I calici dell'imperatore di Avion946 (/viewuser.php?uid=144723)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
I calici dell'imperatore capitolo 1 secondo
NB: nel corso del racconto si farà
accenno a fatti che meriterebbero certo una trattazione più completa e adeguata
ma in questo caso ci si è limitati a descriverne solo alcuni che hanno direttamente
a che fare con la storia raccontata mentre per gli altri, che pure
rappresentano uno schema cronologico di riferimento, quasi l'ossatura che lega
assieme i fatti narrati, ci si è limitati ad una descrizione superficiale.
I calici dell'imperatore
Capitolo 1^
Tobias Mayer, nacque in Austria nel 1898 a Weidling,
all'epoca solo alcune case sparse nella campagna, nella zona chiamata
Klosterneuburg, a circa 20 chilometri a nordovest da Vienna, a ridosso della
riva occidentale del Danubio. Di famiglia contadina, terzo di quattro figli, mal
sopportava la sua modesta condizione. La vicinanza con Vienna ed i racconti
circa la vita che si conduceva in città, lo portavano a desiderare una
esistenza diversa, con migliori occasioni e con tante speranze. I due fratelli
maschi, Frank, il più grande e Hans, di un anno più grande di lui, invece, sembravano
aver ereditato dal padre l'attaccamento alla terra e all'agricoltura. La sorella
Julia, la più piccola, anche lei parlava sempre di sposare un bravo giovane e
di mettere su una bella famiglia, come la loro. Allo scoppio della prima guerra
mondiale, in parte per fuggire alla sua condizione, in parte infiammato dalla
intensa propaganda che parlava di onore, gloria e vittoria, mentendo circa la
sua vera età, nel luglio del 1914, Tobias si arruolò. In quel periodo l'esercito
austro-ungarico combatteva su due fronti. Mentre una gran parte delle forze
erano impegnate in Galizia per fronteggiare l'esercito russo, un altro
contingente aveva iniziato l'invasione della Serbia il 12 agosto del 1914. Dopo
un brevissimo periodo di addestramento, Tobias venne inviato assieme ai suoi
commilitoni sul fronte serbo. L'esercito serbo, non certo in grado di competere
con quello austro-ungarico, almeno sulla carta, oppose inaspettatamente una
resistenza estrema, tanto da far vacillare le certezze dei generali austriaci.
Fu così che Tobias, al fronte, prese contatto subito con la tremenda realtà che
lo attendeva. Conobbe presto l'orrore dei combattimenti, della trincea, del
campo di battaglia, con la crudeltà e la bestialità della battaglia all'ultimo
sangue. Dovette imparare ad usare bene ed in fretta il suo fucile Mannlicher
Gewehr M1895, un'arma calibro 8 mm, micidiale se opportunamente usata. Per sua
fortuna strinse presto amicizia con i suoi commilitoni, in particolare con un
ragazzo un po' più grande di lui, Lukas Heder che, da civile, si occupava con
tutta la sua famiglia di viticultura nella zona di Stokerau, a nord del Danubio.
Inoltre il suo plotone era affidato ad un anziano sottufficiale, il sergente
Beker, robusto come una quercia e di poche parole che, però, sapeva il fatto
suo e comandava gli uomini a lui affidati con severità ma anche con giustizia e
con equità. Dopo una serie di tremendi scontri, gli Austriaci riuscirono
finalmente a conquistare Belgrado non senza pagare un pesante tributo in vite
umane. Nell'ultima fase della battaglia Tobias fu costretto a vivere, per la
prima volta, la tremenda esperienza dell'assalto alla baionetta. Come tanti
altri suoi compagni, si chiese fino all'ultimo se sarebbe stato capace di
assalire con quel mezzo un altro essere umano. Un conto era sparargli a
distanza, esperienza di per sè già abbastanza terribile, un conto era infilzare
un nemico faccia a faccia con la tremenda alternativa dell'essere infilzato a
propria volta. Alla fine, nel momento della verità, dalla paura e dalla rabbia
scaturì una ferocia che trasformò tutti gli uomini in mostri sanguinari, dediti
solo a uccidersi nei modi più spietati e selvaggi, a volte infierendo sulle
vittime, senza più controllo. Durante quel macello Tobias si trovò a combattere
letteralmente per la sua vita a fianco del sergente Becker. Ognuno badava a sè
e all'altro. Quando Tobias, appena scartato un colpo di baionetta da parte di
un avversario, finì sulla traiettoria della lama vibrata da un gigante
dall'aspetto spietato, capì che per lui era finita. Non c'era più nulla da fare
ed egli sentì già la lama che gli entrava nel petto quando, invece, si sentì
spingere violentemente da una parte e udì un grido tremendo vicino a lui. Il
sergente era intervenuto appena in tempo per salvargli la vita e il gigante era
a terra in un lago di sangue. Non ci fu tempo per ringraziare o altro perchè la
battaglia non dava tregua. Tra le urla bestiali dei combattenti o dei feriti,
Tobias trovò più volte il modo di rendere al sergente il favore ma alla fine,
persero tutti il conto e la misura di quello che stava accadendo. E poi,
d'improvviso, calò il silenzio. Tutto era finito. Al termine del terribile
scontro, vinto dagli Austriaci, gli uomini superstiti, sfiniti, restarono per
un lungo tempo a guardare il campo di battaglia quasi increduli di essere stati
loro a generare quella carneficina, alcuni rifiutando quello che era stato e,
la maggioranza, accettando con fatalismo quello che erano diventati, sapendo che da quel giorno
avrebbero dovuto convivere con il ricordo di quel momento. Restarono là a contemplare
in silenzio quel massacro, con la mente vuota, per cercare di recuperare in
qualche modo un briciolo di umanità senza rischiare la follia. Furono
richiamati alla realtà dalle urla di un ufficiale e del sergente che,
conoscendo il fenomeno, li obbligarono a pensare ad altro assegnando loro dei
compiti faticosi, impegnativi e ingrati. E' un fatto che, dopo quel giorno,
comunque, non potevano più essere le stesse persone che avevano lasciato le
loro case all'inizio della guerra. Non sapevano che in seguito ne avrebbero
viste ben altre. La città di Belgrado venne pesantemente devastata dalla
battaglia. Tobias ed i suoi compagni alla fine dei combattimenti, trovarono
riparo fra le rovine di una vasta villa nei quartieri a sud della città. Per
rifugiarsi con maggior sicurezza, scesero nelle cantine rimaste intatte dopo i
bombardamenti. Lì trovarono un vero tesoro di bottiglie di vino, lasciate
certamente dai proprietari fuggiti davanti alla guerra. Ordinate nei loro
ripiani, c'erano migliaia di bottiglie di vino divise per annate, per tipo, per
gradazione e colore. Dopo un periodo in cui gli uomini rimasero in religioso
silenzio, colpiti da quell'immagine così particolare, e non riuscendo quasi a
credere ai loro occhi, rompendo gli indugi corsero a prendere ciò che gli
capitava sottomano e a bere di tutto, ringraziando la fortuna che li aveva
portati in quel posto incredibile. Era come se dopo le terribili esperienze
della battaglia, qualcuno li avesse voluti ricompensare con quel ritrovamento
straordinario. Ridevano, urlavano e tracannavano di tutto, spesso rompendo
semplicemente il collo delle bottiglie per risparmiare tempo. L'ufficiale che
era con loro non ebbe il coraggio di fermarli e li lasciò fare, seppure
mantenendo le distanze. Tobias fece per seguire il gruppo e buttarsi nella
mischia, quando si sentì invece trattenere per la giacca. Voltatosi di scatto
si accorse che era stato il suo amico Lukas, con una strana luce negli occhi
che lo aveva trattenuto in modo così brusco. "Lasciami, che fai?" -
gli chiese scrollando il braccio nel tentativo di liberarsi. "Sta fermo -
gli disse invece l'altro - fidati di me, abbiamo la possibilità di fare una
cosa che forse non potremo fare mai più. Non permettiamo alla guerra di
rovinarci questo momento". Tobias, molto tentato di unirsi agli altri, con
la paura infondata che si scolassero tutte le bottiglie senza di lui, notando
lo strano sguardo negli occhi del suo amico, decise di fidarsi. Lukas guidò il suo compagno, a fare una sorta di
giro fra gli scaffali ignorando un intero reparto di bottiglie di champagne che,
secondo il suo punto di vista, almeno lì dentro, erano ciò che valeva di meno.
Prese un vecchio cesto che trovò a terra
e iniziò a prelevare delle bottiglie particolari via via che le trovava negli
scaffali, dicendo che gli avrebbe fatto assaggiare qualcosa di speciale. Quando ne recuperate una decina, si sedettero
su due casse in fondo alla cantina, dove c'era un pò più di tranquillità.
Usarono una terza cassa come tavolino. Lukas aprì con attenzione la prima
bottiglia e ne versò nel gavettino di Tobias che cominciava ad essere un poco
impaziente, una generosa dose. "Ecco, ora bevi questo e dimmi cosa ne
pensi, dimmi se non valeva la pena di aspettare". L'altro bevve a lunghi
sorsi quel liquido rosso che gli scese con grande facilità in gola. Il sapore
lo sorprese, effettivamente. Dapprima piacevolmente dolce e poi speziato con
sentore di frutta e fiori, tutto in successione e solo infine si avvertiva che
era anche piuttosto forte. Un ottimo vino rosso. "Allora, che ne
dici?"."Eccezionale, dammene ancora!"."Eh no, ubriacone!
Hai appena assaggiato un vino serbo leggendario, il Tamianka rosso. Ora bevi
quello bianco e dimmi cosa ne pensi." E prese a stappare un'altra
bottiglia di quelle selezionate mentre Tobias porgeva impaziente il suo
gavettino. Anche questo, riempito, fu presto vuotato, lasciando di nuovo una
miriade di sensazioni sul palato del ragazzo. E poi un altro assaggio, e poi un
altro ancora. Incredibile. Provò il Prokovac, un rosso chiaro eccezionale,
l'incredibile Smoderewka, dal particolare colore verde giallo, dal sapore
soave, il formidabile Kadarka, bianco aromatico, forse fra tutti il migliore.
Lukas gli fece assaggiare con competenza tutti i migliori vini della Serbia
presenti in quella cantina. Accompagnarono gli assaggi con del pane, forse un
poco raffermo e le fette di una salama che avevano trovato appesa su un lato
della cantina accanto ad altri salumi. Alla fine Tobias ebbe, almeno per un
po', la sensazione di trovarsi con il suo amico in qualche cantina del suo
villaggio, mentre beveva del vino e parlava del più e del meno. Non sentiva più
i rumori della guerra, gli schiamazzi dei suoi commilitoni, ormai quasi tutti
piuttosto ubriachi, dimenticò la sua uniforme strappata e sporca di fango e del
sangue di chissà chi, e cercò di far durare quella sensazione il più a lungo
possibile. Immaginò quella villa come doveva essere stata in tempo di pace,
provò a pensare ai proprietari, a una festa per la quale scegliere le bottiglie che aveva preso Lukas. Fu
proprio il suo amico che lo richiamò alla realtà. "Hai assaggiato i
migliori vini prodotti in Serbia e ti assicuro che erano anche di ottimi
produttori. Un vino come questo deve essere rispettato, non bevuto come hanno
fatto loro" - e indicò col pollice i loro commilitoni che ancora stavano
scolandosi tutto quello che gli capitava sottomano - "Questo, è il
risultato del lavoro attento e faticoso di persone che hanno dedicato pazienza,
energia e cura, spesso per anni. Per raggiungere questi risultati e questi
livelli ci sono voluti esperienza e impegno. Io lo so bene perchè mio padre e
mio nonno prima di lui ci hanno dedicato tutta la vita a selezionare vitigni, a
tentare nuovi innesti, a cercare sempre una qualità
superiore"."Lukas, hai ragione e ti ringrazio per questa esperienza
fantastica, ma noi facciamo una vita assurda ed terribile e sai bene che
nessuno di noi è sicuro di arrivare vivo al giorno seguente. Quanti compagni
abbiamo visto morire. Li puoi biasimare se hanno cercato di scordare almeno per
un po' dove si trovano e cosa stanno facendo? Qualsiasi cosa per dimenticare
questa tragedia che stiamo vivendo". L'episodio della cantina fu presto
dimenticato perchè l'esercito serbo, non potendo accettare di aver lasciato la
città nelle mani del nemico, impegnò gli Austriaci in pesanti combattimenti e
alla fine, il 15/12/1914, la città fu perduta. Una serie di aspri combattimenti
riportò la situazione a quella prebellica. Era stato tutto inutile. Ma
l'esercito austriaco aveva sofferto la perdita di 227.000 uomini e una ingente
quantità di materiale bellico era finito nelle mani dei Serbi che da parte loro
avevano perduto 170.000 soldati e in più circa 150.000 civili per una epidemia
di febbre tifoide che era esplosa nel corso della guerra. Tobias però non aveva
dimenticato l'esperienza della cantina e aveva capito che il suo compagno era
veramente competente. Di norma l'agricoltura non lo aveva mai affascinato ma
quell'esperienza lo aveva molto interessato. Aveva cominciato a interrogare Lukas
circa i processi, le tecniche ed i metodi. Lukas era un po' sorpreso
dell'ignoranza del suo compagno in merito a quella questione, specialmente
visto che la tradizione vinicola era proprio della sua zona d'origine e tenendo
presente che la prima scuola di enologia era stata fondata proprio a
Klosterneuburg nel 1860. Quello era diventato l'argomento di conversazione
preferito per loro. Nelle pause dei tremendi combattimenti, cercando di pensare
a qualcosa di bello e di diverso e alle cose della casa lontana. Lukas illustrò
a Tobias tutti i segreti della coltivazione della vite, gli raccontò della
storia dei diversi vitigni, delle loro caratteristiche, dei metodi di
vinificazione per ogni diverso vino. Gli parlava del vitigno Gruner Veltriner
che dava un vino giovane, bianco, dal sapore speziato che si beveva non
invecchiato. Gli parlava del Riesling Sylvaner, chiamato anche Muller Turgau,
che dava un vino fresco, con leggero gusto di noce moscata, che si beve
l'estate. E poi, i rossi. Il Blaufrankish, forte e asciutto o del
Beerenauslese, dolce e saporito. Durante quelle interminabili conversazioni,
progettarono di mettersi in società alla fine della guerra e di produrre in
breve tempo il miglior vino di tutta l'Austria. I compagni, a forza di sentirli
parlare sempre dello stesso argomento, li avevano soprannominati 'i gemelli del
vino'. Una volta, durante una pausa nei combattimenti, Lukas disse che il loro
vino sarebbe stato talmente buono da meritare di essere bevuto nei 'calici
dell'imperatore'. Tobias non capì subito di cosa stesse parlando il suo
commilitone. Pensò che il loro vino sarebbe stato degno della mensa
dell'imperatore Francesco Giuseppe. Solo in un secondo momento apprese che il
suo amico si riferiva invece ad una antichissima leggenda che si raccontava nel
suo paese. Lukas gliela accennò per sommi capi ma alla fine fu un loro
commilitone, che chiamavano il 'professore', che raccontò, con dovizia di
particolari, tutta la storia o, almeno, la parte che se ne conosceva. Il
'professore', nella vita civile, era effettivamente un insegnante di storia e
filosofia al ginnasio. Era uno spilungone goffo e impacciato, con un paio di
occhiali con lenti molto spesse, aveva 41 anni e l'andamento della guerra lo
aveva strappato alla sua casa, alla sua famiglia e al suo lavoro. Forse per
questo era sempre triste e silenzioso. Solo quando aveva occasione di parlare
con qualcuno della sua materia, si riprendeva e quasi si entusiasmava
nell'esporre i fatti, come se, invece di trovarsi in una trincea in mezzo al
fango e con uomini come lui, infreddoliti e spesso malnutriti, si fosse trovato
ancora nella sua aula davanti a i suoi studenti. D'altronde anche i suoi
commilitoni, nella trincea che si trovavano a condividere, gradivano spesso
ascoltare delle storie che potevano far galoppare la loro fantasia ben lontano
dai luoghi nei quali si trovavano, illudendoli di essere, almeno per pochi
momenti, ben lontani da lì. Molti di loro erano nelle stesse condizioni del
'professore'. Un'età non proprio adatta a fare il soldato, chi troppo giovane e
chi troppo maturo, vestendo la divisa ma con la mente ancora troppo ancorata
alla vita civile che avevano dovuto lasciare a causa del non buon andamento
degli eventi bellici. Così una sera, approfittando del fatto che i cannoni
tacevano dopo un bombardamento intenso, che era durato tutto il giorno, si
trovarono attorno ad un modesto focherello sul fondo di una trincea il
Professore, Tobias, Lukas e pochi altri. Il professore, consumata assieme altri
la scarsa cena, seduto su una cassa vuota di munizioni, con la punta della
baionetta tracciava dei segni sul pavimento della trincea mentre gli altri
stavano molto attenti ad ascoltarlo. "La prima cosa che vorrei dire è che
i calici dell'imperatore esistono o almeno sono esistiti veramente. Anche se
ora in realtà nessuno sa che fine abbiano fatto, almeno fino al 390 d.C. ci sono chiare testimonianze circa la loro
esistenza e la loro collocazione. L'altra cosa importante è che, malgrado la
loro storia sia legata essenzialmente all'Impero Romano, essi sono stati realizzati proprio in
Austria, in un posto vicino a Vienna. Ma ora veniamo ai fatti. Verso la fine
del II^ secolo d.C, l'Impero Romano, per garantire le sue frontiere
settentrionali, aveva conquistato tutto il territorio a sud del Danubio. Tutta
questa zona - e indicava il disegno che andava via via tracciando al suolo e che
avrebbe dovuto corrispondere grossomodo alla forma dell'Austria - venne divisa
essenzialmente in tre aree chiamate Raetia a ovest, l'odierna Baviera, una
centrale, chiamata Noricum ed una orientale, più piccola, chiamata Pannonia. Al
centro della Raetia sorgeva un grande accampamento fortificato romano chiamato
Castra Regina che oggi corrisponde alla città di Ratisbona. Nel Noricum c'erano
due principali insediamenti romani chiamati Lauricum, l'odierna Enns, che si
trovava a nord e nel centro, Iuvavum, l'odierna Salisburgo. In Pannonia,
invece, c'erano, nella parte nord-orientale, due insediamenti, uno, il più
importante, Carnuntum e l'altro, Vindobona, l'attuale Vienna, frequentato
specialmente per la sua vicinanza alle terme romane di Baden, poste a circa 20
chilometri a sud. In realtà era Carnuntum il più importante centro della vita
sociale in tutta la zona, in parte per
la vicinanza con le terme, le Romentherme Baden, frequentate dalle persone più
in vista del posto e in parte per il ricco commercio che vi si svolgeva. In
particolar modo la località si trovava proprio sulla maggiore via di passaggio
dell'ambra che proveniva dai paesi del baltico. Per questo nella cittadella si
trovarono a vivere delle importanti famiglie di amministratori dell'impero di
alto grado e di ricchissimi commercianti. Nel 190 d.C., l'imperatore romano
Commodo nominò governatore della Pannonia, Settimio Severo che, per svolgere il
suo incarico, si trasferì appunto a Carnuntum con la sua bella moglie, una
donna siriana, di nome Giulia Domna e i due figli Caracalla e Geta. Il
31/12/192 d.C. l'imperatore Commodo venne assassinato in seguito ad una
congiura ordita dai senatori con la complicità della sua concubina Marcia. Essi
elessero subito come successore il console Publio Elvio Pertinace che era anche
prefetto della guardia pretoriana. Fu proprio quest'ultima, invece, delusa dal
comportamento di Pertinace a ribellarsi ed ad ucciderlo dopo brevissimo tempo. Giunta
la notizia di questo tragico evento a Carnuntum, le truppe fedeli a Settimio Severo
lo elessero imperatore. Questi accettò, se non altro per cercare di riportare
l'ordine nell'Impero. Le famiglie più in vista che egli aveva frequentato nel
corso del suo mandato di governatore, vollero rendere omaggio al nuovo
imperatore, con regali importanti. Una, in particolare quella di Oreste
Albinio, che aveva costruito una fortuna sul commercio dell'ambra e che aveva
sempre avuto ottimi rapporti col novello imperatore, presentò un dono
costituito da un largo vassoio in oro 24 carati, come era l'oro degli antichi
Romani, tutto cesellato con fantastiche incisioni e da due calici con la coppa
in ambra finissima, con i bordi, gli steli e le ampie basi circolari, in oro
tempestato di perle, smeraldi e rubini. Un dono bellissimo e veramente prezioso
che Settimio Severo apprezzò moltissimo e dal quale non si separò mai". Il
racconto del professore quella sera terminò bruscamente con le urla del
sergente Beker che arrivò come un forsennato, disperdendo i tizzoni del fuoco a
calci. Urlava, chiedendo se erano pazzi ad accendere un fuoco, indicando la
loro posizione al nemico. Pensavano che non ne fossero morti abbastanza, di
bravi ragazzi? Vergognosi, gli uomini si alzarono e si allontanarono ammettendo
che il sergente aveva ragione. Ma il fatto era che quel racconto per un po' era
servito a farli sentire altrove, al sicuro, magari all'osteria del loro paese. Così
gli uomini che avevano ascoltato la storia del Professore, cercarono di dormire
un poco, portando ancora nelle loro menti le immagini di ricche famiglie
romane, calici di ambra, terme lussuose e intrighi di palazzo. Intanto il piano
di Tobias e Lukas, continuava a svilupparsi e a prendere forma sempre più
concreta. Arrivarono persino a disegnare le etichette che avrebbero applicato
sulle bottiglie dei loro primi prodotti. Purtroppo il tempo trascorreva veloce
mentre la guerra consumava migliaia e migliaia di vite. In quel periodo, con
grande apprensione, egli ricevette una lettera del padre nella quale questi gli
comunicava che anche i suoi due fratelli Frank e Hans erano stati arruolati ed
ora, dopo un brevissimo addestramento erano stati mandati al fronte. Tobias si
preoccupò moltissimo per questa notizia. Sapeva infatti che in battaglia i 'novellini'
erano quelli che rischiavano di più a causa della loro scarsissima esperienza.
Era molto dispiaciuto che ora, anche essi, sarebbero stati esposti alle
atrocità della guerra e si augurò in cuor suo che almeno gli capitasse qualche
superiore che tenesse conto della loro
scarsa esperienza evitando di esporre, nei limiti del possibile la loro unità a
rischi estremi. Alla fine di giugno del 1916, la sua compagnia venne inserita
nella 2^ armata del generale Fritz von Below e si trovarono a partecipare alla
difesa della Somme. Gli alleati avevano deciso di sferrare in quella zona un
attacco nel tentativo di alleggerire la pressione del nemico sulla città di
Verdun. Così il primo luglio iniziò un bombardamento sistematico delle linee
austriache che durò per nove giorni. Per fortuna di Tobias e del suo reparto, l'esercito
austriaco, avuto sentore degli eventi, si era preparato per tempo approntando
dei sicuri ricoveri dove attendere la fine dei bombardamenti. Alla fine di
questi, la fanteria inglese andò all'attacco trovandosi davanti un nemico forte
e determinato. Le linee, per quanto sconvolte da quella tempesta di fuoco,
avevano tenuto e gli Austriaci, al primo sentore dell'attacco vero e proprio
della fanteria britannica uscirono dai ripari. In particolare vennero
immediatamente messe in posizione le micidiali mitragliatrici Schwarzlose mod
1907/12 da 8 mm che, con la loro potenza di fuoco, falciavano letteralmente il
nemico che avanzava, secondo i tradizionali e antiquati schemi, a ranghi
compatti. I nastri delle armi che contenevano 250 cartucce, venivano terminati in
pochissimo tempo e i serventi dovevano sostituirli di continuo mentre le canne,
seppure raffreddate ad acqua, diventavano talmente roventi, da costringere gli addetti ad avvolgerle in stracci bagnati
per aumentarne il raffreddamento. Tobias, che come gli altri, sparava con la
sua arma, da un riparo, era contento di non essere un mitragliere per non dover
effettuare quella strage e anche perchè , dopo un momento di naturale sbandamento,
i Britannici cercarono in tutti i modi di mettere a tacere le
mitragliatrici con intense salve di
mortaio, seppure con scarsi risultati. In una sola giornata di battaglia, gli
alleati persero 20.000 uomini e altrettanti ne rimasero feriti. Gli attacchi
successivi non andarono per loro molto meglio. Poi con l'avanzare dell'autunno
e delle piogge, le azioni rallentarono perchè tutto era diventato un fangoso
acquitrino e muoversi in quell'inferno, era estrtemamente faticoso. Alla fine
di settembre, gli alleati, pur di ottenere un seppur minimo risultato, decisero
di gettare nella battaglia i loro primi carri armati. Erano in tutto 40 unità,
non collaudate adeguatamente, nè adeguatamente preparate meccanicamente.
All'inizio, riuscirono a mettere i fuga le truppe tedesche, con il tiro
micidiale delle loro mitragliatrici, invulnerabili al fuoco delle armi
portatili. Poi, purtroppo, iniziarono a guastarsi o ad impantanarsi. Solo sei
riuscirono a tornare indenni nelle loro linee. A metà di dicembre del 1916 arrivò
la notizia della morte dell'imperatore Francesco Giuseppe. Fra gli uomini si
sparse un clima di forte incertezza e qualcuno arrivò perfino a sperare che gli
eventi potessero evolvere in fretta verso una condizione di pace. Chi sarebbe
stato il successore e cosa sarebbe accaduto adesso? Effettivamente il
successore, il pronipote Karl Franz d'Asburgo Lorena D'Este che assunse il nome
di Carlo 1°, decisamente contrario per principio alla guerra, provò a saggiare
il terreno per un tentativo di conciliazione ma le condizioni poste da lui
stesso, impedirono di trovare un qualsivoglia accordo con i nemici e quindi la
guerra continuò. L'imperatore comunque cercò di opporsi all'uso di armi estreme
in battaglia quali ad esempio i gas, di qualsiasi genere fossero, e i
lanciafiamme. Nel settembre del 1918 ormai Tobias ed il suo amico ne avevano
viste e passate di tutti i colori. Inoltre non riceveva da un pezzo più notizie
della famiglia, come d'altronde tutti gli altri, e non aveva idea di cosa fosse
accaduto ai suoi due fratelli. Certamente, sia lui che il suo amico, non erano
più quei due ragazzi spensierati, partiti 4 anni prima da casa. L'esercito
austriaco era uscito dissanguato dai combattimenti. I feriti, data la carenza
di uomini, venivano mandati nelle retrovie e poi, appena possibile, rattoppati
alla meglio, venivano rispediti al fronte. Alcuni uomini non ce la facevano più
e si erano veduti diversi casi di autolesionismo molti dei quali puniti perfino
con la fucilazione. A volte, per i soldati, non era più chiaro chi fosse il
vero nemico. Per fortuna di Tobias e dei sui colleghi, c'era sempre il sergente
Beker che, pur con tutta la sua severità, riusciva sempre a trovare una via per
alleggerire le situazioni, sia dal punto di vista bellico, sia limitando spesso
delle iniziative degli ufficiali che a volte perdevano di vista la reale
situazione. Poi a metà del mese, le truppe statunitensi, entrate in guerra al
comando del generale John Pershing, inflissero agli austriaci una pesante
sconfitta a Sant Mihiel. Ad ottobre un altro durissimo colpo venne inferto
nell'offensiva della Mosa-Argonne dalle truppe franco-statunitensi. Alla fine
del mese le truppe riunite dei Britannici, Francesi e Belgi attaccarono il
fronte di Ypres sfondando la linea di difesa Hindemburg, costringendo il nemico
ad una frettolosa e disastrosa ritirata. L'unità di Tobias, forse perchè era
una delle poche formate da veterani esperti, rimase efficiente e in grado di
combattere. Fu utilizzata senza pietà e senza risparmio per tentare di arginare
l'avanzata inevitabile degli avversari. Una sera, con il morale a pezzi, Tobias,
desideroso di sentire qualcosa di diverso e che non riguardasse la situazione
terribile e drammatica che stavano vivendo, chiese ad un esausto 'professore',
pesantemente invecchiato, che ne era stato di quei famosi 'calici
dell'imperatore'. Il 'professore' sembrò riprendere vita. Si aggiustò meglio
sul naso i suoi occhiali rotti in due punti e tenuti assieme alla meglio da
mezzi di fortuna. Gli uomini attorno a lui si accostarono e si fecero attenti
alle sue parole. Qualsiasi cosa per lasciarsi trasportare via, almeno per un
pò, da quell'inferno. Dopo qualche istante, forse per raccogliere le idee,
forse per porsi mentalmente lontano da quel massacro che stavano vivendo, il
Professore iniziò a raccontare: "Quando Settimio Severo ebbe
opportunamente organizzato le cose in Pannonia, decise di tornare a Roma, per
prima cosa per vendicare la morte di Pertinace e anche per perfezionare e
rendere più sicura la sua nomina ad imperatore. La sera prima della partenza,
nel dicembre del 193, organizzò un grande ricevimento per salutare tutte le
famiglie amiche, durante la quale usò per il brindisi finale i calici che gli
erano stati regalati". "E poi cosa successe?" - chiese uno degli
uomini, quasi preoccupato che il racconto fosse già terminato. "Successe
che il nuovo imperatore, con tutto il suo bagaglio, compresi i famosi calici,
partì alla volta di Roma senza perdere tempo e fece bene perchè il senato aveva
già deciso di opporgli uno di loro, Didio Giuliano. Come se non bastasse, le
legioni della Siria avevano proclamato imperatore un loro generale, Pescennio
Nigro e invece quelle della Britannia avevano eletto Clodio Albino. Settimio
Severo, giunto a Roma, per prima cosa consolidò la sua posizione, togliendo
autorità al senato e poi si apprestò a combattere contro gli altri
pretendenti". "Ma c'è stato mai un momento in cui gli uomini non si
siano combattuti fra loro?" - chiese con voce disperata uno degli
ascoltatori di età più avanzata, di certo esausto per la vita che stavano
conducendo e per le pesanti conclusioni a cui era arrivato forse prima dei
commilitoni più giovani. "Beh, - riprese il 'professore' - effettivamente
la guerra durò dal 194 al 197. Alla fine però Settimio Severo aveva riunito
l'impero. Aveva anche consolidato il suo potere condannando a morte 29 senatori
a lui ostili. Da quel momento, grazie ad alcune iniziative opportune, quali
quella di concedere particolari favori all'esercito, oppure togliere autorità
al senato, il suo regno proseguì abbastanza tranquillo per diversi anni. Nel
203, in corrispondenza del decennale del suo regno, volle tornare con tutta la
famiglia nella sua città di origine, Leptis Magna nella zona della
Tripolitania, a circa 130 Km a ovest di Tripoli. Oggi è solo un paese di
pescatori ma all'epoca era una fiorente città che, sotto il controllo dei
Romani, aveva raggiunto un notevole livello di sviluppo. In realtà il viaggio
dell'Imperatore non fu proprio un viaggio di piacere o legato alla nostalgia
dei luoghi della sua infanzia. Gli erano giunte infatti delle preoccupanti
notizie relative alla scarsa affidabilità delle autorità locali, quindi aveva
voluto controllare di persona quale era la situazione politica e militare del
luogo. Preso atto con una certa preoccupazione, che effettivamente le voci
erano fondate e che era intervenuto appena in tempo, effettuò molti cambiamenti
nell'amministrazione della città e colse l'occasione per affidare le cariche
più importanti a membri della sua famiglia o di quella della moglie. La città
comunque tributò all'imperatore ed al suo seguito grandi onori. Venne perfino
eretto in suo onore un arco di trionfo, rivestito in marmo travertino, con quattro
alte colonne che sostenevano un ampio soffitto a volta. Il monumento è ancora
presente, quasi intatto. Sulle superfici delle colonne appaiono dei pannelli
scolpiti che raffigurano le virtù e le imprese di Settimio Severo. Però il
pannello più importante, per quello che riguarda i calici, è situato sul lato
interno di una delle colonne. Infatti c'è raffigurata tutta la famiglia
dell'imperatore. I due genitori, Settimio Severo e la moglie Giulia Domna,
tengono ognuno per mano uno dei due figli, Caracalla e Geta, e con l'altra mano
tengono alto un calice per brindare. Certamente sono i due famosi calici".
"E poi che accadde all'Imperatore?"- chiese un altro degli uomini.
"Beh, tornò a Roma e lì, governando con saggezza e accortezza, andò avanti
per parecchi anni. Furono anni discreti per l'Impero. Purtroppo così non si può
dire per i Cristiani che sotto il suo governo furono perseguitati. Non che
l'Imperatore avesse dato ordine di farlo ma semplicemente non lo proibì. La
conseguenza fu che, per motivi politici ed economici, molti furono
uccisi". "Almeno lui riuscì a morire nel suo letto?" - chiese un
altro soldato. "Purtroppo no. Anche se nell'Impero le cose andavano
abbastanza bene, per ciò che riguardava la politica interna, ai confini la
situazione era sempre critica per l'atteggiamento delle tribù locali che mal
sopportavano il controllo dei Romani. Così nel 211 Settimio Severo, partì per
una campagna di repressione contro le tribù britanniche che avevano creato alle
truppe di confine non pochi fastidi. Purtroppo, però durante il viaggio si
ammalò e, giunto a Eburakum, l'attuale York, morì. Le sue ceneri vennero riportate
a Roma e sepolte nella tomba degli Antonini. Per non creare particolari
conflitti fra i suo figli, l'Imperatore aveva lasciato scritto che essi
avrebbero regnato insieme. Naturalmente Caracalla, primogenito, non accettò di
buon grado di dividere il trono con il fratello Geta. Cosicchè dopo pochissimo
tempo dalla nomina, lo fece uccidere. La loro madre, Giulia Domna, condannò il
gesto del figlio e prese le distanze da lui, negandogli la maggior parte del
tesoro personale del marito. Caracalla proseguì con una spietata politica di
repressione nei confronti di tutti coloro che erano sospettati di aver
parteggiato per Geta. Toccò in questa repressione dei livelli di ferocia così
estremi che la madre, considerato il rischio di una rivolta, si schierò
apertamente dalla sua parte e riuscì, con la sua abilità, a ricondurre il
figlio ad una condotta più accettabile. Per dimostrargli la sua benevolenza,
Giulia Domna donò al figlio gran parte dei tesori del marito che essa aveva
trattenuto per sè. Naturalmente nella cessione erano compresi i due famosi
calici. Caracalla per gratitudine, ma anche per calcolo, conoscendo la sua
abilità dimostrata in anni di discreta collaborazione con il marito, le affidò
la direzione della cancelleria imperiale con l'impegno, sempre onorato, di
controfirmare senza commenti tutto ciò che essa avesse deciso. Fu una saggia
decisione perchè lei fu in grado di appianare quasi sempre i guasti provocati
dall'ombroso carattere del figlio. Per sovvenzionare le sue grandiose
iniziative, l'Imperatore gravò di tasse pesantissime sia le famiglie dei
senatori che quelle più ricche dell'Impero". "Finalmente qualcuno che
fa pagare le tasse ai ricchi!" - intervenne uno dei soldati, suscitando un
coro di risate da parte dei compagni. Il 'professore' attese pazientemente che
il clamore si calmasse, come si trovasse nella sua classe, dopo uno scherzo di
uno dei suoi alunni. "Si, hai ragione - riprese - ma non fu davvero una
felice iniziativa. Anche se non è giusto, la storia insegna che non bisogna mai
inimicarsi i potenti. Da quel momento il senato attese solo un passo falso di
Caracalla. Ed egli ne fece parecchi. Per aumentare il gettito delle tasse,
stabilì con la costituzione Antoniniana del 212, che tutti gli uomini liberi
dell'Impero potessero essere ritenuti cittadini a tutti gli effetti, romani e
barbari. Questo segnò per sempre la fine della supremazia romana e causò un
tremendo astio da parte di coloro che nel passato per quella supremazia,
avevano lottato, sofferto e a volte sacrificato tutto. Verso la fine del
medesimo anno, con un imponente esercito, si recò in Rezia, allo scopo di 'punire'
la tribù degli Alemanni. I risultati di questa campagna non furono mai chiari.
L'Imperatore affermò di aver schiacciato i ribelli. Questi ultimi affermavano
di avergli inflitto una sonora sconfitta. Sta di fatto che Caracalla, invece di
tornare subito a Roma, decise di spostare la sua attenzione sui territori ad
oriente, conquistando in diversi modi, nuove colonie. Dove poteva, sconfiggeva
i nemici con le armi, altre volte con accordi, più spesso con l'inganno. Conquistò
la Mesopotamia, l'Armenia, Antiochia". Gli uomini in ascolto si sentirono
affascinati dal nome di quelle antiche lontane terre, anche se molti di loro
non avevano la più pallida idea di dove fossero. "In Egitto, ad
Alessandria, sentì circolare delle allusioni circa la possibilità di rapporti
incestuosi con sua madre, Immediatamente ordinò che la città fosse messa al
sacco dai suoi soldati e che tutti gli abitanti fossero passati per le armi.
L'eccidio e il saccheggio durarono per tre giorni, prima che l'Imperatore si
dichiarasse soddisfatto dalla punizione. Però, per estremo sfregio, fece alzare
un muro che divise la città in due parti con il divieto assoluto, pena la
morte, per chiunque, di comunicare. Poi, per svernare, nel 217, Caracalla tornò
a Edessa in Mesopotamia. Ormai la misura era colma. Il senato trovò il suo
sicario nella persona di un ufficiale della guardia imperiale, un certo
Marziale, al quale l'Imperatore aveva ingiustamente rifiutato una meritata
promozione. Nell'aprile del 217, durante una cerimonia religiosa, l'Imperatore
fu assassinato. Marziale, purtroppo per lui, venne naturalmente ucciso a sua
volta, prima che potesse in qualche modo, tradire i membri della congiura. Giulia
Domna che si trovava in Antiochia, immediatamente informata degli eventi, non
si riprese più dal dolore e semplicemente si lascò morire".
"Professore - intervenne uno degli ascoltatori - ci hai parlato di guerra,
di assassini, di morti, ma la storia che insegni è fatta solo di queste
cose?". "Per la maggior parte, si - rispose questi, - Non possiamo
negare però che sotto alcuni aspetti i conflitti sono stati determinanti nella
storia degli uomini. Le guerre, alla fine, portano la pace, si stabiliscono
nuove alleanze, territori cambiano nome. Perfino il progresso è stimolato dalle
guerre"."Certo, per trovare il modo di ammazzare più gente, - affermò
in tono amaro un soldato di una certa età"."Per ammazzare più nemici!"
- lo corresse uno degli ultimi arrivati, ancora infiammato dalla propaganda che
gli era stata somministrata prima di partire. L'anziano lo guardò con un'aria
molto triste, evitando di rispondergli. Anche gli altri soldati veterani
evitarono di entrare nel discorso. Sapevano bene che quell'atteggiamento, tutto
improntato al culto dell'eroe e del coraggio ad ogni costo, avrebbe probabilmente
portato il ragazzo solo ad una morte prematura. Ne avevano visti tanti come lui
e tante volte avevano cercato di far loro capire che al fronte le cose erano
molto diverse da come venivano presentate a casa. Con alcuni ce l'avevano
fatta, con molti altri non c'erano riusciti o non avevano fatto a tempo ed ora quelli
non c'erano più. D'altronde molti di loro c'erano passati e quindi sapevano di
cosa si trattava. I nuovi arrivati venivano immediatamente attratti dai
nastrini e dai riconoscimenti dei veterani, che osservavano quasi con invidia.
Non sapevano che dietro ad ognuno di quei simboli c'erano stati dolori,
sofferenze e tanti compagni morti. Non potevano immaginare che quegli uomini,
avrebbero barattato volentieri tutte quelle medaglie con una giornata in pace a
casa, vicino ai propri cari e magari dopo un bel pasto decente. Per quella sera,
la compagnia si sciolse, e ciascuno si accomodò alla meglio, per cercare di
dormire qualche ora in pace, prima di dover sferrare un nuovo attacco o di
difendere, a duro prezzo, il territorio. Tutti avrebbero sperato di poter fare
dei sogni sereni, che li sollevassero almeno per un pò da quella tremenda
realtà che stavano vivendo, per alcuni di loro, forse da un po' troppo tempo.
Qualche giorno dopo, il 23 ottobre, Tobias e Lukas, esausti nel fisico e nel
morale, con i compagni nelle medesime condizioni, si trovarono sulla linea del
Piave quando le truppe Italiane, utilizzando dei ponti di barche e sfidando
delle avverse condizioni meteorologiche attaccarono le linee austriache,
coperti da un intensissimo fuoco di mortaio che obbligava gli Austriaci a
starsene rintanati nelle loro buche senza poter opporre una valida resistenza. Tutti
gli uomini stavano premuti al terreno, ognuno pensando che avrebbe potuto,
dovuto scavare più a fondo per ripararsi, rintanarsi il più possibile. Non
c'era comunque nulla da fare. I colpi venivano dall'alto e cadevano
continuamente provocando vittime e feriti. Una granata centrò la buca dove il
'professore' si era rifugiato assieme ad altri tre commilitoni. Si sentiva a
tratti la voce del sergente Beker che urlava agli uomini di non muoversi, di
stare fermi perchè le buche erano l'unica cosa che li potesse proteggere almeno
dalle schegge. Ma non era facile, stare fermi immobili mentre quelle granate
piovevano dal cielo. E infatti, alla fine, un gruppo di novellini non ce la
fece più a resistere e, alzatisi in piedi, cominciò a correre, sperando di
sottrarsi a quella tremenda situazione. Ma in realtà non c'era luogo dove
correre, dove ripararsi. Il sergente uscì dalla sua buca e corse loro appresso.
Riuscì ad afferrarne due e, urlandogli insulti e minacce, riuscì a buttarli in
una buca poi tentò di saltarci dentro anche lui. Purtroppo una granata esplosa
nelle immediate vicinanze, lo crivellò di schegge ed egli cadde nella buca come
una bambola rotta. Poi gli Italiani vennero all'assalto. Purtroppo, fu proprio
in quel momento che una delle ultime bombe di mortaio centrò in pieno il riparo
in cui si era rifugiato Lukas . Tobias, che pure ne aveva passate tante, non
resse a quell'ultimo trauma e rimase accanto ai resti del suo compagno, come
istupidito per il dolore e per l'esplosione, insensibile ed estraneo a ciò che gli
accadeva intorno. Questo probabilmente gli salvò la vita in quanto, i soldati
italiani, arrivati sul posto, si accorsero immediatamente del suo stato e,
forse anche loro stanchi di uccidere, si limitarono a farlo prigioniero, senza
che egli se ne rendesse conto o che facesse capire che gli importava
minimamente di cosa gli capitava attorno. I suoi compagni, scampati alla
battaglia, si ritirarono disordinatamente verso le Alpi. Quello che accadde
subito dopo sembrò non riguardare più Tobias. La spossatezza, i traumi emotivi
subiti in battaglia, il morale a pezzi, sembrarono colpirlo tutti assieme,
causandogli uno stato di apatia totale. Non reagì nemmeno quando gli
comunicarono che la guerra era finita e stava per tornare a casa. Il suo
compagno, quasi un fratello, era morto. Il loro progetto era finito.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Capitolo 2 i calici dell'imperatore
Capitolo 2^
Quando
fu rimandato a casa, la
famiglia lo accolse con gioia. Il fratello maggiore, Frank, era caduto
nella
battaglia per difendere Sant Mihiel e Hans era rimasto ferito, seppure
non
gravemente, ad una gamba e si era ripreso piuttosto bene. La sorella
Julia
aveva conosciuto il bravo ragazzo, di nome Mario Helsin, che era stato
un
commilitone del fratello Hans e lo aveva sposato appena possibile. Era
anche
lui un agricoltore della zona di Linz. Prima delle nozze aveva
acquistato un
discreto appezzamento di terreno confinante con quello del futuro
suocero ed
ora viveva con la famiglia, accolto come se fosse il figlio che avevano
perduto. Tobias però sembrò non accorgersi quasi
di essere tornato a casa.
Sembrava non interessarsi di nulla, era come se con la mente fosse
sempre
altrove. Inoltre non riusciva a riadattarsi alla calma della campagna.
Gli mancava
il contatto con i compagni, quasi tutti morti in battaglia, la continua
pressione degli eventi bellici, l'adrenalina che sul campo lo aveva
tenuto in
vita. Non parlava con nessuno e si limitava a fare lunghe passeggiate
in
compagnia dei suoi fantasmi. A casa i suoi familiari, che non sapevano
come
aiutarlo, dopo aver cercato di scuoterlo, di stimolarlo, ormai lo
lasciavano in
pace. Il padre, che all'inizio, aveva tentato di farlo reagire, con
tutti i
modi possibili, alla fine aveva rinunciato e si limitava a guardarlo,
quando lo
incontrava, scuotendo la testa rassegnato al fatto che ora aveva un
figlio
strambo, uno 'scemo di guerra', come venivano chiamati i reduci con le
sue
caratteristiche, su
cui non si poteva
più fare conto. Una mattina Tobias venne condotto dai suoi
passi distratti,
verso il Danubio, in prossimità del castello di
Greifenstein, e lì, senza
sapere come, percorse il ponte omonimo che lo portò sulla
riva nord del fiume.
Ammesso che avesse fatto differenza per lui, non conosceva affatto la
zona.
Prese senza saperlo la strada che lo portava verso Stockerau. Poi
improvvisamente, quasi che si fosse ripreso da un sogno, un brutto
sogno, si
fermò. Davanti a lui, un grande campo. Tutto il terreno, a
vista d'occhio era
coperto di ordinati filari di vite. Senza rendersene conto
iniziò a camminare
fra quelle piante. Osservava le foglie, i rami, i frutti ancora lontani
dalla
maturazione. Osservava le legature, i tralci, la disposizione dei
filari. E
all'improvviso si sentì come se fosse uscito da uno stato di
catalessi. Gli
tornarono in mente i fatti della guerra, l'assalto del nemico al Piave,
la
terrificante pioggia di granate, il suo amico falciato dalle schegge.
La sensazione
di dolore, di perdita, alla vista del corpo massacrato di Lukas senza
vita. Poi
confusamente, la cattura, la prigionia e la liberazione. Ma
quest'ultima parte,
confusa, come vissuta da un'altro. Sentì ancora
però, nella sua mente, le
parole di Lukas. Il loro sogno, il loro progetto. La loro via di fuga
dagli
orrori della guerra. E ora era tutto davanti a lui. Le cose di cui
avevano
parlato. Le caratteristiche che il suo compagno gli aveva descritto;
era tutto
lì. Poi, improvvisamente, si sentì chiamare in
tono minaccioso e alquanto
sgarbato da una dura voce maschile. Davanti a lui si
materializzò uscendo dal
verde, un uomo anziano, possente, massiccio. Era vestito con giacca e
pantaloni
di velluto, che avevano di certo visto decisamente tempi migliori, di
colore
verdastro, con un panciotto, sempre di velluto, abbottonato su una
camicia
chiara molto lisa ma pulita. Portava inoltre un paio di stivali
militari
malconci, evidentemente un residuato della guerra. Il viso squadrato,
deciso,
con due occhi piccoli ma molto vivi che lo osservavano senza perdere un
solo
particolare e movimento del ragazzo che gli stava davanti. Per nulla
impressionato dal fucile che l'altro stringeva fra le mani in
atteggiamento
minaccioso, Tobias chiese che tipo di vitigno era stato usato in quella
zona e
perchè fosse stato potato in quel modo. Preso di sorpresa,
l'altro abbassò il
fucile e rispose che quello era il miglior vitigno Muller Thurgau della
zona da
quando era stato creato e selezionato alla fine del 1800. Cominciarono
così a
parlare, in quello strano colloquio durante il quale il ragazzo prese
atto che
non sapeva poi così tanto della viticultura e l'anziano, che
l'altro era
abbastanza competente, sufficientemente curioso e senz'altro molto
motivato.
L'uomo, il cui nome era Andreas Stainer, era proprietario di un
discreto
appezzamento, buona parte del quale coltivato a vigna. Considerato che
molti
dei suoi contadini non erano più tornati dalla guerra, aveva
un disperato
bisogno di mano d'opera ma, sospettoso per natura, non si fidava di
nessuno.
Decise però, quel giorno, di fidarsi di quel ragazzo. Ne
nacque una felicissima
collaborazione nel tempo, con Tobias che divenne estremamente esperto
nel campo
enologico e Andreas che vide la qualità del suo vino
migliorare di anno in
anno. In questa situazione, l'unico problema era rappresentato dai due
figli
del proprietario. Uno, il maggiore, di nome Daniel, faceva la vita del
damerino
a Vienna, spendendo spesso anche soldi che non aveva ed che il padre,
sistematicamente, sborsava per mettere riparo ai debiti del figlio.
L'altro, di
nome Bernhard, invece viveva in campagna con la famiglia, ma non
possedeva nè
il talento nè le capacità per gestire una
così grande proprietà. Il vecchio
viticultore non parlava mai della sua vita privata ma, da uno dei
vecchi
contadini, Tobias aveva saputo che egli era vedovo. Molti anni prima
aveva
sposato una ragazza bellissima, di famiglia nobile. Lei, di salute
molto
cagionevole, alla fine si era ammalata e non c'era stato più
nulla da fare.
Andreas si incolpava per quella morte che, secondo lui, era dovuta al
fatto di
averla costretta a vivere in campagna, lontana dal suo mondo, dal suo
ambiente.
Il figlio maggiore, Daniel, alto, longilineo, delicato era praticamente
il
ritratto di sua madre ed era per questo che il padre, che in lui la
rivedeva
costantemente, non aveva il coraggio di muovergli la minima critica per la vita disordinata
che conduceva. Bernhard,
l'altro fratello, grosso, robusto, che aveva preso i suoi caratteri dal
padre,
era stato gelosissimo di Daniel, il figlio preferito, ma ora aveva
riservato
questo sentimento a Tobias che vedeva, nell'immediato, come un
pericolosissimo
rivale, e non perdeva occasione per metterlo in cattiva luce.
Purtroppo, c'era
anche un altro motivo di astio. Tobias, che curava anche i rapporti con
i
clienti, specie se importanti, ai quali illustrava le doti del vino che
produceva la proprietà, aveva conosciuto la figlia di uno di
loro, un
importante cliente che esportava in tutta Europa, che iniziò
ad accompagnare il
padre tutte le volte che poteva. Inutile dire che si era innamorata del
ragazzo. Anche lui, però non era immune al fascino della
giovane, che si
chiamava Helena, e quando lui l'aveva conosciuta, aveva 20 anni, 2 meno
di lui.
Era molto bella, intelligente, colta e spiritosa. Purtroppo anche il
figlio
minore di Andreas ne era perdutamente attratto. Fu solo questione di
tempo.
Alla fine, un gravissimo e brutto episodio fece precipitare la
situazione. In
seguito ad un controllo periodico dei conti della proprietà
e del vigneto in
particolare, emerse un grosso ammanco di denaro. I due fratelli, che
per
l'occasione avevano deciso di coalizzarsi contro di lui, accusarono
immediatamente Tobias. Questi, assai poco interessato al danaro, era
naturalmente innocente del fatto. Purtroppo, Andreas, pur sospettando
che sotto
a tutto questo, ci fosse una macchinazione dei figli, non se la
sentì di andare
contro la sua famiglia e, malgrado non ci fossero prove concrete,
accettò la
versione dei suoi figli. Tobias, con amarezza e
delusione, non ebbe altra scelta che abbandonare la
proprietà dove aveva
lavorato serenamente e felicemente recuperando il proprio equilibrio,
per
quattro anni, convinto che la vita, per la seconda volta, lo avesse
colpito
duramente e, in più, sospettato di essere un ladro. Il
commiato con Andreas fu
una scena estremamente imbarazzante, con l'uomo anziano, che si sentiva
in
colpa per la sua debolezza che non gli aveva consentito di affrontare
la cosa
con fermezza e giustizia, e il ragazzo, che estremamente amareggiato,
però non
voleva infierire sul datore di lavoro che comunque lo aveva aiutato in
un
momento difficile. Tobias, in ogni caso, a scopo di risarcimento della
palese
ingiustizia subita, ricevette dal suo ex principale una somma di denaro
abbastanza
consistente. Il ragazzo fu dapprima tentato di rispedire immediatamente
il
denaro al mittente ma poi, valutò che, in realtà,
quei soldi se li era in
effetti guadagnati con il suo onesto lavoro che aveva concorso a
migliorare decisamente
i prodotti dell'azienda e conquistando diversi nuovi clienti. Era
tornato a
casa, accolto d'altronde a braccia aperte dai suoi familiari contenti
di
rivedere il 'vecchio' Tobias e aveva ricominciato il suo lavoro alla
fattoria
di famiglia, così come faceva, prima di partire per la
guerra. Era come se in
tutto quel tempo non fosse accaduto nulla. Forse sarebbe stato meglio,
pensava
a volte; le sue ferite profonde non ci sarebbero mai state e solo lui
sapeva il
dolore che esse potevano provocare. A casa aveva comunque ritrovato la
sua serenità.
Si sentiva utile e voleva molto bene ai suoi genitori ed ai suoi
fratelli. Fu
con grande sorpresa che un giorno, tornato a casa dal lavoro dei campi,
trovò
ad attenderlo una Helena infuriata che quasi lo aggredì. Lo
accusò di essere
scomparso, senza una comunicazione, senza avvisarla. Così,
semplicemente, dalla
mattina alla sera. Poi alla fine lei aveva saputo ciò che
era accaduto dal
padre e aveva scoperto dove poteva trovarlo. Lui le disse della sua
delusione e
della decisione di scomparire, visto che in pochi istanti aveva perso
tutto,
compresa la reputazione e che quindi non rappresentava più
un partito degno per
una ragazza della classe di Helena. Lei rimase molto colpita dalle
parole di
Tobias e dovette ammettere che, a parte il forte sentimento che li
univa, il
padre di lei non avrebbe mai dato il consenso alle nozze con un
semplice
contadino e soprattutto con la nomea di essere un disonesto. Invece il
padre,
su pressione di Helena, lo mandò a chiamare e gli disse, con
grande sorpresa
del ragazzo, che non aveva nessuna riserva circa matrimonio, a patto
che lui
andasse a lavorare immediatamente per la sua impresa. Nel periodo in
cui erano
stati in affari infatti, egli, che riteneva di saper valutare una
persona a
colpo d'occhio, aveva imparato a stimare quel giovane così
appassionato e
onesto. Quando aveva saputo dei fatti occorsi, non aveva creduto
nemmeno per un
attimo alla versione che era stata diffusa. Era anzi rimasto talmente
indignato
dal comportamento di Andreas, che aveva sospeso ogni contatto
commerciale con
lui. C'è da dire che in realtà ben pochi avevano
creduto alla colpevolezza di
Tobias e che quindi la sua reputazione era più che salva.
Anzi, molti lo
ammiravano per essersi preso la colpa a posto di qualcun altro per non
ferire
maggiormente il suo vecchio datore di lavoro. Nel maggio del 1926
Tobias ed
Helena si sposarono ed il ragazzo cominciò con grande
entusiasmo a lavorare per
il suocero. Iniziò un nuovo periodo particolarmente
fortunato. I rapporti con
la moglie ed il suocero erano ottimi. Nell'ambito del suo nuovo lavoro
stabilì
contatti con operatori enologici di tutta Europa e riuscì ad
allargare in modo
incredibile il giro d'affari, adottando la condotta di trattare solo
merce di
altissima qualità. Ebbe occasione di girare cantine
importanti e famose. Di
discutere con autorità nel campo dell'enologia provando,
assaggiando, studiando
le nuove tecniche di coltura e vinificazione. Nel giugno del 1927 gli
nacque un
figlio, a cui venne dato il nome di Raphael. Incuriosito dai vini
prodotti in
California che avevano iniziato ad arrivare in Europa, partì
per gli Stati
Uniti dove fece un giro molto interessante, scoprendo una
realtà molto
particolare. Negli Stati Uniti, il 16/01/1920, era stato istituito il
'Proibizionismo' ossia il divieto di produrre, distribuire e vendere
prodotti
alcoolici di ogni tipo. Questo avrebbe dovuto mettere la parola fine
alla
produzione vinicola in America. Invece, grazie ad una serie notevole di
eccezioni e dispense, come ad esempio il produrre vino per le
comunità
religiose che lo usavano per i loro riti, o modeste quantità
di alto livello
destinate solo all'esportazione, la coltivazione della vite andava
avanti e si
basava su prodotti di eccellenza. Fu un viaggio molto istruttivo
durante il
quale egli potè visitare molti terreni adatti alla
produzione, ma che, al
momento, vista la situazione, erano incolti e disponibili, specie nella
zona di
Monterey. Inoltre, durante quel viaggio fece incredibili affari con
degli
importatori Canadesi e Messicani, estremamente interessati alla sua
merce che
poi avrebbero pensato loro, a introdurre, in qualche modo, negli Stati
Uniti, destinata ai
ristoranti più
esclusivi presso i quali le regole del proibizionismo venivano
sistematicamente
eluse, con la complicità della polizia e di grossi
personaggi pubblici. Dapprima
Tobias non era evidentemente propenso a chiudere affari di questo tipo
ma
l'entità delle cifre in gioco e la presa d'atto che in
realtà quella era una
pratica molto diffusa, decise di accettare. Fu in quell'occasione che
egli
venne avvicinato in modo molto discreto da un uomo giovane ed
elegantissimo. Si
presentò come Henry Dowson e disse che sarebbe stato
disponibile ad acquistare
grossi quantitativi dei vini europei di gran marca. Quando Tobias gli
chiese il
motivo di tanta segretezza, l'altro candidamente gli
confessò di essere un
imprenditore piuttosto spregiudicato che non amava dar risalto alle sue
iniziative. Effettivamente, a parte una particolare simpatia che egli
sapeva
suscitare istintivamente fin dal primo momento, Tobias notò
nell'uomo degli
atteggiamenti che non gli piacquero molto, come il suo sguardo che era,
a
tratti, particolarmente inquietante. Visto comunque, anche in questo
caso, il
volume di affari di cui si parlava, decise di accettare le sue
proposte. Quando
discretamente si informò sul suo conto, gli fu riferito che
non conveniva avere
a che fare con lui, in quanto era uno dei gangster più
spietati che agiva sulla
costa orientale nel campo degli alcolici e non solo.
Ormai comunque l'accordo era preso e Tobias
era tutelato dal fatto che, per quella trattativa, avrebbe avuto contatti sempre con degli
insospettabili
intermediari. Iniziò quindi un nuovo giro di affari,
incrementando
ulteriormente i guadagni del suocero, che a quel punto, decise di
prenderlo
come socio. Nel 1929 gli nacque una bambina a cui fu il messo il nome
Christina. Fu sempre in quell'anno che accadde una cosa incredibile.
Tobias
volle sopraintendere personalmente alla consegna di un importante e
consistente
carico di bottiglie selezionate e preziose presso la sede di un cliente
di
Amstetten, a circa 70 miglia a nord ovest di Vienna. Mentre la merce
veniva
scaricata dal carro, si era intrattenuto negli uffici dell'azienda per
sistemare i documenti, le ricevute e poi, completata la parte
amministrativa,
era tornato fuori, in strada, aspettando che venissero scaricate le
ultime
casse. E all'improvviso rimase come folgorato da ciò che
vide. Uno degli
scaricatori era un uomo di mezza età, robusto, che sollevava
le casse con
apparente facilità anche se la sua andatura appariva
claudicante. Quella sagoma
era inconfondibile. Per essere sicuro di non sbagliarsi, Tobias attese
che
l'uomo, scaricata la cassa che portava, tornasse all'aperto per
guardarlo
meglio. E a quel punto non ebbe più dubbi, anche se quello
che vedeva aveva
dell'incredibile. Gli corse incontro e, fermatosi di colpo davanti a
lui, lo
prese per le spalle. Il volto era invecchiato, i capelli si erano fatti
più
radi, era leggermente curvo in avanti ma... "Sergente Beker! Siete voi!
