I ricordi che mi portarono a te.

di Sophie Robin Kendrick
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Piccolo Prologo ***
Capitolo 2: *** Risveglio nella nuova vita. ***
Capitolo 3: *** Diner ***
Capitolo 4: *** I Fowl non si arrendono mai ***
Capitolo 5: *** Umiliazione ***
Capitolo 6: *** Soccorso ***
Capitolo 7: *** Perdono ***
Capitolo 8: *** Spinella ***



Capitolo 1
*** Piccolo Prologo ***


Casa Fowl.

– Artemis. Artemis torna da noi. –
Non era la prima volta che sentiva questa voce. Era familiare, ma per quanto si sforzasse non riusciva a darle un volto. Poteva capire che era di una femmina ma non si ricordava il perché lo chiamasse.
– Artemis, ti prego. –
“Perché continui a chiamarmi?” Avrebbe voluto gridare, ma non riusciva a parlare, né lei riusciva a sentire.
Era come in un limbo. Era tutto buio. Non c'erano forme, non c'erano colori, non c'era la luce.
Galleggiava in un mare di incoscienza. Di botto altri rumori interruppero quella voce che disperata continuava a chiamarlo.
E poi come erano arrivati improvvisamente sparivano, portandosi con sé anche la voce che lo chiamava.
Anche se non aveva ricordo a cui aggrapparsi, Artemis Fowl voleva risentire quella voce.
Gli dava un senso di protezione e di conforto, ma non c'era più.
Ormai, neanche il più piccolo rumore. E per prenderlo in giro, la sua voce tornava e chiamava disperatamente quella ragazza, non ottenendo risposta.
Ed è allora che Artemis Fowl si svegliò nel suo letto ansimando e coperto di sudore.


Quartier Generale L.E.P.
Da ormai 40 minuti il consiglio era riunito nella sala conferenze.
Non era la prima volta che durante la notte erano stati buttati giù dai loro letti e non sarebbe stata neanche l'ultima.
L'assenza di Julius Tubero e di Raine Vinyàya si sentiva da tempo. Ma in quel caso il consiglio poté agire indisturbato sul destino che presto sarebbe toccato a un membro del popolo e della LEP.
Aveva già provocato diversi guai, motivo per cui, il consiglio non ebbe problemi a reputarla colpevole anche se il comandante Grana Algonzo non era per niente favorevole.
Cominciarono a distribuire ordini affinché quella feccia sparisse al più presto dal sottosuolo e dalle loro vite.
Nessuno avrebbe più parlato con lei o di lei. Nessuno l'avrebbe più vista.
Quando firmarono gli accordi Spinella Tappo smise di esistere.

Cella L.E.P. 1 mese dopo
Spinella fece l'ennesimo passo solo per ritrovarsi davanti alla parete della cella dove era stata rinchiusa. Era stanca, le facevano male i piedi, la testa. Le faceva male il corpo.
Si lasciò scivolare in un angolo. Stese le gambe. La cella era molto piccola tanto che con tre passi poteva girarla tutta.
Non sapeva quando tempo era passato da quando era stata arrestata. Durante la giornata, l'unico contatto che aveva con il mondo esterno era un elfa di nome Sally.
Le dava il cibo ma non la guardava. Come se fosse diventata invisibile, un fantasma e dentro di sé sapeva che era così.
Non aveva più la forza neanche per alzare le mani. Si lasciò andare e si addormentò.
Sognò prati verdi e qualcuno che la teneva per mano, seduto accanto a lei, che le accarezzava i capelli e le sussurrava che tutto sarebbe andato bene, per il verso giusto.
Ma anche nei suoi sogni comprendeva che il verso che aveva preso la situazione era sbagliato.
Difatti il cielo diventava nero e la persona che era stata accanto a lei scompariva senza dirle altro.
Con la bocca secca si risvegliava, solo per scoprire che la sua Routine era ricominciata.
Provare a distendere i muscoli, tenersi occupata pensando a qualcosa o a qualcuno.
Artemis... non si sarebbe ricordato di lei.
Riviveva il momento in cui l'aveva visto circondato dai petali. Leale le diceva che c'era il battito ma lei non aveva potuto vedere i suoi occhi aprirsi. La LEP era intervenuta per arrestarla e riportare Polledro al laboratorio.

Forse un giorno si sarebbero rivisti ma le sue erano solo speranze vane.
Lei sarebbe morta sola e senza neanche vederlo per l'ultima volta.
Lo scatto della cella la distolse dai suoi pensieri e si costrinse a non guardare la porta.



Spero che vi sia piaciuto.
La cosa che non mi è piaciuta a me è il finale che ha preso la saga. Sembra che si sia seccato a continuare, quindi io, nella mia tristezza ho cominciato a elaborare questa storia. Ho letto un paio di ff incomplete inglese che trattavano questo argomento e ho cominciato a scriverlo.
So che non è del tutto originale e ci sono errori ma spero che vi sia piaciuta.
E' la prima volta che scrivo in questo fandom e vorrei sapere se vi è piaciuta oppure no.
Vi ringrazio in anticipo dei commenti, fatemi sapere se a voi è piaciuto il finale, se mai ci saranno, si intende.
Baci baci. 

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Capitolo 2
*** Risveglio nella nuova vita. ***


Il passo di N°1 era ciondolante e per niente spedito, quasi fiacco.
Era tornato di fretta e furia dalla luna per adempiere al suo dovere. Essendo uno stregone potente ormai faceva il lavoro sporco del consiglio.
Doveva rubare la magia e i ricordi a qualcuno che aveva fatto qualcosa a loro, non gli avevano comunicato il nome, avevano detto che non era importante, ma a lui non andava lo stesso.
Espellere un membro del popolo dal sottosuolo era già di per sé terribile se poi si aggiungeva il furto dei ricordi e della magia. Anche se N°1 si era istruito negli anni non riusciva a trovare una parola decente a quel trattamento speciale che lui stesso doveva eseguire.
Cattivo? Sicuramente. Malvagio? Con ogni probabilità. Ma le parole non sempre sapevano esprimere il disprezzo che provava per loro.
Già da tempo il loro obbiettivo era punire Spinella Tappo, la sua amica. A ogni mossa o respira che lei faceva c'era sempre una punizione pronta che la aspettava a ogni angolo.
Arrivò alla postazione di controllo, passò e venne scortato da una truppa verso la cella del carcerato.
Affiancato a lui c'era Grana Algonzo, il volto impassibile e lo sguardo fisso. Non gli aveva rivolto la parola da quando l'aveva incontrato. Solo uno sguardo fugace.
Arrivarono davanti alla cella e il comandante fece segnale alla truppa di fermarsi. Aprì la cella e scomparve dentro. N°1 notò che aveva cercato in tutti i modi di non fargli vedere l'interno.
Non ci fece molto caso. Voleva solo chiudere questa faccenda e ritornare da dove era venuto.
La porta si aprì di poco e Grana che vi si affacciava gli faceva segno di entrare.
Prese un respirò ed entrò chiudendosi la porta alle spalle.

All'inizio non riusciva a capire dove era la persona del Popolo a cui levare tutto ma il suo sguardo fu catturato da qualcosa rannicchiato in un angolo. Era molto sporco e a primo sguardo non ci fece caso, ma poi si accorse di una strana somiglianza con una persona di sua conoscenza.
Grana si avvicinò a quel corpo e prendendolo in braccio lo stese sul letto.
A N°1 venne un colpo.
– La devi aiutare. E non nel modo in cui ti hanno detto. – Le parole di Grana erano sussurrate, ma nel silenzio quasi eterno della cella riuscì a sentirle molto bene.

I suoi occhi si aprirono piano piano. Il dolore era l'ultima cosa che ricordava. Il dolore ai piedi era quasi del tutto insopportabile. Ma adesso non c'era più. Anche il dolore agli altri arti era sparito.
In più era in un letto comodo e il soffitto non era lo stesso che aveva osservato per quasi un mese. Era diverso. C'era una piccola crepa su di esso e anche una chiazza di muffa. Era morta? Era quello il suo paradiso?
Debolmente si alzò. Aveva una fame da lupi e la debolezza che sentiva non la aiutava per niente.
Era tutto molto diverso. C'era una luce che filtrava dalla finestra della camera. Ma non era la sua stanza quella e sicuramente non era la sua casa. Tutto era estraneo.
Ma allora, dove era finita?
Si trascinò fuori dalla camera da letto e si ritrovò in un salone. Era tutto piccolo. C'era solo un divano, un tavolo, due sedie e una piccola cucina.
Andò verso una porta e quando la aprì vide che quella stanza era il bagno. Un bagno in casa.
No, non poteva essere. Ritornò nel salone/cucina e senza curarsi di niente si fiondò verso l'altra porta chiusa.
Si ritrovò in un corridoio piccolo e stretto. Oltre alla porta da cui era uscita c'è ne era un altro paio, ma erano chiuse.
Scese le scale che trovò alla sua destra, lo fece molto velocemente. Volava scappare da quel posto o almeno sapere dove si trovava. Conosceva un unico posto umano ma sapeva che non era lì.
Come c'era finita in quel posto? Chi era stato? E perché non si era sentita male?

Di solito quando un membro del popolo entra in uno casa senza il permesso, dopo pochi secondi comincia a sentirsi male. Ma a lei non era successo.
Troppe domande le affollavano la mente e sapeva che altre sarebbero spuntate.
Si trovò in un pianerottolo e uscì subito all'esterno.
Aria calda la investì ma lei non seppe dire dove si trovava. Era troppo buio, i lampioni non funzionavano tranne per qualcuno acceso ma la cui luce era poca.
Di sicuro era in un quartiere povero o forse anche malfamato.
Decise di tornare dentro, anche se era spaventata non doveva comportarsi da stupida e avventurarsi nel cuore della notte.

