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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Amori impossibili - Prima parte *** Capitolo 2: *** Aneliti del cuore *** Capitolo 3: *** A lume di candela *** Capitolo 4: *** Terra di mezzo *** Capitolo 5: *** Volti nudi *** Capitolo 6: *** Lontano dagli occhi... vicino al cuore *** Capitolo 7: *** Cuori che bruciano *** Capitolo 8: *** L'amore va oltre l'impossibile (epilogo) ***
Capitolo 1 *** Amori impossibili - Prima parte ***
Amori impossibili
I nostri amori impossibili
Fersen ti ha
salvato la vita.
La gratitudine è
un sentimento che scalda il cuore, e lo accende al crepitio di una fiamma
nuova, e qualche volta può confondere.
Non sai come potrai
mai sdebitarti; hai aperto gli occhi solo un istante prima di svenire e lui era
lì. Credevi fosse un sogno, invece era vero. Ti sei risvegliata nel tuo letto e
lui era sempre lì, al tuo capezzale e ti sorrideva.
È tornato dopo
quattro anni; eri certa che un giorno, vi sareste nuovamente incontrati. Sapevi
che Hans sarebbe tornato in Francia. Ne eri certa per un motivo molto preciso.
Oscar, noi ci
rivedremo un giorno, ti aveva detto prima di partire per
la Svezia. Non ne avevi mai dubitato.
Finalmente la
regina avrebbe ritrovato un po’ di felicità. Soprattutto, si sarebbe
allontanata per un po’ dalla Polignac e dalla sua cattiva influenza, con tuo
sommo piacere; in questi anni, Sua Maestà si è gettata a capofitto in ogni
sorta di sfrenato divertimento solo per colmare il vuoto, il tedio e la
solitudine che la opprimono.
Sai che Fersen
potrebbe riempire quel vuoto… oh, se soltanto lei non portasse il peso di una
corona sulla testa. Che pensiero inutile, perfino sconveniente per il
Colonnello delle Guardie Reali.
Vorresti soltanto
che lei fosse felice, ed è un desiderio sincero. Ti basterebbe, e sei convinta
che saresti felice così.
Se la tua regina è
serena, sarà solo un bene. Sarà migliore e più saggia. Diventerebbe quella
grande sovrana che il popolo attende, che ora si nasconde sotto vesti preziose
e stravaganti, che gioca d’azzardo inconsapevole delle cifre spaventose che
butta al vento.
La ferita
riportata nell’agguato ti fa male, ma il dolore non spegne la speranza. Il
dottore ha detto che devi stare a riposo almeno un mese, se vuoi recuperare
l’uso del braccio.
Speri di guarire
più in fretta, e a dire il vero, nont’importa. Se devi, tornerai a Versailles avvolta nelle bende, anche se
hai sempre fatto di tutto per starne il più lontano possibile.
Non vuoi perdere
nemmeno un minuto.
Non vuoi perdere
neppure uno sguardo.
Sarà una gioia
vedere Maria Antonietta sorridere d’autentica felicità, non quella effimera ed
evanescente delle feste di palazzo e dei balli in maschera a Parigi fino a
tarda notte, che stordiscono i sensi e sfiancano le membra, ma quella vera data
dagli affetti più sinceri, quella genuina di un amico che torna da lontano dopo
lungo tempo.
Il cuore è così
leggero in certi momenti…
E ti capita così
di rado…
*****
Hanno cercato di
ucciderla, quasi ci riuscivano.
Quando l’hai vista
cadere a terra, colpita alle spalle… per un attimo, il terrore t’ha
paralizzato, e t’ha lasciato solo quando hai visto i vostri assalitori fuggire.
Credi di sapere chi
possa essere il mandante di quell’imboscata. Quella donna maledetta; l’avevi
messa in guardia dalle possibili rivalse della contessa, ma Oscar a volte è
troppo impulsiva e testarda.
È stato facile
attirarla, usando il nome della regina.
Per fortuna è arrivato
Fersen.
Alla fine è
tornato.
Hai visto Oscar
sorridergli in un modo che non ti è piaciuto.
È ridicolo, ma non
ti senti tranquillo. Oscar da qualche giorno è più ansiosa del solito, a volte
sembra leggermente distratta, come se fosse con la testa altrove… non è da lei.
La convalescenza la rende irritabile, ed è insolito che abbia voglia di tornare
a corte, e glielo hai fatto notare.
“Davvero strana
questa fretta che hai di rimettere piede a Versailles. Non credo sia per
sbugiardare la Contessa di Polignac… Qual è il vero motivo, Oscar?” Le hai
chiesto con reale interesse, mentre la osservi impugnare la spada, per saggiare
la forza del braccio e il recupero naturale dei movimenti.
Come da
previsione, lei si è attaccata ai suoi doveri di soldato, risposta che non ti
ha sorpreso, ma ti ha lasciato insoddisfatto.
“Sempre troppo
ligia al dovere, Colonnello. Credevo che medaglie e onorificenze non fossero di
tuo interesse!”
Il tono è
scanzonato, e perfino lei non trattiene un sorriso.
Chi pensi d’ingannare,
Oscar?Solo un pensiero inespresso.
Hai un sospetto, ma speri non sia quello che pensi. È un
vago timore, un sentimento sottile e infido che ti accompagna da qualche anno,
ci convivi sperando di addomesticarlo e che domani non ti morda a tradimento.
In certi momenti è più nitido e lacerante, altre volte sembra sciogliersi sotto
il peso di pensieri vani.
Quattro anni fa, prima del rientro di Fersen in patria,
era come oggi: un pezzo di ghiaccio che brucia sul cuore.
Una possibilità
ancora lontana, pensavi.
Sapevi di mentire.
Più che altro, a
te stesso.
È già successo, o
sta per succedere; quel conte svedese svelerà ad Oscar i tormenti dell’amore.
I tuoi li terrai
per te, ma oggi certe verità fanno paura.
****
Dopo tre settimane
hai rimesso piede a corte.
La prima impressione
ti ha turbata: è autunno inoltrato, pare che l’aria abbia uno strano profumo,
come se la primavera fosse in anticipo e il sole tiepido della stagione bussi
alle finestre delle reggia per entrare.
La regina sembra
sempre più bella, come un fiore prezioso, una rosa delicata nell’attimo in cui
sboccia.
Così l’ hai
descritta a Fersen, quando ti ha chiesto se era cambiata attraverso gli anni.
L’hai sentita,
quella nota di lieve incertezza nella voce, come un’esitazione. E dopo il tuo
cuore ha tremato per poco.
Ma non hai voluto
badarci.
Il loro incontro
improvviso era gioia pura.
Hai letto estasi
negli occhi limpidi e sinceri di Maria Antonietta nell’istante in cui hanno
incrociato quelli di Hans.
La stessa gioia
nello sguardo del conte, solo più trattenuta.
Eri un testimone
senza parole, mentre i pensieri ammutolivano.
Non hai mai visto
amore passare in uno sguardo.
Mai amore è
passato nel tuo.
Improvviso, ti
piomba alla memoria lo sguardo di André, quel verde troppo profondo che
nasconde tutto quello che non ti dice, e che non può dire.
E tu a volte fai
finta di non vedere cosa passa nello sguardo del tuo amico, un bagliore che
palpita di un desiderio indecifrabile. Per convenienza. Per quieto vivere.
Semplicemente è
più facile.
Allora per un
attimo, hai paura; Fersen e Maria Antonietta non nascondono nulla, se perfino
tu leggi cosa c’è nei loro occhi che s’incrociano e subito fuggono timorosi.
Vorresti che la
regina non fosse così cristallina, così ingenua, così facile all’inganno. Col
suo atteggiamento limpido e schietto, troppe volte la sovrana di Francia si
espone al pericolo del pettegolezzo; il problema sono i suoi nemici. Ne ha così
tanti.
Si nascondono
dietro i ventagli ornati delle dame, dietro le porte di Versailles, nelle
anticamere e nei corridoi della reggia, scivolano sui marmi policromi dei
pavimenti senza farsi notare, con le riverenze, i loro sorrisi falsi di
circostanza.
Adesso la regina è
felice; cammina come se non fosse ancorata al suolo, leggera come una nuvola
fatta di luce.
Si nota, lo vedono
tutti.
Lo vedi anche tu.
È una felicità contagiosa
come una febbre violenta, e altrettanto pericolosa. Indebolisce la volontà, il
cuore e la mente.
Andrè se n’è
accorto: al tuo amico non sfugge mai nulla di quello che ti riguarda, e questo
a volte t’irrita.
Non ti piace
sentirti esposta.
Non sei come Maria
Antonietta; non sei cristallina, né trasparente come vetro, il più delle volte
sei ombrosa e indecifrabile, eppure André riesce ad andare oltre il tuo
sguardo, maschera di cielo che nasconde i temporali che porti dentro.
Qualche anno fa ti
chiedevi come facesse ad affrontare quei temporali senza temerli.
Oggi sai che la
risposta è solo una, quella che non vorresti.
Chi ama riesce a
leggerti dentro. Fino in fondo, dove gli altri non arrivano. Dove neppure tu
arrivi.
*****
Avevi ragione, sta
succedendo qualcosa nel cuore della tua Oscar.
Tua… Magari fosse
così.
L’unica cosa che
puoi vantare è l’amicizia; qualcuno direbbe che è perfino troppo, per un servo.
Anche la tua educazione è un privilegio che altrove non avresti avuto.
Non importa.
Te lo fai bastare,
te lo imponi, quasi.
In fondo, sei più
fortunato di tanti altri.
Non rinunceresti
alla tua fortuna per nulla al mondo; starle accanto può voler dire
soffrire, ma stare lontano da lei sarebbe solo peggio.
È normale
scegliere il male minore.
Sta accadendo e non puoi farci niente.
Quante volte ti sei
chiesto, quando... Ti stavi solo preparando e ti sei rassegnato a ciò
che era solo questione di tempo, una legge di natura di cui il generale non si
è preoccupato.
Non potevi temere
quello che sapevi, alla fine, sarebbe successo, ma vorresti non essere così
bravo a leggere il suo cuore.
Potevi pregare
Dio, e non lo hai fatto, perché sarebbe rimasta una preghiera inascoltata, come
tutte quelle che nascono dall’egoismo.
Hai pregato invece,
per poterlo sopportare come stai facendo.
Sei diventato paziente.
Non per virtù, ma
per necessità.
Per bisogno,
l’essere umano si adatta quasi a tutto. Se al bisogno si unisce l’amore, ogni
rinuncia è tollerabile.
Il sacrificio si
trasforma in estasi.
Quelli come te,
con spregio ti chiamano cane fedele, ma non ne hai l’indole, nonostante
l’apparenza.
In fondo, non hai
scelta.
È l’amore che
sceglie.
Sai di essere un
egoista; non avresti mai voluto vederla innamorata di qualcuno che non sei tu.
Lei invece è così
inconsapevole. Così ignara di cosa sia l’amore, della forza che possiede, del
tumulto interiore che scatena e che nulla placa, se non l’oggetto del suo
interesse.
Quello svedese le
sta rubando il cuore, e tu puoi solo restare in silenzio, a guardare mentre lo
fa.
Se solo volesse,
il nobile svedese potrebbe portartela via, e tu saresti impotente, senza alcun
diritto di lottare per lei. Il tuo sentimento è una catena che ti sei legato al
collo, forse non del tutto da solo.
Non sei altro che un
servo. Ricordalo, André.
In modo che tu non
abbia niente da reclamare, sogni da pretendere.
Nessuno può
rubarti quello che non hai.
Dunque, stai
tranquillo: Fersen non la guarderà mai come una donna. In questo caso, Dio deve
averti ascoltato.
Lei soffrirà, e tu
la guarderai soffrire senza fare nulla.
Non avrai
consolazione da offrire, né lei, altera e orgogliosa com’è,te ne chiederà. Eppure, tu ci proverai, con
poche parole e magari, qualche piccolo gesto gentile, come ravvivare il fuoco
nel camino, o porgerle una tazza fumante di cioccolata.
E in quel momento,
sai che le brilleranno gli occhi, unica ricompensa al tuo amore nascosto.
Siamo solo
all’inizio del vostro calvario.
*****
Fersen è tornato in
Francia solo per prendere moglie; deve farlo pur non essendo innamorato. Alla
rivelazione, ti sei scandalizzata come una stupida ingenua che non sa nulla
della vita; nel vostro mondo, i matrimoni combinati sono una consuetudine
assolutamente normale.
Non si sposa
qualcuno perché gli si vuole bene.
Tra i membri delle
classi privilegiate non succede. Forse non accade neppure tra coloro che non
sono delle classi privilegiate.
Lo sapeva bene la
disgraziata Charlotte, la vergine venduta alle lussurie di un duca in cambio di
vantaggi e maggiori influenze per i Polignac. Allora hai pensato per l’ennesima
volta, a quanto la tua educazione ti abbia favorito; non prenderai mai ordini
da un marito, sorte di molte donne della tua epoca che non prendono i voti consacrandosi
a Dio.
Gli uomini sono
tuoi pari. Comandi come loro, e comandi loro.
Il tuo migliore
amico è un uomo, e questo è un privilegio eccezionale. Ti confronti con André
alla pari, né t’importa se per la società non lo siete; nessuna delle tue
sorelle può fare altrettanto con il consorte.
Questa libertà
pagata con lacrime e sangue di bambina è una cosa che ti piace.
Questo è il mondo
che ti ha dato tuo padre. Un mondo grande e ricco di possibilità, che tu sola
hai avuto.
E ti sei adattata
alla perfezione.
Perfino meglio di
un uomo.
Eppure…
Ti senti più
triste del solito, senza apparente motivo.
Forse, per la
Regina, che per la Ragion di Stato, è moglie di un Re che non giace con lei.
Forse per Fersen,
che ama una regina che non sarà mai sua.
In realtà, temi
sia per te stessa.
Il peso che hai
sul cuore è reale, ma da dove viene non sai dirlo.
André, ne sei
certa, lui lo sa.
La tua pena fa
parte di tutto quello che non dice; è un segreto fra voi, che nasconde
all’ombra calda di quei sorrisi che regala solo a te.
Vi unisce un
silenzio complice e tacito.
Certe cose è
meglio non dirle.
Ti chiedi come fa
André, a sorridere in quel modo, da non riuscire ad associare la tristezza ai
suoi occhi.
Molte volte ti chiedi
se è più facile non vederla, o forse lui la nasconde davvero bene.
Lo sai che è più
di semplice affetto fraterno.
Lo sai che è più
di semplice amicizia.
Lo sai, e devi
fingere, continuare a raccontarti che non sia altro. Ma André è come te, un
essere umano che si strugge in silenzio, celando l’amore che gli brucia il
cuore.
Un giorno, speri
che ne potrete parlare con la leggerezza di ciò che fu. Magari riderne. La vita
trascinerà con sé ogni rimpianto, prima che arrivi quel momento.
*****
Oggi sulla strada
verso casa era taciturna, il suo sorriso, già così raro, aveva lasciato il
posto ad una vaga malinconia.
Non c’era più
traccia della gioia dei giorni appena trascorsi.
L’hai vista
parlare con Fersen nel parco di Versailles. Parlano un po’ troppo ultimamente,
e non lo hai notato solo tu.
Ti accorgi subito
quando è turbata. Fersen farebbe meglio a sfogarsi con qualche sua amante
parigina. Sai che ne ha diverse; una sera per caso, mentre uscivi da
un’osteria, ti sei preso la briga di seguirlo fin dentro l’androne di un
palazzo; era la dimora di una nota contessa, moglie di un alto diplomatico. Sei
sempre stato attento a tutto, e sai più cose di quante tu ne riferisca a Oscar,
e questa è una di quelle notizie che non le dici.
E all’improvviso
ti chiedi che effetto le farebbe saperlo.
“Qualcosa ti
preoccupa, Oscar?”
“Nulla André, sono
solo stanca…”
No, non è solo
stanchezza, lo capisci dall’inflessione della voce.
Perché sei triste,
amore mio?Vorresti chiederle, ma non osi.
La verità è che
non hai bisogno di chiedere nulla.
Tu sai.
Non sei uno che si
prende in giro. Non te lo puoi permettere.
Tu lo sai che il
destino porta sempre dove non vorremmo, in direzioni che non abbiamo scelto.
Tu lo sai che devi
nascondere l’amore.
Hai imparato a farlo proprio perché la ami; solo l’amore
può dare tanta forza, e anche un sentimento non corrisposto, taciuto e segreto
può riempire una vita, e lì, trovare il suo senso.
Tu sai quanto è
difficile.
Tu sai quanto può
far male.
Oscar non vede.
Non sa. Forse è meglio così, pensi.
La vostra amicizia
basta a consolarvi di quel che non avete, ma la vera illusione è credere che
possa bastare, a te come a lei.
****
Fersen ha dovuto
dirle la verità.
“Perché Fersen?
Perché l’avete detto a Sua Maestà la regina? Era necessario dirle che vi
sposate?”
Hai gridato con
rabbia.
Nei giardini della
reggia, tra le siepi spoglie delle rose, davanti ai cortigiani curiosi, l’hai
vista non riuscire a trattenere il pianto, mentre disperata fuggiva per
nascondere le lacrime che le rigavano le guance pallide.
L’hai pregata con
lo sguardo di controllarsi, hai cercato di trattenerla perché lei non dovrebbe
mai dimenticare di essere prima di ogni altra cosa, la Regina di Francia. Una
regina trasparente.
Una regina non
dovrebbe mai mostrare i suoi veri sentimenti, esattamente come un soldato.
Non potevi fare
altro per lei.
Sei stata
addestrata per proteggerla, ma non hai nessun potere di impedire quello che sta
accadendo, non solo a loro, ma anche a te.
Neanche dopo,
quando Fersen ti ha detto che avrebbe voluto dirle “Maestà io vi amo!” non hai
potuto evitare di sentire una dolorosa fitta al cuore, come una stilettata
improvvisa e fulminante, che serra la gola e il respiro.
È un dolore nuovo
e sconosciuto. E un po’ ti spaventa.
Non dovresti
soffrire così.
No.
Non è pena d’amore
ciò che senti.
Ma tu non ne sai
molto di turbamenti femminili.
I dubbi inchiodano
la mente, affollano i pensieri come stormi di uccelli neri, che turbinano nel
cielo cupo della sera, mentre tu e André tornate a casa.
L’amico cavalca al
tuo fianco.
Ti osserva
apprensivo come al solito. Lui ha già capito tutto, perfetto custode di quello
che non ammetti neppure con te stessa.
Vorresti
ingannarlo, ma con lui non ci riesci mai. Anzi, anche questa volta è lui a
disingannarti.
“L’altra sera a
Parigi ho visto il conte di Fersen uscire dalla casa di Madame De La Tour; a
corte si parla molto di una loro amicizia intima…”
“Perché mi
racconti queste cose? Lo sai che non m’interessano…” dici, sperando di
scoraggiarlo.
Certi discorsi
t’irritano; lui lo sa benissimo, e a volte ti pare proprio che lo faccia
apposta.
“Il Colonnello della
Guardia personale della regina, deve essere informato di tutto, se vuole
servirla al meglio; se a corte si parla di Fersen in relazione ad altre donne,
si allontanerà l’attenzione dalla storia con la regina…”
“Come sei zelante,
André…” ma il tono ti esce più ironico di quanto vorresti, mentre fingi che la
cosa non ti riguardi, né conviene pensare che nelle parole del tuo amico si
nasconda una punta di gelosia ben dissimulata.
Lo hai capito da
tempo; André è più bravo di te, a fingere.
Qualche ora più
tardi, sola nella tua stanza, porti un calice di vino alle labbra con
tristezza: nel riquadro oscuro della finestra, guardi la luna, signora
silenziosa complice degli amanti che si nasconde tra le nubi. Pensi che forse
anche Fersen e Maria Antonietta la stanno guardando, nascosti in qualche
piccolo padiglione dei giardini di Versailles, a rubare alla notte poche e
brevi ore di felicità.
Continua…
Buon anno a tutte
voi ragazze.
Torno con una
piccola storia che nasce da impressioni avute leggendo il manga fin dalla prima
volta, impressioni che si sono riconfermate recentemente ad una nuova recente rilettura
dell’opera, che oggi viene ripubblicata con l’aggiunta di storie inedite;
Oscar, in qualche modo, era consapevole dei sentimenti di André? Per me sì (nel
manga).
Qualcuno penserà
che questa sia un’eresia, perché l’anime non suggerisce nulla del genere (a
parte forse la puntata 20 che potrebbe prestarsi a qualche lettura ambigua) ma
il manga mi ha dato sempre una sensazione diversa. Da questa ipotesi, nasce
questa breve storia che ho diviso in due capitoli per comodità.
Al prossimo
capitolo, e se vorrete lasciarmi le vostre impressioni ne sarò felice. Grazie di
cuore.
La vita è davvero strana e
imprevedibile, pensi, mentre riponi le due spade nella loro sede
addossata alla parete.
Sei nato servo, questo ti
prospettava un’esistenza semplice, una moglie affettuosa e dei bambini, una
vecchiaia tranquilla e serena accanto ad un focolare.
Sai che non sarà mai così, non
per uno come te.
Per la più incredibile delle
sorti, sei l’attendente di una donna singolare, nobile di nascita, che per curiosa
ironia, spesso condivide le tue medesime esperienze, come se ostinatamente,
ciascuno volesse seguire le orme dell’altro.
Ma affrontarle da uomo o da
donna è una cosa diversa.
Diverse complicazioni. Diverse
le reazioni.
Gli angoli delle labbra si piegano
appena, mentre pensi che, se vi unisce lo stesso percorso, forse un giorno
riuscirete a vivere un amore felice e corrisposto.
Magari insieme.
Per fortuna, sai dove finisce il
sogno e comincia la realtà.
Non confondi mai le due cose, e
hai imparato da tempo a tenerle separate.
Fersen è proprio a cavallo di
quel confine, l’elemento che contamina il vostro mondo e lo mette in crisi, in
maniera drammatica per la prima volta, e ancora non sai dire in che maniera
finirà.
Qualche volta provi anche ad
immaginarlo… l’ipotesi peggiore di tutte… se Oscar e il conte di Fersen un
giorno lontano e disgraziato diventassero amanti… al solo pensarci ti assale un
violento conato di vomito.
Lo svedese viene a Palazzo
Jarjayes di frequente.
Tu sai cosa viene a cercare qui;
la sua amicizia con il Colonnello Oscar è leale e molto schietta, perfino
troppo, pensi, perché complica le cose in un modo che il conte non può
neppure immaginare. Di fatto, lei è l’unica vera amica che abbia qui in
Francia. Tutte le altre amiche o presunte tali, soddisfano esigenze un
po’ diverse. In realtà, da qualche tempo è diventato un personaggio molto
impopolare, non solo a corte.
Viene qui è conversa
tranquillamente con lei, si misura con lei con la spada, assumendo
l’atteggiamento tipico di quel cameratismo che si ha fra uomini.
Ma lei non è un uomo.
È sorprendente con quanta
facilità il conte riesce a dimenticare questo dettaglio; sarà per questo
che non lo hai mai considerato un vero rivale, stemperando la tua gelosia in
una gentilezza un po’ forzata.
Si chiama fare buon viso a
cattivo gioco.
La tratta da uomo, permettendosi gesti e linguaggio che
non si userebbero mai con una nobildonna, omettendo tutte quelle accortezze sottili
che intercorrono fra dame e gentiluomini; fa tutto questo e non si accorge che
è una donna innamorata. Quel che è peggio, a volte le confida i suoi tormenti
del cuore, lo struggimento per un amore clandestino che infiamma l’anima e i
sensi, che dà gioie unite a inevitabili rimorsi.
È come gettare brace calda sul
fuoco.
Ti chiedi come faccia ad essere
così cieco e ottuso; forse è colpa del suo amore per la regina.
Quando puoi, ti allontani, per
non vedere lo sguardo di Oscar in sua presenza; gli ha concesso una confidenza
che non ha mai dato a nessuno prima, e cerca di darsi un contegno trattandolo
amichevolmente, in maniera perfino cameratesca, ma i suoi occhi tradiscono
altre emozioni, che per fortuna, solo tu sai decifrare.
Ora anche lei è consapevole di
quel che sente.
Ora anche lei sa cos’è l’amore e
la pena che ne deriva.
E mentre Oscar cerca
disperatamente di soffocare i suoi sentimenti, tu vedi e senti il suo tormento,
come fosse il tuo… è anche il tuo.
Lui viene qui e parla della loro
storia d’amore, ormai sulla bocca di tutti. Bisbigliano le dame e i signori di
palazzo, pregustando il sapore piccante dello scandalo, pietanza saporita che
condisce la noia del vivere a corte; la regina di Francia non ha ancora messo
al mondo un erede al trono, ma senza pudore, allaccia una relazione
sentimentale con uno straniero affascinante che viene dal Nord Europa.
-La regina Maria Antonietta ha un amante.
È il pettegolezzo maligno e
volgare che passa dalle lavandaie sudaticce e sguaiate di Parigi, alle massaie
sulla piazza del mercato; è un amore infelice cantato da un menestrello triste,
al suono di una fisarmonica.
- Versailles è un
fantasma lontano; della bella regina austriaca e del suo amore per il conte di
Fersen, noi non sappiamo niente… noi viviamo solo per un misero bicchiere di
vino.
È un libello osceno e
diffamatorio che circola addirittura in caserma tra le Guardie Reali, ed è
arrivato sulla scrivania del Colonnello Oscar, che se potesse passare a fil di
spada tutti quelli che parlano di loro, lo farebbe molto volentieri.
“André fai sparire dalla mia
vista questa porcheria!” Ha ordinato con tono perentorio e seccato, mentre
stracciava il foglio di carta in tanti piccoli pezzi, che tu facevi sparire tra
le fiamme del camino.
Se non fosse una situazione
imbarazzante, forse ci troveresti del comico nell’atteggiamento di Oscar.
In rari momenti, avverti una
pena sincera anche per Fersen, in fondo vive un grande amore che gli dà più
sofferenza che gioia.
Lo sberleffo a te e a lei viene
risparmiato. Non le insinuazioni, però. Per fortuna, Oscar di quelle non si è
mai curata. Fanno parte del gioco… Il gioco imbastito dal signor Generale, che
vede voi, soli protagonisti, ma di cui non ha previsto gli sviluppi.
Tu lo sai che a volte si deve
soffocare l’amore, per non far soffrire chi si ama; l’amore chiede sacrifici.
È un padrone esigente.
Un pomeriggio qualunque, simile
a tanti che avete trascorso in questo palazzo, mentre le foglie rosse e gialle
del parco bruciano alle ultime luci d’autunno, ne parli con lei, dopo che
Fersen se n’è andato, rifiutando il suo invito a restare a cena.
Hai pensato che dovesse correre
ad un appuntamento segreto con la regina, e sei quasi sicuro che Oscar abbia
avuto un pensiero identico al tuo. Fersen ha avuto la delicatezza di non
confermarlo, in fondo è un uomo discreto.
Attraverso l’esperienza di un
altro, le parli di te stesso e le confessi il tuo amore, certo che lei non
possa cogliere il senso vero celato dietro parole innocue.
“A volte, è meglio nascondere i
sentimenti… Ci sono persone che amano qualcuno tutta la vita, senza che l’altra
persona lo sappia.”
Il tono pacato tradisce una nota
triste. In realtà, non vuoi turbarla, vuoi solo provare ad alleggerire il tuo
fardello, e sentirti, almeno per un momento, libero.
La luce del tramonto investe voi
e le cose attorno, fa brillare l’argento degli arredi, colora d’oro il
pavimento e le pareti intonacate della stanza.
Sei seduto al tavolo e trattieni
una mela tra le mani, Oscar è in piedi davanti alla vetrata, da cui ha
osservato Fersen montare a cavallo e allontanarsi, e ti dà le spalle. Da
interminabili minuti, guarda ostinata il cielo rossastro e non parla.
Sei sicuro che ti abbia sentito
benissimo, ma lei resta immobile, rigida… ti sembra che esiti
impercettibilmente, non si volta; abbassa la testa e la rialza verso il cielo,
come fosse in cerca di un appiglio, o forse una via di fuga. La mano giace
abbandonata lungo il fianco, ma le dita appena nascoste dal ricco polsino
ricamato, si muovono attraversate da un guizzo nervoso che fa vibrare il
tessuto.
Il silenzio si fa pesante, e tu
hai paura di aver detto qualcosa di troppo. Ti penti immediatamente di esserti
sbilanciato; il vostro equilibrio sta diventando precario, ne avverti i primi
segni.
All’improvviso, si volta verso
di te, con decisione.
Sussulti quando incontri il suo
sguardo.
La sensazione che hai dura il
tempo di un brivido lungo la schiena; i vostri occhi si allacciano per pochi
istanti, e la malinconia, la dolorosa tristezza che passa in quei pozzi celesti
la senti tutta attraversarti l’anima.
Senti il cuore accelerare
incontrollato, quando sospetti non sia per Fersen quel dolore. L’idea ti
sconcerta, finché quello sguardo torna ad essere duro e affilato come
l’acciaio.
Forse ti sei ingannato.
Lei non sa.
Lei non può aver capito.
E tu devi stare più attento alle
parole che ti lasci sfuggire.
Oscar ti ordina di prendere la
spada: vuole combattere ancora, e con una strana fretta, si allontana verso
l’uscita del parco.
Senza battere ciglio, con calma,
la segui.
“André, questa volta faccio sul
serio!” Dice energica, mentre lancia fendenti nell’aria.
Certo Oscar, mai stato più
serio,[1]
sussurri piano senza farti sentire. L’allenamento scarica la tensione, anche
quella sessuale, un’altra di quelle cose che sapete ma non dite.
Quanti duelli tra voi, per
gioco, per sfida, per rabbia; è l’unico modo in cui potete toccarvi, e tutto
passa attraverso sguardi infiammati, fiati corti e sudore, appassionata
espressione del tumulto delle vostre anime, e il cielo nel rosso del tramonto
sembra infuocato e ardente come i vostri due cuori.
*******
Il conte di Fersen ha rotto il
suo fidanzamento, creando anche qualche imbarazzo. Ti ha spiegato con onestà
disarmante che non può sposare una donna e amarne un’altra.
Meglio non appartenere a nessuna, ha
detto.
Lo sapevi! Che nobiltà d’animo.
