I calici dell'imperatore

di Avion946
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


I calici dell'imperatore capitolo 1 secondo

NB: nel corso del racconto si farà accenno a fatti che meriterebbero certo una trattazione più completa e adeguata ma in questo caso ci si è limitati a descriverne solo alcuni che hanno direttamente a che fare con la storia raccontata mentre per gli altri, che pure rappresentano uno schema cronologico di riferimento, quasi l'ossatura che lega assieme i fatti narrati, ci si è limitati ad una descrizione superficiale.                                                            

 

                                                                           I calici dell'imperatore

                                                                                     Capitolo 1^

Tobias Mayer, nacque in Austria nel 1898 a Weidling, all'epoca solo alcune case sparse nella campagna, nella zona chiamata Klosterneuburg, a circa 20 chilometri a nordovest da Vienna, a ridosso della riva occidentale del Danubio. Di famiglia contadina, terzo di quattro figli, mal sopportava la sua modesta condizione. La vicinanza con Vienna ed i racconti circa la vita che si conduceva in città, lo portavano a desiderare una esistenza diversa, con migliori occasioni e con tante speranze. I due fratelli maschi, Frank, il più grande e Hans, di un anno più grande di lui, invece, sembravano aver ereditato dal padre l'attaccamento alla terra e all'agricoltura. La sorella Julia, la più piccola, anche lei parlava sempre di sposare un bravo giovane e di mettere su una bella famiglia, come la loro. Allo scoppio della prima guerra mondiale, in parte per fuggire alla sua condizione, in parte infiammato dalla intensa propaganda che parlava di onore, gloria e vittoria, mentendo circa la sua vera età, nel luglio del 1914, Tobias si arruolò. In quel periodo l'esercito austro-ungarico combatteva su due fronti. Mentre una gran parte delle forze erano impegnate in Galizia per fronteggiare l'esercito russo, un altro contingente aveva iniziato l'invasione della Serbia il 12 agosto del 1914. Dopo un brevissimo periodo di addestramento, Tobias venne inviato assieme ai suoi commilitoni sul fronte serbo. L'esercito serbo, non certo in grado di competere con quello austro-ungarico, almeno sulla carta, oppose inaspettatamente una resistenza estrema, tanto da far vacillare le certezze dei generali austriaci. Fu così che Tobias, al fronte, prese contatto subito con la tremenda realtà che lo attendeva. Conobbe presto l'orrore dei combattimenti, della trincea, del campo di battaglia, con la crudeltà e la bestialità della battaglia all'ultimo sangue. Dovette imparare ad usare bene ed in fretta il suo fucile Mannlicher Gewehr M1895, un'arma calibro 8 mm, micidiale se opportunamente usata. Per sua fortuna strinse presto amicizia con i suoi commilitoni, in particolare con un ragazzo un po' più grande di lui, Lukas Heder che, da civile, si occupava con tutta la sua famiglia di viticultura nella zona di Stokerau, a nord del Danubio. Inoltre il suo plotone era affidato ad un anziano sottufficiale, il sergente Beker, robusto come una quercia e di poche parole che, però, sapeva il fatto suo e comandava gli uomini a lui affidati con severità ma anche con giustizia e con equità. Dopo una serie di tremendi scontri, gli Austriaci riuscirono finalmente a conquistare Belgrado non senza pagare un pesante tributo in vite umane. Nell'ultima fase della battaglia Tobias fu costretto a vivere, per la prima volta, la tremenda esperienza dell'assalto alla baionetta. Come tanti altri suoi compagni, si chiese fino all'ultimo se sarebbe stato capace di assalire con quel mezzo un altro essere umano. Un conto era sparargli a distanza, esperienza di per sè già abbastanza terribile, un conto era infilzare un nemico faccia a faccia con la tremenda alternativa dell'essere infilzato a propria volta. Alla fine, nel momento della verità, dalla paura e dalla rabbia scaturì una ferocia che trasformò tutti gli uomini in mostri sanguinari, dediti solo a uccidersi nei modi più spietati e selvaggi, a volte infierendo sulle vittime, senza più controllo. Durante quel macello Tobias si trovò a combattere letteralmente per la sua vita a fianco del sergente Becker. Ognuno badava a sè e all'altro. Quando Tobias, appena scartato un colpo di baionetta da parte di un avversario, finì sulla traiettoria della lama vibrata da un gigante dall'aspetto spietato, capì che per lui era finita. Non c'era più nulla da fare ed egli sentì già la lama che gli entrava nel petto quando, invece, si sentì spingere violentemente da una parte e udì un grido tremendo vicino a lui. Il sergente era intervenuto appena in tempo per salvargli la vita e il gigante era a terra in un lago di sangue. Non ci fu tempo per ringraziare o altro perchè la battaglia non dava tregua. Tra le urla bestiali dei combattenti o dei feriti, Tobias trovò più volte il modo di rendere al sergente il favore ma alla fine, persero tutti il conto e la misura di quello che stava accadendo. E poi, d'improvviso, calò il silenzio. Tutto era finito. Al termine del terribile scontro, vinto dagli Austriaci, gli uomini superstiti, sfiniti, restarono per un lungo tempo a guardare il campo di battaglia quasi increduli di essere stati loro a generare quella carneficina, alcuni rifiutando quello che era stato e, la maggioranza, accettando con fatalismo quello che  erano diventati, sapendo che da quel giorno avrebbero dovuto convivere con il ricordo di quel momento. Restarono là a contemplare in silenzio quel massacro, con la mente vuota, per cercare di recuperare in qualche modo un briciolo di umanità senza rischiare la follia. Furono richiamati alla realtà dalle urla di un ufficiale e del sergente che, conoscendo il fenomeno, li obbligarono a pensare ad altro assegnando loro dei compiti faticosi, impegnativi e ingrati. E' un fatto che, dopo quel giorno, comunque, non potevano più essere le stesse persone che avevano lasciato le loro case all'inizio della guerra. Non sapevano che in seguito ne avrebbero viste ben altre. La città di Belgrado venne pesantemente devastata dalla battaglia. Tobias ed i suoi compagni alla fine dei combattimenti, trovarono riparo fra le rovine di una vasta villa nei quartieri a sud della città. Per rifugiarsi con maggior sicurezza, scesero nelle cantine rimaste intatte dopo i bombardamenti. Lì trovarono un vero tesoro di bottiglie di vino, lasciate certamente dai proprietari fuggiti davanti alla guerra. Ordinate nei loro ripiani, c'erano migliaia di bottiglie di vino divise per annate, per tipo, per gradazione e colore. Dopo un periodo in cui gli uomini rimasero in religioso silenzio, colpiti da quell'immagine così particolare, e non riuscendo quasi a credere ai loro occhi, rompendo gli indugi corsero a prendere ciò che gli capitava sottomano e a bere di tutto, ringraziando la fortuna che li aveva portati in quel posto incredibile. Era come se dopo le terribili esperienze della battaglia, qualcuno li avesse voluti ricompensare con quel ritrovamento straordinario. Ridevano, urlavano e tracannavano di tutto, spesso rompendo semplicemente il collo delle bottiglie per risparmiare tempo. L'ufficiale che era con loro non ebbe il coraggio di fermarli e li lasciò fare, seppure mantenendo le distanze. Tobias fece per seguire il gruppo e buttarsi nella mischia, quando si sentì invece trattenere per la giacca. Voltatosi di scatto si accorse che era stato il suo amico Lukas, con una strana luce negli occhi che lo aveva trattenuto in modo così brusco. "Lasciami, che fai?" - gli chiese scrollando il braccio nel tentativo di liberarsi. "Sta fermo - gli disse invece l'altro - fidati di me, abbiamo la possibilità di fare una cosa che forse non potremo fare mai più. Non permettiamo alla guerra di rovinarci questo momento". Tobias, molto tentato di unirsi agli altri, con la paura infondata che si scolassero tutte le bottiglie senza di lui, notando lo strano sguardo negli occhi del suo amico, decise di fidarsi. Lukas  guidò il suo compagno, a fare una sorta di giro fra gli scaffali ignorando un intero reparto di bottiglie di champagne che, secondo il suo punto di vista, almeno lì dentro, erano ciò che valeva di meno. Prese un vecchio cesto  che trovò a terra e iniziò a prelevare delle bottiglie particolari via via che le trovava negli scaffali, dicendo che gli avrebbe fatto assaggiare qualcosa di speciale.  Quando ne recuperate una decina, si sedettero su due casse in fondo alla cantina, dove c'era un pò più di tranquillità. Usarono una terza cassa come tavolino. Lukas aprì con attenzione la prima bottiglia e ne versò nel gavettino di Tobias che cominciava ad essere un poco impaziente, una generosa dose. "Ecco, ora bevi questo e dimmi cosa ne pensi, dimmi se non valeva la pena di aspettare". L'altro bevve a lunghi sorsi quel liquido rosso che gli scese con grande facilità in gola. Il sapore lo sorprese, effettivamente. Dapprima piacevolmente dolce e poi speziato con sentore di frutta e fiori, tutto in successione e solo infine si avvertiva che era anche piuttosto forte. Un ottimo vino rosso. "Allora, che ne dici?"."Eccezionale, dammene ancora!"."Eh no, ubriacone! Hai appena assaggiato un vino serbo leggendario, il Tamianka rosso. Ora bevi quello bianco e dimmi cosa ne pensi." E prese a stappare un'altra bottiglia di quelle selezionate mentre Tobias porgeva impaziente il suo gavettino. Anche questo, riempito, fu presto vuotato, lasciando di nuovo una miriade di sensazioni sul palato del ragazzo. E poi un altro assaggio, e poi un altro ancora. Incredibile. Provò il Prokovac, un rosso chiaro eccezionale, l'incredibile Smoderewka, dal particolare colore verde giallo, dal sapore soave, il formidabile Kadarka, bianco aromatico, forse fra tutti il migliore. Lukas gli fece assaggiare con competenza tutti i migliori vini della Serbia presenti in quella cantina. Accompagnarono gli assaggi con del pane, forse un poco raffermo e le fette di una salama che avevano trovato appesa su un lato della cantina accanto ad altri salumi. Alla fine Tobias ebbe, almeno per un po', la sensazione di trovarsi con il suo amico in qualche cantina del suo villaggio, mentre beveva del vino e parlava del più e del meno. Non sentiva più i rumori della guerra, gli schiamazzi dei suoi commilitoni, ormai quasi tutti piuttosto ubriachi, dimenticò la sua uniforme strappata e sporca di fango e del sangue di chissà chi, e cercò di far durare quella sensazione il più a lungo possibile. Immaginò quella villa come doveva essere stata in tempo di pace, provò a pensare ai proprietari, a una festa per la quale scegliere  le bottiglie che aveva preso Lukas. Fu proprio il suo amico che lo richiamò alla realtà. "Hai assaggiato i migliori vini prodotti in Serbia e ti assicuro che erano anche di ottimi produttori. Un vino come questo deve essere rispettato, non bevuto come hanno fatto loro" - e indicò col pollice i loro commilitoni che ancora stavano scolandosi tutto quello che gli capitava sottomano - "Questo, è il risultato del lavoro attento e faticoso di persone che hanno dedicato pazienza, energia e cura, spesso per anni. Per raggiungere questi risultati e questi livelli ci sono voluti esperienza e impegno. Io lo so bene perchè mio padre e mio nonno prima di lui ci hanno dedicato tutta la vita a selezionare vitigni, a tentare nuovi innesti, a cercare sempre una qualità superiore"."Lukas, hai ragione e ti ringrazio per questa esperienza fantastica, ma noi facciamo una vita assurda ed terribile e sai bene che nessuno di noi è sicuro di arrivare vivo al giorno seguente. Quanti compagni abbiamo visto morire. Li puoi biasimare se hanno cercato di scordare almeno per un po' dove si trovano e cosa stanno facendo? Qualsiasi cosa per dimenticare questa tragedia che stiamo vivendo". L'episodio della cantina fu presto dimenticato perchè l'esercito serbo, non potendo accettare di aver lasciato la città nelle mani del nemico, impegnò gli Austriaci in pesanti combattimenti e alla fine, il 15/12/1914, la città fu perduta. Una serie di aspri combattimenti riportò la situazione a quella prebellica. Era stato tutto inutile. Ma l'esercito austriaco aveva sofferto la perdita di 227.000 uomini e una ingente quantità di materiale bellico era finito nelle mani dei Serbi che da parte loro avevano perduto 170.000 soldati e in più circa 150.000 civili per una epidemia di febbre tifoide che era esplosa nel corso della guerra. Tobias però non aveva dimenticato l'esperienza della cantina e aveva capito che il suo compagno era veramente competente. Di norma l'agricoltura non lo aveva mai affascinato ma quell'esperienza lo aveva molto interessato. Aveva cominciato a interrogare Lukas circa i processi, le tecniche ed i metodi. Lukas era un po' sorpreso dell'ignoranza del suo compagno in merito a quella questione, specialmente visto che la tradizione vinicola era proprio della sua zona d'origine e tenendo presente che la prima scuola di enologia era stata fondata proprio a Klosterneuburg nel 1860. Quello era diventato l'argomento di conversazione preferito per loro. Nelle pause dei tremendi combattimenti, cercando di pensare a qualcosa di bello e di diverso e alle cose della casa lontana. Lukas illustrò a Tobias tutti i segreti della coltivazione della vite, gli raccontò della storia dei diversi vitigni, delle loro caratteristiche, dei metodi di vinificazione per ogni diverso vino. Gli parlava del vitigno Gruner Veltriner che dava un vino giovane, bianco, dal sapore speziato che si beveva non invecchiato. Gli parlava del Riesling Sylvaner, chiamato anche Muller Turgau, che dava un vino fresco, con leggero gusto di noce moscata, che si beve l'estate. E poi, i rossi. Il Blaufrankish, forte e asciutto o del Beerenauslese, dolce e saporito. Durante quelle interminabili conversazioni, progettarono di mettersi in società alla fine della guerra e di produrre in breve tempo il miglior vino di tutta l'Austria. I compagni, a forza di sentirli parlare sempre dello stesso argomento, li avevano soprannominati 'i gemelli del vino'. Una volta, durante una pausa nei combattimenti, Lukas disse che il loro vino sarebbe stato talmente buono da meritare di essere bevuto nei 'calici dell'imperatore'. Tobias non capì subito di cosa stesse parlando il suo commilitone. Pensò che il loro vino sarebbe stato degno della mensa dell'imperatore Francesco Giuseppe. Solo in un secondo momento apprese che il suo amico si riferiva invece ad una antichissima leggenda che si raccontava nel suo paese. Lukas gliela accennò per sommi capi ma alla fine fu un loro commilitone, che chiamavano il 'professore', che raccontò, con dovizia di particolari, tutta la storia o, almeno, la parte che se ne conosceva. Il 'professore', nella vita civile, era effettivamente un insegnante di storia e filosofia al ginnasio. Era uno spilungone goffo e impacciato, con un paio di occhiali con lenti molto spesse, aveva 41 anni e l'andamento della guerra lo aveva strappato alla sua casa, alla sua famiglia e al suo lavoro. Forse per questo era sempre triste e silenzioso. Solo quando aveva occasione di parlare con qualcuno della sua materia, si riprendeva e quasi si entusiasmava nell'esporre i fatti, come se, invece di trovarsi in una trincea in mezzo al fango e con uomini come lui, infreddoliti e spesso malnutriti, si fosse trovato ancora nella sua aula davanti a i suoi studenti. D'altronde anche i suoi commilitoni, nella trincea che si trovavano a condividere, gradivano spesso ascoltare delle storie che potevano far galoppare la loro fantasia ben lontano dai luoghi nei quali si trovavano, illudendoli di essere, almeno per pochi momenti, ben lontani da lì. Molti di loro erano nelle stesse condizioni del 'professore'. Un'età non proprio adatta a fare il soldato, chi troppo giovane e chi troppo maturo, vestendo la divisa ma con la mente ancora troppo ancorata alla vita civile che avevano dovuto lasciare a causa del non buon andamento degli eventi bellici. Così una sera, approfittando del fatto che i cannoni tacevano dopo un bombardamento intenso, che era durato tutto il giorno, si trovarono attorno ad un modesto focherello sul fondo di una trincea il Professore, Tobias, Lukas e pochi altri. Il professore, consumata assieme altri la scarsa cena, seduto su una cassa vuota di munizioni, con la punta della baionetta tracciava dei segni sul pavimento della trincea mentre gli altri stavano molto attenti ad ascoltarlo. "La prima cosa che vorrei dire è che i calici dell'imperatore esistono o almeno sono esistiti veramente. Anche se ora in realtà nessuno sa che fine abbiano fatto, almeno fino al 390 d.C.  ci sono chiare testimonianze circa la loro esistenza e la loro collocazione. L'altra cosa importante è che, malgrado la loro storia sia legata essenzialmente all'Impero Romano,  essi sono stati realizzati proprio in Austria, in un posto vicino a Vienna. Ma ora veniamo ai fatti. Verso la fine del II^ secolo d.C, l'Impero Romano, per garantire le sue frontiere settentrionali, aveva conquistato tutto il territorio a sud del Danubio. Tutta questa zona - e indicava il disegno che andava via via tracciando al suolo e che avrebbe dovuto corrispondere grossomodo alla forma dell'Austria - venne divisa essenzialmente in tre aree chiamate Raetia a ovest, l'odierna Baviera, una centrale, chiamata Noricum ed una orientale, più piccola, chiamata Pannonia. Al centro della Raetia sorgeva un grande accampamento fortificato romano chiamato Castra Regina che oggi corrisponde alla città di Ratisbona. Nel Noricum c'erano due principali insediamenti romani chiamati Lauricum, l'odierna Enns, che si trovava a nord e nel centro, Iuvavum, l'odierna Salisburgo. In Pannonia, invece, c'erano, nella parte nord-orientale, due insediamenti, uno, il più importante, Carnuntum e l'altro, Vindobona, l'attuale Vienna, frequentato specialmente per la sua vicinanza alle terme romane di Baden, poste a circa 20 chilometri a sud. In realtà era Carnuntum il più importante centro della vita sociale in tutta la zona,  in parte per la vicinanza con le terme, le Romentherme Baden, frequentate dalle persone più in vista del posto e in parte per il ricco commercio che vi si svolgeva. In particolar modo la località si trovava proprio sulla maggiore via di passaggio dell'ambra che proveniva dai paesi del baltico. Per questo nella cittadella si trovarono a vivere delle importanti famiglie di amministratori dell'impero di alto grado e di ricchissimi commercianti. Nel 190 d.C., l'imperatore romano Commodo nominò governatore della Pannonia, Settimio Severo che, per svolgere il suo incarico, si trasferì appunto a Carnuntum con la sua bella moglie, una donna siriana, di nome Giulia Domna e i due figli Caracalla e Geta. Il 31/12/192 d.C. l'imperatore Commodo venne assassinato in seguito ad una congiura ordita dai senatori con la complicità della sua concubina Marcia. Essi elessero subito come successore il console Publio Elvio Pertinace che era anche prefetto della guardia pretoriana. Fu proprio quest'ultima, invece, delusa dal comportamento di Pertinace a ribellarsi ed ad ucciderlo dopo brevissimo tempo. Giunta la notizia di questo tragico evento a Carnuntum, le truppe fedeli a Settimio Severo lo elessero imperatore. Questi accettò, se non altro per cercare di riportare l'ordine nell'Impero. Le famiglie più in vista che egli aveva frequentato nel corso del suo mandato di governatore, vollero rendere omaggio al nuovo imperatore, con regali importanti. Una, in particolare quella di Oreste Albinio, che aveva costruito una fortuna sul commercio dell'ambra e che aveva sempre avuto ottimi rapporti col novello imperatore, presentò un dono costituito da un largo vassoio in oro 24 carati, come era l'oro degli antichi Romani, tutto cesellato con fantastiche incisioni e da due calici con la coppa in ambra finissima, con i bordi, gli steli e le ampie basi circolari, in oro tempestato di perle, smeraldi e rubini. Un dono bellissimo e veramente prezioso che Settimio Severo apprezzò moltissimo e dal quale non si separò mai". Il racconto del professore quella sera terminò bruscamente con le urla del sergente Beker che arrivò come un forsennato, disperdendo i tizzoni del fuoco a calci. Urlava, chiedendo se erano pazzi ad accendere un fuoco, indicando la loro posizione al nemico. Pensavano che non ne fossero morti abbastanza, di bravi ragazzi? Vergognosi, gli uomini si alzarono e si allontanarono ammettendo che il sergente aveva ragione. Ma il fatto era che quel racconto per un po' era servito a farli sentire altrove, al sicuro, magari all'osteria del loro paese. Così gli uomini che avevano ascoltato la storia del Professore, cercarono di dormire un poco, portando ancora nelle loro menti le immagini di ricche famiglie romane, calici di ambra, terme lussuose e intrighi di palazzo. Intanto il piano di Tobias e Lukas, continuava a svilupparsi e a prendere forma sempre più concreta. Arrivarono persino a disegnare le etichette che avrebbero applicato sulle bottiglie dei loro primi prodotti. Purtroppo il tempo trascorreva veloce mentre la guerra consumava migliaia e migliaia di vite. In quel periodo, con grande apprensione, egli ricevette una lettera del padre nella quale questi gli comunicava che anche i suoi due fratelli Frank e Hans erano stati arruolati ed ora, dopo un brevissimo addestramento erano stati mandati al fronte. Tobias si preoccupò moltissimo per questa notizia. Sapeva infatti che in battaglia i 'novellini' erano quelli che rischiavano di più a causa della loro scarsissima esperienza. Era molto dispiaciuto che ora, anche essi, sarebbero stati esposti alle atrocità della guerra e si augurò in cuor suo che almeno gli capitasse qualche superiore che  tenesse conto della loro scarsa esperienza evitando di esporre, nei limiti del possibile la loro unità a rischi estremi. Alla fine di giugno del 1916, la sua compagnia venne inserita nella 2^ armata del generale Fritz von Below e si trovarono a partecipare alla difesa della Somme. Gli alleati avevano deciso di sferrare in quella zona un attacco nel tentativo di alleggerire la pressione del nemico sulla città di Verdun. Così il primo luglio iniziò un bombardamento sistematico delle linee austriache che durò per nove giorni. Per fortuna di Tobias e del suo reparto, l'esercito austriaco, avuto sentore degli eventi, si era preparato per tempo approntando dei sicuri ricoveri dove attendere la fine dei bombardamenti. Alla fine di questi, la fanteria inglese andò all'attacco trovandosi davanti un nemico forte e determinato. Le linee, per quanto sconvolte da quella tempesta di fuoco, avevano tenuto e gli Austriaci, al primo sentore dell'attacco vero e proprio della fanteria britannica uscirono dai ripari. In particolare vennero immediatamente messe in posizione le micidiali mitragliatrici Schwarzlose mod 1907/12 da 8 mm che, con la loro potenza di fuoco, falciavano letteralmente il nemico che avanzava, secondo i tradizionali e antiquati schemi, a ranghi compatti. I nastri delle armi che contenevano 250 cartucce, venivano terminati in pochissimo tempo e i serventi dovevano sostituirli di continuo mentre le canne, seppure raffreddate ad acqua, diventavano talmente roventi, da costringere  gli addetti ad avvolgerle in stracci bagnati per aumentarne il raffreddamento. Tobias, che come gli altri, sparava con la sua arma, da un riparo, era contento di non essere un mitragliere per non dover effettuare quella strage e anche perchè , dopo un momento di naturale sbandamento, i Britannici cercarono in tutti i modi di mettere a tacere le mitragliatrici  con intense salve di mortaio, seppure con scarsi risultati. In una sola giornata di battaglia, gli alleati persero 20.000 uomini e altrettanti ne rimasero feriti. Gli attacchi successivi non andarono per loro molto meglio. Poi con l'avanzare dell'autunno e delle piogge, le azioni rallentarono perchè tutto era diventato un fangoso acquitrino e muoversi in quell'inferno, era estrtemamente faticoso. Alla fine di settembre, gli alleati, pur di ottenere un seppur minimo risultato, decisero di gettare nella battaglia i loro primi carri armati. Erano in tutto 40 unità, non collaudate adeguatamente, nè adeguatamente preparate meccanicamente. All'inizio, riuscirono a mettere i fuga le truppe tedesche, con il tiro micidiale delle loro mitragliatrici, invulnerabili al fuoco delle armi portatili. Poi, purtroppo, iniziarono a guastarsi o ad impantanarsi. Solo sei riuscirono a tornare indenni nelle loro linee. A metà di dicembre del 1916 arrivò la notizia della morte dell'imperatore Francesco Giuseppe. Fra gli uomini si sparse un clima di forte incertezza e qualcuno arrivò perfino a sperare che gli eventi potessero evolvere in fretta verso una condizione di pace. Chi sarebbe stato il successore e cosa sarebbe accaduto adesso? Effettivamente il successore, il pronipote Karl Franz d'Asburgo Lorena D'Este che assunse il nome di Carlo 1°, decisamente contrario per principio alla guerra, provò a saggiare il terreno per un tentativo di conciliazione ma le condizioni poste da lui stesso, impedirono di trovare un qualsivoglia accordo con i nemici e quindi la guerra continuò. L'imperatore comunque cercò di opporsi all'uso di armi estreme in battaglia quali ad esempio i gas, di qualsiasi genere fossero, e i lanciafiamme. Nel settembre del 1918 ormai Tobias ed il suo amico ne avevano viste e passate di tutti i colori. Inoltre non riceveva da un pezzo più notizie della famiglia, come d'altronde tutti gli altri, e non aveva idea di cosa fosse accaduto ai suoi due fratelli. Certamente, sia lui che il suo amico, non erano più quei due ragazzi spensierati, partiti 4 anni prima da casa. L'esercito austriaco era uscito dissanguato dai combattimenti. I feriti, data la carenza di uomini, venivano mandati nelle retrovie e poi, appena possibile, rattoppati alla meglio, venivano rispediti al fronte. Alcuni uomini non ce la facevano più e si erano veduti diversi casi di autolesionismo molti dei quali puniti perfino con la fucilazione. A volte, per i soldati, non era più chiaro chi fosse il vero nemico. Per fortuna di Tobias e dei sui colleghi, c'era sempre il sergente Beker che, pur con tutta la sua severità, riusciva sempre a trovare una via per alleggerire le situazioni, sia dal punto di vista bellico, sia limitando spesso delle iniziative degli ufficiali che a volte perdevano di vista la reale situazione. Poi a metà del mese, le truppe statunitensi, entrate in guerra al comando del generale John Pershing, inflissero agli austriaci una pesante sconfitta a Sant Mihiel. Ad ottobre un altro durissimo colpo venne inferto nell'offensiva della Mosa-Argonne dalle truppe franco-statunitensi. Alla fine del mese le truppe riunite dei Britannici, Francesi e Belgi attaccarono il fronte di Ypres sfondando la linea di difesa Hindemburg, costringendo il nemico ad una frettolosa e disastrosa ritirata. L'unità di Tobias, forse perchè era una delle poche formate da veterani esperti, rimase efficiente e in grado di combattere. Fu utilizzata senza pietà e senza risparmio per tentare di arginare l'avanzata inevitabile degli avversari. Una sera, con il morale a pezzi, Tobias, desideroso di sentire qualcosa di diverso e che non riguardasse la situazione terribile e drammatica che stavano vivendo, chiese ad un esausto 'professore', pesantemente invecchiato, che ne era stato di quei famosi 'calici dell'imperatore'. Il 'professore' sembrò riprendere vita. Si aggiustò meglio sul naso i suoi occhiali rotti in due punti e tenuti assieme alla meglio da mezzi di fortuna. Gli uomini attorno a lui si accostarono e si fecero attenti alle sue parole. Qualsiasi cosa per lasciarsi trasportare via, almeno per un pò, da quell'inferno. Dopo qualche istante, forse per raccogliere le idee, forse per porsi mentalmente lontano da quel massacro che stavano vivendo, il Professore iniziò a raccontare: "Quando Settimio Severo ebbe opportunamente organizzato le cose in Pannonia, decise di tornare a Roma, per prima cosa per vendicare la morte di Pertinace e anche per perfezionare e rendere più sicura la sua nomina ad imperatore. La sera prima della partenza, nel dicembre del 193, organizzò un grande ricevimento per salutare tutte le famiglie amiche, durante la quale usò per il brindisi finale i calici che gli erano stati regalati". "E poi cosa successe?" - chiese uno degli uomini, quasi preoccupato che il racconto fosse già terminato. "Successe che il nuovo imperatore, con tutto il suo bagaglio, compresi i famosi calici, partì alla volta di Roma senza perdere tempo e fece bene perchè il senato aveva già deciso di opporgli uno di loro, Didio Giuliano. Come se non bastasse, le legioni della Siria avevano proclamato imperatore un loro generale, Pescennio Nigro e invece quelle della Britannia avevano eletto Clodio Albino. Settimio Severo, giunto a Roma, per prima cosa consolidò la sua posizione, togliendo autorità al senato e poi si apprestò a combattere contro gli altri pretendenti". "Ma c'è stato mai un momento in cui gli uomini non si siano combattuti fra loro?" - chiese con voce disperata uno degli ascoltatori di età più avanzata, di certo esausto per la vita che stavano conducendo e per le pesanti conclusioni a cui era arrivato forse prima dei commilitoni più giovani. "Beh, - riprese il 'professore' - effettivamente la guerra durò dal 194 al 197. Alla fine però Settimio Severo aveva riunito l'impero. Aveva anche consolidato il suo potere condannando a morte 29 senatori a lui ostili. Da quel momento, grazie ad alcune iniziative opportune, quali quella di concedere particolari favori all'esercito, oppure togliere autorità al senato, il suo regno proseguì abbastanza tranquillo per diversi anni. Nel 203, in corrispondenza del decennale del suo regno, volle tornare con tutta la famiglia nella sua città di origine, Leptis Magna nella zona della Tripolitania, a circa 130 Km a ovest di Tripoli. Oggi è solo un paese di pescatori ma all'epoca era una fiorente città che, sotto il controllo dei Romani, aveva raggiunto un notevole livello di sviluppo. In realtà il viaggio dell'Imperatore non fu proprio un viaggio di piacere o legato alla nostalgia dei luoghi della sua infanzia. Gli erano giunte infatti delle preoccupanti notizie relative alla scarsa affidabilità delle autorità locali, quindi aveva voluto controllare di persona quale era la situazione politica e militare del luogo. Preso atto con una certa preoccupazione, che effettivamente le voci erano fondate e che era intervenuto appena in tempo, effettuò molti cambiamenti nell'amministrazione della città e colse l'occasione per affidare le cariche più importanti a membri della sua famiglia o di quella della moglie. La città comunque tributò all'imperatore ed al suo seguito grandi onori. Venne perfino eretto in suo onore un arco di trionfo, rivestito in marmo travertino, con quattro alte colonne che sostenevano un ampio soffitto a volta. Il monumento è ancora presente, quasi intatto. Sulle superfici delle colonne appaiono dei pannelli scolpiti che raffigurano le virtù e le imprese di Settimio Severo. Però il pannello più importante, per quello che riguarda i calici, è situato sul lato interno di una delle colonne. Infatti c'è raffigurata tutta la famiglia dell'imperatore. I due genitori, Settimio Severo e la moglie Giulia Domna, tengono ognuno per mano uno dei due figli, Caracalla e Geta, e con l'altra mano tengono alto un calice per brindare. Certamente sono i due famosi calici". "E poi che accadde all'Imperatore?"- chiese un altro degli uomini. "Beh, tornò a Roma e lì, governando con saggezza e accortezza, andò avanti per parecchi anni. Furono anni discreti per l'Impero. Purtroppo così non si può dire per i Cristiani che sotto il suo governo furono perseguitati. Non che l'Imperatore avesse dato ordine di farlo ma semplicemente non lo proibì. La conseguenza fu che, per motivi politici ed economici, molti furono uccisi". "Almeno lui riuscì a morire nel suo letto?" - chiese un altro soldato. "Purtroppo no. Anche se nell'Impero le cose andavano abbastanza bene, per ciò che riguardava la politica interna, ai confini la situazione era sempre critica per l'atteggiamento delle tribù locali che mal sopportavano il controllo dei Romani. Così nel 211 Settimio Severo, partì per una campagna di repressione contro le tribù britanniche che avevano creato alle truppe di confine non pochi fastidi. Purtroppo, però durante il viaggio si ammalò e, giunto a Eburakum, l'attuale York, morì. Le sue ceneri vennero riportate a Roma e sepolte nella tomba degli Antonini. Per non creare particolari conflitti fra i suo figli, l'Imperatore aveva lasciato scritto che essi avrebbero regnato insieme. Naturalmente Caracalla, primogenito, non accettò di buon grado di dividere il trono con il fratello Geta. Cosicchè dopo pochissimo tempo dalla nomina, lo fece uccidere. La loro madre, Giulia Domna, condannò il gesto del figlio e prese le distanze da lui, negandogli la maggior parte del tesoro personale del marito. Caracalla proseguì con una spietata politica di repressione nei confronti di tutti coloro che erano sospettati di aver parteggiato per Geta. Toccò in questa repressione dei livelli di ferocia così estremi che la madre, considerato il rischio di una rivolta, si schierò apertamente dalla sua parte e riuscì, con la sua abilità, a ricondurre il figlio ad una condotta più accettabile. Per dimostrargli la sua benevolenza, Giulia Domna donò al figlio gran parte dei tesori del marito che essa aveva trattenuto per sè. Naturalmente nella cessione erano compresi i due famosi calici. Caracalla per gratitudine, ma anche per calcolo, conoscendo la sua abilità dimostrata in anni di discreta collaborazione con il marito, le affidò la direzione della cancelleria imperiale con l'impegno, sempre onorato, di controfirmare senza commenti tutto ciò che essa avesse deciso. Fu una saggia decisione perchè lei fu in grado di appianare quasi sempre i guasti provocati dall'ombroso carattere del figlio. Per sovvenzionare le sue grandiose iniziative, l'Imperatore gravò di tasse pesantissime sia le famiglie dei senatori che quelle più ricche dell'Impero". "Finalmente qualcuno che fa pagare le tasse ai ricchi!" - intervenne uno dei soldati, suscitando un coro di risate da parte dei compagni. Il 'professore' attese pazientemente che il clamore si calmasse, come si trovasse nella sua classe, dopo uno scherzo di uno dei suoi alunni. "Si, hai ragione - riprese - ma non fu davvero una felice iniziativa. Anche se non è giusto, la storia insegna che non bisogna mai inimicarsi i potenti. Da quel momento il senato attese solo un passo falso di Caracalla. Ed egli ne fece parecchi. Per aumentare il gettito delle tasse, stabilì con la costituzione Antoniniana del 212, che tutti gli uomini liberi dell'Impero potessero essere ritenuti cittadini a tutti gli effetti, romani e barbari. Questo segnò per sempre la fine della supremazia romana e causò un tremendo astio da parte di coloro che nel passato per quella supremazia, avevano lottato, sofferto e a volte sacrificato tutto. Verso la fine del medesimo anno, con un imponente esercito, si recò in Rezia, allo scopo di 'punire' la tribù degli Alemanni. I risultati di questa campagna non furono mai chiari. L'Imperatore affermò di aver schiacciato i ribelli. Questi ultimi affermavano di avergli inflitto una sonora sconfitta. Sta di fatto che Caracalla, invece di tornare subito a Roma, decise di spostare la sua attenzione sui territori ad oriente, conquistando in diversi modi, nuove colonie. Dove poteva, sconfiggeva i nemici con le armi, altre volte con accordi, più spesso con l'inganno. Conquistò la Mesopotamia, l'Armenia, Antiochia". Gli uomini in ascolto si sentirono affascinati dal nome di quelle antiche lontane terre, anche se molti di loro non avevano la più pallida idea di dove fossero. "In Egitto, ad Alessandria, sentì circolare delle allusioni circa la possibilità di rapporti incestuosi con sua madre, Immediatamente ordinò che la città fosse messa al sacco dai suoi soldati e che tutti gli abitanti fossero passati per le armi. L'eccidio e il saccheggio durarono per tre giorni, prima che l'Imperatore si dichiarasse soddisfatto dalla punizione. Però, per estremo sfregio, fece alzare un muro che divise la città in due parti con il divieto assoluto, pena la morte, per chiunque, di comunicare. Poi, per svernare, nel 217, Caracalla tornò a Edessa in Mesopotamia. Ormai la misura era colma. Il senato trovò il suo sicario nella persona di un ufficiale della guardia imperiale, un certo Marziale, al quale l'Imperatore aveva ingiustamente rifiutato una meritata promozione. Nell'aprile del 217, durante una cerimonia religiosa, l'Imperatore fu assassinato. Marziale, purtroppo per lui, venne naturalmente ucciso a sua volta, prima che potesse in qualche modo, tradire i membri della congiura. Giulia Domna che si trovava in Antiochia, immediatamente informata degli eventi, non si riprese più dal dolore e semplicemente si lascò morire". "Professore - intervenne uno degli ascoltatori - ci hai parlato di guerra, di assassini, di morti, ma la storia che insegni è fatta solo di queste cose?". "Per la maggior parte, si - rispose questi, - Non possiamo negare però che sotto alcuni aspetti i conflitti sono stati determinanti nella storia degli uomini. Le guerre, alla fine, portano la pace, si stabiliscono nuove alleanze, territori cambiano nome. Perfino il progresso è stimolato dalle guerre"."Certo, per trovare il modo di ammazzare più gente, - affermò in tono amaro un soldato di una certa età"."Per ammazzare più nemici!" - lo corresse uno degli ultimi arrivati, ancora infiammato dalla propaganda che gli era stata somministrata prima di partire. L'anziano lo guardò con un'aria molto triste, evitando di rispondergli. Anche gli altri soldati veterani evitarono di entrare nel discorso. Sapevano bene che quell'atteggiamento, tutto improntato al culto dell'eroe e del coraggio ad ogni costo, avrebbe probabilmente portato il ragazzo solo ad una morte prematura. Ne avevano visti tanti come lui e tante volte avevano cercato di far loro capire che al fronte le cose erano molto diverse da come venivano presentate a casa. Con alcuni ce l'avevano fatta, con molti altri non c'erano riusciti o non avevano fatto a tempo ed ora quelli non c'erano più. D'altronde molti di loro c'erano passati e quindi sapevano di cosa si trattava. I nuovi arrivati venivano immediatamente attratti dai nastrini e dai riconoscimenti dei veterani, che osservavano quasi con invidia. Non sapevano che dietro ad ognuno di quei simboli c'erano stati dolori, sofferenze e tanti compagni morti. Non potevano immaginare che quegli uomini, avrebbero barattato volentieri tutte quelle medaglie con una giornata in pace a casa, vicino ai propri cari e magari dopo un bel pasto decente. Per quella sera, la compagnia si sciolse, e ciascuno si accomodò alla meglio, per cercare di dormire qualche ora in pace, prima di dover sferrare un nuovo attacco o di difendere, a duro prezzo, il territorio. Tutti avrebbero sperato di poter fare dei sogni sereni, che li sollevassero almeno per un pò da quella tremenda realtà che stavano vivendo, per alcuni di loro, forse da un po' troppo tempo. Qualche giorno dopo, il 23 ottobre, Tobias e Lukas, esausti nel fisico e nel morale, con i compagni nelle medesime condizioni, si trovarono sulla linea del Piave quando le truppe Italiane, utilizzando dei ponti di barche e sfidando delle avverse condizioni meteorologiche attaccarono le linee austriache, coperti da un intensissimo fuoco di mortaio che obbligava gli Austriaci a starsene rintanati nelle loro buche senza poter opporre una valida resistenza. Tutti gli uomini stavano premuti al terreno, ognuno pensando che avrebbe potuto, dovuto scavare più a fondo per ripararsi, rintanarsi il più possibile. Non c'era comunque nulla da fare. I colpi venivano dall'alto e cadevano continuamente provocando vittime e feriti. Una granata centrò la buca dove il 'professore' si era rifugiato assieme ad altri tre commilitoni. Si sentiva a tratti la voce del sergente Beker che urlava agli uomini di non muoversi, di stare fermi perchè le buche erano l'unica cosa che li potesse proteggere almeno dalle schegge. Ma non era facile, stare fermi immobili mentre quelle granate piovevano dal cielo. E infatti, alla fine, un gruppo di novellini non ce la fece più a resistere e, alzatisi in piedi, cominciò a correre, sperando di sottrarsi a quella tremenda situazione. Ma in realtà non c'era luogo dove correre, dove ripararsi. Il sergente uscì dalla sua buca e corse loro appresso. Riuscì ad afferrarne due e, urlandogli insulti e minacce, riuscì a buttarli in una buca poi tentò di saltarci dentro anche lui. Purtroppo una granata esplosa nelle immediate vicinanze, lo crivellò di schegge ed egli cadde nella buca come una bambola rotta. Poi gli Italiani vennero all'assalto. Purtroppo, fu proprio in quel momento che una delle ultime bombe di mortaio centrò in pieno il riparo in cui si era rifugiato Lukas . Tobias, che pure ne aveva passate tante, non resse a quell'ultimo trauma e rimase accanto ai resti del suo compagno, come istupidito per il dolore e per l'esplosione, insensibile ed estraneo a ciò che gli accadeva intorno. Questo probabilmente gli salvò la vita in quanto, i soldati italiani, arrivati sul posto, si accorsero immediatamente del suo stato e, forse anche loro stanchi di uccidere, si limitarono a farlo prigioniero, senza che egli se ne rendesse conto o che facesse capire che gli importava minimamente di cosa gli capitava attorno. I suoi compagni, scampati alla battaglia, si ritirarono disordinatamente verso le Alpi. Quello che accadde subito dopo sembrò non riguardare più Tobias. La spossatezza, i traumi emotivi subiti in battaglia, il morale a pezzi, sembrarono colpirlo tutti assieme, causandogli uno stato di apatia totale. Non reagì nemmeno quando gli comunicarono che la guerra era finita e stava per tornare a casa. Il suo compagno, quasi un fratello, era morto. Il loro progetto era finito.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2 i calici dell'imperatore

                                                                                      Capitolo 2^

Quando fu rimandato a casa, la famiglia lo accolse con gioia. Il fratello maggiore, Frank, era caduto nella battaglia per difendere Sant Mihiel e Hans era rimasto ferito, seppure non gravemente, ad una gamba e si era ripreso piuttosto bene. La sorella Julia aveva conosciuto il bravo ragazzo, di nome Mario Helsin, che era stato un commilitone del fratello Hans e lo aveva sposato appena possibile. Era anche lui un agricoltore della zona di Linz. Prima delle nozze aveva acquistato un discreto appezzamento di terreno confinante con quello del futuro suocero ed ora viveva con la famiglia, accolto come se fosse il figlio che avevano perduto. Tobias però sembrò non accorgersi quasi di essere tornato a casa. Sembrava non interessarsi di nulla, era come se con la mente fosse sempre altrove. Inoltre non riusciva a riadattarsi alla calma della campagna. Gli mancava il contatto con i compagni, quasi tutti morti in battaglia, la continua pressione degli eventi bellici, l'adrenalina che sul campo lo aveva tenuto in vita. Non parlava con nessuno e si limitava a fare lunghe passeggiate in compagnia dei suoi fantasmi. A casa i suoi familiari, che non sapevano come aiutarlo, dopo aver cercato di scuoterlo, di stimolarlo, ormai lo lasciavano in pace. Il padre, che all'inizio, aveva tentato di farlo reagire, con tutti i modi possibili, alla fine aveva rinunciato e si limitava a guardarlo, quando lo incontrava, scuotendo la testa rassegnato al fatto che ora aveva un figlio strambo, uno 'scemo di guerra', come venivano chiamati i reduci con le sue caratteristiche,  su cui non si poteva più fare conto. Una mattina Tobias venne condotto dai suoi passi distratti, verso il Danubio, in prossimità del castello di Greifenstein, e lì, senza sapere come, percorse il ponte omonimo che lo portò sulla riva nord del fiume. Ammesso che avesse fatto differenza per lui, non conosceva affatto la zona. Prese senza saperlo la strada che lo portava verso Stockerau. Poi improvvisamente, quasi che si fosse ripreso da un sogno, un brutto sogno, si fermò. Davanti a lui, un grande campo. Tutto il terreno, a vista d'occhio era coperto di ordinati filari di vite. Senza rendersene conto iniziò a camminare fra quelle piante. Osservava le foglie, i rami, i frutti ancora lontani dalla maturazione. Osservava le legature, i tralci, la disposizione dei filari. E all'improvviso si sentì come se fosse uscito da uno stato di catalessi. Gli tornarono in mente i fatti della guerra, l'assalto del nemico al Piave, la terrificante pioggia di granate, il suo amico falciato dalle schegge. La sensazione di dolore, di perdita, alla vista del corpo massacrato di Lukas senza vita. Poi confusamente, la cattura, la prigionia e la liberazione. Ma quest'ultima parte, confusa, come vissuta da un'altro. Sentì ancora però, nella sua mente, le parole di Lukas. Il loro sogno, il loro progetto. La loro via di fuga dagli orrori della guerra. E ora era tutto davanti a lui. Le cose di cui avevano parlato. Le caratteristiche che il suo compagno gli aveva descritto; era tutto lì. Poi, improvvisamente, si sentì chiamare in tono minaccioso e alquanto sgarbato da una dura voce maschile. Davanti a lui si materializzò uscendo dal verde, un uomo anziano, possente, massiccio. Era vestito con giacca e pantaloni di velluto, che avevano di certo visto decisamente tempi migliori, di colore verdastro, con un panciotto, sempre di velluto, abbottonato su una camicia chiara molto lisa ma pulita. Portava inoltre un paio di stivali militari malconci, evidentemente un residuato della guerra. Il viso squadrato, deciso, con due occhi piccoli ma molto vivi che lo osservavano senza perdere un solo particolare e movimento del ragazzo che gli stava davanti. Per nulla impressionato dal fucile che l'altro stringeva fra le mani in atteggiamento minaccioso, Tobias chiese che tipo di vitigno era stato usato in quella zona e perchè fosse stato potato in quel modo. Preso di sorpresa, l'altro abbassò il fucile e rispose che quello era il miglior vitigno Muller Thurgau della zona da quando era stato creato e selezionato alla fine del 1800. Cominciarono così a parlare, in quello strano colloquio durante il quale il ragazzo prese atto che non sapeva poi così tanto della viticultura e l'anziano, che l'altro era abbastanza competente, sufficientemente curioso e senz'altro molto motivato. L'uomo, il cui nome era Andreas Stainer, era proprietario di un discreto appezzamento, buona parte del quale coltivato a vigna. Considerato che molti dei suoi contadini non erano più tornati dalla guerra, aveva un disperato bisogno di mano d'opera ma, sospettoso per natura, non si fidava di nessuno. Decise però, quel giorno, di fidarsi di quel ragazzo. Ne nacque una felicissima collaborazione nel tempo, con Tobias che divenne estremamente esperto nel campo enologico e Andreas che vide la qualità del suo vino migliorare di anno in anno. In questa situazione, l'unico problema era rappresentato dai due figli del proprietario. Uno, il maggiore, di nome Daniel, faceva la vita del damerino a Vienna, spendendo spesso anche soldi che non aveva ed che il padre, sistematicamente, sborsava per mettere riparo ai debiti del figlio. L'altro, di nome Bernhard, invece viveva in campagna con la famiglia, ma non possedeva nè il talento nè le capacità per gestire una così grande proprietà. Il vecchio viticultore non parlava mai della sua vita privata ma, da uno dei vecchi contadini, Tobias aveva saputo che egli era vedovo. Molti anni prima aveva sposato una ragazza bellissima, di famiglia nobile. Lei, di salute molto cagionevole, alla fine si era ammalata e non c'era stato più nulla da fare. Andreas si incolpava per quella morte che, secondo lui, era dovuta al fatto di averla costretta a vivere in campagna, lontana dal suo mondo, dal suo ambiente. Il figlio maggiore, Daniel, alto, longilineo, delicato era praticamente il ritratto di sua madre ed era per questo che il padre, che in lui la rivedeva costantemente, non aveva il coraggio di muovergli la minima critica  per la vita disordinata che conduceva. Bernhard, l'altro fratello, grosso, robusto, che aveva preso i suoi caratteri dal padre, era stato gelosissimo di Daniel, il figlio preferito, ma ora aveva riservato questo sentimento a Tobias che vedeva, nell'immediato, come un pericolosissimo rivale, e non perdeva occasione per metterlo in cattiva luce. Purtroppo, c'era anche un altro motivo di astio. Tobias, che curava anche i rapporti con i clienti, specie se importanti, ai quali illustrava le doti del vino che produceva la proprietà, aveva conosciuto la figlia di uno di loro, un importante cliente che esportava in tutta Europa, che iniziò ad accompagnare il padre tutte le volte che poteva. Inutile dire che si era innamorata del ragazzo. Anche lui, però non era immune al fascino della giovane, che si chiamava Helena, e quando lui l'aveva conosciuta, aveva 20 anni, 2 meno di lui. Era molto bella, intelligente, colta e spiritosa. Purtroppo anche il figlio minore di Andreas ne era perdutamente attratto. Fu solo questione di tempo. Alla fine, un gravissimo e brutto episodio fece precipitare la situazione. In seguito ad un controllo periodico dei conti della proprietà e del vigneto in particolare, emerse un grosso ammanco di denaro. I due fratelli, che per l'occasione avevano deciso di coalizzarsi contro di lui, accusarono immediatamente Tobias. Questi, assai poco interessato al danaro, era naturalmente innocente del fatto. Purtroppo, Andreas, pur sospettando che sotto a tutto questo, ci fosse una macchinazione dei figli, non se la sentì di andare contro la sua famiglia e, malgrado non ci fossero prove concrete, accettò la versione dei suoi figli. Tobias, con amarezza e  delusione, non ebbe altra scelta che abbandonare la proprietà dove aveva lavorato serenamente e felicemente recuperando il proprio equilibrio, per quattro anni, convinto che la vita, per la seconda volta, lo avesse colpito duramente e, in più, sospettato di essere un ladro. Il commiato con Andreas fu una scena estremamente imbarazzante, con l'uomo anziano, che si sentiva in colpa per la sua debolezza che non gli aveva consentito di affrontare la cosa con fermezza e giustizia, e il ragazzo, che estremamente amareggiato, però non voleva infierire sul datore di lavoro che comunque lo aveva aiutato in un momento difficile. Tobias, in ogni caso, a scopo di risarcimento della palese ingiustizia subita, ricevette dal suo ex principale una somma di denaro abbastanza consistente. Il ragazzo fu dapprima tentato di rispedire immediatamente il denaro al mittente ma poi, valutò che, in realtà, quei soldi se li era in effetti guadagnati con il suo onesto lavoro che aveva concorso a migliorare decisamente i prodotti dell'azienda e conquistando diversi nuovi clienti. Era tornato a casa, accolto d'altronde a braccia aperte dai suoi familiari contenti di rivedere il 'vecchio' Tobias e aveva ricominciato il suo lavoro alla fattoria di famiglia, così come faceva, prima di partire per la guerra. Era come se in tutto quel tempo non fosse accaduto nulla. Forse sarebbe stato meglio, pensava a volte; le sue ferite profonde non ci sarebbero mai state e solo lui sapeva il dolore che esse potevano provocare. A casa aveva comunque ritrovato la sua serenità. Si sentiva utile e voleva molto bene ai suoi genitori ed ai suoi fratelli. Fu con grande sorpresa che un giorno, tornato a casa dal lavoro dei campi, trovò ad attenderlo una Helena infuriata che quasi lo aggredì. Lo accusò di essere scomparso, senza una comunicazione, senza avvisarla. Così, semplicemente, dalla mattina alla sera. Poi alla fine lei aveva saputo ciò che era accaduto dal padre e aveva scoperto dove poteva trovarlo. Lui le disse della sua delusione e della decisione di scomparire, visto che in pochi istanti aveva perso tutto, compresa la reputazione e che quindi non rappresentava più un partito degno per una ragazza della classe di Helena. Lei rimase molto colpita dalle parole di Tobias e dovette ammettere che, a parte il forte sentimento che li univa, il padre di lei non avrebbe mai dato il consenso alle nozze con un semplice contadino e soprattutto con la nomea di essere un disonesto. Invece il padre, su pressione di Helena, lo mandò a chiamare e gli disse, con grande sorpresa del ragazzo, che non aveva nessuna riserva circa matrimonio, a patto che lui andasse a lavorare immediatamente per la sua impresa. Nel periodo in cui erano stati in affari infatti, egli, che riteneva di saper valutare una persona a colpo d'occhio, aveva imparato a stimare quel giovane così appassionato e onesto. Quando aveva saputo dei fatti occorsi, non aveva creduto nemmeno per un attimo alla versione che era stata diffusa. Era anzi rimasto talmente indignato dal comportamento di Andreas, che aveva sospeso ogni contatto commerciale con lui. C'è da dire che in realtà ben pochi avevano creduto alla colpevolezza di Tobias e che quindi la sua reputazione era più che salva. Anzi, molti lo ammiravano per essersi preso la colpa a posto di qualcun altro per non ferire maggiormente il suo vecchio datore di lavoro. Nel maggio del 1926 Tobias ed Helena si sposarono ed il ragazzo cominciò con grande entusiasmo a lavorare per il suocero. Iniziò un nuovo periodo particolarmente fortunato. I rapporti con la moglie ed il suocero erano ottimi. Nell'ambito del suo nuovo lavoro stabilì contatti con operatori enologici di tutta Europa e riuscì ad allargare in modo incredibile il giro d'affari, adottando la condotta di trattare solo merce di altissima qualità. Ebbe occasione di girare cantine importanti e famose. Di discutere con autorità nel campo dell'enologia provando, assaggiando, studiando le nuove tecniche di coltura e vinificazione. Nel giugno del 1927 gli nacque un figlio, a cui venne dato il nome di Raphael. Incuriosito dai vini prodotti in California che avevano iniziato ad arrivare in Europa, partì per gli Stati Uniti dove fece un giro molto interessante, scoprendo una realtà molto particolare. Negli Stati Uniti, il 16/01/1920, era stato istituito il 'Proibizionismo' ossia il divieto di produrre, distribuire e vendere prodotti alcoolici di ogni tipo. Questo avrebbe dovuto mettere la parola fine alla produzione vinicola in America. Invece, grazie ad una serie notevole di eccezioni e dispense, come ad esempio il produrre vino per le comunità religiose che lo usavano per i loro riti, o modeste quantità di alto livello destinate solo all'esportazione, la coltivazione della vite andava avanti e si basava su prodotti di eccellenza. Fu un viaggio molto istruttivo durante il quale egli potè visitare molti terreni adatti alla produzione, ma che, al momento, vista la situazione, erano incolti e disponibili, specie nella zona di Monterey. Inoltre, durante quel viaggio fece incredibili affari con degli importatori Canadesi e Messicani, estremamente interessati alla sua merce che poi avrebbero pensato loro, a introdurre, in qualche modo, negli Stati Uniti,  destinata ai ristoranti più esclusivi presso i quali le regole del proibizionismo venivano sistematicamente eluse, con la complicità della polizia e di grossi personaggi pubblici. Dapprima Tobias non era evidentemente propenso a chiudere affari di questo tipo ma l'entità delle cifre in gioco e la presa d'atto che in realtà quella era una pratica molto diffusa, decise di accettare. Fu in quell'occasione che egli venne avvicinato in modo molto discreto da un uomo giovane ed elegantissimo. Si presentò come Henry Dowson e disse che sarebbe stato disponibile ad acquistare grossi quantitativi dei vini europei di gran marca. Quando Tobias gli chiese il motivo di tanta segretezza, l'altro candidamente gli confessò di essere un imprenditore piuttosto spregiudicato che non amava dar risalto alle sue iniziative. Effettivamente, a parte una particolare simpatia che egli sapeva suscitare istintivamente fin dal primo momento, Tobias notò nell'uomo degli atteggiamenti che non gli piacquero molto, come il suo sguardo che era, a tratti, particolarmente inquietante. Visto comunque, anche in questo caso, il volume di affari di cui si parlava, decise di accettare le sue proposte. Quando discretamente si informò sul suo conto, gli fu riferito che non conveniva avere a che fare con lui, in quanto era uno dei gangster più spietati che agiva sulla costa orientale nel campo degli alcolici e non solo.  Ormai comunque l'accordo era preso e Tobias era tutelato dal fatto che, per quella trattativa, avrebbe avuto  contatti sempre con degli insospettabili intermediari. Iniziò quindi un nuovo giro di affari, incrementando ulteriormente i guadagni del suocero, che a quel punto, decise di prenderlo come socio. Nel 1929 gli nacque una bambina a cui fu il messo il nome Christina. Fu sempre in quell'anno che accadde una cosa incredibile. Tobias volle sopraintendere personalmente alla consegna di un importante e consistente carico di bottiglie selezionate e preziose presso la sede di un cliente di Amstetten, a circa 70 miglia a nord ovest di Vienna. Mentre la merce veniva scaricata dal carro, si era intrattenuto negli uffici dell'azienda per sistemare i documenti, le ricevute e poi, completata la parte amministrativa, era tornato fuori, in strada, aspettando che venissero scaricate le ultime casse. E all'improvviso rimase come folgorato da ciò che vide. Uno degli scaricatori era un uomo di mezza età, robusto, che sollevava le casse con apparente facilità anche se la sua andatura appariva claudicante. Quella sagoma era inconfondibile. Per essere sicuro di non sbagliarsi, Tobias attese che l'uomo, scaricata la cassa che portava, tornasse all'aperto per guardarlo meglio. E a quel punto non ebbe più dubbi, anche se quello che vedeva aveva dell'incredibile. Gli corse incontro e, fermatosi di colpo davanti a lui, lo prese per le spalle. Il volto era invecchiato, i capelli si erano fatti più radi, era leggermente curvo in avanti ma... "Sergente Beker! Siete voi! Non ci posso credere! Sergente!". L'altro, preso alla sprovvista, in un primo momento era rimasto immobile, senza sapere che fare, cercando di capire cosa accadeva. Poi si accese come una luce nello sguardo, e anche lui lo riconobbe :"Tobias, il piccolo Tobias! Come sono contento!". E si abbracciarono, scambiandosi pacche sulle spalle come due vecchi amici, mentre gli altri li osservavano curiosi di sapere a cosa fosse dovuto tanto entusiasmo. Poi Tobias si riprese per primo e si ritrasse  temendo che l'altro non avrebbe preso troppo bene quella familiarità. In fondo era sempre stato il suo sergente. Ma l'altro invece non sembrò aver dato alcun peso al comportamento del giovane. "Il piccolo Tobias! Pensa un pò. Allora ce l'hai fatta! E il tuo 'gemello', dov'è Lukas?". Dallo sguardo del giovane capì subito cosa doveva essere successo e se ne dolse profondamente. Ricordava ancora i discorsi dei due ragazzi, le loro espressioni quasi sognanti quando, pure sul fondo della trincea, parlavano dei loro vigneti, del loro vino per i 'calici dell'Imperatore'. Ricordò il 'professore' e tanti, tanti altri e anche il suo sguardo fu appannato da un velo di tristezza. Ma poi Tobias riprese la parola e gli disse che era convinto che fosse morto, in quanto l'aveva visto cadere gravemente ferito mentre cercava di salvare la vita a due novellini terrorizzati. Gli chiese come avesse fatto a cavarsela e cosa stesse facendo lì, anche se i fatti apparentemente parlavano chiaro. Beker ormai, purtroppo, si guadagnava da vivere come uomo di fatica, come scaricatore, insomma approfittando di ogni lavoro che riusciva a trovare. Alla fine del combattimento in cui era stato preso prigioniero Tobias, lui era stato rinvenuto gravemente ferito, sul fondo di una buca. Fu raccolto dagli Italiani che lo portarono celermente in un ospedale da campo, nel quale gli vennero prestati i primi soccorsi che gli avevano salvato la vita. Poi in un altro ospedale gli avevano estratto dal corpo nove schegge di granata che per fortuna non avevano leso in modo serio nessun organo vitale. "Un miracolo", era stato detto, "che fortuna sfacciata!" avevano affermato i medici. E così, dopo quasi un anno di convalescenza, era riuscito a camminare di nuovo con le sue gambe e a riacquistare le forze. A quel punto, l'avevano rimandato a casa. E qui, il miracolo, la fortuna sfacciata, erano finiti. Era anziano, definito dallo esercito "malconcio", inadatto al servizio. Così, dopo ventiquattro anni di impeccabile carriera militare, con una pensioncina miseranda, lo avevano congedato. E si era ritrovato con un pugno di mosche, senza famiglia, senza parenti, senza nessuno. Sapeva fare il sergente ma apparentemente, almeno in quel momento, non sembrava una competenza molto ricercata. Tobias gli disse che si sbagliava. Proprio in quel periodo stava cercando una persona con le sue caratteristiche per affidargli un ruolo importante. Sapevano tutti e due che non era vero ma il ragazzo non voleva lasciarsi scappare quella persona ritrovata in quel modo così fortuito e l'anziano, in fondo, sperava che l'altro gli desse una mano a mutare in meglio, anche se di poco, la sua misera condizione perchè effettivamente, gli pesava veramente. Non era tanto il lavoro, che non l'aveva spaventato mai, non era la misera paga, che non avendo lui particolari vizi, alla fine gli bastava per sopravvivere. Era per come lo avevano liquidato, per essere stato definito vecchio e inutile. In realtà Tobias aveva ragionato in fretta e nel giro di pochi minuti aveva già trovato un'applicazione per l'altro. Fra le sue mansioni infatti c'era anche quella di organizzare ed, a volte, come in questo caso, seguire delle consegne molto delicate. Se avesse trovato una persona di fiducia che lo sostituisse, avrebbe avuto molto più tempo a disposizione per viaggiare e allargare la cerchia dei clienti. In realtà sentì che con quell'uomo avrebbe potuto parlare delle cose di cui non parlava con nessuno, scambiare confidenze ed esprimere dubbi. Era proprio la persona giusta. Il sergente oppose naturalmente delle riserve alla proposta, portando come elemento principale che la sua conoscenza del vino era molto superficiale. Non beveva alcolici e le sue sostanze non gli consentivano certo la frequentazione di locali. Tobias non sentì ragioni. Gli disse che quello che gli serviva sapere glielo avrebbe insegnato lui e che lo avrebbe di certo imparato in poco tempo. Quello che voleva, era una persona in grado di far marciare il magazzino senza problemi e senza discussioni. E non conosceva nessuno più adatto di lui. Così Beker alla fine si convinse e, dopo essersi fatto pagare fino all'ultimo soldo il lavoro svolto fino a quel momento, partì con il ragazzo. Per tutti e due fu una gran bella giornata. Come previsto, il sergente si adattò subito al nuovo lavoro e si diede da fare quanto possibile per essere all'altezza della fiducia accordatagli da Tobias.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3 i cdalici dell'imperatore