Chiuse la porta di casa. Fece un giro completo. Oltre alle stanze che aveva già visto non c'è n'erano altre. Mentre esaminava ogni angolo della “casa” trovò un lettera sul tavolo che prima non aveva visto.
La prese tra le mani indecisa di aprirla. Si sentiva come in – Saw, l'enigmista. –
Aprì piano la lettera. Era scritta in gnomico e la scrittura era quella di Grana.

“ Cara Spinella,
so che in questo momento ti senti confusa e ti posso capire. In seguito a questa lettera troverai tutte le istruzioni per la tua nuova identità. Ti prego di leggere attentamente le istruzioni che troverai a seguire. Non fare di testa tua.
Ora ti scrivo tutto quello che è successo da quando ti hanno rinchiuso in quella cella.
Per prima cosa ti aggiorno sulle condizione di Artemis Fowl II. Il fangosetto è vivo e in salute ma non si ricorda di nessuno di noi e neanche di te.
Non andare a cercarlo, per ora rimani nell'ombra. Fai solo quello che ti scriverò più avanti. E' un ordine soldato e non discutibile.

E' passato un mese da quando ti hanno imprigionato e costretto alla solitudine in quella cella. Esattamente trenta giorni dopo la tua “cattura” il consiglio si è riunito e anche se mi sono opposto espressamente, hanno deciso di cancellarti dal sottosuolo. Ovvero per te era destinata l'espulsione e la cancellazione della memoria.
Hanno chiamato N°1 per questo dalla luna. Per fortuna mi hanno affidato il compito di scortarlo e di controllarlo mentre eseguiva il suo dovere.
Ma mentre Polledro manometteva le telecamere per fargli vedere quello che volevano vedere, io e lui ti stavamo aiutando a scappare. Abbiamo finto la tua morte per la prigionia e la privazione della magia a cui ti stavano sottoponendo. Non ti spiegherò i dettagli ma sappi solo che stavamo rischiando tutto molto grosso.
Abbiamo trovato quest'appartamento, affascinato la persona in modo che te lo avrebbe dato gratis per almeno qualche tempo, così che tu possa ristabilirti. Polledro ha modificato i tuoi dati, ti ha registrato al comune di Dublino sotto il nome di Holly Short. Ha fatto anche in modo di trovarti un lavoro. E' molto umile e troverai il nome, la professione che rivesti e l'indirizzo sempre all'interno della busta.
N°1 ti ha anche aiutato con la magia. Ha cambiato il tuo corpo. Adesso sei una donna umana a tutti gli effetti, ma tieni ancora la tua magia. Non la perderai o almeno così mi ha assicurato.
Si sono accorciati i tuoi anni, adesso sei una sedicenne, e non hai più l'età che da elfa ti portavi addosso. Quindi cerca di goderti la tua vita breve...

Mi dispiace adesso lasciarti, sto scrivendo queste parole mentre N°1 sta controllando il tuo corpo. Sei molto bella Spinella, e spero per te in un bel futuro. Ricorda, per i primi tempi non avvicinarti al Fangosetto o alla sua casa. Evitiamo di insospettire qualcuno. Quando il consiglio sarà sicuro che Artemis Fowl non ricordi niente del nostro mondo allora libererà la casa dalle microspie.
Proverò a entrare in contatto con te ogni tanto, non so il mezzo ma spero di poterti vedere di presenza.
Ti auguro una buona vita Spinella Tappo. Questo è il mio ultimo ordine.

Grana Algonzo.”

Spinella abbandonò la lettera sul tavolo mentre le lacrime scivolavano fuori dai suoi occhi. Non era possibile, era un incubo. Non c'era altra spiegazione, era un incubo e presto si sarebbe svegliata, si sarebbe vestita e sarebbe andata a fare il suo dovere come capitano della LEP...
Si portò davanti allo specchio che c'era in camera da letto, dagli occhi le lacrime continuavano a cadere e non riusciva a fermarle.
Aveva lasciato tutto, anzi era stata costretta, obbligata. Qualcuno aveva deciso il suo destino e anche se Grana Algonzo e N°1 avevano cercato di migliorarlo le faceva sempre schifo.
Da sola costretta a vivere tra i Fangosi, diventare una di loro, mimetizzarsi.
Si sedette a terra presa da un capogiro. Per l'ennesima volta si guardo alla specchio. Aveva i capelli lunghi e rosso scuro quasi marroni, un occhi marrone e uno azzurro. Il suo aspetto era diverso ma conservava sempre qualcosa di quella che era stata. Ad esempio le labbra. Loro erano sempre a cherubino. Se le sfiorò. Erano sempre morbide e carnose.
Si alzò da terra e andò a controllare la busta.
Dentro c'erano dei documenti:
- Una carta di identità.
- Un foglio di emancipazione
- Soldi
- Un foglio con le informazioni di dove lavorava e per finire un foglio che conteneva tutte le informazioni varie sulla sua nuova vita.
Controllò la sua carta d'identità. C'era una sua foto e lo sguardo le cadde alla sua età.
Sedici anni. Aveva già affrontato l'adolescenza ed era ritornata a farne parte.
Anche se ancora la voglia di vivere rimaneva in lei, tutto quello che voleva fare per ora era sopravvivere.
Si stese nel letto stanca e provata e si addormentò all'istante senza sognare, accompagnata solo dalla sensazione di essere fuori posto.
 

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Capitolo 3
*** Diner ***


Il mattino la sorprese. Si era addormentata senza rendersene conto, non aveva sognato niente, solo delle voci. Sentiva la voce di N°1 e di Grana che parlavano, ma non riusciva a capire che cosa si stessero dicendo. Sapeva che era il momento in cui lei era stata rinchiusa nella cella. Era semi sveglia ma non cosciente.
E le voci si ripetevano all'infinito, riusciva solo a captare il nome di Artemis.
Non importava, non si poteva avvicinare a lui, anche perché lui non sapeva neanche chi era lei. Quindi che cosa le cambiava?
Era sempre sola, in un mondo che per certi versi non conosceva, e senza aiuto alcuno.
Doveva riprendersi. Di tornare indietro proprio non se ne parlava, ormai era morta per il sottosuolo e non gli avrebbe dato l'opportunità di pensarla diversamente.
Forse poteva chiedere aiuto a Domovoi Leale. Lui l'avrebbe aiutata volentieri e l'avrebbe guidata.
Accantonò l'idea subito, era difficile contattare Leale senza che la LEP o Artemis se ne accorgessero.
Si alzò di malavoglia da quel letto duro e poco confortevole. Le lenzuola doveva essere cambiate ma lei non aveva soldi per acquistarne altre.
Lasciò perdere per il momento e andò in cucina per cercare da mangiare. Trovò solo del succo di frutta biologico all'arancia. Riconobbe la marca. Grana le aveva lasciato del cibo per andare avanti per qualche giorno. Mai nella sua vita gliene fu grata. Mangiò delle fette di pane e un po' di succo di frutto per poi andare in bagno. Lì non trovò niente che l'avrebbe aiutata nella pulizia della casa e nella sua personale. Wow, era proprio caduta in basso.
Ritornò della stanza da letto e aprì le ante dell'armadio. Aveva qualche vestito appeso nella gruccia e poi il vestito da lavoro. Una divisa risalente agli anni sessanta, lunga nera e con il grembiule bianco. Era più vecchio di lei a momenti. E lei era entrata nella fascia degli ottanta.
Controllò il foglio con le informazioni sul suo nuovo lavoro. Non conosceva la via, infatti avrebbe dovuto controllarla con una cartina o chiedere informazioni a qualcuno.
Iniziava il turno tra un'ora e sarebbe rimasta fino a sera. Era un incubo, ma gli orari non erano diversi da quelli che faceva quando era un elfa.
Pensare al suo passato le provocava una fitta al cuore e le faceva venire la nausea.
Scacciò i ricordi e indossò la divisa. Era ruvida e in certi punti le prudeva, ma si doveva accontentare, prese anche le scarpe. Erano delle scarpe da ginnastica semplice. Il numero era sbagliato, troppo piccolo, infatti le procurava dolori alle dita dei piedi e al tallone.
Seccata prese la borsa e mettendo le chiavi e i documenti al suo interno uscì dalla porta, chiudendo a chiave e ignorando il dolore ai piedi uscì in strada.

