discussione: “Visto che l’hai chiesto così gentilmente” sorrise la Detective, seguita a ruota dal Fortunello: “Non credevo che prestarti una mia felpa avrebbe scatenato il tuo personale Mr. Hyde. A saperlo l’avrei fatto molto prima.”
Le risate che seguirono rilassarono Chihiro, segno che poteva proseguire nella missione che lui e Oogami si erano prefissati: “Bene, credo sia ora di dirti perché siamo qui. E prima che vada avanti, ti prego Naegi-kun… ascoltaci fino alla fine. Ok?”
L’altro inarcò un sopracciglio: “...ok.”
“Ecco, io e Oogami-san siamo qui per chiederti di parlare con Hinata-san e sotterrare l’ascia di guerra.”
“C-cosa?! Fujisaki-kun non puoi-”
“Naegi-kun.”
Una sola parola dell’Artista Marziale bastò a placare gli animi di tutti. “Naegi-kun, siamo seri: questa storia della faida è ridicola. Abbiamo cercato di ignorarla il più possibile, almeno finché non avete coinvolto Fujisaki-san nella bravata in piscina chiedendogli di cancellare le strisciate delle vostre schede elettroniche” proseguì lei, e Chihiro notò come persino Kirigiri sembrasse un po’ a disagio davanti alla verità, “ma penso ti renderai conto che questa storia vi sta letteralmente sfuggendo di mano. In particolar modo a te e Hinata.”

Il ragazzo non rispose, limitandosi a distogliere lo sguardo.
“So che non vi sopportate, e non sarò io a negare che Hinata ti ha provocato più volte” insistette lei, “e lo scherzo al festival è stato un vero colpo basso… ma non è una buona ragione per continuare ad abbassarti al suo livello. Di questo passo continuerete a sprofondare in questo pantano trascinandovi dietro tutti gli altri, senza contare le eventuali conseguenze.”
A quella frase sia Naegi che Kirigiri si voltarono a guardarla all’unisono.
“Sarò onesta: voglio indire una riunione di classe in cui chiederò a te e agli altri colpevoli dello scherzo in piscina di ammettere le vostre colpe davanti al preside.”
“Aspetta aspetta aspetta” la interruppe la Detective, rizzando in piedi, “dovremmo andare a costituirci davanti a mio padre?”
“Quella è l’idea, sì” confermò Fujisaki, e notò con un pizzico di divertimento quanto la cosa preoccupasse la ragazza. Oh beh, nessuno vi ha obbligati a vendicarvi della 77.

“Oogami-san non puoi chiederci questo” le fece eco Naegi, ma Sakura non si scompose: “Posso eccome. Se ammettete le vostre colpe adesso l’unica punizione che vi toccherà sarà la detenzione pomeridiana” e a Chihiro non sfuggì l’espressione di puro terrore sul volto del Fortunello. Avevano visto Sakakura e preferivano stargli lontani. “Ma se persisterete in questa stupida faida” continuò Oogami “le conseguenze potrebbero essere peggiori. Ricordi che l’anno scorso furono espulsi tre studenti innocenti per l’esplosione in palestra? E loro erano stati coinvolti solo per errore. Pensa a cosa potrebbe accadere a voi.”

Naegi e Kirigiri si scambiarono un’altra occhiata, stavolta decisamente preoccupata. Forse Oogami aveva toccato le giuste corde.
“Siamo venuti a parlare prima con te perché sei il più ragionevole” disse, rivolgendosi a Naegi. “Se tu accettassi di lasciar perdere questa buffonata forse anche le teste calde come Mondo-kun e Togami-san, o anche Enoshima-san, si arrenderebbero.”

Ci fu un lungo momento di silenzio in cui Naegi distolse lo sguardo da loro. Chihiro attese pazientemente insieme a Sakura, e si augurò con tutto se stesso che i loro sforzi venissero in qualche modo ripagati.
“E va bene.”
Chihiro alzò lo sguardo verso Naegi, che sorrideva: “Avete ragione, ho davvero dato il mio peggio in queste settimane… non è da me” ammise, grattandosi la nuca. “Vi chiedo scusa.”
Il Super Programmatore tirò un enorme sospiro di sollievo, seguito a ruota da Sakura. Poi si voltarono tutti verso Kirigiri, l’unica che non aveva ancora proferito parola.
“Allora, Kirigiri-san?” chiese l’Artista Marziale, ma l’altra non rispose.
“Kyouko-san… credo sia ora di alzare bandiera bianca” insistette Naegi, rivolgendole un’espressione da cucciolo bastonato che avrebbe fatto capitolare chiunque. Potrei farmi insegnare anche questa, scherzò Chihiro fra sé e sé.
La Detective sbuffò: “Oh… e va bene, va bene!”


*


“Muku-neeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!”.

“Oh per l’amor del cielo. Junko, che cosa vuoi? Non vedi che sono in compagnia?”.

“Ciao Ishimaru. Fammi vedere i preservativi, che voglia di diventare zia non ne ho”.

“Enoshima-san! I-I-Io e t-t-t-tua s-s-sorella n-n-non…”.

“Sì sì, scherzavo. So che sei troppo mollaccione per una sana scopata. Ma non sono qui per darti l’alzaculo che meriti, bensì per dire a lei dell’eccezionale scoperta che ho appena fatto!”.

“...senso della vita parte seconda?”.

“Ehi! Hai forse rubato i poteri psichici a Maizono?”.

“No, semplicemente conosco la croce che ho accettato di portare. Avanti, parla”.

“L’altra volta mi sono sbagliata, anche se non di tanto. Non siamo arcobaleni…”.

“Arcobaleni?”.

“Lascia stare, Ishimaru-kun. Non immischiarti troppo, preserva i tuoi neuroni… e i tuoi pettorali”.

“Ooooooooh, ma sei piccante oggi Muku-nee! Che bello vederti ogni tanto in preda agli ormoni come ogni buon teenager dovrebbe essere!”.

“...d-dicevi che hai davvero scoperto il senso della vita”.

“Esatto! Non siamo arcobaleni, ma unicorni che cagano arcobaleni! È così chiaro!”.

“...”.

“...”.

“Beh? Vi ho sconvolti con tutto questo genio? Mi sembra normale, troppa luminosità acceca i poveretti”.

“Va bene, la stronzata delle undici l’hai detta. Buona notte, Junko cara”.

“Ok ok, non c’è bisogno di spingere, so dov’è l’uscita! Mi raccomando Ishimaru, Mukuro ha una fantasia erotica ricorrente su corde e bavagli…”.

“...”.

“Che stress. Dov’eravamo rimasti?”.

“Ikusaba-san, quella… quell’ultima cosa che ha detto tua sorella… è falsa, no?”.

“No. È la pura verità”.

“...”.

“Che c’è? Non posso avere anch’io dei kink, per caso?”.

“No no, ci mancherebbe! E così, giusto per curiosità, non che voglia mettere nulla di quanto mi stai per dire in pratica ma…”.

“Entrambi. Usarli e subirli. È proprio l’idea di un corpo legato a eccitarmi, e che sia il mio o quello di qualcun altro poco mi importa”.

“...”.

“Ma come so fare i nodi scorsoi io ti assicuro nessuno”.

“...ho bisogno d’aria”.

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Capitolo 16
*** ...e le asce di guerra sotterrate ***


Togami cambiato? In meglio?

Mentre eseguiva la posizione Balasana, Aoi non riusciva a togliersi dalla testa le parole che Sakura le aveva rivolto il giorno prima durante la riunione con i dissidenti della classe 77: secondo l’amica, il Super Erede non era più l’odioso Scion di ‘Staceppa (citando Oowada-kun) che loro tutti erano abituati a conoscere, ma stava cominciando a svelare lati nascosti del suo carattere.

Così aveva preso alla lettera il consiglio di osservarlo meglio alla prima lezione di yoga disponibile, e da quasi un’ora continuava a lanciare occhiate furtive al biondo erede.

L’unica cosa che Aoi aveva notato era che il ragazzo era distratto. Decisamente distratto. E chiunque conoscesse anche solo superficialmente Byakuya Togami sapeva che era una persona incredibilmente attenta ai particolari e a cui non gli sfuggiva mai nulla… nulla che gli interessasse, almeno. Quindi vederlo fissare il vuoto durante lo svolgimento di un esercizio, sbagliare posizioni o sbattere ripetutamente la testa nel tentativo di eseguire la Svanasana era una cosa decisamente bizzarra, soprattutto per uno che nonostante tutto era migliorato velocemente nell’esecuzione degli esercizi base.

Qui gatta ci cova.

Continuò ad osservarlo in silenzio, notando come di quando in quando Sakura dovesse richiamare la sua attenzione e fargli notare che aveva sbagliato questa o quella posizione rischiando di farsi male. E, sorpresa delle sorprese, Togami non aveva risposto stizzito come ci si sarebbe aspettati da lui: si era limitato ad annuire e mormorare un “Oh, sì. Grazie.”
Togami non è cambiato, l’hanno rapito gli alieni e ci hanno restituito un suo clone difettoso.

Cosa ancora più assurda: la scena si ripeté diverse volte, con Sakura che gli faceva notare i suoi sbagli e lui che annuiva e la ringraziava, senza risposte al vetriolo.

...forse non è un clone ma un alieno vero e proprio. O il Super Impostore della 77 è dimagrito e ha preso il suo posto.

Era tutto così assurdo che nemmeno la Nuotatrice riuscì a concentrarsi sui suoi esercizi, e quando Sakura, a sessione finita, glielo fece notare, lei non riuscì a trattenersi: “Non è colpa mia. Togami continuava a distrarmi.”
L’Erede inarcò un sopracciglio: “Come prego? Non ti ho nemmeno rivolto la parola.”
“Oh non c’era bisogno” ribatté la ragazza, “sentirti ringraziare Sakura-chan ha sortito lo stesso effetto di una bomba lanciata in palestra.”

La quale Sakura si limitò a ridacchiare, mentre Togami era ancora più confuso: “E cosa ci sarebbe di strano?”
“Cosa ci sarebbe di strano? E da quando Byakuya Togami, il Grande Erede della Togami Zaibatsu nonchè Scion di ‘Staceppa, dice grazie a qualcuno?”
Il suo rimarco sembrò aver sortito qualche effetto, perché il ragazzo sgranò gli occhi e la fissò con un’espressione imbecille che poi rivolse a Oogami.

Davvero non se ne era reso conto? Seriamente?!

Dopo qualche istante di silenzio Togami cercò di formulare una spiegazione: “Io… sono un po’ distratto, ultimamente.”
“Ma non mi dire.”
“Aoi…” la fermò Sakura, paziente come solo una maestra dell’asilo sapeva essere, per poi rivolgersi allo Scion: “Qualcosa ti turba, Togami-san?”

“In effetti sì” ammise lui, distogliendo lo sguardo.
Sembrava… pensieroso. Quasi preoccupato. Qualcosa che Aoi non avrebbe mai e poi mai pensato di vedere in quel concentrato di boria bionda che era Togami.

E invece Sakura-chan ci aveva visto giusto. Di nuovo.

La quale raccolse le sue cose e li invitò a fare altrettanto, per poi dirigersi verso l’uscita della palestra: “Vuoi parlarne?” si rivolse ancora al ragazzo. “L’ultima volta non è andata poi così male” sorrise, e lui sembrò tentennare, per poi rivolgere un’occhiata di sbieco ad Aoi.
“Che c’è, non puoi raccontare i tuoi segretucci se ci sono anche io?” sbottò la Nuotatrice, venendo di nuovo fermata in tempo dall’amica: “Avanti Aoi, non c’è bisogno di essere aggressiva.”
“Ma hai visto come mi ha guardata?!”
“Come ti avrei guardata?”
“Eri sospettoso!”
“Certo che lo sono, sei così rumorosa!”
“Io rumorosa? IO?!”
“Bambini, per favore” tuonò Sakura, e tanto bastò a calmare gli animi. “Adesso ce ne andiamo in caffetteria a prendere qualcosa da bere, poi andiamo in camera mia e parliamo. Ok?”
Silenzio da entrambe le parti.
“Ok?” insistette.
Sia Aoi che Togami annuirono e la seguirono in silenzio, lanciandosi di quando in quando sguardi torvi e pernacchie. Recuperate bibite energetiche e qualche snack (tra cui una scatola di ciambelle che Aoi stringeva tra le braccia come se da quella dipendesse la sua vita), i tre si ritrovarono finalmente nella stanza della Super Artista Marziale.
“Allora, Togami-san” disse, sorseggiando una bibita proteica, “vuoi dirmi cosa ti cruccia?”

L’Erede rimase qualche istante in silenzio, e Aoi notò come la sua espressione fosse sinceramente preoccupata, decisamente diversa dall’aria strafottente che lo aveva sempre contraddistinto.

“Oogami, tu… tu cosa fai quando sai di aver sbagliato?”

...eh?

Sakura non si scompose: “Spiegati meglio.”
“Se ti rendi conto di aver commesso un errore… molti errori” proseguì lui, senza sollevare lo sguardo dal bicchiere che teneva tra le mani “come ti comporti?”

“Beh, cerco di rimediare a quell’errore, per quanto possibile” rispose lei, pacata.
“E come fai a sapere qual è la cosa giusta da fare? Come fai a sapere se funzionerà?”
Un breve sguardo d’intesa tra Aoi e l’amica le confermò come quest’ultima ci avesse decisamente visto giusto.

Forse ha ragione Sakura-chan… magari c’è del buono anche in Togami.

“Quale credi sia stato il tuo errore, Togami-san?” osò Oogami, e per un momento il ragazzo tornò sulla difensiva: “Non ho detto di aver commesso un errore.”
“Se mi hai fatto quella domanda però lo credi… o mi sbaglio?” insistette lei.
L’Erede sospirò: “No, non sbagli.”

“Allora te lo chiedo nuovamente: quale credi sia stato il tuo errore?”.

Un attimo di silenzio. Ad Aoi sembrò che Togami stesse come combattendo contro qualcosa che gli impediva di esprimersi chiaramente.

Conoscendolo si trattava facilmente di orgoglio. Del peso del cognome che portava.

Finalmente giunse l’agognata risposta: “Un solo errore? Ho fatto vagonate di errori. Con te, con lei, con Naegi, con Fujisaki, con tutta la classe… ma in special modo…”. Si interruppe bruscamente, di nuovo in apparente conflitto con se stesso.

“Il tuo vero cruccio è Fukawa-san, ci ho visto giusto?”.

La reazione di Togami ricordò quella di una portaerei americana centrata da un kamikaze.

“Sono così facile da capire, dunque?”.

“Più di quanto ti piacerebbe, già. Ma non è un male. Significa che per me è più facile aiutarti, non dovendo perdere ore su ore a rimuginare sulle cause del tuo malessere”.

Asahina non poté fare a meno di pensare quanto l’aspetto di Sakura fosse bugiardo: un corpo enorme e solcato da cicatrici di ogni forma e dimensione, di conseguenza potenzialmente minaccioso… che conteneva tutta quella bontà d’animo.

Beh no, non è del tutto esatto. Ci vuole tanto spazio per questa spropositata quantità di altruismo.

Si limitò a sentirli parlare, conscia che il momento era piuttosto delicato e una sua intromissione di qualunque genere avrebbe probabilmente rovinato tutto.

“Quindi è Fukawa-san, mh? Devo forse intendere che la sfuriata di Enoshima-san la sera della festa, sebbene con toni decisamente eccessivi, non fosse poi così campata per aria?”.

Silenzio. Colpevole, secondo l’opinione della Nuotatrice.

“...potrebbe darsi”.

“Togami-san, hai fatto un grande passo ammettendo lo sbaglio. Non fermarti a metà strada, rischi di scivolare e tornare a valle a mò di valanga. Poi ti si spezzano le ossa atterrando e non dev’essere troppo piacevole. Un vero scalatore non si ferma prima della vetta”.

Da quando sei esperta di rampini, Sakura-chan?

“Devo essere onesto? Enoshima deve smettere di sniffare l’elio. Ha dato fuori di testa per niente. Io stavo solo ballando con Sonia e non ho nessun tipo di obbligo nei confronti di Touko. Non sono di certo il suo ragazzo, diamine!”.

“Questo è vero. Non sei legato a lei in nessuna maniera, non ufficialmente. Ma hai mai sentito il proverbio il troppo stroppia? Ti suggerisco di riflettere sui tuoi comportamenti passati”.

Lo sguardo di Togami mentre rimuginava era impagabile. Sembrava un bimbo che cerca di risolvere un’equazione di sesto grado, con tanto di gesti scoordinati e occhi rivolti verso al cielo quasi a invocare un’illuminazione divina.

“...se la mettiamo in questi termini… potrei aver detto una parola di troppo in un paio d’occasioni…”.

“Modesto, se definisci una parola di troppo in un paio d’occasioni l’infinita sequela di insulti e umiliazioni che le hai inflitto. Perdona la durezza, ma arrivati a questo punto non è più il caso di usare giri di parole”.

Uh. Sakura si stava togliendo i guantoni protettivi. E considerato che un suo pugno aveva più o meno le dimensioni e il peso di una grossa vanga...

“E, permettimi di essere indiscreta, come mai Fukawa-san è al centro dei tuoi pensieri in questo momento? In fondo l’atteggiamento che tieni normalmente nei suoi confronti non è poi così dissimile da quello che riservi alle altre persone”.

Che domanda è? A meno che…

Oh.

Oh.

OH.

Non. Ci. Credo.

La prolungata assenza di una risposta valeva più di mille parole.

“Bene. Qua abbiamo finito” sentenziò Oogami alzandosi.

“Finito?” fu la scandalizzata protesta di Byakuya “Ma se abbiamo appena cominciato!”.

“No Togami-san, tu hai appena cominciato. Socrate non può e non deve prendersi il merito dei traguardi dei suoi discepoli. Lasciatelo dire: sono fiera di quanto hai detto negli ultimi minuti. Sei riuscito a rinnegare la parte peggiore del carattere che ti è stato imposto sin da piccolo. Hai ammesso un errore. Una sfilza d’errori, per essere precisi. Hai individuato cosa c’era che non andava nel tuo modo di fare. Hai capito quale persona, fra la moltitudine della classe 78, ti sta davvero a cuore… e siccome non sei stupido, potresti aver capito anche qualcosa di più. Ma il resto sta a te”.

“Ancora a me? Non mi starai dando un compito un po’ troppo ingrato?” chiese lui, anche se si notava l’evidente tono leggero con cui questa frase era stata pronunciata.

“Non più ingrato del gettare diciassette anni nella tazza del wc. E comunque hai fatto tutto tu, io non ti ho messo nessuna formula della felicità nelle mani. Se reputi giusto comportarti così adesso… ci sarà un perché”.

Il dialogo fra i due era poco più di un rumore di fondo per Aoi. La sua intera massa cerebrale era impegnata nell’elaborare la rivelazione che si era fatta largo come un fulmine globulare nel cielo.

Non è possibile. Non è vero. Non lo è. No. A Togami non… non può piacere Fukawa-chan.


*


Koichi Kizakura sbuffò mentre entrava nell’ufficio del preside Kirigiri. Essere lo scout di punta della Kibougamine era un lavoro sì appagante, ma faticoso da morire. Quasi invidiava il vecchio Tengan che ormai era ufficiosamente in pensione e passava le sue giornate a bighellonare per il campus importunando gli studenti del corso di riserva che avevano la sfortuna di passare vicino alla fontana.

Era reduce da una visita in un posto sperduto dell’Hokkaido, dove risiedeva una ragazza di origini statunitensi che eccelleva in qualsiasi forma d’arte classica. Gli aveva scolpito davanti una statua di Izanagi partendo da un bidone dell’immondizia.

La piccola Angie è sicuramente materiale per noi e merita l’accesso a questo scuola. E poi, tenendo a freno gli istinti peggiori, si può affermare che è una gran bella ragazza e almeno per me questo aiuta tanto.

Come sua abitudine non bussò. Aveva troppa voglia di riabbracciare Jin.

Sperava ardentemente di trovarlo solo e che quello scarafaggio di Hongou fosse sdraiato sul proprio letto in preda ai crampi della gastrite. O anche a vomitare i polmoni, era lo stesso.

E invece…

Non solo Hongou era presente, come sempre con un palo su per il sedere al fianco destro del preside. Ma di fronte a loro riconosceva le sagome di Naegi, Togami, Oowada, Ikusaba e Kyouko-chan.

I cinque si voltarono sentendo la porta.

“Oh toh, è arrivato l’altro marito di mio padre. Potevi aspettare prima di organizzare il menage a trois, lo sai?”.

Che bello. La mia nipotina tira fuori la sua verve sarcastica solo con me.

“Koi… ehm, Kizakura-san. Non l’aspettavo già di ritorno” disse affrettatamente Jin alzandosi e andandogli incontro.

“Salve, signor preside. E salve a lei, onorevole vice-preside dei miei stivali”.

“Il piacere è reciproco, perditempo con il novanta per cento di alcool nel sangue”.

“Signori, per favore. Non vedete che siamo nel bel mezzo di una confessione?”.

“Sentiamo” annunciò il nuovo arrivato svaccandosi sul primo divanetto disponibile ed estraendo la sua fida fiaschetta del whisky. Ne prese un generoso sorso prima di aggiungere: “Mi incuriosisce sapere di quale crimine può essersi macchiata la mia adorabile nipote”.

Ignorò platealmente l’espressione schifata di Hongou e quella ansiosa di Jin, concentrandosi invece sui cinque ragazzini. Aveva reclutato personalmente la classe 78, e li conosceva abbastanza bene da sapere che si trattava di un gruppetto piuttosto singolare: se da un lato poteva capire perché Oowada si trovasse in presidenza, dall’altro non aveva idea del perché un ragazzo tranquillo come Naegi e uno studente modello (benché suprema spina in culo) come Togami fossero lì a fargli compagnia. Ikusaba e Kyouko-chan, invece…
Nessuna delle due ha mai dato problemi. Cosa che dalla Super Soldatessa non ti aspetteresti mai. Ma sono entrambe due bombe inesplose.

Si concesse un sorrisetto da iena vissuta. Ora era decisamente curioso di scoprire i retroscena di quella bizzarra situazione.
“Allora, prima di venire interrotti stavate per fare una confessione” riprese Jin, tornando a sedersi alla sua scrivania. “Prego, sono tutto orecchie.”
Kizakura osservò il gruppetto con attenzione, estremamente divertito: dalle loro posture e dagli sguardi tesi che si scambiavano era palese che nessuno di loro volesse parlare, e che soprattutto si trovavano lì solo perché dovevano. In particolare Kyouko aveva l’aria di chi avrebbe voluto essere ovunque (magari in giro per i corridoi a ficcare il naso dove non avrebbe dovuto) tranne che nell’ufficio del preside.
“Allora?” insistette quest’ultimo. Alla fine fu Naegi a farsi avanti: “Ecco, signor preside… siamo stati noi a rinchiudere parte della classe 77 in piscina e a gettare i loro vestiti nei bagni.”
Cosa cosa cosa?

Jin annuì: “E immagino che anche l’assenza delle strisciate delle vostre carte elettroniche fosse opera vostra.”
“Abbiamo… ho chiesto aiuto a Fujisaki-kun” ammise il Super Fortunello, che al momento di fortunato aveva ben poco. “Ma lui è completamente innocente, ha solo voluto farci un favore!”

Ma dai, uno sta via un paio di settimane e si perde tutto il divertimento? Certo che avrei proprio voluto vederla la classe 77 rinchiusa in piscina…

“Voi confermate?”
Gli altri quattro annuirono, e Kizakura si lasciò sfuggire una risatina nell’osservare l’espressione di Jin, un misto di stupore e rassegnazione. Sbuffò: “Sarò sincero, è una situazione davvero assurda. E lo dico dopo essermi ritrovato mezza classe 77 seminuda qui in presidenza” disse Jin, “a quanto pare per causa vostra.”
“Ci tengo a specificare” intervenne Hongou, “che Mioda era completamente nuda, ad esclusione di quello straccetto che Pekoyama le aveva misericordiosamente messo addosso a forza.”
L’espressione eloquente di Oowada confermò a Koichi che era piuttosto contrariato per non aver assistito all’improvvisato spogliarello della Super Musicista. Quella di Togami gli disse che a quanto pare anche l’Erede aveva finalmente raggiunto la pubertà, seppur in maniera tardiva.