                                                                                  Capitolo 3^

Grazie alle sue conoscenze  e alle sue frequentazioni, Tobias, insieme alla moglie, prese presto contatto con la buona società di Vienna. Fu durante un incontro di beneficenza che ebbe occasione di avvicinare e conoscere un importante prelato che si occupava della gestione amministrativa dell'abbazia di Klosterneuburg, che sorgeva a poche miglia a nord di Vienna. Il sacerdote, che si chiamava Valentin Pichler, acquistava modeste quantità di vino pregiato per il consumo dell'abbazia, e naturalmente per la celebrazione della Messa. Il suocero di Tobias gli aveva proposto delle condizioni più che vantaggiose in quanto, già una fornitura del genere, costituiva forse una delle migliori pubblicità. Il prelato, che aveva trovato molto simpatico Tobias, lo invitò a visitare l'abbazia specialmente per ottenere qualche consiglio circa il possibile recupero di alcuni vigneti interni alla struttura che, per molto tempo, erano stati sufficienti alle necessità del luogo ma che poi, per vari motivi, complice anche una cattiva gestione durante e dopo la guerra, si erano decisamente rovinati. Curioso di visitare quell'abbazia che, fin da bambino, aveva visto solo dall'esterno, alla prima occasione, vi si recò come gli era stato chiesto. Fu ricevuto molto bene da padre Valentin, il quale lo condusse subito ai vigneti della struttura. Effettivamente le piante erano ridotte in condizioni pietose. Per tentare di salvare quelle che ancora non si erano seccate, era stata eseguita una potatura che Tobias definì 'scellerata', che stava portando a morte l'intera coltura. Egli isolò le viti che ancora avevano la possibilità di sopravvivere, indicò agli addetti le tecniche per rinforzare le piante e come fare per tentare comunque di recuperare il recuperabile, intervenendo anche sulla qualità del terreno. Si impegnò infine a far avere all'abbazia dei nuovi vitigni che avrebbero potuto nel tempo consentire di nuovo una situazione accettabile. Padre Valentin, molto grato, lo invitò a pranzo e alla fine gli propose una visita per vedere le cose più belle che si trovavano in quel luogo, i giardini, la biblioteca, le opere d'arte raccolte nel corso dei secoli. Gli raccontò che la struttura originale era sorta nel 1114 per iniziativa del mangravio Leopoldo III^ di Babenberg e affidato ai monaci della regola agostiniana. Negli anni successivi fu ampliata a più riprese in particolar modo fra la metà del 1700  la metà del 1800. Nel 1882 fu restaurata fino a farle assumere l'attuale aspetto, con particolare attenzione alla chiesa priorale a cui furono aggiunti i due campanili gemelli in stile neogotico. Tobias si rese conto che quel posto era veramente meraviglioso e che i monaci, negli anni, avevano fatto cose egregie per preservare la storia e la cultura del posto. In quel luogo egli si sentiva sereno, come se fra quelle mura tutto fosse sospeso. Come se il mondo esterno, con la sua violenza, indifferenza e avidità, non riuscisse a penetrare le porte del convento. Tornò spesso in quel posto, ricevuto sempre molto volentieri dai monaci e soprattutto da padre Valentin che era capace con le sue parole di dargli un pò di conforto dei traumi dovuti alla guerra che egli si portava ancora nell'animo. Un giorno il sacerdote decise di portarlo in un luogo dove venivano accompagnate solo pochissime persone ed estremamente selezionate. Scesa una ripida e stretta scaletta che partiva da una saletta minore della struttura, si ritrovarono in un piccolo andito che dava su due porte ambedue pesantemente blindate. "Queste sono le sale dove vengono conservati i più preziosi tesori dell'abbazia - spiegò padre Valentin - In una stanza conserviamo le reliquie più preziose legate al nostro ordine e alla nostra fede, nell'altra invece dei tesori che in tempi diversi ci sono stati donati o affidati a vario titolo. Ed à proprio la seconda stanza che ti voglio far visitare. Ti vorrei però raccomandare una totale discrezione, qualora tu volessi raccontare questa esperienza a qualcuno. Capirai il perchè della mia richiesta quando ti renderai conto del valore di ciò che stai per vedere ". Ciò detto, estrasse da una tasca una grossa chiave e la usò per aprire la pesante porta di quercia rinforzata. Con sorpresa di Tobias dietro alla prima, c'era una seconda porta in metallo, con quattro serrature a combinazione. Chissà cosa ci poteva essere di così prezioso da richiedere tali precauzioni. Fatto scattare il meccanismo dell'ultima serratura, il sacerdote gli ricordò che quello che gli veniva concesso era un grande privilegio. Dopodichè aprì anche la seconda porta ed accese la luce che illuminò una grande sala nella quale erano disposte molte teche e  le cui pareti ospitavano un gran numero di vetrine. Tobias per un attimo rimase a bocca aperta nel vedere tutti quegli oggetti sfavillanti di oro, argento e pietre preziose. Ovunque guardasse vedeva gioielli, calici, corone, armi tempestate di pietre preziose, libri rilegati in oro e coperti di gemme, gioielli di tutti i tipi e di tutte le forme. Fu il prete a risvegliarlo da  quello stato di meraviglia. "Tutti gli oggetti che vedi quì dentro, hanno avuto un grande significato nella storia. Il loro valore intrinseco, seppure elevatissimo, è nulla se paragonato a quello storico. Ci sono doni di personaggi importanti, corone di re, i paramenti da cerimonia di quattro papi. Le armature preziose di alcuni condottieri e poi una quantità incredibile di gioielli di grandi famiglie, di imperatori  e di regine del passato. Se si sapesse in giro del tesoro che conserviamo in queste sale, non sarebbe più al sicuro e potrebbe essere rubato per sparire chissà dove". Tobias seguiva le descrizioni del sacerdote via via che avanzavano lungo il tragitto della visita. Ma poi, all'improvviso, il ragazzo si fermò impietrito davanti ad una vetrina. Non riusciva a credere a ciò che vedeva. In essa erano esposti in bella mostra, due fantastici calici con le coppe in ambra, rivestiti di oro zecchino e tempestati di pietre preziose e di perle. Posavano su un vassoio anch'esso d'oro finemente istoriato, delle dimensioni di circa 30 cm per 20cm e molto spesso. "Ma...... ma....  - tanta era stata la sorpresa e la meraviglia che non riusciva ad articolare le parole - ma questi...... sono i calici di Settimio Severo!!!!". "Incredibile!!! - rispose il sacerdote molto meravigliato - conosci questi oggetti? E come è possibile? Quasi nessuno è al corrente della loro esistenza. Quasi tutti sono convinti che si tratti solo di una leggenda!". Ma Tobias non lo aveva ascoltato anzi, non ascoltava più nulla, non era nemmeno più lì. Di colpo era seduto sul fondo di una trincea, con attorno i suoi compagni, Lukas , il Professore, il sergente Beker, tanti altri, tutti morti. Ma sentiva ancora le loro voci e poteva rivederli e quasi credeva di poterli toccare. Poi pian piano la scena scomparve e lui si ritrovò in piedi, davanti a quella vetrina, con le mani aperte e poggiate al vetro, completamente coperto di sudore da capo a piedi e con gli occhi pieni di lacrime. Poi svuotato, esausto, si lasciò scivolare a terra, dove rimase seduto, con la schiena appoggiata alla parete. Il sacerdote, resosi immediatamente conto che il ragazzo aveva subito un forte shock, si sedette accanto a lui e cercò di rassicurarlo, di calmarlo, parlandogli con voce tranquilla e serena, soprattutto cercando di comprendere l'origine della sua emozione. Tobias si stava riprendendo e alla fine raccontò al sacerdote fra le lacrime tutta la storia, contento di poter finalmente condividere tutto il dolore e l'orrore della sua tremenda esperienza che fino a quel momento aveva tenuta sepolta nella sua mente e che, al massimo, si manifestava a volte di notte, procurandogli dei tremendi incubi. Alla fine di quello sfogo, si sentì meglio, si rialzò e, osservando i calici con maggiore calma, potè vedere che erano effettivamente magnifici e estremamente raffinati. Naturalmente chiese a padre Valentin come avevano fatto a giungere fin lì. Il sacerdote gli raccontò allora che i calici erano rimasti nel tesoro imperiale fino alla morte di  Teodosio avvenuta nel 395. Questi, come già altri prima di lui, aveva stabilito che l'impero fosse amministrato contemporaneamente dai due figli Arcadio e Onorio che vollero scindere il territoro in due imperi separati. Quello di oriente sotto Arcadio e quello di occidente sotto Onorio. I due territori subirono quindi storie ed eventi diversi. Al momento di separarsi, seppure con una certa resistenza da parte di Onorio, Arcadio portò via la sua parte di tesoro imperiale fra cui, naturalmente i due calici. Poi l'impero d'occidente per un governo non molto accorto subì varie vicissitudini. I barbari si avvicendarono nella conquista di vasti territori senza che un potere centrale riuscisse a contrastare le loro invasioni. Nel 410 i Visigoti addirittura entrarono a Roma mettendola al sacco per tre giorni. Alla fine l'ultimo imperatore d'occidente, Romolo Augusto, fu deposto dal generale barbaro Odoacre. Nel 530 Giustiniano, imperatore d'oriente, tentò senza successo di riformare e riunire i due imperi. Purtroppo non ci riuscì". Quando Tobias si fu sufficientemente ripreso, il sacerdote, dopo aver attentamente richiuso le porte della sala, lo condusse in un giardino dell'abbazia dove, seduti ad un tavolo, con un fresco venticello e con davanti un buon bicchiere di vino, su richiesta del suo ospite, riprese il racconto. "L'impero romano d'oriente andò avanti anch'esso fra varie vicissitudini, legate a lotte di potere e la situazione precipitò nel 1202, in occasione della quarta crociata. Era un'avventura nata male. Il papa Innocenzo III^ l'aveva bandita ma, per vari motivi, l'adesione non era stata quella sperata ed anche i fondi raccolti, non erano sufficienti a portare i Crociati in Terra Santa. Però i Veneziani, che avrebbero dovuto provvedere al trasporto dei soldati, approfittando della loro mancanza di fondi, colsero la palla al balzo e proposero di trasportarli tutti gratuitamente, purchè conquistassero per loro, la città di Zara, potente avversario commerciale. Il punto era che Zara era una città cristiana, e quando il papa seppe di quest'accordo, vietò ai Crociati di accettarlo. Questi, invece, conquistarono la città per i Veneziani. A questo punto non restò al papa altra scelta che scomunicare i Crociati". "Pazzesco - intervenne Tobias - i buoni erano diventati i cattivi e a quel punto, con che coraggio si sarebbero presentati a difendere il Santo Sepolcro? Un branco di scomunicati!"."Infatti. Fu in quel momento di grande confusione, che a Zara si presentò il principe bizantino Alessio IV, figlio dell'imperatore d'oriente Isacco II^, che chiese aiuto per liberare il padre detronizzato, arrestato e accecato dal suo stesso fratello, Alessio II. Promise, in cambio dell'aiuto, grandi somme di danaro, ingenti rifornimenti, un forte contingente di soldati per le attività militari in Terra Santa, e l'impegno di unificare tutte le chiese sotto il papa di Roma. Quando questi seppe dell'ultimo punto della proposta, invitò i Crociati ad accettare, ritirando la scomunica"."Quindi tornava tutto a posto"."Eh no, purtroppo, perchè nulla, o quasi nulla, andò come doveva andare. Arrivati a Costantinopoli, i Crociati trovarono la cittadinanza ostile. Al momento in cui rimisero sul trono l'imperatore Isacco II^, venne fuori che non c'erano nè il denaro pattuito, nè i rifornimenti e tantomeno le truppe promesse. Mentre si cercava di risolvere la situazione, i soldati, che dovevano comunque sopravvivere, iniziarono a requisire il necessario, ai danni  della cittadinanza. In molti casi, però, approfittarono eccessivamente della situazione tanto che, alla fine, la popolazione, esasperata, li assalì. Naturalmente i cittadini vennero immancabilmente sopraffati e iniziò, da parte dei vincitori, un vero e proprio saccheggio che andò avanti per giorni. Visto che l'unica condizione osservata fu la riunione delle Chiese, il papa chiuse un occhio sull'accaduto, a condizione che però, i patrimoni della Chiesa locale fossero rispettati. Poichè non c'era garanzia che i soldati accettassero queste condizioni, un gruppo scelto di cavalieri si assunse l'impegno di recuperare, spesso con la forza, gran parte del bottino sottratto dalle truppe. Sapendo che a Costantinopoli non sarebbe comunque stato al sicuro, decisero di spedirlo a Roma, risalendo verso nord fino a Venezia e poi, di lì, a Roma. Il gruppo di cavalieri, incaricato di questo duro e rischioso incarico, durante il viaggio subì molti attacchi da parte di gruppi armati che volevano impadronirsi delle ricchezze di cui si era sparsa la voce molto in fretta. Vi furono molti caduti e gran parte di quegli averi andò perduta. Alla fine, uno sparuto gruppo di cavalieri superstiti, in possesso ormai solo di una frazione del tesoro iniziale, inseguito da una grossa unità armata agli ordini di un potente nobile locale, aveva cercato ricovero nella vecchia abbazia di Klosterneuburg tenuta dai padri Agostiniani che, all'epoca era poco più che un semplice monastero, con a fianco una modesta chiesetta per le funzioni. Gli aggressori, che avrebbero potuto avere facilmente ragione di quella struttura e dei pochi cavalieri rimasti, non se la sentirono comunque di affrontare le ire della Chiesa che non avrebbe tollerato un assalto armato ad un suo convento, specialmente in quelle circostanze. Era evidente che però, appena il gruppo avesse lasciato il sicuro rifugio, sarebbe stato assalito e depredato. I cavalieri, a quel punto, decisero di restare con i monaci ai quali affidarono il tesoro, fra i cui pezzi, si trovavano appunto i calici. Poi, con il passare degli anni accaddero tanti fatti importanti che fecero dimenticare quell' episodio, ed il tesoro venne incamerato definitivamente dall'abbazia".  Tobias rimase molto scosso da quella visita e per molto tempo portò nella mente l'immagine di quegli oggetti straordinari che aveva avuto modo di vedere da vicino. Il ricordo però durò per poco tempo perchè la sua attività in quel periodo fu molto intensa e i calici passarono in seconda linea. Portando avanti il suo lavoro, ebbe modo di conoscere persone importanti del mondo della cultura, della finanza e della politica. Fu così che, parlando con loro o comunque ascoltando i loro discorsi, iniziò a notare una serie di cambiamenti in ambito politico che lo preoccuparono non poco. In Germania il partito nazista stava prendendo sempre più piede. Si parlava di orgoglio nazionale, di rivincita per il vergognoso trattato di Versailles e molti, in Austria, si erano fatti conquistare da quelle idee. Ascoltò con una certa preoccupazione i timori di alcuni intellettuali che paventavano scenari in cui la libertà individuale, veniva pesantemente condizionata e le paure di alcuni suoi buoni clienti di razza ebrea che avevano ricevuto notizie di veri e propri attentati portati ai danni di loro correligionari derivati di certo dalla campagna di odio e disprezzo portata avanti dai nazisti tedeschi che, nella metà del 1930, per dare una scossa alla situazione, dimostrando la debolezza del regime politico tedesco, avevano scatenato il loro esercito privato, chiamato "le camicie brune", contro ebrei, comunisti e persone ostili al partito. Alla fine, nel 1933, con una serie di eventi legati all'abilità ma anche alla fortuna, il partito nazista arrivò a trionfare in Germania. Molti, anche in Austria, inneggiarono agli eventi, convinti che stesse per iniziare un nuovo corso di rivincita e vittoria. Tobias era invece molto inquieto. Pensava ai suoi affari, ma soprattutto alla sua famiglia. Non vedeva di buon occhio i nuovi eventi, a differenza di suo suocero che era stato totalmente conquistato dalle nuove idee. Quando il 30 giugno dello stesso anno, in Germania ci fu un'epurazione degli avversari di Hitler con l'eliminazione fisica di molti funzionari e militari avversi al partito o comunque semplicemente divenuti 'scomodi', Tobias credette di vedere in quell'episodio un segnale della spietatezza e della determinazione dei nazisti. Non voleva più sentire parlare di violenza, voleva per i suoi figli un mondo migliore. Soffriva tuttora per i suoi tremendi ricordi di guerra. Qualsiasi cosa lo collegasse con la violenza, le armi, l'esercito, gli trasmetteva un'angoscia su cui non aveva controllo. Dopo aver sondato prudentemente il terreno, provò a parlarne con il sergente. Scoprì così che non era il solo a pensarla in quel modo. Beker gli disse di essere stato contattato da vecchi compagni d'armi e anche da un ufficiale. Gli avevano proposto di rientrare a pieno titolo nel suo grado e nelle sue mansioni per un nuovo esercito che stava per risorgere. Confessò onestamente che la cosa lo aveva tentato. La sua divisa, il rispetto e l'obbedienza degli uomini ai suoi ordini. E poi aveva pensato a dove fosse quella gente, quegli 'amici', spuntati improvvisamente dal nulla, quando lui ne aveva avuto bisogno, prima di ridursi a fare lo scaricatore per sopravvivere. Non gli erano piaciuti, non gli era piaciuto quello che gli avevano proposto. Per convincerlo gli avevano detto che, ripreso il potere, avrebbe anche potuto togliersi qualche soddisfazione, magari vendicandosi di qualcuno. Ma che razza di esercito andavano formando queste persone, che poteva essere usato anche per scopi così meschini? Così aveva preso tempo e intanto stava a vedere. Ora era tranquillo, grazie a Tobias, aveva di nuovo una posizione più che dignitosa e anche lui non era affatto attratto da un nuovo conflitto o comunque da qualunque manifestazione di violenza. Ne aveva avuto la sua parte e questo gli bastava. Ciò che il sergente  gli aveva raccontato fece capire a Tobias che le sue preoccupazioni erano molto più fondate di ciò che temeva. Dalla sua visita negli Stati Uniti, un'idea aveva cominciato a frullargli per la mente e, col tempo, aveva preso sempre più piede. Ricordava con molto piacere quei fantastici appezzamenti della California. Dei bei terreni, per ora ancora incolti, ma con l'abrogazione del proibizionismo avvenuta il 5 dicembre del 1933, se voleva agire, non doveva perdere tempo. Sarebbe stato bello ricominciare tutto da capo, in un paese lontano, al sicuro di quanto, di certo, si stava preparando. Rimase molto sorpreso quando, durante una delle sue periodiche visite all'abbazia, che ormai erano diventate per lui una piacevole abitudine grazie al valore indiscusso di padre Valentin, sentì il sacerdote parlare in modo favorevole circa una possibile adesione dell'Austria alla Germania. Infatti quest'ultima aveva assicurato che in caso ciò fosse accaduto, assolutamente si garantiva come primo obiettivo, la libertà e l'indipendenza della Chiesa. Tobias non volle parlare con il sacerdote dei suoi dubbi in proposito. Egli era attaccatissimo alla sua nazione ed al suo paese ma sentiva che qualcosa di tremendo stava per accadere. Si decise a parlarne con la moglie e passarono tutta una notte a discutere. Alla fine Helena si convinse ed  acconsentì a seguire il suo piano. Attraverso un intermediario, Tobias acquistò dei vasti appezzamenti di terreno in California nei pressi di Monterey e della Salinas Valley, a prezzi molto convenienti. Durante la sua visita di alcuni anni prima, era rimasto colpito dalla somiglianza del terreno con quello di proprietà di Andreas Stainer, il suo antico principale. Agendo di nascosto del suocero, che era sempre un convinto assertore della opportunità di riunire Austria e Germania, acquistò un numero importante di vitigni della specie migliore e li fece spedire nei suoi nuovi terreni, dove una manodopera specializzata e inviata lì in precedenza, cominciò l'importante opera di creare dei nuovi vigneti. Si trattava fra l'altro di vitigni molto speciali in quanto, per evitare che venissero attaccati in breve tempo dal fenomeno locale della peronospera, che aveva distrutto sistematicamente le viti che gli europei avevano tentato in precedenza di coltivare in quei luoghi, erano stati rinforzati con dei sapienti innesti con il vitigno "gewurtztraminer"  originario della provincia di Bolzano. Con quell'espediente, il vitigno era risultato più robusto ma nello stesso tempo il sapore del vino ne aveva addirittura guadagnato. Con la scusa di coltivare i rapporti con i compratori americani, fece diversi viaggi durante i quali organizzò il lavoro, controllò che tutto procedesse al meglio, dette severe disposizioni perchè i lavori procedessero secondo le sue intenzioni. Convinse il sergente che quella era proprio la situazione nella quale poteva veramente farsi di nuovo valere. Era la persona adatta per gestire il personale che avrebbe portato avanti il lavoro. Lo portò con sè in America e gli mostrò cosa stava succedendo. Beker rimase a bocca aperta vedendo i risultati ottenuti e alla fine accettò di rimanere per sovraintendere ai lavori. La fortuna fece conoscere a Tobias un valido e serio esperto locale di viticultura e vinificazione di nome William Cole, una persona affidabile e competente, che ricevette quindi una ampia procura e che, naturalmente dietro un lauto compenso, provvide a fare egregiamente le sue veci.  Quindi per la qualità del lavoro, affidato a Cole, e per la gestione del personale, affidata a  Beker, aveva trovato quanto di meglio per gestire il suo sogno. Purtroppo, era a casa, che le cose non andavano bene.  Tobias mordeva il freno, sia perchè vedeva la situazione in patria precipitare sempre più velocemente, sia perchè avrebbe pagato chissà cosa per essere con i suoi nuovi vigneti americani dove si stavano gettando le basi del suo grande progetto. Il 25 luglio 1934 i nazisti austriaci tentarono un colpo di stato che portò alla morte del cancelliere Dollfuss e di molti dei suoi collaboratori. Il successore Alois von Schushnigg, nominato dal presidente Wilhelm Miklas, nel tentativo di controllare la situazione, condannò a morte tutti  i responsabili del tentativo fallito e, accusando Hitler di esserci coinvolto, mandò delle truppe al confine con la Germania. Tobias si spaventò molto per il precipitare degli eventi e prese la sua decisione, convinto che fosse necessaria per mettere in salvo la sua famiglia. Andò per un'ultima visita all'abbazia di Klosterneuburg con lo scopo di salutare padre Valentin. Questi giudicò eccessiva la preoccupazione di Tobias ma rispettò le sue scelte. Gli disse, a conferma delle sue parole che lo stesso primate dell'Austria, cardinale Theodor Ignitzer era fermamente convinto delle buone intenzioni dei Germanici. E poi, come garanzia, c'era lo stesso Concordato fra Chiesa e Stato Germanico, firmato dallo stesso Hitler, nel 1936 alla fine di una intensa e impegnativa opera di diplomazia portata avanti dal cardinale Pacelli per il Vaticano. Gli dette comunque la sua benedizione e lo salutò assicurandogli l'assoluto segreto circa il suo viaggio. Decisero in ogni caso di rimanere in contatto per via epistolare. Tobias sistemò al meglio le sue cose in patria e poi, con la scusa dell'ennesimo viaggio di affari, portò tutta la famiglia con sè nella splendida villa di Monterey che aveva intanto fatto preparare allo scopo. La sera prima di partire ebbe uno scontro violento con il suocero che aveva invano tentato di convincere a seguirlo, magari in un secondo momento. Questi non volle sentire ragioni, convinto delle sue idee. Lo tacciò di essere un vigliacco ed un traditore e disse che non l'avrebbe denunciato solo per amore della figlia e dei nipoti. Aggiunse che non avrebbe voluto vederlo mai più. Queste parole fecero capire a Tobias che non sbagliava affatto a lasciare quel Paese, il suo Paese, dove le cose stavano prendendo una piega amara. Se suo suocero, il padre di sua moglie, arrivava ad accusarlo di tradimento solo perchè lasciava la nazione, cosa sarebbe potuto accadere di lì a poco, se le cose avessero preso l'andamento che lui temeva?

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4 calici imperatore

Capitolo 4^

Giunto con la sua famiglia negli Stati Uniti nell'ottobre del 1934, le cose, per lui, iniziarono a marciare bene e velocemente. La proprietà era stata organizzata in modo molto ordinato e funzionale. Aveva una forma press'a poco quadrata e, su circa tre quarti del vastissimo territorio, erano stati messi a dimora i  vigneti, divisi in varie zone a seconda dei vitigni piantati. Adiacente alle coltivazioni era stato costruito un grande fabbricato di mattoni che ospitava gli uffici, i laboratori, i reparti delle varie lavorazioni compreso l'imbottigliamento e la spedizione. Al primo piano sotterraneo, erano sistemate le varie botti di diverse misure, per la conservazione del vino, erano enormi. Al secondo piano sotterraneo, su appositi scaffali, erano conservate migliaia di bottiglie destinate alla spedizione, all'invecchiamento o semplicemente per ulteriori interventi sul contenuto. Un po' discosta e quasi celata da un folto gruppo di alberi, c'era la magnifica villa a due piani, destinata ad abitazione, che era stata costruita da un ricco coltivatore spagnolo quasi un secolo prima. In un piccolo appartamento, ricavato nel retro al piano terra e completamente indipendente, era alloggiato il sergente Beker. Questi dapprima aveva espresso qualche riserva ma poi si era lasciato convincere. Era andato subito a genio alla moglie di Tobias e anche i bambini erano stati conquistati da quell'omone apparentemente burbero ma decisamente di buon cuore. Sul lato della proprietà opposto a quello dove sorgeva la villa, erano state erette delle case semplici, essenziali, ma con tutto il necessario per una abitazione dignitosa. Servivano ad alloggiare i lavoranti scapoli e quelli che, pur avendo famiglia non potevano permettersi un alloggio altrove. Nel tempo, alcuni contadini, operai e impiegati austriaci avevano fatto arrivare le loro mogli o fidanzate dall'Austria e la comunità si era ampliata. Alcuni degli sposati, avevano preferito trovarsi un alloggio, seppure economico, nella vicinissima cittadina di Salinas. L'esperienza maturata da Tobias fino a quel momento e l'alto livello della mano d'opera selezionata, dettero subito buoni risultati. Sia Cole che Beker avevano svolto un lavoro eccellente. Per ciò che riguardava la produzione del vino, dovette intervenire solo con delle minime messe a punto sulle strategie di coltivazione. In alcuni casi fu necessario rinforzare alcuni vitigni innestandoli con il tipo Alexander, che già aveva risolto situazioni analoghe in passato. In merito alla parte commerciale, egli seppe mantenere i rapporti di affari con quasi tutti i suoi clienti americani. La moglie Helena, dopo un brevissimo e comprensibile periodo di difficoltà, seppe integrarsi piuttosto bene e così anche i due figli Raphael e Christina. Solamente che, mentre la figlia seguiva il padre in tutte le occasioni possibili, interessandosi del lavoro della campagna nei suoi vari aspetti, per quello che poteva fare una bambina di cinque anni, il maschio, ormai di sette anni, non mostrava nessuna passione per le colture se non per le macchine che venivano usate nei lavori agricoli. Era praticamente affascinato da tutto ciò che era meccanica e, con il permesso dei genitori, passava molto tempo nelle officine dove si riparavano e si mettevano a punto le varie macchine agricole. Intanto in patria, purtroppo, le cose stavano precipitando, almeno dal punto di vista di Tobias. Nel 1936 sotto la pressione di una parte del popolo e della diplomazia germanica, il cancelliere Schuschnigg fu costretto a nominare tre ministri dichiaratamente filonazisti. Nel marzo 1938, il presidente Miklas fu letteralmente obbligato a sostituire il cancelliere con Arthur Seyss Inquart, un avvocato legato al nazismo tedesco. Appena nominato, questi chiese alla Germania di intervenire direttamente per riportare l'ordine nella nazione e immediatamente, l'esercito tedesco invase pacificamente l'Austria. Nell'aprile dello stesso anno per dare una parvenza di legalità agli eventi, Hitler fece svolgere, il 18 aprile dello stesso anno, un plebiscito che, sapientemente manovrato, mostrò come quasi tutta la popolazione austriaca fosse concorde all'annessione. Da quel momento, i destini delle due nazioni furono strettamente legati. Ma le cose non andarono sin dall'inizio, come sperato dagli Austriaci. Il nome Austria scomparve, sostituito dal nome non ufficiale di Ostmark, una nuova provincia tedesca. La popolazione ben presto si accorse che le libertà promesse, le condizioni di parità con i Tedeschi e la gloria e gli onori, in realtà erano solo parole e si resero conto di essere finiti in una condizione radicalmente diversa da quello che era lo spirito e la mentalità austriaca. Tobias apprese con angoscia le notizie che venivano dalla sua patria e assieme alla moglie si rese conto di aver avuto ragione a prendere la decisione di partire. La conferma gli venne da una accorata ed amara lettera del suo amico, padre Valentin. Questi gli scrisse che fin dal giorno successivo al referendum il Concordato con la Chiesa era stato annullato e quindi tutte le libertà religiose promesse erano state cancellate e molti sacerdoti erano stati minacciati ed in alcuni casi c'erano stati perfino degli arresti. Gli entusiasti avevano dovuto rivedere le loro convinzioni, ma ce ne erano comunque molti altri che erano convinti che per quello che sarebbe derivato dalla unione dei due Paesi, sarebbe valsa la pena di accettare qualche piccolo compromesso. Solo il tempo avrebbe potuto dire chi aveva avuto ragione. Ma dal tono della lettera si capiva che il sacerdote non era per nulla soddisfatto dell'andamento delle cose. Seguirono altre lettere che Tobias leggeva trepidante assieme alla moglie. Era vero che i fatti descritti avvenivano al di là di un oceano, ma loro non potevano dimenticare che si parlava della loro patria. In occasione del Natale del 1939, la lettera di padre Valentin conteneva gli auguri per tutta la famiglia di Tobias e poi notizie su ciò che riguardava i fatti che avvenivano. Scriveva che il padre di Helena stava bene di salute ma che era molto amareggiato per il fatto che il partito non gli aveva riconosciuto tutto il lavoro di propaganda che aveva svolto ed il sostegno prestato in quegli anni. Certo il fatto di una figlia che aveva abbandonato l'Austria con tutta la famiglia proprio in quel momento così particolare, non aveva deposto a suo favore. Quello sarebbe stata certo un'altra causa di risentimento nei confronti di Tobias, ritenuto naturalmente il principale responsabile di quella scelta. Chi invece si stava facendo strada era Daniel Stainer. Egli, con le giuste conoscenze e muovendo le opportune leve, aveva raggiunto una discreta posizione. Il punto era che, per ottenere questo obiettivo, aveva dovuto usare notevoli capitali, ottenuti, come al solito, dal padre che era stato letteralmente costretto a vendere buona parte dei suoi terreni, purtroppo a cominciare dai vigneti. Peccato, pensò Tobias, augurandosi che fossero finiti nelle mani di qualcuno che sapesse coltivarli opportunamente. Egli era in contatto epistolare naturalmente anche con la sua famiglia. I suoi genitori si facevano vecchi ma stavano bene. Il fratello Hans provvedeva a coltivare la terra, assieme alla sorella Julia e al cognato Mario. Da questo punto di vista, quindi, almeno poteva stare tranquillo. Anche lui, però, doveva affrontare a volte delle questioni che  assumevano una certa rilevanza specie nei rapporti con gli altri. Il punto era che negli Stati Uniti, il Paese delle opportunità e della libertà, si avvertiva a volte la presenza di uno sgradevole atteggiamento razzista nei confronti degli stranieri. Egli, con la sua famiglia, aveva ricevuto una sorta di trattamento di favore, in quanto forestiero, che aveva, però, investito ingenti capitali. In realtà negli Stati Uniti non era lontano il ricordo della schiavitù e certi atteggiamenti circa la superiorità di razza rispetto ai neri e agli immigrati provenienti da Paesi particolari, come quelli del sud Europa, erano ancora molto diffusi. Intorno al 1920, addirittura prese forza la politica della 'Immigration Restriction Lodge' sostenuta dal potente senatore del Massachussets, Henry Cabot Lodge. Questa si opponeva e metteva severissime restrizioni alla immigrazione dei popoli di razza mediterranea. Per fortuna, dopo la crisi economica del 1929, allo scopo di evitare pericolose alleanze fra neri e bianchi europei poveri, l'atteggiamento divenne assai più morbido e tollerante nei confronti di questi ultimi. Si decise di usare una terminologia che racchiudeva tutti i bianchi nella categoria dei 'Caucasici' e comunque una ulteriore classificazione definiva 'Caucasici bianchi' i cittadini provenienti dal nord Europa. Così Tobias , appena trasferitosi, aveva cambiato il nome della famiglia in Mayr, illudendosi di poter camuffare meglio la sua origine europea. Tutta la comunità legata alla proprietà si era comunque inserita piuttosto bene nella zona. Alcuni abitavano tranquillamente nella vicina cittadina di Salinas e inoltre la loro attività aveva portato a circolare una maggiore quantità di denaro in quel luogo dove ce ne era veramente bisogno. A causa comunque dell'alto numero di persone che vivevano nella comunità, Tobias ritenne opportuno organizzare per loro un servizio di assistenza sanitaria e per far ciò contattò il medico condotto della zona, chiedendogli di passare periodicamente, almeno una volta a settimana, per il controllo delle persone con problemi o comunque dei bambini. Il dottore in questione era un brav'uomo, un tedesco trasferitosi in quei luoghi circa vent'anni prima, in una situazione ben diversa e, sotto il profilo sanitario, molto più difficile. Si chiamava Derik Bauer ed aveva passato da un pezzo la cinquantina. Aveva accettato di buon grado l'incarico che gli era stato proposto da Tobias. In quegli anni, non si era certo arricchito con il suo lavoro e conduceva una vita piuttosto modesta occupandosi in special modo di persone con scarsi mezzi e che quindi, il più delle volte, nemmeno lo pagavano. Anche a Tobias chiese una cifra modesta che però questi trovava sempre il modo di arrotondare. Gli piaceva molto quell'uomo e, ogni volta che veniva a svolgere il suo lavoro, non mancava di far mettere nel bagagliaio della sua decrepita auto un bel cesto di bottiglie di ottimo livello, gesto che il dottore aveva mostrato di gradire molto. Nei dintorni però la comunità veniva indicata sempre come 'I Tedeschi', anche se loro non perdevano occasione di far notare che si trattava di Austriaci. Forse era proprio per questo atteggiamento dei locali, sempre venato di una pur minima forma di razzismo, che Tobias non vedeva l'ora che passassero i cinque anni di permanenza negli Stati Uniti per avviare le pratiche di naturalizzazione per sè e per il resto della famiglia. I vigneti avevano intanto raggiunto uno sviluppo ed una qualità ottimali. Tobias decise, per l'occasione, di preparare una partita di vino speciale, che sarebbe stata distribuita con produzione millesimata in bottiglie con etichette che riportavano il nome di Lukas Heder. L'etichetta sarebbe stata di colore nero e sopra disegnati in vernice dorata ci sarebbero stati due calici e anche se probabilmente nessuno avrebbe conosciuto il significato di quel simbolo. Il risultato fu eccezionale. La qualità del prodotto risultò superiore alle aspettative e la produzione, salvo naturalmente una quantità ragionevole di casse  che Tobias aveva tenuto per sè, andò a ruba, per diventare un classico ed un articolo da collezione per intenditori. Naturalmente anche il sergente Beker ne ebbe una parte. La gente avrebbe continuato a parlare a lungo di Lukas, anche non sapendo magari chi fosse stato. Ma sarebbe comunque rimasto un tributo alla sua persona. Le preoccupazioni per Tobias venivano però sempre dalle notizie che gli giungevano dall'Europa, in parte dai giornali, in parte, più attendibili, dai suoi contatti in Austria. Il 13 marzo 1939 la Germania si annettè la Boemia e la Moravia ma poi l'1 settembre del 1939, iniziò l'invasione della Polonia. Questo fatto non piacque molto gli Americani e quasi contemporaneamente giunse una notizia che aggravò maggiormente la situazione. Infatti alle ore 19.00 del 03 settembre 1939, un U-boat, identificato più tardi come l'U-30, silurò una nave passeggeri, la S.S. Athenia che portava a bordo circa 1300 civili, principalmente inglesi e americani. In realtà la nave non rimase pesantemente danneggiata dall'attacco ma subì comunque dei danni che la portarono ad affondare verso le ore 08.00 del giorno successivo. Ci fu quindi tutto il tempo per soccorrere i naufraghi. Morirono comunque 93 passeggeri civili di cui 16 bambini. Questa cosa fece prendere una prima posizione agli Stati Uniti che dichiararono i Tedeschi e gli Italiani, a causa delle loro reciproche simpatie, "enemy aliens" , ossia stranieri ostili, decisero di internare i marinai tedeschi delle navi presenti nei porti americani e un certo numero di Italiani che erano presenti a New York per l'esposizione mondiale del 1939. Quando la Polonia , il 29 settembre del 1939 cadde, l'attenzione di Hitler si spostò su Gran Bretagna e Francia. Dapprima non ci furono  scontri sul territorio ma solo schermaglie aeree o navali, comunque in una situazione di aperto conflitto. Il 12 aprile del 1940 la Germania iniziò l' invasione della Danimarca e della Norvegia, iniziativa che si concluse dopo pochi giorni, ossia il 12 dello stesso mese. Tobias riceveva  quelle notizie, in parte tramite la corrispondenza dall'Austria, e in parte dai giornali locali. Egli le commentava sempre con i suoi collaboratori austriaci e naturalmente con il sergente. Le reazioni degli uomini erano molto diverse. Alcuni, come Tobias, erano preoccupati per la loro patria e le loro famiglie che erano rimaste a casa. Altri invece condividevano le idee germaniche e per questo Tobias decise di licenziarli e rimandarli a casa almeno finchè era possibile. Non voleva assolutamente, in un momento così delicato, essere coinvolto in qualcosa di compromettente per colpa di qualche dipendente, rischiando la sicurezza della sua famiglia, dopo aver lasciato proprio per questo motivo il suo Paese. Il 10 maggio la situazione si fece più tesa perchè la Germania, passando per il Belgio, iniziò l'invasione della Francia. Il 10 giugno Mussolini dichiarò  a sua volta guerra alla Gran Bretagna e alla Francia, dando così ragione a quanti avevano capito fin dall'inizio che Italia e Germania si sarebbero mosse assieme sulla medesima strada. Dopo pochi giorni, il 16 giugno, la Francia capitolò e questo fu un brutto colpo per gli Americani. L'atmosfera contro i tedeschi e gli Italiani divenne ancora più pesante quando si seppe che la Germania, superata la difficoltà della Francia, l' 11 agosto aveva iniziato apertamente a bombardare le istallazioni militari su territorio inglese in vista di una prossima invasione della Gran Bretagna. A quel punto gli Americani decisero di cominciare a prendere delle precauzioni, almeno per quello che riguardava il loro territorio. Il 29 giugno venne infatti promulgata la "Alien Registration Act", un importante documento ufficiale che obbligava i cittadini stranieri residenti a recarsi immediatamente presso degli Uffici Postali assegnati, e lì registrarsi con nome indirizzo lavoro e prelievo delle impronte digitali. Erano inoltre obbligati in ogni momento a comunicare ogni cambio di indirizzo. Questa procedura doveva essere ripetuta ogni anno. Tobias, con la sua famiglia e tutti i suoi dipendenti dovette recarsi presso un Ufficio Postale di Monterey. Era chiaro che ogni suo tentativo di defilarsi, allontanare l'attenzione dalla sua famiglia cambiando nome, non era servita a nulla. Seppe in seguito che per le indagini sugli stranieri, era stata mobilitata perfino l' FBI. Diversi dei suoi dipendenti austriaci erano molto nervosi e preoccupati e alcuni erano convinti che da un momento all'altro sarebbero arrivati i soldati per arrestarli tutti. Così qualche giorno dopo, un contadino, che all'inizio aveva scelto di restare, indubbiamente terrorizzato all'idea di essere rinchiuso, semplicemente, scomparve durante la notte. Era un uomo di circa 55 anni, e si chiamava Koch Kamil. Tobias, d'accordo con il sergente, decise di rischiare non denunciandone la scomparsa, dandogli così il modo di allontanarsi con più facilità. Il 26 agosto del 1940, gli Inglesi stufi di essere continuamente attaccati dagli aerei tedeschi, decisero di dare una lezione alla Germania ed effettuarono un pesante bombardamento della città di Berlino. Hitler non prese affatto bene la cosa e ordinò ai suoi generali, contro ogni loro tentativo di dissuaderlo, di spostare tutti i bombardamenti su Londra, tralasciando quasi completamente gli obiettivi militari inglesi. Ci furono delle conseguenze tremende per gli abitanti di Londra, ne morirono oltre 20.000, ma questa strategia folle costò ai Tedeschi tanti di quegli aerei che Hitler dovette rinunciare alla fine al piano di invasione della Gran Bretagna, attivando però, in alternativa, un pesante blocco navale. Tobias ed i suoi collaboratori seguivano i fatti della guerra percependo attorno a loro un clima sempre più ostile via via che il conlitto in Europa si inaspriva. Anche gli affari iniziarono a risentire della situazione. Pur se buona parte del commercio continuava all'interno degli Stati Uniti, era l'esportazione verso l'Europa che era praticamente crollata. Con il proseguire dei giorni, le notizie si susseguivano sempre più preoccupanti. Gli eserciti della Germania e dell'Italia, almeno a sentire quanto stampato dai giornali, sembravano inarrestabili. Il 30 settembre gli Italiani iniziarono la campagna d'Africa. Alla fine gli Americani fecero chiaramente capire da quale parte stavano. L' 11 marzo 1941 il presidente Roosvelt firmò un documento chiamato "Send Lease Act" con il quale egli potè trasferire alla Gran Bretagna una enorme quantità di materiale bellico allo scopo di consentirle di difendersi meglio. Intanto i Tedeschi avevano inviato in Africa l'Afrikakorp e, assieme agli Italiani, il 6 aprile avevano attaccato la Jugoslavia che capitolò il 17. Il 24 aprile anche la Grecia si arrese. Forte di questi successi, Hitler il 22 giugno iniziò l'invasione della Russia. Non tutto però sembrava andare  nel migliore dei modi. Ad esempio i giornali del 27 settembre, riportarono la notizia della sconfitta degli Italiani in Africa Orientale. L'ultimo caposaldo a cadere fu la piazzaforte di Gondar dopo una cruentissima battaglia. Il clima anti-tedesco subì un grave peggioramento quando il 29 giugno, l'FBI arrestò un gruppo di 33 pericolosissime spie che avevano inviato informazioni alla Germania per mesi. Al comando di un capitano sudafricano boero di nome Fritz Jubert Duquesne, le spie si erano infiltrate in posti in cui potevano avere accesso a importanti informazioni e, per spedire le notizie, si erano serviti perfino di una stazione radio di New York. Il clima di sospetto era diventato veramente insostenibile nei confronti dei cittadini stranieri. Sui campi di battaglia, invece, apparentemente, per i Tedeschi, le cose sembravano andare meglio. Il 4 dicembre, infatti, i giornali riportarono la notizia che essi erano giunti in vista di Mosca e si apprestavano a sferrare l'assalto finale per la conquista della città. Poi, il 7 dicembre, la situazione  precipitò.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5 calici imperatore