Riuscì a trovare qualcuno che le potesse indicare il posto dove doveva andare. Era a sei fermate dalla casa in affitto. Non era difficile, anche perché tra i suoi documenti personali c'era un abbonamento che le serviva per viaggiare con i mezzi di trasporto.
Quando si fermo a cinque minuti di distanza dalla fermata, era davanti al posto in cui avrebbe lavorato. Era un diner bianco. Indecisa si guardò attorno per vedere se si era sbagliata e consultò anche la carta. Il posto era quello e il nome era esatto. Lei lavorava lì...
Si irritò, va bene passare per quella inosservata e avere un appartamento e una vita schifosa, ma adesso si aggiungeva anche un Diner che a malapena andava avanti.
Bello schifo. Voleva andarsene ma qualcosa la trattenne. Era una persona che la stava chiamando. Uscì dal diner un uomo con i capelli biondi e gli occhi neri. Era ben impostato e vestito di tutto punto, come se dovesse andare a Londra a prendere un tè con la regina di Inghilterra.
Parlava al telefono e la guardava facendole segnale, sembrava molto irritato. Le fece segno di entrare e lei lo fece. Non aveva voglia di obbedirgli ma preferiva non dare spettacolo.
Scese degli scalini e si ritrovò in un posto che rispecchiava l'esterno. Era tutto bianco, con dei tavoli e un bancone grigio. Molto ridicolo e appariscente per i suoi gusti.
Sembrava di essere tornati agli anni sessanta/settanta in America.
L'uomo smise di parlare al telefono e chiudendo la porta si rivolse a lei.
– Tu sei la nuova vero? Ti avviso subito che lo stipendio è quel che è, non può essere cambiato a meno che non fai un ottimo lavoro. Hai mai avuto esperienza in questo campo? –
Lei aprì la bocca per parlare ma lui non le diede tempo.
– Suppongo di no. Non fa niente, imparerai altrimenti sei fuori. Riceverai tre euro all'ora. Gli orari sono dalla mattina verso le nove fino a mezzanotte. Hai solo un'ora di pausa, non tornare in ritardo altrimenti ti saranno levati dallo stipendio i minuti che hai perso. Spero di essere stato chiaro. Tu sei al bancone per oggi. Farai i turni con le altre ragazze per andare in cucina. Quindi vedi di non fare disastri, intesi?
E adesso vai a posare la borsa e preparati. Si apre tra cinque minuti. –

Quando Spinella entrò negli spogliatoi, sempre se così si potevano chiamare lo stanzino con qualche sedia, trovò un'altra ragazza che stava cercando di far salire la zip del vestito.
Faceva degli strani versi e certe volte imprecava contro la lampo che non si voleva alzare. Spinella abbandonò la borsa nella sedia e le diede una mano. La ragazza si girò, la ringrazio e senza aggiungere altro uscì dallo stanzino.
Spinella rimase stranita dal comportamento indifferenze della ragazza, ma non ci fece caso. Non era in vena di discutere con loro. Ringraziando il cielo aveva ancora il dono delle lingue. Senza sarebbe stato un problema enorme.
Uscì dallo stanzino e vide la stessa ragazza in cucina intenta ad accendere i fornelli e a riscaldare qualcosa nella pentola.
Si guardò intorno, ma c'erano solo loro due in quel dannato diner. Come avrebbero fatto a portare avanti in dinner se erano solo in due? Sempre se quel coso avrebbe avuto clienti, ma senza di essi lei sarebbe rimasta senza soldi e lavoro.
Quasi ad ascoltare le sue suppliche una terza ragazza si aggiunse a loro. Anche lei non fece caso a Spinella e andò a preparare il caffè per i clienti. Ormai mancava solo un minuto alle nove del mattino e nessuno le aveva ancora spiegato cosa fare.
Si rivolse alla ragazza che era impegnata adesso con le tazze.
– Scusami, sono nuova e non so cosa devo fare. – Le ragazza la guardò e le mise in mano un blocknotes.
– Chiedi cosa vogliono, annoti, porti in cucina e una volta pronto porti l'ordine al cliente. Non è difficile, non hai mai lavorato prima d'ora tu? –
– Mi sono da poco trasferita qui e non ho ancora avuto un lavoro. –
– Ma si può sapere quanti anni hai? Sembri giovane per lavorare – vedendo che Spinella non trovava le parole continuò con il suo monologo. – Lascia stare, non sono affari miei. Scorda la domanda. Ricordati solo di non sorride a certa gente, non servirebbe e li incoraggeresti a pensare che tra te e loro ci sarebbe qualcosa. Molto scomodo. Non sei la prima a cui capiterà ma evitiamo di alzare scaldali. Alla fine della giornata le cameriere si dividono la mancia. Non sei obbligata a farlo ma vediamo quanto prendiamo e poi ne riparliamo. –
Aveva una parlantina molto veloce per essere una che non voleva dialogare.

Spinella seguì i suoi suggerimenti e a fine giornata era molto stanca. A colazione c'era stato un discreto numero di persone, a pranzo quasi nessuno e poi a cena c'era stato il pienone di ragazzini.
Era riuscita a non far cadere nessun piatto e a non fare danni. Aveva preso dieci dollari di mancia in totale ma neanche all'altra cameriera non era andata meglio.
Ritornò a casa che erano quasi l'una e il giorno dopo avrebbe dovuto essere lì di nuovo.
Già si era stancata di vivere in quel modo, ma non si poteva lamentare. Era viva con i suoi ricordi e poteva cambiare la sua vita dando il meglio. Ci sarebbe riuscita e non avrebbe permesso a nessuno di rovinargliela.

Artemis si svegliò di scatto dal suo letto. Ancora quella voce che lo chiamava, ma stavolta era diverso. Nessuno rumore gliel'aveva portata via. Stava parlando con lui, solo che non riusciva a formulare nessuna frase. Voleva solo ascoltarla. Gli parlava dell'aria che anche se impura era dolce, e della terra.
Come sempre non era riuscito a dare un volto a quella voce, ma era sempre sicuro di averla già sentita. Forse in qualche luogo pubblico e gli era piaciuta e l'aveva memorizzata.
Ma non avevano senso le discussioni che facevano. In più di un sogno le rispondeva, ma non erano le parole che voleva pronunciare, erano estranee alla sua bocca ma famigliari al cervello.
Non aveva parlato a nessuno dei suoi famigliari di questi sogni, solo Leale aveva intuito qualcosa perché lui era quasi sempre buttato sui libri riguardanti i sogni e la memoria.
Si alzò dal letto e andò alla finestra. Oggi c'era una bella luna piena e lui aveva voglia di aprire la finestra e cercare qualcosa o aspettare qualcuno.
Ma chi poteva aspettare la sera?
Scacciò i pensieri e ritornò nel letto, gli era già venuta l'emicrania più di una volta per sforzare il cervello. Il che per lui era una novità.
Sforzare il cervello, che sciocchezza. E poi per cosa?
Si abbandonò contro il cuscino e sperando di non fare un altro di quei sogni si addormentò.



Grazie per le persone che hanno letto questa storia. Grazie ad Nanu_san che ha messo la mia fanfiction tra i preferiti e i ricordati. 
Grazie ancora per chi vorrà recensiore la storia o per altro. Spero che continuerete a leggere questa storia.
Baci baci Sophie

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Capitolo 4
*** I Fowl non si arrendono mai ***


Artemis distolse lo sguardo dal computer, era da molto che stava lavorando. All'inizio non era riuscito a cominciare, non che aveva concluso molto, ma era arrivato a una fine.
Non la fine del lavoro ma di quello che stava cercando. La sua mente si era smossa un pochino.
Ricordava un volto sfocato. Un paio di occhi marroni che lo scrutavano prima con odio e poi con dolcezza.
Ancora il quadro non era completo, ma era qualcosa su cui poteva lavorare. Anche se il viso era sfocato poteva capire che il colore della pelle era diverso dal suo. Caffè latte per la precisione, se non leggermente più scuro. Non sembrava Irlandese se per questo, forse era dell'estero. Se era così la cosa si complicava, conoscendo che era difficile setacciare tutti gli stati in cui era stato solo per trovare una specie di chimera. Poteva anche mettere avanti i suoi soldi ma a che scopo? Se non la ricordava neanche bene come poteva capire che era lei?
Poteva averla conosciuta fuori, durante uno dei suoi viaggi oppure lì stesso. Non riusciva proprio a ricordare il momento.
E se ci provava un mal di testa atroce iniziava a demolirgli l'intenzione.