Avresti meno stima di lui, se
avesse agito come tutti gli altri nobili degenerati e ipocriti che conosci, che
si curano di salvare la faccia in società, e fanno mille altre cose
disonorevoli per soddisfare il proprio ego personale.
Fersen è un uomo meraviglioso e
il tuo cuore esplode d’orgoglio.
È meraviglioso il suo essere
fedele a se stesso e ai suoi sentimenti per lei. Con l’anima, il pensiero e il
cuore, non la tradirà mai.
Col corpo… non lo sai. Forse non
t’interessa saperlo; è un’altra di quelle cose che preferisci ignorare, ma sai
quello che si dice di lui. Perfino André te lo ha confermato, senza troppi giri
di parole.
Andrè non ti risparmia mai la
verità, se non quella troppo scomoda che riguarda voi due.
Da un po’ avverti che è cambiato
qualcosa, e ciò ti preoccupa.
Una volta hai sentito dire da
una cortigiana, che gli uomini non possono restare fedeli fino in fondo ad una
donna, perché loro godono dell’amore che ricevono, mentre le donne, di quello
che possono dare. [2]
Per questo, per una donna spesso
l’amore è fonte di sofferenza.
Non sai se sia veramente così,
non sai molto di queste cose.
Potresti chiedere al tuo amico
André dei chiarimenti, in merito alla fedeltà maschile. È un uomo, ne saprà
qualcosa.
Non sei sicura sia una buona
idea, toccare con lui certi argomenti, non dopo quello che ti ha detto.
Non ricordi sia mai stato così
diretto.
Non doveva, André.
Non doveva alludere in quel modo
a voi.
Hai tremato, quando lo ha fatto.
Dovresti riportarlo dentro i
ranghi, ma non sai come farlo, senza ferirlo. Basterà mostrarsi gelida e indifferente,
continuare a fare finta di nulla, ignorare gentilezze, mezze frasi, allusioni,
sfuggire impietosa, sguardi verdi carichi di troppa tenerezza.
Temi che potrebbe fare breccia,
superare le barriere che vi siete imposti, insinuarsi fra le crepe della tua
corazza che scopri fragile. E sarebbe un disastro per i vostri cuori.
E allora sarai dura, lo farai
per il bene di entrambi. Sei un soldato, e tuo padre ti ha insegnato che le
emozioni non appartengono alla tua vita. Debolezze concesse a tutte le donne,
ma non a te.
Invece, l’amicizia tra un uomo e
una donna può essere più preziosa dell’amore, più sincera e altrettanto grande,
importante e profonda. Per questo, faresti di tutto per difendere e preservare
quella che hai con André.
In fondo, è solo una diversa
forma d’amore, e non fa male.
Non ha conseguenze. È
consolante, tiepida come una coperta calda che ti avvolge la sera, e fa sentire
al sicuro.
Pensi davvero che l’amore
passionale, quello che scatena il desiderio degli amanti, sia solo il modo più
certo d’essere infelici.
André con noncuranza, ti
racconta degli incontri segreti tra Fersen e Maria Antonietta organizzati alle
ore e nei luoghi più impensati. Non ci sono testimoni, eppure tutti ne parlano
come se la Francia intera li avesse visti; pare che Sua Maestà, quando la
nebbia avvolge ancora il mattino, rientri silenziosa nei suoi appartamenti,
mentre ancora alla reggia tutti dormono. Ha smesso anche di andare a Parigi a
divertirsi, per vivere ogni momento possibile, della loro passione.
Se sapesse quanto le sue parole
ti fanno male, forse starebbe zitto. Probabilmente lo sa, e lo fa di proposito,
per qualche oscura ragione che non comprendi.
Eppure, non hai il coraggio di farlo smettere, perché nonostante
quello che provi, lo strazio del cuore per un sentimento che non ti puoi
concedere, sei avida di sapere, di capire che cosa sia questa forza ancestrale
che li attira uno verso l’ altra, a cui è impossibile resistere.
- Ho
l’impressione di non essere capita neppure da voi, Oscar… potete comprendere il
cuore di una donna?[3]
Ossessionanti, ti tornano in
mente le parole accorate di Maria Antonietta.
Così, mentre ascolti la voce un
po’ malinconica di André, ti sembra di vederli: ogni gesto, le voci, i sospiri
e i fremiti divisi tra pena e piacere, gli occhi e le labbra che si cercano, le
mani che s’intrecciano, le lacrime di gioia e di dolore, e alla fine il triste
momento della separazione.
La tua non è malsana curiosità, ma hai bisogno di
immaginare cosa provano, come si sentono; solo attraverso loro puoi conoscerlo,
viverlo anche tu, sentire lo spasimo del cuore che freme nell’attesa
dell’amato.
Immaginare i baci appassionati,
le carezze, l’abbraccio ardente dei corpi, le parole sussurrate all’orecchio,
le promesse infinite.
Senza enfasi, André racconta di
loro, e ti chiedi come sarebbe da donna, essere tra le braccia forti di un
uomo, vivere un sentimento come quello. Essere riamata.
Comprendere il cuore di una
donna.
Comprendere il tuo cuore di
donna.
Ma le parole tra voi,
ultimamente sono diventate pericolose.
Troppo per ignorarle.
“Sai Oscar, non vorrei essere al
posto di Fersen, però un po’ lo invidio, e in fondo, lo capisco. Dev’essere
bello stringere con tenerezza fra le braccia la donna che si ama, anche quando
si vive un amore difficile e impossibile… un’ora sola con lei, può valere una
vita intera.”
Tremi, mentre il cuore accelera
spaventato; sei abituata a governare le tue emozioni come fossero un plotone di
soldati da tenere in riga, ma non è mai stato così difficile.
In realtà, con André è sempre
stato più difficile che con altri, e lo sai. Lui ti gira attorno guardingo,
paziente aspetta che esponi il fianco indifeso, e dopo ti colpisce dritto al
cuore.
Ridi lieve, come se volessi
schernirlo, e non ti sei mai sentita così cattiva. Devi esserlo e non ti piace.
“Non ti facevo così
sentimentale, André…”
Un sorriso franco, ma rassegnato
gli distende le labbra e accende il suo sguardo che si posa su di te, per un
istante.
È bravo a non far vedere il suo
tormento, solo qualche anno fa non avresti saputo indovinarlo.
Ma ora sai, ora è tutto fin
troppo chiaro; siete cresciuti insieme, e non ci sono mai stati misteri tra
voi, ma prima era più facile camminare insieme, fingere che nulla potesse
cambiare tra te e lui.
Ora non sai cosa potresti
dirgli, e hai paura… una dannata paura di rovinare tutto, e di perdere molto.
Non lo hai mai sentito parlare
così… prima.
Perché adesso? Cosa è cambiato?
Devi farlo smettere. Subito.
Un segnale sbagliato da parte
tua, e tutto il vostro mondo dove solo voi potete vivere, dove nessuno può
farvi del male, crollerebbe.
Anche lui ha il cuore stretto
nella morsa di un amore difficile.
Sei tu, che lo fai penare. Sei
tu la donna che vorrebbe stringere tra le braccia, ma tu non hai mai pensato a
lui in quel modo.
Non lo puoi fare.
Quando immagini l’uomo che
potresti amare, è solo il conte di Fersen che ti viene in mente, un miraggio
irraggiungibile.
Andrè è l’amico, il fratello che
non vuoi perdere.
Non sarebbe lecito tra voi.
Sarebbe troppo complicato… e
sarebbe sbagliato.
Sei sicura che lui lo sa quanto
te.
L’amore non è altro che una
lenta e triste agonia; se non puoi evitarla a te stessa, la eviterai a lui. Gli
negherai qualsiasi illusione.
******
L’hai accompagnata a Versailles.
La regina l’ha mandata a
chiamare per una questione delicata e importante; il motivo della convocazione
poteva essere solo il conte di Fersen, lo hai sospettato subito. Non ti fa piacere
che venga coinvolta nelle manovre di quei due, ma non puoi farci nulla.
Puoi solo assistere, mentre un
lieve risentimento ti rode in petto. Ti dispiace davvero per la situazione
dolorosa in cui si trova la regina, ma Maria Antonietta dovrebbe imparare a
diventare responsabile, capire che le scelte hanno delle conseguenze, e quelle
di una sovrana non coinvolgono solo lei.
Capisci perché la Regina Maria
Antonietta è ricorsa ad Oscar; in una corte piena di nemici, di chi altri
potrebbe fidarsi? La nota amicizia tra Oscar e il conte di Fersen è
un’opportunità provvidenziale, che la regina sfrutta senza malizia alcuna.
Aspettavi Oscar nel cortile
della reggia sul retro, mentre tenevi a bada i vostri cavalli; quando è tornata
dall’udienza privata, era pensierosa e triste. Quanto ti manca il suo solito
cipiglio fiero; sempre meglio dell’aria corrucciata che ha da un po’ di tempo a
questa parte.
Pochi minuti dopo, ormai lontani
dai cancelli di Versailles, ti ha solo detto di tornare a casa, mentre lei galoppava
verso la pianura, come se dovesse seminare dietro sé il suo peggior nemico.
Sai benissimo da chi è andata.
Il Colonnello delle Guardie
Reali del Re di Francia è diventato il messaggero d’amore tra gli amanti
infelici. La sola idea t’infastidisce. Per quanto appare beffardo, è una
situazione assurda! Ruolo più inadatto per lei non potrebbe esserci.
Quando dopo un’ora, sei arrivato
a casa senza di lei, tua nonna ti ha fatto subito il terzo grado, oltre a
rimproverarti per averla lasciata sola.
“Non preoccuparti, Oscar tornerà
presto.” Rassicuri l’anziana donna, e tenti di convincere te stesso.
I minuti passano lenti, mentre
speri di vedere il suo cavallo bianco profilarsi presso i cancelli della tenuta
dei Jarhayes.
Invece, dalle alte finestre che
si aprono sul vasto viale di ghiaia, vedi solo il cielo che s’incupisce invaso
da nuvole scure.
Mentre aspetti, il cuore diventa
sempre più pesante.
Pensi a lei, di fronte a Fersen,
e immagini parole difficili da dire.
Quanto ci vuole a riferire un messaggio?
È passato troppo tempo e il
cielo promette di aprirsi in una cascata d’acqua. Tua nonna congiunge le mani
al petto, sempre più ansiosa. Non puoi resistere oltre. Il tuo cavallo è già
pronto nella stalla dove lo hai lasciato; non hai tolto neppure la sella e i
finimenti.
“Vado a cercare Oscar, prima che
la sorprenda il temporale.”
La tua tranquillità è solo
apparente.
Prendi il suo mantello ed esci
deciso a raggiungerla.
******
Faresti di tutto per la tua
regina, ma in questo caso avresti preferito non ricevere una simile incombenza.
Lo farai perché non sai negarle nulla, perché l’hai vista nascondersi il volto
tra le mani come una donna comune, e piangere di vergogna.
Stasera non potranno vedersi.
L’amore uccide anche l’orgoglio
di una sovrana, lo schiaccia sotto l’umiliazione dell’alto tradimento.
Ti sgomenta vedere fin dove
l’essere umano può arrivare per rubare qualche ora di felicità, e quanto
potente dev’essere tale estasi per mettere a rischio tutto il resto, l’onore,
il prestigio, il rispetto, perfino la vita stessa.
Gli ideali che appartengono alla
nobiltà ti sono sempre sembrati più importanti, superiori a tutte le umane
debolezze, così ti ha insegnato tuo padre. Non sai più se sia davvero così.
Soffre di più chi ama senza
essere riamato…
Inevitabile associare lo stesso pensiero ad André, ma che
valore ha la tua sofferenza, lo sai solo tu.
Non hai braccia che ti consolino, né puoi dare conforto a
chi ami, che sia la regina, il tuo amico d’infanzia, oppure Fersen, perché ti
senti impotente.
Dall’amore non ci si può difendere.
Le tue lacrime mai versate, frutto di un dolore confuso
in mezzo ad altri, finiscono sulla riva di un fiume dove hai frenato la corsa
solitaria del tuo cavallo.
Né sai dove si perdono le
lacrime di André.
Forse anche in questo è più bravo
di te, e le trattiene tutte dentro il cuore, trasformandole in un distillato
d’amore devoto e silenzioso, che non chiede nulla per sé.
Per un momento, ti chiedi se c’è
qualcosa di più nobile, ma non ci sono medaglie per André.
Riacquisti il controllo di te
stessa, rimonti in sella e lentamente ti avvii verso Parigi, presso il palazzo
dove vive Fersen.
Senti che sta per piovere, ma
non t’importa: la pioggia laverà via dolore, pensieri tristi e lacrime.
È quasi buio e sei fradicia
quando arrivi da lui.
Non scendi neppure da cavallo.
I capelli sono incollati al viso
e la tua divisa intrisa d’acqua è pesante come un’armatura di metallo.
Sullo scalone esterno, Fersen è
un po’ sorpreso di vederti, ma bastano poche parole sintetiche a chiarire il motivo
della tua visita: il messaggio della regina Maria Antonietta.
“Tutto è rimandato al ballo
della settimana prossima…”
Il conte ti ringrazia mentre
sostiene il tuo sguardo con i suoi occhi seri. Se prova qualche imbarazzo, lo
nasconde bene.
Tu resti in silenzio sotto
questa pioggia che ti sembra gelida, così fitta che assomiglia ad un muro
grigio d’acqua che confonde forme e contorni in una massa indistinta.
Tiri le redini per girare il
cavallo e andartene, ma la voce di Fersen ti blocca.
“Aspettate Oscar! Sta
diluviando, fermatevi qui per questa notte, altrimenti vi prenderete un
malanno. Manderò un messo a Palazzo Jarhayes per avvisare che siete rimasta
bloccata dal temporale.”
La richiesta ti lascia
interdetta; esiti, mentre pensi che non puoi restare,ma lo vorresti
con tutta l’anima.
La verità è che non riusciresti
ad ascoltare il suo lamento d’amore per lei.
Non stasera.
Il cuore fa troppo male.
Però, Fersen insiste di nuovo, e
forse, tu sei troppo stanca per resistere, e troppo debole per affrontare una
pioggia gelida quanto la disperazione.
Hai bisogno di asciugare il
cuore.
“Vi ringrazio, Fersen… accetto
volentieri, solo per questa notte…” sussurri, e lui ti sorride, sollevato.
La pioggia sembra meno fredda.
Continua…
Ebbene sì, ci sarà
un altro capitolo. La storia sta prendendo una piega un po’ imprevista, e
voglio vedere dove mi porterà. Non è mia intenzione andare troppo lontano e non
era nei piani originari, ma si è aperta una strada che vorrei percorrere.
Spero che vorrete
accompagnarmi.
Grazie a tutte voi
per l’attenzione e l’apprezzamento, spero di non deludervi, ma come sempre,
terrò conto delle eventuali critiche che vorrete farmi. Un saluto a tutte.
[1] Frase che André dice nel
dialogo originale giapponese dell’anime, nella puntata 20.
[2]Estrapolata dal film “Le relazioni pericolose” 1988 di S. Frears
[3]Frase originale tratta dal manga, di un dialogo tra Oscar e la regina.
La strada che da Versailles
porta a Parigi è un acquitrino fangoso e allagato, dove non puoi far correre il
tuo destriero, senza rischiare che la povera bestia si rompa una zampa.
Impiegherai il doppio del tempo
per raggiungere la residenza del conte di Fersen, è lì che stai andando.
È lì, che Oscar è andata.
Almeno, te lo auguri.
Speravi di incontrarla a metà
strada, sotto il diluvio, invece, di Oscar trovi solo le vaghe tracce degli
zoccoli del suo cavallo, quasi cancellate dall’acqua che ha formato grosse
pozzanghere sul terreno.
Nessuno con un minimo di buon
senso, si muoverebbe da casa con un tempo simile. Per fortuna, non è ancora
completamente buio, ma solo tu osi avventurarti su strade impraticabili per
ritrovarla, mosso dalla preoccupazione, col cuore stretto in una morsa di
terrificante apprensione, mentre speri che non le sia accaduto nulla di male.
Lo sai che è una cavallerizza
provetta, ma questa consapevolezza non basta a farti stare tranquillo. Sotto la
pioggia fitta e gelida che ti picchietta fastidiosa sul volto e offusca la
vista, la tua mente inizia a pensare di tutto; magari il frastuono di un tuono
ha spaventato il suo cavallo, che l’ha disarcionata, scaraventandola a terra da
qualche parte, coperta dal fango, ferita e priva di sensi.
Sei bagnato dalla testa ai
piedi, il tuo mantello di protegge appena, ma non ti preoccupi per te stesso.
È solo di lei che t’importa.
Le verrà un malanno, pensi con
frustrazione. Quella gran testona riesce sempre a farti preoccupare, anche per
le faccende più banali. Questa non lo è, e la cosa t’irrita più del dovuto;
daresti il poco denaro che hai nelle tasche per scaldarti davanti al fuoco
scoppiettante del camino, con un bel bicchiere di Cognac in mano.
Insieme con lei.
Ma non potrai farlo, finchè non
l’avrai trovata, a costo di cercarla anche sotto i sassi; quanto a
testardaggine, non hai nulla da invidiare al Colonnello Oscar. E quando l’avrai
trovata, forse le farai una severa ramanzina, come se fosse una bambina incosciente,
capricciosa e viziata.
È solo l’ansia che ti serra il
petto; ti abbandonerà quando potrai avvolgerla nel suo mantello, quando saprai
che Oscar sta bene ed è al sicuro.
Cavalchi non sai da quanto e il
maltempo non dà tregua; a Parigi, sullo sfondo reso grigio dalla pioggia, si
profila la sagoma chiara e surreale del palazzo dove vive Fersen; ti fa
l’effetto di un’apparizione spettrale, come un piccolo maniero stregato che
emerge dalle tenebre.
Forse è la stanchezza entrata
fin nelle ossa che ti gioca brutti scherzi, ma l’ultima speranza che hai, mista
ad un lieve timore, è che Oscar sia lì. Non puoi fare altro che chiedere
conferma.
Avverti sollievo e sottile
inquietudine, quando ti viene detto da un servo del conte, che Oscar è stata
invitata a fermarsi a palazzo per trascorrere la notte.
Qualcuno t’indica dove puoi
lasciare il tuo cavallo; nella stalla trovi il nobile animale di Oscar. Lo
stallone bianco ti riconosce, ti saluta con un lieve nitrito nervoso, o forse
ti rimprovera anche lui per aver lasciato sola la sua inquieta padrona.
Qualcuno si è già preso cura di lui con biada e fieno fresco. Sospiri e ti
attardi un momento ad accarezzargli il muso, mentre col pensiero indugi sulla
strana situazione che stai vivendo.
Accolto dentro casa, Fersen ti
viene incontro; ti accorgi che non è sorpreso di vederti.
Dunque, si aspettava che venissi
a cercarla…
Da uomo, ha capito.
Non tutto, per fortuna.
È gratitudine quella che leggi
nei suoi occhi grigi e freddi? Ti senti inquieto, ma il conte con aria
tranquilla e serena t’invita a seguirlo; Oscar sta cenando insieme a lui.
Il disagio è un crampo che
assale lo stomaco.
Ti domandi se sei qui per
scongiurare qualcosa: hai la visione fastidiosa di un dopocena tra le lenzuola;
un uomo innamorato di un’altra, e una donna innamorata di lui, soli in una
grande casa, in una notte troppo lunga da passare in solitudine.
Un uomo bussa ad una porta che
non resta chiusa.
Per te non si è mai aperta; mai
hai osato bussare, né busserai questa notte.
Non hai la chiave giusta.
O sei tu quello non giusto.
In momenti simili, hai l’acuta
consapevolezza d’essere solo un umile servo, unita alla spiacevole
sensazione di sentirti di troppo. Non sei a Palazzo Jarhayes, la vostra casa,
luogo famigliare e quasi intimo dove ti senti più sicuro, perfino di fronte al
conte di Fersen.
Qui, sei fuori posto, estraneo
nella tana del nemico insieme ad Oscar, e vorresti essere da tutt’altra parte.
Vorresti che lei fosse altrove, e non esiste pensiero più amaro e avvilente di
quello che Oscar è venuta a cercare qui.
Ne sei consapevole, Oscar?
Lo scoprirai questa notte.
Sarà una notte troppo lunga,
difficile da passare.
*****
Essere sola con Fersen ti dà uno
strano piacere e inevitabilmente, eccita qualche aspettativa che ti obblighi a
censurare; è la prima volta che siete in una situazione così intima. In normali
circostanze, c’è sempre qualcuno o qualcosa che vi divide: la regina, André, la
corte, il tuo ruolo d’alto ufficiale.
Ti senti bene, come in fondo non
speravi, merito delle luci soffuse di candele poste sulla tavola apparecchiata
per due, e del calore che proviene dal camino acceso.
La pioggia che batte sui vetri,
accompagna il crepitare intenso del fuoco, come fosse una strana melodia che
trasmette calma al tuo cuore.
Finché puoi, vuoi goderti il
momento e dimenticare l’illusione, scordarti anche del motivo che ti ha portata
qui, e in una tacita complicità insolita, perfino il conte di Fersen evita
accuratamente l’argomento; per pudore, il nome di quella particolare persona
non esce mai dalle sue labbra, come se tutto ciò che è legato a quel nome, che
egli non vuole pronunciare, fosse un segreto da proteggere e custodire.
Preferisci non porti il problema
del perché lo faccia; godere della tua compagnia questa sera, magari è solo un
modo come un altro per non pensare ad una situazione infelice.
Apprezzi grata la sua
delicatezza. Anche tu hai bisogno di sgomberare la mente, sfuggire
all’ossessione di lei fra voi.
Ci sarà sempre, lo sai.
Tradire la regina non è
contemplato, ma per una sera soltanto vorresti placare il cuore, assecondare
piccoli e innocenti desideri, che mai avresti sperato di soddisfare, senza fare
torti a nessuno. Non osi fantasticare nulla più di questo momento con lui,
fatto di parole serene e gentili, semplici piaceri condivisi come sorseggiare
del buon vino e gustare del buon cibo, sorrisi indulgenti e sguardi attenti ai
piccoli gesti dell’altro.
Per una sera sola lo puoi fare.
Nessuno si farà male.
Nessuno lo saprà, neppure André.
Soprattutto André.
Fersen è un anfitrione perfetto,
la sua conversazione è arguta ed eccellente, t’intrattiene e ti coinvolge con
naturalezza mentre mangiate insieme, come non avete mai fatto.
Ti ha messo a disposizione dei
vestiti asciutti: una camicia da uomo un po’ abbondante, in cui avverti la nota
agrumata del suo profumo, pantaloni comodi, e una vestaglia da camera, di
velluto ricamato.
“Per domani mattina la vostra
uniforme sarà asciutta. Sapete Oscar, sono contento che siate qui; confesso che
non avrei voluto cenare da solo, questa sera, e vi ringrazio per aver accettato
il mio invito. Lontani dalla propria patria, in particolari momenti è più
facile sentire la solitudine…”
La sua voce profonda ti scalda
il cuore e i sensi.
“Anche a me fa piacere essere
qui con voi, è sempre bello passare del tempo con un buon amico…non è mai
sprecato…” rispondi pacata.
“Avete ragione, Oscar, e mi
sento onorato per la vostra considerazione. Voi avete tutta la mia stima e
fiducia. Un amico è un tesoro prezioso, soprattutto in un mondo come il
nostro...”
Fersen allude in modo sottile, e
tu sai bene a cosa; la malinconia nel suo sguardo è un’ombra che scivola via
veloce, e lascia spazio ad un sorriso affascinante.
Di solito, è André che ti tiene
compagnia in queste circostanze quotidiane, il solo uomo oltre a tuo padre che
divide con te i suoi pasti.
Adesso, non vorresti pensare al
tuo amico.
Vorresti ignorare i suoi
sentimenti. Sarebbe tutto più facile.
Invece, li hai fin troppo presenti;
intrusi s’insinuano tra i pensieri inopportuni, e ti pizzicano il cuore. Verso
André sei un’egoista.
Te ne rendi conto, ma non hai
molta scelta.
Credi di non averne.
Lucida, ti convinci che è meglio
così, perché questo ti obbligherà a studiare opportune strategie di difesa,
prendere precauzioni ed evitare sofferenze inutili.
André sarà preoccupato. È più di
un pensiero.
Metti da parte il rimorso, tanto
non puoi farci niente.
Tu sei qui, con il solo uomo che
riesca a farti battere il cuore come volesse fuggirti dal petto, e tu non
riuscissi a trattenerlo, per quanto ci provi.
Fersen ti ha promesso un messo
appena la pioggia concederà una tregua, e ti basta per alleggerire la tua
coscienza.
È tutto perfetto. È tutto come
dovrebbe essere.
La notte scende carica di
promesse più simili a tenui speranze, da cui non vuoi farti travolgere, mentre
gli occhi di Fersen brillano solo per te, la più bizzarra delle creature.
Ma qualsiasi idillio è destinato
ad infrangersi sullo scoglio che rivela la realtà, quando l’acqua che lo
nascondeva si ritira.
Fersen indugia ad osservarti per
un breve attimo, come se all’improvviso, la luce tremolante delle candele
riveli sul tuo volto qualcosa d’inaspettato, e il tuo cuore resta sospeso nel
vuoto, in attesa di volare o precipitare.
Che sotto questa luce intima,
Fersen abbia notato che sei una donna che vuole solo essere desiderata e amata?
“Sapete, Madamigella Oscar, c’è
un pensiero che m’assilla da quando siete arrivata; vi guardo, e mi rendo conto
che è strano non vedere André al vostro fianco. Vi parrà ridicolo, ma è come se
mancasse una parte di voi… curioso, non trovate?”
Sgrani gli occhi, esterrefatta.
Se il tono è leggero, le parole
pesano.
“Perdonatemi, è l’abitudine a
vedervi insieme, che mi fa dire certe cose.” Prosegue Fersen, che alza un
calice e ride per alleggerire la tensione.
Ma tu non riesci a ridere,
delusa e all’improvviso allarmata dal senso che sta prendendo la conversazione;
non era così che doveva andare. Non era questo che volevi che dicesse. Non vuoi
che sia Fersen a parlarti di André; lui che potrebbe sapere di voi?
Cosa potrebbe aver visto che non
vedono gli altri?
Con rassegnazione, ti concedi
una piega amara delle labbra, mentre l’ansia ti afferra il cuore che pulsa
impazzito.
Una parte di te…
Maledizione!
Sì, è vero. Andrè è una parte di
te.
È una delle poche certezze della
tua vita, lo hai accettato da sempre, e per te è altrettanto naturale del
cordone ombelicale che lega madre e figlio; quello viene tagliato alla nascita,
il vostro si rinsalda col passare delle stagioni della vita.
Ti sorprendi sia così evidente e
ti angustia che proprio il conte punti il dito nella piaga, ignaro di cosa
significhi per te, affrontare verità troppo faticose da accettare.
Dunque, anche lui ha visto
quello che non si dovrebbe vedere, che nascondi nei recessi più profondi e
segreti del cuore per proteggere te stessa e André.
Perché proprio
l’uomo che ami, ti sta dicendo questo?
La tua mente inizia a correre e
non sai fermarla; il dubbio che le parole di Fersen alludano a ben altro ti
atterrisce ancor più.
Vorresti chiudere l’argomento,
ignorare le sensazioni che agitano il tuo animo, ma il conte pare non avere
intenzione di farlo. Tranquillo, con i gomiti appoggiati sul tavolo, le mani
intrecciate a sostenere il mento volitivo, Fersen continua a parlare e ti
trascina dove non vorresti andare, su un terreno scivoloso dove potresti cadere
e farti molto male.
“Sapete Oscar, io credo molto
nella nostra amicizia, davvero, credo sia sincera e disinteressata come poche…
- Fersen fa una pausa; trattieni il respiro, mentre il fuoco disegna bagliori
sul suo volto virile. – Però, sono altrettanto certo che non sarà mai come
quella che avete col vostro attendente; per questo, sono convinto che André
possa essere un amico migliore per voi, più di quanto potrei mai esserlo io…”
Che cosa volete dire?
In nome della vostra amicizia,
fondata su un ideale, sancita su un gesto d’onore che ti ha conquistata e confusa,
che cosa ti sta dicendo quest’uomo che pensi di amare?
Chiedi, anche se temi la
risposta; sono parole vere, limpide e semplici come solo la verità sa essere,
che entrano nel cuore e non trovano ostacoli. Non le puoi fraintendere.
“André deve volervi un bene
immenso, Oscar, quel bene che pensa prima all’altro che a se stesso. Credetemi,
conosco pochi uomini capaci di sublimare un sentimento simile per qualcuno, io
stesso me ne sento incapace; devo ammettere che lo ammiro moltissimo. So che
anche voi siete molto legata al vostro amico; l’ho capito quel giorno che avete
sfidato il defunto Re per salvargli la vita…”
Percepisci solo il crepitio del
fuoco che arde e il ticchettio insistente della pioggia contro le vetrate che
non vuole placarsi.
Resti in silenzio, turbata in un
modo che non sai dire, commossa da parole straordinarie, consapevole che
l’emozione così forte non viene dall’uomo che hai davanti, che parla come non
ha mai fatto, ma dal tuo cuore stesso che le sente vive.
Non hai più pensato a quel
giorno, troppo poco attenta a te stessa e alle motivazioni che guidano le tue
azioni. Ti è stato insegnato l’onore e credi che debba essere quello a
guidarti, ma non è sempre l’onore che guida gli uomini.
Lo capisci solo ora.
Non fu l’onore a guidarti quel
giorno. Fu la paura.
Fersen sorseggia un po’ di vino,
e continua a dire cose che non vorresti sentire.
“Oscar, pensate mai a come
sarebbe la vostra vita, se un giorno André decidesse di lasciare il vostro
servizio?”
Non lo farebbe mai, per
quell’amore immenso che voi dite, è la risposta sicura, un po’
orgogliosa che ti esce dalle labbra, e coglie di sorpresa anche Fersen. Non
avresti mai pensato di ammetterlo così, ma ti è venuto naturale.
André ti ama, e questo non lo
farà mai allontanare da te.
Tu nemmeno lo vorresti, e non
indaghi sulla ragione.
Meglio non guardarsi troppo
dentro, potresti scoprirti egoista; non vuoi rinunciare a niente, metti il tuo
dolore davanti a quello degli altri, e cosa peggiore, dai per scontati i
sentimenti del tuo amico.