Non ci posso credere! Sergente!". L'altro, preso alla sprovvista, in un
primo momento era rimasto immobile, senza sapere che fare, cercando di
capire
cosa accadeva. Poi si accese come una luce nello sguardo, e anche lui
lo
riconobbe :"Tobias, il piccolo Tobias! Come sono contento!". E si
abbracciarono, scambiandosi pacche sulle spalle come due vecchi amici,
mentre
gli altri li osservavano curiosi di sapere a cosa fosse dovuto tanto
entusiasmo. Poi Tobias si riprese per primo e si ritrasse temendo che l'altro non
avrebbe preso troppo
bene quella familiarità. In fondo era sempre stato il suo
sergente. Ma l'altro
invece non sembrò aver dato alcun peso al comportamento del
giovane. "Il
piccolo Tobias! Pensa un pò. Allora ce l'hai fatta! E il tuo
'gemello', dov'è
Lukas?". Dallo sguardo del giovane capì subito cosa doveva
essere successo
e se ne dolse profondamente. Ricordava ancora i discorsi dei due
ragazzi, le
loro espressioni quasi sognanti quando, pure sul fondo della trincea,
parlavano
dei loro vigneti, del loro vino per i 'calici dell'Imperatore'.
Ricordò il
'professore' e tanti, tanti altri e anche il suo sguardo fu appannato
da un
velo di tristezza. Ma poi Tobias riprese la parola e gli disse che era
convinto
che fosse morto, in quanto l'aveva visto cadere gravemente ferito
mentre
cercava di salvare la vita a due novellini terrorizzati. Gli chiese
come avesse
fatto a cavarsela e cosa stesse facendo lì, anche se i fatti
apparentemente
parlavano chiaro. Beker ormai, purtroppo, si guadagnava da vivere come
uomo di
fatica, come scaricatore, insomma approfittando di ogni lavoro che
riusciva a
trovare. Alla fine del combattimento in cui era stato preso prigioniero
Tobias,
lui era stato rinvenuto gravemente ferito, sul fondo di una buca. Fu
raccolto dagli
Italiani che lo portarono celermente in un ospedale da campo, nel quale
gli
vennero prestati i primi soccorsi che gli avevano salvato la vita. Poi
in un
altro ospedale gli avevano estratto dal corpo nove schegge di granata
che per
fortuna non avevano leso in modo serio nessun organo vitale. "Un
miracolo", era stato detto, "che fortuna sfacciata!" avevano
affermato i medici. E così, dopo quasi un anno di
convalescenza, era riuscito a
camminare di nuovo con le sue gambe e a riacquistare le forze. A quel
punto,
l'avevano rimandato a casa. E qui, il miracolo, la fortuna sfacciata,
erano
finiti. Era anziano, definito dallo esercito "malconcio", inadatto al
servizio. Così, dopo ventiquattro anni di impeccabile
carriera militare, con
una pensioncina miseranda, lo avevano congedato. E si era ritrovato con
un
pugno di mosche, senza famiglia, senza parenti, senza nessuno. Sapeva
fare il
sergente ma apparentemente, almeno in quel momento, non sembrava una
competenza
molto ricercata. Tobias gli disse che si sbagliava. Proprio in quel
periodo
stava cercando una persona con le sue caratteristiche per affidargli un
ruolo
importante. Sapevano tutti e due che non era vero ma il ragazzo non
voleva
lasciarsi scappare quella persona ritrovata in quel modo
così fortuito e
l'anziano, in fondo, sperava che l'altro gli desse una mano a mutare in
meglio,
anche se di poco, la sua misera condizione perchè
effettivamente, gli pesava
veramente. Non era tanto il lavoro, che non l'aveva spaventato mai, non
era la
misera paga, che non avendo lui particolari vizi, alla fine gli bastava
per
sopravvivere. Era per come lo avevano liquidato, per essere stato
definito
vecchio e inutile. In realtà Tobias aveva ragionato in
fretta e nel giro di
pochi minuti aveva già trovato un'applicazione per l'altro.
Fra le sue mansioni
infatti c'era anche quella di organizzare ed, a volte, come in questo
caso,
seguire delle consegne molto delicate. Se avesse trovato una persona di
fiducia
che lo sostituisse, avrebbe avuto molto più tempo a
disposizione per viaggiare
e allargare la cerchia dei clienti. In realtà
sentì che con quell'uomo avrebbe
potuto parlare delle cose di cui non parlava con nessuno, scambiare
confidenze
ed esprimere dubbi. Era proprio la persona giusta. Il sergente oppose
naturalmente
delle riserve alla proposta, portando come elemento principale che la
sua
conoscenza del vino era molto superficiale. Non beveva alcolici e le
sue
sostanze non gli consentivano certo la frequentazione di locali. Tobias
non
sentì ragioni. Gli disse che quello che gli serviva sapere
glielo avrebbe
insegnato lui e che lo avrebbe di certo imparato in poco tempo. Quello
che
voleva, era una persona in grado di far marciare il magazzino senza
problemi e
senza discussioni. E non conosceva nessuno più adatto di
lui. Così Beker alla
fine si convinse e, dopo essersi fatto pagare fino all'ultimo soldo il
lavoro
svolto fino a quel momento, partì con il ragazzo. Per tutti
e due fu una gran
bella giornata. Come previsto, il sergente si adattò subito
al nuovo lavoro e
si diede da fare quanto possibile per essere all'altezza della fiducia
accordatagli da Tobias.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Capitolo 3 i cdalici dell'imperatore
Capitolo 3^
Grazie alle sue conoscenze e alle sue frequentazioni, Tobias, insieme
alla moglie, prese presto contatto con la buona società di Vienna. Fu durante
un incontro di beneficenza che ebbe occasione di avvicinare e conoscere un
importante prelato che si occupava della gestione amministrativa dell'abbazia
di Klosterneuburg, che sorgeva a poche miglia a nord di Vienna. Il sacerdote,
che si chiamava Valentin Pichler, acquistava modeste quantità di vino pregiato
per il consumo dell'abbazia, e naturalmente per la celebrazione della Messa. Il
suocero di Tobias gli aveva proposto delle condizioni più che vantaggiose in
quanto, già una fornitura del genere, costituiva forse una delle migliori
pubblicità. Il prelato, che aveva trovato molto simpatico Tobias, lo invitò a
visitare l'abbazia specialmente per ottenere qualche consiglio circa il possibile
recupero di alcuni vigneti interni alla struttura che, per molto tempo, erano
stati sufficienti alle necessità del luogo ma che poi, per vari motivi,
complice anche una cattiva gestione durante e dopo la guerra, si erano
decisamente rovinati. Curioso di visitare quell'abbazia che, fin da bambino,
aveva visto solo dall'esterno, alla prima occasione, vi si recò come gli era
stato chiesto. Fu ricevuto molto bene da padre Valentin, il quale lo condusse subito
ai vigneti della struttura. Effettivamente le piante erano ridotte in
condizioni pietose. Per tentare di salvare quelle che ancora non si erano
seccate, era stata eseguita una potatura che Tobias definì 'scellerata', che
stava portando a morte l'intera coltura. Egli isolò le viti che ancora avevano
la possibilità di sopravvivere, indicò agli addetti le tecniche per rinforzare
le piante e come fare per tentare comunque di recuperare il recuperabile,
intervenendo anche sulla qualità del terreno. Si impegnò infine a far avere
all'abbazia dei nuovi vitigni che avrebbero potuto nel tempo consentire di
nuovo una situazione accettabile. Padre Valentin, molto grato, lo invitò a
pranzo e alla fine gli propose una visita per vedere le cose più belle che si
trovavano in quel luogo, i giardini, la biblioteca, le opere d'arte raccolte
nel corso dei secoli. Gli raccontò che la struttura originale era sorta nel
1114 per iniziativa del mangravio Leopoldo III^ di Babenberg e affidato ai
monaci della regola agostiniana. Negli anni successivi fu ampliata a più
riprese in particolar modo fra la metà del 1700
la metà del 1800. Nel 1882 fu restaurata fino a farle assumere l'attuale
aspetto, con particolare attenzione alla chiesa priorale a cui furono aggiunti
i due campanili gemelli in stile neogotico. Tobias si rese conto che quel posto
era veramente meraviglioso e che i monaci, negli anni, avevano fatto cose
egregie per preservare la storia e la cultura del posto. In quel luogo egli si
sentiva sereno, come se fra quelle mura tutto fosse sospeso. Come se il mondo
esterno, con la sua violenza, indifferenza e avidità, non riuscisse a penetrare
le porte del convento. Tornò spesso in quel posto, ricevuto sempre molto
volentieri dai monaci e soprattutto da padre Valentin che era capace con le sue
parole di dargli un pò di conforto dei traumi dovuti alla guerra che egli si
portava ancora nell'animo. Un giorno il sacerdote decise di portarlo in un
luogo dove venivano accompagnate solo pochissime persone ed estremamente
selezionate. Scesa una ripida e stretta scaletta che partiva da una saletta
minore della struttura, si ritrovarono in un piccolo andito che dava su due
porte ambedue pesantemente blindate. "Queste sono le sale dove vengono
conservati i più preziosi tesori dell'abbazia - spiegò padre Valentin - In una
stanza conserviamo le reliquie più preziose legate al nostro ordine e alla
nostra fede, nell'altra invece dei tesori che in tempi diversi ci sono stati
donati o affidati a vario titolo. Ed à proprio la seconda stanza che ti voglio
far visitare. Ti vorrei però raccomandare una totale discrezione, qualora tu
volessi raccontare questa esperienza a qualcuno. Capirai il perchè della mia
richiesta quando ti renderai conto del valore di ciò che stai per vedere ".
Ciò detto, estrasse da una tasca una grossa chiave e la usò per aprire la
pesante porta di quercia rinforzata. Con sorpresa di Tobias dietro alla prima,
c'era una seconda porta in metallo, con quattro serrature a combinazione.
Chissà cosa ci poteva essere di così prezioso da richiedere tali precauzioni.
Fatto scattare il meccanismo dell'ultima serratura, il sacerdote gli ricordò
che quello che gli veniva concesso era un grande privilegio. Dopodichè aprì
anche la seconda porta ed accese la luce che illuminò una grande sala nella
quale erano disposte molte teche e le
cui pareti ospitavano un gran numero di vetrine. Tobias per un attimo rimase a
bocca aperta nel vedere tutti quegli oggetti sfavillanti di oro, argento e
pietre preziose. Ovunque guardasse vedeva gioielli, calici, corone, armi
tempestate di pietre preziose, libri rilegati in oro e coperti di gemme,
gioielli di tutti i tipi e di tutte le forme. Fu il prete a risvegliarlo
da quello stato di meraviglia.
"Tutti gli oggetti che vedi quì dentro, hanno avuto un grande significato
nella storia. Il loro valore intrinseco, seppure elevatissimo, è nulla se
paragonato a quello storico. Ci sono doni di personaggi importanti, corone di
re, i paramenti da cerimonia di quattro papi. Le armature preziose di alcuni
condottieri e poi una quantità incredibile di gioielli di grandi famiglie, di
imperatori e di regine del passato. Se
si sapesse in giro del tesoro che conserviamo in queste sale, non sarebbe più
al sicuro e potrebbe essere rubato per sparire chissà dove". Tobias
seguiva le descrizioni del sacerdote via via che avanzavano lungo il tragitto
della visita. Ma poi, all'improvviso, il ragazzo si fermò impietrito davanti ad
una vetrina. Non riusciva a credere a ciò che vedeva. In essa erano esposti in
bella mostra, due fantastici calici con le coppe in ambra, rivestiti di oro
zecchino e tempestati di pietre preziose e di perle. Posavano su un vassoio
anch'esso d'oro finemente istoriato, delle dimensioni di circa 30 cm per 20cm e
molto spesso. "Ma...... ma.... -
tanta era stata la sorpresa e la meraviglia che non riusciva ad articolare le
parole - ma questi...... sono i calici di Settimio Severo!!!!".
"Incredibile!!! - rispose il sacerdote molto meravigliato - conosci questi
oggetti? E come è possibile? Quasi nessuno è al corrente della loro esistenza.
Quasi tutti sono convinti che si tratti solo di una leggenda!". Ma Tobias
non lo aveva ascoltato anzi, non ascoltava più nulla, non era nemmeno più lì.
Di colpo era seduto sul fondo di una trincea, con attorno i suoi compagni,
Lukas , il Professore, il sergente Beker, tanti altri, tutti morti. Ma sentiva
ancora le loro voci e poteva rivederli e quasi credeva di poterli toccare. Poi
pian piano la scena scomparve e lui si ritrovò in piedi, davanti a quella
vetrina, con le mani aperte e poggiate al vetro, completamente coperto di
sudore da capo a piedi e con gli occhi pieni di lacrime. Poi svuotato, esausto,
si lasciò scivolare a terra, dove rimase seduto, con la schiena appoggiata alla
parete. Il sacerdote, resosi immediatamente conto che il ragazzo aveva subito
un forte shock, si sedette accanto a lui e cercò di rassicurarlo, di calmarlo,
parlandogli con voce tranquilla e serena, soprattutto cercando di comprendere
l'origine della sua emozione. Tobias si stava riprendendo e alla fine raccontò
al sacerdote fra le lacrime tutta la storia, contento di poter finalmente
condividere tutto il dolore e l'orrore della sua tremenda esperienza che fino a
quel momento aveva tenuta sepolta nella sua mente e che, al massimo, si
manifestava a volte di notte, procurandogli dei tremendi incubi. Alla fine di
quello sfogo, si sentì meglio, si rialzò e, osservando i calici con maggiore
calma, potè vedere che erano effettivamente magnifici e estremamente raffinati.
Naturalmente chiese a padre Valentin come avevano fatto a giungere fin lì. Il
sacerdote gli raccontò allora che i calici erano rimasti nel tesoro imperiale
fino alla morte di Teodosio avvenuta nel
395. Questi, come già altri prima di lui, aveva stabilito che l'impero fosse
amministrato contemporaneamente dai due figli Arcadio e Onorio che vollero
scindere il territoro in due imperi separati. Quello di oriente sotto Arcadio e
quello di occidente sotto Onorio. I due territori subirono quindi storie ed
eventi diversi. Al momento di separarsi, seppure con una certa resistenza da
parte di Onorio, Arcadio portò via la sua parte di tesoro imperiale fra cui,
naturalmente i due calici. Poi l'impero d'occidente per un governo non molto
accorto subì varie vicissitudini. I barbari si avvicendarono nella conquista di
vasti territori senza che un potere centrale riuscisse a contrastare le loro
invasioni. Nel 410 i Visigoti addirittura entrarono a Roma mettendola al sacco
per tre giorni. Alla fine l'ultimo imperatore d'occidente, Romolo Augusto, fu
deposto dal generale barbaro Odoacre. Nel 530 Giustiniano, imperatore d'oriente,
tentò senza successo di riformare e riunire i due imperi. Purtroppo non ci
riuscì". Quando Tobias si fu sufficientemente ripreso, il sacerdote, dopo
aver attentamente richiuso le porte della sala, lo condusse in un giardino
dell'abbazia dove, seduti ad un tavolo, con un fresco venticello e con davanti
un buon bicchiere di vino, su richiesta del suo ospite, riprese il racconto.
"L'impero romano d'oriente andò avanti anch'esso fra varie vicissitudini,
legate a lotte di potere e la situazione precipitò nel 1202, in occasione della
quarta crociata. Era un'avventura nata male. Il papa Innocenzo III^ l'aveva
bandita ma, per vari motivi, l'adesione non era stata quella sperata ed anche i
fondi raccolti, non erano sufficienti a portare i Crociati in Terra Santa. Però
i Veneziani, che avrebbero dovuto provvedere al trasporto dei soldati,
approfittando della loro mancanza di fondi, colsero la palla al balzo e
proposero di trasportarli tutti gratuitamente, purchè conquistassero per loro,
la città di Zara, potente avversario commerciale. Il punto era che Zara era una
città cristiana, e quando il papa seppe di quest'accordo, vietò ai Crociati di
accettarlo. Questi, invece, conquistarono la città per i Veneziani. A questo
punto non restò al papa altra scelta che scomunicare i Crociati".
"Pazzesco - intervenne Tobias - i buoni erano diventati i cattivi e a quel
punto, con che coraggio si sarebbero presentati a difendere il Santo Sepolcro?
Un branco di scomunicati!"."Infatti. Fu in quel momento di grande
confusione, che a Zara si presentò il principe bizantino Alessio IV, figlio
dell'imperatore d'oriente Isacco II^, che chiese aiuto per liberare il padre
detronizzato, arrestato e accecato dal suo stesso fratello, Alessio II.
Promise, in cambio dell'aiuto, grandi somme di danaro, ingenti rifornimenti, un
forte contingente di soldati per le attività militari in Terra Santa, e
l'impegno di unificare tutte le chiese sotto il papa di Roma. Quando questi
seppe dell'ultimo punto della proposta, invitò i Crociati ad accettare,
ritirando la scomunica"."Quindi tornava tutto a posto"."Eh
no, purtroppo, perchè nulla, o quasi nulla, andò come doveva andare. Arrivati a
Costantinopoli, i Crociati trovarono la cittadinanza ostile. Al momento in cui
rimisero sul trono l'imperatore Isacco II^, venne fuori che non c'erano nè il
denaro pattuito, nè i rifornimenti e tantomeno le truppe promesse. Mentre si
cercava di risolvere la situazione, i soldati, che dovevano comunque sopravvivere,
iniziarono a requisire il necessario, ai danni della cittadinanza. In molti casi, però, approfittarono
eccessivamente della situazione tanto che, alla fine, la popolazione,
esasperata, li assalì. Naturalmente i cittadini vennero immancabilmente
sopraffati e iniziò, da parte dei vincitori, un vero e proprio saccheggio che
andò avanti per giorni. Visto che l'unica condizione osservata fu la riunione
delle Chiese, il papa chiuse un occhio sull'accaduto, a condizione che però, i
patrimoni della Chiesa locale fossero rispettati. Poichè non c'era garanzia che
i soldati accettassero queste condizioni, un gruppo scelto di cavalieri si
assunse l'impegno di recuperare, spesso con la forza, gran parte del bottino
sottratto dalle truppe. Sapendo che a Costantinopoli non sarebbe comunque stato
al sicuro, decisero di spedirlo a Roma, risalendo verso nord fino a Venezia e
poi, di lì, a Roma. Il gruppo di cavalieri, incaricato di questo duro e
rischioso incarico, durante il viaggio subì molti attacchi da parte di gruppi
armati che volevano impadronirsi delle ricchezze di cui si era sparsa la voce
molto in fretta. Vi furono molti caduti e gran parte di quegli averi andò
perduta. Alla fine, uno sparuto gruppo di cavalieri superstiti, in possesso
ormai solo di una frazione del tesoro iniziale, inseguito da una grossa unità
armata agli ordini di un potente nobile locale, aveva cercato ricovero nella
vecchia abbazia di Klosterneuburg tenuta dai padri Agostiniani che, all'epoca
era poco più che un semplice monastero, con a fianco una modesta chiesetta per
le funzioni. Gli aggressori, che avrebbero potuto avere facilmente ragione di
quella struttura e dei pochi cavalieri rimasti, non se la sentirono comunque di
affrontare le ire della Chiesa che non avrebbe tollerato un assalto armato ad
un suo convento, specialmente in quelle circostanze. Era evidente che però,
appena il gruppo avesse lasciato il sicuro rifugio, sarebbe stato assalito e
depredato. I cavalieri, a quel punto, decisero di restare con i monaci ai quali
affidarono il tesoro, fra i cui pezzi, si trovavano appunto i calici. Poi, con
il passare degli anni accaddero tanti fatti importanti che fecero dimenticare
quell' episodio, ed il tesoro venne incamerato definitivamente
dall'abbazia". Tobias rimase molto
scosso da quella visita e per molto tempo portò nella mente l'immagine di
quegli oggetti straordinari che aveva avuto modo di vedere da vicino. Il
ricordo però durò per poco tempo perchè la sua attività in quel periodo fu
molto intensa e i calici passarono in seconda linea. Portando avanti il suo
lavoro, ebbe modo di conoscere persone importanti del mondo della cultura,
della finanza e della politica. Fu così che, parlando con loro o comunque
ascoltando i loro discorsi, iniziò a notare una serie di cambiamenti in ambito
politico che lo preoccuparono non poco. In Germania il partito nazista stava
prendendo sempre più piede. Si parlava di orgoglio nazionale, di rivincita per
il vergognoso trattato di Versailles e molti, in Austria, si erano fatti
conquistare da quelle idee. Ascoltò con una certa preoccupazione i timori di
alcuni intellettuali che paventavano scenari in cui la libertà individuale,
veniva pesantemente condizionata e le paure di alcuni suoi buoni clienti di
razza ebrea che avevano ricevuto notizie di veri e propri attentati portati ai danni
di loro correligionari derivati di certo dalla campagna di odio e disprezzo
portata avanti dai nazisti tedeschi che, nella metà del 1930, per dare una
scossa alla situazione, dimostrando la debolezza del regime politico tedesco,
avevano scatenato il loro esercito privato, chiamato "le camicie
brune", contro ebrei, comunisti e persone ostili al partito. Alla fine,
nel 1933, con una serie di eventi legati all'abilità ma anche alla fortuna, il
partito nazista arrivò a trionfare in Germania. Molti, anche in Austria,
inneggiarono agli eventi, convinti che stesse per iniziare un nuovo corso di
rivincita e vittoria. Tobias era invece molto inquieto. Pensava ai suoi affari,
ma soprattutto alla sua famiglia. Non vedeva di buon occhio i nuovi eventi, a
differenza di suo suocero che era stato totalmente conquistato dalle nuove
idee. Quando il 30 giugno dello stesso anno, in Germania ci fu un'epurazione
degli avversari di Hitler con l'eliminazione fisica di molti funzionari e
militari avversi al partito o comunque semplicemente divenuti 'scomodi', Tobias
credette di vedere in quell'episodio un segnale della spietatezza e della
determinazione dei nazisti. Non voleva più sentire parlare di violenza, voleva
per i suoi figli un mondo migliore. Soffriva tuttora per i suoi tremendi
ricordi di guerra. Qualsiasi cosa lo collegasse con la violenza, le armi,
l'esercito, gli trasmetteva un'angoscia su cui non aveva controllo. Dopo aver
sondato prudentemente il terreno, provò a parlarne con il sergente. Scoprì così
che non era il solo a pensarla in quel modo. Beker gli disse di essere stato
contattato da vecchi compagni d'armi e anche da un ufficiale. Gli avevano
proposto di rientrare a pieno titolo nel suo grado e nelle sue mansioni per un
nuovo esercito che stava per risorgere. Confessò onestamente che la cosa lo
aveva tentato. La sua divisa, il rispetto e l'obbedienza degli uomini ai suoi
ordini. E poi aveva pensato a dove fosse quella gente, quegli 'amici', spuntati
improvvisamente dal nulla, quando lui ne aveva avuto bisogno, prima di ridursi
a fare lo scaricatore per sopravvivere. Non gli erano piaciuti, non gli era
piaciuto quello che gli avevano proposto. Per convincerlo gli avevano detto che,
ripreso il potere, avrebbe anche potuto togliersi qualche soddisfazione, magari
vendicandosi di qualcuno. Ma che razza di esercito andavano formando queste
persone, che poteva essere usato anche per scopi così meschini? Così aveva
preso tempo e intanto stava a vedere. Ora era tranquillo, grazie a Tobias,
aveva di nuovo una posizione più che dignitosa e anche lui non era affatto
attratto da un nuovo conflitto o comunque da qualunque manifestazione di
violenza. Ne aveva avuto la sua parte e questo gli bastava. Ciò che il sergente gli aveva raccontato fece capire a Tobias che
le sue preoccupazioni erano molto più fondate di ciò che temeva. Dalla sua
visita negli Stati Uniti, un'idea aveva cominciato a frullargli per la mente e,
col tempo, aveva preso sempre più piede. Ricordava con molto piacere quei
fantastici appezzamenti della California. Dei bei terreni, per ora ancora
incolti, ma con l'abrogazione del proibizionismo avvenuta il 5 dicembre del
1933, se voleva agire, non doveva perdere tempo. Sarebbe stato bello
ricominciare tutto da capo, in un paese lontano, al sicuro di quanto, di certo,
si stava preparando. Rimase molto sorpreso quando, durante una delle sue
periodiche visite all'abbazia, che ormai erano diventate per lui una piacevole
abitudine grazie al valore indiscusso di padre Valentin, sentì il sacerdote
parlare in modo favorevole circa una possibile adesione dell'Austria alla
Germania. Infatti quest'ultima aveva assicurato che in caso ciò fosse accaduto,
assolutamente si garantiva come primo obiettivo, la libertà e l'indipendenza
della Chiesa. Tobias non volle parlare con il sacerdote dei suoi dubbi in
proposito. Egli era attaccatissimo alla sua nazione ed al suo paese ma sentiva
che qualcosa di tremendo stava per accadere. Si decise a parlarne con la moglie
e passarono tutta una notte a discutere. Alla fine Helena si convinse ed acconsentì a seguire il suo piano. Attraverso
un intermediario, Tobias acquistò dei vasti appezzamenti di terreno in
California nei pressi di Monterey e della Salinas Valley, a prezzi molto
convenienti. Durante la sua visita di alcuni anni prima, era rimasto colpito
dalla somiglianza del terreno con quello di proprietà di Andreas Stainer, il
suo antico principale. Agendo di nascosto del suocero, che era sempre un
convinto assertore della opportunità di riunire Austria e Germania, acquistò un
numero importante di vitigni della specie migliore e li fece spedire nei suoi
nuovi terreni, dove una manodopera specializzata e inviata lì in precedenza,
cominciò l'importante opera di creare dei nuovi vigneti. Si trattava fra
l'altro di vitigni molto speciali in quanto, per evitare che venissero
attaccati in breve tempo dal fenomeno locale della peronospera, che aveva distrutto
sistematicamente le viti che gli europei avevano tentato in precedenza di
coltivare in quei luoghi, erano stati rinforzati con dei sapienti innesti con
il vitigno "gewurtztraminer"
originario della provincia di Bolzano. Con quell'espediente, il vitigno
era risultato più robusto ma nello stesso tempo il sapore del vino ne aveva
addirittura guadagnato. Con la scusa di coltivare i rapporti con i compratori
americani, fece diversi viaggi durante i quali organizzò il lavoro, controllò
che tutto procedesse al meglio, dette severe disposizioni perchè i lavori
procedessero secondo le sue intenzioni. Convinse il sergente che quella era
proprio la situazione nella quale poteva veramente farsi di nuovo valere. Era
la persona adatta per gestire il personale che avrebbe portato avanti il
lavoro. Lo portò con sè in America e gli mostrò cosa stava succedendo. Beker
rimase a bocca aperta vedendo i risultati ottenuti e alla fine accettò di
rimanere per sovraintendere ai lavori. La fortuna fece conoscere a Tobias un valido
e serio esperto locale di viticultura e vinificazione di nome William Cole, una
persona affidabile e competente, che ricevette quindi una ampia procura e che,
naturalmente dietro un lauto compenso, provvide a fare egregiamente le sue
veci. Quindi per la qualità del lavoro,
affidato a Cole, e per la gestione del personale, affidata a Beker, aveva trovato quanto di meglio per
gestire il suo sogno. Purtroppo, era a casa, che le cose non andavano bene. Tobias mordeva il freno, sia perchè vedeva la
situazione in patria precipitare sempre più velocemente, sia perchè avrebbe
pagato chissà cosa per essere con i suoi nuovi vigneti americani dove si
stavano gettando le basi del suo grande progetto. Il 25 luglio 1934 i nazisti
austriaci tentarono un colpo di stato che portò alla morte del cancelliere
Dollfuss e di molti dei suoi collaboratori. Il successore Alois von Schushnigg,
nominato dal presidente Wilhelm Miklas, nel tentativo di controllare la
situazione, condannò a morte tutti i
responsabili del tentativo fallito e, accusando Hitler di esserci coinvolto,
mandò delle truppe al confine con la Germania. Tobias si spaventò molto per il
precipitare degli eventi e prese la sua decisione, convinto che fosse
necessaria per mettere in salvo la sua famiglia. Andò per un'ultima visita
all'abbazia di Klosterneuburg con lo scopo di salutare padre Valentin. Questi
giudicò eccessiva la preoccupazione di Tobias ma rispettò le sue scelte. Gli
disse, a conferma delle sue parole che lo stesso primate dell'Austria,
cardinale Theodor Ignitzer era fermamente convinto delle buone intenzioni dei
Germanici. E poi, come garanzia, c'era lo stesso Concordato fra Chiesa e Stato
Germanico, firmato dallo stesso Hitler, nel 1936 alla fine di una intensa e
impegnativa opera di diplomazia portata avanti dal cardinale Pacelli per il
Vaticano. Gli dette comunque la sua benedizione e lo salutò assicurandogli
l'assoluto segreto circa il suo viaggio. Decisero in ogni caso di rimanere in
contatto per via epistolare. Tobias sistemò al meglio le sue cose in patria e
poi, con la scusa dell'ennesimo viaggio di affari, portò tutta la famiglia con
sè nella splendida villa di Monterey che aveva intanto fatto preparare allo
scopo. La sera prima di partire ebbe uno scontro violento con il suocero che
aveva invano tentato di convincere a seguirlo, magari in un secondo momento.
Questi non volle sentire ragioni, convinto delle sue idee. Lo tacciò di essere
un vigliacco ed un traditore e disse che non l'avrebbe denunciato solo per
amore della figlia e dei nipoti. Aggiunse che non avrebbe voluto vederlo mai
più. Queste parole fecero capire a Tobias che non sbagliava affatto a lasciare
quel Paese, il suo Paese, dove le cose stavano prendendo una piega amara. Se
suo suocero, il padre di sua moglie, arrivava ad accusarlo di tradimento solo
perchè lasciava la nazione, cosa sarebbe potuto accadere di lì a poco, se le
cose avessero preso l'andamento che lui temeva?
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Capitolo 4 calici imperatore
Capitolo
4^
Giunto
con la sua famiglia negli
Stati Uniti nell'ottobre del 1934, le cose, per lui, iniziarono a
marciare bene
e velocemente. La proprietà era stata organizzata in modo
molto ordinato e
funzionale. Aveva una forma press'a poco quadrata e, su circa tre
quarti del
vastissimo territorio, erano stati messi a dimora i
vigneti, divisi in varie zone a seconda dei
vitigni piantati. Adiacente alle coltivazioni era stato costruito un
grande
fabbricato di mattoni che ospitava gli uffici, i laboratori, i reparti
delle
varie lavorazioni compreso l'imbottigliamento e la spedizione. Al primo
piano
sotterraneo, erano sistemate le varie botti di diverse misure, per la
conservazione del vino, erano enormi. Al secondo piano sotterraneo, su
appositi
scaffali, erano conservate migliaia di bottiglie destinate alla
spedizione,
all'invecchiamento o semplicemente per ulteriori interventi sul
contenuto. Un
po' discosta e quasi celata da un folto gruppo di alberi, c'era la
magnifica
villa a due piani, destinata ad abitazione, che era stata costruita da
un ricco
coltivatore spagnolo quasi un secolo prima. In un piccolo appartamento,
ricavato nel retro al piano terra e completamente indipendente, era
alloggiato
il sergente Beker. Questi dapprima aveva espresso qualche riserva ma
poi si era
lasciato convincere. Era andato subito a genio alla moglie di Tobias e
anche i
bambini erano stati conquistati da quell'omone apparentemente burbero
ma
decisamente di buon cuore. Sul lato della proprietà opposto
a quello dove
sorgeva la villa, erano state erette delle case semplici, essenziali,
ma con
tutto il necessario per una abitazione dignitosa. Servivano ad
alloggiare i
lavoranti scapoli e quelli che, pur avendo famiglia non potevano
permettersi un
alloggio altrove. Nel tempo, alcuni contadini, operai e impiegati
austriaci
avevano fatto arrivare le loro mogli o fidanzate dall'Austria e la
comunità si
era ampliata. Alcuni degli sposati, avevano preferito trovarsi un
alloggio,
seppure economico, nella vicinissima cittadina di Salinas. L'esperienza
maturata da Tobias fino a quel momento e l'alto livello della mano
d'opera
selezionata, dettero subito buoni risultati. Sia Cole che Beker avevano
svolto
un lavoro eccellente. Per ciò che riguardava la produzione
del vino, dovette
intervenire solo con delle minime messe a punto sulle strategie di
coltivazione. In alcuni casi fu necessario rinforzare alcuni vitigni
innestandoli con il tipo Alexander, che già aveva risolto
situazioni analoghe
in passato. In merito alla parte commerciale, egli seppe mantenere i
rapporti
di affari con quasi tutti i suoi clienti americani. La moglie Helena,
dopo un
brevissimo e comprensibile periodo di difficoltà, seppe
integrarsi piuttosto
bene e così anche i due figli Raphael e Christina. Solamente
che, mentre la
figlia seguiva il padre in tutte le occasioni possibili, interessandosi
del
lavoro della campagna nei suoi vari aspetti, per quello che poteva fare
una
bambina di cinque anni, il maschio, ormai di sette anni, non mostrava
nessuna
passione per le colture se non per le macchine che venivano usate nei
lavori
agricoli. Era praticamente affascinato da tutto ciò che era
meccanica e, con il
permesso dei genitori, passava molto tempo nelle officine dove si
riparavano e
si mettevano a punto le varie macchine agricole. Intanto in patria,
purtroppo,
le cose stavano precipitando, almeno dal punto di vista di Tobias. Nel
1936
sotto la pressione di una parte del popolo e della diplomazia
germanica, il
cancelliere Schuschnigg fu costretto a nominare tre ministri
dichiaratamente
filonazisti. Nel marzo 1938, il presidente Miklas fu letteralmente
obbligato a
sostituire il cancelliere con Arthur Seyss Inquart, un avvocato legato
al
nazismo tedesco. Appena nominato, questi chiese alla Germania di
intervenire
direttamente per riportare l'ordine nella nazione e immediatamente,
l'esercito
tedesco invase pacificamente l'Austria. Nell'aprile dello stesso anno
per dare
una parvenza di legalità agli eventi, Hitler fece svolgere,
il 18 aprile dello
stesso anno, un plebiscito che, sapientemente manovrato,
mostrò come quasi
tutta la popolazione austriaca fosse concorde all'annessione. Da quel
momento,
i destini delle due nazioni furono strettamente legati. Ma le cose non
andarono
sin dall'inizio, come sperato dagli Austriaci. Il nome Austria
scomparve,
sostituito dal nome non ufficiale di Ostmark, una nuova provincia
tedesca. La
popolazione ben presto si accorse che le libertà promesse,
le condizioni di
parità con i Tedeschi e la gloria e gli onori, in
realtà erano solo parole e si
resero conto di essere finiti in una condizione radicalmente diversa da
quello
che era lo spirito e la mentalità austriaca. Tobias apprese
con angoscia le
notizie che venivano dalla sua patria e assieme alla moglie si rese
conto di
aver avuto ragione a prendere la decisione di partire. La conferma gli
venne da
una accorata ed amara lettera del suo amico, padre Valentin. Questi gli
scrisse
che fin dal giorno successivo al referendum il Concordato con la Chiesa
era
stato annullato e quindi tutte le libertà religiose promesse
erano state cancellate
e molti sacerdoti erano stati minacciati ed in alcuni casi c'erano
stati
perfino degli arresti. Gli entusiasti avevano dovuto rivedere le loro
convinzioni, ma ce ne erano comunque molti altri che erano convinti che
per
quello che sarebbe derivato dalla unione dei due Paesi, sarebbe valsa
la pena
di accettare qualche piccolo compromesso. Solo il tempo avrebbe potuto
dire chi
aveva avuto ragione. Ma dal tono della lettera si capiva che il
sacerdote non
era per nulla soddisfatto dell'andamento delle cose. Seguirono altre
lettere
che Tobias leggeva trepidante assieme alla moglie. Era vero che i fatti
descritti avvenivano al di là di un oceano, ma loro non
potevano dimenticare
che si parlava della loro patria. In occasione del Natale del 1939, la
lettera
di padre Valentin conteneva gli auguri per tutta la famiglia di Tobias
e poi
notizie su ciò che riguardava i fatti che avvenivano.
Scriveva che il padre di
Helena stava bene di salute ma che era molto amareggiato per il fatto
che il
partito non gli aveva riconosciuto tutto il lavoro di propaganda che
aveva
svolto ed il sostegno prestato in quegli anni. Certo il fatto di una
figlia che
aveva abbandonato l'Austria con tutta la famiglia proprio in quel
momento così
particolare, non aveva deposto a suo favore. Quello sarebbe stata certo
un'altra causa di risentimento nei confronti di Tobias, ritenuto
naturalmente
il principale responsabile di quella scelta. Chi invece si stava
facendo strada
era Daniel Stainer. Egli, con le giuste conoscenze e muovendo le
opportune leve,
aveva raggiunto una discreta posizione. Il punto era che, per ottenere
questo
obiettivo, aveva dovuto usare notevoli capitali, ottenuti, come al
solito, dal
padre che era stato letteralmente costretto a vendere buona parte dei
suoi
terreni, purtroppo a cominciare dai vigneti. Peccato, pensò
Tobias, augurandosi
che fossero finiti nelle mani di qualcuno che sapesse coltivarli
opportunamente. Egli era in contatto epistolare naturalmente anche con
la sua famiglia.
I suoi genitori si facevano vecchi ma stavano bene. Il fratello Hans
provvedeva
a coltivare la terra, assieme alla sorella Julia e al cognato Mario. Da
questo
punto di vista, quindi, almeno poteva stare tranquillo. Anche lui,
però, doveva
affrontare a volte delle questioni che assumevano
una certa rilevanza specie nei
rapporti con gli altri. Il punto era che negli Stati Uniti, il Paese
delle
opportunità e della libertà, si avvertiva a volte
la presenza di uno sgradevole
atteggiamento razzista nei confronti degli stranieri. Egli, con la sua
famiglia,
aveva ricevuto una sorta di trattamento di favore, in quanto
forestiero, che
aveva, però, investito ingenti capitali. In
realtà negli Stati Uniti non era
lontano il ricordo della schiavitù e certi atteggiamenti
circa la superiorità
di razza rispetto ai neri e agli immigrati provenienti da Paesi
particolari,
come quelli del sud Europa, erano ancora molto diffusi. Intorno al
1920,
addirittura prese forza la politica della 'Immigration Restriction
Lodge'
sostenuta dal potente senatore del Massachussets, Henry Cabot Lodge.
Questa si
opponeva e metteva severissime restrizioni alla immigrazione dei popoli
di
razza mediterranea. Per fortuna, dopo la crisi economica del 1929, allo
scopo
di evitare pericolose alleanze fra neri e bianchi europei poveri,
l'atteggiamento divenne assai più morbido e tollerante nei
confronti di questi
ultimi. Si decise di usare una terminologia che racchiudeva tutti i
bianchi
nella categoria dei 'Caucasici' e comunque una ulteriore
classificazione
definiva 'Caucasici bianchi' i cittadini provenienti dal nord Europa.
Così
Tobias , appena trasferitosi, aveva cambiato il nome della famiglia in
Mayr,
illudendosi di poter camuffare meglio la sua origine europea. Tutta la
comunità
legata alla proprietà si era comunque inserita piuttosto
bene nella zona.
Alcuni abitavano tranquillamente nella vicina cittadina di Salinas e
inoltre la
loro attività aveva portato a circolare una maggiore
quantità di denaro in quel
luogo dove ce ne era veramente bisogno. A causa comunque dell'alto
numero di
persone che vivevano nella comunità, Tobias ritenne
opportuno organizzare per
loro un servizio di assistenza sanitaria e per far ciò
contattò il medico
condotto della zona, chiedendogli di passare periodicamente, almeno una
volta a
settimana, per il controllo delle persone con problemi o comunque dei
bambini.
Il dottore in questione era un brav'uomo, un tedesco trasferitosi in
quei
luoghi circa vent'anni prima, in una situazione ben diversa e, sotto il
profilo
sanitario, molto più difficile. Si chiamava Derik Bauer ed
aveva passato da un
pezzo la cinquantina. Aveva accettato di buon grado l'incarico che gli
era
stato proposto da Tobias. In quegli anni, non si era certo arricchito
con il
suo lavoro e conduceva una vita piuttosto modesta occupandosi in
special modo
di persone con scarsi mezzi e che quindi, il più delle
volte, nemmeno lo
pagavano. Anche a Tobias chiese una cifra modesta che però
questi trovava
sempre il modo di arrotondare. Gli piaceva molto quell'uomo e, ogni
volta che
veniva a svolgere il suo lavoro, non mancava di far mettere nel
bagagliaio
della sua decrepita auto un bel cesto di bottiglie di ottimo livello,
gesto che
il dottore aveva mostrato di gradire molto. Nei dintorni
però la comunità veniva
indicata sempre come 'I Tedeschi', anche se loro non perdevano
occasione di far
notare che si trattava di Austriaci. Forse era proprio per questo
atteggiamento
dei locali, sempre venato di una pur minima forma di razzismo, che
Tobias non
vedeva l'ora che passassero i cinque anni di permanenza negli Stati
Uniti per
avviare le pratiche di naturalizzazione per sè e per il
resto della famiglia. I
vigneti avevano intanto raggiunto uno sviluppo ed una
qualità ottimali. Tobias
decise, per l'occasione, di preparare una partita di vino speciale, che
sarebbe
stata distribuita con produzione millesimata in bottiglie con etichette
che
riportavano il nome di Lukas Heder. L'etichetta sarebbe stata di colore
nero e
sopra disegnati in vernice dorata ci sarebbero stati due calici e anche
se
probabilmente nessuno avrebbe conosciuto il significato di quel
simbolo. Il
risultato fu eccezionale. La qualità del prodotto
risultò superiore alle
aspettative e la produzione, salvo naturalmente una quantità
ragionevole di
casse che Tobias
aveva tenuto per sè,
andò a ruba, per diventare un classico ed un articolo da
collezione per
intenditori. Naturalmente anche il sergente Beker ne ebbe una parte. La
gente
avrebbe continuato a parlare a lungo di Lukas, anche non sapendo magari
chi
fosse stato. Ma sarebbe comunque rimasto un tributo alla sua persona.
Le
preoccupazioni per Tobias venivano però sempre dalle notizie
che gli giungevano
dall'Europa, in parte dai giornali, in parte, più
attendibili, dai suoi
contatti in Austria. Il 13 marzo 1939 la Germania si annettè
la Boemia e la
Moravia ma poi l'1 settembre del 1939, iniziò l'invasione
della Polonia. Questo
fatto non piacque molto gli Americani e quasi contemporaneamente giunse
una
notizia che aggravò maggiormente la situazione. Infatti alle
ore 19.00 del 03
settembre 1939, un U-boat, identificato più tardi come
l'U-30, silurò una nave passeggeri,
la S.S. Athenia che portava a bordo circa 1300 civili, principalmente
inglesi e
americani. In realtà la nave non rimase pesantemente
danneggiata dall'attacco
ma subì comunque dei danni che la portarono ad affondare
verso le ore 08.00 del
giorno successivo. Ci fu quindi tutto il tempo per soccorrere i
naufraghi.
Morirono comunque 93 passeggeri civili di cui 16 bambini. Questa cosa
fece
prendere una prima posizione agli Stati Uniti che dichiararono i
Tedeschi e gli
Italiani, a causa delle loro reciproche simpatie, "enemy aliens" ,
ossia stranieri ostili, decisero di internare i marinai tedeschi delle
navi
presenti nei porti americani e un certo numero di Italiani che erano
presenti a
New York per l'esposizione mondiale del 1939. Quando la Polonia , il 29
settembre del 1939 cadde, l'attenzione di Hitler si spostò
su Gran Bretagna e
Francia. Dapprima non ci furono scontri
sul territorio ma solo schermaglie aeree o navali, comunque in una
situazione
di aperto conflitto. Il 12 aprile del 1940 la Germania
iniziò l' invasione
della Danimarca e della Norvegia, iniziativa che si concluse dopo pochi
giorni,
ossia il 12 dello stesso mese. Tobias riceveva quelle
notizie, in parte tramite la
corrispondenza dall'Austria, e in parte dai giornali locali. Egli le
commentava
sempre con i suoi collaboratori austriaci e naturalmente con il
sergente. Le
reazioni degli uomini erano molto diverse. Alcuni, come Tobias, erano
preoccupati per la loro patria e le loro famiglie che erano rimaste a
casa.
Altri invece condividevano le idee germaniche e per questo Tobias
decise di
licenziarli e rimandarli a casa almeno finchè era possibile.
Non voleva
assolutamente, in un momento così delicato, essere coinvolto
in qualcosa di
compromettente per colpa di qualche dipendente, rischiando la sicurezza
della
sua famiglia, dopo aver lasciato proprio per questo motivo il suo
Paese. Il 10
maggio la situazione si fece più tesa perchè la
Germania, passando per il
Belgio, iniziò l'invasione della Francia. Il 10 giugno
Mussolini dichiarò a
sua volta guerra alla Gran Bretagna e alla
Francia, dando così ragione a quanti avevano capito fin
dall'inizio che Italia
e Germania si sarebbero mosse assieme sulla medesima strada. Dopo pochi
giorni,
il 16 giugno, la Francia capitolò e questo fu un brutto
colpo per gli
Americani. L'atmosfera contro i tedeschi e gli Italiani divenne ancora
più
pesante quando si seppe che la Germania, superata la
difficoltà della Francia, l'
11 agosto aveva iniziato apertamente a bombardare le istallazioni
militari su
territorio inglese in vista di una prossima invasione della Gran
Bretagna. A
quel punto gli Americani decisero di cominciare a prendere delle
precauzioni,
almeno per quello che riguardava il loro territorio. Il 29 giugno venne
infatti
promulgata la "Alien Registration Act", un importante documento
ufficiale che obbligava i cittadini stranieri residenti a recarsi
immediatamente presso degli Uffici Postali assegnati, e lì
registrarsi con nome
indirizzo lavoro e prelievo delle impronte digitali. Erano inoltre
obbligati in
ogni momento a comunicare ogni cambio di indirizzo. Questa procedura
doveva
essere ripetuta ogni anno. Tobias, con la sua famiglia e tutti i suoi
dipendenti dovette recarsi presso un Ufficio Postale di Monterey. Era
chiaro
che ogni suo tentativo di defilarsi, allontanare l'attenzione dalla sua
famiglia cambiando nome, non era servita a nulla. Seppe in seguito che
per le
indagini sugli stranieri, era stata mobilitata perfino l' FBI. Diversi
dei suoi
dipendenti austriaci erano molto nervosi e preoccupati e alcuni erano
convinti
che da un momento all'altro sarebbero arrivati i soldati per arrestarli
tutti.
Così qualche giorno dopo, un contadino, che all'inizio aveva
scelto di restare,
indubbiamente terrorizzato all'idea di essere rinchiuso, semplicemente,
scomparve durante la notte. Era un uomo di circa 55 anni, e si chiamava
Koch
Kamil. Tobias, d'accordo con il sergente, decise di rischiare non
denunciandone
la scomparsa, dandogli così il modo di allontanarsi con
più facilità. Il 26
agosto del 1940, gli Inglesi stufi di essere continuamente attaccati
dagli
aerei tedeschi, decisero di dare una lezione alla Germania ed
effettuarono un
pesante bombardamento della città di Berlino. Hitler non
prese affatto bene la
cosa e ordinò ai suoi generali, contro ogni loro tentativo
di dissuaderlo, di
spostare tutti i bombardamenti su Londra, tralasciando quasi
completamente gli
obiettivi militari inglesi. Ci furono delle conseguenze tremende per
gli
abitanti di Londra, ne morirono oltre 20.000, ma questa strategia folle
costò
ai Tedeschi tanti di quegli aerei che Hitler dovette rinunciare alla
fine al
piano di invasione della Gran Bretagna, attivando però, in
alternativa, un
pesante blocco navale. Tobias ed i suoi collaboratori seguivano i fatti
della
guerra percependo attorno a loro un clima sempre più ostile
via via che il
conlitto in Europa si inaspriva. Anche gli affari iniziarono a
risentire della
situazione. Pur se buona parte del commercio continuava all'interno
degli Stati
Uniti, era l'esportazione verso l'Europa che era praticamente crollata.
Con il
proseguire dei giorni, le notizie si susseguivano sempre più
preoccupanti. Gli
eserciti della Germania e dell'Italia, almeno a sentire quanto stampato
dai
giornali, sembravano inarrestabili. Il 30 settembre gli Italiani
iniziarono la
campagna d'Africa. Alla fine gli Americani fecero chiaramente capire da
quale
parte stavano. L' 11 marzo 1941 il presidente Roosvelt firmò
un documento
chiamato "Send Lease Act" con il quale egli potè trasferire
alla Gran
Bretagna una enorme quantità di materiale bellico allo scopo
di consentirle di difendersi
meglio. Intanto i Tedeschi avevano inviato in Africa l'Afrikakorp e,
assieme
agli Italiani, il 6 aprile avevano attaccato la Jugoslavia che
capitolò il 17.
Il 24 aprile anche la Grecia si arrese. Forte di questi successi,
Hitler il 22
giugno iniziò l'invasione della Russia. Non tutto
però sembrava andare nel
migliore dei modi. Ad esempio i giornali
del 27 settembre, riportarono la notizia della sconfitta degli Italiani
in
Africa Orientale. L'ultimo caposaldo a cadere fu la piazzaforte di
Gondar dopo
una cruentissima battaglia. Il clima anti-tedesco subì un
grave peggioramento
quando il 29 giugno, l'FBI arrestò un gruppo di 33
pericolosissime spie che
avevano inviato informazioni alla Germania per mesi. Al comando di un
capitano
sudafricano boero di nome Fritz Jubert Duquesne, le spie si erano
infiltrate in
posti in cui potevano avere accesso a importanti informazioni e, per
spedire le
notizie, si erano serviti perfino di una stazione radio di New York. Il
clima
di sospetto era diventato veramente insostenibile nei confronti dei
cittadini
stranieri. Sui campi di battaglia, invece, apparentemente, per i
Tedeschi, le
cose sembravano andare meglio. Il 4 dicembre, infatti, i giornali
riportarono
la notizia che essi erano giunti in vista di Mosca e si apprestavano a
sferrare
l'assalto finale per la conquista della città. Poi, il 7
dicembre, la
situazione precipitò.
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Capitolo 5 calici imperatore
Capitolo 5^
Arrivò, come una mazzata la
notizia del bombardamento della flotta americana a Pearl Harbour ad opera dei
Giapponesi. Dopo il silenzio attonito per l'enormità e la drammaticità
dell'evento, pian piano iniziò a montare la rabbia dopo aver saputo
dell'attacco a sorpresa, senza nessuna dichiarazione di guerra. Un assalto che
la gente definì vigliacco e disonorevole. I Giapponesi residenti negli Stati
Uniti, cominciarono ad essere guardati con odio e sospetto. Tobias venne a
sapere di azioni cruente nei confronti di alcune persone di origine giapponese
che vivevano e lavoravano a Monterey. Anche uno dei suo lavoranti era giapponese
e abitava a Salinas. Immediatamente il sergente lo accompagnò a casa dove
raccolsero la famiglia e i pochi bagagli che avevano, e tornarono di corsa
nella proprietà dove, almeno per il momento, erano più al sicuro. Nelle città,
per strada, nei negozi, nei locali pubblici, non si parlava di altro. Si
chiedeva vendetta per l'assalto proditorio. Le solite teste calde che
pretendevano ritorsioni immediate e la gente, in generale, era sconvolta.
Moltissimi avevano parenti o almeno conoscenti che erano stati coinvolti
nell'azione. molti altri sapevano che la nazione non era preparata per una
attività bellica di ampia portata e si resero conto che se avessero voluto
rispondere, la nazione si sarebbe dovuta dare da fare e che non sarebbe stata
una cosa tanto rapida nè facile. Tobias e i suoi uomini tentarono di portare
avanti comunque il loro lavoro senza pensare a quello che accadeva fuori della
proprietà. I vigneti andavano comunque seguiti per evitare che si danneggiassero.
Le attività però si svolgevano con un atteggiamento molto particolare. Gli
uomini lavoravano in silenzio, meccanicamente, come se fossero spenti. In
realtà erano preoccupatissimi per ciò che accadeva e ciò che si diceva. E non
avevano torto perchè, pochissimi giorni dopo, l'11 dicembre, la Germania e
l'Italia dichiararono guerra agli Stati Uniti. Ora sì, che forse le cose cominciavano a farsi difficili
per Tobias e la sua gente. Gli Americani, iniziarono subito ad internare gli
stranieri che erano stati identificati e localizzati attraverso la 'Alien
Registration Act', dando naturalmente la precedenza ai Giapponesi. Anche i
Tedeschi e gli Italiani furono internati in appositi campi. Nei primi giorni di
dicembre passò alla tenuta il dottor Bauer per il periodico controllo del personale
e soprattutto dei bambini. Non aveva il solito umore e appariva molto
preoccupato e silenzioso, contrariamente al suo solito. Quando Tobias ed il
sergente cercarono di farlo parlare, dapprima non ne cavarono nulla ma poi,
davanti ad una bottiglia di vino, mentre beveva un buon bicchiere, tirò fuori
tutto quello che si sentiva dentro. "Dopo vent'anni, all'improvviso,
nessuno si ricorda nemmeno chi sono! Fanno finta di non conoscermi! Nessuno si
ricorda nemmeno cosa ho fatto per la comunità! Si sono accorti solo ora che sono
un tedesco. E sono pericoloso! Come una spia, un sabotatore, un assassino. Che
mi sono intrufolato nelle loro case per abietti motivi! Quanti ne ho curati, di
giorno, di notte, con la pioggia, senza chiedere nulla a chi non poteva pagarmi
nemmeno quel minimo che io chiedo alla gente! Basta, all'improvviso, tutto
cancellato. Una settimana fa mi hanno squarciato le gomme della macchina, che
poi mi serviva per un intervento urgente, e sui finestrini ci hanno scritto con
la vernice nera "SPORCO TEDESCO"! Stupidi! E' valsa la pena di
spendersi per questa gente? Ma il bello deve ancora venire. Sapete che succede?
- Si interruppe solo per un istante per vuotare con un lungo sorso il suo
bicchiere - Mi internano! Perchè qualcuno, dall'altra parte del mondo decide di
fare una guerra, io, che vivo pacificamente quì da vent'anni, finisco in campo
di concentramento, in galera! Perchè sono un tedesco!". Tobias ed il
sergente, avevano ascoltato in silenzio l'amarissimo sfogo del dottore. Capivano
profondamente come si dovesse sentire. Anche loro avevano perso l'amicizia ed
il contatto con quasi tutta la gente del posto. Helena ed i ragazzi, che non
andavano più a scuola, ne avevano sofferto moltissimo e i clienti erano
spariti. Povero dottore, non era giusto che le cose andassero in quel modo.