Holly alias Spinella rientrò dall'ennesimo turno. Era passata più di una settimana da quando si era risvegliata in quell'appartamento e quello era il suo primo pomeriggio senza essere costretta a stare in quel diner a sentire le persone lamentarsi oppure a riempirsi di frittura facendo il turno della cucina.
Doveva fare un pochino di rifornimento, considerando che da quando si era ritrovata lì non aveva ancora fatto molta spesa. Mangiava direttamente al lavoro e lo stesso lo facevano le altre. Si era avvicinata di più alle ragazze, che come lei, cercavano di portare avanti la loro vita continuando a lavorare lì dentro. O meglio a sopravvivere.
Si cambiò e fece una doccia veloce per mettere a punto il suo programma. Prima sarebbe andata a comprarsi qualcosa per vestiario e poi a fare la spesa.
Prese una metà dei soldi racimolati. Con il lavoro faceva quasi quindici ore e se la paga era di tre euro l'ora, un affronto a tutte le cameriere di questo mondo, aveva preso quasi quattrocento euro in una settimana. Per fortuna ancora non doveva pagare l'affitto di quella baracca. Grana aveva fatto un ottimo lavoro con lui, idem Polledro. L'unica cosa che le premeva erano le bollette. Più di un quarto del suo stipendio se ne era andato via con la bolletta dell'acqua, ancora non le era arrivata quella della luce e, sebbene dovrebbe risparmiare per quest'ultima, avrebbe avuto tempo per pentirsene in seguito, davanti a un bicchiere di succo di ananas e del gelato scadente al gusto cioccolato.
Uscì di casa e anche dal condominio. Lì dentro c'era puzza di muffa e di qualcosa di avariato, era sempre un piacere uscire all'aria aperta. E dire che non si lamentava più dell'inquinamento oppure dell'odore del diner, erano sempre meglio di quel buco. Ogni opportunità era buona per scappare e per una volta ringrazio il suo lavoro sottopagato e di sfruttamento del personale per mettere piede in casa solo per dormire.
Che poi dormire era una parola grossa, i vicini erano chiacchieroni. Una coppia di giovani ragazzi allupati che si accoppiavano come se la fine del mondo fosse vicina ogni sera. I muri erano spessi e certe volte lei si addormentava con della carta nelle orecchie per non ascoltarli. Certe volte aveva bisogno dell'aiuto di camomilla o medicine contro l'insonnia per riuscire a chiudere gli occhi per quelle poche ore che aveva a disposizione.
Prese un pullman diretto che la portasse in centro. Grazie all'abbonamento annuale che Polledro aveva intestato a nome suo senza spese per almeno, appunto, un anno poteva raggiungere qualsiasi posto volesse.
In quella settimana aveva ancora difficoltà a capire la destinazione, ma per fortuna si era precedentemente informata con la sua collega Susanne.
Una volta scesa dal pullman, cercò il primo negozio di abbigliamento usato che la potesse aiutare. Poteva sembrare poco igenico ma doveva risparmiare, tanto avrebbe buttato tutto in una lavatrice automatica nella sua zona per fargli fare il lavoro sporco.
Entrò in un negozio dell'usato che era nascosto in un angolo.
Era affollato, c'erano un sacco di persone che cercavano le cose scontate e quello era il posto giusto per comprare cose a basso prezzo.
Era mal sistemato, lo spazio per sfruttato poco e c'erano molti articoli e non solo di abbigliamento.
In mezzo alla folla riconobbe la chioma marrone e riccia di Lucy, la stessa ragazza che l'aveva aiutata a fare la cameriera la sua prima giornata di lavoro.
Da allora aveva stretto di più con quell'esuberante ragazza e poteva dire che teneva a lei, anche se in meno di una settimana era difficile saldare un'amicizia, ma quando condividi le mance e le schifezze del bagno da lavare ogni giorno allora questo cambiava le carte in tavola.
All'inizio lei era molto restia a parlarle, figuriamoci ad entrare in confidenza. La cosa positiva era che non rischiava di impazzire oppure di cadere in depressione grazie all'amicizia della sua collega.
Aveva dipinto la sua storia in modo diverso: genitori che l'avevano sempre trascurata amicizie finte, e poi dopo aver ottenuto faticosamente l'emancipazione ed essere sfuggita dalle grinfie dei genitori e da quella piccola cittadina in provincia di Londra era riuscita a trovare un posto lì a Dublino.
Di Lucy sapeva che era nata a Dublino, aveva vent'anni e aveva già lavorato in diversi negozi. La sua vita era meglio della sua in tutti i fronti. I suoi genitori l'amavano e verificavano che lei stesse bene quasi ogni giorno, non era molto ricca ma non le mancavano gli affetti che una figlia dovrebbe avere.
Anche lei li aveva avuti al suo tempo, coccole dalla madre e consigli dal padre, non che il classico bacio sulla fronte quando stavi male oppure le coccole quando ti facevi graffi o tagli accidentalmente. Di solito la magia l'aiutava ma si era instaurata in lei solo al suo ventesimo compleanno quindi prima se la doveva cavare con qualche disgustosa medicina o un salto dal dottore. Perché i suoi genitori non la curavano? Era sconsigliato usare la magia su un soggetto che deve ancora svilupparla. Si poteva usare sui fangosi o su alcuni membri del popolo: nel primo caso i fangosi non avevano magia e non ne sviluppavano, nel secondo solo i membri che hanno già la magia in se. In certi casi anche sugli animali. Dipendeva dalla ferita o dalla gravità del malessere.
Si avvicinò a lei e le toccò la spalla con la mano. La ragazza si girò di scatto con una gruccia in mano. Le rivolse un sorriso imbarazzato e la strinse in un abbraccio.
– Ciao Holly, come mai qui? Stai facendo shopping anche tu? – il suo sorriso non abbandonò mai il volto e anche se adesso quell'espressione di imbarazzo era stata surclassata dalla felicità rimaneva sempre un pizzico di salvaguardia nei suo occhi.
– Ciao Lucy, sono venuta a comprare alcune cose e siccome con lo stipendio che abbiamo possiamo permetterci solo di sopravvivere, allora sto cercando di risparmiare. Se non sei impegnata di va di fare un giro con me? –
Ogni difesa di Lucy scrollò immediatamente e Holly ne fu felice. Sapeva che da piccola veniva presa in giro per ogni cosa e quindi anche da grande tendeva a proteggersi da eventuali prese in giro o accuse. Per questo fu fiera di se stessa per aver scelto le parole giuste. Si trovavano nella stessa barca ed era meglio fare il viaggio in compagnia che da soli.
La ragazza annuì e cominciarono a indagare all'interno del negozio in cerca di qualcosa di carino.

Uscirono mezz'ora dopo, ognuna con una busta in mano, cercarono un posto per andare a prendere qualcosa da bere insieme.
Si piazzarono in una piattaforma di legno con dei tavolini appartenenti al bar di fronte, e ordinarono qualcosa di fresco da bere. Quell'estate era molto torrida per essere gestita senza qualcosa di ghiacciato. Il succo di frutta che Holly aveva richiesto era molto desiderato che non considerò i conservanti, al diner aveva mandato giù di peggio, e quando arrivo fu molto avida.
Era da molto che non ne beveva e gli sembro ottimo al palato. Il caffè che Lucy si fece portare invece non la ispirava per niente. Aveva già bevuto il caffè nel sotto suolo ma era un simil-caffé. Quando al diner aveva mandato giù quel liquido scuro non si era sentita di continuare a berlo.
– Allora Holly, non hai ancora incontrato un uomo? Anche solo per portarlo a letto, penso che tu ne abbia bisogno. –
Per tutta risposta, Holly quasi non si affogò con il succo di frutta. Non si sarebbe mai aspettata quella domanda anche se sapeva che Lucy era di persone capace di fartele.
Scosse la testa. – Non credo che sia una mia priorità attualmente. Lavoro sempre e non ho mai tempo per me stessa. –
Continuarono a parlare tra di loro, per poi alzarsi e andare a fare un giro per altri negozi, ignare che qualcuno stava cercando Holly.

Il giovane Artemis era in giro da un po'. Per schiarirsi le idee Juliet lo aveva portato, o per meglio dire costretto, in giro. Era dentro la macchina ad aspettarla. All'ultimo momento, la bionda, aveva parcheggiato e gli aveva chiesto di accompagnarla in un negozio di intimo femminile. Lui irritato e destabilizzato dalla domanda aveva subito rifiutato e si era eclissato all'interno del mezzo.
Stava scrivendo qualcosa al computer, rumori e voci entravano dal finestrino. Essendo un genio lui riusciva a stare concentrato su entrambi, ma si bloccò.
Rimase in attesa ad ascoltare e quando trovò quello che cercava, mollò il computer e scese dalla macchina.
Vagò per strada fidandosi del suo udito e degli occhi. Era convinto di aver sentito la sua voce. La voce che lo chiama quasi ogni notte, che gli parla, che lo consola o si prende beffa di lui o ride con lui.
Era stato solo per un momento ma era più che sicuro che si trattasse della sua voce. Camminò per un po' di tempo e finalmente trovò l'origine della voce. Due ragazze camminavano a fianco parlando. Una di loro aveva i capelli rossi e la pelle color caffè.
Cerco di avvicinarsi a loro e trovare una scusa per iniziare una conversazione quando una mano gli afferrò un braccio tirandolo. Lui cercò di ribellarsi mentre guardava quelle due figure allontanarsi e sparire tra la folla.
– Ma si può sapere dove eri andato a cacciarti? Ti ho cercato dappertutto, fortunatamente sei l'unico che in questo periodo veste in giacca e cravatta. Quando non ti ho visto in auto mi è preso un colpo. Non lo fare mai più Artemis altrimenti ti chiudo dentro la macchina proprio come i bambini. –
Juliet continuava a blaterare mentre ignorava lo stato emotivo di Artemis. Il ragazzo stava ancora cercando di liberarsi dalla presa della bionda e nel mentre cercava ancora quella figura tra la folla allungando il collo.
Accidenti, era quasi riuscito a scoprire l'identità di lei e adesso era andato tutto in fumo. Fortunatamente lui era un Fowl e un Fowl non si arrendeva mai. Continuò a rievocare la voce nella sua mente e associarla alla ragazza rossa.
Era un piccolo indizio ma era sempre qualcosa e lui sapeva benissimo dove cercare.


Grazie alle persone che hanno letto questa ff. Spero che sia piaciuto anche questo capitolo. Sto pubblicando le stesse cose anche su Wattpad. Grazie a Nanu-san per aver messo la mia storia tra le ricordate e le seguite e a KairaStar21 per aver messo questa ff tra le sue seguite. Grazie, mi date molta fiducia e voglia di continuare :D
Baci baci Sophie Robin Kendrick

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Capitolo 5
*** Umiliazione ***


I file gentilmente prestati dal comune di Dublino, venivano esaminati, a poco a poco dal computer di Artemis, che impaziente aveva cominciato a mettere in dubbio la propria sanità mentale.
- Perché sto facendo tutto questo? Per una ragazza? -
Si mise seduto su una poltroncina dietro la scrivania. - Io non lo so, ed è strano. Lo faccio solo per levarmi questa seccatura tra la mente. - lanciò uno sguardo al computer. - Almeno spero. -
Si lasciò andare contro lo schienale. Era esausto. Dopo essere tornato a casa era subito corso nel suo studio per fare le sue ricerche. Non poteva dirlo a nessuno, neanche a Leale. Stava facendo tutto per una ragazza. -Non lo sto facendo per lei, ma per me. -
Queste parole lo consolavano, almeno in parte o così credeva lui.
Un suono lo distolse dai suoi pensieri. Il computer aveva finito. Si avvicinò ad esso titubante. Aveva timore di apprendere la notizia. Forse il computer non aveva trovato niente, forse aveva trovato qualcosa oppure aveva scoperto almeno alcune persone che rispondevano ai requisiti richiesti.
Girò lo schermo del computer e vide un elenco di moltissime ragazze che rispondevano ai requisiti che lui aveva inserito nel computer. Erano sistemate per cognome e c'era anche l'indirizzo tra le informazioni delle ragazze.