“Dunque, lo sapete?”
Di fronte al suo stupore, tu
annuisci semplicemente.
“Scusatemi se vi ho messa in
imbarazzo. Non dev’essere facile per voi parlarne.”
“Infatti, non lo è… - ammetti -
vi prego, Fersen…”
Vorresti solo che tacesse. Ma
lui non tace.
“Comprendo la vostra posizione…”
“Non è un problema di posizione…
- Aggiungi svelta. – Per tutti, André è un servo. Per me è qualcuno da
proteggere per la stessa ragione che lui protegge me…”
Il conte ignora quanto il tuo
cuore sia contorto, quanto i tuoi sentimenti siano contradditori di fronte alla
tristezza che ti opprime, al pensiero dell’amore di André che non puoi
ricambiare.
“Sì, capisco… e avete ragione. Siete
fortunata; André non vi lascerebbe mai, perché Dio gli dà la forza di starvi
accanto nel modo giusto. Io invece, sono debole, Oscar, molto più di quanto
possiate credere…”
La sua voce si sfuma in profonda
amarezza, quando confessa il limite umano del suo sentimento.
“Mi sto accorgendo di non saper
stare vicino alla persona che amo, come dovrei. Non sono altro che causa di
sofferenza per lei…”
Sospira affranto, mentre
appoggia i gomiti sul tavolo, e intreccia le mani che vanno a sostenere la
fronte e il peso di chissà quali pensieri.
“Prima o poi dovrò decidermi a
fare qualcosa… devo trovare una soluzione a tutto questo. Avrei tanto bisogno
di un consiglio, Oscar…”
Ecco che lei è tornata
tra voi.
Non c’è bisogno di pronunciare
il suo nome.
Tu non hai altro da offrire che
un silenzio mesto.
Non hai consigli da dare a nessuno,
né a Fersen, né ad André.
Meno che mai a te stessa; sai
solo che non puoi ridurti alla consolazione di una notte, neppure per l’uomo
che ami. E sei onesta, perché non neghi di aver sperato per un attimo, che da
qui, potesse nascere qualcosa.
In questa stanza non esistono
altro che amori impossibili, che non possono dare frutto. È l’amara verità.
Meglio rassegnarsi.
Un cameriere entra nella stanza,
si avvicina al conte per annunciare una visita. È arrivato un uomo da Palazzo
Jarhayes, l’attendente di Madamigella Oscar è venuto a cercarla.
Tu non riesci a trattenere un
lieve moto di sorpresa, eppure sai che avresti dovuto aspettartelo.
Fersen si limita a sorridere con
condiscendenza e dà disposizioni, prima di alzarsi dal tavolo per andare ad
accogliere di persona il nuovo arrivato. Sta per uscire dalla stanza, ma si
ferma un momento sulla porta, la mano sulla maniglia e si volta a guardarti.
La sua espressione è serissima.
È impressionato e non riesce a
nasconderlo.
“Era questo che intendevo; un
uomo che non si cura di sé, ma solo di voi. Sfiderebbe una bufera solo per
venirvi a cercare… e magari, portarvi un mantello per ripararvi dalla pioggia,
Oscar.”
Il conte esce senza nulla
aggiungere.
Tu resti sola.
Unici rumori nella stanza sono
la pioggia che insiste a bussare sui vetri scuri e il lento crepitio delle
fiamme, che vanno quasi morendo.
Fa un poco più freddo di prima.
Quale potere hanno le parole;
nella mente ti appare nitido lo sguardo verde e caldo di André, che in un
abbraccio, ti posa quel mantello sulle spalle. La suggestione è così forte che
ti senti davvero accarezzare la schiena.
Nervosa, posi la posata sul
piatto, hai l’impressione che il tuo stomaco si chiuda. Non sai se riuscirai a
dormire, questa notte.
I sentimenti trattenuti
rischiano di esplodere; troppo dolore e troppe emozioni non possono coesistere
sotto lo stesso tetto.
*****
Generoso Fersen a concederti un
posto alla sua tavola.
Normale cortesia; un riparo e un
piatto di minestra non si nega a nessuno.
Un servo, di solito, si manda
nelle cucine, a dividere il pasto con gli umili come lui, ma tu non sei uno
qualunque, a corte lo sanno praticamente tutti.
Sarà che sei l’attendente/amico
quasi fratello di Oscar; a Versailles ti è permesso accompagnarla in ambienti
dove non tutti sono ammessi, a volte perfino al cospetto della regina, nei suoi
appartamenti privati.
Maria Antonietta non rivolgeva
la parola alla favorita del re, l’odiata, spregiudicata contessa Du Barry, ma con
simpatia e contro la rigida, assurda etichetta che le impone di partorire i
suoi figli in pubblico, la rivolge a te, chiedendoti addirittura un parere sul
colore di una pregiata pezza di stoffa che andrà ad arricchire il suo vasto
guardaroba.
Ti viene da ridere, se pensi che
a corte c’è qualche presuntuoso cicisbeo che t’invidia questo ridicolo privilegio,
di cui in realtà t’importa poco.
Giacca e mantello asciugano
nelle stanze della servitù.
La tua camicia è asciutta; così,
in libertà, ti sei presentato di fronte ad Oscar, come se foste a casa vostra.
Quando sei entrato nella sala da pranzo, era seduta al tavolo, un’espressione
neutra sul volto.
Troppo neutra per non nascondere
altro.
Hai cercato il suo sguardo
lucido che è andato a perdersi con troppo interesse sul cesello di cristallo
del bicchiere; allora, il sospetto di essere venuto qui per una ragione più
seria, è diventato più vivo che mai.
Oscar ti ha salutato e ti ha
chiesto se avevi fame, poi ti ha suggerito di scaldarti vicino al camino, che
tu hai prontamente ravvivato.
La cena con Fersen si è conclusa
prima che tu arrivassi e ti chiedi quanto sia stata piacevole. Cerchi di non
pensare alle parole intercorse tra loro, alla familiarità che può averli uniti.
Non ti è piaciuto vedere Oscar
con addosso i vestiti del conte, è una cosa troppo intima, che accende
pericolosi pensieri; fa pensare all’odore della pelle, a due corpi che si
sfiorano. Chissà se anche lei se n’è resa conto.
La gelosia è una brutta bestia,
ma devi controllarla.
Siete soli; stranamente Fersen
si attarda altrove, e non si è ancora unito a voi. Oscar si è alzata in piedi
per avvicinarsi alla vetrata; ora guarda dalla finestra la notte scura,
attraversata dallo scroscio dell’acqua che non accenna a smettere.
I suoi occhi sono asciutti, non
c’è traccia di turbamento in lei, ma potresti giurare che ha pianto, lontano da
qui.
“Non era necessario che venissi
a cercarmi André; ti preoccupi sempre troppo, e non serve.”
Sembra seccata, ma non verso di
te.
“Oh, non temere, lo so che sei
una ragazza in gamba, Oscar. Era mia nonna ad essere in apprensione e mi ha
spedito a cercarti, lo sai com’è fatta; avessimo anche 90 anni, saremmo sempre
i suoi bambini, che vuoi farci? Se tu fossi tornata a casa in tempo, io mi
sarei risparmiato l’odissea sotto questa pioggia infernale. Comunque, ora siamo
qui, e almeno dormiremo all’asciutto, grazie all’ospitalità del conte di
Fersen.”
Non riesci ad evitare un po’ di
sarcasmo, che Oscar ti restituisce. Si volta verso di te, mentre sei ancora
seduto davanti al tuo piatto ormai vuoto; la zuppa era buona e ti ha scaldato.
“Scusami André, se ti ho creato
un disagio, non era mia intenzione; forse avevi altri programmi per la serata…
dovrai rimandare.”
Dovresti lasciar correre, ma non
sei così saggio, non stasera. Hai troppo veleno nel cuore; devi sputarlo fuori,
prima che ti corroda di più i pensieri.
Siete abituati a giocare con le
provocazioni, e di solito, sapete quando fermarvi. È lo stesso principio di
quando duellate; che sia la spada o le parole, c’è un codice da rispettare, un
limite oltre il quale non andate, una muta intesa, per non farsi male. Ma ora
non sei sicuro che saprete farlo.
E le parole possono ferire più
della spada.
“E tu che programmi avevi,
Oscar?”
La domanda è intenzionale. Lei
non ti risponde subito, ma l’hai vista sussultare; un brivido ha scosso le sue
spalle. Sai di aver colto la sua guardia abbassata, e l’affondo è andato a segno.
Devi prepararti al contrattacco.
“Che cosa vorresti dire, André?”
“Nulla Oscar. Mi stavo solo
chiedendo come pensavi di tenere Fersen lontano dalla regina; sei disposta ad
entrare nel letto del conte solo per salvare l’onore di Maria Antonietta? O in
realtà, sei spinta da sentimenti molto meno nobili?”
Quasi non credi di averlo detto.
Lei è sgomenta, e sai che la rabbia non tarderà molto ad esplodere.
“Ma come osi?”
La sua voce è un sibilo e ti
guarda come se potesse incenerirti, ma tu ormai, ti sei spinto troppo avanti.
Hai lanciato il sasso, e ora non puoi nascondere la mano.
“Se devi andare a letto con un
uomo Oscar, fallo per amore e assicurati che quell’uomo ti ami. È un consiglio
da amico. Ma se è solo un’avventura che stai cercando, allora Fersen è
perfetto; nessuna delle sue amanti ha scalzato la regina dal suo cuore, pensi
di riuscirci tu?”
Non fingi neppure d’essere
indifferente; è solo veleno quello che ti esce dal cuore, ma speri si trasformi
in antidoto.
Smettila di pensare a lui,
smettila di desiderarlo!
Glielo vorresti gridare in
faccia.
Oscar dà sempre le spalle alla
vetrata che vi divide dalla notte scura. Un silenzio pesante è calato su di
voi.
Vago si ode un tuono in
lontananza.
Oscar punta lo sguardo pieno di
sdegno su di te, tiene i pugni serrati lungo i fianchi e trema nel vano
tentativo di controllarsi. Sai che non lo farà a lungo, non dopo una simile
provocazione che tu stesso hai cercato.
“Ma come ti permetti!? Smettila
André!”
A grandi passi si allontana
dalla finestra e si muove verso il bordo del tavolo che vi divide. Tu sei
rimasto seduto, lei è in piedi di fronte a te. È troppo distante per prenderti
a schiaffi, altrimenti ti avrebbe già colpito; ti fissa dall’alto con gli occhi
che mandano scintille, prima di calare con furia i palmi aperti delle mani sul
tavolo. Oscar si è piegata verso di te, e complice la luce delle candele
vicine, noti certi dettagli che ti erano sfuggiti; non lo fai apposta, ma lo
sguardo cade sullo scollo troppo aperto della camicia, la vestaglia di velluto
allentata.
Un tentativo di seduzione
maldestro, pensato per un altro.
O forse, inconsapevole?
Ti procura un brivido, ma lei è
troppo infuriata per accorgersi di quanto ti sconvolge quella vista.
“Cosa ti dà il diritto di farmi
la morale, André? Non intrometterti nella mia vita. E non fare finta d’essere
l’amico disinteressato, perché so benissimo che non lo sei!”
Urla invasa dalla rabbia, e
colpisce con una mano un bicchiere che va a frantumarsi contro la parete,
rovesciando il liquido rosso che contiene; sembra una macchia di sangue, lascia
schizzi sulla tovaglia bianca e si allarga sul pavimento.
Con calma, ti alzi dalla sedia,
e ti muovi per raggiungerla; girando attorno al perimetro del grande tavolo
rettangolare che vi divide, pesti con un piede i cocci del bicchiere, e il
rumore del vetro sotto la suola è l’unico suono che rompe il silenzio. Lei è
rimasta immobile ad osservarti, gli occhi ancora accesi dall’ira.
Ti fermi esattamente di fronte a
lei, deciso a fronteggiarla.
“Non alzare la voce Oscar; se ti
sente qualcuno della servitù di questo palazzo, potrebbe fraintendere il senso
delle tue parole. Su di noi girano già tanti pettegolezzi stupidi.”
Minimizzi perché non vorresti
portare il discorso su di voi, ma quando Oscar afferra la preda, sai che non la
lascia facilmente. Nei suoi occhi si è accesa la sfida, e tu la raccogli. Ti avvicini
ancora di più, quasi a sfiorare il suo corpo, ma senza toccarla, e pianti il
tuo sguardo nel suo.
“E bravo André! Come mai, te ne
preoccupi solo ora?”
Ti chiede ironica, senza rendersi
conto del rischio che si corre ad aprire porte rimaste sempre chiuse. Dopo non
si chiudono più.
Oscar tradisce esitazione,
quando tu accosti le labbra al suo orecchio.
Sei estremamente calmo.
“Tu mia cara, dimentichi un po’
troppo spesso che io sono soltanto un uomo, esattamente come Fersen. Tu sei una
donna, e per quanto priva di malizia, la tua camicetta troppo aperta può essere
una tentazione anche per il migliore degli amici.”
Hai sussurrato appena.
Ora non la stai guardando come
un amico e non tenti neppure di nascondere il desiderio che provi per lei. Non
stasera, non qui in casa del tuo nemico. Ti chiedi se lui l’abbia guardata
nello stesso modo. Il tuo sguardo febbricitante le brucia addosso; te n’accorgi,
perché fa un passo indietro e con un gesto istintivo e femminile porta le mani
al seno ad avvicinare i lembi del tessuto, e veloce chiude la vestaglia.
La sua espressione non ti
restituisce rabbia, ma sincera incredulità. Non è spaventata, ma ti guarda come
se all’improvviso, ti vedesse per la prima volta, e nei suoi occhi leggi un
turbamento nuovo.
Qualche attimo di silenzio, la
pioggia è un ticchettio insistente sui vetri.
Un lieve bussare alla porta vi
ridesta dallo strano sogno in cui per un momento vi siete immersi; è un
cameriere che viene ad annunciare le vostre camere pronte per la notte.
La tua è vicina a quella del
Colonnello Oscar.
Dallo stesso cameriere, apprendi
con sorpresa che il conte di Fersen ha lasciato la casa. Si scusa con i suoi
ospiti, ma è stato costretto ad allontanarsi, per una questione delicata e
urgente; ha lasciato disposizioni perché la vostra permanenza a palazzo sia la
più confortevole possibile.
Provi uno strano piacere che
diventa amarezza, quando incontri l’espressione delusa di Oscar. Le cose si
sono messe in un modo che nessuno aveva previsto.
Tu immagini dove il suo cuore
tormentato abbia condotto il conte questa notte. Lo hai fatto anche tu.
Inutile dirlo a lei, forse lo ha
già capito.
Continua…
L’esperimento continua, perché questa storia mi sta portando
un poco più lontano. Per fortuna che avevo previsto solo due capitoli, ora
stanno diventando 4 e forse qualcuno in più, vedremo.
Come sempre vi
ringrazio dell’attenzione e per tutti i vostri preziosi commenti. Ora mi sto
chiedendo una cosa: André in questo ultimo capitolo vi è parso forse un poco
OC?
A me non sembra, però
vorrei il vostro parere, e qualunque possa essere lo terrò in gran conto.
Fersen è andato via, scomparendo
in una notte fredda e priva di stelle.
Non ha senso essere qui, senza
di lui.
Contro ogni ragione, hai accettato
un invito dove hai messo in gioco te stessa, il tuo cuore di donna e forse il
tuo onore di soldato devoto, e per ultima, ma non meno importante, la tua
amicizia con André.
Solo per una notte, volevi
provare a vivere la tua vita in maniera diversa; volevi scoprire cosa fossero
le gentilezze di un uomo e che emozioni danno.
Volevi giocare con gli sguardi,
sentire crescere l’eccitazione che fa accelerare il respiro, tremare la voce e
accendere le guance.
Volevi cogliere quel senso
dell’attesa per te sconosciuto che squassa il cuore delle fanciulle, la
dolcezza di un momento rubato, una frase inaspettata, un invito desiderato e
inseguito con timore e timidezza.
Nel farlo, non hai messo in
conto se ciò fosse giusto o sbagliato, possibile o illusorio. Né ti sei
preoccupata che ci fosse altro in gioco, altre persone – un amico e la tua
regina, che non vorresti mai deludere - e i loro sentimenti.
Questo è stato lo sbaglio più
grande, e qualsiasi scelta ha sempre delle conseguenze.
C’è sempre un rapporto di causa
ed effetto.
Ma tu hai voluto dimenticarlo.
Non avevi programmi o strategie,
né avevi previsto niente, troppo impreparata a situazioni o reazioni in un
campo per te astruso.
Palazzo Fersen non ha nulla di
famigliare, né di rassicurante.
Te ne accorgi per quel malessere
che t’impedisce di dormire in una stanza che non è la tua, in un letto che per
quanto comodo, ti respinge come fosse pieno di spine, dove anche il più piccolo
oggetto ti è estraneo.
Hai lasciato la vestaglia di
foggia maschile su una poltrona addossata al muro.
In fondo ai piedi era stato
disposto uno scaldino, tolto poco prima che tu ti coricassi; avverti il tepore
lasciato dalla brace bollente, eppure le lenzuola ti paiono fredde.
Il tuo corpo è percorso da
brividi, ma tu hai sognato di scaldare la tua pelle tra le braccia di chi ora
non c’è. In realtà, non hai mai nemmeno sperato che potesse succedere chissà
cosa fra voi; forse, dilaniata tra inquietudine e volontà, al dunque, ti
saresti tirata indietro, ma neppure immaginavi di essere abbandonata in un
palazzo non tuo, dal legittimo padrone di casa. Questo dettaglio in apparenza
trascurabile, ti ha infastidito al punto da provocarti profondo malessere.
Il sonno non vuole saperne di
accoglierti.
Sul comò a cassettoni di fianco
al letto hai lasciato un moccolo di candela acceso, unica fiammella di luce che
oscilla nella quasi totale oscurità dell’ambiente.
Neppure il più debole raggio di
luna filtra dall’esterno. Tutto è buio.
Emozioni e pensieri sono avvolti
dalle tenebre, e tu galleggi in esse; vorresti solo sprofondare per annegare la
delusione che si è abbattuta sul tuo cuore.
È il gesto di Fersen che non
riesci a metter a fuoco.
La sorella minore Sophie, da
Stoccolma lo ha accompagnato in Francia e al momento risiede a Parigi; un acuto
presentimento ti dice che non è corso da lei, né vuoi pensare a dove possa
essere andato, inseguito dal suo fantasma, quell’amore struggente che lo attira
a Maria Antonietta, che le circostante rendono impossibile vivere e compiersi
nella sua pienezza.
In verità, il sospetto più
allarmante, sottile e insinuante che ora ti divora l’animo e ti avvelena la
mente è un altro.
Un sospetto che ha le fattezze
famigliari di un volto e nome preciso.
La vera causa della fuga di
Fersen, forse è quello che non puoi dire.
Andrè alloggia nella stanza
accanto alla tua, solo una parete vi divide; se ti mettessi a picchiare sul
muro probabilmente potrebbe sentirti.
Non avevi previsto l’intervento
di André, né le sue parole irriverenti e sfrontate.
Ti sembra impossibile che lui
stia già dormendo.
In quell’irreale corpo a
corpo che avete avuto, dove solo i tessuti dei vostri indumenti si sono
sfiorati, hai sentito tutta la sua fisicità di uomo, con l’acutezza di tutti i
tuoi sensi; c’era l’odore della sensualità nei gesti, nei muscoli contratti,
nei nervi tesi del collo, c’era il suo respiro caldo contro il tuo orecchio e
dopo averti sconvolto con parole e sguardi che ti hanno incendiato il sangue,
si è ricomposto come se nulla fosse successo.
Sei rimasta a guardarlo
inebetita, e sei quasi grata al cameriere che vi ha interrotti.
Un secondo dopo ha abbassato la
testa, le ciocche umide e nere sulle fronte gli hanno nascosto lo sguardo e ti
ha salutato con una freddezza inusuale, prima di ritirarsi adducendo la
stanchezza.
“Scusami, credo di aver
esagerato, – ha detto, mortificato. - Sono stanco e nervoso ed è meglio se vado
a dormire, prima che io dica altre sciocchezze. Buonanotte Oscar.”
Si è voltato e se n’ è andato,
senza aggiungere altro.
Poco dopo, ti sei ritirata anche
tu.
Qual è il momento in cui tutto
ha iniziato a precipitare?
Possibile che il motivo di tanta
tensione fra voi, sia Fersen, e il suo ritorno in Francia?
Non si è mai comportato così, André.
Non si è mai dimostrato geloso di nulla e nessuno, e non ha mai osato
pretendere di più dal vostro rapporto. Ti ostini a credere che non potrà mai
essere altro da ciò che è, e vuoi sperare che Andrè rispetterà i confini.
Fino ad ora, lo ha sempre fatto,
dunque, cosa devi temere?
E intanto, hai paura; hai la
sensazione che il tuo amico abbia appena iniziato a superarli, e forse non sarà
capace di fermarsi e tornare indietro.
Talvolta indietro non si torna.
Il cuore non può vivere
perennemente in letargo; tu e André lo avete fatto troppo a lungo, e hai finto
di ignorare ciò che siete, un uomo e una donna costretti a vivere insieme,
troppo intimi per essere fratelli e troppo intimamente legati per essere
soltanto amici.
Come farai a ristabilire una distanza
che non è mai davvero esistita?
All’improvviso, i sentimenti si
svegliano e cercano nutrimento, come fiori che si aprono al tepore della
primavera dopo un lungo inverno.
Che succederà se non riusciranno
a scaldarsi alla fiamma di un amore corrisposto?
Come farai a tenerli a bada? I
tuoi, e quelli di André?
Soprattutto quelli di André, che
non sembra più disposto a nascondere sotto la maschera dell’amicizia l’amore
che prova. Non puoi lasciare che il suo grido arrivi al mondo.
Questa strana vita vi tiene
insieme, e non esiste un altro modo.
Dovrai umiliarlo, confessando
che ami un altro più di lui, frustrare la passione che gli gonfia il petto,
prima che scappi dalla labbra per rivelarla al tuo orecchio, o riversarla nella
tua bocca come fiele amaro.
Sarà come ucciderlo. Al
pensiero, ti senti morire un po’ anche tu.
Non sai come potrai essere tanto
crudele. Fargli del male per il suo bene.
Liberi un sospiro e scalci le
coltri lontane dal corpo, nervosa e frustrata dai pensieri che t’impediscono di
riposare come vorresti. Ti sollevi sul letto e guardi il debole lumicino che
lambisce le sponde dell’oscurità che ti circonda. Posi i piedi nudi sul
pavimento freddo come l’aria attorno.
Ti alzi e ti avvicini alla
parete che divide le vostre camere, accosti il volto come se volessi ascoltare
il silenzio, percepire un debole respiro e lasci scorrere il palmo della mano
aperta sulla tappezzeria, in una lunga carezza. Nel farlo, scivoli in
prossimità della porta.
Se devi restare sveglia, questa
notte hai chi ti terrà compagnia.
Bisogna affrontare i propri
demoni.
*****
Con le braccia incrociate sotto
la testa, gli occhi restano aperti nella totale oscurità che ti circonda.
Mobili di pregio e un letto a baldacchino arredano una camera troppo elegante
per un servo, destinata di solito ad ospiti di rango. Nel buio che tutto
livella, che cancella i ranghi e rende gli uomini uguali, puoi illuderti di
essere nella modesta stanzetta di Palazzo Jarjayes e sentirti quasi a tuo agio.
Chissà cos’ha pensato quel
ruffiano di Fersen, quando ha messo te e Oscar in camere separate, ma in
sostanza comunicanti; solo una porta vi divide. Forse il letto che ora accoglie
il tuo corpo stanco era proprio destinato a lui, e ha voluto evitare la lusinga
di cedere ad un capriccio momentaneo; lui e Oscar soli.
Sarebbe accaduto, se tu non
fossi arrivato.
Provi autentica gratitudine
verso il conte, che non avrebbe trovato ostacoli ai suoi intenti seduttivi, se
fosse rimasto a palazzo con quell’intenzione.
Invece, con la sua fuga, chissà
quale piano della sorte sperava di dirigere.
Decidi che non ha importanza.
Sei felice che il conte sia
andato via e che i tuoi più neri timori siano stati scongiurati.
Ora devi solo aspettare il mattino,
quando la nuova luce del giorno cancellerà tutte le ombre, e tu con Oscar
potrete finalmente lasciare la dimora di Fersen, questo strano luogo, terra di
mezzo che mette a nudo le vostre anime.
È successo questa sera, nella
maniera più folle e imprevedibile.
Domani sei certo, tornerà tutto
come prima.
Domani tornerete a struggervi in
silenzio, lei per il nobile svedese che ama la regina di Francia, e si consola
volentieri sulle labbra compiacenti di qualche amica, neppure troppo segreta –
nei salotti il conte ha una nomea, che se non è un vanto è comunque motivo
d’orgoglio - e tu per lei che non ti vede.
Lei continuerà a non vederti
anche alla luce impietosa del giorno.
Lei dimenticherà le cose che hai
detto.
Dimenticherà sguardi e gesti
audaci di un uomo innamorato senza speranza.
Non sai se sperarlo o temerlo,
mentre un’immagine stonata ti ronza in testa; lei che ti guarda come se
sapesse, lei che ti accusa di fingere.
Non puoi fare altro.
Non c’è un altro modo per
restarle accanto, senza sconvolgere le sue certezze, ma restarle al fianco è il
modo più sicuro per torturare il tuo desiderio, una bestia repressa che ringhia
e sbava di frustrazione.
Ti domandi cosa ha capito della
tua provocazione disperata; hai giocato con le parole, e forse per lei non sono
state altro che un gioco puro e semplice.
È un pensiero che da minuti ti
assilla; questa notte è davvero troppo lunga da passare tra gli incroci
tortuosi della mente, ma sei stanco, sfinito dalle emozioni troppo forti, e il
tuo corpo finirà per cedere all’oblio.
Le palpebre diventano pensanti,
e finalmente stai per arrenderti al sonno, quando un rumore ovattato ma
distinto allerta i tuoi sensi.
È un lieve bussare, poi la
maniglia cede e la porta della stanza, quella nascosta dalla tappezzeria si apre
incerta, e subito si richiude. Avverti lo scricchiolio del legno che pare
dilatarsi sotto il peso di un corpo appoggiato contro l’uscio.
Chi altri ti verrebbe a cercare
in piena notte, in preda ai suoi turbamenti, se non lei?
Ti muovi sotto le coperte
vagamente inquieto, quando nel buio avverti la sua voce bassa.
“André, sono io. Sei sveglio?”
Bisbiglia quasi avesse paura di
essere scoperta. Da chi poi, non ti è chiaro; qui ci siete solo voi, la servitù
dorme al piano inferiore del palazzo, e certamente non s’interessa di due
ospiti occasionali che passano la notte sotto il tetto del loro padrone.
Senti le viscere contrarsi;
vorresti non rispondere, ma se fingessi di dormire, insisterebbe fino a
buttarti giù dal letto.
“Oscar? Che succede? Stai bene?”
La voce ti esce più apprensiva
di quanto vorresti. Alla risposta affermativa, affronti il freddo dell’ambiente
alla ricerca di una candela da accendere perché non potete restare
completamente al buio in una stanza che non conoscete. Rischiereste di inciampare
ad ogni più piccolo movimento, col rischio di piombare l’uno addosso all’altra,
con l’imbarazzo di toccarvi per sbaglio.
Piove, ma il temporale si sta
allontanando e non ci sono lampi che illuminano la notte.
Finalmente recuperi la candela, l’accendi
e la sua fiamma incerta illumina la camera, quel tanto che basta a definire i
contorni e le sagome degli arredi nelle immediate vicinanze, la sponda del
letto, il comò con la grande specchiera che lo sovrasta, un quadro appeso alla
parete. Oscar si è allontanata dalla porta e ora ti fissa, ferma di fianco al
camino spento. Ha uno sguardo strano, lucido; deve avere freddo perché noti che
ha addosso solo la camicia e le culottes.
“Non avevi la vestaglia da
metterti addosso?” le chiedi un po’ brusco, improvvisamente conscio che siete
soli, in una situazione ambigua. Certe porte non sono mai state aperte, ma
questa notte lei è venuta a cercarti, in un luogo che non è il vostro, e non
immagini con quali intenti.
Terra di mezzo.
Ti coglie un brivido di freddo…
forse è il pericolo che avverti.
“L’ho lasciata nell’altra
stanza; non riesco a dormire, André…” aggiunge rabbrividendo.
“È per questo che sei venuta
qui?” Domandi senza guardarla, mentre apri un’anta dell’armadio alla ricerca di
una coperta o qualsiasi altro indumento che possa scaldarla.
“Sì. Avevo bisogno di parlare un
po’ con te.”
Non sai se è il tono inquieto o
le parole, ma diventi guardingo; parlare di cosa? Cosa non ha capito di quello
che le hai detto? Le dai le spalle, mentre continui a frugare nell’armadio,
fino a trovare quello che stai cercando.
“Capisco… Io avrei preferito
dormire. Sai, sono un po’ stanco Oscar, ma se proprio insisti, allora parliamo
pure. Che cosa volevi dirmi? – chiedi conciliante. - Se è per quello che ho
detto a cena, ti prego di scusarmi Oscar, non volevo essere offensivo.”
Hai lanciato il sasso e adesso
tenti di nascondere la mano; ti sembra la sola cosa sensata da fare, perché
ricordi ancora la sua rabbia, ma Oscar qualche volta riesce a sorprenderti.
“Lo so, André. So che hai
parlato solo per il mio bene, e so che su certe questioni, sei più obiettivo di
me… - Avverti un po’ di esitazione in lei. – Hai… più esperienza…”
Sgrani gli occhi di fronte ad
una simile allusione, ma ti affretti a sorvolare.
Ti avvicini fino a scivolare
dietro le sue spalle, e allora con un gesto lento e avvolgente, le metti la
coperta addosso.
“Fa freddo, Oscar… meglio se ti
copri.”
Indugi un istante, quando lei si
volta un po’ stupita a cercare il tuo sguardo, e per il tuo gesto premuroso ti
sorride spontanea.
Ti ringrazia, prima di sedersi
sul canapè, lì accanto.
È solo un attimo, ma ti senti
sereno e oseresti dire completamente felice, come se avessi ricevuto un bacio,
questo perché il suo sorriso, così raro e prezioso, in quel momento era per te.