Capitolo 5^

Arrivò, come una mazzata la notizia del bombardamento della flotta americana a Pearl Harbour ad opera dei Giapponesi. Dopo il silenzio attonito per l'enormità e la drammaticità dell'evento, pian piano iniziò a montare la rabbia dopo aver saputo dell'attacco a sorpresa, senza nessuna dichiarazione di guerra. Un assalto che la gente definì vigliacco e disonorevole. I Giapponesi residenti negli Stati Uniti, cominciarono ad essere guardati con odio e sospetto. Tobias venne a sapere di azioni cruente nei confronti di alcune persone di origine giapponese che vivevano e lavoravano a Monterey. Anche uno dei suo lavoranti era giapponese e abitava a Salinas. Immediatamente il sergente lo accompagnò a casa dove raccolsero la famiglia e i pochi bagagli che avevano, e tornarono di corsa nella proprietà dove, almeno per il momento, erano più al sicuro. Nelle città, per strada, nei negozi, nei locali pubblici, non si parlava di altro. Si chiedeva vendetta per l'assalto proditorio. Le solite teste calde che pretendevano ritorsioni immediate e la gente, in generale, era sconvolta. Moltissimi avevano parenti o almeno conoscenti che erano stati coinvolti nell'azione. molti altri sapevano che la nazione non era preparata per una attività bellica di ampia portata e si resero conto che se avessero voluto rispondere, la nazione si sarebbe dovuta dare da fare e che non sarebbe stata una cosa tanto rapida nè facile. Tobias e i suoi uomini tentarono di portare avanti comunque il loro lavoro senza pensare a quello che accadeva fuori della proprietà. I vigneti andavano comunque seguiti per evitare che si danneggiassero. Le attività però si svolgevano con un atteggiamento molto particolare. Gli uomini lavoravano in silenzio, meccanicamente, come se fossero spenti. In realtà erano preoccupatissimi per ciò che accadeva e ciò che si diceva. E non avevano torto perchè, pochissimi giorni dopo, l'11 dicembre, la Germania e l'Italia dichiararono guerra agli Stati Uniti. Ora sì, che  forse le cose cominciavano a farsi difficili per Tobias e la sua gente. Gli Americani, iniziarono subito ad internare gli stranieri che erano stati identificati e localizzati attraverso la 'Alien Registration Act', dando naturalmente la precedenza ai Giapponesi. Anche i Tedeschi e gli Italiani furono internati in appositi campi. Nei primi giorni di dicembre passò alla tenuta il dottor Bauer per il periodico controllo del personale e soprattutto dei bambini. Non aveva il solito umore e appariva molto preoccupato e silenzioso, contrariamente al suo solito. Quando Tobias ed il sergente cercarono di farlo parlare, dapprima non ne cavarono nulla ma poi, davanti ad una bottiglia di vino, mentre beveva un buon bicchiere, tirò fuori tutto quello che si sentiva dentro. "Dopo vent'anni, all'improvviso, nessuno si ricorda nemmeno chi sono! Fanno finta di non conoscermi! Nessuno si ricorda nemmeno cosa ho fatto per la comunità! Si sono accorti solo ora che sono un tedesco. E sono pericoloso! Come una spia, un sabotatore, un assassino. Che mi sono intrufolato nelle loro case per abietti motivi! Quanti ne ho curati, di giorno, di notte, con la pioggia, senza chiedere nulla a chi non poteva pagarmi nemmeno quel minimo che io chiedo alla gente! Basta, all'improvviso, tutto cancellato. Una settimana fa mi hanno squarciato le gomme della macchina, che poi mi serviva per un intervento urgente, e sui finestrini ci hanno scritto con la vernice nera "SPORCO TEDESCO"! Stupidi! E' valsa la pena di spendersi per questa gente? Ma il bello deve ancora venire. Sapete che succede? - Si interruppe solo per un istante per vuotare con un lungo sorso il suo bicchiere - Mi internano! Perchè qualcuno, dall'altra parte del mondo decide di fare una guerra, io, che vivo pacificamente quì da vent'anni, finisco in campo di concentramento, in galera! Perchè sono un tedesco!". Tobias ed il sergente, avevano ascoltato in silenzio l'amarissimo sfogo del dottore. Capivano profondamente come si dovesse sentire. Anche loro avevano perso l'amicizia ed il contatto con quasi tutta la gente del posto. Helena ed i ragazzi, che non andavano più a scuola, ne avevano sofferto moltissimo e i clienti erano spariti. Povero dottore, non era giusto che le cose andassero in quel modo. Così il sergente che aveva preso a guardare il dottore in modo strano, disse qualcosa all'orecchio di Tobias che, prima perplesso, ma poi più deciso aveva cominciato a guardare il dottore anche lui con sguardo quasi meravigliato. Poi annuì, ma si, si poteva fare. Allora tutti e due, fecero al dottore la loro proposta folle, pazzesca. Questi all'inizio rifiutò recisamente. Era troppo rischioso. Gli altri si sarebbero messi in guai grossi per lui che era solo un vecchio. Ma alla fine, dietro le loro insistenze, accettò. Due giorni dopo, nelle vicinanze di River Oaks, a circa 15 miglia a nord di Salinas, fu rinvenuta la vecchia automobile del dottore.  Dopo una sbandata ed una inutile frenata, era caduta a muso in giù in un grosso canale di irrigazione. Il parabrezza era infranto e macchiato di sangue. Del corpo, nessuna traccia. Evidentemente, proiettato fuori dall'auto era stato preso dalla corrente e trascinato chissà dove. Nell'auto solo un scarpa, un numero notevole di bottiglie vuote e la vecchia borsa dei ferri, spalancata e quasi vuota. Chissà anche i ferri dove erano finiti. Lo sceriffo di Salinas con la sua squadra fece dei rilievi frettolosi. Tanto non c'era molto da dire, evidentemente. Un vecchio ubriacone, in procinto di essere internato, era finito con la auto in un canale, forse intenzionalmente, forse solo perchè ubriaco. Qualcuno, un giorno, magari avrebbe trovato dei resti lungo il canale ma per ora il caso era chiuso. Intanto, alla tenuta, ora era di nuovo presente Kamill Koch, come se non fosse mai andato via. Forse un po' meno giovane, con la pelle meno abbronzata, con qualche chiletto in più ma a parte gli occhiali, che ora però portava solo di rado, sembrava proprio lui. Vestiva con grande naturalezza abiti da lavoro ed abitava serenamente nel suo alloggio. 'Era' lui, tutti gli altri sarebbero stati pronti a giurarlo. Aveva comunque cambiato mansione, passando dalla coltivazione della terra al controllo della qualità del vino. Tobias ed i suoi erano stati apparentemente lasciati in pace  probabilmente perchè, da parte delle autorità, si era deciso di  scindere le responsabilità degli Austriaci e dei Coreani dalle azioni dei Tedeschi e dei Giapponesi. Per questi ultimi erano stati creati molti campi di internamento, in particolare, nelle immediate vicinanze di Salinas ce ne erano due. Uno era a nord di San Francisco, si chiamava Angel Island e non aveva affatto una buona reputazione. Un altro era stato realizzato a San Pedro, a poche miglia a sud di Los Angeles. Non era insolito vedere il traffico dei camion addetti al trasporto di merci e di persone relativo a questi due campi e la cosa innervosiva parecchio sia Tobias che la sua gente. Un'altra cosa che li innervosiva molto, era il sospetto di essere sempre sotto osservazione da parte di qualcuno, in modo molto discreto, segreto, ma si capiva che questa sorveglianza c'era ed era permanente. C'era sempre qualcuno che sostava a chiacchierare in corrispondenza dei punti di ingresso della proprietà, si vedevano delle automobili, sempre le stesse, che si spostavano lungo il perimetro della tenuta, a velocità molto bassa, come qualcuno che va a spasso senza nessuna fretta. Altri, di quando in quando, si affacciavano nei varchi della recinzione come per curiosare sulle varie attività agricole. Il punto era che le persone coinvolte non erano assolutamente delle facce conosciute, come se venissero da altri posti. Poi, una notte, verso la fine di gennaio del 1942, Tobias ed il sergente furono destati da forti grida. Erano i contadini che abitavano nella proprietà che erano stati svegliati dal tremendo puzzo di fumo e poi dalle fiamme che ormai si levavano altissime dal capanno delle macchine agricole, che si trovava al vertice nord ovest della proprietà. Dentro c'erano quattro trattori di ultimo modello che venivano usati per i vari lavori. Il fortissimo odore di carburante che aleggiava tutto intorno, faceva pensare ad un incendio di tipo doloso. Intervenendo in forze e coraggiosamente, Tobias e gli altri riuscirono a domare le fiamme non senza che queste avessero però arrecato seri danni. Due trattori erano andati completamente distrutti, mentre gli altri due, che il sergente ed un altro coraggioso erano riusciti a portare fuori malgrado le fiamme, potevano essere recuperati. Oltre al capannone, l'incendio aveva attaccato anche una ampia zona coltivata, dove per fortuna non c'erano vitigni di grande valore. Quando lo sceriffo di Salinas giunse con i suoi uomini, ormai era tutto finito. Sulle pareti del capanno però ancora si leggevano delle scritte fatte alla meglio con la vernice nera che dicevano "Morte ai Nazisti" e ad un grosso ramo di un albero adiacente, erano state appese delle robuste corde terminanti con un cappio. Se la motivazione per quell'atto era razziale, allora nessuno di loro poteva sentirsi più al sicuro. Anche difendersi diventava difficile perchè nel corso della procedura legata alla Registration Act, era stato spiegato chiaramente a tutti loro, che non erano autorizzati a possedere e tantomeno usare a nessun titolo armi da fuoco, pena l'internamento immediato. Il poliziotto si limitò a una veloce occhiata e consigliò di stare più attenti la prossima volta, magari separando il carburante dalle macchine. Malgrado gli fosse fatto osservare che il carburante era conservato in un apposito capanno piuttosto distante, lo sceriffo escluse il dolo e disse di non volere essere disturbato per quelle sciocchezze. In fondo non si era fatto male nessuno. Quanto ai cartelli, magari erano solo lo scherzo macabro di qualche ragazzino. Nessuno in quella zona aveva mai avuto atteggiamenti razzisti. Quelli della tenuta, quindi, capirono che dovevano cavarsela da soli. Le autorità locali non avevano nessuna voglia di immischiarsi in fatti che riguardavano degli stranieri e per di più tedeschi, specie a rischio di scoprire che magari in quella bravata ci poteva essere coinvolto qualche 'rispettabile' cittadino di Salinas. Forse questo grave atto, poteva essere collegato alla presenza di quelle persone misteriose che sembravano controllare la proprietà. In realtà delle armi le possedevano, lo stesso Tobias, per la sicurezza della famiglia, aveva un grosso revolver che teneva prudentemente ben nascosto nel suo studio ma che era comunque a portata di mano, ma sapevano che avrebbero potuto usarle solo in caso estremo, per il concreto rischio di essere internati. Per avere un pur minimo senso di sicurezza, quasi tutti i lavoratori si offrirono volontari per un servizio di pattugliamento notturno. Al posto delle armi avevano dei poderosi bastoni e altri attrezzi da lavoro, con la capacità e l'intenzione di usarli appena ne avessero vista la necessità. Stranamente e malgrado lo sceriffo avesse detto chiaramente che lui di ciò che accadeva in quel posto se ne infischiava allegramente, più volte, durante le notti seguenti, una auto della polizia si recò a controllare la situazione ma fu presto chiaro che la cosa che gli premeva verificare era che effettivamente il personale di pattuglia non usasse armi da fuoco. Sia Tobias che il sergente convennero che il comportamento degli agenti era quanto meno strano. Sembravano più attenti a coglierli in fallo che altro. E poi tutti e due cominciarono a pensare alla stessa cosa. Che forse i poliziotti cercavano la sicurezza che, in caso qualcuno avesse tentato un altro atto vandalico, non avrebbe corso il rischio che gli sparassero. Tutti e due tennero la cosa per sè, perchè era effettivamente un sospetto gravissimo e non se la sentivano di condividerlo con nessuno. Intanto ormai le uniche notizie che ricevevano della guerra derivavano dai giornali perchè, evidentemente, la corrispondenza con i familiari era ormai interrotta. In Russia l'esercito, a causa del disaccordo tra i vari generali e di alcuni errori tattici e di valutazione commessi da Stalin, era quasi in rotta ed i Tedeschi sembravano avanzare senza difficoltà. Il 12 maggio del 1942 arrivò la tremenda notizia che le truppe americane del generale  McArthur di stanza alle isole Filippine, erano state costrette alla resa. Caddero nelle mani dei Giapponesi 76.000 uomini di cui 12.000 Americani. La risposta del popolo fu comunque quella di reagire e cercare di restituire con gli interessi tutte le perdite subite. Molti corsero ad arruolarsi e l'industria della guerra cominciò a marciare a pieno ritmo. Gli affari di Tobias, però, continuarono ad andare sempre peggio. Parecchi clienti smisero di inviare ordini con la motivazione che in quel momento critico per la nazione, non era il caso di sperperare soldi in generi di lusso. In realtà a Tobias risultava che essi avevano semplicemente cambiato fornitore senza nessun motivo apparente. Comunque lo sforzo bellico cominciò a dare i suoi frutti. Il 5 giugno 1942, la flotta americana alla isole Midway inflisse una pesante sconfitta alla flotta giapponese, affondando, fra l'altro, le più importanti e potenti portaerei nemiche. Pochi giorni dopo, il 16 giugno, l'America inviò in Egitto in aiuto degli alleati, 300 nuovi carri armati Sherman e 100 potentissimi cannoni semoventi. Alla tenuta, intanto, le cose sembravano tornare alla normalità. Il brutto episodio dell'incendio sembrava destinato a rimanere un caso isolato ed il pattugliamento notturno, andava ora avanti più per scrupolo che per vera necessità, tanto che si era pensato di sospenderlo. E invece, il 25 giugno, al mattino, gli operai che si recavano al lavoro trovarono i due loro colleghi che coprivano l'ultimo turno di pattugliamento della notte, legati ad un albero. Erano bendati e imbavagliati ed erano stati pesantemente malmenati. Tutti e due avevano al collo un cappio ed un cartello scritto con la stessa vernice nera della volta precedente. Anche la scritta era la stessa: "Morte ai Nazisti". Non era finita, dunque. Qualcuno ce l'aveva con loro e non li avrebbe lasciati in pace. Anche questa volta lo sceriffo, sia pure davanti all'evidenza dei fatti, cercò di sminuire l'accaduto e disse comunque in tono assai poco convincente, che si sarebbe occupato della cosa. Il clima, nella tenuta, si era fatto molto pesante. Ciononostante gli operai e i contadini avevano deciso di rimanere ognuno al loro posto, sia perchè lì avevano il loro lavoro e sia perchè, se veramente qualcuno ce l'aveva con loro, sarebbero stati comunque più al sicuro nella proprietà che fuori di lì, dove sarebbero stati anche isolati. Qualche giorno dopo, si fermò davanti alla sede degli uffici della tenuta, una grossa automobile nera, una elegante Mercury Eight del 1939. Ne scesero due uomini che chiesero di parlare con il signor Mayer. Uno dei due, il più anziano, era piuttosto basso di statura e in evidente sovrappeso. Di carnagione piuttosto scura, era vestito molto elegantemente con un doppio petto grigio perla. L'altro, più giovane, era di carnagione chiarissima e molto alto. Vestiva in modo appena decoroso ed aveva con sè una grossa borsa di cuoio. Tobias li ricevette immediatamente, convinto di trovarsi davanti a dei nuovi clienti. L'uomo più anziano, si presentò invece come l'avvocato Mariano Flores e indicò l'altro come il suo assistente e segretario sig. John Perry. L'avvocato iniziò il suo discorso mantenendosi sul vago. Disse di aver osservato il posto, di aver notato la qualità del lavoro svolto, di aver apprezzato gli ottimi risultati che avevano ottenuto, la qualità di ciò che avevano prodotto. Mentre parlava Tobias si faceva sempre più inquieto. Non capiva dove l'altro volesse andare a parare ma temeva che, alla fine, la sorpresa sarebbe stata piuttosto sgradevole. Questo anche perchè il viso rotondo e i caratteri somatici dell'altro avrebbero potuto suggerire un carattere placido e tranquillo solo gli occhi, dallo sguardo freddo e penetrante, smentivano quella prima impressione. Decise comunque di stare al gioco, se non altro per sapere cosa volevano quei due, pronto, semmai, a farli mettere alla porta se ne avesse ravvisata la necessità. Offrì comunque loro qualcosa da bere, che gli altri accettarono. Fu portata una ottima bottiglia di vino e ad ognuno venne offerto un calice. Quando ebbe vuotato il suo bicchiere, esprimendo grande apprezzamento per la qualità di quello che aveva bevuto, finalmente l'avvocato si decise ad entrare in argomento: "Signor Mayer, come le ho detto, io svolgo la mia professione di avvocato nella città di Salinas e dintorni. Ho l'onore di conoscere molta gente e mi pregio dell'amicizia di persone importanti ed influenti. Forse sarà per questo, che qualcuno ha deciso di affidarmi un importante e delicato incarico. Mi occupo della sorveglianza e dei contatti con i cittadini stranieri presenti su questo territorio. lei ha realizzato quì qualcosa di straordinario, di speciale. Si vede che ci ha lavorato con passione. Naturalmente il merito va anche a tutti i suoi dipendenti, indubbiamente delle persone di valore, ognuna dedita solo al proprio lavoro. Lei ha perfino portato a circolare soldi in questo posto dimenticato da Dio. Ma, sa come è fatta la gente. Lei purtroppo è un tedesco, e le persone parlano, dicono un sacco di stupidaggini, poi magari qualcuno beve troppo.... insomma sa com'è. Si parla di nazisti, di spie....". "Di spie? - saltò su Tobias che cominciava ad averne  abbastanza di quel tipo che aveva già catalogato come farabutto e contemporaneamente, senza farsi accorgere premette un pulsante posto sotto il bordo della scrivania - Anzitutto non sono tedesco ma austriaco e poi, sappia che ho preferito abbandonare la mia patria piuttosto che avere a che fare con quella gente!"."Si, si, - replicò l'altro con fare conciliante - Non volevo assolutamente che lei capisse male. Stavo solo facendo un discorso generico. Perchè  io lo so bene che lei è austriaco e so anche che lei è una persona a posto. Lo so con certezza. Vede,  come le ho detto a causa del mio incarico mi interesso dei rapporti con i cittadini stranieri. Controllo che sia tutto a posto, verifico permessi, regolarità dei documenti, atteggiamenti nei confronti della nazione americana". A questo punto i suoi occhi si fecero di ghiaccio perchè stava trasmettendo un chiaro messaggio e parlava lentamente perchè l'altro non perdesse una parola. "Se io avessi avuto qualche sospetto sulla sua persona, o su qualcuno dei suoi collaboratori, sarebbero già arrivati i soldati e vi avrebbero immediatamente trasferito in un campo di concentramento per stranieri ostili più vicino". Ora che aveva fatto capire quanto fosse pericoloso, il suo sguardo si addolcì e Tobias cominciò ad avere veramente paura. L'altro gli aveva decisamente lanciato un chiaro messaggio che non lasciava dubbi. Voleva qualcosa e non accettava rifiuti perche' l'altro, aveva lasciato capire era completamente nelle sue mani. Da una persona simile, poteva aspettarsi di tutto. "Come dicevo - continuò l'avvocato - io so bene che lei e tutti voi siete delle persone a posto ma la gente sa com'è, ha paura, non si fida. E c'è sempre qualche testa calda, qualche agitatore che chiacchiera troppo, che fomenta. E magari una notte, dopo qualche bicchiere di troppo degli scalmanati vanno da qualche parte e bruciano un magazzino, pestano qualche poveraccio.... così. Fin'ora direi che vi è andata bene ma chissà, se la cosa si ripetesse, senza nessuna protezione da parte della polizia, magari qualcuno potrebbe farsi male davvero". Tobias che aveva chiaramente capito dove voleva andare a parare l'altro, decise di stare al gioco. "E secondo lei c'è una soluzione a questa storia?". "Ma certo, si tratta solo di trovare delle persone esperte, dei professionisti. Magari ex poliziotti o ex militari che, per  un giusto compenso, le garantirebbero la sicurezza per la proprietà e per le persone che ci abitano e ci lavorano". "Bene, allora si può fare. E, trovando queste persone, quanto mi potrebbe costare il servizio?". L'altro fece finta di pensarci un po' e poi disse una cifra di media portata. Tobias che si era aspettato di peggio, ritenne che avrebbe potuto pagarla senza rovinarsi e se con quel sistema, le aggressioni e gli atti vandalici sarebbero terminati, erano soldi ben spesi. "Lei conosce per caso qualcuno in grado di svolgere questo lavoro?"."In realtà io non mi occupo di queste cose ma posso incaricare il mio assistente, affinchè si muova in modo tale da organizzare la cosa in non più di una settimana". Ma evidentemente c'era dell'altro perchè l'avvocato continuò. A questo punto Tobias capì che non era finita. Dopo avergli fatto capire che lo teneva praticamente in pugno,  Flores si preparava a sferrare un altro colpo. "C'è un'altra cosa che posso fare per lei"  - se era dello stesso tenore dell'altra, Tobias poteva essere sicuro che stava per ricevere ancora una bella stoccata - "Signor Mayer, ho casualmente saputo che i suoi affari, per motivi che si possono anche comprendere, in questo periodo non vanno proprio al meglio, anzi, non vanno per nulla. Chissà quanta merce invenduta deve avere nei suoi magazzini". Effettivamente i magazzini, a causa della perdita dei clienti e della revoca di parecchi ordini erano pieni fino all'orlo e pur avendo le botti e le cisterne colme di vino non aveva potuto procedere all'imbottigliamento dell' ultimo prodotto con il rischio che si rovinasse di lì a poco. Ma ora Tobias ritenne di aver capito cosa era accaduto e perchè gli si era fatto il vuoto intorno. Era caduto proprio nelle maglie di un autentico serpente a sonagli. "Casualmente - continuò Flores - ho conosciuto proprio di recente, delle persone che potrebbero essere interessate a risolvere i suoi problemi. Sarebbero in grado di assorbire buona parte della sua produzione. Però, s'intende che trattandosi di amici e inoltre disposti ad aiutarla in un momento difficile, anche lei dovrebbe mostrare un po' di elasticità con i prezzi, magari con un piccolo sconto sul prezzo d'ingrosso, che sò il 35% per esempio". "Ma così non ci rifarei nemmeno le spese - obiettò Tobias che ormai si controllava a stento - Fra gli oneri, i salari e le spese varie, forse con un po' di fortuna, riuscirei ad andare appena in pari!"."Lei ha ragione, ma si tratta di superare un momento difficile. E poi immagini, se dopo aver rifiutato la generosa offerta magari il vino si rovinasse o non potesse più venderlo, allora avrebbe perso molto di più che il suo guadagno. Non è d'accordo?". Non c'era via di uscita. O vendere o perdere tutto magari a causa di un altro fortuito incidente o atto vandalico o chissà cosa. Alla fine però Tobias riuscì a ridurre lo sconto al 30% e fu in grado di ottenere che gli amici di Flores non avessero l'esclusiva e che se lui, quindi, avesse trovato altri clienti, sarebbe stato libero di commerciare con loro. L'avvocato con un sorriso di superiorità accettò e andò via dicendo che presto il suo assistente si sarebbe rifatto vivo per concretizzare tutti gli elementi degli accordi che avevano trovato. Appena fu uscito, si aprì una porta secondaria dello studio ed entrò il sergente che era stato chiamato con il suono del pulsante, perchè ascoltasse tutto quello che era stato detto nella stanza senza essere visto. Era furente tanto che Tobias, che era fuori dai gangheri anche lui, dovette invece calmarlo. Convennero che alla fine era veramente una situazione difficile. L'altro li avrebbe spolpati ben bene per quanto possibile. L'unica consolazione era che visto che per lui costituivano la 'gallina dalle uova d'oro', non li avrebbe rovinati, almeno per adesso. Comunque per il momento dovettero accettare le condizioni dell'avvocato e perfezionare gli accordi con il suo segretario che puntualissimo, dopo due giorni, era tornato proprio per definire i dettagli dell'affare. Un gruppo di persone avrebbe pattugliato per 24 ore su 24 la proprietà e almeno la metà del carico giacente nei magazzini sarebbe dovuta partire per raggiungere i nuovi clienti che si sarebbero impegnati a pagare in 60 giorni. Peggio di così non poteva andare, anche perchè erano venuti a sapere che in una piccola impresa meccanica, gestita anch'essa da Austriaci, a seguito di un rifiuto del proprietario di assecondare le richieste di Flores, il giorno stesso tutti i dipendenti ed i familiari, erano stati trasferiti senza complimenti nel campo di Angel Island, vicino a San Francisco. Solo dopo un paio di giorni, nella tenuta si resero conto che il servizio di pattuglia che ufficialmente proteggeva la proprietà  in realtà aveva anche lo scopo di sorvegliarne tutte le attività. Helena, vedendo il marito preoccupato cercava di consolarlo dicendogli che la guerra non sarebbe durata per sempre e che in fondo sarebbe potuto andare peggio. C'erano anche i due bambini che, dopo i fatti vandalici, non andavano più a scuola per prudenza, come gli altri bambini della comunità, e alla loro educazione provvedevano le famiglie medesime. I due genitori avevano preso in considerazione l'eventualità di mandare i ragazzi altrove ma, alla fine, raggiunsero la conclusione che con l'aria che tirava forse erano più al sicuro fra le mura della tenuta. Tutta colpa di quella maledetta guerra!

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 7 calici imperatore

Capitolo 6^

Continuavano a giungere le notizie dai vari fronti. il 17 luglio del 1942, i Tedeschi per motivi strategici, cinsero d'assedio la città di Stalingrado con l'intento di prendere alle spalle le armate russe che a mala pena si difendevano. Intanto anche gli Americani, intervennero in Africa, allargando il fronte. Il giorno 8 novembre 1942, allo scopo di alleggerire la pressione dei Tedeschi sugli alleati, gli Americani sbarcarono in Marocco e in Algeria secondo un'operazione chiamata operazione Torch. Nel mese di novembre e dicembre i Russi inflissero pesanti perdite ai Tedeschi che avevano perso ormai tutto il loro slancio. Nello stesso periodo il corpo di spedizione italiano in Russia venne completamente sopraffatto e i pochi superstiti  cercarono scampo in una disastrosa ritirata da cui tornarono in pochi. Intanto alla tenuta le cose procedevano in modo tranquillo. Il servizio di sorveglianza sembrava funzionare in quanto non c'erano stati altri problemi e gli amici dell'avvocato Flores pagavano la merce puntualmente, seppure a prezzi davvero molto bassi. Comunque la situazione era vivibile e non sarebbe durata per sempre. Ormai anche i ragazzi erano cresciuti. Raphael era ora un bel ragazzo alto, longilineo, con i capelli biondi ed i tratti sottili di sua madre. Aveva ora 15 anni ed era sempre appassionato di motori e macchine. Guidava il trattore meglio di un adulto ed alla fine il padre decise che avrebbe potuto rendersi utile in quel modo visto che, per motivi di sicurezza, non andava più a scuola, cosa di cui il ragazzo non si doleva affatto. Nemmeno la figlia Christina andava a scuola ma per lei era invece una ingiustizia e non riusciva a mandarla giù. Lei ora aveva 13 anni, un'età piuttosto difficile e molte poche amiche. Di corporatura più robusta del fratello ma ben fatta, somigliava al padre. Al contrario del fratello, passava molto tempo nei campi ed era affascinata dal lavoro dei viticultori relativo agli innesti. Lei stessa, a forza di seguirli ed imitarli, era divenuta abilissima. Si era messa alle costole di William Cole, che sovraintendeva ancora al controllo qualità di tutte le fasi dei lavori, a cominciare dalla condizione dei vitigni fino ad ogni fase della vinificazione. Questi dapprima l'aveva sopportata per cortesia nei confronti del principale ma poi, in brevissimo tempo aveva cominciato a nutrire una sincera curiosità per le capacità di quella ragazzina che imparava così in fretta da avere addirittura delle idee interessanti e a volte geniali circa possibili innesti e tecniche di coltivazione. Tutti e due i ragazzi non riuscivano a capire appieno la situazione che stavano vivendo. Tutti e due si sentivano americani ma sapevano bene di essere nati in un altro Paese. E proprio quel Paese, ora era apparentemente a fianco di quelli che avevano provocato questa guerra con morti e feriti da tutte le parti. Potevano capire che la gente del posto avesse del risentimento nei loro confronti, ma lo ritenevano profondamente ingiusto. Fino a poco tempo prima, erano amici di tutti e andavano d'accordo con tutti e poi, d'improvviso, dovevano quasi nascondersi. I genitori cercarono di spiegare loro la situazione ma i ragazzi avevano difficoltà ad accettare le cose. Queste discussioni poi facevano  tornare sempre in mente a Tobias e ad Helena che loro, in Austria, avevano sempre le loro famiglie, di cui non avevano saputo più nulla. Per evidenti motivi, si pensò che le vacanze di Natale del 1942 sarebbero passate un po' in sordina, anche se tutti nella proprietà cercarono di darsi da fare perchè almeno i bambini e i ragazzi presenti nella tenuta non si sentissero troppo soli, dopo essere stati isolati da quelli 'fuori'. Poi però pensarono che se proprio dovevano 'fare gli Austriaci', allora tanto valeva farlo fino in fondo! La grande sala del reparto spedizioni, fu addobbata con festoni e stelle di Natale. In un angolo, un enorme abete con tutte le decorazioni  e le candeline. Era stata allestita una lunghissima tavola, capace di ospitare almeno un centinaio di persone. A fianco dell'albero, i giovani della comunità si erano sbizzarriti, allestendo un bel Presepio con tutti i pupazzi che erano riusciti a trovare o costruire. La sera di Natale, si riunirono tutti in un'atmosfera di grande trepidazione. Dalla cucina, che era stata allestita a fianco del salone, iniziarono ad arrivare le vivande. Si cominciò con le tradizionali 'frittatensuppe' e la 'griessnockerlsuppe' che furono accolte con un grande applauso e presto spolverate. La stessa sorte toccò ai secondi piatti. Gans, oca con mele, castagne e gnocchi di patate o farcita ai krauti. Per chi preferiva il pesce, vennero serviti piatti di carpa con verdure e carpa al vino rosso, il tutto innaffiato dal miglior vino disponibile. Tutti i commensali erano tornati a parlare naturalmente l'Austriaco, dapprima in modo quasi casuale poi, in modo sempre più ostentato, forse per sentirsi più vicini alla loro Patria lontana o per sfida a quel Paese che, seppure all'inizio li aveva accolti benevolmente, ora li trattava come indesiderabili. Alcuni ragazzi più giovani, avevano addirittura difficoltà a capire la lingua. Al momento del dolce, furono accolte con applausi le torte della tradizione. Vennero servite la 'kaisershmarron' e la 'sachertorte' guarnite con 'bratafte', le mele dolci al forno, a volontà. Alla fine della cena, tutti cominciarono a ricordare le festività passate . Allo scoccare della mezzanotte, si ritrovarono commossi davanti al Presepio, mentre i quattro bambini più piccoli mettevano al suo posto il Christkindl, il Bambinello, e intonarono l'inno Still Nacht, molti, fra cui Tobias, con qualche lacrima, pensando ai parenti lontani o a qualche fantasma del passato.  Fu una bellissima festa. ll Capodanno del 1943 passò senza fatti particolarmente eclatanti. La vendemmia era andata bene ed anche tutti i passi successivi. Il vino era nelle botti ed ora restava da imbottigliare quello che sarebbe stato venduto di lì a pochi mesi. Certo, non era una gran prospettiva quella di lavorare tanto per  raccogliere le briciole, visto il ristrettissimo guadagno che consentiva la vendita agli amici dell'avvocato Flores, ma si trattava in ogni caso di andare avanti, di sopravvivere, in attesa che la guerra in qualche modo terminasse, tanto, clienti nuovi non si sarebbero presentati. Era chiaro che la manovra veniva tutta da Flores. Fu pertanto una sorpresa quando, alla fine di gennaio, si fermò davanti agli uffici, con una frenata ad effetto, una auto sportiva, una Buick Super coupè del 1940. Ne scese agilmente un uomo con un elegantissimo cappotto di cammello e con un ampio berrettone con visiera. L'uomo chiese di vedere il 'capo' e la segretaria lo inviò all'ufficio di Tobias. Fu per questo una grossa sorpresa perchè, dopo aver bussato alla porta, entrò nell'ufficio una faccia conosciuta. Il buonumore di Tobias per aver riconosciuto il nuovo entrato che si era presentato con il suo solito sorriso smagliante e la mano tesa, non durò molto. Si trattava infatti di Henry Dowson, il gangster, o almeno così gli avevano detto. Strinse comunque la mano al nuovo arrivato e gli fece cenno di sedersi. Gli venne da pensare che quella poltrona davanti alla scrivania, da un po' di tempo accoglieva degli emeriti farabutti. Però, nel caso di Dowson, non capiva il perchè, ma non riusciva a provare vera diffidenza o astio. In qualche modo, gli era simpatico e comunque in affari, con lui, si era sempre dimostrato un vero gentiluomo. "Allora, caro signor Myer, come vanno le cose? - esordì il visitatore. Tobias notò che aveva usato il nome 'americanizzato'. - So che per l'uva avete avuto una buona annata". "Si, non mi posso lamentare ma questo cosa interessa a voi?"."Ah, signor Tobias, si dimentica che siamo stati in affari per un pezzo, prima dello scoppio della guerra. Ed ora? Lei si dimentica dei suoi vecchi clienti?"."Lei vuol dire che sarebbe interessato ad acquistare di nuovo i nostri prodotti? Credevo che la guerra avesse fatto diminuire di molto la richiesta dei nostri vini"."Chi glielo ha detto, quella carogna di Flores?"."Lo conosce?"."Sta scherzando? Chi non conosce quel lurido bastardo? Se si vuole sopravvivere nel mondo degli affari e soprattutto in queste zone, è meglio sapere tutto di quelli che ci lavorano e, mi creda, Flores è uno dei più pericolosi e scorretti. E quel suo assistente poi? Quello è il personaggio da tenere più in considerazione perchè, ad un cenno del suo principale, è disposto a qualsiasi efferatezza. In qualche modo, brigando, ricattando, imbrogliando l'avvocato è riuscito a farsi dare quell'incarico governativo che gli consente di spremere gli stranieri a suo piacimento"."Lo so bene, è passato anche di quì"."Mi è stato detto. Scommetto che nella sua proprietà ci sono stati un paio di episodi sgradevoli come un incendio, un pestaggio di operai, un danneggiamento di attrezzature. Poi le si è fatto il vuoto attorno ed i suoi clienti sono spariti. E dopo un pò si fa vivo Flores e le consiglia una protezione di gente in gamba e le trova dei nuovi clienti. E' così che è andata?". "E' esattamente così. E'successo spesso anche ad altri?". "Praticamente a tutti i cittadini stranieri che poteva minacciare o ricattare. Ed alcuni, da cui non era possibile o non è riuscito a spremere nulla, sono serviti egregiamente come esempio, mandati dalla mattina alla sera al campo di internamento"."Lo sospettavo, ma cosa è venuto a fare quì da me, non certo una visita di cortesia"."Effettivamente sono venuto anche per osservare la situazione. Mi hanno colpito molto le persone che vi proteggono. Guardie il giorno e incendiari la notte, organizzati da John Perry"."Voi dite che sono gli stessi? Effettivamente lo sospettavo". "Ora il punto è che mentre la guerra va avanti, la gente, almeno 'certa' gente, non ha rinunciato a divertirsi. Continua a mangiare e a bere, a bere soprattutto, e in certi ambienti i clienti sono piuttosto esigenti. A me serve il meglio e perciò sono quì da voi. Con la guerra purtroppo il canale di approvvigionamento europeo si è interrotto e l'unico che conosco, in grado di produrre un vino capace di competere con quello europeo è lei.  Sarebbe disposto a correre il rischio di rientrare in affari con me?". "Beh, con Flores ho tenuto a specificare che non avrei dato l'esclusiva ai suoi clienti e, perciò, mi ritengo libero di vendere a chi voglio io"."Badate, vi devo avvisare per correttezza. Con l'avvocato non sarà uno scherzo. Potrebbe prenderla male. Tenete presente che mentre loro pagano il vostro vino a prezzi vergognosi, lo rivendono a prezzo pieno guadagnandoci moltissimo"."Si, lo credo anche io ma allo stesso tempo non mi farà nulla di male, anche perchè gli frutto dei bei soldini ogni mese"."Allora siamo d'accordo. Per ogni cassa  di vino io le pagherò il prezzo pieno, in contanti e alla consegna". Si dettero la mano e conclusero un patto vantaggioso per tutti e due. I clienti dell'avvocato, avrebbero avuto metà della produzione ma l'altra metà sarebbe andata a Dowson. Il sergente non sembrò ottimista sull'esito di questa trattativa. Intanto perchè aveva sentito parlare di Dowson e non certo in termini positivi e poi sospettava che l'avvocato non avrebbe gradito l'iniziativa. Le consegne avvennero comunque puntuali e Dowson pagò come stabilito il prezzo pieno e in contanti. Tobias fece presente che non potevano limitarsi a sopravvivere ma che avevano bisogno di soldi per le manutenzioni, la sostituzione dei pezzi rotti delle attrezzature, e poi, con la guerra, i prezzi di ogni cosa erano saliti notevolmente. A metà febbraio, Flores si presentò di nuovo, accompagnato dal suo inseparabile assistente. Questa volta il sergente volle essere presente al colloquio e non ci fu modo di dissuaderlo. Dovette comunque promettere che non sarebbe intervenuto se non interpellato, qualsiasi cosa fosse accaduta. L'avvocato si sedette nella solita poltrona e con tono veramente afflitto iniziò a parlare:"Caro signor Mayer, sono rimasto veramente colpito e addolorato da quello che è accaduto! Io a volte non so proprio cosa fare con voi stranieri. Non è forse vero che mantengo quì tutta la vostra comunità, non ho fornito forse un servizio di protezione che vi salva da attacchi vandalici di qualche matto pericoloso? E quando ho saputo che avevate difficoltà economiche, non vi ho forse trovato dei clienti che vi hanno salvato dalla bancarotta?" - Quì fece una pausa come per raccogliere le idee mentre Tobias, apparentemente impassibile ascoltava, temendo la prosecuzione del discorso. E con ben altro tono, rispetto a prima, quasi gridando e alzandosi a metà sulla poltrona - "E lei cosa fa per ringraziarmi? Cosa fa? Si mette in affari con un gangster! Con una persona che ha pendenze con quasi tutti gli stati d'America! Un mascalzone, un farabutto della più bell'acqua" - Uno come te, pensava Tobias, più preoccupato dall'espressione del sergente che pareva voler saltare alla gola di Flores da un momento all'altro che per le velate minacce dell'avvocato - "E ora che facciamo? - chiese questi più che altro per retorica - Come ne usciamo? Per una cosa del genere, potrei sbattervi tutti in campo di internamento. Tutti!"."Sono sicuro che un modo per rimediare lei sapra' trovarlo" - disse Tobias con voce incolore, rassegnato a chissà quale richiesta di Flores. "Certo, il modo si trova sempre. Per fortuna che io, come avvocato, conosco i modi per tappare le magagne della gente che agisce con superficialità, come voi". Tobias dovette trattenere Beker per un braccio prima che si gettasse sull'avvocato e disse invece con voce spenta e rassegnata:"Allora cosa dobbiamo fare, secondo lei". "Ah, bene, vedo che ha capito e che accetta di seguire i miei consigli - Tobias in realtà doveva essere grato al sergente perchè, impegnato a trattenerlo, non poteva pensare a saltare direttamente alla gola di Flores per strangolarlo con le sue mani   - Quì ci vuole un gesto, un gesto importante. Un gesto di buona volontà". "Ossia?". "Beh, un bel gesto patriottico, naturalmente, che possa far orientare di nuovo benevolmente l'opinione pubblica nei suoi confronti. Ha sentito parlare dei Buoni di Guerra?". Certo che Tobias aveva sentito parlare dei buoni di guerra o del 'prestito d guerra' come lo chiamavano alcuni. Pressato dalle spese legate al fatto di dover allestire un esercito efficiente e in fretta, il Governo aveva emesso dei buoni che venivano continuamente e ininterrottamente proposti ai cittadini americani, affinchè li sottoscrivessero. Per promuoverli, avevano perfino fatto tornare dal fronte coloro che si erano distinti nelle varie battagli combattute e facevano tenere loro delle conferenze con ottimi risultati. "Bene - riprese Flores - io le propongo l'acquisto di un certo numero di buoni, certo per una cifra discreta. Sennò il gesto che peso avrebbe?"."Di che cifra stiamo parlando?"."Beh, pensavo almeno..... 3000 dollari!". "Cosa? Pezzo di mascalzone!" - Tuonò Beker facendo l'atto di saltare addosso a Flores. Si udì, come a sorpresa, la voce piatta e atona dell'assistente  "Calmo, amico, pensa bene a quello che fai!" - mostrando il calcio di una grossa pistola che era estratta a metà dalla sua fondina. "Fermo Beker. Flores ha ragione. - intervenne Tobias, valutando che avevano contro tutte le carte. Avrebbero potuto sparargli e cavarsela senza alcun problema. Non era in quel modo che si poteva risolvere la situazione di quello sfruttatore. Con atteggiamento che non ammetteva repliche prese il sergente per un braccio e lo accompagnò alla porta. -"Qui basto io - gli disse. E poi rivolto a Flores - Va bene allora. Aiutiamo il Paese a combattere. Come sistemiamo la cosa?". L'avvocato che dopo lo scatto del sergente aveva mostrato viva agitazione, ora si era calmato e, valutato che aveva di nuovo tutto sotto il suo controllo, rispose calmo : "Nessuna formalità. Lei dà a me i 3000 dollari in contanti, ed io provvederò all'acquisto. Tutto quì". Tobias non poteva che accettare e quindi fissarono un ulteriore appuntamento per perfezionare l'accordo. Anche se lui non ne aveva parlato in famiglia della questione di quello sfruttatore, , sua moglie Helena, aveva capito che qualcosa non andava. Lo vedeva sempre preoccupato e teso, ma lui le diceva che il suo umore dipendeva dalla guerra. Era vero che loro ormai si sentivano americani, ma rimaneva il fatto che la loro origini erano europee, austriache. Fino a pochi anni prima avevano vissuto in Austria, con i loro parenti, con i loro amici. Forse erano proprio alcuni di loro che in quel momento stavano vivendo le tremende vicissitudini di cui parlavano i giornali in quel periodo. Infatti il 2 marzo 1943 la 6^ armata tedesca stremata, esausta fu costretta alla resa a Stalingrado. Una reazione tedesca, il 15 marzo, per cercare di arginare l'avanzata dell'esercito russo, sembrò all'inizio avere successo ma poi, nei mesi successivi, i Tedeschi iniziarono a indietreggiare. Gli affari nella proprietà proseguivano ora alla meno peggio. Le forniture, quasi in perdita agli amici dell'avvocato, venivano appena bilanciate dai guadagli ottenuti con la vendita di modeste quantità di merce a Dowson, bilanciate da qualche ulteriore acquisto di buoni di guerra che però Tobias non aveva mai visto. Alla fine Flores aveva capito che la vendita del vino a Dowson poteva essere più conveniente per lui, perchè il denaro estorto con la scusa dei Buoni di Guerra finiva direttamente nelle sue tasche, piuttosto che in quelle dei suoi amici. Però con questi ultimi, alla fine, qualcosa doveva essere andata storta inducendolo a cambiare atteggiamento.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7b calici imperatore

Capitolo 7^

 Tobias venne infatti a sapere che alcuni uomini di Flores avevano fermato i camion di Dowson, distruggendone il carico, al punto che quest'ultimo aveva deciso di scortare personalmente i mezzi.  Intanto alla tenuta le cose comunque procedevano. Tobias aveva a cuore soprattutto la sorte di quelle persone che lui aveva cominciato a considerare 'la sua gente', non tanto con un atteggiamento paternalistico e di comando ma con un senso di grande responsabilità nei loro confronti per averli portati in quel posto, dopo avergli promesso pace, prosperità e possibilità di migliorare. E naturalmente per la sua famiglia, a cominciare dai suoi figli. La moglie Helena si era rivelata una donna eccezionale, dotata di grande carattere e capacità decisionale. Non solo, spesso era lei che, dopo aver capito tutto ciò che era accaduto con Flores, lo consolava e lo stimolava ad andare comunque avanti, e per la sua abilità, le donne della comunità avevano imparato a consultarla per avere consigli e sostegno. I due figli, apparentemente avevano trovato una loro strada. Christina procedeva con il suo lavoro sul campo, provando vari innesti per rafforzare i vitigni e giocare sapientemente con i sapori sempre supportata da William Cole, il capo enologo, affascinato dalle iniziative di quella ragazza che, da allieva, ora era diventata una discreta esperta. Raphael, sempre interessato da tutto ciò che era meccanico, si occupava delle macchine e dei motori della tenuta, con vera passione. Da quando poi aveva veduto dei vecchi aerei utilizzati per irrorare i campi con le sostanze necessarie alla cura dei vigneti, gli era presa la fissazione del volo e apparentemente pensava solo a quello e parlava sempre di quello. Naturalmente Tobias era contrario a qualsiasi iniziativa in merito. Dovevano muoversi con i piedi di piombo e attenti a non dare nell'occhio con strane iniziative. Malgrado ciò si accorse che Raphael usciva spesso con il furgone della tenuta con la scusa di collaudare il motore e rientrava dopo due o tre ore molto eccitato. Così un pomeriggio che lo vide uscire, verso la fine di marzo, lo seguì per vedere in cosa consistesse effettivamente quel collaudo di cui il ragazzo parlava sempre. Ci rimase malissimo quando, dopo una decina di chilometri verso sud, raggiunsero una aviosuperficie alla periferia di una cittadina di nome Spreckels. Tobias, tenutosi a debita distanza, vide il ragazzo scendere dal furgone e correre verso un vecchio aereo biplano Avro 504, colore verde oliva, residuato certamente della prima guerra, con il motore già in moto. Lo vide scambiare qualche parola con qualcuno che era già seduto nella carlinga, nella postazione posteriore. Poi prima che riuscisse ad intervenire, Raphael era già salito a bordo e l'aereo aveva cominciato a rullare sulla pista. Con un rumore del motore quanto meno incerto, il vecchio aereo, dopo un brevissimo rullaggio, si sollevò da terra e iniziò a prendere quota con un'ampia virata verso destra. Allora, ecco i collaudi, pensò Tobias. Diavolo di un ragazzo. Ed ora, come doveva comportarsi? Si guardò attorno e vide un vecchio capannone con a fianco un ufficio con ampie finestre vetrate piuttosto sporche. All'interno vi regnava un disordine sovrano, con pile di fogli di carta, bottiglie vuote, oggetti vari e un vecchio divano che suggeriva l'idea fosse usato spesso per dormirci sopra. Nel capannone si vedevano alcuni aerei, tutti apparentemente molto datati e una zona con macchinari e pezzi smontati, di certo la parte dell'officina. La pista, era in terra battuta e non sembrava nemmeno in ottime condizioni. Rivedendo quell'aereo particolare volare nel cielo, sentì tornargli alla mente dei brutti ricordi di molti, moltissimi anni prima. Ricordò la trincea, il fischio delle bombe sganciate dagli aerei, il terrore dei mitragliamenti a bassa quota. Era infatti proprio quel tipo di aereo, che gli Inglesi utilizzavano di solito per l'addestramento dei piloti, che era stato usato contro le truppe austriache negli ultimi periodi della guerra nella zona del Piave. E Tobias lo ricordava bene. Si premette per un attimo le mani sugli occhi per avere il tempo di cacciare quei tremendi fantasmi e tornare con la mente alla situazione più urgente. Suo figlio a bordo di quel trabiccolo, nel cielo. Dopo alcuni minuti riuscì a vedere di nuovo l'aereo che, allineatosi con la pista, si accingeva ad atterrare. L'aereo toccò il suolo e dopo un paio di rimbalzi ed una breve corsa si arrestò. Raphael, che aveva visto e riconosciuto il padre sui bordi della pista, scese dall'aereo togliendosi un casco di cuoio piuttosto usurato e corse verso di lui. Poi restò fermo, in attesa che il padre parlasse, pronto a subire una solenne sgridata. Invece Tobias che era una persona concreta si limitò a chiedere: "Da quanto va avanti questa storia?". "E' solo da un mese, papà, ma sono diventato bravo! L'aereo lo pilotavo io!". Incredibile, pensò Tobias, un ragazzo di sedici anni che in un mese impara a pilotare un aereo. Poi, di nuovo, pensò ad altri ragazzi, molti anni prima, che si alzavano nel cielo con lo stesso sguardo esaltato che vedeva negli occhi di suo figlio, e che non tornavano più. In quel mentre, li raggiunse un uomo molto anziano, magrissimo, con il volto scavato e degli strani capelli ricci di colore indefinibile. Appariva estremamente trasandato ma inspirava uno strano senso di simpatia. Tobias, ignorando la mano tesa che l'altro gli aveva porto, quasi lo aggredì :"Lo sa quanti anni ha questo ragazzo? E lo sa che il padre, cioè il sottoscritto, non vuole assolutamente che voli su uno di questi trabiccoli?". L'espressione dell'uomo si fece di colpo dura. "Quali trabiccoli? Non si permetta!" Quasi avesse perso il controllo, afferrò Tobias per un braccio e letteralmente lo trascinò verso il vicino aereo senza che potesse opporre resistenza."Guardi se questo è un trabiccolo! Questo è un signor aereo e bello robusto. Magari non è nuovo, ma è perfetto!". E cominciò a mostrargli tutti gi elementi dell'apparecchio. Effettivamente la manutenzione appariva impeccabile. La fusoliera e le ali apparivano riparate in più punti ma le falle erano state coperte ed il tutto riverniciato. I tiranti che controllavano gli impennaggi erano ben tesi e lucidi. Gli interni erano pulitissimi ed il motore era lucente. Per Bacco! La cura era stata condotta quasi a livello maniacale. Dopo quel tour 'obbligato' Tobias riuscì finalmente con uno strattone a liberare il braccio dalla stretta ferrea dell'altro che sembrava andasse calmandosi. "Va bene, va bene, gli aerei sono a posto ma mio figlio ha solo 16 anni. Come le è venuto in mente di farlo salire sul'apparecchio e di farglielo pilotare per giunta!"."Perchè suo figlio ha un talento naturale per il volo e per i motori. La prima volta che è arrivato quì, di certo per curiosità, io stavo riparando un motore. Non solo mi ha aiutato ma, dopo qualche informazione che io gli ho fornito, ha praticamente messo a punto e su un motore che non aveva mai visto. Incredibile, proprio perchè ha 16 anni!"."Lo sa che siamo austriaci? Cosa ritiene che la gente penserebbe sapendo che uno 'straniero ostile' gli svolazza sulla testa? Magari a un bell'atto di spionaggio? Lo sa che la nostra situazione è legata ad un filo e che, al primo sospetto, finiremo dritti dietro ad un filo spinato tutti quanti?". Si pentì subito di aver detto quelle cose davanti al figlio che aveva assunto un'espressione estremamente sorpresa e preoccupata, ma ormai il danno era fatto e tanto prima o poi lo sarebbe venuto a sapere."Scusi - disse l'uomo - non avevo pensato a tutto questo. Io qui vivo quasi fuori dal mondo, passo più tempo in aria che con i piedi per terra. A volte non mi rendo conto di come stanno le cose attorno a me perchè, da lassù, è tutto più bello, più pulito. Se permette, mi chiamo Peter Moran e sono un vecchio pilota. Quando suo figlio è venuto qui, abbiamo cominciato a parlare di motori, di macchine e di aerei. Mi era sembrato quasi naturale portarlo con me a fare un giro. Poi è tornato e si è prestato per fare piccoli lavoretti, e così, poichè le mie finanze non sono davvero floride, lo ripago così, insegnandogli a pilotare un aereo. Ha visto di cosa è capace?". Tobias che si era calmato, ora tese la mano al vecchio pilota e rispose più disteso: "Si, l'ho visto, in special modo quando, in atterraggio, ha cominciato a rimbalzare come una palla sulla pista. Meno male che i suoi aerei sono robusti!". Osservò Raphael che era arrossito violentemente. Poi il ragazzo, preso coraggio, disse :"Papà, lo sai che il signor Moran esegue anche le irrorazioni dei campi con il suo aereo? Non pensi che ci potrebbe servire per spargere  le sostanze sui nostri vigneti?". Effettivamente poteva essere una buona idea. Per le varie operazioni di aspersione del terreno venivano adoperate notevoli risorse e per lungo tempo. Si riservò di pensarci. Sapeva bene che ormai, proibire al figlio di frequentare quel posto, era completamente inutile. In fin dei conti non faceva nulla di male e poi, esauriti i suoi compiti alla tenuta, avrebbe impiegato utilmente il suo tempo. Si fece promettere dal vecchio aviatore e da Raphael che il ragazzo non avrebbe più dovuto volare senza il suo permesso, tanto per salvare la faccia, perchè conoscendo il carattere di suo figlio, sapeva bene che valore poteva avere quella promessa e tornò verso i vigneti, valutando seriamente l'opportunità di usare un aereo per il trattamento delle coltivazioni. Seppe che effettivamente altri coltivatori della zona lo usavano con piena soddisfazione e quindi alla fine dette l'incarico a Peter Moran. Ufficialmente, solo per facilitare il carico delle varie sostanze chimiche nei serbatoi dell'aereo adibito al lavoro, Raphael con una pala meccanica, riuscì a ricavare una sorta di pista di atterraggio e decollo in una zona interna alla proprietà. Tobias fece finta di crederci e mostrò di non accorgersi che, ogni volta che l'aereo, fatto il carico delle varie sostanze da irrorare,  prendeva il volo, il ragazzo sgattaiolava a bordo. Era convinto che in effetti fosse il figlio a pilotare mentre il vecchio pilota si limitava a controllare il lavoro che comunque veniva svolto in modo preciso e meticoloso. Va bene, pensò che imparare a pilotare un aereo poteva sempre tornare utile. Confinante con i suoi terreni, a sud, c'era un bell'appezzamento di sei ettari, pianeggiante, regolare, che a suo tempo Tobias aveva cercato di acquistare. Purtroppo il suo proprietario, un uomo ormai vecchio, di nome Jonas McEwan, non aveva mai voluto rinunciarvi. Egli aveva capito il valore che per il vecchio aveva quel terreno e non aveva insistito. Aveva infatti saputo, fra le altre cose che, vicino alla casa, in una valletta riparata dagli gli alberi, il vecchio Jonas, assieme alla moglie, avevano seppellito la figlia Mary, morta nel 1926, all'età di 16 anni, per una violenta polmonite trascurata. Sul terreno c'erano delle coltivazioni di vario tipo e anche parecchi filari di vite del vitigno Alexander che però non apparivano molto curati perchè l'uomo, per l'età avanzata e gli acciacchi, ormai non riusciva a seguire tutto. Nel tempo erano diventati buoni conoscenti e in alcuni casi si erano scambiati dei favori. A metà del mese di aprile, Tobias venne a sapere che purtroppo il vecchio Jonas, mentre lavorava nei suoi campi, era caduto battendo la testa ed era morto senza riprendere mai conoscenza. Al funerale, cui parteciparono diverse persone della tenuta, c'era solo la  moglie Margaret, di diversi anni più giovane, perchè ormai non avevano più parenti ne' amici. Fu Helena che in quella circostanza, con le sue amiche, si occuparono della povera donna, cercando di consolarla e di aiutarla per quanto possibile. Qualche giorno dopo il funerale, la vedova chiese di palare con Tobias. Appena possibile, lui andò a trovarla nella sua modesta casa. Notò dei mobili piuttosto usurati, una grande austerità negli arredi e molte vecchie fotografie incorniciate su una mensola, tutto però estremamente pulito ed in ordine. La donna, che appariva distrutta dal dolore, entrò subito in argomento. Gli disse che il marito aveva sempre nutrito una grande stima nei suoi confronti e gli dispiaceva di non avergli venduto il terreno che però, per lui, rappresentava tutta la vita e senza il quale non avrebbe più avuto uno scopo. Tobias rispose che aveva compreso appieno la situazione e per questo non aveva più insistito per l'acquisto. Ora però, evidentemente, le cose erano cambiate e gli confidò che il marito aveva espresso più volte il desiderio che, se gli fosse accaduto qualcosa, il terreno fosse ceduto a Tobias. Per la proprietà la donna gli chiese 8000 dollari. Effettivamente la terra li valeva tutti, anzi probabilmente di più. Questi rimase molto commosso e disse alla donna che ci avrebbe pensato. In effetti quel terreno gli sarebbe piaciuto ma al momento, messo alle strette dalle continue richieste di denaro da parte dell'avvocato, non era sicuro che fosse in grado di effettuare quell'acquisto. Quando parlò della cosa con Helena, questa obiettò : "Povera donna, mi fa proprio pena! Lo sai che è rimasta sola al mondo? Anche se è l'ultima cosa che vorrebbe, purtroppo è costretta a vendere. Deve affrontare molte spese, a cominciare dalle tasse sul terreno. Se non l'aiutiamo noi, rischia di essere raggirata da qualche farabutto che le prenderà il terreno per un pezzo di pane e la butterà in mezzo alla strada. Qualcuno come il tuo caro avvocato insomma!"."E' proprio per il mio caro avvocato che non posso affrontare spese impreviste! Con i soldi che ci estorce ogni mese, con i magri guadagni che otteniamo dalla vendita del vino, praticamente stiamo a galla solo per i soldi che ci dà Dowson! 8000 dollari sono una bella cifra! Sai che avevamo stabilito di non toccare il capitale"."Permettimi solo di parlare con la signora McEwan. Ho un'idea che potrebbe anche funzionare.". Tobias, che si fidava ciecamente di lei, fu d'accordo. Aveva piena fiducia in sua moglie che forse aveva intravisto qualche possibilità che a lui era sfuggita e poi chissà che, parlando fra donne, non raggiungessero un qualche valido accordo. L'elemento che aveva fatto riflettere Helena era che la signora McEwan le aveva confidato, durante il funerale, di essere sola al mondo e di non aver altro posto dove andare se non in qualche terribile ospizio. L'accordo fu presto trovato. Poichè, alla fine, a Tobias la casa non interessava, la signora avrebbe continuato ad abitarci vita natural durante, come se fosse ancora di sua proprietà. Avrebbe quindi continuato a vivere nella sua casa e nel suo terreno. Il personale della tenuta avrebbe provveduto a  tutti i lavori necessari per la manutenzione e i lavori agricoli che si sarebbero intrapresi a discrezione di Tobias, che si sarebbe inoltre occupato di pagare tutte le tasse. La cifra pattuita per l'accordo, a questo punto era di 5000 dollari. Naturalmente, per ora, l'accordo rimaneva segreto perchè giustamente Tobias ritenne fosse meglio non dare nell'occhio con affari immobiliari che avrebbero potuto far nascere strane idee nella mente contorta di qualcuno. Alla fine, un buon accordo, forse più per la donna che per lui. Infatti ora si trattava di stabilire come utilizzare quel nuovo appezzamento. Fu proprio Willam Cole che gli suggerì la soluzione. Entrò nel suo studio con una bottiglia senza etichetta ed un paio di bicchieri per sottoporre al palato di Tobias un vino nuovo, un vino particolare. Prima di assaggiarlo, Tobias ne versò un pochino nel bicchiere, lo osservò in trasparenza e lo annusò a lungo perchè non riusciva a dargli una collocazione fra i vini che producevano. Il colore era un delicato rosè, mostrava un moderato perlage, per cui appariva frizzante ma non troppo e l'aroma era particolare, suggeriva un sapore secco ma speziato. Con uno sguardo vago a Cole, si decise ad assaggiarlo. Il gusto lo sorprese. Fresco, delicato e frizzante al punto giusto. All'assaggio appariva secco ma il retrogusto, come un sapore di noce moscata, lasciava in bocca un buon sapore. Senza quasi pensarci, ne versò un altro bicchiere, più abbondante questa volta, e lo bevve completamente. Cole che ridacchiava, gli disse: "E' quello che ho fatto anche io la prima volta che l'ho assaggiato."."Ma..... lo produciamo noi? E' roba nostra?"."Ma è buono o no? Che ne pensa?"."E' ottimo! Ma quanti gradi ha e soprattutto, da dove viene fuori?"."Mi dispiace veramente dover ammettere che non è farina del mio sacco. Se permette, il responsabile è qui fuori ed aspetta il responso per sapere se può entrare o cambiare attività"."Come cambiare attività! Ma fatelo entrare, gli voglio fare i complimenti!". Figurarsi come rimase quando, dopo che Cole ebbe aperto la porta ed ebbe chiamato qualcuno che aspettava fuori, vide entrare..... Christina. "Questa diavoletta - disse Cole - a forza di trafficare con gli innesti ha tirato fuori questo risultato!E tutto da sola! Credo sia da più di un anno buono che ci lavora sopra!"."Beh, che dire? Credo sia un magnifico risultato. Ma come ti è venuta l'idea?"."Ho pensato che mentre voi uomini gradite un vino dal sapore forte e deciso, - iniziò la ragazza con piglio di una donna matura - magari una donna può avere piacere a bere un vino più leggero, più gentile e magari fresco e moderatamente frizzante. Così, utilizzando un vitigno di base che è l'Alexander, ci ho innestato vari vitigni con le caratteristiche che mi servivano. Alla fine ho selezionato il Blaver Wildbacher che voi utilizzate per ottenere il vino Schicher di colore rosato e ne ho ingentilito il sapore con il Beerenausleese che ha dato anche la base frizzante. Il tutto con una gradazione contenuta. Infatti è fra i nove e i dieci gradi"."Ma questo è un lavoro fra l'alchimia e l'ingegneria!". Esclamò ammirato Tobias che, per quanto esperto, non avrebbe mai pensato a quella soluzione. "Guarda caso, sul nuovo terreno abbiamo diversi filari di Alexander!  Si tratterà di rinforzarli e poi di procedere con questo esperimento. Vale la pena di tentare". Così il nuovo terreno venne affidato a Christina e ad una squadra di volenterosi operatori i quali, conoscendo l'abilità della ragazza, non ebbero nessuna obiezione a dipendere da una persona così giovane. La prima cosa che però la ragazza saggiamente volle fare, fu di andare a trovare la vecchia proprietaria. La signora apprezzò molto il gesto e la prese subito in simpatia. Disse alla donna cosa intendevano fare ed essa si rassicurò molto sentendo che in realtà la proprietà non sarebbe cambiata molto. Sarebbe stata solo intensificata la coltivazione della vite. D'altronde quel terreno aveva dei luoghi veramente speciali. C'era un torrente che proveniva da una cascatella e per un certo tratto scorreva fra gli alti alberi e alcune aree dove era bellissimo fermarsi e anche solo per ascoltare la natura, fra i profumi degli alberi, dell'erba, dei fiori. La signora disse che in realtà loro erano i nuovi padroni e potevano fare quello che volevano, solo era un pò preoccupata per la tomba della figlia. Christina che non ne sapeva nulla, chiese di visitarla e, raggiunto il luogo, non molto lontano dalla casa, rimase molto colpita dall'atmosfera quasi sospesa di quel luogo particolare in mezzo agli alberi e si commosse per la sorte della ragazza. Rassicurò la donna che nessuno si sarebbe permesso mai di mancare di rispetto a quel posto e che quindi poteva stare tranquilla. Nei giorni seguenti i lavori cominciarono, con l'opera di otto uomini agli ordini di Christina che, per la sua determinazione e le sue idee chiare, sorprese un po' tutti. I vitigni Alexander già esistenti, vennero sistemati e rinforzati, molti altri, vennero piantati e quando fu il momento, si procedette con i vari innesti. Il risultato fu una prima modesta vendemmia, però con grappoli incredibili, pieni di acini piccoli e dolcissimi. Durante quel periodo, la vedova McEwan, andando a visitare la tomba della figlia, rimase senza parole. In pochi giorni la piccola radura era stata ripulita dagli sterpi e dai rami secchi. Ad una certa distanza dalla tomba era stata realizzata sapientemente, con delle pietre del posto, una comoda panchina e tutto intorno erano state piantate delle aiuole piene di fiori. La donna seppe che ogni membro della squadra che lavorava li, si era dato da fare e li volle ringraziare tutti abbracciandoli uno per uno. Poi disse loro che la sua casa sarebbe stata sempre aperta e li invitò comunque a pranzo. La sua cucina era fantastica ma le sue torte erano speciali. Disse loro che ne avrebbero trovata sempre una fetta. E infatti gli uomini che lavoravano in quell'appezzamento durante gli intervalli del pranzo o comunque delle lavorazioni, presero l'abitudine di passare dalla signora, che aveva sempre per loro una tazza di caffè ed una fetta di torta. Il caffè non era proprio un granchè ma la torta era sempre speciale. Alla fine riuscirono a farle accettare anche un piccolo pagamento per la consumazione, dicendole che se fossero andati in paese avrebbero speso molto di più ma per qualcosa di molto meno buono.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8 calici imperatore