Così il sergente che aveva preso a guardare il dottore in modo strano, disse
qualcosa all'orecchio di Tobias che, prima perplesso, ma poi più deciso aveva
cominciato a guardare il dottore anche lui con sguardo quasi meravigliato. Poi
annuì, ma si, si poteva fare. Allora tutti e due, fecero al dottore la loro
proposta folle, pazzesca. Questi all'inizio rifiutò recisamente. Era troppo
rischioso. Gli altri si sarebbero messi in guai grossi per lui che era solo un
vecchio. Ma alla fine, dietro le loro insistenze, accettò. Due giorni dopo,
nelle vicinanze di River Oaks, a circa 15 miglia a nord di Salinas, fu
rinvenuta la vecchia automobile del dottore. Dopo una sbandata ed una inutile frenata, era
caduta a muso in giù in un grosso canale di irrigazione. Il parabrezza era
infranto e macchiato di sangue. Del corpo, nessuna traccia. Evidentemente,
proiettato fuori dall'auto era stato preso dalla corrente e trascinato chissà
dove. Nell'auto solo un scarpa, un numero notevole di bottiglie vuote e la
vecchia borsa dei ferri, spalancata e quasi vuota. Chissà anche i ferri dove
erano finiti. Lo sceriffo di Salinas con la sua squadra fece dei rilievi
frettolosi. Tanto non c'era molto da dire, evidentemente. Un vecchio ubriacone,
in procinto di essere internato, era finito con la auto in un canale, forse
intenzionalmente, forse solo perchè ubriaco. Qualcuno, un giorno, magari
avrebbe trovato dei resti lungo il canale ma per ora il caso era chiuso. Intanto,
alla tenuta, ora era di nuovo presente Kamill Koch, come se non fosse mai
andato via. Forse un po' meno giovane, con la pelle meno abbronzata, con
qualche chiletto in più ma a parte gli occhiali, che ora però portava solo di
rado, sembrava proprio lui. Vestiva con grande naturalezza abiti da lavoro ed
abitava serenamente nel suo alloggio. 'Era' lui, tutti gli altri sarebbero
stati pronti a giurarlo. Aveva comunque cambiato mansione, passando dalla
coltivazione della terra al controllo della qualità del vino. Tobias ed i suoi
erano stati apparentemente lasciati in pace probabilmente perchè, da parte delle autorità,
si era deciso di scindere le
responsabilità degli Austriaci e dei Coreani dalle azioni dei Tedeschi e dei
Giapponesi. Per questi ultimi erano stati creati molti campi di internamento,
in particolare, nelle immediate vicinanze di Salinas ce ne erano due. Uno era a
nord di San Francisco, si chiamava Angel Island e non aveva affatto una buona
reputazione. Un altro era stato realizzato a San Pedro, a poche miglia a sud di
Los Angeles. Non era insolito vedere il traffico dei camion addetti al
trasporto di merci e di persone relativo a questi due campi e la cosa
innervosiva parecchio sia Tobias che la sua gente. Un'altra cosa che li
innervosiva molto, era il sospetto di essere sempre sotto osservazione da parte
di qualcuno, in modo molto discreto, segreto, ma si capiva che questa
sorveglianza c'era ed era permanente. C'era sempre qualcuno che sostava a
chiacchierare in corrispondenza dei punti di ingresso della proprietà, si
vedevano delle automobili, sempre le stesse, che si spostavano lungo il
perimetro della tenuta, a velocità molto bassa, come qualcuno che va a spasso
senza nessuna fretta. Altri, di quando in quando, si affacciavano nei varchi
della recinzione come per curiosare sulle varie attività agricole. Il punto era
che le persone coinvolte non erano assolutamente delle facce conosciute, come
se venissero da altri posti. Poi, una notte, verso la fine di gennaio del 1942,
Tobias ed il sergente furono destati da forti grida. Erano i contadini che
abitavano nella proprietà che erano stati svegliati dal tremendo puzzo di fumo
e poi dalle fiamme che ormai si levavano altissime dal capanno delle macchine
agricole, che si trovava al vertice nord ovest della proprietà. Dentro c'erano
quattro trattori di ultimo modello che venivano usati per i vari lavori. Il
fortissimo odore di carburante che aleggiava tutto intorno, faceva pensare ad
un incendio di tipo doloso. Intervenendo in forze e coraggiosamente, Tobias e
gli altri riuscirono a domare le fiamme non senza che queste avessero però
arrecato seri danni. Due trattori erano andati completamente distrutti, mentre
gli altri due, che il sergente ed un altro coraggioso erano riusciti a portare
fuori malgrado le fiamme, potevano essere recuperati. Oltre al capannone,
l'incendio aveva attaccato anche una ampia zona coltivata, dove per fortuna non
c'erano vitigni di grande valore. Quando lo sceriffo di Salinas giunse con i
suoi uomini, ormai era tutto finito. Sulle pareti del capanno però ancora si
leggevano delle scritte fatte alla meglio con la vernice nera che dicevano
"Morte ai Nazisti" e ad un grosso ramo di un albero adiacente, erano
state appese delle robuste corde terminanti con un cappio. Se la motivazione
per quell'atto era razziale, allora nessuno di loro poteva sentirsi più al
sicuro. Anche difendersi diventava difficile perchè nel corso della procedura
legata alla Registration Act, era stato spiegato chiaramente a tutti loro, che
non erano autorizzati a possedere e tantomeno usare a nessun titolo armi da
fuoco, pena l'internamento immediato. Il poliziotto si limitò a una veloce
occhiata e consigliò di stare più attenti la prossima volta, magari separando
il carburante dalle macchine. Malgrado gli fosse fatto osservare che il carburante
era conservato in un apposito capanno piuttosto distante, lo sceriffo escluse
il dolo e disse di non volere essere disturbato per quelle sciocchezze. In
fondo non si era fatto male nessuno. Quanto ai cartelli, magari erano solo lo
scherzo macabro di qualche ragazzino. Nessuno in quella zona aveva mai avuto
atteggiamenti razzisti. Quelli della tenuta, quindi, capirono che dovevano
cavarsela da soli. Le autorità locali non avevano nessuna voglia di
immischiarsi in fatti che riguardavano degli stranieri e per di più tedeschi,
specie a rischio di scoprire che magari in quella bravata ci poteva essere
coinvolto qualche 'rispettabile' cittadino di Salinas. Forse questo grave atto,
poteva essere collegato alla presenza di quelle persone misteriose che
sembravano controllare la proprietà. In realtà delle armi le possedevano, lo
stesso Tobias, per la sicurezza della famiglia, aveva un grosso revolver che
teneva prudentemente ben nascosto nel suo studio ma che era comunque a portata
di mano, ma sapevano che avrebbero potuto usarle solo in caso estremo, per il
concreto rischio di essere internati. Per avere un pur minimo senso di
sicurezza, quasi tutti i lavoratori si offrirono volontari per un servizio di
pattugliamento notturno. Al posto delle armi avevano dei poderosi bastoni e
altri attrezzi da lavoro, con la capacità e l'intenzione di usarli appena ne
avessero vista la necessità. Stranamente e malgrado lo sceriffo avesse detto
chiaramente che lui di ciò che accadeva in quel posto se ne infischiava
allegramente, più volte, durante le notti seguenti, una auto della polizia si
recò a controllare la situazione ma fu presto chiaro che la cosa che gli
premeva verificare era che effettivamente il personale di pattuglia non usasse
armi da fuoco. Sia Tobias che il sergente convennero che il comportamento degli
agenti era quanto meno strano. Sembravano più attenti a coglierli in fallo che
altro. E poi tutti e due cominciarono a pensare alla stessa cosa. Che forse i
poliziotti cercavano la sicurezza che, in caso qualcuno avesse tentato un altro
atto vandalico, non avrebbe corso il rischio che gli sparassero. Tutti e due
tennero la cosa per sè, perchè era effettivamente un sospetto gravissimo e non
se la sentivano di condividerlo con nessuno. Intanto ormai le uniche notizie
che ricevevano della guerra derivavano dai giornali perchè, evidentemente, la
corrispondenza con i familiari era ormai interrotta. In Russia l'esercito, a
causa del disaccordo tra i vari generali e di alcuni errori tattici e di valutazione
commessi da Stalin, era quasi in rotta ed i Tedeschi sembravano avanzare senza
difficoltà. Il 12 maggio del 1942 arrivò la tremenda notizia che le truppe
americane del generale McArthur di stanza
alle isole Filippine, erano state costrette alla resa. Caddero nelle mani dei
Giapponesi 76.000 uomini di cui 12.000 Americani. La risposta del popolo fu
comunque quella di reagire e cercare di restituire con gli interessi tutte le
perdite subite. Molti corsero ad arruolarsi e l'industria della guerra cominciò
a marciare a pieno ritmo. Gli affari di Tobias, però, continuarono ad andare
sempre peggio. Parecchi clienti smisero di inviare ordini con la motivazione
che in quel momento critico per la nazione, non era il caso di sperperare soldi
in generi di lusso. In realtà a Tobias risultava che essi avevano semplicemente
cambiato fornitore senza nessun motivo apparente. Comunque lo sforzo bellico
cominciò a dare i suoi frutti. Il 5 giugno 1942, la flotta americana alla isole
Midway inflisse una pesante sconfitta alla flotta giapponese, affondando, fra
l'altro, le più importanti e potenti portaerei nemiche. Pochi giorni dopo, il
16 giugno, l'America inviò in Egitto in aiuto degli alleati, 300 nuovi carri
armati Sherman e 100 potentissimi cannoni semoventi. Alla tenuta, intanto, le
cose sembravano tornare alla normalità. Il brutto episodio dell'incendio
sembrava destinato a rimanere un caso isolato ed il pattugliamento notturno,
andava ora avanti più per scrupolo che per vera necessità, tanto che si era
pensato di sospenderlo. E invece, il 25 giugno, al mattino, gli operai che si
recavano al lavoro trovarono i due loro colleghi che coprivano l'ultimo turno
di pattugliamento della notte, legati ad un albero. Erano bendati e
imbavagliati ed erano stati pesantemente malmenati. Tutti e due avevano al
collo un cappio ed un cartello scritto con la stessa vernice nera della volta
precedente. Anche la scritta era la stessa: "Morte ai Nazisti". Non
era finita, dunque. Qualcuno ce l'aveva con loro e non li avrebbe lasciati in
pace. Anche questa volta lo sceriffo, sia pure davanti all'evidenza dei fatti,
cercò di sminuire l'accaduto e disse comunque in tono assai poco convincente,
che si sarebbe occupato della cosa. Il clima, nella tenuta, si era fatto molto
pesante. Ciononostante gli operai e i contadini avevano deciso di rimanere
ognuno al loro posto, sia perchè lì avevano il loro lavoro e sia perchè, se
veramente qualcuno ce l'aveva con loro, sarebbero stati comunque più al sicuro
nella proprietà che fuori di lì, dove sarebbero stati anche isolati. Qualche
giorno dopo, si fermò davanti alla sede degli uffici della tenuta, una grossa
automobile nera, una elegante Mercury Eight del 1939. Ne scesero due uomini che
chiesero di parlare con il signor Mayer. Uno dei due, il più anziano, era
piuttosto basso di statura e in evidente sovrappeso. Di carnagione piuttosto
scura, era vestito molto elegantemente con un doppio petto grigio perla.
L'altro, più giovane, era di carnagione chiarissima e molto alto. Vestiva in
modo appena decoroso ed aveva con sè una grossa borsa di cuoio. Tobias li
ricevette immediatamente, convinto di trovarsi davanti a dei nuovi clienti. L'uomo
più anziano, si presentò invece come l'avvocato Mariano Flores e indicò l'altro
come il suo assistente e segretario sig. John Perry. L'avvocato iniziò il suo
discorso mantenendosi sul vago. Disse di aver osservato il posto, di aver
notato la qualità del lavoro svolto, di aver apprezzato gli ottimi risultati
che avevano ottenuto, la qualità di ciò che avevano prodotto. Mentre parlava
Tobias si faceva sempre più inquieto. Non capiva dove l'altro volesse andare a
parare ma temeva che, alla fine, la sorpresa sarebbe stata piuttosto
sgradevole. Questo anche perchè il viso rotondo e i caratteri somatici
dell'altro avrebbero potuto suggerire un carattere placido e tranquillo solo
gli occhi, dallo sguardo freddo e penetrante, smentivano quella prima
impressione. Decise comunque di stare al gioco, se non altro per sapere cosa
volevano quei due, pronto, semmai, a farli mettere alla porta se ne avesse
ravvisata la necessità. Offrì comunque loro qualcosa da bere, che gli altri
accettarono. Fu portata una ottima bottiglia di vino e ad ognuno venne offerto
un calice. Quando ebbe vuotato il suo bicchiere, esprimendo grande
apprezzamento per la qualità di quello che aveva bevuto, finalmente l'avvocato
si decise ad entrare in argomento: "Signor Mayer, come le ho detto, io
svolgo la mia professione di avvocato nella città di Salinas e dintorni. Ho
l'onore di conoscere molta gente e mi pregio dell'amicizia di persone
importanti ed influenti. Forse sarà per questo, che qualcuno ha deciso di
affidarmi un importante e delicato incarico. Mi occupo della sorveglianza e dei
contatti con i cittadini stranieri presenti su questo territorio. lei ha
realizzato quì qualcosa di straordinario, di speciale. Si vede che ci ha
lavorato con passione. Naturalmente il merito va anche a tutti i suoi
dipendenti, indubbiamente delle persone di valore, ognuna dedita solo al
proprio lavoro. Lei ha perfino portato a circolare soldi in questo posto
dimenticato da Dio. Ma, sa come è fatta la gente. Lei purtroppo è un tedesco, e
le persone parlano, dicono un sacco di stupidaggini, poi magari qualcuno beve
troppo.... insomma sa com'è. Si parla di nazisti, di spie....". "Di
spie? - saltò su Tobias che cominciava ad averne abbastanza di quel tipo che aveva già
catalogato come farabutto e contemporaneamente, senza farsi accorgere premette
un pulsante posto sotto il bordo della scrivania - Anzitutto non sono tedesco
ma austriaco e poi, sappia che ho preferito abbandonare la mia patria piuttosto
che avere a che fare con quella gente!"."Si, si, - replicò l'altro
con fare conciliante - Non volevo assolutamente che lei capisse male. Stavo
solo facendo un discorso generico. Perchè
io lo so bene che lei è austriaco e so anche che lei è una persona a posto.
Lo so con certezza. Vede, come le ho
detto a causa del mio incarico mi interesso dei rapporti con i cittadini
stranieri. Controllo che sia tutto a posto, verifico permessi, regolarità dei
documenti, atteggiamenti nei confronti della nazione americana". A questo
punto i suoi occhi si fecero di ghiaccio perchè stava trasmettendo un chiaro
messaggio e parlava lentamente perchè l'altro non perdesse una parola. "Se
io avessi avuto qualche sospetto sulla sua persona, o su qualcuno dei suoi
collaboratori, sarebbero già arrivati i soldati e vi avrebbero immediatamente
trasferito in un campo di concentramento per stranieri ostili più vicino".
Ora che aveva fatto capire quanto fosse pericoloso, il suo sguardo si addolcì e
Tobias cominciò ad avere veramente paura. L'altro gli aveva decisamente
lanciato un chiaro messaggio che non lasciava dubbi. Voleva qualcosa e non accettava
rifiuti perche' l'altro, aveva lasciato capire era completamente nelle sue mani.
Da una persona simile, poteva aspettarsi di tutto. "Come dicevo - continuò
l'avvocato - io so bene che lei e tutti voi siete delle persone a posto ma la
gente sa com'è, ha paura, non si fida. E c'è sempre qualche testa calda,
qualche agitatore che chiacchiera troppo, che fomenta. E magari una notte, dopo
qualche bicchiere di troppo degli scalmanati vanno da qualche parte e bruciano
un magazzino, pestano qualche poveraccio.... così. Fin'ora direi che vi è
andata bene ma chissà, se la cosa si ripetesse, senza nessuna protezione da
parte della polizia, magari qualcuno potrebbe farsi male davvero". Tobias
che aveva chiaramente capito dove voleva andare a parare l'altro, decise di
stare al gioco. "E secondo lei c'è una soluzione a questa storia?". "Ma
certo, si tratta solo di trovare delle persone esperte, dei professionisti.
Magari ex poliziotti o ex militari che, per
un giusto compenso, le garantirebbero la sicurezza per la proprietà e
per le persone che ci abitano e ci lavorano". "Bene, allora si può
fare. E, trovando queste persone, quanto mi potrebbe costare il
servizio?". L'altro fece finta di pensarci un po' e poi disse una cifra di
media portata. Tobias che si era aspettato di peggio, ritenne che avrebbe
potuto pagarla senza rovinarsi e se con quel sistema, le aggressioni e gli atti
vandalici sarebbero terminati, erano soldi ben spesi. "Lei conosce per
caso qualcuno in grado di svolgere questo lavoro?"."In realtà io non
mi occupo di queste cose ma posso incaricare il mio assistente, affinchè si
muova in modo tale da organizzare la cosa in non più di una settimana". Ma
evidentemente c'era dell'altro perchè l'avvocato continuò. A questo punto
Tobias capì che non era finita. Dopo avergli fatto capire che lo teneva
praticamente in pugno, Flores si
preparava a sferrare un altro colpo. "C'è un'altra cosa che posso fare per
lei" - se era dello stesso tenore
dell'altra, Tobias poteva essere sicuro che stava per ricevere ancora una bella
stoccata - "Signor Mayer, ho casualmente saputo che i suoi affari, per motivi
che si possono anche comprendere, in questo periodo non vanno proprio al
meglio, anzi, non vanno per nulla. Chissà quanta merce invenduta deve avere nei
suoi magazzini". Effettivamente i magazzini, a causa della perdita dei
clienti e della revoca di parecchi ordini erano pieni fino all'orlo e pur
avendo le botti e le cisterne colme di vino non aveva potuto procedere
all'imbottigliamento dell' ultimo prodotto con il rischio che si rovinasse di
lì a poco. Ma ora Tobias ritenne di aver capito cosa era accaduto e perchè gli
si era fatto il vuoto intorno. Era caduto proprio nelle maglie di un autentico
serpente a sonagli. "Casualmente - continuò Flores - ho conosciuto proprio
di recente, delle persone che potrebbero essere interessate a risolvere i suoi
problemi. Sarebbero in grado di assorbire buona parte della sua produzione.
Però, s'intende che trattandosi di amici e inoltre disposti ad aiutarla in un
momento difficile, anche lei dovrebbe mostrare un po' di elasticità con i
prezzi, magari con un piccolo sconto sul prezzo d'ingrosso, che sò il 35% per
esempio". "Ma così non ci rifarei nemmeno le spese - obiettò Tobias
che ormai si controllava a stento - Fra gli oneri, i salari e le spese varie,
forse con un po' di fortuna, riuscirei ad andare appena in
pari!"."Lei ha ragione, ma si tratta di superare un momento
difficile. E poi immagini, se dopo aver rifiutato la generosa offerta magari il
vino si rovinasse o non potesse più venderlo, allora avrebbe perso molto di più
che il suo guadagno. Non è d'accordo?". Non c'era via di uscita. O vendere
o perdere tutto magari a causa di un altro fortuito incidente o atto vandalico
o chissà cosa. Alla fine però Tobias riuscì a ridurre lo sconto al 30% e fu in
grado di ottenere che gli amici di Flores non avessero l'esclusiva e che se lui,
quindi, avesse trovato altri clienti, sarebbe stato libero di commerciare con
loro. L'avvocato con un sorriso di superiorità accettò e andò via dicendo che
presto il suo assistente si sarebbe rifatto vivo per concretizzare tutti gli
elementi degli accordi che avevano trovato. Appena fu uscito, si aprì una porta
secondaria dello studio ed entrò il sergente che era stato chiamato con il
suono del pulsante, perchè ascoltasse tutto quello che era stato detto nella
stanza senza essere visto. Era furente tanto che Tobias, che era fuori dai
gangheri anche lui, dovette invece calmarlo. Convennero che alla fine era
veramente una situazione difficile. L'altro li avrebbe spolpati ben bene per
quanto possibile. L'unica consolazione era che visto che per lui costituivano
la 'gallina dalle uova d'oro', non li avrebbe rovinati, almeno per adesso.
Comunque per il momento dovettero accettare le condizioni dell'avvocato e
perfezionare gli accordi con il suo segretario che puntualissimo, dopo due
giorni, era tornato proprio per definire i dettagli dell'affare. Un gruppo di
persone avrebbe pattugliato per 24 ore su 24 la proprietà e almeno la metà del
carico giacente nei magazzini sarebbe dovuta partire per raggiungere i nuovi
clienti che si sarebbero impegnati a pagare in 60 giorni. Peggio di così non
poteva andare, anche perchè erano venuti a sapere che in una piccola impresa
meccanica, gestita anch'essa da Austriaci, a seguito di un rifiuto del
proprietario di assecondare le richieste di Flores, il giorno stesso tutti i
dipendenti ed i familiari, erano stati trasferiti senza complimenti nel campo
di Angel Island, vicino a San Francisco. Solo dopo un paio di giorni, nella
tenuta si resero conto che il servizio di pattuglia che ufficialmente proteggeva
la proprietà in realtà aveva anche lo
scopo di sorvegliarne tutte le attività. Helena, vedendo il marito preoccupato
cercava di consolarlo dicendogli che la guerra non sarebbe durata per sempre e
che in fondo sarebbe potuto andare peggio. C'erano anche i due bambini che,
dopo i fatti vandalici, non andavano più a scuola per prudenza, come gli altri bambini
della comunità, e alla loro educazione provvedevano le famiglie medesime. I due
genitori avevano preso in considerazione l'eventualità di mandare i ragazzi
altrove ma, alla fine, raggiunsero la conclusione che con l'aria che tirava
forse erano più al sicuro fra le mura della tenuta. Tutta colpa di quella
maledetta guerra!
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7 calici imperatore
Capitolo 6^
Continuavano a giungere le
notizie dai vari fronti. il 17 luglio del 1942, i Tedeschi per motivi
strategici, cinsero d'assedio la città di Stalingrado con l'intento di prendere
alle spalle le armate russe che a mala pena si difendevano. Intanto anche gli
Americani, intervennero in Africa, allargando il fronte. Il giorno 8 novembre
1942, allo scopo di alleggerire la pressione dei Tedeschi sugli alleati, gli
Americani sbarcarono in Marocco e in Algeria secondo un'operazione chiamata operazione
Torch. Nel mese di novembre e dicembre i Russi inflissero pesanti perdite ai
Tedeschi che avevano perso ormai tutto il loro slancio. Nello stesso periodo il
corpo di spedizione italiano in Russia venne completamente sopraffatto e i
pochi superstiti cercarono scampo in una
disastrosa ritirata da cui tornarono in pochi. Intanto alla tenuta le cose
procedevano in modo tranquillo. Il servizio di sorveglianza sembrava funzionare
in quanto non c'erano stati altri problemi e gli amici dell'avvocato Flores
pagavano la merce puntualmente, seppure a prezzi davvero molto bassi. Comunque
la situazione era vivibile e non sarebbe durata per sempre. Ormai anche i
ragazzi erano cresciuti. Raphael era ora un bel ragazzo alto, longilineo, con i
capelli biondi ed i tratti sottili di sua madre. Aveva ora 15 anni ed era
sempre appassionato di motori e macchine. Guidava il trattore meglio di un
adulto ed alla fine il padre decise che avrebbe potuto rendersi utile in quel
modo visto che, per motivi di sicurezza, non andava più a scuola, cosa di cui il
ragazzo non si doleva affatto. Nemmeno la figlia Christina andava a scuola ma
per lei era invece una ingiustizia e non riusciva a mandarla giù. Lei ora aveva
13 anni, un'età piuttosto difficile e molte poche amiche. Di corporatura più
robusta del fratello ma ben fatta, somigliava al padre. Al contrario del
fratello, passava molto tempo nei campi ed era affascinata dal lavoro dei
viticultori relativo agli innesti. Lei stessa, a forza di seguirli ed imitarli,
era divenuta abilissima. Si era messa alle costole di William Cole, che
sovraintendeva ancora al controllo qualità di tutte le fasi dei lavori, a
cominciare dalla condizione dei vitigni fino ad ogni fase della vinificazione.
Questi dapprima l'aveva sopportata per cortesia nei confronti del principale ma
poi, in brevissimo tempo aveva cominciato a nutrire una sincera curiosità per
le capacità di quella ragazzina che imparava così in fretta da avere addirittura
delle idee interessanti e a volte geniali circa possibili innesti e tecniche di
coltivazione. Tutti e due i ragazzi non riuscivano a capire appieno la
situazione che stavano vivendo. Tutti e due si sentivano americani ma sapevano
bene di essere nati in un altro Paese. E proprio quel Paese, ora era
apparentemente a fianco di quelli che avevano provocato questa guerra con morti
e feriti da tutte le parti. Potevano capire che la gente del posto avesse del
risentimento nei loro confronti, ma lo ritenevano profondamente ingiusto. Fino
a poco tempo prima, erano amici di tutti e andavano d'accordo con tutti e poi,
d'improvviso, dovevano quasi nascondersi. I genitori cercarono di spiegare loro
la situazione ma i ragazzi avevano difficoltà ad accettare le cose. Queste
discussioni poi facevano tornare sempre in
mente a Tobias e ad Helena che loro, in Austria, avevano sempre le loro
famiglie, di cui non avevano saputo più nulla. Per evidenti motivi, si pensò
che le vacanze di Natale del 1942 sarebbero passate un po' in sordina, anche se
tutti nella proprietà cercarono di darsi da fare perchè almeno i bambini e i ragazzi
presenti nella tenuta non si sentissero troppo soli, dopo essere stati isolati
da quelli 'fuori'. Poi però pensarono che se proprio dovevano 'fare gli
Austriaci', allora tanto valeva farlo fino in fondo! La grande sala del reparto
spedizioni, fu addobbata con festoni e stelle di Natale. In un angolo, un
enorme abete con tutte le decorazioni e
le candeline. Era stata allestita una lunghissima tavola, capace di ospitare
almeno un centinaio di persone. A fianco dell'albero, i giovani della comunità
si erano sbizzarriti, allestendo un bel Presepio con tutti i pupazzi che erano
riusciti a trovare o costruire. La sera di Natale, si riunirono tutti in
un'atmosfera di grande trepidazione. Dalla cucina, che era stata allestita a
fianco del salone, iniziarono ad arrivare le vivande. Si cominciò con le
tradizionali 'frittatensuppe' e la 'griessnockerlsuppe' che furono accolte con
un grande applauso e presto spolverate. La stessa sorte toccò ai secondi
piatti. Gans, oca con mele, castagne e gnocchi di patate o farcita ai krauti.
Per chi preferiva il pesce, vennero serviti piatti di carpa con verdure e carpa
al vino rosso, il tutto innaffiato dal miglior vino disponibile. Tutti i
commensali erano tornati a parlare naturalmente l'Austriaco, dapprima in modo
quasi casuale poi, in modo sempre più ostentato, forse per sentirsi più vicini
alla loro Patria lontana o per sfida a quel Paese che, seppure all'inizio li
aveva accolti benevolmente, ora li trattava come indesiderabili. Alcuni ragazzi
più giovani, avevano addirittura difficoltà a capire la lingua. Al momento del
dolce, furono accolte con applausi le torte della tradizione. Vennero servite
la 'kaisershmarron' e la 'sachertorte' guarnite con 'bratafte', le mele dolci
al forno, a volontà. Alla fine della cena, tutti cominciarono a ricordare le
festività passate . Allo scoccare della mezzanotte, si ritrovarono commossi davanti
al Presepio, mentre i quattro bambini più piccoli mettevano al suo posto il Christkindl,
il Bambinello, e intonarono l'inno Still Nacht, molti, fra cui Tobias, con
qualche lacrima, pensando ai parenti lontani o a qualche fantasma del passato. Fu una bellissima festa. ll Capodanno del
1943 passò senza fatti particolarmente eclatanti. La vendemmia era andata bene
ed anche tutti i passi successivi. Il vino era nelle botti ed ora restava da
imbottigliare quello che sarebbe stato venduto di lì a pochi mesi. Certo, non
era una gran prospettiva quella di lavorare tanto per raccogliere le briciole, visto il
ristrettissimo guadagno che consentiva la vendita agli amici dell'avvocato
Flores, ma si trattava in ogni caso di andare avanti, di sopravvivere, in
attesa che la guerra in qualche modo terminasse, tanto, clienti nuovi non si
sarebbero presentati. Era chiaro che la manovra veniva tutta da Flores. Fu
pertanto una sorpresa quando, alla fine di gennaio, si fermò davanti agli
uffici, con una frenata ad effetto, una auto sportiva, una Buick Super coupè
del 1940. Ne scese agilmente un uomo con un elegantissimo cappotto di cammello
e con un ampio berrettone con visiera. L'uomo chiese di vedere il 'capo' e la
segretaria lo inviò all'ufficio di Tobias. Fu per questo una grossa sorpresa
perchè, dopo aver bussato alla porta, entrò nell'ufficio una faccia conosciuta.
Il buonumore di Tobias per aver riconosciuto il nuovo entrato che si era
presentato con il suo solito sorriso smagliante e la mano tesa, non durò molto.
Si trattava infatti di Henry Dowson, il gangster, o almeno così gli avevano
detto. Strinse comunque la mano al nuovo arrivato e gli fece cenno di sedersi.
Gli venne da pensare che quella poltrona davanti alla scrivania, da un po' di
tempo accoglieva degli emeriti farabutti. Però, nel caso di Dowson, non capiva
il perchè, ma non riusciva a provare vera diffidenza o astio. In qualche modo,
gli era simpatico e comunque in affari, con lui, si era sempre dimostrato un
vero gentiluomo. "Allora, caro signor Myer, come vanno le cose? - esordì
il visitatore. Tobias notò che aveva usato il nome 'americanizzato'. - So che per
l'uva avete avuto una buona annata". "Si, non mi posso lamentare ma questo
cosa interessa a voi?"."Ah, signor Tobias, si dimentica che siamo
stati in affari per un pezzo, prima dello scoppio della guerra. Ed ora? Lei si
dimentica dei suoi vecchi clienti?"."Lei vuol dire che sarebbe
interessato ad acquistare di nuovo i nostri prodotti? Credevo che la guerra
avesse fatto diminuire di molto la richiesta dei nostri vini"."Chi
glielo ha detto, quella carogna di Flores?"."Lo conosce?"."Sta
scherzando? Chi non conosce quel lurido bastardo? Se si vuole sopravvivere nel
mondo degli affari e soprattutto in queste zone, è meglio sapere tutto di
quelli che ci lavorano e, mi creda, Flores è uno dei più pericolosi e scorretti.
E quel suo assistente poi? Quello è il personaggio da tenere più in
considerazione perchè, ad un cenno del suo principale, è disposto a qualsiasi
efferatezza. In qualche modo, brigando, ricattando, imbrogliando l'avvocato è
riuscito a farsi dare quell'incarico governativo che gli consente di spremere
gli stranieri a suo piacimento"."Lo so bene, è passato anche di
quì"."Mi è stato detto. Scommetto che nella sua proprietà ci sono
stati un paio di episodi sgradevoli come un incendio, un pestaggio di operai, un
danneggiamento di attrezzature. Poi le si è fatto il vuoto attorno ed i suoi
clienti sono spariti. E dopo un pò si fa vivo Flores e le consiglia una
protezione di gente in gamba e le trova dei nuovi clienti. E' così che è
andata?". "E' esattamente così. E'successo spesso anche ad
altri?". "Praticamente a tutti i cittadini stranieri che poteva
minacciare o ricattare. Ed alcuni, da cui non era possibile o non è riuscito a
spremere nulla, sono serviti egregiamente come esempio, mandati dalla mattina
alla sera al campo di internamento"."Lo sospettavo, ma cosa è venuto
a fare quì da me, non certo una visita di cortesia"."Effettivamente
sono venuto anche per osservare la situazione. Mi hanno colpito molto le
persone che vi proteggono. Guardie il giorno e incendiari la notte, organizzati
da John Perry"."Voi dite che sono gli stessi? Effettivamente lo
sospettavo". "Ora il punto è che mentre la guerra va avanti, la gente,
almeno 'certa' gente, non ha rinunciato a divertirsi. Continua a mangiare e a
bere, a bere soprattutto, e in certi ambienti i clienti sono piuttosto
esigenti. A me serve il meglio e perciò sono quì da voi. Con la guerra
purtroppo il canale di approvvigionamento europeo si è interrotto e l'unico che
conosco, in grado di produrre un vino capace di competere con quello europeo è
lei. Sarebbe disposto a correre il
rischio di rientrare in affari con me?". "Beh, con Flores ho tenuto a
specificare che non avrei dato l'esclusiva ai suoi clienti e, perciò, mi
ritengo libero di vendere a chi voglio io"."Badate, vi devo avvisare
per correttezza. Con l'avvocato non sarà uno scherzo. Potrebbe prenderla male.
Tenete presente che mentre loro pagano il vostro vino a prezzi vergognosi, lo
rivendono a prezzo pieno guadagnandoci moltissimo"."Si, lo credo
anche io ma allo stesso tempo non mi farà nulla di male, anche perchè gli
frutto dei bei soldini ogni mese"."Allora siamo d'accordo. Per ogni
cassa di vino io le pagherò il prezzo
pieno, in contanti e alla consegna". Si dettero la mano e conclusero un
patto vantaggioso per tutti e due. I clienti dell'avvocato, avrebbero avuto
metà della produzione ma l'altra metà sarebbe andata a Dowson. Il sergente non
sembrò ottimista sull'esito di questa trattativa. Intanto perchè aveva sentito
parlare di Dowson e non certo in termini positivi e poi sospettava che
l'avvocato non avrebbe gradito l'iniziativa. Le consegne avvennero comunque
puntuali e Dowson pagò come stabilito il prezzo pieno e in contanti. Tobias
fece presente che non potevano limitarsi a sopravvivere ma che avevano bisogno
di soldi per le manutenzioni, la sostituzione dei pezzi rotti delle
attrezzature, e poi, con la guerra, i prezzi di ogni cosa erano saliti
notevolmente. A metà febbraio, Flores si presentò di nuovo, accompagnato dal
suo inseparabile assistente. Questa volta il sergente volle essere presente al
colloquio e non ci fu modo di dissuaderlo. Dovette comunque promettere che non
sarebbe intervenuto se non interpellato, qualsiasi cosa fosse accaduta. L'avvocato
si sedette nella solita poltrona e con tono veramente afflitto iniziò a
parlare:"Caro signor Mayer, sono rimasto veramente colpito e addolorato da
quello che è accaduto! Io a volte non so proprio cosa fare con voi stranieri.
Non è forse vero che mantengo quì tutta la vostra comunità, non ho fornito
forse un servizio di protezione che vi salva da attacchi vandalici di qualche
matto pericoloso? E quando ho saputo che avevate difficoltà economiche, non vi
ho forse trovato dei clienti che vi hanno salvato dalla bancarotta?" - Quì
fece una pausa come per raccogliere le idee mentre Tobias, apparentemente
impassibile ascoltava, temendo la prosecuzione del discorso. E con ben altro
tono, rispetto a prima, quasi gridando e alzandosi a metà sulla poltrona -
"E lei cosa fa per ringraziarmi? Cosa fa? Si mette in affari con un gangster!
Con una persona che ha pendenze con quasi tutti gli stati d'America! Un
mascalzone, un farabutto della più bell'acqua" - Uno come te, pensava
Tobias, più preoccupato dall'espressione del sergente che pareva voler saltare
alla gola di Flores da un momento all'altro che per le velate minacce
dell'avvocato - "E ora che facciamo? - chiese questi più che altro per
retorica - Come ne usciamo? Per una cosa del genere, potrei sbattervi tutti in
campo di internamento. Tutti!"."Sono sicuro che un modo per rimediare
lei sapra' trovarlo" - disse Tobias con voce incolore, rassegnato a chissà
quale richiesta di Flores. "Certo, il modo si trova sempre. Per fortuna
che io, come avvocato, conosco i modi per tappare le magagne della gente che
agisce con superficialità, come voi". Tobias dovette trattenere Beker per
un braccio prima che si gettasse sull'avvocato e disse invece con voce spenta e
rassegnata:"Allora cosa dobbiamo fare, secondo lei". "Ah, bene,
vedo che ha capito e che accetta di seguire i miei consigli - Tobias in realtà
doveva essere grato al sergente perchè, impegnato a trattenerlo, non poteva
pensare a saltare direttamente alla gola di Flores per strangolarlo con le sue
mani - Quì ci vuole un gesto, un gesto
importante. Un gesto di buona volontà". "Ossia?". "Beh, un
bel gesto patriottico, naturalmente, che possa far orientare di nuovo
benevolmente l'opinione pubblica nei suoi confronti. Ha sentito parlare dei
Buoni di Guerra?". Certo che Tobias aveva sentito parlare dei buoni di
guerra o del 'prestito d guerra' come lo chiamavano alcuni. Pressato dalle
spese legate al fatto di dover allestire un esercito efficiente e in fretta, il
Governo aveva emesso dei buoni che venivano continuamente e ininterrottamente
proposti ai cittadini americani, affinchè li sottoscrivessero. Per promuoverli,
avevano perfino fatto tornare dal fronte coloro che si erano distinti nelle
varie battagli combattute e facevano tenere loro delle conferenze con ottimi
risultati. "Bene - riprese Flores - io le propongo l'acquisto di un certo
numero di buoni, certo per una cifra discreta. Sennò il gesto che peso
avrebbe?"."Di che cifra stiamo parlando?"."Beh, pensavo
almeno..... 3000 dollari!". "Cosa? Pezzo di mascalzone!" - Tuonò
Beker facendo l'atto di saltare addosso a Flores. Si udì, come a sorpresa, la
voce piatta e atona dell'assistente
"Calmo, amico, pensa bene a quello che fai!" - mostrando il
calcio di una grossa pistola che era estratta a metà dalla sua fondina.
"Fermo Beker. Flores ha ragione. - intervenne Tobias, valutando che
avevano contro tutte le carte. Avrebbero potuto sparargli e cavarsela senza
alcun problema. Non era in quel modo che si poteva risolvere la situazione di
quello sfruttatore. Con atteggiamento che non ammetteva repliche prese il
sergente per un braccio e lo accompagnò alla porta. -"Qui basto io - gli
disse. E poi rivolto a Flores - Va bene allora. Aiutiamo il Paese a combattere.
Come sistemiamo la cosa?". L'avvocato che dopo lo scatto del sergente
aveva mostrato viva agitazione, ora si era calmato e, valutato che aveva di
nuovo tutto sotto il suo controllo, rispose calmo : "Nessuna formalità.
Lei dà a me i 3000 dollari in contanti, ed io provvederò all'acquisto. Tutto
quì". Tobias non poteva che accettare e quindi fissarono un ulteriore
appuntamento per perfezionare l'accordo. Anche se lui non ne aveva parlato in
famiglia della questione di quello sfruttatore, , sua moglie Helena, aveva
capito che qualcosa non andava. Lo vedeva sempre preoccupato e teso, ma lui le
diceva che il suo umore dipendeva dalla guerra. Era vero che loro ormai si
sentivano americani, ma rimaneva il fatto che la loro origini erano europee,
austriache. Fino a pochi anni prima avevano vissuto in Austria, con i loro
parenti, con i loro amici. Forse erano proprio alcuni di loro che in quel momento
stavano vivendo le tremende vicissitudini di cui parlavano i giornali in quel
periodo. Infatti il 2 marzo 1943 la 6^ armata tedesca stremata, esausta fu
costretta alla resa a Stalingrado. Una reazione tedesca, il 15 marzo, per
cercare di arginare l'avanzata dell'esercito russo, sembrò all'inizio avere
successo ma poi, nei mesi successivi, i Tedeschi iniziarono a indietreggiare. Gli
affari nella proprietà proseguivano ora alla meno peggio. Le forniture, quasi
in perdita agli amici dell'avvocato, venivano appena bilanciate dai guadagli
ottenuti con la vendita di modeste quantità di merce a Dowson, bilanciate da
qualche ulteriore acquisto di buoni di guerra che però Tobias non aveva mai
visto. Alla fine Flores aveva capito che la vendita del vino a Dowson poteva
essere più conveniente per lui, perchè il denaro estorto con la scusa dei Buoni
di Guerra finiva direttamente nelle sue tasche, piuttosto che in quelle dei
suoi amici. Però con questi ultimi, alla fine, qualcosa doveva essere andata
storta inducendolo a cambiare atteggiamento.
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Capitolo 7b calici imperatore
Capitolo 7^
Tobias venne infatti a sapere che alcuni
uomini di Flores avevano fermato i camion di Dowson, distruggendone il carico,
al punto che quest'ultimo aveva deciso di scortare personalmente i mezzi. Intanto alla tenuta le cose comunque
procedevano. Tobias aveva a cuore soprattutto la sorte di quelle persone che
lui aveva cominciato a considerare 'la sua gente', non tanto con un atteggiamento
paternalistico e di comando ma con un senso di grande responsabilità nei loro
confronti per averli portati in quel posto, dopo avergli promesso pace,
prosperità e possibilità di migliorare. E naturalmente per la sua famiglia, a
cominciare dai suoi figli. La moglie Helena si era rivelata una donna
eccezionale, dotata di grande carattere e capacità decisionale. Non solo,
spesso era lei che, dopo aver capito tutto ciò che era accaduto con Flores, lo
consolava e lo stimolava ad andare comunque avanti, e per la sua abilità, le
donne della comunità avevano imparato a consultarla per avere consigli e
sostegno. I due figli, apparentemente avevano trovato una loro strada. Christina
procedeva con il suo lavoro sul campo, provando vari innesti per rafforzare i
vitigni e giocare sapientemente con i sapori sempre supportata da William Cole,
il capo enologo, affascinato dalle iniziative di quella ragazza che, da allieva,
ora era diventata una discreta esperta. Raphael, sempre interessato da tutto
ciò che era meccanico, si occupava delle macchine e dei motori della tenuta,
con vera passione. Da quando poi aveva veduto dei vecchi aerei utilizzati per
irrorare i campi con le sostanze necessarie alla cura dei vigneti, gli era
presa la fissazione del volo e apparentemente pensava solo a quello e parlava
sempre di quello. Naturalmente Tobias era contrario a qualsiasi iniziativa in
merito. Dovevano muoversi con i piedi di piombo e attenti a non dare
nell'occhio con strane iniziative. Malgrado ciò si accorse che Raphael usciva
spesso con il furgone della tenuta con la scusa di collaudare il motore e
rientrava dopo due o tre ore molto eccitato. Così un pomeriggio che lo vide
uscire, verso la fine di marzo, lo seguì per vedere in cosa consistesse
effettivamente quel collaudo di cui il ragazzo parlava sempre. Ci rimase
malissimo quando, dopo una decina di chilometri verso sud, raggiunsero una
aviosuperficie alla periferia di una cittadina di nome Spreckels. Tobias,
tenutosi a debita distanza, vide il ragazzo scendere dal furgone e correre
verso un vecchio aereo biplano Avro 504, colore verde oliva, residuato
certamente della prima guerra, con il motore già in moto. Lo vide scambiare
qualche parola con qualcuno che era già seduto nella carlinga, nella postazione
posteriore. Poi prima che riuscisse ad intervenire, Raphael era già salito a
bordo e l'aereo aveva cominciato a rullare sulla pista. Con un rumore del
motore quanto meno incerto, il vecchio aereo, dopo un brevissimo rullaggio, si
sollevò da terra e iniziò a prendere quota con un'ampia virata verso destra.
Allora, ecco i collaudi, pensò Tobias. Diavolo di un ragazzo. Ed ora, come
doveva comportarsi? Si guardò attorno e vide un vecchio capannone con a fianco
un ufficio con ampie finestre vetrate piuttosto sporche. All'interno vi regnava
un disordine sovrano, con pile di fogli di carta, bottiglie vuote, oggetti vari
e un vecchio divano che suggeriva l'idea fosse usato spesso per dormirci sopra.
Nel capannone si vedevano alcuni aerei, tutti apparentemente molto datati e una
zona con macchinari e pezzi smontati, di certo la parte dell'officina. La
pista, era in terra battuta e non sembrava nemmeno in ottime condizioni. Rivedendo
quell'aereo particolare volare nel cielo, sentì tornargli alla mente dei brutti
ricordi di molti, moltissimi anni prima. Ricordò la trincea, il fischio delle
bombe sganciate dagli aerei, il terrore dei mitragliamenti a bassa quota. Era
infatti proprio quel tipo di aereo, che gli Inglesi utilizzavano di solito per
l'addestramento dei piloti, che era stato usato contro le truppe austriache
negli ultimi periodi della guerra nella zona del Piave. E Tobias lo ricordava
bene. Si premette per un attimo le mani sugli occhi per avere il tempo di
cacciare quei tremendi fantasmi e tornare con la mente alla situazione più
urgente. Suo figlio a bordo di quel trabiccolo, nel cielo. Dopo alcuni minuti
riuscì a vedere di nuovo l'aereo che, allineatosi con la pista, si accingeva ad
atterrare. L'aereo toccò il suolo e dopo un paio di rimbalzi ed una breve corsa
si arrestò. Raphael, che aveva visto e riconosciuto il padre sui bordi della
pista, scese dall'aereo togliendosi un casco di cuoio piuttosto usurato e corse
verso di lui. Poi restò fermo, in attesa che il padre parlasse, pronto a subire
una solenne sgridata. Invece Tobias che era una persona concreta si limitò a
chiedere: "Da quanto va avanti questa storia?". "E' solo da un
mese, papà, ma sono diventato bravo! L'aereo lo pilotavo io!".
Incredibile, pensò Tobias, un ragazzo di sedici anni che in un mese impara a
pilotare un aereo. Poi, di nuovo, pensò ad altri ragazzi, molti anni prima, che
si alzavano nel cielo con lo stesso sguardo esaltato che vedeva negli occhi di
suo figlio, e che non tornavano più. In quel mentre, li raggiunse un uomo molto
anziano, magrissimo, con il volto scavato e degli strani capelli ricci di
colore indefinibile. Appariva estremamente trasandato ma inspirava uno strano
senso di simpatia. Tobias, ignorando la mano tesa che l'altro gli aveva porto,
quasi lo aggredì :"Lo sa quanti anni ha questo ragazzo? E lo sa che il
padre, cioè il sottoscritto, non vuole assolutamente che voli su uno di questi
trabiccoli?". L'espressione dell'uomo si fece di colpo dura. "Quali
trabiccoli? Non si permetta!" Quasi avesse perso il controllo, afferrò
Tobias per un braccio e letteralmente lo trascinò verso il vicino aereo senza
che potesse opporre resistenza."Guardi se questo è un trabiccolo! Questo è
un signor aereo e bello robusto. Magari non è nuovo, ma è perfetto!". E
cominciò a mostrargli tutti gi elementi dell'apparecchio. Effettivamente la
manutenzione appariva impeccabile. La fusoliera e le ali apparivano riparate in
più punti ma le falle erano state coperte ed il tutto riverniciato. I tiranti
che controllavano gli impennaggi erano ben tesi e lucidi. Gli interni erano
pulitissimi ed il motore era lucente. Per Bacco! La cura era stata condotta
quasi a livello maniacale. Dopo quel tour 'obbligato' Tobias riuscì finalmente
con uno strattone a liberare il braccio dalla stretta ferrea dell'altro che
sembrava andasse calmandosi. "Va bene, va bene, gli aerei sono a posto ma
mio figlio ha solo 16 anni. Come le è venuto in mente di farlo salire
sul'apparecchio e di farglielo pilotare per giunta!"."Perchè suo
figlio ha un talento naturale per il volo e per i motori. La prima volta che è
arrivato quì, di certo per curiosità, io stavo riparando un motore. Non solo mi
ha aiutato ma, dopo qualche informazione che io gli ho fornito, ha praticamente
messo a punto e su un motore che non aveva mai visto. Incredibile, proprio
perchè ha 16 anni!"."Lo sa che siamo austriaci? Cosa ritiene che la
gente penserebbe sapendo che uno 'straniero ostile' gli svolazza sulla testa?
Magari a un bell'atto di spionaggio? Lo sa che la nostra situazione è legata ad
un filo e che, al primo sospetto, finiremo dritti dietro ad un filo spinato
tutti quanti?". Si pentì subito di aver detto quelle cose davanti al
figlio che aveva assunto un'espressione estremamente sorpresa e preoccupata, ma
ormai il danno era fatto e tanto prima o poi lo sarebbe venuto a
sapere."Scusi - disse l'uomo - non avevo pensato a tutto questo. Io qui
vivo quasi fuori dal mondo, passo più tempo in aria che con i piedi per terra.
A volte non mi rendo conto di come stanno le cose attorno a me perchè, da lassù,
è tutto più bello, più pulito. Se permette, mi chiamo Peter Moran e sono un
vecchio pilota. Quando suo figlio è venuto qui, abbiamo cominciato a parlare di
motori, di macchine e di aerei. Mi era sembrato quasi naturale portarlo con me
a fare un giro. Poi è tornato e si è prestato per fare piccoli lavoretti, e
così, poichè le mie finanze non sono davvero floride, lo ripago così,
insegnandogli a pilotare un aereo. Ha visto di cosa è capace?". Tobias che
si era calmato, ora tese la mano al vecchio pilota e rispose più disteso: "Si,
l'ho visto, in special modo quando, in atterraggio, ha cominciato a rimbalzare
come una palla sulla pista. Meno male che i suoi aerei sono robusti!".
Osservò Raphael che era arrossito violentemente. Poi il ragazzo, preso coraggio,
disse :"Papà, lo sai che il signor Moran esegue anche le irrorazioni dei
campi con il suo aereo? Non pensi che ci potrebbe servire per spargere le sostanze sui nostri vigneti?". Effettivamente
poteva essere una buona idea. Per le varie operazioni di aspersione del terreno
venivano adoperate notevoli risorse e per lungo tempo. Si riservò di pensarci.
Sapeva bene che ormai, proibire al figlio di frequentare quel posto, era
completamente inutile. In fin dei conti non faceva nulla di male e poi,
esauriti i suoi compiti alla tenuta, avrebbe impiegato utilmente il suo tempo.
Si fece promettere dal vecchio aviatore e da Raphael che il ragazzo non avrebbe
più dovuto volare senza il suo permesso, tanto per salvare la faccia, perchè
conoscendo il carattere di suo figlio, sapeva bene che valore poteva avere
quella promessa e tornò verso i vigneti, valutando seriamente l'opportunità di
usare un aereo per il trattamento delle coltivazioni. Seppe che effettivamente
altri coltivatori della zona lo usavano con piena soddisfazione e quindi alla
fine dette l'incarico a Peter Moran. Ufficialmente, solo per facilitare il
carico delle varie sostanze chimiche nei serbatoi dell'aereo adibito al lavoro,
Raphael con una pala meccanica, riuscì a ricavare una sorta di pista di atterraggio
e decollo in una zona interna alla proprietà. Tobias fece finta di crederci e
mostrò di non accorgersi che, ogni volta che l'aereo, fatto il carico delle
varie sostanze da irrorare, prendeva il
volo, il ragazzo sgattaiolava a bordo. Era convinto che in effetti fosse il
figlio a pilotare mentre il vecchio pilota si limitava a controllare il lavoro
che comunque veniva svolto in modo preciso e meticoloso. Va bene, pensò che
imparare a pilotare un aereo poteva sempre tornare utile. Confinante con i suoi
terreni, a sud, c'era un bell'appezzamento di sei ettari, pianeggiante,
regolare, che a suo tempo Tobias aveva cercato di acquistare. Purtroppo il suo
proprietario, un uomo ormai vecchio, di nome Jonas McEwan, non aveva mai voluto
rinunciarvi. Egli aveva capito il valore che per il vecchio aveva quel terreno
e non aveva insistito. Aveva infatti saputo, fra le altre cose che, vicino alla
casa, in una valletta riparata dagli gli alberi, il vecchio Jonas, assieme alla
moglie, avevano seppellito la figlia Mary, morta nel 1926, all'età di 16 anni,
per una violenta polmonite trascurata. Sul terreno c'erano delle coltivazioni
di vario tipo e anche parecchi filari di vite del vitigno Alexander che però
non apparivano molto curati perchè l'uomo, per l'età avanzata e gli acciacchi,
ormai non riusciva a seguire tutto. Nel tempo erano diventati buoni conoscenti
e in alcuni casi si erano scambiati dei favori. A metà del mese di aprile,
Tobias venne a sapere che purtroppo il vecchio Jonas, mentre lavorava nei suoi
campi, era caduto battendo la testa ed era morto senza riprendere mai
conoscenza. Al funerale, cui parteciparono diverse persone della tenuta, c'era
solo la moglie Margaret, di diversi anni
più giovane, perchè ormai non avevano più parenti ne' amici. Fu Helena che in
quella circostanza, con le sue amiche, si occuparono della povera donna,
cercando di consolarla e di aiutarla per quanto possibile. Qualche giorno dopo
il funerale, la vedova chiese di palare con Tobias. Appena possibile, lui andò
a trovarla nella sua modesta casa. Notò dei mobili piuttosto usurati, una
grande austerità negli arredi e molte vecchie fotografie incorniciate su una
mensola, tutto però estremamente pulito ed in ordine. La donna, che appariva
distrutta dal dolore, entrò subito in argomento. Gli disse che il marito aveva
sempre nutrito una grande stima nei suoi confronti e gli dispiaceva di non
avergli venduto il terreno che però, per lui, rappresentava tutta la vita e
senza il quale non avrebbe più avuto uno scopo. Tobias rispose che aveva
compreso appieno la situazione e per questo non aveva più insistito per
l'acquisto. Ora però, evidentemente, le cose erano cambiate e gli confidò che
il marito aveva espresso più volte il desiderio che, se gli fosse accaduto
qualcosa, il terreno fosse ceduto a Tobias. Per la proprietà la donna gli
chiese 8000 dollari. Effettivamente la terra li valeva tutti, anzi
probabilmente di più. Questi rimase molto commosso e disse alla donna che ci
avrebbe pensato. In effetti quel terreno gli sarebbe piaciuto ma al momento,
messo alle strette dalle continue richieste di denaro da parte dell'avvocato, non
era sicuro che fosse in grado di effettuare quell'acquisto. Quando parlò della
cosa con Helena, questa obiettò : "Povera donna, mi fa proprio pena! Lo
sai che è rimasta sola al mondo? Anche se è l'ultima cosa che vorrebbe,
purtroppo è costretta a vendere. Deve affrontare molte spese, a cominciare
dalle tasse sul terreno. Se non l'aiutiamo noi, rischia di essere raggirata da
qualche farabutto che le prenderà il terreno per un pezzo di pane e la butterà
in mezzo alla strada. Qualcuno come il tuo caro avvocato
insomma!"."E' proprio per il mio caro avvocato che non posso
affrontare spese impreviste! Con i soldi che ci estorce ogni mese, con i magri
guadagni che otteniamo dalla vendita del vino, praticamente stiamo a galla solo
per i soldi che ci dà Dowson! 8000 dollari sono una bella cifra! Sai che
avevamo stabilito di non toccare il capitale"."Permettimi solo di parlare
con la signora McEwan. Ho un'idea che potrebbe anche funzionare.". Tobias,
che si fidava ciecamente di lei, fu d'accordo. Aveva piena fiducia in sua
moglie che forse aveva intravisto qualche possibilità che a lui era sfuggita e
poi chissà che, parlando fra donne, non raggiungessero un qualche valido
accordo. L'elemento che aveva fatto riflettere Helena era che la signora McEwan
le aveva confidato, durante il funerale, di essere sola al mondo e di non aver
altro posto dove andare se non in qualche terribile ospizio. L'accordo fu
presto trovato. Poichè, alla fine, a Tobias la casa non interessava, la signora
avrebbe continuato ad abitarci vita natural durante, come se fosse ancora di
sua proprietà. Avrebbe quindi continuato a vivere nella sua casa e nel suo
terreno. Il personale della tenuta avrebbe provveduto a tutti i lavori necessari per la manutenzione
e i lavori agricoli che si sarebbero intrapresi a discrezione di Tobias, che si
sarebbe inoltre occupato di pagare tutte le tasse. La cifra pattuita per l'accordo,
a questo punto era di 5000 dollari. Naturalmente, per ora, l'accordo rimaneva
segreto perchè giustamente Tobias ritenne fosse meglio non dare nell'occhio con
affari immobiliari che avrebbero potuto far nascere strane idee nella mente contorta
di qualcuno. Alla fine, un buon accordo, forse più per la donna che per lui.
Infatti ora si trattava di stabilire come utilizzare quel nuovo appezzamento.
Fu proprio Willam Cole che gli suggerì la soluzione. Entrò nel suo studio con
una bottiglia senza etichetta ed un paio di bicchieri per sottoporre al palato
di Tobias un vino nuovo, un vino particolare. Prima di assaggiarlo, Tobias ne
versò un pochino nel bicchiere, lo osservò in trasparenza e lo annusò a lungo
perchè non riusciva a dargli una collocazione fra i vini che producevano. Il
colore era un delicato rosè, mostrava un moderato perlage, per cui appariva
frizzante ma non troppo e l'aroma era particolare, suggeriva un sapore secco ma
speziato. Con uno sguardo vago a Cole, si decise ad assaggiarlo. Il gusto lo
sorprese. Fresco, delicato e frizzante al punto giusto. All'assaggio appariva
secco ma il retrogusto, come un sapore di noce moscata, lasciava in bocca un buon
sapore. Senza quasi pensarci, ne versò un altro bicchiere, più abbondante
questa volta, e lo bevve completamente. Cole che ridacchiava, gli disse:
"E' quello che ho fatto anche io la prima volta che l'ho
assaggiato."."Ma..... lo produciamo noi? E' roba
nostra?"."Ma è buono o no? Che ne pensa?"."E' ottimo! Ma
quanti gradi ha e soprattutto, da dove viene fuori?"."Mi dispiace
veramente dover ammettere che non è farina del mio sacco. Se permette, il
responsabile è qui fuori ed aspetta il responso per sapere se può entrare o
cambiare attività"."Come cambiare attività! Ma fatelo entrare, gli
voglio fare i complimenti!". Figurarsi come rimase quando, dopo che Cole
ebbe aperto la porta ed ebbe chiamato qualcuno che aspettava fuori, vide
entrare..... Christina. "Questa diavoletta - disse Cole - a forza di
trafficare con gli innesti ha tirato fuori questo risultato!E tutto da sola!
Credo sia da più di un anno buono che ci lavora sopra!"."Beh, che dire?
Credo sia un magnifico risultato. Ma come ti è venuta l'idea?"."Ho
pensato che mentre voi uomini gradite un vino dal sapore forte e deciso, -
iniziò la ragazza con piglio di una donna matura - magari una donna può avere
piacere a bere un vino più leggero, più gentile e magari fresco e moderatamente
frizzante. Così, utilizzando un vitigno di base che è l'Alexander, ci ho
innestato vari vitigni con le caratteristiche che mi servivano. Alla fine ho
selezionato il Blaver Wildbacher che voi utilizzate per ottenere il vino
Schicher di colore rosato e ne ho ingentilito il sapore con il Beerenausleese
che ha dato anche la base frizzante. Il tutto con una gradazione contenuta.
Infatti è fra i nove e i dieci gradi"."Ma questo è un lavoro fra
l'alchimia e l'ingegneria!". Esclamò ammirato Tobias che, per quanto
esperto, non avrebbe mai pensato a quella soluzione. "Guarda caso, sul
nuovo terreno abbiamo diversi filari di Alexander! Si tratterà di rinforzarli e poi di procedere
con questo esperimento. Vale la pena di tentare". Così il nuovo terreno
venne affidato a Christina e ad una squadra di volenterosi operatori i quali,
conoscendo l'abilità della ragazza, non ebbero nessuna obiezione a dipendere da
una persona così giovane. La prima cosa che però la ragazza saggiamente volle
fare, fu di andare a trovare la vecchia proprietaria. La signora apprezzò molto
il gesto e la prese subito in simpatia. Disse alla donna cosa intendevano fare
ed essa si rassicurò molto sentendo che in realtà la proprietà non sarebbe
cambiata molto. Sarebbe stata solo intensificata la coltivazione della vite.
D'altronde quel terreno aveva dei luoghi veramente speciali. C'era un torrente
che proveniva da una cascatella e per un certo tratto scorreva fra gli alti
alberi e alcune aree dove era bellissimo fermarsi e anche solo per ascoltare la
natura, fra i profumi degli alberi, dell'erba, dei fiori. La signora disse che
in realtà loro erano i nuovi padroni e potevano fare quello che volevano, solo
era un pò preoccupata per la tomba della figlia. Christina che non ne sapeva
nulla, chiese di visitarla e, raggiunto il luogo, non molto lontano dalla casa,
rimase molto colpita dall'atmosfera quasi sospesa di quel luogo particolare in
mezzo agli alberi e si commosse per la sorte della ragazza. Rassicurò la donna
che nessuno si sarebbe permesso mai di mancare di rispetto a quel posto e che
quindi poteva stare tranquilla. Nei giorni seguenti i lavori cominciarono, con
l'opera di otto uomini agli ordini di Christina che, per la sua determinazione
e le sue idee chiare, sorprese un po' tutti. I vitigni Alexander già esistenti,
vennero sistemati e rinforzati, molti altri, vennero piantati e quando fu il
momento, si procedette con i vari innesti. Il risultato fu una prima modesta
vendemmia, però con grappoli incredibili, pieni di acini piccoli e dolcissimi. Durante
quel periodo, la vedova McEwan, andando a visitare la tomba della figlia,
rimase senza parole. In pochi giorni la piccola radura era stata ripulita dagli
sterpi e dai rami secchi. Ad una certa distanza dalla tomba era stata
realizzata sapientemente, con delle pietre del posto, una comoda panchina e
tutto intorno erano state piantate delle aiuole piene di fiori. La donna seppe
che ogni membro della squadra che lavorava li, si era dato da fare e li volle
ringraziare tutti abbracciandoli uno per uno. Poi disse loro che la sua casa
sarebbe stata sempre aperta e li invitò comunque a pranzo. La sua cucina era
fantastica ma le sue torte erano speciali. Disse loro che ne avrebbero trovata
sempre una fetta. E infatti gli uomini che lavoravano in quell'appezzamento
durante gli intervalli del pranzo o comunque delle lavorazioni, presero
l'abitudine di passare dalla signora, che aveva sempre per loro una tazza di
caffè ed una fetta di torta. Il caffè non era proprio un granchè ma la torta
era sempre speciale. Alla fine riuscirono a farle accettare anche un piccolo
pagamento per la consumazione, dicendole che se fossero andati in paese
avrebbero speso molto di più ma per qualcosa di molto meno buono.