È un sorriso che si spegne poco
dopo, lasciando posto ad un’espressione vaga.
Torni verso il tuo letto; anche
tu non sei molto vestito e preferisci infilarti sotto le coltri. Da lì, la
osservi; non sembra arrabbiata, però di sicuro, qualcosa la rende nervosa. Lo
capisci dalla postura un po’ rigida del corpo, dal piede della gamba
accavallata che oscilla su e giù, di cui lei non si accorge.
“Allora Oscar, di cosa volevi
parlare?”
“Ecco… mi sento un po’ a
disagio…” confessa e abbassa lo sguardo, per un momento.
“Dai Oscar, non dirmi che ti fai
problemi con me! – Sei sbalordito. - Sono aperto agli argomenti più scabrosi,
possiamo parlare di quello che vuoi… te l’ho dimostrato, mi pare, anche se
preferirei farlo ad un’ ora qualsiasi del giorno…”
Lo dici con noncuranza,
abbandonandoti con la schiena sul cuscino, mentre speri che l’argomento non
riguardi direttamente voi. L’alternativa è che riguardi Fersen, e non ti piace
granché come possibilità, ma dovrai adattarti.
“No, ecco… è che… vorrei essere
a casa mia…”
“Davvero? Eppure non è la prima
volta che ci capita di dormire fuori casa, e abbiamo passato la notte in posti
meno confortevoli di questo palazzo… ti ricordi quella stamberga umida a
Meudon?”
“È vero.” Ti concede, e ti
sembra che abbia voglia di ridere, ma qualcosa la trattiene.
Chiudi gli occhi e sospiri.
“In realtà, il problema è un
altro, ammettilo Oscar.” La incoraggi.
Lei pare indugiare ancora un
momento, incerta su cosa dire, ma alla fine non trattiene oltre le parole,
scegliendo la via più diretta.
“André, perché credi che Fersen
sia andato via? Dimmi quello che pensi…”
Ti alzi reggendoti sui gomiti e
la fissi per qualche secondo. Oscar ti sta guardando; si aspetta da te solo la
verità, e tu stai già pensando a quello che dovrai omettere.
“Cosa vuoi sentirti dire, Oscar?
Che è corso tra le braccia di una delle sue amanti? Che è scappato per non
cedere alla tentazione? Le altre donne sono passatempi dove non impegnare il
cuore, ma con te tradirebbe davvero la donna che ama, e non può farlo…”
Per quello che riguarda il conte
svedese, non puoi dirle altro che la verità, e lei è rimasta ad ascoltarti in
silenzio. Quando parla, ti sorprende di nuovo.
“André, hai creduto davvero che
volessi diventare l’amante di Fersen?” Ti domanda a bruciapelo e tu osi
risponderle con franchezza estrema. Qui, nella terra di mezzo, te lo puoi
permettere.
“Non negare che ti senti
attratta da quell’uomo, a me puoi dirlo… non ti giudicherò per questo. Non sono
tuo padre…”
“No André, non lo sei…”
“Che male ci sarebbe? – Prosegui
imperterrito nella tua finzione, mentre dici parole che tagliano la gola come
coltelli affilati. - Una sola notte e via. Potevi contare sulla discrezione di
Fersen e nessuno lo avrebbe mai saputo… neppure la tua amata regina.”
“Dovresti conoscermi per sapere
che non accetterei mai una situazione simile… in nessun caso.”
Quale caso?
Oscar insiste sulle ultime
parole, hanno un suono duro e crudo; ti pervade una stranissima sensazione,
così chiara che non hai nessun dubbio a cosa Oscar voglia alludere.
All’improvviso, ti rendi conto
che non sai quanto potrai reggere una simile conversazione, non se voi siete
quelli coinvolti. Non vi siete mai nascosti dietro le convenzioni, non avete
mai usato i vostri ruoli come scudo, e non vuoi iniziare a farlo ora, non con
lei.
Per rispetto di te stesso, e dei
tuoi sentimenti non puoi accettarlo.
Pretendi di più, esigi
sincerità, in nome di quell’amicizia che vi lega, in nome di quell’amore che
senti per lei; non le permetterai di calpestarlo, anche se non può
corrisponderti. Ti alzi a sedere sul letto e la guardi fisso, deciso a non
lasciarla fuggire.
“Davvero Oscar? Puoi giurare che
se al mio posto, ora ci fosse Fersen, tu non saresti venuta a cercarlo, in
preda all’insonnia? Cercare un servo in piena notte, soprattutto se tuo amico,
ti mette al riparo da qualsiasi conseguenza? Da possibili fraintendimenti? Oh,
ma forse, non t’importa…” Le parole ti sono uscite, senza che tu potessi
fermarle.
“Cosa stai dicendo? Non
capisco…”
Anche alla tenue luce della
candela leggi la confusione sul suo volto, e forse un lieve timore.
Ti alzi dal letto e ti avvicini
al canapè su cui è seduta e ti poni di fronte a lei, senza curarti della tua mise
un po’ discinta, la camicia troppo aperta sul petto ampio che rivela la pelle
ambrata fino all’ombelico, i pantaloni un po’ molli abbandonati sui fianchi che
sembrano sul punto di scivolare troppo in basso da un momento all’altro.
Lo sguardo di Oscar ti cade
addosso, scivola sulla pelle proprio all’altezza dei tuoi lombi e risale in
alto; ti pare di scorgere l’imbarazzo tingerle le guance per qualche istante, e
forse, solo adesso si rende conto della situazione, e tu non manchi di
rimarcarlo.
“Quello che perfino a Palazzo
Jarhyes sarebbe giudicato una stranezza abbastanza tollerata, qui non è altro
da ciò che è; un uomo e una donna soli di notte, in una stanza che non è la
loro. Io sono pur sempre un uomo, e se tu non sei venuta a cercare un amante, che
cosa vuoi veramente da me, Oscar? Mettermi alla prova?”
“André, non fai altro che dire
assurdità!”
“Diamine Oscar! Davvero non ti
rendi conto?” chiedi esaperato.
“André, noi siamo amici! Perché
dovrei metterti alla prova? Io mi fido di te, mi fido del nostro legame… siamo
come fratelli. Ti giuro che nulla cambierà, anche se io dovessi…” Senti lo
sconcerto nella sua voce, ma insisti, perché stanotte hai deciso che non ti
fermerai alle apparenze. Oscar si è alzata in piedi e ti affronta ad occhi
sgranati; il suo sguardo è un misto di stupore e spavento.
“Se tu dovessi, cosa? Amare
Fersen? Perché è così, no? Per nessun’altra ragione, ti saresti fermata qui,
stanotte, e non provare a negarlo, non serve. Mi hai accusato di fingere, ma
non voglio più farlo. Tu lo ami, e forse hai capito che la nostra amicizia è
messa in pericolo da questa verità…”
Oscar alza una mano, il palmo
rivolto verso di te, come se volesse bloccarti.
“Smettila André! Smettila
subito! Non capisco cosa ti sta succedendo; se davvero io m’innamorassi di un
uomo, noi non saremmo più amici? Che stupidaggine! Tra noi non cambierebbe
nulla. Perché non potresti accettarlo? Non ti facevo così egoista.”
“Ti sbagli Oscar; io lo
accetterei, perché altro non potrei fare. Lo sto già facendo; e vado avanti,
sperando che ti passi quest’infatuazione malsana per il bel conte svedese. Ma
non pretendere che la cosa mi renda felice. Io so già come finirà, e non sarà
un bene per te…”
“Bene, stai ridimensionando le
cose; ora parli d’infatuazione, qualcosa di più leggero dell’amore. Come al
solito, ti stai preoccupando troppo; se il problema è solo questo, allora sei
uno sciocco, André.” Taglia corto Oscar, come se volesse liquidare i fatti.
“Io sono uno sciocco, ma tu non
stai negando… vuol dire che ho ragione io!” insisti.
Ti volti con l’intenzione di
tornare nel tuo letto, ed è meglio che anche Oscar torni nel suo; stai per
dirglielo, ma lei, dopo una breve pausa, t’incalza di nuovo con domande quanto mai
inopportune.
“Se sono… se fossi innamorata di
Fersen, perché non potresti essere felice per me, André?”
Avverti il tono triste,
allarmato, e all’improvviso anche il tuo cuore sussulta, per la quasi
ammissione. Le manca il coraggio.
E tu?
Le dirai la verità? Le dirai che
non è amicizia, quella che vi lega? Almeno, non da parte tua? Le rispondi senza
guardarla, la testa bassa.
“Perché la tua è solo una
chimera, Oscar… nient’altro che una chimera… come la mia, del resto… - emetti
un lieve sospiro, prima di proseguire con l’intenzione di chiudere questa
notte, e la vostra strana conversazione. – La felicità è nelle cose che
abbiamo, non in quelle che vorremmo. È meglio se torniamo a dormire, Oscar.
Buonanotte.”
Oh, non è così facile. Nulla di
questa notte lo è; la terra di mezzo non lascia spazio a rassicuranti
illusioni.
“Ti ho già detto che in quella
stanza non riesco a dormire. Posso restare qui con te, André? Non ti darò
fastidio.”
Ti volti rassegnato, lievemente
stanco.
“Certo, come vuoi. – Assonnato,
ti strofini un occhio con la mano. - Posso cederti il mio letto; io dormirò su
quel divano laggiù; con due cuscini è una coperta, sarà comodissimo.”
Stai già per procurati
l’occorrente dall’armadio, ma Oscar parla di nuovo, e le sue parole inaspettate
ti bloccano.
“No André, non sarà necessario.
Il letto è abbastanza grande per entrambi, possiamo dormire insieme senza
problemi, come quando eravamo ragazzini.”
Trattieni ancora i cuscini fra
le braccia, mentre la guardi, immobile. Passano i secondi e Oscar ti fissa; nel
suo sguardo cogli una strana aria di sfida, ma è una provocazione che non puoi
raccogliere, e se serve, glielo dimostrerai. Intanto, speri che bastino le tue
parole di diniego a scoraggiarla dal suo temerario proposito.
“No Oscar, non possiamo dormire
insieme. Dormirò sul divano, non ti preoccupare.”
“Non voglio farti dormire su un
divano, sarebbe un’assurdità, giacché abbiamo due camere belle comode. Qual è
il problema, André? Temi di compromettere il mio buon nome? Non accadrà nulla
di simile.”
Sgrani gli occhi, quasi
incredulo, prima di abbandonare i cuscini sulla poltrona accanto.
“Allora è vero! Vuoi davvero
mettere alla prova la nostra amicizia? È stata la tua intenzione fin
dall’inizio! Perché Oscar? Perché proprio stasera, e proprio qui? Hai qualche
teoria astrusa da dimostrare?”
“Oh no! Ancora con questa
storia, André?! Non voglio sedurti, sta tranquillo.” Oscar quasi ride per
averlo detto, ma tu non trovi la cosa divertente, e quel che è peggio, lei non
se ne rende conto.
“È esasperante che tu non voglia
capire; non possiamo dormire nello stesso letto perché non siamo più ragazzini,
Oscar. Questo è un fatto che non puoi ignorare; io non voglio ignorarlo, dunque
non dormirò con te, fingendo che la cosa non debba turbarmi. Te l’ho già detto,
io sono pur sempre un uomo, e tu… beh, tu sei una donna e io… io potrei perdere
il controllo…” aggiungi diretto, sempre più nervoso e agitato.
“Ma non dirai sul serio!? Mi
spieghi perché non possiamo dormire insieme come gli amici che siamo? Ci siamo
già trovati in situazioni simili, e non ne hai mai fatto un dramma. È
ridicolo.”
Oscar pare incredula e tu stai
perdendo la pazienza. Tutta questa situazione è assurda, e a Palazzo Jarhyes
non sarebbe mai accaduta. Se Oscar ha deciso di giocare col fuoco, le farai
vedere che rischia di scottarsi. Rimandi a lei ogni scelta. Tu hai fatto la
tua.
“Vuoi proprio che te lo dica
chiaro e tondo?”
Repentino ti avvicini a lei, e
alzi la mano per sfiorarle la guancia in una carezza che ha poco d’amichevole:
le dita scivolano sulla gota e scendono a toccare le labbra piene. Poi
fulmineo, il tuo braccio scende ad afferrarle la vita. La circondi e la blocchi
contro il tuo torace seminudo, mentre con la mano aperta le reggi la schiena.
Schiude la bocca e la senti trattenere il respiro per la sorpresa, mentre i
suoi occhi turchesi si puntano nei tuoi.
“Non sempre io riesco a
guardarti solo come un’amica. Stanotte è una di quelle notti in cui potrei non
riuscirci… Oscar, io potrei tentare di sedurti, anche se so perfettamente che
non mi vuoi. Ti prego Oscar, se tieni davvero alla nostra amicizia, va via. È
meglio. Ti dico solo che il modo più sicuro per rovinarla, è giocare con la
virilità di un uomo, come stai facendo tu, adesso.”
Speri ardentemente che capisca,
e forse il contatto tanto ravvicinato dei vostri corpi la mette finalmente in
allarme. Indugi ancora nel suo sguardo, e vi scorgi un turbamento nuovo,
un’ombra che prima non c’era; l’iniziale smarrimento è mutato in qualcosa di
conturbante, quando Oscar ha avvertito l’eccitazione che non sei capace di
nascondere.
Ti aspetti un movimento brusco,
per respingerti e allontanarti, ma Oscar continua a restare immobile, a
fissarti con quello sguardo insondabile, velato da una tristezza che non
comprendi, finchè Oscar non rompe di nuovo il silenzio, e quella tristezza si
riversa nella sua voce sensuale e profonda.
Le sue mani scivolano lentamente
sulle tue braccia, mentre si stacca da te.
“Scusami André, hai ragione. Mi
sto dimostrando priva di tatto, e di rispetto. La verità è che mi sento così
strana; non è solo a causa di Fersen, si tratta anche di noi, del nostro
legame… vedi, io non l’ ho mai messo in discussione, e forse ho sbagliato…”
“Eh?” la tua espressione si fa
interrogativa, mentre continui ad ascoltarla.
“Ho bisogno di certezze, André.
Tu sei una delle poche che ho, e ultimamente le cose tra noi mi sono sembrate
difficoltose, da quando Fersen ha fatto ritorno in Francia. Forse ti sei
sentito minacciato, e ho ignorato la cosa troppo a lungo. Noi siamo amici
André, sono convinta che lo saremo sempre, niente e nessuno potrà cambiare
questo… ma… sarà più facile per entrambi se non ci complichiamo la vita
alimentando stupide gelosie… non pretendere da me, quello che mi è impossibile
darti. Ti prego, André!!”
Vigliacca… vigliacca Oscar!
Lo pensi e intanto non riesci a
convincerti che lo stia dicendo. Ti pare fin troppo chiaro dove Oscar voglia
andare a parare, ma l’idea nella tua testa è amara e svilente.
“Pretendere? Tu credi che io
pretenda qualcosa? Non ci posso credere!” Esclami, al colmo dell’esasperazione.
“André, io… vorrei che tu
capissi; io e te… il mondo là fuori…”
“Ma io capisco benissimo! Vuoi
metterla su questo piano? È questo che pensi? – Ti avvicini un poco di più a
lei, che per reazione indietreggia fino a sbattere contro il bordo del canapè.
– Vuoi farne una mera questione di sesso? Oh Dio, credi sia questo il
problema?” Le domandi, sempre più costernato.
Oscar si limita a guardarti
amareggiata; la tristezza nel suo sguardo sembra diventare più simile ad un
dolore intollerabile, che si manifesta nella voce amara. È nulla paragonato al
tuo, alla delusione che ti avviluppa il cuore.
“Non lo è, André? Sei tu che
continui ad insistere sul fatto che siamo un uomo e una donna; non hai fatto altro,
da quando sei giunto in questo palazzo, come se solo qui, questa verità fosse
evidente. A Palazzo Jarhayes cosa siamo?”
Abbassi lo sguardo. Ti senti
sconfitto.
Non può finire così, con questo
nodo che soffoca il cuore come lacrime trattenute a forza; qualcosa dentro di
te si ribella: è la verità che grida e vuole liberarsi.
Basta con le illusioni. Oscar
deve capirlo cosa siete. Deve capire cosa sei tu, e vivere con questa verità,
se ci riesce.
Sei stanco di fingere.
“Io sono soltanto un uomo che ti
ama in silenzio, Oscar. – Parli con calma mentre la guardi, senza nessuna
enfasi, quasi con dolcezza, ed è più facile di quanto credessi. - Provo
dell’affetto per te, che va oltre la semplice amicizia, è giusto che tu lo
sappia. Ma non pretendo nulla, oltre quello che esiste fra noi; l’amore è una
pianta spontanea.”
Lei sgrana gli occhi e
ammutolisce.
Tu sei tranquillo, il tuo
respiro è placido nel breve silenzio che segue.
Come se nulla fosse.
“Bene, ora che abbiamo chiarito
come stanno le cose, credo che possiamo tornare a dormire. – Prendi i cuscini e
la coperta che avevi lasciato sulla poltrona accanto, e ti avvii verso il
divano dove passerai il resto della notte. – Buonanotte Oscar.”
§§§
Non sai quando Fersen possa essere
rientrato. Quasi non t’importa.
Troppi pensieri viaggiano
impazziti nella tua mente e vorresti solo trovarvi un ordine logico.
Cos’è questo senso di sorpresa
che avverti?
Lo sapevi.
Sapevi già tutto.
Hai tentato di ingannarlo, ma
hai ingannato solo te stessa.
Andrè è stato onesto, e più
coraggioso di te.
Il mattino seguente, hai
salutato e ringraziato Fersen per la sua cortese ospitalità, mentre ti
apprestavi a lasciare la dimora del conte, insieme al tuo attendente.
La mattina più inconsueta della
tua vita, da che ne hai memoria.
Sopra la testa un cielo limpido,
sereno come dopo il passaggio di una tempesta.
Hai notato lo strano scambio di
sguardi tra i due uomini, e poi le parole allusive di Fersen.
“Non eravate atteso, ma credo
che il vostro arrivo abbia rincuorato anche madamigella Oscar. Spero che
abbiate riposato bene, André.”
“Benissimo, grazie conte di
Fersen.”
Le sole che ricordi.
Tutto il percorso fino a casa, fatto
in silenzio.
Solo il suono degli uccelli
solcava l’aria tersa.
Avresti voluto sentirlo parlare,
almeno una volta, ma Andrè ha cavalcato tutto il tempo, dietro a te, in
silenzio e assorto. Unica voce ad accompagnarti, quella dei tuoi pensieri.
Ti sei voltata un paio di volte
ad osservarlo, di sottecchi, sperando che non ti notasse; lui cavalcava
tranquillo, lo sguardo sereno puntato in avanti sulla strada, o attratto dai
campi verdi attorno, dal scintillio del fiume che attraversa la campagna, la
figura di un contadino curvo su una zolla di terra, con gli zoccoli che
affondano nel fango.
Che cos’è l’amore?
Quante volte ti sei posta la
domanda, e sai che mille risposte non basterebbero a sciogliere la tua
confusione. È dolore negli occhi di Fersen e Maria Antonietta?
È strazio segreto che brucia nel
tuo petto?
E se fosse balsamo che può dar
pace al cuore? Se potesse lenire le ferite e farle guarire?
Dove nasconde la sua passione,
André? Tanto placida, perché non mostrata ed espressa, ma se fosse lasciata
libera sarebbe incontenibile, maestosa e potente.
È il suo nutrimento? È il suo
travaglio?
È tanto grande che gli basta per
viverti accanto, senza morirne?
Un fuoco sacro, Andrè il
sacerdote che lo custodisce.
All’improvviso, ti sembra vitale
venirne a capo.
La tua salvezza.
La vostra, forse…
Continua…
Scusate il ritardo di questo
aggiornamento, ma il capitolo presentava qualche difficoltà nei dialoghi che
non riuscivo a risolvere nel modo giusto. Ma alla fine eccomi qui.
Oscar e André mi hanno fatto soffrire
e non poco, e qui loro sono gli esclusivi protagonisti. Lascio il resto per
dopo.
Vi ringrazio per tutti i vostri
commenti, e scusatemi se non sono riuscita a rispondervi; sappiate che sono sempre
preziosi e costruttivi, e mi aiutano molto. Spero che la lettura vi abbia
soddisfatto, ma come sempre, mi interessano molto i vostri pareri, e se ne
avete, non lesinate le critiche e le perplessità. Un saluto a tutte le mie
pazienti lettrici.
Arrivati a Palazzo Jarhayes, dopo aver lasciato i cavalli
nelle scuderie alle cure di Andrè, che contrariamente al solito, non si
affretta a seguirti, corri in casa quasi avessi una fretta infernale.
Non hai vere ragioni, e non sei in ritardo neppure per
andare a Versailles; è solo il bisogno di restare un momento da sola, e forse,
la necessità di scappare da lui, e dalla verità che non puoi più ignorare.
Mentire a te stessa, mai ti è sembrato così difficile.
Eppure insisti e continui a provarci.
Perché questo non può essere un giorno comune agli altri?
Ti attende la consueta giornata alla reggia, faticosa e
snervante; le udienze reali, le consegne, i rifornimenti militari, e alla fine
del servizio di turno, dopo aver passato in rivista il reggimento delle Guardie
Reali, potrai godere di una tranquilla serata davanti al calore del camino a
bere vino.
Una vita entusiasmante, quella che tuo padre ha pensato
per te.
Una vita d’onori, megaglie sul petto e gloria. Prima
capitano, ora colonnello; la promozione concessa come un dono dalla generosa
Regina.
Alla reggia si apprestano i preparativi per l’ennesima
festa da ballo, sono già stati mandati gli inviti ai quattro angoli del Regno
di Francia; verrà la nobiltà più illustre dalla Picardia, dalla Loira, dalla
Bretagna, dalla Provenza. Tu sarai obbligata ad esserci, ma già avverti il
fastidio delle chiacchiere, le risate maliziose, l’odore delle candele che
bruciano, le dame sudaticce sotto il belletto e le parrucche posticce,
costrette dentro i loro bustini troppo stretti che ricorrono ai sali per non
svenire, o corrono sui balconi per respirare l’aria fresca della notte.
Tu e André quante volte avete riso di quelle mise
improbabili, dei nei finti, gli occhi bistrati e le guance imporporate di
vegliarde dame ridicole, di tutto quel tronfio cerimoniale, teatro fasullo
inscenato sotto i vostri occhi.
Era il vostro modo per rendere quel mondo più
sopportabile.
Ti resta la fragile illusione che tutto è uguale a sempre,
che la tua vita debba scorrere come il solito, scandita dalla quotidianità
famigliare che dividi con André.
Inutile apparenza.
Non è così, e lo sai fin troppo bene.
Hai paura di aver perso quella quotidianità che vi legava
di un giogo dolce, senza dolore. È un terrore che taglia il respiro, paralizza
i pensieri arenati come barche in secca.
Non puoi dirti sorpresa di nulla, eppure sei ancora
sgomenta, non dalla verità che mai fu un segreto; era lì, da sempre, e lo sai,
facevi solo finta di non vederla.
Sei stata una pazza.
Andrè ti ha disarmata con estrema semplicità, ti ha
costretto a guardare nello specchio che riflette la vostra immagine, quella più
pura e sincera che nessuno, oltre voi, vede.
Quella che solo tu e lui, conoscete.
Fersen, amore impossibile e negato.
Vorresti concentrarti sul suo volto bellissimo quando
sorride, lo cerchi con la forza della mente, scivoli sui ricordi di una cena
piacevole che confina con una notte sconvolgente. Invece, non riesci neanche a
pensare a lui, e fino a poche ore fa, parevi non avere altro pensiero, né altra
sofferenza sembrava più grande e indicibile del tuo amore straziante e
disperato per lui.
Cerchi il volto di Fersen e trovi lo sguardo del tuo amico
d’infanzia.
Non lo è più.
Dio, vorresti poter lasciare tutto in quel palazzo, dentro
quella notte senza stelle, in quella terra di mezzo abbandonata: accuse,
verità, segreti inconfessabili, sentimenti repressi, tutto sigillato in quella
maledetta stanza, come dentro un forziere dei pirati che mai si dovrà aprire.
Il vaso di Pandora si è aperto, ed è uscita anche la
speranza che tutto restasse immutato nella vostra insolita vita.
Ostenti una calma che non hai. Ti sforzi di controllare le
emozioni, l’umore, i turbamenti. Versailles attende il suo perfetto Colonnello,
la Regina la sola persona di cui si può fidare in questo contesto. Vorresti
accantonare tutti i pensieri che da un po’ assillano la tua vita: Maria
Antonietta, Fersen, il loro amore scandaloso e tormentato sulla bocca di tutti,
sporcato dal ridicolo della maldicenza, dalla vergogna dell’indignazione…
André.
André ti ama.
André che vorrebbe sedurti.
André che non vuole dormire con te.
André, sempre André.
No, lui no.
Lui non si lascia relegare in nessun luogo remoto.
Lui c’è, immerso nella tua vita, nelle tue ore più lunghe,
più forte del tuo stesso sangue, bagnato in esso, come in un patto inscindibile
tra i vostri spiriti. Lui è un pensiero costante, ora più che mai;
un’ossessione tenera e invadente che sale come la marea e afferra la gola.
Torna prepotente la memoria della sua pelle sotto il
bagliore seducente di una fiamma, la voce nella tua testa si riveste di parole
dolci e audaci, semplici e schiette.
L’uomo che ti ama in silenzio, che non chiede niente.
L’uomo che dice la verità, mettendo a nudo il suo cuore,
come mai pensavi avrebbe fatto. Come mai speravi che facesse. Indifeso di
fronte a te, svuotata di parole inutili, ti sei sentita vinta da un simile
coraggio, quello che non richiede atti di forza, ma solo onestà, e un cuore
puro.
Guardi nello specchio, e per la prima volta ti vedi
diversa.
Sistemi la spada al fianco, aggiusti la divisa, la fascia
sul petto.
Versailles e la sua corte ti attendono.
Andrè sarà lì, al suo posto.
Al tuo fianco, muto e silenzioso.
È così che lui ti ama.
L’amore si ripaga.
Tu puoi solo accettarlo.
*****
La sera scende come un sipario scuro dietro le ampie
vetrate di Palazzo Jarhayes; sembra un velo calato a nascondere quello che non
si deve mostrare alla luce del sole.
In silenzio, hai cercato di allontanarti, ma lei ti ha
trattenuto. Era l’ultima cosa che ti aspettavi, da una giornata che è stata
insolita e difficile, fatta di lunghi silenzi, sguardi fuggevoli, inseguiti e
distolti in fretta.
Poi, mezze frasi, fredde ed essenziali, dette col tono più
neutro possibile.
“Porta questi documenti nell’ufficio di Girodelle:
riguardano l’addestramento delle nuove reclute. È lui, l’incaricato.”
“D’accordo Oscar. Qui ci sono i nuovi dispacci che devi
firmare.”
Insieme, eppure distanti, persi e concentrati in voi
stessi, nello sforzo immane di far sembrare tutto normale e consueto; siete
come due teatranti impegnati in una commedia dai ruoli difficili e piuttosto
scomodi.
Le maschere sono pesanti da portare, ora più che mai.
Il palazzo di famiglia è da sempre il luogo protettivo e
rassicurante in cui potete abbassarle, ma adesso mostrare i volti nudi è
diventato pericoloso e può fare paura.
“Ci vuole un buon bicchiere di vino, André. Mi concilia il
sonno… non bevi con me, questa sera?”
Lo dice come se si aspettasse un tuo rifiuto. Sospetti che
stia fingendo.
“Certo Oscar, un po’ di vino non può far male…” le concedi
accomodante, e ti appresti alla vetrinetta dei liquori, dove è riposta la
bottiglia di cordiale.
“Già… di sicuro, in qualche caso ha il potere di
sciogliere la lingua…”
A te non è servito. Non rispondi, deciso ad ignorare il
suo sarcasmo o qualsivoglia allusione; accenni l’ombra di un sorriso, mentre
versi il vino nel bicchiere per porgerglielo.
Lei lo afferra.
“Oggi eri assai poco loquace, André. Come mai? – Oscar
porta il calice alle labbra e ne beve un sorso. - Di solito quando siamo alla
reggia, mi racconti sempre qualche aneddoto curioso…”
È vero.
L’ultimo favore ottenuto della contessa di Polignac per un
suo parente, il pettegolezzo del momento su un cortigiano… le prodezze amorose
di qualche giovane cadetto ai suoi ordini; cose di questo genere, per
accorciare le ore e il tedio, o solo per parlare un po’ con lei, senza
dimenticare mai il luogo dove siete.
“Non ho mai pensato che fossero davvero di tuo interesse,
Oscar. Comunque, oggi mi parevi molto concentrata sul tuo lavoro, per prestarmi
attenzione.”
Non c’è ironia in quello che dici, solo verità, che lei
forse coglie.
“Io presto sempre attenzione alle cose che mi dici, André,
- puntualizza seria, lanciandoti un’occhiata obliqua - soprattutto, quando
siamo a Versailles, un luogo dove è meglio tenere occhi e orecchie aperti…”
Incroci il suo sguardo, e il ricordo corre ad un palazzo
che non è la reggia di Versailles; giureresti che lo stesso pensiero sta
sfiorando lei, ma fai finta di nulla.
“Sì, hai ragione Oscar. Se ci tieni tanto, posso
raccontarti del piccolo alterco che oggi ha visto coinvolti Girodelle e il
conte di Fersen…”
“Quale alterco?” ti chiede lei, con malcelata curiosità.
“Nel primo pomeriggio, Fersen era venuto a cercarti, non
so per quale motivo; chissà, forse voleva scusarsi per il suo strano
comportamento. Ha chiesto al tenente notizie di te, voleva parlarti in privato;
Girodelle ha risposto che eri molto impegnata e non potevi essere disturbata,
durante l’esercizio delle tue funzioni per la scorta di Sua Maestà… beh, a
quanto sembra, Fersen non l’ha presa bene; ha rimproverato a Girodelle il suo
zelo inutile, accusandolo di essere un prevenuto.”
“Incredibile… - è il commento ironico e divertito che le
esce dalle labbra. Dopo, butta giù tutto il vino in un colpo solo. - Chissà
perché Girodelle ha reagito così…” domanda più a sé stessa, che a te.
