La Più Terribile, Più Distruttiva, Più Infernale Faida Apocalittica fra la Classe 77 e la Classe 78 di Walpurgisnacht (/viewuser.php?uid=146936)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ...e La Più Terribile, Più Distruttiva, Più Infernale Faida Apocalittica fra la Classe 77 e la Classe 78 ***
Capitolo 2: *** ...e il consiglio di guerra, con un contorno di dissidenti e un buon Ultimate Lucky Gastro ***
Capitolo 3: *** ...e l'Operazione Rendiamo Touko Fukawa la Piu' Figa di tutta la Kibougamine ***
Capitolo 4: *** ...e i ribelli che aumentano, la festa che si avvicina e i due di picche ***
Capitolo 5: *** ...e i cuori infranti, e ah! La tauromachia! ***
Capitolo 6: *** ...e tutti pazzi per Sonia Nevermind ***
Capitolo 7: *** ...e io vorrei, non vorrei, ma se vuoi ***
Capitolo 8: *** ...e Byakuya Togami vs the world ***
Capitolo 9: *** ...e l'omino del cervello ***
Capitolo 10: *** ...e la gente che si piace ***
Capitolo 11: *** ...e le dichiarazioni dall'alto di una sedia ***
Capitolo 12: *** ...e i mugolii agghiaccianti da dietro la porta ***
Capitolo 13: *** ...e che noia che barba che barba che noia ***
Capitolo 14: *** ...e le prese di coscienza di personaggi sui generis ***
Capitolo 15: *** ...e la rivincita degli hobbit ***
Capitolo 16: *** ...e le asce di guerra sotterrate ***
Capitolo 17: *** ...e il ritorno in pompa magna degli omini del cervello ***
Capitolo 18: *** ...e Capitan Togami ***
Capitolo 19: *** ...e comunque è sempre colpa della diva bionda ***
Capitolo 20: *** ...e venne il giorno degli esami ***
Capitolo 21: *** Extra - Zozzerie della 77 ***
Capitolo 22: *** Extra - Zozzerie della 78 ***
Capitolo 1 *** ...e La Più Terribile, Più Distruttiva, Più Infernale Faida Apocalittica fra la Classe 77 e la Classe 78 ***
Era
una giornata piovosa a Tokyo.
Per
i corridoi della rinomata accademia Kibougamine, la scuola per i
ragazzi ipertalentuosi del paese, serpeggiava un clima molto strano.
Dove normalmente ci sarebbero state frotte di studenti a scambiarsi
prese in giro, lì non vi era nulla di tutto questo. Anzi, i
pochi coraggiosi che osavano mettere il naso fuori dalla propria aula
cercavano di sbrigarsi il più velocemente possibile.
Temevano di rimanere coinvolti in quella che ormai era universalmente
conosciuta come la Faida.
La
Più Terribile, Più Distruttiva, Più
Infernale Faida Apocalittica fra la Classe 77 e la Classe 78.
Da
qualche tempo l’intero ambiente scolastico era avvolto da
questo tremendo avvenimento, che non portava altro che terrore e
disperazione nei cuori di chi aveva la sfortuna di rimanerne coinvolto
anche solo di striscio.
Persino
ai piani alti dell’amministrazione non si sapeva
più che pesci pigliare. Alcuni membri del consiglio
scolastico pensavano che tutto quel casino avrebbe finito col provocare
la chiusura di baracca e burattini, oltre che il crollo fisico
dell’intero complesso accademico.
Tutto
era cominciato un mese prima, durante il festival scolastico.
*
“Che
bella giornata!” disse tutto allegro Makoto Naegi mentre
aiutava i suoi compagni di classe ad allestire il loro stand.
“Oowada-san, passami il martello per favore”.
“Tieni
nanetto”.
“Grazie”.
Erano
tutti e sedici lì, chi intento in lavori più
manuali e chi invece prestava la propria opera in maniere meno fisiche,
come ad esempio le ragazze (con l’eccezione di Sakura Oogami,
troppo preziosa da quel punto di vista) che si stavano dedicando al
volantinaggio.
Insomma,
un bello sforzo di gruppo in cui tutti stavano mettendoci del proprio.
Era un bel pensiero per lui, dimostrava che erano un gruppo unito e
disposto a sostenersi a vicenda.
“Sì
Naegi, hai ragione. Davvero la giornata ideale per vendere dorayaki e
takoyaki” gli rispose Leon, seppure in ritardo. Era impegnato
nel cercare di tenere in piedi le colonne portanti del loro baracchino,
compito forse improbo per uno poco pratico come lui ma al quale si
stava dedicando con notevole impegno.
“Meno
male che abbiamo scoperto le doti nascoste di Celes. Non avrei
scommesso uno yen bucato sulle sue capacità di
cuoca” si lasciò andare sarcasticamente lo stesso
Oowada, il quale stava spostando delle assi.
“E
meno male che la 77 ha deciso di darsi al giardinaggio. Altrimenti, col
fatto che fra di loro c’è quel porco pervertito di
Hanamura, non avremmo avuto scampo”.
“Per
questo dobbiamo ringraziare quella soffiata…”.
La
soffiata, già. Naegi sorrise nel ripensare alla scena: erano
seduti sconsolati qualche giorno prima in classe, cercando di venire a
capo dell’enigma di cosa fare per il festival. Davano per
assodato che il tema culinario fosse fuori portata perché
nella sezione dei loro senpai più diretti vi era il Super
Chef, che ovviamente avrebbe messo a disposizione il proprio talento.
Stavano scervellandosi alla ricerca di una soluzione quando Junko
Enoshima irruppe dalla porta, giubilante e col sorriso più
grande che le avessero mai visto: “Gente, gente! Una
bellissima novità! Facciamo il banchetto del
cibo!”.
Un
coro di stupefatti “Che cosa?” la travolse,
togliendole quasi la facoltà di dire quel che aveva da dire.
Riuscì a riportare un minimo di ordine solo dopo parecchi
minuti: “Va bene, ma lasciatemi spiegare! Una fonte anonima
ma affidabile mi ha appena detto che quelli della 77 non si
appoggeranno ad Hanamura. Pare vogliano dedicarsi a delle piantine o
qualcosa del genere”.
“Fonte
anonima? Io non mi fido delle fonti anonime…”
borbotto Kyouko Kirigiri, riscuotendo un discreto consenso. Ma lo
charme e la voce grossa della Super Modella vinsero la
riottosità della maggior parte dei suoi compagni, con poche
sacche di resistenza ancora presenti.
“Io
continuo a pensare che vendere delle armi non fosse una cattiva
idea…”.
“Ikusabaaaaaaaaaaa-san!
La vuoi smettere? Ti prego, smettila”
“Naegi-kun,
per favore… non aggredirmi così, era solo una
proposta…”.
“Ma
lo sai che non si può, santo cielo! Il momento che mettiamo
qualcosa che assomiglia alla canna di una pistola nella zona
d’esposizione delle merci finiamo tutti in galera per
direttissima! Io non sono Oowada-san, vorrei non avere un periodo di
permanenza in un riformatorio sul mio curriculum”.
Il
susseguente ruggito dell’offeso Oowada fece tremare per un
attimo i muri. “Scusa” pigolò un
atterrito Fortunello.
“Ma
siamo sicuri sicuri sicuri? Enoshima-san?” provò
ancora Fujisaki, a quanto pareva non troppo convinto dalle pur notevoli
doti di imbonitrice di Junko.
“Sicurissima!
Ci scommetto sopra la mia intera carriera!”.
“Non
farlo, Junko-chan. Ti ricordi cos’è successo
l’ultima volta?”.
“Muku-nee,
piantala di fare la disfattista! Andremo lisci come l’olio,
ve lo prometto!”.
“Sarà…”.
I
borbottii si spensero solo dopo ulteriori, reiterate assicurazioni.
“Quindi
possiamo… oh, ma aspettate un attimo” si
alzò Sayaka Maizono “chi di noi sa
cucinare?”. La domanda era legittima, in effetti. Nessuno dei
presenti si poteva dire un gran cuoco.
“Kerumph”
fece sentire la propria voce Celestia Ludenberg dal fondo della classe
“È il vostro giorno fortunato. Si dà il
caso che ogni tanto mi diletti fra i fornelli e me la sappia cavare
niente male con dolcetti vari”.
Lo
stupore che si disegnò sui volti degli altri quindici fu
incredibile.
“Naturalmente”
proseguì lei “se questa notizia dovesse uscire da
qui potete fare che stendere testamento. E dire ai vostri amici
più cari che si dovranno preparare ad estrarre la mia unghia
metallica da qualche anfratto non in vista del vostro corpo”.
L’inquietantissimo sorriso che chiuse questa frase li
gelò tutti.
Fu
così che decisero di mettere su lo stand con le cibarie:
sicuramente non la più originale delle trovate, ma
indubbiamente la più semplice. Anche perché, a
conti fatti, nessuno di loro aveva un talento che poteva tornar loro
utile in un’occasione del genere: certo, si era proposto di
far cantare Sayaka, Junko si era persino messa a disposizione per fare
foto insieme ai fan per una modica cifra, ma sembravano tutte cose troppo
frivole
a detta di alcuni di loro. E d’altro canto costringere Fukawa
a stare ore seduta a dedicare libri o scrivere storie brevi a chi
chiedeva era disumano, lo stesso valeva per Yamada e le sue doujinshi.
Togami aveva proposto di sedersi allo stand e permettere ai plebei di
pagare per adorarlo, ma tutti preferirono ignorarlo (insieme a Ikusaba
e le sue armi di contrabbando).
Makoto
si allontanò per ammirare il lavoro, e annuì
soddisfatto: lo stand era venuto proprio bene. Un’occhiata
all’orologio gli comunicò che mancava meno di
un’ora all’inizio del festival: “Ragazzi!
Manca un’ora! Dove sono i dolci?”
“Non
c’è bisogno che urli come una bertuccia,
Naegi-kun” gli rispose un’infastidita Celestia,
“io e le mie leccornie siamo qui” disse, sistemando
sul tavolo dorayaki, takoyaki e anche qualche dolce più
occidentale (dietro insistenza della stessa Celes, e non poterono
rifiutarsi pena il piantarli in asso senza una soluzione). Doveva
però ammettere che quei macarons colorati erano molto belli
a vedersi.
“Lo
stand c’è, i dolci anche”
annuì Mondo, “mancano solo le nostre ragazze
immagine. Dove si sono cacciate?”
“Siamo
qui, mio bel gorillone. Una signora deve sempre farsi aspettare, non lo
sai?”
Si
voltarono e vennero ricompensati dalla visione di Junko e Sayaka,
vestite (per modo di dire) con top cortissimi e minigonna altrettanto
corta coordinati come le migliori race girls.
“Allora,
che ne dite?” chiese la Super Modella, offrendo loro una
panoramica completa.
“Oh,
io non vedo l’ora di toglier-”
“Oowada-kun!”
“Scusa,
è Johnny che parla” chiosò, indicando
un punto del suo corpo che per fortuna aveva deciso di non mostrare.
Makoto sospirò, chiedendosi cosa ci trovassero quei due
nello zomparsi addosso chiusi nello sgabuzzino delle scope (con buona
pace di Ishimaru, ormai arreso all’evidenza tanto da non
snocciolare più loro ogni punto del regolamento scolastico),
ma in fondo che ne sapeva lui, che sognava di appuntamenti romantici
con la persona speciale? Persona speciale che probabilmente non
sospettava nulla dei suoi sentimenti, nonostante si fregiasse del
titolo di Super Detective e fosse capace di elencare tutto
ciò che avevi mangiato a colazione basandosi sul tuo alito.
Comunque convenne con Mondo che Enoshima e Maizono erano decisamente
carine e avrebbero attirato clienti a frotte.
O
quantomeno lo credettero, almeno finché…
“QUEI
BASTARDI!”
Si
voltarono verso Leon, artefice dell’urlo, che indicava lo
stand posto proprio di fronte a loro. La mascella di Makoto quasi
toccò terra.
La
classe 77 aveva preparato uno stand con i dolci di Hanamura.
Kuwata
urlò verso Junko: “Maledizione a te, Enoshima!
Dicevi che avevi avuto la soffiata da fonti sicure!”
“Ed
è così! Me l’ha detto la Super Make-Up
Artist della classe 79!” pigolò, indicando una
ragazza dai capelli biondi e un’acconciatura eccentrica, perfettamente truccata, che le restituì
un’espressione perplessa.
“Ma
sì, eri tu… vero? Ti ricordavo un po’
più in carne, però…” ammise,
“devi svelarmi il tuo segreto per perdere peso tanto in
fretta.”
Una
risata proveniente dallo stand di fronte attirò la loro
attenzione.
“Ci
siete cascati come dei polli!”
A
parlare era stato Hajime Hinata, membro speciale della classe 77.
Nessuno aveva idea del perché si trovasse alla Kibougamine,
non avendo alcun talento, eppure era lì. Makoto
soffocò un urlo, visto che in
teoria
anche lui si trovava lì per pura fortuna.
“Hinata”
ringhiò, “lo sapevo che c’eri tu
dietro!”
“E
io sapevo ci avreste creduto, Naegi” rise l’altro,
“è stato fin troppo facile fregarvi.
D’altronde Enoshima non è esattamente la stella
più brillante del firmamento, e convincerla di star parlando
con la vera Super Make-Up Artist è stato un gioco da
ragazzi” spiegò, indicando un altro membro della
classe 77 accanto a lui: grasso, biondo e impegnato a guardarli con
aria di superiorità oltre la coscia di pollo che stava
divorando.
“IMPOSTOREEEEEEEEEEEEEEEEEEEH!”
L’urlo
belluino apparteneva stavolta a Togami, il quale aveva un lungo conto
in sospeso con il Super Impostore: ben prima di entrare alla
Kibougamine costui si era spacciato per il vero Byakuya Togami,
reclamando come sua l’eredità della Togami
Zaibatsu, e al vero Super Erede la cosa non era andata giù.
Soprattutto perché, nonostante avesse poi dimostrato di
essere lui il vero Byakuya, l’Impostore si era intestardito a
mantenere le sue (decisamente più grasse) sembianze, con il
solo scopo di infastidirlo. Aveva addirittura deciso di farsi chiamare
simpaticamente Twogami dai suoi compagni di classe, perché
si era rifiutato di cambiare nome.
Quindi
adesso la Kibougamine aveva ben due Byakuya Togami, uno dei quali
soffriva di gastrite nervosa.
“Voi…
voi schifosi plebei non avete idea di chi vi siete messi
contro” li minacciò Togami, e per una volta Makoto
si trovò d’accordo con lui: dovevano pagarla cara.
“Ah
sì? E cosa vorresti fare?” chiese
l’Impostore, sbocconcellando il suo pollo.
“Sguinzagliare gli avvocati di
papà?”
Makoto
sentì lo stomaco dell’Erede (quello vero) emettere
inquietanti rumori di digestione, segno che la sua gastrite tornava a
farsi sentire. “Naegi” borbottò,
camuffando un sonoro rigurgito, “raduna la classe.”
“Per
cosa?”
“Consiglio
di guerra.”
*
“Bene
signore e signori, immagino sappiate perché ci troviamo
qui.”
Dopo
l’orribile primo giorno di festival (costellato dai momenti
più bassi mai visti nella storia dell’accademia,
dalle minacce di morte di Celestia ai danni di Hanamura, e le proposte
oscene da parte di quest’ultimo che disgustarono chiunque,
fino ad arrivare ai tristissimi lanci di torte in faccia) decisero di
riunirsi per pensare ad una vendetta adeguata. Junko, per farsi
perdonare, scelse il posto più sicuro dell’intera
scuola, un posto dove nessuno sarebbe mai entrato di propria spontanea
volontà neanche pagato.
“Enoshima,
per l’ultima volta: PERCHÉ IN CAMERA
MIA?”
“Perché
nessuno di noi vorrebbe passare più di mezzo minuto in tua
compagnia, Raggio di Sole” chiosò lei.
“A parte Fukawa-chan, s’intende.”
Togami
inspirò a fondo, sforzandosi di rimanere calmo. Cosa
decisamente impossibile, visto che la sua stanza era stata invasa
dall’intera classe 78 in pigiama. Aveva creduto che Touko e
la sua assurda cotta per lui sarebbero state la sua maggiore
preoccupazione, ma non aveva tenuto conto di Oowada e la sua
curiosità da scimmia, e soprattutto il divertimento che
traeva dall’infastidirlo.
“Gorilla,
MOLLA LE MIE NAVI IN BOTTIGLIA.”
“Maddai,
voglio solo vederla da vicino” rise il Biker, tenendo in mano
con ben poca cura uno dei modellini più grandi,
“non te li rompo i tuoi giocattoli, giuro!”
“LASCIA
STARE IL MIO GIGANTIC!” pigolò Togami, e
sentì chiaramente l’ennesimo rigurgito che
risaliva il suo esofago.
Io
ci muoio di gastrite, vogliono ammazzarmi e si divertono anche!
“Avanti
Mondo-kun, lascia stare le barchette del nostro padrone di
casa” si intromise Junko, ignorando i rimarchi di Byakuya sul
fatto che non erano barchette ma costosissime riproduzioni in scala,
“abbiamo ben altro di cui occuparci adesso.”
“Io
voglio lo scalpo di Hinata! Voglio appenderlo sopra il mio letto vicino
alla foto di Komaru e dei miei genitori! Aaaaaaaaaaargh, quanto lo odio
quello!”.
Il
silenzio che seguì questa inaspettata uscita di Naegi
perdurò per parecchi minuti. Poi un timido Hagakure
azzardò: “Ma… Naegicchi… tu
non ami tutti?”.
“Io
amo tutti, sì” gli rispose livido in volto
“tranne quel bastardo di Hajime Hinata! Quello deve bruciare
nelle fiamme infernali! Ha osato definirmi il suo mini-me ma con meno
carisma! Lui, che esattamente come me non ha uno straccio di talento
decente e non ha manco vinto la mia lotteria! Io, per quanto ridicolo,
ho un motivo per essere qui con voi! Lui nemmeno quello! E si permette
di fare l’altezzoso. Pezzo di m…”. La
caduta nel turpiloquio venne fermata dalla pronta mano di Kirigiri, che
andò a tappargli la bocca. Anche se Byakuya notò
distintamente come sul viso di lei ci fosse un leggero rossore, e su
quello di Ikusaba un leggero istinto omicida.
I
plebei e le loro sciocche, patetiche pene d’amore. Non li
capirò mai.
“Più
seriamente” prese parola la Detective “quanto
è successo oggi significa una sola cosa: guerra. La nostra
classe è stata umiliata pubblicamente di fronte a tutti i
visitatori, ai professori, alle altre classi. È un colpo
durissimo alla nostra immagine e al nostro decoro e non può
passare impunito”.
“Kirigiri-san”
tentò di intervenire Oogami “non starai
ingigantendo un po’ la cosa? Capisco che non sia stato
piacevole, però addirittura arrivare a parlare di
guerra…”.
“Sakura-chan
ha ragione! Avanti ragazzi, vi sembra una cosa seria questa? Va bene,
abbiamo fatto una pessima figura. Capirai, nella nostra classe ci sono
Kuwata-kun e Oowada-kun che sono due serbatoi di figuracce con le
gambe. Io ci sono abituata… e anche un po’
rassegnata”.
“ASAHINA!
ANCHE SE SEI UNA RAGAZZA TI PICCHIO STAVOLTA!”
ululò il Motociclista. Bastò uno sguardo storto
di Sakura per metterlo a tacere.
L’altrettanta
ovvia obiezione di Leon non arrivò solo perché
Maizono lo fece girare verso di lei e gli mise un dito sulla bocca,
intimandogli il silenzio.
Sia
mai che il nostro prode Giocatore di Baseball dalla testa vuota e gli
organi genitali pieni sappia dire di no alla sua
“dolce” metà. Puah.
Ben
presto una piccola ma vocale fronda di oppositori si schierò
dalla parte di Oogami e Asahina, mostrando molta poca dedizione
all’onore comune. E questo a Togami non andò
giù: d’accordo, è vero che lui come
Naegi era più coinvolto a livello personale per via della
vaghissima antipatia che nutriva per l’Impostore…
ma diamine, ne andava del buon nome della 78! Che branco di codardi.
“Insomma”
proruppe di punto in bianco “vi pare un comportamento da
tenersi, questo? La 77 ci ha reso i pagliacci di tutta la scuola oggi,
e non solo della scuola. Sono venuti da fuori per vederci trattati come
pezze da piedi incapaci. E voi volete fargliela passare liscia? Indegni
che non siete altro. Vi disprezzo”.
“Oh
wow, Togami disprezza qualcuno. Chiamate TV Tokyo, è una
notiziona”.
“Ikusaba,
devo farti rimuovere di forza da questa stanza?”.
“I
pezzi delle tue guardie del corpo li vuoi recapitati per raccomandata o
per corriere?”.
“Gnnnnnnné”
balbettò l’Erede, rendendosi conto che non avrebbe
vinto quella battaglia. Decise di cambiare approccio: “E va
bene, non volevo giungere a tanto ma mi ci avete obbligato. Volete
sapere perché me la sto prendendo a cuore in questo
modo?” chiese alzandosi in piedi.
“Togami,
non ci starai facendo un discorso solenne voglio
sperare…” disse Junko, ironica.
“In
realtà sì, volevo. Qualche problema?”.
“Oh
no, figurati. Fai pure. È solo che… la tua
vestaglia in raso purissimo… ha un
taglio…”.
“CHECCOSA?”
sbraitò fuori di sé. Se la tolse svelto e
sì, in effetti c’era una lacerazione sul fianco
sinistro.
“IO
AMMAZZO QUALCUNO!”.
Ci
volle l’intervento congiunto di Oogami e Oowada per
imbrigliarlo, e persino quei due fecero una fatica assurda per tenerlo
a bada. Faceva veramente il diavolo a quattro, posseduto dalla furia
demoniaca di fronte al suo povero capo d’abbigliamento
così barbaramente rovinato.
Da
qualcuno di loro! Era stato sicuramente qualcuno di quei rozzi,
sporchi, indecenti proletari a fare questo al suo adoratissimo capo di
vestiario.
Quando
riuscirono finalmente a farlo calmare un minimo, alla rabbia rovente si
sostituì quella gelida: “Andatevene. Fuori. Tutti.
Adesso”.
“Ma
Togami, la riunione…”.
“Quando
mi sarà passata. Ora ho un lutto da affrontare”.
“Pffffff.
Sei veramente una diva anni Trenta, Raggio di Sole” si
permise di sfotterlo Junko, evitando per puro miracolo il comodino (!)
che lui le aveva lanciato addosso mentre usciva.
Uccido.
Uccido. Uccido.
*
Mondo
camminava svogliato per i corridoi della scuola. Accanto a lui Ishimaru
non diceva una parola.
La
situazione con la 77 era rimasta in sospeso dopo la pacata
reazione
di Togami della sera precedente, e lui di certo non era stato uno di
quelli che aveva fatto ostruzionismo opponendosi alla giusta lezione
che quei sacchi di merda si meritavano di ricevere.
No,
sul serio. Mondo Oowada e la prospettiva di una rissa, possibilmente
fisica. Cosa c’è di più giusto
nell’universo?
Per
questo si sentiva un po’ abbacchiato. Kirigiri ed Enoshima
erano riuscite a strappare all’Erede una replica del
consiglio di guerra per quella sera, ma significava niente ginnastica
sessuale con la sua bella Modella.
Beh,
possiamo sempre saltare bellamente quella palla di Chimica e imboscarci
da qualche parte.
Erano
quasi giunti in classe quando…
“OOWADA!
BRUTTO BASTARDO DEL CAZZO! FERMATI!”.
Oh.
Avrebbe riconosciuto quella vocina stridula fra un miliardo.
Apparteneva a quella specie di nano in bottiglia di Fuyuhiko Kuzuryuu,
il Super Yakuza.
Era
uno della 77.
Un
nemico da abbattere, quindi. Un nemico che gli aveva appena urlato brutto
bastardo del cazzo.
Poteva
essere che non ci sarebbe stato tempo per Junko e le sue notevoli
tette. Da una parte sperava di passare il resto della giornata in
punizione per aver gonfiato la faccia di Brontolo.
Si
voltò lento, sorridendo: “Dimmi Kuzuryuu,
c’è qualche problema per caso?”.
Naturalmente il tappo più rumoroso del West era
fiancheggiato dalla sua (pregevole) bodyguard personale, Peko Pekoyama.
“Ci
puoi scommettere che c’è un problema,
stronzo!”.
“Kuzuryuu-kun!”
lo interruppe Ishimaru “Il linguaggio!”.
“Vaffanculo
Ishimaru, non sono dell’umore adatto. Quel sacco di letame
del tuo kyoudai del cazzo mi ha rovinato la Kawasaki!”.
“La
moto?” rise Mondo “Ma quindi fanno le Kawasaki
giocattolo? Maledetto Daiya che non me ne ha mai regalata una
quand’ero piccolo!”.
“Non
sfottere, pezzente! È un modello pregiato, che uno come te
non si potrebbe permettere neanche andando a vendere i suoi polmoni
pieni di catrame al mercato nero!”.
“Davvero
ho fatto questo? Oh santa polenta, che tragedia. E dimmi, quando e come
avrei danneggiato la tua preziosa due ruote mignon?”.
“Alla
prossima battuta sulla mia altezza ti faccio ingoiare
l’intera dentatura a pugni!”.
“Oooooh,
il marmocchietto è furibondo. Che dici Ishimaru, dobbiamo
riportarlo dalla mamma per farglielo sgridare?”.
“...”.
“Che
c’è, statuetta da giardino? Perso le
parole?”.
“...Peko,
alzami”.
A
quella Oowada scoppiò a ridere come una iena.
“Peko,
alzami! Peko, allacciami le scarpe! Peko, fammi i compiti! Peko,
svuotami le palle!”. Anzi no, gli piacerebbe farsi quel pezzo
di figliola. Scommetto che non gliela darebbe neanche dopo un ordine
diretto. Voglio pensare abbia del buon gusto.
Le
sue risate vennero interrotte da un diretto che lo centrò in
pieno sul naso: “Ridi adesso, cretino”.
Il
Motociclista cadde a terra, sinceramente stupito dalla forza che quella
specie di ometto tascabile era stato capace di sprigionare. Allora
forse è vero che nella botte piccola
c’è il vino… com’era quel
proverbio? Nella botte piccola c’è il
vino… vino.
Sotto
gli occhi di uno stupefatto Ishimaru, il pompadour con il coglione
attorno (fu il memorabile insulto che una Aoi totalmente fuori di
sé gli dedicò durante un epico viaggio di classe)
si rialzò tenendosi la parte offesa:
“Apperò. Allora qualcosa c’è
dentro quella testaccia pelata”.
“Non
sono pelato, cazzo! Ti sembro pelato? I capelli li ho. E anche la
voglia di ridurti come la mia povera moto!”.
“Ma
se hai bisogno del piedistallo perché sennò
rischieresti di picchiarmi solo ad altezza pacco? Per favore, sei
ridicolo”.
SDONG.
Ahio.
Il ragazzino pesta.
“Frodo
Baggins io ti avviso” replicò, obbligandosi a
mantenere la calma “non fare incazzare i grandi, che poi sono
schiaffi sul popò che volano.”
Kuzuryuu
gli mollò un altro calcio dritto in faccia (sempre aiutato
da Peko), che stavolta Mondo riuscì ad evitare. Il piede del
ragazzino però andò a colpire il suo pompadour
così abilmente pettinato.
Ishimaru
sgranò gli occhi.
Mondo
ringhiò.
Pekoyama
sussultò.
“...sei
un hobbit morto.”
Il
corridoio divenne teatro della Più Brutale, Più
Violenta, Più Ridicola Rissa tra Super Alunni che
l’accademia avesse mai ospitato tra le sue mura. Inutili
furono i tentativi di Ishimaru di riportare l’ordine: persino
Peko, la Super Spadaccina, dovette farsi da parte e assistere impotente
alla furia di Mondo Oowada che si abbatteva sul suo nanico boss.
“MOLLAMI,
STRONZO! MOLLAMI!”
“Allora,
vuoi berciare ancora per molto, coso?”
La
rissa fu inevitabilmente vinta da Mondo, la cui altezza e mole di
muscoli lo favorivano su Kuzuryuu (dotato di grande carica aggressiva,
ma fisicamente incapace a sostenere anche un braccio di ferro):
acchiappò lo Yakuza per la collottola, sollevandolo come
fosse un cucciolo troppo agitato e lo avvicinò a
sé.
“METTIMI
GIÙ MOTOCICLISTA DEL CAZZO!”
“Kami,
certo che ne fai di casino per essere così piccolo! Sentimi
bene” ringhiò, guardandolo dritto negli occhi:
“Io ho involontariamente danneggiato la tua Kawasaki
Triciclo, ma tu. TU mi hai rovinato il pompadour di proposito, e
NESSUNO rovina il mio pompadour. Considerati già morto, Lego
Yakuza.”
Lanciò
Kuzuryuu in braccio a Pekoyama, che sembrava combattuta tra il lavare
l’onta col sangue e occuparsi del suo boss, e
abbandonò Ishimaru per fiondarsi dritto in biblioteca, dove
sapeva avrebbe trovato Togami. Arrivato a destinazione quasi
buttò giù la porta.
“Scion
di ‘Staceppa.”
“Gorilla.”
“Consiglio
di guerra. ORA. Quel nano di merda deve morire!”
Togami
non distolse lo sguardo dal suo libro, ma inarcò un
sopracciglio: “Addirittura, che ti ha fatto Naegi?”
“Non
parlo di lui, ma di Kuzuryuu della classe 77.”
Bastò
quello a destare l’interesse dell’Erede, che subito
si voltò verso Mondo. Quest’ultimo
indicò la sua acconciatura rovinata e disse:
“DEVONO. MORIRE. TUTTI.”
Togami
sfoderò un ghigno degno di un serial killer.
“Facciamoli
neri.” |
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Capitolo 2 *** ...e il consiglio di guerra, con un contorno di dissidenti e un buon Ultimate Lucky Gastro ***
Hajime
Hinata si era alzato di umore splendido, quella mattina.
Il
festival del giorno precedente si era rivelato un trionfo su tutta la
linea: il piano per far fare una figura barbina alla classe 78 era
andato alla perfezione, e lui si era goduto ogni singolo istante della
faccia distorta dalla rabbia di quel povero fesso di Naegi.
Quei
due si erano stati sulle scatole sin dal primo momento in cui si erano
guardati negli occhi. Sapete, quelle antipatie a pelle senza un reale
motivo ma che spesso e volentieri diventano le peggiori possibili.
Quando devi infastidire e ostacolare qualcuno per il puro gusto di
farlo, senza particolari provocazioni o motivi.
Ti
sta sul cazzo e lo esterni ogni volta che puoi, nelle parole e nei
fatti.
Così
funzionava per lui e per Naegi, perché era evidente che
l’antipatia fosse reciproca e matura per dare i suoi frutti.
Lui
era stato solo più veloce e aveva portato la prima stoccata.
In realtà del resto della 78 non gli fregava davvero
qualcosa, voleva solo lasciare Naegi in braghe di tela mentre
l’universomondo lo derideva come si meritava. Gli altri erano
vittime collaterali, su cui però non avrebbe pianto una sola
lacrima di dispiacere.
E
quindi, avendo ottenuto ciò che si era prefissato, quella
sarebbe stata una giornata grandiosa.
Non
importava se le lezioni si erano rivelate ancora più
mortalmente noiose del solito. Non importava se si era quasi slogato
una caviglia cadendo dalle scale. Non importava se si era preso una
punizione, quella classica con i secchi fuori dalla porta, per colpa di
quel tifone umanoide di Ibuki.
Non
importava. Il sole splendeva alto nel cielo, gli uccellini
cinguettavano e la natura gli sorrideva tutta, complimentandosi con lui
per il successo sul suo nemico personale.
Poi,
proprio al termine dell’orario scolastico, successe il
patatrac.
Si
stava per avviare alla porta, desideroso di andare a sdraiarsi sul
letto per la sua consueta lettura dei manga, quando l’occhio
gli cadde su Kuzuryuu che parlottava fitto fitto con Saionji.
Uh
oh, guai in vista. Se butti un chilo di tritolo sopra a un gatto
particolarmente irascibile non ottieni nulla di buono.
Contro
il suo stesso giudizio pensò bene di avvicinarsi per sentire
cosa si stessero dicendo.
“Hai
capito, Saionji? Devi andare a colpire gli elementi più
deboli e indifesi della 78. C’è la ragazzina
balbettante che si masturba coi computer, il grassone ovale, la
quattrocchi che ha paura persino a respirare. Sono quelli i tuoi
bersagli”.
“Non
ti rimangerai la parola data, vero?”.
“Uno
yakuza pone al primo posto il proprio onore. Se ho detto che ti
sommergerò di soldi, ti sommergerò di
soldi”.
“Tanto
lo sai che mi stai sulle palle comunque, no?”.
“Come
qualunque essere umano tranne la tua sorellona Koizumi. Sai la
novità. Ora smamma, mocciosa”.
“Ma
finiscila, nano da giardino malriuscito. E comunque sono più
bassa di te solo di qualche centimetro e solo perché ho una
deficienza nella crescita”.
“Mi
stai convincendo sempre più che la deficienza non ce
l’hai solo nella crescita, ed è per questo che sei
la persona migliore per questo compito”.
Hinata
vide la Super Ballerina Tradizionale sbuffare verso il cielo e
accomiatarsi dal loro biondo compagno, il cui sorriso da serial killer
non era uno spettacolo proprio rassicurante.
Poteva
farsi i fatti suoi, scrollare le spalle e andarsene. Decise invece di
immischiarsi.
Gli
si avvicinò e gli chiese: “Kuzuryuu,
ma… che succede?”.
“Oh,
Hinata. Ciao. Nulla, non succede nulla. Ho solo appena scatenato Lady
Gioia di Vivere sulla classe 78 per rendere la loro vita
impossibile”.
“Sì,
quello l’ho sentito. Ma cosa ti ha spinto a farlo? Mi sono
perso qualcosa?”.
“Eccome
se ti sei perso qualcosa. Non si vede che ho l’occhio gonfio
e un dente in meno?”.
“Porca
vacca, hai ragione. Non so come ho fatto a non accorgermene”.
“Compensavo
con lo charme”.
“Nome
della nuova droga che voi brava gente vendete per la strada?”.
“Vaffanculo”.
Risata.
“Ok
Kuzuryuu, ma ancora non mi hai raccontato”.
“Giusto.
Ecco, il fatto è che stamattina ho avuto un incontro
ravvicinato del quarto tipo con le nocche di Oowada”.
“Oowada?
Perché?”.
“Sai
che a me piace venire a scuola in moto, no?”.
“Ovvio
che sì. Il triciclo. Come posso dimenticarlo?”.
“...rivaffanculo.
Ok, prima me la sono trovata mezza distrutta per colpa di quel
bastardo”.
“Ah,
ora capisco. Ti sono saliti i cinque minuti e sei andato ad attaccar
briga, prendendoti il tuo solito ripassone. Come accade sempre quando
vai a far rissa con quelli più alti di te. Oh, aspetta.
Quindi succede sempre”.
“...ricordami
perché io e te dovremmo essere amici”.
Di
nuovo una risata.
“Battute
a parte. Quindi hai deciso di vendicarti per interposta persona di
lui”.
“Di
lui e di tutti i suoi compagnucci di merende, già. Chi fa un
torto a Fuyuhiko Kuzuryuu firma la condanna a morte sua e di tutti
coloro che gli stanno attorno”.
Hinata
non rispose, limitandosi ad inarcare un sopracciglio: Kuzuryuu sembrava
sempre così convinto delle minacce che elargiva in giro come
caramelle, che non di rado si era chiesto se si rendesse conto di avere
la carica aggressiva di un bassotto. Ok, era pur sempre uno yakuza (il
Super Yakuza, ad essere precisi), ma aveva comunque la faccia di un
undicenne.
“Avrei
davvero voluto vederla la vostra rissa” borbottò
sottovoce, attirando l’attenzione dell’altro:
“Hm? Detto qualcosa?”
“Niente,
niente” sciacquò via la questione,
“dicevo che andrò a godermi la mia siesta e i miei
manga. Buona continuazione con i tuoi piani di conquista delle moto
più grandi.”
“Vaffanculo,
Hinata!”
Altra
risata.
Però
avrei voluto vederla davvero la rissa
si disse, scommetto
il mio ahoge che Oowada l’ha di nuovo sollevato come un pacco
postale.
Si
appuntò mentalmente di chiedere a Koizumi se magari non
avesse scattato qualche foto dell’evento, oppure avrebbe
chiesto al Super Regista della 79.
Chiuse
la porta della sua stanza e si buttò sul letto. Era
così beato e rilassato che si dimenticò
completamente dei manga e prese sonno quasi istantaneamente. Tuttavia
un fugace pensiero lo colse: E
se la geniale idea di Kuzuryuu mi si ritorcesse contro?
Non
escludeva che la 78 avesse già in mente di vendicarsi, ma
non voleva rischiare di dargli ulteriori motivazioni a causa di due
puffi con troppa rabbia repressa.
Dopo,
ci penserò dopo
pensò, prima di abbandonarsi alle braccia di Morfeo.
*
Quella,
si disse, era una delle giornate peggiori della sua vita.
E
ne aveva vissute parecchie prima di entrare alla Kibougamine, quindi
aveva abbastanza esperienza per dirlo.
Ma
quella… oh, quella era un ritorno in grande stile di tutti i
suoi timori più profondi e radicati.
Chihiro
tirò su col naso e si appallottolò meglio che
poté tra le casse di cibo in scatola nella stanza delle
scorte situata di fianco alla caffetteria. Sentiva ancora i passetti
veloci di quell’arpia fuori dalla porta, forse intenta a
cercarlo in corridoio. Si augurò che le passasse la voglia
al più presto, e che soprattutto non le venisse in mente di
cercarlo lì.
Quella
caccia al topo era cominciata solo un’ora prima, e purtroppo
il topo in questione era lui.
Si
era appena messo la tuta per raggiungere Oowada e Ishimaru su in
palestra, per la consueta sessione di allenamenti che Chihiro aveva
personalmente chiesto ai due amici (per diventare più forte,
gli aveva detto), e stava per salire il primo scalino quando quella
gli
si era parata davanti.
“Oh
ma buona sera, Fujisaki-san!”
Hiyoko
Saionji era ferma sulla prima rampa di scale, avvolta nel suo solito
kimono giallo, e a giudicare dall’espressione sembrava stesse
aspettando proprio lui.
Chihiro
era un po’ intimorito da lei… no, ok, era terrorizzato.
Era
risaputo in tutta la scuola che ciò che a Saionji mancava in
altezza lo compensava in crudeltà verso il mondo: spargeva
cattiverie e battute al vetriolo con la stessa facilità con
cui diceva buongiorno e buonasera, roba che persino Ludenberg e Togami
in confronto erano due agnellini. Ma almeno a loro due era abituato,
mentre lei… lei era una mina vagante.
“B-Buonasera,
Saionji-san” balbettò, maledicendosi per aver
lasciato il cellulare in camera. Se l’avesse avuto avrebbe
potuto avvisare Mondo… poco virile forse, ma per una volta
avrebbe saputo conviverci.
La
ragazzina scese gli scalini quasi saltellando, fino a ritrovarsi a
pochi passi da lui, e sfoderò un sorriso solo
all’apparenza gentile: “Ma guarda, credo sia la
prima volta che ti vedo in abiti maschili!
Perché tu sei
un maschio,
vero Fujisaki-san?”
chiosò, rimarcando ancora su quel -san quasi fosse un
insulto.
Il
Super Programmatore non rispose, ma quella frase non gli era passata
inosservata: Saionji lo aveva colpito dritto nel suo punto debole.
“I-io
dovrei andare” disse, e fece per girarle attorno e dirigersi
verso le scale, ma lei lo afferrò per un polso:
“Oh, già, vai ad allenarti con quel gorilla di
Oowada nella speranza di diventare come lui?”
ridacchiò. “Che bell’esempio, tutto
muscoli e niente cervello… credevo avessi aspirazioni
più alte.”
Chihiro
decise di risponderle a tono: “N-non parlare male di
Oowada-kun! Lui è un mio caro amico, ed è
gentile!”
“Bla
bla bla, solo sinonimi di stupido scimmione!”
Decise
che era ora di dare un taglio a quella discussione e cercò
di divincolarsi dalla stretta di Saionji, che però era molto
più salda di quanto si fosse aspettato.
“La-lasciami!”
“Perché?
Io voglio solo chiacchierare, femminuccia!”
sorrise maligna lei, e allora Chihiro si ritrovò a fare
qualcosa che non aveva mai fatto in vita sua: le diede uno spintone che
la fece ruzzolare per terra, e per pochi secondi allentò la
presa sul suo polso consentendogli di scappare.
“E-ehi!
Come ti sei permesso! Torna qui!”
Per
sua fortuna il kimono rallentava Hiyoko, abbastanza da farle
perdere qualche secondo per rimettersi in piedi e concedere a Chihiro
di mettere distanza tra loro. Andare in palestra da Mondo e Ishimaru
era ormai fuori questione, quindi optò per tornare verso il
dormitorio e chiudersi in camera sua.
“Torna
qui, Fujisaki! Devi pagarmela!”
Ma
non aveva tenuto conto della testardaggine della Super Ballerina
Tradizionale. Probabilmente era a qualche metro da lui e la sua stanza
ancora lontana; era vicino alla caffetteria, ma non c’erano
posti dove nascondersi nemmeno in cucina, mentre la sauna alla sua
sinistra era chiusa.
L’unica
idea che gli venne fu quella di chiudersi nella stanza delle provviste,
di fianco alla scala che portava al secondo piano dei dormitori:
ringraziando tutti i kami per il corridoio deserto, corse verso la
porta, tirò fuori due forcine dalla tasca della tuta e le
infilò nella serratura.
Tipregotipregoapriti!
Venne
ricompensato da un leggero clack.
Sì!
Entrò
di corsa e chiuse velocemente la porta, appena in tempo per sentire
Hiyoko che urlava ancora il suo nome.
Ed
ecco come si era ritrovato lì, nascosto tra un sacco di
patate e uno scatolone pieno di barattoli di macedonia. Aveva ancora in
mano le forcine piegate che lo avevano salvato: Oowada gli aveva
insegnato tempo addietro come scassinare una serratura, “per
precauzione” gli aveva detto (di che tipo di precauzione
parlasse non ne era sicuro, ma aveva preferito non approfondire). Non
ne andava fiero, ma in quel momento ringraziò mentalmente
Mondo per averlo iniziato all’arte dello scassinatore.
Alcuni
rumori lo distolsero dai suoi pensieri. Si avvicinò con
cautela alla porta e vi accostò l’orecchio:
sentì di nuovo la sgradevole voce di Saionji, anche se non
riuscì a capire nulla di ciò che stava dicendo;
sentì poi un’altra voce femminile urlare qualcosa.
Per qualche minuto calò di nuovo il silenzio, poi la voce
della Ballerina si fece più vicina (ma ancora non abbastanza
da distinguere le parole), a cui rispose una voce maschile che
riconobbe come quella di Yamada. Dopo altri interminabili minuti
sentì la ragazza avvicinarsi alla sala provviste, ma per sua
fortuna tirò dritto verso la scala per i dormitori al
secondo piano. Attese ancora, giusto per sicurezza, e quando decise che
era abbastanza lontana uscì facendo quanto più
silenzio possibile. Si disse che la prima cosa da fare era avvisare
Mondo e Ishimaru, invece si diresse in caffetteria, dove
trovò Touko Fukawa seduta ad uno dei tavoli: ad
un’occhiata più attenta notò che la
Super Scrittrice stava piangendo.
“Fu…
Fukawa-san?”
Touko
si voltò di scatto e gli rivolse uno sguardo terrorizzato:
“S-Sa-! Oh, F-Fujisaki… sei solo t-tu”
disse, sembrando decisamente sollevata. Chihiro si avvicinò
a lei e azzardò una domanda: “Q-qualcosa non va,
Fukawa-san? Ti ho sentita piangere…”
“N-non
c’è niente che non va!”
ringhiò, ponendosi sulla difensiva. “E p-poi a
nessuno importa di me…” aggiunse sottovoce, ma il
Super Programmatore la sentì lo stesso: “Ma a me
interessa! O n-non te l’avrei chiesto”
annuì.
Touko
lo osservò in silenzio, probabilmente incerta se fidarsi
delle sue parole o no. Chihiro ritentò: “È
stata Saionji a farti piangere, non è vero?”
“C-come
fai a…?”
“L’ha
fatto anche con me, prima” ammise lui, “ma sono
riuscito a nascondermi.”
Passò
qualche istante prima che Touko prendesse di nuovo parola:
“M-mi ha avvicinata dandomi della pervertita, della pazza
furiosa” disse, tirando su col naso, “e c-che
Byakuya-sama non potrebbe mai amarmi. E c-che dovrei imparare a
lavarmi! L-lei, che non si toglie mai quel d-dannato kimono e si
sente!”
Chihiro
si innervosì: “C-che persona orribile! Quando mi
ha fermato sulle scale m-mi ha preso in giro perché indosso
la tuta maschile e… e mi ha chiamato femminuccia, e offeso
Oowada-kun” rispose tutto d’un fiato, prima che le
lacrime minacciassero di nuovo di scendere.
“A
quanto pare ci ha presi di mira…”
Si
voltarono verso la porta della cucina, da cui videro uscire un
malconcio Yamada.
“Y-Yamada-kun!
Anche tu?” chiese Chihiro, e il ragazzo si limitò
ad annuire con sguardo rassegnato. Stava per chiedergli cosa fosse
successo, ma vennero distratti tutti e tre da qualcuno che li chiamava.
“Finalmente!
Dove diamine ti eri cacciato?”
Mondo
e Ishimaru gli vennero incontro dall’entrata della
caffetteria, seguiti da Togami.
“Oowada-kun,
come mi hai trovato?” chiese, e l’altro si
limitò a scuotere la testa: “Ti ho cercato
ovunque, ecco come ti ho trovato! Quando non ti abbiamo visto arrivare
io e Ishimaru ci siamo preoccupati, e nel frattempo abbiamo trovato lo
Scion di ‘Staceppa che ci aspettava per la
riunione” spiegò. Poi guardò
attentamente gli occhi rossi di Chihiro, quelli di Fukawa e
l’aria distrutta di Yamada.
“Ragazzi,
dovete dirci qualcosa? Sembra vi sia appena passato sopra un
tir.”
I
tre si scambiarono un’occhiata fugace, poi Fujisaki
parlò per tutti e tre: “Più o
meno…”
“Un
t-tir chiamato S-Saionji” aggiunse Touko, asciugandosi gli
occhi ancora umidi col dorso della mano.
“Aspetta,
aspetta” intervenne Togami, “Saionji della 77?
Quella nana fastidiosa in kimono?”
Gli
altri tre annuirono, e Chihiro vide Mondo e l’Erede
scambiarsi uno sguardo… d’intesa?
Non
sapeva se a preoccuparlo fosse più questa nuova alleanza o
Hiyoko a piede libero, ma preferì non chiedere.
*
“Soldati.
Compagni.
Sapete perché siamo qui.”
“Per
finire la riunione di ieri che tu
hai
interrotto perché sei una regina del melodramma?”
Togami
lanciò uno sguardo furioso a Celestia, che lei
ignorò completamente. Tornò al suo discorso, e
stavolta nessuno l’avrebbe fermato (aveva già
nascosto le sue navi in bottiglia, per evitare che Oowada si
distraesse… e le distruggesse): “Dicevo, siamo qui
per mettere a punto un’azione strategica contro la classe
77” continuò, camminando avanti e indietro come un
generale che parla al suo plotone (cosa che sarebbe stata molto
più d’effetto se non avesse dovuto scavalcare
quelli seduti per terra, ma preferì soprassedere).
“Se già lo scherzo dello stand e
l’esistenza dell’Impostore - sì Naegi,
anche quella di Hinata - sono offese gravissime, ciò che
hanno fatto oggi” indicò Fujisaki, Fukawa e Yamada
“è un’onta che va lavata col
sangue” ringhiò, “perché
nessuno, e ripeto nessuno,
fa piangere I MIEI plebei.”
“I
tuoi… plebei?” inarcò un sopracciglio
Junko.
“Non
ho capito se devo pestarlo o ringraziarlo” chiese Mondo.
“Anche
noi ti vogliamo bene, Togami-kun” sorrise Makoto, e ci
mancò poco che a Byakuya venisse un infarto.
“Come
scusa? Quella roba lì… era una manifestazione
d’affetto?”.
“Perché,
Oowada-kun? Non si capiva?”.
“Non
direi. A me sembrava solo l’ennesimo gonfiare il petto della
diva bionda”.
“Ok,
ha il suo modo… peculiare. Però dai, se nessuno
fa piangere i suoi plebei… vedila così: siamo una
spanna sopra gli altri plebei. È già qualcosa,
no?”.
“Ehm”
tentò di riottenere l’attenzione la suddetta diva
bionda “COME STAVO DICENDO. Nessuno può passare
impunito dopo un attacco tanto vile e senza onore”.
“Non
per rompere il tuo entusiasmo, Togami” prese la parola Kyouko
“ma come hai intenzione di rifarti sulla 77? Vuoi mandare un
Oowada d’assalto a lanciare uova marce durante una loro
lezione?”. E nonostante fosse una palese uscita ridicola, il
Motociclista sembrò piuttosto entusiasta all’idea
di presentarsi in territorio nemico vestito come Rambo con uno
sparauova sulla schiena.
Lo
Scion scrollò le spalle, un sorriso beffardo: “Oh
Kirigiri, siamo qui apposta no? Scommetto che fra tutti ci
verrà in mente una forma di vendetta efficace e
soddisfacente. D’altronde reputo giusto che ogni membro di
questa classe ci metta del suo, è uno sforzo collettivo e
come tale va preso”. Stava per proseguire, dopo essersi preso
i suoi meritati secondi di gloria, quando si accorse di una cosa che
non gli piacque per nulla.
Lo
sguardo… gli venne quasi da dire pesantemente
contrariato di
Sakura. La quale, pur essendo seduta come tutti gli altri, lo guardava
con le braccia conserte e tutta la serietà di cui era capace.
“C’è
qualche problema, Oogami?”.
“Sì,
devo dire di sì” rispose quella alzandosi
lentamente, al centro dell’attenzione comune dopo
un’uscita così baldanzosa; “Se posso
permettermi…”.
“Parla”.
“Io
sono contraria a questa… stupidaggine”.
Il
clamore che seguì quella sprezzante dichiarazione era
difficile da descrivere. Togami avrebbe giurato che alcuni, se non si
fosse trattato della Super Artista Marziale, si sarebbero addirittura
spinti sul fisico pur di esternare il loro disappunto. Oowada in prima
fila, ovviamente, ma quello era capace di attaccar briga anche con un
comodino pacifista.
Lei
non fu per nulla turbata da quest’alone di
ostilità creatosi, e anzi si limitò a spiegarsi
con voce calma ma risoluta: “Non voglio aver niente a che
fare con una bambinata simile. A onor del vero posso dire di capire
perché si sia giunti a questo punto, visto che quanto
accaduto oggi è stato piuttosto deplorevole. Ma è
la situazione nella sua interezza a non farmi voler proseguire con
questa pantomima. Ve lo chiedo con la massima schiettezza: credete
davvero giusto che noi ora ci si debba trovare qui, come se fossimo nel
bel mezzo di un concilio di guerra, a tramare alle spalle della classe
77?”.
“Certo
che sì!” irruppe lo stesso Togami, con una furia a
dir poco inaspettata per uno come lui “Non mentivo quando ho
detto che un fatto del genere è orrendamente lesivo della
dignità e del buon nome della nostra classe nella sua
interezza, e reputo indispensabile la presenza e l’apporto di
ogni suo singolo membro. Non ti vorrai tirare indietro nel momento del
bisogno, Oogami? Che figura ci farebbe la tua scuola di arti
marziali?”.
“Non
è affare che ti riguarda. E comunque prima di tutto viene il
mio codice personale, il quale mi vieta di spendermi per una questione
così irrisoria. Il vecchio detto vivi
e lascia vivere è
purtroppo sottovalutato, mi tocca constatare”.
“Oogami,
non puoi comportarti così. Vuoi passare per
codarda?”.
“Sei
libero di avere di me l’opinione che preferisci, la cosa non
mi tange. Devo rispondere in prima istanza a me stessa e alla mia
etica”.
Ci
fu una notevole escalation nel battibecco, con l’Erede che si
ritrovò inconsapevolmente ad alzare sempre di più
il tono. Arrivando addirittura a insinuare brutte cose nei confronti di
Sakura, che per fortuna della sua colonna vertebrale fu saggia e
controllata abbastanza da glissare con eleganza.
L’impasse
sembrava impossibile da rompere. I due si guardavano fissi, ognuno
arroccato sulle proprie posizioni diametralmente opposte.
Poi
qualcosa, o meglio qualcuno, decise di intervenire: Chihiro si
posizionò a lato di Sakura e si disse d’accordo
con quanto aveva espresso.
Non
uno, ma due… due traditori. Non ci voglio credere.
Byakuya
trattenne a stento un rumore molesto proveniente dal suo stomaco, che
in situazioni del genere tendeva a dare in escandescenze.
“Fujisaki!”
urlò praticamente tutto il resto della classe.
“Io…
io sono d’accordo con Oogami-san! Tutto questo è
ridicolo! Io non voglio dover fare la guerra a nessuno!”.
“Ma
Fujisaki-kun!” esclamò Ishimaru, a quanto sembrava
inorridito dallo sviluppo “Oggi… oggi sei stato
aggredito in maniera vile da quella serpe di Saionji! Come puoi non
voler fargliela pagare, a quella… screanzata in
kimono?”.
Qualcuno
rise di fronte al Prefetto che era diventato livido in volto dopo aver
osato pronunciare il terribile epiteto screanzata
in kimono.
“Non
m’importa, Ishimaru-kun! Ci sono… ci sono
abituato. E comunque Oogami-san continua ad aver ragione. Ci hanno
fregato con la storia dello stand al festival? E allora? Vi pare sano
mettersi in testa di voler appendere la loro pelle ai piedi del
caminetto? Diavolo, date una regolata alle vostre priorità
invece di perdervi in un bicchiere d’acqua!”.
“Non
è solo per la faccenda dello stand e lo sai bene,
Fujisaki-kun” ribatté un Naegi molto combattivo.
“Naegi-kun,
ti prego, non ricominciare con la storia di Hinata. Vi state
antipatici, d’accordo… ma vuoi veramente portare
la cosa a delle conseguenze così estreme? Sul
serio?”.
Un’altra
voce di dissenso si alzò, vivace: “Sakura-chan e
Fujisaki-kun hanno non ragione, ma ragionissima!”.
...ditelo
che mi volete morto, ditelo.
“Asahina-san…”
si lasciò sfuggire Makoto a mezza voce.
In
breve fu il pandemonio in quella stanza, con Togami che si concesse un
meritato sospiro di sollievo interiore per la lungimiranza
nell’aver fatto sparire qualunque oggetto fragile.
Alla
fine il capannello dei dissidenti si ritrovò composto da
Sakura Oogami, Chihiro Fujisaki, Aoi Asahina e Touko Fukawa.
Quest’ultima, nonostante fosse come Fujisaki parte lesa in
prima linea, trovava davvero eccessiva l’idea di pitturarsi
la faccia come una testa di cuoio e cominciare a strisciare verso la 77
col machete in bocca.
“Molto
bene” si trovò a decretare Togami “Se
voi quattro non tenete in minima considerazione la gravità
della situazione… vi devo chiedere di andarvene. Siete di
troppo”.
“Se
è quello che desideri, Togami” annuì
Sakura, avviandosi verso la porta. “Permettimi solo di darti
un consiglio” disse, con la mano sul pomello “chi
gioca col diavolo finisce bruciato. E ho idea che voi tutti, e anche
quelli della 77, finirete per lasciarvi prendere troppo la mano fino a
non poter più tornare indietro.”
E
con quella profezia nefasta uscì dalla stanza, seguita dalle
altre ragazze e Fujisaki. Byakuya notò come Touko si
fermò ad osservarlo per qualche istante, con uno
sguardo… preoccupato?
Per
lui?
Feh.
Non ho bisogno di gente che si preoccupa per me, so badare benissimo a
me stesso. Un
gorgoglio proveniente dallo stomaco gli preannunciò il
ritorno della gastrite.
...ho
solo bisogno di un gastroprotettore, ecco.
“Bene,
signori” si rivolse ai rimanenti. Sciolse il contenuto una
bustina di Ultimate
Lucky Gastro in
un bicchiere d’acqua che mandò giù
tutto d’un fiato, e riprese a parlare: “Siamo
rimasti solo noi, ma saremo più che sufficienti. Ora ci
serve un piano che funzioni.”
“Sì,
pestiamoli come le merde che sono!”
“...Enoshima,
che ci fai ancora qui?”
“Io?
Io voglio vederli morti tanto quanto te!” rispose lei,
piccata. “Glielo faccio vedere io a Hinata chi è
la stella più brillante del firmamento, Mr. Mi Hanno Ammesso
Alla Kibougamine Senza Motivo!”
“Brava
piccola, così ti voglio!” chiosò Mondo,
e prese in braccio la sua Super Modella (che replicò con una
risatina fastidiosamente acuta).
Togami
esternò tutto il suo disgusto: “Per favore, voi
due, se proprio non riuscite a reprimere i vostri istinti animaleschi
prendetevi una camera!”
Junko
sorrise: “Oh, ma l’abbiamo già fatto! La
tua ci piace parecchio!”
Byakuya
sentì di nuovo l’esofago andare a fuoco.
“E
comunque dovresti provare anche tu a cedere ai tuoi… istinti
animaleschi”
chiosò Oowada, “non ti farebbe che bene. E poi lo
sa tutta la scuola che tu e Fukawa non aspettate altro!”
Tutti
risero alla battuta del Biker. Byakuya aveva l’equivalente di
un vulcano al posto dello stomaco. Makoto gli porse misericordiosamente
un altro Lucky
Gastro che
lui accettò senza fiatare.
Morto,
mi vogliono morto. Ma li trascinerò tutti
all’inferno con me.
*
Se
c’era una cosa che Touko pensava non le sarebbe mai accaduta,
era di trovarsi a prendere tè e biscotti in caffetteria con
le amiche.
Fondamentalmente
perché non aveva mai avuto amiche, né aveva
provato a farsene.
Le
persone fanno tutte schifo si
ripeteva continuamente, e di esperienza in materia ne aveva: dagli
abusi verbali subiti dalla sua famiglia fino agli scherzi orribili
messi in atto da ex compagni delle scuole medie, aveva abbastanza prove
a sostegno della sua tesi. Certo, c’era
quell’infatuazione per Byakuya-sama che l’aveva
colta alla sprovvista, ma… le doleva ammetterlo, a volte
persino il suo cavaliere
bianco si
comportava come tutti gli altri.
Non
sempre, magari ma… a volte, si
corresse mentalmente, quasi che lui potesse leggerle nel pensiero e la
disapprovasse (cosa in cui aveva un talento innato, altro che Super
Erede).
“Ancora
tè, Fukawa-chan?”
La
voce squillante di Asahina la riscosse dai suoi pensieri. Fece un breve
cenno affermativo e la Nuotatrice le riempì di nuovo la
tazza e le porse una ciambella (che non aveva chiesto, ma insomma,
perché rifiutare?). Touko zuccherò la sua bevanda
e addentò il dolce, riprendendo ad ascoltare i discorsi
delle ragazze.
E
di Fujisaki, si
corresse. Dopo il Caso Saionji si era ritrovata più
comprensiva nei confronti dell’Hacker, persino verso Yamada
(con cui aveva una faida personale su chi tra loro due scriveva le
storie migliori, e che andava avanti praticamente dal primo giorno alla
Kibougamine. Ovviamente lei sapeva di essere la migliore, il titolo di
Super Scrittrice non l’aveva certo trovato in un sacchetto di
patatine).
“Non
credevo davvero si arrivasse a tanto!” borbottò
Asahina, divorando la sua ciambella. “Ok, quelli della 77 ci
hanno fatto fare una figura del menga, e il modo in cui hanno trattato
voi” indicò Touko e Fujisaki (e probabilmente
includendo anche l’assente Yamada) “è
assolutamente imperdonabile! Ma addirittura organizzare RIUNIONI in
camera di Togami come fossero un plotone d’esecuzione?
Seriamente?”
Sakura
sorseggiò il suo tè e annuì:
“Sono perfettamente d’accordo. Se vogliono portare
avanti questa… faida e rendersi ridicoli, che facciano pure.
Io non ho intenzione di immischiarmi.”
Touko
si ritrovò concorde con quella linea di pensiero, seppure
non intendesse ammetterlo apertamente. E le dispiaceva vedere
Byakuya-sama farsi il sangue amaro (quasi letteralmente) per cose tanto
stupide. Però aveva apprezzato il suo volerla
difendere… ok, difendere lei, Fujisaki e Yamada e usarli
come scusa per alimentare il fuoco di quella baruffa da asilo nido, ma
era stato comunque un gesto gentile per i suoi standard.
“Tu
cosa ne pensi, Fukawa-chan?”
DI
nuovo Asahina la ridestò, e si trovo tre paia di occhi
puntati addosso.
“C-Come?”
“Tu
cosa ne pensi di quanto sta succedendo? Voglio dire, non lo trovi senza
senso?”
Sentì
il panico assalirla prepotente: raramente esprimeva le sue opinioni,
perché a nessuno interessava saperle e quindi non gliele
chiedevano, né lei aveva voglia di mettersi in luce.
Questa
era decisamente una situazione nuova e… potenzialmente
pericolosa. Esporsi voleva dire dare modo agli altri di conoscerla e,
molto probabilmente, diventare il bersaglio dei bulli (com’è
sempre stato
aggiunse mentalmente). Certo, c’era sicuramente la
possibilità che non succedesse, ma valeva la pena rischiare?
Si
voltò verso Fujisaki, che le sorrise e le fece un cenno con
la testa. Va
tutto bene, lanciati.
Inspirò.
“E-Ecco…
d-devo ammettere che trovo la loro idea davvero ridicola”
disse tutto d’un fiato, “Saionji è stata
orribile con me… con noi” si corresse, guardando
il Super Hacker di sottecchi “ma reagire getterebbe s-solo
altra benzina sul fuoco. E ho i-imparato a mie spese che spesso
è m-meglio lasciar perdere.”
Oogami
inaspettatamente le sorrise: “Sono d’accordo con
te, anche se non del tutto.”
Ovviamente
pensò,
mordicchiando l’unghia del pollice. Mai
una gioia per me.
“Vedi,
hai ragione a dire che ribattere allo scherzo della 77 non
porterà a nulla di buono, e che a volte bisogna saper
ignorare e guardare avanti, ma” si fermò un
secondo per prendere un biscotto “ci sono casi in cui bisogna
saper alzare la testa e dire la propria. E tu, Fukawa-san, ne avresti
davvero bisogno.”
Se
si fosse trattato di un’altra persona Touko non si sarebbe
fatta problemi a rispondere per le rime. Ma era Oogami, e lei ci teneva
a vivere. E poi, in tutta sincerità, l’espressione
della Super Lottatrice era tutt’altro che dura o offensiva o
chissà quale altra emozione negativa: al contrario, la
osservava con uno sguardo dolce, quasi materno, e un sorriso che
avrebbe sciolto chiunque, persino una restia al contatto umano come lei.
“C-Che
intendi?” si ritrovò a chiedere, e Sakura sorrise
ancora: “Sono quasi due anni che siamo nella stessa classe
ormai, e ho avuto modo di osservarti spesso. E se posso dire la mia, tu
ti lasci mettere i piedi in testa troppo facilmente.”
“Soprattutto
da Togami” si intromise Aoi, impegnata a divorare
l’ennesima ciambella.
“N-Non
parlare così di B-Byakuya-sama!”
pigolò, ottenendo l’ennesimo sguardo comprensivo
da parte di Sakura: “Vedi, è a questo che mi
riferisco. Sappiamo tutti che sei innamorata di
Togami-san…”
“Per
motivi a noi oscuri” aggiunse Aoi, ignorata da tutti tranne
che da una risatina sommessa di Fujisaki.
“...e
che hai avuto un’infanzia che definire difficile è
un eufemismo” disse, lanciando un’occhiata di
rimprovero alla Nuotatrice, che si limitò a fare spallucce
“ma non è un buon motivo per subire in silenzio
tutte le sue angherie, e di chiunque altro se per questo. Devi imparare
a far sentire la tua voce e dire di no quando serve.”
“E
d-dovrei dire di no a B-Byakuya-sama?” chiese, e fu Aoi a
risponderle: “Beh è la risposta che ottiene
più spesso da tutti noi, perché se la merita il
99,9% delle volte. Tu invece sei sempre lì a farti usare
come schiavetta, e non è giusto!”
“Asahina-san
ha ragione!” intervenne Chihiro. “Togami-san tende
a dimenticare che siamo qui tutti per dei meriti, non è
l’unico speciale!”
“Che
poi, che talento ci vorrà per farsi eleggere Super
Erede?” chiese Aoi. “Danno il titolo a chi conta
meglio i soldi? O a chi sa essere più snob degli
altri?”
Persino
Touko si ritrovò a ridere insieme alle altre (in
effetti è un talento senza senso aggiunse
quella vocina malefica dentro di sé. Le diede corda,
sperando di non ritrovarsi a starnutire). Un urlo di dolore, seguito da
un rutto tonante (che avrebbero attribuito a Oowada, se non
l’avessero sentito sghignazzare come una iena),
confermò loro che lo Scion stava cominciando a subire le ire
del karma.
“Comunque
sul serio, Fukawa-san” riprese Sakura, “imponiti di
più. Soprattutto per te stessa. E poi così magari
Togami-san capirà di avere a che fare con una sua pari, e
non con la schiava di turno.”
Touko
abbassò lo sguardo, e rifletté: il suggerimento
non era brutto, ed era ormai abbastanza certa che né Oogami
né Fujisaki fossero persone capaci di fare del male agli
altri a suon di insulti. Non era ancora del tutto certa riguardo
Asahina (odio
le tue tette, perché tu sì e io no?),
ma cominciava a pensare che anche lei fosse tutto sommato una brava
persona. Un pochino.
“F-Forse
avete ragione” ammise, “m-magari B-Byakuya-sama mi
apprezzerebbe di p-più se non balbettassi sempre, o s-se la
s-smettessi di prostrarmi ai suoi piedi… o se fossi
più carina…”
“Ma
che baggianate vai dicendo? Tu sei
carina,
Fukawa-san.”
Touko
inarcò le sopracciglia in maniera quasi comica, restituendo
a Oogami un’espressione che diceva Vuoi
che ti presti gli occhiali?
Io?
Carina? Nemmeno nelle prossime vite, se mai ci saranno.
“Sakura-chan
ha ragione! Perché ti butti giù
così?” insistette Aoi (e
smettila di agitarti, ti ballano le tette e io muoio d’invidia).
“È
per quello che ti ha detto Saionji, forse?” chiese Fujisaki,
cauto, e Touko sentì gli occhi inumidirsi: ”N-Non
aveva torto… ha detto c-che sono pazza, e brutta e
p-puzzo… ma è colpa di Kameko!”
pigolò, riferendosi alla sua buffa cimice da compagnia.
“Ma
poi parla lei, che indossa sempre quel kimono che odora di morte e
decomposizione?” sbuffò Aoi, attirando su di
sé uno sguardo di Sakura che era un misto di sconcerto e
divertimento.
Ci
fu un breve istante di silenzio, in cui Touko pensò che
forse era il caso di tornare in camera e non imporre più la
sua presenza, ma non ebbe tempo di aprire bocca perché fu di
nuovo Asahina a parlare: “Ho un’idea! Sai cosa ti
ci vuole, Fukawa-chan?”
“C-Cosa?”
chiese, spaventata.
La
Nuotatrice sfoderò un sorrisone a trentadue denti:
“Un bel cambio di look!”
Eh?
“Ma
sì, ti sistemiamo i capelli, ti rinnoviamo il guardaroba!
Sarà divertente!”
Sono
forse finita in una commedia americana degli anni ‘80?
“Non
è una brutta idea, sai? Rinfrescare un po’ la tua
immagine, senza strafare, ti sarà d’aiuto per
risollevare l’autostima” annuì Oogami, e
il cuore di Touko si riempì di speranza: “D-Dici
che Byakuya-sama mi apprezzerà se cambio look?”
“Chissenefrega
dello Scion di ‘Staceppa!” tuonò Aoi, in
una involontaria imitazione di Oowada. “Devi farlo per te
stessa! Gli uomini credono che noi donne ci facciamo belle per piacere
a loro, ma la verità è che lo facciamo per noi!
Per sentirci bene con noi stesse, ed essere carine perché
ci va di esserlo!”
disse, sbandierando una ciambella come il martelletto di un giudice (e
spargendo zuccherini ovunque).
“Ma
sai che è proprio una bella idea, Asahina-chan?
Consideratemi dei vostri!”
Si
voltarono verso l’entrata della caffetteria, dove videro
Enoshima osservarle a braccia conserte. Alle sue spalle
l’immancabile sorella, Kirigiri e Maizono. Ludenberg non era
presente e Touko non poté dire di essere dispiaciuta dalla
cosa.
“Enoshima-san,
la riunione è finita?” chiese Sakura, e la Super
Modella annuì: “Dieci minuti fa circa, quando
Raggio di Sole ha cominciato a ruttare come uno scaricatore di porto ed
è dovuto correre in infermeria perché il
gastroprotettore non faceva più effetto. Siamo uscite giusto
in tempo per sentire il vostro bel discorso d’incoraggiamento
a Fukawa-chan.”
Quest’ultima
arrossì violentemente, aspettandosi una pioggia di risate di
scherno… che non arrivò.
“Il
momento non poteva essere migliore, visto che tra qualche sera
c’è il party di chiusura del festival
scolastico!” trillò Maizono, battendo le mani.
Enoshima prese posto accanto a Touko e le mise un braccio attorno alle
spalle: “Vedrai, sarai così bella che Togami
dovrà pregarti in aramaico per uscire con te!”
Per
quanto la prospettiva la allettasse tantissimo, doveva ammettere che
l’entusiasmo di Junko la spaventava. Terrorizzava. E lo
sguardo perplesso di Ikusaba non era d’aiuto.
Ma
decise di lasciarle fare, per una volta che veniva inclusa in
un’attività di gruppo.
Cosa
poteva andare storto? |
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Capitolo 3 *** ...e l'Operazione Rendiamo Touko Fukawa la Piu' Figa di tutta la Kibougamine ***
Sonia
Nevermind percepiva un’aria strana, quel giorno. Normalmente
si trovavano nella sala ricreativa alla fine delle lezioni per passare
del tempo in compagnia, ma qualcosa stonava. E non perché
avessero avuto la giornata libera. Troppo facile.
Si
guardò attorno dalla sua poltroncina e vide i suoi compagni
in preda come ad una sorta di euforia: continuavano a parlottare e
persino i più insospettabili parevano assorbiti da bisbigli
e mormorii di natura a lei misteriosa.
Non
era mai stata una particolarmente attenta a quel tipo di accadimenti,
in parte anche per la sua estraneità ai modi di fare
tipicamente giapponesi (e quando non capiva qualcosa tendeva a pensare
che fosse una cosa tipica del Sol Levante). Ma era talmente palese nei
modi che non poteva proprio ignorarlo.
“Nanami-san”
disse voltandosi alla sua sinistra, dove Chiaki Nanami stava a sua
volta guardando gli altri membri della classe.
“Sì,
Sonia-san?”.
“Sbaglio
io o qualcosa bolle nel tegame?”.
Un
piccolo sospiro prima di risponderle: “Si dice bolle
in pentola…
ma sì, lo penso anch’io. Credo”.
“Posso
chiederti se sai a cosa si riferisce?”.
“Non
lo so. Ho provato a chiedere spiegazioni a Hinata-san, prima in
corridoio, ma non ha voluto dirmi nulla. Si è limitato a
sorridere come una iena affamata”.
“D-Dici…
dici sul serio? Hinata-san?”.
“So
che suona assurdo, ma è proprio la sensazione che ho
ricevuto. Aveva la faccia di chi sta tramando un piano machiavellico
per la distruzione dei suoi nemici, o qualcosa del genere”.
“Pensi
che dovremmo preoccuparci?”.
“Onestamente?
Non ne ho idea. Magari sta per vincere una scommessa di lunga data con
qualcuno di antipatico e si pregusta il momento… o forse la
scuola sta per esploderci sotto ai piedi”.
Come
quel serial killer che usava la dinamite, Exploder Jack. Jack, che nome
stupido per un assassino...
Sonia
si portò una mano alla bocca, spaventata. Sentir parlare
Chiaki in questi termini la inquietava parecchio e non fece niente per
nasconderlo.
Cercò
di districarsi in quel labirinto a lei ignoto. Purtroppo i suoi
tentativi di sciogliere la matassa fecero tutti cilecca: le sue domande
venivano evitate e tutti sembravano vincolati da una consegna del
silenzio che non doveva essere rotta per nessun motivo.
Che
cavolo stava succedendo? Perché si comportavano come spie
senza talento (vedere Souda che tentava con tutte le proprie forze di
non cedere alla sua storica cotta per lei aveva un che di patetico) pur
di non spiegarle nulla?
Stava
ancora arrovellandosi alla ricerca di una spiegazione plausibile
quando…
STOCK.
Il
forte rumore li scosse tutti. Era provenuto dall’esterno
della stanza.
Kuzuryuu
si alzò dal proprio posto e andò a controllare.
Rientrò con gli occhi iniettati di sangue, nella destra un
foglio di carta e una freccia: “Ok gente, abbiamo la guerra
che desideravamo. Affilate le spade”. Ovviamente Pekoyama non
si fece pregare ed estrasse lo shinai.
Fece
in modo che tutti potessero leggere cosa vi era scritto.
Preparatevi,
classe 77.
La
punizione divina che vi meritate sta per arrivare.
Uh
oh.
Che
cos’era quella, una maledizione dei kami?
INSOMMA,
COSA STAVA SUCCEDENDO?
Hinata
prese di polso la situazione e dichiarò, fiero:
“Vi voglio tutti in camera mia. Adesso. Nessuna assenza
verrà condonata”.
...ok,
a quanto pare siamo appena stati coscritti
nell’esercito. Ma a Novoselic le donne non hanno la leva
obbligatoria!
*
“M-ma
questa roba devo tenerla in faccia ancora per molto?”
“Altri
cinque minuti, Fukawa-chan.”
“P-però
prude...!”
“Se
bella vuoi apparire un poco devi soffrire, mia cara!”
Touko
decise di non insistere oltre, rassegnandosi a sopportare quella
pappetta sul viso ancora un po’. D’altronde
Enoshima era la Super Modella, chi meglio di lei poteva intendersi di
make-up e cura del corpo?
In
realtà ho anche paura a contraddirla, ma non diciamolo ad
alta voce…
L’idea
di Asahina di rinnovarle il look (ribattezzata Operazione Rendiamo
Touko Fukawa la più Figa di tutta la Kibougamine), saltata
fuori la sera prima tra una tazza di tè e l’altra,
era stata messa in pratica con successo la mattina seguente:
approfittando del giorno libero le ragazze l’avevano
trascinata in giro per negozi a fare acquisti di ogni tipo, da abiti
nuovi a shampoo adatti ai suoi capelli lunghissimi e persino qualche
prodotto per il trucco (come
se fossi capace a mettere l’eyeliner senza cavarmi gli occhi,
poi).
La notizia che le royalties dei suoi libri le consentivano un margine
di spesa piuttosto abbondante aveva mandato in brodo di giuggiole
Enoshima e Maizono, che si erano auto-elette sue fashion stylists.
“Ok,
è il momento della verità!”
Finalmente
sentì che la robaccia le veniva scollata dal viso, con sua
somma gioia (e la sensazione che le avessero staccato pezzi di pelle).
“Ah
lo dicevo io, le creme coreane per il peeling funzionano
sempre!” sghignazzò Junko, mostrando a Touko
quella specie di pellicola nera: quando finalmente mise a fuoco (era
senza occhiali) notò un sacco di schifezze concentrate nella
zona naso.
“Eeeew!”
“Esattamente,
esattamente. Ma ora il tuo bel faccino è più
liscio del culetto di un bimbo!” chiosò la
modella, pizzicandole una guancia. “Allora, maschera per il
viso: fatta. Spiegazione sull’uso di scrub e creme per il
corpo: fatta. Vestiti?”
“Già
sistemati” annuì Sayaka, “e ho persino
adocchiato qualcosa per la festa di domani sera! È tutto
appeso lì” disse, indicando un attaccapanni
accanto all’armadio. Touko allungò il collo per
vedere il suo outfit: un vestitino nero semplice, con maniche a tre
quarti e un colletto bianco. La gonna non era troppo corta (come
quelle di qualcuno qui disse,
guardando di sbieco la gonnellina inesistente di Enoshima) ma nemmeno
esageratamente lunga come quelle che usava abitualmente. In effetti le
ragazze erano state irremovibili e le avevano fatto togliere di mezzo
tutti i gonnelloni che era solita usare, in favore di qualcosa di
più carino ma che allo stesso tempo non fosse troppo
“rivelatore”.
Doveva
essere onesta: era molto soddisfatta dei suoi acquisti. Quando aveva
provato tutti quei capi d’abbigliamento nel camerino in
negozio si era sentita carina.
Per la prima volta nella sua vita non si era guardata allo specchio con
l’esigenza di distogliere lo sguardo dopo venti secondi.
“Oooh,
mi piace! Approvo la tua scelta, Sayaka-chan!”
trillò Junko, e il resto delle ragazze (e Fujisaki, che
aveva chiesto di poter presenziare) annuì. “Certo,
se la gonna fosse stata più corta…”
“I-io
non porto gonne come… come le tue”
replicò Touko, d’istinto. “S-sono
così… così…!”
“Così
COME?” tuonò la Modella, con uno sguardo che non
avrebbe fatto invidia a Oowada nei suoi momenti peggiori.
Mukuro
sospirò: “Junko…”
“No
no, ora voglio sentire cosa ha da dire! Ti ho rimessa a nuovo e tu mi
ringrazi insultandomi?”
“S-Scusa!
Scusa non volevo!” pigolò Touko, abbassando la
testa e appallottolandosi su se stessa nella speranza di sparire.
Ecco,
l’ho fatto di nuovo. Per questo è meglio se sto
lontana dalle persone, sono un’idiota!
“Avanti
sorellina, abbi pazienza” proseguì Mukuro,
“lo sai com’è fatta Fukawa.”
“Sono
sicura che non avesse intenzione di offenderti, Enoshima-san”
si intromise Oogami. “Devi solo darle tempo, non è
abituata ad avere attorno persone che la trattano con
gentilezza.”
“E
dopo ieri… con quella vipera di Saionji” aggiunse
Fujisaki.
Anche
Kyouko parlò: “Ma sì, è solo
ricaduta nelle vecchie abitudini. Deve ricordarsi che di noi si
può fidare, vero Fukawa?”