Requisiti:

- Capelli: Rossi.
- Occhi: Castani.
- Altezza: 1,70 circa.
- Età: 16 anni in su.
- Segni Particolari:

Stampo' le informazioni. Non c'erano le foto, quindi sperava di trovarla subito.
Chiamò Leale nel suo studio.
L'uomo entrò senza bussare, quando lo chiamava poteva anche essere urgente. E a giudicare dalla faccia di Artemis era più che urgente.
– Domani preparati. Dobbiamo cercare una persona. E di vitale importanza. –
Da quando per lui era di vitale importanza cercare qualcosa che non rappresentasse ricchezza o potere?
Si accasciò contro la poltroncina. Stava impazzendo lentamente e inesorabilmente. Gli importava solo di trovarla e poi non sapeva cosa fare. Era sicuro che vedendola negli occhi si sarebbe ricordato tutto.
O almeno questa era la convinzione, quando la mattina successiva si avviava con Leale al volante, con cui setacciava le strade di Dublino con un elenco molto esteso.
Perché a Dublino c'erano molte rosse? Doveva immaginarselo.
La prima che andava a visitare si chiamava Katie Alambert.
Quando la macchina si fermò lui era indeciso se scendere oppure no.
- Artemis, siamo arrivati. -
Il ragazzo, ormai pieno di dubbi si accinse a scendere dalla macchina. Si avvicinò alla porta di casa della ragazza sempre sotto lo sguardo attento di Leale.
Alzò la mano e bussò.
Si aggiustò la cravatta già perfetta ed aspetto.
Ad aprirgli fu una ragazza sui sedici anni, con i capelli raccolti in due Odango. Gli occhi erano celati dietro occhiali scuri.
- Sì? Chi è? -
Rimase un secondo a guardarla e capì.
- Salve, sono Artemis e sto facendo un sondaggio. - Era l'unica cosa che gli venne in mente e continuò con la sua falsa. - Il sondaggio riguarda gli animali. Ha per caso un cane o un altro animale domestico? - Sperava seriamente che la ragazza lo avrebbe mandato a quel paese perché ormai non sapeva come uscire da quella situazione e si doveva sbrigare.
- Mi dispiace, ho solo il mio cane guida ma attualmente è dal veterinario. Non so se il tuo sondaggio riguarda anche gli animali guida ma se vuoi passare domani o nella prossima settimana sarebbe perfette. -
– Certo. Scusi il disturbo. Le auguro una buona giornata. – Sorrise e si allontanò.
– Spero che tu trovi quello che stai cercando. – Annunciò la ragazza.
Lui si fermò spiazzato e incrociò lo sguardo di Leale. Si voltò lentamente ma trovò solo la porta ad attenderlo. Si allontanò camminando all'indietro per continuare ad osservare la casa con sospetto.
– Cosa ti ha detto? – Chiese Leale una volta che furono dentro l'auto.
– Che il suo cane è dal veterinario. –
Leale rimase leggermente sorpreso, ma lasciò correre il discorso quando Artemis gli passò un altro indirizzo, e accendendo l'auto partì.

Un'altra sera si stava avvicinando. Holly si accinse ad andare in bagno. Era ancora difficile abituarsi ad avere il bagno direttamente in casa sua, ma non le risultava un dramma. Il punto era andare nel bagno delle donne nel luogo in cui lavorava. Non era schifoso, era peggio. Un termine che non riusciva neanche a trovare. Era sudicio, sporco e c'era un allevamento di scarafaggi.
Si ci infilò con malavoglia e cercò un gabinetto pulito. Non ne trovò e ne uscì sconfitta.
Poteva ancora trattenerla, poteva farcela.
– Signorina Holly, non è il tuo momento di pausa, ritorna a lavorare. Altrimenti ti riduco lo stipendio. –
– Sì signor, Startman. Riprendo subito. –
– Oggi avremo una festa di compleanno. Cerca di trattare bene i clienti e di offrirgli sempre un bel sorriso. Hai un bel faccio, cerca di sfruttarlo prima che qualcuno te lo sfregi o peggio. –
Lo vide mentre andava nel suo studio e sbatteva la porta. Quell'uomo la inquietava e anche tanto.
Certe volte non lo capiva proprio, non aveva ancora inquadrato il suo carattere. Passava dal menefreghismo alla rabbia e viceversa.
Alcuni ragazzi entrarono nel locale. Erano cinque e facevano più baccano del resto dei clienti.
Holly gli andò incontro con dei menù tra le mani.
– Buonasera, benvenuti. Siete in cinque oppure altri devono arrivare? –
– Ehi, bella. Siamo solo questi ma se vuoi ti puoi unire a noi. Sono Dylan e oggi compio diciassette anni. –
Holly gli fece un sorriso falso e li portò al suo tavolo.
– Allora, sei fidanzata? –
Ignorò la domanda e una volta che gli mostrò il tavolo, lascio sopra i menù, per poi correre verso la cucina.
– Balbettante bambocciosa banda di babbuini a ore dodici. – disse la rossa un volta entrata in cucina.
– Ehi, vedo che questo termine ti è entrato in mente. E' bello che tu sia entrata nel mio mondo. – Lucy le diede una piccola spinta con il sedere per farla spostare e uscì dalla cucina, per servire il caffè.
– Holly-Lolly, ti serve una mano? Posso pensarci io. – La ragazza che stava cucinando le rivolse uno sguardo, mentre rigirava gli Hambuger.
– Non ti preoccupare Sally, ci penso io. Saprò cavarmela. – Prese un bicchiere di acqua e lo bevve subito. Uscì dalla cucina e si diresse verso quel gruppo di ragazzi.
– Avete scelto? – Prese il taccuino e li guardò.
– Sì. Vorremmo 5 Hamburger con salsa piccante – le ammiccò. – con quella birra. –
– Ragazzi non posso vendervi alcolici, siete ancora piccoli. –
– Oh andiamo bella. Noi siamo grandi e maturi, e se ti unisci a noi potrai anche spassartela. –
– Vi porto la coca-cola. – Prima che potessero ribattere si girò e andò a consegnare il bigliettino a Sally.

Tornò qualche minuto dopo con i loro Hamburger e glieli servì. Precedentemente aveva fatto portare la coca-cola a Lucy, così li aveva evitato per un bel po'.
Una volta che l'ultimo piatto con un panino bello caldo toccò il tavolo, augurò una buona cena e cercò di allontanarsi in fretta, ma qualcosa le raggiunse la natica.
Uno dei ragazzi le aveva appena sferrato una pacca sul sedere...
Rimase ferma per qualche secondo e poi il suo carattere uscì fuori.
– Ma come ti permetti? – Non le importava di urlare, non le importava se l'avrebbe presa per pazza. Nessuno doveva azzardarsi a fare una cosa del genere, bambino, uomo o ragazzino.
– Calmati bellezza, io non ho fatto niente,e poi non sei tutto questo granché. –
– Mocciosetto. Io ti.... – Alzò la mano per dargli uno schiaffo ma qualcuno la fermò afferrandole il polso.
– Si può sapere cosa stai facendo? – Il signor Startman la guardava con uno sguardo infuocato.
Si scusò con i ragazzi e gli offrì il pranzo. Sempre tenendole il polso la trascinò nel suo ufficio.
La spinse dentro e chiuse la porta, sbattendola.
– SI può sapere cosa stavi facendo? Vuoi farti denunciare oppure vuoi farci perdere i clienti. Parla signorina Short. –
Holly aprì la bocca. – Mi ha toccata il sedere. Non posso accettare un comportamento del genere. –
– Invece sì. Quelli sono clienti e il cliente ha sempre ragione. Cerca di fare il tuo lavoro come si deve altrimenti... – Le indicò la porta. – Adesso vai a scusarti subito con quelle persone. E se ricapita un'altra volta ti licenzierò all'istante. –
Holly non trovò più la forza per ribattere. – Si Signore. – Bisbigliò a voce bassa e fece per uscire dalla porta.
– Un'altra cosa Holly. Sei congedata. Vai a casa, non farti vedere fino a domani sera. Non riceverai la paga né oggi, né domani. Buona serata signorina. –
Holly trattenne un singhiozzo. Andò verso i camerini e si cambiò. Non salutò nessuno e uscì nella sala. Il gruppo dei ragazzi era ancora lì, che schiamazzava ad alta voce manco fossero in un pollaio.
– Mi dispiace per il mio comportamento. Mi scuso e vi auguro una buona serata. –
– Avrai modo per rimediare, non ti preoccupare. – Il sorriso che quel ragazzo aveva in volto la rese irrequieta. Voleva solo scappare a casa sua.
Uscì all'aria aperta e si mise a correre, non prese neanche l'autobus. Non si fermò un attimo per respirare. Le sue gambe cedettero solo quando si ritrovò davanti al portone del suo appartamento.
Entrò e salì velocemente le scale.
Riprese fiato a bocca larga quando si ritrovò nella sua casa. Poggiando la schiena alla porta, rigorosamente chiusa a chiave, si lasciò scivolare contro di essa. Le prime lacrime premevano per uscire dai suoi occhi. Non le represse e si sfogò. Umiliata e derisa.

