My World In Your Eyes

di Ode To Joy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Azzurro ***
Capitolo 2: *** Marrone ***
Capitolo 3: *** Argento ***
Capitolo 4: *** Mille Colori ***
Capitolo 5: *** Verde Acqua ***
Capitolo 6: *** Bianco ***
Capitolo 7: *** Rosso ***
Capitolo 8: *** Oro ***
Capitolo 9: *** Di nuovo azzurro ***



Capitolo 1
*** Azzurro ***


Note introduttive:
Partiamo dalle basi di un universo con cui ormai molti di noi hanno familiarizzato: i colori del mondo divengono visibili al protagonista della storia solo dopo che questi ha incrociato gli occhi della sua soulmate. Grande classico (personalmente lo amo) che qui vuole essere condito con una bella dose di Fluff al sapore di Victuuri (e con Yurio come ciliegina sulla torta qualche capitolo più in là).
Breve long di nove capitoli che si sono praticamente scritti da soli e che hanno come unica pretesa quella di farvi un po' di compagnia tra gli addobbi, le lucini ed i regali per le festività in arrivo.
Buona lettura.

Questa storia partecipa al contest “Christmas Game – Puzzle Time” a cura di Fanwriter.it!
Numero Parole: 449
Prompt: 52. SoulMate AU

 
I
Azzurro


Non c’erano colori nel mondo di Yuuri.
“Se continui ad abbassare lo sguardo di fronte a tutti non ci saranno mai,” lo aveva avvertito un giorno Minako. “Devi guardarla dritta negli occhi la tua anima gemella e lei deve fare lo stesso, altrimenti non vi riconoscerete mai! Vuoi davvero perdere la persona destinata a te per aver avuto paura di rispondere ad uno sguardo, Yuuri?”
Lui aveva annuito e non aveva detto nulla.
Non le aveva confidato che aveva guardato Yuko negli occhi per anni ed anni e nel suo mondo in scala di grigi non era cambiato niente. Yuuri aveva passato tanto tempo a coltivare l’ingenua speranza che, forse, non accadeva perché era troppo presto. Non era riuscito a darsi altra spiegazione: lui e Yuko avevano così tanto in comune che era impossibile prendere in considerazione l’idea che non fosse lei la sua anima gemella.
Era piccolo e solitario il mondo di Yuuri e, forse, un giorno non si sarebbe acceso di molti colori ma andava bene così, si sarebbe accontentato.
Quel giorno, però, non era riuscito nemmeno a rispondere allo sguardo di Minako per replicare.
Era l’estate dei suoi dodici anni e, quello stesso pomeriggio, sulla spiaggia, Yuko si era fermata sulla riva ed aveva esclamato: “oggi il mare è di un azzurro meraviglioso!”
E Yuuri era rimasto congelato fissando la distesa d’acqua grigia di fronte ai suoi occhi. Quello era il mare per lui e non aveva la minima idea di che cosa fosse quell’azzurro di cui Yuko parlava.
Quella notte, piangendo con il viso premuto contro il cuscino, cercò d’immaginarselo, di vedere quell’orizzonte colorato con le sfumature dell’infinito.
Non ci riuscì. Non ancora…


A ventitré anni, quell’azzurro fu il primo colore che vide.
Il destino seppe giocare le sue carte con maestria.
Una voce ancora non familiare aveva attirato l’attenzione di Yuuri per nessuna ragione particolare e, a quel punto, il suo sguardo era semplicemente rimasto sul profilo del pattinatore che aveva avuto il potere di togliergli il fiato fin da bambino. Quello che aveva ingenuamente e silenziosamente desiderato eguagliare.
Il modo in cui si riconobbero fu la premessa perfetta della storia che avrebbero scritto insieme.
Yuuri fece il primo, timido passo, senza far rumore.
Victor lo incontrò a metà strada.
Si voltò senza nessuna particolare ragione. Forse, fu solo la sensazione di essere osservato con insistenza a spingere l’indiscusso principe del ghiaccio a spostare lo sguardo.
Un battito di cuore ed il mondo grigio di Yuuri assunse il colore degli occhi azzurri di Victor.
La neve dovette sciogliersi e ritornare prima che Yuuri scoprisse che, nella parentesi di quello sguardo, il primo colore che Victor aveva visto era stato quello scuro e profondo dei suoi.


 

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Capitolo 2
*** Marrone ***


Traccia: 56. "Oh, guarda, vischio! Posso baciarti?"
Numero Parole: 519

II
Marrone


Non era assurdo a San Pietroburgo che nevicasse anche in primavera.
Qualche volta, Yuuri aveva visto la neve cadere sulla sua città natale all’inizio di aprile come l’anno in cui Victor era quasi letteralmente fuggito dalla Russia per divenire il suo coach. Vedere i fiocchi bianca cadere fuori dalle finestre del salotto a fine maggio, però, era tutta un’altra storia.
Si strinse le braccia intorno al corpo strofinando i palmi sulle braccia per combattere un brivido di freddo.
Dubitava che avrebbe visto qualcosa che potesse sostituire i ciliegi in fiore nella città di Victor. Non si stava lamentando ma si chiese se sarebbero riusciti a tornare a casa dei suoi genitori per qualche giorno prima dell’inizio della stagione sportiva. Il ghiaccio era la sua vita, così come era quella di Victor ma gli sarebbe piaciuto avere un assaggio d’estate, di mare.
Anche se dubitava che il colore che Yuko aveva giudicato meraviglioso più di un decennio prima sarebbe riuscito ad incantarlo. Come poteva quando Yuuri vedeva l’infinito di quell’orizzonte negli occhi di Victor ogni giorno?
“Yuuri!”
Victor aveva un modo tutto suo di pronunciare il suo nome e Yuuri lo adorava, semplicemente.
Lo attaccò a sorpresa, senza dargli nemmeno il tempo di voltarsi.
Gli occhi scuri di Yuuri divennero ancora più grandi di quanto non fossero mentre si ritrovavano a fissare il soffitto del salotto, la schiena premuta contro i cuscini del divano. Quegli occhi meravigliosi che contenevano il mare e l’inverno al tempo stesso comparvero immediatamente nel suo campo visivo, accompagnati da un sorriso allegro, solare.
“Buon Natale!” Esclamò Victor.
Yuuri sbatté le palpebre un paio di volte, poi scoppiò a ridere. “È il venticinque maggio, Victor!” Gli ricordò divertito ma il compagno non aveva alcuna intenzione di tornare serio così presto.
“Sei sicuro?” Domandò il giovane coach sollevando un braccio sopra ad entrambi. “E allora questo cos’è?”
Yuuri sorrideva ancora mentre gli occhi scuri si sollevarono sul ramoscello rinsecchito che Victor stringeva tra le dita. Per un istante si chiese da dove venisse ma si ripose che, probabilmente, Victor lo aveva conservato prevedendo di sorprenderlo in quel modo già mesi prima.
Un tempo, quel vischio doveva essere verde brillante. Ora, le piccole foglie morte avevano assunto una sfumatura sporca, più simile al marrone.
Non aveva importanza. Yuuri considerava un dono qualsiasi colore riuscisse a vedere.
Rise di nuovo con leggerezza. Solo il nastro rosso che abbelliva il ramoscello rendeva qualche giustizia alla festività a cui apparteneva e che non era esattamente dietro l’angolo.
“Oh!” Esclamò Victor sgranando gli occhi esageratamente. “È vischio! Posso baciarti?”
Yuuri si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo per la banalità di quella scusa. Eppure, pensò che fosse perfetto, bellissimo, dolce come poteva esserlo solo Victor. “Perché continui a chiedermi il permesso?” Gli avvolse le braccia intorno al collo tirandolo verso di sé.
Victor smise di sorridere e lasciò cadere il ramoscello rinsecchito di vischio mentre il controllo gli sfuggiva velocemente di mano e passava al proprietario di quei profondi occhi scuri che lo facevano sentire perso e completo con un solo sguardo.
“Baciami e basta,” mormorò Yuuri con voce calda, seducente.
Le loro labbra s’incontrarono un battito di cuore più tardi.

 


 
M for Marta

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Capitolo 3
*** Argento ***


Note: dunque, lo so che in Russia il Natale si festeggia il 7 gennaio ma, lo confesso, durante la stesura dei capitoletti non ci ho pensato e modificare avrebbe significato riscrivere troppo e far saltare gran parte della cronologia. Vi chiedo di chiudere un occhio sull'errore. Secondo punto, si è parlato molto di come siano viste le coppie dello stesso sesso in certi paesi in questo fandom e, anche qui, vi chiedo di accettare di buon grado il fluff per questioni di trama. Siamo in un SoulMate AU e diamo per buono che l'amore sia universalmente accettato in tutte le sue forme (questo servirà anche per l'entrata in scena del piccolo, dolce Yurio.)
Grazie dell'attenzione.
Buona lettura!