“Forse il tuo sottoposto non ha simpatia per il conte di
Fersen; magari, è per quello che si dice di lui e la regina…” commenti
tranquillo. Oscar ti guarda, ma non ribatte.
Il suo turbamento non riguarda il conte.
Tu riponi la bottiglia nella vetrinetta dei liquori, con
l’intenzione di accomiatarti. Vorresti andar via, ma ti blocchi appena senti la
sua voce.
“Sai André, non credo che parteciperò al ballo della
settimana prossima…” è più un’affermazione rivolta a se stessa. Ti volti
appena.
“Invece, dovresti andare…”
“Perché dovrei? Sai che non amo le feste mondane…”
“È un ballo importante, e tu sei il Comandante delle
Guardie Reali, la sola persona su cui la regina possa contare; anche il conte
di Fersen la pensa così…”
“No, no André! – Scuote energica la testa, infastidita,
portandosi una mano alla tempia. – Non voglio farmi coinvolgere da questa
storia, non mi riguarda… lo sai come finirà… e poi cosa dovrei fare, secondo
te? Minacciare con la spada tutti quelli che li giudicano e li guardano con
disprezzo?”
Avverti l’alterazione della sua voce, l’irritazione che
trattiene a fatica.
Non sai perché, ma ti viene da ridere, non sai resistere.
“È un’idea, perché non ci provi, Oscar? Potrebbe
funzionare.”
Basta a sdrammatizzare tutto; perfino lei si rilassa e ti
sorride di riflesso, il primo che ti concede. Ringrazi Dio che ti ha dato
questo momento, perfetto per chiudere l’argomento e questa strana giornata, e
sei deciso ad andartene. Alla stanchezza fisica devi aggiungere quella mentale,
e non te la senti si sostenere una conversazione impegnativa, non stasera.
Fai solo qualche passo in direzione della porta.
“Buonanotte, Oscar.”
“André aspetta…” la sua voce tradisce un ansito di
commozione.
“Che altro c’è?” Sussurri rassegnato.
Speravi che finisse tutto senza traumi, discorsi inutili.
La fissi e il cuore trema; il suo sguardo tradisce altro: esitazione,
stanchezza e un’inquietudine che va oltre parole troppo semplici e banalità
dette per nascondervi. Scorrono minuti di silenzio che sembrano interminabili,
in cui i vostri occhi si allacciano, liberi da maschere: sono carichi di tutto
quello che non riuscite ancora ad affrontare: chiamare le cose col loro nome.
Ma è soltanto Oscar che non ci riesce.
“No… niente André. Buonanotte.” Abbassa gli occhi.
Non aggiunge altro, e tu non sai se essere deluso o
sollevato.
Chiudi la porta della stanza alle tue spalle. È tutto
rinviato.
La verità non si può chiudere fuori, lo sai anche tu,
Oscar.
******
La sera del grande ballo a corte è arrivata. È un
avvenimento importante a cui prenderanno parte molte personalità in vista del
regno.
Tu non hai nessuna voglia di andarci.
È una settimana che sopporti gli umori di una corte
degenerata, che ha il coraggio di criticare quello che di nascosto fanno tutti
abitualmente; storie clandestine, tradimenti, voci di palazzo che si propagano
con la rapidità del vento, il tutto impregnato di una morale ipocrita.
Non ne puoi più delle loro chiacchiere maligne, dei
commenti bisbigliati dietro i ventagli delle dame al passaggio della sovrana e
dei loro sguardi d’intesa.
Non vorresti andare a Versailles questa sera. Lo
eviteresti con tutte le tue forze. Ma ti rassegni a fare il tuo dovere, ciò che
è meglio per la tua regina.
Perfino Fersen è venuto a chiederti un consiglio, a te,
che sei l’ultima persona che potrebbe darne.
“Che cosa dovrei fare, secondo voi, Oscar?”
Solo per questo ti ha cercata a Versailles? Dopo erano
arrivate le scuse per la sua fuga.
“Perdonatemi per come mi sono comportato; mi sono
allontanato in piena notte, come un ladro. Non so neppure da cosa ero mosso…
sentivo la sua mancanza, come un dolore fisico… mi attanagliava una spaventosa
solitudine e ho avuto la strana impressione di vederla riflessa nei vostri
occhi, quella sera. Poi, è arrivato André, e sapevo che vi lasciavo in buone
mani…”
Il sospetto che il conte abbia sottointeso altro è un
pensiero molesto, che ti turba più di quanto vorresti. Hai lasciato a Fersen la
sua maschera; meglio non pensare a cosa poteva succedere, se le vostre
solitudini si fossero trovate in quella terra di mezzo, terreno neutrale in cui
amore e colpa potevano abbracciarsi, o magari respingersi con dolore.
Una volta di più, André ti ha salvata da te stessa.
Fersen doveva soffocare l’amore, così ti
aveva detto, qualche giorno prima di quella notte. È una regola che lui non sa
applicare a se stesso. O forse, l’ha applicata meglio di quanto tu creda.
Dopo che Fersen se n’era andato, tu e André siete rimasti
soli; quasi tu avessi bisogno dell’ennesima conferma, di nuovo, hai cercato di
metterlo alla prova, e ti sei messa in trappola da sola.
“Che cosa faresti se tu fossi al posto di Fersen, André?”
Gli hai chiesto, senza guardarlo, con lo sguardo fisso sul vetro tinto dal
rosso della sera. Lui ha tergiversato per poco.
“Che domanda strana Oscar… stiamo parlando di noi?”
“Rispondimi, per favore.” Hai insistito, lo sguardo sempre
rivolto al cielo rossastro della sera.
“Essere al posto di Fersen, vorrebbe dire essere
ricambiato… è l’unico motivo, per cui farei a cambio con lui…”
“Sì, ma… - hai trattenuto il respiro per un attimo - credi
che il conte sia da biasimare per il suo coinvolgimento con la Regina?”
“Non si può biasimare un uomo che ama; in qualche caso
l’amore diventa un po’ egoista, e prende tutto quello che può. Questo vale
sicuramente per un uomo come il conte di Fersen.”
“E tu, André? – Allora, ti sei voltata a guardarlo. – Che
cosa prenderesti?”
Nel breve silenzio, hai sostenuto il suo sguardo verde,
che non si è mai abbassato, mentre accettava la tua sfida.
“Solo ciò che ricevo, Oscar.”
“E se nulla potessi avere? Se non fosse possibile? Puoi
continuare a nascondere i tuoi sentimenti per proteggere colei che ami?”
Andrè si è avvicinato pericolosamente. Poteva toccarti, ma
non ha alzato un dito.
“Perché fingi di non essere tu, quella coinvolta? Credi
che non sia stato sincero?” Ti ha chiesto con velata amarezza.
“No… no, André. Non volevo dire questo…” ti sei affrettata
a rispondere; mai potresti ritenerlo un bugiardo, e non vuoi che lui lo creda.
“È quello che faccio da sempre, Oscar. Ti amerei in
silenzio, come ho sempre fatto.”
Parole troppo semplici e schiette.
Paiono innocue e non ti sei accorta che ti hanno
trapassato il cuore.
“Ma l’altra sera sei diventato egoista… hai interrotto il
silenzio…”
“Più egoista dello svedese? Certo, perché lui è perfetto,
vero Oscar? Anche se col suo amore fa soffrire la donna che ama. Quello che ti
ho detto in quella stanza di Palazzo Fersen, non uscirà da lì. La storia tra il
conte e Maria Antonietta ha varcato i cancelli dorati della reggia e raggiunto
le bettole più infime di Parigi. I miei sentimenti sono un segreto fra me e te.
Tu puoi continuare ad ignorarlo, se vuoi, ma io mi sento più libero da quando
te l’ho detto… - improvvisamente si è interrotto, come se André dovesse trovare
il coraggio. Infine, emette un sospiro. – Forse, un giorno sarò libero anche di
lasciarti, Oscar…”
Il pensiero ti fa sgranare gli occhi, mentre lo specchio
rimanda la tua immagine in alta uniforme, splendida e altera.
È la prima volta che la indossi.
È la prima volta che vai a corte per danzare, ma quello
che per gli altri è divertimento, per te è dovere. Non c’è gioia nel tuo
sguardo, e hai una strana voglia di piangere.
Lui potrebbe lasciarti?
Ha mai voluto farlo?
Vorrà mai farlo, un giorno?
Alla fine, è stato Andrè a convincerti.
“Tu sei l’erede della famiglia Jarjayes, non puoi mancare…
hai pensato a quello che accadrà, se la regina Maria Antonietta e il conte di
Fersen balleranno insieme questa sera? Sarà palese a tutti, quello che c’è fra
loro, e non si potrà evitare lo scandalo. Il tuo primo dovere è proteggere la
Regina, dovresti pensare solo a questo.”
Non avevi obiezioni da opporre.
André aveva ragione, e tu hai ceduto.
All’improvviso ti rendi conto che non riesci proprio a
resistere; alla fine, non sapresti dire in che modo, André riesce a farti fare
quello che vuole lui.
Ti arrendi quasi per istinto, come se ti venisse naturale.
Che strano potere che ha su di te…
Forse ora, ne ha più di un tempo. In fondo, ti fidi di
lui, come di nessun altro.
Non ricordi, quando gli hai concesso tutto
quest’ascendente. È così e basta.
Uno palpito ti attraversa il petto, un brivido che
serpeggia e morde lo stomaco; si chiama paura, la consapevolezza che André
potrebbe avere il potere di farti arrendere a te stessa.
Di farti arrendere all’amore.
****
Il tuo ingresso a corte ha colto tutti di sorpresa.
Andrè ti ha detto che sei splendida in alta uniforme, e al
centro del grande salone, gli occhi che ti circondavano lo confermavano.
Hai incrociato perfino lo sguardo di Fersen, e anche in
lui hai colto sincera ammirazione e un pizzico di meraviglia, ma non quella che
si riserverebbe ad una bella donna; era quella di un uomo verso un suo pari.
Con chi avresti danzato? Con una dama o un cavaliere?
All’inizio, quello è stato l’interrogativo principale, che
svelasti quasi subito.
Danzasti con la regina; fosti il suo unico impeccabile
cavaliere, riuscendo nell’intento di distogliere l’attenzione da lei e dal
conte di Fersen.
Sua Maestà era bellissima nel suo elegantissimo abito da
sera, indossato sicuramente per lui. Fersen rimase ad osservarvi tutto il tempo
dal fondo della sala, sorseggiando pigramente un calice di vino, e Maria
Antonietta gli lanciò solo di rado qualche fuggevole occhiata.
Quegli sguardi non erano per te, ma in un’altra vita,
distante quanto un orizzonte sul mare, avresti desiderato essere al posto della
regina solo per riceverli.
Ti fingevi serena, ma dentro ti sentivi morire, sotto
l’assalto dell’angoscia e di una strana frustrazione che non riuscivi a
decifrare.
Stavi prendendo in giro tutti, stavi prendendo in giro
lei, che ti sorrideva magnifica e affascinante e non immaginava cosa portassi
nel cuore; un sentimento che era un tradimento nei suoi confronti, che si
trasformava d’ora in ora, in bruciante senso di colpa, verso tutti quelli
coinvolti in quel perverso quadrilatero, dove solo Fersen e Maria Antonietta
erano sinceri nei loro reciproci sentimenti.
Perfino il conte, nonostante le sue avventure galanti, era
più innocente di te, che solo una settimana prima avevi sperato di infilarti
nel suo letto per rubare poche briciole di quello che confondi con l’amore.
Quella recita fatta a beneficio di tutti durò fino
all’alba.
Solo Fersen conosceva le battute di quel copione, ed egli
recitò altrettanto bene la sua parte fino in fondo; se n’andò poco prima del
sorgere del sole senza aver neppure parlato con Maria Antonietta.
*****
Eri stanco e non vedevi l’ora di tornare a casa.
Guidavi la carrozza lentamente lungo la strada, mentre il
giorno iniziava a sorgere illuminando il paesaggio circostante che ti
accompagna tutti i giorni che percorri questa strada con Oscar.
In fondo tutto era uguale a sempre, eppure ogni foglia,
ogni luce del cielo, perfino le nuvole che si specchiavano nell’acqua della
Senna ti parevano diverse.
Ti fermasti quando notasti la carrozza, e accanto, la
figura di un uomo avvolto in un mantello: Fersen vi stava aspettando.
Oscar scese per parlare con lui, mentre tu sei rimasto a
distanza ad osservarli. Dall’espressione di Fersen capivi che le stava parlando
della regina, hai colto anche qualche brandello di conversazione.
“Ammetto che avrei voluto danzare con sua Maestà, ma se
l’avessi avuta tra le braccia questa sera, non sarei più riuscito a nascondere
quello che provo per lei. Proprio perché l’amo, non sarei mai dovuto arrivare a
questo punto, Oscar, lo capisco solo ora. Vi ringrazio, perché mi avete
impedito di esporla alla vergogna. Adesso c’è solo una cosa che posso fare…”
Fu quella sera che maturò l’idea di partire per l’America.
La scelta del conte è quasi forzata; ama una donna che non
potrà mai avere per davvero, irraggiungibile quanto le stelle più lontane;
comprendi la fuga come unica soluzione possibile, ma non riusciresti mai ad
applicarla al tuo caso personale.
E adesso le cose sono cambiate, rivelate alla luce del
sole.
Ricordi l’espressione di Oscar quando capì le sue
intenzioni, insieme alle uniche parole che rivolse al conte nel tentativo di
fermarlo.
“Là c’è la guerra… Potreste non tornare, nessuno vi
garantirà la vita…”
Non bastarono a scoraggiarlo.
Seduto al tavolo, la osservi in piedi alla finestra; la
luce liquida del primo mattino entra dalla vetrata e fa brillare il marmo dei
pavimenti; lei ha lo sguardo cupo e distante, e tu sai cosa teme. Cerca di
mostrarsi imperturbabile, come sempre.
Cerchi di stanarla quando le chiedi se non ha desiderio di
vederlo, prima che la sua nave salpi l’indomani dal porto di Brest. Lei
all’inizio, cerca di eludere la domanda.
“Non capisco perché debba andare a combattere in America;
potrebbe semplicemente tornare in Svezia…”
“La Svezia è troppo vicina; credo che Fersen non abbia
alternative…”
“Devo provare a convincerlo, André. Forse mi darà ascolto;
è assurdo mettere a repentaglio la propria vita…”
Impulsiva, Oscar si allontana dalla finestra, decisa a
mettere in atto la sua iniziativa, ma tu ti alzi dalla sedia e la blocchi
afferrandole un polso.
“Lascialo andare, Oscar! Ti prego…”
“André smettila!”
Oscar grida, cercando di opporre resistenza, ma tu la
trattieni con fermezza.
“Non capisci? Vuole tentare di dimenticare Maria Antonietta;
lasciare andare chi si ama è un’impresa titanica, e un oceano tra loro, forse è
l’unica cosa che possa aiutarlo…”
“Tu lo faresti, André?”
Grida ancora, improvvisamente, inchiodando il suo sguardo
di ghiaccio al tuo.
Il suo volto è nudo e senza maschera, e così la vedi; la
paura in fondo al celeste dei suoi occhi. Solo, ancora non sai di cosa Oscar
abbia davvero timore; di perdere l’uomo di cui è innamorata, o l’amico di una
vita?
“Io non sono Fersen, lo sai. Ci vuole coraggio per
lasciare chi si ama, ma se fuggire fosse la soluzione, io sarei scappato da te
molto tempo fa…”
“Qualche giorno fa, mi hai detto il contrario…” obbietta
ancora, cercando di divincolarsi, e tu allenti un poco la presa. Respiri forte, per calmarti, e anche lei.
“Perché questo accada, io dovrei smettere di amarti,
Oscar. Non credo succederà mai.”
Questo in qualche modo, l’ha placata.
Solo allora, l’hai lasciata andare da lui.
******
Hai cavalcato veloce come il vento fino alla dimora di
Fersen. Il tuo cuore è confuso, intrappolato tra mille pensieri, spaventato da conflitti
che non sai risolvere.
È perspicace André.
Lui sa cos’è l’amore, lo sa perché lo prova per te.
Lo sa perché è un uomo, come Fersen.
E sa che soffri, e di questo vorrebbe consolarti, ma per
quanto ti sia amico, non ci riuscirebbe ora. Tu non vuoi consolazione; vuoi
solo che passi questa cosa che gli uomini chiamano amore.
Tu senti qualcosa, ma non sai cosa sia, o per chi sia.
È per amore che ti senti così male, se pensi che potrebbe
non tornare? O forse, è solo un’altra maschera, una pena che ne nasconde una
più profonda.
In realtà, hai più timore, che un giorno anche Andrè possa
andarsene, lontano da te e da un amore impossibile che lo consuma.
Devi parlare con Fersen, eppure non ne avresti il diritto;
non sei tu la donna che ama, e se perfino lei, tra le lacrime, ha il coraggio
per lasciarlo andare, di non chiedergli niente, tu non puoi pretendere di farlo
restare.
È legittimo sperare che torni sano e salvo.
La stessa speranza che anche lei nutre, e diventa
consolatoria, a te un pensiero che non lascia niente.Non puoi
disperarti, perché non è te che sta lasciando e non tornerà per te.
Se resterà vivo, sarà per lei.
Questa è l’unica certezza che hai.
Quando arrivi a Palazzo Fersen, sei trafelata; il conte,
preso dagli ultimi preparativi per l’imbarco, ti accoglie nel suo salotto
sorpreso e turbato.
“Oscar non mi aspettavo la vostra visita. Avete l’aria
sconvolta; vi prego sedetevi un momento. Vi faccio portare qualcosa da bere?”
Tu preferisci non sederti.
Devi dire tutto. Adesso.
“No, Fersen. Sono qui, solo per farvi una richiesta, e
dopo me ne andrò; se volete lasciare la Francia, fatelo, ma non partite per una
guerra che non è la vostra. Perché non tornate in Svezia? Sapervi in pericolo,
getterà la regina nell’angoscia… e anch’io sarò preoccupata per voi.”
Fersen ti guarda per un istante con calore e dolcezza e un
lieve dispiacere.
“Oscar, mia cara amica… - Abbassa lo sguardo attraversato
da una luce di rassegnazione, e sospira pesantemente. – Non posso fare quello
che dite. Io devo andare lontano, molto lontano…”
Si siede sulla poltrona, e porta le mani
intrecciate alla fronte, in un gesto che sa di stanchezza estrema. Ti basta
vederlo così, per capire quello che per André era assolutamente chiaro.
“Non esiste un altro modo, credetemi. Se resto qui,
succederà l’irreparabile, Dio non voglia che accada mai una cosa del genere, io
sarei la causa della sua disgrazia, e la Svezia non è abbastanza lontana… - Le
stesse parole di André, solo dette con maggior dolore. - Io non ho la forza di certi
uomini… né la vostra, Oscar… non ho la forza per resistere alle sue mani
che mi cercano…”
Ti accorgi improvvisamente che cerca di trattenere le
lacrime, e allora comprendi che il tuo tempo è finito. Hai fatto tutto quello
che potevi. In silenzio ti avvii verso la porta.
Avverti solo il suono dei tuoi stivali sul pavimento.
Stranamente ti senti più leggera, come se il peso che
avevi sul cuore, fosse scivolato via, sostituito da una tristezza più mite.
Appoggi una mano allo stipite della porta, e ti volti a
guardarlo, un’ultima volta.
Capitolo 6 *** Lontano dagli occhi... vicino al cuore ***
5
6 – Lontano dagli occhi… vicino al
cuore.
Senza fretta, ripercorri a ritroso
lo scalone che porta alle stanze private di Maria Antonietta. Cammini sul marmo
pregiato che disegna complicati intarsi colorati, e l’eco dei tuoi passi
rimbalza nel quasi assoluto silenzio che ti circonda.
Alcune persone girano per i
saloni, i pochi cortigiani presenti passeggiano nel parco, oppure oziano
all’ombra dei padiglioni posti nei giardini reali, dilettandosi in qualche
attività di svago.
Un gruppetto di cameriere incrocia
il tuo passaggio, s’inchinano in una graziosa riverenza al Comandante delle
Guardie, qualcuna perfino arrossisce sotto il tuo sguardo che sa ammaliare
chiunque, uomini e donne, poi proseguono leste nella loro direzione, gli
appartamenti privati della sovrana.
Tu sei reduce da una breve udienza
privata; seppur Maria Antonietta si mostra sempre lieta in tua presenza, hai
colto tristezza nei suoi occhi, e non è stato difficile indovinarne il motivo,
l’improvvisa partenza del conte di Fersen per
l’America.
È già passato un mese, e la regina
sente prepotente la sua mancanza; è distratta, lo sguardo perso nel vuoto, e
purtroppo, più svogliata del solito nell’adempiere i suoi doveri, che diserta
con irresponsabile leggerezza, per giocare a bridge con qualche dama del suo
entourage, e a nulla servono gli ammonimenti severi del conte De Mercy, né le lettere dell’augusta genitrice dall’Austria.
Speri che tale vacuità sia solo
temporanea, ma sai fin troppo bene che su certe questioni, Maria Antonietta
manca di carattere, e purtroppo, certe sue amicizie - prima fra tutte l’odiosa
contessa di Polignac - traggono ogni vantaggio
possibile da tale debolezza, plagiando la sovrana in maniera subdola.
Invece, il tuo cuore si è
rassegnato alla sua assenza meglio di quanto potessi credere, nonostante in
certi momenti, ti senta afferrare da una lieve malinconia.
L’amore è dunque, così mutevole e
incostante, e svanisce come rugiada sotto i raggi del sole? O forse, il tuo
sentimento era meno reale di quello di lei? Speri che possa tornare sano e
salvo, allontanando l’orribile pensiero che una terra straniera e lontana possa
accogliere le sue spoglie mortali.
Un simile stato d’animo sarà
merito del rigore che ti autoimponi, costruito negli anni di dura disciplina,
quella che è servita a forgiare il soldato perfetto, voluto dal Generale?
Il dubbio da qualche tempo ti
attraversa, e hai l’impressione che il tuo spirito si sia ammorbidito. O
magari, la ragione è un’altra; sapere di avere accanto qualcuno che ti ama, ti
fa sentire meno sola e disperata.
Di questo sei grata, anche se non
lo esprimi mai a parole, né a gesti; non puoi permetterti slanci di nessun
tipo, troppo rischioso nel vostro mondo, e soprattutto non puoi farlo con
André, sarebbe come mettere il dito nella piaga.
Un po’ ti dispiace per questa tua
incapacità di manifestare emozioni. Qualche volta vorresti esserne capace verso
il tuo amico di sempre, che lo meriterebbe più di chiunque; chissà se col tempo
imparerai, ti chiedi scettica, a ripagarlo della devozione che non ti fa
mancare mai.
In realtà, non è neppure così; la
tua è una reale esigenza di difendere un rapporto che non potrebbe andare oltre
quei confini stabiliti dalla differenza di classe.
Attraversi il corridoio che porta
all’esterno e lungo il percorso, trovi il tuo second’ufficiale, fermo
all’estremità opposta, che parla col tuo attendente.
Non immagini cosa possano essersi
detti; sai che mal si sopportano, ma appena compari nella loro visuale, Girodelle batte i tacchi sull’attenti, come colto in fallo,
mentre André scambia con te solo una breve occhiata che può voler dire tutto e
niente.
“Ho informato Sua Maestà che
sarete voi, Girodelle a occuparvi di tutto, durante
la mia assenza: i turni di guardia a Palazzo e l’addestramento delle truppe.
Ripongo in voi la massima fiducia.”
“Grazie Comandante. Non temete, tutto verrà fatto
con scrupolo, e le Guardie Reali si manterranno efficienti. – Girodelle, fa solo una breve pausa prima di continuare,
mentre tu già ti allontani verso l’esterno, tallonata da André. - Resterete a
Palazzo Jarjayes a trascorrere questa licenza? Ve lo
chiedo Colonnello, nel caso fosse necessario contattarvi con urgenza.”
Sempre previdente, Girodelle.
Sempre preciso e attento. Andrè direbbe perfino
troppo.
“Sarò in Normandia, ma rientrerò
immediatamente se fosse richiesta la mia presenza a corte.”
Il sole del pomeriggio è tiepido,
ne senti il tepore sulla pelle del viso. Lasci la reggia e attraverso il parco,
punti decisa verso le scuderie reali, dove Cesar ti attende sellato, ma Girodelle ha ancora voglia di parlare.
“Scusate Comandante, posso
domandarvi come avete trovato la nostra regina?”
Colta alla sprovvista, manifesti
una lieve insofferenza, nel tono freddo e sintetico delle tue risposte, che non
scoraggiano il giovane ufficiale.
“Sua Maestà era di umore sereno.”
Ribatti un po’ troppo secca, mentre infili i guanti.
La regina, presa dalla gioia
infantile di fare cosa gradita al suo fidato Colonnello, ti ha accordato una
licenza di tre settimane, senza troppo rattristarsi, come sarebbe accaduto in
altre circostanze.
“Mi fa davvero piacere… - sospira Girodelle – è un bene che quello straniero si sia
allontanato dalla Francia; Sua Maestà si circonda troppo spesso di parsone
sbagliate, e questo è un fatto pericoloso, che mette in cattiva luce la sua
regale persona.”
Lo sai fin troppo bene, e Fersen fra tutti, era quello meno dannoso, salvo per
l’attrazione fisica che esercitava sulla giovane insoddisfatta regina;
purtroppo non hai l’ascendente giusto che servirebbe a dissuaderla da pessime
frequentazioni, né lo useresti per convincere la regina ad allontanarsi da
individui discutibili. Il riferimento a Fersen ti
punge per un attimo; non manifesti alcun disappunto, ma all’improvviso, ti
sembra evidente l’antipatia che il tenente nutre verso il nobile svedese, e non
ne capisci il motivo; forse è una di quelle rivalità tra uomini che a te sono
estranee.
Un ultimo ordine secco a Girodelle, seguito da una raccomandazione perentoria, poi
monti in sella. Un colpo ai fianchi del tuo cavallo, che scatta nervoso; pochi
minuti per attraversare il viale alberato, e arrivare al vasto cortile
anteriore dove si fermano le carrozze, superi il cancello dorato e lanci Cesar
al galoppo, seguita da André che sprona il suo nero animale.
Non tornerete alla Reggia per
almeno un mese.
****
È stupido essere mossi da volgare
curiosità, ma non è solo quello che ti spinge a cercare un confronto con André.
Il tuo amico però non sembra propenso a sbottonarsi, e un po’ la cosa
t’insospettisce.
“Mi puoi dire di cosa stavi parlando con Girodelle? O è un segreto fra te e lui?”
Hai bisogno della vostra complicità, quella così
singolare e naturale che esiste solo fra voi, fatta di sorrisi spontanei,
sguardi e silenzi pieni di parole che non avete bisogno di pronunciare.
Continui a cercarla, e hai l’impressione che stia ritornando quella di sempre,
anche se adesso sembra tingersi di una sfumatura nuova, più limpida e intima; è
come se tra voi ci fosse un calore intenso che passa tra i cuori, una libertà
più ampia, ma non sai esattamente dove potrebbe portarvi, e preferisci non
chiedertelo.
André per un attimo strabuzza gli occhi, poi li
assottiglia fissandoti, e le sue labbra si piegano in una sottile smorfia
beffarda. I cancelli della reggia sono ormai alle vostre spalle e cavalcate
senza troppa fretta verso Palazzo Jarjayes.
Il cielo è di un azzurro luminoso, il colore
tipico della primavera ormai inoltrata e potete godere di una lieve brezza che
mitiga i raggi caldi del sole.
“Da quando sei diventata così indiscreta? Non è da
te, Oscar.”
Il tono è canzonatorio, e tutto sommato, ti
diverte.
“Oh… dunque abbiamo dei segreti.”
“No, lo sai.Se li ho avuti, ora non ho più segreti, per te.”
Ti colpisce la calma della sua voce; parla con una
sicurezza invidiabile, che un po’ ti sconcerta, e un po’ ti affascina; sai
benissimo a cosa allude.
Osservi i raggi del sole accendere i suoi capelli
corvini di lampi di luce, mentre le affascinanti iridi verdi brillano come le
foglie degli alberi attorno a voi.
Ti mordi le labbra, nervosa e indispettita; per
quanto tu faccia ogni tentativo di evitarlo, inciampi sempre nello stesso
punto, come fosse un passaggio obbligato che devi varcare, ma che non riesci a
superare.
È esasperante.
Forse sta qui, lo sbaglio; cercare
di aggirare quello che si deve affrontare di petto.
Andrè ti seguirà in Normandia come di consueto; a parte
la piccola Rosalie che verrà con voi, tu e lui sarete soli con i vostri
fantasmi.
Dovrete affrontarli, ma non sai ancora come.
Forse la vacanza in Normandia non
è stata una grande idea, ma ormai è tutto pianificato; è la prima che ti
concedi dopo lungo tempo, e perfino Rosalie, che vive nella tua casa da ben due
anni, non sta più nella pelle per l’eccitazione di vedere luoghi che non ha mai
visto.
Se cambiassi programma le daresti
una terribile delusione, e anche lei ha bisogno di allontanarsi per un po’ da
Versailles, dopo le recenti clamorose scoperte che la riguardano; la vera
identità della madre della fanciulla non ha facilitato le cose, e ha lasciata
interdetta anche te.
Quanto può essere bizzarro il
destino, è davvero incredibile.
“Cose da uomini. - Prosegue André,
interrompendo il flusso caotico dei tuoi pensieri. – Ah, no! Ma cosa dico?!
Oscar François De Jarjayes è un uomo dalla testa ai
piedi!”
Contrariata, inarchi un
sopracciglio e serri le labbra, per trattenere una risposta acida delle tue; lo
sa benissimo che detesti parlare di quell’argomento, e ancor più t’ irrita
quando André insiste nel rimarcare la vera natura del tuo sesso.
Non urgi di conoscere nel
dettaglio le scabrose “cose da uomini”,
ma una strana sensazione ti affligge, come se ti sentissi respinta, esclusa da
un mondo importante.
Non l’universo maschile, di cui
pure dovresti far parte, ma piuttosto quello di André.
“Sei sempre il solito. Beh,
pensavo che io e te potessimo parlare di tutto e non ti facessi scrupolo di
affrontare con me certi argomenti… o lo fai solo quando la cosa riguarda te?”