Capitolo 8^

All'inizio di giugno, un pomeriggio, dopo aver caricato le casse di vino previste, due camion di Dowson partirono per raggiungere la loro destinazione. Molto più tardi, quella notte, qualcuno bussò insistentemente alla porta di casa di Beker e questi, aprendo la porta si trovò davanti un uomo, piuttosto malconcio che ne reggeva faticosamente in piedi un altro vistosamente ferito e che perdeva molto sangue. "Presto, fateci entrare!" - disse con voce rotta per la fatica quello che sorreggeva il compagno. Il sergente preso alla sprovvista, prima di farsi domande, spalancò la porta e li fece entrare. L'uomo che aveva parlato, si diresse subito verso il divano su cui distese il ferito. "Presto, qualcosa per fermare il sangue e poi dell'acqua!" - disse con voce così decisa, che Beker , consapevole della gravità della situazione obbedì senza discutere. Fu comunque una sorpresa accorgersi che l'uomo che stava soccorrendo l'altro, seppure stravolto dalla fatica e dal dolore di una ferita ad una spalla, altri non era se non lo stesso Dowson. Era chiaro che doveva essere accaduto qualcosa di gravissimo. Prima chiamò Tobias e poi, subito dopo, il dottore. Questi fu molto pessimista sulle condizioni del ferito più grave e disse che se non si poteva portarlo in ospedale, quasi certamente sarebbe stato spacciato. Ma fu presto chiaro a tutti che questo era impossibile. Dowson disse che, appena li avessero rintracciati,  li avrebbero fatti fuori senza pensarci due volte. Iniziò a raccontare che gli uomini dell'avvocato gli avevano teso un agguato. Poi, prima di poter dare ulteriori spiegazioni, svenne, un pò per il sangue perduto, un po' per la stanchezza e un po' per lo shock della ferita. Si resero conto immediatamente che, se era coinvolto Flores, poteva essere pericoloso tenere quegli uomini in quel posto ma nessuno se la sentì di abbandonarli al loro destino.  Immediatamente il sergente uscì di casa per tentare di cancellare le tracce lasciate dai due uomini. Per fortuna si erano spostati sulla strada sterrata per cui fu facile far rivoltare un pò la terra da due operai e le tracce sparirono in fretta. Altrettanto in fretta il sangue venne lavato via dalle zone in cemento. Ora dovevano solo sperare che nessuno li avesse visti entrare nella proprietà, anche se non avevano capito come avevano fatto ad arrivare lì. Quando Dowson riprese conoscenza il giorno dopo, potè raccontare cosa era accaduto durante la notte precedente ma, prima, volle sapere come stava l'altro ferito. Il dottore gli disse che era stato fatto il possibile. Aveva ricevuto due colpi di arma da fuoco per fortuna in punti non vitali ma la perdita di sangue era stata veramente forte. Non conoscendo il gruppo sanguigno, non si era azzardato a fare una trasfusione. Per fortuna Dowson lo conosceva e, appena saputolo, il dottore organizzò immediatamente una serie di trasfusioni con l'aiuto degli uomini della tenuta che si erano dichiarati disponibili. Le cose erano andate così: fatto il carico, per non dare nell'occhio, i camion avevano preso la strada fra le montagne verso sud per raggiungere la cittadina  di San Miguel a circa 80 miglia di distanza dove li aspettavano i loro clienti. Invece, a metà del percorso circa, fra la cittadina di Soledad e quella di Greenfield, in una zona isolata, nel buio della notte, due automobili avevano sbarrato loro la strada e  gli occupanti avevano aperto il fuoco sui mezzi, che si erano dovuti fermare. Per fortuna, anche gli uomini dei camion erano armati ed avevano potuto rispondere al fuoco, limitando, almeno all'inizio, i danni. Purtroppo gli 'altri' erano molto numerosi ed alla fine, avevano preso il sopravvento. I camion erano stati dati alle fiamme e gli autisti erano morti. Dowson, con due suoi aiutanti, era riuscito ad appropriarsi di una delle macchine che avevano bloccato la strada. Velocemente era riuscito ad inserire la marcia ed a partire ma una sventagliata di mitra, aveva colpito uno dei suoi e lui stesso alla spalla. Inseguiti, erano tornati verso Salinas mentre si scambiavano colpi di arma da fuoco con gli inseguitori. Un colpo di pistola sparato da Dowson aveva raggiunto l'autista dell'altra auto che era finita immediatamente fuori strada. A quel punto i fuggitivi si erano resi conto di essere nelle immediate vicinanze della tenuta di Tobias. Dowson ed il ferito avevano raggiunto a piedi la casa mentre, l'altro uomo, incolume, aveva proseguito la corsa per far perdere le tracce e per liberarsi della macchina lontano da quel luogo. Dowson disse che, appena possibile, lui ed il suo compagno se ne dovevano andare perchè la loro permanenza rappresentava un grosso rischio per tutta la comunità. Tobias, invece, rispose che non c'era nessun pericolo. Lo sceriffo o Flores avrebbero potuto  buttare all'aria ogni centimetro quadrato di quel posto senza trovare nulla. Il nobile spagnolo che aveva fatto costruire quella villa aveva collaborato con le missioni spagnole che favorivano la fuga degli schiavi neri e che ne curavano la fuga verso il Messico. Così nella casa erano state ricavate stanze segrete e passaggi nascosti che Tobias aveva iniziato a scoprire nel tempo. C'è da dire che molti di quegli ambienti erano stati scoperti dai ragazzi che avevano preso quella ricerca come una specie di gioco. Alcuni passaggi e segreti erano veramente geniali e nessuno avrebbe potuto facilmente trovarli, a meno di non abbattere intere parti dell'edificio. Quando Dowson sentì questo, fece presente che se Flores sospettava che loro fossero nascosti lì, non avrebbe esitato a radere la casa al suolo. La cosa era a quel punto piuttosto preoccupante perchè, in uno di quegli ambienti già era alloggiata dai tempi di Pearl Harbour la famiglia di uno degli operai giapponesi che lavorava nella tenuta. Certo, fece osservare il sergente che i guai se li andavano proprio a cercare. Prima davano ricetto ad una famiglia di nemici dichiarati della nazione, poi davano rifugio ad un ricercato nazista, nella persona del dottor Bauer ed infine decidevano di nascondere e curare dei pericolosi criminali. altro che tolleranza. Stavolta erano spacciati.  E invece, alla fine, la soluzione, per fortuna la trovarono. Infatti, quando dopo due giorni, giunsero nella proprietà alcune unità di polizia comandate dallo sceriffo di Salinas, incaricate ufficialmente di cercare dei pericolosissimi evasi dal campo di Angel Island, che alcuni testimoni avrebbero visto aggirarsi proprio in quella zona, non trovarono nulla malgrado una meticolosa perquisizione dei locali della casa, degli uffici e delle cantine. Avevano portato con loro dei cani che forse avrebbero effettivamente fiutato qualcosa di sospetto anche attraverso un passaggio o una porta segreta. Ci fu un assurdo e ingiustificato accanimento nelle ricerche che spinse alcuni uomini a guardare perfino nei cassetti e negli armadi senza nessun riguardo. Quando andarono via gli uomini avvisarono di non farsi illusioni perchè sarebbero ritornati. Se non avessero saputo qualcosa, non avrebbero fatto certo quella dichiarazione. Tobias, che aveva subìto assieme ai suoi, passivamente, quella prepotenza, a quel punto fu sicuro che anche lo sceriffo e i suoi uomini erano sul libro paga di Flores. Avrebbero dovuto aumentare il livello di attenzione. Ormai erano praticamente allo scontro con l'avvocato il quale non era uno stupido e aveva capito che loro, in qualche modo, dovevano aver aiutato Dowson. Quello stesso pomeriggio Tobias, il sergente ed il dottore si recarono a visitare i feriti che erano stati accolti nella casa della signora McEwan che si era prestata gentilmente ad ospitarli. Avevano fatto bene a non rendere pubblico l'acquisto del terreno, così, adesso, nessuno poteva collegare i due possedimenti. Margaret era stata molto contenta di rendersi utile e soprattutto di aver aiutato a ingannare Flores che con lei non era stato affatto gentile. Solo che, quando si trovò davanti il dottore, sbiancò come se avesse visto un fantasma. "Derik! - esclamò - Ma.... tu...  sei morto!". "Mi dispiace signora - rispose l'uomo - ma di certo mi scambia con qualcun altro. Io mi chiamo Kamill Koch e lavoro con il signor Tobias da molto tempo". "Puoi dire quello che vuoi ma io ti conosco bene - rispose la donna che non voleva darsi per vinta - hai frequentato questa casa per anni. Tu sei Derik Bauer"."Signora, posso capire il vostro atteggiamento perchè, effettivamente, fra me e quel signore c'è effettivamente una vaghissima somiglianza. Io però sono solo un contadino e poi quel tipo sembra fosse un pericoloso criminale nazista, forse anche una spia. Ora sembra che sia morto o comunque sparito. Allora diciamo che sta bene dove sta e che semplicemente è meglio che la gente si dimentichi di lui". Margaret capì al volo come erano andate le cose e quindi rispose: "Mi scusi signor Kamill, ma credevo di aver riconosciuto in lei un vecchio amico, il dottor Bauer che conoscevo molto bene. Non era affatto come l'ha descritto lei, era una persona speciale  che io ero onorata di conoscere". Detto questo accompagnò i tre uomini dai feriti che erano in un capanno poco lontano dalla casa, confortevolmente alloggiati. Stavano decisamente meglio tutti e due ma non potevano rimanere lì. Se le ricerche fossero continuate, alla fine sarebbero giunti anche in quel posto. La soluzione la suggerì Raphael. Il mattino seguente il solito aereo giunse per il periodico lavoro di irrorazione delle piante. Atterrò nella stretta fascia di terreno adibita a pista, per montare i serbatoi e caricare il liquido necessario per l'operazione. La sera, poichè il lavoro non era ancora concluso, atterrò di nuovo sulla pista improvvisata, senza tornare al suo normale aeroporto di Spreckels così da poter riprendere l'attività il giorno seguente. Ma nel corso della notte, con l'aiuto di alcune torce a indicare i contorni della pista, l'aereo decollò e rientrò dopo circa tre ore. Peter Moran, che era ai comandi, malgrado le condizioni di scarsa visibilità, fece un atterraggio da manuale. Ora nella tenuta, non c'era più nessuno da trovare. Era chiaro, purtroppo, che a quel punto visto ciò che era accaduto, i loro affari erano da considerarsi conclusi. Purtroppo Flores aveva vinto. Il gioco non valeva la candela. Seppure gli bruciasse assai, anche Dowson aveva concluso che non poteva fare nulla, a meno di scatenare una guerra che l'altro avrebbe giocato in posizione di vantaggio, in quanto in casa sua. Una settimana dopo la partenza, alla tenuta si presentò l'avvocato con il suo assistente e, davanti a Tobias e al Sergente, entrò subito in argomento senza preamboli. "Mi dispiace, ma malgrado i miei consigli relativi alla prudenza e alla correttezza, avete voluto continuare a fare a modo vostro e alla fine avete visto cosa è successo"."Mi dispiace - rispose Tobias imperturbabile - ma non so di cosa state parlando"."Io credo invece che lo sappiate benissimo! A causa vostra ho dovuto sopportare danni e affrontare problemi. E' chiaro che il vino lo sapete fare ma che l'amministrazione di un posto come questo non fa per voi!"."Che intendete dire ? - chiese preoccupatissimo Tobias mentre il sergente tentava di capire la portata di ciò che stava per accadere. "Intendo dire che per ciò che riguarda la coltivazione, la produzione e l'imbottigliamento del vino tutto rimane nelle vostre mani come ora ma per ciò che riguarda l'amministrazione e la condotta degli affari, se volete conservare la vostra libertà dovrete affidarla totalmente ad una persona di mia fiducia che si occuperà di tutte queste cose. In altre parole dovrete nominare un prestanome a cui verrà intestata tutta la tenuta. E tutti staranno bene ed in pace"."In altre parole mi espropriate della tenuta lasciandomi a fare l'operaio in casa mia! - sbottò Tobias quasi stravolto dall'enormità della richiesta. Flores gli stava portando via tutto! - Piuttosto dò fuoco io stesso alla proprietà!"."Non sarebbe una buona idea. Finireste immediatamente al campo di Angel Island. E avete sentito cosa accade in quel posto. Pensateci, vostra moglie che è ancora una bella donna, e vostra figlia che è una ragazzina, quanto durerebbero in quel posto? Nemmeno il ragazzo sarebbe al sicuro, e...... nemmeno voi". Al sentire minacciare la propria famiglia Tobias voleva saltare addosso all'avvocato ma questa volta toccò al sergente trattenerlo. L'assistente, che già aveva estratto la sua pistola, lo avrebbe ucciso immediatamente senza pensarci due volte. "Calmiamoci tutti! - disse il sergente con voce ferma - D'altronde noi rimaniamo sempre qui e poi, naturalmente tutto questo durerebbe solo fino alla fine della guerra, no?" - chiese guardando l'avvocato. "Ma naturalmente - rispose questi tranquillo - cosa avevate pensato? E' solo per voi, per il vostro bene e per evitare che possiate combinare, di certo senza volere, altri guai. Ve lo assicuro". "Bene allora, lasciatemi il tempo di far ragionare il mio principale, diciamo una settimana, e poi sistemiamo tutto, secondo le vostre proposte"."Bene - rispose l'avvocato apparentemente sollevato ma guardando in modo strano il sergente che appariva insolitamente conciliante - però una settimana, non un giorno di più. E non mi chiamate voi ma mi farò vivo io con il notaio e la persona che prenderà il controllo della tenuta". Quando l'avvocato se ne fu andato, il sergente tornò accanto a Tobias che era rimasto tutto il tempo fermo immobile davanti alla sua scrivania, impietrito, senza nemmeno riuscire a parlare dalla rabbia e dalla preoccupazione. Beker riuscì a riportarlo in qualche modo alla realtà e gli fece bere un bicchiere di whisky per farlo riprendere completamenter. Come tornato da un altro mondò, Tobias chiese al sergente: "Hai capito cosa ci ha detto? Che gli dobbiamo regalare la proprietà! Altrimenti con mia moglie e i miei figli finiamo a Angel Island e da lì, se ho capito bene, non usciamo. Siamo finiti! E io che sono venuto in questo Paese per trovare la libertà, la giustizia, la pace! Maledizione! Tanto sarebbe stato che me ne fossi rimasto a casa mia, con la mia famiglia nella mia Patria! Maledizione!". "Calma, calma. A Angel Island ci finiamo tutti in ogni caso, questo è sicuro ma intanto abbiamo preso tempo. Magari in una settimana accade qualcosa. Vedrai che qualcosa troveremo. Non può finire così, sarebbe troppo grossa, troppo ingiusto! E poi...... se ne parlassimo con Dowson?"."Dowson? E che potrebbe fare lui? Ti ha già detto che una guerra fra bande non gli interessa"."Beh, intanto c'è la novità che gli hanno sparato addosso e comunque informiamolo in ogni caso dell'accaduto, chissà che non sappia almeno consigliarci". Attraverso un canale che era stato usato anche in passato per non dare nell'occhio, Tobias raggiunse l'americano nel luogo dove si trovava ora per una breve convalescenza. Dowson ascoltò con molta attenzione e poi rispose che voleva riflettere sulla situazione. La mattina seguente gli disse che di norma non si sarebbe occupato della cosa ma, pensandoci bene, era arrivato alla conclusione che l'avvocato non contentandosi più delle briciole ora voleva tutto. Convenne  inoltre su un'altra cosa. Che appena Tobias avesse firmato l'atto, sarebbe stato tolto di mezzo, in un modo o nell'altro insieme alla sua famiglia ed eventuali testimoni. Firmare quell'atto non avrebbe risolto nulla perchè sarebbe stata solo una condanna a morte. E non si sarebbe limitato a quella proprietà, forse questa era solo una prova generale, forse invece c'erano già state azioni simili di cui nessuno aveva saputo nulla. Se la cosa fosse riuscita, Flores sarebbe diventato in poco tempo un ricchissimo proprietario e imprenditore. Sarebbe diventato molto, troppo potente. Raccomandò a Tobias e al sergente di non fare nulla. Ci avrebbe pensato lui, in fondo quello era il suo campo. Anzi, meno gli altri ne avessero saputo, meglio sarebbe stato. Due giorni prima che scadesse l'ultimatum dell'avvocato, giunse alla proprietà un grosso furgone carico di bottiglie vuote, necessarie per le normali lavorazioni. A bordo diversi uomini che scaricarono normalmente la merce. Nessuno avrebbe notato qualcosa di strano, tantomeno che forse c'erano un po' troppi uomini solo per scaricare un solo camion. Dopo che fu scaricato, la sera, sul tardi, ripartì e lasciò la tenuta. La mattina seguente, Dowson con la sua automobile arrivò agli uffici dell'azienda. Lo accompagnava uno dei suoi uomini con una capiente borsa di pelle. "Dunque - esordì tranquillo Dowson - L'avvocato effettivamente ieri sera è rimasto molto sorpreso nel ricevere la nostra visita ma alla fine, dopo qualche normale incertezza, ha accettato di discutere civilmente con noi la situazione. Ha convenuto che forse aveva un pochino esagerato e così ha pensato di chiedere scusa per le sue iniziative quanto meno eccessive" - Tobias effettivamente mentre ascoltava capì perchè, probabilmente, meno sapeva della faccenda e meglio era, in quanto aveva la netta impressione che i fatti non si fossero svolti affatto come li descriveva l'Americano, anzi non aveva idea e non la voleva avere di come effettivamente fossero andate le cose - "Così, dopo un'amichevole conversazione, l'avvocato ha deciso di desistere dai suoi progetti e a titolo di scuse per il danno arrecato, vi manda questo pensiero, sperando che lo possiate trovare gradito." - Così dicendo aprì la grossa borsa di pelle e ne estrasse una voluminosa busta che consegnò nelle mani di Tobias. Questi la aprì e non seppe cosa dire. Aveva in mano un voluminoso pacco di buoni del prestito di guerra al portatore per molte migliaia di dollari. "Dopo la nostra amichevole chiacchierata, Flores ha convenuto che forse sarebbe stato meglio per lui cambiare un po' aria, magari facendo un bel viaggio lungo, per luoghi lontani. Così, dopo aver informato telefonicamente lo sceriffo della sua intenzione, con la richiesta di dare una controllata ai suoi uffici di quando in quando, l'avvocato e il suo assistente sono scesi in strada, sono saliti sulla loro automobile e sono partiti per destinazione ignota. Non vi daranno più fastidio dove si trovano ora" - e quì l'americano assunse un'espressione veramente truce - e si saranno resi conto, soprattutto, che non si spara addosso al sottoscritto. Ora, perciò, credo che sia venuto il momento di separarci, vi ringrazio per tutto quello che avete fatto per me e per i miei uomini. Fra breve, se volete, riceverete mie notizie per riprendere adeguatamente i nostri affari. Sono disposto ad acquistare tutto ciò che mi vorrete vendere, alle solite condizioni". Ciò detto si alzò, strinse la mano ai due uomini che ancora stavano tentando di metabolizzare ciò che poteva essere accaduto realmente e, accompagnato dal suo uomo, se ne andò. Tobias ed il Sergente si guardarono in faccia e poi contarono i buoni. Nella busta ce n'erano per trentamila dollari, ben più della cifra che Flores aveva spillato loro. Di certo l'avvocato non aveva aperto spontaneamente la sua cassaforte e, di certo, sia lui, sia il suo assistente non erano stati in grado di opporsi. Chissà cosa altro ci aveva trovato dentro Dowson. Ma quelli non erano affari loro. Ripresero tranquillamente il loro lavoro senza curarsi più dell'avvocato. Da domande molto discrete, seppero che effettivamente alcuni giorni prima, una sera, l'avvocato ed il suo assistente, o almeno qualcuno che somigliava loro moltissimo, erano stati visti salire sulla loro automobile e partire. Avevano con loro due valigie, cosa che avvalorava l'ipotesi del viaggio. Tutto quì. Dopo qualche giorno, come nulla fosse accaduto, ricevettero un grosso ordine da parte di Dowson e le cose così, semplicemente,  ripresero a marciare. Anche il servizio di guardia dopo pochi giorni svanì e non accadde più nulla di spiacevole.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9 calici imperatore

Capitolo 9^

 Intanto la guerra purtroppo continuava. Il 5 luglio i Tedeschi in Russia tentarono un contrattacco per riprendere il controllo della situazione, tentativo che fallì miseramente il 12 dello stesso mese. I Tedeschi iniziarono una drammatica ritirata incalzati continuamente dai Russi. Il 9 luglio ci fu lo sbarco degli alleati in Sicilia che si concluse con la conquista dell'isola il 17 agosto. Gli Italiani si resero conto della loro reale situazione e l'8 di settembre, firmarono un armistizio con le truppe alleate. Con lo scopo di favorire l'avanzata delle truppe verso nord gli alleati fecero seguire due sbarchi in Italia. Uno, il 9 settembre a Salerno per permettere la conquista di Napoli ed un altro, il 22 gennaio del 1944 ad Anzio. Purtroppo la resistenza delle truppe tedesche fu decisamente superiore a quanto previsto. Ciò spinse gli alleati a cercare di forzare la mano con delle pesanti iniziative, alcune delle quali, si dimostrarono drammatici errori, come il bombardamento della Abbazia di Montecassino, avvenuto il 15 febbraio. Malgrado ciò, dopo altri aspri combattimenti, gli alleati il 4 giugno entrarono a Roma, liberata dagli occupanti tedeschi. Alla tenuta le cose procedevano normalmente e si lavorava abbastanza tranquillamente. Gli affari consentivano dei giusti guadagni e non c'era stata più nessuna notizia dell'avvocato. Apparentemente nessuno aveva posto domande a proposito della sua frettolosa partenza. L'unica speranza di Tobias e dei suoi, ormai era che la guerra finisse, per tornare alla normale quotidianità. Certo, le notizie che fornivano i giornali non erano obiettive ma, anche considerato ciò, appariva abbastanza evidente che la Germania non aveva più grosse possibilità di vittoria. Ciò che maggiormente preoccupava i membri della comunità, era la notizia che erano iniziati i bombardamenti anche in Austria, prima su obiettivi militari, ma poi anche su centri abitati e, a questo proposito, i giornali rimasero sul generico, senza spiegare dove, con precisione, erano accaduti questi eventi. Anche i Giapponesi, sconfitti in tante battaglie non apparivano più avversari così difficili come erano apparsi all'inizio delle ostilità. Il 6 giugno, con lo sbarco in Normandia, gli alleati partirono alla riconquista della Francia ed in seguito ad aspri combattimenti, il 25 agosto, alla fine, Parigi venne liberata. Purtroppo, queste vittorie, costavano care in vite umane e anche a Salinas e Monterey e in altre località della zona molte famiglie avevano avuto dei caduti. Era chiaro che l'atmosfera per Tobias e la sua gente era piuttosto pesante. I ragazzi ancora non andavano a scuola e, per rifornire la tenuta di ciò che occorreva, gli uomini uscivano sempre in gruppi numerosi. Il 12 ottobre giunse una magnifica notizia dal Pacifico. Gli Americani, con il generale McArthur, erano tornati nelle Filippine vendicando la sconfitta del maggio del 1942. Il 16 dicembre i Tedeschi, in Europa, con una iniziativa disperata, tentarono un violentissimo contrattacco nella zona delle Ardenne che all'inizio, per la sorpresa e l'intensità, mise in seria difficoltà i soldati alleati con gravi perdite di uomini, equipaggiamento e territorio. La reazione però fu quasi immediata e micidiale. A Bastogne gli alleati smisero di ritirarsi e riuscirono ad invertire le sorti della battaglia infliggendo una pesantissima sconfitta ai Tedeschi il 24 dicembre. Il giorno successivo, a Colmar, in Alsazia, a sole 10 miglia dal confine con la Germania, gli alleati inflissero ai Tedeschi, che persero moltissimi uomini e materiali,  un'altra pesantissima disfatta. Ormai era solo questione di tempo. Era chiaro che per la Germania non c'erano più grandi possibilità di vittoria. Ciò nonostante, l'esercito non cedeva ed ogni passo avanti, costava agli alleati, carissimo.  Poi all'inizio di marzo del 1945, gli alleati riuscirono a passare il Reno e si diressero al cuore della Germania. Fino a quel momento veniva spontaneo a Tobias pensare alla Germania come ad una nazione che aveva invaso la sua bella Austria. Forse era per questo che in quella guerra non riusciva a parteggiare per la Germania anche se le sue simpatie non andavano completamente agli Stati Uniti, specie dopo il trattamento che la gente del posto gli aveva riservato. Sapeva che molti austriaci erano nelle file dell'esercito tedesco. Anzi, si era saputo  di molti episodi in cui i soldati austriaci avevano mostrato una umanità ben diversa da quelli tedeschi e per questo, a volte, erano stati rimproverati e perfino puniti. Purtroppo lo stretto legame fra la sua patria e la Germania si evidenziò proprio nelle ultime fasi della guerra, quando ormai gli alleati puntavano al cuore del territorio tedesco. Infatti il 28 marzo del 1945 le armate sovietiche raggiunsero il confine austriaco difeso dalla IV armata corrazzata delle SS.  Dopo accaniti combattimenti i sovietici prevalsero ed eliminate alcune sacche di resistenza, il 4 aprile iniziarono la loro marcia su Vienna. Il giorno 2 aprile i sovietici avevano fatto sapere che non avrebbero dichiarato Vienna città aperta e che quindi, per evitare combattimenti, si sarebbe dovuta arrendere. Tobias e gli altri membri della comunità che erano quasi tutti di quella zona, si sentirono particolarmente coinvolti da quegli eventi, seriamente preoccupati per i loro familiari e conoscenti che non vedevano da tanto tempo e di cui non avevano avuto notizie ormai da anni. Seguirono perciò con grande trepidazione lo svolgersi dei fatti cercando disperatamente notizie sui giornali o ascoltando i notiziari trasmessi dalla radio. Seppero così che la città resisteva e che c'erano stati quindi, in alcuni quartieri, duri combattimenti. Tutto era iniziato il 7 aprile, finchè il 13 aprile giunse la notizia che Vienna era stata presa dai Sovietici. Molti dei suoi quartieri erano stati gravemente danneggiati, i monumenti distrutti, mancavano l' acqua, la luce e il gas e, per colmare la misura, bande di violenti  aggredivano e saccheggiavano la popolazione inerme. Per arginare la situazione, i Sovietici imposero ad un politico locale di un certo livello, Karl Renner, di costituire in breve un governo che, sotto il controllo sovietico, riuscisse a portare almeno una parvenza di ordine nella nazione. L'attenzione degli Americani però in quel periodo era concentrata su altri eventi. Il primo di aprile infatti era iniziato lo sbarco nell'isola di Okinawa, l'ultima roccaforte dell'arcipelago Ryukyu difeso dai Giapponesi. Una  ulteriore sconfitta di questi ultimi, avrebbe segnato un enorme passo avanti verso la fine della guerra perchè da lì era prevista un'invasione anfibia del Giappone. Dall'1 aprile al 22 giugno infuriò una violentissima battaglia al termine della quale, però, gran parte delle forze giapponesi fu annientata. Molti dei superstiti piuttosto che arrendersi preferirono suicidarsi. In quello stesso periodo, il 25 aprile, a San Francisco, accadde qualcosa che doveva segnare una svolta nei futuri rapporti fra le nazioni. Preso atto che occorreva una condizione che permettesse agli Stati di comunicare e poichè la vecchia organizzazione della Società delle Nazioni appariva ormai obsoleta, si creò un nuovo organismo chiamato 'Organizzazione delle Nazioni Unite', l'ONU, retto da un Consiglio di Sicurezza e accettato da 50 nazioni. Il Consiglio di Sicurezza aveva, fra gli altri, 5 membri permanenti che erano Usa, Urss, Gran Bretagna, Francia e Cina. Intanto arrivò la notizia che la Germania, l'8 maggio si era arresa. I Sovietici avevano occupato Berlino il 2 maggio dopo che, il 30 aprile, Hitler, rinchiuso nel suo bunker, si era suicidato. In Europa la guerra era finita. Purtroppo nel Pacifico invece, malgrado le sconfitte subite, i Giapponesi continuavano a combattere strenuamente, preferendo morire che arrendersi. In Europa, finita la guerra, ora si doveva gestire la pace. In realtà, per i vincitori, controllare la situazione, apparve subito più complesso che gestire le azioni belliche. Anzitutto le condizioni dei territori che erano stati teatro di guerra. Profughi, sfollati, rovine, miseria. Una Germania popolata in  gran parte da disperati senza più un'ombra di organizzazione e con minime risorse. Vari Paesi pretendevano risarcimenti e territori. Così, nel tentativo di mettere ordine alla situazione al più presto, il 17 luglio del 1945, gli alleati organizzarono la conferenza di Postdam, dove si cercò di mettere tutti d'accordo su ciò che era opportuno fare. La Germania venne divisa in quattro zone, ognuna sotto il controllo di una nazione vittoriosa; gli Stati Uniti, la Russia, la Francia e la Gran Bretagna. Per ciò che riguardava i danni di guerra, si decise che , nei limiti del possibile, ogni Paese sarebbe stato indennizzato dai governi di cui controllava il territorio. Nella stessa conferenza, gli Stati Uniti mandarono un messaggio al Giappone, nel quale comunicarono che se non si fosse arreso immediatamente, sarebbe stato distrutto da una nuova terribile arma.  Il Giappone da parte sua ormai combatteva disperatamente non avendo più reali possibilità di vittoria. Fra l'altro, i sovietici, occupata gran parte della Manciuria, proseguirono conquistando la parte settentrionale della penisola coreana, incontrando sul 38^ parallelo gli Americani che, provenendo da sud avevano liberato la zona meridionale della medesima penisola. Gli Americani, alla fine, valutate le altissime perdite che la tattica tradizionale comportava combattendo con i Giapponesi, presero una difficile e tremenda decisione. Decisero di usare per la prima volta una nuova micidiale arma che stavano studiando e testando da tempo, che avrebbe dovuto funzionare come elemento dissuasore costringendo i Giapponesi alla resa. Si trattava di una grossa bomba chiamata "Bomba Atomica", mai sperimentata prima. Si poteva solo immaginare che avesse esiti devastanti oltre l'immaginabile. L'effetto della conferenza fu tale da consentire finalmente un sia pur minimo controllo della situazione. Naturalmente ci furono degli inconvenienti. Ad esempio per ciò che riguardò i Russi, essi ordinarono ai cittadini tedeschi residenti in Polonia, Cecoslovacchia e Ungheria, di lasciare immediatamente quei territori e tornare in Germania. Questo, naturalmente, non fece che aggiungere disperati ad altri disperati. Si seppe che nella zona controllata dai Francesi, con la scusa dei danni di guerra, ci furono dei veri e propri atti di saccheggio, tanto che le altre Nazioni ritennero di intervenire per invitare gli occupanti ad una condotta più moderata. Purtroppo il Giappone ignorò il messaggio inviatogli da Postdam e così Il 6 giugno venne sganciata una bomba atomica su una città del Giappone chiamata Hiroshima ed il giorno seguente ne venne sganciata un'altra su Nagasaki. L'effetto fu devastante ogni oltre previsione. Le due città vennero praticamente spazzate via e la popolazione, secondo le prime informazioni, nella zona dell'esplosione, era stata letteralmente vaporizzata. L'orrore fu incredibile. Subito dopo i Sovietici, per offrire un altro elemento di persuasione il 10 agosto, conquistarono definitivamente la Manciuria. Il Giappone non ebbe altra scelta che firmare la resa il 2 settembre 1945. La guerra ora era davvero finita. Come al solito ora restava da fare la conta dei danni, sia per le cose che per le persone. Il prezzo pagato per la pace era stato altissimo e tutti avevano sofferto. Ora bisognava solo pensare a ricostruire.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10 calici imperatore

Capitolo 10^

Alla notizia del termine delle ostilità, comunque, malgrado i problemi e le difficoltà, la gente aveva voglia di dimenticare e festeggiare. Tobias venne praticamente preso d'assalto da clienti di ogni genere, che volevano acquistare i suoi prodotti a qualsiasi prezzo. Si rifecero vivi anche dei vecchi clienti, spariti da tempo, molto dei quali ammisero di essere stati 'convinti' a rifornirsi altrove da incaricati del famoso avvocato Flores, del quale nessuno parlava più, come se non fosse mai esistito. Dopo la sua partenza, per un po' i suoi uomini avevano cercato di riorganizzarsi, ma alla fine, si erano rassegnati ad accettare, più o meno pacificamente, l'affermarsi di un nuovo capo che però, pur avendo rilevato e mantenuto in piedi alcune delle attività di Flores, agiva molto discretamente per conto di intermediari, tanto che nessuno ne conosceva l'identità. Si sapeva solo che con lui non si scherzava e chi aveva voluto provare a sfidarlo o a imbrogliarlo, aveva preso la stessa strada dell'avvocato. Voci, naturalmente, ma sembravano molto attendibili e nessuno se la sentiva di vedere quanto corrispondessero al vero. Intanto Tobias e gli altri della tenuta cercavano con ansia di sapere cosa era accaduto in Austria dopo il 13 aprile. Alla fine fu reso noto che anche l'Austria era stata divisa in quattro zone, ognuna affidata al controllo di una delle nazioni alleate. Dall' 8 maggio era stata dichiarata indipendente dalla Germania e, pertanto, da provincia, era stata reintegrata allo status di nazione. Quando Tobias seppe che la sua famiglia era compresa nella zona di controllo degli Stati Uniti, si sentì rinfrancato perchè pensò che sarebbe stato più semplice avere informazioni. In realtà non fu così perchè c'erano molti altri impegni da espletare per gestire la situazione che si era fatta piuttosto critica. Perfino i rapporti fra gli alleati richiedevano un gran lavoro di accorta diplomazia. Ora che era terminata l'emergenza, ognuno cercava in qualche modo di ottenere qualcosa in più. Dopo un periodo di naturale contentezza e di forte desiderio di scaricare dolori e angosce, era arrivato il momento dei bilanci. Il tempo di fare i conti con la cruda realtà. La pace, certo, ma a che prezzo! Da un primo conteggio, di certo destinato ad aumentare, risultavano caduti 405.000 soldati americani. L'Unione Sovietica aveva perduto 10.400.000 soldati e 12.000.000 di civili. Il Giappone aveva perduto 1.900.000 militari e 700.000 civili, mentre la Germania aveva avuto 5.300.000 soldati caduti e 2.100.000 vittima civili. In Francia c'erano stati 210.000 soldati caduti e 350.000 vittime civili mentre in Gran Bretagna c'erano state 272.000 perdite per i militari e 93.000 civili. In Italia infine si erano avuti 319.000 caduti militari ma anche 153.000 vittime civili. La crudeltà e l'efferatezza della guerra emergeva dal fatto che le vittime civili erano in numero altissimo, in qualche caso anche maggiori di quelle militari, come ad esempio per l'Unione Sovietica o comunque legate ad eventi bellici particolari, come il bombardamento di Hiroshima e Nagasaki in Giappone. E fu naturale a quel punto, per i vincitori, andare a cercare i responsabili di tutte quelle morti, quelle atrocità, tutto quel dolore che avevano dominato il mondo per tutti quegli anni. Si andarono a cercare i politici, i militari, i giudici, gli intellettuali che, con le loro scelte e le loro decisioni, avevano dato il via a tutto quanto e si erano resi responsabili di quella guerra. Per alcuni di loro, però, non si potè procedere. Hitler si era suicidato, Mussolini, che gli Inglesi avevano deciso di perseguire, era stato giustiziato da un gruppo di partigiani che avevano eliminato  anche altri importanti gerarchi del regime. Per la famiglia imperiale giapponese, era stato raggiunto un accordo separato con gli Americani. Essa godè di una totale immunità a patto che, però, l'Imperatore dichiarasse pubblicamente ed ufficialmente di non essere una divinità ma solo un uomo qualunque. Fra gli sconfitti furono comunque identificati e arrestati molti personaggi che avevano rivestito dei ruoli di grave responsabilità per ciò che riguardavava la guerra. Contro gli imputati germanici, si stabilì di procedere in svariati processi penali da tenersi nella città di Norimberga. La corte sarebbe stata formata da giudici rappresentanti i vincitori. Il primo processo, che vide alla sbarra 24 imputati fra i più noti, come Bormann, contumace, Doniz, Hess, Von Ribbentrop, Goring, Seyss Inquart, i ministri Frick e Funk, l'industriale Krupp, iniziò il 18 ottobre 1945 e terminò il 30 settembre del 1946 con 10 condanne a morte e 12 ergastoli. Per facilitare le procedure e rendere più chiare le imputazioni, lo stesso tribunale stabilì che l'organizzazione delle SS era una organizzazione criminale e rappresentava quindi un crimine la sola appartenenza. Krupp venne liberato per gravi problemi di salute e coloro che erano scampati alla pena capitale, furono immediatamente avviati a scontare lunghe pene detentive. Le esecuzioni ebbero luogo il 16 ottobre, tutte meno quella di Goring che si era suicidato la sera prima in cella. Seguirono nel tempo altri 12 processi per 182 imputati importanti e circa 3000 meno rilevanti. Furono accusati medici, giuristi, poliziotti, membri delle SS, industriali e alti funzionari dello Stato. Ci furono parecchie condanne a morte ma molti furono quelli che invece riuscirono a sfuggire alla cattura o al carcere. Fra i fuggitivi più noti ci furono Martin Bormann, Adolf Eichmann e Josef Mengele. Furono fatte molte ipotesi sulla loro fuga e molti parlarono del Sudamerica come probabile rifugio. Non solo in Germania erano stati istruiti processi del genere ma anche in Giappone poichè, fatta salva la famiglia imperiale, si erano però identificati molti personaggi, riconosciuti responsabili di gesti barbari ed efferati compiuti nei diversi teatri di guerra come ad esempio in Manciuria o in Cina. Così ne vennero catturati 25  a cui furono vennero imputate le massime responsabilità. Questi furono portati alla sbarra nel corso di quello che fu chiamato il processo di Tokyo, che ebbe inizio il 3 maggio del 1946. In altre sedi furono giudicati in tutto 5700 personaggi che avevano ricoperto vari incarichi  di diversa gravità. Le notizie non erano certo allegre ma  Tobias aveva ripreso il suo lavoro su un buon ritmo, come prima preoccupazione, continuava a cercare il modo di mettersi in contatto con la sua famiglia in Austria. Verso la fine di ottobre, a sorpresa, ricevette la visita di Dowson. Giunse con una grossa automobile con autista e, con a seguito, un uomo che fungeva da segretario. Quando Tobias se lo vide davanti in ufficio, non potè fare a meno di fare un parallelo fra questa visita ed un'altra che aveva ricevuto tanti anni prima e che aveva dato il via ad una serie di spiacevoli conseguenze e in qualche modo si rafforzò in lui la convinzione di sapere chi fosse il nuovo misterioso 'boss' della zona. Dopo i primi normali convenevoli, l'americano entrò subito in argomento. "Sono venuto a proporle di entrare in un grosso giro di affari che potrebbe essere estremamente vantaggioso per lei e per la sua attività". Attese un attimo per leggere l'espressione del viso dell'altro che, non sapendo dove sarebbero andati a parare, rimaneva piuttosto tesa. Con un sorriso di condiscendenza, continuò: "Stia tranquillo, so bene che lei, a differenza di me, è una persona onesta e perciò non la trascinerei mai in una situazione spiacevole. Non dimenticherò mai ciò che lei ha fatto per me e le sarò sempre debitore"."Lei non mi deve nulla. Quello che ho fatto per lei l'avrei fatto per chiunque. Nessuno meritava di cadere nelle mani di Flores e dei suoi". "Lei è libero di pensarla come vuole ma io dò un grande peso alla mia vita e quindi, le sono riconoscente e, naturalmente, anche il mio segretario". Tobias, guardando meglio l'altro uomo, riconobbe la persona che era stata ferita gravemente e che ora, perfettamente guarito ed elegantemente vestita, era difficilmente riconoscibile. "Il punto è che qui vicino, si sta muovendo qualcosa di grosso che potrebbe rappresentare, se abilmente sfruttato, una occasione di guadagni per tutti". Ad un Tobias molto interessato, Dowson raccontò cosa stava accadendo nel  deserto del Nevada, a circa 300 miglia a sud est da li. Il 15 maggio del 1905, quasi al centro del deserto, era stato creato un villaggio ferroviario in corrispondenza dell'incrocio delle varie linee che attraversavano il deserto in molte direzioni. Lo scopo di quel posto era stato quello di creare un gruppo residente di persone addette alla gestione e alla manutenzione delle linee ferroviarie e di tutti i servizi connessi. La bellezza del luogo attirò molti turisti, tanto che qualcuno iniziò a costruire dei modesti motel. Concorse a incrementare la popolazione del posto anche una attività mineraria legata all'estrazione di argento, borace e modesti quantitativi d'oro. Nel 1911 il posto entrò a far parte della contea di Clark le venne riconosciuto lo status di città con il nome di Las Vegas. Poi, la svolta. Nel 1936, per ottimizzare la situazione dell'acqua nella zona, venne edificata una imponente diga, chiamata Diga Hoover, che dette origine al grande lago Mead. A quel punto, il turismo aumentò a dismisura. Visto l'andamento delle cose, le autorità locali stabilirono di legalizzare il gioco d'azzardo e quindi, nei vari piccoli hotel e motel della zona, iniziarono a vedersi i primi casinò. Nel 1937, le forze dell'aeronautica militare, cercando un posto per realizzare un poligono adatto all'istruzione dei mitraglieri di bordo, lo identificarono a circa 80 miglia a nord ovest della città. La creazione di una base aerea, che fu chiamata Nellis, portò ulteriori persone a frequentare Las Vegas. Nel 1942 un coraggioso imprenditore, Guy McAfee, acquistò un modesto albergo per trasformarlo in un elegante resort casinò, con arredi hollywodiani e gli dette il nome di Last Frontier. Visto il successo di questa operazione, un altro uomo d'affari, James Cashman, proprietario della catena d'alberghi El Rancho, costruì l'anno successivo un altro locale simile chiamandolo appunto El Rancho.  "Ora - continuò a raccontare l'americano - un grosso personaggio del mondo degli affari, un certo Bugsy Siegel, riunendo un grosso capitale di un gruppo di coraggiosi investitori, con una idea veramente luminosa, ha realizzato un grosso hotel casinò con il nome di Flamingo. Sarà inaugurato il 26 dicembre con l'intervento delle maggiori autorità del luogo. E se le cose andranno come si pensa, sarà solo il primo di una lunga serie di hotel casinò nei quali gireranno fiumi di denaro e tutti quelli che saranno riusciti ad entrare nel giro dei fornitori, faranno soldi a palate. Vi interessa?"."Beh, se si tratta di vendere del vino, mi interessa sempre. Ma di cosa stiamo parlando?"."Fatemi vedere cosa producete al momento e magari se avete qualche novità interessante". Tobias fece portare in ufficio una serie di bottiglie dei prodotti disponibili e li propose a Dowson. Poi l'americano, dopo aver apprezzato praticamente tutto ciò che gli era stato sottoposto, dopo un assaggio, sobbalzò, chiedendo:"Che cosa..... diavolo è questo? - e guardò il vino in trasparenza, lo annusò con attenzione, ne degustò un altro sorso, si riempì di nuovo il bicchiere. Tobias sorrise perchè a lui aveva fatto lo stesso effetto - Ma cosa è? E' incredibile - poi leggendo l'etichetta - Christina. Da quanto è che lo producete?"."Da non molto. Si chiama Christina in onore della sua creatrice, mia figlia"."Vostra figlia, ma è una ragazzina! E questo vino è una bomba. Intendiamoci anche tutto il resto che ho assaggiato è ottimo, come sempre, ma questo è speciale. Per un posto come un hotel casinò, questo potrebbe competere con lo champagne. In un ricevimento, servito fresco, e con la sua bassa gradazione, sarebbe l'ideale per bere senza ubriacarsi. Ne avete molto a disposizione?"."Abbastanza. Siamo all'inizio della produzione e la resa dei vitigni non è al massimo. Ma..... i commercianti di champagne non troveranno qualcosa da ridire per la concorrenza?". "No, se sono io che controllo anche le loro forniture". Tobias decise che era meglio non indagare su questa ultima affermazione. Chiese all'altro se voleva stilare un ordine e questi lo preparò in pochi minuti. Praticamente aveva comprato tutto. Di certo, un ottimo affare. In seguito, gli uffici preposti avrebbero perfezionato gli accordi. Tobias dichiarò che il vino sarebbe stato all'altezza e che il Christina sarebbe stato degno dei calici dell'imperatore. Dowson fu incuriosito da quella affermazione e ne chiese spiegazioni. Allora Tobias gli spiegò l'origine della denominazione, cosa che incuriosì molto l'americano. Gli disse che ormai era un modo di dire corrente nella sua attività per indicare un lavoro fatto sempre al meglio. Naturalmente gli aveva raccontato solo il fatto storico e la particolare circostanza in cui aveva avuto modo di vederli da vicino ma senza parlare in modo esplicito dell'abbazia di Klosterneuburg. Come avrebbe fatto a descrivergli le particolari situazioni di dolore, cameratismo, stanchezza, angoscia, legati con quella particolare storia? Alla fine Dowson lo aveva costretto ad accettare un invito all'inaugurazione del Flamingo. Quando l'americano fu andato via, Tobias si dette un po' da fare per saperne di più della storia che gli era stata raccontata per capire se effettivamente c'era la possibilità di sviluppi futuri. Quello che venne a sapere non gli piacque per nulla. Prima di tutto Bugsy Siegel, non era proprio un uomo d'affari. Anzi, non lo era proprio per nulla. Era un vero gangster immischiato in ogni tipo di reato, dal gioco d'azzardo al traffico di stupefacenti. Aveva amicizie importanti in tutti gli ambienti, compreso i mondo dello spettacolo di Hollywood. Arrestato più volte, per omicidio, violenza sessuale, contrabbando, era sempre riuscito ad uscirne pulito. Ora, mettendo insieme il denaro delle famiglie mafiose ebree della costa ovest, quelli che Dowson aveva indicato come coraggiosi investitori, aveva fatto questa scommessa, ossia la costruzione di un imponente hotel casinò nel regno del gioco d'azzardo legalizzato. Con chi si era andato a mettere! La moglie cercò di tranquillizzarlo ricordandogli che lui, in fin dei conti, vendeva solo del vino. Anzi, accettò con entusiasmo di accompagnarlo la sera dell'inaugurazione. Il 26 dicembre Tobias, con la sua Oldsmobile 1946, di cui andava molto orgoglioso, si fermò al parcheggio del maestoso fabbricato. Era davvero imponente. Un incredibile grattacielo che spiccava nel paesaggio circostante. Avvicinandosi però alla costruzione non potè fare a meno di notare che alcune parti del parcheggio e della piscina che si intravedeva fra alcune siepi, non erano terminate. Così come si notava chiaramente che gli ultimi piani della costruzione erano al buio, come se il palazzo non fosse completato. Comunque l'agitazione e l'emozione della folla fra cui vennero a trovarsi, fece passare tutto in seconda linea. Davanti all'ingresso si fermavano le grosse auto degli invitati più importanti, da cui scendevano le personalità. Tobias con la moglie si misero in fila fra coloro che entravano a piedi. All'improvviso ci fu un po' di tumulto perchè, seppero in seguito, era giunta all'ingresso principale un magnifica Cadillac Sedan 1946 bianca dalla quale era scesa la famosissima star Lana Turner. Loro naturalmente sapevano chi era ma non erano particolarmente affascinati dagli attori del cinema. Quando fu il loro turno, consegnarono il loro invito ad un compitissimo cameriere che si preoccupò di accompagnarli nel salone delle feste. Li giunti, li passò ad un altro incaricato il quale, preso atto dei loro nomi, li accompagnò ad uno dei moltissimi tavoli sontuosamente apparecchiati che si trovavano abbastanza vicino al grande palco sul quale in quel momento, con molta discrezione, si esibiva un pianista con dei brani adatti alla situazione. Fu chiesto loro se volevano ordinare un drink e Tobias approfittò immediatamente per ordinare due calici di vino Christina rosè. Il cameriere prese l'ordinazione senza la minima esitazione. Questo era decisamente un buon segno. Guardandosi attorno notarono il lusso delle finiture e le grandi combinazioni floreali che creavano particolari effetti nell'ambiente. Furono condotte al loro tavolo altre persone che, abbastanza freddamente, presero posto con degli stentati sorrisi. Non si conoscevano fra loro e nessuno li aveva presentati.  Ognuno parlava a bassa voce con il proprio vicino, bevendo il drink che aveva ordinato. Nessuno se la sentiva di fare il primo passo. E poi arrivò Dowson che esordì, tendendo la mano a Tobias:"Caro amico, sei venuto alla fine. E con la tua magnifica signora! - Tobias sentendo gli sguardi di tutti gli altri fissi su di lui, arrossì decisamente e borbottò goffamente qualche parola di risposta, notando fra l'altro che l'americano, forse per fargli fare colpo sugli altri era passato al 'tu' - E voi? - continuò l'americano rivolto agli altri -Tutto a posto? Fra poco comincia la serata, divertitevi!". E si allontanò continuando ad aggirarsi fra i tavoli, salutando altre persone. A quel punto, un uomo accanto a Tobias, si fece coraggio e chiese: "Ma... lei è amico del signor Dowson?". "Beh, proprio amico non direi, diciamo un buon conoscente." Come se avesse pronunciato le parole magiche, tutte le persone sedute al tavolo iniziarono a presentarsi e a parlare degli argomenti più vari. Forse pensavano che con un amico del signor Dowson conveniva farsi vedere gentili e brillanti. Si trattava di un gruppo di professionisti, avvocati, amministratori, tecnici che in qualche modo erano legati alla celebrazione dell'evento e chissà come, a Dowson. In realtà, Tobias non aveva molto piacere che il suo nome fosse accostato troppo a quello di quell'uomo ma, ormai, il danno era fatto. Si sentivano di quando in quando degli applausi e diverse persone si alzavano in piedi ogni volta che entrava nel salone una delle celebrità che era stata invitata per l'occasione. Loro ebbero occasione di vedere e riconoscere Cesar Romero, Judy Garland e Joan Crowford. Poi la folla letteralmente impazzì e applaudì in modo scatenato l'ingresso di Clark Gable. Tobias notò che anche la moglie si era alzata in piedi ed applaudiva calorosamente come gli altri e smise solo quando, abbassando lo sguardo, incrociò quello del marito che la guardava sorpreso. Arrossì leggermente e si rimise a sedere. "Beh - disse - è Clark Gable. Non sai chi è? "Via col vento", "Accadde una notte", "L'ammutinamento del Bounty". Per Bacco, di quei film non ne aveva visto uno! La serata iniziò con alcuni discorsi delle autorità presenti, rappresentanti dei finanziatori e un invito a divertirsi dello stesso Bagsy Siegel, un individuo davvero inquietante, pensò Tobias. Poi iniziò lo spettacolo con la grande orchestra di Xavier Cugat, mentre veniva servita una ricchissima cena. Fu nel complesso una bella serata e Tobias notò che molti, soprattutto donne, bevevano il suo vino. Molti posti ai tavoli erano però rimasti vuoti, anche alcuni destinati ad accogliere delle celebrità. Purtroppo il cattivo tempo attorno a Las Vegas, aveva impedito a parecchi invitati di raggiungere l'hotel.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11 calici imperatore