Alzò
lo sguardo e annuì, per poi voltarsi di nuovo verso la Super
Modella con occhi supplichevoli. Quest’ultima
sbuffò e arricciò una ciocca di capelli attorno a
un dito: “...ok, ok. Ma adesso non fate passare me per quella
cattiva!”
Il
tutto si risolse con una risata, e Touko tirò un sospiro di
sollievo. Mukuro le fece addirittura l’occhiolino,
sussurrandole: “Perdonala, è quasi ora delle sue
medicine. Non ho ancora fatto in tempo a dargliele”
Promemoria
per me: mai fare arrabbiare Enoshima.
“A
questo punto” disse Sayaka, riportando l’attenzione
sull’Operazione Touko La Strafiga “dovremmo
occuparci dei capelli. Fukawa-chan, con tutto il rispetto ma quelle
trecce sono proprio fuori moda.”
“M-ma
sono comode…”
“Esistono
tanti altri tipi di trecce!” replicò ancora Junko,
che si era evidentemente dimenticata del piccolo alterco di poco prima.
“Su su, fammi lavorare!” ordinò, e si
piazzò dietro di lei con un pettine e una spazzola.
Ci
vollero pochi secondi per mettere in atto una trasformazione che
avrebbe fatto sfigurare persino il Brutto Anatroccolo.
“F-Fukawa-chan…”
“Wow.”
“Non
ho parole.”
Touko
venne assalita dal panico: “C-che c’è?
Che hanno i miei capelli che non va? Sono brutti? Sporchi?!”
“Io
direi l’esatto opposto” rispose Junko, che la
afferrò per le spalle e la fece voltare verso lo specchio. E
la Super Scrittrice scoprì di aver commesso per anni un
grosso, grossissimo errore.
“Fukawa-chan,
stai benissimo con i capelli sciolti! Perché diamine non li
porti sempre così?” chiese Asahina, alla quale
Touko rispose con un flebile: “N-non lo
so…?”
“Ok,
da ora in poi GUAI A TE se ti fai vedere ancora in giro con le
trecce” la ammonì Junko,
“intesi?”
“P-però
per dormire sono comode…”
“...ok,
per dormire vanno bene. Se sei sola” aggiunse con un
occhiolino, facendo avvampare la Scrittrice. “Ma da domani
sera in poi capelli sciolti, intesi? E ora ti faccio vedere qualche
acconciatura che puoi sfoggiare quando hai voglia di
cambiare…” disse Junko, riprendendo i suoi lavori
di restauro.
Per
la prima volta nella sua vita, Touko Fukawa si sentì carina
e coccolata.
E
benvoluta.
*
Kyouko
Kirigiri era nervosa.
Non
sapeva bene il motivo per cui stesse così. La riunione per
pianificare la nuclearizzazione della 77 era tutto sommato andata bene,
se si escludeva lo spiacevole episodio della fronda dei contrari che
aveva platealmente abbandonato il consesso. Coloro rimasti si erano
mostrati al meglio dedicati alla missione, al peggio disponibili a
parteciparvi. Ad esempio Yamada non aveva fatto le capriole da fermo
(col signor peso che si portava appresso era anche difficile
pretenderlo) all’idea di radere al suolo quei mucchietti di
muschio avariato di Hinata e soci, ma se non altro non si era speso
attivamente nel tentare di contrastarli. Si era limitato a un fiacco
assenso, che dati i precedenti poteva andare ancora bene.
In
realtà una causa poteva esserci, per questo suo malumore. E
lei la conosceva. Ma non le faceva per nulla piacere considerarne
l’esistenza.
Si
trattava del suo peggior nemico: una sensazione senza fondamento.
Annusava
qualcosa di strano nell’aria, qualcosa che la portava a
sentirsi più agitata del lecito e a presagire brutti eventi
all’orizzonte.
Piccolo
problema: Kyouko Kirigiri odiava avere sensazioni a pelle. Erano quel
tipo di cosa che cozzavano contro le sue più radicate
credenze, contro le prove concrete, contro la fredda logica.
Aveva
sentito in giro che Akane Oowari, una dei loro bersagli mobili, si
vantava a più non posso del proprio intuito e basava la sua
vita su di esso. Chiaro esempio di uomo insignificante, donna nel caso
specifico, che giustificava il proprio piccolo cervello e la propria
inesistente capacità di farlo funzionare scaricando tutta la
responsabilità sulla pancia.
Puah.
Gente indegna di esistere.
Per
quello si sentiva molto infastidita, quel pomeriggio. La sensazione di
rovina sembrava intenzionata a pedinarla per tutto il giorno senza
lasciarle un attimo di respiro, e quando le capitava il nervoso le
montava lento ma inesorabile, fino a portarla a scoppi d’ira
così poco caratteristici per lei che per fortuna era sempre
riuscita a sfogare in privato.
Qualcuno
doveva averle appioppato una maledizione, però.
Perché non fu così fortunata in quella
circostanza.
Stava
passeggiando distrattamente per i corridoi, tentando vanamente di
recuperare l’equilibrio perduto che sembrava volerle sfuggire
come un leprotto pestifero. Stava per voltare l’angolo
quando…
“Naegi-san”.
Uh?
Naegi?
Si
sporse dal muro cercando di non farsi notare. Colpa della sensazione a
pelle. Maledetta sensazione a pelle.
Vide
il suddetto Naegi di spalle conversare con una ragazza bionda.
L’aveva
riconosciuta. Si trattava di Sonia Nevermind, principessa dello stato
mitteleuropeo di Novoselic… e membro della classe 77.
Fece
una fatica del diavolo a trattenere l’impulso di coprire il
corridoio in quattro falcate, scostare Naegi con uno spintone e
strozzarla lì.
Magari
è venuta a consegnare la resa sua e del branco di babbuini
di cui fa parte.
“Nevermind-san!
È sempre un piacere!” disse Naegi, mimando un
inchino come se avesse avuto il vestito da ballo da gran dama.
CRICK.
Non
fu il rumore di un ramo che si spezza. Fu il rumore di una vena che si
gonfiò nella testa di Kyouko.
Ma
era ancora abbastanza in controllo di sé da non andarsene
dopo averli fatti a pezzi con un’accetta e averne divorato i
cuori.
Li
lascerò parlare ancora per un po’. Voglio proprio
vedere cosa si dicono.
“Oh
Naegi-san, sei sempre così cavalleresco. Sono fin troppo
rare le occasioni in cui tu e io riusciamo a scambiare quattro
chiacchiere, e un po’ me ne rammarico. Sei una compagnia
così piacevole!”.
CRICK.
“Gentilissima
come sempre. Posso azzardarmi a chiedere per quale motivo sei
qui?”.
“Ma
certo. Ecco, vedi… qualche ora fa abbiamo rinvenuto questo
fuori dalla sala ricreativa”. Tirò fuori dalla
tasca della sua divisa scolastica un foglio di carta.
“Ci
è stato recapitato tramite freccia infissa nella
porta”.
Makoto
lo lesse, ma dalla sua posizione svantaggiata Kyouko non seppe dire che
tipo di reazione ebbe a livello somatico.
“Volevo…”
riprese la Principessa “volevo chiederti… se
questa è una dichiarazione di guerra ufficiale nei nostri
confronti”.
Kyouko
tese le orecchie. Vide Makoto sospirare: “Mi dispiace doverlo
ammettere, Nevermind-san, ma è la verità.
Dobbiamo lavare l’onta che abbiamo subito dalla tua
classe.”
Almeno
non aveva perso di vista l'obiettivo, pensò.
“Ciò
che mi dici è molto triste, Naegi-san” fu la mogia
replica della Super Principessa (che
razza di talento è, poi. Fa bella coppia con il Super Erede,
ma non diciamolo a Fukawa).
“Me
ne rendo conto ma ne va del nostro onore” insistette Makoto,
costringendosi a tornare serio (o almeno così
sembrò a Kyouko). “Lo scherzo dei dolci
è stata una trovata davvero pessima, così come
usare il vostro Super Impostore per ingannare Enoshima-san”
proseguì, e Kyouko avrebbe potuto giurare di aver visto lo
spettro di un “anche
se sappiamo bene che non è la stella più
brillante del firmamento”
sul suo volto (per quei pochi secondi in cui l’aveva
intravisto).
Sonia
sospirò a sua volta e non sembrò voler negare le
colpe dei suoi compagni: “Mi dispiace, quanto accaduto al
festival è stato un atto riprovevole e da cui prendo le
distanze, così come sono sicura lo faranno anche
altri” disse, “è stato davvero
imbarazzante. Soprattutto non mi aspettavo nulla del genere da
Hinata-san, è sempre così cortese… tra
l’altro né lui né gli altri hanno
voluto dirmi nulla riguardo le loro prossime mosse, ma è
chiaro che non staranno con le mani in mano.”
Kyouko
vide chiaramente le mani di Naegi tendersi ad artiglio e poi chiudersi
a pugno, così forte che temeva potessero iniziare a
sanguinare da un momento all’altro. Ormai il solo nominare il
Super Senza Talento gli causava tic nervosi che le ricordavano gli
attacchi di gastrite di Togami.
“Quindi
dobbiamo considerarci… nemici?” chiese Sonia.
Chiaro
che sì, biondina aggiunse
Kyouko mentalmente.
“Ma
certo che no, Nevermind-san.”
Kyouko,
da dietro l’angolo, sgranò gli occhi.
“Hai
detto di non essere al corrente dei piani di Hinata, e io ti
credo.”
Se
avesse avuto la forza di Oowada o di Oogami, Kyouko avrebbe di certo
conficcato le dita nel muro fino a spezzarlo. Si accontentò
di qualche piccola crepa nell’intonaco.
“Sono
lieta di sentirlo, Naegi-san!” sorrise Sonia, e Naegi si
prodigò addirittura in un baciamano.
Kyouko
soffocò un ringhio, e tornò sui suoi passi.
Non
me l’aspettavo da te, Naegi-kun.
Ripensò
ai sorrisini della Super Principessa, a come riusciva a farsi benvolere
da tutti, e alla quale nessuno faceva l’interrogatorio sul
perché ogni tanto spariva, e dove andava e cosa faceva.
Questa
è guerra, Nevermind.
*
“Il
vento sta cambiando, Kirigiri-san.”
“Hm?
Come, Hongou-san?”
“Intendo
dire che sta succedendo qualcosa in questa scuola. Gli studenti sono
inquieti.”
Jin
Kirigiri sorrise: “Sono ragazzi, Hongou-san, a
quell’età sono sempre inquieti. Lei non ricorda
com’è essere un adolescente?”
Gentarou
Hongou cercò di mantenere il contegno: “Mi
riferisco ad altri tipi di inquietudine, preside. Tra i corridoi
serpeggia ansia, paura per qualcosa. E le classi 77 e 78 non me la
contano giusta…”
“Oh,
ce l’ha sempre con quelle classi. Davvero, Hongou-san,
dovrebbe rilassarsi di più e lasciare che i giovani si
comportino da giovani!” concluse il preside Kirigiri,
tornando alle sue faccende.
Hongou
inspirò, sforzandosi di mantenere la calma.
Se
solo avessi accettato il posto in quell’azienda farmaceutica
li avrei usati come cavie ‘sti ragazzini indemoniati, altro
che “sono ragazzi”!
Obbligandosi
a sorridere, fece un breve inchino e uscì
dall’ufficio del preside, diretto in infermeria.
Sperò che quella spina nel culo di Byakuya Togami non avesse
finito di nuovo le scorte di Lucky
Gastro. |
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Capitolo 4 *** ...e i ribelli che aumentano, la festa che si avvicina e i due di picche ***
Chiaki
Nanami sospirò.
Stava
camminando per il grande spiazzo principale della Kibougamine, grande
abbastanza da poter essere paragonato a una piazza di medie dimensioni.
In sua compagnia c’erano Sonia Nevermind, Nekomaru Nidai e
Ibuki Mioda.
Gli
altri tre non pronunciavano una sola parola, probabilmente condividendo
le sue stesse perplessità. Erano difatti freschi reduci dal
consiglio di guerra conclusosi da poco in camera di Hinata, dopo la
rozza dichiarazione di ostilità da parte della classe 78.
Anche il disperato tentativo di Sonia di approcciare Makoto Naegi, uno
dei leader del fronte opposto, per disinnescare questa ridicola faida
era fallito miseramente. Quando l’aveva comunicato loro Sonia
suonava davvero dispiaciuta per lo sviluppo, non del tutto inaspettato
ma di sicuro non piacevole.
Loro
quattro non si erano proprio potuti esimere dal partecipare al grande
meeting in camera di Hajime, altrimenti quest’ultimo li
avrebbe probabilmente inseguiti uno per uno per la scuola col
battipanni (era serio abbastanza da poterlo fare). Ma era stato subito
chiaro che condividevano l’idea che quella era una delle cose
più stupide, insensate e deleterie che potessero venire
escogitate da una mente umana adolescente.
Non
appena quell’assurdo conciliabolo si era concluso, si erano
fermati poco lontani dalla porta di Hinata e si erano messi a
complottare alle sue spalle.
“Non
voglio far parte di una specie di guerra all’arma bianca con
la 78, ti prego. È totalmente privo di senso!”.
“Sonia-san
ha ragione. Vorrei sapere cosa diavolo sta passando per la testa di
Hinata-san…”.
“A
Ibuki tutto questo non piace! Non piace per niente!”.
E
mentre erano lì, continuando in questo andirivieni, vennero
approcciati da Sakura Oogami. Per un breve istante Nekomaru, forse
percependo un possibile pericolo, si era posto di fronte a lei cercando
di farle capire che sarebbero stati guai se era venuta ad attaccar
briga.
Chiaki
non lo aveva creduto neanche per un istante; per quanto non fosse amica
di nessuno dei suoi kohai sapeva che la Super Artista Marziale era
donna d’onore e non una dal pugno facile. E comunque, anche
se si fosse sbagliata in proposito, il loro Coach era più
che in grado di tenerle testa.
“Nidai-san,
per favore. Sono venuta in pace”.
“Che
garanzie ci dai di questo?”.
“La
mia parola”.
Quest’ultima
frase, detta con un’immensa solennità,
bastò a sciogliere qualunque dubbio.
“Meglio
che mi sbrighi, non vorrei creare ulteriori dissidi facendomi vedere
dove non dovrei essere. Per caso ho sentito parte dei vostri discorsi e
mi è parso di capire che siate poco convinti di quanto sta
avvenendo fra le nostre due classi, esatto?”.
Alle
loro risposte affermative riprese: “Bene, sappiate che non
siete i soli. Anche nella 78 ci sono dei ribelli, che esattamente come
voi non vogliono saperne nulla di questa buffonata. Ci trovate fra
mezz’ora al bar vicino al dipartimento di neuroscienze, nel
caso voleste parlarne”.
Detto
ciò se ne andò, senza manifestare il minimo segno
d’ostilità.
E
quindi era per quello che si stavano muovendo tutti assieme.
Scoprire
che anche al di là della barricata c’era qualcuno
disposto a far funzionare il cervello e a riconoscere che gli ultimi
sviluppi rasentavano l’idiozia più
assoluta… beh, era un bel pensiero. Si sentì un
pochino in colpa nel dipingere il resto della 78 in questa pessima
luce, ma se la maggioranza era disposta a presentarsi di fronte a loro
in assetto da battaglia per farli pentire di essere nati...
“Dite
che dobbiamo fidarci? E se fosse una trappola?” chiese a un
tratto Sonia, la voce un pochino preoccupata.
“Ho
guardato Oogami negli occhi” le rispose Nekomaru con la sua
soave vocina da tenore “e sono sicuro che stesse dicendo la
verità”.
“Lo
pensa anche Ibuki. Era troppo… seria”.
“Quindi
credete davvero che non siamo i soli?” cercò
ancora conferme la Principessa.
“Io
penso proprio di sì” fu la stessa Chiaki a cercare
di placare i suoi dubbi “E se i tuoi timori fossero fondati
abbiamo Nidai-san a difenderci”.
“Ci
puoi scommettere, Nanami. Finché ci sarò io
nessuno potrà torcervi un capello. Certo, ci fosse stata
anche Akane sarei ancora più
tranquillo…”.
La
nota triste nella sua voce non passò di certo inosservata.
Tutti loro conoscevano lo stretto rapporto che li legava, e il fatto
che lei si fosse data anima e corpo alla crociata di Hinata per la
distruzione della classe di Naegi e soci gli procurava evidente dolore.
Chiaki avrebbe giurato che Oowari-san sarebbe andata dietro al suo
amicone (e
forse qualcosa di più, se vogliamo dare retta alle malelingue),
pertanto la sua totale adesione a quella follia le risultava oscura e
immotivata.
Forse
è in un periodo di iperattività e vuole menare le
mani. Santo cielo, l’ultimo periodo di
iperattività di Akane Oowari stava per portare
l’intero corpo studentesco della scuola a morir di fame.
Speriamo non sia così.
Passeggiavano
senza particolare fretta, mancavano ancora circa dieci minuti.
Capitò
che passassero accanto a un tizio strano, più strano della
già notevole media della Kibougamine: capelli neri corti con
un ahoge pronunciato (il che la portò a chiedersi se per
caso un ciuffo ribelle in cima alla testa fosse condizione necessaria
per farsi ammettere in quella scuola), una camicia bianca sbottonata
con la cravatta allentata, ma soprattutto lo sguardo da matto in
libertà. Farneticava urlando su come il grande amore della
sua vita lo avesse abbandonato per preferirgli un rozzo motociclista
con dei capelli arancioni impresentabili. Cercò persino di
prendersela con lei nel suo delirio, venendo prontamente placcato da
Nekomaru e ricondotto a più miti consigli.
Arrivarono
dopo poco. Non ci misero molto a trovare Oogami, seduta a un tavolo
piuttosto isolato assieme ad alcuni altri personaggi che Chiaki
riconobbe per puro caso come facenti parte della 78. Onestamente, prima
di tutta ‘sta bagarre, non si era mai interessata
più di tanto.
“Sono
lieta di vedere che abbiate accettato la mia proposta,
Nidai-san” sorrise la Super Artista Marziale, alzandosi e
indicando loro delle sedie vuote; le ragazze che erano con lei si
limitarono a osservarli in silenzio, studiandoli con attenzione.
Stranamente questo tranquillizzò Chiaki: se avessero voluto
tendere loro una trappola, pensò, non avrebbero avuto
sguardi tanto sospettosi. Forse.
“Oh,
non ringraziarci” tuonò il Super Coach,
“è bello sapere che non siamo soli in questa
situazione ridicola!” disse, concludendo la frase con una
manata sul tavolo che fece morire di paura due ragazze della 78.
“S-Scusate, non volevo! Vi giuro che non l’ho fatto
apposta!” si scusò in fretta Nidai, cercando di
calmare le due poverine.
“Ok,
ciancio alle bande! Ibuki vuole sapere perché ci avete
convocati qui!”
“Come
vi avevo preannunciato” riprese Oogami “noi abbiamo
preso le distanze da questa faida. Lo scherzetto al festival
è stato sicuramente di pessimo gusto, ma la situazione sta
davvero sfuggendo di mano ad entrambe le parti.”
“Mi
scuso ancora a nome di tutta la 77” sospirò Sonia,
“non avevamo idea di cosa avessero in mente Hinata-san e gli
altri. Di solito è così
gentile…”
“...ma
sembra che detesti il nostro Naegi-kun per motivi oscuri”
commentò la ragazza accanto all’Artista Marziale,
mangiucchiando una ciambella. “E Naegi-kun ricambia. Il che
è assurdo perché è sempre buono e
amichevole con chiunque, pure con Togami!”
L’intero
gruppo si ritrovò ad annuire, tutti concordi sul fatto che
quella situazione fosse veramente stupida. Dopo qualche istante Chiaki
decise di rompere il silenzio: “Ma quindi, esattamente, che
intenzioni avete?”
“Hm?
Prego?”
“Quello
che intendo, Oogami-san. Se ci hai convocati qui vuol dire che vuoi
fare qualcosa per fermarli. Credo.”
Vide
l’altra scambiarsi sguardi perplessi con le amiche prima di
darle una risposta: “Sarò sincera, in
realtà preferivamo lavarcene del tutto le mani… a
meno che non si arrivasse a superare il limite” corresse il
tiro. “E dopo la dichiarazione d’intenti da parte
della nostra classe temo proprio che il rischio sia alto.”
“Quindi
qual è la tua idea?” insistette Nanami.
“Uno
scambio d’informazioni.”
Chiaki
inclinò la testa, dubbiosa. Fu Sonia a parlare per lei:
“Che tipo di informazioni?”
“Qualunque
cosa. Magari li avete sentiti parlare tra di loro e avete captato
qualche indizio su come hanno intenzione di
ribattere…”
Stavolta
toccò a Chiaki e i suoi amici scambiarsi uno sguardo
perplesso e sospirare mestamente. “Purtroppo non possiamo
esservi d’aiuto” rispose la Super Videogiocatrice,
“ho provato a parlare ad Hinata-kun prima che arrivasse la
provocazione da parte vostra, ma non ha voluto dirmi niente.”
“Esattamente
come ha fatto Togami con noi” sospirò la ragazza
accanto ad Oogami (che finalmente Chiaki ricordò essere la
Super Nuotatrice). “Quando ci siamo messi contro di lui ci ha
letteralmente buttati fuori dalla sua stanza!”
“E
ho idea che n-non ci dirà nulla nemmeno se glielo
chiediamo” balbettò la ragazza con gli occhiali e
le trecce, fino a quel momento silenziosa. “Né
B-Byakuya-sama né gli altri.”
“Temo
anche io” annuì la più piccolina del
quartetto, che durante la discussione aveva continuato a fissare con
interesse il Nantendo
Game Girl Advance di
Chiaki.
Nidai
sbuffò: “Quindi siamo a un punto morto. Niente
informazioni, che merda!” ringhiò, concludendo la
frase con la sua parola preferita.
“Beh,
sarò ottimista ma non riterrei la nostra chiacchierata del
tutto inutile” sorrise Oogami. “Per come la vedo,
sapere che qualcuno la pensa come noi su questa storia mi è
di conforto. Inoltre non avere informazioni adesso non implica che non
potremmo averne in futuro.”
“Cosa
intendi?” chiese Sonia, e Oogami sorrise ancora:
“Significa che possiamo tendere le orecchie nella speranza si
lascino sfuggire dettagli sui loro piani sgangherati, convinti che
nessuno li ascolti.”
“E
invece ci saremo noi ad ascoltare. Mi piace!”
tuonò Nidai, seguito a ruota da Ibuki e Sonia. Chiaki ci
pensò su un attimo, poi annuì:
“Sì, mi sembra una buona idea. Anche
perché al momento non possiamo davvero fare altro.
Credo.”
Decisero
che quel bar sarebbe stato il loro punto di ritrovo lontano da occhi
indiscreti, e si scambiarono le mail per potersi aggiornare alla prima
occasione utile.
Mentre
tornavano verso il dormitorio, Chiaki pensò distrattamente
che non era proprio un piano eccezionale, ma era comunque meglio di
niente. Meglio
di niente era
anche la risposta che dava al professore quando in classe si distraeva
con un videogioco e scopriva dopo mezz’ora che le toccava
fare l’ennesimo progetto di gruppo con Hinata e quella piaga
sociale di Komaeda (che era sempre incollato al primo).
Sbuffò,
continuando a giocare a Gala
Omega.
Per
ora basta e avanza. Forse.
*
“Mi
chiedo proprio cosa possa volere da me l’esimio Byakuya
Togami.”
“Poche
chiacchiere, Chikatilo. Ho un affare da proporti.”
Il
Super Pirotecnico inarcò un sopracciglio, ma non si
scompose: “Sono tutto orecchie, Togami-san.”
Byakuya
sfoderò il suo miglior sorriso da iena. Al suo fianco,
Oowada rimase impassibile. Sapeva bene che, in realtà, il
gorilla era più che entusiasta all’idea che gli
aveva proposto solo qualche ora prima, ma aveva convenuto che fingersi
la guardia del corpo cattiva dello Scion potesse essere una buona
precauzione: si poteva dire di tutto su Byakuya Togami, ma non che
fosse stupido. E andare a cercare Ted Chikatilo da solo sarebbe stata
una mossa molto
stupida.
Non
c’è bisogno di essere delle portinaie come
Ludenberg per conoscere le voci che girano sul conto di questo scarto
di galera.
Si
avvicinò a Ted, intento ad armeggiare con alcuni composti
chimici: “Mi servono i tuoi fuochi
d’artificio.”
“E
per cosa, se posso?”
Byakuya
sorrise di nuovo e sfilò una mazzetta di banconote dalla
tasca: “Diciamo che ho voglia di… rallegrare
l’atmosfera della festa di stasera” disse, porgendo
metà del denaro a Ted. “Metà adesso,
metà a lavoro ultimato.”
Chikatilo
prese i soldi, li contò e poi ricambiò il
sorriso: “Ogni tuo desiderio è un ordine,
Togami-san” rispose, mimando un inchino.
Il
Super Erede annuì soddisfatto.
Classe
77, hai le ore contate.
*
Mukuro
odiava le feste. In special modo le feste della Kibougamine.
Troppo
sfarzose, troppo appariscenti per i suoi gusti di persona austera e
poco abituata a tutte quelle luci, a quel codice comportamentale
assurdo e all’obbligo del vestito da sera.
Lei
sapeva come maneggiare un AK-47, non camminare con una gonna lunga.
Insomma, vi pare? Nella gonna ci si inciampa e non si riesce mica a
nascondersi bene dietro le rocce per far esplodere le cervella ai
soldati nemici.
Ma
c’era un ulteriore motivo, il peggiore, che portava la
maggiore delle gemelle Ikusaba/Enoshima a odiare le feste. E quel
motivo, per lo stupore di assolutamente nessuno, era sua sorella.
Junko
Enoshima diventava letteralmente insopportabile nelle ore precedenti a
un appuntamento mondano, e la situazione scalava a livelli di
allarmismo totale in occasione del grande ballo primaverile. Sapete,
una Super Modella deve essere a dir poco perfetta quando fa il suo
trionfale ingresso in scena in una serata di gala.
E
chi doveva sorbirsi le infinite paranoie, i continui cambi
d’abito, lo shopping compulsivo, le scarpe troppo strette o
troppo larghe? Indovinato. Vincete una medaglietta di pollo.
“Avanti
Muku-nee, sorridi che la vita è bella!” giunse
alle sue orecchie l’irritantissima voce della suddetta Junko.
La quale furbescamente, oltre che come punching ball prediletto, la
sfruttava pure come facchina e se la scarrozzava in giro per la
città facendole reggere borse e borsoni, scatole e
scatoloni. Fosse mai che lei si spezzasse un’unghia finta.
Oltre
il danno la beffa. Erano quei momenti in cui rimpiangeva di non essersi
presa un proiettile in fronte durante il periodo passato in Fenrir.
“Vai
a quel paese” mormorò a denti stretti, cercando di
evitare il classico tombino infido che ti fa puntualmente finire a
gambe all’aria con tutta la mercanzia.
“Scusa,
hai detto qualcosa?”.
“...assolutamente
nulla”.
“Ah,
volevo ben dire. Dai su, fammi vedere il tuo bel faccino felice! Che
motivo hai di stare con le pive nel sacco? Stasera
c’è la grande festa!”.
“Appunto.
Sai che io non sono tagliata per quel tipo di avvenimento”.
“Ma
su, ma su. Sei solo timida e poco abituata. Dovresti prendere esempio
dalla tua sfolgorante, geniale sorella minore e lasciarti andare un
po’ di più, non può che farti
bene!”.
Preferì
tenersi dentro l’insulto formato famiglia che per un istante
rischiò di sfuggirle dalla bocca.
Erano
ormai in prossimità della Kibougamine (quindi circa a
metà della tortura, perché alle lunghe ore spese
in giro per negozi sarebbero seguite le lunghe ore di Junko che si
mirava e rimirava allo specchio beandosi della sua strabordante
bellezza) quando si sentirono chiamare alle spalle:
“Enoshima-san! Ikusaba-san!”.
Quella
era la voce di Naegi. Un lievissimo rossore fece capolino sulle guance
di Mukuro.
Ecco,
ottimo tempismo Makoto. Incontriamoci quando sono al mio peggio, mentre
faccio da schiava, portantina e valvola di sfogo tutti assieme a questa
pazza isterica di Junko. Va bene che anche normalmente non avrei grandi
possibilità con te, però…
Le
raggiunse e si fermò ansimando a pochi passi da loro:
“Anf anf. Fatto grandi acquisti per stasera, eh?”.
“Lei
ha fatto acquisti, io sono solo il braccio” rispose la Super
Soldatessa con una malcelata punta di risentimento.
“Oh
suvvia, sempre catastrofista la mia cara sorella! In realtà
si diverte un sacco, non è vero?”.
“Preferirei
un tumore al seno”.
“Urca”
disse lui, stupito dalla serietà dell’affermazione
“Davvero non ti piacciono le feste, Ikusaba-san?”.
“No
Naegi-kun, le odio. Con tutta me stessa”.
“Ah
cavolo, non starai mica dicendo che quindi non avremo la tua presenza
ad allietarci?”.
...cazzo.
Sei un piccolo adorabile bastardo, te l’ha mai detto nessuno?
“Beh,
ecco…”.
“Dai,
non farti pregare! Non puoi darci buca, sarebbe orribile da parte
tua!”.
“Naegi-kun
ha ragione, Muku-nee. Ci fai una figuraccia a non presentarti, e la fai
fare anche a me!”.
Un
attacco incrociato, eh? Vi siete messi d’accordo a mia
insaputa?
“No
guardate, davvero non me la sento e poi…”.
“Ikusaba-san,
ti prego. Ci tengo ad averti alla festa. Non farmi questo
sgarbo”. E lì tutta la risoluzione di Mukuro si
sciolse come neve al sole, colpita e affondata da
quell’insopportabilmente tenero e carino sguardo da cucciolo
ferito che implora il tuo aiuto per farsi togliere la zampina dalla
tagliola.
Mukuro
Ikusaba fece una cosa che in pochissime altre occasioni era stata
obbligata a fare, e mai sul campo di battaglia: si arrese.
“Va bene, va bene, avete vinto! Coppia di farabutti che non
siete altro!”. Quasi fece rovesciare tutto il suo carico, ma
il pronto intervento di Makoto in suo aiuto le impedì di
combinare un disastro.
“Ci
volevano gli occhi dolci di Naegi-kun per farti convincere, eh?
Birbantella di una Mukuro, io e te dobbiamo parlare dopo”.
“Di
cosa, Enoshima-san?”.
“Cose
da donne. Non ti impicciare se alla salute ci tieni, caro”.
Salutarono
il Super Fortunello e corsero dritte in camera di Junko, con
quest’ultima che blaterava di “situazioni da shoujo
manga” e Mukuro che continuava a chiedersi
cos’aveva fatto di male nella vita.
“Tieni,
ecco qua la tua roba!” disse, quasi lanciando la montagna di
pacchi e pacchetti sul letto della gemella. Quest’ultima non
disse nulla ma si limitò ad osservarla in silenzio, con un
mezzo sorrisetto. Mukuro inarcò un sopracciglio, sospettosa:
“Cos’hai da sorridere?”
“Oh
niente” chiosò l’altra, arricciando una
ciocca di capelli attorno all’indice, “trovo solo
così tenera la tua infatuazione per Naegi-kun, sei proprio
adorabile.”
Mukuro
arrossì e distolse lo sguardo: “Non
c’è niente di adorabile.”
“Sarà,
ma non è male vederti fare la normale diciassettenne e
smettere i panni della Super Soldatessa.”
La
suddetta Soldatessa rimase in silenzio.
“Certo,
mi spiace che la tua cotta non sia ricambiata…”
A
quella frase si voltò nuovamente verso la sorella:
“...che vuoi dire?”
Junko
sbatté le ciglia, apparentemente sorpresa: “Beh,
credevo sapessi che anche Kirigiri gli corre dietro” e la
Soldatessa ringhiò: “Sì, lo so
purtroppo.”
“E
quindi sai anche che Naegi ricambia, pur essendo convinto di
no.”
...oh.
L’espressione
sul suo viso doveva essere particolarmente eloquente perché
quella della Super Modella era piuttosto sconvolta: “Aspetta,
non lo sapevi?”
“Non
sono una interessata ai gossip, lo sai” fece spallucce,
sperando di mostrarsi disinteressata. L’abbraccio improvviso
di Junko le provò il contrario: “Mi dispiace
sorellina! Non volevo, credevo ne fossi al corrente!”
“Non
fa niente, mica è colpa tua” disse, ricambiando
l’abbraccio in maniera un po’ fiacca. “E
poi sapevo di non avere speranze…” rispose,
liberandosi dalla stretta e dirigendosi verso la porta.
“Promettimi
che verrai lo stesso alla festa!”
“E
che ci vengo a fare?” chiese, inarcando un sopracciglio.
“Ma
Muku-nee, il mare è pieno di pesci!”
trillò Junko, prendendole la mano. “Dimentica
Naegi-kun, sono sicura che c’è una fila di bei
maschietti che non vedono l’ora di appartarsi in uno
sgabuzzino con te!”
Non
riuscì assolutamente a rimanere seria davanti al bizzarro (e
assolutamente inappropriato) tentativo di consolazione da parte della
sorella: “Vedrò cosa trovo nell’armadio,
ma non ti assicuro niente” sorrise.
“Tra
mezz’ora vengo in camera tua ad agghindarti come si
deve!”
Mukuro
annuì e si chiuse la porta alle spalle. Mentre andava verso
la sua stanza osservò gli studenti che affollavano i
corridoi, chi già tirato a lucido, chi ancora andava in giro
con bigodini in testa e accappatoio. Quante
stupidaggini pensò,
mentre osservava alcune coppiette e sentiva un pizzicore agli occhi.
Posò gli occhi su Kuwata e Maizono, intenti a tubare davanti
alla stanza di quest’ultima e provò un moto
d’invidia nei loro confronti. Perché
lei sì e io no si
disse, stupendosi da sola per quell’affermazione che mai le
aveva attraversato la mente.
Chiuse
gli occhi e inspirò, obbligandosi a non piangere.
Forse
per una volta sua sorella aveva ragione: non esisteva solo Naegi, al
mondo.
O
almeno, si obbligò a pensarla così mentre entrava
in camera e si apprestava a ravanare nell’armadio.
Sì,
però, che schifo di vita.
*
Direi
che ci siamo.
Kyouko
si osservò ancora una volta allo specchio, facendo una
giravolta e controllando che tutto fosse al proprio posto. Le ci erano
voluti ben due giorni e dodici negozi diversi per trovare un vestito
che le piacesse e non fosse troppo volgare ma nemmeno troppo da
educanda (e che possibilmente non fosse una roba inguardabile come
certi abiti da prom americano che qualche commessa folle aveva tentato
di propinarle), e più volte era stata vicina alla resa, ma
alla fine ne era uscita vittoriosa. L’abito che aveva trovato
era elegante e non troppo sfarzoso: color vinaccia scuro, senza
spalline, con un bustino aderente e una gonna asimmetrica che in
movimento rendeva magnificamente. E la scollatura era generosa ma non
troppo, requisito importantissimo per la sua personalissima crociata.
Vestito:
c’è. Capelli: a posto. Trucco: perfetto.
Sistemò
un po’ meglio il davanzale, poi si diresse alla porta pronta
a uccidere.
Il
regno di Novoselic sta per rimanere senza principessa.
*
Mentre
tutti erano impegnati nei preparativi per l’imminente festa,
qualcuno piangeva le sue pene d’amore davanti a una finestra.
“Junkooooo
perchéééééééé?!”
Una
scarpa in faccia mise fine alle sue sofferenze. Almeno per il momento.
“Perchéééé”
piagnucolò Yasuke Matsuda, aggrappandosi al suo ahoge con
disperazione, “perché mi hai lasciato per quel
buzzurroooo?”
“Perché
sei una lagna, ecco perché!”
Matsuda
tirò su col naso, rivolto alla finestra della sua amata (che
lo guardava in cagnesco, ma si disse che era sicuramente colpa della
luce soffusa): “Perché,
perchééééé!”
Non
ottenne risposta, nemmeno l’altra scarpa. |
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Capitolo 5 *** ...e i cuori infranti, e ah! La tauromachia! ***
Makoto
Naegi entrò in palestra. Era piuttosto eccitato
all’idea di partecipare alla grande festa primaverile della
Kibougamine.
Naturalmente
era vestito di tutto punto, per quanto si sentisse un po’
come un pinguino nel suo smoking. Ma per una volta poteva sopportare,
d’altronde c’è di peggio nella vita.
Per
un attimo ebbe un flash: nella sua testa vide la palestra vuota e lui
col resto della classe che guardava quell’orsetto strano che
Junko tiene in camera sua, quello metà bianco e
metà nero… come diavolo si chiamava,
già? Kuma qualcosa… va beh, quello che sbraita
ordini dalla cima di un palchetto.
Uoh.
Che trip. Avrò mica mangiato un pezzetto dei brownies
speciali di Hagakure?
Si
riprese subito, per fortuna.
Si
guardò attorno alla ricerca dei suoi compagni,
individuandoli quasi subito. Si avvicinò al piccolo
capannello composto da Mondo (incredibilmente agghindato in maniera
quasi presentabile), Ishimaru (classico assetto da gala), Chihiro (con
un tattico kimono perché il vestirsi per
un’occasione simile gli creava sempre grattacapi), Celes (cavolo,
devo ammettere che fa la sua porca figura)
e Yamada (...stendiamo
un velo pietoso te ne prego).
“Ragazzi!”
li salutò allegramente.
“Naegi-kun,
ben arrivato”.
“Sei
un po’ in ritardo, lo sai?”.
“...kyoudai,
è una cacchio di festa. Devi stare a fargli le pulci anche
adesso? Ti pare il caso?”.
“Oowada-kun,
la puntualità è la prima dote dell’uomo
probo e…”.
“...e
c’era la marmotta che confezionava la cioccolata,
sì. La cantilena è sempre la stessa”.
“Su
ragazzi, non litigate. Il mio ritardo è minimo Ishimaru-kun,
per stavolta ti chiedo di farmela passare” gli sorrise
facendo l’occhiolino. Il Prefetto, pur sbuffando un
po’, preferì lasciar correre.
“Parlando
di cose più serie” riprese il Fortunello
“Celes-san… lascia che te lo dica: wow. Sei
elegantissima, sul serio. Questa gonna nera ti valorizza davvero
molto”.
La
Super Gambler sembrò quasi sorpresa dal sincero complimento,
poi riacquistò l’aplomb e disse: “Beh,
mi fa piacere notare che hai del buon gusto Naegi. Forse
c’è ancora speranza per te. Al contrario di questi
buzzurri”.
“Come?
Mi vuoi dire che non ti hanno almeno fatto un apprezzamento di
circostanza?”.
“Neanche
mezzo. Vero, Ishimaru e Oowada?”.
I
due presero a fischiettare, palesemente in colpa per la mancanza.
“E
a me i complimenti non li fai, Makoto Naegi-dono?” si
inserì di soppiatto Yamada.
Ci
fu un momento di gelo. Yamada aveva avuto la brillante idea di venire
vestito come una sorta d’incrocio fra un cavaliere medievale
e Darth Vader di Star Wars: aveva gli spalloni in lattice di terza
mano, una spada in cartongesso che sembrava cadere a pezzi e un elmo
che lo faceva ansimare proprio come il signore dei Sith.
Sentiva
forte la voglia di dirgli che sembrava appena uscito da un gruppo di
cosplayer con pochi mezzi e ancora meno stile, ma decise di non
infierire: “Ecco Yamada-kun… come dire…
diciamo che non passi inosservato…”.
“È
comunque meglio di come mi hanno apostrofato tutti gli altri. Mi
ritengo soddisfatto”. E se ne andò, lasciando gli
altri cinque con un palmo di naso.
Naegi
preferì evitare qualsiasi commento sull’abito di
Chihiro, che per carità non gli stava neanche male ma
l’argomento era sempre piuttosto delicato e ci voleva molto
poco per dire una parola sbagliata. L’altro non
sembrò risentirsene, per fortuna.
Però
non poté astenersi dal commentare un altro capo di
abbigliamento: “Oowada-kun, perdona se mi permetto
ma…”.
“Sì?”.
“La
tua… cravatta...”.
“Cos’ha
che non va la mia cravatta?”.
Eh.
Cos’aveva che non andava, la sua cravatta.
A
parte il colore giallo stroboscopico che equivaleva a una torcia
sparata direttamente negli occhi. Ma quello era ancora il meno.
La
cravatta di Mondo Oowada aveva come decorazione dei teschi.
“Posso
chiederti dove l’hai rimediata? È…
peculiare”.
“Questa?
Me l’ha regalata mio fratello Daiya per il mio ultimo
compleanno. Ci ha speso tutto il suo stipendio”.
“Che
cosa?” non riuscì a trattenersi. Uno stipendio
intero per quell’obbrobrio? Urgeva fare una chiacchierata con
il maggiore degli Oowada sulle truffe.
“C’è
qualche problema per caso?”.
“Nononononononononono,
tutto bene. Tutto perfetto. Tutto a posto”. Makoto si sentiva
a disagio, perché obiettivamente quella cosa era
agghiacciante ma aveva un valore sentimentale per il Motociclista,
almeno da come ne parlava. E quindi non voleva star lì a
dirgli che avrebbe fatto meglio a gettarla nel tritacarne.
Glissò,
lasciando cadere l’argomento con un sospiro interiore. Meglio
così per tutti.
Stava
chiacchierando amabilmente del più e del meno con loro
quando si accorse di Mondo che indicava qualcosa.
“Naegi-kun,
voltati”.
Lui
si voltò. E rimase fulminato.
Kyouko
Kirigiri aveva fatto il suo ingresso. E in quell’istante, i
kami lo potevano bruciare vivo se era una bugia, sembrava una
divinità della bellezza.
Da
che la conosceva, non aveva mai visto Kyouko così bella.
Cioè, per lui era sempre bella, sarebbe stata bellissima
pure alle 7 del mattino appena sveglia e con l’alito che
sapeva di morte, a parer suo. Ma in quel momento era…
“‘Sti
gran cazzi, che figa spaziale!”
...ecco,
sì. Magari un po’ meno volgare di Oowada-kun, ma
il succo era decisamente quello. Mentre la guardava avanzare decisa
verso di lui (me?
Davvero?!)
Makoto pensò che quell’abito sembrava fatto
apposta per lei, e non mancò di notare la generosa
scollatura (ma
la vedo in costume da bagno ad ogni lezione di nuoto! Anche se mi fa
effetto anche in quei frangenti, a ben pensarci…).
“Buonasera”
sorrise appena lei, mentre lo guardava dritto negli occhi.
Non
so perché mi stai fissando, Kirigiri-san, ma
un’altra occhiata e mi uccidi. Certo, morirei
felice… ma a diciotto anni vorrei arrivarci, ecco. Magari
mano nella mano con te…
“Kirigiri,
sei uno schianto! Ho idea che vedremo parecchi alzabandiera a causa
tua, stasera.”
...Oowada-kun,
se la smettessi di interrompere i miei pensieri romantici con le tue
uscite da camionista, magari.
La
Super Detective (in quel momento senza Super Minigonna) si
limitò a ridacchiare, mentre Ishimaru rimproverava il suo
kyoudai e Celes e Chihiro si complimentavano per la scelta
dell’abito. Makoto invece continuava a fissarla come un pesce
lesso, dimenticando persino dove si trovava e chi aveva attorno.
C’era
solo la più bella Kyouko Kirigiri che avesse mai visto,
davanti a lui, e nient’altro importava.
“Ma
come sei elegante, Naegi-kun” disse lei, rivolgendosi di
nuovo a Makoto e distogliendolo dalle sue fantasie. “La tua
dama di compagnia ne sarà felice.”
“Beh,
immagino di sì… se ne avessi una”
ridacchiò imbarazzato, ma smise quando vide Kyouko sgranare
gli occhi. “Tutto ok, Kirigiri-san?”
“Sì,
tutto ok” rispose, “pensavo solo ti avrei trovato
in compagnia di qualcuno… Ikusaba, magari. O
Nevermind” aggiunse sottovoce, ma abbastanza
affinché lui la sentisse e inarcasse un sopracciglio:
“Nevermind-san? Ma figurati, non sono certo
l’accompagnatore più consono a una principessa
come lei! E poi credo di averla vista in giro con qualcun
altro” disse, guardandosi attorno alla ricerca di Sonia.
E
quando la vide…
“Oh…
oh cavolo.”
*
“Dite
funyarinpa!”
“Funyarinpa!”
Touko
non era una persona da foto, in genere. Detestava farsi fotografare, si
trovava brutta e poco fotogenica, ed era convinta che chiunque le
proponesse di farsi una foto assieme lo facesse solo per prenderla in
giro.
Ma
quella sera era diverso.
Quella
sera, per la prima volta in vita sua, si sentiva carina. Molto carina.
E quando Asahina aveva proposto loro di fare una foto di gruppo non era
proprio riuscita a dire di no.
“Siamo
bellissime!” trillò la Nuotatrice, mentre
smanettava con il cellulare, probabilmente per inviare la foto a tutte.
E
in effetti lo erano davvero, persino Oogami tirata a lucido era
notevole (così come furono notevoli i rimarchi della
Nuotatrice al fidanzato dell’amica, che la fecero arrossire
come mai l’aveva vista da quando la conosceva).
Stasera
nulla può andar male, si
disse. Si era imposta di non soccombere a nessuna cattiveria da parte
di Byakuya-sama, a costo di dovergli stare lontana per tutta la durata
della festa. Ok, diciamo che l’opera di convincimento da
parte delle altre aveva avuto un peso considerevole sulla sua
decisione. Ma in effetti non le sembrava poi un’idea
così brutta.
S-se
dovesse cercarmi lui deciderò cosa fare… nel
frattempo passerò una bella serata con…
Si
fermò un attimo ad osservare il gruppo di ragazze davanti a
lei, che chiacchieravano e ridevano.
...con
le mie amiche?
Non
ne era ancora del tutto sicura, perché certi dubbi sono
difficili da eradicare. Soprattutto se hai passato la vita circondata
da bulli e falsi amici che ti sputtanano alle spalle appendendo la tua
lettera d’amore alla bacheca della scuola. E
d’altro canto Asahina, Oogami, Kirigiri (che era sparita per
una qualche missione personale, aveva detto), Enoshima, Ikusaba,
Maizono, tutte si erano comportate con lei come vere amiche.
Trattenne
a stento un sorrisetto.
Magari
un giorno sarebbe stata capace di esprimere quel pensiero ad alta voce.
Arrivarono
in palestra che era già piena di gente, ma avvistarono
subito Oowada e gli altri. Touko notò con la coda
dell’occhio membri sparsi della classe 77, e fece un breve
cenno a Nanami e Mioda che le passarono accanto.
“Finalmente
siete arrivate!” le rimproverò Ishimaru,
prontamente zittito da Enoshima: “Ishimaru-kun, non sai che
una vera diva si fa attendere?” chiosò facendogli
un occhiolino, e subito si abbandonò tra le braccia del
Biker (cosa
ci troverà mai in un tale buzzurro, si
chiese la Super Scrittrice, ma
magari è gentile con lei…).
Ricevette inaspettati complimenti per la sua mise che la buttarono
nell’imbarazzo più totale, ma che al contempo le
fecero immensamente piacere.
E
fu proprio su un: “No, davvero Fukawa, guai a te se ti
vediamo di nuovo con le trecce! E mostra di più quelle
gambe!” di Mondo che Naegi si rivolse a loro: “Ah,
siete qui! Oh… oh cavolo, Fukawa-san…”
“C-cosa
c’è che non va? N-non volevi che
venissi?” si mise subito sulla difensiva, ma lui la
rassicurò e le si piazzò davanti: “No,
no! Al contrario, sono felicissimo di vederti! Solo
che…”
Mentre
Naegi parlava guardò istintivamente oltre la spalla del
ragazzo.
No…
non ci credo.
Al
centro della palestra, Byakuya Togami stava ballando con Sonia
Nevermind.
Ditemi
che è un incubo.
Se
c’era una frase che Touko aveva sempre ritenuto un
cliché ma che usava lo stesso nei suoi libri, era cuore
spezzato.
La odiava, la riteneva stupida e insensata, ma il suo editor insisteva
nell’inserirla perché “al
tuo pubblico piace”.
Ecco,
in quell’istante scoprì che quella frase era
davvero stupida e insensata.
Il
suo cuore non si era spezzato, non era di vetro. Impossibile si
rompesse in mille pezzi. La sensazione che stava provando era
più simile al vuoto allo stomaco durante una turbolenza in
aereo.
“Ma…
cosa…”
“Non
ci voglio credere.”
“Ma
quel pezzo di merda dello Scion di ‘Staceppa!”
Le
voci degli altri le arrivavano ovattate, era troppo concentrata a
guardare il suo cavaliere
bianco ballare
con la Principessa di Novoselic.
In
fondo me lo dovevo aspettare.
Faceva
male ammetterlo, ma erano uno spettacolo bellissimo. Loro erano
bellissimi.
Perché
mai dovrebbe interessargli una scrittrice di romanzetti rosa come me?
“Fukawa-chan!
Fukawa-chan mi dispiace tanto!” strillò Asahina,
azzardando un abbraccio. Notò distrattamente Ikusaba che
cercava di tenere la sorella, pronta a saltare al collo dello Scion. Si
voltò verso la Nuotatrice, che cercava di consolarla, e
pensò che in un’altra situazione probabilmente se
la sarebbe presa con lei e le altre, perché sarebbe stato
sicuramente uno stupido scherzo ai suoi danni e perché in
fondo incolpare gli altri era più facile
Ma
non era quello il caso.
“Tu
non devi s-scusarti di nulla, Asahina-san”
balbettò, “né tu né le
altre. V-voi siete state carine con me, m-mi avete fatta sentire
benvoluta per la prima volta nella mia vita. E di questo v-vi
ringrazio.”
Si
liberò dall’abbraccio e si diresse verso
l’entrata nella palestra. Naegi e gli altri cercarono di
fermarla, ma si limitò a dire che voleva solo prendere una
boccata d’aria. Mentre imboccava il corridoio si rese conto
che stranamente non aveva voglia di buttarsi per terra a piangere e
strapparsi i capelli. Dev’essere lo shock, si disse.
Bere.
Voglio bere.
Non
era di sicuro una bevitrice accanita, ma aveva scoperto che una
birretta ghiacciata la aiutava nella scrittura, soprattutto quando era
sotto pressione per l’imminente consegna di un manoscritto.
Si
fiondò dritta in caffetteria, cercando di ricordare dove
Oowada tenesse le sue personalissime scorte di Asahi.
*
Questa
poi!
Di
Junko Enoshima se ne dicevano tante: in primis che non era proprio
sveglia, probabilmente perché la gente ha sempre ritenuto le
modelle delle oche dalla testa vuota, e quindi una Super Modella doveva
essere sicuramente super stupida. Non era in realtà il suo
caso, visto che aveva anche grandi doti da analista (pfff,
Matsuda mi deve talmente tanto credito per certe sue ricerche!),
ma nessuno glielo riconosceva e a lei andava anche bene. Fingersi
un’oca tutta tette aveva i suoi vantaggi, a volte.
Era
anche parecchio distratta, e questo purtroppo non poteva negarlo.
Cosa
stavamo dicendo? chiese
una vocina acuta nella sua testa, quella più infantile.
Stavamo
osservando questa situazione vergognosa che al 90% non
porterà nulla di buono alla vita in classe rispose
quella più analitica. Junko annuì tra
sé e sé.
Tutto
ciò è terribile… terribile…
terribile piagnucolò
quella emo.
La
Super Modella inspirò, e si diresse a gamba tesa verso
Togami e Nevermind.
“No…
no no no, Junko vieni qua, che vuoi fare?!”
Ignorò
platealmente Mukuro, continuando a farsi largo tra gli studenti.
Nessuno
ricordava mai che Junko Enoshima era anche una fervente femminista che
non sopportava i ragazzi che maltrattavano le ragazze.
E
Byakuya Togami era un esponente di spicco di quella razza.
Ci
avrebbe pensato lei a ricordargli come girava il mondo.
“Senti
un po’, diva bionda.”
Sia
l’Erede sia la Principessa si voltarono a guardarla e si
indicarono.
“No,
non tu Nevermind” fece un cenno con la mano verso Sonia, per
poi indicare Togami “parlo con te. Cosa stai facendo, esimia
testa di cazzo?”
“Prego?”
disse lui, apparentemente scandalizzato dall’interruzione e
dal turpiloquio rivolto alla sua augusta persona.
“Ti
ho chiesto cosa stai facendo, esimia testa di cazzo”.
“Ti
ho sentita, Enoshima, e continuo a non capire la domanda. E a non
apprezzare l’insulto”.
“Te
ne farai una ragione. Adesso tu mi devi spiegare che tipo di
microrganismo ti ha annacquato quel poco di cervello che ti ritrovavi
prima di rincoglionire del tutto”.
“Ehm.
Ho come l’impressione che mi debba fare da parte. Con
permesso…” mormorò Sonia, scansandosi e
prendendo le distanze. I due la ignorarono, Junko perché
concentrata su Byakuya e Byakuya perché concentrato su Junko.
“Per
l’ultima volta, Enoshima: esplicati. E soprattutto spiegami
perché sei venuta a interrompere il mio ballo”.
La
voglia di tirargli un ceffone e stamparlo contro il muro. La voglia.
Naturalmente
tutto il resto del mondo aveva smesso di girare e si era focalizzato su
loro due, che volenti o nolenti si erano appena trasformati nella cosa
più interessante nella storia delle cose interessanti.
“Vuoi
che mi esplichi? Molto bene. Ti sei messo a ballare con la
principessina di ‘stocazzo”. La quale principessina
di ‘stocazzo, che evidentemente era ancora a portata di
orecchio, si permise di manifestare il proprio disappunto per la
definizione non esattamente signorile.
“Devo
venire a chiedere il permesso in carta bollata a te per sapere con chi
posso ballare?”.
“Ti
pare. Sto solo dicendo che facendo così hai spezzato il
cuore di quella poveretta di Fukawa-chan!”.
“Oh…”
commentò intelligentemente lui.
Ma
porca eva, tutti a me i maschi imbecilli. In un’altra vita
forse ero un’amazzone.
“E-Ebbene?”
tentò maldestramente di difendersi “Io ballo da
solo o con gente di un certo livello”.
“Eccerto.
E magari compri anche l’omonima rivista, quella rilegata in
pelle di alpaca nano e oro massiccio”.
“Anche
se fosse?” guaì in un tono che suonava molto
colpevole. Il che poteva solo significare che lo faceva.
Ma
non era lì per cazziarlo in merito ai suoi opinabili gusti
da snob.
“Allora
amante della tauromachia, mettiamo le cose in chiaro: a parte che se
balli con Nevermind vieni meno allo spirito della faida che abbiamo con
la 77 perché fai comunella col nemico. E va bene, passi. Ma
ti rendi conto o no che io, Maizono, Asahina e tutte le altre abbiamo
speso un sacco di tempo a far bella e affascinante
Fukawa-chan… a vantaggio tuo? Che avrebbe dovuto esserci lei
al suo posto? Che dovevi ballare con LEI, maledetto cretino che non sei
altro?”.
“Ehm…
Enoshima-san, non è per romperti le uova nel
paniere” giunse la voce di Sakura da qualche parte non ben
definita “ma io avevo pensato che Fukawa-san si fosse fatta
bella più per sé che per qualcun
altro…”.
“Pinzillacchere!
Non è questo il punto!”.
“Oogami,
è inutile. In questo momento Junko non sente ragioni.
Credimi, non ne vale la pena. Lasciala fare”
commentò sconsolata Mukuro con un sospiro.
“Torniamo
a noi, divetta con la passione per i tori. Sei stato uno stronzo,
ecco!” riprese a ruggire nei confronti di Byakuya, il quale
non pareva in grado di montare una difesa efficace. A giudizio di Junko
nei suoi occhi c’era solo tanta vergogna per la bastardata
che, forse involontariamente o forse no, aveva fatto nei confronti
della povera Scrittrice.
Il
diverbio divenne un massacro verbale a senso unico, con Enoshima che lo
ricopriva di insulti e lui che non riusciva neanche ad abbozzare delle
giustificazioni.
A
un certo punto…
“Aaaaaaaaaaaaargh!
Mi fai veramente girare i coglioni come non mai.
Mondoooooooooooooo!”.
Sentendosi
chiamare, il Motociclista si avvicinò con estrema cautela
alla Modella: “C-Che cosa c’è? Ho fatto
qualcosa di male? Mi vuoi a-ammazzare solo perché ho un
pene?”.
Lei
parve calmarsi, con tanto di respiro scenografico: “No Mondo,
anzi. Ti ho chiamato perché, prima di esplodere, ho bisogno
di sfogarmi. E in questo momento l’unico tipo di sfogo che mi
può dar pace viene dal tuo pacco” concluse
indicandolo.
La
palestra divenne silenziosa come un cimitero di notte.
Alle
sue spalle Junko sentì versi di strana natura, che
però aveva imparato a riconoscere come i sommessi latrati di
sua sorella quando desiderava essere figlia unica.
“Quindi
avanti. Andiamo in camera tua che devo buttar fuori rabbia”
esclamò prendendolo per un orecchio e cominciando a
trascinarlo come un sacco vuoto “Ah, e ringrazia che passo
sopra quella specie di semaforo che stai cercando di spacciare come una
cravatta. Anche se i teschi sono belli”.
Nello
stupore generale aveva quasi raggiunto l’uscita quando si
girò, rischiando di staccare l’orecchio a Mondo, e
fulminò un’ultima volta Togami: “Tu.
Hai. Finito. Di. Vivere. Le ragazze della 78 avranno il tuo scalpo
ancora insanguinato”.
Poi
aprì la porta con un gesto da primadonna e marciò
fuori, lasciando tutto il resto della Kibougamine con la bocca
spalancata e completamente priva di una spiegazione logica sul
perché non fosse stata espulsa almeno sedici volte (dato che
cose del genere erano abbastanza la norma quando era coinvolta).
“Juuuuuuuuunko!”
guaì Mondo mentre lei lo sballottava tipo peluche rotto
“Almeno lasciami andare! Non mi sono dimenticato come si
cammina!”.
“Fai
silenzio, boy toy. Stasera ti apro in due come una cozza, ho tanta di
quell’energia da buttar fuori che non ne hai idea”.
“Morte
per snu snu? Porca troia, non so se devo essere spaventato o
eccitato…”.
“Spaventati.
Ho intenzione di mettermi alla prova come mistress sadomaso”.
“...uccidetemi
ora”.
“Cosa?”
“Nientenienteniente.”
Lasciò
andare l’orecchio di Mondo, tanto sapeva l’avrebbe
seguita in ogni caso.
Noi
siamo Enoshima, Togami. Noi ti faremo il culo.
*
Mentre
tutta la palestra stava ancora a chiedersi cos’era appena
successo, e la quota femminile della classe 78 (e deĺla scuola) era
impegnata a lanciare maledizioni a Togami con la sola imposizione dello
sguardo, Mukuro si chiese quando la sua ora sarebbe finalmente giunta.
Lei
odiava partecipare alle feste. Odiava mettersi in tiro. Odiava dover
vedere il ragazzo che le piaceva sbavare come un Magikarp sulle grazie
di Kirigiri (Junko,
maledizione a te e alla tua fissazione per i Pokémon, vivevo
bene senza sapere cosa fosse un Magikarp!).
Quella
sera aveva fatto tutte e tre le cose insieme e l’unica cosa
che ne aveva ricavato era la voglia di scavarsi una fossa e buttarcisi
dentro.
Forse
dovrei tornare nella Brigata Fenrir. Magari qualcuno mi fa fuori e mi
libera da quella piaga di mia sorella. Magari succede, sì.
Magari.
Un’esplosione
la distolse dai suoi pensieri.
Un
attacco terroristico? Kami, fate sia così, ho BISOGNO sia
così!
Niente
attacco terroristico. In compenso era appena esplosa la torta gigante
preparata da Hanamura (che strillava come una bertuccia, a confermare
che era effettivamente opera sua), in un tripudio di fuochi
d’artificio. Notò in un angolo Ted Chikatilo che
se la rideva beatamente. Si chiese brevemente perché mai il
Super Pirotecnico avesse sprecato i suoi preziosissimi fuochi
artificiali per uno scherzo di così bassa lega, quando
sentì un urlo belluino: Togami si era preso in pieno la
torta esplosa.
...ok,
questo devo fotografarlo e mandarlo a quella pazza di mia sorella.
Si
avvicinò all’Erede, ricoperto di crema al burro,
con il telefonino in mano e disse: “Ehi Togami, di’
funyarinpa!”
“VAFFANCULO
IKUSABA!”
CLICK.
“Oh,
come sei volgare. Non molto adatto a uno Scion”
ridacchiò, e lo lasciò a lamentarsi e lanciare
anatemi all’universo tutto, mentre il resto della classe
continuava a fargli il terzo grado sul ballo, e Touko e la faida. Si
appuntò mentalmente di mandare la foto anche alla Super
Scrittrice, per strapparle una risata.
Sì,
ok, ma a me non frega niente di tutto questo.
Si
avvicinò al tavolo con le bevande, sbuffando
perché non c’era nulla di alcolico. Magari avrebbe
potuto fregare una birra dalla scorta privata di Oowada, ma poi chi lo
sentiva. Era ancora indecisa se darsi alla perdizione con
l’aranciata o la soda al limone (sì
ma che schifo di vita eh),
quando sentì alle sue spalle una voce conosciuta che
borbottava di quanto tutto questo fosse indecente e poco consono ad un
ambiente scolastico. Rise fra sé e sé.
“Tutto
ok, Ishimaru?”
“Non
direi, no” rispose il Prefetto, scuotendo la testa.
“Quanto è appena successo è
assolutamente deplorevole!”
“Ti
riferisci allo show di mia sorella, al tiro mancino di Togami a Fukawa
o alla faida con la 77?”
“...tutto
il pacchetto” ammise lui, “anche se devo dire che
Enoshima-san ha veramente dato il peggio di sé stasera. Con
buone intenzioni, sia chiaro, ma è stato-”
“Imbarazzante”
concluse Mukuro per lui. “Sì, lo so. Non ho fatto
in tempo a darle le medicine, mi spiace.”
Lui
inarcò un sopracciglio: “Ma tu non hai nulla di
cui scusarti, Ikusaba-san. Anzi, meriteresti una medaglia per la
pazienza che hai nell’occuparti di tua sorella e dei
suoi… beh…”
“Evidenti
problemi comportamentali?”
“Eh”
sorrise, “per dirla in maniera gentile. E comunque davvero,
tu fai già tanto per lei, anche troppo.”
La
Soldatessa fece spallucce: “Ma sì, sono
abituata… certo, avrei preferito che non mi avesse rovinato
l’unica festa a cui ho deciso di partecipare
perché lei mi ha ricattata moralmente…”
sospirò. Ishimaru la guardò in silenzio, poi
sorrise: “Beh, la festa non è ancora finita,
quindi puoi recuperare” le disse, e le tese una mano per
invitarla a ballare.
Mukuro
sgranò così tanto gli occhi che per un secondo
temette le cadessero giù dalle orbite.
“Mi
concede questo ballo, signorina Ikusaba?”
Per
un attimo, solo per un attimo, pensò di scappare a gambe
levate. Insomma, sapeva disinnescare una bomba e uccidere un uomo in
sei modi diversi usando un cucchiaio di plastica, ma di ragazzi e cotte
adolescenziali non ne sapeva niente, zero.
Quindi
aprì la bocca e rispose: “...certamente.”
...perché
sto ballando con Ishimaru, avevo deciso di no, cervello che diamine ti
prende?
Forse
non era esattamente il cervello a comandarla, al momento, almeno stando
a quella stranissima sensazione che sentiva alla bocca dello stomaco.
Ishimaru sorrise e la sensazione aumentò.
Com’è
che la chiama Junko? Farfalle nello stomaco?
Forse
non era tardi per imparare a fare l’adolescente, si disse.
E
forse era vero pure che il mare era pieno di pesci e non
esisteva solo Naegi-kun.
Ad
esempio, esisteva anche Ishimaru-kun. |
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Capitolo 6 *** ...e tutti pazzi per Sonia Nevermind ***
L’Impostore
non amava le feste. Erano perdite di tempo, momenti di ritrovo vacui e
privi di reale significato. E poi era troppo grasso per ballare.
Ma
sul serio, erano quelli i veri motivi. La vacuità e la
carenza di significato. Non di certo il fatto che, se si fosse
azzardato a scendere in pista, sarebbe sembrato una specie di bombolone
sul punto di esplodere.
Pertanto
si era defilato senza fare un rumore dopo aver passato tutto il tempo a
rimirare sbavando la gigantesca torta che faceva bella mostra di
sé (e ovviamente essersi preso a gomitate con Akane su chi
aveva il diritto di azzannarla per primo, perdendo malissimo). Poi
un’improvvisa sensazione a pelle l’aveva convinto a
levare le tende, lasciando a Oowari l’ambito premio.
Si
ritrovò a vagare da solo per la scuola, le mani in tasca e
lo sguardo annoiato che rimbalzava da un muro all’altro del
corridoio.
Ok
che non mi piacciono le feste, ma non è che qui sia poi
tanto meglio.
Dopo
una miriade di giri a vuoto si ritrovò, abbastanza
inconsapevolmente, ad aprire la porta della caffetteria. Si disse che,
persa la maestosa torta rimasta in palestra, forse sarebbe riuscito ad
arraffare qualcosa dalla dispensa per riempire lo stomaco e
l’umore non esattamente stellare.
Si
meravigliò molto di non trovarla deserta. Seduta da sola ad
un tavolo isolato e al momento non ancora accortasi del suo arrivo,
c’era Touko Fukawa. Dalla sua posizione riusciva a vedere sul
tavolo un paio di bottiglie di birra vuote, una messa orizzontalmente e
lì lì a cadere. La Scrittrice ne stava
tracannando una terza, col fare tipico dello sbronzo triste che rimane
da solo nella bettola finché il proprietario non lo caccia
fuori a calci.
Ohibò.
Che le sarà successo? Non mi sembra una particolarmente
felice di vivere in questo momento.
“Sia
benedetta la scorta di Asahi! Sia benedetta! Dopo la serata di merda
che ho avuto non c’è nulla di meglio che una bella
sbronza! Fatti bella, dicevano! Quello stronzo di Togami
cadrà ai tuoi piedi con un’erezione gigantesca,
dicevano! Non si metterà a ballare con quella baldracca di
Nevermind, dicevano! Dicevano un sacco di balle, ecco cosa dicevano!
Mannaggia a me e al momento che mi sono presa la sbandata per quello
zotico bastardo…”.
L’Impostore
non poté fare a meno di sentir tutto, anche se aveva
disperatamente cercato di lasciarla sola con se stessa.
D’altronde sarebbe stato difficile non ascoltare, urlava tipo
donna partoriente con un travaglio di sedici ore.
Per
un po’ la tattica funzionò. Si diede da fare alla
ricerca di qualche rimasuglio da azzannare, purtroppo non trovando
niente.
Poi
avvenne il patatrac: Fukawa si accorse della sua presenza.
I
loro sguardi si incrociarono per una frazione di secondo. Lei gli fece
cenno di raggiungerla. Lui rimase fisso a guardarla, chiedendosi se non
correva il rischio che lo sbranasse anche solo per il fatto che era
vestito come la persona che probabilmente era la causa del suo trovarsi
lì, ubriaca, ad ululare alla luna.
Oh
beh, non dovrei avere grossi problemi a difendermi contro una povera
scrittrice in preda ai fumi dell’alcool.
Pertanto,
seppur titubante, le si avvicinò.
Non
sapete quanto si pentì di quell’errore.
Non
appena fu a portata Touko gli si avvinghiò con tutta la sua
forza, che per essere un topo di biblioteca mingherlino era
assolutamente stupefacente. Pur con tutto l’impegno non era
in grado di divincolarsi.
Quando
poi cominciò a parlare fu la fine: “E tu,
fotocopia grassa del mio adorabilissimo e stronzissimo cavaliere
bianco? Cosa ci fai qui? Sei venuto a deridere la povera, piccola Touko
che soffre le pene dell’inferno per amore? Che è
gelosa di una splendida principessa bionda che ha ben più
diritto di lei di danzare leggiadra e soave con quel bellissimo,
maledettissimo esemplare di maschio alpha? Che dopo stasera non
vorrà farsi più vedere in classe neanche
dipinta?”. E via così, in un fiorire di iperboli e
figure retoriche ardite e insulti coloriti verso colui che le aveva
spezzato il cuore e ci aveva ballato sopra la rumba con la gentile
collaborazione del regno di Novoselic, rappresentato
dall’erede al trono.
“Fukawa-san…
mi soffochi ti prego aiuto lasciami almeno
andare…”.
“Oh
no, bel fustaccione adiposo. Tu adesso resti qui a sentire i miei
giusti lamenti mentre sfogo il dolore ardente che mi infiamma fin nelle
viscere”.
Fu
una lunga, lunghissima mezz’ora.
Per
sua fortuna l’effetto più deleterio della birra
passò prima che le sue vertebre cedessero sotto la
pressione. Quel che rimase di quell’uragano di sberleffi,
proclamazioni di vendetta e quant’altro… non fu
che una povera ragazza distrutta dalla più cocente delusione
della sua breve, travagliata vita.
Non
ebbe il coraggio di andarsene quando, alla ciucca rabbiosa/violenta,
subentrò quella triste e Touko si trovò a
piangere tutte le sue lacrime sulla sua corpulenta spalla.
E
ora che faccio?
La
sua esperienza con le ragazze era abbastanza limitata, nello specifico
a quella mina vagante di Ibuki (che era abbastanza sicuro di non aver
mai visto piangere). E le lacrime di Mikan ormai non facevano testo
perché piangeva con una facilità impressionante
per praticamente qualunque cosa.
Per
di più si trattava di una ragazza disperata per amore, che
diamine ne sapeva lui?
E
tuttavia non se la sentì di lasciarla sola, vuoi per spirito
cavalleresco (che
al suo cosiddetto cavaliere bianco manca, a quanto pare),
vuoi perché quella ragazza così minuta scossa dai
singhiozzi era uno spettacolo che spezzava il cuore… decise
quindi di provare a rendersi utile. La fece accomodare al tavolo a cui
l’aveva trovata, tolse di mezzo le birre (soprattutto quelle
ancora piene, che non ci teneva proprio a una replica di quella
tragedia greca) e andò a cercare qualche tovagliolo per lei.
Magari avrebbe fatto anche un caffè, dopo. Peccato non ci
fossero più merendine.
Tornò
al tavolo e le porse i fazzoletti, che Touko accettò senza
neanche guardarlo in faccia: “M-mi dispiace”
sussurrò, “ho v-veramente dato il peggio di
me…”
“Oh,
non preoccuparti” mentì lui, “immagino
che pene d’amore e birra non vadano esattamente
d’accordo.”
Lei
sospirò: “D-direi di no… soprattutto se
l’oggetto della mia sofferenza è quello stronzo di
Bya… Togami” si corresse. Per qualche istante
rimase in silenzio, ed ebbe l’impressione che lei lo stesse
studiando. Impressione che si rivelò corretta quando la
ragazza parlò di nuovo: “C-come mai vesti ancora i
suoi panni? I-insomma, c’è gente migliore di
lui…” disse. Sembrò voler aggiungere
“Perché non sei semplicemente te
stesso?” ma non lo fece, e lui la ringraziò
mentalmente per questo.
“Che
vuoi che ti dica, mi diverte un sacco vederlo farsi il sangue amaro a
causa mia” ghignò, e anche sul viso della Super
Scrittrice apparve lo spettro di un sorriso. “Tu
piuttosto” le chiese, pulendosi gli occhiali, “come
hai fatto a innamorarti di lui?”
Per
un attimo temette di aver detto la cosa sbagliata al momento sbagliato (giustamente
se devo impersonare Togami tanto vale farlo fino in fondo, figure di
merda comprese),
ma lei si ricompose quasi subito: “Vuoi la verità?
Non ne ho idea… v-voglio dire, è indubbiamente un
bel ragazzo, è intelligente, insomma rientra nei miei
gusti” disse, alzandosi e camminando attorno al tavolo (e
l’Impostore notò stupefatto come, nonostante
tutto, Touko non barcollasse nemmeno un po’. Lo
reggi bene l’alcol, signorina, pensò).
“N-non so cosa mi abbia impedito di vedere quel suo carattere
orribile… o meglio, mi sono rifiutata di vederlo. Ho chiuso
gli occhi e mi sono aggrappata con disperazione a quelle poche
occasioni in cui si è davvero mostrato gentile con me,
c-convincendomi che prima o poi sarebbe cambiato, sarebbe diventato il
c-cavaliere bianco dei miei sogni… sono proprio
un’idiota.”
“Nah,
non sei idiota” rispose l’Impostore, tranquillo.
“È lui che non ha idea di come ci si comporta con
il prossimo. Non lo conosco bene quanto te - e ne sono lieto, da come
ne parli - ma mi è bastato averci a che fare un paio di
volte per capire di che razza di soggetto si tratta”
sbuffò, continuando a guardarsi attorno nella speranza di
scovare una scatola di biscotti che prima non aveva notato. Dovette
arrendersi. “Può continuare a berciare sul suo
titolo e sull’averlo ottenuto per i suoi meriti quanto vuole,
ma questo non cambia la sostanza: Togami è solo un viziato
figlio di papà convinto di essere superiore a tutti. E
finché non prenderà una sonora mazzata sui denti
dubito capirà il suo errore.”
Touko
lo guardò perplessa, poi annuì: “L-le
mie compagne di classe… le mie amiche” si corresse
di nuovo, “l-loro mi avevano consigliato di smetterla di
essere così r-remissiva nei suoi confronti. S-smetterla di
obbedire ad ogni suo ordine o accettare in silenzio ogni suo insulto,
ma n-non so se ne sono capace…”
“Oh
sì che lo sei” rise l’Impostore,
“magari la birra ti ha dato una spinta, ma prima mi hai
placcato senza troppi problemi. Sono più che certo che non
avrai difficoltà a rispondergli per le rime. Insomma, sei
una scrittrice, sarai piena di insulti creativi da usare al momento
opportuno, me l’hai dimostrato giusto due minuti
fa” disse, e lei arrossì violentemente, scusandosi
per quel che aveva detto. Lui si limitò a fare spallucce e
imputare il tutto alla sbornia. Stava per aggiungere
qualcos’altro quando sentì un tifone piuttosto
familiare urlare in corridoio: “BYAKUYA-CHAAAAAAAN!
BYAKUYA-CHAN DOVE SEIIIIII? PERCHÉ HAI LASCIATO SOLA
IBUKIIII?”
Alzò
gli occhi al cielo e decise di raggiungerla prima che facesse qualche
danno: “A quanto pare qualcuno sta richiedendo la mia
presenza in… maniera discreta” disse, alzandosi
dal tavolino. Prima di andare si voltò di nuovo verso Touko:
“Ma se dovessi aver voglia di parlare… insomma,
sai dove si trova la classe 77. Certo, se il mio abbigliamento non ti
turba” aggiunse, ma lei scosse la testa e sorrise:
“No, affatto. E… grazie mille. Davvero.”
Sorrise
di nuovo e poi si diresse verso il corridoio, dove Ibuki continuava a
urlare come una pescivendola impazzita. “ARRIVO,
ARRIVO!” rispose con altrettanta discrezione.
*
Kyouko
Kirigiri stava tornando in camera sua. Era stata una festa a dir
poco… epocale. Il primo, sovrastante motivo per chiamarla
così era stata senza alcun ombra di dubbio Junko Enoshima:
quella donna era riuscita in un’eccellente imitazione di un
ordigno nucleare, sottoponendo tutti gli sfortunati presenti in
palestra alle sue mortali radiazioni di… boh, malattia
mentale? Non sapeva neanche come definirla, era talmente al di fuori di
ogni schema da renderla una specie di punto di domanda semovente (provvisto
di un notevole davanzale si
trovò a pensare con una punta d’invidia.
Però oh, quella sera anche lei faceva decisamente la sua
signora figura).
Ma
c’era stato un altro evento, infinitamente più
trascurabile e infinitamente più importante: Makoto Naegi
non si era avvalso della compagnia di Sonia Nevermind come dama. E non
solo, ma quando i suoi occhi erano caduti su di lei… diciamo
che se non fosse stato lui, cioè un biscottino col cuore di
panna avvolto da uno strato di ingenuità, avrebbe potuto
temere per la propria purezza.
Sì,
insomma. Aveva la faccia di uno che le avrebbe strappato il vestito di
dosso con i denti.
Il
che poteva significare una e una sola cosa: era una cretina.
È vero che si era messa particolarmente in tiro e quindi lo
voleva di sicuro inzigare un po’, ma quello sguardo di
adorazione totale non poteva essere solo dovuto alla
generosità delle forme messe in mostra quella sera.
Era
di più. Era lo sguardo… di chi ha una cotta per
te.
Maledetta
scema che non sei altro. Ti fai chiamare la Super Detective e poi non
ti accorgi di una cosa tanto evidente? Complimentoni, il tuo titolo
è meritatissimo.
Avrebbe
voluto approfondire la cosa, magari prendendolo in disparte e
torchiandolo come solo lei sa fare, ma il sopraggiungere del tornado
Junko a forza E589 aveva fatto leggermente deragliare i suoi piani. Con
il maremoto finito si era trovata a cercarlo con lo sguardo per la
palestra, non riuscendo però a trovarlo.
Rassegnata,
aveva optato per rimandare la pratica al giorno successivo. Ed era una
pratica che aveva tutte le intenzioni di sbrigare il prima possibile,
fosse anche solo per mettersi il cuore in pace. Perché,
orrore degli orrori, stava contemplando la possibilità di
essersi sbagliata e che lui non la ricambiasse come si stava
convincendo.
Oh
mio dio, sono un’adolescente. Ho dei dubbi. Soffro per una
cotta. Perché la mia vita dev’essere una bugia?
Perché ho perso le mie basi solide e sicure?
Perchéééééééééééééé?
Si
sentiva stranamente stanca, fin troppo indebolita da questo inopinato
tourbillon emotivo. Ed essendo, o almeno cercando di apparire, sempre
fredda e posata era ancora più provata del normale proprio
per l’effetto shock della situazione inaspettata.
Sospirò,
afferrando un lembo della gonna con la mano sinistra. Era la prima
volta che si trovava così incerta di se stessa, dei suoi
*glomp* sentimenti e di come gestirli. Di solito era un asso nel
gestire, sempre rapida ed efficiente.
E
va beh, doveva dare tempo al tempo. Prima o poi avrebbe trovato il
metodo perfetto, quello a prova di bomba che le avrebbe sempre
assicurato…
“Kirigiri-san?”.
Quella
voce, proveniente dalle sue spalle, la fece sudare freddo.
Si
voltò lenta.
...avevo
detto domani, Makoto. Ti avrei parlato domani. Non mi puoi fare gli
agguati così, non sei Ikusaba.