“Adesso sei ingiusta… Lo sai che
non è così. La verità è che un aristocratico vecchio stampo come lui, non si
lascerebbe andare ad indiscrezioni con uno come me.”
“Sarà, comunque, le confidenze
intime di Girodelle non sono di mio interesse. Era
altro che volevo sapere…”
André non sa quanto è vero, e si
mette a ridere di gusto, in risposta al tuo tono un po’ sprezzante.
“Sei straordinaria Oscar!! Fai
finta che la cosa non t’interessi, e muori dalla curiosità. Tipico
atteggiamento femminile.”
“Mi sorprende tutto questo riserbo
da parte tua, su Girodelle, poi! Appena puoi, lo
motteggi senza pietà per la sua capigliatura…”
“Sì, lo trovo un po’ vanesio,
tutto qui… ma ha senso dell’onore. E lo rispetto, Oscar, anche se non ho una
grande simpatia per lui.”
“Non me la racconti giusta. C’è
dell’altro che non vuoi dirmi, qualcosa di più serio…” insisti, perché senti
che potrebbe cedere.
“Davvero Oscar, nulla per cui
valga la pena preoccuparsi…”
“Allora, se non invado il vostro
cameratismo maschile, si può sapere di cosa stavate parlando? – chiedi in tono
esasperato. - Nuovi libelli diffamanti sulla regina? Quel gioielliere di Parigi
comparso a corte di recente? Conquiste femminili?!”
Pronunci l’ultima frase
ironizzando, ma lo senti subito, quello strano senso di panico che ti brucia in
fondo al petto, che ti ostini a soffocare.
“Ti interessano le mie o quelle di
Girodelle?” ti chiede André, quasi sorpreso, ma il
tono è ancora divertito.
“Oh, insomma! André la vuoi
piantare?!” Sbotti esasperata, mentre André emette una leggera risata.
“Sì, scusa Oscar, stavo solo
scherzando. In realtà, parlavamo in generale della presunta fortuna di certi
uomini…”
“Presunta
fortuna?”
“Esatto Oscar.”
Ora il tono di André è diventato
serio.
“E Girodelle
immagino sia tra questi uomini, o si ritenga tale…”
“Non lo so se è così presuntuoso;
in realtà, stava commentando sarcastico la presunta fortuna del conte di Fersen, un uomo che potrebbe avere tutte le donne che
vuole, ma s’innamora ricambiato dell’unica che non può avere… ed è costretto ad
una fuga disperata per mettersi l’anima in pace…”
Pensi che questa non sia una gran
fortuna, ma rimani in silenzio, mentre André prosegue il suo racconto che punta
pericolosamente in un’altra direzione, e va a toccare corde, forse troppo
personali.
“Invece, secondo Girodelle, ci sono altri uomini di altrettanto nobili
sentimenti, che pur essendo vicini alla donna che amano, non possono
manifestare in alcun modo il loro sentimento…”
Lui ha affiancato il suo cavallo
al tuo. Sgrani gli occhi allarmata, prima di sbirciare furtiva nella sua
direzione, ma André non ti lascia il tempo di fraintendere.
“Ovviamente il tenente parlava di
sé stesso, facendo un paragone tra la sua situazione personale e quella del
conte di Fersen. Che abbia ragione o meno, ho colto
del risentimento, o forse un po’ d’invidia nel suo discorso.”
“Sei stato proprio tu a farmi
notare che Girodelle non ha simpatia per il conte di Fersen; non so il perché, e adesso non mi interessa. Dimmi la
verità, ho avuto l’impressione che la vostra discussione, si stesse facendo
tesa poco prima che arrivassi…”
“È vero, non lo nego. Ma sta
tranquilla, Girodelle non ha motivo per sentirsi
offeso.”
“Che cosa è successo?”
“Nulla di grave, Oscar. Ho solo
ricordato al tenente che certi nobili
sentimenti non sono un privilegio esclusivo degli aristocratici…”
****
“Non so come faccia Madamigella
Oscar a sopportare la vostra insolenza, André.”
È composto Girodelle,
anche se assume un tono velato di sdegno.
“Pensate che io, a volte, devo
sopportare lei. Non sempre è così facile, ma voi non potete saperlo.”
Irritare Girodelle
ti diverte un mondo, ma devi comunque usare prudenza; è pur sempre un
aristocratico, e la sua famiglia gode di una notevole influenza a corte, pari a
quella di Oscar.
È meglio non farlo arrabbiare sul
serio.
Inoltre, è molto sensibile su
certi tasti, soprattutto quelli che riguardano il Comandante delle Guardie
Reali. Non hai potuto fare a meno di notarlo, perché sono gli stessi a cui sei
sensibile tu: sono i tasti che se toccati fanno vibrare il cuore.
“Conosco anch’io il carattere del
comandante, so che non è sempre accomodante…” prosegue stizzito, ma tu continui
a contraddirlo con soddisfazione.
“Non è accomodante per niente…”
“Che impudenza! Non sta a voi
giudicarla. Le pesano sulle spalle delle grosse responsabilità e deve
necessariamente essere esigente verso i suoi sottoposti. È una donna fuori dal
comune… semplicemente straordinaria... e diventa ogni giorno più bella… Non so
se vi rendete conto del privilegio che avete, vivendole accanto…”
La senti l’ammirazione vibrare
nelle parole di Girodelle, un moto simile
all’orgoglio che gonfia il petto… e poi c’è anche altro.
C’è quello che fa accelerare il
cuore in una corsa, che spinge lo sguardo ad inseguire il bel profilo di Oscar
nella luce rosata al tramonto, e muore sulle labbra schiuse in un sorriso
luminoso, o si perde nell’oro dei capelli della donna amata, mossi dall’aria.
Girodelle è come te.
Come Fersen
che disprezza, forse per una ragione che tu conosci fin troppo bene. Innamorato
della donna sbagliata.
Di una donna che non può avere… o
forse, potrebbe avere più di te, un giorno, perché lui ha un titolo, un blasone
che gli dà il diritto di corteggiarla, di chiederla in moglie.
Tu per quanto la ami, non lo avrai
mai, tale diritto.
Non sai chi ha stabilito che le
classi sociali vi rendono diversi, inavvicinabili. Ma i tuoi sentimenti non
sono diversi da quelli che prova un nobile come Girodelle,
o come Fersen. L’amore appartiene a tutti gli uomini
e afferra il cuore di chiunque, senza distinzione.
“Io ho sempre saputo che Oscar è
una donna eccezionale, l’ho capito prima di tante altre persone, e mi sento orgoglioso
di essere il suo migliore amico.”
Eccola la stoccata finale, quella
che ti dà sommo piacere. Girodelle reagisce nel modo
prevedibile.
“Per essere un servo, siete un po’
troppo presuntuoso, Grandier. So che Madamigella
Oscar è molto amica del conte di Fersen; stiamo
parlando di un uomo impopolare, ma lui è un suo pari, non voi. Su questo sarete
d’accordo, spero!”
“È un suo pari, certo. E sono
buoni amici. Ma una grande amicizia si fonda su solide fondamenta; quella tra Fersen e Oscar è troppo recente per definirsi tale. Vi
assicuro, nessuno conosce Oscar, come la conosco io, perché sono cresciuto con
lei.”
Victor De Girodelle
è costernato e oramai non lo nasconde più. Non è abituato a sentire parlare un
servo in questo modo, ed è facile indovinare cosa gli sta passando per la
testa, quali domande sul vostro strano rapporto stia formulando.
Non sei sorpreso, quando osa
chiederti l’impensabile.
“Parlate con una tale sicurezza
che è addirittura offensiva. Mi domando fino a che punto vi concedete libertà
che non vi spettano.”
“Non temete: non più di quelle che
Oscar mi concede…”
“Nelle vostre parole c’è più di
quel che dite; ditemi, per caso è più di semplice amicizia quella che nutrite
per la vostra padrona?”
Sarebbe saggio eludere la domanda,
svicolare o rassicurare il conte Girodelle, che le
sue supposizioni sono errate, ma quel suo tono aspro, vagamente sdegnato,
ombreggiato di gelosia, davvero non riesci a sopportarlo. Questo damerino
tirato a lustro, affettato come solo un nobile riesce a essere, non deve
permettersi di sindacare suoi tuoi sentimenti, né di obbiettare su chi ne è
l’oggetto, quando lui per primo non osa confessare i suoi a sé stesso.
Passi al contrattacco per
difenderti, e la tua buona educazione vela il sarcasmo, ma lascia sentire il
colpo della stoccata.
“E voi, Tenente Girodelle? Siete come tanti qui a corte, affascinato,
innamorato del biondo Colonnello delle Guardie Reali?”
L’uomo ammutolisce.
Di colpo ha perso tutta la sua
baldanza.
Ti rendi conto di aver fatto
centro quando cogli la sua espressione basita. Allora, dai l’affondo finale.
“Ci sono abituato, sapete? E anche
Oscar, tanto che non ci fa più caso all’effetto che fa sugli altri…”
“Ma come osate?!”
Non hai più il tempo di ribattere.
Girodelle batte i tacchi come un ufficiale che ha
scorto un suo superiore.
Dal corridoio, Oscar è comparsa
nel riquadro del portone all’estremità della stanza, e con passo marziale vi
sta raggiungendo. Il suo sguardo indugia un istante, la vedi aggrottare un poco
le sopracciglia: sei certo che abbia colto la tensione tra te e il suo
second’ufficiale.
Sai che in privato, ti chiederà
spiegazioni, ma non le dirai che Victor è innamorato di lei, ed è geloso di
ogni minuto che passi in sua compagnia. Non le dirai che è geloso di Fersen per la robusta amicizia che pare legarvi, ma che
considera più tollerabile di quella con un servo, e non le dirai che forse il
tenente ha intuito anche altro.
Oscar accenna un breve ordine a Girodelle, prima di rivolgersi a te.
“Possiamo andare a casa, André.”
****
La Normandia vi accoglie con
l’aria insolitamente più fredda e frizzante per quella stagione. Forse tra
qualche giorno la temperatura diventerà più mite.
Dalla finestra della stanza si
vede la distesa blu del mare contro l’orizzonte. La brezza marina solleva le
tende in uno svolazzo di tessuto bianco frusciante.
Sul balcone, una mano appoggiata
alla balaustra di marmo, immobile a fissare quell’orizzonte ceruleo, immagini
una nave solcare quelle acque, e un uomo che seppur lontano, ha lasciato il suo
cuore in Francia.
Fersen potrà davvero dimenticare la regina Maria
Antonietta, o lei perseguiterà le sue notti come un sogno impossibile da
realizzare? Ti chiedi quanto coraggio ci vuole a fare una cosa del genere. Ci
vuole più coraggio a fuggire, o restare?
Dovresti chiederlo ad André,
seduto al tavolo alle tue spalle, mentre Rosalie sta versando il tè nelle
tazze; avverti il gorgoglio del liquido che esce dalla teiera di porcellana
bianca.
Smarrisci lo sguardo sulla distesa
azzurra sotto di te, e insegui l’immagine di una vela gonfiata dai venti e gli
occhi grigio/azzurri del conte che fissano quello stesso orizzonte, finché
Rosalie ti chiama.
“Venite Madamigella Oscar; il tè è
pronto.”
Ti volti e rientri nella stanza,
per sederti al tavolo e fare colazione; fette di pane imburrato, marmellata di
fichi fatta dalla nonna di André, che avete portato tra le poche provviste, e
biscotti al miele di cui Rosalie è ghiotta.
Sorseggi il tuo tè in silenzio, ma
senti lo sguardo di André su di te, quando non scherza con Rosalie. Sei
contenta che la giovane sia con voi; la sua presenza discreta rende tutto più
facile, o così ti sembra; alleggerisce un po’ la tensione che potrebbe
scatenarsi se foste soli.
“L’aria di mare ti mette appetito,
eh? Non divorare tutti i biscotti, lasciane qualcuno anche a noi, golosona!!”
la prende in giro, ridendo. Il tono di Andrè sembra
sereno e gioviale come sempre. Ti chiedi se ha sempre avuto nella voce quella
nota ruvida che gli graffia la gola.
“Oh, André, hai ragione… - si
scusa Rosalie e arrossisce di colpo. - Sono così buoni, che li mangio con gli
occhi.”
“Ti lascio la mia parte, Rosalie,
a me non vanno.”
E sposti il piatto con i biscotti
verso di lei, e facendolo, alzi di nuovo lo sguardo su André.
La sensazione dura quanto un
battito di ciglia.
Il verde dei suoi occhi e
offuscato come se fosse preoccupato per qualcosa; poi muta subito espressione e
lo sguardo torna a essere sereno e ridente. Ti sorprendi di come riesca a
mutare nell’arco di un tempo così breve, e di come tu ora, riesca a cogliere
stati d’animo che normalmente tiene nascosti.
Sai che lo fa da anni, ma prima vi
prestavi poca attenzione.
Convive con sentimenti che devono
essere laceranti, e tu hai solo una vaga idea di come Andrè
debba sentirsi.
Cosa vuol dire soffocare l’amore?
Quanto dolore può dare? Dovresti saperlo; non era quello che provavi per Fersen?
Improvvisamente questa idea ti
mette paura, ma ti fa anche male.
Ora André ti guarda come se
volesse farti una carezza, e in quel verde profondo c’è una scintilla che si
accende di aspettativa.
“Oscar, perché oggi non andiamo a
cavallo? Potremmo fare una corsa lungo la spiaggia e poi fermarci alla locanda
di monsieur Braque, giù al porticciolo, che ne dici?”
Sorseggi la tua tazza di tè, prima
di rispondere.
Non lo puoi deludere. E sarebbe
una pena anche per te, vedere scomparire quel sorriso carico di entusiasmo.
“Ottima idea, André.”
****
Gli zoccoli dei cavalli lanciati
al galoppo sulla sabbia lambita dalle onde, sollevano spruzzi d’acqua salata
che ogni tanto ti colpiscono in viso. Ti piace sentire addosso quella frescura
umida; piccole gocce salate colpiscono il tuo viso, il corpo.
In groppa a Cesar, lanciata contro
l’aria che ti investe, la camicia bianca si modella in pieghe morbide sulle tue
forme e si gonfia un po’ sotto la carezza del vento.
André, pochi metri di fronte a te,
ti ha sfidato a superarlo, mentre la piccola Rosalie, restava indietro.
Tu lo hai affiancato, pronta a
raccogliere la sua sfida, ed è in quel momento che si è girato a guardarti e ti
ha regalato uno di quei sorrisi, che valgono più di mille parole, e gli
accendono lo sguardo di una gioia che riesce a scaldarti il cuore in un modo
che ti sorprende.
È una certezza, come l’eterno moto
delle onde che s’infrangono sulla rena; ti basta incrociare quel profondo
riflesso verde per dissipare ogni possibile dubbio su quello che André sente
per te.
Ti chiedi se basta davvero così
poco per essere felice; stare accanto alla persona che si ama, essere il suo
sostegno, la sua spalla, il custode dei suoi segreti.
Per André pare sufficiente
dividere questo momento con te, per sentirsi appagato. Ma sarà davvero così?
Basterà davvero solo questo?
Credevi che l’amore fosse per sua
natura più esigente, e per questo, fonte di una felicità dolorosa. Non pretende
attenzione costante ed esclusiva? Oppure esiste un amore che si nutre di poco,
e di quel poco che ha, vive intensamente ogni attimo come fosse l’ultimo?
Ti chiedi se l’amore di André non
sia così, composto di istanti irripetibili, vissuti con te, che riempiono le
ore di una vita intera. Tanti piccoli e grandi momenti che vi hanno legati
insieme e avvicinato i vostri cuori, tanto da non saperli più separare, senza
soffrire.
Tutto questo ti ha sempre riempito
la vita.
E da Fersen,
cosa cercavi?
La passione dolorosa.
La follia del delirio.
Erano solo teorie?
Fersen e Maria Antonietta dovevano incontrarsi di nascosto
nei luoghi più impensati, come due ladri tristi e disperati, per vivere pochi e
brevi momenti di una passione che bruciava troppo in fretta, e lasciava solo
voglie amare e insoddisfatte.
Fersen è un uomo come gli altri, lo sai.
Tu hai sempre trovato semplice
idealizzarlo, cosa che André ti ha lasciato fare per poco. Quelle voglie Fersen le soddisfaceva altrove, in altre alcove, nelle
braccia di donne diverse. L’oblio di un momento, per non pensare a ciò che
davvero si vorrebbe.
Maria Antonietta sfoga nel lusso,
nel divertimento senza sosta, nei balli a Parigi fino all’alba, la frustrazione
di un cuore inappagato che attende da troppo tempo di essere amato.
E André? Lui dove libera la sua
frustrazione?
Si è lasciato stringere da braccia
che non sono le tue?
All’improvviso lo vuoi sapere, se Andrè ha cercato altre carezze per dimenticarti e sfuggire
anche solo per un’ora, alle maglie strette di un amore impossibile, ed è un
desiderio perverso che morde il cuore.
Se lo avesse fatto, dovresti solo
essere felice per lui, e augurarti che sia riuscito a scacciare la sua pena dal
cuore.
Amare menzogne che continui a
raccontarti.
In realtà, il pensiero non ti fa
felice per nulla, e ti fa inorridire il grado d’egoismo che avviluppa il tuo
cuore come le spire soffocanti di una serpe.
Che cosa pretendi da lui?
Che cosa vuoi da te stessa?
State ancora correndo lungo la
battigia, quando ti accorgi dell’assenza della tua giovane protetta. Tiri le
briglie e obblighi Cesar a fermarsi, sollevando una nuvola leggera di sabbia
chiara.
“Non vedo più Rosalie. Dov’è?”
Domandi in apprensione. Andrè si affretta a placare
la tua ansia.
“Era dietro di me, poco fa. Forse
siamo andati troppo veloci per lei. Non ti preoccupare, ci raggiungerà a casa.”
“Sì, certo…”
Proseguite con calma, guidando i
cavalli al passo. Nell’aria tersa si sente solo il verso garrulo dei gabbiani,
e lo sciabordio costante del mare lambito dal vento. Le onde leggere appena
coronate di spuma bianca, sono carezze che muoiono sul bagnasciuga, dove gli
zoccoli dei cavalli affondano, poco prima che le impronte vengano cancellate
dall’acqua.
“Questa vacanza si sta rivelando
un bene per Rosalie. Da quando siamo qui, non ha più nominato la contessa di Polignac; forse inizia a dimenticarla…”
André rompe il breve silenzio
sceso tra voi.
“Già, l’ho notato anch’io. Le è
tornato il sorriso, e spero davvero che sia più serena, ma non penso sia facile
per Rosalie.”
“No, non dev’essere facile
perdonare la donna che ti ha messa al mondo, abbandonata e resa di nuovo
orfana. La cosa positiva è che non parla più di vendetta…”
“Sì, è vero. È diventata più
matura…” rispondi in un sussurro, seguendo il dolce dondolio della groppa di
Cesar.
Sei rilassata.
Le tue labbra si piegano in un
lieve sorriso soddisfatto, mentre godi di questo momento con acuta
consapevolezza; è un conforto poter parlare con lui con la naturalezza usuale
che avete da anni. Temevi di averla persa.
La presenza di André è dolce e
protettiva, ha il gusto di casa, di focolare domestico. André è la cosa più
bella, il tesoro più prezioso che la vita ti ha concesso.
È come il cioccolato caldo e
profumato che graffia un po’ la gola, ma seduce il palato col suo sapore
dolce/amaro.
Andrè è esattamente così, pensi, mentre lui, ignaro dei
tuoi pensieri, continua a raccontarti di Rosalie.
“E non sai la novità! Pare che il
giovane visconte di Bregelonne abbia dell’interesse
per lei. L’ha incontrata alla festa di Madame Lambert, dove ha ballato con lei,
e sembra che si sia innamorato perdutamente. La nostra Rosalie ha attirato
l’attenzione di un buon partito, lo scapolo più desiderato di Francia.”
“Non mi dire! – Esclami divertita.
– Allora, a breve dovrò valutare possibili richieste di matrimonio… Non so se
me la sento di darla in moglie ad uno di quei nobilastri
che infestano la corte di Versailles. Preferirei sposarla io, piuttosto!!”
Alla tua battuta, André scoppia in
una risata che gli viene diretta dal cuore.
“Anche se vivi come un uomo,
Oscar, questa è una di quelle cose che non puoi fare. Non pensi che dovrà
essere lei a scegliere chi sposare?”
“Certo André. Sta tranquillo, non
sarò io a sceglierle marito, e spero sinceramente che s’innamori di un bravo
ragazzo.”
André inarca un sopracciglio, con
aria di compiacimento.
“È davvero curioso sentirti
parlare così; oso dire che sei molto materna. Quella ragazza riesce a tirar
fuori il tuo lato femminile in un modo incredibile…”
“Che sciocchezza… mi preoccupo
solo per lei, perché vorrei che fosse felice. Ne ha già passate tante…”
“Già, è vero. È una ragazza molto
dolce, e credo che farebbe la felicità di qualsiasi uomo, ma è difficile che
possa innamorarsi, finché non le passa l’infatuazione che ha per te, Oscar…”
La sua voce è calda, rassicurante.
Ma non solo.
All’improvviso la trovi sensuale,
e senza accorgertene, dischiudi le labbra umide, quando avverti quello strano
brivido correre sulla pelle.
Che cos’è che ti fa tremare i
polsi?
Che cosa ti fa serrare le dita
sulle redini, mentre la testa del fidato Cesar oscilla in avanti nervosa,
troppo sensibile al tuo turbamento repentino?
Il discorso di André ha un senso
ambiguo, o ti stai ingannando? Solo la paura è vera.
“E tu André?”
“Io cosa?”
“Anche tu sei vittima di
un’infatuazione?”
Sbirci con la coda dell’occhio,
prima di voltarti un poco verso di lui. Ha aggrottato le sopracciglia, e ti
sembra infastidito, ma ti risponde senza perdere la calma.
“Cosa te lo fa credere?”
“Che cos’altro potrebbe essere? Ti
sei mai dato un’altra possibilità, André? Noi siamo cresciuti insieme… e
forse…” chiedi blanda, quasi rassegnata.
Ma André tira le redini del suo
cavallo, e si volta per cercare il tuo sguardo. E lo trova. Ti fissa a lungo in
un modo che non lascia scampo. Non parla e il silenzio scivola denso tra voi,
come miele vischioso che si appiccica ai pensieri e li intrappola.
Un silenzio che non ammette
inganni, né illusioni.
Tu non riesci più a sostenerlo.
“Ti prego André, cerca di capire.
– La tua voce è accorata. - Ti fai solo del male, e io non voglio questo per
te: amare qualcuno ha senso se si è ricambiati. Vuoi continuare a nutrire
sentimenti che sono impossibili?”
“Impossibili per chi, Oscar? Per
la testarda donna soldato che vuole vivere come un uomo, negandosi ogni
legittimo desiderio di felicità? Vogliamo parlare della tua infatuazione,
Oscar? Di cosa è davvero impossibile?”
“André… io non…”
“È semplice, Oscar. Dimmi che non
mi ami, che non provi nulla per me. Dimmi che ami il conte di Fersen, che non amerai altri che lui, e io forse ci
crederò…”
All’improvviso, pensi che sarebbe
facile scoraggiarlo, ferirlo solo un po’ a fin di bene, perché tutto tra voi
torni come era un tempo, come dovrebbe essere sempre.
Basta dire, non posso amarti, non è ammissibile tra di noi.
Un suono banale che esce dalle
labbra.
Impietoso, quanto necessario.
Ti accorgi che non ci riesci.
Non
ti amo André.
Lo pensi, e nel tuo intimo qualcosa
si ribella, come di fronte a una vergognosa bugia che offende il tuo onore.
Perché è così difficile lasciar
uscire le parole? Hai solo paura di fargli del male o c’è dell’altro? Provi a
riconoscere quello che hai nel cuore, mentre André trova la breccia per
colpirti al fianco che hai lasciato indifeso.
“Ma bada Oscar, io conosco la
differenza, come la conosce Fersen…”
Sgrani gli occhi e li senti
bruciare, tra lo stupore e un sottile dispiacere che ti afferra il petto.
Sarà l’aria salmastra, sarà la
sabbia o il sale.
“Che vuoi dire?”
“Vuoi una confessione, Oscar? Una
di quelle che un uomo non dovrebbe mai fare alla donna che ama? Devo dirti cosa
ho fatto, cosa ho cercato di fare per cancellarti dal mio cuore, senza esserci
mai riuscito?”
Infastidita non sai bene da cosa,
afferri le redini.
“Non mi dire certe cose, André.
Non le voglio sapere!” Esclami, e con rabbia colpisci i fianchi di Cesar, che
emette un nitrito prima di partire al galoppo, sollevando sabbia umida e acqua
salata.
Lui resta indietro, immobile sul
suo cavallo, e ti lascia andare, senza provare a raggiungerti.
Ti segue con lo sguardo, finché
non diventi una piccola figura lontana e quasi indistinta contro lo sfondo
monotono della spiaggia grigia.
Così, non può vedere le lacrime che
con tuo disappunto, sfuggono irrefrenabili, mentre l’aria che ti investe le
asciuga agli angoli degli occhi, portandole via.
Per chi stai piangendo, Oscar?
Per lui o per te stessa?
Per un amore impossibile, solo
sulla carta, che potrebbe essere fonte insospettabile di gioia?
******
Sulla spiaggia, hai aspettato
Rosalie, che ti ha raggiunto dopo pochi minuti, e sei tornato verso la villa
con lei.
Davvero sorprendente che Oscar sia
fuggita via, senza preoccuparsi di vedere tornare la sua protetta.
La vostra discussione deve averla
turbata più di quanto tu potessi credere; Oscar ha sempre manifestato uno
strano pudore verso la tua vita privata, ma tu oramai, non hai più l’esigenza
di nascondere alcunché, perché anche il tuo lato più intimo e privato, riguarda
sempre lei.
Lei è la causa e l’effetto di
tutto quello che ti trovi a vivere, il segreto di tutta l’amarezza che hai
vissuto, e delle gioie che non sei riuscito a godere, che pure erano lì, pronte
a essere colte.
Potresti perfino raccontarle di certe
tue brevi avventure, e non lo faresti per suscitare in lei, una gelosia di
qualche tipo. Tu almeno ci hai provato ad andare con altre donne, ma morire tra
le cosce di qualcun'altra, non ha spento l’ardore che infiamma il tuo cuore. Ma
le cose non cambiano, soltanto perché tu sei uscito allo scoperto coi tuoi
sentimenti.
Non è una cosa che tu hai voluto,
è qualcosa che lei ti ha costretto a fare.
Le
cose stanno così, Oscar.
Io
non posso farci nulla e neppure tu.
È solo una realtà con cui si deve
imparare a convivere.
Quando arrivate nella scuderia, ti
attardi a sistemare il tuo cavallo, e siccome hai voglia di restare solo coi
tuoi pensieri, inviti Rosalie a ritirarsi in casa, mentre sganci i finimenti al
tuo animale.
“Non ti preoccupare, ci penso io,
qui. Tu vai pure a riposare. Sarai stanca per la lunga cavalcata…”
“Sì, grazie André…”
Rosalie si allontana e richiude il
grosso portone di legno alle sue spalle, spegnendo lo spicchio di luce che
entrava dall’esterno.
Tu resti avvolto nella piacevole
penombra della stalla.
Ti piace la solitudine di questo
spazio.
Qui sei esattamente quello che
sei, e sarebbe tutto più facile, se la tua vita fosse scandita dai gesti
semplici che compi in questo luogo, fra la paglia, il fieno caldo, i ferri dei
cavalli, e il grasso del pellame di cuoio che ti sporca le dita.
Ti attardi a riempire un secchio
d’acqua, mentre i tuoi occhi si abituano alla poca luce che filtra dal una
finestrella posta in alto, appena sotto la trave centrale del tetto.
Il cavallo di Oscar è sistemato
nel suo box, e nella sua mangiatoia, il mozzo di stalla ha messo un po’ di
biada fresca.
Prendi la sella dalla groppa di
Nerone, poi fai la stessa cosa con la giumenta di Rosalie, e sistemi le due
selle al loro posto.
Non resti solo a lungo, e ti
sorprende il cigolio della porta che si apre velocemente e subito si richiude.
Forse Rosalie ha dimenticato
qualcosa.
Ma non è Rosalie, e te ne accorgi
quando ti sposti verso l’entrata. Oscar è di fronte a te, ferma e immobile, con
una mano appoggiata contro il legno che chiude uno dei box per i cavalli.
Noti il suo sguardo, anche nella
poca luce: è febbricitante.
Forse sconvolto.
“Oscar? Se stai cercando Rosalie,
è appena rientrata in casa…”
“Non cercavo Rosalie, cercavo te…”
Esita un attimo, sembra che abbia
timore di qualcosa. La osservi e ti accorgi che sta tremando, e la mano stringe
convulsa l’asse di legno cui è appoggiata.
“Io non voglio che mi cancelli dal
tuo cuore, André…”
La voce è quasi dura, ma pervasa
dall’emozione e tu la senti benissimo: ti afferra il cuore in una morsa e lo
stritola.
Voce, bocca, occhi appena nascosti
nella penombra.
Tutto di lei, ti sta chiamando.
Trattieni il respiro, e quando ti
fai più vicino al suo corpo, sai che se per caso doveste toccarvi, non sarai
capace di fermarti.
Preghi che sia lei a fare la prima
mossa, e che sia quella che attendi ormai da troppo tempo.
Il cuore
è troppo pesante e malconcio; una rabbia sorda ti monta dentro, e deve trovare
sfogo in qualche modo.
Hai preso
Nerone, che poverino, aveva già corso abbastanza per quella mattina, e l’hai
spinto al galoppo, oltre i cancelli della tenuta nobiliare.
Scusami bello, ti riposerai più tardi, gli hai
sussurrato in un orecchio, come se il baio potesse capirti, e magari, perfino
intuire il tuo stato d’animo, la frustrazione che ti serra il petto.
In cuore,
solo la maledetta voglia di allontanarti il più velocemente possibile da lì.
Più di altre volte.
Con
un’urgenza dolorosa.
Negli
occhi e nei pensieri, ancora l’immagine di lei e le parole vigliacche di una
donna che si ostina con tenacia sorprendente, a negare cosa prova, cosa
desidera davvero.
A volte
vorresti odiarla.
Ma il
problema è che non la odi. La ami. Troppo.
E la
desideri. A volte in modo feroce.
Come
adesso.