Capitolo 11^

Fu qualche giorno dopo, che Tobias sorpreso e molto felice, riuscì a ricevere posta da padre Valentin. Corse da Helena e lessero la lettera insieme. Padre Valentin era ora divenuto vescovo nominato per  concorrere a riportare ordine nella Chiesa austriaca. Assieme ad altri uomini di valore, stava provvedendo ad una riorganizzazione, necessaria dopo la confusione legata ai gravissimi eventi trascorsi. Lo stesso Cardinale Innitzer, primate della chiesa d'Austria, il 6 ottobre 1938, dopo aver denunciato l'inganno del partito nazista, era stato prelevato dopo un assalto all'arcivescovado, e picchiato selvaggiamente. In veste di vescovo, padre Valentin era riuscito a far pervenire una lettera al suo amico. Parlava delle famiglie, della situazione in Austria, della voglia di ricostruire e di ripartire per riconquistare quei valori per troppi anni dimenticati. Purtroppo nel dicembre del 1945, il padre di Tobias, era mancato. Tutti gli altri stavano bene e avevano ripreso la loro vita normale per quanto possibile. La fattoria della famiglia per fortuna non aveva subito troppi danni. Erano rimasti quasi sempre sotto il controllo delle truppe americane e, almeno li, non era successo niente di spiacevole. Il padre di Helena era ancora vivo anche lui. Non se la era passata bene, come tutti quelli che si erano intestarditi a rimanere in città anche nelle ultime fasi della battaglia. Già caduto in disgrazia nel partito, aveva a poco a poco perduto tutto, ed ora abitava miseramente in un condominio popolare alla periferia est della città. Nell'abbazia non era accaduto nulla di irrimediabile, se non alcuni fatti molto spiacevoli, dei quali però padre Valentin avrebbe parlato solo personalmente, quando fosse stato possibile. Tobias fu molto addolorato per la perdita del padre che aveva sempre considerato una persona speciale. Decise che, appena possibile, avrebbe cercato di tornare a casa, per ritrovare la famiglia e rivedere i luoghi della sua infanzia. L'America era un gran bel Paese ma l'Austria non era da meno e poi, era il posto dove era nato. Ora Tobias aveva raggiunto l'età di 49 anni e Helena 47. Entrambi avevano una grande nostalgia per la loro patria, anche se nessuno dei due ne aveva mai parlato per non amareggiare l'altro. Adesso, però, la lettera di padre Valentin aveva messo a nudo questo loro desiderio e cominciarono a prendere seriamente in considerazione l'opportunità di un viaggio in Austria. Ora che la guerra era finita, non c'erano grossi problemi a spostarsi sul suolo americano, ma le cose non andavano così per i viaggi verso l'Europa. C'erano ancora molti soldati americani da rimpatriare e la situazione post bellica imponeva l'invio di molto materiale necessario laddove la guerra aveva distrutto ogni cosa. In Europa, in particolare, nella zona della Germania e dell'Austria, la situazione non era tale da consentire di trovare una condizione di equilibrio e sicurezza. Il punto era che la Russia, allo scopo di evitare che la Germania potesse mai ridiventare una nazione in grado di poter dare di nuovo problemi, voleva che tutto il territorio fosse trasformato in zona agricola, mentre gli altri alleati, allo scopo di risollevarne l'economia, pensavano invece di stimolarne la ricrescita. Alla fine di febbraio del 1947, Dowson tornò per fare una visita alla tenuta. Riconobbe che con Las Vegas forse qualcuno aveva fatto il passo più lungo della gamba. Infatti il Flamingo nel gennaio 47 aveva dovuto chiudere ma egli avrebbe mantenuto tutti gli ordini perchè alla fine di marzo, tutto sarebbe ripartito e questa volta sarebbe filato tutto liscio. Dowson aveva saputo del desiderio di Tobias di tornare in Austria per riprendere contatto con la sua famiglia e, conoscendo i problemi relativi ad un viaggio del genere, gli disse che lo avrebbe potuto aiutare volentieri, in cambio di un semplice favore. Tobias gli rispose da subito che la prospettiva di farsi fucilare in Europa, mentre faceva i favori a lui, non lo attirava per nulla. L'americano assunse un'espressione offesa e replicò che sul suo conto venivano dette solo malignità, ma lo disse con un'espressione tale da far capire che magari era tutto vero. Aggiunse però che mai avrebbe messo in pericolo nè lui, nè tantomeno la moglie e che se la proposta gli interessava, gli avrebbe organizzato tutto il viaggio di andata e naturalmente, di ritorno. Tobias ne parlò a lungo con Helena che alla fine lo convinse ad accettare, una volta accertato di cosa si intendeva con le parole 'piccolo favore'. Si trattava semplicemente di consegnare una lettera ad una persona che lo avrebbe avvicinato nel corso del suo viaggio. Una lettera che egli non si poteva permettere di spedire per posta o per normali corrieri. A quel punto la cosa appariva veramente pericolosa. In realtà la lettera, che egli potè leggere, conteneva solo degli innocui messaggi di saluti ed auguri. Era chiaro che era stata scritta con un particolare codice. Egli non ne avrebbe conosciuto il destinatario se non quando  questi si fosse fatto vivo identificandosi con una frase prestabilita. Tobias doveva portarla sempre con sè, perchè non poteva sapere quando lo avrebbe avvicinato il contatto. Quello che Dowson non gli disse, era che in realtà la coppia sarebbe stata seguita in permanenza, seppure in modo molto discreto, da qualcuno della sua organizzazione. Il viaggio che essi volevano intraprendere era comunque, a quell'epoca, piuttosto pericoloso. La guerra aveva dato luogo in Europa a situazioni di grande instabilità, con un grande numero di armi che ancora giravano e che non sempre erano finite nelle mani giuste. Alla fine Tobias accettò. D'altronde non era una cosa così eccezionale ormai viaggiare fra l'Europa e l'America, già molti civili lo facevano. Nel loro caso, la traversata sarebbe avvenuta su un cargo, che partiva il 26 marzo dal porto di New York Harbor, che era ancora uno dei più importanti porti d'America. In quel periodo era uso comune, per i civili, trovare un passaggio a bordo di navi cargo che solcavano la rotta atlantica. La nave, una grossa sgraziata nave mercantile di nome 'Bright Star', che non rendeva proprio l'idea dell'imbarcazione, salpandoè da New York,  avrebbe raggiunto l'Europa nel mare del nord, avrebbe costeggiato i Paesi Bassi fino alla foce dell'Elba, risalendo il quale avrebbe raggiunto l'Amburger Hafen ossia il porto di Amburgo in 10 giorni, se andava tutto bene. Lì avrebbe fatto sosta per 20 giorni e poi li avrebbe riportati in America. Il costo del biglietto era piuttosto salato ma non c'era altra scelta. Il tragitto verso l'Austria sarebbe stato coperto con il treno. Purtroppo, a causa della divisione del territorio e per evitare la zona controllata dai Russi, e per danni alle linee ferroviarie che ancora non erano stati riparati, avrebbero dovuto fare un lungo giro, deviando verso sud e impiegando quasi 2 giorni. Non era proprio l'ideale ma era il meglio che si poteva ottenere in quel periodo. Dopo essersi assicurato che non ci sarebbero stati problemi a tornare in America, alla fine decise di partire. Dowson gli diede la lettera da consegnare, sulla quale era segnato solamente il nome  'Mark', poi i biglietti ed i documenti che sarebbero stati necessari per tutta la durata del viaggio. Alla vigilia della partenza, Tobias era molto preoccupato. Temeva di aver trascinato la moglie in una sorta di gioco di spie durate il quale c'era la possibilità di passare veramente qualche guaio serio. Per la tenuta comunque era tranquillo. Sarebbe stata affidata a William Cole e al sergente. Quest'ultimo era divenuto ormai un vero esperto praticamente in tutte le attività dell'azienda. Era incredibilmente intelligente e d'altronde, se voleva rimproverare qualcuno, come era sua abitudine, doveva avere la competenza per farlo. Per questo si era impegnato tutto quel tempo. Il risultato era che ora il sergente poteva considerarsi il suo braccio destro. Riguardo ai figli, Raphael, che orami aveva 19 anni, fatti salvi i suoi impegni di manutenzione della varie macchine agricole, impegni ai quali assolveva con grande serietà, ormai passava sempre più tempo con Peter Moran presso l'aviosuperficie di Spreckels, dove aveva quasi obbligato il vecchio pilota a riordinare l'abitazione-ufficio con un efficace lavoro di pulizia. Christina, ormai diciassettenne, passava  molto del suo tempo nella nuova proprietà dove aveva trovato l'amicizia e l'appoggio della signora McEwan, ormai solo Margaret per quasi tutti quelli che frequentavano la sua casa, a cominciare da Kamill Koch che sempre più spesso si recava a casa della donna per un tè, per una visita o comunque appena possibile, con un pretesto qualsiasi. Passavano insieme parecchio tempo parlando del passato, di loro, della situazione che li aveva fatti rincontrare. Considerata la data di partenza della nave ed il tempo necessario per raggiungere il porto, non c'era più tempo da perdere. Tobias e Helena presero il treno alla stazione di San Diego, dove iniziava la loro avventura. Dopo aver salutato tutti quelli che erano andati ad accompagnarli, dopo aver ricevuto le ennesime raccomandazioni a 'stare attenti', i molti commenti 'è una pazzia!', e i 'siete ancora in tempo per ripensarci', finalmente il treno si mosse. Tobias ed Helena, sistemati i bagagli nella cabina letto che avevano prenotato, andarono alla scoperta dei vari ambienti dove avrebbero vissuto per le prossime 60 ore, tempo stimato per il viaggio. La loro cabina era minuscola e tutto ciò che conteneva, lo era di conseguenza. C'erano due cuccette, una delle quali, in alto, rientrava nella parete per fare un po' di spazio durante il giorno. Un armadietto, un divanetto e un piccolo lavabo con sopra un modesto specchio, completavano l'arredamento dell'ambiente, comunque abbastanza pulito.  C'erano le carrozze con i posti normali ed alcune panoramiche, ossia con i sedili rivolti verso i finestrini. Trovarono anche un'affollatissima carrozza adibita a bar e due vagoni ristorante dove dovettero prenotare i posti per consumare i pasti durante il viaggio. Mentre il treno traversava instancabile i vari stati, California, Nevada, Utah, Colorado e tanti altri, osservavano affascinati quel particolare panorama che mutava continuamente in funzione dei territori che stavano attraversando, a volte passando in modo repentino da grandi pascoli o foreste con importanti fiumi come in Colorado a paesaggi rocciosi e aspri, come moltissimi tratti dello Utah. Era comunque un territorio sterminato che ispirava rispetto a chi lo guardava. Ogni tanto, sempre più lontani dalla loro casa, avevano la sensazione di essere molto soli ed allora si stringevano la mano, come due ragazzini. Provavano una sensazione stranissima. Stavano lasciando un paese straniero, dove però avevano vissuto negli ultimi anni in modo più o meno felice per tornare in quella che per molto tempo era stata la loro patria, la loro casa, e dalla quale avevano scelto di fuggire, con la consapevolezza che si sarebbero sentiti completamente estranei. Ogni tanto il loro tragitto li portava ad attraversare delle città importanti come Boston, Philadelfia, Washington e, seppure ne vedevano solo i sobborghi attraversati dalla ferrovia, ne rimasero comunque fortemente impressionati. Il treno era piuttosto affollato con passeggeri che cambiavano continuamente perchè molti percorrevano solo un breve tratto della linea. Un gran numero di  passeggeri erano soldati. Dai loro discorsi si capiva che alcuni non vedevano l'ora di ritornare a casa ad abbracciare i loro cari, una moglie, un figlio. Altri invece cercavano di ritardare il più possibile il momento del ritorno. Si sentivano molto cambiati e temevano di non essere più in grado si riadattarsi ad una vita normale. Molti avevano vissuto delle esperienze terribili e non si poteva certo chiedere loro di dimenticare tutto dalla mattina alla sera, tornando ad essere dei semplici impiegati, commessi, assicuratori.... Tobias sapeva bene cosa stessero passando. I pasti serviti nella carrozza ristorante, erano di livello passabile e la cabina si rivelò abbastanza comoda. Alla fine, quando avevano l'impressione che sul quel treno sarebbero rimasti per sempre, arrivarono alla stazione di New York, la Grand Central Terminal, un grande ambiente pieno di gente e dove ferveva una incredibile attività. Da un taxi si fecero condurre al porto, per raggiungere la loro nave. Questa era attraccata al molo n. 22 e, all'apparenza, non prometteva un granchè. Era molto grande e appariva piuttosto maltenuta. Dappertutto si poteva notare ruggine a malapena coperta da diversi strati di vernice. Il colore verde originale, nel tempo si era sbiadito assumendo una tonalità indefinibile. Dopo un attimo di incertezza, consapevoli di dover affidare per molti giorni la propria vita a quella 'carretta', come l'aveva chiamata il taxista dopo averla veduta, si fecero coraggio e salirono a bordo dove furono ricevuti da un ufficiale che, gentile, ma piuttosto brusco, li scortò nella loro cabina. In realtà rimasero piuttosto sorpresi quando all'interno della nave, ebbero l'impressione di essere in un altro mondo. All'interno tutto era nuovo, perfettamente tenuto ed anche molto pulito, come se l'aspetto esteriore trasandato e sporco fosse voluto per qualche motivo.  La cabina, come le altre 9 destinate ad ospitare i passeggeri, era   a   poppa, sul primo ponte sottocoperta. Aveva due letti a castello ed era arredata con un piccolo tavolo, due sedie, un armadietto piuttosto capace ed un lavandino che erogava acqua dolce per due ore al giorno, dalle ore 8.00 alle ore 9.00 e dalle ore 19.00 alle ore 20.00. La biancheria della cabina era pulita ma non era previsto il servizio in camera. I 2 gabinetti nel corridoio erano in comune con il resto dei passeggeri. I pasti andavano consumati nella sala comune destinata ai passeggeri dove ad un self service avrebbero trovato un cibo semplice ma accettabile tre volte al giorno. Nel complesso, a loro era riservato lo spazio delle cabine, quello delle parti comuni destinate ai passeggeri, ed una porzione del ponte chiaramente indicata con apposite scritte. Non dovevano per nessun motivo entrare nelle zone non consentite, pena l'essere confinati per tutta la durata del viaggio, nella propria cabina. Attesero pazientemente la partenza a bordo della nave. Alcune delle cabine erano già occupate. Altre vennero occupate da frettolosi passeggeri, poco prima della partenza. Quando salparono, dal ponte della nave, Tobias ed Helena, guardarono con il cuore in gola il molo che si allontanava, poi il porto, poi, usciti dalla Lower Bay, alla fine non fu più possibile vedere nulla, solo il mare che per molti giorni sarebbe stato il solo panorama disponibile. Nel corso del viaggio, scoprirono che solo 6 delle cabine, compresa la loro, erano occupate e presero atto che gli altri viaggiatori non avevano alcun interesse a familiarizzare. Solo alla mensa, incontrandosi, si scambiavano un rapido saluto. Erano quasi tutte coppie, come loro, di età variabile, e molto discrete. Non avendo alcun interesse a stringere amicizia, Tobias ed Helena non fecero altri tentativi per cambiare la situazione. Dopo due interminabili giorni di navigazione calma, il terzo giorno, l'oceano iniziò ad essere mosso fino a sfociare in una vera burrasca. La nave continuava ad arrancare fra le altissime onde, che sembravano volerla inghiottire da un momento all'altro. Per fortuna, loro non soffrirono mai di mal di mare, a differenza di molti altri passeggeri e non saltarono mai un pasto, se non altro perchè era forse l'unico evento che rompeva la monotonia dei giorni di navigazione. Finalmente, il sesto giorno, il tempo sembrò placarsi e così poterono tornare a prendere tranquillamente un po' d'aria sul ponte, assieme ad alcuni passeggeri. Apparentemente, malgrado le pessime condizioni del mare, non avevano perduto molto tempo. Infatti, allo scadere del settimo giorno, dal ponte, nella notte, videro delle luci lontane. Il mattino seguente, riuscirono a intravedere appena la linea di una costa che scoprirono essere le isole di Lewis nella zona nord della Gran Bretagna, che superarono prima di ridiscendere verso sud, dirigendosi verso le coste della Danimarca e, da lì, fino alla loro destinazione. La vista della città di Amburgo fu il primo vero impatto con la terribile realtà della guerra. Il porto era stato risistemato alla meglio ed in fretta per evidenti motivi logistici, ma l'aspetto del resto della città era sconvolgente. Durate la guerra gli alleati avevano preso atto che Amburgo era un centro attivissimo per le comunicazioni, per il commercio e per i cantieri navali. Il comando bombardieri aveva deciso quindi di bombardare pesantemente la città in 4 ondate successive fra il 25 luglio ed il 3 agosto del 1943. Sulla città vennero scaricate complessivamente più di 8000 tonnellate di bombe. Per eseguire i bombardamenti gli stormi furono guidati sugli obiettivi direttamente da particolari aerei, chiamati Pathfinder,  dotati di bombe incendiarie che indicavano i bersagli senza margine di errore. Inoltre per confondere i radar tedeschi e diminuire le capacità difensive della contraerea, fu usato per la prima volta, con successo, il metodo 'Window' che consisteva nel lanciare in cielo da appositi aerei, una enorme quantità di striscioline metalliche che letteralmente facevano impazzire i radar. In particolare fu tremendo il bombardamento del 28 luglio, il secondo,  eseguito da 786 bombardieri che colpì direttamente il centro della città, più densamente abitato, con 2300 tonnellate di bombe con un effetto terrificante che gli stessi tedeschi definirono il 'Feuersturm', ossia la tempesta di fuoco. Morirono più di 40.000 abitanti, molti dei quali ridotti in cenere perfino nei rifugi, a causa della terrificante potenza e natura delle bombe utilizzate. Avvicinandosi al punto di attracco, tutti e due non potevano non pensare a cosa avrebbero trovato a casa loro, dopo aver saputo dei combattimenti strada per strada nella città di Vienna, o dell'avanzata dei Sovietici a suon di cannonate, per debellare le difese tedesche. La mattina del 6 marzo, prima di sbarcare, il solito ufficiale con il quale avevano avuto contatti, diede loro delle informazioni preziose per il proseguimento del viaggio. Anzitutto consigliò loro di portare con sè il minimo indispensabile, viaggiando così, leggerissimi. Il bagaglio inutile lo avrebbero lasciato a bordo e lo avrebbero ritrovato al loro ritorno. Diede a Tobias uno zainetto con dentro cibo concentrato ed acqua, raccomandandogli di tenerlo da conto, perchè durante il viaggio, ne avrebbe avuto bisogno. Continuò informandoli che fuori dal porto, avrebbero trovato una macchina che li avrebbe condotti ad una stazione ferroviaria all'estrema periferia di Amburgo, a Beckedorf. Lì sarebbero saliti su un treno che li avrebbe portati direttamente alla loro destinazione, anche se non era possibile stabilire precisamente in quanto tempo. Raccomandò loro di non dare confidenza a nessuno, di non scendere mai dal treno per nessun motivo e di non lasciare mai il bagaglio incustodito. Infine raccomandò loro di parlare esclusivamente la loro lingua madre perchè la gente che avrebbero incontrato, da quel momento in poi, avrebbe potuto non gradire di avere a che fare con qualcuno che parlava inglese. La guerra era ufficialmente finita ma, la firma su un pezzo di carta, non può cancellare anni di dolore, sofferenza, morte, a prescindere da come si erano svolti i fatti. Troppi morti, troppi feriti, persone senza casa, senza più nulla, troppo vecchie o troppo ferite per ricominciare. Infine ricordò loro che il giorno 26, alle ore 18.00 la nave sarebbe salpata senza il minimo ritardo, quindi se non volevano trovarsi bloccati in Austria, cercassero di essere puntuali. Il posto dove la macchina li condusse, era una specie di scalo merci o almeno lo era stato in passato. Un binario attraversava mucchi di rottami, casse vuote e piene, pezzi di autoveicoli danneggiati, cumuli di pietre e macerie. Sulla banchina, una trentina di persone in rassegnata attesa, di tutti i generi. Quando scesero dall'auto, per qualche secondo li osservarono, ma poi ognuno continuò ciò che stava facendo. Erano famiglie con bambini, anziani, persone di età indefinita, quasi tutti con un aspetto molto trasandato. Alcuni si erano seduti sul ciglio della banchina, in attesa, da chissà quanto tempo, quasi rassegnati. Forse fuggivano da qualcosa o avevano la speranza  di trovare qualcosa altrove. O semplicemente non sapevano dove andare e a quel punto, un posto valeva l'altro. Dopo un tempo che sembrò eterno, annunciato da una spessa colonna di fumo, denso e nero, arrivò, sbuffando, il treno, trainato da una vecchia vaporiera che sembrava dovesse sfasciarsi da un momento all'altro e che si tirava appresso una fila di almeno 20 vagoni apparentemente messi assieme alla bell'e meglio, in quanto erano tutti diversi. Almeno la metà erano carri merci che viaggiavano con le porte aperte da cui si intravedevano molte persone. Altri erano vagoni passeggeri ma in cattive condizioni. Quando il treno si fermò, molti di quelli in attesa, si precipitarono verso i carri merci, salendo in fretta e trascinandosi appresso il poco bagaglio che avevano, cercando un posto decente per proseguire il viaggio. Tobias e Hanna si inerpicarono invece sugli alti gradini di legno di una carrozza passeggeri. Era in cattive condizioni e non molto pulita ma i due trovarono comunque posto e si accomodarono su un sedile di legno. Probabilmente il grosso dei passeggeri viaggiava sui carri merci per risparmiare il più possibile. Il vagone non aveva scompartimenti e i sedili erano su due file con una corsia al centro. Sull'altro lato della corsia una coppia non più giovanissima, con due bambini piccoli piuttosto tranquilli. Assieme a loro, sul vagone salirono altre persone. Due donne, che viaggiavano insieme, trascinando una ingombrante valigia, un signore anziano con un pesante cappotto ed uno sciarpone che gli copriva in parte il viso ed una coppia di ragazzi. Il treno avanzava piuttosto lentamente e spesso di fermava per fare provvista d'acqua e carbone. Il viaggio procedeva monotono fra zone di verde, paesini apparentemente intatti, centri bombardati e ancora in rovina. In varie zone però, si vedevano tracce di ricostruzione, riparazione. Diverse industrie, seppure danneggiate mostravano segni di attività. La vita ricominciava, grazie a coloro che non si erano arresi e che di certo volevano solo guardare al futuro per uscire al più presto da quella tremenda situazione in cui li aveva trascinati una guerra terribile. Tobias notò un numero impressionante di invalidi fra coloro che incontrava e si rese conto che la guerra doveva essere stata davvero dura per tutti, non risparmiando nessuno, nè soldati nè civili. Il treno lentamente, procedeva verso sud, sorpassando Colonia e poi, piegando leggermente a ovest, si diresse verso Stoccarda e di lì, verso Monaco di Baviera. Erano quasi arrivati. Pochi chilometri dopo Monaco, il treno si fermò per l'ennesima volta in corrispondenza di un piccolo deposito. Sembrava impossibile essere arrivati fin lì. Il posto appariva deserto e, a parte i ferrovieri impegnati nella loro attività di rifornimento, non si vedeva anima viva. Tobias che aveva terminato l'acqua da un bel pò', sapendo che alla loro meta mancavano ancora circa 400 Km, decise di scendere dal treno per prenderla da una fontanella che si intravedeva, i mezzo ad una macchia di alberi. Malgrado le proteste di Helena, rassicurandola che avrebbe fatto in un momento, scese con la borraccia da riempire e si diresse di corsa verso la fontanella. Per fortuna, aperto il rubinetto uscì dell'acqua ed egli cominciò a riempire il suo contenitore. Fu gelato da una voce dura che all'improvviso, gli disse : "Buon giorno, signore, come va?". Sollevò lentamente la testa e vide dietro di lui a circa quattro, cinque metri due uomini robusti, malvestiti e molto trasandati. Avevano sul viso un'espressione veramente minacciosa, resa più truce da delle barbe lunghe, e si rese conto di essere stato un pazzo a scendere dal treno. Probabilmente quei due l'avevano seguito senza che se ne accorgesse ed ora si rese conto che dalla loro posizione, nascosti dagli alberi, non potevano essere veduti dal treno. Uno di loro gli si avvicinò e con voce sgarbata gli disse: "Ma che bei vestiti, come sei elegante. Magari sei anche pieno di soldi. Che sei, un membro del partito che scappa?"." O magari uno che fà il mercato nero?" interloquì l'altro uomo. Tobias, si rese conto che contro quei due non avrebbe avuto la minima possibilità. "Che volete, lasciatemi in pace!"."Si, certo - gli disse l'uomo più vicino e gli dette una manata sulla spalla che lo fece andare a sbattere con la schiena contro un albero, lasciandolo senza fiato - Ma prima ci dai i tuoi soldi e poi magari anche qualche altra cosa"."Che bel cappotto - disse l'altro uomo - e che belle scarpe che hai!". Aggiunse l'altro uomo avvicinandosi a sua volta. Tobias si vide perduto e all'improvviso mulinò con un gesto disperato la borraccia mezza piena d'acqua colpendo in piena faccia l'uomo più vicino. Questi emise un urlo strozzato e si premette una mano contro il viso mentre perdeva copiosamente sangue dal naso. "Questa è stata una pessima idea - soffiò quasi accecato dal dolore - e gli si avvicinò tirando fuori di tasca un lungo coltello. Anche l'altro uomo aveva estratto una lama dalla tasca e si avvicinò anche lui minaccioso. Tobias si rese conto che non aveva molte possibilità di uscirne vivo ma si preparò a vendere cara la pelle. "Qualche problema signori? - si udì all'improvviso dietro di loro. Era stata la voce di un uomo, calma ma sicura, decisa. Gli uomini presi alla sprovvista, si girarono di colpo, per trovarsi davanti l'uomo che Tobias aveva notato sul treno, quello anziano, con il pesante cappotto e la sciarpa sul viso. Solo che ora non appariva più molto anziano, anzi. Il cappotto era slacciato e lasciva intravedere un corpo piuttosto atletico. Ma la cosa che più colpiva era la grossa pistola automatica che egli puntava verso i due uomini. "Bravi - disse sempre con voce calma - state fermi e lasciate cadere i coltelli. - Poi con voce molto decisa - Signor Mayer, non le era stato detto di non scendere mai dal treno? Prenda la sua maledetta acqua e torni da sua moglie!". Tobias, che era rimasto sorpreso quanto gli altri dalla comparsa di quell'uomo, si affrettò ad obbedire, tenendosi accuratamente a debita distanza da quella gente. Risalì sul treno e decise di non raccontare nulla alla moglie. Spiegò il suo aspetto un po' stravolto col fatto che aveva dovuto correre per paura di perdere il treno. Dopo una decina di minuti, il treno ripartì senza che ci fossero stati segnali  dei tre uomini. Arrivati alla fine, alla stazione ferroviaria di Vienna il mattino del 9 marzo, constatarono che era stata in gran parte ricostruita e non si notavano eccessivi danni. In quella zona avevano il controllo i sovietici e dovettero sottoporsi ad un severo controllo.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12 calici imperatore

Capitolo 12^

Apparentemente però, per fortuna, i loro documenti risultarono in regola e non ebbero problemi a passare. Non tutti furono così fortunati perchè, uscendo dalla stazione ferroviaria, si accorsero di alcune persone che venivano costrette a salire su un camion militare senza molti riguardi. Sulla piazza della stazione non c'erano automobili disponibili. C'erano solo delle vecchie carrozzelle attaccate a stanchi ronzini. L'attenzione si Tobias fu attratta  da un calessino con attaccato un magnifico cavallo di razza norica. Un robusto animale con un mantello beige lucido, una criniera ed una fluente coda quasi bianche e delle solide zampe. A cassetta un uomo di mezza età che fumava una corta pipa. Tobias gli chiese se poteva portarli a Weidling. "Ma non c'è nulla laggiù. Solo qualche sperduta fattoria" - replicò l'uomo. Tobias gli rispose che non erano fatti suoi. Era lì che li doveva portare se avesse accettato. L'uomo senza più obiettare si dichiarò disponibile ma chiese una cifra pazzesca. "Voglio affittare la carrozza, non comprarla - rispose Tobias. E iniziò a contrattare sul prezzo finchè raggiunse un accordo ragionevole. In realtà riteneva di potersi fidare per il trasporto solo di quel cavallo, perchè tutti gli altri presenti sulla piazza erano talmente malridotti da non sembrare in grado di affrontare il viaggio di una quindicina di chilometri su strade probabilmente malmesse. Non visto, aveva assistito alla trattativa un uomo alto e robusto. Aveva un'aria seria e decisa e indossava un abito abbastanza elegante con giacca e cravatta. Prima che la carrozza si muovesse, chiamò il cocchiere: "Hans, Hans! - quando questi si girò per sentire chi lo chiamava e riconobbe l'uomo, sbiancò in viso e fece l'atto di togliersi il cappello. - Comandate pure!". "Hans, mi raccomando, non fare al solito tuo - disse serio, senza mai guardare in faccia nè Tobias nè la moglie - Conduci i signori, che sono amici miei, dove hanno chiesto e alla cifra che avete pattuito. Hai capito? - chiese con voce che non ammetteva commenti. Poi l'uomo se ne andò per la sua strada senza salutare nessuno. La carrozza partì subito mentre i due passeggeri non sapevano spiegarsi l'intervento dello sconosciuto. Tobias però alla fine prospettò l'ipotesi che fosse un 'collega' di quello che gli aveva salvato la vita alla fermata del treno. Uscendo dall'abitato videro che effettivamente c'erano stati parecchi danni ai fabbricati, ma nulla rispetto ai quartieri orientali dove si era combattuto casa per casa. La campagna non era cambiata molto, segno che, a parte la guerra e le varie battaglie, i contadini avevano continuato pazientemente a fare il loro lavoro, almeno nei limiti del possibile. Lungo la strada si incontravano diversi uomini a piedi con attrezzi agricoli sulle spalle e viandanti di ogni genere. Di quando in quando una pattuglia motorizzata di soldati americani percorreva la strada con noncuranza. In prossimità della fattoria, Tobias cominciò a riconoscere molti particolari. Gli alberi, la forma dei campi, la curva della strada e li indicava di volta in volta a Helena. Arrivarono, quasi senza rendersene conto, sullo spiazzo davanti alla vecchia casa. Appariva uguale identica a come la ricordava, segno che lì non doveva essere accaduto niente di brutto. Uscì dalla casa una donna molto anziana, asciugandosi le mani con lo strofinaccio che aveva legato in vita. Avvicinandosi si faceva schermo dal sole con una mano, cercando di capire chi fossero quegli estranei capitati fin lì. Mentre si avvicinava Tobias riconobbe sua madre, parecchio invecchiata dal passare degli anni e dall'indubbio dolore per la morte del marito. Poi anche lei lo riconobbe e fece gli ultimi passi di corsa, gettandosi fra le braccia del figlio. Lo abbracciava, lo accarezzava, lo baciava pronunciando parole quasi incomprensibili sopraffatta dall'emozione, poi corse ad abbracciare la moglie, riservando anche a lei un caldo benvenuto. Dopo qualche minuto, uscì dalla casa una donna giovane, con un bambino in braccio. Incuriosita, si avvicinò e rimase a sua volta molto sorpresa nel riconoscere i due visitatori. Era Julia, la sorella di Tobias, ormai una donna matura. Seppure con maggior controllo, salutò anche lei i due visitatori e presentò il bambino, suo figlio Frank, di quasi tre anni. Aveva il nome dello zio morto in guerra. Tobias si guardava attorno con attenzione. Seppure ad una prima impressione sembrasse tutto uguale a come lo aveva lasciato, ad un'occhiata più attenta, si notavano parecchie differenze. Uno stato di trascuratezza, di vecchio, di trasandato, di rovinato che riguardava ogni cosa, i fabbricati, le attrezzature. In giro non si vedevano animali e allo stesso modo, nei campi che si potevano intravedere dalla casa, le colture erano stentate, striminzite e scarse. Entrati in casa, notò anche lì gli stessi segni di deterioramento, come se le persone fossero state impegnate in altre faccende più importanti. Magari a restare vive, pensò Tobias. Dovevano essersela vista veramente brutta e in qualche modo si sentì quasi colpevole di essere andato via, anche se in realtà non vedeva proprio come avrebbe potuto fare la differenza. Quando la madre gli offrì un bicchiere di vino sentì nettamente che, anche per quello, qualcosa era cambiato, come se fosse stato fatto in modo frettoloso, senza cura.  All'ora di pranzo tornarono a casa il fratello Hans ed il cognato Mario. Anche loro furono molto contenti di vedere Tobias e la moglie. Durante il pranzo, che le due donne avevano preparato in fretta e furia, si parlò del più e del meno, della salute, del lavoro, come se nulla fosse successo, come se non fosse che si rivedevano dopo tredici anni. Solo la madre chiedeva dei nipoti, rammaricandosi di non averli potuti incontrare, del lavoro, di come era l'America. Quanto agli altri, si percepiva un atteggiamento strano, quasi distaccato, come se fossero degli estranei. Nel pomeriggio Tobias e la moglie passeggiarono per la fattoria, notando segni di incuria, macchine arrugginite, campi non coltivati. Non avevano idea di cosa fosse accaduto in quel posto. A cena, Tobias si guardò bene dal parlare di quello che aveva visto, non volendo mettere in imbarazzo i suoi familiari. Alla fine del pasto, però, dopo alcuni bicchieri di vino, furono i suoi parenti che cominciarono a parlare. Iniziarono a raccontare di come le cose fossero andate di male in peggio, delle requisizioni che li lasciavano appena con il minimo indispensabile per campare. Del dolore causato da quei soprusi che alla fine aveva ucciso il padre di Tobias che si era visto portare via il frutto di tanti anni di pesante ed assiduo lavoro per mantenere decentemente la sua famiglia. Quasi tutte le bestie erano state confiscate. E ogni volta, a dirigere e organizzare quei gruppi scellerati, c'era Bernhard Stainer, incaricato di svolgere quel compito che per lui, con la sua rabbia e la sua ottusità, era l'ideale, ma il mandante, lo sapevano tutti, era il fratello. Parecchie volte avevano picchiato i contadini che si erano opposti. Poi quando le cose erano peggiorate, le campagne erano state rastrellate in cerca di uomini da mandare al fronte. Hans, con la sua gamba malconcia era stato scartato ma Mario, più giovane ed in buona salute si era dovuto nascondere con l'aiuto di padre Valentin. Infine, nell'assalto finale, la paura dei Russi che per fortuna non erano arrivati fin lì. Ed ora stavano cercando di risollevarsi, con quel poco che era rimasto, ma la vita era durissima. In tutta la storia Tobias si fece l'idea che a mandare veramente avanti tutta la baracca in realtà fosse stata la sorella Julia, dimostrando una forza di carattere ed una razionalità che lui assolutamente non sospettava. E che ora lui parlasse loro dell'America. Ecco il punto, alla fine era saltato fuori. Anche loro avevano nei suoi confronti una sorta di sordo rancore per essersene andato. Ma la risposta era sempre la stessa, che differenza avrebbe fatto per loro che lui fosse rimasto? Disse comunque che anche in America le cose non erano come si credeva, che i Tedeschi erano stati rinchiusi, perseguitati e che anche loro avevano passato dei momenti difficili. La mattina seguente, Tobias e la moglie visitarono i dintorni, per vedere come fosse la situazione. E alla fine si ritrovarono davanti al ponte di Greifenstein, ancora miracolosamente intatto, come tanti anni prima. Tobias lo attraversò trepidante, chiedendosi cosa avrebbe trovato dall'altra parte del fiume, dove tutta la sua avventura era cominciata. Fu un'esperienza scioccante. Anche Helen che conosceva la zona ne rimase colpita. I grandi campi che una volta erano completamente coperti di viti, l'orgoglio di Andrea Stainer, ora erano una distesa di sterpi bruciati. Solo polvere e cenere, dove una volta c'erano dei campi curatissimi e rigogliosi. Il suo passato che veniva cancellato! "Ma cosa è successo qui? E' passato l'inferno! Se Andreas lo vedesse......"."E' pazzesco, è terribile, è mostruoso.... - disse la moglie - Ma chi sarà stato? Le truppe dei Russi? Eppure non sono arrivate fin qui". Quella sera a tavola, Tobias sollevò l'argomento. Gli rispose Hans, sempre con quello strano atteggiamento, fra l'ostile e l'amaro che egli attribuiva alle tremende esperienze vissute. "Quali Russi? Qui la guerra non si combatteva fra gli alleati e noi, ma fra noi e il partito, in particolare con alcuni bastardi che coprendosi le spalle con la politica, hanno commesso dei soprusi terribili. Erano loro che ci portavano via la roba, che picchiavano duramente ed in qualche caso anche a morte chi si ribellava, chi si opponeva. Tu non hai idea dell'inferno che abbiamo passato!"."Certo che no! Ma quando io dicevo che le cose sarebbero andate al peggio, mi avete trattato come un matto, un disfattista!"."E chi poteva immaginare una tale doppiezza, una tale slealtà! Sembrava tutto bello, tutto facile, saremmo tornati grandi dopo la batosta presa nel 1918 e l'umiliazione del trattato di Versailles. E invece, in molti casi, il potere è finito nelle mani di gente come i fratelli Stainer! Perchè questa era la loro zona di azione, erano loro che ci davano addosso! Purtroppo conoscevano tutto e tutti ed era difficile difendersi. Per fare soldi e comprare favori, hanno rovinato il padre. Prima gli hanno venduto la terra, poi la casa e anche lui ne è morto di crepacuore. Ma alla fine, credendo di essere divenuti intoccabili, i fratelli Stainer pretendevano che chi gli aveva comprato la terra, gliela rivendesse per un tozzo di pane e quando quel poveraccio, naturalmente ha rifiutato, prima, tutto il suo raccolto ha preso fuoco e dopo due giorni, è sparito. E sono stati loro, ne sono sicuri tutti."."E che ne è stato di loro?"."Non si sa. Alla fine di marzo del 1945, prima che cominciassero i combattimenti strada per strada nella città di Vienna, di gran carriera, come due topi, sono partiti verso la Germania, assieme ad un convoglio di SS. Ma la colonna non ha mai superato i confini dell'Austria. Sembra che una pattuglia aerea li abbia intercettati e bombardati. Alla fine non era rimasto abbastanza da identificare alcunchè"."Ed ora la terra, la casa, di chi sono?"."Della moglie di quel poveraccio, con due figli e senza risorse per ricominciare". Quella sera il discorso finì lì, e Tobias pensava a quanto potesse diventare brutale un uomo accecato dal potere e dalla brama del possesso. E suo suocero, per quanto fissato con le sue idee, aveva pensato di spuntarla con gente simile! Poveraccio, lui era comunque una persona onesta e in buona fede e appena non era stato più utile, l'avevano buttato da parte come uno strofinaccio vecchio! Il giorno seguente, avuto il suo indirizzo, sarebbero andati a trovarlo sperando che avesse cambiato atteggiamento. L'indirizzo era di un vecchio condominio popolare nella parte nord della città. Era presidiata dai Russi ma non ci furono grosse difficoltà per passare. Avevano saputo che, rimasto praticamente privo di mezzi, lo aveva accolto con sè una anziana vedova che in realtà gli stava appresso da molto tempo, persino da prima che Tobias ed Helena si conoscessero. Ora provvedeva a lui e con i pochi mezzi di cui la donna, che aveva avviato una modesta attività di alimentari,  ancora possedeva, vivevano piuttosto modestamente. Seppero che il padre, talvolta svolgeva il ruolo di commesso fattorino e per evitare di metterlo in imbarazzo, andarono a trovarlo la sera, quando il negozio era chiuso. Purtroppo non fu nè una bella idea, nè una bella esperienza. Tobias scelse per prudenza di rimanere in strada e fece salire solo la moglie. Nel caso, l'avrebbe raggiunta più tardi. Appena il padre riconobbe la figlia, che fu introdotta nella piccola cucina dove l'uomo stava consumando una scodella di minestra, lo sguardo sembrò illuminasi ma poi, quasi avesse ricollegato dei fatti dimenticati, assunse un'espressione severa, quasi cattiva: "Sei venuta a vedere come mi sono ridotto? Anzi, come mi avete ridotto voi due, traditori e vigliacchi. Per colpa vostra ho perso tutto! Tutto! E se non fosse stato per questa donna generosa, starei in mezzo alla strada, a chiedere la carità". La donna assunse un'aria di sopportazione come se avesse sentito quella solfa più e più volte. "Ma credete che mi sia arreso? Vi sbagliate. E' solo una difficoltà momentanea e presto, tutto tornerà come prima, come prima!". E riprese a mangiare come se non fosse accaduto nulla. La donna fece cenno ad Helena di seguirla nell'ingresso."E' sempre così. Ogni tanto ha degli sprazzi di lucidità e poi.... l'ha visto, vive in un altro mondo". "Mi ricordo di lei. Stava sempre attorno a mio padre per avere la sua attenzione, ma lui non se ne è mai accorto. Da quello che vedo, so che lei è una brava persona e mi dispiace che le cose siano andate in questo modo. E' inutile che io rimanga. Però vorrei aiutarvi in qualche maniera, magari darvi un sostegno, senza che naturalmente ne sappia nulla mio padre". E tirò fuori dalla tasca una mazzetta di 500 dollari, un vero piccolo capitale. Gli occhi della donna si illuminarono e dopo un tentativo di rifiutare molto malaccorto, afferrò il danaro facendolo sparire in una delle tasche. "Ce ne saranno degli altri e, se serve qualcosa, mi faccia sapere a questo indirizzo". E diede alla donna un biglietto con il suo indirizzo. In strada disse al marito come erano andate le cose e capirono che non ci sarebbe stato più nulla da fare. La mattina seguente, Tobias chiese ad Hans di fargli fare un giro accurato di tutta la proprietà e rimase un po' sorpreso dall'atteggiamento del fratello che accettò, ma quasi con risentimento, al momento inspiegabile. Ad ogni domanda che Tobias rivolgeva, circa una coltura o sul perchè un terreno fosse incolto o sui motivi di alcune scelte di lavoro, riceveva sempre delle risposte secche, ostili?? finchè alla fine si decise a chiarire il discorso e chiese al fratello se c'era qualcosa che non andava. Questi, decise di sfogarsi  e quasi l'aggredì. "Chiedi a me se c'è qualche problema? Te ne vai e lasci tutto, proprio prima che cominci la catastrofe. In America fai la bella vita, fai i soldi. E ora torni quì per controllare, per giudicare se abbiamo fatto il nostro dovere, se abbiamo affrontato in modo giusto le cose, per sapere se abbiamo salvato e ben amministrato la tua parte! Beh, no! Te lo dico io! Abbiamo cercato di restare vivi. Io, tua sorella, tua madre e tuo cognato, che alla fine è dovuto anche andare a nascondersi per non essere richiamato! E allora? Adesso cosa vuoi?". E rimase a guardarlo con gli occhi fiammeggianti in segno di sfida. Finalmente aveva detto quello che si sentiva dentro ed ora, succedesse quel che doveva succedere. Tobias, a quello sfogo, era rimasto senza parole ma almeno ora aveva capito il perchè dell'atteggiamento dei suoi familiari. "Ma tu davvero pensavi che io fossi tornato quì, con mia moglie, rischiando la vita fra l'altro, solo per sapere come avevate amministrato la roba mia? Non vi ha sfiorato nemmeno per un istante l'idea che forse volevamo solamente rivedervi? Che non sapendo nulla di preciso e avendo solo sentito cattive notizie, potavamo essere preoccupati per voi?". Non sapeva se essere più risentito, offeso o divertito, pensando a quello che dovevano aver passato, dopo averli visti ritornare, magari parlandone fra loro in segreto, facendo chissà quali congetture. "Nel momento in cui  sono partito, mi sono lasciato tutto alle spalle. La mia parte? Quale mia parte? Certo, a questo posto ci sono affezionato, e se la cosa non vi crea problemi, mi contenterei semplicemente di essere ben accolto ogni volta ci dovessi tornare. E se una certa idea dovesse andare a buon fine, potrebbe essere un'evenienza molto probabile e frequente". Ora era toccato al fratello rimanere senza parole. Non si era aspettato una reazione di quel genere. "Scusa, hai ragione, è che la vita che abbiamo fatto in questi anni ci ha reso sospettosi, meschini e paurosi di tutto"."Ok, ma adesso finiamo il nostro giro e fammi il favore di rispondere sinceramente a tutte le domande che ti farò. Poi stasera a cena, parlerò con tutti voi perchè forse ho una proposta da farvi". Il giro continuò per tutto il giorno, con un atteggiamento molto diverso. Alla fine tornarono a casa e Tobias rimase a lungo a parlare con la moglie. La sera, cenarono in un'atmosfera molto particolare. Tobias parlava tranquillamente del più e del meno divertendosi un mondo a tenerli sulla corda perchè, dalle occhiate che gli altri si scambiavano di quando in quando, era chiaro che Hans li aveva informati di quanto era accaduto nel pomeriggio, ed ora non sapevano cosa aspettarsi. Alla fine della cena, dopo  un ottimo bicchierino di grappa che aveva lui stesso chiesto, ottenuta l'attenzione degli altri, si decise a cominciare. "Anzitutto voglio mettere in chiaro alcune cose. E' vero, sono andato via, perchè avevo capito cosa stava per succedere ma soprattutto perchè in America avevo intravisto una possibilità che qui non sarebbe mai stata realizzabile. A Salinas ho un terreno di estensione almeno cinque volte quello che avete voi, in cui, con varie mansioni, lavorano ora circa 90 dipendenti, compresi i miei figli. Malgrado quello che pensate, non è stato per nulla facile. A volte è stata veramente dura e più di una volta siamo stati per perdere tutto. Danneggiati, minacciati, ostacolati, abbiamo tenuto duro ed ora, grazie al Cielo, ne siamo usciti. E' passata, per fortuna, e speriamo che le cose possano andare anche meglio". Fece una pausa, per vedere che effetto facevano le sue parole, ma alcune cose sentiva di doverle dire, perchè anche lui aveva da togliersi 'dei sassolini dalla scarpa'. "Da come mi parlano tutti, sembra quasi che la guerra sia stata persa solo perchè io me ne sono andato! Non capite che è esattamente il contrario? Non avevo nessuna fiducia in quella gente e alla fine ho semplicemente avuto ragione e mi dispiace, perchè questo ha significato dolore e morte per tantissime persone. Non avrei fatto la differenza restando, nè avremmo vinto la guerra solo perchè io ero restato quì a farmi ammazzare magari con la mia famiglia. Ora di questo non ne voglio più sentir parlare. Ora voglio solo sentire parlare di futuro, il nostro futuro, se sarete d'accordo su quanto vi voglio proporre". Dopo aver accettato il rimprovero ora aspettavano curiosi il resto del discorso. Tobias approfittò della sua posizione e dell'attenzione per drammatizzare il discorso che si accingeva a fare. Perse volutamente tempo a versarsi con attenzione un altro bicchierino di grappa, fra l'altro veramente buona. "Bene, allora diciamo che gli affari, almeno ora, in America vanno abbastanza bene. Il vino che produciamo è decisamente buono, ma è vino prodotto oltreoceano e gli Americani sono molto sensibili invece a tutto ciò che è europeo. Finchè c'è stata la guerra ed i commerci erano bloccati per evidenti motivi, il nostro vino ha avuto un notevole successo. Ma ora, quando le cose si normalizzeranno, e mi auguro sinceramente presto, perchè questo significherebbe che potremo pensare tutti ad una vita normale, l'attenzione dei consumatori si sposterà di nuovo verso l'Europa. Io venderò sempre il mio vino, ma dovrò fare i conti con una concorrenza sempre più agguerrita, via via che qui le attività riprenderanno. Ora, pensavo, se concorrenza ci deve essere, perchè non farsi concorrenza da soli?". Gli altri, che stavano cominciando a capire dove volesse andare a parare, si fecero sempre più attenti. "Molte delle colture sono andate in malora e si vedono solo cespugli dove una volta c'erano piante o coltivazioni. Lì, in ogni caso dovrete ricominciare da capo. Allora perchè non piantare la vite? Le bestie non le avete più, non vi servono più i campi a foraggio. Perchè non piantarci le viti? Lasciate un bell'orto per voi e magari abbastanza per venderne anche agli altri. Lasciatevi un campo di grano. Anche due, se volete. Ma il resto organizzatelo a vigna, coltivata con piante sane, valide e di qualità. Insomma mettiamoci in società e rimettiamo in sesto tutta la proprietà, senza perdere tempo"."Ma noi.... saremmo tuoi dipendenti?" Chiese incerto Mario che fra l'altro non aveva capito se anche il suo terreno avrebbe fatto parte dell'accordo. "Nessun dipendente - ripetè Tobias - Soci! Io vi aiuterò all'inizio per le piante, per l'avvio delle colture e con l'invio di alcune macchine e tutto il necessario. Saremo soci, se l'affare vi interessa. Il che significa che se lavorerete e vi impegnerete ci guadagneremo tutti ma se così non sarà, allora sarà stato solo colpa vostra. Non voglio persone con lo spirito del dipendente che 'come và, và, tanto c'è la paga'. Avete capito? Avete chiaro in cosa vi sto proponendo di mettervi? Dovrete lavorare, così come noi abbiamo lavorato in America e lavoreremo qui, almeno all'inizio. E avrete il vantaggio di ripartire prima di tanti altri. Allora, cosa ne dite?". Gli altri che erano rimasti senza parole, si guardavano l'un l'altro. Non si aspettavano certo una proposta del genere. Per cui, dopo una serie di sguardi di intesa, fu Hans a rispondere per tutti. "Certo la proposta è molto interessante. Però tu ci stai proponendo di cambiare totalmente il nostro modo di vivere e lavorare. La vite è una coltura che conosciamo abbastanza ma non certo ai tuoi livelli. E poi non si tratta di coltivare la vite e fare il vino. Qui si parla di imbottigliare, promuovere, distribuire. Noi, lo sai, siamo abituati a trattare granaglie, ortaggi, patate, cose così. Non lo so, credo che ci dobbiamo pensare un pò su". In realtà era rimasto un po' deluso, si aspettava una reazione diversa. Di nuovo però rimase colpito dalla differenza fra i due dubbiosi, Hans, Mario, e la sorella, che aveva dimostrato più entusiasmo, maturità e determinazione e che avrebbe risposto subito di si. Tobias capì comunque le giuste incertezze dei suoi parenti. Per dare loro la possibilità di pensare un poco meglio alla proposta alla luce del sole, decise di fare una visita che aveva sognato di fare da gran tempo. Così si fece prestare il calessino dal fratello e, assieme ad Helena, partì alla volta della abbazia di   Klosterneuburg. Aveva una voglia enorme di rincontrare padre Valentin, una figura incredibile che per lui era stata molto importante e che, in altri momenti, aveva saputo trovare le parole giuste per consogliarlo e consolarlo. Non ebbe grossi problemi a raggiungere l'abbazia. Padre Valentin lo ricevette immediatamente e l'abbracciò felice, incurante dell'imbarazzo di Tobias che non sapeva come comportarsi con un vescovo. Condusse i due ospiti nel piccolo giardino dove in altri tempi avevano passato delle belle ore. Volle sapere tutto di loro e della loro famiglia. Il lavoro, la tenuta e alla fine fece loro i complimenti e disse addolorato che gli dispiaceva molto di non aver creduto alle premonizioni di Tobias che in qualche modo aveva previsto tutto quello che sarebbe accaduto. Poi raccontò della guerra, di ciò che era accaduto non solo a lui ma a parenti e conoscenti comuni e poi, come se avesse atteso a lungo quel momento, finalmente chiese a Tobias: "Tu hai una lettera per me, vero?". Tobias rimase esterrefatto. Il suo amico Valentin, il vescovo Valentin Pichler, era in affari con Dowson? Che delusione, che amarezza, pensò. E quale interesse comune avrebbe potuto unire due uomini così diversi? Il sacerdote con una espressione fra il colpevole ed il divertito, riprese: "Sorpreso? Deluso? Eppure dovresti conoscermi. A volte però non possiamo scegliere i nostri compagni di viaggio o, come dicono da queste parti, 'questa danza dobbiamo farla col diavolo. Seguitemi!". E senza perdere tempo, si alzò e si diresse all'interno dell'abbazia. Tobias non sapeva che pensare, Helena, che non sapeva nemmeno dell'esistenza della lettera, ancora più confusa di lui. Poi Tobias riconobbe la scaletta che aveva già percorso una volta in passato e capì che stavano scendendo per raggiungere le due stanze dove venivano conservati i tesori dell'abbazia. Si sentì quasi esaltato pensando che fra breve avrebbe rivisto i calici e che finalmente li avrebbe potuti mostrare anche alla moglie. Il sacerdote prese da una mensola una torcia e ne dette una per ciascuno agli altri e le accese. Purtroppo la corrente elettrica non veniva erogata per tutto il giorno, così la discesa della scaletta, alla luce tremolante delle torce creò un'atmosfera particolare. Quando giunsero nel piccolo andito dove si trovavano le due porte blindate che Tobias ricordava bene, questi si accorse che la stanza delle reliquie era chiusa mentre quella dei tesori aveva la porta desolatamente spalancata e questo gli fece sentire un tuffo al cuore. Cosa era successo in quel posto? Il sacerdote lo invitò ad entrare nella sala con la porta aperta e lì, potè constatare, come aveva temuto, che era accaduto il peggio. Le vetrine, molte delle quali infrante, erano vuote! Tutti i tesori, i gioielli, i paramenti, i 'suoi' calici, scomparsi! Prima che potesse fare la domanda che veniva spontanea, padre Valentin, cominciò a raccontare : "Il 30 marzo del 1945, all'alba si è presentato alle porte dell'abbazia un gruppo di SS, comandate da un colonnello che era affiancato dai fratelli Stainer. Disse che, con i Russi alle porte, aveva ricevuto l'ordine, chissà da chi, di mettere in salvo il tesoro dell'abbazia. Non c'è stato nulla da fare. Chi si è opposto è stato barbaramente malmenato e alla fine abbiamo capito che erano così determinati da non fermarsi davanti a nulla. Un rifiuto non era previsto. La cosa che mi ha colpito è che sapevano benissimo dove andare e cosa cercare. E' chiaro che erano stati dettagliatamente informati. Sono scesi nella sala dove erano custoditi i gioielli e i valori, portando delle casse vuote. Hanno proceduto ad un veloce inventario e, spaccando le vetrine per fare prima, hanno fatto man bassa di tutto. Nemmeno i Russi avrebbero osato tanto o, almeno, non abbiamo notizie di atti simili da parte loro. Poi, caricate le casse empite alla meglio, sui camion, di gran carriera, sono partiti. Il colonnello disse di andare a farsi dare una ricevuta negli uffici di Vienna ma arrivati là, non abbiamo trovato altro che disordine e confusione. Chi era rimasto, non aveva notizia alcuna del fatto e non sapeva nemmeno cosa fare"."Ma sapete almeno dove dovevano portare tutto?"."In realtà era un già un pezzo che le truppe germaniche, con la scusa di salvare le opere d'arte, le andavano rastrellando nei territori occupati, per nasconderle in appositi siti segreti. Tutto quello che veniva trafugato qui, era destinato al castello di Neuchwanstein, a Fussen, in Bassa Baviera. Poi da lì, opportunamente selezionato e smistato, il materiale era diretto ai vari siti definitivi. Purtroppo, con le distruzioni della guerra, la disorganizzazione degli ultimi giorni, le iniziative di qualcuno che nella confusione ha approfittato per appropriarsi di opere di valore inestimabile, molti di questi posti, nascosti chissà dove, sono al momento sconosciuti. E forse lo resteranno per sempre. Si parla di antiche miniere con passaggi segreti, di caverne naturali magistralmente nascoste, tanto che nessuno ha la più pallida idea della loro esistenza. Molti dei loro costruttori e ideatori, morti in battaglia a comunque deceduti, hanno portato con loro il segreto"."E' incredibile - disse Tobias che non aveva mai considerato questo aspetto della questione - Si parla solo di guerra, di battaglie e non si pensa a questi risvolti. Degli  autentici banditi, ladri!"."Non è proprio così - lo corresse padre Valentin - queste persone nella maggioranza dei casi hanno salvato dalla distruzione delle opere d'arte inestimabili e solo grazie a loro sarà possibile vederle ancora. Ma alcuni, spinti da avidità, cupidigia, desiderio sfrenato, hanno approfittato della situazione per crearsi dei tesori personali"."Ma Dowson che c'entra in tutta questa storia? - chiese Tobias che non riusciva a trovare un legame fra i due uomini. Prima di parlare, padre Valentin ricondusse i suo ospiti nel giardino dove erano prima e dove si assicurò che nessuno li potesse ascoltare. Poi pensò a lungo prima di parlare, come se stesse valutando se confidare o meno alcune informazioni. Quindi, con un profondo sospiro, alla fine si decise: "Quando avrò finito di parlare, avrete capito la mia reticenza a condividere con voi quanto vi sto per dire. Capirete che nel vostro interesse e per la vostra stessa sicurezza meno saprete di questa storia, e meglio sarà per voi. I fatti in questione riguardano gente di una pericolosità senza limiti e voglio comprendere nel gruppo anche il vostro 'amico' Dowson, il quale nei vostri confronti mostra uno strano atteggiamento, estremamente amichevole, che non mi risulta abbia mai mostrato per nessun altro, e non voglio sapere il perchè. E'chiaro che, prima di proseguire, in questo discorso dovrò avere la vostra parola che nulla di ciò che vi dirò dovrà uscire da qui e questo, nella stessa vostra sicurezza". Ad un assenso dei suoi ascoltatori, il sacerdote riprese: "Saprete certo che alla fine della guerra, per quanto riguarda la Germania, non tutti i responsabili di crimini sono stati catturati. Spesso, proprio quelli che approfittando della situazione, del proprio grado, della propria posizione hanno compiuto i gesti più efferati, sono riusciti a sfuggire alla giusta punizione. Ricorderete nel primo processo di Norimberga che il segretario del partito nazista, Martin Borman, fu giudicato e condannato a morte in contumacia, perchè era riuscito a fuggire. Così è accaduto anche per persone come Josef Mengele, il dottore dei campi di sterminio, Adolf Eichmann, responsabile della morte di milioni di ebrei e tanti altri come loro, come Erich Priebke, comandante delle SS, Franz Stangl, il boia di Treblinka, Alois Brunner, inventore delle camere a gas mobili, Walter Rauff e altri ancora, responsabili di cose così terribili che non ho nemmeno il coraggio di parlarne. Tutte queste persone e molte altre hanno trovato il modo di sottrarsi alla giustizia, espatriando o comunque nascondendosi. Alcuni avevano già minuziosamente preparato la loro fuga, contattando persone altolocate in paesi neutrali, valutando in quali nazioni trasferirsi, organizzando i mezzi da utilizzare. Naturalmente nessuna di queste persone aveva previsto di fuggire a mani vuote. Molti sono riusciti a stornare grosse somme di denaro e ad appropriarsene, altri hanno preferito raccogliere tesori, oro, pietre preziose". Tobias aveva iniziato a capire  e molto interessato, annuì per far capire che aveva compreso la situazione, e invitò il sacerdote a continuare nel suo racconto. "Ci sono state naturalmente delle approfondite indagini. Ma quello che ha maggiormente meravigliato e di certo indignato gli investigatori, è stato lo scoprire attraverso quali reti erano state possibili le fughe e quali personaggi avevano collaborato in modo sostanziale. Si è parlato di passaporti rilasciati con il beneplacido della Croce Rossa. In alcuni casi si è parlato di alti prelati che si sono resi garanti della falsa identità di alcuni personaggi fra i più pericolosi. Tutto ciò è emerso senza ombra di dubbio da atti ufficiali". Fece una pausa osservando i segni di meraviglia sul volto dei suoi ascoltatori. Dopodichè proseguì: "Capirete che in questa atmosfera così confusa non è possibile fare realmente chiarezza con tanti elementi che disturbano le ricerche. Tenete presente che alcuni degli investigatori, sono loro stessi dei personaggi del passato regime che si sono tranquillamente riciclati e che naturalmente non danneggerebbero mai dei loro ex commilitoni. Ora è chiaro che, per le indagini, ci si può muovere solo con grande attenzione, valutando attentamente di chi ci si può fidare e di chi no per non far nascere sospetti in qualcuno che si crede al sicuro. Ma torniamo a noi. La colonna che lasciò l'abbazia dopo la razzia dei nostri tesori, si diresse verso la Bassa Baviera, come già vi ho detto ma, quando erano quasi arrivati, giunti in Tirolo, in prossimità do Innsbruck, per la precisione a Schwaz, sembra che una pattuglia aerea degli alleati, abbia intercettato il convoglio e lo abbia distrutto. Quello che non sa quasi nessuno, è che da alcune indagini che feci svolgere personalmente da elementi fidati, risultò che le carcasse dei mezzi distrutti non corrispondevano come numero a quelle partite dall'abbazia. Ne mancavano quattro e non era materialmente possibile che le bombe le avessero polverizzate. Non furono trovati fra i rottami resti di casse, gioielli e soprattutto i corpi dei fratelli Stainer e del capo del gruppo delle SS"."Che significa questo allora?"."Significa che quasi certamente, gli automezzi con il tesoro, in qualche modo sono riusciti a lasciare il convoglio prima della sua distruzione"."E già - disse come fra sè e sè Tobias - i cari fratelli Stainer, sempre loro!"."No, non è detto. - rispose il sacerdote - E poi a noi interessa il tesoro. Se non è stato trovato vuol dire che qualcuno aveva probabilmente già pianificato la fuga e allora il tesoro è ancora intatto e magari aspetta solo il momento di essere venduto a qualche collezionista che provvederà a farlo sparire per sempre"."Ma allora Dowson, che c'entra? E' uno dei collezionisti interessati?- chiese Tobias meravigliato. "No - rispose padre Valentin. Niente di più lontano. Come vi ho detto, le indagini sono difficilissime e delicatissime. Ma da alcune persone fidate, sembra che un gran numero di fuggitivi si sia nascosto in Argentina, dove hanno trovato un clima molto favorevole per loro. In particolare si parla di una specie di centro di smistamento, se così si può dire e, questo posto, è stato localizzato nella provincia di Mission, a N/E con il confine del Paraguay". "Ossia, una vera e propria organizzazione che si cura di accogliere i fuggitivi e che gli ricostruisce un'identità per vivere in pace lontano dal loro paese dove sarebbero arrestati e perseguiti - concluse Tobias. "Esatto. E molti di loro hanno con sè degli autentici tesori, necessari per portare avanti il loro progetto di vita futura. Un po' perchè ciò consente loro di fare una vita molto agiata e più che altro, perchè certe protezioni sono molto costose. E sono proprio queste protezioni, il pericolo maggiore. Occorre infatti muoversi con grande circospezione, perchè le autorità del posto non gradiscono persone che fanno domande in  proposito ed inoltre, molti di loro, hanno una sorta di piccola milizia personale per difesa o altri scopi non molto onesti. Serviva qualcuno che si sapesse muovere in questi ambienti senza destare sospetti. Alcuni confratelli mi hanno parlato di personaggi che per i loro traffici hanno dimestichezza con certi ambienti e alla fine fra tutti, è saltato il nome di Dowson, descritto come un gangster ma con un senso della giustizia tutto suo, che apparentemente non parteggia per queste persone, a prescindere dal profitto che potrebbe trarne. Naturalmente non opera gratis e alla fine avrà il suo compenso ma, se le cose andranno come speriamo, ne sarà valsa la pena"."Ma potete essere sicuri di lui, in fondo mi sembra di capire che qui si parla di soldi, tanti, ma anche di potere, di personaggi di alto livello che per coprire certi traffici sarebbero una copertura ideale"."Avete ragione ma noi sappiamo una cosa che non sa forse nessuno. Ossia il vero motivo che lo spinge ad agire contro quella gente. A cominciare dal fatto che il vero nome di Henry Dowson è Giona Donner e che la sua città di provenienza è Varsavia, dove è nato nel 1902". Davanti alla sorpresa dei suoi due ospiti il sacerdote sorrise. "Vedete - continuò - la Chiesa conosce molti segreti. La comunità degli ebrei di Varsavia era molto numerosa e prospera. Occupava una zona della città chiamata 'ghetto' ma era solo un quartiere come un altro, con libera circolazione e dove si svolgeva un consistente giro di affari aperti a tutti. Nel 1920 nella comunità c'erano però due giovani che cercavano la loro strada e che non credevano di poterla trovare lì. Erano affascinati dal sogno americano e così, appena riuscirono a racimolare il prezzo del biglietto di un piroscafo, con la benedizione della famiglia, partirono verso il 'nuovo mondo' pieni di speranze e di aspettative. Nell'aprile 1922, Giona Donner e suo cugino Ychai Donner, misero piede sul suolo americano per rendersi conto immediatamente che la realtà era ben diversa da quello che si raccontava. I contatti verso cui erano stati indirizzati, li accolsero immediatamente e dettero loro tutta l'assistenza possibile ma Giona e suo cugino, per mantenersi, furono messi a svolgere le stesse mansioni da cui erano scappati. Tanto valeva allora restarsene a casa. Poi accadde che, per seguire gli interessi della comunità per cui lavoravano, i due ragazzi si dovettero trasferire a Chicago. Lì i due si trovarono in una ambiente in cui, fra tanta gente per bene, agiva il 'sindacato' controllato da due gangster, Torrio e Al Capone e da un gangster ebreo di nome Jack Guzik. Questo gruppo gestiva in toto gioco, prostituzione e spaccio di alcolici. Il gruppo divenne sempre più potente   con l'alleanza dell'irlandese Dean O'Banion e con i fratelli Genna, siciliani, tutti appoggiati da Mike Merlo, presidente dell'Unione Siciliana, che assicurava la copertura politica a tutto il gruppo, per tutte le attività. Giona e Ychai videro subito l'occasione di arricchirsi in fretta e con un rischio minimo, entrando al servizio di  Jack Guzik. Questa iniziativa li fece immediatamente espellere dalla comunità ebraica che li aveva accolti ma i due ragazzi, ormai entrati in ben altra organizzazione, non se ne preoccuparono minimamente. Alcune iniziative molto efficaci degli agenti federali, costrinsero il gruppo criminale a lasciare la città di Chicago spostandosi di poco a sud nella cittadina di Cicero. Le cose procedevano nel migliore dei modi per i due ragazzi finchè nell'aprile del 1924, durante le elezioni per il sindaco, il 'sindacato', valutato di non poter vincere con mezzi leali, scatenò una vera e propria campagna di terrore, che portò a incendi, linciaggi e scontri con la polizia. In uno di questi episodi, purtroppo Ychai rimase ucciso. Il trauma, per Giona, che non aveva mai approvato i sistemi violenti, fu grandissimo. Lasciò immediatamente il gruppo, cambiò nome in Henry Dowson e riprese a fare quello che aveva imparato in due anni, ma stavolta gestendo le cose per conto suo, nella zona di Monterey, dove aveva individuato uno spazio in cui muoversi, seppure con circospezione, senza dare particolarmente nell'occhio e senza pestare i piedi a nessuno. Poi, è chiaro, che nel tempo si è saputo muovere molto bene". "Quindi questa è la storia di Dowson dall'inizio. Che si sappia muovere non ho dubbi - rispose Tobias, che ripensava all'episodio dell'avvocato Flores - Ma non ho capito perchè dovrebbe collaborare. E' vero che, da quanto ci ha detto, è di origini  ebree, ma è anche vero che ha rotto tutti i ponti con la comunità ebraica da tanto tempo"."Si, ha rotto i ponti con la comunità qui in America. Quando però è partito da Varsavia, con la benedizione dei genitori, egli lasciò a casa il padre Levi, la madre Leah e tre fratelli e tre sorelle. Malgrado tutto, egli rimase sempre molto attaccato alla sua famiglia, alla quale, di tanto in tanto, scriveva per chiedere notizie. Il padre, seppure malvolentieri e nascondendo la cosa alla sua comunità, gli rispondeva. Purtroppo, dopo l'occupazione della Polonia da parte dei tedeschi, i nazisti dettero il via ad una campagna di segregazione degli ebrei.  Il 2 novembre del 1939 nel ghetto vennero rinchiusi tutti gli ebrei che vi si trovavano, assieme ad altri 150.000 rastrellati nella regione, per un totale di 500.000 individui e lasciati a fare la fame. Venivano distribuite giornalmente delle razioni alimentari assolutamente insufficienti e solo coloro che si dichiaravano disposti a svolgere lavori socialmente utili, venivano fatti uscire dal ghetto e ricevevano razioni supplementari. Fra casi di estrema malnutrizione  ed epidemie, in tanti cominciarono a morire fra cui una sorella ed un fratello di Dowson. Il padre era uno di quelli che si offriva per il pesantissimo lavoro esterno per racimolare  un po' di cibo per la famiglia. Nel 1943, però, allo scopo di cancellare definitivamente il ghetto, i tedeschi cominciarono a 'spostare' come dicevano loro, gli ebrei non in grado di lavorare, nei campi di sterminio di Chelmno, Belzec e Treblinka. Così, quando il padre di Dowson tornò da un lavoro esterno che era durato alcuni giorni, scoprì con amarissima sorpresa che tutta la sua famiglia era stata deportata a Treblinka. Nel ghetto restavano ancora 70.000 uomini abili al lavoro. Essi sapevano che però anche per loro sarebbe stata solo questione di tempo. Così alla fine, a metà di marzo del 1944, di fronte all'ennesimo sopruso, il padre di Dowson, Levi Donner, che non aveva mai accettato la perdita della sua famiglia, ed altri coraggiosi e determinati come lui, dettero il via ad una rivolta violentissima, che prese i tedeschi alla sprovvista e che causò parecchie vittime da ambedue le parti. Quando Himmler in persona venne a conoscenza della cosa, dette ordine al responsabile del ghetto il tenente Jurgen Stropp di risolvere la questione al massimo in tre giorni. La resistenza degli ebrei fu tremenda, costringendo invece i tedeschi a combattere con pesanti perdite per quattro settimane. A quel punto, il tenente Stropp, pressato da Himmler e amareggiato per gli insuccessi, usò ogni strumento disponibile e senza scrupoli per avere la meglio. Usò gas asfissianti, esplosivi ad alto potenziale, cani appositamente addestrati e decine di cecchini. Il padre di Dowson morì investito da un lanciafiamme mentre tentava di guidare una carica per dare il modo ad altri di sottrarsi all'accerchiamento. Di tutta questa parte del piano di occupò personalmente un capitano delle SS, Gustaf Shafer, mandato dall'alto ad 'aiutare' Stropp. Il 16 maggio tutto era finito. I pochi superstiti furono inviati in un campo di sterminio e per dare il segnale finale alla popolazione ebraica, fu completamente distrutta con gli esplosivi la Sinagoga Grande di Varsavia. Dei 70.000 che dettero inizio alla rivolta, solo 100 alla fine riuscirono a sopravvivere alla guerra ed ai campi di sterminio e furono loro che raccontarono la storia di quei giorni. Dowson prese molto male la notizia della morte della sua famiglia e dei particolari. Dei responsabili, Himmler, catturato dagli Inglesi, si suicidò con una capsula di cianuro il 23 maggio del 1945 e il tenente Stropp, catturato dagli alleati ed estradato in Polonia, venne condannato a morte il 18 luglio 1951 e impiccato a Varsavia il 6 marzo 1952 sulle rovine del ghetto. Ma l'interesse di Dowson si è prontamente risvegliato quando gli è stato rivelato che fra i fuggiaschi che sono riparati in America c'è anche l'ex capitano Gustaf Schafer, che dai racconti dei superstiti, era l'uomo che maneggiava con sadico entusiasmo il lanciafiamme con il quale era stato ucciso suo padre. Ora, per tutto ciò che vi ho raccontato, e che naturalmente deve restare riservato, abbiamo l'aiuto di questo personaggio. Nella lettera ci sono delle informazioni che ritengo molto utili e preziose, informazioni di cui nel vostro stesso interesse ritengo sia meglio non siate informati. La strada non è facile ed è irta di pericoli e falsi indizi. La caccia a questi personaggi è portata avanti da diverse persone in diversi luoghi eppure grazie a coperture, complicità e connivenze procedere è difficilissimo. A Linz c'è una di queste organizzazioni gestita da un sopravvissuto al campo di Mauthausen, di nome Simon Wiesenthal, formata da 3 uomini, che sta mettendo a punto, fra l'altro, uno schedario molto completo riguardante tutti i fatti ed i personaggi che negli anni della guerra si sono macchiati di qualche delitto. Non è il tesoro, non è la vendetta, ma quella gente non la deve fare franca!". Il sacerdote tacque forse pentito per quell'ultima frase pronunciata così spontaneamente e con tale veemenza, da lui che, come prete, avrebbe dovuto invece perdonare tutti quelli che l'avessero chiesto. Alla fine della visita, padre Valentin raccomandò a Tobias che tornasse a trovarlo prima di partire perchè gli avrebbe consegnato la lettera di risposta per Dowson. Poi si salutarono cordialmente con l'impegno che sarebbero ripassati a trovarlo prima di ritornare in America. Durante il tragitto di ritorno alla fattoria, tutti e due, sconvolti dal racconto dei fatti di Varsavia, rimasero in silenzio, a pensare a che inferno dovevano aver vissuto quei poveretti nel ghetto. Ora erano rimasti solo pochi giorni a disposizione prima di dover tornare alla nave che li attendeva ad Amburgo.