Scusate il ritardo ma non aveva molta ispirazione e il 31 ottobre ho subito una perdita. Il mio cagnolino di 14 anni è morto e non sono riuscita ad andare oltre.
Buona lettura..

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Capitolo 6
*** Soccorso ***


 Il mattino seguente di buon'ora Artemis era già seduto nel sedile della macchina, che Leale stava guidando.
Aveva tagliato molto persone da quella lista. Un paio bionde, una che assomigliava in modo sorprendente a Juliet e alcune more. Aveva avuto l'impressione di essere riuscito a trovare quella ragazza ma quando l'aveva sentita parlare, qualcosa si era rotto dentro di lui. Era solo il primo giorno ma già non aveva fiducia in questa ricerca. Avrebbe preferito cercare di introdurre un virus in una banca e vedere come cercavano di risolverlo.
Riprese la lista tagliando qualche nome che non aveva levato ieri sera. Oggi avrebbero controllato il nome accompagnato dal cognome C. Per sua sfortuna erano nate un sacco di persone di sesso femminile attorno al 1989, il suo anno di nascita. Ma il vantaggio dei capelli rossi e gli occhi castani erano di puro vantaggio per lui, il che riduceva di gran lunga la lista.
Ma era riuscito a eliminare parecchi nomi e aveva cominciato a sperare per il meglio.

Un rumore forte la ridestò dal suo sonno. Si mosse piano e vide che si trovava nella sua camera da letto. Era vestita con la divisa ancora. Ieri dopo aver pianto aveva solo trovato la forza per stendersi sopra il letto.
Il rumore ricominciò stavolta accompagnato dalla voce di una persona che la chiamava.
Si avvicinò alla porta e ascoltando attentamente si accorse che la voce era quella di Lucy. Aprì la porta.
Lucy e Sally entrarono come due furie. Lucy corse ad abbracciarla, mentre Sally chiudeva la porta.
- Non sai quanto siamo state in pena per te. Abbiamo visto la scena e quando il capo ti ha chiamato nel suo ufficio abbiamo mollato tutto e abbiamo cercato di ascoltare. Maledetti mocciosi. La prossima volta che vengono ci penso io a loro. -
- Grazie Lucy, ma non ti voglio mettere in brutte situazioni. È stato molto umiliante per me, non mi era mai capitato e dire che... - Si fermò appena in tempo, stava per lasciarsi sfuggire particolari sconvenienti.
– Hai detto qualcosa Holly? – Sally si era già accomodata a tavola, mentre Lucy stava sistemando la colazione che avevano preso.
– Che il cornetto con il cioccolato è mio. – Strusciando i piedi le raggiunse in cucina per mettere qualcosa dentro la pancia affamata e gorgogliante.

– Grazie, una buona giornata. –
Artemis si rimise dentro la macchina. Ormai era il tramonto ed era abbastanza stanco. Prese il foglio e diede il consenso a Leale di tornare a casa. Con la mano destra fece scattare la penna e taglio il nome della ragazza che aveva da poco visitato. Diede uno sguardo al telefono, ci aveva messo meno di due minuti con la ragazza che aveva visitato. Lasciò cadere tutto dalle mani. Ormai non si stava più occupando dei suoi affari, era impegnato nella sua “missione”. Il bello era che non sapeva neanche cosa dirle quando l'avrebbe trovata.
Un semplice ciao non sarebbe bastato...
Si massaggiò le palpebre e lanciò uno sguardo al finestrino di sfuggita. Non fece neanche in tempo a guardare il cellulare che riportò gli occhi al finestrino.
Anche se aveva i capelli raccolti in una crocchia, riuscì a riconoscerla lo stesso. Aveva una divisa addosso, lavorava da qualche parte come cameriera, ne era sicuro.

– Leale, fermati un attimo, per favore. – La guardia del corpo accostò la macchina vicino al marciapiede, proprio mentre stava passando la rossa ignara di tutto.

Artemis uscì dalla macchina e si avvicinò a lei.

– Scusami. – le poggiò una mano sulla spalla, e Holly si girò di scatto spaventata.

Il genio Fowl rimase interdetto. Era molto diversa da come i suoi sogni l’avevano modellata, ma era bellissima. – Io mi chiamo Artemis e so che ti potrà sembrare strano ma… - non poté finire la frase che la ragazza si girò e corse via. – Aspetta – cercò di seguirla, ma Leale gli acchiappò il braccio e lo riportò indietro.

-Che stai facendo? Devo raggiungerla. – Leale aprì la portiera e lo fece entrare. Nel giro di pochi secondi, era già seduto alla guida e con la macchina in partenza.

-La ragazza è veloce Artemis, non saresti riuscito a raggiungerla. Ci penso io, ma devi spiegarmi tutto e anche il tuo comportamento. –

Artemis prese fiato e cominciò a raccontare mentre controllava fuori dal finestrino.

 

Aveva il fiato corto e le gambe che dolevano ma ancora non si fermava, non poteva e non doveva fermarsi. Doveva stare lontana da lui, per la propria sicurezza e delle persone a cui voleva bene. Era troppo presto, sicuramente la stavano ancora cercando e quale posto migliore se non la Maison Fowl?

E anche se fosse tornata lì, cosa le faceva credere che Artemis si sarebbe ricordata di lei? Il fatto che l'abbia fermata per strada e che le stesse studiando il viso poteva essere una prova. Già una volta Artemis era sfuggito alla perdita di memoria, anche se c'era voluto un bel po', anche con la vista dei troll non era riuscita a smuovere niente nel suo cervello, figurarsi se la incontrava per strada con un viso diverso.
Almeno era felice che stesse bene... ma... allora perché mentre correva le lacrime cadevano dai suoi occhi? Doveva sprizzare gioia da tutti i pori, eppure le si era formato un nodo alla gola.
Guardarlo negli occhi e non potergli dire niente. Quando ti ritrovi davanti una faccia amica, una persona a cui hai voluto bene e che ancora gliene vuoi, dopo tutto lo schifo che hai affrontato, la prima cosa che fai è farti consolare. Abbracciare quella persona per sentirla più vicino. Ma per lei non era così, forse era per questo che piangeva a dirotto.
Forse voleva solo qualcuno che la abbracciasse e le dicesse che tutto sarebbe andato bene? Qualcuno che le stesse sempre accanto, che la protegga quando lei non ne aveva la forza, qualcuno che non aveva mai avuto
Continuò a correre fino a raggiungere il locale. Alla porta si fermò solo per controllare che nessuno la stesse seguendo e per potersi asciugare gli occhi e darsi una sistemata.
Fatto ciò, entrò nel Dinner chiudendosi frettolosamente la porta dietro di sé.
 


– Non credo che questa sia una buona idea. Forse dovresti lasciar perdere per oggi Artemis. –
Il moro si aggiustò il ciuffo e continuò a smanettare il suo computer. – Sto solo controllando una cosa. Non voglio fare niente di impulsivo. –
Dallo schermo controllava i dati del Dinner, a quelli fiscali e non. Raggiunse la pagina dei dipendenti e lesse tre nomi.
“Solo tre persone lavorano lì dentro? Poverine.” Pensò mentre smanettava e violava il database di Dublino, alla ricerca dei nomi delle ragazze.
Scartò quella di Lucy Middelton, in quanto già conosceva la fama della sua famiglia. Ma cercò gli altri due nomi nella sua lista. Non trovò niente che riguardasse Sally Porthigh.
Ma qualcosa lo bloccò quando lesse il nome – Holly Short -
Aveva visto la ragazza con i capelli rossi entrare lì dentro ed era anche con la divisa. Quindi era quello il suo nome.
Corrucciò la fronte, i file di Dublino non erano molto forniti sul suo conto. Leggeva solo che si era trasferita da un mese a Dublino.
– Artemis? Cosa facciamo? – Leale lo guardava attraverso lo specchietto retrovisore e vedeva la sua faccia concentrata. Benché sapeva di non doverlo disturbare quando aveva quell'espressione, non poteva fare a meno di chiedere, visto che l'orario di cena si stava avvicinando.
– Andiamo allo Scardeaux. Ho voglio di un po' di caviale. –

L'auto si allontanò e Lucy rientrò nel locale. Era andata a buttare la spazzatura e aveva visto quell'auto costosa. All'inizio aveva pensato ai suoi genitori, ma sapeva che non era così. I finestrini erano oscurati e lei non poteva sapere chi si celava dentro al veicolo, ma sapeva una cosa.
Lanciò uno sguardo a Holly che stava servendo ai tavoli. Era entrata con gli occhi rossi e il fiato corto. Immaginava che aveva corso, non ne capiva il motivo, ma vedere quell'auto l'aveva fatta riflettere.
La preoccupazione iniziò a marciare dentro di lei, dopo quello che era successo ieri alla sua amica preferiva non correre rischi.
Domani avrebbe chiesto aiuto ai suoi genitori, sapeva che l'avrebbero aiutata.