Sempre detto che Ibuki Mioda è stata una delle mie migliori scoperte. Bravissimo me!

Si obbligò a non bere nemmeno un sorso dalla fiaschetta, giusto per non dare ulteriori ragioni a Hongou di aprire la bocca e abbaiare.

Dopo qualche istante di silenzio Jin riprese a parlare: “Bene. Sicuramente la vostra è stata una bravata notevole, fortunatamente senza danni, anche se rinchiudere otto studenti in piscina sfiora il sequestro di persona.”
Le espressioni dei cinque ragazzi erano magnifiche. Guarda come se la stanno facendo sotto, anche Kyouko e Ikusaba! Ah ah.

“Per non parlare del modo in cui avete cancellato ogni traccia del vostro passaggio…”
Un’altra parola e Togami lo dovranno raccogliere col cucchiaino.

“Tuttavia avete deciso di farvi avanti e confessare, e questo vi fa onore. Quindi la vostra punizione è la seguente: detenzione pomeridiana per un mese, insieme alla classe 77. Sono sicuro che conoscete già il signor Sakakura.”
Le loro facce bianche come lenzuoli furono una risposta più che affermativa.
“Ooooh, in punizione con Sakakura? Sei proprio un birbante, Jin-kun” ridacchiò Kizakura, ignorando l’ennesima occhiataccia di Hongou.
Il preside sorrise: “Ogni tanto Munakata va a fargli compagnia.”
“Ok, questa è vera bastardaggine” rise. “Vuoi farli morire di noia?”

“Sono più che sicuro che sopravviveranno.”
Kizakura si voltò di nuovo a guardare il gruppetto di studenti, decisamente confusi.
No, probabilmente non sarebbero usciti vivi dai soporiferi resoconti lavorativi di Munakata.
Si avvicinò a Kyouko e le mise un braccio sulla spalla: “Auguri nipotina. Ne avrete tanto, ma tanto bisogno.”

Un grugnito da parte della Super Detective gli confermò che ci aveva preso. Ancora una volta.

Devo ricordarmi di fare un salto a trovarli durante la punizione.


*

“Naegi.”

“Hinata.”

Sakura sospirò.

La classe 77 e la classe 78 si trovavano in caffetteria da circa mezz’ora, tutti schierati ai lati di una lunga tavolata e intenti a guardarsi in cagnesco l’un l’altro. Quelli che ancora volevano portare avanti la faida, quantomeno.

Scosse la testa. Mai nella vita avrebbe pensato che sarebbe stato più facile far ammettere a Togami i suoi errori (e, apparentemente, i suoi sentimenti per Fukawa) piuttosto che far scendere a compromessi Naegi e Hinata.

“Voi lo sapete che siamo qui per parlare, sì?”
La sua provocazione non ottenne risposta.

Bene. Il trattamento del silenzio. Proprio quello che ci voleva per rendere il tutto piacevole.

“Vi preghiamo di scusare” prese la parola Chiaki “l’assenza di Saionji-san. Nonostante tutta la buona volontà di Koizumi-san non c’è stato verso di farla uscire dalla sua camera”.

“Speriamo si ammali di hikikomori…” venne mormorato da più di una persona, mentre tutta la 78 girava il proprio sguardo verso Celes. La quale, imperturbabile, sorseggiava il suo té fregandosene bellamente.

Uno dei tanti danni di quest’idiozia.

“Sarò franca” prese la parola sovrastando ogni altro tentativo di imbastire un discorso “La pagliacciata è durata fin troppo. Niente, neanche l’inveterato odio che scorre fra Hinata-san e Naegi-kun, può giustificare una simile escalation. Figuracce di fronte all’intera scuola, pestaggi gratuiti nei corridoi, infantili ripicche che rovinano la vita di tutti coloro che ne sono coinvolti… insomma, mi piace pensare che le persone sedute a questo tavolo siano meglio di così e che questo sia stato solo un disgraziato incidente che non si ripeterà più”.

“Sakura-chan ha ragione!” la spalleggiò Aoi, per la sorpresa di assolutamente nessuno “Non potete andare avanti in questo modo! Ci manca solo che facciate esplodere la palestra e le avete fatte tutte!”.

Qualcuno fece timidamente notare che la palestra era già saltata per aria in passato, e allo sguardo di Sakura non sfuggì un sorrisino eloquente di Komaeda.

“Va bene, vogliamo farla finita con ‘sta stupidaggine una volta per tutte?” chiese un Hinata piuttosto seccato.

All’Artista Marziale sembrò strano vedere uno dei due artefici di quel grosso casino spingere per una risoluzione. Forse era solo per togliersi il dente il prima possibile.

Oh beh, meglio così.

“Mi sembra un’ottima idea. Perché i signori Hinata e Naegi non si alzano, visto che sono fortunosamente uno di fronte all’altro, e si stringono la mano sancendo quindi la pace?”.

Il momento venne accolto da tutti i presenti con trepidazione (se parte della fazione avversa alla faida) o con disgusto (se al contrario erano favorevoli). Ma di sicuro nessuno rimase impassibile, neppure i pokeristi come Kirigiri e Celes.

I due fecero come era stato chiesto loro. Ma prima di stringersi la mano sembrò come se fra i loro occhi passassero dei fulmini, diretti dritti sulla capoccia del nemico. Quando poi ci fu il gesto vero e proprio…

“Non vali tutto questo impegno da parte mia, mini-me”.

“Lo stesso vale per te, Super Boh”.

Hinata ringhiò ma riuscì a mantenere un minimo di contegno.

L’intero tavolo sbuffò. Hajime Hinata e Makoto Naegi si sarebbero stati sulle scatole nei secoli dei secoli, amen.

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Capitolo 17
*** ...e il ritorno in pompa magna degli omini del cervello ***


“Ohibò, siete aumentati?”

Sakakura lasciò vagare lo sguardo tra i banchi, beandosi di quell’inaspettata sorpresa: oltre agli otto delinquenti della classe 77 se ne erano aggiunti altri cinque dalla classe 78.
Si portò una mano al petto con fare solenne: “Cos’avrò mai fatto per meritare tanta grazia?”
Venne ricompensato da grugniti sparsi che erano musica per le sue orecchie. Squadrò i nuovi arrivati, cercando di abbinarli ai rispettivi nomi: Makoto Naegi (la versione nana di Hinata, apparentemente), Kyouko Kirigiri (la ficcanaso figlia del preside), Mondo Oowada (il teppista dai capelli improbabili), Mukuro Ikusaba (la soldatessa alle grandi manovre) e Byakuya Togami (definito da Kizakura ‘suprema spina in culo’, e a giudicare dall’espressione da stitico nell’anima non poteva che concordare).

“Dunque, mi è stato detto che la vostra permanenza qui è dovuta ad una faida tra le vostre due classi” disse, sfoderando un sorriso da iena. “Vista la mole di scherzetti che vi siete fatti a vicenda nelle ultime settimane, spero ardentemente vi venga voglia di proseguire mentre siete sotto la mia tutela. Datemi la possibilità di divertirmi a vostre spese, da bravi.”
L’unica risposta che ottenne fu un coretto di borbottii e lamentele, sulle quali sovrastava il “Quel plebeo non sa chi sono io” di Togami. Juzo sorrise ancora e decise di tenere a mente il biondino. Aveva idea che quel fesso potesse essere un’involontaria e meravigliosa fonte di risate.
“Posso disturbare?”

Si voltò verso la porta, da cui faceva capolino la testa di Kyosuke Munakata.
La 77 piagnucolò, mentre la 78 osservava confusa.
“Entra pure, accomodati” rispose il Pugile, “voglio sapere come vanno le cose oltreoceano. Non tralasciare niente.”
Munakata non se lo fece ripetere due volte, e la 77 invocò la morte.
Juzo Sakakura sghignazzò.

La vita da custode di delinquenti era fantastica.

*


La mia vita fa schifo.

Hinata si lasciò cadere sulla poltroncina della sala ricreativa, mentre il resto della classe chiacchierava o giocava a freccette.
Prima la tregua forzata con la classe 78, poi la detenzione con Sakakura insieme a Naegi e gli altri scarti di galera che lo accompagnavano.
“Nanami-san, ho riparato lo schermo del televisore! Vuoi fare una partita per provarlo?”
“Grazie, Souda-kun!”
E poi, dulcis in fundo, c’era Chiaki.
O meglio, c’era ma non per lui. Da quando gli aveva dato il due di picche (perché di quello si tratta, inutile girarci attorno) la Gamer non gli aveva più rivolto la parola, nemmeno per sbaglio, ed ogni tentativo da parte del ragazzo di rattoppare quel che rimaneva del loro strano rapporto era naufragato.
La faida è andata a farsi benedire, metà classe è fidanzata, quel maledetto gnomo senza ascia di Naegi è fidanzato, Chiaki mi ignora. E Komaeda mi fissa.

Lanciò un’occhiata furtiva al Maledettamente Fortunato, che gli rivolgeva inquietanti sguardi languidi dall’angolo opposto della stanza. Decise di ignorarlo.

L’ho già detto che la mia vita fa schifo?

Si chiese per un attimo da quando fosse diventato così melodrammatico e lagnoso.

Da quando Naegi ha incrociato il mio cammino.

No ok, doveva essere onesto almeno in questo: la sua propensione al dramma non era causata dal Super Fortunello della 78, nonostante gli piacesse usarlo come capro espiatorio, ma era qualcosa che nasceva da dentro… dal suo essere senza talento. Era una cosa che aveva odiato per anni, e l’ammissione fortuita al corso principale della Kibougamine non era bastata a placare tutti i suoi dubbi.
Solo Chiaki Nanami ci era riuscita.
Con i suoi goffi e adorabili tentativi di renderlo partecipe delle sue passioni, del giocare insieme a Gala Omega, con i suoi discorsi d’incoraggiamento sul prendere la sua mancanza di talento come un’occasione per poter diventare ciò che voleva nella vita, la ragazza era riuscita a mitigare almeno un po’ il costante senso d’inadeguatezza di Hinata. Grazie a lei era riuscito a relegare quelle brutte sensazioni in un angolo remoto della sua mente e aveva trovato qualcuno su cui contare, qualcuno da…

Arrossì violentemente, e si augurò che nessuno l’avesse notato.
Secondo giocatore un corno!

Continuare a girarci intorno era inutile: Hajime Hinata era perdutamente innamorato di Chiaki Nanami, e ora non poteva farci assolutamente più niente perché lei lo odiava.

La mia vita continua a fare sempre più schifo.

E lo fa… in gran parte per colpa mia.

Oh sì, non aveva la faccia tosta di negarlo. Non con se stesso, perlomeno. Se ne rendeva conto molto bene, di aver toppato alla grande con Chiaki. Poteva dare la colpa a Naegi quanto gli pareva, lo stato dei fatti non sarebbe cambiato: Hajime Hinata aveva pisciato fuori dal vaso. Mancandolo di chilometri.

Assorto in questi pensieri autolesionisti, il suo sguardo capitò casualmente di nuovo su Komaeda che a quanto pareva non gli aveva staccato gli occhi di dosso un solo attimo. Grugnendo gli dedicò un “No” muto, mimandolo molto bene con le mani ma non ottenendo nessun risultato concreto.

Decise di lasciarlo perdere, stavolta si sperava in maniera definitiva.

...l’Hajime innamorato soffre. Mi si spezza il cuoricino.

No. NO. Izuru di merda, evapora. Non è proprio il momento.

...scortese. Mi annoiavo e ho deciso di venire a vedere come sta il mio alter ego preferito.

Preferito? Perché, siamo in più di due inquilini in questo cervello?

...no.

E allora piantala di parlare a vanvera.

...sei patetico. Non hai neanche le palle per ammettere i tuoi errori.

Eh? E cosa avrei fatto finora, ginnastica mentale?

...solo i piccolodotati non parlano ad alta voce se c’è un problema da risolvere.

Che cosa stai cercando di dirmi?

...la tua lentezza mi disgusta. Arrangiati.

Voglio scendere da questo pianeta.

Però… cavolo, non ci avrebbe mai creduto ma… l’occupante abusivo del suo corpo mica aveva tutti i torti, eh.

Aveva pisciato fuori dal vaso, è vero. E non ne aveva neanche sfiorato i bordi. Ma si voleva sperare che il getto fosse lungo e potente abbastanza da permettergli di correggere il tiro prima di esaurirsi. Per chi non dovesse essere pratico di metafore urinarie: l’aveva combinata, siamo tutti d’accordo. Ma chi o cosa gli impediva, una volta realizzatolo, di cercare di metterci una pezza? E non un tentativo a mezza bocca come i precedenti, di quelli che fai tanto per pulirti la coscienza. Qualcosa di grosso, a la va o la spacca.

Ok, era deciso: le avrebbe parlato. Forse non sarebbe servito a niente, magari lei era ancora troppo furiosa con lui per volerlo stare ad ascoltare. Ma il gioco valeva la candela, eccome se la valeva.

Nel caso peggiore si sarebbe ripetuta la scena del giorno prima, con lei che lo mandava più o meno platealmente a quel paese. E fare il bagno nel fuoco una seconda volta non brucia come la prima.

Si alzò e si avvicinò al televisore, dove Nanami ci stava dando dentro a Ultimate Fight XVI.


*


“Beccati ‘sto gancio, Abubu del cacchio!” urlacchiò Chiaki mentre stendeva l’ultimo panzone che la separava dal boss di fine livello.

La Playstashun 4 ebbe come un sussulto, forse dovuto al sensore di ultima generazione che dava il maggior senso di realismo possibile. Nei picchiaduro ciò significava non arrischiarsi ad appoggiarla vicino al bordo di un tavolo, sarebbe caduta infrangendosi come un cristallo di Boemia.

Stava per salire sull’ascensore che l’avrebbe condotta da Rilento quando…

THUMP.

Qualcosa batté sulla sua schiena.

Stava per girarsi ma una voce le impose di non farlo.

Era la voce di Hinata.

Urca. Punto per il modo di approcciarsi, Hajime.

“Prosegui pure col tuo gioco, non intendo distrarti. D’altronde al momento anche una cosa come Ultimate Fight è più importante di me, no?”.

Mi fai l’offeso? Dopo tutte le stupidaggini che sei riuscito a commettere hai anche il coraggio di farmi l’offeso? Quanti chili di insulti vuoi?

“Immagino che starai pensando male di me. Non posso darti torto, ho davvero esagerato. E nel caso non volessi avere più a che fare con me per il resto della tua esistenza lo capirò. Prima di tagliarmi il ponte sotto ai piedi, però, volevo dirti una cosa. Posso? Mi starai ad ascoltare?”.

Bella domanda. Voleva stare a sentirlo? Voleva concedergli una possibilità?

Rudy, al di là dello schermo, prese a battere i piedi scocciato dalla prolungata inattività. Sin da quando aveva sentito la sua presenza alle spalle, difatti, aveva appoggiato il controller della console per terra e si era completamente dimenticata di andare avanti.

Inspirò, cercando di raccogliere le idee.

“...parla. Ma fai in fretta, ho un militare sporco e cattivo da prendere a botte”.

“Grazie. Quel che volevo dirti è in realtà molto, molto, molto semplice: ti amo e mi dispiace”.

Per fortuna l’aveva sussurrato, altrimenti il resto della 77 li starebbe circondando per sapere tutti i retroscena della dichiarazione nei minimi dettagli.

Beh… non me lo aspettavo. Proprio non me lo aspettavo. Ce ne hai messo di tempo a rendertene conto, stupido che non sei altro.

L’imbarazzo e la tensione fecero capolino, cominciando a farla sudare copiosamente. Dovette persino passarsi un braccio sulla fronte per togliere il grosso.

“Sei… sei serio?”.

“Mai stato più serio in vita mia, Chiaki. È un bel po’ di tempo che provo questo nei tuoi confronti e non ho mai avuto il coraggio di riverlartelo perché sono un fottuto codardo, in sostanza. Come potrei sentire qualcosa di diverso per te? Sei stata l’unica persona capace di tirarmi fuori dal mio guscio di insicurezza, grazie ai tuoi adorabili tentativi di rendermi partecipe della tua ossessione per i videogiochi. Mi hai teso la mano sorridendo proprio quando rischiavo di sprofondare in una pozza di catrame nero e denso, solo e incompreso da tutti. Se ora sono un essere umano mediamente funzionante il merito è solo tuo, e a prescindere da come andrà questo mio tentativo di riconciliazione sappi che avrai per sempre la mia gratitudine”.

La Gamer colse nitidamente la voce incrinata di lui durante la lunga confessione. Non stava mentendo, poco ma sicuro.

“Che… che cosa vuoi? Perché… perché dirmelo ora?”.

“Perché non dirtelo ora? Anzi, ho aspettato fin troppo e mi maledirò per sempre se quella stronzata di faida con la 78 ha rovinato le poche possibilità che avevo. La tua sfuriata di ieri mi ha aperto gli occhi e ha messo a posto le mie priorità. Naegi può far quel che gli pare, non m’interessa più. Adesso l’unica cosa che mi interessa è essere onesto nei tuoi confronti, ammettere che ho sbagliato di brutto e sperare in un tuo atto magnanimo”.

Kami, che situazione. Anche bella, per carità, ma non so che devo fare. Che devo dire. Se lo devo perdonare o no.

Vorrei. Ma non sono sicura che se lo meriti.

Il suo prolungato silenzio non migliorò il clima, al contrario portò lui a chiedere a più riprese se fosse ancora lì.

È che, davvero, non aveva la minima idea di cosa rispondergli. La sorpresa, il fatto che lui era riuscito a essere più tenero di una chiffon cake, quel rimasuglio di risentimento per tutto l’ultimo periodo…

Uno dei momenti più incerti della sua giovane vita. Forse il più incerto in assoluto.

Una cosa la so: se non lo ricambiassi almeno in parte non me la sarei presa così tanto. D’altronde non ho piantato scenate simili con Kuzuryuu, Komaeda o qualcuno degli altri. Pensavo solo a lui.

Il che, inevitabilmente, qualcosa lo vorrà pur dire.

“Beh, quello che avevo da dirti te l’ho detto. Se vorrai parlarmi sai dove trovarmi…”
Non poteva lasciarlo andare così. Si era comportato da stupido ma lo aveva ammesso, e Chiaki non poteva ignorarlo.

“Hinata-kun, aspetta!”
Un attimo di troppo, la goffaggine di lei, l’imbranataggine di lui e il peso di un cliché che non muore mai.

Quando si voltò per fermarlo, le labbra di Chiaki Nanami incontrarono quelle di Hajime Hinata.

Un contatto breve, brevissimo, che bastò a far scattare Hinata come una molla: “S-S-S-SCUSAMI! N-N-NON VOLEVO!”

In realtà la Gamer non credeva che il ragazzo le dovesse delle scuse. Insomma, era stato un bacio… bello. Casuale e breve, ma bello.

“Non devi scusarti” sorrise, “probabilmente l’avrei fatto io… dopo averti dato la risposta che meriti.”
“Significa che mi mandi a quel paese?” azzardò lui, e lei sbuffò: “Ora te lo meriteresti sul serio.”

Ma in fondo Chiaki non era arrabbiata, non più. Quelle scuse sincere e quel siparietto buffo avevano spazzato via il nervosismo degli ultimi giorni, ed era anche pronta ad ammetterlo ma…

“Kami, ma davvero volete ancora temporeggiare?”
Si voltarono alla loro sinistra. Kuzuryuu li osservava con un un mezzo sorriso sornione stampato in faccia, così come il resto della classe 77.

...quindi il mio primo bacio è stato di dominio pubblico come uno streaming live di LOLOL. Fantastico.

“Era anche ora che ti accorgessi di quest’esserino adorabile che è Nanami!” sbottò il Gangster, ma apparentemente Hajime Hinata aveva deciso di non mandarle più a dire: “Disse l’uomo vissuto che si è finalmente accorto di Pekoyama.” sorrise a sua volta.
La quale Peko arrossì di colpo, ma dovette comunque tenere a freno le ire imbarazzatissime del suo mini-fidanzato.

Tuttavia Chiaki non se la sentì di interromperli.

Avrebbe parlato con Hinata più tardi, lontani da occhi indiscreti.


*


Ammettere i propri errori era un conto.
Cercare di risolverli senza peggiorare le cose un altro.

Decidersi a mettere in pratica tale proposito un altro ancora.

Pensi di star lì a fissare il tuo riflesso nello specchio ancora per molto?

Taci. Non è veramente il momento.

Invece è proprio il momento migliore! Sia mai che mi perda il tuo momento di massimo splendore, Raggio di Sole!

Togami si lasciò scappare un rigurgito, ma molto piccolo e poco fastidioso. Rispetto alla gastrite che lo devastava da ormai due anni era un bel miglioramento.

Inspirò e ripassò mentalmente i punti salienti del suo piano.

Capelli: a posto. Alito: a posto. Abbigliamento: impeccabile. Occhiali: ci sono.

E questo sarebbe il tuo piano infallibile?

TAPPATI LA BOCCA CHE NON È SERIAMENTE IL MOMENTO, DIO BRANDO.

Mamma mia come sei permaloso, ha ragione Enoshima a dire che sei una regina del melodramma.

Altro rigurgito.

Attento che ti torna la gastrite mortale…

Con un ultimo, indecoroso insulto si impose di ignorare il suo omino del cervello. In quell’istante Byakuya Togami non aveva bisogno di distrazioni.

In fondo non è poi tanto diverso dal concludere un affare: so qual è la mia meta e so come chiudere con successo.

...forse.

Scosse la testa. Ormai era in ballo e doveva ballare, e non mancò di notare come la metafora che aveva usato era la stessa azione che aveva dato il via a quel casino.

L’universo ha un deprecabile senso dell’umorismo.

Uscì di corsa dalla sua stanza e si diresse verso quella di Touko Fukawa. Da quando aveva ascoltato le parole di Oogami aveva la sensazione di riuscire a vedere le cose per com’erano davvero, e senza scomodare le sue lenti graduate: quelle che aveva considerato come scocciature ora gli si paravano davanti come i più grandi errori della sua vita, e l’essere stato cresciuto con la convinzione che solo i deboli commettevano errori era una cosa che lo destabilizzava. Un Togami nasce per vincere, gli sbagli non sono contemplati. E soprattutto non prova sentimenti, non prova amicizia, non prova amore.

Byakuya aveva da poco realizzato di aver fatto tutte queste cose assieme e non sapeva da che parte girarsi per poter sistemare i casini che aveva combinato.

“Se hai capito di aver sbagliato troverai il modo di rimediare”. Belle parole, Oogami, ma è evidente che non sei stata svezzata con il metodo Togami.

Ci aveva rimuginato una notte intera, per arrivare alla logica conclusione che l’unica cosa che poteva fare era parlare con Touko e scusarsi. Probabilmente avrebbe dovuto farlo anche col resto della classe, prima o poi, ma lei al momento era quella che più gli stava a cuore.

Rallentò il passo, rendendosi conto del peso di quell’affermazione.

In quanto erede della Zaibatsu innamorarsi era una cosa impensabile, aliena. Eppure era successo, e lui non capiva come: era sempre stato convinto di non provare altro che fastidio nei confronti della Super Scrittrice, che la sopportasse a malapena e le concedesse di tenergli compagnia solo perché si era dimostrata un pelo migliore di altri. E perché in fondo chiacchierare di libri con lei era… piacevole, sì. Ma ora non era più tanto sicuro che quel sentimento fosse reale fastidio: forse non lo era mai stato, o forse era mutato in qualcos’altro nel tempo, solo che a Byakuya mancavano gli strumenti per poterlo comprendere.


“Sai, mi è capitato di osservarti in classe, quando il professore organizza i finti processi di classe. Le tue deduzioni logiche sono sempre inoppugnabili, ma quando ti capita di sbagliare… cerchi di non darlo a vedere, ma sembra quasi tu muoia dentro ogni volta.”