Taccia: A e B si preparano al loro primo Natale insieme.
Numero parole: 1250

 
III
Argento
 

Yuuri guardava il piccolo abete con sguardo critico.
Fuori dalla finestra, il cielo di San Pietroburgo era grigio e la neve continuava a cadere lenta, senza far rumore. Persino Makkachin, seduto nella sua cesta accanto al divano, l’osservava in silenzio, come se aspettasse col fiato sospeso la conclusione di quell’ardua scelta.
Yuuri s’imbronciò sollevando le palle di Natale tra le sue dita e guardandole con fare scoraggiato.
“Rosso o blu?” Domandò ad alta voce, poi si voltò verso il cane alle sue spalle. “Tu cosa ne dici? Che cosa potrebbe piacere di più al tuo padrone?” Yuuri, ovviamente, non si aspettava una risposta ma Makkachin abbaiò un paio di volte come se avesse compreso le sue parole e volesse dire la sua.
Yuuri sorrise, poi lasciò andare un sospiro stanco: voleva preparare una sorpresa per Victor ma di quel passo sarebbe finito solo col fargli trovare un albero di Natale spoglio nel bel mezzo del soggiorno e tre o quattro scatoloni aperti e svuotati in modo confusionario davanti al divano. Poche settimane dopo la finale del Grand Prix e dalla loro prima grande vittoria come coach e pattinatore, Yuuri si era definitivamente trasferito nell’appartamento a San Pietroburgo di Victor e si era promesso di rendere quel loro primo Natale insieme qualcosa di speciale.
Senza contare che ci sarebbe stata anche un’altra occasione da festeggiare il venticinquesimo giorno di dicembre.
La porta d’ingresso si aprì e Makkachin si mosse ancor prima che Yuuri riuscisse a voltarsi.
“Ciao!” Salutò Victor con allegria accarezzando la testa del cane. “Ti sei preso cura di Yuuri mentre non c’ero?”
Makkachin abbaiò festoso e Yuuri sorrise, mentre un calore familiare gli saliva alle guance.
Quella era la sua vita.
Victor era la sua vita ma ancora si sentiva piacevolmente incredulo di fronte a quella meraviglia a cui lo aveva promesso il destino.
“Oh!” Victor rise passando lo sguardo dagli scatoloni davanti al divano alle decorazioni sparse su tutto il pavimento intorno all’albero. “È scoppiata una bomba!”
Le guance di Yuuri si fecero ancora più rosse ed il suo sorriso venne sostituito da un’espressione mortificata. “Mi dispiace, credevo di finire prima che tu tornassi.” Gli era stato ripetuto innumerevoli volte che quella era casa sua e che non doveva muoversi in punta di piedi ogni volta per paura di disturbare ma Yuuri non era il tipo che si abituava velocemente alle nuove situazioni.
Victor lo conosceva e sapeva essere paziente. “Non era un rimprovero,” lo rassicurò appendendo il cappotto nell’ingresso. “Anzi, se c’è qualcosa di cui devo rimproverarti,” aggiunse facendosi strada tra il caos sul pavimento, “è di non avermi aspettato.”
Posò un bacio veloce sulle labbra imbronciate di Yuuri ed il pattinatore reclinò la testa da un lato con espressione sconfitta.
“Ehi! Non fare quella faccia, Yuuri!” Esclamò Victor con allegria circondandogli la vita con le braccia. “Qual è il problema?”
Yuuri sollevò le due palle di Natale tra i loro visi. “Queste…”
“Sì, le ricordo,” replicò Victor fissando le due decorazioni di colori diversi. “Anche se non rammento l’ultima volta che le ho usate.”
Yuuri lo sapeva quello. Sapeva che quella casa non veniva toccata dall’atmosfera natalizia da un po’ e che Victor non si era disturbato a fare nulla in proposito per anni. Yuuri non lo biasimava: aveva sempre vissuto da solo e la sua posizione sociale gli aveva impedito di godersi l’inverno tra le calde mura di casa per anni. Era la stagione del ghiaccio, dopotutto e c’era sempre un evento, una festa o un allenamento speciale a cui presentarsi.
Quell’anno, però, erano in due.
“A te quale piacerebbe?” Domandò Victor di colpo.
Yuuri sbatté le palpebre un paio di volte. “Doveva essere una sorpresa per te.”
Victor gli sorrise dolcemente, poi si guardò intorno come se fosse circondato da qualcosa di meraviglioso. “Questa è la miglior sorpresa che potessi farmi.”
Non comprendendo cosa volesse dire, Yuuri passò gli occhi scuri sul caos che aveva provocato nel tentativo di creare qualcosa di esteticamente apprezzabile per la festività in arrivo. Sbatté le palpebre un paio di volte, incapace di vedere ciò che aveva incanto il compagno. “Il disordine?” Domandò. “Ti piace il disordine?” Non era una cosa che avevano notato nei mesi che aveva passato a stretto contatto in giro per il mondo.
Victor rise. “No, Yuuri!” Lo strinse forte a sé prima che l’altro potesse chiedere alcunché e gli baciò i capelli corvini con tenerezza, poi vi appoggiò la guancia. “Tu sei la mia sorpresa per questo Natale,” mormorò con amore. “Entrare in questa casa e trovarla calda e viva di te, questo è il miglior regalo che ho mai ricevuto.”
Yuuri accettò quella dolce confessione in silenzio, appoggiando la guancia contro la spalla di Victor e lasciando che le braccia di lui l’avvolgessero quanto a lungo voleva. Non era soddisfatto, però. “Non è sufficiente,” mormorò tristemente allontanandosi quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi. “Non è solo il nostro primo Natale insieme, Victor. È anche il tuo compleanno.”
Ventotto anni di vittorie continue e Yuuri era orgoglioso di essere la più recente della lista, tuttavia…
“A questo possiamo rimediare facilmente,” disse Victor con un sorriso che il giovane pattinatore non riuscì ad interpretare. Yuuri sentì che lo lasciava andare e lo vide fare un passo indietro mentre cacciava una mano nella tasca della felpa blu e rossa. Blu e rossa, come le decorazioni di Natale tra le sue mani.
In fin dei conti, probabilmente, a Victor piacevano entrambi quei colori.
Anche a Yuuri piacevano. Erano i primi colori che aveva visto, dopotutto ed entrambi li aveva scoperti addosso a Victor. Prima le sfumature blu dei suoi occhi, subito dopo la sua sconfitta al Final Grand Prix. Poi il rosso della sua divisa da pattinatore, mesi dopo, durante il servizio che aveva preceduto l’ultima performance di Victor. Stammi vicino. Non mi lasciare.
La stessa che Yuuri aveva cercato di eseguire e che, per un assurdo gioco del destino, aveva portato Victor da lui.
In un certo senso, era la loro canzone.
Yuuri venne strappato da quella riflessione quando Victor appoggiò un ginocchio a terra senza allontanare lo sguardo dal suo viso. Gli occhi scuri di Yuuri si fecero grandi, smarriti e si portò una mano al cuore quando Victor estrasse dalla tasca una piccola scatola blu e l’aprì.
“Dimmi di sì,” disse Victor con quell’espressione che faceva quando si sentiva decisamente insicuro ma non voleva darlo a vedere. “Per il mio secondo regalo, dimmi di sì.”
Per un eterno minuto, Yuuri non riuscì neanche a respirare. Quando sorrise per Victor fu come se fosse spuntato il sole.
Yuuri s’inginocchiò sul pavimento e lasciò andare la decorazione color rosso portando quella blu accanto al viso del compagno. L’espressione di Victor fu unica, assurda e fu difficile non ridere.
“Questo è il colore perfetto,” decise Yuuri adagiando la stella dalle rifiniture argentate e blu sul pavimento. I colori di Victor.
“Yuuri?” Victor lo guardava come un bambino.
I grandi occhi scuri del pattinatore si riempirono di lacrime ma la dolce curva del suo sorriso rimase al suo posto. “Sì,” rispose con un filo di voce. “Mille volte sì.”
Il sorriso di Victor ebbe il potere d’illuminare la stanza e l’azzurro dei suoi occhi si fece caldo, familiare, infinito… Come quel mare di cui Yuuri non era riuscito ad immaginare il colore da bambino.
Il giorno del loro primo Natale insieme, lo stesso del ventottesimo compleanno di Victor, Yuuri gli disse di sì ancora una volta e fu per sempre.
   




 

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Capitolo 4
*** Mille Colori ***


Numero parole: 619
Prompt: 31.Fuochi d'artificio

 
IV
Mille Colori



Fu il rumore dei primi fuochi d’artificio a svegliare Yuuri.
Victor gli posò immediatamente un bacio tra i capelli corvini. “Va tutto bene,” lo rassicurò con voce gentile. “È solo scoccata la mezzanotte.”
Yuuri sollevò i grandi occhi assonati sulle alte finestre del salotto. La stanza era ancora illuminata dalle candele che Victor aveva preparato per rendere quel loro primo ultimo dell’anno insieme indimenticabile. Si erano promessi per sempre appena cinque giorni prima ed i preparativi erano stati tanto veloci ed euforici che nessuno dei due si era preoccupato di organizzare una luna di miele come si doveva. Non ne avevano bisogno. Avevano avuto il mondo ai loro piedi per abbastanza tempo ed era arrivato il momento di chiuderlo fuori dalla porta di casa, di godersi quella realtà che era solo loro, lontana dagli sguardi e dagli appalusi del pubblico.
Poteva essere un mondo meno dorato ma aveva i colori caldi dell’amore semplice, intimo e Victor non credeva ne avrebbe mai avuto abbastanza. “Hai freddo?” Domandò a bassa voce, come se avesse paura che la sua voce potesse rovinare in qualche modo lo spettacolo pirotecnico che si stava consumando fuori dalle loro finestre e da cui il suo compagno sembrava completamente incantato.
Yuuri si sistemò contro il suo petto senza allontanare gli occhi scuri dai fuochi d’artificio. “No…” Rispose distrattamente. Victor allungò comunque la mano per afferrare l’orlo della coperta che era scivolata quasi in fondo al divano e la portò fino al petto del suo pattinatore. Avevano cenato insieme, al lume di candela e si erano ritrovati a fare l’amore sul divano prima che entrambi potessero ricordarsi che c’era un letto matrimoniale che li aspettava nella stanza accanto.
Mentre tutta San Pietroburgo si riversava nelle strade bianche di neve per attendere il conto alla rovescia più atteso dell’anno, Yuuri si era addormentato avvolto nel calore delle braccia di Victor dimenticandosi completamente di tutto il resto. Fuochi d’artificio compresi.
Poco importava.
“È bellissimo…” Commentò Yuuri con un sorriso incantato continuando a guardare le luci dai mille colori che accendevano il cielo di San Pietroburgo. Era la prima volta che li vedeva così.
Sì, non c’erano più sfumature di grigio nel mondo di Yuuri, solo i mille colori del mondo.
Reclinò la testa per incatenare lo sguardo di Victor al suo. Le dita di lui gli accarezzavano i capelli ed il modo in cui lo guardava, quello in cui gli sorrideva era abbastanza per riscaldarlo. Più o meno…
Un brivido di freddo gli attraversò la schiena e Yuuri si strinse ancor di più contro il petto del compagno.
Victor sospirò con pazienza. “Te lo avevo detto…” Disse portando l’orlo della coperta fino alle spalle di Yuuri e circondandole con un braccio.
Ancora pochi minuti ed il cielo tornò scuro, il silenzio calò su tutto.
Yuuri chiuse gli occhi posando un bacio sopra il cuore di Victor. “Stringimi…”
Victor gli baciò i capelli. “Lo sto facendo.”
“Non ti fermare.” Yuuri avrebbe anche potuto riaddormentarsi così ma c’era qualcosa di strano nel respiro di Victor. Sollevò gli occhi scuri. “Che cosa c’è?” Domandò.
Victor scosse la testa senza smettere di sorridere. “Stavo solo pensando…”
“A cosa?” Domandò Yuuri curioso.
“A come riuscirò a sorprenderti il nostro prossimo Natale insieme. Il regalo di quest’anno sarà un po’ difficile da superare.”
Yuuri sorrise passando la punta dell’indice sulle labbra del compagno. “Non devi sforzarti di sorprendermi,” disse. “Devi essere tu, niente di più.”
Victor prese quella mano nella sua baciando l’anello con cui avevano sugellato la promessa più importante della loro vita.
“A meno che…” Aggiunse Yuuri con quel sorrisetto sicuro che aveva sempre il potere di far sentire Victor minacciato ed eccitato al contempo. “Il prossimo Natale non sia io a sorprendere te.”
 

 

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Capitolo 5
*** Verde Acqua ***


Numero Parole: 1720
Prompt: 39. Desiderio


 
V
Verde Acqua


 

Non dovettero attendere Natale perché Yuuri mantenesse quella promessa.
 