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Capitolo 13
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Capitolo 13 calici imperatore

Capitolo 13^

Anzitutto dovette attendere ancora un giorno perchè la famiglia accettasse, almeno, di discutere il suo progetto, per valutarne la fattibilità. Occorreva sapere se avrebbero potuto trovare sul posto almeno gli attrezzi per dare inizio ai lavori e magari anche qualche macchinario, come ad esempio dei trattori, o almeno dei bulldozer in grado di preparare il terreno e poi vedere se fosse possibile recuperare dei vitigni di buona qualità, soprattutto nella zona a est di Vienna, dove erano coltivati i vigneti migliori, sempre che la guerra non li avesse distrutti. Inoltre c'era la difficoltà di dover entrare nel territorio controllato dai Russi per cercarli. Stranamente, questa si rivelò invece la parte più facile. Sapendo trattare con le persone giuste, non ebbero nessun problema a riguardo. Il guaio vero, invece, era che qualcuno aveva sparso la voce di un Americano, pieno di soldi, che voleva comprare attrezzature e altro e, quando il materiale veniva trovato, era quindi offerto a prezzi proibitivi. Mentre i giorni passavano inesorabili, Tobias vedeva il suo progetto allontanarsi, anche solo per il fatto che eventualmente avrebbe dovuto spedire tutto dall'America con una grande perdita di tempo. A sei giorni dalla partenza, quando già disperava di poter ottenere qualcosa, nel cortile della fattoria entrò uno scassatissimo furgone Mercedes, convertito a carbonella, di colore indefinibile da cui scesero quattro uomini di mezza età, vestiti apparentemente con l'abito buono. Restarono nel cortile per un po', guardandosi attorno e dandosi delle sonore manate sui vestiti per ripulirli dalla polvere raccolta durante il tragitto. Tobias era rimasto a guardarli dalla finestra della cucina e poi, visto che non prendevano nessuna iniziativa, come se non avessero coraggio di farsi avanti, uscì dalla casa e si presentò. Gli sconosciuti gli si fecero subito incontro, presentandosi a loro volta. Chiesero di potergli parlare di una proposta seria che gli volevano fare. Tobias, seppure molto dubbioso, sempre sul chi vive per paura di una truffa, li fece comunque accomodare in casa e si rasserenò un poco quando la madre, entrata in cucina, ne salutò due chiamandoli per nome. A quel punto, come se avesse dovuto prendere sicurezza, il più anziano, dopo un cenno di assenso scambiato con gli altri, entrò in argomento. Loro erano tutti ex imprenditori del luogo rovinati dalla guerra. Avevano avuto distrutto chi il laboratorio, chi i magazzini, chi la fabbrica ed ora, erano ridotti a campare di espedienti e piccoli lavori, così, tanto per andare avanti con le loro famiglie. Avevano sentito parlare dell'Americano e di cosa aveva in mente di fare e, osservando la situazione e gli ostacoli che lui incontrava nella sua iniziativa, avevano capito che la cosa rischiava di naufragare prima di cominciare. Ne avevano parlato fra loro ed avevano pensato a come affrontare e magari risolvere il problema. Dissero che se la cosa si fosse fatta, loro dovevano esserci, perchè avevano le competenze, in parte i mezzi, l'esperienza, una famiglia da mantenere ed un asso nella manica che avrebbe potuto rendere possibile la cosa. Il loro asso nella manica si chiamava colonnello Wilfred Alisious De Lancey terzo dei De Lancey di Philadelphia. Questi, destinato da sempre ad una sfolgorante carriera politica, aveva seguito la tradizione di famiglia entrando da subito nell'accademia militare di West Point per assicurarsi un passato glorioso da militare, valutando che alla fine c'è sempre una guerra in cui farsi notare, magari facendo il minimo indispensabile tanto per poter dire 'io c'ero' e mostrare i corrispondenti nastrini. Nel dicembre del 1941, nel giorno di Pearl Harbour, era al seguito del gen. Conrad, in Gran Bretagna, per organizzare con gli Inglesi un massiccio invio di rifornimenti. Ritornato immediatamente in patria, per la competenza dimostrata nel campo della logistica ed in particolare nel settore dei trasporti, venne incaricato di seguire assieme ad altri esperti come lui proprio quella parte, in vista di un impegno diretto in guerra. C'era da considerare le unità in via di formazione, il loro equipaggiamento, l'organizzazione delle fabbriche, la spedizione del materiale all'estero. Il 16 giugno 1942 si occupò personalmente della spedizione e della consegna agli alleati di 300 nuovi carri Sherman e 100 cannoni semoventi in Egitto. Partecipò attivamente all'organizzazione degli sbarchi in Sicilia il 17 agosto 1943, a Salerno il 9 settembre stesso anno e ad Anzio il 20 gennaio 1944. Il 6 giugno 1944 era presente in Normandia sulla nave da battaglia 'Bertrand' nella parte occidentale dello schieramento per seguire i movimenti dei mezzi da sbarco che andavano ad occupare la spiaggia fra Quineville e Gran Camp le Bains, chiamata in codice 'Utah'. In quell'occasione il 7^Corpo d'Armata statunitense agli ordini del gen Collins alle 09.00 raggiunse il suo obbiettivo stabilendo una salda testa di ponte entro le ore 12.00. Subito dopo i suoi carri e la sua artiglieria leggera si spinsero nell'entroterra per diversi chilometri, raggiungendo i paracadutisti lanciati la sera prima per conquistare obiettivi strategici.  Il 10 dicembre dello stesso anno era a Bastogne per organizzare in quel settore il parco mezzi che avrebbe mosso da lì verso la Germania che sembrava ormai incapace di offrire una seria resistenza. Quando il 15 dicembre invece i Tedeschi scatenarono nelle Ardenne un tremendo contrattacco, rimase sorpreso come tutti gli altri ma, con sangue freddo, riuscì a salvare molti mezzi facendoli evacuare verso zone sicure in attesa di poterli utilizzare in modo proficuo per una potente azione difensiva. Il 20 dicembre, venuto a conoscenza della precaria situazione militare nella vicina città di Foy, organizzò un convoglio di 6 autocarri pieni di rifornimenti e munizioni che guidò personalmente. Scaricato il materiale tentò di evacuare tutti i feriti dell'ospedale che era sotto attacco. Nel corso dell'operazione in cui rimase ferito a sua volta, salvò almeno due terzi dei ricoverati e permise alle forze sul campo di resistere concorrendo così alla disfatta dei Tedeschi. Ora la sua carriera era assicurata. Servizio militare, oltremare, azione eroica, ferito in servizio, seppure in modo non grave, adeguata decorazione e quindi, bastava arrivare vivo alla fine della guerra e poi, il resto, sarebbe venuto da sè. Al termine delle ostilità, col grado di colonnello, si era trovato in Austria dove, per le sue competenze lo avevano destinato a Pressbaum, un paesotto a circa 20 Km ad ovest di Vienna, dove convergevano tutti i mezzi militari rimasti in zona e giudicati non più necessari o danneggiati, per essere riparati, o rispediti in patria, per gestire quell'immenso autoparco in cui era possibile trovare di tutto.  E proprio in quel posto, c'era tutto il materiale che sarebbe potuto servire per avviare l'attività di Tobias e soci. Dopo un periodo trascorso in uno squallido alloggio per ufficiali della locale base militare, il colonnello si era sistemato a poca distanza, a Wolfsgraben, nella elegante villa della signora Leonie Keller vedova del colonnello Kilian Reiter, caduto in Africa, una piacente signora ancora nel fiore degli anni e di cui il colonnello, molto sensibile al fascino femminile, si era perdutamente innamorato, essendone apparentemente ricambiato. Ora, si dava il caso che la signora in questione fosse  la sorella di Stefan Keller, l'imprenditore che guidava la delegazione che si era recata da Tobias e che sapeva quindi di poter contare su una condizione privilegiata, avendo già combinato qualche affaruccio in precedenza. Il colonnello, contattato, non si fece pregare, mise però come condizione, di essere invitato a pranzo, un buon pranzo, presso la fattoria di Tobias. Si rivelò subito un tipo simpatico e intelligente nonchè un gran mangiatore. Si presentò accompagnato dalla sua inseparabile 'fidanzata', davvero una bella donna sui quarant'anni, che apparentemente lo comandava a bacchetta. Disse di aver ascoltato con interesse la proposta, di aver considerato che poteva effettivamente funzionare, che avrebbe portato un po' di soldi nuovi nella zona e che quindi era d'accordo e poi, in quel suo attuale incarico, si annoiava a morte e la possibilità di un diversivo lo stimolava molto. Però, non essendo un ingenuo, aveva voluto conoscere personalmente Tobias e visitare il terreno per essere sicuro che la cosa fosse concreta e fattibile. Da tutta una serie di elementi, si poteva quasi pensare che il colonnello non si fidasse affatto del suo 'quasi' cognato Stefan Keller. Rimase colpito dall'estensione del terreno e dalla accurata descrizione degli interventi che Tobias gli elencava. Alla fine disse di essere d'accordo. Li avrebbe aiutati. Tobias gli fece notare che purtroppo per lui non c'era più molto tempo e mancavano ormai solo 4 giorni prima di ripartire per l'America. Il colonnello replicò che gli avrebbe evitato la perdita di due giorni imbarcando lui e la moglie su un aereo americano che collegava Vienna ad Amburgo. Aggiunse, inoltre, che non li avrebbe potuti aiutare direttamente o ufficialmente. Il punto era che, in una struttura enorme come quella che lui comandava, la sparizione di materiali e mezzi era all'ordine del giorno. Nessuno avrebbe avuto da ridire che ad un gruppo di civili del posto, fossero ceduti dei rottami inservibili che avrebbero poi utilizzato a loro discrezione. E pace se quei rottami fossero stati delle attrezzature, tre o quattro bulldozer sfasciati, alcuni autocarri fuori uso e alcune jeep semidistrutte, almeno sulla carta. Non era una cosa così infrequente. Il colonnello da parte sua non volle sentir parlare di danaro ma pretese, con un patto fra gentiluomini, che gli venissero inviate ogni anno  30 casse del miglior vino prodotto. A Tobias che gli chiese, in quanto rappresentante di una nazione occupante, se avesse idea a quale sorte fosse destinata l'Austria, il colonnello rispose che non era ancora un politico e proprio a livello politico la cosa sarebbe stata risolta. La questione era che, finita la guerra, i rapporti fra gli alleati non erano proprio ottimali per via delle rivendicazioni e della valutazione dei danni di guerra, specie da parte di quelle nazioni che con l'occupazione avevano sofferto molto, come ad esempio la Francia. E poi anche i Sovietici avevano dei problemi nei rapporti con gli alleati. Rassicurò comunque Tobias dicendogli che la soluzione per l'Austria non avrebbe tardato molto ma lo sconsigliò di intraprendere iniziative immobiliari in quel momento, avendogli Tobias accennato alla possibilità di acquistare il terreno  di Stainer. Comunque gli consigliò di rivolgersi per qualsiasi pratica legale ad un legale con studio a Vienna aggiungendo che si trattava di persona capace, seria e corretta. A quel punto, l'attività divenne convulsa. La mattina seguente Tobias, accompagnato dal fratello, andò in cerca dei vecchi contadini che lavoravano per Stainer. Erano le persone più competenti che potesse in quel momento affiancare a suo fratello e a suo cognato, per iniziare i lavori, in attesa che arrivassero i rinforzi dall'America. Di undici che ne cercavano, ne trovarono solo quattro e di questi, solo tre accettarono di lavorare al progetto. Bene, questa era fatta, era comunque una base di partenza. La mattina seguente, furono svegliati da un frastuono che faceva vibrare le pareti della casa. Usciti di corsa, dopo essersi sommariamente vestiti, si trovarono davanti un inferno di fumo nero che usciva dagli scappamenti di almeno otto grossi camion con rimorchio. Alcuni chiusi con tendoni, altri con i rimorchi su cui erano delle macchine per movimento terra, o delle Jeep senza contrassegni o piccoli automezzi e furgoni. Perbacco, il colonnello aveva fatto in fretta. Un sergente, assai poco socievole, sporgendosi dal finestrino del carro di testa, urlò all'indirizzo di Tobias dove doveva scaricare quel mucchio di rottami. Quando ebbero finito di scaricare, cosa che prese buona parte della giornata, agli uomini venne offerto generosamente da bere. Tobias, guardando l'espressione del fratello un po' contrariato perchè vedeva sfumare la sua riserva personale di vino, lo prese in giro dicendogli che se le cose fossero andate come previsto, nel giro di un anno o due avrebbe avuto tante bottiglie di vino da non sapere dove metterle. Lo stesso pomeriggio arrivò di corsa Stefan Keller con un suo collega meccanico per vedere i mezzi. Non c'era che dire! Quattro bulldozer con i cingoli molto usurati. Quattro autocarri con i motori praticamente distrutti, 6 Jeep con una meccanica quasi a pezzi, due pickup in discrete condizioni e due piccoli autocarri telonati piuttosto ammaccati e........ una marea di pezzi di ricambio, sufficiente ad aggiustare al meglio tutti i mezzi consegnati e a curarne la manutenzione per molto, molto tempo. E poi una quantità incredibile di carburante che in quel periodo valeva una fortuna. La mattina appresso, arrivarono i contadini e Tobias con Hans e Mario, percorse con loro tutta la proprietà discutendo, pianificando il lavoro, organizzando le attività. Sembrava che tutto filasse liscio ma Tobias avvertiva una nota stonata, in grado di mandare tutto a scatafascio. Hans e Mario non erano sicuri del progetto, lo incolpavano di aver loro forzato la mano, gli dissero che sarebbe successo un disastro e allora Tobias fece l'unica cosa che poteva fare, non potendosi trattenere personalmente sul posto. Coinvolse la sorella che aveva dimostrato in quei giorni delle grosse capacità organizzative, che aveva mostrato di sapersi far rispettare e che aveva capito che occorreva tenere a bada i nuovi collaboratori locali, impedendo loro di prendere in mano la situazione. Era vero che, tramite loro, ora avevano attrezzatura e mezzi ma a parte quello, non avevano tirato fuori un soldo e, ad eccezione di Keller che con i suoi uomini stava riparando i mezzi, non avevano mosso un dito. Fu per questo che, saggiamente, edotto dalle varie esperienze, convocò alla fattoria l' avvocato che gli era stato consigliato dal suo amico, padre Valentin, a cui aveva spiegato la situazione, e che si presentò con uno schema di documento nel quale veniva organizzata una società fra Tobias, il fratello Hans e la sorella Julia la quale avrebbe rappresentato anche il marito Mario e Keller. Tobias aveva insistito che alla riunione fossero presenti anche  Stefan Keller ed i suoi compari perchè non ci fossero dubbi circa i ruoli e le funzioni di ognuno. Questi ultimi rimasero malissimo nello scoprire che erano fuori dalla società. Fu Tobias che, con modi alquanto bruschi, fece loro notare che essi non avevano fatto assolutamente nulla per l'iniziativa e, a parte Keller che aveva in qualche modo aiutato a procurare i mezzi e che li stava riparando, al momento erano completamente inutili. Si erano proposti per curare l'imbottigliamento e il trasporto oltre a creare una rete di vendita locale. A tutt'ora, non si era visto nulla di nulla. Nè impianti, nè persone, nè alcuna attività. Chi voleva entrare nell'affare doveva darsi da fare e sporcarsi le mani. Poteva essere un grosso affare ma solo se ognuno avesse curato al meglio la propria parte. Tirarsi appresso dei pesi morti avrebbe potuto solo mandare tutto a fondo. Comunque, non fidandosi di quello che aveva percepito nel corso di quella riunione, si recò direttamente nello studio dell'avvocato e gli chiese ulteriormente consiglio perchè inserisse nel contratto delle clausole a protezione dei soci. In quella occasione fece conoscenza con un vecchio impiegato dello studio, uno di quegli uomini apparentemente senza età, che sanno tutto di tutti, avendo visto passare le pratiche di mezzo paese ed ascoltando le chiacchiere dell'altro mezzo. Quando Tobias seppe che si chiamava Samuel Roth, capì che l'uomo doveva aver passato dei gran brutti momenti ma l'avvocato, che gli disse che l'uomo era prezioso per la sua capacità e il suo intuito, l'aveva prudentemente nascosto quando le cose per gli Ebrei avevano cominciato a precipitare. Tobias pensò che la conoscenza di quella persona avrebbe potuto tornare utile, prima o poi. Alla fine fu stabilito che Tobias che metteva i capitali, l'esperienza e, al momento, la maggior parte del personale, avrebbe avuto il 55% della società. Il restante 45% andava ripartito 20% e 20% fra i due fratelli ed il 5% veniva riservato a Stefan Keller, purchè nel corso dei prossimi 6 mesi, avesse risistemato a regola d'arte il parco mezzi e li avesse resi perfettamente funzionanti ed utilizzabili per i vari lavori. Poi lui se la sarebbe dovuta vedere con i suoi compari. Non accettò discussioni, prendere o lasciare. Lui ci metteva tutto, i fratelli solo una parte del terreno che in ogni caso, altrimenti, sarebbe rimasto incolto. Ci furono delle rimostranze da parte degli amici di Keller, soprattutto da un uomo alquanto sgradevole, con un fare altezzoso, che si faceva chiamare Kurt, ma fu tutto inutile. Per loro, soldi volevano dire lavoro, lavoro vero e non chiacchiere. Alla fine il contratto fu accettato e tutti firmarono, dichiarando contestualmente di aver letto il documento in ogni sua singola parte. Per maggior sicurezza, firmarono in qualità di testimoni gli amici di Keller che in quell'occasione scambiarono con lui uno sguardo particolare a cui egli rispose con una smorfia come a far capire che era tutto a posto, che era andato tutto secondo i piani. La cosa fece scorrere dei brividi ungo la schiena di Tobias che sapeva di aver a che fare con persone assai poco affidabili ma poi pensò che il documento firmato gli dava le più ampie garanzie di sicurezza. Si trattava comunque di resistere solo un paio di mesi, poi sarebbero arrivati i 'rinforzi' che lo avrebbero adeguatamente rappresentato sul campo. In quel periodo, una volta firmato il contratto, senza quasi rendersene conto, Tobias aveva praticamente  dato fondo alla notevole riserva in dollari americani che si era portato per affrontare eventuali necessità. Mai avrebbe pensato di dare vita ad una iniziativa di quel livello. Gli ultimi giorni, pieni e convulsi, trascorsero in un soffio. L'attività era frenetica per pianificare il lavoro che si sarebbe svolto successivamente. La mattina dell'ultimo giorno Tobias lo impiegò per andare a salutare padre Valentin che gli consegnò una lettera di risposta per Dowson, naturalmente in codice, ed il colonnello De Lancey, che gli fornì le istruzioni e le credenziali per il viaggio aereo di ritorno alla nave, ma, soprattutto gli mostrò come utilizzare un canale preferenziale per spedire in tempi ragionevoli merci e persone fra America e Europa normalmente destinato ad essere usato da personaggi privilegiati. Prima di congedarlo, il colonnello disse a Tobias che aveva accettato di favorirlo in quell'affare poichè lo aveva giudicato in gamba e competente ma lo mise in guardia nei confronti dei suoi nuovi soci. Il suo 'quasi' cognato non era certo uno specchio di virtù ma poteva essere considerato abbastanza affidabile. In realtà si riferiva agli altri tre. Almeno due di loro erano stati membri del partito e gli risultava che in passato avevano dato dei grossi dispiaceri a più di qualcuno della zona. Lui lo ringraziò per le informazioni e disse che sarebbe stato attento. La mattina del 25, in un'alba chiara e ventosa, con la moglie Helena ed il poco bagaglio che avevano, si imbarcò su un  apparecchio Dakota DC3 che doveva aver conosciuto tempi migliori. Il pilota, notando la sua espressione, gli disse ridendo di non aver paura perchè l'aereo avrebbe potuto volare ancora molto tempo prima di essere messo a riposo. Augurandosi che avesse ragione, Tobias e la moglie si sedettero su una delle lunghe panche disposte ai lati della fusoliera per quasi tutta la lunghezza dell'aereo, in parte già occupate da diverse persone, molte delle quali in divisa. Al centro, il passaggio era ingombro di grosse casse contenenti materiale militare, assicurate con robuste cinghie. Con una fumea incredibile,, i motori si misero in moto uno dopo l'altro e, quando assunsero un suono regolare e continuo, l'aereo iniziò a muoversi entrando direttamente in  pista. Lì giunto, accelerò e, dopo una breve corsa, con un brusco strattone, iniziò a salire prendendo quota. Dopo un attimo di sconcerto, vedendo l'apparente calma degli altri e soprattutto di Helena che aveva il viso incollato al finestrino, cominciò a godersi il viaggio e ad osservare il panorama. A causa di un carente servizio di assistenza al volo, l'aereo volava a vista e pertanto non superò mai i 2000 metri di quota. Questo permetteva di osservare bene il terreno, di notare il contrasto fra le zone che erano rimaste e quelle che invece avevano subito grandi danni. Cittadine ridotte ad un cumulo di macerie, boschi distrutti, campi devastati. Arrivarono alla nave senza problemi ed il viaggio di ritorno si svolse regolarmente.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14 calici imperatore

Capitolo 14^

Tobias non vedeva l'ora di muoversi per organizzare il lavoro in Austria. Avrebbe dovuto spedire almeno una decina di viticultori specializzati, un tecnico nella preparazione e valutazione del terreno e poi avrebbe dovuto pregare il sergente di accompagnarli per prendere in mano la situazione e far marciare le cose al meglio. Fortunatamente non ebbe problemi a reclutare il personale ed anche il sergente non fece molte storie per partire. A tutti loro, comunque, per prudenza, raccomandò di svolgere adeguatamente il loro lavoro ma di evitare di comunicare ad altri del posto tutti quei piccoli segreti acquisiti in anni di lavoro di eccellenza, in grado di trasformare un vitigno da ottimo, in speciale e che consentivano quindi alla sua etichetta di contrassegnare vini eccezionali. Fu molto tentato di spedire Raphael insieme agli altri, perchè controllasse il lavoro di Stefan Keller e dei suoi uomini ma poi pensò che per quel lavoro ci volesse qualcuno con un po' più di polso ed esperienza. Dovette invece combattere parecchio, sostenuto per fortuna da Helena, per dissuadere Christina dal partire anche lei. Si rendeva conto che poteva essere un'occasione irripetibile. Si stava creando un'azienda vinicola dal nulla e la cosa poteva essere senza dubbio entusiasmante ma, con tutti problemi e tutti gli intralci possibili, ci sarebbero potuti essere molti imprevisti. Era vero che la ragazza sarebbe stata in famiglia ma la situazione non era ancora sicura. Alla fine, la figlia cedette ma ottenne una mezza promessa che sarebbe comunque partita quando la situazione si fosse stabilizzata. E poi, per i figli, era giunto il momento di prendere delle decisioni importanti circa il loro futuro e pertanto decise di rimandare seppure di poco la questione. Tobias ricevette quasi subito la visita del segretario di Dowson, al quale consegnò la lettera di padre Valentin. Nel giro di un mese, uomini selezionati, partirono attraverso il canale che aveva indicato il colonnello, portando con loro una quantità incredibile di vitigni di pregio. Quando arrivarono, si sistemarono e fecero sapere che il lavoro era a buon punto ed ora dovevano solo procedere secondo i piani ed avere pazienza. Tobias organizzò immediatamente una spedizione di 30 casse del miglior vino per il colonnello.

Ai primi di  luglio del 1947, Tobias non riusciva a farsi passare dalla mente il terreno di Stainer. Non poteva accettare che quel terreno, che nel passato era stato ordinato, produttivo, bellissimo, ora fosse ridotto quasi ad un campo di sterpaglie. Non poteva dimenticare la prima volta che lo aveva visto, il suo conseguente ritorno alla vita normale. Non poteva lasciarlo così, gli doveva molto, troppo. Doveva esserci un modo per poterlo recuperare ma naturalmente dopo averlo acquisito, di certo con mezzi regolari. Così incaricò il sergente di trovare il modo di ottenere almeno un'opzione per l'utilizzo e un diritto di prelazione in caso si potesse ricominciare a parlare tranquillamente di compravendita di terreni. La cosa andò in porto, tramite un legale amico del colonnello De Lancey che sorvegliò la correttezza dell'iter burocratico con la piena soddisfazione della proprietaria che ricevette un equo canone per l'uso del terreno. Tobias approfittò dell'occasione per regolarizzare intanto finalmente l'acquisto del terreno dalla vedova McEwan, visto che ormai lì la situazione si era stabilizzata e non c'erano più pericoli legati a personaggi sinistri. Con relativa sorpresa, Tobias apprese che la vedova e Kamill Koch, che aveva scelto definitivamente di restare tale, avevano deciso di riunire le loro solitudini, come solevano dire, e si sarebbero sposati di lì a poco. Kamill aveva preso quella decisione considerato il fatto che quella nuova identità gli aveva probabilmente salvato la vita e gli aveva consentito di vivere uno dei periodi più belli della sua vita che ora, più sana e regolare, lo aveva fatto tornare in piena forma tanto che sarebbe stato difficile tentare di riconoscere in quell'uomo il vecchio dottor Bauer. E finalmente era giunto anche il momento per decidere assieme ai figli cosa volessero fare 'da grandi'. Finita la guerra, attraverso esami messi a punto per affrontare situazioni di persone rimaste lontano dalla scuola per vari motivi, avevano frequentato l'ultimo anno delle superiori ed ora avevano conseguito il diploma. Raphael, che intanto aveva ottenuto un brevetto di volo per pilota privato, assieme al suo socio Peter Moran, dopo aver sistemato al meglio i vecchi aerei presenti sulla pista del campo di Spreckels, aveva avviato una efficiente scuola di volo con diversi allievi, tutti paganti. Però aveva dei progetti diversi e quindi disse al padre che mentre si sarebbe mantenuto con l'assegno che questi gli passava da un po' per il lavoro nella fattoria e con i proventi della scuola di volo, sarebbe andato a San Diego presso la scuola di volo Montgomery Field presso la quale avrebbe conseguito il brevetto d volo di pilota commerciale riconosciuto dalla FAA, ossia la Federal Aviation Amministration che gli avrebbe consentito di avviare una propria compagnia aerea per passeggeri o per trasporto merci. Al padre, che gli chiese dove pensasse di trovare i soldi per acquistare un aereo passeggeri o da trasporto, il ragazzo rispose che non molto lontano da lì, in una base aerea di Toucson in Arizona, chiamata Davis Monthan, una organizzazione dell'aeronautica militare con la sigla AMARG, proprio in quel periodo di novembre del 1947, stava raccogliendo tutti gli aerei ritenuti surplus dopo la guerra o comunque obsoleti. In quel luogo asciutto, gli apparecchi in buone condizioni si sarebbero conservati a lungo, mentre quelli non più affidabili, sarebbero stati smontati per ricavarne pezzi o ricambi. Chi voleva, poteva chiedere di comprarne uno ad un prezzo molto conveniente. Sapeva di persone che avevano comprato perfino dei bombardieri B24 Liberator, naturalmente disarmati. Ma c'erano anche molti aerei da trasporto come ad esempio dei Curtiss c-46 o dei Duglas dc-3 ed erano proprio quelli a cui Raphael si riferiva. Certo gli aerei non erano un granchè e molti ne avevano viste di tutti i colori ma rispondevano adeguatamente allo scopo. Opportunamente revisionati e rimessi in condizione operativa potevano rappresentare un buon investimento. Tobias prese tempo dicendo che avrebbe cercato informazioni più attendibili sull'argomento. Christina invece, passata la delusione per la mancata avventura austriaca, decise che se quella doveva comunque essere la sua vita, voleva sapere in massimo possibile circa l'agricoltura e le moderne tecniche di coltivazione. Aveva individuato una eccellente facoltà di agricoltura presso l'università di San Diego. Alla fine, almeno per il momento, i ragazzi sarebbero rimasti quasi in famiglia. Avviata positivamente la questione austriaca, finalmente si poteva pensare ad una crescita importante sul mercato.  La concorrenza si teneva a bada solo con la qualità. Ormai aveva capito da un pezzo che scendere in competizione a prezzi bassi, tralasciando la qualità non pagava. A lui non interessava vendere nei supermercati o nelle trattorie. Aveva scelto la categoria dei grandi alberghi, dei ristoranti famosi e delle enoteche di prestigio, tutte attività che, con la fine della guerra, si stavano sviluppando notevolmente. In realtà in Europa un po' di soldi avevano ricominciato a girare. Alcuni commerci, relativi alla produzione di oggetti e servizi primari, cominciavano a tornare redditizi. Il merito di questa situazione andava ad una iniziativa degli Stati Uniti, conosciuta col nome di 'Piano Marshall' che era stato varato il 6 giugno del 1947. L' European Recovery program, noto con la sigla EPA, stanziò 14 miliardi di dollari in 4 anni, per avviare la ricostruzione industriale in Europa. Invece la quasi totalità dei Paesi beneficiari chiese di poter usare quel denaro per prodotti di prima necessità, combustibili, prodotti industriali e solo in minima parte, almeno all'inizio, macchinari e mezzi di produzione. Fu per questo che anche se quel denaro servì indubbiamente a molti Paesi europei a superare momenti difficilissimi, i risultati derivati dall'iniziativa non vennero ritenuti soddisfacenti. Intanto, mentre da Weidling il sergente faceva sapere che la situazione era in evoluzione secondo i piani, in Germania le cose sembrarono precipitare. L'Urss, che per la Germania aveva piani precisi, sperando di convincere gli alleati a farne solo un grande stato agricolo, per evitare che potesse più rappresentare un pericolo per gli altri Paesi, prese molto male l'iniziativa del Piano Marshall che era intesa senza ombra di dubbio a far ripartire l'industria tedesca. Così, come ritorsione e ricatto, attivò il 24 giugno 1948 un blocco totale della parte della città di Berlino in mano agli alleati, con l'idea di annettersi anche quella. Interruppe tutte le linee di rifornimento e sospese anche l'erogazione dell'energia elettrica. La città rimase senza cibo nè rifornimenti nè luce. Gli Americani pensarono dapprima di tentare di forzare il blocco con una colonna corrazzata ma poi prevalse la ragione. Gli alleati si resero conto che, mentre le loro truppe, presenti nel territorio, con semplici funzioni di controllo, assommavano a circa 60.000 unità, per i sovietici, presenti come truppa di occupazione, erano disponibili circa 400.000 unità. Lo scontro diretto era quindi impossibile. Alla fine fu presa una decisione folle, impensabile. La città non sarebbe stata abbandonata ma rifornita con un incredibile, intenso e continuo ponte aereo che avrebbe trasportato, nei limiti del possibile, il necessario per la sopravvivenza della città assediata. Poche centinaia di aerei da trasporto di varie nazionalità, con 278.000 voli riuscirono a trasportare 2.326.406 tonnellate di materiali fra cui viveri, combustibile, materiali di prima necessità, mantenendo in vita la città assediata. L'operazione comportava tremendi rischi. Gli aerei, che venivano affettuosamente chiamati 'Rosinenbomber', ossia bombardieri d'uva passa, non erano certo nuovissimi essendo quelli che in gran parte avevano svolto compiti sui vari campi di battaglia e la loro usura non li rendeva certo affidabilissimi. Nelle operazioni di avvicinamento e partenza gli aerei dovevano inoltre mantenersi all'interno di uno stretto corridoio aereo con il rischio di essere abbattuti qualora lo avessero superato. Infine, per l'atterraggio ed il decollo si dovette scegliere una aviosuperficie adatta al compito, all'interno della zona isolata. L'unica disponibile era quella dell'aeroporto di Tempelhof con piste inadeguate e spesso in pessime condizioni. Per tutti questi motivi furono perduti alcuni aerei con il relativo equipaggio. Ma lo sforzo valse comunque la pena. I Russi si resero conto che non l'avrebbero spuntata e quindi, dopo 462 giorni di assedio, il 30 settembre del 1949, tolsero il blocco. Il primo di ottobre del 1949 Raphael superò il corso di pilotaggio, ottenendo così il sospirato brevetto di pilota civile. Ora era previsto che per il passo successivo, ossia il pilotaggio da proprietario di un aereo da carico, acquisisse almeno 300 ore di volo. Per questo aveva accettato il lavoro di secondo pilota nella compagnia aerea di trasporti Wolf Air, con sede a San Diego, che aveva una flotta di aerei vecchiotti, ma ben tenuti, che utilizzava degli apparecchi dello stesso tipo di quelli che interessavano al ragazzo e che svolgeva il suo lavoro su tratte di medio raggio. Intanto al campo di volo di Sprekels, il suo socio Peter Moran, che intanto continuava a mandare avanti con discreto successo la scuola di volo, aveva rimediato un vecchio motore di aereo Dakota DC3 e assieme ad un meccanico che aveva assunto per sostituire Raphael e che in guerra era stato appunto destinato alla manutenzione di quel tipo di motore, si stava impratichendo sulle sue procedure di riparazione, messa e punto e manutenzione. In quel periodo, con tutti i reduci che erano tornati a casa, molti uomini ora stavano cercando di ritornare a vivere una vita  normale che gli rendesse possibile dimenticare l'inferno che in molti casi avevano vissuto, e c'era una grossa offerta di mano d'opera. Tobias, assieme a molti altri imprenditori, venne contattato da diverse persone che si offrivano di lavorare per l'azienda. Purtroppo, pur comprendendo il loro problema, egli non poteva fare molto per loro in quanto il suo personale era al completo e poi, per trattare il suo prodotto, occorreva una conoscenza specifica nel campo. Però c'era un ramo che avrebbe potuto assorbire alcuni lavoratori qualificati. Per quanto detto sopra, era sempre una cosa buona cercare di espandere i mercati, specie ora che il terreno della vedova McEwuan finalmente forniva delle vendemmie all'altezza delle aspettative. Così quando si presentò Alec Connors, ex ufficiale di fanteria, con una discreta cultura ed una buona parlantina, egli, colpito anche dalla sua naturale carica di simpatia, decise di assumerlo in prova, affidandogli una zona enorme, quella dell'Arizona e del Nuovo Messico, nella quale muoversi a piacere, dove i suoi prodotti non avevano mai avuto fortuna. Sarebbe stato un buon tentativo e in ogni caso, poichè Tobias aveva chiesto una sorta di diario di viaggio, relativo a contatti con i possibili clienti avrebbe scoperto perchè i suoi prodotti non venivano apprezzati in quelle località. Naturalmente aveva chiesto a Connors una seria relazione su cui lavorare.  L'uomo accettò con entusiasmo, limitandosi per il momento a ricevere solo un adeguato rimborso spese ma una discreta percentuale su quanto eventualmente venduto. Così, dopo un corso intensivo circa le cose più importanti da sapere, partì per il suo giro. Tobias non era molto convinto di quell'iniziativa ma per prima cosa, gli costava poco, Connors sembrava in gamba e comunque qualche risultato l'avrebbe  ottenuto se non altro come ricerca di mercato.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 16 calici imperatore

Capitolo 15^

Pochi giorni dopo Tobias ricevette una missiva da parte del sergente che aveva un tono piuttosto preoccupante nella quale gli veniva consigliato addirittura di tornare appena possibile a Weidling per intervenire in una situazione che egli non era riuscito a gestire. Conoscendo le capacità di Beker, fu piuttosto preoccupato, perchè non poteva immaginare qualcosa in grado di metterlo in difficoltà. Decise quindi di partire dopo aver affidato la tenuta alle capaci mani di Helena che, libera ora dall'impegno dei figli, lo affiancava o addirittura sostituiva in alcune importanti decisioni mostrando una indubbia capacità imprenditoriale. Quando giunse all'aeroporto di Vienna, dopo aver sfruttato ormai il collaudato canale fornito dal colonnello De Lancey, trovò il sergente ad aspettarlo su una delle Jeep della tenuta, che insistette per andare subito alla fattoria. Tobias che pensava di conoscerlo bene, stavolta non riusciva a capire se il suo atteggiamento taciturno fosse più dovuto a preoccupazione o a rabbia. Alle domande si era limitato a rispondere "Vedrai tu stesso!". Quando varcarono il cancello della fattoria, immediatamente vide ciò che effettivamente andava visto. La vecchia casa non c'era più, o meglio, era stata completamente ristrutturata ed ora era una bellissima villetta con aiole fiorite e rampicanti alle pareti. E al posto del vecchio fienile c'era un moderno capannone in lamiera che ospitava l'officina e altri reparti di lavorazione. Non era uscito nessuno dalla casa per riceverli. Tobias allora, con un senso di grande preoccupazione  chiese di vedere la campagna ma per fortuna a quel punto vide qualcosa di bello che gli risollevò il morale. I filari delle viti erano disposti secondo i progetti e avevano già cominciato a produrre frutti. I grappoli non erano stati ancora raccolti perchè in realtà per essere messi a frutto i vigneti avrebbero richiesto almeno un'altro anno ma si poteva cominciare comunque a fare una vendemmia, per valutare una prima qualità dell'uva. Mentre passava per i filari, alcuni operai che l'avevano riconosciuto, erano venuti a salutarlo cordialmente. Mentre tornavano verso la casa, arrivati in un posto lungo il tragitto, posto al riparo di una macchia di alberi, il sergente fermò la macchina e Tobias aspettò che si decidesse a parlare finalmente per rivelare il motivo per cui gli aveva fatto attraversar l'oceano. Non era un problema che riguardava la campagna per fortuna ma, allora, di cosa si trattava? "Insomma, - chiese in tono perentorio - adesso dimmi perchè mi hai fatto venire quì!"."Keller sta lavorando bene e sembra quasi che tolleri a stento la presenza dei suoi tre amici. Loro non hanno fatto nulla fino adesso, almeno non fisicamente. Infatti ho saputo che hanno convinto Hans e Mario del fatto che, ora che sono due importanti personaggi, non potevano continuare ad abitare in una casa fatiscente e non potevano servirsi per i laboratori di un vecchio fienile. Ne sarebbe andata di mezzo l'immagine della società. Così li hanno convinti ad effettuare i lavori di edilizia che hai visto appena arrivato"."Ma.... con quali soldi?"."Ecco il punto. Glieli hanno prestati loro o almeno così risulta"."Ma con quali garanzie - chiese Tobias che cominciava a sudare freddo - perchè credo che si tratti di una cifra ingente ed io non ho autorizzato nulla in questo senso"."Lo hai già capito. La garanzia è stata la metà della loro quota societaria. Quando ho saputo della cosa ed ho cercato di intervenire, quei farabutti mi hanno detto che ero solo un semplice dipendente, che mi dovevo impicciare dei fatti miei e mi hanno minacciato. Uno in particolare, di solito particolarmente 'untuoso', che si fa chiamare solo Kurt, mi ha fatto capire che rischiavo molto a contrariarlo"."Ma quelle quote varranno molto di più della cifra che immagino io. Temevo che accadesse una cosa simile. Il colonnello mi aveva avvisato. Ma ora, quello che conta, è che il lavoro nei campi sia a buon punto, per il resto non sono uno sprovveduto nemmeno io e credo che le cose si potranno sistemare". Attese il ritorno dei suoi fratelli, a casa con la madre. Fu molto contento di questa possibilità perchè si accorse che l'anziana donna, un po' per l'età e un po' per la perdita del marito, cominciava a dare segni di assenza mentale ed inoltre appariva molto debole e fragile. Perciò fu soddisfatto di poterci parlare ancora ameno finchè fosse stato possibile. Al ritorno di Hans e di Julia e Mario, che lo guardarono con un certo nervosismo, chiese ragione degli impegni che si erano permessi di prendere in sua assenza e per di più, con degli estranei. Quando ebbe occasione di vedere le carte che erano state firmate, fu contento di aver preparato il contratto che regolava le norme della società con le clausole che l'avvocato aveva ritenuto di introdurre all'ultimo minuto. Chiese ai suoi parenti cosa avessero fatto per onorare il pesante debito a cui si faceva riferimento in quei documenti. Loro dissero che avevano sperato che le cose fossero state più veloci, che avrebbero potuto iniziare a guadagnare già da questa vendemmia e che il guadagno per il grano e gli ortaggi non erano stati sufficienti. Quindi erano stati alla banca per vedere di ottenere un aiuto ma poichè le quote societarie risultavano già date in pegno a Kurt, non avevano ricevuto nessuna risposta positiva. Tobias si chiese quanti altri guai avrebbero potuto combinare quei tre. Ci mancava solo la banca. Non disse loro altro ma si ripropose di fare un giro in città il giorno seguente. C'era una persona che doveva assolutamente incontrare e che era convinto che avrebbe dato un grosso contributo per risolvere la situazione. Nella tarda serata di due giorni dopo, tutto il gruppo delle persone coinvolte nella società, a qualsiasi titolo, erano presenti nella grande sala della casa dei Mayer. Erano tutti seduti accanto al grande magnifico tavolo al centro della stanza. Da un lato, a capotavola, era seduto Tobias, che controllava delle carte che aveva con sè, e al suo fianco c'era il sergente con il quale ogni tanto egli scambiava qualche parola a bassissima voce. Separati di un posto, ma sempre sullo stesso lato del sergente, sedevano con aria tesa, quasi colpevole, Hans, Julia e suo marito Mario. Sapevano che quel che sarebbe seguito, non sarebbe stato affatto piacevole ma, in ogni caso, sarebbe accaduto per colpa loro. All'altro lato del tavolo sedeva per ora solo Stefan Keller che cercava di dissimulare una condizione di disagio, forse per mostrare che egli non sapeva nulla di quello che era accaduto e tantomeno di ciò che stava per accadere. Finalmente, con aria di distacco e superiorità, fece il suo ingresso il signor Kurt, seguito dagli altri due amici. Scambiò un saluto veloce con Keller, che rispose con fare impacciato, e si sedette all'altro capotavola, di fronte a Tobias, con a fianco per ciascun lato i suoi amici, come due angeli custodi. Aveva l'aria di colui che sapeva che avrebbe dominato la scena, che avrebbe posto le condizioni di quello che alla fine avrebbe fatto emergere chi era più furbo di tutti. Tobias, che non aveva perso un gesto, una sfumatura, sia di Kurt che degli altri, dopo una ulteriore controllo alle sue carte, decise di iniziare subito la discussione. Sapeva benissimo cosa doveva dire ma non aveva idea delle conseguenze per cui aveva messo al corrente il sergente di tutta la situazione ed aveva concordato con lui un piano di massima. "Dunque - esordì - per quanto riguarda i lavori agricoli, mi sembra che siamo a buon punto. Dall'anno prossimo saremo pienamente operativi, mentre per quest'anno potremo limitarci ad una prova di valutazione per ciò che concerne la potenzialità delle nostre vigne. Ciò significa che proveremo a produrre un vino del tipo 'novello', di certo senza valore o importanza ma che consentirà, almeno a chi se ne intende, di capire cosa avremo a disposizione l'anno prossimo". Parlando si accorse che quello che diceva probabilmente non interessava molto ai presenti che attendevano ben altro argomento di discussione ma egli non aveva la minima voglia di dare loro soddisfazione. Il gioco lo conduceva lui e non si sarebbe fatto sopravanzare. Non era più il timido e ingenuo ragazzo che era partito da lì tanti anni prima. "Quindi ora procederemo ad una rapida vendemmia per i grappoli che riterremo all'altezza e poi si vinificherà. - Una pausa - Ora, per ciò che riguarda i macchinari e i mezzi in generale, che ho osservato ieri con attenzione, faccio i miei complimenti al signor Keller per averli trovati perfettamente a punto e funzionanti come prevede il suo contratto". Keller che non si aspettava di essere citato in questi termini, guardò prima Tobias meravigliato e subito dopo il signor Kurt con un certo nervosismo. 'Impera et divide', sembra che dicesse Alessandro Magno, pensava Tobias, ora ve ne accorgerete e vediamo quanto è stretto il sodalizio fra Keller e Kurt. "Quanto a lei, signor Kurt, invece non ho visto nulla per ciò che riguarda gli impianti di imbottigliamento o i mezzi di trasporto. Cosa pensa che si possa improvvisare un impianto del genere in pochi giorni? Che ha fatto signor Kurt, invece di onorare il suo contratto? - concluse con voce tesa ed aria severa. Kurt a quel punto balzò in piedi quasi gridando. "Smettiamola di girarci intorno. Sappiamo tutti perchè siamo quì! Allora facciamo presto a definire la questione e a modificare le carte, così ognuno se ne può andare per la sua strada". "No, io non lo so perchè siamo quì - disse con voce controllata Tobias mentre, avendo notato un certo atteggiamento minaccioso dei compari di Kurt, teneva fermo il sergente, almeno per il momento - Me lo dica lei"."Sono quì per avere quello che mi spetta! Quindi sbrighiamoci e facciamola finita!"."Sia più chiaro, per cortesia, perchè io per primo non vedo l'ora di darle quello che le spetta! - rispose Tobias con un controllo che non pensava di avere. "I suoi parenti hanno firmato con me un accordo scritto in cui si impegnavano, dietro il versamento di una forte somma in prestito, a cedermi metà della loro quota societaria se non fossero riusciti a restituirmela entro un termine che è scaduto quindici giorni fa"."Quindi lei ora vorrebbe che le fosse intestata ufficialmente la quota di cui dice di essere divenuto proprietario". "Esatto! - disse Kurt con tono trionfante, sapendo di avere tutti gli assi in mano. "Effettivamente lei avrebbe ragione. Ma, per sua sfortuna, c'è un ma. Anzi veramente ce ne sono parecchi, ma per ora andiamo con ordine". Controllò i fogli davanti a lui come se volesse consultarli ancora per raccogliere le idee mentre Kurt guardava un po' preoccupato i suoi amici. "Per cominciare è evidente che lei, pur avendo firmato il contratto in qualità di testimone, cosa che io ho preteso perchè non si potesse dire che non lo conosceva, non lo ha letto affatto. Nella sezione 3, in bella evidenza, all'art. 2, si dice chiaramente che impegni che riguardano una variazione delle quote societarie, prevedono la firma congiunta di tutti i soci ed io, sull'impegno che ha presentato, non vedo nè la mia firma, nè, tantomeno, quella del vostro amico Keller. Quindi, per ciò che riguarda la legge, il debito comunque rimane, ma lei non può rivalersi sulle quote di questi tre ingenui - e indicò i suoi parenti che per tutto il tempo erano stati a testa bassa come se fossero stati sotto esame. "Ma.... ma è assurdo! Io gli ho dato i miei soldi ed ora li rivoglio, me li dovete ridare, li rivoglio tutti fino all'ultimo centesimo e subito! Subito! -. urlò Kurt con voce stridula battendo il pugno sul tavolo rimanendo a fissare Tobias con occhi fiammeggianti. "Parliamo dei vostri soldi, o meglio di quelli che avete preso a prestito da un certo Paul Weter, un  losco personaggio definibile come bandito, strozzino, sembra addirittura assassino a pagamento, che una persona per bene non dovrebbe nemmeno conoscere, figurarsi farci affari, non si capisce con quale garanzia, visto che non risulta che possediate nulla. Il problema è che la cifra che avete realmente impegnato nei lavori che avete eseguito voi stesso, è forse la metà di quella che risulta abbiate prestato ai miei parenti, quindi avete palesemente lucrato anche su questo". "Ma che state dicendo! - disse agitato Kurt che aveva perso gran parte della sua sicurezza. "Dico che il vizio di rubare non vi è passato caro amico Kurt, anzi diciamola tutta, caro 'hauptbereichsleter' Ebherard Kuhn!". Il nome, così come l'alto grado del partito nazista austriaco cadde nel silenzio come una fucilata. I compari di Kurt lo guardarono con massima sorpresa così come Keller. "Ma che.... - accennò Kurt che sembrava fulminato??? da quelle parole che erano state pronunciate da Tobias - che diavolo state dicendo? Voi siete pazzo, pazzo da legare! Non so chi sia questo Kuhn, nè l'ho mai sentito nominare"."Ebherard Kuhn - ripetè Tobias - ma siete voi, naturalmente. Poichè agivate nell'ombra, pensavate che nessuno si ricordasse di voi. Ma qualcuno che avete perseguitato, se ne ricorda molto bene. Voi eravate l'anima nera dell'haupteinsazleiter David Stainer, ufficialmente di grado superiore a voi, ma nella realtà nelle vostre mani, e lo indirizzavate di volta in volta per fargli eseguire le requisizioni ai danni di quelli sul cui patrimonio mettevate gli occhi. E quello poi sguinzagliava quello stupido del fratello, l'arbeitslater Bernhard. Ma qualcuno è riuscito ad uscire indenne dai vostri uffici, vi conosce bene e da un pezzo vi segue - Kurt, o meglio Kuhn, ormai consapevole che era assurdo negare aveva perso tutta la sua baldanza - Personalmente io non sono un tipo vendicativo e all'epoca di fatti non ero quì, però sono convinto che voi siate in parte responsabile anche della morte di mio padre - fece un cenno verso i suoi fratelli che erano scattati in piedi - Poichè però meritate di certo un castigo, per il male che avete fatto, sappiate che Paul Weter è stato informato che con il suo denaro avete tentato una truffa che non è riuscita e che non siete in grado di restituire un soldo e, se fossi in voi, mi sbrigherei a sparire dalla circolazione"."Ma..... ma quello, quello mi ammazza! - disse Kuhn con voce disperata. "Sarebbe la soluzione ideale per tutti - disse freddamente Tobias - Voi avreste quello che vi siete pienamente meritato e noi avremmo la nostra soddisfazione". "Non è giusto! Io non ho fatto nulla di male! A nessuno! Sono altri quelli che dovreste perseguire, altri che ora se la spassano...". Taque all'improvviso, come se si fosse reso conto di aver detto qualcosa di troppo. Poi Kuhn senza perdere tempo, quasi fuori di testa per la rabbia e la paura, lasciò di corsa la stanza e scappò letteralmente dalla casa lasciandosi dietro la porta aperta. Ad un cenno di Tobias , il sergente si alzò di corsa e seguì Kuhn fuori della stanza. "Perbacco - disse Tobias - che si era alzato come niente fosse accaduto per richiudere tranquillamente la porta - devo aver sottovalutato Weter - Quanto a voi due - continuò rivolto ai due compari di Kuhn  che erano rimasti in piedi, apparentemente in preda alla confusione e non sapevano che fare - non sono sicuro che foste a conoscenza della vera identità di quel farabutto ma nel dubbio, preferisco che vi leviate di torno e non vi facciate più vedere, altrimenti a voi ci penserà il mio collaboratore Beker che assieme ad un paio dei suoi uomini, d'ora in poi,  farà buona guardia". I due, seppure accennando ad una protesta, scelsero di andarsene con le buone. "Keller, di voi non so e non voglio sapere nulla, avete comunque lavorato e bene, ufficialmente non avete partecipato a quella mascalzonata a danni della mia famiglia e quindi per voi non cambia nulla. Non fate scherzi però perchè anche voi sarete tenuto d'occhio". Keller sembrò molto soddisfatto di come erano andate le cose per lui e assicurò di essere all'oscuro di tutto e che avrebbe continuato a fare il suo dovere come sempre fino a quel momento. "Ma allora questo vuol dire che siamo liberi dal nostro debito? - chiese Hans con voce incerta. "Certamente no! Il debito lo avete ancora, ma con me, per vostra fortuna! Pensate davvero che Weter avrebbe rinunciato ai suoi soldi senza reagire? Come minimo vi avrebbe bruciato la casa. Ora i soldi li dovete a me e me li darete, ve lo assicuro. Così imparerete che siete contadini e non ricchi uomini d'affari solo perchè avete firmato un pezzo di carta. Dovete fare solo quello che sapete fare, lavorare e parecchio, più dei vostri dipendenti, perchè dovrete dare l'esempio"."Ma come hai fatto a scoprire tutte quelle cose? - chiese Julia. "Tempo fa, in città, ho per caso conosciuto un personaggio che ha provato sulla sua pelle le mascalzonate di quei farabutti e che per la sua posizione, ha la possibilità di sapere tutto di tutti. Così mi ha detto di Kuhn, degli Stainer, della faccenda di Weter. Mi ha detto come mettermi in contatto con quest'ultimo e come trovare un accordo con lui, sia per liberarvi dal debito, sia per dare a quel farabutto quel che si merita". Naturalmente stava parlando del vecchio Samuel Roth, l'aiutante dell'avvocato che gli aveva messo a punto il contratto della società ma non ne volle rivelare il nome per prudenza ed anche per tutelarlo da eventuali ritorsioni. Adesso che aveva sistemato le questioni più importanti, aveva un tentativo da fare. Andò verso il fienile  ed entrò per una porticina che dava una piccola stanza destinata a custodire vari attrezzi. Al centro, seduto su uno sgabello, stava seduto Kuhn, come se fosse sui carboni ardenti. Non aveva però il coraggio di muoversi perchè accanto a lui stavano Beker che aveva in mano il robusto manico di un piccone e quattro altri uomini, scelti appositamente fra i collaboratori più robusti, ognuno dei quali aveva in mano un attrezzo che usato in modo improprio avrebbe ptuto fare veramente molto male a qualcuno e tutti loro fissavano il disgraziato al centro della stanza in modo truce. "Ah, bene, - disse Tobias entrando e constatando che Beker aveva preparatro proprio una bella scena convincente - Eccoci di nuovo quì, fra amici e gentiluomini"."Che diavolo volete da me! - urlò con voce stridula Kuhn, piuttosto terrorizzato da quella situazione. In realtà Tobias non aveva intenzione di torcere un capello a quel disgraziato ma contava sul fatto che quando Kuhn era ancora in auge come 'hauptbereichsleter' Ebherard Kuhn, normalmente, a quanto gli aveva raccontato Samuel Roth, più volte era ricorso a metodi simili per farsi dire da qualche poveraccio ciò che voleva sapere. Per cui, ora, per lui era normale ritenere che gli altri gli avrebbero dato come minimo, un sacco di legnate. "Caro amico Kuhn - esordì in modo conciliante Tobias - è vero che sei una autentica carogna e che in circostanze normali ti lascerei in mano a questi gentiluomini per darti quello che ti meriti, ma per tua fortuna, tu potresti avere qualcosa che io apprezzerei molto"."Io non ho nulla e non mi fate paura - disse l'uomo con voce poco convincente e smentito anche dal fatto di essere fradicio di sudore dalla paura. "Stai tranquillo, nessuno ti farà del male, almeno per adesso, ma io sono convinto che tu sappia qualcosa che ci interessa. Quando prima hai perso le staffe, hai alluso a qualcuno che se la spassa. Chi? E soprattutto dove?"."Non ho detto niente del genere e poi ero arrabbiato e non mi rocordo niente!"."Allora ti farò una domanda più diretta e stavolta vedi di rispondere. Dove sono i fratelli Stainer?"."Quei due farabutti! Quelle carogne, maledetti loro e dove si trovano!"."Appunto, dove si trovano?"."Io...io... non lo so! Non lo so dove si trovano - esclamò Kuhn con uno sguardo sfuggente che faceva pensare fosse il contrario. "Ascolta - disse Tobias mostrando una pazienza che in realtà non aveva proprio - I  tuoi imbrogli non hanno funzionato, Weter ti cerca e se ti trova, e ti trova te lo assicuro, te la fa pagare secondo i tuoi sistemi. Ora, se mi dici ciò che voglio sapere, magari con il voltastomaco, io ti aiuto. Ti porto in un posto sicuro dove quello strozzino non potrà raggiungerti"."Io non posso dire quello che non so - insistette l'uomo quasi disperato - Vi assicuro che se lo sapessi, ve lo direi. Odio i fratelli Stainer come nessuno al mondo. Io li ho creati, io li ho fatti diventare quello che erano - Tobias si augurò che nessuno dei suoi uomini a sentire quelle parole prendesse pesanti iniziative - Quel damerino frivolo di Daniel e peggio ancora quel babbeo di Benhard, così stupido che non volevano nemmeno farlo entrare nel partito. E poi quando le cose si sono messe male, quei bastardi sono scappati - Ormai si stava sfogando spinto dalla paura, dalla rabbia repressa per tanto tempo e non badava più a quello che diceva, evidentemente - Si sono portati via anche la mia parte. Se non era per me, quei due cretini non sarebbero stati capaci di muovere un dito. E peggio ancora, l'ultimo colpo, quello all'abbazia, se non fosse stato per le mie informazioni, non avrebbero nemmeno saputo del tesoro!". "Bastardo - tuonò Tobias che a quella affermazione non aveva saputo controllarsi e affibbiò a quel farabutto un manrovescio che lo fece ruzzolare dallo sgabello - Sei stato tu che hai mandato quelle carogne all'abbazia, e lo dici come niente fosse! Ti dovrei ammazzare solo per questo!". Il segente prese Tobias per le spalle e lo scosse per farlo tornare in sè, mentre uno degli altri presenti afferrò Kunn per la collottola e lo risbattè letteralmente a sedere di nuovo sullo sgabello. Con una espressione che non prometteva niente di buono Tobias continuò: "Adesso basta. Adesso si fa sul serio. Dimmi quello che voglio sapere o dò ordine agli uomini di romperti tutte le ossa finchè non parli". Gli uomini si avvicinarono tutti a Kunh pronti ad eseguire. L'uomo disperato, terrorizzato alzò le braccia e un po' pregando, un po' piangendo disse: "Non lo so dove sono, e se ve lo dicessi mi ammazzerebbero. Non posso, non posso"."Ma se non parli ti ammazziamo noi, qui, subito!"."No, non lo farete. Io conosco le persone - disse l'uomo asciugandosi gli occhi con il polsino della giacca - Voi potreste farlo ma non siete abbastanza cattivi. io le persone cattive le conosco. Quelle, se vi dicessi qualcosa, mi ammazzarebbero subito"."E Paul Weter non ti fa paura?"."Certo, ma a lui potrei fuggire, a quegli altri no e non dirò più nemmeno una parola". E rimase seduto chino, ansimando, come sotto al peso di un macigno. "Ha ragione, accidenti a lui, noi non siamo assassini. Lo lasciamo andare, tanto è un morto che cammina". "Ma se riesce a scappare a Weter, se la caverà ancora una volta - disse amareggiato Beker. "No che non se la cava - rispose secco Tobias - perchè noi non saremo assassini ma in questo caso, cattivi, si. Metteremo in giro la voce che il signore qui pesente, per una adeguata somma di denaro, ha spifferato tutto quello che sapeva e poi, se quello che dice è vero, il problema si risolverà da solo. Pulito e sicuro"."Maledetti - urlò Kuhn - non potete far questo, io non ho parlato, nessuno ci crederà!". "Ah, questa poi, sapendo che vigliacco sei e quanto sei avido, non avranno il minimo dubbio". L'uomo ora era seduto ripiegato su se stesso con la testa fra le mani. Sapeva di certo che la minaccia era reale e letale. "E va bene, ma non so molto perchè altrimenti, io stesso, mi sarei mosso per riavere ciò che era mio! Sono scappati in sud America Uruguay, Argentina, Cile, Brasile, non lo so, ma sono vivi e sono là. Non so altro"."Questa volta ti credo"- Poi rivolto agli altri, dette ordine di lasciarlo andare. Gli uomini eseguirono ma non senza la soddisfazione di buttarlo fuori della stanza a spintoni e insulti. Lo videro allontanrsi di corsa nel buio e se le cose fossero andate come dovevano quella era l'ultima volta che avrebbero sentito parlare di quel farabutto. Quello che avevano saputo non era molto ma un altro tassello che andava ad unirsi agli altri. Gli Stainer erano ancora vivi, assieme a chissà chi e relativamente nemmeno tanto lontani. L'informazione poteva essere passata a Dowson che l'avrebbe utilizzata a suo giudizio. Ora che le cose sembravano sistemate al meglio, decise di muoversi per poter avviare la sua attività anche nei terreni di Stainer. Raggiunse un accordo chiaro con la proprietaria e tornò tranquillo a casa da dove organizzò e fece partire i lavori per quel nuovo bellissimo appezzamento in attesa di poterlo acquistare.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16 calici imperatore