Ancora una volta gli tornarono in mente le parole di Oogami, e come sempre erano le più adatte. In effetti era vero: Byakuya era dotato di una grande mente analitica ma, come anche il loro professore gli aveva detto più volte, mancava di empatia. E questo lo portava a brillanti deduzioni logiche che finivano col rivelarsi errate, perché non teneva mai conto del fattore umano.

Così come non ne ho mai tenuto conto ogni volta che ho rivolto la parola a Touko, o a chiunque altro in classe. Nessuno mi ha spiegato come fare e io non ho mai perso tempo ad imparare.

Doveva ammettere che Aloysius, il suo fidato maggiordomo, aveva cercato in ogni modo di farlo crescere nella maniera più affettuosa possibile, nella speranza che non dovesse un giorno ritrovarsi ad essere un uomo arido come lo era suo padre.

E se ora si trovava davanti alla porta di Touko Fukawa nel tentativo di fare ammenda per tutti i suoi sbagli, forse Aloysius era riuscito nel suo intento.

Mi ricorderò di ringraziarlo alla prossima telefonata.

Prese tutto il coraggio che aveva e poggiò l’indice sul campanello, pronto a suonare, quando la porta si aprì di scatto… e si trovò davanti il Super Impostore.

“Ma dai, e tu che ci fai di qui?”

Byakuya ringhiò mentalmente. Quello era un imprevisto a cui non aveva decisamente pensato.

Sempre perché non tieni mai conto del fattore umano.

Ignorò la voce per concentrarsi sulla sua fotocopia mal riuscita: “Dovrei essere io a dirlo.”
L’altro non non si scompose, anzi osò ghignare: “Ne sei sicuro? Fino a prova contraria io e Fukawa-chan siamo amici. Non credo si possa dire lo stesso di voi due.”

Alle spalle dell’Impostore, Touko li osservava con uno sguardo che era un misto di perplessità, timore e… fastidio. Decisamente non era particolarmente felice di vederlo, come da diverse settimane a questa parte. Ma ormai era lì e sarebbe andato fino in fondo.

“Mi piacerebbe continuare a parlare di fuffa variopinta con te, Impostore” disse, “ma sono venuto per parlare con Touko. Sempre se ne ha voglia” aggiunse, cercando di smorzare i toni e non sembrare autoritario come suo solito.

Ma che carino, stai proprio diventando un biscottino come Naegi-kun!

Piantala.

L’Impostore si limitò a voltarsi verso la ragazza, che dopo qualche istante fece un cenno affermativo con la testa.

E una è andata.

Quando si fece da parte per farlo uscire, l’altro ragazzo gli si avvicinò e disse a bassa voce: “Se quando torno la trovo in lacrime te la faccio pagare.”
“E come, di grazia?” sussurrò a sua volta. “Mi lanci mazzette di soldi non tuoi?”

“Sono il Super Impostore. Prega solo che non mi venga in mente di imitare Pekoyama… o Ikusaba.”

Bastò quel cenno alla Super Soldatessa a farlo desistere dal rispondere a tono.

Finalmente rimasti soli Byakuya rivolse tutta la sua attenzione a Touko, la quale era seduta alla sua scrivania a braccia conserte e lo squadrava dalla testa ai piedi. L’ironia nel vederla in una postura così simile alla sua solita non gli sfuggì, e fece anche un po’ male.

“Hai detto che dovevi parlarmi” proruppe lei. “Avanti allora, sono tutta orecchie.”

Aveva ormai imparato che una Touko incazzata non balbettava. Inspirò e cercò di ricordare il discorso che si era preparato quella mattina, ma l’unica cosa che riuscì a dire fu un flebile : “Mi dispiace.”

E menomale che volevi mostrarti sicuro di te.

...senti.

“Scusarti di cosa, esattamente?” sottolineò lei. “Di due anni di insulti e battutine al vetriolo? Dell’aver ballato con Sonia Nevermind? Dell’essere uno stronzo impenitente? Vuoi scusarti per tutto o devo sceglierne una?”

Cavolo, per essere un esserino così minuto e timido la ragazza ci va giù pesante con le parole.

Decisamente… dove diamine nascondeva tutta questa grinta?

Grinta non mi pare proprio il termine adatto, ma ok.

Byakuya cercò di replicare: “Voglio scusarmi per… tutto. Sono una persona orribile, e non me ne è mai importato nulla perché è così che sono stato cresciuto, pur non essendo una valida giustificazione. Con te poi ho dato veramente il peggio, sono stato uno stronzo… non ci sono se e ma che tengano purtroppo. Posso solo porgerti le mie più sincere scuse e prometterti che cercherò di rimediare.”

Lei si voltò di scatto, fissando il monitor del suo portatile: “Bene, fantastico. Ora, se vuoi scusarmi…”

Incredulo non iniziava nemmeno a definirlo.

“Tutto qui? Non hai altro da dire?” chiese, ma Touko non si voltò nemmeno: “Cosa speravi che facessi, che mi buttassi di nuovo ai tuoi piedi urlando ‘Byakuya-sama!’ come ho fatto negli ultimi due anni? Che bastasse un accenno di pentimento e una faccia da cane bastonato a farti perdonare? Mi spiace ma non è così che funziona. Se avessi voluto continuare a farmi maltrattare sarei rimasta a casa con i miei.”

Quell’ultima frase fu una dolorosa stilettata al cuore. Sapeva abbastanza della sua famiglia da non voler essere associato a certi elementi.

“Touko sono sincero, voglio davvero farmi perdonare… permettimi di provarci” disse, e mai come in quel momento si era sentito più vulnerabile, esposto. In un breve ma intenso slancio di coraggio aggiunse: “Io ti…”
“Tu cosa?”
“Io…” cercò di completare la frase, ma le parole gli morirono in gola. Si diede mentalmente dell’idiota per quella scena così patetica.

Lei lo osservò in silenzio, per poi distogliere di nuovo lo sguardo: “Immagino me lo dirai un’altra volta, se proprio ci tieni. Ora scusa ma ho un manoscritto da editare e una scadenza imminente.”

Un modo come un altro per dirgli di andarsene.

Byakuya fece quanto gli era stato detto, e una volta tornato in camera sua si buttò sul letto, stanco come se avesse corso una maratona.

Fantastico, veramente un successo.

Solita regina del melodramma. Guarda che non è andata poi così male.

Davvero? Sicuro di aver assistito alla stessa scena che ho vissuto io?

Certo che sì, e ti assicuro che, viste le premesse, è andata meglio di quanto potessi sperare.

Deve essermi sfuggito un passaggio allora, perché quello che ho visto io era Touko Fukawa che mi usava come sacco da boxe.

Ha ragione Enoshima, sei veramente una diva del cavolo. Sappi che se Touko avesse davvero voluto tagliare i ponti con te non ti avrebbe nemmeno fatto entrare nella sua stanza, ma ti avrebbe chiuso la porta in faccia senza troppe cerimonie. Invece ti ha dato modo di spiegarti e, se proprio vogliamo analizzare tutto fino in fondo, ti ha pure concesso di provare a farti perdonare. Quella ragazza è ferita e furiosa, ma sotto sotto è ancora innamorata di te. E ora che anche tu sei riuscito a fare due più due con i tuoi sentimenti… devi solo dare il meglio di te.

Byakuya non era del tutto sicuro che il meglio di sé potesse bastare, in quella situazione.


*


“E quindi, Sakakura-kun, ti stavo spiegando che per ottenere le licenze e i permessi idonei…”.

“Prendetemi a martellate sui coglioni vi prego è meno doloroso di ‘sta palla mortale”.

WHOOOOOSH.

“Ohohohohohohohoh. Guardate un po’ chi è venuto a trovarvi!”.

“Kizakura-san. Cosa ci fai qui?”.

“Non posso venire a trovarvi, per caso?”.

“Figurati, era solo una domanda”.

“...zio Koichi, perché ho la sensazione che tu non sia finito qui per caso?”.

“Mi offendi, Kyouko-chan. Passavo di qui e volevo vedere come procedeva, semplice”.

“...tu sei tutto tranne che semplice. Ti conosco, so che adori sguazzare nella schadenfreude”.

“Che cos’è, un rutto fatto da Mozart? Io il vichingo mica lo so parlare”.

“...”.

“Senti un po’, Munakata. Ora che qui c’è Kizakura, e visto che manca meno di mezz’ora alla fine del periodo di punizione… perché io e te non andiamo a farci un giro? Ce li terresti mica tu, ubriacone?”.

“Perché no? Va bene. Ma mi devi un favore, Sakakura-san”.

“Basta che non mi chiedi il culo e va bene tutto”.

“Oh, per quello so che c’è già chi sopperisce per me”.

“...”.

“...”.

“...”.

“...”.

“...”.

“...”.

“...”.

“Bene. Vogliamo andare?”.

“Andiamo”.

“Addirittura a braccetto. Che birbantelli quei due”.

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Capitolo 18
*** ...e Capitan Togami ***


Touko Fukawa era nervosa.

Non solo per quel manoscritto da consegnare a breve al suo editore.

Era nervosa anche (e soprattutto) a causa di Byakuya Togami, e non era quel tipo di nervosismo che trovava piacevole.

Era letteralmente incazzata.

E quando era incazzata, Touko metteva a dura prova le pareti insonorizzate dei dormitori sparando a tutto volume i Cannibal Corpse.

Probabilmente nessuno avrebbe mai immaginato che la timida, diffidente scrittrice di romanzi rosa amasse il death metal, ma d’altronde nessuno la riteneva in grado di sopportare un paio di birre senza troppe conseguenze (e comunque dubitava che a qualcuno interessasse, e decisamente in quel momento una birretta ghiacciata l’avrebbe gradita parecchio).
Se poi si aggiungeva la sua situazione con Togami il nervosismo saliva alle stelle, e il volume delle casse del pc pure.

Due anni. Due anni ti ci sono voluti per renderti conto di quanto sei stronzo!

Un bellissimo stronzo aggiunse una vocina melliflua nella sua testa che lei associava a Genocider Syo. Purtroppo all’ormone non si comanda, e lei non era ancora del tutto immune al fascino del Super Erede.

E quella faccia da cucciolo, dove diamine l’hai imparata? Ti ha dato ripetizioni Naegi-kun?

Anche quella aveva sortito il suo effetto. Non lo aveva ancora perdonato, ma quegli occhi azzurri che cercavano il suo perdono non l’avrebbero lasciata in pace per giorni.

Ma maledizione a te, Byakuya Togami! Io cerco di liberarmi dalle catene che ci legano (e che ho creato io, imbecille che sono) e tu finalmente ti svegli e mi chiedi perdono?

Come se quelle scuse da sole bastassero, poi.

Era sicuramente apprezzabile il tentativo, e lo conosceva abbastanza da rendersi conto che erano scuse sincere, non un modo come un altro per rattoppare le cose tra loro solo per il quieto vivere. Si domandò da cosa derivasse quell’improvvisa presa di coscienza da parte del ragazzo, perché quello non era di sicuro il suo tipico modo di fare. Ricordò di averlo visto parlare con Asahina e Oogami, diversi giorni prima, e si chiese se non ci fosse lo zampino delle due ragazze…

Questo non cambia niente, comunque. Non merita il mio perdono.

Però una parte di lei voleva, ed era quell’indecisione a tormentarla (e a farle aumentare il volume della sua inquietante playlist): era indubbio che due anni di angherie non potevano essere cancellati così su due piedi, ma grazie alla faida aveva visto a cosa poteva portare il voler rimanere arroccati sulle proprie posizioni.

E Byakuya comunque aveva detto di voler provare a farsi perdonare… almeno quel tentativo poteva concederglielo.

“Argh! Dannazione!”

Chiuse di scatto il portatile, perché in quelle condizioni non sarebbe stata in grado di correggere nemmeno due righe.

Aveva bisogno di un consiglio, ma era tardi e lei era troppo stanca per continuare a pensare.

Mise il pigiama e si rannicchiò tra le coperte, appuntandosi mentalmente di chiedere consiglio all’Impostore il giorno seguente.


*


“Guarda te la sfiga che brutti scherzi che tira…” si trovò a mormorare a bassa voce Makoto Naegi. Mentre lo faceva si dovette abbassare per evitare l’ennesimo lancio lungo di Togami.

Stavano giocando tutti a calcio. Squadre miste per il torneo fra classi della scuola.

E indovina chi si erano trovati contro?

Per chi ha risposto “la 77, ovviamente” vi meritate un trofeo dai piedi di balsa.

Lui era stato messo dal coach Kirigiri là davanti, “a fare l’ariete d’area” erano state le sue parole. Non poté non cogliere il suo sorrisino sornione, conscia com’era della sua totale incapacità di realizzatore.

Oh beh, in quanto in una relazione amorosa con il mister io almeno gioco. Poi i risultati sono penosi, ma non si può volere tutto dalla vita.

La loro squadra sembrava davvero un lazzaretto: a parte l’atleticissima Asahina (che scorrazzava in lungo e in largo sulla fascia come se fosse un furetto) e la rocciosa Oogami (messa in difesa perché altrimenti avrebbe mandato all’ospedale chiunque si fosse azzardato a contrastarla sui cross dal fondo, e questo capitava comunque in caso di attacco avversario) il resto era francamente penoso. A partire da lui, notoriamente provvisto di una scorta di fiato infinita e col fisico adatto per un gioco di contatto come quello. Ma vogliamo parlare del pur volenteroso Fujisaki, che nonostante le ottime intenzioni finiva per terra ogni due per tre? O del legnoso Ishimaru, che non accompagnava l’ardore agonistico con una tecnica adeguata? O dell’ingovernabile Enoshima, che non aveva la minima idea di cosa significasse ricoprire un ruolo e vagava come un’anima in pena per il campo ostacolando chiunque le capitasse a tiro?

Ma porca la miseria, proprio oggi Ikusaba-san doveva stare poco bene e non sentirsela? Non sarà Cristiano Ronaldo, ma al contrario della sorella dove la metti sta e non fa danni.

Poi ok, non è che la ghenga di Hinata fosse conciata tanto meglio. A partire da Tanaka, che sin dal fischio d’inizio si era piantato a centrocampo con le mani giunte recitando una qualche preghiera tipo in sanscrito antico o giù di lì (tanto, per quel che ne poteva sapere, stava parlando nella lingua elfica de Il Signore degli Anelli); Mioda stava riuscendo eccellentemente ad essere la precisa fotocopia della Super Modella, correndo senza senso da un lato all’altro senza capirci realmente nulla; Hanamura e Kuzuryuu sembravano un duo comico di nani che provavano a salirsi sulle spalle per qualche acrobazia improbabile, forse memori dei gemelli Tachibana di Captain Tsubasa. Gli unici giocatori decenti nel lato avverso erano Oowari, che forse non poteva candidarsi al Pallone d’Oro ma faceva un onesto lavoro da centrocampista, Nidai che però misteriosamente era stato messo in porta e incredibilmente quello scricciolo di Nanami, un folletto con un notevole controllo di palla che sapeva dribblare almeno i pali della luce.

Insomma, era un festival di incompetenti buttati nell’arena a cui era stato detto di arrangiarsi. E i risultati si vedevano. Zero a zero fisso e i portieri che potevano permettersi di mettere una sdraio vicino al palo e stravaccarcisi sopra perché tanto non sarebbe successo nulla di nulla.

E poi… beh, e poi c’era Togami.

“Togami-san! Lo sai vero che non stiamo giocando a rugby e che non devi tirarla più alta che puoi?” si lasciò sfuggire mentre tornava verso il centro, passandogli accanto. Doveva ammettere che, se non altro, lo Scion stava tenendo dal punto di vista fisico e non pareva dare segni di cedimento. Il che, a sua opinione, era quantomeno strano visto che il peggior sforzo che gli avesse mai visto fare era quello di tirare i libri addosso a chi osava disturbarlo durante una sessione di lettura.

“Sto calibrando il lancio, Naegi. Non è così facile fare il geometra di centrocampo”.

“Se riuscissi a calibrarlo entro il 2050 sarebbe meglio”.

“Vogliamo scambiarci i ruoli, così capirai da te quant’è difficile?”.

“A me sta bene. Tanto come ariete d’area faccio schifo”.

E in effetti i risultati furono un po’ meno deprimenti, perché se non altro si vedeva qualcosa che in qualche incubo strano poteva forse assomigliare a delle azioni decenti. Anzi, misero assieme una serie di passaggi riusciti e, grazie a un suo assist filtrante, il loro nuovo attaccante si trovò solo di fronte al portiere.

Nidai, molto poco sportivamente, optò per l’uscita a valanga. Con il solo spostamento d’aria aveva probabilmente fratturato entrambe le tibie di Togami, se lo avesse colpito gliele avrebbe ridotte a gelatina.

Il tiro che ne seguì rischiò di bucare uno degli anelli di Saturno. O almeno, questo è ciò che avrebbe probabilmente scritto Fukawa per esagerare. Più prosaicamente riuscì, dopo un volo a planare davvero notevole, a centrare con precisione una finestra dell’edificio subito accanto al campo.

CRAAAAAAAAAAAAAASH.

Ehi, aspetta. Quella non è la parte dove stanno gli uffici delle personalità importanti? Avrà mica…

“Io ve lo buco ‘sto cazzo di palloneeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!” giunse il furente urlo di un ferito Hongou, che si affacciò tenendosi la faccia e facendo roteare con la mano destra l’oggetto che lo aveva apparentemente colpito.

Il silenzio dei ventidue studenti fu eloquente.

“Togami… TOGAMI! Sei stato tu, vero? E se non sei stato tu SEI STATO TU LO STESSO!”. Gli occhi di tutti i presenti, dentro e fuori dal rettangolo di gioco, si fissarono sulla colpevole schiena dell’Erede. Il quale abbassò la testa e non emise un singolo suono.

“SAKAKURA VI AVRÁ SUL GROPPONE PER ALTRI TRE MESI! TUTTI INDISTINTAMENTE! RINGRAZIATE TOGAMI!”.

Sul serio? Sul serio?

Ci volle l’intervento di alcuni dei pesi massimi di entrambe le classi per impedire che sul menù serale della scuola apparissero per magia gli spiedini alla Togami.


*


“E quindi dovrò amorevolmente occuparmi di voi per altri tre mesi, eh?”

Silenzio di tomba.

Juzo Sakakura sfoderò il suo miglior sorriso da iena: “Come mi dispiace… per voi.”

Byakuya dovette fisicamente tapparsi la bocca per non rispondergli a tono. Aveva già trentuno persone che se non lo volevano morto poco ci mancava, aggiungere anche l’ex Super Pugile pareva eccessivo perfino a lui.

Oh e poi c’è Touko, non dimentichiamolo mai.

Suvvia, lei non ti vuole morto. Non più, almeno.

Inspirò. Mettersi a litigare anche con la sua vocina e dare spettacolo a suon di smorfie non era proprio il caso.

“Tre mesi… altri tre mesi ai lavori forzati, E IO NON GIOCAVO NEMMENO!” tuonò Mondo, la cui unica colpa in effetti era stata la sua presenza in campo. Che poi fosse stato più che altro impegnato a inseguire le sottane di Junko piuttosto che a giocare, ad Hongou era fregato poco e nulla.

“Pure il nostro Togami ha deciso di cambiare identità per qualche giorno” si intromise Hinata, “non vuole in alcun modo essere scambiato per te!”

Il quale Impostore si limitò ad annuire, nascosto dietro una costosissima tavoletta grafica e impersonando chissà quale studente.

“Beh scusate se non sono particolarmente portato per un’attività da plebei come il calcio” ringhiò, attirandosi le ire di mezza classe.
“Ci hai appena dato dei plebei, testa di cazzo?!” saltò su Kuzuryuu, tenuto caritatevolmente a freno da Pekoyama.
“Lasciate che gli lanci la più potente delle mie maledizioni” sussurrò Tanaka, minacciandolo di farlo mangiare vivo dai suoi… uh, criceti. “Dopo non parlerà più perché avrà ingoiato la sua stessa lingua, spinto dalla disperazione!”

Byakuya sbuffò e fece l’errore di voltarsi alla sua destra, dove incontrò lo sguardo inferocito di Naegi e quelli scocciati di Asahina e Oogami. Sì, persino lei, notoriamente riconosciuta come gigante buono che non farebbe del male a una mosca, era scocciata.

A causa sua.

Se tu fossi un gioco su Steam avresti appena sbloccato l’achievement più raro di tutti!

“Tu lo sai che io ho una gara tra qualche giorno, sì? E che questa punizione toglie tempo prezioso ai miei allenamenti?” borbottò Aoi, e l’unica cosa che lui seppe dire fu: “N-non l’ho fatto apposta.”
“IO HO UNA GARA E TU MI DICI CHE NON HAI TIRATO QUEL BOLIDE APPOSTA?!”
“IO NON SO GIOCARE A CALCIO!”
“E non potevi dirlo PRIMA, invece di entrare in campo con l’aria di chi ce l’ha solo lui e si crede Tsubasa Oozora?” lo attaccò persino Naegi, che sembrava a tanto così dal volerlo sbranare.

“Adesso calmiamoci, da bravi” disse Sakura, e bastò il solo tono di voce a placare gli animi di tutti. “Togami-san non ha deciso di farci finire in punizione di proposito… anche se non apprezzo particolarmente questa macchia infamante sulla mia scheda personale” aggiunse, e fu chiaro a chiunque che se non aveva ancora defenestrato l’Erede era solo perché era troppo buona. E perché aveva un ottimo autocontrollo.

“Scusa…” pigolò Byakuya, sentendosi in colpa per aver infangato la scheda scolastica dell’unica persona che se l’era preso a cuore.
Lei doveva aver colto, perché gli rivolse un piccolo sorriso: “Tranquillo, non ce l’ho con te… solo, devo sbollire il nervosismo. E in questo istante averti davanti agli occhi non mi aiuta.”

“Lasciatemi entrare in campo e fatemi giocare, aveva detto! Sto calibrando il tiro, aveva detto!”

“Naegi, guarda che ti sento!”
“Chissenefrega. Ci hai trascinati tutti nel fango con te, il minimo che puoi fare è beccarti gli insulti in silenzio!”

“Non credevo che avrei fatto così tanti danni, ok?!”

“Oh per favore, praticamente cammini con un cartello sulla testa che dice VI PREGO RENDETEMI UN MINCHIONE!”

“Vai così nanetto, digliene quattro!” fece il tifo Mondo, seguito a ruota da Enoshima e da buona parte della 77.

Ora basta.

Si voltò verso Sakakura, che osservava la scena parecchio divertito: “Mi scusi tanto, ma non dovrebbe intervenire e ristabilire l’ordine?”
L’altro ghignò: “Oh per carità, sia mai. Avevo già capito che tu saresti stato fonte di ilarità per me, e l’attuale situazione me lo conferma. Prego, proseguite pure.”

L’unica cosa che potè fare fu tacere e ignorare il coro di epiteti ai suoi danni. Lasciò vagare lo sguardo fino ai banchi più indietro, e sfortuna volle che si posasse su quello dov’era seduta Touko Fukawa: gli occhi della ragazza al momento erano così pieni di odio che non si sarebbe stupito di veder saltare fuori Genocider Syo e inseguirlo con le Genoscissors.

In effetti rovinare i voti in condotta della ragazza che ti piace e che vorresti ti perdonasse non è stata proprio una mossa geniale.

Non ho chiesto io ad Hongou di punire anche quelli che non giocavano!

Si osservarono in silenzio per qualche istante, poi lei distolse lo sguardo lasciandolo alle prese in giro.

Tieni duro, riusciremo a risolvere. Ci vorrà parecchio olio di gomito da parte tua ma...

E per la punizione che faccio, mi attacco? Se mio padre lo scopre sono un erede morto.

Per quello posso farci ben poco, sono solo una voce io!

Eccerto.

“Ohibò, vedo che i carcerati sono aumentati.”

No, Dio Brando, anche LUI no.