Una volta finito di dividere le mance, il signor Startman assegnò a Holly il compito di chiudere.
Le altre ragazze volevano restare ma Holly le aveva mandate a casa, aveva lo spray al peperoncino dentro la borsa, regalo di Sally.
Buttò la spazzatura e chiuse il locale. Avevano fatto leggermente tardi, quindi a passo svelto si affrettò a tornare a casa. Era molto pericoloso prendere mezzi ma lo era anche camminare. Purtroppo con la mente affollata dai pensieri non si fermò alla fermata, ma continuò dritto.
Rivedeva il viso di Artemis nella sua mente, chissà cosa stava per dirle e il motivo per cui l'aveva fermata. Scacciò quei pensieri. Non voleva soffermarcisi di nuovo e neanche piangere. Aveva già dato, per oggi e per sempre.
Una mano le afferrò il polso e glielo strattonò. Lei fece qualche passo indietro di scattò, risvegliata dai suoi pensieri. Si girò e vide che a tenerle stretto il polso, nientepopodimeno era il ragazzo dell'altra sera, Dylan.
– Ci incontriamo di nuovo signorina. Visto che hai chiuso e il modo con cui mi hai trattato ieri sera, io e te possiamo andarcela a spassare da qualche parte. Magari un Motel? Che ne dici? E' molto roman. Ah, maledetta – mentre Dylan continuava a parlare, Holly era riuscita, con l'altra mano a prendere e usare lo spray al peperoncino.
Approfittando del dolore di Dylan, lei gli mollò un calcio in mezzo alle gambe e scappò.
Corse molto veloce, ma non fece molta strada. Il ragazzo biondo si era subito ripreso, anche perché Holly non era riuscita a centrare bene gli occhi, e inseguendola l'aveva afferrata per i capelli.
La sbatté contro il muro e le si mise davanti.
Un dolore si impossesso della parte posteriore della testa, le faceva malissimo, tanto che stava per lasciarsi andare. Dylan cercò di toccarla, ma faceva ancora resistenza anche se sentiva le forze abbandonarla.
Non poteva finire così. Non doveva, non dopo tutto quello che aveva fatto per vivere. Non sapeva neanche a chi pregare perché finisse tutto.

Le sue preghiere furono ascoltate da qualcuno, visto che il ragazzo che la teneva non c'era più e lei scivolò seduta contro il muro. La testa le doleva e le girava ma sforzando la vista, vide che una persona grande aveva afferrato il ragazzo, storcendogli il braccio.
Un'altra figura si stava avvicinando a lei, ma non riusciva a capire cosa stesse dicendo. Sentiva che le si inginocchiava accanto e le tastava la fronte. Aveva una mano calda e morbida, usava gesti leggeri e dolci. Le sfiorò la guancia e lo guardò negli occhi, ma vide solo due cerchi azzurri sfocati
– Andrà tutto bene. Ti aiuteremo noi. –
Non poté rispondere perché l'incoscienza stava avendo la meglio su di lei, ma come ultimo gesto afferrò la mano della persona.

Ciao, mi scuso per il ritardo, ma le feste sono feste XD
Ho finito di scrivere questo capitolo proprio ora, e sono nel letto di mia cugina a Roma.
Un piccolo viaggio che mi sono concessa per capodanno ma che alla fine mi sono gustata poco perchè sono stata contagiata dal virus intestinale.
Cose che capitano, domani alle 19 e 40 il mio aereo partirà per casa. Evvivaaaaaaa
Fatemi sapere come vi sembra, lasciate una recensione e ditemi se ci sono errori.
Baci baci Sophie Robin Kendrick

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Capitolo 7
*** Perdono ***


Non poté rispondere perché l'incoscienza stava avendo la meglio su di lei, ma come ultimo gesto afferrò la mano della persona.

Artemis le strinse la mano e fece in modo che si appoggiasse a lui. Dalla sua posizione cercò di controllarle la testa.
Lui e Leale stavano ritornando a controllare il ristorante per l'ora di chiusura, quando l'avevano vista spuntare dall'incrocio e correre molto velocemente. Si erano subito allarmati perché la sua espressione, non era come quella di una ragazza che faceva Jogging tranquillamente, ma era terrorizzata. Gli occhi spalancati, la bocca in cerca di aria, e il corpo rigido.
Tutto gridava in lei pericolo e Artemis sapeva interpretare perfettamente il corpo umano. Anche Leale si era allarmato, infatti aveva subito portato la mano sopra l'impugnatura della pistola, pronto ad usarla. E quando videro spuntare il ragazzo e farle del male, erano accorsi.
Tornò a scrutarla in volto, in confronto a prima il viso era molto più tranquillo. La sua paura più grande era il trauma cranico. Con quello non sapeva se avrebbe potuto rivedere ancora gli occhi della ragazza.
Delicatamente le tasto la testa e per fortuna constatò che non c'era sangue e di conseguenze nessuna ferita. La prese fra le sue braccia e con non poco sforzo, la stese dentro la macchina.
Le controllò il polso e anche il respiro. Nessun pericolo, tutto in norma. Si levò la giacca e gliela stese sopra al petto. Non sapeva da dove venisse tutta quella galanteria e gentilezza. Non era da lui, molte cose non erano da lui in quel periodo.
Lanciò uno sguardo a Leale mentre chiudeva lo sportello e si avvicinò al ragazzo.
Si fissarono negli occhi. Il suo sguardo gelido incrociò quello spaventato di Dylan. La sua spavalderia nei confronti della ragazza era evaporata quando Leale lo aveva afferrato.
– Stalle lontano. Non mi interessa cosa le stavi facendo, anche se posso immaginarmelo. Ma toccala ancora una volta e il mio amico ti riporterà sulla retta via. Adesso vattene. – Leale lo lasciò andare e il ragazzo corse via allontanandosi sempre di più da quell'ammasso di muscoli.
– Torniamo a casa. –
Leale lo vide ritornare verso la macchina. Sperava che Holly stesse bene, che la LEP non li controllasse più, che Polledro si facesse sentire presto.

Uno squillo improvviso lo aveva svegliato.
Aveva afferrato il suo telefono e aveva risposto.
– Sono Polledro, non ho molto tempo.
– Polledro, ti rendi conto di...
– Riguarda Spinella.

Quelle sole parole lo aveva buttato dal letto. Leale ricordava tutto. Di come aveva preso in un posto vicino Tara, una Spinella umana e addormentata e Grana con la macchina per portarli a Dublino.
Di come aveva pagato per la casa, che ancora oggi lei occupava. Di come si era sentito impotente di lasciarla sola, e il senso di colpa che si era impadronito di lui quando aveva varcato il cancello di casa Fowl, senza di lei.
E adesso non poteva non incolparsi di averla abbandonata a se stessa e alla crudeltà che il mondo a volte, regalava alle persone già tormentate. Vederla così spaventata sia quella mattina che quella sera, erano stati un mix potente. E adesso vederla distesa prima di sensi, dentro l'auto...
Cosa le era successo in quel breve periodo che lui non sapeva?
Come si era sentita? Sola e abbandonata? Oppure anche tradita dal suo stesso popolo?
Poteva solo sperare nel suo perdono e che lei si riprendesse in fretta.
Raggiunse la macchina velocemente e partirono per casa Fowl.

Artemis le accarezzava la testa dolcemente, mentre controllava l'orario nell'orologio posto sopra il comodino. Era ormai mattina, ma lei ancora non si era svegliata neanche una volta. Sapeva che stava bene. Era stato tutto il tempo con lei, escluso quando Leale aveva insistito che andasse a letto, promettendo che si sarebbe occupato lui di lei.
Aveva accettato solo perché voleva essere lucido quando avrebbe aperto ed era tornato nella sua stanza con l'ordine di chiamarlo appena si sarebbe svegliata.
Ordine che non era mai stato eseguito, considerando che Holly aveva dormito per tutto il tempo. Quella povera ragazza doveva essere molto stanca.
Juliet gli aveva portato la colazione in stanza mentre lui era sotto la doccia. Preferiva non perdere tempo e una volta finito di mangiare, tornò nella stanza che aveva dato a Holly.
Ovviamente evitando accuratamente di non farsi sentire dai genitori e dai fratellini. Ancora non erano stati informati dell'ospite a sorpresa che dormiva nella stanza degli ospiti, il più vicino possibile alla sua.
Ed ero eccolo lì, ad occuparsi di una sconosciuta. Artemis non ci avrebbe mai creduto, ma in qualche modo si sentiva legato a quella ragazza.
Un lieve gemito lo riportò alla realtà. Gli occhi di Holly incontrarono i suoi.
Qualcuno dice che gli occhi sono lo specchio dell'anima e Artemis non poté dargli torto. In quelli della ragazza vide paura, sgomento e rassegnazione.
– Stai bene?
Una sola domanda per rompere quel silenzio, una domanda che cercava risposta ma che non trovò.

Spinella si guardò attorno disorientata. Ignorò la sua domanda, la sua voce e la sua presenza.
Doveva trovare un modo per andarsene, non poteva stare lì, avrebbe messo in pericolo tutti.
Scostò le coperte e vide che non indossava la mia divisa.
– Ti consiglio di stare distesa. Hai sbattuto la testa forte ieri. – Artemis le mise la mano sulla spalla, ma lei si scostò di scatto.
La voglia di stare in quel letto morbido e profumato di lavanda, ma doveva andare.
– Grazie, ma devo and – si alzò dal letto ma poté fare solo un paio di passi, prima che un mal di testa atroce le fece cedere le gambe. Stava per incontrare il pavimento quando Artemis le afferrò la vita con una mano e la spalla con l'altra.
– Ti avevo detto di stare a letto. Vieni, hai bisogno di stenderti.
La fece stendere sul letto e la ricoprì con il lenzuolo, accompagnato dalle proteste sempre più lievi di Holly. – Ricordi qualcosa? –
Chiudendo gli occhi cercò di ricordare ma non si sforzò molto. Le immagini di ieri ritornarono al proprio posto. Il primo incontro con Artemis il pomeriggio prima, il lavoro e l'attacco di Dylan.
Annuì lievemente e cercò di cacciare le lacrime.
– Ti faccio portare qualcosa da mangiare, io ti prendo l'antidolorifico. – Artemis si alzò dalla sedia e si avvicinò alla porta.
– Grazie – La voce di Holly lo bloccò.
– Per cosa? – Non lo guardava negli occhi, sembrava interessata molto alle coperte.