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
Capitolo 8 calici imperatore
Capitolo 8^
All'inizio di giugno, un
pomeriggio, dopo aver caricato le casse di vino previste, due camion di Dowson
partirono per raggiungere la loro destinazione. Molto più tardi, quella notte, qualcuno
bussò insistentemente alla porta di casa di Beker e questi, aprendo la porta si
trovò davanti un uomo, piuttosto malconcio che ne reggeva faticosamente in
piedi un altro vistosamente ferito e che perdeva molto sangue. "Presto,
fateci entrare!" - disse con voce rotta per la fatica quello che
sorreggeva il compagno. Il sergente preso alla sprovvista, prima di farsi
domande, spalancò la porta e li fece entrare. L'uomo che aveva parlato, si
diresse subito verso il divano su cui distese il ferito. "Presto, qualcosa
per fermare il sangue e poi dell'acqua!" - disse con voce così decisa, che
Beker , consapevole della gravità della situazione obbedì senza discutere. Fu
comunque una sorpresa accorgersi che l'uomo che stava soccorrendo l'altro,
seppure stravolto dalla fatica e dal dolore di una ferita ad una spalla, altri
non era se non lo stesso Dowson. Era chiaro che doveva essere accaduto qualcosa
di gravissimo. Prima chiamò Tobias e poi, subito dopo, il dottore. Questi fu
molto pessimista sulle condizioni del ferito più grave e disse che se non si
poteva portarlo in ospedale, quasi certamente sarebbe stato spacciato. Ma fu
presto chiaro a tutti che questo era impossibile. Dowson disse che, appena li
avessero rintracciati, li avrebbero
fatti fuori senza pensarci due volte. Iniziò a raccontare che gli uomini
dell'avvocato gli avevano teso un agguato. Poi, prima di poter dare ulteriori
spiegazioni, svenne, un pò per il sangue perduto, un po' per la stanchezza e un
po' per lo shock della ferita. Si resero conto immediatamente che, se era
coinvolto Flores, poteva essere pericoloso tenere quegli uomini in quel posto
ma nessuno se la sentì di abbandonarli al loro destino. Immediatamente il sergente uscì di casa per
tentare di cancellare le tracce lasciate dai due uomini. Per fortuna si erano
spostati sulla strada sterrata per cui fu facile far rivoltare un pò la terra
da due operai e le tracce sparirono in fretta. Altrettanto in fretta il sangue
venne lavato via dalle zone in cemento. Ora dovevano solo sperare che nessuno
li avesse visti entrare nella proprietà, anche se non avevano capito come
avevano fatto ad arrivare lì. Quando Dowson riprese conoscenza il giorno dopo, potè
raccontare cosa era accaduto durante la notte precedente ma, prima, volle
sapere come stava l'altro ferito. Il dottore gli disse che era stato fatto il
possibile. Aveva ricevuto due colpi di arma da fuoco per fortuna in punti non
vitali ma la perdita di sangue era stata veramente forte. Non conoscendo il
gruppo sanguigno, non si era azzardato a fare una trasfusione. Per fortuna
Dowson lo conosceva e, appena saputolo, il dottore organizzò immediatamente una
serie di trasfusioni con l'aiuto degli uomini della tenuta che si erano
dichiarati disponibili. Le cose erano andate così: fatto il carico, per non
dare nell'occhio, i camion avevano preso la strada fra le montagne verso sud
per raggiungere la cittadina di San
Miguel a circa 80 miglia di distanza dove li aspettavano i loro clienti.
Invece, a metà del percorso circa, fra la cittadina di Soledad e quella di
Greenfield, in una zona isolata, nel buio della notte, due automobili avevano
sbarrato loro la strada e gli occupanti
avevano aperto il fuoco sui mezzi, che si erano dovuti fermare. Per fortuna,
anche gli uomini dei camion erano armati ed avevano potuto rispondere al fuoco,
limitando, almeno all'inizio, i danni. Purtroppo gli 'altri' erano molto
numerosi ed alla fine, avevano preso il sopravvento. I camion erano stati dati
alle fiamme e gli autisti erano morti. Dowson, con due suoi aiutanti, era
riuscito ad appropriarsi di una delle macchine che avevano bloccato la strada.
Velocemente era riuscito ad inserire la marcia ed a partire ma una sventagliata
di mitra, aveva colpito uno dei suoi e lui stesso alla spalla. Inseguiti, erano
tornati verso Salinas mentre si scambiavano colpi di arma da fuoco con gli
inseguitori. Un colpo di pistola sparato da Dowson aveva raggiunto l'autista
dell'altra auto che era finita immediatamente fuori strada. A quel punto i
fuggitivi si erano resi conto di essere nelle immediate vicinanze della tenuta
di Tobias. Dowson ed il ferito avevano raggiunto a piedi la casa mentre,
l'altro uomo, incolume, aveva proseguito la corsa per far perdere le tracce e
per liberarsi della macchina lontano da quel luogo. Dowson disse che, appena
possibile, lui ed il suo compagno se ne dovevano andare perchè la loro
permanenza rappresentava un grosso rischio per tutta la comunità. Tobias,
invece, rispose che non c'era nessun pericolo. Lo sceriffo o Flores avrebbero
potuto buttare all'aria ogni centimetro
quadrato di quel posto senza trovare nulla. Il nobile spagnolo che aveva fatto
costruire quella villa aveva collaborato con le missioni spagnole che
favorivano la fuga degli schiavi neri e che ne curavano la fuga verso il
Messico. Così nella casa erano state ricavate stanze segrete e passaggi
nascosti che Tobias aveva iniziato a scoprire nel tempo. C'è da dire che molti
di quegli ambienti erano stati scoperti dai ragazzi che avevano preso quella
ricerca come una specie di gioco. Alcuni passaggi e segreti erano veramente
geniali e nessuno avrebbe potuto facilmente trovarli, a meno di non abbattere
intere parti dell'edificio. Quando Dowson sentì questo, fece presente che se
Flores sospettava che loro fossero nascosti lì, non avrebbe esitato a radere la
casa al suolo. La cosa era a quel punto piuttosto preoccupante perchè, in uno
di quegli ambienti già era alloggiata dai tempi di Pearl Harbour la famiglia di
uno degli operai giapponesi che lavorava nella tenuta. Certo, fece osservare il
sergente che i guai se li andavano proprio a cercare. Prima davano ricetto ad
una famiglia di nemici dichiarati della nazione, poi davano rifugio ad un
ricercato nazista, nella persona del dottor Bauer ed infine decidevano di
nascondere e curare dei pericolosi criminali. altro che tolleranza. Stavolta
erano spacciati. E invece, alla fine, la
soluzione, per fortuna la trovarono. Infatti, quando dopo due giorni, giunsero
nella proprietà alcune unità di polizia comandate dallo sceriffo di Salinas,
incaricate ufficialmente di cercare dei pericolosissimi evasi dal campo di
Angel Island, che alcuni testimoni avrebbero visto aggirarsi proprio in quella
zona, non trovarono nulla malgrado una meticolosa perquisizione dei locali
della casa, degli uffici e delle cantine. Avevano portato con loro dei cani che
forse avrebbero effettivamente fiutato qualcosa di sospetto anche attraverso un
passaggio o una porta segreta. Ci fu un assurdo e ingiustificato accanimento
nelle ricerche che spinse alcuni uomini a guardare perfino nei cassetti e negli
armadi senza nessun riguardo. Quando andarono via gli uomini avvisarono di non
farsi illusioni perchè sarebbero ritornati. Se non avessero saputo qualcosa,
non avrebbero fatto certo quella dichiarazione. Tobias, che aveva subìto
assieme ai suoi, passivamente, quella prepotenza, a quel punto fu sicuro che
anche lo sceriffo e i suoi uomini erano sul libro paga di Flores. Avrebbero
dovuto aumentare il livello di attenzione. Ormai erano praticamente allo
scontro con l'avvocato il quale non era uno stupido e aveva capito che loro, in
qualche modo, dovevano aver aiutato Dowson. Quello stesso pomeriggio Tobias, il
sergente ed il dottore si recarono a visitare i feriti che erano stati accolti
nella casa della signora McEwan che si era prestata gentilmente ad ospitarli. Avevano
fatto bene a non rendere pubblico l'acquisto del terreno, così, adesso, nessuno
poteva collegare i due possedimenti. Margaret era stata molto contenta di
rendersi utile e soprattutto di aver aiutato a ingannare Flores che con lei non
era stato affatto gentile. Solo che, quando si trovò davanti il dottore,
sbiancò come se avesse visto un fantasma. "Derik! - esclamò - Ma.... tu...
sei morto!". "Mi dispiace
signora - rispose l'uomo - ma di certo mi scambia con qualcun altro. Io mi
chiamo Kamill Koch e lavoro con il signor Tobias da molto tempo".
"Puoi dire quello che vuoi ma io ti conosco bene - rispose la donna che
non voleva darsi per vinta - hai frequentato questa casa per anni. Tu sei Derik
Bauer"."Signora, posso capire il vostro atteggiamento perchè,
effettivamente, fra me e quel signore c'è effettivamente una vaghissima
somiglianza. Io però sono solo un contadino e poi quel tipo sembra fosse un
pericoloso criminale nazista, forse anche una spia. Ora sembra che sia morto o
comunque sparito. Allora diciamo che sta bene dove sta e che semplicemente è
meglio che la gente si dimentichi di lui". Margaret capì al volo come
erano andate le cose e quindi rispose: "Mi scusi signor Kamill, ma credevo
di aver riconosciuto in lei un vecchio amico, il dottor Bauer che conoscevo
molto bene. Non era affatto come l'ha descritto lei, era una persona speciale che io ero onorata di conoscere". Detto
questo accompagnò i tre uomini dai feriti che erano in un capanno poco lontano
dalla casa, confortevolmente alloggiati. Stavano decisamente meglio tutti e due
ma non potevano rimanere lì. Se le ricerche fossero continuate, alla fine
sarebbero giunti anche in quel posto. La soluzione la suggerì Raphael. Il
mattino seguente il solito aereo giunse per il periodico lavoro di irrorazione
delle piante. Atterrò nella stretta fascia di terreno adibita a pista, per
montare i serbatoi e caricare il liquido necessario per l'operazione. La sera,
poichè il lavoro non era ancora concluso, atterrò di nuovo sulla pista
improvvisata, senza tornare al suo normale aeroporto di Spreckels così da poter
riprendere l'attività il giorno seguente. Ma nel corso della notte, con l'aiuto
di alcune torce a indicare i contorni della pista, l'aereo decollò e rientrò
dopo circa tre ore. Peter Moran, che era ai comandi, malgrado le condizioni di
scarsa visibilità, fece un atterraggio da manuale. Ora nella tenuta, non c'era
più nessuno da trovare. Era chiaro, purtroppo, che a quel punto visto ciò che
era accaduto, i loro affari erano da considerarsi conclusi. Purtroppo Flores
aveva vinto. Il gioco non valeva la candela. Seppure gli bruciasse assai, anche
Dowson aveva concluso che non poteva fare nulla, a meno di scatenare una guerra
che l'altro avrebbe giocato in posizione di vantaggio, in quanto in casa sua.
Una settimana dopo la partenza, alla tenuta si presentò l'avvocato con il suo
assistente e, davanti a Tobias e al Sergente, entrò subito in argomento senza
preamboli. "Mi dispiace, ma malgrado i miei consigli relativi alla
prudenza e alla correttezza, avete voluto continuare a fare a modo vostro e
alla fine avete visto cosa è successo"."Mi dispiace - rispose Tobias
imperturbabile - ma non so di cosa state parlando"."Io credo invece
che lo sappiate benissimo! A causa vostra ho dovuto sopportare danni e
affrontare problemi. E' chiaro che il vino lo sapete fare ma che
l'amministrazione di un posto come questo non fa per voi!"."Che
intendete dire ? - chiese preoccupatissimo Tobias mentre il sergente tentava di
capire la portata di ciò che stava per accadere. "Intendo dire che per ciò
che riguarda la coltivazione, la produzione e l'imbottigliamento del vino tutto
rimane nelle vostre mani come ora ma per ciò che riguarda l'amministrazione e
la condotta degli affari, se volete conservare la vostra libertà dovrete
affidarla totalmente ad una persona di mia fiducia che si occuperà di tutte
queste cose. In altre parole dovrete nominare un prestanome a cui verrà
intestata tutta la tenuta. E tutti staranno bene ed in pace"."In
altre parole mi espropriate della tenuta lasciandomi a fare l'operaio in casa
mia! - sbottò Tobias quasi stravolto dall'enormità della richiesta. Flores gli
stava portando via tutto! - Piuttosto dò fuoco io stesso alla
proprietà!"."Non sarebbe una buona idea. Finireste immediatamente al
campo di Angel Island. E avete sentito cosa accade in quel posto. Pensateci,
vostra moglie che è ancora una bella donna, e vostra figlia che è una
ragazzina, quanto durerebbero in quel posto? Nemmeno il ragazzo sarebbe al
sicuro, e...... nemmeno voi". Al sentire minacciare la propria famiglia
Tobias voleva saltare addosso all'avvocato ma questa volta toccò al sergente
trattenerlo. L'assistente, che già aveva estratto la sua pistola, lo avrebbe
ucciso immediatamente senza pensarci due volte. "Calmiamoci tutti! - disse
il sergente con voce ferma - D'altronde noi rimaniamo sempre qui e poi,
naturalmente tutto questo durerebbe solo fino alla fine della guerra, no?"
- chiese guardando l'avvocato. "Ma naturalmente - rispose questi
tranquillo - cosa avevate pensato? E' solo per voi, per il vostro bene e per evitare
che possiate combinare, di certo senza volere, altri guai. Ve lo
assicuro". "Bene allora, lasciatemi il tempo di far ragionare il mio
principale, diciamo una settimana, e poi sistemiamo tutto, secondo le vostre
proposte"."Bene - rispose l'avvocato apparentemente sollevato ma
guardando in modo strano il sergente che appariva insolitamente conciliante -
però una settimana, non un giorno di più. E non mi chiamate voi ma mi farò vivo
io con il notaio e la persona che prenderà il controllo della tenuta".
Quando l'avvocato se ne fu andato, il sergente tornò accanto a Tobias che era
rimasto tutto il tempo fermo immobile davanti alla sua scrivania, impietrito,
senza nemmeno riuscire a parlare dalla rabbia e dalla preoccupazione. Beker
riuscì a riportarlo in qualche modo alla realtà e gli fece bere un bicchiere di
whisky per farlo riprendere completamenter. Come tornato da un altro mondò,
Tobias chiese al sergente: "Hai capito cosa ci ha detto? Che gli dobbiamo
regalare la proprietà! Altrimenti con mia moglie e i miei figli finiamo a Angel
Island e da lì, se ho capito bene, non usciamo. Siamo finiti! E io che sono
venuto in questo Paese per trovare la libertà, la giustizia, la pace!
Maledizione! Tanto sarebbe stato che me ne fossi rimasto a casa mia, con la mia
famiglia nella mia Patria! Maledizione!". "Calma, calma. A Angel
Island ci finiamo tutti in ogni caso, questo è sicuro ma intanto abbiamo preso
tempo. Magari in una settimana accade qualcosa. Vedrai che qualcosa troveremo.
Non può finire così, sarebbe troppo grossa, troppo ingiusto! E poi...... se ne
parlassimo con Dowson?"."Dowson? E che potrebbe fare lui? Ti ha già
detto che una guerra fra bande non gli interessa"."Beh, intanto c'è
la novità che gli hanno sparato addosso e comunque informiamolo in ogni caso
dell'accaduto, chissà che non sappia almeno consigliarci". Attraverso un
canale che era stato usato anche in passato per non dare nell'occhio, Tobias
raggiunse l'americano nel luogo dove si trovava ora per una breve
convalescenza. Dowson ascoltò con molta attenzione e poi rispose che voleva
riflettere sulla situazione. La mattina seguente gli disse che di norma non si
sarebbe occupato della cosa ma, pensandoci bene, era arrivato alla conclusione
che l'avvocato non contentandosi più delle briciole ora voleva tutto. Convenne inoltre su un'altra cosa. Che appena Tobias
avesse firmato l'atto, sarebbe stato tolto di mezzo, in un modo o nell'altro insieme
alla sua famiglia ed eventuali testimoni. Firmare quell'atto non avrebbe
risolto nulla perchè sarebbe stata solo una condanna a morte. E non si sarebbe
limitato a quella proprietà, forse questa era solo una prova generale, forse
invece c'erano già state azioni simili di cui nessuno aveva saputo nulla. Se la
cosa fosse riuscita, Flores sarebbe diventato in poco tempo un ricchissimo
proprietario e imprenditore. Sarebbe diventato molto, troppo potente.
Raccomandò a Tobias e al sergente di non fare nulla. Ci avrebbe pensato lui, in
fondo quello era il suo campo. Anzi, meno gli altri ne avessero saputo, meglio
sarebbe stato. Due giorni prima che scadesse l'ultimatum dell'avvocato, giunse
alla proprietà un grosso furgone carico di bottiglie vuote, necessarie per le
normali lavorazioni. A bordo diversi uomini che scaricarono normalmente la
merce. Nessuno avrebbe notato qualcosa di strano, tantomeno che forse c'erano
un po' troppi uomini solo per scaricare un solo camion. Dopo che fu scaricato,
la sera, sul tardi, ripartì e lasciò la tenuta. La mattina seguente, Dowson con
la sua automobile arrivò agli uffici dell'azienda. Lo accompagnava uno dei suoi
uomini con una capiente borsa di pelle. "Dunque - esordì tranquillo Dowson
- L'avvocato effettivamente ieri sera è rimasto molto sorpreso nel ricevere la
nostra visita ma alla fine, dopo qualche normale incertezza, ha accettato di
discutere civilmente con noi la situazione. Ha convenuto che forse aveva un
pochino esagerato e così ha pensato di chiedere scusa per le sue iniziative
quanto meno eccessive" - Tobias effettivamente mentre ascoltava capì
perchè, probabilmente, meno sapeva della faccenda e meglio era, in quanto aveva
la netta impressione che i fatti non si fossero svolti affatto come li
descriveva l'Americano, anzi non aveva idea e non la voleva avere di come
effettivamente fossero andate le cose - "Così, dopo un'amichevole
conversazione, l'avvocato ha deciso di desistere dai suoi progetti e a titolo
di scuse per il danno arrecato, vi manda questo pensiero, sperando che lo
possiate trovare gradito." - Così dicendo aprì la grossa borsa di pelle e
ne estrasse una voluminosa busta che consegnò nelle mani di Tobias. Questi la
aprì e non seppe cosa dire. Aveva in mano un voluminoso pacco di buoni del
prestito di guerra al portatore per molte migliaia di dollari. "Dopo la
nostra amichevole chiacchierata, Flores ha convenuto che forse sarebbe stato
meglio per lui cambiare un po' aria, magari facendo un bel viaggio lungo, per
luoghi lontani. Così, dopo aver informato telefonicamente lo sceriffo della sua
intenzione, con la richiesta di dare una controllata ai suoi uffici di quando
in quando, l'avvocato e il suo assistente sono scesi in strada, sono saliti
sulla loro automobile e sono partiti per destinazione ignota. Non vi daranno
più fastidio dove si trovano ora" - e quì l'americano assunse
un'espressione veramente truce - e si saranno resi conto, soprattutto, che non
si spara addosso al sottoscritto. Ora, perciò, credo che sia venuto il momento
di separarci, vi ringrazio per tutto quello che avete fatto per me e per i miei
uomini. Fra breve, se volete, riceverete mie notizie per riprendere
adeguatamente i nostri affari. Sono disposto ad acquistare tutto ciò che mi
vorrete vendere, alle solite condizioni". Ciò detto si alzò, strinse la
mano ai due uomini che ancora stavano tentando di metabolizzare ciò che poteva
essere accaduto realmente e, accompagnato dal suo uomo, se ne andò. Tobias ed
il Sergente si guardarono in faccia e poi contarono i buoni. Nella busta ce
n'erano per trentamila dollari, ben più della cifra che Flores aveva spillato
loro. Di certo l'avvocato non aveva aperto spontaneamente la sua cassaforte e,
di certo, sia lui, sia il suo assistente non erano stati in grado di opporsi.
Chissà cosa altro ci aveva trovato dentro Dowson. Ma quelli non erano affari
loro. Ripresero tranquillamente il loro lavoro senza curarsi più dell'avvocato.
Da domande molto discrete, seppero che effettivamente alcuni giorni prima, una
sera, l'avvocato ed il suo assistente, o almeno qualcuno che somigliava loro
moltissimo, erano stati visti salire sulla loro automobile e partire. Avevano
con loro due valigie, cosa che avvalorava l'ipotesi del viaggio. Tutto quì.
Dopo qualche giorno, come nulla fosse accaduto, ricevettero un grosso ordine da
parte di Dowson e le cose così, semplicemente,
ripresero a marciare. Anche il servizio di guardia dopo pochi giorni
svanì e non accadde più nulla di spiacevole.
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
Capitolo 9 calici imperatore
Capitolo 9^
Intanto la guerra purtroppo continuava. Il 5
luglio i Tedeschi in Russia tentarono un contrattacco per riprendere il
controllo della situazione, tentativo che fallì miseramente il 12 dello stesso
mese. I Tedeschi iniziarono una drammatica ritirata incalzati continuamente dai
Russi. Il 9 luglio ci fu lo sbarco degli alleati in Sicilia che si concluse con
la conquista dell'isola il 17 agosto. Gli Italiani si resero conto della loro reale
situazione e l'8 di settembre, firmarono un armistizio con le truppe alleate.
Con lo scopo di favorire l'avanzata delle truppe verso nord gli alleati fecero
seguire due sbarchi in Italia. Uno, il 9 settembre a Salerno per permettere la
conquista di Napoli ed un altro, il 22 gennaio del 1944 ad Anzio. Purtroppo la
resistenza delle truppe tedesche fu decisamente superiore a quanto previsto.
Ciò spinse gli alleati a cercare di forzare la mano con delle pesanti iniziative,
alcune delle quali, si dimostrarono drammatici errori, come il bombardamento
della Abbazia di Montecassino, avvenuto il 15 febbraio. Malgrado ciò, dopo
altri aspri combattimenti, gli alleati il 4 giugno entrarono a Roma, liberata
dagli occupanti tedeschi. Alla tenuta le cose procedevano normalmente e si
lavorava abbastanza tranquillamente. Gli affari consentivano dei giusti
guadagni e non c'era stata più nessuna notizia dell'avvocato. Apparentemente
nessuno aveva posto domande a proposito della sua frettolosa partenza. L'unica
speranza di Tobias e dei suoi, ormai era che la guerra finisse, per tornare alla
normale quotidianità. Certo, le notizie che fornivano i giornali non erano obiettive
ma, anche considerato ciò, appariva abbastanza evidente che la Germania non
aveva più grosse possibilità di vittoria. Ciò che maggiormente preoccupava i
membri della comunità, era la notizia che erano iniziati i bombardamenti anche
in Austria, prima su obiettivi militari, ma poi anche su centri abitati e, a
questo proposito, i giornali rimasero sul generico, senza spiegare dove, con
precisione, erano accaduti questi eventi. Anche i Giapponesi, sconfitti in
tante battaglie non apparivano più avversari così difficili come erano apparsi
all'inizio delle ostilità. Il 6 giugno, con lo sbarco in Normandia, gli alleati
partirono alla riconquista della Francia ed in seguito ad aspri combattimenti,
il 25 agosto, alla fine, Parigi venne liberata. Purtroppo, queste vittorie,
costavano care in vite umane e anche a Salinas e Monterey e in altre località
della zona molte famiglie avevano avuto dei caduti. Era chiaro che l'atmosfera
per Tobias e la sua gente era piuttosto pesante. I ragazzi ancora non andavano
a scuola e, per rifornire la tenuta di ciò che occorreva, gli uomini uscivano
sempre in gruppi numerosi. Il 12 ottobre giunse una magnifica notizia dal
Pacifico. Gli Americani, con il generale McArthur, erano tornati nelle
Filippine vendicando la sconfitta del maggio del 1942. Il 16 dicembre i
Tedeschi, in Europa, con una iniziativa disperata, tentarono un violentissimo
contrattacco nella zona delle Ardenne che all'inizio, per la sorpresa e
l'intensità, mise in seria difficoltà i soldati alleati con gravi perdite di
uomini, equipaggiamento e territorio. La reazione però fu quasi immediata e
micidiale. A Bastogne gli alleati smisero di ritirarsi e riuscirono ad
invertire le sorti della battaglia infliggendo una pesantissima sconfitta ai
Tedeschi il 24 dicembre. Il giorno successivo, a Colmar, in Alsazia, a sole 10
miglia dal confine con la Germania, gli alleati inflissero ai Tedeschi, che
persero moltissimi uomini e materiali, un'altra pesantissima disfatta. Ormai era solo
questione di tempo. Era chiaro che per la Germania non c'erano più grandi possibilità
di vittoria. Ciò nonostante, l'esercito non cedeva ed ogni passo avanti,
costava agli alleati, carissimo. Poi
all'inizio di marzo del 1945, gli alleati riuscirono a passare il Reno e si
diressero al cuore della Germania. Fino a quel momento veniva spontaneo a
Tobias pensare alla Germania come ad una nazione che aveva invaso la sua bella
Austria. Forse era per questo che in quella guerra non riusciva a parteggiare
per la Germania anche se le sue simpatie non andavano completamente agli Stati
Uniti, specie dopo il trattamento che la gente del posto gli aveva riservato.
Sapeva che molti austriaci erano nelle file dell'esercito tedesco. Anzi, si era
saputo di molti episodi in cui i soldati
austriaci avevano mostrato una umanità ben diversa da quelli tedeschi e per
questo, a volte, erano stati rimproverati e perfino puniti. Purtroppo lo
stretto legame fra la sua patria e la Germania si evidenziò proprio nelle
ultime fasi della guerra, quando ormai gli alleati puntavano al cuore del
territorio tedesco. Infatti il 28 marzo del 1945 le armate sovietiche
raggiunsero il confine austriaco difeso dalla IV armata corrazzata delle SS. Dopo accaniti combattimenti i sovietici
prevalsero ed eliminate alcune sacche di resistenza, il 4 aprile iniziarono la
loro marcia su Vienna. Il giorno 2 aprile i sovietici avevano fatto sapere che
non avrebbero dichiarato Vienna città aperta e che quindi, per evitare combattimenti,
si sarebbe dovuta arrendere. Tobias e gli altri membri della comunità che erano
quasi tutti di quella zona, si sentirono particolarmente coinvolti da quegli
eventi, seriamente preoccupati per i loro familiari e conoscenti che non
vedevano da tanto tempo e di cui non avevano avuto notizie ormai da anni.
Seguirono perciò con grande trepidazione lo svolgersi dei fatti cercando disperatamente
notizie sui giornali o ascoltando i notiziari trasmessi dalla radio. Seppero
così che la città resisteva e che c'erano stati quindi, in alcuni quartieri,
duri combattimenti. Tutto era iniziato il 7 aprile, finchè il 13 aprile giunse
la notizia che Vienna era stata presa dai Sovietici. Molti dei suoi quartieri
erano stati gravemente danneggiati, i monumenti distrutti, mancavano l' acqua, la
luce e il gas e, per colmare la misura, bande di violenti aggredivano e saccheggiavano la popolazione
inerme. Per arginare la situazione, i Sovietici imposero ad un politico locale
di un certo livello, Karl Renner, di costituire in breve un governo che, sotto
il controllo sovietico, riuscisse a portare almeno una parvenza di ordine nella
nazione. L'attenzione degli Americani però in quel periodo era concentrata su
altri eventi. Il primo di aprile infatti era iniziato lo sbarco nell'isola di
Okinawa, l'ultima roccaforte dell'arcipelago Ryukyu difeso dai Giapponesi. Una ulteriore sconfitta di questi ultimi, avrebbe
segnato un enorme passo avanti verso la fine della guerra perchè da lì era
prevista un'invasione anfibia del Giappone. Dall'1 aprile al 22 giugno infuriò
una violentissima battaglia al termine della quale, però, gran parte delle
forze giapponesi fu annientata. Molti dei superstiti piuttosto che arrendersi
preferirono suicidarsi. In quello stesso periodo, il 25 aprile, a San Francisco,
accadde qualcosa che doveva segnare una svolta nei futuri rapporti fra le
nazioni. Preso atto che occorreva una condizione che permettesse agli Stati di
comunicare e poichè la vecchia organizzazione della Società delle Nazioni appariva
ormai obsoleta, si creò un nuovo organismo chiamato 'Organizzazione delle
Nazioni Unite', l'ONU, retto da un Consiglio di Sicurezza e accettato da 50
nazioni. Il Consiglio di Sicurezza aveva, fra gli altri, 5 membri permanenti
che erano Usa, Urss, Gran Bretagna, Francia e Cina. Intanto arrivò la notizia
che la Germania, l'8 maggio si era arresa. I Sovietici avevano occupato Berlino
il 2 maggio dopo che, il 30 aprile, Hitler, rinchiuso nel suo bunker, si era
suicidato. In Europa la guerra era finita. Purtroppo nel Pacifico invece,
malgrado le sconfitte subite, i Giapponesi continuavano a combattere
strenuamente, preferendo morire che arrendersi. In Europa, finita la guerra,
ora si doveva gestire la pace. In realtà, per i vincitori, controllare la
situazione, apparve subito più complesso che gestire le azioni belliche.
Anzitutto le condizioni dei territori che erano stati teatro di guerra.
Profughi, sfollati, rovine, miseria. Una Germania popolata in gran parte da disperati senza più un'ombra di
organizzazione e con minime risorse. Vari Paesi pretendevano risarcimenti e
territori. Così, nel tentativo di mettere ordine alla situazione al più presto,
il 17 luglio del 1945, gli alleati organizzarono la conferenza di Postdam, dove
si cercò di mettere tutti d'accordo su ciò che era opportuno fare. La Germania
venne divisa in quattro zone, ognuna sotto il controllo di una nazione
vittoriosa; gli Stati Uniti, la Russia, la Francia e la Gran Bretagna. Per ciò
che riguardava i danni di guerra, si decise che , nei limiti del possibile,
ogni Paese sarebbe stato indennizzato dai governi di cui controllava il
territorio. Nella stessa conferenza, gli Stati Uniti mandarono un messaggio al
Giappone, nel quale comunicarono che se non si fosse arreso immediatamente,
sarebbe stato distrutto da una nuova terribile arma. Il Giappone da parte sua ormai combatteva
disperatamente non avendo più reali possibilità di vittoria. Fra l'altro, i
sovietici, occupata gran parte della Manciuria, proseguirono conquistando la
parte settentrionale della penisola coreana, incontrando sul 38^ parallelo gli
Americani che, provenendo da sud avevano liberato la zona meridionale della
medesima penisola. Gli Americani, alla fine, valutate le altissime perdite che la
tattica tradizionale comportava combattendo con i Giapponesi, presero una
difficile e tremenda decisione. Decisero di usare per la prima volta una nuova
micidiale arma che stavano studiando e testando da tempo, che avrebbe dovuto
funzionare come elemento dissuasore costringendo i Giapponesi alla resa. Si
trattava di una grossa bomba chiamata "Bomba Atomica", mai sperimentata
prima. Si poteva solo immaginare che avesse esiti devastanti oltre
l'immaginabile. L'effetto della conferenza fu tale da consentire finalmente un
sia pur minimo controllo della situazione. Naturalmente ci furono degli
inconvenienti. Ad esempio per ciò che riguardò i Russi, essi ordinarono ai
cittadini tedeschi residenti in Polonia, Cecoslovacchia e Ungheria, di lasciare
immediatamente quei territori e tornare in Germania. Questo, naturalmente, non
fece che aggiungere disperati ad altri disperati. Si seppe che nella zona
controllata dai Francesi, con la scusa dei danni di guerra, ci furono dei veri
e propri atti di saccheggio, tanto che le altre Nazioni ritennero di
intervenire per invitare gli occupanti ad una condotta più moderata. Purtroppo
il Giappone ignorò il messaggio inviatogli da Postdam e così Il 6 giugno venne
sganciata una bomba atomica su una città del Giappone chiamata Hiroshima ed il
giorno seguente ne venne sganciata un'altra su Nagasaki. L'effetto fu
devastante ogni oltre previsione. Le due città vennero praticamente spazzate via
e la popolazione, secondo le prime informazioni, nella zona dell'esplosione, era
stata letteralmente vaporizzata. L'orrore fu incredibile. Subito dopo i
Sovietici, per offrire un altro elemento di persuasione il 10 agosto,
conquistarono definitivamente la Manciuria. Il Giappone non ebbe altra scelta
che firmare la resa il 2 settembre 1945. La guerra ora era davvero finita. Come
al solito ora restava da fare la conta dei danni, sia per le cose che per le
persone. Il prezzo pagato per la pace era stato altissimo e tutti avevano
sofferto. Ora bisognava solo pensare a ricostruire.
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Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
Capitolo 10 calici imperatore
Capitolo 10^
Alla notizia del termine delle
ostilità, comunque, malgrado i problemi e le difficoltà, la gente aveva voglia
di dimenticare e festeggiare. Tobias venne praticamente preso d'assalto da
clienti di ogni genere, che volevano acquistare i suoi prodotti a qualsiasi
prezzo. Si rifecero vivi anche dei vecchi clienti, spariti da tempo, molto dei
quali ammisero di essere stati 'convinti' a rifornirsi altrove da incaricati del
famoso avvocato Flores, del quale nessuno parlava più, come se non fosse mai
esistito. Dopo la sua partenza, per un po' i suoi uomini avevano cercato di
riorganizzarsi, ma alla fine, si erano rassegnati ad accettare, più o meno
pacificamente, l'affermarsi di un nuovo capo che però, pur avendo rilevato e
mantenuto in piedi alcune delle attività di Flores, agiva molto discretamente
per conto di intermediari, tanto che nessuno ne conosceva l'identità. Si sapeva
solo che con lui non si scherzava e chi aveva voluto provare a sfidarlo o a
imbrogliarlo, aveva preso la stessa strada dell'avvocato. Voci, naturalmente,
ma sembravano molto attendibili e nessuno se la sentiva di vedere quanto
corrispondessero al vero. Intanto Tobias e gli altri della tenuta cercavano con
ansia di sapere cosa era accaduto in Austria dopo il 13 aprile. Alla fine fu
reso noto che anche l'Austria era stata divisa in quattro zone, ognuna affidata
al controllo di una delle nazioni alleate. Dall' 8 maggio era stata dichiarata
indipendente dalla Germania e, pertanto, da provincia, era stata reintegrata
allo status di nazione. Quando Tobias seppe che la sua famiglia era compresa
nella zona di controllo degli Stati Uniti, si sentì rinfrancato perchè pensò
che sarebbe stato più semplice avere informazioni. In realtà non fu così perchè
c'erano molti altri impegni da espletare per gestire la situazione che si era
fatta piuttosto critica. Perfino i rapporti fra gli alleati richiedevano un gran
lavoro di accorta diplomazia. Ora che era terminata l'emergenza, ognuno cercava
in qualche modo di ottenere qualcosa in più. Dopo un periodo di naturale
contentezza e di forte desiderio di scaricare dolori e angosce, era arrivato il
momento dei bilanci. Il tempo di fare i conti con la cruda realtà. La pace,
certo, ma a che prezzo! Da un primo conteggio, di certo destinato ad aumentare,
risultavano caduti 405.000 soldati americani. L'Unione Sovietica aveva perduto
10.400.000 soldati e 12.000.000 di civili. Il Giappone aveva perduto 1.900.000
militari e 700.000 civili, mentre la Germania aveva avuto 5.300.000 soldati
caduti e 2.100.000 vittima civili. In Francia c'erano stati 210.000 soldati
caduti e 350.000 vittime civili mentre in Gran Bretagna c'erano state 272.000
perdite per i militari e 93.000 civili. In Italia infine si erano avuti 319.000
caduti militari ma anche 153.000 vittime civili. La crudeltà e l'efferatezza
della guerra emergeva dal fatto che le vittime civili erano in numero
altissimo, in qualche caso anche maggiori di quelle militari, come ad esempio per
l'Unione Sovietica o comunque legate ad eventi bellici particolari, come il
bombardamento di Hiroshima e Nagasaki in Giappone. E fu naturale a quel punto,
per i vincitori, andare a cercare i responsabili di tutte quelle morti, quelle
atrocità, tutto quel dolore che avevano dominato il mondo per tutti quegli anni.
Si andarono a cercare i politici, i militari, i giudici, gli intellettuali che,
con le loro scelte e le loro decisioni, avevano dato il via a tutto quanto e si
erano resi responsabili di quella guerra. Per alcuni di loro, però, non si potè
procedere. Hitler si era suicidato, Mussolini, che gli Inglesi avevano deciso
di perseguire, era stato giustiziato da un gruppo di partigiani che avevano
eliminato anche altri importanti gerarchi
del regime. Per la famiglia imperiale giapponese, era stato raggiunto un
accordo separato con gli Americani. Essa godè di una totale immunità a patto
che, però, l'Imperatore dichiarasse pubblicamente ed ufficialmente di non
essere una divinità ma solo un uomo qualunque. Fra gli sconfitti furono
comunque identificati e arrestati molti personaggi che avevano rivestito dei
ruoli di grave responsabilità per ciò che riguardavava la guerra. Contro gli imputati
germanici, si stabilì di procedere in svariati processi penali da tenersi nella
città di Norimberga. La corte sarebbe stata formata da giudici rappresentanti i
vincitori. Il primo processo, che vide alla sbarra 24 imputati fra i più noti,
come Bormann, contumace, Doniz, Hess, Von Ribbentrop, Goring, Seyss Inquart, i
ministri Frick e Funk, l'industriale Krupp, iniziò il 18 ottobre 1945 e terminò
il 30 settembre del 1946 con 10 condanne a morte e 12 ergastoli. Per facilitare
le procedure e rendere più chiare le imputazioni, lo stesso tribunale stabilì
che l'organizzazione delle SS era una organizzazione criminale e rappresentava
quindi un crimine la sola appartenenza. Krupp venne liberato per gravi problemi
di salute e coloro che erano scampati alla pena capitale, furono immediatamente
avviati a scontare lunghe pene detentive. Le esecuzioni ebbero luogo il 16
ottobre, tutte meno quella di Goring che si era suicidato la sera prima in
cella. Seguirono nel tempo altri 12 processi per 182 imputati importanti e
circa 3000 meno rilevanti. Furono accusati medici, giuristi, poliziotti, membri
delle SS, industriali e alti funzionari dello Stato. Ci furono parecchie
condanne a morte ma molti furono quelli che invece riuscirono a sfuggire alla
cattura o al carcere. Fra i fuggitivi più noti ci furono Martin Bormann, Adolf
Eichmann e Josef Mengele. Furono fatte molte ipotesi sulla loro fuga e molti
parlarono del Sudamerica come probabile rifugio. Non solo in Germania erano
stati istruiti processi del genere ma anche in Giappone poichè, fatta salva la
famiglia imperiale, si erano però identificati molti personaggi, riconosciuti
responsabili di gesti barbari ed efferati compiuti nei diversi teatri di guerra
come ad esempio in Manciuria o in Cina. Così ne vennero catturati 25 a cui furono vennero imputate le massime
responsabilità. Questi furono portati alla sbarra nel corso di quello che fu
chiamato il processo di Tokyo, che ebbe inizio il 3 maggio del 1946. In altre
sedi furono giudicati in tutto 5700 personaggi che avevano ricoperto vari incarichi
di diversa gravità. Le notizie non erano
certo allegre ma Tobias aveva ripreso il
suo lavoro su un buon ritmo, come prima preoccupazione, continuava a cercare il
modo di mettersi in contatto con la sua famiglia in Austria. Verso la fine di
ottobre, a sorpresa, ricevette la visita di Dowson. Giunse con una grossa
automobile con autista e, con a seguito, un uomo che fungeva da segretario.
Quando Tobias se lo vide davanti in ufficio, non potè fare a meno di fare un
parallelo fra questa visita ed un'altra che aveva ricevuto tanti anni prima e
che aveva dato il via ad una serie di spiacevoli conseguenze e in qualche modo
si rafforzò in lui la convinzione di sapere chi fosse il nuovo misterioso
'boss' della zona. Dopo i primi normali convenevoli, l'americano entrò subito
in argomento. "Sono venuto a proporle di entrare in un grosso giro di
affari che potrebbe essere estremamente vantaggioso per lei e per la sua
attività". Attese un attimo per leggere l'espressione del viso dell'altro
che, non sapendo dove sarebbero andati a parare, rimaneva piuttosto tesa. Con un
sorriso di condiscendenza, continuò: "Stia tranquillo, so bene che lei, a
differenza di me, è una persona onesta e perciò non la trascinerei mai in una
situazione spiacevole. Non dimenticherò mai ciò che lei ha fatto per me e le
sarò sempre debitore"."Lei non mi deve nulla. Quello che ho fatto per
lei l'avrei fatto per chiunque. Nessuno meritava di cadere nelle mani di Flores
e dei suoi". "Lei è libero di pensarla come vuole ma io dò un grande
peso alla mia vita e quindi, le sono riconoscente e, naturalmente, anche il mio
segretario". Tobias, guardando meglio l'altro uomo, riconobbe la persona
che era stata ferita gravemente e che ora, perfettamente guarito ed elegantemente
vestita, era difficilmente riconoscibile. "Il punto è che qui vicino, si
sta muovendo qualcosa di grosso che potrebbe rappresentare, se abilmente
sfruttato, una occasione di guadagni per tutti". Ad un Tobias molto
interessato, Dowson raccontò cosa stava accadendo nel deserto del Nevada, a circa 300 miglia a sud
est da li. Il 15 maggio del 1905, quasi al centro del deserto, era stato creato
un villaggio ferroviario in corrispondenza dell'incrocio delle varie linee che
attraversavano il deserto in molte direzioni. Lo scopo di quel posto era stato
quello di creare un gruppo residente di persone addette alla gestione e alla
manutenzione delle linee ferroviarie e di tutti i servizi connessi. La bellezza
del luogo attirò molti turisti, tanto che qualcuno iniziò a costruire dei
modesti motel. Concorse a incrementare la popolazione del posto anche una
attività mineraria legata all'estrazione di argento, borace e modesti
quantitativi d'oro. Nel 1911 il posto entrò a far parte della contea di Clark
le venne riconosciuto lo status di città con il nome di Las Vegas. Poi, la
svolta. Nel 1936, per ottimizzare la situazione dell'acqua nella zona, venne
edificata una imponente diga, chiamata Diga Hoover, che dette origine al grande
lago Mead. A quel punto, il turismo aumentò a dismisura. Visto l'andamento
delle cose, le autorità locali stabilirono di legalizzare il gioco d'azzardo e
quindi, nei vari piccoli hotel e motel della zona, iniziarono a vedersi i primi
casinò. Nel 1937, le forze dell'aeronautica militare, cercando un posto per
realizzare un poligono adatto all'istruzione dei mitraglieri di bordo, lo
identificarono a circa 80 miglia a nord ovest della città. La creazione di una
base aerea, che fu chiamata Nellis, portò ulteriori persone a frequentare Las
Vegas. Nel 1942 un coraggioso imprenditore, Guy McAfee, acquistò un modesto
albergo per trasformarlo in un elegante resort casinò, con arredi hollywodiani
e gli dette il nome di Last Frontier. Visto il successo di questa operazione,
un altro uomo d'affari, James Cashman, proprietario della catena d'alberghi El
Rancho, costruì l'anno successivo un altro locale simile chiamandolo appunto El
Rancho. "Ora - continuò a
raccontare l'americano - un grosso personaggio del mondo degli affari, un certo
Bugsy Siegel, riunendo un grosso capitale di un gruppo di coraggiosi
investitori, con una idea veramente luminosa, ha realizzato un grosso hotel
casinò con il nome di Flamingo. Sarà inaugurato il 26 dicembre con l'intervento
delle maggiori autorità del luogo. E se le cose andranno come si pensa, sarà
solo il primo di una lunga serie di hotel casinò nei quali gireranno fiumi di
denaro e tutti quelli che saranno riusciti ad entrare nel giro dei fornitori,
faranno soldi a palate. Vi interessa?"."Beh, se si tratta di vendere
del vino, mi interessa sempre. Ma di cosa stiamo parlando?"."Fatemi
vedere cosa producete al momento e magari se avete qualche novità
interessante". Tobias fece portare in ufficio una serie di bottiglie dei
prodotti disponibili e li propose a Dowson. Poi l'americano, dopo aver
apprezzato praticamente tutto ciò che gli era stato sottoposto, dopo un
assaggio, sobbalzò, chiedendo:"Che cosa..... diavolo è questo? - e guardò
il vino in trasparenza, lo annusò con attenzione, ne degustò un altro sorso, si
riempì di nuovo il bicchiere. Tobias sorrise perchè a lui aveva fatto lo stesso
effetto - Ma cosa è? E' incredibile - poi leggendo l'etichetta - Christina. Da
quanto è che lo producete?"."Da non molto. Si chiama Christina in
onore della sua creatrice, mia figlia"."Vostra figlia, ma è una
ragazzina! E questo vino è una bomba. Intendiamoci anche tutto il resto che ho
assaggiato è ottimo, come sempre, ma questo è speciale. Per un posto come un
hotel casinò, questo potrebbe competere con lo champagne. In un ricevimento,
servito fresco, e con la sua bassa gradazione, sarebbe l'ideale per bere senza
ubriacarsi. Ne avete molto a disposizione?"."Abbastanza. Siamo
all'inizio della produzione e la resa dei vitigni non è al massimo. Ma..... i
commercianti di champagne non troveranno qualcosa da ridire per la
concorrenza?". "No, se sono io che controllo anche le loro
forniture". Tobias decise che era meglio non indagare su questa ultima
affermazione. Chiese all'altro se voleva stilare un ordine e questi lo preparò
in pochi minuti. Praticamente aveva comprato tutto. Di certo, un ottimo affare.
In seguito, gli uffici preposti avrebbero perfezionato gli accordi. Tobias
dichiarò che il vino sarebbe stato all'altezza e che il Christina sarebbe stato
degno dei calici dell'imperatore. Dowson fu incuriosito da quella affermazione
e ne chiese spiegazioni. Allora Tobias gli spiegò l'origine della
denominazione, cosa che incuriosì molto l'americano. Gli disse che ormai era un
modo di dire corrente nella sua attività per indicare un lavoro fatto sempre al
meglio. Naturalmente gli aveva raccontato solo il fatto storico e la
particolare circostanza in cui aveva avuto modo di vederli da vicino ma senza
parlare in modo esplicito dell'abbazia di Klosterneuburg. Come avrebbe fatto a
descrivergli le particolari situazioni di dolore, cameratismo, stanchezza,
angoscia, legati con quella particolare storia? Alla fine Dowson lo aveva
costretto ad accettare un invito all'inaugurazione del Flamingo. Quando
l'americano fu andato via, Tobias si dette un po' da fare per saperne di più
della storia che gli era stata raccontata per capire se effettivamente c'era la
possibilità di sviluppi futuri. Quello che venne a sapere non gli piacque per
nulla. Prima di tutto Bugsy Siegel, non era proprio un uomo d'affari. Anzi, non
lo era proprio per nulla. Era un vero gangster immischiato in ogni tipo di
reato, dal gioco d'azzardo al traffico di stupefacenti. Aveva amicizie
importanti in tutti gli ambienti, compreso i mondo dello spettacolo di
Hollywood. Arrestato più volte, per omicidio, violenza sessuale, contrabbando,
era sempre riuscito ad uscirne pulito. Ora, mettendo insieme il denaro delle
famiglie mafiose ebree della costa ovest, quelli che Dowson aveva indicato come
coraggiosi investitori, aveva fatto questa scommessa, ossia la costruzione di
un imponente hotel casinò nel regno del gioco d'azzardo legalizzato. Con chi si
era andato a mettere! La moglie cercò di tranquillizzarlo ricordandogli che
lui, in fin dei conti, vendeva solo del vino. Anzi, accettò con entusiasmo di
accompagnarlo la sera dell'inaugurazione. Il 26 dicembre Tobias, con la sua
Oldsmobile 1946, di cui andava molto orgoglioso, si fermò al parcheggio del
maestoso fabbricato. Era davvero imponente. Un incredibile grattacielo che
spiccava nel paesaggio circostante. Avvicinandosi però alla costruzione non
potè fare a meno di notare che alcune parti del parcheggio e della piscina che
si intravedeva fra alcune siepi, non erano terminate. Così come si notava
chiaramente che gli ultimi piani della costruzione erano al buio, come se il
palazzo non fosse completato. Comunque l'agitazione e l'emozione della folla
fra cui vennero a trovarsi, fece passare tutto in seconda linea. Davanti
all'ingresso si fermavano le grosse auto degli invitati più importanti, da cui
scendevano le personalità. Tobias con la moglie si misero in fila fra coloro
che entravano a piedi. All'improvviso ci fu un po' di tumulto perchè, seppero
in seguito, era giunta all'ingresso principale un magnifica Cadillac Sedan 1946
bianca dalla quale era scesa la famosissima star Lana Turner. Loro naturalmente
sapevano chi era ma non erano particolarmente affascinati dagli attori del
cinema. Quando fu il loro turno, consegnarono il loro invito ad un compitissimo
cameriere che si preoccupò di accompagnarli nel salone delle feste. Li giunti,
li passò ad un altro incaricato il quale, preso atto dei loro nomi, li
accompagnò ad uno dei moltissimi tavoli sontuosamente apparecchiati che si
trovavano abbastanza vicino al grande palco sul quale in quel momento, con
molta discrezione, si esibiva un pianista con dei brani adatti alla situazione.
Fu chiesto loro se volevano ordinare un drink e Tobias approfittò
immediatamente per ordinare due calici di vino Christina rosè. Il cameriere
prese l'ordinazione senza la minima esitazione. Questo era decisamente un buon
segno. Guardandosi attorno notarono il lusso delle finiture e le grandi
combinazioni floreali che creavano particolari effetti nell'ambiente. Furono
condotte al loro tavolo altre persone che, abbastanza freddamente, presero
posto con degli stentati sorrisi. Non si conoscevano fra loro e nessuno li
aveva presentati. Ognuno parlava a bassa
voce con il proprio vicino, bevendo il drink che aveva ordinato. Nessuno se la
sentiva di fare il primo passo. E poi arrivò Dowson che esordì, tendendo la
mano a Tobias:"Caro amico, sei venuto alla fine. E con la tua magnifica
signora! - Tobias sentendo gli sguardi di tutti gli altri fissi su di lui,
arrossì decisamente e borbottò goffamente qualche parola di risposta, notando
fra l'altro che l'americano, forse per fargli fare colpo sugli altri era
passato al 'tu' - E voi? - continuò l'americano rivolto agli altri -Tutto a
posto? Fra poco comincia la serata, divertitevi!". E si allontanò
continuando ad aggirarsi fra i tavoli, salutando altre persone. A quel punto, un
uomo accanto a Tobias, si fece coraggio e chiese: "Ma... lei è amico del
signor Dowson?". "Beh, proprio amico non direi, diciamo un buon
conoscente." Come se avesse pronunciato le parole magiche, tutte le persone
sedute al tavolo iniziarono a presentarsi e a parlare degli argomenti più vari.
Forse pensavano che con un amico del signor Dowson conveniva farsi vedere
gentili e brillanti. Si trattava di un gruppo di professionisti, avvocati,
amministratori, tecnici che in qualche modo erano legati alla celebrazione
dell'evento e chissà come, a Dowson. In realtà, Tobias non aveva molto piacere
che il suo nome fosse accostato troppo a quello di quell'uomo ma, ormai, il
danno era fatto. Si sentivano di quando in quando degli applausi e diverse
persone si alzavano in piedi ogni volta che entrava nel salone una delle
celebrità che era stata invitata per l'occasione. Loro ebbero occasione di
vedere e riconoscere Cesar Romero, Judy Garland e Joan Crowford. Poi la folla
letteralmente impazzì e applaudì in modo scatenato l'ingresso di Clark Gable.
Tobias notò che anche la moglie si era alzata in piedi ed applaudiva
calorosamente come gli altri e smise solo quando, abbassando lo sguardo,
incrociò quello del marito che la guardava sorpreso. Arrossì leggermente e si
rimise a sedere. "Beh - disse - è Clark Gable. Non sai chi è? "Via
col vento", "Accadde una notte", "L'ammutinamento del
Bounty". Per Bacco, di quei film non ne aveva visto uno! La serata iniziò
con alcuni discorsi delle autorità presenti, rappresentanti dei finanziatori e
un invito a divertirsi dello stesso Bagsy Siegel, un individuo davvero
inquietante, pensò Tobias. Poi iniziò lo spettacolo con la grande orchestra di
Xavier Cugat, mentre veniva servita una ricchissima cena. Fu nel complesso una
bella serata e Tobias notò che molti, soprattutto donne, bevevano il suo vino. Molti
posti ai tavoli erano però rimasti vuoti, anche alcuni destinati ad accogliere
delle celebrità. Purtroppo il cattivo tempo attorno a Las Vegas, aveva impedito
a parecchi invitati di raggiungere l'hotel.
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
Capitolo 11 calici imperatore
Capitolo
11^
Fu
qualche giorno dopo, che
Tobias sorpreso e molto felice, riuscì a ricevere posta da
padre Valentin.
Corse da Helena e lessero la lettera insieme. Padre Valentin era ora
divenuto
vescovo nominato per concorrere
a riportare
ordine nella Chiesa austriaca. Assieme ad altri uomini di valore, stava
provvedendo ad una riorganizzazione, necessaria dopo la confusione
legata ai
gravissimi eventi trascorsi. Lo stesso Cardinale Innitzer, primate
della chiesa
d'Austria, il 6 ottobre 1938, dopo aver denunciato l'inganno del
partito
nazista, era stato prelevato dopo un assalto all'arcivescovado, e
picchiato
selvaggiamente. In veste di vescovo, padre Valentin era riuscito a far
pervenire una lettera al suo amico. Parlava delle famiglie, della
situazione in
Austria, della voglia di ricostruire e di ripartire per riconquistare
quei valori
per troppi anni dimenticati. Purtroppo nel dicembre del 1945, il padre
di
Tobias, era mancato. Tutti gli altri stavano bene e avevano ripreso la
loro
vita normale per quanto possibile. La fattoria della famiglia per
fortuna non
aveva subito troppi danni. Erano rimasti quasi sempre sotto il
controllo delle
truppe americane e, almeno li, non era successo niente di spiacevole.
Il padre
di Helena era ancora vivo anche lui. Non se la era passata bene, come
tutti
quelli che si erano intestarditi a rimanere in città anche
nelle ultime fasi
della battaglia. Già caduto in disgrazia nel partito, aveva
a poco a poco
perduto tutto, ed ora abitava miseramente in un condominio popolare
alla
periferia est della città. Nell'abbazia non era accaduto
nulla di irrimediabile,
se non alcuni fatti molto spiacevoli, dei quali però padre
Valentin avrebbe
parlato solo personalmente, quando fosse stato possibile. Tobias fu
molto
addolorato per la perdita del padre che aveva sempre considerato una
persona
speciale. Decise che, appena possibile, avrebbe cercato di tornare a
casa, per
ritrovare la famiglia e rivedere i luoghi della sua infanzia. L'America
era un
gran bel Paese ma l'Austria non era da meno e poi, era il posto dove
era nato.
Ora Tobias aveva raggiunto l'età di 49 anni e Helena 47.
Entrambi avevano una
grande nostalgia per la loro patria, anche se nessuno dei due ne aveva
mai
parlato per non amareggiare l'altro. Adesso, però, la
lettera di padre Valentin
aveva messo a nudo questo loro desiderio e cominciarono a prendere
seriamente
in considerazione l'opportunità di un viaggio in Austria.
Ora che la guerra era
finita, non c'erano grossi problemi a spostarsi sul suolo americano, ma
le cose
non andavano così per i viaggi verso l'Europa. C'erano
ancora molti soldati americani
da rimpatriare e la situazione post bellica imponeva l'invio di molto
materiale
necessario laddove la guerra aveva distrutto ogni cosa. In Europa, in
particolare, nella zona della Germania e dell'Austria, la situazione
non era
tale da consentire di trovare una condizione di equilibrio e sicurezza.
Il
punto era che la Russia, allo scopo di evitare che la Germania potesse
mai
ridiventare una nazione in grado di poter dare di nuovo problemi,
voleva che
tutto il territorio fosse trasformato in zona agricola, mentre gli
altri
alleati, allo scopo di risollevarne l'economia, pensavano invece di
stimolarne
la ricrescita. Alla fine di febbraio del 1947, Dowson tornò
per fare una visita
alla tenuta. Riconobbe che con Las Vegas forse qualcuno aveva fatto il
passo più
lungo della gamba. Infatti il Flamingo nel gennaio 47 aveva dovuto
chiudere ma
egli avrebbe mantenuto tutti gli ordini perchè alla fine di
marzo, tutto
sarebbe ripartito e questa volta sarebbe filato tutto liscio. Dowson
aveva
saputo del desiderio di Tobias di tornare in Austria per riprendere
contatto
con la sua famiglia e, conoscendo i problemi relativi ad un viaggio del
genere,
gli disse che lo avrebbe potuto aiutare volentieri, in cambio di un
semplice
favore. Tobias gli rispose da subito che la prospettiva di farsi
fucilare in
Europa, mentre faceva i favori a lui, non lo attirava per nulla.
L'americano
assunse un'espressione offesa e replicò che sul suo conto
venivano dette solo
malignità, ma lo disse con un'espressione tale da far capire
che magari era
tutto vero. Aggiunse però che mai avrebbe messo in pericolo
nè lui, nè
tantomeno la moglie e che se la proposta gli interessava, gli avrebbe
organizzato tutto il viaggio di andata e naturalmente, di ritorno.
Tobias ne
parlò a lungo con Helena che alla fine lo convinse ad
accettare, una volta
accertato di cosa si intendeva con le parole 'piccolo favore'. Si
trattava
semplicemente di consegnare una lettera ad una persona che lo avrebbe
avvicinato nel corso del suo viaggio. Una lettera che egli non si
poteva
permettere di spedire per posta o per normali corrieri. A quel punto la
cosa
appariva veramente pericolosa. In realtà la lettera, che
egli potè leggere,
conteneva solo degli innocui messaggi di saluti ed auguri. Era chiaro
che era
stata scritta con un particolare codice. Egli non ne avrebbe conosciuto
il
destinatario se non quando questi
si
fosse fatto vivo identificandosi con una frase prestabilita. Tobias
doveva portarla
sempre con sè, perchè non poteva sapere quando lo
avrebbe avvicinato il
contatto. Quello che Dowson non gli disse, era che in realtà
la coppia sarebbe
stata seguita in permanenza, seppure in modo molto discreto, da
qualcuno della
sua organizzazione. Il viaggio che essi volevano intraprendere era
comunque, a
quell'epoca, piuttosto pericoloso. La guerra aveva dato luogo in Europa
a
situazioni di grande instabilità, con un grande numero di
armi che ancora
giravano e che non sempre erano finite nelle mani giuste. Alla fine
Tobias
accettò. D'altronde non era una cosa così
eccezionale ormai viaggiare fra
l'Europa e l'America, già molti civili lo facevano. Nel loro
caso, la
traversata sarebbe avvenuta su un cargo, che partiva il 26 marzo dal
porto di
New York Harbor, che era ancora uno dei più importanti porti
d'America. In quel
periodo era uso comune, per i civili, trovare un passaggio a bordo di
navi
cargo che solcavano la rotta atlantica. La nave, una grossa sgraziata
nave
mercantile di nome 'Bright Star', che non rendeva proprio l'idea
dell'imbarcazione,
salpandoè da New York, avrebbe
raggiunto
l'Europa nel mare del nord, avrebbe costeggiato i Paesi Bassi fino alla
foce
dell'Elba, risalendo il quale avrebbe raggiunto l'Amburger Hafen ossia
il porto
di Amburgo in 10 giorni, se andava tutto bene. Lì avrebbe
fatto sosta per 20
giorni e poi li avrebbe riportati in America. Il costo del biglietto
era
piuttosto salato ma non c'era altra scelta. Il tragitto verso l'Austria
sarebbe
stato coperto con il treno. Purtroppo, a causa della divisione del
territorio e
per evitare la zona controllata dai Russi, e per danni alle linee
ferroviarie
che ancora non erano stati riparati, avrebbero dovuto fare un lungo
giro,
deviando verso sud e impiegando quasi 2 giorni. Non era proprio
l'ideale ma era
il meglio che si poteva ottenere in quel periodo. Dopo essersi
assicurato che
non ci sarebbero stati problemi a tornare in America, alla fine decise
di
partire. Dowson gli diede la lettera da consegnare, sulla quale era
segnato
solamente il nome 'Mark',
poi i
biglietti ed i documenti che sarebbero stati necessari per tutta la
durata del
viaggio. Alla vigilia della partenza, Tobias era molto preoccupato.