“Ah, Kyosuke-kun! Quali buone nuove ci porti?” sorrise quella iena di Juzo, che a quanto pareva godeva nel farli morire di noia lasciando parlare a vanvera il suo… ragazzo? Amico? Amico con benefici? Va beh, quello. Kyosuke Munakata. Super Noia.

“In effetti sì, ho parecchie notizie interessanti” annuì quest’ultimo, accomodandosi lì vicino. “Lascia che ti aggiorni…”

L’intera classe lanciò occhiate piene d’odio verso Togami. Se avessero potuto avrebbero lanciato anche banchi e sedie, probabilmente.

Byakuya si accartocciò su se stesso.

Voglio morire, la mia vita fa davvero schifo.

Regina del melodramma che non sei altro, ricordati che le cose potrebbero andare anche peggio!

Sì, tipo?

Beh la tua amata Touko potrebbe odiarti… oh, aspetta.

...vaffanculo.


*


“Ma sai che la benda sull’occhio ti dona? Sembri la carcassa di un vecchio pirata, e sottolineo carcassa e vecchio.”
“Kizakura, ricordami perché un alcolizzato come te lavora ancora qui.”
“Perché sono un alcolizzato ma sono bravo in quello che faccio, Hongou. E quello che faccio è sempre molto piacevole perché viaggio un sacco invece di fare le piaghe da decubito seduto a una scrivania.”
“Bambini, vi prego… abbiamo già trentadue studenti in detenzione con Sakakura, non costringetemi a mandarci anche voi.”

“Trentadue studenti addirittura, c’era mica bisogno di punirne trentuno in più solo perché detesti Togami?”

“Che imparino nella maniera più dolorosa possibile. Lui soprattutto.”

Jin Kirigiri sospirò. Forse era il caso di rivedere un attimo i membri del personale amministrativo.


*


Ibuki Mioda era un po’ seccata.

Non per la punizione di per sé, a quella era ormai abituata. Ciò che le dispiaceva era non poter vedere Byakuya-chan.

Aspetta, ma posso ancora chiamarlo Byakuya-chan ora che ha cambiato identità?

Era solo per qualche giorno, ma il dubbio era più che lecito. Essere impegnata con un ragazzo il cui super talento era impersonare altra gente rendeva le cose un po’ complicate, ma in fondo c’era di peggio al mondo, e Ibuki non era una che badava a sciocchezze come queste. E in ogni caso avrebbe sempre potuto chiedergli il suo vero nome, insomma, era la sua ragazza! Almeno a lei poteva dirlo!

Aaaaah, la sua ragazza!

Si ritrovò a saltellare e sghignazzare per il corridoio, aguzzando la vista. La stazza di Byakuya-chan non passava di sicuro inosservata, ma era così bravo che riusciva comunque a mimetizzarsi perfettamente. Trotterellò fino in caffetteria, ma dopo un’accurata scansione della sala ne dedusse che non era lì. Lo stesso valeva per la cucina e la sala provviste.

Hmmm dove ti sei nascosto, Byakuya-chan? Perché non avvisi mai Ibuki?

In realtà il suo cellulare aveva suonato almeno quattro volte, ma ogni volta si era distratta con qualcos’altro prima di riuscire a rispondere. E piuttosto che decidersi a controllare le chiamate perse pensò bene di andare a controllare la biblioteca, altro posto dove Byakuya-chan si rifugiava spesso. Quando non c’era il vero Togami a spadroneggiare come su una terra in tumulto, ovviamente.

“Byakuya-chaaaaaaaaaaan! Sei quiiiiiii?”

In biblioteca venne accolta solo da un gruppetto di studenti che, infastiditi dal suo fare chiassoso, uscirono in fretta e furia dalla stanza.

Che gente barbosa.

“N-non dovresti urlare così in biblioteca, Mioda-san. Sono le regole… e per questo se ne sono andati via. N-non che a me importi, ma…”

L’unica ad essere rimasta era Touko Fukawa, semi nascosta dietro uno scaffale. La Super Musicista le corse incontro: “Fukawa-chaaaaan! Come stai? Hai mica visto Byakuya-chan? Il mio, non il tuo! Ibuki non lo trova da nessuna parte!”
“N-no, mi spiace. Oggi non l’ho ancora visto” rispose l’altra, tenendo lo sguardo basso.
“Oh, capisco” sbuffò Ibuki. “Beh, non ci vediamo da un po’! Come va la vita? Hai risolto con il tuo Togami?”

Lo sguardo che la scrittrice le restituì le fece intuire che forse aveva posto la domanda sbagliata.

“M-magari Ibuki non doveva chiedertelo” si affrettò, ma Fukawa si limitò a sospirare: “N-non fa niente. È che… ecco, s-se avessi incontrato il tuo Togami gli avrei chiesto consiglio, m-ma non l’ho trovato e io s-sono confusa e n-non so cosa fare e…”

L’altra ragazza sembrava sull’orlo di una crisi, e Ibuki decise di intervenire.
“Racconta tutto a Ibuki!”

“Eh?”

“Massì, sfogati! Ci pensa Ibuki a tirarti su!”

“Ma io… io n-non vorrei disturbare…”.

“Disturbare? E in che modo disturberesti Ibuki! Ibuki è contenta di stare a sentirti parlare! Inoltre non può essere da meno del suo ragazzo! Aaaaaah, come suona bene quella parola… r-a-g-a-z-z-o… si srotola magnificamente sulla lingua, come un Big Mac di McDonald!”.

Il delirio di Mioda si interruppe quando pensò bene di cercare lo sguardo dell’altra ragazza per avere conferma su quanto aveva appena detto. E la faccia di quella che stava comunicando “senti, ma la lingua vuoi che te la stacchi adesso o prendiamo appuntamento dopo?” le fece riconsiderare l’entusiasmo.

...in certi momenti, per fortuna solo in certi momenti altrimenti Ibuki non sarebbe più Ibuki, mi rendo conto di esagerare.

“Scusa” si affrettò a dire “non volevo”.

“N-No, tranquilla. Ti sei messa assieme a una p-persona adorabile. Goditela. In quanto a me… andrò in camera mia, v-voglio restare un po’ da sola…”.

Proprio mentre la Scrittrice stava per superarla, dirigendosi verso la porta, un gesto improvviso la portò ad afferrarla per il polso: “Aspetta. Ero sincera quando ti ho detto di sfogarti”.

L’altra, presa in contropiede dal movimento repentino, le scoccò una smorfia di disappunto ma rispose in maniera civile: “S-Sei gentile a offrirti, ma preferisco di no…”.

“E allora vuoi stare male per sempre? Perché si vede che stai male, lo capisco persino io!”.

“Non ti starai sottovalutando un po’?”.

“La stima del QI di Ibuki non è importante adesso, adesso è importante che tu butti fuori quello che ti fa star male!”.

“Non intendevo denigrare la tua intelligenza, eh”.

“Fa nulla, potrai denigrarmi dopo! Ora” prosegui conducendola con dolcezza verso due sedie “noi ci piazziamo qui e tu mi racconti per bene”.

Quando si posizionarono Fukawa la squadrò, piuttosto rassegnata: “D-Devo proprio?”.

“Se ti importa di non avere quel faccino intristito fino alla fine della tua vita scolastica qui… sì, devi proprio”.

Uno sbuffo. Non sarebbe stato facile, né piacevole.

“Forza Fukawa-chan, parla. Ibuki potrà dare una pessima impressione di chitarrista esagitata, ma stai pur sicura che è una eccellente ascoltatrice. E due volte su tre i suoi consigli non conducono al suicidio!”.

“Evviva…”.

Così non va.

Va bene. È quel momento.

Come per un sortilegio voodoo Ibuki Mioda, Super Musicista e persona dotata della carica vitale più scoppiettante nella storia delle cariche vitali scoppiettanti... si quietò. Assunse un’espressione professionale, smise di muoversi come una scimmia sotto LSD e si focalizzò sul suo bersaglio: “Fukawa-chan, hai scatenato la Trasformazione. Dovresti esserne fiera, è una cosa rarissima”.

“T-Trasformazione?”.

“Una volta all’anno mi concedo di comportarmi seriamente. Solo se serve. E mi stai abbastanza simpatica da valere lo sforzo”.

“Dici… dici sul serio?”.

“Dico sul serio. Se volessi raccontarmi cosa ti angustia…”.

“Aspetta aspetta aspetta! Tu… conosci il s-significato della parola angustiare?”.

“Se mi ci metto sono meno cretina di quanto appaio. Il fatto è che non ne ho quasi mai voglia. Avanti”.

Altro sbuffo. Nonostante tutto non sembrava particolarmente propensa a confidarsi.

“Se temi che quanto dirai uscirà da queste quattro mura ti giuro che non sarà così. Sarò più muta di una tomba. Considerami la tua psicologa, e in quanto tale vincolata dal segreto professionale”.

Qualche secondo di silenzio. La resistenza di Touko era più massiccia di quanto avesse preventivato.

“E-Ecco, vedi… Togami è v-venuto, ieri… a parlarmi”.

“A parlarti di cosa?”.

“Si… si è scusato…”.

“Davvero? Byakuya Togami, lo Stronzo che non Deve Chiedere Mai… si è scusato?”.

“Lo… lo ha fatto! Ed è stato così… così…”.

“Così?”.

Fukawa si afferrò una ciocca di capelli e cominciò a torturarla, sembrando quasi sul punto di strapparsela. Appariva davvero nervosa.

Il che, in realtà, non è poi tutta ‘sta gran novità.

“Quel… quel bastardo… si è fatto insegnare q-qualche tecnica da Naegi-kun… perché… perché quel m-modo di fare da cucciolo bastonato… era adorabile… tenerissimo…”.

“Oh. Il tuo racconto è estremamente interessante, Fukawa-chan. Non mi sarei mai aspettata di vivere così a lungo da poter sentire gesta eroiche di questa portata. E dimmi, se ti ha fatto quest’eccellente impressione perché ora tentenni e non sei in camera sua per darvi alla pazza gioia?”.

“Perché non se lo merita!”.

“In base a cosa lo dici?”.

“Tu sai come mi ha sempre trattata, vero?”.

“Sì, ne ho una vaga idea…” glissò con eleganza. Era perfettamente consapevole della gentilezza tipica made in Togami, e come lei lo era qualsiasi mattone di quella scuola. Il bullismo che quella povera ragazza aveva subito negli ultimi due anni era ormai assurto a storia dell’orrore con cui si spaventavano i primini.

“E quindi capirai perché non sono poi così entusiasta di tuffarmi fra le sue braccia…”.

“Lo posso immaginare”.

“Che situazione del cavolo. Vorrei perdonarlo ma entrambi sappiamo che non posso farmi questo torto, significherebbe calpestare quel poco di dignità che mi rimane in nome di un’infatuazione malsana”.

“Prima di dirti la mia vorrei sapere un’altra cosa: ti sembrava sincero?”.

“Sì, molto. In quel momento suonava troppo coinvolto emotivamente”.

“Capisco…”.

Lasciò cadere il discorso per un attimo, valutando i pro e i contro di quanto aveva intenzione di dire.

Infine si decise a parlare: “Fukawa-chan, permettimi di farti notare una cosa: se davvero era sincero, e per come me l’hai descritto non ne dubito, la tua frase sull’infatuazione malsana potrebbe non essere vera”.

“Cosa intendi?”.

“Che poteva essere vero anche solo un mese fa, quando il signorino partecipava con successo a un virtuale concorso Belli ma Stronzi come la Morte. Se però è venuto appositamente a porti le sue scuse per quanto ti ha fatto… beh, la situazione cambia. E parecchio”.

“Mi staresti suggerendo… di cedere?”.

“No, non necessariamente. Dagli il beneficio del dubbio. Mettilo alla prova, per vedere se alle parole seguono i fatti. Perché cianciare è bello, e fidati che sai quanto sono brava nel campo, ma agire lo è di più. E pure in quello modestamente sono imbattibile. Insomma, Kuzuryuu minaccia ogni due per tre di rompere mascelle a pugni ma poi, alla prova del nove, rimedia solo figure di cacca astronomiche. Al contrario ad esempio del vostro Oowada, che per quanto ne so ha molto più successo in tema di risse e affini”.

La mano sul mento di Touko, in posizione da pensatore impegnato, fece capire a Ibuki che stava riflettendo su quanto le era appena stato fatto presente.

“Se posso dire la mia” riprese la Musicista “io non sottovaluterei lo sforzo e l’impegno che sicuramente ci ha messo per venire con i suoi preziosissimi piedi di giada fino in camera tua, prostrarsi anche se solo figurativamente di fronte a te e implorare il tuo perdono. Evidentemente gli è successo qualcosa che lo ha spinto a riconsiderare il suo atteggiamento. Non lasciare che questo treno passi senza afferrarlo, potrebbe essere uno Shinkansen ultraveloce che neanche si ferma in stazione”.

“T-Tu… pensi quindi che dovrei…”.

“Onestamente? Sì, lo penso. Almeno è quanto farei io se mi trovassi nella tua situazione”.

“Non ti succederà mai, fortunata che non sei altro. Il tuo Togami è un tesoro”.

“Lo so bene. Non mi prendo quelli bastardi, li lascio volentieri alle kohai”.

“Siiiiiiiiiiimpatica”.

“Dai, scherzavo. E comunque la Trasformazione si sta concludendo, non può durare troppo che sennò i fusibili mi vanno in sovraccarico”.

“Ibuki Mioda che esplode? Si salvi chi può!”.

“Ammetto che sarei un gran bel mortaretto, già. Bene Fukawa-chan, spero di aver contribuito a darti un po’ di serenità. Te la meriti”.

“...tu e il tuo bel grassoccio siete una coppia splendida, lo sai?”.

Ibuki ridacchiò e annuì. “Sì, effettivamente lo siamo. E ora scusami, ma Ibuki deve andare a cercare il suo morbidissimo Byakuya-chan. Magari se metto i Carcass a tutto volume spunta fuori solo per spegnere il mio lettore mp3…”

“Oh… t-ti piacciono i Carcass?”
“Ma certo che sì! Se no che musicista death metal sarebbe Ibuki? Aspetta, non dirmi che ascolti death metal?!”
La Super Scrittrice annuì timidamente. Ibuki sfoggiò un sorrisone a trentadue denti.
Ma vedi un po’ i casi della vita.


*


“...e nelle notti più buie e senza luna, si narra che l’insopportabile Byakuya Togami vaghi per i corridoi, urlando come una banshee tutto il suo fastidio e il suo odio verso un mondo fatto su misura per i plebei. SPARITE DALLA MIA VISTA, LURIDI COMUNI MORTALI! VERRETE ESILIATI DALLE MIE GUARDIE DEL CORPO PERSONALI!

Un coro di urletti riecheggiò in corridoio, seguito dal rumore dei passi veloci dei primini, che correvano a rifugiarsi nelle loro stanze.

Eh eh eh.

Quando tornò nella sua camera, Kyouko Kirigiri la trovò già occupata.

“Sei davvero andata a terrorizzare i ragazzini del primo anno raccontando loro la leggenda di Byakuya-o-lantern?”

“Certo che sì” sorrise lei, per nulla sorpresa di trovarlo seduto sul suo letto. In fondo era lì che l’aveva lasciato, con la scusa di andare a prendere degli snack.

“E ci sei andata senza di me?”

“Gli hai dato del minchione oggi, mica puoi prenderti queste gioie solo tu.”

“Ma quello valeva per tutta la classe!”

“La vita di coppia è anche e soprattutto condivisione” replicò lei, accomodandosi accanto a lui, che rispose a tono: “Condivisione degli insulti ai danni di Togami?”
“Tra le altre cose.”

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Capitolo 19
*** ...e comunque è sempre colpa della diva bionda ***


Una settimana dopo.

L’Impostore stava sgranocchiando una tavoletta di cioccolata, sdraiato sul letto. Lui e i suoi compagni di sventura avevano da poco finito di passare per le grinfie di Sakakura, come da tre settimane a quella parte. E come sarebbe toccato loro per altri tre mesi abbondanti.

Vaffanculo a Byakuya Togami per avere due ferri da stiro al posto dei piedi. E vaffanculo a Hongou per essere un vecchio vendicativo frustrato con la delicatezza di un rullo compressore e la comprensione di un muro di cemento armato.

Per tre mesi la 77 e la 78 sarebbero state triturate, sminuzzate e passate al colino dal rugoso pugno dell’ex campione mondiale di boxe. E dalla parlantina vivace e sempre accattivante del suo inseparabile compagno (amico? Amante?) Munakata. E, ultimamente, anche dalla verve alcolica e dall’esuberante frizzantezza di quell’altro scarto di galera di Kizakura.

Insomma, cavare cobalto dalle miniere di Shao Kahn ventiquattr’ore su ventiquattro sette giorni su sette sarebbe stato piacevole al confronto.

Quindi potete ben immaginarvi lo stato psicologico del ragazzo, e soprattutto la sua voglia di strangolare il colpevole di tutte quelle angherie (considerando tali sia Togami, sia Hongou) per sfogare almeno un po’ della frustrazione, della noia, dell’abbandono, della malattia e del niente che ormai avevano messo radici nella sua giornata tipo.

Solo il cibo riusciva ogni tanto a dargli un po’ di conforto. Gli era sparita la voracità pantagruelica da “mangio se è commestibile, e se non lo è un mezzo pensierino ce lo faccio” e ormai sembrava una di quelle donne da fiction, la quarantenne un po’ grassottella e single che ficca la testa a pesa morto nella vaschetta del gelato per affogare la depressione.

In realtà c’era Ibuki. Oh sì, c’era Ibuki. Era sempre una gioia, una vera gioia, stare un po’ con lei per scambiarsi effusioni o semplicemente per due chiacchiere rilassate. Il problema era che persino lei stava subendo la situazione: ovviamente era fin troppo esagerato dire che non fosse più l’inesauribile vortice di vitalità e schiamazzi che era sempre stata, ma negli ultimi giorni era evidente come il mix composto dal peggio dei loro tre guardiani stesse pian pianino erodendo qualcosa.

Togami, se per colpa tua la luce di Ibuki viene meno… te lo giuro e sono mortalmente serio, quanto sono veri i kami te la faccio pagare. Busso alla tua porta come Ikusaba e dovranno chiamare la scientifica per scrostarti dal muro. Poi la stessa fine la riservo per quell’altro bastardo di Hongou.

Il pensiero era troppo doloroso, pertanto preferì ignorarlo e tornare a dedicarsi al suo snack.

Stava per addentarlo quando la porta di camera sua suonò.

“Strano, non aspetto nessuno” mormorò alzandosi e andando ad aprire.

Non fu poi troppo sorpreso quando davanti ai suoi occhi apparve la figura di Touko Fukawa. Capitava infatti abbastanza spesso che uno dei due andasse a trovare l’altro.

Quello che invece lo stupì fu lo sguardo di lei, a metà fra l’estasiato e il perplesso.

“Uh? Fukawa-chan? Stai bene? Hai una faccia… strana” le disse facendola accomodare. Mentre stava chiudendo gli giunse alle orecchie il motivo della sua venuta: “Vedi, o-oggi è successa… una cosa… p-particolare…”.

“Sarebbe?”. Si sedette sul letto e le fece cenno di accomodarsi al suo fianco.

“Ti h-ho raccontato di come lo stronzo abbia i-implorato il mio perdono, qualche giorno fa… no?”.

“L’hai fatto eccome. Ebbene?”.

“E-Ebbene… quando s-sono tornata in camera mia… dopo la p-punizione con Sakakura…”.

“Per favore, non pronunciare quel nome o mi viene un travaso di bile”.

“Scusa, amico ciccio. D-Dicevo… rientrando ho trovato… oh per la miseria…”.

“Allora, cos’hai trovato? Una statua di lui nudo in posa lasciva? O direttamente lui nudo?”.

“...beh, non sarebbe s-stato tanto male in realtà”.

“Yuck! Meno male che ho finito di mangiare il cioccolato, altrimenti ora te lo starei vomitando addosso. Ti lascio parlare e non ti interrompo più, giuro”.

“E-Ecco. No, più semplicemente c’era una dozzina di rose rosse con un biglietto d-da parte sua”.

L’Impostore ebbe un piccolo giramento di testa.

Byakuya Togami… regalava rose? E da quando?

“Tu stai scherzando, vero?”.

“H-Ho la faccia di una che scherza? C’erano. Le ho contate, erano dodici. B-Bellissime. E il biglietto, santo cielo il biglietto…”.

“Cosa diceva?”.

“Kerumph. Una per ogni migliaio di scuse che ti devo. Continueranno ad arrivare sperando che prima o poi tu mi conceda almeno una possibilità”.

“...oh wow. Avrà pagato uno scrittore professionista per farsela fare, di suo non è mica capace”.

“Deh, apprezza lo sforzo! È stato… carino…”.

“Indubbiamente. E tu? Perché non sei a fare compagnia ai cherubini cantando le sue lodi?”.

“Eh… sono ancora c-combattuta… una o due cose carine… sono carine, appunto, ma n-non è che da sole bastino…”.

“Sì, ma scusa la domanda indiscreta: io che c’entro in tutto questo?”.

“Volevo… volevo solo farlo presente a q-qualcuno… e tu sei il primo che… che mi è venuto in mente…”.

“Beh, innanzitutto posso dire di essere contento del fatto che hai pensato a me per confidarti. È una cosa bella e ti ringrazio. In seconda battuta… come pensi di comportarti d’ora in avanti?”.

“B-Bella domanda...”.

L’incertezza di Fukawa non era poi così piacevole da sentire per lui. Erano diventati davvero molto amici in quell’ultimo periodo, si erano scambiati consigli romantici, avevano letto Fan Fiction brutte assieme ridendoci sopra, si erano scoperti ognuno lieto sostegno e compagno dell’altro. Vederla così incerta e conflittuale non era un bello spettacolo.

“C-Ci dovrò pensare… ancora un po’...” concluse lei, lasciandolo privo di un lampo di genio con cui toglierla dall’impasse in cui si trovava.


*


SBRANG SDENG BADABUM.

Kiyotaka Ishimaru non credeva ai suoi occhi, e per più di un motivo.

Il primo, e decisamente il più grande, era che Mukuro Ikusaba si era presentata in palestra mentre si stava preparando al consueto allenamento di kendo e aveva preteso di fargli compagnia. La causa era, testuali parole, “l’alternativa che ho per scaricare un po’ di stress è mettere le mani al collo di Togami. Scegli tu”. Al che era stato costretto a dirle di sì.

Il secondo era che, se lui era soprannominato il Tuono Blu della Kibougamine, lei avrebbe dovuto essere soprannominata l’Uragano Multicolore. Sin dall’inizio dello sparring, ormai una decina di minuti, era difatti sempre rimasto sulla difensiva cercando disperatamente di parare i fendenti furiosi di quella satanassa.

All’ennesimo colpo il bokken di lui venne scaraventato lontano. La spada di legno della sua avversaria puntava minacciosa la sua gola.

“Per la miseria, Ikusaba-san. Nervosetta?”.

“Non dovrei? Quello stronzo di Togami ha rovinato i miei voti in condotta! E ti assicuro che è difficile mantenerli alti con la nomea che mi porto dietro” ringhiò lei, roteando il suo bokken in maniera preoccupante. “Kami, sono veramente una iena! Non lo vedevo fare tante stronzate dal viaggio scolastico dello scorso anno, quando lui e Oowada si sono messi a litigare così tanto che Togami stava per dare fuoco al suo pompadour!”

L’istinto da Prefetto di Ishimaru gli urlava di richiamarla per il linguaggio scurrile, ma il suo cervello gli diceva che non era veramente il caso. Essere il ragazzo della Super Soldatessa non era certo garanzia di sopravvivenza. Si limitò quindi ad annuire.

“Tu piuttosto” si voltò lei, puntandogli la spada di legno contro “come fai a stare così calmo?”
Uno dei folti sopracciglioni del Prefetto tremò.

“Voglio dire, ha rovinato i voti in condotta di due classi! E ok, alcuni di certo non avevano bisogno del suo aiuto, ma quelli come noi che l’avevano immacolata?”