– Per avermi aiutato e ospitato. – Le sorrise mentre apriva la porta.
– Cerca di dormire.
Chiuse la porta dietro di sé. Era stata una vera impresa non farle molte delle domande che aveva in mente, ma alla fine si era trattenuto. Si era ripetuto che non avrebbe avuto le forze mentali e fisiche per sostenere un interrogatorio.

Leale portava un vassoio con la colazione verso la stanza di Holly. Artemis lo aveva avvertito che probabilmente alla loro ospite sarebbe piaciuto mangiare. Per sua sfortuna la signora Fowl, era nei paraggi e aveva sentito tali parole. Motivo per cui non si trovava con lui. Era seduto in uno dei divani nel salotto a spiegare chi fosse l'ospite.
Per lui invece era una fortuna, poteva parlare solo con lei e chiederle di perdonarlo.
Bussò alla porta ed entrò.
Lanciò uno sguardo alla stanza, la luce del sole entrava grazie alla tenda spostata. Spinella era seduta al centro del letto, con le gambe vicino al petto e il mento sopra le ginocchia. Per fortuna la camicia da notte che indossava era abbastanza lunga da permetterle quella posizione.
Chiuse la porta attirando l'attenzione della ragazza. Lei lo fissava, sapeva che quel momento sarebbe arrivato prima o poi.
Leale posò il vassoio nella scrivania e a passi lenti si avvicinò a lei. Spinella guardò la porta.
– È con i suoi genitori.
– Ad Angeline non sfugge più niente. Artemis dovrà pensarci due volte prima di combinare qualcosa. – L'omone le sorrise e si sedette con lei nel letto.
La ragazza lo raggiunse.
– Spinella, ascolta... io sono molto dispiaciuto per quello che ti è successo. Ho alcune cose da dirti. – Le raccontò tutto, di quello che era successo ad Artemis dopo che lei era stata catturata, del suo aiuto nel piano per salvarla e chiese anche il suo perdono. – Mi dispiace, avrei voluto fare qualcosa di più, ma ho ricevuto ordini di starti lontano per il bene di Artemis, tuo e di tutte le persone... –
Spinella gli mise una mano sul braccio.
– Domovoi, hai già fatto tutto quello che potevi. Se mi avresti avvicinato o io avrei fatto lo stesso avremmo messo in pericolo tutti in questa casa e anche chi mi ha aiutato. Io non dovrei trovarmi qui, se stanno ancora sorvegli...
– Non lo stanno facendo, Polledro mi ha assicurato che hanno smesso più di una settimana fa. – Leale l'abbracciò. 

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Capitolo 8
*** Spinella ***


– Arty, tesoro. Non siamo arrabbiati, questa è anche casa tua ma la prossima volta vorremo essere avvisati. E se i bambini fossero entrati nella sua stanza? Forse la vista di un'estranea in casa li avrebbe spaventati. – Angeline gli accarezzò il braccio in modo confortevole. A volte era davvero un angelo quella donna e anche abbastanza ingenua.
– Siamo tornati tardi e non volevo farvi spaventare. Inoltre avere troppe persone attorno potrebbe stressarla. Non è stata una bella esperienza per lei. –
Alla fine aveva vuotato il sacco tenendo solo per sé una piccola parte della storia. Aveva evitato di parlare della sua ricerca, del fatto che l'aveva sognata e seguita. Che aveva violato la privacy di quella ragazza solo per una semplice ossessione.
Angeline gli diede un bacio sulla fronte e andò ad occuparsi dei ragazzi. Artemis si alzò ma prima di poter uscire dalla stanza una mano si posò sulla sua spalla. Suo padre gli sorrideva. – Hai fatto una cosa giusta Artemis. Siamo molto fieri di te. –
Lui accennò a un piccolo sorriso. – Grazie padre. – Si allontanò da lui cercando di risultare tranquillo. Non era il primo complimento che gli faceva il padre, ma quella frase aveva scatenato in lui uno strano sentimento. Come quello un ricordo lontano ma che sapeva, non gli apparteneva.
A passi veloci tornò davanti alla porta della stanza di Holly. Bussò piano ed entrò aprendo di poco la porta. Non era dove l'aveva lasciata, stavolta era seduta sul davanzale della finestra a guardare i giardini della villa.
– Hai mangiato? –
La ragazza annuì e indicò un vassoio sulla scrivania. Il piattino di frutta non conteneva più la mela invitante ma solo la sua buccia e la tazza del latte era vuota. Almeno aveva messo qualcosa dentro lo stomaco.
– Io devo tornare a casa, mi aspetta il mio lavoro. – Era la frase più lunga che gli avesse detto in quelle poche ore e lui voleva sentire ancora quella voce.
– Non posso tenerti qui contro il tuo volere, è sequestro di persona, ma ti consiglio di rimanere a riposo per oggi. Potresti accusare mal di testa e non sarebbe l'ideale cadere.
La ragazza sorrise mentre lo guardava negli occhi. – Quindi cosa mi consigli di fare?
Artemis fece finta di pensarci su un po' mentre si avvicinava a lei. – Di stare a riposo e di non lavorare. – Fece scivolare una mano dentro la tasca e ne uscì il telefono. Glielo porse e lei titubante lo prese in mano.
– Quindi sei anche un dottore? – Sapeva perfettamente la risposta ma lui non ricordava di lei, quindi lo avrebbe spaventato il fatto che lei lo conoscesse meglio.
– Ho studiato il corpo umano e ho una laurea. Posso dire di avere esperienza, ma non faccio interventi. –
Lei sapeva, era un perfetto bugiardo. Se serviva Artemis sapeva essere un perfetto chirurgo.
Senza dire una parola compose il numero di Sally. Le spiegò la situazione in modo semplice e poco descrittivo, inventando la scusa di un dolore forte alla testa. Non era neppure una bugia completa.

Leale stava posando le ultime posate dentro la lavastoviglie mentre Angeline fece la sua comparsa.
– Allora com'é? E soprattutto chi è? Non l'ho mai visto interessato a qualcuno. –
L'omone si bloccò, non sapeva che cosa dire. Polledro aveva detto di tacere a chiunque ma Spinella era molto riconoscibile anche se era cambiata. Decise di svuotare il sacco perché sapeva che tardi Angelina avrebbe scoperto le cose peggio sarebbe stato per tutti.
Stando attento a tenere la voce abbassata le confesso tutto, riuscendo a smorzare anche il gridolino che stava per uscirle. Alla fine della storia Angelina aveva le lacrime agli occhi.
– Quella povera ragazza. Ha sofferto quanto noi e anche di più. – Accetto di buon grado il fazzoletto che le stava porgendo il maggiordomo e si tamponò gli occhi. – Povera piccina. Se l'avessi saputo prima non avrei rimproverato Arty. –
– Penso che lei e il signor Fowl avete fatto bene, invece. Artemis mostra interesse nei suoi confronti ma non ricorda ancora niente ed è necessario che lo faccia da solo. Sarà Spinella a guidarlo e toccherà a lei la decisione di sbloccargli i ricordi. Alla fine è partito tutto da lei, non dovrebbe essere difficile. –
Forse aveva fatto male a dire quelle cose o a dare false speranze perché vide accendersi lo sguardo di Angeline di una luce pericolosa.
– Ora che ci penso, Spinella non è più un essere fatato giusto? –
– Esatto, l'aspetto è umano ma non so dirle se conserva ancora la sua magia. –
Angelina prese un bicchiere e ci verso dentro del succo d'arancia. – Per quello non mi preoccuperei, alla fine cosa può essere un pochino di magia? E' anche grazie a quella che noi tutti siamo qui. Spinella è stata proprio un dono del cielo. –
Nessuno dei due si accorse che mentre parlavano qualcuno era appena entrato dentro la stanza in cerca di qualcosa da mettere sotto i denti e aveva sentito quasi tutta la discussione. Ma non possiamo dare torto a nessuno perché questa personacina anche se molto intelligente era pur sempre di piccola statura. Myles prese una sedia e la trascinò davanti al frigorifero sotto gli occhi attoniti degli adulti.
Mentre si arrampicava sopra di essa ed apriva lo sportello, gettò uno sguardo alla madre.
– Quindi l'ospite di Artemis, la ragazza di nome Holly, è l'elfa che ha aiutato Artemis a scacciare quegli spiriti maligni? –
Il silenzio che scese su di loro confermò tutto al ragazzino.

Mi dispiace aver ritardato così tanto ma ho avuto molti blocchi e mi sono fermata. Ho avuto molti impegni incluso un nuovo blog che sto coltivando con altre ragazze e anche una pagina. La pagina si chiama Divoratori di Storie su facebook. Il blog è questo https://sophierobinkendrickdds.wordpress.com/ Vi prego di dare un'occhiata a tutto, se ci sono pagine che si vogliono far conoscere ricambiamo. Ci si vede.

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