“Oh…
Naegi-kun. Ciao”.
“Di
nuovo buonasera, Kirigiri-san. So di ripetermi, ma non posso non
sottolineare di nuovo quanto sei bella stasera. Il vestito ti calza
come un guanto”.
Eccolo,
eccolo! È arrossito dicendolo! Allora avevo ragione!
“G-Grazie.
Anche tu sei molto elegante”.
Balbettare?
Non devi balbettare, Kyouko! No, non va bene! Poi penserà
che sono… ossantocielo no ti prego, non può
pensare… che sia timida…
“Serata
memorabile, eh?”.
“Lo
puoi dire forte. Quella pazza furiosa di Enoshima ha lasciato un segno
indelebile nella storia della Kibougamine. Gli annali parleranno delle
sue gesta per lunghi anni”.
Presero
a camminare, una di fianco all’altro.
Sei
troppo vicino! Allontanati! O ti accorgerai che in questo momento ho la
temperatura esterna del sole!
“Sì,
indubbiamente Enoshima-san sa come farsi notare. Non invidio quella
povera disgraziata di Ikusaba-san che deve cercare di tenerla a bada. A
me non basterebbero otto vite per un compito così
infame”.
“Ognuno
ha le sorelle che si merita. Ikusaba ha Enoshima, tu hai quel
cioccolatino di Komaru. A proposito, quando torna a trovarti? Le devo
ancora una rivincita a Cluedo”.
Ecco,
ottima tattica! Divaga! Temporeggia! Devia! Non lasciargli la
possibilità di premere il grosso pulsante rosso con su
scritto Ci Mettiamo Assieme o No?.
“Eh,
potrebbe volerci più del previsto. Ultimamente è
molto presa dai suoi giri e dalle sue amicizie. Non ha più
tempo per il fratellone, specie da quando si è trovata il
ragazzo…”.
Pericolo!
Pericolo! Ha detto una delle parole proibite! Attuare piano di
emergenza! Selezionare opzione: a) fingere un attacco di colite; b)
tornare in palestra, prendere un frammento della torta esplosiva e
tirarglielo in faccia; c) urlare che sono arrivati gli alieni e
vogliono ispezionarci analmente.
“Sul
serio? Ma che bella notizia. Peccato però, ci tengo a
rivederla. È così carina e simpatica, e poi a
Cluedo è davvero brava”.
“Non
può essere brava quanto te, però. È
impossibile. Sei la miglior miss Scarlet che ci sia. E comunque, se
proprio ci tieni, a Cluedo possiamo giocarci io e te… da
soli…”.
Doppio
attacco! Lecchino e allusivo! La situazione ti sta sfuggendo di mano!
Urge dargli una botta in testa, riempirlo di calci quando è
al tappeto e scappare alla velocità della luce!
“Vuoi
prendere una batosta galattica, quindi?”.
Ecco,
fagli vedere chi comanda a ‘sto sbruffone! Sei tu che conduci
il gioco, non lui! Nei ritagli di tempo in cui non sei in preda al
panico e all’ormone su di giri, almeno.
“Ti
dirò, ormai perdere contro di te ai giochi di
società non è più un problema per la
mia autostima. Ci ho fatto il callo. Sei migliore, punto.
Però c’è un’altra cosa in cui
ci terrei a non perdere…”.
Si
fermò. Si girò verso di lei. Prese le sue mani
nelle proprie.
Evacuare!
Evacuare! Il nocciolo sta per andare in meltdown! Evacuare tutto il
personale, prima le ragazzine innamorate e i tenerissimi cosini con
l’ahoge alti come una scatola di scarpe!
“Kirigiri-san…
Kyouko-san. Dopo stasera, dopo aver visto quanto sei incantevole, non
posso più far finta di nulla, devo sapere. Devo conoscere la
tua risposta”.
Allora,
vuoi esplodere o no? È la tua unica via di fuga, la tua
unica possibilità di salvezza! Scoppia! Scoppia! Scoppia!
“Kyouko-san,
stai bene? Mi sembri accaldata”.
Colpo
in B6! Portaerei compromessa! Si salvi chi può e si fotta il
gatto di bordo che mi soffiava sempre contro!
“N-Non
è niente, s-sto bene”.
“Oooook.
Beh, volevo chiederti una cosa molto importante”.
“Q-Q-Q-Quale
cosa?”.
“Vorresti
essere la mia ragazza?”.
Ommiodiolhadettolhadettoeorachefaccioohcielosvengo.
“Io…
devoandarecivediamodomattinainclasseciao.”
Girò
sui tacchi e corse dritta verso la sua stanza, chiudendosi la porta
alle spalle. Sai mai che quell’adorabile cosino di Naegi la
seguisse e suonasse insistentemente al suo campanello.
...ma
sarebbe poi così terribile? Voglio dire, era quello su cui
fantasticavo poco prima del suo agguato. E mi ha chiesto apertamente di
essere la sua ragazza mentre fino a un’ora fa credevo morisse
dietro a Sonia Nevermind. Quindi perché sono scappata?
Represse
a fatica l’istinto di prendere a testate il muro, dicendosi
che avrebbe potuto chiarire la questione il giorno seguente.
...e
se ora credesse che non voglio saperne niente di lui? Se credesse che
sono scappata perché mi fa ribrezzo?
La
seconda volta non represse l’istinto di dare craniate al muro.
*
Wow.
Di
tutte le reazioni a cui aveva pensato, quella era sicuramente
l’unica di cui non aveva tenuto conto: aveva immaginato
Kyouko Kirigiri rifiutare con sdegno la sua proposta, urlare in preda
all’orrore, ridergli in faccia. O dirgli sì, nelle
sue più timide e rosee speranze. Ma non che scappasse via a
gambe levate accampando scuse.
Tuttavia
Makoto non si sentiva giù come aveva temuto. Anzi, era
piuttosto convinto che quella reazione celasse qualcos’altro.
Magari
sono solo troppo ottimista,
si disse. Ma ormai si era spinto fin là, osando qualcosa che
non aveva mai immaginato di fare (tranne che nelle sue più
sfrenate fantasie, sempre e solo quelle), era tardi per tornare
indietro.
Domani
ritenterò.
Il
peggio che poteva succedere era un no diretto, e in caso sarebbe stato
preparato alla botta. Non una passeggiata di salute, indubbiamente, ma
non sarebbe morto solo per questo.
Nel
migliore dei casi, invece, sua sorella avrebbe potuto coniare uno
stupido nomignolo da otp di fanfiction per loro due.
Sorrise
e si avviò verso la sua stanza, sistemandosi la cravatta con
fare soddisfatto.
Domani
Kyouko Kirigiri, dopodomani il mondo.
Ma
in realtà la sola Super Detective andava più che
bene, il resto lo avrebbe lasciato volentieri a quella diva di Togami.
*
Voglio
morire.
La
quale diva, il giorno dopo, si alzò con la peggiore gastrite
mai avuta da quando soffriva di gastrite cronica (quindi due anni). Si
accorse con orrore che aveva ancora crema al burro tra i capelli e si
abbandonò a un urlo che poco aveva di umano e molto di
bestiale. Ringraziò le mura insonorizzate dei dormitori, la
sua unica gioia in quel momento così nefasto.
La
mia vita fa schifo.
Il
solo ripensare alla terrificante serata di ieri gli provocava un
bruciore di stomaco indicibile (e
ovviamente ho finito tutti i Lucky Gastro, ma maledizione a te Enoshima),
tuttavia il suo cervello continuava a riproporre i momenti salienti di
quella disgraziata festa, soffermandosi in particolare sulla scenata
della Super Modella.
Io
ancora mi chiedo da quale ospedale psichiatrico è scappata,
‘sta pazza.
Interrompere
il suo ballo con Sonia Nevermind, poi. Come aveva osato? E insinuare
che ci fosse qualcosa tra lui e la principessa di Novoselic? Ma
seriamente?
Il
pensiero tipico della plebaglia che non sa come funziona tra gente di
un certo livello pensò,
soffocando un rutto. Byakuya e Sonia frequentavano gli stessi ambienti,
basta. Non c’era altro.
E
poi lo sanno tutti che muore dietro a quell’altro soggetto da
ricovero di Tanaka.
E
se lo sapeva non era certo per interesse nei gossip della Kibougamine,
ma perché la Super Principessa non parlava
d’altro: o Gundam Tanaka, o l’occulto, o i serial
killer. I suoi tre argomenti preferiti.
Ma
pensa te se posso avere anche solo un minimo interesse per una che va
in brodo di giuggiole pensando a Genocider Syo.
Tale
considerazione lo portò al secondo punto del suo dramma
personale: Enoshima l’aveva attaccato per... difendere
nientemeno che Touko Fukawa? Touko che scriveva romanzi rosa e aveva
una cotta per lui che era di dominio pubblico? Non era nemmeno sicuro
avesse preso parte alla festa!
Mi
chiedo da quando sono diventate amiche, pensò
sotto la doccia, mentre cercava disperatamente di rimuovere ogni
residuo di torta dalla sua augusta persona (maledizione
a me e all’idea dei fuochi d’artificio, maledetto
proprio. E ci ho pure perso 60.000 yen, riesco a sentirle le risate di
Chikatilo alle mie spalle).
In effetti non è che sapesse chissà cosa su
Fukawa, a parte le cose fondamentali: era una scrittrice di successo,
aveva letto più libri di lui, era ossessionata
da
lui e non amava troppo fare la doccia. In genere si limitava a stargli
attorno in silenzio, al massimo si offriva di portargli un
caffè o recuperare libri in biblioteca per lui; in alcuni
casi fortuiti erano persino riusciti ad avere delle conversazioni tutto
sommato normali, e doveva ammettere che non erano state per nulla
spiacevoli, anzi.
Se
il suo alter ego non fosse una serial killer fissata con i bei ragazzi
aiuterebbe, rimuginò,
mentre usciva dalla doccia e cercava a tentoni asciugamano ed occhiali.
In fondo non era nemmeno colpa di Touko, non aveva certo chiesto di
dividere il corpo con un’assassina di quel
calibro… solo, lui non voleva averci troppo a che fare.
Soprattutto perché la suddetta assassina si era eletta a sua
personalissima stalker.
Ma
poi chi ha pensato che darle il titolo di Super Serial Killer e
considerarla una studentessa a tutti gli effetti fosse
un’idea geniale, eh? La chiamano pure durante
l’appello! Si drogano tutti in questa scuola, soprattutto gli
insegnanti!
Altro
gorgoglio allo stomaco, altro rutto.
...devo
ricordarmi di passare in infermeria.
CRACK.
Il
rumore di qualcosa che si è rotto, ma soprattutto la sensazione
sotto al piede
di qualcosa che si è rotto.
VAFFANCULO.
Almeno
aveva trovato gli occhiali.
Recuperate
un paio di lenti nuove e fatto un viaggio a vuoto in infermeria (spero
che il Lucky Gastro ti vada di traverso, Hongou!)
si recò in aula, dove ad aspettarlo trovò
quattordici paia di occhi che lo scrutavano, alcuni con
curiosità morbosa, altri come se volessero scotennarlo.
“Un
comitato di benvenuto, quale onore” borbottò,
prendendo posto al suo banco.
“Buongiorno
Raggio di Sole.”
Sentì
nuovamente l’esofago andare a fuoco.
Alla
sua destra Enoshima lo osservava divertita, seduta con la grazia di un
paracarro su quell’altro gorilla di Oowada. “Sei
riuscito a togliere tutti i resti di torta dai capelli?”
A
quel rimarco lanciò un’occhiataccia a Ikusaba, che
sembrava aver deciso di sputtanarlo con la sorella. Mukuro si
limitò a sorridere. Intanto la Modella gli si era
avvicinata: “Lasciatelo dire, l’idea dei fuochi
d’artificio nella torta era davvero idiota” rise,
“ma credo che tu te ne sia reso conto da solo. Il karma te
l’ha fatta pagare cara.”
Byakuya
sgranò gli occhi: “Tu come…”
sussurrò, ma lei lo zittì subito: “Oh
per favore, Togami, se vedi dei fuochi d’artificio qui dentro
pensi subito a Ted Chikatilo, e stamattina gli ho chiesto personalmente
conferma.”
Questo
era davvero troppo.
“Enoshima,
cosa vuoi dalla mia vita?” ringhiò.
“Rovinartela”
rispose lei, incrociando le braccia. “Forse non te ne rendi
conto, o più facilmente non ti importa, che il modo in cui
tratti tutti quanti è migliore solo di quello di un
negriero. In particolare” disse, puntandogli un dito al petto
“il modo in cui hai sempre trattato la povera Fukawa-chan
è orribile. Quella ragazza ti ama (per motivi a me
assolutamente incomprensibili) e tu la tratti come uno scarto della
società! E ieri sera” insistette, punzecchiandolo
con l’unghia finta “è stata davvero la
goccia che ha fatto traboccare il vaso.”
In
quello stesso istante la suddetta Fukawa entrò in classe,
scusandosi per il ritardo con Ishimaru. “Oh ma buongiorno,
Fukawa-chan!” trillò Junko. “Vedo con
piacere che hai deciso di seguire i miei consigli sui
capelli!”
Byakuya
sentì la Super Scrittrice ridacchiare, e quando si
voltò si trovò davanti uno spettacolo decisamente
insolito: Touko Fukawa senza le sue tipiche trecce. Al contrario, i
suoi capelli erano liberi e le ricadevano sulle spalle, ad esclusione
di sei fermagli bianchi che tenevano ferma parte della frangia.
...perché
mi sto soffermando su questi dettagli? Soprattutto, perché
mi sto soffermando su di lei più del dovuto?
Per
un attimo, ma solo per un attimo, pensò che era molto
più carina senza le trecce.
...da
quando la trovo carina?!
L’unica
cosa che non era carina in lei, in quell’istante, era il suo
sguardo: quegli occhi grigi che di solito lo guardavano con desiderio
adesso erano pieni solo di… disprezzo. E schifo, anche.
Touko
non gli rivolse la parola, ma si limitò a sedersi al suo
banco e tirar fuori i libri dalla borsa.
“Chi
semina vento raccoglie tempesta, Togamicchi”
sussurrò Junko al suo orecchio, in un’orribile
imitazione di Hagakure. “Sono ancora con te per la faida con
la 77, ma per il resto… fai attenzione ai tuoi gioielli di
famiglia” rise, indicando le sue parti basse.
Sedendosi
al suo banco, il Super Erede si chiese cosa diamine stesse succedendo:
l’intera quota femminile della classe 78 che voleva la sua
testa, Touko che non gli rivolgeva la parola… e tutto per
aver ballato con Sonia? Sul serio?
E
ho pure dimenticato il portapenne in camera, notò
mentre cercava i quaderni. Si voltò verso la Scrittrice e
spinto dall’abitudine chiese a lei: “Touko,
prestami una penna.”
Lei
però lo ignorò.
“Touko,
prestami una penna.”
Niente.
“Oi,
Touko?”
Quando
batté ritmicamente le dita sul banco della ragazza, lei
alzò lo sguardo. “Era ora”
grugnì, “prestami una penna.”
“No.”
“...prego?”
“Ho
detto di no. I Kami ti hanno donato due piedi, usali per andare fino
allo spaccio, e magari proseguire fin dove ti mando io.”
A
quella frase l’intera classe 78 si voltò a
guardarli con gli occhi fuori dalle orbite: Touko Fukawa aveva appena
mandato a quel paese il suo cavaliere
bianco,
senza balbettare e riuscendo nel miracoloso intento di lasciarlo senza
parole.
“Uuuuh,
questo sì che è stile, sorella!”
ridacchiò Junko, e accanto a lei Ikusaba aggiunse:
“Tutto questo mi ha appena ricordato una cosa”
rise, e la vide smanettare col cellulare.
“Ikusaba,
non oserai…”
Pirirì.
Dietro
di lui Fukawa guardò il cellulare e scoppiò a
ridere.
Byakuya
ringhiò: “Che tu sia dannata,
Ikusaba…”
“Oh,
fossi in te non mi spingerei oltre, Togami” sorrise malefica
la Super Soldatessa.
“Perché,
altrimenti che fai? Chiami i tuoi ex colleghi della Brigata
Fenrir?”
Lei
non rispose, ma digitò nuovamente qualcosa sul telefono.
Pirirì.
Pirirì. Pirirì.
Poco
a poco il resto della classe si unì alle risate della
Scrittrice osservando sul proprio telefono l’immagine di
Byakuya Togami ricoperto di torta e crema al burro.
“Io
ti avevo avvisato” disse Mukuro. “Ancora una parola
e la invio a tutta la scuola.”
Ogni
tentativo di replica da parte sua venne troncato sul nascere
dall’arrivo dell’insegnante. Per un attimo
accarezzò l’idea di darsi malato e correre in
infermeria. Non sarebbe stata nemmeno una bugia visto che il suo
stomaco aveva deciso di ballare la para para dance e darsi fuoco.
Questo…
questo è un incubo! Non ci credo!
Ennesimo
rutto soppresso.
Voglio
morire. La mia vita fa schifo.
Oh,
ma come sei melodrammatico, Byakuya-chan. Vedrai che ne usciremo vivi!
Corresse
il tiro: le ragazze della classe 78 lo volevano morto, Touko lo odiava,
e ora aveva fatto la sua comparsa una misteriosa vocina nella sua testa.
Morirò
pazzo e solo, e con la gastrite. Ecco cosa.
*
“Etcì!”
“Salute,
Sonia-san.”
“Grazie,
Chiaki-san.”
“Preso
freddo ieri?”
“No,
non credo Hinata-san. Sono piuttosto sicura di stare bene.”
“Qualcuno
starà parlando di te con insistenza, e in termini poco
carini. Forse.”
“Davvero,
Chiaki-san?”
“Sì,
almeno così si dice in Giappone. Credo.”
“Oh
cielo! Mi chiedo chi potrebbe volermi così male… |
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Capitolo 7 *** ...e io vorrei, non vorrei, ma se vuoi ***
Celestia
Ludenberg osservava distratta il resto della classe. Quella mattina si
respirava un’aria a dir poco strana, con tutta una serie di
avvenimenti che a un occhio di lince come il suo non potevano proprio
sfuggire (a parte ovviamente la figura di merda astronomica di quel
povero mentecatto di Togami, talmente grande che persino Hagakure era
riuscito ad aggregarsi all’ilarità collettiva):
Ikusaba e Ishimaru si scambiavano qualche occhiata furtiva, scostandosi
verdi in faccia dopo dieci secondi; al contrario Kirigiri e Naegi non
avevano incrociato gli occhi neanche per salutarsi, e anzi quando si
erano avvicinati a più di trenta centimetri lei sembrava
quasi stesse per prendere fuoco.
Enoshima
e Oowada… va beh, quei due erano un caso irrecuperabile e a
giudicare dalla loro gestualità si sarebbero buttati per
terra a fare sesso furibondo per tutta la durata delle lezioni. Senza
neanche usare un velo per coprirsi, quegli svergognati.
Sì
insomma, ultimo caso a parte (perché Enoshima e Oowada
avevano sempre lo sguardo da lo
famo strano?),
sembravano esserci un po’ di situazioni… sospette.
Intervallate da frizzi e lazzi per Togami, che Celes aveva idea non
sarebbero mancati per luuuuuuuuungo tempo.
Doveva
ammettere di esserne incuriosita, soprattutto per le accoppiate Ikusaba
& Ishimaru e Kirigiri & Naegi. Insomma, fra i primi due
non c’era mai stata la minima interazione sociale di nessuna
natura, si facevano a malapena un cenno di riconoscimento a inizio e
fine orario scolastico e poi ognuno per la sua strada… e
adesso stavano lì a rubacchiarsi le occhiate furtive,
scostando lo sguardo imbarazzati quando temevano che l’altro
se ne potesse accorgere.
Ora
che ricordava le pareva che la sera prima, durante la festa, poco dopo
che la vulcanica sorella di lei aveva dato spettacolo per i secoli a
venire… sì, se non si sbagliava ricordava
vagamente un momento in cui quei due avevano parlottato e poi si erano
messi a ballare.
Oh.
Oh. Oh. Stiamo scherzando? Prefetto e Soldatessa? Ma la castrata delle
Enoshima non moriva dietro a quell’altro anonimo ometto di
Naegi? E soprattutto, da quando Kiyotaka “scopa in
culo” Ishimaru perde tempo con l’arte del
corteggiamento delle donzelle? Mondo, e non intendo Oowada: stai
cercando di farmi capire che fra quei due ci sarebbe del potenziale
tenero?
Ok
Celestia, segna nel tuo scomparto mentale dedicato al gossip.
Naegi
e Kirigiri presentavano dei sintomi diversi. Lui era sempre il solito
ragazzino timido, poco scafato perché non era uno stronzo
come lei, sottomesso con tutto e con tutti… tranne che con
Kirigiri, verso la quale sembrava lanciare segnali che dicevano
“Allora? Io sto aspettando”. E lei, in maniera del
tutto fuori dal suo personaggio, invece di farlo rimbalzare con
maestria contro il muro di gomma della sua freddezza… era
incredibile a dirsi, ma la sensazione che arrivava forte e chiara agli
occhi della Super Gambler era quella di una ragazzina persa in un
delirio senza via d’uscita, che distoglieva lo sguardo
perché non riusciva a vedere in faccia la persona che le
scaldava certe zone corporee, che avrebbe preferito una maratona di
pallosissimi film di Kurosawa piuttosto che affrontare una volta per
tutte l’argomento. Un’adolescente con una cotta
mostruosa, ecco cosa le sembrava.
Allora,
ricapitoliamo. Anche i cessi della scuola sanno che Naegi coltiva
patetici sogni romantici nei confronti dell’algida detective
dai capelli sgargianti, e fin qui nulla di strano. La cosa strana
è la reazione di lei, completamente inappropriata al suo
usuale modo di porsi da iceberg. Il che mi porta a una e una sola
conclusione: lo ricambia e il sommovimento emotivo le ha mandato in
tilt il cervello, con buona pace della sua reputazione.
Questa
è una notizia succulenta forte, eh. E credo che, esattamente
come il presunto flirt fra Ikusaba e Ishimaru, io ne sia
l’unica consapevole oltre ai diretti interessati.
DRIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIN.
“Ok
ragazzi, lezioni finite! Ricordatevi di leggere per domani le
pagine…”.
Sì
sì, le solite balle. Tanto nessuno lo avrebbe fatto.
Si
alzò composta dal suo banco, recuperò i suoi
effetti personali e si diresse in corridoio per tornare in camera.
Aveva in programma di farsi bella, se possibile più di
quanto non lo fosse già, e di puntare verso le solite due o
tre bettole nei quartieri non esattamente chic della città.
La fase preparativa della festa del giorno prima aveva prosciugato le
sue finanze e necessitava dei soldi di qualche pollo.
La
scoperta delle tresche, in attuazione o in costruzione che fossero, fra
i suoi compagni le aveva migliorato enormemente l’umore. Si
sentiva ottimista, pronta a ricattare e sputtanare un po’
tutti secondo il suo sfizio.
Si
concesse addirittura un leggero fischiettare mentre si avviava.
Poi
il disastro.
Quasi
non si accorse di incrociare per il corridoio Hiyoko Saionji, membro
della classe 77.
Non
le aveva rivolto la parola, non l’aveva guardata, aveva fatto
finta che non esistesse. D’altronde era talmente su di giri
che non si sarebbe soffermata ad osservare le zecche per terra.
Di
punto in bianco la frecciata mortale. Passandole vicino quella disse,
senza essere stata minimamente provocata: “Buona giornata,
Taeko Yasuhiro”.
Celes
si fermò di colpo, come pietrificata.
Si
voltò lentamente verso la Super Ballerina Tradizionale, che
era rimasta ad aspettarla apposta per farle ciao ciao con la manina e
poi trotterellare via verso chissà quale destinazione.
LURIDO
GNOMO.
Fece
dietro front sperando di essere in tempo. I suoi piani per il
pomeriggio non erano cambiati di una virgola, erano solo slittati di
una mezz’oretta. Prima doveva parlare con qualcuno.
Giuro
che ti ci seppellisco in quel kimono puzzolente, Saionji!
Tornata
nei pressi dell’aula scoprì che la fortuna era
ancora dalla sua. Ovviamente,
si
disse.
“Togami.”
“No
senti, Ludenberg, non è giornata.”
“La
farai diventare giornata” ringhiò, placcandolo
contro il muro. “La classe 77 deve esplodere.”
“E
fin qui c’eravamo” sbuffò
l’Erede, “peccato che nessuno di voi stia
cooperando.”
“La
nostra è una classe di cuori di panna, anche quelli che
abbaiano più degli altri. Non sono capaci di mettere a punto
una strategia” replicò lei, “quello
è un compito che spetta a noi. Poi la spiegheremo anche al
resto della marmaglia, ma continueremo a subire i calci in culo da
Hinata e compagnia se io e te non azioniamo le rotelline.”
Togami
rimase in silenzio, apparentemente indeciso se cedere a quelle lusinghe
oppure lavarsene le mani.
Oh
avanti, diva bionda, lo so che sotto i rimasugli di torta
c’è ancora la pigna in culo che tutti conoscono.
“E
sia, Ludenberg. Ma posso chiederti cosa ti ha spinta a prendere la
situazione in mano?”
“Saionji.
Quella baldracca in kimono ha osato… chiamarmi per nome. Il
mio vero
nome”
ringhiò sottovoce, ma abbastanza affinché il
ragazzo la sentisse. Quest’ultimo ghignò:
“Aaaah, capisco. Colei
Che Non Deve Essere Nominata.”
“Non
scherzare. Allora, ci stai?”
“Ci
sto. Ci vediamo tra un’ora in biblioteca.”
Detto
questo Togami se ne andò per la sua strada, e Celes non
mancò di notare come continuasse a massaggiarsi lo stomaco.
Vedi
di non morire di gastrite proprio adesso, mi servi vivo.
Tornò
di nuovo verso i dormitori, riformulando la sua scaletta degli impegni:
il poker avrebbe dovuto aspettare il giorno seguente. La sua
dignità, invece, non poteva attendere.
Te
lo faccio vedere io chi è Celestia Ludenberg, nano da
giardino!
*
C’era
qualcosa di strano nell’aria, anche se non sapeva dire
esattamente cosa.
Ma
se lo sentiva sulla punta della lingua.
Era
già strano l’essersi svegliata dentro al bagno,
posto che in genere Touko frequentava poco. Trovarsi poi dentro la
doccia…
beh, quella era una novità.
Uuuuh,
Lagna ha cambiato le sue abitudini?
Genocider
Syo diede una sniffata a braccia, ascelle e capelli: sapeva di agrumi e
roba chimica. Touko si era davvero fatta una doccia completa.
Ok,
cosa mi sono persa? Da quanti giorni ‘sta stronza non mi
lascia scorrazzare in giro?
Afferrò
un asciugamano e si guardò attorno: sembrava tutto normale,
se non fosse stato per… saponi, bagnoschiuma, shampoo,
persino vestiti nuovi e carini. Fece roteare la lingua, rimuginando.
Non condividere le memorie era una gran rottura di scatole, quindi Syo
doveva affidarsi alle sensazioni e, soprattutto, alle ultime cose
successe prima di ogni “blackout”. Cercò
il cellulare di Touko, controllò la data e capì
che l’ultima sua visita risaliva a circa una settimana prima.
Ah
già, quando ho terrorizzato Hongou. Sigh, se solo avesse
trent’anni di meno.
Però
era piuttosto sicura che allora il bagno della Scrittrice di Lagne
avesse giusto una saponetta. Doveva essere successo qualcosa nel
frattempo, ed era decisa a scoprirlo.
Si
rivestì in fretta e furia ed era pronta a legarsi i capelli
nelle solite, tristissime trecce quando notò una foto
stampata e appesa al muro tra i vari appunti per i suoi libri. Si
avvicinò per guardarla meglio: era Touko insieme alla
Nuotatrice Scema (Asahina), la Psicopatica (Enoshima), la Sorella della
Psicopatica (Ikusaba), Ogre (Oogami) e la Futura Meteora (Maizono).
Tutte agghindate a festa, persino Lagna. Che, sorpresa delle sorprese,
aveva lasciato i capelli sciolti.
“Quand’ero
io a suggerirtelo però i bigliettini li strappavi, eh
idiota?” borbottò. Lasciò quindi i
capelli sciolti, esattamente come nella foto, e si fiondò in
corridoio.
Vediamo,
a chi posso chi posso estorcere informazioni?
La
prima opzione era sicuramente Ludenberg, la portinaia della classe (dovrebbe
cambiare titolo, è più brava a farsi i fatti
degli altri che a giocare a poker),
ma non aveva voglia di discutere con una gothic lolita isterica. Magari
avrebbe potuto chiedere a quel cosino adorabile di Naegi, che se solo
fosse stato più alto… eeeeh,
buon per te che non lo sei, Makyutie ridacchiò
tra sé e sé.
“Buongiorno
Syo-san.”
“Buongiorno!”
“Oi,
Syo!”
Mentre
rifletteva salutò un po’ di gente per i corridoi,
compreso un Oowada piuttosto rilassato.
Oh
ecco. Potrei chiedere al Pompadour Semovente! O magari… a
Byakuya-sama!
La
sua eccitazione subì una battuta d’arresto
istantanea, portandola a fermarsi fisicamente nel mezzo del corridoio.
...che
storia è questa?
L’unico
modo che aveva per “comunicare” con Touko, oltre ai
bigliettini, erano le emozioni e le sensazioni che condividevano. E in
quel momento le emozioni della Scrittrice nei confronti
dell’Erede erano tutte negative: odio, rabbia, tristezza,
schifo… poteva nominare un qualunque sentimento negativo e
di sicuro l’avrebbe trovato là in mezzo.
Ma
io e te non eravamo rimaste al fatto che entrambe ci saremmo fatte
volentieri Byakuya-sama? Che lo amiamo perdutamente? Che sarebbe bello
aprirlo in due con le for… ah no, questa era solo mia, scusa.
Aggrottò
la fronte e fece roteare la lingua, riflettendo.
Era
successo qualcosa di grave, parecchio. Mai una volta Touko aveva avuto
dubbi sui suoi sentimenti per quello che era indubbiamente il ragazzo
più bello e stronzo dell’accademia, di conseguenza
gli ultimi avvenimenti dovevano essere stati della portata di una bomba
atomica.
Cosa
hai fatto a Byakuya-sama? Anzi… cosa lui ha fatto a noi?
Girò
sui tacchi e si lanciò all’inseguimento di Oowada.
Doveva
sapere.
“Ehi,
Pompadour Semovente!” si trovò a urlargli contro.
“Uh?”
fece quello, sentendosi chiamare con un nomignolo che non sentiva poi
così spesso, essendo sua esclusiva.
“Syo… che c’è? Fammi
indovinare, hai tirato le forbici come se fossero dei dadi e oggi mi
trovi bello, quindi vuoi intagliarmi la pancia per vedere di che colore
sono fatto dentro”.
“Non
dire cazzate, per piacere. Ti ricordo che davanti a te hai Fujisaki,
Ishimaru… e Yamada. Yamada”. L’ultima
annotazione era volutamente provocatoria, ma tanto bastò a
far gonfiare una vena in testa al Biker.
“Senti
un po’, Stabby McMurder. Sei venuta fuori dal tuo guscio per
prenderti una scarica di pugni?”.
“Avanti
ananas andato a male, non prendertela. Si diceva per scherzare.
Piuttosto, come sai io non sono qui proprio sempre sempre ed
ecco… Lagna mi ha lasciato in eredità dei
sentimenti contrastanti nei confronti del nostro comune Lancillotto.
Volevo chiederti, ecco… mica è successo
qualcosa?”.
Lo
sguardo con gli occhi triplicati di dimensione di Oowada le fecero
intuire che sì, qualcosa era successo. E qualcosa di molto,
molto grosso.
“Ooooooh,
ne hai di novità da sapere cara mia” disse gaio
prendendola per le spalle “Vieni con me, ti offro una birra.
Anche se qualcuno mi ha dimezzato la scorta ieri sera, e non
farò nomi”.
L’improvviso
senso di colpa che pervase il corpo di Genocider le fece capire che era
la sua metà un po’ meno oscura ad essersele
scolate. Trovò equo scusarsi in vece sua.
“Fa
nulla, fa nulla. Tanto ne ho ancora sei casse piene”.
Giunsero
in caffetteria, dopo che la nuova arrivata salutò chi ancora
non era a conoscenza della sua attuale venuta. Si sedettero a un tavolo
isolato e Mondo, stappando l’Asahi con i denti come solo un
vero uomo sa fare, propose un rapido brindisi.
“Per
cosa?” chiese lei, non capendo.
“Per
il funerale di Togami. Finalmente ce lo leveremo dalle palle”.
“Eh?
Perché dovrebbe succedergli qualcosa?”.
“Perché,
quando avrò finito qui, andrai a seminare le sue budella in
giro per tutta la scuola”.
Provvide
a raccontarle di quanto avvenuto la sera prima, con Togami e Nevermind
e Junko.
“CHE
COSA HAI APPENA DETTO?” eruttò la Serial Killer,
alzandosi in piedi e sversando mezza bottiglia per terra
“QUELLO STRONZO HA FATTO COSA?”.
“Quel
che ti ho detto. Dopo che tutta la parte femminile della classe si era
sbattuta come delle maid sottopagate per tirarla a lucido in occasione
del ballo, è andato a fare il cascamorto con la
principessina di ‘stocazzo”.
“QUEL
FIGLIO DELLA MERDA! AH, MA STAVOLTA LO METTO IN PRATICA
L’INCONTRO RAVVICINATO DEL TERZO TIPO FRA LE MIE GENOSCISSORS
E LA SUA TRACHEA!”.
“Accomodati.
Sappi che ti verrà data una medaglia al valore per il grande
servizio che farai all’intera società civile
giapponese”.
“POSSONO
ANCHE IMPICCARMI MA QUEST’ONTA ANDRÀ LAVATA CON IL
SANGUE! E NON SARÀ ROSA!”.
Se
ne andò, lasciando l’intero corpo studentesco
presente attonito di fronte a uno scoppio d’ira del genere.
Bastardobastardobastardobastardobastardobastardobastardobastardobastardo bastardobastardobastardobastardobastardobastardobastardobastardobastardo bastardobastardobastardobastardobastardobastardobastardobastardobastardo bastardobastardobastardobastardobastardobastardobastardobastardobastardo bastardobastardobastardobastardobastardobastardobastardobastardobastardo bastardobastardobastardobastardobastardobastardobastardobastardobastardo bastardobastardo.
*
Kiyotaka
Ishimaru non si considerava una persona particolarmente sfortunata.
Come tutti aveva i suoi alti e bassi, ma in media si manteneva su
livelli normali senza particolari picchi in un senso o
nell’altro.
Quel
giorno dovette ricredersi. E il bello è che non sapeva dire
se in meglio o in peggio.
Perché
quel giorno si ritrovò a fare il turno di pulizia
dell’aula assieme a Mukuro Ikusaba.
I
due, una volta saputo che sarebbe toccato a loro fermarsi alla fine
delle lezioni, si erano scambiati uno sguardo a dir poco perplesso e,
forse si sbagliava ma lui lo credeva in modo abbastanza convinto,
carico di qualcosa di molto poco chiaro.
Timore?
Vergogna? Libido risvegliatasi all’improvviso dopo
diciassette anni di letargo?
Vai
a saperlo.
Stavano
lì a spolverare in silenzio, evitandosi come se
l’altro avesse una malattia terribilmente infettiva. Non
parlavano. Non facevano niente di più di quanto era il loro
compito, cioè tirare a lucido quella stanza.
A
un certo punto l’atmosfera si fece irrespirabile. Era chiaro
che ci fosse un argomento in sospeso fra loro, e fino a quel momento
nessuno dei due aveva avuto il coraggio di portarlo a galla.
Basta
così.
“Ikusaba-san”
disse a bruciapelo, vedendola girarsi nella sua direzione. Naturalmente
il limite del suo essere uomo con i cosiddetti si fermava
lì, pertanto furono parecchi i secondi in cui si limitarono
ad osservarsi come due baccalà congelati e belli che serviti
al bancone del pesce al mercato rionale.
“Ishimaru-kun…
ehm, Ishimaru”.
L’uso
dell’onorifico da parte della Super Soldatessa Mukuro
Ikusaba, flagello di ogni campo di battaglia, fredda come il ghiaccio,
dura come l’acciaio, implacabile come un Predator…
eh insomma, non era cosa da sottovalutare.
E
Ishimaru non la sottovalutò. Lui e il suo diventare viola.
“I-I-I-I-Ikusaba…
Ikusaba-san…”.
“I-I-I-I-Ishimaru…”.
Dai
Kiyotaka, sei un uomo o un caporale? Prenditi le palle in mano e
mostragliele, come direbbe Mondo.
Deglutì,
cercando di combattere la tensione al meglio delle sue forze.
Trovò l’ardire nonostante il fiume di sudore che
lo faceva sembrare uno appena uscito da una sauna, possibilmente
vestito: “Ikusaba-san… io e te dobbiamo
parlare”.
“D-D-D-Dobbiamo
p-p-p-parlare? E d-di cosa?”.
“Di
quello che è… di quello che è successo
ieri sera”.
“M-M-Ma
ieri sera… n-n-non è mica successo
n-nulla…”.
“Non
è vero e lo sappiamo entrambi, o non ci saremmo scambiati
quelle occhiate furtive per tutta la mattinata. È rimasto
ben nascosto sinora, ma ho intenzione di chiarirlo una volta per tutte.
Io… io ieri sera sono stato molto bene con te, mi ha fatto
piacere scambiare quelle due chiacchiere su tua sorella e su tutto il
gran lavoro che fai per impedirle di radere al suolo la scuola. E
poi… quando abbiamo ballato…”.
E
in quel momento Ishimaru lo vide chiaramente: negli occhi di Mukuro
Ikusaba… c’era tenerezza. Sembrava a dir poco
evidente che stava richiamando a sé le sensazioni provate in
quegli istanti, ed erano sensazioni belle. Lo stesso era valso per lui,
aveva trovato davvero piacevoli le loro piroette arruffate di gente
poco pratica del tango.
Il
suo cuore ebbe un sussulto. E giurò che lo stesso fosse
successo a lei.
Abbassarono
entrambi la testa. Due peperoni avrebbero potuto essere invidiosi del
colore della loro pelle.
“E
allora, cosa aspettate a scopare voi due?” risuonò
una voce davvero sgradevole, che ruppe la magia da shojo manga.
Junko
Enoshima li osservava ridendo.
Ishimaru
si sentì morire. E a giudicare dall’espressione di
Ikusaba probabilmente valeva lo stesso per lei. Quest’ultima
sprintò verso la porta e acchiappò la sorella per
la cravatta della divisa: “CHE. COSA. VUOI.”
“In
realtà niente” rise l’altra
“passavo di qui per caso - giuro, Ishimaru-kun, metti via il
bokken! - e vi ho visti lì tutti carini e
impacciati… ho solo pensato di darvi una mano!”
“Ah
beh, che cara a darmi una mano INTERROMPENDO L’UNICO MOMENTO
ROMANTICO CHE HO MAI AVUTO NELLA MIA VITA.”
“Ma
che esagerata che sei!” trillò Junko.
“La tua sorellina cerca di aiutarti e questo è il
ringraziamento? Sei proprio esagerata - Ishimaru-kun, sai dove te lo
metto quel bokken? - hai proprio preso da mamma!”
“Ma
se non sappiamo nemmeno chi è!”
“Se
lo sapessimo sono sicura ti somiglierebbe! E comunque” disse,
acchiappando le mani dei due e intrecciando le dita tra loro
“sappiate che avete la mia benedizione.”
Non
ci voglio credere. Non voglio. Nemmeno Oowada-kun sarebbe arrivato a
tanto!
La
testa di Junko venne salvata dall’ennesimo colpo di bokken
dal provvidenziale aiuto di Kirigiri (senti
Kirigiri-san, anche tu, se evitassi di spuntare dal nulla come un
dannato ninja!).
“Scusate,
mi sono distratta un attimo e mi è sfuggita”
replicò la Detective, acchiappando Junko per il colletto e
trascinandola via.
“Ti
sei distratta per colpa di Naegi, ti ho vista!”
“Un’altra
parola e da Matsuda ci vai da sola.”
“Cattiva!
Cattiva!”
Kirigiri
si scusò ancora e se ne andò, portandosi dietro
una riottosa Junko e lasciando indietro due sconvolti Ishimaru e Mukuro.
Quest’ultima
aveva l’aria di chi stava seriamente accarezzando
l’idea di mollare tutto e tornare nella Brigata Fenrir, dove
nessuno le avrebbe teso agguati di quel genere, quando
incrociò di nuovo lo sguardo del Super Prefetto che la
osservava con un sorrisetto divertito.
“C-cosa
c’è?” balbettò lei.
“Momento
romantico, eh?”
L’espressione
della Soldatessa mutò per un attimo in quella di chi avrebbe
voluto morire lì in quell’istante… per
poi addolcirsi e ricambiare il sorriso.
Ok,
Enoshima. Magari per stavolta la passi liscia. Solo stavolta.
*
“Certo
che sei stata veramente ignobile con quella povera anima di tua
sorella.”
“Eeeeh
come la fate lunga tutti quanti! E poi mi sa che le ho fatto un
favore!”
“Come,
interrompendola nel bel mezzo di quella che sembrava una dichiarazione
a tutti gli effetti?”
“Ma
sì, ho solo velocizzato i tempi! Ad aspettare quei due si
sarebbero detti il primo ‘Scopiamo?’ a
sessant’anni!”
“Magari
volevi dire ‘Ti amo’.”
“Va
beh, sì, è uguale!”
Kyouko
roteò gli occhi: “Ricordami perché ti
sto accompagnando da Matsuda.”
“Perché
non mi va di andarci da sola, e Muku-nee era impegnata a farsi gli
occhi dolci con il nostro Prefetto preferito”
trotterellò Junko accanto a lei, “e poi sei
passata tu per caso, e sembravi non aver niente da
fare…”
“Era
una domanda retorica la mia.”
“Mamma
mia Kirigiri-san, dovresti lasciarti andare di più sai?
Altrimenti come lo accalappi Naegi-kun?”
Si
voltò di scatto verso la Super Modella: “Tu
come…”
La
quale Modella sbuffò: “Oh ti prego, lo sa tutta la
scuola che ti muore dietro! Solo tu non lo sapevi, a quanto
pare.”
Colpita
e affondata pensò,
con una punta di fastidio. Difficile dire se a causarlo fosse la
consapevolezza che tutti tranne lei sapevano dei sentimenti di Makoto o
che Enoshima in un certo senso avesse ragione.
Lasciarmi
andare, eh. L’ultima volta infatti è stata un
successone.
Scacciò
quei pensieri dalla mente, era il momento più sbagliato per
rimuginare su una faccenda tanto delicata. Non quando doveva fare da
babysitter alla più giovane delle Sorelle Disperazione.
“Forse un giorno ne parleremo mentre mi acconci i capelli, ma
quel giorno non è oggi. Prima andiamo da Matsuda e prima te
lo togli di torno.”
“Ma
magari fosse così! Non vuole proprio saperne di
dimenticarmi, che piattola d’uomo. Addirittura chiedermi di
andare a parlargli un’ultima volta… che non
è mai l’ultima” borbottò
Junko, che per fortuna aveva lo span di attenzione di un cagnolino
assonnato e cambiava argomento alla velocità della luce. La
Super Modella stava per aggiungere qualche altra cattiveria gratuita
sul conto del suo ex-ragazzo, quando qualcosa la risvegliò
dal suo torpore: la Detective la vide scattare verso il bar accanto al
dipartimento di neuroscienze e nascondersi dietro uno dei cespugli
decorativi.
“Enoshima,
cosa-”
“Shh!
Guarda!”
Le
fece cenno di nascondersi e con un dito le indicò il tavolo
oltre il cespuglio: seduti lì c’erano Oogami e
Asahina insieme a due membri della 77, che riconobbe come il Super
Coach (Nidai) e la Super Gamer (Nanami).
Fece
giusto in tempo a inginocchiarsi che i quattro ripresero i loro
discorsi.
“Ne
siete proprio sicuri, Nidai-san?”
“Assolutamente,
Oogami-san. Pare che Hinata-san e il resto della nostra classe vogliano
approfittare dell’imminente week-end per usare la piscina di
notte, senza il permesso del preside.”
“Però
a cosa ci serve saperlo?”
“In
pratica a nulla, mia piccola Aoi” rispose la Super Artista
Marziale, “ma possiamo fare in modo che il resto della nostra
classe non venga a saperlo. Se lo scoprissero…”
“...cercherebbero
di vendicarsi di noi. Credo” concluse la Gamer per lei.
“Abbiamo pensato fosse il caso di avvisarvi,
perché i nostri tentativi di dissuasione sono serviti a ben
poco”
“Onestamente
non me la sento di fare promesse, Nanami-san. Nella nostra classe
c’è fin troppa gente che si diletta
nell’arte del farsi i fatti degli altri”
spiegò Oogami, e Kyouko non mancò di notare come
Junko si fosse sentita chiamata in causa, almeno a giudicare dalla sua
espressione. “Tuttavia” riprese Sakura
“farò tutto ciò che è in mio
potere per impedire che questa notizia giunga alle loro
orecchie.”
“Le
tue intenzioni mi bastano e avanzano, Oogami-san”
tuonò Nidai, “e se dovesse succedere qualcosa stai
pur certa che non vi incolperemo di nulla, anzi.”
“Semmai
sarà il segnale definitivo di ritirarci, e che se la vedano
tra loro” aggiunse Nanami. “Forse.”
Detto
questo il gruppo si scambiò altre due parole prima di
alzarsi e andare via, quando Kyouko notò Junko pronta a
corrergli dietro.
“Enoshima!
Che diamine vuoi fare?”
“Come
cosa voglio fare? Non hai sentito Oogami e Asahina fare comunella con
quelli della 77?”
“Ho
sentito sì, ma non mi sembra stiano tramando qualcosa alle
nostre spalle.”
“Ah
no?”
“No,
anzi. Se hai ascoltato attentamente stavano semplicemente scambiandosi
informazioni nella speranza di non farle arrivare a noi. Cosa che
è successa comunque. E in ogni caso questa loro connivenza
con il nemico può tornarci molto, molto utile.”
“E
come?”
“Beh,
visto che abbiamo in mano questa notizia sfruttiamola a nostro
vantaggio.”
Junko
ghignò: “Dirò a Raggio di Sole di
mettersi l’anima in pace perché organizzeremo
l’ennesimo consiglio di guerra in camera sua.”
Kyouko
annuì soddisfatta.
Tutto,
pur di non pensare al suo problema dotato di ahoge. |
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Capitolo 8 *** ...e Byakuya Togami vs the world ***
Hajime
Hinata era annoiato. Anzi no, non era lui ad essere annoiato.
C’erano
certi momenti in cui nella sua testa compariva una sorta di voce
aliena, anche se ormai familiare per il continuo ripresentarsi. Questo
intruso prendeva temporaneamente possesso del suo corpo e lo faceva
comportare in modo molto diverso dal solito.
Materiale
per un team di psichiatri criminali, dite? Nessuno ha intenzione di
contraddirvi. Lo stesso Hinata aveva frequentato parecchi
psicoterapeuti, ma non si era riusciti a cavare un ragno dal buco e la
presunta personalità dissociata/presenza ultraterrena/demone
con le lucette non se n’era mai andato.
In
quel momento, con la mano appoggiata alla scrivania di camera sua,
neanche il pensiero della bravata notturna che era in programma per
quel week-end riusciva a smuoverlo dalla sua sfingica
impassibilità.
Oh
sì, perché Izuru Kamukura (quel
qualunquecosafosse si era pure dato un nome, e diceva di avere
lunghissimi capelli neri fluenti per farsi beffe del taglio corto di
Hajime) aveva una peculiarità molto marcata: si annoiava.
Non faceva altro nella vita.
Quando
emergeva continuava a sbuffare; era impossibile sostenere una
conversazione senza che dopo dieci secondi lui se ne stufasse; guardava
il soffitto trovando quasi più interessante
l’intonaco scrostato che i suoi amici, o chiunque avesse la
sfortuna di essergli attorno in quel momento.
Insomma,
una delizia d’uomo.
Quindi
potete immaginarvi la sua gioia quando quell’orrida cimice di
Nagito Komaeda gli irruppe in stanza, incredibilmente giocondo:
“Hinata-san! Che felicità che provo nel venire a
trovare un compagno di pattume!”.
“...il
cretino ha dimenticato di chiudere a chiave. Strano”
commentò con quello che avrebbe voluto essere sarcasmo.
“Oh.
Non mi dirai che… Kamukura-san! Bentornato! Era un bel
po’ di tempo che non ti facevi vedere! La mia solita
fortuna” disse il nuovo arrivato, avvicinandosi a lui per
cercare di abbracciarlo. Lo sguardo glaciale che ricevette sul grugno
come se fosse un sasso da dieci chili lo fece desistere.
“...che
cosa vuoi, Komaeda? Mi stai già annoiando con la tua sola
presenza”.
“Volevo
solo rendere partecipe Hinata-san del fatto che tutta la classe 77
è d’accordo con l’idea di irrompere
questo week-end in piscina per un bagno fuori programma”.
“...ah”.
Incredibilmente
l’apatia di Izuru riuscì a smorzare il bambinesco
entusiasmo di Komaeda, il quale tentò qualche accenno di
discorso ricevendo solo sguardi di compatimento ed esortazioni ad
andarsene, che la sua disordinata chioma bianca e l’ahoge
storto lo infastidivano a morte.
“Va
bene, va bene. Ho capito. Come al solito non sei dell’umore
adatto. Non c’è problema.
Spero…”.
Ops.
Parola sbagliata.
“Oooooooooooh,
speranza. Speranza. Che bellissima parola. Che sensazione orgasmica. Ti
darebbe fastidio se ti insozzassi il pavimento? Perché credo
di stare per raggiungere il climax” cantilenò il
Maledettamente Fortunato mentre terribili brividi lo attraversavano
come corrente elettrica, costringendolo a rimanere fermo sul posto e a
tenersi le spalle per non cadere a terra.
La
faccia da pazzo psicopatico certificato che aveva in quel momento
avrebbe fatto pisciare addosso anche il più spaventoso degli
oni. Ma non Izuru Kamukura.
“...vai
via. Mi rubi l’ossigeno”.
L’altro
non pareva intenzionato ad eseguire l’ordine, ancora troppo
preso dallo strano modo in cui si sentiva sessualmente attivo. Al che
l’alter ego del padrone di casa non trattenne un rumore di
frustrazione, si alzò dalla sedia e lo spinse fuori con un
paio di calci.
Non
appena chiuse la porta sentì un urlo animalesco che neanche
John Holmes ai tempi d’oro.
“...che
tizio patetico”.
Ehi
bastardo, perché non te ne torni nella fogna da cui sei
uscito e mi lasci il controllo del MIO corpo, grazie tante?
...oh.
Buongiorno, Hinata-san. Ben svegliato.
Vaffanculo.
Sparisci dalla mia testa, intruso.
...buaaah.
L’ometto senza talento frigna, pur sapendo perfettamente di
non avere i mezzi per mettere in pratica le sue minacce. Mi si spezza
il cuore.
Un
errore come te manco ce l’ha il cuore.
I
due presero a farsi la guerra, e per qualche minuto il cervello di
Hajime Hinata divenne un furiosissimo campo di battaglia. Alla fine,
stremato e con la camicia sgualcita, l’avatar di Hinata
riuscì a prendere a calci il suo coinquilino non desiderato.
Ben
ti sta, sacco di merda. E vedi di non tornare.
...sai
che lo farò, invece.
Crepa.
Di
nuovo in possesso di sé, Hajime Hinata ricordò
improvvisamente di cosa era successo da poco con Komaeda. Doveva essere
onesto, non è che quello gli stesse poi così
simpatico (a dire il vero non era simpatico praticamente a nessuno, a
parte Ibuki che avrebbe saputo far amicizia anche con una colonia di
termiti cannibali e Nanami che era troppo innocente per cogliere i suoi
lati più inquietanti)... ma lasciarlo lì a venire
nel corridoio era una punizione eccessiva persino per lui.
Aprì
la porta e lo vide a un paio di metri dalla sua posizione, appoggiato
con la mano sinistra al muro (che
strano, a vederla da qui sembra abbia le unghie finte…
oddio, vedi che è Komaeda, te la senti di escluderlo con
certezza?)
che si trascinava lento verso un punto non ben definito.
Un
secondo. Che cos’era quell’odore rivoltante?
Guardò
la parete e… oh merda merda merda.
La
mano di Komaeda lasciava dietro di sé una scia uniforme.
Bianca.
Glurgh.
Mi viene da vomitare.
Corse
dentro e andò a rimettere il pranzo di Natale del 1999.
*
“Ah,
sono lieta che questa nostra chiacchierata sia stata
fruttuosa.”
“Io
non direi, visto che attualmente hai trovato soluzione solo alla tua
stupida vendetta verso Saionji.”
“Sono
sicura che ci verrà in mente qualcosa anche per questo, non
dubitarne” sorrise Celestia, in quel modo mellifluo che
avrebbe dato i brividi a chiunque. O infastidito a morte, nel caso di
Togami.
Stava
per dirle di andarsene a bisticciare con Saionji quando
sentì squillare il suo cellulare. Bastò
un’occhiata allo schermo per fargli risalire la colazione:
“Oh, fantastico. Enoshima richiede l’ennesimo
consiglio di guerra - in camera mia, ovviamente - perché
dice di avere un’informazione che ci tornerà
utile.”
Celestia
si alzò dalla sedia, e sorrise ancora: “Ottimo. Mi
prendo la briga di avvisare gli altri e accordarci per domani sera.
Prima ho un nano da giardino di cui occuparmi.”
“Hmph,
tanto sarà una perdita di tempo. Anche la soffiata del
banchetto dei dolci doveva essere un’informazione
utilissima.”
“Beh,
visto che io e te non abbiamo cavato un ragno dal buco possiamo
comunque starla a sentire e decidere” rispose lei, aprendo la
porta della biblioteca “e se dovesse trattarsi di una
stupidaggine torneremo ad occuparcene noi. A più
tardi.”
Byakuya
non sprecò fiato a risponderle, troppo impegnato a
rimuginare su quanto successo quella mattina: Touko Fukawa lo aveva,
educatamente e con un notevole giro di parole, mandato a quel paese.
E
senza balbettare!
Ah
già, c’era anche quella fastidiosissima vocina di
cui ignorava la provenienza, ma che cominciava a preoccuparlo sul suo
stato psicologico.
Ma
sì, tanto ormai… Byakuya Togami che muore pazzo,
cosa c’è di più esilarante?
Kami,
Byakuya-chan, sei proprio una regina del melodramma.
...non
usare il -chan con me, sai?
Si
appuntò mentalmente di fare una telefonata ad Aloysius, o
magari al suo terapista di fiducia, perché parlare da soli e
darsi risposte non era esattamente sintomo di una perfetta salute
mentale.
Stava
per tornare in camera sua quando qualcosa gli passò a due
centimetri dalla testa conficcandosi alle sue spalle.
Forbici.
“Hola
testa di cazzo.”
Evviva.
Non solo Hongou si era spazzato via tutta la riserva di Lucky Gastro
dell’accademia, lasciandolo in balia della sua gastrite; non
solo Ludenberg era venuta a smerigliargli i gioielli di famiglia con la
sua cavolo di faida personale con quell’altro scarto di
galera di Saionji; non solo si era da poco scoperto capace di parlare
con se stesso e di rispondersi con un’altra voce.
Ci
voleva pure la serial killer. Che, nonostante le rassicurazioni del
preside Kirigiri, aveva appena cercato di farlo a fette.
Incrociò
le braccia al petto, come faceva ogni volta che voleva farsi vedere
sicuro di sé (e spesso, purtroppo per lui, quella era solo
una scena) prima di rivolgerle la parola: “Genocider. Non mi
eri mancata, manco un po’. A cosa devo il dispiacere della
tua visita? E perché hai cercato di aprirmi un nuovo
condotto di ventilazione direttamente in fronte?”.
Lei
gli si avvicinò sudando lava, perché era
veramente fuori dalla grazia dei kami: “Te lo spiego subito
il perché, mio bellissimo stronzo fatto e finito. Sai che
non ho particolare simpatia per Lagna, la reputo piatta e scialba e se
potessi la estirperei da questo corpo… ma fintanto che siamo
costrette a coabitare abbiamo la sfortuna di condividere sensazioni ed
emozioni, e sentirmi disgustata da te per quel che le hai fatto ieri
sera non è esattamente piacevole”.
La
risata di scherno che gli sfuggì poteva significare la sua
condanna a morte, e al contrario di tutti gli anatemi lanciati contro
la 77 lo si intendeva in senso letterale in quel caso. Ma era stato
più forte di lui, non era riuscito proprio a trattenersi:
“Sul serio? Sei venuta qui e mi hai aggredito rischiando di
decapitarmi… perché ieri sera io ho osato ballare
con Sonia Nevermind?”.
Fece
fatica a crederci, ma la vide diventare ancora più furiosa:
“ALLORA, SACCO DI SPERMA MARCIO. TU NON HAI IL MINIMO DIRITTO
DI SCONVOLGERE FINO A QUESTO PUNTO LA MIA COINQUILINA, SONO STATA
CHIARA? NON TE LO PUOI PROPRIO PERMETTERE, PATETICO ESSERE PIENO DI
BORIA. HAI PISCIATO FUORI DAL VASO E ADESSO LA PAGHI”.
Uno
scintillio e le Genoscissors stavano facendo CLACK CLACK. La proboscide
che Genocider aveva al posto della lingua sembrò quasi
leccarle mentre si muoveva ritmicamente a destra e a sinistra.
Ok,
con lei in quelle condizioni non si poteva proprio ragionare.
L’unica
era darsi alla fuga, sperando che un rutto con un pessimo tempismo non
lo distraesse per troppo.
Il
problema era come superarla, dato che gli sbarrava l’unica
via percorribile.
Gli
si fece sotto a piccoli passi, pareva volersi godere tutto quello che
sarebbe stato l’antipasto. Solo che la sua portata principale
non era d’accordo ad apparire sul menù,
soprattutto considerato il fatto che probabilmente il prezzo sarebbe
stato troppo basso.
Pertanto
Byakuya fece l’unica cosa che gli venne in mente: prese a
correre come un forsennato. Sperava di riuscire in qualche modo a
scansarla.
Non
aveva fatto i conti con l’oste, che si piccò della
poca collaborazione: “Ah, fai il figo e cerchi di andartene?
E meno male che in quanto Togami dovresti essere il più
fulgido esemplare di educazione e bon-ton!”.
Per
corroborare quelle sue stizzite parole gli tirò un fendente
verticale.
Il
ragazzo ebbe fortuna e tutto il danno che ne ricevette si risolse in un
lembo della sua giacca che venne tagliato via.
La
spintonò e riuscì a farsi largo.
Diede
fondo a ogni sua scarsa risorsa atletica cominciando i diecimila metri
piani per i corridoi della Kibougamine, con la pazza dietro di lui che
urlava di stare fermo e farsi aprire come un capretto senza tutto
questo inutile dispendio di energie.
Oh,
ma fattelo dire col cuore: vaffanculo.
“Togami-san,
senti, scusa un sec…” cercò di dire
qualcuno che lui ignorò platealmente, avendo delle
leggerissime priorità diverse in quell’istante.
Probabilmente gli scompigliò anche i capelli.
Che
faccio adesso? Come me la scollo di dosso? Uh, idea.
Tirò
fuori il suo cellulare, un MonoPhone ultimissimo modello (talmente
ultimissimo che doveva ancora essere ufficialmente lanciato sul
mercato, ma in quanto rampollo di una delle famiglie più
influenti del paese non era per lui un problema avere accesso in
anteprima a quelle piccole perle tecnologiche), e con due tocchi del
dito fece partire una chiamata verso l’ufficio del preside,
che per ogni precauzione aveva in autocall.
Era
una trovata un po’ del cavolo, se ne rendeva conto, ma non
gli era venuto in mente niente di meglio.
TUUUUUU…
TUUUUUU… TUUUUUU… TUUUUUU…
E
rispondi, dannazione!
“Salve,
questa è la segreteria telefonica del preside della
Kibougamine Jin Kirigiri. Mi spiace comunicarvi che in questo momento
non sono reperibile, probabilmente perché impegnato in una
partita di golf con Hongou-san. Vi prego di lasciare un messaggio, mi
metterò in contatto con voi non appena mi sarà
possibile”.
Il
mondo lo odiava, ora ne era convinto. Si immaginò anche quel
bastardo di Hongou che gli rideva in faccia dicendogli
“Tranquillo piccolo Togami, mi prenderò cura con
amore del tuo adorato Lucky Gastro. Buon decesso”.
“Al
diavolo *anf* tutti, plebei di *anf* merda!” si
lasciò sfuggire, lanciando il MonoPhone contro il muro.
“TOGAMI,
FERMATI CHE TI DEVO INSEGNARE LE BUONE MANIERE”
ruggì Genocider dietro di lui.
Sembrava
aver ridotto la distanza che li separava.
Poi
il lampo di genio: doveva farla starnutire.
Si
diresse verso la caffetteria, le gambe che gli facevano sempre
più male e il fiato sempre più corto.
Rischiò
quasi di crollare al suolo e per poco un colpo di forbice non gli
staccò l’intero braccio (...abbiate pazienza,
è una storia comica).
Con
non si sa quale forza la spintonò via, riprendendo un
minuscolo vantaggio.
Finalmente,
spompato all’inverosimile, arrivò dove doveva.
Ignorando tutti i presenti prese in mano il primo contenitore di pepe
che vide, si girò e lo fece uscire.
Come
aveva saggiamente previsto lei gli era già addosso e se lo
prese in pieno.
“E-e-e-e-etciùùùùùùùùùùùù”.
Ce
l’ho fatta. Sono vivo.
“Eh
uh ah cosa? Dove sono? Perché… oh, le
Genoscissors” disse Touko, di nuovo in controllo del proprio
corpo.
“Hai
appena *anf* cercato di eviscerarmi *anf*” le fece presente.
“Lei
ha appena c-cercato di eviscerarti. E ha tutta la mia
approvazione” sentenziò gelida, dandogli
immediatamente le spalle e andandosene.
L’unica
cosa che riuscì a fare fu guardare Touko sparire oltre la
porta della caffetteria, con un’espressione sconvolta da
triglia.
L’universo
mi odia. L’universo mi odia e a nessuno frega niente.
Eh,
chiediti perché, Byakuya-chan.
Soffocò
l’ennesimo rutto.
Voglio
morire.
Beh
allora ti bastava lasciar fare Syo senza interromperla.
Altro
rutto.
Odio
l’universo, odio il mondo, odio L’UNIVERSOMONDO.
*
“Ma
dai, s-sei un Corvonero
anche
tu?”
“E
orgoglioso di esserlo.”
L’essersi
svegliata in caffetteria con un paio di Genoscissors in mano e in
procinto di sviscerare Togami aveva messo Touko di cattivo umore,
così aveva deciso di provare a fare due chiacchiere con il
Super Impostore: aveva preso alla lettera la sua proposta di andare a
trovarlo se aveva voglia di sfogarsi, e lui era stato lieto di vederla
(il resto della 77 un po’ meno, ma la Scrittrice era brava ad
ignorare buona parte del mondo, figurarsi gli alunni di quella classe).
Scoprire poi che anche lui aveva letto Harry Potter e si riteneva un
Corvonero come lei… cosa c’era di meglio?
“Peccato
solo che la Rowling non abbia dato più spazio alle altre
case” proseguì lui, sgranocchiando dei Pocky,
“è tutto un Grifondoro, Serpeverde,
Grifondoro… la prossima volta solo due case e via,
grazie!”
“C-concordo!
E non è nemmeno l’unica cosa che ha
tralasciato… le m-morti di Remus, Tonks e Fred appena
accennate in due righe non gliele perdonerò mai!”
annuì lei, che per quanto amasse la serie non mancava mai di
sottolineare certe gravi mancanze da parte della Rowling (o di
qualsivoglia autore stesse parlando). Alle volte più che la
Super Scrittrice si sentiva la Super Beta Reader. O la Super Grammar
Nazi.
Continuarono
a passeggiare per il corridoio, parlando ancora dei loro personaggi
preferiti della serie (Harry per Touko, Luna per
l’Impostore), quando passarono davanti alla sala audiovisivi
e lo sguardo della ragazza finì casualmente
all’interno della stanza: davanti ad uno dei monitor
notò il più triste e sconsolato Makoto Naegi che
avesse mai visto.
N-Naegi-kun
tutto solo e depresso?
Istintivamente
si avvicinò alla porta, seguita da un perplesso Impostore.
In genere non era una che badava ai problemi degli altri, troppo
concentrata sui suoi (e
poi perché dovrei preoccuparmi di gente che per me non ha
mai fatto nulla?),
ma d’altronde il Super Fortunello era uno dei pochi che aveva
sempre cercato di essere amichevole con lei e farla sentire benvoluta
in classe… e dopo i recenti avvenimenti Touko aveva deciso
di provare ad essere un po’ più disponibile,
almeno con chi riteneva meritevole della sua attenzione.
“N-Naegi-kun?”
Il
ragazzo saltò letteralmente sulla sedia, così
immerso nella visione di un film (o
nei suoi pensieri)
da non accorgersi di qualcuno alle sue spalle.
“Fu-Fukawa-san,
mi hai fatto prendere un colpo!”
“S-scusami!
N-non volevo spaventarti, ma ti ho visto mentre p-passavo qui davanti e
s-sembravi così triste…”
Naegi
sorrise: “Sì, in effetti oggi non è
proprio una bella giornata. Sei stata gentile a notarlo…
come mai da queste parti?” provò a cambiare
argomento, quando notò una seconda presenza nella stanza.
“T-tu sei il Super Impostore della 77!” lo
indicò “C-che ci fai qui?”
“N-non
preoccuparti, lui è con me!” si intromise subito
la Scrittrice, peggiorando la situazione: “Ma…
Fukawa-san! So che non vedevi di buon occhio la nostra faida, ma
addirittura schierarti dalla loro parte?”
“N-non
mi sono schierata con nessuno! T-ti prego, lasciami spiegare”
balbettò, lanciando un’occhiata di scuse
all’Impostore, che da parte sua non fece una piega,
limitandosi a inarcare un sopracciglio e mangiucchiare un altro Pocky.
“V-vedi…
quando l’altra sera sono andata via dalla festa, lui mi ha
trovata in caffetteria” disse Touko, cercando di riassumere.
“Ero triste e ubriaca, e lui… lui mi ha ascoltata.
Tutto qua. E poi non gli interessa nulla della faida”
aggiunse, e l’altro ragazzo annuì:
“Confermo. Ho partecipato solo perché Hinata
è mio amico… e mi ha pagato. E poi mi diverte
infastidire Togami” sorrise.
L’espressione
di Naegi sembrò rilassarsi: “Sì beh,
infastidirlo è un po’ lo sport ufficiale della
nostra classe” ammise. “Scusa se ti ho
aggredito.”
L’impostore
si limitò a sciacquar via la questione facendo spallucce,
cosa che tranquillizzò Touko. Non aveva intenzione di
trovarsi in mezzo ad altri litigi, non tra due persone che a modo loro
e in tempi diversi avevano cercato di esserle amiche, quantomeno. Stava
per dire qualcosa, ma il Super Fortunello la precedette:
“Sembra che la festa abbia fatto parecchi danni a livello
sentimentale, eh? Tu e Togami, io e Kirigiri” disse,
sospirando, e la Scrittrice si preoccupò:
“È s-successo qualcosa tra voi due?”
“Diciamo
che… ho raccolto tutto il coraggio che avevo e le ho chiesto
di diventare la mia ragazza.”
Touko
sgranò gli occhi, immaginando scenari degni dei suoi
romanzi: “E lei?”
“...è
scappata a gambe levate.”
“Oh”
rispose, mentre i suoi scenari da sogno si sgretolavano.
Naegi
fece spallucce nella speranza di sembrare disinteressato, ovviamente
fallendo.
Rimasero
qualche minuto in silenzio, con lui che cercava di non incrociare lo
sguardo della Scrittrice o dell’Impostore, e questi ultimi
due che si lanciavano occhiate perplesse. Dopo averci riflettuto, Touko
decise che non aveva cuore di lasciarlo lì a piangersi
addosso.
“S-senti
Naegi-kun… che ne dici di venire a fare due passi con
noi?”
“Uh?”
“M-ma
sì, sempre meglio che stare chiuso qui da solo a
guardare… uh” sbirciò il monitor alle
spalle del Fortunello “Sweet
November?
Davvero?”
“M-mi
piace Charlize Theron, ok?” balbettò lui, ma lei
continuò a sorridere e lo acchiappò per un
braccio: “Su, l-lascia che provi a tirarti su. E poi Togami
sa dare ottimi consigli.”
“Eh?!”
“No,
n-non il nostro Togami” chiarì lei, indicando
l’Impostore “Togami lui.”
“Oooh”
annuì Naegi, “scusa, tende a confondermi questa
cosa.”
“Normale
amministrazione” chiosò l’Impostore,
offrendogli un Pocky. “Vieni, mi sa che abbiamo parecchio di
cui parlare…”
*
“Come
diamine ci sono finita qui…”
“Perché
hai detto che volevi ti acconciassi i capelli e parlare di
Naegi-kun!”
“Era
una domanda retorica anche questa.”
“Oh
beh, ormai ci sei!”
Kyouko
sospirò.
Non
era del tutto certa di come Enoshima fosse riuscita di nuovo a
fregarla, fatto sta che si trovava davvero in camera sua a farle da
Barbie personale e parlare (controvoglia) dei suoi problemi
sentimentali. Non le era chiaro nemmeno come avesse fatto a chiamare a
rapporto anche Maizono, Asahina e Oogami (alle quali non dissero nulla
sull’averle origliate), trasformando un momento per lei
imbarazzante in qualcosa di possibilmente più surreale.
Erano
belli i tempi in cui mi consideravo solo una detective, senza
distinzioni di sesso, età e orientamento sessuale.
“Ma
davvero sei scappata senza rispondere al povero Naegi-kun?”
chiese Asahina, perché ovviamente l’improvvisato
pubblico aveva preteso spiegazioni e lei era inchiodata ad una sedia, e
i suoi capelli in mano ad Enoshima. E non aveva voglia di ritrovarsi
calva.
“Non
sapevo cos’altro fare” ammise, distogliendo lo
sguardo. Sayaka scosse la testa: “Avresti dovuto rispondere
subito invece. O almeno chiedergli del tempo per pensare…
così crederà che non lo ritenevi nemmeno degno di
un rifiuto!” la rimproverò, e Kyouko non
poté fare a meno di sbuffare. Maizono,
non dovresti parlare, gli correvi dietro anche tu prima che ti venisse
la mania del baseball
borbottò tra sé e sé, evitando di
darle una risposta.
Per
sua fortuna Oogami le venne in soccorso: “Non siate
così dure, suvvia. Naegi l’ha colta alla
sprovvista ed è andata nel panico. È stata una
reazione umana.”
Si
risentì un po’ per quel rimarco
sull’essere stata colta di sorpresa, cosa che mai le era
capitata in anni di lavoro come detective, ma incassò il
colpo: come adolescente alla prima cotta era un fallimento su tutta la
linea.
“Io
continuo a dire che lasciarsi andare sarebbe la cosa
migliore” sentenziò Junko, impegnata a
impiastricciarle i capelli con una qualche crema di cui aveva
dimenticato i portentosi benefici, “deve cogliere la palla al
balzo prima che Naegi-kun decida di cambiare bersaglio!”
...ok,
ora hai la mia attenzione, Enoshima.
“Cosa
intendi, esattamente?” chiese con finta noncuranza. La Super
Modella sghignazzò: “Semplice: Maizono qui aveva
una cotta per lui, e anche mia sorella prima che scoprisse
l’esistenza di Ishimaru. Nonostante le apparenze da cucciolo
indifeso il nostro Super Fortunello riscuote successo tra le ragazze!
Anzi, forse è proprio quell’aria innocente a fare
colpo” rifletté ad alta voce, e Kyouko si
irrigidì appena.
E
se avesse ragione? Insomma, io sto qui a farmi pettinare come una
bambola mentre lui potrebbe aver già trovato
un’altra?
Senza
rendersene conto si stava di nuovo lasciando andare ai pensieri
catastrofici, e nemmeno provava a frenarsi o guardare il problema da un
altro punto di vista, come avrebbe fatto per un caso da risolvere.
“Suvvia
Enoshima, Naegi ti sembra il tipo che cambia una ragazza al
giorno?”
Per
sua fortuna la provvidenza l’aveva in simpatia, e aveva di
nuovo le rassicuranti fattezze di Sakura Oogami. “La sua
infatuazione per Kirigiri-san è storica, e di certo non gli
passerà da un giorno all’altro.”
Sì,
ma magari la smettiamo di sottolineare il fatto che sono
l’unica pigna che non se ne era accorta?
“Hm
sì, anche questo è vero”
commentò la sua improvvisata parrucchiera,
“Naegi-kun è troppo candido. Donnina fortunata che
sei, Kirigiri!” chiosò, mentre le appuntava i
capelli con pinze e pinzette. “Comunque davvero, la cosa
migliore che puoi fare è affrontarlo. Insomma, alla festa
non ti sarai mica tirata a lucido solo perché ti
andava…”
“Perché
per Fukawa valeva e per me no?”
“Perché
tu non sei lei, e la nostra povera Scrittrice necessitava di una
pompata all’autostima. Tu invece sei partita alla carica con
l’intento di stendere quel poveretto, e ci sei pure riuscita.
E poi, ottenuto l’effetto desiderato sei scappata con la coda
tra le gambe!”
Si
lasciò sfuggire un grugnito che scatenò
l’ilarità di tutte… ma, doveva
ammetterlo, Junko non aveva torto: l’idea che che
l’aveva mossa prima e durante la festa era stata proprio
quella di far colpo su Naegi e scatenare in lui una qualche reazione,
riuscendo nel suo intento. E poi se l’era fatta sfuggire di
mano perché non aveva la minima idea di cosa farci e come
comportarsi.
Sfotto
tanto Togami, ma io non sono poi meglio quando si tratta di
socializzare col prossimo. Almeno non sono stronza e fiera di esserlo,
ecco.
“Mi
rode un po’ ammetterlo, Enoshima, ma hai ragione”
sorrise. La Super Modella si limitò a ridacchiare:
“Oh, lo so che ho ragione, mia cara. Sembro scema, ma non la
sono. Non troppo, almeno.”
“Quindi
qual è la prossima mossa?” intervenne di nuovo
Sayaka. “Andrai a parlare con lui?”
“Lo
sbatterai sul letto e gli salterai addosso?” sorrise Aoi,
attirandosi quattro paia d’occhi sconvolti. “Che
c’è, sono una donna anche io!”
“Magari
mi limiterò a parlare con lui” rispose Kyouko.
“Per
ora” aggiunse Junko. “Per ora.”
Le
guance arrossate della Detective non sfuggirono a nessuno, e stavolta
purtroppo ne era cosciente.
*
“E
quindi hai lanciato il cellulare contro il muro.”
“Sì…”
“Sei
veramente un cretino.”
Byakuya
si sforzò di non lanciare via anche il telefono della sua
camera. Aveva chiamato casa per parlare con Aloysius, il suo fidato
maggiordomo personale, ma il karma aveva deciso che a rispondere
dovesse essere Shinobu, sua sorella maggiore.
“È
stato un incidente” cercò di giustificarsi, ma lei
mantenne la sua posizione: “L’unico
incidente è quello che ti ha reso così idiota.
Probabilmente spingerti giù dal seggiolone a tre anni ha
lasciato strascichi…”
“Ti
prego, ricordami perché ti rivolgo ancora la
parola.”
“Perché
sono la tua sorellona adorata, Byakky.”
“Chiamami
ancora Byakky e giuro che-”
“Ops,
devo andare. Papà chiama. Ciao!”
“NO
NO ASPETTA, PASSAMI ALOYSIUS! DEVE MANDARMI I-”
TU
TU TU TU.
“...i
Lucky Gastro” piagnucolò, osservando la cornetta
impotente.
Non
so se l’ho detto, ma la mia vita fa schifo.
Sei
così emo, Byakuya-chan. Non l’avrei mai detto da
quel tuo look elegante, magari stai sbocciando tardi…
Vaffanculo,
anche.
Mamma
mia che permaloso. Dovremo lavorare parecchio sul tuo carattere
così aperto e solare.
Si
obbligò ad ignorarlo, mentre navigava su Darazon.jp e
inseriva nel carrello due nuovi MonoPhone. E centoottanta scatole di
Ultimate Lucky Gastro.
La
mia vita fa schifo, vi odio tutti. |
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Capitolo 9 *** ...e l'omino del cervello ***
Hiyoko
Saionji entrò in classe, sebbene non ne avesse nessuna
voglia. Come sempre d’altronde.
Ma
era il supplizio giornaliero che le toccava per il fatto di essere
ancora imprigionata in quella gabbia di dolore volgarmente denominata scuola.
Sarebbe stato bellissimo se la Kibougamine avesse concesso ai suoi
studenti più prestigiosi la facoltà di disertare
secondo le loro preferenze, ma purtroppo per lei non funzionava in quel
modo.
Pertanto,
pur depressa dal tedio più oscuro, si avviò
verso… ohibò.
Perché
tutti la stavano guardando in quel modo?
Tutti,
e intendo proprio tutti tranne la sua sorellona Koizumi, la osservavano
con uno sguardo… disgustato.
E
soprattutto Hanamura aveva una faccia da porco. Cioè, era
Hanamura e aveva sempre la faccia da porco… ma in quel
momento era più porco del solito, e la cosa peggiore
è che stava guardando proprio lei con quella faccia. Il che
le fece passare un brivido freddissimo lungo la schiena.
“Che…
che cavolo succede?” si ritrovò a mormorare
all’aria.
“Oh
Hiyoko-chan, ben arrivata!” la salutò allegra
Koizumi mentre le andava incontro, evidentemente all’oscuro
della situazione surreale appena creatasi.
“Buongiorno,
Mahiru-chan. Senti, si può sapere cosa sta succedendo
qui?”.
“Eh?
Cosa dici? Non credo di seguirti…”.
“Guarda”.
E indicò il resto della classe.
Quando
la Fotografa vide a cosa si riferiva sgranò gli occhi, a dir
poco perplessa: “Hiyoko-chan… non ho idea del
perché tutti ti fissino in questo modo
strano…”.
“Ce
l’avessi io”.
“Saionji!”
tuonò imperiosa la voce di Gundam, il quale si era alzato in
piedi e le stava puntando un dito contro “Quale stregoneria
si è impossessata del tuo esile corpo? Per quale arcano,
inenarrabile motivo ti sei prestata ai malefici piani del Re
dell’Altromondo, il Distruttore degli Universi?”.
Tanaka,
sei sempre stato un coglione ma questo va oltre persino per te.