Ishimaru inspirò.

“Insomma, sei il Super Prefetto! Un Super Prefetto con la scheda scolastica macchiata per colpa di Togami! Non ti fa imbestialire?”

Ishimaru afferrò il bokken di lei e lo spezzò in due a mani nude.

“I… Ishimaru-kun?” balbettò Mukuro.

Lui si limitò a sorridere. Un sorriso che ricordava vagamente il Joker di Batman.

“E chi ti dice che io sia calmo e non voglia invece IMPALARE TOGAMI CON IL BOKKEN?”

“...forse ho scelto il momento sbagliato per venire a parlartene, eh?”

Ma Ishimaru non la stava ascoltando più.

Al suo posto c’era Ishida.


*


Quando il giorno dopo Touko si svegliò, le dodici rose rosse erano ancora lì.

Rimase per qualche istante seduta sul letto ad osservarle, convinta si fosse trattato di un bel sogno e che sarebbero sparite una volta aperti gli occhi. Invece erano ancora lì, stupende come la sera prima e con il biglietto a fare bella mostra di sé.

E io continuo a non sapere cosa fare.

Mentre si apprestava a fare una doccia (sto diventando brava a mantenere le buone abitudini, +500 punti xp per me) pensò brevemente a quell’ultima settimana e all’escalation di eventi che avevano portato a quel mazzo di rose in camera sua.

In principio erano state piccole cose.

Un “buongiorno” sussurrato in classe al posto del solito grugnito, una porta tenuta aperta per farla passare, o la pezzuola per pulire gli occhiali nel caso servisse. Gesti quasi insignificanti, normali per i più, ma non per Byakuya Togami, ovviamente, che di normale non aveva mai fatto e detto nulla in vita sua. Ma Touko aveva deciso di non dargli peso, perché una sola giornata diversa dagli ultimi due anni non voleva dire nulla, e lei non osava sperare più del dovuto

O almeno così aveva creduto finché non si era ritrovata un bellissimo, costosissimo quaderno nel vano portaoggetti del suo banco: era uno di quei quaderni che costavano un rene, con copertine in tessuto decorate e chiusura magnetica, che puoi comprare solo nelle grandi librerie e non allo spaccio della scuola. Non ci aveva trovato alcun biglietto dentro, ma era indubbiamente da parte di Togami, che sembrava aveva deciso davvero di continuare a stupirla, arrivando persino a sovvertire i loro ruoli usuali e andando a recuperare libri per lei in biblioteca. Una scena così assurda che tutta la classe li aveva osservati come fossero una coppia di alieni.

Solo due giorni prima, entrando in aula, aveva trovato sul suo banco un’unica, singola rosa rossa con un nastro rosso legato al gambo. Anche quella senza biglietto, ma non c’erano dubbi sul mittente. Touko arrossì al ricordo di come si era ritrovata accerchiata dalle altre ragazze, mentre lei teneva incredula il fiore tra le dita.

E poi c’erano state le rose in camera.

...come diamine ha fatto ad entrare nella mia stanza, poi? Avrà chiesto a Fujisaki-kun? Mi avrà rubato la chiave magnetica? Dovrò preoccuparmi? si chiese mentre si asciugava i capelli e si vestiva per andare in caffetteria. Quando arrivò nei pressi dell’area ristoro venne accolta da un’esagitatissima Asahina e un’ancor più esaltata Maizono: “Fukawa-chan! Fukawa-chan! Sei arrivata!”
“N-non dovrei…?” balbettò, ma non fece in tempo ad aggiungere altro che venne afferrata per le braccia dalle due ragazze e condotta di peso verso la sala: “S-si può sapere che succede? Perché m-mi state trascinando in questo modo?!”
“Oh, vedrai” rispose Sayaka. “Eccome se lo vedrai!”

“Non crederai ai tuoi occhi, Fukawa-chan!” squittì Aoi.

E in effetti la Nuotatrice aveva ragione: quando entrò in caffetteria vide uno dei tavoli più lunghi, quello dove solitamente prendeva posto la sua classe al mattino, letteralmente invaso da mazzi di rose rosse.

“C-cosa…”

Girò attorno al tavolo totalmente sconvolta.

N-non può averlo fatto sul serio…

Di Togami nemmeno l’ombra, ma in compenso trovò l’ennesimo biglietto seminascosto tra i fiori: “Tu sarai sicuramente testarda, ma io posso esserlo di più.”

I suoi compagni di classe le si avvicinarono, e a giudicare dalle loro facce erano più divertiti dalla situazione che infastiditi dall’idea di dover fare colazione in piedi.

“Certo che per essere una pigna in culo lo Scion di ‘Staceppa sa essere discretamente romantico” commentò Mondo, seguito a ruota dall’immancabile Junko: “È una regina del melodramma anche quando deve fare il galantuomo. Un po’ ti invidio, Fukawa-chan!”

Mentre i suoi compagni continuavano a commentare la novità del giorno e a complimentarsi con lei, Touko vide l’Impostore e Mioda avvicinarsi: “Però, lo stronzo ha deciso di giocare pesante” commentò il ragazzo, sorseggiando una cioccolata. Ibuki ridacchiò e diede una gomitata scherzosa alla Super Scrittrice: “Direi che adesso almeno una chiacchierata puoi concedergliela, che ne dici?”

Touko arrossì, ma per la prima volta in diverse settimane finalmente si concesse un piccolo sorriso.

Forse una seconda possibilità se la merita davvero.


*

Certo che tu non conosci proprio mezze misure.

Taci.

Sei passato dagli insulti allo svaligiare un fioraio, vuoi mettere?

Piantala.

Ma neanche per sogno! Vedi che se ti ci metti sai essere un essere umano normale e vagamente funzionante?

Senti.

Magari hai un leggero problema di autocontrollo in… tutto, a quanto pare, ma nessuno è perfetto…

Non. Dirlo.

...nemmeno Byakuya Togami.

Il Super Erede ringhiò e si sforzò di non lanciare libri a destra e a manca, dando spettacolo davanti a quei due-tre coraggiosi studenti che avevano osato invadere il suo territorio con la patetica scusa di voler studiare.

Complimenti, li hai fatti scappare tutti. Un nuovo record!

Lo ignorò platealmente, obbligandosi a leggere il libro che aveva preso da uno scaffale solo pochi minuti prima, e di cui non aveva nemmeno letto il titolo.

“So lingers the ocean.”

Scelta peculiare la tua, Byakky.

...ma porca vacca.

Posò il libro sulla scrivania. Di tutti i titoli disponibili ovviamente aveva messo le mani sul romanzo più famoso di Touko Fukawa.

Il filo rosso del destino è per i plebei, il romanzo rosa del destino è per Gente Innamorata di un Certo Livello.

Lasciò perdere ogni eventuale tentativo di risposta, perché era fin troppo chiaro che la sua testa era da tutt’altra parte.

Nell’ultima settimana aveva fatto tutto quello che riteneva possibile per farsi perdonare da Touko, ogni tipo di gesto generalmente definito galante pur di ottenere almeno la chance di parlarle e scusarsi ancora. Dato che mancava di esperienza sul campo aveva passato giorni interi ad osservare le ormai numerose coppiette della sua classe, persino quelle della 77 durante le ore di punizione, per prendere spunto e agire di conseguenza. Avrebbe anche potuto semplicemente chiedere a Oogami e Asahina (sperando che la schiacciante vittoria di quest’ultima alla gara di nuoto regionale avesse reso entrambe più disponibili nei suoi confronti), ma era piuttosto stanco di farsi dare suggerimenti dagli altri: era stata proprio Oogami a dirgli che gli errori servono per migliorarsi, e lui aveva deciso di imparare dai suoi senza che nessuno lo imboccasse come un neonato su cosa e come fare.

Byakuya Togami avrebbe capito da solo come ottenere il perdono di Touko Fukawa, anche a costo di sradicare rose da ogni coltivazione esistente in Giappone.

Certo, c’era sempre l’ipotesi che lei non volesse saperne di parlare con lui, e in effetti durante quella settimana non aveva fatto alcun tentativo di instaurare una conversazione. Anche se l’aveva vista arrossire più di una volta, e si augurava fosse un buon segno.

Era ancora perso nei suoi pensieri quando sentì la porta aprirsi di nuovo. Si voltò di scatto per mandare via chiunque osasse disturbarlo, ma si fermò appena in tempo per vedere Touko ferma sulla soglia.

“Togami, p-possiamo… possiamo parlare?”

Vedi che le tue fatiche sono state ripagate?

Non rispose alla voce, concentrandosi invece su Touko. Si alzò dalla sedia e le fece cenno di accomodarsi accanto a lui: “Certo… anzi, speravo proprio di averne l’occasione” ammise, sedendosi di nuovo.

“Beh, sei stato… convincente” rispose lei, con un mezzo sorriso. “E a proposito, grazie per le r-rose, erano bellissime… anche se forse non era il c-caso di invadere la caffetteria...”

“Magari mi sono lasciato un po’ prendere la mano” rispose Byakuya, cercando di camuffare il rossore (e soprattutto ignorando il fastidiosissimo omino del cervello che continuava a cantilenare “Te l’avevo detto!”), “ma volevo essere sicuro che il messaggio arrivasse.”

“È arrivato, sì” arrossì lei, con un sorriso assai diverso dai suoi tipici ghigni compiaciuti di quando si perdeva nelle sue fantasie.

Quello era un sorriso… bello. E lei era carina quando sorrideva.

E tu sei tanto adorabile perché finalmente riesci a pensarlo senza crederti pazzo!

Piantala!

“Però… ti renderai conto che una s-settimana di gesti gentili non cancella i due anni passati a trattarmi male” proseguì Touko, e Byakuya accusò il colpo senza cercare giustificazioni: “Lo so, e mi dispiace… e non credo di poter fare altro a parte scusarmi in eterno, probabilmente. Ma spero mi permetterai di rimediare” sospirò, cercando il modo migliore per spiegarle il suo punto di vista senza dare l’impressione di volersi giustificare ad ogni costo. “Io non… non sono abituato a esprimere o provare affetto. Non è una cosa che viene insegnata agli eredi dei Togami, perché le uniche cose che contano sono il nome e la posizione sociale, ed ero convinto di non essere capace di provare sentimenti. O almeno era quello che pensavo finché non mi sono ritrovato coinvolto in… questo” gesticolò. A giudicare dallo sguardo confuso della ragazza, la sua spiegazione non stava funzionando. “Non che stia cercando di giustificarmi, sia chiaro. Quello che voglio dire è che” le si avvicinò, osando addirittura stringerle le mani “io non ho la più pallida idea di come farmi degli amici, di cosa voglia dire provare amicizia o… come capire se mi piace qualcuno” balbettò, quasi sussurrando.
“T-Togami…”
“Ti prego, ti prego, non chiamarmi più per cognome. È… non mi piace” si corresse alla fine. Lei annuì: “Ok, Byakuya-sama…”

Si rese conto che nemmeno quel “Byakuya-sama” andava più bene detto da lei, ma ci avrebbe pensato poi.

“D-dicevo… credo di non riuscire a seguirti…”

Come volevasi dimostrare.

Oh avanti, Byakky! Ormai sei in ballo, non ti resta che ballare!

Il velato rimando alla serata che aveva dato inizio a quella spirale di follia non passò inosservato, ma non gli diede peso perché rimaneva un buon consiglio. E Byakuya era deciso a seguirlo: “Touko hai… hai presente quando sono venuto in camera tua per parlarti e ad un certo punto mi sono bloccato nel tentativo di dirti una cosa?”

“S-sì, ricordo.”
“Ecco. Ciò che cercavo di dirti quella sera è che io…”
“Tu…?”
“Io… io ti…”

Niente. Ancora una volta quelle parole gli si erano bloccate in gola.

Era prevedibile, io non ne sono capace!

Oh, adesso esiste davvero qualcosa che Byakuya Togami non è capace di fare?

...col cazzo.

L’eco di una risatina nella sua testa gli confermò che era stata una provocazione per spingerlo a fare ciò che stava per fare. E andava bene così.

Sì alzò in piedi, afferrò Touko per un polso e la trascinò verso l’entrata della biblioteca, dove spalancò la porta, davanti agli sguardi perplessi (ma non troppo stupiti) di un nutrito gruppo di studenti. Proprio ciò che gli serviva.

Si schiarì la voce e tuonò: “CORPO STUDENTESCO DELLA KIBOUGAMINE, VOGLIO SIA CHIARO A TUTTI: IL SOTTOSCRITTO BYAKUYA TOGAMI AMA LA QUI PRESENTE TOUKO FUKAWA!”

Ecco. L’aveva fatto. E di nuovo quella risatina fastidiosa da un qualche anfratto del suo cervello.

Non hai proprio idea di cosa siano le mezze misure!

Chissenefrega.

Si voltò verso Touko, che lo guardava con un’espressione sconvolta e le guance in fiamme. A giudicare dal calore che sentiva, probabilmente la sua faccia doveva essere altrettanto rossa.


*


“BYAKUYA TOGAMI! ERA TUA LA VOCE SGRAZIATA CHE HO SENTITO?”.

“Ishimaru-kun, cosa… cosa vuoi fare?”.

“...che cos’è questa pagliacciata?”.

“LASCIAMI STARE, IKUSABA-SAN! HO UN TORTO DA VENDICARE E IL COLPEVOLE SI È PALESATO DI FRONTE AI MIEI OCCHI!”.

“I-I-Ishimaru… perché hai gli occhi infiammati? E… i capelli bianchi?”.

“È SOLO IL SACROSANTO SPIRITO DELLA VENDETTA CHE ARDE IN ME E PRETENDE DI ESSERE SODDISFATTO!”.

“Ikusaba, per favore. Tieni quel botolo del tuo ragazzo al guinzaglio, sta dando uno spettacolo osceno”.

“A parte che non è l’unico ad averlo fatto negli ultimi minuti, Togami caro. Si dà il caso, se ti fosse sfuggito mentre eri impegnato a urlare come un pescivendolo impazzito, che stia provando a trattenerlo. Non si vede?”.

“LASCIAMI ANDARE! LASCIAMI ANDARE! DEVO SCUOIARLO!”.

“Eddai Ishimaru-kun, ora stai proprio esagerando! E poi ti pare giusto cercare di farlo a pezzi quando ha finalmente mostrato un po’ di umanità?”.

“...grazie per la carineria, eh”.

“Te la meriti tutta, Raggio di Sole. Ora, se volessi avere la compiacenza di andartene mentre io cerco di tenere a bada questo indemoniato di Prefetto…”.

“ROAAAAAAAAAAARGH! HO BISOGNO DI METTERGLI LE MANI ADDOSSO! IL MIO POVERO CURRICULUM SCOLASTICO È STATO MACCHIATO PER L’ETERNITÀ!”.

“Avanti, voi due! Volete sparire o no?”.

“Sarà m-meglio fare quanto ci sta dicendo Ikusaba, Byakuya-sama…”.

“Forse non hai tutti i torti, Touko. Meglio eclissarci, non vorrei mai che il suo pugno incontrasse la mia mascella”.

“NO! NO! NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO!”.

“Ishimaru-kun, speravo di non dover arrivare a tanto ma mi ci obblighi. Se vuoi anche solo sperare di vedere la prima base con me smettila. ORA”.

“...eh? Wut?”.

“Ecco, ti preferisco coi capelli neri e senza aura potentissima. Ora, vogliamo tornare agli allenamenti? Possibilmente con te a torso nudo”.

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Capitolo 20
*** ...e venne il giorno degli esami ***


“Togami-kun, questa galanteria non s’ha da fare né ora né mai”.

Lo sguardo truce di Makoto Naegi faceva sinceramente impressione. Ma d’altronde la situazione lo esigeva.

Gli ultimi exploit dello Scion, difatti, avevano creato un orrido effetto cascata: da quando aveva fatto trovare a Touko quella montagna di rose rosse sul tavolo della caffetteria c’era stata un’esplosione ormonale a dir poco anomala nei componenti femminili della classe 78. Si erano moltiplicate le richieste di cene romantiche, passeggiate al chiaro di luna, pause pranzo a lume di candela e tutto quell’ambaradan lì.

Cioè, per farvi rendere conto della situazione: Junko Fucking Enoshima aveva preteso da Oowada l’ein plein di sessione a base di effusioni tenere, cinema con la più melensa delle commedie sentimentali a disposizione… e, giusto per non smentirsi, un’intera notte di sesso selvaggio. Ma va beh, l’ultima era la norma nel suo caso. Naturalmente il suo ometto aveva dovuto chinare il capo e sottostare alle richieste, altrimenti sarebbe andato in bianco per chissà quanto tempo.

Leon si ritrovò a sospirare. Persino Sayaka, con la quale le cose si erano mantenute su un certo binario di normalità da ormai parecchi mesi, aveva alzato il tiro negli ultimi giorni e cominciato a farsi più asfissiante. Continuava a chiedere il bacino, la carezzina, le mani nelle mani quando camminavano, il massaggino alle spalle per aiutarla a sciogliere la tensione. Tutte cose che prima di quello show esagerato non era abituata a esigere.

Insomma, la situazione degli accoppiati si era fatta abbastanza insostenibile. E tutto, guarda un po’ il caso, era scaturito dalla testa bionda che non conosceva il significato della parola moderatezza. O niente o tutto con le donne, eh?

“Come mi comporto con la mia… kerumph, ragazza non è affar vostro” rispose l’accusato, tranquillo mentre sorseggiava il suo caffè. Aveva un nome strano con cappa e affini e ciò gli dava un'aria terribilmente snob, ma si era di recente scoperto che in realtà era ricavato da merda di pipistrello. La cosa, sebbene ristretta a un selezionato circolo, era fonte di grande ilarità ogniqualvolta ce n’era l’occasione.

“Sì che è affar nostro!” si intromise Oowada Rombo di Tuono, almeno a giudicare dalla voce “Lo sai, vero, a cosa mi ha sottoposto Junko ieri?”.

“Se per una volta in vita tua dai a una signora quello che chiede non vedo il dramma, scimmione”.

“Ma se fino all’altro ieri sembravi il cugino sporco del Grinch e ora ti atteggi al Gomez Addams dei poveracci, ma per piacere!”.

“Ehi! Gomez Addams è un signore e sa come comportarsi!”.

“...Togami, ci stai lasciando intendere che conosci gli Addams? Ma è un telefilm da plebei”.

“Chissenefrega degli Addams! La questione è seria! Rendetevi conto che ieri ho dovuto passare l’intero pomeriggio a coccolare Kyouko-san! E sia chiaro, non è che non mi sia piaciuto… ma voi conoscete Kyouko-san e il suo grado di apprezzamento per le smancerie, no?”.

I presenti si azzittirono.

“Oh! My! God!” commentò Mondo per tutti.

Aveva infettato anche Kyouko Kirigiri, l’iceberg, la donna che se ti azzardavi a sfiorarla ti mangiava la mano, colei che non doveva chiedere mai e in condizioni normali non lo faceva.

L’orrore sul viso di Leon doveva essere spettacolare.

No, va bene. Questa storia finisce oggi, se serve con la spina dorsale di Togami che funge da mazza da baseball.

Stava per aggiungersi al coro delle lamentele, solo momentaneamente sopito, quando…

“TOGAMI! Hai veramente pisciato fuori dalla tazza stavolta, pure peggio di quando hai quasi ucciso il vice-preside!”.

Tutti si voltarono verso la nuova voce.

Era Kuzuryuu, a capo di un piccolo ma combattivo drappello di membri della 77.

Tutti maschi.

Pure… pure loro? Che cos’è, un’epidemia di ebola?

“Toh, un Kuzuryuu che spunta dall’erba alta insieme agli altri Pokémon. E di’ un po’, cosa ti porta da queste parti?”.

“Fai meno lo spiritoso, Oowada. Io e questi altri scarti di galera vi abbiamo sentito parlare e mi tocca ammettere che il vostro problema è anche il nostro problema. Quindi, esattamente come voi, siamo venuti a pretendere una soluzione”.

“Beh Hinata, già finita la luna di miele con Nanami?”.

Cristo Naegi, taci. Almeno fai finta di nulla se proprio.

“Fatti una scarica di cazzi tuoi, mini-me”.

“Silenzio, voi due! Qua noi non respiriamo più e la colpa, indovina indovinello, è del vostro maledetto Erede supericco e superstronzo!”.

Leon e il resto della classe si ritrovarono ad osservare parte della quota maschile della 77 intenta a lanciare sguardi d’odio verso il loro Scion di ‘Staceppa preferito, il quale continuava a sorseggiare imperterrito la sua cacca di pipistrello. Il Super Giocatore di Baseball dovette sforzarsi non poco per non scoppiare a ridere.

“Onestamente, non è un mio problema se non siete capaci di rendere felici le vostre donne” replicò Togami. “Non nego che mi trovavo nella vostra stessa situazione fino ad una settimana fa, se non peggio, ma… al contrario di voi, ho imparato” concluse con quel sorrisetto beffardo che avrebbe fatto venir voglia di picchiarlo pure a Buddha. Tuttavia, per il sommo godimento di Leon e del resto della 78, quel ghigno sparì dalla sua faccia in un secondo grazie all’Impostore.
“Tu. Che diamine hai da ridere? La tua Super Musicista ha torchiato anche te e sei qui per dire la tua?” ringhiò Togami, mentre la sua copia più in carne si limitava a ridacchiare e smangiucchiare un cupcake: “Au contraire. Io so essere un gentleman, e poi adoro viziare Ibuki. Volevo solo assistere al tuo linciaggio.”

Dovette scomodarsi Mondo per tenere fermo un inviperito Super Erede, che aveva ingenuamente cercato di avventarsi sul Super Impostore. “Ma fai sul serio? Quello è il doppio di te, una sola pacca sulla spalla e ti mette al tappeto” borbotto il Biker, tenendo Togami per il colletto della camicia come fosse un cagnolino troppo esagitato. L’Impostore si limitò a ridere: “Mi sarebbe bastato sedermi su di lui per eliminare il problema alla radice.”

Leon si chiese brevemente perché diamine Oowada non lo avesse lasciato fare.

“Qui si sta perdendo di vista il nocciolo della questione” si fece largo Hinata, “e cioè che tu, Erede di ‘stocavolo, la devi piantare con le tue rose, i regali e ogni gesto di galanteria fatto in maniera plateale! Sommergi Fukawa di fiori in camera sua, non davanti alle altre ragazze! Pure Chiaki mi ha lasciato intendere che vorrebbe qualche regalo” ringhiò “e visto che lei è la Super Gamer non me la caverei nemmeno a buon mercato, sai quanto costa un gioco per la Playstashun 4?”

Tutti gli altri annuirono, ma non bastò a far cedere Togami. Si liberò dalla presa di Oowada, si sistemò la cravatta e poi assunse la sua solita posa a braccia conserte da Gente di un Certo Livello. “Credo che a voi sfugga un piccolo dettaglio” disse, sistemandosi gli occhiali sul naso, “ovvero che non devo essere io a porre un freno alla mia galanteria, ma voi che dovreste imparare ad essere dei gentiluomini con le vostre signore.”

Leon inarcò un sopracciglio, seguito a ruota dal resto dei presenti.

“Perché dovrei privare Touko delle mie attenzioni se voi non siete capaci di darne alle vostre dolci metà? Piuttosto che prendervela con me dovreste farvi un esame di coscienza e chiedervi se non siete voi quelli che mancano di romanticismo.”

...dovranno togliermi i denti a forza con le tenaglie piuttosto che farmelo ammettere ad alta voce, ma lo Scion di ‘Staceppa potrebbe avere ragione.

A giudicare dalle facce perplesse degli altri non era l’unico a pensarlo. Vide Naegi aprire bocca e cercare di dire qualcosa, ma venne interrotto dalla porta della biblioteca che venne aperta con violenza.

“Bene, mi avete risparmiato mezz’ora di caccia per i corridoi.”

Perché, perché, PERCHÉ?

Juzo Sakakura li osservava divertito dalla soglia.