La mattina del ventinove novembre, il giorno del suo venticinquesimo compleanno, Yuuri venne svegliato dolcemente da una serie di baci sul collo a fior di labbra. Sorrise ancor prima di aprire gli occhi spingendosi verso il calore vivo dello splendido giovane uomo alle sue spalle. Victor lo strinse a sé affondando il naso tra i suoi capelli corvini respirando a pieni polmoni il suo profumo. “Buongiorno…”
Yuuri si stiracchiò rigirandosi tra le lenzuola per poter ricambiare pigramente l’abbraccio. “Buongiorno,” rispose con voce ancora impastata dal sonno. Le mani di Victor lo accarezzavano ovunque potessero arrivare e Yuuri ridacchiò contro il suo petto. “Mi fai il solletico.”
Victor si spostò e le lunghe ciglia scure di Yuuri si sollevarono un poco nel sentire il corpo di lui aderire al proprio. Ebbe appena il tempo di scorgere quegli occhi di un azzurro incredibile nella penombra della stanza che Victor si chinò per regalargli il primo, vero bacio della giornata.
“Buon compleanno…” Mormorò Victor contro le sue labbra.
Yuuri sorrise dolcemente ma non ebbe l’occasione di perdersi nel mare invernale delle iridi di Victor: quella bocca peccaminosa era di nuovo sulla sua pelle. Prima il collo, poi il petto, l’addome… E ancora più giù…
Yuuri non sapeva cosa Victor aveva progettato per quel giorno – perché qualcosa alle sue spalle aveva progettato di certo – e sapeva che la sua sorpresa non si sarebbe esaurita in un’ora d’amore al mattino ma, segretamente, sperava che ad aspettarlo ci fosse solo il più semplice dei piani: passare tutta la giornata a letto, preferibilmente senza alcun vestito addosso.
S’inarcò un poco, assecondando il passaggio di quella bocca peccaminosa domandandole in silenzio di divorarlo con calma, lentamente…
Yuuri reclinò la testa contro il cuscino lasciando andare il primo gemito soffice e…
Una musichetta terribilmente familiare infranse l’intimo silenzio dell’appartamento. Yuuri aprì gli occhi di colpo. Fu come se qualcuno lo avesse svegliato tirandogli addosso una secchiata di acqua fredda.
La suoneria continuò a chiamarlo con insistenza e svegliò anche Makkachin, che prese a grattare contro la porta della camera da letto guaendo disperatamente pretendendo le attenzioni dei suoi padroni.
Yuuri lasciò andare un sospiro decisamente annoiato e la bocca calda del suo uomo smise di viziarlo. Non c’era nessuna particolare espressione sul viso di Victor quando tornò a stendersi accanto a lui, la testa appoggiata al pugno chiuso e gli occhi azzurri fissi nei suoi. “Qualcuno ti cerca su Skype…”
Qualcuno… Yuuri si cercò di calcolare che ora doveva essere in Giappone ma si rese conto che non avrebbe fatto alcuna differenza. Se avevano deciso di chiamarlo, avrebbero continuato a farlo fino a che non avesse risposto.
“Scusa…” Si sentì in dovere di dire.
Victor allora gli sorrise. “Ti aspetto qui ma dai da mangiare al cucciolo o non ti ci lascerà in pace.”
Yuuri annuì distrattamente afferrando una delle felpe finite sul pavimento. Non era la sua ma era ormai fuori dalla porta della camera quando se ne rese conto. “Shhh… Buono, buono,” disse a Makkachin accarezzandogli la testa. “Ti hanno svegliato, eh?”
Sullo schermo del portatile che avevano lasciato sulla penisola era comparsa una foto di gruppo dei cari che aveva lasciato in Giappone. Lasciò andare un sospiro: esattamente quello che si era aspettato. Si accomodò sullo sgabello in modo che non si notasse che non aveva nulla addosso a parte la felpa di Victor, poi cliccò sull’icona verde ed accettò la videochiamata.
“Buon compleanno!” Esclamarono insieme i suoi genitori, Minako e la famiglia Nishigori.
“Buon compleanno, Yuuri,” seguì sua sorella con voce ed espressione decisamente più pacate.
Makkachin si fece immediatamente silenzioso per il caos improvviso e Yuuri si sforzò di sorridere. “Grazie,” rispose. “Grazie di cuore a tutti voi…”
Yuuri era felice di vederli. Lo facevano sentire amato ed avevano il potere di fargli mancare il Giappone, nonostante la sua vita a San Pietroburgo fosse molto di più di quello che aveva mai osato desiderare. Tuttavia, c’era un Victor Nikiforov completamente nudo ed acceso di desiderio nella camera da letto ed aspettava solo lui per riscaldare quella fredda mattinata di fine novembre.
Yuuri si sentiva terribilmente in colpa ma avrebbe tanto desiderato che quella videochiamata fosse molto più breve di come fu. Alla fine, appoggiò i gomiti sulla penisola reggendosi il viso tra le mani aspettando che ognuno dicesse la propria. La situazione non fece che peggiorare quando la porta della camera da letto si aprì e Victor passò davanti allo schermo vestito solo dei pantaloni della tuta.
“Victor!” Esclamò il gruppetto in videochiamata dal Giappone, accompagnato dai versi festosi di Makkachin.
Yuuri guardò il compagno con espressione orripilata: se Victor avesse attaccato bottone, la conversazione sarebbe finita molto tardi ed avrebbe assunto toni decisamente imbarazzanti. Perché non si era messo almeno una t-shirt se soffriva così tanto il caldo a due giorni da dicembre?
Le speranze di Yuuri sbiadirono nel momento in cui Victor ebbe finito di nutrire Makkachin e si voltò verso lo schermo del computer con un gran sorriso luminoso. “Buongiorno a tutti voi!”
A quel punto, tutto quello che restava a Yuuri era sperare in un blackout nell’intero edificio.
Victor passò l’intera mattinata a trascinarsi il portatile in giro per casa, mentre Yuuri si limitava a fare da comparsa sullo sfondo passando da una faccenda all’altra. Fu la batteria a salvarlo.
“Oh, il portatile si sta scaricando. Yuuri! Vieni qui a salutare tutti prima che si spenga!”
Un click più tardi erano di nuovo solo lui e Victor.
“Il pranzo è pronto,” disse Yuuri prendendo posto sul suo solito sgabello della penisola.
Victor sgranò gli occhi azzurri. “Di già?” Domandò. “Ma avrei dovuto preparartelo io!”
Yuuri ridacchiò. “Non importa, Victor. Siediti e mangia.” Non lo avrebbe mai incolpato per essere l’espansivo e solare se stesso. La sua famiglia ed i suoi amici lo adoravano proprio per questo, dopotutto. Lui lo amava per questo.
Fecero l’amore dopo pranzo e, come Yuuri aveva sperato, non lasciarono il letto caldo di loro fino al calare del sole.
“Per stasera il programma è bellissimo paesaggio e lume di candela,” lo informò Victor passando la punta delle dita sulla curva del suo fianco.
Yuuri sorrise invitando quella mano ad accarezzarlo con tutto il palmo dove la pelle era più morbida ed invitante. “Mi sorprenderai?”
“Ne dubiti?” Domandò Victor con un sorriso complice, intimo.
“Mai…” Rispose Yuuri con gli occhi brillanti.
Victor gli passò la mano tra i capelli scoprendogli il viso. “Il prossimo turno è il tuo,” gli ricordò.
Già… Mancava meno di un mese a Natale e al ventinovesimo compleanno di Victor. Senza contare che sarebbe stato il loro primo anniversario. Yuuri sollevò la mano sinistra osservando la sottile vera d’oro bianco con cui Victor aveva sugellato la promessa più importante della vita di entrambi. Che cos’era una medaglia d’oro in confronto a quell’oggetto piccolo, ordinario, quasi invisibile?
Non era un paragone fattibile.
Victor prese quella mano nella sua e baciò l’anello nuziale con devozione. “Ci hai mai pensato?” Domandò.
Yuuri sbatté le palpebre un paio di volte. “A cosa?”
Victor poggiò le labbra sulle sue nocche guardando da sopra le dita. “Uno sposo…”
Yuuri sorrise con un poco di malinconia. “Te l’ho raccontato,” disse. “A dodici anni ero convinto che non avrei mai visto il colore del mare in vita mia.” Liberò la mano dalla presa di Victor e gli accarezzò la guancia con la punta delle dita. “Ora, è il primo colore che vedo ogni mattino al risveglio.”
Un bacio non tardò ad arrivare.
“Per quante notti mi hai sognato prima di avermi?” Victor appoggiò la fronte a quella dell’amante.
Yuuri continuò sorridere. Oh, Victor, pensò, bellissimo, dolce e presuntuoso Victor…
“E tu per quante hai aspettato me pur non conoscendo il mio nome?” Fu la replica un po’ arrogante ed un po’ maliziosa.
Victor accettò la sconfitta con un sorriso incantato dei suoi. “Chiedimi qualunque cosa,” disse contro la sua bocca. “Esprimi un desiderio e lo realizzerò.”
Yuuri arrossì un poco. “Cosa potrei desiderare più di quello che ho?” Un’idea, in realtà, ce l’aveva e Victor dovette leggergli qualcosa negli occhi perché i suoi s’illuminarono di colpo.
“Dimmelo!” Domandò emozionato.
“Cosa?” Chiese Yuuri confuso.
“Il desiderio a cui stai pensando,” rispose Victor. “Confidamelo, ti prego…”
L’espressione di Yuuri si fece seria. “Non è un desiderio che può essere solo mio.” Premette le mani sul petto del compagno mettendosi a sedere contro i cuscini del letto.
Victor lo assecondò continuando a guardarlo dritto negli occhi. “Se è una cosa così importante perché non me ne hai mai parlato?”
Yuuri scrollò le spalle. “Siamo sposati da neanche un anno. Siamo stati insieme per due e mezzo, più o meno… Non c’è stato tempo di parlarne.”
“Fallo ora,” insistette Victor aggiustandogli una ciocca di capelli corvini dietro l’orecchio. “Te l’ho detto, puoi chiedermi quello che vuoi.”
Yuuri esitò, si umettò le labbra e quando confessò il desiderio che stringeva al cuore lo fece a bassa voce come se temesse che qualcun altro potesse udirlo.
Victor smise di sorridere quasi istantaneamente e, per un istante, Yuuri temette di aver detto troppo e di averlo fatto troppo velocemente. Scosse la testa. “Lascia stare, Victor,” ritrattò immediatamente. “È stato prematuro parlarne. Non avrei dovuto…”
“Lo vorresti davvero?” Domandò Victor incredulo prendendogli tra le mani. “Con me? Desideri farlo con me?”
Per un istante, Yuuri non seppe se mettersi a piangere o a ridere per l’emozione che gli stringeva il petto in quel momento. Decise per la seconda anche se gli bruciavano gli angoli degli occhi. “E con chi altri dovrei farlo, Victor?” Domandò. “Sei la mia anima gemella.”
Sei tu che hai riempito di colori il mio mondo.
 