Temeva di
aver trascinato la moglie in una sorta di gioco di spie durate il quale
c'era
la possibilità di passare veramente qualche guaio serio. Per
la tenuta comunque
era tranquillo. Sarebbe stata affidata a William Cole e al sergente.
Quest'ultimo
era divenuto ormai un vero esperto praticamente in tutte le
attività
dell'azienda. Era incredibilmente intelligente e d'altronde, se voleva
rimproverare qualcuno, come era sua abitudine, doveva avere la
competenza per
farlo. Per questo si era impegnato tutto quel tempo. Il risultato era
che ora
il sergente poteva considerarsi il suo braccio destro. Riguardo ai
figli,
Raphael, che orami aveva 19 anni, fatti salvi i suoi impegni di
manutenzione
della varie macchine agricole, impegni ai quali assolveva con grande
serietà,
ormai passava sempre più tempo con Peter Moran presso
l'aviosuperficie di
Spreckels, dove aveva quasi obbligato il vecchio pilota a riordinare
l'abitazione-ufficio con un efficace lavoro di pulizia. Christina,
ormai
diciassettenne, passava molto
del suo
tempo nella nuova proprietà dove aveva trovato l'amicizia e
l'appoggio della
signora McEwan, ormai solo Margaret per quasi tutti quelli che
frequentavano la
sua casa, a cominciare da Kamill Koch che sempre più spesso
si recava a casa
della donna per un tè, per una visita o comunque appena
possibile, con un
pretesto qualsiasi. Passavano insieme parecchio tempo parlando del
passato, di
loro, della situazione che li aveva fatti rincontrare. Considerata la
data di
partenza della nave ed il tempo necessario per raggiungere il porto,
non c'era
più tempo da perdere. Tobias e Helena presero il treno alla
stazione di San
Diego, dove iniziava la loro avventura. Dopo aver salutato tutti quelli
che
erano andati ad accompagnarli, dopo aver ricevuto le ennesime
raccomandazioni a
'stare attenti', i molti commenti 'è una pazzia!', e i
'siete ancora in tempo
per ripensarci', finalmente il treno si mosse. Tobias ed Helena,
sistemati i
bagagli nella cabina letto che avevano prenotato, andarono alla
scoperta dei
vari ambienti dove avrebbero vissuto per le prossime 60 ore, tempo
stimato per
il viaggio. La loro cabina era minuscola e tutto ciò che
conteneva, lo era di
conseguenza. C'erano due cuccette, una delle quali, in alto, rientrava
nella
parete per fare un po' di spazio durante il giorno. Un armadietto, un
divanetto
e un piccolo lavabo con sopra un modesto specchio, completavano
l'arredamento
dell'ambiente, comunque abbastanza pulito.
C'erano le carrozze con i posti normali ed alcune
panoramiche, ossia con
i sedili rivolti verso i finestrini. Trovarono anche un'affollatissima
carrozza
adibita a bar e due vagoni ristorante dove dovettero prenotare i posti
per
consumare i pasti durante il viaggio. Mentre il treno traversava
instancabile i
vari stati, California, Nevada, Utah, Colorado e tanti altri,
osservavano
affascinati quel particolare panorama che mutava continuamente in
funzione dei
territori che stavano attraversando, a volte passando in modo repentino
da
grandi pascoli o foreste con importanti fiumi come in Colorado a
paesaggi
rocciosi e aspri, come moltissimi tratti dello Utah. Era comunque un
territorio
sterminato che ispirava rispetto a chi lo guardava. Ogni tanto, sempre
più
lontani dalla loro casa, avevano la sensazione di essere molto soli ed
allora
si stringevano la mano, come due ragazzini. Provavano una sensazione
stranissima. Stavano lasciando un paese straniero, dove però
avevano vissuto
negli ultimi anni in modo più o meno felice per tornare in
quella che per molto
tempo era stata la loro patria, la loro casa, e dalla quale avevano
scelto di
fuggire, con la consapevolezza che si sarebbero sentiti completamente
estranei.
Ogni tanto il loro tragitto li portava ad attraversare delle
città importanti
come Boston, Philadelfia, Washington e, seppure ne vedevano solo i
sobborghi
attraversati dalla ferrovia, ne rimasero comunque fortemente
impressionati. Il
treno era piuttosto affollato con passeggeri che cambiavano
continuamente
perchè molti percorrevano solo un breve tratto della linea.
Un gran numero di passeggeri
erano soldati. Dai loro discorsi si
capiva che alcuni non vedevano l'ora di ritornare a casa ad abbracciare
i loro
cari, una moglie, un figlio. Altri invece cercavano di ritardare il
più possibile
il momento del ritorno. Si sentivano molto cambiati e temevano di non
essere più
in grado si riadattarsi ad una vita normale. Molti avevano vissuto
delle
esperienze terribili e non si poteva certo chiedere loro di dimenticare
tutto
dalla mattina alla sera, tornando ad essere dei semplici impiegati,
commessi,
assicuratori.... Tobias sapeva bene cosa stessero passando. I pasti
serviti
nella carrozza ristorante, erano di livello passabile e la cabina si
rivelò
abbastanza comoda. Alla fine, quando avevano l'impressione che sul quel
treno
sarebbero rimasti per sempre, arrivarono alla stazione di New York, la
Grand
Central Terminal, un grande ambiente pieno di gente e dove ferveva una
incredibile attività. Da un taxi si fecero condurre al
porto, per raggiungere
la loro nave. Questa era attraccata al molo n. 22 e, all'apparenza, non
prometteva un granchè. Era molto grande e appariva piuttosto
maltenuta.
Dappertutto si poteva notare ruggine a malapena coperta da diversi
strati di
vernice. Il colore verde originale, nel tempo si era sbiadito assumendo
una
tonalità indefinibile. Dopo un attimo di incertezza,
consapevoli di dover
affidare per molti giorni la propria vita a quella 'carretta', come
l'aveva
chiamata il taxista dopo averla veduta, si fecero coraggio e salirono a
bordo
dove furono ricevuti da un ufficiale che, gentile, ma piuttosto brusco,
li
scortò nella loro cabina. In realtà rimasero
piuttosto sorpresi quando
all'interno della nave, ebbero l'impressione di essere in un altro
mondo.
All'interno tutto era nuovo, perfettamente tenuto ed anche molto
pulito, come
se l'aspetto esteriore trasandato e sporco fosse voluto per qualche
motivo. La cabina,
come le altre 9
destinate ad ospitare i passeggeri, era
a poppa,
sul primo ponte
sottocoperta. Aveva due letti a castello ed era arredata con un piccolo
tavolo,
due sedie, un armadietto piuttosto capace ed un lavandino che erogava
acqua
dolce per due ore al giorno, dalle ore 8.00 alle ore 9.00 e dalle ore
19.00
alle ore 20.00. La biancheria della cabina era pulita ma non era
previsto il
servizio in camera. I 2 gabinetti nel corridoio erano in comune con il
resto
dei passeggeri. I pasti andavano consumati nella sala comune destinata
ai
passeggeri dove ad un self service avrebbero trovato un cibo semplice
ma
accettabile tre volte al giorno. Nel complesso, a loro era riservato lo
spazio
delle cabine, quello delle parti comuni destinate ai passeggeri, ed una
porzione del ponte chiaramente indicata con apposite scritte. Non
dovevano per
nessun motivo entrare nelle zone non consentite, pena l'essere
confinati per
tutta la durata del viaggio, nella propria cabina. Attesero
pazientemente la
partenza a bordo della nave. Alcune delle cabine erano già
occupate. Altre
vennero occupate da frettolosi passeggeri, poco prima della partenza.
Quando
salparono, dal ponte della nave, Tobias ed Helena, guardarono con il
cuore in
gola il molo che si allontanava, poi il porto, poi, usciti dalla Lower
Bay, alla
fine non fu più possibile vedere nulla, solo il mare che per
molti giorni
sarebbe stato il solo panorama disponibile. Nel corso del viaggio,
scoprirono
che solo 6 delle cabine, compresa la loro, erano occupate e presero
atto che
gli altri viaggiatori non avevano alcun interesse a familiarizzare.
Solo alla
mensa, incontrandosi, si scambiavano un rapido saluto. Erano quasi
tutte
coppie, come loro, di età variabile, e molto discrete. Non
avendo alcun
interesse a stringere amicizia, Tobias ed Helena non fecero altri
tentativi per
cambiare la situazione. Dopo due interminabili giorni di navigazione
calma, il
terzo giorno, l'oceano iniziò ad essere mosso fino a
sfociare in una vera
burrasca. La nave continuava ad arrancare fra le altissime onde, che
sembravano
volerla inghiottire da un momento all'altro. Per fortuna, loro non
soffrirono
mai di mal di mare, a differenza di molti altri passeggeri e non
saltarono mai
un pasto, se non altro perchè era forse l'unico evento che
rompeva la monotonia
dei giorni di navigazione. Finalmente, il sesto giorno, il tempo
sembrò
placarsi e così poterono tornare a prendere tranquillamente
un po' d'aria sul
ponte, assieme ad alcuni passeggeri. Apparentemente, malgrado le
pessime
condizioni del mare, non avevano perduto molto tempo. Infatti, allo
scadere del
settimo giorno, dal ponte, nella notte, videro delle luci lontane. Il
mattino
seguente, riuscirono a intravedere appena la linea di una costa che
scoprirono
essere le isole di Lewis nella zona nord della Gran Bretagna, che
superarono
prima di ridiscendere verso sud, dirigendosi verso le coste della
Danimarca e,
da lì, fino alla loro destinazione. La vista della
città di Amburgo fu il primo
vero impatto con la terribile realtà della guerra. Il porto
era stato
risistemato alla meglio ed in fretta per evidenti motivi logistici, ma
l'aspetto del resto della città era sconvolgente. Durate la
guerra gli alleati
avevano preso atto che Amburgo era un centro attivissimo per le
comunicazioni,
per il commercio e per i cantieri navali. Il comando bombardieri aveva
deciso
quindi di bombardare pesantemente la città in 4 ondate
successive fra il 25
luglio ed il 3 agosto del 1943. Sulla città vennero
scaricate complessivamente
più di 8000 tonnellate di bombe. Per eseguire i
bombardamenti gli stormi furono
guidati sugli obiettivi direttamente da particolari aerei, chiamati
Pathfinder, dotati
di bombe incendiarie
che indicavano i bersagli senza margine di errore. Inoltre per
confondere i
radar tedeschi e diminuire le capacità difensive della
contraerea, fu usato per
la prima volta, con successo, il metodo 'Window' che consisteva nel
lanciare in
cielo da appositi aerei, una enorme quantità di striscioline
metalliche che
letteralmente facevano impazzire i radar. In particolare fu tremendo il
bombardamento
del 28 luglio, il secondo, eseguito
da
786 bombardieri che colpì direttamente il centro della
città, più densamente
abitato, con 2300 tonnellate di bombe con un effetto terrificante che
gli
stessi tedeschi definirono il 'Feuersturm', ossia la tempesta di fuoco.
Morirono più di 40.000 abitanti, molti dei quali ridotti in
cenere perfino nei
rifugi, a causa della terrificante potenza e natura delle bombe
utilizzate. Avvicinandosi
al punto di attracco, tutti e due non potevano non pensare a cosa
avrebbero
trovato a casa loro, dopo aver saputo dei combattimenti strada per
strada nella
città di Vienna, o dell'avanzata dei Sovietici a suon di
cannonate, per
debellare le difese tedesche. La mattina del 6 marzo, prima di
sbarcare, il
solito ufficiale con il quale avevano avuto contatti, diede loro delle
informazioni preziose per il proseguimento del viaggio. Anzitutto
consigliò
loro di portare con sè il minimo indispensabile, viaggiando
così, leggerissimi.
Il bagaglio inutile lo avrebbero lasciato a bordo e lo avrebbero
ritrovato al
loro ritorno. Diede a Tobias uno zainetto con dentro cibo concentrato
ed acqua,
raccomandandogli di tenerlo da conto, perchè durante il
viaggio, ne avrebbe
avuto bisogno. Continuò informandoli che fuori dal porto,
avrebbero trovato una
macchina che li avrebbe condotti ad una stazione ferroviaria
all'estrema
periferia di Amburgo, a Beckedorf. Lì sarebbero saliti su un
treno che li
avrebbe portati direttamente alla loro destinazione, anche se non era
possibile
stabilire precisamente in quanto tempo. Raccomandò loro di
non dare confidenza
a nessuno, di non scendere mai dal treno per nessun motivo e di non
lasciare
mai il bagaglio incustodito. Infine raccomandò loro di
parlare esclusivamente
la loro lingua madre perchè la gente che avrebbero
incontrato, da quel momento
in poi, avrebbe potuto non gradire di avere a che fare con qualcuno che
parlava
inglese. La guerra era ufficialmente finita ma, la firma su un pezzo di
carta,
non può cancellare anni di dolore, sofferenza, morte, a
prescindere da come si
erano svolti i fatti. Troppi morti, troppi feriti, persone senza casa,
senza
più nulla, troppo vecchie o troppo ferite per ricominciare.
Infine ricordò loro
che il giorno 26, alle ore 18.00 la nave sarebbe salpata senza il
minimo
ritardo, quindi se non volevano trovarsi bloccati in Austria,
cercassero di
essere puntuali. Il posto dove la macchina li condusse, era una specie
di scalo
merci o almeno lo era stato in passato. Un binario attraversava mucchi
di
rottami, casse vuote e piene, pezzi di autoveicoli danneggiati, cumuli
di
pietre e macerie. Sulla banchina, una trentina di persone in rassegnata
attesa,
di tutti i generi. Quando scesero dall'auto, per qualche secondo li
osservarono,
ma poi ognuno continuò ciò che stava facendo.
Erano famiglie con bambini,
anziani, persone di età indefinita, quasi tutti con un
aspetto molto
trasandato. Alcuni si erano seduti sul ciglio della banchina, in
attesa, da
chissà quanto tempo, quasi rassegnati. Forse fuggivano da
qualcosa o avevano la
speranza di trovare
qualcosa altrove. O
semplicemente non sapevano dove andare e a quel punto, un posto valeva
l'altro.
Dopo un tempo che sembrò eterno, annunciato da una spessa
colonna di fumo,
denso e nero, arrivò, sbuffando, il treno, trainato da una
vecchia vaporiera
che sembrava dovesse sfasciarsi da un momento all'altro e che si tirava
appresso una fila di almeno 20 vagoni apparentemente messi assieme alla
bell'e
meglio, in quanto erano tutti diversi. Almeno la metà erano
carri merci che
viaggiavano con le porte aperte da cui si intravedevano molte persone.
Altri
erano vagoni passeggeri ma in cattive condizioni. Quando il treno si
fermò,
molti di quelli in attesa, si precipitarono verso i carri merci,
salendo in
fretta e trascinandosi appresso il poco bagaglio che avevano, cercando
un posto
decente per proseguire il viaggio. Tobias e Hanna si inerpicarono
invece sugli
alti gradini di legno di una carrozza passeggeri. Era in cattive
condizioni e
non molto pulita ma i due trovarono comunque posto e si accomodarono su
un
sedile di legno. Probabilmente il grosso dei passeggeri viaggiava sui
carri
merci per risparmiare il più possibile. Il vagone non aveva
scompartimenti e i
sedili erano su due file con una corsia al centro. Sull'altro lato
della corsia
una coppia non più giovanissima, con due bambini piccoli
piuttosto tranquilli.
Assieme a loro, sul vagone salirono altre persone. Due donne, che
viaggiavano
insieme, trascinando una ingombrante valigia, un signore anziano con un
pesante
cappotto ed uno sciarpone che gli copriva in parte il viso ed una
coppia di
ragazzi. Il treno avanzava piuttosto lentamente e spesso di fermava per
fare
provvista d'acqua e carbone. Il viaggio procedeva monotono fra zone di
verde,
paesini apparentemente intatti, centri bombardati e ancora in rovina.
In varie
zone però, si vedevano tracce di ricostruzione, riparazione.
Diverse industrie,
seppure danneggiate mostravano segni di attività. La vita
ricominciava, grazie
a coloro che non si erano arresi e che di certo volevano solo guardare
al
futuro per uscire al più presto da quella tremenda
situazione in cui li aveva
trascinati una guerra terribile. Tobias notò un numero
impressionante di
invalidi fra coloro che incontrava e si rese conto che la guerra doveva
essere
stata davvero dura per tutti, non risparmiando nessuno, nè
soldati nè civili. Il
treno lentamente, procedeva verso sud, sorpassando Colonia e poi,
piegando
leggermente a ovest, si diresse verso Stoccarda e di lì,
verso Monaco di
Baviera. Erano quasi arrivati. Pochi chilometri dopo Monaco, il treno
si fermò
per l'ennesima volta in corrispondenza di un piccolo deposito. Sembrava
impossibile essere arrivati fin lì. Il posto appariva
deserto e, a parte i
ferrovieri impegnati nella loro attività di rifornimento,
non si vedeva anima
viva. Tobias che aveva terminato l'acqua da un bel pò',
sapendo che alla loro
meta mancavano ancora circa 400 Km, decise di scendere dal treno per
prenderla
da una fontanella che si intravedeva, i mezzo ad una macchia di alberi.
Malgrado le proteste di Helena, rassicurandola che avrebbe fatto in un
momento,
scese con la borraccia da riempire e si diresse di corsa verso la
fontanella.
Per fortuna, aperto il rubinetto uscì dell'acqua ed egli
cominciò a riempire il
suo contenitore. Fu gelato da una voce dura che all'improvviso, gli
disse :
"Buon giorno, signore, come va?". Sollevò lentamente la
testa e vide
dietro di lui a circa quattro, cinque metri due uomini robusti,
malvestiti e
molto trasandati. Avevano sul viso un'espressione veramente minacciosa,
resa
più truce da delle barbe lunghe, e si rese conto di essere
stato un pazzo a
scendere dal treno. Probabilmente quei due l'avevano seguito senza che
se ne
accorgesse ed ora si rese conto che dalla loro posizione, nascosti
dagli
alberi, non potevano essere veduti dal treno. Uno di loro gli si
avvicinò e con
voce sgarbata gli disse: "Ma che bei vestiti, come sei elegante. Magari
sei anche pieno di soldi. Che sei, un membro del partito che
scappa?"." O magari uno che fà il mercato nero?"
interloquì
l'altro uomo. Tobias, si rese conto che contro quei due non avrebbe
avuto la
minima possibilità. "Che volete, lasciatemi in pace!"."Si,
certo
- gli disse l'uomo più vicino e gli dette una manata sulla
spalla che lo fece
andare a sbattere con la schiena contro un albero, lasciandolo senza
fiato - Ma
prima ci dai i tuoi soldi e poi magari anche qualche altra cosa"."Che
bel cappotto - disse l'altro uomo - e che belle scarpe che hai!".
Aggiunse
l'altro uomo avvicinandosi a sua volta. Tobias si vide perduto e
all'improvviso
mulinò con un gesto disperato la borraccia mezza piena
d'acqua colpendo in
piena faccia l'uomo più vicino. Questi emise un urlo
strozzato e si premette
una mano contro il viso mentre perdeva copiosamente sangue dal naso.
"Questa è stata una pessima idea - soffiò quasi
accecato dal dolore - e
gli si avvicinò tirando fuori di tasca un lungo coltello.
Anche l'altro uomo
aveva estratto una lama dalla tasca e si avvicinò anche lui
minaccioso. Tobias
si rese conto che non aveva molte possibilità di uscirne
vivo ma si preparò a
vendere cara la pelle. "Qualche problema signori? - si udì
all'improvviso
dietro di loro. Era stata la voce di un uomo, calma ma sicura, decisa.
Gli
uomini presi alla sprovvista, si girarono di colpo, per trovarsi
davanti l'uomo
che Tobias aveva notato sul treno, quello anziano, con il pesante
cappotto e la
sciarpa sul viso. Solo che ora non appariva più molto
anziano, anzi. Il
cappotto era slacciato e lasciva intravedere un corpo piuttosto
atletico. Ma la
cosa che più colpiva era la grossa pistola automatica che
egli puntava verso i
due uomini. "Bravi - disse sempre con voce calma - state fermi e
lasciate
cadere i coltelli. - Poi con voce molto decisa - Signor Mayer, non le
era stato
detto di non scendere mai dal treno? Prenda la sua maledetta acqua e
torni da
sua moglie!". Tobias, che era rimasto sorpreso quanto gli altri dalla
comparsa di quell'uomo, si affrettò ad obbedire, tenendosi
accuratamente a
debita distanza da quella gente. Risalì sul treno e decise
di non raccontare
nulla alla moglie. Spiegò il suo aspetto un po' stravolto
col fatto che aveva
dovuto correre per paura di perdere il treno. Dopo una decina di
minuti, il
treno ripartì senza che ci fossero stati segnali dei tre uomini. Arrivati
alla fine, alla
stazione ferroviaria di Vienna il mattino del 9 marzo, constatarono che
era
stata in gran parte ricostruita e non si notavano eccessivi danni. In
quella
zona avevano il controllo i sovietici e dovettero sottoporsi ad un
severo
controllo.
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Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
Capitolo 12 calici imperatore
Capitolo 12^
Apparentemente però, per fortuna,
i loro documenti risultarono in regola e non ebbero problemi a passare. Non
tutti furono così fortunati perchè, uscendo dalla stazione ferroviaria, si
accorsero di alcune persone che venivano costrette a salire su un camion
militare senza molti riguardi. Sulla piazza della stazione non c'erano
automobili disponibili. C'erano solo delle vecchie carrozzelle attaccate a
stanchi ronzini. L'attenzione si Tobias fu attratta da un calessino con attaccato un magnifico
cavallo di razza norica. Un robusto animale con un mantello beige lucido, una
criniera ed una fluente coda quasi bianche e delle solide zampe. A cassetta un
uomo di mezza età che fumava una corta pipa. Tobias gli chiese se poteva
portarli a Weidling. "Ma non c'è nulla laggiù. Solo qualche sperduta
fattoria" - replicò l'uomo. Tobias gli rispose che non erano fatti suoi.
Era lì che li doveva portare se avesse accettato. L'uomo senza più obiettare si
dichiarò disponibile ma chiese una cifra pazzesca. "Voglio affittare la
carrozza, non comprarla - rispose Tobias. E iniziò a contrattare sul prezzo finchè
raggiunse un accordo ragionevole. In realtà riteneva di potersi fidare per il
trasporto solo di quel cavallo, perchè tutti gli altri presenti sulla piazza
erano talmente malridotti da non sembrare in grado di affrontare il viaggio di
una quindicina di chilometri su strade probabilmente malmesse. Non visto, aveva
assistito alla trattativa un uomo alto e robusto. Aveva un'aria seria e decisa
e indossava un abito abbastanza elegante con giacca e cravatta. Prima che la
carrozza si muovesse, chiamò il cocchiere: "Hans, Hans! - quando questi si
girò per sentire chi lo chiamava e riconobbe l'uomo, sbiancò in viso e fece
l'atto di togliersi il cappello. - Comandate pure!". "Hans, mi
raccomando, non fare al solito tuo - disse serio, senza mai guardare in faccia nè
Tobias nè la moglie - Conduci i signori, che sono amici miei, dove hanno
chiesto e alla cifra che avete pattuito. Hai capito? - chiese con voce che non
ammetteva commenti. Poi l'uomo se ne andò per la sua strada senza salutare
nessuno. La carrozza partì subito mentre i due passeggeri non sapevano
spiegarsi l'intervento dello sconosciuto. Tobias però alla fine prospettò
l'ipotesi che fosse un 'collega' di quello che gli aveva salvato la vita alla
fermata del treno. Uscendo dall'abitato videro che effettivamente c'erano stati
parecchi danni ai fabbricati, ma nulla rispetto ai quartieri orientali dove si
era combattuto casa per casa. La campagna non era cambiata molto, segno che, a
parte la guerra e le varie battaglie, i contadini avevano continuato pazientemente
a fare il loro lavoro, almeno nei limiti del possibile. Lungo la strada si
incontravano diversi uomini a piedi con attrezzi agricoli sulle spalle e
viandanti di ogni genere. Di quando in quando una pattuglia motorizzata di
soldati americani percorreva la strada con noncuranza. In prossimità della
fattoria, Tobias cominciò a riconoscere molti particolari. Gli alberi, la forma
dei campi, la curva della strada e li indicava di volta in volta a Helena.
Arrivarono, quasi senza rendersene conto, sullo spiazzo davanti alla vecchia
casa. Appariva uguale identica a come la ricordava, segno che lì non doveva
essere accaduto niente di brutto. Uscì dalla casa una donna molto anziana,
asciugandosi le mani con lo strofinaccio che aveva legato in vita.
Avvicinandosi si faceva schermo dal sole con una mano, cercando di capire chi
fossero quegli estranei capitati fin lì. Mentre si avvicinava Tobias riconobbe
sua madre, parecchio invecchiata dal passare degli anni e dall'indubbio dolore
per la morte del marito. Poi anche lei lo riconobbe e fece gli ultimi passi di
corsa, gettandosi fra le braccia del figlio. Lo abbracciava, lo accarezzava, lo
baciava pronunciando parole quasi incomprensibili sopraffatta dall'emozione,
poi corse ad abbracciare la moglie, riservando anche a lei un caldo benvenuto.
Dopo qualche minuto, uscì dalla casa una donna giovane, con un bambino in
braccio. Incuriosita, si avvicinò e rimase a sua volta molto sorpresa nel
riconoscere i due visitatori. Era Julia, la sorella di Tobias, ormai una donna
matura. Seppure con maggior controllo, salutò anche lei i due visitatori e
presentò il bambino, suo figlio Frank, di quasi tre anni. Aveva il nome dello
zio morto in guerra. Tobias si guardava attorno con attenzione. Seppure ad una
prima impressione sembrasse tutto uguale a come lo aveva lasciato, ad
un'occhiata più attenta, si notavano parecchie differenze. Uno stato di trascuratezza,
di vecchio, di trasandato, di rovinato che riguardava ogni cosa, i fabbricati,
le attrezzature. In giro non si vedevano animali e allo stesso modo, nei campi
che si potevano intravedere dalla casa, le colture erano stentate, striminzite
e scarse. Entrati in casa, notò anche lì gli stessi segni di deterioramento,
come se le persone fossero state impegnate in altre faccende più importanti.
Magari a restare vive, pensò Tobias. Dovevano essersela vista veramente brutta
e in qualche modo si sentì quasi colpevole di essere andato via, anche se in
realtà non vedeva proprio come avrebbe potuto fare la differenza. Quando la
madre gli offrì un bicchiere di vino sentì nettamente che, anche per quello,
qualcosa era cambiato, come se fosse stato fatto in modo frettoloso, senza
cura. All'ora di pranzo tornarono a casa
il fratello Hans ed il cognato Mario. Anche loro furono molto contenti di vedere
Tobias e la moglie. Durante il pranzo, che le due donne avevano preparato in
fretta e furia, si parlò del più e del meno, della salute, del lavoro, come se
nulla fosse successo, come se non fosse che si rivedevano dopo tredici anni.
Solo la madre chiedeva dei nipoti, rammaricandosi di non averli potuti
incontrare, del lavoro, di come era l'America. Quanto agli altri, si percepiva
un atteggiamento strano, quasi distaccato, come se fossero degli estranei. Nel
pomeriggio Tobias e la moglie passeggiarono per la fattoria, notando segni di
incuria, macchine arrugginite, campi non coltivati. Non avevano idea di cosa
fosse accaduto in quel posto. A cena, Tobias si guardò bene dal parlare di
quello che aveva visto, non volendo mettere in imbarazzo i suoi familiari. Alla
fine del pasto, però, dopo alcuni bicchieri di vino, furono i suoi parenti che
cominciarono a parlare. Iniziarono a raccontare di come le cose fossero andate
di male in peggio, delle requisizioni che li lasciavano appena con il minimo
indispensabile per campare. Del dolore causato da quei soprusi che alla fine
aveva ucciso il padre di Tobias che si era visto portare via il frutto di tanti
anni di pesante ed assiduo lavoro per mantenere decentemente la sua famiglia. Quasi
tutte le bestie erano state confiscate. E ogni volta, a dirigere e organizzare
quei gruppi scellerati, c'era Bernhard Stainer, incaricato di svolgere quel
compito che per lui, con la sua rabbia e la sua ottusità, era l'ideale, ma il
mandante, lo sapevano tutti, era il fratello. Parecchie volte avevano picchiato
i contadini che si erano opposti. Poi quando le cose erano peggiorate, le
campagne erano state rastrellate in cerca di uomini da mandare al fronte. Hans,
con la sua gamba malconcia era stato scartato ma Mario, più giovane ed in buona
salute si era dovuto nascondere con l'aiuto di padre Valentin. Infine,
nell'assalto finale, la paura dei Russi che per fortuna non erano arrivati fin
lì. Ed ora stavano cercando di risollevarsi, con quel poco che era rimasto, ma la
vita era durissima. In tutta la storia Tobias si fece l'idea che a mandare
veramente avanti tutta la baracca in realtà fosse stata la sorella Julia,
dimostrando una forza di carattere ed una razionalità che lui assolutamente non
sospettava. E che ora lui parlasse loro dell'America. Ecco il punto, alla fine
era saltato fuori. Anche loro avevano nei suoi confronti una sorta di sordo
rancore per essersene andato. Ma la risposta era sempre la stessa, che
differenza avrebbe fatto per loro che lui fosse rimasto? Disse comunque che
anche in America le cose non erano come si credeva, che i Tedeschi erano stati
rinchiusi, perseguitati e che anche loro avevano passato dei momenti difficili.
La mattina seguente, Tobias e la moglie visitarono i dintorni, per vedere come
fosse la situazione. E alla fine si ritrovarono davanti al ponte di
Greifenstein, ancora miracolosamente intatto, come tanti anni prima. Tobias lo
attraversò trepidante, chiedendosi cosa avrebbe trovato dall'altra parte del
fiume, dove tutta la sua avventura era cominciata. Fu un'esperienza scioccante.
Anche Helen che conosceva la zona ne rimase colpita. I grandi campi che una
volta erano completamente coperti di viti, l'orgoglio di Andrea Stainer, ora
erano una distesa di sterpi bruciati. Solo polvere e cenere, dove una volta
c'erano dei campi curatissimi e rigogliosi. Il suo passato che veniva
cancellato! "Ma cosa è successo qui? E' passato l'inferno! Se Andreas lo
vedesse......"."E' pazzesco, è terribile, è mostruoso.... - disse la
moglie - Ma chi sarà stato? Le truppe dei Russi? Eppure non sono arrivate fin
qui". Quella sera a tavola, Tobias sollevò l'argomento. Gli rispose Hans,
sempre con quello strano atteggiamento, fra l'ostile e l'amaro che egli
attribuiva alle tremende esperienze vissute. "Quali Russi? Qui la guerra
non si combatteva fra gli alleati e noi, ma fra noi e il partito, in
particolare con alcuni bastardi che coprendosi le spalle con la politica, hanno
commesso dei soprusi terribili. Erano loro che ci portavano via la roba, che
picchiavano duramente ed in qualche caso anche a morte chi si ribellava, chi si
opponeva. Tu non hai idea dell'inferno che abbiamo passato!"."Certo
che no! Ma quando io dicevo che le cose sarebbero andate al peggio, mi avete
trattato come un matto, un disfattista!"."E chi poteva immaginare una
tale doppiezza, una tale slealtà! Sembrava tutto bello, tutto facile, saremmo
tornati grandi dopo la batosta presa nel 1918 e l'umiliazione del trattato di
Versailles. E invece, in molti casi, il potere è finito nelle mani di gente
come i fratelli Stainer! Perchè questa era la loro zona di azione, erano loro
che ci davano addosso! Purtroppo conoscevano tutto e tutti ed era difficile
difendersi. Per fare soldi e comprare favori, hanno rovinato il padre. Prima
gli hanno venduto la terra, poi la casa e anche lui ne è morto di crepacuore.
Ma alla fine, credendo di essere divenuti intoccabili, i fratelli Stainer
pretendevano che chi gli aveva comprato la terra, gliela rivendesse per un
tozzo di pane e quando quel poveraccio, naturalmente ha rifiutato, prima, tutto
il suo raccolto ha preso fuoco e dopo due giorni, è sparito. E sono stati loro,
ne sono sicuri tutti."."E che ne è stato di loro?"."Non si
sa. Alla fine di marzo del 1945, prima che cominciassero i combattimenti strada
per strada nella città di Vienna, di gran carriera, come due topi, sono partiti
verso la Germania, assieme ad un convoglio di SS. Ma la colonna non ha mai
superato i confini dell'Austria. Sembra che una pattuglia aerea li abbia
intercettati e bombardati. Alla fine non era rimasto abbastanza da identificare
alcunchè"."Ed ora la terra, la casa, di chi sono?"."Della
moglie di quel poveraccio, con due figli e senza risorse per ricominciare".
Quella sera il discorso finì lì, e Tobias pensava a quanto potesse diventare
brutale un uomo accecato dal potere e dalla brama del possesso. E suo suocero,
per quanto fissato con le sue idee, aveva pensato di spuntarla con gente
simile! Poveraccio, lui era comunque una persona onesta e in buona fede e
appena non era stato più utile, l'avevano buttato da parte come uno
strofinaccio vecchio! Il giorno seguente, avuto il suo indirizzo, sarebbero
andati a trovarlo sperando che avesse cambiato atteggiamento. L'indirizzo era
di un vecchio condominio popolare nella parte nord della città. Era presidiata
dai Russi ma non ci furono grosse difficoltà per passare. Avevano saputo che,
rimasto praticamente privo di mezzi, lo aveva accolto con sè una anziana vedova
che in realtà gli stava appresso da molto tempo, persino da prima che Tobias ed
Helena si conoscessero. Ora provvedeva a lui e con i pochi mezzi di cui la
donna, che aveva avviato una modesta attività di alimentari, ancora possedeva, vivevano piuttosto
modestamente. Seppero che il padre, talvolta svolgeva il ruolo di commesso
fattorino e per evitare di metterlo in imbarazzo, andarono a trovarlo la sera,
quando il negozio era chiuso. Purtroppo non fu nè una bella idea, nè una bella
esperienza. Tobias scelse per prudenza di rimanere in strada e fece salire solo
la moglie. Nel caso, l'avrebbe raggiunta più tardi. Appena il padre riconobbe
la figlia, che fu introdotta nella piccola cucina dove l'uomo stava consumando
una scodella di minestra, lo sguardo sembrò illuminasi ma poi, quasi avesse
ricollegato dei fatti dimenticati, assunse un'espressione severa, quasi
cattiva: "Sei venuta a vedere come mi sono ridotto? Anzi, come mi avete
ridotto voi due, traditori e vigliacchi. Per colpa vostra ho perso tutto!
Tutto! E se non fosse stato per questa donna generosa, starei in mezzo alla
strada, a chiedere la carità". La donna assunse un'aria di sopportazione
come se avesse sentito quella solfa più e più volte. "Ma credete che mi
sia arreso? Vi sbagliate. E' solo una difficoltà momentanea e presto, tutto
tornerà come prima, come prima!". E riprese a mangiare come se non fosse
accaduto nulla. La donna fece cenno ad Helena di seguirla nell'ingresso."E'
sempre così. Ogni tanto ha degli sprazzi di lucidità e poi.... l'ha visto, vive
in un altro mondo". "Mi ricordo di lei. Stava sempre attorno a mio
padre per avere la sua attenzione, ma lui non se ne è mai accorto. Da quello
che vedo, so che lei è una brava persona e mi dispiace che le cose siano andate
in questo modo. E' inutile che io rimanga. Però vorrei aiutarvi in qualche
maniera, magari darvi un sostegno, senza che naturalmente ne sappia nulla mio
padre". E tirò fuori dalla tasca una mazzetta di 500 dollari, un vero
piccolo capitale. Gli occhi della donna si illuminarono e dopo un tentativo di
rifiutare molto malaccorto, afferrò il danaro facendolo sparire in una delle
tasche. "Ce ne saranno degli altri e, se serve qualcosa, mi faccia sapere
a questo indirizzo". E diede alla donna un biglietto con il suo indirizzo.
In strada disse al marito come erano andate le cose e capirono che non ci
sarebbe stato più nulla da fare. La mattina seguente, Tobias chiese ad Hans di
fargli fare un giro accurato di tutta la proprietà e rimase un po' sorpreso
dall'atteggiamento del fratello che accettò, ma quasi con risentimento, al
momento inspiegabile. Ad ogni domanda che Tobias rivolgeva, circa una coltura o
sul perchè un terreno fosse incolto o sui motivi di alcune scelte di lavoro,
riceveva sempre delle risposte secche, ostili?? finchè alla fine si decise a
chiarire il discorso e chiese al fratello se c'era qualcosa che non andava.
Questi, decise di sfogarsi e quasi
l'aggredì. "Chiedi a me se c'è qualche problema? Te ne vai e lasci tutto,
proprio prima che cominci la catastrofe. In America fai la bella vita, fai i
soldi. E ora torni quì per controllare, per giudicare se abbiamo fatto il
nostro dovere, se abbiamo affrontato in modo giusto le cose, per sapere se
abbiamo salvato e ben amministrato la tua parte! Beh, no! Te lo dico io!
Abbiamo cercato di restare vivi. Io, tua sorella, tua madre e tuo cognato, che
alla fine è dovuto anche andare a nascondersi per non essere richiamato! E
allora? Adesso cosa vuoi?". E rimase a guardarlo con gli occhi
fiammeggianti in segno di sfida. Finalmente aveva detto quello che si sentiva
dentro ed ora, succedesse quel che doveva succedere. Tobias, a quello sfogo,
era rimasto senza parole ma almeno ora aveva capito il perchè
dell'atteggiamento dei suoi familiari. "Ma tu davvero pensavi che io fossi
tornato quì, con mia moglie, rischiando la vita fra l'altro, solo per sapere
come avevate amministrato la roba mia? Non vi ha sfiorato nemmeno per un
istante l'idea che forse volevamo solamente rivedervi? Che non sapendo nulla di
preciso e avendo solo sentito cattive notizie, potavamo essere preoccupati per
voi?". Non sapeva se essere più risentito, offeso o divertito, pensando a
quello che dovevano aver passato, dopo averli visti ritornare, magari
parlandone fra loro in segreto, facendo chissà quali congetture. "Nel
momento in cui sono partito, mi sono
lasciato tutto alle spalle. La mia parte? Quale mia parte? Certo, a questo
posto ci sono affezionato, e se la cosa non vi crea problemi, mi contenterei
semplicemente di essere ben accolto ogni volta ci dovessi tornare. E se una
certa idea dovesse andare a buon fine, potrebbe essere un'evenienza molto
probabile e frequente". Ora era toccato al fratello rimanere senza parole.
Non si era aspettato una reazione di quel genere. "Scusa, hai ragione, è
che la vita che abbiamo fatto in questi anni ci ha reso sospettosi, meschini e
paurosi di tutto"."Ok, ma adesso finiamo il nostro giro e fammi il
favore di rispondere sinceramente a tutte le domande che ti farò. Poi stasera a
cena, parlerò con tutti voi perchè forse ho una proposta da farvi". Il
giro continuò per tutto il giorno, con un atteggiamento molto diverso. Alla
fine tornarono a casa e Tobias rimase a lungo a parlare con la moglie. La sera,
cenarono in un'atmosfera molto particolare. Tobias parlava tranquillamente del
più e del meno divertendosi un mondo a tenerli sulla corda perchè, dalle
occhiate che gli altri si scambiavano di quando in quando, era chiaro che Hans
li aveva informati di quanto era accaduto nel pomeriggio, ed ora non sapevano
cosa aspettarsi. Alla fine della cena, dopo
un ottimo bicchierino di grappa che aveva lui stesso chiesto, ottenuta
l'attenzione degli altri, si decise a cominciare. "Anzitutto voglio
mettere in chiaro alcune cose. E' vero, sono andato via, perchè avevo capito
cosa stava per succedere ma soprattutto perchè in America avevo intravisto una
possibilità che qui non sarebbe mai stata realizzabile. A Salinas ho un terreno
di estensione almeno cinque volte quello che avete voi, in cui, con varie
mansioni, lavorano ora circa 90 dipendenti, compresi i miei figli. Malgrado
quello che pensate, non è stato per nulla facile. A volte è stata veramente
dura e più di una volta siamo stati per perdere tutto. Danneggiati, minacciati,
ostacolati, abbiamo tenuto duro ed ora, grazie al Cielo, ne siamo usciti. E'
passata, per fortuna, e speriamo che le cose possano andare anche meglio".
Fece una pausa, per vedere che effetto facevano le sue parole, ma alcune cose
sentiva di doverle dire, perchè anche lui aveva da togliersi 'dei sassolini
dalla scarpa'. "Da come mi parlano tutti, sembra quasi che la guerra sia
stata persa solo perchè io me ne sono andato! Non capite che è esattamente il
contrario? Non avevo nessuna fiducia in quella gente e alla fine ho
semplicemente avuto ragione e mi dispiace, perchè questo ha significato dolore
e morte per tantissime persone. Non avrei fatto la differenza restando, nè
avremmo vinto la guerra solo perchè io ero restato quì a farmi ammazzare magari
con la mia famiglia. Ora di questo non ne voglio più sentir parlare. Ora voglio
solo sentire parlare di futuro, il nostro futuro, se sarete d'accordo su quanto
vi voglio proporre". Dopo aver accettato il rimprovero ora aspettavano
curiosi il resto del discorso. Tobias approfittò della sua posizione e
dell'attenzione per drammatizzare il discorso che si accingeva a fare. Perse
volutamente tempo a versarsi con attenzione un altro bicchierino di grappa, fra
l'altro veramente buona. "Bene, allora diciamo che gli affari, almeno ora,
in America vanno abbastanza bene. Il vino che produciamo è decisamente buono,
ma è vino prodotto oltreoceano e gli Americani sono molto sensibili invece a
tutto ciò che è europeo. Finchè c'è stata la guerra ed i commerci erano
bloccati per evidenti motivi, il nostro vino ha avuto un notevole successo. Ma
ora, quando le cose si normalizzeranno, e mi auguro sinceramente presto, perchè
questo significherebbe che potremo pensare tutti ad una vita normale,
l'attenzione dei consumatori si sposterà di nuovo verso l'Europa. Io venderò
sempre il mio vino, ma dovrò fare i conti con una concorrenza sempre più
agguerrita, via via che qui le attività riprenderanno. Ora, pensavo, se
concorrenza ci deve essere, perchè non farsi concorrenza da soli?". Gli
altri, che stavano cominciando a capire dove volesse andare a parare, si fecero
sempre più attenti. "Molte delle colture sono andate in malora e si vedono
solo cespugli dove una volta c'erano piante o coltivazioni. Lì, in ogni caso
dovrete ricominciare da capo. Allora perchè non piantare la vite? Le bestie non
le avete più, non vi servono più i campi a foraggio. Perchè non piantarci le
viti? Lasciate un bell'orto per voi e magari abbastanza per venderne anche agli
altri. Lasciatevi un campo di grano. Anche due, se volete. Ma il resto
organizzatelo a vigna, coltivata con piante sane, valide e di qualità. Insomma
mettiamoci in società e rimettiamo in sesto tutta la proprietà, senza perdere
tempo"."Ma noi.... saremmo tuoi dipendenti?" Chiese incerto
Mario che fra l'altro non aveva capito se anche il suo terreno avrebbe fatto
parte dell'accordo. "Nessun dipendente - ripetè Tobias - Soci! Io vi aiuterò
all'inizio per le piante, per l'avvio delle colture e con l'invio di alcune
macchine e tutto il necessario. Saremo soci, se l'affare vi interessa. Il che
significa che se lavorerete e vi impegnerete ci guadagneremo tutti ma se così
non sarà, allora sarà stato solo colpa vostra. Non voglio persone con lo
spirito del dipendente che 'come và, và, tanto c'è la paga'. Avete capito?
Avete chiaro in cosa vi sto proponendo di mettervi? Dovrete lavorare, così come
noi abbiamo lavorato in America e lavoreremo qui, almeno all'inizio. E avrete
il vantaggio di ripartire prima di tanti altri. Allora, cosa ne dite?".
Gli altri che erano rimasti senza parole, si guardavano l'un l'altro. Non si
aspettavano certo una proposta del genere. Per cui, dopo una serie di sguardi
di intesa, fu Hans a rispondere per tutti. "Certo la proposta è molto
interessante. Però tu ci stai proponendo di cambiare totalmente il nostro modo
di vivere e lavorare. La vite è una coltura che conosciamo abbastanza ma non
certo ai tuoi livelli. E poi non si tratta di coltivare la vite e fare il vino.
Qui si parla di imbottigliare, promuovere, distribuire. Noi, lo sai, siamo
abituati a trattare granaglie, ortaggi, patate, cose così. Non lo so, credo che
ci dobbiamo pensare un pò su". In realtà era rimasto un po' deluso, si
aspettava una reazione diversa. Di nuovo però rimase colpito dalla differenza
fra i due dubbiosi, Hans, Mario, e la sorella, che aveva dimostrato più
entusiasmo, maturità e determinazione e che avrebbe risposto subito di si. Tobias
capì comunque le giuste incertezze dei suoi parenti. Per dare loro la
possibilità di pensare un poco meglio alla proposta alla luce del sole, decise
di fare una visita che aveva sognato di fare da gran tempo. Così si fece
prestare il calessino dal fratello e, assieme ad Helena, partì alla volta della
abbazia di Klosterneuburg. Aveva una
voglia enorme di rincontrare padre Valentin, una figura incredibile che per lui
era stata molto importante e che, in altri momenti, aveva saputo trovare le
parole giuste per consogliarlo e consolarlo. Non ebbe grossi problemi a
raggiungere l'abbazia. Padre Valentin lo ricevette immediatamente e l'abbracciò
felice, incurante dell'imbarazzo di Tobias che non sapeva come comportarsi con
un vescovo. Condusse i due ospiti nel piccolo giardino dove in altri tempi
avevano passato delle belle ore. Volle sapere tutto di loro e della loro
famiglia. Il lavoro, la tenuta e alla fine fece loro i complimenti e disse
addolorato che gli dispiaceva molto di non aver creduto alle premonizioni di
Tobias che in qualche modo aveva previsto tutto quello che sarebbe accaduto.
Poi raccontò della guerra, di ciò che era accaduto non solo a lui ma a parenti
e conoscenti comuni e poi, come se avesse atteso a lungo quel momento,
finalmente chiese a Tobias: "Tu hai una lettera per me, vero?".
Tobias rimase esterrefatto. Il suo amico Valentin, il vescovo Valentin Pichler,
era in affari con Dowson? Che delusione, che amarezza, pensò. E quale interesse
comune avrebbe potuto unire due uomini così diversi? Il sacerdote con una
espressione fra il colpevole ed il divertito, riprese: "Sorpreso? Deluso?
Eppure dovresti conoscermi. A volte però non possiamo scegliere i nostri
compagni di viaggio o, come dicono da queste parti, 'questa danza dobbiamo
farla col diavolo. Seguitemi!". E senza perdere tempo, si alzò e si
diresse all'interno dell'abbazia. Tobias non sapeva che pensare, Helena, che
non sapeva nemmeno dell'esistenza della lettera, ancora più confusa di lui. Poi
Tobias riconobbe la scaletta che aveva già percorso una volta in passato e capì
che stavano scendendo per raggiungere le due stanze dove venivano conservati i
tesori dell'abbazia. Si sentì quasi esaltato pensando che fra breve avrebbe
rivisto i calici e che finalmente li avrebbe potuti mostrare anche alla moglie.
Il sacerdote prese da una mensola una torcia e ne dette una per ciascuno agli
altri e le accese. Purtroppo la corrente elettrica non veniva erogata per tutto
il giorno, così la discesa della scaletta, alla luce tremolante delle torce
creò un'atmosfera particolare. Quando giunsero nel piccolo andito dove si
trovavano le due porte blindate che Tobias ricordava bene, questi si accorse
che la stanza delle reliquie era chiusa mentre quella dei tesori aveva la porta
desolatamente spalancata e questo gli fece sentire un tuffo al cuore. Cosa era
successo in quel posto? Il sacerdote lo invitò ad entrare nella sala con la
porta aperta e lì, potè constatare, come aveva temuto, che era accaduto il
peggio. Le vetrine, molte delle quali infrante, erano vuote! Tutti i tesori, i
gioielli, i paramenti, i 'suoi' calici, scomparsi! Prima che potesse fare la
domanda che veniva spontanea, padre Valentin, cominciò a raccontare : "Il
30 marzo del 1945, all'alba si è presentato alle porte dell'abbazia un gruppo
di SS, comandate da un colonnello che era affiancato dai fratelli Stainer.
Disse che, con i Russi alle porte, aveva ricevuto l'ordine, chissà da chi, di
mettere in salvo il tesoro dell'abbazia. Non c'è stato nulla da fare. Chi si è
opposto è stato barbaramente malmenato e alla fine abbiamo capito che erano
così determinati da non fermarsi davanti a nulla. Un rifiuto non era previsto.
La cosa che mi ha colpito è che sapevano benissimo dove andare e cosa cercare.
E' chiaro che erano stati dettagliatamente informati. Sono scesi nella sala
dove erano custoditi i gioielli e i valori, portando delle casse vuote. Hanno
proceduto ad un veloce inventario e, spaccando le vetrine per fare prima, hanno
fatto man bassa di tutto. Nemmeno i Russi avrebbero osato tanto o, almeno, non
abbiamo notizie di atti simili da parte loro. Poi, caricate le casse empite
alla meglio, sui camion, di gran carriera, sono partiti. Il colonnello disse di
andare a farsi dare una ricevuta negli uffici di Vienna ma arrivati là, non
abbiamo trovato altro che disordine e confusione. Chi era rimasto, non aveva
notizia alcuna del fatto e non sapeva nemmeno cosa fare"."Ma sapete almeno
dove dovevano portare tutto?"."In realtà era un già un pezzo che le
truppe germaniche, con la scusa di salvare le opere d'arte, le andavano
rastrellando nei territori occupati, per nasconderle in appositi siti segreti. Tutto
quello che veniva trafugato qui, era destinato al castello di Neuchwanstein, a
Fussen, in Bassa Baviera. Poi da lì, opportunamente selezionato e smistato, il
materiale era diretto ai vari siti definitivi. Purtroppo, con le distruzioni
della guerra, la disorganizzazione degli ultimi giorni, le iniziative di
qualcuno che nella confusione ha approfittato per appropriarsi di opere di
valore inestimabile, molti di questi posti, nascosti chissà dove, sono al
momento sconosciuti. E forse lo resteranno per sempre. Si parla di antiche
miniere con passaggi segreti, di caverne naturali magistralmente nascoste,
tanto che nessuno ha la più pallida idea della loro esistenza. Molti dei loro
costruttori e ideatori, morti in battaglia a comunque deceduti, hanno portato
con loro il segreto"."E' incredibile - disse Tobias che non aveva mai
considerato questo aspetto della questione - Si parla solo di guerra, di
battaglie e non si pensa a questi risvolti. Degli autentici banditi, ladri!"."Non è
proprio così - lo corresse padre Valentin - queste persone nella maggioranza
dei casi hanno salvato dalla distruzione delle opere d'arte inestimabili e solo
grazie a loro sarà possibile vederle ancora. Ma alcuni, spinti da avidità,
cupidigia, desiderio sfrenato, hanno approfittato della situazione per crearsi
dei tesori personali"."Ma Dowson che c'entra in tutta questa storia?
- chiese Tobias che non riusciva a trovare un legame fra i due uomini. Prima di
parlare, padre Valentin ricondusse i suo ospiti nel giardino dove erano prima e
dove si assicurò che nessuno li potesse ascoltare. Poi pensò a lungo prima di
parlare, come se stesse valutando se confidare o meno alcune informazioni.
Quindi, con un profondo sospiro, alla fine si decise: "Quando avrò finito
di parlare, avrete capito la mia reticenza a condividere con voi quanto vi sto
per dire. Capirete che nel vostro interesse e per la vostra stessa sicurezza
meno saprete di questa storia, e meglio sarà per voi. I fatti in questione
riguardano gente di una pericolosità senza limiti e voglio comprendere nel
gruppo anche il vostro 'amico' Dowson, il quale nei vostri confronti mostra uno
strano atteggiamento, estremamente amichevole, che non mi risulta abbia mai
mostrato per nessun altro, e non voglio sapere il perchè. E'chiaro che, prima
di proseguire, in questo discorso dovrò avere la vostra parola che nulla di ciò
che vi dirò dovrà uscire da qui e questo, nella stessa vostra sicurezza".
Ad un assenso dei suoi ascoltatori, il sacerdote riprese: "Saprete certo
che alla fine della guerra, per quanto riguarda la Germania, non tutti i
responsabili di crimini sono stati catturati. Spesso, proprio quelli che
approfittando della situazione, del proprio grado, della propria posizione
hanno compiuto i gesti più efferati, sono riusciti a sfuggire alla giusta
punizione. Ricorderete nel primo processo di Norimberga che il segretario del
partito nazista, Martin Borman, fu giudicato e condannato a morte in contumacia,
perchè era riuscito a fuggire. Così è accaduto anche per persone come Josef
Mengele, il dottore dei campi di sterminio, Adolf Eichmann, responsabile della
morte di milioni di ebrei e tanti altri come loro, come Erich Priebke,
comandante delle SS, Franz Stangl, il boia di Treblinka, Alois Brunner,
inventore delle camere a gas mobili, Walter Rauff e altri ancora, responsabili
di cose così terribili che non ho nemmeno il coraggio di parlarne. Tutte queste
persone e molte altre hanno trovato il modo di sottrarsi alla giustizia,
espatriando o comunque nascondendosi. Alcuni avevano già minuziosamente
preparato la loro fuga, contattando persone altolocate in paesi neutrali,
valutando in quali nazioni trasferirsi, organizzando i mezzi da utilizzare.
Naturalmente nessuna di queste persone aveva previsto di fuggire a mani vuote.
Molti sono riusciti a stornare grosse somme di denaro e ad appropriarsene,
altri hanno preferito raccogliere tesori, oro, pietre preziose". Tobias
aveva iniziato a capire e molto
interessato, annuì per far capire che aveva compreso la situazione, e invitò il
sacerdote a continuare nel suo racconto. "Ci sono state naturalmente delle
approfondite indagini. Ma quello che ha maggiormente meravigliato e di certo
indignato gli investigatori, è stato lo scoprire attraverso quali reti erano
state possibili le fughe e quali personaggi avevano collaborato in modo
sostanziale. Si è parlato di passaporti rilasciati con il beneplacido della
Croce Rossa. In alcuni casi si è parlato di alti prelati che si sono resi
garanti della falsa identità di alcuni personaggi fra i più pericolosi. Tutto
ciò è emerso senza ombra di dubbio da atti ufficiali". Fece una pausa
osservando i segni di meraviglia sul volto dei suoi ascoltatori. Dopodichè
proseguì: "Capirete che in questa atmosfera così confusa non è possibile
fare realmente chiarezza con tanti elementi che disturbano le ricerche. Tenete
presente che alcuni degli investigatori, sono loro stessi dei personaggi del
passato regime che si sono tranquillamente riciclati e che naturalmente non
danneggerebbero mai dei loro ex commilitoni. Ora è chiaro che, per le indagini,
ci si può muovere solo con grande attenzione, valutando attentamente di chi ci
si può fidare e di chi no per non far nascere sospetti in qualcuno che si crede
al sicuro. Ma torniamo a noi. La colonna che lasciò l'abbazia dopo la razzia
dei nostri tesori, si diresse verso la Bassa Baviera, come già vi ho detto ma,
quando erano quasi arrivati, giunti in Tirolo, in prossimità do Innsbruck, per
la precisione a Schwaz, sembra che una pattuglia aerea degli alleati, abbia
intercettato il convoglio e lo abbia distrutto. Quello che non sa quasi nessuno,
è che da alcune indagini che feci svolgere personalmente da elementi fidati,
risultò che le carcasse dei mezzi distrutti non corrispondevano come numero a
quelle partite dall'abbazia. Ne mancavano quattro e non era materialmente
possibile che le bombe le avessero polverizzate. Non furono trovati fra i rottami
resti di casse, gioielli e soprattutto i corpi dei fratelli Stainer e del capo
del gruppo delle SS"."Che significa questo
allora?"."Significa che quasi certamente, gli automezzi con il
tesoro, in qualche modo sono riusciti a lasciare il convoglio prima della sua
distruzione"."E già - disse come fra sè e sè Tobias - i cari fratelli
Stainer, sempre loro!"."No, non è detto. - rispose il sacerdote - E
poi a noi interessa il tesoro. Se non è stato trovato vuol dire che qualcuno
aveva probabilmente già pianificato la fuga e allora il tesoro è ancora intatto
e magari aspetta solo il momento di essere venduto a qualche collezionista che
provvederà a farlo sparire per sempre"."Ma allora Dowson, che
c'entra? E' uno dei collezionisti interessati?- chiese Tobias meravigliato.
"No - rispose padre Valentin. Niente di più lontano. Come vi ho detto, le
indagini sono difficilissime e delicatissime. Ma da alcune persone fidate,
sembra che un gran numero di fuggitivi si sia nascosto in Argentina, dove hanno
trovato un clima molto favorevole per loro. In particolare si parla di una
specie di centro di smistamento, se così si può dire e, questo posto, è stato
localizzato nella provincia di Mission, a N/E con il confine del
Paraguay". "Ossia, una vera e propria organizzazione che si cura di
accogliere i fuggitivi e che gli ricostruisce un'identità per vivere in pace
lontano dal loro paese dove sarebbero arrestati e perseguiti - concluse Tobias.
"Esatto. E molti di loro hanno con sè degli autentici tesori, necessari
per portare avanti il loro progetto di vita futura. Un po' perchè ciò consente
loro di fare una vita molto agiata e più che altro, perchè certe protezioni
sono molto costose. E sono proprio queste protezioni, il pericolo maggiore.
Occorre infatti muoversi con grande circospezione, perchè le autorità del posto
non gradiscono persone che fanno domande in
proposito ed inoltre, molti di loro, hanno una sorta di piccola milizia
personale per difesa o altri scopi non molto onesti. Serviva qualcuno che si
sapesse muovere in questi ambienti senza destare sospetti. Alcuni confratelli
mi hanno parlato di personaggi che per i loro traffici hanno dimestichezza con
certi ambienti e alla fine fra tutti, è saltato il nome di Dowson, descritto
come un gangster ma con un senso della giustizia tutto suo, che apparentemente
non parteggia per queste persone, a prescindere dal profitto che potrebbe
trarne. Naturalmente non opera gratis e alla fine avrà il suo compenso ma, se
le cose andranno come speriamo, ne sarà valsa la pena"."Ma potete essere
sicuri di lui, in fondo mi sembra di capire che qui si parla di soldi, tanti,
ma anche di potere, di personaggi di alto livello che per coprire certi
traffici sarebbero una copertura ideale"."Avete ragione ma noi
sappiamo una cosa che non sa forse nessuno. Ossia il vero motivo che lo spinge
ad agire contro quella gente. A cominciare dal fatto che il vero nome di Henry
Dowson è Giona Donner e che la sua città di provenienza è Varsavia, dove è nato
nel 1902". Davanti alla sorpresa dei suoi due ospiti il sacerdote sorrise.