“Che carini, tutti nel panico perché non sapete come comportarvi con le vostre fidanzatine” proseguì l’ex Super Pugile, “sarete quindi contenti di sapere che vi aspettano in aula per la consueta punizione, insieme al resto delle vostre classi. E ora, MARSCH!”

Seguirono obbedienti il loro carceriere, non prima di aver lanciato occhiate colme d’odio a Togami, che lui ignorò bellamente. A quanto pare l’aver cominciato a funzionare come una persona normale lo aveva fatto tornare immune alle minacce di morte che ancora riceveva dopo aver quasi mandato Hongou all’altro mondo.

Ma ti venisse un colpo Togami, maledizione a te.

Si obbligarono a seguire Sakakura di malavoglia, borbottando insulti o altro ai danno del biondo erede. Leon, tuttavia, preferì seguire il suggerimento di quest’ultimo e compilò un elenco mentale delle cose che Sayaka poteva desiderare o di dove portarla a cena alla prima occasione utile.

Il conto lo intesterò a te, Togami del menga.


*


L’idea di andare a disturbare Sakakura durante le ore di detenzione delle classi 77 e 78 si era rivelata ancora una volta geniale.

E la cosa più bella era che Kizakura non aveva dovuto neanche metterci del suo per incasinare la situazione ancora di più. Gli era semplicemente bastato spalancare la porta per ritrovarsi a guardare, nell’ordine: quindici studenti (della 78) che ridevano, altri sedici (tutta la 77) impietrita, Munakata con la katana sguainata (ma dove diamine la tieni nascosta, eh?) e Sakakura per terra. Seduta su quest’ultimo, Genocider Syo.

“Oh, ma che sorpresa! La mia alunna preferita!”

Syo si voltò verso di lui e lo salutò agitando lingua e forbici: “Kizakura! Vecchio ubriacone! Quanto tempo che non ci si vede!”

“Vero, vero, troppo tempo dalla nostra ultima bevuta insieme” disse, dandole una bonaria pacca sulla testa a cui la Serial Killer rispose sghignazzando. “Ma posso sapere cosa succede? A meno che tu non abbia cambiato gusti nel frattempo, il nostro Juzo qui non rientra decisamente nella tua tipologia di vittime.”

“T-toglietemela di dosso!” ringhiò quest’ultimo, venendo bellamente ignorato. “Per carità, troppi muscoli e poco cervello” sbuffò Syo, “ha solo fatto la stupidaggine di far starnutire Lagna… ED ECCOMI QUI! GYHAHAHAHAHAHAHAHAH!”

“Kizakura, tu… tu sapevi di lei?” chiese Munakata, che si era avvicinato alle sue spalle senza che Koichi se ne accorgesse.

Cosa sei, un maledetto ninja?

“Certo che lo sapevo, modestamente è una delle scoperte di cui vado più fiero” sorrise beffardo, “insieme alla sua controparte dedita alla scrittura ovviamente. Ora, Munakata, che ne diresti di mettere via quella katana? Syo in fondo è inoffensiva. Quasi.”

“Non sembrerebbe” rispose guardingo l’ex Presidente del Consiglio Studentesco (e comunque ricordo che ai miei tempi non si insegnava ai Presidenti del Consiglio Studentesco l’arte della spada, l’hai imparata nel tuo tempo libero?).

“Oh, non ne sarei così sicura” trillò Syo, dimenticandosi di Sakakura e avvicinandosi a Munakata. “Sai che sei proprio il mio tipo? Alto, bello, magari un po’ musone ma compensi con un bel culo” disse, afferrandogli una chiappa, “Munakyutie!

Kizakura sghignazzò. La tua faccia terrorizzata è la mia ricompensa per quelle due ore passate a sentire le lagne del Pirata Hongou.

“Hey, ma quello è il mio soprannome!” pigolò una voce dal fondo dell’aula, che ricollegò al Super Fortunello Naegi. Syo però lo tranquillizzò: “Non preoccuparti, lo sai che sei il mio unico Makyutie, gnometto! Gyahahahahah!”

Nel frattempo un’incazzatissimo Sakakura si era finalmente rimesso in piedi: “Sono distrutto all’idea di dover interrompere questo delizioso quadretto, ma qualcuno potrebbe PER FAVORE RISPEDIRE LA FOTTUTA SERIAL KILLER DA DOV’È VENUTA?”

Altra risata. Dal tono saccente, apparteneva a Togami.

“Oh, io potrei anche fermarla” disse, osservando la scena divertito, “ma… non vedo perché dovrei. Insomma, Syo non è sempre presente in classe, è giusto lasciarla divertire un po’.”

“Byakuya-samaaaaaa!” miagolò lei, roteando la lingua.

Munakata e Sakakura erano al limite della sopportazione.

Oh sì, questa giornata non poteva andare meglio.

“Si può sapere cosa sta succedendo qui? Che diamine ci fa la mia classe ancora in punizione?”

Si corresse. Ora non poteva andar meglio di così.

“Chisa, qual buon vento!”

“Non hai risposto alla mia domanda, Kizakura-san!”.

“Ehi, non è mica colpa mia se questi teppistelli si trovano qui adesso. È tutta farina del loro sacco”.

“Veramente è solo colpa di Togami e dei suoi piedi da muratore…” intervenne Junko.

“Cioè?”.

“Vede, è andata così…”. E si provvide a spiegare alla signorina Yukizome la dinamica dei fatti che aveva portato la 77 e la 78 a condividere quei piacevoli pomeriggi da reclusi.

“Capisco. Beh Togami-san, lo sai che Hongou è un vecchio signore… irascibile, per non dire altro. Potevi immaginarti un risultato del genere”.

L’interpellato si prese la libertà di alzarsi, facendo orecchie da mercante ai rimproveri di Sakakura (sembra che tu stia perdendo il tuo irresistibile charme, Juzo caro. Magari una lucidatina ai pugni, non credi?) e si portò vicino a insegnanti e ospiti vari: “Yukizome-san, non posso negare di conoscere fin troppo bene i lati meno compiacenti del nostro caro vice-preside. Ma le posso assicurare che non è stato affatto volontario. D’altronde, avendo io i piedi da muratore” disse, lanciando un’occhiataccia ad Enoshima “una simile impresa di accuratezza sarebbe stata al di là di ogni mia possibilità. Si è trattata di pura sfortuna, nient’altro”.

“Sarà stata sfiga finchè vuoi” protestò Leon alle sue spalle “ma noi siamo qui comunque perché sei un insaccato!”.

“Kuwata ha ragione!”.

“Abbasso Togami!”.

“Datti all’ippica invece che alla nobile arte del pallone da calcio!”.

“Posso salutare a casa?”.

“Per questo Oscar vorrei ringraziare i miei genitori, la mia truccatrice, la mia parrucchiera e soprattutto me stessa perché sono fighissima e bellissima”.

“Ah, neanche un ringraziamento in mondovisione per la povera sorella sfigata. Sei un bijou, Junko-chan”.

“Don’t cry for meeeeeeeee Novoseliiiic…”.

“Signor Sakakura, io avrei da cagare. E sapete cosa succede se la trattengo troppo…”.

Siamo diventati un programma d’intrattenimento e nessuno mi ha detto nulla? Avrei messo la camicia hawaiana da Magnum PI per fare più bella figura e far risaltare il pelo ribelle.

“Sapete, avrei un’idea per porre rimedio a questa spiacevole situazione” disse Togami strofinandosi una mano sulla bocca e sulle guance.

Oh. La cosa si scalda e il suo sorrisino da iena ridens è un buon viatico.

“E sarebbe, questa mirabolante idea?”.

“Prima una conferma. Genocider, delizia dei miei occhi multimilionari: io e te come siamo messi adesso? Hai ancora voglia di tagliarmi la gola?”.

Tutti gli occhi si concentrarono su di lei, che si prese qualche secondo per riflettere sulla risposta più appropriata: “Mah, direi di no. Lagna mi sta trasmettendo solo un sacco di voglia di buttarti per terra, strapparti i vestiti con i denti e mostrare che non ha nulla da invidiare ai John Holmes e Traci Lords della nostra classe”. Con tanto di occhiata malevola in direzione di Junko e Mondo, che non si scomposero minimamente. Al contrario dei membri della 77, che sgranarono gli occhi inorriditi.

“C’è chi può e chi non può. Noi può perché noi siamo Enoshima”.

“...grazie per l’inclusione, ci tenevo”.

Cavalli imbizzarriti, eh? Accidenti, come sono precoci ‘sti ragazzi. Mi sento pronto per lo sfasciacarrozze, visto che ormai vado solo ad alcool e Viagra.

“Ok, buono a sapersi. Bene, allora senti la mia proposta: ti offro la possibilità di perseguitare questo omaccione di Sakakura come ti pare. Mandargli lettere minatorie, fargli trovare teste di cavallo nel letto, quello che preferisci”.

“Cosa? Ma neanche mi piace. L’hai visto? È una montagna di muscoli affascinante quanto un cesso multifunzione”.

“No, ma fate pure come se io non ci fossi. Mi devo anche scusare di esistere?” commentò il suddetto Sakakura. Kizakura lo conosceva abbastanza da sapere che si stava trattenendo per puro miracolo e che moriva dalla voglia di sfoderare l’Uppercut di Ciclone, la sua mossa definitiva.

Sigh. Mi sento l’allenatore ubriacone in uno spokon sul pugilato.

“In effetti non ha un grammo di fascino, ti capisco. Ma sappi che se mi dovessi dire di no… beh, la trippa per gatti a casa Fukawa finisce”.

“S-Scusa?”.

“La mollo, qui e ora”.

Quell’aula prese ad assomigliare a uno di quei terrificanti talk show americani pieni di gente rissosa che non vede l’ora di tirarsi le sedie addosso.

“TOGAMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!” ruggì un indiavolato Tanaka “Per questa mostruosità ti getterò nelle fauci del Terrore Cosmico Tentacoluto che Suona al Centro dell’Universo!”.

“Tu! Tu sei un riccone morto se solo ti ci azzardi! Hai infestato la scuola di rose come neanche in The Happening e adesso minacci di lasciarla?”.

“E fate un po’ di silenzio, branco di babbei! So cosa sto facendo!”.

“Nell’ultimo mese hai fatto più danni di Godzilla, ti prego!”.

Il battibecco si spense quando una voce non ben identificata puntò il dito su Genocider. L’attenzione comune si focalizzò nuovamente su di lei, la quale aveva preso a tremare in modo visibile: “Oddio… oddio oddio oddio…”.

“Che ti succede, Syo-san?”.

“Il mio corpo… non lo controllo più… Lagna sta urlando a tutto volume, implorandolo di non farle questo perché è la volta che va davvero a impiccarsi e non ci sarebbero corpulenti angeli a salvarla stavolta…”.

“Come volevasi dimostrare” ghignò lo Scion “Se non vuoi che questo succeda acconsenti alla mia offerta, prenditi in consegna Sakakura e rendigli la vita un inferno”.

Aspetta, fammi capire cosa sta architettando. Se vuole che Syo si comporti così è per fare in modo che Sakakura faccia di tutto per evitarlo. Il che vuol dire… ooooooooh. Sei diabolico se ti ci metti, Togami. È un piano che approvo, bravo.

L’ex Pugile non pareva proprio estasiato alla prospettiva. Una serial killer con la lingua di quelle proporzioni poteva solo significare guai.

“Sakakura, guardami bene negli occhi” gli intimò Byakuya “Per evitarti dita tagliate e tutto quello che può venirle in mente hai un solo modo: vai da Hongou a dirgli che non sei più disposto a farci da carceriere”.

Un coretto di “Ooooooooooooooooooooh!” si alzò.

“Togami-san” fu la timida protesta di Naegi, che si alzò e gli si avvicinò “non che non apprezzi quanto stai facendo, ma… solo a me questo sembra un piano inutilmente, pomposamente arzigogolato? Non facevi prima ad allungargli un assegno?”.

“Naegi Naegi Naegi, si vede che ne hai di cose da imparare. Guardalo. Ti dà l’impressione di chi si fa comprare dal vile denaro?”.

Juzo cominciò a far roteare un pugno chiuso: “Feh. Mi sarei intascato l’assegno e avrei proseguito. A parte le ultime novità con la pazza psicopatica, siete una fonte di divertimento troppo grasso per mollarvi senza un buon motivo”.

“Chi hai chiamato «pazza psicopatica»? Devo cominciare sin da ora?”.

“Ma cosa vuoi fare, che sei alta quanto un mio ginocchio? Scommetto che al primo gancio finisci lunga e distesa come una pelle di daino”.

“Mettimi alla prova, allora”.

Un lampo.

Un tuono.

Un attimo. La terra che tremò.

La guancia di Sakakura prese a sanguinare dal taglio provocatogli dalle Genoscissors.

“N-N-N-Non l’ho… neanche vista… muoversi…” disse l’ex Pugile, preso talmente in contropiede da dover ancora assumere la postura corretta.

Dietro di lui Genocider si mise a ridere come solo lei sapeva fare: “Gyahahahahahahahahahahahahah! E dire che oggi mi sento un po’ incriccata. Lagna, attività fisica per piacere! Anche sotto le coperte con Byakuya-sama, mica mi offendo all’idea!”.

“Allora, Sakakura. Ci stai?”

Il sorriso beffardo sulla faccia di Togami confermava che era convintissimo della buona riuscita di quel piano. Kizakura si limitò a un ghigno compiaciuto. Dietro di loro Munakata si massaggiava le tempie e premeva per chiudere quella storia al più presto; Chisa, invece, se la rideva sotto i baffi.

Ah, Yukizome cara. Sembri con la testa tra le nuvole ma in realtà sei una vera serpe, se lo vuoi.

L’ex Pugile sollevò il mento: “Tu tienimi lontana quella… cosa” gesticolò verso Syo, che ricambiò con delle sonore pernacchie, “e io vado a parlare col preside seduta stante. Ma non mi prendo responsabilità per le sue decisioni, o per quelle di quel vecchio rincoglionito di Hongou.”

Togami annuì: “Mi sta benissimo.”

“Bene, visto che l’accordo è stato fatto direi che possiamo andarcene” trillò Chisa, prendendo a braccetto sia Munakata sia Sakakura. “Consideratevi liberi, giovincelli! Io e questi due bei signori abbiamo da fare! Mi raccomando, classe 77, fate i bravi bambini! Ci vediamo domattina!”

Detto questo se ne andò con i due uomini sottobraccio, fischiettando.

“Ah, ‘ste relazioni moderne” cantilenò Kizakura, osservando lo sgomento sui volti degli alunni.

“Ma… noi credevamo che Yukizome-san fosse fidanzata con Munakata-san” mormorò Sonia, dando voce al pensiero di tutti i suoi compagni.

“...noi eravamo convinti che Noia Infinita facesse coppia con Sakakura” commento Junko, altrettanto perplessa così come il resto della sua classe.

Kizakura si voltò a guardarli e sorrise bonariamente: “Siete ancora così giovani e innocenti… godetevi i primi amori e la monogamia, avete tempo per sperimentare le alternative.”

“Alternative…?”

“Vuole dire che… OH.”

“OOOOOOOOOH!”

“MA NO!”

In quel coro sconvolto l’unico che non era sorpreso era Oowada: “Rispetto, Sakakura. Rispetto” annuì con fare solenne.

Kizakura continuò ad osservarli e rise tra sé e sé.

Se Hongou dovesse rifiutarsi di liberarli mi prendo la briga di occuparmene. Ha ragione il vecchio Juzo a dire che sono fonte infinita di divertimento, e d’altronde non posso sempre sfogarmi su quella pigna in culo del vice-preside…

Annuì e brindò a quell’idea con un sorso di whiskey dalla sua fidata fiaschetta.


*


“SEI! UN! CRETINO!”

“Ma ma ma TOUKO! TOUKO ASPETTA!”

“Sai ti credevo più intelligente quando ti ammiravo da lontano!”

“Ma Touko asp-AHIA! Quel cuscino fa male!”

La Super Scrittrice si placò, ma solo perché doveva riprendere fiato. Ovviamente Syo le aveva lasciato una decina di bigliettini in cui le spiegava la sgangherata idea che il suo… fidanzato aveva avuto durante le ore in punizione, e altrettanto ovviamente Touko non l’aveva presa bene.
“Ma come ti viene in mente di dire che mi pianti se Syo non perseguita quell’energumeno di Sakakura? Ma sei fuori?!”

“Ti giuro che era PER DIRE, non l’avrei mai fatto, e diamine da dove la tiri fuori tutta quella rabbia…” pigolò Byakuya, nascosto dietro al letto della ragazza.
“L’ho accumulata negli anni, a cui anche tu hai contribuito!” ringhiò, lanciando via il cuscino e prendendo posto alla sua scrivania. La voglia che aveva di mettere i Dimmu Borgir a tutto volume solo per infastidire Byakuya (che, aveva scoperto, era terrorizzato dalla musica metal).
“T-Touko?”
“Cosa.”
“Posso avvicinarmi o cerchi di nuovo di uccidermi?”

Lei non rispose, non a parole almeno. Si limitò a grugnire e lui apparentemente lo interpretò come un sì, perché se lo ritrovò in ginocchio accanto alla sedia.

“Touko…”

“Che c’è?”

“...mi dispiace. Mi perdoni?”

L’ira funesta della Super Scrittrice vacillò.

Ma Dio Brando, quando ha imparato a fare la faccia da cucciolo?

“...non lo so.”

“Cosa posso fare per farmi perdonare?” chiese, prendendo le mani della ragazza tra le sue.

“Potresti fare meno stronzate come quella con Sakakura, per esempio.”

“Mi avresti reso le cose più semplici se mi avessi chiesto di comprarti una villa negli Hamptons, lo sai sì?”

“Lo so. Ma preferisco se completi la tua evoluzione in essere umano normale.”

“Non sei spiritosa.”

“E tu sei tanto tanto melodrammatico” sorrise lei, concedendogli un bacino.

“Non ci posso far nulla! È il modo in cui mi riesce meglio”.

“La vecchia scusa del «mi disegnano così»? In bocca a Jessica Rabbit funziona, in bocca a te un po’ meno”.

“...credo di essermi perso”.

“Uh, dimenticavo che sei a digiuno quasi totale di cultura popolare”. Cercò di premere con più forza sulla parola quasi e ottenne il risultato sperato, dato che lui inarcò un sopracciglio incuriosito: “...quasi?”.

“Tu mi credi disinformata, Byakuya-kun, ma non è così. So per certo che conosci La Famiglia Addams…”.

“Quei chiacchieroni! Imparassero a farsi una manica di fatti propri!”.

“Ragazzo mio, ti stalkero da quando hai messo piede qui dentro. Pensi davvero che avessi bisogno di farmelo dire?”.

“Touchè. Ebbene? Hai tirato fuori questa cosa perché?”.

“Perché stavo pensando a come potresti farti perdonare”.

“E come?”.

Touko si sentì accaldata tutto ad un tratto. Quanto stava per proporgli non era sconcio, ma ciononostante le faceva provare un po’ di imbarazzo.

Forse perché è la prima volta che accampo delle pretese con lui e mi aspetto di vederle esaudite.

“Fammi vedere quanto sei bravo a imitare Gomez. Parlami in spagnolo”.

Le guance imporporate di Togami la presero di sorpresa. Non si aspettava una reazione tanto manifesta da parte sua, ma dovette ammettere che le faceva piacere accorgersi di come fosse più aperto nei suoi sentimenti e nel suo modo di comportarsi quando erano soli soletti.

“Che c’è?” proseguì, stavolta con l’intento di prenderlo in giro “Non mi dirai che non conosci la lingua”.

Lui si rizzò in piedi, punto sul vivo: “Sono un Togami! Per tua informazione ho chiuso il mio primo contratto a Caracas, Venezuela, alla tenera età di quattordici anni e mezzo. Ed ero da solo!”.

“Avrai visto un sacco di pessimi bar, allora. Quindi lo spagnolo lo sai. Dimostramelo”.

“Che… che cosa vuoi che ti dica?”.

“Puoi anche dirmi che sulle Asturie sono previste piogge pesanti per tutto il fine settimana, mentre alle Baleari urca urca tirulero oggi splende il sol. Mica mi importa del contenuto. Voglio solo vederti lanciato come lo era Raul Julia nei film”.

“O-Oh. Va bene”.

Le afferrò le mani con le sue e le strinse, persino sin troppo forte. Poi si schiarì un attimo la voce prima di dire: “Te amo con todo mi corrrrrrazón”.

FIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII. Tutti in carrozza, in partenza! La sanità mentale di Touko Fukawa sta partendo dal binario 9 e 3/4! Avanti lavativi, sbrigatevi!


*


“Io continuo a dire che l’idea di trasmettere in diretta nazionale gli esami degli studenti è una buffonata.”

“È sempre stato così e non c’è ragione di cambiare le cose. Una scuola prestigiosa come la nostra può e deve mostrare al resto della nazione di cosa sono capaci i suoi studenti.”

“Come l’anno scorso, quando è saltata in aria la palestra mentre TV Tokyo riprendeva l’esame di Ruruka Andou?”

“È stato solo un incidente. Un banale incidente e nient’altro.”

Jin Kirigiri non replicò, ma il tremolio nervoso all’occhio buono di Hongou bastava e avanzava come risposta. Sospirò e si guardò attorno, mentre l’altro si scusava per allontanarsi un attimo: gli alunni del primo anno stavano per concludere il loro esame e a momenti sarebbe stato il turno della classe 78; non aveva particolari dubbi sugli esiti delle loro prove (nonostante ritenesse quella di Naegi una stupidaggine pari alla diretta televisiva, ma d’altronde valutare un talento come la fortuna richiedeva mezzi poco ortodossi), a preoccuparlo era ben altro.

L’infame faida tra la classe 77 e la classe 78, ad esempio.

Nonostante avessero sotterrato l’ascia di guerra mesi addietro, consentendo a tutto l’istituto di trascorrere il resto dell’anno scolastico più o meno tranquillamente, l’antipatia tra Naegi e Hinata era ancora viva e vegeta e restia a placarsi. Per fortuna il peggio a cui Jin aveva assistito da dopo la loro punizione con Sakakura erano state pernacchie e prese in giro, nulla che richiedesse un intervento disciplinare. Al massimo una retrocessione all’asilo nido.

In teoria quindi non aveva nulla di cui preoccuparsi.

Ma anni passati a gestire questa scuola mi hanno insegnato che la pratica è ben diversa.

E in effetti l’incidente dello scorso anno era quasi un avvertimento: tre espulsioni, per altro di tre ottimi studenti, erano una brutta situazione che Jin non voleva ripetere, soprattutto se poteva evitarlo. Più fonti gli avevano riferito che Nagito Komaeda della 77 era il vero artefice dell’esplosione, ma non aveva mai avuto prove a sostegno di quella tesi.

Anche se quel suo sguardo folle per me basterebbe.

Si guardò attorno alla ricerca di Komaeda, e non si stupì nel vederlo incollato alla figura (scocciata) di Hajime Hinata, a sua volta fedele segugio di Chiaki Nanami.

Se avessi saputo prima che trovare la ragazza a lui e Naegi sarebbe bastato a calmare la loro sete di scherzi idioti, avrei messo su un servizio d’incontri scolastico.

In tutta onestà per un po’ le scelte amorose di sua figlia non lo avevano entusiasmato. La faida non era di certo un punto a favore di Naegi, ma in fondo era un bravo ragazzo che non aveva mai dato problemi prima di allora, e doveva ammettere che Kyouko era molto più rilassata da quando stava con lui.

Tranne quando deve punzecchiare me, Hongou e Kizakura. Ma va beh, la lascio divertirsi volentieri alle spalle mie e dei miei due mariti.

E a proposito della vita sentimentale di quella classe, pareva proprio che lo spirito guerriero tirato fuori per la faida con la 77 fosse venuto utile anche in altri campi, dato il proliferare di coppiette che erano spuntate. Poi ovviamente, Kyouko a parte, non erano cose che lo riguardassero ma era comunque incuriosito dall’atmosfera love is in the air che quei ragazzi avevano preso a respirare da un po’ di tempo a quella parte. Con combinazioni che non avrebbe mai detto prima, soprattutto Ikusaba e Ishimaru.