“Insomma,
che sta succedendo qui? E tu piantala di spogliarmi con gli occhi,
cuoco pervertito!”.
“Ma
Saionji-san! Saresti uno spettacolo bellissimo come natura ti ha
fatta!”.
“...vaffanculo”.
Ci
furono alcuni istanti in cui non successe nulla e le posizioni dei
personaggi si cristallizzarono: una Hiyoko furiosa con Hanamura che non
pareva voler scostare lo sguardo, un Tanaka perso nei suoi deliri da
chuunibyou sclerotico, il resto della 77 che guardava la Ballerina
Tradizionale come se fosse appena uscita da un’astronave.
Poi
Sonia Nevermind ruppe l’impasse. Si alzò,
avvicinandosi a Saionji e Koizumi, e disse: “Saionji-san, non
hai ricevuto le news sul circuito interno della scuola?”.
“No.
Cosa dovrei aver ricevuto?”.
“Se
volessi seguirmi te lo posso mostrare sul mio terminale”.
“Volentieri”
chiuse lei, determinata a capire.
Nel
frattempo Teruteru tentò di mettere in pratica le minacce di
cose indicibili che aveva borbottato per tutto il tempo, salvo venire
placcato da Peko che a quanto pareva non ci teneva poi troppo ad
assistere a uno stupro in diretta: “Maledizione, certo che
per essere un nanetto ne hai di energia…”.
“È
tutto ardore sessuale sanissimo, Pekoyama-san! Non
c’è nulla di cui preoccuparsi! Anzi, se volessi
essere gentile e prestarti al posto di
Saionji-san…”.
“Toccala
anche solo con un pelo e ti disatomizzo, vibratore umano”
sentenziò gelido Kuzuryuu. Si attirò fischi di
approvazione da un po’ tutti, che stranamente
riuscì a ignorare con grande stoicismo.
Peccato.
Vedere l’hobbit arrossire mi avrebbe dato una piccola gioia
in questa giornata partita malissimo.
Quando
finalmente giunse al banco di Sonia il mondo le crollò
addosso.
A
tutto schermo c’era quello che appariva come il layout di una
doujinshi, con il titolo scritto grossolanamente: “Alla
Ballerina Piace tanto Danzare col Cuoco”.
I
contenuti ve li risparmiamo, ma potete facilmente immaginarveli. Per
fortuna c’era una misericordiosa strisciolina nera, davvero
minuscola, a coprire gli occhi dei due protagonisti e quindi
l’umiliazione non era proprio totale totale. Ovviamente, per
compensare, le suddette striscioline coprivano appunto solo gli occhi e
non altre… parti del corpo.
Per
un minuto buono perse completamente l’uso della parola,
quindi toccò a Koizumi esprimersi in sua vece:
“Nevermind-san, quanto ci stai
mostrando…”.
“È
giunto a tutti noi, sì. Tranne che a te e alla diretta
interessata, parrebbe”.
“Ma
chi può…”.
“Non
lo so, il mittente è anonimo. Ma ho un forte sospetto
sull’autore materiale di questa opera”,
calcando particolarmente sull’ultima parola per far intendere
che non la credeva degna di quel nome.
…
…
…
…
…
…
…
Per
un nome? Mi hai sputtanata a vita… per un nome?
Ti
faccio mangiare i tuoi cazzo di codini.
E
lo faccio adesso.
Nessuno
poté fermarla mentre schizzava come un missile
intercontinentale fuori dall’aula e si dirigeva verso la 78,
lasciandosi dietro la scia di fiamme.
SBRAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAM.
Sperò
che prima di lei fosse entrata la vampata di calore sprigionata dalla
sua aura furiosa.
“LUDENBERG”.
Quando
mise a fuoco la vide sorridere, quel sorriso da mantide religiosa che a
lei era sempre mancato: “Oh, ma che fantastica sorpresa
Saionji-san. Deduco che il mio regalo sia arrivato a
destinazione”.
“Oddio,
è lei!”.
“Eccola,
la baldracca mignon!”.
“Che
situazione degenerata”.
Eh?
“Se
ti stai chiedendo come ho potuto mettere in atto questa cosa, ti
farà piacere sapere che mi sono avvalsa della preziosa
collaborazione di Yamada e delle sue indubbie doti
artistiche” proseguì nella spiegazione la Super
Gambler, alzandosi e andando a porsi accanto al fuoco artificiale col
kimono.
Ebbe
una voglia matta di metterle le mani al collo. E quasi lo fece.
Si
bloccò solo quando l’altra aprì di
nuovo la bocca: “Prima di strangolarmi
c’è un’altra cosa che devi
sapere”.
“E
cosa?” riuscì a bofonchiare, non sapendo bene come
aveva raccattato sufficiente materia grigia per comporre una seppur
breve frase di senso compiuto.
“Che
non mi è sembrato giusto donare quel piccolo tesoro alla
sola classe 77”.
…
“Il
pulsante di invio è stato premuto per l’intera
scuola. Compresi il preside Kirigiri e il suo fidato vice Hongou,
l’intero corpo insegnanti e chiunque abbia accesso al nostro
network”.
La
pentola a pressione che da qualche minuto aveva preso il posto di
Hiyoko Saionji cominciò a fischiare, ormai prossima al punto
di ebollizione.
“E
adesso, se volessi scusarci, noi avremmo una lezione da
seguire” disse serafica spingendola fuori. Nonostante tutta
la sua rabbia non seppe opporsi, il suo cervello stava cominciando a
registrare le conseguenze di questo bassissimo tiro mancino.
L’intera
Kibougamine… ha visto quella roba…
tutti… anche i bidelli… anche i muri dei
cessi… anche i cessi stessi…
La
sua carica combattiva si squagliò come neve al sole,
abbandonandola in fretta e furia e lasciandola lì impalata
in mezzo al corridoio di fronte alla porta sfondata della 78.
“Oh,
prima che me ne dimentichi” aggiunse ancora Celes
avvicinandosi al suo orecchio “Questo è
ciò che succede a chi mi chiama col mio vero nome.
Segnatelo, così magari nella tua prossima vita sarai un
po’ più accorta e non verrai a pestarmi i piedi
gratuitamente”. Poi rientrò nell’aula,
non prima di averle ricordato che uno fra Togami ed Enoshima sarebbe
venuto a presentarle il conto del danno che aveva procurato.
Hiyoko
Saionji non trovò niente di meglio che correre in camera
sua, buttarsi sul letto e piangere.
*
“Enoshima,
per l’ultima volta: tu sei sicura
di
quest’informazione?”
“Certo
che ne sono sicura, Kuwata-kun!”
“Peccato
che l’hai detto anche del banchetto dei dolci!”
“Ancora
con questa storia?!”
“Per
favore, diamoci tutti una calmata. Ero presente, e confermo quanto
è stato detto: la classe 77 progetta di usare la piscina
questo week-end.”
Per
una volta nella vita Togami ringraziò la capacità
di Kirigiri di stemperare gli animi con una sola frase (cosa che a lui,
chissà come mai, non riusciva per niente). Neanche a dirlo,
Ludenberg si era presa la briga non solo di avvisare tutti che Enoshima
aveva notizie importanti, ma anche di eseguire l’ordine della
Super Modella e organizzare l’ennesima riunione in camera del
Super Erede.
Ovviamente.
Si
massaggiò una tempia, osservando per l’ennesima
volta buona parte della classe 78 stipata nella sua stanza, in pigiama.
Ormai conosceva così bene il loro abbigliamento da notte da
sentirsi in dovere di regalare a ognuno di loro qualcosa di vagamente
decente.
“E
con Oogami e Asahina che facciamo?” chiese Mukuro, ma la
Detective rispose semplicemente di tenerle fuori da questa storia.
D’altronde non le erano sembrate intenzionate a intralciarli,
le avrebbero affrontate solo se fosse stato necessario. Togami si
trovò a sperare incoscientemente che si presentasse tale
occasione.
“Quindi
qual è il piano?” ghignò Oowada,
facendo scrocchiare le nocche. “Irrompiamo e li affoghiamo
tutti?”
“Certo,
così ci facciamo espellere per tentato omicidio”
sbottò Togami, stufo di tante chiacchiere inutili.
“Se vogliamo sfruttare al massimo questa situazione dobbiamo
essere cauti, agire come ninja. Non ci ricapiterà mai
più un’occasione del genere.”
Kyouko
annuì: “Sono d’accordo. Agire
d’impulso, come qualcuno ha suggerito” la vide
lanciare un’occhiata eloquente ad Oowada “potrebbe
essere controproducente, oltre che farci rischiare una sospensione o
peggio. Bisogna escogitare qualcosa che ci permetta di muoverci
indisturbati e senza farci scoprire.”
“E
se andassimo a rubargli i vestiti mentre sguazzano in
piscina?”
L’idea
era chiaramente del Biker, e Togami roteò gli occhi,
scocciato. Stava per ricordargli quanto fosse microcefalo, ma venne
zittito da Kirigiri: “Sai che non è una brutta
idea?”
L’Erede
inarcò un sopracciglio: “Sei seria?”
“Serissima.
Abbiamo appena detto di volerli mettere in ridicolo senza rischiare
l’espulsione, no?” rispose lei, pacata, e in
effetti non poteva ribattere. Continuava a trovarla un’idea
infantile e stupida ma…
Questa
faida È infantile e stupida, Byakuya-chan.
Taci,
nessuno ti ha interpellato.
Anche
io sono contento di sentirti, Byakuya-chan.
Soppresse
un insulto e un rutto all’unisono, continuando a maledire
Hongou per aver finito tutte le scorte di Lucky Gastro
dell’infermeria. Per fortuna il suo ordine da Darazon.jp era
una consegna speciale in 24 ore, doveva resistere solo fino al giorno
dopo. Poteva farcela.
Forse.
“Fantastico,
ma come vogliamo muoverci?” chiese, silenziando
l’ennesimo rutto (che comunque non passò
inosservato). “Abbiamo idea di come entreranno in
piscina?”
“Hanno
Souda e Kuzuryuu in classe, tra il Super Meccanico e lo Yakuza Chibi il
modo di aprire la porta lo troveranno” commentò
Oowada, “semmai dobbiamo riuscire a nasconderci nei pressi
della piscina per essere sicuri di vederli arrivare.”
“Per
quello non c’è problema” lo
tranquillizzò Kyouko, “possiamo sfruttare la
biblioteca, o la classe 2-A che è esattamente di fronte
l’entrata della piscina.”
“Suggerirei
anche di muoverci in pochi” aggiunse Togami, “se
andassimo tutti e dodici il rischio di farci scoprire sarebbe troppo
alto.”
“Undici.”
“Eh?”
“Siamo
undici, non dodici” lo corresse Kuwata, “Hagakure
ha deciso di tirarsene fuori.”
Questa
poi!
“E
perché, di grazia?” ringhiò, sentendo
il suo stomaco ribollire quasi letteralmente. Il Super Giocatore di
Baseball fece spallucce: “Dice che è
già sul filo del rasoio con gli insegnanti a causa dei suoi
voti, farsi coinvolgere dalla faida sarebbe troppo persino per
lui…”
Byakuya
inspirò, obbligandosi a non urlare.
Una
decisione da adulto che prende in vent’anni di esistenza ed
è quella sbagliata, imbecille che non è altro!
In
realtà è stata una scelta saggia, la sua. Non si
può dire lo stesso del tuo comportamento degli ultimi giorni.
Tappati
la bocca che non hai.
Ignorò
altre lamentele da parte del suo omino del cervello e si rivolse di
nuovo ai compagni: “Si fotta Hagakure, bastiamo
noi” annunciò, attirandosi parecchie occhiate
divertite a causa del suo turpiloquio. “Come ho
già detto meno siamo meglio è. Io questa volta
voglio scendere in campo, chi è disposto a
seguirmi?” chiese.
Come
prevedibile Oowada si offrì volontario, seguito da Kirigiri.
A Junko venne letteralmente impedito di alzare la mano con la scusa
dell’essere “troppo chiassosa per
un’operazione stealth”, lasciando invece che Mukuro
si facesse avanti. Le intenzioni di Kuwata vennero invece bocciate sul
nascere da Sayaka.
Ma
guardalo come si lascia tenere al guinzaglio… uomo senza
spina dorsale.
L’ultimo
a proporsi fu Naegi.
“Ne
sei sicuro?” chiese Byakuya, e il Super Fortunello
annuì: “Se non posso avere la testa di Hinata
avrò le sue mutande. Per nascondergliele e fare in modo che
venga trovato dai professori con le braghe calate, letteralmente”
si affrettò ad aggiungere, rendendosi conto che
quell’uscita risultava piuttosto equivoca.
Togami
ghignò. Finalmente
un po’ di spirito combattivo,
pensò. Per un attimo si sentì persino fiero dei
suoi compagni di classe, ma non lo avrebbe ammesso nemmeno se da quello
fosse dipesa l’esistenza stessa del suo fondo fiduciario.
Finirono
di accordarsi sugli ultimi dettagli, dopodiché li
invitò a lasciare la sua stanza perché aveva cose
ancora più importanti di cui occuparsi.
Tipo
parlare con me.
Ma
neanche per idea.
Intanto
mi hai appena risposto.
Ennesimo
rutto, che non si preoccupò di trattenere. Le mura
insonorizzate della sua stanza lo fecero per lui. Accarezzò
brevemente l’idea di buttarsi a letto e dormire fino
all’indomani, quando avrebbe aperto la porta solo al corriere
di Darazon.jp con i suoi due MonoPhone nuovi e il Lucky Gastro. Ma Byakuya
Togami non era tipo da vegetare in attesa di qualcosa, piuttosto che
stare con le mani in mano si sarebbe inventato qualcosa da fare. Si
disse che poteva tornare in biblioteca e finire quel libro di
Dostoevskij…
Quale,
L’Idiota?
La
voglia che aveva di pestare a sangue quella voce maledetta, se non si
fosse trattato appunto di una voce senza un corpo fisico. A parte il
suo, e non ci teneva proprio a rovinarlo. Cercò ancora di
ignorarla, invano.
Non
puoi sfuggirmi per sempre, Byakuya-chan. Anzi, non puoi sfuggirmi e
basta.
Guardami
mentre ti ignoro, ti sfido.
Quindi
hai già perso in partenza.
Leggere
mentre quella maledetta voce continuava a infastidirlo era
letteralmente impossibile, decise quindi di andare in caffetteria per
uno spuntino serale.
Un
earl grey è la panacea a tutti mali, se lo dice Aloysius ci
credo.
Ah,
quel sant’uomo di Pennyworth. Mi chiedo se passi le sue notti
sveglio a fissare il soffitto, chiedendosi dove ha sbagliato con il
signorino Byakuya…
Non
nominare Aloysius invano, sai?
Infatti
l’hai nominato tu, io ti ho solo seguito a ruota!
Aprì
di scatto la porta della sua stanza e se la chiuse con violenza alle
spalle. Magari poteva fare un salto anche in infermeria e cercare un
sonnifero, per zittire quella voce dannata.
Se
speri che basti quello a farmi tacere sei proprio fuori strada, Byakky.
Posso continuare a chiacchierare anche mentre dormi, anzi in sogno mi
riesce meglio.
Quanto
è vero che il mio cognome è Togami, piantala.
Scherzi?
Non ho nemmeno cominciato! Sai cosa? Visto che non vuoi ascoltare le
cose importanti che ho da dirti ti canterò qualcosa, magari
cambi idea.
Non
ti azzardare!
Sono
Enrico VIII il re Enrico VIII chi più re di me! Voglio
impalmar una vedova sconsolata che sette volte s'è
già sposata! Ogni marito è Enrico Enrico! Non
vuole William o Sam per Signor! Son il suo ottavo Enrico! Enrico VIII
chi più re di me, Enrico VIII il re dei re!
Voglio
morire…
Seconda
strofa tale e quale alla prima! Sono Enrico VIII il re Enrico VIII chi
più re di me! Voglio impalmar una vedova sconsolata che
sette volte s'è già sposata! Ogni marito
è Enrico Enrico! Non vuole William o Sam per Signor! Son il
suo ottavo Enrico! Enrico VIII chi più re di me, Enrico VIII
il re dei re!
Gli
ci volle tutta la sua forza di volontà per non mettersi a
urlare in corridoio.
Terza
strofa tale e quale alla seconda! Sono Enrico VIII il re…
“PIANTALA!”
La
sua flemma crollò pochi secondi dopo, vittima del fastidio
provocato da quell’orribile filastrocca cantata in maniera
altrettanto orribile da quell’ancor più orribile
voce. Un paio di studenti che si erano attardati fuori dalle proprie
stanze lo guardarono preoccupati, ma non si azzardarono a fare domande.
Lui era pur sempre Byakuya Togami, e loro evidentemente ci tenevano a
vivere.
Sai,
se solo accettassi di ascoltarmi e la smettessi di dare spettacolo ora
mezza scuola non ti crederebbe uno squilibrato.
Io
non ho assolutamente NIENTE di cui discutere con te.
Ne
sei proprio convinto?
Certo
che sì annuì
mentalmente, ormai di fronte alla caffetteria. Stava per aprire la
porta quando oltre le porte a vetri scorse qualcosa che lo
lasciò di sasso.
Se
solo mi avessi dato retta...
Seduta
ad uno dei tavoli c’era Touko, in compagnia del Super
Impostore.
Non
voglio crederci.
I
due non sembravano essersi accorti di lui, presi com’erano
dai loro discorsi: l’Impostore era avvolto in una vestaglia
di raso simile alla sua (la sua defunta
vestaglia di raso), solo due volte più grande; Touko
indossava un buffo pigiama rosa e una vestaglia lilla ricamata, i
capelli legati in un’unica treccia, e stranamente non aveva
gli occhiali.
Ma
soprattutto rideva.
Non
aveva idea di cosa si stessero dicendo lei e quell’altro
soggetto, ma Byakuya era più che sicuro di non aver mai
visto Touko Fukawa ridere così, non in sua presenza almeno.
Non era uno di quei sorrisetti sbilenchi e imbarazzati che gli
rivolgeva di solito: era una risata genuina, di cuore. Una risata
sincera che illuminava quel viso di solito cupo e triste.
Per
essere uno che dice di non avere alcun interesse nella Super Scrittrice
hai notato parecchi dettagli su di lei...
Non
si premurò di rispondere alla provocazione e fece
dietrofront verso il dormitorio, per evitare di venire scoperto. Non
che me ne importi niente, si
disse.
Ovviamente.
Ma
una domanda continuava a torturarlo: perché Touko era
insieme all’Impostore? Che tipo di rapporto poteva avere lei
con un tipo del genere?
Non
avevi detto che non t’importava?
Sentì
lo stomaco andare a fuoco.
E
niente Lucky Gastro fino a domani.
Mentre
il suo povero esofago bruciava come le fiamme dell’inferno,
Togami tornò mestamente in camera e si sedette davanti al
computer, alla ricerca di alternative naturali per calmare il bruciore
di stomaco. Pure una qualche stupida tecnica di rilassamento sarebbe
andata bene.
Ormai
ho toccato il fondo, tanto vale continuare a scavare.
Sei
proprio una regina del melodramma. Comunque, se ci tieni, ci sono
tecniche di rilassamento yoga o giù di lì che
possono fare al caso tuo.
Perché
ricordi le informazioni inutili che Shinobu tirava fuori da Erede 2000?
Perché
sono la parte migliore di te, Raggio di Sole.
...pure
il soprannome di Enoshima. Senti, c’è mica un modo
per separarti dal mio cervelletto e prenderti a calci in faccia?
Lol
nope. Mi dovrai sopportare per tuuuuuuuuuuuuuutto il tempo che mi
andrà.
“Lucky
Gastro, vieni a me!” urlò disperato, neanche
rendendosi conto di aver appena involontariamente imitato una famosa
maghetta dei manga.
*
Mancava
poco all’orario notturno. Di solito Makoto Naegi se ne
sarebbe stato in camera sua, più che altro per evitarsi
ramanzine assortite da un Ishimaru in assetto da battaglia che passa
per i corridoi col bokken in mano e la voglia di punire i trasgressori.
Ma
non quella sera.
Quella
sera Naegi aveva una missione.
Oh
sì, al diavolo i dubbi esistenziali. Al diavolo la gente
balbettante. Al diavolo i patemi d’animo.
Al
diavolo.
Non
lo avrebbe mai detto prima, ma doveva ringraziare Togami…
no, non il loro Togami ma quello della 77. Al fortuito incontro con lui
e Fukawa-san era seguita un’approfondita seduta psicologica,
in cui l’emulo più in carne del Super Erede aveva
sviscerato il problema che in quel momento stava scavando un solco fra
lui e Kirigiri (e il suo appetito e il suo sonno). Il consiglio che gli
era stato dato era uno e molto semplice: buttati. Buttati a peso morto
e pretendi da lei una risposta, di qualunque genere sia. Nel migliore
dei casi ci hai visto giusto e presto potrai invitarla in camera tua
per farvi le effusioni romantiche, nel peggiore dei casi ti
stamperà un No formato famiglia sul grugno ma almeno non
continuerai a galleggiare nel limbo dell’incertezza.
Insomma,
prenditi i coglioni in mano e carica come un toro.
Pertanto,
animato da questa rocciosa volontà, si stava avventurando
con estremo sprezzo del pericolo per i bui meandri
dell’accademia nera e cattiva.
Naturalmente
non fu fortunato, a dispetto del suo titolo.
“Naegi-kun!
Cosa ci fai in giro a quest’ora?” sentì
ululare alle sue spalle.
Mannaggia,
mancava così poco.
“Ishimaru-kun”
mormorò imbarazzato voltandosi nella sua direzione, una mano
a grattarsi la nuca “che sorpresa!”.
“Non
prendermi in giro, sai che faccio la ronda ogni giorno! Piuttosto,
perché non stai rispettando le consegne
dell’orario?”.
“Ehm,
ecco… ho un piccolo problema e mi serve una
consulenza… specifica…”.
“Problema?
Che genere di problema? Posso aiutarti?”.
È
incredibile come basta fare cenno a un problema e il rigidissimo Super
Prefetto si intenerisce di colpo. Ma oh, d’altronde non ho
mica detto una bugia.
“Guarda,
sei gentile a offrirti ma non è cosa… che ti
compete, diciamo…”.
“Non
mi compete?” squittì quello, offeso
“Cosa stai insinuando, Naegi-kun?”.
Il
Fortunello si prese un paio di secondi prima di rispondergli, non
voleva rischiare di farlo imbizzarrire ancora di più:
“Beh, correggimi se sbaglio ma non credo che una questione di
natura… romantica ti sia proprio affine, ecco”.
Successe
una cosa che Naegi mai si sarebbe aspettato: Ishimaru
arrossì di colpo. Prese a guardarlo parecchio stupito, e
proprio mentre stava per dirgli qualcosa l’altro lo
anticipò: “In condizioni normali avresti anche
ragione, ma… come spiegarmi, ultimamente… credo
di poter dire che… sì, è complicato...
“. Era talmente preso dall’imbarazzo che non
riuscì neanche a completare la frase, ma Makoto
capì lo stesso: “Ishimaru, non mi starai mica
dicendo… che… ti sei preso una
sbandata?”.
“Ehm…
non so come dirlo ma
sìforseèpossibile…”.
“Scusa?”.
“Ho
detto che
sìforseèpossibileconIkusaba…”.
“Che
cosa hai detto? Non ho capito!”.
“SìforseèpossibileconIkusabaabbiamoballatoassiemeèstatobelloeleiètantocarina…”.
“Ishimaru-kun,
non capisco!”.
“MIPIACEIKUSABAOK?”.
“Uooooooh!
Ci sento ancora, sai? E non ho capito lo stesso, ma ti ringrazio per
avermi sfracellato i timpani”.
“P-Prego”.
Guarda
che era un ringraziamento sarcastico. Ehi, c’è
qualcuno dietro di lui?
Si
scansò lateralmente e gli parve di vedere un’ombra
che si defilava da dietro l’angolo. Ma era poco illuminato e
lui non aveva una vista esattamente da gufo, pertanto pensò
di essersi preso un abbaglio.
Anche
se, conoscendo Ikusaba-san, non sarebbe poi così strano
saperla a girovagare di notte per i corridoi. Chissà.
Madonna,
che stress. Si risolse nel lasciare Ishimaru lì a
sproloquiare all’aria nella sua lingua incomprensibile.
Makoto
Naegi aveva una missione quella sera, e niente al mondo gli avrebbe
impedito di portarla a termine.
Riprese
il cammino e giunse davanti alla porta con su scritto Kyouko
Kirigiri
pochi minuti dopo.
“Ci
siamo, coso. Vai e fatti valere” disse a voce bassa per darsi
forza.
Bussò.
Non
successe nulla.
Bussò
di nuovo.
Non
successe di nuovo nulla.
Bussò
una terza volta.
Lei
arrivò ad aprire.
“Buonasera,
Kyouko-san” esordì, cercando di mantenere una
facciata di sicumera che non gli apparteneva affatto “Ti
disturbo?”.
La
Detective non aveva detto una sola parola, limitandosi a guardarlo
boccheggiando.
“Kyouko-san…
ci sei?”.
“...”.
“Kyouko-san…”.
“...”.
Makoto
non sapeva cosa dire e stava perdendo il coraggio. Per sua fortuna lei
gli venne in soccorso, lo afferrò per un braccio e lo
trascinò dentro.
Accidenti.
Da zero a cento in meno di quattro secondi, ragazzi. |
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Capitolo 10 *** ...e la gente che si piace ***
Che
cosa diavolo mi è saltato in testa?
Cinque
minuti prima, Makoto Naegi aveva bussato alla porta di Kyouko Kirigiri.
Quattro
minuti prima, lei l’aveva afferrato per un braccio e tirato
dentro la sua stanza.
Dieci
minuti dopo, erano ancora lì in silenzio a scambiarsi
sguardi allarmati.
Lasciati
andare, dicevano. Sarà divertente, dicevano.
Pensò
inevitabilmente alle parole di Enoshima (e Maizono, Oogami e Asahina),
pronunciate solo un giorno prima dalla Super Modella mentre le
acconciava i capelli. Le era sembrata una buona idea, soprattutto sensata,
ma evidentemente qualcosa doveva essersi perso nella trasmissione
dell’informazione, o non si spiegava perché adesso
si trovasse lì a fissare Naegi senza spiccicare parola.
Certo, nemmeno lui sembrava avere intenzione di fare la prima
mossa…
...però
è quello che ha bussato alla mia porta in piena notte, non
il contrario.
E
soprattutto era già il secondo tentativo che faceva per
aggiustare le cose tra loro. Di sicuro non poteva accusarlo di non
averci provato.
Stavolta
tocca a me.
Raccolse
tutto il suo coraggio da diciassettenne alla prima cotta e si
avvicinò a Naegi, che dal canto suo sembrava nervoso ma non
pronto allo svenimento. Ottimo segno.
“Naegi-kun,
io… devo scusarmi con te.”
Lo
vide aprire la bocca per risponderle, ma lo zittì:
“Ti prego, lasciami finire. Non è facile per me,
sto cercando di non mettermi a gridare come una scimmia urlatrice o
scappare di nuovo a gambe levate, e se tu dovessi interrompermi temo
perderei tutta la mia sicurezza e finirei per non concludere nulla.
Quindi, per favore… posso parlare per prima?”
Il
Super Fortunello sembrò piacevolmente sorpreso dalla sua
reazione, e si limitò a sorridere e annuire. Kyouko lo
ringraziò, poi riprese il suo discorso:
“Dicevo… devo scusarmi con te. La sera della
festa, quando mi hai… mi hai chiesto di diventare la tua
ragazza” distolse lo sguardo, arrossendo “sono
scappata via come una furia, e ti ho evitato come la peste. Non
è stato bello da parte mia.”
Lui
non rispose a parole, ma il cenno che fece con la testa le
comunicò che sì, non era stata una cosa carina,
ma non era poi troppo arrabbiato. Lei ridacchiò:
“Ecco, voglio che sia chiaro questo: non l’ho fatto
perché volevo rifiutarti” disse, e
l’improvviso sorrisetto malizioso di Naegi la
destabilizzò un attimo. “M-ma”
cercò di riprendersi, “sai bene che…
questo non è esattamente il mio campo. Sono una detective,
sono brava con le deduzioni logiche e so risolvere i casi di omicidio.
Però ho poca esperienza come adolescente… al
primo amore” ammise, e il rossore sulle guance di lui non le
sfuggì, “e quando ti sei dichiarato…
sono andata in tilt. Kyouko.exe ha smesso di funzionare”
sorrise, e Makoto scoppiò a ridere nel sentirla parlare a
suon di meme.
“Quindi”
le si avvicinò, mani in tasca e un atteggiamento da figo che
decisamente non era adatto a lui “mi corregga se sbaglio,
signorina detective, ma devo forse dedurre che non aveva alcuna
intenzione di rifiutarmi? Era solo panico?”
“Era
panico, sì” ammise lei, “e no, non avevo
alcuna intenzione di rifiutarti. Deduzione esatta, signor
Naegi.”
“Elementare,
Kirigiri.”
“Ora
non fare il pavone come Togami.”
“Non
mi permetterei mai. Ma c’è una cosa che invece
voglio fare da un po’ di tempo” disse, e senza
lasciarle tempo di rispondere la attirò a sé e la
baciò.
Chicosacomedoveperchéquandoeh?
Kyouko
venne di nuovo colta dal panico, ma stavolta c’erano le
braccia di Makoto Naegi a impedirle di scappare.
E
tutto sommato non è che ne avesse poi l’intenzione.
Ti
devo un favore, Enoshima.
*
Era
una mattinata tranquilla, il tempo era piacevole e soprattutto aveva la
giornata libera.
Cosa
c’era di meglio?
Una
ciambella! Anzi due. Facciamo tre.
Aoi
uscì dalla piscina fischiettando, diretta in camera sua: il
suo programma del giorno prevedeva piscina (fatto) e yoga insieme a
Sakura-chan, e aveva tutte le intenzioni di rispettarlo. Arrivata nella
sua stanza si cambiò di fretta, indossò la sua
tenuta da yoga e si diresse in camera di Sakura.
Quando
quest’ultima le aprì la porta…
“E
lui che ci fa qui?!”. Di fronte a lei si stagliava la non
troppo fiera figura di Byakuya Togami in shorts e maglietta della
salute, un tappetino sotto al braccio e la faccia di chi avrebbe
preferito farsi mangiare vivo da dei piranha.
“Per
favore Asahina evita qualsiasi commento non richiesto che per me
è già difficile così”
cercò di tagliar corto lui.
“Sì,
ok. Ma non hai risposto alla mia domanda” ribatté
scocciata.
“Vedi
Aoi, Togami-san si è presentato da me mendicando un sistema
per combattere i suoi problemi gastro-intestinali, in attesa della sua
scorta personale di Lucky Gastro… e io ho pensato che un
po’ di yoga potrebbe aiutarlo”.
Lei
lo guardò piegando la testa, mostrando palese
incredulità: “Togami? Yoga? Sakura-chan, io ti
voglio bene ma ti rendi conto che queste due parole nella stessa frase
creano un paradosso spazio-temporale? E poi, credi davvero se lo meriti
dopo il tiro mancino alla povera Fukawa-chan?”.
GROOOOOOARGH.
“Tutti
hanno il diritto di sbagliare, Aoi. E non sta a noi giudicare,
criticare o imporci in qualsivoglia maniera”.
“Sì,
ok. Ma devo ricordarti che il signorino qua sembrava quasi voler venire
alle mani con te la sera della prima riunione… se non fosse
stato che si cagava sotto perché con una carezza gli faresti
finire le tonsille dietro al pancreas? Insomma, è stato
davvero maleducato e…”.
“Shush,
Aoi. Non serve che mi ricordi cose che so perfettamente, anche se ti
ringrazio della premura. Il fatto è che ho capito da molto
tempo una cosa importante: essere superiori alle cattiverie”.
RUUUUUUUUUUUUUUUUUUUARGH.
“Inoltre
non vedo nulla di male nel farlo partecipare alle nostre sedute
giornaliere. E poi su, guardalo. Gli serve come il pane un
po’ di autocontrollo. O vuoi forse avere il suo apparato
digestivo sulla coscienza?”.
La
Nuotatrice non riuscì a trattenere una risata, cogliendo
molto bene il velato umorismo di Sakura. Non riusciva a capire da dove
la sua amica tirasse fuori quell’infinita scorta di pazienza,
buona volontà e amore per un prossimo che tutto
‘sto amore non se lo meritava neanche nei suoi giorni
migliori. L’ennesimo rumore molesto proveniente dalla
ricchissima pancia del loro compagno maschio non fece che confermarle
quest’ultimo pensiero.
Però
oh, alla fine era lei a decidere e tutto sommato la sua presenza non le
dava poi così tanto fastidio da non volerlo a prescindere.
Sapeva bene che si sarebbe pentita di quest’affermazione
più prima che poi, ma almeno per il momento il dubbio voleva
concederglielo.
“Allora
siamo tutti d’accordo?” chiese l’Artista
Marziale sorridendo “Possiamo procedere?”.
“Mi
fiderò del tuo giudizio, Sakura-chan. Ma tu” si
voltò in direzione di Togami “sappi questo: alla
prima parola di troppo ti faccio correre la maratona su una gamba
sola”.
“Pfff”
rispose lui, gonfio di sé (e
anche di qualcos’altro, giudicando dalla pancia)
“ho già dato con Genocider, peggio non potrai
essere”.
“Mettimi
alla prova” concluse lei, trucida.
“Per
favore, finitela. Non abbiamo ancora cominciato e siete già
dietro a tirarvi le trecce come i bimbi dell’asilo”
li ammonì Sakura, tentando di mantenere l’aria del
venerabile maestro. Gli altri due sbuffarono, inchinandosi virtualmente
all’autorità superiore.
“Molto
bene. Possiamo procedere”. Dicendo ciò li fece
uscire entrambi dalla sua stanza, portandoli in palestra.
“In
palestra? Sakura-chan, ma siamo sempre rimaste in camera tua quando
eravamo tu e io”.
“Tutto
ha un perché, piccola Aoi” rispose sibillina.
“Eh?
Mi sono perso qualcosa?” chiese Byakuya, col tono che
potrebbe avere un bambino un po’ scemo che non capisce la
sesta spiegazione sulle addizioni.
“Va
tutto bene, Togami-san. Va tutto bene”.
Oddio,
a sentirla cantilenare così io me la starei facendo addosso
fossi in lui. Uhm, fammelo guardare in faccia un attimo…
sì, non ha capito una ceppa. Strano eh.
Il
motivo dello spostamento fu chiaro nella mente di Asahina quando vide
il loro nuovo luogo di esercizio frequentato da altre persone: era
un’umiliazione plateale.
Crocefisso
in pubblica piazza, e ringrazia che non sia la sala mensa.
Sì, ti sta proprio bene Raggio di Sole.
“Pronto
a sudare come un maialino, Togami caro?” gli
lanciò l’ultima frecciata. Perché era
l’ultima, giurin giuretta.
“Mpf.
Non sottovalutare il mio cognome”.
Avrebbe
voluto rispondergli a tono, ma quel che è giusto
è giusto e si impose il silenzio.
“Avanti
perditempo, stendete i tappetini e cominciamo”
arrivò il marziale ordine di Sakura.
Ora
vi delizierò con un raffronto molto comico: le posizioni
corrette fatte da Oogami e Asahina e quelle a dir poco ridicole
dell’elasticissimo Byakuya Togami.
Paschimottanasana,
ovvero piegamento in avanti da seduti: Sakura e Aoi si sedettero con le
gambe davanti a sé, allungarono le braccia ed entrambe
arrivarono agilmente a toccarsi le punte dei piedi; Byakuya si
accartocciò su se stesso, facendo una fatica indicibile in
primis a non spezzarsi la schiena e in secundis a far solo finta di
arrivare con le dita all’altezza delle ginocchia.
Cane
con la testa in giù: Sakura e Aoi si misero a quattro zampe
poggiandosi sulle mani e sulle ginocchia, si alzarono sulle punte dei
piedi e portarono le orecchie fra le braccia; Byakuya
cominciò a tirare testate sul pavimento, non riuscendo a
muoversi in maniera corretta neanche a pagarlo in rodio purissimo.
Bambino:
Sakura e Aoi si posizionarono con le braccia e le ginocchia a terra e
scivolarono all’indietro, portandosi verso il bordo del
tappetino; Byakuya non si sa come prese a rotolarsi sui fianchi
sembrando una specie di ghiro che non riusciva a trovare la posizione
adatta per dormire.
Non
parliamo poi dei ritmi respiratori, con lo Scion che assomigliava a una
ruspa guasta funzionante a intermittenza.
A
fine sessione, accaldata come sempre, Aoi decise che doveva proprio
farlo. Si avvicinò a Togami e gli chiese: “Senti,
scusa ma devo proprio. Erano posizioni molto semplici e sei riuscito a
farti ridere dietro dall’intera scuola in mondovisione. Sei
vero? Come sei sopravvissuto a due anni di educazione
fisica?”.
L’altro,
con la lingua penzolante e le ginocchia che sembravano volersi
sciogliere, non ebbe neanche la forza di alzarsi dalla sua posizione
supina. La guardò dritta negli occhi e ansimò:
“E… dimmi… un po’...
io… avrei fatto… educazione…
fisica… quando?”.
“...cretina
io che chiedo. Non lo farò più”.
“Senti…
voce del menga… non è davvero il
momento…”.
Nota
mentale: lo yoga può fare impazzire la gente. Potrei voler
riconsiderare l’abitudine.
Poi
si ricordò con chi aveva a che fare, e corresse il tiro: il
problema non era lo yoga, ma Togami in quanto tale. Sempre lui, che nel
frattempo rotolò su un fianco con la grazia di una balena
spiaggiata e piagnucolò (sì,
piagnucolò): “Basta… io ci…
ci rinuncio! Non sono... tagliato per
l’attività… fisica! Sono…
sono una macchina da soldi, io… non una macchina da
guerra” ansimò, atterrando sullo stomaco e
nascondendo la faccia ai presenti.
“Quante
storie per un po’ di fatica!” sbuffò
Aoi. “Dici che non devo sottovalutare il tuo cognome, ma al
momento mi sembra fiacco tanto quanto te.”
Se
ne avesse avuto la forza, probabilmente Togami avrebbe alzato la testa
di scatto e l’avrebbe minacciata di atroci sofferenze come
solo lui sapeva fare, ma date le condizioni disastrose si
limitò a girare la testa quel tanto che bastava per
lanciarle un’occhiataccia.
“Suvvia,
Togami-san, non c’è bisogno di essere
così catastrofisti” chiosò Sakura,
avvicinandosi a loro. “Era solo la prima lezione, non mi
aspettavo certo grandi cose da te” sorrise, e Aoi
sentì un flebile grugnito provenire dall’Erede,
“ma non è proprio il caso di buttarsi
giù.”
“Anche
perché più giù di così non
posso andare” borbottò lui, “sono
spalmato per terra.”
“Se
riesci a fare dell’ironia significa che non sei messo poi
così male” rise lei, tirandolo su per un braccio e
aiutandolo a rimettersi in piedi. “Vedrai che migliorerai in
men che non si dica. Ne va del tuo cognome” gli fece
l’occhiolino, e lui, sorpresa delle sorprese,
arrossì e distolse lo sguardo.
Punto
sul vivo, eh?
“Direi
che ci siamo meritati una pausa con una bibita fresca”
trillò Sakura, facendo strada verso l’uscita della
palestra, “non c’è niente di meglio
delle proteine per rimettersi in sesto.”
“Assolutamente!”
“Io
voglio solo morire…”
“Mamma
mia, Togami-san, ti vedo proprio male” gli si rivolse
l’Artista Marziale, con un tono sinceramente preoccupato,
“credo di non averti mai visto con una cera così
pessima…”
“La
gastrite mi sta divorando vivo” pigolò lui,
“probabilmente sto anche impazzendo… parlo da
solo…”
Per
un attimo Aoi si sentì quasi in colpa per le battutacce che
aveva rivolto all’Erede. Quasi.
Lanciò
uno sguardo all’amica, che sembrava persa in una qualche
riflessione. Giunte nei pressi della caffetteria Sakura
parlò di nuovo: “Sai, Togami-san, credo di avere
qualcos’altro che può aiutarti, assieme allo
yoga.”
Lui
sembrò guardarla con lo sguardo di chi cercava
disperatamente aiuto: “Davvero…?”
“Davvero.
Avanti, vieni con me. Beviamo qualcosa e poi ti illuminerò
al riguardo.”
La
Super Nuotatrice rimase un attimo sull’uscio a guardare la
sua migliore amica prendersi a cuore il ragazzo più
antipatico che avesse mai conosciuto… e che ora sembrava
solo cadere a pezzi.
Scosse
la testa, ridendo tra sé e sé.
Sei
proprio una santa, Sakura-chan.
*
Peko
Pekoyama non si poneva spesso domande.
Lei
era una che obbediva agli ordini del suo bocchan
senza
fiatare o stare a sindacare le sue decisioni. Peko Pekoyama era la
spada e lo scudo di Fuyuhiko Kuzuryuu e tanto le bastava.
O
almeno, le era bastato finché il giorno prima non era
successa una cosa.
“Toccala
anche solo con un pelo e ti disatomizzo, vibratore umano.”
Bocchan
l’aveva
difesa dalle disgustose avances di Hanamura.
Non
che fosse esattamente una novità, sia chiaro. Ma era la
prima volta che, dopo averlo fatto, non cambiava colore cercando di
giustificarsi. No. Aveva semplicemente minacciato il Super Chef e
ignorato platealmente fischi e battutine da parte degli altri, senza
battere ciglio.
Ecco,
quello era strano. E davvero, non voleva mettere in dubbio le azioni
del suo boss, ma non poteva fare a meno di continuare a pensarci: si
sentiva quasi sporca ad avere certi dubbi, eppure… eppure
era un’idea che in classe girava da ormai tre anni.
Io…
piaccio a bocchan?
Per
com’era cresciuta, quello era un quesito veramente stupido.
Lei era un oggetto, un’arma al servizio del Clan Kuzuryuu.
Non aveva alcuna volontà se non quella di servire i suoi
capi e difendere Fuyuhiko a costo della sua stessa vita. Certo, lui
aveva sempre cercato di farle capire che non la considerava un oggetto
ma una persona, ma era difficile cambiare modo di vivere da un giorno
all’altro.
E
tuttavia...
Tuttavia
il tarlo del dubbio stava scavando più a fondo, impedendole
di pensare ad altro. Si voltò verso Kuzuryuu, seduto sul
prato in cortile ed apparentemente impegnato a scrivere una lettera
minatoria (per Oowada, ci avrebbe scommesso lo shinai) e ridacchiare da
solo.
Che
faccio?
Poteva
lasciar perdere, tenersi tutto dentro come aveva sempre fatto e
continuare la sua vita. Era brava a imbottigliare le emozioni e
metterle da parte. Ma aveva la sensazione che quel caso sarebbe stato
diverso, che se non le avesse lasciate uscire le sarebbe stato
impossibile continuare a stare vicino a Kuzuryuu.
Inspirò
e si avvicinò al ragazzo.
“Bocchan?”
Lo
vide sospirare: “Peko, quante volte ti ho detto di non
chiamarmi bocchan?”
“Scusa”
si corresse, e rimase in silenzio. Lui inarcò un
sopracciglio: “C’è qualcosa che vuoi
dirmi?”
“Ecco…
in effetti sì, se posso.”
“Certo
che puoi, spara.”
La
Spadaccina rimase un attimo in silenzio, cercando disperatamente le
parole più giuste per porre quella difficilissima domanda.
Si arrese all’idea che non ne esistevano, e quindi si
buttò: “Kuzuryuu, io… ti
piaccio?”
Il
modo quasi violento in cui il suo bocchan arrossì
violentemente e sgranò gli occhi le fece temere per la
salute del ragazzo.
*
E
quindi piaccio a Kiyotaka Ishimaru?
Mukuro
non faceva che pensare a questo dalla scorsa notte, quando lo aveva
beccato per caso in corridoio a parlare con Naegi (ah,
l’ironia!).
Siano
lodate le crisi esistenziali notturne di Junko.
Non
aveva ancora avuto il coraggio di affrontarlo, ma a sua difesa stava
solo cercando di trovare le parole giuste. Insomma, non si va mica in
guerra disarmati.
E
quindi aveva passato la mattinata ascoltando le lagne della sorella
(che dalla sera prima continuava a chiedersi quale fosse lo scopo della
sua esistenza sulla Terra. Mukuro le aveva suggerito che probabilmente
era di rovinare la vita a lei, ma Junko l’aveva ignorata),
assistendo alla ridicola sessione di yoga di Togami (di cui aveva video
e foto sul cellulare), e persino giocando a freccette con Genocider Syo
(apparsa brevemente perché qualcuno aveva soffiato via la
polvere da un libro troppo vicino alla povera Fukawa. Però
erano stati dieci minuti divertenti). Da circa venti minuti era tornata
in stanza in attesa del pranzo e si era dedicata alle sue pistole
preferite, smontandole, pulendole e rimontandole. E poi di nuovo
dall’inizio, per almeno tre volte.
Sì
però, non è che posso andare avanti
così.
Nella
posizione sdraiata sul letto stava ovviamente osservando il soffitto,
sospirando come non le capitava praticamente mai e sentendo davvero
tanto l’assenza di qualcuno nella posizione di darle degli
ordini. Si rese dolorosamente conto che era sin troppo assuefatta a
quel modo di vivere: committente/colonnello/tizio X a caso dice cosa
fare e lei svolge, pulita e precisa come si confà a un Super
Soldato.
Ma
quella situazione non prevedeva un capo che le togliesse la
facoltà di decidere. Stava a lei, solo a lei. Per quello si
sentiva inquieta, incapace, debole. Non sapeva bene come muoversi, e
neppure la peggior palude della Louisiana le sembrava così
densa e difficile da guadare.
All’ennesimo
sospiro si impose di smettere. Non poteva proprio proseguire con
quell’andazzo, non era fattibile.
Si
disse che forse valeva la pena provare a pensare come Kirigiri. Non vi
sto a dire quanto non sapeva che il suo volersi immedesimare in lei, in
questa particolare situazione, non era esattamente un’idea
vincente. Non vi sto neanche a dire che paradossalmente avrebbe fatto
meglio a guardare la cosa con gli occhi di Junko, sicuramente molto
più instabile e inaffidabile della Detective ma che
sull’argomento ci vedeva assai meglio.
Va
bene, ragiona.
Ieri
sera, complice l’ennesima paranoia sui massimi sistemi di
quella delizia di tua sorella, eri a spasso a orari non esattamente
ortodossi. È stata una coincidenza fortuita a farti
finire... nel posto sbagliato al momento sbagliato? O forse dovresti
dire al posto giusto nel momento giusto? Eh, cominciamo con le certezze
inossidabili.
Va
beh, poco importa.
Quel
che importa è che hai sentito quel carinissimo ometto di
Kiyotaka Ishimaru vomitare parole a raffica, fra cui hai
però distintamente colto un “mi piace Ikusaba,
ok?”. Il poveretto ha rischiato di mangiarsi la lingua per la
velocità, ma il tuo udito allenato non si fa fregare per
così poco.
Ne
sei certa. Certissima.
Ora
si pone il vero problema: e tu? A te Ishimaru piace?
Tu
sei Mukuro Ikusaba. Sei il Terminator dei campi di battaglia. La Full
Metal Bitch. Non ti sei mai fermata a chiederti se potevi avere
qualcosa di più dalla vita. Se forse potevi osare sperare in
un rapporto umano che non fosse passarsi il fucile sotto il fuoco dei
talebani.
E
ora sei qui, sdraiata sul letto di camera tua in un’accademia
per super geni, con il cuore in subbuglio e un principio di infarto che
sta lentamente facendo capolino.
Patetica.
Suoni patetica.
Nonostante
questo sei decisa a sufficienza da voler porre fine alla tua angoscia
da ragazzina da fumetto. Vuoi tracciare una linea e decidere se
attraversarla o meno.
Quindi
mimetica pronta, pittura di guerra spalmata sulla faccia, mitra a
tracolla.
Risponditi.
Ora.
…
…
La
risposta è: sì, forse.
Abbi
pazienza, non sei attrezzata per comprendere senza il minimo dubbio una
situazione in cui non ti sei mai trovata prima.
Va
bene così, va bene anche così. Non sei nella
giungla del Borneo, dove il minimo passo falso significa una morte
atroce e un cadavere ingoiato dalla voracità della natura e
mai più recuperato.
È
una questione di sentimenti. Ci vuole tempo.
Accontentati
di una risposta parziale, per ora.
Ma non poteva accontentarsi di una risposta parziale. L’insoddisfazione di fondo, del non essere riuscita a stilare
un piano d’azione ben delineato, non cessò di far
sentire la propria presenza picchiettandole la base del collo.
Era
frustrante.
“Oh
insomma, anche basta” mugolò alzandosi.
Aveva
bisogno di un parere esterno. E sapeva a chi rivolgersi.
Saettò
per i corridoi, evitando chi non era nel suo mirino. Quando invece il
suo bersaglio si palesò di fronte ai suoi occhi…
“Oowada!
Ti offro una birra in cambio di una chiacchierata, vuoi?”.
Il
Biker fece spallucce: “Chi sono io per rifiutare una birra
offerta da una bella signorina?” rispose lui. “Ma
non dirlo a tua sorella, ci tengo a vivere.”
“Tranquillo,
sarò una tomba” annuì lei, e lo
trascinò in caffetteria. Recuperate due birre si
accomodarono a un tavolino lontano da occhi e orecchie indiscrete.
“Allora,
a cosa devo la tua visita?” chiese Mondo. “Ho idea
che la Super Soldatessa non volesse solo offrire una birra allo
scopamico di sua sorella.”
“In
effetti” fu l’incerta risposta di Mukuro
“vorrei chiederti una cosa… molto
specifica.”
“Senti,
se vuoi sapere cosa combiniamo io e Junko da soli-”
“No
ti prego, lo so già” piagnucolò lei.
“Non volevo saperlo, ma lo so.”
Mondo
si limitò ad annuire, comprensivo. Se Junko decideva di
raccontarti una cosa lo faceva e
basta,
che tu volessi saperlo o no.
Tentennò
un attimo, e ritentò: “Ecco, quello che volevo
chiederti è… tu sei molto amico di Ishimaru,
vero?”
Lui
scoppiò a ridere: “Ikusaba, è come
chiedermi se il sole sorge ogni giorno!”
“Sì,
ok, ma dico… siete molto
amici.
Molto.”
Mondo
arrossì: “G-guarda che è se
è per la storia della sauna ti giuro che è tutto
un equivoco! Era una prova di forza e io ero vestito! Ok?”
“N-no
non era nemmeno questo” balbettò lei,
“oddio forse non è stata una grande
idea…”
Poggiò
la testa sul tavolino, esausta. Questa storia
dell’adolescenza era veramente impossibile.
“Ikusaba
ma… per caso a te piace Ishimaru?”
Alzò
lentamente la testa e gli rivolse uno sguardo sconvolto. Mondo dal
canto suo sorrideva con l’espressione tipica di chi la sa
lunga: “Chiariamoci, io ero già in altre faccende
affaccendato con tua sorella ma… più di un
uccellino mi ha raccontato del vostro ballo, alla festa.”
“Davvero?”
“Quello
e… che lui ti ha quasi fatto una dichiarazione mentre
stavate pulendo l’aula. Se Junko non vi avesse interrotti,
ecco.”
“...maledetta”
ringhiò la Soldatessa, “se solo fosse capace di
farsi i fatti suoi!”
“È
come chiedere a Togami di essere simpatico e gentile. Praticamente
un’utopia.”
Non
poteva che concordare.
“Quindi
fammi capire… mi hai offerto una birra per avere
informazioni sul mio kyoudai?”
Mukuro
avvampò: “E-ecco…”
balbettò, ma la risata del Biker la interruppe di nuovo:
“Ah, lo sapevo! Tu e Ishimaru siete veramente fatti
l’uno per l’altra! Glielo dicevo io!”
“Aspetta,
aspetta! Quindi ti ha parlato di me?”
“Chiaro
che sì. A che serve avere un kyoudai,
sennò?”
Era
un’occasione troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire.
“E…
cosa gli avresti detto, esattamente? No così, per
sapere…”
Mondo
ghignò: “Di comportarsi da uomo e affrontare la
situazione di petto” annuì. Nello stesso istante
Mukuro vide il Biker guardare oltre la sua spalla: “E parli
del diavolo…”
Si
voltò e vide Ishimaru all’entrata della
caffetteria.
E…
uh. Doveva aver appena finito un allenamento di kendo, a giudicare da
quella giacca aperta e il bokken legato alla cintura.
...oh.
Anche
i primi bollori della Super Soldatessa erano pacati e composti.
“Allora,
Ikusaba. Cosa vuoi fare?” la provocò Mondo,
sorseggiando la sua birra.
E
questo le diede un’idea. Quel tipo di idea di cui forse si
sarebbe pentita poco dopo, ma al momento le sembrava geniale:
afferrò la sua birra e la mandò giù
tutta d’un fiato, poi si voltò e andò
incontro al Super Prefetto.
“Ikusaba-san,
proprio te cercavo!”
Non
gli diede tempo di finire la frase: lo acchiappò per il
colletto della giacca (sbottonata,
mamma che caldo che fa, chi ha alzato il termostato?)
e lo baciò con tutto il trasporto di cui era capace.
Un
coro di fischi e applausi le confermò che aveva fatto la
mossa giusta.
“VAI
COSÌ, KYOUDAI! FALLA TUA!”
Quando
si staccò da lui, Ishimaru aveva gli occhi sgranati e
l’espressione più fessa che avesse mai visto.
“I-Ishimaru-kun…?”
Stavolta
toccò a lei venire interrotta.
Non
aveva idea che il Super Prefetto fosse capace di tanto…
ardore.
Grazie,
Oowada. Ti devo sei casse di Asahi.
*
“La
vita è bella e io sono felice e i coniglietti saltellano nei
campi…”.
“Muku-neeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!”.
“...Junko.
Dovevi proprio sradicarmi la porta? Hanno inventato l’arte
del bussare per un motivo, sai?”.
“Eeeeeeeeeeeeeeh,
è che sono troppo su di giri! Ho scoperto il senso della
vita!”.
“Senti,
oggi è stata una giornata eccezionale ma terribilmente
stancante. Ho gli occhi che mi si chiudono da soli e sono esaurita,
emotivamente e mentalmente. Stanotte i tuoi deliri non li
reggo”.
“Stammi
a sentire, dai!”.
“...datemi
la forza. E va bene, va bene. Ma patti chiari e sorellanza lunga: dici
la tua e te ne vai a dormire”.
“Allora,
seguimi attentamente perché è un discorso
complesso!”.
“Chiaro,
è il senso della vita. Non lo trovi sulle pagine
gialle”.
“Vedi
Mukuro, noi siamo… degli arcobaleni”.
“Eh?”.
“Siamo
degli arcobaleni! Ci apriamo alla luce del sole, cambiamo i colori come
dei camaleonti e…”.
“Perfetto
Junko, illuminante. Buonanotte”.
SBAM.
“Ok,
ho una sorella pazza… e da oggi una storia romantica. Mi so
accontentare del bello che mi è stato concesso". |
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Capitolo 11 *** ...e le dichiarazioni dall'alto di una sedia ***
Nella
mia vita precedente devo essere stata Saionji, altrimenti non mi spiego
tutta questa sfiga!
Quella
che per Touko era iniziata come una normale giornata scolastica, si era
presto trasformata nella carrellata delle cose che più la
infastidivano al mondo.
Coppiette.
Coppiette ovunque!
All’inizio
erano solo Naegi-kun e Kirigiri, e dopotutto era contenta per loro: le
era dispiaciuto vedere il Super Fortunello così
giù di morale, ed era bello sapere che le parole del Super
Impostore avevano aiutato anche lui. Gli aveva persino rivolto un
sorriso d’incoraggiamento quando aveva incrociato il suo
sguardo.
E
fin lì tutto bene.
Poi
fu il turno di Ikusaba e Ishimaru, e quella fu una sorpresa. Aveva
sentito voci su di loro (nello specifico le aveva sentite da Enoshima,
ma raramente prestava attenzione ai pettegolezzi della Modella), solo
non credeva fossero realtà. Un po’ la infastidiva
ammetterlo, però erano carini a modo loro.
Archiviò
anche quei due e cercò di concentrarsi sul plot del suo
nuovo romanzo, ma l’universo aveva deciso diversamente.
E
quindi ecco che Kuwata e Maizono, i piccioncini storici della classe,
avevano iniziato a tubare ferocemente in classe. Nulla di esplicito,
sia chiaro, quella era prerogativa di Oowada ed Enoshima, ma erano
riusciti a oltrepassare quella linea sottile che andava da
“Aw, che carini!” ad “Abbiate rispetto
per noi zitelle!”.
E
a proposito di Mondo e Junko, potevano mica esimersi dallo scambiarsi
effusioni? Dove effusioni
per loro voleva dire arrivare a un passo dal chiudersi nello sgabuzzino
e lasciare che il resto della classe fosse obbligato a sentirli?
È
la stagione degli accoppiamenti tra Super Alunni e nessuno mi ha
avvisata?
Solo
una settimana prima se ne sarebbe fregata (quasi) del tutto,
perché si sarebbe accontentata di sedere in silenzio dietro
Togami, e magari raggiungerlo in biblioteca dopo le lezioni. Con un
po’ di fortuna le avrebbe persino rivolto la parola e,
chissà, magari avrebbero parlato di libri normalmente, senza
figuracce da parte sua e offese da parte del ragazzo.
Ma
ora le cose erano diverse, e il suo white
knight era
diventato il suo dark
enemy.
Ok,
magari nemico era esagerato, ma di certo non trovava piacevole averlo
attorno da dopo quella disgraziata festa.
Sono
così… idiota.
Grazie
anche alle parole del Super Impostore aveva cominciato a riflettere
sulla natura del suo rapporto con Togami prima di quella sera,
e… beh, affrontare la verità aveva fatto molto
male: si era resa conto di quanto fosse sbagliato il modo in cui la
trattava, ma soprattutto il modo in cui lei si era lasciata trattare
senza mai reagire. Si era adeguata al modo di Togami di vedere la vita,
aveva accettato in silenzio la sua presunta superiorità
sociale e si era accontentata di quelle rare volte in cui lui era stato
capace di offrirle qualcosa di più umano di un insulto.
Touko
Fukawa amava ancora Byakuya Togami, ma ne valeva la pena? Aspettare che
il ragazzo aprisse gli occhi e capisse che il suo modo di trattare le
persone era sbagliato?
Proprio
mentre formulava quel pensiero vide il Super Erede parlare con Oogami e
Asahina.
Fatemi
capire, io sono la vittima e lui fa amicizia?
Non
riusciva a sentire i loro discorsi, ma le due ragazze sembravano
piuttosto di buon umore e lui… beh, era sempre lui ma meno
odioso. Che diamine stava succedendo? Soprattutto dopo che era quasi
venuto alle mani con la Super Artista Marziale (cioè,
nei suoi sogni, Oogami l’avrebbe defenestrato con lo sguardo)
durante una delle prime riunioni in camera sua… e Asahina,
Asahina gli aveva sempre risposto per le rime! E poi con lei si era
comportata da amica, e…
In
fondo è la solita storia, nessuno è davvero
amico. Di che mi stupisco?
Sospirò.
Era così stanca che non aveva nemmeno voglia di litigare con
la Nuotatrice (per
cosa, poi? Non so nemmeno di cosa parlavano, e in ogni caso sto
provando a stare lontana da lui, no?),
o guardare Togami in cagnesco, niente.
Meglio
dedicarmi all’unica cosa che so fare bene.
Tornò
al suo romanzo e cercò di sistemare l’idea che
aveva abbozzato il giorno prima, ma i kami continuavano a prendersi
gioco di lei.
Certo,
anche la penna non deve funzionare.
Visto
che il professore non era ancora arrivato decise di fare un salto allo
spaccio e prendere una penna nuova, e nel farlo notò
distrattamente Aoi e Sakura al proprio posto e l’assenza di
Togami.
I
kami glielo fecero ritrovare in corridoio, intento a parlare con Sonia
Nevermind.
E
allora ditelo che mi odiate, maledetti!
Fece
ricorso a tutto il suo autocontrollo per non correre e tirare dritto
verso lo spaccio, fingendo di non vederli. Ignorò
platealmente i cortesi saluti della Principessa, aiutata anche dal
cellulare che aveva deciso di suonare al momento giusto.
“Ho
ritrovato delle vecchie fanfiction su Harry Potter sul mio portatile.
Non proprio alta letteratura, ma ho pensato potessero piacerti. Ci
vediamo dopo in caffetteria?”
Touko
sorrise. In mezzo a tanta sfiga, c’era ancora una faccia
amica e cicciotta per lei.
*
“Che
strano, Fukawa-san non deve avermi sentita…”
“Non
credo sia esattamente così.”
“Eh?”
“Niente,
niente. Lascia stare.”
Sonia
sbuffò. Odiava quando la trattavano con sufficienza,
soprattutto se a farlo era quel borioso di Byakuya Togami. Se gli
rivolgeva la parola era solo perché frequentavano gli stessi
ambienti, e non di rado avevano presenziato agli stessi party.
“Certe
volte sei davvero scortese, Togami-san. Shinobu-san ha proprio ragione
sul tuo conto.”
“Non
nominare mia sorella” ringhiò lui. “Sono
abbastanza sicuro che se ripeti il suo nome tre volte spunta dal nulla
per rovinarmi la giornata.”
“Come
Bloody Mary!” rise la Super Principessa, con sommo ed
evidente fastidio dell’Erede: “Ti prego, non
ricominciare a parlare di occulto. Non lo sopporterei.”
“Da
come la metti sembra che io non parli d’altro!”
“Perché
tu davvero
non
parli d’altro, Sonia” rispose lui, pacato.
“Se non parli di occulto parli di serial killer. E se non
parli di serial killer parli di Tanaka. Ormai lo conosco
così bene da sentirmi in dovere di rivolgergli la
parola.”
“Oh,
ma dovresti! È una persona deliziosa!”
“Abbiamo
già un fattucchiere ottuso in classe, passo.”
Sonia
stava per rispondergli come meritava (perché nessuno doveva
osare offendere Gundam Tanaka in sua presenza), quando
l’oggetto dei suoi desideri passò vicino a loro.
“Fai
come preferisci, Togami-san, non sarò io a salvarti dal tuo
pantano fatto di antipatia gratuita. Ho appena trovato di meglio da
fare, buona giornata!” chiosò, per poi
trotterellare via: “Tanaka-saaaaaan!”
*
Fuyuhiko
Kuzuryuu era nel pallone. E non inteso come dimensioni, cioè
che poteva entrarci comodamente tappo com’era.
Erano
ore che girava come una trottola per camera sua, rischiando seriamente
di lasciare il solco dietro di sé.
Da
quando Peko gli aveva fatto QUELLA domanda aveva praticamente smesso di
vivere.
“Kuzuryuu,
io... ti piaccio?”.
Santi
kami come ti è venuto in mente di farmi quella domanda ti
rendi conto che qualunque possa essere una mia eventuale risposta che
comunque non ti darò neanche nel 3050 hai fatto un danno
gigantesco io cosa devo dire a mio padre e a mia sorella e a tutto il
clan quelli sono capaci di cacciarmi e farmi diventare un trovatello
verranno a tirarmi i sassi all’orfanotrofio oh porca di
quella puttana lurida Peko sei impazzita del tutto-
Questo
pensiero, e pensieri simili, affollavano la sua mente dandogli severi
problemi nel mantenere un normale ritmo respiratorio, oltre a riempirlo
di adrenalina e tensione nervosa e farlo sembrare un pochino
più alto (tutta illusione ottica, ma non diteglielo che poi
si offende).
Sul
serio, sarebbe stato meno complicato per lui sentirsi chiedere il
valore di pi greco alla ottocentonovantaduesima cifra.
Dopo
averla sentita pronunciare quelle quattro parole il mondo intorno a lui
era improvvisamente diventato un peso, un fastidio, qualcosa che gli
impediva di esistere. O forse no e il tutto si riduceva a QUELLA
domanda, ma per il suo cervello era più semplice vederla
così.
Insomma,
era uno straccio.
Girò
e girò e girò e girò e girò
e girò.
Poi,
con le suole delle scarpe che rischiavano di prendere fuoco, si decise
ad arginare la situazione. Difatti, in un momento di inopinata
lucidità, capì che non poteva proprio restare in
quella impossibile impasse, assaltato da un attacco epilettico a
sinistra e da uno di panico a destra.
Basta
cazzo. Basta. Sei Fuyuhiko Kuzuryuu, non un marmocchietto a cui hanno
rubato le caramelle.
L’impeto
di determinazione rischiò però di svanire subito
non appena si rese conto che ok, era bene mettersi nella condizione
mentale per trovare una soluzione… solo se però
una soluzione la si aveva. E non era il suo caso.
Lui
non sapeva nulla di nulla sull’argomento. È vero,
da qualche tempo aveva preso a vedere la sua fidatissima guardia del
corpo con occhi diversi (lui e la parte del suo corpo che, per sua
somma sfortuna, non rispettava la fantomatica legge della L) e ogni
tanto aveva colpevolmente lasciato trasparire questo suo diverso
approccio, ma restava comunque a digiuno di esperienza reale nel campo.
Urge
un aiuto esterno se non vogliono trovarmi cadavere con la bava alla
bocca. Chissà poi quella stronza di Natsumi quanto riderebbe.
Riuscì
a fermare il suo infinito moto, prese un respiro profondo, si diresse
alla porta e la aprì.
Doveva
trovare un confidente.
Ma
chi? Bella domanda. La sua classe era composta da elementi tutto
sommato simpatici, ma che non gli davano l’idea di brillare
come stelle di prima categoria (tranne forse Sonia e Gundam, che
però erano rispettivamente troppo presa dai serial killer e
troppo chuuni per sapersi guardare negli occhi e dichiararsi i
reciproci sentimenti): Hinata aveva quell’esserino delizioso
di Nanami che ogni due per tre lo cercava per una partita in
cooperativa al Nantendo, solo che probabilmente il vero intento era
tutt’altro… e lui, scafato com’era, non
aveva mai saputo guardare al di là del proprio naso;
Hanamura escludiamolo a prescindere, era un maiale impenitente che
ragionava con l’inguine e non con qualcosa di più
nobile; Ibuki aveva forse un debole forse ricambiato per
l’Impostore, ma in quel momento della sua vita dava
priorità alla propria musica e non al romanticismo; Saionji
non citiamola nemmeno, specialmente da quando Ludenberg aveva distrutto
la sua vita sociale con la gentile collaborazione del disegnatore
panzone.
Sì,
scommetto che saprebbero spingermi nella direzione giusta.
Probabilmente quella del suicidio.
Ma
allora… chi?
Non
sapeva ancora che la sua ancora di salvezza stava uscendo proprio in
quel momento dalla caffetteria.
Che
era dalla parte sbagliata della barricata nella faida fra la 77 e la 78.
Che
portava i capelli arancioni acconciati in maniera a dir poco teatrale.
E
che, sovrappensiero com’era, ci era andato addosso franando
per terra come un sacco di patate.
“Ahio!
E chi cazzo… oh, ma guarda se non è il
turbo-nano!” disse Mondo Oowada squadrandolo
dall’alto in basso.
Lo
prese per la collottola e lo sollevò di trenta centimetri
buoni.
“Che
minchia fai, motociclista della domenica?”.
“Io
ti devo ancora gonfiare di botte, mica te ne sarai scordato
spero”.
Ecco,
magari una sana scazzottata era ciò di cui aveva bisogno per
rilassarsi e sfogare i nervi. C’è chi pensa meglio
a pancia piena, chi invece dopo una rissa.
“Certo
che no, belli capelli!” ringhiò, pronto a tirare
calci per aria nella speranza di beccare di nuovo il ridicolo pompadour
del Biker (il che avrebbe voluto dire perdere un altro dente, ma al
momento gliene importava ben poco).
Era
in procinto di piantare il piede destro su quella testaccia vuota
quando qualcosa oltre la spalla di Oowada attirò la sua
attenzione.
No
no nonono cazzo cazzo cazzissimo cazzo!
Cominciò
ad agitarsi ringhiando sottovoce “Mollami! Fammi scendere,
gorilla!”, e quando ci riuscì si nascose sotto
l’ampia giacca da bosozoku
di Mondo, che evidentemente non prese bene la cosa: “Che
cazzo stai facendo? Esci da lì, Frodo Baggings!”
“Shhh!
Tappati la bocca un attimo!”
“Ti
piace così tanto il mio culo?”
“Ma
sparati! Piuttosto stai zitto e nascondimi per i prossimi cinque
minuti!”
Mondo
tentò di carpire altre informazioni senza successo
(ad esclusione di un pizzicotto al polpaccio, che regalò al
Gangster una pedata fin troppo vicina al naso), poi finalmente si
zittì.
“Buongiorno,
Oowada-san. So che la domanda ti sembrerà strana, ma hai
mica visto bocchan in giro?”
“Oh,
Pekoyama! Il tuo bocchan, eh? Ecco…”
L’ennesimo
pizzicotto funzionò alla perfezione.
“Ahiabruttostronzo.
Ehm,
dicevo, no non ne ho idea. Oggi sono stato ben lontano dalla sua
Kawasaki Triciclo.”
Sentì
Peko sospirare: “Capisco. Ti prego di informarmi se dovessi
incontrarlo.”
“A-assolutamente,
ci mancherebbe.”
Li
sentì scambiarsi altri saluti, poi vide Peko (o meglio, i
suoi piedi) svoltare l’angolo e presumibilmente salire ai
dormitori del secondo piano. Quando ebbe la certezza che non sarebbe
tornata uscì dal suo nascondiglio (con sommo piacere, la
vicinanza del culo di Oowada non era esattamente piacevole).
“In
fuga dalla tua pregevolissima guardia del corpo? Questa mi è
nuova.”
“Fatti
i cazzi tuoi, Oowada?”
“Trovo
solo strano questo tuo evitarla, al punto di nasconderti sotto la mia
giacca” chiosò il Biker, “di solito
siete inseparabili come Frodo e Sam.”
“Senti,
intanto piantala con i riferimenti al Signore degli Anelli”
ringhiò Kuzuryuu, “e secondo, continuano a non
essere cazzi tuoi. Che ne sai tu di relazioni” aggiunse a
bassa voce, ma non abbastanza: “Ah beh, se lo dici
tu… però tra me e te chi è che sta con
la Super Modella?”
Questo
era punto di Oowada, doveva ammetterlo. Ma non ad alta voce:
“Beh, onestamente non augurerei a nessuno una storia con
quella spostata” disse, a bassa voce perché non si
sa mai, “e in ogni caso non mi sembra che siate proprio Romeo
e Giulietta.”
“Perché
nessuno di noi ha intenzione di crepare per
l’altro” fu la sconvolgente replica del Biker (che
dimostrò di aver prestato attenzione a qualche lezione di
letteratura), “e perché a noi va bene
così. Ma comunque tranquillo, ti lascio a girare in tondo in
preda a una crisi di nervi” rise l’altro, pronto ad
andare via, “ho già spinto il mio kyoudai tra le
braccia di Ikusaba, la mia dose di buone azioni mensili è
completa.”
Palo
in culo Ishimaru con la Full Metal Bitch? Non ci credo.
“Pft,
non ti ci vedo a fare Cupido” sputò Kuzuryuu,
senza nemmeno riflettere. Mondo non si scompose: “Liberissimo
di non crederci, tanto ti capiterà di incrociarli da qualche
parte e beccarli mentre tubano come i piccioncini che sono”
rincarò la dose, cosa che colpì il Gangster in
pieno. Perché in fondo in fondo (molto in fondo) un
po’ invidiava chiunque avesse il coraggio di ammettere i
propri sentimenti, senza doversi nascondere dietro a un qualsivoglia
codice degli yakuza. O dietro al culo di Oowada.
“Ma
esattamente cosa ti impedisce di essere sincero con te stesso? E con
Pekoyama, chiaramente.”
La
sua faccia doveva essere particolarmente espressiva, o non si sarebbe
spiegato altrimenti questa domanda da parte di Mondo, che non aveva
più la sua solita aria sbruffona ma un’espressione
più… comprensiva? Kuzuryuu non ne era del tutto
sicuro, ma al momento non era sicuro di molte cose.
“Tu…
non capiresti” fu la sua risposta, meno aggressiva di quanto
aveva sperato.
“Forse
no. Ma so per certo che continuare a mentire a te stesso non ti
gioverà per niente, o ti ritroverai dipendente dal Lucky
Gastro come lo Scion di Staceppa” ghignò
l’altro. Lo vide dargli le spalle e incamminarsi verso i
dormitori della 78, ma non prima di avergli dispensato
un’altra inaspettata perla di saggezza: “Credi a
me, per una volta: buttati. Non tenerti tutto dentro solo
perché intaccherebbe la tua reputazione da duro. Preferisci
vivere col rimorso di non averlo fatto o rischiare di essere
felice?”
E
se ne andò, lasciando Kuzuryuu che lo fissava a bocca aperta.
Davvero
quel gorilla mi ha appena dato un consiglio sensato?
E
sensato lo era sul serio.
Fuyuhiko
Kuzuryuu ci teneva al suo ruolo di capo yakuza… ma non
abbastanza da doversi negare le amicizie e l’amore di
qualcuno che, almeno apparentemente, lo ricambiava. Forse.
Al
diavolo il clan. Alla peggio Natsumi sarà contenta di avere
il mio posto!
Corse
al piano di sopra a cercare Peko, convinto di aver appena preso la
decisione migliore della sua giovane vita (aiutato da un Biker sui
generis).
*
“Bo-bocchan!
Ti ho cercato dappertutto, dov’eri finito?”.
“Peko,
quante volte ti ho detto di non chiamarmi in quel modo? E comunque
è possibile che presto non potrai più
usarlo…”.
“C-Cosa
vuol dire? È successo qualcosa? Mi stai
preoccupando”.
“No,
non è successo niente. Non ancora. Ma potrebbe”.
“Per
la miseria Kuzuryuu, non mettermi in tensione in questo modo! Cosa stai
cercando di dirmi?”.
“Non
ho niente da dirti, Peko. In compenso ho una cosa da fare”.
“E
cosa? Cosa?”.
“Per
favore, calmati. Sei viola”.
“Hai
parlato del tuo ruolo al passato, è il minimo che mi venga
un colpo! È tutta la vita che lotti con le unghie e con i
denti per preservarlo e rimanerne degno, ora non puoi spuntare dal
nulla e suonare così… così...
“.
“Peko,
taci un secondo. Ci sono cose più importanti nella vita che
essere un gangster di periferia con il fedora e la benda
sull’occhio. E tu… sei una di queste”.
“I-I-I-I-I-Io?”.
“Tu,
proprio tu. Sei la mia più cara compagna e amica, mi sei
vicina fin da quando eravamo nella culla, mi hai sempre protetto e
difeso con un senso del sacrificio encomiabile. Tutta questa dedizione
va premiata”.
“P-Premiata?”.
“Premiata,
sì. Stai qui ferma, non muoverti. È un
ordine”.
“Va
bene…”.
…
...
…
“Kuzuryuu?
Perché… hai una sedia?”.
“Lo
so io perché ho una sedia”.
“Ma
cosa stai…”.
“Mi
sto arrampicando sulla sedia perché sennò non
arrivo a fare quel che voglio fare”.
“E…
e cosa…”.
“Questo”.
SMACK.
“Io
ti amo, Peko Pekoyama”.
“T-T-Tu…”.
“Volevi
una risposta a QUELLA domanda, no? Eccotela, questa è la mia
risposta”.
“K-K-K-Kuzuryuu…
io… non so… non so cosa… cosa
dire…”.
“E
chi dice che tu debba dire qualcosa? Parlare è
sopravvalutato. Io non ho più voglia di nascondermi dietro
un dito e non riconoscere, con te e con il mondo intero, i miei veri
sentimenti. Se questo mi costerà il posto di erede del clan
ben venga, non ho problemi. Mia sorella sarà un sostituto
più che degno, anzi probabilmente migliore di me. Ora quel
che conta sei tu”.
Peko
sorrise, e Kuzuryuu quasi rischiò di cadere dal suo rialzo
improvvisato.
“Questa
tua dichiarazione è adorabile… ma fatta su una
sedia perde un po’ di charme”.
“...porca
troia”.
*
Makoto
Naegi si stava sfregando le mani.
Era
sabato sera e la 77 stava per commettere la sua bravata. Un gruppetto
di prodi (composto da lui, Togami, Ikusaba, Oowada e Kirigiri) era
riuscito a imboscarsi nella biblioteca, proprio accanto
all’ingresso della piscina, per colpirli quando avrebbero
avuto le braghe calate. Letteralmente.
“Oh
insomma Oowada, stattene zitto. Vuoi che ci becchino per
caso?” sussurrò Mukuro rivolta al Motociclista, il
quale stava esternando con sin troppo ardore l’eccitazione
per il loro malefico piano.
“Ti
devo forse ricordare che è grazie a me se adesso ti puoi
definire fidanzata?”.
“...i
colpi bassi non valgono. E comunque sai che ho ragione, taci”.
“Consiglierei
di seguire le direttive di Ikusaba in merito, è lei quella
che si intende di agguati” suggerì saggiamente
Kyouko, acquattata contro il muro assieme a Naegi. A cui stava
stringendo la mano.
Devo
restare calmo, calmo e zen. Non devo cedere agli impulsi animaleschi,
anche perché di Junko e Mondo ce ne basta una di coppia in
classe.
“Ssssh!
Sento dei rumori! Silenzio, fate silenzio”
sentenziò la Soldatessa, facendo cenno di ammutolirsi. Tutti
le obbedirono.
In
effetti Kyouko aveva ragione, nessuno meglio di lei poteva guidarli in
quest’impresa.
Il
loro leader si avvicinò alla porta e guardò dallo
spioncino, sempre intimando la massima cautela. Lasciò
trascorrere una manciata di secondi, poi si rimise in piedi e dopo aver
radunato la truppa attorno a sé disse: “Ok, erano
loro. Dovrebbero essere passati tutti. Per pura precauzione ripassiamo
il piano: attendiamo una decina di minuti, giusto per essere sicuri che
quelli si diano alla pazza gioia. Poi penetriamo negli spogliatoi, io e
Kirigiri in quello delle ragazze e Naegi e Togami in quello dei maschi,
e razziamo tutti i loro vestiti e soprattutto le loro ID card mentre
Oowada rimane fuori a fare da palo. Infine prendiamo i loro stracci e
li gettiamo nei cessi dei bagni di questo piano”.
“Naturalmente
questo include gli ID, esatto?”.
“Gli
ID? Addirittura? Non sarà un po’ troppo
così, Togami?”.
“Non
direi. Tanto rimarranno intrappolati per ore in quel posto,
chissenefrega se le loro povere piccole schede faranno una brutta
fine”.
“Io
sto con Togami-san” disse Naegi “Si meritano questo
ed altro!”.
“Mi
pare francamente eccessivo arrivare a tanto. I vestiti bastano e
avanzano”.