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Nel gennaio del 1950 sembrò che le cose stessero riprendendo un corso normale. Tobias ritenne che fosse venuto il momento per riprendere il discorso della cittadinanza americana per sè e per la sua famiglia. Purtroppo la calma era solo apparente ed una situazione lasciata in sospeso, sembrò precipitare all'improvviso. La questione riguardava la Corea che, nel corso della conferenza del Cairo, tenutasi all'inizio del 1943, era stata dichiarata stato indipendente. Già però, a quell'epoca, esistevano grandi attriti fra la parte settentrionale del territorio e quella meridionale. Per cercare di trovare una mediazione fra le due Coree, gli alleati rimasero sul territorio ancora alcuni mesi. Quando videro che la situazione non era risolvibile, stabilirono una condizione di tregua, d'accordo con le parti, che segnava un confine seguendo il 38° parallelo e lasciarono il Paese nel maggio del 1949, nella speranza che le cose alla fine si aggiustassero. Invece Kim Il Song che, nella Corea del Nord, aveva preso il potere, trovandosi fortemente avvantaggiato sotto il profilo militare, il 25 giugno attaccò la Corea del Sud, senza incontrare nessuna significativa resistenza. Poichè la risoluzione dell'ONU del 26 giugno circa la cessazione delle ostilità e il ripristino della situazione iniziale, rimase totalmente inascoltata, gli Americani, presenti nel territorio, furono immediatamente invitati a lasciare la Corea, ambasciatore compreso. Purtroppo nel corso dello sgombero dei civili, il 27 giugno, truppe nordcoreane aprirono il fuoco sulla folla, causando un gran numero di vittime. Il  giorno seguente, il 28, gli americani indignati, si espressero per un intervento armato in Corea, con la partecipazione di altri 17 Paesi, e fu inviato un forte contingente militare agli ordine del generale McArtur. Dopo un inizio incerto, gli Americani cominciarono ad avere la meglio, ricacciando l'esercito dei nordcoreani, quasi in rotta, ben oltre il 38° parallelo. Purtroppo, illuso dalle facili vittorie, il gen McHartur, spinto dall'entusiasmo e con la convinzione di distruggere con facilità l'esercito in fuga, decise di inseguirlo fino nel nord del Paese. I nord coreani però a quel punto chiesero aiuto ai sovietici ed ai cinesi. I sovietici assicurarono un supporto logistico ma negarono assolutamente un intervento armato, i cinesi invece accettarono di aiutarli con un intervento massiccio, ammassando in poco tempo 180.000 uomini perfettamente equipaggiati lungo il confine. McHartur non seppe valutare appieno la situazione e così, quando i cinesi, il 26 novembre attaccarono, per gli Americani fu una durissima lezione ed in poco tempo con notevoli perdite, furono ricacciati sotto il 38° parallelo. La Cina approfittò dell'occasione per occupare il 7 ottobre 1950 il Tibet. Sul territorio i Cinesi erano più forti ma gli Americani riuscivano a controllare la situazione con intensi e tremendi bombardamenti aerei. La situazione di stallo andò avanti con pesanti perdite da entrambe le parti fino all'inizio dell'aprile del 1951. A quel punto, infatti il presidente Truman, rimosse dal comando il gen McHartur, sostituendolo con il gen Ridgway. Nello stesso periodo l'Unione Sovietica, da stato neutrale, invitò i belligeranti ad avviare dei negoziati di pace. Gli Americani, che si erano trovati a piangere molti caduti, accettarono di buon grado. Anche i Cinesi accettarono ma, durante i negoziati, che proseguirono con grandi difficoltà, le azioni belliche non cessarono. Anzi, durante alcuni periodi, ci furono scontri violentissimi il cui esito avrebbe naturamente potuto pesare sul tavolo delle trattative. Finalmente il 27 luglio del 1953, fu trovato un accordo, anche per la pressione che l'Unione Sovietica riuscì ad esercitare sui cinesi. La situazione alla fine tornò esattamente come era all'inizio delle ostilità. La linea del 38° parallelo ritornava ad essere il confine fra le due Coree. Tanti morti, tanto dolore, per nulla. Stavolta però gli Americani, per essere sicuri che i patti fossero rispettati, stabilirono di lasciare nella Corea del Sud, un presidio militare permanente composto da 40.000 uomini. Anche se aveva pesantemente gravato sulle finanze dei paesi belligeranti, Stati Uniti compresi, questa venne definita la 'guerra dimenticata' perchè non se ne fece mai un argomento di interesse al centro dei mezzi di comunicazione. Persino i soldati al fronte scrivevano nelle loro lettere di essere convinti di essere stati dimenticati, abbandonati. Al conflitto parteciparono 1.319.000 Americani, con 34.000 caduti e 106.000 feriti. Fu calcolato che invece fra gli avversari i caduti furono più di un milione. Comunque, alla fine delle ostilità, molti dei prigionieri di guerra, 14.000 cinesi e 7500 nord coreani, chiesero ed ottennero di poter andare e restare in America. Anche nella vita della famiglia di Tobias c'erano stati vari cambiamenti. I vigneti europei avevano dato buoni frutti ed ora potevano importare dall'Austria il loro stesso prodotto con il quale coprire tutta la gamma di richieste del mercato americano. La rete di vendita, organizzata in quel periodo da Alec Connors, si era attestata ed espansa in modo notevole nel sud, in particolare nel Nuovo Messico e, con una intuizione notevole, si era spinto con successo fino a Panama. Raphael aveva ottenuto ciò che voleva. Dopo aver conseguito la necessaria qualificazione presso la compagia aerea Wolf Air, e dopo una esperienza che egli non ritenne particolarmente gratificante presso una compagnia aerea passeggeri, optò per il trasporto aereo di merci. Assieme al suo socio Peter Moran e con l'aiuto di Tobias, riuscì ad acquistare, come aveva desiderato, presso la base Davis Monthan di Toucson, un aereo da trasporto Curtiss C-46, vecchiotto ma in ottimo stato e con quello, una volta rimesso perfettamente in funzione, e riadadattata la vecchia pista del campo di Sprekels, potè dare inizio alla sua attività di trasporto aereo. Per i permessi, le licenze, le pastoie burocratiche, Tobias si ricordò dell'amicizia del colonnello De Lancey che ormai, tornato a casa, aveva dato inizio con grande successo alla scalata della carriera politica. Con l'occasione, andò a trovarlo nella sua villa e gli portò in omaggio una coppia delle mitiche bottiglie della prima serie di Lukas Heder con etichetta nera e calici dorati. Al colonnello che gli chiese il motivo di quella scelta, Tobias raccontò volentieri tutta la storia, dall'inizio alla fine anche se facendolo, in certi punti del racconto si commosse profondamente. Purtroppo anche dopo tanti anni, l'impatto di certi eventi restava immutato. I documenti della impresa di trasporti furono pronti in breve tempo, vista anche la modesta importanza dell'iniziativa. In realtà l'attività partì quasi subito alla grande, perchè il trasporto era diretto verso il sud e verso mete che i due soci avevano selezionato dopo una accurata ricerca, valutando che esse non erano servite da altri operatori. Avevano deciso anche di comprendere nel loro itinerario delle zone della America del sud, naturalmente con opportuni scali tecnici in luoghi dove avrebbero comunque trasportato dei carichi. Quindi lo stesso Tobias era un loro buon cliente, pagando naturalmente il prezzo giusto. La figlia Christina, terminati i suoi studi a San Diego, ormai ventiquattrenne, aveva deciso ed ottenuto di trasferirsi in Austria dove curava con grande successo le coltivazioni dei terreni che erano stati di Stainer. Il sergente, che non la perdeva d'occhio, anche se ormai la situazione in Austria era tornata pressochè alla normalità, scriveva che dai suoi lavori si aspettavano forse un altro miracolo come era stato il Christina rosè. In realtà la ragazza stava solo cercando di raggiungere l'optimum con le coltivazioni tradizionali e per fare questo, girava spesso per i territori vinicoli per eccellenza a est di Vienna, contattando vecchi contadini e coltivatori, cercando di carpire i loro segreti. Poi, finalmente, il 15 maggio del 1955, gli alleati decisero di restituire all'Austria la sua piena indipendenza, con il solo patto che avrebbe mantenuto una assoluta neutralità. A questo punto, Tobias si decise ad acquistare il terreno che era stato di Stainer che, finalmente, fu suo. Con la vita che riprendeva il suo corso, tutte le attività si espandevano e si evolvevano. Purtroppo la manodopera originale, quella che lo aveva seguito dall'Austria, aveva raggiunto una certa età e alcuni non c'erano più. Altri, alla fine, avevano deciso di tornare nella loro patria. Anche alcuni dei figli di quelli che erano restati, avevano scelto dei lavori più redditizi o più adatti a loro, pertanto l'azienda era stata costretta ad assumere personale locale con il problema di doverlo istruire sulle particolari tecniche di coltivazione. Il punto era che il prodotto doveva essere sempre eccellente. Infatti, molti altri produttori avevano seguito la strada di Tobias ed ora la concorrenza era veramente spietata e per mantenere l'azienda in soddisfacente attivo, occorreva restare sempre un passo davanti agli altri. Per fortuna le vendite nella zona di Las Vegas, tramite anche i buoni uffici di Dowson, andavano piuttosto bene. Negli anni l'industria del gioco d'azzardo era andata sviluppandosi con hotel casinò sempre più grandi e sfarzosi. Nell'aprile del 1955 aveva aperto il Riviera, un casinò con annesso hotel di 23 piani e 2100 stanze. Poi l'MGM e altri. Nel maggio dello stesso anno il desiderio di far soldi, fu più forte perfino della segregazione razziale. Visto che ormai anche molte persone di colore erano piuttosto facoltose, fu aperto l'hotel casinò Rouge e Noir, nel quale venivano accolti anche clienti di colore. Nella città, grazie a queste attività, cominciarono a scorrere fiumi di danaro ma molti dei giocatori venivano rovinati dal vizio del gioco. Cominciarono quindi a fiorire attività legate ai prestiti su pegno che trattavano di tutto. Dalle automobili ai gioielli a tutto quello che potesse avere un valore tale da fornire altro denaro da poter bruciare nei casinò. L'attività di Alec Connors che ormai aveva creato una sua rete indipendente di vendita, servendo però anche altri produttori, si era ulteriormente espansa ed egli ora in sudamenrica per le sue consegne utilizzava in massima parte la compagnia aerea di Raphael che intanto, ripagato il debito del primo aereo, ne aveva acquistato un secondo dello stesso tipo. Nel dicembre del 1958 Dowson subì un gravissimo attentato nel quale rimase gravemente ferito e nel quale perse due suoi importanti collaboratori. Da quel momento, ritenne opportuno trasferirisi in una villa bunker situata nella zona meridionale della baia di San Francisco. Nel febbraio del 1959, Tobias ricevette la visita del segretario di Dowson, arrivato nella tenuta senza preavviso, con un grossa Cadillac scura, con tanto di autista e una coppia di guardie del corpo armate, che lo pregava di seguirlo senza perdere tempo. Si capiva chiaramente che un 'no' non sarebbe stato accettato. Molti che avevano ricevuto un invito simile, si erano spaventati a morte ma Tobias aveva la coscienza a posto e perciò accettò l'invito, più curioso che arrabbiato. Di certo Dowson doveva aver un valido motivo per convocarlo in quel modo. Durante il lungo tragitto, egli non riuscì a sapere molto del motivo del suo 'prelevamento' ma il segretario lo rassicurò dicendogli che all'arrivo avrebbe avuto tutte le spiegazioni. Finalmente, dopo un viaggio piuttosto lungo che li portò sulla sponda meridionale della baia di San Francisco, l'auto si fermò davanti ad una splendida villa. Si trattava di una costruzione a due piani, circondata da un ampio giardino con molti alberi ed aiole fiorite, tutto molto curato. La proprietà era cintata da una alta recinzione di sbarre di acciaio, sormontate da punte acuminate, evidente segnale che chi vi abitava non voleva essere disturbato. Il cancello era controllato da un sorvegliante, normalmente seduto all'interno di un casottino accanto all'ingresso. Chiaramente l'auto era stata subito riconosciuta, perchè l'addetto uscì immediatamente fuori ad aprire il cancello. Mentre percorrevano il viale che conduceva alla villa, Tobias potè intravedere, sapientemente dissimulati fra la vegetazione, almeno tre uomini armati che facevano la guardia. Avvicinandosi alla porta della casa, si rese conto, da tanti piccoli particolari abilmente nascosti e che si notavano solo da distanza ravvicinata, che quel posto era una piccola fortezza. Indubbiamente il proprietario riteneva di averne bisogno per la sua sicurezza e, per l'ennesima volta, egli ebbe la conferma che quell'uomo doveva avere fatto parecchia strada da quando, tanti anni prima, l'aveva conosciuto. Furono ricevuti da un maggiordomo che, senza perdere tempo, li condusse a quella che risultò essere una grande biblioteca, un ambiente di notevoli dimensioni in cui erano alle pareti dei capaci scaffali pieni di libri di tutti i generi con al centro un grosso tavolo circondato da eleganti sedie. Da un lato, una pregevole scrivania dietro alla quale, comodamente seduto su una elegante poltrona di antiquariato, si trovava Dowson, apparentemente immerso nella lettura di un antico libro dalle pagine ingiallite. Era un po' che non lo vedeva e notò che gli anni avevano lasciato qualche segno. Appariva stempiato e con parecchi capelli bianchi. Anche il giro vita appariva apprezzabilmente aumentato. Appena entrarono, egli si alzò ed andò loro incontro con atteggiamento gioviale. La luce nei suoi occhi era rimasta sempre la stessa. Strinse la mano a Tobias e congedò il suo segretario che uscì dalla stanza senza alcuna esitazione. Dowson appariva veramente contento di vederlo e dopo alcune parole di convenevoli, lo fece accomodare in una poltroncina  accanto alla scrivania. Tobias era impaziente di conoscere il motivo della sua convocazione ma l'altro preferì prendere tempo. Da un mobile bar, abilmente dissimulato dietro una fila di libri, estrasse una bottiglia di vino con due bicchieri e ne versò una generosa quantità per ognuno dei due quindi invitò il suo ospite a bere con lui. Tobia aveva immediatamente riconosciuto il suo vino, etichetta viola, il migliore prodotto dalla  fattoria  di Weidling. "Adoro questo vino - esordì Dowson - e so che va forte anche nei locali di Las Vegas, dove viene consumato ormai abitualmente assieme a tutti gli altri"."Anche grazie a voi - riconobbe Tobias. "No, no, se non fosse stato di eccellente qualità, con la concorrenza in questo campo, anche con il mio aiuto non sareste durato molto, ve lo assicuro - Poi dopo una breve pausa in cui bevve un altro sorso del suo vino , chiese a bruciapelo - Siete stato a Las Vegas recentemente?"."Veramente no. Fra i miei affari ed il fatto che ritengo non sia proprio l'ambiente adatto a me, non sono particolarmente attratto dall'atmosfera di quel posto"."Vi capisco. Anche io, appena possibile, torno in questa piccola oasi per distendermi e recuperare le giuste energie". Tobias pensò che quella 'piccola oasi' era organizzata e equipaggiata per resistere all'attacco armato di molti uomini trasformandosi repentinamente in un 'piccolo inferno' ma evitò saggiamente di fare commenti. Il padrone di casa continuò con una conversazione su argomenti generici, almeno così sembrava. In realtà Tobias, reso ormai esperto dall'esperienza maturata nel mondo degli affari, si accorse che le domande vertevano sempre più spesso sulla situazione e sui contatti con l'Austria, in particolare con Weidling e poi, più nello specifico, sui suoi contatti con padre Valentin. Di certo aveva raggiunto la conclusone che il sacerdote forse aveva detto qualcosa del suo passato a Tobias, magari non tutto, ma qualcosa. E infatti, visto che l'altro schivava abilmente le sue domande, alla fine fu lui a cedere e chiese direttamente cosa sapeva lui della sua storia. Tobias dovette ammettere che qualcosa aveva saputo ma che poichè non erano affari suoi, avrebbe taciuto ogni informazione."No, non fa nulla. Se Padre Valentin ha valutato che poteva raccontarvi i fatti, significa che sapeva di potersi fidare, ed anche io. Non solo mi avete salvato la vita ma non avete mai cercato di approfittarne. Ora però sapete quanto io sia coinvolto in un certo avvenimento. Negli anni, fra i miei contatti, le notizie fornite da padre Valentin e le informazioni che mi avete inviato, è risultato un quadro della situazione abbastanza completo. Abbiamo isolato delle zone dove dovrebbero trovarsi le persone che ci interessano e abbiamo anche una notevole sicurezza circa le identità di questa gente. E poi.... è successo un fatto". D'impulso, come se avesse preso un decisione importante, si alzò e si avvicinò ad uno scaffale della libreria. Scostata una fila di libri, scoprì lo sportello di una cassaforte che iniziò ad aprire. Tobias si disse che quegi scaffali erano una vera miniera di sorprese e si chiese cos'altro potesse trovarsi lì, sapendo cercare e quanti di quei libri fossero in effetti veri e quanti invece utilizzati per nascondere qualcosa. Poi Dowson tornò alla scrivania e si rimise seduto dopo aver poggiato sul piano una grossa scatola di legno scuro lucidato con il coperchio incernierato su un lato. "Voi sapete certo che i nuovi casinò di Las Vegas hanno portato un grande sviluppo della città. I giocatori accorrono sempre più numerosi. La leggenda e la classe di quel posto hanno raggiunto i punti più lontani dello stato e sono anche andati oltre. E se una persona è attratta dal gioco, alla fine non resiste e va laggiù, a provare l'atmosfera di quel posto fantastico, l'emozione di quelle sale da gioco ormai famose in tutto il mondo, e gioca. E magari perde". Fece una pausa per versare di nuovo del vino nei bicchieri e per valutare l'attenzione del suo interlocutore il quale attentissimo, continuava però a chiedersi cosa volesse l'altro da lui. "Perde, si, dicevo, perde. E quando perde, cosa fa in genere? Se fosse saggia se ne andrebbe. Ma il giocatore non è saggio, lui si deve rifare e allora, magari, comincia a impegnarsi le cose. I parcheggi dei casinò hanno dovuto organizzare dei settori speciali per le automobili dei clienti lasciate in pegno e gli affari dei banchi di pegno, vanno alle stelle da un pò di tempo in qua". Tobias si chiedeva se le dichiarazioni del suo ospite derivassero da esperienza diretta. "Piccoli giocatori, piccoli pegni. Grandi giocatori, grandi pegni. Non tutti i giocatori però frequentano i casinò regolari. Per alcune persone, che non vogliono o non possono comparire, per altri che cercano il rischio, sfidandosi in incontri riservati, ci sono delle case da gioco non proprio regolari, che offrono ai clienti le stesse emozioni ma in modo assai più discreto. Così qualcuno, con il vizio del gioco, arriva in una casa di queste, perde una piccola fortuna e poichè i gestori non sono dei veri gentiluomini, per non farsi male, il giocatore è costretto a lasciare in pegno qualcosa e, se il debito è grosso e il creditore è convincente nelle sue richieste, magari la persona in questione, pur offrendo molta resistenza, è costretta a lasciare in pegno una cosa simile". E così dicendo, mise le mani sulla scatola di legno e rimase un attimo fermo, come se esitasse ad aprirla. Poi, deciso, la ruotò verso Tobias in modo che sollevando il coperchio potesse vederne subito il contenuto e l'aprì. Sembrò che per un attimo una particolare energia si spargesse per la stanza, che la luce cambiasse divenendo più intensa, che si diffondesse una sorta di magia tutto intorno. Almeno queste furono le sensazioni che provò Tobias nei primi istanti in cui gli fu svelato il contenuto della scatola. "Eccezionale vero? Vedo che ha su di voi lo stesso effetto che ha su di me quando la guardo". Davanti a Tobias, nella scatola, poggiata su una base di velluto rosso, c'era una splendida corona di oro rilucente. Il cerchio era arabescato e gemmato con smeraldi e rubini di luce purissima, che si alternavano e, dal cerchio, partivano sei fioroni raffiguranti foglie di acanto in cima ai quali erano fissate delle magnifiche e grosse perle. "Dica la verità, - chiese Dowson che aveva osservato la reazone del suo visitatore - non è magnifica?". Ripreso fiato, Tobias disse con voce emozionata: "Ma......, ma è bellissima! Ha una forza in sè... che si può percepire. Si sente e si vede che è antica, ma di chi sarà stata e poi, perchè la fa vedere proprio a me, anche se devo dire che starei a guardarla per ore". "L'esperto che ho consultato ha espresso il forte sospetto che, per la forma, i particolari e i decori, possa trattarsi della corona di un principe del Sacro Romano Impero e ha azzardato anche l'epoca a cui appartiene e la sua provenienza. Quindi la faccio vedere proprio a lei perchè, per quantro mi risulta, in realtà vi siete già incontrati. Ma lontano da qui e molti, molti anni fa. Non le viene niente in mente?"."Non mi dica...."."E invece si. Questa meraviglia faceva parte della collezione trafugata dal gruppo dei fratelli Stainer dalla camera blindata dell'abazia di Klosterneuburg il 30 marzo del 1945". Fece una pausa per lasciare ancora a Tobias la possibilità di ammirare quello splendore. "Quando ne sono venuto in possesso - e quì ritenne sorvolare sul modo ma tanto Tobias aveva già capito tutto - ho immediatamente contattato un altro esperto d'arte che saltuariamente lavora per me. E quando anche lui l'ha vista, ha capito subito di cosa potesse trattarsi. Vede, quando alla fine della guerra si fece il conto delle opere d'arte restituite o ritrovate, per tutte quelle mancanti si aprì un mercato clandestino molto attivo grazie a tutti quelli che avendole trafugate e fatta franca, ora cercavano di realizzare dei forti guadagni. Si può quasi dire che esista un catalogo di questi oggetti. Si dà il caso che questo mio collaboratore, a differenza del primo esperto, in questo particolare campo sia leggermente più esperto e mi ha procurato questo libro. Legga quì - disse porgendoglielo. Tobias prese il vecchio libro e lesse la pagina indicata. In essa veniva riportato che nel 976, in Pannonia, dopo l'insurrezioe di Enrico II^, detto il Litigioso, l'imperatore Ottone II^, per riorganizzare la Baviera, al posto della marca di Pannonia, organizzò una nuova marca con il nome di Marcha Orientalis che affidò al fedele alleato Leopoldo, detto l'Illustre, del casato dei Babemberg, con la nomina di Mangravio e naturlamente con i titoli e le insegne fra cui, naturalmente, una corona dello stesso tipo di quella che ora era nella scatola di legno. L'appellativo rimase nella famiglia finchè nel 1156 Federico Barbarossa stabilì di elevare la marca a ducato, con differenti insegne. A quel punto il Mangravio in carica, Enrico II^, al momento di ricevere le nuove insegne di Duca, fece dono di quelle vecchie all'abbazia di Klosterneuburg. Incredibile, tutto tornava ma a questo punto venivano fuori altre questioni.  "E se servissero altre prove - disse Dowson quando Tobias ebbe finito di leggere - queste sono le foto che mi ha mandato il suo amico padre Valentin -  e prese da un cassetto della sua scrivania un mazzo di foto 10x15 in bianco e nero e, sceltane una la porse a Tobias - La osservi bene"."Ma è lei, è la stessa! Peccato che la foto sia in bianco e nero ma è senza dubbio la stessa. Allora, era vero che i fratelli Stainer non sono morti. E se è così, anche il tesoro che portavano non è stato distrutto"."Esatto. Questa è la prova che avevano lasciato il convoglio diretto al castello di Neuchweanstein prima dell'attacco aereo. Di certo si trattava di un piano già prestabilito e ben congegnato. E ciò che per me più conta, il colonnello delle SS, Gustav Shafer era con loro, lo so per certo. E so che sono ancora tutti insieme o almeno in contatto fra loro". Ormai. d'altronde non era più un mistero. Ormai si sapeva per certo che molti nazisti si erano rifugiati in Sudamerica, dove con la connivenza e la protezione di alcune autorità del posto, conducevano una vita normale e tutto sommato tranquilla. "Va bene - chiese comunque Tobias - la corona l'avevate già riconosciuta, quindi a cosa vi servo io quì?"."Non penserà mica che sul possessore di un oggetto di questo genere non abbiamo cercato di saperne di più. Malgrado mostrasse pretese di gran signore, appariva una persona sempliciotta e piuttosto volgare. Abbiamo scoperto che alloggiava presso il motel Four Queen, che in realtà, è più un punto di incontro per coppie, che un albergo vero e proprio, situato vicino alla nuova interstate 15 nei pressi dell'aeroporto. Chiaramente non un personaggio importante, ma in questo caso, solo un pesce piccolo, un corriere. La merce non era sua. Probabilmente doveva solo consegnarla o mostrarla a qualcuno. Ora, se è la persona che credo che sia, lei la conosce piuttoso bene. Ecco quì". E pose davanti a Tobias quattro foto in bianco e nero non molto nitide per via dell'evidente ingrandimento, ma inconfondibili. Si vedeva chiaramente un uomo, con un vestito scuro e senza cappello che, uscendo dalla porta di un locale, saliva su una automobile. Certo, il tempo era passato, l'uomo era palesemente ingrassato, invecchiato ma non c'era dubbio. Quella faccia l'avrebbe riconosciuta ovunque. Era proprio lui. "Bernhard Stainer! Dopo tanto tempo! Lo ricordo come fosse ieri". Più che altro ricordava il sentimento di rabbia che aveva provato quando, per le sue accuse, aveva dovuto abbandonare il suo lavoro con la reputazione di essere un ladro. "Grazie, ora abbiamo fatto un grande passo avanti. Tutto torna. I due fratelli con altri complici, organizzano il colpo all'abbazia. Poi si uniscono ad una colonna che sembra tornare in Germania e infine, con qualche espediente, la lasciano e si eclissano con il bottino e chissà cos'altro. Il caso li favorisce ulteriormente perchè la colonna di cui fanno ufficialmente parte, viene distrutta e apparentemente anche loro muoiono. Si rifugiano invece in Sudamerica assieme ad altri nazisti e comunque fuggiaschi, e iniziano a fare la bella vita. Ma una vita lussuosa e le protezioni, costano e ora, forse, per andare avanti, sono costretti a vendere qualche pezzo del bottino e così, contattano qualcuno interessato all'acquisto e magari gli mandano come prova un campione da controllare". "Bene, ma adesso dove si trova Bernhard Stainer?". "Effettivamente qui abbiamo un problema. Dopo che era stato costretto a consegnare la corona in pegno, ha fatto delle telefonate ad un numero che è risultato appartenere ad un esercizio pubblico, una taverna di infimo ordine, chiamata 'Rio Plata' che sta nella località di Santiago de Veraguas, a Panama, nel distretto di La Mesa. Di certo un contatto, stabilito con qualcuno che non è  rintracciabile. Poi, dopo tre ore circa, ha ricevuto una telefonata da quello stesso numero che aveva chiamato. E' uscito dall'albergo ed è saltato su una automobile con la quale ha cercato di seminare gli uomini che lo seguivano, non uomini miei, purtroppo"."Devo pensare che qualcosa è andato storto?"."Eh si, disgraziatamente si. Per fuggire all'inseguimento di cui si è accorto immediatamente, ha cercato di passare ad un incrocio con un semaforo rosso ed è stato falciato da un grosso camion il cui conducente è fuggito rendendosi irreperibile. E'morto sul colpo"."Maledizione! - esclamò suo malgrado Tobias - e adesso?"."Purtroppo l'unico elemento che ci rimane è quel contatto a Santiago de Veraguas"."Una cosa è sicura. Se c'era in giro Bernhard, allora anche il fratello Davide è nella partita. E magari lui è laggiù, al sicuro, perchè non lo conosce nessuno e da lì, magari con i suoi amici, gestisce questo traffico di opere e tesori d'arte"."Ha ragione. D'altronde se hanno deciso di vendere, questo deve essere accaduto da poco. Quello che ha davanti è il primo pezzo del genere di cui si abbia notizia e le assicuro che i miei contatti avrebbero saputo di certo di un traffico di tale livello. Per amore di completezza le dico che miei contatti sono anche in Europa"."Possiamo pensare allora che il tesoro sia ancora quasi intatto"."Si, può essere ma, come lei sa bene, non è il tesoro che mi interessa. A me preme solo trovare Gustav Shafer, non ho problemi ad ammetterlo, per fargli pagare quello che ha fatto alla mia famiglia e a mio padre!". Tobias rimase molto colpito da queste parole. Era la prima volta che il suo ospite faceva riferimento a quella questione in modo così esplicito parlando più da Jona Donner  che da Henry Dowson. "Naturalmente mandare estranei laggiù che fanno domande, sarebbe il modo peggiore di procedere - disse questi - ammesso che già quello che è accaduto non abbia messo in allarme chiunque stia dietro a questa storia. Di certo nelle sue ultime telefonate Barnhard ha avvisato quelcuno dell'accaduto e poi, poco dopo, mentre magari cercava di andare da qualche parte, magari di scappare, è perito in un incidente. O almeno così sembra. Non ci dimentichiamo che abbiamo a che fare con gente pericolosa. Basta pensare a cosa sono stati capaci di fare in passato"."Effettivamente l'incidente occorso a Bernhard potrebbe essere stato solo un modo di toglierlo di mezzo, liberandosi così da un possibile scomodo testimone che poteva essere seguito e come punizione per l'idiozia che aveva combinato"."Motivo di più per andare con i piedi di piombo - disse Dowson - chi andasse laggiù a indagare, potrebbe correre seri pericoli e non sarebbe facile proteggerlo".

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Capitolo 17
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Capitolo 17 calici imperatore

Capitolo 17^

Tobias però aveva forse la soluzione. "Delle persone straniere che andassero a fare domande, magari sarebbero sospette, ma qualcuno che andasse normalmente per lavoro e che magari si limitasse a guardarsi intorno, forse sarebbe al sicuro"."Vi riferite forse a vostro figlio ? - chiese Dowson che aveva capito immediatamente dove voleva arrivare l'altro. "Si, e non solo. Il mio rappresentante, Alec Connors, ha stabilito da un pezzo un buon rapporto commerciale con dei grossisti di Panama. Che problema ci sarebbe se provasse a espandere la sua clientela passando per caso da quelle parti e con mio figlio magari ad accompagnarlo, se in più, per pura coincidenza, da quelle parti ci fosse una pista d'atterraggio?". Il piano fu presto messo a punto anche perchè forse non c'era da perdere tempo. Qualcosa era indubbiamente accaduto e anche se non potevano essere sicuri che le persone che cercavano erano in allarme, era meglio sbrigarsi. Il rappresentante Alec Connors, a cui alla fine avevano deciso di raccontare tutto, sapendo che in fondo, per quell'incarico, potevano esserci dei rischi, accettò invece senza il minimo dubbio. In guerra aveva visto parecchie delle atrocità che verso la fine del conflitto alcuni tedeschi avevano commesso e se avessero potuto prendere dei responsabili, lui ne sarebbe stato contento. Si dava inoltre il caso che, proprio in quella zona, un altro importatore austriaco riforniva da molto tempo un gruppo di clienti che consumava grandi quantità di vino austriaco. Chissà che non fossero proprio le persone che stavano cercando. Sarebbe comunque apparso plausibilissimo che lui si fosse recato per tentare di inserirsi in quei ricchi ordini. Inutile dire che Raphael si dichiarò immediatamente entusiasta. Infatti, nel procedere nel suo lavoro, che egli stimava estremamente avventuroso, si era rifatto ai canoni degli eroi dei film dell'epoca, come Alan Ladd, Clark Gable, Douglas Ferbainks. Portava i pantaloni da cavallerizzo con alti stivali, indossava un giubbotto di pelle e un cappello con visiera di tipo militare. Completava il tutto un cinturone di tipo militare, con una grossa automatica agganciata in una fondina di cuoio. C'era da dire che, oltre al fatto di essere comunque un ottimo pilota, era un bel ragazzo e quel particolare abbigliamento non gli stava affatto male. Inoltre con le ragazze funzionava molto bene. Il suo socio che gli era molto affezionato tollerava quegli atteggimenti un po' troppo spavaldi anche perchè si era accorto che ad alcuni clienti piacevano. Dowson fornì due suoi uomini. Oltre ad essere due persone decise che all'occorrenza sapevano affrontare ogni imprevisto, uno era un ottimo pilota, in grado di sostituire Raphael ai comandi dell'aereo per i lunghi tragitti e l'altro, era un provetto meccanico che si intendeva anche di motori per aerei. Tobias si chiese dove Dowson andasse a trovare i suoi uomini, visto che ce ne era disponibile almeno uno per ogni necessità. Per l'operazione fu utilizzato il secondo aereo che avevano acquistato, più nuovo del primo, e, affidata l'attività al socio, ai primi di aprile del 1959, Raphael con i suoi nuovi 'amici' partì per Panama. L'aereo che stavano utilizzando era un Curtis c-46, un ottimo aereo da carico con una autonomia di 5000 chilometri, grazie a due serbatoi principale da 300 galloni l'uno e al serbatoio di riserva che era stato montato, in grado di contenere 400 galloni di carburante. La velocità di crociera era di 278 miglia l'ora ad una quota di 7000 piedi. Il punto era, che trattandosi di un aereo da trasporto, non era munito di grande comodità per le persone che viaggiavano nella fusoliera, per cui erano stati montati otto comodi sedili e provvisto un impianto di riscaldamento perchè, a quella quota, faceva piuttosto freddo. Malgrado l'aereo fosse in grado di percorrere tutta la distanza in una unica tappa, fu deciso di frazionare il percorso con una prima sosta a Città del Messico, distante 800 miglia e poi, ad una distanza simile a El Salvador. In tutte e due queste località consegnarono della merce come in un normale volo commerciale. Poi, con una ultima tirata, raggiunsero il modesto aeroporto di Santiago de Veraguas. Appena atterrati, Connors si mise subito al lavoro per contattare i suoi clienti, curare le consegne della merce e soprattutto cercare informazioni per trovare il modo di contattare quei clienti così importanti per vedere di entrare nella fornitura della loro merce. Purtroppo il grossista locale gli fece sapere che quella merce effettivamente transitava di lì ma lui, in quel caso,  era solo un tramite . La merce, molte casse di vino pregiato, arrivava direttamente dall'Europa e veniva consegnata in Florida. Da lì, un altro aereo la trasportava a Santiago de Veraguas, dove veniva caricata su un altro aereo che le portava in Argentina, di più non sapeva. Ora le casse in questione erano in aeroporto e attendevano solo il mezzo che le portasse a destinazione, che infatti non tardò ad arrivare. Raphael ed i suoi colleghi rimasero a guardare il Douglas c-47 che si posò sulla pista con grande maestria e poi rullò fino all'hangar dove doveva caricare. I proprietari di quel mezzo non erano di certo persone discrete. La fusoliera era dipinta compleatmente di bianco e sulle fiancate appariva, in discrete dimensioni, la croce teutonica su campo argentato. La cosa si chiarì quando l'equipaggio scese a terra. Quello che certamente era il pilota, indossava una attillata tuta bianca ed ai piedi portava gli stivali da cavallerizzo. Una chioma di capelli argentei incorniciava un volto magro ed affilato. Raphael lo battezzò all'istante 'il tedesco' e gli altri furono d'accordo con lui. L'altro pilota che scese a terra, il secondo, era quanto di più differente si potesse pensare. Basso, tarchiato, di pelle scura, capelli neri. Indossava un paio di jeans piuttosto lisi, un giubbotto di pelle nelle medesime condizioni ed un paio di vecchi stivali da aviatore. Nel complesso il suo aspetto  non trasmetteva un'idea di grande pulizia. Dopo alcuni istanti videro il 'tedesco' rivolgersi all'altro in modo perentorio impartendogli degli ordini secchi e precisi che l'altro si affrettò ad eseguire. "Sembrano Don Chisciotte e Sancho Panza! - disse Connors, alludendo alla netta differenza fra i due. "Concordo - disse Raphael - Non mi stupirei se il tedesco fosse un ex ufficiale della Luftwaffe, convinto di essere ancora in guerra. Comunque se sopporta quell'altro così diverso, può essere che quello sia un pilota e meccanico abilissimo"."Oppure, senza essere niente di speciale, magari invece conosce le persone giuste per muoversi da queste parti"."Molto probabile. Forse è proprio con lui che dovremmo parlare per sapere qualcosa". Quando le numerose casse di vino furono caricate sul Douglas-c47, ormai era quasi sera e l'aeroporto chiudeva i suoi servizi alle ore 19.00 locali. Le luci della pista erano guaste e non c'era per ora nulla da fare. Il tedesco, dopo aver lasciato l'ordine al suo secondo di provvedere al pieno di carburante e a preparare l'aereo pronto al decollo la mattina successiva, andò a passare la notte in un vicino albergo. Non poteva esserci occasione migliore. Dopo cena, col buio, il secondo del tedesco era seduto su un bidone, con le spalle appoggiate alla parete di un capannone accanto al suo aereo. In un contenitore di metallo ardeva un piccolo fuoco, che aveva acceso per scaldarsi. Osservava le fiamme guizzanti ed ogni tanto tirava giù una sorsata da una bottiglia che aveva in mano, magari per farsi un pò di compagnia. Di certo era abituato a quella situazione ma forse non era proprio felice di essere lasciato sempre a fare il cane da guardia, mentre l'altro si godeva le comodità di un albergo. Valeva la pena di tentare. Così Raphael si avvicinò fischiettando e reggendo sotto un braccio una cassetta con sei bottiglie del vino migliore. L'uomo lo guardò avvicinarsi con sospetto, portanto la mano d'istinto dietro la schiena, come per essere pronto ad afferrare qualcosa. Giunto a cinque, sei passi di distanza, Raphael si fermò e gli disse con tono allegro: "Ehilà compare, come va? Anche tu lasciato dal tuo capo a fare la guardia da solo?"."Chi diavolo sei - gli rispose l'altro, brusco,  in inglese ma con un forte accento ispanico. "Sono il secondo pilota di quell'aereo laggiù e anche il mio capo mi ha lasciato quì a fare la guardia mentre lui se la spassa magari con qualche bella senorita in qualche bell'albergo caldo e comodo!". "No, il mio no. - rispose l'altro senza abbassare la guardia. - Non l'ho mai visto interessarsi ad una donna"."Beh, ti va di fare quattro chiacchiere, tanto per passare il tempo fra colleghi?"."Non ho voglia di chiacchierare e poi guai se il mio capo lo sapesse"."Va bene allora buona notte". Raphael si girò per andarsene, era stato un buon tentativo. "Aspetta, - lo richiamò l'atro - cosa hai lì, sotto il braccio?". Chiaramente alludeva alla cassetta sotto il braccio di Raphael. "Sono solo delle bottiglie di vino speciale che non chiedono altro che essere svuotate alla salute dei nostri capi. Fanno parte del nostro carico"."Prendi la merce dal carico? Il mio capo mi ammazzerebbe!"."Anche il mio, ma non se ne accorge. E' molto diverso dal tuo, l'ho visto solo di sfuggita ma sembra un militare. Mi sbaglio?". Forse aveva fatto un passo falso perchè l'altro sembrò chiudersi in sè stesso. Per non lasciare all'altro tanto tempo per pensare, cambiò subito argomento."Che stai bevendo?"."Dell'acquavite che fanno da queste parti"."No, non bere quella robaccia, quella ti fa ubriacare e magari non fai bene il tuo dovere. Senti cosa ti ho portato io. Questo è un vino speciale, leggero, delicato, ma con un sapore eccezionale - e intanto stappava la prima bottiglia - Questo ti rimette in pace col mondo e non ti fa girare la testa". E gli porse la bottiglia. L'altro senza tanti complimenti, senza nemmeno guardare l'etichetta, l'afferrò e attaccandosi direttamente al collo, tirò giù tre quattro sorsi e poi tergendosi la bocca con la manica, disse: "Accidenti che sapore, ma cosa è?". E senza spettare la risposta, tirò giù ancora un paio di sorsi, poi la restituì a Raphael che aveva rabbrividito a vedere quel vino buttato giù a garganella e che constatò che era quasi vuota. "Questo è un vino speciale che producono in Europa e che quì piace molto. Lo trasportiamo in grandi quantità, ma tu che ne puoi sapere, magari trasporti macchinari o alimentari". E passò all'altro una seconda bottiglia che intanto aveva stappato. "No, non ci crederai, ma anche noi trasportiamo spesso del vino, anche se non l'ho potuto mai assaggiare". "Ma davvero? - disse Raphael che dopo aver finto di bere un paio di sorsi, ripassò la bottiglia all'altro che appariva già un pochino brillo - E per chi, magari abbiamo gli stessi clienti".  Mezz'ora dopo Raphael tornò dai suoi amici abbastanza soddisfatto. "Per bacco che spugna quel tizio, non ci crederete ma si è finito la cassetta praticamente da solo e alla fine temevo che nemmeno bastasse". Poi agli uomini che l'ascoltavano attentissimi, disse di aver saputo che la meta dell'aereo era in Argentina, esattamente un posto chiamato Bahia Blanca, a circa 350 miglia a sud ovest di Buenos Aires. Nelle sue immediate vicinanze c'è un'aviosuperficie chiamata Punta Alta. Il motivo principale per cui il tedesco sopporta il suo compagno di volo è che lui è pratico della zona ed è capace di arrivare dappertutto attraverso la rotta migliore. Una volta che era stato effettuato lo scarico, il secondo pilota aveva sentito discutere i conducenti dei due camion che avrebbero poi trasportato la merce a destinazione, perchè uno di loro diceva di non avere carburante sufficiente per raggiungere le ville sulle isole a sud. "Quindi - concluse Raphael - secondo il nostro amico, a sud di Bahia Blanca, sulle isole, esisterebbe una comunità di tedeschi che vive in alcune splendide ville. Sono abitate da persone che non si fanno mancare nulla, come si desume dal tipo di carico che l'aereo trasporta, oltre al vino. Però ha aggiunto che a sud della baia ci sono di certo altre ville. Comunque, di questa gente, nessuno sa nulla perchè conduce una vita molto riservata e degli spiacevoli episodi, in passato,  hanno mostrato che non gradisce ficcanaso. Sembra che addirittura qualcuno abbia un piccolo esercito privato"."Ora dici che l'uomo dorme. Come l'hai lasciato? - chiese Connors. "Beh, ora russava alla grande e ti assicuro che per farmi dare le ultime informazioni ho penato parecchio a tenerlo sveglio. Prima di andare via ho portato via tutte le bottiglie di vino e la cassetta. Di me non ho lasciato traccia. In compenso ho svuotato la sua bottiglia di acquavite e gliene ho messa accanto un'altra della sua 'riserva personale' che ho svuotato per tre quarti. Se ho capito il tipo deve essere abituato a sbronzarsi. Domattina si sveglierà solo con un gran mal di testa come sempre e farà il suo dovere"."Si ricorderà di te?". "Se anche lo farà, non potrà trarre nessuna conclusione. Il suo carico è intatto e non credo che racconterà nulla al tedesco che di certo non lo gradirebbe"."Ma ora che facciamo ? - chiese uno degli uomini della scorta. "Io dico che ora non dobbiamo fare più nulla. Credo che la nostra missione finisca qui - rispose Raphael - Abbiamo raccolto delle informazioni che, sfruttate nel modo mogliore, potranno rivelarsi preziose mentre, se noi ora improvvisiamo, rischiamo di rovinare tutto, a parte che, da quanto ho capito, se ci muoviamo male, possiamo fare una brutta fine. Io credo che Dowson, con le nostre informazioni e con degli uomini adeguati, riuscirà a scoprire tutto quello che c'è da scoprire. Ora, il pieno di carburante l'abbiamo fatto, il piano di volo l'abbiamo presentato, quindi facciamoci una buona dormita e domattina, all'alba, togliamo il disturbo". Gli altri non trovarono nulla da dire e quindi così fecero.