E Togami. Persino Togami si era trovato la ragazza.

Pensava sarebbe morto di vecchiaia prima di assistere a un simile spettacolo.

Gli mancava giusto Hongou sorridente e poi le aveva davvero viste tutte.

Il suo sguardo cadde involontariamente sulle gradinate, dove fiorivano esemplari di ogni forma e dimensioni fra il pubblico: riconosceva fra gli altri l’intera gang di Oowada (il cui leader, suo fratello Daiya, indossava una cravatta fosforescente coi teschi che definire obbrobriosa era un complimento davvero generoso), la sorella di Naegi con un ragazzo a cui stava avvinghiata tipo sanguisuga con l’ospite, il tifone di follia che rispondeva al nome di Shinobu Togami accompagnata dal maggiordomo del fratello Aloysius e quella montagna umana del fidanzato di Oogami.

Studenti fuori dal comune, parentado fuori dal comune. Anzi, rispetto alla media io devo passare come banale.

Erano parecchio chiassosi, soprattutto la loro ex alunna che continuava a sbraitare per vedere Byakuya in azione con l’esame. E, sebbene non la sentisse con tutto quel frastuono, ci avrebbe scommesso la sua poltrona di preside che stava tifando affinché lo fallisse rimediando una figura barbina di fronte all’intera nazione.

Non che lo giustifichi, ma vedendola così penso di poter capire un po’ meglio le sue razzie notturne alle riserve di Lucky Gastro della scuola. Anche se pure lui, da quando si è impegnato, pare essersi dato una calmata. Ora è solo il mio vice a passare ogni due per tre con il carrello a farne man bassa. Spendiamo più in medicinali che in cancelleria.

“Insomma Komaeda-kun, puoi anche staccarti mezzo secondo da Hajime-kun! Non è mica una bombola dell’ossigeno!”.

La voce a dir poco scocciata di Nanami giunse indistinta all’orecchio di Jin, che si voltò per guardare. La Gamer stava davanti alla sua dolce metà con le braccia aperte, quasi volesse fargli da scudo umano per respingere le apparentemente invadenti avances del Maledettamente Fortunato.

“Chiaki-san, non sto facendo nulla di male. Voglio solo attaccare un po’ della mia fortuna a Hinata per il suo esame!”.

“Ok, ma puoi farlo anche senza cercare di infilargli la mano nelle mutande!”.

“Chiaki, per favore… siamo in diretta tv…”.

“Mi ferisci dicendo così, Chiaki-san. Stavo imitando un rito propiziatorio di una tribù centrafricana…”.

“Poteva essere anche una tribù che viene da Marte, tu le mani nelle mutande non gliele metti! Mi sono spiegata?”.

“E va bene, ho capito. Non sono il benvenuto. Normale per immondizia come me”.

“Ecco, allora perché non vai a far compagnia al pranzo di ieri nel bidone del vicolo?”.

“Chi la dura la vince, anche per un uomo senza talento e senza valore come me” fu la chiusura di Komaeda mentre si allontanava con le pive nel sacco.

Uh oh. Non mi piace per nulla quanto ho sentito. Sarà meglio stargli addosso per assicurarsi che…

“Kirigiri-san! Venga qui, per piacere! Devo parlare di un fatto di una gravità inaudita!” sentì alle sue spalle.

Era Hongou con la voce che non avrebbe mai voluto sentirgli avere.

La voce di chi non lo avrebbe lasciato in pace finché non fosse stato a sentirlo.

Conoscendo la notoria insistenza del suo vice, Jin si rassegnò e sperò solo che il ragazzo dai capelli bianchi non stesse andando a recuperare una tonnellata di C4. Una palestra distrutta gli era bastata e avanzata.


*


Komaeda si sarebbe detto di essere un genio, se non avesse avuto un’autostima nulla e non fosse abituato a paragonarsi ai ratti di fogna.

Però giusto in quell’unica occasione si era trovato degno dell’aria che consumava a discapito dei Super, ben più meritevoli di lui.

Perché per una volta in vita sua Nagito Komaeda stava facendo una cosa giusta. Anzi, l’avrebbe definita doverosa.

Si stava adoperando, da buon scalino per la speranza dei suoi compagni di classe, per far sì che l’esame di Hinata andasse alla perfezione. Perché lui conosceva bene Hinata, nonostante le sciocche rimostranze della sua… pffff, ragazza, e sapeva cosa avrebbe desiderato se solo avesse avuto la libertà e il coraggio di chiederglielo.

Voleva che Makoto Naegi soffocasse nel suo stesso vomito, ecco cosa voleva.

Da parte sua non c’era nessun motivo d’astio nei confronti del kohai. Non lo odiava, né gli stava simpatico. Indifferente, come chiunque non fosse Hinata.

Andava solo sacrificato. Sacrificato sull’altare di un ideale più alto.

Ma sacrificato in senso figurato, perché nonostante tutto ucciderlo sarebbe stato troppo. Gli avrebbe solo mandato in malora la prova.

E quindi quale migliore modo che ritentare l’uscita dell’anno precedente con il lassativo? Solo che, invece di propinarlo all’intera commissione, si sarebbe limitato al candidato dall’ahoge pericolosamente uguale al suo.

Pertanto era con minuzia certosina che in quel momento stava calibrando le gocce della purga da mischiare con il succo di frutta che avrebbe portato a lui e ai docenti.

Ti farò felice, Hinata. Mi guarderai con occhi colmi di speranza dopo questa mia impresa.

“Ok, direi che ci siamo. Con questa quantità” stimò facendo due rapidi calcoli mentali “il cesso dovrebbe diventare il miglior amico di Naegi per i prossimi tre o quattro giorni. Mi assicurerò che qualcuno gli porti da mangiare”.

Yuck. Pranzare e cenare seduto sulla tazza del water… era una cosa che riusciva a disgustare persino lui.

Fece bene attenzione, mentre posizionava le bevande sul vassoio, a ricordare con esattezza qual era il bicchiere che avrebbe dovuto dargli. L’anno precedente era stato più semplice ma oh, per la speranza questo ed altro.

Si avviò fischiettando.

Quando ormai stava per appropinquarsi al palco si sentì chiamare alle spalle.

Voltandosi un’onda di emozione e gioia lo travolse: era Hinata, lo sguardo basso.

Che… che evoluzione inaspettata.

“Komaeda, aspetta un secondo. Prima di andare…”.

“Dimmi Hinata-kun, dimmi pure” cinguettò come una zoccola d’alto bordo.

“Volevo… volevo solo scusarmi per l’irruenza di Chiaki-san. Ammetto che, anche non ci fosse stata lei, le mani nelle mutande non me le avresti messe lo stesso. Però…”.

“Però?”.

In modo inconsapevole riprese a camminare, con l’altro che si affannò per affiancarlo.

“Però non posso negare che ci sia andata giù pesante con gli insulti, e nonostante tutto penso abbia esagerato. Pertanto volevo fare ammenda a nome suo, perché chiaramente non ne ha voluto sapere”.

“Donne. Razza di gente testarda”.

“Me ne sto rendendo conto meglio ogni giorno che passa” ridacchiò, sollevando lo spirito di Nagito a vette mai toccate prima. Poi aggiunse: “Per farmi perdonare ti accompagno”.

“Chi sono io per dire di no? La tua compagnia mi onora oltremodo”.

Giunsero.

L’esame di Naegi era qualcosa che Komaeda trovava di una banalità imbarazzante: di fronte a sé aveva un contenitore cilindrico trasparente alto circa un metro e colmo di francobolli facenti parte della collezione privata di Hongou. Il loro valore monetario era relativo, salvo per un unico pezzo con cui ci si sarebbe potuto comprare un atollo nell’oceano Pacifico. La difficoltà stava appunto nel fare in modo di tirare fuori quel singolo pezzo costoso, una volta appurata la totale ignoranza del candidato in tema di filatelia.

Fosse riuscito nell’impresa sarebbe stata una botta di fortuna. Corroborando quindi il proprio talento.

Ma la fortuna, i Kami, o chi per loro non la pensavano allo stesso modo.

“Avviciniamoci, voglio vedere da vicino l’esame del mini-me” propose Hinata, e Komaeda acconsentì da buon fanboy quale era.

Difficile dire cosa successe esattamente, Komaeda capì solo che era inciampato su qualcosa e stava crollando addosso ad Hajime - cosa che non gli sarebbe dispiaciuta per nulla, se non fosse che oltre a lui erano volati via i bicchieri di succo e lassativo e l’opportunità di mandare a monte l’esame di Naegi.

“Ouch! Che botta…”
“Dillo a me” borbottò Hinata, colpito in testa dal vassoio. “Komaeda, TOGLITI. Sei fin troppo felice di vedermi.”
“Scusa” fischiettò, e fece appena in tempo ad alzarsi che sentì un urlo disumano provenire dal tavolo della commissione.
“I MIEI FRANCOBOLLI!!! I MIEI PREZIOSISSIMI FRANCOBOLLIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!”

Hongou era in piedi, inzuppato di succo di frutta così come il resto della commissione e del Super Fortunello… e soprattutto come i suoi francobolli.

“Uh oh” sussurrò Komaeda tra sé e sé, quando vide il vice preside voltarsi verso di loro con gli occhi iniettati di sangue.
“TU!” puntò il dito verso di lui, e Nagito non si scompose. Sapeva a cosa andava incontro, ma per Hinata questo ed altro.
“Mi spiace Hongou-san, è stato-”
“Non tu, LUI.”

Indicò in basso, verso Hinata, che casualmente aveva in mano il vassoio.

...ops.

“HAJIME HINATA.”
“V-v-vice preside l-le giuro che-”
“COME HAI OSATO ROVINARE LA MIA COLLEZIONE DI FRANCOBOLLI” ringhiò Hongou, avvicinandosi sempre di più.

“M-ma le g-giuro che n-n-non c’entro niente, era Komaeda che-”
“Hinata sei un Super Boh morto!” si intromise Naegi, altrettanto inzuppato e altrettanto furioso. “Sapevo di starti sulle scatole, ma sabotarmi l’esame è troppo persino per te!”

“Ma cosa me ne frega del tuo esame!”

“SILENZIO. HAJIME HINATA, GIURO CHE TI BOCCIO!”
“C-C-COSA? Ma non sono stato io! E poi non ci voglio stare in classe con Naegi!”
“Non me ne frega niente, DEVI PAGARE PER QUELLO CHE HAI FATTO!”

Poco lontano, nascosto dalla calca di curiosi che si era avvicinata per assistere, Komaeda guardava preoccupato la scena.

Intervenire o non intervenire?

Con la sua fortuna, il rischio di fare danni peggiori era altissimo.

E poi, tutto sommato, non è che Hinata gli piacesse poi tanto.

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Capitolo 21
*** Extra - Zozzerie della 77 ***


Kuzuryuu stava sudando come un maiale.

Seduto sul letto di camera sua, non riusciva a rimanere fermo. L’ora era tarda, i gufi ululavano o latravano o qualunque fosse il verso che facevano… e Peko era nel suo bagno a cambiarsi.

“Siediti qui e aspettami” gli aveva intimato con un tono marziale che mai le aveva sentito usare. E che gli aveva fatto onestamente paura.

Non sapeva davvero cosa aspettarsi. Anche perché, durante il corso di quella giornata e nelle precedenti, la sua fidanzata non pareva essersi comportata in maniere strane o chissà che.

Insomma, era completamente all’oscuro delle sue intenzioni. E gli dispiaceva pensar male, ma una sana dose di paura si era fatta largo nel suo stomaco.

Peko Pekoyama era pur sempre la Super Spadaccina, capace di farti letteralmente a fette con uno stuzzicadenti se ci si fosse messa. Probabilmente solo Mukuro Ikusaba, la Full Metal Bitch della 78, era potenzialmente peggio.

O forse no. Sarebbe stato interessante vederle scontrarsi.

Sì, ma anche chissenefotte. Io qui rischio di lasciarci la pelle, nel peggiore dei casi. Già mi vedo quella stronza di Natsumi che ride di me e dei miei poveri resti.

...ok, no. Era ingeneroso da parte sua avere tutto questo timore. Peko non gli aveva mai dato motivo di pensare che potesse diventare violenta per chissà quale assurda ragione. Tra l’altro lui, vuoi per piacere e vuoi per non correre il rischio di poterla provocare, si era sempre comportato da gentiluomo nei suoi confronti.

Non aveva nulla di cui preoccuparsi realmente. Forse.

Tsk, se comincio a pensare come Nanami è davvero la fine.

“Ci sono quasi, bocchan. Un attimo di pazienza” la sentì urlare da dietro la porta chiusa.

“Non chiamarmi bocchan, per la miseria porca!” le urlò di rimando, usando un tono di voce forse eccessivo ma dettato dalla tensione montante.

“Scusami”.

Ci vollero ancora un paio di minuti, durante i quali l’inquietudine dello Yakuza crebbe ulteriormente.

Poi finalmente il bagno si aprì.

E da lì…

Kuzuryuu credette di avere un infarto. E forse lo ebbe anche.

Davanti a lui apparve la Peko più bella e provocante che avesse mai visto (e vorrei ricordarvi che l’aveva vista in costume da bagno e in altri abiti non esattamente formali più di una volta nel corso della sua vita): indossava un kimono blu, nella sinistra reggeva un ventaglio aperto, i suoi splendidi capelli grigi erano sciolti… e soprattutto…

Soprattutto…

L’obi era allentato.

Ma ancora più soprattutto…

Quello era il kimono più scollato e sexy nella storia dei kimoni scollati e sexy.

Avrebbe quasi fatto prima a uscire senza nulla addosso, sarebbe cambiato davvero poco. Perché, nonostante il vestito, praticamente l’intera parte superiore del suo busto era esposta. Fin quasi a… quella zona, già.

E visto che la signorina era molto ben dotata…

“O santo cielo! Bocchan, ti esce un mare di sangue dal naso!” strillò affannandosi nel cercare un fazzoletto che potesse bloccare quell’enorme fuoriuscita.

D’altronde non ci sarebbe potuta essere reazione diversa da parte sua di fronte a un tale spettacolo.

Tampona qui e tampona lì, il peggio venne per fortuna scongiurato.

“Porca puttana lurida… Peko… per favore… non farmi mai più uno scherzo… simile… o ci lascio davvero… le penne…”.

“Scusami scusami scusami! Davvero non immaginavo questo disastro! Volevo solo essere un po’... sensuale…”.

“Un… un po’? Mi stavi… per ammazzare…”.

“Beh, vuol dire che hai apprezzato allora”.

“Come potrei… non apprezzare… tutto questo ben di dio? Anzi… ti rendi conto… che stando in questa posizione… ti si vedono anche le costole?”.

“Oh. Ok, va bene”.

“...”.

“E dimmi una cosa, già che ci siamo. Sicuro di non avere qualche problema di circolazione del sangue in questo momento?”.

“Uh? Che… cavolo dici?”.

“Mi sto riferendo a questo” sorrise maliziosa portando un dito verso la sua zona inguinale… che pareva essere un sacco attiva.

“Voglio dire, fra quello che ti è uscito dal naso e quello concentrato lì non te ne deve essere rimasto poi molto”.

“...senti un po’ tu… hai forse tradito il clan? Perché… al momento non trovo… altra spiegazione… ai tuoi ripetuti tentativi… di uccidermi…”.

“Di’ la verità, saresti morto col sorriso sulle labbra”.

“Nnnnnnnnnnnrgh… sì…”.


*


“Gundam-san, guarda qui! Su questo numero di Lo Stregone 3000 si parla di tutta una serie di complicatissimi rituali per accedere al piano astrale senza la morte del corpo fisico!”.

“Sonia, quelle sono cose da bambini. Guarda bene, il primo passo è completamente superfluo per gente come noi. E poi lo sanno anche i peggiori adepti che non bisogna mischiare il vello di un montone con delle perle, la reazione delle energie negative farebbe esplodere l’intero multiverso!”.

“Oh cacchio, hai perfettamente ragione…”.

“Non sono il maestro per nulla, d’altronde. Fuahahahahahahahahahahahahahah! L’Impero Tanaka non può perdere tempo con simili inezie da dilettanti!”.

“Non sai quanto amo la tua risata malvagia. Però aspetta, secondo me stai prendendo la cosa con un po’ troppa superficialità”.

“Mh? Cosa intendi?”.

“Leggi bene qua”.

“Uhm. Specifica che questa fase può essere compiuta solo da due praticanti di sesso opposto. E con ciò?”.

“Leggi ancora meglio”.

I due dovranno soddisfare le condizioni descritte al punto precedente per poi procedere con un’unione spirituale, fisica e metafisica”.

“E questo cosa ti suggerisce?”.

“Che chi scrive queste scemenze non sa più cosa inventarsi per suonare pomposo?”.

“Non hai tutti i torti, in effetti. L’unione metafisica mi sembra una stupidaggine bella e buona. Ma quella fisica…”.

“Fisica? Sto pensando quello che stai pensando tu?”.

“A giudicare dalla sciarpa che ti copre gli occhi e dal colorito rossastro della tua pelle… direi proprio di sì, Tanaka-san”.

“...da quando stiamo assieme tu mi chiami in questo modo solo quando devi farti perdonare qualcosa”.

“E cosa dovrei farmi perdonare, adesso come adesso?”.

“Nulla”.

“Quindi perché ti avrei chiamato in quel modo?”.

“...perché vuoi qualcosa”.

“Bravo ragazzo, c’è altro in quella testolina oltre a nomi apocalittici per creature immonde che in realtà non esistono”.

“Aspetta aspetta aspetta! Voglio essere sicuro di aver capito bene. Mi stai chiedendo… di fare… quella cosa lì?”.

“Se intendi la cosa che inizia con ses e finisce con so… ci hai azzeccato”.


*


...wow.

Che Ibuki fosse un tifone umanoide era risaputo da tutta la scuola.

L’Impostore ne era ben conscio, e in fondo era una delle cose che lo avevano fatto invaghire di lei quasi all’istante.

Quindi non era poi così inaspettato che fosse intraprendente e audace anche quando si trattava di cose più… intime.
Magari non così tanto, ecco.

Insomma, non si aspettava di certo che una normalissima serata con cena e concerto (anche se l’Impostore trovava difficoltà a definire “musica” quella roba agghiacciante che piaceva solo a Ibuki e Touko) si sarebbe conclusa con la loro prima volta in camera di lei.

Prima volta parecchio acrobatica, tra l’altro.

Credevo che le ragazze fossero più timide in certe occasioni…

“Hmmmggghee Byakuyaaah…”

Si voltò a guardarla, sdraiata scompostamente accanto a lui.

Scemo io che credevo valesse anche per Ibuki.

“Hmmmsheee dimmi ancora che shono un pasticcinoooh…” mugugnò, tirando persino un calcio che colpì il povero Impostore al ginocchio.

Ibuki, profondamente addormentata, stava sbavando come un San Bernardo sul cuscino e teneva la bocca aperta come un pesce appena pescato. Sgraziata, un po’ buzzurra e per nulla elegante.

E tuttavia l’Impostore non riusciva a non trovarla adorabile.


*


“E una!”

Chiaki sbuffò.

“E due!”

Chiaki abbassò il suo Nantendo e alzò lo sguardo verso Hinata.

“E… oh porca vacca! Per un pelo! E tre!”

Se gli sguardi potessero uccidere la schiena del ragazzo sarebbe stata quantomeno in fiamme, e invece non si era nemmeno accorto dell’occhiataccia che la Gamer gli stava lanciando.

“A-ah! Siete cadute tutte ai miei piedi, eh? È il fascino del Super Boh, lo so.”

Chiaki roteò gli occhi. Si diede mentalmente della scema per aver anche solo pensato che far giocare Hinata a Gal Rifle poteva essere una buona idea per… sì insomma… lasciargli intendere determinate cose. Stavano insieme da ormai un po’ di mesi e, ad esclusione di occasionali scenate da parte dell’altra moglie (per gli amici Komaeda), le cose erano sempre andate bene. E il ragazzo si era dimostrato anche un gentiluomo, senza mai fare pressioni per spingersi oltre un certo limite con lei… solo che ora stava esagerando.

Va bene la timidezza, ma ignorare i miei segnali è da fessi.

La sua strategia comprendeva il farlo giocare a giochi più “allusivi” rispetto a quelli che giocava di solito: era partita con Dead or Lie, il picchiaduro con le signorine prosperose, fino ad arrivare al già citato Gal Rifle, in cui dovevi mandare in estasi le ragazzine innamorate del protagonista usando una pistola spara-frecce di Cupido. Una cosa stupidissima ma che, sperava Chiaki, avrebbe inviato il messaggio ad Hinata nella maniera più efficace.

“Guarda, guarda Chiaki! Ho mandato la professoressa in doki-doki mode!”

E invece no.

“Pensi di continuare la partita ancora per molto, Hinata-kun?”

“Altri cinque minuti!”
“Lo hai detto anche dieci minuti fa.”

“Scusa, è che non ci ho fatto caso… oh cavolo, stava per raggiungermi!” si distrasse di nuovo, sparando le frecce di Cupido a una ragazzina con la marinaretta.

Ok, quando è troppo è troppo.

“Hinata-kun.”
“A-ah, sto facendo un punteggio fantastico!”
“Hinata-kun…”

“Dopo provo la route con la ragazza tsundere, che ne dici?”

“HINATA-KUN!”

Gli lanciò un cuscino, obbligandolo a girarsi.

“Ahia, perché mi hai tirato-”
Chiaki sollevò la maglietta, mostrando ad Hinata due buone ragioni per interrompere la sua partita.

Hinata lanciò via il joypad.

Chiaki wins!

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Capitolo 22
*** Extra - Zozzerie della 78 ***


“I-Ikusaba-san… tu sei sicura di quanto stai facendo, vero?”.

La voce un poco atterrita di Ishimaru non fecero altro che aumentare la voglia di Mukuro di darsi da fare. Si era procurata delle corde da un sexy shop online, assicurandosi che fossero fatte appositamente per dei giochini erotici. Non si sentiva particolarmente maestra nel campo strettamente riservato alla camera da letto, ma in compenso vantava una quasi decennale esperienza nel legare persone come se fossero dei salami. Diciamo che rispetto a tanta gente partiva un po’ avvantaggiata.

“Suvvia, non dirmi che un uomo tutto d’un pezzo come te si fa spaventare per così poco” rispose maliziosa mentre maneggiava con la scatola. Era rimasta in un angolo della sua stanza, dove erano entrambi in quel momento, in attesa di essere utilizzata. E il momento era arrivato.

“Ok, però… insomma, ecco… non è un po’... anormale? Specie per essere la prima volta…”.

Mukuro alzò appena gli occhi al cielo. Era veramente un cioccolatino d’ingenuità, il suo ragazzo, ed era forse il lato di lui che preferiva. Quello e i pettorali. Aveva dei gran bei pettorali.

“Anormale? Solo perché ho il kink delle corde? Mi offendi, Ishimaru”.

“Non volevo offenderti, non volevo! Scusa!”.

“Senti, è uno sfizio che ho sempre voluto togliermi e avevo deciso da tempo che la mia prima volta avrebbe implicato legacci e nodi. L’unica variabile era il corpo su cui sarebbero stati applicati, ma il fato ha deciso che per stavolta tocca a te. Tranquillo, sono più che disposta a ricambiare il piacere”.

GLOMP.

Il sentirlo deglutire rumorosamente la eccitò ancora di più.

Non sapeva spiegarsi questa passione, non in maniera cosciente quantomeno. Sapeva solo che c’era e aveva la possibilità di sfogarla concretamente. Non se la sarebbe lasciata sfuggire, nossignore.

“Bene, il materiale sembra a posto. Ora, se volessi gentilmente stenderti sul letto…” disse a mò di invito, anche se era più inteso come un ordine.

E quando lo vide sdraiato di fronte a sé, tremante, ad attendere...

Mettiamola così: fece una gran fatica a trattenersi. D’altronde, come detto, sapeva molto bene come usare quel che reggeva per renderlo completamente immobile e alla sua mercé. Ma lui non era un prigioniero di guerra, era solo il suo fidanzato che stava assecondando i suoi feticci per farle piacere.