“Uh?
Kyouko-san, ma come?”.
“Sei
troppo crudele con loro, Makoto-kun. Non serve spingersi a tanto. Ti
rendi conto che renderesti la loro vita un vero inferno
perché li priveresti dell’unico strumento
veramente necessario per funzionare normalmente in questa accademia?
Senza considerare i casini burocratici, e probabilmente anche
disciplinari, a cui andrebbero incontro di fronte a mio padre. Va bene
lo scherzo, sono la prima a volermi fare due ghignate alle loro
spalle… ma il troppo stroppia”.
Ebbero
un piccolo battibecco (il
mio primo battibecco da ometto impegnato! Mi sento come uno sposato da
cinquant’anni!) ma
alla fine la linea morbida della Detective ebbe la meglio, supportata
dall’inusuale bontà d’animo di Mukuro.
È proprio vero, si trovò a constatare il ragazzo
con una punta di risentimento, che le donne fanno comunella contro noi
poveri maschietti.
“Va
bene, va bene” concesse alla fine, sconfitto “ci
limiteremo ai vestiti. E va beh, sarà divertente
comunque”.
“Oh
sì, lo sarà” confermò
Byakuya col suo migliore sorriso da bello e stronzo come la morte, come
lo avrebbe definito Touko.
Aspettarono.
Lui voleva approfittarne per darsi un po’ alla pazza gioia
con la sua bella, ma lei era in modalità lavorativa e non
voleva saperne di distrazioni. Inoltre il suo maldestro tentativo di
trascinarla più in disparte non mancò di
indispettire Ikusaba e Oowada, che lamentarono entrambi le assenze dei
rispettivi partner. D’altronde Ishimaru era sin troppo
impegnato con la sua usuale ronda notturna (e Makoto non
mancò di notare una certa aria… estasiata in lei
mentre lo descriveva con la camicia leggermente aperta e il bokken
agganciato alla cintura) e figurati se ci si poteva portare Junko, la
persona più caciarona dell’intero Giappone che li
avrebbe fatti beccare ancora prima di appostarsi.
“Ok”
sentenziò Mukuro consultando l’orologio del
cellulare “direi che possiamo muoverci. Ah, vi devo chiedere
di avere pazienza quando saremo dentro, ho promesso a quella disgrazia
ambulante di mia sorella che le avrei fatto la fotostoria della nostra
azione via chat”.
“Fammi
indovinare: è la contropartita che hai contrattato per
convincerla a restarsene in camera”.
“Non
ti chiamano la Super Detective per nulla, Kirigiri. Avanti, abbiamo
cianciato abbastanza”. Dicendo questo aprì loro la
strada, muovendosi furtiva come un espertissimo ladro che stava
irrompendo a Fort Knox.
Diavolo,
è… quasi ipnotica. Si muove con una tale grazia e
una tale sicurezza. Non mi meraviglia che sia tornata a casa senza
neanche un graffio dopo aver combattuto in giro per il mondo.
Giunti
davanti agli ingressi alzò il braccio per imporre
l’alt, poi con due rapidi gesti delle dita provvide a
dividere il gruppo.
Lui
e Togami entrarono nello spogliatoio maschile.
“Per
la miseria, che casinisti” commentò il Fortunello
osservando lo scempio di fronte a lui: calzini gettati negli angoli,
pantaloni arrotolati come se fossero palle da calcio, camicie ormai
buone per lo sfasciacarrozze.
“Sono
un branco di buzziconi senza speranza, altroché. Guarda come
si riducono se lasciati liberi di scorrazzare in giro”.
“Vorrei
poterti dire che come al solito tranci giudizi gratuiti, ma per una
volta darò retta alla vocina malefica nella mia testa che ti
dà sempre ragione. Su, ora diamoci da fare. Ah Togami-san,
una cosa importante: Hinata è mio”.
“Non
ne dubitavo Naegi, tranquillo. Non era di certo mia intenzione privarti
delle tue piccole vittorie da plebeo”.
“Grrrrrrrazie”.
Cominciarono
a ramazzare tutto, trovandosi obbligati a fare più viaggi
perché la quantità di vestiti era davvero
eccessiva per un unico trasporto. Certo, oltre a questo non
aiutò il fatto che Togami continuava a frignare come una
femminuccia sibilando
“Cheschifocheschifocheschifo!” ogniqualvolta
prendeva in mano qualcosa.
“Senti,
per tanto così potevi rimanere fuori a far finta di fare la
guardia. Stai raccogliendo una cravatta, mica del letame”.
“Ma…
ma sono i vestiti di gentaglia con un pessimo gusto e un ancora
più pessimo odore!”.
“È
roba che deve finire in una tazza del cesso, ha davvero tutta questa
importanza?”.
“Sì
maledizione, sì!”.
“...rinuncio
a capirti”.
Quando
tornò dentro per l’ultimo carico, a Makoto venne
un’idea stramba.
Voleva
spiarli.
Per
fortuna c’era una piccola finestrella sulla porta che dava
direttamente sulla piscina. Fece una fatica immensa a trovare qualcosa
che gli fungesse da supporto, dato che la sua ridicola altezza non gli
permetteva di farcela da solo.
E
fu un errore.
O
meglio, fu una coincidenza sfortunata.
Quando
riuscì a inquadrare qualcosa ebbe un giramento di testa e
una perdita di un paio di litri di sangue dal naso. Questo
perché quel dannato spirito libero e un po’ folle
di Ibuki Mioda aveva ben pensato di fare il bagno completamente nuda.
Cadde
all’indietro, semi-svenuto. Solo un colpo di fortuna permise
a Togami di afferrarlo al volo e di non fargli sbattere la testa sul
pavimento.
“Ma
si può sapere che ti prende? Perdi tempo a spiarli mentre
dovremmo andarcene senza farci scoprire?”
“Scusa,
non so cosa mi è preso” ammise Makoto,
“ero… curioso, ecco. E trovarmi Mioda-san come
mamma l’ha fatta praticamente davanti agli occhi non ha
aiutato. Non il mio equilibrio, almeno” ammise, con un colpo
di tosse a camuffare il suo imbarazzo.
“Voi
plebei e i vostri istinti animaleschi, incapaci di
trattenervi.”
“Quindi
stai sbirciando da quella stessa finestrella perché sai come
tenere a bada i tuoi istinti, immagino.”
“...un’altra
parola e la tua storia con Kirigiri è finita.”
“Fallo
e Syo verrà a saperlo.”
“NON
OSERAI.”
“Mettimi
alla prova, Togami-san” sorrise Makoto, con
quell’aria innocente che lo avrebbe tirato fuori da quasi
qualunque guaio. Lo Scion ovviamente lo sapeva, per questo dovette
capitolare: “Facciamo che ciò che è
successo in questo spogliatoio rimane nello spogliatoio.
Intesi?”
“Intesi.”
Dopo
essersi accordati sul segreto da portare nella tomba uscirono,
incrociando Ikusaba e Kirigiri che aprivano la porta
dell’altro spogliatoio allo stesso momento:
“Fatto?” chiese la Soldatessa, e lui e Togami
risposero con un cenno affermativo.
“Bene,
i loro vestiti sono finiti nei water, e le loro schede elettroniche le
abbiamo lasciate accanto ai lavandini… esatto?”
chiese Kyouko, lanciando un’occhiata eloquente agli altri
due, i quali assicurarono che sì, le ID card della 77 erano
sane e salve. Makoto aveva avuto la tentazione di buttare nel cesso
quella di Hinata fino all’ultimo, ma alla fine la sua indole
da bravo ragazzo gli aveva impedito di farlo. Quella da prole di Satana
di Togami ci aveva provato al posto suo, ma era riuscito a fermarlo in
tempo.
“Direi
che possiamo andare” annunciò Mukuro,
“metti caso decidano di uscire adesso. Meglio non ci sentano.
Oowada, c’è nessuno fuori?”
“Via
libera.”
Uscirono
in silenzio e corsero verso le scale che portavano ai dormitori al
primo piano, separandosi e andando ognuno nella propria stanza. O
meglio… Mondo e Togami andarono nelle rispettive camere, la
Soldatessa invece andò a cercare il Prefetto, che
probabilmente era ancora di ronda (e il fatto che
quest’ultimo fosse assolutamente pro-faida aveva aiutato
parecchio nell’assicurare i corridoi liberi, quella sera).
Erano
rimasti solo lui e Kyouko.
Che
faccio? Le chiedo di venire in camera mia? Però magari pensa
male, e oddio è ancora presto per darci alla pazza gioia
come Oowada-kun ed Enoshima-san e io non ho il coraggio e non voglio
che mi creda quel tipo di ragazzo perché non lo sono
però voglio rimanere ancora un po’ con lei e-
“Hai
sonno, Makoto-kun?”
“E-Eh?”
“Chiedevo
solo se sei già stanco.”
“N-no,
non ancora… anzi, il nostro piano mi ha lasciato addosso un
po’ di adrenalina” rise lui, per nascondere
l’imbarazzo.
“Bene,
allora… posso proporti di non tornare in camera? Non subito,
almeno.”
Oddio
vuole fare lei la proposta indecente? Potrei morire in un tripudio di
miccette se lo facesse, ti prego Kyouko abbi pietà della mia
anima non proprio candida-
“Potremmo
andare in sala audiovisivi a guardare un film, solo io e te…
ti va?” sorrise lei, quel sorriso che aveva il potere di
mandargli in pappa il cervello.
“C-certo,
perché no?”
Lei
lo prese per mano e lo trascinò verso il corridoio opposto.
Era
ancora troppo presto per certe cose, si disse. E un po’ si
diede dello stupido perché era davvero troppo
ingenuo.
Ma
magari va bene così.
*
Il
loro piano era riuscito perfettamente.
Mentre
guardava i suoi compagni sguazzare felici in piscina (e non poteva
negare di aver lanciato più di un’occhiata a
quella pazza di Ibuki, che aveva mantenuto la parola presentandosi
nuda), Hinata si complimentò con se stesso: erano riusciti a
intrufolarsi in piscina in piena notte e nessuno li aveva scoperti.
Sono
un genio.
Certo,
un po’ lo rammaricava che la classe non fosse lì
al completo, ma il gruppetto di dissidenti si era categoricamente
rifiutato di prendere parte a quella bravata (eccetto
Ibuki, ma va beh, figurati se non si aggrega quando si tratta di far
casino);
nemmeno Saionji si era fatta viva, ancora chiusa nella sua stanza con
la sola Koizumi a farle compagnia (perché
è l’unica che non vuole vedere morta),
Tanaka e Sonia erano impegnati in… qualunque cosa facesse la
gente dedita all’occulto, e Togami odiava mettersi in costume
da bagno. Hanamura invece era stato legato e chiuso nella sua stanza,
perché metterlo in una situazione del genere era
semplicemente un no grosso quanto una casa. Hinata
rabbrividì al solo pensiero.
Inoltre…
non lo avrebbe ammesso ad alta voce, ma avrebbe voluto Chiaki
lì con loro. Con lui.
Ma la ragazza non aveva voluto saperne, ritenendo quella faida
un’idiozia e rinunciando persino a farlo ragionare.
Magari
dovrei parlarle…
Beh,
al momento non poteva farlo.
“Ok
ragazzi, fare i tuffi a bomba è una figata ma dobbiamo
andare” annunciò, “meglio non sfidare la
sorte.”
“Però
magari abbiamo fortuna e non ci trovano” chiosò
Komaeda, ma preferì ignorarlo: “Avanti, fuori. E
Ibuki, per favore, copriti!” disse, fingendo un minimo di
decenza.
Si
avviarono verso i rispettivi spogliatoi, quando sentì Mikan
urlare da quello femminile: “I VESTITI! I NOSTRI VESTITI SONO
SPARITI!”
“Cosa?!”
“Non
può essere!”
Entrò
di corsa nello spogliatoio maschile insieme agli altri ragazzi,
trovandosi di fronte lo stesso spettacolo: tutte le loro cose erano
scomparse.
“Le…
le nostre carte elettroniche” pigolò Souda
“erano nelle tasche dei vestiti…”
Hinata
sbiancò.
“E
ora cosa facciamo? Siamo bloccati qui fino a
domattina…” disse Akane.
“...quando
verranno a pulire la piscina. E ci troveranno qui” concluse
Kuzuryuu, ringhiando.
Erano
intrappolati e mezzi nudi (totalmente nudi, nel caso di Ibuki), e
c’era una sola ragione che gli veniva in mente.
“La
78… è stata la 78…”
borbottò, per poi lasciarsi andare ad un urlo disumano:
“NAEEEEEGIIIIIIIIIIII!”
*
“Hai
sentito anche tu, Tanaka-san?”
“I
nostri compagni staranno divertendosi in piscina, come avevano
già annunciato.”
“Hm
sì, probabile. Oh, questo incantesimo per evocare Belial
sembra interessante!” chiosò Sonia, sfogliando
l’ultimo numero di L’Occulto
per Te
che le era arrivato per posta. Gundam la osservò in
silenzio, poi sospirò e le prese la rivista dalle mani:
“Questa è una lettura per principianti, mentre
ritengo sia finalmente giunto per te il momento di passare a magie di
livello superiore.”
A
Sonia si illuminarono gli occhi: “Dici sul serio?”
“Assolutamente
sì” sorrise lui, porgendole un numero de L’Occulto
24 Ore. “Tieni,
lascia che ti illumini…”
“Oh
Tanaka-san, sai sempre come stupirmi!” |
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Capitolo 12 *** ...e i mugolii agghiaccianti da dietro la porta ***
Jin
Kirigiri era soggetto a emicrania. Quella mattina stava avendo la
peggiore, più insistente, più fastidiosa
emicrania della sua esistenza.
Era
seduto alla sua scrivania da preside della Kibougamine. Al suo fianco,
ritto come un fusto, il fidato Gentarou Hongou che, probabilmente
credendosi furbo, ogni tanto gli lanciava un’occhiata di
sottecchi come a dirgli “Allora Jin caro, avevo ragione o
no?”. Come se non se ne fosse accorto istantaneamente.
E
di fronte a lui… sigh. Di fronte a lui erano schierati, come
condannati di fronte a un plotone d’esecuzione, certi
elementi della classe 77.
Assonnati,
in costume da bagno e con lo sguardo di chi sa che non
uscirà vivo da quella stanza. Tranne Mioda, coperta solo da
un asciugamano e senza il minimo segno di rimorso… e anzi,
ancora stava lì a strepitare su quanto era stata figa la
notte appena trascorsa.
“Yuhuuuuuuuuuuu!
Ibuki adora fare il bagno nuda! Con tanto di poliziotti che la vengono
ad arrestare per atti osceni!”.
“Mioda-san,
non muoverti in maniera scomposta o ti cade lo straccio” la
rimproverò Pekoyama con fare severo.
Sigh.
Hajime
Hinata, Kazuichi Souda, Fuyuhiko Kuzuryuu, Peko Pekoyama, Akane Oowari,
Ibuki Mioda, Nagito Komaeda, Mikan Tsumiki.
Mezza
classe di fronte a lui, a rispondere di quella folle nottata.
“Allora”
si alzò Jin, portandosi di fronte ai rei “Qualcuno
di voi vuole avere la gentilezza di spiegarmi cosa ci facevate chiusi
in piscina? Perché eravate in piscina? E soprattutto
perché Mioda è nuda come un verme?”.
Le
sue legittime domande vennero accolte solo da un silenzio imbarazzato.
E da versi non identificabili della Super Musicista, ancora
terribilmente su di giri.
“Lo
sapete che il non parlare peggiora solo la vostra posizione,
vero?”.
“...”.
“Va
bene, non siete in vena di chiacchiere. Vorrà dire che vi
divertirete a passeggiare così come siete per i corridoi, e
domani frequenterete le lezioni e starete in temuta quasi adamitica per
tutto il giorno. Se uno di voi si azzarderà a mettersi
addosso anche solo un calzino verrete espulsi tutti in blocco. Ora,
volete riconsiderare?”.
Gli
otto imputati si agitarono un attimo, a quanto pareva non troppo
estasiati dalla prospettiva di un’intera giornata in costume
da bagno ancora umido.
“Allora,
qualcuno ha qualcosa da dirmi?”.
“Sì,
in effetti sì…” rispose Kuzuryuu, il
quale sembrava aver finalmente trovato il coraggio di confessare.
“Prego
Gangster, sono tutto orecchi”.
L’altro
si schiarì la voce e prese a parlare: “Dunque, io
e i presenti avevamo in programma un fuoriprogramma per allietarci il
week-end. Una nuotatina a sbafo, niente di pericoloso o distruttivo.
D’altronde è un peccato non sfruttare
un’olimpionica così ben attrezzata al di fuori
dell’orario scolastico, non crede? Ecco, ci siamo organizzati
appunto per ieri sera, siamo andati e abbiamo fatto quel che si
può immaginare essere successo. Fra l’altro le
chiedo scusa per tutto il casino che gli inservienti hanno trovato, ma
quando Ibuki si tuffa a bomba… beh, le assicuro che si tuffa
davvero a bomba. E al contrario nostro, una volta appurato che non
potevamo andarcene, ha proseguito imperterrita per tutta la notte.
Credo che i miei capelli rimarranno bagnati per sempre”.
“Ibuki
fa solo le cose più matte e impossibili! Non si accontenta
di nulla di meno!”.
“...grazie
per la precisazione, era fondamentale. Dicevo. Quando poi abbiamo
deciso di andarcene ci siamo accorti che i nostri vestiti e le nostre
ID card erano sparite, tutto trafugato dagli spogliatoi. E quindi non
abbiamo avuto altra scelta se non sederci per terra, mogi mogi, ad
aspettare l’arrivo dei soccorsi”.
“Tranne
Ibuki! Ibuki voleva continuare a nuotare!”.
“Mioda,
ma vuoi stare zitta un secondo per favore?” la
apostrofò acidamente Hinata.
“Bleeeeeeeeh!
Hajime, sei brutto e cattivo e a Ibuki non piaci!”.
Sigh.
Chiese
conferma della storia agli altri, e ovviamente le versioni
corrispondevano. Quando fu il turno di Hinata, Jin notò che
nei suoi occhi c’era un velo di rabbia furibonda:
“Hinata, il tuo sguardo ti tradisce. Cosa sai che non mi hai
detto?”.
“Vede
signore, credo di sapere perché ci è successa
questa disavventura e chi dobbiamo ringraziare”.
“E
sarebbe?”.
“La
78. E in particolare Naegi…” rispose, e forse
giusto le poltrone dell’ufficio non si accorsero della
quantità d’odio intrisa in quella parola.
Orpo.
Stai a vedere che quel mattacchione di Hongou… e
sì caro mio, lo so che mi stai osservando mentre
gongoli… ci aveva azzeccato con ‘sta cosa.
“Ne
sei sicuro?” disse prendendo dei fogli dalla sua scrivania
“Perché si dà il caso che, non appena
mi è giunta notizia della vostra presenza abusiva in
piscina, ho fatto controllare l’ordine delle strisciate delle
schede per gli spogliatoi. E stando ai tabulati le ultime risultano
essere quelle di Souda per i maschi e di Mioda per le
femmine”.
“Lo
sapevo che non dovevo farmi fregare dalla promessa di una foto di
Sonia-san in costume, che neanche c’era in
piscina…” borbottò il Meccanico,
beccandosi un coretto di “Pirla! Pirla!”.
Sigh.
“Ne
è sicuro, preside? È impossibile che non ci sia
altro, a meno che ai nostri vestiti non siano cresciute le gambe e se
ne siano andati da soli!” contestò Hinata. Nella
sua testa Jin gli diede ragione, qualcosa doveva ben essere
successo… e forse sospettava anche cosa.
Nella
classe di mia figlia c’è Fujisaki, Super
Programmatore. Capace di penetrare nel sito dell’FBI con un
386, probabilmente. Quindi vai a sapere che danni è
potenzialmente in grado di fare con dell’attrezzatura
adeguata.
Ciononostante
non aveva reali prove della sua colpevolezza, anche perché
lo conosceva abbastanza da sapere che non era assolutamente il tipo di
persona da commettere una simile infrazione: “Può
darsi, Hinata. Ma allo stato attuale i fatti dicono questo. E comunque
ciò non toglie che quelli ad aver agito come dei teppisti
siate state voi e non di certo loro. Pertanto è il momento
della vostra punizione”.
“Ooooh,
finalmente il preside usa il pugno di ferro”
commentò sornione da dietro Hongou, beccandosi un rimprovero
mentale da parte di Jin.
“La
vostra punizione, miei ribelli studenti, consiste in un intero mese di
detenzione dopo le lezioni. Andrete in classe e seguirete da bravi
alunni coscienziosi, poi qualcuno verrà a prendere voi otto
e vi porterà in un’altra aula fino
all’ora di cena. Da lì non mi muoverete, salvo in
caso di necessità di lavoro manuale come pulire i pavimenti
o riordinare gli archivi. A seconda delle esigenze, ecco”.
“Ma
davvero? Tutto qui? Questi irrompono in maniera del tutto illegale in
una proprietà dell’accademia e gli diamo solo una
pacca sulla schiena come premio? Almeno l’anno scorso, quando
è esplosa la palestra in diretta TV nazionale, tre
espulsioni sono state comminate”.
Jin
si voltò verso Hongou, l’autore della frecciata, e
calmo e pacifico gli disse “Hongou-san, si è
trattato di una bravata innocua alla fine. Nessuno si è
fatto male e la piscina è intatta. E comunque, cosa le dice
che sarà una passeggiata di salute per questi otto
scavezzacollo?”.
Uno
sguardo d’intesa fece nascere un sorriso malvagio sul volto
di entrambi gli uomini.
Il
preside tirò fuori il suo cellulare, ebbe una rapidissima
conversazione e dopo pochi minuti il nuovo incubo degli studenti
lì presenti si materializzò dalla porta
d’ingresso.
“Vi
presento Juzo Sakakura, membro del corpo di sicurezza della scuola e
vostro carceriere durante le ore di punizione”.
Le
espressioni dei ragazzi erano più che eloquenti: di fronte a
Sakakura e alla sua stazza da armadio, le loro mascelle quasi toccarono
terra. Ad eccezione di Kuzuryuu, che doveva mostrarsi stoico sempre e
comunque (pur arrivando al ginocchio dell’uomo). Juzo si
limitò a sorridere, un sorriso che voleva dire
“Dimenticatevi della vostra esistenza per come la
conoscete.”
“Ah
però, scelta peculiare” chiosò Hongou,
“reciteremo una preghiera per voi.”
“C-che
vuol dire?” osò Hinata, ma venne interrotto da
qualcosa che lo sollevava per un braccio: “Andiamo, signorina”
ghignò Sakakura, trascinando il ragazzo e facendosi seguire
in silenzio dal resto della classe.
Jin
e Hongou rimasero in silenzio, che venne rotto da
quest’ultimo: “Magari ha un po’
esagerato.”
“Me
lo dice proprio lei, Hongou-san? Domani pioveranno rane.”
“Sono
un bastardo, ma non voglio che gli alunni ci rimettano
fisicamente… non tutti” ringhiò il suo
vice, probabilmente pensando a tutti i Lucky Gastro che Togami gli
aveva fregato sotto al naso. “E Sakakura ha una nomea di
picchiatore impenitente fin dai tempi in cui era nostro
alunno.”
“Non
ottieni il titolo di Super Pugile mica per caso” sorrise il
preside, “e comunque gli ho detto di non lasciarsi prendere
la mano. Se dovesse succedere lo farò affiancare da
Munakata.”
“Munakata?
Tra lui e Sakakura non so cosa sia peggio.”
“Ma
sì, sono ragazzi, se la caveranno.”
Jin
Kirigiri sentì chiaramente lo stomaco di Hongou gorgogliare
in maniera sospetta. Unita alla faccia infastidita che aveva appena
fatto, la considerò una piccola vittoria.
Quello
che ti meriti per avere ragione.
*
“Grazie
per averci coperti, Fujisaki-kun.”
“Non
so di cosa tu stia parlando, Naegi-kun.”
“Beh,
in ogni caso grazie a nome di tutti. Anche di Togami, che ha preso il
muro a testate per mezz’ora quando si è ricordato
di aver aperto lo spogliatoio maschile con la sua carta
magnetica.”
Chihiro
non poté trattenere un mezzo sorriso: sapeva della loro
bravata della scorsa notte, perché Mondo era coinvolto e
ovviamente glielo aveva riferito. Ma soprattutto gli aveva chiesto
praticamente in ginocchio se poteva cancellare ogni traccia del
passaggio delle loro schede dai sistemi di riconoscimento degli
spogliatoi (perché Ikusaba era indubbiamente la Super
Soldatessa e Kirigiri e Togami gli intelligentoni del gruppetto, ma
Mondo, parole sue, era uno stronzo scafato che stava in una gang
dall’età di dodici anni e sapeva come funzionavano
queste cose. “Perché credi mi sia offerto di fare
solo da palo?” gli aveva detto, ridendo). E lui, buono
com’era, alla fine aveva ceduto.
“Questa
è la prima e ultima volta che vi aiuto per questa stupida
faida, intesi?” disse, guardando Naegi oltre lo schermo del
suo pc portatile. Il Fortunello sorrise: “Assolutamente
sì! Anzi, se posso fare qualcosa per sdebitarmi non esitare
a chiedere!”
Il
Programmatore si ritrovò a riflettere seriamente su
quell’offerta… e forse sapeva anche cosa chiedere.
“In
effetti qualcosa ci sarebbe.”
Qualche
minuto dopo era in camera di Naegi che si guardava allo specchio, con
addosso una delle sue felpe.
“Di
tutte le cose che potevi chiedermi questa è di sicuro la
più inaspettata.”
Chihiro
si voltò a guardare il Super Fortunello, che lo osservava
con un sorriso stampato in faccia.
“Beh,
al momento gli allenamenti di Oowada-kun e Ishimaru-kun non hanno
sortito grandi effetti su di me” arrossì,
“cercare di diventare un vero uomo è
più faticoso del previsto…”
“Dipende
sempre da cosa si intende per vero
uomo”
replicò Naegi, “non credo esista una definizione
univoca. Un vero uomo può esserlo Oowada-kun come possiamo
esserlo io e te. Non è certo una mera questione di
muscoli.”
Il
Super Programmatore annuì: “Per questo ho pensato
che cominciare a piccoli passi potesse essere la cosa migliore, come
variare un po’ il mio abbigliamento… ma i vestiti
di Oowada-kun sono troppo larghi per me.”
Naegi
ghignò: “È una bella fortuna che io sia
alto come una scatola di scarpe, vero?”
Entrambi
scoppiarono a ridere.
*
Che…
che cosa diamine sto sentendo…
I
dormitori della Kibougamine erano famosi per essere attrezzatissimi e,
soprattutto, insonorizzati. Questo spiegava perché nessuno
aveva mai sentito Oowada ed Enoshima all’opera nelle ore
notturne, cosa di cui erano tutti molto grati.
Ma
in quel momento le pareti insonorizzate delle stanze sembravano venir
meno al loro compito, o non si spiegava perché Aoi stesse
sentendo quei versi così… strani.
Versi
che provenivano dalla stanza di Sakura Oogami.
Un
altro mugolio la raggiunse. Erano piuttosto attutiti dalla porta, unica
area non del tutto insonorizzata, ma trovandosi lei a pochi centimetri
di distanza li udiva abbastanza bene da voler scappare e dimenticare
tutto con una delle Asahi di Oowada.
A-allora,
ragioniamo. Questi sono versi di… oddio, mi fa senso dirlo,
ma sono versi di piacere. Ed è una voce MASCHILE. Ora, sono
abbastanza certa che Kenichiro non sia passato a trovare Sakura-chan, e
in ogni caso non sono tipi da fare zozzerie in bella vista, figurati se
lei accetterebbe. Ma se non è Kenichiro… allora
chi è?
La
sola idea che la sua migliore amica stesse tradendo il fidanzato era
ridicola per i più svariati motivi, primo fra tutti
perché la Super Artista Marziale era una persona dai sani
principi morali che mai e poi mai avrebbe commesso un atto
così deplorevole. E poi perché la reazione di
Kenichiro era qualcosa a cui nessuno avrebbe voluto assistere.
Soprattutto
perché non sopravviverebbe per raccontarlo.
Tuttavia
non poteva continuare a rimanere lì ferma a fissare la
porta, ed era già in ritardo di dieci minuti. E non le
piaceva fare aspettare Sakura.
Però
non mi piacerebbe nemmeno vedere cosa sta succedendo là
dentro, ugh…
Si
rassegnò ad affrontare il suo destino e suonò il
campanello, augurandosi mentalmente che chiunque si trovasse in stanza
con Sakura fosse anche vestito.
“Aoi,
mia cara, finalmente.”
“S-scusa
l’attesa, ho avuto un… contrattempo.”
“È
successo qualcosa di grave? Stai bene? In effetti stai
sudando…”
“No
no no, sto benissimo! Almeno fisicamente” aggiunse sottovoce,
perché al momento non poteva dire lo stesso del suo
cervello. “Solo che…”
“Solo
che?”
No
ok, non ce la faccio. Devo sapere.
“Ecco,
io ho… sentito rumori strani attraverso la tua
porta.”
“Addirittura?
Erano così forti?”
Ah,
quindi lo ammetti?!
“S-sì,
effettivamente… credevo ci fosse Kenichiro e non volevo
disturbarvi” confessò, e Sakura arrossì
di colpo: “M-ma che dici! Lo sai che non farei mai certe cose
qui a scuola” aggiunse l’Artista Marziale
sottovoce, preda dell’imbarazzo. “E comunque non
c’è Kenichiro in camera con
me…”
Aoi
sgranò gli occhi: “Allora c’è
davvero un altro ragazzo con te?! Ommioddio, Sakura-chan!”
strillò, e a quel punto l’amica la
trascinò dentro, giusto per evitare che qualcuno in
corridoio le sentisse.
“Ok,
sarà meglio che ti spieghi.”
“Sì,
credo sia meglio…”
“Ciao,
Asahina.”
La
Nuotatrice si bloccò di colpo.
No.
Non ci credo.
Si
voltò lentamente, fino a posare gli occhi sul letto
dell’amica… dov’era sdraiato Byakuya
Togami.
A
petto nudo.
Rivolse
la sua più sconvolta espressione a Sakura, senza dire nulla
ma semplicemente indicando lo Scion (che di contro si limitava ad
osservarla con la sua solita faccia da Gente Annoiata di un Certo
Livello).
Oddio
oddio oddio ma sul serio sul serio Togami con Togami Sakura io non
approvo che tu metta le corna a Kenichiro ma se proprio devi farlo
almeno trovatene uno migliore santo cielo ma davvero io non ci posso
credere è impossibile ma lui mezzo nudo non dà
molto spazio a dubbi e se lo viene a scoprire Fukawa-chan e Syo e
Kenichiro ma soprattutto Kenichiro quello arriva e rade al suolo la
scuola con la sola imposizione dell’aura siamo morti siamo
tutti morti Sakura davvero se ci volevi morti potevi davvero fartene
uno migliore-
“Asahina,
stai bene? Vuoi sederti e riprenderti mentre noi
continuiamo?”.
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Il
cervello di Aoi trovò caritatevole spegnersi e farla
crollare a terra svenuta.
…
“Aoi,
stai bene?”.
Ooooooh.
Quale TIR mi ha investito? Oh già…
“OH
GIÀ! L’incubo se n’è andato,
vero?” urlò schizzando in piedi, pur fra le
proteste di Sakura che le diceva di prendersela comoda.
“Incubo?
Che incubo?”.
“Quell’incubo
a forma di Togami mezzo nudo. Se n’è…
oh no! È ancora qui!”.
Il
quale incubo se la rideva sotto ai baffi.
“Vuoi
calmarti e lasciarmi spiegare, per favore?”.
“Cosa
mi devi spiegare? Mugolii, un maschio poco vestito… avevate
finito da poco, per caso?”.
“Aoi!
Cosa ti ho detto prima? E poi con Togami, ti pare? Me ne sceglierei uno
migliore”.
GROOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOARGH.
“Salute,
incubo realistico che ha la gastrite come
l’originale”.
Allora…
non è vero? Ma gli indizi puntavano tutti a quello...
“Aoi,
ti prego. Prendi un respirone profondo e permettimi di chiarire la
situazione” tentò ancora Sakura, e in quel caso
ebbe fortuna perché lei la ascoltò e
cercò di darsi una calmata.
“Ok,
ora che il colorito violaceo se n’è andato dal tuo
viso forse posso farti capire meglio. Vedi, quelli che tu hai
equivocato come… atti impropri non erano altro che il mio
applicare un massaggio alla povera schiena di Togami-san. Oh, se lo
toccassi te ne accorgeresti anche tu quant’è
stressato, con tutti i muscoli tesi”.
“Se
posso evitare di toccarlo sarebbe meglio. Mi fido sulla
parola”.
“Guarda
che non ho la lebbra!”.
“Magari
sei di un tipo ancora da catalogare. Comunque… i versacci a
cos’erano dovuti se non stavate facendo quella
cosa?”.
“A
quanto pare sono brava abbastanza da saper riscaldare anche i pezzi di
pietra. Non è vero, Togami-san?”.
“Mpf”.
“Inutile
che fai l’altezzoso, Raggio di Sole. A sentirti da fuori
sembrava tu stessi scoprendo le gioie della prima, della seconda, della
terza base e dell’home-run tutte assieme”.
“Ma
mica stavo giocando a baseball…”.
“...mi
chiedo perché ogni tanto ancora ci tento a farti provare
l’ebbrezza di uno scorcio di vita reale. Quindi non dobbiamo
aspettarci la venuta di Kenichiro in versione Conan il Barbaro che si
deve vendicare di Thulsa Doom?”.
“Oh
beh, come sai è comunque un tipetto geloso. Sarà
meglio che questa cosa, anche se totalmente priva di malizia, non esca
da questa stanza. Ci siamo capiti, Togami-san?”.
“Figurati
se vado in giro a sbandierare ai quattro venti una cosa tanto
degradante e priva di valore”.
“No,
non per altro Togami-san. È che l’ultima volta che
Kenichiro-san ha sospettato qualcosa di poco chiaro fra me e un
ragazzo, e pure in quel caso vorrei sottolineare come la cosa fosse
assolutamente innocente, il ragazzo in questione si è
ritrovato tutte le ossa del braccio sinistro rotte. Tutte”.
E
la faccia da cencio sbiancato di Togami ripagò Asahina degli
ultimi cinque minuti da brivido.
“Va
bene Aoi” disse Sakura “a questo punto puoi fare
come ti aveva suggerito Togami-san prima e sederti mentre noi
concludiamo. Cosa ne dici?”. Nel frattempo riprese a
massaggiare la schiena dello Scion.
“Urgh.
Mi stai chiedendo un grosso sacrificio, lo sai vero?”.
“No,
ma fate come se io non esistessi” si permise di inserirsi lui.
“Tranquillo,
lo avremmo fatto anche se non ce l’avessi fatto
presente”.
“Avanti,
non è nulla di tragico ora che sai l’amara
verità”.
“...Sakura,
ti prego evita. Io ho rischiato di rimanerci secca”.
“Che
esagerata - ahio!
-,
ma d’altronde è una reazione comprensibile visto
che ti sei trovata me davanti…”
“Ciccio,
sono una nuotatrice. Ho a che fare giornalmente con nuotatori maschi.
Tu hai idea del fisico di un nuotatore, sì? Ecco,
decisamente tu ci perdi.”
Era
piuttosto sicura che se non avesse avuto addosso le mani di Sakura-chan
(kami
che espressione orribile, ew!)
lo Scion avrebbe cercato di risponderle per le rime, stando alle
occhiatacce che le stava lanciando. Ma evidentemente alla sua spina
dorsale ci teneva ancora.
“Suvvia
bambini, smettetela di litigare” chiosò Sakura,
“che poi mi distraggo e rischio di spezzare un osso a
Togami-san.”
“EH?!”
“Scherzavo,
scherzavo. Ora rilassati…”
“Hmpf…”
Aoi
rimase in silenzio ad osservare il più assurdo,
più agghiacciante, più ributtante spettacolo su
cui aveva mai posato gli occhi.
Spero
che tutto questo abbia uno scopo, a parte farmi avere incubi per i
prossimi mesi.
Comunque
gli occasionali gemiti di dolore di Togami erano una ricompensa
adeguata.
Quasi.
*
“Ahia.”
“Kami,
Togami-san, sei fatto di pasta di mochi per caso? Eppure poco fa
sembravi apprezzare le mie mani.”
“...se
non sapessi cosa state facendo giuro che scapperei di qui a gambe
levate.”
“Asahina,
non infierire” ringhiò lo Scion, con la faccia
semi nascosta da un cuscino. “E comunque è colpa
tua se mi sono innervosito, ecco.”
Sakura
sospirò all’ennesimo battibecco tra Aoi e Togami,
ma non disse nulla. Non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma in
effetti li trovava dei siparietti divertenti. Benché
estenuanti, dopo un po'.
“Allora
respira e cerca di rilassarti di nuovo” disse,
“altrimenti ti faccio male. E tu non vuoi che ti faccia
male.”
“Effettivamente
vorrei uscirne vivo…”
“Mamma
mia, ha ragione Kirigiri-san a chiamarti Regina del Melodramma,
sai?” rise. “Dovresti imparare a prendere la vita
con più leggerezza.”
“Impossibile.
Non è così che sono stato cresciuto.”
Quella
frase fece suonare un campanello nella testa di Sakura. Forse,
pensò, poteva essergli d’aiuto molto
più che con lo yoga e i massaggi.
“Sì,
parli spesso del modo di vivere dei Togami” rispose lei,
frizionando i muscoli della schiena di lui “e sembra
davvero… faticoso, in mancanza di un termine
migliore.”
“Non
è per i deboli, indubbiamente - ahi.”
“Cosa
ti ho detto riguardo al rilassarti?”
“Non
ci riesco, va bene?” borbottò lui. “Non
è una cosa che faccio tutti i giorni…”
aggiunse quasi sottovoce.
“Si
nota, sì. Avanti, allora: prendi un bel respiro e lasciati
andare, fallo più volte finché non ti senti
completamente rilassato. Ok?”
“Hmm”
mugugnò lui, ma fece quanto detto. Quando si convinse di
esserci riuscito Sakura riprese il suo massaggio, ripartendo dalle
spalle: “Adesso va meglio, decisamente”
confermò lei, e il mugolio di piacere di lui
confermò ulteriormente: “Oh sì, molto
meglio…”
Decise
di osare un pelo di più: “Immagino che dopo
l’ultima settimana ne avessi più che bisogno,
eh?”
Togami
non rispose, non con un sì o un no diretti quantomeno:
“Sono stati giorni infernali… tra la faida e la
gastrite non dormo bene da un pezzo” ammise lui, forse senza
nemmeno rendersene conto. Sakura lanciò
un’occhiata soddisfatta ad Aoi, che sembrava finalmente aver
capito il perché di quella situazione bizzarra e si
limitò ad annuire.
Dopo
un momento di silenzio Sakura osò di nuovo: “Beh,
se ritieni di averne bisogno puoi venire a fare yoga con me e Aoi
quando vuoi” disse, scendendo con le mani verso la zona
lombare “e lo stesso vale per i massaggi. Se ti va,
chiaramente.”
Un
altro mugolio da parte dello Scion le confermò di aver
toccato i punti giusti, in tutti i sensi:
“Potrebbe… potrebbe non essere una cattiva
idea” rispose lui, inarcando leggermente la schiena e
rilassandosi di nuovo. “Soprattutto se le mie giornate
continueranno ad essere come queste…”
“Come
mai sono state così pesanti, se posso?” chiese
lei. Byakuya rispose con una risatina che era un misto di fastidio e
stanchezza: “Vuoi dire che non sai le news? Credevo che
Ikusaba avesse informato chiunque ormai.”
“So
qualcosa, sì” mentì lei, che ovviamente
sapeva quasi tutto “ma tendo ad ignorare i pettegolezzi e le
voci di corridoio.”
“Strano,
la voce di Syo in corridoio l’hanno sentita fino al
dipartimento di neuroscienze.”
Sia
Sakura che Aoi risero di quell’improbabile attacco
d’ironia di Togami, e incredibilmente anche lui si
lasciò andare ad una (sempre molto composta) risatina.
“Sì,
quello in effetti non mi è passato inosservato”
ammise Sakura, “credo anche di avervi visti schizzare verso
la caffetteria” disse, fermandosi un attimo per cercare le
parole più adatte per formulare quella domanda:
“È stato preoccupante sentire Syo-san urlare in
quel modo, sembrava così fuori di sé…
non credo di averla mai vista così.”
“Nemmeno
io, e prego non ricapiti mai più. Ho rischiato veramente
grosso” borbottò, e Sakura quasi provò
tenerezza quando lo vide abbracciare il cuscino.
“Beh,
è stato surreale… insomma, Syo-san ti adora. Sei
l’unico bel ragazzo a cui non torcerebbe un
capello.”
Altra
risata amara da parte di Togami: “Credo che quei giorni siano
finiti. Ora devo augurarmi che il preside la pianti di usare la
segreteria telefonica quando Genocider è in
libertà” sospirò. “E tutto
per uno stupido ballo, non ci posso credere.”
Ah,
ecco che i nodi vengono al pettine.
Si
voltò verso Aoi e con un cenno le fece capire di non dire
nulla o fare commenti sulla festa. Sarebbe stato un peccato, ora che il
Super Erede si stava confidando senza nemmeno rendersene conto. Aoi
sbuffò ma acconsentì a rimanere ancora in
silenzio.
“Ti
riferisci al ballo con Nevermind-san?” indagò, e
lui annuì: “A quanto pare ho scatenato le ire di
tutte le ragazze, e nessuna di loro si è ancora degnata di
spiegarmene il motivo.”
“Veramente
Enoshima l’ha fatto” intervenne Aoi, e Sakura
dovette lanciarle un’occhiataccia per farla tacere. Togami
però sembrò non esserne infastidito:
“Il discorso di Enoshima era totalmente sconclusionato,
continuava a dire che tratto la gente come un negriero tratta gli
schiavi e - oh
sì, più giù -
e che ho fatto soffrire Touko. Ma se non era nemmeno alla
festa…”
“Sì
che c’era!”
“Aoi.”
“Scusa,
non parlo più.”
La
ragazza colse la palla al balzo: “Comunque sì,
Fukawa-san c’era alla festa.”
“...oh.”
“Era
molto carina, devo dire.”
“Ah
sì?”
“Oh
sì, molto.”
“Hmm”
fu la risposta che ricevette da Togami. Non ne era sicura, ma dalla sua
posizione le sembrava di vedere sul viso di lui
un’espressione… pensierosa.
“Però
è strano.”
“Cosa?”
“Voglio
dire” soppesò le parole (cielo,
farei meno fatica a saltare su un campo minato che a parlare con Togami),
“non trovi quantomeno curioso che tutte le ragazze credano tu
ti sia comportato male?”
“Perché?”
Sospirò:
“Beh, otto persone sono convinte di un tuo errore, mentre tu
pensi di essere nel giusto. Qualcosa non torna.”
“Non
c’è nulla di strano, Oogami. Semplicemente so di
aver ragione.”
“E
in base a cosa lo dici?” chiese, insistendo di più
coi massaggi e applicando una pressione più forte (un
po’ perché necessaria, un po’ per far
capire a lui in maniera indiretta di non dare in escandescenze. La
prudenza non era mai troppa).
Togami
sembrò doverci riflettere qualche istante prima di formulare
una risposta: “Perché è
così. I Togami non sbagliano e non perdono. Conoscono solo
la vittoria.”
“Mi
sembra un modo piuttosto estremo di vedere la vita, a mio
parere.”
“È
il modo in cui un Togami deve vederla” insistette lui,
“la certezza di riuscire a vincere è il segreto
per ottenere quello che vuoi.”
Kami,
adesso si spiegano tante cose sui suoi modi di fare.
“Sai,
non vorrei sembrare irrispettosa ma” disse “mi
sembra un modo poco sano di approcciarsi a… praticamente
qualunque cosa” spiegò, temendo una risposta acida
da parte del ragazzo, che si sarebbe di nuovo chiuso a riccio. Risposta
che però non arrivò: “E
perché? Sono curioso, sentiamo.”
Sakura
sorrise, e scambiò l’ennesima occhiata complice
con Aoi, che probabilmente intuiva il discorso che l’altra
stava per fare: “Vedi, Togami-san, in teoria il tuo modo di
vivere sembra perfetto: l’obiettivo è vincere,
pensi solo a quello senza lasciarti intaccare dai pensieri negativi o
distrarre dalle cose futili, e raggiungi la meta. Corretto?”
“Corretto.”
“Ecco.
Però… forse è qualcosa che
può funzionare nel mondo degli affari, credo. Non me ne
intendo abbastanza. Ma so per certo che non funziona nella vita di
tutti i giorni.”
Togami
non rispose. Non subito, almeno, e quando lo fece la stupì
ancora: “Come fai a dirlo?”
Lei
sorrise: “Perché gli imprevisti capitano. Solo
perché sai di poter raggiungere uno scopo non significa
riuscirci al primo colpo. È un po’ come nello
sport: ci sarà sempre quel torneo di arti marziali che non
vincerai, o quella gara di nuoto in cui arriverai al terzo posto invece
del primo” spiegò, usando piccoli aneddoti che ben
conosceva. “Ed è normale e umano. Senza gli errori
non possiamo migliorarci.”
“Gli
errori sono per i deboli.”
“No,
gli errori sono per chi ha la forza di ammettere i propri limiti e
rialzarsi per riprovarci” rispose lei, pacata ma ferma sulle
sue posizioni. “Sai, mi è capitato di osservarti
in classe, quando il professore organizza i finti processi di classe.
Le tue deduzioni logiche sono sempre inoppugnabili, ma quando ti capita
di sbagliare… cerchi di non darlo a vedere, ma sembra quasi
tu muoia dentro ogni volta.”
L’unica
risposta che ricevette da lui fu un grugnito attutito dal cuscino.
Punto
sul vivo, eh?
“Mi
rendo conto che essendo cresciuto in un determinato modo tu non possa
che vivere seguendo quei principi” proseguì,
scendendo giù dal letto e lasciando che Togami si rimettesse
a sedere (tenendo ancora il cuscino tra le braccia, notò)
“ma… perdonami se te lo dico, ti sta davvero
rovinando.”
“Che
vuoi dire?”
“Quando
ti parlavo di rilassamento non mi riferivo solo ai tuoi muscoli. Tu
affronti ogni cosa con una rigidità fisica e mentale
spaventosa, e alla lunga sembra ti stia logorando”
spiegò lei, “a cominciare da quella gastrite
nervosa che ti porti dietro da non so quanto tempo. Sei così
bloccato in determinati schemi mentali da non capire quando
è ora di fermarsi e fare un passo indietro.”
L’espressione
di Togami le confermò che forse aveva toccato le corde
giuste.
Magari
c’è speranza anche per te, Togami-san
*
“Quindi
tu e i tuoi compagni non ne sapreste niente della bravata di ieri notte
della 77, vero?”
“Assolutamente
no, papà. Perché dovremmo?”
“Oh,
non saprei figlia mia, magari perché avete una specie di
faida in corso con quella classe?”
“Faida?
Quale faida? Ci ritieni capaci di tanto?”
“Quando
fai così sei identica a tuo nonno.”
“Piuttosto,
a te come va? Tutto bene con tuo marito?”
“...confermo,
sei impossibile come lui. E comunque va tutto bene, grazie
simpaticona.”
Un
rutto tonante dal corridoio del quarto piano confermò a
Kyouko e Jin che Hongou li stava effettivamente ascoltando. |
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Capitolo 13 *** ...e che noia che barba che barba che noia ***
Chiaki
Nanami seguiva la lezione, come aveva sempre fatto perché
era un’alunna giudiziosa. Ok, era una cosa noiosissima che si
sarebbe dimenticata a breve se non avesse preso appunti, ma il dovere
chiama ed è giusto rispondere
“Presente!”.
Era
un po’ di malumore quel giorno, ma niente di grave. Si era
semplicemente alzata dal letto col piede sbagliato. Niente che un
po’ di ottimismo e una partitina a Gala Omega non potessero
risollevare.
D’altronde
era quasi ora di staccare, fra non molto si sarebbe potuta dedicare ai
suoi passatempi preferiti.
Oh
sì, ci siamo quasi. Fra poco avremo il trasferimento dei
prigionieri.
Da
una settimana, difatti, puntuale come un plico delle tasse svizzero,
alla loro porta si presentava il signor Sakakura per prelevare in
maniere non esattamente gentili gli otto carcerati messi sotto la sua
giurisdizione. E ogni volta era un profluvio di lamenti, richieste di
aiuto o di pietà puntualmente disattese dal loro orco
personale, tentativi di aggrapparsi ai tavoli pur di non farsi
trascinare via.
Uno
spettacolo francamente poco edificante.
Oh
beh, hanno voluto fare i galletti sfidando l’ordine
costituito e andando a fare il bagno di notte? Ora la pagano.
La
cosa che di tutta questa situazione la faceva arrabbiare di
più è che Hinata e compagnia non mostravano il
minimo segno di pentimento. Sopportavano la punizione perché
erano obbligati (e perché altrimenti Sakakura avrebbe
scoperto il piacere di avere dei sacchi da allenamento senzienti) ma
non una sola volta avevano manifestato rimorso per quella stupidaggine
che ora stava avendo conseguenze tanto nefaste. Poi per
carità, non è che avessero cercato di far
esplodere la scuola con una tonnellata di C4, si parlava sempre di una
bravata da ragazzi scalmanati… ma cosa ci voleva a dire che
sì, avevano sbagliato? Ma figurati, era il sistema brutto e
cattivo ad avercela con loro. Il sistema e la 78.
Non
è che se lo aspettasse da una come Ibuki per esempio, che
non ci pensava neppure e anzi pareva averci riprovato con risultati non
proprio fortunatissimi (...voglio
chiedere a Ludenberg-san se è vero che ha un video di lei
che corre per i corridoi ancora più nuda, e non mi si chieda
cosa voglia dire perché non lo so e non lo voglio sapere.
Sai, curiosità scientifica).
Neanche da uno come Kuzuryuu, che guai se il Gangster si fa vedere
timido e dimesso ammettere un proprio errore.
Ma
Hinata, per l’amor del cielo. Hinata.
Ancora
pochi mesi prima Hajime Hinata… ok, non era perfetto.
Nessuno è perfetto. Ma era comunque una persona ragionevole,
di buon senso, con cui si poteva intavolare un discorso con un capo e
una coda.
Da
quando era scoppiata ‘sta cosa della faida, invece, stavano
venendo a galla i lati peggiori del suo carattere: collerico,
vendicativo, sordo ai consigli degli amici e di chi gli voleva bene. Si
stava lasciando trascinare sin troppo.
E
a Chiaki questo non piaceva. Non piaceva per niente.
Perché…
eh, perché aveva… aveva avuto?... sì
insomma, a lei Hinata… non era indifferente, ecco. Era il
suo secondo
giocatore
preferito.
Solo
che nell’ultimo periodo, proprio a causa di ‘sta
storia, fra di loro si era creato un solco piuttosto profondo. Lei
aveva provato a lanciargli qualche ormeggio per tirarlo a riva e
cercato di mettergli del sale in zucca, ma lui aveva sdegnosamente
rifiutato appellandosi a un non ben precisato onore di classe e al
voler spaccare la testa di Naegi-san a vangate.
Porca
miseria, che situazione del cavolo. Come faccio a rimetterlo in
carreggiata? Sento di stare per perderlo… no, non in quel
senso! Mi piacerebbe fosse in quel senso, ma non lo
è… mannaggia Chiaki, datti una calmata che starai
diventando rossa…
Un
richiamo alla sua sinistra, fattole da Sonia, le confermò
quest’ultimo timore.
DRIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIN.
SBRAAAM.
“Voi
otto. Alzate il culo”.
“Apperò.
Sempre fine come un minatore ubriaco” ebbe l’ardire
di apostrofarlo Kuzuryuu, prendendosi una sberla gratuita.
Ouch.
Saranno in torto, ma non vorrei essere al loro posto neanche se mi
regalassero la Playstashun 6.
Ebbe
un moto di pietà, Chiaki. Si alzò e, invece di
tornarsene in camera sua come aveva sempre fatto dall’inizio
di questa storia, li seguì. Immaginava di non poter poi
entrare nell’aula dove quell’energumeno li avrebbe
torturati fin quasi a sera, ma era curiosa di vedere sin dove poteva
spingersi.
Quando
il piccolo drappello passò davanti alla 78…
“Ohohohohohoh.
Anche oggi Babbo Natale ci porta i regali!”.
“Ciao
Hinata-kun.
Spero che anche oggi ti divertirai fra le amorevoli braccia di
Sakakura-san!”.
“Che
bello, che bello! La 77 va a friggere all’inferno!”.
“...Enoshima,
ti prego. Risparmiaci le tue doti di Saffo fallita”.
“Ma
se non ha neanche fatto rima, Scion di ‘Staceppa!”.
“Senti
Gorilla, ti devo far ficcare una banana giù in
gola?”.
“Ma
fallo da te, se proprio! Lavativo del cazzo!”.
Juzo
provvide, dopo uno sbuffo, a far star zitti gli spettatori del loro
corteo della vergogna. I quali, non volendo attaccar briga con quella
specie di ominide, si dispersero uscendo dalla classe. Chiaki si
affiancò a Peko e le chiese: “Pekoyama-san, ma
questo… non succederà mica tutte le
volte?”.
“Tutte
le volte” confermò l’altra,
sconsolatissima “Mi sento come se ci stessero tirando le
arance marce addosso…”.
“Oh.
Che cosa antipatica. Mi spiace”.
“Pensa
a noi quanto dispiace”.
Giunsero
a destinazione. L’ex Pugile intimò alla Gamer di
non seguirli che non c’entrava niente con il loro periodo di
detenzione coatta.
Lei
se ne andò, il suo malumore decisamente peggiorato. Non
prima di aver sentito Hinata promettere vendetta tremenda vendetta, con
gli occhi iniettati di sangue e l’ahoge che sembrava aver
preso vita propria come una frusta.
Allora.
Quel che è giusto è giusto: una piccola
sculacciata sul sedere se la meritano. Hanno sgarrato. Però
questo è troppo. Da una parte e dell’altra.
Urge
prendere provvedimenti. Questa scemenza deve finire.
Tirò
fuori il cellulare dalla tasca e cominciò a digitare
velocemente alcuni messaggi.
Era
ora che il gruppo di ribelli si riunisse nuovamente.
*
Non
solo stavano scontando la loro bravata notturna in piscina (non
che me ne penta, sia chiaro.).
Non
solo erano caduti come dei polli nella trappola della 78 (e
mannaggia a loro, non li facevo mica così scafati).
Non
solo erano costretti a passare un mese in detenzione dopo le lezioni,
usati per le mansioni più imbarazzanti (ma
Oowada e Kuwata sono capaci di centrare il water o la fanno fuori
apposta? No, forse lo fanno davvero apposta…
anzi,
togliamo il forse).
Non
solo.
Hinata
inspirò.
Oltre
il danno, la beffa.
Beffa
che rispondeva al nome di Juzo Sakakura, ex studente della Kibougamine
e ora capo della sicurezza dell’accademia. Diplomatosi con il
titolo di Super Pugile (nel
caso la stazza da armadio a due ante con letto a scomparsa lasciasse
dubbi in merito),
Sakakura era fin troppo noto per i suoi modi violenti e poco affabili.
Diciamo
le cose come stanno: ha un carattere di merda.
L’ex
Super Pugile sembrava non aspettare altro che una scusa per dimostrare
anche ai sassi che il suo titolo se l’era guadagnato, e se
non poteva farlo si divertiva a punzecchiarli facendo del sarcasmo di
bassa lega: e se Kuzuryuu si era ormai rassegnato a quel
“nano da giardino” (a
furia di sentirlo da Oowada sarà diventato quasi
immune… o se la fa sotto. E non me la sento di dargli torto),
a Hinata il suo nuovo soprannome di “Super Boh” non
andava giù.
Fanculo,
Sakakura, meglio essere senza talento che un troglodita come te.
“Qualcosa
non va, Super Boh?”
L’odiato
nomignolo lo ridestò di colpo.
“N-no,
assolutamente no.”
“Assolutamente
no… come?”
“Assolutamente
no… signore.”
“Ecco,
mi sembrava” ghignò l’altro, sollevando
i piedi e poggiandoli sulla cattedra.
Uno
scaricatore di porto. Siamo in mano a uno scaricatore di porto e al
preside va bene.
Guardò
di sfuggita l’orologio sulla parete: altre cinque ore di
nulla, o di pulizia dei cessi se avessero avuto particolarmente sfiga.
I suoi compagni sembravano infastiditi quanto lui…
più o meno. La faccia di Souda lasciava intendere che la
faccenda della foto di Sonia se la sarebbe legata al dito per
l’eternità (mica
è colpa nostra se sei una pigna),
mentre Akane e Ibuki erano impegnate a… infastidire
Sakakura, a giudicare dalla sua espressione incazzata.
“Ibuki
si annoooooia!”
“Io
ho fame, potrei mangiare un bue vivo al momento!”
“Ma
voi due zecche funzionate ad energia solare?”
“A
Ibuki piace stare al sole!”
“Oh
sì, stendersi sul prato… a
mangiare…”
“...meno
male che mi pagano per sopportarvi.”
Il
tuo fastidio mi ripaga, Rocky Joe dei poveri. Non del tutto, ma
abbastanza.
Un’occhiata
al resto della classe gli confermò che Mikan si era come al
solito raggomitolata su se stessa nella speranza di rendersi invisibile
agli occhi del loro carceriere, Komaeda… era Komaeda, con
tutte le implicazioni che ciò comportava; Kuzuryuu e Peko
invece sembravano tranquilli, nonostante tutto. In effetti da quando il
Gangster era sceso a patti con se stesso e si era dichiarato alla sua
fidata guardia del corpo sembrava più rilassato e meno
propenso agli scoppi d’ira.
Ma
beato te, Kuzuryuu. Beato te, guarda.
Sbuffò.
Era
dura da ammettere, ma un po’ li invidiava. Hinata non era mai
stato uno particolarmente fissato con l’idea di avere una
ragazza: non che non gli interessassero, ma non la riteneva una
priorità nella sua vita, ecco. Quando arriverà
arriverà si ripeteva, e gli andava bene.
Peccato
che in queste settimane sembra ci sia stato il risveglio ormonale
dell’accademia e la cosa cominci a diventare insostenibile.
Da
dopo la festa era stato tutto un fiorire di coppiette, non solo nella
77: Ishimaru e Ikusaba prima, Kirigiri e quel maledetto di Naegi poi (dio
pure Naegi si è trovato la ragazza, ma si può? E
non posso nemmeno dire che è cessa
perché… cacchio, è Kirigiri, mica
pizza e fichi),
e adesso pure Kuzuryuu e Peko. Poi beh, nella sua classe
c’erano ancora Togami e Ibuki che non era ben chiaro dove
volessero andare a parare, Sonia che moriva dietro a Tanaka (e Souda
che a sua volta moriva inutilmente dietro a lei), e c’erano
quelle strane voci su Akane e Nidai che lasciavano intendere cose
strane… però ecco, prima di quei giorni era stata
una situazione tutto sommato sopportabile. Sonia e Gundam che facevano
le scenette in sincrono erano uno spettacolo comico, e Ibuki che
saltava addosso a Togami era una piacevole distrazione tra una lezione
e l’altra.
Ma
ora sembra che tutta la scuola cerchi uno sgabuzzino dove appartarsi e
accoppiarsi! Sempre se non è occupato da Oowada ed
Enoshima… anche lui, maledetto, come fa a stare con quella
gran figa? Ok, è sveglia come un criceto, ma fisicamente non
le si può dire nulla. Maledetto teppista del menga.
E
lui? Lui era solo. Nessuna a fargli il filo, o a mostrare un minimo di
interesse per lui (e
invece quello stronzo di Naegi aveva la corte di ragazze, ma dio brando
com’è possibile? Davvero alle donne piacciono i
mini uomini? Oddio, anche Kuzuryuu è nano… ma
porca vacca…).
E quel che era peggio è che persino Chiaki aveva smesso di
rivolgergli la parola. Le loro diverse opinioni sulla faida li avevano
lentamente allontanati, fino a che la Gamer non lo aveva più
cercato nemmeno per giocare a Gala Omega.
Non
era più il secondo
giocatore
di Chiaki Nanami.
La
mia vita attualmente fa schifo.
I
suoi pensieri tristi e cupi vennero interrotti dal rumore della porta
che si apriva, e qualcuno che entrava in aula.
No.
No no no per favore, anche questo no!
“Buongiorno
a tutti.”
“Oi,
Kyosuke-kun!”
“Ancora
alle prese con questi scavezzacollo, Juzo-kun?”
Un
coro discreto ma compatto di sospiri si levò dalla classe.
Ma
cosa abbiamo fatto di male nella vita?
Ecco,
l’unica cosa peggiore di un violento come Juzo Sakakura a far
loro da balia era l’occasionale presenza di Kyosuke Munakata.
Se
esiste un dio, Brando o no che sia, spero mi uccida adesso.
Ex
Super Presidente del Consiglio Studentesco, Munakata era
l’incarnazione della perfezione: non un capello fuori posto,
non una piega sul vestito, mai un’espressione troppo contenta
o troppo corrucciata. Tutto in lui era controllato, dalle parole agli
abiti apparentemente fatti su misura fino al tono di voce neutrale.
Kyosuke
Munakata era davvero l’incarnazione della perfezione, ma
soprattutto della
noia.
...la
mia parola preferita. Nevvero, Hinata-san?
Oh
porco boia, non ti ci mettere anche tu che proprio non è il
momento.
...vedi
che alla fine sono tornato?
Ma
crepa, sgorbio.
“Allora,
Kyosuke-kun, come va la costruzione della nuova sede della
Kibougamine?” ghignò Sakakura, ben sapendo come
sarebbe andata a finire.
Munakata
ricambiò con un sorriso discreto: “Oh, molto bene.
Lascia che ti aggiorni…”
Peggio
degli insulti di Sakakura c’erano solo gli infiniti, noiosi,
soporiferi resoconti di Munakata sul suo lavoro.
Naegi,
quanto è vero che il vostro Togami è uno stronzo,
tu me la pagherai. Fosse l’ultima cosa che faccio.
“Ah,
che bello! I racconti di Munakata sono così affascinanti,
non trovi, Hinata-kun?” gli si rivolse Komaeda, e persino lui
riuscì a capire che in quel momento Hajime sarebbe stato
capace di uccidere.
Sei
un mini-me morto, Naegi.
*
“Muku-neeeeeeee,
mi annoio!”.
“E
qual è la novità, Junko-chan?”.
“Aiutami
a trovare qualcosa di divertente, allora!”.
“Vai
a cercare Mondo”.
“Ma
c’è suo fraaaaaaaaaaatello. Non possiamo scopare
in santa pace!”.
“...la
tua finezza mi fa venire la nausea, lo sai?”.
Junko
le fece un gestaccio. Non sopportava quando sua sorella non la prendeva
sul serio. Quindi sempre. Quindi non la sopportava mai. Quindi il
processo di Norimberga era una salsa rosa di quelle pregiate, pagate un
fottiliardo di zeny all’oncia.
Ops.
Cervello, fermati che poi sai finisce male.
Ma
no, è tutto sotto controllo. Le mie ultime stime prevedono
una crescita neurale del 3,17% e una prospettiva di miglioramento
complessivo del…
Non
frega un cazzo a nessuno dei tuoi dati, sciocca mortale! Qua dentro
sono io l’unica che conta! Leccatemi le scarpe! Ora!
Non
posso, sono troppo triste e con i funghetti in testa per farlo. Tutti
mi odiano, la mia stessa sorella mi odia. La mia vita è
disperazione.
Ragazze.
Ragazze! Calmatevi, per favore calmatevi! Mi fate un rimbombo che la
metà basta. Poi mi viene mal di testa. E lo sapete cosa
succede quando mi viene mal di testa, no?
Sì
che lo sappiamo. Un casino che al confronto il carnevale di Rio de
Janeiro sembra la balera sotto casa.
Ecco.
Allora buone e zitte.
Madonna
se era difficile tenere quelle cavalle imbizzarrite a bada.
Sgomitavano, scalciavano, si tiravano i capelli cercando di predominare
sulle altre. Ed erano anche tante, persino troppe.
In
momenti come quello Junko si chiedeva se forse non era il caso di fare
un saltino da uno strizzacervelli. O meglio, tornare dal suo
strizzacervelli di fiducia… sempre che lui non la
accogliesse tirando fuori la carabina e sparandole a vista.
Sì,
la sua ultima visita in quello studio non era stata proprio tutta rose
e fiori.
Oppure
poteva fare un piacere alla povera Mukuro non sputando nel vaso della
piantina tutte le medicine che lei si premurava di darle con tanto
affetto e tanta dedizione.
“Beh
senti, io vado a vedere Ishimaru che suda con un bokken”
disse la suddetta Mukuro, afferrando la borsa e facendo per uscire di
lì.
“Aspetta
un secondo” riuscì a placcarla per un braccio
“Mukuro, io… io non sto bene, vero? Ho bisogno di
cure, vero?”.
Uh?
Cos’era quella vocina da pulcino che le era uscita?
L’altra
la guardò stranita, un’espressione a
metà fra il guardingo e il turbato: “Junko, cosa
stai tramando?”.
“Niente.
Ho avuto un lampo di lucidità. Cos’è,
non posso?”.
“No
no, ci mancherebbe. È che non succede quasi
mai…”.
“Ora
è successo. Rispondimi, per favore”.
Calò
il gelo.
La
Soldatessa si limitava a guardarla senza riuscire a spiccicare parola.
A giudicare dal suo volto non si aspettava lo sviluppo, e nel contempo
non pareva avere la forza di divincolarsi e lasciarla lì a
macerare nel dubbio.
“Junko”
riuscì poi a dire dopo un paio di minuti “sappi
solo che se mi sbatto a inseguirti per i corridoi di mezza scuola con
una confezione di compresse in mano un motivo ci
sarà…”.
Ecco.
Lo sapevo.
Smettila
di compatirti, cialtrona! Stai benissimo!
Vuoi
tacere? Per una volta in vita mia sono seria.
Tu…
seria? Sei una mortale ancora più patetica di…
Ti
ho detto di stare zitta, voce del cazzo. Lo intendo davvero.
Mollò
il braccio di Mukuro: “Vai, vai pure a vedere il tuo
fustaccione e i suoi addominali”.
“Junko-chan…”
mormorò quella, che pur libera non sembrava particolarmente
propensa a lasciarla lì da sola.
“Vai
Mukuro, davvero. Io me la caverò in qualche modo”.
Per dar peso alle parole la spintonò via, senza metterci
eccessiva forza.
“Ma
come faccio a…”.
“Tu
fai già troppo per me. Pensa un po’ a te stessa e
al tuo uomo”.
Le
chiuse la porta in faccia, lasciandola per una quindicina buona di
minuti a battere coi pugni mentre la implorava di aprire.
Guardala.
Io la tratto sempre come uno scopettone del cesso e lei non si fa mai
una domanda, non si scosta dal mio fianco, non retrocede in nessun
caso. Non sono sicura di meritarmi un tale tesoro di sorella.
“Mukuro!”
urlò, si sperava abbastanza forte per sovrastare tutto il
rumore “Vai via. Ti meriti di essere libera”.
“Non
voglio essere libera!” la sentì strepitare
dall’altro lato.
C-Cosa?
Le
andò ad aprire. Se la ritrovò davanti con gli
occhi lucidi.
“Mukuro…”.
“Junko!”
disse la Soldatessa abbracciandola “Non farmi mai
più di questi scherzi! Mi fai venire un infarto!”.
“Un
infarto alla Full Metal Bitch? Che morte disonorevole”.
“Non
sei divertente”. Buffetto sulla testa.
“Io…”.
“Non
devi dire nulla. Io ti sopporto volentieri. Va bene, a volte ti
metterei con piacere le mani al collo perché esageri e non
hai la minima idea del significato della parola autocontrollo.
Ma resti mia sorella. Sei la mia unica parente e ti voglio un bene
dell’anima. Ti assicuro che non sarei disposta a stare dietro
ai tuoi sbalzi d’umore, alle tue paturnie, alle sveglie alle
quattro di mattina perché avresti scoperto il senso della
vita se… se non ne valesse la pena”.
No
ehi che succede? Cos’è ‘sto fiume in
piena?
Si
chiama “piangere”, cretina.
Junko
Enoshima, sulla soglia della porta di camera sua, con sua sorella
avvinghiata a lei in un abbraccio molto stretto… esplose in
un mare di lacrime.
“Junko!
Oh santo cielo, oh santo cielo!”.
“Buaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah!
Ti voglio bene anch’io
Muku-neeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!”. Non riuscì
più a reggersi in piedi, cadendo sulle ginocchia.
PAT
PAT.
“Su
su, ora basta. Mi hai dimostrato che a me ci tieni e questo mi ha fatto
tanto piacere. Ma non vorrai allagare tutto il corridoio, spero. Poi la
senti tu Fukawa se le bagni gli appunti, mh?”.
E
in mezzo a quel mare di lacrime si fece largo un piccolo sorriso.
*
“Signori,
scusate il poco preavviso ma non abbiamo più tempo.
Credo.”
Chiaki,
seduta al solito tavolo del bar vicino al dipartimento di neuroscienze,
guardò il resto del gruppo di dissidenti: Nekomaru Nidai,
Sonia Nevermind, Ibuki Mioda, Sakura Oogami, Chihiro Fujisaki, Aoi
Asahina e Touko Fukawa. Tutti ricambiarono con un cenno
d’assenso.
“La
situazione sta davvero sfuggendo di mano”
continuò, “e dopo la storia della piscina sta
peggiorando a vista d’occhio. Non so gli altri, ma Hinata-kun
ha quasi toccato il fondo. Se si nomina la faida, o Naegi, diventa
idrofobo.”
“Di
contro il nostro Naegi-kun è molto più tranquillo
adesso” commentò Asahina, mangiucchiando una
ciambella. “Sia chiaro, ogni giorno alle due si fionda fuori
dall’aula per veder passare i vostri compagni insieme a
quell’energumeno di Sakakura ma… a parte questo
credo si senta realizzato in merito alla faida. Come se avesse
raggiunto il suo scopo.”
“Quello
e il fatto che ora s-sta con Kirigiri” aggiunse Fukawa, e le
due si scambiarono un sorrisetto compiaciuto.
Oogami
incrociò le braccia al petto, pensierosa: “Temi
possa vendicarsi dello scherzo in piscina? Tra l’altro,
scusateci se non siamo riusciti a intercettarli, ma ormai si rifiutano
di dirci qualunque cosa riguardi la faida.”
“Uh…
in realtà…”
Tutti
si voltarono verso Fujisaki, paonazzo in viso e con gli occhi sgranati.
“Fujisaki-kun,
qualcosa non va?” chiese Aoi.
Chiaki
lo guardò dritto in faccia: “Tu sapevi?”
“M-mi
dispiace!” piagnucolò. “Oowada-kun me
l’ha riferito c-chiedendomi di cancellare le strisciate delle
loro schede elettroniche dal database! Io non volevo, ma è
mio amico…. scusatemi tanto!”
“Oh,
Fujisaki-san” sospirò Sakura, ma Nidai la
interruppe: “Non hai nulla di cui scusarti, Fujisaki. In
fondo Hinata e gli altri la punizione se la meritavano in ogni caso,
l’idea di usare la piscina era comunque loro.”
Chihiro
tirò su col naso: “M-ma anche Naegi-kun e gli
altri la meritavano… e io li ho
protetti…”
“Credo
che a questo punto sia il caso di intervenire”
tuonò Sakura, “anche se cerchiamo di starne fuori
finiamo per venire coinvolti, come abbiamo appena sentito.”
“Cosa
suggerisci?” chiese Sonia. “Denunciarli al
preside?”
L’Artista
Marziale rifletté per qualche istante: “Sarebbe la
cosa giusta da fare, devono pagare per quello che hanno
fatto” disse, “ma sinceramente non me la sento di
denunciarli facendo tutto alle loro spalle. Sono miei amici e voglio
che capiscano che hanno sbagliato, non consegnarli ai piani alti a loro
insaputa. Lo trovo meschino.”
Nidai
annuì: “Sono d’accordo, sarebbe un
comportamento scorretto. Provare a farli ragionare tutti quanti
è la mossa migliore, e magari confesseranno i loro errori di
persona.”
“Secondo
me siete troppo ottimisti” sospirò Sonia, seguita
a ruota da Fukawa, Asahina e un mogio Fujisaki.
“Forse,
Nevermind-san, ma ritengo valga la pena tentare” sorrise
Oogami, e tutti annuirono.
Chiaki
sorrise: “Allora è deciso. Si dia inizio al
Più Grande, Più Complesso, Più
Difficile Piano per Risolvere la Faida tra la Classe 77 e la Classe
78.” |
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Capitolo 14 *** ...e le prese di coscienza di personaggi sui generis ***
“Dai,
questa fanfiction era pessima!”
“Non
essere così implacabile, o Super Grammar Nazi. Probabilmente
chi l’ha scritta avrà avuto quindici
anni!”
Touko
rise e l’Impostore la seguì a ruota.
Doveva
ammettere che quei pomeriggi passati in compagnia della Super
Scrittrice erano piacevoli, non era facile trovare qualcuno che amasse
i libri tanto quanto lui.
A
parte Togami. Ma lui non lo tengo in considerazione.
Era
contento di vederla sorridere dopo che l’aveva trovata
ubriaca e a pezzi durante la festa. Per uno abituato a vivere rubando
identità altrui era bello poter fare qualcosa di buono senza
tornaconto personale, solo perché aveva voglia di farlo.
E
perché farà incazzare Togami. Ma è
secondario.
“Ibuki
si annooooooooiaaaaaaaaa!”
“Ibuki,
PIANTALA. Non ti è bastata l’ennesima giornata di
punizione con quel pazzo di Sakakura?”
“Hajime-chan
sei insopportabile e a Ibuki non piaci!”
“Me
ne farò una ragione.”
E
poi, ecco, da quando i suoi compagni di classe avevano deciso di usare
la piscina di notte ed erano costretti a stare in punizione, riusciva a
vederli solo a cena.
O
meglio, riusciva a vedere Ibuki
solo
a cena.
Non
l’avrebbe detto mai e poi mai ad alta voce, ma si era pentito
mortalmente di non avervi preso parte. Sarebbe stato disposto a farsi
chiamare Super Ciccione da Sakakura pur di vedere Ibuki…
ecco… nuda.
È
pazza, totalmente pazza. E io mi sono preso una sbandata per lei come
un fesso.
“Tutto
bene?”
“Eh?
Cosa?”
“S-sei
arrossito di colpo, stai bene?”
Si
sistemò gli occhiali, sforzandosi di apparire calmo:
“Benissimo, sì. Tutto ok.”
“Ibuki
ha famissimaaaaa! Akaneeeee andiamo a mangiaaaaareeeeee?”
L’ennesimo
urlo della Super Musicista (che arrivava forte e chiaro dal piano di
sopra) riuscì a distrarlo di nuovo, ma la risatina di Touko
lo ridestò: “Perché ridi,
adesso?”
“Perché
è chiaro che in questo momento vorresti essere
altrove… magari con Mioda” sorrise sorniona, e lui
avvampò di nuovo: “C-COME PUOI INSINUARE UNA
COSA-”
“Oh,
ti prego” fu il turno di lei di aggiustarsi gli occhiali
“scrivo romanzi rosa. E gli sguardi che le lanci quando viene
a trovarci sono eloquenti.”
Colpito
e affondato.
“N-non
è come pensi” balbettò, distogliendo lo
sguardo.
“A-ah”
annuì lei.
“Dico
sul serio.”
“E
allora com’è?”
“È
che… che” incespicò, per poi aggirare
la domanda e andare all’attacco: “Ma non era dei
tuoi problemi di cuore che dovevamo parlare?”
Touko
tuttavia non si lasciò confondere: “Oh ma
l’abbiamo fatto. E non è che ci sia più
molto da sviscerare, io e quello stronzo siamo in stallo e
basta” sputò, “e poi voglio ricambiare
il favore.”
“Che
intendi?”
“Mi
hai aiutata quando stavo male, e s-sei riuscito ad aprirmi gli occhi e
farmi capire i miei errori” sorrise lei, “lascia
che adesso ti aiuti io.”
L’Impostore
la osservò in silenzio, sbigottito. Non se
l’aspettava mica una svolta del genere.
Però…
“E
come pensi di aiutarmi?” sospirò, togliendosi gli
occhiali. “Non sono esattamente l’uomo dei sogni di
nessuno.”
“E
perché mai?” chiese lei.
“Oh
per favore, Fukawa-chan. Pure tu parli sempre di Togami come il tuo
ideale di ragazzo” sbuffò, “bello, alto,
MAGRO.”
Lei
inarcò le sopracciglia: “Ma appunto sono i miei
gusti,
non quelli di tutte le donne del mondo. E di sicuro non quelli di
Mioda” aggiunse con un sorrisetto bastardo, “anzi,
mi sembra proprio che tu le piaccia così come sei. Tra
l’altro ti credevo piuttosto sicuro di te stesso, senza
alcuna paranoia sul tuo aspetto.”
“E
lo sono, in genere” arrossì lui, “ma
Ibuki mi ha mandato in crisi.”
“Beh,
come ho già detto a lei sembri piacere indipendentemente dal
tuo peso, quindi non hai nulla di cui preoccuparti” sorrise
Touko, stavolta in maniera più dolce.
L’Impostore
rimase in silenzio, e la Scrittrice rincarò la dose:
“E p-poi non sempre ci si innamora della propria persona
ideale, su. Guarda me, innamorata persa dell’uomo dei miei
sogni all’esterno, ma che all’interno fa
schifo.”
L’Impostore
non riuscì a non trattenere una risata, seguito a ruota da
Touko.
“E
quindi cosa mi suggerisci, o somma?” chiese.
“Semplice:
buttati.”
“Se
mi butto su di lei probabilmente la uccido.”
“Non
in quel senso, scemo” ridacchiò.
“Però smettila di f-farti problemi e parlale. Sei
una persona meravigliosa, e sono sicura che s-sei bravo a dichiararti
tanto quanto a dare consigli alle povere derelitte ubriache.”
Nello
stesso momento il ciclone Ibuki fece irruzione in caffetteria, dove si
trovavano.
“BYAKUYA-CHAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAN!”
urlò, saltando addosso all’Impostore e
abbracciandolo: “A Ibuki manchi tanto! Non le sopporto
più queste punizioni!”
“Mi
stai soffocando” borbottò lui, “e
comunque colpa tua che hai seguito gli altri pecoroni in quella
bravata.”
Lei
non si lasciò distrarre: “Ma è stato
divertente! E se ci fossi stato anche tu Ibuki sarebbe stata molto
più contenta!”
Non
poté che arrossire come un peperone.
“S-sarà
meglio che vada, devo finire di studiare.”
No
ehi, dove vai, vuoi piantarmi in asso PROPRIO ORA?