 
A ventitré anni, Yuuri aveva visto il suo primo colore negli occhi di Victor ed esattamente tre anni ed un inverno dopo fece suo l’unico che non aveva ancora conosciuto. Probabilmente, nemmeno per il mondo era mai esistito prima di quel giorno. Yuuri sapeva come chiamarlo perché non era azzurro come quello degli occhi di Victor ma non era nemmeno il verde con cui aveva familiarità. Sapeva solo che gli ricordava il mare. Era un colore unico, speciale, bellissimo e lo trovò negli occhi della piccola ed arrabbiatissima creatura che strinse tra le braccia all’alba di un giorno d’inizio marzo e che chiamò sua, poi loro.
Victor, invece, lo chiamò Yuri.


 

 

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Capitolo 6
*** Bianco ***


Numero parole: 1646
Traccia: 55. A chiede a B di ballare


 
VI
Bianco


Il loro piccolo Yuri nacque in una notte di neve all’inizio di marzo ma il mondo lo seppe solo qualche giorno più tardi, quando Yuuri uscì dall’ospedale avvolto in uno dei lunghi cappotti di Victor stringendo al petto un fagotto azzurro a cui entrambi sorridevano innamorati.
Qualche giorno dopo, uscirono delle foto di quel momento e Victor ebbe la bella idea di rintracciarne l’autore per avere una copia degli originali. “Queste sembrano fatte a posta per cominciare l’album del primo anno di Yuri!” Aveva esclamato.
Yuuri non aveva potuto dargli torto. Erano belle quelle fotografie, spontanee, vere.
Dolcissime.
Victor, ovviamente, da quel punto di vista non si era risparmiato fin dal primo momento della vita del loro bambino. Era talmente affascinato da qualsiasi cosa Yuri facesse – fosse anche un semplice battere di ciglia – che si sentiva in dovere d’immortalare ogni cosa, ogni momento.
Yuuri sospirava con un sorriso e lo lasciava fare. Non dava quell’euforia scontata. Al contrario, si era sentito tanto perso e spaventato poco prima della nascita di Yuri che, come suo solito, aveva temuto che non ce l’avrebbe fatto. Che loro non ce l’avrebbero fatta.
Gli era bastato guardare Victor stringere Yuri tra le braccia per la prima volta per rendersi conto di quanto fosse stati stupidi i suoi timori.
Non erano solo le foto e quell’euforia quasi bambina con cui Victor aveva accolto quella creaturina nelle loro vite. In quel nuovo capitolo della loro storia, Victor si era dimostrato un compagno degno di tale nome esattamente come nel pattinaggio e la quotidianità. Non c’era un giorno in cui Yuuri non si sentisse appoggiato, al sicuro. Trovava sempre una mano d’afferrare senza chiederla ogni volta che sentiva di non poter resistere oltre con le proprie forze.
Victor non aspettava che chiedesse e non giudicava troppo o poco quello che riusciva a fare.
“Lo conoscere ed impareremo insieme,” aveva detto Victor alla fine della loro prima settimana da genitori, dopo l’ennesima notte insonne.
E Yuuri non aveva potuto non farsi contagiare dal suo ottimismo.
 
 
La neve continuava a cadere lenta e silenziosa nelle notti di San Pietroburgo.
C’era stato un tempo – non poi così lontano ma a Victor sembrava passata un’eternità – in cui lui e Yuuri avevano assistito a quello spettacolo stretti nel calore di un abbraccio e circondati dal più intimo e sereno silenzio. Ora, Victor sentiva che se avesse passato un’altra notte a passeggiare come un folle per il salotto semibuio con quei maledetti fiocchi di neve sullo sfondo a prendersi gioco di lui con la loro silenziosità avrebbe potuto decidere d’impacchettare casa e famiglia e trasferirsi in Giappone a lunga scadenza solo per cambiare panorama. Alla famiglia di Yuuri non sarebbe dispiaciuto e, vista la nuova situazione che si era creata nelle ultime settimane, anche il suo compagno sarebbe stato contento di avere due o tre paia di braccia in più su cui fare affidamento in casi estremi.
Tipo quella notte…
Fece appena in tempo a fermarsi per fare una pausa da quel suo folle vagare come un’anima in pena che il principino tra le sue braccia si sentì in dovere di fargli sentire tutto il suo disappunto.
Yurio…” Victor appoggiò il bambino alla spalla con espressione disperata. “Abbi pietà di papà, d’accordo?” Per tutta risposta gli arrivò una testata che per poco non gli dislocò la mandibola. Anche al piccolo Yurio il colpo dovette fare male, però, perché prese a piangere più rabbiosamente del solito.
“No, no… Shhh…” Mormorò Victor con dolcezza, nonostante il dolore pulsante e la stanchezza accumulata lo stessero spingendo velocemente sull’orlo delle lacrime a sua volta. “Va tutto bene, Yurio. C’è papà qui con te…” Continuò a ripetere sedendosi sul divano – perché temeva che a momenti sarebbe collassato sul pavimento – e passando le dita tra i morbidi fili d’oro pallido sulla testolina di suo figlio.
L’unico risultato che ottenne fu di trasformare le grida disperate in singhiozzi appena percettibili, quasi come i versi di un gattino. La piccola schiena tremava sotto il suo palmo e Victor sentiva il cuore dolergli sempre di più, istante dopo istante.
Una mano calda sul retro del collo lo fece quasi sobbalzare. Gli bastò sollevare lo sguardo ed incontrare gli occhi scuri di Yuuri per tornare a rilassarsi. “Ti abbiamo svegliato, vero?” Era una domanda inutile. Victor faceva il possibile per permettere a Yuuri di dormire quanto gli serviva ma il loro Yurio non sembrava contento fino a che non attirava su di sé l’attenzione di entrambi ed anche allora sembrava arrabbiato con il mondo intero.
Gli occhi scuri, però, seppur stanchi, erano illuminati solo dalla più sincera dolcezza. “Vuoi che ti dia il cambio?”
Victor appoggiò la nuca allo schienale del divano accomodando Yurio contro il suo petto, la mano accarezzava ancora la piccola schiena. “Non credo riuscirei a dormire,” confessò sebbene fosse stanchissimo.
“Vuoi che ti prepari qualcosa di caldo per rilassarti?” Propose Yuuri gentilmente.
“No, voglio dormire accanto a te.”
Yuuri si sedette sul divano con un sospiro. “Temo sia troppo presto per lamentarsi,” allungò una mano ed accarezzò il faccino bagnato e caldo del piccino. “L’importante è che non stia così perché qualcosa non va.” Si sporse in avanti appoggiando le labbra sulla piccola fronte. “Non credo abbia la febbre.”
“No,” Victor scosse la testa e, suo malgrado, sorrise. “Guardalo! Adesso che ci sei anche tu qui con noi non piange più.”
Anche gli angoli della bocca di Yuuri si sollevarono. “È ancora arrabbiato, però.”
“Oh, ma questa è la sua espressione allegra!”
Risero entrambi ed il piccolo Yurio sollevò la piccola testa quel tanto che poteva per fissarli come se fossero due completi idioti. Victor aveva insistito fino all’ultimo per chiamarlo Yuri ma un nomignolo era stato necessario fin da subito per evitare di creare confusione anche tra loro.
“Dovremmo portarlo in Giappone,” propose Victor. “Potremmo restare lì fino alla fine dell’estate… Abbiamo il nostro palaghiaccio anche lì, dopotutto.”
Yuuri appoggiò la guancia alla spalla del compagno, le dita della mancina strette intorno ad una delle manine minuscole di Yurio. “Il pensiero di un lungo viaggio in questo momento non mi entusiasma particolarmente,” ammise. “Tuttavia, la possibilità di contare sull’aiuto della mia famiglia per qualche mese mi rende egoisticamente più leggero.”
“Non è egoismo,” disse Victor posando un bacio tra i capelli corvini, “il mondo è pieno di nonni che si lamentano di non potersi godere i nipoti. Yurio abita lontano dai suoi nonni e fino ad oggi lo hanno visto solo grazie alle foto che io spedisco a Yuko e Minako e le videochiamate che fai tu.”
Yuuri sollevò lo sguardo stanco sul compagno ma si sentiva improvvisamente sereno.
“Impazziranno di felicità,” concluse Victor con un sorriso luminoso. “E Yurochka deve vedere il Giappone! Ha genitori di nazionalità diverse ed è giusto che conosca entrambi i nostri paesi. Se ci sbrighiamo, possiamo ancora vedere i ciliegi in fiore… Sì! Yurio amerà i ciliegi in fiore.”
Yuuri coprì con la sua la mano che il compagno aveva posato sulla nuca del piccino. “Prima arriviamo alla fine di questa notte sulle nostre gambe, Victor,” propose pazientemente alzandosi in piedi.
Victor lo seguì con lo sguardo. “Dove vai?”
“Mi è venuta un’idea,” disse Yuuri con un sorriso sparendo all’interno della camera da letto buia per poi riemergere con il cellulare tra le mani.
Victor inarcò le sopracciglia più confuso di prima ma non disse una parola mentre Yuuri s’inginocchiava davanti alla cassa principale dell’impianto dolby-surround. Un istante ed il silenzio di quella notte di neve venne interrotto dal suono gentile ed un poco malinconico di un pianoforte.
Victor conosceva alla perfezione quella melodia. In un certo senso, era la loro.
Yuuri si fermò di fronte al divano e Victor lo guardò. I capelli neri erano in disordine, gli occhi erano stanchi e, come lui, aveva proprio la faccia di un giovane genitore con un bambino di sei settimana di cui prendersi cura. Sorrideva, però. Sorrideva e Victor pensò che fosse bellissimo.
Yuuri allungò la mano sinistra e la fede d’oro bianco scintillò nella semi-oscurità della stanza. “Balla con me, Victor,” lo invitò. “Fai ballare me e Yurio. Ricordi quando lo facevi nel cuore della notte per tranquillizzarmi? Magari funziona anche con lui.”
Victor sorrise. Non c’era un giorno in cui si pentisse delle scelte che aveva fatto o che dubitasse del sentimento che lo legava a Yuuri ma c’erano dei momenti… Istanti proprio come quello in cui si sorprendeva ad amarlo più di prima.
Sorresse Yurio con un braccio e sollevò l’altro per afferrare la mano del compagno. Yuuri premette una guancia contro la sua spalla, gli occhi scuri fissi sul faccino paffuto del loro bambino. Victor gli circondò la vita con il braccio libero stringendolo a sé.
Ballarono un lento a tre sulle note di Yuuri On Ice.
L’espressione di Yurio era cambiata: sembrava sorpreso ma in modo positivo. Sollevò la testolina e Victor lo rassicurò immediatamente con un bacio.
“Shhh…” Intervenne Yuuri accarezzandogli la schiena. “Va tutto bene, Yurio. Va tutto bene.”
Il piccino si rilassò immediatamente contro il petto del padre, un pugnetto chiuso vicino alla bocca.
“Vuoi ballare con la mamma?” Propose Victor. “Sai, lui ha passato in una scuola di ballo tutto il tempo che non ha passato sul ghiaccio. È un esperto. Sicuramente ti piacerebbe più che con me.”
Gli occhi scuri si sollevarono. Erano brillanti, innamorati. “Facciamo che io gli insegno a danzare e tu gli insegni a pattinare. Che dici?”
Il sorriso di Victor assunse delle sfumature divertite. “Dico che Yakov e sua moglie ce lo toglieranno dalle mani prima che ci sia concessa l’occasione per rovinarlo.”
Yuuri trattenne una risata per non spezzare la serenità del momento, poi si sollevò un poco sulle punte per fare sue le labbra di Victor.
Solo quando la melodia lasciò nuovamente il posto al silenzio, i due giovane genitori si accorsero che Yurio si era serenamente addormentato tra le loro braccia.
 