Non si sarebbe spinta oltre, men che meno in occasione del loro esordio nel magico mondo del sesso. Non se lo sarebbe perdonato.

In un attimo di divagazione si chiese se fosse cosa comune anche per Junko e Mondo, quella di usare oggetti esterni durante un rapporto. Poi decise che in realtà preferiva non saperlo neanche per sbaglio e tornò a dedicarsi a se stessa e al suo Prefetto.

Si avvicinò cauta e cominciò a lavorare.

Purtroppo, per lui e per lei, si rese conto di non avere le mani di fata come pensava. Anzi, in più di un’occasione dovette tirare il freno a mano per evitare di risultare troppo ruvida.

Di nuovo, tutta la sua esperienza pregressa era un’arma a doppio taglio in una situazione simile. Perché era capacissima di rendere inoffensivi i nemici della brigata Fenrir che andavano successivamente interrogati, ma il ragazzo di fronte a lui non era tale. E più proseguiva, più lui si lamentava per sfregature troppo violente contro la sua pelle o per tratti della corda che lo irritavano o lo costringevano a posizioni eccessivamente scomode.

Insomma, la magica prima volta di Mukuro Ikusaba fu un mezzo fiasco. Principalmente per colpa sua.

All’ennesimo “Ahia! Mi fai male!”... niente, ci rinunciò. Prese le corde, le gettò a terra con un moto di stizza e dichiarò ad alta voce che non se ne sarebbe fatto più nulla.

“Al diavolo!”.

“Ikusaba-san! Che ti prende?”.

“Che mi prende, Ishimaru?” si voltò verso di lui, rabbiosa “Mi prende che ho rovinato tutto. Forse Junko non ha tutti i torti quando mi dà della fallita…”.

Il suo pistolotto di autocommiserazione venne interrotto da un repentino contatto fra le loro labbra.

Al termine del bacio Ishimaru si staccò, ansimando leggermente, e guardandola negli occhi le disse: “Non ti azzardare mai più a dire simili scemenze, mi sono spiegato?”.

“...eh?”.

“D’accordo, forse non sarai un asso nel legare il tuo partner a scopo erotico. Ma da qui a darti della fallita ce ne passa di acqua sotto ai ponti. E poi, cosa ti costa fare un passo indietro e rinunciare almeno per ora a questa cosa? Possiamo anche farlo normalmente, sarà bellissimo lo stesso. Inoltre in questo modo il campo di battaglia si livella, perché come sei novellina tu lo sono anch’io. A parità di preparazione, sul confronto diretto sono sicuro che mi batterai e farai più bella figura”.

“Brutto scemo” rispose lei, un poco commossa dal suo essere comprensivo.

Si abbracciarono, cominciando in prima e scalando pian piano di marcia fino a quando sembrarono due piovre dedicate all’esplorazione di ogni centimetro del corpo dell’altro.

E fu così che la prima volta di Mukuro Ikusaba fu solo un mezzo fiasco e non un fiasco completo.


*


Studiando il suo riflesso nello specchio, Kyouko lanciò l’ennesima occhiata al completino intimo che indossava.

Kyouko Kirigiri non era mai stata una particolarmente attenta alla moda o dedita allo shopping compulsivo… non prima di perdere la testa per Makoto Naegi, s’intende.

A voler essere sinceri non è che fosse cambiata poi tanto, ma non le era sfuggito il fatto che, da quando stava con il Super Fortunello, aveva iniziato a prestare più attenzione al proprio abbigliamento, spesso lanciando un’occhiata furtiva a quello delle sue compagne più alla moda. Qualche giorno prima suo padre si era persino vendicato di tutto il sarcasmo gratuito subito dalla figlia, quando l’aveva trovata intenta a leggere una rivista di moda. “Stai bene, figlia mia? Vuoi sederti? So che fa male quando scopri di essere effettivamente una ragazza” era stata la frecciatina lanciatale da Jin, che si era defilato alla svelta cercando di evitare una scarpa diretta alla sua tempia.

Basta. Non è il momento della psicanalisi.

Finì di abbottonarsi la camicia e il resto della divisa, diede una veloce sistemata ai capelli e si rimirò un’ultima volta allo specchio. Perfetta.

Non le sfuggì il parallelo con la sera della festa, in cui si era tirata a lucido con il solo scopo di far cadere Makoto ai suoi piedi… per poi fuggire a gambe levate quando aveva ottenuto il suo scopo. Stavolta le cose andranno diversamente si disse. C’è in ballo qualcosa di molto più importante di una semplice dichiarazione.

Per me e Naegi-kun è ora di diventare più… intimi.

Kyouko Kirigiri si era di nuovo vestita per uccidere, e stavolta era più che decisa a non fallire. Si chiuse la porta della sua stanza alle spalle e si diresse verso quella di Makoto, ripassando mentalmente il suo piano: solo un’ora prima lo aveva avvisato che sarebbe andata da lui con la scusa di recuperare un quaderno (strategicamente lasciato lì il giorno prima), e avrebbe approfittato di quella situazione per… beh, per sedurlo.

Avvampò all’idea di ciò che stava per fare, ma era un’esperta nel nascondere le sue emozioni agli altri, quindi era più che sicura che la sua faccia non avesse lasciato trapelare nulla.

Eccoci qua.

Per qualche secondo rimase ferma davanti alla porta della camera di Makoto. Nonostante continuasse a dirsi calma il suo cervello continuava a distrarla con altro, tipo farle notare come il chibi affisso sulla targa somigliasse tanto al legittimo proprietario, soprattutto in altezza.

Tutto molto bello e adorabile, ma non siamo qui per questo.

SI decise a suonare il campanello, e due secondi dopo Naegi era lì ad aprirle la porta: “Kyouko-san! Ci hai messo un sacco, credevo ti fossi dimenticata del quaderno” le sorrise lui, facendosi da parte per farla entrare. “Scusa, è che non riuscivo a trovare il… il cellulare” mentì, sperando di farla franca. “Il cellulare, sì.”

“Prima il quaderno, ora il cellulare… ultimamente sei un po’ distratta eh?” fu la risposta del ragazzo, che si era avvicinato alla sua scrivania per cercare qualcosa. Decisamente Kyouko l’aveva fatta franca.

Bene, ora di dare il via all’operazione “Facciamo fiki fiki insieme”.

Svelta come solo lei sapeva essere, la Super Detective approfittò della momentanea distrazione di Makoto per slacciare il nastro della sua divisa, sbottonare un po’ la camicia, sedersi sul letto e accavallare le gambe in quella che sperava fosse una posa sensuale. Quella settimana di allenamento davanti allo specchio doveva pur essere servita a qualcosa, si augurò. Finì i preparativi appena in tempo per vedere il ragazzo voltarsi verso di lei con il quaderno in mano: “Ecco a te il tuo qua… oh, senti caldo? Forse ho alzato troppo il termostato, aspetta.”

Kyouko lo osservò allibita controllare la temperatura della stanza, ma decise di non demordere. Naegi-kun è adorabilmente ingenuo, si disse, devo solo essere un po’ più diretta. Ma senza esagerare.

Sorrise come non fosse successo nulla e proseguì col suo piano: “Sentì, Naegi-kun… avrei un’idea.”
“Che tipo di idea?” rispose lui, sedendosi alla sua scrivania.

“Ecco, pensavo che potremmo… studiare insieme” disse, calcando particolarmente sulle ultime due parole. Si ritrovò persino a sbattere le ciglia in maniera frivola come aveva visto fare spesso a Celestia. La risposta che ricevette non fu esattamente quella che sperava: “Oh, mi dispiace, io ho già finito di studiare” rispose lui, grattandosi la nuca. “Sai, speravo di passare il week-end con te e quindi mi sono portato avanti con i compiti” sorrise, e lei ricambiò. Era un pensiero adorabile, che tuttavia continuava ad ostacolare il suo piano. Ma Kyouko Kirigiri non era una che si lasciava abbattere dalle prime difficoltà, e quindi insistette: “Però potremmo… studiare un po’ ugualmente, che ne dici?” propose, il tono di voce praticamente un coro di fusa.

E tuttavia…

“Mi dispiace, ma ho davvero finito tutti i compiti che avevamo. Mi sono lasciato prendere la mano, ahah!”

Kyouko si morse il labbro inferiore per impedirsi di urlare.

“Oh ma… aspetta, volevi una mano a studiare?” chiese lui, con l’aria di chi aveva appena avuto un’illuminazione. “Credevo avessi già finito ma posso aiutarti se vuoi! Non credevo ne avessi bisogno, ma-”
“S-sì, sì, mi farebbe piacere se mi aiutassi” mentì lei, ormai decisa a proseguire con il suo piano, anche a costo di apportare modifiche dell’ultimo minuto.

Makoto sorrise: “Con molto piacere!” trillò, alzandosi per recuperare alcuni libri di testo.

Kyouko decise di agire. Ora o mai più.

Veloce come una faina si sbottonò ancora di più la camicia, augurandosi che il reggiseno ben evidente risvegliasse nel ragazzo qualche istinto sopito, e si stese sul letto in una posa sensuale vista su un sito di pin up. Certo la modella era sicuramente più attrezzata dal punto di vista fisico, ma non è che tutte nascono Asahina o Oowari. E comunque Makoto non si era mai lamentato.

“Makoto…” miagolò. Lui non si voltò nemmeno.

“Makoto…” ritentò. “Un secondo, non trovo il quaderno con i miei appunti” fu la sua disarmante risposta.

Kyouko inspirò e si sporse in avanti oltre il bordo del letto, accarezzando la gamba di lui con il piede: “Makoto… voltati un attimo.”

“Un attim-ehi, ehi cos’è questo solletico?”

Forse lui si girò di scatto, forse lei non aveva calcolato bene quanto si era sporta oltre il bordo del letto, fatto sta che cadde di faccia sul pavimento, in maniera decisamente poco aggraziata.

La tetta. Mi fa male la tetta.

Makoto si precipitò subito da lei: “Kyouko-san! Tutto ok?”
Lei rotolò di schiena, incurante della camicetta aperta. Tanto ormai…

“Come hai fatto a rotolare giù dal letto, e… perché la tua camicia è sbottonata?” arrossì il Fortunello, mentre la aiutava a mettersi seduta.

Kyouko lo guardò dritto negli occhi con la sua espressione stoica… che però venne meno: “Non ce la faccio, NON CE LA POSSO FARE!”

“Eh?”
“Io le ho provate tutte!” piagnucolò (Io! Piagnucolo!). “Ma a quanto pare sei insensibile a qualunque tentativo di seduzione, o io sono totalmente incapace a rendermi almeno vagamente sensuale! Sono un fallimento su tutta la linea!”
“Frena frena frena” la interruppe, “tu stavi… cercando di sedurmi?”
“Sì! Sì, dannazione sì!”

“E… perché?”
“...secondo te?” sbuffò esasperata. “Stiamo insieme da mesi e ho pensato che portare la nostra relazione al… livello successivo poteva essere una buona idea, e visto che tu sei quello che si è sempre fatto avanti mentre i miei precedenti tentativi di corteggiamento sono naufragati miseramente mi sono detta che era la volta buona per ritentare e dimostrarti che posso essere seducente e” inspirò “e invece non ne sono capace. Da questo punto di vista sono più tragica di Togami!”

Una risatina da parte del ragazzo la distolse dal suo momento di autocommiserazione.

“Fa così ridere?” ringhiò, e lui alzò subito le mani in segno di pace: “Ma no, ma no! È che sei… buffa.”
“Buffa?”

L’avevano definita in tanti modi, ma mai buffa.

“Davvero, non ti sto prendendo in giro, ho solo trovato i tuoi impacciati tentativi di seduzione… adorabili” sorrise lui, avvicinandosi. “E potrebbero aver funzionato.”
Kyouko arrossì di colpo: “Anche ora che hai capito che il quaderno era una scusa?”
“A-ah” Makoto annuì, abbracciandola.
“E dopo aver subito il più maldestro piedino nella storia dei piedini?”
“Assolutamente” sorrise sornione.

“E dopo avermi vista rotolare per terra come un insaccato?”
“Un insaccato molto carino” rispose, prima di zittirla con un bacio.

Mentre sentiva le mani di Makoto Naegi accarezzarla in zone che non aveva ancora mai mostrato a nessuno, Kyouko Kirigiri si disse che in fondo non era poi così fallita come seduttrice. E magari non era un caso disperato come Togami.


*


Il quale Togami aveva messo in atto il suo, di piano, qualche settimana dopo.

“Direi che la mia ricerca può considerarsi conclusa. Comincio anche a sentire un po’ di fame.”
Touko si limitò a sorridergli, alzando appena lo sguardo dai suoi libri.

Pomeriggi simili erano ormai la norma per loro, chiusi in camera di uno dei due a studiare fino a dimenticarsi di pranzi, cene e spuntini. Non che fosse un grave problema, visto che Touko mangiava come un uccellino (nonostante lo Scion stesse cercando di aiutarla a migliorare le sue abitudini), e Togami poteva andare avanti per ore solo bevendo caffé (il famoso caffé fatto di cacca di pipistrello che gli era valso più di una presa in giro).

“Magari potremmo fare uno spuntino” propose lei, “m-ma non ho particolarmente voglia di stare in caffetteria…”

Anche l’obiezione della ragazza non era inaspettata, visto che entrambi avevano spesso e volentieri consumato il loro pasti in solitudine (ma andava detto che, da quando la loro relazione era diventata ufficiale, entrambi si erano sforzati di passare più tempo con i loro compagni di classe ed essere più socievoli. Entro i loro limiti, chiaramente).

Togami annuì, trattenendo a stento un ghigno soddisfatto. Proprio la risposta che mi aspettavo.

“Potremmo cenare qui in camera mia allora” disse, stiracchiandosi. “Ti spiacerebbe andare a prendere la nostra cena in cucina?”

Touko inarcò un sopracciglio: “Da come lo dici sembra che tu abbia organizzato tutto in precedenza…”.

“Ho solo avvisato Hanamura via cellulare qualche ora fa, prevedendo che saremmo rimasti in camera come sempre. Niente di eclatante” mentì lui spudoratamente. “Ora vai, io intanto faccio spazio sul tavolo. E di’ a quell’animale di tenere le sue zampacce lontane da te se vuole essere pagato.”

“Hm, va bene” rispose lei, sorridendo per quell’ultima frase. Togami sapeva essere adorabilmente geloso, quando voleva.

Appena la Scrittrice si chiuse la porta alle spalle, il ragazzo si alzò di scatto.

Bene. Ho pochissimo tempo.

Sistemò libri e quaderni alla bell’e meglio, abbassò le luci e si spogliò del tutto. Dopo diverse settimane di riflessione (e provocazioni da parte della quota maschile della 78), Byakuya era giunto alla conclusione che era ora di portare la sua relazione con Touko ad un livello… superiore. O fare homerun, come più volte l’avevano beceramente definito Kuwata e altri elementi non esattamente brillanti della sua classe.

State per fare sesso come conigli, e dillo!

Non tu di nuovo. Sparisci!

Le visite del suo fastidioso omino del cervello erano ormai sporadiche, ma quando appariva lo faceva sempre nei momenti meno opportuni.

Delizioso come ti ricordavo, Byakky.

Decise di ignorarlo nella speranza lo lasciasse in pace, e tornò ai suoi preparativi. Una volta completamente nudo si stese sul suo letto, solo il lenzuolo a coprire le parti più scabrose.

Va bene voler essere diretti, ma sempre con classe.

Anche i preservativi erano al loro posto. Annuì, fiero del suo operato. Dopo le rocambolesche settimane in cui aveva cercato in ogni modo di farsi perdonare da Touko sentiva di aver fatto un enorme passo avanti nella sua carriera di… chiamiamolo seduttore. Byakuya si sentiva decisamente più sicuro di sé e del suo modo di fare: ormai gli sguardi tristi della ragazza erano solo un ricordo, così come i momenti in cui riusciva a farla arrabbiare o offenderla senza volerlo (in realtà c’erano ancora, ma rari. Asahina e le altre ragazze gli lanciavano sempre meno sguardi di disapprovazione, e ne aveva dedotto di star migliorando anche su quel fronte), quindi non aveva alcun dubbio sulla riuscita del suo piano.

Sedurre Touko sarebbe stato un gioco da ragazzi.

Ti sbava dietro da anni, sai che roba.

Non rispose alla provocazione, preferendo mettersi in una posa che valorizzasse il suo fisico statuario (a detta sua, quantomeno). Il fatto che quella fosse la sua prima relazione e, soprattutto, che quella sarebbe stata la sua prima volta in assoluto, sembrava non metterlo assolutamente in ansia. Byakuya Togami non gioca in borsa se non è sicuro di vincere sorrise tra sé e sé. Certo, aveva solo una vaga idea (derivata da basiche conoscenze di biologia, discorsi prettamente maschili e ricerche su internet) di dove mettere le mani… ma era sicuro sarebbe andato tutto a gonfie vele. Se persino un gorilla come Oowada riusciva a farlo, figurarsi se un Super Erede come lui non ne sarebbe stato capace!

“Rieccomi! Certo che di roba ne hai chiesta ad Hanamu… hey, perché hai abbassato la luce? Non vedo quasi nulla.”
“Volevo farti una sorpresa” rispose lui con voce suadente. “Chiudi la porta e raggiungimi.”

Touko fece quanto detto e fece appena in tempo a posare il vassoio sul tavolo prima di accorgersi del suo ragazzo steso sul letto. Nudo.

“B-B-Byakuya-kun… sei… sei nudo…” balbettò lei.

“Assolutamente sì.”
“E… hai solo un lenzuolo a coprirti…”
“Come puoi ben vedere.”
“E… sta su da solo…”

“Esatt- aspetta, cosa?”

Fammi capire, non ti eri accorto di avere l’alzabandiera? Ma sei vero?

Touko scoppiò a ridere, e Byakuya si sentì avvampare.

“Sai deridermi non è particolarmente afrodisiaco” borbottò, “e poi non dovrebbe farti piacere vedermi… beh, in forma?!”

“Scusa… scusa è che” balbettò a fatica lei, “n-non me l’aspettavo, tutto qui! Soprattutto quel… quel lenzuolo teso, sembra tu abbia una mini tenda da circo tra le gambe, ahahahah!”

“Io cerco di sedurti per passare la prima notte romantica della nostra relazione e tu mi prendi in giro, fantastico. No davvero, stupendo.”
“D-dai non essere così permaloso…”
“Ho tutte le ragioni di esserlo, almeno stavolta” rispose secco, incrociando le braccia e sbuffando. La risatina del suo omino del cervello non contribuì a migliorare l’umore.

“Quindi… volevi sedurmi?” chiese Touko a bassa voce. Lui non si voltò a guardarla ma annuì: “Era la mia idea, ma a quanto pare non è stata delle migliori.”
“Oh, non dire così… sono sicura che possiamo rimediare” miagolò lei, un tono di voce che mai le aveva sentito e che subito rinvigorì quella parte di lui che si era abbattuta. Sentì il materasso abbassarsi leggermente e le labbra della ragazza sfiorargli una guancia. “Sai non sono sicuro che un bacio sulla guancia possa cambiare le… cose…”

Quando si voltò a guardarla, notò un paio di cose. Un paio di cose che in genere erano coperte dalla divisa scolastica di Touko (sparita in due secondi), e che decisamente non le rendeva giustizia. Non era Asahina, ma non c’era nemmeno di che lamentarsi. Notò anche come, con i capelli sciolti, senza occhiali e con quello sguardo da gatta, la Scrittrice sembrava saperla molto più lunga di lui.

“Allora non vuoi proprio perdonarmi?” chiese la Scrittrice, e lui fece fatica a mettere insieme una frase sensata: “D-diciamo che se ne può parlare.”
“Bene.”

Tempo zero e si ritrovò steso sul letto sotto di lei.

Le sue doti da seduttore andavano affinate, ma tutto sommato si disse soddisfatto del risultato.

E di quello dopo.


*


“Per la miseria, Junko… basta, ti prego… sono a pezzi…”.

“Come sei a pezzi? Ma è solo la settima volta consecutiva che lo facciamo!”.

“Appunto! Ti sembrano poche?”.

“Avanti Mondo, non ti facevo così pappamolle”.

“Non è questione di essere pappamolle, è che… mi fa male, dannazione…”.

“Ti fa male? Questo adorabile cosino di venticinque centimetri?”.

“Ahio! E tieni le mani a posto, ti ho appena detto che mi fa male!”.

“Ma che uomo sei? Dov’è finito il tuo vigore animalesco da bestia del sesso?”.

“Me l’hai succhiato tipo vampiro col sangue, ecco dov’è finito. E al contrario del tuo appetito la mia resistenza non è infinita”.

“Chiamami 18, umano. E comunque non è stata l’unica cosa che ti ho succhiato”.

“...dopo la citazione a Dragon Ball basta, per oggi ho dato”.

“Ehi! Che stai facendo?”.

“Mi rivesto. Non si vede?”.

“Eeeeeeeeeeeeeeeeh? Ti rivesti?”.

“Junko, sarò chiaro: a me piace fare sesso con te, lo sai. Ho dimostrato di apprezzarlo in lungo e in largo…”.

“Oh sì, lo hai fatto eccome. Lo sai vero che ormai la mia amica V ha preso la forma del…”.

“PER FAVORE LE FRASI DA HENTAI NO. E lasciami finire. Dicevo, mi piace… ma dopo un po’ anch’io finisco la benzina. E come ogni buona moto, col serbatoio vuoto non si va da nessuna parte”.

“Non ti facevo così poco capiente”.

“È che tu sei un’idrovora e non mi concedi neanche il tempo per rifiatare. Sicura di non avercela dentata?”.

“La risposta la dovresti conoscere da solo, ragazzone. L’hai esplorata come neanche Indiana Jones nel tempio maledetto”.

“Ehm, sì… in effetti…”.

“No, comunque mi stai tirando un colpo basso. Io ne ho ancora voglia, ueeeeeeeeeeeeeeeeeeh!”.

“Ti prego, almeno secondo l’anagrafe non hai più sei anni. La frigna da bimbetta offesa no, ti scongiuro”.

“E allora vieni qui e soddisfami, stallone sgonfio”.

“Quando il mio uccello avrà smesso di raggrinzirsi per colpa tua. Chiedo solo una tregua… di qualche ora, ecco. Non di più”.

“Ma qualche ora è un sacco di tempo! Io che faccio nel frattempo? Mi annoio?”.

“Conta il pulviscolo, che ne so. Trovati un passatempo”.

“No no no no no no! Non te lo permetto!”.

“Non ti ho chiesto il permesso, difatti. Me lo prendo e basta. Davvero Junko, cerca di capirmi: se lo sottoponi ad altro sforzo, ora come ora, rischi di farmelo andare in cancrena per sempre”.

“E porca puttana, non sono mica una vedova nera!”.

“Potresti tingerti i capelli allora. Bene, non sono più nudo come un verme e questo significa che posso andare a farmi una passeggiata. Ti prometto che non appena ne sarò in grado tornerò subito da te”.

“Grunf. Questa cosa mi indispettisce molto, Mondo”.

“Pazienza. Vorrà dire che mi sdebiterò in qualche altro modo”.

“...”.

“A più tardi, Junko”.

“...”.

SBRAM SDENG KATABOOM.

“Eh uh cosa dove chi perché?”.

“Ho cambiato idea. Tu non vai da nessuna parte”.

“Mollami la collottola! Mollami!”.

“No. Se ti mollo sarà solo per gettarti sul letto”.

“Junko, per l’amor del cielo! Siamo in mezzo al corridoio, facciamo una figura di merda epocale!”.

“Capirai, come se non lo sapessero anche le tazze dei cessi che io e te scopiamo in allegria. Ti dice niente la festa di qualche mese fa?”.

“...point, set, match”.

“E adesso noi due ce ne torniamo in camera”.

“Aiuto! Qualcuno mi salvi da questa valchiria troppo arrapata!”.

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