“Oh
ma no, rimani con noi, Fukawa-chan! A Ibuki fa piacere!”
piagnucolò la Super Musicista, ma Touko fu irremovibile:
“T-ti ringrazio, ma i miei compiti purtroppo non si finiranno
da soli. Ma voi divertitevi, eh? Buona serata!”
E
mentre andava via fece gesti all’Impostore che lui
interpretò come “Fatti avanti, amico
ciccio!”
Che
tu sia dannata, Touko Fukawa.
Ma
in realtà non lo pensava. Anzi, gli aveva dato un buon
consiglio.
“Ibuki.”
“Hm?”
“Siediti,
per favore. Devo parlarti.”
“Uh?
Ibuki ha fatto qualcosa di male?”
“No
no, al contrario.”
“E
allora cosa? Cosa? Cosa?”
“Se
magari mi lasciassi parlare…”
“Ops.
Scusa.”
“Ok.
Allora, ecco…”
*
Sai
che sei bravo a mandare all’aria tutti gli sforzi di Oogami?
Taci.
Non è il momento.
Col
cavolo che sto zitto. Io e te dobbiamo parlare.
Lanciò
un urlo, soffocato dal cuscino e dalle pareti insonorizzate della sua
stanza.
Era
la seconda volta che Togami sgattaiolava in caffetteria in orari
lontani dai pasti, e la seconda in cui ci trovava Touko in compagnia
dell’Impostore.
Ma
che cosa diamine avranno da dirsi, poi!
Evidentemente
è un ascoltatore migliore di te, Byakuya-chan.
Sentì
di nuovo il bruciore risalirgli l’esofago, non forte come le
altre volte (lo yoga aveva aiutato sul serio, strano ma vero),
però non accennava nemmeno a lasciarlo in pace.
E
non se ne andrà finché non verrai a patti con te
stesso, mi ci gioco la testa.
Tu
non hai una testa.
Intendevo
la tua.
Ennesimo
rutto che minacciava di uscire dalla sua bocca. Decise di correre ai
ripari prendendo un Lucky Gastro (centoottanta scatole nuove di zecca
arrivate tramite corriere da Darazon.jp giusto una settimana prima,
insieme a due nuovi MonoPhone), quando cambiò idea di colpo.
In fondo imbottirsi di farmaci non era esattamente salutare, e
già una volta il suo gastroprotettore di fiducia
l’aveva tradito non facendo effetto.
Potrei
provare con lo yoga…
Oogami
al momento era impegnata con il fidanzato Kenichiro, in visita in
accademia (e dopo averlo visto di sfuggita Togami aveva capito
perché Asahina aveva dato di matto quando l’aveva
trovato in camera dell’amica. Nemmeno un borioso come lui
avrebbe voluto mettersi contro un simile armadio), ma dopo le prime,
disastrose lezioni, aveva cominciato a prendere la mano almeno con le
posizioni più semplici. Tirò fuori il tappetino
da sotto il letto e vi si sedette sopra.
Male
non può fare… se non prendo di nuovo a testate il
pavimento.
Aw,
che carino che sei! Ti approcci timido timido allo yoga, non vuoi
inimicarti Kenichiro…
Implodi.
Tsè,
ecco. Ora ti riconosco. Non poteva mica durare.
Si
obbligò a ignorare la voce e si concentrò sugli
esercizi, cercando di rilassarsi e non pensare a nulla. Ma
più si sforzava di non pensare a nulla, più la
sua mente gli riproponeva l’immagine di Touko Fukawa che
rideva e scherzava con l’Impostore.
Ma
maledizione!
E
la cosa peggiore era che ormai non pensava ad altro da quando lei
l’aveva mandato a quel paese davanti all’intera
classe. Da quel giorno nella sua testa c’era solo Touko,
Touko, Touko, e lui non lo sopportava.
Nell’ultimo
periodo aveva pensato alla Super Scrittrice più di quanto
ritenesse lecito fare, cosa che lo stava mandando in bestia: da quando
si meritava tanto? Cosa aveva fatto per lui, in fondo?
Ti
sopportava?
Chissenefrega.
Voglio solo togliermela dalla testa.
Ah
beh, auguri. Fammi sapere se ci riesci.
Il
tuo “dobbiamo parlare” era forse
“Infastidiamo Byakuya fino a farlo internare”?
Può
darsi, chissà.
Ignorò
il fatto che ormai conversava con la voce nella sua testa senza
più farsi domande sullo stato della sua salute mentale. L’unico
lusso che non posso più permettermi, apparentemente,
aggiunse scocciato.
Ma
pur divagando la sua mente non si spostava dall’argomento
principe delle sue ultime giornate.
Touko
Fukawa.
Perché
quella situazione lo infastidiva così tanto?
Perché pensare
a
lei lo
infastidiva così tanto?
Lo
sai bene perché, così come lo so io. Solo che ti
rifiuti di ammetterlo perché andrebbe contro ad ogni
principio che ti è stato inculcato in testa fin da quando
avevi sei anni.
Byakuya
non rispose, ma sapeva che quella frase in parte era vera: da quando
esisteva la famiglia Togami, ai suoi eredi era stato insegnato che il
nome e la posizione sociale erano l’unica cosa che contava;
l’amore, l’amicizia, i sentimenti in genere erano
visti come un estremo segno di debolezza. E ovviamente un Togami non
deve mostrarsi debole, mai.
E
che cosa ne hai ottenuto? Un’infanzia asettica in cui
l’unico a mostrarti affetto è stato il tuo
maggiordomo Aloysius, una sorella pazza che se la gioca con Natsumi
Kuzuryuu e genitori che non sono stati genitori nel senso
più stretto del termine. E, ovviamente, nessun amico.
A
me è sempre andato bene. A parte la follia di Shinobu,
s’intende. È così che sono stato
cresciuto, non avevo motivo di desiderare qualcosa di diverso. Per me
era normale.
Ma
ora sai che non è così.
Solo
perché i miei compagni di classe hanno avuto vite diverse?
Mi sembra poco per cambiare idea.
Beh,
non tutti hanno avuto un’infanzia felice, se ci pensi.
Senza
nemmeno chiedersi perché, pensò di nuovo a Touko.
La sua famiglia disfunzionale e abusiva era cosa nota in classe, ma di
cui non si discuteva mai come per un tacito accordo. Se lei rimaneva in
accademia per le vacanze invece di tornare a casa nessuno faceva
domande, a meno che non volesse sfogarsi (cosa che accadeva molto ma
molto di rado). Tutti sapevano ma nessuno parlava, per non buttare
altro sale sulle ferite della ragazza.
Persino
Byakuya si era adeguato, senza volerlo.
In
questo vi siete comportati da amici, bisogna dirlo. Persino tu.
Non
è stato sempre così.
Ma
te ne sei reso conto. Mi pare un ottimo inizio.
“Sei
così bloccato in determinati schemi mentali da non capire
quando è ora di fermarsi e fare un passo indietro.”
Improvvisamente
gli tornarono in mente le parole di Oogami durante la sua prima,
imbarazzante seduta di massaggi. In una situazione normale avrebbe
sciacquato via le sue parole con noncuranza, ritenendole prive di
significato, ma in quel momento avevano toccato qualcosa dentro di
lui… qualcosa che sapeva essere lì da tanto
tempo, ma che aveva preferito ignorare.
Perché
l’amore è una forma di debolezza, e i Togami non
possono mostrarsi deboli.
Io
ho… sbagliato. Ho sbagliato con tutti.
Ho
sbagliato con Touko.
Era
ora che ci arrivassi, Byakuya-chan. E come vedi sei ancora intero.
Per
una volta la voce sembrò non volersi prendere gioco di lui,
parlando invece con un tono più comprensivo.
Ti
assicuro che adesso è tutta discesa.
Lo
sai, vero, che troppa discesa può romperti i freni e farti
finire schiantato contro un muretto?
Catastrofista.
Andrà tutto bene. Devi solo pensare a cosa correggere nel
tuo comportamento.
E…
e cosa?
Hai
capito di aver sbagliato, no? Capirai anche in che modo. E saprai
rimediare, perché stupido non lo sei.
Rimase
fermo come un imbecille a guardare il soffitto, chiedendosi cosa aveva
fatto di male per meritarsi la vocina saccente (più di lui
in certi momenti, e non era impresa facile) che gli snocciolava
pastiglie di saggezza o presunta tale.
*
Gundam
Tanaka era in camera sua. Aveva consumato la solita cena frugale, come
si confà a ogni buon Signore Oscuro, e si stava dedicando ai
suoi Dodici Generali dello Zodiaco. Come ogni sera si stava adoperando
per costruire l’Impero Tanaka che un giorno avrebbe regnato
incontrastato sulle rovine fumanti del mondo civilizzato. Patetici
umani.
O
meglio, questo è quanto avrebbe detto ad alta voce. Nella
sua mente stava semplicemente dando da mangiare ai suoi adorati criceti.
Sì,
erano criceti e non deva della distruzione. Lo sapeva benissimo. Solo
che lo divertiva troppo fare il chuunibyou a spese dei poveri
sfortunati che erano obbligati a starlo a sentire delirare su re
dell’oltretomba, punizioni celesti e tutto il carrozzone
della follia con cui era solito sommergerli.
Lo
divertiva… e gli serviva.
Era
un eccellente schermo per non doversi mostrare solo. Poteva millantare
amicizie con oni infernali, entità soprannaturali e criceti
maestri di kung-fu. Meglio della sua triste realtà di
persona estremamente solitaria, no?
Oh
beh. Non era neanche del tutto vero, in realtà. Non era
così solo.
C’era
Sonia.
È
vero, si frequentavano solo perché lei era completamente
assorbita dal suo alter-ego demoniaco e voleva imparare sortilegi,
maledizioni e formule magiche assortite. Ma, di riffa o di raffa che
fosse, passavano molto tempo assieme e questo non lo qualificava
davvero per l’aggettivo solo.
E
poi, ora che il suo flusso di pensieri ce lo aveva condotto…
beh sì, poteva dire di… ecco, non era semplice
per un timido come lui… ma…
Scosse
la testa, cercando di non pensarci. Non era il momento, né
il posto adatto.
“Ecco
Jum-P, mangia. Ultimamente sei rimasto un po’ troppo a dieta
e non sei più grassottello come piace a me. Dai, non
è veleno. Usa quelle zampotte per…”.
TOC
TOC.
Ohibò.
Non aspettavo nessuno.
“Finisci
la pappa, animaletto pestifero” lo rimproverò
bonariamente mentre si alzava e andava ad aprire. Nel farlo si
aggiustò la sciarpa che gli stava cadendo. Non fosse mai che
Tanaka il Proibito si facesse vedere in disordine da uno sciocco
mortale.
Davanti
alla porta si prese mezzo secondo per assicurarsi di essere
presentabile. Poi la spalancò.
“Tanaka-san!”.
“N-Nevermind-san!
Cosa ci fai qui?”.
“Eh?
Ti sei dimenticato che era stasera l’ora propizia per
introdurmi alla stregoneria di alto livello? Me l’avevi detto
tu!”.
Oh,
sì, certo. Come poteva averlo dimenticato?
“Kerumph.
Sì Nevermind-san, hai perfettamente ragione. A quanto pare i
miei sigilli protettivi hanno perso un po’ del loro potere e
qualche spirito dispettoso è riuscito a rimuovere un ricordo
così importante. Non succederà più,
hai la mia parola”.
La
frase gettò la Principessa in un apparente terrore:
“Oh per l’amor del cielo, Tanaka-san! Hai corso un
pericolo estremo! Potevi venire attaccato da Belberith in
persona!”.
Questa
ragazza ha giocato un po’ troppo a Devil Survivor, mi sa.
“Pah.
Quel demone da strapazzo può solo impallidire di fronte alla
furia distruttiva di Gundam Tanaka!”. La posa da fiero
conquistatore dei mondi non fece altro che aumentare il brillare degli
occhi di lei.
“Ora,
mia cara discepola, i tempi sono maturi” riprese mentre si
scostava per farla entrare “Sei potente a sufficienza da
poter cominciare ad esplorare gli antri davvero oscuri delle arti
mistiche. Te la senti? È un compito difficile, arduo,
periglioso oltre ogni dire. Potresti dover pagare il fio con la tua
stessa anima, siine consapevole”.
“Non
ho paura” ribatté baldanzosa mentre la porta alle
loro spalle veniva richiusa “Non se mi resterai accanto per
guidarmi”.
“Siamo
qui per questo, no?”.
Il
sorriso di Sonia gli fece mancare un battito, ma fece del suo meglio
per non darlo a vedere.
“Molto
bene. Lasciami recuperare il mio grimorio e…”. Si
interruppe bruscamente.
Io…
ho appena avuto una rivelazione. Mi sono accorto che…
“Tanaka-san,
tutto bene?” gli chiese la sua ospite, osservandolo con una
faccia piuttosto perplessa.
“Nevermind-san,
io… ho una confessione da farti. Vuoi stare a
sentirmi?”. La mortale serietà che aveva messo in
queste poche parole bastarono ad agitarla.
Per
qualche secondo le loro pose non mutarono: uno di fronte
all’altra, si guardavano in silenzio. Lei non esattamente
tranquilla e lui nemmeno, anche se per motivi completamente diversi.
“Tanaka-san…
mi stai facendo preoccupare…”.
Ancora
un po’ di silenzio. Era difficile, tremendamente difficile.
Ben più difficile di una invocazione al Terrore Cosmico
Tentacoluto che Suona al Centro dell’Universo.
“Se
ti dicessi… che tutti quei discorsi
sull’occultismo, la magia nera e bianca e gialla e a
pois… sono tutte balle?”.
“Eh?
Credo di non riuscire a seguirti, Tanaka-san.”
Ovviamente
una risposta del genere se l’aspettava. Se passi tre anni ad
atteggiarti a Signore Oscuro va da sé che quando cominci a
parlare come un essere umano normale nessuno ti capisce.
Sospirò
e si sedette sul suo letto: “Pensi davvero che io mi creda un
potente mago oscuro? Che i miei criceti siano la reincarnazione di
demoni degli abissi, o che un giorno dominerò il
mondo?”
Sonia
gli restituì uno sguardo ancora più confuso.
“Intendiamoci,
l’occulto mi piace, mi incuriosisce, tutto molto bello
ma” gesticolò, “Tanaka il Proibito non
è altro che un personaggio… che non
c’entra nulla con il vero Gundam” ammise,
abbassando la testa. Sentì il materasso affossarsi
leggermente, e quando si voltò vide la Super Principessa
seduta accanto a lui, abbastanza vicina da potersi accorgere che aveva
fatto lo shampoo di recente.
...torna
in carreggiata, Proibito del cavolo.
“Ma…
perché il motivo di questa sceneggiata?” chiese
lei, e il Super Allevatore si incupì ancora di
più: “Perché fingermi un potente mago
nero che non ha bisogno di nessuno e allontana da sé la
gente è sempre meglio che dover sopportare la
solitudine.”
“Oh,
Tanaka-san…”
Ecco,
l’aveva detto. E ora Sonia avrebbe probabilmente provato
pietà per lui e ne avrebbe preso le distanze,
d’altronde alle ragazze come lei piacciono i tipi snob come
Togami (quello vero, non quello simpatico della loro classe). Si diede
mentalmente dell’idiota. Poi sentì le mani di
Sonia afferrare le sue: “Mi dispiace tanto, Tanaka-san! Non
credevo soffrissi tanto!”
Gundam
sgranò gli occhi. Ancora una volta la sua mente aveva
galoppato e creato scenari apocalittici che non esistevano.
“Tu
non… non mi credi un perdente?” chiese, ammettendo
ad alta voce ciò che pensava di se stesso. Sonia
evidentemente non condivideva quel pensiero:
“Perché dovrei? Ognuno affronta la solitudine a
modo suo, e tu… hai scelto un modo bizzarro, ma non hai mai
fatto nulla di male, no? E niente ti vieta di cominciare a comportarti
diversamente da ora in poi. Almeno con me, se ti va” sorrise,
e di nuovo Gundam si sentì mancare la terra sotto i piedi.
“Quindi
mi accetti per come sono?”
“Certo!
E se vuoi possiamo continuare a fare i chuunibyou assieme! È
questo il termine giusto, sì?”
Lui
sorrise e annuì.
E
in quel momento decise che, se doveva cominciare a far crollare i muri
che si era costruito attorno, tanto valeva buttarli giù
tutti.
“Se
è questo che desideri, mia discepola, sarai
accontentata” disse, tornando all’usuale tono di
voce da Tanaka il Proibito, e Sonia rise. “E visto che siamo
in tema di grandi rivelazioni” si alzò dal letto
solo per piazzarsi davanti a lei e inginocchiarsi, “Sonia
Nevermind. Accetteresti di diventare la compagna delle tenebre del
Signore Oscuro?”
“T-Tanaka-san…
mi stai chiedendo di diventare la tua ragazza?!”
strillò lei, con un sorrisino che non lasciava dubbi sulla
sua risposta.
Gundam
arrossì e si coprì il volto con la sciarpa,
annuendo.
Nello
stesso momento, da qualche parte nell’accademia, un Super
Meccanico a caso cadde a terra svenuto senza alcun motivo. |
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Capitolo 15 *** ...e la rivincita degli hobbit ***
Nidai
sentiva un’impellente necessità, come gli capitava
pressapoco dodici volte al giorno. Ma in quell’istante doveva
trattenersi, c’era in ballo qualcosa di potenzialmente grosso
ed era richiesta la sua presenza.
Lui,
Sonia, Chiaki e Ibuki erano seduti al solito tavolo del solito bar del
solito dipartimento di neuroscienze, ormai loro usuale ritrovo con gli
altri sovversivi della 78. Anzi, li stavano proprio aspettando.
Il
suo problema più pressante, però, si stava
facendo sentire perché Chiaki stava sorseggiando con grazia
una squisita cioccolata calda. Il che lo… stimolava.
Potrei
riuscire a battere il mio record, stavolta. Quattro dormitori
disintegrati.
“Oh,
ma insomma. Quanto ci mettono quegli altri ad arrivare? Ibuki si rompe
ad aspettare!”.
“Abbi
pazienza, Mioda-san. Saranno qui a momenti. Credo”.
E
figurati se quel mortaretto inestinguibile di Ibuki non avrebbe avuto
da ridire per un piccolo ritardo. Va beh, è sempre stata
così e probabilmente neanche una lobotomia totale sarebbe
stata in grado di spegnere la sua inesauribile carica.
“In
effetti sarebbe meglio se si spicciassero. Dovrei vedere
Tanaka-san…” disse Sonia con uno
sguardo… trasognato.
Eh?
È successo qualcosa? Io devo cagare.
“Oooooooooooooooooooooooooooh!
Finalmente tu e il nostro stregone malefico avete
ufficializzato?” prese a strepitare Ibuki, se possibile
ancora più su di giri.
“Eh?
Cosa? Dici sul serio?”.
“Beh”
fu l’imbarazzata risposta della Principessa “in
effetti ieri sera ci siamo visti e sapete, da cosa nasce cosa
e…”.
“Chebellochebellochebellochebello!
Sono così felice per voi! Anche io e Byakuya-chan ora stiamo
insieme, lo sapete vero?”.
I
versi di sorpresa generalizzati si sprecarono.
La
mia estasi tocca punte inenarrabili. Ma devo comunque cagare.
Finalmente,
dopo ulteriori minuti di attesa (e ulteriori discorsi su amorazzi vari
e infatuazioni che trovavano il loro giusto sbocco), giunsero quelli
della 78. A ranghi completi, a quanto pareva.
Con
un’eccezione forse non particolarmente importante, ma
comunque degna di nota: Fujisaki indossava un paio di pantaloni lunghi
e una felpa con cappuccio.
“...”.
Il silenzio con cui lui e i suoi compagni accolsero la
novità si fece sentire.
“Fujisaki-san
è un maschio, sì” si
affrettò a precisare Oogami “Scusate se non ve lo
abbiamo detto prima, è una faccenda…
delicata”. Il quale Fujisaki arrossì
violentemente, ma non proferì parola.
“Non
c’è problema” rispose pronta Chiaki
“Rispettiamo la sua privacy e il suo desiderio di non averne
voluto parlarne prima. Ora, se voleste accomodarvi dovremmo discutere
di quello che sapete”.
Si
sedettero assieme a loro.
Devo
cagare.
“Molto
bene signori” fu ancora Sakura a farsi portavoce per tutti i
presenti “credo sia davvero giunta l’ora di
prendere provvedimenti pratici. Non so come intendiate agire voi, ma da
parte nostra vi posso assicurare che metteremo in pratica quanto
verrà deciso qui non appena ci alzeremo da questo tavolo. Ho
la ferma intenzione di porre fine a questa pagliacciata il prima
possibile”.
Sonia
chiese e ottenne di poter parlare: “Oogami-san, apprezziamo
l’impegno. Purtroppo mi duole comunicarvi che la situazione
nella nostra classe è immutata. Non c’è
la minima intenzione di interrompere la faida in nessuna maniera, e i
colpevoli della bravata in piscina preferiscono passare i loro
pomeriggi nelle mani di quel bruto di Sakakura piuttosto che
retrocedere di un solo passo. Non vedo possibili sbocchi”.
“In
tal caso ci vorrà un’azione più di
forza. Non lo pensi anche tu, Nidai-san?”.
Si
sforzò di mantenere un contegno e fece un cenno affermativo
con la testa, ma…
DEVO
cagare.
“Tutto
bene, Nidai-san?”.
“S-Sì,
tutto b-benissimo…”.
Sperò
di riuscire ad ingannare i presenti, se non altro quelli non a
conoscenza dei suoi sani modi di depurarsi dalle scorie solide. Anche
se pareva non aver sortito l’effetto desiderato,
poiché sentiva su di sé più di uno
sguardo curioso.
“Un
momento, Sakura-chan! Cosa intendi con azione
di forza?”.
“Non
temere, non è nulla di quello che potresti pensare. Si
tratta solamente di costringerli a giungere a una pace duratura. In
maniera pacifica, te lo assicuro”.
“Sì,
ma se ci dovete pensare tu e Nidai-san…”.
“Oh
suvvia” si inserì ancora Sonia
“Nidai-san può forse dare un’impressione
sbagliata a causa della sua notevole stazza, ma non è
affatto una persona violenta”.
“Sì
sì sì sì sì! Nekomaru-chan
è grande e grosso ma non saprebbe far realmente del male
neanche a un moschino! Non ha mai picchiato Ibuki, nemmeno nei suoi
momenti più insensati!”.
“N-Non
è una gran rassicurazione, eh…”
mormorò Fukawa a mezza voce. Ma a parte lei nessuno
sembrò avere da ridire in proposito.
“Quindi
in pratica stiamo dicendo di prenderli di peso e obbligarli a
confrontarsi per dirimere la questione?”.
“Sostanzialmente
sì, Fujisaki-san. Soprattutto direi che questo deve valere
per Naegi-san e per Hinata-san, che funzionano un po’ da
capoccia delle rispettive gang… meno male che Kuzuryuu-san
non mi può sentire o se la prenderebbe a
morte…”.
“Sono
d’accordo. Sono i primi da convincere. E una volta convinti
loro, i bollenti spiriti degli altri si spegneranno come fiaccole
consumate”.
“Santo
cielo Sonia-san, frequentare così tanto Tanaka-san ti fa
male…”.
“E
comunque tanta fortuna a pensare che basti così poco a
domare l’animo da regina del melodramma di Togami”
rimarcò sarcastica Asahina, ricevendo un paio di sconsolate
conferme.
DEVO
CAGARE.
“Su,
non fasciamoci la testa prima di essercela rotta. E comunque negli
ultimi giorni ho notato un leggero cambiamento in lui,
l’impresa potrebbe essere meno impossibile di quanto
sospettate”.
“Stai
scherzando Sakura-chan, non è vero?”.
“Affatto.
Sono seria”.
“E
dimmi, che magico cambiamento avrebbe subito? Gli è
cresciuto un ahoge invisibile?”.
“No,
ovviamente no. Facci caso la prossima volta che andremo a fare yoga,
Aoi. Te ne accorgerai anche tu”.
“Ho
i miei dubbi…”.
“Pessimista”.
La
conversazione proseguì su questi binari, con i due gruppetti
che si misero d’accordo sul quando e sul dove. Tutta questa
idea però, per esplicita richiesta di Sakura, si doveva
basare sull’essere onesti con loro e spiegare bene i motivi
che li spingevano a comportarsi in tale maniera. Nessun trucco, nessun
inganno. Il che, chiaramente, complicava molto le cose.
Ma
in quell’istante nulla di tutto ciò, per quanto
importante, interessava a Nekomaru.
Il
colpo di grazia giunse quando, al termine della discussione, Asahina
alzò la mano per ordinare: “Per favore, ci
può portare due cioccolate? Anche tu, Fukawa-chan? Tre
cioccolate allora. Grazie”.
Al
solo sentire la parola il Super Coach prese a tremare. Assomigliava
pericolosamente a un nocciolo nucleare prossimo alla fusione.
“OK,
ADESSO NON CE LA FACCIO PIÙ. DEVO CAGARE!”
tuonò, per il terrore dei membri della 78 e il malcelato
divertimento di quelli della 77.
Si
alzò, lasciando dietro di sé una scia di fiamme.
*
Chiaki
osservò Nidai darsela a gambe ad una velocità
pari solo a quella di Sonic. Qualche istante dopo sentirono un boato
provenire dai bagni del dipartimento di neuroscienze, con esplosione
annessa.
“Che…
che cosa è stato…?” balbettò
Fukawa. Chiaki sospirò: “Nulla di che, Nidai-san
doveva solo andare in bagno.”
“Solo...”
mormorò la Scrittrice, gli occhi sgranati resi ancora
più enormi dalle lenti rotonde.
“...mi
è improvvisamente passata la voglia di bere la
cioccolata” aggiunse Asahina, visibilmente disgustata.
“Oggi
era una giornata buona” specificò Ibuki,
“non mi sembra di vedere grossi danni alle pareti, da
qui!”
“Confermo,
quelli che fece l’anno scorso quando Yukizome-san
andò a cercarlo furono ben peggiori”
sospirò Sonia.
A
giudicare dalle espressioni delle ragazze della 78, Chiaki
pensò che li ritenevano tutti pazzi. Non se la
sentì di dar loro torto.
Circa
venti minuti dopo il gruppo si separò, e la Gamer si
limitò a seguire in silenzio Sonia e Ibuki immerse nei loro
discorsi da donnine finalmente impegnate.
Sbuffò.
Era contenta per loro, sia chiaro, ma non poteva non provare un pizzico
di invidia. Insomma, se persino Tanaka aveva finalmente gettato via la
maschera da chuuni per dichiararsi alla Principessa, perché
Hinata non poteva riuscirci?
Invece
nulla. E dire che lei di indizi gliene aveva lasciati diversi, come in
una vecchia avventura punta e clicca. Ma Hinata proprio non ci arrivava.
Certo,
potrei pure non piacergli, pensò.
Era una cosa di cui aveva tenuto conto, però era difficile
assicurarsene quando l’unico pensiero fisso del suo secondo
giocatore erano
Naegi e quella stupidissima faida. A quel punto era persino lecito
credere a quelle strane voci di corridoio che volevano Komaeda
infatuato (e ricambiato) di Hinata.
Più
ci pensava più si innervosiva. Decise quindi di distrarsi e
tirò fuori il fidato Nantendo dallo zaino.
Una
partita a Gala Omega e passa la paura. Forse.
Appena
il gioco si avviò Chiaki si perse totalmente in esso come le
succedeva sempre, dimenticando ciò che la circondava. Era
piuttosto abituata a camminare e giocare al contempo, ma questo non le
impediva, di quando in quando, di andare a sbattere contro qualche
malcapitato passante; e impegnata com’era a far fuori
navicelle spaziali aliene non si era accorta che Sonia e Ibuki erano
sparite, lasciandola sola a girovagare per il cortile. Girovagare che
si interruppe quando andò davvero a sbattere contro
qualcuno. Lo scontro la riportò alla realtà, e
quando finalmente sollevò gli occhi si trovò
davanti proprio Hajime Hinata.
Parli
del diavolo ed ecco che ne spunta l‘ahoge.
“Nanami-san…
era un po’ che non ti vedevo” disse lui, accennando
un mezzo sorriso. Lei però non si lasciò
incantare: “Sei tu quello troppo impegnato con la
stupidissima faida…”
Hinata
sbuffò: “Ancora con questa
storia…”
“Dovrei
essere io a dirlo a te, non il contrario.”
“Ne
abbiamo già parlato…”
“No,
io ho parlato, tu ti sei solo arrampicato sugli specchi aggrappandoti a
un misterioso onore di classe per mascherare la tua antipatia verso
Naegi!” sbottò Chiaki. Era inusuale per lei
perdere la calma, ma Hinata si era rivelato particolarmente bravo a
mettere alla prova la sua pazienza. E poi, onestamente, se
l’era cercata.
“M-ma
non è vero!” osò lui, ma la Gamer era
già pronta al contrattacco: “Ah no? Eppure mi
sembra che lo scherzetto del festival sia stata opera tua!”
“Naegi
mi ha sempre provocato!”
“E
come? Esistendo? Perché avete un taglio di capelli simile e
ridicolo?”
“Ehi,
questo era un colpo basso!” pigolò lui, con
un’espressione dispiaciuta che quasi fece tentennare Chiaki.
Quasi.
“Sai
cosa? Sono stufa. Ci ho provato a farti ragionare, ma tu ti rifiuti di
ascoltarmi” disse, pronta a sferrare la combo finale.
“Se non ci sono riuscita io spero ci riescano Nidai e le
altre, io ho chiuso” annunciò, seria, voltandogli
le spalle. “Mi cercherò un altro secondo
giocatore.”
Fatality.
Detto
questo si diresse verso i dormitori, obbligandosi a non girarsi.
Perché sapeva che se avesse visto di nuovo
quell’espressione da cane bastonato si sarebbe rimangiata
quasi tutto.
Ma
Hinata doveva capire, e se le buone non avevano funzionato... sperava
lo avrebbero fatto le cattive.
*
No.
Chiaki
non poteva averlo detto.
No
nononono no.
Chiaki
Nanami non poteva avergli detto di voler cercare un altro secondo
giocatore ed
essere seria.
NONONONONONONONONONO.
Cioè,
era un pensiero che Hinata aveva già formulato visto
l’andazzo, ma sperava di sbagliarsi. E invece…
NONONONONONONO
CHIAKI PERCHÉÉÉÉ?!
La
sua vita non aveva più senso. Poteva convivere con
l’assenza di un qualsivoglia talento, col dubbio sul
perché si trovasse alla Kibougamine o con Sakakura che lo
chiamava “Super Boh”.
Ma
l’odio di Chiaki Nanami… quello non poteva
affrontarlo. Sapere che la ragazza che gli piaceva adesso lo odiava era
un dolore insopportabile.
Rimase
lì a fissare il nulla per momenti che a lui sembrarono
interminabili.
Quando
Komaeda lo trovò, Hajime gli si buttò tra le
braccia e scoppiò a piangere.
*
Chihiro
seguiva Aoi e Sakura, pochi passi davanti a lui.
Come
aveva detto l’Artista Marziale stavano andando a trovare
Naegi, che data l’ora probabilmente era nella propria camera,
per esporgli il problema e convincerlo a porvi fine.
L’idea
era meritevole, ma una brutta sensazione di fondo lo inquietava. Non
era del tutto sicuro che non ci sarebbero stati intoppi
nell’operazione, non di fronte all’inusuale ma
enorme testardaggine del Fortunello. L’antipatia che sentiva
nei confronti di Hinata sembrava quasi invalicabile, almeno giudicando
da tutte le volte in cui lo aveva maledetto fino alla terza o quarta
generazione.
Era
incredibile a dirsi, ma Makoto Naegi sapeva provare odio. E pure tanto.
Assurdo.
Era una delle persone più disponibili, solari e comprensive
che avesse mai conosciuto. E nel novero includeva persino quel
sant’uomo di suo padre, biologicamente incapace di alzare la
voce.
Eppure…
Venne
ridestato da questi pensieri sentendo Asahina esclamare, con voce
squillante: “Oh porca miseria, ma sono quasi le quattro!
Dannazione, ho gli allenamenti di nuoto!”.
“Cosa?”
chiese timidamente lui “Vuol dire… che ci dai
buca?”.
“Mi
spiace Fujisaki-san, non ci ho proprio fatto caso. Ma fra poco
più di una settimana ho una gara piuttosto importante e non
voglio arrivare impreparata. Devo proprio scappare!”.
“Vai
tranquilla, Aoi. Ci penseremo noi a Naegi”.
“Sei
sicura, Sakura-chan? Già Fukawa-chan è sparita
chissà dove…”.
“Ma
sì, non ti preoccupare. Io e Fujisaki-san bastiamo e
avanziamo”.
“Va
bene allora. Scusatemi ancora. E buona fortuna!” li
salutò allontanandosi a tutta birra.
Ecco,
quello che ci voleva. Perdiamo i pezzi per strada ancora prima di
cominciare.
Si
impose la calma. Era fiancheggiato da Sakura Oogami, sarebbe andato
tutto bene. Naturalmente non pensava che la cosa potesse degenerare in
qualche modo, anche perché nel caso sarebbe bastata una
manata all’aria da parte di lei per ridurlo a un brodino sul
pavimento. E poi figurati, va bene tutto… ma Naegi non si
azzarderebbe mai a contraddirla su un fatto tanto importante, in primis
perché non è quel tipo di persona.
Anche
se aveva già scoperto un lato di lui che non sospettava
potesse esistere. Temeva di scoprirne altri.
Oh
beh. Non mi resta che appurarlo. E sperare di uscirne intero.
I
due si diressero quindi nei dormitori e, dopo una breve passeggiata, si
trovarono di fronte alla porta su cui stava affisso un ritratto chibi
del suo proprietario. Chiunque fosse l’autore aveva ritenuto
opportuno rappresentare l’ahoge del Fortunello.
Chissà
se è vero quanto ha detto Celes-san qualche tempo fa, sul
fatto che tutti quegli affarini siano opera di Hongou-san…
DRIIIIIIIIIIIIIIIIIIIN.
“Chi
è che dist… oh, Oogami-san! E Fujisaki-san! A
cosa devo la visita?”.
Sul
serio stava dicendo chi
è che disturba?
Naegi? Makoto Naegi?
“Possiamo
entrare, per piacere? Ci sarebbe una cosa di cui dovremmo
parlarti”.
“Non
si può rimandare, Oogami-san? Io sarei…
impegnato”.
“In
realtà no, sarebbe meglio di no. È davvero
importante”.
“Sì,
ma io sono… impegnato”.
“Mi
tocca insistere”.
“Impegnato”.
“Insisto”.
“Sono
impegnato.
Quale parte non ti è chiara?”.
…
…
…
Un
fulmine colpì Chihiro direttamente sulla testa. Naegi non
stava facendo, o non aveva intenzione di fare, quello che aveva appena
pensato… vero? Qualcosa che implicava la sua …
uh, gli faceva un po’ senso pensare a quei due come fidanzati.
La
bega proseguì ancora per un po’, mentre il
Programmatore vagava nel suo mondo mentale e si immaginava scenari
sempre più estremi e poco fraintendibili.
Poi
accadde proprio quello che paventava: l’inconfondibile chioma
lilla di Kyouko Kirigiri fece capolino da dietro l’angolo.
Ohperlamiserialadraliabbiamointerrottimentrechissàchefacevanoporcaevaperònonsembranosvestitisìmacisiamomessiinmezzocomunqueohdiohdioohdio.
“Qualche
problema, Oogami? Io e Naegi saremmo… impegnati, se non ti
scoccia”.
“Veramente
avrei bisogno di parlargli. Anzi, di parlarvi. Un colpo di fortuna che
ci sia anche tu”.
“Qualunque
cosa sia aspetterà un paio d’ore.
Dobbiamo… studiare, sì. Studiare”.
Mondo-kun
direbbe “Ah, adesso la si chiama studiare quella roba
lì?”.
Sakura
fece per ribattere ma l’unica cosa che ottenne fu la porta
sbattuta senza tante cerimonie.
“Cavolo,
dev’essere una materia particolarmente difficile”
si lasciò sfuggire Chihiro in una delle sue rare uscite
sarcastiche.
“Fin
troppo” concordò sconsolata.
Rimasero
un paio di minuti a fissarsi ammutoliti, chiedendosi senza parole cosa
dovessero fare.
A
un certo momento Fujisaki prese una decisione: erano andati
lì per parlare con Naegi e avrebbero parlato con Naegi. E
per la miseria.
Con
un rapido gesto suonò di nuovo il campanello.
“Che
c’è?!” fu la risposta piuttosto irritata
di Kirigiri, che aprì la porta al posto di Naegi.
“Mi
spiace ma dobbiamo insistere” ribatté pronto
Chihiro, scansandola e intrufolandosi in camera del Super Fortunello.
Il quale lo guardava con occhi sgranati, perché
evidentemente non si aspettava una presa di posizione tanto ferma da
parte sua.
Nemmeno
io in effetti.
Ma
doveva ammettere che mostrarsi così risoluto
aveva… il suo fascino, per così dire. Ora capiva
perché a Mondo e Ishimaru piaceva tanto fare la voce grossa.
Quando
vide Oogami chiudersi la porta alle spalle (e piazzarcisi davanti per
precauzione) tornò a concentrarsi sulla coppietta.
“...Fujisaki
mi hai appena spinta via?”
“E
sei… entrato a forza nella mia stanza?”
Il
Programmatore sentì le sue guance avvampare, ma si impose di
mantenere il controllo: era ora che anche Chihiro Fujisaki imparasse ad
alzare la voce e farsi ascoltare. Senza esagerare.
“Mi
spiace essere stato così scortese, ma come vi abbiamo detto
è una questione importante” rispose, deciso a far
valere le sue ragioni. “Naegi-kun, vorresti essere
così gentile da ascoltare me e Oogami? Non ti ruberemo molto
tempo, tra qualche minuto potrete tornare a…
studiare.”
Il
suo rimarco velato di sarcasmo non sfuggì a Naegi e
Kirigiri, che si scambiarono un’occhiata divertita prima
acconsentire alla discussione: “Visto che l’hai
chiesto così gentilmente” sorrise la Detective,
seguita a ruota dal Fortunello: “Non credevo che prestarti
una mia felpa avrebbe scatenato il tuo personale Mr. Hyde. A saperlo
l’avrei fatto molto prima.”
Le
risate che seguirono rilassarono Chihiro, segno che poteva proseguire
nella missione che lui e Oogami si erano prefissati: “Bene,
credo sia ora di dirti perché siamo qui. E prima che vada
avanti, ti prego Naegi-kun… ascoltaci fino alla fine.
Ok?”
L’altro
inarcò un sopracciglio: “...ok.”
“Ecco,
io e Oogami-san siamo qui per chiederti di parlare con Hinata-san e
sotterrare l’ascia di guerra.”
“C-cosa?!
Fujisaki-kun non puoi-”
“Naegi-kun.”
Una
sola parola dell’Artista Marziale bastò a placare
gli animi di tutti. “Naegi-kun, siamo seri: questa storia
della faida è ridicola. Abbiamo cercato di ignorarla il
più possibile, almeno finché non avete coinvolto
Fujisaki-san nella bravata in piscina chiedendogli di cancellare le
strisciate delle vostre schede elettroniche”
proseguì lei, e Chihiro notò come persino
Kirigiri sembrasse un po’ a disagio davanti alla
verità, “ma penso ti renderai conto che questa
storia vi sta letteralmente sfuggendo di mano. In particolar modo a te
e Hinata.”
Il
ragazzo non rispose, limitandosi a distogliere lo sguardo.
“So
che non vi sopportate, e non sarò io a negare che Hinata ti
ha provocato più volte” insistette lei,
“e lo scherzo al festival è stato un vero colpo
basso… ma non è una buona ragione per continuare
ad abbassarti al suo livello. Di questo passo continuerete a
sprofondare in questo pantano trascinandovi dietro tutti gli altri,
senza contare le eventuali conseguenze.”
A
quella frase sia Naegi che Kirigiri si voltarono a guardarla
all’unisono.
“Sarò
onesta: voglio indire una riunione di classe in cui chiederò
a te e agli altri colpevoli dello scherzo in piscina di ammettere le
vostre colpe davanti al preside.”
“Aspetta
aspetta aspetta” la interruppe la Detective, rizzando in
piedi, “dovremmo andare a costituirci davanti a mio
padre?”
“Quella
è l’idea, sì”
confermò Fujisaki, e notò con un pizzico di
divertimento quanto la cosa preoccupasse la ragazza. Oh
beh, nessuno vi ha obbligati a vendicarvi della 77.
“Oogami-san
non puoi chiederci questo” le fece eco Naegi, ma Sakura non
si scompose: “Posso eccome. Se ammettete le vostre colpe
adesso l’unica punizione che vi toccherà
sarà la detenzione pomeridiana” e a Chihiro non
sfuggì l’espressione di puro terrore sul volto del
Fortunello. Avevano visto Sakakura e preferivano stargli lontani.
“Ma se persisterete in questa stupida faida”
continuò Oogami “le conseguenze potrebbero essere
peggiori. Ricordi che l’anno scorso furono espulsi tre
studenti innocenti per l’esplosione in palestra? E loro erano
stati coinvolti solo per errore. Pensa a cosa potrebbe accadere a
voi.”
Naegi
e Kirigiri si scambiarono un’altra occhiata, stavolta
decisamente preoccupata. Forse Oogami aveva toccato le giuste corde.
“Siamo
venuti a parlare prima con te perché sei il più
ragionevole” disse, rivolgendosi a Naegi. “Se tu
accettassi di lasciar perdere questa buffonata forse anche le teste
calde come Mondo-kun e Togami-san, o anche Enoshima-san, si
arrenderebbero.”
Ci
fu un lungo momento di silenzio in cui Naegi distolse lo sguardo da
loro. Chihiro attese pazientemente insieme a Sakura, e si
augurò con tutto se stesso che i loro sforzi venissero in
qualche modo ripagati.
“E
va bene.”
Chihiro
alzò lo sguardo verso Naegi, che sorrideva: “Avete
ragione, ho davvero dato il mio peggio in queste settimane…
non è da me” ammise, grattandosi la nuca.
“Vi chiedo scusa.”
Il
Super Programmatore tirò un enorme sospiro di sollievo,
seguito a ruota da Sakura. Poi si voltarono tutti verso Kirigiri,
l’unica che non aveva ancora proferito parola.
“Allora,
Kirigiri-san?” chiese l’Artista Marziale, ma
l’altra non rispose.
“Kyouko-san…
credo sia ora di alzare bandiera bianca” insistette Naegi,
rivolgendole un’espressione da cucciolo bastonato che avrebbe
fatto capitolare chiunque. Potrei
farmi insegnare anche questa,
scherzò Chihiro fra sé e sé.
La
Detective sbuffò: “Oh… e va bene, va
bene!”
*
“Muku-neeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!”.
“Oh
per l’amor del cielo. Junko, che cosa vuoi? Non vedi che sono
in compagnia?”.
“Ciao
Ishimaru. Fammi vedere i preservativi, che voglia di diventare zia non
ne ho”.
“Enoshima-san!
I-I-Io e t-t-t-tua s-s-sorella n-n-non…”.
“Sì
sì, scherzavo. So che sei troppo mollaccione per una sana
scopata. Ma non sono qui per darti l’alzaculo che meriti,
bensì per dire a lei dell’eccezionale scoperta che
ho appena fatto!”.
“...senso
della vita parte seconda?”.
“Ehi!
Hai forse rubato i poteri psichici a Maizono?”.
“No,
semplicemente conosco la croce che ho accettato di portare. Avanti,
parla”.
“L’altra
volta mi sono sbagliata, anche se non di tanto. Non siamo
arcobaleni…”.
“Arcobaleni?”.
“Lascia
stare, Ishimaru-kun. Non immischiarti troppo, preserva i tuoi
neuroni… e i tuoi pettorali”.
“Ooooooooh,
ma sei piccante oggi Muku-nee! Che bello vederti ogni tanto in preda
agli ormoni come ogni buon teenager dovrebbe essere!”.
“...d-dicevi
che hai davvero scoperto il senso della vita”.
“Esatto!
Non siamo arcobaleni, ma unicorni che cagano arcobaleni! È
così chiaro!”.
“...”.
“...”.
“Beh?
Vi ho sconvolti con tutto questo genio? Mi sembra normale, troppa
luminosità acceca i poveretti”.
“Va
bene, la stronzata delle undici l’hai detta. Buona notte,
Junko cara”.
“Ok
ok, non c’è bisogno di spingere, so
dov’è l’uscita! Mi raccomando Ishimaru,
Mukuro ha una fantasia erotica ricorrente su corde e
bavagli…”.
“...”.
“Che
stress. Dov’eravamo rimasti?”.
“Ikusaba-san,
quella… quell’ultima cosa che ha detto tua
sorella… è falsa, no?”.
“No.
È la pura verità”.
“...”.
“Che
c’è? Non posso avere anch’io dei kink,
per caso?”.
“No
no, ci mancherebbe! E così, giusto per curiosità,
non che voglia mettere nulla di quanto mi stai per dire in pratica
ma…”.
“Entrambi.
Usarli e subirli. È proprio l’idea di un corpo
legato a eccitarmi, e che sia il mio o quello di qualcun altro poco mi
importa”.
“...”.
“Ma
come so fare i nodi scorsoi io ti assicuro nessuno”.
“...ho
bisogno d’aria”. |
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Capitolo 16 *** ...e le asce di guerra sotterrate ***
Togami
cambiato? In meglio?
Mentre
eseguiva la posizione Balasana, Aoi non riusciva a togliersi dalla
testa le parole che Sakura le aveva rivolto il giorno prima durante la
riunione con i dissidenti della classe 77: secondo l’amica,
il Super Erede non era più l’odioso Scion di
‘Staceppa (citando Oowada-kun) che loro tutti erano abituati
a conoscere, ma stava cominciando a svelare lati nascosti del suo
carattere.
Così
aveva preso alla lettera il consiglio di osservarlo meglio alla prima
lezione di yoga disponibile, e da quasi un’ora continuava a
lanciare occhiate furtive al biondo erede.
L’unica
cosa che Aoi aveva notato era che il ragazzo era distratto.
Decisamente distratto. E chiunque conoscesse anche solo
superficialmente Byakuya Togami sapeva che era una persona
incredibilmente attenta ai particolari e a cui non gli sfuggiva mai
nulla… nulla che gli interessasse, almeno. Quindi vederlo
fissare il vuoto durante lo svolgimento di un esercizio, sbagliare
posizioni o sbattere ripetutamente la testa nel tentativo di eseguire
la Svanasana era una cosa decisamente bizzarra, soprattutto per uno che
nonostante tutto era migliorato velocemente nell’esecuzione
degli esercizi base.
Qui
gatta ci cova.
Continuò
ad osservarlo in silenzio, notando come di quando in quando Sakura
dovesse richiamare la sua attenzione e fargli notare che aveva
sbagliato questa o quella posizione rischiando di farsi male. E,
sorpresa delle sorprese, Togami non aveva risposto stizzito come ci si
sarebbe aspettati da lui: si era limitato ad annuire e mormorare un
“Oh, sì. Grazie.”
Togami
non è cambiato, l’hanno rapito gli alieni e ci
hanno restituito un suo clone difettoso.
Cosa
ancora più assurda: la scena si ripeté diverse
volte, con Sakura che gli faceva notare i suoi sbagli e lui che annuiva
e la ringraziava, senza risposte al vetriolo.
...forse
non è un clone ma un alieno vero e proprio. O il Super
Impostore della 77 è dimagrito e ha preso il suo posto.
Era
tutto così assurdo che nemmeno la Nuotatrice
riuscì a concentrarsi sui suoi esercizi, e quando Sakura, a
sessione finita, glielo fece notare, lei non riuscì a
trattenersi: “Non è colpa mia. Togami continuava a
distrarmi.”
L’Erede
inarcò un sopracciglio: “Come prego? Non ti ho
nemmeno rivolto la parola.”
“Oh
non c’era bisogno” ribatté la ragazza,
“sentirti ringraziare Sakura-chan ha sortito lo stesso
effetto di una bomba lanciata in palestra.”
La
quale Sakura si limitò a ridacchiare, mentre Togami era
ancora più confuso: “E cosa ci sarebbe di
strano?”
“Cosa
ci sarebbe di strano? E da quando Byakuya Togami, il Grande Erede della
Togami Zaibatsu nonchè Scion di ‘Staceppa, dice grazie
a qualcuno?”
Il
suo rimarco sembrò aver sortito qualche effetto,
perché il ragazzo sgranò gli occhi e la
fissò con un’espressione imbecille che poi rivolse
a Oogami.
Davvero
non se ne era reso conto? Seriamente?!
Dopo
qualche istante di silenzio Togami cercò di formulare una
spiegazione: “Io… sono un po’ distratto,
ultimamente.”
“Ma
non mi dire.”
“Aoi…”
la fermò Sakura, paziente come solo una maestra
dell’asilo sapeva essere, per poi rivolgersi allo Scion:
“Qualcosa ti turba, Togami-san?”
“In
effetti sì” ammise lui, distogliendo lo sguardo.
Sembrava…
pensieroso. Quasi preoccupato. Qualcosa che Aoi non avrebbe mai e poi
mai pensato di vedere in quel concentrato di boria bionda che era
Togami.
E
invece Sakura-chan ci aveva visto giusto. Di nuovo.
La
quale raccolse le sue cose e li invitò a fare altrettanto,
per poi dirigersi verso l’uscita della palestra:
“Vuoi parlarne?” si rivolse ancora al ragazzo.
“L’ultima volta non è andata poi
così male” sorrise, e lui sembrò
tentennare, per poi rivolgere un’occhiata di sbieco ad Aoi.
“Che
c’è, non puoi raccontare i tuoi segretucci se ci
sono anche io?” sbottò la Nuotatrice, venendo di
nuovo fermata in tempo dall’amica: “Avanti Aoi, non
c’è bisogno di essere aggressiva.”
“Ma
hai visto come mi ha guardata?!”
“Come
ti avrei guardata?”
“Eri
sospettoso!”
“Certo
che lo sono, sei così rumorosa!”
“Io
rumorosa? IO?!”
“Bambini,
per favore” tuonò Sakura, e tanto bastò
a calmare gli animi. “Adesso ce ne andiamo in caffetteria a
prendere qualcosa da bere, poi andiamo in camera mia e parliamo.
Ok?”
Silenzio
da entrambe le parti.
“Ok?”
insistette.
Sia
Aoi che Togami annuirono e la seguirono in silenzio, lanciandosi di
quando in quando sguardi torvi e pernacchie. Recuperate bibite
energetiche e qualche snack (tra cui una scatola di ciambelle che Aoi
stringeva tra le braccia come se da quella dipendesse la sua vita), i
tre si ritrovarono finalmente nella stanza della Super Artista Marziale.
“Allora,
Togami-san” disse, sorseggiando una bibita proteica,
“vuoi dirmi cosa ti cruccia?”
L’Erede
rimase qualche istante in silenzio, e Aoi notò come la sua
espressione fosse sinceramente preoccupata, decisamente diversa
dall’aria strafottente che lo aveva sempre contraddistinto.
“Oogami,
tu… tu cosa fai quando sai di aver sbagliato?”
...eh?
Sakura
non si scompose: “Spiegati meglio.”
“Se
ti rendi conto di aver commesso un errore… molti
errori” proseguì lui, senza sollevare lo sguardo
dal bicchiere che teneva tra le mani “come ti
comporti?”
“Beh,
cerco di rimediare a quell’errore, per quanto
possibile” rispose lei, pacata.
“E
come fai a sapere qual è la cosa giusta da fare? Come fai a
sapere se funzionerà?”
Un
breve sguardo d’intesa tra Aoi e l’amica le
confermò come quest’ultima ci avesse decisamente
visto giusto.
Forse
ha ragione Sakura-chan… magari c’è del
buono anche in Togami.
“Quale
credi sia stato il tuo errore, Togami-san?” osò
Oogami, e per un momento il ragazzo tornò sulla difensiva:
“Non ho detto di aver commesso un errore.”
“Se
mi hai fatto quella domanda però lo credi… o mi
sbaglio?” insistette lei.
L’Erede
sospirò: “No, non sbagli.”
“Allora
te lo chiedo nuovamente: quale credi sia stato il tuo
errore?”.
Un
attimo di silenzio. Ad Aoi sembrò che Togami stesse come
combattendo contro qualcosa che gli impediva di esprimersi chiaramente.
Conoscendolo
si trattava facilmente di orgoglio. Del peso del cognome che portava.
Finalmente
giunse l’agognata risposta: “Un solo errore? Ho
fatto vagonate di errori. Con te, con lei, con Naegi, con Fujisaki, con
tutta la classe… ma in special modo…”.
Si interruppe bruscamente, di nuovo in apparente conflitto con se
stesso.
“Il
tuo vero cruccio è Fukawa-san, ci ho visto
giusto?”.
La
reazione di Togami ricordò quella di una portaerei americana
centrata da un kamikaze.
“Sono
così facile da capire, dunque?”.
“Più
di quanto ti piacerebbe, già. Ma non è un male.
Significa che per me è più facile aiutarti, non
dovendo perdere ore su ore a rimuginare sulle cause del tuo
malessere”.
Asahina
non poté fare a meno di pensare quanto l’aspetto
di Sakura fosse bugiardo: un corpo enorme e solcato da cicatrici di
ogni forma e dimensione, di conseguenza potenzialmente
minaccioso… che conteneva tutta quella bontà
d’animo.
Beh
no, non è del tutto esatto. Ci vuole tanto spazio per questa
spropositata quantità di altruismo.
Si
limitò a sentirli parlare, conscia che il momento era
piuttosto delicato e una sua intromissione di qualunque genere avrebbe
probabilmente rovinato tutto.
“Quindi
è Fukawa-san, mh? Devo forse intendere che la sfuriata di
Enoshima-san la sera della festa, sebbene con toni decisamente
eccessivi, non fosse poi così campata per aria?”.
Silenzio.
Colpevole, secondo l’opinione della Nuotatrice.
“...potrebbe
darsi”.
“Togami-san,
hai fatto un grande passo ammettendo lo sbaglio. Non fermarti a
metà strada, rischi di scivolare e tornare a valle a
mò di valanga. Poi ti si spezzano le ossa atterrando e non
dev’essere troppo piacevole. Un vero scalatore non si ferma
prima della vetta”.
Da
quando sei esperta di rampini, Sakura-chan?
“Devo
essere onesto? Enoshima deve smettere di sniffare l’elio. Ha
dato fuori di testa per niente. Io stavo solo ballando con Sonia e non
ho nessun tipo di obbligo nei confronti di Touko. Non sono di certo il
suo ragazzo, diamine!”.
“Questo
è vero. Non sei legato a lei in nessuna maniera, non
ufficialmente. Ma hai mai sentito il proverbio il
troppo stroppia?
Ti suggerisco di riflettere sui tuoi comportamenti passati”.
Lo
sguardo di Togami mentre rimuginava era impagabile. Sembrava un bimbo
che cerca di risolvere un’equazione di sesto grado, con tanto
di gesti scoordinati e occhi rivolti verso al cielo quasi a invocare
un’illuminazione divina.
“...se
la mettiamo in questi termini… potrei aver detto una parola
di troppo in un paio d’occasioni…”.
“Modesto,
se definisci una
parola di troppo in un paio d’occasioni l’infinita
sequela di insulti e umiliazioni che le hai inflitto. Perdona la
durezza, ma arrivati a questo punto non è più il
caso di usare giri di parole”.
Uh.
Sakura si stava togliendo i guantoni protettivi. E considerato che un
suo pugno aveva più o meno le dimensioni e il peso di una
grossa vanga...
“E,
permettimi di essere indiscreta, come mai Fukawa-san è al
centro dei tuoi pensieri in questo momento? In fondo
l’atteggiamento che tieni normalmente nei suoi confronti non
è poi così dissimile da quello che riservi alle
altre persone”.
Che
domanda è? A meno che…
Oh.
Oh.
OH.
Non.
Ci. Credo.
La
prolungata assenza di una risposta valeva più di mille
parole.
“Bene.
Qua abbiamo finito” sentenziò Oogami alzandosi.
“Finito?”
fu la scandalizzata protesta di Byakuya “Ma se abbiamo appena
cominciato!”.
“No
Togami-san, tu hai appena cominciato. Socrate non può e non
deve prendersi il merito dei traguardi dei suoi discepoli. Lasciatelo
dire: sono fiera di quanto hai detto negli ultimi minuti. Sei riuscito
a rinnegare la parte peggiore del carattere che ti è stato
imposto sin da piccolo. Hai ammesso un errore. Una sfilza
d’errori, per essere precisi. Hai individuato cosa
c’era che non andava nel tuo modo di fare. Hai capito quale
persona, fra la moltitudine della classe 78, ti sta davvero a
cuore… e siccome non sei stupido, potresti aver capito anche
qualcosa di più. Ma il resto sta a te”.
“Ancora
a me? Non mi starai dando un compito un po’ troppo
ingrato?” chiese lui, anche se si notava l’evidente
tono leggero con cui questa frase era stata pronunciata.
“Non
più ingrato del gettare diciassette anni nella tazza del wc.
E comunque hai fatto tutto tu, io non ti ho messo nessuna formula della
felicità nelle mani. Se reputi giusto comportarti
così adesso… ci sarà un
perché”.
Il
dialogo fra i due era poco più di un rumore di fondo per
Aoi. La sua intera massa cerebrale era impegnata
nell’elaborare la rivelazione che si era fatta largo come un
fulmine globulare nel cielo.
Non
è possibile. Non è vero. Non lo è. No.
A Togami non… non può piacere Fukawa-chan.
*
Koichi
Kizakura sbuffò mentre entrava nell’ufficio del
preside Kirigiri. Essere lo scout di punta della Kibougamine era un
lavoro sì appagante, ma faticoso da morire. Quasi invidiava
il vecchio Tengan che ormai era ufficiosamente in pensione e passava le
sue giornate a bighellonare per il campus importunando gli studenti del
corso di riserva che avevano la sfortuna di passare vicino alla fontana.
Era
reduce da una visita in un posto sperduto dell’Hokkaido, dove
risiedeva una ragazza di origini statunitensi che eccelleva in
qualsiasi forma d’arte classica. Gli aveva scolpito davanti
una statua di Izanagi partendo da un bidone dell’immondizia.
La
piccola Angie è sicuramente materiale per noi e merita
l’accesso a questo scuola. E poi, tenendo a freno gli istinti
peggiori, si può affermare che è una gran bella
ragazza e almeno per me questo aiuta tanto.
Come
sua abitudine non bussò. Aveva troppa voglia di
riabbracciare Jin.
Sperava
ardentemente di trovarlo solo e che quello scarafaggio di Hongou fosse
sdraiato sul proprio letto in preda ai crampi della gastrite. O anche a
vomitare i polmoni, era lo stesso.
E
invece…
Non
solo Hongou era presente, come sempre con un palo su per il sedere al
fianco destro del preside. Ma di fronte a loro riconosceva le sagome di
Naegi, Togami, Oowada, Ikusaba e Kyouko-chan.
I
cinque si voltarono sentendo la porta.
“Oh
toh, è arrivato l’altro marito di mio padre.
Potevi aspettare prima di organizzare il menage a trois, lo
sai?”.
Che
bello. La mia nipotina tira fuori la sua verve sarcastica solo con me.
“Koi…
ehm, Kizakura-san. Non l’aspettavo già di
ritorno” disse affrettatamente Jin alzandosi e andandogli
incontro.
“Salve,
signor preside. E salve a lei, onorevole vice-preside dei miei
stivali”.
“Il
piacere è reciproco, perditempo con il novanta per cento di
alcool nel sangue”.
“Signori,
per favore. Non vedete che siamo nel bel mezzo di una
confessione?”.
“Sentiamo”
annunciò il nuovo arrivato svaccandosi sul primo divanetto
disponibile ed estraendo la sua fida fiaschetta del whisky. Ne prese un
generoso sorso prima di aggiungere: “Mi incuriosisce sapere
di quale crimine può essersi macchiata la mia adorabile
nipote”.
Ignorò
platealmente l’espressione schifata di Hongou e quella
ansiosa di Jin, concentrandosi invece sui cinque ragazzini. Aveva
reclutato personalmente la classe 78, e li conosceva abbastanza bene da
sapere che si trattava di un gruppetto piuttosto singolare: se da un
lato poteva capire perché Oowada si trovasse in presidenza,
dall’altro non aveva idea del perché un ragazzo
tranquillo come Naegi e uno studente modello (benché suprema
spina in culo) come Togami fossero lì a fargli compagnia.
Ikusaba e Kyouko-chan, invece…
Nessuna
delle due ha mai dato problemi. Cosa che dalla Super Soldatessa non ti
aspetteresti mai. Ma sono entrambe due bombe inesplose.
Si
concesse un sorrisetto da iena vissuta. Ora era decisamente curioso di
scoprire i retroscena di quella bizzarra situazione.
“Allora,
prima di venire interrotti stavate per fare una confessione”
riprese Jin, tornando a sedersi alla sua scrivania. “Prego,
sono tutto orecchie.”
Kizakura
osservò il gruppetto con attenzione, estremamente divertito:
dalle loro posture e dagli sguardi tesi che si scambiavano era palese
che nessuno di loro volesse parlare, e che soprattutto si trovavano
lì solo perché dovevano.
In particolare Kyouko aveva l’aria di chi avrebbe voluto
essere ovunque (magari in giro per i corridoi a ficcare il naso dove
non avrebbe dovuto) tranne che nell’ufficio del preside.
“Allora?”
insistette quest’ultimo. Alla fine fu Naegi a farsi avanti:
“Ecco, signor preside… siamo stati noi a
rinchiudere parte della classe 77 in piscina e a gettare i loro vestiti
nei bagni.”
Cosa
cosa cosa?
Jin
annuì: “E immagino che anche l’assenza
delle strisciate delle vostre carte elettroniche fosse opera
vostra.”
“Abbiamo…
ho chiesto aiuto a Fujisaki-kun” ammise il Super Fortunello,
che al momento di fortunato aveva ben poco. “Ma lui
è completamente innocente, ha solo voluto farci un
favore!”
Ma
dai, uno sta via un paio di settimane e si perde tutto il divertimento?
Certo che avrei proprio voluto vederla la classe 77 rinchiusa in
piscina…
“Voi
confermate?”
Gli
altri quattro annuirono, e Kizakura si lasciò sfuggire una
risatina nell’osservare l’espressione di Jin, un
misto di stupore e rassegnazione. Sbuffò:
“Sarò sincero, è una situazione davvero
assurda. E lo dico dopo essermi ritrovato mezza classe 77 seminuda qui
in presidenza” disse Jin, “a quanto pare per causa
vostra.”
“Ci
tengo a specificare” intervenne Hongou, “che Mioda
era completamente
nuda,
ad esclusione di quello straccetto che Pekoyama le aveva
misericordiosamente messo addosso a forza.”
L’espressione
eloquente di Oowada confermò a Koichi che era piuttosto
contrariato per non aver assistito all’improvvisato
spogliarello della Super Musicista. Quella di Togami gli disse che a
quanto pare anche l’Erede aveva finalmente raggiunto la
pubertà, seppur in maniera tardiva.
Sempre
detto che Ibuki Mioda è stata una delle mie migliori
scoperte. Bravissimo me!
Si
obbligò a non bere nemmeno un sorso dalla fiaschetta, giusto
per non dare ulteriori ragioni a Hongou di aprire la bocca e abbaiare.
Dopo
qualche istante di silenzio Jin riprese a parlare: “Bene.
Sicuramente la vostra è stata una bravata notevole,
fortunatamente senza danni, anche se rinchiudere otto studenti in
piscina sfiora il sequestro di persona.”
Le
espressioni dei cinque ragazzi erano magnifiche. Guarda
come se la stanno facendo sotto, anche Kyouko e Ikusaba! Ah ah.
“Per
non parlare del modo in cui avete cancellato ogni traccia del vostro
passaggio…”
Un’altra
parola e Togami lo dovranno raccogliere col cucchiaino.
“Tuttavia
avete deciso di farvi avanti e confessare, e questo vi fa onore. Quindi
la vostra punizione è la seguente: detenzione pomeridiana
per un mese, insieme alla classe 77. Sono sicuro che conoscete
già il signor Sakakura.”
Le
loro facce bianche come lenzuoli furono una risposta più che
affermativa.
“Ooooh,
in punizione con Sakakura? Sei proprio un birbante, Jin-kun”
ridacchiò Kizakura, ignorando l’ennesima
occhiataccia di Hongou.
Il
preside sorrise: “Ogni tanto Munakata va a fargli
compagnia.”
“Ok,
questa è vera bastardaggine” rise. “Vuoi
farli morire di noia?”
“Sono
più che sicuro che sopravviveranno.”
Kizakura
si voltò di nuovo a guardare il gruppetto di studenti,
decisamente confusi.
No,
probabilmente non sarebbero usciti vivi dai soporiferi resoconti
lavorativi di Munakata.
Si
avvicinò a Kyouko e le mise un braccio sulla spalla:
“Auguri nipotina. Ne avrete tanto, ma tanto
bisogno.”
Un
grugnito da parte della Super Detective gli confermò che ci
aveva preso. Ancora una volta.
Devo
ricordarmi di fare un salto a trovarli durante la punizione.
*
“Naegi.”
“Hinata.”
Sakura
sospirò.
La
classe 77 e la classe 78 si trovavano in caffetteria da circa
mezz’ora, tutti schierati ai lati di una lunga tavolata e
intenti a guardarsi in cagnesco l’un l’altro.
Quelli che ancora volevano portare avanti la faida, quantomeno.
Scosse
la testa. Mai nella vita avrebbe pensato che sarebbe stato
più facile far ammettere a Togami i suoi errori (e,
apparentemente, i suoi sentimenti per Fukawa) piuttosto che far
scendere a compromessi Naegi e Hinata.
“Voi
lo sapete che siamo qui per parlare, sì?”
La
sua provocazione non ottenne risposta.
Bene.
Il trattamento del silenzio. Proprio quello che ci voleva per rendere
il tutto piacevole.
“Vi
preghiamo di scusare” prese la parola Chiaki
“l’assenza di Saionji-san. Nonostante tutta la
buona volontà di Koizumi-san non c’è
stato verso di farla uscire dalla sua camera”.
“Speriamo
si ammali di hikikomori…” venne mormorato da
più di una persona, mentre tutta la 78 girava il proprio
sguardo verso Celes. La quale, imperturbabile, sorseggiava il suo
té fregandosene bellamente.
Uno
dei tanti danni di quest’idiozia.
“Sarò
franca” prese la parola sovrastando ogni altro tentativo di
imbastire un discorso “La pagliacciata è durata
fin troppo. Niente, neanche l’inveterato odio che scorre fra
Hinata-san e Naegi-kun, può giustificare una simile
escalation. Figuracce di fronte all’intera scuola, pestaggi
gratuiti nei corridoi, infantili ripicche che rovinano la vita di tutti
coloro che ne sono coinvolti… insomma, mi piace pensare che
le persone sedute a questo tavolo siano meglio di così e che
questo sia stato solo un disgraziato incidente che non si
ripeterà più”.
“Sakura-chan
ha ragione!” la spalleggiò Aoi, per la sorpresa di
assolutamente nessuno “Non potete andare avanti in questo
modo! Ci manca solo che facciate esplodere la palestra e le avete fatte
tutte!”.
Qualcuno
fece timidamente notare che la palestra era già saltata per
aria in passato, e allo sguardo di Sakura non sfuggì un
sorrisino eloquente di Komaeda.
“Va
bene, vogliamo farla finita con ‘sta stupidaggine una volta
per tutte?” chiese un Hinata piuttosto seccato.
All’Artista
Marziale sembrò strano vedere uno dei due artefici di quel
grosso casino spingere per una risoluzione. Forse era solo per
togliersi il dente il prima possibile.
Oh
beh, meglio così.
“Mi
sembra un’ottima idea. Perché i signori Hinata e
Naegi non si alzano, visto che sono fortunosamente uno di fronte
all’altro, e si stringono la mano sancendo quindi la
pace?”.
Il
momento venne accolto da tutti i presenti con trepidazione (se parte
della fazione avversa alla faida) o con disgusto (se al contrario erano
favorevoli). Ma di sicuro nessuno rimase impassibile, neppure i
pokeristi come Kirigiri e Celes.
I
due fecero come era stato chiesto loro. Ma prima di stringersi la mano
sembrò come se fra i loro occhi passassero dei fulmini,
diretti dritti sulla capoccia del nemico. Quando poi ci fu il gesto
vero e proprio…
“Non
vali tutto questo impegno da parte mia, mini-me”.
“Lo
stesso vale per te, Super Boh”.
Hinata
ringhiò ma riuscì a mantenere un minimo di
contegno.
L’intero
tavolo sbuffò. Hajime Hinata e Makoto Naegi si sarebbero
stati sulle scatole nei secoli dei secoli, amen. |
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Capitolo 17 *** ...e il ritorno in pompa magna degli omini del cervello ***
“Ohibò,
siete aumentati?”
Sakakura
lasciò vagare lo sguardo tra i banchi, beandosi di
quell’inaspettata sorpresa: oltre agli otto delinquenti della
classe 77 se ne erano aggiunti altri cinque dalla classe 78.
Si
portò una mano al petto con fare solenne:
“Cos’avrò mai fatto per meritare tanta
grazia?”
Venne
ricompensato da grugniti sparsi che erano musica per le sue orecchie.
Squadrò i nuovi arrivati, cercando di abbinarli ai
rispettivi nomi: Makoto Naegi (la versione nana di Hinata,
apparentemente), Kyouko Kirigiri (la ficcanaso figlia del preside),
Mondo Oowada (il teppista dai capelli improbabili), Mukuro Ikusaba (la
soldatessa alle grandi manovre) e Byakuya Togami (definito da Kizakura
‘suprema spina in culo’, e a giudicare
dall’espressione da stitico nell’anima non poteva
che concordare).
“Dunque,
mi è stato detto che la vostra permanenza qui è
dovuta ad una faida tra le vostre due classi” disse,
sfoderando un sorriso da iena. “Vista la mole di scherzetti
che vi siete fatti a vicenda nelle ultime settimane, spero ardentemente
vi venga voglia di proseguire mentre siete sotto la mia tutela. Datemi
la possibilità di divertirmi a vostre spese, da
bravi.”
L’unica
risposta che ottenne fu un coretto di borbottii e lamentele, sulle
quali sovrastava il “Quel plebeo non sa chi sono
io” di Togami. Juzo sorrise ancora e decise di tenere a mente
il biondino. Aveva idea che quel fesso potesse essere
un’involontaria e meravigliosa fonte di risate.
“Posso
disturbare?”
Si
voltò verso la porta, da cui faceva capolino la testa di
Kyosuke Munakata.
La
77 piagnucolò, mentre la 78 osservava confusa.
“Entra
pure, accomodati” rispose il Pugile, “voglio sapere
come vanno le cose oltreoceano. Non tralasciare niente.”
Munakata
non se lo fece ripetere due volte, e la 77 invocò la morte.
Juzo
Sakakura sghignazzò.
La
vita da custode di delinquenti era fantastica.
*
La
mia vita fa schifo.
Hinata
si lasciò cadere sulla poltroncina della sala ricreativa,
mentre il resto della classe chiacchierava o giocava a freccette.
Prima
la tregua forzata con la classe 78, poi la detenzione con Sakakura
insieme a Naegi e gli altri scarti di galera che lo accompagnavano.
“Nanami-san,
ho riparato lo schermo del televisore! Vuoi fare una partita per
provarlo?”
“Grazie,
Souda-kun!”
E
poi, dulcis in fundo, c’era Chiaki.
O
meglio, c’era ma non per lui. Da quando gli aveva dato il due
di picche (perché
di quello si tratta, inutile girarci attorno)
la Gamer non gli aveva più rivolto la parola, nemmeno per
sbaglio, ed ogni tentativo da parte del ragazzo di rattoppare quel che
rimaneva del loro strano rapporto era naufragato.
La
faida è andata a farsi benedire, metà classe
è fidanzata, quel maledetto gnomo senza ascia di Naegi
è fidanzato, Chiaki mi ignora. E Komaeda mi fissa.
Lanciò
un’occhiata furtiva al Maledettamente Fortunato, che gli
rivolgeva inquietanti sguardi languidi dall’angolo opposto
della stanza. Decise di ignorarlo.
L’ho
già detto che la mia vita fa schifo?
Si
chiese per un attimo da quando fosse diventato così
melodrammatico e lagnoso.
Da
quando Naegi ha incrociato il mio cammino.
No
ok, doveva essere onesto almeno in questo: la sua propensione al dramma
non era causata dal Super Fortunello della 78, nonostante gli piacesse
usarlo come capro espiatorio, ma era qualcosa che nasceva da
dentro… dal suo essere senza talento. Era una cosa che aveva
odiato per anni, e l’ammissione fortuita al corso principale
della Kibougamine non era bastata a placare tutti i suoi dubbi.
Solo
Chiaki Nanami ci era riuscita.
Con
i suoi goffi e adorabili tentativi di renderlo partecipe delle sue
passioni, del giocare insieme a Gala Omega, con i suoi discorsi
d’incoraggiamento sul prendere la sua mancanza di talento
come un’occasione per poter diventare ciò che
voleva nella vita, la ragazza era riuscita a mitigare almeno un
po’ il costante senso d’inadeguatezza di Hinata.
Grazie a lei era riuscito a relegare quelle brutte sensazioni in un
angolo remoto della sua mente e aveva trovato qualcuno su cui contare,
qualcuno da…
Arrossì
violentemente, e si augurò che nessuno l’avesse
notato.
Secondo
giocatore un corno!
Continuare
a girarci intorno era inutile: Hajime Hinata era perdutamente
innamorato di Chiaki Nanami, e ora non poteva farci assolutamente
più niente perché lei lo odiava.
La
mia vita continua a fare sempre più schifo.
E
lo fa… in gran parte per colpa mia.
Oh
sì, non aveva la faccia tosta di negarlo. Non con se stesso,
perlomeno. Se ne rendeva conto molto bene, di aver toppato alla grande
con Chiaki. Poteva dare la colpa a Naegi quanto gli pareva, lo stato
dei fatti non sarebbe cambiato: Hajime Hinata aveva pisciato fuori dal
vaso. Mancandolo di chilometri.
Assorto
in questi pensieri autolesionisti, il suo sguardo capitò
casualmente di nuovo su Komaeda che a quanto pareva non gli aveva
staccato gli occhi di dosso un solo attimo. Grugnendo gli
dedicò un “No” muto, mimandolo molto
bene con le mani ma non ottenendo nessun risultato concreto.
Decise
di lasciarlo perdere, stavolta si sperava in maniera definitiva.
...l’Hajime
innamorato soffre. Mi si spezza il cuoricino.
No.
NO. Izuru di merda, evapora. Non è proprio il momento.
...scortese.
Mi annoiavo e ho deciso di venire a vedere come sta il mio alter ego
preferito.
Preferito?
Perché, siamo in più di due inquilini in questo
cervello?
...no.
E
allora piantala di parlare a vanvera.
...sei
patetico. Non hai neanche le palle per ammettere i tuoi errori.
Eh?
E cosa avrei fatto finora, ginnastica mentale?
...solo
i piccolodotati non parlano ad alta voce se c’è un
problema da risolvere.
Che
cosa stai cercando di dirmi?
...la
tua lentezza mi disgusta. Arrangiati.
Voglio
scendere da questo pianeta.
Però…
cavolo, non ci avrebbe mai creduto ma… l’occupante
abusivo del suo corpo mica aveva tutti i torti, eh.
Aveva
pisciato fuori dal vaso, è vero. E non ne aveva neanche
sfiorato i bordi. Ma si voleva sperare che il getto fosse lungo e
potente abbastanza da permettergli di correggere il tiro prima di
esaurirsi. Per chi non dovesse essere pratico di metafore urinarie:
l’aveva combinata, siamo tutti d’accordo. Ma chi o
cosa gli impediva, una volta realizzatolo, di cercare di metterci una
pezza? E non un tentativo a mezza bocca come i precedenti, di quelli
che fai tanto per pulirti la coscienza. Qualcosa di grosso, a la va o
la spacca.
Ok,
era deciso: le avrebbe parlato. Forse non sarebbe servito a niente,
magari lei era ancora troppo furiosa con lui per volerlo stare ad
ascoltare. Ma il gioco valeva la candela, eccome se la valeva.
Nel
caso peggiore si sarebbe ripetuta la scena del giorno prima, con lei
che lo mandava più o meno platealmente a quel paese. E fare
il bagno nel fuoco una seconda volta non brucia come la prima.
Si
alzò e si avvicinò al televisore, dove Nanami ci
stava dando dentro a Ultimate Fight XVI.
*
“Beccati
‘sto gancio, Abubu del cacchio!”
urlacchiò Chiaki mentre stendeva l’ultimo panzone
che la separava dal boss di fine livello.
La
Playstashun 4 ebbe come un sussulto, forse dovuto al sensore di ultima
generazione che dava il maggior senso di realismo possibile. Nei
picchiaduro ciò significava non arrischiarsi ad appoggiarla
vicino al bordo di un tavolo, sarebbe caduta infrangendosi come un
cristallo di Boemia.
Stava
per salire sull’ascensore che l’avrebbe condotta da
Rilento quando…
THUMP.
Qualcosa
batté sulla sua schiena.
Stava
per girarsi ma una voce le impose di non farlo.
Era
la voce di Hinata.
Urca.
Punto per il modo di approcciarsi, Hajime.
“Prosegui
pure col tuo gioco, non intendo distrarti. D’altronde al
momento anche una cosa come Ultimate Fight è più
importante di me, no?”.
Mi
fai l’offeso? Dopo tutte le stupidaggini che sei riuscito a
commettere hai anche il coraggio di farmi l’offeso? Quanti
chili di insulti vuoi?
“Immagino
che starai pensando male di me. Non posso darti torto, ho davvero
esagerato. E nel caso non volessi avere più a che fare con
me per il resto della tua esistenza lo capirò. Prima di
tagliarmi il ponte sotto ai piedi, però, volevo dirti una
cosa. Posso? Mi starai ad ascoltare?”.
Bella
domanda. Voleva stare a sentirlo? Voleva concedergli una
possibilità?
Rudy,
al di là dello schermo, prese a battere i piedi scocciato
dalla prolungata inattività. Sin da quando aveva sentito la
sua presenza alle spalle, difatti, aveva appoggiato il controller della
console per terra e si era completamente dimenticata di andare avanti.
Inspirò,
cercando di raccogliere le idee.
“...parla.
Ma fai in fretta, ho un militare sporco e cattivo da prendere a
botte”.
“Grazie.
Quel che volevo dirti è in realtà molto, molto,
molto semplice: ti amo e mi dispiace”.
…
…
…
…
…
…
…
…
…
…
Per
fortuna l’aveva sussurrato, altrimenti il resto della 77 li
starebbe circondando per sapere tutti i retroscena della dichiarazione
nei minimi dettagli.