 




 

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Capitolo 7
*** Rosso ***


Numero parole: 1676
Prompt: 32. Viaggio last minute


 
VII
Rosso


 

Yuuri si svegliò nella tarda mattinata per nessuna ragione in particolare.
Non la ricordava l’ultima volta che aveva dormito così bene e, specialmente, in un letto che era pieno di calore e di vita. Si stiracchiò godendosi la luce pallida di quella fredda mattina di primavera. Si erano coricati talmente stanchi che nessuno si era preoccupato di tirare le tende ma a Yuuri non dispiaceva. I vetri erano decorati da una naturale cornice di ghiaccio e neve ma quel freddo non lo preoccupava.
Il freddo non lo aveva mai preoccupato.
Allontanò gli occhi scuri dalla finestra e li posò sulle due meraviglie che occupavano l’altra metà del letto.
Yurio era in mezzo al lettone con il suo pigiamino rosso, il ciuccio a forma di gatto era scivolato via dalla boccuccia a cuore durante il sonno. Non era importante. La condizione indispensabile perché quel sonno angelico perdurasse era il dito indice che Yurio stringeva nel pugnetto.
Da parte sua, Victor non era angelico come soleva essere nelle lontane notti in cui ad occupare quel letto erano solo in due: la frangia argentea era sparsa sul cuscino e dalla bocca era semi-spalancata colava un filo di bava che aveva inumidito la federa. Era letteralmente crollato.
Yuuri sorrise intenerito e dovette combattere con la tentazione di voltarsi ed afferrare il cellulare per immortalare il momento. Avrebbe dovuto staccare gli occhi dai suoi principi per farlo e non credeva di averne la forza.
Allungò una mano, invece e sistemò la frangia di capelli argentei dietro all’orecchio del suo compagno. “Victor,” chiamò dolcemente. “Victor…”
Le ciglia chiare fluttuarono un paio di volte prima che quegli occhi meravigliosi si posassero sui suoi.
Yuuri sorrise con dolcezza. “Buongiorno…” Mormorò.
Victor fece scivolare la mano che non era in possesso di Yurio sotto il cuscino ed afferrò quella del suo compagno per accompagnarla alle labbra e posarvi un bacio. “Devo stare ancora sognando perché non è possibile che mi sia svegliato come una tua carezza, invece dei ruggiti della piccola tigre.”
Yuuri rise a bassa voce passando la punta delle dita su quel bel viso pallido. “Sei ancora stanco,” commentò con espressione un po’ malinconica.
“Sei settimane di notti così e dimenticherò quelle passate,” disse Victor con quella sua espressione un po’ infantile che Yuuri adorava.
Sospirò. “Non è molto educativo farlo dormire con noi, lo sai?”
Victor scrollò le spalle. “Allora un giorno ce ne pentiremo,” rispose. “Questa notte, però, dormiremo entrambi nel nostro letto, uno accanto all’altro, come due novelli sposi dovrebbero fare.”
Novelli sposi?” Domandò Yuuri. “Se stai pensando a quella luna di miele che non abbiamo mai fatto, sappi che è davvero troppo tardi adesso, Victor.”
Victor lo guardò confuso. “E perché?” Domandò con la stessa voce di un bambino che nega completamente il buon senso. “Possiamo sempre farla in tre!”
Yuuri si lasciò cadere sul cuscino con un sorriso stanco, poi portò le dita tra i capelli dorati del loro bambino. “Me lo sono immaginato un milione di volte, lo sai?” Gli confidò. “Ma nemmeno nei miei sogni era così bello.”
Victor mosse le dita libere della presa del bambino per accarezzare il piccolo pancino. “Perfetto,” disse a voce talmente bassa che l’altro fece difficoltà ad udirlo. “Come poteva esserlo solo qualcosa nato da te e me.”
Yuuri fece una smorfietta. “Modesto…” Commentò.
Erano profondi gli occhi di Victor quando tornarono a guardarlo, però. “È figlio dell’amore,” disse con dolcezza disarmante. “Non poteva essere niente di diverso, Yuuri.”
E Yuuri non poté fare altro che ricambiare il suo sguardo incantato perché non avrebbe mai potuto dire nulla di più giusto, di più vero.
“Certo, se sorridesse un po’ di più…” Aggiunse Victor.
Yuuri si sollevò su di un gomito. “Glielo insegneremo, basta avere un po’ di pazienza.”
Victor lo guardò poco convinto. “Non so perché ma penso che imparerà prima a fare un quadruplo flip!”
I giovani genitori risero insieme ma non abbastanza piano perché la loro piccola tigre non venisse disturbata. Yurio lasciò la presa sull’indice di Victor distendendo le piccole braccia sopra la testolina bionda.
Yuuri e Victor si fecero immobili osservando il corpicino muoversi mentre il sonno lo lasciava andare. Quando le ciglia chiare si sollevarono e gli occhi verde acqua li guardarono assonnati, fu impossibile non baciarlo.
“Ma buongiorno!” Esclamò Victor allegro.
“Ben svegliato, amore,” mormorò Yuuri dolcemente posando un bacio ancora su una delle guance morbide. Victor fece lo stesso e Yurio li guardò entrambi imbronciato, le guance rosse quanto il suo pigiamino. “Yurochka!” Esclamò Victor afferrandolo da sotto le braccia e tenendolo sollevato davanti al suo viso. “Sei troppo piccolo per vergognarti dei baci di mama e papa, avanti!”
Per tutta risposta, Yurio prese a dimenarsi in aria con espressione arrabbiata.
“Victor, non farlo arrabbiare,” lo rimproverò bonariamente Yuuri con un sorriso.
Victor sospirò con aria melodrammatica stringendo il bambino al petto. “È così aggressivo e sgraziato, il nostro micino! Come faremo quando dovremmo mettergli il tutù, i fiocchetti e tutto il resto?”
Yuuri fece per ridere, poi aggrottò la fronte. “Quale tutù? Quali fiocchetti?” Mal che andasse, sempre ammesso che Yurio avrebbe seguito le loro orme, avrebbe avuto dei costumi pieni di lustrini.
Victor scrollò le spalle. “Dovremmo pur addolcirlo in qualche modo,” si giustificò. “Già tutti lo scambiano per una bella bambina, possiamo approfittarne?”
Per tutta risposta, Yurio gli assestò un bel calcio tra le costole e Yuuri, pur sentendosi un poco in colpa, rise. “Visto? Non è convinto.”
Victor guardò il bambino tra le sue braccia in modo vagamente storto. “Aspetta che impari a camminare e finisce dritto dritto nella scuola di ballo di Lilia e allora vedrai come righerà dritto.”
Yuuri sospirò. “Ed io che pensavo che stessimo parlando di come addolcirlo.”
“Te l’ho detto,” replicò Victor guardando il piccino con aria di sfida. “Tutù e fiocchetti, sarai una meravigliosa prima ballerina, Yurio!” Si ritrovò poi a sollevare il viso di colpo per impedire ad una di quelle manine minuscole di cavargli un occhio.
Non potendo raggiungere l’obbiettivo, Yurio scoppiò a piangere.
Fu il turno di Yuuri di guardare storto qualcuno. “Victor…”
Quello che era ancora il principe imbattuto del ghiaccio gli rivolse un broncio peggio di quello di un bambino, poi gli passò Yurio. “Lo fa a posta, comunque.”
Yuuri chiuse gli occhi cullando Yurio contro il petto aspettando che cominciasse il primo discorso maturo della giornata. “A fare cosa?” Domandò, suo malgrado.
“Guardalo, non piange più!”
Yuuri reclinò il viso di lato e si accorse che, effettivamente, Yurio continuava a guardare il padre con sguardo offeso ma si era completamente calmato. “Se tu lo provochi è normale che poi si arrabbi con te,” gli fece notare.
A quel punto, fu Victor ad assumere un’aria colpevole. Si sporse in avanti fino a che il suo naso non toccò quello minuscolo di Yurio. “Facciamo la pace, micino?”
Gli occhi verde acqua si sollevarono su quelli scuri di Yuuri ed il giovane genitore sorrise. “Vai da papà, amore.”
Victor riprese Yurio tra le braccia ed il bambino si lasciò stringere e baciare, anche se ancora con un broncio bello in vista sul faccino paffuto. “Andiamo a preparare la colazione per noi e la mamma, Yurochka?” Propose Victor alzandosi in piedi. “Facciamo colazione nel lettone tutti insieme, che ne dici?”
Yuuri li guardò sparire nel salotto, poi si lasciò ricadere tra i cuscini con un sorriso sereno. Se quella tranquillità fosse durata per sempre…
“E dopo mangiato aiuti papà a fare le valigie per andare dai nonni!” Concluse Victor con allegria dalla cucina.
Yuuri spalancò gli occhi e scattò a sedere. “Le valigie per cosa?!”