"Vedete - continuò - la Chiesa conosce molti segreti. La comunità degli
ebrei di Varsavia era molto numerosa e prospera. Occupava una zona della città
chiamata 'ghetto' ma era solo un quartiere come un altro, con libera
circolazione e dove si svolgeva un consistente giro di affari aperti a tutti. Nel
1920 nella comunità c'erano però due giovani che cercavano la loro strada e che
non credevano di poterla trovare lì. Erano affascinati dal sogno americano e
così, appena riuscirono a racimolare il prezzo del biglietto di un piroscafo,
con la benedizione della famiglia, partirono verso il 'nuovo mondo' pieni di
speranze e di aspettative. Nell'aprile 1922, Giona Donner e suo cugino Ychai
Donner, misero piede sul suolo americano per rendersi conto immediatamente che
la realtà era ben diversa da quello che si raccontava. I contatti verso cui
erano stati indirizzati, li accolsero immediatamente e dettero loro tutta
l'assistenza possibile ma Giona e suo cugino, per mantenersi, furono messi a
svolgere le stesse mansioni da cui erano scappati. Tanto valeva allora
restarsene a casa. Poi accadde che, per seguire gli interessi della comunità
per cui lavoravano, i due ragazzi si dovettero trasferire a Chicago. Lì i due si
trovarono in una ambiente in cui, fra tanta gente per bene, agiva il
'sindacato' controllato da due gangster, Torrio e Al Capone e da un gangster
ebreo di nome Jack Guzik. Questo gruppo gestiva in toto gioco, prostituzione e
spaccio di alcolici. Il gruppo divenne sempre più potente con l'alleanza dell'irlandese Dean O'Banion
e con i fratelli Genna, siciliani, tutti appoggiati da Mike Merlo, presidente
dell'Unione Siciliana, che assicurava la copertura politica a tutto il gruppo,
per tutte le attività. Giona e Ychai videro subito l'occasione di arricchirsi
in fretta e con un rischio minimo, entrando al servizio di Jack Guzik. Questa iniziativa li fece
immediatamente espellere dalla comunità ebraica che li aveva accolti ma i due
ragazzi, ormai entrati in ben altra organizzazione, non se ne preoccuparono
minimamente. Alcune iniziative molto efficaci degli agenti federali,
costrinsero il gruppo criminale a lasciare la città di Chicago spostandosi di
poco a sud nella cittadina di Cicero. Le cose procedevano nel migliore dei modi
per i due ragazzi finchè nell'aprile del 1924, durante le elezioni per il
sindaco, il 'sindacato', valutato di non poter vincere con mezzi leali, scatenò
una vera e propria campagna di terrore, che portò a incendi, linciaggi e
scontri con la polizia. In uno di questi episodi, purtroppo Ychai rimase
ucciso. Il trauma, per Giona, che non aveva mai approvato i sistemi violenti,
fu grandissimo. Lasciò immediatamente il gruppo, cambiò nome in Henry Dowson e
riprese a fare quello che aveva imparato in due anni, ma stavolta gestendo le
cose per conto suo, nella zona di Monterey, dove aveva individuato uno spazio
in cui muoversi, seppure con circospezione, senza dare particolarmente
nell'occhio e senza pestare i piedi a nessuno. Poi, è chiaro, che nel tempo si
è saputo muovere molto bene". "Quindi questa è la storia di Dowson
dall'inizio. Che si sappia muovere non ho dubbi - rispose Tobias, che ripensava
all'episodio dell'avvocato Flores - Ma non ho capito perchè dovrebbe
collaborare. E' vero che, da quanto ci ha detto, è di origini ebree, ma è anche vero che ha rotto tutti i
ponti con la comunità ebraica da tanto tempo"."Si, ha rotto i ponti
con la comunità qui in America. Quando però è partito da Varsavia, con la benedizione
dei genitori, egli lasciò a casa il padre Levi, la madre Leah e tre fratelli e
tre sorelle. Malgrado tutto, egli rimase sempre molto attaccato alla sua
famiglia, alla quale, di tanto in tanto, scriveva per chiedere notizie. Il
padre, seppure malvolentieri e nascondendo la cosa alla sua comunità, gli
rispondeva. Purtroppo, dopo l'occupazione della Polonia da parte dei tedeschi,
i nazisti dettero il via ad una campagna di segregazione degli ebrei. Il 2 novembre del 1939 nel ghetto vennero
rinchiusi tutti gli ebrei che vi si trovavano, assieme ad altri 150.000
rastrellati nella regione, per un totale di 500.000 individui e lasciati a fare
la fame. Venivano distribuite giornalmente delle razioni alimentari
assolutamente insufficienti e solo coloro che si dichiaravano disposti a
svolgere lavori socialmente utili, venivano fatti uscire dal ghetto e
ricevevano razioni supplementari. Fra casi di estrema malnutrizione ed epidemie, in tanti cominciarono a morire
fra cui una sorella ed un fratello di Dowson. Il padre era uno di quelli che si
offriva per il pesantissimo lavoro esterno per racimolare un po' di cibo per la famiglia. Nel 1943,
però, allo scopo di cancellare definitivamente il ghetto, i tedeschi
cominciarono a 'spostare' come dicevano loro, gli ebrei non in grado di
lavorare, nei campi di sterminio di Chelmno, Belzec e Treblinka. Così, quando
il padre di Dowson tornò da un lavoro esterno che era durato alcuni giorni,
scoprì con amarissima sorpresa che tutta la sua famiglia era stata deportata a
Treblinka. Nel ghetto restavano ancora 70.000 uomini abili al lavoro. Essi sapevano
che però anche per loro sarebbe stata solo questione di tempo. Così alla fine,
a metà di marzo del 1944, di fronte all'ennesimo sopruso, il padre di Dowson,
Levi Donner, che non aveva mai accettato la perdita della sua famiglia, ed
altri coraggiosi e determinati come lui, dettero il via ad una rivolta
violentissima, che prese i tedeschi alla sprovvista e che causò parecchie
vittime da ambedue le parti. Quando Himmler in persona venne a conoscenza della
cosa, dette ordine al responsabile del ghetto il tenente Jurgen Stropp di
risolvere la questione al massimo in tre giorni. La resistenza degli ebrei fu
tremenda, costringendo invece i tedeschi a combattere con pesanti perdite per
quattro settimane. A quel punto, il tenente Stropp, pressato da Himmler e
amareggiato per gli insuccessi, usò ogni strumento disponibile e senza scrupoli
per avere la meglio. Usò gas asfissianti, esplosivi ad alto potenziale, cani
appositamente addestrati e decine di cecchini. Il padre di Dowson morì investito
da un lanciafiamme mentre tentava di guidare una carica per dare il modo ad
altri di sottrarsi all'accerchiamento. Di tutta questa parte del piano di
occupò personalmente un capitano delle SS, Gustaf Shafer, mandato dall'alto ad
'aiutare' Stropp. Il 16 maggio tutto era finito. I pochi superstiti furono
inviati in un campo di sterminio e per dare il segnale finale alla popolazione
ebraica, fu completamente distrutta con gli esplosivi la Sinagoga Grande di
Varsavia. Dei 70.000 che dettero inizio alla rivolta, solo 100 alla fine
riuscirono a sopravvivere alla guerra ed ai campi di sterminio e furono loro
che raccontarono la storia di quei giorni. Dowson prese molto male la notizia
della morte della sua famiglia e dei particolari. Dei responsabili, Himmler,
catturato dagli Inglesi, si suicidò con una capsula di cianuro il 23 maggio del
1945 e il tenente Stropp, catturato dagli alleati ed estradato in Polonia,
venne condannato a morte il 18 luglio 1951 e impiccato a Varsavia il 6 marzo
1952 sulle rovine del ghetto. Ma l'interesse di Dowson si è prontamente
risvegliato quando gli è stato rivelato che fra i fuggiaschi che sono riparati
in America c'è anche l'ex capitano Gustaf Schafer, che dai racconti dei
superstiti, era l'uomo che maneggiava con sadico entusiasmo il lanciafiamme con
il quale era stato ucciso suo padre. Ora, per tutto ciò che vi ho raccontato, e
che naturalmente deve restare riservato, abbiamo l'aiuto di questo personaggio.
Nella lettera ci sono delle informazioni che ritengo molto utili e preziose,
informazioni di cui nel vostro stesso interesse ritengo sia meglio non siate
informati. La strada non è facile ed è irta di pericoli e falsi indizi. La
caccia a questi personaggi è portata avanti da diverse persone in diversi
luoghi eppure grazie a coperture, complicità e connivenze procedere è
difficilissimo. A Linz c'è una di queste organizzazioni gestita da un
sopravvissuto al campo di Mauthausen, di nome Simon Wiesenthal, formata da 3
uomini, che sta mettendo a punto, fra l'altro, uno schedario molto completo
riguardante tutti i fatti ed i personaggi che negli anni della guerra si sono
macchiati di qualche delitto. Non è il tesoro, non è la vendetta, ma quella
gente non la deve fare franca!". Il sacerdote tacque forse pentito per
quell'ultima frase pronunciata così spontaneamente e con tale veemenza, da lui
che, come prete, avrebbe dovuto invece perdonare tutti quelli che l'avessero
chiesto. Alla fine della visita, padre Valentin raccomandò a Tobias che
tornasse a trovarlo prima di partire perchè gli avrebbe consegnato la lettera
di risposta per Dowson. Poi si salutarono cordialmente con l'impegno che
sarebbero ripassati a trovarlo prima di ritornare in America. Durante il
tragitto di ritorno alla fattoria, tutti e due, sconvolti dal racconto dei
fatti di Varsavia, rimasero in silenzio, a pensare a che inferno dovevano aver
vissuto quei poveretti nel ghetto. Ora erano rimasti solo pochi giorni a
disposizione prima di dover tornare alla nave che li attendeva ad Amburgo.
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Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
Capitolo 13 calici imperatore
Capitolo 13^
Anzitutto dovette attendere
ancora un giorno perchè la famiglia accettasse, almeno, di discutere il suo
progetto, per valutarne la fattibilità. Occorreva sapere se avrebbero potuto
trovare sul posto almeno gli attrezzi per dare inizio ai lavori e magari anche
qualche macchinario, come ad esempio dei trattori, o almeno dei bulldozer in
grado di preparare il terreno e poi vedere se fosse possibile recuperare dei
vitigni di buona qualità, soprattutto nella zona a est di Vienna, dove erano
coltivati i vigneti migliori, sempre che la guerra non li avesse distrutti.
Inoltre c'era la difficoltà di dover entrare nel territorio controllato dai
Russi per cercarli. Stranamente, questa si rivelò invece la parte più facile.
Sapendo trattare con le persone giuste, non ebbero nessun problema a riguardo.
Il guaio vero, invece, era che qualcuno aveva sparso la voce di un Americano,
pieno di soldi, che voleva comprare attrezzature e altro e, quando il materiale
veniva trovato, era quindi offerto a prezzi proibitivi. Mentre i giorni
passavano inesorabili, Tobias vedeva il suo progetto allontanarsi, anche solo
per il fatto che eventualmente avrebbe dovuto spedire tutto dall'America con
una grande perdita di tempo. A sei giorni dalla partenza, quando già disperava
di poter ottenere qualcosa, nel cortile della fattoria entrò uno scassatissimo
furgone Mercedes, convertito a carbonella, di colore indefinibile da cui
scesero quattro uomini di mezza età, vestiti apparentemente con l'abito buono.
Restarono nel cortile per un po', guardandosi attorno e dandosi delle sonore
manate sui vestiti per ripulirli dalla polvere raccolta durante il tragitto.
Tobias era rimasto a guardarli dalla finestra della cucina e poi, visto che non
prendevano nessuna iniziativa, come se non avessero coraggio di farsi avanti,
uscì dalla casa e si presentò. Gli sconosciuti gli si fecero subito incontro,
presentandosi a loro volta. Chiesero di potergli parlare di una proposta seria
che gli volevano fare. Tobias, seppure molto dubbioso, sempre sul chi vive per
paura di una truffa, li fece comunque accomodare in casa e si rasserenò un poco
quando la madre, entrata in cucina, ne salutò due chiamandoli per nome. A quel
punto, come se avesse dovuto prendere sicurezza, il più anziano, dopo un cenno
di assenso scambiato con gli altri, entrò in argomento. Loro erano tutti ex
imprenditori del luogo rovinati dalla guerra. Avevano avuto distrutto chi il
laboratorio, chi i magazzini, chi la fabbrica ed ora, erano ridotti a campare
di espedienti e piccoli lavori, così, tanto per andare avanti con le loro
famiglie. Avevano sentito parlare dell'Americano e di cosa aveva in mente di
fare e, osservando la situazione e gli ostacoli che lui incontrava nella sua
iniziativa, avevano capito che la cosa rischiava di naufragare prima di
cominciare. Ne avevano parlato fra loro ed avevano pensato a come affrontare e
magari risolvere il problema. Dissero che se la cosa si fosse fatta, loro
dovevano esserci, perchè avevano le competenze, in parte i mezzi, l'esperienza,
una famiglia da mantenere ed un asso nella manica che avrebbe potuto rendere
possibile la cosa. Il loro asso nella manica si chiamava colonnello Wilfred Alisious
De Lancey terzo dei De Lancey di Philadelphia. Questi, destinato da sempre ad
una sfolgorante carriera politica, aveva seguito la tradizione di famiglia
entrando da subito nell'accademia militare di West Point per assicurarsi un
passato glorioso da militare, valutando che alla fine c'è sempre una guerra in
cui farsi notare, magari facendo il minimo indispensabile tanto per poter dire
'io c'ero' e mostrare i corrispondenti nastrini. Nel dicembre del 1941, nel
giorno di Pearl Harbour, era al seguito del gen. Conrad, in Gran Bretagna, per
organizzare con gli Inglesi un massiccio invio di rifornimenti. Ritornato immediatamente
in patria, per la competenza dimostrata nel campo della logistica ed in
particolare nel settore dei trasporti, venne incaricato di seguire assieme ad
altri esperti come lui proprio quella parte, in vista di un impegno diretto in
guerra. C'era da considerare le unità in via di formazione, il loro
equipaggiamento, l'organizzazione delle fabbriche, la spedizione del materiale
all'estero. Il 16 giugno 1942 si occupò personalmente della spedizione e della
consegna agli alleati di 300 nuovi carri Sherman e 100 cannoni semoventi in
Egitto. Partecipò attivamente all'organizzazione degli sbarchi in Sicilia il 17
agosto 1943, a Salerno il 9 settembre stesso anno e ad Anzio il 20 gennaio
1944. Il 6 giugno 1944 era presente in Normandia sulla nave da battaglia
'Bertrand' nella parte occidentale dello schieramento per seguire i movimenti
dei mezzi da sbarco che andavano ad occupare la spiaggia fra Quineville e Gran
Camp le Bains, chiamata in codice 'Utah'. In quell'occasione il 7^Corpo
d'Armata statunitense agli ordini del gen Collins alle 09.00 raggiunse il suo
obbiettivo stabilendo una salda testa di ponte entro le ore 12.00. Subito dopo
i suoi carri e la sua artiglieria leggera si spinsero nell'entroterra per
diversi chilometri, raggiungendo i paracadutisti lanciati la sera prima per
conquistare obiettivi strategici. Il 10
dicembre dello stesso anno era a Bastogne per organizzare in quel settore il
parco mezzi che avrebbe mosso da lì verso la Germania che sembrava ormai incapace
di offrire una seria resistenza. Quando il 15 dicembre invece i Tedeschi
scatenarono nelle Ardenne un tremendo contrattacco, rimase sorpreso come tutti
gli altri ma, con sangue freddo, riuscì a salvare molti mezzi facendoli
evacuare verso zone sicure in attesa di poterli utilizzare in modo proficuo per
una potente azione difensiva. Il 20 dicembre, venuto a conoscenza della
precaria situazione militare nella vicina città di Foy, organizzò un convoglio
di 6 autocarri pieni di rifornimenti e munizioni che guidò personalmente.
Scaricato il materiale tentò di evacuare tutti i feriti dell'ospedale che era
sotto attacco. Nel corso dell'operazione in cui rimase ferito a sua volta,
salvò almeno due terzi dei ricoverati e permise alle forze sul campo di
resistere concorrendo così alla disfatta dei Tedeschi. Ora la sua carriera era assicurata. Servizio militare, oltremare,
azione eroica, ferito in servizio, seppure in modo non grave, adeguata
decorazione e quindi, bastava arrivare vivo alla fine della guerra e poi, il
resto, sarebbe venuto da sè. Al termine delle ostilità, col grado di
colonnello, si era trovato in Austria dove, per le sue competenze lo avevano
destinato a Pressbaum, un paesotto a circa 20 Km ad ovest di Vienna, dove
convergevano tutti i mezzi militari rimasti in zona e giudicati non più
necessari o danneggiati, per essere riparati, o rispediti in patria, per
gestire quell'immenso autoparco in cui era possibile trovare di tutto. E proprio in quel posto, c'era tutto il
materiale che sarebbe potuto servire per avviare l'attività di Tobias e soci. Dopo
un periodo trascorso in uno squallido alloggio per ufficiali della locale base
militare, il colonnello si era sistemato a poca distanza, a Wolfsgraben, nella
elegante villa della signora Leonie Keller vedova del colonnello Kilian Reiter,
caduto in Africa, una piacente signora ancora nel fiore degli anni e di cui il
colonnello, molto sensibile al fascino femminile, si era perdutamente
innamorato, essendone apparentemente ricambiato. Ora, si dava il caso che la
signora in questione fosse la sorella di
Stefan Keller, l'imprenditore che guidava la delegazione che si era recata da
Tobias e che sapeva quindi di poter contare su una condizione privilegiata,
avendo già combinato qualche affaruccio in precedenza. Il colonnello,
contattato, non si fece pregare, mise però come condizione, di essere invitato
a pranzo, un buon pranzo, presso la fattoria di Tobias. Si rivelò subito un
tipo simpatico e intelligente nonchè un gran mangiatore. Si presentò
accompagnato dalla sua inseparabile 'fidanzata', davvero una bella donna sui
quarant'anni, che apparentemente lo comandava a bacchetta. Disse di aver
ascoltato con interesse la proposta, di aver considerato che poteva
effettivamente funzionare, che avrebbe portato un po' di soldi nuovi nella zona
e che quindi era d'accordo e poi, in quel suo attuale incarico, si annoiava a
morte e la possibilità di un diversivo lo stimolava molto. Però, non essendo un
ingenuo, aveva voluto conoscere personalmente Tobias e visitare il terreno per
essere sicuro che la cosa fosse concreta e fattibile. Da tutta una serie di
elementi, si poteva quasi pensare che il colonnello non si fidasse affatto del suo
'quasi' cognato Stefan Keller. Rimase colpito dall'estensione del terreno e
dalla accurata descrizione degli interventi che Tobias gli elencava. Alla fine
disse di essere d'accordo. Li avrebbe aiutati. Tobias gli fece notare che
purtroppo per lui non c'era più molto tempo e mancavano ormai solo 4 giorni prima
di ripartire per l'America. Il colonnello replicò che gli avrebbe evitato la
perdita di due giorni imbarcando lui e la moglie su un aereo americano che
collegava Vienna ad Amburgo. Aggiunse, inoltre, che non li avrebbe potuti
aiutare direttamente o ufficialmente. Il punto era che, in una struttura enorme
come quella che lui comandava, la sparizione di materiali e mezzi era
all'ordine del giorno. Nessuno avrebbe avuto da ridire che ad un gruppo di
civili del posto, fossero ceduti dei rottami inservibili che avrebbero poi
utilizzato a loro discrezione. E pace se quei rottami fossero stati delle
attrezzature, tre o quattro bulldozer sfasciati, alcuni autocarri fuori uso e
alcune jeep semidistrutte, almeno sulla carta. Non era una cosa così
infrequente. Il colonnello da parte sua non volle sentir parlare di danaro ma
pretese, con un patto fra gentiluomini, che gli venissero inviate ogni
anno 30 casse del miglior vino prodotto.
A Tobias che gli chiese, in quanto rappresentante di una nazione occupante, se avesse
idea a quale sorte fosse destinata l'Austria, il colonnello rispose che non era
ancora un politico e proprio a livello politico la cosa sarebbe stata risolta.
La questione era che, finita la guerra, i rapporti fra gli alleati non erano
proprio ottimali per via delle rivendicazioni e della valutazione dei danni di
guerra, specie da parte di quelle nazioni che con l'occupazione avevano
sofferto molto, come ad esempio la Francia. E poi anche i Sovietici avevano dei
problemi nei rapporti con gli alleati. Rassicurò comunque Tobias dicendogli che
la soluzione per l'Austria non avrebbe tardato molto ma lo sconsigliò di
intraprendere iniziative immobiliari in quel momento, avendogli Tobias
accennato alla possibilità di acquistare il terreno di Stainer. Comunque gli consigliò di
rivolgersi per qualsiasi pratica legale ad un legale con studio a Vienna
aggiungendo che si trattava di persona capace, seria e corretta. A quel punto,
l'attività divenne convulsa. La mattina seguente Tobias, accompagnato dal
fratello, andò in cerca dei vecchi contadini che lavoravano per Stainer. Erano
le persone più competenti che potesse in quel momento affiancare a suo fratello
e a suo cognato, per iniziare i lavori, in attesa che arrivassero i rinforzi
dall'America. Di undici che ne cercavano, ne trovarono solo quattro e di
questi, solo tre accettarono di lavorare al progetto. Bene, questa era fatta,
era comunque una base di partenza. La mattina seguente, furono svegliati da un
frastuono che faceva vibrare le pareti della casa. Usciti di corsa, dopo
essersi sommariamente vestiti, si trovarono davanti un inferno di fumo nero che
usciva dagli scappamenti di almeno otto grossi camion con rimorchio. Alcuni
chiusi con tendoni, altri con i rimorchi su cui erano delle macchine per
movimento terra, o delle Jeep senza contrassegni o piccoli automezzi e furgoni.
Perbacco, il colonnello aveva fatto in fretta. Un sergente, assai poco
socievole, sporgendosi dal finestrino del carro di testa, urlò all'indirizzo di
Tobias dove doveva scaricare quel mucchio di rottami. Quando ebbero finito di
scaricare, cosa che prese buona parte della giornata, agli uomini venne offerto
generosamente da bere. Tobias, guardando l'espressione del fratello un po'
contrariato perchè vedeva sfumare la sua riserva personale di vino, lo prese in
giro dicendogli che se le cose fossero andate come previsto, nel giro di un
anno o due avrebbe avuto tante bottiglie di vino da non sapere dove metterle.
Lo stesso pomeriggio arrivò di corsa Stefan Keller con un suo collega meccanico
per vedere i mezzi. Non c'era che dire! Quattro bulldozer con i cingoli molto
usurati. Quattro autocarri con i motori praticamente distrutti, 6 Jeep con una
meccanica quasi a pezzi, due pickup in discrete condizioni e due piccoli
autocarri telonati piuttosto ammaccati e........ una marea di pezzi di
ricambio, sufficiente ad aggiustare al meglio tutti i mezzi consegnati e a
curarne la manutenzione per molto, molto tempo. E poi una quantità incredibile
di carburante che in quel periodo valeva una fortuna. La mattina appresso,
arrivarono i contadini e Tobias con Hans e Mario, percorse con loro tutta la
proprietà discutendo, pianificando il lavoro, organizzando le attività.
Sembrava che tutto filasse liscio ma Tobias avvertiva una nota stonata, in
grado di mandare tutto a scatafascio. Hans e Mario non erano sicuri del
progetto, lo incolpavano di aver loro forzato la mano, gli dissero che sarebbe
successo un disastro e allora Tobias fece l'unica cosa che poteva fare, non
potendosi trattenere personalmente sul posto. Coinvolse la sorella che aveva
dimostrato in quei giorni delle grosse capacità organizzative, che aveva
mostrato di sapersi far rispettare e che aveva capito che occorreva tenere a
bada i nuovi collaboratori locali, impedendo loro di prendere in mano la
situazione. Era vero che, tramite loro, ora avevano attrezzatura e mezzi ma a
parte quello, non avevano tirato fuori un soldo e, ad eccezione di Keller che
con i suoi uomini stava riparando i mezzi, non avevano mosso un dito. Fu per
questo che, saggiamente, edotto dalle varie esperienze, convocò alla fattoria
l' avvocato che gli era stato consigliato dal suo amico, padre Valentin, a cui
aveva spiegato la situazione, e che si presentò con uno schema di documento nel
quale veniva organizzata una società fra Tobias, il fratello Hans e la sorella
Julia la quale avrebbe rappresentato anche il marito Mario e Keller. Tobias
aveva insistito che alla riunione fossero presenti anche Stefan Keller ed i suoi compari perchè non ci
fossero dubbi circa i ruoli e le funzioni di ognuno. Questi ultimi rimasero
malissimo nello scoprire che erano fuori dalla società. Fu Tobias che, con modi
alquanto bruschi, fece loro notare che essi non avevano fatto assolutamente
nulla per l'iniziativa e, a parte Keller che aveva in qualche modo aiutato a
procurare i mezzi e che li stava riparando, al momento erano completamente
inutili. Si erano proposti per curare l'imbottigliamento e il trasporto oltre a
creare una rete di vendita locale. A tutt'ora, non si era visto nulla di nulla.
Nè impianti, nè persone, nè alcuna attività. Chi voleva entrare nell'affare
doveva darsi da fare e sporcarsi le mani. Poteva essere un grosso affare ma
solo se ognuno avesse curato al meglio la propria parte. Tirarsi appresso dei
pesi morti avrebbe potuto solo mandare tutto a fondo. Comunque, non fidandosi
di quello che aveva percepito nel corso di quella riunione, si recò
direttamente nello studio dell'avvocato e gli chiese ulteriormente consiglio
perchè inserisse nel contratto delle clausole a protezione dei soci. In quella
occasione fece conoscenza con un vecchio impiegato dello studio, uno di quegli
uomini apparentemente senza età, che sanno tutto di tutti, avendo visto passare
le pratiche di mezzo paese ed ascoltando le chiacchiere dell'altro mezzo. Quando
Tobias seppe che si chiamava Samuel Roth, capì che l'uomo doveva aver passato
dei gran brutti momenti ma l'avvocato, che gli disse che l'uomo era prezioso
per la sua capacità e il suo intuito, l'aveva prudentemente nascosto quando le
cose per gli Ebrei avevano cominciato a precipitare. Tobias pensò che la
conoscenza di quella persona avrebbe potuto tornare utile, prima o poi. Alla
fine fu stabilito che Tobias che metteva i capitali, l'esperienza e, al
momento, la maggior parte del personale, avrebbe avuto il 55% della società. Il
restante 45% andava ripartito 20% e 20% fra i due fratelli ed il 5% veniva
riservato a Stefan Keller, purchè nel corso dei prossimi 6 mesi, avesse
risistemato a regola d'arte il parco mezzi e li avesse resi perfettamente
funzionanti ed utilizzabili per i vari lavori. Poi lui se la sarebbe dovuta
vedere con i suoi compari. Non accettò discussioni, prendere o lasciare. Lui ci
metteva tutto, i fratelli solo una parte del terreno che in ogni caso,
altrimenti, sarebbe rimasto incolto. Ci furono delle rimostranze da parte degli
amici di Keller, soprattutto da un uomo alquanto sgradevole, con un fare
altezzoso, che si faceva chiamare Kurt, ma fu tutto inutile. Per loro, soldi
volevano dire lavoro, lavoro vero e non chiacchiere. Alla fine il contratto fu
accettato e tutti firmarono, dichiarando contestualmente di aver letto il documento
in ogni sua singola parte. Per maggior sicurezza, firmarono in qualità di
testimoni gli amici di Keller che in quell'occasione scambiarono con lui uno
sguardo particolare a cui egli rispose con una smorfia come a far capire che
era tutto a posto, che era andato tutto secondo i piani. La cosa fece scorrere
dei brividi ungo la schiena di Tobias che sapeva di aver a che fare con persone
assai poco affidabili ma poi pensò che il documento firmato gli dava le più
ampie garanzie di sicurezza. Si trattava comunque di resistere solo un paio di
mesi, poi sarebbero arrivati i 'rinforzi' che lo avrebbero adeguatamente
rappresentato sul campo. In quel periodo, una volta firmato il contratto, senza
quasi rendersene conto, Tobias aveva praticamente dato fondo alla notevole riserva in dollari americani
che si era portato per affrontare eventuali necessità. Mai avrebbe pensato di
dare vita ad una iniziativa di quel livello. Gli ultimi giorni, pieni e
convulsi, trascorsero in un soffio. L'attività era frenetica per pianificare il
lavoro che si sarebbe svolto successivamente. La mattina dell'ultimo giorno
Tobias lo impiegò per andare a salutare padre Valentin che gli consegnò una
lettera di risposta per Dowson, naturalmente in codice, ed il colonnello De
Lancey, che gli fornì le istruzioni e le credenziali per il viaggio aereo di
ritorno alla nave, ma, soprattutto gli mostrò come utilizzare un canale
preferenziale per spedire in tempi ragionevoli merci e persone fra America e Europa
normalmente destinato ad essere usato da personaggi privilegiati. Prima di
congedarlo, il colonnello disse a Tobias che aveva accettato di favorirlo in
quell'affare poichè lo aveva giudicato in gamba e competente ma lo mise in
guardia nei confronti dei suoi nuovi soci. Il suo 'quasi' cognato non era certo
uno specchio di virtù ma poteva essere considerato abbastanza affidabile. In
realtà si riferiva agli altri tre. Almeno due di loro erano stati membri del
partito e gli risultava che in passato avevano dato dei grossi dispiaceri a più
di qualcuno della zona. Lui lo ringraziò per le informazioni e disse che
sarebbe stato attento. La mattina del 25, in un'alba chiara e ventosa, con la
moglie Helena ed il poco bagaglio che avevano, si imbarcò su un apparecchio Dakota DC3 che doveva aver
conosciuto tempi migliori. Il pilota, notando la sua espressione, gli disse
ridendo di non aver paura perchè l'aereo avrebbe potuto volare ancora molto
tempo prima di essere messo a riposo. Augurandosi che avesse ragione, Tobias e
la moglie si sedettero su una delle lunghe panche disposte ai lati della
fusoliera per quasi tutta la lunghezza dell'aereo, in parte già occupate da
diverse persone, molte delle quali in divisa. Al centro, il passaggio era
ingombro di grosse casse contenenti materiale militare, assicurate con robuste
cinghie. Con una fumea incredibile,, i motori si misero in moto uno dopo
l'altro e, quando assunsero un suono regolare e continuo, l'aereo iniziò a
muoversi entrando direttamente in pista.
Lì giunto, accelerò e, dopo una breve corsa, con un brusco strattone, iniziò a
salire prendendo quota. Dopo un attimo di sconcerto, vedendo l'apparente calma
degli altri e soprattutto di Helena che aveva il viso incollato al finestrino,
cominciò a godersi il viaggio e ad osservare il panorama. A causa di un carente
servizio di assistenza al volo, l'aereo volava a vista e pertanto non superò
mai i 2000 metri di quota. Questo permetteva di osservare bene il terreno, di
notare il contrasto fra le zone che erano rimaste e quelle che invece avevano
subito grandi danni. Cittadine ridotte ad un cumulo di macerie, boschi
distrutti, campi devastati. Arrivarono alla nave senza problemi ed il viaggio
di ritorno si svolse regolarmente.
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Capitolo 14 *** Capitolo 14 ***
Capitolo 14 calici imperatore
Capitolo 14^
Tobias non vedeva l'ora di
muoversi per organizzare il lavoro in Austria. Avrebbe dovuto spedire almeno
una decina di viticultori specializzati, un tecnico nella preparazione e
valutazione del terreno e poi avrebbe dovuto pregare il sergente di
accompagnarli per prendere in mano la situazione e far marciare le cose al
meglio. Fortunatamente non ebbe problemi a reclutare il personale ed anche il
sergente non fece molte storie per partire. A tutti loro, comunque, per prudenza,
raccomandò di svolgere adeguatamente il loro lavoro ma di evitare di comunicare
ad altri del posto tutti quei piccoli segreti acquisiti in anni di lavoro di
eccellenza, in grado di trasformare un vitigno da ottimo, in speciale e che
consentivano quindi alla sua etichetta di contrassegnare vini eccezionali. Fu
molto tentato di spedire Raphael insieme agli altri, perchè controllasse il
lavoro di Stefan Keller e dei suoi uomini ma poi pensò che per quel lavoro ci
volesse qualcuno con un po' più di polso ed esperienza. Dovette invece
combattere parecchio, sostenuto per fortuna da Helena, per dissuadere Christina
dal partire anche lei. Si rendeva conto che poteva essere un'occasione
irripetibile. Si stava creando un'azienda vinicola dal nulla e la cosa poteva
essere senza dubbio entusiasmante ma, con tutti problemi e tutti gli intralci
possibili, ci sarebbero potuti essere molti imprevisti. Era vero che la ragazza
sarebbe stata in famiglia ma la situazione non era ancora sicura. Alla fine, la
figlia cedette ma ottenne una mezza promessa che sarebbe comunque partita
quando la situazione si fosse stabilizzata. E poi, per i figli, era giunto il
momento di prendere delle decisioni importanti circa il loro futuro e pertanto
decise di rimandare seppure di poco la questione. Tobias ricevette quasi subito
la visita del segretario di Dowson, al quale consegnò la lettera di padre
Valentin. Nel giro di un mese, uomini selezionati, partirono attraverso il
canale che aveva indicato il colonnello, portando con loro una quantità
incredibile di vitigni di pregio. Quando arrivarono, si sistemarono e fecero
sapere che il lavoro era a buon punto ed ora dovevano solo procedere secondo i
piani ed avere pazienza. Tobias organizzò immediatamente una spedizione di 30
casse del miglior vino per il colonnello.
Ai primi di luglio del 1947, Tobias non riusciva a farsi
passare dalla mente il terreno di Stainer. Non poteva accettare che quel
terreno, che nel passato era stato ordinato, produttivo, bellissimo, ora fosse
ridotto quasi ad un campo di sterpaglie. Non poteva dimenticare la prima volta
che lo aveva visto, il suo conseguente ritorno alla vita normale. Non poteva
lasciarlo così, gli doveva molto, troppo. Doveva esserci un modo per poterlo
recuperare ma naturalmente dopo averlo acquisito, di certo con mezzi regolari.
Così incaricò il sergente di trovare il modo di ottenere almeno un'opzione per
l'utilizzo e un diritto di prelazione in caso si potesse ricominciare a parlare
tranquillamente di compravendita di terreni. La cosa andò in porto, tramite un
legale amico del colonnello De Lancey che sorvegliò la correttezza dell'iter
burocratico con la piena soddisfazione della proprietaria che ricevette un equo
canone per l'uso del terreno. Tobias approfittò dell'occasione per
regolarizzare intanto finalmente l'acquisto del terreno dalla vedova McEwan,
visto che ormai lì la situazione si era stabilizzata e non c'erano più pericoli
legati a personaggi sinistri. Con relativa sorpresa, Tobias apprese che la
vedova e Kamill Koch, che aveva scelto definitivamente di restare tale, avevano
deciso di riunire le loro solitudini, come solevano dire, e si sarebbero
sposati di lì a poco. Kamill aveva preso quella decisione considerato il fatto
che quella nuova identità gli aveva probabilmente salvato la vita e gli aveva
consentito di vivere uno dei periodi più belli della sua vita che ora, più sana
e regolare, lo aveva fatto tornare in piena forma tanto che sarebbe stato
difficile tentare di riconoscere in quell'uomo il vecchio dottor Bauer. E
finalmente era giunto anche il momento per decidere assieme ai figli cosa
volessero fare 'da grandi'. Finita la guerra, attraverso esami messi a punto
per affrontare situazioni di persone rimaste lontano dalla scuola per vari motivi,
avevano frequentato l'ultimo anno delle superiori ed ora avevano conseguito il
diploma. Raphael, che intanto aveva ottenuto un brevetto di volo per pilota
privato, assieme al suo socio Peter Moran, dopo aver sistemato al meglio i
vecchi aerei presenti sulla pista del campo di Spreckels, aveva avviato una
efficiente scuola di volo con diversi allievi, tutti paganti. Però aveva dei
progetti diversi e quindi disse al padre che mentre si sarebbe mantenuto con
l'assegno che questi gli passava da un po' per il lavoro nella fattoria e con i
proventi della scuola di volo, sarebbe andato a San Diego presso la scuola di
volo Montgomery Field presso la quale avrebbe conseguito il brevetto d volo di
pilota commerciale riconosciuto dalla FAA, ossia la Federal Aviation
Amministration che gli avrebbe consentito di avviare una propria compagnia
aerea per passeggeri o per trasporto merci. Al padre, che gli chiese dove
pensasse di trovare i soldi per acquistare un aereo passeggeri o da trasporto,
il ragazzo rispose che non molto lontano da lì, in una base aerea di Toucson in
Arizona, chiamata Davis Monthan, una organizzazione dell'aeronautica militare
con la sigla AMARG, proprio in quel periodo di novembre del 1947, stava
raccogliendo tutti gli aerei ritenuti surplus dopo la guerra o comunque obsoleti.
In quel luogo asciutto, gli apparecchi in buone condizioni si sarebbero
conservati a lungo, mentre quelli non più affidabili, sarebbero stati smontati
per ricavarne pezzi o ricambi. Chi voleva, poteva chiedere di comprarne uno ad
un prezzo molto conveniente. Sapeva di persone che avevano comprato perfino dei
bombardieri B24 Liberator, naturalmente disarmati. Ma c'erano anche molti aerei
da trasporto come ad esempio dei Curtiss c-46 o dei Duglas dc-3 ed erano proprio
quelli a cui Raphael si riferiva. Certo gli aerei non erano un granchè e molti
ne avevano viste di tutti i colori ma rispondevano adeguatamente allo scopo. Opportunamente
revisionati e rimessi in condizione operativa potevano rappresentare un buon
investimento. Tobias prese tempo dicendo che avrebbe cercato informazioni più
attendibili sull'argomento. Christina invece, passata la delusione per la
mancata avventura austriaca, decise che se quella doveva comunque essere la sua
vita, voleva sapere in massimo possibile circa l'agricoltura e le moderne
tecniche di coltivazione. Aveva individuato una eccellente facoltà di
agricoltura presso l'università di San Diego. Alla fine, almeno per il momento,
i ragazzi sarebbero rimasti quasi in famiglia. Avviata positivamente la
questione austriaca, finalmente si poteva pensare ad una crescita importante
sul mercato. La concorrenza si teneva a
bada solo con la qualità. Ormai aveva capito da un pezzo che scendere in
competizione a prezzi bassi, tralasciando la qualità non pagava. A lui non
interessava vendere nei supermercati o nelle trattorie. Aveva scelto la
categoria dei grandi alberghi, dei ristoranti famosi e delle enoteche di
prestigio, tutte attività che, con la fine della guerra, si stavano sviluppando
notevolmente. In realtà in Europa un po' di soldi avevano ricominciato a
girare. Alcuni commerci, relativi alla produzione di oggetti e servizi primari,
cominciavano a tornare redditizi. Il merito di questa situazione andava ad una
iniziativa degli Stati Uniti, conosciuta col nome di 'Piano Marshall' che era
stato varato il 6 giugno del 1947. L' European Recovery program, noto con la
sigla EPA, stanziò 14 miliardi di dollari in 4 anni, per avviare la
ricostruzione industriale in Europa. Invece la quasi totalità dei Paesi
beneficiari chiese di poter usare quel denaro per prodotti di prima necessità,
combustibili, prodotti industriali e solo in minima parte, almeno all'inizio,
macchinari e mezzi di produzione. Fu per questo che anche se quel denaro servì
indubbiamente a molti Paesi europei a superare momenti difficilissimi, i
risultati derivati dall'iniziativa non vennero ritenuti soddisfacenti. Intanto,
mentre da Weidling il sergente faceva sapere che la situazione era in
evoluzione secondo i piani, in Germania le cose sembrarono precipitare. L'Urss,
che per la Germania aveva piani precisi, sperando di convincere gli alleati a
farne solo un grande stato agricolo, per evitare che potesse più rappresentare
un pericolo per gli altri Paesi, prese molto male l'iniziativa del Piano
Marshall che era intesa senza ombra di dubbio a far ripartire l'industria
tedesca. Così, come ritorsione e ricatto, attivò il 24 giugno 1948 un blocco
totale della parte della città di Berlino in mano agli alleati, con l'idea di
annettersi anche quella. Interruppe tutte le linee di rifornimento e sospese
anche l'erogazione dell'energia elettrica. La città rimase senza cibo nè
rifornimenti nè luce. Gli Americani pensarono dapprima di tentare di forzare il
blocco con una colonna corrazzata ma poi prevalse la ragione. Gli alleati si
resero conto che, mentre le loro truppe, presenti nel territorio, con semplici
funzioni di controllo, assommavano a circa 60.000 unità, per i sovietici,
presenti come truppa di occupazione, erano disponibili circa 400.000 unità. Lo
scontro diretto era quindi impossibile. Alla fine fu presa una decisione folle,
impensabile. La città non sarebbe stata abbandonata ma rifornita con un incredibile,
intenso e continuo ponte aereo che avrebbe trasportato, nei limiti del
possibile, il necessario per la sopravvivenza della città assediata. Poche
centinaia di aerei da trasporto di varie nazionalità, con 278.000 voli
riuscirono a trasportare 2.326.406 tonnellate di materiali fra cui viveri,
combustibile, materiali di prima necessità, mantenendo in vita la città
assediata. L'operazione comportava tremendi rischi. Gli aerei, che venivano
affettuosamente chiamati 'Rosinenbomber', ossia bombardieri d'uva passa, non
erano certo nuovissimi essendo quelli che in gran parte avevano svolto compiti
sui vari campi di battaglia e la loro usura non li rendeva certo
affidabilissimi. Nelle operazioni di avvicinamento e partenza gli aerei
dovevano inoltre mantenersi all'interno di uno stretto corridoio aereo con il
rischio di essere abbattuti qualora lo avessero superato. Infine, per
l'atterraggio ed il decollo si dovette scegliere una aviosuperficie adatta al
compito, all'interno della zona isolata. L'unica disponibile era quella
dell'aeroporto di Tempelhof con piste inadeguate e spesso in pessime
condizioni. Per tutti questi motivi furono perduti alcuni aerei con il relativo
equipaggio. Ma lo sforzo valse comunque la pena. I Russi si resero conto che
non l'avrebbero spuntata e quindi, dopo 462 giorni di assedio, il 30 settembre
del 1949, tolsero il blocco. Il primo di ottobre del 1949 Raphael superò il
corso di pilotaggio, ottenendo così il sospirato brevetto di pilota civile. Ora
era previsto che per il passo successivo, ossia il pilotaggio da proprietario
di un aereo da carico, acquisisse almeno 300 ore di volo. Per questo aveva
accettato il lavoro di secondo pilota nella compagnia aerea di trasporti Wolf Air,
con sede a San Diego, che aveva una flotta di aerei vecchiotti, ma ben tenuti,
che utilizzava degli apparecchi dello stesso tipo di quelli che interessavano
al ragazzo e che svolgeva il suo lavoro su tratte di medio raggio. Intanto al
campo di volo di Sprekels, il suo socio Peter Moran, che intanto continuava a
mandare avanti con discreto successo la scuola di volo, aveva rimediato un
vecchio motore di aereo Dakota DC3 e assieme ad un meccanico che aveva assunto
per sostituire Raphael e che in guerra era stato appunto destinato alla
manutenzione di quel tipo di motore, si stava impratichendo sulle sue procedure
di riparazione, messa e punto e manutenzione. In quel periodo, con tutti i
reduci che erano tornati a casa, molti uomini ora stavano cercando di ritornare
a vivere una vita normale che gli
rendesse possibile dimenticare l'inferno che in molti casi avevano vissuto, e c'era
una grossa offerta di mano d'opera. Tobias, assieme a molti altri imprenditori,
venne contattato da diverse persone che si offrivano di lavorare per l'azienda.
Purtroppo, pur comprendendo il loro problema, egli non poteva fare molto per
loro in quanto il suo personale era al completo e poi, per trattare il suo
prodotto, occorreva una conoscenza specifica nel campo. Però c'era un ramo che
avrebbe potuto assorbire alcuni lavoratori qualificati. Per quanto detto sopra,
era sempre una cosa buona cercare di espandere i mercati, specie ora che il terreno
della vedova McEwuan finalmente forniva delle vendemmie all'altezza delle
aspettative. Così quando si presentò Alec Connors, ex ufficiale di fanteria,
con una discreta cultura ed una buona parlantina, egli, colpito anche dalla sua
naturale carica di simpatia, decise di assumerlo in prova, affidandogli una
zona enorme, quella dell'Arizona e del Nuovo Messico, nella quale muoversi a
piacere, dove i suoi prodotti non avevano mai avuto fortuna. Sarebbe stato un
buon tentativo e in ogni caso, poichè Tobias aveva chiesto una sorta di diario
di viaggio, relativo a contatti con i possibili clienti avrebbe scoperto perchè
i suoi prodotti non venivano apprezzati in quelle località. Naturalmente aveva
chiesto a Connors una seria relazione su cui lavorare. L'uomo accettò con entusiasmo, limitandosi per
il momento a ricevere solo un adeguato rimborso spese ma una discreta
percentuale su quanto eventualmente venduto. Così, dopo un corso intensivo
circa le cose più importanti da sapere, partì per il suo giro. Tobias non era
molto convinto di quell'iniziativa ma per prima cosa, gli costava poco, Connors
sembrava in gamba e comunque qualche risultato l'avrebbe ottenuto se non altro come ricerca di mercato.
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Capitolo 15 *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16 calici imperatore
Capitolo 15^
Pochi giorni dopo Tobias ricevette
una missiva da parte del sergente che aveva un tono piuttosto preoccupante
nella quale gli veniva consigliato addirittura di tornare appena possibile a
Weidling per intervenire in una situazione che egli non era riuscito a gestire.
Conoscendo le capacità di Beker, fu piuttosto preoccupato, perchè non poteva
immaginare qualcosa in grado di metterlo in difficoltà. Decise quindi di
partire dopo aver affidato la tenuta alle capaci mani di Helena che, libera ora
dall'impegno dei figli, lo affiancava o addirittura sostituiva in alcune
importanti decisioni mostrando una indubbia capacità imprenditoriale. Quando
giunse all'aeroporto di Vienna, dopo aver sfruttato ormai il collaudato canale
fornito dal colonnello De Lancey, trovò il sergente ad aspettarlo su una delle
Jeep della tenuta, che insistette per andare subito alla fattoria. Tobias che
pensava di conoscerlo bene, stavolta non riusciva a capire se il suo atteggiamento
taciturno fosse più dovuto a preoccupazione o a rabbia. Alle domande si era
limitato a rispondere "Vedrai tu stesso!". Quando varcarono il
cancello della fattoria, immediatamente vide ciò che effettivamente andava
visto. La vecchia casa non c'era più, o meglio, era stata completamente
ristrutturata ed ora era una bellissima villetta con aiole fiorite e rampicanti
alle pareti. E al posto del vecchio fienile c'era un moderno capannone in
lamiera che ospitava l'officina e altri reparti di lavorazione. Non era uscito
nessuno dalla casa per riceverli. Tobias allora, con un senso di grande
preoccupazione chiese di vedere la
campagna ma per fortuna a quel punto vide qualcosa di bello che gli risollevò
il morale. I filari delle viti erano disposti secondo i progetti e avevano già
cominciato a produrre frutti. I grappoli non erano stati ancora raccolti perchè
in realtà per essere messi a frutto i vigneti avrebbero richiesto almeno
un'altro anno ma si poteva cominciare comunque a fare una vendemmia, per
valutare una prima qualità dell'uva. Mentre passava per i filari, alcuni operai
che l'avevano riconosciuto, erano venuti a salutarlo cordialmente. Mentre
tornavano verso la casa, arrivati in un posto lungo il tragitto, posto al
riparo di una macchia di alberi, il sergente fermò la macchina e Tobias aspettò
che si decidesse a parlare finalmente per rivelare il motivo per cui gli aveva
fatto attraversar l'oceano. Non era un problema che riguardava la campagna per
fortuna ma, allora, di cosa si trattava? "Insomma, - chiese in tono
perentorio - adesso dimmi perchè mi hai fatto venire quì!"."Keller
sta lavorando bene e sembra quasi che tolleri a stento la presenza dei suoi tre
amici. Loro non hanno fatto nulla fino adesso, almeno non fisicamente. Infatti
ho saputo che hanno convinto Hans e Mario del fatto che, ora che sono due
importanti personaggi, non potevano continuare ad abitare in una casa fatiscente
e non potevano servirsi per i laboratori di un vecchio fienile. Ne sarebbe
andata di mezzo l'immagine della società. Così li hanno convinti ad effettuare
i lavori di edilizia che hai visto appena arrivato"."Ma.... con quali
soldi?"."Ecco il punto. Glieli hanno prestati loro o almeno così risulta"."Ma
con quali garanzie - chiese Tobias che cominciava a sudare freddo - perchè
credo che si tratti di una cifra ingente ed io non ho autorizzato nulla in
questo senso"."Lo hai già capito. La garanzia è stata la metà della
loro quota societaria. Quando ho saputo della cosa ed ho cercato di
intervenire, quei farabutti mi hanno detto che ero solo un semplice dipendente,
che mi dovevo impicciare dei fatti miei e mi hanno minacciato. Uno in
particolare, di solito particolarmente 'untuoso', che si fa chiamare solo Kurt,
mi ha fatto capire che rischiavo molto a contrariarlo"."Ma quelle
quote varranno molto di più della cifra che immagino io. Temevo che accadesse
una cosa simile. Il colonnello mi aveva avvisato. Ma ora, quello che conta, è
che il lavoro nei campi sia a buon punto, per il resto non sono uno sprovveduto
nemmeno io e credo che le cose si potranno sistemare". Attese il ritorno
dei suoi fratelli, a casa con la madre. Fu molto contento di questa possibilità
perchè si accorse che l'anziana donna, un po' per l'età e un po' per la perdita
del marito, cominciava a dare segni di assenza mentale ed inoltre appariva
molto debole e fragile. Perciò fu soddisfatto di poterci parlare ancora ameno
finchè fosse stato possibile. Al ritorno di Hans e di Julia e Mario, che lo
guardarono con un certo nervosismo, chiese ragione degli impegni che si erano
permessi di prendere in sua assenza e per di più, con degli estranei. Quando
ebbe occasione di vedere le carte che erano state firmate, fu contento di aver
preparato il contratto che regolava le norme della società con le clausole che
l'avvocato aveva ritenuto di introdurre all'ultimo minuto. Chiese ai suoi
parenti cosa avessero fatto per onorare il pesante debito a cui si faceva
riferimento in quei documenti. Loro dissero che avevano sperato che le cose
fossero state più veloci, che avrebbero potuto iniziare a guadagnare già da
questa vendemmia e che il guadagno per il grano e gli ortaggi non erano stati
sufficienti. Quindi erano stati alla banca per vedere di ottenere un aiuto ma
poichè le quote societarie risultavano già date in pegno a Kurt, non avevano
ricevuto nessuna risposta positiva. Tobias si chiese quanti altri guai
avrebbero potuto combinare quei tre. Ci mancava solo la banca. Non disse loro
altro ma si ripropose di fare un giro in città il giorno seguente. C'era una
persona che doveva assolutamente incontrare e che era convinto che avrebbe dato
un grosso contributo per risolvere la situazione. Nella tarda serata di due
giorni dopo, tutto il gruppo delle persone coinvolte nella società, a qualsiasi
titolo, erano presenti nella grande sala della casa dei Mayer. Erano tutti
seduti accanto al grande magnifico tavolo al centro della stanza. Da un lato, a
capotavola, era seduto Tobias, che controllava delle carte che aveva con sè, e
al suo fianco c'era il sergente con il quale ogni tanto egli scambiava qualche
parola a bassissima voce. Separati di un posto, ma sempre sullo stesso lato del
sergente, sedevano con aria tesa, quasi colpevole, Hans, Julia e suo marito Mario.
Sapevano che quel che sarebbe seguito, non sarebbe stato affatto piacevole ma,
in ogni caso, sarebbe accaduto per colpa loro. All'altro lato del tavolo sedeva
per ora solo Stefan Keller che cercava di dissimulare una condizione di
disagio, forse per mostrare che egli non sapeva nulla di quello che era
accaduto e tantomeno di ciò che stava per accadere. Finalmente, con aria di
distacco e superiorità, fece il suo ingresso il signor Kurt, seguito dagli
altri due amici. Scambiò un saluto veloce con Keller, che rispose con fare
impacciato, e si sedette all'altro capotavola, di fronte a Tobias, con a fianco
per ciascun lato i suoi amici, come due angeli custodi. Aveva l'aria di colui
che sapeva che avrebbe dominato la scena, che avrebbe posto le condizioni di
quello che alla fine avrebbe fatto emergere chi era più furbo di tutti. Tobias,
che non aveva perso un gesto, una sfumatura, sia di Kurt che degli altri, dopo
una ulteriore controllo alle sue carte, decise di iniziare subito la
discussione. Sapeva benissimo cosa doveva dire ma non aveva idea delle
conseguenze per cui aveva messo al corrente il sergente di tutta la situazione
ed aveva concordato con lui un piano di massima. "Dunque - esordì - per
quanto riguarda i lavori agricoli, mi sembra che siamo a buon punto. Dall'anno
prossimo saremo pienamente operativi, mentre per quest'anno potremo limitarci
ad una prova di valutazione per ciò che concerne la potenzialità delle nostre
vigne. Ciò significa che proveremo a produrre un vino del tipo 'novello', di
certo senza valore o importanza ma che consentirà, almeno a chi se ne intende,
di capire cosa avremo a disposizione l'anno prossimo". Parlando si accorse
che quello che diceva probabilmente non interessava molto ai presenti che
attendevano ben altro argomento di discussione ma egli non aveva la minima
voglia di dare loro soddisfazione. Il gioco lo conduceva lui e non si sarebbe
fatto sopravanzare. Non era più il timido e ingenuo ragazzo che era partito da
lì tanti anni prima. "Quindi ora procederemo ad una rapida vendemmia per i
grappoli che riterremo all'altezza e poi si vinificherà. - Una pausa - Ora, per
ciò che riguarda i macchinari e i mezzi in generale, che ho osservato ieri con
attenzione, faccio i miei complimenti al signor Keller per averli trovati perfettamente
a punto e funzionanti come prevede il suo contratto". Keller che non si
aspettava di essere citato in questi termini, guardò prima Tobias meravigliato
e subito dopo il signor Kurt con un certo nervosismo. 'Impera et divide',
sembra che dicesse Alessandro Magno, pensava Tobias, ora ve ne accorgerete e
vediamo quanto è stretto il sodalizio fra Keller e Kurt. "Quanto a lei,
signor Kurt, invece non ho visto nulla per ciò che riguarda gli impianti di
imbottigliamento o i mezzi di trasporto. Cosa pensa che si possa improvvisare
un impianto del genere in pochi giorni? Che ha fatto signor Kurt, invece di
onorare il suo contratto? - concluse con voce tesa ed aria severa. Kurt a quel
punto balzò in piedi quasi gridando. "Smettiamola di girarci intorno.
Sappiamo tutti perchè siamo quì! Allora facciamo presto a definire la questione
e a modificare le carte, così ognuno se ne può andare per la sua strada".
"No, io non lo so perchè siamo quì - disse con voce controllata Tobias
mentre, avendo notato un certo atteggiamento minaccioso dei compari di Kurt,
teneva fermo il sergente, almeno per il momento - Me lo dica lei"."Sono
quì per avere quello che mi spetta! Quindi sbrighiamoci e facciamola
finita!"."Sia più chiaro, per cortesia, perchè io per primo non vedo
l'ora di darle quello che le spetta! - rispose Tobias con un controllo che non
pensava di avere. "I suoi parenti hanno firmato con me un accordo scritto
in cui si impegnavano, dietro il versamento di una forte somma in prestito, a cedermi
metà della loro quota societaria se non fossero riusciti a restituirmela entro
un termine che è scaduto quindici giorni fa"."Quindi lei ora vorrebbe
che le fosse intestata ufficialmente la quota di cui dice di essere divenuto
proprietario". "Esatto! - disse Kurt con tono trionfante, sapendo di
avere tutti gli assi in mano. "Effettivamente lei avrebbe ragione. Ma, per
sua sfortuna, c'è un ma. Anzi veramente ce ne sono parecchi, ma per ora andiamo
con ordine". Controllò i fogli davanti a lui come se volesse consultarli
ancora per raccogliere le idee mentre Kurt guardava un po' preoccupato i suoi
amici. "Per cominciare è evidente che lei, pur avendo firmato il contratto
in qualità di testimone, cosa che io ho preteso perchè non si potesse dire che
non lo conosceva, non lo ha letto affatto. Nella sezione 3, in bella evidenza,
all'art. 2, si dice chiaramente che impegni che riguardano una variazione delle
quote societarie, prevedono la firma congiunta di tutti i soci ed io,
sull'impegno che ha presentato, non vedo nè la mia firma, nè, tantomeno, quella
del vostro amico Keller. Quindi, per ciò che riguarda la legge, il debito
comunque rimane, ma lei non può rivalersi sulle quote di questi tre ingenui - e
indicò i suoi parenti che per tutto il tempo erano stati a testa bassa come se
fossero stati sotto esame. "Ma.... ma è assurdo! Io gli ho dato i miei
soldi ed ora li rivoglio, me li dovete ridare, li rivoglio tutti fino
all'ultimo centesimo e subito! Subito! -. urlò Kurt con voce stridula battendo
il pugno sul tavolo rimanendo a fissare Tobias con occhi fiammeggianti.
"Parliamo dei vostri soldi, o meglio di quelli che avete preso a prestito
da un certo Paul Weter, un losco personaggio
definibile come bandito, strozzino, sembra addirittura assassino a pagamento, che
una persona per bene non dovrebbe nemmeno conoscere, figurarsi farci affari, non
si capisce con quale garanzia, visto che non risulta che possediate nulla. Il
problema è che la cifra che avete realmente impegnato nei lavori che avete
eseguito voi stesso, è forse la metà di quella che risulta abbiate prestato ai
miei parenti, quindi avete palesemente lucrato anche su questo". "Ma
che state dicendo! - disse agitato Kurt che aveva perso gran parte della sua
sicurezza. "Dico che il vizio di rubare non vi è passato caro amico Kurt,
anzi diciamola tutta, caro 'hauptbereichsleter' Ebherard Kuhn!". Il nome,
così come l'alto grado del partito nazista austriaco cadde nel silenzio come
una fucilata. I compari di Kurt lo guardarono con massima sorpresa così come
Keller. "Ma che.... - accennò Kurt che sembrava fulminato??? da quelle
parole che erano state pronunciate da Tobias - che diavolo state dicendo? Voi
siete pazzo, pazzo da legare! Non so chi sia questo Kuhn, nè l'ho mai sentito
nominare"."Ebherard Kuhn - ripetè Tobias - ma siete voi,
naturalmente. Poichè agivate nell'ombra, pensavate che nessuno si ricordasse di
voi. Ma qualcuno che avete perseguitato, se ne ricorda molto bene. Voi eravate
l'anima nera dell'haupteinsazleiter David Stainer, ufficialmente di grado
superiore a voi, ma nella realtà nelle vostre mani, e lo indirizzavate di volta
in volta per fargli eseguire le requisizioni ai danni di quelli sul cui
patrimonio mettevate gli occhi. E quello poi sguinzagliava quello stupido del
fratello, l'arbeitslater Bernhard. Ma qualcuno è riuscito ad uscire indenne dai
vostri uffici, vi conosce bene e da un pezzo vi segue - Kurt, o meglio Kuhn,
ormai consapevole che era assurdo negare aveva perso tutta la sua baldanza -
Personalmente io non sono un tipo vendicativo e all'epoca di fatti non ero quì,
però sono convinto che voi siate in parte responsabile anche della morte di mio
padre - fece un cenno verso i suoi fratelli che erano scattati in piedi -
Poichè però meritate di certo un castigo, per il male che avete fatto, sappiate
che Paul Weter è stato informato che con il suo denaro avete tentato una truffa
che non è riuscita e che non siete in grado di restituire un soldo e, se fossi
in voi, mi sbrigherei a sparire dalla circolazione"."Ma..... ma
quello, quello mi ammazza! - disse Kuhn con voce disperata. "Sarebbe la
soluzione ideale per tutti - disse freddamente Tobias - Voi avreste quello che
vi siete pienamente meritato e noi avremmo la nostra soddisfazione". "Non
è giusto! Io non ho fatto nulla di male! A nessuno! Sono altri quelli che
dovreste perseguire, altri che ora se la spassano...". Taque
all'improvviso, come se si fosse reso conto di aver detto qualcosa di troppo.