Beh…
non me lo aspettavo. Proprio non me lo aspettavo. Ce ne hai messo di
tempo a rendertene conto, stupido che non sei altro.
L’imbarazzo
e la tensione fecero capolino, cominciando a farla sudare copiosamente.
Dovette persino passarsi un braccio sulla fronte per togliere il grosso.
“Sei…
sei serio?”.
“Mai
stato più serio in vita mia, Chiaki. È un bel
po’ di tempo che provo questo nei tuoi confronti e non ho mai
avuto il coraggio di riverlartelo perché sono un fottuto
codardo, in sostanza. Come potrei sentire qualcosa di diverso per te?
Sei stata l’unica persona capace di tirarmi fuori dal mio
guscio di insicurezza, grazie ai tuoi adorabili tentativi di rendermi
partecipe della tua ossessione per i videogiochi. Mi hai teso la mano
sorridendo proprio quando rischiavo di sprofondare in una pozza di
catrame nero e denso, solo e incompreso da tutti. Se ora sono un essere
umano mediamente funzionante il merito è solo tuo, e a
prescindere da come andrà questo mio tentativo di
riconciliazione sappi che avrai per sempre la mia
gratitudine”.
La
Gamer colse nitidamente la voce incrinata di lui durante la lunga
confessione. Non stava mentendo, poco ma sicuro.
“Che…
che cosa vuoi? Perché… perché dirmelo
ora?”.
“Perché
non dirtelo ora? Anzi, ho aspettato fin troppo e mi maledirò
per sempre se quella stronzata di faida con la 78 ha rovinato le poche
possibilità che avevo. La tua sfuriata di ieri mi ha aperto
gli occhi e ha messo a posto le mie priorità. Naegi
può far quel che gli pare, non m’interessa
più. Adesso l’unica cosa che mi interessa
è essere onesto nei tuoi confronti, ammettere che ho
sbagliato di brutto e sperare in un tuo atto magnanimo”.
Kami,
che situazione. Anche bella, per carità, ma non so che devo
fare. Che devo dire. Se lo devo perdonare o no.
Vorrei.
Ma non sono sicura che se lo meriti.
Il
suo prolungato silenzio non migliorò il clima, al contrario
portò lui a chiedere a più riprese se fosse
ancora lì.
È
che, davvero, non aveva la minima idea di cosa rispondergli. La
sorpresa, il fatto che lui era riuscito a essere più tenero
di una chiffon cake, quel rimasuglio di risentimento per tutto
l’ultimo periodo…
Uno
dei momenti più incerti della sua giovane vita. Forse il
più incerto in assoluto.
Una
cosa la so: se non lo ricambiassi almeno in parte non me la sarei presa
così tanto. D’altronde non ho piantato scenate
simili con Kuzuryuu, Komaeda o qualcuno degli altri. Pensavo solo a lui.
Il
che, inevitabilmente, qualcosa lo vorrà pur dire.
“Beh,
quello che avevo da dirti te l’ho detto. Se vorrai parlarmi
sai dove trovarmi…”
Non
poteva lasciarlo andare così. Si era comportato da stupido
ma lo aveva ammesso, e Chiaki non poteva ignorarlo.
“Hinata-kun,
aspetta!”
Un
attimo di troppo, la goffaggine di lei, l’imbranataggine di
lui e il peso di un cliché che non muore mai.
Quando
si voltò per fermarlo, le labbra di Chiaki Nanami
incontrarono quelle di Hajime Hinata.
Un
contatto breve, brevissimo, che bastò a far scattare Hinata
come una molla: “S-S-S-SCUSAMI! N-N-NON VOLEVO!”
In
realtà la Gamer non credeva che il ragazzo le dovesse delle
scuse. Insomma, era stato un bacio… bello. Casuale e breve,
ma bello.
“Non
devi scusarti” sorrise, “probabilmente
l’avrei fatto io… dopo averti dato la risposta che
meriti.”
“Significa
che mi mandi a quel paese?” azzardò lui, e lei
sbuffò: “Ora te lo meriteresti sul
serio.”
Ma
in fondo Chiaki non era arrabbiata, non più. Quelle scuse
sincere e quel siparietto buffo avevano spazzato via il nervosismo
degli ultimi giorni, ed era anche pronta ad ammetterlo ma…
“Kami,
ma davvero volete ancora temporeggiare?”
Si
voltarono alla loro sinistra. Kuzuryuu li osservava con un un mezzo
sorriso sornione stampato in faccia, così come il resto
della classe 77.
...quindi
il mio primo bacio è stato di dominio pubblico come uno
streaming live di LOLOL. Fantastico.
“Era
anche ora che ti accorgessi di quest’esserino adorabile che
è Nanami!” sbottò il Gangster, ma
apparentemente Hajime Hinata aveva deciso di non mandarle
più a dire: “Disse l’uomo vissuto che si
è finalmente accorto di Pekoyama.” sorrise a sua
volta.
La
quale Peko arrossì di colpo, ma dovette comunque tenere a
freno le ire imbarazzatissime del suo mini-fidanzato.
Tuttavia
Chiaki non se la sentì di interromperli.
Avrebbe
parlato con Hinata più tardi, lontani da occhi indiscreti.
*
Ammettere
i propri errori era un conto.
Cercare
di risolverli senza peggiorare le cose un altro.
Decidersi
a mettere in pratica tale proposito un altro ancora.
Pensi
di star lì a fissare il tuo riflesso nello specchio ancora
per molto?
Taci.
Non è veramente il momento.
Invece
è proprio il momento migliore! Sia mai che mi perda il tuo
momento di massimo splendore, Raggio di Sole!
Togami
si lasciò scappare un rigurgito, ma molto piccolo e poco
fastidioso. Rispetto alla gastrite che lo devastava da ormai due anni
era un bel miglioramento.
Inspirò
e ripassò mentalmente i punti salienti del suo piano.
Capelli:
a posto. Alito: a posto. Abbigliamento: impeccabile. Occhiali: ci sono.
E
questo sarebbe il tuo piano infallibile?
TAPPATI
LA BOCCA CHE NON È SERIAMENTE IL MOMENTO, DIO BRANDO.
Mamma
mia come sei permaloso, ha ragione Enoshima a dire che sei una regina
del melodramma.
Altro
rigurgito.
Attento
che ti torna la gastrite mortale…
Con
un ultimo, indecoroso insulto si impose di ignorare il suo omino del
cervello. In quell’istante Byakuya Togami non aveva bisogno
di distrazioni.
In
fondo non è poi tanto diverso dal concludere un affare: so
qual è la mia meta e so come chiudere con successo.
...forse.
Scosse
la testa. Ormai era in ballo e doveva ballare, e non mancò
di notare come la metafora che aveva usato era la stessa azione che
aveva dato il via a quel casino.
L’universo
ha un deprecabile senso dell’umorismo.
Uscì
di corsa dalla sua stanza e si diresse verso quella di Touko Fukawa. Da
quando aveva ascoltato le parole di Oogami aveva la sensazione di
riuscire a vedere le cose per com’erano davvero, e senza
scomodare le sue lenti graduate: quelle che aveva considerato come
scocciature ora gli si paravano davanti come i più grandi
errori della sua vita, e l’essere stato cresciuto con la
convinzione che solo i deboli commettevano errori era una cosa che lo
destabilizzava. Un Togami nasce per vincere, gli sbagli non sono
contemplati. E soprattutto non prova sentimenti, non prova amicizia,
non prova amore.
Byakuya
aveva da poco realizzato di aver fatto tutte queste cose assieme e non
sapeva da che parte girarsi per poter sistemare i casini che aveva
combinato.
“Se
hai capito di aver sbagliato troverai il modo di rimediare”.
Belle parole, Oogami, ma è evidente che non sei stata
svezzata con il metodo Togami.
Ci
aveva rimuginato una notte intera, per arrivare alla logica conclusione
che l’unica cosa che poteva fare era parlare con Touko e
scusarsi. Probabilmente avrebbe dovuto farlo anche col resto della
classe, prima o poi, ma lei al momento era quella che più
gli stava a cuore.
Rallentò
il passo, rendendosi conto del peso di quell’affermazione.
In
quanto erede della Zaibatsu innamorarsi era una cosa impensabile,
aliena. Eppure era successo, e lui non capiva come: era sempre stato
convinto di non provare altro che fastidio nei confronti della Super
Scrittrice, che la sopportasse a malapena e le concedesse di tenergli
compagnia solo perché si era dimostrata un pelo migliore di
altri. E perché in fondo chiacchierare di libri con lei
era… piacevole, sì. Ma ora non era più
tanto sicuro che quel sentimento fosse reale fastidio: forse non lo era
mai stato, o forse era mutato in qualcos’altro nel tempo,
solo che a Byakuya mancavano gli strumenti per poterlo comprendere.
“Sai,
mi è capitato di osservarti in classe, quando il professore
organizza i finti processi di classe. Le tue deduzioni logiche sono
sempre inoppugnabili, ma quando ti capita di sbagliare…
cerchi di non darlo a vedere, ma sembra quasi tu muoia dentro ogni
volta.”
Ancora
una volta gli tornarono in mente le parole di Oogami, e come sempre
erano le più adatte. In effetti era vero: Byakuya era dotato
di una grande mente analitica ma, come anche il loro professore gli
aveva detto più volte, mancava di empatia. E questo lo
portava a brillanti deduzioni logiche che finivano col rivelarsi
errate, perché non teneva mai conto del fattore umano.
Così
come non ne ho mai tenuto conto ogni volta che ho rivolto la parola a
Touko, o a chiunque altro in classe. Nessuno mi ha spiegato come fare e
io non ho mai perso tempo ad imparare.
Doveva
ammettere che Aloysius, il suo fidato maggiordomo, aveva cercato in
ogni modo di farlo crescere nella maniera più affettuosa
possibile, nella speranza che non dovesse un giorno ritrovarsi ad
essere un uomo arido come lo era suo padre.
E
se ora si trovava davanti alla porta di Touko Fukawa nel tentativo di
fare ammenda per tutti i suoi sbagli, forse Aloysius era riuscito nel
suo intento.
Mi
ricorderò di ringraziarlo alla prossima telefonata.
Prese
tutto il coraggio che aveva e poggiò l’indice sul
campanello, pronto a suonare, quando la porta si aprì di
scatto… e si trovò davanti il Super Impostore.
“Ma
dai, e tu che ci fai di qui?”
Byakuya
ringhiò mentalmente. Quello
era
un imprevisto a cui non aveva decisamente pensato.
Sempre
perché non tieni mai conto del fattore umano.
Ignorò
la voce per concentrarsi sulla sua fotocopia mal riuscita:
“Dovrei essere io a dirlo.”
L’altro
non non si scompose, anzi osò ghignare: “Ne sei
sicuro? Fino a prova contraria io e Fukawa-chan siamo amici. Non credo
si possa dire lo stesso di voi due.”
Alle
spalle dell’Impostore, Touko li osservava con uno sguardo che
era un misto di perplessità, timore e… fastidio.
Decisamente non era particolarmente felice di vederlo, come da diverse
settimane a questa parte. Ma ormai era lì e sarebbe andato
fino in fondo.
“Mi
piacerebbe continuare a parlare di fuffa variopinta con te,
Impostore” disse, “ma sono venuto per parlare con
Touko. Sempre se ne ha voglia” aggiunse, cercando di smorzare
i toni e non sembrare autoritario come suo solito.
Ma
che carino, stai proprio diventando un biscottino come Naegi-kun!
Piantala.
L’Impostore
si limitò a voltarsi verso la ragazza, che dopo qualche
istante fece un cenno affermativo con la testa.
E
una è andata.
Quando
si fece da parte per farlo uscire, l’altro ragazzo gli si
avvicinò e disse a bassa voce: “Se quando torno la
trovo in lacrime te la faccio pagare.”
“E
come, di grazia?” sussurrò a sua volta.
“Mi lanci mazzette di soldi non tuoi?”
“Sono
il Super Impostore. Prega solo che non mi venga in mente di imitare
Pekoyama… o Ikusaba.”
Bastò
quel cenno alla Super Soldatessa a farlo desistere dal rispondere a
tono.
Finalmente
rimasti soli Byakuya rivolse tutta la sua attenzione a Touko, la quale
era seduta alla sua scrivania a braccia conserte e lo squadrava dalla
testa ai piedi. L’ironia nel vederla in una postura
così simile alla sua solita non gli sfuggì, e
fece anche un po’ male.
“Hai
detto che dovevi parlarmi” proruppe lei. “Avanti
allora, sono tutta orecchie.”
Aveva
ormai imparato che una Touko incazzata non balbettava.
Inspirò e cercò di ricordare il discorso che si
era preparato quella mattina, ma l’unica cosa che
riuscì a dire fu un flebile : “Mi
dispiace.”
E
menomale che volevi mostrarti sicuro di te.
...senti.
“Scusarti
di cosa, esattamente?” sottolineò lei.
“Di due anni di insulti e battutine al vetriolo?
Dell’aver ballato con Sonia Nevermind? Dell’essere
uno stronzo impenitente? Vuoi scusarti per tutto o devo sceglierne
una?”
Cavolo,
per essere un esserino così minuto e timido la ragazza ci va
giù pesante con le parole.
Decisamente…
dove diamine nascondeva tutta questa grinta?
Grinta
non mi pare proprio il termine adatto, ma ok.
Byakuya
cercò di replicare: “Voglio scusarmi
per… tutto. Sono una persona orribile, e non me ne
è mai importato nulla perché è
così che sono stato cresciuto, pur non essendo una valida
giustificazione. Con te poi ho dato veramente il peggio, sono stato uno
stronzo… non ci sono se e ma che tengano purtroppo. Posso
solo porgerti le mie più sincere scuse e prometterti che
cercherò di rimediare.”
Lei
si voltò di scatto, fissando il monitor del suo portatile:
“Bene, fantastico. Ora, se vuoi
scusarmi…”
Incredulo
non iniziava nemmeno a definirlo.
“Tutto
qui? Non hai altro da dire?” chiese, ma Touko non si
voltò nemmeno: “Cosa speravi che facessi, che mi
buttassi di nuovo ai tuoi piedi urlando
‘Byakuya-sama!’ come ho fatto negli ultimi due
anni? Che bastasse un accenno di pentimento e una faccia da cane
bastonato a farti perdonare? Mi spiace ma non è
così che funziona. Se avessi voluto continuare a farmi
maltrattare sarei rimasta a casa con i miei.”
Quell’ultima
frase fu una dolorosa stilettata al cuore. Sapeva abbastanza della sua
famiglia da non voler essere associato a certi elementi.
“Touko
sono sincero, voglio davvero farmi perdonare… permettimi di
provarci” disse, e mai come in quel momento si era sentito
più vulnerabile, esposto. In un breve ma intenso slancio di
coraggio aggiunse: “Io ti…”
“Tu
cosa?”
“Io…”
cercò di completare la frase, ma le parole gli morirono in
gola. Si diede mentalmente dell’idiota per quella scena
così patetica.
Lei
lo osservò in silenzio, per poi distogliere di nuovo lo
sguardo: “Immagino me lo dirai un’altra volta, se
proprio ci tieni. Ora scusa ma ho un manoscritto da editare e una
scadenza imminente.”
Un
modo come un altro per dirgli di andarsene.
Byakuya
fece quanto gli era stato detto, e una volta tornato in camera sua si
buttò sul letto, stanco come se avesse corso una maratona.
Fantastico,
veramente un successo.
Solita
regina del melodramma. Guarda che non è andata poi
così male.
Davvero?
Sicuro di aver assistito alla stessa scena che ho vissuto io?
Certo
che sì, e ti assicuro che, viste le premesse, è
andata meglio di quanto potessi sperare.
Deve
essermi sfuggito un passaggio allora, perché quello che ho
visto io era Touko Fukawa che mi usava come sacco da boxe.
Ha
ragione Enoshima, sei veramente una diva del cavolo. Sappi che se Touko
avesse davvero voluto tagliare i ponti con te non ti avrebbe nemmeno
fatto entrare nella sua stanza, ma ti avrebbe chiuso la porta in faccia
senza troppe cerimonie. Invece ti ha dato modo di spiegarti e, se
proprio vogliamo analizzare tutto fino in fondo, ti ha pure concesso di
provare a farti perdonare. Quella ragazza è ferita e
furiosa, ma sotto sotto è ancora innamorata di te. E ora che
anche tu sei riuscito a fare due più due con i tuoi
sentimenti… devi solo dare il meglio di te.
Byakuya
non era del tutto sicuro che il meglio di sé potesse
bastare, in quella situazione.
*
“E
quindi, Sakakura-kun, ti stavo spiegando che per ottenere le licenze e
i permessi idonei…”.
“Prendetemi
a martellate sui coglioni vi prego è meno doloroso di
‘sta palla mortale”.
WHOOOOOSH.
“Ohohohohohohohoh.
Guardate un po’ chi è venuto a
trovarvi!”.
“Kizakura-san.
Cosa ci fai qui?”.
“Non
posso venire a trovarvi, per caso?”.
“Figurati,
era solo una domanda”.
“...zio
Koichi, perché ho la sensazione che tu non sia finito qui
per caso?”.
“Mi
offendi, Kyouko-chan. Passavo di qui e volevo vedere come procedeva,
semplice”.
“...tu
sei tutto tranne che semplice. Ti conosco, so che adori sguazzare nella
schadenfreude”.
“Che
cos’è, un rutto fatto da Mozart? Io il vichingo
mica lo so parlare”.
“...”.
“Senti
un po’, Munakata. Ora che qui c’è
Kizakura, e visto che manca meno di mezz’ora alla fine del
periodo di punizione… perché io e te non andiamo
a farci un giro? Ce li terresti mica tu, ubriacone?”.
“Perché
no? Va bene. Ma mi devi un favore, Sakakura-san”.
“Basta
che non mi chiedi il culo e va bene tutto”.
“Oh,
per quello so che c’è già chi
sopperisce per me”.
“...”.
“...”.
“...”.
“...”.
“...”.
“...”.
“...”.
“Bene.
Vogliamo andare?”.
“Andiamo”.
…
“Addirittura
a braccetto. Che birbantelli quei due”. |
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Capitolo 18 *** ...e Capitan Togami ***
Touko
Fukawa era nervosa.
Non
solo per quel manoscritto da consegnare a breve al suo editore.
Era
nervosa anche (e soprattutto) a causa di Byakuya Togami, e non era quel
tipo di nervosismo che trovava piacevole.
Era
letteralmente incazzata.
E
quando era incazzata, Touko metteva a dura prova le pareti
insonorizzate dei dormitori sparando a tutto volume i Cannibal Corpse.
Probabilmente
nessuno avrebbe mai immaginato che la timida, diffidente scrittrice di
romanzi rosa amasse il death metal, ma d’altronde nessuno la
riteneva in grado di sopportare un paio di birre senza troppe
conseguenze (e comunque dubitava che a qualcuno interessasse, e
decisamente in quel momento una birretta ghiacciata l’avrebbe
gradita parecchio).
Se
poi si aggiungeva la sua situazione con Togami il nervosismo saliva
alle stelle, e il volume delle casse del pc pure.
Due
anni. Due anni ti ci sono voluti per renderti conto di quanto sei
stronzo!
Un
bellissimo
stronzo aggiunse una vocina melliflua nella sua testa che lei associava
a Genocider Syo. Purtroppo all’ormone non si comanda, e lei
non era ancora del tutto immune al fascino del Super Erede.
E
quella faccia da cucciolo, dove diamine l’hai imparata? Ti ha
dato ripetizioni Naegi-kun?
Anche
quella aveva sortito il suo effetto. Non lo aveva ancora perdonato, ma
quegli occhi azzurri che cercavano il suo perdono non
l’avrebbero lasciata in pace per giorni.
Ma
maledizione a te, Byakuya Togami! Io cerco di liberarmi dalle catene
che ci legano (e che ho creato io, imbecille che sono) e tu finalmente
ti svegli e mi chiedi perdono?
Come
se quelle scuse da sole bastassero, poi.
Era
sicuramente apprezzabile il tentativo, e lo conosceva abbastanza da
rendersi conto che erano scuse sincere, non un modo come un altro per
rattoppare le cose tra loro solo per il quieto vivere. Si
domandò da cosa derivasse quell’improvvisa presa
di coscienza da parte del ragazzo, perché quello non era di
sicuro il suo tipico modo di fare. Ricordò di averlo visto
parlare con Asahina e Oogami, diversi giorni prima, e si chiese se non
ci fosse lo zampino delle due ragazze…
Questo
non cambia niente, comunque. Non merita il mio perdono.
Però
una parte di lei voleva, ed era quell’indecisione a
tormentarla (e a farle aumentare il volume della sua inquietante
playlist): era indubbio che due anni di angherie non potevano essere
cancellati così su due piedi, ma grazie alla faida aveva
visto a cosa poteva portare il voler rimanere arroccati sulle proprie
posizioni.
E
Byakuya comunque aveva detto di voler provare a farsi
perdonare… almeno quel tentativo poteva concederglielo.
“Argh!
Dannazione!”
Chiuse
di scatto il portatile, perché in quelle condizioni non
sarebbe stata in grado di correggere nemmeno due righe.
Aveva
bisogno di un consiglio, ma era tardi e lei era troppo stanca per
continuare a pensare.
Mise
il pigiama e si rannicchiò tra le coperte, appuntandosi
mentalmente di chiedere consiglio all’Impostore il giorno
seguente.
*
“Guarda
te la sfiga che brutti scherzi che tira…” si
trovò a mormorare a bassa voce Makoto Naegi. Mentre lo
faceva si dovette abbassare per evitare l’ennesimo lancio
lungo di Togami.
Stavano
giocando tutti a calcio. Squadre miste per il torneo fra classi della
scuola.
E
indovina chi si erano trovati contro?
Per
chi ha risposto “la 77, ovviamente” vi meritate un
trofeo dai piedi di balsa.
Lui
era stato messo dal coach Kirigiri là davanti, “a
fare l’ariete d’area” erano state le sue
parole. Non poté non cogliere il suo sorrisino sornione,
conscia com’era della sua totale incapacità di
realizzatore.
Oh
beh, in quanto in una relazione amorosa con il mister io almeno gioco.
Poi i risultati sono penosi, ma non si può volere tutto
dalla vita.
La
loro squadra sembrava davvero un lazzaretto: a parte
l’atleticissima Asahina (che scorrazzava in lungo e in largo
sulla fascia come se fosse un furetto) e la rocciosa Oogami (messa in
difesa perché altrimenti avrebbe mandato
all’ospedale chiunque si fosse azzardato a contrastarla sui
cross dal fondo, e questo capitava comunque in caso di attacco
avversario) il resto era francamente penoso. A partire da lui,
notoriamente provvisto di una scorta di fiato infinita e col fisico
adatto per un gioco di contatto come quello. Ma vogliamo parlare del
pur volenteroso Fujisaki, che nonostante le ottime intenzioni finiva
per terra ogni due per tre? O del legnoso Ishimaru, che non
accompagnava l’ardore agonistico con una tecnica adeguata? O
dell’ingovernabile Enoshima, che non aveva la minima idea di
cosa significasse ricoprire un ruolo e vagava come un’anima
in pena per il campo ostacolando chiunque le capitasse a tiro?
Ma
porca la miseria, proprio oggi Ikusaba-san doveva stare poco bene e non
sentirsela? Non sarà Cristiano Ronaldo, ma al contrario
della sorella dove la metti sta e non fa danni.
Poi
ok, non è che la ghenga di Hinata fosse conciata tanto
meglio. A partire da Tanaka, che sin dal fischio d’inizio si
era piantato a centrocampo con le mani giunte recitando una qualche
preghiera tipo in sanscrito antico o giù di lì
(tanto, per quel che ne poteva sapere, stava parlando nella lingua
elfica de Il Signore degli Anelli); Mioda stava riuscendo
eccellentemente ad essere la precisa fotocopia della Super Modella,
correndo senza senso da un lato all’altro senza capirci
realmente nulla; Hanamura e Kuzuryuu sembravano un duo comico di nani
che provavano a salirsi sulle spalle per qualche acrobazia improbabile,
forse memori dei gemelli Tachibana di Captain Tsubasa. Gli unici
giocatori decenti nel lato avverso erano Oowari, che forse non poteva
candidarsi al Pallone d’Oro ma faceva un onesto lavoro da
centrocampista, Nidai che però misteriosamente era stato
messo in porta e incredibilmente quello scricciolo di Nanami, un
folletto con un notevole controllo di palla che sapeva dribblare almeno
i pali della luce.
Insomma,
era un festival di incompetenti buttati nell’arena a cui era
stato detto di arrangiarsi. E i risultati si vedevano. Zero a zero
fisso e i portieri che potevano permettersi di mettere una sdraio
vicino al palo e stravaccarcisi sopra perché tanto non
sarebbe successo nulla di nulla.
E
poi… beh, e poi c’era Togami.
“Togami-san!
Lo sai vero che non stiamo giocando a rugby e che non devi tirarla
più alta che puoi?” si lasciò sfuggire
mentre tornava verso il centro, passandogli accanto. Doveva ammettere
che, se non altro, lo Scion stava tenendo dal punto di vista fisico e
non pareva dare segni di cedimento. Il che, a sua opinione, era
quantomeno strano visto che il peggior sforzo che gli avesse mai visto
fare era quello di tirare i libri addosso a chi osava disturbarlo
durante una sessione di lettura.
“Sto
calibrando il lancio, Naegi. Non è così facile
fare il geometra di centrocampo”.
“Se
riuscissi a calibrarlo entro il 2050 sarebbe meglio”.
“Vogliamo
scambiarci i ruoli, così capirai da te
quant’è difficile?”.
“A
me sta bene. Tanto come ariete
d’area faccio
schifo”.
E
in effetti i risultati furono un po’ meno deprimenti,
perché se non altro si vedeva qualcosa che in qualche incubo
strano poteva forse assomigliare a delle azioni decenti. Anzi, misero
assieme una serie di passaggi riusciti e, grazie a un suo assist
filtrante, il loro nuovo attaccante si trovò solo di fronte
al portiere.
Nidai,
molto poco sportivamente, optò per l’uscita a
valanga. Con il solo spostamento d’aria aveva probabilmente
fratturato entrambe le tibie di Togami, se lo avesse colpito gliele
avrebbe ridotte a gelatina.
Il
tiro che ne seguì rischiò di bucare uno degli
anelli di Saturno. O almeno, questo è ciò che
avrebbe probabilmente scritto Fukawa per esagerare. Più
prosaicamente riuscì, dopo un volo a planare davvero
notevole, a centrare con precisione una finestra
dell’edificio subito accanto al campo.
CRAAAAAAAAAAAAAASH.
Ehi,
aspetta. Quella non è la parte dove stanno gli uffici delle
personalità importanti? Avrà mica…
“Io
ve lo buco ‘sto cazzo di
palloneeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!” giunse il furente urlo di
un ferito Hongou, che si affacciò tenendosi la faccia e
facendo roteare con la mano destra l’oggetto che lo aveva
apparentemente colpito.
Il
silenzio dei ventidue studenti fu eloquente.
“Togami…
TOGAMI! Sei stato tu, vero? E se non sei stato tu SEI STATO TU LO
STESSO!”. Gli occhi di tutti i presenti, dentro e fuori dal
rettangolo di gioco, si fissarono sulla colpevole schiena
dell’Erede. Il quale abbassò la testa e non emise
un singolo suono.
“SAKAKURA
VI AVRÁ SUL GROPPONE PER ALTRI TRE MESI! TUTTI
INDISTINTAMENTE! RINGRAZIATE TOGAMI!”.
…
Sul
serio? Sul serio?
Ci
volle l’intervento di alcuni dei pesi massimi di entrambe le
classi per impedire che sul menù serale della scuola
apparissero per magia gli spiedini alla Togami.
*
“E
quindi dovrò amorevolmente occuparmi di voi per altri tre
mesi, eh?”
Silenzio
di tomba.
Juzo
Sakakura sfoderò il suo miglior sorriso da iena:
“Come mi dispiace… per voi.”
Byakuya
dovette fisicamente tapparsi la bocca per non rispondergli a tono.
Aveva già trentuno persone che se non lo volevano morto poco
ci mancava, aggiungere anche l’ex Super Pugile pareva
eccessivo perfino a lui.
Oh
e poi c’è Touko, non dimentichiamolo mai.
Suvvia,
lei non ti vuole morto. Non più, almeno.
Inspirò.
Mettersi a litigare anche con la sua vocina e dare spettacolo a suon di
smorfie non era proprio il caso.
“Tre
mesi… altri tre mesi ai lavori forzati, E IO NON GIOCAVO
NEMMENO!” tuonò Mondo, la cui unica colpa in
effetti era stata la sua presenza in campo. Che poi fosse stato
più che altro impegnato a inseguire le sottane di Junko
piuttosto che a giocare, ad Hongou era fregato poco e nulla.
“Pure
il nostro Togami ha deciso di cambiare identità per qualche
giorno” si intromise Hinata, “non vuole in alcun
modo essere scambiato per te!”
Il
quale Impostore si limitò ad annuire, nascosto dietro una
costosissima tavoletta grafica e impersonando chissà quale
studente.
“Beh
scusate se non sono particolarmente portato per
un’attività da plebei come il calcio”
ringhiò, attirandosi le ire di mezza classe.
“Ci
hai appena dato dei plebei, testa di cazzo?!”
saltò su Kuzuryuu, tenuto caritatevolmente a freno da
Pekoyama.
“Lasciate
che gli lanci la più potente delle mie
maledizioni” sussurrò Tanaka, minacciandolo di
farlo mangiare vivo dai suoi… uh, criceti. “Dopo
non parlerà più perché avrà
ingoiato la sua stessa lingua, spinto dalla disperazione!”
Byakuya
sbuffò e fece l’errore di voltarsi alla sua
destra, dove incontrò lo sguardo inferocito di Naegi e
quelli scocciati di Asahina e Oogami. Sì, persino lei,
notoriamente riconosciuta come gigante buono che non farebbe del male a
una mosca, era scocciata.
A
causa sua.
Se
tu fossi un gioco su Steam avresti appena sbloccato
l’achievement più raro di tutti!
“Tu
lo sai che io ho una gara tra qualche giorno, sì? E che
questa punizione toglie tempo prezioso ai miei allenamenti?”
borbottò Aoi, e l’unica cosa che lui seppe dire
fu: “N-non l’ho fatto apposta.”
“IO
HO UNA GARA E TU MI DICI CHE NON HAI TIRATO QUEL BOLIDE
APPOSTA?!”
“IO
NON SO GIOCARE A CALCIO!”
“E
non potevi dirlo PRIMA, invece di entrare in campo con l’aria
di chi ce l’ha solo lui e si crede Tsubasa Oozora?”
lo attaccò persino Naegi, che sembrava a tanto
così dal volerlo sbranare.
“Adesso
calmiamoci, da bravi” disse Sakura, e bastò il
solo tono di voce a placare gli animi di tutti. “Togami-san
non ha deciso di farci finire in punizione di proposito…
anche se non apprezzo particolarmente questa macchia infamante sulla
mia scheda personale” aggiunse, e fu chiaro a chiunque che se
non aveva ancora defenestrato l’Erede era solo
perché era troppo buona. E perché aveva un ottimo
autocontrollo.
“Scusa…”
pigolò Byakuya, sentendosi in colpa per aver infangato la
scheda scolastica dell’unica persona che se l’era
preso a cuore.
Lei
doveva aver colto, perché gli rivolse un piccolo sorriso:
“Tranquillo, non ce l’ho con te… solo,
devo sbollire il nervosismo. E in questo istante averti davanti agli
occhi non mi aiuta.”
“Lasciatemi
entrare in campo e fatemi giocare, aveva detto! Sto calibrando il tiro,
aveva detto!”
“Naegi,
guarda che ti sento!”
“Chissenefrega.
Ci hai trascinati tutti nel fango con te, il minimo che puoi fare
è beccarti gli insulti in silenzio!”
“Non
credevo che avrei fatto così tanti danni, ok?!”
“Oh
per favore, praticamente cammini con un cartello sulla testa che dice
VI PREGO RENDETEMI UN MINCHIONE!”
“Vai
così nanetto, digliene quattro!” fece il tifo
Mondo, seguito a ruota da Enoshima e da buona parte della 77.
Ora
basta.
Si
voltò verso Sakakura, che osservava la scena parecchio
divertito: “Mi scusi tanto, ma non dovrebbe intervenire e
ristabilire l’ordine?”
L’altro
ghignò: “Oh per carità, sia mai. Avevo
già capito che tu saresti stato fonte di ilarità
per me, e l’attuale situazione me lo conferma. Prego,
proseguite pure.”
L’unica
cosa che potè fare fu tacere e ignorare il coro di epiteti
ai suoi danni. Lasciò vagare lo sguardo fino ai banchi
più indietro, e sfortuna volle che si posasse su quello
dov’era seduta Touko Fukawa: gli occhi della ragazza al
momento erano così pieni di odio che non si sarebbe stupito
di veder saltare fuori Genocider Syo e inseguirlo con le Genoscissors.
In
effetti rovinare i voti in condotta della ragazza che ti piace e che
vorresti ti perdonasse non è stata proprio una mossa geniale.
Non
ho chiesto io ad Hongou di punire anche quelli che non giocavano!
Si
osservarono in silenzio per qualche istante, poi lei distolse lo
sguardo lasciandolo alle prese in giro.
Tieni
duro, riusciremo a risolvere. Ci vorrà parecchio olio di
gomito da parte tua ma...
E
per la punizione che faccio, mi attacco? Se mio padre lo scopre sono un
erede morto.
Per
quello posso farci ben poco, sono solo una voce io!
Eccerto.
“Ohibò,
vedo che i carcerati sono aumentati.”
No,
Dio Brando, anche LUI no.
“Ah,
Kyosuke-kun! Quali buone nuove ci porti?” sorrise quella iena
di Juzo, che a quanto pareva godeva nel farli morire di noia lasciando
parlare a vanvera il suo… ragazzo? Amico? Amico con
benefici? Va beh, quello. Kyosuke Munakata. Super
Noia.
“In
effetti sì, ho parecchie notizie interessanti”
annuì quest’ultimo, accomodandosi lì
vicino. “Lascia che ti aggiorni…”
L’intera
classe lanciò occhiate piene d’odio verso Togami.
Se avessero potuto avrebbero lanciato anche banchi e sedie,
probabilmente.
Byakuya
si accartocciò su se stesso.
Voglio
morire, la mia vita fa davvero schifo.
Regina
del melodramma che non sei altro, ricordati che le cose potrebbero
andare anche peggio!
Sì,
tipo?
Beh
la tua amata Touko potrebbe odiarti… oh, aspetta.
...vaffanculo.
*
“Ma
sai che la benda sull’occhio ti dona? Sembri la carcassa di
un vecchio pirata, e sottolineo carcassa
e vecchio.”
“Kizakura,
ricordami perché un alcolizzato come te lavora ancora
qui.”
“Perché
sono un alcolizzato ma sono bravo in quello che faccio, Hongou. E
quello che faccio è sempre molto piacevole perché
viaggio un sacco invece di fare le piaghe da decubito seduto a una
scrivania.”
“Bambini,
vi prego… abbiamo già trentadue studenti in
detenzione con Sakakura, non costringetemi a mandarci anche
voi.”
“Trentadue
studenti addirittura, c’era mica bisogno di punirne trentuno
in più solo perché detesti Togami?”
“Che
imparino nella maniera più dolorosa possibile. Lui
soprattutto.”
Jin
Kirigiri sospirò. Forse era il caso di rivedere un attimo i
membri del personale amministrativo.
*
Ibuki
Mioda era un po’ seccata.
Non
per la punizione di per sé, a quella era ormai abituata.
Ciò che le dispiaceva era non poter vedere Byakuya-chan.
Aspetta,
ma posso ancora chiamarlo Byakuya-chan ora che ha cambiato
identità?
Era
solo per qualche giorno, ma il dubbio era più che lecito.
Essere impegnata con un ragazzo il cui super talento era impersonare
altra gente rendeva le cose un po’ complicate, ma in fondo
c’era di peggio al mondo, e Ibuki non era una che badava a
sciocchezze come queste. E in ogni caso avrebbe sempre potuto
chiedergli il suo vero nome, insomma, era la sua ragazza! Almeno a lei
poteva dirlo!
Aaaaah,
la sua ragazza!
Si
ritrovò a saltellare e sghignazzare per il corridoio,
aguzzando la vista. La stazza di Byakuya-chan non passava di sicuro
inosservata, ma era così bravo che riusciva comunque a
mimetizzarsi perfettamente. Trotterellò fino in caffetteria,
ma dopo un’accurata scansione della sala ne dedusse che non
era lì. Lo stesso valeva per la cucina e la sala provviste.
Hmmm
dove ti sei nascosto, Byakuya-chan? Perché non avvisi mai
Ibuki?
In
realtà il suo cellulare aveva suonato almeno quattro volte,
ma ogni volta si era distratta con qualcos’altro prima di
riuscire a rispondere. E piuttosto che decidersi a controllare le
chiamate perse pensò bene di andare a controllare la
biblioteca, altro posto dove Byakuya-chan si rifugiava spesso. Quando
non c’era il vero Togami a spadroneggiare come su una terra
in tumulto, ovviamente.
“Byakuya-chaaaaaaaaaaan!
Sei quiiiiiii?”
In
biblioteca venne accolta solo da un gruppetto di studenti che,
infastiditi dal suo fare chiassoso, uscirono in fretta e furia dalla
stanza.
Che
gente barbosa.
“N-non
dovresti urlare così in biblioteca, Mioda-san. Sono le
regole… e per questo se ne sono andati via. N-non che a me
importi, ma…”
L’unica
ad essere rimasta era Touko Fukawa, semi nascosta dietro uno scaffale.
La Super Musicista le corse incontro: “Fukawa-chaaaaan! Come
stai? Hai mica visto Byakuya-chan? Il mio, non il tuo! Ibuki non lo
trova da nessuna parte!”
“N-no,
mi spiace. Oggi non l’ho ancora visto” rispose
l’altra, tenendo lo sguardo basso.
“Oh,
capisco” sbuffò Ibuki. “Beh, non ci
vediamo da un po’! Come va la vita? Hai risolto con il tuo
Togami?”
Lo
sguardo che la scrittrice le restituì le fece intuire che
forse aveva posto la domanda sbagliata.
“M-magari
Ibuki non doveva chiedertelo” si affrettò, ma
Fukawa si limitò a sospirare: “N-non fa niente.
È che… ecco, s-se avessi incontrato il tuo Togami
gli avrei chiesto consiglio, m-ma non l’ho trovato e io
s-sono confusa e n-non so cosa fare e…”
L’altra
ragazza sembrava sull’orlo di una crisi, e Ibuki decise di
intervenire.
“Racconta
tutto a Ibuki!”
“Eh?”
“Massì,
sfogati! Ci pensa Ibuki a tirarti su!”
“Ma
io… io n-non vorrei disturbare…”.
“Disturbare?
E in che modo disturberesti Ibuki! Ibuki è contenta di stare
a sentirti parlare! Inoltre non può essere da meno del suo
ragazzo! Aaaaaah, come suona bene quella parola…
r-a-g-a-z-z-o… si srotola magnificamente sulla lingua, come
un Big Mac di McDonald!”.
Il
delirio di Mioda si interruppe quando pensò bene di cercare
lo sguardo dell’altra ragazza per avere conferma su quanto
aveva appena detto. E la faccia di quella che stava comunicando
“senti, ma la lingua vuoi che te la stacchi adesso o
prendiamo appuntamento dopo?” le fece riconsiderare
l’entusiasmo.
...in
certi momenti, per fortuna solo in certi momenti altrimenti Ibuki non
sarebbe più Ibuki, mi rendo conto di esagerare.
“Scusa”
si affrettò a dire “non volevo”.
“N-No,
tranquilla. Ti sei messa assieme a una p-persona adorabile. Goditela.
In quanto a me… andrò in camera mia, v-voglio
restare un po’ da sola…”.
Proprio
mentre la Scrittrice stava per superarla, dirigendosi verso la porta,
un gesto improvviso la portò ad afferrarla per il polso:
“Aspetta. Ero sincera quando ti ho detto di
sfogarti”.
L’altra,
presa in contropiede dal movimento repentino, le scoccò una
smorfia di disappunto ma rispose in maniera civile: “S-Sei
gentile a offrirti, ma preferisco di no…”.
“E
allora vuoi stare male per sempre? Perché si vede che stai
male, lo capisco persino io!”.
“Non
ti starai sottovalutando un po’?”.
“La
stima del QI di Ibuki non è importante adesso, adesso
è importante che tu butti fuori quello che ti fa star
male!”.
“Non
intendevo denigrare la tua intelligenza, eh”.
“Fa
nulla, potrai denigrarmi dopo! Ora” prosegui conducendola con
dolcezza verso due sedie “noi ci piazziamo qui e tu mi
racconti per bene”.
Quando
si posizionarono Fukawa la squadrò, piuttosto rassegnata:
“D-Devo proprio?”.
“Se
ti importa di non avere quel faccino intristito fino alla fine della
tua vita scolastica qui… sì, devi
proprio”.
Uno
sbuffo. Non sarebbe stato facile, né piacevole.
“Forza
Fukawa-chan, parla. Ibuki potrà dare una pessima impressione
di chitarrista esagitata, ma stai pur sicura che è una
eccellente ascoltatrice. E due volte su tre i suoi consigli non
conducono al suicidio!”.
“Evviva…”.
Così
non va.
Va
bene. È quel momento.
Come
per un sortilegio voodoo Ibuki Mioda, Super Musicista e persona dotata
della carica vitale più scoppiettante nella storia delle
cariche vitali scoppiettanti... si quietò. Assunse
un’espressione professionale, smise di muoversi come una
scimmia sotto LSD e si focalizzò sul suo bersaglio:
“Fukawa-chan, hai scatenato la Trasformazione. Dovresti
esserne fiera, è una cosa rarissima”.
“T-Trasformazione?”.
“Una
volta all’anno mi concedo di comportarmi seriamente. Solo se
serve. E mi stai abbastanza simpatica da valere lo sforzo”.
“Dici…
dici sul serio?”.
“Dico
sul serio. Se volessi raccontarmi cosa ti
angustia…”.
“Aspetta
aspetta aspetta! Tu… conosci il s-significato della parola angustiare?”.
“Se
mi ci metto sono meno cretina di quanto appaio. Il fatto è
che non ne ho quasi mai voglia. Avanti”.
Altro
sbuffo. Nonostante tutto non sembrava particolarmente propensa a
confidarsi.
“Se
temi che quanto dirai uscirà da queste quattro mura ti giuro
che non sarà così. Sarò più
muta di una tomba. Considerami la tua psicologa, e in quanto tale
vincolata dal segreto professionale”.
Qualche
secondo di silenzio. La resistenza di Touko era più
massiccia di quanto avesse preventivato.
“E-Ecco,
vedi… Togami è v-venuto, ieri… a
parlarmi”.
“A
parlarti di cosa?”.
“Si…
si è scusato…”.
“Davvero?
Byakuya Togami, lo Stronzo che non Deve Chiedere Mai… si
è scusato?”.
“Lo…
lo ha fatto! Ed è stato così…
così…”.
“Così?”.
Fukawa
si afferrò una ciocca di capelli e cominciò a
torturarla, sembrando quasi sul punto di strapparsela. Appariva davvero
nervosa.
Il
che, in realtà, non è poi tutta ‘sta
gran novità.
“Quel…
quel bastardo… si è fatto insegnare q-qualche
tecnica da Naegi-kun… perché…
perché quel m-modo di fare da cucciolo bastonato…
era adorabile… tenerissimo…”.
“Oh.
Il tuo racconto è estremamente interessante, Fukawa-chan.
Non mi sarei mai aspettata di vivere così a lungo da poter
sentire gesta eroiche di questa portata. E dimmi, se ti ha fatto
quest’eccellente impressione perché ora tentenni e
non sei in camera sua per darvi alla pazza gioia?”.
“Perché
non se lo merita!”.
“In
base a cosa lo dici?”.
“Tu
sai come mi ha sempre trattata, vero?”.
“Sì,
ne ho una vaga idea…” glissò con
eleganza. Era perfettamente consapevole della gentilezza tipica made in
Togami, e come lei lo era qualsiasi mattone di quella scuola. Il
bullismo che quella povera ragazza aveva subito negli ultimi due anni
era ormai assurto a storia dell’orrore con cui si
spaventavano i primini.
“E
quindi capirai perché non sono poi così
entusiasta di tuffarmi fra le sue braccia…”.
“Lo
posso immaginare”.
“Che
situazione del cavolo. Vorrei perdonarlo ma entrambi sappiamo che non
posso farmi questo torto, significherebbe calpestare quel poco di
dignità che mi rimane in nome di un’infatuazione
malsana”.
“Prima
di dirti la mia vorrei sapere un’altra cosa: ti sembrava
sincero?”.
“Sì,
molto. In quel momento suonava troppo coinvolto emotivamente”.
“Capisco…”.
Lasciò
cadere il discorso per un attimo, valutando i pro e i contro di quanto
aveva intenzione di dire.
Infine
si decise a parlare: “Fukawa-chan, permettimi di farti notare
una cosa: se davvero era sincero, e per come me l’hai
descritto non ne dubito, la tua frase sull’infatuazione
malsana potrebbe non essere vera”.
“Cosa
intendi?”.
“Che
poteva essere vero anche solo un mese fa, quando il signorino
partecipava con successo a un virtuale concorso Belli ma Stronzi come
la Morte. Se però è venuto appositamente a porti
le sue scuse per quanto ti ha fatto… beh, la situazione
cambia. E parecchio”.
“Mi
staresti suggerendo… di cedere?”.
“No,
non necessariamente. Dagli il beneficio del dubbio. Mettilo alla prova,
per vedere se alle parole seguono i fatti. Perché cianciare
è bello, e fidati che sai quanto sono brava nel campo, ma
agire lo è di più. E pure in quello modestamente
sono imbattibile. Insomma, Kuzuryuu minaccia ogni due per tre di
rompere mascelle a pugni ma poi, alla prova del nove, rimedia solo
figure di cacca astronomiche. Al contrario ad esempio del vostro
Oowada, che per quanto ne so ha molto più successo in tema
di risse e affini”.
La
mano sul mento di Touko, in posizione da pensatore impegnato, fece
capire a Ibuki che stava riflettendo su quanto le era appena stato
fatto presente.
“Se
posso dire la mia” riprese la Musicista “io non
sottovaluterei lo sforzo e l’impegno che sicuramente ci ha
messo per venire con i suoi preziosissimi piedi di giada fino in camera
tua, prostrarsi anche se solo figurativamente di fronte a te e
implorare il tuo perdono. Evidentemente gli è successo
qualcosa che lo ha spinto a riconsiderare il suo atteggiamento. Non
lasciare che questo treno passi senza afferrarlo, potrebbe essere uno
Shinkansen ultraveloce che neanche si ferma in stazione”.
“T-Tu…
pensi quindi che dovrei…”.
“Onestamente?
Sì, lo penso. Almeno è quanto farei io se mi
trovassi nella tua situazione”.
“Non
ti succederà mai, fortunata che non sei altro. Il tuo Togami
è un tesoro”.
“Lo
so bene. Non mi prendo quelli bastardi, li lascio volentieri alle
kohai”.
“Siiiiiiiiiiimpatica”.
“Dai,
scherzavo. E comunque la Trasformazione si sta concludendo, non
può durare troppo che sennò i fusibili mi vanno
in sovraccarico”.
“Ibuki
Mioda che esplode? Si salvi chi può!”.
“Ammetto
che sarei un gran bel mortaretto, già. Bene Fukawa-chan,
spero di aver contribuito a darti un po’ di
serenità. Te la meriti”.
“...tu
e il tuo bel grassoccio siete una coppia splendida, lo sai?”.
Ibuki
ridacchiò e annuì. “Sì,
effettivamente lo siamo. E ora scusami, ma Ibuki deve andare a cercare
il suo morbidissimo Byakuya-chan. Magari se metto i Carcass a tutto
volume spunta fuori solo per spegnere il mio lettore
mp3…”
“Oh…
t-ti piacciono i Carcass?”
“Ma
certo che sì! Se no che musicista death metal sarebbe Ibuki?
Aspetta, non dirmi che ascolti death metal?!”
La
Super Scrittrice annuì timidamente. Ibuki sfoggiò
un sorrisone a trentadue denti.
Ma
vedi un po’ i casi della vita.
*
“...e
nelle notti più buie e senza luna, si narra che
l’insopportabile Byakuya Togami vaghi per i corridoi, urlando
come una banshee tutto il suo fastidio e il suo odio verso un mondo
fatto su misura per i plebei. SPARITE
DALLA MIA VISTA, LURIDI COMUNI MORTALI! VERRETE ESILIATI DALLE MIE
GUARDIE DEL CORPO PERSONALI!”
Un
coro di urletti riecheggiò in corridoio, seguito dal rumore
dei passi veloci dei primini, che correvano a rifugiarsi nelle loro
stanze.
Eh
eh eh.
Quando
tornò nella sua camera, Kyouko Kirigiri la trovò
già occupata.
“Sei
davvero andata a terrorizzare i ragazzini del primo anno raccontando
loro la leggenda di Byakuya-o-lantern?”
“Certo
che sì” sorrise lei, per nulla sorpresa di
trovarlo seduto sul suo letto. In fondo era lì che
l’aveva lasciato, con la scusa di andare a prendere degli
snack.
“E
ci sei andata senza di me?”
“Gli
hai dato del minchione oggi, mica puoi prenderti queste gioie solo
tu.”
“Ma
quello valeva per tutta la classe!”
“La
vita di coppia è anche e soprattutto condivisione”
replicò lei, accomodandosi accanto a lui, che rispose a
tono: “Condivisione degli insulti ai danni di
Togami?”
“Tra
le altre cose.” |
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Capitolo 19 *** ...e comunque è sempre colpa della diva bionda ***
Una
settimana dopo.
L’Impostore
stava sgranocchiando una tavoletta di cioccolata, sdraiato sul letto.
Lui e i suoi compagni di sventura avevano da poco finito di passare per
le grinfie di Sakakura, come da tre settimane a quella parte. E come
sarebbe toccato loro per altri tre mesi abbondanti.
Vaffanculo
a Byakuya Togami per avere due ferri da stiro al posto dei piedi. E
vaffanculo a Hongou per essere un vecchio vendicativo frustrato con la
delicatezza di un rullo compressore e la comprensione di un muro di
cemento armato.
Per
tre mesi la 77 e la 78 sarebbero state triturate, sminuzzate e passate
al colino dal rugoso pugno dell’ex campione mondiale di boxe. E dalla parlantina vivace e sempre accattivante del suo
inseparabile compagno (amico?
Amante?)
Munakata. E, ultimamente, anche dalla verve alcolica e
dall’esuberante frizzantezza di quell’altro scarto
di galera di Kizakura.
Insomma,
cavare cobalto dalle miniere di Shao Kahn ventiquattr’ore su
ventiquattro sette giorni su sette sarebbe stato piacevole al confronto.
Quindi
potete ben immaginarvi lo stato psicologico del ragazzo, e soprattutto
la sua voglia di strangolare il colpevole di tutte quelle angherie
(considerando tali sia Togami, sia Hongou) per sfogare almeno un
po’ della frustrazione, della noia, dell’abbandono,
della malattia e del niente che ormai avevano messo radici nella sua
giornata tipo.
Solo
il cibo riusciva ogni tanto a dargli un po’ di conforto. Gli
era sparita la voracità pantagruelica da “mangio
se è commestibile, e se non lo è un mezzo
pensierino ce lo faccio” e ormai sembrava una di quelle donne
da fiction, la quarantenne un po’ grassottella e single che
ficca la testa a pesa morto nella vaschetta del gelato per affogare la
depressione.
In
realtà c’era Ibuki. Oh sì,
c’era Ibuki. Era sempre una gioia, una vera gioia, stare un
po’ con lei per scambiarsi effusioni o semplicemente per due
chiacchiere rilassate. Il problema era che persino lei stava subendo la
situazione: ovviamente era fin troppo esagerato dire che non fosse
più l’inesauribile vortice di vitalità
e schiamazzi che era sempre stata, ma negli ultimi giorni era evidente
come il mix composto dal peggio dei loro tre guardiani stesse pian
pianino erodendo qualcosa.
Togami,
se per colpa tua la luce di Ibuki viene meno… te lo giuro e
sono mortalmente serio, quanto sono veri i kami te la faccio pagare.
Busso alla tua porta come Ikusaba e dovranno chiamare la scientifica
per scrostarti dal muro. Poi la stessa fine la riservo per
quell’altro bastardo di Hongou.
Il
pensiero era troppo doloroso, pertanto preferì ignorarlo e
tornare a dedicarsi al suo snack.
Stava
per addentarlo quando la porta di camera sua suonò.
“Strano,
non aspetto nessuno” mormorò alzandosi e andando
ad aprire.
Non
fu poi troppo sorpreso quando davanti ai suoi occhi apparve la figura
di Touko Fukawa. Capitava infatti abbastanza spesso che uno dei due
andasse a trovare l’altro.
Quello
che invece lo stupì fu lo sguardo di lei, a metà
fra l’estasiato e il perplesso.
“Uh?
Fukawa-chan? Stai bene? Hai una faccia… strana” le
disse facendola accomodare. Mentre stava chiudendo gli giunse alle
orecchie il motivo della sua venuta: “Vedi, o-oggi
è successa… una cosa…
p-particolare…”.
“Sarebbe?”.
Si sedette sul letto e le fece cenno di accomodarsi al suo fianco.
“Ti
h-ho raccontato di come lo stronzo abbia i-implorato il mio perdono,
qualche giorno fa… no?”.
“L’hai
fatto eccome. Ebbene?”.
“E-Ebbene…
quando s-sono tornata in camera mia… dopo la p-punizione con
Sakakura…”.
“Per
favore, non pronunciare quel nome o mi viene un travaso di
bile”.
“Scusa,
amico ciccio. D-Dicevo… rientrando ho trovato… oh
per la miseria…”.
“Allora,
cos’hai trovato? Una statua di lui nudo in posa lasciva? O
direttamente lui nudo?”.
“...beh,
non sarebbe s-stato tanto male in realtà”.
“Yuck!
Meno male che ho finito di mangiare il cioccolato, altrimenti ora te lo
starei vomitando addosso. Ti lascio parlare e non ti interrompo
più, giuro”.
“E-Ecco.
No, più semplicemente c’era una dozzina di rose
rosse con un biglietto d-da parte sua”.
L’Impostore
ebbe un piccolo giramento di testa.
Byakuya
Togami… regalava rose? E da quando?
“Tu
stai scherzando, vero?”.
“H-Ho
la faccia di una che scherza? C’erano. Le ho contate, erano
dodici. B-Bellissime. E il biglietto, santo cielo il
biglietto…”.
“Cosa
diceva?”.
“Kerumph.
Una
per ogni migliaio di scuse che ti devo. Continueranno ad arrivare
sperando che prima o poi tu mi conceda almeno una possibilità”.
“...oh
wow. Avrà pagato uno scrittore professionista per farsela
fare, di suo non è mica capace”.
“Deh,
apprezza lo sforzo! È stato…
carino…”.
“Indubbiamente.
E tu? Perché non sei a fare compagnia ai cherubini cantando
le sue lodi?”.
“Eh…
sono ancora c-combattuta… una o due cose carine…
sono carine, appunto, ma n-non è che da sole
bastino…”.
“Sì,
ma scusa la domanda indiscreta: io che c’entro in tutto
questo?”.
“Volevo…
volevo solo farlo presente a q-qualcuno… e tu sei il primo
che… che mi è venuto in
mente…”.
“Beh,
innanzitutto posso dire di essere contento del fatto che hai pensato a
me per confidarti. È una cosa bella e ti ringrazio. In
seconda battuta… come pensi di comportarti d’ora
in avanti?”.
“B-Bella
domanda...”.
L’incertezza
di Fukawa non era poi così piacevole da sentire per lui.
Erano diventati davvero molto amici in quell’ultimo periodo,
si erano scambiati consigli romantici, avevano letto Fan Fiction brutte
assieme ridendoci sopra, si erano scoperti ognuno lieto sostegno e
compagno dell’altro. Vederla così incerta e
conflittuale non era un bello spettacolo.
“C-Ci
dovrò pensare… ancora un
po’...” concluse lei, lasciandolo privo di un lampo
di genio con cui toglierla dall’impasse in cui si trovava.
*
SBRANG
SDENG BADABUM.
Kiyotaka
Ishimaru non credeva ai suoi occhi, e per più di un motivo.
Il
primo, e decisamente il più grande, era che Mukuro Ikusaba
si era presentata in palestra mentre si stava preparando al consueto
allenamento di kendo e aveva preteso di fargli compagnia. La causa era,
testuali parole, “l’alternativa che ho per
scaricare un po’ di stress è mettere le mani al
collo di Togami. Scegli tu”. Al che era stato costretto a
dirle di sì.
Il
secondo era che, se lui era soprannominato il Tuono Blu della
Kibougamine, lei avrebbe dovuto essere soprannominata
l’Uragano Multicolore. Sin dall’inizio dello
sparring, ormai una decina di minuti, era difatti sempre rimasto sulla
difensiva cercando disperatamente di parare i fendenti furiosi di
quella satanassa.
All’ennesimo
colpo il bokken di lui venne scaraventato lontano. La spada di legno
della sua avversaria puntava minacciosa la sua gola.
“Per
la miseria, Ikusaba-san. Nervosetta?”.
“Non
dovrei? Quello stronzo di Togami ha rovinato i miei voti in condotta! E
ti assicuro che è difficile mantenerli alti con la nomea che
mi porto dietro” ringhiò lei, roteando il suo
bokken in maniera preoccupante. “Kami, sono veramente una
iena! Non lo vedevo fare tante stronzate dal viaggio scolastico dello
scorso anno, quando lui e Oowada si sono messi a litigare
così tanto che Togami stava per dare fuoco al suo
pompadour!”
L’istinto
da Prefetto di Ishimaru gli urlava di richiamarla per il linguaggio
scurrile, ma il suo cervello gli diceva che non era veramente il caso.
Essere il ragazzo della Super Soldatessa non era certo garanzia di
sopravvivenza. Si limitò quindi ad annuire.
“Tu
piuttosto” si voltò lei, puntandogli la spada di
legno contro “come fai a stare così
calmo?”
Uno
dei folti sopracciglioni del Prefetto tremò.
“Voglio
dire, ha rovinato i voti in condotta di due classi! E ok, alcuni di
certo non avevano bisogno del suo aiuto, ma quelli come noi che
l’avevano immacolata?”
Ishimaru
inspirò.
“Insomma,
sei il Super Prefetto! Un Super Prefetto con la scheda scolastica
macchiata per colpa di Togami! Non ti fa imbestialire?”
Ishimaru
afferrò il bokken di lei e lo spezzò in due a
mani nude.
“I…
Ishimaru-kun?” balbettò Mukuro.
Lui
si limitò a sorridere. Un sorriso che ricordava vagamente il
Joker di Batman.
“E
chi ti dice che io sia calmo e non voglia invece IMPALARE TOGAMI CON IL
BOKKEN?”
“...forse
ho scelto il momento sbagliato per venire a parlartene, eh?”
Ma
Ishimaru non la stava ascoltando più.
Al
suo posto c’era Ishida.
*
Quando
il giorno dopo Touko si svegliò, le dodici rose rosse erano
ancora lì.
Rimase
per qualche istante seduta sul letto ad osservarle, convinta si fosse
trattato di un bel sogno e che sarebbero sparite una volta aperti gli
occhi. Invece erano ancora lì, stupende come la sera prima e
con il biglietto a fare bella mostra di sé.
E
io continuo a non sapere cosa fare.
Mentre
si apprestava a fare una doccia (sto
diventando brava a mantenere le buone abitudini, +500 punti xp per me)
pensò brevemente a quell’ultima settimana e
all’escalation di eventi che avevano portato a quel mazzo di
rose in camera sua.
In
principio erano state piccole cose.
Un
“buongiorno” sussurrato in classe al posto del
solito grugnito, una porta tenuta aperta per farla passare, o la
pezzuola per pulire gli occhiali nel caso servisse. Gesti quasi
insignificanti, normali per i più, ma non per Byakuya
Togami, ovviamente, che di normale non aveva mai fatto e detto nulla in
vita sua. Ma Touko aveva deciso di non dargli peso, perché
una sola giornata diversa dagli ultimi due anni non voleva dire nulla,
e lei non osava sperare più del dovuto
O
almeno così aveva creduto finché non si era
ritrovata un bellissimo, costosissimo quaderno nel vano portaoggetti
del suo banco: era uno di quei quaderni che costavano un rene, con
copertine in tessuto decorate e chiusura magnetica, che puoi comprare
solo nelle grandi librerie e non allo spaccio della scuola. Non ci
aveva trovato alcun biglietto dentro, ma era indubbiamente da parte di
Togami, che sembrava aveva deciso davvero di continuare a stupirla,
arrivando persino a sovvertire i loro ruoli usuali e andando a
recuperare libri per lei in biblioteca. Una scena così
assurda che tutta la classe li aveva osservati come fossero una coppia
di alieni.
Solo
due giorni prima, entrando in aula, aveva trovato sul suo banco
un’unica, singola rosa rossa con un nastro rosso legato al
gambo. Anche quella senza biglietto, ma non c’erano dubbi sul
mittente. Touko arrossì al ricordo di come si era ritrovata
accerchiata dalle altre ragazze, mentre lei teneva incredula il fiore
tra le dita.
E
poi c’erano state le rose in camera.
...come
diamine ha fatto ad entrare nella mia stanza, poi? Avrà
chiesto a Fujisaki-kun? Mi avrà rubato la chiave magnetica?
Dovrò preoccuparmi? si
chiese mentre si asciugava i capelli e si vestiva per andare in
caffetteria. Quando arrivò nei pressi dell’area
ristoro venne accolta da un’esagitatissima Asahina e
un’ancor più esaltata Maizono:
“Fukawa-chan! Fukawa-chan! Sei arrivata!”
“N-non
dovrei…?” balbettò, ma non fece in
tempo ad aggiungere altro che venne afferrata per le braccia dalle due
ragazze e condotta di peso verso la sala: “S-si
può sapere che succede? Perché m-mi state
trascinando in questo modo?!”
“Oh,
vedrai” rispose Sayaka. “Eccome se lo
vedrai!”
“Non
crederai ai tuoi occhi, Fukawa-chan!” squittì Aoi.
E
in effetti la Nuotatrice aveva ragione: quando entrò in
caffetteria vide uno dei tavoli più lunghi, quello dove
solitamente prendeva posto la sua classe al mattino, letteralmente
invaso da mazzi di rose rosse.
“C-cosa…”
Girò
attorno al tavolo totalmente sconvolta.
N-non
può averlo fatto sul serio…
Di
Togami nemmeno l’ombra, ma in compenso trovò
l’ennesimo biglietto seminascosto tra i fiori: “Tu
sarai sicuramente testarda, ma io posso esserlo di
più.”
I
suoi compagni di classe le si avvicinarono, e a giudicare dalle loro
facce erano più divertiti dalla situazione che infastiditi
dall’idea di dover fare colazione in piedi.
“Certo
che per essere una pigna in culo lo Scion di ‘Staceppa sa
essere discretamente romantico” commentò Mondo,
seguito a ruota dall’immancabile Junko:
“È una regina del melodramma anche quando deve
fare il galantuomo. Un po’ ti invidio, Fukawa-chan!”
Mentre
i suoi compagni continuavano a commentare la novità del
giorno e a complimentarsi con lei, Touko vide l’Impostore e
Mioda avvicinarsi: “Però, lo stronzo ha deciso di
giocare pesante” commentò il ragazzo, sorseggiando
una cioccolata. Ibuki ridacchiò e diede una gomitata
scherzosa alla Super Scrittrice: “Direi che adesso almeno una
chiacchierata puoi concedergliela, che ne dici?”
Touko
arrossì, ma per la prima volta in diverse settimane
finalmente si concesse un piccolo sorriso.
Forse
una seconda possibilità se la merita davvero.
*
Certo
che tu non conosci proprio mezze misure.
Taci.
Sei
passato dagli insulti allo svaligiare un fioraio, vuoi mettere?
Piantala.
Ma
neanche per sogno! Vedi che se ti ci metti sai essere un essere umano
normale e vagamente funzionante?
Senti.
Magari
hai un leggero problema di autocontrollo in… tutto, a quanto
pare, ma nessuno è perfetto…
Non.
Dirlo.
...nemmeno
Byakuya Togami.
Il
Super Erede ringhiò e si sforzò di non lanciare
libri a destra e a manca, dando spettacolo davanti a quei due-tre
coraggiosi studenti che avevano osato invadere il suo territorio con la
patetica scusa di voler studiare.
Complimenti,
li hai fatti scappare tutti. Un nuovo record!
Lo
ignorò platealmente, obbligandosi a leggere il libro che
aveva preso da uno scaffale solo pochi minuti prima, e di cui non aveva
nemmeno letto il titolo.
“So
lingers the ocean.”
Scelta
peculiare la tua, Byakky.
...ma
porca vacca.
Posò
il libro sulla scrivania. Di tutti i titoli disponibili ovviamente
aveva messo le mani sul romanzo più famoso di Touko Fukawa.
Il
filo rosso del destino è per i plebei, il romanzo rosa del
destino è per Gente Innamorata di un Certo Livello.
Lasciò
perdere ogni eventuale tentativo di risposta, perché era fin
troppo chiaro che la sua testa era da tutt’altra parte.
Nell’ultima
settimana aveva fatto tutto quello che riteneva possibile per farsi
perdonare da Touko, ogni tipo di gesto generalmente definito galante
pur di ottenere almeno la chance di parlarle e scusarsi ancora. Dato
che mancava di esperienza sul campo aveva passato giorni interi ad
osservare le ormai numerose coppiette della sua classe, persino quelle
della 77 durante le ore di punizione, per prendere spunto e agire di
conseguenza. Avrebbe anche potuto semplicemente chiedere a Oogami e
Asahina (sperando che la schiacciante vittoria di
quest’ultima alla gara di nuoto regionale avesse reso
entrambe più disponibili nei suoi confronti), ma era
piuttosto stanco di farsi dare suggerimenti dagli altri: era stata
proprio Oogami a dirgli che gli errori servono per migliorarsi, e lui
aveva deciso di imparare dai suoi senza che nessuno lo imboccasse come
un neonato su cosa e come fare.
Byakuya
Togami avrebbe capito da solo come ottenere il perdono di Touko Fukawa,
anche a costo di sradicare rose da ogni coltivazione esistente in
Giappone.
Certo,
c’era sempre l’ipotesi che lei non volesse saperne
di parlare con lui, e in effetti durante quella settimana non aveva
fatto alcun tentativo di instaurare una conversazione. Anche se
l’aveva vista arrossire più di una volta, e si
augurava fosse un buon segno.
Era
ancora perso nei suoi pensieri quando sentì la porta aprirsi
di nuovo. Si voltò di scatto per mandare via chiunque osasse
disturbarlo, ma si fermò appena in tempo per vedere Touko
ferma sulla soglia.
“Togami,
p-possiamo… possiamo parlare?”
Vedi
che le tue fatiche sono state ripagate?
Non
rispose alla voce, concentrandosi invece su Touko. Si alzò
dalla sedia e le fece cenno di accomodarsi accanto a lui:
“Certo… anzi, speravo proprio di averne
l’occasione” ammise, sedendosi di nuovo.
“Beh,
sei stato… convincente” rispose lei, con un mezzo
sorriso. “E a proposito, grazie per le r-rose, erano
bellissime… anche se forse non era il c-caso di invadere la
caffetteria...”
“Magari
mi sono lasciato un po’ prendere la mano” rispose
Byakuya, cercando di camuffare il rossore (e soprattutto ignorando il
fastidiosissimo omino del cervello che continuava a cantilenare
“Te l’avevo detto!”), “ma
volevo essere sicuro che il messaggio arrivasse.”
“È
arrivato, sì” arrossì lei, con un
sorriso assai diverso dai suoi tipici ghigni compiaciuti di quando si
perdeva nelle sue fantasie.
Quello
era un sorriso… bello. E lei era carina quando sorrideva.
E
tu sei tanto adorabile perché finalmente riesci a pensarlo
senza crederti pazzo!
Piantala!
“Però…
ti renderai conto che una s-settimana di gesti gentili non cancella i
due anni passati a trattarmi male” proseguì Touko,
e Byakuya accusò il colpo senza cercare giustificazioni:
“Lo so, e mi dispiace… e non credo di poter fare
altro a parte scusarmi in eterno, probabilmente. Ma spero mi
permetterai di rimediare” sospirò, cercando il
modo migliore per spiegarle il suo punto di vista senza dare
l’impressione di volersi giustificare ad ogni costo.
“Io non… non sono abituato a esprimere o provare
affetto. Non è una cosa che viene insegnata agli eredi dei
Togami, perché le uniche cose che contano sono il nome e la
posizione sociale, ed ero convinto di non essere capace di provare
sentimenti. O almeno era quello che pensavo finché non mi
sono ritrovato coinvolto in… questo”
gesticolò. A giudicare dallo sguardo confuso della ragazza,
la sua spiegazione non stava funzionando. “Non che stia
cercando di giustificarmi, sia chiaro. Quello che voglio dire
è che” le si avvicinò, osando
addirittura stringerle le mani “io non ho la più
pallida idea di come farmi degli amici, di cosa voglia dire provare
amicizia o… come capire se mi piace qualcuno”
balbettò, quasi sussurrando.
“T-Togami…”
“Ti
prego, ti prego, non chiamarmi più per cognome.
È… non mi piace” si corresse alla fine.
Lei annuì: “Ok, Byakuya-sama…”
Si
rese conto che nemmeno quel “Byakuya-sama” andava
più bene detto da lei, ma ci avrebbe pensato poi.
“D-dicevo…
credo di non riuscire a seguirti…”
Come
volevasi dimostrare.
Oh
avanti, Byakky! Ormai sei in ballo, non ti resta che ballare!
Il
velato rimando alla serata che aveva dato inizio a quella spirale di
follia non passò inosservato, ma non gli diede peso
perché rimaneva un buon consiglio. E Byakuya era deciso a
seguirlo: “Touko hai… hai presente quando sono
venuto in camera tua per parlarti e ad un certo punto mi sono bloccato
nel tentativo di dirti una cosa?”
“S-sì,
ricordo.”
“Ecco.
Ciò che cercavo di dirti quella sera è che
io…”
“Tu…?”
“Io…
io ti…”
Niente.
Ancora una volta quelle parole gli si erano bloccate in gola.
Era
prevedibile, io non ne sono capace!
Oh,
adesso esiste davvero qualcosa che Byakuya Togami non è
capace di fare?
...col
cazzo.
L’eco
di una risatina nella sua testa gli confermò che era stata
una provocazione per spingerlo a fare ciò che stava per
fare. E andava bene così.
Sì
alzò in piedi, afferrò Touko per un polso e la
trascinò verso l’entrata della biblioteca, dove
spalancò la porta, davanti agli sguardi perplessi (ma non
troppo stupiti) di un nutrito gruppo di studenti. Proprio
ciò che gli serviva.
Si
schiarì la voce e tuonò: “CORPO
STUDENTESCO DELLA KIBOUGAMINE, VOGLIO SIA CHIARO A TUTTI: IL
SOTTOSCRITTO BYAKUYA TOGAMI AMA LA QUI PRESENTE TOUKO FUKAWA!”
Ecco.
L’aveva fatto. E di nuovo quella risatina fastidiosa da un
qualche anfratto del suo cervello.
Non
hai proprio idea di cosa siano le mezze misure!
Chissenefrega.
Si
voltò verso Touko, che lo guardava con
un’espressione sconvolta e le guance in fiamme. A giudicare
dal calore che sentiva, probabilmente la sua faccia doveva essere
altrettanto rossa.
*
“BYAKUYA
TOGAMI! ERA TUA LA VOCE SGRAZIATA CHE HO SENTITO?”.
“Ishimaru-kun,
cosa… cosa vuoi fare?”.
“...che
cos’è questa pagliacciata?”.
“LASCIAMI
STARE, IKUSABA-SAN! HO UN TORTO DA VENDICARE E IL COLPEVOLE SI
È PALESATO DI FRONTE AI MIEI OCCHI!”.
“I-I-Ishimaru…
perché hai gli occhi infiammati? E… i capelli
bianchi?”.
“È
SOLO IL SACROSANTO SPIRITO DELLA VENDETTA CHE ARDE IN ME E PRETENDE DI
ESSERE SODDISFATTO!”.
“Ikusaba,
per favore. Tieni quel botolo del tuo ragazzo al guinzaglio, sta dando
uno spettacolo osceno”.
“A
parte che non è l’unico ad averlo fatto negli
ultimi minuti, Togami caro. Si dà il caso, se ti fosse
sfuggito mentre eri impegnato a urlare come un pescivendolo impazzito,
che stia provando a trattenerlo. Non si vede?”.
“LASCIAMI
ANDARE! LASCIAMI ANDARE! DEVO SCUOIARLO!”.
“Eddai
Ishimaru-kun, ora stai proprio esagerando! E poi ti pare giusto cercare
di farlo a pezzi quando ha finalmente mostrato un po’ di
umanità?”.
“...grazie
per la carineria, eh”.
“Te
la meriti tutta, Raggio di Sole. Ora, se volessi avere la compiacenza
di andartene mentre io cerco di tenere a bada questo indemoniato di
Prefetto…”.
“ROAAAAAAAAAAARGH!
HO BISOGNO DI METTERGLI LE MANI ADDOSSO! IL MIO POVERO CURRICULUM
SCOLASTICO È STATO MACCHIATO PER
L’ETERNITÀ!”.
“Avanti,
voi due! Volete sparire o no?”.
“Sarà
m-meglio fare quanto ci sta dicendo Ikusaba,
Byakuya-sama…”.
“Forse
non hai tutti i torti, Touko. Meglio eclissarci, non vorrei mai che il
suo pugno incontrasse la mia mascella”.
“NO!
NO! NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO!”.
“Ishimaru-kun,
speravo di non dover arrivare a tanto ma mi ci obblighi. Se vuoi anche
solo sperare di vedere la prima base con me smettila. ORA”.
“...eh?
Wut?”.
“Ecco,
ti preferisco coi capelli neri e senza aura potentissima. Ora, vogliamo
tornare agli allenamenti? Possibilmente con te a torso nudo”. |
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Capitolo 20 *** ...e venne il giorno degli esami ***
“Togami-kun,
questa galanteria non s’ha da fare né ora
né mai”.
Lo
sguardo truce di Makoto Naegi faceva sinceramente impressione. Ma
d’altronde la situazione lo esigeva.
Gli
ultimi exploit dello Scion, difatti, avevano creato un orrido effetto
cascata: da quando aveva fatto trovare a Touko quella montagna di rose
rosse sul tavolo della caffetteria c’era stata
un’esplosione ormonale a dir poco anomala nei componenti
femminili della classe 78. Si erano moltiplicate le richieste di cene
romantiche, passeggiate al chiaro di luna, pause pranzo a lume di
candela e tutto quell’ambaradan lì.
Cioè,
per farvi rendere conto della situazione: Junko Fucking Enoshima aveva
preteso da Oowada l’ein plein di sessione a base di effusioni
tenere, cinema con la più melensa delle commedie
sentimentali a disposizione… e, giusto per non smentirsi,
un’intera notte di sesso selvaggio. Ma va beh,
l’ultima era la norma nel suo caso. Naturalmente il suo
ometto aveva dovuto chinare il capo e sottostare alle richieste,
altrimenti sarebbe andato in bianco per chissà quanto tempo.
Leon
si ritrovò a sospirare. Persino Sayaka, con la quale le cose
si erano mantenute su un certo binario di normalità da ormai
parecchi mesi, aveva alzato il tiro negli ultimi giorni e cominciato a
farsi più asfissiante. Continuava a chiedere il bacino, la
carezzina, le mani nelle mani quando camminavano, il massaggino alle
spalle per aiutarla a sciogliere la tensione. Tutte cose che prima di
quello show esagerato non era abituata a esigere.
Insomma,
la situazione degli accoppiati si era fatta abbastanza insostenibile. E
tutto, guarda un po’ il caso, era scaturito dalla testa
bionda che non conosceva il significato della parola moderatezza.
O niente o tutto con le donne, eh?
“Come
mi comporto con la mia… kerumph, ragazza non è
affar vostro” rispose l’accusato, tranquillo mentre
sorseggiava il suo caffè. Aveva un nome strano con cappa e
affini e ciò gli dava un'aria terribilmente snob, ma si era
di recente scoperto che in realtà era ricavato da merda di
pipistrello. La cosa, sebbene ristretta a un selezionato circolo, era
fonte di grande ilarità ogniqualvolta ce n’era
l’occasione.
“Sì
che è affar nostro!” si intromise Oowada Rombo di
Tuono, almeno a giudicare dalla voce “Lo sai, vero, a cosa mi
ha sottoposto Junko ieri?”.
“Se
per una volta in vita tua dai a una signora quello che chiede non vedo
il dramma, scimmione”.
“Ma
se fino all’altro ieri sembravi il cugino sporco del Grinch e
ora ti atteggi al Gomez Addams dei poveracci, ma per
piacere!”.
“Ehi!
Gomez Addams è un signore e sa come comportarsi!”.
“...Togami,
ci stai lasciando intendere che conosci gli Addams? Ma è un
telefilm da plebei”.
“Chissenefrega
degli Addams! La questione è seria! Rendetevi conto che ieri
ho dovuto passare l’intero pomeriggio a coccolare Kyouko-san!
E sia chiaro, non è che non mi sia piaciuto… ma
voi conoscete Kyouko-san e il suo grado di apprezzamento per le
smancerie, no?”.
I
presenti si azzittirono.
“Oh!
My! God!” commentò Mondo per tutti.
Aveva
infettato anche Kyouko Kirigiri, l’iceberg, la donna che se
ti azzardavi a sfiorarla ti mangiava la mano, colei che non doveva
chiedere mai e in condizioni normali non lo faceva.
L’orrore
sul viso di Leon doveva essere spettacolare.
No,
va bene. Questa storia finisce oggi, se serve con la spina dorsale di
Togami che funge da mazza da baseball.
Stava
per aggiungersi al coro delle lamentele, solo momentaneamente sopito,
quando…
“TOGAMI!
Hai veramente pisciato fuori dalla tazza stavolta, pure peggio di
quando hai quasi ucciso il vice-preside!”.
Tutti
si voltarono verso la nuova voce.
Era
Kuzuryuu, a capo di un piccolo ma combattivo drappello di membri della
77.
Tutti
maschi.
Pure…
pure loro? Che cos’è, un’epidemia di
ebola?
“Toh,
un Kuzuryuu che spunta dall’erba alta insieme agli altri
Pokémon. E di’ un po’, cosa ti porta da
queste parti?”.
“Fai
meno lo spiritoso, Oowada. Io e questi altri scarti di galera vi
abbiamo sentito parlare e mi tocca ammettere che il vostro problema
è anche il nostro problema. Quindi, esattamente come voi,
siamo venuti a pretendere una soluzione”.