 
Come tutte le volte che Victor dichiarava ad alta voce di avere un’idea, anche quella trovò la sua concretizzazione.
Appena una settimana dopo quel ballo nel cuore della notte durante il quale Yurio aveva concesso loro una pausa rigenerativa, Victor aveva preparo le valigie, il bambino, il cane e, come se non bastasse, si era premurato di abbottonare personalmente il cappotto di Yuuri.
Da parte sua, il pattinatore aveva compiuto l’enorme errore di non aver detto subito di no a quel progetto impulsivo. Perché, per quanto l’idea di tornare a casa lo rasserenasse in particolar modo dopo la nascita di Yurio, l’idea di affrontare con il piccino un viaggio di quelle proporzioni lo preoccupava a dir poco.
“E se succede qualcosa in aereo?”
“Yuuri, lo abbiamo portato a casa guidando nel bel mezzo di una tempesta di neve. Guidiamo continuamente su strade ghiacciate con Yurio sul sedile posteriore.”
“Stai cercando di rassicurarmi o di convincermi che sarebbe meglio restare a casa con Yurio fino al disgelo?”
All’incirca una decina di ore più tardi, in cui Yurio si era lamentato giusto per ricordare ai suoi genitori che doveva essere nutrito, erano tutti e tre nell’atrio della stazione di Haisetsu con Victor che era radioso come suo solito e Yuuri che sembrava essere l’unico a portare addosso i segni di quel viaggio logorante. Il guinzaglio di Makkachin era stretto tra le sue dita, mentre Victor si era inginocchiato davanti al trasportino in cui aveva accomodato Yurio per assicurarsi che fosse caldo e coperto.
“Ancora un po’ di pazienza, Yurochka e saremo a casa dei nonni. È la casa dove è cresciuta la mamma, sai?”
Suo malgrado, Yuuri sorrise. Non era un segreto quanto lo rassicurasse il fatto che Victor amasse quel piccolo pezzo di mondo in cui avevano smesso di essere due estranei proveniente da mondi troppo diversi per toccarsi. Sì, Yuuri aveva imparato a vivere lontano da casa subito dopo il liceo e, in realtà, il desiderio di fuggire lontano era sempre stato più forte di quello di tornare. Victor, però, aveva avuto il potere di cancellare tutta la malinconia che Yuuri aveva attribuito a quei luoghi ed aveva lasciato solo le cose belle.
Portare il loro piccolo Yuri lì era come completare un lungo percorso ad ostacoli che finiva esattamente dove tutto era iniziato.
Victor aggiustò la cuffietta rossa con le orecchie da gatto sulla testa di Yurio, poi sollevò il trasportino. “Andiamo, mamma?”
Yuuri sorrise come se la fatica del viaggio fosse completamente sparita. “Arrivo…”
 




M for Marta





 

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Capitolo 8
*** Oro ***


Numero parole: 1143
Prompt: 41. Impronte sulla neve

 
VIII
Oro


Yuri Nikiforov fece i suoi primi passi un anno, due mesi e dieci giorni dopo la sua nascita.
Victor trovò indispensabile fare il conto preciso per poter meglio memorizzare quella data, quasi fosse un evento storico senza precedenti. Lo stesso era accaduto il Natale precedente, il primo del loro bambino, quando Yurio aveva blaterato un “baba…” più chiaramente del solito e Victor aveva capito papà con conseguente delirio euforico.
“Avrei voluto poterle scattare sulla neve,” ammise Victor con un sorriso malinconico facendo l’ennesima foto alle piccole impronte lasciate sulla sabbia bianca, una mano appoggiata sulla testolina bionda di Yurio. Il bambino era rimasto attaccato alla sua gamba, indeciso se compiere un’ulteriore impresa e raggiungere la mamma sotto l’ombrellone o rimanere dov’era, al sicuro con papà.
Yuuri se ne accorse. Un sorriso innamorato graziò le sue labbra e sollevò le braccia in un chiaro invito. “Vieni, Yurio,” lo incoraggiò. “Non aver paura, vieni da me.”
Victor ripose il cellulare nella tasca del costume ed afferrò le manine di Yurio invitandolo a staccarsi dalla sua gamba. Il bambino lo guardò immediatamente storto. “Papà ti accompagna solo fino a metà strada,” lo rassicurò Victor. “Poi vai da solo, okay?”
Yurio parve soddisfatto del compromesso. Victor aspettò che riprendesse l’equilibrio e lo lasciò andare del tutto a poco più di un metro di distanza dalla meta. Yuuri lo strinse a sé non appena lo afferrò. “Bravissimo!” Esclamò baciando una delle guance morbide.
Yurio s’impegnò a mantenere la sua solita espressione contrariata ma non rifiutò nessuna di quelle tenere attenzioni. Victor li raggiunse. “Un principino russo che lascia le sue prime impronte sulla spiaggia. Ci sorprende fin da subito il nostro micino, eh?” Si distese accanto a Yuuri passando una mano tra i capelli biondi tirandoli indietro. Quando le ciocche d’oro pallido ricaddero davanti a quegli occhi verdastri, Yurio sollevò le manine cercando di scoprirsi il viso.
“Victor, nel borsone c’è la spazzola con un elastico. Puoi passarmeli?”
Victor fece come gli era stato detto, mentre Yuuri invitava il loro piccolo a sedersi di fronte a lui. “Vieni, amore…”
Yurio era nato con tanti capelli e nessuno dei due giovani genitori si era sognato di tagliarglieli durante il suo primo anno di vita. Ogni volta che li accarezzava, Yuuri sentiva sotto le dita la stessa sensazione che provava quando le passava tra quelli argentei di Victor. “È come toccare la seta,” commentò legando i capelli biondi con un elastico rosa preso in prestito da Yuko. “Esattamente come i tuoi…”
Victor gli sorrise ed aspettò che finisse per prendere Yurio tra le braccia. “Eccolo qui!” Esclamò allegro. “Il nostro micino è così carino. Vero, mamma?”
Yuuri sospirò passando gli occhi dall’elastico rosa tra i capelli dorati di Yurio al costumino azzurro ricoperto di stampe di gattini. Yurio lo aveva visto in un negozio vicino alla spiaggia di Hasetsu e gli era piaciuto tanto che era quasi caduto dal passeggino tanto si era sporto per afferrarlo.
“Se non fosse sempre così arrabbiato,” aggiunse Victor baciando il piccolo broncio del loro bambino.
Yurio si rigirò tra le sue braccia indicando la distesa azzurra di fronte a loro. “Papà! Mamma!” Esclamò con tono pretenzioso.
“Che cosa c’è?” Domandò Yuuri appoggiando la guancia alla spalla del compagno.
Acca!” Esclamò Yurio saltellando sul posto. “Acca!
Victor rise. “Vuoi andare in acqua?” Domandò per chiarire. “Vuoi fare il bagno?”
Yurio annuì agitando il codino di capelli biondi raccolto in quell’elastico rosa. Yuuri concluse che avrebbe dovuto comprarne uno di un colore più neutro o le persone che li avrebbero fermati complimentandosi per la loro bella bambina sarebbero drammaticamente triplicate. Yuuri aveva saputo fin dal primo sguardo che Yurio avrebbe ereditato la bellezza principesca di Victor ma con i lineamenti piccoli sommati ai capelli biondi abbastanza lunghi da poter essere raccolti in una coda diveniva ancora difficile distinguerlo da una femminuccia.
Victor ne faceva un vanto. “È come te quando hai interpretato Eros per la prima volta,” diceva. “Sarà impossibile per chiunque non voltarsi a guardarlo e rimanerne incantato.”
“Bagno! Bagno! Bagno!” Continuò ad esclamare Yurio con insistenza fino a che il suo papà non lo sollevò tra le braccia.
“Ho capito, micino. Ho capito,” disse Victor facendolo rimbalzare tra le sue braccia.
Yurio rise ma s’imbronciò immediatamente come si accorse di avere l’attenzione di entrambi i suoi genitori su di sé. “No!” Esclamò Victor con un gran sorriso. “Ridi! Avanti, Yurio! Ridi!” Lo sollevò in aria ed il piccino riprese ad emettere quei suoni allegri. Fu impossibile non farsi contagiare.
Victor rise a sua volta. Yuuri li guardava incantato, incapace d’intromettersi per paura di rovinare la perfezione di quell’immagine. I sorrisi del suo uomo e del suo bambino splendevano più del sole d’inizio estate e sullo sfondo vi era quello stesso mare di cui aveva creduto non avrebbe mai visto il colore.
Fu un click appena percettibile ad attirare l’attenzione di Victor ma non ebbe il tempo di vedere l’obbiettivo del cellulare di Yuuri, riuscì solo a sentire le sue labbra calde e morbide sulle sue.
Arrossì come un ragazzino e Yuuri rise con tenerezza. “Grazie per aver riempito di colori il mio mondo,” mormorò aggiustando una ciocca di capelli argentei dietro l’orecchio di Victor.
C’era solo il più sincero amore negli occhi grandi e scuri di Yuuri.
Quelli di Victor erano lucenti di sorpresa.
Fu Yurio a spezzare l’immobilità del momento. Si sporse tanto in avanti che per poco non sfuggì dalle braccia di Victor. Yuuri lo afferrò prontamente prima che potesse cadere. “Yurio!” Esclamò.
Il bambino imbronciò la bella boccuccia a cuore come se fosse profondamente indignato.
Victor avvolse le braccia intorno alla vita di Yuuri stringendo la sua famiglia in uno dei suoi abbracci impulsivi. “Vuole un bacio anche lui!” Esclamò, poi premette le labbra contro la guancia di Yurio che era alla sua portata. “Non vuole essere ignorato il nostro micino musone!”
Il viso di Yuuri si addolcì in un sorriso innamorato. “Amore…” Baciò il loro piccolo a sua volta.
Victor ripeté il gesto ed il faccino di Yurio si fece completamente rosso. Si nascose contro la spalla di Yuuri ed i due giovani genitori scoppiarono a ridere.
“Ancora una volta, sei troppo piccolo per imbarazzarti per i baci di mamma e papà, micino!”
Yuuri appoggiò una mano sulla testolina bionda e pensò a qualcosa che potesse convincere Yurio ed uscire dal suo nascondiglio. Victor lo sorprese con un altro bacio, sulla sua bocca questa volta. “Grazie per aver riempito di sole il mio,” sussurrò.
Yuuri lo guardò e basta ed in quello sguardo entrambi trovarono la sintesi perfetta di quello che erano e che avevano creato insieme. La sabbia sotto i loro piedi era calda ed il mare non era semplicemente blu. Era di tutti i colori del mondo di Yuuri: l’azzurro degli occhi di Victor, il verde acqua di quelli di Yurio.
L’orizzonte: il suo sconfinato amore per loro.
 
 

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Capitolo 9
*** Di nuovo azzurro ***


Numero parole: 3200
Prompt: 26. Pattini da ghiaccio

 
IX
Di nuovo azzurro


 
 
L’evento si verificò poche settimane prima del terzo Natale di Yurio.


Yuuri era uscito di casa avvolto nel cappotto di Victor ed armato di cuffia e sciarpa per affrontare di petto il freddo di San Pietroburgo. Non aveva importanza quanta neve ci fosse fuori, Makkachin aveva bisogno di fare le sue passeggiate quotidiane e quella mattina Victor si era già occupato di preparare la colazione per tutti e fare il bagno a Yurio per concedergli un’ora in più di riposo.
Yuuri aveva impiegato una mezz’ora abbondante per fare il giro del quartiere ed aveva tirato un sospiro di sollievo nell’entrare nell’ascensore e premere il pulsante che lo avrebbe portato al piano del suo appartamento, da suo marito e suo figlio. Si tolse la cuffia da sopra la testa passando distrattamente una mano sulla testa di Makkachin. Aveva voglia di un caldo abbraccio ed era certo che Victor glielo avrebbe concesso non appena varcata la porta di casa.