Poi Kuhn senza perdere tempo, quasi fuori di testa per la rabbia e la paura,
lasciò di corsa la stanza e scappò letteralmente dalla casa lasciandosi dietro
la porta aperta. Ad un cenno di Tobias , il sergente si alzò di corsa e seguì
Kuhn fuori della stanza. "Perbacco - disse Tobias - che si era alzato come
niente fosse accaduto per richiudere tranquillamente la porta - devo aver
sottovalutato Weter - Quanto a voi due - continuò rivolto ai due compari di
Kuhn che erano rimasti in piedi,
apparentemente in preda alla confusione e non sapevano che fare - non sono
sicuro che foste a conoscenza della vera identità di quel farabutto ma nel
dubbio, preferisco che vi leviate di torno e non vi facciate più vedere,
altrimenti a voi ci penserà il mio collaboratore Beker che assieme ad un paio
dei suoi uomini, d'ora in poi, farà
buona guardia". I due, seppure accennando ad una protesta, scelsero di
andarsene con le buone. "Keller, di voi non so e non voglio sapere nulla,
avete comunque lavorato e bene, ufficialmente non avete partecipato a quella
mascalzonata a danni della mia famiglia e quindi per voi non cambia nulla. Non
fate scherzi però perchè anche voi sarete tenuto d'occhio". Keller sembrò
molto soddisfatto di come erano andate le cose per lui e assicurò di essere
all'oscuro di tutto e che avrebbe continuato a fare il suo dovere come sempre
fino a quel momento. "Ma allora questo vuol dire che siamo liberi dal
nostro debito? - chiese Hans con voce incerta. "Certamente no! Il debito
lo avete ancora, ma con me, per vostra fortuna! Pensate davvero che Weter
avrebbe rinunciato ai suoi soldi senza reagire? Come minimo vi avrebbe bruciato
la casa. Ora i soldi li dovete a me e me li darete, ve lo assicuro. Così
imparerete che siete contadini e non ricchi uomini d'affari solo perchè avete
firmato un pezzo di carta. Dovete fare solo quello che sapete fare, lavorare e
parecchio, più dei vostri dipendenti, perchè dovrete dare
l'esempio"."Ma come hai fatto a scoprire tutte quelle cose? - chiese
Julia. "Tempo fa, in città, ho per caso conosciuto un personaggio che ha
provato sulla sua pelle le mascalzonate di quei farabutti e che per la sua
posizione, ha la possibilità di sapere tutto di tutti. Così mi ha detto di Kuhn,
degli Stainer, della faccenda di Weter. Mi ha detto come mettermi in contatto
con quest'ultimo e come trovare un accordo con lui, sia per liberarvi dal
debito, sia per dare a quel farabutto quel che si merita". Naturalmente
stava parlando del vecchio Samuel Roth, l'aiutante dell'avvocato che gli aveva
messo a punto il contratto della società ma non ne volle rivelare il nome per
prudenza ed anche per tutelarlo da eventuali ritorsioni. Adesso che aveva
sistemato le questioni più importanti, aveva un tentativo da fare. Andò verso
il fienile ed entrò per una porticina
che dava una piccola stanza destinata a custodire vari attrezzi. Al centro,
seduto su uno sgabello, stava seduto Kuhn, come se fosse sui carboni ardenti.
Non aveva però il coraggio di muoversi perchè accanto a lui stavano Beker che
aveva in mano il robusto manico di un piccone e quattro altri uomini, scelti
appositamente fra i collaboratori più robusti, ognuno dei quali aveva in mano
un attrezzo che usato in modo improprio avrebbe ptuto fare veramente molto male
a qualcuno e tutti loro fissavano il disgraziato al centro della stanza in modo
truce. "Ah, bene, - disse Tobias entrando e constatando che Beker aveva
preparatro proprio una bella scena convincente - Eccoci di nuovo quì, fra amici
e gentiluomini"."Che diavolo volete da me! - urlò con voce stridula
Kuhn, piuttosto terrorizzato da quella situazione. In realtà Tobias non aveva
intenzione di torcere un capello a quel disgraziato ma contava sul fatto che
quando Kuhn era ancora in auge come 'hauptbereichsleter' Ebherard Kuhn,
normalmente, a quanto gli aveva raccontato Samuel Roth, più volte era ricorso a
metodi simili per farsi dire da qualche poveraccio ciò che voleva sapere. Per
cui, ora, per lui era normale ritenere che gli altri gli avrebbero dato come
minimo, un sacco di legnate. "Caro amico Kuhn - esordì in modo conciliante
Tobias - è vero che sei una autentica carogna e che in circostanze normali ti
lascerei in mano a questi gentiluomini per darti quello che ti meriti, ma per tua
fortuna, tu potresti avere qualcosa che io apprezzerei molto"."Io non
ho nulla e non mi fate paura - disse l'uomo con voce poco convincente e
smentito anche dal fatto di essere fradicio di sudore dalla paura. "Stai
tranquillo, nessuno ti farà del male, almeno per adesso, ma io sono convinto
che tu sappia qualcosa che ci interessa. Quando prima hai perso le staffe, hai
alluso a qualcuno che se la spassa. Chi? E soprattutto dove?"."Non ho
detto niente del genere e poi ero arrabbiato e non mi rocordo
niente!"."Allora ti farò una domanda più diretta e stavolta vedi di
rispondere. Dove sono i fratelli Stainer?"."Quei due farabutti!
Quelle carogne, maledetti loro e dove si trovano!"."Appunto, dove si
trovano?"."Io...io... non lo so! Non lo so dove si trovano - esclamò
Kuhn con uno sguardo sfuggente che faceva pensare fosse il contrario.
"Ascolta - disse Tobias mostrando una pazienza che in realtà non aveva
proprio - I tuoi imbrogli non hanno
funzionato, Weter ti cerca e se ti trova, e ti trova te lo assicuro, te la fa
pagare secondo i tuoi sistemi. Ora, se mi dici ciò che voglio sapere, magari
con il voltastomaco, io ti aiuto. Ti porto in un posto sicuro dove quello strozzino
non potrà raggiungerti"."Io non posso dire quello che non so -
insistette l'uomo quasi disperato - Vi assicuro che se lo sapessi, ve lo direi.
Odio i fratelli Stainer come nessuno al mondo. Io li ho creati, io li ho fatti
diventare quello che erano - Tobias si augurò che nessuno dei suoi uomini a
sentire quelle parole prendesse pesanti iniziative - Quel damerino frivolo di
Daniel e peggio ancora quel babbeo di Benhard, così stupido che non volevano
nemmeno farlo entrare nel partito. E poi quando le cose si sono messe male,
quei bastardi sono scappati - Ormai si stava sfogando spinto dalla paura, dalla
rabbia repressa per tanto tempo e non badava più a quello che diceva,
evidentemente - Si sono portati via anche la mia parte. Se non era per me, quei
due cretini non sarebbero stati capaci di muovere un dito. E peggio ancora,
l'ultimo colpo, quello all'abbazia, se non fosse stato per le mie informazioni,
non avrebbero nemmeno saputo del tesoro!". "Bastardo - tuonò Tobias
che a quella affermazione non aveva saputo controllarsi e affibbiò a quel
farabutto un manrovescio che lo fece ruzzolare dallo sgabello - Sei stato tu
che hai mandato quelle carogne all'abbazia, e lo dici come niente fosse! Ti
dovrei ammazzare solo per questo!". Il segente prese Tobias per le spalle
e lo scosse per farlo tornare in sè, mentre uno degli altri presenti afferrò Kunn
per la collottola e lo risbattè letteralmente a sedere di nuovo sullo sgabello.
Con una espressione che non prometteva niente di buono Tobias continuò:
"Adesso basta. Adesso si fa sul serio. Dimmi quello che voglio sapere o dò
ordine agli uomini di romperti tutte le ossa finchè non parli". Gli uomini
si avvicinarono tutti a Kunh pronti ad eseguire. L'uomo disperato, terrorizzato
alzò le braccia e un po' pregando, un po' piangendo disse: "Non lo so dove
sono, e se ve lo dicessi mi ammazzerebbero. Non posso, non posso"."Ma
se non parli ti ammazziamo noi, qui, subito!"."No, non lo farete. Io
conosco le persone - disse l'uomo asciugandosi gli occhi con il polsino della
giacca - Voi potreste farlo ma non siete abbastanza cattivi. io le persone
cattive le conosco. Quelle, se vi dicessi qualcosa, mi ammazzarebbero
subito"."E Paul Weter non ti fa paura?"."Certo, ma a lui
potrei fuggire, a quegli altri no e non dirò più nemmeno una parola". E
rimase seduto chino, ansimando, come sotto al peso di un macigno. "Ha
ragione, accidenti a lui, noi non siamo assassini. Lo lasciamo andare, tanto è
un morto che cammina". "Ma se riesce a scappare a Weter, se la caverà
ancora una volta - disse amareggiato Beker. "No che non se la cava -
rispose secco Tobias - perchè noi non saremo assassini ma in questo caso,
cattivi, si. Metteremo in giro la voce che il signore qui pesente, per una
adeguata somma di denaro, ha spifferato tutto quello che sapeva e poi, se
quello che dice è vero, il problema si risolverà da solo. Pulito e
sicuro"."Maledetti - urlò Kuhn - non potete far questo, io non ho
parlato, nessuno ci crederà!". "Ah, questa poi, sapendo che vigliacco
sei e quanto sei avido, non avranno il minimo dubbio". L'uomo ora era
seduto ripiegato su se stesso con la testa fra le mani. Sapeva di certo che la
minaccia era reale e letale. "E va bene, ma non so molto perchè altrimenti,
io stesso, mi sarei mosso per riavere ciò che era mio! Sono scappati in sud
America Uruguay, Argentina, Cile, Brasile, non lo so, ma sono vivi e sono là.
Non so altro"."Questa volta ti credo"- Poi rivolto agli altri,
dette ordine di lasciarlo andare. Gli uomini eseguirono ma non senza la soddisfazione
di buttarlo fuori della stanza a spintoni e insulti. Lo videro allontanrsi di
corsa nel buio e se le cose fossero andate come dovevano quella era l'ultima
volta che avrebbero sentito parlare di quel farabutto. Quello che avevano
saputo non era molto ma un altro tassello che andava ad unirsi agli altri. Gli
Stainer erano ancora vivi, assieme a chissà chi e relativamente nemmeno tanto
lontani. L'informazione poteva essere passata a Dowson che l'avrebbe utilizzata
a suo giudizio. Ora che le cose sembravano sistemate al meglio, decise di
muoversi per poter avviare la sua attività anche nei terreni di Stainer.
Raggiunse un accordo chiaro con la proprietaria e tornò tranquillo a casa da
dove organizzò e fece partire i lavori per quel nuovo bellissimo appezzamento
in attesa di poterlo acquistare.
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Capitolo 16 *** Capitolo 16 ***
Capitolo 16 calici imperatore
Capitolo 16^
Nel gennaio del 1950 sembrò che
le cose stessero riprendendo un corso normale. Tobias ritenne che fosse venuto
il momento per riprendere il discorso della cittadinanza americana per sè e per
la sua famiglia. Purtroppo la calma era solo apparente ed una situazione
lasciata in sospeso, sembrò precipitare all'improvviso. La questione riguardava
la Corea che, nel corso della conferenza del Cairo, tenutasi all'inizio del
1943, era stata dichiarata stato indipendente. Già però, a quell'epoca,
esistevano grandi attriti fra la parte settentrionale del territorio e quella
meridionale. Per cercare di trovare una mediazione fra le due Coree, gli
alleati rimasero sul territorio ancora alcuni mesi. Quando videro che la
situazione non era risolvibile, stabilirono una condizione di tregua, d'accordo
con le parti, che segnava un confine seguendo il 38° parallelo e lasciarono il
Paese nel maggio del 1949, nella speranza che le cose alla fine si
aggiustassero. Invece Kim Il Song che, nella Corea del Nord, aveva preso il
potere, trovandosi fortemente avvantaggiato sotto il profilo militare, il 25
giugno attaccò la Corea del Sud, senza incontrare nessuna significativa
resistenza. Poichè la risoluzione dell'ONU del 26 giugno circa la cessazione
delle ostilità e il ripristino della situazione iniziale, rimase totalmente
inascoltata, gli Americani, presenti nel territorio, furono immediatamente
invitati a lasciare la Corea, ambasciatore compreso. Purtroppo nel corso dello
sgombero dei civili, il 27 giugno, truppe nordcoreane aprirono il fuoco sulla
folla, causando un gran numero di vittime. Il
giorno seguente, il 28, gli americani indignati, si espressero per un
intervento armato in Corea, con la partecipazione di altri 17 Paesi, e fu
inviato un forte contingente militare agli ordine del generale McArtur. Dopo un
inizio incerto, gli Americani cominciarono ad avere la meglio, ricacciando l'esercito
dei nordcoreani, quasi in rotta, ben oltre il 38° parallelo. Purtroppo, illuso
dalle facili vittorie, il gen McHartur, spinto dall'entusiasmo e con la
convinzione di distruggere con facilità l'esercito in fuga, decise di
inseguirlo fino nel nord del Paese. I nord coreani però a quel punto chiesero
aiuto ai sovietici ed ai cinesi. I sovietici assicurarono un supporto logistico
ma negarono assolutamente un intervento armato, i cinesi invece accettarono di
aiutarli con un intervento massiccio, ammassando in poco tempo 180.000 uomini
perfettamente equipaggiati lungo il confine. McHartur non seppe valutare
appieno la situazione e così, quando i cinesi, il 26 novembre attaccarono, per
gli Americani fu una durissima lezione ed in poco tempo con notevoli perdite,
furono ricacciati sotto il 38° parallelo. La Cina approfittò dell'occasione per
occupare il 7 ottobre 1950 il Tibet. Sul territorio i Cinesi erano più forti ma
gli Americani riuscivano a controllare la situazione con intensi e tremendi
bombardamenti aerei. La situazione di stallo andò avanti con pesanti perdite da
entrambe le parti fino all'inizio dell'aprile del 1951. A quel punto, infatti
il presidente Truman, rimosse dal comando il gen McHartur, sostituendolo con il
gen Ridgway. Nello stesso periodo l'Unione Sovietica, da stato neutrale, invitò
i belligeranti ad avviare dei negoziati di pace. Gli Americani, che si erano
trovati a piangere molti caduti, accettarono di buon grado. Anche i Cinesi
accettarono ma, durante i negoziati, che proseguirono con grandi difficoltà, le
azioni belliche non cessarono. Anzi, durante alcuni periodi, ci furono scontri
violentissimi il cui esito avrebbe naturamente potuto pesare sul tavolo delle
trattative. Finalmente il 27 luglio del 1953, fu trovato un accordo, anche per
la pressione che l'Unione Sovietica riuscì ad esercitare sui cinesi. La
situazione alla fine tornò esattamente come era all'inizio delle ostilità. La
linea del 38° parallelo ritornava ad essere il confine fra le due Coree. Tanti
morti, tanto dolore, per nulla. Stavolta però gli Americani, per essere sicuri
che i patti fossero rispettati, stabilirono di lasciare nella Corea del Sud, un
presidio militare permanente composto da 40.000 uomini. Anche se aveva
pesantemente gravato sulle finanze dei paesi belligeranti, Stati Uniti
compresi, questa venne definita la 'guerra dimenticata' perchè non se ne fece
mai un argomento di interesse al centro dei mezzi di comunicazione. Persino i
soldati al fronte scrivevano nelle loro lettere di essere convinti di essere stati
dimenticati, abbandonati. Al conflitto parteciparono 1.319.000 Americani, con
34.000 caduti e 106.000 feriti. Fu calcolato che invece fra gli avversari i
caduti furono più di un milione. Comunque, alla fine delle ostilità, molti dei
prigionieri di guerra, 14.000 cinesi e 7500 nord coreani, chiesero ed ottennero
di poter andare e restare in America. Anche nella vita della famiglia di Tobias
c'erano stati vari cambiamenti. I vigneti europei avevano dato buoni frutti ed
ora potevano importare dall'Austria il loro stesso prodotto con il quale
coprire tutta la gamma di richieste del mercato americano. La rete di vendita,
organizzata in quel periodo da Alec Connors, si era attestata ed espansa in
modo notevole nel sud, in particolare nel Nuovo Messico e, con una intuizione
notevole, si era spinto con successo fino a Panama. Raphael aveva ottenuto ciò
che voleva. Dopo aver conseguito la necessaria qualificazione presso la
compagia aerea Wolf Air, e dopo una esperienza che egli non ritenne
particolarmente gratificante presso una compagnia aerea passeggeri, optò per il
trasporto aereo di merci. Assieme al suo socio Peter Moran e con l'aiuto di
Tobias, riuscì ad acquistare, come aveva desiderato, presso la base Davis
Monthan di Toucson, un aereo da trasporto Curtiss C-46, vecchiotto ma in ottimo
stato e con quello, una volta rimesso perfettamente in funzione, e riadadattata
la vecchia pista del campo di Sprekels, potè dare inizio alla sua attività di
trasporto aereo. Per i permessi, le licenze, le pastoie burocratiche, Tobias si
ricordò dell'amicizia del colonnello De Lancey che ormai, tornato a casa, aveva
dato inizio con grande successo alla scalata della carriera politica. Con
l'occasione, andò a trovarlo nella sua villa e gli portò in omaggio una coppia
delle mitiche bottiglie della prima serie di Lukas Heder con etichetta nera e
calici dorati. Al colonnello che gli chiese il motivo di quella scelta, Tobias
raccontò volentieri tutta la storia, dall'inizio alla fine anche se facendolo, in
certi punti del racconto si commosse profondamente. Purtroppo anche dopo tanti
anni, l'impatto di certi eventi restava immutato. I documenti della impresa di
trasporti furono pronti in breve tempo, vista anche la modesta importanza
dell'iniziativa. In realtà l'attività partì quasi subito alla grande, perchè il
trasporto era diretto verso il sud e verso mete che i due soci avevano
selezionato dopo una accurata ricerca, valutando che esse non erano servite da
altri operatori. Avevano deciso anche di comprendere nel loro itinerario delle
zone della America del sud, naturalmente con opportuni scali tecnici in luoghi
dove avrebbero comunque trasportato dei carichi. Quindi lo stesso Tobias era un
loro buon cliente, pagando naturalmente il prezzo giusto. La figlia Christina,
terminati i suoi studi a San Diego, ormai ventiquattrenne, aveva deciso ed
ottenuto di trasferirsi in Austria dove curava con grande successo le
coltivazioni dei terreni che erano stati di Stainer. Il sergente, che non la
perdeva d'occhio, anche se ormai la situazione in Austria era tornata pressochè
alla normalità, scriveva che dai suoi lavori si aspettavano forse un altro
miracolo come era stato il Christina rosè. In realtà la ragazza stava solo
cercando di raggiungere l'optimum con le coltivazioni tradizionali e per fare
questo, girava spesso per i territori vinicoli per eccellenza a est di Vienna,
contattando vecchi contadini e coltivatori, cercando di carpire i loro segreti.
Poi, finalmente, il 15 maggio del 1955, gli alleati decisero di restituire
all'Austria la sua piena indipendenza, con il solo patto che avrebbe mantenuto
una assoluta neutralità. A questo punto, Tobias si decise ad acquistare il
terreno che era stato di Stainer che, finalmente, fu suo. Con la vita che
riprendeva il suo corso, tutte le attività si espandevano e si evolvevano.
Purtroppo la manodopera originale, quella che lo aveva seguito dall'Austria,
aveva raggiunto una certa età e alcuni non c'erano più. Altri, alla fine,
avevano deciso di tornare nella loro patria. Anche alcuni dei figli di quelli che
erano restati, avevano scelto dei lavori più redditizi o più adatti a loro,
pertanto l'azienda era stata costretta ad assumere personale locale con il
problema di doverlo istruire sulle particolari tecniche di coltivazione. Il
punto era che il prodotto doveva essere sempre eccellente. Infatti, molti altri
produttori avevano seguito la strada di Tobias ed ora la concorrenza era
veramente spietata e per mantenere l'azienda in soddisfacente attivo, occorreva
restare sempre un passo davanti agli altri. Per fortuna le vendite nella zona
di Las Vegas, tramite anche i buoni uffici di Dowson, andavano piuttosto bene.
Negli anni l'industria del gioco d'azzardo era andata sviluppandosi con hotel
casinò sempre più grandi e sfarzosi. Nell'aprile del 1955 aveva aperto il
Riviera, un casinò con annesso hotel di 23 piani e 2100 stanze. Poi l'MGM e
altri. Nel maggio dello stesso anno il desiderio di far soldi, fu più forte
perfino della segregazione razziale. Visto che ormai anche molte persone di
colore erano piuttosto facoltose, fu aperto l'hotel casinò Rouge e Noir, nel
quale venivano accolti anche clienti di colore. Nella città, grazie a queste
attività, cominciarono a scorrere fiumi di danaro ma molti dei giocatori
venivano rovinati dal vizio del gioco. Cominciarono quindi a fiorire attività
legate ai prestiti su pegno che trattavano di tutto. Dalle automobili ai
gioielli a tutto quello che potesse avere un valore tale da fornire altro denaro
da poter bruciare nei casinò. L'attività di Alec Connors che ormai aveva creato
una sua rete indipendente di vendita, servendo però anche altri produttori, si
era ulteriormente espansa ed egli ora in sudamenrica per le sue consegne
utilizzava in massima parte la compagnia aerea di Raphael che intanto, ripagato
il debito del primo aereo, ne aveva acquistato un secondo dello stesso tipo. Nel
dicembre del 1958 Dowson subì un gravissimo attentato nel quale rimase
gravemente ferito e nel quale perse due suoi importanti collaboratori. Da quel
momento, ritenne opportuno trasferirisi in una villa bunker situata nella zona
meridionale della baia di San Francisco. Nel febbraio del 1959, Tobias
ricevette la visita del segretario di Dowson, arrivato nella tenuta senza
preavviso, con un grossa Cadillac scura, con tanto di autista e una coppia di
guardie del corpo armate, che lo pregava di seguirlo senza perdere tempo. Si
capiva chiaramente che un 'no' non sarebbe stato accettato. Molti che avevano
ricevuto un invito simile, si erano spaventati a morte ma Tobias aveva la
coscienza a posto e perciò accettò l'invito, più curioso che arrabbiato. Di
certo Dowson doveva aver un valido motivo per convocarlo in quel modo. Durante
il lungo tragitto, egli non riuscì a sapere molto del motivo del suo
'prelevamento' ma il segretario lo rassicurò dicendogli che all'arrivo avrebbe
avuto tutte le spiegazioni. Finalmente, dopo un viaggio piuttosto lungo che li
portò sulla sponda meridionale della baia di San Francisco, l'auto si fermò
davanti ad una splendida villa. Si trattava di una costruzione a due piani,
circondata da un ampio giardino con molti alberi ed aiole fiorite, tutto molto
curato. La proprietà era cintata da una alta recinzione di sbarre di acciaio,
sormontate da punte acuminate, evidente segnale che chi vi abitava non voleva
essere disturbato. Il cancello era controllato da un sorvegliante, normalmente
seduto all'interno di un casottino accanto all'ingresso. Chiaramente l'auto era
stata subito riconosciuta, perchè l'addetto uscì immediatamente fuori ad aprire
il cancello. Mentre percorrevano il viale che conduceva alla villa, Tobias potè
intravedere, sapientemente dissimulati fra la vegetazione, almeno tre uomini
armati che facevano la guardia. Avvicinandosi alla porta della casa, si rese
conto, da tanti piccoli particolari abilmente nascosti e che si notavano solo
da distanza ravvicinata, che quel posto era una piccola fortezza. Indubbiamente
il proprietario riteneva di averne bisogno per la sua sicurezza e, per
l'ennesima volta, egli ebbe la conferma che quell'uomo doveva avere fatto
parecchia strada da quando, tanti anni prima, l'aveva conosciuto. Furono
ricevuti da un maggiordomo che, senza perdere tempo, li condusse a quella che
risultò essere una grande biblioteca, un ambiente di notevoli dimensioni in cui
erano alle pareti dei capaci scaffali pieni di libri di tutti i generi con al
centro un grosso tavolo circondato da eleganti sedie. Da un lato, una pregevole
scrivania dietro alla quale, comodamente seduto su una elegante poltrona di
antiquariato, si trovava Dowson, apparentemente immerso nella lettura di un
antico libro dalle pagine ingiallite. Era un po' che non lo vedeva e notò che
gli anni avevano lasciato qualche segno. Appariva stempiato e con parecchi
capelli bianchi. Anche il giro vita appariva apprezzabilmente aumentato. Appena
entrarono, egli si alzò ed andò loro incontro con atteggiamento gioviale. La
luce nei suoi occhi era rimasta sempre la stessa. Strinse la mano a Tobias e
congedò il suo segretario che uscì dalla stanza senza alcuna esitazione. Dowson
appariva veramente contento di vederlo e dopo alcune parole di convenevoli, lo
fece accomodare in una poltroncina accanto alla scrivania. Tobias era impaziente
di conoscere il motivo della sua convocazione ma l'altro preferì prendere
tempo. Da un mobile bar, abilmente dissimulato dietro una fila di libri,
estrasse una bottiglia di vino con due bicchieri e ne versò una generosa
quantità per ognuno dei due quindi invitò il suo ospite a bere con lui. Tobia
aveva immediatamente riconosciuto il suo vino, etichetta viola, il migliore
prodotto dalla fattoria di Weidling. "Adoro questo vino - esordì
Dowson - e so che va forte anche nei locali di Las Vegas, dove viene consumato
ormai abitualmente assieme a tutti gli altri"."Anche grazie a voi -
riconobbe Tobias. "No, no, se non fosse stato di eccellente qualità, con
la concorrenza in questo campo, anche con il mio aiuto non sareste durato
molto, ve lo assicuro - Poi dopo una breve pausa in cui bevve un altro sorso
del suo vino , chiese a bruciapelo - Siete stato a Las Vegas
recentemente?"."Veramente no. Fra i miei affari ed il fatto che
ritengo non sia proprio l'ambiente adatto a me, non sono particolarmente
attratto dall'atmosfera di quel posto"."Vi capisco. Anche io, appena
possibile, torno in questa piccola oasi per distendermi e recuperare le giuste
energie". Tobias pensò che quella 'piccola oasi' era organizzata e
equipaggiata per resistere all'attacco armato di molti uomini trasformandosi
repentinamente in un 'piccolo inferno' ma evitò saggiamente di fare commenti.
Il padrone di casa continuò con una conversazione su argomenti generici, almeno
così sembrava. In realtà Tobias, reso ormai esperto dall'esperienza maturata
nel mondo degli affari, si accorse che le domande vertevano sempre più spesso
sulla situazione e sui contatti con l'Austria, in particolare con Weidling e
poi, più nello specifico, sui suoi contatti con padre Valentin. Di certo aveva
raggiunto la conclusone che il sacerdote forse aveva detto qualcosa del suo
passato a Tobias, magari non tutto, ma qualcosa. E infatti, visto che l'altro
schivava abilmente le sue domande, alla fine fu lui a cedere e chiese
direttamente cosa sapeva lui della sua storia. Tobias dovette ammettere che
qualcosa aveva saputo ma che poichè non erano affari suoi, avrebbe taciuto ogni
informazione."No, non fa nulla. Se Padre Valentin ha valutato che poteva
raccontarvi i fatti, significa che sapeva di potersi fidare, ed anche io. Non
solo mi avete salvato la vita ma non avete mai cercato di approfittarne. Ora
però sapete quanto io sia coinvolto in un certo avvenimento. Negli anni, fra i
miei contatti, le notizie fornite da padre Valentin e le informazioni che mi
avete inviato, è risultato un quadro della situazione abbastanza completo.
Abbiamo isolato delle zone dove dovrebbero trovarsi le persone che ci
interessano e abbiamo anche una notevole sicurezza circa le identità di questa
gente. E poi.... è successo un fatto". D'impulso, come se avesse preso un
decisione importante, si alzò e si avvicinò ad uno scaffale della libreria. Scostata
una fila di libri, scoprì lo sportello di una cassaforte che iniziò ad aprire.
Tobias si disse che quegi scaffali erano una vera miniera di sorprese e si
chiese cos'altro potesse trovarsi lì, sapendo cercare e quanti di quei libri
fossero in effetti veri e quanti invece utilizzati per nascondere qualcosa. Poi
Dowson tornò alla scrivania e si rimise seduto dopo aver poggiato sul piano una
grossa scatola di legno scuro lucidato con il coperchio incernierato su un lato.
"Voi sapete certo che i nuovi casinò di Las Vegas hanno portato un grande
sviluppo della città. I giocatori accorrono sempre più numerosi. La leggenda e
la classe di quel posto hanno raggiunto i punti più lontani dello stato e sono
anche andati oltre. E se una persona è attratta dal gioco, alla fine non
resiste e va laggiù, a provare l'atmosfera di quel posto fantastico, l'emozione
di quelle sale da gioco ormai famose in tutto il mondo, e gioca. E magari
perde". Fece una pausa per versare di nuovo del vino nei bicchieri e per
valutare l'attenzione del suo interlocutore il quale attentissimo, continuava
però a chiedersi cosa volesse l'altro da lui. "Perde, si, dicevo, perde. E
quando perde, cosa fa in genere? Se fosse saggia se ne andrebbe. Ma il
giocatore non è saggio, lui si deve rifare e allora, magari, comincia a
impegnarsi le cose. I parcheggi dei casinò hanno dovuto organizzare dei settori
speciali per le automobili dei clienti lasciate in pegno e gli affari dei
banchi di pegno, vanno alle stelle da un pò di tempo in qua". Tobias si
chiedeva se le dichiarazioni del suo ospite derivassero da esperienza diretta.
"Piccoli giocatori, piccoli pegni. Grandi giocatori, grandi pegni. Non
tutti i giocatori però frequentano i casinò regolari. Per alcune persone, che
non vogliono o non possono comparire, per altri che cercano il rischio,
sfidandosi in incontri riservati, ci sono delle case da gioco non proprio
regolari, che offrono ai clienti le stesse emozioni ma in modo assai più
discreto. Così qualcuno, con il vizio del gioco, arriva in una casa di queste,
perde una piccola fortuna e poichè i gestori non sono dei veri gentiluomini,
per non farsi male, il giocatore è costretto a lasciare in pegno qualcosa e, se
il debito è grosso e il creditore è convincente nelle sue richieste, magari la
persona in questione, pur offrendo molta resistenza, è costretta a lasciare in
pegno una cosa simile". E così dicendo, mise le mani sulla scatola di
legno e rimase un attimo fermo, come se esitasse ad aprirla. Poi, deciso, la
ruotò verso Tobias in modo che sollevando il coperchio potesse vederne subito
il contenuto e l'aprì. Sembrò che per un attimo una particolare energia si
spargesse per la stanza, che la luce cambiasse divenendo più intensa, che si
diffondesse una sorta di magia tutto intorno. Almeno queste furono le
sensazioni che provò Tobias nei primi istanti in cui gli fu svelato il
contenuto della scatola. "Eccezionale vero? Vedo che ha su di voi lo
stesso effetto che ha su di me quando la guardo". Davanti a Tobias, nella
scatola, poggiata su una base di velluto rosso, c'era una splendida corona di
oro rilucente. Il cerchio era arabescato e gemmato con smeraldi e rubini di
luce purissima, che si alternavano e, dal cerchio, partivano sei fioroni
raffiguranti foglie di acanto in cima ai quali erano fissate delle magnifiche e
grosse perle. "Dica la verità, - chiese Dowson che aveva osservato la
reazone del suo visitatore - non è magnifica?". Ripreso fiato, Tobias
disse con voce emozionata: "Ma......, ma è bellissima! Ha una forza in sè...
che si può percepire. Si sente e si vede che è antica, ma di chi sarà stata e
poi, perchè la fa vedere proprio a me, anche se devo dire che starei a guardarla
per ore". "L'esperto che ho consultato ha espresso il forte sospetto
che, per la forma, i particolari e i decori, possa trattarsi della corona di un
principe del Sacro Romano Impero e ha azzardato anche l'epoca a cui appartiene
e la sua provenienza. Quindi la faccio vedere proprio a lei perchè, per quantro
mi risulta, in realtà vi siete già incontrati. Ma lontano da qui e molti, molti
anni fa. Non le viene niente in mente?"."Non mi
dica...."."E invece si. Questa meraviglia faceva parte della
collezione trafugata dal gruppo dei fratelli Stainer dalla camera blindata
dell'abazia di Klosterneuburg il 30 marzo del 1945". Fece una pausa per
lasciare ancora a Tobias la possibilità di ammirare quello splendore.
"Quando ne sono venuto in possesso - e quì ritenne sorvolare sul modo ma
tanto Tobias aveva già capito tutto - ho immediatamente contattato un altro esperto
d'arte che saltuariamente lavora per me. E quando anche lui l'ha vista, ha
capito subito di cosa potesse trattarsi. Vede, quando alla fine della guerra si
fece il conto delle opere d'arte restituite o ritrovate, per tutte quelle
mancanti si aprì un mercato clandestino molto attivo grazie a tutti quelli che
avendole trafugate e fatta franca, ora cercavano di realizzare dei forti
guadagni. Si può quasi dire che esista un catalogo di questi oggetti. Si dà il
caso che questo mio collaboratore, a differenza del primo esperto, in questo
particolare campo sia leggermente più esperto e mi ha procurato questo libro.
Legga quì - disse porgendoglielo. Tobias prese il vecchio libro e lesse la
pagina indicata. In essa veniva riportato che nel 976, in Pannonia, dopo
l'insurrezioe di Enrico II^, detto il Litigioso, l'imperatore Ottone II^, per
riorganizzare la Baviera, al posto della marca di Pannonia, organizzò una nuova
marca con il nome di Marcha Orientalis che affidò al fedele alleato Leopoldo,
detto l'Illustre, del casato dei Babemberg, con la nomina di Mangravio e
naturlamente con i titoli e le insegne fra cui, naturalmente, una corona dello
stesso tipo di quella che ora era nella scatola di legno. L'appellativo rimase
nella famiglia finchè nel 1156 Federico Barbarossa stabilì di elevare la marca
a ducato, con differenti insegne. A quel punto il Mangravio in carica, Enrico
II^, al momento di ricevere le nuove insegne di Duca, fece dono di quelle
vecchie all'abbazia di Klosterneuburg. Incredibile, tutto tornava ma a questo
punto venivano fuori altre questioni. "E
se servissero altre prove - disse Dowson quando Tobias ebbe finito di leggere -
queste sono le foto che mi ha mandato il suo amico padre Valentin - e prese da un cassetto della sua scrivania un
mazzo di foto 10x15 in bianco e nero e, sceltane una la porse a Tobias - La
osservi bene"."Ma è lei, è la stessa! Peccato che la foto sia in
bianco e nero ma è senza dubbio la stessa. Allora, era vero che i fratelli
Stainer non sono morti. E se è così, anche il tesoro che portavano non è stato
distrutto"."Esatto. Questa è la prova che avevano lasciato il convoglio
diretto al castello di Neuchweanstein prima dell'attacco aereo. Di certo si
trattava di un piano già prestabilito e ben congegnato. E ciò che per me più
conta, il colonnello delle SS, Gustav Shafer era con loro, lo so per certo. E
so che sono ancora tutti insieme o almeno in contatto fra loro". Ormai. d'altronde
non era più un mistero. Ormai si sapeva per certo che molti nazisti si erano
rifugiati in Sudamerica, dove con la connivenza e la protezione di alcune
autorità del posto, conducevano una vita normale e tutto sommato tranquilla. "Va
bene - chiese comunque Tobias - la corona l'avevate già riconosciuta, quindi a
cosa vi servo io quì?"."Non penserà mica che sul possessore di un
oggetto di questo genere non abbiamo cercato di saperne di più. Malgrado
mostrasse pretese di gran signore, appariva una persona sempliciotta e piuttosto
volgare. Abbiamo scoperto che alloggiava presso il motel Four Queen, che in
realtà, è più un punto di incontro per coppie, che un albergo vero e proprio,
situato vicino alla nuova interstate 15 nei pressi dell'aeroporto. Chiaramente
non un personaggio importante, ma in questo caso, solo un pesce piccolo, un
corriere. La merce non era sua. Probabilmente doveva solo consegnarla o
mostrarla a qualcuno. Ora, se è la persona che credo che sia, lei la conosce
piuttoso bene. Ecco quì". E pose davanti a Tobias quattro foto in bianco e
nero non molto nitide per via dell'evidente ingrandimento, ma inconfondibili.
Si vedeva chiaramente un uomo, con un vestito scuro e senza cappello che,
uscendo dalla porta di un locale, saliva su una automobile. Certo, il tempo era
passato, l'uomo era palesemente ingrassato, invecchiato ma non c'era dubbio.
Quella faccia l'avrebbe riconosciuta ovunque. Era proprio lui. "Bernhard
Stainer! Dopo tanto tempo! Lo ricordo come fosse ieri". Più che altro
ricordava il sentimento di rabbia che aveva provato quando, per le sue accuse,
aveva dovuto abbandonare il suo lavoro con la reputazione di essere un ladro. "Grazie,
ora abbiamo fatto un grande passo avanti. Tutto torna. I due fratelli con altri
complici, organizzano il colpo all'abbazia. Poi si uniscono ad una colonna che
sembra tornare in Germania e infine, con qualche espediente, la lasciano e si
eclissano con il bottino e chissà cos'altro. Il caso li favorisce ulteriormente
perchè la colonna di cui fanno ufficialmente parte, viene distrutta e
apparentemente anche loro muoiono. Si rifugiano invece in Sudamerica assieme ad
altri nazisti e comunque fuggiaschi, e iniziano a fare la bella vita. Ma una
vita lussuosa e le protezioni, costano e ora, forse, per andare avanti, sono
costretti a vendere qualche pezzo del bottino e così, contattano qualcuno
interessato all'acquisto e magari gli mandano come prova un campione da
controllare". "Bene, ma adesso dove si trova Bernhard Stainer?".
"Effettivamente qui abbiamo un problema. Dopo che era stato costretto a
consegnare la corona in pegno, ha fatto delle telefonate ad un numero che è
risultato appartenere ad un esercizio pubblico, una taverna di infimo ordine,
chiamata 'Rio Plata' che sta nella località di Santiago de Veraguas, a Panama,
nel distretto di La Mesa. Di certo un contatto, stabilito con qualcuno che non è
rintracciabile. Poi, dopo tre ore circa,
ha ricevuto una telefonata da quello stesso numero che aveva chiamato. E'
uscito dall'albergo ed è saltato su una automobile con la quale ha cercato di
seminare gli uomini che lo seguivano, non uomini miei,
purtroppo"."Devo pensare che qualcosa è andato storto?"."Eh
si, disgraziatamente si. Per fuggire all'inseguimento di cui si è accorto
immediatamente, ha cercato di passare ad un incrocio con un semaforo rosso ed è
stato falciato da un grosso camion il cui conducente è fuggito rendendosi
irreperibile. E'morto sul colpo"."Maledizione! - esclamò suo malgrado
Tobias - e adesso?"."Purtroppo l'unico elemento che ci rimane è quel
contatto a Santiago de Veraguas"."Una cosa è sicura. Se c'era in giro
Bernhard, allora anche il fratello Davide è nella partita. E magari lui è
laggiù, al sicuro, perchè non lo conosce nessuno e da lì, magari con i suoi
amici, gestisce questo traffico di opere e tesori d'arte"."Ha
ragione. D'altronde se hanno deciso di vendere, questo deve essere accaduto da
poco. Quello che ha davanti è il primo pezzo del genere di cui si abbia notizia
e le assicuro che i miei contatti avrebbero saputo di certo di un traffico di
tale livello. Per amore di completezza le dico che miei contatti sono anche in
Europa"."Possiamo pensare allora che il tesoro sia ancora quasi
intatto"."Si, può essere ma, come lei sa bene, non è il tesoro che mi
interessa. A me preme solo trovare Gustav Shafer, non ho problemi ad
ammetterlo, per fargli pagare quello che ha fatto alla mia famiglia e a mio
padre!". Tobias rimase molto colpito da queste parole. Era la prima volta
che il suo ospite faceva riferimento a quella questione in modo così esplicito parlando
più da Jona Donner che da Henry Dowson.
"Naturalmente mandare estranei laggiù che fanno domande, sarebbe il modo
peggiore di procedere - disse questi - ammesso che già quello che è accaduto
non abbia messo in allarme chiunque stia dietro a questa storia. Di certo nelle
sue ultime telefonate Barnhard ha avvisato quelcuno dell'accaduto e poi, poco
dopo, mentre magari cercava di andare da qualche parte, magari di scappare, è
perito in un incidente. O almeno così sembra. Non ci dimentichiamo che abbiamo
a che fare con gente pericolosa. Basta pensare a cosa sono stati capaci di fare
in passato"."Effettivamente l'incidente occorso a Bernhard potrebbe
essere stato solo un modo di toglierlo di mezzo, liberandosi così da un
possibile scomodo testimone che poteva essere seguito e come punizione per
l'idiozia che aveva combinato"."Motivo di più per andare con i piedi
di piombo - disse Dowson - chi andasse laggiù a indagare, potrebbe correre seri
pericoli e non sarebbe facile proteggerlo".
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Capitolo 17 *** Capitolo 17 ***
Capitolo 17 calici imperatore
Capitolo 17^
Tobias però aveva forse la
soluzione. "Delle persone straniere che andassero a fare domande, magari
sarebbero sospette, ma qualcuno che andasse normalmente per lavoro e che magari
si limitasse a guardarsi intorno, forse sarebbe al sicuro"."Vi riferite
forse a vostro figlio ? - chiese Dowson che aveva capito immediatamente dove
voleva arrivare l'altro. "Si, e non solo. Il mio rappresentante, Alec
Connors, ha stabilito da un pezzo un buon rapporto commerciale con dei
grossisti di Panama. Che problema ci sarebbe se provasse a espandere la sua
clientela passando per caso da quelle parti e con mio figlio magari ad
accompagnarlo, se in più, per pura coincidenza, da quelle parti ci fosse una
pista d'atterraggio?". Il piano fu presto messo a punto anche perchè forse
non c'era da perdere tempo. Qualcosa era indubbiamente accaduto e anche se non
potevano essere sicuri che le persone che cercavano erano in allarme, era
meglio sbrigarsi. Il rappresentante Alec Connors, a cui alla fine avevano
deciso di raccontare tutto, sapendo che in fondo, per quell'incarico, potevano
esserci dei rischi, accettò invece senza il minimo dubbio. In guerra aveva
visto parecchie delle atrocità che verso la fine del conflitto alcuni tedeschi
avevano commesso e se avessero potuto prendere dei responsabili, lui ne sarebbe
stato contento. Si dava inoltre il caso che, proprio in quella zona, un altro
importatore austriaco riforniva da molto tempo un gruppo di clienti che
consumava grandi quantità di vino austriaco. Chissà che non fossero proprio le
persone che stavano cercando. Sarebbe comunque apparso plausibilissimo che lui
si fosse recato per tentare di inserirsi in quei ricchi ordini. Inutile dire
che Raphael si dichiarò immediatamente entusiasta. Infatti, nel procedere nel
suo lavoro, che egli stimava estremamente avventuroso, si era rifatto ai canoni
degli eroi dei film dell'epoca, come Alan Ladd, Clark Gable, Douglas Ferbainks.
Portava i pantaloni da cavallerizzo con alti stivali, indossava un giubbotto di
pelle e un cappello con visiera di tipo militare. Completava il tutto un
cinturone di tipo militare, con una grossa automatica agganciata in una fondina
di cuoio. C'era da dire che, oltre al fatto di essere comunque un ottimo
pilota, era un bel ragazzo e quel particolare abbigliamento non gli stava
affatto male. Inoltre con le ragazze funzionava molto bene. Il suo socio che
gli era molto affezionato tollerava quegli atteggimenti un po' troppo spavaldi
anche perchè si era accorto che ad alcuni clienti piacevano. Dowson fornì due
suoi uomini. Oltre ad essere due persone decise che all'occorrenza sapevano affrontare
ogni imprevisto, uno era un ottimo pilota, in grado di sostituire Raphael ai
comandi dell'aereo per i lunghi tragitti e l'altro, era un provetto meccanico
che si intendeva anche di motori per aerei. Tobias si chiese dove Dowson
andasse a trovare i suoi uomini, visto che ce ne era disponibile almeno uno per
ogni necessità. Per l'operazione fu utilizzato il secondo aereo che avevano
acquistato, più nuovo del primo, e, affidata l'attività al socio, ai primi di
aprile del 1959, Raphael con i suoi nuovi 'amici' partì per Panama. L'aereo che
stavano utilizzando era un Curtis c-46, un ottimo aereo da carico con una
autonomia di 5000 chilometri, grazie a due serbatoi principale da 300 galloni
l'uno e al serbatoio di riserva che era stato montato, in grado di contenere
400 galloni di carburante. La velocità di crociera era di 278 miglia l'ora ad
una quota di 7000 piedi. Il punto era, che trattandosi di un aereo da trasporto,
non era munito di grande comodità per le persone che viaggiavano nella
fusoliera, per cui erano stati montati otto comodi sedili e provvisto un
impianto di riscaldamento perchè, a quella quota, faceva piuttosto freddo. Malgrado
l'aereo fosse in grado di percorrere tutta la distanza in una unica tappa, fu
deciso di frazionare il percorso con una prima sosta a Città del Messico,
distante 800 miglia e poi, ad una distanza simile a El Salvador. In tutte e due
queste località consegnarono della merce come in un normale volo commerciale.
Poi, con una ultima tirata, raggiunsero il modesto aeroporto di Santiago de
Veraguas. Appena atterrati, Connors si mise subito al lavoro per contattare i
suoi clienti, curare le consegne della merce e soprattutto cercare informazioni
per trovare il modo di contattare quei clienti così importanti per vedere di
entrare nella fornitura della loro merce. Purtroppo il grossista locale gli
fece sapere che quella merce effettivamente transitava di lì ma lui, in quel
caso, era solo un tramite . La merce,
molte casse di vino pregiato, arrivava direttamente dall'Europa e veniva
consegnata in Florida. Da lì, un altro aereo la trasportava a Santiago de
Veraguas, dove veniva caricata su un altro aereo che le portava in Argentina,
di più non sapeva. Ora le casse in questione erano in aeroporto e attendevano
solo il mezzo che le portasse a destinazione, che infatti non tardò ad
arrivare. Raphael ed i suoi colleghi rimasero a guardare il Douglas c-47 che si
posò sulla pista con grande maestria e poi rullò fino all'hangar dove doveva
caricare. I proprietari di quel mezzo non erano di certo persone discrete. La
fusoliera era dipinta compleatmente di bianco e sulle fiancate appariva, in
discrete dimensioni, la croce teutonica su campo argentato. La cosa si chiarì
quando l'equipaggio scese a terra. Quello che certamente era il pilota,
indossava una attillata tuta bianca ed ai piedi portava gli stivali da
cavallerizzo. Una chioma di capelli argentei incorniciava un volto magro ed
affilato. Raphael lo battezzò all'istante 'il tedesco' e gli altri furono
d'accordo con lui. L'altro pilota che scese a terra, il secondo, era quanto di
più differente si potesse pensare. Basso, tarchiato, di pelle scura, capelli
neri. Indossava un paio di jeans piuttosto lisi, un giubbotto di pelle nelle
medesime condizioni ed un paio di vecchi stivali da aviatore. Nel complesso il
suo aspetto non trasmetteva un'idea di
grande pulizia. Dopo alcuni istanti videro il 'tedesco' rivolgersi all'altro in
modo perentorio impartendogli degli ordini secchi e precisi che l'altro si
affrettò ad eseguire. "Sembrano Don Chisciotte e Sancho Panza! - disse
Connors, alludendo alla netta differenza fra i due. "Concordo - disse
Raphael - Non mi stupirei se il tedesco fosse un ex ufficiale della Luftwaffe,
convinto di essere ancora in guerra. Comunque se sopporta quell'altro così
diverso, può essere che quello sia un pilota e meccanico
abilissimo"."Oppure, senza essere niente di speciale, magari invece
conosce le persone giuste per muoversi da queste parti"."Molto
probabile. Forse è proprio con lui che dovremmo parlare per sapere
qualcosa". Quando le numerose casse di vino furono caricate sul
Douglas-c47, ormai era quasi sera e l'aeroporto chiudeva i suoi servizi alle
ore 19.00 locali. Le luci della pista erano guaste e non c'era per ora nulla da
fare. Il tedesco, dopo aver lasciato l'ordine al suo secondo di provvedere al
pieno di carburante e a preparare l'aereo pronto al decollo la mattina
successiva, andò a passare la notte in un vicino albergo. Non poteva esserci
occasione migliore. Dopo cena, col buio, il secondo del tedesco era seduto su
un bidone, con le spalle appoggiate alla parete di un capannone accanto al suo
aereo. In un contenitore di metallo ardeva un piccolo fuoco, che aveva acceso
per scaldarsi. Osservava le fiamme guizzanti ed ogni tanto tirava giù una
sorsata da una bottiglia che aveva in mano, magari per farsi un pò di
compagnia. Di certo era abituato a quella situazione ma forse non era proprio
felice di essere lasciato sempre a fare il cane da guardia, mentre l'altro si
godeva le comodità di un albergo. Valeva la pena di tentare. Così Raphael si
avvicinò fischiettando e reggendo sotto un braccio una cassetta con sei
bottiglie del vino migliore. L'uomo lo guardò avvicinarsi con sospetto,
portanto la mano d'istinto dietro la schiena, come per essere pronto ad
afferrare qualcosa. Giunto a cinque, sei passi di distanza, Raphael si fermò e gli
disse con tono allegro: "Ehilà compare, come va? Anche tu lasciato dal tuo
capo a fare la guardia da solo?"."Chi diavolo sei - gli rispose
l'altro, brusco, in inglese ma con un
forte accento ispanico. "Sono il secondo pilota di quell'aereo laggiù e
anche il mio capo mi ha lasciato quì a fare la guardia mentre lui se la spassa
magari con qualche bella senorita in qualche bell'albergo caldo e
comodo!". "No, il mio no. - rispose l'altro senza abbassare la
guardia. - Non l'ho mai visto interessarsi ad una donna"."Beh, ti va
di fare quattro chiacchiere, tanto per passare il tempo fra
colleghi?"."Non ho voglia di chiacchierare e poi guai se il mio capo
lo sapesse"."Va bene allora buona notte". Raphael si girò per
andarsene, era stato un buon tentativo. "Aspetta, - lo richiamò l'atro -
cosa hai lì, sotto il braccio?". Chiaramente alludeva alla cassetta sotto
il braccio di Raphael. "Sono solo delle bottiglie di vino speciale che non
chiedono altro che essere svuotate alla salute dei nostri capi. Fanno parte del
nostro carico"."Prendi la merce dal carico? Il mio capo mi
ammazzerebbe!"."Anche il mio, ma non se ne accorge. E' molto diverso
dal tuo, l'ho visto solo di sfuggita ma sembra un militare. Mi sbaglio?".
Forse aveva fatto un passo falso perchè l'altro sembrò chiudersi in sè stesso.
Per non lasciare all'altro tanto tempo per pensare, cambiò subito
argomento."Che stai bevendo?"."Dell'acquavite che fanno da
queste parti"."No, non bere quella robaccia, quella ti fa ubriacare e
magari non fai bene il tuo dovere. Senti cosa ti ho portato io. Questo è un
vino speciale, leggero, delicato, ma con un sapore eccezionale - e intanto
stappava la prima bottiglia - Questo ti rimette in pace col mondo e non ti fa
girare la testa". E gli porse la bottiglia. L'altro senza tanti
complimenti, senza nemmeno guardare l'etichetta, l'afferrò e attaccandosi
direttamente al collo, tirò giù tre quattro sorsi e poi tergendosi la bocca con
la manica, disse: "Accidenti che sapore, ma cosa è?". E senza
spettare la risposta, tirò giù ancora un paio di sorsi, poi la restituì a
Raphael che aveva rabbrividito a vedere quel vino buttato giù a garganella e
che constatò che era quasi vuota. "Questo è un vino speciale che producono
in Europa e che quì piace molto. Lo trasportiamo in grandi quantità, ma tu che
ne puoi sapere, magari trasporti macchinari o alimentari". E passò
all'altro una seconda bottiglia che intanto aveva stappato. "No, non ci
crederai, ma anche noi trasportiamo spesso del vino, anche se non l'ho potuto
mai assaggiare". "Ma davvero? - disse Raphael che dopo aver finto di
bere un paio di sorsi, ripassò la bottiglia all'altro che appariva già un
pochino brillo - E per chi, magari abbiamo gli stessi clienti". Mezz'ora dopo Raphael tornò dai suoi amici
abbastanza soddisfatto. "Per bacco che spugna quel tizio, non ci crederete
ma si è finito la cassetta praticamente da solo e alla fine temevo che nemmeno
bastasse". Poi agli uomini che l'ascoltavano attentissimi, disse di aver
saputo che la meta dell'aereo era in Argentina, esattamente un posto chiamato
Bahia Blanca, a circa 350 miglia a sud ovest di Buenos Aires. Nelle sue
immediate vicinanze c'è un'aviosuperficie chiamata Punta Alta. Il motivo
principale per cui il tedesco sopporta il suo compagno di volo è che lui è
pratico della zona ed è capace di arrivare dappertutto attraverso la rotta
migliore. Una volta che era stato effettuato lo scarico, il secondo pilota aveva
sentito discutere i conducenti dei due camion che avrebbero poi trasportato la
merce a destinazione, perchè uno di loro diceva di non avere carburante
sufficiente per raggiungere le ville sulle isole a sud. "Quindi - concluse
Raphael - secondo il nostro amico, a sud di Bahia Blanca, sulle isole,
esisterebbe una comunità di tedeschi che vive in alcune splendide ville. Sono
abitate da persone che non si fanno mancare nulla, come si desume dal tipo di
carico che l'aereo trasporta, oltre al vino. Però ha aggiunto che a sud della
baia ci sono di certo altre ville. Comunque, di questa gente, nessuno sa nulla
perchè conduce una vita molto riservata e degli spiacevoli episodi, in passato,
hanno mostrato che non gradisce
ficcanaso. Sembra che addirittura qualcuno abbia un piccolo esercito privato"."Ora
dici che l'uomo dorme. Come l'hai lasciato? - chiese Connors. "Beh, ora
russava alla grande e ti assicuro che per farmi dare le ultime informazioni ho
penato parecchio a tenerlo sveglio. Prima di andare via ho portato via tutte le
bottiglie di vino e la cassetta. Di me non ho lasciato traccia. In compenso ho
svuotato la sua bottiglia di acquavite e gliene ho messa accanto un'altra della
sua 'riserva personale' che ho svuotato per tre quarti. Se ho capito il tipo
deve essere abituato a sbronzarsi. Domattina si sveglierà solo con un gran mal
di testa come sempre e farà il suo dovere"."Si ricorderà di
te?". "Se anche lo farà, non potrà trarre nessuna conclusione. Il suo
carico è intatto e non credo che racconterà nulla al tedesco che di certo non
lo gradirebbe"."Ma ora che facciamo ? - chiese uno degli uomini della
scorta. "Io dico che ora non dobbiamo fare più nulla. Credo che la nostra
missione finisca qui - rispose Raphael - Abbiamo raccolto delle informazioni
che, sfruttate nel modo mogliore, potranno rivelarsi preziose mentre, se noi
ora improvvisiamo, rischiamo di rovinare tutto, a parte che, da quanto ho
capito, se ci muoviamo male, possiamo fare una brutta fine. Io credo che
Dowson, con le nostre informazioni e con degli uomini adeguati, riuscirà a
scoprire tutto quello che c'è da scoprire. Ora, il pieno di carburante
l'abbiamo fatto, il piano di volo l'abbiamo presentato, quindi facciamoci una
buona dormita e domattina, all'alba, togliamo il disturbo". Gli altri non
trovarono nulla da dire e quindi così fecero.
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Capitolo 18 *** Capitolo 18 ***
Capitolo 18 calici imperatore
Capitolo 18^
Al ritorno dalla missione,
Raphael comunicò quanto scoperto al padre e a Dowson che, dopo circa un mese
chiese loro di recarsi nella sua villa bunker di San Francisco. Tutti e due,
molto curiosi, accettarono e arrivati, furono subito introdotti nella magnifica
biblioteca, nella quale il padrone di casa li aspettava. Assieme a lui c'erano
anche i due uomini che avevano accompagnato Raphael nella sua missione. Dopo i
soliti convenevoli ed aver accettato da bere, entrarono subito in argomento
perchè tutti non aspettavano altro. Ad un segno di Dowson uno degli uomini
prese una grossa carta dell'Argentina e la spiegò completamente sul piano della
scrivania mentre Tobias ed il figlio si avvicinavano per vedere meglio.
"Dopo aver ricevuto le vostre informazioni e, in proposito, riconosco che
avete fatto un ottimo lavoro, e dopo aver raccolto notizie complete e precise
sulla zona indicata, ho rispedito laggiù questi due giovanotti, ormai pratici, accompagnati
da una comitiva di 'pescatori' piuttosto numerosa, perchè fra le
caratteristiche di Bahia Blanca, c'è quella di essere un buon territorio di
pesca per le spugne. I bassi fondali, tra i 10 e i 15 metri favoriscono la loro
crescita e contemporaneamente la loro raccolta. Così abbiamo armato due piccoli
pescherecci che hanno fatto il loro lavoro per diversi giorni. Naturalmente, di
quando in quando, si sono accostati a qualche isola, a qualche tratto di costa
e lì hanno svolto alcune operazioni. I ragazzi mi dicono che da alcune zone, in
particolare sulle isole, sono stati cacciati in malo modo e a volte addirittura
con la minaccia di armi. E' naturale che proprio in questi posti, ma non solo, alcune
persone, dotate di moderne attrezzature subacquee, sono tornate con la massima
circospezione. In tutti questi giorni, i miei uomini hanno fatto fotografie a
tutto quello che hanno visto. Case, persone, isole, tratti di costa, un lavoro
accuratissimo. Alla fine, guardate quà, questi sono i risultati". Mostrò
sulla carta la zona interessata, ossia quella della costa argentina in
prossimità di Bahia Blanca. Indicò le tre isole della baia, da nord a sud, nell'ordine
l'Isla Bermejo, Trinidad e Anadna, ognuna delle quali aveva sopra disegnata una
grossa X in rosso e numerate da 1 a 3. Poi, più a sud, un tratto di costa della
lunghezza di circa 20 Km. Su queste zone erano tracciate altre lettere
"X" in colore rosso e accanto ad ogni lettera appariva un numero, per
la precisione, sette "X" numerate appunto da 4 a 10. Dopo aver
illustrato la carta ai suoi ospiti, sempre più curiosi, Dowson si fece portere
da uno dei suoi uomini una pila di cartellette, 10 per la precisione, custodita
in uno dei misteriosi cassetti nascosti della biblioteca. Ognuna,
contrassegnata da un numero, era collegata al corrispondente numero sulla carta
geografica. "Ogni cartelletta - spiegò - contiene più materiale possibile
circa le diverse zone a cui sono abbinate. Foto, notizie, commenti, informazioni.