“Beh
Hinata, già finita la luna di miele con Nanami?”.
Cristo
Naegi, taci. Almeno fai finta di nulla se proprio.
“Fatti
una scarica di cazzi tuoi, mini-me”.
“Silenzio,
voi due! Qua noi non respiriamo più e la colpa, indovina
indovinello, è del vostro maledetto Erede supericco e
superstronzo!”.
Leon
e il resto della classe si ritrovarono ad osservare parte della quota
maschile della 77 intenta a lanciare sguardi d’odio verso il
loro Scion di ‘Staceppa preferito, il quale continuava a
sorseggiare imperterrito la sua cacca di pipistrello. Il Super
Giocatore di Baseball dovette sforzarsi non poco per non scoppiare a
ridere.
“Onestamente,
non è un mio problema se non siete capaci di rendere felici
le vostre donne” replicò Togami. “Non
nego che mi trovavo nella vostra stessa situazione fino ad una
settimana fa, se non peggio, ma… al contrario di voi, ho
imparato” concluse con quel sorrisetto beffardo che avrebbe
fatto venir voglia di picchiarlo pure a Buddha. Tuttavia, per il sommo
godimento di Leon e del resto della 78, quel ghigno sparì
dalla sua faccia in un secondo grazie all’Impostore.
“Tu.
Che diamine hai da ridere? La tua Super Musicista ha torchiato anche te
e sei qui per dire la tua?” ringhiò Togami, mentre
la sua copia più in carne si limitava a ridacchiare e
smangiucchiare un cupcake: “Au
contraire.
Io so essere un gentleman, e poi adoro viziare Ibuki. Volevo solo
assistere al tuo linciaggio.”
Dovette
scomodarsi Mondo per tenere fermo un inviperito Super Erede, che aveva
ingenuamente cercato di avventarsi sul Super Impostore. “Ma
fai sul serio? Quello è il doppio di te, una sola pacca
sulla spalla e ti mette al tappeto” borbotto il Biker,
tenendo Togami per il colletto della camicia come fosse un cagnolino
troppo esagitato. L’Impostore si limitò a ridere:
“Mi sarebbe bastato sedermi su di lui per eliminare il
problema alla radice.”
Leon
si chiese brevemente perché diamine Oowada non lo avesse
lasciato fare.
“Qui
si sta perdendo di vista il nocciolo della questione” si fece
largo Hinata, “e cioè che tu, Erede di
‘stocavolo, la devi piantare con le tue rose, i regali e ogni
gesto di galanteria fatto in maniera plateale! Sommergi Fukawa di fiori
in camera sua, non davanti alle altre ragazze! Pure Chiaki mi ha
lasciato intendere che vorrebbe qualche regalo”
ringhiò “e visto che lei è la Super
Gamer non me la caverei nemmeno a buon mercato, sai quanto costa un
gioco per la Playstashun 4?”
Tutti
gli altri annuirono, ma non bastò a far cedere Togami. Si
liberò dalla presa di Oowada, si sistemò la
cravatta e poi assunse la sua solita posa a braccia conserte da Gente
di un Certo Livello. “Credo che a voi sfugga un piccolo
dettaglio” disse, sistemandosi gli occhiali sul naso,
“ovvero che non devo essere io a porre un freno alla mia
galanteria, ma voi che dovreste imparare ad essere dei gentiluomini con
le vostre signore.”
Leon
inarcò un sopracciglio, seguito a ruota dal resto dei
presenti.
“Perché
dovrei privare Touko delle mie attenzioni se voi non siete capaci di
darne alle vostre dolci metà? Piuttosto che prendervela con
me dovreste farvi un esame di coscienza e chiedervi se non siete voi
quelli che mancano di romanticismo.”
...dovranno
togliermi i denti a forza con le tenaglie piuttosto che farmelo
ammettere ad alta voce, ma lo Scion di ‘Staceppa potrebbe
avere ragione.
A
giudicare dalle facce perplesse degli altri non era l’unico a
pensarlo. Vide Naegi aprire bocca e cercare di dire qualcosa, ma venne
interrotto dalla porta della biblioteca che venne aperta con violenza.
“Bene,
mi avete risparmiato mezz’ora di caccia per i
corridoi.”
Perché,
perché, PERCHÉ?
Juzo
Sakakura li osservava divertito dalla soglia.
“Che
carini, tutti nel panico perché non sapete come comportarvi
con le vostre fidanzatine” proseguì l’ex
Super Pugile, “sarete quindi contenti di sapere che vi
aspettano in aula per la consueta punizione, insieme al resto delle
vostre classi. E ora, MARSCH!”
Seguirono
obbedienti il loro carceriere, non prima di aver lanciato occhiate
colme d’odio a Togami, che lui ignorò bellamente.
A quanto pare l’aver cominciato a funzionare come una persona
normale lo aveva fatto tornare immune alle minacce di morte che ancora
riceveva dopo aver quasi mandato Hongou all’altro mondo.
Ma
ti venisse un colpo Togami, maledizione a te.
Si
obbligarono a seguire Sakakura di malavoglia, borbottando insulti o
altro ai danno del biondo erede. Leon, tuttavia, preferì
seguire il suggerimento di quest’ultimo e compilò
un elenco mentale delle cose che Sayaka poteva desiderare o di dove
portarla a cena alla prima occasione utile.
Il
conto lo intesterò a te, Togami del menga.
*
L’idea
di andare a disturbare Sakakura durante le ore di detenzione delle
classi 77 e 78 si era rivelata ancora una volta geniale.
E
la cosa più bella era che Kizakura non aveva dovuto neanche
metterci del suo per incasinare la situazione ancora di più.
Gli era semplicemente bastato spalancare la porta per ritrovarsi a
guardare, nell’ordine: quindici studenti (della 78) che
ridevano, altri sedici (tutta la 77) impietrita, Munakata con la katana
sguainata (ma
dove diamine la tieni nascosta, eh?)
e Sakakura per terra. Seduta su quest’ultimo, Genocider Syo.
“Oh,
ma che sorpresa! La mia alunna preferita!”
Syo
si voltò verso di lui e lo salutò agitando lingua
e forbici: “Kizakura! Vecchio ubriacone! Quanto tempo che non
ci si vede!”
“Vero,
vero, troppo tempo dalla nostra ultima bevuta insieme” disse,
dandole una bonaria pacca sulla testa a cui la Serial Killer rispose
sghignazzando. “Ma posso sapere cosa succede? A meno che tu
non abbia cambiato gusti nel frattempo, il nostro Juzo qui non rientra
decisamente nella tua tipologia di vittime.”
“T-toglietemela
di dosso!” ringhiò quest’ultimo, venendo
bellamente ignorato. “Per carità, troppi muscoli e
poco cervello” sbuffò Syo, “ha solo
fatto la stupidaggine di far starnutire Lagna… ED ECCOMI
QUI! GYHAHAHAHAHAHAHAHAH!”
“Kizakura,
tu… tu sapevi di lei?” chiese Munakata, che si era
avvicinato alle sue spalle senza che Koichi se ne accorgesse.
Cosa
sei, un maledetto ninja?
“Certo
che lo sapevo, modestamente è una delle scoperte di cui vado
più fiero” sorrise beffardo, “insieme
alla sua controparte dedita alla scrittura ovviamente. Ora, Munakata,
che ne diresti di mettere via quella katana? Syo in fondo è
inoffensiva. Quasi.”
“Non
sembrerebbe” rispose guardingo l’ex Presidente del
Consiglio Studentesco (e
comunque ricordo che ai miei tempi non si insegnava ai Presidenti del
Consiglio Studentesco l’arte della spada, l’hai
imparata nel tuo tempo libero?).
“Oh,
non ne sarei così sicura” trillò Syo,
dimenticandosi di Sakakura e avvicinandosi a Munakata. “Sai
che sei proprio il mio tipo? Alto, bello, magari un po’
musone ma compensi con un bel culo” disse, afferrandogli una
chiappa, “Munakyutie!”
Kizakura
sghignazzò. La
tua faccia terrorizzata è la mia ricompensa per quelle due
ore passate a sentire le lagne del Pirata Hongou.
“Hey,
ma quello è il mio soprannome!” pigolò
una voce dal fondo dell’aula, che ricollegò al
Super Fortunello Naegi. Syo però lo
tranquillizzò: “Non preoccuparti, lo sai che sei
il mio unico Makyutie, gnometto! Gyahahahahah!”
Nel
frattempo un’incazzatissimo Sakakura si era finalmente
rimesso in piedi: “Sono distrutto all’idea di dover
interrompere questo delizioso quadretto, ma qualcuno potrebbe PER
FAVORE RISPEDIRE LA FOTTUTA SERIAL KILLER DA DOV’È
VENUTA?”
Altra
risata. Dal tono saccente, apparteneva a Togami.
“Oh,
io potrei anche fermarla” disse, osservando la scena
divertito, “ma… non vedo perché dovrei.
Insomma, Syo non è sempre presente in classe, è
giusto lasciarla divertire un po’.”
“Byakuya-samaaaaaa!”
miagolò lei, roteando la lingua.
Munakata
e Sakakura erano al limite della sopportazione.
Oh
sì, questa giornata non poteva andare meglio.
“Si
può sapere cosa sta succedendo qui? Che diamine ci fa la mia
classe ancora in punizione?”
Si
corresse. Ora
non
poteva andar meglio di così.
“Chisa,
qual buon vento!”
“Non
hai risposto alla mia domanda, Kizakura-san!”.
“Ehi,
non è mica colpa mia se questi teppistelli si trovano qui
adesso. È tutta farina del loro sacco”.
“Veramente
è solo colpa di Togami e dei suoi piedi da
muratore…” intervenne Junko.
“Cioè?”.
“Vede,
è andata così…”. E si
provvide a spiegare alla signorina Yukizome la dinamica dei fatti che
aveva portato la 77 e la 78 a condividere quei piacevoli pomeriggi da
reclusi.
“Capisco.
Beh Togami-san, lo sai che Hongou è un vecchio
signore… irascibile, per non dire altro. Potevi immaginarti
un risultato del genere”.
L’interpellato
si prese la libertà di alzarsi, facendo orecchie da mercante
ai rimproveri di Sakakura (sembra
che tu stia perdendo il tuo irresistibile charme, Juzo caro. Magari una
lucidatina ai pugni, non credi?)
e si portò vicino a insegnanti e ospiti vari:
“Yukizome-san, non posso negare di conoscere fin troppo bene
i lati meno compiacenti del nostro caro vice-preside. Ma le posso
assicurare che non è stato affatto volontario.
D’altronde, avendo io i piedi da muratore” disse,
lanciando un’occhiataccia ad Enoshima “una simile
impresa di accuratezza sarebbe stata al di là di ogni mia
possibilità. Si è trattata di pura sfortuna,
nient’altro”.
“Sarà
stata sfiga finchè vuoi” protestò Leon
alle sue spalle “ma noi siamo qui comunque perché
sei un insaccato!”.
“Kuwata
ha ragione!”.
“Abbasso
Togami!”.
“Datti
all’ippica invece che alla nobile arte del pallone da
calcio!”.
“Posso
salutare a casa?”.
“Per
questo Oscar vorrei ringraziare i miei genitori, la mia truccatrice, la
mia parrucchiera e soprattutto me stessa perché sono
fighissima e bellissima”.
“Ah,
neanche un ringraziamento in mondovisione per la povera sorella
sfigata. Sei un bijou, Junko-chan”.
“Don’t
cry for meeeeeeeee Novoseliiiic…”.
“Signor
Sakakura, io avrei da cagare. E sapete cosa succede se la trattengo
troppo…”.
Siamo
diventati un programma d’intrattenimento e nessuno mi ha
detto nulla? Avrei messo la camicia hawaiana da Magnum PI per fare
più bella figura e far risaltare il pelo ribelle.
“Sapete,
avrei un’idea per porre rimedio a questa spiacevole
situazione” disse Togami strofinandosi una mano sulla bocca e
sulle guance.
Oh.
La cosa si scalda e il suo sorrisino da iena ridens è un
buon viatico.
“E
sarebbe, questa mirabolante idea?”.
“Prima
una conferma. Genocider, delizia dei miei occhi multimilionari: io e te
come siamo messi adesso? Hai ancora voglia di tagliarmi la
gola?”.
Tutti
gli occhi si concentrarono su di lei, che si prese qualche secondo per
riflettere sulla risposta più appropriata: “Mah,
direi di no. Lagna mi sta trasmettendo solo un sacco di voglia di
buttarti per terra, strapparti i vestiti con i denti e mostrare che non
ha nulla da invidiare ai John Holmes e Traci Lords della nostra
classe”. Con tanto di occhiata malevola in direzione di Junko
e Mondo, che non si scomposero minimamente. Al contrario dei membri
della 77, che sgranarono gli occhi inorriditi.
“C’è
chi può e chi non può. Noi può
perché noi siamo Enoshima”.
“...grazie
per l’inclusione, ci tenevo”.
Cavalli
imbizzarriti, eh? Accidenti, come sono precoci ‘sti ragazzi.
Mi sento pronto per lo sfasciacarrozze, visto che ormai vado solo ad
alcool e Viagra.
“Ok,
buono a sapersi. Bene, allora senti la mia proposta: ti offro la
possibilità di perseguitare questo omaccione di Sakakura
come ti pare. Mandargli lettere minatorie, fargli trovare teste di
cavallo nel letto, quello che preferisci”.
“Cosa?
Ma neanche mi piace. L’hai visto? È una montagna
di muscoli affascinante quanto un cesso multifunzione”.
“No,
ma fate pure come se io non ci fossi. Mi devo anche scusare di
esistere?” commentò il suddetto Sakakura. Kizakura
lo conosceva abbastanza da sapere che si stava trattenendo per puro
miracolo e che moriva dalla voglia di sfoderare l’Uppercut di
Ciclone, la sua mossa definitiva.
Sigh.
Mi sento l’allenatore ubriacone in uno spokon sul pugilato.
“In
effetti non ha un grammo di fascino, ti capisco. Ma sappi che se mi
dovessi dire di no… beh, la trippa per gatti a casa Fukawa
finisce”.
“S-Scusa?”.
“La
mollo, qui e ora”.
Quell’aula
prese ad assomigliare a uno di quei terrificanti talk show americani
pieni di gente rissosa che non vede l’ora di tirarsi le sedie
addosso.
“TOGAMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!”
ruggì un indiavolato Tanaka “Per questa
mostruosità ti getterò nelle fauci del Terrore
Cosmico Tentacoluto che Suona al Centro
dell’Universo!”.
“Tu!
Tu sei un riccone morto se solo ti ci azzardi! Hai infestato la scuola
di rose come neanche in The Happening e adesso minacci di
lasciarla?”.
“E
fate un po’ di silenzio, branco di babbei! So cosa sto
facendo!”.
“Nell’ultimo
mese hai fatto più danni di Godzilla, ti prego!”.
Il
battibecco si spense quando una voce non ben identificata
puntò il dito su Genocider. L’attenzione comune si
focalizzò nuovamente su di lei, la quale aveva preso a
tremare in modo visibile: “Oddio… oddio oddio
oddio…”.
“Che
ti succede, Syo-san?”.
“Il
mio corpo… non lo controllo più… Lagna
sta urlando a tutto volume, implorandolo di non farle questo
perché è la volta che va davvero a impiccarsi e
non ci sarebbero corpulenti angeli a salvarla
stavolta…”.
“Come
volevasi dimostrare” ghignò lo Scion “Se
non vuoi che questo succeda acconsenti alla mia offerta, prenditi in
consegna Sakakura e rendigli la vita un inferno”.
Aspetta,
fammi capire cosa sta architettando. Se vuole che Syo si comporti
così è per fare in modo che Sakakura faccia di
tutto per evitarlo. Il che vuol dire… ooooooooh. Sei
diabolico se ti ci metti, Togami. È un piano che approvo,
bravo.
L’ex
Pugile non pareva proprio estasiato alla prospettiva. Una serial killer
con la lingua di quelle proporzioni poteva solo significare guai.
“Sakakura,
guardami bene negli occhi” gli intimò Byakuya
“Per evitarti dita tagliate e tutto quello che può
venirle in mente hai un solo modo: vai da Hongou a dirgli che non sei
più disposto a farci da carceriere”.
Un
coretto di “Ooooooooooooooooooooh!” si
alzò.
“Togami-san”
fu la timida protesta di Naegi, che si alzò e gli si
avvicinò “non che non apprezzi quanto stai
facendo, ma… solo a me questo sembra un piano inutilmente,
pomposamente arzigogolato? Non facevi prima ad allungargli un
assegno?”.
“Naegi
Naegi Naegi, si vede che ne hai di cose da imparare. Guardalo. Ti
dà l’impressione di chi si fa comprare dal vile
denaro?”.
Juzo
cominciò a far roteare un pugno chiuso: “Feh. Mi
sarei intascato l’assegno e avrei proseguito. A parte le
ultime novità con la pazza psicopatica, siete una fonte di
divertimento troppo grasso per mollarvi senza un buon motivo”.
“Chi
hai chiamato «pazza psicopatica»? Devo cominciare
sin da ora?”.
“Ma
cosa vuoi fare, che sei alta quanto un mio ginocchio? Scommetto che al
primo gancio finisci lunga e distesa come una pelle di daino”.
“Mettimi
alla prova, allora”.
Un
lampo.
Un
tuono.
Un
attimo. La terra che tremò.
La
guancia di Sakakura prese a sanguinare dal taglio provocatogli dalle
Genoscissors.
“N-N-N-Non
l’ho… neanche vista…
muoversi…” disse l’ex Pugile, preso
talmente in contropiede da dover ancora assumere la postura corretta.
Dietro
di lui Genocider si mise a ridere come solo lei sapeva fare:
“Gyahahahahahahahahahahahahah! E dire che oggi mi sento un
po’ incriccata. Lagna, attività fisica per
piacere! Anche sotto le coperte con Byakuya-sama, mica mi offendo
all’idea!”.
“Allora,
Sakakura. Ci stai?”
Il
sorriso beffardo sulla faccia di Togami confermava che era
convintissimo della buona riuscita di quel piano. Kizakura si
limitò a un ghigno compiaciuto. Dietro di loro Munakata si
massaggiava le tempie e premeva per chiudere quella storia al
più presto; Chisa, invece, se la rideva sotto i baffi.
Ah,
Yukizome cara. Sembri con la testa tra le nuvole ma in
realtà sei una vera serpe, se lo vuoi.
L’ex
Pugile sollevò il mento: “Tu tienimi lontana
quella… cosa” gesticolò verso Syo, che
ricambiò con delle sonore pernacchie, “e io vado a
parlare col preside seduta stante. Ma non mi prendo
responsabilità per le sue decisioni, o per quelle di quel
vecchio rincoglionito di Hongou.”
Togami
annuì: “Mi sta benissimo.”
“Bene,
visto che l’accordo è stato fatto direi che
possiamo andarcene” trillò Chisa, prendendo a
braccetto sia Munakata sia Sakakura. “Consideratevi liberi,
giovincelli! Io e questi due bei signori abbiamo da fare! Mi
raccomando, classe 77, fate i bravi bambini! Ci vediamo
domattina!”
Detto
questo se ne andò con i due uomini sottobraccio,
fischiettando.
“Ah,
‘ste relazioni moderne” cantilenò
Kizakura, osservando lo sgomento sui volti degli alunni.
“Ma…
noi credevamo che Yukizome-san fosse fidanzata con
Munakata-san” mormorò Sonia, dando voce al
pensiero di tutti i suoi compagni.
“...noi
eravamo convinti che Noia Infinita facesse coppia con
Sakakura” commento Junko, altrettanto perplessa
così come il resto della sua classe.
Kizakura
si voltò a guardarli e sorrise bonariamente:
“Siete ancora così giovani e innocenti…
godetevi i primi amori e la monogamia, avete tempo per sperimentare le
alternative.”
“Alternative…?”
“Vuole
dire che… OH.”
“OOOOOOOOOH!”
“MA
NO!”
In
quel coro sconvolto l’unico che non era sorpreso era Oowada:
“Rispetto, Sakakura. Rispetto” annuì con
fare solenne.
Kizakura
continuò ad osservarli e rise tra sé e
sé.
Se
Hongou dovesse rifiutarsi di liberarli mi prendo la briga di
occuparmene. Ha ragione il vecchio Juzo a dire che sono fonte infinita
di divertimento, e d’altronde non posso sempre sfogarmi su
quella pigna in culo del vice-preside…
Annuì
e brindò a quell’idea con un sorso di whiskey
dalla sua fidata fiaschetta.
*
“SEI!
UN! CRETINO!”
“Ma
ma ma TOUKO! TOUKO ASPETTA!”
“Sai
ti credevo più intelligente quando ti ammiravo da
lontano!”
“Ma
Touko asp-AHIA! Quel cuscino fa male!”
La
Super Scrittrice si placò, ma solo perché doveva
riprendere fiato. Ovviamente Syo le aveva lasciato una decina di
bigliettini in cui le spiegava la sgangherata idea che il
suo… fidanzato
aveva
avuto durante le ore in punizione, e altrettanto ovviamente Touko non
l’aveva presa bene.
“Ma
come ti viene in mente di dire che mi pianti se Syo non perseguita
quell’energumeno di Sakakura? Ma sei fuori?!”
“Ti
giuro che era PER DIRE, non l’avrei mai fatto, e diamine da
dove la tiri fuori tutta quella rabbia…”
pigolò Byakuya, nascosto dietro al letto della ragazza.
“L’ho
accumulata negli anni, a cui anche tu hai contribuito!”
ringhiò, lanciando via il cuscino e prendendo posto alla sua
scrivania. La voglia che aveva di mettere i Dimmu Borgir a tutto volume
solo per infastidire Byakuya (che, aveva scoperto, era terrorizzato
dalla musica metal).
“T-Touko?”
“Cosa.”
“Posso
avvicinarmi o cerchi di nuovo di uccidermi?”
Lei
non rispose, non a parole almeno. Si limitò a grugnire e lui
apparentemente lo interpretò come un sì,
perché se lo ritrovò in ginocchio accanto alla
sedia.
“Touko…”
“Che
c’è?”
“...mi
dispiace. Mi perdoni?”
L’ira
funesta della Super Scrittrice vacillò.
Ma
Dio Brando, quando ha imparato a fare la faccia da cucciolo?
“...non
lo so.”
“Cosa
posso fare per farmi perdonare?” chiese, prendendo le mani
della ragazza tra le sue.
“Potresti
fare meno stronzate come quella con Sakakura, per esempio.”
“Mi
avresti reso le cose più semplici se mi avessi chiesto di
comprarti una villa negli Hamptons, lo sai sì?”
“Lo
so. Ma preferisco se completi la tua evoluzione in essere umano
normale.”
“Non
sei spiritosa.”
“E
tu sei tanto tanto melodrammatico” sorrise lei, concedendogli
un bacino.
“Non
ci posso far nulla! È il modo in cui mi riesce
meglio”.
“La
vecchia scusa del «mi disegnano così»?
In bocca a Jessica Rabbit funziona, in bocca a te un po’
meno”.
“...credo
di essermi perso”.
“Uh,
dimenticavo che sei a digiuno quasi totale di cultura
popolare”. Cercò di premere con più
forza sulla parola quasi
e ottenne il risultato sperato, dato che lui inarcò un
sopracciglio incuriosito: “...quasi?”.
“Tu
mi credi disinformata, Byakuya-kun, ma non è
così. So per certo che conosci La Famiglia
Addams…”.
“Quei
chiacchieroni! Imparassero a farsi una manica di fatti
propri!”.
“Ragazzo
mio, ti stalkero da quando hai messo piede qui dentro. Pensi davvero
che avessi bisogno di farmelo dire?”.
“Touchè.
Ebbene? Hai tirato fuori questa cosa perché?”.
“Perché
stavo pensando a come potresti farti perdonare”.
“E
come?”.
Touko
si sentì accaldata tutto ad un tratto. Quanto stava per
proporgli non era sconcio, ma ciononostante le faceva provare un
po’ di imbarazzo.
Forse
perché è la prima volta che accampo delle pretese
con lui e mi aspetto di vederle esaudite.
“Fammi
vedere quanto sei bravo a imitare Gomez. Parlami in spagnolo”.
Le
guance imporporate di Togami la presero di sorpresa. Non si aspettava
una reazione tanto manifesta da parte sua, ma dovette ammettere che le
faceva piacere accorgersi di come fosse più aperto nei suoi
sentimenti e nel suo modo di comportarsi quando erano soli soletti.
“Che
c’è?” proseguì, stavolta con
l’intento di prenderlo in giro “Non mi dirai che
non conosci la lingua”.
Lui
si rizzò in piedi, punto sul vivo: “Sono un
Togami! Per tua informazione ho chiuso il mio primo contratto a
Caracas, Venezuela, alla tenera età di quattordici anni e
mezzo. Ed ero da solo!”.
“Avrai
visto un sacco di pessimi bar, allora. Quindi lo spagnolo lo sai.
Dimostramelo”.
“Che…
che cosa vuoi che ti dica?”.
“Puoi
anche dirmi che sulle Asturie sono previste piogge pesanti per tutto il
fine settimana, mentre alle Baleari urca urca tirulero oggi splende il
sol. Mica mi importa del contenuto. Voglio solo vederti lanciato come
lo era Raul Julia nei film”.
“O-Oh.
Va bene”.
Le
afferrò le mani con le sue e le strinse, persino sin troppo
forte. Poi si schiarì un attimo la voce prima di dire:
“Te
amo con todo mi corrrrrrazón”.
FIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII.
Tutti in carrozza, in partenza! La sanità mentale di Touko
Fukawa sta partendo dal binario 9 e 3/4! Avanti lavativi, sbrigatevi!
*
“Io
continuo a dire che l’idea di trasmettere in diretta
nazionale gli esami degli studenti è una
buffonata.”
“È
sempre stato così e non c’è ragione di
cambiare le cose. Una scuola prestigiosa come la nostra può
e deve mostrare al resto della nazione di cosa sono capaci i suoi
studenti.”
“Come
l’anno scorso, quando è saltata in aria la
palestra mentre TV Tokyo riprendeva l’esame di Ruruka
Andou?”
“È
stato solo un incidente. Un banale incidente e
nient’altro.”
Jin
Kirigiri non replicò, ma il tremolio nervoso
all’occhio buono di Hongou bastava e avanzava come risposta.
Sospirò e si guardò attorno, mentre
l’altro si scusava per allontanarsi un attimo: gli alunni del
primo anno stavano per concludere il loro esame e a momenti sarebbe
stato il turno della classe 78; non aveva particolari dubbi sugli esiti
delle loro prove (nonostante ritenesse quella di Naegi una stupidaggine
pari alla diretta televisiva, ma d’altronde valutare un
talento come la fortuna richiedeva mezzi poco ortodossi), a
preoccuparlo era ben altro.
L’infame
faida tra la classe 77 e la classe 78, ad esempio.
Nonostante
avessero sotterrato l’ascia di guerra mesi addietro,
consentendo a tutto l’istituto di trascorrere il resto
dell’anno scolastico più o meno tranquillamente,
l’antipatia tra Naegi e Hinata era ancora viva e vegeta e
restia a placarsi. Per fortuna il peggio a cui Jin aveva assistito da
dopo la loro punizione con Sakakura erano state pernacchie e prese in
giro, nulla che richiedesse un intervento disciplinare. Al massimo una
retrocessione all’asilo nido.
In
teoria quindi non aveva nulla di cui preoccuparsi.
Ma
anni passati a gestire questa scuola mi hanno insegnato che la pratica
è ben diversa.
E
in effetti l’incidente dello scorso anno era quasi un
avvertimento: tre espulsioni, per altro di tre ottimi studenti, erano
una brutta situazione che Jin non voleva ripetere, soprattutto se
poteva evitarlo. Più fonti gli avevano riferito che Nagito
Komaeda della 77 era il vero artefice dell’esplosione, ma non
aveva mai avuto prove a sostegno di quella tesi.
Anche
se quel suo sguardo folle per me basterebbe.
Si
guardò attorno alla ricerca di Komaeda, e non si
stupì nel vederlo incollato alla figura (scocciata) di
Hajime Hinata, a sua volta fedele segugio di Chiaki Nanami.
Se
avessi saputo prima che trovare la ragazza a lui e Naegi sarebbe
bastato a calmare la loro sete di scherzi idioti, avrei messo su un
servizio d’incontri scolastico.
In
tutta onestà per un po’ le scelte amorose di sua
figlia non lo avevano entusiasmato. La faida non era di certo un punto
a favore di Naegi, ma in fondo era un bravo ragazzo che non aveva mai
dato problemi prima di allora, e doveva ammettere che Kyouko era molto
più rilassata da quando stava con lui.
Tranne
quando deve punzecchiare me, Hongou e Kizakura. Ma va beh, la lascio
divertirsi volentieri alle spalle mie e dei miei due mariti.
E
a proposito della vita sentimentale di quella classe, pareva proprio
che lo spirito guerriero tirato fuori per la faida con la 77 fosse
venuto utile anche in altri campi, dato il proliferare di coppiette che
erano spuntate. Poi ovviamente, Kyouko a parte, non erano cose che lo
riguardassero ma era comunque incuriosito dall’atmosfera love
is in the air che
quei ragazzi avevano preso a respirare da un po’ di tempo a
quella parte. Con combinazioni che non avrebbe mai detto prima,
soprattutto Ikusaba e Ishimaru.
E
Togami. Persino Togami si era trovato la ragazza.
Pensava
sarebbe morto di vecchiaia prima di assistere a un simile spettacolo.
Gli
mancava giusto Hongou sorridente e poi le aveva davvero viste tutte.
Il
suo sguardo cadde involontariamente sulle gradinate, dove fiorivano
esemplari di ogni forma e dimensioni fra il pubblico: riconosceva fra
gli altri l’intera gang di Oowada (il cui leader, suo
fratello Daiya, indossava una cravatta fosforescente coi teschi che
definire obbrobriosa
era
un complimento davvero generoso), la sorella di Naegi con un ragazzo a
cui stava avvinghiata tipo sanguisuga con l’ospite, il tifone
di follia che rispondeva al nome di Shinobu Togami accompagnata dal
maggiordomo del fratello Aloysius e quella montagna umana del fidanzato
di Oogami.
Studenti
fuori dal comune, parentado fuori dal comune. Anzi, rispetto alla media
io devo passare come banale.
Erano
parecchio chiassosi, soprattutto la loro ex alunna che continuava a
sbraitare per vedere Byakuya in azione con l’esame. E,
sebbene non la sentisse con tutto quel frastuono, ci avrebbe scommesso
la sua poltrona di preside che stava tifando affinché lo
fallisse rimediando una figura barbina di fronte all’intera
nazione.
Non
che lo giustifichi, ma vedendola così penso di poter capire
un po’ meglio le sue razzie notturne alle riserve di Lucky
Gastro della scuola. Anche se pure lui, da quando si è
impegnato, pare essersi dato una calmata. Ora è solo il mio
vice a passare ogni due per tre con il carrello a farne man bassa.
Spendiamo più in medicinali che in cancelleria.
“Insomma
Komaeda-kun, puoi anche staccarti mezzo secondo da Hajime-kun! Non
è mica una bombola dell’ossigeno!”.
La
voce a dir poco scocciata di Nanami giunse indistinta
all’orecchio di Jin, che si voltò per guardare. La
Gamer stava davanti alla sua dolce metà con le braccia
aperte, quasi volesse fargli da scudo umano per respingere le
apparentemente invadenti avances del Maledettamente Fortunato.
“Chiaki-san,
non sto facendo nulla di male. Voglio solo attaccare un po’
della mia fortuna a Hinata per il suo esame!”.
“Ok,
ma puoi farlo anche senza cercare di infilargli la mano nelle
mutande!”.
“Chiaki,
per favore… siamo in diretta tv…”.
“Mi
ferisci dicendo così, Chiaki-san. Stavo imitando un rito
propiziatorio di una tribù
centrafricana…”.
“Poteva
essere anche una tribù che viene da Marte, tu le mani nelle
mutande non gliele metti! Mi sono spiegata?”.
“E
va bene, ho capito. Non sono il benvenuto. Normale per immondizia come
me”.
“Ecco,
allora perché non vai a far compagnia al pranzo di ieri nel
bidone del vicolo?”.
“Chi
la dura la vince, anche per un uomo senza talento e senza valore come
me” fu la chiusura di Komaeda mentre si allontanava con le
pive nel sacco.
Uh
oh. Non mi piace per nulla quanto ho sentito. Sarà meglio
stargli addosso per assicurarsi che…
“Kirigiri-san!
Venga qui, per piacere! Devo parlare di un fatto di una
gravità inaudita!” sentì alle sue
spalle.
Era
Hongou con la voce che non avrebbe mai voluto sentirgli avere.
La
voce di chi non lo avrebbe lasciato in pace finché non fosse
stato a sentirlo.
Conoscendo
la notoria insistenza del suo vice, Jin si rassegnò e
sperò solo che il ragazzo dai capelli bianchi non stesse
andando a recuperare una tonnellata di C4. Una palestra distrutta gli
era bastata e avanzata.
*
Komaeda
si sarebbe detto di essere un genio, se non avesse avuto
un’autostima nulla e non fosse abituato a paragonarsi ai
ratti di fogna.
Però
giusto in quell’unica occasione si era trovato degno
dell’aria che consumava a discapito dei Super, ben
più meritevoli di lui.
Perché
per una volta in vita sua Nagito Komaeda stava facendo una cosa giusta.
Anzi, l’avrebbe definita doverosa.
Si
stava adoperando, da buon scalino per la speranza dei suoi compagni di
classe, per far sì che l’esame di Hinata andasse
alla perfezione. Perché lui conosceva bene Hinata,
nonostante le sciocche rimostranze della sua… pffff,
ragazza, e sapeva cosa avrebbe desiderato se solo avesse avuto la
libertà e il coraggio di chiederglielo.
Voleva
che Makoto Naegi soffocasse nel suo stesso vomito, ecco cosa voleva.
Da
parte sua non c’era nessun motivo d’astio nei
confronti del kohai. Non lo odiava, né gli stava simpatico.
Indifferente, come chiunque non fosse Hinata.
Andava
solo sacrificato. Sacrificato sull’altare di un ideale
più alto.
Ma
sacrificato in senso figurato, perché nonostante tutto
ucciderlo sarebbe stato troppo. Gli avrebbe solo mandato in malora la
prova.
E
quindi quale migliore modo che ritentare l’uscita
dell’anno precedente con il lassativo? Solo che, invece di
propinarlo all’intera commissione, si sarebbe limitato al
candidato dall’ahoge pericolosamente uguale al suo.
Pertanto
era con minuzia certosina che in quel momento stava calibrando le gocce
della purga da mischiare con il succo di frutta che avrebbe portato a
lui e ai docenti.
Ti
farò felice, Hinata. Mi guarderai con occhi colmi di
speranza dopo questa mia impresa.
“Ok,
direi che ci siamo. Con questa quantità”
stimò facendo due rapidi calcoli mentali “il cesso
dovrebbe diventare il miglior amico di Naegi per i prossimi tre o
quattro giorni. Mi assicurerò che qualcuno gli porti da
mangiare”.
Yuck.
Pranzare e cenare seduto sulla tazza del water… era una cosa
che riusciva a disgustare persino lui.
Fece
bene attenzione, mentre posizionava le bevande sul vassoio, a ricordare
con esattezza qual era il bicchiere che avrebbe dovuto dargli.
L’anno precedente era stato più semplice ma oh,
per la speranza questo ed altro.
Si
avviò fischiettando.
Quando
ormai stava per appropinquarsi al palco si sentì chiamare
alle spalle.
Voltandosi
un’onda di emozione e gioia lo travolse: era Hinata, lo
sguardo basso.
Che…
che evoluzione inaspettata.
“Komaeda,
aspetta un secondo. Prima di andare…”.
“Dimmi
Hinata-kun, dimmi pure” cinguettò come una zoccola
d’alto bordo.
“Volevo…
volevo solo scusarmi per l’irruenza di Chiaki-san. Ammetto
che, anche non ci fosse stata lei, le mani nelle mutande non me le
avresti messe lo stesso. Però…”.
“Però?”.
In
modo inconsapevole riprese a camminare, con l’altro che si
affannò per affiancarlo.
“Però
non posso negare che ci sia andata giù pesante con gli
insulti, e nonostante tutto penso abbia esagerato. Pertanto volevo fare
ammenda a nome suo, perché chiaramente non ne ha voluto
sapere”.
“Donne.
Razza di gente testarda”.
“Me
ne sto rendendo conto meglio ogni giorno che passa”
ridacchiò, sollevando lo spirito di Nagito a vette mai
toccate prima. Poi aggiunse: “Per farmi perdonare ti
accompagno”.
“Chi
sono io per dire di no? La tua compagnia mi onora oltremodo”.
Giunsero.
L’esame
di Naegi era qualcosa che Komaeda trovava di una banalità
imbarazzante: di fronte a sé aveva un contenitore cilindrico
trasparente alto circa un metro e colmo di francobolli facenti parte
della collezione privata di Hongou. Il loro valore monetario era
relativo, salvo per un unico pezzo con cui ci si sarebbe potuto
comprare un atollo nell’oceano Pacifico. La
difficoltà stava appunto nel fare in modo di tirare fuori
quel singolo pezzo costoso, una volta appurata la totale ignoranza del
candidato in tema di filatelia.
Fosse
riuscito nell’impresa sarebbe stata una botta di fortuna.
Corroborando quindi il proprio talento.
Ma
la fortuna, i Kami, o chi per loro non la pensavano allo stesso modo.
“Avviciniamoci,
voglio vedere da vicino l’esame del mini-me”
propose Hinata, e Komaeda acconsentì da buon fanboy quale
era.
Difficile
dire cosa successe esattamente, Komaeda capì solo che era
inciampato su qualcosa e stava crollando addosso ad Hajime - cosa che
non gli sarebbe dispiaciuta per nulla, se non fosse che oltre a lui
erano volati via i bicchieri di succo e lassativo e
l’opportunità di mandare a monte l’esame
di Naegi.
“Ouch!
Che botta…”
“Dillo
a me” borbottò Hinata, colpito in testa dal
vassoio. “Komaeda, TOGLITI. Sei fin troppo felice di
vedermi.”
“Scusa”
fischiettò, e fece appena in tempo ad alzarsi che
sentì un urlo disumano provenire dal tavolo della
commissione.
“I
MIEI FRANCOBOLLI!!! I MIEI PREZIOSISSIMI
FRANCOBOLLIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!”
Hongou
era in piedi, inzuppato di succo di frutta così come il
resto della commissione e del Super Fortunello… e
soprattutto come i suoi francobolli.
“Uh
oh” sussurrò Komaeda tra sé e
sé, quando vide il vice preside voltarsi verso di loro con
gli occhi iniettati di sangue.
“TU!”
puntò il dito verso di lui, e Nagito non si scompose. Sapeva
a cosa andava incontro, ma per Hinata questo ed altro.
“Mi
spiace Hongou-san, è stato-”
“Non
tu, LUI.”
Indicò
in basso, verso Hinata, che casualmente aveva in mano il vassoio.
...ops.
“HAJIME
HINATA.”
“V-v-vice
preside l-le giuro che-”
“COME
HAI OSATO ROVINARE LA MIA COLLEZIONE DI FRANCOBOLLI”
ringhiò Hongou, avvicinandosi sempre di più.
“M-ma
le g-giuro che n-n-non c’entro niente, era Komaeda
che-”
“Hinata
sei un Super Boh morto!” si intromise Naegi, altrettanto
inzuppato e altrettanto furioso. “Sapevo di starti sulle
scatole, ma sabotarmi l’esame è troppo persino per
te!”
“Ma
cosa me ne frega del tuo esame!”
“SILENZIO.
HAJIME HINATA, GIURO CHE TI BOCCIO!”
“C-C-COSA?
Ma non sono stato io! E poi non ci voglio stare in classe con
Naegi!”
“Non
me ne frega niente, DEVI PAGARE PER QUELLO CHE HAI FATTO!”
Poco
lontano, nascosto dalla calca di curiosi che si era avvicinata per
assistere, Komaeda guardava preoccupato la scena.
Intervenire
o non intervenire?
Con
la sua fortuna, il rischio di fare danni peggiori era altissimo.
E
poi, tutto sommato, non è che Hinata gli piacesse poi tanto. |
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Capitolo 21 *** Extra - Zozzerie della 77 ***
Kuzuryuu
stava sudando come un maiale.
Seduto
sul letto di camera sua, non riusciva a rimanere fermo. L’ora
era tarda, i gufi ululavano o latravano o qualunque fosse il verso che
facevano… e Peko era nel suo bagno a cambiarsi.
“Siediti
qui e aspettami” gli aveva intimato con un tono marziale che
mai le aveva sentito usare. E che gli aveva fatto onestamente paura.
Non
sapeva davvero cosa aspettarsi. Anche perché, durante il
corso di quella giornata e nelle precedenti, la sua fidanzata non
pareva essersi comportata in maniere strane o chissà che.
Insomma,
era completamente all’oscuro delle sue intenzioni. E gli
dispiaceva pensar male, ma una sana dose di paura si era fatta largo
nel suo stomaco.
Peko
Pekoyama era pur sempre la Super Spadaccina, capace di farti
letteralmente a fette con uno stuzzicadenti se ci si fosse messa.
Probabilmente solo Mukuro Ikusaba, la Full Metal Bitch della 78, era
potenzialmente peggio.
O
forse no. Sarebbe stato interessante vederle scontrarsi.
Sì,
ma anche chissenefotte. Io qui rischio di lasciarci la pelle, nel
peggiore dei casi. Già mi vedo quella stronza di Natsumi che
ride di me e dei miei poveri resti.
...ok,
no. Era ingeneroso da parte sua avere tutto questo timore. Peko non gli
aveva mai dato motivo di pensare che potesse diventare violenta per
chissà quale assurda ragione. Tra l’altro lui,
vuoi per piacere e vuoi per non correre il rischio di poterla
provocare, si era sempre comportato da gentiluomo nei suoi confronti.
Non
aveva nulla di cui preoccuparsi realmente. Forse.
Tsk,
se comincio a pensare come Nanami è davvero la fine.
“Ci
sono quasi, bocchan. Un attimo di pazienza” la
sentì urlare da dietro la porta chiusa.
“Non
chiamarmi bocchan, per la miseria porca!” le urlò
di rimando, usando un tono di voce forse eccessivo ma dettato dalla
tensione montante.
“Scusami”.
Ci
vollero ancora un paio di minuti, durante i quali
l’inquietudine dello Yakuza crebbe ulteriormente.
Poi
finalmente il bagno si aprì.
E
da lì…
Kuzuryuu
credette di avere un infarto. E forse lo ebbe anche.
Davanti
a lui apparve la Peko più bella e provocante che avesse mai
visto (e vorrei ricordarvi che l’aveva vista in costume da
bagno e in altri abiti non esattamente formali più di una
volta nel corso della sua vita): indossava un kimono blu, nella
sinistra reggeva un ventaglio aperto, i suoi splendidi capelli grigi
erano sciolti… e soprattutto…
Soprattutto…
L’obi
era allentato.
Ma
ancora più soprattutto…
Quello
era il kimono più scollato e sexy nella storia dei kimoni
scollati e sexy.
Avrebbe
quasi fatto prima a uscire senza nulla addosso, sarebbe cambiato
davvero poco. Perché, nonostante il vestito, praticamente
l’intera parte superiore del suo busto era esposta. Fin quasi
a… quella zona, già.
E
visto che la signorina era molto ben dotata…
“O
santo cielo! Bocchan, ti esce un mare di sangue dal naso!”
strillò affannandosi nel cercare un fazzoletto che potesse
bloccare quell’enorme fuoriuscita.
D’altronde
non ci sarebbe potuta essere reazione diversa da parte sua di fronte a
un tale spettacolo.
Tampona
qui e tampona lì, il peggio venne per fortuna scongiurato.
“Porca
puttana lurida… Peko… per favore… non
farmi mai più uno scherzo… simile… o
ci lascio davvero… le penne…”.
“Scusami
scusami scusami! Davvero non immaginavo questo disastro! Volevo solo
essere un po’... sensuale…”.
“Un…
un po’? Mi stavi… per
ammazzare…”.
“Beh,
vuol dire che hai apprezzato allora”.
“Come
potrei… non apprezzare… tutto questo ben di dio?
Anzi… ti rendi conto… che stando in questa
posizione… ti si vedono anche le costole?”.
“Oh.
Ok, va bene”.
“...”.
“E
dimmi una cosa, già che ci siamo. Sicuro di non avere
qualche problema di circolazione del sangue in questo
momento?”.
“Uh?
Che… cavolo dici?”.
“Mi
sto riferendo a questo” sorrise maliziosa portando un dito
verso la sua zona inguinale… che pareva essere un sacco
attiva.
“Voglio
dire, fra quello che ti è uscito dal naso e quello
concentrato lì non te ne deve essere rimasto poi
molto”.
“...senti
un po’ tu… hai forse tradito il clan?
Perché… al momento non trovo… altra
spiegazione… ai tuoi ripetuti tentativi… di
uccidermi…”.
“Di’
la verità, saresti morto col sorriso sulle labbra”.
“Nnnnnnnnnnnrgh…
sì…”.
*
“Gundam-san,
guarda qui! Su questo numero di Lo
Stregone 3000 si
parla di tutta una serie di complicatissimi rituali per accedere al
piano astrale senza la morte del corpo fisico!”.
“Sonia,
quelle sono cose da bambini. Guarda bene, il primo passo è
completamente superfluo per gente come noi. E poi lo sanno anche i
peggiori adepti che non bisogna mischiare il vello di un montone con
delle perle, la reazione delle energie negative farebbe esplodere
l’intero multiverso!”.
“Oh
cacchio, hai perfettamente ragione…”.
“Non
sono il maestro per nulla, d’altronde.
Fuahahahahahahahahahahahahahah! L’Impero Tanaka non
può perdere tempo con simili inezie da
dilettanti!”.
“Non
sai quanto amo la tua risata malvagia. Però aspetta, secondo
me stai prendendo la cosa con un po’ troppa
superficialità”.
“Mh?
Cosa intendi?”.
“Leggi
bene qua”.
“Uhm.
Specifica che questa fase può essere compiuta solo da due
praticanti di sesso opposto. E con ciò?”.
“Leggi
ancora meglio”.
“I
due dovranno soddisfare le condizioni descritte al punto precedente per
poi procedere con un’unione spirituale, fisica e metafisica”.
“E
questo cosa ti suggerisce?”.
“Che
chi scrive queste scemenze non sa più cosa inventarsi per
suonare pomposo?”.
“Non
hai tutti i torti, in effetti. L’unione metafisica mi sembra
una stupidaggine bella e buona. Ma quella fisica…”.
“Fisica?
Sto pensando quello che stai pensando tu?”.
“A
giudicare dalla sciarpa che ti copre gli occhi e dal colorito rossastro
della tua pelle… direi proprio di sì,
Tanaka-san”.
“...da
quando stiamo assieme tu mi chiami in questo modo solo quando devi
farti perdonare qualcosa”.
“E
cosa dovrei farmi perdonare, adesso come adesso?”.
“Nulla”.
“Quindi
perché ti avrei chiamato in quel modo?”.
“...perché
vuoi qualcosa”.
“Bravo
ragazzo, c’è altro in quella testolina oltre a
nomi apocalittici per creature immonde che in realtà non
esistono”.
“Aspetta
aspetta aspetta! Voglio essere sicuro di aver capito bene. Mi stai
chiedendo… di fare… quella cosa
lì?”.
“Se
intendi la cosa che inizia con ses
e
finisce con so…
ci hai azzeccato”.
*
...wow.
Che
Ibuki fosse un tifone umanoide era risaputo da tutta la scuola.
L’Impostore
ne era ben conscio, e in fondo era una delle cose che lo avevano fatto
invaghire di lei quasi all’istante.
Quindi
non era poi così inaspettato che fosse intraprendente e
audace anche quando si trattava di cose più… intime.
Magari
non così tanto, ecco.
Insomma,
non si aspettava di certo che una normalissima serata con cena e
concerto (anche se l’Impostore trovava difficoltà
a definire “musica” quella roba agghiacciante che
piaceva solo a Ibuki e Touko) si sarebbe conclusa con la loro prima
volta in camera di lei.
Prima
volta parecchio acrobatica, tra l’altro.
Credevo
che le ragazze fossero più timide in certe
occasioni…
“Hmmmggghee
Byakuyaaah…”
Si
voltò a guardarla, sdraiata scompostamente accanto a lui.
Scemo
io che credevo valesse anche per Ibuki.
“Hmmmsheee
dimmi ancora che shono un pasticcinoooh…”
mugugnò, tirando persino un calcio che colpì il
povero Impostore al ginocchio.
Ibuki,
profondamente addormentata, stava sbavando come un San Bernardo sul
cuscino e teneva la bocca aperta come un pesce appena pescato.
Sgraziata, un po’ buzzurra e per nulla elegante.
E
tuttavia l’Impostore non riusciva a non trovarla adorabile.
*
“E
una!”
Chiaki
sbuffò.
“E
due!”
Chiaki
abbassò il suo Nantendo
e
alzò lo sguardo verso Hinata.
“E…
oh porca vacca! Per un pelo! E tre!”
Se
gli sguardi potessero uccidere la schiena del ragazzo sarebbe stata
quantomeno in fiamme, e invece non si era nemmeno accorto
dell’occhiataccia che la Gamer gli stava lanciando.
“A-ah!
Siete cadute tutte ai miei piedi, eh? È il fascino del Super
Boh, lo so.”
Chiaki
roteò gli occhi. Si diede mentalmente della scema per aver
anche solo pensato che far giocare Hinata a Gal
Rifle poteva
essere una buona idea per… sì insomma…
lasciargli intendere determinate
cose. Stavano
insieme da ormai un po’ di mesi e, ad esclusione di
occasionali scenate da parte dell’altra moglie (per gli amici
Komaeda), le cose erano sempre andate bene. E il ragazzo si era
dimostrato anche un gentiluomo, senza mai fare pressioni per spingersi
oltre un certo limite con lei… solo che ora stava esagerando.
Va
bene la timidezza, ma ignorare i miei segnali è da fessi.
La
sua strategia comprendeva il farlo giocare a giochi più
“allusivi” rispetto a quelli che giocava di solito:
era partita con Dead
or Lie,
il picchiaduro con le signorine prosperose, fino ad arrivare al
già citato Gal
Rifle,
in cui dovevi mandare in estasi le ragazzine innamorate del
protagonista usando una pistola spara-frecce di Cupido. Una cosa
stupidissima ma che, sperava Chiaki, avrebbe inviato il messaggio ad
Hinata nella maniera più efficace.
“Guarda,
guarda Chiaki! Ho mandato la professoressa in doki-doki
mode!”
E
invece no.
“Pensi
di continuare la partita ancora per molto, Hinata-kun?”
“Altri
cinque minuti!”
“Lo
hai detto anche dieci minuti fa.”
“Scusa,
è che non ci ho fatto caso… oh cavolo, stava per
raggiungermi!” si distrasse di nuovo, sparando le frecce di
Cupido a una ragazzina con la marinaretta.
Ok,
quando è troppo è troppo.
“Hinata-kun.”
“A-ah,
sto facendo un punteggio fantastico!”
“Hinata-kun…”
“Dopo
provo la route con la ragazza tsundere, che ne dici?”
“HINATA-KUN!”
Gli
lanciò un cuscino, obbligandolo a girarsi.
“Ahia,
perché mi hai tirato-”
Chiaki
sollevò la maglietta, mostrando ad Hinata due buone ragioni
per interrompere la sua partita.
Hinata
lanciò via il joypad.
Chiaki
wins! |
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Capitolo 22 *** Extra - Zozzerie della 78 ***
“I-Ikusaba-san…
tu sei sicura di quanto stai facendo, vero?”.
La
voce un poco atterrita di Ishimaru non fecero altro che aumentare la
voglia di Mukuro di darsi da fare. Si era procurata delle corde da un
sexy shop online, assicurandosi che fossero fatte appositamente per dei
giochini erotici. Non si sentiva particolarmente maestra nel campo
strettamente riservato alla camera da letto, ma in compenso vantava una
quasi decennale esperienza nel legare persone come se fossero dei
salami. Diciamo che rispetto a tanta gente partiva un po’
avvantaggiata.
“Suvvia,
non dirmi che un uomo tutto d’un pezzo come te si fa
spaventare per così poco” rispose maliziosa mentre
maneggiava con la scatola. Era rimasta in un angolo della sua stanza,
dove erano entrambi in quel momento, in attesa di essere utilizzata. E
il momento era arrivato.
“Ok,
però… insomma, ecco… non è
un po’... anormale? Specie per essere la prima
volta…”.
Mukuro
alzò appena gli occhi al cielo. Era veramente un
cioccolatino d’ingenuità, il suo ragazzo, ed era
forse il lato di lui che preferiva. Quello e i pettorali. Aveva dei
gran bei pettorali.
“Anormale?
Solo perché ho il kink delle corde? Mi offendi,
Ishimaru”.
“Non
volevo offenderti, non volevo! Scusa!”.
“Senti,
è uno sfizio che ho sempre voluto togliermi e avevo deciso
da tempo che la mia prima volta avrebbe implicato legacci e nodi.
L’unica variabile era il corpo su cui sarebbero stati
applicati, ma il fato ha deciso che per stavolta tocca a te.
Tranquillo, sono più che disposta a ricambiare il
piacere”.
GLOMP.
Il
sentirlo deglutire rumorosamente la eccitò ancora di
più.
Non
sapeva spiegarsi questa passione, non in maniera cosciente quantomeno.
Sapeva solo che c’era e aveva la possibilità di
sfogarla concretamente. Non se la sarebbe lasciata sfuggire, nossignore.
“Bene,
il materiale sembra a posto. Ora, se volessi gentilmente stenderti sul
letto…” disse a mò di invito, anche se
era più inteso come un ordine.
E
quando lo vide sdraiato di fronte a sé, tremante, ad
attendere...
Mettiamola
così: fece una gran fatica a trattenersi.
D’altronde, come detto, sapeva molto bene come usare quel che
reggeva per renderlo completamente immobile e alla sua
mercé. Ma lui non era un prigioniero di guerra, era solo il
suo fidanzato che stava assecondando i suoi feticci per farle piacere.
Non
si sarebbe spinta oltre, men che meno in occasione del loro esordio nel
magico mondo del sesso. Non se lo sarebbe perdonato.
In
un attimo di divagazione si chiese se fosse cosa comune anche per Junko
e Mondo, quella di usare oggetti esterni durante un rapporto. Poi
decise che in realtà preferiva non saperlo neanche per
sbaglio e tornò a dedicarsi a se stessa e al suo Prefetto.
Si
avvicinò cauta e cominciò a lavorare.
Purtroppo,
per lui e per lei, si rese conto di non avere le mani di fata come
pensava. Anzi, in più di un’occasione dovette
tirare il freno a mano per evitare di risultare troppo ruvida.
Di
nuovo, tutta la sua esperienza pregressa era un’arma a doppio
taglio in una situazione simile. Perché era capacissima di
rendere inoffensivi i nemici della brigata Fenrir che andavano
successivamente interrogati, ma il ragazzo di fronte a lui non era
tale. E più proseguiva, più lui si lamentava per
sfregature troppo violente contro la sua pelle o per tratti della corda
che lo irritavano o lo costringevano a posizioni eccessivamente scomode.
Insomma,
la magica prima volta di Mukuro Ikusaba fu un mezzo fiasco.
Principalmente per colpa sua.
All’ennesimo
“Ahia! Mi fai male!”... niente, ci
rinunciò. Prese le corde, le gettò a terra con un
moto di stizza e dichiarò ad alta voce che non se ne sarebbe
fatto più nulla.
“Al
diavolo!”.
“Ikusaba-san!
Che ti prende?”.
“Che
mi prende, Ishimaru?” si voltò verso di lui,
rabbiosa “Mi prende che ho rovinato tutto. Forse Junko non ha
tutti i torti quando mi dà della
fallita…”.
Il
suo pistolotto di autocommiserazione venne interrotto da un repentino
contatto fra le loro labbra.
Al
termine del bacio Ishimaru si staccò, ansimando leggermente,
e guardandola negli occhi le disse: “Non ti azzardare mai
più a dire simili scemenze, mi sono spiegato?”.
“...eh?”.
“D’accordo,
forse non sarai un asso nel legare il tuo partner a scopo erotico. Ma
da qui a darti della fallita ce ne passa di acqua sotto ai ponti. E
poi, cosa ti costa fare un passo indietro e rinunciare almeno per ora a
questa cosa? Possiamo anche farlo normalmente, sarà
bellissimo lo stesso. Inoltre in questo modo il campo di battaglia si
livella, perché come sei novellina tu lo sono
anch’io. A parità di preparazione, sul confronto
diretto sono sicuro che mi batterai e farai più bella
figura”.
“Brutto
scemo” rispose lei, un poco commossa dal suo essere
comprensivo.
Si
abbracciarono, cominciando in prima e scalando pian piano di marcia
fino a quando sembrarono due piovre dedicate all’esplorazione
di ogni centimetro del corpo dell’altro.
E
fu così che la prima volta di Mukuro Ikusaba fu solo un
mezzo fiasco e non un fiasco completo.
*
Studiando
il suo riflesso nello specchio, Kyouko lanciò
l’ennesima occhiata al completino intimo che indossava.
Kyouko
Kirigiri non era mai stata una particolarmente attenta alla moda o
dedita allo shopping compulsivo… non prima di perdere la
testa per Makoto Naegi, s’intende.
A
voler essere sinceri non è che fosse cambiata poi tanto, ma
non le era sfuggito il fatto che, da quando stava con il Super
Fortunello, aveva iniziato a prestare più attenzione al
proprio abbigliamento, spesso lanciando un’occhiata furtiva a
quello delle sue compagne più alla moda. Qualche giorno
prima suo padre si era persino vendicato di tutto il sarcasmo gratuito
subito dalla figlia, quando l’aveva trovata intenta a leggere
una rivista di moda. “Stai bene, figlia mia? Vuoi sederti? So
che fa male quando scopri di essere effettivamente una
ragazza” era stata la frecciatina lanciatale da Jin, che si
era defilato alla svelta cercando di evitare una scarpa diretta alla
sua tempia.
Basta.
Non è il momento della psicanalisi.
Finì
di abbottonarsi la camicia e il resto della divisa, diede una veloce
sistemata ai capelli e si rimirò un’ultima volta
allo specchio. Perfetta.
Non
le sfuggì il parallelo con la sera della festa, in cui si
era tirata a lucido con il solo scopo di far cadere Makoto ai suoi
piedi… per poi fuggire a gambe levate quando aveva ottenuto
il suo scopo. Stavolta
le cose andranno diversamente si
disse. C’è
in ballo qualcosa di molto più importante di una semplice
dichiarazione.
Per
me e Naegi-kun è ora di diventare più…
intimi.
Kyouko
Kirigiri si era di nuovo vestita per uccidere, e stavolta era
più che decisa a non fallire. Si chiuse la porta della sua
stanza alle spalle e si diresse verso quella di Makoto, ripassando
mentalmente il suo piano: solo un’ora prima lo aveva avvisato
che sarebbe andata da lui con la scusa di recuperare un quaderno
(strategicamente lasciato lì il giorno prima), e avrebbe
approfittato di quella situazione per… beh, per sedurlo.
Avvampò
all’idea di ciò che stava per fare, ma era
un’esperta nel nascondere le sue emozioni agli altri, quindi
era più che sicura che la sua faccia non avesse lasciato
trapelare nulla.
Eccoci
qua.
Per
qualche secondo rimase ferma davanti alla porta della camera di Makoto.
Nonostante continuasse a dirsi calma il suo cervello continuava a
distrarla con altro, tipo farle notare come il chibi affisso sulla
targa somigliasse tanto al legittimo proprietario, soprattutto in
altezza.
Tutto
molto bello e adorabile, ma non siamo qui per questo.
SI
decise a suonare il campanello, e due secondi dopo Naegi era
lì ad aprirle la porta: “Kyouko-san! Ci hai messo
un sacco, credevo ti fossi dimenticata del quaderno” le
sorrise lui, facendosi da parte per farla entrare. “Scusa,
è che non riuscivo a trovare il… il
cellulare” mentì, sperando di farla franca.
“Il cellulare, sì.”
“Prima
il quaderno, ora il cellulare… ultimamente sei un
po’ distratta eh?” fu la risposta del ragazzo, che
si era avvicinato alla sua scrivania per cercare qualcosa. Decisamente
Kyouko l’aveva fatta franca.
Bene,
ora di dare il via all’operazione “Facciamo fiki
fiki insieme”.
Svelta
come solo lei sapeva essere, la Super Detective approfittò
della momentanea distrazione di Makoto per slacciare il nastro della
sua divisa, sbottonare un po’ la camicia, sedersi sul letto e
accavallare le gambe in quella che sperava fosse una posa sensuale.
Quella settimana di allenamento davanti allo specchio doveva pur essere
servita a qualcosa, si augurò. Finì i preparativi
appena in tempo per vedere il ragazzo voltarsi verso di lei con il
quaderno in mano: “Ecco a te il tuo qua… oh, senti
caldo? Forse ho alzato troppo il termostato, aspetta.”
Kyouko
lo osservò allibita controllare la temperatura della stanza,
ma decise di non demordere. Naegi-kun
è adorabilmente ingenuo, si
disse, devo
solo essere un po’ più diretta. Ma senza esagerare.
Sorrise
come non fosse successo nulla e proseguì col suo piano:
“Sentì, Naegi-kun… avrei
un’idea.”
“Che
tipo di idea?” rispose lui, sedendosi alla sua scrivania.
“Ecco,
pensavo che potremmo… studiare
insieme”
disse, calcando particolarmente sulle ultime due parole. Si
ritrovò persino a sbattere le ciglia in maniera frivola come
aveva visto fare spesso a Celestia. La risposta che ricevette non fu
esattamente quella che sperava: “Oh, mi dispiace, io ho
già finito di studiare” rispose lui, grattandosi
la nuca. “Sai, speravo di passare il week-end con te e quindi
mi sono portato avanti con i compiti” sorrise, e lei
ricambiò. Era un pensiero adorabile, che tuttavia continuava
ad ostacolare il suo piano. Ma Kyouko Kirigiri non era una che si
lasciava abbattere dalle prime difficoltà, e quindi
insistette: “Però potremmo… studiare
un po’ ugualmente,
che ne dici?” propose, il tono di voce praticamente un coro
di fusa.
E
tuttavia…
“Mi
dispiace, ma ho davvero finito tutti i compiti che avevamo. Mi sono
lasciato prendere la mano, ahah!”
Kyouko
si morse il labbro inferiore per impedirsi di urlare.
“Oh
ma… aspetta, volevi una mano a studiare?” chiese
lui, con l’aria di chi aveva appena avuto
un’illuminazione. “Credevo avessi già
finito ma posso aiutarti se vuoi! Non credevo ne avessi bisogno,
ma-”
“S-sì,
sì, mi farebbe piacere se mi aiutassi”
mentì lei, ormai decisa a proseguire con il suo piano, anche
a costo di apportare modifiche dell’ultimo minuto.
Makoto
sorrise: “Con molto piacere!” trillò,
alzandosi per recuperare alcuni libri di testo.
Kyouko
decise di agire. Ora
o mai più.
Veloce
come una faina si sbottonò ancora di più la
camicia, augurandosi che il reggiseno ben evidente risvegliasse nel
ragazzo qualche istinto sopito, e si stese sul letto in una posa
sensuale vista su un sito di pin up. Certo la modella era sicuramente
più attrezzata dal punto di vista fisico, ma non
è che tutte nascono Asahina o Oowari. E comunque Makoto non
si era mai lamentato.
“Makoto…”
miagolò. Lui non si voltò nemmeno.
“Makoto…”
ritentò. “Un secondo, non trovo il quaderno con i
miei appunti” fu la sua disarmante risposta.
Kyouko
inspirò e si sporse in avanti oltre il bordo del letto,
accarezzando la gamba di lui con il piede:
“Makoto… voltati un attimo.”
“Un
attim-ehi, ehi cos’è questo solletico?”
Forse
lui si girò di scatto, forse lei non aveva calcolato bene quanto
si
era sporta oltre il bordo del letto, fatto sta che cadde di faccia sul
pavimento, in maniera decisamente poco aggraziata.
La
tetta. Mi fa male la tetta.
Makoto
si precipitò subito da lei: “Kyouko-san! Tutto
ok?”
Lei
rotolò di schiena, incurante della camicetta aperta. Tanto
ormai…
“Come
hai fatto a rotolare giù dal letto, e…
perché la tua camicia è sbottonata?”
arrossì il Fortunello, mentre la aiutava a mettersi seduta.
Kyouko
lo guardò dritto negli occhi con la sua espressione
stoica… che però venne meno: “Non ce la
faccio, NON CE LA POSSO FARE!”
“Eh?”
“Io
le ho provate tutte!” piagnucolò (Io!
Piagnucolo!).
“Ma a quanto pare sei insensibile a qualunque tentativo di
seduzione, o io sono totalmente incapace a rendermi almeno vagamente
sensuale! Sono un fallimento su tutta la linea!”
“Frena
frena frena” la interruppe, “tu stavi…
cercando di sedurmi?”
“Sì!
Sì, dannazione sì!”
“E…
perché?”
“...secondo
te?” sbuffò esasperata. “Stiamo insieme
da mesi e ho pensato che portare la nostra relazione al…
livello successivo poteva essere una buona idea, e visto che tu sei
quello che si è sempre fatto avanti mentre i miei precedenti
tentativi di corteggiamento sono naufragati miseramente mi sono detta
che era la volta buona per ritentare e dimostrarti che posso essere
seducente e” inspirò “e invece non ne
sono capace. Da questo punto di vista sono più tragica di
Togami!”
Una
risatina da parte del ragazzo la distolse dal suo momento di
autocommiserazione.
“Fa
così ridere?” ringhiò, e lui
alzò subito le mani in segno di pace: “Ma no, ma
no! È che sei… buffa.”
“Buffa?”
L’avevano
definita in tanti modi, ma mai buffa.
“Davvero,
non ti sto prendendo in giro, ho solo trovato i tuoi impacciati
tentativi di seduzione… adorabili” sorrise lui,
avvicinandosi. “E potrebbero aver funzionato.”
Kyouko
arrossì di colpo: “Anche ora che hai capito che il
quaderno era una scusa?”
“A-ah”
Makoto annuì, abbracciandola.
“E
dopo aver subito il più maldestro piedino
nella
storia dei piedini?”
“Assolutamente”
sorrise sornione.
“E
dopo avermi vista rotolare per terra come un insaccato?”
“Un
insaccato molto carino” rispose, prima di zittirla con un
bacio.
Mentre
sentiva le mani di Makoto Naegi accarezzarla in zone che non aveva
ancora mai mostrato a nessuno, Kyouko Kirigiri si disse che in fondo
non era poi così fallita come seduttrice. E magari non era
un caso disperato come Togami.
*
Il
quale Togami aveva messo in atto il suo, di piano, qualche settimana
dopo.
“Direi
che la mia ricerca può considerarsi conclusa. Comincio anche
a sentire un po’ di fame.”
Touko
si limitò a sorridergli, alzando appena lo sguardo dai suoi
libri.
Pomeriggi
simili erano ormai la norma per loro, chiusi in camera di uno dei due a
studiare fino a dimenticarsi di pranzi, cene e spuntini. Non che fosse
un grave problema, visto che Touko mangiava come un uccellino
(nonostante lo Scion stesse cercando di aiutarla a migliorare le sue
abitudini), e Togami poteva andare avanti per ore solo bevendo
caffé (il famoso caffé fatto di cacca di
pipistrello che gli era valso più di una presa in giro).
“Magari
potremmo fare uno spuntino” propose lei, “m-ma non
ho particolarmente voglia di stare in caffetteria…”
Anche
l’obiezione della ragazza non era inaspettata, visto che
entrambi avevano spesso e volentieri consumato il loro pasti in
solitudine (ma andava detto che, da quando la loro relazione era
diventata ufficiale, entrambi si erano sforzati di passare
più tempo con i loro compagni di classe ed essere
più socievoli. Entro i loro limiti, chiaramente).
Togami
annuì, trattenendo a stento un ghigno soddisfatto. Proprio
la risposta che mi aspettavo.
“Potremmo
cenare qui in camera mia allora” disse, stiracchiandosi.
“Ti spiacerebbe andare a prendere la nostra cena in
cucina?”
Touko
inarcò un sopracciglio: “Da come lo dici sembra
che tu abbia organizzato tutto in precedenza…”.
“Ho
solo avvisato Hanamura via cellulare qualche ora fa, prevedendo che
saremmo rimasti in camera come sempre. Niente di eclatante”
mentì lui spudoratamente. “Ora vai, io intanto
faccio spazio sul tavolo. E di’ a quell’animale di
tenere le sue zampacce lontane da te se vuole essere pagato.”
“Hm,
va bene” rispose lei, sorridendo per quell’ultima
frase. Togami sapeva essere adorabilmente geloso, quando voleva.
Appena
la Scrittrice si chiuse la porta alle spalle, il ragazzo si
alzò di scatto.
Bene.
Ho pochissimo tempo.
Sistemò
libri e quaderni alla bell’e meglio, abbassò le
luci e si spogliò del tutto. Dopo diverse settimane di
riflessione (e provocazioni da parte della quota maschile della 78),
Byakuya era giunto alla conclusione che era ora di portare la sua
relazione con Touko ad un livello… superiore. O fare
homerun,
come più volte l’avevano beceramente definito
Kuwata e altri elementi non esattamente brillanti della sua classe.
State
per fare sesso come conigli, e dillo!
Non
tu di nuovo. Sparisci!
Le
visite del suo fastidioso omino del cervello erano ormai sporadiche, ma
quando appariva lo faceva sempre nei momenti meno opportuni.
Delizioso
come ti ricordavo, Byakky.
Decise
di ignorarlo nella speranza lo lasciasse in pace, e tornò ai
suoi preparativi. Una volta completamente nudo si stese sul suo letto,
solo il lenzuolo a coprire le parti più scabrose.
Va
bene voler essere diretti, ma sempre con classe.
Anche
i preservativi erano al loro posto. Annuì, fiero del suo
operato. Dopo le rocambolesche settimane in cui aveva cercato in ogni
modo di farsi perdonare da Touko sentiva di aver fatto un enorme passo
avanti nella sua carriera di… chiamiamolo seduttore. Byakuya
si sentiva decisamente più sicuro di sé e del suo
modo di fare: ormai gli sguardi tristi della ragazza erano solo un
ricordo, così come i momenti in cui riusciva a farla
arrabbiare o offenderla senza volerlo (in realtà
c’erano ancora, ma rari. Asahina e le altre ragazze gli
lanciavano sempre meno sguardi di disapprovazione, e ne aveva dedotto
di star migliorando anche su quel fronte), quindi non aveva alcun
dubbio sulla riuscita del suo piano.
Sedurre
Touko sarebbe stato un gioco da ragazzi.
Ti
sbava dietro da anni, sai che roba.
Non
rispose alla provocazione, preferendo mettersi in una posa che
valorizzasse il suo fisico statuario (a detta sua, quantomeno). Il
fatto che quella fosse la sua prima relazione e, soprattutto, che
quella sarebbe stata la sua prima volta in assoluto, sembrava non
metterlo assolutamente in ansia. Byakuya
Togami non gioca in borsa se non è sicuro di vincere sorrise
tra sé e sé. Certo, aveva solo una vaga idea
(derivata da basiche conoscenze di biologia, discorsi prettamente
maschili e ricerche su internet) di dove mettere le mani… ma
era sicuro sarebbe andato tutto a gonfie vele. Se persino un gorilla
come Oowada riusciva a farlo, figurarsi se un Super Erede come lui non
ne sarebbe stato capace!
“Rieccomi!
Certo che di roba ne hai chiesta ad Hanamu… hey,
perché hai abbassato la luce? Non vedo quasi
nulla.”
“Volevo
farti una sorpresa” rispose lui con voce suadente.
“Chiudi la porta e raggiungimi.”
Touko
fece quanto detto e fece appena in tempo a posare il vassoio sul tavolo
prima di accorgersi del suo ragazzo steso sul letto. Nudo.
“B-B-Byakuya-kun…
sei… sei nudo…” balbettò lei.
“Assolutamente
sì.”
“E…
hai solo un lenzuolo a coprirti…”
“Come
puoi ben vedere.”
“E…
sta su da solo…”
“Esatt-
aspetta, cosa?”
Fammi
capire, non ti eri accorto di avere l’alzabandiera? Ma sei
vero?
Touko
scoppiò a ridere, e Byakuya si sentì avvampare.
“Sai
deridermi non è particolarmente afrodisiaco”
borbottò, “e poi non dovrebbe farti piacere
vedermi… beh, in
forma?!”
“Scusa…
scusa è che” balbettò a fatica lei,
“n-non me l’aspettavo, tutto qui! Soprattutto
quel… quel lenzuolo teso,
sembra tu abbia una mini tenda da circo tra le gambe,
ahahahah!”
“Io
cerco di sedurti per passare la prima notte romantica della nostra
relazione e tu mi prendi in giro, fantastico. No davvero,
stupendo.”
“D-dai
non essere così permaloso…”
“Ho
tutte le ragioni di esserlo, almeno stavolta” rispose secco,
incrociando le braccia e sbuffando. La risatina del suo omino del
cervello non contribuì a migliorare l’umore.
“Quindi…
volevi sedurmi?” chiese Touko a bassa voce. Lui non si
voltò a guardarla ma annuì: “Era la mia
idea, ma a quanto pare non è stata delle migliori.”
“Oh,
non dire così… sono sicura che possiamo
rimediare” miagolò lei, un tono di voce che mai
le
aveva sentito e che subito rinvigorì quella parte di lui che
si era abbattuta.
Sentì il materasso abbassarsi leggermente e le labbra della
ragazza sfiorargli una guancia. “Sai non sono sicuro che un
bacio sulla guancia possa cambiare le…
cose…”
Quando
si voltò a guardarla, notò un paio di cose. Un
paio di cose che in genere erano coperte dalla divisa scolastica di
Touko (sparita in due secondi), e che decisamente non le rendeva giustizia. Non era Asahina, ma non c’era nemmeno di che
lamentarsi. Notò anche come, con i capelli sciolti, senza
occhiali e con quello sguardo da gatta, la Scrittrice sembrava saperla
molto più lunga di lui.
“Allora
non vuoi proprio perdonarmi?” chiese la Scrittrice, e lui
fece fatica a mettere insieme una frase sensata: “D-diciamo
che se ne può parlare.”
“Bene.”
Tempo
zero e si ritrovò steso sul letto sotto di lei.
Le
sue doti da seduttore andavano affinate, ma tutto sommato si disse
soddisfatto del risultato.
E
di quello dopo.
*
“Per
la miseria, Junko… basta, ti prego… sono a
pezzi…”.
“Come
sei a pezzi? Ma è solo la settima volta consecutiva che lo
facciamo!”.
“Appunto!
Ti sembrano poche?”.
“Avanti
Mondo, non ti facevo così pappamolle”.
“Non
è questione di essere pappamolle, è
che… mi fa male, dannazione…”.
“Ti
fa male? Questo adorabile cosino di venticinque centimetri?”.
“Ahio!
E tieni le mani a posto, ti ho appena detto che mi fa male!”.
“Ma
che uomo sei? Dov’è finito il tuo vigore
animalesco da bestia del sesso?”.
“Me
l’hai succhiato tipo vampiro col sangue, ecco
dov’è finito. E al contrario del tuo appetito la
mia resistenza non è infinita”.
“Chiamami
18, umano. E comunque non è stata l’unica cosa che
ti ho succhiato”.
“...dopo
la citazione a Dragon Ball basta, per oggi ho dato”.
“Ehi!
Che stai facendo?”.
“Mi
rivesto. Non si vede?”.
“Eeeeeeeeeeeeeeeeh?
Ti rivesti?”.
“Junko,
sarò chiaro: a me piace fare sesso con te, lo sai. Ho
dimostrato di apprezzarlo in lungo e in largo…”.
“Oh
sì, lo hai fatto eccome. Lo sai vero che ormai la mia amica
V ha preso la forma del…”.
“PER
FAVORE LE FRASI DA HENTAI NO. E lasciami finire. Dicevo, mi
piace… ma dopo un po’ anch’io finisco la
benzina. E come ogni buona moto, col serbatoio vuoto non si va da
nessuna parte”.
“Non
ti facevo così poco capiente”.
“È
che tu sei un’idrovora e non mi concedi neanche il tempo per
rifiatare. Sicura di non avercela dentata?”.
“La
risposta la dovresti conoscere da solo, ragazzone. L’hai
esplorata come neanche Indiana Jones nel tempio maledetto”.
“Ehm,
sì… in effetti…”.
“No,
comunque mi stai tirando un colpo basso. Io ne ho ancora voglia,
ueeeeeeeeeeeeeeeeeeh!”.
“Ti
prego, almeno secondo l’anagrafe non hai più sei
anni. La frigna da bimbetta offesa no, ti scongiuro”.
“E
allora vieni qui e soddisfami, stallone sgonfio”.
“Quando
il mio uccello avrà smesso di raggrinzirsi per colpa tua.
Chiedo solo una tregua… di qualche ora, ecco. Non di
più”.
“Ma
qualche ora è un sacco di tempo! Io che faccio nel
frattempo? Mi annoio?”.
“Conta
il pulviscolo, che ne so. Trovati un passatempo”.
“No
no no no no no! Non te lo permetto!”.
“Non
ti ho chiesto il permesso, difatti. Me lo prendo e basta. Davvero
Junko, cerca di capirmi: se lo sottoponi ad altro sforzo, ora come ora,
rischi di farmelo andare in cancrena per sempre”.
“E
porca puttana, non sono mica una vedova nera!”.
“Potresti
tingerti i capelli allora. Bene, non sono più nudo come un
verme e questo significa che posso andare a farmi una passeggiata. Ti
prometto che non appena ne sarò in grado tornerò
subito da te”.
“Grunf.
Questa cosa mi indispettisce molto, Mondo”.
“Pazienza.
Vorrà dire che mi sdebiterò in qualche altro
modo”.
“...”.
“A
più tardi, Junko”.
“...”.
SBRAM
SDENG KATABOOM.
“Eh
uh cosa dove chi perché?”.
“Ho
cambiato idea. Tu non vai da nessuna parte”.
“Mollami
la collottola! Mollami!”.
“No.
Se ti mollo sarà solo per gettarti sul letto”.
“Junko,
per l’amor del cielo! Siamo in mezzo al corridoio, facciamo
una figura di merda epocale!”.
“Capirai,
come se non lo sapessero anche le tazze dei cessi che io e te scopiamo
in allegria. Ti dice niente la festa di qualche mese fa?”.
“...point,
set, match”.
“E
adesso noi due ce ne torniamo in camera”.
“Aiuto!
Qualcuno mi salvi da questa valchiria troppo arrapata!”. |
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