Non ci
hai messo molto ad arrivare alla taverna, giù in paese, distante solo qualche chilometro
dal promontorio a picco sul mare su cui sorge la villa della famiglia Jarjayes.
Non
potevi restare lì.
Non dopo
quello che è successo.
Anzi, che
non è successo.
Già,
perché nella scuderia non è successo nulla di quello che tu speravi.
Solo
qualche mezza frase smozzicata, spiegazioni inutili e richieste ancora più
inutili e assurde, di fronte alle quali hai piegato la testa.
Come fai
da sempre, e come sempre farai, probabilmente.
Hai poche
altre alternative.
“Se è
vero che mi vuoi bene, André, tu devi accettare come stanno le cose. È la cosa
migliore…”
Sei
rimasto immobile, teso come una corda di violino. Le parole puzzavano di
ricatto, e non erano quelle che volevi sentire.
Pochi
centimetri di spazio, ti separavano da lei; ne sentivi il profumo, immaginavi
la consistenza della sua pelle appena sudata, esposta alla tua vista dallo
scollo un po’ aperto della camicia.
Così
vicini, potevi sentire la corrente dell’attrazione scorrere tra di voi. E sei
certo che anche Oscar la sentiva; gliela leggevi sulle labbra umide, sulle gote
arrossate, la sentivi nel suo respiro trattenuto, la scoprivi nello sguardo
ardente che sfiorava le parti del tuo corpo esposte: il collo, la rada peluria
del petto che usciva da un lembo della camicia.
Lottavi
contro l’impulso di cingerle la vita e stringerla con tutta la forza che avevi,
contro il tuo torace, mentre lei parlava con voce malferma. Invece, lento hai
mosso la mano e l’hai posata contro la trave di legno, accanto alle dita di
lei.
Al tuo
gesto, Oscar ha sussultato dilatando le sue iridi azzurre, come se si fosse
aspettata un’altra reazione.
“Non
migliore… più facile per te, Oscar…” hai sospirato, stanco.
“Ti
prego, io non voglio rovinare quello che di bello c’è fra noi. Ci unisce
qualcosa di unico e speciale che è
solo nostro, e dovremmo difenderlo a spada tratta… non lo pensi anche tu?”
“Sì,
certo, e continuo a farlo Oscar, anche senza impugnare una spada… ci sono mille
altri modi di proteggere chi amiamo…”
“Allora,
non facciamoci del male di proposito. In fondo, siamo più fortunati di tante
altre persone… più fortunati perfino della regina e di Fersen.
Per me è importante il nostro legame, e spero lo sia altrettanto per te…”
“Come fai
a chiedermelo? - C’era amarezza nella tua voce, e alla fine, rassegnazione. -
Certo che per me è importante… lo è da sempre. Non voglio gettarlo alle
ortiche… non l’ho mai voluto, Oscar…”
“Sono
contenta di sentirtelo dire, André…”
Abbassavi
la testa in segno di resa. Oscar aveva fatto un passo indietro, mettendo una
piccola distanza di sicurezza tra i vostri corpi, e senza nessuna fretta
apparente, si era allontanata.
Sul
portone dell’ingresso, si era voltata a cercare una riprova nel tuo sguardo,
solo un istante, prima di uscire dalla scuderia.
Per un
minuto buono, non ti sei mosso; sei rimasto lì, con la mano posata dove prima
stava quella di lei.
Quando ti
sei schiodato da quella posizione, hai afferrato la sella tolta poco prima e
l’hai piazzata sulla groppa del tuo povero cavallo, che ha scosso la testa,
mentre tu recuperavi il resto dei finimenti e fermavi il sottopancia.
Pochi
minuti, eri già oltre i cancelli della tenuta, e nessuno pareva essersi accorto
della tua fuga.
Adesso
Nerone è legato fuori. Quando entri nel locale ci sono solo pochi avventori; a
quell’ora del giorno la maggior parte della gente è occupata nelle sue faccende
e attività quotidiane.
Ti siedi
al bancone, e l’oste ti riconosce e ti saluta con quella cordialità un po’
ruvida tipica dei normanni, e intanto ti guardi attorno, alla ricerca di un
volto famigliare; riconosci qualche faccia del posto, un paio di pescatori,
uomini con la pelle coriacea bruciata dal sole e dal mare.
Non devi
attendere molto.
La donna
ti ha visto subito, quando sei entrato, e adesso ti siede vicino.
Ha sempre
avuto un debole per te, ma non si è mai negata altre distrazioni; ha imparato
l’arte sottile di leggere il cuore degli uomini, e ha capito da tempo che il
tuo appartiene ad un’altra, e lei è una ragazza pratica; non cerca amori impossibili,
perché fa i conti con la realtà più dura della vita tutti i giorni.
Ha già
saldato il debito per la sua parte di umana sofferenza.
Capelli
rossi, ricci e ribelli.
Ciocche
che sfuggono da una cuffietta bianca, una pelle chiara piena di efelidi, e due
occhi grandi e maliziosi, luminosi come il cielo d’estate; un sorriso spontaneo
che mette in pace col mondo, e ti fa credere che la vita vada bevuta a grandi
sorsi.
“Ciao
André. È bello rivederti… mi sei mancato, sai?”
Ti guarda
in quel modo un po’ insolente, mentre le accarezzi una guancia col dorso delle
dita. È sincera, genuina; in queste qualità che tu apprezzi, sta tutto il suo
fascino.
“Ciao
Isabelle, speravo proprio d’incontrarti; ti va di passare un po’ di tempo con
me? Come ai vecchi tempi?”
Le
sorridi, e lei si fa più vicina. Senti il seno pieno che si struscia contro il
tuo braccio e le sue labbra pronunciate sussurrano un invito esplicito al tuo
orecchio. Tu hai tutta l’intenzione di accoglierlo.
Non è
cambiata molto dal vostro ultimo incontro, un’estate di qualche anno prima in
cui le tue notti lontane da Oscar, si erano colorate di passione esuberante e
innocente, con la gioia di dare e ricevere piacere, senza inutili pudori.
Non vi
siete mai fatti promesse, spinti e guidati solo dalla reciproca selvaggia
attrazione, né tu ne avresti fatte a chicchessia, ma con lei ti sei permesso
qualche confidenza, per alleggerire un poco il peso del tuo fardello; così,
dopo il sesso, le raccontavi delle bizzarrie viste a Versailles, intrighi di
amanti clandestini e licenziosi, e di amori sofferti e non corrisposti, senza
fare mai il nome di Oscar.
E lei le
tue storie, dal sapore di favole lontane, le accoglieva discreta, senza giudizi
o domande, come accoglieva il tuo corpo giovane e forte nel suo, appagando la
tua virilità impetuosa.
Anche
adesso, ti prende per mano e ti trascina dolcemente con sé. Tu la segui,
docile, oltre la scala che porta alle piccole stanze del piano superiore.
Nessuno degli avventori pare fare caso a voi. Quando entrate nella camera,
ritrovi tutto com’è nei tuoi ricordi: il mobilio modesto, le tende un po’
logore, la coperta di lana grezza sul letto troppo piccolo.
Poi la
porta si chiude, e il resto del mondo con i suoi amori impossibili e infelici,
resta fuori.
****
Sei
accostata al vetro di una delle finestre che si aprono sul giardino anteriore,
quando ti accorgi della precipitosa fuga di André.
Con
costernazione, lo hai osservato uscire dalla scuderia, attraversare il cortile
e oltrepassare il cancello di ferro, e lanciare il cavallo sulla strada che
scende un poco più a valle, in direzione del paese.
Un
subitaneo sussulto del cuore ti ha spinto a correre in camera tua, prendere
cappello e mantello e avvolgerlo sulle spalle. Veloce sei tornata verso le
scuderie, il tempo di sellare Cesar, e ti sei fiondata sulla strada già
percorsa da André, qualche momento prima.
Il veleno
del sospetto ti afferra i pensieri, e il cuore soffoca oppresso da una cupa
ansia che ti fa stare male, in maniera insopportabile. Non dovrebbe
interessarti quello che fa il tuo attendente nel privato, e normalmente non
indaghi nella sua vita, al di fuori degli obblighi che ha quando è al tuo
fianco per lavoro, ma ultimamente, tutto ciò che riguarda André ti coinvolge
troppo da vicino.
Deve
esserci qualcosa di malato e malsano in te.
È il tuo
egoismo, un’entità deforme di cui ti sfuggono i contorni, ma avvolge André in
una bolla priva di ossigeno nel tentativo di imprigionarlo dentro i confini
della tua vita assurda.
Comprendi
la sua esigenza. André cerca altro, lo senti.
È umano
desiderio di un uomo che aspira alla felicità, e non trovandola, ha bisogno di
placare l’insoddisfazione per non impazzire completamente, per non lasciarsi
vincere dal dolore.
Forse,
per impedirsi di fare del male proprio a te.
L’idea di
scoprire ciò che non ti piacerà ti atterrisce, ma vuoi vedere la verità coi
tuoi occhi, per quanto l’immagine nella tua testa di lui tra le braccia e le
gambe di una donna vera, quella che tu non ti sei mai sentita, ti ferisce di
dolore e ti accende di rabbia selvaggia e furiosa.
È folle,
ma il tuo spirito, rifiuta le cose più semplici.
Così,
quando arrivi in prossimità della locanda e vedi Nerone legato all’esterno, non
ci metti molto a capire dove possa trovarsi André.
Deve
avere solo pochi minuti di vantaggio su di te; infatti, appena entri nel
locale, scorgi subito la sua figura di spalle, al banco, e noti anche la
procace bella ragazza seduta accanto a lui, che si appoggia alla sua schiena e
gli sussurra con malizia qualcosa nell’orecchio.
Gli
sorride ammiccante, e lui ricambia.
La odi
già, di un odio feroce che annienta la ragione; non sai nulla di lei, e lei
forse, non sa nulla di te, di voi, di quello che siete l’uno per l’altra.
Dell’amore
che lui ti porta, che riempie i suoi giorni e i tuoi.
Dell’affetto
immenso e profondo che trattieni dentro, e devi soffocare con strazio.
Sai solo
che non dovrebbe essere lì con lui.
Sai solo
che non dovrebbe prenderlo per mano e guidarlo con intenzione fin troppo
chiara, su per quelle scale, mentre il tuo odio aumenta, esplode violento e ti
devasta il cuore e l’anima; nel buio dei tuoi pensieri, urli ingiurie
innominabili a quella estranea che osa mettersi tra voi.
Porti la
mano al ferro della spada; per un istante, il freddo dell’acciaio placa il
tremore delle dita strette sull’elsa.
Rigida e
immobile, appena oltre l’ingresso al riparo da un tramezzo di legno, la tesa
larga del cappello a nascondere il tuo sguardo gelido, non si accorgono di te.
Ti
trattieni ancora qualche secondo; dovresti voltarti e andartene, fuggire e
lasciare che André si prenda la sua consolazione, ma un desiderio cattivo
rapisce la tua volontà, e governa le tue gambe che si precipitano su per quelle
scale.
Nessun
rumore, solo il suono secco dei tuoi stivali sul legno un po’ consunto degli
scalini.
Arrivi di
fronte alla prima porta che apri senza esitare; vuoi dividerli, impedire che
giacciano insieme, prenderla per i capelli e cacciare quella sfrontata dalle
braccia del tuo amico, ma non trovi altro che una stanza deserta.
Sei
ancora in tempo, fermati, puoi ancora tornare indietro.
Non lo
fai; la voce maligna che ti sussurra di cercarli non ti abbandona; guida i tuoi
passi in scatti nervosi, e fa battere come un tamburo il tuo cuore che pare sul
punto di voler scoppiare per come pulsa forsennato.
L’ultima
porta, e loro sono lì dietro. Non bussi nemmeno.
Spalanchi
l’uscio con un po’ di prepotenza, e gli occhi s’infrangono sulla sagoma delle
spalle di André, che col suo corpo robusto nasconde quello più minuto della
ragazza che lo sta abbracciando. Sono ancora vestiti, in piedi al centro della
camera.
Dal punto
in cui sei, vedi le braccia bianche e le piccole mani che artigliano la sua
camicia sulla schiena, la testa piegata all’indietro ad esporre il collo tenero
all’assalto delle labbra fameliche del suo compagno, curvo su di lei.
Finalmente
i due amanti si accorgono di non essere soli nella stanza e interrompono le
loro effusioni; il primo dei due a voltarsi per vedere chi possa essere lo
scocciatore è proprio André.
Non
realizza subito chi sei, forse per via del cappello e il bavero alto del
mantello che ti celano in parte il volto. Nel volgere di un istante, incroci
uno sguardo verde fosco e illanguidito, quasi perso nel delirio; è uno sguardo
che non gli hai mai visto e che scioglie un nodo torbido e proibito nel
profondo della tua anima.
È una
fucilata dritta al petto che ti paralizza e arresta il tuo respiro, mentre una
voglia indecente ti striscia sulla pelle e contrae lo stomaco.
Poi,
André torna lucido e i suoi occhi si sgranano increduli e sconvolti su di te.
Si capisce che non si aspettava di incontrarti. Finalmente anche la ragazza
molla la presa, e si volta per vedere chi è l’intruso, e i tuoi panni di foggia
maschile la traggono in inganno.
La
sgualdrina osa rimproverarti.
“Che
modi! Non si usa bussare, monsieur?”
Non la
degni di una risposta, serri le labbra con durezza e le rivolgi un’occhiata
assassina, squadrandola da capo a piedi con alterigia; una chioma fluente e
selvaggia di capelli rossi, lingue di fiamma che le scendono sulle spalle nude
e una pelle che fa pensare alla dolcezza del latte.
Il
bustino in buona parte slacciato, rivela le rotondità dei seni e le labbra
vermiglie sono gonfie di baci dati e presi. Al pensiero di quei baci rubati,
l’odio ribolle in te e brucia come un ferro rovente. Osa fissarti con
spavalderia, finché i tuoi occhi di ghiaccio più terribili di una minaccia
fisica, non la intimidiscono e la fanciulla avvampa e abbassa lo sguardo,
colpita da quello che crede essere un giovane bellissimo ragazzo biondo.
André
resta in silenzio a fissarti con uno sguardo stralunato e colpevole, mentre
lascia il fianco della ragazza che cingeva poco prima. La giovane cerca
spiegazioni, e solo a quel punto André si decide ad aprire bocca.
“Forse è
meglio che ci lasci soli, Isabelle…”
“Ma
André…”
“Per
favore, torna di sotto. Non ti preoccupare, è tutto a posto…”
Isabelle
ti passa accanto per uscire, e nel farlo cerca di scorgere il volto nascosto
sotto la tesa del cappello, ma tu non le concedi altro che la piega severa
delle tue labbra.
Speri che
se ne vada in fretta; stai trattenendo la voglia di farle male, di urlarle
contro con cattiveria.
Fermo di
fronte a te, ti ostini a fissare André con uno sguardo che potrebbe incenerirlo
sul posto; nel silenzio la tensione è palpabile, affilata e pericolosa come la
lama di un coltello, la percepisce perfino la ragazza, che sull’uscio, prima di
lasciavi a voi stessi, preoccupata si rivolge al tuo attendente.
“Urla se
hai bisogno, André…” e se ne va.
André si
siede sul letto.
All’improvviso
ha l’aria stanchissima e un sospiro pesante gli esce dalle labbra. Appoggia i
gomiti sulle cosce e lascia ciondolare le mani libere tra le gambe un po’
divaricate, ma quasi subito porta le mani alla testa, piegandosi col busto in
avanti.
“Premurosa
la tua amichetta…”
Sibili
ironica, mentre lo guardi mantenere per un po’ quella posizione. Indugi più del
dovuto sul suo aspetto un po’ in disordine; il fiocco allentato che usa per
legare i capelli corvini, lascia sfuggire qualche ciocca ribelle lungo il bel
volto, i lacci della camicia slacciati a rivelare il petto, gli conferiscono
un’aria conturbante.
Non ti
spieghi come, ti fa sentire a disagio.
Finalmente
si muove e alza lo sguardo su di te.
“È
sorprendente. Mi hai seguito, fin qui… perché Oscar?” ti chiede stremato.
“Devi
smettere di vedere quella Isabelle. Te lo proibisco, André…”
Il tono
tagliente è solo apparentemente calmo. La rabbia è brace che arde nascosta
sotto la cenere.
“Sono
lusingato, parli proprio come una fidanzata gelosa… ma non sei la mia
fidanzata, Oscar. Non hai nessun diritto di farmi una simile richiesta…”
La
risposta è quieta; la verità non ha bisogno di essere urlata, ma nel tono della
voce c’è qualcosa di profondamente doloroso, che non basta a lenire la tua
irritazione. Quel che è peggio, lui ha ragione; non hai il diritto di
pretendere nulla e lo sai benissimo.
“Vuoi
dire che lei lo è?”
“No, lei
è solo un’amica.”
Hai
trattenuto il respiro prima che giungesse la risposta, mentre ti sentivi
derubata di qualcosa.
Sono io la tua amica… sono soltanto io!
“Tu
adesso torni a casa con me; finché siamo a Parigi, posso tollerare queste tue
intemperanze, queste… necessità, chiamiamole così. Non ho mai voluto
immischiarmi nel tuo privato, non mi sembrava giusto, ma finché restiamo in
Normandia, devi smettere di vedere quella ragazza. È un ordine, André.”
*****
Qualcosa
dentro di te si ribella. Sei abituato a prendere ordini, e non ti sei mai
sognato di non rispettare un ordine di Oscar, un suo desiderio, una sua
necessità.
L’hai
sempre aiutata in tutto, le sei stato accanto in ogni situazione, dalla più
delicata, alla più difficile. Non è solo il tuo lavoro, è la tua vita accanto
alla donna che ami, ed è l’unica maniera che hai per dimostrarle da sempre
quanto tu le sia devoto.
È il tuo
amore anche quello, anche se c’è chi lo chiamerebbe servilismo.
Aiutarla
a sostenere il suo ruolo, facilitarle il compito gravoso di essere perfetta ed
efficiente quanto e più di un uomo, è il tuo modo di amarla.
E sei
felice se lei riesce bene in quello che fa, è quasi un motivo di orgoglio per
te, come se fosse un po’ merito tuo, e l’amore in questo ti aiuta moltissimo.
Ma
l’ultima richiesta di Oscar, è dettata dalla meschinità.
E non
puoi accettarla.
Così, per
la prima volta le neghi qualcosa, tu che mai le hai negato nulla.
Il suo
mantello oscilla al più lieve movimento del corpo. Sta per uscire dalla camera,
ma si blocca subito al suono della tua voce ferma. Si volta per guardarti, e
pianta allibita le sue iridi turchine su di te.
La rabbia
è lì, pronta a deflagrare.
“Cosa?”
Ti alzi
in piedi e ti piazzi di fronte a lei, deciso ad affrontarla, nel piccolo spazio
di quella camera, con il letto dietro le tue spalle. All’improvviso ti sembra
angusta e opprimente. Sai già che saranno scintille, e potrebbero divampare in
un incendio più grosso, e sai che il luogo in cui siete presenta le sue
insidie. Ti chiedi se Oscar le intuisce.
“Ho detto
di no. Non mi sento obbligato a rispettare un ordine del genere.”
“Vuoi
dire che intendi rivederla?”ti domanda
sgomenta oltre che arrabbiata, e la voce è salita di un’ottava.
“Se ne
avessi voglia, perché no? A Parigi non ti darebbe fastidio se passassi le mie
notti nei bordelli, e qui non posso cercare un po’ di sana e normale compagnia femminile? Cosa ci sarebbe di diverso?”
Hai
calcato l’accento sugli aggettivi sana e
normale, e lo hai fatto apposta.
È
un’aperta provocazione, e potrebbe finire malissimo, perché la stai pungendo
sul suo punto più debole, ma proprio non ti piace quello che Oscar sta cercando
di fare.
“Non te
lo permetterò, André…”
“Sono
proprio curioso di vedere come farai… vuoi infilarti nel letto fra di noi?”
Il tono
sarcastico, stiri appena le labbra in una risatina sommessa, ed è la goccia che
fa traboccare il vaso. Lo schiaffo parte fulmineo e ti prende in pieno, il
primo di una serie che sembra inarrestabile, finché esasperato e ferito non le
blocchi un polso, e subito dopo l’altro.
Inizi a
lottare per tenerla ferma, cercando di non farle male, ma Oscar ha perso
completamente il controllo. È fuori di sé dalla rabbia.
Il
cappello le cade sul pavimento
Sentendo
la tua forza, inizia ad avere paura, e si mette a urlare tentando di liberarsi,
ma tu non lasci la presa ferrea sui suoi polsi.
Vuoi solo
che si calmi, ma lei, come una gatta furiosa cerca ancora di colpirti al basso
ventre con le ginocchia e ti urla di lasciarla andare.
Usi tutta
la forza che hai e non è difficile avere ragione di lei; mantenendo la presa
sui suoi polsi, le porti le braccia dietro la schiena e la blocchi, impedendole
qualsiasi movimento, stringendola contro il tuo corpo in un abbraccio che
cancella ogni spazio tra voi.
Così
aderente a te, con il seno morbido schiacciato contro il tuo petto, senti il
suo cuore battere furioso. Oscar pronuncia il tuo nome; c’è il panico nella sua
voce, ma non è tuo desiderio spaventarla.
Vuoi solo
placare la tempesta del suo animo.
Abbassi
la testa e porti le labbra vicine al suo orecchio, mentre aspiri il profumo dei
suoi capelli che ti solleticano il viso.
“Calmati
Oscar, ti prego. Non voglio farti del male, non te ne farei mai. Ora non
muoverti e prova ad ascoltarmi…”
La tua
voce bassa e roca diventa un sussurro ipnotico a cui lei pare arrendersi. È
immobile, la sua fronte appoggiata contro la tua spalla, il respiro un po’
accelerato che va rallentando.
Non tenta
di liberarsi, non oppone resistenza.
Le tue
dita trattengono ancora i suoi polsi. È abbandonata contro il tuo corpo e
sembra sfinita, non sai se dalla lotta o dalle emozioni che vi hanno travolto. Non
puoi immaginare cosa stia pensando, né cosa penserà dopo.
Piano,
allenti un poco la presa, ma non la liberi ancora. Quando inizi a spiegare
qualcosa che pare difficilissimo, quasi impossibile da dire a cuore aperto a
qualsiasi altra donna che non sia lei, cerchi di farlo col tono più gentile che
riesci a trovare.
“Con
Isabelle è soltanto sesso, Oscar… non è amore. Non ne sono fiero, ma è l’unico
modo che ho per non impazzire…”
Oscar
continua a restare immobile; la testa appoggiata al tuo petto, non puoi vedere
l’espressione del suo viso, ma senti che il suo respiro si è fatto più calmo e
regolare. Forse, lo trattiene per un attimo. Tu, incoraggiato dal suo silenzio,
continui a confessare la tua debolezza, nella speranza incerta di essere
assolto.
“L’amore
potrebbe essere solo con te. So per certo che non sarò mai capace di amare
nessun’altra, l’ho capito da lungo tempo ormai. Non posso contrastare i miei
sentimenti, per quanto io ci abbia provato…”
Le liberi
i polsi lentamente, ma non la lasci. Continui a tenerla stretta, e con
l’avambraccio la circondi per tutta la lunghezza della schiena, mentre le dita
si aprono per intrecciarsi alle lunghe ciocche dei suoi riccioli. La tua voce
arrochita di desiderio che non puoi nascondere, si addolcisce in un sussurro,
mentre le sfiori il collo col fiato caldo.
“Ti vivo
accanto da una vita, Oscar, sai che cosa significa? Riesci a immaginare come mi
sento? Soffocare i sentimenti è penoso e triste. Desiderarti, e sapere di non
poterti avere mai, in certi momenti mi fa sentire disperato. Per questo, cerco
un po’ di consolazione altrove…”
Oscar è
ancora in silenzio, arresa a te, inerme e avvinta. Le braccia abbandonate, come
smarrite a mezzaria, che non sanno dove andare. Il suo viso è ancora nascosto
tra le pieghe della tua camicia; ti pare di cogliere un fremito attraversare il
suo corpo, ma quale sia il turbamento, ti resta ignoto.
“Spesso
non trovo altro che amarezza… perché non sei tu, Oscar. Non sei mai tu, tra le
mie braccia… e sei l’unica che davvero vorrei…”
Il silenzio
perdura, denso e insostenibile.
Oscar non
pare volersi muovere, forse non ne ha il coraggio.
Forse
dovresti sciogliere l’abbraccio in cui la obblighi, ma hai il terrore che
fugga, portandosi via un pezzo di te, e che le tue parole le siano scivolate addosso
senza raggiungerla.
Improvviso
avverti un singhiozzo, e poi un altro e un altro ancora, una serie di sussulti
leggeri e quasi inudibili; poi una mano di Oscar si posa leggera sul tuo
braccio, e le dita spasmodiche artigliano la stoffa di lino.
“Oscar…?”
“Mi
dispiace André…”
Ti
sorprende il suono dolcissimo della sua voce che si rompe in pianto.
“Perdonami
se puoi. Sono una grande egoista…”
I
singhiozzi aumentano, diventano più forti, indici di uno strazio che ti
addolora. La voce si spezza convulsa, mentre Oscar affonda il volto nella tua
camicia aperta, e il naso si strofina contro la tua pelle calda dove scivola
bruciando come disperazione, il sale delle sue lacrime.
“Non
piangere, Oscar, ti prego. Non è colpa di nessuno…”
Ti scosti
un po’ da lei, e tue mani salgono ad accarezzarle i capelli, dove posi la
carezza di un bacio leggero.
“Non è
colpa tua se non provi i miei stessi sentimenti… se li provi per un altro…”
Alle tue
ultime parole, alza lo sguardo su di te, e le lacrime inondano le sue guance.
Spalanca gli occhi, mentre ti guarda come non ti ha mai guardato e posa le mani
sul tuo cuore che batte allo stesso ritmo del suo.
“No,
André… è una menzogna, e lo capisco in questo istante. Credevo di amare Fersen; pensare a lui, soffrire per un uomo che non potevo
avere era un modo per non pensare a noi, a quello che avevo già, ed era più
importante di tutte le remore che mi facevo. Ho sempre saputo che mi ami, ma
incoraggiarti mi sembrava sbagliato e pericoloso…”
Trattieni
il respiro mentre ascolti le sue parole, incredulo e all’improvviso felice di
essere vivo, di essere in questa misera stanza con lei, di sentire la sua voce
emozionata. Una voce che trema d’amore. E trema per te.
“Non mi è
mai importato del fatto che Fersen avesse delle
amanti. Lo sapevo, come tutti, e non mi importava… ma…”
Oscar si
interrompe un momento, prima di stingersi a te. Posa di nuovo la testa sul tuo
petto, mentre le sue braccia ti circondano, possessive, come se non volesse più
lasciarti andare. Come se fosse una questione di vita o di morte.
“André,
impazzisco all’idea che tu possa stare con una donna che non sono io. Non
voglio dividerti con nessuno. Ti voglio bene, André, in un modo che non so
neppure dire…”
Oscar
alza di nuovo il suo sguardo acceso d’amore su di te. Gli occhi sono ancora
umidi, le lacrime irrefrenabili come le parole che erompono dal suo cuore e
scendono nel tuo; meravigliose e tenere, sincere e forti, lo scaldano, lo
accendono di passione divorante e incontenibile.
“Ti voglio
bene, André, davvero… ti amo, mi devi credere, ti amo con tutto il mio cuo…”
Le
sigilli le labbra con un bacio profondo e intenso, quello che da troppo tempo
aspetti di poterle dare, quello che pensavi non le avresti mai dato, quello che
forse un giorno le avresti rubato per disperazione, e ora le doni con il cuore
gonfio di felicità.
Oscar ti
risponde come la più tenera e arrendevole delle donne; ti cerca con ardore, ti
scopre, avida di darsi; ti insegue e tu la insegui catturato dal profumo caldo
e seducente delle sue labbra che ti accolgono dolci e possessive, invitanti.
E ne vuoi
ancora.
E ne vuoi
di più.
E anche
lei, mai sazia del tuo sapore.
Si è
aggrappata alla tua schiena con una mano, e l’altra scivola fremente in cerca
del tuo viso, mentre aderisce a te, perfetta metà del tuo corpo.
E senti
il desiderio esplodere in lei come in te, e l’eccitazione si scioglie nei
vostri gemiti d’amore, nelle vostre carezze ansiose.
Vi
staccate solo per riprendere un attimo di fiato, e le fronti si accostano vicine
e gli occhi restano socchiusi ad assaporare il momento.
“Sono
tuo, Oscar…” le sussurri, pieno di trasporto, il cuore traboccante di gioia.
“Sì,
amore mio. E io sono tua…”
“Andiamo
via da questo posto squallido…” le chiedi trattenendo la sua mano nella tua.
“Sì
André. Portami via da tutte le Isabelle del mondo. Ti prego, torniamo a casa…”
Le mani
sono ancora allacciate, quando uscite all’esterno della locanda; si separano
solo il tempo di una veloce cavalcata verso la villa sul promontorio.
Nei cuori,
appena nata, ma già fortissima, la profonda certezza che per quanto potrà
essere difficile, il vostro non sarà un amore impossibile.
Anche se
avvolto nell’ombra, sarà un amore vissuto.
Continua…
Eccomi, prima del previsto!
Capitolo che quasi si è scritto da solo, cosa sorprendente anche per
me e per i miei tempi. Siamo in dirittura di arrivo e spero di non deludervi
dicendolo, ma è così.
Quando ho scritto la frase conclusiva, ho capito che la ff è arrivata al suo epilogo; in effetti, tutto potrebbe già
terminare qui, ma ho deciso di scrivere un ultimo capitolo che chiuderà questa
parentesi in Normandia.
Vi ringrazio tutte per il vostro entusiasmo, per i vostri commenti e
per gli apprezzamenti che avete lasciato a questa storia… e per la vostra
pazienza nell’aspettare i miei aggiornamenti.
Capitolo 8 *** L'amore va oltre l'impossibile (epilogo) ***
8 – L’ amore va oltre
l’impossibile (epilogo)
Rosalie camminava lungo il
corridoio del piano nobile in direzione della sua stanza. Passò davanti alla
porta della camera della sua benefattrice senza avvertire alcun suono, e Rosalie
pensò che Oscar stesse riposando.