“Sono tornato!” Disse allegramente ancor prima di mettere piede nell’ingresso. Makkachin abbaiò festoso e Yuuri lasciò andare il guinzaglio permettendogli di andare a scovare il suo padrone. Non fu una lunga ricerca ma Yuuri non ebbe mai l’abbraccio in cui aveva sperato.
Victor era accovacciato accanto alla porta socchiusa della loro camera da letto, un ginocchio appoggiato a terra ed il braccio destro teso all’interno della stanza.
Yuuri non aveva la minima idea di che cosa stesse facendo. “Victor?” Domandò togliendosi il cappotto e lasciandolo sul divano. Makkachin si alzò sulle zampe posteriori appoggiando quelle anteriore sulle spalle del suo padrone. Victor sobbalzò e per poco non cadde all’indietro. Allungò la mancina e accarezzò la testa del cane alla cieca. “Buono, Makkachin o il micino ci scoprirà…”
Yuuri inarcò le sopracciglia. “Victor…” Chiamò con tono decisamente più marcato: non era possibile che non lo udisse o che non lo avesse visto e quel suo ignorarlo stava cominciando ad insospettirlo un poco. “Che cosa stai… Ah!” Esclamò come il compagno lo afferrò per un braccio tirandolo a terra.
“Shhh…” Lo rimproverò immediatamente Victor con espressione dura.
Yuuri non ne fu affatto divertito. “Che cosa ti prende?” Domandò.
Victor indicò l’intero della stanza con un cenno del capo e solo allora Yuuri si accorse che stava tendeva il braccio per tenere il cellulare sollevato.
“Che cosa succede?” Yuuri fece per aprire la porta e vedere la risposta da sé.
“No!” Lo fermò Victor prontamente.
“Perché no?” Domandò Yuuri con la mano sospesa a mezz’aria.
“Se si accorge che lo guardiamo, smette subito,” spiegò Victor come se si trattasse di una questione di vita o di morte.
“Parli di Yurio?”
“Penso che si vergogni ma non c’è nulla di cui vergognarsi!”
“Ma di che…” Yuuri si sporse in avanti sbirciando dallo spiraglio della porta. Solo allora pose attenzione alla musica che riempiva l’appartamento. Strano che non l’avesse riconosciuta subita, era uno dei pezzi più importanti della sua vita, dopotutto: stammi vicino, non te ne andare.
Ma non fu quello a sorprenderlo, bensì il bambino dai capelli dorati raccolti in un codino che si muoveva in fondo al loro letto. No, non si muoveva: danzava.
Yurio aveva l’espressione seria di un ballerino consumato che tenta una coreografia complicatissima. Il faccino addolcito solo dal ciuccio a forma di gatto saldo tra le sue labbra. Sollevava le braccia, poi provava con una gamba e saltellava tentando una piroetta.
Yuuri sorrise, gli occhi brillanti di felicità. Guardò Victor e vide in quelle iridi color del mare lo stesso sentimento che gli stava facendo battere forte il cuore. “Quando ha cominciato?” Domandò.
“Poco dopo che sei uscito,” rispose Victor a bassa voce. “C’era uno speciale natalizio sul pattinaggio in televisione e Yurio ci ha riconosciuto. Poi ha cominciato a far scivolare i piedini sul parquet. Ripeteva Papà, io pattino! Ho recuperato il video della nostra performance di coppia e ha cominciato ad imitarci!”
Yuuri rise. “Perché ti sei nascosto qui, allora?”
Victor s’imbronciò immediatamente. “Perché ho iniziato a fare video e foto e si è irritato…”
“Victor…”
“Cosa? Potevo non immortalare il momento? È come la sua prima parola o la prima volta che ha camminato!”
“Quindi? Non vuole che entri adesso?” Domandò Yuuri divertito. “Per questo te ne stai qui come un ladro a fare video di nascosto?”
Victor sbuffò. “Gli dice che è bello e si arrabbia,” spiegò. “Gli dici che è bravo e ti soffia contro.”
Yuuri rise di nuovo. “E che intenzioni abbiamo ora?”
Victor gli rivolse un sorrisetto furbetto. “Aspettiamo il suo terzo compleanno e vediamo se lo fa di nuovo. Poi passeremo al piano prima ballerina.”
 
 
Yurio prese a guardare i video delle loro performance tutto il giorno tutti i giorni.
“Mamma, balla!” Pretese quando imitare un’immagine dal televisore non fu più sufficiente. “Balla, mamma! Balla con me!”
Una delle ante del loro armadio era un grande specchio e Yuuri pensò che potesse essere una buona alternativa ad una classe di danza, fino a che Yurio non avesse preso delle vere lezioni.
Passarono un intero pomeriggio così. Yuuri mostrava i passi e Yurio tentava d’imitarli.
Non si accorsero che Victor si era di nuovo nascosto dietro la porta socchiusa della camera.
“Quando le manderò a Minako, sarà così orgogliosa di te!” Esclamò quella sera a cena, con Yurio strategicamente in braccio così che Yuuri non potesse vendicarsi in alcun modo.
 
 
Victor non aspettò un altro Natale prima di regalare al loro bambino il suo prima paio di pattini.
“Ma li fanno davvero così piccoli?” Domandò Yuuri prendendone uno tra le mani.
“Finisci la minestra, avanti,” disse Victor pulendo il faccino di Yurio con il tovagliolo a fantasia felina, poi sollevò gli occhi e sorrise. “I tuoi primi pattini non erano così?”
Yuuri scosse la testa riadagiando il piccolo pattino nella scatola. “Sul ghiaccio ho cominciato a cinque anni, non avevo piedi tanto piccini.”
“Ti ha portato Minako, vero?” Domandò Victor assicurandosi che il cucchiaio nel pugnetto di Yurio arrivasse alla piccola bocca e spiccasse il volo imbrattando tutti i muri della cucina.
“Sì,” rispose Yuuri portando l’attenzione sul loro bambino a sua volta. “L’ha definita una sua intuizione.”
Victor rise. “Beh… Non la ringrazierò mai abbastanza per quella sua intuizione.”
Yuuri riportò immediatamente gli occhi su di lui e lo guardò in silenzio mentre toglieva il bavaglino a Yurio e lo sollevava di peso per metterlo a sedere sulle sue gambe, lontano da stoviglie sporche che avrebbero rischiato di essere lanciate in ogni direzione.
Yurio allungò subito le manine per cercare di afferrare la scatola con dentro i piccoli pattini ma Victor l’allontanò prontamente. “No, micino, quelli li apriremo solo a bordo pista mentre papà ti tiene saldamente le mani e mamma te li allaccia alla velocità della luce prima che tu decida di agitarti e sgozzare qualcuno.”
“Zitto, papà!” Si ribellò Yurio sollevando il faccino imbronciato.
“Zitto a me?” Domandò Victor sgranando gli occhi. “Va bene, vediamo se riesci a stare zitto tu così…” Si alzò in piedi e sollevò Yurio sopra la sua testa. Le ciocche bionde ricaddero in avanti coprendo il bel faccino imbronciato, poi Victor lo lanciò in aria e la piccola boccuccia si sollevò in un sorriso dolcissimo.
Yuuri rise con loro. “Victor, non lo agitare troppo: ha appena mangiato.”
Victor riadagiò il bambino contro il petto e Yurio tornò immediatamente serio per l’interruzione improvvisa del suo divertimento. “Ehi, micino, tu lo sai di che colore sono gli occhi della mamma?” Domandò mettendo il bambino a sedere sul bordo della penisola.
Quando Yurio si voltò a guardarlo con attenzione, Yuuri si trattenne dal ridere. Sia lui che Victor sapevano quanto fosse inutile quella domanda: il loro bambino non poteva vedere alcun colore. Non ancora…
“No,” rispose, di fatto, Yurio imbronciandosi immediatamente.
Yuuri e Victor risero insieme.  
“Papà?” Domandò il bambino sollevando le manine sul viso del genitore.
“Cosa?” Domandò Victor. “Vuoi sapere di che colore sono gli occhi di papà?”
Fece per rispondere.
“Sono come il mare…”
Victor rimase con le labbra dischiuse ma nessun suono era uscito da esse. Yurio si voltò ed il suo sguardo andò oltre la testolina di capelli biondi, fissandosi in quegli occhi scuri e profondi che avevano riempito di colori il suo mondo.
“Gli occhi di tuo padre sono come il mare d’inverno,” descrisse Yuuri con dolcezza disarmante. “La luce crea infiniti giochi di luce nei suoi occhi esattamente come lo fa sull’acqua del mare. La maggior parte delle volte sono azzurri ma hanno delle sfumature più scure, più blu ai lati dell’iride. Quando brilla il sole, invece…” Si alzò in piedi ed allungò una mano per scostare una ciocca di capelli biondi dal faccino di Yurio. “Assumono delle sfumature verde acqua, esattamente come i tuoi, amore.”
Seguì il totale silenzio.
L’espressione sul viso di Yurio era la copia carbone di quella di Victor e Yuuri se ne rimase lì, a guardarli, col suo sorriso sognante e gli occhi un po’ lucidi per un’emozione che tentò di nascondere abbassando lo sguardo.
Ovviamente, Victor non gli avrebbe mai concesso una via d’uscita così semplice.
Si alzò in piedi, Yurio contro il petto. Fece il giro della penisola e strinse il braccio libero intorno alla vita del compagno. Yuuri ricambiò immediatamente l’abbraccio nascondendo il viso contro la spalla dell’uomo che era stato il suo idolo, il suo sogno, il suo coach ed era divenuto la sua anima gemella, suo marito, il padre di suo figlio.
“Sai cosa ho pensato la prima volta che ho visto veramente l’oro?” Mormorò Victor tra quei capelli corvini.
Yuuri non riusciva a parlare, così attese e basta.
“Me ne stavo in questa stessa cucina a guardare una delle mie tante medaglie d’oro come se non l’avessi mai vista,” raccontò Victor. “È stata la più grande delusione della mia vita…”
Yuuri si allontanò da lui quel tanto che basta per guardarlo. “Per quale ragione?” Chiese confuso.
E il sorriso di Victor fu tra i più dolci che Yuuri avesse mai visto sul suo viso, pari a quello che gli aveva rivolto quando aveva vinto il suo argento al loro primo Grand Prinx insieme. Se lo ricordava ancora quel momento. Se lo sarebbe ricordato tutta la vita: la musica che finiva, il cuore che riprendeva a galoppare nel petto ed il patto che si alzava ed abbassava come se qualcuno avesse tentato di soffocarlo per tutto il tempo. La mano protesa nella direzione dell’unico a cui poteva essere rivolto quell’amore.
“Perché quel colore non era paragonabile a quello dei tuoi occhi.” Rispose Victor.
In un’altra occasione, Yuuri si sarebbe sciolto in lacrime e avrebbe sfogato quella felicità in una serie infinita di baci e di abbraccia caldi, stretti.
“E io?”
La più brillante medaglia d’oro sua e di Victor, però, non poté fare a meno di attirare di nuovo l’attenzione su di sé in una frazione di secondo. Entrambi risero notando l’espressione indignata sul faccino paffuto di Yurio.
“I tuoi occhi sono i secondi più belli del mondo!” Esclamò Victor. “Garantito da papà!”
Yurio parve ancor più offeso. “No secondi. Primi!”
“Nella vita bisogna anche saper perdere, Yuri Nikiforov.”
“Victor…” Yuuri alzò gli occhi al cielo. “Ha tre anni e tu non sei proprio la persona più adatta per impartirgli questo tipo di lezione.”
“Almeno non ci rimarrà male quando tutti lo paragoneranno a me e te delusi che non sia riuscito a battere il nostro record!”
“Victor!”
“Io primo!” Esclamò Yurio determinato sporgendosi per farsi prendere in braccio dalla mamma. “Io vinco!”
“E comunque non possiamo sapere se riuscirà ad essere migliore di noi o no!” Esclamò Yuuri. “Non siamo nemmeno se il pattinaggio gli piacerà fino a questo punto!”
“A meno che non ce lo abbiano scambiato in ospedale…”
“Victor!”
 