Insomma un lavoro accuratissimo. Naturalmente, pur con tutto questo materiale,
non è facile sapere ciò che vogliamo. Ci sono moltissime foto di persone,
alcune delle quali sono state identificate, altre mai viste ma non per questo
meno importanti. Però, vorrei che lei Tobias, osservasse questo materiale,
perchè da qualche parte bisogna iniziare e forse la chiave me la potrà fornire
proprio lei. Non le voglio anticipare nulla per non influenzarla". E
spinse verso di lui la cartelletta contrassegnata con il numero 3 che
corrispondeva alla X segnata sull'Isla Anadna. Tobias se la mise davanti e con
attenzione l'aprì e cominciò a sfogliare il materiale sotto lo sguardo attento
degli altri che sembravano non voler perdere un solo movimento. Osservò foto di
luoghi, poi di una bella casa, di persone che apparentemente sorvegliavano
l'isola, lesse appunti e poi..... "Ma questo.....". E osservò meglio
la foto. Poi prese la successiva che appariva più chiara. Tutte e due
mostravano un uomo a figura intera, vestito in modo molto elegante che da una
terrazza della casa, gurdava verso l'esterno. Era magro, alto e con i i capelli
chiari. "Ma questo... - ripetè emozionato Tobias - questo è .... è Daniel
Stainer! Quel farabutto di Daniel Stainer! Certo, è invecchiato, ha perduto
qualche capello ma è lui, ne sono sicuro. Ma.... - poi aggiunse - ma io conosco
anche questi! - mise due foto sul piano
della scrivania davanti a Dowson - Questo è Rolf Lange , grande amico, o almeno
diceva di esserlo, di mio suocero e quest'altro era un grosso cliente, Stefan
Voight, della zona di Maissau, vicina all'abbazia". Dowson che sembrava
non aspettare altro che quella conferma, con grande soddisfazione, si alzò e
gli strinse la mano. "Se sono nel gruppo degli ospiti delle isole, state
sicuri che la loro coscienza non è tranquilla. Comunque, bravi, tutti. Ottimo
lavoro! Ed ora, se siete d'accordo, andiamo a prenderli!". Tobias
piuttosto dubbioso, era rimasto sorpreso da quelle parole. "Andiamo a
prenderli? Ma come? E in quale veste? E poi quand'anche ci riuscissimo e mi
sembra difficile, che facciamo dopo?". Dowson lo aveva lasciato parlare
con un sorriso sulle labbra. Alla fine delle domande, rispose dicendo di avere
un piano preciso. Ed ai due ospiti che lo ascoltavano senza perdere una parola,
spiegò per filo e per segno cosa aveva intenzione di fare. Tobias disse che onestamente non se la sentiva
di far parte di quell'operazione, che era troppo vecchio, che sarebbe stato
solo di peso. Dowson però, stavolta non chiedeva favori. Voleva che
l'operazione andasse a buon fine e voleva Tobias con loro per identificare le
persone con certezza. Questi alla fine dovette arrendersi, considerando che
Raphael gli assicurò che sarebbe stato sempre con lui e l'avrebbe protetto. Chiese però se avrebbero avuto dei problemi
dalle autorità del posto. Dowson rispose che riteneva proprio di no. In
Argentina erano cambiate molte cose e ancora parecchio doveva accadere, secondo
lui. "Da quando nel 1955 il presidente Peron era dovuto fuggire, - spiegò
- in Argentina si era creata una condizione di instabilità e forte inquietudine
che sembrava non risolvibile. Infatti nel 1955 il generale Eduardo Leonardi, al
comando delle forze armate, rovesciò il governo. La marina militare bombardò la
'Casa Rosada' residenza presidenziale, con l'intento di uccidere Peron. Questi
però riuscì a fuggire, riparando prima in Uruguay e poi in Spagna, sotto il
governo del generalissimo Franco. Il generale Leonardi fu presto sostituito dal
generale Pedro Eugenio Aramburu che iniziò a governare con il pugno di ferro,
in particolar modo nei confronti dei peronisti. Quando nel giugno del 1956 alcuni di loro tentarono una
rivolta, furono arrestati a migliaia e seguirono almeno 40 esecuzioni. Malgrado
ciò alla fine, nel 1958 fu eletto come presidente un personaggio da cui ci si
aspettavano grandi cose, Arturo Frondizi. Ora però sembra che la sua politica
ritenuta da tutti i partiti eccessivamente moderata ed inefficace, stia
destando situazioni di grande malcontento sia della sinistra che della destra,
con difficile mantenimento dell'ordine e prospettive di un colpo di mano da
parte di qualche potere forte da un momento all'altro. In questa situazione di
incertezza e di disordine ora noi ci andiamo a nuovere, con la sicurezza che le
autorità del posto avranno ben altro da pensare che seguire le attività di un
gruppo di modesti pescatori di spugne". Alla fine di giugno del 1959, organizzati
i propri affari, sia Dowson che Tobias, il quale si era già pentito per aver
ceduto alle insistenze di Raphael, assieme al solito gruppo di uomini fidati,
partirono alla volta di Bahia Blanca. Dowson aveva deciso che voleva 'esserci'
nel caso che le ricerche avessero sortito il risultato che lui sperava e aveva 'pregato'
Tobias di andare anche lui, per riconoscere le persone delle fotografie. Dopo
un volo lungo e piuttosto scomodo, la squadra arrivò a destinazione e trovò ad
attenderla al porticciolo due modesti pescherecci che, appena scese le ombre
della sera, presero il largo per essere a destinazione con il favore delle
tenebre. Il mare era molto mosso ed il piccolo peschereccio su cui si trovava
Tobias, avanzando a fatica, in direzione dell'isola Anadna, posta più a sud
rispetto alle altre, rollava e beccheggiava in modo preoccupante scosso dalle
onde che lo investivano da tutte le parti e la notte senza luna, scelta appositamente,
concorreva a dare a tutta la situazione un senso di grande inquietudine. Almeno
questo valeva per Tobias che era ormai da più di mezz'ora con le mani serrate
in modo spasmodico ad un gruppo di sartie che concorrevano a tenere dritto il
piccolo albero a cui, in quel momento, erano fissate due vele che spingevano
l'imbarcazione sotto la furia del vento. In realtà, poichè navigavano nel buio
pressochè più totale e a bordo, a parte una piccola lanterna cieca nella
minuscola timoneria, non c'era nessuna luce, era convinto che da un momento
all'altro sarebbero andati a sfracellarsi contro la piccola scogliera dell'isola
verso la quale erano diretti o che sarebbero finiti a fondo, speronati da
qualche altro natante di passaggio. In realtà l'imbarcazione sembrava in ottime
mani. Due capaci marinai erano addetti al governo delle vele, al timone c'era
il capitano, un vecchio lupo di mare di grandissima esperienza e a prua
un'altro uomo, grande conoscitore di quella zona di mare che, semplicemente
ascoltando il rumore delle onde, era in grado di segnalare al comandante con
dei rapidi gesti convenazionali, sviluppati in anni di collaborazione, gli
aggiustamenti di rotta da fare e la correzione delle vele. A parte scegliere
quella notte da lupi per non essere intercettati nella fase di avvicinamento al
loro obiettivo, il capitano era stato categorico. Per aver il massimo vantaggio
dovevano evitare di utilizzare il motore e pertanto si doveva procedere solo
con le vele. Dowson aveva ingaggiato quell'equipaggio su consiglio di un 'amico'
che a suo dire li utilizzava per servizi particolarmente impegantivi e di
fidicia. Tobias che aveva preferito non indagare, come al solito, sul
significato di queste parole, ora aveva ben altro per la mente, infatti
continuava a chiedersi come avessero fatto a convincerlo ad unirsi a quel
gruppo di 'banditi'. Ad un certo punto, tutti, a bordo, furono in grado di
percepire distintamente il rumore delle onde che si infrangevano sugli scogli.
Il marinaio a prua fece dei gesti convulsi che il comandante interpretò
immediatamente. Fece calare la vela posteriore e contemporaneamente dette tutto
timone a sinistra. L'imbarcazione, mantenendo un certo abbrivio, virò
immediatmante nella direzione desiderata e gli uomini a bordo videro che ora
stavano procedendo parallelamente alla linea degli scogli che si trovava a non
più di 10-15 metri. Era difficile capire se erano stati fortunati o se
l'equipaggio fosse davvero eccezionale. Comunque proseguirono ancora sulla
stessa rotta per circa un paio di minuti e poi, con un altro deciso colpo di
timone a destra, si infilarono di precisione, in uno stretto passaggio fra gli
scogli e, raggiunta quasi immediatamente una piccola cala riparata, ammainarono
subito la vela e gettarono l'ancora. L'altro peschereccio era subito dietro di
loro. Ora cominciava la vera avventura. I marinai misero in acqua un piccolo
gommone che, con tre viaggi, portò a terra tutti coloro che facevano parte del
gruppo previsto. Erano sbarcati su una stretta lingua di sabbia in mezzo alle
rocce ed erano quindi riparati sia dal vento che dalla vista del centro
dell'isola. Effettivamente Dowson aveva preparato a dovere ogni passo della
spedizione. Ad un suo cenno, tre uomini si alzarono in piedi e sparirono nel
buio, diretti verso l'interno, di certo con compiti di ricognizione. Tobias,
sdraiato al suolo, provava una forte
tensione. Lui non si sentiva fatto per quel genere di cose. Dowson gli aveva
detto che presto avrebbe rivisto un suo amico, da cui aveva arguito che quella
doveva essere l'isola su cui viveva Daniel Stainer. Se era vero, ora avrebbero
fatto i conti perchè lui, aveva tante cose da dirgli. Gli tornavano inoltre in
mente le trincee, il fango, niente di buono. Cercò immediatamente di riportare
l'attenzione al presente e non gli fu poi così difficile, con una grande
sensazione di freddo, malgrado gli abiti pesanti che gli erano stati dati,
accompagnata alla spiacevole sensazione dei piedi bagnati, cosa che gli era
accaduta scendendo al buio dal gommone. Sperava soltanto che in quella storia
non fosse costretto ad assistere a scene di violenza o brutalità. Dopo circa
dieci minuti, uno degli uomini del gruppo partito in avanscoperta, tornò e fece
cenno agli altri che potevano procedere. Per fortuna non rischiavano di fare
brutti incontri poichè da una precedente ricognizione, non risultava ci fossero
animali sull'isola, come ad esempio caimani o puma, caratteristici di quelle
zone. Risultavano invece presenti molti roditori, lepri ed uccelli marini.
Purroppo l'intricata vegetazione locale non li favoriva di certo mentre
avanzavano in un buio rotto solo dai modesti raggi di alcune lanterne cieche,
che gli uomini in testa usavano per aiutare gli altri a vedere dove mettevano i
piedi. Infatti al loro procedere si opponevano una grande quantità di cespugli
spinosi e larghe zone di cactus. Come se avessero formato una sorta di barriera
e difesa naturale per gli abitanti della villa che sorgeva al centro
dell'isola. Anche il suolo irregolare dell'isola, rendeva difficile l'avanzata
della squadra ma, nello stesso tempo, la proteggeva dalla vista dei residenti.
Dopo aver avanzato per circa 10 minuti, coloro che guidavano il gruppo, fecero
segno di fermarsi a ridosso di un piccolo terrapieno roccioso. Poi uno di loro,
nella debolissima luce dell'alba, fece segno di guardare in una precisa
direzione. Perfettamente mimetizzata con le rocce del terreno circostante, si
poteva scorgere una bellissima villa di due piani, illuminata da una serie di
lampade poste lungo un perimetro a distanza regolare. La pietra usata per
rifinire il tetto era identica a quella del luogo per cui finchè non ci si
arrivava praticamente a ridosso, poteva anche non notarsi. La forma era
rettangolare ed il piano inferiore era circondato da una bella tettoia retta da
colonne a sezione quadrata. Le grandi finestre vetrate erano tutte buie al piano di sopra, mentre due
erano fiocamente illuminate al pianterreno. A circa trenta metri di distanza
dalle pareti esterne, correva un perimetro di fitta e pesante rete metallica.
Su uno dei lati del reticolato, si apriva un passaggio che però appariva
sorvegliato da un uomo, apparentemente armato di fucile. Dalla precedente
ricognizione, sapevano che sull'isola viveva un gruppo più o meno stabile di
dodici uomini, oltre colui che si riteneva fosse il proprietario. Non risultava
che nella casa ci fossero stabilmente delle donne. Attorno alla costruzione,
vigilava una pattuglia composta da due uomini che eseguiva il giro della recinzione all'incirca ogni ora.
Quello era il primo obiettivo da eliminare. Conoscendo la spietatezza di
Dowson, almeno per sentito dire, Tobias preferiva non conoscere appieno i
particolari dell'operazione. Si sarebbe limitato a svolgere solo la sua parte.
Invece sembrava che Raphael, che aveva insistito per venire, con la scusa di
accompagnare e proteggere il padre, sembrava affascinato da quella che lui
considerava un'avventura, a prescindere dagli eventi più o meno cruenti. Le
misure di sicurezza prese dimostravano che, malgrado tutti gli anni passati,
quelle persone non erano certo tranquille, con la fissazione continua di essere
ricercate, braccate, scoperte oppure, semplicemente, piaceva loro mantenere una
situazione paramilitare per rievocare i 'bei tempi'. I primi uomini partirono
per preparare il terreno per gli altri. La guardia all'ingresso fu messa
immediatamente a tacere. Così fu anche per quelli della pattuglia. Ora gli
uomini erano tornati indietro e avevano aperto un varco nella rete attraverso
il quale tutti penetrarono nel perimetro. Non avevano potuto usare la porta
perchè gli uomini che avevano messo la guardia fuori combattimento, lavorando
da esperti quali erano, avevano scoperto sulla serratura del cancello un
dispositivo che segnalava, chissà dove, quando veniva aperto. Se erano
fortunati, sarebbero riusciti ad arrivare alla villa senza essere scorti. Erano
a non più di 10 metri dal porticato, quando si udì distintamente un abbaiare
furioso di cani che, di corsa, si stavano dirigendo verso di loro.
"Maledizione - esclamò Dowson - questi non ci dovevano essere. Nessuno ne
aveva parlato!". Tobias sentì un brivido di gelo dietro la schiena, ora
aveva veramente paura. Fu Raphael che lo costrinse a correre verso la villa e
che lo obbligò a rannicchiarsi contro in muro, mentre estraeva la sua pistola
pronto a tutto. In realtà gli uomini erano stati sorpresi solo per i primi
istanti. Poi avevano affrontato i quattro grossi doberman, eliminandoli non senza fatica, mediante l'uso dei loro
particolari coltelli. Uno degli uomini era rimasto seriamente ferito da una
serie di morsi e un suo compagno iniziò immediatamente a curarsi di lui. Altri
avevano riportato graffi più o meno profondi e qualche ferita. Gli animali
erano stati sopraffatti ma avevano venduta cara la pelle e, peggio ancora,
avevano dato l'allarme alle persone all'interno della villa. Ormai il danno era
fatto. Dowson ed i suoi si gettarono a
ridosso delle pareti del fabbricato, perchè non fosse possibile vederli
dall'interno. Tobias, protetto da un divanetto di vimini e da Raphael era anche
lui fuori vista. Dall'interno della villa si sentiva del trambusto e poi degli
uomini che parlavano in modo concitato. Tobias non riusciva a crederci,
parlavano tedesco. Poi una voce prese il sopravvento sulle altre e impartì
degli ordini secchi e decisi. Tobias che aveva sentito e capito, consapevole
che Dowson non aveva compreso, gli gridò: "Stanno venendo fuori dalle due
porte contemporaneamente con l'ordine di sparare a vista, ma tre hanno l'ordine
di uscire dal retro per prendeci alle spalle!". Senza perdere un attimo
gli uomini si disposero secondo uno schema che apparentemente era loro
familiare. Dall'interno furono gettati all'esterno degli ordigni fumogeni di
certo con lo scopo di coprire l'uscita dei difensori. Gli uomini all'esterno,
che però si aspettavano una mossa del genere, immediatamente li raccolserto per
rigettarli all'interno della casa, cosa che probabilmete accecò quasi
completamente gli uomini all'interno che quindi uscirono allo sbaraglio. A quel
punto gli uomini di Dowson sopraffecero completamente gli altri, atterrandoli a
pugni, semplicemente, mentre uscivano in gruppo dall'abitazione. Quelli che
però vennero fuori per ultimi, cercarono di fare fuoco con le loro armi
automatiche ma i colpi andarono a vuoto e, alla fine, tutti i difensori vennero
sopraffatti. Purtroppo nella parte posteriore della villa qualcosa doveva
essere andato storto perchè si sentirono delle raffiche di mitra, segno che
doveva essere stato ingaggiato un conflitto a fuoco con gli occupanti della
casa. Dopo circa un minuto gli spari cessarono. Poi uno degli uomini che era
andato nel retro, tornò dicendo che la situazione era sotto controllo e che non
c'erano state perdite. Non fecero menzione circa la sorte dei difensori. La
villa era circondata e non poteva essere fuggito nessuno. Adesso veniva il
difficile. Dall'interno della costruzione
non proveniva più alcun suono ma questo non voleva dire che non ci fosse
nessuno. Anzi Dowson decise che avrebbero dovuto agire in fretta per non dare
il tempo agli altri di organizzare una trappola. Così fece un cenno ad un
gruppo di uomini che, all'improvviso, si rovesciarono in casa, pronti a tutto.
Dall'esterno si udirono dei colpi di pistola seguiti da una raffica di mitra,
poi, più nulla. Dowson decise di entrare e Tobias con il figlio lo seguì. A
terra, al centro del salone, giaceva ferito un uomo anziano, di certo uno degli
occupanti, ma non era Daniel. Lo riconobbero come Rolf Lange, ma per lui non
c'era più nulla da fare. Gli uomini non avevano avuto scelta. Uno di loro era
stato ferito ad un braccio. Poi nel silenzio, all'improvviso di udì un forte
rumore, come il violento sbattere di una porta, che proveniva da una scala che
scendeva al piano interrato. Si precipitarono in quella direzione, trovandosi
davanti una porta chiusa, in legno massiccio, rinforzata con delle fasce
d'acciaio all'esterno e certo anche all'interno, apparentemente la porta di una
sorta di camera di sicurezza. Il rumore che avevano sentito era quello di una
delle sue ante che veniva chiusa in modo violento e di un paletto che veniva
tirato con forza. Immediatamente gli
uomini la aggredirono con tutti gli attrezzi che erano riusciti a trovare. Con
dei colpi decisi e violenti, alla fine, dopo circa cinque minuti, riuscirono a
sfondarla ed entrarono pronti ad affrontare ulteriori difensori. Invece si
trovarono in una sala riccamente arredata, una via di mezzo fra una elegante
stanza dei cimeli ed uno studio di gran classe. A parte i mobili di legno
pregiato, alle pareti erano allineate delle vetrinette, quasi tutte vuote.
L'unico occupante della stanza, era un uomo di mezza età, con indosso un
pigiama di seta blu e una elegante giacca da camera di lana pettinata, appoggiato
ad un radiogrammofono. Stava togliendo un disco dal piatto del giradischi ed
era, apparentemente, rimasto paralizzato per la sorpresa dell'irruzione di
Dowson e dei suoi. "Ma... ma.. chi diavolo siete e che volete da me? -
trovò alla fine la forza di dire. Dowson sembrò non sentirlo nemmeno e invece
rivolto a Tobias che era rimasto a guardare quell'uomo, anche lui con grande
emozione, gli disse in tono duro: "E' lui?". Tobias si avanzò verso
l'altro che stava riprendendo sicurezza e vide un uomo non più giovane, sul
quale il tempo aveva lasciato molti segni. Era sempre alto e dritto ma era
appesantito, i capelli biondi omai molto radi e dei solchi profondi solcavano
la pelle del viso. Era cambiato molto ma
non c'era dubbio, era lui. "Si - disse diretto a Dowson - è proprio lui.
Non ci sono dubbi è Daniel Stainer"."Ma guarda - disse l'altro che lo
aveva riconosciuto a sua volta - Il piccolo Tobias, il contadinello che mio
padre aveva raccolto dalla strada e che per tutto ringraziamento alla prima
occasione ci ha derubati!". Aveva usato un tono di sarcastica superbia che
aveva fatto avvampare Tobias di rabbia e per l'insulto e per l'insistenza in
quella sporca menzogna. Visto che i suoi
colpi andavano a segno, continuò sprezzante: "Alla fine ti sei buttato sui
soldi di tuo suocero e quando le cose diventavano impegnative, quando si trattava
di fare i veri uomini, sei scappato con la coda fra le gambe, come un
codardo!". Quasi fuori controllo, Tobias, sommerso dall'enormità delle
false accuse, stava per reagire quando Dowson intervenne mettendosi in
mezzo."Fermo - disse rivolto a Tobias - non vedete che sta tentando di
provocarvi apposta? Non sarete mica così ingenuo da cadere ancora nel suo
gioco. State tranquillo, sappiamo bene che se quì c'è una carogna, e proprio
lui e ora è il momento della resa dei conti - poi rivolto all'altro - Siete
proprio il cretino che mi avevano descritto! Solo Daniel Stainer poteva
riconoscere lui e sapere dei fatti accaduti tanti anni fa! E so che siete anche
un vigliacco, voi si, sul serio, per quello, siamo venuti prima da voi". Si
rivolse ai suoi uomini che subito afferrarono Stainer per le braccia
impedendogli qualsiasi movimento. Uno di loro lo perquisì minuziosamente
trovandogli in tasca un fazzoletto, un portasigarette d'argento ed una scatola
di fiammiferi. Posò tutto sulla scrivania. L'uomo tentò di nuovo di protestare:"Fermi,
ma che fate? Ma che volete da me? Io sono un privato cittadino, una persona per
bene, ho i miei diritti! - cominciò ad urlare il prigoniero che ora cominciava
ad veramente paura e tentava inutilmente di divincolarsi. "Diritti? -
chiese Dowson con voce di scherno - I diritti di chi? Di Dominik Shuster, come
vi fate chiamare adesso. Ma Dominik Shuster non esiste e, cosa ancora più
grave, Daniel Stainer risulta morto. Per cui, chi siete voi? Una persona
inesistente o un morto? Chi siete voi? - gli chiese guardandolo negli occhi a
brevissima distanza facendo capire che non ammetteva dinieghi. "Alla fine
l'altro cedette. "Daniel Stainer - l'uomo si era reso conto di aver
perduto su tutta la linea - Sono Daniel Stainer, ma non ho fatto nulla di
male". "No? - chiese Tobias ancora arrabbiato per gli insulti di poco
prima - Non è nulla rovinare la vita di una persona per invidia con una sporca
bugia, non è nulla portare la famiglia alla rovina per le proprie ambizioni
personali, non è nulla depredare, spogliare, rubare a danno di chi non si può difendere,
non è nulla spogliare persino le chiese? Allora, non è nulla?"."E'
passato tanto tempo, ero giovane e adesso sono cambiato e pentito. Se potessi
tornerei indietro ma ormai il male è fatto. E' inutile tornarci sopra - disse
Daniel nel tentativo di alleggerire la sua posizione. "Certo, - disse
ironicamente Tobias - si potrebbe concludere tutto con te che mi chiedi scusa,
che chiedi perdono per aver provocato la morte di crepacuore di tuo padre,
magari anche del mio, per lo stesso motivo, a quelli che hai derubato, a quelli
che hai fatto uccidere per spogliarli dei loro averi, e potresti restituire il
tesoro dell'abbazia di Klosterneuburg". "Non so di che parli -
insistette Daniel - sono dovuto scappare perchè le calunnie mi avevano sommerso
ed io avevo paura della vendetta della gente maleinformata, solo questa è la
verità"."Potrei anche crederci, ma purtroppo per te, ho conosciuto e
fatto parlare un certo Ebherard Kuhn, un farabutto della tua risma, un complice
che vive ancora in Austria, a Vienna. Nessuno gli ha fatto niente o almeno non
fino a che io ci ho parlato. Lo conosci eh, e poi ho parlato con un certo
Samuel Roth, collaboratore di un avvocato che esercita a Weidling. Lui si
ricorda bene di te e della tua cricca ed ha registrato dal primo all'ultimo i
tuoi misfatti. Quindi, te lo chiedo per l'ultima volta, con le buone anche se
mi risulta difficile, dove è il tesoro che hai sottratto all'abbazia di
Klosterneuburg e che hai cominciato a vendere attraverso quell'imbecille,
ingenuo di tuo fratello che si è fatto ammazzare per te"."E va bene,
ho fatto quello che in quell'epoca facevano tutti e allora? Sai quanti hanno
rubato, estorto, violantato, ucciso con la complicità del partito? Tutti, lo
facevano! E io, come gli altri! Ma voi volete il tesoro, quello vi interessa,
dite la verità, non siete migliori di me. Ma capitate male, è finito, svanito,
venduto tutto, per pagare tutto questo - e fece un gesto per indicare
l'ambiente circostante - la villa, la protezione, gli uomini. Arrivate
tardi"."Tutto svanito - chiese amareggiato Tobias - anche i calici
dell'imperatore"."Ah già, i calici. Ho visto le etichette del tuo
vino. Non so perchè quei due calici avessero importanza per te, ma quelli sono
i pezzi che ho venduto per primi. Erano troppo riconoscibili e così, con le mie
mani, li ho fatti a pezzi, ho smontato le pietre, ho frantumato l'ambra e ho
fatto fondere l'oro - e parlando guardava con aria di sfida e superiorità
Tobias, consapevole di avergli dato un grande dolore. "Non è vero che
avete venduto il tesoro. Se l'aveste venduto, sul mercato clandestino, qualcuno
l'avrebbe saputo. Dei pezzi di quella importanza non avrebbero potuto mai
passare inosservati. Non con la mia organizzazione - disse con atteggiamento
truce Dowson avvicinandosi a Daniel che ora appariva sempre più terrorizzato
per l'espressione terribile del viso dell'altro - E poi io non voglio il
tesoro, voglio ben altro da te e tu me lo darai, te lo assicuro". Ad un
suo cenno gli uomini trascinarono via Stainer che si dimenava, urlava,
piangeva, insultava. "Voi è meglio che restiate qui - disse a Tobias ed al
figlio - meno saprete e meglio sarà. Mi dispiace che non possiate esaudire il
vostro desiderio ma siete comunque stato importante per il riconoscimento.
Aspettate, vedrete che non ci vorrà molto"."Ma cosa avete intenzione
di fargli? - chiese Tobias con voce preoccupata. Era vero che Stainer era stato
una vera carogna ma l'idea di un interrogatorio particolarmente pesante, lo
spaventava. "Dovrà dirmi quello che voglio sapere da lui. Ma state
tranquilli, conosco il tipo, non ci vorrà molto, magari non ci sarà nemmeno
bisogno di toccarlo". Poi si voltò e raggiunse i suoi uomini in un'altra
zona della villa dove avevano condotto il prigioniero. Il silenzio seguito a
quella scena così intensa e cruenta, con l'idea di quello che stava accadendo
in un'altra stanza di quella villa, portò Tobias e Raphael a girellare ognuno
per conto proprio per la grande sala dove erano rimasti. In particolare Tobias
era andato a guardare, con fare apparentemente superficiale e disincantato, le
vetrinette lungo la parete. I pochi oggetti che ancora contenevano erano più
che altro statuette in argento, qualcuna in onice, una in legno. Niente di
notevole. Però un particolare colpì la sua attenzione. Poi rivolto al figlio,
chiese "Cosa stava facendo Stainer quando abbiamo fatto
irruzione?"."Stava togliendo un disco dal piatto del radiogrammofono
- rispose Raphael dopo averci pensato un momento. "Bene - riprese Tobias -
Allora, sei nella tua casa, ti accorgi di essere attaccato da qualcuno che ti
aspetti, perchè hai organizzato un servizio di guardia. Le tue guardie
falliscono nel loro compito, scendi a precipizio le scale, quindi sei
spaventato, preoccupato, ti barrichi qui dentro e.....? E metti un disco,
magari per risollevarti il morale?". Curiosi si avvicinarono al
grammofono, un bel mobile massiccio in legno di faggio, comprendente una radio
ed un giradischi. "Che stava ascoltando? - chiese Philips prendendo il
disco dal piatto - Guarda un po', musica tedesca, tanto per cambiare!".
Tobias prese il disco e fece una strana espressione. "Beh, almeno gli
piace la musica allegra. Questo è un brano del gruppo Comedian Harmonists, una
delle prime band degli anni 30'. Peccato che il nazismo non gradisse la loro
musica e li abbia costretti a sciogliersi"."Ma allora abbiamo un
conflitto perchè qui c'è tutta una serie di inni patriottici, da 'Die fane hoc'
alla marcia 'Erica' della fanteria tedesca"."E questi? - disse Tobias
- prendendo altri dischi dal contenitore - questa è musica argentina, canzoni,
tanghi. Dei gusti davvero molto vari!". Intanto Raphael aveva messo un
disco dei Comedian Harmonists che non aveva mai sentito ed aveva avviato la
riproduzione. Il suono era però cupo e distorto, evidentemente la velocità di
riproduzione non era giusta. Effettivamente la manopola a scatti della
regolazione della velocità era posta su 33 giri, invece che 78, come richiedeva
quel disco. "Strano, non ci sono dischi a 33 giri - disse guardandosi
intorno. E fece per impostare la velocità corretta. "Aspetta un momento -
disse il padre - Scusa ma io non mi arrendo. Ci tengo troppo. Le vetrinette
sono quasi vuote ma sono sicuro che sono state svuotate di recente e anche di
fretta. Perchè i pezzi che ci sono ancora o sono rovesciati o fuori posto. Sui
piani di vetro si vedono distintamente le tracce della polvere di quello che c'era. Se fossero stati venduti
da tempo, le vetrinette sarebbero state pulite e riordinate. Non credo che
Stainer le tenesse in modo così trasandato. In fin dei conti questa è una sorta
di sala dei trofei, quasi un santuario per ricordare i bei tempi"."Quindi,
ipotizziamo - disse il figlio - Sono Daniel, sono in pace a casa mia, sto
dormendo, poi, all'improvviso, urla, colpi, spari. Capisco che la villa è sotto
attacco, non posso sapere di chi. Certo, magari banditi locali, forse ci hanno
già provato, perchè la voce della ricchezza della villa di certo è andata in giro.
Gente che acquista cose costose che gli vengono recapitate in aereo non può non
essere ricca!"."Certo - continuò Tobias - Ho degli oggetti importanti
in mostra nella sala dei trofei, cose belle che mi piace osservare, chiuse in
vetrine apposite. Ma ora potrebbero essere rubate. Allora, cosa faccio? Scendo
di corsa nella sala, mi sprango la porta alle spalle e faccio sparire tutto
quello che ho di più prezioso. Ho una cassaforte - e intanto si guardava
attorno - L' apro, ci infilo tutto dentro e poi la chiudo. E gli oggetti sono
al sicuro"."E quando c'è stata l'irruzione, Daniel sembrava un topo
preso con il formaggio in bocca, quindi aveva appena finito di nascondere gli
oggetti"."Ma allora, ci deve essere qualcosa nel giradischi!
Vediamo....". Ora i due uomini si gettarono letteralmente sul grammofono, nella
speranza di non sbagliarsi. Philips ruotò la manopola di regolazione della
verlocità di riproduzione in tutte le
posizioni, 78 giri, 45, 33 e infine LP. Non accadde nulla. "Forse bisogna
far girare il piatto! - disse Tobias e muovendo il braccetto del grammofono
verso l'esterno lo fece avviare ma non successe nulla. "Eppure deve essere
qui, ne sono sicuro - esclamò Philips che non voleva arrendersi, qualsiasi fosse
la posta in gioco, perchè comunque tutti e due speravano che da
quell'apparecchio si attivasse un qualcosa capace di aprire un pannello
segreto, un passaggio, qualcosa insomma. "Il piatto! - esclamò Tobias
rivolto al figlio. Questi non se lo fece ripetere due volte e tolto il disco
che c'era sopra, lo sollevò togliendolo. Sotto apparve la rotella di gomma che
lo faceva girare, l'albero metallico a diverse sezioni per il cambio di
velocità, i meccanismi per l'accensione e lo spegnimento e..... un anello posto
in verticale. I due uomini si guardarono con espressione interrogativa e poi ad
un cenno di Raphael, Tobias ci infilò un dito dentro e tirò. Nel silenzio
totale del momento carico di tensione, si udì appena un leggero 'click' da un
pannello di legno della parete a fianco. Un riquadro di legno, una sorta di
porticina, delle dimensioni di circa 1 metro e mezzo per un metro, abilmente
dissimulata nella parete, si era spostato, rivelando un'apertura. Lo
spalancarono e dietro videro uno sportello blindato con una grossa maniglia e una serratura. Avevano fatto un enorme passo
in avanti ma non era abbastanza. "La chiave, accidenti - esclamò Philips
con un moto di stizza. "Aspetta, ragioniamo - disse il padre - Daniel afferra
di corsa quello che non vuole far trovare, lo nasconde nella cassaforte, chiude
lo sportello e poi, la chiave, dove la mette? Perchè non ha molto tempo. Deve
rimettere a posto subito il piatto del giradischi perchè non sa quanto
resisterà la porta della stanza. Non ha tempo, ha la chiave in mano e deve
decidere in fretta. Non l'aveva in tasca, perchè l'avevano perquisito. In tasca
aveva, quelli". E si avvicinò al grosso tavolo dove un uomo di Dowson
aveva poggiato gli oggetti ritrovati addosso a Stainer. Prese il portasigarette
d'argento e lo esaminò sotto lo sguardo attento del figlio. All'esterno nessun
segno degno di nota. All'interno solo 4 sigarette marca 'Turmac' ovali con il
filtro dorato. La scatola di fiammiferi svedesi conteneva solo fiammiferi, il
fazzoletto non diede alcun indizio ai due uomini che tornarono scoraggiati
davanti al giradischi. "Deve essere qui, sono sicuro che ce l'abbiamo
davanti agli occhi". Fra la cassaforte ed il radiogrammofono c'era una
stretta vetrinetta ad un'anta, alta
circa 1 metro e mezzo, con tre ripiani vuoti, ed una colonnina con sopra un
prezioso e colorato vaso di porcellana. Sopra il radiogrammofono un quadretto
di circa 20X20 centimetri di lato, scuro e piuttosto polveroso che
apparententemente raffigurava un paesaggio non individuabile. La vetrinetta era
vuota, non c'era dubbio, il vaso era vuoto e sotto non c'era nascosto nulla.
Non avevano più idee e l'alternativa era di chiamare Dowson e fargli buttare
giù lo sportello assieme ai suoi uomini. Ciò che lo tratteneva da farlo, era il
dubbio che se avessero trovato dietro a quello sportello blindato il tesoro che
cercavano, gli uomini di Dowson avrebbero mantenuto la calma o avrebbero
cercato di appropriarsene? Mentre erano lì davanti al grammofono e si
guardavano intorno, muovevano il coperchio del mobile, guardavano fra i dischi,
Raphael soprappensiero raddrizzò meglio il quadretto, osservavano sotto il
mobile, cercavano un eventuale fessura.... "Fermo! - esclamò Tobias al
figlio - Cosa hai fatto poco fa? Hai...... hai raddrizzato il
quadretto!"."Si, ero soprappensiero e così.....". E subito
staccò il quadretto dalla parete. Lo osservò attentamente, nulla. Lo passò al
padre che lo guardò da tutte le parti. Niente. Non aveva fodera, quindi nessun
nascondiglio. niente nella cornice, era solo un brutto quadro. Allora che ci
faceva lì? La delusione era grande ma Tobias non ci stava. "Un quadro
inutile, brutto, che non c'entra nulla con i trofei, perchè? Perchè........
Diavolo d'uomo! - esclamò e afferrò la testa del chiodo nella parete e lo
estrasse apparentemente senza nessuno sforzo. Aveva notato che il foro nella
parete era troppo largo per un normale chiodo ed ora eccola là, una chiave
nella sua mano, con la testa limata e ridotta per sembrare un rampino con una
testa doppia, per reggere un anonimo quadretto. Tobias emozionatissimo diede la
chiave al figlio e gli disse di aprire. Raphael, fortemente agitato anche lui,
si avvicinò allo sportello, consapevole che poteva accadere di tutto. La chiave
poteva non essere quella giusta, poteva non funzionare, la cassaforte poteva
essere veramente vuota, se Stainer aveva detto la verità. La chiave si inserì
nella serratura senza sforzo e quando Philips iniziò a girarla, svolse egregiamente
il suo compito in tre mandate. A quel punto, fatto un profondo respiro, aprì il
pesante battente e osservò l'interno di quella che più che una cassaforte si
rivelò una piccola camera in cui si intravedeva una lampada attaccata al
soffitto. Raphael cercò a tentoni un interruttore dietro i bordi della porta e,
quando lo trovò e lo attivò, i due uomini rimasero per un attimo senza fiato.
Osservavano senza parlare quello che era ordinatamente conservato in quel
piccolo ambiente. Era una stanzetta di circa 3x3 metri con un soffitto alto
almeno 2 metri e mezzo. Lungo le pareti erano fissati tre piani di mensole
equidistanti che correvano per tutto il perimetro del locale. Al suolo, sotto
la mensola inferiore a sinistra erano accatastati almeno una quarantina di
lingotti d'oro del peso apparente di 10 Kg l'uno. Sotto le altre mensole,
c'erano al suolo dei sacchetti pieni di monete di oro e di argento. Sopra le
mensole erano ordinati oggetti di valore, gioielli, calici, soprammobili in
metalli preziosi e pietre. C'erano gli oggetti del tesoro dell'abbazia che
Tobias riconobbe subito. Sulle mensole a destre c'erano grossi pacchi di banconote
in valute di diversi Paesi per un valore certamente molto alto e poi.....,
sulla seconda mensola dal basso, della parete di fronte alla porta, li vide.
Erano lì, poggiati sul loro massiccio vassoio, luccicanti, bellissimi, i 'suoi'
favolosi calici. C'erano gioielli per terra, buttati così, alla rinfusa, di
fretta. Si vedevano due fantastiche collane, una statuina, una corona, l'elsa
di un'antica spada, tutti in oro e pietre preziose. Inoltre c'erano diverse
monete e due bellissimi calici. Probabilmente erano gli oggetti che Daniel
aveva cercato di nascondere in tutta fretta. Tobias entrò nella saletta
appresso al figlio e senza indugio si portò di fronte a quei calici che tanta
importanza avevano avuto nella sua vita. Li vedeva così belli, così splendenti
che non aveva il coraggio di toccarli, come se prendendoli in mano avesse
potuto spezzare un incantesimo, alterare una magia che apparentemente li
permeava. Poi pensò che purtroppo la magia era stata già contaminata dalle mani
di Stainer e di chissà chi altro. E li prese in mano tutti e due. Una scossa lo
percorse. Sentì effettivamente che quegli oggetti gli trasmettevano qualcosa.
Erano massicci, pesanti e bellissimi. Ebbe una visione rapida di scenari
particolari, antica Roma, imperi,Crociate. Poi, passato il primo momento, seppure
a malincuore, li rimise a posto ed assieme al figlio si guardò attorno meglio.
Era una cosa che una persona normale può solo sognare. Il valore degli oggetti
contenuti in quello spazio doveva essere incredibile, sia per i materiali
preziosi di cui erano fatti, sia per la storia che c'era dietro. Chissà da dove
veniva tutta quella roba, quante famiglie, quante persone erano state derubate,
depredate o peggio, per raccogliere quella fortuna. Quel tesoro, quella fortuna
non trasmetteva nessuna allegria, anzi, emanava una sensazione pesante, di
dolore, di sofferenza. Tobias mandò il figlio a chiamare Dowson,
raccomandandosi che venisse solo lui. Quando arrivò, era un po'preoccupato
perchè Raphael non gli aveva detto nulla e lo aveva esclusivamente pregato di
venire solo e di corsa. Tobias resistette alla tentazione di chiedergli come
andava con Stainer. C'erano dei particolari che non voleva conoscere. Prima di
tutto, chiese a Dowson se i suoi uomini erano fidati e quanto. Dopo che l'altro
assicurò che rispondeva ciecamente di quelle persone che si erano dimostrate
più che leali in molte occasioni, Tobias lo guidò all'ingresso della camera
blindata e poi, dopo un attimo di esitazione aprì la porta. Dowson, che pure
doveva aver visto in vita sua parecchi soldi e gioielli preziosissimi ebbe un
sussulto nel vedere tutta quella roba. "Che mi venga..... Ma quelli non
saranno mica i famosi calici di cui mi ha parlato? Ma allora, la roba
dell'abbazia è qui!"."Si è qui e direi quasi tutta ma purtroppo ci
sono anche molte altre cose, rubate e strappate a tanta gente per bene che, a
sentire Samuel Roth, addirittura ha pagato con la vita per l'avidità di questi
farabutti. Altro che innocente! Altro che 'ora ha messo la testa a posto e sono
pentito'! Ma non sente l'energia che viene da questa roba? Si percepisce il
dolore e la sofferenza". "Ha ragione per Giove. Non ho sentito
nemmeno la tentazione di prendere in mano un lingotto d'oro e si, che vado
matto per l'oro. Ma adesso abbiamo un altro problema. Daniel Stainer è un
codardo ma per qualche motivo misterioso, si rifiuta di parlare con le buone.
Il tempo stringe e se la notizia della nostra incursione va in giro, i nostri
bersagli scappano e si eclissano e non li troviamo più. Dobbiamo accelerare. Devo
sapere dove si nasconde Gustaf Shafer"."Prenda - gli disse Tobias
porgendogli un lingotto del mucchio con un certo sforzo - Glielo sventoli sotto
al naso, gli faccia vedere che non ha più nulla da difendere se non la sua
miserabile vita e vedrà che si affloscerà come un pallone bucato!". Dowson
così fece, magari fece anche qualcosa di più, e alla fine Stainer vuotò il
sacco, rivelando tutto ciò che sapeva e sapeva tante cose. Tutti i prigionieri
furono saldamente legati e rinchiusi nella camera blindata. Il tesoro era stato
velocemente caricato su uno dei pescherecci. Non mancava una sola moneta.
Portarono con loro Stainer con mani e piedi legati perchè poteva esser loro utile
per ulteriori indicazioni circa il luogo verso il quale si dirigevano. E' vero
che un sopralluogo era già stato fatto ma poteva essere sfuggita anche quì
qualche cosa, come i cani sull'isola di Stainer. Erano diretti ad una delle
ville in terraferma e dovevano stare molto attenti perchè non avevano più la
protezione del buio della notte e perchè apparentemente la gente di quel sito
appariva più determinata e pericolosa di quella messa insieme da Stainer.
Gustaf Shafer, che viveva lì, aveva mantenuto infatti con sè un gruppo dei suoi
diretti collaboratori. Uomini d'arme e senza tanti scrupoli. Quando arrivarono
al punto stabilito, I due pescherecci accostarono alla riva in una zona coperta
da una bassa scogliera. Dowson lasciò a bordo Tobias ed il figlio perchè ora non
erano più utili e non dovevano correre rischi. Rimase a bordo anche Stainer,
rinchiuso in una cabina. L'accordo era che, se le cose fossero andate male,
dovevano andare via senza guardarsi indietro. I tre uomini che Dowson aveva
lasciato a bordo, avrebbero provveduto a tutto ciò che era necessario per riportare
tutti a casa. Dopo le ultime raccomandazioni ai suoi uomini ed al capitano del
peschereccio, Dowson sbarcò e, superata la cresta della scogliera con i suoi
uomini, scomparve. L'attesa fu snervante e andò ancora peggio quando si udirono
nettamente raffiche di mitra e parecchi colpi isolati di fucile o di pistola.
La sparatoria si protrasse per quasi cinque minuti poi si udirono distintamente
tre forti boati e tutto tornò calmo. Non sapevano cosa pensare ma gli uomini
lasciati da Dowson dissero che era tutto a posto. Dopo circa mezz'ora, durante
la quale Tobias ed il figlio erano divenuti nervosissimi, ricomparvero gli
uomini con Dowson in testa ma un paio erano portati in barelle di fortuna e
altri quattro, evidentemente feriti, erano sostenuti dai compagni. Con loro,
due persone, apparentemente uomini, con i polsi ammanettati dietro la schiena e
dei cappucci neri calcati sulla testa, erano trascinati rudemente, sorretti per
le braccia. Uno, molto magro e con indosso una tuta da ginnastica, l'altro,
piuttosto corpulento, indossava un pigiama con sopra una vestaglia. Dai versi
che emettevano si capiva che, sotto i cappucci, erano stati imbavagliati.
Evidentemente Dowson non voleva correrre nessun rischio inutile. Due degli
uomini portavano sulle spalle due grossi sacchi piuttosto pesanti. "Quello
che mancava del tesoro dell'abbazia - disse Dowson passando. Salito sui gommoni
che erano ad attenderlo sulla scogliera, il gruppo si imbarcò velocemente e poi
venne dato l'ordine di allontanarsi più rapidamente possibile dalla costa per
tornare alla loro base di partenza. I due uomini incappucciati furono condotti
in tutta fretta sotto coperta, furono legate loro anche le caviglie e lasciati
così com'erano, seduti per terra e sorvegliati. "E' lui, è l'uomo che cercavate?
- chiese Tobias. "Si, e sono stato fortunato, c'era anche il suo aiutante
- rispose Dowson con una strana espressione sul viso. "Ora, che succede? E
gli altri?"."Ora lei ha ritrovato il suo tesoro ed io ho trovato il
mio uomo. Basta, finisce qui. Non è la nostra guerra, le notizie che abbiamo,
al massimo potremo passarle ad altri che svolgono la loro attività di ricerca
ma per noi finisce qui. Arrivati a terra, lei, suo figlio e tre uomini fidati
che vi assegnerò, con il tesoro riprenderete il vostro aereo e ve ne tornerete
a casa, da dove, avvisato padre Valentin, concorderete per il rientro degli
oggetti preziosi"."E voi?"."Io e i miei uomini, andremo in un
posto dove i feriti saranno curati e dove risolverò gli affari in
sospeso". Tobias capì che era meglio non indagare oltre. "E Stainer?
- chiese Tobias. "Ah, già. Quel disgraziato. Decidete voi, in fondo era un
vostro amico! - disse in tono scherzoso. E diede ordine ai suoi che lo portassero
in coperta. Apparve molto provato, pallido, spaventato. L'elegante giacca da
camera aveva una manica strappata ed alcune macchie scure. Il viso appariva piuttosto
tumefatto in almeno tre punti, segno che non aveva parlato subito. Fu portato
davanti a Dowson e Tobias che lo guardavano come si guarda uno scarafaggio.
"Cosa mi volete fare, mi avete tolto tutto, cosa altro
volete?"."Pensavamo di lasciarti libero, pensa un po'! - disse Dowson
- Senza un soldo e con la voce che metteremo in giro appena a terra, ossia che
hai venduto tutti i tuoi compari, non so che razza di vita potrai avere. Ti
dovrai nascondere come un sorcio e senza nemmeno l'aiuto di quel povero
imbecille di tuo fratello". "Maledetti, credete che io sia finito?
Allora non mi conoscete, non conoscete Daniel Stainer. Io vi verrò a cercare e
vi ammazzerò come cani! Tutti! Tutti quanti!". E così dicendo con tutta la
rabbia che aveva in corpo, si gettò sull' uomo di guardia accanto a lui,
prendendolo di sorpresa e riuscendo a strappargli il mitra dalle mani. Dowson,
rapidissimo, prese la pistola che aveva nella cintura dei pantaloni e senza
esitare gli scaricò addosso numeroso colpi che presero Stainer in pieno petto,
scagliandolo all'indietro e facendolo cadere fuori bordo. Il corpo finì nella
scia del peschereccio e poi scomparve. Era morto, non c'erano dubbio.
"Problema risolto - disse semplicemente e freddamente Dowson riponendo la
pistola nella cintura - Ora del tesoro e del resto potrete fare ciò che vorrete
- disse a Tobias - Solo lui sapeva cosa c'era nella cassaforte". "No,
mi dispiace. Non voglio nulla di quel tesoro, se non quello che apparteneva
all'abbazia. Il resto andrebbe restituito a persone ormai
scomparse"."Allora portate anche il resto dal vostro amico Valentin,
come prete e come persona esperta del luogo, saprà cosa farne. Al massimo darà
tutto in beneficienza"."Alla fine si accordarono che la valuta, ed
era una cifra considerevole, sarebbe andata agli uomini del gruppo e a Dowson
per ripagarlo delle spese della spedizione. Il resto sarebbe andato
all'abbazia. Raggiunto un porticciolo ad un paio di miglia da Bahia Blanca, le
cose si svolsero piuttosto in fretta. Per radio, prima dell'approdo, erano
stati presi accordi per cui sul molo due camion aspettavano Tobias ed il suo
gruppo, e una Jeep con tre furgoni, invece, il gruppo di Dowson. Al momento del
commiato, Dowson consegnò a Tobias una borsa che conteneva le famose
cartellette e la carta della zona, ossia tutto il materiale informativo che
aveva reso possibile l'operazione. "Questa la lascio a lei. Sa bene cosa
contiene. Ci sono nomi, luoghi, avvenimenti, tutto insomma. Come ho già detto
non è la nostra guerra e noi abbiamo avuto ciò che volevamo. Però qualcuno
forse, utilizzando queste informazioni, potra dare pace anche ai suoi fantasmi
e sarebbe un peccato se andassero perdute". Intanto mentre parlavano gli
uomini avevano caricato sui camion tutte le casse che contenevano il 'tesoro'
recuperato. Erano stati costretti a suddividere gli oggetti in otto casse, non
tanto per il volume ma per il peso. I lingotti da soli, pesavano 300 Kg! Una
stretta di mano veloce e ognuno per la sua strada, secondo gli accordi.
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Capitolo 19 *** Capitolo 19 ***
Capitolo 19 ter Calici Imperatore
Capitolo 19^
Tornati a casa e raccontati i fatti a Helena,
beh, non proprio tutti i fatti, Tobias ed il figlio ripresero la loro vita
normale. Ora però c'era da organizzare il rientro del tesoro in Austria. Padre
Valentin, subitamente avvisato dell'andamento delle cose, raccomandò però il
massimo riserbo sull'operazione. In molti avrebbero dovuto fornire scomodi
dettagli circa le circostanze del recupero e Tobias fu pienamente d'accordo. Fu
organizzato da parte del sacerdote un trasporto eccezionale, a cura di appositi
corrieri che poterono eseguire il trasporto eludendo i normali controlli. Prima
però c'era una cosa sacrosanta che Tobias doveva fare. Non ci avrebbe
rinunciato per nulla al mondo. Una sera, dopo una cena durante la quale era
sembrato particolarmente ansioso, Tobias invitò il sergente nel suo studio e
dette ordine a chiunque di non disturbare. Beker si chiedeva cosa avrebbero
dovuto fare di così riservato. Rimase comunque sorpreso quando sulla scrivania
di Tobias vide due delle prezione bottiglie della riserva speciale di Lukas
Heder etichetta nera, stappate e pronte per il consumo. Poco distante, c'era
qualcosa di relativamente voluminoso, coperto con un telo di mussola bianca che
nascondeva alla vista ciò che stava sotto. Tobias era seduto alla scrivania con
uno sguardo molto strano che il sergente non riusciva a decifrare. Capì che
voleva brindare con lui per il successo dell'iniziativa. Si accomodò davanti
alla scrivania e osservò i gesti dell'altro che lentamente, senza dire una
parola, cominciò a scostare il piccolo telo bianco finchè non cominciò a
intravedere ciò che poco prima era coperto. Beker, in un primo momento, sembrò
non capire poi, come se si fosse chiuso un contatto nella sua mente, ebbe quasi
un sobbalzo, rimanendo con lo sguardo fisso, magnetizzato da quei due oggetti
particolari ora completamente scoperti ed in piena vista. Tobias lo guardava
con uno strano sorriso, misto di simpatia e soddisfazione, di fronte
all'arcobaleno di espressioni che si succedevano sul viso del sergente.
"Non mi dire che questi sono... - disse il sergente indicandoli con un
dito. "Sono proprio loro, e sono quì, concreti reali, davanti a noi, per
esaudire un'antica promessa che ho fatto tanto tempo fa ad una persona che ha
permesso tutto questo e che ora non c'è più, ma è come se in questo momento
fosse quì assieme a noi". Infatti Tobias non aveva mai dimenticato che era
stato proprio Lukas Helder a dare una svolta alla sua vita. "Un giorno
aveva detto che il nostro vino sarebbe stato degno dei calici dell'imperatore
ed ora noi facciamo che questa affermazione si avveri. E' come se il destino ci
avesse portato a questo evento - poi dopo un breve silenzio - Ma solo noi due,
noi due che eravamo lì e sappiamo di cosa stiamo parlando e che soli,
possiamo capire il peso e l'importanza
di questo gesto". "Beker emozionatissimo seguiva ogni movimento di
Tobias, emozionato a sua volta, che con mano sicura però stappò una delle
bottiglie di quel vino speciale che aveva preparato e poi, con decisione e dopo
aver fatto un bel respiro profondo, riempì i calici. Quindi, ostentando una
sicurezza che però non aveva, afferrò uno dei calici e fece segno al sergente
di prendere l'altro. Beker esitava, quasi che avesse paura che toccando
quell'oggetto eccezionale lo potesse in qualche modo danneggiare o sminuire in
qualche modo."Fatti coraggio sergente - gli disse Tobias che capiva bene
quell'atteggiamento per esserci passato a anche lui - Non si danneggia mica.
Pensa che è passato per le manacce di Stainer e dei suoi amici".
"Beker si decise a prendere la coppa anche se con grande rispetto e disse:
"Allora brindiamo!". Fecero toccare leggermente i bordi dei calici. Poi
li sollevarono in alto e poi Tobias disse solennemente :"A Lukas Helder,
ringraziandolo di tutto questo, dal più profondo del cuore". "A Lukas
- ripetè il sergente. E poi tutti e due si portarono il calice alle labbra e
bevvero il vino che conteneva. Tobias nel bere sentì la magia dei secoli, gli
sembrò di percepire la presenza di figure importanti che erano lì ad osservare
la scena, gli tornarono in mente tutti quei nomi altisonanti, che avevano
stretto quella coppa in mano e a loro volta avevano bevuto come ora lui stava
bevendo: Settimio Severo, Giulia Domna, Caracalla, Teodosio, gli imperatori di
Oriente e tanti altri. Si sentiva come trasportato in una diversa dimensione,
come sollevato e portato da quella sensazione magica e speciale. Finito di
bere, rimase ancora un po' di tempo con gli occhi chiusi per cercare di
prolungare il più possibile quei momenti. Mai avrebbero previsto di avere
un'esperienza simile ma quegli oggetti erano indubbiamente dotati di una magia
acquisita nei secoli della storia dell'uomo ed ora, seppure per brevi istanti,
anche lui era entrato a far parte di quella storia. Alla fine riaprì gli occhi
e abbassato il braccio che aveva usato per bere, rimase qualche istante ancora
in contemplezione del calice. Poi, alzando lo sguardo, osservò il sergente,
notando che anche lui era rimasto molto scosso da quell'esperienza. "E'
stato fantastico, una cosa speciale. Non credevo che alla mia età e dopo averne
passate tante, ancora qualcosa sarebbe riuscito a toccarmi in questo modo, così
in profondità - Poi dopo aver osservato per un poco l'oggetto che aveva in
mano, aggiunse - Chissà cosa avrebbe pagato il 'professore' per avere questa
esperienza"."Si, il 'professore' che nelle trincee, in mezzo al
fango, ci raccontava la storia dei Romani, dell'Impero e ci faceva sognare per
qualche istante in mezzo a quel macello"."Si, il 'professore' e
tanti, tanti altri - disse Beker che sembrò commuoversi. E raccogliendo gli
antichi ricordi, fecero molti altri brindisi, non dimenticando i vecchi compagni,
facendo onore sia al vino che ai calici. Per parecchio tempo Tobias non ebbe
contatti con Dowson e d'altronde non ne cercò. Quell'ultima avventura era stata
molto, troppo coinvolgente per lui e, se Raphael, per fortuna, non ne aveva
riportato conseguenze, lui invece si era reso conto di essere stato di nuovo a
contatto con la morte, il dolore, la violenza estrema e come al solito, ne era
stato pesantemente provato. Avrebbe ricordato a lungo quel mese di luglio del
1959. Perciò, per completare la sua missione, decise di tornare personalmente
all'abbazia di Klosteneuburg per ritrovare un po' di serenità fra quelle mura,
con il suo amico padre Valentin. Aveva già preso in modo riservato accordi con
lui per la restituzione del tesoro. Decise quindi di seguire la consegna personalmente,
rifacendo quello stesso viaggio per mare che tanti anni prima aveva fatto in
modo assolutamente avventuroso e anche molto incosciente con la moglie.
Stavolta però la nave era un comodo e bellissimo transatlantico, il Trident,
che offrì a lui e alla moglie che lo aveva voluto accompagnare, la possibilità
di rivivere una serie incredibile di ricordi. Ora lui aveva 62 anni e Helena 60.
Avevano vissuto fino a quel momento una bella vita, certo con momenti difficili
ma anche con molte soddisfazioni. Il viaggio consentì a tutti e due di tornare
a ritroso nella memoria, stringendo ancora di più, anche se non ce ne era
nessun bisogno, il legame fra di loro. Con il tesoro,Tobias consegnò nelle mani
di padre Valentin anche tutti i documenti raccolti sulla faccenda argentina.
Questi disse di essere in contatto con persone che da anni cercavano i
responsabili di vari crimini di guerra per assicurarli alla giustizia e per far
pagare loro il male che avevano commesso. Così fu che fra il 1960 ed il 1962,
furono catturati alcuni importanti criminali di guerra che erano riusciti in un
primo momento a far perdere le loro tracce. Erano stati scovati in alcuni
rifugi in Argentina. Forse fu per quello che uno di loro, che in seguito venne
identificato dalle impronte come l'ex colonnello delle SS Gustaf Shafer,
sentendosi braccato e non volendo ammettere di essere in trappola, aveva deciso
di togliersi la vita, anche se aveva scelto un modo alquanto e insolito e
plateale. Si era ucciso dandosi fuoco. Tornati in America, Tobias e la moglie,
continuarono la loro vita serenamente, per molti anni. Il loro vino è sempre
speciale e molto richiesto. L'etichetta con i due calici è conosciuta ed
apprezzata tutt'ora dai migliori collezionisti di vini del mondo ed alle aste
che si svolgono nei diversi paesi, sono sempre presenti dei pezzi della casa
vinicola di Tobias. Alcuni collezionisti sarebbero disposti a pagare cifre
favolose per una bottiglia di Lukas Helder etichetta nera ma Tobias che ne
conservava ancora numerose, non le avrebbe cedute per nulla al mondo. Preferiva
condividerle con le persone che gli erano più care nelle grandi occasioni. Solo
così, riteneva, di rendere giustizia a quel particolare ricordo del passato.
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