Era tranquilla e nessun pensiero
molesto, né alcun triste ricordo della sua recente esistenza attraversava la
sua giovane mente.
Una delle grandi finestre della
villa era aperta, e Rosalie sentiva il fragore schiumoso delle onde che si
abbattevano sulla scogliera, miste alle urla querule dei gabbiani che
trasportati dalle correnti d’aria, salutavano il mare.
La giovane si arrestò davanti
alla vetrata aperta, catturata, quasi rapita dall’immensa distesa blu cobalto che
riverberava come un prezioso gioiello sotto i raggi del sole che toccavano la
superficie dell’acqua.
L’immagine del mare, il suo
odore, la sua voce ora aggressiva e a volte dolce, la mandava in estasi, persa
nella contemplazione di una distesa che suggeriva qualcosa di magico e
misterioso alla sua anima. Il mare l’affascinava; Rosalie restava ferma e
immobile per ore a guardarlo, e quella vista maestosa le faceva dimenticare
tutte le sue angosce, il suo odio, la sua vita passata nel dolore e nella miseria;
quelle profondità abissali nascondevano tutto e in esse annegava ogni cosa,
moriva ogni ricordo dolce o amaro che fosse. La Normandia era una terra di
segreti, orme lungo una lingua di sabbia, cancellate dalla schiuma bianca delle
onde.
Impronte che soltanto lei aveva
potuto scorgere, rapite dal mare come conchiglie sommerse dalla marea.
Si riscosse dai suoi contorti
ragionamenti quando sentì una risata fresca e spontanea, e subito dopo, una
porta aprirsi; era quella della stanza di madamigella Oscar.
Non si sorprese di veder André
uscirne, ma la colse impreparata il suono cristallino, gioioso di quella risata
che perdurava e si diffondeva nell’ aria fino a raggiungerla con le sue note
vibranti.
Oscar stava ridendo, ed era
davvero bello sentirla ridere in quel modo spontaneo. Non l’aveva mai udita
ridere così liberamente; anche la prima volta che l’aveva incontrata in quel
misero quartiere di Parigi, e Oscar si era burlata di lei, scoppiando in una
risata argentina, non aveva avuto quella sensazione.
Nella sua voce adesso c’era una
nota diversa, appena nata.
In quella risata vibrante,
talmente insolita per una donna severa come madamigella Oscar, Rosalie fu
sicura di sentire il suono della felicità.
Erano lì, in Normandia da poco
meno di un mese.
Tanto era bastato per capire la
natura delle cose, ed era già trascorso quasi un altro anno da quando Rosalie viveva con la famiglia Jarjayes.
Si era accorta di un mutamento
appena intuibile, vago come un effluvio sottile che scompare troppo in fretta;
forse era la Normandia, terra selvaggia e grezza, sensuale e spigolosa come le
sue coste, forse era l’ambiente più intimo, lontano dalla corte e la sua rigida
etichetta, ma nell’aria aveva sentito un’emotività insolita e anomala.
All’inizio, era rimasta
perplessa.
Incerta sulle sue percezioni.
Andrè stava
ancora ridendo sommessamente, quasi in risposta alla risata della sua
amica/padrona, mentre richiudeva dietro sé la porta della camera, quando si
accorse di lei, ferma davanti alla finestra aperta, da cui entrava una
frizzante brezza marina che si spandeva attraverso il corridoio.
“Ah, ciao Rosalie… sei qui. -
L’attendente ebbe solo una breve esitazione. - Avevi bisogno di qualcosa?”
“No André, mi ero persa a
guardare il mare. Mi riempie di meraviglia… Non volevo disturbare…”
“Nessun disturbo… - fece un paio
di passi verso di lei. - Da quanto tempo sei lì? Hai sentito i nostri schiamazzi… ehm… avrai pensato che siamo
impazziti…”
Rosalie si accorse
dell’esitazione di André, ma non vi badò.
“Oh no, in realtà non sono qui da
tanto; madamigella Oscar sembra allegra… questo posto la fa stare bene…”
“È vero, la rilassa molto. Anche
a me fa lo stesso effetto…”
“Sai André, è bello sentirla
ridere così di gusto; di solito, quando frequenta la corte è sempre così seria
e composta… non si lascia mai andare… qui pare un’altra persona.”
Andrè portò
una mano dietro la nuca, con fare imbarazzato.
“È colpa mia… le ho raccontato
una spiritosaggine… che non ti ripeterò, perché è una cosa non adatta ad una
signorina come te…”
Rosalie sollevò le labbra in un
lieve sorriso indulgente e rassicurante, di fronte all’atteggiamento curioso di
André; sembrava sulle spine, ma tentava di dissimularlo.
“Scusami Rosalie, ma ho delle
faccende da sbrigare e devo approfittarne finché c’è ancora qualche ora di
luce…”e le fu chiaro che volesse
evitare ulteriori commenti, o spiegazioni. Lei lo assecondò.
“Oh, certo…” si affrettò ad
assentire, volendo dissipare il lieve disagio che aleggiava tra loro, ben
consapevole da cosa fosse determinato.
Lo vide allontanarsi in direzione
opposta levando una mano in segno di saluto. Rosalie tornò a contemplare il
mare presso la finestra; il profumo dell’aria tersa era piacevole e le
procurava quel brivido leggero e invisibile che percepiva sulla pelle.
****
Subito dopo il suo debutto, i
pettegolezzi a corte le aveva uditi anche lei.
Le erano giunti all’orecchio non
per caso. Diverse dame importanti, perfino dell’entourage di Maria Antonietta,
nobili intriganti e curiose l’avevano avvicinata, nella speranza di scoprire
nuovi incredibili segreti riguardanti l’affascinante e riservato Colonnello
delle Guardie Reali.
Era stata Oscar in persona a
minimizzare la cosa. Prima ancora di introdurla a corte, l’aveva messa in
guardia.
“Ti presenterò come mia parente,
e questo particolare attirerà l’attenzione. Sentirai delle cose, ma più della
metà saranno falsità; alcune potrebbero riguardare perfino me e André –
affermazione che l’aveva lasciata basita - non prestare fede a nessuna delle
dicerie che ti saranno riportate dalla dama curiosa di turno. La mossa più
intelligente sarebbe non mostrare alcun interesse ai loro pettegolezzi. In
questo modo le scoraggerai dal continuare.”
All’inizio era rimasta sorpresa,
forse addirittura offesa; come si faceva a pensare di Oscar certe cose? Come si
poteva attribuirle un comportamento che non fosse più che corretto?
Oscar e André erano ottimi amici,
lo sapevano tutti.
Un’amicizia solida e profonda, e
per molti sorprendente.
Aveva visto quell’amicizia
esprimersi e manifestarsi unicamente tra le mura di Palazzo Jarjayes.
Lei non vi aveva visto mai nulla di sconveniente, ma in verità, per ignoranza e
inesperienza, non aveva veri termini di paragone per giudicare un rapporto
tanto singolare. Cosa c’era di male nel fatto che un uomo e una donna fossero
buoni amici? Che vivessero praticamente insieme, pur non essendo consanguinei,
né sposati o legati da nessun altro vincolo?
Essere accolta in una famiglia
nobile le aveva fatto scoprire che nella rigida buona società francese c’erano
delle regole precise, che dettavano e sancivano i rapporti tra uomini e donne,
e ancor più erano ferree tra i membri di classi sociali diverse, individui come
Oscar e André, che in segreto potevano essere perfino amanti, ma in pubblico
non potevano manifestare sentimenti neppure fraterni.
Ma Oscar e Andrè
non erano individui comuni a tutti gli altri; loro erano l’eccezione a tutte le
regole di quel mondo di ricchi privilegiati prigionieri di sé stessi, che
Rosalie faticava a comprendere.
André era un servo troppo
avvenente e di bell’aspetto, per non destare morbose curiosità ed evidente
interesse tra le dame più disinvolte.
Così, la forte ammirazione
suscitata dalle qualità militari di Oscar si mescolava all’invidia di giovani
fanciulle e dame mature; uno sguardo
verde bosco che sa rubarti l’anima, era stato il commento ammirato di una
giovane dama, affascinata dagli occhi dell’attendente.
-Madamigella
Oscar è davvero fortunata ad avere accanto un così bel giovane… peccato sia
solo un semplice attendente. Ma voi contessa, credete che tra loro…?
-Non lo so
madame, ma se io fossi Oscar, ne approfitterei volentieri…
-Oh,
anch’io sapete…
Altro commento fastidioso che le
era capitato di cogliere, mentre le cortigiane ridacchiavano, lanciando
occhiate allusive all’attendente.
Chissà se quelle stesse voci
arrivavano all’orecchio della regina; Maria Antonietta forse era l’unica a non
prestarvi fede, piena di sincero incanto e rispetto per l’algido Comandante.
A corte, i più ritenevano che i
due fossero segreti amanti, sotto il tetto dell’ignaro Generale Jarjayes,una
convinzione diffusa e quanto mai radicata, bisbigliata con malizia dietro i
ventagli con stupida leggerezza, ma mai espressa in modo palese.
Nessuno avrebbe osato tanto;
un’offesa del genere non sarebbe passata sotto silenzio, e avrebbe scatenato le
ire di madamigella Oscar, che mal tollerava i vaniloqui di palazzo, cosa
risaputa da chiunque a corte.
Un pettegolezzo comune a tanti,
che si perdeva nel mormorio sciocco, annoiato e un po’ molesto che attraversava
i saloni di Versailles, come una folata improvvisa di vento.
Solo il concetto le era parso
ridicolo e inverosimile; Rosalie non era del tutto ingenua da escludere che
quella di intrattenersi con serve e camerieri fosse una pratica diffusa tra
l’aristocrazia, ma certi squallori non potevano coinvolgere la sua adorata
Oscar.
Ai suoi occhi pieni di candore,
Oscar era irreprensibile, un modello di virtù, di bontà suprema e generosità.
Pur vestita da uomo era bellissima e intelligente, colta, leale e schietta,
fiera e indomita, tutto l’opposto di quei nobili gretti e opportunisti,
arroganti ed egoisti che le era capitato di incontrare, quando vestita di
stracci come i pezzenti di Parigi, andava a chiedere l’elemosina prostrando la
faccia nella polvere delle strade.
Rosalie non aveva mai incontrato
due persone che fossero più rispettose uno dell’altra, e non solo perché erano
un servo e la sua padrona. Oscar non avrebbe mai approfittato della sua
posizione per ottenere da André attenzioni particolari, fuori dalle sue reali
mansioni.
Era bastato allontanarsi da
Versailles, il tempo di quella inaspettata vacanza in Normandia, per accorgersi
che la realtà può essere più complessa di come appare in superficie, specie
quella dei sentimenti.
Trascorsi i primissimi giorni, avvertì
sensazioni diverse, quando posava i suoi occhi limpidi su di loro; era come se
avessero instaurato un’intimità particolare, una maggior confidenza.
Il linguaggio dei loro corpi era
cambiato, ma solo un osservatore attento, a stretto contatto con loro, avrebbe
colto quella singolarità.
All’inizio, Rosalie pensò che
fosse normale che si comportassero in maniera differente, lontani della
mondanità.
A volte coglieva un baluginio
fremente negli sguardi che si scambiavano; tradivano attesa, ansia, trepidazione.
In altri momenti, gli occhi di Oscar si accendevano di uno strano fuoco mentre
indugiavano sulle spalle larghe del suo amico, e poi scendevano più in basso
lungo il corpo virile, per sfuggire subito dopo in un punto qualsiasi
dell’ambiente.
In una circostanza le parve di
vederla arrossire, ma ne fu così sorpresa, che si convinse di essersi
sbagliata; erano sulla spiaggia e l’aria fredda pizzicava le guance e sollevava
le chiome ribelli. Erano un poco distanti da lei, e non poteva sentire quello
che dicevano; André le aveva sorriso in un modo particolare, uno di quei
sorrisi aperti che scaldano lo sguardo, che di solito fanno parte del
corteggiamento. Le era parso di vedere la mano di André sollevarsi verso la
guancia di lei, e scendere subito dopo senza raggiungerla, un movimento fugace
e repentino, quasi brusco, come fatto di nascosto.
Erano dettagli apparentemente
insignificanti, e la ragione le suggerì di non farsi trascinare in fantasiose
interpretazioni.
Nonostante la prudenza, benché
Oscar la mettesse sempre a suo agio, in alcune circostanze si era sorpresa di
sentirsi in imbarazzo, fuori posto, quasi estranea fra loro.
Era la prima volta che le
accadeva da quando li conosceva.
E oramai, li conosceva bene!
Era certa che non potessero
riservarle delle sorprese.
Fu ingenua a pensarlo. Ingenua e
sciocca.
In realtà, e lo comprese poi, non
c’era nulla di cui sorprendersi.
Oscar e André erano più che
fratelli, amici di lunga data, compagni di percorso rassicuranti e protettivi, custodi
della sua nuova vita e del suo passato segnato da terribili lutti.
Ed erano anche più di questo, e
le fu palese lì, sotto quel cielo normanno che si sposava con l’azzurro scuro
del mare.
E quello che ai meschini,
ipocriti signori di Versailles sarebbe risultato scandaloso e indegno,
vergognoso e colpevole come il peggiore dei delitti, a Rosalie parve il
naturale evolversi del sentimento di due cuori affini.
Oscar e André erano anime legate
da un destino troppo grande per opporvisi.
Loro semplicemente erano il più
naturale esempio che l’amore esiste, vive e cresce dove vuole, senza regole,
ragioni e limiti umani, e si esprime in mille forme diverse, nutrendosi della
quotidianità che avvince i cuori.
Quel giorno di giugno in cui capì
tutto, si scolpì nella sua memoria e nel suo cuore come uno scoglio sommerso,
che emerge sul mare, qualcosa che è sempre stato lì, solo che prima non si
vedeva.
Ricordava un insolito silenzio.
La tranquillità avvolgeva la
villa che pareva sonnecchiare immersa nella luce delle prime ore del
pomeriggio, quelle più calde, che costringono a restare chiusi in casa per
evitare l’eccessiva calura.
Perfino i pochi domestici di
palazzo sembravano spariti nel nulla, affaccendati nelle loro incombenze agli
angoli più remoti e tranquilli della casa.
La cuoca si era appisolata in
cucina, persa tra bucce di patata e verdure da pulire, e di fianco alla
scuderia, lo stalliere si refrigerava immergendo una pezzuola nel secchio
dell’acqua, mentre lavava uno dei cavalli.
Rosalie era in salotto, e senza
risultati, stava tentando di concentrarsi nella lettura di un romanzo per
fanciulle, trovato in biblioteca; probabilmente era stato dimenticato alla
villa da una delle sorelle di madamigella Oscar.
In verità, il libro era assai
noioso, monotono e dalla trama debole, e Rosalie preferiva letture più
impegnative e coinvolgenti.
Forse era per quello che si era
distratta e li aveva sentiti sul retro del giardino; prima, il cozzare delle
spade durante l’allenamento, poi, le voci leggere come dei sussurri, le
arrivarono attraverso la finestra aperta.
Si era alzata dalla poltrona,
dove aveva abbandonato il libro, per avvicinarsi alla finestra e salutarli.
Le piaceva guardare i loro
movimenti mentre duellavano, era affascinata da tanta eleganza; si muovevano
come se danzassero, sfidandosi in destrezza e abilità, e Oscar pareva sempre
quella più veloce, e Andrè le rispondeva energico,
senza farle sconti perché era una donna.
Così, li aveva scorti, appena
nascosti sotto i rami dell’albero che svettava alto verso il cielo. Le spade
piantate nel terreno, a poca distanza dai due giovani, indicavano che il duello
era finito.
La colpì la vicinanza, la
prossimità eccessiva dei corpi.
Rosalie ebbe un sussulto, appena
comprese cosa stava per succedere. Non proferì parola, rimanendo celata dietro
la tenda.
Vide la mano di Oscar sfiorare il
braccio di André, una carezza che risalì fino al gomito e poco oltre.
La mano di André scivolò attorno
alla vita di Oscar, l’attirò vicina finché lei non gli fu addosso. Rosalie lo
vide inclinare la testa di lato, mentre Oscar faceva la stessa cosa; aderiva
perfettamente a lui con il corpo, mentre le sue braccia risalivano a
circondargli il collo e le mani si aggrappavano alle sue spalle forti.
Con gli occhi spalancati, portò
una mano alla bocca e soffocò un gemito di stupore, quando il loro contatto
divenne fin troppo intimo, per due semplici amici.
Due amici non si sarebbero
baciati in quel modo lungo, tenero e appassionato, e i due amanti parvero
dimentichi di tutto, finché André, con una punta di lucidità, trascinò Oscar
ancor più sotto le fronde dell’albero che li nascondeva da possibili testimoni.
Non si accorsero di Rosalie, e
lei fu così sorpresa che non riuscì a reagire per i primi secondi; restò
impalata, lo sguardo puntato oltre la finestra, sotto di sé, smarrito tra le
fitte foglie dell’albero, che celava la vista dei due amanti.
Forse si stavano ancora baciando
sotto le fronde che gettavano ombra, non era in grado di dirlo. Colse una
risatina sommessa, parole bisbigliate che non arrivarono al suo orecchio.
Si ritrasse svelta all’interno, e
si appoggiò con la schiena alla tenda all’angolo della finestra, turbata dalla
scena che aveva appena visto. Tentò di convincersi che fosse reale.
Tentò di non pensare a nulla, di
non saltare a conclusioni errate.
Passò un minuto, e con cautela si
sporse di nuovo, oltre il vetro.
Non vide le spade, lì dove le
avevano lasciate.
Alzò gli occhi, poco oltre
l’albero che le impediva parzialmente la visuale, puntando lo sguardo su un
angolo di prato del piccolo giardino, e li vide mentre si allontanavano, senza
fretta, verso l’entrata della villa, uno di fianco all’altra.
Non si sfioravano, e André
reggeva entrambe le spade.
Rammentò tutte le dicerie sentite
a Versailles, ma non riusciva ad associarle alla scena che aveva appena visto.
Nei loro gesti non c’era colpa né
capriccio, ma innocenza e fedeltà; non c’era provocazione, ma pudore per un
amore da proteggere e custodire.
In quel preciso attimo, mentre il
cuore rallentava i battiti e la mente prendeva coscienza, Rosalie decise che
non le importava.
Per lei nulla cambiava.
Per lei, Oscar e André restavano
le persone meravigliose di sempre, soprattutto Oscar; erano gli amici che
l’avevano aiutata e sollevata dal degrado e dalla miseria della sua vita.
Amici molto intimi.
Molto più che amici.
Due amici che si amavano molto.
Due semplici innamorati.
Non sarebbe stata lei a
giudicarli. Chi era per farlo? Cosa le dava il diritto di condannare la loro
volontà di essere felici, in qualunque modo fosse possibile?
Aveva avuto in cuore sentimenti
meno nobili; odio, rancore, disprezzo, pregiudizio e desiderio di vendetta.
E mentre considerava questo,
Rosalie comprese che non avrebbe mai trovato un sentimento altrettanto sincero
e puro, dietro i cancelli dorati della reggia.
******
Stai riponendo le ultime cose nei
pochi bauli, in parte già riempiti dalle cameriere con gli indumenti e la
biancheria.
È una fortuna che Oscar non abbia
le pessime abitudini di certi signori esigenti e megalomani, che vanno in
villeggiatura portandosi dietro anche le cose più superflue e inutili; lei
viaggia leggero, usanza che ha trasmesso anche alla sua protetta.
“Tutto è pronto per la partenza
di domani, Oscar; ho fatto controllare le ruote della carrozza, e i cavalli
hanno ricevuto una razione doppia di biada. Alla prima stazione di posta li
faremo riposare, e riposeremo un po’ anche noi. Parlo soprattutto per Rosalie,
non è abituata a viaggi così lunghi, all’andata si era stancata molto.”
“Sì, hai ragione André. Io e te
siamo abituati, ma lei no; è stata una bella esperienza per la piccola Rosalie,
la Normandia le è piaciuta molto… Credo che un po’ le dispiaccia lasciarla.”
Mentre lo dice, Oscar ti lancia
uno sguardo complice, e tu ricambi, mentre richiudi con la cinghia di cuoio
l’ultimo baule, quello che contiene le vostre armi, qualche libro e i vostri
mantelli pesanti, che non avete mai usato.
È accanto a te, e ti posa una
mano sulla spalla e tu raggiungi le sue dita che stringi un attimo fra le tue.
Le porti alle labbra per baciarle.
Hai notato la malinconia che le
vela un po’ l’espressione. Da due giorni avete fissato la partenza, e Oscar ti
appare inquieta, molto più rispetto ad altre volte.
“Non sembri contenta di tornare a
casa, Oscar… Che cosa c’è?”
“No, non è questo André… è che…”
“È che siamo un po’ cambiati rispetto al nostro arrivo qui,
non è così?”
“Già.” Oscar fa un mezzo sorriso
indecifrabile.
Interrompi quello che stai
facendo e ti appoggi al bordo del tavolo, di fianco a lei, le prendi la mano e
intrecci le vostre dita.
“In realtà, noi siamo sempre gli
stessi, Oscar. Il fatto che ci amiamo, renderà la nostra vita più bella e
completa. Io vorrei solo renderti felice…”
Alza gli occhi celesti su di te, e
ti senti afferrare il cuore da quella luce che brilla di vita e passione. Ne
nasconde così tanta, che non sapresti dire come riesca a trattenerla dentro i
confini del suo animo.
“Tu mi rendi felice, André.
Queste ultime settimane sono state memorabili e intense, le più belle della mia
vita. Ho compreso finalmente il mio cuore di donna; tra le tue braccia non mi
preoccupo di nulla… di chi sono o di chi devo essere… sono solo me stessa, ed è
facile e naturale… Però, per quanto io sia donna, non sarò mai come tutte le
altre…”
“Che intendi dire?” chiedi un po’
preoccupato; non puoi credere che Oscar abbia dei ripensamenti, conosci il suo
cuore e sai che è saldo, impetuoso, volubile, mai incostante, ma non ti sfugge
il suo turbamento.
“Io ti amo davvero André, con
tutto il cuore… potrei lasciarmi travolgere da quello che sento per te, ma non
posso dimenticare di essere un soldato, e le mie responsabilità. Se lo facessi,
se mi comportassi con eccessiva leggerezza, farei del male a entrambi…”
“Lo capisco, Oscar…” sussurri
appena.
Questo amore avete appena
iniziato a viverlo, è un germoglio ancora troppo delicato e fragile.
Lei sta mettendo in discussione
tutta la sua vita, e tu sei fin troppo consapevole dei rischi a cui vi
esponete; venire scoperti significherebbe lo scandalo, la vergogna, la
derisione, forse per te la prigione e addirittura la morte, e Oscar verrebbe
additata come colei che getta disonore sulla famiglia del generale.
Non vuoi questo per lei, né per
voi, dunque non le chiederai mai nulla che vada oltre quello che Oscar potrà
darti.
Finché potrai, che siano pochi
momenti rubati, o giornate e notti intere passate tra le sue braccia, te le
farai bastare, e grato, le ridarai tutto l’amore che hai nel cuore.
Ci proverai.
Faresti e farai di tutto per
renderla felice, ma il futuro che avete davanti, l’incertezza delle difficoltà
che incontrerete è un’incognita.
Ma sarete pronti, insieme, e
l’amore che vi unisce sarà la vostra forza e il vostro scudo. Ne sei sicuro,
come sai che il sole sorge con ogni nuova alba.
“Sai, - continua Oscar - mi sono resa conto
che siamo stati molto imprudenti André; credo che Rosalie abbia intuito
qualcosa… forse ci ha sorpresi, e io non me ne sono accorta…”
La tensione si stempera, e ti
lasci andare ad una sincera risata; Rosalie non può essere un pericolo per voi,
e ti sorprendi un po’ del timore che Oscar manifesta.
“Dai, non crederai che Rosalie
possa tradirti?! Quella ragazza ti adora, non ci farebbe mai del male,
soprattutto non lo farebbe a te.”
“Questo lo so, mi fido di
Rosalie. – Obbietta decisa. - La questione è un’altra…”
“Quale? E sei davvero sicura che
sappia qualcosa? Forse sei solo un po’ nervosa, e hai preso lucciole per
lanterne!”
“Più che altro è un sospetto. Un
pomeriggio è venuta nella mia stanza per portarmi dei fiori freschi da mettere
nel vaso di fronte alla finestra. Io l’ho ringraziata per la sua gentilezza, e
dopo, lei mi ha chiesto se preferivo che fossi tu a portarmeli… Non c’era
malizia nelle sue parole, ma un po’ spiazzata, non le ho risposto; quando si è
resa conto di aver fatto un’allusione involontaria, è arrossita di colpo. Era
in estremo imbarazzo e non sapeva più come scusarsi…”
“Sì Oscar, ma questo non prova
nulla… e Rosalie non parlerebbe con nessuno di quello che c’è fra noi. Di
questo, sono sicuro…”
“Lei no, ma gli altri? – Oscar si
lascia scappare un sospiro pesante. – Siamo stati bene qui, ma sto pensando che
non potrà sempre essere così… Palazzo Jarjayes,
Versailles, laggiù sarà diverso… non avremo tutta questa libertà… e non sono
tutti come Rosalie.”
“È vero, la corte è un covo di
serpi, lo sappiamo molto bene, e a Palazzo Jarjayes
anche i muri hanno orecchie, ma sono terreni che conosciamo alla perfezione…”
Ti scosti appena dal bordo del
tavolo per circondarle la vita e stringerla. Oscar appoggia la fronte al tuo
petto e ti circonda i fianchi con le braccia.
“Tu hai fiducia in quello che ci
lega, vero Oscar?” le domandi, accarezzandole una guancia.
“Ma certo, André…”
“Allora, non avere timori Oscar;
uniti, affronteremo tutto quello che verrà… nel bene e nel male.”
Fai una breve pausa, prima di
continuare in tono semiserio.
“Sai qual è il mio vero timore,
Oscar?”
“Non so proprio immaginarlo…”
“Mia nonna… se scoprisse che ho insidiato la sua ‘bambina’, rimpiangerei
le sue mestolate; sarebbe capacissima di scorticarmi vivo con un coltellaccio
da cucina, e dopo appenderebbe la mia pelle come fa con i conigli… - Oscar ride
travolta dalla tua ironia, e tu continui – Sono serio, ti sorprenderebbe la sua
abilità nell’uso dei coltelli affilati… temo più lei di tuo padre.”
Oscar alza lo sguardo in cerca
dei tuoi occhi, e si stringe a te ancora di più.
“Non ti preoccupare amore mio, ti
difenderò io… e non solo da tua nonna.”
“Ci conto…” sussurri, prima di
scendere a catturare le sue labbra che cercano le tue. E mentre il bacio
diventa profondo, vi perdete uno nell’altra, felici e paghi di quel contatto,
intimo legame tra i vostri spiriti.
La dolce Rosalie è l’ultimo dei
vostri problemi. Non è lei che dovete temere.
Mentre continui a baciarla, pensi
che molta vita scorrerà tra le mura di Palazzo Jarjayes,
ma gli allenamenti con la spada, celeranno la sensualità dei vostri assalti, e
il desiderio nei vostri sguardi sarà soddisfatto in segrete notti di passione,
con la sola luna come testimone di una comunione di anime e corpi.
Tornerete sotto le luci di Versailles,
agli ordini di servizio, alle ronde alla reggia e alle notti passate lontani da
casa, dietro le feste rutilanti e i capricci di Maria Antonietta, regina triste
e inquieta che spreca il cuore in amicizie false, mentre attende il ritorno del
solo uomo che la ama, senza averla.
E un giorno, se Dio vorrà, il
conte di Fersen tornerà dall’America, ma sai che gli
occhi di Oscar non si rivolgeranno a lui come ad un amore irraggiungibile e
negato, né la gioia del suo sguardo sarà fonte di pena segreta.
Non sarà altro che un ricordo
sbiadito che ha lasciato tracce vaghe, evanescenti quanto la bruma del primo
mattino.
Fersen sarà
solo un sincero amico ritrovato, sfuggito alla morte più orrenda in terra
straniera.
Mentre la stringi tra le braccia
e le accarezzi la nuca, ricordi le chiacchiere dei cortigiani gelosi e
irriverenti, che sporcano le loro labbra di malizia, ma il vero sapore dei
vostri baci non lo sanno immaginare; è un miele estatico che pochi eletti
conoscono, perché l’amore non si lascia imprigionare né scoprire da animi
meschini.
Ritroverai l’algido comandante
delle Guardie Reali, dallo sguardo di ghiaccio che non mostra mai debolezze,
fedele servitore di una regina infelice e annoiata, che non sa sostenere il
peso di una corona, ma nessuno vedrà la donna passionale e tenera nascosta
dentro l’uniforme.
Oscar si è svelata solo a te,
come tu ti sei svelato a lei.
Tornerà perfino la gelosia
malcelata di un uomo come il tenente Girodelle, innamorato
senza speranza, che si strugge per un amore impossibile, e non comprende né
considera quale forza suprema possa unire davvero due persone come voi.
Sul palcoscenico del mondo, il
vostro amore non esiste, ma di questo voi non vi curate; basta che esista nel
vostro cuore e si riscaldi tra le vostre braccia.
Basterà questo a superate ogni
difficoltà, e il tuo non è il pensiero di un’idealista; sei un uomo concreto,
lo sei sempre stato e non smetterai di esserlo, solo perché Oscar ti ama.
Così, ogni volta che guarderete
indietro, saprete con certezza che il vostro amore è forte e autentico.
Solo l’amore puro accetta tutte
le sfide e le supera.
Solo l’amore vero va oltre
l’impossibile.
Fine
Ciao a tutte.
Avevo detto che
avrei concluso la storia qui, e così intendo fare, perché non sento la
necessità di proseguire oltre. Spero che questo capitolo alternativo vi sia
piaciuto, e che non risulti troppo affrettato, ma in sostanza mi pareva di aver
detto tutto nei capitoli precedenti, almeno tutto quello che m’interessava per
questa ff. Volevo solo spostare il punto di vista su
un osservatore esterno, che in questo caso vede ciò dovrebbe restare segreto
(Rosalie mi pare sempre perfetta per questo) e giocare sulle incertezze di un
sentimento appena scoperto che ancora non si sa come vivere.
Vi ringrazio per le
vostre parole e i vostri commenti, sono state uno sprone importante per andare
avanti, grazie di cuore.