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Capitolo 18
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Capitolo 18 calici imperatore

Capitolo 18^

Al ritorno dalla missione, Raphael comunicò quanto scoperto al padre e a Dowson che, dopo circa un mese chiese loro di recarsi nella sua villa bunker di San Francisco. Tutti e due, molto curiosi, accettarono e arrivati, furono subito introdotti nella magnifica biblioteca, nella quale il padrone di casa li aspettava. Assieme a lui c'erano anche i due uomini che avevano accompagnato Raphael nella sua missione. Dopo i soliti convenevoli ed aver accettato da bere, entrarono subito in argomento perchè tutti non aspettavano altro. Ad un segno di Dowson uno degli uomini prese una grossa carta dell'Argentina e la spiegò completamente sul piano della scrivania mentre Tobias ed il figlio si avvicinavano per vedere meglio. "Dopo aver ricevuto le vostre informazioni e, in proposito, riconosco che avete fatto un ottimo lavoro, e dopo aver raccolto notizie complete e precise sulla zona indicata, ho rispedito laggiù questi due giovanotti, ormai pratici, accompagnati da una comitiva di 'pescatori' piuttosto numerosa, perchè fra le caratteristiche di Bahia Blanca, c'è quella di essere un buon territorio di pesca per le spugne. I bassi fondali, tra i 10 e i 15 metri favoriscono la loro crescita e contemporaneamente la loro raccolta. Così abbiamo armato due piccoli pescherecci che hanno fatto il loro lavoro per diversi giorni. Naturalmente, di quando in quando, si sono accostati a qualche isola, a qualche tratto di costa e lì hanno svolto alcune operazioni. I ragazzi mi dicono che da alcune zone, in particolare sulle isole, sono stati cacciati in malo modo e a volte addirittura con la minaccia di armi. E' naturale che proprio in questi posti, ma non solo, alcune persone, dotate di moderne attrezzature subacquee, sono tornate con la massima circospezione. In tutti questi giorni, i miei uomini hanno fatto fotografie a tutto quello che hanno visto. Case, persone, isole, tratti di costa, un lavoro accuratissimo. Alla fine, guardate quà, questi sono i risultati". Mostrò sulla carta la zona interessata, ossia quella della costa argentina in prossimità di Bahia Blanca. Indicò le tre isole della baia, da nord a sud, nell'ordine l'Isla Bermejo, Trinidad e Anadna, ognuna delle quali aveva sopra disegnata una grossa X in rosso e numerate da 1 a 3. Poi, più a sud, un tratto di costa della lunghezza di circa 20 Km. Su queste zone erano tracciate altre lettere "X" in colore rosso e accanto ad ogni lettera appariva un numero, per la precisione, sette "X" numerate appunto da 4 a 10. Dopo aver illustrato la carta ai suoi ospiti, sempre più curiosi, Dowson si fece portere da uno dei suoi uomini una pila di cartellette, 10 per la precisione, custodita in uno dei misteriosi cassetti nascosti della biblioteca. Ognuna, contrassegnata da un numero, era collegata al corrispondente numero sulla carta geografica. "Ogni cartelletta - spiegò - contiene più materiale possibile circa le diverse zone a cui sono abbinate. Foto, notizie, commenti, informazioni. Insomma un lavoro accuratissimo. Naturalmente, pur con tutto questo materiale, non è facile sapere ciò che vogliamo. Ci sono moltissime foto di persone, alcune delle quali sono state identificate, altre mai viste ma non per questo meno importanti. Però, vorrei che lei Tobias, osservasse questo materiale, perchè da qualche parte bisogna iniziare e forse la chiave me la potrà fornire proprio lei. Non le voglio anticipare nulla per non influenzarla". E spinse verso di lui la cartelletta contrassegnata con il numero 3 che corrispondeva alla X segnata sull'Isla Anadna. Tobias se la mise davanti e con attenzione l'aprì e cominciò a sfogliare il materiale sotto lo sguardo attento degli altri che sembravano non voler perdere un solo movimento. Osservò foto di luoghi, poi di una bella casa, di persone che apparentemente sorvegliavano l'isola, lesse appunti e poi..... "Ma questo.....". E osservò meglio la foto. Poi prese la successiva che appariva più chiara. Tutte e due mostravano un uomo a figura intera, vestito in modo molto elegante che da una terrazza della casa, gurdava verso l'esterno. Era magro, alto e con i i capelli chiari. "Ma questo... - ripetè emozionato Tobias - questo è .... è Daniel Stainer! Quel farabutto di Daniel Stainer! Certo, è invecchiato, ha perduto qualche capello ma è lui, ne sono sicuro. Ma.... - poi aggiunse - ma io conosco anche questi!  - mise due foto sul piano della scrivania davanti a Dowson - Questo è Rolf Lange , grande amico, o almeno diceva di esserlo, di mio suocero e quest'altro era un grosso cliente, Stefan Voight, della zona di Maissau, vicina all'abbazia". Dowson che sembrava non aspettare altro che quella conferma, con grande soddisfazione, si alzò e gli strinse la mano. "Se sono nel gruppo degli ospiti delle isole, state sicuri che la loro coscienza non è tranquilla. Comunque, bravi, tutti. Ottimo lavoro! Ed ora, se siete d'accordo, andiamo a prenderli!". Tobias piuttosto dubbioso, era rimasto sorpreso da quelle parole. "Andiamo a prenderli? Ma come? E in quale veste? E poi quand'anche ci riuscissimo e mi sembra difficile, che facciamo dopo?". Dowson lo aveva lasciato parlare con un sorriso sulle labbra. Alla fine delle domande, rispose dicendo di avere un piano preciso. Ed ai due ospiti che lo ascoltavano senza perdere una parola, spiegò per filo e per segno cosa aveva intenzione di fare.  Tobias disse che onestamente non se la sentiva di far parte di quell'operazione, che era troppo vecchio, che sarebbe stato solo di peso. Dowson però, stavolta non chiedeva favori. Voleva che l'operazione andasse a buon fine e voleva Tobias con loro per identificare le persone con certezza. Questi alla fine dovette arrendersi, considerando che Raphael gli assicurò che sarebbe stato sempre con lui e l'avrebbe protetto.  Chiese però se avrebbero avuto dei problemi dalle autorità del posto. Dowson rispose che riteneva proprio di no. In Argentina erano cambiate molte cose e ancora parecchio doveva accadere, secondo lui. "Da quando nel 1955 il presidente Peron era dovuto fuggire, - spiegò - in Argentina si era creata una condizione di instabilità e forte inquietudine che sembrava non risolvibile. Infatti nel 1955 il generale Eduardo Leonardi, al comando delle forze armate, rovesciò il governo. La marina militare bombardò la 'Casa Rosada' residenza presidenziale, con l'intento di uccidere Peron. Questi però riuscì a fuggire, riparando prima in Uruguay e poi in Spagna, sotto il governo del generalissimo Franco. Il generale Leonardi fu presto sostituito dal generale Pedro Eugenio Aramburu che iniziò a governare con il pugno di ferro, in particolar modo nei confronti dei peronisti. Quando nel  giugno del 1956 alcuni di loro tentarono una rivolta, furono arrestati a migliaia e seguirono almeno 40 esecuzioni. Malgrado ciò alla fine, nel 1958 fu eletto come presidente un personaggio da cui ci si aspettavano grandi cose, Arturo Frondizi. Ora però sembra che la sua politica ritenuta da tutti i partiti eccessivamente moderata ed inefficace, stia destando situazioni di grande malcontento sia della sinistra che della destra, con difficile mantenimento dell'ordine e prospettive di un colpo di mano da parte di qualche potere forte da un momento all'altro. In questa situazione di incertezza e di disordine ora noi ci andiamo a nuovere, con la sicurezza che le autorità del posto avranno ben altro da pensare che seguire le attività di un gruppo di modesti pescatori di spugne". Alla fine di giugno del 1959, organizzati i propri affari, sia Dowson che Tobias, il quale si era già pentito per aver ceduto alle insistenze di Raphael, assieme al solito gruppo di uomini fidati, partirono alla volta di Bahia Blanca. Dowson aveva deciso che voleva 'esserci' nel caso che le ricerche avessero sortito il risultato che lui sperava e aveva 'pregato' Tobias di andare anche lui, per riconoscere le persone delle fotografie. Dopo un volo lungo e piuttosto scomodo, la squadra arrivò a destinazione e trovò ad attenderla al porticciolo due modesti pescherecci che, appena scese le ombre della sera, presero il largo per essere a destinazione con il favore delle tenebre. Il mare era molto mosso ed il piccolo peschereccio su cui si trovava Tobias, avanzando a fatica, in direzione dell'isola Anadna, posta più a sud rispetto alle altre, rollava e beccheggiava in modo preoccupante scosso dalle onde che lo investivano da tutte le parti e la notte senza luna, scelta appositamente, concorreva a dare a tutta la situazione un senso di grande inquietudine. Almeno questo valeva per Tobias che era ormai da più di mezz'ora con le mani serrate in modo spasmodico ad un gruppo di sartie che concorrevano a tenere dritto il piccolo albero a cui, in quel momento, erano fissate due vele che spingevano l'imbarcazione sotto la furia del vento. In realtà, poichè navigavano nel buio pressochè più totale e a bordo, a parte una piccola lanterna cieca nella minuscola timoneria, non c'era nessuna luce, era convinto che da un momento all'altro sarebbero andati a sfracellarsi contro la piccola scogliera dell'isola verso la quale erano diretti o che sarebbero finiti a fondo, speronati da qualche altro natante di passaggio. In realtà l'imbarcazione sembrava in ottime mani. Due capaci marinai erano addetti al governo delle vele, al timone c'era il capitano, un vecchio lupo di mare di grandissima esperienza e a prua un'altro uomo, grande conoscitore di quella zona di mare che, semplicemente ascoltando il rumore delle onde, era in grado di segnalare al comandante con dei rapidi gesti convenazionali, sviluppati in anni di collaborazione, gli aggiustamenti di rotta da fare e la correzione delle vele. A parte scegliere quella notte da lupi per non essere intercettati nella fase di avvicinamento al loro obiettivo, il capitano era stato categorico. Per aver il massimo vantaggio dovevano evitare di utilizzare il motore e pertanto si doveva procedere solo con le vele. Dowson aveva ingaggiato quell'equipaggio su consiglio di un 'amico' che a suo dire li utilizzava per servizi particolarmente impegantivi e di fidicia. Tobias che aveva preferito non indagare, come al solito, sul significato di queste parole, ora aveva ben altro per la mente, infatti continuava a chiedersi come avessero fatto a convincerlo ad unirsi a quel gruppo di 'banditi'. Ad un certo punto, tutti, a bordo, furono in grado di percepire distintamente il rumore delle onde che si infrangevano sugli scogli. Il marinaio a prua fece dei gesti convulsi che il comandante interpretò immediatamente. Fece calare la vela posteriore e contemporaneamente dette tutto timone a sinistra. L'imbarcazione, mantenendo un certo abbrivio, virò immediatmante nella direzione desiderata e gli uomini a bordo videro che ora stavano procedendo parallelamente alla linea degli scogli che si trovava a non più di 10-15 metri. Era difficile capire se erano stati fortunati o se l'equipaggio fosse davvero eccezionale. Comunque proseguirono ancora sulla stessa rotta per circa un paio di minuti e poi, con un altro deciso colpo di timone a destra, si infilarono di precisione, in uno stretto passaggio fra gli scogli e, raggiunta quasi immediatamente una piccola cala riparata, ammainarono subito la vela e gettarono l'ancora. L'altro peschereccio era subito dietro di loro. Ora cominciava la vera avventura. I marinai misero in acqua un piccolo gommone che, con tre viaggi, portò a terra tutti coloro che facevano parte del gruppo previsto. Erano sbarcati su una stretta lingua di sabbia in mezzo alle rocce ed erano quindi riparati sia dal vento che dalla vista del centro dell'isola. Effettivamente Dowson aveva preparato a dovere ogni passo della spedizione. Ad un suo cenno, tre uomini si alzarono in piedi e sparirono nel buio, diretti verso l'interno, di certo con compiti di ricognizione. Tobias, sdraiato al suolo, provava  una forte tensione. Lui non si sentiva fatto per quel genere di cose. Dowson gli aveva detto che presto avrebbe rivisto un suo amico, da cui aveva arguito che quella doveva essere l'isola su cui viveva Daniel Stainer. Se era vero, ora avrebbero fatto i conti perchè lui, aveva tante cose da dirgli. Gli tornavano inoltre in mente le trincee, il fango, niente di buono. Cercò immediatamente di riportare l'attenzione al presente e non gli fu poi così difficile, con una grande sensazione di freddo, malgrado gli abiti pesanti che gli erano stati dati, accompagnata alla spiacevole sensazione dei piedi bagnati, cosa che gli era accaduta scendendo al buio dal gommone. Sperava soltanto che in quella storia non fosse costretto ad assistere a scene di violenza o brutalità. Dopo circa dieci minuti, uno degli uomini del gruppo partito in avanscoperta, tornò e fece cenno agli altri che potevano procedere. Per fortuna non rischiavano di fare brutti incontri poichè da una precedente ricognizione, non risultava ci fossero animali sull'isola, come ad esempio caimani o puma, caratteristici di quelle zone. Risultavano invece presenti molti roditori, lepri ed uccelli marini. Purroppo l'intricata vegetazione locale non li favoriva di certo mentre avanzavano in un buio rotto solo dai modesti raggi di alcune lanterne cieche, che gli uomini in testa usavano per aiutare gli altri a vedere dove mettevano i piedi. Infatti al loro procedere si opponevano una grande quantità di cespugli spinosi e larghe zone di cactus. Come se avessero formato una sorta di barriera e difesa naturale per gli abitanti della villa che sorgeva al centro dell'isola. Anche il suolo irregolare dell'isola, rendeva difficile l'avanzata della squadra ma, nello stesso tempo, la proteggeva dalla vista dei residenti. Dopo aver avanzato per circa 10 minuti, coloro che guidavano il gruppo, fecero segno di fermarsi a ridosso di un piccolo terrapieno roccioso. Poi uno di loro, nella debolissima luce dell'alba, fece segno di guardare in una precisa direzione. Perfettamente mimetizzata con le rocce del terreno circostante, si poteva scorgere una bellissima villa di due piani, illuminata da una serie di lampade poste lungo un perimetro a distanza regolare. La pietra usata per rifinire il tetto era identica a quella del luogo per cui finchè non ci si arrivava praticamente a ridosso, poteva anche non notarsi. La forma era rettangolare ed il piano inferiore era circondato da una bella tettoia retta da colonne a sezione quadrata. Le grandi finestre vetrate erano  tutte buie al piano di sopra, mentre due erano fiocamente illuminate al pianterreno. A circa trenta metri di distanza dalle pareti esterne, correva un perimetro di fitta e pesante rete metallica. Su uno dei lati del reticolato, si apriva un passaggio che però appariva sorvegliato da un uomo, apparentemente armato di fucile. Dalla precedente ricognizione, sapevano che sull'isola viveva un gruppo più o meno stabile di dodici uomini, oltre colui che si riteneva fosse il proprietario. Non risultava che nella casa ci fossero stabilmente delle donne. Attorno alla costruzione, vigilava una pattuglia composta da due uomini che eseguiva il  giro della recinzione all'incirca ogni ora. Quello era il primo obiettivo da eliminare. Conoscendo la spietatezza di Dowson, almeno per sentito dire, Tobias preferiva non conoscere appieno i particolari dell'operazione. Si sarebbe limitato a svolgere solo la sua parte. Invece sembrava che Raphael, che aveva insistito per venire, con la scusa di accompagnare e proteggere il padre, sembrava affascinato da quella che lui considerava un'avventura, a prescindere dagli eventi più o meno cruenti. Le misure di sicurezza prese dimostravano che, malgrado tutti gli anni passati, quelle persone non erano certo tranquille, con la fissazione continua di essere ricercate, braccate, scoperte oppure, semplicemente, piaceva loro mantenere una situazione paramilitare per rievocare i 'bei tempi'. I primi uomini partirono per preparare il terreno per gli altri. La guardia all'ingresso fu messa immediatamente a tacere. Così fu anche per quelli della pattuglia. Ora gli uomini erano tornati indietro e avevano aperto un varco nella rete attraverso il quale tutti penetrarono nel perimetro. Non avevano potuto usare la porta perchè gli uomini che avevano messo la guardia fuori combattimento, lavorando da esperti quali erano, avevano scoperto sulla serratura del cancello un dispositivo che segnalava, chissà dove, quando veniva aperto. Se erano fortunati, sarebbero riusciti ad arrivare alla villa senza essere scorti. Erano a non più di 10 metri dal porticato, quando si udì distintamente un abbaiare furioso di cani che, di corsa, si stavano dirigendo verso di loro. "Maledizione - esclamò Dowson - questi non ci dovevano essere. Nessuno ne aveva parlato!". Tobias sentì un brivido di gelo dietro la schiena, ora aveva veramente paura. Fu Raphael che lo costrinse a correre verso la villa e che lo obbligò a rannicchiarsi contro in muro, mentre estraeva la sua pistola pronto a tutto. In realtà gli uomini erano stati sorpresi solo per i primi istanti. Poi avevano affrontato i quattro grossi doberman, eliminandoli  non senza fatica, mediante l'uso dei loro particolari coltelli. Uno degli uomini era rimasto seriamente ferito da una serie di morsi e un suo compagno iniziò immediatamente a curarsi di lui. Altri avevano riportato graffi più o meno profondi e qualche ferita. Gli animali erano stati sopraffatti ma avevano venduta cara la pelle e, peggio ancora, avevano dato l'allarme alle persone all'interno della villa. Ormai il danno era fatto.  Dowson ed i suoi si gettarono a ridosso delle pareti del fabbricato, perchè non fosse possibile vederli dall'interno. Tobias, protetto da un divanetto di vimini e da Raphael era anche lui fuori vista. Dall'interno della villa si sentiva del trambusto e poi degli uomini che parlavano in modo concitato. Tobias non riusciva a crederci, parlavano tedesco. Poi una voce prese il sopravvento sulle altre e impartì degli ordini secchi e decisi. Tobias che aveva sentito e capito, consapevole che Dowson non aveva compreso, gli gridò: "Stanno venendo fuori dalle due porte contemporaneamente con l'ordine di sparare a vista, ma tre hanno l'ordine di uscire dal retro per prendeci alle spalle!". Senza perdere un attimo gli uomini si disposero secondo uno schema che apparentemente era loro familiare. Dall'interno furono gettati all'esterno degli ordigni fumogeni di certo con lo scopo di coprire l'uscita dei difensori. Gli uomini all'esterno, che però si aspettavano una mossa del genere, immediatamente li raccolserto per rigettarli all'interno della casa, cosa che probabilmete accecò quasi completamente gli uomini all'interno che quindi uscirono allo sbaraglio. A quel punto gli uomini di Dowson sopraffecero completamente gli altri, atterrandoli a pugni, semplicemente, mentre uscivano in gruppo dall'abitazione. Quelli che però vennero fuori per ultimi, cercarono di fare fuoco con le loro armi automatiche ma i colpi andarono a vuoto e, alla fine, tutti i difensori vennero sopraffatti. Purtroppo nella parte posteriore della villa qualcosa doveva essere andato storto perchè si sentirono delle raffiche di mitra, segno che doveva essere stato ingaggiato un conflitto a fuoco con gli occupanti della casa. Dopo circa un minuto gli spari cessarono. Poi uno degli uomini che era andato nel retro, tornò dicendo che la situazione era sotto controllo e che non c'erano state perdite. Non fecero menzione circa la sorte dei difensori. La villa era circondata e non poteva essere fuggito nessuno. Adesso veniva il difficile. Dall'interno della costruzione  non proveniva più alcun suono ma questo non voleva dire che non ci fosse nessuno. Anzi Dowson decise che avrebbero dovuto agire in fretta per non dare il tempo agli altri di organizzare una trappola. Così fece un cenno ad un gruppo di uomini che, all'improvviso, si rovesciarono in casa, pronti a tutto. Dall'esterno si udirono dei colpi di pistola seguiti da una raffica di mitra, poi, più nulla. Dowson decise di entrare e Tobias con il figlio lo seguì. A terra, al centro del salone, giaceva ferito un uomo anziano, di certo uno degli occupanti, ma non era Daniel. Lo riconobbero come Rolf Lange, ma per lui non c'era più nulla da fare. Gli uomini non avevano avuto scelta. Uno di loro era stato ferito ad un braccio. Poi nel silenzio, all'improvviso di udì un forte rumore, come il violento sbattere di una porta, che proveniva da una scala che scendeva al piano interrato. Si precipitarono in quella direzione, trovandosi davanti una porta chiusa, in legno massiccio, rinforzata con delle fasce d'acciaio all'esterno e certo anche all'interno, apparentemente la porta di una sorta di camera di sicurezza. Il rumore che avevano sentito era quello di una delle sue ante che veniva chiusa in modo violento e di un paletto che veniva tirato con forza.  Immediatamente gli uomini la aggredirono con tutti gli attrezzi che erano riusciti a trovare. Con dei colpi decisi e violenti, alla fine, dopo circa cinque minuti, riuscirono a sfondarla ed entrarono pronti ad affrontare ulteriori difensori. Invece si trovarono in una sala riccamente arredata, una via di mezzo fra una elegante stanza dei cimeli ed uno studio di gran classe. A parte i mobili di legno pregiato, alle pareti erano allineate delle vetrinette, quasi tutte vuote. L'unico occupante della stanza, era un uomo di mezza età, con indosso un pigiama di seta blu e una elegante giacca da camera di lana pettinata, appoggiato ad un radiogrammofono. Stava togliendo un disco dal piatto del giradischi ed era, apparentemente, rimasto paralizzato per la sorpresa dell'irruzione di Dowson e dei suoi. "Ma... ma.. chi diavolo siete e che volete da me? - trovò alla fine la forza di dire. Dowson sembrò non sentirlo nemmeno e invece rivolto a Tobias che era rimasto a guardare quell'uomo, anche lui con grande emozione, gli disse in tono duro: "E' lui?". Tobias si avanzò verso l'altro che stava riprendendo sicurezza e vide un uomo non più giovane, sul quale il tempo aveva lasciato molti segni. Era sempre alto e dritto ma era appesantito, i capelli biondi omai molto radi e dei solchi profondi solcavano la pelle del  viso. Era cambiato molto ma non c'era dubbio, era lui. "Si - disse diretto a Dowson - è proprio lui. Non ci sono dubbi è Daniel Stainer"."Ma guarda - disse l'altro che lo aveva riconosciuto a sua volta - Il piccolo Tobias, il contadinello che mio padre aveva raccolto dalla strada e che per tutto ringraziamento alla prima occasione ci ha derubati!". Aveva usato un tono di sarcastica superbia che aveva fatto avvampare Tobias di rabbia e per l'insulto e per l'insistenza in quella sporca menzogna. Visto  che i suoi colpi andavano a segno, continuò sprezzante: "Alla fine ti sei buttato sui soldi di tuo suocero e quando le cose diventavano impegnative, quando si trattava di fare i veri uomini, sei scappato con la coda fra le gambe, come un codardo!". Quasi fuori controllo, Tobias, sommerso dall'enormità delle false accuse, stava per reagire quando Dowson intervenne mettendosi in mezzo."Fermo - disse rivolto a Tobias - non vedete che sta tentando di provocarvi apposta? Non sarete mica così ingenuo da cadere ancora nel suo gioco. State tranquillo, sappiamo bene che se quì c'è una carogna, e proprio lui e ora è il momento della resa dei conti - poi rivolto all'altro - Siete proprio il cretino che mi avevano descritto! Solo Daniel Stainer poteva riconoscere lui e sapere dei fatti accaduti tanti anni fa! E so che siete anche un vigliacco, voi si, sul serio, per quello, siamo venuti prima da voi". Si rivolse ai suoi uomini che subito afferrarono Stainer per le braccia impedendogli qualsiasi movimento. Uno di loro lo perquisì minuziosamente trovandogli in tasca un fazzoletto, un portasigarette d'argento ed una scatola di fiammiferi. Posò tutto sulla scrivania. L'uomo tentò di nuovo di protestare:"Fermi, ma che fate? Ma che volete da me? Io sono un privato cittadino, una persona per bene, ho i miei diritti! - cominciò ad urlare il prigoniero che ora cominciava ad veramente paura e tentava inutilmente di divincolarsi. "Diritti? - chiese Dowson con voce di scherno - I diritti di chi? Di Dominik Shuster, come vi fate chiamare adesso. Ma Dominik Shuster non esiste e, cosa ancora più grave, Daniel Stainer risulta morto. Per cui, chi siete voi? Una persona inesistente o un morto? Chi siete voi? - gli chiese guardandolo negli occhi a brevissima distanza facendo capire che non ammetteva dinieghi. "Alla fine l'altro cedette. "Daniel Stainer - l'uomo si era reso conto di aver perduto su tutta la linea - Sono Daniel Stainer, ma non ho fatto nulla di male". "No? - chiese Tobias ancora arrabbiato per gli insulti di poco prima - Non è nulla rovinare la vita di una persona per invidia con una sporca bugia, non è nulla portare la famiglia alla rovina per le proprie ambizioni personali, non è nulla depredare, spogliare, rubare a danno di chi non si può difendere, non è nulla spogliare persino le chiese? Allora, non è nulla?"."E' passato tanto tempo, ero giovane e adesso sono cambiato e pentito. Se potessi tornerei indietro ma ormai il male è fatto. E' inutile tornarci sopra - disse Daniel nel tentativo di alleggerire la sua posizione. "Certo, - disse ironicamente Tobias - si potrebbe concludere tutto con te che mi chiedi scusa, che chiedi perdono per aver provocato la morte di crepacuore di tuo padre, magari anche del mio, per lo stesso motivo, a quelli che hai derubato, a quelli che hai fatto uccidere per spogliarli dei loro averi, e potresti restituire il tesoro dell'abbazia di Klosterneuburg". "Non so di che parli - insistette Daniel - sono dovuto scappare perchè le calunnie mi avevano sommerso ed io avevo paura della vendetta della gente maleinformata, solo questa è la verità"."Potrei anche crederci, ma purtroppo per te, ho conosciuto e fatto parlare un certo Ebherard Kuhn, un farabutto della tua risma, un complice che vive ancora in Austria, a Vienna. Nessuno gli ha fatto niente o almeno non fino a che io ci ho parlato. Lo conosci eh, e poi ho parlato con un certo Samuel Roth, collaboratore di un avvocato che esercita a Weidling. Lui si ricorda bene di te e della tua cricca ed ha registrato dal primo all'ultimo i tuoi misfatti. Quindi, te lo chiedo per l'ultima volta, con le buone anche se mi risulta difficile, dove è il tesoro che hai sottratto all'abbazia di Klosterneuburg e che hai cominciato a vendere attraverso quell'imbecille, ingenuo di tuo fratello che si è fatto ammazzare per te"."E va bene, ho fatto quello che in quell'epoca facevano tutti e allora? Sai quanti hanno rubato, estorto, violantato, ucciso con la complicità del partito? Tutti, lo facevano! E io, come gli altri! Ma voi volete il tesoro, quello vi interessa, dite la verità, non siete migliori di me. Ma capitate male, è finito, svanito, venduto tutto, per pagare tutto questo - e fece un gesto per indicare l'ambiente circostante - la villa, la protezione, gli uomini. Arrivate tardi"."Tutto svanito - chiese amareggiato Tobias - anche i calici dell'imperatore"."Ah già, i calici. Ho visto le etichette del tuo vino. Non so perchè quei due calici avessero importanza per te, ma quelli sono i pezzi che ho venduto per primi. Erano troppo riconoscibili e così, con le mie mani, li ho fatti a pezzi, ho smontato le pietre, ho frantumato l'ambra e ho fatto fondere l'oro - e parlando guardava con aria di sfida e superiorità Tobias, consapevole di avergli dato un grande dolore. "Non è vero che avete venduto il tesoro. Se l'aveste venduto, sul mercato clandestino, qualcuno l'avrebbe saputo. Dei pezzi di quella importanza non avrebbero potuto mai passare inosservati. Non con la mia organizzazione - disse con atteggiamento truce Dowson avvicinandosi a Daniel che ora appariva sempre più terrorizzato per l'espressione terribile del viso dell'altro - E poi io non voglio il tesoro, voglio ben altro da te e tu me lo darai, te lo assicuro". Ad un suo cenno gli uomini trascinarono via Stainer che si dimenava, urlava, piangeva, insultava. "Voi è meglio che restiate qui - disse a Tobias ed al figlio - meno saprete e meglio sarà. Mi dispiace che non possiate esaudire il vostro desiderio ma siete comunque stato importante per il riconoscimento. Aspettate, vedrete che non ci vorrà molto"."Ma cosa avete intenzione di fargli? - chiese Tobias con voce preoccupata. Era vero che Stainer era stato una vera carogna ma l'idea di un interrogatorio particolarmente pesante, lo spaventava. "Dovrà dirmi quello che voglio sapere da lui. Ma state tranquilli, conosco il tipo, non ci vorrà molto, magari non ci sarà nemmeno bisogno di toccarlo". Poi si voltò e raggiunse i suoi uomini in un'altra zona della villa dove avevano condotto il prigioniero. Il silenzio seguito a quella scena così intensa e cruenta, con l'idea di quello che stava accadendo in un'altra stanza di quella villa, portò Tobias e Raphael a girellare ognuno per conto proprio per la grande sala dove erano rimasti. In particolare Tobias era andato a guardare, con fare apparentemente superficiale e disincantato, le vetrinette lungo la parete. I pochi oggetti che ancora contenevano erano più che altro statuette in argento, qualcuna in onice, una in legno. Niente di notevole. Però un particolare colpì la sua attenzione. Poi rivolto al figlio, chiese "Cosa stava facendo Stainer quando abbiamo fatto irruzione?"."Stava togliendo un disco dal piatto del radiogrammofono - rispose Raphael dopo averci pensato un momento. "Bene - riprese Tobias - Allora, sei nella tua casa, ti accorgi di essere attaccato da qualcuno che ti aspetti, perchè hai organizzato un servizio di guardia. Le tue guardie falliscono nel loro compito, scendi a precipizio le scale, quindi sei spaventato, preoccupato, ti barrichi qui dentro e.....? E metti un disco, magari per risollevarti il morale?". Curiosi si avvicinarono al grammofono, un bel mobile massiccio in legno di faggio, comprendente una radio ed un giradischi. "Che stava ascoltando? - chiese Philips prendendo il disco dal piatto - Guarda un po', musica tedesca, tanto per cambiare!". Tobias prese il disco e fece una strana espressione. "Beh, almeno gli piace la musica allegra. Questo è un brano del gruppo Comedian Harmonists, una delle prime band degli anni 30'. Peccato che il nazismo non gradisse la loro musica e li abbia costretti a sciogliersi"."Ma allora abbiamo un conflitto perchè qui c'è tutta una serie di inni patriottici, da 'Die fane hoc' alla marcia 'Erica' della fanteria tedesca"."E questi? - disse Tobias - prendendo altri dischi dal contenitore - questa è musica argentina, canzoni, tanghi. Dei gusti davvero molto vari!". Intanto Raphael aveva messo un disco dei Comedian Harmonists che non aveva mai sentito ed aveva avviato la riproduzione. Il suono era però cupo e distorto, evidentemente la velocità di riproduzione non era giusta. Effettivamente la manopola a scatti della regolazione della velocità era posta su 33 giri, invece che 78, come richiedeva quel disco. "Strano, non ci sono dischi a 33 giri - disse guardandosi intorno. E fece per impostare la velocità corretta. "Aspetta un momento - disse il padre - Scusa ma io non mi arrendo. Ci tengo troppo. Le vetrinette sono quasi vuote ma sono sicuro che sono state svuotate di recente e anche di fretta. Perchè i pezzi che ci sono ancora o sono rovesciati o fuori posto. Sui piani di vetro si vedono distintamente le tracce della polvere  di quello che c'era. Se fossero stati venduti da tempo, le vetrinette sarebbero state pulite e riordinate. Non credo che Stainer le tenesse in modo così trasandato. In fin dei conti questa è una sorta di sala dei trofei, quasi un santuario per ricordare i bei tempi"."Quindi, ipotizziamo - disse il figlio - Sono Daniel, sono in pace a casa mia, sto dormendo, poi, all'improvviso, urla, colpi, spari. Capisco che la villa è sotto attacco, non posso sapere di chi. Certo, magari banditi locali, forse ci hanno già provato, perchè la voce della ricchezza della villa di certo è andata in giro. Gente che acquista cose costose che gli vengono recapitate in aereo non può non essere ricca!"."Certo - continuò Tobias - Ho degli oggetti importanti in mostra nella sala dei trofei, cose belle che mi piace osservare, chiuse in vetrine apposite. Ma ora potrebbero essere rubate. Allora, cosa faccio? Scendo di corsa nella sala, mi sprango la porta alle spalle e faccio sparire tutto quello che ho di più prezioso. Ho una cassaforte - e intanto si guardava attorno - L' apro, ci infilo tutto dentro e poi la chiudo. E gli oggetti sono al sicuro"."E quando c'è stata l'irruzione, Daniel sembrava un topo preso con il formaggio in bocca, quindi aveva appena finito di nascondere gli oggetti"."Ma allora, ci deve essere qualcosa nel giradischi! Vediamo....". Ora i due uomini si gettarono letteralmente sul grammofono, nella speranza di non sbagliarsi. Philips ruotò la manopola di regolazione della verlocità di riproduzione  in tutte le posizioni, 78 giri, 45, 33 e infine LP. Non accadde nulla. "Forse bisogna far girare il piatto! - disse Tobias e muovendo il braccetto del grammofono verso l'esterno lo fece avviare ma non successe nulla. "Eppure deve essere qui, ne sono sicuro - esclamò Philips che non voleva arrendersi, qualsiasi fosse la posta in gioco, perchè comunque tutti e due speravano che da quell'apparecchio si attivasse un qualcosa capace di aprire un pannello segreto, un passaggio, qualcosa insomma. "Il piatto! - esclamò Tobias rivolto al figlio. Questi non se lo fece ripetere due volte e tolto il disco che c'era sopra, lo sollevò togliendolo. Sotto apparve la rotella di gomma che lo faceva girare, l'albero metallico a diverse sezioni per il cambio di velocità, i meccanismi per l'accensione e lo spegnimento e..... un anello posto in verticale. I due uomini si guardarono con espressione interrogativa e poi ad un cenno di Raphael, Tobias ci infilò un dito dentro e tirò. Nel silenzio totale del momento carico di tensione, si udì appena un leggero 'click' da un pannello di legno della parete a fianco. Un riquadro di legno, una sorta di porticina, delle dimensioni di circa 1 metro e mezzo per un metro, abilmente dissimulata nella parete, si era spostato, rivelando un'apertura. Lo spalancarono e dietro videro uno sportello blindato con una grossa maniglia e  una serratura. Avevano fatto un enorme passo in avanti ma non era abbastanza. "La chiave, accidenti - esclamò Philips con un moto di stizza. "Aspetta, ragioniamo - disse il padre - Daniel afferra di corsa quello che non vuole far trovare, lo nasconde nella cassaforte, chiude lo sportello e poi, la chiave, dove la mette? Perchè non ha molto tempo. Deve rimettere a posto subito il piatto del giradischi perchè non sa quanto resisterà la porta della stanza. Non ha tempo, ha la chiave in mano e deve decidere in fretta. Non l'aveva in tasca, perchè l'avevano perquisito. In tasca aveva, quelli". E si avvicinò al grosso tavolo dove un uomo di Dowson aveva poggiato gli oggetti ritrovati addosso a Stainer. Prese il portasigarette d'argento e lo esaminò sotto lo sguardo attento del figlio. All'esterno nessun segno degno di nota. All'interno solo 4 sigarette marca 'Turmac' ovali con il filtro dorato. La scatola di fiammiferi svedesi conteneva solo fiammiferi, il fazzoletto non diede alcun indizio ai due uomini che tornarono scoraggiati davanti al giradischi. "Deve essere qui, sono sicuro che ce l'abbiamo davanti agli occhi". Fra la cassaforte ed il radiogrammofono c'era una stretta vetrinetta ad un'anta,  alta circa 1 metro e mezzo, con tre ripiani vuoti, ed una colonnina con sopra un prezioso e colorato vaso di porcellana. Sopra il radiogrammofono un quadretto di circa 20X20 centimetri di lato, scuro e piuttosto polveroso che apparententemente raffigurava un paesaggio non individuabile. La vetrinetta era vuota, non c'era dubbio, il vaso era vuoto e sotto non c'era nascosto nulla. Non avevano più idee e l'alternativa era di chiamare Dowson e fargli buttare giù lo sportello assieme ai suoi uomini. Ciò che lo tratteneva da farlo, era il dubbio che se avessero trovato dietro a quello sportello blindato il tesoro che cercavano, gli uomini di Dowson avrebbero mantenuto la calma o avrebbero cercato di appropriarsene? Mentre erano lì davanti al grammofono e si guardavano intorno, muovevano il coperchio del mobile, guardavano fra i dischi, Raphael soprappensiero raddrizzò meglio il quadretto, osservavano sotto il mobile, cercavano un eventuale fessura.... "Fermo! - esclamò Tobias al figlio - Cosa hai fatto poco fa? Hai...... hai raddrizzato il quadretto!"."Si, ero soprappensiero e così.....". E subito staccò il quadretto dalla parete. Lo osservò attentamente, nulla. Lo passò al padre che lo guardò da tutte le parti. Niente. Non aveva fodera, quindi nessun nascondiglio. niente nella cornice, era solo un brutto quadro. Allora che ci faceva lì? La delusione era grande ma Tobias non ci stava. "Un quadro inutile, brutto, che non c'entra nulla con i trofei, perchè? Perchè........ Diavolo d'uomo! - esclamò e afferrò la testa del chiodo nella parete e lo estrasse apparentemente senza nessuno sforzo. Aveva notato che il foro nella parete era troppo largo per un normale chiodo ed ora eccola là, una chiave nella sua mano, con la testa limata e ridotta per sembrare un rampino con una testa doppia, per reggere un anonimo quadretto. Tobias emozionatissimo diede la chiave al figlio e gli disse di aprire. Raphael, fortemente agitato anche lui, si avvicinò allo sportello, consapevole che poteva accadere di tutto. La chiave poteva non essere quella giusta, poteva non funzionare, la cassaforte poteva essere veramente vuota, se Stainer aveva detto la verità. La chiave si inserì nella serratura senza sforzo e quando Philips iniziò a girarla, svolse egregiamente il suo compito in tre mandate. A quel punto, fatto un profondo respiro, aprì il pesante battente e osservò l'interno di quella che più che una cassaforte si rivelò una piccola camera in cui si intravedeva una lampada attaccata al soffitto. Raphael cercò a tentoni un interruttore dietro i bordi della porta e, quando lo trovò e lo attivò, i due uomini rimasero per un attimo senza fiato. Osservavano senza parlare quello che era ordinatamente conservato in quel piccolo ambiente. Era una stanzetta di circa 3x3 metri con un soffitto alto almeno 2 metri e mezzo. Lungo le pareti erano fissati tre piani di mensole equidistanti che correvano per tutto il perimetro del locale. Al suolo, sotto la mensola inferiore a sinistra erano accatastati almeno una quarantina di lingotti d'oro del peso apparente di 10 Kg l'uno. Sotto le altre mensole, c'erano al suolo dei sacchetti pieni di monete di oro e di argento. Sopra le mensole erano ordinati oggetti di valore, gioielli, calici, soprammobili in metalli preziosi e pietre. C'erano gli oggetti del tesoro dell'abbazia che Tobias riconobbe subito. Sulle mensole a destre c'erano grossi pacchi di banconote in valute di diversi Paesi per un valore certamente molto alto e poi....., sulla seconda mensola dal basso, della parete di fronte alla porta, li vide. Erano lì, poggiati sul loro massiccio vassoio, luccicanti, bellissimi, i 'suoi' favolosi calici. C'erano gioielli per terra, buttati così, alla rinfusa, di fretta. Si vedevano due fantastiche collane, una statuina, una corona, l'elsa di un'antica spada, tutti in oro e pietre preziose. Inoltre c'erano diverse monete e due bellissimi calici. Probabilmente erano gli oggetti che Daniel aveva cercato di nascondere in tutta fretta. Tobias entrò nella saletta appresso al figlio e senza indugio si portò di fronte a quei calici che tanta importanza avevano avuto nella sua vita. Li vedeva così belli, così splendenti che non aveva il coraggio di toccarli, come se prendendoli in mano avesse potuto spezzare un incantesimo, alterare una magia che apparentemente li permeava. Poi pensò che purtroppo la magia era stata già contaminata dalle mani di Stainer e di chissà chi altro. E li prese in mano tutti e due. Una scossa lo percorse. Sentì effettivamente che quegli oggetti gli trasmettevano qualcosa. Erano massicci, pesanti e bellissimi. Ebbe una visione rapida di scenari particolari, antica Roma, imperi,Crociate. Poi, passato il primo momento, seppure a malincuore, li rimise a posto ed assieme al figlio si guardò attorno meglio. Era una cosa che una persona normale può solo sognare. Il valore degli oggetti contenuti in quello spazio doveva essere incredibile, sia per i materiali preziosi di cui erano fatti, sia per la storia che c'era dietro. Chissà da dove veniva tutta quella roba, quante famiglie, quante persone erano state derubate, depredate o peggio, per raccogliere quella fortuna. Quel tesoro, quella fortuna non trasmetteva nessuna allegria, anzi, emanava una sensazione pesante, di dolore, di sofferenza. Tobias mandò il figlio a chiamare Dowson, raccomandandosi che venisse solo lui. Quando arrivò, era un po'preoccupato perchè Raphael non gli aveva detto nulla e lo aveva esclusivamente pregato di venire solo e di corsa. Tobias resistette alla tentazione di chiedergli come andava con Stainer. C'erano dei particolari che non voleva conoscere. Prima di tutto, chiese a Dowson se i suoi uomini erano fidati e quanto. Dopo che l'altro assicurò che rispondeva ciecamente di quelle persone che si erano dimostrate più che leali in molte occasioni, Tobias lo guidò all'ingresso della camera blindata e poi, dopo un attimo di esitazione aprì la porta. Dowson, che pure doveva aver visto in vita sua parecchi soldi e gioielli preziosissimi ebbe un sussulto nel vedere tutta quella roba. "Che mi venga..... Ma quelli non saranno mica i famosi calici di cui mi ha parlato? Ma allora, la roba dell'abbazia è qui!"."Si è qui e direi quasi tutta ma purtroppo ci sono anche molte altre cose, rubate e strappate a tanta gente per bene che, a sentire Samuel Roth, addirittura ha pagato con la vita per l'avidità di questi farabutti. Altro che innocente! Altro che 'ora ha messo la testa a posto e sono pentito'! Ma non sente l'energia che viene da questa roba? Si percepisce il dolore e la sofferenza". "Ha ragione per Giove. Non ho sentito nemmeno la tentazione di prendere in mano un lingotto d'oro e si, che vado matto per l'oro. Ma adesso abbiamo un altro problema. Daniel Stainer è un codardo ma per qualche motivo misterioso, si rifiuta di parlare con le buone. Il tempo stringe e se la notizia della nostra incursione va in giro, i nostri bersagli scappano e si eclissano e non li troviamo più. Dobbiamo accelerare. Devo sapere dove si nasconde Gustaf Shafer"."Prenda - gli disse Tobias porgendogli un lingotto del mucchio con un certo sforzo - Glielo sventoli sotto al naso, gli faccia vedere che non ha più nulla da difendere se non la sua miserabile vita e vedrà che si affloscerà come un pallone bucato!". Dowson così fece, magari fece anche qualcosa di più, e alla fine Stainer vuotò il sacco, rivelando tutto ciò che sapeva e sapeva tante cose. Tutti i prigionieri furono saldamente legati e rinchiusi nella camera blindata. Il tesoro era stato velocemente caricato su uno dei pescherecci. Non mancava una sola moneta. Portarono con loro Stainer con mani e piedi legati perchè poteva esser loro utile per ulteriori indicazioni circa il luogo verso il quale si dirigevano. E' vero che un sopralluogo era già stato fatto ma poteva essere sfuggita anche quì qualche cosa, come i cani sull'isola di Stainer. Erano diretti ad una delle ville in terraferma e dovevano stare molto attenti perchè non avevano più la protezione del buio della notte e perchè apparentemente la gente di quel sito appariva più determinata e pericolosa di quella messa insieme da Stainer. Gustaf Shafer, che viveva lì, aveva mantenuto infatti con sè un gruppo dei suoi diretti collaboratori. Uomini d'arme e senza tanti scrupoli. Quando arrivarono al punto stabilito, I due pescherecci accostarono alla riva in una zona coperta da una bassa scogliera. Dowson lasciò a bordo Tobias ed il figlio perchè ora non erano più utili e non dovevano correre rischi. Rimase a bordo anche Stainer, rinchiuso in una cabina. L'accordo era che, se le cose fossero andate male, dovevano andare via senza guardarsi indietro. I tre uomini che Dowson aveva lasciato a bordo, avrebbero provveduto a tutto ciò che era necessario per riportare tutti a casa. Dopo le ultime raccomandazioni ai suoi uomini ed al capitano del peschereccio, Dowson sbarcò e, superata la cresta della scogliera con i suoi uomini, scomparve. L'attesa fu snervante e andò ancora peggio quando si udirono nettamente raffiche di mitra e parecchi colpi isolati di fucile o di pistola. La sparatoria si protrasse per quasi cinque minuti poi si udirono distintamente tre forti boati e tutto tornò calmo. Non sapevano cosa pensare ma gli uomini lasciati da Dowson dissero che era tutto a posto. Dopo circa mezz'ora, durante la quale Tobias ed il figlio erano divenuti nervosissimi, ricomparvero gli uomini con Dowson in testa ma un paio erano portati in barelle di fortuna e altri quattro, evidentemente feriti, erano sostenuti dai compagni. Con loro, due persone, apparentemente uomini, con i polsi ammanettati dietro la schiena e dei cappucci neri calcati sulla testa, erano trascinati rudemente, sorretti per le braccia. Uno, molto magro e con indosso una tuta da ginnastica, l'altro, piuttosto corpulento, indossava un pigiama con sopra una vestaglia. Dai versi che emettevano si capiva che, sotto i cappucci, erano stati imbavagliati. Evidentemente Dowson non voleva correrre nessun rischio inutile. Due degli uomini portavano sulle spalle due grossi sacchi piuttosto pesanti. "Quello che mancava del tesoro dell'abbazia - disse Dowson passando. Salito sui gommoni che erano ad attenderlo sulla scogliera, il gruppo si imbarcò velocemente e poi venne dato l'ordine di allontanarsi più rapidamente possibile dalla costa per tornare alla loro base di partenza. I due uomini incappucciati furono condotti in tutta fretta sotto coperta, furono legate loro anche le caviglie e lasciati così com'erano, seduti per terra e sorvegliati. "E' lui, è l'uomo che cercavate? - chiese Tobias. "Si, e sono stato fortunato, c'era anche il suo aiutante - rispose Dowson con una strana espressione sul viso. "Ora, che succede? E gli altri?"."Ora lei ha ritrovato il suo tesoro ed io ho trovato il mio uomo. Basta, finisce qui. Non è la nostra guerra, le notizie che abbiamo, al massimo potremo passarle ad altri che svolgono la loro attività di ricerca ma per noi finisce qui. Arrivati a terra, lei, suo figlio e tre uomini fidati che vi assegnerò, con il tesoro riprenderete il vostro aereo e ve ne tornerete a casa, da dove, avvisato padre Valentin, concorderete per il rientro degli oggetti preziosi"."E voi?"."Io e i miei uomini, andremo in un posto dove i feriti saranno curati e dove risolverò gli affari in sospeso". Tobias capì che era meglio non indagare oltre. "E Stainer? - chiese Tobias. "Ah, già. Quel disgraziato. Decidete voi, in fondo era un vostro amico! - disse in tono scherzoso. E diede ordine ai suoi che lo portassero in coperta. Apparve molto provato, pallido, spaventato. L'elegante giacca da camera aveva una manica strappata ed alcune macchie scure. Il viso appariva piuttosto tumefatto in almeno tre punti, segno che non aveva parlato subito. Fu portato davanti a Dowson e Tobias che lo guardavano come si guarda uno scarafaggio. "Cosa mi volete fare, mi avete tolto tutto, cosa altro volete?"."Pensavamo di lasciarti libero, pensa un po'! - disse Dowson - Senza un soldo e con la voce che metteremo in giro appena a terra, ossia che hai venduto tutti i tuoi compari, non so che razza di vita potrai avere. Ti dovrai nascondere come un sorcio e senza nemmeno l'aiuto di quel povero imbecille di tuo fratello". "Maledetti, credete che io sia finito? Allora non mi conoscete, non conoscete Daniel Stainer. Io vi verrò a cercare e vi ammazzerò come cani! Tutti! Tutti quanti!". E così dicendo con tutta la rabbia che aveva in corpo, si gettò sull' uomo di guardia accanto a lui, prendendolo di sorpresa e riuscendo a strappargli il mitra dalle mani. Dowson, rapidissimo, prese la pistola che aveva nella cintura dei pantaloni e senza esitare gli scaricò addosso numeroso colpi che presero Stainer in pieno petto, scagliandolo all'indietro e facendolo cadere fuori bordo. Il corpo finì nella scia del peschereccio e poi scomparve. Era morto, non c'erano dubbio. "Problema risolto - disse semplicemente e freddamente Dowson riponendo la pistola nella cintura - Ora del tesoro e del resto potrete fare ciò che vorrete - disse a Tobias - Solo lui sapeva cosa c'era nella cassaforte". "No, mi dispiace. Non voglio nulla di quel tesoro, se non quello che apparteneva all'abbazia. Il resto andrebbe restituito a persone ormai scomparse"."Allora portate anche il resto dal vostro amico Valentin, come prete e come persona esperta del luogo, saprà cosa farne. Al massimo darà tutto in beneficienza"."Alla fine si accordarono che la valuta, ed era una cifra considerevole, sarebbe andata agli uomini del gruppo e a Dowson per ripagarlo delle spese della spedizione. Il resto sarebbe andato all'abbazia. Raggiunto un porticciolo ad un paio di miglia da Bahia Blanca, le cose si svolsero piuttosto in fretta. Per radio, prima dell'approdo, erano stati presi accordi per cui sul molo due camion aspettavano Tobias ed il suo gruppo, e una Jeep con tre furgoni, invece, il gruppo di Dowson. Al momento del commiato, Dowson consegnò a Tobias una borsa che conteneva le famose cartellette e la carta della zona, ossia tutto il materiale informativo che aveva reso possibile l'operazione. "Questa la lascio a lei. Sa bene cosa contiene. Ci sono nomi, luoghi, avvenimenti, tutto insomma. Come ho già detto non è la nostra guerra e noi abbiamo avuto ciò che volevamo. Però qualcuno forse, utilizzando queste informazioni, potra dare pace anche ai suoi fantasmi e sarebbe un peccato se andassero perdute". Intanto mentre parlavano gli uomini avevano caricato sui camion tutte le casse che contenevano il 'tesoro' recuperato. Erano stati costretti a suddividere gli oggetti in otto casse, non tanto per il volume ma per il peso. I lingotti da soli, pesavano 300 Kg! Una stretta di mano veloce e ognuno per la sua strada, secondo gli accordi.

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Capitolo 19 ter Calici Imperatore

Capitolo 19^

 Tornati a casa e raccontati i fatti a Helena, beh, non proprio tutti i fatti, Tobias ed il figlio ripresero la loro vita normale. Ora però c'era da organizzare il rientro del tesoro in Austria. Padre Valentin, subitamente avvisato dell'andamento delle cose, raccomandò però il massimo riserbo sull'operazione. In molti avrebbero dovuto fornire scomodi dettagli circa le circostanze del recupero e Tobias fu pienamente d'accordo. Fu organizzato da parte del sacerdote un trasporto eccezionale, a cura di appositi corrieri che poterono eseguire il trasporto eludendo i normali controlli. Prima però c'era una cosa sacrosanta che Tobias doveva fare. Non ci avrebbe rinunciato per nulla al mondo. Una sera, dopo una cena durante la quale era sembrato particolarmente ansioso, Tobias invitò il sergente nel suo studio e dette ordine a chiunque di non disturbare. Beker si chiedeva cosa avrebbero dovuto fare di così riservato. Rimase comunque sorpreso quando sulla scrivania di Tobias vide due delle prezione bottiglie della riserva speciale di Lukas Heder etichetta nera, stappate e pronte per il consumo. Poco distante, c'era qualcosa di relativamente voluminoso, coperto con un telo di mussola bianca che nascondeva alla vista ciò che stava sotto. Tobias era seduto alla scrivania con uno sguardo molto strano che il sergente non riusciva a decifrare. Capì che voleva brindare con lui per il successo dell'iniziativa. Si accomodò davanti alla scrivania e osservò i gesti dell'altro che lentamente, senza dire una parola, cominciò a scostare il piccolo telo bianco finchè non cominciò a intravedere ciò che poco prima era coperto. Beker, in un primo momento, sembrò non capire poi, come se si fosse chiuso un contatto nella sua mente, ebbe quasi un sobbalzo, rimanendo con lo sguardo fisso, magnetizzato da quei due oggetti particolari ora completamente scoperti ed in piena vista. Tobias lo guardava con uno strano sorriso, misto di simpatia e soddisfazione, di fronte all'arcobaleno di espressioni che si succedevano sul viso del sergente. "Non mi dire che questi sono... - disse il sergente indicandoli con un dito. "Sono proprio loro, e sono quì, concreti reali, davanti a noi, per esaudire un'antica promessa che ho fatto tanto tempo fa ad una persona che ha permesso tutto questo e che ora non c'è più, ma è come se in questo momento fosse quì assieme a noi". Infatti Tobias non aveva mai dimenticato che era stato proprio Lukas Helder a dare una svolta alla sua vita. "Un giorno aveva detto che il nostro vino sarebbe stato degno dei calici dell'imperatore ed ora noi facciamo che questa affermazione si avveri. E' come se il destino ci avesse portato a questo evento - poi dopo un breve silenzio - Ma solo noi due, noi due che eravamo lì e sappiamo di cosa stiamo parlando e che soli, possiamo  capire il peso e l'importanza di questo gesto". "Beker emozionatissimo seguiva ogni movimento di Tobias, emozionato a sua volta, che con mano sicura però stappò una delle bottiglie di quel vino speciale che aveva preparato e poi, con decisione e dopo aver fatto un bel respiro profondo, riempì i calici. Quindi, ostentando una sicurezza che però non aveva, afferrò uno dei calici e fece segno al sergente di prendere l'altro. Beker esitava, quasi che avesse paura che toccando quell'oggetto eccezionale lo potesse in qualche modo danneggiare o sminuire in qualche modo."Fatti coraggio sergente - gli disse Tobias che capiva bene quell'atteggiamento per esserci passato a anche lui - Non si danneggia mica. Pensa che è passato per le manacce di Stainer e dei suoi amici". "Beker si decise a prendere la coppa anche se con grande rispetto e disse: "Allora brindiamo!". Fecero toccare leggermente i bordi dei calici. Poi li sollevarono in alto e poi Tobias disse solennemente :"A Lukas Helder, ringraziandolo di tutto questo, dal più profondo del cuore". "A Lukas - ripetè il sergente. E poi tutti e due si portarono il calice alle labbra e bevvero il vino che conteneva. Tobias nel bere sentì la magia dei secoli, gli sembrò di percepire la presenza di figure importanti che erano lì ad osservare la scena, gli tornarono in mente tutti quei nomi altisonanti, che avevano stretto quella coppa in mano e a loro volta avevano bevuto come ora lui stava bevendo: Settimio Severo, Giulia Domna, Caracalla, Teodosio, gli imperatori di Oriente e tanti altri. Si sentiva come trasportato in una diversa dimensione, come sollevato e portato da quella sensazione magica e speciale. Finito di bere, rimase ancora un po' di tempo con gli occhi chiusi per cercare di prolungare il più possibile quei momenti. Mai avrebbero previsto di avere un'esperienza simile ma quegli oggetti erano indubbiamente dotati di una magia acquisita nei secoli della storia dell'uomo ed ora, seppure per brevi istanti, anche lui era entrato a far parte di quella storia. Alla fine riaprì gli occhi e abbassato il braccio che aveva usato per bere, rimase qualche istante ancora in contemplezione del calice. Poi, alzando lo sguardo, osservò il sergente, notando che anche lui era rimasto molto scosso da quell'esperienza. "E' stato fantastico, una cosa speciale. Non credevo che alla mia età e dopo averne passate tante, ancora qualcosa sarebbe riuscito a toccarmi in questo modo, così in profondità - Poi dopo aver osservato per un poco l'oggetto che aveva in mano, aggiunse - Chissà cosa avrebbe pagato il 'professore' per avere questa esperienza"."Si, il 'professore' che nelle trincee, in mezzo al fango, ci raccontava la storia dei Romani, dell'Impero e ci faceva sognare per qualche istante in mezzo a quel macello"."Si, il 'professore' e tanti, tanti altri - disse Beker che sembrò commuoversi. E raccogliendo gli antichi ricordi, fecero molti altri brindisi, non dimenticando i vecchi compagni, facendo onore sia al vino che ai calici. Per parecchio tempo Tobias non ebbe contatti con Dowson e d'altronde non ne cercò. Quell'ultima avventura era stata molto, troppo coinvolgente per lui e, se Raphael, per fortuna, non ne aveva riportato conseguenze, lui invece si era reso conto di essere stato di nuovo a contatto con la morte, il dolore, la violenza estrema e come al solito, ne era stato pesantemente provato. Avrebbe ricordato a lungo quel mese di luglio del 1959. Perciò, per completare la sua missione, decise di tornare personalmente all'abbazia di Klosteneuburg per ritrovare un po' di serenità fra quelle mura, con il suo amico padre Valentin. Aveva già preso in modo riservato accordi con lui per la restituzione del tesoro. Decise quindi di seguire la consegna personalmente, rifacendo quello stesso viaggio per mare che tanti anni prima aveva fatto in modo assolutamente avventuroso e anche molto incosciente con la moglie. Stavolta però la nave era un comodo e bellissimo transatlantico, il Trident, che offrì a lui e alla moglie che lo aveva voluto accompagnare, la possibilità di rivivere una serie incredibile di ricordi. Ora lui aveva 62 anni e Helena 60. Avevano vissuto fino a quel momento una bella vita, certo con momenti difficili ma anche con molte soddisfazioni. Il viaggio consentì a tutti e due di tornare a ritroso nella memoria, stringendo ancora di più, anche se non ce ne era nessun bisogno, il legame fra di loro. Con il tesoro,Tobias consegnò nelle mani di padre Valentin anche tutti i documenti raccolti sulla faccenda argentina. Questi disse di essere in contatto con persone che da anni cercavano i responsabili di vari crimini di guerra per assicurarli alla giustizia e per far pagare loro il male che avevano commesso. Così fu che fra il 1960 ed il 1962, furono catturati alcuni importanti criminali di guerra che erano riusciti in un primo momento a far perdere le loro tracce. Erano stati scovati in alcuni rifugi in Argentina. Forse fu per quello che uno di loro, che in seguito venne identificato dalle impronte come l'ex colonnello delle SS Gustaf Shafer, sentendosi braccato e non volendo ammettere di essere in trappola, aveva deciso di togliersi la vita, anche se aveva scelto un modo alquanto e insolito e plateale. Si era ucciso dandosi fuoco. Tornati in America, Tobias e la moglie, continuarono la loro vita serenamente, per molti anni. Il loro vino è sempre speciale e molto richiesto. L'etichetta con i due calici è conosciuta ed apprezzata tutt'ora dai migliori collezionisti di vini del mondo ed alle aste che si svolgono nei diversi paesi, sono sempre presenti dei pezzi della casa vinicola di Tobias. Alcuni collezionisti sarebbero disposti a pagare cifre favolose per una bottiglia di Lukas Helder etichetta nera ma Tobias che ne conservava ancora numerose, non le avrebbe cedute per nulla al mondo. Preferiva condividerle con le persone che gli erano più care nelle grandi occasioni. Solo così, riteneva, di rendere giustizia a quel particolare ricordo del passato.

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