 
Il giorno dopo, Victor portò Yurio al palaghiaccio col chiaro intento di voler provare qualcosa al suo fin troppo democratico compagno. Tre ore, un inseguimento su ghiaccio ed una crisi di pianto dopo, Yurio informò urlando i suoi genitori che a casa non ci voleva tornare, che voleva restare a pattinare per sempre.
Quella fu la dichiarazione di guerra della Tigre del ghiaccio di Russia.
 
 
***


 
Era una giornata d’inizio settembre come tante altre.
Yurio aveva passato la maggior parte dell’estate a seguire il campo d’allenamento estivo di Yakov e Lilia e Yuuri era tornato in Giappone per partecipare ad un evento nazionale. Quindi, Victor aveva approfittato di quelle ultime giornate di sole per stare con suo figlio e goderselo un po’ all’infuori degli allenamenti e delle performance.
Ufficialmente, Victor non era ancora il coach di Yurio anche se supervisionava tutti i suoi allenamenti. A subirne le conseguenze erano i nervi di Yakov che gli aveva permesso di essere presente nella formazione del bambino come coreografo. Sebbene, Lilia avesse ancora l’ultima parola su tutto. Era meglio che Yurio avesse una formazione oggettiva, almeno per quanto riguardava le sue stagioni nelle categorie juniores.
Di Victor, inevitabilmente, aveva ereditato molto dello stile di pattinare ma, in quanto padre, era meglio che si facesse un po’ da parte e permettesse a Yurio di trovare il suo personale ed unico modo di essere.
Victor comprendeva e si accontentava della felicità che provava nel vedere Yurio crescere e nel rivedersi, in un certo senso.
Aveva dieci anni, il piccolo capolavoro suo e Yuuri. Pochi anni e sarebbe sbocciato ed allora sarebbero stati dolori. Victor poteva dirlo non solo perché era il padre ma perché conosceva molto bene anche la madre.
All’occhio Yurio era sgraziato, arrogante e scontroso ma anche Yuuri, ad una prima occhiata, gli era sembrato impacciato, timido ed ingenuo… Fino a che quello a ritrovarsi sedotto non era stato lui, la leggenda vivente Victor Nikiforov.
Victor aveva charme, oltre ad essere esteticamente apprezzabile. Era inutile fingere di non saperlo.
Yuuri, però, era pericoloso. Tutto un altro livello.
In quanto marito, ne era estremamente felice. In quanto padre, l’idea che Yurio nascondesse anche solo un briciolo di quel talento sotto la sua corazza da gelido e duro principino del ghiaccio, lo terrorizzava.
Victor si sedette sulla sabbia tiepida e decise di rimandare quei pensieri ad un altro giorno: Yurio aveva solo dieci anni e l’unico linguaggio che riusciva a comprendere era quello del pattinaggio. Con un po’ di fortuna, prima che imparasse quello dell’amore sarebbero passati ancora setto o otto anni.
“Ah, quanto sarò vecchio…” Mormorò Victor a se stesso guardando il suo bambino giocare sulla sabbia insieme a Yucchan. Makkachin li aveva lasciati qualche inverno prima e Victor e Yuuri avevano dovuto aspettare qualche mese per trovare il coraggio di porre rimedio a quella tristezza.
Alla fine, si erano detti che un cucciolo non avrebbe sostituito il loro cane ma sarebbe stato bello vedere Yurio crescere con un cagnolino tutto suo, esattamente come avevano fatto loro.
Quando avevano portato Yucchan a casa, Yurio aveva pianto lamentandosi che se non poteva avere Makkachin, non avrebbe voluto bene a nessun altro cane. Per tutta risposta, Yucchan aveva passato una settimana a piangere nella sua cuccia, fino alla mattina in cui Victor e Yuuri non si erano svegliati e non avevano trovato il loro bambino raggomitolato sul tappeto accanto alla cesta del suo cucciolo.
Ah, il suo piccolo, spigoloso Yurio ed il suo cuore di vetro che non poteva non aver ereditato con due genitori come pattinatori.
Yura, si sta facendo buio. Tra poco torniamo a casa.” Disse Victor con un sorriso.
Yurio allontanò l’attenzione dalla buca nella sabbia che stava scavando insieme a Vicchan per guardarlo dritto negli occhi. Per un attimo, Victor pensò che dovesse dirgli qualcosa ma il bambino si voltò di colpo verso il mare alle sue spalle. Ripeté il movimento un paio di volte, poi si alzò in piedi, il cane dietro di lui.
Victor lo guardò in silenzio mentre si avvicinava e continuava a fissarlo come se avesse qualcosa in faccia. “Qualcosa non va, Yurio?” Domandò gentilmente.
Il bambino lo guardava dall’alto in basso con espressione indignata. “Mamma ha detto una bugia,” disse. “I tuoi occhi non sono esattamente del colore del mare.”
Da principio, Victor dischiuse le labbra e fece per replicare. Un istante dopo, il suo cuore saltò un battito. “Che cosa hai detto, Yurio?” Domandò.
Yurio storse la bella bocca. “Sei sordo? Ho detto che mamma ha detto una bugia e lo hai fatto anche tu: il mare non ha un colore, riflette solo quello del cielo e gli occhi di mamma non brillano più delle medaglie d’oro che avete vinto.”
Victor non sapeva con che espressione stava guardando suo figlio ma aveva la netta sensazione che fosse particolarmente idiota. “Tu vedi il colore del mare,” disse e, per un momento, sperò di svegliarsi e di realizzare che era tutto un brutto sogno. “Tu vedi il colore degli occhi della mamma…”
Yurio annuì come se non ci fosse niente di strano. “E vedo l’oro delle medaglie, sì.”
Era una lista di colori troppo lunga perché fosse un evento recente. “Yurio,” Victor afferrò le piccole braccia per spingere il bambino ancor più verso di sé, “quando hai cominciato a vedere questi colori?”
Yurio scrollò le spalle. “Non lo so, più o meno all’inizio del campo d’allenamento estivo…”
“Il campo d’allenamento estivo…” Ripeté con un sorriso nervoso. “E tu sai cosa vuol dire?”
“Che sto crescendo, no?” Domandò Yurio reclinando la testa di lato. “I colori compaiono man mano che divento grande, no?”
Victor cercò di portare alla mente una scena di molti anni prima, quando Yurio aveva chiesto loro spiegazioni riguardo alla natura dei colori. Incapaci di rispondergli senza confonderlo, Yuuri lo aveva preso tra le braccia e dolcemente gli aveva detto: “quando sarai grande capirai…”
Yurio doveva aver interpretato quelle parole nel modo più logico per lui.
“Sì,” rispose Victor, il sorriso nervoso si fece ancora più ampio. “Crescendo….” Una pausa. “Gioca ancora un po’ con Yucchan, non è ancora ora di tornare a casa.”
Yurio tornò alla sua buca insieme al suo cucciolo. Victor aspettò che fosse abbastanza lontano, poi cacciò la mano in tasca e ne tirò fuori il cellulare. Non si scomodò a cercare il numero che voleva in rubrica, lo digitò a memoria. Seguirono tre bip prima che la voce assonnata di Yuuri gli rispondesse. “Victor?” Domandò.
“Yuuri… Dormivi?”
“Sai che ore sono qui in Giappone, Victor?”
“Dettagli! Abbiamo un problema!”
Victor sentì il respiro di Yuuri venire meno per un attimo. “È successo qualcosa a Yurio?”
“Sì!” Rispose Victor d’istinto, poi si morse la lingua. “Cioè, no! È successo qualcosa a Yurio ma non qualcosa, capisci?”
“Victor, mi stai spaventando, vedi di essere più chiaro!” Rispose Yuuri allarmato.
Victor boccheggiò per alcuni istanti. “Tuo figlio è arrabbiato con te,” disse infine.
Ci fu un momento di silenzio. “Per quale ragione?”
“Dice che il colore del mare non è come glielo hai descritto tu.”
Victor poté quasi vederlo il suo Yuuri mentre una serie di espressioni passava velocemente sul suo viso e la realtà prendeva forma man mano forma nella sua mente.
“Eh?!”
 
 
Yuri Nikiforov aveva dieci anni quando vide il suo primo colore e, per assurdo, fu lo stesso che Victor trovò negli occhi di Yuuri quando lo riconobbe come la sua anima gemella.
Sarebbero dovuti passare altri cinque inverni, prima che un pattinatore dagli occhi scuri gli confessasse di aver visto le sfumature del mare nei suoi.


 
Fine
 
 




Note di chiusura:
Primo aggiornamento dell’anno ed è per completare un progetto.
Speriamo sia un buon presagio per l’anno appena iniziato…
Si conclude qui la mia prima avventurina nel mondo adorabile e colorato di questo fandom.
Ringrazio Eneri Mess per avermi dato l’occasione di scrivere su questi personaggi con il suo splendido progetto natalizio. Mi ha dato la scusa giusta per metabolizzare il caos emotivo che questa serie mi ha provocato in modo costruttivo.
E un grazie va anche a tutti i lettori e recensori che hanno speso il loro tempo per dare una possibilità a questa fanfiction.
Vi saluto con la promessa di rileggerci presto.
 
Marta

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